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Is Grice the greatest philosopher that ever lived?

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Monday, June 7, 2021

NOME 6

 

GRAMSCI. (Ales). Filosofo.  Grice: “Some Italians don’t consider Gramsci Italian on account of the fact that Gramsci is not an Italian last name!” Fu tra i fondatori del Partito Comunista d'Italia, divenendone esponente di primo piano e segretario, ma venne ristretto dal regime fascista nel carcere di Turi. In seguito al grave deterioramento delle sue condizioni di salute, ottenne la libertà condizionata e fu ricoverato in clinica, dove trascorse gli ultimi anni di vita. Considerato uno dei più importanti pensatori del XX secolo, nei suoi scritti, tra i più originali della tradizione filosofica marxista, analizza la struttura culturale e politica di Italia. Elaborò in particolare il concetto di egemonia, secondo il quale le classi dominanti impongono i propri valori politici, intellettuali e morali a tutta la società, con l'obiettivo di saldare e gestire il potere intorno a un senso comune condiviso da tutte le classi sociali, comprese quelle subalterne. Gli antenati paterni derano originari della città di Gramshi in Albania, e potrebbero essere giunti in Italia durante la diaspora albanese causata dall'invasione turca. Documenti d'archivio attestano che nel Settecento il trisavolo Gennaro Gramsci, sposato con Domenica Blajotta, possedeva a Plataci, comunità ‘’arbëreshë’’ del distretto di Castrovillari, delle terre poi ereditate da Nicola Gramsci. Questi sposò Maria Francesca Fabbricatore, e dal loro matrimonio nacque a Plataci Gennaro Gramsci, che intraprese la carriera militare nella gendarmeria del Regno di Napoli e, quando era di stanza a Gaeta, sposò Teresa Gonzales, figlia di un avvocato napoletano. Il loro secondo figlio fu Francesco, il padre di Antonio Gramsci.  Le origini albanesi erano conosciute dallo stesso Gramsci, che tuttavia le immaginava più recenti, come scriverà alla cognata Tatiana Schucht dal carcere di Turi: «o stesso non ho alcuna razza; mio padre è di origine albanese (la famiglia scappò dall'Epiro durante la guerra del 1821, ma si italianizzò rapidamente). Tuttavia la mia cultura è italiana, fondamentalmente questo è il mio mondo; non mi sono mai accorto di essere dilaniato tra due mondi. L'essere io oriundo albanese non fu messo in giuoco perché anche Crispi era albanese, educato in un collegio albanese.” Ghilarza: casa museo Antonio Gramsci Francesco era studente in legge quando morì il padre; dovendo trovare subito un lavoro, partì per la Sardegna per impiegarsi nell'Ufficio del registro di Ghilarza. In questo paese, che allora contava circa 2.200 abitanti, conobbe Marcias, figlia di un esattore delle imposte e proprietario di alcune terre. La sposò malgrado l'opposizione dei familiari, rimasti in Campania, che consideravano i Marcias una famiglia di rango inferiore alla propria dal punto di vista sociale e culturale: Giuseppina aveva studiato fino alla terza elementare. Dal matrimonio nascerà Gennaro e, dopo che Francesco Gramsci fu trasferito da Ghilarza ad Ales, Grazietta ed Emma. Gramsci nasce secondo il registro delle nascite dello stato civile del comune e registrato con i nomi di Antonio, Francesco. Scondo il registro dei battesimi della parrocchia di San Pietro nasce il giorno dopo,  e viene registrato con i nomi di Antonio, Sebastiano, Francesco. Il padre fu trasferito, come gerente dell'Ufficio del Registro, a Sorgono e qui nacquero gli altri figli, Mario, Teresina, e Carlo. Antonio si ammala del morbo di Pott, una tubercolosi ossea che in pochi anni gli deformò la colonna vertebrale e gli impedì una normale crescita: adulto, non supererà il metro e mezzo di altezza; i genitori pensavano che la sua deformità fosse la conseguenza di una caduta e anche Antonio rimase convinto di quella spiegazione. Ebbe sempre una salute delicate. Soffrendo di emorragie e convulsioni, fu dato per spacciato dai medici, tanto che la madre comprò la bara e il vestito per la sepoltura.  Il padre Francesco fu arrestato , con l'accusa di peculato, concussione e falsità in atti, e venne condannato al minimo della pena con l'attenuante del «lieve valore»: 5 anni, 8 mesi e 22 giorni di carcere, da scontare a Gaeta. Priva del sostegno dello stipendio del padre, la famiglia trascorse anni di estrema miseria, che la madre affrontò vendendo la sua parte di eredità, tenendo a pensione il veterinario del paese e guadagnando qualche soldo cucendo camicie. Proprio per le sue delicate condizioni di salute Gramsci comincia a frequentare la scuola elementare soltanto a sette anni: la concluse ncon il massimo dei voti, ma la situazione familiare non gli permise di iscriversi al ginnasio. Già dall'estate precedente aveva iniziato a dare il suo contributo all'economia domestica lavorando 10 ore al giorno nell'Ufficio del catasto di Ghilarza per 9 lire al mese l'equivalente di un chilo di pane al giornos muovendo «registri che pesavano più di me e molte notti piangevo di nascosto perché mi doleva tutto il corpo». Grazie a un'amnistia, il padre anticipò di tre mesi la fine della sua pena: inizialmente guadagnò qualcosa come segretario in un'assicurazione agricola, poi, riabilitato, fece il patrocinante in conciliatura e infine fu riassunto come scrivano nel vecchio Ufficio del catasto, dove lavorò per il resto della sua vita. Così, pur affrontando gli abituali sacrifici, i genitori poterono iscrivere il quindicenne Antonio nel Ginnasio cdi Santu Lussurgiu, «un piccolo ginnasio in cui tre sedicenti professori sbrigavano, con molta faccia tosta, tutto l'insegnamento delle cinque classi».  Con tale preparazione un poco avventurosa, riuscì tuttavia a prendere la licenza ginnasiale a Oristano e a iscriversi al Liceo classico Giovanni Maria Dettori di Cagliari, stando a pensione, prima in un appartamento in via Principe Amedeo 24, poi, l'anno dopo, in corso Vittorio Emanuele 149, insieme con il fratello Gennaro, il quale, terminato il servizio di leva a Torino, lavorava per cento lire al mese in una fabbrica di ghiaccio del capoluogo sardo.  La modesta preparazione ricevuta nel ginnasio si fece sentire, perché inizialmente Gramsci nelle diverse materie ottenne appena la sufficienza, ma riuscì a recuperare in fretta: del resto, leggere e studiare erano i suoi impegni costanti. Non si concedeva distrazioni, non soltanto perché avrebbe potuto permettersele solo con grandi sacrifici, ma anche perché l'unico vestito che possedeva, per lo più liso, non lo incoraggiava a frequentare né gli amici, né i locali pubblici. A scuola, mostrò uno spiccato interesse per le discipline umanistiche e per lo studio della storia, anche perché il cattivo insegnamento ricevuto in matematica gli fece perdere l'interesse per la materia.  Nel frattempo, il giovane Gramsci, iniziò a seguire le vicende politiche. Il fratello Gennaro, che era tornato in Sardegna militante socialista, divenne cassiere della Camera del lavoro e segretario della sezione socialista di Cagliari: «Una grande quantità di materiale propagandistico, libri, giornali, opuscoli, finiva a casa. Nino, che il più delle volte passava le sere chiuso in casa senza neanche un'uscita di pochi momenti, ci metteva poco a leggere quei libri e quei giornali». Leggeva anche i romanzi popolari di Carolina Invernizio, di Barrili e quelli di Deledda, ma questi ultimi non li apprezzava, considerando folkloristica la visione che della Sardegna aveva la scrittrice sarda; leggeva Il Marzocco e La Voce di  Prezzolini, Papini, Emilio Cecchi «ma in cima alle sue raccomandazioni, quando mi chiedeva di ritagliare gli articoli e di custodirli nella cartella, stavano sempre Croce e Salvemini».  Alla fine della seconda classe liceale, alla cattedra di lettere italiane del Liceo salì Garzia, radicale e anticlericale, direttore de L'Unione Sarda, quotidiano legato alle istanze sarde, rappresentate, in Parlamento da Cocco-Ortu, allora impegnato in una dura opposizione al ministero di Luigi Luzzatti. Gramsci instaurò con il Garzia un buon rapporto, che andava oltre il naturale discepolato: invitato ogni tanto a visitare la redazione del giornale, ricevette la tessera di giornalista, con l'invito a «inviare tutte le notizie di pubblico interesse. Ebbe la soddisfazione di vedersi stampato il suo primo scritto pubblico, venticinque righe di cronaca ironica su un fatto avvenuto nel paese di Aidomaggiore.  In un tema dell'ultimo anno di liceo, che ci è conservato, Gramsci scriveva, tra l'altro, che «Le guerre sono fatte per il commercio, non per la civiltà la Rivoluzione francese ha abbattuto molti privilegi, ha sollevato molti oppressi; ma non ha fatto che sostituire una classe all'altra nel dominio. Però ha lasciato un grande ammaestramento: che i privilegi e le differenze sociali, essendo prodotto della società e non della natura, possono essere sorpassate». La sua concezione socialista, qui chiaramente espressa, va unita, in questo periodo, all'adesione all'indipendentismo sardo, nel quale egli esprimeva, insieme con la denuncia delle condizioni di arretratezza dell'isola e delle disuguaglianze sociali, l'ostilità verso le classi privilegiate del continente, fra le quali venivano compresi, secondo una polemica mentalità di origine contadina, gli stessi operai, concepiti come una corporazione elitaria fra i lavoratori salariati.  Poco dopo Gramsci conoscerà da vicino la realtà operaia di una grande città del Nord:  il conseguimento della licenza liceale con una buona votazione tutti otto e un nove in italianogli prospetta la possibilità di continuare gli studi all'Università. Il Collegio Carlo Alberto di Torino bandì un concorso, riservato a tutti gli studenti poveri licenziati dai Licei del Regno, offrendo 39 borse di studio, ciascuna equivalente a 70 lire al mese per 10 mesi, per poter frequentare Torino. Fu uno dei due studenti di Cagliari ammessi a sostenere gli esami a Torino. «Partii per Torino come se fossi in stato di sonnambulismo. Avevo 55 lire in tasca; avevo speso 45 lire per il viaggio in terza classe delle 100 avute da casa». Conclude gli esami: li supera classificandosi nono; al secondo posto è uno studente genovese venuto da Sassari, Palmiro Togliatti.  Si iscrive alla Facoltà di Lettere, ma le settanta lire al mese non bastano nemmeno per le spese di prima necessità: oltre alle tasse universitarie, deve pagare venticinque lire al mese per l'affitto della stanza di Lungo Dora Firenze 57, nel popolare quartiere di Porta Palazzo, e il costo della luce, della pulizia della biancheria, della carta e dell'inchiostro, e ci sono i pasti«non meno di due lire alla più modesta trattoria»e la legna e il carbone per il riscaldamento: privo anche di un cappotto, «la preoccupazione del freddo non mi permette di studiare, perché o passeggio nella camera per scaldarmi i piedi oppure devo stare imbacuccato perché non riesco a sostenere la prima gelata». Sono frequenti le richieste di denaro alla famiglia che però, da parte sua, non se la passava di certo molto meglio.  L'Università degli Studi di Torino vantava professori di alto livello e di diversa formazione: Luigi Einaudi, Ruffini, Manzini, Toesca, Loria, Solari e poi Bartoli, che si legò di amicizia con Gramsci, come fece anche l'incaricato di letteratura italiana  Cosmo, contro il quale indirizzò però un articolo violentemente polemico. Anni dopo, durante la dura esperienza in carcere, continuò comunque a ricordarlo con simpatia«serbo del Cosmo un ricordo pieno di affetto e direi di venerazione era e credo sia tuttora di una grande sincerità e dirittura morale con molte striature di quella ingenuità nativa che è propria dei grandi eruditi e studiosi»ricordando anche che, con questi e con molti altri intellettuali dei primi quindici anni del secolo, malgrado divergenze di varia natura, egli avesse questo in comune: «partecipavamo in tutto o in parte al movimento di riforma morale e intellettuale promosso in Italia da Benedetto Croce, il cui primo punto era questo, che l'uomo moderno può e deve vivere senza religione rivelata o positiva o mitologica o come altro si vuol dire. Questo punto anche oggi mi pare il maggior contributo alla cultura mondiale che abbiano dato gli intellettuali moderni italiani. Si ritrovò a casa per le elezioni politiche, dopo la fine della guerra italo-turca contro l'Impero ottomano per la conquista della Libia; votavano per la prima volta anche gli analfabeti, ma la corruzione e le intimidazioni erano le stesse delle elezioni precedenti. In Sardegna, il timore che l'allargamento della base elettorale favorisse i socialisti portò al blocco delle candidature di tutte le forze politiche contro i candidati socialisti, indicati come il comune nemico da battere. In quest'obiettivo, "sardisti" e "non-sardisti" si trovarono d'accordo e deposero le vecchie polemiche. Gramsci scrisse di quest'esperienza elettorale al compagno di studi Tasca, dirigente socialista torinese, il quale affermò che Gramsci «era stato molto colpito dalla trasformazione prodotta in quell'ambiente dalla partecipazione delle masse contadine alle elezioni, benché non sapessero e non potessero ancora servirsi per conto loro della nuova arma. Fu questo spettacolo, e la meditazione su di esso, che fece definitivamente di Gramsci un socialista».  Tornò a Torino, andando ad affittare una stanza all'ultimo piano del palazzo di via San Massimo 14, oggi Monumento nazionale; dovrebbe datarsi a questo periodo la sua iscrizione al Partito socialista. Si trovò in ritardo con gli esami, con il rischio di perdere il contributo della borsa di studio, a causa di «una forma di anemia cerebrale che mi toglie la memoria, che mi devasta il cervello, che mi fa impazzire ora per ora, senza che mi riesca di trovare requie né passeggiando, né disteso sul letto, né disteso per terra a rotolarmi in certi momenti come un furibondo». Riconosciuto «afflitto da grave nevrosi» gli fu concesso di recuperare gli esami nella sessione di primavera. Prese anche lezioni di filosofia da Pastore, il quale scrisse poi che «il suo orientamento era originalmente crociano ma già mordeva il freno e non sapeva ancora come e perché staccarsi voleva rendersi conto del processo formativo della cultura agli scopi della rivoluzione come fa il pensare a far agire come le idee diventano forze pratiche». Gramsci stesso scriverà di aver sentito anche la necessità di «superare un modo di vivere e di pensare arretrato, come quello che era proprio di un sardo del principio del secolo, per appropriarsi un modo di vivere e di pensare non più regionale e da villaggio, ma nazionale» ma anche «di provocare nella classe operaia il superamento di quel provincialismo alla rovescia della palla di piombo come il Sud Italia e generalmente considerato nel Nord che aveva le sue profonde radici nella tradizione riformistica e corporativa del movimento socialista». L'iscrizione al partito gli permise di superare in parte un lungo periodo di solitudine: ora frequentava i giovani compagni di partito, fra i quali erano Tasca, Togliatti, Terracini. “Uscivamo spesso dalle riunioni di partito mentre gli ultimi nottambuli si fermavano a sogguardarci continuavamo le nostre discussioni, intramezzandole di propositi feroci, di scroscianti risate, di galoppate nel regno dell'impossibile e del sogno». Nell'Italia che ha dichiarato la propria neutralità nella Prima guerra mondiale in corsoneutralità affermata anche dal Partito socialistascrive per la prima volta sul settimanale socialista torinese Il Grido del Popolo l'articolo Neutralità attiva e operante in risposta a quello apparso il 18 ottobre sull'Avanti! di Mussolini Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva e operante, senza però poter comprendere quale svolta politica stesse preparando l'allora importante e popolare esponente socialista.  Sostenne  quello che sarà, senza che lo sapesse ancora, il suo ultimo esame all'Università; il suo impegno politico si fece crescente con l'entrata in guerra dell'Italia e con il suo ingresso nella redazione torinese dell'Avanti!. Trascorse gran parte delle sue giornate all'ultimo piano nel palazzo dell'Alleanza Cooperativa Torinese al numero 12 di corso Siccardi (oggi Galileo Ferraris), dove, in tre stanze, erano situate la sezione giovanile del partito socialista e le redazioni de Il Grido del Popolo e del foglio piemontese dell'Avanti!, che comprendeva la rubrica della cronaca torinese, Sotto la Mole; in entrambi i giornali Gramsci pubblicava di tutto, dai commenti sulla situazione interna ed estera agli interventi sulla vita di partito, dagli articoli di polemica politica alle note di costume, dalle recensioni dei libri alla critica teatrale. Dirà più tardi di aver scritto in dieci anni di giornalismo «tante righe da poter costituire quindici o venti volumi di quattrocento pagine, ma esse erano scritte alla giornata e dovevano morire dopo la giornata» e di aver contribuito «molto prima di Tilgher» a rendere popolare il teatro di Pirandello: «ho scritto sul Pirandello tanto da mettere insieme un volumetto di duecento pagine e allora le mie affermazioni erano originali e senza esempio: Pirandello era o sopportato amabilmente o apertamente deriso». Della commedia di Pirandello Pensaci, Giacomino! scrisse che «è tutto uno sfogo di virtuosismo, di abilità letteraria, di luccichii discorsivi. I tre atti corrono su un solo binario. I personaggi sono oggetto di fotografia piuttosto che di approfondimento psicologico: sono ritratti nella loro esteriorità più che in una intima ricreazione del loro essere morale. È questa del resto la caratteristica dell'arte di Luigi Pirandello, che coglie della vita la smorfia, più che il sorriso, il ridicolo, più che il comico: che osserva la vita con l'occhio fisico del letterato, più che con l'occhio simpatico dell'uomo artista e la deforma per un'abitudine ironica che è l'abitudine professionale più che visione sincera e spontanea», mentre considerò Liolà  «il prodotto migliore dell'energia letteraria di Luigi Pirandello. In esso il Pirandello è riuscito a spogliarsi delle sue abitudini retoriche. Il Pirandello è un umorista per partito preso troppo spesso la prima intuizione dei suoi lavori viene a sommergersi in una palude retorica di una moralità inconsciamente predicatoria, e di molta verbosità inutile».  Il fu Mattia Pascal, secondo Gramsci, è una sorta di prima stesura del Liolà che, liberato dalla zavorra moralistica della vita, si è rinnovato diventando una pura rappresentazione, «una farsa che si riattacca ai drammi satireschi della Grecia antica, e che ha il suo corrispondente pittorico nell'arte figurativa vascolare  è una vita ingenua, rudemente sincera una efflorescenza di paganesimo naturalistico, per il quale la vita, tutta la vita è bella, il lavoro è un'opera lieta, e la fecondità irresistibile prorompe da tutta la materia organica».  Severo fu invece il giudizio sul Così è (se vi pare): dalla tesi pseudo-logistica che la verità in sé non esista, Pirandello «non ha saputo trarre dramma e neppure motivo a rappresentazione viva e artistica di caratteri, di persone vive che abbiano un significato fantastico, se non logico. I tre atti di Pirandello sono un semplice fatto di letteratura [puro e semplice aggregato di parole che non creano né una verità né un'immagine il vero dramma l'autore l'ha solo adombrato, l'ha accennato: è nei due pseudopazzi che non rappresentano però la loro vera vita, l'intima necessità dei loro atteggiamenti esteriori, ma sono presentati come pedine della dimostrazione logica». Rivolgendosi ai giovani, scrisse da solo il numero unico del giornale dei giovani socialisti La Città future. Qui mostra la sua intransigenza politica, la sua ironia, anche contro i socialisti riformisti, il fastidio verso ogni espressione retorica ma anche la sua formazione idealistica, i suoi debiti culturali nei confronti di Croce, superiori perfino a quelli dovuti a Marx: «in quel tempo»scriverà«il concetto di unità di teoria e pratica, di filosofia e politica, non era chiaro in me e io ero tendenzialmente crociano». Lo zar di Russia Nicola II è facilmente rovesciato da pochi giorni di manifestazioni popolari, per lo più spontanee, che chiedono pane e la fine dell'autocrazia: viene instaurato un moderato governo liberale e, insieme, si ricostituiscono i Soviet, forme di rappresentanza su base popolare già creati nella precedente Rivoluzione russa del 1905; le notizie giungono in Italia parziali e confuse: i quotidiani «borghesi» sostengono che si tratta dell'avviamento di un processo di democratizzazione in Russia, sull'esempio della grande Rivoluzione francese, mentre Gramsci è convinto che «la rivoluzione russa è un atto proletario ed essa naturalmente deve sfociare nel regime socialista  i rivoluzionari socialisti non possono essere giacobini: essi in Russia hanno solo attualmente il compito di controllare che gli organismi borghesi non facciano essi del giacobinismo». Con il ritorno in Russia di Lenin, che pone subito il problema della pace immediata e della consegna del potere ai Soviet, la lotta politica si radicalizza. Gramsci è convinto che Lenin abbia «suscitato energie che più non morranno. Egli e i suoi compagni bolscevichi sono persuasi che sia possibile in ogni momento realizzare il socialismo». Gramsci nega esplicitamente la necessità dell'esistenza di condizioni obiettive affinché una rivoluzione trionfi, quando scrive che i bolscevichi «sono nutriti di pensiero marxista. Sono rivoluzionari, non evoluzionisti. E il pensiero rivoluzionario nega il tempo come fattore di progresso. Nega che tutte le esperienze intermedie tra la concezione del socialismo e la sua realizzazione debbano avere nel tempo e nello spazio una riprova assoluta e integrale». È l'anticipazione dell'articolo, più famoso, che scriverà subito dopo la notizia del successo della Rivoluzione d'ottobre.  Anche in Italia la guerra interminabile, costata già centinaia di migliaia di morti e di mutilati, la penuria dei generi alimentari, la sconfitta di Caporetto e la stessa eco provocata dalla rivoluzione russa portarono a insofferenze che a Torino sfociarono in un'autentica sommossa spontanea duramente repressa dal governo: oltre 50 morti, più di duecento feriti, la città dichiarata zona di guerra con la conseguente applicazione della legge marziale, arresti a catena che colpirono non solo i diretti responsabili ma, indiscriminatamente, anche gli elementi politici d'opposizione e segnatamente l'intero nucleo della sezione socialista, con l'accusa di istigazione alla rivoluzione. In conseguenza dell'emergenza venutasi a creare, la direzione della Sezione socialista torinese venne assunta da un comitato di dodici persone, del quale fece parte anche Gramsci, il quale rimane l'unico redattore de Il Grido del Popolo che cesserà le pubblicazioni. I bolscevichi avevano preso il potere in Russia ma per settimane in Europa giunsero solo notizie deformate, confuse e censurate, finché l'edizione nazionale dell'Avanti! uscì con un editoriale dal titolo La rivoluzione contro il Capitale, firmato da Gramsci: «La rivoluzione dei bolscevichi è materiata di ideologia più che di fatti essa è la rivoluzione contro il Capitale di Marx. Il Capitale di Marx era, in Russia, il libro dei borghesi, più che dei proletari. Era la dimostrazione critica della fatale necessità che in Russia si formasse una borghesia, si iniziasse un'era capitalistica, si instaurasse una civiltà di tipo occidentale prima che il proletariato potesse neppure pensare alla sua riscossa, alle sue rivendicazioni di classe, alla sua rivoluzione. I fatti hanno superato le ideologie. I fatti hanno fatto scoppiare gli schemi critici entro i quali la storia della Russia avrebbe dovuto svolgersi secondo i canoni del materialismo storico  se i bolscevichi rinnegano alcune affermazioni del Capitale, non ne rinnegano il pensiero immanente, vivificatore. Essi non sono «marxisti», ecco tutto; non hanno compilato sulle opere del Maestro una dottrina esteriore di affermazioni dogmatiche e indiscutibili. Vivono il pensiero marxista, quello che non muore mai, che è la continuazione del pensiero idealistico italiano e tedesco, che in Marx si era contaminato di incrostazioni positivistiche e naturalistiche». In realtà Marx, almeno negli ultimi anni, non aveva escluso che un Paese arretrato potesse giungere al socialismo saltando fasi di sviluppo capitalistico: ma qui interessa rilevare tanto la visione di Gramsci ancora idealistica, volontaristica, dell'azione politica, quanto la critica che di fatto Gramsci rivolgeva ai dirigenti socialisti europei, e italiani in particolare, di concepire lo sviluppo storico in modo meccanicistico.  Finita la guerra e usciti dal carcere i dirigenti torinesi del partito, Gramsci lavorò unicamente all'edizione piemontese dell'Avanti!, che allora si stampava in via Arcivescovado 3, insieme con alcuni giovani colleghi: Giuseppe Amoretti, Alfonso Leonetti, Mario Montagnana, Felice Platone; ma egli e altri giovani socialisti torinesi, come Tasca, Togliatti e Terracini, intendevano ormai esprimere, dopo l'esperienza della rivoluzione russa, esigenze nuove nell'attività politica, che non sentivano rappresentate dalla Direzione nazionale del partito: «L'unico sentimento che ci unisse, in quelle nostre riunioni, era quello suscitato da una vaga passione di una vaga cultura proletaria; volevamo fare, fare, fare; ci sentivamo angustiati, senza un orientamento, tuffati nell'ardente vita di quei mesi dopo l'armistizio, quando pareva immediato il cataclisma della società italiana». Uscì il primo numero dell'Ordine nuovo con Gramsci segretario di redazione e animatore della rivista. La rivista ebbe un avvio incerto: all'inizio «il programma fu l'assenza di un programma concreto, per una vana e vaga aspirazione ai problemi concreti nessuna idea centrale, nessuna organizzazione intima del materiale letterario pubblicato» Tasca intendeva farne una pubblicazione culturale: «per "cultura" intendeva "ricordare", non intendeva "pensare", e intendeva "ricordare" cose fruste, cose logore, la paccottiglia del pensiero operaio fu una rassegna di cultura astratta, di informazione astratta, con la tendenza a pubblicare novelline orripilanti e xilografie bene intenzionate; ecco cosa fu l'Ordine nuovo nei suoi primi numeri». Gramsci intendeva invece definirlo su posizioni nettamente operaistiche, ponendo all'ordine del giorno la necessità d'introdurre nelle fabbriche italiane nuove forme di potere operaio, i consigli di fabbrica, sull'esempio dei Soviet russi: «Ordimmo, io e Togliatti, un colpo di Stato redazionale; il problema delle commissioni interne fu impostato esplicitamente nel n. 7 della rassegna il problema dello sviluppo della commissione interna divenne problema centrale, divenne l'idea dell'Ordine nuovo; era esso posto come problema fondamentale della rivoluzione operaia, era il problema della "libertà" proletaria. L'Ordine nuovo divenne, per noi e per quanti ci seguivano, "il giornale dei Consigli di fabbrica"; gli operai amarono l'Ordine nuovo perché negli articoli del giornale ritrovavano una parte di se stessi, la parte migliore di se stessi; perché sentivano gli articoli dell'Ordine nuovo pervasi dallo stesso loro spirito di ricerca interiore: "Come possiamo diventar liberi? Come possiamo diventare noi stessi?". Perché gli articoli dell'Ordine nuovo non erano fredde architetture intellettuali, ma sgorgavano dalla discussione nostra con gli operai migliori, elaboravano sentimenti, volontà, passioni reali». Diversamente dalle Commissioni interne, già esistenti all'interno dalle fabbriche, che venivano elette soltanto dagli operai iscritti ai diversi sindacati, i Consigli dovevano essere eletti indistintamente da tutti gli operai e avrebbero dovuto, nel progetto degli ordinovisti, non tanto occuparsi dei consueti problemi sindacali, ma porsi problemi politici, fino al problema della stessa organizzazione, della gestione operaia della fabbrica, sostituendosi al capitalista: nel s, alla FIAT furono eletti i primi Consigli.  La Confindustria, nella sua Conferenza nazionale, espresse chiaramente «la necessità che la borghesia del lavoro attinga in se stessa il mezzo per un'energica azione contro deviazioni e illusioni» e il 20 marzo i tre maggiori industriali torinesi, Olivetti, De Benedetti e Agnelli fecero presente al prefetto Taddei la loro volontà di ricorrere all'arma della serrata delle fabbriche contro «l'indisciplina e le continue esorbitanti pretese degli operai». Così quando in occasione di una controversia sindacale nelle Industrie Metallurgiche tre membri delle commissioni interne furono licenziati e gli operai protestarono con lo sciopero, l'Associazione degli industriali metalmeccanici rispose il 29 marzo con la serrata di tutte le fabbriche torinesi. La lotta si estese fino allo sciopero generale proclamato a Torino  e in alcune province piemontesi, mentre il governo presidiava il capoluogo con migliaia di soldati. I tentativi degli ordinovisti di allargare la protesta, se non in tutta l'Italia, almeno nei maggiori centri industriali del paese, fallì e alla fine d'aprile gli operai furono costretti a riprendere il lavoro senza avere ottenuto nulla.  Lo sciopero fallì per la resistenza degli industriali ma anche per l'isolamento in cui la Camera del Lavoro, controllata dai socialisti riformisti, contrari alla costituzione dei Consigli operai, e lo stesso Partito socialista lasciarono i lavoratori torinesi; l'8 maggio Gramsci pubblicò sull'Ordine Nuovo una sua relazione, approvata dalla Federazione torinese, che denunciava l'inefficienza e l'inerzia del Partito. Dopo aver sostenuto che era matura la trasformazione dell'«ordine attuale di produzione e di distribuzione» in un nuovo ordine che desse «alla classe degli operai industriali e agricoli il potere di iniziativa nella produzione», alla quale si opponevano gli industriali e i proprietari terrieri, appoggiati dallo Stato, Gramsci rilevava che «le forze operaie e contadine mancano di coordinamento e di concentrazione rivoluzionaria perché gli organismi direttivi del Partito socialista hanno rivelato di non comprendere assolutamente nulla della fase di sviluppo che la storia nazionale e internazionale attraversa nell'attuale periodo il Partito socialista assiste da spettatore allo svolgersi degli eventi, non ha mai un'opinione sua da esprimere non lancia parole d'ordine che possano essere raccolte dalle masse, dare un indirizzo generale, unificare e concentrare l'azione rivoluzionaria il Partito socialista è rimasto, anche dopo il Congresso di Bologna, un mero partito parlamentare, che si mantiene immobile entro i limiti angusti della democrazia borghese».   Il numero dell'11 dicembre 1920 Rilevò la mancanza di omogeneità nella composizione del partito, in cui continuavano a essere presenti riformisti e «opportunisti», contrari agli indirizzi della III Internazionale. Non solo: «mentre la maggioranza rivoluzionaria del partito non ha avuto una espressione del suo pensiero e un esecutore della sua volontà nella direzione e nel giornale, gli elementi opportunisti invece si sono fortemente organizzati e hanno sfruttato il prestigio e l'autorità del Partito per consolidare le loro posizioni parlamentari e sindacali se il Partito non realizza l'unità e la simultaneità degli sforzi, se il Partito si rivela un mero organismo burocratico, senza anima e senza volontà, la classe operaia istintivamente tende a costituirsi un altro partito e si sposta verso tendenze anarchiche ».  Il Partito socialista non svolge alcuna funzione di educazione e di spiegazione di quanto sta avvenendo nella scena internazionale, dalla quale esso è assente, non partecipando nemmeno alle riunioni dell'Internazionale comunista, le cui tesi non sono riportate nell'Avanti!. Analogamente, le edizioni socialiste non stampano le pubblicazioni comuniste: «valga per tutte il volume di Lenin Stato e rivoluzione». Occorre pertanto, secondo Gramsci, che il Partito socialista acquisti «una sua figura precisa e distinta: da partito parlamentare piccolo borghese deve diventare il partito del proletariato rivoluzionario che lotta per l'avvenire della società comunista i non comunisti rivoluzionari devono essere eliminati dal Partito ogni avvenimento della vita proletaria nazionale e internazionale deve essere immediatamente commentata per trarne argomenti di propaganda comunista e di educazione delle coscienze rivoluzionarie le sezioni devono promuovere in tutte le fabbriche, nei sindacati, nelle cooperative, nelle caserme la costituzione di gruppi comunisti l'esistenza di un Partito comunista coeso e fortemente disciplinato [.è la condizione fondamentale e indispensabile per tentare qualsiasi esperimento di Soviet il Partito deve lanciare un manifesto nel quale la conquista rivoluzionaria del potere politico sia posta in modo esplicito ». La risoluzione dell'Internazionale comunista che chiedeva ai partiti socialisti l'allontanamento dei riformisti, venne disattesa dal Partito Socialista Italiano. Infatti, a dispetto dell'approvazione e dell'avallo ottenuto dagli ordinovisti da parte di Lenin nel corso del II Congresso dell'Internazionale, alla quale il PSI aveva aderito con il congresso di Bologna tenuto nell'ottobre del 1919, i vecchi dirigenti del partito erano riluttanti di fronte alla svolta politica e sociale realizzatasi nel dopoguerra.  In Italia, le rivendicazioni salariali, rese necessarie dall'elevato indice d'inflazione, non trovavano accoglienza presso gli industriali. Il 30 agosto 1920, a Milano, a seguito della serrata dell'Alfa Romeo, 300 fabbriche furono occupate dagli operai: la FIOM appoggiò l'iniziativa, ordinando l'occupazione di tutte le fabbriche metalmeccaniche d'Italia, con la speranza che una tale, estrema iniziativa provocasse l'intervento del governo a favore di una soluzione delle trattative. All'inizio di settembre tutte le maggiori fabbriche d'Italia erano occupate da mezzo milione di operai, parte dei quali armati, sia pure in modo rudimentale; alla FIAT di Torino, tuttavia, ci fu una novità: dell'ufficio di Giovanni Agnelli prese possesso l'operaio comunista Giovanni Parodi e i Consigli di fabbrica decisero di continuare la produzione, per dimostrare che una grande fabbrica poteva funzionare anche in assenza del proprietario.   Giovanni Giolitti Di fronte alla neutralità del governo Giolitti e alla decisione della Confindustria di non cedere, il 10 settembre, nell'assemblea milanese che vide riuniti i dirigenti del Partito socialista e della Camera del Lavoro, questi ultimi si dimisero lasciando la gestione della difficile situazione al Partito, che tuttavia non aveva alcuna intenzione di prolungare l'agitazione: la proposta estrema dell'allargamento delle occupazioni a tutte le fabbriche del paese e alle campagne fu respinta dalla maggioranza dei rappresentanti. Un accordo salariale raggiunto con la mediazione di Giolitti pose termine, alla fine di settembre, alle occupazioni delle fabbriche.  Quell'esperienza dimostrò tanto la mancanza di una strategia dei dirigenti socialisti quanto l'impreparazione degli stessi operai a iniziative rivoluzionarie, per le quali occorrevano organizzazione e disciplina. In previsione del prossimo XVII Congresso del Partito socialista, Gramsci scrisse che «la costituzione del Partito comunista crea le condizioni per intensificare e approfondire l'opera nostra: liberati dal peso morto degli scettici, dei chiacchieroni, degli irresponsabili, liberati dall'assillo di dover continuamente, nel seno del Partito, lottare contro i riformisti e gli opportunisti, di dover sventare le loro insidie, di dover analizzare e criticare i loro atteggiamenti equivoci e la loro fraseologia pseudo-rivoluzionaria, noi potremo dedicarci interamente al lavoro positivo, all'espansione del nostro programma di rinnovamento, di organizzazione, di risveglio delle coscienze e delle volontà».  NSi riunì a Milano il gruppo favorevole alla costituzione di un partito comunista e Amadeo Bordiga, Luigi Repossi, Bruno Fortichiari, Gramsci, Nicola Bombacci, Francesco Misiano e Umberto Terracini costituirono il Comitato provvisorio della frazione comunista del Partito Socialista.  La fondazione del Partito comunista  Il congresso di Livorno La scissione si realizzò , nel Teatro San Marco di Livorno, con la nascita del «Partito Comunista d'Italia, sezione italiana dell'Internazionale». Il comitato centrale fu composto dagli astensionisti (Amadeo Bordiga, Ruggero Grieco, Giovanni Parodi, Cesare Sessa, Ludovico Tarsia e Bruno Fortichiari), dagli ex-massimalisti (Nicola Bombacci, Ambrogio Belloni, Egidio Gennari, Francesco Misiano, Anselmo Marabini, Luigi Repossi e Luigi Polano) e dagli ordinovisti Gramsci e Terracini. Diresse l'Ordine nuovo, divenuto ora uno dei quotidiani comunisti insieme con Il Lavoratore di Trieste e Il Comunista di Roma, quest'ultimo diretto da Togliatti. Non venne eletto deputato alle elezioni: Gramsci non ha capacità oratorie, è ancora giovane e anche la sua conformazione fisica non lo agevola nell'apprezzamento di molti elettori.  Alla fine di maggio partì per Mosca, designato a rappresentare il Partito italiano nell'esecutivo dell'Internazionale comunista. Vi arrivò già malato e nell'estate fu ricoverato in un sanatorio per malattie nervose di Mosca. Qui conobbe una degente russa, Eugenia Schucht, membro del Partito, figlia di Apollon Schucht, dirigente del Pcus e amico personale di Lenin, che aveva vissuto alcuni anni in Italia e, attraverso di lei, la sorella Giulia (Julka)  che, violinista, aveva abitato diversi anni a Roma diplomandosi al Conservatorio Santa Cecilia.  Giulia, ventiseienne, è bella, alta, ha un aspetto romantico; Gramsci ne è conquistato: ricorderà «il primo giorno che non osavo entrare nella tua stanza perché mi avevi intimidito al giorno che sei partita a piedi e io ti ho accompagnato fino alla grande strada attraverso la foresta e sono rimasto tanto tempo fermo per vederti allontanare tutta sola, col tuo carico da viandante, per la grande strada, verso il mondo grande e terribile ho molto pensato a te, che sei entrata nella mia vita e mi hai dato l'amore e mi hai dato ciò che mi era sempre mancato e mi faceva spesso cattivo e torbido.  E quell'immagine di lei, viandante in un mondo grande e terribile, con il suo senso doloroso di distacco, ritornerà ancora dal carcere: «Ricordi quando sei ripartita dal bosco d'argento ti ho accompagnata fino all'orlo della strada maestra e sono rimasto a lungo a vederti allontanare così ti vedo sempre mentre ti allontani a passi brevi, col violino in una mano e nell'altra la tua borsa da viaggio, così pittoresca». Si sposano e avranno due figli, Delio e Giuliano. Il figlio di quest'ultimo porta il nome del nonno, vive a Mosca e pratica la musica medievale. Giulia membro della OGPU, il servizio di Sicurezza sovietico. La moglie di Gramsci e i figli Delio e Giuliano A differenza di Bordiga, tutto inteso a salvaguardare la «purezza» programmatica del partito, e perciò contrario a qualunque iniziativa al di fuori della dittatura del proletariato, Gramsci guardava anche a obiettivi democratici, intermedi, raggiungibili utilizzando le contraddizioni presenti negli strati sociali e le forze che potevano rappresentare elementi di rottura, come il movimento sindacale cattolico di Guido Miglioli e l'intellettualità progressista liberale di cui Piero Gobetti è allora tra i maggiori rappresentanti. Tuttavia nei suoi scritti fino al 1926 ribadisce che l'obiettivo finale era la eliminazione dello stato borghese e la dittatura del proletariato e anche nei suoi scritti successivi non si riscontrano critiche al regime sovietico.  Nel III Congresso dell'Internazionale comunista, di fronte al riflusso dell'ondata rivoluzionaria rappresentata dalle sconfitte delle esperienze comuniste in Germania e in Ungheria, si decise la tattica del fronte unito con la socialdemocrazia. Bordiga e la maggioranza dei dirigenti comunisti italiani si oppose, elaborando le Tesi di Roma, base programmatica del II Congresso del Partito, tenuto a Roma. Gramsci vi aderì ma scrisse di aver «accettato le tesi di Amadeo perché esse erano presentate come una opinione per il Quarto Congresso [dell'Internazionale comunista] e non come un indirizzo di azione. Ritenevamo di mantenere così unito il partito attorno al suo nucleo fondamentale, pensavamo che si potesse fare ad Amadeo questa concessione senza nuove crisi e nuove minacce di scissione nel seno del nostro movimento». Nel IV Congresso dell'Internazionale, di fronte all'avvento al potere di Mussolini, ai delegati comunisti italiani fu posta con ancora maggior forza la necessità di fondersi con corrente socialista degli internazionalisti, capeggiata da Giacinto Menotti Serrati, e di costituire un nuovo Esecutivo, mettendo in minoranza Bordiga, sempre contrario a ogni accordo. Lo stesso Bordiga fu arrestato al suo rientro in Italia nel febbraio 1923 e, in settembre, a Milano, furono incarcerati anche i rappresentanti del nuovo Esecutivo: Gramsci restò così il massimo dirigente del Partito e si trasferì a Vienna per seguire più da vicino la situazione italiana. Fu allora che egli ritenne necessario rompere con la politica di Bordiga: «Il suo stesso carattere inflessibile e tenace fino all'assurdo ci obbliga a prospettarci il problema di costruire il partito ed il centro di esso anche senza di lui e contro di lui. Penso che sulle quistioni di principio non dobbiamo più fare compromessi come nel passato: vale meglio la polemica chiara, leale, fino in fondo, che giova al partito e lo prepara ad ogni evenienza». Uscì a Milano il primo numero del nuovo quotidiano comunista l'Unità e dal primo marzo la nuova serie del quindicinale l'Ordine nuovo. Il titolo del giornale, da lui scelto, venne giustificato dalla necessità dell'«unità di tutta la classe operaia intorno al partito, unità degli operai e dei contadini, unità del Nord e del Mezzogiorno, unità di tutto il popolo italiano nella lotta contro il fascismo».Alle elezioni venne eletto deputato al parlamento, potendo così rientrare a Roma, protetto dall'immunità parlamentare. Quello stesso mese, nei dintorni di Como, si tenne un convegno illegale dei dirigenti delle Federazioni comuniste italiane: pubblicamente, si fingevano dipendenti di un'azienda milanese in gita turistica, con tanto di pubblici discorsi fascisti e inni a Mussolini, mentre, a parte, discutevano dei problemi del partito.  Nel convegno si affrontò il «caso Bordiga», il quale aveva rifiutato la candidatura al Parlamento, era in rotta con la maggioranza dell'Internazionale e rifiutava ogni azione politica comune con le altre forze politiche di sinistra. Delle tre mozioni presentate, che rispecchiavano le tre correnti in seno al Partito, la corrente di destra di Tasca, di centro di Gramsci e Togliatti, e di sinistra di Bordiga, questa raccolse l'adesione della grande maggioranza dei delegati, confermando la notevole importanza di cui il rivoluzionario napoletano godeva nel Partito.  Il 10 giugno un gruppo di fascisti rapì e uccise il deputato socialista Giacomo Matteotti; sembrò allora che il fascismo stesse per crollare per l'indignazione morale che in quei giorni percorse il Paese, ma non fu così; l'opposizione parlamentare scelse la linea sterile di abbandonare il Parlamento, dando luogo alla cosiddetta Secessione dell'Aventino: i liberali speravano in un appoggio della Monarchia, che non venne, i cattolici erano ostili tanto ai fascisti che ai socialisti e questi ultimi erano ostili a tutti, comunisti compresi. Gramsci avanzò al «Comitato dei sedici»il nucleo dirigente dei gruppi aventinianila proposta di proclamare lo sciopero generale che però fu respinta; i comunisti uscirono allora dal «Comitato delle opposizioni» aventiniane il quale, secondo Gramsci, non aveva alcuna volontà di agire: ha una «paura incredibile che noi prendessimo la mano e quindi manovra per costringerci ad abbandonare la riunione». Giacomo Matteotti Malgrado le divisioni dell'opposizione antifascista, Gramsci credeva che la caduta del regime fosse imminente: «Il regime fascista muore perché non solo non è riuscito ad arrestare, ma anzi ha contribuito ad accelerare la crisi delle classi medie iniziatasi dopo la guerra. L'aspetto economico di questa crisi consiste nella rovina della piccola e media azienda il monopolio del credito, il regime fiscale, la legislazione sugli affitti hanno stritolato la piccola impresa commerciale e industriale: un vero e proprio passaggio di ricchezza si è verificato dalla piccola e media alla grande borghesia. L'apparato industriale ristretto ha potuto salvarsi dal completo sfacelo solo per un abbassamento del livello di vita della classe operaia premuta dalla diminuzione dei salari, dall'aumento della giornata di lavoro. La disgregazione sociale e politica del regime fascista ha avuto la sua piena manifestazione di massa nelle elezioni del 6 aprile. Il fascismo è stato messo nettamente in minoranza nella zona industrial. Le elezioni del 6 aprile segnarono l'inizio di quella ondata democratica che culminò nei giorni immediatamente successivi all'assassinio dell'on. Matteotti le opposizioni avevano acquistato dopo le elezioni un'importanza politica enorme; l'agitazione da esse condotta nei giornali e nel Parlamento per discutere e negare la legittimità del governo fascista si ripercuoteva nel seno dello stesso Partito nazionale fascista, incrinava la maggioranza parlamentare. Di qui l'inaudita campagna di minacce contro le opposizioni e l'assassinio del deputato unitario”. “Il delitto Matteotti dette la prova provata che il Partito fascista non riuscirà mai a diventare un normale partito di governo, che Mussolini non possiede dello statista e del dittatore altro che alcune pittoresche pose esteriori; egli non è un elemento della vita nazionale, è un fenomeno di folklore paesano, destinato a passare alla storia nell'ordine delle diverse maschere provinciali italiane, più che nell'ordine dei Cromwell, dei Bolívar, dei Garibaldi». S'ingannava, perché l'inerzia dell'opposizione non riuscì a dare alternative del blocco sociale in cui la piccola borghesia teme il «salto nel buio» della caduta del regime e i fascisti riprendono coraggio e ricominciano le violenze squadriste: in una delle tante viene aggredito anche Gobetti. E dopo il 12 settembre, quando il militante comunista Giovanni Corvi uccide in un tram il deputato fascista Armando Casalini, per vendicare la morte di Matteotti, la repressione s'inasprisce. Il 20 ottobre Gramsci propose vanamente che l'opposizione aventiniana si costituisca in «Antiparlamento», in modo da segnare nettamente la distanza e svuotare di significato un Parlamento di soli fascisti; ipartì per la Sardegna, per intervenire al Congresso regionale del partito e per rivedere i famigliari. Il 6 novembre si congedò dalla madre, che non avrebbe più rivisto. Il deputato comunista Repossi rientrò in Parlamento, dove sedevano solo i deputati fascisti e i loro alleati, per commemorare Matteotti a nome di tutto il suo partito; il 26 vi rientrò anche tutto il gruppo parlamentare comunista, a segnare l'inutilità dell'esperienza aventiniana. Il quotidiano di Giovanni Amendola Il Mondo pubblicò le dichiarazioni di Cesare Rossi, già capo ufficio stampa di Mussolini, a proposito del delitto Matteotti: «Tutto quanto è successo è avvenuto sempre per la volontà diretta o per l'approvazione o per la complicità del duce» e Mussolini, in un discorso rimasto famoso, a confermare quella testimonianza, dichiara alla Camera dei deputati di assumersi «la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto», dando il via a una nuova azione repressiva.  In febbraio Gramsci andò a Mosca, per stare con la moglie e conoscere finalmente il figlio Delio. Tornato in Italia a maggio, il 16 tenne il suo primoe unicodiscorso in Parlamento, davanti all'ex compagno di partito Mussolini, ora Primo ministro, che aveva descritto l'anno prima come un capo che «è divinizzato, è dichiarato infallibile, è preconizzato organizzatore e ispiratore di un rinato Sacro Romano Impero. Conosciamo quel viso: conosciamo quel roteare degli occhi nelle orbite che nel passato dovevano, con la loro ferocia meccanica, far venire i vermi alla borghesia e oggi al proletariato. Conosciamo quel pugno sempre chiuso alla minaccia. Mussolini è il tipo concentrato del piccolo-borghese italiano, rabbioso, feroce impasto di tutti i detriti lasciati sul suolo nazionale da vari secoli di dominazione degli stranieri e dei preti: non poteva essere il capo del proletariato; divenne il dittatore della borghesia, che ama le facce feroci quando ridiventa borbonica». Con il pretesto di colpire la Massoneria, il governo aveva predisposto un disegno di legge per disciplinare l'attività di associazioni, enti e istituti: continuamente interrotto, Gramsci respinse il pretesto che il governo si era dato, «perché la Massoneria passerà in massa al Partito fascista e ne costituirà una tendenza, è chiaro che con questa legge voi sperate di impedire lo sviluppo di grandi organizzazioni operaie e contadine».  E ironizzando: «Qualche fascista ricorda ancora nebulosamente gli insegnamenti dei suoi vecchi maestri, di quando era rivoluzionario e socialista, e crede che una classe non possa rimanere tale permanentemente e svilupparsi fino alla conquista del potere, senza che essa abbia un partito e un'organizzazione che ne riassuma la parte migliore e più cosciente. C'è qualcosa di vero, in questa torbida perversione degli insegnamenti marxisti».  Concluse: «Voi potete conquistare lo Stato, potete modificare i codici, potete cercar di impedire alle organizzazioni di esistere nella forma in cui sono esistite fino adesso ma non potete prevalere sulle condizioni obbiettive in cui siete costretti a muovervi. Voi non farete che costringere il proletariato a ricercare un indirizzo diverso da quello fin oggi più diffuso nel campo dell'organizzazione di massa. Ciò noi vogliamo dire al proletariato e alle masse contadine italiane, da questa tribuna: che le forze rivoluzionarie italiane non si lasceranno schiantare, il vostro torbido sogno non riuscirà a realizzarsi». Si svolse clandestinamente a Lione il III Congresso del Partito. Vi parteciparono 70 delegati, con tutti i maggiori responsabili, Bordiga, Gramsci, Tasca, Togliatti, Grieco, Leonetti, Scoccimarro: vi era anche Serrati, che aveva lasciato da poco il Partito socialista di cui era stato a lungo dirigente di primo piano. Assisteva, a nome dell'Internazionale, Jules Humbert-Droz. Gramsci presentò le Tesi congressuali elaborate insieme con Togliatti. Con un capitalismo debole e l'agricoltura base dell'economia nazionale, in Italia si assiste al compromesso fra industriali del Nord e proprietari fondiari del Sud, ai danni degli interessi generali della maggioranza della popolazione. Il proletariato, in quanto forza sociale omogenea e organizzata rispetto alla piccola borghesia urbana e rurale, che ha interessi differenziati, viene visto, nelle Tesi, «come l'unico elemento che per la sua natura ha una funzione unificatrice e coordinatrice di tutta la società.» Secondo Gramsci il fascismo non è, come invece ritiene Bordiga, l'espressione di tutta la classe dominante, ma è il frutto politico della piccola borghesia urbana e della reazione degli agrari che ha consegnato il potere alla grande borghesia, e la sua tendenza imperialistica è l'espressione della necessità, da parte delle classi industriali e agrarie, «di trovare fuori del campo nazionale gli elementi per la risoluzione della crisi della società italiana» che tuttavia permette, per la sua natura oppressiva e reazionaria, una soluzione rivoluzionaria delle contraddizioni sociali e politiche; le due forze sociali idonee a dar luogo a questa soluzione sono il proletariato del Nord e i contadini del Mezzogiorno. A questo scopo, il Partito andrà bolscevizzato, ossia organizzato per cellule di fabbrica caratterizzate da una "disciplina di ferro" negando al suo interno la possibilità dell'esistenza delle frazioni.  Il Congresso approvò le Tesi a grande maggioranza (oltre il 90%) ed elesse il Comitato centrale con Gramsci segretario del Partito. Da allora, la sinistra comunista di Bordiga non ebbe più un ruolo influente nel Partito. Le Tesi di Lione, realizzate da Gramsci, ribadirono con una certa durezza le posizioni del Pcd’I «la socialdemocrazia sebbene abbia ancora la sua base sociale, per gran parte, nel proletariato per quanto riguarda la sua ideologia e la sua funzione politica cui adempie, deve essere considerata non come un'ala destra del movimento operaio, ma come un'ala sinistra della borghesia e come tale deve essere smascherata». In questa relazione venne sviluppata la cosiddetta bolscevizzazione del partito: «spetti al partito russo una funzione predominante e direttiva nella costruzione di una Internazionale communista. La organizzazione di un partito bolscevico deve essere, in ogni momento della vita del partito, una organizzazione centralizzata, diretta dal Comitato centrale non solo a parole, ma nei fatti. Una disciplina proletaria di ferro deve regnare nelle sue file. La centralizzazione e la compattezza del partito esigono che non esistano nel suo seno gruppi organizzati i quali assumano carattere di frazione. Un partito bolscevico si differenzia per questo profondamente dai partiti socialdemocratici».Tornato a Romada via Vesalio si era trasferito in via Morgagniebbe il tempo di passare alcuni mesi con la famigliala moglie Giulia e il piccolo Delio, oltre alle cognate Eugenia e Tatianache abitano tuttavia in un altro appartamento, in via Trapani: le squadre fasciste, superato da tempo lo smarrimento provocato dal delitto Matteotti, avevano piena libertà d'azione e non era prudente coinvolgere i familiari in loro possibili aggressioni; a Firenze, era stato ucciso l'ex-deputato socialista Gaetano Pilati, la stessa casa di Gramsci era stata messa a soqquadro dalla polizia il 20 ottobre. Mentre gli esponenti dell'opposizione antifascista prendevano la via dell'emigrazione Gobetti, che muore ia Parigi, in conseguenza delle bastonate squadriste, Amendola, Salveminiun processo farsa condannava a una pena simbolica gli assassini di Matteotti, difesi dal capo-squadrista Roberto Farinacci.  La moglie Giulia, che aspettava il secondo figlio Giuliano, lasciò l'Italia e il mese dopo fu la volta della cognata Eugenia a tornare a Mosca con il figlio Delio: Gramsci non l'avrebbe più rivisto.   Giustino Fortunato Elaborando temi già affrontati nelle Tesi di Lione, in settembre Gramsci iniziò a scrivere un saggio sulla questione meridionale, intitolato Alcuni temi sulla quistione meridionale, in cui analizzò il periodo dello sviluppo politico italiano dal 1894, anno dei moti dei contadini siciliani, seguito nel 1898 dall'insurrezione di Milano repressa a cannonate dal governo Di Rudinì. Secondo Gramsci, la borghesia italiana, impersonata politicamente da Giovanni Giolitti, di fronte all'insofferenza delle classi emarginate dei contadini meridionali e degli operai del Nord, piuttosto che allearsi con le forze agrarie, cosa che avrebbe dovuto comportare una politica di libero scambio e di bassi prezzi industriali, scelse di favorire il blocco industriale-operaio, con la conseguente scelta del protezionismo doganale, unita a concessione di libertà sindacali.  Di fronte alla persistenza dell'opposizione operaia, manifestatasi anche contro i dirigenti socialisti riformisti, Giolitti cercò un accordo con i contadini cattolici del Centro-Nord. Il problema è allora di perseguire una politica di opposizione che rompa l'alleanza borghesia-contadini, facendo convergere questi ultimi in un'alleanza con la classe operaia.  La società meridionale, secondo Gramsci, è costituita da tre classi fondamentali: braccianti e contadini poveri, politicamente inconsapevoli; piccoli e medi contadini, che non lavorano la terra ma dalla quale ricavano un reddito che permette loro di vivere in città, spesso come impiegati statali: costoro disprezzano e temono il lavoratore della terra, e fanno da intermediari al consenso fra i contadini poveri e la terza classe, costituita dai grandi proprietari terrieri, i quali a loro volta contribuiscono alla formazione dell'intellettualità nazionale, con personalità del valore di Croce e di Fortunato e sono, con quelli, i principali e più raffinati sostenitori della conservazione di questo blocco agrario. Croce e Fortunato sono, per Gramsci, «i reazionari più operosi della penisola», «le chiavi di volta del sistema meridionale e, in un certo senso, sono le due più grandi figure della reazione italiana». Per poter spezzare questo blocco occorrerebbe la formazione di un ceto di intellettuali medi che interrompa il flusso del consenso fra le due classi estreme, favorendo così l'alleanza dei contadini poveri con il proletariato urbano. Tuttavia Gramsci non aveva un'opinione positiva sui contadini, scrisse: «Il solo organizzatore possibile della massa contadina meridionale è l'operaio industriale, rappresentato dal nostro partito» «Non ho mai voluto mutare le mie opinioni, per le quali sarei disposto a dare la vita e non solo a stare in prigione vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato: ma non potevo fare diversamente. La vita è così, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini»  (Antonio Gramsci, Lettera alla madre) In Unione Sovietica è in corso la lotta fra la maggioranza di Stalin e Bucharin e la minoranza di sinistra del Partito comunista, guidata da Trotskij, Zinov'ev e Kamenev, che critica la politica della NEP, la quale favorisce i contadini ricchi a svantaggio degli operai, e la rinuncia alla rivoluzione socialista mondiale attraverso la costruzione del «socialismo in un solo paese» che porterebbe all'involuzione del movimento rivoluzionario. Il dissidio, che porta all'esclusione di Zinov'ev dall'Ufficio politico del Partito sovietico, si era fatto sempre più aspro con la costituzione in frazione della minoranza e si era esteso anche all'interno del Partito comunista tedesco, provocando una scissione. Il New York Times, forse su ispirazione di Trotsky, pubblicava il testamento di Lenin, con i suoi noti rilievi sul carattere di Stalin e sul pericolo rappresentato dal troppo potere che la carica di segretario del Partito gli concedeva. Su incarico dell'Ufficio politico, Gramsci scrisse a metà ottobre una lettera al Comitato centrale del Partito sovietico. Egli si mostra preoccupato per l'acutezza delle polemiche che potrebbero portare a una scissione che «può avere le più gravi ripercussioni, non solo se la minoranza di opposizione non accetta con la massima lealtà i principi fondamentali della disciplina rivoluzionaria di Partito, ma anche se essa, nel condurre la sua lotta, oltrepassa certi limiti che sono superiori a tutte le democrazie formali». Riconosciuto ai dirigenti sovietici il merito di essere stati «l'elemento organizzatore e propulsore delle forze rivoluzionarie di tutti i paesi», li rimprovera di star «distruggendo l'opera vostra, voi degradate e correte il rischio di annullare la funzione dirigente che il partito comunista dell'URSS aveva conquistato per l'impulso di Lenin: ci pare che la passione violenta delle quistioni russe vi faccia perdere di vista gli aspetti internazionali delle quistioni russe stesse, vi faccia dimenticare che i vostri doveri di militanti russi possono e debbono essere adempiuti solo nel quadro degli interessi del proletariato internazionale. Nel merito del fondamento del contrastola contraddizione di un proletariato formalmente «dominante» in URSS, ma in condizioni economiche molto inferiori alla classe «dominata»Gramsci appoggia la posizione della maggioranza, rilevando che «è facile fare della demagogia su questo terreno ed è difficile non farla quando la quistione è stata messa nei termini dello spirito corporativo e non in quelli del leninismo, della dottrina dell'egemonia del proletariato è in questo elemento la radice degli errori del blocco delle opposizioni e l'origine dei pericoli latenti che nella sua attività sono contenuti. Nella ideologia e nella pratica del blocco delle opposizioni rinasce in pieno tutta la tradizione della socialdemocrazia e del sindacalismo che ha impedito finora al proletariato occidentale di organizzarsi in classe dirigente».  Gramsci concludeva esortando all'unità: «I compagni Zinov'ev, Trockij, Kamenev hanno contribuito potentemente a educarci per la rivoluzione sono stati tra i nostri maestri. A loro specialmente ci rivolgiamo come ai maggiori responsabili dell'attuale situazione perché vogliamo essere sicuri che la maggioranza del comitato centrale del partito comunista dell'URSS non intenda stravincere nella lotta e sia disposta a evitare le misure eccessive. L'untà del nostro partito fratello di Russia è necessaria per lo sviluppo e il trionfo delle forze rivoluzionarie mondiali; a questa necessità ogni comunista e internazionalista deve essere disposto a fare maggiori sacrifizi. I danni di un errore compiuto dal partito unito sono facilmente superabili; i danni di una scissione o di una prolungata condizione di scissione latente possono essere irreparabili e mortali». Togliatti, allora a Mosca quale rappresentante italiano all'Internazionale, criticò le ultime considerazioni che ripartivano, seppure in modo diseguale, le responsabilità delle due fazioni, credendo ancora nella illusoria possibilità di una compattezza del gruppo dirigente sovietico: a suo avviso, invece, «d'ora in poi l'unità della vecchia guardia leninista non sarà più o sarà assai difficilmente realizzata in modo continuo». Non ci sarà tempo e occasione per approfondire la questione: lo stesso giorno in cui il Comitato centrale comunista doveva riunirsi clandestinamente a Genova, Mussolini subì a Bologna un attentato senza conseguenze personali, che provoca una tale pressione poliziesca da far fallire il convegno. L'attentato Zamboni costituì il pretesto per l'eliminazione degli ultimi, minimi residui di democrazia: il governo sciolse i partiti politici di opposizione e soppresse la libertà di stampa. L'8 novembre, in violazione dell'immunità parlamentare, Gramsci venne arrestato nella sua casa e rinchiuso nel carcere di Regina Coeli. Il giorno successivo fu dichiarato decaduto, insieme agli altri deputati aventiniani. Dopo un periodo di confino a Ustica, dove ritrovò, tra gli altri, Bordiga, fu detenuto nel carcere milanese di San Vittore. Qui ricevette, in agosto, la visita del fratello Mario, le cui scelte politiche erano state opposte alle suegià federale di Varese, ora si occupava di commercioe, soprattutto, quella della cognata Tatiana, la persona che si manterrà sempre, per quanto possibile, in contatto con lui. L'istruttoria andò per le lunghe, perché vi erano difficoltà a montare su di lui accuse credibili: fu anche fatto avvicinare da due agenti provocatoriprima un tale Dante Romani e poi un certo Corrado Melanima senza successo. Il processo a ventidue imputati comunisti, fra i quali Umberto Terracini, Mauro Scoccimarro e Giovanni Roveda, iniziò finalmente a Roma; Mussolini aveva istituito il Tribunale Speciale Fascista. Presidente è un generale, Saporiti, giurati sono cinque consoli della milizia fascista, relatore l'avvocato Buccafurri e accusatore l'avvocato Isgrò, tutti in uniforme; intorno all'aula, «un doppio cordone di militi in elmetto nero, il pugnale sul fianco ed i moschetti con la baionetta in canna» Gramsci è accusato di attività cospirativa, istigazione alla guerra civile, apologia di reato e incitamento all'odio di classe. Il pubblico ministero Isgrò concluse la sua requisitoria con una frase rimasta famosa: «Bisogna impedire a questo cervello di funzionare per venti anni»; e infatti Gramsci venne condannato a venti anni, quattro mesi e cinque giorni di reclusione. Raggiunse il carcere di Turi, in provincia di Bari. Fin da quando si trovava in carcere a Milano, era intenzionato a occuparsi «intensamente e sistematicamente di qualche soggetto» che lo «assorbisse e centralizzasse la sua vita interiore». Il detenuto 7.047 ottenne finalmente l'occorrente per scrivere e iniziò la stesura dei suoi Quaderni del carcere. Il primo quaderno si apre proprio con una bozza di 16 argomenti, alcuni dei quali saranno abbandonati, altri inseriti e altri ancora svolti solo in parte. Caratteristico era il suo modo di lavorare. Quasi tutti i giorni, per alcune ore, camminando all'interno della cella, rifletteva sulle frasi da scrivere e poi si chinava sul tavolino, scrivendo senza sedersi, un ginocchio appoggiato sullo sgabello, per riprendere a camminare e a pensare. A fare da tramite tra Gramsci e il mondo esterno, e in particolare con Sraffa e tramite questi col Pcus e il PCd'I, fu la cognata Tatiana Schucht, essendo la moglie di Gramsci tornata in Unione Sovietica.  Intanto, il Congresso dell'Internazionale comunista, tenutosi a Mosca aveva stabilito l'impossibilità di accordi con la social-democrazia, che veniva anzi assimilata allo stesso fascismo. Era la tesi di Stalin il quale, liquidata l'opposizione di Trockij, eliminava anche l'influenza di Bucharin che, già suo alleato contro la sinistra di Trockij, era rimasto il suo principale oppositore da destra. Al nuovo orientamento dell'Internazionale, riaffermato nel X Plenum del Comitato esecutivo ndovevano adeguarsi i Partiti nazionali, espellendo, se necessario, i dissidenti. Il Partito comunista d'Italia si adeguò alle scelte dell'Internazionale, espellendo Angelo Tasca in settembre e in successione, ma con l'accusa di trotskismo, prima, iBordiga, poi, ifu la volta di Leonetti, Tresso e Ravazzoli. Teneva, durante l'ora d'aria, dei "colloqui-lezioni" con i compagni di partito: non esistono dirette testimonianze delle opinioni espresse da Gramsci riguardo alla «svolta» politica del movimento comunista, ma può costituire un indiretto riferimento un rapporto che un suo compagno di carcere, Athos Lisa, amnistiato, inviò subito al Centro estero comunista. Secondo quella relazione, riferì la teoria della necessità dell'alleanza fra operai del Nord e contadini meridionali che già stava elaborando nei suoi Quaderni: «L'azione per la conquista degli alleati diviene per il proletariato cosa estremamente delicata e difficile. D'altra parte, senza la conquista di questi alleati, è precluso al proletariato ogni serio movimento rivoluzionario». Qui s'intende che il proletariatola classe operaiadebba allearsi con i contadini e la piccola borghesia: «Se si tiene conto delle particolari condizioni nei limiti delle quali va visto il grado di sviluppo politico degli strati contadini e piccoli borghesi in Italia, è facile comprendere come la conquista di questi strati sociali comporti per il partito una particolare azione. La lotta per la conquista diretta del potere è un passo al quale questi strati sociali potranno solo accedere per gradi il primo passo attraverso il quale bisogna condurre questi strati sociali è quello che li porti a pronunciarsi sul problema istituzionale e costituzionale. L'inutilità della Monarchia è ormai compresa da tutti i lavoratori a questo obiettivo deve improntarsi la tattica del partito senza tema di apparire poco rivoluzionario. Deve fare sua prima degli altri partiti in lotta contro il fascismo la parola d'ordine della Costituente». Ma l'azione del partito «deve essere intesa a svalutare tutti i programmi di riforma pacifica dimostrando alla classe lavoratrice come la sola soluzione possibile in Italia risieda nella rivoluzione proletaria».  La richiesta di una Costituente, e dunque di un'iniziativa politica che si ponesse obiettivi intermedi, avrebbe comportato necessariamente una convergenza, per quanto temporanea, con altre forze antifasciste, e se è difficile considerare tale linea politica come «social-democratica», durante le discussioni nel cortile del carcere qualche suo compagno arrivò a sostenere che egli era ormai fuori del Partito comunista. Probabilmente le reazioni di alcuni erano esasperate dal clima di detenzione» ma certo le posizioni dovevano apparire in contrasto con la linea politica indicata in quegli anni dal Partito comunista. È in questo periodo chevenne a contatto con Pertini, esponente del PSI e detenuto anch'egli alla Casa Penale di Turi. I due, nonostante i pensieri politici differenti, divennero grandi amici e Pertini, anche dopo la scarcerazione, ricordò spesso nei suoi discorsi il compagno di prigionia e le tristi condizioni di salute che lo stroncavano. Gramsci, oltre al morbo di Pott di cui soffriva fin dall'infanzia, fu colpito da arteriosclerosi e poté così ottenere una cella individuale; cercò di reagire alla detenzione studiando ed elaborando le proprie riflessioni politiche, filosofiche e storiche, tuttavia le condizioni di salute continuarono a peggiorare e in agosto ebbe un'improvvisa e grave emorragia. Anche la moglie, in Russia, era sofferente di una seria forma di depressione e rare erano le sue lettere al marito che, all'oscuro dei motivi dei suoi lunghi silenzi, sentiva crescere intorno a sé il senso di un opprimente isolamento. Scriveva alla cognata: Non credere che il sentimento di essere personalmente isolato mi getti nella disperazione io non ho mai sentito il bisogno di un apporto esteriore di forze morali per vivere fortemente la mia vita tanto meno oggi, quando sento che le mie forze volitive hanno acquistato un più alto grado di concretezza e di validità. Ma mentre nel passato mi sentivo quasi orgoglioso di sentirmi isolato, ora invece sento tutta la meschinità, l'aridità, la grettezza di una vita che sia esclusivamente volontà. Quando la madre morì, i familiari preferirono non informarlo. Ebbe una seconda grave crisi, con allucinazioni e deliri. Si riprese a fatica, senza farsi illusioni sul suo immediato futuro. Fino a qualche tempo fa io ero, per così dire, pessimista con l'intelligenza e ottimista con la volontà. Oggi non penso più così. Ciò non vuol dire che abbia deciso di arrendermi, per così dire. Ma significa che non vedo più nessuna uscita concreta e non posso più contare su nessuna riserva di forze». Eppure lo stesso codice penale dell'epoca, all'art. 176, prevedeva la concessione della libertà condizionata ai carcerati in gravi condizioni di salute. A Parigi si costituì un comitato, di cui fecero parte, fra gli altri, Rolland e Barbusse, per ottenere la liberazione sua e di altri detenuti politici, ma venne trasferito nell'infermeria del carcere di Civitavecchia e poi nella clinica del dottor Cusumano a Formia, sorvegliato in camera e all'esterno. Mussolini accolse finalmente la richiesta di libertà condizionata, ma Gramsci non rimase libero nei suoi movimenti, tanto che gli fu impedito di andare a curarsi altrove, perché il governo temeva una sua fuga all'estero; solo il poté essere trasferito nella clinica "Quisisana" di Roma, dove giunse in gravi condizioni, poiché oltre al morbo di Pott e all'arteriosclerosi soffriva di ipertensione e di gotta. Passò dalla libertà condizionata alla piena libertà, ma era ormai in gravissime condizioni: morì di emorragia cerebrale, nella stessa clinica Quisisana. Il giorno seguente la cremazione si svolsero i funerali, cui parteciparono soltanto il fratello Carlo e la cognata Tatiana. Le ceneri, inumate nel cimitero del Verano, furono trasferite nel Cimitero acattolico di Roma, nel Campo Cestio. I 33 Quaderni del carcere, non destinati da Gramsci alla pubblicazione, contengono riflessioni e appunti elaborati durante la reclusione. Furono definitivamente interrotti a causa della gravità delle sue condizioni di salute. Furono numerati, senza tener conto della loro cronologia, dalla cognata Schucht, che li affidò all'Ambasciata sovietica a Roma da dove furono inviati a Mosca e, successivamente, conseg Palmiro Togliatti. Dopo la fine della guerra i Quaderni, curati dal dirigente comunista Platone sotto la supervisione di Togliatti, furono pubblicati dall'editore Einaudi unitamente alle sue Lettere dal carcere indirizzate ai familiarii n sei volumi, ordinati per argomenti omogenei, con i titoli “Il materialismo storico e la filosofia di Croce”;  “Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura”; “Il Risorgimento”; “Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo Stato moderno”; “Letteratura e vita nazionale”; “Passato e presente”.  I Quaderni furono pubblicati Valentino Gerratana secondo l'ordine cronologico della loro elaborazione. Sono stati raccolti in volume anche tutti gli articoli scritti da Gramsci nell'Avanti!, ne Il Grido del Popolo e ne L'Ordine Nuovo.  Conquistare la maggioranza politica di un Paese vuol dire che le forze sociali, che di tale maggioranza sono espressione, dirigono la politica di quel determinato paese e dominano le forze sociali che a tale politica si oppongono: significa ottenere l'egemonia.  Vi è distinzione fra direzione egemonia intellettuale e morale e dominio esercizio della forza repressive. Un gruppo sociale è dominante dei gruppi avversari che tende a liquidare o a sottomettere anche con la forza armata, ed è dirigente dei gruppi affini e alleati. Un gruppo sociale può e anzi deve essere dirigente già prima di conquistare il potere governativo (è questa una delle condizioni principali per la stessa conquista del potere. Dopo, quando esercita il potere ed anche se lo tiene fortemente in pugno, diventa dominante ma deve continuare ad essere anche dirigente. La crisi dell'egemonia si manifesta quando, anche mantenendo il proprio dominio, le classi sociali politicamente dominanti non riescono più a essere dirigenti di tutte le classi sociali, non riuscendo più a risolvere i problemi di tutta la collettività e a imporre la propria concezione del mondo. A quel punto, la classe sociale sub-alterna, se riesce a indicare concrete soluzioni ai problemi lasciati irrisolti dalla classe dominante, può diventare dirigente e, allargando la propria concezione del mondo anche ad altri strati sociali, può creare un nuovo «blocco sociale», cioè una nuova alleanza di forze sociali, divenendo “egemone.” Il cambiamento dell'esercizio dell'egemonia è un momento rivoluzionario che inizialmente avviene a livello della sovra-struttura in senso marxiano, ossia politico, culturale, ideale, morale –, ma poi trapassa nella società nel suo complesso investendo anche la struttura economica, e dunque tutto il «blocco storico», termine che indica l'insieme della struttura e della sovra-struttura, ossia i rapporti sociali di produzione e i loro riflessi ideologici. Analizzando la storia di Italia e il Risorgimento in particolare, rileva che la classe popolare non trova un proprio spazio politico e una propria identità, poiché la politica dei liberali di Cavour concepì l'unità nazionale come un allargamento dello Stato piemontese e del patrimonio della dinastia, non come movimento nazionale dal basso, ma come conquista regia. Rritiene che l'azione della borghesia avrebbe potuto assumere un carattere rivoluzionario se avesse acquisito l'appoggio di vaste masse popolari, in particolare dei contadini, che costituivano la maggioranza della popolazione. Il limite della rivoluzione borghese in Italia consistette nel non essere capeggiata da un partito giacobino, come in Francia, dove le campagne, appoggiando la Rivoluzione, furono decisive per la sconfitta delle forze della reazione aristocratica.  Il partito politico italiano allora più avanzato fu il “Partito d'Azione” di Mazzini e Garibaldi, che non seppe impostare il problema dell'alleanza delle forze borghesi progressive con la classe contadina. Garibaldi in Sicilia distribuì le terre demaniali ai contadini, ma gli stessi garibaldini repressero le rivolte contadine contro i baroni latifondisti. Per conquistare l'egemonia contro i moderati guidati dal liberale Cavour, il “Partito d'Azione” avrebbe dovuto legarsi alle masse rurali, specialmente meridionali, essere giacobino specialmente per il contenuto economico-sociale. Il collegamento delle diverse classi rurali che si realizza in un blocco reazionario attraverso i diversi ceti intellettuali legittimisti-clericali poteva essere dissolto per addivenire ad una nuova formazione liberale-nazionale solo se si faceva forza in due direzioni: sui contadini di base, accettandone le rivendicazione di base e sugli intellettuali degli strati medi e inferiori». Al contrario, i cavourriani liberali seppero mettersi alla testa della rivoluzione borghese, assorbendo tanto i radicali che una parte dei loro stessi avversari. Questo avvenne perché i moderati cavourriani ebbero un rapporto organico con i loro intellettuali che erano proprietari terrieri e dirigenti industriali come i politici che essi rappresentavano. Le masse popolari restarono passive nel raggiunto compromesso fra i capitalisti del Nord e i latifondisti del Sud.  Il Piemonte assunse la funzione di classe dirigente, anche se esistevano altri nuclei di classe dirigente favorevoli all'unificazione. Questi nuclei non volevano dirigere nessuno, cioè non volevano accordare i loro interessi e aspirazioni con gli interessi e aspirazioni di altri gruppi. Volevano dominare, non dirigere e ancora. Volevano che dominassero i loro interessi, non le loro persone, cioè volevano che una forza nuova, indipendente da ogni compromesso e condizione, divenisse arbitra della Nazione: questa forza fu il Piemonte, che ebbe una funzione paragonabile a quella di un partito. Questo fatto è della massima importanza per il concetto di “rivoluzione passive”, che cioè non un gruppo sociale sia il dirigente di altri gruppi, ma che uno stato, sia pure limitato come potenza, sia il dirigente del gruppo che di esso dovrebbe essere dirigente e possa porre a disposizione di questo un esercito e una forza politica-diplomatica. Che uno Stato si sostituisca ai gruppi sociali locali nel dirigere la lotta di rinnovamento è uno dei casi in cui si ha la funzione di “dominio” e non di dirigenza di questi gruppi: dittatura senza egemonia. Il concetto di “egemonia” si distingue da quello di “dittatura”. La dittatura uesta è solo dominio, quella è capacità di direzione. Non prese mai posizione contro la “dittatura del proletariato” né espresse critiche significative al regime sovietico in Russia.  Le classi subalterne  Gustave Courbet, Lo spaccapietre Le classi subaltern esotto proletariato, proletariato urbano, rurale e anche parte della piccola borghesianon sono unificate e la loro unificazione avviene solo quando giungono a dirigere lo stato, altrimenti svolgono una funzione discontinua e disgregata nella storia della società civile dei singoli stati, subendo l'iniziativa dei gruppi dominanti anche quando ad essi si ribellano.  Il "blocco sociale", l'alleanza politica di classi sociali diverse, formato, in Italia, da industriali, proprietari terrieri, classi medie, parte della piccola borghesia, non è omogeneo, essendo attraversato da interessi divergenti, ma una politica opportuna, una cultura e un'ideologia o un sistema di ideologie impediscono che quei contrasti di interessi, permanenti anche quando siano latenti, esplodano provocando la crisi dell'ideologia dominante e la conseguente crisi politica dell'intero sistema di potere.  In Italia, l'esercizio dell'egemonia delle classi dominanti è ed è stata parziale. Tra le forze che contribuiscono alla conservazione di tale blocco sociale è la Chiesa, che si batte per mantenere l'unione dottrinale tra fedeli colti e incolti, tra intellettuali e semplici, tra dominanti e dominati, in modo da evitare fratture irrimediabili che tuttavia esistono e che essa non è in realtà in grado di sanare, ma solo di controllare. La Chiesa è sempre stata la più tenace nella lotta per impedire che ufficialmente si formino due religioni, quella degli intellettuali e quella delle anime semplici, una lotta che ha fatto risaltare la capacità organizzatrice nella sfera della cultura del clero che ha dato derte soddisfazioni alle esigenze della scienza e della filosofia, ma con un ritmo così lento e metodico che le mutazioni non sono percepite dalla massa dei semplici, sebbene esse appaiano "rivoluzionarie" e demagogiche agli "integralisti" ».Anche la dominante cultura d'impronta idealistica, esercitata dalle scuole filosofiche di Croce e Gentile, non ha «saputo creare una unità ideologica tra il basso e l'alto, tra i semplici e gli intellettuali, tanto che essa, anche se ha sempre considerato la religione una mitologia, non ha nemmeno «entato di costruire una concezione che potesse sostituire la religione nell'educazione infantile, e questi pedagogisti, pur essendo non religiosi, non confessionali e atei, concedono l'insegnamento della religione perché la religione è la filosofia dell'infanzia dell'umanità, che si rinnova in ogni infanzia non metaforica. La cultura laica dominante utilizza la religione proprio perché non si pone il problema di elevare le classi popolari al livello di quelle dominanti ma, al contrario, intende mantenerle in una posizione di sub-alternità.  Le classi dominanti hanno derubricato a “folklore” la cultura della classe sub-alterna.  Annota nel I Quaderno, che il “folklore” non deve essere concepito come una bizzarria, una stranezza, una cosa ridicola, una cosa tutt'al più pittoresca; ma deve essere concepito come una cosa molto seria e da prendere sul serio, e va studiato in quanto «oncezione del mondo e della vita di certi strati della società determi tempo e nello spazio, cioè del popolo inteso come l'insieme della classi strumentale e sub-alterna di ogni forma di società finora esistita». È dunque necessario mutare lo spirito delle ricerche folkloriche, oltre che approfondirle ed estenderle. La frattura tra gli intellettuali e i semplici può essere sanata da quella politica che non tende a mantenere i semplici nella loro filosofia primitiva del senso comune, ma invece a condurli a una concezione superiore della vita. L'azione politica realizzata dalla «filosofia della prassi» così chiama il marxismo, non solo per l'esigenza di celare quanto scrive alla repressiva censura carceraria opponendosi alle culture dominanti della Chiesa e dell'idealismo, può condurre i subalterni a una superiore concezione della vita. Se afferma l'esigenza del contatto tra intellettuali e semplici non è per limitare l'attività scientifica e per mantenere una unità al basso livello delle masse, ma appunto per costruire un blocco intellettuale e morale che renda politicamente possibile un progresso intellettuale di massa e non solo di scarsi gruppi intellettuali. La via che conduce all'egemonia del proletariato passa dunque per una riforma culturale e morale della società.  Tuttavia l'uomo attivo di massa, cioè la classe operaia, non è, in generale, consapevole né della funzione che può svolgere né della sua condizione reale di sub-ordinazione, Il proletariat non ha una chiara coscienza di questo suo operare che pure è un conoscere il mondo in quanto lo trasforma. La sua coscienza anzi può essere in contrasto col suo operare. Esso opera praticamente e nello stesso tempo ha una coscienza ereditata dal passato, accolta per lo più in modo acritico. La reale comprensione di sé avviene attraverso una lotta di egemonie politiche, di direzioni contrastanti, prima nel campo dell'etica, poi della politica per giungere a una elaborazione superiore della propria concezione del reale. La coscienza politica, cioè l'essere parte di una determinata forza egemonica, è la prima fase per una ulteriore e progressiva auto-coscienza dove teoria e pratica finalmente si unificano. Ma auto-coscienza significa creazione di un gruppo di intellettuali, organici alla classe, perché per distinguersi e rendersi indipendenti occorre organizzarsi, e non esiste organizzazione senza intellettuali, uno strato di persone specializzate nell'elaborazione concettuale e filosofica. Già Machiavelli indica nei moderni Stati unitari europei l'esperienza che l'Italia avrebbe dovuto far propria per superare la drammatica crisi emersa nelle guerre che devastarono la penisola dalla fine del Quattrocento. “Il Principe” di Machiavelli non esisteva nella realtà storica, non si presentava al popolo italiano con caratteri di immediatezza obiettiva. E una pura astrazione dottrinaria, il simbolo del capo, del condottiero ideale. Ma gli elementi passionali, mitici si riassumono e diventano vivi nella conclusione, nell'invocazione di un principe realmente esistente. In Italia non si ebbe una monarchia assoluta che unificasse la nazione perché dalla dissoluzione della borghesia comunale si creò una situazione interna economico-corporativa, politicamente la peggiore delle forme di società feudale, la forma meno progressiva e più stagnante. Mancò sempre, e non poteva costituirsi, una forza giacobina efficiente, la forza appunto che a Francia ha suscitato e organizzato la volontà collettiva nazional-popolare e ha fondato lo stato moderno. A questa forza progressiva si oppose in Italia la «borghesia rurale, eredità di parassitismo lasciata ai tempi moderni dallo sfacelo, come classe, della borghesia comunale. Forze progressive sono i gruppi sociali urbani con un determinato livello di cultura politica, ma non sarà possibile la formazione di una volontà collettiva nazionale-popolare, se le grandi masse dei contadini lavoratori non irrompono simultaneamente nella vita politica. Ciò intendeva Machiavelli attraverso la riforma della milizia, ciò fecero i giacobini nella Rivoluzione francese. In questa comprensione è da identificare un giacobinismo precoce del Machiavelli, il germe, più o meno fecondo, della sua concezione della rivoluzione nazionale. Modernamente, il Principe invocato dal Machiavelli non può essere un individuo reale, concreto, ma un organismo e questo organismo è già dato dallo sviluppo storico ed è il partito politico: la prima cellula in cui si riassumono dei germi di volontà collettiva che tendono a divenire universali e totali. Il partito è l'organizzatore di una riforma intellettuale e morale, che concretamente si manifesta con un programma di riforma economica, divenendo così la base di un laicismo moderno e di una completa laicizzazione di tutta la vita e di tutti i rapporti di costume. Perché un partito esista, e diventi storicamente necessario, devono confluire in esso tre elementi fondamentali. Primo, un elemento diffuso, di uomini comuni, medi, la cui partecipazione è offerta dalla disciplina e dalla fedeltà, non dallo spirito creativo ed altamente organizzativo essi sono una forza in quanto c'è chi li centralizza, organizza, disciplina, ma in assenza di questa forza coesiva si sparpaglierebbero e si annullerebbero in un pulviscolo impotente. Secondo, L'elemento coesivo principale dotato di forza altamente coesiva, centralizzatrice e disciplinatrice e anche, anzi forse per questo, inventiva da solo questo elemento non formerebbe un partito, tuttavia lo formerebbe più che il primo elemento considerato. Si parla di capitani senza esercito, ma in realtà è più facile formare un esercito che formare dei capitani». Terzo, Un elemento medio, che articoli il primo col secondo elemento, che li metta a contatto, non solo fisico, ma morale e intellettuale. Gramsci negli scritti compresi ribadì i principi espressi dalla Terza Internazionale, insistendo sulla disciplina ferrea del partito e contestando qualsiasi forma di frazionismo. Socialisti e sindacalisti venivano pesantemente criticati e messi sullo stesso piano del regime fascista. Tutti gli uomini sono intellettuali, dal momento che non c'è attività umana da cui si possa escludere ogni intervento intellettuale. Nn si può separare l'homo faber dall'homo sapiens, in quanto, indipendentemente della sua professione specifica, ognuno è a suo modo un filosofo, un artista, un uomo di gusto, partecipa di una concezione del mondo, ha una consapevole linea di condotta morale, ma non tutti gli uomini hanno nella società la funzione dell’ intellettuale.  Storicamente si formano particolari categorie di intellettuali, specialmente in connessione coi gruppi sociali più importanti e subiscono elaborazioni più estese e complesse in connessione col gruppo sociale dominante. Un gruppo sociale che tende all'egemonia lotta per l'assimilazione e la conquista ideologica degli intellettuali tradizionali tanto più rapida ed efficace quanto più il gruppo dato elabora simultaneamente i propri intellettuali organici. L'intellettuale tradizionale è il letterato, il filosofo, l'artista e perciò i giornalisti, che ritengono di essere letterati, filosofi, artisti, ritengono anche di essere i veri intellettuali, mentre modernamente è la formazione tecnica a formare la base del nuovo tipo di intellettuale, un costruttore, organizzatore, persuasorema non assolutamente il vecchio oratore, formatosi sullo studio dell'eloquenza motrice esteriore e momentanea degli affetti e delle passioni il quale deve giungere dalla tecnica-lavoro alla tecnica-scienza e alla concezione umanistica storica, senza la quale si rimane specialista e non si diventa dirigente. Il gruppo sociale emergente, che lotta per conquistare l'egemonia politica, tende a conquistare alla propria ideologia l'intellettuale tradizionale mentre, nello stesso tempo, forma i propri intellettuali organici. L'organicità degli intellettuali si misura con la maggiore o minore connessione con il gruppo sociale cui essi fanno riferimento. Essi operano tanto nella società civilel'insieme degli organismi privati in cui si dibattono e si diffondono le ideologie necessarie all'acquisizione del consenso, apparentemente dato spontaneamente dalle grandi masse della popolazione alle scelte del gruppo sociale dominante quanto nella società politica, dove si esercita il dominio diretto o di comando che si esprime nello Stato e nel governo giuridico. Gli intellettuali sono così i commessi del gruppo dominante per l'esercizio delle funzioni sub-alterne dell'egemonia sociale e del governo politico, cioè, primo, del consenso spontaneo dato dalle grandi masse della popolazione all'indirizzo impresso alla vita sociale dal gruppo fondamentale dominante; secondo, dell'apparato di coercizione statale che assicura legalmente la disciplina di quei gruppi che non consentono. Come lo Stato, nella società politica, tende a unificare gli intellettuali tradizionali con quelli organici, così nella società civile il partito politico, ancor più compiutamente e organicamente dello Stato, elabora i propri componenti, elementi di un gruppo sociale nato e sviluppatosi come economico, fino a farli diventare intellettuali politici qualificati, dirigenti, organizzatori di tutte le attività e le funzioni inerenti all'organico sviluppo di una società integrale, civile e politica. Il compito della riforma intellettuale e morale non potrà che essere ancora degli intellettuali organici, non cristallizzati, che la determineranno e organizzeranno, adeguando la cultura anche alle sue funzioni pratiche, addivenendo a una nuova organizzazione della cultura. Il partito comunista si pone come sintesi attiva di questo processo: intellettuale collettivo di avanguardia, la direzione politica di classe lotterà per l'egemonia. Il partito comunista, per Gramsci, è intellettuale collettivo; e l'intellettuale comunista è organico alla classe e dunque a questo collettivo perché fa parte del blocco storico-sociale che deve costruire il nuovo mondo. Pur essendo sempre stati legati alle classi dominanti, ottenendone spesso onori e prestigio, gli intellettuali italiani non si sono mai sentiti organici, hanno sempre rifiutato, in nome di un loro astratto cosmopolitismo, ogni legame con il popolo, del quale non hanno mai voluto riconoscere le esigenze né interpretare i bisogni culturali.  In molte linguein russo, in tedesco, in franceseil significato dei termini «nazionale» e «popolare» coincidono: «in Italia, il termine nazionale ha un significato molto ristretto ideologicamente e in ogni caso non coincide con popolare, perché in Italia gli intellettuali sono lontani dal popolo, cioè dalla nazione e sono invece legati a una tradizione di casta, che non è mai stata rotta da un forte movimento popolare o nazionale dal basso: la tradizione è libresca e astratta e l'intellettuale tipico moderno si sente più legato ad Annibal Caro o a Ippolito Pindemonte che a un contadino pugliese o siciliano. Si è assistito a un fiorire della letteratura popolare, dai romanzi di appendice del Sue o di Ponson du Terrail, ad Alexandre Dumas, ai racconti polizieschi inglesi e americani; con maggior dignità artistica, alle opere del Chesterton e di Dickens, a quelle di Victor Hugo, di Émile Zola e di Honoré de Balzac, fino ai capolavori di Dostoevskij e di Tolstoj. Nulla di tutto questo in Italia. In Italia, la letteratura non si è diffusa e non è stata popolare, per la mancanza di un blocco nazionale intellettuale e morale tanto che l'elemento intellettuale italiano è avvertito come “più straniero degli stranieri stessi”.  Fa eccezione, per Gramsci, il melodrama verista (“Cavalleria rusticana”, “Pagliacci”), che ha tenuto in qualche modo in Italia il ruolo nazionale-popolare sostenuto altrove dalla letteratura. Il pubblico icerca la sua letteratura all'estero perché la sente più sua di quella italiana: è questa la dimostrazione del distacco, in Italia, fra pubblico e scrittori. Ogni popolo ha la sua letteratura, ma essa può venirgli da un altro popolo può essere subordinato all'egemonia intellettuale e morale di altri popoli. È questo spesso il paradosso più stridente per molte tendenze monopolistiche di carattere nazionalistico e repressivo: che mentre si costruiscono piani grandiosi di egemonia, non ci si accorge di essere oggetto di una egemonia straniera. Così come, mentre si fanno piani imperialistici, in realtà si è oggetto di altri imperialism.. Hanno fallito nel compito di elaborare la coscienza morale del popolo, non diffondendo in esso un moderno umanesimo. La insufficienza dell’intelletuale è «uno degli indizi più espressivi dell'intima rottura che esiste tra la religione e il popolo. Questo si trova in uno stato miserrimo di indifferentismo e di assenza di una vivace vita spirituale. La religione è rimasta allo stato di superstizione l'Italia popolare è ancora nelle condizioni create immediatamente dalla Contro-Riforma. La religione, tutt'al più, si è combinata col folclore pagano ed è rimasta in questo stadio. Sono rimaste famose le note di Gramsci sul Manzoni: lo scrittore più autorevole, più studiato nelle scuole e probabilmente il più popolare, è una dimostrazione del carattere elitista della letteratura italiana. Ecco le parole dai Quaderni del carcere, confrontandolo con Tolstoj. Il carattere aristocratico di Manzoni appare dal compatimento scherzoso verso le figure di uomini del popolo (ciò che non appare in Tolstoj), come fra Galdino (in confronto di frate Cristoforo), il sarto, Renzo, Agnese, Perpetua, la stessa Lucia i popolani, per Manzoni, non hanno vita interiore, non hanno personalità morale profonda; essi sono animali. Manzoni è benevolo verso di loro proprio della benevolenza di una società di protezione di animali niente dello spirito popolare di Tolstoi, cioè dello spirito evangelico del cristianesimo primitivo. L'atteggiamento di Manzoni verso i suoi popolani è l'atteggiamento della Chiesa Cattolica verso il popolo: di condiscendente benevolenza, non di immediatezza umana vede con occhio severo tutto il popolo, mentre vede con occhio severo i più di coloro che non sono popolo; egli trova magnanimità, alti pensieri, grandi sentimenti, solo in alcuni della classe alta, in nessuno del popolo non c'è popolano che non venga preso in giro e canzonato. Vita interiore hanno solo i signori: fra Cristoforo, il Borromeo, l'Innominato, lo stesso don Rodrigo il suo atteggiamento verso il popolo e elitista ed aristocratico. Una classe che muova alla conquista dell'egemonia non può non creare una nuova cultura, che è essa stessa espressione di una nuova vita morale, un nuovo modo di vedere e rappresentare la realtà; naturalmente, non si possono creare artificialmente artisti che interpretino questo nuovo mondo culturale, ma «un nuovo gruppo sociale che entra nella vita storica con atteggiamento egemonico, con una sicurezza di sé che prima non aveva, non può non suscitare dal suo seno personalità che prima non avrebbero trovato una forza sufficiente per esprimersi compiutamente. Intanto, nella creazione di una nuova cultura, è parte la critica della civiltà letteraria presente, e vede nella critica svolta da Sanctis un esempio privilegiato. La critica di Sanctis è militante, non frigidamente estetica, è la critica di un periodo di lotte culturali, di contrasti tra concezioni della vita antagonistiche. Le analisi del contenuto, la critica della struttura delle opere, cioè della coerenza logica e storica-attuale delle masse di sentimenti rappresentati artisticamente, sono legate a questa lotta culturale: proprio in ciò pare consista la profonda umanità e l'umanesimo di Sanctis. Piace sentire in lui il fervore appassionato dell'uomo di parte che ha saldi convincimenti morali e politici e non li nasconde. Sanctis opera nel periodo risorgimentale, in cui si lotta per creare una nuova cultura: di qui la differenza con Croce, che vive sì gli stessi motivi culturali, ma nel periodo della loro affermazione, per cui la passione e il fervore romantico si sono composti nella serenità superiore e nell'indulgenza piena di bonomia. Quando poi quei valori culturali, così affermatisi, sono messi in discussione, allora in Croce sub-entra una fase in cui la serenità e l'indulgenza s'incrinano e affiora l'acrimonia e la collera a stento repressa: fase difensiva non aggressiva e fervida, e pertanto non confrontabile con quella di Sanctis. Una critica letteraria marxistica può avere nel critico campano un esempio, dal momento che essa deve fondere, come Sanctis fece, la critica estetica con la lotta per una cultura nuova, criticando il costume, i sentimenti e le ideologie espresse nella storia della letteratura, individuandone le radici nella società in cui quegli scrittori si trovavano a operare.  Non a caso, progettava nei suoi Quaderni un saggio che intendeva intitolare «I nipotini di padre Bresciani», dal nome di Bresciani, tra i fondatori e direttore della rivista La Civiltà Cattolica e scrittore di romanzi popolari d'impronta reazionaria; uno di essi, L'ebreo di Verona, fu stroncato in un famoso saggio di  Sanctis. I nipotini di padre Bresciani sono gli intellettuali e i letterati contemporanei portatori di una ideologia reazionaria con un «carattere tendenzioso e propagandistico apertamente confessato». Fra i «nipotini»individua, oltre a molti scrittori ormai dimenticati, Antonio Beltramelli, Ugo Ojetti, la codardia intellettuale dell'uomo supera ogni misura normale, Panzini, Bellonci, Bontempelli, Fracchia, Baratono -- l'agnosticismo del Baratono non è altro che vigliaccheria morale e civile -- teorizza solo la propria impotenza estetica e filosofica e la propria coniglieria – Bacchelli -- nel Bacchelli c'è molto brescianesimo, non solo politico-sociale, ma anche letterario: la Ronda fu una manifestazione di gesuitismo artistico -- Salvator Gotta --di Salvator Gotta si può dire ciò che il Carducci scrisse del Rapisardi: Oremus sull'altare e flatulenze in sagrestia; tutta la sua produzione letteraria è brescianesca», Ungaretti.  La vecchia generazione degli intellettuali è fallita (Papini, Prezzolini, Soffici, ecc.) ma ha avuto una giovinezza. La generazione attuale non ha neanche questa età delle brillanti promesse, Rosa, Angioletti, Malaparte, ecc.). Asini brutti anche da piccoletti. Croce, il più autorevole intellettuale dell'epoca, da alla borghesia italiana gli strumenti culturali più raffinati per delimitare i confini fra gli intellettuali e la cultura italiana, da una parte, e il movimento operaio e socialista dall'altra; è allora necessario mostrare e combattere la sua funzione di maggior rappresentante dell'egemonia culturale che il blocco sociale dominante esercita nei confronti del movimento operaio italiano. Come tale, Croce combatte il marxismo, cercando di negarne validità nell'elemento che egli individua come decisivo: quello dell'economia. Il Capitale di Marx sarebbe per Croce un'opera di morale e non di scienza, un tentativo di dimostrare che la società capitalistica è immorale, diversamente dalla comunista, in cui si realizzerebbe la piena moralità umana e sociale. La non-scientificità dell'opera maggiore di Marx sarebbe dimostrata dal concetto del “plusvalore.” Per Croce, solo da un punto di vista morale si può parlare di “plusvalore” rispetto al “valore”, legittimo concetto economico. Questa critica del Croce è in realtà un semplice sofisma. Il “plusvalore” è esso stesso valore, è la differenza tra il valore delle merci prodotte dal lavoratore e il valore della forza-lavoro del lavoratore stesso. Del resto, la teoria del valore di Marx deriva direttamente da quella dell'economista liberale Ricardo la cui teoria del valore-lavoro non sollevò nessuno scandalo quando fu espressa, perché allora non rappresentava nessun pericolo, appariva solo, come era, una constatazione puramente oggettiva e scientifica. Il valore polemico e di educazione morale e politica, pur senza perdere la sua oggettività, dove acquistarla solo con la Economia critica. La filosofia crociana si qualifica come storicismo, ossia, seguendo Vico, la realtà è storia e tutto ciò che esiste è necessariamente storico ma, conformemente alla natura idealistica della sua filosofia, la storia è storia dello Spirito, dunque storia speculativa, di astrazionistoria della libertà, della cultura, del progresso non è la storia concreta delle nazioni e delle classi. La storia speculativa può essere considerata come un ritorno, in forme letterarie rese più scaltre e meno ingenue dallo sviluppo della capacità critica, a modi di storia già caduti in discredito come vuoti e retorici e registrati in diversi libri dello stesso Croce. La storia etico-politica, in quanto prescinde dal concetto di blocco storico, in cui contenuto economico-sociale e forma etico-politica si identificano concretamente nella ricostruzione dei vari periodi storici, è niente altro che una presentazione polemica di filosofemi più o meno interessanti, ma non è storia la storia di Croce rappresenta figure disossate, senza scheletro, dalle carni flaccide e cascanti anche sotto il belletto delle veneri letterarie dello scrittore. L'operazione conservatrice di Croce storico fa il paio con quella di Croce filosofo. Se la dialettica dell'idealista Hegel era una dialettica dei contrariuno svolgimento della storia che procede per contraddizioni la dialettica crociana è una dialettica dei distinti: commutare la contraddizione in distinzione significa operare un'attenuazione, se non un annullamento dei contrasti che nella storia, e dunque nelle società, si presentano. Tale operazione si manifesta nelle opere storiche di Croce. La sua Storia d'Europa, iniziando e tagliando fuori il periodo della Rivoluzione francese e quello napoleonico, non è altro che un frammento di storia, l'aspetto passivo della grande rivoluzione che si iniziò in Francia nel 1789, traboccò nel resto d'Europa con le armate repubblicane e napoleoniche, dando una potente spallata ai vecchi regimi e determinandone non il crollo immediato come in Francia, ma la corrosione riformistica che durò fino al 1870. Analoga è l'operazione operata dal Croce nella sua Storia d'Italia la quale affronta unicamente il periodo del consolidamento del regime dell'Italia unita e si «prescinde dal momento della lotta, dal momento in cui si elaborano e radunano e schierano le forze in contrasto in cui un sistema etico-politico si dissolve e un altro si elabora in cui un sistema di rapporti sociali si sconnette e decade e un altro sistema sorge e si afferma, e invece Croce assume placidamente come storia il momento dell'espansione culturale o etico-politico. Gramsci, fin dagli anni universitari, fu un deciso oppositore di quella concezione fatalistica e positivistica del marxismo, presente nel vecchio partito socialista, per la quale il capitalismo necessariamente era destinato a crollare da sé, facendo posto a una società socialista. Questa concezione mascherava l'impotenza politica del partito della classe subalterna, incapace di prendere l'iniziativa per la conquista dell'egemonia.  Anche il manuale del bolscevico russo Nikolaj Bucharin, eLa teoria del materialismo storico manuale popolare di sociologia, si colloca nel filone positivistico. La sociologia è stata un tentativo di creare un metodo della scienza storico-politica, in dipendenza di un sistema filosofico già elaborato, il positivismo evoluzionistico è diventata la filosofia dei non filosofi, un tentativo di descrivere e classificare schematicamente i fatti storici, secondo criteri costruiti sul modello delle scienze naturali. La sociologia è dunque un tentativo di ricavare sperimentalmente le leggi di evoluzione della società umana in modo da prevedere l'avvenire con la stessa certezza con cui si prevede che da una ghianda si svilupperà una quercia. L'evoluzionismo volgare è alla base della sociologia che non può conoscere il principio dialettico col passaggio dalla quantità alla qualità, passaggio che turba ogni evoluzione e ogni legge di uniformità intesa in senso volgarmente evoluzionistico. La comprensione della realtà come sviluppo della storia umana è solo possibile utilizzando la dialettica marxiana della quale non vi è traccia nel Manuale del Bucharin perché essa coglie tanto il senso delle vicende umane quanto la loro provvisorietà, la loro storicità determinata dalla prassi, dall'azione politica che trasforma le società. Le società non si trasformano da sé. Già Marx aveva rilevato come nessuna società si ponga compiti per la cui soluzione non esistano già le condizioni almeno in via di apparizione né essa si dissolve, se prima non ha svolto tutte le forme di vita che le sono implicite. Il rivoluzionario si pone il problema di individuare esattamente i rapporti tra struttura e sovrastruttura per giungere a una corretta analisi delle forze che operano nella storia di un determinato periodo. L'azione politica rivoluzionaria, la prassi, è anche catarsi che segna l passaggio dal momento meramente economico (o egoistico-passionale) al momento etico-politico cioè l'elaborazione superiore della struttura in super-struttura nella coscienza degli uomini. Ciò significa anche il passaggio dall'oggettivo al soggettivo e dalla necessità alla libertà. La struttura, da forza esteriore che schiaccia l'uomo, lo assimila a sé, lo rende passivo, si trasforma in mezzo di libertà, in strumento per creare una nuova forma etico-politica, in origine di nuove iniziative. La fissazione del momento catartico diventa così  il punto di partenza di tutta la filosofia della prassi; il processo catartico coincide con la catena di sintesi che sono risultate dallo svolgimento dialettico. La dialettica è dunque strumento di indagine storica, che supera la visione naturalistica e meccanicistica della realtà, è unione di teoria e prassi, di conoscenza e azione. La dialettica è dottrina della conoscenza e sostanza midollare della storiografia e della scienza della politica e può essere compresa solo concependo il marxismo come una filosofia integrale e originale che inizia una nuova fase nella storia e nello sviluppo mondiale in quanto supera (e superando ne include in sé gli elementi vitali) sia l'idealismo che il materialismo tradizionali espressione delle vecchie società. Se la filosofia della prassi [il marxismo] non è pensata che subordinatamente a un'altra filosofia, non si può concepire la nuova dialettica, nella quale appunto quel superamento si effettua e si esprime. Il vecchio materialismo è metafisica; per il senso comune la realtà oggettiva, esistente indipendentemente dall'uomo, è un ovvio assioma, confortato dall'affermazione della religione per la quale il mondo, creato da Dio, si trova già dato di fronte a noi. Ma va rifiutata «la concezione della realtà oggettiva del mondo esterno nella sua forma più triviale e acritica» dal momento che «a questa può essere mossa l'obbiezione di misticismo». Se noi conosciamo la realtà in quanto uomini, ed essendo noi stessi un divenire storico, anche la conoscenza e la realtà stessa sono un divenire.  Come potrebbe esistere un'oggettività extrastorica ed extraumana e chi giudicherà di tale oggettività? La formulazione di Engels che l'unità del mondo consiste nella sua materialità dimostrata dal lungo e laborioso sviluppo della filosofia e delle scienze naturali contiene appunto il germe della concezione giusta, perché si ricorre alla storia e all'uomo per dimostrare la realtà oggettiva. Oggettivo significa sempre umanamente oggettivo, ciò che può corrispondere esattamente a storicamente soggettivo. L'uomo conosce oggettivamente in quanto la conoscenza è reale per tutto il genere umano storicamente unificato in un sistema culturale unitario; ma questo processo di unificazione storica avviene con la sparizione delle contraddizioni interne che dilaniano la società umana, contraddizioni che sono la condizione della formazione dei gruppi e della nascita delle ideologie. C'è dunque una lotta per l'oggettività (per liberarsi dalle ideologie parziali e fallaci) e questa lotta è la stessa lotta per l'unificazione culturale del genere umano. Ciò che gli idealisti chiamano spirito non è un punto di partenza ma di arrivo, l'insieme delle soprastrutture in divenire verso l'unificazione concreta e oggettivamente universale e non già un presupposto unitario». La formazione linguistica di Antonio Gramsci inizia durante gli anni universitari a Torino con la frequentazione delle lezioni di Bartoli. Gramsci apprende che la lingua è un prodotto “sociale" e che non può essere studiata senza tenere conto della storia generale: ciò vuol dire che non è possibile comprendere i mutamenti di una lingua senza riflettere sui mutamenti sociali, culturali e politici della popolazione che la parla. È stato notato che fece aderire le teorie apprese da Bartoli alle letture filosofiche che lo formarono politicamente; in primo luogo all'Ideologia Tedesca di Marx, dove Marx afferma che il tessco, come la coscienza dei tedesci, appartiene alla sfera degli istituti sovra-strutturali, cioè al mondo dell'organizzazione politica e giuridica della società. Le più interessanti riflessioni linguistiche gramsciane sono contenute nei Quaderni del carcere e riguardano da una parte la questione delle lingue in Italia, ovvero lo studio delle ragioni che hanno reso difficile la diffusione di una lingua per la nazione o tutta la poppolazione, dall'altra il tema dell'insegnamento linguistico nelle scuole primarie. Soprattutto il secondo tema è di fondamentale importanza per Gramsci, perché riguarda direttamente il riscatto culturale delle grandi masse popolari e la creazione di uno spirito nazionale in grado di superare ogni forma di particolarismo regionale. I Quaderni del carcere sono costellati in maniera asistematica di molte note dedicate a problemi di caratteri linguistico; queste note tracciano una vera e propria storia della lingua italiana e racchiudono le riflessioni di Gramsci in merito alla cosiddetta questione della lingua in Italia. Questo tipo di argomento si riallaccia a un altro importante tema dei Quaderni ovvero lo studio delle responsabilità degli intellettuali italiani per la formazione di uno spirito nazionale unitario. A tal proposito Gramsci scrive: «mi pare che, intesa la lingua come elemento della cultura e quindi della storia generale e come manifestazione precipua della nazionalità e popolarità degli intellettuali, questo studio non sia ozioso e puramente erudito». Nell'affrontare una ricostruzione storica delle vicende linguistiche italiane Gramsci cerca dei termini di confronto con altri paesi europei come la Francia: mentre in Francia il volgare viene usato per la prima volta nella storia per redigere un documento ufficiale di carattere politico-istituzionale, in Italia il volgare appare per la registrazione di documenti privati legati al commercio o a questioni giuridiche:  «l'origine della differenziazione storica tra Italia e Francia si può trovare testimoniata nel giuramento di Strasburgo, cioè nel fatto che il popolo partecipa attivamente alla storia (il popolo-esercito) diventando il garante dell'osservanza dei trattati tra i discendenti di Carlo Magno; il popolo-esercito garantisce giurando in volgare, cioè introduce nella storia nazionale la sua lingua, assumendo una funzione politica di primo piano, presentandosi come volontà collettiva, come elemento di una democrazia nazionale. Questo fatto demagogico dei Carolingi di appellarsi al popolo nella loro politica estera è molto significativo per comprendere lo sviluppo della storia francese e la funzione che vi ebbe la monarchia come fattore nazionale. In Italia i primi documenti di volgare sono dei giuramenti individuali per fissare la proprietà su certe terre dei conventi, o hanno un carattere antipopolare («Traite, traite, fili de le putte»).»  (Quaderni del carcere, V. Gerratana, Torino, Einaudi) In Francia i gruppi dirigenti si rendono conto dell'importanza del popolo negli affari di Stato: la demagogia di cui parla Gramsci è da intendere, oltre che come strumento di propaganda, anche come un nuovo atteggiamento politico in grado di crearsi «una propria civiltà statale integrale», in cui si stabilisce un rapporto diretto tra governati e governanti: il popolo diventa testimone di un fatto storico legittimato dal suo giuramento. Ricorda nei suoi appunti come in Italia l'uso del volgare si diffonda con l'avvento dell'età comunale, non solo per la redazione di documenti privati, tipo atti notarili o giuramenti, ma anche per la creazione di opere letterarie: in particolare, il volgare toscano, lingua della borghesia, ottiene un certo successo anche nelle altre regioni. Firenze esercita una egemonia culturale, connessa alla sua egemonia commerciale e finanziaria. Bonifazio VIII dice che i fiorentini sono il quinto elemento del mondo. C'è uno sviluppo linguistico unitario dal basso, dal popolo alle persone colte, rinforzato dai grandi scrittori fiorentini e toscani. Dopo la decadenza di Firenze, l'italiano diventa sempre più la lingua di una casta chiusa, senza contatto vivo con una parlata storica.” Da questo momento si verifica una cristallizzazione della lingua. I promotori del nuovo volgare, provenienti dalla borghesia, non scrivono più nella lingua della loro classe d'origine perché con essa non intrattengono più nessun rapporto, nella visione di Gramsci essi “vengono assorbiti dalle classi reazionarie, dalle corti, non sono letterati borghesi, ma aulici.” In questo senso, vede sciupata l'occasione di una diffusione graduale del volgare toscano su scala nazionale, occasione compromessa soprattutto dalla frammentazione politica della penisola e dal carattere “elitario” del ceto intellettuale italianio. Affronta con maggior vigore la questione delle lingue in relazione al periodo post-unitario. Nella seconda metà dell'Ottocento, lo stato e per gran parte “dialettofono”, mentre la lingua della nazione venne usata solo a livello letterario e come lingua delle istituzioni. La scarsa diffusione di una lingua per la nazione testimonia la frammentazione politica e culturale della popolazione italiana. Questo fenomeno venne avvertito come un problema politico, soprattutto da molti intellettuali di tendenze democratiche come Manzoni.  Nella sua ricostruzione storica Gramsci scrive che “anche la questione delle lingue posta da  Manzoni riflette questo problema, il problema della unità intellettuale e morale della nazione e dello stato, ricercato nell'unità della lingua.” Eppure, sebbene Gramsci riconosca al Manzoni di aver compreso la questione linguistica italiana come una questione politica e sociale, si distingue da lui nel modo di interpretare la risoluzione del problema. Durante il suo apprendistato glottologico presso Bartoli a Torino ha modo di confrontare le posizioni del Manzoni con quelle di Ascoli, del “Archivio Glottologico.” Mentre Manzoni prevede la diffusione di una lingua per la nazione sul modello fiorentino imposta per decreto statale e per mezzo di maestri di scuola di origine toscana, Ascoli concepiva la nascita di una lingua nazionale come il frutto di un'unificazione culturale prima ancora che linguistica.  Secondo Ascoli l'unità culturale e linguistica, prima di tutto, deve avere un centro irradiante, cioè un determinato 'municipio' in cui si concentrano e da cui provengono gli elementi essenziali della vita nazionale: beni di consumo, stimoli culturali, mode, ritrovati della tecnica, istituti statali e giuridici, ecc. Se quel dato municipio riuscirà a stabilire un primato politico, economico e culturale su tutta la nazione, riuscirà anche a diffondere, per conseguenza, il suo particolare idioma. Per Ascoli, una lingua nazionale altro non può e non deve essere, se non l'idioma vivo di una data città. Deve cioè per ogni parte coincidere con l'idioma spontaneamente parlato dagli abitatori contemporanei di quel dato municipio, che per questo capo viene a farsi principe, o quasi stromento livellatore, dell'intiera nazione. Ascoli, nel suo Proemio, prende la Francia come esempio per avvalorare la sua tesi. Infatti, l'unità linguistica di Francia corrisponde all'egemonia politico-culturale di Parigi. La Francia attinge da Parigi la unità della sua favella, perché Parigi è il gran crogiuolo in cui si è fusa e si fonde l'intelligenza della Francia intera. Dal vertiginoso movimento del municipio parigino parte ogni impulso dell'universa civiltà francese. Viene da Parigi il nome, perché da Parigi vien la cosa. E la Francia avendo in questo municipio l'unità assorbente del suo pensiero, vi ha naturalmente pur quella dell'animo suo; e non solo studia e lavora, ma si commuove, e in pianto e in riso, così come la metropoli vuole. E quindi è necessariamente dell'intiera Francia l'intiera favella di Parigi. Gramsci ricalca la lezione ascoliana nei suoi Quaderni. Poiché il processo di formazione, di diffusione, e di sviluppo di una lingua nazionale unitaria avviene attraverso tutto un complesso di processi molecolari, è utile avere consapevolezza di tutto il processo nel suo complesso, per essere in grado di intervenire attivamente in esso col massimo di risultato. Questo intervento non bisogna considerarlo come decisivo e immaginare che i fini proposti saranno tutti raggiunti nei loro particolari, che cioè si otterrà una determinata lingua unitaria. Si otterrà una lingua unitaria, se essa è una necessità e l'intervento organizzato accelera i tempi del processo già esistente. Quale sia per essere questa lingua non si può prevedere e stabilire. Alla nota Focolai di irradiazione linguistiche nella tradizione e di un conformismo nazionale linguistico nelle grandi masse, compila un elenco di tutti gli strumenti utili alla diffusione di una lingua unitaria. Primo, La scuola. Secondo, i giornali. Terzo,  gli scrittori d'arte e quelli popolari. Quarto, il teatro e il cinematografo sonoro. Quinto, la radio. Sesto, le riunioni pubbliche di ogni genere, comprese quelle religiose. Settimo, I rapporti di ‘conversazione’ tra i vari strati della popolazione più colti e meno colti. Ottavo, i dialetti locali, intesi in sensi diversi (dai dialetti più localizzati a quelli che abbracciano complessi regionali più o meno vasti: così il napoletano per l'Italia meridionale, il palermitano o il catanese per la Sicilia ecc. Al primo posto di questo elenco troviamo la scuola. Per tradizione, a scuola, gli insegnanti introducono gli alunni allo studio di una lingua attraverso la grammatica “normativa”. Gramsci definisce la grammatica normativa come una fase esemplare, come la sola degna di diventare, organicamente e totalitarmente, la lingua comune di una nazione, in lotta e in concorrenza con le altre fasi e tipi o schemi che esistono già. Le riflessioni gramsciane in materia di grammatica si pongono in netto contrasto con la riforma della scuola realizzata da Gentile, di basi griceiana. La riforma, in linea con l'impianto idealista gentiliano, prevede che l'apprendimento della lingua della nazione nelle classi elementari si basasse su quello chi Gentile chiama la “espressione” viva o parlata e non sulla grammatical normativa, considerata questa come una disciplina “astratta” e meccanica. Nell'ottica di Gramsci il metodo apparentemente liberale di Gentile-Grice, racchiude uno spiccato carattere “classista” o elitist, in quanto gli scolari appartenenti alle classi sociali più alte sono avvantaggiati dal fatto che apprendono l'italiano in famiglia, mentre gli scolari del basso popolo possono contare su una comunicazione familiare realizzata esclusivamente in “dialetto” --. In questo senso la grammatica normativa si presenta come uno strumento in grado di livellare le differenze sociali permettendo a tutti la conoscenza della lingua della nazione.  Secondo Gramsci la conoscenza della lingua della nazione presso le classi sub-alterne è fondamentale per la loro organizzazione politica. Un proletariato “dialettofono” non può partecipare alla vita politica di una nazione e non può sperare di crearsi un ceto intellettuale in grado di competere con i ceti intellettuali tradizionali. Il dialetto non deve sparire, ma restare funzionali a un tipo di comunicazione familiare o locale che non può garantire, per cause interne al suo sistema, «la comunicazione di un contenuto culturale ‘universale’, caratteristico della nuova cultura esercitata dal proletariato. Gramsci prestò attenzione anche alla lingua dell’impero romano. Espresse in più occasioni che lo studio del latino fosse particolarmente utile nella formazione filosofica, in quanto abituare il filosofo allo studio rigoroso e a pensare storicamente. Contesta il “nazionalismo” degli studi e criticò ripetutamente gli intellettuali che, durante la prima guerra mondiale, chiedevano che fossero messe al bando le edizioni dei testi romani e la grammatica latina compilate da autori tedeschi! Anche nei Quaderni del carcere si sofferma sulla questione e ribadì l'utilità intrinseca della antica lingua romana, osservando che e uno strumento importante nella fase della formazione filosofica nella quale è necessario un insegnamento "disinteressato", cioè non legato a questioni pratiche. Però, sottolineò anche che in futuro lo studio delle lingue morte avrebbe dovuto essere sostituito da altre materie: era un cambiamento difficile, ma necessario, per promuovere la formazione di un nuovo tipo di intellettuale.Scrisse nel Quaderno 12:  Bisognerà sostituire il latino e il greco come fulcro della scuola formativa e lo si sostituirà, ma non sarà agevole disporre la nuova materia o la nuova serie di materie in un ordine didattico che dia risultati equivalenti di educazione e formazione generale della personalità, partendo dal fanciullo fino alla soglia della scelta professionale. In questo periodo infatti lo studio o la parte maggiore dello studio deve essere (e apparire ai discenti) disinteressato, non avere cioè scopi pratici immediati o troppo immediati, deve essere formativo, anche se «istruttivo», cioè ricco di nozioni concrete.  Machiavelli influenzò fortemente la teoria dello Stato di Gramsci. Marx, filosofo, storico, critico dell'economia politica e fondatore del materialismo storico Engels Lenin, Labriola, primo notevole teorico marxista italiano, riteneva che la principale caratteristica del marxismo fosse quella di aver creato uno stretto nesso fra la storia e la filosofia. Sorel — sindacalista che ha respinto il principio dell'inevitabilità del progresso storico. Pareto — economista e sociologo italiano (nato a Parigi di madre francese), noto per la sua teoria sull'interazione fra masse ed élite. Croce — liberale italiano, filosofo anti-marxista e idealista il cui pensiero fu sottoposto da Gramsci a critica attenta e approfondita. Pensatori influenzati da Gramsci. Gramscianesimo. Zackie Achmat Eqbal Ahmad Jalal Al-e-Ahmad, Althusser Perry Anderson, Giulio Angioni Michael Apple Giovanni Arrighi Zygmunt Bauman Homi K. Bhabha, Gordon Brown Alberto Burgio, Butler Alex Callinicos Partha Chatterjee Marilena Chauí, Chomsky Alberto Mario Cirese Hugo Costa Robert W. Cox Alain de Benoist Biagio de Giovanni Ernesto de Martino, Eco John Fiske, Foucault Paulo Freire, Garin Eugene D. Genovese Stephen Gill Paul Gottfried Stuart Hall Michael Hardt Chris Harman David Harvey Hamish Henderson Eric Hobsbawm Samuel Huntington Alfredo Jaar Bob Jessop, Laclau, Mariátegui, Mouffe, Negri, Nono, Omi, Pasolini, Pigliaru, Pira, Portantiero, Poulantzas Gyan Prakash William I. Robinson Edward Saïd Ato Sekyi-Otu Gayatri Chakravorty Spivak, Sraffa Edward Palmer Thompson Giuseppe Vacca Paolo Virno Cornel West Raymond Williams Howard Winant, Wittgenstein Eric Wolf Howard Zinn. Gramsci al cinema e in televisione Il delitto Matteotti, regia di Vancini, Antonio GramsciI giorni del carcere, regia di Fra, Gramsci, regia di Maielloserie TV, Gramsci, film in forma di rosa, regia di Gabriele Morleocortometraggio, Gramsci, regia di Emiliano Barbucci, Nel mondo grande e terribile, regia di Daniele Maggioni, Maria Grazia Perria e Laura Perini. Gramsci nel teatro Compagno Gramsci, di Maricla Boggio e Franco Cuomo, regia di Maricla Boggio, Gramsci nella musica Quello lì (compagno Gramsci), canzone di Claudio Lolli contenuta nell'album Un uomo in crisi. Canzoni di morte. Canzoni di vita, Piazza Fontana, canzone dei Yu Kung contenuta nell'album Pietre della mia gente Nino, canzone dei Gang contenuta nell'album Sangue e Cenere () Gramsci, il teatro e la musica È nota la passione di Gramsci per il teatro e per la musica, che si può leggere nelle lettere scritte a Tania. Egli ha scritto circa il melodrama “verdiano” che per lui segnava l’apertura dei teatri al pubblico, svolgendo una funzione conoscitiva, pedagogica e politica in senso generale. Per Gramsci l’opera diviene l’arte più popolare e i teatri aperti i luoghi dove si esercitava parte del conflitto politico.  Una frase quasi ironica di Gramsci da citare, per quanto riguarda l’importanza dell’opera per l’Italia: “siccome il popolo non è letterato e di letteratura conosce solo il libretto d'opera ottocentesco, avviene che gli uomini del popolo melodrammatizzino”. Nelle sue lettere si può leggere anche riguardo alla moda europea del jazz; egli sostiene che questa musica aveva conquistato uno strato dell’Europa colta e aveva creato un vero fanatismo: Opere: “Alcuni temi della questione meridionale, in Lo Stato Operaio, Opere,  Lettere dal carcere, Torino, Einaudi, premio Viareggio, con centodiciannove lettere inedite, I quaderni dal carcere, Il materialismo storico e la filosofia di Croce” (Torino, Einaudi); “Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura” Torino, Einaudi, Il Risorgimento, Torino, Einaudi, Note sul Machiavelli sulla politica e sullo stato moderno, Torino, Einaudi, Letteratura e vita nazionale, Torino, Einaudi,Passato e presente, Torino, Einaudi, L'Ordine Nuovo. Torino, Einaudi, Scritti giovanili. Torino, Einaudi, Sotto la mole. Torino, Einaudi, Socialismo e fascismo. L'Ordine Nuovo, Torino, Einaudi, La costruzione del Partito comunista. Torino, Einaudi, L'albero del riccio, Milano, Milano-sera, 1Americanismo e fordismo, Milano, Ed. cooperativa Libro popolare, Ultimo discorso alla Camera. Padova, R. Guerrini, Antologia popolare degli scritti e delle lettere di Antonio Gramsci, Roma, Editori Riuniti, Il Vaticano e l'Italia, Roma, Editori Riuniti, Note sulla situazione italiana, Milano, Rivista storica del socialismo, 2000 pagine di Gramsci Nel tempo della lotta. Milano, Il Saggiatore, Lettere edite e inedite. Milano, Il Saggiatore, Elementi di politica, Roma, Editori Riuniti, La formazione dell'uomo. Scritti di pedagogia, Roma, Editori Riuniti, Scritti politici La guerra, la rivoluzione russa e i nuovi problemi del socialismo italiano, Roma, Editori Riuniti, Il Biennio rosso, la crisi del socialismo e la nascita del Partito comunista, Roma, Editori Riuniti, Il nuovo partito della classe operaia e il suo programma. La lotta contro il fascismo, Roma, Editori Riuniti, Scritti Milano, I quaderni de Il corpo, Dibattito sui Consigli di fabbrica, Roma, La nuova sinistra, Paolo Spriano , Scritti politici, Roma, Editori Riuniti, L'alternativa pedagogica, Firenze, La nuova Italia, I consigli e la critica operaia alla produzione, Milano, Servire il popolo, La lotta per l'edificazione del Partito comunista, Milano, Servire il popolo, Il pensiero di Gramsci, Roma, Editori Riuniti, Il pensiero filosofico e storiografico di Antonio Gramsci, Palermo, Palumbo, Resoconto dei lavori del III congresso del P.C.D.I. (Lione), Milano, Cooperativa editrice distributrice proletaria, Scritti sul sindacato, Milano, Sapere, Aul fascismo, Roma, Editori Riuniti, Quaderni del carcere Quaderni, Torino, Einaudi, Quaderni, Torino, Einaudi, 1975. Quaderni, Torino, Einaudi, Apparato critico, Torino, Einaudi, La rivoluzione italiana, Roma, Newton Compton, Arte e folclore, Roma, Newton Compton, Scritti Inediti da Il Grido del Popolo e dall'Avanti. Con una antologia da Il Grido del Popolo, Milano, Moizzi, Ricordi politici e civili, Pavia,Scritti nella lotta. Dai consigli di fabbrica, alla fondazione del partito, al Congresso di Lione, Livorno, Edizioni Gramsci, Scritti sul sindacato, Roma, Nuove edizioni operaie, A Delio e Giuliano, Milano, N. Milano,  I consigli di fabbrica, Milano, Amici della casa Gramsci di Ghilarza, Centro milanese, Favole di libertà, Firenze, Vallecchi, Scritti, Cronache torinesi. Torino, Einaudi, La città futura. Torino, Einaudi, Il nostro Marx. Torino, Einaudi, L'Ordine nuovo, Torino, Einaudi, Nuove lettere di Antonio Gramsci. Con altre lettere di Piero Sraffa, Roma, Editori Riuniti, Forse rimarrai lontana.... Lettere a Iulca, Roma, Editori Riuniti,  Gramsci al confino di Ustica. Nelle lettere di Gramsci, di Berti e di Bordiga, Roma, Editori Riuniti, Le sue idee nel nostro tempo, Milano, l'Unità, Lettere dal carcere, con nuove lettere in parte inedite, Roma, l'Unità, Il rivoluzionario qualificato. Scritti, Roma, Delotti, Il giornalismo, Roma, Editori Riuniti, Lettere, Torino, Einaudi, Per una preparazione ideologica di massa: introduzione al primo corso della scuola interna di partito, aNapoli, Laboratorio politico, Scritti di economia politica, Bollati Boringhieri, Torino, Vita attraverso le lettere, Torino, Einaudi,  Disgregazione sociale e rivoluzione. Scritti sul Mezzogiorno, Napoli, Liguori, Piove, Governo ladro. Satire e polemiche sul costume degli italiani, Roma, Editori Riuniti, Contro la legge sulle associazioni segrete, Roma, Manifestolibri, Lettere, Torino, Einaudi, Le opere, Roma, Editori Riuniti, Critica letteraria e linguistica, Roma, Lithos, Il lettore in catene. La critica letteraria nei Quaderni, Roma, Carocci, La nostra città futura. Scritti torinesi,Roma, Carocci, Pensare l'Italia, Roma, Nuova iniziativa editoriale, Scritti sulla Sardegna. La memoria familiare, l'analisi della questione sarda, Nuoro, Ilisso, Scritti rivoluzionari. Dal biennio rosso al Congresso di Lione, O. Micucci, Camerano, Gwynplaine, Quaderni del carcere. Edizione anastatica dei manoscritti,  Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana-Cagliari-L'Unione Sarda, Epistolario, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Epistolario, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Antologia, Antonio A. Santucci, prefazione di Guido Liguori, Roma, Editori Riuniti university press, . Il teatro lancia bombe nei cervelli. Articoli, critiche, recensioni, F. Francione, Mimesis Edizioni . La taglia della storia. Idea e prassi della rivoluzione, NovaEuropa Edizioni, .Note  Luigi Manias, Antonio Sebastiano Francesco Gramsci, Marmilla Cultura, International Gramsci Society, su international gramsci society.org.  Genealogia dei Gramsci (JPG), su albanianews.  Luigi Manias, Ma quando è nato Gramsci?, Marmilla Cultura,  Manias, Ales. La sua storia. I suoi problemi, Marmilla Cultura, Così Gramsci ricordava con ironia l'episodio, nella lettera dal carcere alla cognata Tatiana, aggiungendo che «una zia sosteneva che ero risuscitato quando lei mi unse i piedini con l'olio di una lampada dedicata a una Madonna e perciò, quando mi rifiutavo di compiere gli atti religiosi, mi rimproverava aspramente, ricordando che alla Madonna dovevo la vita»  «Noi eravamo tutti molto piccoli. Lei dunque doveva anche accudire alla casa. Trovava il tempo per i lavori di cucito rinunziando al sonno». Così ricordava quegli anni la sorella Teresina Gramsci, in Fiori, Lettera a Tatiana Schucht, così scriveva per invitare la cognata a non eccedere nelle sue preoccupazioni sulla sua vita di carcerato. La lettera prosegue infatti: «Ho conosciuto quasi sempre solo l'aspetto più brutale della vita e me la sono sempre cavata, bene o male»  Lettera a Tatiana Schucht, Numerose sono le richieste di denaro al padre:  gli scrive di essere «proprio indecente con questa giacca che ha già due anni ed è spelacchiata e lucida [oggi non sono andato a scuola perché mi son dovuto risuolare le scarpe» e, il 16 febbraio, che «per non farvi vergognare non sono uscito di casa per dieci giorni interi»  Fonzo, Testimonianza in Fiori, Testimonianza della sorella Teresina in Fiori, Fiori, L'articolo è riportato in Fiori, Riportato in A. Gramsci, Scritti politici  Antonio Gramsci, Dizionario di Storia, Treccani  [«io pensavo allora che bisognava lottare per l'indipendenza nazionale della regione: "Al mare i continentali". Poi ho conosciuto la classe operaia di una città industriale e ho capito ciò che realmente significavano le cose di Marx che avevo letto prima per curiosità intellettuale». Cfr. A. Gramsci, lettera a Giulia Schucht, in A. Gramsci, Lettere. Gramsci e l'isola laboratorio, La Nuova Sardegna  A. Gramsci. Lettere. Progettando, in carcere, uno studio di linguistica comparata, mai realizzato, in una lettera dal carcere dalla cognata Tatiana, ricorda come «uno dei maggiori "rimorsi" intellettuali della mia vita è il dolore profondo che ho procurato al mio buon professor Bartoli dell'Torino, il quale era persuaso essere io l'arcangelo destinato a profligare definitivamente i "neogrammatici"» della linguistica. Tuttavia già l'economista Amartya Sen aveva avanzato l'ipotesi che il passaggio ai giochi linguistici di Ludwig Wittgenstein nelle Ricerche filosofiche fosse stato ispirato dai Quaderni dal carcere. Nel suo recente studio Gramsci and Wittgenstein: an intriguing connection, Pipero ha aggiunto nuovi elementi che dimostrano il collegamento fra Gramsci e Wittgenstein tramite Sraffa. Infatti il filosofo viennese venne a conoscenza del Quaderno 29, grazie proprio al suo amico Sraffa che aveva conosciuto a Cambridge . Lettera dal carcere : in essa Gramsci ricorda ancora un simpatico e patetico episodio. Dopo la rottura avvenuta a causa di quell'articolo che fece «piangere come un bambino e stette chiuso in casa il Cosmo per alcuni giorni», essi s'incontrarono nel nell'Ambasciata d'Italia a Berlino, dove il professore era segretario: «il Cosmo mi si precipitò addosso, inondandomi di lacrime e di barba e dicendo a ogni momento: Tu capisci perché! Tu capisci perché! Era in preda a una commozione che mi sbalordì, ma mi fece capire quanto dolore gli avessi procurato nel 1920 e come egli intendesse l'amicizia per i suoi allievi di scuola»  Lettera dal carcere a TSchucht  In Fiori, In A. Gramsci, Scritti politici, I56-59  Davico12.  Lettera dal carcere a Tatiana Schucht Lettera dal carcere a Tatiana Schucht, Recensione Recensione Recensione Spriano, Note sulla rivoluzione russa, ne Il Grido del Popolo, in Gramsci,  I massimalisti russi, ne Il Grido del Popolo, iSpriano, La rivoluzione contro il «Capitale», nell'Avanti!, Nella lettera Marx scriveva a Vera Zasulič che la tipica proprietà comune agricola russa poteva essere salvata dalla distruzione minacciata dallo sviluppo dei rapporti capitalistici: «Per salvare la comune russa, occorre una rivoluzione russa. Se la rivoluzione scoppierà a tempo opportuno, se l'intelligencija concentrerà tutte le forze «vive del paese» nell'assicurare alla comune agricola un libero spiegamento, allora la comune ben presto evolverà come elemento di rigenerazione della società russa e, insieme, di superiorità sui paesi ancora asserviti dal regime capitalistico». Inoltre, nella prefazione all'edizione russa del Manifesto,Marx ed Engels avevano scritto che «l'odierna proprietà comune potrà servire di partenza per una evoluzione comunista». È anche vero, tuttavia, almeno nel caso della lettera alla Zasulič, che Gramsci all'epoca non poteva conoscerne il contenuto. (Cfr. Cinella, L'altro Marx, Della Porta Editori, Pisa-Genova, A. Gramsci, Ordine Nuovo, A. Gramsci, ibidem  Corriere della Sera, Archivio Centrale dello Stato, Min. Int., Dir. Gen. PS, Ordine Nuovo, 8 maggio 1920, in Scritti politici, IConcluso con un ordine del giorno che prospettava la conquista violenta del potere e la dittatura del proletariato  Per un rinnovamento del Partito socialista, ne L’ordine Nuovo, in Gramsci, Lenin, nel suo discorso all'Internazionale Comunista, invitando a espellere dal partito socialista l'ala destra riformista, disse che «all'indirizzo dell'Internazionale Comunista corrisponde l'indirizzo dei militanti dell'Ordine Nuovo e non l'indirizzo dell'attuale maggioranza dei dirigenti del partito socialista e del loro gruppo parlamentare». Lenin, Opere, Ordine Nuovo, in Scritti politici, GRAMSCI La sposa mandata da Lenin  Lettera, in A. Gramsci, Lettere Lettera dal carcere. Un profilo di Antonio Gramsci junior, su channelingstudio.ru.  Su alcune note di uno sconosciuto bolscevico Vladimir Diogotche sosteneva, fra l'altro, di essere a conoscenza di un tentativo di rovesciamento della monarchia italiana da parte di Nitti in accordo con i socialistilo storico Jaroslav Leontiev ha sostenuto nche la conoscenza tra Gramsci e la Schucht sia stata "pilotata" da Lenin in persona: cfr. Link archivio del Corriere  Amendola,  In Togliatti, In Togliatti, Lettera di Gramsci a Giulia Schucht,  Lettera a Giulia Schucht, La crisi italiana, ne L’Ordine Nuovo, 1º settembre 1924, in Gramsci, Camera dei Deputati, XXVII legislatura del Regno d'Italia, "Capo" , in L'Ordine Nuovo, pubblicato successivamente col titolo di Lenin capo rivoluzionario, in l'Unità, «Capo», ne L’ordine Nuovo, in Gramsci, Anche alle autorità francesi fu nascosto lo svolgimento del Congresso. Sul III CongressoSpriano, Storia del Partito comunista italiano, Spriano, Spriano,  Spriano, Spriano, Antonio Gramsci, Tesi di Lione, Lione, Antonio Gramsci, La questione meridionale, Editori Riuniti,  «Alcuni temi della quistione meridionale». Stato operaio,  Citato in Rosario Villari, Il Sud nella Storia d'Italia. Antologia della Questione meridionale, Roma-Bari, Laterza, Antonio Gramsci, Cinque anni di vita del partito, L'Unità,  Fiori, Spriano, Aurelio Lepre, Il prigioniero. Vita di Antonio Gramsci, Editori Laterza, Bari, La lettera, non datata, si ritiene sfu pubblicata per la prima volta in Francia da Tasca. Su tutta la questione della lotta interna nel partito comunista sovietico di questo periodoSpriano, cit., II, ca 3 e 5  A. Gramsci, Lettere Lettera di Togliatti a Gramsci, Commissione di assegnazione al confino di Roma, ordinanza dcontro Antonio Gramsci (“Dirigenti e deputati del PCd'I dichiarati decaduti”). In Pont, Carolini, L'Italia al confino, Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali (ANPPIA/La Pietra), Tornata Camera dei deputati Fiori,  In Fiori, Sentenza contro Antonio Gramsci e altri (“Ricostituzione di partito disciolto, propaganda, cospirazione, istigazione alla lotta armata ecc.”). In Pont, Carolini, L'Italia dissidente e antifascista. Le ordinanze, le Sentenze istruttorie e le Sentenze in Camera di consiglio emesse dal Tribunale speciale fascista contro gli imputati di antifascismo, Milano (ANPPIA/La Pietra),  Amendola142.  Spriano, Lettera a Tatiana Schucht, Fiori, Fiori,  Fiori, Risoluzione per l'espulsione di Amedeo Bordiga  Fiori, Pubblicato in «Rinascita», In «Rinascita», cit.  Dalla biografia di Pertini pubblicata nel sito web del Circolo Sandro Pertini di Genova: «Chiesi al maresciallo dei carabinieri che comandava la scorta se poteva dirmi dove mi portavano. Quando questi fece il nome di Turi me ne rallegrai. Ero contento perché sapevo che là avrei incontrato Antonio Gramsci, un uomo che avevo sempre ammirato per il suo coraggio». A Turi incontrai Gramsci in un angolo del cortile dove coltivava un'aiuola di fiori; era piccolo di statura e con due gobbe: una davanti ed una di dietro. Mi avvicinai a lui, mi presentai, gli affermai che venivo da Santo Stefano e che ero onorato di fare la sua conoscenza. Gli davo del lei e lo chiamavo Onorevole Gramsci. Lui si mise a ridere, dicendomi: "Perché mi dai del lei? Siamo antifascisti, vittime del Tribunale speciale tutti e due. Io gli ricordai che per loro, i comunisti, noi eravamo dei social-traditori. Disse di lasciar stare quella polemica penosa. Ci vedemmo dopo qualche giorno e parlò di Turati e Treves in maniera che mi sembrò offensiva ed io risposi con durezza. Il giorno dopo si scusò, dicendo che il suo era un giudizio politico, non aveva avuto intenzione di offendere le persone, e capiva la mia reazione in favore di due compagni che si trovavano in Francia. Da allora diventammo buoni amici. Parlavamo a lungo insieme anche perché era stato isolato dai suoi. Per certi versi costoro lo consideravano un traditore e chiedevano la sua espulsione dal partito, come poi fecero anche con Ravera. In cella Gramsci era perseguitato dai carcerieri. L’ordine di non lasciarlo dormire arrivasse direttamente da Roma. Io andai dal direttore del carcere a protestare perché i carcerieri, ogni volta che Gramsci si addormentava, lo svegliavano facendo scorrere sulle sbarre della finestra dei bastoni, con la scusa di controllare che le sbarre non fossero state segate per un'evasione. Dissi al direttore che se la situazione non fosse cambiata, avrei scritto una lettera al ministero. Il risultato fu che Gramsci, già gravemente malato di tubercolosi poté dormire tranquillo. Le mie proteste costrinsero il direttore del carcere di Turi a concedere a Gramsci anche alcuni quaderni, delle matite, un tavolino ed una sedia. Così poterono nascere i quaderni dal carcere. La mia amicizia mi mise in contrasto con il direttore del carcere e forse non fu estraneo al mio trasferimento a Pianosa. Lettera a Tatiana Schucht, Lettera a Tatiana Schucht,  Alla fine degli anni settanta cominciò a circolare la voce secondo la quale Gramsci in punto di morte si sarebbe convertito alla fede cattolica. Tale affermazione venne però ritrattata dallo stesso religioso che l’aveva inavvertitamente messa in circolazione, chiamando a supporto della smentita l’allora cappellano della clinica Quisisana. Nonostante le chiare argomentazioni della rettifica, trent’anni dopo la medesima tesi fu riproposta da un altro sacerdote. Essendo priva di riscontri documentali e di prove testimoniali, la teoria della conversione di Gramsci non è mai stata avvalorata dagli storici. Cfr. S.Fio., Gramsci e il sacerdote pentito, La Repubblica, Il Vaticano: «Gramsci trovò la fede», Il Corriere della Sera, C. Daniele , Togliatti editore di Gramsci, Carocci, Quaderni del carcere, Il Risorgimento, Einaudi, Torino, Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce Quaderni del carcere, Quaderni del carcere, ed. Gerratana,  Cirese, Baratta, Giulio Angioni, Gramsci e il folklore come cosa seria, in Fare, dire, sentire. L'identico e il diverso nelle culture, Il Maestrale, Note sul Machiavelli,  Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura, Quaderni del carcere, cLetteratura e vita nazionale, Il materialismo storico e la filosofia di Croce, L. Rosiello, Problemi e orientamenti linguistici negli scritti di Antonio Gramsci, Quaderni dell'Istituto di glottologia di Bologna,A. Gramsci, V. Gerratana, Torino, Einaudi, A. Gramsci, Quaderni del carcere, V. Gerratana, Torino, Einaudi, V. Gerratana, Torino, Einaudi, V. Gerratana, Torino, Einaudi, Gramsci, Gerratana, Torino, Einaudi, G. I. Ascoli, Proemio, AGI, Gramsci, 'Quaderni del carcere', V. Gerratana, Torino, Einaudi, Quaderni del carcere, V. Gerratana, Torino, Einaudi, 'Quaderni del carcere', V. Gerratana, Torino, Einaudi, L. Rosiello, Lingua nazione egemonia, Rinascita Il Contemporaneo, Rapone, Leonardo, Cinque anni che paiono secoli : Gramsci dal socialismo al comunismo, 1a ed, Carocci, ,  Fonzo,  Maria Luisa Bosi, Antonio Gramsci, su scuolalo divecchio. giovannicarpinelli, Gramsci e la musica, su Palomar, La passione sconosciuta di Gramsci per la musica, in L’Huffington Post. Premio letterario Viareggio-Rèpaci, Amendola, Storia del Partito comunista italiano Roma, Editori Riuniti, Perry Anderson, Ambiguità di Gramsci, Bari, Laterza, Giulio Angioni, Gramsci e il folklore come cosa seria, in Fare, dire, sentire. L'identico e il diverso nelle culture, Il Maestrale, Francesco Aqueci, Il Gramsci di un nuovo inizio, Quaderno, Supplemento al n. 19  di «AGON», Rivista Internazionale di Studi Culturali, Linguistici e Letterari, Francesco Aqueci, Ancora Gramsci, Roma, Aracne, . Nicola Auciello, Socialismo ed egemonia in Gramsci e Togliatti, Bari, De Donato, Nicola Badaloni e altri, Attualità di Gramsci, Milano, Il Saggiatore, Baratta, Antonio Gramsci in contrappunto. Dialoghi col presente, Roma, Carocci, Bobbio, Saggi su Gramsci, Milano, Feltrinelli, Calamandrei e Calogero, La conoscenza di Gramsci in Inghilterra. Una lettera di Guido Calogero e una nota di Franco Calamandrei, in «L'Unità» Mauro Canali, Il tradimento. Gramsci, Togliatti e la verità negata, Venezia, Marsilio, . Antonio Carrannante, Sull'uso di 'galantuomo' in Gramsci, in "Studi novecenteschi",  Antonio Carrannante, Antonio Gramsci e i problemi della lingua italiana, in "Belfagor",  Iain Chambers, Esercizi di potere. Gramsci, Said e il postcoloniale, Roma, Meltemi editore, Cirese, Intellettuali, folklore, istinto di classe, Torino, Einaudi, Marco Clementi, Le ceneri di Gramsci in Stalinismo e Grande Terrore, Roma, Odradek, Guido Davico Bonino, Gramsci e il teatro, Torino, Einaudi, Biagio De Giovanni e altri, Egemonia Stato partito in Gramsci, Roma, Editori Riuniti, D'Orsi, Gramsci. Una nuova biografia, Torino, Einaudi, . Dubla,Giusto (a cura), Il Gramsci di Turi, Testimonianze dal carcere, Chimienti editore, Michele Filippini, Gramsci globale. Guida pratica agli usi di Gramsci nel mondo, Bologna, Odoya, .Giuseppe Fiori, Vita di Gramsci, Bari, Laterza, Fiori, Gramsci Togliatti Stalin, Roma-Bari, Laterza, Erminio Fonzo, Il mondo antico negli scritti di Gramsci, Salerno, Paguro, Eugenio Garin, Con Gramsci, Roma, Editori Riuniti, Valentino Gerratana, Gramsci. Problemi di metodo, Roma, Editori Riuniti, Noemi Ghetti, Gramsci nel cieco carcere degli eretici, Roma, L'Asino d'Oro Edizioni, Gramsci jr., La storia di una famiglia rivoluzionaria, Roma, Editori Riuniti-University Press. Gruppi, Il concetto di egemonia in Gramsci, Roma, Editori Riuniti, Hobsbawm, Gramsci in Europa e in America, Roma-Bari, Laterza,Aurelio Lepre, Il prigioniero. Vita di Antonio Gramsci, Bari, Laterza, Liguori e Voza , Dizionario Gramsciano, Roma, Carocci, Piparo, “I due carceri di Gramsci”, Donzelli, Roma, Losurdo,Gramsci. Dal liberalismo al comunismo critico, Roma, Gamberetti editrice, Mario Alighiero Manacorda, Il principio educativo in Gramsci. Americanismo e conformismo, Roma, Editori Riuniti, Michele Martelli, Gramsci filosofo della politica, Milano, Unicopli, Mondolfo, Da Ardigò a Gramsci, Milano, Nuova Accademia, Raul Mordenti, Gramsci e la rivoluzione necessaria, Roma, Editori Riuniti University Press, Omar Onnis e Manuelle Mureddu, Illustres. Vita, morte e miracoli di quaranta personalità sarde, Sestu, Domus de Janas, Paggi, Gramsci e il moderno principe, Roma, Editori Riuniti, Pastore, Gramsci. Questione sociale e questione sociologica, Livorno, Belforte, Portelli, Gramsci e il blocco storico, Bari, Laterza,Rapone, Cinque anni che paiono secoli. Antonio Gramsci dal socialismo al comunismo, Carocci, Roma, Rossi, Vacca, Gramsci tra Mussolini e Stalin, Roma, Fazi editore, Angelo Rossi, Gramsci da eretico a icona. Storia di un "cazzotto nell'occhio", Napoli, Guida editore, . Angelo Rossi, Gramsci in carcere. L'itinerario dei Quaderni, Napoli, Guida editore, Santhià, Con Gramsci all'Ordine Nuovo, Roma, Editori Riuniti, Santucci, Gramsci. Palermo, Sellerio, Spriano, Storia di Torino operaia e socialista, Torino, Einaudi, Paolo Spriano, Storia del Partito comunista italiano,I, Torino, Einaudi, Spriano, Storia del Partito comunista italiano,II, Torino, Einaudi, Spriano, Gramsci e Gobetti. Introduzione alla vita e alle opere, Torino, Einaudi, Paolo Spriano, Gramsci in carcere e il partito, Roma, Editori Riuniti, Elettra Stamboulis, Gianluca Costantini, Cena con Gramsci, Padova, Becco Giallo, . Giuseppe Tamburrano, Gramsci: la vita, il pensiero e l'azione, Bari-Perugia, Lacaita, 1963. Palmiro Togliatti, La formazione del gruppo dirigente del Partito comunista italiano Roma, Editori Riuniti, Togliatti, Scritti su Gramsci, Roma, Editori Riuniti, Vacca, Gramsci e Togliatti, Roma, Editori Riuniti. Treccani, Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Casa museo Gramsci a Ghilarza, Fondazione Istituto Gramsci. Antonio Sebastiano Francesco Gramsci. Antonio Gramsci. Grice: “When Austin speaks of ‘ordinary language,’ he knows what he is talking about; when Gentile, Gramsci, and Ascoli, do, they don’t!” -- Grice: “Elites are so relative; when I came to Oxford, I was regarded as a ‘Midlands scholarship boy’ and thus assigned Corpus; there was no way I would socialise with Hampshire, Austin, and the others who were philososophising at All Souls on Thursday evenings – I had just been born on the wrong side of the track. So it was particularly obtuse for me when Gellner started to criticise me as elitist! Perhaps he had read too much Gramsci!?” Keyword: “Grice, elite” – Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gramsci”

 

GREGORIO. (Roma). Filosofo. Da roma -- il grande: Grice: “For one, he is the punning Pope!”  Grice: “What WAS Gregorio’s implicatura? A complex one, since he uses the counterfactual: “si angeli fuessent.” Grice: “In The Sellars/Yeatman rewrite, the meta-implicata is that you must have read Bede!” Grice: “Poor Gregorio Magno had to fight with the Lonbards, and the sad thing is he lost!” --  Grice takes inspiration on Shropshire’s argument for the immortality of the soul from Gregorio Magno (Dialogo, IV). Figlio di Gordiano, appartenente all'aristocrazia senatoriale, la classe dominante dell'antica Roma che ha mantenuto prestigio economico e sociale, nonostante la caduta dell'Impero, e di Silvia, appartenente a una ricca famiglia siciliana. La sua "ars grammatica" fu limitata e lo stile che denota i suoi scritti è in linea con quello degli scrittori tardo-antichi. Di questi imitava, in particolare, solo poche figure retoriche come l'anafora ed il gusto dell'esempio e dell'aneddoto moralizzante. La sua conoscenza del diritto si centra in Cicerone, da cui riprende anche definizioni e nozioni filosofiche del stoicismo. Insegna su colle Celio. Secondo la tradizione, mentre Gregorio attraversava, alla testa della processione, il ponte che collegava l'area del Vaticano con il resto della città (chiamato allora "Ponte Elio" o "Ponte di Adriano", oggi Ponte Sant'Angelo), ebbe la visione dell'Arcangelo Michele che, in cima alla Mole Adriana, rinfoderava la sua spada. La visione (che secondo alcune fonti fu condivisa da tutti i partecipanti alla processione) venne interpretata come un “segno” celeste pre-annunciante l'imminente fine dell'epidemia, cosa che effettivamente avvenne. Da allora i romani cominciarono a chiamare la Mole Adriana "Castel Sant'Angelo" e, a ricordo del prodigio, posero più tardi sullo spalto più alto la statua di un angelo in atto di rinfoderare la spada. Ancora oggi nel Campidoglio è conservata una pietra circolare con impronte dei piedi che, secondo la tradizione, sarebbero quelle lasciate da Michele quando si fermò per annunciare la fine della peste.  Vede alcuni giovani schiavi britannici esposti per la vendita, bellissimi di aspetto e pagani, tanto da aver esclamato, rammaricato: "Non Angli, ma Angeli dovrebbero esser chiamati…".  Comunque in meno di due anni diecimila Angli, compreso il re del Kent Ethelbert – e la famiglia di Grice -- si convertirono.Obiettò invece sulla proibizione ai soldati imperiali di diventare «soldati di Cristo», ovvero di entrare a far parte del clero. Gregorio avrebbe dettato i suoi canti a un monaco, alternando la dettatura a lunghe pause; il monaco, incuriosito, avrebbe scostato un lembo del paravento di stoffa che lo separava dal pontefice, per vedere cosa egli facesse durante i lunghi silenzi, assistendo così al miracolo di una colomba (che rappresenta naturalmente lo Spirito Santo), posata su una spalla del papa, che gli dettava a sua volta i canti all'orecchio. Opere: “Expositio super Cantica canticorum – “Cantico dei cantici”; “Moralia in Job (Giobbe); “Homiliae in Evangelia”, omelie sui Vangeli; Homiliae in Hiezechihelem prophetam, oomelie su Ezechiele; A Sacramentarium Gregorianum con cui riformò il canone della messa, rendendola più semplice ma più solenne; Antiphonarius centola nuova redazione del libro dei canti liturgici; Dialoghi; Libro su santi italiani a lui coevi; “San Benedetto da Norcia” “Sul destino dell'anima” “Su alcune profezie”; “Regula Pastoralisun manuale per la vita e l'opera dei vescovi e in generale di coloro che ricoprono il ministero pastorale; Le Epistolaeun registrum,«12 marzoA Roma presso san Pietro, deposizione di san Gregorio I, papa, detto il grande, la cui memoria si celebra il 3 settembre, giorno della sua ordinazione.»  «3 settembreMemoria di san Gregorio Magno, papa e dottore della Chiesa: dopo avere intrapreso la vita monastica, svolse l'incarico di legato apostolico a Costantinopoli; eletto poi in questo giorno alla Sede Romana, sistemò le questioni terrene e come servo dei servi si prese cura di quelle sacre.”“Si mostrò vero pastore nel governare la Chiesa, nel soccorrere in ogni modo i bisognosi, nel favorire la vita monastica e nel consolidare e propagare ovunque la fede, scrivendo a tal fine celebri libri di morale e di pastorale.”Il Proprio del santo in rito romano contiene la seguente colletta:[ «Deus, qui pópulis tuis indulgéntia cónsulis et amóre domináris, da spíritum sapiéntiae, intercedénte beáto Gregório papa, quibus dedísti régimen disciplínae, ut de proféctu sanctárum óvium fiant gáudia aetérna pastórum. Per Dominum nostrum Iesum Christum»  La Chiesa di Manduria custodisce un frammento d'osso del suo braccio destro. La Chiesa di Casola custodita un frammento d'osso della sua mano destra. G. Pepe, Il Medio Evo barbarico d'Italia,  Dizionario Biografico degli ItalianiVolume 59, Roma, Claudio Mareschini, Gregorio Magno e la cultura classica” Gregorio scrisse di sé «ego quoque tunc urbanam praeturam gerens pariter subscripsi», ma poiché in una variante del testo praeturam è sostituita da praefecturam, dalle sue epistole non è possibile sapere con esattezza se fu "prefetto dell'Urbe" o piuttosto "pretore dell'Urbe".  S. Gasperri, Italia longobarda, Laterza, Dialogi, Roma, Tipografia del Senato, Dizionario biografico degli italiani, Opera Omnia dal Migne patrologia Latina con indici analitici. Gregorio da Roma – Grice: “Gregory did not know what those were: ‘angeli,’ his companion answered. Adamant, Gregory corrected him: “No. They are Anglicans, they are not angels!” -- Gregorio il Grande, Gregorio I – Gregorio Magno. Keywords: ars grammatical – Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gregorio: implicatura e grammatica.”

 

GRANDI. (Cremona). Filosofo.  Grice: “I like Grandi – and Grandy – for one, Grandi (if not Grandy) proves that geometry is a branch of mathematics with his rose curve – a geniality!” – Figlio di Piero Martire,  ricamatore, e Caterina Legati, compì i suoi primi studi di grammatica sotto la guida di Canneti e poi nel locale Collegio dei Gesuiti, dove ebbe come maestro Saccheri. Entra nel monastero camaldolese di Classe in Ravenna, assumendo il nome Guido in sostituzione degli originari Francesco Lodovico, e qui ritrovò il maestro Canneti.  Proseguiti gli studi a Roma e Firenze, insegna a Firenze. Pubblica “La quadratura del cerchio” “La quadrature dell'iperbole” al cui interno scopre il paradosso: la somma parziale di una serie (“serie di Grandi) a segni alterni di numeri può non convergere (serie di Grandi). Divenne membro della corte presso il granduca di Toscana. Insegna a Pisa. Studia la curva algebrica da lui chiamata "rodonea" per la forma che ricorda il rosone delle chiese e fu autore degli Elementi di Geometria di Euclide (Venezia, Savioni). Fu il primo l’analisi degli infiniti. Altre opera:“De infinitis infinitorum”; “Trattato delle resistenze” (Firenze) Geometrica demonstratio Vivianeorum problematum” (Florentiae, ex Typographia Iacobi de Guiduccis propè Conductam); “De infinitis infinitorum, et infinite parvorum ordinibus disquisitio geometrica, Pisis, ex Typographia Francisci Bindi impress. archiepisch., Epistola mathematica de momento gravium in planis inclinatis, Lucae, typis Peregrini Frediani, Dialoghi circa la controversia eccitatagli contro dal sig. Alessandro Marchetti, In Lucca, ad istanza di Francesco Maria Gaddi librajo in Pisa, Prostasis ad exceptiones clari Varignonii libro De infinitis infinitorum ordinibus oppositas circa magnitudinum plusquam-infinitarum Vallisii defensionem et anguli contactus, Pisis, ex Typographia Francisci Bindi impress. archiepisch., Del movimento dell'acque trattato geometrico, Firenze. Relazione delle operazioni fatte circa il padule di Fucecchio, In Lucca, per Leonardo Venturini, Trattato delle resistenze, Firenze, per Tartini e Franchi, Compendio delle Sezioni coniche d'Apollonio con aggiunta di nuove proprietà delle medesime sezioni, In Firenze, nella Stamperia di S.A.R. per gli Tartini e Franchi, Instituzioni meccaniche, In Firenze, nella Stamperia di S.A.R. per Gio: Gaetano Tartini e Santi Franchi, Istituzioni di aritmetica pratica, In Firenze, nella Stamperia di S.A.R. per Gio: Gaetano Tartini e Santi Franchi, Sectionum conicarum synopsis, Florentiae, ex typographio Ioannis Paulli Giovannelli. Idraulici italiani , "Rodonea" deriva dal greco Ροδή, rosa. La curva rodonea è anche chiamata "rosa di Grandi" in suo onore.  Giammaria Ortes, Vita del padre D. Guido Grandi, abate camaldolese, matematico dello Studio Pisano, Venezia, Giambatista Pasquali, Nicola Mangini, Guido Grandi, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. 20 luglio . Amedeo Agostini, Guido Grandi, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Rodonea Sofisma algebrico TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Luigi Guido Grandi, su accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. Opere di Luigi Guido Grandi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.Carteggi del padre camaldolese matematico Guido Grandi, su internetculturale. Francesco Lodovico Grandi – Grice: “I like Grandi: I have two ways to deal with ‘mean’: ‘no sneaky intention allowed, including this – (o) all intentions are open ones, including this one – self-reference; or ‘optimal infinite’ potential infinite/actual infinite – titular versus de facto. In any case, both are better than pseudo-Schiffer!” Grice: “While I say, “Schiffer and others,” it should be pointed out that the first to show this was, of all people, my tutee Strawson – Stampe and Patton came close! (I love them guys! Patton is a gentleman, and Stampe, too! Both brilliant philosophical gentlemen, too!” -- Luigi Guido Grandi. Keywords: infinite implicature – Refs.: “Grice e Grandi: implicatura infinita”

 

Grassi. (Milano). Filosofo. Grice: “I like Grassi. He philosophised, like I did, on the metaphysics of Plato.” Grice: “Grassi has the gift of the gab: ‘metafora inaudita,’ ‘potenza dell’imagine,’ –“ Grice: “Grassi has mainly explored Heidegger.” – Grice: “I like Grassi’s general use of ‘imago’ to re-approach rhetoric!” -- Si laurea a Milano sotto Martinetti. Opere: “Metafisica platonica” (Laterza, Bari) – cf. A. D. Code on H. P. Grice on the axioms of metaphysical Platonism --. “Apparire ed essere” (La Nuova Italia, Firenze). “Il bello e l’antico” (Paravia, Torino).“Heidegger e il problema dell'umanesimo” (Guida, Napoli). “La preminenza della metafora” (Mucchi editore, Modena). “La filosofia dell'umanesimo. Un problema epocale” (Tempi Moderni, Napoli). “La follia -- Umanesimo e retorica” (Mucchi, Modena) “Potenza dell'immagine. Rivalutazione della retorica” Guerini e associati, Milano) “La metafora inaudita, Massimo Marassi, Aestetica, Palermo “Potenza della fantasia” Guida, Napoli Filosofare noetico non metafisico (Congedo Editore, Galatina “Vico e l'umanesimo” Guerini e associati, Milano Il dramma della metafora. Ovidio, Massimo Marassi, L'officina tipografica, Roma,“Arte e mito”La Città del Sole, Napoli, “Retorica come filosofia. La tradizione umanistica”, Massimo Marassi, La Città del Sole, Napoli; “Tra antropologia, logica e ontologia”; “l'incidenza di Vico nell'antropologia di Grassi”; “Platone nell’onto-antropo-logia di Ernesto Grassi, Dizionario Biografico degli Italiani, Ernesto Grassi. Keywords: metafora, Vico -- Refs.: Luigi Speranza, “Grassi e Grice: il Vico di Grassi: metafora come implicatura” – The Swimming-Pool Library.

 

GRASSI. (Mascali). Filosofo.  Grice: “I like Grassi; he wrote on Faust!” Inizia gli studi ginnasiali presso il seminario di Acireale fino alla terza ginnasiale, proseguendoli poi a Catania, presso il liceo "Nicola Spedalieri".  Assiduo frequentatore della sala di lettura dell'Catania, conobbe Rapisardi, cui lo legò una profonda stima ed affinità.  Si laurea a Napolia con “La memoria delle immagini acustica e visiva della parola in rapporto specialmente al tempo di "fissazione", suggeritagli da Bianchi (Rivista di Freniatria). Si trasferì a Messina dove divenne assistente di Weiss. Comincia a provare le prime grosse delusioni per l'inconciliabile contrasto fra le esigenze pratiche della professione, che rischiavano di piegarlo a umilianti compromessi, e le alte aspirazioni della sua anima.  Muta bruscamente indirizzo, iscrivendosi alla facoltà di scienze naturali, conseguendo così la laurea con Mingazzini sostenendo una tesi intorno ai pesci di Ganzirri e Faro, che poi fu pubblicata su una rivista veneziana. Mingazzini, chiamato a Bologna, era felice di averlo come assistente. Il suo spirito inquieto cercò altre vie ed altri sbocchi, e così intraprese a frequentare le lezioni che si tenevano nella facoltà di filosofia a Catania, nel Palazzo Grassi, a Via Firenze. Pprofondamente influenzato dalle precedenti frequentazioni messinesi dove campeggiavano figure come Pascoli, col quale strinse amicizia, Cesca, Barbi, Mancini, Ardigò, Dandolo e Salvemini. Si laurea in filosofia presso l'ateneo catanese, con “L'unità dei fatti psichici fondamentali” (Muglia, Messina). Insegna a Caltagirone e Catania. Inizia un'intensa attività che vide tra i suoi maggiori corrispondenti Gentile eSturzocon i quali intrattenne un copioso carteggiooltre al letterato Villaroel, Farinelli, Varisco, Majelli, Carabellese e Fassò.  Fonda Prisma a cui collaborò, tra gli altri, anche Manlio Sgalambro.  Altre oopere: “Preludi a un commento alla vita del Faust” (Catania, Studio Editoriale Moderno); “Commento alla vita di Faust, Torino, F.lli Bocca Editori); “Preludi storico attualistici alla Critica della ragion pratica” (Catania, Crisafulli Editore); “Medico mancato, Catania, Studio editoriale La Legione); “L’assoluto”, Roma, Enciclopedia Treccani); “L’assoluto” Roma, Enciclopedia De Carlo). “Giornale critico della filosofia italiana” “Logica e metafisica”. Membro della Fondazione Giovanni Gentile per gli Studi Filosofici. Un filosofo dall'anima di poeta, Teoresi Rivista di cultura Filosofica. Leonardo Grassi. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Grassi” – The Swimming-Pool Library.

 

GRATAROLI. (Bergamo). Filosofo. Grice: “I like Grataoroli, the Pope called him ‘infamous heretic,” which is a good start! He wrote a book on ‘semiotics’ of the times, but it got lost – you cannot understand Bruno unless you do Grataroli – he philosophised on many subjects, including dreams and alchemy!” –Di una famiglia benestante dedita al commercio di tessuti di lana con la città di Venezia. Questa, originaria del borgo di Oneta, frazione di San Giovanni Bianco in val Brembana, oltre a possedere gran parte della contrada e dei terreni circostanti (tra cui anche l'edificio che attualmente ospita la casa di Arlecchino), annoverava tra i suoi membri una folta schiera di "phisici", tra i quali si segnalarono il nonno di Grataroli, fondatore del collegio dei fisici di Bergamo, e il padre di Grataroli, Pellegrino, fisico presso la città orobica. Publica una dispensa inerente osservazioni sul mondo della natura. Straparla de le cose pertinenti a la fede et di essa fede et de la autorità del papa, nega il purgatorio, le indulgenze, i suffragi per i defunti, la venerazione dei santi, la presenza del corpo di Cristo nell'eucaristia. Eeretico pertinace et scandaloso et infame, peste contra la fede. Insegna a Basilea. Presso l'ingresso dello studio aè presente un suo busto. Noti sono i suoi trattati sul potenziamento e il mantenimento della memoria, sulle epidemie di peste, sulle proprietà del vino, su erboristeria e veterinaria. Vi sono anche alcuni scritti inerenti all'alchimia. Si segnala per la teoria fisiognomica. Argomenta su Pomponazzi e da indicazioni sia per il mantenimento della salute che per l'utilizzo dei bagni termali, nonché un saggio in cui vengono raccontati i suoi viaggi e forniti consigli ai viaggiatori di quel tempo. Altre opera: De memoria reparanda, augenda ser-vandaque. De salute tuenda. De regimine iter argentium, vel aequitum, vel peditum, vel navi, vel curru, seu rheda”; “Turba Philosophorum”; “De literatorum et eorum qui magistratibus funguntur conservanda praeservandaeque valetitudine compendium, Pietro Perna, Basilea); “Veræ alchemiæ artisque metallicae, citra aenigmata, doctrina, certusque” (Pietro Perna, Basilea); “De fato, libero arbitrio et providentia Dei” (Pietro Perna, Basilea); “Alchemiae, quam vocant, artisque metallicae, doctrina, certusque modus” (Pietro Perna, Basilea); “De balneis” (Bergamo). Quaderni brembani[collegamento iStoria di Milano  Flavio Caroli, Storia della fisiognomica Arte e psicologia da Leonardo a Freud  Marco Meriggi e Alessandro Pastore , Le regole dei mestieri e delle professioni: Alberto Castoldi (coordinamento di), Bergamo ed il suo territorio. Bergamo, Bolis edizioni, Giovanni Battista Gallizioli, Della vita degli studi e degli scritti di Gulielmo Grataroli filosofo ( In Bergamo, dalla Stamperia Locatelli); Marco Meriggi, Le regole dei mestieri e delle professioni: Cesare Vasoli, Le filosofie del Rinascimento, Tarcisio Bottani e Wanda Taufer, Storie del Brembo. Fatti e personaggi dal Medioevo al Novecento, Ferrari editrice, 1Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Napoli, Nella Stamperia de' classici. Fisiognomica Mnemotecnica Peste. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. openMLOL, Horizons Unlimited srl.Guglielmo Grataroli. Keywords: de balneis, turba philosophorum.

 

GRAZIA. (Mesoraca). Filosofo. Grice: “Grazia is important to understand Galileo, whom Italians consider a philosopher!” Grice: “Grazia also wrote about architecture – a truly Renaissance man!”. Studia a Napoli dove venne condotto, dalla natia Calabria, da uno zio dell'ordine dei Teatini. Si laurea a Napoli. Studia filosofia. Si oppose al Criticismo kantiano e all'Idealismo hegeliano in nome dell'esperienza. Opere: “Discorso su l'architettura del teatro” (Napoli : dai torchi di Saverio Giordano); “La scienza umana” (Napoli : Dalla tipografia Flautina); “Logica speculative” (Napoli : Dalla tipografia de' Gemelli); “Filosofia: eterodossa ed ortodossa” (Napoli : Stab. tip. del Poliorama pittoresco); “Considerazioni di m. Vincenzo Di Grazia sopra 'l discorso di Galileo Galilei intorno alle cose che stanno su l'acqua, e che in quella si muouono. All'Illustriss. ed Eccellentiss. Sig. don Carlo Medici, In Firenze, presso Zanobi Pignonj). “Della vita e delle opera: Dizionario Biografico degli Italiani,  XXXVI (on-line).  Vincenzo Di Grazia. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Grazia” --

 

GREGORY. (Roma). Filosofo.  Fellow of the British Academy. Grice: “I like Gregory; being a Roman, he studied Roman philosophy in one of the most interesting epochs: the thirties! Then he explored what he calls the ‘lessico filosofico,’ which Austin detested – “Why do we need the philosopheer’s ‘volition’ when we have ‘would’??” Si laurea a Roma con Nardi. Insegna a Roma. Direttore di Ricerche storico-filosofiche. Direttore della sezione di Storia della filosofia Lessico Italiano. Diresse la collana "I filosofi.” Opere: “Anima mundi” (Firenze, Sansoni); “Platonismo” (Roma); “Scetticismo ed empirismo” (Bari, Laterza); “L'idea di natura”, “La filosofia della natura  (Passo della Mendola, Firenze, Sansoni); “L’atomismo”, “Aristotelismo” “Il genio maligno”; “Mundana sapientia. Theophrastus redivivus. Erudizione e ateismo” (Napoli, Morano); “Il libertinismo: la filosofia clandestine” (Firenze, La Nuova Italia), “L’Etica della critica libertine” (Napoli, Guida); “Forme di conoscenza” (Roma, Edizioni di Storia e Letteratura); “Lo spazio come geografia del sacro” Della sobria ebbrezza”; “La terminologia filosofica” (Firenze, Olschki); “Speculum natural” ( Roma, Edizioni di Storia e Letteratura); “Principe di questo mondo. Il diavolo” (Roma-Bari, Laterza); “Della modernità, Pisa, Edizioni della Torre); “Vie della modernità” (Firenze, Le Monnier Università). Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Tullio Gregory. Keywords: clandestino – cognate with celare and occolto -- terminologia filosofica, libertinismo, filosofia clandestina. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gregory: l’implicatura” – The Swimming-Pool Library.

 

GRIFFERO. (Asti). Filosofo: Grice: “I like Griffero; for one, he has a taste for neologisms, like his atmospherelogy – He has understood that aesthesis, qua sensatio, is the basis for aesthetics, and he has explored the philosophies of Tarso, Spranger, and Schelling!” Insegna a Roma. Studia a Torino, dove si laurea sotto la guida di Vattimo con “L’ermeneutica.” Studia Betti (“Interpretare. La teoria di Betti e il suo contesto” -- Rosemberg & Sellier, Torin) ed il concetto di Spirito e forma di vita. La filosofia della cultura (Franco Angeli, Milano). Si dedica al rapporto tra arte e mito, scrivendo poi Senso e immagine. Simbolo e mito (Guerini & Associati, Milano), Cosmo Arte Natura. Itinerari  (Cuem, Milano), nel quale si concentra sulle caratteristiche del real-idealismo, e infine una ricostruzione dell'apporto dato da questo autore all'estetica filosofica (Estetica -- Laterza, Roma-Bari).  La nozione di "immaginazione transitiva", è invece affrontata in “Immagini Attive: beve storia dell'immaginazione transitiva (Le Monnier, Firenze). Ricostruisce la storia della "credenza" secondo cui una fantasia particolarmente forte sarebbe in grado di agire, cambiando o addirittura generando la realtà esterna.  In Realismo e Idealismo (Nike, Segrate-Milano) analizza il Pietismo Speculativo. La corporeità spirituale è il "fine ultimo delle opere di Dio. L'ampia storia del concetto e esposta in Il corpo spirituale. Ontologie "sottili" (Mimesis, Milano).  La ricerca sulla fenomenologia del corpo e della percezione e l'estetica delle atmosfere è affrontata in “Atmosferologia. Estetica degli spazi emozionali (Laterza, Roma). Nel libro Quasi-cose. La realtà dei sentimenti (Bruno Mondadori, Milano ) Griffero indica e analizza sulla scorta dei un'estetica neofenomenologica i sentimenti atmosferici, il dolore, la vergogna, lo sguardo, il crepuscono, il corpo vissuto come quasi-cose, entità aggressive e decisive per la nostra esistenza senza essere riducibili al paradigma cosale tipico della tradizione occidentale  Il libro Il pensiero dei sensi. Atmosfere ed estetica patica (Guerini & Associati, Milano ) delinea, a partire dalla nozione estetico-fenomenologica di “atmosfera”, i contorni di un'estetica orientata non allo gnosico ma al patico, che non tematizza un oggetto (come una espressione) speciali come le opere d'arte ma il modo in cui “ci si sente” quando ci si espone, soprattutto involontariamente, ai sentimenti presenti nell'ambiente circostante.  Il tema è sviluppato, esteso a considerazioni sull'atmosfericità del linguaggio, sulla presenza e la inter-soggettività re-interpretate in chiave fenomenologica. Altre opera: Storia dell'estetica (Edizioni Nuova Cultura, Roma). Tonino Griffero. Keywords: Betti, ermeneutica, fenomenologia, Vico, il circolo dell’implicatura -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Griffero” – The Swimming-Pool Library.

 

Grimaldi. (Cava de’ Tirreni). Filosofo. Grice: “I have spoken of ‘magic’ – “two kinds of magic’ – actually, for Grimaldi there are THREE: ‘black magic,’ ‘artificial magic,’ and my favourite, ‘natural magic’!” Nacque da nobile famiglia locale di origini genovesi. Compì i suoi studi avvicinandosi a Cartesio, di cui fu seguace e fece parte del gruppo chiamato degli epigoni dell'Accademia degli Investiganti. Fu Consigliere Regio.  Scrisse numerose opere, raccolte poi in "Istoria dei libri di don Costantino Grimaldi. Scritta da lui medesimo". Tra quelle più note si possono elencare le “Considerazioni intorno alle rendite ecclesiastiche del Regno di Napoli” (Napoli), le “Discussioni filosofiche” (Lucca), la “Dissertazione sulle tre magie, naturale, artificiale e diabolica (Roma).  Morì a Napoli nel 1750.  Il figlio gli dedicò "Ragioni genealogiche a' favore della Famiglia Grimaldi del Sig. Cons. D. Costantino Grimaldi. Colli signori Grimaldi di Seminara, e con quelli patrizj di Catanzaro" F. A. Meschini, nel Dizionario Biografico degli Italiani, indica Napoli come città natale.  Memorie di un anticurialista del Settecento. Testo, introduzione note V.I. Comparato. Firenze, Olschki, Biblioteca dell'«Archivio storico italiano»,  Franco Aurelio Meschini, Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana  Anticurialismo  Costantino Grimaldi. Opere, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Costantino Grimaldi. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Grimaldi: implicatura peripatetica”– The Swimming-Pool Library.

 

Grimaldi-di-Messimeri -- (Seminara). Filosofo. Grice: “He was of a noble family – he was into the free market – so his is a philosophical economy.” Domenico Grimaldi (Seminara), filosofo. Esponente dell'illuminismo napoletano.  Francesco Mario Pagano. Nato in una famiglia aristocratica che faceva risalire le proprie origini alla nota famiglia di Genova, ricevette la prima educazione dal padre, il marchese Pio Grimaldi, un uomo colto che aveva cominciato a introdurre criteri di conduzione innovativi nelle sue proprietà terriere, peraltro non molto estese, di Seminara. Non essendo molto ricco, il padre lo avviò agli studi giuridici, in previsione di una possibile professione forense, all'Napoli. Nella capitale napoletana Domenico fu raggiunto dal fratello minore Francescantonio, fece parte con il fratello dell'Accademia dell'Arboscello, frequenta le lezioni di economia di Genovesi. Si trasferì a Genova, dove ottenne la riammissione nel patriziato della Repubblica di Genova, ottenendo così il permesso di esercitare alcune magistrature. In Liguria, tuttavia, Grimaldi ebbe modo di approfondire gli aspetti tecnici, economici e sociali legati all'agricoltura il cui studio lo spinse a viaggi in Francia, specie in Provenza, in Piemonte e in Svizzera. Si interessò in particolare alla colture dell'ulivo e del gelso per l'allevamento dei bachi da seta. Venne accolto fra l'altro nell'Accademia dei Georgofili, che premiò una memoria, nella Società economica di Berna, un centro di cultura fisiocratica, e nella Société royale d'agriculture di Parigi.  Saggio di economia campestre per la Calabria Ultra  François Quesnay, maggior rappresentante della fisiocrazia Frutto delle sue ricerche fu il Saggio di economia campestre per la Calabria Ultra, esposizione di un piano che, partendo dalle condizioni di arretratezza dell'economia calabrese del XVIII secolo, secondo la dottrina fisiocratica, ne indica i mezzi atti a la trasformare situazione economica della Calabria. All'epoca il settore produttivo più importante era l'agricoltura in quanto i posti nell'industria erano pochi, le alternative limitate all'edilizia, ai lavori pubblici e al settore terziario; l'agricoltura era tuttavia quasi esclusivamente di sussistenza, e lo scarso reddito determinava un esodo massivo dalle campagne. Per Grimaldi l'ammodernamento dell'agricoltura e l'integrazione tra agricoltura e allevamento erano le condizioni prime per avviare la produzione industriale e il commercio. il successivo aumento del reddito agrario avrebbe dovuto essere reinvestito nell'industria tessile e in quelle serica, lattiero-casearia e olearia. La presenza di industrie avrebbe innescato un circolo virtuoso in quanto avrebbe potuto richiamare un afflusso di capitali per la ristrutturazione fondiaria e l'aumento delle dimensioni delle aziende agricole, con successiva formazione e sviluppo di attività miste agricolo-manifatturiere, specialmente alimentari, con impiego di mano d'opera locale.  L'imprenditore  Vecchio frantojo ligure dismesso Attorno al 1770 Grimaldi si impegnò a tradurre in pratica questi progetti, con l'aiuto finanziario del padre, impegnandosi nel miglioramento della coltivazione degli olivi, chiamate dalla Liguria maestranze e tecnici per creare a Seminara nuovi frantoi "alla genovese"; rese poi pubblici i progetti e i risultati delle sue innovazioni con un'opera del 1773, edita nuovamente nel 1777 con una dedica a Beccadelli, marchese della Sambuca.  Si dedicò più tardi alla produzione della seta. Grimaldi, che inizialmente intendeva assegnare l'ammodernamento dell'agricoltura all'iniziativa privata, si rese conto che l'approccio utilizzato per l'ammodernamento dell'industria olearia (in questo caso, introduzione in Calabria della lavorazione della seta alla "piemontese") non sarebbe stato sufficiente nella lavorazione della seta per ostacoli di natura fiscale nel regno di Napoli, ossia del dazio sulla seta calabrese. Diede pertanto inizio a vivace polemica nei confronti dei controlli oppressivi doganali e dei monopoli statali nei settori delle manifatture e del commercio.  Il politico  Sir John Acton La riflessione sull'influenza dello stato nel mercato della seta, diede avvio al dibattito sul problema della libertà nel commercio internazionale, in particolare nel commercio del grano che aveva assunto una notevole importanza dopo la carestia del 1764. Una delle proposte più importanti di Domenico Grimaldi fu la costituzione, nella Calabria Ultra, di società economiche concepite come centri promotori il miglioramento della tecnica agraria; ma la proposta non trovò il necessario sostegno né nei proprietari terrieri né nel clero. In seguito allargò lo sguardo dalla Calabria Ultra all'intero Regno, proponendo di svolgere un'attività conoscitiva sulla struttura economica del Regno mediante la predisposizione di piani di visite alle province napoletane affidati a ispettori di nomina regia, con proposte di azione sulle "cause fisiche" dell'arretratezza, principalmente la mancanza di strutture per l'irrigazione innanzitutto nelle Puglie, per le quali suggeriva il ricorso anche al lavoro coatto.   Gaetano Filangieri Grazie alla notorietà raggiunta con i suoi saggi Grimaldi fu nominato dal primo ministro John Acton assessore al neocostituito Supremo Consiglio delle Finanze assieme a Filangieri, Palmieri, Delfico e Galanti. Il terremoto che causò gravi danni e lutti alla famiglia Grimaldi. Grimaldi fu favorevole all'istituzione della Cassa sacra, proponendo che ricostruzione fosse eseguita secondo un piano pubblico che prevedesse iniziative strutturali per l'ammodernamento della produzione agricola e industriale. Si adoperò per l'apertura a Reggio Calabria di un istituto professionale nel quale si insegnasse "l'arte di tirar la seta alla piemontese"; la scuola, diretta dal Grimaldi, ebbe un certo successo, ma venne chiusa nel L'interruzione negli anni novanta dell'attività riformatrice di Ferdinando IV di Napoli in seguito alla crisi collegata alla rivoluzione francese comportò un atteggiamento di sospetto, da parte del governo napoletano, nei confronti dell'intellettualità progressista. A Grimaldi venne rifiutata la nomina, proposta dal Galanti, di presidente della costituenda Società patriottica per la Calabria in quanto massone. Fu addirittura arrestato, come gran parte dei massoni reggini (una cinquantina circa) in seguito all'assassinio del governatore di Reggio, Giovanni Pinelli e trasferito nel carcere di Messina dove si trovava alla nascita della Repubblica Napoletana. Suo figlio Francescantonio aderì alla Repubblica Napoletana. Opere: “Memoria diretta all'Accademia de' Gergofili da Genova sopra di una certa specie di pianta pratense chiamata sulla” (Firenze); “Saggio di economia campestre per la Calabria Ultra, Napoli: presso Vincenzo Orsini, 1770 Istruzione sulla nuova manifattura dell'olio introdotta nella Calabria, In Napoli: presso Raffaele Lanciano); “Osservazioni economiche sopra la manifattura e commercio delle sete del Regno di Napoli alle sue finanze, scritte dal marchese Domenico Grimaldi; con alcune riflessioni critiche sopra del Bando delle Sete” (Napoli: presso Giuseppe Maria Porcelli); “Piano di riforma per la pubblica economia delle provincie del Regno di Napoli, e per l'agricoltura delle Due Sicilie, scritto dal marchese d. Domenico Grimaldi” (Napoli: presso Giuseppe Maria Porcelli librajo); “Piano per impiegare utilmente i forzati, e col loro travaglio assicurare ed accrescere le raccolte del grano nella Puglia, e nelle altre provincie del Regno scritto dal marchese d. Domenico Grimaldi di Messimeri patrizio genovese” (Napoli: a spese di Giuseppe-Maria Porcelli); “Memoria del marchese Domenico Grimaldi di Messimeri patrizio genovese, diretta al supremo consiglio di finanze per lo ristabilimento dell'industria olearia, e dell'agricoltura nelle Calabrie, ed altre provincie del Regno di Napoli” (Napoli: presso Giuseppe-Maria Porcelli); “Memoria sulla economia olearia antica e moderna e sull'antico frantoio da olio trovato negli scavamenti di Stabia” (Napoli: nella Stamperia Reale); “Relazione d'un disimpegno fatto nella Ulteriore Calabria con alcune osservazioni economiche relative a quella provincial” (Napoli: Giuseppe Maria Porcelli). Franco Venturi , Illuministi italiani,  V: Riformatori napoletani, Napoli : Ricciardi, Antonio Piromalli, La letteratura calabrese: Dalle origini al posivitismo, Cosenza : LPE,  Istruzioni sulla nuova manifattura dell'olio introdotta nel Regno di Napoli dal marchese Domenico Grimaldi di Messimeri patrizio genovese, socio ordinario, e corrispondente dell'Accademia de' Georgofili di Firenze, della Società di Agricoltura di Parigi, e di Berna, In Napoli : presso Vincenzo Orsini, a spese di Giuseppe Maria Porcelli, Osservazioni economiche sopra la manifattura e commercio delle sete del Regno di Napoli alle sue finanze, scritte dal marchese Domenico Grimaldi, con alcune riflessioni critiche sopra del Bando delle Sete” (Napoli : Porcelli); “Relazione d'un disimpegno fatto nella Ulteriore Calabria con alcune osservazioni economiche relative a quella provincial” (Napoli : Porcelli); “Piano di riforma per la pubblica economia delle provincie del Regno di Napoli, e per l'agricoltura delle Due Sicilie, scritto dal marchese don Domenico Grimaldi, Napoli : Porcelli); Piano per impiegare utilmente i forzati, e col loro travaglio assicurare ed accrescere le raccolte del grano nella Puglia, e nelle altre provincie del Regno scritto dal marchese don Domenico Grimaldi di Messimeri patrizio genovese” (Napoli : Porcelli); “Relazione d'una scuola da tirar la seta alla piemontese stabilita in Reggio per ordine di Sua Maestà, sotto la direzione del M. Grimaldi, e l'approvazione del Vicario generale delle Calabrie don Francesco Pignatelli” (Messina per Giuseppe di Stefano). L'opera apparve anonima ed è attribuita a Domenico Grimaldi da Gaetano Melzi, Note bibliografiche del fu D. Gaetano Melzi, edite per cura di un bibliofilo milanese con altre notizie,  H-R, Milano : Tip. Bernardoni)  Giuseppe Maria Galanti, Giornale di viaggio in Calabria; introduzione di Luca Addante, Soveria Mannelli : Rubbettino, A. Ubbidiente, Il pensiero e l'opera di Domenico e Francescantonio Grimaldi. Testi di Laurea. Università degli Studi di Salerno, Facoltà di Magistero. M.L. Perna, Dizionario Biografico degli Italiani,  LIX, Roma: Istituto dell'Enciclopedia Italiana, A. Basile, «Un illuminista calabrese: Domenico Grimaldi da Seminar»a, in: Archivio Storico per la Calabria e la Lucania, Gaetano Cingari, Giacobini e Sanfedisti in Calabria, Reggio Cal., "Casa del libro", Cesare Morisani, Massoni e Giacobini a Reggio Calabria,  Reggio Cal., F. Morello,  Domenico Romeo, Alcune precisazioni su Domenico Grimaldi: un riformatore Calabrese del '700, in "Historica", Antonio Piromalli , L'attualità del pensiero e delle opere del marchese Domenico Grimaldi, Cosenza: L. Pellegrini, Domenico Luciano , Domenico Grimaldi e la Calabria, Salerno, Beniamino Carucci. Grimaldi, Domenico la voce nella Treccani L'Enciclopedia Italiana. Domenico Grimaldi. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Grimaldi” – The Swimming-Pool Library.

 

GRIMALDI. (Seminara). Filosofo. Grice: “Grimaldi for some reason did some deep research on cynicism – a wonderful etymology, too!” -- Esponente dell'illuminismo. Fratello minore di Domenico Grimaldi, filosofo. Nato in una famiglia aristocratica che faceva risalire le proprie origini alla nota famiglia di Genova, dei principi di Monaco, ricevette la prima educazione dal padre, il marchese Pio Grimaldi, un uomo colto che aveva cominciato a introdurre criteri di conduzione innovativi nelle sue proprietà terriere (peraltro non molto estese). Fu inviato a Napoli, dove conobbe Genovesi. Comincia a interessarsi alle vicende culturali e politiche della Repubblica di Genova: volle anch'egli essere iscritto fra i patrizi di Genova, esprimendo la convinzione che l'aristocrazia genovese avrebbe dovuto riprendere la funzione, svolta nei secoli precedenti, di classe dirigente della Repubblica. Studia il diritto testamentario romano. Fu pertanto fautore del “fedecommesso” istituzione risalente a Roma antica e prediletta dalla classe aristocratica.  Maestro venerabile della loggia massonica di Genova. Partendo dalla filosofia romana, cerca di analizzare l’interazione umana. Al di fuori della società l'uomo, in balia dei "sentimenti fisici", diventerebbe “un vero bruto” – “como Romolo” --. Tali riflessioni saranno approfondite nel "Saggio sull'ineguaglianza umana”. Sostenne che, in natura, gli uomini non sono uguali e che le differenze, sia fisiche che morali, ha origini soprattutto ambientali (per es., il clima, la diffusione delle malattie). La inter-azione  non e uno stato di corruzione, ma lo stato "naturale" dell'uomo. La struttura gerarchica dell'Ancien Régime era giustificata dall'ineguaglianza degli uomini. L’ducazione non sarebbe riuscita ad appianare tale disuguaglianza. Scrive gli Annali del Regno di Napoli. Fa una Descrizione de' tremuoti accaduti nella Calabria. Altre opere: “De successionibus legitimis in vrbe Neapolitana systema. Pars prima in qua ius Graecum Neapolitanum vetus, & ius omne Romanum a 12 tabulis ad Iustinianum vsque absolutissime expenditur” (Neapoli: ex typographia Simoniana); “Lettera sopra la musica all'eccellentissimo signore Agostino Lomellini già doge della serenissima repubblica di Genova (Napoli); “La vita di Ansaldo Grimaldi patrizio genovese, illustrata con riflessioni politiche, e morali, e con una brieve narrazione del governo politico della Repubblica di Genova dalla sua origine” (Napoli: nella Stamperia Raimondiana); “La vita di Diogene Cinico” (Napoli: nella stamperia di Vincenzo Mazzola-Vocola); “Riflessioni sopra l'ineguaglianza fra gli uomini” (Napoli: presso Vincenzo Mazzola-Vocola, impressore di sua maestà). (Franco Crispini, Vibo Valentia : Sistema Bibliotecario Vibonese) Annali del Regno di Napoli dedicati a Ferdinando IV. re delle Due Sicilie. Epoca I. Dal primo anno dell'edificazione di Roma sino alla fine del quarto secolo dell'era cristiana., Napoli : presso Giuseppe-Maria Porcelli librajo); “Annali del Regno di Napoli” -- Epoca II. Dall'anno 409. dell'era volgare, sino all'anno 1211, Napoli : presso Giuseppe-Maria Porcelli librajo); “Descrizione de' tremuoti accaduti nelle Calabrie” (Napoli : presso Giuseppe-Maria Porcelli. (Saverio Napolitano, Bordighera: Manago). La vita di Ansaldo Grimaldi patrizio genovese, Napoli : Raimondiana,  De successionibus legitimis in urbe Neapolitana, Neapoli : Simoniana, Nico Perrone, La Loggia della Philantropia. Un religioso danese a Napoli prima della rivoluzione. Con la corrispondenza massonica e altri documenti, Palermo, Sellerio, La vita di Diogene Cinico, Napoli : Mazzola-Vocola, Fulvio Tessitore, «Francesco Antonio Grimaldi e l'ineguaglianza». In : Fulvio Tessitore, Nuovi contributi alla storia e alla teoria dello storicismo, Roma : Edizioni di storia e letteratura, M. A. Tallarico, «CESTARI (Cestaro), Giuseppe». In Roma : Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Franco Crispini, Appartenenze illuministiche : i calabresi Francesco Saverio Salfi e Francesco Antonio Grimaldi, Cosenza: Klipper, 2 M.L. Perna, Dizionario Biografico degli Italiani, Roma: Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Giuseppe Boccanera, «Grimaldi Francesc'Antonio». In: Emilio Amedeo De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo 18., e de' contemporanei, compilata da letterati italiani di ogni provincia e pubblicata per cura del professore Emilio De Tipaldo,  Venezia : dalla tipografia di Alvisopoli, Melchiorre Delfico, Elogio del marchese don Francescantonio Grimaldi dei signori di Messimeri, patrizio di Genova e assessore di Guerra e Marina, In Napoli : presso Vincenzo Orsino (ristampato in Opere complete di Delfico, a cura dei professori Giacinto Pannella e Luigi Savorini,  ITeramo: Giovanni Fabbri0). Roberto Ubbidiente, Il pensiero e l'opera di Domenico e Francescantonio Grimaldi. Tesi di Laurea in Filosofia italiana. Università degli Studi di Salerno, Facoltà di Magistero,  Francescantonio Grimaldi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Francescantonio Grimaldi. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Grimaldi: implicatura ed inter-azione” – The Swimming-Pool Library.

 

GRUPPI. (Roma). Filosofo. Grice: “Gruppi is an Italian philosopher; at Oxford, someone who writes only on politics is not considered usually one!” -- Il concetto di egemonia in Gramsci Incipit Antonio Gramsci è senza alcun dubbio quello che, tra i teorici del marxismo, ha maggiormente insistito sul concetto di egemonia; e lo ha fatto in modo particolare richiamandosi a Lenin. Anzi, direi che, se vogliamo vedere il punto di contatto più costante, più scavato, di Gramsci con Lenin, questo mi pare essere il concetto di egemonia. L'egemonia è il punto di approccio di Gramsci con Lenin.  Citazioni La scienza si ha quando si supera il dato immediato, l'apparenza; si ha con un salto dialettico. In tutte le analisi che Gramsci conduce, io trovo la presenza di un filo rosso che le guida, presente in tutti i Quaderni. Luciano Gruppi, Il concetto di egemonia in Gramsci, Editori Riuniti, Roma. Luciano Gruppi. Keyword: egemonia della filosofia del linguaggio ordinario -- Refs.: Luigi Speranza: Grice e Gruppi” – The Swimming-Pool Library.

 

GUASTELLA. (Misilmeri).  Filosofo. Grice: “Guastella is an interesting philosopher. A system-builder! He wrote on epistemology and metaphyusics in a clear style.” Cosmo Guastella (Misilmeri), filosofo. Figlio di Vincenzo farmacista e da Marianna Piazza, uno dei quattro figli della coppia, ancorché di famiglia borghese non ebbe un'infanzia agiata. Sudia con l'ausilio di borse di studio fino a laurearsi a Palermo. È ritenuto il capostipite del fenomenismo. Insegna a Palermo. Opere: “La conoscenza”; “Metafisica”; e  “Il fenomenismo”. Fonda la Biblioteca filosofica. Dizionario Biografico degli Italiani, Dizionario di filosofia, openMLOL, Horizons Unlimited srl. Cosmo Guastella. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Guastella: tra fenomenismo e noumenismo” – The Swimming-Pool Library.

 

GUICCIARDINI. (Firenze). Filosofo. Guicciardini. Grice: “Guicciardini is what I call an Italian classic; some like Machiavelli, as Austin used to say, “but Guicciardini is MY Renaissance man!” – Grice: “There are various topics of interest: the italian of Machiavelli and Guicciardini in the development of a philosophical political lexicon; there’s the trope of the centaur –‘all’ombra del centauro.’ – Pure political philosophy of the type enjoyed by members of the Debating Union at Oxford!”  Terzogenito dei Guicciardini, famiglia tra le più fedeli al governo mediceo. Dopo una prima formazione umanistica in ambito familiare dedicata alla lettura dei grandi storici dell'antichità (Senofonte, Tucidide, Livio, Tacito), studia a Firenze seguendo le lezioni di Pepi. Soggiornò a Ferrara per poi trasferirsi a Padova per seguire le lezioni di docenti di maggior importanza. Rientrato a Firenze, esercita l'incarico di istituzioni di diritto civile. Nominato capitane dello Spedale del Ceppo. Inizia la stesura delle Storie fiorentine e dei Ricordi. Esattamente dieci anni prima, ossia con l'anno 1498, si chiudono quelle Cronache forlivesi di Leone Cobelli che espongono le premesse degli avvenimenti riguardanti Caterina Sforza e Cesare Borgia di cui Guicciardini si occupa, nelle sue Storie, per i notevoli riflessi che hanno sulla politica fiorentina. In occasione della guerra contro Pisa, venne chiamato a pratica dalla signoria, ottenendo l'avvocatura del capitolo di Santa Liberata. Questi progressi portarono il Guicciardini anche ad una rapida ascesa nella politica, ricevendo dalla Repubblica Fiorentina l'incarico di ambasciatore presso Ferdinando il Cattolico. Da questa sua esperienza nell'attività diplomatica nacque la Relazione, e anche il "Discorso di Logrogno", un'opera di teoria politica in cui Guicciardini sostiene una riforma in senso aristocratico della Repubblica fiorentina. Fece parte degli Otto di Guardia e Balia ed entra a far parte della signoria, divenendo, grazie ai suoi servigi resi ai Medici, avvocato concistoriale e governatore di Modena, con la salita al soglio pontificio di Giovanni de' Medici, col nome di Leone X. Il suo ruolo di primo piano nella politica emiliano-romagnola si rinforza con la nomina a governatore di Reggio Emilia e di Parma. Nominato  commissario generale dell'esercito pontificio, alleato di Carlo V contro i francesi, matura quell'esperienza che sarebbe stata cruciale nella redazione dei suoi Ricordi e della Storia d'Italia.  Alla morte di Leone X, si trova a contrastare l'assedio di Parma, argomento trattato nella Relazione della difesa di Parma. Dopo l'assunzione al papato di Giulio de' Medici, col nome di Clemente VII, venne inviato a governare la Romagna, una terra agitata dalle lotte tra le famiglie più potenti. Diede ampio sfoggio delle sue notevoli abilità diplomatiche.  Per contrastare lo strapotere di Carlo V, propaganda un'alleanza fra gli stati regionali allora presenti in Italia e la Francia, in modo da salvaguardare in un certo qual modo l'indipendenza della penisola. L'accordo fu sottoscritto a Cognac, ma si rivelò ben presto fallimentare; di questo periodo è il Dialogo del reggimento di Firenze, in cui si ripropone il modello della repubblica aristocratica. La Lega subì una cocente disfatta e Roma fu messa al sacco dai Lanzichenecchi, mentre a Firenze veniva instaurata la repubblica. Coinvolto in queste vicissitudini, e visto con diffidenza dai repubblicani per i suoi trascorsi medicei, si ritira nella villa Guicciardini di Finocchieto, nei pressi di Firenze. Qui compose due orazioni, l'Oratio accusatoria e la defensoria, ed una Lettera Consolatoria, che segue il modello dell'oratio ficta, nella quale espose le accuse imputabili alla sua condotta con le adeguate confutazioni, e finse di ricevere consolazioni da un amico. Scrisse le Considerazioni intorno ai "Discorsi" del Machiavelli "sopra la prima deca di Livio", in cui accese una polemica nei confronti della mentalità pessimistica dell'illustre concittadino. Completa anche la redazione definitiva dei Ricordi. Lasce Firenze e ritorna a Roma, per rimettersi di nuovo al servizio di Clemente VII, che gli offrì l'incarico di diplomatico a Bologna. Dopo il rientro dei Medici a Firenze, fu accolto alla corte medicea come consigliere del duca Alessandro e scrisse i Discorsi del modo di riformare lo stato dopo la caduta della Repubblica e di assicurarlo al duca Alessandro. Non fu tenuto tuttavia in altrettanta considerazione dal successore di Alessandro, Cosimo I, che lo lascia in disparte. Si ritira nella sua villa Guicciardini di Santa Margherita in Montici ad Arcetri. Rriordina i Ricordi politici e civili, raccolse i suoi Discorsi politici e scrisse la “Storia d'Italia. Morì ad Arcetri, quando da circa due anni si era ormai ritirato a vita privata.  Guicciardini è noto soprattutto per la Storia d'Italia, vasto e dettagliato affresco delle vicende italiane tra l’anno della discesa in italia del Re francese Carlo VIII e il anno della morte di Papa Clemente VII. -- è un monumento al ceto italiano e più specificamente alla scuola fiorentina di filosofi di cui fecero parte anche Machiavelli, Segni, Pitti, Nardi, Varchi, Vettori e Giannotti.  L'opera districa la rete attorcigliata della politica degli stati italiani del Rinascimento con pazienza ed intuito. L'autore volutamente si pone come spettatore imparziale, come critico freddo e curioso, raggiungendo risultati eccellenti come analista e filosofo (anche se più debole è la comprensione delle forze in gioco nel più vasto quadro europeo).  Guicciardini è l'uomo dei programmi che mutano "per la varietà delle circunstanze" per cui al saggio è richiesta la discrezione (Ricordi), ovvero la capacità di percepire "con buono e perspicace occhio" tutti gli elementi da cui si determina la varietà delle circostanze. La realtà non è quindi costituita da leggi universali immutabili come per Machiavelli. Altro concetto saliente del pensiero guicciardiniano è il particulare (Ricordi) a cui si deve attenere il saggio, cioè il proprio interesse inteso nel suo significato più nobile come realizzazione piena della propria intelligenza e della propria capacità di agire a favore di se stesso e dello stato. In altre parole, il particulare non va inteso ego-isticamente, come un invito a prendere in considerazione solamente l'interesse personale, ma come un invito a considerare pragmaticamente quanto ognuno può effettivamente realizzare nella specifica situazione in cui si trova (dottrina che collima con quello di Machiavelli).  In netta polemica, Pitti scrisse l'opuscolo Apologia dei Cappucci, a difesa della fazione dei democratici. E considerato il progenitore della storiografia moderna, per il suo pionieristico impiego di documenti ufficiali a fini di verifica della sua Storia d'Italia.  La reputazione di Guicciardini poggia sulla Storia d'Italia e su alcuni estratti dai suoi aforismi. I suoi discendenti aprirono gli archivi di famiglia e diedero incarico a Canestrini di pubblicare le sue memorie.  Furono pubblicati i suoi Carteggi, che contribuirono ad un'accurata conoscenza della sua personalità.  «L’angolo di prospettiva dal quale si prese a considerare, nella prima metà del secolo XVII, l’opera guicciardiniana, la posizione di questa nel giudizio dei lettori secenteschi, sono bene indicati da uno spirito acuto dell’epoca, A. G. Brignole Sale. “Quindi non per altro, a mio giudizio, porta pregio il Guicciardini sopra il Giovio, sol che questi, qual pittor gentile, de’ soggetti ch’egli ha per le mani colorisce agli occhi altrui con vivacissimi ritratti, senza inviscerarsi, la superficie, quegli per contrario, qual esperto notomista, trascurando anzi dilacerando la vaghezza della pelle, vien con l’acutezza della sua sagacità fino a mostrarci il cuore e il cervello de’ famosi personaggi ben penetrato.” All’affiatamento con lo spirito dell’opera guicciardiniana si accompagnò, sul piano letterario, una migliore intelligenza del suo stile, di cui si cominciò ad ammirare, superando le pedanti riserve linguistiche, la scorrevolezza, l’intima misura e precisione pur nel tono sostenuto. Tuttavia, proprio dal più accreditato esponente letterario del tacitismo, Boccalini, fu formulato un giudizio tra i meno benevoli alla Storia.»  Il giudizio di Francesco De Sanctis  Copertina di un'antica edizione della Storia d'Italia Francesco De Sanctis non ebbe simpatia per Guicciardini ed infatti non nascose di apprezzare maggiormente il Machiavelli. Nella sua Storia della letteratura italiana il critico irpino mise in evidenza come Guicciardini fosse, sì, in linea con le aspirazioni di Machiavelli, ma se il secondo agì in linea con i suoi ideali, il primo invece "non metterebbe un dito a realizzarli". De Sanctis affirma:“Il dio del Guicciardini è il suo particolare.” “Ed è un dio non meno assorbente che il Dio degli ascetici, o lo stato del Machiavelli.” “Tutti gli ideali scompaiono.” “Ogni vincolo religioso, morale, politico, che tiene insieme un popolo, è spezzato.” “Non rimane sulla scena del mondo che l'INDIVIDUO.” “Ciascuno per sé, verso e contro tutti.” “Questo non è più corruzione, contro la quale si gridi: è saviezza, è dottrina predicata e inculcata, è l'arte della vita”. E poco più in basso aggiunse. “Questa base intellettuale è quella medesima del Machiavelli, l'esperienza e l'osservazione, il fatto e lo «speculare» o l'osservare. Né altro è il sistema. Guicciardini nega tutto quello che il Machiavelli nega, e in forma anche più recisa, e ammette quello che è più logico e più conseguente. Poiché la base è il mondo com'è, crede un'illusione a volerlo riformare, e volergli dare le gambe di cavallo, quando esso le ha di asino, e lo piglia com'è e vi si acconcia, e ne fa la sua regola e il suo istrumento".  Nel Romanticismo, la mancanza di evidenti passioni per l'oggetto dell'opera era infatti vista come un grave difetto, nei confronti sia del lettore che dell'arte letteraria. A ciò si aggiunga che Guicciardini vale più come analista e filosofo che come scrittore. Lo stile è infatti prolisso, preciso a prezzo di circonlocuzioni e di perdita del senso generale della narrazione. "Qualsiasi oggetto egli tocchi, giace già cadavere sul tavolo delle autopsie".  Altre opera: Scritti autobiografici e rari (Laterza), Storie fiorentine; Discorso di Logrogno, Considerazioni sui Discorsi del Machiavelli, Ricordi politici e civili Dialogo del Reggimento di Firenze, Storia d'Italia, Scritti sopra la politica di Clemente VII dopo la battaglia di Pavia (Firenze, Olschki); Le cose fiorentine, R. Ridolfi , Firenze, Olschki, Carteggi,  presso Zanichelli, Bologna;  presso Istituto per gli studi di politica, Firenze; presso Istituto storico italiano, Roma; presso G. Ricci, Roma. "Donna di grandissimo animo e molto virile", secondo il Guicciardini (Storie fiorentine).  Natalino Sapegno, Compendio di storia della letteratura italiana, La Nuova Italia, Firenze, A. G. BRIGNOLE-SALE, Tacito abburatato, Genova, «Or chi non vedescriveva il Tassoniche questo è uno stil maestoso e nobile, quale appunto conviensi alla grandezza delle cose proposte e alla prudenza politica dell’Istorico che le tratta? e che non ostante i periodi sien tutti numerosi e sostenuti, per esser ben collocate le parole fra loro, e però l’ordine, e ’l senso facile e piano in maniera che ’l lettore non trova scabrosità né intoppi, come nello stil di Villani, che va saltellando e intoppando a ogni passo etc... ». A. TASSONI, Pensieri diversi, Venezia,  Il legame del pensiero politico tassoniano con quello di Guicciardini (incluso, a differenza del Machiavelli, tra gli storici della «prima schiera» con Comines e Giovio, ossia considerato pari agli antichi; v. Pensieri) e del Machiavelli è noto: i due fiorentini, come dice il Fassò, furono «i due poli» a cui si volse la sua riflessione politica. (Introduz. a TASSONI, Opere, Milano-Roma,  T. BOCCALINI, Ragguagli di Parnaso e Pietra del paragone politico, I, Bari,  Walter Binni, I classici italiani nella storia della critica: Da Dante al Marino, Nuova Italia, Testi Dialogo e discorsi del reggimento di Firenze, Bari, Gius. Laterza & Figli, Historia di Italia, Pisa, presso Niccolò Capurro; Historia di Italia. Libri,  In Venetia, appresso Giorgio Angelieri, Guicciardini, Scritti autobiografici e rari, Bari, G. Laterza e Figli,  Guicciardini, Scritti politici, Bari, G. Laterza, Storia d'Italia,  1, Bari, G. Laterza, Storia d'Italia,  Bari, G. Laterza, Storia d'Italia,  Bari, G. Laterza, Storia d'Italia,  Bari, G. Laterza,  Storia d'Italia,  Bari, G. Laterza, Storie fiorentine, Bari, G. Laterza, Studi R. Ridolfi, 'Vita', Milano, Rusconi Treves, Il realismo politico, Firenze, R. Ramat, Guicciardini e la tragedia d'Italia, Firenze, V. De Caprariis, Guicciardini. Dalla politica alla storia, Napoli, (ristampa Bologna, G. Sasso, Per Francesco Guicciardini. Quattro studi, Roma, E. Cutinelli-Rèndina, Guicciardini, Roma, Famiglia Guicciardini. TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Liber Liber. openMLOL, Horizons Propositioni, overo Considerationi in materia di cose di Stato, sotto titolo di Avvertimenti, Avvedimenti Civili, & Concetti Politici di Guicciardinii, Lottini, Sansovini, Venezia, Presso Altobello Salicato, Opere illustrate da Giuseppe Canestrini, Firenze, Barbera, Bianchi e Comp.,Bari, Gius. Laterza & figli,/biblioteca italiana/indice. Francesco Guicciardini. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Guicciardini: l’implicatura particolarizzata” – The Swimming-Pool Library.

 

GUZZI. (Roma). Filosofo. Grice: “Myy favourite is his dictionary of the unheard tongue – with a foreword like sounds like Blair on newspeak!” -- Marco Guzzi (Roma), filosofo. Studia al Liceo classico statale Giulio Cesare. Direttore dei seminari del Centro studi Eugenio Montale. La poetica di Guzzi, fin dall'inizio, si è concepita come un'esperienza spirituale, una ricerca di stati più dilatati della coscienza, sulla scia della linea che da Hölderlin, e attraverso Rimbaud, arriva fino al nostro migliore ermetismo. La ricerca teoretica di Guzzi ha affrontato, in particolare nel saggio filosofico La svolta, significativamente sottotitolato "La fine della storia e la via del ritorno", il tema del cambiamento epocale che a suo avviso l'uomo è chiamato a conoscere e riconoscere, dentro e fuori di sé. Opere: Raccolte di poesia Anima in vetrina,  Il Giorno, Scheiwiller, Teatro Cattolico, Jaca Book, Figure dell'ira e dell'indulgenza, Jaca Book,  Preparativi alla vita terrena, Passigli, Nella mia storia Dio, Passigli, Parole per nascere, Edizioni Paoline,  Saggi di filosofia e di religione La Svolta, Jaca Book, Rivolgimenti, Marietti, L'Uomo Nascente, Red, Passaggi di millennio, Edizioni Paoline, L'Ordine del Giorno, Edizioni Paoline, Cristo e la nuova era, Edizioni Paoline, La profezia dei poeti, Moretti e Vitali, Darsi pace, Edizioni Paoline, La nuova umanità, Edizioni Paoline, Per donarsi, Edizioni Paoline, Yoga e preghiera cristiana, Edizioni Paoline, Dalla fine all'inizio, Edizioni Paoline,  Dodici parole per ricominciare, Ancora  Il cuore a nudo, Edizioni Paoline,  Buone Notizie, Ed. Messaggero  Imparare ad amare, Edizioni Paoline  L'Insurrezione dell'umanità nascente, Edizioni Paoline,  Fede e Rivoluzione, Edizioni Paoline  Il profilo dell'Uomo di Dio, Edizioni Paoline  Alla ricerca del continente della gioia, Edizioni Paoline  “Dizionario della lingua inaudita” Lingua e Rivoluzione, Edizioni Paoline. Marco Guzzi. Grice: “Guzzi plays with ‘lingua inaudita’ – literally ‘unheard of’ – but ultra-literally turns his dictionary into a magical oxymoron! Keywords: lingua inaudita, lingua audita. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Guzzi”

 

GUZZO. (Napoli). Filosofo.  Grice: “I admire Guzzo; he founded ‘Filosofia,’ a philosophy magazine and led a school at Torino, but he selected ‘pagine di filosofi per i giovani italiani.’ He wrote interesting essays on “Gli hegeliani d’Italia” and Croce versus Gentile – a very systematic philosopher. The logo of his revista shows Oedipus and thes sphynx – that says it all!” Si laurea a Napoli, dove fu allievo di Maturi. Insegna a Torino e Pisa. Fonda "Erma”. Esponente dell'idealismo, si avvicinò all'attualismo di Gentile. È considerato quindi uno dei più grandi esponenti dello spiritualismo. Opere: “Spinoza”; “Kant”; “Verità e realtà. Apologia dell'idealismo”; “Idealisti ed empiristi”; “Aquino”, “Bruno”; “Storia della filosofia”, “L'uomo” (Brescia, Morcelliana); “L'io e la ragione”; “Moralità”; “Scienza”; “Arte”; “Religione; “Filosofia” – Pietro Fernando Quarta, “Guzzo e la sua scuola, Urbino, Argalìa; Dizionario Biografico degli Italiani, Treccan. Augusto Guzzo. Keywords: il Vico di Guzzo, il Galluppi di Guzzo -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Guzzo: tra idealismo ed empirismo”

 

Gronda Hösle. (Milano). Filosofo. Grice: “I like Hösle – for one, he helped me understand Vico when stating that what Vico is after is a ‘science of the inter-subjective world;’ since I’m also into that I suppose I am Vico!” – Figlio di Johannes Hösle, direttore del Goethe Institut, e Carla Gronda –, vero «enfant prodige» della filosofia, precoce e profondo conoscitore delle lingue antiche (greco, latino, sanscrito, ma anche pali e avestico) e di numerose lingue occidentali (ne parla sette ed è in grado di leggerne dodici). Si laura con la tesi “Verità e storia: uno studio sulla struttura della storia della filosofia sulla base di un'analisi paradigmatica dell'evoluzione da Parmenide di Velia a Platone” (Milano, Guerini e Associati, A. Tassi, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Hegeliana). Alla «scoperta» di Hösle contribuì in modo determinante l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, che lo chiamò a Napoli. Imposta in maniera originale il problema dei rapporti tra dimensione sistematica (unita latitudinale) e dimensione storica (unita longitudinale) della filosofia, analizzando lo sviluppo da Parmenide di Velia a Platone.  In “Il compimento della tragedia nell'opera tarda di Sofocle: un’osservazione storico-estetica” (A. Gargano, Napoli, Bibliopolis, Memorie dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici) combina l'approccio estetico con l'approccio filosofico, cerca di individuare una logica di sviluppo nella storia della tragedia e, in contrasto con l'approccio consueto, considera Sofocle come il compimento sintetico di questa storia. Il pensiero fondamentale espresso nell'opera tarda di Sofocle è sintesi dei principi che sono alla base dell'arte di Eschilo e di Euripide, principi che vengono fatti valere insieme da Sofocle e così portati alla loro verità".  Alievo di Toth, si occupa anche del problema della matematica in Platone (“ I fondamenti dell'aritmetica e della geometria in Platone” – Milano, tr. E. Cattanei, Vita e pensiero). In “Interpretare Platone” (Milano, Guerini e Associati, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici),  e in “Il dialogo filosofico. Poetica di un genere” analizza il genere del dialogo mettendo in connessione il punto di vista filosofico con il punto di vista letterario. Al problema della tragedia è dedicato “La gerarchia dei tragici).  A Napoli tenne una serie di seminari sull'idealismo (“Lo Stato in Hegel”, La città del Sole). La riflessione sull'idealimo si sviluppa in stretta connessione colla "fondazione ultima riflessiva" e con la soluzione fornita a tale problema dalla pragmatica trascendentale. L'unica alternativa consistente al relativismo scettico, dominante nel panorama della filosofia contemporanea ed assurto oggi ad una sorta di principio dell'opinione pubblica, consiste nell'impostazione riflessiva presente negli idealisti, che è necessario sviluppare. Alla “pragmatica” trascendentale va riconosciuto il merito di aver riproposto la "fondazione ultima riflessiva". Tale fondazione va ripensata nella sua portata ontologica, superando il formalismo nella direzione di una formulazione ri-elaborata dell'idealismo (“La fondazione dell'idealismo” – Milano, Guerini e Associati, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Hegeliana). Della pragmatica trascendentale, in relazione al problema di questa “fondazione ultima riflessiva” Hösle torna in “La crisi della contemporaneità e la responsabilità della filosofia”. Apel viene analizzato all'interno delle più importanti tendenze della filosofia contemporanea, viene esposta in modo dettagliato la "prova" della fondazione ultima riflessiva ("prova apagogica") e vengono discussi questioni relative al linguaggio privato, alla controversia “spiegare-comprendere e alla fondazione dell'etica. Cura “La Scienza nuova” di Vico, compito affidatogli dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. La cura è preceduta da “Introduzione a Vico: l’inter-soggetivo” (Milano, Guerini, Istittuo Italiano per gli Studi Filosofici).  -- una introduzione filologica e teoretica in cui Hösle illustra il significato della concezione vichiana per una teoria delle scienze della cultura filosoficamente fondata. La rilessione culmina nella ri-formulazione dell'idealismo: “L’intersoggettivo” (Napoli, La Scuola di Pitagora). Sostiene che l'aporia di Hegel consiste nell'aver tras-curato l’inter-soggetivo nella logica, la parte fondativa del Sistema. Qesta lacuna comporta un grave squilibrio nella struttura complessiva del sistema, in particolare, nel concetto dello spirito oggettivo e nel concetto dello spirito assoluto, che restano scoperte sul piano logico, senza un co-rispettivo categoriale in grado di fondare la struttura inter-soggettiva di cui trattano. Questa aporia è alla radice di sub-aporie come, ad esempio, l'appiattimento del “dover-essere” sull'”essere” con la conseguente visione passatista e la questione della conclusione del sistema. Cerca di mostrare come l'idea fondamentale dell'idealismo sia indispensabile sia per fondare in modo rigoroso il“discorso” sia per superare la scissione tra scienze della natura e scienze dello spirito che caratterizza in modo aporetico il pensiero moderno e contemporaneo, promossa dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e per "La scuola di Pitagora", è uscita una Postfazione. Sposta la sua riflessione dalla "filosofia prima" alla "filosofia seconda", occupandosi di problemi morali e politici, tra cui ha un posto di rilievo la questione dell'ecologia (“Filosofia della crisi ecologica” – Torino, Einaudi). I suoi studi delle moderne scienze sociali, politologia ed economia soprattutto, sono poi confluiti “Morale e politica. Fondamento di un'etica politica”. Vanno ricordati, innanzi tutto, i lavori sul significato filosofico della teoria dell'evoluzione (“Portata e limiti della teoria evoluzionistica della conoscenza” – Napoli, La Città del Sole). Altre opera: “Aristotele e il dinosauro” (Torino, Einaudi); “Sulla comicità” a riprova del costante interesse nutrito per le forme d'arte, come il teatro e il cinema, in cui l'inter-soggettività -- la categoria centrale della sua riflessione -- gioca un ruolo determinante. “Il concetto di filosofia della religione” (Napoli, "La Scuola di Pitagora"); “La legittimità del politico” (Milano, Guerini e Associati, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici); “Per una lettura non riduttiva di Platone” (Napoli , La scuola di Pitagora). Vittorio Gronda Hösle. Keywords: “L’inter-soggetivo di Vico” “filosofia prima” “filosofia seconda”. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Hösle: l’implicatura di Vico.”

 

IACONO. (Girgenti). Filosofo. Grice: “I love Iacono; for one, he has taken Marx’s chapter on cooperation in Das Kapital seriously; but as he notes, Marx subverts the order, the symbolic interaction becomes a super-structure! Iacono recognises the perplexities of shared intentionality, and finds ways to deal with them conceptually –Insegna a Pisa. Fra i filosofi che si sono interessati ai rapporti storici e teorici della filosofia con l’antropologia e la politica. Si occupa di epistemologia della complessità (“L'evento e l'osservatore”, Bergamo). Fonda “Ichnos,” Laboratorio filosofico sulla complessità. La sua ricerca mostra un costante confronto con la filosofia antica: al riguardo, si dedica all’analisi di nozioni quali feticismo, paura e meraviglia, e all'indagine epistemologica sul tema dell'osservatore. Tali ricerche gravitano attorno ad una riflessione sul tema dell'”altro” nelle relazioni storico-sociali e politiche: da qui i saggi sulle triadi concettuali autonomia, potere, minorità e storia, verità, finzione.  Ne “Il borghese e il selvaggio” analizza l'influenza la figura di Robinson Crusoe nei paradigmi filosofico-economici di Turgot e Adam Smith rilevando gli elementi di antropologia occidentalista là dove la rappresentazione teorica della società e della storia si mostrava nei suoi aspetti apparentemente semplici, ovvi e trasparenti tali da nascondere con l'evidenza i presupposti del punto di vista coloniale.  In “Il feticismo” (Milano) studia la genealogia del concetto dalla sua origine nell'illuminista Charles de Brosses fino a Marx, a Freud e al pensiero contemporaneo, ha contribuito, sul piano metodologico, all'idea di una storia della filosofia interpretata attraverso concetti e, sul piano interpretativo, alla messa in evidenza dei mutamenti semantici del concetto di “fetice”, di origine coloniale che si è trasformato con Marx e con Freud in due modi di operare, rispettivamente sul mondo storico-sociale e sul mondo della psiche, basati sulla pratica teorica di un'antropologia dall'interno. Le fétichisme. In “Paura e meraviglia: storie filosofiche” (Catanzaro) i temi storiografici dell'illuminismo e del fetice vengono ripresi e ridiscussi alla luce del pensiero contemporaneo.  Il problema filosofico e politico dell'antropologia dall'interno è stato sviluppato attraverso la questione epistemologica dell'osservatore. Influenzato da Marx, ma anche da Foucault e da Bateson, analizza le teorie della storia di Bossuet, Vico e Droysen attraverso il tema del ruolo dell'osservatore che interpreta gli eventi sociali e naturali nella loro storicità. Interessato alle teorie contemporanee dell'”auto-organizzazione” biologica (Atlan, Maturana, Varela), cercato di reinterpretare il senso epistemologico della storia, la parzialità dei punti di vista impliciti dell'osservatore e delle sue visioni del mondo, la questione dell'altro, il rapporto tra scienze storico-sociali e scienze naturali, alla luce del concetto di complessità. In questa chiave, in “Tra individui e cose” (Roma) raccoglie i risultati di ricerche che, all'interno dei rapporti fra filosofia, antropologia e politica, si interrogava attraverso Bateson sull'idea del ‘pensare per storie' come momento metodologico e critico di un'antropologia dall'interno in una società come quella occidentale moderna dove le cose si sostituiscono feticisticamente agli uomini e il conformismo si mostra incessantemente e paradossalmente come l'irrompere del nuovo.  Il problema della critica sociale e dell'autonomia individuale come decisivo in una società occidentale che domina il mondo dichiarandosi libera e democratica è al centro di “Autonomia, potere, minorità” (Milano). Partendo dallo scritto di Kant “Che cos'è l'Illuminismo?, Iacono si chiede perché in una società istituzionalmente ‘libera' e ‘democratica', all'indomani della fine dei regimi socialisti, il desiderio di uscire dallo stato di minorità non riesce a vincere il contrastante desiderio di rimanere nello stato di minorità, perché in sostanza è così forte la paura di essere autonomi.  La questione dell'autonomia lo ha portato a interessarsi ai temi della verità, dell'illusione e dell'inganno. Per un'antropologia dall'interno occorre vedere con altri occhi e per vedere con altri occhi è necessario acquisire uno sguardo d'altrove. I temi dell'universalismo e della questione dell'altro sono discussi in quest'ottica in “Storia, verità, finzione” (Roma). La meraviglia che connota il tono emotivo della conoscenza filosofica deve passare attraverso lo straniamento: essere straniero a te stesso affinché l'altro non sia straniero a te. L'autonomia può realizzarsi soltanto nella relazione con l'altro e non, come se l'è immaginato il pensiero moderno, recidendo ogni legame per poi andarlo a costituire da padroni. Ma un'antropologia dall'interno è continuamente in tensione con un senso comune che, conservando le verità condivise ovvero i pregiudizi, tende a mostrarle come ovvie, naturali, eterne, uniche, a renderle dunque salde e indiscutibili. Ci si dimentica allora che viviamo in molti mondi, in mondi intermedi (“Mondi intermedi e complessità” -- Pisa), e che siamo capaci, con la coda dell'occhio, di percepire sempre un mondo altro da quello in cui siamo immersi. Perdendo questa percezione perdiamo la nostra capacità di uscire da noi stessi e dunque la facoltà di essere autonomi. L'illusione, attraverso cui ci si approssima alla verità, che è consapevolezza critica di un'illusione stessa (Nietzsche, Pirandello), si trasforma in inganno e in auto-inganno, sulle cui basi si produce il rischio della costituzione delle regole del consenso, in una società libera ma senza autonomia. Un'altra direzione di studi riguarda  le genealogie dell'immagine della finestra e del concetto di illusione nella storia del pensiero occidentale. In quest'ambito di riflessione Iacono realizza Con altri occhi.  Iacono dirige il bimestrale di politica e cultura Il Grandevetro. Ha collaborato per anni al quotidiano il manifesto. Fa parte del Comitato scientifico della Scuola di formazione e ricerca sui conflitti Polemos. Fa parte del comitato scientifico della Fondazione Collegio San Carlo di Modena.  Ha laureato molti studenti al polo universitario universitario penitenziario della casa circondariale Don Bosco di Pisa e tuttora collabora a progetti e iniziative per un'effettiva opera di recupero del detenuto che sconta la pena. Altre opera: L'illusione e il sostituto. Riprodurre, imitare, rappresentare” (Bruno Mondadori, Milano); “Il sogno di una copia. Del doppio, del dubbio, della malinconia” (Guerini Scientifica, Milano); “Storie di mondi intermedi” (Edizioni ETS, Pisa); “Marx. La cooperazione, l'individuo sociale, le merci, Edizioni ETS, Pisa); Filosofia alle elementari”; “Le domande sono ciliegie, Manifestolibri, Roma, Per mari aperti. Viaggi tra filosofia e poesia nelle scuole elementari, Roma); Filosofia alle scuole superiori”; “La giustizia è l'utile del più forte? Incontro con gli studenti del Liceo classico «Empedocle» di Agrigento, Pisa; Ra Racconti L'accelerato, in Favolare Antonia Casini e Giovanni Vannozzi, MdS editore, Pisa,  La scelta, in Gabbie, Michele Bulzomì, Antonia Casini, Giovanni Vannozzi, MdS editore, Pisa  PSYCHOMEDIA JOURNAL OF EUROPEAN PSYCHOANALYSIS. Alfonso Maurizio Iacono. Keyword: feticismo conversazionale. Il Vico di Iacono. Il Pirandello di Iacono. Luigi Speranza, “Grice ed Iacono: l’implicatura dell’intermezzo” – The Swimming-Pool Library.

 

ILLUMINATI. (Roma). Filosofo. Grice: “I like Illuminati, especially his essay on Rousseay, between solipsism and conversation!” -- La città e il desiderio. Viene meno un modo di fare in cui la soggettività potente si appropria il mondo subordinando le altre potenze soggettive e realizza la sua essenza destinale mediante adeguati meccanismi di rappresentazione e manipolazione tecnica. ( 108-109) Come utilizzare regole pubblicamente valide senza colpevolizzare e controllare dall'altro le forme di vita degli uomini è precisamente l'antinomia della cittadinanza. La politicizzazione di sfere inabituali va insieme alla diserzione di istituzioni sclerotiche. Una ricaduta pratica ne è l'integrazione delle strutture rappresentative con nuove lobbies o la richiesta di quote per minoranze Nel lasciar-essere che si contrappone alla tracotanza istituzionale convivono cosi l'ancora-non-rappresentato che cerca lobbisticamente rappresentazione, e rifiuto radicare di rappresentazione. Augusto Illuminati.

 

INCARDONA. (Roma). Filosofo.Grice: “I like Incardona; for one, he gave seminars on ‘la costanza dell’io,’ as I did! Second, he used Greek freely, as I do! Third, he is slightly incomprehensible, as I am SAID to be!” Insegna a Palermo. Studia nel Liceo classico Ruggero Settimo. Direttore del Giornale di Metafisica, fondato da Sciacca. La tematica fondamentale di Incardona è la "filosofia del principio", un percorso nella storia della filosofia sul volto all'interrogazione riguardo al fondamento e all'archè. Le due categorie concettuali attraverso cui legge la storia della filosofia sono l'arcaicità, identificata con Aristotele, e l'arcaismo, identificato con Hegel. Aristotele ed Hegel sono infatti nella filosofia del principio le due porte, l'inizio e la fine, l'elemento e il compimento della filosofia. Il percorso della filosofia e un percorso aporetico, in cui la dialettica assume l'aspetto di un dialogo senza soluzione fra tensione naturale alla conoscenza e fallimento destinale dell'impresa conoscitiva. Ha influenza che nel campo dell'ermeneutica. Il suo contributo determinante è stata la sua riflessione non scettica ma aporetica sull'archè. La questione aristotelica del ‘principio’ (ontologico ed epistemologico, di non contraddizione e teologico come Dio) viene colta ed elevata da questione logica a questione esistenziale. Compagni di strada naturali, sebbene fortemente criticati da Incardona, sono, in questa sorta di teologia negativa, Derrida e Heidegger. In essi è infatti rintracciabile la tematica privativa e mistico-antirazionale del rapporto con l'assoluto. L'unica cosa che si può dire dell'assoluto è che esso non è alla nostra portata, esso nasconde al filosofo il volto come all'esule è nascosta la patria. Sebbene veda nella filosofia post-hegeliana una sorta di "pleonasmo" che non ha più alcuna utilità nella società contemporanea (antifilosofia), sembra che le sue intuizioni più originali e più feconde nascano proprio da una rielaborazione personale delle tematiche ermeneutiche di Heidegger.  Opere: Idealismo della filosofia ed esperienza storica” (L'Epos, Palermo); “Idealismo tedesco e neo-idealismo italiano, L'Epos, Palermo); “Gli inferi del principio. Interrogazione e invocazione” (L'Epos, Palermo); “Karpòs” (L'Epos, Palermo);  “Meditatio in curriculo mortis” (L'Epos, Palermo); “Kéntron, L'Epos, Palermo); "L'inclusione dell’altro. Profilo di Giuseppe Nicolaci", Epekeina. International Journal of Ontology, History and Critics. Nunzio Incardona. Keyword: principio, principio conversazionale, arcaismo, arcaico, arcaita – principium – imperative – Kant – Hegel – Aristotle --.

 

INFANTINO. (Gioia Tauro). Filosofo. Grice: “I like Infantino: for one, he prefaced an essay on ‘the perils of solidarity,’ which is all my conversational pragmatics is about!” Insegna a Roma. La sua filosofia si svolge infatti nel solco tracciato da  Hayek che coniuga le acquisizioni di Mandeville e dei moralisti scozzesi con quelle della Scuola Austriaca di Economia. Cura Menger, Boehm-Bawerk, Mises e Hayek. Pubblica “L’ordine senza piano: le ragioni dell’individualismo metodologico” (Roma, NIS) “Ignoranza e libertà” (Soveria Manneli, Rubbetino); “Individualismo, mercato e storia delle idee”; “Potere. La dimensione politica dell’azione umana” (Soveria Manneli, Rubbettino). Vede nelle conseguenze inintenzionali delle azioni umane intenzionali l’oggetto delle scienze sociali, che vengono in tal modo affrancate da qualsiasi psicologismo. È il tema sollevato da Mandeville e dai moralisti scozzesi, ripreso poi con forza da Menger e Hayek. Non sono le intenzioni dei singoli (o quelli che sono stati infelicemente chiamati “spiriti animali”) a spiegare i fenomeni sociali. Occorre piuttosto individuare le condizioni che rendono possibile o impossibile un dato evento. Tale tradizione di ricerca ha come suo presupposto il riconoscimento dell’ignoranza e della fallibilità umane. Da cui discende l’abbattimento del mito del “Grande Legislatore”, il cui posto viene occupato dal processo sociale, cioè dalla co-operazione volontaria. Questa costituisce un procedimento di esplorazione dell’ignoto e di correzione degli errori. Ed è su tale teoria della società che Infantino si muove per spiegare il fenomeno del potere, da lui studiato come potere infra-sociale, derivante cioè dall’inter-azione, e il potere pubblico, ossia il potere d’intervento dello Stato nella vita sociale. La competizione minimizza il potere infra-sociale, perché non c’è un unico agente che offre o un unico agente che richiede. Il potere pubblico si minimizza o si limita, attribuendo allo Stato un’esclusiva funzione di servizio nei confronti della cooperazione sociale volontaria. Pubblicato “Cercatori di Libertà” (Soveria Mannelli, Rubbettino, ), in cui è ospitato un suo scritto che ha fatto da introduzione a “A proposito di Rousseau”, dedicato da Hume alla rottura dei suoi rapporti con Rousseau. Gli altri saggi della raccolta si occupano di Constant, Mises, Hayek (Luigi Einaudi). Cubeddu e  Reichlin hanno curato “Individuo, liberta, e potere: studi in onore di Infantino” (Rubbettino Editore) di scritti in suo onore, a cui hanno contribuito numerosi studiosi di ispirazione liberale. Altre opera: Sociologia dell'imperialismo: interpretazioni liberali, Milano, FrancoAngeli); “Dall'utopia al totalitarismo: Marx, Dio e l'impossibile, Roma, Borla); “La societa aperta, Roma, Quaderni del Centro di metodologia delle scienze socialiLUISS Guido Carli; “Metodo e mercato, Soveria Mannelli, Rubbettino); “Destra: una parola ormai inutile” Soveria Mannelli, Rubbettino); “Scuola austriaca di economia: album di famiglia , Soveria Mannelli, Rubbettino); “Le ragioni degli sconfitti: nella lotta per la scuola libera, Roma, Armando); “Le scienze sociali” (Soveria Mannelli, Rubbettino); “Individualismo, mercato e storia delle idee, Soveria Mannelli, Rubbettino); “Idee di libertà. Economia, diritto, società” (Soveria Mannelli, Rubbettino); Cercatori di libertà, Soveria Mannelli, Rubbettino); Infrasocial Power. Political Dimensions of Human Action, Palgrave MacMillan, New York, . trad, inglese di Potere: la dimensione politica dell'azione umana, Rubbettino, Soveria Mannelli. Lorenzo Infantino. Keyword: co-operazione. Il diadismo metodologico, diadismo conversazionale. Luigi Speranza, “Grice ed Infantino: il diadismo conversazionale”.

 

IORIO. (Seravezza). Filosofo.  Grice: “The line and the circle is what Chomsky would call a NP, but there’s two books on it by Italian philosophers! Oddly, I visited Sorrento on my way to Greece!” Si laurea a Pisa con Campioni. Studia filosofia antica. Opere: La linea e il circolo” (Genova, Pantograf). Genesi, critica, edizioneD'Iorio e N. Ferrand, Pisa.

 

jadelli: essential Italian philosopher. jadelli (n.), filosofo – but difficult to find!

 

JAJA. (Conversano). Filosofo. Grice: “I like Jaja – of course you cannot understand Jaja unless you understand Fiorentino, Croce, Spaventa and Gentile! The quintessential Italian philosopher!” – Grice: “Jaja is a sensualist, like me.” –Grice: “My favourit essential Italian philosopher. Figlio di Florenzo Jaja (a cui è dedicato l'Ospedale Civile di Conversano). Si trasferì a Napoli, dove studiò sotto la guida di Fiorentino. Si sposta a Bologna, dove si laurea per seguire il suo maestro.  Il suo incontro filosofico principale fu con Spaventa. Col trasferimento di Jaja a Napoli i rapporti con Spaventa divennero regolari. Insegna a Pisa.  Jaja non è stato mai considerato un filosofo particolarmente originale, ma ha avuto il merito storico d'introdurre Gentile allo studio di Spaventa, merito che l'allievo riconoscerà sempre.  Opere: “Origine storica ed esposizione della Critica della ragion pura” “Studio critico sulle categorie e forme dell'essere”; “Dell'apriori nella formazione dell'anima e della coscienza,” “ L'unità sintetica e l'esigenza positivista,” “Sentire e pensare,” “Identita e Semiglianza ed identità”’“ Sentire, pensare, conoscere,” “ L'intuito nella coscienza.” Cesare Preti, Jaja filosofo europeo oltre Gentile, su ricerca.repubblica, . treccani. Jaja: neoidealismo italiano, su orthotes.com.  Jaja, Giovanni Gentile, Memoria su Donato Jaja, su sba.unipi, Bertrando Spaventa Giovanni Gentile Idealismo italiano, Jaja, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. openMLOL, Horizons Unlimited srl. Giovanni Gentile, Memoria su Donato Jaja, su sba.unipi. Donato Jaja. Grice on “Sentire” e Pensare. Rupert Brooke: “I love Grice: “I feel,’ never ‘I think’!” – “If a is a, is a LIKE a” – a knife is not like a knife, but something that is  not a knife can be like a knife.” Implicature!”

 

jammelli – essential Italian philosopher, but difficult to find!

 

JAVELLI. (S. Giorgio di Canavese). Filosofo. Grice: “I love Javelli – he is, like me, an Aristotelian; being a northern Italian, he is a Thomstic Aristotelian, which I’m not sure I am!” Grice: “One good thing about Javelli is that he commented on MOST works by Aristotle!” -- Essential Italian philosopher. Studia a Bologna. Fu esegeta. Argomentò contro Lutero. Opera omnia, stampata a Lione presso gli eredi di Giunta. Partecipò al dibattito sul Tractatus de immortalitate animae di Pomponazzi, di cui scrisse, su richiesta di Pomponazzi stesso una confutazione, che apparve nella riedizione dell'opera. Partecipa al dibattito sul divorzio di Enrico VIII, esponendosi a favore della scelta del sovrano. Michael Tavuzzi,  in "Angelicum", DBI,  62 (2004). Giovanni Crisostomo Javelli, o Iavelli, o Giavelli, da Casale (Monferrato), i. e. S. Giorgio di Canavese.

 

JEROCADES. (Parghelia). Filosofo. Grice: “I would consider Jerocades more of a poet than a philosopher, but then he was a priest and a Mason!” Essential Italian philosopher. Scrisse il saggio “Dell'umano sapere”, di stampo illuministico, che verrà successivamente pubblicato a Napoli, e “La partenza delle Muse”, edito na Messina.  Si trasferì a Napoli. Dietro raccomandazione di Genovesi, col quale era entrato in corrispondenza, venne assunto al "Collegio Tuziano" di Sora come maestro d' “ideologia”. Frequenta gli ambienti massonici. Secondo il clero sorano, tuttavia, quelle opere non si attagliavano ai giovani del collegio, tant'è che prima della rappresentazione di “Il ritorno di Ulisse” -- che conteneva alcuni intermezzi ridicoli e di stampo anticlericale, in particolare il Pulcinella da Quacquero, il vescovo emise un editto di censura: ne seguì un processo per eresia e sedizione, con la reclusione di Jerocades nel carcere vescovile. Scarcerato dopo sette mesi, lasciò Sora per tornare a Napoli, dove divenne popolare come poeta improvvisatore. Fu in Calabria: qui si dedicò alla composizione delle raccolte Quaresimale poetico e La lira focense, testimonianza di un «illuminismo massonico». Insegna a Napoli. Fonda la Società Patriottica Napoletana, coagulo dei principali esponenti del giacobinismo e dell'antigiurisdizionalismo partenopeo (ovvero che miravano a costituire una repubblica), cosa che determinò la sua incarcerazione a Castel dell'Ovo e il processo per apostasia, ma riebbe presto la libertà, avendo deciso di ritrattare. Anche per il conflitto interiore causato da una siffatta scelta, sostenne attivamente le idee rivoluzionarie, che però, in seguito alla breve esperienza della Repubblica Napoletana, gli costarono nuovamente il carcere, e quindi l'esilio a Marsiglia.  Ritornato a Napoli razie all'amnistia prevista dalla pace di Firenze compose l'elogio di suo padre e di suo fratello, motivo che indusse a farlo rinchiudere nel convento dei Liguorini di Tropea. Opere: “Esercizii spirituali in compendio ossia il filosofo in solitudine” Napoli); “Il Paolo, o sia l'umanità liberata poema” (Napoli: presso Giuseppe Maria Porcelli, Inni di Orfeo esposti in versi volgari, Napoli, La gigantomachia, ovvero La disfatta de' giganti, Napoli: La lira focense, Napoli: si vende da Gennaro Fonzo, strada Forcella, Olinto e Sofronia, dedic. Orazione per l'apertura della Scuola di Economia e Commercio, Napoli, Orazione recitata ne' funerali solenni di Marcello Accorinti morto in Messina nel terremoto. Napoli, Phaedrus, Esopo alla moda, ovvero delle fauole di Fedro, Parafrasi Italiana di Antonio Jerocades, In Napoli: presso il Porsile, Quintus Horatius Flaccus, Le odi di Q. Orazio Flacco esposte in versi volgari da Antonio Jerocades, Napoli,  Pindarus, Le odi di Pindaro tradotte ed esposte in versi volgari da Antonio Jerocades, Napoli: presso Nicola Russo, Biografia degli uomini illustri del regno di Napoli, D. Martuscelli, tomo IV, Gervasi, Napoli B. Croce, La rivoluzione napoletana Biografie, storie, racconti, Laterza, Bari  L. Alonzi, Il giacobinismo napoletano, in Idem, Il Vescovo-prefetto. La diocesi di Sora nel periodo napoleonico, Sora, A. Piromalli, Illuminismo massonico, La letteratura calabrese,  I, Pellegrino editore, Cosenza, B. Croce, D. Ambrasi, Il clero a Napoli tra rivoluzione e reazione, in A. CestaroA. Lerra , «Il Mezzogiorno e la Basilicata fra l'età giacobina e il Decennio francese», Atti del Convegno, Maratea, I, Venosa, B. Croce, La rivoluzione napoletana, Biografie, Racconti, Ricerche, Bari, Laterza, 1953. A. Jerocades, Saggio dell'umano sapere, D. Scafoglio, Vibo Valentia, Sistema Bibliotecario Vibonese,A. Jerocades, La lira focenseː Antonio Jerocades, un abate poeta in loggia, A. Piromalli e G. S. Bravetti, Foggia, Bastogi. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Antonio Jerocades. Keywords: ‘repubblica romana” “repubblica partenopea” – Grice on Plato’s Republic.

 

JERVOLINO. (Sorrento). Filosofo.  Grice: “I like Jervolino, but then I like any philosopher of language! He is a Ricoeurian, and I’m a Griceian!”essential Italian philosopher. Allievo di Piovani. Insegna a Napoli. Collabora con diverse riviste specialistiche di filosofia (Filosofia e Teologia, Studium). Esamina aspetti riguardanti a Ricoeur, tra cui:  la ricerca di un filo conduttore unitario all'interno della sterminata ermeneutica (“Il cogito e l'ermeneutica: La questione del soggetto e la inte-azione” (Procaccini, Napoli). Messa in questione del soggetto chomskyano auto-centrato e auto-trasparente.  Ricoeur appare nei suoi studi come caratterizzato dall'attenzione verso le peripezie del Cogito che, ferito e spezzato nella sua autosufficienza, cerca di ritrovare sé stesso attraverso un lavoro ermeneutico. Individua come centrale il paradigma della trans-ductio, trans-implicatura, trans-patia, come modello fondato sulla co-ospitalità conversazionale e la co-apertura all'altro conversazionale. Altre opera:“Il cogitamus e l'ermeneutica. La questione del soggetto e sui interazione” (Procaccini, Napoli); “La filosofia senza assoluto, Athena, Napoli) – cfr. H. P. Grice, “Absolutes” --;  “Logica del concreto, logica dell’abstracto” -- “Eermeneutica della vita morale.” Newman, Blondel, Piovani, Morano, Napoli); “L'amore” (Studium, Roma); “Il segno della prassi. Saggi di ermeneutica, Città del sole, Napoli). Morcelliana, Brescia), “Trans-ductio, trans-implicatura” (Morcelliana, Brescia) Cura: “Ermeneutica ed implicatura” --  Guerini, Milano, La traduzione, la traditio -- etica, Morcelliana, Brescia, “Etica e morale, Morcelliana, Brescia, Ricoeur e la psico-analisi, FrancoAngeli, Milano 2007. Note  Quei ragazzi di nome Fausto Bertinotti Boys -- ArchivioPanorama   Domenico Jervolino. “Two cartesian egos”. “Peripezie conversazionale”. “Peripezia ed implicatura”. “Cogitamus.”

 

JOMMELLI. (Roma). Filosofo. Essential Italian philosopher. Mattei riporta il seguente aneddoto sul suo soggiorno in questa città: Jommelli, andato in visita a padre Martini (già considerato come uno dei più sapienti musicisti d'Italia), si era presentato a lui come allievo, chiedendo di entrare nella sua scuola. Il maestro gli diede un soggetto di fuga che egli trattò con molta abilità. -«Chi siete voi?», chiese Martini, «volete burlarvi di me? Sono io che voglio apprendere da voi!» - «Il mio nome è Jommelli, sono io il maestro che deve scrivere l'opera per il teatro di questa città» - «È un grande onore per questo teatro avere un musicista filosofo come voi, ma vi auguro di non trovarvi in mezzo a gentaglia corruttrice del gusto musicale».

 

JULIA. (Acri). Filosofo. Grice: “Julia was more of a poet than a philosopher; but then for Heidegger, philosophy IS poetry and vice versa!” -- essential Italian philosopher. Figlio di Antonio e da Maria Giuseppa Balsàno. Studia a Cosenza sotto la guida di Focaracci. Direttore del Telesio, periodico. Strinse grande amicizia Padula. Opere: La temperie culturale in ambito locale vedeva la difficoltà della Calabria a integrarsi nella nuova entità politica. Area essenzialmente contadina, la regione aveva una classe dirigente che preferiva assoggettarla al clientelismo e alla sua arretratezza piuttosto che metterla al passo con zone del Paese più avanzate e progredite; perciò il mondo intellettuale d'avanguardia, deluso dalle speranze del 1848 e conscio del sottosviluppo, si volse verso il positivismo e il socialismo.  Julia  visse tra il tardo romanticismo e l'affermarsi delle innovative correnti costituite dal naturalismo e dal verismo, nella scia di Carducci e Verga. Le contraddizioni della sua epoca lo formarono come un intellettuale spiritualista che rifiutava il materialismo e in parte il mondo contemporaneo, e d'altra parte un sostenitore degli ideali socialisti, del riscatto delle masse disagiate e della glorificazione del passato della Calabria a partire dall'assedio degli Aragonesi nel 1462e dei suoi conterranei coevi illustri, fra i quali Biagio Miraglia, VPadula, Quattromani, Tocco, oltre a Campanella. Accostatosi in un primo tempo al misticismo di Gioberti, si convertì al verismo, alla ricerca del pragmatismo e di un modello di poesia di alto civismo che lo stesso Julia proclama nei suoi Sonetti e liriche. Parte dai miti popolari e dalle ballate della tradizione romantica per marcare orgogliosamente la storia della sua terra.  Considerato il padre della letteratura calabrese, si interessò alle origini della cultura letteraria della regione analizzando anche alcune opere a lui precedenti. Il suo impegno regionalistico si concretizzò in uno studio su Selvaggi, nel quale si individuava un collegamento fra Galeazzo di Tarsia e le produzioni romantiche dell'Ottocento. Vi fu poi un saggio su Padula e un esame delle liriche riferibili all'Accademia Cosentina.  Lo scrittore calabrese seppe però spaziare oltre i confini delle sue terre, fino a richiamare Milton nel suo scritto dedicato a Padula. Oltre a uno studio su Monti, produsse dei lavori anche su Mazzini, Poerio, Correnti, legati dall'attenzione alle tematiche relative al Risorgimento e perciò in convergenza con il proprio pensiero, che dal punto di vista della poetica si richiama ai modelli che il letterato individua in Leopardi, Berchet e Giusti, oltre che in Prati. Antonio Piromalli, La letteratura calabrese,  Luigi Pellegrini Editore, Cosenza, Monografia su calabriaonline, su calabriaonline.com. Digital Storytelling su Vincenzo Julia a cura degli studenti del Liceo V. Julia di Acri, CS.  Vincenzo Julia.

 

JUVALTA. (Chiavenna). Filosofo.  Grice: “At Harvard, I said I was ‘enough of a rationalist,’ but perhaps Juvalta would say that wasn’t enough!” – Grice: “Juvalta has explored the limits of rationalism, in connection with value and reason: if value is irrational, how can co-operation be rational in terms of an accord to follow conversational maxims?” essential Italian philosopher. Juvalta (n.), filosofo --  «Ogni sforzo di derivare una valutazione morale da qualche cosa di cui non sia già riconosciuto il valore morale è dunque vano e illusorio. O non dà quel che si cerca, o presuppone quel che si pretende di fondare.» I genitori erano il barone Corrado Juvalta, cancelliere della locale pretura originario di Villa di Tirano, e Teresa Zanetti di Tirano. Dopo gli studi liceali trascorsi tra Como e Sondrio, si iscrisse a Pavia dove si laureò con una tesi su Spinoza, sotto la guida di Cantoni. Successivamente insegna a Caltanissetta, Potenza, Spoleto. Vinse il concorso per la cattedra di filosofia a Torino. Le tematiche accademiche prevalentemente trattate riguardarono soprattutto i valori di “libertà” e di “giustizia” con ampie riflessioni etiche. Convinto della loro generalità e universalità, arriva ad auspicarne una loro applicazione anche nello studio delle categorie politiche ed economiche. La filosofia di  Juvalta è una profonda riflessione sull'etica portata avanti con il metodo dell'analisi. Anche se, come risulta dalla sua , non troviamo nei suoi scritti importanti contributi sul piano gnoseologico ed epistemologico, dal momento che il suo principale campo d'indagine fu prevalentemente il Sistema morale, possiamo affermare senza dubbio che sia il kantismo che il Positivismo costituirono il nucleo di fondo della sua posizione, da cui sviluppò la sua impostazione metodologica.  Il positivismo, in particolare, è stato il primo grande sistema filosofico con cui si è misurato nella prima fase della sua elaborazione concettuale. Tuttavia Juvalta sarà costretto a prendere presto le distanze da una siffatta visione della morale. I motivi di questa rottura sono da imputare principalmente al suo fermo rifiuto di accogliere come sostenibile la pretesa positivistica di fondare l'etica sulla scienza. Il giudizio con il quale si afferma il valore di un oggetto è diverso e non deducibile dal giudizio col quale ne afferma l'esistenza o la possibilità o la connessione modale o condizionale con altri soggetti. Apprendere come le cose sono, è tutt'altra cosa dal valutarle. Dal momento che l’etica si concreta nella costruzione di una teoria ed in particolare di un sistema coerente di valori morali, il giudizio che sta alla base di una qualsivoglia teoria etica deve configurarsi come “un giudizio originario” che ha una natura eminentemente etica, quindi non scientifica né tantomeno metafisica. Se però una etica scientifica appare insostenibile per il motivo dell'indebita derivazione di un giudizio di valore, di natura morale, dal giudizio ‘aletico,’ di natura fattuale, è indubbio che la costruzione di un sistema morale debba essere condotta con criteri di scientificità. Nella misura in cui ogni teoria si basa su criteri logico-deduttivi e viene definita dalle relazioni logiche che intrattengono in essa i propri elementi costitutivi, così anche la costruzione di un sistema etico deve seguire la stessa metodologia e mostrare possibilmente l'identica costruzione formale. Questo sistema di valori ha l'obbligo di mantenere al loro interno un imprescindibile grado di coerenza, se vogliono risultare sostenibili ed essere così accettati dalla ragione (pratica). Quando parla di ‘teoria’ dell’etica lo fa proprio pensando a questo carattere logico-deduttivo dei valori all'interno di un sistema. In particolare vede garantita la coerenza di un sistema morale nella misura in cui un coerente insieme di valori viene rigorosamente derivato (volitativamente) da un postulato, imperativo categorica, o assioma, di valore morale capace di fungere da premessa all'intero sistema (allora come insieme di massime universalisabili). Una volta prese le distanze dai positivisti, si avvicina successivamente al Kantismo; in particolare accoglierà, anche se con alcune riserve, molte delle posizioni assunte dal cosiddetto Neokantismo, il movimento di pensiero che ha come obiettivo la ri-valutazione piena del filosofo di Konisberg riadattando i contenuti del suo pensiero ad esigenze e problematiche tipiche della contemporaneità. Vede in Kant il più grande filosofo della modernità, colui che meglio di qualsiasi altro pensatore ha saputo cogliere il vero senso dell'autonomia della morale, svincolando per sempre l'etica dai saperi di natura conoscitiva (aletica, pura, o giudicativa), i quali, proprio in quanto si rivolgono all'ambito del fenomeno, non riescono a coglier interamente tutto ciò che ha a che fare con la sfera dei valori (come per esempio la scienza e in generale l'ambito teoretico). L'indipendenza e l'indeducibilità del valore morale da qualsiasi speculazione teoretica fu, come tutti sanno, riconosciuta e affermata, nella forma più esplicita e con grandissimo vigore dal Kant. Kant ha il grande merito di consegnare alla morale uno speciale statuto di autonomia e di indipendenza. La morale esprime questo suo carattere di autonomia e di “auto-assiomaticità” per poter continuare ad essere coerente e allo stesso tempo attendibile sotto il profilo puramente teorico. Abbracciare l'idea di autonomia della morale significa accettare una visione anti-fondazionalista dell'etica. L’etica non può prendere le mosse che da se stessa. Ogni tentativo di fondare l’etica su ambiti del sapere diversi da quello morale, finisce con il configurarsi come un'indebita pretesa di intromissione da parte di chi si illude di derivare un contenuto del valore morale da una premessa fattuale o metafisica o estetica. Alla base di un sistema coerente del valore morale, cioè un sistema morale costruito deduttivamente, deve esserci un postulato originario (assioma o imperative categorico) di natura etica e non di natura aletica o peggio ancora metafisica, e questo per questioni eminentemente logico-analitiche, che impongono ad ogni sistema coerente di evitare la fallacia logica della petitio principii, cioè l'errore di voler caparbiamente dimostrare ciò che invece abbiamo già implicitamente accettato nelle premesse.  Una volta riconosciuto il contenuto di quel postulato morale e pensato come un valore che può essere vissuto ed accettato da un soggetto agente e concreto, allora si creano i presupposti di base perché una coscienza riconosca in esso un'intrinseca validità, che trova una sua precisa giustificazione solo a partire dalla sua intima natura assiologica. È proprio questo suo riferimento al contenuto del valore morale che lo costringe a rivedere i limiti di una filosofia morale incardinata su binari formalistici e a non accettare tout court la filosofia morale di Kant.  L'ambito della giustificazione e l'ambito esecutivo. Assumere come principi della ricerca etica l'autonomia, l'antifondazionalismo, l'antiformalismo porta  Juvalta a distinguere l'ambito della giustificazione, cioè il momento riflessivo che ci vede impegla ricerca di ragioni che possano difendere razionalmente la scelta di un fine e di un valore morale, dall'ambito esecutivo che invece coinvolge il momento motivazionale dell'azione ed è fortemente condizionato da elementi contingenti legati al momento storico, inter-soggetivo, e culturale nel quale il soggeto si trova ad agire. Con un atteggiamento tipicamente moderno difende la possibilità dell'esistenza di una pluralità di fini morali sia sul piano teorico che pratico, e con la stessa energia cerca di trovare una soluzione per definire le precondizioni teoriche che rendano possibile una compatibilità tra i diversi valori.  La modernità define un passaggio epocale e pieno di tensione nel campo della filosofia morale ed ha segnato il tramonto di un'unica, grande e coerente visione dell'etica. Con l'avvento dell'epoca moderna si è fatta strada l'idea del tutto legittima dell'accettazione di differenti sistemi di valori e di diverse visioni del mondo, i quali trovano, da questo momento, una loro precisa dignità e legittimità in virtù delle ragioni che le diverse dottrine filosofiche hanno saputo elaborare in favore della loro sostenibilità. Invita a prendere coscienza di questo cambiamento di prospettiva e a considerarlo, asetticamente, come un passaggio dal vecchio problema della morale, in cui il fine principale era la ricerca di una fondazione dell'etica e di una giustificazione dell'esigenza del bisogno di moralità all'interno di ogni coscienza, al nuovo problema della morale riassumibile nella domanda; come possiamo decidere i beni e i valori desiderabili in sé una volta che abbiamo accertato l'esistenza di una pluralità dei postulati di valutazione morale?  La scelta del fine supremo e i limiti del razionalismo etico Juvalta vede nel momento della determinazione della scelta del fine supremo, il cui contenuto costituisce la base per il postulato di valore primario, il principale limite del razionalismo etico. La razionalità può solamente giustificare, cioè portare ragionamenti a favore di una tesi, o stabilire relazioni e deduzioni tra elementi di un sistema, in questo caso valori, che sono legati dalla loro stessa natura; ma essa non può imporre i fini. La razionalità accetta, per così dire, il giudizio di valore morale come un dato, ma non lo può stabilire lei in via preliminare perché nel campo etico la razionalità non riesce a cogliere interamente la natura dei nostri giudizi di valore. La ragione dei mezzi per quanto si faccia non dà valori; la ragione esige la coerenza; teorica: dei giudizi fra di loro e con i principi e i dati su cui si fondano; pratica: delle valutazioni derivate e mediate con le valutazioni direttamente o postulate, e delle azioni con le valutazioni. Le valutazioni sono, come espressioni di una esperienza interiore sui generis, valide di per sé…”  I valori ultimi di Libertà e Giustizia Tuttavia il messaggio di Juvalta contiene anche un aspetto propositivo, non secondario. Anche se esiste una pluralità di valori che la coscienza può scegliere come fini, i quali si costituiscono come le linee guida della nostra condotta individuale, una volta adottato il criterio razionale di ‘universalizzazione’ del valore è possibile intuire che le scelte si riducono rispetto a quelle che la ragione può immaginare come possibili e, soprattutto, viene meno la completa arbitrarietà della scelta originaria. E convinto che due valori su tutti debbano essere visti come i fini supremi su cui improntare la nostra vita e organizzare le nostre società, vale a dire, primo, il valore morale della libertà; secondo il valore morale della giustizia. Libertà e giustizia costituiscono le pre-condizioni della vita morale e gli unici due valori morali, tra quelli possibili, che risultano “universalizzabili”. Essi sono le sole precondizioni che permettono ad ogni essere umano di realizzare il proprio fine e di raggiungere i propri beni (valori), in vista di una totale e piena realizzazione della natura umana, senza limitare la ricerca della moralità dell’altro. Libertà e giustizia rappresentano per così dire i cardini di ogni sistema morale con i quali poter impostare se non un vero e proprio ripensamento di ogni pratica umana almeno una profonda critica ai modelli di società dominanti quali l'individualismo liberale, l'autoritarismo o la proposta socialista. La libertà esprime l'esigenza delle condizioni inter-soggettive necessarie a fare dell'uomo una persona padrona di sé di fronte a sé e di fronte ad ogni altro. La giustizia esprime l'esigenza delle condizioni inter-soggetive necessarie all'esercizio universalmente efficace di questa libertà. Non fu un pensatore sistematico e non cercò mai di definire un sistema filosofico che rendesse ragione dell'organicità del suo pensiero. E sostanzialmente contrario a ingabbiare la riflessione filosofica in grandi narrazioni o in arbitrari sistemi, dal momento che era fermamente convinto che il pensiero soprattutto etico sfuggisse per così dire all'idea di sistematicità e organicità che aveva così profondamente caratterizzato la maggior parte del lavoro filosofico ottocentesco.  D'altra parte questo non significa che non esiste un'evoluzione all'interno della sua riflessione, o che la sua proposta nel campo della filosofia morale non trovi una sua coerenza e una struttura di fondo ben definita. Opere: “I due limiti del razionalismo etico: liberta e giustizia” (Einuadi, Torino). Contiene:“ Prolegomeni a una morale distinta dalla filosofia,” Tip. Bizzoni, Pavia, “Le dottrine delle due etiche” in «Rivista filosofica», Per una scienza normativa morale, in «Rivista filosofica»,  Il fondamento intrinseco del diritto” Su i limiti della morale,Bocca, Torino, Il metodo dell'economia pura nell'etica, in «Rivista filosofica», Postulati etici e postulati metafisici, in «Rivista di filosofia», “Postulati etici e imperativo categorico,” «Atti IV congresso internazionale di filosofia» (Bologna)  III, Formiggini, Genova. Su la pluralità dei postulati di valutazione morale, in «Atti del IV congresso della società filosofica» (Genova), Formiggini, Genova, Il vecchio e il nuovo problema della morale, Zanichelli, Bologna. In cerca di chiarezza. Questioni di morale. I. I limiti del razionalismo etico, Lattes, Torino, Per uno studio dei conflitti morali, in «Rivista di filosofia», Osservazioni sulla dottrina morale di Spinoza, in «Rivista di filosofia»,Scritti su Erminio Juvalta D. Basciani, Juvalta e l'etica della giustizia, Desclèe, Roma, F. Picardi, Morale e filosofia della morale in Juvalta, (pubblicazioni dell'istituto di filosofia. Genova), Marzorati, Milano Maurizio Viroli, L'etica laica do Juvalta, Franco Angeli, Milano. Juvalta,  «Rivista di storia della filosofia»,  Franco Angeli, Milano, PDizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani, Guido Scaramellini, Chiavennaschi nella Storia, Chiavenna, Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Erminio Juvalta, su Liber Liber.  openMLOL, Horizons Unlimited Erminio Volfango Francesco Juvalta. Herren von Juvalt – Grice: “Unlike me, Juvalta is a baron, from the ‘grigioni’ – i. e. the grey league – because of the grey wool they wore --. ‘grissone,’ as in my surname, so in a way we ARE related!” ” Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Juvalta on the categorical imperative,” The Swimming-Pool Library, Villa Grice.

 

LABRIOLA. (Cassino). Filosofo. Grice: “Labriola is good; he reminds me of pinko Oxford!” -- Essential Italian philosopher -- Con particolari interessi nel campo del marxismo. Nacque da Francesco Saverio, insegnante ginnasiale di lettere, e da Francesca Ponari. Il padre, oriundo di Brienza, era nipote diretto di Pagano.  Si iscrisse alla facoltà di filosofia di Napoli, città nella quale la famiglia si era trasferita. Qui studia con Vera e Spaventa, il cui appoggio gli procura un posto di applicato di pubblica sicurezza nella segreteria del prefetto. Scrive Una risposta alla prolusione di Zeller, un'opera in cui osteggia il neokantismo contro ogni ipotesi di un ritorno a Kant. Rivendica l'attualità dell'hegelismo. Conseguì il diploma di abilitazione e insegnò nel ginnasio Principe Umberto di Napoli. Il suo saggio, premiato dall'Napoli, sull'”Origine e natura delle passioni”: una significativa presa di distanze dall'idealismo in favore del materialismo.  Scrive “La dottrina di Socrate secondo Senofonte, Platone ed Aristotele”,  premiata dalla Reale Accademia di Scienze morali e politiche di Napoli. Consegue la libera docenza in filosofia della storia e si mette in aspettativa in attesa di ottenere un incarico nell'Università; scrive la dissertazione “Esposizione critica della dottrina di G. B. Vico” e collabora con il giornale svizzero "Basler Nachrichten", al quale invia corrispondenze politiche, al quotidiano napoletano "Il Piccolo", fondato e diretto da Rocco De Zerbi, futuro deputato e leader dell'Unione liberale, un gruppo politico al quale Labriola aderisce. Entra anche nella redazione della "Gazzetta di Napoli" e, nel febbraio 1872, in quella de L'Unità Nazionale, diretta da Ruggiero Bonghi, al Monitore di Bologna e alla Nazione di Firenze, nella quale escono nell'estate del 1872 le sue dieci Lettere napoletane. Nel 1873 si dichiara herbartiano in psicologia e in morale, pubblicando a Napoli i saggi Della libertà morale, dedicata ad Arturo Graf e Morale e religione.  Trasferitosi nel 1873 a Roma, ove muore di difterite il figlio Michelangelo, supera nel 1874 il concorso alla cattedra di filosofia e pedagogia all'Roma. Nel 1876 pubblicò il saggio Dell'insegnamento della storia e l'anno dopo è direttore del Museo di istruzione e di educazione: sono anni in cui Labriola mostra un particolare impegno verso il miglioramento del livello professionale degli insegnanti e la diffusione dell'istruzione di base della popolazione, inteso come primo passo per una maggiore democrazia del paese. A questo scopo s'informa sugli ordinamenti scolastici dei paesi europei: nel 1880 pubblica gli Appunti sull'insegnamento secondario privato in altri Stati e nel 1881 l'Ordinamento della scuola popolare in diversi paesi. Contemporaneamente Labriola abbandona le convinzioni politiche di moderato liberalismo per approdare a posizioni radicali: oltre alla lotta all'analfabetismo, auspica l'intervento dello Stato nell'economia, una politica sociale di assistenza ai poveri, il suffragio universale che permetta anche a candidati operai l'ingresso al Parlamento.  Nel 1887 ottiene la cattedra di filosofia della storia all'Roma e inizia un corso di storia del socialismo. A seguito di notizie che danno imminente la stipula del Concordato con il Vaticano, Labriola tiene all'Università la conferenza Della Chiesa e dello Stato a proposito della conciliazione, considerando una minaccia per la libertà di pensiero ogni accordo con la Chiesa, temendone l'ingerenza nella vita pubblica italiana; il 18 novembre 1887 il quotidiano romano La Tribuna pubblica una sua lettera in cui, tra l'altro, scrive di essere «teoricamente socialista ed avversario esplicito delle dottrine cattoliche» e il 22 gennaio 1888, nella conferenza Della scuola popolare, auspica l'abolizione dell'insegnamento religioso.  Il 2 marzo 1888, sul giornale Il Messaggero, depreca l'uso della forza pubblica contro le manifestazioni; il 16 dicembre tiene agli operai di Terni un discorso su Le idee della democrazia e le presenti condizioni dell'Italia, in cui afferma di impegnarsi personalmente in politica e dichiara di desiderare un «governo del popolo mediante il popolo stesso» e la formazione di un grande partito popolare. Il 2 maggio 1890 scrive che «I parlamenti, come forma transitoria della vita democratica d'origine borghese, spariranno col trionfo del proletario» e il 20 giugno tiene nel Circolo operaio romano di studi sociali il discorso Del socialismo commemorando la Comune di Parigi.  Nell'ottobre Labriola saluta il congresso della socialdemocrazia tedesca a Halle scrivendo che «Il proletariato militante procederà sicuro sulla via che mena diritto alla socializzazione dei mezzi di produzione ed l'abolizione del presente sistema di salariato, fidando solo nei suoi propri mezzi e nelle sue proprie forze».  Nel 1890 entra in rapporto epistolare con Engels, che conoscerà nel 1893 a Zurigo, e con i maggiori dirigenti socialisti europei, Kautsky, Liebknecht, Bebel, Lafargue, mentre rimprovera a Filippo Turati, il più prestigioso leader socialista italiano e direttore della rivista Critica sociale, superficialità teorica e arrendevolezza nei confronti degli avversari politici. Vuole che il Partito socialista, che deve nascere ufficialmente con il Congresso di Genova del 14 agosto 1892, sia un partito di operai e non di intellettuali positivisti borghesi. Vede nei Fasci siciliani un concreto esempio di socialismo popolare e rivoluzionario e lamenta che il marxismo non riesca a essere compreso in Italia.  Nell'anno accademico 1890-1891 fa lezione sul Manifesto di Marx ed Engels e scrive a quest'ultimo, nel gennaio del 1893, di star facendo un nuovo corso «su la genesi del socialismo moderno» ma di non riuscire a risolversi a scriverne un saggio per l'ignoranza su tanti «fatti, persone, teorie, etc, che sono tante fasi, tanti momenti né sentiti né conosciuti in Italia», come ribadisce il 7 maggio a Victor Adler che «il marxismo non piglia piede in Italia».  Su sollecitazione del Sorel, scrive In memoria del Manifesto dei comunisti, il primo dei suoi saggi sulla concezione materialistica della storia, terminato il 7 aprile 1895, che esce in francese sulla rivista del Sorel, Le Devenir social; lo spedisce a Engels in luglio, ricevendone le lodi. Anche il giovane Croceche ne promuove la stampa in Italiane è influenzato tanto da attraversare il suo pur breve periodo di adesione al marxismo. Nei due anni successivi Labriola scrive altri due saggi, Del materialismo storico, dilucidazione preliminare e Discorrendo di socialismo e di filosofia.  È sepolto presso il cimitero acattolico di Roma. Schematicamente, possiamo suddividere il percorso filosofico e politico di Labriola in tre diversi momenti: innanzitutto fu propugnatore dell'idealismo hegeliano (influenzato da Bertrando Spaventa, del quale fu allievo a Napoli); successivamente, possiamo distinguere una fase contrassegnata dal rifiuto dell'idealismo in nome del realismo herbartiano, ed infine, il momento della maturità, in cui aderisce pienamente al marxismo.  L'approccio di Labriola al marxismo è influenzato da Hegel e Herbart, per cui è più aperto dell'approccio di marxisti ortodossi come Karl Kautsky. Egli vide il marxismo non come una schematizzazione ideologica ed autonoma dalla storia, ma piuttosto come una filosofia autosufficiente per capire la struttura economica della società e le conseguenti relazioni umane. Era necessario aderire alla realtà sociale del proprio tempo storico se il marxismo voleva considerare la complessità dei processi sociali e la varietà di forze operanti nella storia. Il marxismo doveva essere inteso come una teoria ‘critica', nel senso che esso non asserisce verità eterne ed immutabili ed è pronto ad interpretare le contraddizioni sociali secondo le diverse fasi storiche, avendo al centro della sua analisi il lavoro e le condizioni dei lavoratori e dunque la concreta e materiale "prassi" umana. La sua descrizione del marxismo come "filosofia della prassi" verrà ripresa nei Quaderni dal carcere di Gramsci.  In pedagogia Labriola avvertì l'esigenza collettiva dei tempi nuovi, il bisogno di una scuola popolare che servisse da reale tessuto connettivo dell'Italia post-unitaria, una lotta dunque per la civiltà, mezzo e fine dell'evoluzione morale (e complessiva) delle classi subalterne.  Nella monografia Dell'insegnamento della storia, del 1876, dedicata alle più importanti questioni della pedagogia generale, Labriola aveva asserito la centralità dell'educazione alla socialità: il metodo pedagogico doveva essere quello della ricerca critica e di dibattito e di sperimentazione, unica via capace di condurre alla padronanza del pensiero logico-razionale e in grado di formare personalità aperte alla ricerca e al confronto (non a caso i primi studi di Labriola erano stati rivolti a Socrate e al metodo socratico). Traducendo in un linguaggio pedagogico moderno, per Labriola era necessaria un'attenzione maggiore ai prerequisiti logici piuttosto che alla struttura interna disciplinare, che comunque va indagata attraverso quella che egli chiama un'epigenesi analitica.  Celebre fu una sua conferenza tenuta nell'Aula Magna dell'Roma,  discorso sollecitato dalla stessa Società degli Insegnanti della capitale, che poi ne curò la pubblicazione in opuscolo.  Era necessario dare concretezza a piani di istituzioni scolastiche entro le quali le didattiche si sviluppassero non da una deduzione della teoria, ma come risultato di lotte politiche, di ideali sociali, di tradizioni storiche, di condizioni ambientali. Per Labriola proprio l'azione dell'ambiente storico sociale sugli uomini e la loro reazione ad esso costituiscono il tema dell'educazione. Per cui « le idee non cascano dal cielo ». Il metodo deve partire dalla prassi, dalla pratica e non dalle idee, dai principi astratti.  Il nucleo essenziale della pedagogia della « prassi » sta nella percezione della connessione dell'opera educativa con le condizioni dello sviluppo economico-sociale.  Trockij conobbe «con entusiasmo» l'opera di Labriola nel 1898, quand'era detenuto nel carcere di Odessa. Egli scrive nelle sue memorie che «come pochi scrittori latini, Labriola possedeva la dialettica materialistica, se non nella politica, dov'era impacciato, certo nel campo della filosofia della storia. Sotto quel dilettantismo brillante c'era vera profondità. Labriola liquida egregiamente la teoria dei fattori molteplici che popolano l'olimpo della storia guidando di lassù i nostri destini». Trockij aggiunge che dopo 30 anni continuava a rimanergli in mente «il ritornello Le idee non cascano dal cielo». Opere Una risposta alla prolusione di Zeller, Origine e natura delle passioni secondo l’Etica di Spinoza, La dottrina di Socrate secondo Senofonte, Platone ed Aristotele, Napoli, Stamperia della Regia Università,  Della libertà morale, Napoli, Tipografia Ferrante-Strada, Morale e religione, Napoli, Tipografia Ferrante, 1873. Dell'insegnamento della storia. Studio pedagogico, Roma, Loescher, L'ordinamento della scuola popolare in diversi paesi. Note, Roma, Tip. eredi Botta,  I problemi della filosofia della storia. Prelezione letta nella Roma il 28 febbraio 1887, Roma, Loescher, 1Della scuola popolare. Conferenza tenuta nell'aula magna della Università, Roma, Fratelli Centenari, Al comitato per la commemorazione di G. Bruno in Pisa. Lettera, Roma, Aldina,Del socialismo. Conferenza, Roma, Perino, Proletariato e radicali. Lettera ad Ettore Socci a proposito del Congresso democratico, Roma, La cooperativa,  Saggi intorno alla concezione materialistica della storia I, In memoria del manifesto dei comunisti, Roma, Loescher, Del materialismo storico. Dilucidazione preliminare, Roma, Loescher, Discorrendo di socialismo e di filosofia. Lettere a G. Sorel, Roma, Loescher, B. Croce, Bari, Laterza,  Da un secolo all'altro. Considerazioni retrospettive e presagi, Bologna, Cappelli, L'università e la libertà della scienza, Napoli, Tipi Veraldi, A proposito della crisi del marxismo, in "Rivista italiana di sociologia", Scritti varii editi e inediti di filosofia e politica, raccolti e pubblicati da Benedetto Croce, Bari, Laterza, 1906. Socrate, Benedetto Croce, Bari, Laterza, La concezione materialistica della storia, con un'aggiunta di B. Croce sulla critica del marxismo in Italia, Bari, Laterza, re prelezioni sulla storia e il materialismo storico; In memoria del Manifesto dei comunisti, Brescia, Studio Editoriale Vivi, Lettere a Engels, Roma, Rinascita, Democrazia e socialismo in Italia, Milano, Cooperativa del libro popolare, Opere, Luigi Dal Pane, I, Scritti e appunti su Zeller e su Spinoza, Milano, Feltrinelli, La dottrina di Socrate secondo Senofonte, Platone ed Aristotele, Milano, Feltrinelli, Ricerche sul problema della libertà e altri scritti di filosofia, Milano, Feltrinelli, Scritti di pedagogia e di politica scolastica, Dina Bertoni Jovine, Roma, Editori Riuniti, Saggi sul materialismo storico, Valentino Gerratana e Augusto Guerra, Roma, Editori Riuniti, introduzione e cura di Antonio A. Santucci, Il materialismo storico, antologia sistematica Carlo Poni, Firenze, Le Monnier, 1968. Pedagogia e società. Antologia degli scritti educativi, scelta e introduzioni di Demiro Marchi, Firenze, La nuova Italia, 1970. Scritti politici. Valentino Gerratana, Bari, Laterza, Opere, Franco Sbarberi, Napoli, Rossi, Scritti filosofici e politici, Franco Sbarberi, Torino, Einaudi, Lettere a Benedetto Croce. Napoli, Istituto italiano per gli studi storici, Dal secolo XIX al secolo XX. Dall'era della concorrenza al monopolio. Nascita e lotte del socialismo. IV saggio, incompiuto, della concezione materialistica della storia, Lecce, Milella, Scritti liberali, Bari, De Donato, Scritti pedagogici, Nicola Siciliani De Cumis, Torino, UTET, Epistolario Roma, Editori Riuniti, Roma, Editori Riuniti, Roma, Editori Riuniti,  Lettere inedite. Roma, Istituto storico italiano per l'età moderna e contemporanea, La politica italiana Corrispondenze alle “Basler Nachrichten”, a cura e con introduzione di Stefano Miccolis, Napoli, Bibliopolis, Del materialismo storico e altri scritti, Milano, M&B Publishing, Del socialismo e altri scritti politici, Milano, UNICOPLI, Giordano Bruno. Scritti editi e inediti Napoli, Bibliopolis, Fra Dolcino, Pisa, Edizioni della Normale, .  Tutti gli scritti filosofici e di teoria dell'educazione, Milano, Bompiani Il pensiero occidentale, . Edizione nazionale La casa editrice Bibliopolis ha in corso di pubblicazione l'edizione nazionale delle opere di Antonio Labriola, istituita con decreto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Tra Hegel e Spinoza. Scritti, A.Savorelli e A. Zanardo, Bibliopolis, I problemi della filosofia della storia e recensioni G. Cacciatore e M. Martirano, Bibliopolis, Da un secolo all'altro. Stefano Miccolis e Alessandro Savorelli, Bibliopolis, . Copia archiviata , su archividifamiglia-sapienza.beniculturali. 3 settembre  21 settembre ).  L. Trotzkij, La mia vita,Carlo Fiorilli, Antonio Labriola. Ricordi di giovinezza, in «Nuova Antologia», Giuseppe Berti, Per uno studio della vita e del pensiero di Antonio Labriola, Roma, Ernesto Ragionieri, Socialdemocrazia tedesca e socialisti italiani: Milano, Luigi Cortesi, La costituzione del Partito socialista italiano, Milano, Sergio Neri, Antonio Labriola educatore e pedagogista, Modena, 1968. Luigi Dal Pane, Antonio Labriola, la vita e il pensiero, Bologna, 1968. Demiro Marchi, La pedagogia di Antonio Labriola, Firenze, Luigi Dal Pane, Antonio Labriola nella politica e nella cultura italiana, Torino, Stefano Poggi, Antonio Labriola. Herbartismo e scienze dello spirito alle origini del marxismo italiano, Milano, Giuseppe Trebisacce, Marxismo e educazione in Antonio Labriola, Roma, Filippo Turati, Socialismo e riformismo nella storia d'Italia. Scritti politici, Milano, 1979. Nicola Siciliani de Cumis, Scritti liberali, Bari, Stefano Poggi, Introduzione a Labriola, Roma-Bari, Beatrice Centi, Antonio Labriola. Dalla filosofia di Herbart al materialismo storico, Bari, 1984. Franco Livorsi, Turati. Cinquant'anni di socialismo italiano, Milano, Franco Sbarberi, Ordinamento politico e società nel marxismo di Antonio Labriola, Milano, Antonio Areddu, Sulle lettere di Antonio Labriola a Benedetto Croce, Firenze, Renzo Martinelli, Antonio Labriola, Roma, Antonio Areddu, A. Labriola e B. Croce nelle vicende del marxismo teorico italiano, in “Behemoth”,Antonio Areddu, A. Labriola e B. Croce nelle vicende del marxismo teorico italiano, in “Behemoth”, X, Luca Michelini, "Antonio Labriola e la scienza economica. Marxismo e marginalismo", in "Marginalismo e socialismo nell'Italia liberale  M. Guidi e L. Michelini, Annali della Fondazione Feltrinelli, Milano, Alberto Burgio, Antonio Labriola nella storia e nella cultura della nuova Italia, Macerata, Antonio Areddu, Il pensiero di A. Labriola, "Il Cronista", Antonio Labriola e la sua Università. Mostra documentaria per i Settecento anni della “Sapienza” A cento anni dalla morte di Antonio Labriola, Nicola Siciliani de Cumis, Roma, 2005. Nicola D'Antuono, Saggio introduttivo e commento a A. Labriola, Discorrendo di socialismo e filosofia, Bologna, Nicola Siciliani de Cumis , Antonio Labriola e «La Sapienza». Tra testi, contesti, pretesti 2005–2006, con la collaborazione di A. Sanzo e D. Scalzo, Roma, 2007. Stefano Miccolis, Antonio Labriola. Saggi per una biografia politica, Alessandro Savorelli e Stefania Miccolis, Milano, . Nicola Siciliani de Cumis, Labriola dopo Labriola. Tra nuove carte d'archivio, ricerche, didattica, Postfazione di G. Mastroianni, Pisa, . Alessandro Sanzo, Studi su Antonio Labriola e il Museo d'Istruzione e di educazione, Roma, ,  Alessandro Sanzo, L'opera pedagogico-museale di Antonio Labriola. Carte d'archivio e prospettive euristiche, Roma, Pietro Mandré. Antonio Labriola, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Antonio Labriola, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Antonio Labriola, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Antonio Labriola, su Liber Liber.  Opere di Antonio Labriola, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Antonio Labriola, . Opere di Antonio Labriola, su Progetto Gutenberg.  L'Archivio Antonio Labriola, su marxists.org. Alberto Burgio, Antonio Labriola, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Roma. Antonio Labriola. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Labriola," “Grice e il Vico di Labriola” per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

LAGALLA. (Padula). Filosofo. Grice: “I love Lagalla: the fact that he was an Aristotelian when everybody in Florence was a Platonist!” -- Giulio Cesare Lagalla (Padula), filosofo. Figlio di Roberto, alto funzionario della burocrazia vicereale, e Vittoria Rosa. Studia filosofia. Ancora bambino, perdette i genitori e fu affidato con i fratelli alla tutela di uno zio paterno, Girolamo Lagalla, che lo avviò agli studi di filosofia. Volle trasferirsi a Napoli per proseguire nella sua formazione. Si iscrisse ai corsi di filosofia dello Studio ed ebbe come maestri G. Stillabota, F.A. Vivoli e B. Longo. Affidato dal Collegio degli archiatri a G. Provenzale e G. Caro per un periodo di tirocinio, sembra vi si fosse condotto con una tale competenza da meritare, nel 1589, i gradi accademici "nulla pecuniarum solutione". Nello stesso anno, grazie a Longo, divenne l'ufficiale sanitario di una squadra navale pontificia di stanza a Napoli, con la quale si diresse verso le coste laziali, per giungere poi a Roma.  A Roma avrebbe conseguito una nuova laurea, in seguito alla quale entrò al servizio di Santori, per il cui interessamento ottenne da Clemente VIII l'incarico di lettore di filosofia presso la Sapienza romana. Cura per Facciottola stampa di un commento ad Aristotele, “De immortalitate animae ex sententia Aristotelis libri septem”, precoce manifestazione di un interesse verso la questione dell'anima, intorno alla quale Lagalla si interrogò per buona parte della sua vita intellettuale e che contribuì ad attirargli sospetti di eterodossia.  Altre opera: “La circuncisione di Cristo”. Al problema dell'anima Lagalla. dedicò corsi della lettura ordinaria di filosofia, che tenne alla Sapienza. Queste lezioni furono raccolte in un manoscritto dal titolo “De anima commentarii”. Allo stesso argomento è dedicato il penultimo volume dato alle stampe dal L., il “De immortalitate animorum ex Aristotelis sententia libri tres” (Roma). Lagalla, pur riaffermando le posizioni della tradizione tomistica sulla questione dell'anima umana, secondo le quali l'anima intellettiva è “forma informans” del corpo ed è molteplice, accetta quelle di Alessandro di Afrodisia a proposito dell'animazione dei cieli, ritenendo che non abbiano l'intelligenza come forma assistente che li muove eternamente, ma piuttosto come “forma informante”. Morto Santori,  Lagalla si fosse avvicina a Pietro Aldobrandini, entrando al suo servizio. Conobbe Cesi, al quale fu legato da una cordiale amicizia. Se questa non diede luogo a un'ascrizione all'Accademia dei Lincei, malgrado una precisa richiesta da parte di Lagalla., fu solo a causa della sua marcata professione aristotelica[. Cesi lo presentò comunque a Galilei quando quest'ultimo si recò a Roma per sottoporre il suo telescopio e le scoperte con esso realizzate al giudizio degli autorevoli astronomi del Collegio romano, nonché di influenti membri della Curia pontificia e dello stesso Paolo V. Ne derivarono alcuni incontri, durante i quali Lagalla., incuriosito dall' "occhialino" galileiano, lo sperimentò e fu intrattenuto da Galilei con l'esibizione delle "pietre lucifere di Bologna". Da ciò che vide, trasse spunto per due scritti, pubblicati in un unico volume, il “De phoenomenis in orbe Lunae novi telescopii usu a d. Gallileo Gallileo nunc iterum suscitatis physica disputatio… nec non de luce et lumine altera disputatio” (Venezia).  Atteso con impazienza da Galilei, che fu costantemente informato da Cesi dei progressi nella composizione, il libro deluse l'ambiente linceo.  Nel primo dei due scritti, pur difendendo la verità ottica di ciò che mostrava il telescopio,  cerca di spiegare l'irregolare (la scabrosità della superficie lunare) come prodotto del regolare, attraverso una sorta di estensione di un principio di regolarità (invariabilità dei cieli e dei corpi e fenomeni inclusi in essi), cui risponde l'intera fisica celeste aristotelica. Le asperità lunari dovevano dunque consistere in parti più dense di "etere", più opache alla luce, e in parti meno dense, più chiare. Nel secondo scritto Lagala. racconta una discussione sulla natura della luce avuta con Galilei, Cesi, G. De Misiani e G. Clementi: dopo aver ribadito che la luce non è una sostanza, ma un accidente o una qualità reale, tratta delle "pietre lucifere" e, contro l'interpretazione di Galilei, osserva che la luminescenza delle pietre non è una proprietà del minerale non trattato, ma una conseguenza del processo di calcificazione, che rende la pietra porosa e in grado di assorbire una certa quantità di fuoco e di luce, poi lentamente rilasciata; con ciò esclude che possa essere il prodotto della riflessione della luce solare sulla Terra da parte della Luna.  A proposito del primo dei due scritti, Galilei meditò di fornire una risposta pubblica, sollecitata dallo stesso Lagalla, di cui le note di lettura al volume in questione, sembrano essere il lavoro preparatorio. Tale risposta non arrivò, ma i rapporti tra i due divennero più stretti, forse per effetto di un lento avvicinamento delle rispettive posizioni scientifiche. In occasione dell'osservazione di una cometa, scrisse il Tractatus “de metheoro quod die nona novembris anni presentisin Urbe apparuit sopra collem Pincium” e poiché quest'opera pareva, in alcuni punti, accogliere le posizioni di Galilei, fu attaccato di scarso aristotelismo. Si convinse così a chiedere a Galilei e a Cesi il sostegno per una lettura a Psa. Pur non mancando l'occasione (la morte di Papazzoni aveva reso vacante un posto), non se ne fece niente, ma anche in questo caso i rapporti tra i tre uomini rimasero saldi.  Aumenta intanto la sua insofferenza verso gli ambienti romani che lo guardavano con crescente sospetto. La sua “De coelo animato disputatio” e in Germania, per l'interessamento di Allacci. Non rinunciò a coltivare la speranza di ottenere un adeguato incarico al di fuori della capitale pontificia, tanto da valutare con attenzione la proposta di trasferirsi alla corte di Sigismondo III. Le compromesse condizioni di salute (soffriva di una malattia urinaria, forse una ipertrofia prostatica con complicanze) e il timore che l'inclemente clima polacco potesse peggiorarle lo portarono a rifiutare.  Continua a praticare la filosofia, l'astronomia, e seguì il suo protettore Aldobrandini, in diversi viaggi in vari luoghi d'Italia. Gli è stato dedicato il cratere Lagalla sulla Luna. Altre opere: “De phaenomenis in orbe lunae novi telescopii usu nunc iterum suscitatis” (Venezia); “De metheoro quod die nona novembris anni presentisin Urbe apparuit sopra collem Pincium”; “De luce et lumine altera disputatio”; “De Immortalitate animorum ex Aristot. Sententia”(Roma).   (Biblioteca apost. Vaticana, Barb. lat., 323; cfr. Kristeller, II,444 cfr. Edizione naz. delle opere)   (Firenze, Biblioteca nazionale, Galil., pFavaro, nell'Ed. naz. delle opere di Galileo Galilei, Xindica una stampa apparentemente irreperibile, Roma)  (s.l. [ma Heidelbergae]) Bibliografia Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Giano Nicio Eritreo [Gian Vittorio Rossi], Pinacotheca imaginum illustrium doctrinae vel ingenii laude virorum, I, Coloniae Agrippina, Leone Allacci, Iulii Caesaris Lagallae vita, Parisiis, Tommaso Maria Alfani, Istoria degli anni santi, Napoli; Nuovo Dizionario istorico, XV, Napoli Francesco Colangelo, Storia dei filosofi e dei matematici napolitani, III, Napoli 1834,162; Stefano Gradi, Leonis Allatii vita, in Novae patrum bibliothecae, VI, a cura di Angelo Mai, Romae, Emil Wohlwill, Vincenzo Spampanato, Vita di Giordano Bruno, Messina, Gennaro De Crescenzo, Dizionario storico-biografico degli illustri e benemeriti salernitani, Salerno, Charles H. Lohr, Latin Aristotle commentaries, II, Firenze, I maestri della Sapienza di Roma, a cura di Emanuele Conte, Roma, ad ind.; Massimo Bucciantini, Contro Galileo, Firenze, Italo Gallo, Figure e momenti della cultura salernitana dall'umanesimo ad oggi, Salerno,  Paul Oskar Kristeller, Iter Italicum, Lettere del Lagalla, o di altri con notizie su di lui, si trovano nell'Edizione nazionale delle opere di Galileo Galilei, a cura di Antonio Favaro, Firenze 1929-39, ad indices (nel vol. III,309-399, è pubblicato il
“De phoenomenis in orbe Lunae” con postille di Galilei) Giuseppe Gabrieli, Carteggio linceo, Roma. Collegamenti esterni openMLOL, Horizons Open Library, Internet Archive. Giulio Cesare Lagalla. “Un aristotelico che dialogava con Galilei”.

 

LALLA MILLUL. (Trieste). FIlosofo. Grice: “I have been called a Darwinist, which offended de Lalla!” -- Figlio unico di Achille de Lalla  Anna Millul.  Il padre, nato a Napoli da famiglia originaria di Tolve, aveva intrapreso la carrriera militare, giungendo a ricoprire il grado di Tenente colonnello dell'esercito e congedandosi con il grado di Generale dell'esercito. Prese parte alla Prima guerra mondiale nonché alla Seconda guerra mondiale, dove rimase ferito alla spalla destra in Russia. Fu in seguito Dirigente dell'Istituto per la Ricostruzione Industrial. Achille de Lalla era figlio di Ludovico e di Maria Buonomo, figlia a sua volta di Alfonso Buonomo, compositore e musicista napoletano di fama.  La madre Anna Millul era nata a Roma in una famiglia ebrea originaria di Livorno. SI  laurea, allievo dinKalinowski di cui tradusse in italiano il saggio "Interpretazione giuridica e logica delle proposizioni normative".  Scappò a Parigi, prendendo parte al Maggio. Tuttavia, fu tra i primi ad intuire che il Partito Comunista francese non aveva alcuna seria intenzione politica di sostenere la Contestazione e, in anticipo sul fallimento dell'iniziativa giovanile, lasciò la Francia rientrando in Italia deluso. Fu studioso di Evoluzionismo e Politologia, e sarà proprio sulle sue teorie sull'Evoluzione umana e sul pensiero di Darwin che scrive l'opera “La selezione sessuale”. Insegna a'Siena e Napoli. A testimonianza del grande successo che riscuotevano i suoi corsi universitari, rimane la petizione indetta dagli studenti affinché il Senato Accademico li prorogasse per un biennio.  Gli ultimi anni Ritiratosi a vita privata, muore a Napoli nella tarda serata del 25 settembre  d'infarto mentre attendeva alla redazione della sua ultima opera.Est Deus in nobisContributo alla Nuova Evangelizzazione e, nelle intenzioni dell'autore, avrebbe dovuto costituire il completamento della trilogia iniziata con Evoluzione e proseguita con La Comunità Democratica.Convinto assertore della superiorità del Diritto pubblico rispetto a quello privato, si è sempre posto a tutela delle prerogative statuali.  Convinto assertore dei rischi della dilagante esterofilia in campo politico e fondamentalmente euroscettico negli ultimi anni di riavvicinamento al cattolicesimo, ideò un progetto di edificazione di un nuovo partito politico che, nelle sue teorizzazioni avrebbe assunto il nome di PARTITO CRISTIANO COMUNITARIO (DEMOCRATICO) ITALIANO PCC(D)I.  Opere: “Il concetto legislativo di azione penale,” Ed. Jovene, Napoli, “La scelta del rito istruttorio,” Ed. Jovene, Napoli, “Logica delle Prove penali,” Ed. Jovene Napoli, “Saggio sulla specialità penale militare,” Ed. Jovene, Napoli, “Topografia politica della seconda repubblica,” Edizioni Scientifiche Italiane Napoli, “Idee per un "completamento istruttorio" del giudice nelle indagini preliminari in "Riv. it. dir. e proc. pen." “Evoluzione,” “Darwin e la selezione sessuale, Ed. Salerno, Roma, “ Evoluzione e selezioneTemi e problemi del darwinismo,” Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli “La Comunità Democratica: idee per una politica nuova, Guida Editori, Napoli, “Comunitarismo politico, Guida Editori, Napoli  Filosofia della musica occidentale, Guida Editori, Napoli  Composizioni musicali Per pianoforte Sonata n.° 1 Suite "italiana" Sonata n.° 2 Sonata n.° 3 "napoletana" Musica da camera Sonata per violino e violoncello Sonata per violino e pianoforte Sonata per violini, viola e violoncello Note  de Lalla F., Una famiglia borghese, Ed. Ibiskos   de Lalla F., op. cit.  in "Il foro penale"  XXIII 1968  ilcambiamento,//ilcambiamento/articoli/evoluzione_2_darwin_de_lalla_millul.  ateneapoli,//ateneapoli/news/archivio-storico/reintegro-del-prof-de-lalla-il-consiglio-di-facolta--si-esprime-negativamente.  petizioni.com/petizione_pro_prof_paolo_de_lalla. Paolo de Lalla. Keywords: evolutionary, sexual selection.

 

LAMANNA. (Matera). Filosofo.  Grice: “I like Lamanna – a very systematic philosopher especially interested in the longitudinal history of philosophy – he wrote on economics during controversial times, too!” Linceo. Figlio di Angelo Raffaele Lamanna, calzolaio, e da Maria Bruna Pizzilli, filandaia. Fece i primi studi in seminario e poi nel Liceo classico della sua città. Si trasferì a Firenze, laureandosi con Sarlo. Insegna a Messina e Firenze. Pubblicò un commento alla Dottrina. Autore di un fortunato manuale di storia della filosofia. Membro dell'Accademia nazionale dei Lincei. Diresse la "Collana di Filosofia" delle Edizioni Morano di Napoli. Stabilito, per Lamanna, che la religiosità sia un'esigenza naturale dello spirito umano, egli rileva le contraddizioni percepite dalla coscienza fra l'”essere” (“is”) e il dover essere (“ought”) -- fra l'esigenza di una realtà concepita come razionalità e ordine, e la percezione di una realtà che appare irrazionale e disordinata, così come fra la concezione dell'assolutezza dello spirito e la concreta limitatezza della realtà umana. Da queste contraddizioni deduce la necessità dell'esistenza di Dio.  Analoga antinomia gli sembra esistere tra morale e politica che a suo avviso può essere risolta trasportando nell'attività pratica la riconosciuta razionalità dell'ordine trascendente e divino, che è di per sé bene assoluto. In questo modo l'operare umano si fa etico ossia, secondo Lamanna, realmente politico, realizzandosi concretamente nell'ordinamento giuridico e, così come nell'operare razionale si concreta la vita morale, da questa si raggiunge l'armonia in cui consiste la bellezza. Opere: “La religione nella vita dello spirito, Firenze,  Kant, Milano, Umanesimo e scienza politica, Milano, Storia della filosofia, Firenze, La filosofia del Novecento, Firenze, Il bene per il bene, Firenze, Studi sul pensiero morale e politico di Kant, Firenze, Scritti storici e pensieri sulla storia, Padova, Studi Pietro Piovani, Sulla prospettiva filosofica di Lamanna, Torino,  Pietro Piovani, ETra etica e storia, Napoli,  Giuseppe Martano, L'esperienza speculative, in «Filosofia», Giovanni Calò, Il pensiero, Napoli, Giovanni Calò, Studi e testimonianze, D. Carbone, Matera, Dizionario biografico degli Italiani, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani. Eustachio Paolo Lamanna.

 

LAMI. (Roma). Filosofo.  Grice: “I like Lami; he has written interesting approaches to Plato and Aristotle.” Si laurea e insegna a Roma. Opere: "La ragione degli antichi” (Giuffrè, Roma); "La Politica di Platone” (Rubettino, Cosenza); "Tra utopia e utopismo" (Il Cerchio, Rimini) "Qui ed ora. Per una filosofia dell'eterno presente" (Il Cerchio, Rimini); "Il libro Manifesto Per una nuova oggettività" (Heliopolis, Pesaro, . (Gian Franco Lami), Giovanni Sessa, "Il pensiero di Eric Voegelin a 50 anni dalla pubblicazione di Ordine e Storia”, Franco Angeli, Roma, Filosofia politica Filosofia della storia Nuova Destra Note  Gian Franc.Letteratura e Tradizione//miro renzaglia.org letteratura-tradizione-il-resoconto/    Scuola Romana di Filosofia Politica//centro studilaruna Fondazione Julius evola Gian Franco Lami.

 

LANDI. (Milano). Filosofo. Grice: “I would call Landi a Griceian; but he’d call me a Landian!” Studioso della dottrina del ‘segno,’ vis-à-vis- scienze umane e antropologia, apportato un notevole contributo agli sviluppi alla semantica (senso) e la pragmatica (prassi, pratica – ragione pratica) -- crt, cercando di unificare la dialettica romana e fiorentina  con quella oxoniense. Diplomato al Regio Liceo Ginnasio Alessandro Manzoni,  si laurea a Milano. Studia a Pavia. Insegna a Padova, Lecce. Riceve, e Trieste.  La sua opera si può suddividere in tre fasi. La prima  riguarda studi su la prassi (ragione pratica), nonché l'analisi dei processi di “segno.” La seconda fase propone una teoria della “produzione” del segno intendendola come teoria del lavoro cui fondamento è l'omologia tra la teoria del segno e so-miscalled aeco-nomia. (cf. Grice, P. E. R. E.). La terza fase studia l'intricato rapporto tra il segno e la ideologia e teorizza l'”alienazione” dell’usuario del segno (ego/alter/alien). Opere: Pratica communicativa (Bocca, Milano); “Segno” (Manni, Lecce); “Significato, comunicazione e parlare comune,” – cfr. Grice, “SignificARE, communicARE, impiegare, implicARE, -- ‘common’ is Landi for Grice’s ‘ordinary’ as opposed to extra-ordinario. Marsilio, Padova. La semiotica e  “Segnare” come lavoro e mercato, -- cf. Grice against an utilitarian and pro a Kantian account of the rational effort – but remarks in the “Retrospective Epilogue” about his concern with ‘rationality’ as being co-operative. And Grice’s remarks about the independence of the two thesis: semiosis as rational and semiosis as cooperatively rational. Bompiani, Milano, Segno ed ideologia (Bompiani, Milano), “Segnare” (Bompiani, Milano); “Ideologia” (Mondadori, Milano); “Metodica filosofica e semiotica -- scienza dei segni, o teoria? – cf. Grice on philosophical psychology,’ folk science of psychology – ceteris paribus – ‘law’ of the science of psychology --. The laws of psychology – “That’s why we call them ‘psycho-logical’ concepts, or theoretical terms, -- psychological theory --. Theory Th.  (Bompiani, Milano). Cf. Grice on the boundaries of ‘mean,’ and the idea of ‘consequence,’ y is a consequence of x, x means y. Il corpo del testo tra riproduzione sociale ed eccedenza, Scritti su G. Ryle e la filosofia analitica” (il Poligrafo, Padova); “Semiotica Filosofia del linguaggio  su ferrucciorossilandi.c om. Ferruccio Rossi-Landi. Grice: “Landi takes economics seriously, as did Aristotle – unfortunately, those researching onto Landi hardly quote from Aristotle!” “While the Italians think that Landi is being very Original, we at Oxford don’t! Game theory, strategy theory, and efficiency theory are all basic to ‘oeconomica’ in most pragmatic models of efficient communication – “Information is like money!” -- -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Landi,” The Swimming-Pool Library, Villa Grice. Luigi Speranza, “Grice e Rossi-Landi a Oxford.” Luigi Speranza, “Grice’s principle of economy of rational effort and Rossi-Landi’s economical semiotics.” Luigi Speranza, “Grice and Rossi-Landi: over-informativeness and excess: the implicature.”

 

LANDINO. (Firenze). Filosofo. Grice: “I love the way a philosopher can be judged by his fellow citizens and by furriners: Landino’s “De Anima” fascinates the Germans, for example! While his poetry fascinates the Americans, as I Tatti testifies!” Nacque da una famiglia originaria di Pratovecchio, nel Casentino, e compì gli studi in materie letterarie e giuridiche a Volterra. Gli venne affidata presso lo Studio fiorentino la cattedra di oratoria e poetica che era stata del suo maestro Marsuppini: Landino, sostenuto dai Medici, era stato avversato da non pochi personaggi in vista, come Alamanno Rinuccini e Donato Acciaiuoli. Tra i suoi allievi ci furono Poliziano e Ficino. In quel periodo ricoprì anche incarichi pubblici, facendo parte della segreteria di Parte guelfa e della prima Cancelleria. Tra i suoi viaggi, spicca quello a Roma. La sua prima attività fu poetica, con la Xandra, una raccolta di componimenti dedicata inizialmente ad Alberti e de' Medici. In campo filosofico scrisse tre dialoghi: il De anima, le Disputationes Camaldulenses  e il De vera nobilitate. La maggiore fama nei secoli di Landino fu però legata alla sua attività di commentatore dei classici. Diede alle stampe il Comento sopra la Comedia di Dante, su Orazio e su Virgilio. Traduttore dal latino in fiorentino della Storia natural di Plinio e la Sforziade di Giovanni Simonetta Il volgarizzamento pliniano fu un vero e proprio evento: per la prima volta anche chi non conosceva il latino poteva leggere la più importante e vasta enciclopedia del mondo antico (tra i suoi lettori Pulci, Colombo e Vinci).  Per i meriti acquisiti, la Signoria fiorentina gli assegnò una torre nel Casentino e una pensione.  Venne ritratto tra illustri fiorentini a lui contemporanei da Domenico Ghirlandaio nella Cappella Tornabuoni di Santa Maria Novella. Altre opera: “Orazione alla Signoria fiorentina  Incipit della Historia naturale tradocta di lingua latina in fiorentina per Christophoro Landino fiorentino,; Xandra De anima Disputationes Camaldulenses De vera nobilitate Comento sopra la Comedia di Dante Commento a Orazio Commento a Virgilio Historia naturale di Caio Plinio Secondo tradocta di lingua latina in fiorentina per Christophoro Landino fiorentino al serenissimo Ferdinando re di Napoli Orazione alla Signoria fiorentina quando presentò il suo Commento di Dante, Firenze, Niccolò di Lorenzo, Formulario di epistole, Firenze, Bartolomeo de' Libri, Il testo si può leggere in edizione critica: Christophori Landini Carmina omnia ex codicibus manuscriptis primum edidit A. Perosa, Florentiae. Cristoforo Landino, Disputationes CamaldulensesLohe, Firenze, Sansoni, CDe vera nobilitate, M. T. Liaci, Firenze, Olschki, R. Cardini, La critica del Landino, Firenze, Sansoni, Dallo stesso studioso è stata allestita la raccolta: C. Landino, Scritti critici e teorici, I-II, R. Cardini, Roma, Bulzoni, Comento sopra la Comedia, I-IVProcaccioli, Roma, Salerno editrice, Questo commento è stato solo parzialmente edito (la sezione relativa all'Ars poetica): Cristoforo Landino, In Quinti Horatii Flacci Artem poeticam ad Pisones interpretationes, G. Bugada, Firenze, Sismel, R. Fubini, Quattrocento fiorentino. Politica, diplomazia, cultura, Pisa, R. M. Comanducci, Nota sulla versione landiniana della Sforziade di Giovanni Simonetta, «Interpres» Uno studio complessivo (sia filologico sia storico-culturale) dell'opera in A. Antonazzo, Il volgarizzamento pliniano di Cristoforo Landino, Messina, Centro di Studi Umanistici, .  Questo testo proviene in parte dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze, Cristoforo Landino, In Quinti Horatii Flacci Artem poeticam ad Pisones interpretationes. Gabriele Bugada, Firenze, Sismel-Società internazionale per lo studio del Medioevo latino Edizioni del Galluzzo,  Carlo Dionisotti, «Landino, Cristoforo», in Enciclopedia Dantesca, Roma, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani,Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Antonino Antonazzo, Il volgarizzamento pliniano di Cristoforo Landino, Messina,  di Studi Umanistici, TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Cristoforo Landino, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Cristoforo Landino, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Simona Foà, Cristoforo Landino, in Dizionario biografico degli italiani,  63, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Cristoforo Landino, su Dictionary of Art Historians, Lee Sorensen. Cristoforo Landino / Cristoforo Landino (altra versione), su ALCUIN, Ratisbona. Cristoforo Landino, suopenMLOL, Horizons Cristoforo Landino. Grice: “I love Landino; for one he wrote the first Italian philosophical dialogue, “Disputationes” – for  another, I love the setting!” Keywords: dialettica fiorentina – implicatura fiorentina --..

 

LANDUCCI. (Sarzana). Filosofo. Grice: “If I had in Hardie a wonderful mentor to Aristotle, I missed Landucci’s mentoring me into Kant!” – Si laurea a Pisa con Luporini. Insegna a Firenze. Opere principali: “Cultura e ideologia in Sanctis” (Milano, Feltrinelli); “I filosofi e i selvaggi” (Bari, Laterza); “L’origine della scienza sociale” (Firenze, Sansoni); “Hegel: la coscienza e la storia” (Firenze, La nuova Italia); “La contraddizione in Hegel, Firenze, La nuova Italia); “La teodicea nell'età cartesiana, Napoli, Bibliopolis, “La Critica della ragion pratica” (Roma, NIS),  Sull'etica di Kant, Milano, Guerini, La mente in Cartesio, Milano, F. Angeli,  I filosofi e Dio, Roma-Bari, Laterza, La doppia verità: conflitti di ragione e fede tra Medioevo e prima modernità, Milano, Feltrinelli, Antonio Gnoli, Intervista, "Repubblica", Scheda biografica su Einaudi. Sergio Landucci. Grice: “Basically, Landucci covers all the topics of my interests, including that of the alleged ambiguity in Kant’s idea of a ‘reason’!”

 

LATINI. (Firenze). Filosofo. Grice: “Latini reminds me of Hardie; he was Aligheri’s mentor; Hardie mine!” -- Grice: “People say it all starts with Alighieri; but the real ‘filosofo’ behind Alighieri surely is Burnetto – he has chapters on ‘Platone,’ ‘Aristotele,’ and the rest of them.”  «Poi si rivolse, e parve di coloro che corrono a Verona il drappo verde per la campagna; e parve di costoro quelli che vince, non colui che perde»  (Divina Commedia). Figlio di Buonaccorso e nipote di Latino Latini, appartenente ad una nobile famiglia. Le fonti storiche e una serie di documenti autografi testimoniano la sua attiva partecipazione alla vita politica di Firenze. Come egli stesso narra nel Tesoretto, fu inviato dai suoi concittadini alla corte di Alfonso X per richiedere il suo aiuto in favore dei guelfi. Tuttavia, la notizia della vittoria dei ghibellini a Montaperti lo costrinse  all'esilio in Francia. I cambiamenti politici conseguenti alla vittoria di Carlo I da Benevento sconsentirono il  suo ritorno in Italia. Fu risarcito del torto subito, con il titolo di Segretario del Consiglio della repubblica, stimato ed onorato dai suoi concittadini.  La sua influenza divenne tale che a partire si trova a malapena nella storia di Firenze un avvenimento pubblico importante al quale non abbia preso parte. Contribuì notevolmente alla riconciliazione temporanea tra guelfi e ghibellini detta "pace di Latino".  PPresiedette il congresso dei sindaci in cui fu decisa la rovina di Pisa. Fu elevato alla dignità di Priore. Questi magistrati, in numero di dodici, erano stati previsti nella costituzione. La sua parola si fa frequentemente sentire nei Consigli generali della repubblica. Era uno degli arringatori, od oratori, più frequentemente designati. Nel Canto XV dell'Inferno Dante lo incontra tra i sodomiti, violenti contro Dio nella natura. Siamo nel terzo girone del settimo cerchio; Dante e Virgilio camminano su un piano rialzato rispetto alla landa desolata in cui i dannati procedono. Alighieri, che era stato allievo di Latini, è profondamente scosso, e non nasconde verso il maestro una persistente ammirazione. Latini è il primo nella Commedia a toccare fisicamente Alighieri, tirandolo per la veste. Altre opera:“Il Tesoretto,” poema (incompiuto o mutilo) scritto in volgare fiorentino, in settenari a rima baciata, narrato in prima persona.  L'autore definisce l'opera Tesoro, ma il nome Tesoretto è presente già nei manoscritti più antichi,  presumibilmente per distinguerla dalle traduzioni italiane del Tresor. Il protagonista, sconfortato dalla notizia della disfatta di Montaperti, si perde in una "selva diversa". Nella sua peregrinazione si imbatte nelle personificazioni della Natura e delle Virtù, che gli illustrano la composizione del Mondo e i modelli di comportamento cortesi. Il Tesoretto si interrompe nel momento in cui il protagonista incontra Tolomeo, che sta per spiegargli i fondamenti dell'astronomia.  Influenzato da un lato dal romanzo cortese, dall'altro dai poemi allegorici, Latini realizza un'opera che da una parte della critica è ritenuta tra i precursori diretti della Commedia (Venezia, Melchiorre Sessa il Vecchio); “Li livres dou Tresor” e la più celebre, scritta durante l'esilio in Francia, in lingua vernaculare, perche "è la parlata più dilettevole e più comune tra tutte le lingue.” Consta di tre libri e risulta la prima enciclopedia volgare in senso proprio. Altri testimoni sono stati segnalati in seguito da Squillacioti, Divizia eGiola.  Il primo libro tratta dell’origine di tutto; tra gli argomenti affrontati vi sono un'ampia storia universale, dalle vicende dell'Antico e del Nuovo Testamento alla battaglia di Montaperti, elementi di medicina, fisica, astronomia, geografia, e architettura, e un bestiario. Si trova, in questo primo libro, una delle menzioni più antiche che conosciamo di una bussola e l'indicazione della sfericità della terra.  Nel secondo libro si tratta dei vizi e delle virtù, attingendo sostanzialmente dall'Etica Nicomachea.  Il terzo libro riguarda principalmente la retorica. Latini utilizza come fonti Platone, Aristotele, Senofane, il romano Publio Vegezio e Cicerone.  Altre opera: è inoltre autore di un altro breve poemetto, Il Favolello, di una “Rettorica” volgarizzamento e commento del De inventione di Cicerone, nonché dei volgarizzamenti di tre orazioni ciceroniane (Pro Ligario, Pro Marcello, Pro rege Deiòtaro). Jauss, Alterità e modernità della letteratura medievale, Bollati Boringhieri S. Sarteschi, Dal "Tesoretto" alla "Commedia": considerazioni su alcune riprese dantesche dal testo di Latini, in "Rassegna europea di letteratura italiana", B. Latini, Tresor G. Beltrami Squillacioti Torri e S. Vatteroni, Torino, Einaudi, A. D'Agostino, Itinerari e forme della prosa, in Storia della letteratura italiana, Roma, Salerno Editrice, Tresor. Beltrami, Squillacioti, Torri, Plinio, Torino). Aggiunte (e una sottrazione) al censimento dei codici delle versioni italiane del "Tresor" di Brunetto Latini. In: Medioevo romanzo,  La tradizione dei volgarizzamenti toscani del Tresor di Brunetto Latini: con un'edizione critica della redazione alfa. Verona. Edizione del volgarizzamento toscano.  La colonna posta dove è stata riscoperta la tomba di Latini, chiesa di Santa Maria Maggiore; “Livres dou Tresor, Stampato in Vineggia, per Gioan Antonio & fratelli da Sabbio, ad instanza di Nicolo Garanta & Francesco da Salo libbrari & compagni, Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. 1Tesoretto. In Gianfranco Contini , Poeti del Duecento, Ricciardi, Milano e Napoli 1970, tomo 2.A scuola con ser Brunetto. Indagini sulla ricezione di Brunetto Latini dal Medioevo al Rinascimento. Atti del convegno internazionale di studi, Basilea,Irene Maffia Scariati, Firenze, Edizioni del Galluzzo, D'Arco Silvio Avalle, Ai luoghi di delizia pieni, Ricciardi, Milano e Napoli, Antonio Carrannante, "Implicazioni dantesche: Brunetto Latini (Inf. XV)", "L'Alighieri", Enciclopedia dantesca, ad vocem, Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani, Roma, Pasquale Fornari, Dante e Brunetto, Tip. coop. varesina, Varese, Poi in: Pro Dantis virtute et honore, Tip. coop. varesina, Varese,  Ludovico Frati, Brunetto Latini speziale, "Il giornale dantesco", Francesco Maggini, La «Rettorica» Latini, Firenze, Galletti e Cocci,Umberto Marchesini, Due studi biografici su Brunetto Latini. "Atti dell'Istituto Veneto", "La posizione del Latini nel canto XV dell'Inferno dantesco"). Pietro Merlo, E se Dante avesse collocato Brunetto Latini tra gli uomini irreligiosi e non tra i sodomiti?, "La cultura", Poi in: Saggi glottologici e letterari, Hoepli, Milano, Fausto Montanari, Brunetto Latini, "Cultura e scuola", Antonio Padula, Brunetto Latini e il Pataffio, Dante Alighieri, Milano, Roma e Napoli, Manlio Pastore Stocchi, Delusione e giustizia nel canto XV dell'Inferno, "Lettere italiane", XX 1968,  433–455 (poi in: Letture classensi,  III, Longo, Ravenna Joseph Pequigney, Sodomy in Dante's Inferno and Purgatorio, "Representations", André Pézard, Dante sous la pluie de feu, Librairie philosophique, Paris 1950. Rosanna Santangelo, "Tutti cherci e litterati grandi e di gran fama": Brunetto Latini, "Il sogno della farfalla. Rivista di psicoanalisi", Michele Scherillo, Alcuni capitoli della biografia di Dante, Loescher, Torino Thor Sundby, Della vita e delle opere di Brunetto Latini, Le Monnier, Firenze, Alighieri Storia di Firenze Divina Commedia Il Favolello Il Tesoretto. TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Federico Millosevich, Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Liber Liber.  Opere di Brunetto Latini, su openMLOL, Horizons  su Brunetto Latinidal repertorio online Regesta Imperii, su opac.regesta-imperii.de. Brunetto Latino Portal, su florin.ms. Giovanni Dall'Orto, Brunetto Latini. Tommaso Giartosio, Dante e Brunetto Latini. Tratto da: Perché non possiamo non dirci. Letteratura, omosessualità, mondo, Feltrinelli, Milano, Concordanze del libro del Tesoretto, su classicis tranieri.com.  Brunetto Latini, Li livres dou trésor, ed. par Polycarpe Chabaille, Paris Marco Giacomelli, In difesa di ser Brunetto Latini; in Adolph Caso , Dante in the Twentieth Century, Volume 1 di Dante studies, Branden Books. Brunetto Latini. Keywords: rettorica.

 

LAZZARELLI. (San Severino Marche). Filosofo. Grice: “I would call Lazzarelli a Pythagorean; most Italian philosophers are, as most English philosophers are Lockean!” -- Grice: “I would call Lazzarelli what Italians call ‘un filosofo ermetico.’ He certainly flouts all my desiderata for conversational clarity!” Il documento più importante per ricostruire la vita di Lazzarelli è Vita Lodovici Lazzarelli Septempedani poetae laureati per Philippum fratrem ad Angelum Colotium scritto dal fratello Filippo subito dopo la morte di Ludovico, e indirizzato all'umanista Angelo Colocci. Lazzarelli fu educato e visse a Campli, in Abruzzo, dove frequenta la biblioteca del Convento di San Bernardino da Siena, che egli cita nella sua opera i Fasti Christianae Religionis, un poema di ispirazione cristiana. Ricevette da Sforza un premio per un poema sulla battaglia di San Flaviano. Ebbe contatti con i più importanti studiosi dell'epoca e fu seguace dell'ermetismo. Raccolse il Pimander di Ficino, l'Asclepio e tre trattati sull'ermetismo realizzando una versione che amplia il corpus testi ermetici. Fu autore di opere a carattere ermetico come il “Crater Hermetis,” in sintonia con il sincretismo religioso dei suoi tempi e in anticipo sulla filosofia di Pico, con la fusione di Cabala e Cristianesimo, ma anche di poemetti a carattere allegorico come l'”Inno a Prometeo” o didascalico-allegorici come il “Bombyx. “ “De apparatu Patavini hastiludii (ed. a stampa Padova); “De gentilium deorum imaginibus”, dedicato prima a Borso d'Este,  poi a Federico da Montefeltro; Fasti Christianae religionis, con mss dedicati a Sisto IV,  poi a Ferdinando I d'Aragona e ia Carlo VIII (edito M. Bertolini, Napoli); Epistola Enoch (edita M. Brini, in Testi umanistici sull'ermetismo, Roma; la traduzione delle Diffinitiones Asclepii; De bombyce (ed. a stampa G.F. Lancellotti, Aesii); Crater Hermetis edito in Pimander Mercurii Trismegisti liber de sapientia et potestate Dei. Asclepius eiusdem Mercurii liber de voluntate divina. Item Crater Hermetis a Lazarelo Septempedano, Parisiis; Vademecum (edito M. Brini, in Testi umanistici sull'ermetismo, Roma. Un carme per la morte della duchessa d'Atri (Biblioteca del Seminario di Padova; Carmen bucolicum (Biblioteca universitaria di Breslavia, Milich Collection); carmi di occasione (tra cui i versi che gli valsero l'incoronazione) (Biblioteca nazionale di Napoli); epigrammi sullo Pseudo Dionigi l'Areopagita. Il testo dell'opera può essere letto in M. Meloni,"Lodovico Lazzarelli umanista settempedano e il De Gentilium deorum imaginibus, in Studia picena..  pubblicato in appendice a C. Vasoli, Temi e fonti della tradizione ermetica in uno scritto di Symphorien Champier, in Umanesimo e esoterismo, E. Castelli, Padova, poi in G. Roellenbleck, Ludovico Lazzarelli Opusculum de Bombyce, anche in edizione moderna integrale in C. Moreschini, Dall'"Asclepius" al "Crater Hermetis". Studi sull'ermetismo latino tardo-antico e rinascimentale, Pisa, Dizionario Biografico degli Italiani,  Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Filosofia ermetica, Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere, su ludovicolazzarelli.  l rivista Campli Nostra Notizie , su campli nostra notizie.. Ludovico Lazzarelli. Keyword: implicatura ermetica.

 

LECALDANO. (Treviso). Filosofo. Grice: “Lecaldano is interested in altruism as the basis for morality; I’m interested in morality as the basis for altruism; he ain’t Kantian; I am!” -- Grice: “I love Lecaldano; perhaps because he is an Italian, he focused on Scots! His analyses of Smith and Hume on ‘sympathy’ is ‘simpatico,’ as the Italians say.” Grice: “Lecaldano engages in the kind of linguistic botanising I do when I reflect on ‘cooperation’ versus ‘benevolence’ versus ‘empathy’ versus ‘sympathy’ versus ‘compassion.’ Unlike Lecaldano, I end up with a rationality-based account of cooperativeness – or rather a narrowing of ‘co-operation’ to ‘rational co-operation’ – there are others!” Si laurea a Roma, insegna a Siena e Roma. Fonda La Società Italiana di Filosofia Analitica (“to keep us apart from non-analytics like Plato!”). Membro della Società Filosofica Italiana. Le riflessioni di Lecaldano spaziano dalla storia della filosofia morale sino alle discussioni contemporanee sulla bioetica. Avvalendosi anche del rigore concettuale della filosofia analitica, indirizza la sua ricerca alla ricostruzione storiografica della morale anglosassone dal XVII al XIX secolo, con particolare riferimento ai filosofi scozzesi (David Hume, Adam Smith). Ha inoltre indagato criticamente i problemi della metaetica. In bioetica, Lecaldano si prefigge l'obiettivo di una chiarificazione delle implicazioni morali legate alle bio-tecnologie, che sfocia in una prospettiva laica per la pacifica gestione del conflitto morale che le "tecnologie della vita" hanno prodotto. Altre opera: “Le analisi del linguaggio morale. "Buono" e "dovere" (Roma, Edizioni dell'Ateneo), “Moore, Roma-Bari, Laterza,  “L'Illuminismo” (Torino, Loescher), “Hume” Roma-Bari, Laterza); “Etica, Torino, UTET Libreria, Bioetica. Le scelte morali, Roma-Bari, Laterza, Saggi di storia e teoria dell'etica, Gaeta, Bibliotheca, Dizionario di bioetica, Roma-Bari, Laterza, Un'etica senza Dio, Roma-Bari, Laterza, Prima lezione di Filosofia Morale, Roma-Bari, Laterza, “Simpatia” (Milano, Raffaello Cortina Editore); Senza Dio. Storie di atei e ateismo, Bologna, Il Mulino, .”Sul senso della vita, Bologna, Il Mulino); “Bioetica Comitato Nazionale per la Bioetica Biotecnologie  La bioetica. Il punto di vista morale di E. Lecaldano sulla nascita, la cura e la morte di Luca Corchia. Riflessioni di Lecaldano sul Senso della Vita In Riflessioni. Eugenio Lecaldano. Keywords: simpatia, simpatico, antipatico, compassione, compassivo, empatia, impassibile, transpatia, patia, patico, il patico, diapatia. Psi-transmission. Grice: “Scheler uses ‘transpathy,’ but then he would use anything!” --.

 

LIVI. (Prato). Filosofo. Grice: “Livi is one of the few Italian philosophers who have taken Moore’s ‘common-sense’ seriously!” – Grice: “The way Livi justifies common-sense, not unlike Moore, is via a principle of ‘coherence’” Allievo di Gilson, collabora con Fabro, Noce edAgazzi. Inizia la scuola filosofica del senso comune, rappresentata dalla ISCA (International Science and Common Sense Association), che ha come organo ufficiale la rivista "Sensus communis -- Alethic Logic". Tra i suoi numerosi discepoli o estimatori vi sono Renzi (autore di importanti saggi di Storia della Metafisica),  Bettetini, Arecchi, Spatola (psichiatra), Covino ed Arzillo.  Fondatore della casa editrice Leonardo da Vinci, fu membro associato della Pontificia Accademia di San Tommaso, decano e professore emerito della Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Lateranense. Firmò con Giovanni Paolo II alcune parti dell'enciclica Fides et ratio.  «Senso comune» è il termine utilizzato da Livi in chiave anti-cartesiana per individuare le certezze naturali e incontrovertibili possedute da ogni uomo. Non si tratta di una facoltà o di strutture cognitive a priori, ma di un sistema organico di certezze universali e necessarie che derivano dall'esperienza immediata e sono la condizione di possibilità di ogni ulteriore certezza. Ha per primo precisato quali siano queste certezze e ha provato con il metodo della presupposizione che esse sono in effetti il fondamento della conoscenza umana. Il senso comune comprende dunque l'evidenza dell'esistenza del mondo come insieme di enti in movimento; l'evidenza dell'io, come soggetto che si coglie nell'atto di conoscere il mondo; l'evidenza di altri come propri simili; l'evidenza di una legge morale che regola i rapporti di libertà e responsabilità tra i soggetti; l'evidenza di Dio come fondamento razionale della realtà, prima causa e ultimo fine, conosciuto nella sua esistenza indubitabile grazie a una inferenza immediata e spontanea, la quale lascia però inattingibile il mistero della sua essenza, che è la Trascendenza in senso proprio. Queste certezze sono a fondamento di un sistema di logica aletica su base olistica.  Tra gli studi recenti sul sistema della logica aletica elaborato da Livi vanno ricordati i saggi di Agazzi, "Valori e limiti del senso comune", Franco Angeli, Milano), Ottonello ("Livi", in "Profili", Marsilio Editori, Venezia ), Vassallo ("La riabilitazione del senso comune", in "Memoria e progresso", Fede & Cultura, Verona), di Arzillo, “Il fondamento del giudizio. Una proposta teoretica a partire dalla filosofia del senso comune (Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma ), di Renzi, La logica aletica e la sua funzione critica. Analisi della proposta di Livi (Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma). Hanno scritto su Livi anche Andolfo (storico della Filosofia antica), Sacchi, Cottier, Fisichella, Galeazzi, Pangallo e Possenti. Da Gilson, Fabro ed Agazzi ha appreso ad affrontare i problemi essenziali della speculazione metafisica in dialogo con grandi pensatori dell'antichità (Platone, Aristotele, gli Stoici, Agostino), del Medioevo (Anselmo, Tommaso, Duns Scoto) e dell'età moderna (Vico, Kierkegaard, Rosmini). Convinto assertore del metodo realistico di interpretazione dell'esperienza, ne ha difeso le ragioni utilizzando sistematicamente gli strumenti dialettici offerti dai pensatori della scuola analitica. Suoi critici più intransigenti sono stati, da una parte, l’idealista Severino, e dall'altra il caposcuola del "pensiero debole", Vattimo. Altre opera: Il cristianesimo nella filosofia (Il problema della filosofia cristiana nei suoi sviluppi storici e nelle prospettive attuali), L'Aquila: Ed. Japadre); “Il problema della filosofia cristiana Bologna: Pàtron); “Cristo non è Marx, Torre del Benaco: Ed. ColibrìS); “Filosofia del senso comune (Logica della scienza e della fede) Milano: Ed. Ares); “Il senso comune tra razionalismo e scetticismo in Vico. Milano: Editrice Massimo); Lessico della filosofia (Etimologia, semantica e storia dei termini filosofici) Milano: Edizioni Ares); “Il principio di coerenza (Senso comune e logica epistemica), Roma: Editore Armando); “Aquino: il futuro del pensiero cristiano Milano: Mondadori); La filosofia e la sua storia,  I: La filosofia antica e medioevale;  moderna;  e contemporanea (L'Ottocento; Il Novecento) Roma: Società editrice Dante Alighieri, Dizionario storico della filosofia, Roma: Società Editrice Dante Alighieri, La ricerca della verità Roma: Leonardo da Vinci, Verità del pensiero (Fondamenti di logica aletica) Roma: Lateran University Press, Razionalità della fede nella Rivelazione (Un'analisi filosofica alla luce della logica aletica) Roma: Leonardo da Vinci, La ricerca della verità (“Dal senso comune alla dialettica”) Roma: Leonardo da Vinci,  L'epistemologia di Tommaso d'Aquino e le sue fonti Napoli: Editoriale comunicazioni sociali, Senso comune e logica aletica Roma: Leonardo da Vinci, Perché interessa la filosofia e perché se ne studia la storia Roma: Leonardo da Vinci, Storia sociale della filosofia,  I: La filosofia antica e medioevale;  moderna;  contemporanea, L'Ottocento; Il Novecento) Roma: Società Editrice Dante Alighieri, Logica della testimonianza (Quando credere è ragionevole), Roma: Lateran University Press, Senso comune e metafisica. Sullo statuto epistemologico della filosofia prima Roma: Leonardo da Vinci, Nuovo Dizionario storico della filosofia Roma: Società Editrice Dante Alighieri, (ed.) Premesse razionali della fede. Filosofi e teologi a confronto sui praeambula fidei Roma: Lateran University Press, Etica dell'imprenditore. Le decisioni aziendali, i criteri di valutazione e la dottirna sociale della Chiesa Roma: Leonardo da Vinci, Dizionario critico della filosofia, Roma: Società Editrice Dante Alighieri, Filosofia e teologia, Bologna: Edizioni Studio Domenicano, Il senso comune al vaglio della critica, Roma: Leonardo da Vinci, . Filosofia del senso comune. Logica della scienza e della fede, Roma: Casa Editrice Leonardo da Vinci, . Vera e falsa teologia. Come distinguere l'autentica "scienza della fede" da un'equivoca "filosofia religiosa", Roma: Casa Editrice Leonardo da Vinci, . L'istanza critica, Roma: Leonardo da Vinci, . La certezza della verità. Il sistema della logica aletica e il procedimento della giustificazione epistemica, Roma: Leonardo da Vinci, . Dogma e pastorale. L'ermeneutica del Magistero, dal Vaticano II al Sinodo sulla famiglia, Roma: Leonardo da Vinci, . Le leggi del pensiero. Come la verità viene al soggetto, Roma: Leonardo da Vinci, . Teologia e Magistero, oggi, Roma: Leonardo da Vinci, . Vera e falsa teologia. Come distinguere l'autentica "scienza della fede" da un'equivoca "filosofia religiosa",  su Gli equivoci della teologia morale dopo la "Amoris laetitia'" Roma: Leonardo da Vinci, . Saggi "Étienne Gilson: il tomismo come filosofia cristiana", in Antonio PiolantiSan Tommaso nella storia del pensiero, Vatican City: Libreria Editrice Vaticana, 1982. "La filosofia di Etienne Gilson", in Antonio PiolantiEtienne Gilson, filosofo cristiano, Vatican City: Libreria Editrice Vaticana,  "L'unità dell'esperienza nella gnoseologia tomista", in Antonio Piolanti"Noetica, critica e metafisica in chiave tomistica", Vatican City: Libreria Ed. Vaticana, 1991. "Senso comune e unità delle scienze", in Rafael Martinez"Unità e autonomia del sapere: il dibattito del XIII secolo", Rome: Ed. Armando, Ester Maria Ledda, In memoriam: Mons. Antonio Livi, in Corrispondenza Romana, 1º luglio .  Sito di Antonio Livi  su antoniolivi.com. Casa editrice Leonardo da Vinci, su editriceleonardo.com.  ISCA International Science and Commonsense Association, su isca-news.org. Fides et Ratio, su fidesetratio. Il Giudizio Cattolico, su ilgiudiziocattolico.com. Antonio Livi. Keywords: ‘il senso commune in Vico” – Grice develops a sceptical defence in his early “Common sense and scepticism,” “mainly motivated by what he sees as a ‘cavalier attitude’ to the sceptic by, of all people, Malcolm.” – Grice: “I’m not sure Livi would agree with my idea, but I think he would – certainly Vico took the sceptic challenge possibly most seriously than anyone and Livi is an expert on Vico. Vico’s line of defense lies on the connection, conceptual he thinks, between ‘common sense’ and ‘consenso’: therefore, Malcolm and I have to reach a consensus that we are going to use ‘know’ for things like ‘I know that s is p,’ say, there is cheese on the table, there is a mermaid on the table. Etc. And that “if I’m not dreaming” may not always be a conversationally appropriate defeater!”

 

Leon

 

Leoni. (Ancona). Filosofo. Grice: “I love Bruno Leoni; my balance between the principle of conversational self-love and the principle of conversational benevolence is what all his philosophy is about!” – Grice: “Leoni has technical concepts here: his is an individualism, i. e. subjectivisim, and he believes that the ‘scambio’ or ‘inter-subjective,’ inter-individual exchange’ is ‘spontaneous – he calls it ‘ordine spontaneo.’ He doesn;’t see it necessarily as ethical or meta-ethical – but descriptive; similarly I speak of conversational maxims as different from ‘moral’ maxims!” “La situazione paradossale del nostro tempo è che siamo governati da uomini non, come pretenderebbe la classica teoria aristotelica, perché non siamo governati dal diritto, ma esattamente perché lo siamo. Trascorse la sua vita tra Torino, Pavia, e la Sardegna. Per le sue idee, viene associato ad un modello liberale e anti-statalista della società. All'interno della filosofia del diritto,  si inserisce nella tradizione del liberalismo classico. Allievo di Solari, di cui fu pure assistente volontario, e collega di Firpo, insegna a Pavia. Nel corso del conflitto, fece parte di A Force, un'organizzazione segreta alleata incaricata di recuperare prigionieri e salvare soldati.  Inizia la sua attività accademica, insegnando Filosofia del diritto e ricoprendo l'incarico di preside della facoltà di Scienze Politiche (dal 1948 al 1960).  Morì in circostanze tragiche, ucciso. Un collaboratore del suo studio legale, Quero, di professione tipografo ma che svolgeva amministrazioni di condomini e palazzi, aveva perpetrato truffe e sottrazioni di denaro; quando Leoni se ne accorse e minacciò di denunciarlo, Quero lo assassinò colpendolo ripetutamente alla testa e nascose poi il corpo in un garage, inscenando un sequestro di persona, ma venne subito scoperto.Negli anni della ricostruzione postbellica, mentre in tutti i paesi europei si affermavano politiche economiche di stampo statalista, Leoni andò controcorrente sostenendo il liberalismo, che ormai quasi più nessuno era pronto a difendere.[senza fonte] Leoni criticava la logica dell'intervento pubblico mentre esaltava la superiore razionalità e legittimità degli ordini che emergono dal basso, per effetto del concorso delle volontà dei singoli individui.  Fondatore nel 1950 della rivista Il Politico, Leoni svolse ugualmente un'intensa attività pubblicistica, soprattutto scrivendo corsivi per il quotidiano economico Il Sole 24 ORE. Membro della «Mont Pelerin Society» (di cui fu segretario e poi presidente), lo studioso torinese fu pure molto impegnato nel Centro di Studi Metodologici della città piemontese e, in seguito, nel Centro di Ricerca e Documentazione “Luigi Einaudi”.  Studioso poliedrico (giurista e filosofo, ma anche appassionato cultore della scienza politica e della teoria economica, oltre che della storia delle dottrine politiche), nel corso degli anni cinquanta e sessanta Leoni promosse le idee liberali all'interno della cultura italiana: proponendo temi ed autori del liberalismo contemporaneo, ma soprattutto aprendo prospettive ad una concezione della società centrata sulla proprietà privata e il libero mercato. Per comprendere quanto sia stata importante la sua azione tesa a favorire una migliore conoscenza delle tesi più innovative, è sufficiente scorrere l'indice della rivista da lui diretta per molti anni, Il Politico, in cui diede spazio ad autori spesso a quel tempo poco noti, ma desti segnare le scienze economiche.  Con i suoi studi, inoltre, Leoni apre la strada a molti orientamenti: dalla Teoria della scelta pubblica all'Analisi economica del diritto (filoni di ricerca che esaminano la politica ed il diritto con gli strumenti dell'economia), fino all'indagine interdisciplinare di quelle istituzionitra cui il diritto che si sviluppano non già sulla base di decisioni imposte dall'alto, ma grazie ad un'intrinseca capacità di auto-generarsi ed evolvere dal basso.  E stato quasi dimenticato: soprattutto in Italia. La sua opera più conosciuta (frutto di lezioni ). L’ndividualismo integrale di Leoni risulta ben poco in sintonia con la cultura del suo tempo. Il liberalismo dell'autore di Freedom and the Law è pervaso da quella cultura che egli assimilò in profondità grazie all'intensa frequentazione di alcuni tra i maggiori studiosi di quell'universo intellettuale.  Inoltre, seguì sempre con il massimo interesse i protagonisti della Scuola austriaca (Mises e Hayek, soprattutto) cheanche se europei proprio in America hanno scritto alcuni dei loro maggiori contributi e in quel contesto hanno trovato folte schiere di allievi.  In questo senso, bisogna rilevare che il percorso intellettuale di Leoni sarebbe stato molto differente senza la Mont Pelerin Society, nei cui convegni egli ebbe l'opportunità di entrare in contatto con intellettuali e scuole di pensiero estranei al clima dominante nell'Italia di allora. Per molti decenni, in effetti, l'associazione fondata da Hayek ha rappresentato un'occasione di scambi e approfondimenti per quanti cercavano interlocutori radicati nella cultura del liberalismo classico.  Per alcuni decenni dimenticato o quasi in Italia, il pensiero di Leoni ha continuato a vivere fuori dei nostri confinigrazie alle iniziative, ai libri e agli articoli dei suoi amici e, oltre a loro, all'interesse che i suoi lavori hanno saputo suscitare nelle nuove generazioni di studiosi liberali.  A partire dalla metà degli anni novanta, però, la situazione è cambiata sotto più punti di vista. Grazie soprattutto alla pubblicazione de “La libertà e la legge,” filosofi di vario orientamento sono tor riflettere sulle pagine del  torinese, dando vita ad una vera e propria "riscoperta" che sta producendo numerosi frutti e grazie alla quale si va finalmente riconoscendo a Leoni la sua giusta posizione tra i maggiori filosofi del XX secolo. Oggi Leoni non è più considerato semplicisticamente un epigono di Hayek o un semplice ripetitore delle sue tesi.  In questo senso, è interessante rilevare che perfino intellettuali lontani dalle posizioni liberali e libertarian di Leoni avvertano sempre più il carattere innovativo del suo pensiero, che nell'ambito della filosofia del diritto ha saputo offrire una prospettiva alternativa ai modelli kelseniani del normativismo dominante e all'ispirazione social-democratica che ancora prevale all'interno delle scienze sociali. In particolare, mentre nel corso degli ultimi due secoli il diritto è stato ripetutamente identificato con la semplice volontà degli uomini al potere, uno dei contributi maggiori di Leoni è quello di aver indicato un altro modo di guardare alla ‘norma giuridica’, sforzandosi di cogliere ciò che vi è oltre la volontà dei politici e ben oltre la stessa legislazione. Per questa ragione, si guarda alla teoria di Leoni come ad una radicale alternativa rispetto al normativismo formulato da Kelsen, più volte criticato da Leoni.  Quella di Leoni, per giunta, è ancora oggi una proposta teorica talmente liberale da indurre più di uno studioso a parlare di “La liberta e la legge” come di un classico della tradizione libertarian, al cui interno sono racchiuse idee e intuizioni che restiamo ben lontani dall'aver compreso e sviluppato in tutte le loro potenzialità.  Al fine di tenere viva la lezione dell'autore è stato fondato l'Istituto Bruno Leoni, con sedi a Torino e a Milano (animato da Lottieri, Mingardi e Stagnaro), che si propone di affermare, all'interno del dibattito politico-economico, i principii liberali difesi da Leoni stesso e di promuovere la conoscenza del pensiero di Leoni e, in generale, delle teorie liberali e libertarian.  Altre opera: “La dottrina dello Stato, raccolte da F. Boschis e G. Spagna, Pavia, Viscontea, Raffaele De Mucci e Lorenzo Infantino: Soveria Mannelli, Rubbettino); “Filosofia del diritto” raccolte da M. Bagni, Pavia, Viscontea,Lottieri: Soveria Mannelli, Rubbettino).  “La libertà e la legge, InMacerata, Liberilibri); “Scienza politica e teoria del diritto” (Milano, Giuffrè); “Le pretese e i poteri: le radici individuali del diritto e della politica” (Milano, Società Aperta); “La sovranità del consumatore” (Roma, Ideazione);  La libertà del lavoro,  Lottieri, collana IBL “Diritto, Mercato, Libertà”, Treviglio Soveria Mannelli, Leonardo Facco Rubbettino,  “Il diritto come pretesa, Antonio Masala,  Macerata, Liberilibri, Il pensiero politico moderno e contemporaneo, Antonio Masala, Bassani, Macerata, Liberilibri,  Istituto Bruno Leoni, su brunoleoni. L'idea di uno stato privo di coercizioni nella filosofia del diritto di Bruno Leoni  Bruno Leoni, un "austriaco" di adozione  Articolo su l'Unità. Il Luogo dei Ricordi di Osvaldo Quero, su inmiamemoria.com. Tra i pochissimi, in Italia, che hanno continuato a sviluppare le ricerche di Leoni è da ricordare Stoppino.  Per merito di Cubeddu, che ha anche dedicato molti saggi e articoli alla teoria leoniana.  E necessario liberare Leoni dall'ombra di Hayek, rendendo in tal modo possibile una più adeguata valutazione delle sue tesi e del suo originalissimo contributo all'elaborazione di una filosofia del diritto coerente con i principi del liberalismo classico e con i suoi stessi esiti libertari. Masala, Il liberalismo di Leoni, Soveria Mannelli, Rubbettino: la prima monografia su Leoni. Antonio Masala  La teoria politica di Bruno Leoni, Soveria Mannelli, Rubbettino, Lottieri, «Leoni e l'ombra di Hayek. Libertà individuale, common law e Stato moderno», in Antonio Masala, a cura di, La teoria politica di Bruno Leoni, Soveria Mannelli, Rubbettino, Lottieri, Le ragioni del diritto. Libertà individuale e ordine giuridico, Soveria Mannelli, Rubbettino, Il saggio approfondisce il tema di un "libertarismo" non ancora compiutamente espresso in Leoni, ma già ampiamente riconoscibile nelle sue tesi fondamentali. Favaro, Bruno Leoni. Dell'irrazionalità della legge per la spontaneità dell'ordinamento, della Collana “L'Ircocervo. Saggi per una storia filosofica del pensiero giuridico e politico italiano contemporaneo”, Napoli, ESI, Adriano Gianturco Gulisano, Tra positivismo e giusnaturalismo. Il diritto evolutivo, Foedrus. Gulisano, La «teoria empirica» di Leoni. La centralità dell'approccio metodologico, Biblioteca delle liberta. Riscoprire Bruno Leoni, su riscoprire.brunoleoni.com.Bruno Leoni, Bruno Leoni.

 

LEONI. (Spoleto). Filosofo. Grice: “In Italy, they like ‘renaissance men,’ but there’s a peril in that: Leoni was a philosopher and a physician (to Medici) – when he died, Medici did, Leoni was accused of malpractice (poisoning), strangled to death, and thrown into a ditch. Categorie: philosophers in ditch – Thales, Leoni.” Di famiglia aristocratica, studia a Roma. Insegna a Padova e Pisa.  Fu qui che ebbe modo di entrare in contatto con la cerchia di filosofi che gravitavano attorno a Lorenzo de’ Medici, a Firenze. Inizia ad avere contatti e una fitta corrispondenza con Ficino e Pico.  Venne considerato dai suoi contemporanei uno dei più valenti uomini di scienza esistenti all'epoca. I più illustri personaggi e sovrani dell'epoca, come il duca di Calabria, il re di Napoli, Ludovico il Moro, forse anche IInnocenzo VIII, richiesero le sue cure, tanto che divenne il medico personale dello stesso Lorenzo de Medici.  All'indomani della morte di Lorenzo de Medici venne ingiustamente sospettato di essere stato il responsabile del suo avvelenamento, e venne quindi strangolato e gettato in un pozzo il giorno seguente. Diverse fonti dell'epoca  sostengono che il mandante dell'uccisione del Pierleoni fosse stato il figlio di Lorenzo, Piero il Fatuo.  F. Bacchelli, Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in .  Dagli Annali di Ser Francesco Mugnoni da Trevi, trascriz. D.Pietro Pirri (Estratto dall'Archivio per la Storia Ecclesiastica dell'UmbriaI): "Era adpresso del dicto Lorenzo uno excellentissimo et famosissimo medico de grandissima scientia in loica, in filosofia, strologia, nominato magistro Pierleone de leonardo da Spolitj, reputato el più singulare valente homo in dicte scientie che ogie dì viva. Era quisto homo in tanto prezzo adpresso del dicto Lorenzo che, senza quisto clarissimo doctore, non podiva stare. Fo conducto ad Pisa ad legere, ebbe mille ducatj de provisione per anno: poj fo conducto ad Padua, ebbe mille et ducento ducatj per anno. Ad Pisa stecte multi annj ad legere: et similemente ad Padua."  dagli Annali di Ser Francesco Mugnoni da Trevi, trascriz. D.Pietro Pirri (Estratto dall'Archivio per la Storia Ecclesiastica dell'Umbria.  "Lorenzo se amalò, mandò per luj, et andò ad Fiorenza. Era quisto mastro Pierleone de tanta scientia de strologia, che predisse la morte sua essere infra quatro misi in sino ad mezo aprile 1492. Et andò mal voluntierj ad Fiereze del mese de jenaio 1492. Tandem jonto ad Fiorenze trovò Lorenzo stare male: erano lì clarissimj medicj et valentj et excellentj: poj ce venne el medico del duca de Milano: et predisse mastro Perleone la morte de Lorenzo. Ipso non prestò may et non se mestecù in alcuna medicina ne potione sue. Il cronista forse vuol dire che il Leoni non s'ingerì affatto in ciò che riguardava l'assistenza sanitaria dell'infermo, limitando l'opera sua alla pura diagnosi della malattia ed a consultazioni astrologiche. E con ciò vuol, forse, velatamente intendere che niente ebbe a che vedere Pierleone con quelle strane pozioni a base di gemme e perle triturate somministrate da un altro medico, il Piacentino, le quali, attese le lesioni viscerali che tormentavano il paziente, servirono forse ad accelerarne il tracollo) ma solo ipso in consulendo et predicendo. Tandem venendo alla morte Lorenzo, Perino, figliolo del dicto Lorenzo, homo de poca prudentia, reputato homo bestiale et senza prudentia, ordinò che el dicto mastro Perleone fosse morto. Lorenzo era in villa ad uno suo casale, et lì tucto dì stava mastro Perleone. Essendo morto Lorenzo, et lì insino alla sera stando mastro Perleone, volendo tornare luj allu solito loco, fo menato per uno Carlo o vero Alberto martellj ad uno suo casale, et lì fo strangulato dicto mastro Perleone, et buctato in uno pozo. Poj fo retracto et portato in Fierenze, et retenuto el suo corpo con guardia et veneratione assay. Et de tanto tradimento et iniusta morte se ne dolse tucta la ciptà, perché la bona memoria de Lorenzo amava quisto omo più che homo vivesse, et tucti li secretj soj sapiva, savio, sapientissimo et pieno de verità, bontà et integrità."  Nella sua "Storia della Letteratura Italiana" lTiraboschi (Firenze, Molini Landi) riporta fonti dell'epoca, fra cui Scipione Ammirato: "Cavossi voce che egli vi si fosse gittato da se medesimo ma si rinvenne esservi gittato da altri, secondo dice il Cambi, da due famigliari di Lorenzo". Lo stesso testo riporta le affermazioni del Sanazzaro, il quale "non nomina l'autore di questo misfatto. Ma è chiaro abbastanza ch'ei parla di Pietro de Medici, figliuol di Lorenzo", e di Allegretti, storico senese contemporaneo di Pierleoni, che riporta: "Maestro Pier Leone da Spoleto, che lo medicava (si riferisce a Lorenzo) fu gittato in un pozzo, perché fu detto, che l'haveva avvelenato, nientedimeno si concludeva per molti non esser vero."  Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Corti M.: Sannazaro Iacobo. In.: Branca V: Dizionario critico della letteratura italiana .UTET, Torino, Cotta I., Klien F.: I Medici in rete. Olschki, Firenze, Dionisotti C.: Appunti sulle rime del Sannazaro. In: Giornale storico della Letteratura italiana, Mauro A: Opere volgari. Laterza Ed., Bari, Montevecchi A.: Storie fiorentine di Francesco Guicciardini, Rizzoli Ed., Milano, Nibby A.: Analisi storico-topografica-antiquaria della carta de' dintorni di Roma.Tipografia della Belle Arti, Roma, Orio H.: Le iscrittioni poste sotto le vere imagini de gli huomini famosi il lettere. Trad. da Paolo Giovio dal latino in volgare., Torrentino, Firenze, Pesenti T.: Professori e promotori di medicina nello Studio di Padova,  Repertorio bio-bibliografico,Radetti G.: Un'aggiunta alla biblioteca di Pierleone Leoni da Spoleto. In.: Rinascimento: Rivista dell'Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, Firenze, Ranalli F.: Istorie Fiorentine con l'aggiunte di Scipione Ammirato il giovane, Batelli, Firenze, Rotzoll M.: Pierleone da Spoleto: vita e opere di un medico del Rinascimento. Olschki, Firenze. Achille Sansi: Storia del comune di Spoleto dal secolo XII al XVII: seguita da alcune memorie dei tempi posteriori.  Pierleone Leoni, Piero Leoni, Pierleone, Pier Leone.

 

LEOPARDI. (Recanati). Filosofo. Grice: “Oddly, Leopardi’s philosophical semantics is negative; admittedly, he is wedded to the Fido-‘Fido’ theory of meaning, so he thinks, pretty much like the first Vitters, that language is a prison. Man has a need for ‘non-linguistic thought,’ to think without naming – without conceptualizing! The oddest philosophy of language for Italy’s greatest poet, one would first think!”  -- Grice: “One could write a whole dissertation on Leopardi’s implicata – not I My favourite expression would be ‘gli infiniti silenzi’” -- Grice: “While there is a philosophical griceianism, seeing that my theories were stolen by non-philosophers, there is ‘leopardismo filosofico,’ seeing that he wasn’t one!” -- essential Italian philosopher, and founder of a whole movement, ‘leopardismo.’  Il conte Giacomo Leopardi, al battesimo Giacomo Taldegardo Francesco di Sales Saverio Pietro Leopardi (Recanati), filosofo.  È ritenuto il maggior poeta dell'Ottocento italiano e una delle più importanti figure della letteratura mondiale, nonché una delle principali del romanticismo letterario; la profondità della sua riflessione sull'esistenza e sulla condizione umanadi ispirazione sensista e materialistane fa anche un filosofo di spessore. La straordinaria qualità lirica della sua poesia lo ha reso un protagonista centrale nel panorama letterario e culturale europeo e internazionale, con ricadute che vanno molto oltre la sua epoca.  Leopardi, intellettuale dalla vastissima cultura, inizialmente sostenitore del classicismo, ispirato alle opere dell'antichità greco-romana, ammirata tramite le letture e le traduzioni di Mosco, Lucrezio, Epitteto, Luciano ed altri, approdò al Romanticismo dopo la scoperta dei poeti romantici europei, quali Byron, Shelley, Chateaubriand, Foscolo, divenendone un esponente principale, pur non volendo mai definirsi romantico. Le sue posizioni materialistederivate principalmente dall'Illuminismosi formarono invece sulla lettura di filosofi come il barone d'Holbach, Pietro Verri e Condillac, a cui egli unisce però il proprio pessimismo, originariamente probabile effetto di una grave patologia che lo affliggeva ma sviluppatesi successivamente in un compiuto sistema filosofico e poetico. Morì noco prima di compiere 39 anni, di edema polmonare o scompenso cardiaco, durante la grande epidemia di colera di Napoli.  Il dibattito sull'opera leopardiana a partire dal Novecento, specialmente in relazione al pensiero esistenzialista fra gli anni trenta e cinquanta, ha portato gli esegeti ad approfondire l'analisi filosofica dei contenuti e significati dei suoi testi. Per quanto resi specialmente nelle opere in prosa, essi trovano precise corrispondenze a livello lirico in una linea unitaria di atteggiamento esistenziale. Riflessione filosofica ed empito poetico fanno sì che Leopardi, al pari di Schopenhauer, Kierkegaard, Nietzsche e più tardi di Kafka, possa essere visto come un esistenzialista o almeno un precursore dell'Esistenzialismo. Giacomo Leopardi nacque nel 1798 a Recanati, nello Stato pontificio (oggi in provincia di Macerata, nelle Marche), da una delle più nobili famiglie del paese, primo di dieci figli. Quelli che arrivarono all'età adulta furono, oltre a Giacomo, Carlo, Paolina, Luigi, e Pierfrancesco. I genitori erano cugini fra di loro. Il padre, il conte Monaldo, figlio del conte Giacomo e della marchesa Virginia Mosca di Pesaro, era uomo amante degli studi e d'idee reazionarie; la madre, la marchesa Adelaide Antici, era una donna energica, molto religiosa fino alla superstizione, legata alle convenzioni sociali e ad un concetto profondo di dignità della famiglia, motivo di sofferenza per il giovane Giacomo che non ricevette tutto l'affetto di cui sentiva il bisogno.  In conseguenza di alcune speculazioni azzardate fatte dal marito, la marchesa prese in mano un patrimonio familiare fortemente indebitato, riuscendo a rimetterlo in sesto solo grazie a una rigida economia domestica. La rigidità della madre, contrastante con la tenerezza del padre, i sacrifici economici e i pregiudizi nobiliari pesarono sul giovane Giacomo.  Fino al termine dell'infanzia Giacomo crebbe comunque allegro, giocando volentieri con i suoi fratelli, soprattutto con Carlo e Paolina che erano più vicini a lui d'età e che amava intrattenere con racconti ricchi di fervida fantasia.  La formazione giovanile  La casa natale Ricevette la prima educazione, come da tradizione familiare, da due precettori ecclesiastici, il gesuita don Giuseppe Torres fino al 1808 e l'abate don Sebastiano Sanchini fino al 1812, che influirono sulla sua prima formazione con metodi improntati alla scuola gesuitica. Tali metodi erano incentrati non solo sullo studio del latino, della teologia e della filosofia, ma anche su una formazione scientifica di buon livello contenutistico e metodologico. Nel Museo leopardiano a Recanati è conservato, infatti, il frontespizio di un trattatello sulla chimica, composto insieme al fratello Carlo. I momenti significativi delle sue attività di studio, che si svolgono all'interno del nucleo familiare, sono da rintracciare nei saggi finali, nei componimenti letterari da donare al padre in occasione delle feste natalizie, la stesura di quaderni molto ordinati ed accurati e qualche composizione di carattere religioso da recitare in occasione della riunione della Congregazione dei nobili.  Il ruolo avuto dai precettori non impedì, comunque, al giovane Leopardi di intraprendere un suo personale percorso di studi avvalendosi della biblioteca paterna molto fornita (oltre ventimila volumi) e di altre biblioteche recanatesi, come quella degli Antici, dei Roberti e probabilmente da quella di Giuseppe Antonio Vogel, esule in Italia in seguito alla Rivoluzione francese e giunto a Recanati tra il 1806 e il 1809 come membro onorario della cattedrale della cittadina. Compone il sonetto intitolato La morte di Ettore che, come lui stesso scrive nell'Indice delle produzioni di me Giacomo Leopardi dall'anno 1809 in poi, è da considerarsi la sua prima composizione poetica. Da questi anni ha inizio la produzione di tutti quegli scritti chiamati "puerili". La produzione dei "puerili"  Puerili e abbozzi vari Il corpus delle opere cosiddette "puerili" dimostra come il giovane Leopardi sapesse scrivere in latino fin dall'età di nove-dieci anni e padroneggiare i metodi di versificazione italiana in voga nel Settecento, come la metrica barbara di Fantoni, oltre ad avere una passione per le burle in versi dirette al precettore e ai fratelli. Iniziò lo studio della filosofia e due anni dopo, come sintesi della sua formazione giovanile, scrisse le Dissertazioni filosofiche che riguardano argomenti di logica, filosofia, morale, fisica teorica e sperimentale (astronomia, gravitazione, idrodinamica, teoria dell'elettricità, eccetera). Tra queste è nota la Dissertazione sopra l'anima delle bestie. Con la presentazione pubblica del suo saggio di studi che discusse davanti ad esaminatori di vari ordini religiosi ed al vescovo, si può far concludere il periodo della sua prima formazione che è soprattutto di tipo sei-settecentesco ed evidenzia l'amore per l'erudizione oltre che uno spiccato gusto arcadico. Dal 1809 al 1816 Leopardi si immerse totalmente in uno "studio matto e disperatissimo"[29][30], espressione da lui stesso coniata, che assorbì tutte le sue energie e che recò gravi danni alla sua salute. Apprese perfettamente il latino (sebbene si considerasse sempre "poco inclinato a tradurre" da questa lingua in italiano) e, senza l'aiuto di maestri, il greco. Seppure in modo più sommario apprese anche altre lingue: l'ebraico, il francese, l'inglese, lo spagnolo e il tedesco (nello Zibaldone si trovano inoltre cenni ad altre lingue antiche, come il sanscrito). Nel frattempo, nel 1812 cessa la formazione dell'abate Sanchini, il quale ritenne inutile continuare la formazione del giovane che ne sapeva ormai più di lui. Risalgono a questi anni la Storia dell'astronomia del 1813, il Saggio sopra gli errori popolari degli antichi del 1815, diversi discorsi su scrittori classici, alcune traduzioni poetiche, alcuni versi e tre tragedie, mai rappresentate durante la sua vita, La virtù indiana, Pompeo in Egitto e Maria Antonietta (rimasta incompiuta).[36]  Per quanto riguarda la compilazione della Storia dell'astronomia Leopardi si avvalse di numerose fonti: il testo di base fu sicuramente la Storia dell’astronomia di Bailly, ridotta in compendio dal signor Francesco Milizia, a partire dalle Histoires del celebre astronomo francese Jean Sylvain Bailly.[37] L'opera, pubblicata nel 1791, terminava con la scoperta del pianeta Urano da parte di Herschel. Invece il lavoro di Leopardi presenta ulteriori aggiornamenti, come ad esempio la scoperta di Cerere, Pallade, Giunone e della cometa del 1811.[Per l'elaborazione del suo testo, Leopardi fece uso, anche, dell’Abrégé d’astronomie di Jérôme Lalande (presente nella biblioteca di casa Leopardi nell’edizione del 1775), del Dictionnaire de Physique di Aimé-Henri Paulian[38] e delle storie di matematica inserite nel Tacquet e nel Wolff. Inoltre Leopardi adoperò diverse opere generali come la Storia della letteratura italiana di Girolamo Tiraboschi, gli Scrittori d’Italia di Mazzuchelli e varie raccolte biografiche di alcuni ordini religiosi: Wadding per i francescani, Quétif e Échard per i domenicani e così via. L'elenco di questi testi dimostra l’erudizione raggiunta dal giovane Leopardi.[37]  Nella Storia dell'astronomia Leopardi lasciò anche trasparire i limiti del suo interesse per la matematica. Nulla, probabilmente sapeva a proposito dei logaritmi (ai quali invece il Bailly-Milizia aveva dedicato due pagine illustratrici), e sull'argomento si limitò a scrivere che «Enrico Briggs (...) avendo udita la invenzione de’ logaritmi fatta da Giovanni Neper» aveva pubblicato un’opera al riguardo. Probabilmente infatti Leopardi non studiò mai i logaritmi, così come si arrestò alla geometria cartesiana e al calcolo differenziale.  Iniziò nello stesso periodo anche le prime pubblicazioni e lavorò alle traduzioni dal latino e dal greco, dimostrando sempre di più il suo interesse per l'attività filologica. Sono questi anche gli anni dedicati alle traduzioni dal latino e dal greco, corredate di discorsi introduttivi e di note, tra i quali gli Scherzi epigrammatici, tradotti dal greco del 1814 e pubblicati in occasione delle nozze Santacroce-Torre dalla Tipografia Frattini di Reca 1816, la Batracomiomachia nel 1815 e pubblicata su «Lo Spettatore italiano» il 30 novembre 1816, gli idilli di Mosco, il Saggio di traduzioni dell'Odissea, la Traduzione del libro secondo dell'Eneide, il Moretum (un poemetto pseudo-virgiliano), e la Titanomachia di Esiodo, pubblicata su «Lo Spettatore italiano» il 1º giugno 1817.[39]  La conversione letteraria: dall'erudizione al bello Tra Si avverte in Leopardi un forte cambiamento, frutto di una profonda crisi spirituale, che lo porterà ad abbandonare l'erudizione per dedicarsi alla poesia. Egli si rivolge, pertanto, ai classici non più come ad arido materiale adatto a considerazioni filologiche, ma come a modelli di poesia da studiare. Seguiranno le letture di autori moderni come Alfieri, Parini,[40] Foscolo e Vincenzo Monti, che serviranno a maturare la sua sensibilità romantica.[41] Ben presto egli legge I dolori del giovane Werther di Goethe, le opere di Chateaubriand, di Byron, di Madame de Staël. In questo modo Leopardi inizia a liberarsi dall'educazione paterna accademica e sterile, a rendersi conto della ristrettezza della cultura recanatese ed a porre le basi per liberarsi dai condizionamenti familiari. Appartengono a questo periodo alcune poesie significative come Le Rimembranze, L'Appressamento della morte e l'Inno a Nettuno, nonché la celebre e non pubblicata Lettera ai compilatori della Biblioteca Italiana, indirizzata nel luglio 1816 ai redattori della rivista milanese, in risposta alla lettera Sulla maniera e utilità delle traduzioni di Madame de Staël, apparsa sul primo numero, nel gennaio dello stesso anno. Destinato dal padre alla carriera ecclesiastica per la sua fragile salute, rifiuterà di intraprendere questa strada.Nel 1815-1816 Leopardi fu colpito da alcuni seri problemi fisici di tipo reumatico e disagi psicologici che egli attribuì almeno in partecome la presunta scoliosiall'eccessivo studio, isolamento ed immobilità in posizioni scomode delle lunghe giornate passate nella biblioteca di Monaldo.[43] La malattia esordì con affezione polmonare e febbre e in seguito gli causò la deviazione della spina dorsale (da cui la doppia "gobba"), con dolore e conseguenti problemi cardiaci, circolatori, gastrointestinali (forse colite ulcerosa o malattia di Crohn) e respiratori (asma e tosse), una crescita stentata, problemi neurologici alle gambe (debolezza, parestesia con freddo intenso[44]), alle braccia ed alla vista, disturbi disparati e stanchezza continua; nel 1816 Leopardi era convinto di essere sul punto di morire.[45]  Il marchese Filippo Solari di Loreto scrive poco dopo a Monaldo Leopardi: «L'ho lasciato sano e dritto, lo trovo dopo cinque anni consunto e scontorto, con avanti e dietro qualcosa di veramente orribile.»  Egli stesso si ispira a questi seri problemi di salute, di cui parlerà anche a Pietro Giordani, per la lunga cantica L'appressamento della morte[46][47][48] e, anni dopo, per Le ricordanze, in cui ripensa a questo e definisce la sua malattia come un "cieco malor", cioè un male di non chiara origine, che gli fa pensare al suicidio assieme all'angusto ambiente: «Mi sedetti colà su la fontana / Pensoso di cessar dentro quell'acque / La speme e il dolor mio. Poscia, per cieco / Malor, condotto della vita in forse, / Piansi la bella giovanezza, e il fiore / De' miei poveri dì, che sì per tempo / Cadeva...[49]»  L'ipotesi più accreditata per lungo tempo (diffusa già nel XIX secolo e sostenuta da medici di Recanati e da Pietro Citati) è che Leopardi soffrisse della malattia di Pott (gli studiosi scartano la diagnosi dell'epoca, più volte riproposta anche nel Novecento, di una normale scoliosi dell'età evolutiva), cioè tubercolosi ossea o spondilite tubercolare[51], oppure dalla spondilite anchilosante giovanile (secondo ErikSganzerla), una sindrome reumatica autoimmune che porta a una progressiva ossificazione dei legamenti vertebrali con deformazione e rigidità del rachide, uniti ad ampi disturbi infiammatori sistemici, oculari e neurologici-compressivi in casi gravi, il tutto unitamente a problemi nervosi. Alcune di queste sindromi hanno predisposizione genetica, derivabile dal matrimonio tra consanguinei dei genitori. Tutti i fratelli Leopardi furono deboli di salute, con l'eccezione di Carlo, forse però sterile, e Paolina, la quale presentava solo una leggera asimmetria del viso. Pietro Citati afferma che avesse anche dei disturbi urinari e di probabile impotenza, e sarebbero stati questi, più che l'aspetto fisico (a cui poteva ovviare essendo un nobile benestante) la causa del suo rapporto difficile con le donne e la sessualità.[57]  Nel decennio seguente l'apparire dei disturbi, alcuni medici fiorentini, come altri medici consultati in gioventù, a parte la deformità fisica asserirannoprobabilmente in maniera erroneache numerosi disturbi del Leopardi erano dovuti a neurastenia di origine psicologica (sempre in questo periodo comincia a soffrire di crisi depressive che taluni attribuiscono all'impatto psicologico della malattia fisica), come lui stesso a tratti sostenne, anche contro il parere di numerosi dottori.  «Ma io non aveva appena vent’anni, quando da quella infermità di nervi e di viscere, che privandomi della mia vita, non mi dà speranza della morte, quel mio solo bene mi fu ridotto a meno che a mezzo; poi, due anni prima dei trenta, mi è stato tolto del tutto, e credo oramai per sempre.»  (Lettera dedicatoria dei Canti, agli amici di Toscana, 1831) Secondo il neurologo Sganzerla, propositore della tesi sulla spondilite al posto della tubercolosi, Leopardi non mostrava invece alcun segno di vera depressione psicotica, sfatando il mito sostenuto da Citati e dai lombrosiani come Patrizi e Sergi. Queste patologie comunque, se non condizionarono il suo pensiero in maniera diretta (come ribadito spesso da Leopardi), influenzarono comunque il suo pessimismo filosofico e lo spinsero a indagare le cause della sofferenza umana e il significato della vita da una prospettiva originale, divenendo, come affermato dal critico Sebastiano Timpanaro, "un formidabile strumento conoscitivo".  Magnifying glass icon mgx2.svg Pensiero e poetica di Giacomo Leopardi § La malattia come strumento conoscitivo. La conversione filosofica: dal bello al vero Dopo il primo passo verso il distacco dall'ambiente giovanile e con la maturazione di una nuova ideologia e sensibilità che lo portò a scoprire il bello in senso non arcaico, ma neoclassico, si annuncia nel 1819 quel passaggio dalla poesia di immaginazione degli antichi alla poesia sentimentale che il poeta definì l'unica ricca di riflessioni e convincimenti filosofici.[62]  I mutamenti profondi del 1817 e la "teoria del piacere"  Busto di Giacomo Leopardi op. 1 o delle "Rimembranze", uno dei due busti del poeta di Michele Tripisciano, esposto nel museo Tripisciano di Caltanissetta Il 1817 fu per Leopardi, che giunto alle soglie dei diciannove anni aveva avvertito, in tutta la sua intensità, il peso dei suoi mali e della condizione infelice che ne derivava, un anno decisivo che determinò nel suo animo profondi mutamenti. Consapevole ormai del suo desiderio di gloria ed insofferente dell'angusto confine in cui, fino a quel momento, era stato costretto a vivere, sentì l'urgente desiderio di uscire, in qualche modo, dall'ambiente recanatese. Gli avvenimenti seguenti incideranno sulla sua vita e sulla sua attività intellettuale in modo determinante.[63]  In questo periodo è anche la prima formulazione della "teoria del piacere", una concezione filosofica postulata da Leopardi nel corso della sua vita. La maggior parte della teorizzazione di tale concezione è contenuta nello Zibaldone, in cui il poeta cerca di esporre in modo organico la sua visione delle passioni umane. Il lavoro di sviluppo del pensiero leopardiano in questi termini avviene dal 12 al 25 luglio 1820. Sempre nel 1817 egli scrisse al classicista Pietro Giordani che aveva letto la traduzione leopardiana del II libro dell'Eneide e, avendo compreso la grandezza del giovane, lo aveva incoraggiato. Ebbero inizio così una fitta corrispondenza ed un rapporto di amicizia che durerà nel tempo.[65] In una delle prime lettere scritte al nuovo amico, datata 30 aprile 1817, il giovane Leopardi sfogherà il suo malessere non con atteggiamento remissivo, ma polemico ed aggressivo:  «Mi ritengono un ragazzo, e i più ci aggiungono i titoli di saccentuzzo, di filosofo, di eremita, e che so io. Di maniera che s'io m'arrischio di confortare chicchessia a comprare un libro, o mi risponde con una risata, o mi si mette in sul serio e mi dice che non è più quel tempo [...] Unico divertimento in Recanati è lo studio: unico divertimento è quello che mi ammazza: tutto il resto è noia»  Egli vuole uscire da quel "centro dell'inciviltà e dell'ignoranza europea" perché sa che al di fuori c'è quella vita alla quale egli si è preparato ad inserirsi con impegno e con studio profondo.[65]  Nell'estate 1817 fissa le prime osservazioni all'interno di un diario di pensiero che prenderà poi il nome di Zibaldone, in dicembre si innamorerà della cugina, provando per la prima volta il sentimento d'amore. Pietro Giordani riconosce l'abilità di scrittura di Leopardi e lo incita a dedicarsi alla scrittura; inoltre lo presenta all'ambiente del periodico «Biblioteca Italiana» e lo fa partecipare al dibattito culturale tra classicisti e romantici. Leopardi difende la cultura classica e ringrazia Dio di aver incontrato Giordani che reputa l'unica persona che riesce a comprenderlo.[65]  Il primo amore «Oimè, se quest'è amor, com'ei travaglia!»  (Il primo amore, v.3)  Geltrude Cassi Lazzari con i figli, illustrazione di Giuseppe Chiarini per la Vita di Giacomo Leopardi (1905) Nel luglio del 1817 il Leopardi iniziò a compilare lo Zibaldone, nel quale registrerà fino al 1832 le sue riflessioni, le note filologiche e gli spunti di opere. Lesse la vita di Alfieri e compilò il sonetto "Letta la vita scritta da esso" che toccava i temi della gloria e della fama.[66] Alla fine del 1817 un altro avvenimento lo colpì profondamente: l'incontro, nel dicembre dello stesso anno, con Geltrude Cassi Lazzari, una cugina di Monaldo, che fu ospite presso la famiglia per alcuni giorni e per la quale provò un amore inespresso. Scrisse in questa occasione il "Diario del primo amore" e l'"Elegia I" che verrà in seguito inclusa nei "Canti" con il titolo "Il primo amore".[65][67]  Una presa di posizione anti-romantica Fra il 1816 e il 1818 la posizione di Leopardi verso il Romanticismo, che stava suscitando in quegli anni forti polemiche ed aveva ispirato la pubblicazione del Conciliatore, va maturando e se ne possono avvertire le tracce in numerosi passi dello Zibaldone ed in due saggi, la Lettera ai Sigg. compilatori della "Biblioteca italiana", scritta nel 1816 in risposta a quella di Madama la baronessa di Staël, ed il Discorso di un italiano attorno alla poesia romantica, scritto in risposta alle Osservazioni di Di Breme sul Giaurro di Byron[68]. Le due opere mostrano l'avversione, sul piano più strettamente concettuale, al Romanticismo. La posizione di Leopardi rimane fondamentalmente montiana e neoclassica. Tuttavia, come si vedrà, quello che professava sulla pagina critica si rivelerà, poi, profondamente diverso dai risultati ottenuti nella poesia dove i temi e lo spirito saranno, invece, perfettamente in sintonia con la mentalità romantica. Aveva, intanto, scritto le due canzoni ispirate a motivi patriottici All'Italia e Sopra il monumento di Dante che stanno ad attestare il suo spirito liberale e la sua adesione a quel tipo di letteratura di impegno civile che aveva appreso dal Giordani. Il suo materialismo ateo si pone in contrapposizione al Romanticismo cattolico predominante, dal quale lo separavano notevolmente anche il suo rifiuto di ogni speranza di progresso nella conquista della libertà politica e dell'unità nazionale, la sua mancanza di interesse per una visione storicistica del passato e per le esigenze di popolarità e di realismo nei contenuti e nella lingua.[70]  La prima fase dell'ideologia leopardiana «E il naufragar m'è dolce in questo mare.»  (Giacomo Leopardi, L'infinito, v.15) Nel 1819 si riacutizzarono i problemi agli occhi.Tra il luglio e l'agosto progettò la fuga e cercò di procurarsi un passaporto per il Lombardo-Veneto, da un amico di famiglia, il conte Saverio Broglio d'Ajano, ma il padre lo venne a sapere e il progetto di fuga fallì.[72] Fu nei mesi di depressione che seguirono che il Leopardi elaborò le prime basi della sua filosofia e, riflettendo sulla vanità delle speranze e l'ineluttabilità del dolore, scoprì la nullità delle cose e del dolore stesso. Iniziò intanto la composizione di quei canti che verranno in seguito pubblicati con il titolo di Idilli e scrisse L'infinito, La sera del dì di festa, Alla luna (originariamente, i titoli di queste ultime erano La sera del giorno festivo e La ricordanza), La vita solitaria, Il sogno, Lo spavento notturno. Sono i cosiddetti "primi idilli" o "piccoli idilli". Qui confluirono i rimpianti per la giovinezza perduta e la presa di coscienza dell'impossibilità di essere felici.Nell'autunno del 1822 ottenne dai genitori il permesso di recarsi a Roma, dove rimase dal novembre all'aprile dell'anno successivo, ospite dello zio materno, Carlo Antici. A Leopardi Roma apparve squallida e modesta[74] al confronto con l'immagine idealizzata che egli si era figurata studiando i classici. Lo colpirono la corruzione della Curia e l'alto numero di prostitute che gli fece abbandonare l'immagine idealizzata della donna, come scrive in una lettera al fratello Carlo del 6 dicembre.[75]  Rimase invece entusiasta della tomba di Torquato Tasso, al quale si sentiva accomunato dall'innata infelicità (verso il Tasso, che renderà protagonista di una delle Operette morali, sarà debitore a livello stilistico e nella scelta di alcuni nomi più famosi dei suoi componimenti, come Nerina e Silvia,[76] tratti dall'Aminta). Nell'ambiente culturale romano Leopardi visse isolato e frequentò solamente studiosi stranieri, tra cui i filologi Christian Bunsen (poi ministro del regno di Prussia e fondatore dell'Istituto di Archeologia a Roma) e Barthold Niebuhr; quest'ultimo si interessò per farlo entrare nella carriera dell'amministrazione pontificia, ma Leopardi rifiutò. Nell'aprile del 1823 Leopardi ritornò a Recanati dopo aver constatato che il mondo al di fuori di esso non era quello sperato. Tornato a Recanati, Leopardi si dedicò alle canzoni di contenuto filosofico o dottrinale e, tra il gennaio e il novembre del 1824, compose buona parte delle Operette morali.[78]  Lontano da Recanati: Milano, Bologna, Firenze, Pisa Nel 1825 il poeta, invitato dall'editore Antonio Fortunato Stella, si recò a Milano con l'incarico di dirigere l'edizione completa delle opere di Cicerone ed altre edizioni di classici latini e italiani. A Milano, però, egli non rimase a lungo perché il clima gli era dannoso alla salute e l'ambiente culturale, troppo polarizzato intorno al Monti, gli recava noia.[79]   Ritratto di Leopardi a metà degli anni '30, da alcuni indicato come una realistica proto-fotografia, probabilmente una riproduzione in eliografia (o altri tipi) di un'incisione; in alternativa realizzata con la tecnica della camera oscura da artista: tramite bulino oppure immagine fissata secondo il metodo di Joseph Nicéphore Niépce (sali d'argento o bitume e lunga esposizione).[80] Recanati, casa Leopardi. Decise, così, di trasferirsi a Bologna dove visse (al numero 33 di via Santo Stefano), tranne una breve permanenza a Recal'inverno del 1827, sino al giugno di quello stesso anno mantenendosi con l'assegno mensile dello Stella e dando lezioni private. Nell'ambiente bolognese Leopardi conobbe il conte Carlo Pepoli, patriota e letterato, al quale dedicò un'epistola in versi intitolata Al conte Carlo Pepoli che lesse il 28 marzo 1826 nell'Accademia dei Felsinei. Nell'autunno iniziò a compilare, per ordine di Stella, una "Crestomazia", antologia di prosatori italiani dal Trecento al Settecento che venne pubblicata nel 1827 alla quale fece seguito, l'anno successivo, una "Crestomazia" poetica. A Bologna conobbe anche la contessa Teresa Carniani Malvezzi, della quale si innamorò senza essere corrisposto. Leopardi frequentò i Malvezzi per quasi un anno, ma poi la donna lo allontanò spinta anche dal marito, mal tollerante del fatto che il poeta si trattenesse con la moglie fino alla mezzanotte.Leopardi si sfoga in una lettera ad un corrispondente, usando parole molto dure verso di lei. Uscivano intanto presso Stella le sue Operette morali. Frequentò anche la casa del medico Giacomo Tommasini e strinse amicizia con la moglie Antonietta, patriota, e la figlia Adelaide (coniugata Maestri), sue ammiratrici,[84][85] con la famiglia Brighenti e la cantante modenese Rosa Simonazzi Padovani.[86]   Leopardi in un ritratto postumo del 1845 (olio su tavola), commissionato da Antonio Ranieri nel 1842 al giovane pittore Domenico Morelli sulla base della maschera mortuaria[87], del ritratto di Leopardi sul letto di morte di Angelini e delle descrizioni fisiche fatte da Ranieri, da Paolina, sorella di quest'ultimo; Morelli vi lavorò per molto tempo, a causa delle insistenze di Ranieri sui particolari, ma alla fine il quadro venne ritenuto, dal Ranieri stesso e da altri testimoni, come il più fedele e realistico dei ritratti di Leopardi, con l'aspetto che aveva verso la fine della sua vita, soprattutto nei tratti del volto, oltre che il vestiario e l'acconciatura che portava negli anni napoletani; i critici hanno però argomentato che sia un ritratto comunque "idealizzato", in quanto Morelli (quattordicenne nel 1837) non vide mai Leopardi dal vivo, ma solo nella maschera mortuaria in gesso e nei ritratti eseguiti da altri.[88] Nel giugno dello stesso anno si trasferì a Firenze, dove conobbe il gruppo di letterati appartenenti al circolo Vieusseux tra i quali Gino Capponi,[89] Giovanni Battista Niccolini (amico e corrispondente di Ugo Foscolo allora esiliato a Londra[90]), Pietro Colletta, Niccolò Tommaseo ed anche il Manzoni, che si trovava a Firenze per rivedere dal punto di vista linguistico i suoi Promessi Sposi. Divenne amico particolarmente del Colletta, ma fu in buoni rapporti anche con Capponi e Manzoni, sebbene quest'ultimo non condividesse le idee di Leopardi. Fu invece conflittuale il rapporto col Tommaseo, cattolico liberale, ma fortemente avverso al razionalismo ed al materialismo, il quale giunse a provare una forte avversione per Leopardi, attaccandolo ripetutamente su vari giornali (anche se riconosceva l'abilità stilistica nella prosa); Tommaseo arrivò a denigrare Leopardi per il suo aspetto fisico (cosa che farà, però solo in lettere private rivolte ad altri, anche il Capponi stesso irritato per la Palinodia[91]).Leopardi risponderà nel 1836 con un epigramma diretto contro Tommaseo, oltre che nell'ottava strofa della detta Palinodia. Al marchese Gino Capponi. Nel novembre del 1827 si recò a Pisa, dove rimase fino alla metà del 1828. Qui strinse un'affettuosa amicizia con la giovane cognata del padrone del pensionato, Teresa Lucignani (1807-1897), a cui dedicò una breve lirica rimasta a lungo inedita. Grazie all'inverno mite, la sua salute migliorò e Leopardi tornò alla poesia, che taceva dal 1823 (con l'eccezione della poco riuscita epistola in versi Al conte Carlo Pepoli e del Coro di lo studio di Federico Ruysch contenuto nel Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie delle Operette morali); compose la canzonetta in strofe metastasiane Il Risorgimento e il canto A Silvia (figura forse ispirata, secondo i critici che si basano su appunti dello Zibaldone e dichiarazioni del fratello Carlo[96], alla figlia del cocchiere di Monaldo, morta giovane, Teresa Fattorini), inaugurando il periodo creativo detto dei Canti "pisano-recanatesi", chiamati anche "grandi idilli", in cui il poeta si cimenta nella cosiddetta canzone libera o leopardiana, il cui primo sperimentatore era stato Alessandro Guidi, dalla cui lettura ne era venuto a conoscenza.[97] «Vaghe stelle dell'orsa, io non credea tornare ancor per uso a contemplarvi»  (Le ricordanze, vv.1-2) Il periodo di benessere era finito ed il poeta, colpito nuovamente dalle sofferenze e dall'aggravarsi del disturbo agli occhi, fu costretto a sciogliere il contratto con Stella[98] e già durante l'estate del '28 si recò a Firenze nella speranza di riuscire a vivere in modo indipendente. Chiese aiuto ad alcuni amici: Tommasini,il più bello, gli propose una cattedra di Mineralogia e Zoologia a Milano, ma il compenso era troppo basso e la materia poco consona alle conoscenze di Leopardi; Bunsen gli offrì la possibilità di una cattedra a Bonn o Berlino, ma il poeta dovette subito declinare l'invito, poiché il clima tedesco era troppo rigido e freddo per la sua salute malferma. Leopardi allora progettò di mantenersi con un lavoro qualsiasi, ma le sue condizioni di salute non gli permisero nemmeno questo e fu quindi costretto a ritornare a Recanati, dove rimase fino al 1830. In questi «sedici mesi di notte orribile»[99] Leopardi si dedicò nuovamente alla poesia e scrisse alcune delle sue liriche più importanti, tra cui Le ricordanze (la cui ultima parte è dedicata ad una giovane recanatese morta poco prima, Maria Belardinelli, da Leopardi chiamata Nerina), La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio, Il passero solitario (forse su un abbozzo giovanile) e il Canto notturno di un pastore errante dell'Asia.[100] Queste poesie, a lungo denominate dai critici "grandi idilli" o anche "secondi idilli", sono ora conosciute, insieme ad A Silvia anche come "canti pisano-recanatesi".  In questo periodo l'insofferenza per la sua città natale, da lui definita "natio borgo selvaggio"[102], aumenta, proporzionalmente all'avversione per i recanatesi (gente zotica, vil), che lo ritenevano un intellettuale superbo, tanto che anche i ragazzini del paese, secondo testimonianze postume, cantavano in sua presenza canzoncine denigranti del tipo: "Gobbus esto / fammi un canestro, / fammelo cupo / gobbo fottuto".[104]  A Firenze dal 1830 al 1833 «Perì l'inganno estremo, ch'eterno io mi credei.»  (A se stesso, vv.2-3)  Fanny Targioni Tozzetti Intanto, nell'aprile del 1830, il Colletta, al quale il poeta scriveva della sua vita infelice, gli offrì, grazie ad una sottoscrizione degli "amici di Toscana",[105] l'opportunità di tornare a Firenze, dove il 27 dicembre 1831 fu eletto socio dell'Accademia della Crusca[106]. Per mantenersi accettò la sottoscrizione e progettò un giornale che avrebbe curato quasi da solo, Lo spettatore fiorentino, ma che non realizzerà a causa della burocrazia e del timore della censura. Nello stesso 1831 a Firenze curò un'edizione dei "Canti", partecipò ai convegni dei liberali fiorentini e strinse infine una salda amicizia col giovane esule napoletano Antonio Ranieri, futuro senatore del Regno d'Italia, che durerà fino alla morte. Nel 1831, grazie alla fama di personalità liberale, fu eletto deputato dell'assemblea del governo provvisorio di Bologna (sorto dai moti del 1831), su designazione del Pubblico Consiglio di Recanati, ma non fa in tempo ad accettare la nomina (peraltro mai richiesta) che gli austriaci restaurano il governo pontificio. I genitori decidono infine di concedergli un modesto assegno mensile che gli permette di sopravvivere; Leopardi accetta ma, reputandolo umiliante, decide di non tornare mai più a Recanati.[107] Risale sempre a questo periodo la forte passione amorosa per Fanny Targioni Tozzetti (terzo e ultimo amore secondo i biografi, dopo la Cassi Lazzari e la Malvezzi), moglie del medico fiorentino Antonio Targioni Tozzetti e forse amante di Ranieri, conclusasi in una delusione, che gli ispirò il cosiddetto "ciclo di Aspasia", una raccolta di poesie scritte tra il 1831 e il 1835 e che contiene: Il pensiero dominante, Amore e morte, Consalvo (in cui l'amore è visto ancora positivamente), la drammatica e scarna A se stesso e Aspasia. In questa raccolta si manifestò il Leopardi più disilluso e disperato, orfano anche di quella tristezza nostalgica degli Idilli, nella perdita dell'ultima illusione che gli era rimasta, quella dell'amore (l'inganno estremo).[108] Aspasia, seppur piena di rancore e sarcasmo contro Fanny, è considerata l'unica poesia d'amore (seppur per un amore ormai finito) scritta per una donna che egli frequentò realmente e intimamente, anche se solo in maniera romantica e intellettiva (per parte di lui; lei lo descrisse sempre come un amico e dopo la morte come una persona "disgraziata" a cui non voleva dare alcuna illusione); tuttavia nei primi versi, contenenti la descrizione fisica e caratteriale della Targioni, presentata come una "donna fatale", si nota anche una tensione erotica molto rara in Leopardi, il quale ribadisce ripetutamente il fascino esteriore esercitato dalla nobildonna. L'identificazione della donna con l'Aspasia poetica è data, più che dalle lettere di Leopardi, dalle affermazioni di Ranieri nei Sette anni di sodalizio e da alcune lettere tra lui e la Targioni Tozzetti. Tuttavia, se Aspasia accenna anche a toni polemici e misogini, in cui Leopardi si dice felice di essersi perlomeno liberato della dipendenza affettiva verso l'amica, che descrive quasi come un servilismo morale di cui si vergogna, un "giogo" ormai spezzato[112], in una lettera a Fanny dei primi tempi si scorgono invece le riflessioni sull'amore e la morte del periodo, che trovano l'esatta corrispondenza con alcuni versi di Consalvo e con Amore e morte: «E pure certamente l'amore e la morte sono le sole cose belle che ha il mondo, e le sole solissime degne di essere desiderate. Pensiamo, se l'amore fa l'uomo infelice, che faranno le altre cose che non sono né belle né degne dell'uomo. Ranieri da Bologna mi aveva chiesto più volte le vostre nuove: gli spedii la vostra letterina subito ierlaltro. Addio, bella e graziosa Fanny. Appena ardisco pregarvi di comandarmi, sapendo che non posso nulla. Ma se, come si dice, il desiderio e la volontà danno valore, potete stimarmi attissimo ad ubbidirvi. Ricordatemi alle bambine, e credetemi sempre vostro.»  (Lettera da Roma, 6 agosto 1832) «Due cose belle ha il mondo: / amore e morte. All'una il ciel mi guida / in sul fior dell'età; nell'altro, assai / fortunato mi tengo.»  (Consalvo, vv. 102) Lo spostamento del Consalvo nei Canti molto precedenti al ciclo, avvenuto dall'edizione napoletana, ha fatto pensare che il personaggio di Elvira sia ispirato anche a Teresa Carniani Malvezzi e non solo a Fanny.[113][114] Per circa 4 anni frequenta molto spesso casa Targioni, cercando di avvicinarsi alla padrona di casa procurandole moltissimi autografi di scrittori e personaggi famosi, che lei collezionava. In questo periodo Leopardi diviene amico anche della contessa Carlotta Lenzoni de' Medici di Ottajano, affascinata dalla grandezza intellettuale del poeta e conosciuta nel 1827, ma poi se ne allontanò. Secondo un'opinione minoritaria, la donna descritta negativamente come Aspasia sarebbe stata la Lenzoni.[116]  Nell'autunno del 1831 si recò a Roma con Ranieri per ritornare a Firenze nel 1832 e nel corso di questo anno scrisse i due ultimi dialoghi delle "Operette", Il Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere e il Dialogo di Tristano e di un amico.[117] Continuò a corrispondere epistolarmente per un periodo con la Targioni Tozzetti, seppure in maniera più fredda e distaccata. Quando Ranieri tornò a Napoli, tra i due iniziò una fitta corrispondenza che ha fatto a taluni ritenere che tra Leopardi e Ranieri vi fosse un rapporto amoroso. Pietro Citati però precisa che si sarebbe trattato di un semplice e intenso affetto "platonico" assai diffuso nel XIX secolo, senza traccia di omosessualità, come quello rivolto a suo tempo al Giordani.[124] In una di queste lettere il poeta scrive a Ranieri:   Antonio Ranieri, tra gli anni '40 e '60 «Ranieri mio, tu non mi abbandonerai però mai, né ti raffredderai nell'amarmi. Io non voglio che tu ti sacrifichi per me, anzi desidero ardentemente che tu provvegga prima d'ogni cosa al tuo benessere; ma qualunque partito tu pigli, tu disporrai le cose in modo che noi viviamo l'uno per l'altro, o almeno io per te, sola ed ultima mia speranza. Addio, anima mia. Ti stringo al mio cuore, che in ogni evento possibile e non possibile, sarà eternamente tuo.[125]»  Nel settembre del 1833 Leopardi, dopo aver ottenuto il modesto assegno dalla famiglia, partì per Napoli con Ranieri sperando che il clima mite di quella città potesse giovare alla sua salute. Sugli anni a Napoli, Antonio Ranieri dichiarò:  «Quivi Leopardi, mentre che io, lasciatone il mio antico letto, dormiva in una camera non mia (cosa che, nelle consuetudini del paese, massime in quei tempi, toccava quasi lo scandalo), per dormire accanto a lui, ebbe, una notte, la strana allucinazione, che la signora di casa avesse fatto disegno sopra una sua cassetta, nella quale egli non riponeva mai altro che non nettissimi arnesi da ravviare i capelli, e le cesoie [...][126]»  Pare infatti che la padrona di casa volesse cacciarli, per timore che Leopardi fosse portatore di tubercolosi polmonare infettiva e lui stesso sosteneva, invece, che la donna volesse rubargli oggetti di sua proprietà, mentre Ranieri credeva che soffrisse di paranoie, e non ci faceva caso. Nell'aprile 1834 Leopardi ricevette visita da August von Platen, che nel suo diario scrisse:  (DE) «Leopardi ist klein und bucklicht, sein Gesicht bleich und leidend er den Tag zur Nacht macht und umgekehrt führt er allerdings ein trauriges Leben. Bei näherer Bekanntschaft verschwindet jedoch alles [...] die Feinheit seiner klassischen Bildung und das Gemütliche seines Wesens nehmen für ihn ein.[128]» «Leopardi è piccolo e gobbo, il viso ha pallido e sofferente fa del giorno notte e viceversa conduce una delle più miserevoli vite che si possano immaginare. Tuttavia, conoscendolo più da vicino [...] la finezza della sua educazione classica e la cordialità del suo fare dispongon l'animo in suo favore.[130]»   Busto del poeta presente a Villa Doria d'Angri Intanto le Operette morali subirono una nuova censura da parte delle autorità borboniche, a cui seguirà la messa all'Indice dei libri proibiti dopo la censura pontificia, a causa delle idee materialiste esposte in alcuni "dialoghi". Leopardi così ne parlava in una lettera a Luigi De Sinner: «La mia filosofia è dispiaciuta ai preti, i quali e qui e in tutto il mondo, sotto un nome o sotto un altro, possono ancora e potranno eternamente tutto». Durante gli anni trascorsi a Napoli si dedicò alla stesura dei Pensieri, che raccolse probabilmente tra il 1831 e il 1835 riprendendo molti appunti già scritti nello Zibaldone, e riprese i Paralipomeni della Batracomiomachia che, iniziati nel 1831, aveva interrotto. A quest'ultima opera lavorò, assistito dal Ranieri, fino agli ultimi giorni di vita. Di quest'opera incompiuta, in ottave, ampiamente influenzata sia dallo pseudo Omero della Batracomiomachia, (che già Leopardi aveva tradotta in gioventù, e di cui continua la trama) che dal poema Gli animali parlanti di Giovanni Battista Casti, rimane autografo il solo primo canto. Ranieri affermò sempre che gli altri, di sua mano, furono scritti sotto dettatura del Leopardi. Le ultime ottave sarebbero state dettate da Leopardi morente poco dopo aver terminato l'ultima poesia, Il tramonto della luna. Qualche dubbio può nascere, se si pensa che Ranieri investì soldi dopo la morte del poeta per farli pubblicare come autentici, con poco successo finanziario. Nel 1836, quando a Napoli scoppiò l'epidemia di colera, Leopardi si recò con Ranieri e la sorella di questi, Paolina, nella Villa Ferrigni a Torre del Greco, dove rimase dall'estate di quell'anno al febbraio del 1837 e dove scrisse La ginestra o il fiore del deserto. Paolina Ranieri assisterà, personalmente e con profondo affetto, Leopardi nei suoi ultimi anni, all'aggravamento delle sue condizioni fisiche.[133][134] Paolina (1817-1878) fu «l'unica donna che lo amò, sebbene si trattasse di un amore fraterno».[135]  A Napoli Leopardi lavora incessantemente, nonostante la salute in peggioramento, componendo varie liriche e satire; non segue le raccomandazioni dei medici, e conduce una vita abbastanza sregolata per una persona dalla salute fragile come la sua: dorme di giorno, si alza al pomeriggio e sta sveglio la notte, mangia molti dolci (particolarmente sorbetti e gelati), talvolta frequenta la mensa pubblica (anche durante il periodo del colera) e beve moltissimi caffè. La morte  Leopardi sul letto di morte, 1837, ritratto a matita di Tito Angelini, anch'esso simile alla maschera mortuaria e quindi molto realistico e verosimile In Campania egli compose gli ultimi Canti La ginestra o il fiore del deserto (il suo testamento poetico, nel quale si coglie l'invocazione ad una fraterna solidarietà contro l'oppressione della natura) e Il tramonto della luna (compiuto solo poche ore prima di morire). Progettava anche di tornare a Recanati, per vedere il padre, o partire per la Francia.[138] Leopardi aveva infatti intenzione di riconciliarsi umanamente col padre di persona (il tono delle lettere a Monaldo diventa molto affettuoso negli ultimi tempi, dal formale e nobiliare "signor padre" e al voi delle lettere giovanili passa all'incipit "carissimo papà" e al tu). In questo periodo cominciò ad ignorare le prescrizioni, pensando che non potesse comunque decidere il suo destino. In una lettera al conte Leopardi, una delle ultime di Giacomo, il poeta avverte la morte come imminente e spera che avvenga, non sopportando più i suoi mali.[139]  Nel febbraio del 1837 ritornò a Napoli con Ranieri e la sorella, ma le sue condizioni si aggravarono verso maggio, anche se non in modo tale da far sospettare ai medici o a Ranieri il reale stato di salute.  Il 14 giugno di quell'anno, Leopardi si sentì male al termine di un pranzo (che abitualmente consumava all'inconsueto orario delle 17); quel mattino, aveva mangiato circa un chilo e mezzo di confetti cannellini comprati da Paolina Ranieri in occasione dell'onomastico di Antonio e bevuto una cioccolata, poi una minestra calda e una limonata (o granita fredda) verso sera.  Fu colpito da malore poco prima di partire per Villa Carafa d'Andria Ferrigni, come era stato programmato, e nonostante l'intervento del medico l'asma peggiorò e poche ore dopo il poeta morì.[141] Secondo la testimonianza di Antonio Ranieri, Leopardi si spense alle ore 21 fra le sue braccia. Le sue ultime parole furono "Addio, Totonno, non veggo più luce". La morte fu dichiarata all'ufficio dello stato civile il giorno successivo da Giuseppe e Lucio Ranieri, i quali fecero registrare l'indirizzo del decesso (vico Pero 2, nel territorio della parrocchia della SS. Annunziata a Fonseca) e indicarono che il fatto era avvenuto "alle ore venti". Tre giorni dopo il decesso, Antonio Ranieri pubblicò un necrologio sul giornale Il Progresso. La morte del poeta è stata analizzata da studiosi di medicina già a partire dall'inizio del XX secolo. Molte sono state le ipotesi, dalla più accreditata, pericardite acuta con conseguente scompenso, oppure scompenso cardiorespiratorio dovuto a cuore polmonare e cardiomiopatia, seguite a problemi polmonari e reumatici cronici, a quelle più fantasiose[146], fino al colera stesso.Nessuna delle tesi alternative, tuttavia, è riuscita a smentire il referto ufficiale, diffuso dall'amico Antonio Ranieri: idropisia polmonare ("idropisia di cuore" o idropericardio), il che è comunque verosimile, dati i suoi problemi respiratori, dovuti alla deformazione della colonna vertebrale; è anche possibile che l'edema fosse una delle conseguenze dei problemi cronici di cui soffriva, e che la causa principale fosse un problema cardiaco, forse accelerata da una forma fulminante di colera che avrebbe ucciso il debilitato Leopardi (che notoriamente soffriva di disturbi cronici all'apparato gastrointestinale, i quali potevano mascherare la gastroenterite colerosa) in poche ore. Leopardi era morto all'età di quasi 39 anni, in un periodo in cui il colera stava colpendo la città di Napoli. Grazie ad Antonio Ranieri, che fece interessare della questione il ministro di Polizia, le sue spogliequesta la versione accettata dalla maggioranza dei biografinon furono gettate in una fossa comune, come le severe norme igieniche richiedevano a causa dell'epidemia, ma inumate nella cripta e poi, dopo una breve riesumazione alla presenza di Ranieri che volle anche aprire la cassa, nell'atrio della chiesa di San Vitale Martire (oggi Chiesa del Buon Pastore), sulla via di Pozzuoli presso Fuorigrotta. La lapide, spostata poi con la tomba, fu dettata da Pietro Giordani:  «Al conte Giacomo Leopardi recanatese filologo ammirato fuori d'Italia scrittore di filosofia e di poesie altissimo da paragonare solamente coi greci che finì di XXXIX anni la vita per continue malattie miserissima fece Antonio Ranieri per sette anni fino all'estrema ora congiunto all'amico adorato MDCCCXXXVII»  Il ministro avrebbe accettato la richiesta del Ranieri solo dopo che un chirurgo, non il medico curante Mannella, ebbe eseguita una sorta di sommaria autopsia per poter dichiarare che la morte non fu dovuta a colera. In realtà fin dall'inizio il racconto di Ranieri era apparso pieno di contraddizioni e molti furono i dubbi che avvolsero quanto egli aveva dichiarato, anche perché le sue versioni furono molte e diverse a seconda dell'interlocutore, facendo sospettare che il corpo del poeta fosse finito nelle fosse comuni del cimitero delle Fontanelle, o in quello dei colerosi (o nell'attiguo cimitero delle 366 Fosse), destinati in quel periodo ai morti per colera o per altre cause, come attesta il registro delle sepolture della chiesa della SS. Annunziata a Fonseca di Napoli (riportante la dicitura "cimitero dei colerosi" e "sepolto id.") o addirittura occultate nella casa di vico Pero, e che Ranieri avesse inscenato, per un motivo recondito, un funerale a bara vuota, con la partecipazione dei suoi fratelli, del chirurgo e di un parroco compiacente a cui avrebbe regalato dei pesci freschi.   La lapide originale, traslata nel parco Vergiliano Comunque, Ranieri continuò ad affermare che le ossa erano nell'atrio della chiesa di S. Vitale e che il certificato d'inumazione fosse un falso redatto dal parroco su richiesta del ministro di Polizia, onde aggirare la legge sulle sepolture in tempo di epidemia. Nel 1898 avvenne una prima ricognizione; secondo il senatore Mariotti, smentito da altri, durante i lavori di restauro di alcuni anni prima, un muratore ruppe inavvertitamente la cassa, danneggiata dalla troppa umidità, frantumando le ossa e provocando la perdita di parte dei resti contenuti, forse gettati nell'ossario comune o addirittura con i calcinacci, mescolando i resti con altre ossa.  La tomba di Leopardi (Parco Vergiliano a Piedigrotta o Parco della Tomba di Virgilio, Napoli) Il 21 luglio 1900, alla presenza dei rappresentanti regi e del comune di Napoli, venne effettuata la ricognizione ufficiale delle spoglie del recanatese e nella cassa (in realtà un mobile adattato allo scopo clandestino dai fratelli Ranieri), troppo piccola per contenere lo scheletro di un uomo con doppia gibbosità, vennero rinvenuti soltanto frammenti d'ossa (tra cui residui delle costole, delle vertebre recanti segni di deformità, e un femore sinistro intero, forse troppo lungo per una persona di bassa statura, e un altro femore a pezzi), una tavola di legno (con cui gli operai avevano tentato di riparare il danno alla cassa), una scarpa col tacco e alcuni stracci, mentre nessuna traccia vi era del cranio e del resto dello scheletro, per cui in seguito si arrivò anche a formulare la teoria di un suo trafugamento da parte di studiosi lombrosiani di frenologia amici del Ranieri. Nonostante i dubbi, la questione venne ben presto chiusa; secondo l'incaricato professor Zuccarelli, era plausibile che quelli fossero parte dei resti di Leopardi. Il medico parla esplicitamente di aver rinvenuto una parte di rachide e una di sterno entrambe deviate. Alcuni, pur pensando ad un'effettiva morte per colera, credettero comunque che Ranieri fosse riuscito davvero nell'intento di salvare il corpo dalla fossa comune corrompendo, se non il ministro, perlomeno dei funzionari incaricati. La scarpa ritrovata, o quello che ne rimaneva, venne poi acquistata dal tenore Beniamino Gigli, concittadino di Leopardi, e donata alla città di Recanati.Dopo vari tentativi di traslare i presunti resti a Recanati o a Firenze nella basilica di Santa Croce accanto a quelli di grandi italiani del passato, nel 1939 la cassa, per volontà di Benito Mussolini che esaudì una richiesta dell'Accademia d'Italia, venne con regio decreto di Vittorio Emanuele III che ne stabiliva l'identificazione, riesumata di nuovo e spostata al Parco Vergiliano a Piedigrotta (altrimenti detto Parco della tomba di Virgilio) nel quartiere Mergellinail luogo fu dichiarato monumento nazionaledove tuttora sorge appunto il secondo sepolcro del poeta, eretto quello stesso anno; nei pressi venne traslata anche la lapide originale, mentre parte del monumento venne portata a Recanati. Questa versione è quella sostenuta ufficialmente dal Centro Nazionale Studi Leopardiani. Nel 2004 venne anche chiesta (da parte dello studioso leonardiano Silvano Vinceti, che si è occupato anche della riesumazione e identificazione dei resti di Caravaggio, Boiardo, Pico della Mirandola e Monna Lisa) la terza riesumazione, onde verificare se quei pochi resti fossero davvero di Leopardi tramite l'esame del DNA e del mtDNA, comparato con quello degli attuali eredi dei conti Leopardi (Vanni Leopardi e la figlia Olimpia, discendenti diretti del fratello minore del poeta Pierfrancesco) e dei marchesi Antici, ma la richiesta fu respinta, sia dalla Soprintendenza sia dalla famiglia Leopardi (tramite la contessa Anna del Pero-Leopardi, vedova del conte Pierfrancesco "Franco" Leopardi e madre di Vanni). La posizione ufficiale della famiglia Leopardi (esplicitata dal 1898 in poi) e della Fondazione Casa Leopardi da loro presieduta (presidente fino al  conte Vanni Leopardi) è invece che i resti nel parco Vergiliano non siano comunque del poeta e Ranieri abbia mentito, che il corpo si trovi alle Fontanelle e che quindi la riesumazione sia inutile, occorrendo altresì rispettare la tomba-cenotafio lì situata. Un altro membro della famiglia, chiamato anche lui Pierfrancesco, si è invece detto disponibile. Tale esame non è stato finora autorizzato. «Cantare il dolore fu per lui rimedio al dolore, cantare la disperazione salvezza dalla disperazione, cantare l'infelicità fu per lui, e non per gioco di parole, l'unica felicità. n quei canti veramente divini il Leopardi trasformò l'angoscia in contemplativa dolcezza, il lamento in musica soave, il rimpianto dei giorni morti in visioni di splendore.»  (Giovanni Papini, Felicità di Giacomo Leopardi) Il pensiero di Leopardi è caratterizzato, attraverso le fasi del suo pessimismo, dall'ambivalenza tra l'aspetto lirico-ascetico della sua poetica, che lo spinge a credere nelle «illusioni» e lusinghe della natura, e la razionalità speculativo-teorica presente nelle sue riflessioni filosofiche, che invece considera vane quelle illusioni, negando ad esse qualunque contenuto ontologico. La contraddizione tra anelito alla vita e disillusione, tra sentimento e ragione, tra «filosofia del sì» e «filosofia del no»,  era del resto ben presente allo stesso Leopardi, il quale, secondo Karl Vossler, si adoperò costantemente per ricomporle, non rassegnandosi mai allo scetticismo, convinto che la vera filosofia dovesse in ogni caso mantenere i legami con l'immaginazione e la poesia. Come ha rilevato De Sanctis:  «Leopardi non crede al progresso, e te lo fa desiderare; non crede alla libertà, e te la fa amare. Chiama illusioni l'amore, la gloria, la virtù, e te ne accende in petto un desiderio inesausto. [...] È scettico e ti fa credente; e mentre non crede possibile un avvenire men triste per la patria comune, ti desta in seno un vivo amore per quella e t'infiamma a nobili fatti.»  (Francesco De Sanctis, Schopenhauer e Leopardi,Luoghi leopardiani A Recanati  Targa della piazzuola del Sabato del Villaggio Palazzo Leopardi: è la casa natale del poeta. Tuttora il palazzo è abitato dai discendenti e aperto al pubblico. Esso venne ristrutturato nelle forme attuali dall'architetto Carlo Orazio Leopardi verso la metà del XVIII secolo. L'ambiente più suggestivo è senza dubbio la biblioteca, che custodisce oltre 20.000 volumi, tra cui incunaboli ed antichi volumi, raccolti dal padre del poeta, Monaldo Leopardi. Piazzuola del Sabato del Villaggio: sulla quale si affaccia Palazzo Leopardi. Ivi si trova la casa di Silvia e la chiesa di Santa Maria in Montemorello, nel cui fonte battesimale fu battezzato Giacomo Leopardi nel 1798. Colle dell'Infinito: è la sommità del Monte Tabor da cui si domina un panorama vastissimo verso le montagne e che ispirò l'omonima poesia composta dal poeta a soli 21 anni. All'interno del parco si trova il Centro Mondiale della Poesia e della Cultura, sede di convegni, seminari, conferenze e manifestazioni culturali. Il Colle dell'Infinito è diventato un Bene del Fai aperto a tutti.  Palazzo Antici-Mattei: casa della madre di Leopardi, Adelaide Antici Mattei, edificio dalle linee semplici ed eleganti con iscrizioni in latino. Torre del Passero Solitario: nel cortile del chiostro di Sant'Agostino è visibile la torre, decapitata da un fulmine e resa celebre dalla poesia Il passero solitario. Chiesa di San Leopardo (XIX secolo): venne fatta edificare dalla famiglia Leopardi insieme e nei pressi della villa affidando la progettazione all'architetto Gaetano Koch. La cripta, a cui si accede esternamente, è la tomba gentilizia della famiglia Leopardi. Chiesa di Santa Maria di Varano (XV secolo): costruita nel 1450 per i Minori Osservanti insieme al Convento annesso, dal 1873, cacciati i frati e abbattuti due lati del convento, l'orto divenne quello che ancora è il civico cimitero di Recanati. Vi si conserva ancora il pozzo di San Giacomo della Marca ed affreschi nelle lunette del portico. All'interno è la tomba di famiglia dei Leopardi ove sono sepolti Monaldo e Paolina, Altrove Spoleto, Albergo della Posta (corso Garibaldi),  Palazzo Antici Mattei (Roma, via Michelangelo Caetani), dove fu ospite.Roma, tomba del Tasso in Sant'Onofrio al Gianicolo, "uno dei posti più belli della terra, in mezzo agli aranci e ai lecci". Bologna ("ospitalissima"), convento di San Francesco (piazza Malpighi), primo soggiorno bolognese. Casa dell'editore Anton Fortunato Stella, vicino al Teatro alla Scala a Milano ("veramente insociale") (Casa Badini, vicino al teatro del Corso (oggi via Santo Stefano, 33) a Bologna ("tutto è bello, e niente magnifico"). Locanda della Pace, via del Corso, a Bologna, Ravenna ("qui si vive quietissimi"), ospite del marchese Antonio Cavalli. Firenze, "sporchissima e fetidissima città", Locanda della Fonte, nei pressi del mercato del grano e di Palazzo Vecchio Targa sull'ultimo domicilio di Leopardi a Napoli Casa delle sorelle Busdraghi, via del Fosso (oggi via Verdi), Firenze. Palazzo Buondelmonti, abitazione di Giovan Pietro Vieusseux, a Firenze. Pisa ("una beatitudine"), via Fagiuoli (casa Soderini), 9 novembre 1827-8 giugno 1828. Il Lungarno pisano ("spettacolo così ampio, così magnifico, così gaio, così ridente, che innamora"). "Una certa strada deliziosa" da lui battezzata "Via delle Rimembranze", dove va a passeggiare a Pisa (lettera a Paolina Leopardi del 25 febbraio 1828). Levane, Camucia e Perugia, novembre 1828, di passaggio. Roma ("città oziosa, dissipata, senza metodo"), via dei Condotti 81 ("spendo qui un abisso"), con Antonio Ranieri, da ottobre 1831 a marzo 1832. Napoli, piazza Ferdinando; poi Strada nuova di Santa Maria Ognibene (casa Cammarota); poi vico Pero (tre appartamenti affittati con Ranieri e la sorella di lui Paolina). Villa Ferrigni, detta villa delle Ginestre, a Torre del Greco, alle pendici dello "sterminator Vesevo".[175] Opere Magnifying glass icon mgx2.svg Opere di Giacomo Leopardi.  Copertina della prima edizione dello Zibaldone di pensieri Opere in prosa Epistolario Di Giacomo Leopardi ci sono rimaste oltre novecento lettere, composte nell'arco di una vita e indirizzate a circa cento destinatari, tra amici e familiari (soprattutto al padre e al fratello Carlo). L'intero corpus epistolare di Leopardi è raccolto dall'Epistolario, che malgrado le origini si può leggere come un'opera autonoma: questa raccolta di prose private, infatti, costituisce un fondamentale documento non solo per seguire le vicende biografiche del poeta, ma anche per comprendere l'evoluzione del suo pensiero, dei suoi stati d'animo e delle sue riflessioni culturali.[176]  Gli interventi nel dibattito classico-romantico Nel 1816 il giovane Leopardi prese parte all'acceso dibattito culturale innescato dalla pubblicazione del saggio Sulla maniera e utilità delle traduzioni di Madame de Staël: questa polemica vide schierarsi da una parte i difensori del classicismo, quali Pietro Giordani, e dall'altra i sostenitori della nuova poetica romantica.  Leopardi, amico del Giordani, si allineò alle tesi classiciste, mettendo per iscritto il proprio pensiero nella Lettera ai compositori della Biblioteca italiana (1816) e nel Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, rimasti entrambi inediti sino al 1906. Nella prima Leopardi, pur riconoscendo la bontà dell'intervento dell'autrice ginevrina, assume una posizione contraria alle istanze della lettera, nella quale si invitava il popolo italiano ad aprirsi alle nuove letterature europee. Secondo il poeta di Recanati, infatti, si tratta di un «vanissimo consiglio», essendo la letteratura italiana quella più vicina alle uniche letterature universalmente valide, ovvero quella greca e quella latina. Nel Discorso, invece, Leopardi approfondì la sua riflessione poetica in merito al dibattito, introducendo temi che poi diverranno centrali della poesia leopardiana, come l'opposizione tra i concetti di «natura» e «civilizzazione».[176]  Zibaldone Lo Zibaldone di pensieri è una raccolta di 4526 pagine autografe compilate dal luglio 1817 al dicembre 1832, nelle quali Leopardi depositò ragionamenti e brevi scritti sugli argomenti più vari. Inizialmente l'opera non era dotata dell'organicità di un testo letterario, essendo semplicemente il frutto di una scrittura immediata, di getto: Leopardi iniziò a datare i singoli testi solo a partire dal 1820, così da orientarsi agevolmente nel mare magnum di appunti (da lui definiti un «immenso scartafaccio»), arrivando perfino a stilare due indici (nel 1824 e nel 1827).[176]  Il Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani Il Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani, composto a Recanati tra la primavera e l’estate del 1824 e rimasto inedito fino al 1906, è un breve trattato filosofico dove Leopardi analizza le peculiarità che contraddistinguono la società italiana, e le compara con il carattere, la mentalità e la moralità delle altre nazioni d'Europa. Alla fine dell'opera Leopardi giunge all'amara conclusione che l'Italia, dilaniata da un esasperato individualismo, è troppo poco civile per godere dei benefici del progresso (come in Francia, Germania ed Inghilterra), ma troppo civile per godere dei benefici dello «stato di natura», come accadeva nelle nazioni meno sviluppate, quali Portogallo, Spagna e Russia.[177]  Operette morali  Secondo manoscritto autografo dell'Infinito Le Operette morali, per usare le parole dello stesso poeta, sono un «libro di sogni poetici, d’invenzioni e di capricci malinconici»: è ancora Leopardi a descrivere la propria opera in una lettera del 1826 indirizzata all'editore Stella, sottolineando «quel tuono ironico che regna in esse» e specificando che Timandro ed Eleandro sono «una specie di prefazione, ed un’apologia dell’opera contro i filosofi moderni». Le Operette, oggi considerate la più alta espressione del pensiero leopardiano, racchiudono l'essenza del pessimismo del poeta, trattando argomenti quali la condizione esistenziale dell'uomo, la tristezza, la gloria, la morte e l'indifferenza della Natura.[178]  Le opere poetiche I Canti I Canti, considerati il capolavoro di Leopardi, racchiudono trentasei liriche composte da Leopardi. Tra i componimenti poetici inclusi nei Canti ricordiamo Sopra il monumento di Dante, l'Ultimo canto di Saffo, Il passero solitario, La sera del dì di festa, Alla luna, A Silvia, il Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, Il sabato del villaggio, La ginestra e infine L'infinito, uno dei testi più rappresentativi della poetica leopardiana.  Le ultime opere Durante gli anni napoletani Leopardi scrisse due opere, i Paralipomeni della Batracomiomachia e I nuovi credenti. Il primo è un poemetto in ottave con protagonisti animali: «Paralipomeni», infatti, significa «continuazione» mentre «Batracomiomachia» è «battaglia dei topi e delle rane», ovvero un'opera pseudoomerica che Leopardi aveva tradotto in gioventù. Dietro la finzione comica Leopardi qui stigmatizza il fallimento dei moti rivoluzionari napoletani del 1820-21: i topi infatti, simboleggiano i liberali, generosi ma velleitari, mentre le rane sono i conservatori papalini, che non esitano a chiamare a sé i granchi-austriaci, feroci e stupidi.  nuovi credenti, invece, sono un capitolo satirico in terza rima composto nel 1835 dove Leopardi esprime una spietata satira contro gli esponenti dello spiritualismo napoletano, dei quali condanna la religiosità di facciata e lo sciocco ottimismo. Parole d'autore A Giacomo Leopardi si devono numerosi neologismi divenuti patrimonio diffuso (perlomeno in un linguaggio colto e sorvegliato), come "erompere", "fratricida", "improbo", "incombere",Al suo tempo, questa vena creativa di Leopardi non fu apprezzata e fu oggetto degli strali di un atteggiamento purista che opponeva resistenze all'adozione, e all'accoglimento nei lessici, di neologismi d'uso forgiati in epoca successiva all'«aureo Trecento» In un caso, un frutto della sua creatività, "procombere", gli guadagnò accuse postume mossegli da Niccolò Tommaseo[180], coautore del Dizionario della lingua italiana.  Poesia e musica A sé stesso, romanza, versi di Giacomo Leopardi, musica di Francesco Paolo Frontini, Milano, Edizioni Ricordi.Coro di morti, versi di G. Leopardi (dal Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie, Operette morali), musica di Goffredo Petrassi, per coro e strumenti, 1940-1941 Tre liriche di Goffredo Petrassi, per baritono e pianoforte, testi di Leopardi, Foscolo e Montale, 1944. Epistolario Magnifying glass icon mgx2.svg Epistolario di Giacomo Leopardi. Leopardi nell'immaginario collettivo Il fatto che l'opera di Leopardi sia stata e sia ogni anno oggetto dello studio di migliaia di studenti ha determinato (come per Dante) che molte locuzioni delle sue opere siano divenute d'uso corrente. Fra le principali:  studio matto e disperatissimo ... (in: lettera a Pietro Giordani del 2 marzo 1818 e Zibaldone di pensieri); passata è la tempesta ... (in: La quiete dopo la tempesta, 1829); che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai ... (in: Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, 1829-1930); natio borgo selvaggio ... (in: Le ricordanze); la donzelletta vien dalla campagna ... (in: Il sabato del villaggio); godi, fanciullo mio; stato soave ... (in: Il sabato del villaggio , 1829); ...e naufragar m'è dolce in questo mare (in: L'infinito). T ra il 1994 e il 1998 il pittore e scultore maceratese Valeriano Trubbiani realizzò una serie di 12 pirografie sul tema Viaggi e transiti, dedicata ai viaggi del poeta nelle varie città della penisola: Recanati (2), Macerata (2), Roma, Bologna, Pisa, Firenze, Milano, Napoli (3).  Tali opere[181] sono esposte nel CARTCentro permanente per la Documentazione dell'Arte Contemporanea[182] di Falconara Marittima, che conserva anche altre opere di Trubbiani dedicate a Leopardi:  10 disegni originali realizzati dal 1971 al 1987 sul tema "Leopardi figurativo", 8 incisioni a colori, una scultura del 1990 in rame, bronzo e argento con il Poeta pensoso in osservazione di un gregge di pecore (“Move la greggia oltre pel campo e vede greggi”, ispirata al Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, un'installazione scultorea sulla Batracomiomachia ("battaglia dei topi e delle rane") ispirata ai Paralipomeni della Batracomiomachia leopardiani. L'ispirazione prodotta in Trubbiani dall'opera leopardiana è raccontata dall'artista nel breve documentario "Le Marche di Leopardi"[183], patrocinato dalla Regione Marche.  Leopardi nella musica pop italiana Leopardi è citato nella Canzone per Piero di Francesco Guccini e in Stai bene lì di Renato Zero; i suoi versi sono citati anche nei titoli di Canto notturno (di un pastore errante dell'aria) e Il cielo capovolto (ultimo canto di Saffo), entrambe di Roberto Vecchioni.  Giorgio Gaber, nella canzone "Benvenuto il luogo dove", contenuto nell'album "Gaber" del 1984, dedicata all'Italia, parla della penisola come il luogo "dove i poeti sono nati tutti a Recanati"[184].  Opere cinematografiche su Leopardi Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggiere[185] (1954), cortometraggio di Ermanno Olmi[186][187]; Pisa, donne e Leopardi (), mediometraggio di Roberto Merlino. Leopardi è interpretato da Orazio Cioffi; Il giovane favoloso, film di Mario Martone. Leopardi è interpretato da Elio Germano[188]. Vari brani del film sono presenti nel programma televisivo"Leopardi, il rivoluzionario" di Giancarlo Mancini, puntata della rubrica "Il tempo e la storia"; "Le Marche di Leopardi", breve documentario diretto da Alessandro Scilitani, patrocinato dalla Regione Marche. Video in rete su Leopardi "Leopardi, il rivoluzionario" di Giancarlo Mancini, puntata della rubrica televisiva "Il tempo e la storia" con Massimo Bernardini e lo storico Lucio Villari[190]; "Giacomo Leopardi e l`importanza di Recanati", per Rai Storia, vita e opere di Giacomo Leopardi nel commento del critico teatrale Guido Davico Bonino. L’attore Umberto Ceriani legge: L'infinito, La sera del dì di festa, Alla luna, La vita solitaria[191]; "Ecco il vero Colle dell'Infinito descritto da Giacomo Leopardi"[192]: Francesco Guzzini del Centro Studi Leopardiani mostra l'itinerario che il Poeta compiva per recarsi dalla propria abitazione al punto di osservazione del paesaggio che gli ispirò L'infinito; "Marche, le scoprirai all'infinito", spot turistico della Regione Marche con il noto attore statunitense Dustin Hoffman che tenta di recitare in italiano L'infinito. Regia di Giampiero Solari; "A casa di Giacomo Leopardi", intervista di Pippo Baudo alla contessa Olimpia Leopardi all'interno del Palazzo Leopardi di Recanati; "Un Leopardi inedito" raccontato da Novella Bellucci e Franco D'Intino nella puntata di "Visionari" del 15 giugno , programma televisivo condotto da Corrado Augias su Rai 3[195]; "L'arte di essere fragilicome Leopardi può salvarti la vita", intervista allo scrittore Alessandro D'Avenia sul suo omonimo libro e spettacolo teatrale. Inoltre, sono pubblicate in rete numerose letture/interpretazioni dei principali canti leopardiani da parte dei più importanti attori italiani. Fra questi si possono ascoltare:  Vittorio Gassman: L'infinito, A Silvia, La sera del dì di festa, Amore e Morte, La quiete dopo la tempest, A se stesso; Carmelo Bene: L'infinito, Passero solitario, La ginestra (o Il fiore del deserto) Alla luna,  La sera del dì di festa, Il sabato del villaggio, Le ricordanze, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia[210], Inno ad Arimane, Amore e Morte; Arnoldo Foà: L'infinito, Passero solitario, A Silvia[217], Il sabato del villaggio, La sera del dì di festa, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, Le ricordanze, La ginestra (o Il fiore del deserto), Il tramonto della luna[223], All'Italia[224], Alla luna[225]; Giorgio Albertazzi: L'infinito[226]; Nando Gazzolo: L'infinito; Gabriele Lavia: L'infinito,  Lavia dice Leopardi; Alberto Lupo: Ultimo canto di Saffo; Elio Germano, nel film Il giovane favoloso di Mario Martone: L'infinito[231], parte de La ginestra (o Il fiore del deserto) la prima parte de La sera del dì di festa[233], un brano di Amore e Morte[234], l'ultima parte di Aspasia. Leopardi "testimonial" della Regione Marche La Regione Marche, dopo aver più volte utilizzato l'immagine del poeta recanatese per la promozione turistica del proprio territorio ed anche della propria offerta enologica, nel 2009 commissionò una discussa campagna pubblicitaria attraverso un video, per la regia di Giampiero Solari, trasmesso sui principali canali televisivi italiani ed anche esteri, con protagonista il noto attore statunitense Dustin Hoffman[236], già conoscitore delle Marche per aver interpretato nel 1972 ad Ascoli Piceno il film di Pietro Germi "Alfredo, Alfredo", assieme ad una giovane Stefania Sandrelli.  Questa la descrizione della sceneggiatura dello spot per la promozione della stagione turistica :  «Un uomo legge una delle poesie più note della letteratura italiano, l’Infinito di Giacomo Leopardi, la cui emozionalità è strettamente legata alle visioni, alle luci, ai colori della terra marchigiana. L’uomo legge la poesia camminando, cerca di capire e pronunciare bene la lingua non stando fermo, dietro una scrivania, ma immergendosi nella terra che ha visto nascere questo capolavoro; legge, riprova, si arrabbia, vuole assolutamente penetrare la lingua, il sentimento di questa poesia, l’anima di questa terra e riprova e riprova. Nel sottofondo le note sublimi del Tancredi di Rossini, che accompagnano il silenzio di questa meditazione nuova che l’uomo cerca per sé: l’uomo cerca emozioni, vuole fare un’esperienza nuova, e leggere l’Infinito nelle Marche che l’hanno generato è un’esperienza nuova, formidabile, ma difficile e faticosa. Ma ne vale la pena. Provare e alla fine sorridere, la poesia è mia, le Marche sono la mia meta faticosamente conosciuta, capita e raggiunta.»  (dal comunicato stampa della Regione Marche[237]) Nello spot Hoffman tenta di recitare i versi dell'Infinito in un italiano "condito" dal suo marcato accento californiano. Un accento tanto forte e straniante da suscitare numerose critiche all'operato della Regione. Tra queste, quella di Mina[239], che nella sua rubrica sulle pagine de "La Stampa" del 3 gennaio [240], ebbe a scrivere:  «Leopardi bisogna meritarselo. Sarebbe andato benissimo anche Oliver Hardy. Al quale, paradossalmente, in questa demoralizzante «performance», mi sembra che assomigli. Non so come l'avrebbe fatta Ollio. Non peggio, credo... Sentire la nostra potente, meravigliosa lingua strapazzata dal pur bravo divo americano mi ha rigettato giù nella nostra condizione di sempiterna colonia ... il mondo della pubblicità è un mondo di matti. A volte geniale, ma più spesso volgare e irrispettoso. Dustin Hoffman, from Los Angeles, sarà pure un nome che tira, ma non li avevamo noi degli attori al suo livello? E che parlano l’italiano? E che conoscono la musica dell’andamento di un’esposizione poetica?»  (Mina Mazzini) Al contrario, l'operazione promozionale fu elogiata da Giorgio De Rienzo, linguista e critico letterario, da Francesco Sabatini e Francesco Erspamer, rispettivamente presidente onorario e presidente emerito dell’Accademia della Crusca; quest'ultimo commentò lo spot con queste parole: «Sprovincializza la lingua italiana» Comunque sia, lo scopo perseguito fu raggiunto: anche grazie alle polemiche, la versione non definitiva del video della Regione Marche, inserito su YouTube, totalizzò quasi 21.200 visualizzazioni in tutto il mondo solo nella prima settimana[242].  Visto il successo del , Dustin Hoffman fu confermato per la campagna promozionale della stagione turistica . Niente più lettura dei versi leopardiani, ma, come sottolineò Aldo Grasso sul "Corriere della Sera", nella nuova edizione «il volto del testimonial diventa più importante dell’oggetto da reclamizzare. Attraverso gli scatti di Bryan Adams, si snoda un racconto tutto personale: i cinque sensi di Dustin Hoffman dichiarano infinito amore per le suggestioni concrete che la regione riesce a offrire: la gastronomia, l’arte, la musica, i vini e i paesaggi»[243].  Nella campagna promozionale del  Dustin Hoffman fu sostituito dall'attore marchigiano Neri Marcorè[244][245].  Continuò comunque l'utilizzo a scopi promozionali dell'immagine di Leopardi: sull'onda del successo del film "Il giovane favoloso", diretto dal registra Mario Martone e interpretato dall'attore Elio Germano, la Regione mise in campo una serie di iniziative per promuovere la visione del film e di conseguenza del territorio marchigiano che ne aveva ospitato le location, tra cui un "movie-tour", consentito gratuitamente a tutti gli spettatori muniti del biglietto del cinema fino al 31 Dicembre [245].  Nel  la Regione ha patrocinato la realizzazione di un breve documentario, "Le Marche di Leopardi"[183], diretto da Alessandro Scilitani, nel quale l'assessore alla cultura dell'epoca tratteggiava il riepilogo delle iniziative regionali per valorizzare la figura del poeta recanatese. Seguono una breve biografia di Leopardi, con le immagini di Recanati, e gli interventi di vari operatori culturali marchigiani che, rifacendosi a veri o presunti collegamenti con la vita ed il pensiero del Poeta, introducono ad altri importanti personaggi nati o presenti nella Regione (Gioacchino Rossini, Antonio Canova, Terenzio Mamiani, Valeriano Trubbiani, Osvaldo Licini), il tutto "condito" dalle musiche di musicisti marchigiani (Giovan Battista Pergolesi, Gaspare Spontini) e da squarci paesaggistici di varie località della regione.Opere biografiche su Leopardi Giacomo Leopardi, Puerili e abbozzi vari, Bari, G. Laterza & f.i, 1924. 7 marzo . Antonio Ranieri, Sette anni di sodalizio con Leopardi (1880), Milano-Napoli: Ricciardi, 1920; poi Milano: Garzanti, 1979 (con una nota di Alberto Arbasino); Milano: Mursia, 1995 (Raffaella Bertazzoli); Milano: SE, 2005 Mario Picchi, Storie di casa Leopardi, Milano: Camunia, 1986; poi Milano: Rizzoli, 1990 Renato Minore, Leopardi. L'infanzia, le città, gli amori, Milano: Bompiani, 1987 (nuova ed. Vincenzo Guarracino, 1997) Rolando Damiani, Album Leopardi, Milano: Mondadori «I Meridiani», 1993 Attilio Brilli, In viaggio con Leopardi, Bologna: Il Mulino, 2000 Rolando Damiani, All'apparir del vero. Vita di Giacomo Leopardi, Milano: Mondadori «Oscar Saggi» Marcello D'Orta, All'apparir del vero: il mistero della conversione e della morte di Giacomo Leopardi, Piemme, . Pietro Citati, Leopardi, Milano, Mondadori, . Il Centro Nazionale di Studi Leopardiani Il 1 luglio 1937, nel primo centenario della morte del poeta, fu istituito a Reca Centro Nazionale di Studi Leopardiani.  Esso ha come scopo la promozione di ricerche e studi su Giacomo Leopardi in campo storico, biografico, critico, linguistico, filologico, artistico, filosofico.  Note  secondo Roberto Tanoni risalente invece intorno al 1825-26.  Roberto Tanoni, L'aspetto di Giacomo Leopardi, leopardi, 11 febbraio 2005. 20 dicembre  (archiviato il 28 febbraio ).  Effettivamente il titolo di conte con cui Leopardi veniva talvolta appellato, e che egli stesso usava, in quanto primogenito dei conti Leopardi, era un "titolo di cortesia", in quanto il vero titolo nobiliare era ancora in capo a Monaldo, finché fu in vita.  Uno sconosciuto: l'ateo filantropo barone d'Holbach, su elapsus. ).  Giulio Ferroni, La poesia del dolore: Giacomo Leopardi, su emsf.rai. 16 febbraio  3 febbraio ).  Forse la malattia di Pott o la spondilite anchilosante.  Erik Pietro Sganzerla, Malattia e morte di Giacomo Leopardi. Osservazioni critiche e nuova interpretazione diagnostica con documenti inediti, Booktime, : «Questo libretto rende giustizia a un uomo che soffriva di numerosi problemi fisici, che ebbe una vita non felice e una cartella clinica in cui sono posti in evidenza i sintomi e il loro decorso temporale, l’età d’esordio della progressiva deformità spinale e dei problemi visivi e gastrointestinali, l’influenza delle condizioni psichiche e ambientali nell’accentuazione o remissione dei segnali. (...) altamente probabile la diagnosi di Spondilite Anchilopoietica Giovanile»; viene poi sostenuto che Leopardi «affetto da una pneumopatia restrittiva con insufficienza respiratoria cronica, aggravata da episodi infettivi intercorrenti, sia morto per uno scompenso cardiorespiratorio terminale in paziente affetto da cuore polmonare e possibile miocardiopatia». (Introduzione)  Citati32-33.  «Questo io conosco e sento, / Che degli eterni giri, Che dell'esser mio frale, / Qualche bene o contento Avrà fors'altri; a me la vita è male»  (Giacomo Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, vv. 100-104)  Citati3-18.  Citati18-20.  Citati4-10.  Renato Minore, Leopardi. L'infanzia, le città, gli amori, Milano, Citati3-16.  Renato Minore13.  Lettera di G. Leopardi (Recanati) a Pietro Colletta (Livorno), ed atteso ancora che il patrimonio di casa mia, benché sia de' maggiori di queste parti, è sommerso nei debiti.  Emilio Cecchi e Natalino Sapegno, Storia della letteratura italiana. Milano L'Ottocento  Zibaldone  «Il Chimico italiano», anno XXI n.2, pag. 14.  Citati25-30.  Rossella Lalli, Si spegne la contessa Leopardi, erede e custode della memoria del poeta, newnotizie, 13 settembre .  l'11 settembre  (archiviato il 2 gennaio ).  Scritti vari inediti di Giacomo Leopardi dalle carte napoletane, Firenze, successori Le Monnier, Maria Corti in «Giacomo Leopardi. Tutti gli scritti inediti, rari e editi», Milano, Bompiani 1972  Citati20-25.  Cecchi, Sapegno, oGiuseppe BonghiBiografia di Giacomo Leopardi, su classicitaliani. 25 ottobre  (archiviato il 24 dicembre ).  Lettera a Pietro Giordani a Milano, Recanati,in Epistolario di Giacomo Leopardi con le iscrizioni greche triopee da lui tradotte e lettere di Pietro Giordani e Pietro Colletta all'Autore, raccolto e ordinato da Prospero Viani,  I, Napoli, 1860², pag. 76.  Lettera all'Avv. Pietro Brighenti a Bologna, Recanati, 18 marzo 1825 in Epistolario di Giacomo Leopardi con le iscrizioni ecc. cit.,  I, pag. 245.  il padre Monaldo lo vide parlare, con sorpresa, in questa lingua con un rabbino di Ancona, secondo quanto riportato dallo storico Lucio Villari nella trasmissione RAI Il tempo e la storia di Massimo Bernardini (puntata "Leopardi, il rivoluzionario", 15 ottobre , RaiTre-RaiStoria)  Sarà la lingua utilizzata nelle lettere allo Jacopssen  Il programma delle celebrazioni leopardiane, su giornale.regione.marche. Il sanscrito nella teoria linguistica di Giacomo Leopardi, in Leopardi e l'Oriente. Atti del Convegno Internazionale, Recanati 1998, a c. di F. Mignini, Macerata, Provincia di Macerata, M. T. Borgato, L. Pepe, Leopardi e le scienze matematiche,  5-8.  Aimé-Henri Paulian su data.bnf.fr. 22 gennaio .  Citati30-40.  Un episodio della sua vita farà da spunto a una delle Operette morali, Il Parini ovvero della gloria  Cecchi, Sapegno, op. cit.741.  Citati37-38.  Citati30 e segg.  Spesso nell'epistolario afferma di soffrire il freddo e di coprirsi le gambe con una coperta di lana.  Citati30-31; 33 esegg.  Giuseppe Bortone, Il "morire giovane" in Leopardi, su moscati. .: "frequenti mi occorrono febbri maligne, catarri e sputi di sangue…" scrive nel testo  Alessandro Livi, giacomo leopardi, le malattie ed i misteri sulla morte e sepoltura, alessandrolivistudiomedico, 28 novembre . 1º gennaio  Paolo Signore, Giacomo Leopardi: il genio di Recanati favoloso e malato, su Rotari Club Fermo,  «Di contenti, d'angosce e di desio, / Morte chiamai più volte, e lungamente / Mi sedetti colà su la fontana / Pensoso di cessar dentro quell'acque / La speme e il dolor mio. Poscia, per cieco / Malor, condotto della vita in forse, / Piansi la bella giovanezza, e il fiore / De' miei poveri dì, che sì per tempo / Cadeva: e spesso all'ore tarde, assiso / Sul conscio letto, dolorosamente / Alla fioca lucerna poetando, / Lamentai co' silenzi e con la notte / Il fuggitivo spirto, ed a me stesso / In sul languir cantai funereo canto» (Le ricordanze, Il Giacomo Leopardi torrese, su torreomnia. Giuseppe Sergi e Giovanni Pascoli furono i primi a ipotizzare la malattia, "diagnosi" ripresa poi da Pietro Citati e altri, e considerata probabile causa della deformità fisica e dei problemi di salute di Leopardi anche da una ricerca scientifica condotta nel 2005 da due medici pediatri recanatesi, Edoardo Bartolotta e Sergio Beccacece.  Es. sindrome della cauda equina  Alcuni propongono altre diagnosi: diabete giovanile con retinopatia e neuropatia, tracoma oculare con sindrome di Scheuermann alla schiena e disturbo bipolare, sindrome di Ehlers-Danlos di tipo cifoscoliotico, rachitismo e neuropatia periferica originate da celiachia o malassorbimento, sifilide congenita con tabe dorsale (Antonio Ranieri, negli anni napoletani, arrivò a pensaresalvo poi smentireaffermando che Leopardi morì vergine (cosa dibattuta), a pag. 99 di Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi che avesse contratto la sifilide o che l'avesse ereditata dal padre. cfr. R. Di Ferdinando, L'amarezza del lauro. Storia clinica di Giacomo Leopardi, Cappelli, Bologna, 1987, pag. 34).  Con un'analisi postuma molto contestata poiché basata sulle teorie pseudoscientifiche dell'antropologia criminale e della frenologia, Cesare Lombroso e i suoi allievi Patrizi e Giuseppe Sergi affermarono che Leopardi aveva l'epilessia, e avesse disturbi ereditari come tutta la sua famiglia. Cfr.: M_L_Patrizi.  Prof. M. L. Patrizi, Saggio psico-antropologico su Giacomo Leopardi e la sua famiglia, Torino, Fratelli Bocca Editori, 1896. 3 maggio .  M_L_Patrizi.  Citati27.  G. Chiarini, Vita di G. Leopardi453.  E. Galavotti, Letterati italiani 122.  Lettera di Paolina Leopardi a G.P. Vieusseux, 25 settembre 1829  G. Leopardi, Lettera ad Adelaide Maestri, 29 luglio 1828; Lettera ad Antonietta Tommasini, G. Leopardi, Zibaldone, autografo, Scritti vari inediti di Giacomo Leopardi dalle carte napoletane, cUn'analisi critica del Discorso, insieme a un saggio sui Paralipomeni alla Batracomiomachia si trova in: Riccardo Bonavita, Leopardi : Descrizione di una battaglia, Nino Aragno Ed., Torino,   Citati142 e segg.  Aldo Giudice, Giovanni Bruni, Problemi e scrittori della letteratura italiana,  3, tomo 1, Paravia, Cfr. pag. 118 del ms. dello Zibaldone, con pensiero del 2 luglio 1820: "[...] nel 1819 dove privato dell'uso della vista, e della continua distrazione della lettura, cominciai a sentire la mia  infelicità in un modo assai più tenebroso [...]".   Cecchi, Sapegno 803.  «Lasciando da parte lo spirito e la letteratura, di cui vi parlerò altra volta (avendo già conosciuto non pochi letterati di Roma), mi ristringerò solamente alle donne, e alla fortuna che voi forse credete che sia facile di far con esse nelle città grandi. V'assicuro che è propriamente tutto il contrario. Al passeggio, in Chiesa, andando per le strade, non trovate una befana che vi guardi. (...) Trattando, è così difficile il fermare una donna in Roma come a Recanati, anzi molto più, a cagione dell'eccessiva frivolezza e dissipatezza di queste bestie femminine, che oltre di ciò non ispirano un interesse al mondo, sono piene d'ipocrisia, non amano altro che il girare e divertirsi non si sa come, non... (omissis) (credetemi) se non con quelle infinite difficoltà che si provano negli altri paesi. Il tutto si riduce alle donne pubbliche, le quali trovo ora che sono molto più circospette d'una volta, e in ogni modo sono così pericolose come sapete.» Il passo omesso dalla pubblicazione dell'epistolario venne censurato alla prima edizione (1937), ed è stato ripristinato solo in edizioni recenti, come quella dei Meridiani del 2006, poiché troppo esplicito ("non la danno"); cfr. Il senso di Leopardi per la donna di città Archiviato il 27 marzo  in .  Pierluigi Panza, La casa di Silvia (amata da Leopardi) restaurata e aperta, in Corriere della Sera, 29 giugno .  L'eliografia, metodo di riproduzione messo a punto da Joseph Nicéphore Niépce nel 1822, fu da questi usato per la prima fotografia (precedente di 13 anni il dagherrotipo).  Giuseppe Bonghi, Biografia di Leopardi, su classicitaliani. 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Leopardi, Epigramma contro il Tommaseo, su fregnani. 19 febbraio  (archiviato il 24 febbraio ).  Giuseppe Bonghi, Analisi di "A Silvia" , su classicitaliani. 16 febbraio  (archiviato il 21 ottobre ).  Carlo Leopardi così ricordava, su ilgiardinodigiacomo.wordpress.com. 16 febbraio  (archiviato il 3 marzo ).   Cfr. lettera di G. Leopardi (Recanati) a Pietro Colletta (Livorno), in cui dichiara di aver percepito venti scudi romani (diciannove fiorentini) al mese.  Lettera aColletta dcome citato in Marco Moneta, L'officina delle aporie: Leopardi e la riflessione sul male negli anni dello Zibaldone, FrancoAngeli, Milano,   in ..  CitaTO Luperini, Cataldi, Marchiani, La scrittura e l'interpretazione, Palermo, Palumbo, Le ricordanze, v. 30.  [gente] che m'odia e fugge, / per invidia non già, che non mi tiene / maggior di sé, ma perché tale estima / ch'io mi tenga in cor mio, in Le ricordanze, vv. 33-36.  Camillo Antona-Traversi, I genitori di Giacomo Leopardi: scaramucce e battaglie, Recanati, A. Simboli, Cecchi, Sapegno845.  Giacomo Leopardi, in Catalogo degli Accademici, Accademia della Crusca.   CNote ad Aspasia, nei Canti, edizione Garzanti  Donne fatali 2: Giacomo Leopardi e Aspasia"Io non ho mai sentito tanto di vivere quanto amando...", su sulromanzo.  "Tu vivi / bella non solo ancor, ma bella tanto, / al parer mio, che tutte l'altre avanzi"Aspasia, G. Sarra, Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti e link in .  Giovanni Mèstica, Gli amori di G. Leopardi, in Fanfulla della domenica, 4 aprile 1880. (Fonte DBI). Altri ritengono che il canto alluda piuttosto alla sola Fanny Targioni Tozzetti, tra questi, Giovanni Iorio nel commento ai Canti, edizione Signorelli, Roma 1967.  Leopardi: dama invaghita del poeta non fu ricambiata ma evitata, su adnkronos.com. 1M. de Rubris, Confidenze di Massimo d'Azeglio. Dal carteggio con Teresa Targioni Tozzetti, Milano, Arnoldo Mondadori, Paolo Abbate, La vita erotica di Giacomo Leopardi, C.I. Edizioni, Napoli 2000  Giovanni Dall'Orto, Sempre caro mi fu, pubblicato in "Babilonia" Robert Aldrich e Garry Wotherspoon, Who's who in gay and lesbian history,  1, ad vocem  Leopardi gay? Vietato dirlo, su ricerca.repubblica. Simone D'Andrea, Normalmente diverso, su Giacomo Leopardi. Epistolario, BrioschiLandi, Sansoni Antonio Ranieri, Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi, Garzanti, Milano 197955.  D'Orta12. Cfr. anche la lettera di Stanislao Gatteschi a Monaldo Leopard i della primavera del 1833 in Giacomo Leopardi. Epistolario, BrioschiLandi, Sansoni 1998,  II, pag. 2364: "È stravagantissimo nelle abitudini del vivere. Si leva verso le due pomeridiane, mangia ad orari irregolari, va a letto verso il fare del giorno. La sua vita non può esser longeva per i complicati mali onde è gravato." e Antonio Ranieri, Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi, Garzanti, 1 "Durante tutta la sua vita, egli fece, appresso a poco, della notte giorno, e viceversa."  Traduzione in Michele Scherillo, Vita di Giacomo Leopardi, Greco Editori, Milano, Epistolario, lettera del 22 dicembre 1836  Citati395-405.  Leopardi e le donne una storia tormentata, su ricerca.repubblica. 16 febbraio  (archiviato il 21 febbraio ).  Maria Teresa Moro, Ranieri Paola (Paolina), su treccani. 2D'Orta25.  Leopardi. Il poeta della sofferenza, su archiviostorico.corriere. Teorie alternative sulla morte del conte Giacomo Leopardi sono state trattate e documentate negli studi condotti dal Prof. Gennaro Cesaro (cfr. Sfrondando gli allori della poesia dell'800 e del 900)  Lettera di Antonio Ranieri a Fanny Targioni-Tozzetti, Napoli, 1º luglio 1837 Archiviato il 30 gennaio  in .. Confronta anche Pietro Citati, Leopardi, Mondadori, , Milano, Secondo originale dell'atto di morte di Giacomo Leopardi, su dl.antenati.san.beniculturali.  Il Progresso delle Scienze, delle Lettere e delle Arti, Napoli dalla Tipografia Plautina, pagg. 166 sgg. Archiviato il 19 maggio  in .; cfr. anche Notizia della morte del Conte Giacomo Leopardi Angelo Fregnani Archiviato il 30 ottobre  in ..  Ad esempio cibo avariato, congestione, coma diabetico o indigestione  Cenni storiciFu un'indigestione a causare la morte di Leopardi?, su spaghettitaliani.com. 16 febbraio  17 ottobre ).  Napoli e Leopardi, su ildelsud.org. 16 febbraio  (archiviato il 10 febbraio ).  Ecco i confetti che uccisero Leopardi. Al Suor Orsola la collezione Ruggiero, su corrieredelmezzogiorno.corriere. 16 febbraio  (archiviato il 21 febbraio ).  in Lettera di Antonio Ranieri a Fanny Targioni-Tozzetti, Napoli, 1 idem in Lettera di A. R. a Monaldo Leopardi, Napoli, in Opere inedite di Giacomo Leopardi, G. 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Cfr. anche Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia, tomo XXX, anno IX (1840), n° 82 (luglio-agosto-settembre), Luglio 1840, Palermo, dalla tipografia di Filippo Solli, 1840, pag. 63 Archiviato il 13 maggio  in . e Opere di Pietro Giordani,  XIII, Scritti editi e postumi di Pietro Giordani,  VI, pubblicati da Antonio Gussalli, Milano presso Francesco Sanvito, Riproduzione, che presenta lieve variazione di testo, sotto forma di disegno in Opere di Giacomo Leopardi, edizione accresciuta, ordinata e corretta secondo l'ultimo intendimento dell'autore, da Antonio Ranieri,  2, Firenze, Successori Le Monnier, 1889, fuori testo Archiviato il 10 ottobre  in ..  Pasquale Stanzione, Giacomo LeopardiUna tomba vuota a Fuorigrotta, pag. 60, su pasqualestanzione. 7 maggio  (archiviato il 24 settembre ). Foto del Registro (JPG), su pasqualestanzione. 7 maggio  (archiviato il 13 maggio ). Ingrandimento (JPG), su pasqualestanzione.cons ultato il 7 maggio  (archiviato il 13 maggio ).  Nuove scoperte su Leopardi? Occorre cautela Archiviato il il 5 febbraio  in . da Cronache maceratesi  Luciano Garofano, Giorgio Gruppioni, Silvano VincetiDelitti e misteri del passato: Sei casi da RIS dall'agguato a Giulio Cesare all'omicidio di Pier Paolo Pasolini, Rizzoli, pag. 179.  PIER FRANCESCO LEOPARDI: SONO DISPONIBILE ALLA PROVA DEL DNA, MA I RECANATESI SONO D’ACCORDO?  Loretta Marcon, Un giallo a Napoli. La seconda morte di Giacomo Leopardi, Guida, ,Ida Palisi, Leopardi, strane ipotesi su morte e sepoltura, “Il Mattino di Napoli”, 19.8.; recensione a: Loretta Marcon, Un giallo a Napoli. La seconda morte di Giacomo Leopardi, Guida,   Mario Picchi, Storie di casa Leopardi, cit.,  14 e seguenti, dove si riporta anche il verbale ufficiale delle persone presenti.  E' vuota la tomba di Leopardi. Guerra sulla riesumazione dei resti, su ricerca.repubblica. 16 febbraio  (archiviato il 21 ottobre ).  La Vita  Leopardi, sito gestito dal CNSL  Si torna a parlare dei resti di Leopardi, nato comitato per l'esumazione dal sacello del parco Virgiliano di Napoli, su ilcittadinodirecanati. 4 febbraio  (archiviato il 5 febbraio ).  Il ritratto della pinacoteca di Recanati, su cdn.studenti.stbm. 27 aprile  (archiviato il 29 aprile ).  In Opera Omnia, Milano, Mondadori,  Cfr. in proposito anche gli studi che il filosofo Giovanni Gentile ha dedicato a Leopardi, in particolare: Manzoni e Leopardi: saggi critici (Milano, Treves, Poesia e filosofia di Giacomo Leopardi (Firenze, Sansoni, 1939).  Paolo Emilio Castagnola, Osservazioni intorno ai Pensieri di Giacomo Leopardi, pag. 26, Tipografia del Mediatore, Gino Tellini, Filologia e storiografia. 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Tra virgolette le parole di Leopardi, tratte da sue lettere.  Marta Sambugar, Gabriella Sarà, Visibile parlare, da Leopardi a Ungaretti, Milano, RCS Libri, Marta Sambugar, Gabriella Sarà, Visibile parlare, da Leopardi a Ungaretti, Milano, RCS Libri, Operette morali, su internetculturale. 19 ottobre  14 giugno ).  Marta Sambugar, Gabriella Sarà, Visibile parlare, da Leopardi a Ungaretti, Milano, RCS Libri, Fabio Marri, Neologismi Archiviato il 9 settembre  in ., Enciclopedia dell'Italiano (), Istituto dell'Enciclopedia italiana.  Catalogo della mostra "Viaggi e transiti opere leopardiane di Valeriano Trubbiani" realizzata in occasione dell'inaugurazione del Centro culturale "Pergoli" di Falconara Marittima Comune di Falconara Marittima, Aniballi Grafiche, Ancona, 2005  Vedi la scheda dedicata al CARTCentro permanente per la Documentazione dell'Arte Contemporanea di Falconara Marittima nel sito "La memoria dei luoghi" del Sistema Museale della Provincia di Ancona: CARTCentro permanente per la documentazione dell'Arte contemporanea, su Associazione "Sistema Museale della Provincia di Ancona".   "Le Marche di Leopardi", breve documentario diretto da Alessandro Scilitani, patrocinato dalla Regione Marche: youtube.com /watch?v= Km1EK0MH6Sg  ascolta la canzone nel sito della Fondazione Giorgio Gaber:// Giorgio gaber/ discografia-album/ benvenuto-il-luogo-dove-testo Archiviato il 6 settembre  in .  vedi il testo dell'Operetta morale in Operette_morali/Dialogo_di_un_venditore_d%27almanacchi_e_di_un_passeggere Archiviato il 15 settembre  in .  Il cortometraggio di Ermanno Olmi Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggiere: youtube.com/watch?v=hiJOBKJZNaU  Il cortometraggio di Ermanno Olmi Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggiere è inoltre visibile all'interno del programma "Leopardi, il rivoluzionario" di Giancarlo Mancini, puntata della rubrica televisiva di Rai Storia "Il tempo e la storia" con Massimo Bernardini e lo storico Lucio Villari://raistoria.rai/articoli/leopardi- il-rivoluzionario/25794/default.aspx Archiviato il 7 settembre  in .  "Leopardi, il rivoluzionario" di Giancarlo Mancini, puntata della rubrica "Il tempo e la storia" con Massimo Bernardini e lo storico Lucio Villari://raistoria.rai/articoli/leopardi-il-rivoluzionario/25794/default.aspx Archiviato il 7 settembre  in .  Rai Storia, "Giacomo Leopardi e l`importanza di Recanati"://raiscuola.rai/articoli/giacomo-leopardi-parte-prima/3205/default.aspx Archiviato l'8 settembre  in .  Nel sito web de "La Stampa", Francesco Guzzini del Centro Studi Leopardiani mostra l'itinerario che il Poeta compiva per recarsi dalla propria abitazione al punto di osservazione del paesaggio che gli ispirò L'infinito://lastampa//07/16/multimedia/societa/viaggi/ecco-il-vero-colle-dellinfinito-descritto-da-giacomo-leopardi-fncjkba7fEJyVoUSrazy1H/pagina.html in .  Lo spot turistico sulle Marche con Dustin Hoffman con la regia di Giampiero Solari: youtube.com/watch?v=gEndornqlHo Archiviato il 22 agosto  in .  "A casa di Giacomo Leopardi", intervista di Pippo Baudo alla contessa Olimpia Leopardi all'interno del Palazzo Leopardi di Recanati: youtube.com/watch?v=oNlkBu0E  "Un Leopardi inedito" raccontato da Novella Bellucci e Franco D'Intino nella puntata di "Visionari" del 15 giugno , programma televisivo condotto da Corrado Augias su Rai 3: youtube.com/watch?v=KwFnKv0TBaI  Intervista allo scrittore Alessandro D'Avenia sul suo libro e spettacolo teatrale “L'arte di essere fragilicome Leopardi può salvarti la vita” nel sito di RepubblicaTv (): youtube.com/watch?v=oXGh3g6lQsM  Vittorio Gassman interpreta L'infinito, su youtube.com. 15 settembre  (archiviato il 23 maggio ).  Vittorio Gassman interpreta A Silvia: youtube.com/watch?v=7hEbvxBi2ZQ Archiviato il 29 marzo  in .  Vittorio Gassman interpreta La sera del dì di festa: youtube.com/watch?v=TPpCs6tws_U  Vittorio Gassman interpreta Amore e Morte: youtube Vittorio Gassman interpreta La quiete dopo la tempesta: youtube.com/watch?v=- 8jasZDrV2U Archiviato il 23 ottobre  in .  Vittorio Gassman interpreta A se stesso: youtube.com/watch?v=F0lhF2s_5s4  Carmelo Bene interpreta L'infinito: youtube.co  Carmelo Bene interpreta Passero solitario: youtube.com/watch?v=IZzQbnzpaok  Carmelo Bene interpreta La ginestra (o Il fiore del deserto): youtube.com/watch?v=ZqzVXF3Fx4Y  Carmelo Bene interpreta Alla luna: youtube.com/watch?v=v9IriaUNWQk  Carmelo Bene interpreta La sera del dì di festa: youtube.com/ watch?v=qydGUiV1wwI  Carmelo Bene interpreta Il sabato del villaggio: youtube.com/watch?v=vI9PJfCtWw4  Carmelo Bene interpreta Le ricordanze: youtube.com/watch?v=jyB0eM9AOoM  Carmelo Bene interpreta Canto notturno di un pastore errante dell'Asia: youtube Carmelo Bene interpreta Inno ad Arimane: youtube.com/ watch?v=f2-QAubKbLE  vedi su Inno ad Arimane: Canti_(superiori)#Le_posizioni_contro_l.27 ottimismo_progressista Archiviato il 15 settembre  in .  leggi il testo di Inno ad Arimane in Wikisource: it.wikisource.org/wiki/Puerili_(Leopardi)/Ad_Arimane Archiviato il 15 settembre  in .  Carmelo Bene interpreta Amore e Morte: youtube.com/watch?v=epYU4-n2jGw  Arnoldo Foà interpreta L'infinito: youtube Arnoldo Foà interpreta Passero solitario: youtube.com/watch?v= nOr3Qbceuhg  Arnoldo Foà interpreta A Silvia: youtube Arnoldo Foà interpreta Il sabato del villaggio: youtube.com/watch?v=kmk_gd-48XE  Arnoldo Foà interpreta La sera del dì di festa: youtube.com/watch?v=aWOJfMZeCVo  Arnoldo Foà interpreta Canto notturno di un pastore errante dell'Asia: youtube Arnoldo Foà interpreta Le ricordanze: youtube.com/watch?v=hL855FC_juA Arnoldo Foà interpreta La ginestra (o Il fiore del deserto): youtube.com/watch?v=zBnDqu8X5fk  Arnoldo Foà interpreta Il tramonto della luna: youtube Arnoldo Foà interpreta All'Italia: youtube.com/watch?v=iNHqhHiIqok  Arnoldo Foà interpreta Alla luna: youtube.com/watch?v=oxzCzwR05WE  Giorgio Albertazzi interpreta L'infinito: youtube.com/watch?v=BLmhOx6IuCw Archiviato il 1º giugno  in .  Nando Gazzolo interpreta L'infinito: youtube.com/watch?v=Te8tyDDsh2A  Gabriele Lavia interpreta L'infinito: youtube.com/watch?v=oSV7eBa-_Ao  Gabriele Lavia discetta sull'opera di Leopardi, prima della "dizione" delle opere di Leopardi: youtube Alberto Lupo interpreta Ultimo canto di Saffo: youtube   Elio Germano, nel film Il giovane favoloso di Mario Martone, interpreta L'infinito: youtube.com/watch?v=jIvzQvi75rQ  Elio Germano, nel film Il giovane favoloso di Mario Martone, interpreta La ginestra (o Il fiore del deserto): youtube.com/watch?v=U5e___IGHm4  Elio Germano, nel film Il giovane favoloso di Mario Martone, interpreta la pri ma parte de La sera del dì di festa: youtube.com/watch?v NgI8uekF6H4  Elio Germano, nel film Il giovane favoloso di Mario Martone, interpreta un brano di Amore e Morte: youtube Elio Germano, nel film Il giovane favoloso di Mario Martone, interpreta l'ultima parte di Aspasia: youtube nito», su corriere,/turismo.marche/Portals/1/Leopardi/Leopardi%2 0nel%20mondo.pdf  Il backstage dello spot promozionale della Regione Marche con Dustin Hoffman ed il regista Giampiero Solari: youtube.com/watch?v=zi-UJTIBatM  La stroncatura di Mina allo spot della Regione Marche: youtube.co riportato in: "Il cittadino di Recanati", Anche Mina nella sua rubrica su "La Stampa" affonda lo spot con L'infinito, su ilcittadinodirecanati, 3 gennaio . 6 settembre  (archiviato il 6 dicembre ).  "Il Resto del Carlino" Ancona, "Leopardi bisogna meritarselo" Mina critica lo spot della Regione, su ilrestodelcarlino, 4 gennaio . 6 settembre  (archiviato il 6 settembre ).  "Il Resto del Carlino" Ancona, Spot di Hoffman, su YouTube 21 mila visualizzazioni, su ilrestodelcarlino, Dustin Hoffman ancora sponsor delle Marche. Ma sembra lo spot di se stesso, su blitzquotidiano. 6 settembre  (archiviato il 6 settembre ).  vedi la serie di spot "Le Marche non ti abbandonano mai" interpretati dall'attore marchigiano Neri Marcorè, con la regia di Rovero Impiglia e Giacomo Cagnelli: youtube Marco Minnucci, La regione Marche rispedisce Dustin Hoffman in America e pone fine allo stupro di Leopardi, su qelsi,  su Giacomo Leopardi. Edizioni delle opere Giacomo Leopardi, [Opere. Poesia], Bari, G. Laterza, Epistolario Epistolario di Giacomo Leopardi, Francesco Moroncini, Firenze: Le Monnier, Lettere, Sergio Solmi e Raffaella Solmi, Milano-Napoli: Ricciardi, poi Torino: Einaudi «Classici Ricciardi» Il Monarca delle Indie. Corrispondenza tra Giacomo e Monaldo Leopardi, Graziella Pulce, introduzione di Giorgio Manganelli, Milano: Adelphi «Biblioteca» Franco Brioschi e Patrizia Landi, Torino: Bollati Boringhieri, 1998 Rolando Damiani, Milano: Arnoldo Mondadori Editore «I Meridiani», Zibaldone Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura, Giosuè Carducci e altri, Firenze: Le Monnier, Pensieri di varia filosofia, Ferdinando Santoro, Lanciano: Carabba, Attraverso lo Zibaldone, Valentino Piccoli, Torino: Utet  scelto e annotato con introduzione e indice analitico Giuseppe De Robertis, Firenze: Le Monnier, Il testamento letterario, pensieri scelti, annotati e ordinati in sei capitoli da «La Ronda», Roma: La Ronda, con prefazione e note di Flavio Colutta, Milano: Sonzogno, Opere, volume III: Zibaldone scelto, Giuseppe De Robertis, Milano: Rizzoli,  Francesco Flora, Milano: Mondadori, in Antologia leopardiana: Canti, Operette morali, Pensieri, Zibaldone ed Epistolario, Giuseppe Morpurgo, Torino: Lattes, in Opere, Sergio Solmi e Raffaella Solmi, Milano-Napoli: Ricciardi, poi parzialmente Torino: Einaudi, «Classici di Ricciardi», in Tutte le opere, introduzione e cura di Walter Binni, con la collaborazione di Enrico Ghidetti, Firenze: Sansoni, 1969 (2 volumi) scelta Anna Maria Moroni, saggi introduttivi di Sergio Solmi e Giuseppe De Robertis, Milano: Mondadori «Oscar» (con uno scritto di Giuseppe Ungaretti) e edizione fotografica dell'autografo con gli indici e lo schedario, Emilio Peruzzi, Pisa: Scuola normale superiore, Il testamento letterario, pensieri dello Zibaldone scelti annotati e ordinati da Vincenzo Cardarelli, con una premessa di Piero Buscaroli, Torino: Fogoli, Pensieri anarchici scelti Francesco Biondolillo, Napoli: Procaccini, edizione critica e annotata Giuseppe Pacella, Milano: Garzanti «I Libri della Spiga», Rolando Damiani, Milano: Mondadori, «I Meridiani», Teoria del piacere, scelta di pensieri con note, introduzione e postfazione di Vincenzo Gueglio, Milano: Greco e Greco, edizione tematica stabilita sugli indici leopardiani, Fabiana Cacciapuoti, prefazione di Antonio Prete, Roma: Donzelli Editore, Lucio Felici, premessa di Emanuele Trevi, indici filologici di Marco Dondero, indice tematico e analitico di Marco Dondero e Wanda Marra, Roma: Newton Compton, «Mammut», Tutto e nulla, antologia Mario Andrea Rigoni, Milano: Rizzoli «BUR», edizione critica Fiorenza Ceragioli e Monica Ballerini, Bologna: Zanichelli, Canti con note per cura di Francesco Moroncini, Leopardi, Giacomo, Canti: commentati da lui stesso, Palermo: R. Sandron, Niccolò Gallo e Cesare Garboli, Torino: Einaudi, Poesie e prose. Poesie, Mario Andrea Rigoni, Milano: Mondadori «I Meridiani», n Tutte le poesie e tutte le prose, Lucio Felici, Roma: Newton Compton, «Mammut», Canti e poesie disperse, ed. critica Franco Gavazzeni (con C. AnimosiItalia, M.M. Lombardi, F. Lucchesini, R. Pestarino, S. Rosini), Firenze: Accademia della Crusca, Giacomo Leopardi, Canti, Bari, G. Laterza e Figli, Operette Morali Leopardi, Giacomo, Operette morali; edizione critica di Francesco Moroncini, Bologna: Cappelli, 1929 introduzione cura di Antonio Prete, Milano: Feltrinelli «Universale economica classici», Milano: Mursia, in Poesie e prose. Prose, Rolando Damiani, Milano: Mondadori «Meridiani», in Tutte le poesie e tutte le prose, Emanuele Trevi, Roma: Newton Compton, «Mammut»,  poi da sole nella collana «GTE», Giacomo Leopardi, Operette morali, Bari, Laterza, 1928. 7 marzo . Pensieri Giacomo Leopardi, Pensieri, Bari, G. Laterza e Figli Edit. Tip., introduzione cura di Antonio Prete, Milano: Feltrinelli «UEF classici», 1994 Crestomazia italiana Giulio Bollati e Giuseppe Savoca, Torino: Einaudi, «Nuova Universale Einaudi», Memorie del primo amore Cesare Galimberti, Milano: Adelphi, Epistolario di Giacomo Leopardi Leopardi (famiglia) Opere Pensiero e poetica di Giacomo Leopardi TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giacomo Leopardi, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giacomo Leopardi, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Giacomo Leopardi, su The Encyclopedia of Science Fiction.  Giacomo Leopardi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giacomo Leopardi, su accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca.  Giacomo Leopardi, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.  Opere di Giacomo Leopardi, su Liber Liber.  Opere di Giacomo Leopardi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.Progetto Gutenberg. Audiolibri di Giacomo Leopardi, su LibriVox. Giacomo Leopardi, su Goodreads.   italiana di Giacomo Leopardi, su Catalogo Vegetti della letteratura fantastica, Fantascienza.com. Spartiti o libretti di Giacomo Leopardi, su International Music Score Library Project, Project Petrucci LLC.  Centro nazionale di studi leopardiani Recanati, su centro studileopardiani. Classici Italiani  e opere complete di Giacomo Leopardi, interbooks.eu Lo Zibaldone , su rodoni.ch. I canti di Giacomo Leopardi dai manoscritti autografi della Biblioteca Nazionale di Napoli, su bnnonline. Il Pessimismo in Leopardi e Schopenhauer [collegamento interrotto], su gheminga. Opere[collegamento interrotto] integrali in più volumi dalla collana digitalizzata "Scrittori d'Italia" Laterza Opere di Giacomo Leopardi, testi con concordanze, lista delle parole e lista di frequenza Leopardi: Dialogo di un Fisico e di un Metafisico. Arte di prolungare la vita o arte della felicità?, su giornaledifilosofia.net. Concordanze delle Lettere [collegamento interrotto], su classicistranieri.com. Autobiografia (Monaldo Leopardi)/Monaldo Leopardi, la satira a servizio della fede, su totustuus.biz. Nietzsche e Leopardi a confronto , su agenziaimpronta.net. Leopardi ottimista: un mito del Novecento, su cle.ens-lyon.fr 10 gennaio ). Cesare Angelini, "Sereno in Leopardi", su cesareangelini. Mario Buonofiglio, "L'inquietudine ritmica dell'in(de)finito", su academia.edu.  Refs.: Luigi Speranza, "Grice e gli usi di Leopardi nella filosofia italiana," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

LEOPARDI. (Recanati). Filosofo. Grice: “We don’t have at Oxford a ‘chip off the old block’ as they have in Recanati!” --  Importante esponente del pensiero controrivoluzionario e padre di Leopardi. Leopardi, targa commemorativa apposta sui portici di piazza Leopardi a Recanati Figlio primogenito del conte Giacomo e di Virginia dei marchesi Mosca, nacque in una delle famiglie più preminenti di Recanati. Rimasto a quattro anni orfano del padre, crebbe con la madre (che non volle risposarsi per accudire i quattro figli), gli zii paterni rimasti celibi e i fratelli. Educato in casa dal precettore Giuseppe Torres, padre gesuita fuggito dalla Spagna a seguito della cacciata dell'ordine dal regno, ricevette una formazione improntata agli ideali cristiani, cui rimase fedele per tutto il resto della sua vita. Fu sottoposto alla tutela di un prozio, non potendo amministrare direttamente il patrimonio familiare per disposizione testamentaria. Ottenne tuttavia da papa Pio VI la deroga alla disposizione paterna e, all'età di 18 anni, assunse l'amministrazione della propria eredità.  Dopo un primo progetto di nozze andato a monte, sposò nel 1797 la marchesa Adelaide Antici, sua lontana parente. Il matrimonio fu un matrimonio d'amore strenuamente osteggiato dalla famiglia di Monaldo, in base ad antiche dispute tra casati e per questioni economiche (mancanza di una dote adeguata), che per manifestare la propria contrarietà non partecipò al matrimonio, che venne infatti celebrato nella sala detta "galleria" di palazzo Antici a Recanati. Il patrimonio di famiglia, dalle mani di Monaldo, passò in quelle della moglie, a causa dei debiti del prozio che il conte non riusciva a ripianare. Frutto di questa unione tra opposti caratteri furono numerosi figli: di questi, raggiunsero l'età adulta Giacomo, Carlo, Paolina, Luigi, e Pierfrancesco. A causa della impossibilità di gestirli (dovuta alla sua indole caritatevole verso i poveri, agli sperperi dei parenti e all'invasione giacobina), l'amministrazione dei beni di famiglia passò nelle mani della consorte, donna energica e severa; Monaldo poté così dedicarsi totalmente alla sua passione, gli studi e le lettere. Tra i suoi molti meriti vi è aver grandemente contribuito alla formazione del nucleo fondamentale della biblioteca di famiglia dei Leopardi, nella quale il giovane Giacomo passò i suoi anni di "studio matto e disperatissimo" (compresi i libri proibiti per i quali il conte ottenne la dispensa della Santa Sede, per metterli a disposizione dei figli) e che Monaldo donò all'intera cittadinanza recanatese, come ricorda la lapide apposta nella cosiddetta "prima stanza".  L'impegno civico  Angolo della biblioteca di palazzo Leopardi negli anni Cinquanta, con i ritratti di Monaldo, Adelaide e Giacomo  Il medico e naturalista britannico Edward Jenner La sua opera è rappresentativa del concetto di reazione (per es., la demolizione dell'egualitarismo nel Catechismo sulle rivoluzioni), inoltre gli vanno riconosciuti diversi meriti acquisiti durante lo svolgersi della sua vita politica, indirizzata nei confronti di Recanati, città in cui visse.  Monaldo fu consigliere comunale a diciotto anni, governatore della città, amministratore dell'annona. Fu tra coloro che si mantennero fedeli al papa Pio VI nel periodo dell'occupazione francese. Nel 1797 s'adoperò per mantenere tranquilla la popolazione in tumulto contro le forze dei rivoluzionari francesi e, in accordo con i suoi principî morali e religiosi, rifiutò di assumere incarichi pubblici durante la Repubblica Romana e il primo ed effimero Regno d'Italia. Fu gonfaloniere di Recanati, la massima carica amministrativa, e si occupò della costruzione di strade e di ospedali, dell'illuminazione notturna, del sostegno ai meno abbienti, della riduzione delle tasse, del rilancio degli studi pubblici e delle attività teatrali.  Sebbene fosse preoccupato per le conseguenze della meccanizzazione sull'occupazione, ritenne che le ferrovie e le macchine a vapore fossero tutt'altro che inconciliabili con una società cristiana. Stimolò inoltre il diboscamento del suolo, la messa a coltura dei prati, lo stabilimento di case coloniche e l'applicazione di nuove colture, come il cotone o la patata. Fu anche il primo a introdurre nello Stato Pontificio il vaccino antivaioloso dell'inglese Edward Jenner e lo fece sperimentare sui propri figli; poi, da gonfaloniere, rese obbligatoria la vaccinazione che svolgeva personalmente (in ciò smentendo la raffigurazione caricaturale di "retrogrado" che si attribuì ideologicamente alla sua figura da parte della critica novecentesca). Sostenne anche un progetto per la fondazione di un'università nella sua città natale, che però alla sua morte non ebbe seguito.  Infine, durante la carestia, fece erogare gratuitamente i medicinali ai più bisognosi e creò occasioni di lavoro, sia maschile, con la costruzione di strade, sia femminile, con la tessitura della canapa. Come scrisse una volta, quelle attività riformatrici non erano in contrasto con le sue idee controrivoluzionarie; infatti dichiarò: «Oggi si pretende di costruire il mondo per una eternità e si soffoca ogni residuo e ogni speranza del bene presente sotto il progetto mostruoso del perfezionamento universale»  Morì il celebre figlio Giacomo: nonostante tra i due i rapporti non fossero distesi, la perdita gli causò grave dolore. Si spense nella città natale e fu sepolto nella tomba di famiglia presso la chiesa di Santa Maria in Varano a Recanati. Dei molti scritti religiosi, storici, letterari, eruditi e filosofici di Leopardi, i più famosi sono i “Dialoghetti sulle materie correnti” usciti con lo pseudonimo di "1150", MCL in cifre romane, ovvero le iniziali di "Monaldo Conte Leopardi". Ebbero immediatamente un grande successo, ben sei edizioni in cinque mesi, furono tradotti in più lingue e divennero notissimi nelle corti europee. Il figlio Giacomo, da Roma, ne informa il padre in una lettera dell'8 marzo:  «I Dialoghetti, di cui la ringrazio di cuore, continuano qui ad essere ricercatissimi. Io non ne ho più in proprietà se non una copia, la quale però non so quando mi tornerà in mano.»  Per umiltà lasciò i molti guadagni allo stampatore, il Nobili. È probabile che con quest'opera Monaldo volesse contrapporsi alle Operette morali del figlio, che giudicava negativamente e riteneva contrarie alla fede cristiana. In essi, infatti, esprimeva gli ideali della reazione (o anche controrivoluzione). Tra le tesi sostenute, la necessità della restituzione della città di Avignone al papato e del ducato di Parma ai Borbone, la critica a Luigi XVIII di Francia per la concessione della costituzione (che violerebbe il sacro principio dell'autorità dei re che "non viene dai popoli, ma viene addirittura da Dio"), la proposta della suddivisione del territorio francese fra Inghilterra, Spagna, Austria, Russia, Olanda, iera e Piemonte, la difesa della dominazione turca sul popolo greco, in quegli anni impegnato nella lotta per l'indipendenza.  Risalgono alcune opere di satira politica: Monaldo era infatti ottimo satirico e disseminava le sue opere di scherzi letterari. Tra esse, il Viaggio di Pulcinella e le Prediche recitate al popolo liberale da don Muso Duro, curato nel paese della Verità e nella contrada della Poca Pazienza (versione digitalizzata). Fu inoltre autore di ricerche erudite, ammonimenti ai fedeli cattolici e articoli su varie riviste, tra cui si segnalano «La Voce della Verità» di Modena e «La Voce della Ragione» di Pesaro, che Leopardi stesso diresse. La rivista ottenne un buon successo, come dimostrano i 2000 abbonamenti sottoscritti in tutta Italia, tuttavia fu soppressa d'autorità.  Rimasero inediti, invece, i suoi Annali recanatesi dalle origini della città ae la sua Autobiografia: in quest'ultima la prosa di Monaldo si arricchisce di leggerezza, ironia e umorismo.  Negli ultimi anni di vita Monaldo visse appartato (non amava allontanarsi da Recanati: la sua più lunga assenza dalla casa paterna consistette in 2 mesi a Roma), deluso dalle caute aperture liberali del governo pontificio e degli esordi del regno di papa Pio VI. Collaborò al periodico svizzero Il Cattolico, di Lugano, tornando poi, negli ultimi anni, agli studi storici su Recanati, coltivati in gioventù.  Opere digitalizzate Monaldo Leopardi, La Santa Casa di Loreto. Discussioni storiche e critiche, Lugano, presso Francesco Veladini e C. Monaldo Leopardi, Istoria evangelica scritta in latino con le sole parole dei sacri Evangelisti, spiegata in italiano e dilucidata con annotazioni, Pesaro, pei tipi di A. Nobili. Monaldo Leopardi, Dialoghetti sulle materie correnti dell'anno, Leopardi, Prediche recitate al popolo liberale da don Muso Duro, curato nel paese della verità e nella contrada della poca pazienza. Rapporto con il figlio  ritratto di Giacomo Leopardi. Nonostante la vulgata dica il contrario, il rapporto con il figlio illustre appare buono: senz'altro nei primi anni Monaldo dovette essere orgoglioso della precocità del ragazzo, e nelle opere giovanili di Giacomo, ad esempio il Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, si avverte ancora l'influenza delle idee del padre. Ben presto, però, i loro spiriti presero strade diametralmente opposte: la crescente autonomia di pensiero di Giacomo preoccupava Monaldo.  La lettura del carteggio fra i due rivela una relazione affettuosa, soprattutto negli ultimi anni. La lettera più sincera scritta da Giacomo al padre è quella che quest'ultimo non lesse mai: si tratta della missiva datata luglio 1819, quando il poeta progettava la fuga, e che non fu mai spedita, perché egli dovette rinunciare ai suoi piani.  «Mio Signor Padre. Per quanto Ella possa aver cattiva opinione di quei pochi talenti che il cielo mi ha conceduti, Ella non potrà negar fede intieramente a quanti uomini stimabili e famosi mi hanno conosciuto, ed hanno portato di me quel giudizio ch'Ella sa, e ch'io non debbo ripetere. Era cosa mirabile come ognuno che avesse avuto anche momentanea cognizione di me, immancabilmente si maravigliasse ch'io vivessi tuttavia in questa città, e com'Ella sola fra tutti, fosse di contraria opinione, e persistesse in quella irremovibilmente. Io so che la felicità dell'uomo consiste nell'esser contento, e però più facilmente potrò esser felice mendicando, che in mezzo a quanti agi corporali possa godere in questo luogo. Odio la vile prudenza che ci agghiaccia e lega e rende incapaci d'ogni grande azione, riducendoci come animali che attendono tranquillamente alla conservazione di questa infelice vita senz'altro pensiero.»  Finalmente, Giacomo lascia Recanati, per farvi ritorno solo saltuariamente. Da lontano, il padre assiste alla crescita della sua fama nel mondo intellettuale italiano, ma non riesce a comprendere la grandezza del figlio: disapprova la pubblicazione delle Operette morali, scrivendogli in una lettera (perduta) le "cose che non andavano bene", suggerimenti che nella risposta Giacomo promette di prendere in considerazione, ma che di fatto non sono mai accolti. La pubblicazione dei Dialoghetti di Monaldo è causa di attrito fra padre e figlio. Giacomo Leopardi si trovava a Firenze: nell'ambiente iniziò a circolare la voce che fosse lui l'autore dell'opera, espressione delle tesi reazionarie, cosa che egli fu costretto a smentire seccamente sul giornale Antologia di Giovan Pietro Vieusseux. Si sfogò poi per lettera con l'amico Giuseppe Melchiorri: «Non voglio più comparire con questa macchia sul viso. D'aver fatto quell'infame, infamissimo, scelleratissimo libro. Quasi tutti lo credono mio: perché Leopardi n'è l'autore, mio padre è sconosciutissimo, io sono conosciuto, dunque l'autore sono io. Fino il governo m'è divenuto poco amico per causa di quei sozzi, fanatici dialogacci. A Roma io non potevo più nominarmi o essere nominato in nessun luogo, che non sentissi dire: ah, l'autore dei dialoghetti.»  In toni decisamente più miti ne scrive poi a Monaldo il 28:  «Nell'ultimo numero dell'Antologia... nel Diario di Roma, e forse in altri Giornali, Ella vedrà o avrà veduto una mia dichiarazione portante ch'io non sono l'autore dei Dialoghetti. Ella deve sapere che attesa l'identità del nome e della famiglia, e atteso l'esser io conosciuto personalmente da molti, il sapersi che quel libro è di Leopardi l'ha fatto assai generalmente attribuire a me. E dappertutto si parla di questa mia che alcuni chiamano conversione, ed altri apostasia, ec. ec. Io ho esitato 4 mesi, e infine mi son deciso a parlare, per due ragioni. L'una, che mi è parso indegno l'usurpare in certo modo ciò ch'è dovuto ad altri, o massimamente a Lei. Non son io l'uomo che sopporti di farsi bello degli altrui meriti. [ L'altra, ch'io non voglio né debbo soffrire di passare per convertito, né di essere assomigliato al Monti, ec. ec. Io non sono stato mai né irreligioso, né rivoluzionario di fatto né di massime. Se i miei principii non sono precisamente quelli che si professano ne' Dialoghetti, e ch'io rispetto in Lei, ed in chiunque li professa in buona fede, non sono stati però mai tali, ch'io dovessi né debba né voglia disapprovarli.»  Nelle ultime lettere Giacomo esprime la volontà di rivedere il padre, passando dai toni formali a quelli affettuosi ("carissimo papà" nell'ultima lettera).  Monaldo sopravvisse 10 anni al figlio. L'incompatibilità fra i due rimaneva però ancora evidente nel 1845, otto anni dopo la morte di Giacomo, non accettando lui le idee areligiose del poeta; la sorella di lui, Paolina, scriveva a Marianna Brighenti:  «Di Giacomo poi, della gloria nostra, abbiam dovuto tacere più che mai tutto quello che di lui veniva fatto di sapere, come di quello che non combinava punto col pensiero di papà e colle sue idee. Pertanto, non abbiamo fatto mai parola con lui delle nuove edizioni delle sue opere, e quando le abbiamo comprate le abbiamo tenute nascoste e le teniamo ancora, acciocché per cagion nostra non si rinnovi più acerbo il dolore.»  Su richiesta dell'ultimo amico di Leopardi, Antonio Ranieri, pochi giorni dopo la morte del figlio, Monaldo gli spedì un Memoriale con cenni biografici su Giacomo, con aneddoti e curiosità, in cui si avverte il dolore per la rottura fra i due e l'incapacità del padre di capire la direzione intrapresa dal figlio; il Memoriale si interrompe: "Tutto ciò che riguarda il tratto successivo è più noto a Lei che a me", scrive infatti. Nonostante ciò, Monaldo piangerà con dolore la perdita di Giacomo, al punto che quando redigerà il proprio testamento nel 1839, alla settima volontà scrisse:  «Voglio che ogni anno in perpetuo si facciano celebrare dieci messe nel giorno anniversario della mia morte, altre dieci il giorno 14 giugno in cui morì il mio diletto figlio Giacomo...»   Manetti, Giacomo Leopardi e la sua famiglia, Bietti, Milano. La famiglia Leopardi è protagonista del romanzo fantastico di Michele Mari Io venìa pien d'angoscia a rimirarti, del 1998.  Monaldo Leopardi, di Sandro Petrucci  Monaldo In viaggio per Leopardi, Leopardi fu chiamato alla collaborazione a tale rivista dal suo fondatore, il Principe di Canosa Antonio Capece Minutolo.  Giacomo Leopardi, Carissimo Signor Padre. Lettere a Monaldo, Venosa, Osanna ed., Giacomo Leopardi, Il monarca delle Indie. Corrispondenza tra Giacomo e Monaldo Leopardi, Graziella Pulce, introduzione di Giorgio Manganelli, Milano, Adelphi,Monaldo Leopardi. La giustizia nei contratti e l'usura. Modena, Soliani, Monaldo Leopardi, Autobiografia, con un saggio di Giulio Cattaneo, Roma, Dell'Altana ed., Antonio Ranieri, Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi, Mursia ed.,  (L'ultimo amico del poeta narra di un suo incontro con Monaldo mentre era di passaggio a Recanati). Monaldo Leopardi, Catechismo filosofico e Catechismo sulle rivoluzioni, Fede&Cultura, 2006 Monaldo Leopardi, Dialoghetti sulle materie correnti e Il viaggio di Pulcinella, in , L'Europa giudicata da un reazionario. Un confronto sui Dialoghetti di Monaldo Leopardi, Diabasis, 2004 Nicola Raponi, Due centenari. A proposito dell'autobiografia di Monaldo Leopardi, Quaderni del Bicentenario. Pubblicazione periodica per il bicentenario del trattato di Tolentino,  n. 4, Tolentino, Giuseppe Manitta, Giacomo Leopardi. Percorsi critici e bibliografici, Il Convivio, Anna Maria Trepaoli, Gubbio, i Leopardi, Recanati: un legame da riscoprire, Perugia, Fabrizio Fabbri editore, Pasquale Tuscano, Monaldo Leopardi. Uomo, politico, scrittore, Lanciano, Casa Editrice Rocco Carabba, , Giacomo Leopardi Leopardi (famiglia) Pierfrancesco Leopardi.  Monaldo Leopardi, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giovanni Ferretti, Monaldo Leopardi, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Nicola Del Corno, Monaldo Leopardi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Monaldo Leopardi, su siusa.archivi.beniculturali, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.  Opere di Monaldo Leopardi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Monaldo Leopardi, .Dizionario del pensiero forte, IDISIstituto per la Dottrina e l'Informazione Sociale, sito "alleanzacattoliga.org". Il conte Monaldo Leopardi. Monaldo Leopardi, conte di San Leopardo. Cf. Il Leopardi anti-italiano.

 

LETTIERI. (Messina). Filosofo. Grice: “Lettieri rightly contrasts sensualism in the practical sphere of reason as ‘egoism’ – my ‘principle of conversational self-love’ – but focuses on benfeficence, and solidarity – as ‘rational’ – my principle of conversational benevolence, -- or conversational helfpfulness.” Grice: “I like Lettieri for two reasons: he uses ‘diritto razionale’ which we at Oxford don’t! – He cherishes the ‘dialogo filosofico’ as a genre as we Aristotelians at Oxford don’t – he wrote one on ‘l’intuito’ – While he wrote on ‘sensualism,’ he also explored the idea of ‘man’ and ‘ragione,’ or ragiun, as he put it in his vernacular!” Insegna a Messina. Presidente della Real Accademia Peloritana dei Pericolanti. Molto apprezzato da Mamiani,  Gioberti e Galluppi.  Opere: “Il sensualismo” Dissertazione (Messina, Stamp. T. Capra all'insegna di Maurolico); “La fisiologia calunniata di materialism” (Messina, M. Nobolo); “La potenza del pensiero” (Palermo, Stamp. M. Console); “Etica e diritto naturale” (Messina, Stamp. A. D'Amico); “L’intuito: dialogo filosofico” (Messina, Stamperia ant. D'Amico Arena); “L'omu nun avi l'usu di la ragiuni. Cicalata di lu professuri cav. A. Catara- Lettieri (Messina, Tip. D'Amico); “Introduzione alla filosofia morale e al diritto razionale, -- Grice: “I like the idea of ‘rational’ right!” -- Messina, Tip. D'Amico, “La cognizione del dovere” Poche nozioni dirette all'operaio e ad ogni classe di cittadini, Messina, Tip. D'Amico, Ricordi storici intorno al movimento filosofico nella prima metà del secolo XIX in Sicilia, Messina, Tip. D'Amico, “L’uomo” Pensieri di Antono Catara-Lettieri, Messina, presso Ignazio D'Amico, Antonio Catara Lettieri. Via Lettieri, Messina. Lettieri basis his moral system on rationality – solidarity, beneficence and all the conversational principles appealed by Grice find room in Lettieri’s system – ‘dovere verso l’altri” o “il prossimo” – The fundamental one is that of equality, as when Chomsky says that competence is an ideal natuve speaker with another one --. Luigi Speranza, “Grice e Lettiere: la ragione conversazionale”.

 

LIBERATORE. (Salerno). Filosofo.. Grice: “One could write a whole dissertation – especially in Italy: their erudition has no bounds – about Liberatore’s choice of the sign being conventional, ‘ramo d’olivo’ = pace. It’s so obscure! Aeneas held one, against the Phyrgians – but did the Phyrgians know? And if Mars is often represented wearing an olive wreath, one would not think there is a ‘patto’ between Aeneas and the Phyrgian commander about that!”  Grice: “I like Liberatore – a systematic philosopher, as I am! His logic has the expected discussion on ‘sign.’ A conventional sign he says is a branch of olive ‘signifying’ peace – as opposed to smoke naturally meaning fire – As a footnote, one should note that in Noah’s days, the signification of the dove was ALSO natural – although not strictly ‘factive’ – but then not ALL smoke (e. g. dry ice smoke) signifies fire, as every actor knows!”  “Ma il difetto molto comune degli Economisti è il mancare di giuste idee filosofiche, e con ciò non ostante voler sovente filosofare.”Entra nel collegio dei gesuiti di Napoli e chiese di far parte della Compagnia di Gesù. Insegna filosofia. Fonda a Napoli “La Scienza e la Fede” con lo scopo di criticare le nuove idee del razionalismo, dell'idealismo e del liberalismo, dalle pagine del quale veniva sostenuta una strenua battaglia in favore del brigantaggio, interpretato come movimento politico contrario all'unità d'Italia, ovvero: "La cagione del brigantaggio è politica, cioè l'odio al nuovo governo". Fonda “La Civiltà” per diffondere Aquino. Uno degli estensori dell'enciclica Rerum Novarum di Leone XIII. Studia Aquino. Pubblica “Corso di filosofia”. Membro dell'Accademia Romana,. Combatté il razionalismo e l'ontologismo, così come le idee del Rosmini. Sostenne che il brigantaggio fu la legittima resistenza di un popolo a una conquista non solo territoriale, ma soprattutto ideologica. Difensore dei diritti della Chiesa e studioso dei problemi della vita cristiana, delle relazioni tra Chiesa e stato, tra la morale e la vita sociale.  I filosofi della sua scuola mettono in evidenza a acutezza dei giudizi, la forza degli argomenti, la sequenza logica del pensiero, la stretta osservazione dei fatti, la conoscenza dell'uomo e del mondo, la semplicità ed eleganza dello stile.  All'inizio Professore era giudicato da molti nella Chiesa cattolica il più grande filosofo dei suoi tempi. Si riteneva che vivesse santamente, e si scorgeva in lui un profondo spirito religioso. Considerato uno dei precursori del personalismo economico. Opere: Logica, metafisica, etica e diritto naturale, e in particolare:  “Dialoghi filosofici,” Napoli, Institutiones logicae et metaphysicae, Napoli, Milano, “Theses ex metaphysica selectae quas suscipit propugnandas Franciscus Pirenzio in collegio neapolitano S. J. ab. divi Sebastiani Quinto Napoli, “Dialogo sopra l'origine delle idee, Napoli, “Il panteismo trascendentale: dialogo, Napoli, “Il Progresso: dialogo filosofico,” Genova, “Ethicae et juris naturae elementa, Napoli, Roma, Elementi di filosofia, Napoli, ed. Livorno, Napoli, “Institutiones Philosophicae, Napoli, Roma,“Della Conoscenza intellettuale, Napoli, Roma, Compendium logicae et metaphysicae, Roma “Sopra la teoria scolastica della composizione sostanziale dei corpi, Roma Risposta ad una lettera anonima sopra la teoria scolastica della composizione sostanziale dei corpi, Roma  Dell'uomo,  Roma, La Filosofia di Alighieri. (In Omaggio a Aligh. dei Cattolici ital.), Roma,  Ethica et Ius Naturae, Roma, Typis civilitatis catholicae La Chiesa e lo Stato, Napoli, Real tipografia Giannini, “Della composizione sostanziale dei corpi,” Napoli, Real tipografia Giannini, “L'autocrazia dell'ente” Napoli Degli universali. Confutazione della filosofia Rosminiana difesa da Ferre, Roma “Principii di Economia Politica, Roma, A. Befani, “La proposta dell'imperatore germanico di un accordo internazionale in favore degli operai,  Le associazioni operaie, Dell'intervenzione governativa nel regolamento del lavoro, L'Enciclica Rerum Novarum del S. Padre Leone XIII, De conditione opificium, La Civiltà Cattolica spiega nei dettagli il clima di "difesa" in cui la Chiesa si sentiva in quel tempo. Il ritorno ad Aquino dov’essere orientato alle sue dottrine originarie: Era convinto che dopo di lui ben poco di nuovo aveva prodotto il pensiero umano.  Brigantaggio. Legittima difesa del Sud. Gli articoli della "Civiltà Cattolica"  introduzione di Turco, Napoli, Editoriale Il Giglio. Per l'atteggiamento arroccato in difesa della Chiesa vedi ad esempio Sillabo # La "cupa scia" del Sillabo  Vincenzo Nardini, Manca di verità e si oppone ad Aquino la soluzione di un alto problema metafisico abbracciata da Liberatore ..., Roma, fratelli Pallotta tipografi a S. Ignazio, Lettere edificanti della provincia napoletana della Compagnia di Gesù, in La Civiltà cattolica, Civiltà cattolica:, antologia Gabriele De Rosa, I-IV, s.l. [ma San Giovanni Valdarno] ad ind.; Giuseppe Mellinato, Carteggio inedito Liberatore Cornoldi in lotta per la filosofia tomistica durante il secondo Ottocento, Roma, Volpe, I gesuiti nel Napoletano, Napoli, Dezza, Alle origini del neotomismo, Milano, Devizzi, La critica di Liberatore all'ontologismo, in Rivista di filosofia neo-scolastica, Mirabella, Il pensiero politico di Liberatore ed il suo contributo ai rapporti tra Chiesa e Stato, Milano, Scaduto, Il pensiero politico di Liberatore ed il contributo ai rapporti tra la Chiesa e lo Stato, in Archivum historicum Societatis Iesu, Giuseppe Rossini, Roma Gabriele De Rosa, Storia del movimento cattolico in Italia, Bari ad ind.; Lombardi, La Civiltà cattolica e la stesura della "Rerum novarum". Nuovi documenti sul contributo di Liberatore, in La Civiltà cattolica, Dante, Storia della "Civiltà cattolica", Roma Nomenclator literarius theologiae catholicae,  Grande antologia filosofica, Milano, Carlo Maria Curci Compagnia di Gesù La Civiltà Cattolica Rerum Novarum TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere, presentazione del libro su La Civiltà Cattolica e il brigantaggio. Matteo Liberatore. “Segno e cio che, conosciuto, adduce alla conosence di un’altra cosa” – cf. Eco’s tesi su Aquino.

 

LICETI. (Rapallo). Filosofo. Grice: “Liceti is a fascinating philosopher; must say my favourite of his oeuvre is “Geroglifici,” which as he knows it’s a coded message – the old Egyptian priests kept this ‘figurata’ away from the plebs!” – Grice: “Alice once wondered what the good of a piece of philosophy is without ‘illustrations;’ surely Liceti’s beats them all!” Allievo ed erede di Cremonini. Nacque prematuro (6 mesi), venendo alla luce su una nave presa da tempesta lungo le coste tra Recco e Rapallo. Sempre secondo la tradizione orale suo padre, un medicoo, lo mise in una scatola di cotone dentro un forno, come si faceva per far schiudere le uova, inventando così il prototipo della moderna incubatrice. Dopo aver compiuto i primi studi letterari a Rapallo, venne inviato a Bologna per compiere e approfondire gli studi legati alla filosofia. Insegna a Pisa. Padova, e Bologna. Ascritto ai “Ricovrati”  (oggi Accademia Galileiana di scienze, lettere ed arti).  Quando comparve in cielo una cometa, si riaccese una controversia analoga a quella suscitata dalla stella nova  ma questa volta le difese della teoria aristotelica furono assunte dal Liceti ed il compito di attaccarla, partito ormai Galileo, fu assunto dal suo successore sulla cattedra di matematica, Gloriosi, che se la prese appunto col Liceti. Questi rispose pubblicando un suo De novis astris et cometis, in cui, oltre a difendere Aristotele, critica i moderni scienziati, tra i quali anche Galileo, ma con espressioni molto rispettose e lusinghiere. A questo scritto Galileo fece rispondere dal suo amico Guiducci col Discorso sulle comete.»  Srisse numerose opere di filosofia, tra le quali “De monstruorum causis, natura et differentiis”,  (Padova), con aggiunte di G. Blaes, nei quali riprese le soluzioni aristoteliche sul problema delle anomalie genetiche, e “De spontaneo viventium ortu” nei quali sostenne la generazione spontanea degli animali inferiori.  Altri testi importanti per la ricerca furono “De lucernis antiquorum reconditis” apprezzato da Berigardus, e la “Silloge Hieroglyphica, sive antiqua schemata gemmarum anularium>” Trattò inoltre la questione dell'anima delle bestie nel “De feriis altricis animae nemeseticae disputationes” Le sue opere furono chiaramente ispirate ad Aristotele, in particolare gli studi sul problema della generazione vivente e sul cosmo, entrando talvolta in contrasto con Galilei, specialmente per quanto riguarda la struttura dei cieli e della Luna, che Liceti considerava una sfera perfetta e trasparente la cui luminosità non era un riflesso della luce solare, ma veniva generata al suo interno.Al centro di questo dissenso cosmologico, c'era, infatti, il tentativo di spiegare il fenomeno luminescente della pietra di Bologna, che Liceti considera un frammento di materia lunare. Alcuni scritti del Liceti rimasero inediti a causa delle ampie discussioni riportate sulle novità astronomiche del XVII secolo.  «Nella congerie immensa dei suoi scritti e commenti va notata la difesa della pietas d'Aristotele; quella pietas così vivacemente messa in forse alcuni anni più tardi dal platonicissimo cappuccino Valeriano Magno, che tacciò d'ateismo il sistema dello Stagirita. Il Liceto invece disserta «de gradu pietatis Aristotelis erga Deum et homines», e nell'opera sua «Philosophi sententiae plurimae, fidelium auditui durae, salubribus explicationibus emollitae, ad pias aures accommodantur, illaeso genuino sensu Aristotelis» . E ad epigrafe dell'opera sua si compiace del distico Vulgus Aristotelem gravat impietate, Licetus Doctorem purgat. Numquid uterque pius?»  La città di Padova ed Spinola di Roccaforte resero omaggio al filosofo facendo erigere una statua in marmo scolpita dallo scultore padovano Rizzi. A Rapallo, sua città natale, vi è dedicata una via nel centro storico. Gli è stato dedicato il cratere “Licetus” sulla Luna.  Altre opera: “De centro et circumferential”“De regulari motu minimaque parallaxi cometarum caelestium disputationes”Vtini, Nicola Schiratti, Vicetiae, Domenico Amadio, Francesco Bolzetta Encyclopaedia ad aram mysticam Nonarii Terrigenae, Patauii, Gaspare Crivellari“Allegoria peripatetica de generatione, amicitia, et privatione in aristotelicum aenigma elia lelia crispis”“Ad aram lemniam Dosiadae, poëtae vetustissimi et obscurissimi, encyclopaedia, Parisiis : apud C. Cottard “Ad Syringam publilianam encyclopaedia, Patauii, Pasquato, Bortolo, “Ad Epei Securim Encyclopaedia Genuensis philosophi, ac medici, Bononiae, Monti, “De centro et circumferentia, Vtini, Nicola Schiratti, “De luminis natura et efficientia, Vtini, Schiratti, “Litheosphorus, siue De lapide Bononiensi lucem in se conceptam ab ambiente claro mox in tenebris mire conservante, Vtini,  Schiratti, “Ad alas amoris diuini a Simmia Rhodio compactas, Patavii, Giulio Crivellari,“De lucidis in sublimi ingenuarum exercitationum liber, Patauii, Crivellari “De Lunae Sub-obscura Luce prope coniunctiones, “Hieroglyphica, Patavii, Sebastiano Sardi, “Hydrologiae peripateticae disputationes, Vtini,  Schiratti, Ad syringam a Theocrito Syracusio compactam et inflatam Encyclopaedia, Vtini, Schiratti, Baldassarri, La pietra di Bologna da Descartes a Spallanzani. Sviluppo di un modello scientifico tra curiosità, metodo, analogia, esempio e prova empirica, Nel nome di Lazzaro. Saggi di storia della scienza e delle istituzioni scientifiche, Garin, La filosofia,   Milano, Vallardi, Questo testo proviene in parte dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze, Caspar Bartholin, Institutiones anatomicae, Lugduni Batavorum, Jean Riolan, Opuscula anatomica nova, in Id., Opera anatomica, Lutetiae Parisiorum, Bartholin, Epistolarum medicinalium centuria I et II, Hafniae (5 lettere al Liceti, 4 del Liceti); Vesling, Observationes anatomicae et epistolae medicae, Hafniae  (7 lettere al Liceti); Dallari, I rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio Bolognese, Bologna ad ind.; Edizione nazionale delle opere di Galilei, Firenze  ad indices; Acta nationis Germanicae artistarum, Rossetti, Padova, ad ind.; Rossetti, AGamba, Padova, ad ind.; Giornale della gloriosissima Accademia Ricovrata, A: verbali delle adunanze, Gamba,  Rossetti, Trieste ad ind.; Salomoni, Urbis Patavinae inscriptions, Patavii Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini, Patavii, Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Modena, Renan, Averroès et l'averroïsme, Paris Taruffi, “Storia della teratologia” I, Bologna, Favaro, Amici e corrispondenti di Galilei, IX,  Gloriosi, in Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, Favaro, Saggio di  dello Studio di Padova, I, Venezia, Ducceschi, L'epistolario di Severino, in Rivista di storia delle scienze mediche e naturali,  Castiglioni, Storia della medicina, Milano,  Ducceschi, Un epistolario inedito di dotti padovani della prima metà del sec. XVII, in Atti e memorie della R. Accademia di scienze lettere ed arti in Padova, Alberti, Il dottor Liceti e la prima incubatrice per prematuri, in Minerva medica (varia), Giuseppe Boffito, Battaglia di marche tipografiche di  Bella e l'ultima memoria scientifica dettata da Galilei, in La Bibliofilia, Pesce, La iconografia di Liceti, in Genova. Rivista mensile del Comune, Geymonat, Galilei, Torino, Rossetti, L'ultima opera di Liceti in un manoscritto inedito della Biblioteca del Seminario vescovile di Padova, in Studia Patavina, Bertolaso, Ricerche d'archivio su alcuni aspetti dell'insegnamento medico presso l'Padova, in Acta medicae historiae Patavinae, Ongaro, Contributi alla biografia di Alpini, Tomba, Gli originali di Galileo nelle opere di Liceti, in Physis, Ongaro, L'opera medica di Liceti, in Atti del Congresso di storia della medicina, Roma, Ongaro, La generazione e il "moto" del sangue nel pensiero di Liceti, in Castalia,Rizza, Peiresc e l'Italia, Torino A. Simili, Una dedica autografa di Galilei a Liceti e il clima delle loro concezioni scientifiche e relazioni epistolari, in Galileo nella storia e nella filosofia della scienza. Atti del Symposium internazionale, Firenze-Pisa, Firenze Mirandola, Naudé a Padova. Contributo allo studio del mito italiano, in Lettere italiane, Castellani, Le problème de la "generatio spontanea" dans l'oeuvre de Fortunio Liceti, in Revue de synthèse, Marangio, I problemi della scienza nel carteggio LicetiGalilei, in Bollettino di storia della filosofia dell'Università degli studi di Lecce, Marilena Marangio, La disputa sul centro dell'universo nel "De Terra" di Liceti, Soppelsa, Genesi del metodo galileiano e tramonto dell'aristotelismo nella Scuola di Padova, Padova, Agosto et al., Rapallo, Berti, Galileo e l'aristotelismo patavino del suo tempo, in Studia Patavina, Ongaro, Atomismo e aristotelismo nel pensiero medico-biologico di Liceti, in Scienza e cultura, Galilei e Morgagni), Padova. Brizzolara, Per una storia degli studi antiquari nella prima metà del Seicento: l'opera di Liceti, in Studi e memorie per la storia dell'Bologna, nZanca, Liceti e la scienza dei mostri in Europa, in Atti del Congresso della Società italiana di storia della medicina, Padova-Trieste, Padova Re, "De lucernis antiquorum reconditis": il capolavoro calcografico di Schiratti, in Ce fastu? Lohr, Latin Aristotle commentaries, Firenze, Basso,  Liceti erudito ed antiquario, con particolare riguardo agli studi di sfragistica, in Forum Iulii, Basso, "Fortasse licebit". La marca tipografica di Schiratti e l'impresa accademica di Liceti, in Quaderni della F.A.C.E. (Quaderni Artisti Cattolici Ellero), Ongaro, La scoperta del condotto pancreatico, in Scienza e cultura, Poppi, Il "De caelesti substantia" di Ferchio fra tradizione e innovazione, in Galileo e la cultura padovana, Santinello, Padova, Kristeller, Iter Italicum, I-VI, ad indices. TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  sapere, De Agostini.  Giuseppe Ongaro, Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Fortunio Liceti, .  di Fortunio Liceti, su Internet Speculative Fiction Database, Al von Ruff. Fortunio Liceti. Beerbohm: “Send me a letter; I live in Rapallo.” “How should I address it.” “Beerbohm, Rapallo” “Do not worry, there is only one Rapallo.” “Vico Fortunio Liceti, Rapallo” – “Statua a Fortunio Liceti da Rizzi, Spinelli Roccaforte, Padova.

 

LIGUORI. (Roma). Filosofo. Grice: “Personally, my favourite of Liguori’s metaphors is ‘the abyss of reason,’ since Speranza has elaborated on this: it’s Gide’s ‘mise-en-abyme’ no less, which breaks my principle of ‘conversational perspicuity’ – a mise-en-abyme text is just untextable!” -- Grice:  “Liguori has studied the metamorphosis of language in one of his philosophical noble ancestors!” “I like Liguori: he has the gift of the gab for metaphor: ‘i baratri della ragione,” “la fucina del filosofo,” “l’alambicco dell’anima,” “la condizione del senso” ‘il razionale dello irrazionale” o “le ragione dell’irrazionale” “le ambiguita della ragione,” “Trasimaco ha ragione” “Giustizia e carita” Ritratto. Frequenta il liceo classico presso i padri gesuiti dell’Istituto Massimo di Roma. Studia alla Sapienza. “Scherzi della memoria.” Si laurea con la tesi “Lo scetticismo giuridico.” Insegna a Lecce ed Ostuni. Si dedica alla storia della filosofia. Insegna a Bari, Urbino, Ferrara, Trento, Salento, Torino, Firenze, Lecce, Cassino, Napoli, e Noceto. Con “E il vero baratro della ragione umana” – cf. H. P. Grice, “Mise-en-abyme conversazionale” --  viene riconosciuto come uno studioso di Kant, Graf, Leopardi, e Cartesio. Tratta  Positivismo di Sergi,  Lombroso, Morselli e Vignoli; dello scetticismo di Rensi ponendolo in critica relazione tra Leopardi e Pirandello; ha scritto di de' Liguori e di Benedictis, detto l'Aletino. Collabora con l'Istituto Italiano per gli Studi filosofici di Napoli. Ha tenuto rapporti epistolari con Garin, Bobbio, Augias, Binni, Donini, Ferrarotti e Timpanaro. Fonda ad Ostuni (BR) il Circolo Culturale “Sic et Non”, cui aderiscono e collaborano note personalità della politica e della cultura quali Donini,  Fiore,  Radice, matematico e fondatore e direttore di “Riforma della scuola” e docenti delle Bari, Roma e Lecce. “Sic et Non” si impegna in complesse battaglie civili come quella per un dialogo tra marxisti e cattolici, ed altre incombenti questioni sociali come la campagna per il divorzio. Stringe intese, oltre che con moti uomini politici e studiosi di chiara fama, con il gruppo dei cattolici del Gallo di Genova e coi fiorentini seguaci di Giorgio La Pira, i quali si riunivano intorno alla rivista “Testimonianze” diretta da Balducci e Zolo, nonché con i ragazzi della Scuola di Barbiana, diretta da Don Lorenzo Milani. Manifesto editoriale del "Sic et Non" è la rivista Presenza, da lui diretta, che testimonia questa attività politica allora pionieristica per una piccola provincia del Sud Italia. I sette numeri pubblicati della rivista Presenza, e altra documentazione di tale impegno politico, sono attualmente depositati presso la Biblioteca Comunale di Ostuni (BR) intitolata a Francesco Trinchera e comunque ampiamente documentati nell'unico libro autobiografico dello stesso autore.  Critica e commenti sull'opera di Girolamo de Liguori Carteggio con illustri studiosi Bobbio: Il libro mi pare di grande interesse, per l’ampiezza e la serietà della ricerca su un tema, se non sbaglio, mai scandagliato a fondo, eppure importante nell'ambito più vasto della storia della filosofia positiva, della critica letteraria e della cultura torinese (argomento a me particolarmente caro). Sono convinto che si tratta di un lavoro di prim'ordine, che rende giustizia a uno studioso e a uno scrittore (e poeta) che è stato sì, ricordato più volte dai suoi discepoli, ma è stato poi dimenticato dagli storici. Credo che questo libro sia un effettivo contributo alla migliore di quel periodo della nostra storia che la cultura idealistica aveva disdegnato: un contributo di cui soprattutto noi piemontesi dobbiamo essere grati». Sebastiano Timpanaro: «[…] Mi sembra, e non lo dico per adulazione, ma con piena sincerità, un'opera di livello davvero eccezionalmente alto, per la caratterizzazione del protagonista e di tutto il suo ambiente, per tutto ciò che finora ignoto essa porta alla luce. E’ venuto fuori cosi un lavoro che molto di rado accade di leggere». Ambrogio Donini: “Mi pare, ad un primo esame, fondamentale per la conoscenza del periodo ancora poco conosciuto. Apprezzo moltissimo tale metodo di indagine e la serietà della documentazione. Uno studio di questo genere è certamente costato decenni di intensa documentazione». Guido Oldrini: ho letto subito il volume su Arturo Graf così ricco e con non poco profitto. Quando l’autore, in un punto se la prende con gli storici della filosofia italiana che trascurano il Arturo Graf, anzi noni menzionano affatto, mi sento in colpa; e tanto più in quanto io, studioso della cultura napoletana, mi son lasciato sfuggire quei nessi di Arturo Graf con Napoli che il volume di de Liguori illustra con tanta passione». Franco Contorbia: “poche volte accade di fare i conti con un libro così fatto, stratificato, totalizzante; ad apertura di pagina si avverte l’impegno, il grado di coinvolgimento appassionato con cui lei ha condotto avanti negli anni una così impegnativa ricerca peculiare, quasi il centro della sua esistenza intellettuale, il punto di arrivo (e a un tempo di partenza) di un confronto che è culturale ma anche morale e politico.La qualità di un tale lavoro, mi pare, fuori dell’ordinario». Donato Valli: «L’autore ha consegnato alla critica e alla conoscenza uno studio così complesso da poter essere considerato un esaustivo panorama della cultura del secondo Ottocento italiano e non solo italiano]». Recensioni di illustri studiosi Paolo Rossi, “L'autore… ha fatto emergere un quadro ricco e articolato dove accanto alle ombre brillano alcune luci importanti». Recensione sulla rivista «Panorama» riguardante il  di de Liguori Materialismo inquieto, edito da Laterza . Cosmacini, «Il lavoro di de Liguori è largamente meritorio oltreché ampiamente documentato». Recensione uscita su «Il Corriere della sera» riguardante il  di de Liguori Materialismo inquieto, edito da Laterza. Marti: :Dalle appassionate e diuturne indagini dell’autore su Arturo Graf e il suo tempo è venuto fuori il ponderoso, massiccio volume, che ho ricevuto come caro e preziosissimo dono. Davvero lusinghiera la “presentazione” di un grande Maestro come Eugenio Garin, e accattivante e simpatica l’”Avvertenza”. Tutto il resto è da leggere». Recensione al volume di de Liguori su Graf, uscita sul «Giornale storico della letteratura italiana». Corrado Augias: «Quella di De Liguori è infatti una storia meridionale che parte da una finzione narrativa di gusto classico ma così classico da poterla ritrovare in alcuni capolavori tanto celebri che non vale nemmeno la pena di citarli». Altre opera:“Trasimaco ha ragione” «La Rassegna pugliese», “Giustizia e carità” “fra filosofia e vita” Ivi “Lo scetticismo giuridico di  Rensi, «Rivista Internazionale di Filosofia del diritto», “Una moderna enciclopedia del sapere, «La Rassegna pugliese», II“Efirov e la filosofia italiana, «Problemi», “Un Leopardi anti-progressivo, «Dimensioni», “In tema di materialismo marxista, Ivi, “Gioberti e la filosofia leopardiana. Momenti del conflitto tra l’ideologia cattolico borghese e la protesta leopardiana, «Problemi»,“Un episodio di solitudine. Rassegna di studi su Graf,” Ivi “Leopardi e i gesuiti. Appunti per la storia della censura leopardiana, «La Rassegna della Letteratura italiana», Quel povero “Diavolo” di Graf, «Giornale critico della Filosofia italiana», Le «Scandalose razzie». Scienza, politica, fede in Graf Ivi, Scetticismo e religiosità in una rivista militante: «Pietre» in, La filosofia italiana attraverso le riviste, A. Verri, Micella, Lecce,  “La condizione del senso” “Per una riconsiderazione della lettura grafiana di Leopardi” «La Rassegna della Lett. It.», Il mito e la storia: Le ragioni dell’irrazionale in Graf, «Problemi», Quella «dubitante religiosità». Graf e il modernismo, «Giornale cr. della fil. It.», Doria tra platonismo e riformismo, «GCFI», Il sodalizio Labriola-Graf negli anni della loro formazione «Studi Piemontesi»,  Un anti-cartesiano di Terra d’Otranto: Benedictis, in, Miscellanea di Storia Ligure, Univ. di Genova Materialismo e positivismo. Questioni di metodo, in, Annali della Facoltà di Filosofia di Bari, Nota su Aletino e le polemiche anti-cartesiane a Napoli,  «Rivista di storia della filosofia», L’araba fenice: ossia la filosofia nella secondaria, «Idee», “E il vero baratro della ragione umana” – “Graf e la cultura del secondo Ottocento, Prefazione di E. Garin, Lacaita, Manduria,  “Le ambiguità della ragione” – cf. Grice: ‘the equi-vocality of ‘reason’ Grice: “Liguori has a taste for unnecessary plurals: the abysses – the ambiguities -- ” -- «Idee», Per la storia della psico-fisica in Italia. Il materialismo psico-fisico e il dibattito sulle teorie parallelistiche in Italia tra Ottocento e Novecento: Masci e Faggi «Teorie e modelli»,Di una rinnovata attenzione al materialism «Idee», Mito e scienza nell’antropologia e nella storiografia del positivismo italiano, in, , La filosofia tra tecnica e mito, Atti del Convegno della SFI, Assisi ediz. Porziuncola,  ; poi in «Dimensioni», Livorno, Materialismo inquieto. Vicende dello scientismo in Italia nell’età del positivismo, Laterza Bari, Tommasi e la filosofia zoologica di Siciliani, in , Rileggere Siciliani, G. Invitto e N. Paparella, Capone, LecceI Presupposti epistemologici e immagine della scienza in Morselli e Graf in , Filosofia e politica a Genova nell’età del positivismo, Atti del Conv. dell’ “Associazione filosofica Ligure” --  Cofrancesco,  I, Compagnia dei Librai, Genova, poi in Materialismo e scienze dell’uomo Kant e la religiosità filosofica di Martinetti, in, A partire da Kant. L’eredità della “Critica della ragion pura”, A. Fabris e L. Baccelli. Introduzione di Marcucci, Angeli, Milano, Materialismo e scienze dell’uomo. Il dibattito su scienze e filosofia, Lacaita, Manduria, La fondazione razionale della fede in Martinetti, «Dimensioni», Livorno, Darwinismo e teorie dell’evoluzione nella prospettiva monistica di  Morselli, in.  Il nucleo filosofico della scienza, Cimino, Congedo, Galatina,  L’immagine della donna nel paradigma positivistico della “degenerazione”, in. Morelli. Emancipazione e democrazia, G. Conti Odorisio, Ed. Scientif. Ital., Napoli, La cultura filosofica nella Torino di fine Ottocento, «Rivista di filosofia», Presupposti torinesi della singolarità filosofica di Martinetti, «Studi Piemontesi»,  E’ possibile la storia dello scetticismo?, «Segni e comprensione»,  «I filosofi delle bancarelle». Per la critica della storiografia filosofica,  «Lavoro critico»,  Il sentiero dei perplessi. Scetticismo, nichilismo e critica della religione in Italia da Nietzsche a Pirandello, La città del Sole, Napoli, La reazione a Cartesio nella Napoli del Seicento. Giovambattista De Benedictis, «GCFI», La revisione della storiografia sul Mezzogiorno, «Segni e comprensione», Positivismo e letteratura. Antologia di testi, con Introd. e note, Graphis Bari, La lezione scettica di Rensi, «Critica liberale»,  La psicofisica in Italia,  La psicologia in Italia, a cura di Cimino e Dazzi, Led, Milano, Vignoli e la psicologia animale e comparata, Ivi, Pensatori dell’area torinese tra i due secoli, «Percorsi», Quaderni del Centro Frassati, Torino, Il ritorno di Stratone. Per la collocazione del materialismo leopardiano nel pensiero ottocentesco, in Biscuso e Gallo, Leopardi anti-italiano, Manifesto libri, Roma, Kant e le scienze della natura. Notazioni in margine alle lezioni kantiane di Geografia fisica, in, Annali del Dipartimento di Filosofia, Lecce, Lacaita Manduria,Cattaneo, Psicologia delle menti associate, G. de L., Editori Riuniti, Roma, Antropologia, psicologia comparata e scienze naturali in Vignoli, «Teorie e modelli»,  Geymonat, Treccani. Antropologia e tassonomia in Kant. Da Blumembach a Buffon, Atti del Convegno per il Bicentenario della Geo-fisica kantiana, Congedo Lecce, Antropologia, psicologia comparata e scienze naturali in Vignoli, «Teorie e modelli»,  Cronache di filosofia del diritto in Italia. Sforza e i suoi corrispondenti, in «Quaderni di Storia dell’Torino»,  Per Mucciarelli: positivismo psicologia e storia, «Segni e comprensione», Geymonat e il “materialismo verso il basso”, GCFI, Il materialismo di Timpanaro, «Critica liberale»,  Lettere di Timpanaro a Liguori, in Il Ponte, Da Teofrasto a Stratone. L’itinerario filosofico di Leopardi, «Quaderni materialisti», Labriola e Graf. Principio e fine di un sodalizio di vita e di pensiero, in Labriola e la sua università. Mostra documentaria per settecento anni della “Sapienza” Aracne, Roma, A. Graf, Memorie, Introduzione, commento e cura , “Gli Arsilli”, Edizioni dell’Orso, Alessandria Un catalogo per Labriola, «Critica Sociologica», Utilità dell’inutile. Dalla elaborazione concettuale alla programmazione e alla costruzione di un catalogo, «Itinerari», I Gesuiti. Le polemiche sui riti confuciani tra l’Aletino e i missionari domenicani, «Studi filosofici»,Le «imbrogliate bestemmie germaniche». Moleschott e la medicina materialistica, «Physis», La fucina del filosofo. «Segni e comprensione», Filosofia teologia e fisica di Cartesio nella Difesa della Terza lettera apologetica dell’Aletino, «Il Cannocchiale», Liguori e la filosofia del suo tempo: Spinoza, Bayle, Hobbes e Locke, «Rivista di Storia della Filosofia», “Libido Sciendi”. Immagini dell’empietà nell’apologetica cattolica tra Sei e Settecento (da Magalotti a Valsecchi), GCFI, Scherzi della memoria. Mappa di un itinerario non turistico tra politica e cultura in una provincia del Sud, Prefazione di Ferrarotti; Postafazione di Cumis, Salvatore Sciascia editore, Medicina e filosofia in Italia tra evoluzionismo e scientismo. Da Tommasi a Morse,  «Il cannocchiale»,, L’ ”il lambicco dell’anima”. Note sul Mind body problem in Italia nell’età del positivismo, in Anima, mente e cervello. Alle origini del problema mente-corpo da Descartes all’Ottocento, Paolo Quintili, Unicopoli,  L’ateo smascherato. Immagini dell’ateismo e del materialismo nell’apologetica cattolica da Cartesio a Kant, Le Monnier /Università , Le sorelle Vadalà. Quattro storie più una, Romanzo con pefazione di Corrado Augias Movimedia, Lecce, Pensatori dell’area torinese tra i due secoli, in Quaderni  Noce, Marco editore, Lungro di Cosenza, Ateismo e filosofia. Considerazioni sull’ateismo latente nel pensiero moderno e sul rapporto tra fede e ragione, «Il Cannocchiale», Le metamorfosi del linguaggio nella controversistica e nella pratica missionaria di Liguori, in, Le metamorfosi dei linguaggi nel Settecento, Borghero e  Loretelli, Edizioni di Storia e letteratura, Roma,  Dannazione e redenzione dell'Eros. Soggetti e figure dell'emarginazione: la donna come oggetto determinante nella invenzione cattolica del peccato di lussuria in «Bollettino della Società filosofica italiana»,  Le cose che non sono, in «Critica Liberale»,   Prefazione di E. Garin, Manduria (TA), Bari, Roma, Lacaita, Gemoynat Treccani, Le Carteggio privato (corrispondenza autografa) tra Liguori e i singoli autori citati  Paolo Rossi, Viaggio nel Positivismo, in Panorama, Arnoldo Mondadori Editore, Girolamo de Liguori, Materialismo inquieto. Vicende dello scientismo in Italia nell’età del positivism, Bari, Roma, Laterza, Giorgio Cosmacini, Povero medico condannato al materialismo, in Corriere della Sera,  Mario Marti, Recensione a I baratri della ragione  in Giornale storico della letteratura italiana, Le sorelle Vadalà. Quattro storie più una, [Romanzo], Prefazione di Augias, Lecce, Movimedia. Girolamo de Liguori. Keyword: “Associazione Filosofica Ligure” – Keywords: ‘… is the true abyss of human reason” – “il baratro della ragione conversazionale” – l’anima distilata – il lambicco dell’anima.

 

LILLA. (Francavilla Fontana). Filosofo. Grice: “I like Lilla; for one, he ‘revindicated,’ as he puts it, the philosophy of Vico, which, in Italy, is like at Oxford ‘revinidcare’ Locke!” Formatosi nelle scuole dei Padri Scolopi aderì alle idee cattolico liberali divulgate dai filosofi della prima metà dell'Ottocento: Gioberti, Minghetti, Balbo e Rosmini al quale dedicherà molteplici studi subendone una marcata influenza. Lascia Francavilla per l'ostentata contrarietà di tutto il clero  alle sue idee patriottiche d'ispirazione giobertiana, manifestate apertamente nel "Programma d'insegnamento filosofico" pubblicato sul giornale il "Cittadino leccese", decise di trasferirsi a Napoli ove ebbe modo di confrontarsi con le idee di Sanctis, Spaventa, Settembrini, Tari e Vera. Si laurea e insegna a Napoli. Durante questi anni videro la luce "La provvidenza e la libertà considerate nella civiltà", "Dio e il mondo", e "La personalità originaria e la personalità derivata" (Nappoli, Tip. Rocco), nei quali getta le premesse degli studi filosofici e giuridici in cui si cimenterà per tutta la vita: la storia della filosofia, la filosofia teoretica e la filosofia del diritto; sviluppando altresì e precorrendo una moderna concezione del rapporto tra "diritti umani e progresso scientifico" sin da “La scienza e la vita” (Torino, Tip. G. Borgarelli) -- titolo paradigmatico del suo saggio – cf. Grice, “Philosophical biology,” “Philosophy of Life” Insegna a Messina. Furono quelli gli anni più fecondi della produzione scientifica volta a perfezionare la sua concezione dello Stato, approfondire le fonti rosminiane, confrontarsi con le teorie evoluzionistiche di Spencer e contemporaneamente intrattenere contatti epistolari con alcuni fra i maggiori filosofi, giuristi, patrioti e storici dell'epoca quali:  Jhering, Bluntschli, Roy, Tommaseo, Capponi e molti altri. Altre opere: “Kant e Rosmini,”Tip. G. Borgarelli, Torino); “Aquino””Torino, Tip. G. Borgarelli, “Filosofia del diritto,”“Critica della dottrina etico-giuridica di Mill”“Le supreme dottrine filosofiche e giuridiche di G. B. Vico rivendicate” -- “La pretesa persona giuridica e le funzioni personali degli enti morali” (L. Gargiulo); “Della Riforma civile di Spedalieri” (Messina, tip. d'Amico); “Le fonti del sistema filosofico di Rosmini” (L.F. Cogliati); “Due meravigliose scoperte di Rosmini: l'essere possibile e l'unità della storia dei sistemi ideologici, L.F. Cogliati, Il Canonico Annibale Maria Di Francia e la sua Pia Opera di beneficenza, Messina, Tip. Editrice San Giuseppe, Manuale di filosofia del diritto, Milano, Società editrice libraria, Pagine estratte. Sw Note  Giorgio Martucci, Vincenzo Lilla e il suo concetto dello stato  Antonio Tarantino, Diritti umani e progresso scientifico: Polacco, La "Filosofia del diritto di Lilla” (G.B. Randi); “Filosofia” (Milano, Giuffré); Tarantino, “La filosofia della giustizia sociale di Lilla, Milano” (Giuffré) – cfr. H. P. Grice, “Social justice” in “The H. P. Grice Papers,” Bancroft, MS. In occasione del conferimento della "Cittadinanza onoraria (di Messina) alla memoria al prof. don Lilla su nettunopress.Tarantino, Diritti umani e progresso scientifico: emeroteca.provincia.brindisi. Martucci, Lilla e il suo concetto dello stato , su emeroteca.provincia.brindisi.  Treccani, su treccani. Lettere a Jhering, Vincenzo Lilla. Keyword: Vico. Luigi Speranza, “Grice e Lilla: la semiotica di Vico” – The Swimming-Pool Library. “Il Vico di Lilla”.

 

LIMONE. (Atella di Napoli). Grice: “I like Limone; like me, he has explored the idea of value in terms of catastrophe – I didn’t. He has explored the poetics of philosophy – and he has investigated on a concept that Strawson and I always found fascinating, that of a person!” -- “Che cosa è, nel mondo umano, la persona?” “Tutto.” “Che cosa è, nel mondo contemporaneo, la persona?””Nulla.” Persona e memoria, Rubbettino. La sua ricerca filosofica si inserisce nel solco del personalismo comunitario. Si laurea a Napoli e il  Roma. Studia a Parigi e a Châtenay-Malabry, sede dell'Association des amis d'Emmanuel Mounier, presso la Comunità dei muri bianchi, cui appartenevano Fraisse, Ricœur, Mounier, Domenach. Insegna a Napoli. I suoi interessi di ricerca abbracciano aspetti epistemologici, etici, filosofico-pratici e simbolici. Al centro della sua attenzione teoretica è “la persona”. Fondato la rivista "Persona” e "Symbolicum" sulla simbolica. Sonda in profondità l’idea di persona. Là dove la persona non è né la semplice nobilitazione dell’essere umano in generale, né una singola unità seriale. Della persona si può dare idea, non “concetto”, perché l’idea è aperta come la vita, mentre il concetto è chiuso. L’idea di persona, però, non è l’idea di un quid ma di un “quis” perché la persona è un “chi” non un “che” – That’s why it’s very wrong to call “the chair is red” as third-person seeing that the chair is hardly a person!” è l’idea di un’essenza che non può essere separata dalla concreta singola esistenza, originalissima e dotata di dignità. In quanto idea di un “quis”, la persona si presenta come l’altro versante del teorema d’incompletezza di Gödel. Il significato della persona si delinea all’interno di una costellazione in cui essa: -è realtà singolare e la sua idea; -è prospettiva ontologica sussistente e la sua verità; -è la parte di un tutto che solo parzialmente è parte, perché per altro verso si presenta come un tutto, in quanto è irriducibile al tutto e indivisibile in sé; -è l’eccezione istituente una regola che riesce, e non riesce, a farsene istituire; -è l’idea di qualcosa che resiste alla possibilità di essere ricondotto a un’idea; -è l’idea di un appartenere che resiste all’idea di appartenere. L’essere della persona richiama, a suo modo, il problema delle antinomie di Russell. Un tale arcipelago di paradossi costituisce, però, una forza virtuosa che interroga ogni sistema. La persona si configura come invenzione teorica, paradosso logico e misura epistemologica, e rappresenta il punto strutturale di base che istituisce la visione del gius-personalismo. Opere: “Tempo della persona e sapienza del possibile: Valori, politica, diritto (ESI, Napoli); “Tempo della persona e sapienza del possibile: Per una teoretica, una critica e una metaforica del personalismo (ESI, Napoli); La catastrofe come orizzonte del valore, Monduzzi Editoriale, Milano. Bellezza e persona, su “Aisthema. Philosophy, Theology, Aesthetics” “La macchina delle regole, la verità della vita. Appunti sul fondamentalismo macchinico nell’era contemporanea, in La macchina delle regole, la verità della vita (Franco Angeli, Milano); Che cos’è il giuspersonalismo? Il diritto di esistere come fondamento dell’esistere del diritto, Monduzzi Editoriale, Milano. Ars boni et aequi. Ovvero i paralipòmeni della scienza giuridica, in Ars boni et aequi. Il diritto fra scienza, arte, equità e tecnica (Franco Angeli, Milano), Filosofia e poesia come passioni dell’anima civile. La persona fra potere e memoria in Persona, Artetetra edizioni, Capua. Persona e memoria. “Oltre la maschera” il compito del pensare come diritto alla filosofia, Rubbettino, Soveria Mannelli . Poesia Polifonia d’un vento (Salerno-Roma). Dentro il tempo del sole (Salerno-Roma). Ore d’acqua (Salerno-Roma). Incontrando il possibile re (Salerno-Roma). “Notte di fine millennio” (Bari). Fenicia, sogno di una stella a nord-ovest (Roma). L'angelo sulle città, in onore del figlio (Roma ). Le ceneri di Pasolini (Pasturana [Alessandria] ). Aforismi di un impiccato felice (Salerno-Roma). Aforismi del passato duemila: distruzioni per l'uso (Salerno-Roma). Ossi di limone. Aforismi di uno scostumato (Vatolla). Sierra Limone. Dai taccuini fenici di Er Limonèro (Vatolla). NV. Melchiorre, Essere persona, Fondazione A. e G. Boroli, Milano 2007, p.127, 130-132, 134-135.  Copia archiviata, su fondazionerobertofarina.com. 26 gennaio  27 gennaio ).  Giuseppe Limone. Keywords: la composita, la simbolica, simbolo, composito. Strawson, “The concept of a person” – Ayer: “The concept of a person” -- Luigi Speranza, “Grice e Limone: la composita” --.  Luigi Speranza, “Grice e Limone: umano e persona”

 

LODOVICI. (Messina). Filosofo. – Grice: “I like Emanuele Samek Lodovici – very Italian – his metamorfosi della gnosi is good!” -- samek lodovici -- one of the two. Emanuele Samek Lodovici  Il suo pensiero d'impronta metafisica si oppone al materialismo e al riduzionismo. Esperto della filosofia di Plotino, Sant'Agostino e Marx, si occupa dello gnosticismo che a suo parere si trova ripresentato in diverse filosofie e ideologie dell'età moderna e contemporanea. Figlio del bibliotecario e bibliografo Sergio Samek Lodovici, nativo di Carrara, che lo chiamò come suo fratello maggiore, noto medico e politico. Rimase in Sicilia per breve tempo per poi vivere sempre a Milano. Scampò a soli cinque anni alla tragedia di Albenga, quando dopo il naufragio di un'imbarcazione carica di bambini era stato inserito nel gruppo delle piccole salme, ma il tempestivo intervento di un medico lo salvò. Di formazione e cultura cattoliche, studiò a Milano dove si laurea con «Filosofia classica e spiritualità cristiana nel Commento di Sant'Agostino al Vangelo di San Giovanni». Insegna aTorino. Pubblicò due monografie, una su Agostino (con il contributo del C.N.R.), e l'altra sulla gnosi moderna, che gli valsero la cattedra di Filosofia a Trieste.  In una lettera Noce si riferiva così. Nella prima delle sue due opere fondamentali, Dio e mondo, inizia considerando la grave accusa rivolta da Heidegger alla metafisica, ovvero di non aver compreso che cos'è l'«essere» e di aver reificato Dio, di averlo cioè reso una «cosa». Questa critica può essere legittima ma non nei riguardi della metafisica neoplatonica nella forma in cui è stata mediata da Agostino. Individua il fulcro di tale metafisica nella dottrina della «partecipazione» delle idee col mondo, in forza della quale il rapporto di Dio col mondo è una relazione sostanziale e non oggettualità.  In Metamorfosi della gnosi, delinea una fenomenologia della cultura come influenzata da una mentalità inconsciamente gnostica. Tale mentalità ha assunto in sé le tesi dello gnosticismo antico, ovvero la sostanziale negatività del mondo, la possibilità di redenzione dalla oscurità del mondo attraverso un sapere salvifico (gnosi) e la possibilità di un redenzione del mondo realizzata, senza bisogno della grazia divina, dalla sola azione dell'uomo tramite la politica e/o la scienza.  Così nel pensiero gnostico la finitezza e la creaturalità vengono disprezzate e rifiutate, con l'ambizione di creare l'Uomo Nuovo e la Gerusalemme terrena. Insomma, sintesi del pensiero gnostico è quella formulazione che trova il proprio culmine nel «rifiuto di non poter essere Dio»; in tal modo nella visione gnostica non è più Dio, ma l'uomo gnostico a identificarsi con l'infinito, sgravato com'è da qualsiasi limite.  Da ciò appaiono evidenti gli obiettivi polemici e critici di ogni metamorfosi dello gnosticismo rappresentato nelle forme del riduzionismo antireligioso, del prometeismo marxista, della filosofia radical-relativista diffusa attraverso i media, della corruzione della memoria storica attuata anche attraverso la corruzione del linguaggio ed infine nella strategia della distruzione della famiglia, che è stata potentemente colpita in particolare con la rivoluzione sessuale e con alcuni tipi di femminismo.  Per quanto riguarda la sua pars construens, Safferma che proprio a partire dalla post-marxistica crisi del pensiero secolarista gnostico si deve delineare la necessità di ritornare alla tradizione metafisica, da lui indicata sulla linea di Platone, Plotino e soprattutto Agostino.  In sintonia con l'ermeneutica contemporanea, e pur evitandone le derive nichilistiche, riconosce la struttura storicamente condizionante del linguaggio nei confronti dell'esistenza e della conoscenza, secondo una sua favorita formula per cui «chi non ha le parole non ha le cose», e d'altra parte il filosofo riconosce anche la funzione inversa del linguaggio per cui, oltre che elemento condizionante, esso è anche il mezzo con cui l'uomo storico può trascendere i vincoli della storia e del linguaggio stesso (i baconiani «idola fori» e «idola theatri») ed esprimere le verità eterne. Rievoca la valenza dell'autocoscienza della ragione e delle sue vastissime potenzialità, sia in bene che in male, e a partire da queste, ne ricorda i limiti, i fallimenti storici e le costitutive incapacità che emergono specialmente nel momento in cui essa viene elevata ad una illuministica idolatria, concretizzandosi nella moderna vita di massa che  «ha affermato la libertà politica da ogni autorità spirituale, finendo per favorire il potere dell’uomo sull’uomo; ha affermato la libertà dell’amore dalla morale per vanificarlo nel sesso; ha affermato di lottare contro ogni religione in quanto superstizione, solo per prepararne una più esiziale, quella della scienza e del successo.»  Piuttosto, una ragione accorta deve, restando autonoma, interagire con la religione, per corroborarla e giustificarla razionalmente o per cercarvi le risposte prime ed ultime.  Tipica poi del suo pensiero  è la «cultura del ricordo», intesa come cultura non di una memoria archeologica bensì di una memoria che guardando ai fallimenti del passato possa liberare il presente dalle menzogne ideologiche e dai progetti utopistici che, ripetendosi nella storia, hanno generato i totalitarismi del XX secolo, e che oggi producono la dittatura del relativismo e del nichilismo. Così la memoria assume una funzione spirituale nel senso che  «mi rende migliore di quello che sono».  La riflessione è dunque nel complesso di carattere etico-sapienzale, consapevole che in ogni agire umano si esplica la ricerca della felicità, una ricerca che, per essere efficace e compiuta, deve però essere immune da qualsiasi utopismo onirico: è alla luce di questa precisazione che può affermare che «non vi è nessuna felicità senza virtù, in altre parole non vi è nessuna felicità senza quell'unica attività che è in grado di rendere l'uomo pienamente umano», perciò «non si può pretendere che l'acquisto della felicità non passi attraverso lo sforzo, la lotta, e in ultima analisi la sofferenza», ed è in tal modo che trovano un senso il limite umano e la sofferenza. Non sfugge al filosofo la coscienza della precarietà della felicità umana, però questa «ben lungi dallo spingerci alla tristezza per l'insaziabilità dell'uomo, va tuttavia vistaottimisticamente, come l'indizio che è un'altra la felicità conforme al livello spirituale degli esseri umani», perché «ultima hominis felicitas non est in hac vita». Altre opere: “La presenza di Plotino nel In Johannis Evangelium di Agostino, in  Contributi dell'Istituto di filosofia, I, Vita e Pensiero, Sull'interpretazione di alcuni testi della “Lettera ai Galati” in Marcione e Tertulliano, in «Aevum», Milano, Agostino, in  Questioni di storiografia filosofica, La Scuola, Brescia Dieci anni di studi sul processo di Gesù e su Gesù e gli zeloti, Vita e Pensiero, Marxismo o Cristianesimo, Ares, Sessualità, matrimonio e concupiscenza in Sant'Agostino, in , Etica sessuale e matrimonio nel cristianesimo delle origini, Pubblicazioni dell'Università Cattolica,  Tra cosmologia e metafisica. Note sul concetto di cosmo, in :Il demoniaco nella musica, Giappichelli,  La felicità e la crisi della cultura radical-illuministica, in  La crisi della coscienza politica contemporanea e il pensiero personalista, Libreria Editrice Gregoniana, “Dio e mondo: relazione, causa e spazio” (Edizioni Studium); “Metamorfosi della gnosi” Ares,  Dominio dell'istante, dominio della morte. Alla ricerca di uno schema gnostico, in «Archivio di Filosofia», Istituto di studi filosofici, Roma, “La gnosi e la genesi delle forme, in «Rivista di Biologia», Il gusto del sapere, Universitas,  L'arte di non disperare. Il gusto del sapere  Estratti di L'arte di non disperare  M.  Picker, Il mio professore di filosofia, Studi Cattolici, G. Alabiso, La critica dell'attacco macrostrutturale al cristianesimo, Catania. Giacomo Samek Lodovici, Profili. Emanuele Samek Lodovici, Studi Cattolici,Andrea Sciffo, Le maschere della gnosi, «Avvenire», Gaspare Barbiellini Amidei, Il filosofo che insegnò l'arte della speranza. , in «Corriere della Sera», 28.06.200137,// archiviostorico.corriere/2001/giugno filosofo che insegno arte_della_co shtml Giuseppe Feyles, La battaglia di Samek, in «Tempi», //tempi/la-battaglia-di-samek Sergio Fumagalli, Emanuele Samek Lodovici e Augusto Del Noce: Gnosi e secolarizzazione, Pontificia Università della Santa Croce, Roma //sergiofumagalli/files/tesi.pdf Gianluca Taddeo, Verità e diritto, Trento Gianluca Segre, una vita per la Verità, «la Bussola Quotidiana» /la nuovabussola quotidiana.com/it/archivioStoricoArticolo-emanuele-samek-lodoviciuna vita-per-la-verit- Andrea Galli, Il ritorno della gnosi, in «Avvenire», Gabriele De Anna , L'origine e la meta. Ares, Milano .  Gnosticismo Cattolicesimo Augusto Del Noce Eric Voegelin Vittorio Mathieu   su Santi, beati e testimoni, santiebeati.  EIl gusto del sapere Universitas, Documentazione interdisciplinare di scienza e fede, sito "disf.org". Gnosi moderna e secolarizzazione nell'analisi” Sergio Fumagalli, Pontificia Università della Santa Croce, facoltà di Filosofia, Roma, “la gnosi come vero avversario della verità di Silvio Restelli, sito "CulturaCattolica. Emanuele Samek Lodovici.

 

lodovici: “Giacomo samek lodovici is the author of a fascinating essay on philosophical psychology. Figlio di Emanuele Samek Ludovici.

 

LOMBARDI. (Napoli). Filosofo. Grice: “I like Lombardi; he took seriously my idea of Philosophy’s Longitudinal Uniity, and like Passmore or Warnock, engaged iin a study of the ‘last hundred years of Italian philosophy. This shows that his interests on Kant, etc., are Italian-based, mainly!” Il padre Giovanni fu avvocato e docente di diritto e procedura penale a Napoli, già allievo prediletto di Bovio, deputato prima e dopo il fascismo, autore di scritti vari di sociologia. La madre Rosa Pignatari fu nipote di  Ciccotti, nella cui casa era cresciuta. Tradusse alcuni degli scritti di Karl Marx nelle Opere edite dal Ciccotti e la Storia del movimento operaio di Edouard Dolleans.  Laureato e libero docente in filosofia lavora in filosofia. Pubblica “Il mondo degli uomini” (Firenze, Le Monnier) Insegna a Roma. Presidente della Società Filosofica Italiana e (sin dalla fondazione) della Società filosofica romana, diresse il "Centro di Ricerca per le Scienze Morali e Sociali" presso l'Istituto di filosofia della Roma. Direttore della rivista De Homine cui si è affiancato il Bollettino Bibliografico per le Scienze morali e sociali. Membro dell’Accademia nazionale dei Lincei. Gli fu conferito il premio nazionale "Benedetto Croce" per la filosofia. Altre opere: “L'esperienza e l'uomo.”“Fondamenti di una filosofia umanistica” Firenze: G.C.Sansoni Editore); “Il mondo morale;”“Feuerbach” (Firenze: La Nuova Italia); “Feuerbach e Marx: “Kierkegaard,” Firenze: La Nuova Italia); “La libertà del volere” Milano: Fratelli Bocca,  La filosofia critica, Roma: Tumminelli; “Il problema kantiano, “Commento alla Critica della ragion pura” Kant vivo, Firenze: Sansoni); Nascita del mondo moderno, Firenze: Sansoni); Concetto e problemi di Storia della filosofia, Asti: Arethusa); “Le origini della filosofia” Asti: Arethusa, Libertà, Asti, Arethusa, Firenze: Sansoni; Dopo lo Storicismo, (2 ed.) Firenze: Sansoni); “Ricostruzione filosofica, Asti: Arethusa, “La filosofia italiana” Asti: Arethusa, Il piano del nostro sapere, Asti: Arethusa, Firenze: Sansoni, La posizione dell'uomo nell'universo, Firenze: Sansoni, Problemi della libertà, Firenze: Sansoni,  Filosofia e civiltà; Introduzione e Parte Prima, Firenze: Sansoni, Saggi Manoscritti inediti Scritti vari di filosofia, Scritti politici Filosofia e Società , Firenze: Sansoni, Filosofia e Società Firenze: Sansoni, Il senso della storia e altri saggi, Firenze: Sansoni, Aforismi inattuali sull'arte, Firenze: Sansoni, Galilei, Calvino, Rousseau: tre antesignani del tempo moderno, Firenze: Sansoni, scritti per l'università, Firenze: Sansoni, “Continuità e Rottura, Firenze: Sansoni, Una svolta di civiltà, n.d.: ERI, Gaetano Calabrò, Franco Lombardi, Torino: Edizioni di Filosofia, Atti del Congresso internazionale di Filosofia, Milano: Castellani & C Editori, Il materialismo storico Atti del XVI Congresso internazionale di Filosofia; Roma: Fratelli Bocca, Il problema della filosofia oggi Varie Taccuini di viaggio Dodici canzoni napoletane, su versi di Salvatore Di Giacomo, Firenze: Forlivesi, Franco Lombardi, Torino: Edizioni di Filosofia, "Treccani L'Enciclopedia italiana". La filosofia di Franco Lombardi. Un contributo significativo per la costruzione della filosofia italiana contemporanea,, Accademia dei Lincei, in Biblioteca di Filosofi, SapienzaRoma. Franco Lombardi: Opere, saggi, biografia in Biblio Media, su bibliomedia. Franco Lombardi.

 

LONGANO. (Ripalimosani). Filosofo. Grice: “Longano took ‘naturalness’ so seriously that he would apply it to anything: ‘man’ (‘uomo naturale’) and morals (‘morale naturale’).” “I like Longano; he is a systematic logician, as I’m not – therefore he thinks that to study semantics, which logic is, starts with studying signs – as I did in my seminars on Peirce – so Longano is the one I was referring when I mentioned what ‘people were at when they display an interest in natural versus conventional signs; he also has interesting things to say about my favourite parts of speech, syncategoremata!”” Figlio di Vito Longano e Dorotea Gentile, fu allievo di  Zurlo, si trasferì a Campobasso e quindi a Napoli dove divenne allievo di Genovesi. Fece parte della massoneria ed è considerato un importante esponente dell'illuminismo , fu sostenitore dello stretto rapporto tra anima e corpo e di una visione dell'uomo nella sua interezza. Propugnò la rinascita dell'Italia, proponendo un piano di riforme e il superamento del feudalesimo.  Opere: “Piano di un corpo di filosofia morale; ossia, Estratto d'un corso di Etica, di economia e di politica” (Napoli,“Dell'Uomo NaturalNapoli, “Saggio sul commercio” (Napoli, presso Vincenzo Flauto, Raccolta di Saggi economici per gli abitanti delle due Sicilie, Napoli,  I, presso Domenico Sangiacomo,  II, presso Giuseppe Campo, “Dell'uomo e della sua morale natural -- Esame fisico, e morale dell'uomo, Napoli, Michele Morelli, Dell'uomo, e sua morale natural, Della morale naturale, Napoli, Michele Morelli, Dell'uomo Religioso e cristiano,  Dell'uomo religioso, Napoli, Michele Morelli, “Logica” Viaggio per lo contado di Molise nell'ottobre 1786 ovvero descrizione fisica, economica e politica del medesimo, Napoli, Viaggio per la Capitanata, Napoli, Domenico Sangiacomo, Il Purgatorio ragionato, Francesco Lepore, postfazione di Sebastiano Martelli, Campobasso, Palladino, “Philosophiae rationalis elementa” “De arte logica, Neapoli, “De metaphysica, Neapoli, apud Vincentium Orsino;  De Jure humanae, Neapoli, Biblioteca provinciale di FoggiaL'anno di Genovesi , su biblioteca provinciale.foggia.  Gaetano, IL PENSIERO FILOSOFICO DI FRANCESCO LONGANO, su webcache.googleusercontent.com Anna Maria Rao, L'amaro della feudalità: la devoluzione di Arnone e la questione feudale a Napoli alla fine del '700, Guida Editori,  Francesco Rizzo, Francesco Longano e la civiltà del Purgatorio: riformismo e anticlericalismo nella provincia molisana del XVIII secolo,  Stefano Borgna, Francesco Longano su delpt.unina Antonio Trampus, Francesco Longano, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Francesco Longano. Luigi Speranza, “Grice e Longano: esame fisico dell’uomo” “Grice e Longano: la semiotica” --.

 

LOSANO. (Casale Monferrato). Filosofo. Grice: “I like Lossano; his research overlap with that of H. L. A. Hart, but Losano is more interested in the philosophy and he is obviously more continental, as he should, given the prominence of Kelsen in the field!” Si occupa di filosofia del diritto e informatica giuridica. Si laurea a Torino. Insegna a Milano e Alessandria, e Torino. Si occupa di storia della filosofia del diritto; teoria generale del diritto; circolazione mondiale delle idee giuridiche e sociali; filosofia politica; diritti umani; geopolitica; informatica giuridica; privacy; e-publishing; edizioni di archivi storici. Pubblica un completo panorama sull'evoluzione della nozione di sistema nel diritto dalla Roma antica ad oggi. Ha curato carteggi di Jhering ed opere di  Jhering e di Kelsen. Curato l'edizione critica delle corrispondenza di Roesler. Come informatico giuridico, ha pubblicato un manualedi informatica giuridica e diritto informatico e un progetto di legge sulla tutela della privacy; Presidente del "Centro di calcolo automatico” a Milano. Opere:“Kelsen, La dottrina pura del diritto. Einaudi, Torino); La teoria di Marx ed Engels sul diritto e sullo stato. Materiali per il seminario di filosofia del diritto, Milano. Anno Accademicom Cooperativa Libraria Università Torinese, Torino); “Gius-cibernetica” Macchine e modelli cibernetici nel diritto, Einaudi, Torino Libia Materiali sui rapporti fra ideologia ed economia” (Milano. Anno Accademico Cooperativa Libraria Università Torinese, Torino, “Lo scopo nel diritto. Einaudi, Torino, Jhering, Lo scopo nel diritto. Introduzione, Nino Aragno Editore, Torino , Corso di informatica giuridica, Cooperativa Universitaria Editrice Milanese, Milano), Corso di informatica giuridica; L'elaborazione dei dati non numerici, Unicopli, Milano; Il diritto dell'informatica, Unicopli, Milano Corso di informatica giuridica;  Stato e automazione. Etas Kompass, Babbage: la macchina analitica. Un secolo di calcolo automatico, Etas Kompass, Milano Scheutz: La macchina alle differenze. Un secolo di calcolo automatico, Etas Libri, Milano Machines arithmétiques. Invenzioni francesi del Settecento. Testi originali con 15 tavole dell'epoca, Bottega d'Erasmo, Torino I grandi sistemi giuridici. Introduzione ai diritti europei ed extraeuropei, Einaudi, Torino, I grandi sistemi giuridici. Introduzione ai diritti europei ed extraeuropei, Einaudi, Torino, I grandi sistemi giuridici. Introduzione ai diritti europei ed extraeuropei, Laterza, Roma Bari, L'informatica legislativa regionale. L'esperimento del Consiglio Regionale della Lombardia, Rosenberg & Sellier, Torino Forma e realtà in Kelsen, Comunità, Milano, Automi arabi del XIII secolo. Dal "Libro sulla conoscenza degli ingegnosi meccanismi", Luigi Maestri Editore, Milano); Automi d'Oriente. "Ingegnosi meccanismi" arabi del XIII secolo, Milano Il diritto economico, Unicopli, Milano L'ammodernamento giuridico, Unicopli, Milano, UCorso di informatica giuridica: IInformatica per le scienze sociali, Einaudi, Torino Il diritto privato dell'informatica, Einaudi, Torino, Scritto con la luce. Il disco compatto e la nuova editoria elettronica, Unicopli, Milano, L'informatica e l'analisi delle procedure giuridiche, Unicopli, Milano, Diritto e CD-ROM. Esperienze italiane, Giuffrè, Milano, Storie di automi. Dalla Grecia classica alla Belle Époque, Einaudi, Torino Saggio sui fondamenti tecnologici della democrazia, Quaderni della Fondazione Adriano Olivetti, Istituto per la Documentazione Giuridica, Firenze, Kelsen Umberto Campagnolo, Diritto internazionale e Stato sovrano. Mario G. Losano. Con un inedito di Hans Kelsen e un saggio di Norberto Bobbio, Giuffrè, Milano, Un giurista tropicale. Tobias Barreto fra Brasile reale e Germania ideale, Laterza, RomaBari Sistema e struttura nel diritto: IDalle origini alla Scuola storica, Giuffrè, Milano, Il Novecento, Giuffrè, Milano, Dal Novecento alla postmodernità, Giuffrè, Milano Umberto Campagnolo, Verso una costituzione federale per l'Europa. Una proposta inedita. Giuffrè, Milano,   "Cedant arma Un giudice e due leggi. Pluralismo normative, Giuffrè, Milano, Funzione sociale della proprietà e latifondi occupati, Diabasis, Reggio Emilia, Kelsen, Scritti autobiografici. Traduzione e cura di Mario G. Losano, Diabasis, Reggio Emilia Peronismo e giustizialismo: dal Sudamerica all'Italia, e ritorno. Marzia Rosti, Diabasis, Reggio Emilia, Memoria dell'Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche, Accademia delle Scienze, Torino /ccademia delle scienze editorial memorie morali Campagnolo, Conversazioni con Kelsen. Documenti dell'esilio ginevrino Giuffrè, Milano La geopolitica del Novecento. Dai Grandi Spazi delle dittature alla de-colonizzazione, Bruno Mondadori, Milano, Kelsen Arnaldo Volpicelli, Parlamentarismo, democrazia e corporativismo  Introduzione, Nino Aragno Editore, Torino, Alle origini della filosofia del diritto a Torino: PAlbini. Con due documenti sulla collaborazione di Albini con Mittermaier, Memorie della Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche, Accademia delle Scienze, Torino accademia delle scienze/attivita editorial periodici-e-collane/ memorie/morali I carteggi di  Albini con Sclopis e Mittermaier. Alle origini della filosofia del diritto a Torino, Memoria dell'Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche, Accademia delle Scienze, Torino accademia dellescienze attivita editoria/periodici-e-collane/memorie morali Alle origini della filosofia del diritto in Giappone. Il corso di Alessandro Paternostro a Tokyo nel 1889. In appendice: A. Paternostro, Cours de philosophie du droit, 1889, Lexis, Torino I La Rete e lo stato. Mimesis, Milano ,Norberto Bobbio. Una biografia culturale, Carocci, Roma ,  Hans Kelsen, Due saggi sulla democrazia in difficoltà,Aragno, Torino  La libertà d’insegnamento in Brasile e l’elezione del Presidente Bolsonaro, Mimesis, Milano Mario Giuseppe Losano. Luigi Speranza, “Grice e Losano: storia del diritto romano – what Kelsen never had!” --.

 

LOSURDO. (Sannicandro di Bari). Filosofo. Grice: “Losurdo has contributed to a collection on ‘fatti normativi’ which is fascinating!” --  Grice: “I like Losurdo: describing Nietzsche as the aristocratic rebel is genial; he also engages in some linguistic botanising with his ‘linguaggio dell’impero’: something Romans and Brits know well – cf. ‘Great Britaiin’ and my little England!” -- losurdo, Italian philosopher, expert not on Grice, but Nietzsche, “Nietzsche, ribelle aristocratico” -- essential Italian philosopher. Si laurea a Urbino sotto la guida di Salvucci con la tesi, “La semantica di Rodbertus”. Direttore dell'Istituto di Scienze filosofiche e pedagogiche "Pasquale Salvucci" all'Urbino, insegnò storia della filosofia nella stessa università presso la facoltà di Scienze della Formazione. Inoltre fu presidente dell'hegeliana Società internazionale Hegel-Marx per il pensiero dialettico, membro della Società di scienze di Leibniz a Berlino (un'associazione di scienziati che si rifà alla settecentesca Accademia Reale Prussiana delle Scienze nella tradizione di GLeibniz) e direttore dell'associazione politico-culturale Marx XXI. Dalla militanza comunista alla condanna dell'imperialismo statunitense, fino allo studio della questione afroamericana e di quella dei nativi, Losurdo fu studioso anche partecipe della politica nazionale e internazionale. Di formazione marxista, descritto sia come un «marxista controcorrente» sia come un «marxista eterodosso» e un «comunista militante», la sua produzione spazia dai contributi allo studio della filosofia kantiana (la cosiddetta autocensura di Immanuel Kant e il suo nicodemismo politico), alla rivalutazione dell'idealismo classico tedesco, specie di Hegel, nel tentativo di riproporne l'eredità (sulla scia di György Lukács in particolare), alla riaffermazione dell'interpretazione del marxismo tedesco e non (Antonio Gramsci e i fratelli Bertrando e Silvio Spaventa), con incursioni nell'ambito del pensiero nietzscheano (la lettura di un Friedrich Nietzsche radicale aristocratico) e di quello heideggeriano (in particolare la questione dell'adesione al nazismo di Martin Heidegger).  La sua riflessione filosofico-politica, attenta alla contestualizzazione del pensiero filosofico nel proprio tempo storico, muove in particolare dai temi della critica radicale del liberalismo, del capitalismo, del colonialismo e dell'imperialismo, nonché della concezione tradizionale del totalitarismo (Hannah Arendt), nella prospettiva di una difesa della dialettica marxista e del materialismo storico, dedicandosi anche allo studio dell'antirevisionismo in ambito marxista-leninista. Losurdo ha una visione molto critica della tradizione intellettuale europea del liberalismo, in particolare della tradizione classica e delle sue origini, sostenendo che pur pretendendo di enfatizzare l'importanza della libertà individuale in pratica il liberalismo reale è a lungo contrassegnato dalla sua esclusione di persone da questi diritti, con conseguente sfruttamento come razzismo, schiavitù e genocidio. Afferma che le origini del nazismo si trovano in quelle che considera politiche colonialiste e imperialiste del mondo occidentale. Esaminando le posizioni intellettuali e politiche degli intellettuali sulla modernità, Kant e Hegel furono i più grandi pensatori della modernità mentre Nietzsche fu il suo più grande critico.  I suoi lavori, che lui stesso fa rientrare nell'ambito della storia delle idee, riguardano inoltre l'indagine delle questioni di storia e politica contemporanee, con una attenzione critica costante al revisionismo storico e la polemica contro le interpretazioni di François Furet e Ernst Nolte. In particolare critica una tendenza reazionaria tra gli storici contemporanei revisionisti riconoscibile nel lavoro di autori come Nolte, che traccia l'impeto dietro l'Olocausto agli eccessi della rivoluzione russa; o Furet, che collega le purghe staliniane a una «malattia» originata dalla rivoluzione francese. Secondo Losurdo l'intenzione di questi revisionisti è di sradicare la tradizione rivoluzionaria in quanto le loro vere motivazioni hanno poco a che fare con la ricerca di una maggiore comprensione del passato, ma si trovano nel clima e nei bisogni ideologici delle classi politiche, come è più evidente nel lavoro dei revivalisti imperiali Johnson e Ferguson. Fornisce inoltre una nuova prospettiva su rivoluzioni come quella inglese, americana, francese, russa e quelle contro il colonialismo e l'imperialismo. Si discosta anche dalle posizioni elogiative che la maggior parte delle biografie prende nell'analisi di Gandhi e la nonviolenza.  Losurdo volge la sua attenzione alla storia politica della filosofia moderna tedesca da Kant a Marx e del dibattito che su di essa si sviluppa in Germania nella seconda metà dell'Ottocento e nel Novecento, per poi procedere a una rilettura della tradizione del liberalismo, in particolare partendo dalla critica e dalle accuse di ipocrisia rivolte a Locke per la sua partecipazione finanziaria alla tratta degli schiavi. Riprendendo ciò che afferma Arendt in Le origini del totalitarismo, per Losurdo il vero peccato originale del Novecento è nell'impero coloniale di fine Ottocento, dove per la prima volta si manifesta il totalitarismo e l'universo concentrazionario.  Controversia degli storici Losurdo critica il concetto di totalitarismo, sostenendo che fosse un concetto polisemico con origini nella teologia cristiana e che applicarlo alla sfera politica richiedeva un'operazione di schematismo astratto che utilizza elementi isolati della realtà storica per collocare la Germania nazista e altri regimi fascisti e l'Unione Sovietica e l'esperienza del socialismo reale e di altri Stati socialisti nello stesso insieme, servendo così l'anticomunismo degli intellettuali della guerra fredda piuttosto che riflettere la ricerca intellettuale.  Forte critico dell'equiparazione tra nazismo e comunismo (in particolare quello sovietico) fatta da studiosi come Furet e Nolte, ma anche da Arendt ePopper, nonché del concetto di «olocausto rosso», il suo Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, sollevò un dibattito sulla figura di Iosif Stalin, sul quale a suo avviso peserebbe una sorta di leggenda nera costruita per screditare tutto il comunismo. Porta l'esempio che nel lager vi era volontà omicida esplicita in quanto l'ebreo che vi entrava era destinato a non uscire più (vi è una despecificazione naturalistica) mentre nel gulag no (si tratta di despecificazione politico-morale) e nel primo venivano rinchiusi quelli che il nazismo chiamava Untermensch («sottouomini») mentre nel secondo (in cui afferma finissero solo una parte dei dissidenti), pur essendo una pratica da condannare, erano rinchiusi dissidenti da rieducare e non da eliminare. Losurdo afferma che «il detenuto nel Gulag è un potenziale compagno [la guardia stessa era tenuta a chiamarlo in questo modo] e dopo l'inizio del biennio delle grandi purghe che seguono l'assassinio di Kirov] è comunque un cittadino». Riprendendo anche l'opinione di Levi (internato ad Auschwitz, secondo cui il lager era moralmente più grave del gulag) e contro Solženicyn (internato in Siberia e che affermava l'equiparazione della volontà sterminazionistica),sostiene che pur essendo grave che un Paese socialista nato per abolire lo sfruttamento usi sistemi imperialisti e capitalisti, il gulag sia analogo a molti campi di concentramento occidentali (i cui governi hanno sostenuto e sostengono di essere paladini della libertà), che per certi versi furono anche più affini al lager in quanto campo di sterminio e non di rieducazione, riprendendo la storia del genocidio indiano. Egli sostiene anche che i campi di concentramento e le colonie penali britanniche erano peggio di qualsiasi gulag, accusando anche politici come Winston Churchill e Harry Truman di essere autori di crimini di guerra e contro l'umanità pari (se non peggiori) di quelli che sono stati poi attribuiti a Stalin. Losurdo ritiene inoltre che i comunisti soffrano di autofobia, cioè paura di se stessi e della propria storia, problema patologico che va affrontato, a differenza dell'autocritica sana. Despecificazione politico-morale e despecificazione naturalistica La despecificazione è l'esclusione di un individuo o di un gruppo dalla comunità dei civili. Esistono due tipi di despecificazione:  La despecificazione politico-morale (in questo caso l'esclusione è dovuta a fattori politici o morali). La despecificazione naturalistica (in questo caso l'esclusione è dovuta a fattori biologici). Per Losurdo la despecificazione naturalistica è qualitativamente peggiore rispetto a quella politico-morale. Infatti mentre quest'ultima offre almeno una via di scampo mediante il cambio di ideologia, questo non è possibile nel caso in cui sia in atto una despecificazione naturalistica, che è irreversibile in quanto rimanda a fattori biologici che sono di per sé immodificabili. A differenza di altri pensatori ritiene quindi che l'olocausto degli ebrei non è incomparabile ed è quindi disposto ad ammettere in questo caso una tragica peculiarità. La comparatistica che Losurdo offre a proposito non vuole essere una relativizzazione o uno sminuire, ma semplicemente considerare l'olocausto degli ebrei come incomparabile significa perdere la prospettiva storica e dimenticarsi dell'olocausto nero (l'olocausto dei neri) o dell'olocausto americano (l'olocausto dei nativi indiani d'America ottenuto negli Stati Uniti mediante la continua deportazione sempre più a ovest e la diffusione ad arte del vaiolo), oltre ad altri stermini di massa come il genocidio armeno.  Polemiche riguardanti Stalin Una recensione effettuata nell'aprile del 2009 da Guido Liguori su Liberazione (organo ufficiale del Partito della Rifondazione Comunista) di Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, libro in cui Losurdo critica la demonizzazione di Stalin effettuata dalla storiografia maggioritaria e cerca di sottrarlo a quella che definisce «la leggenda nera su di lui», è al centro di una polemica all'interno della redazione del suddetto quotidiano. Venti redattori inviano una lettera di protesta al direttore del giornale in cui si critica sia il tentativo di riabilitazione di Stalin presente nel libro di Losurdo sia la recensione di Liguori (giudicata troppo positiva nei confronti del libro), oltre che la scelta del direttore del giornale di pubblicare tale recensione. Il libro riceve delle recensioni critiche per le sue affermazioni e per la metodologia di lavoro utilizzata.I critici di Losurdo lo accusano di essere un «neostalinista». Grover Furr, autore di Krusciov mentì e descritto come un «revisionista storico», un «revisionista in una ricerca lunga una carriera per scagionare Stalin» e un «prezioso contributo alla scuola revisionista storica degli studi sovietici e comunisti», elogia il lavoro di Losurdo, in particolare quello su Stalin, iniziando un'amicizia reciproca. Nel  introduce Furr a un editore italiano che pubblica la traduzione italiana di Khruschev mentì, per cui scrive l'introduzione. Aveva già scritto l'introduzione e il retrocopertina del libro di Furr sull'assassinio di Sergej Mironovič Kirov che rimane inedito. Negli estratti di un convegno organizzato per rivalutare la figura di Stalin a cinquant'anni dalla morte critica le rivelazioni contenute nel rapporto segreto di Nikita Sergeevič Chruščёv, l'allora segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica. Secondo Losurdo la cattiva fama di Stalin deriverebbe non dai crimini commessi da quest'ultimo (paragod altri del suo tempo), ma dalle falsità presenti in quel rapporto che Chruščёv lesse nel corso del XX Congresso del febbraio 1956. Nella relazione al convegno dà credito a una delle accuse principali che stavano alla base della sanguinosa repressione staliniana contro gli oppositori, ovvero l'esistenza nell'Unione Sovietica della «realtà corposa della quinta colonna» pronta ad allearsi col nemico. Losurdo ribadisce di non voler riabilitare Stalin, seppur calato nella sua epoca, volendo presentare solo un'analisi dei fatti più neutrale e attuare un revisionismo sull'esperienza generale del socialismo reale ritenuta passata, ma utile da studiare per capire le dinamiche future del socialismo. Losurdo apparteneva alla corrente del marxismo-leninismo, ma ammirava anche l'interpretazione che Mao Zedong diede della pluralità della lotta di classe, da collocare nel contesto dell'attenzione che rivolge al processo di emancipazione femminile e dei popoli colonizzati. Vicino prima al Partito Comunista Italiano, poi al Partito della Rifondazione Comunista e infine al Partito dei Comunisti Italiani, confluito nel Partito Comunista d'Italia () e nel Partito Comunista Italiano (), di cui è stato membro, fu anche direttore dell'associazione politico-culturale Marx XXI. Critico del liberalismo, della NATO e dell'imperialismo, in particolare quello statunitense, Losurdo contestò l'assegnazione del Premio Nobel per la pace a Xiaobo, considerato un sostenitore aperto del colonialismo occidentale, in particolare per la sua idealizzazione del mondo occidentale e per aver affermato che ci sarebbe bisogno di «300 anni di colonialismo. In 100 anni di colonialismo Hong Kong è cambiata fino a diventare ciò che è oggi. Data la grandezza della Cina, ovviamente ci vorrebbero 300 anni per trasformarla in quello che Hong Kong è oggi. E ho dei dubbi che 300 anni siano abbastanza». Opere:“Auto-censura e compromesso in Kant, Napoli, Bibliopolis, “Hegel. Questione nazionale, restaurazione. Presupposti e sviluppi di una battaglia politica, Urbino, Università degli Studi, “Tra Hegel e Bismarck. La rivoluzione e la crisi della cultura tedesca”Roma, Editori Riuniti, Lukacs  e con Salvucci e Sichirollo, Urbino, Quattro venti, Marx e i suoi critici, e con Cazzaniga e Sichirollo, Urbino, Quattro venti, La catastrofe della Germania e l'immagine di Hegel, Milano, Guerini, Metamorfosi del moderno.Urbino, Quattro venti, Hegel, Marx e la tradizione liberale. Libertà, uguaglianza, Stato, Roma, Editori Riuniti,Tramonto dell'Occidente? Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica, e con Gian Mario Cazzaniga e Livio Sichirollo, Urbino, Quattro venti, Antropologia, prassi, emancipazione. Problemi del marxismo, e Urbino, Quattro venti, Égalité-inégalité. Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica, Urbino, Quattro venti, Prassi. Come orientarsi nel mondo. Atti del convegno organizzato dall'Istituto Italiano per gli Studi filosofici e dalla Biblioteca Comunale di Cattolica  e con Gian Mario Cazzaniga e Livio Sichirollo, Urbino, Quattro venti, La comunità, la morte, l'Occidente. Heidegger e l'ideologia della guerra, Torino, Bollati Boringhieri, Massa folla individuo. Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica,  e con Burgio e Cazzaniga, Urbino, Quattro venti, Hegel e la libertà dei moderni, Roma, Editori Riuniti, Napoli, La scuola di Pitagora, . Rivoluzione francese e filosofia classica tedesca, a cura di, Urbino, Quattro venti Democrazia o bonapartismo. Trionfo e decadenza del suffragio universale, Torino, Bollati Boringhieri, Marx e il bilancio storico del Novecento, Gaeta, Bibliotheca, Napoli, La scuola di Pitagora, Gramsci e l'Italia. Atti del Convegno internazionale di Urbino, Napoli, La città del sole, La seconda Repubblica. Liberismo, federalismo, postfascismo, Torino, Bollati BoringhieriAutore, attore, autorità, e con Alberto Burgio, Urbino, Quattro venti, Il revisionismo storico. Problemi e miti, Roma-Bari, Laterza, Utopia e stato d'eccezione. Sull'esperienza storica del socialismo reale, Napoli, Laboratorio politico, Ascesa e declino delle repubbliche, e con Maurizio Viroli, Urbino, Quattro venti, Lenin e il Novecento. Atti del Convegno internazionale di Urbino, e con Ruggero Giacomini, Napoli, La città del sole, Metafisica. Il mondo Nascosto, con Roma-Bari, Laterza, Gramsci dal liberalismo al «Comunismo critico», Roma, Gamberetti, Dai fratelli Spaventa a Gramsci. Per una storia politico-sociale della fortuna di Hegel in Italia, Napoli, La città del sole, Hegel e la Germania. Filosofia e questione nazionale tra rivoluzione e reazione, Milano, Guerini, Nietzsche. Per una biografia politica, Roma, Manifesto libri, Il peccato originale del Novecento, Roma-Bari, Laterza, Dal Medio Oriente ai Balcani. L'alba di sangue del secolo americano, Napoli, La città del sole, Fondamentalismi. Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica e con Alberto Burgio, Urbino, Quattro venti, URSS: bilancio di un'esperienza. Atti del Convegno italo-russo. Urbino, e con Ruggero Giacomini, Urbino, Quattro venti, L'ebreo, il nero e l'indio nella storia dell'Occidente, Urbino, Quattro venti, Fuga dalla storia? Il movimento comunista tra autocritica e autofobia, Napoli, La città del sole, poi Fuga dalla storia? La rivoluzione russa e la rivoluzione cinese oggi, La sinistra, la Cina e l'imperialismo, Napoli, La città del sole, Universalismo e etnocentrismo nella storia dell'Occidente, Urbino, Quattro venti, La comunità, la morte, l'Occidente. Heidegger e l'«ideologia della guerra», Torino, Bollati Boringhieri,  Nietzsche, il ribelle aristocratico. Biografia intellettuale e bilancio critico, Torino, Bollati Boringhieri, Cinquant'anni di storia della repubblica popolare cinese. Un incontro di culture tra Oriente e Occidente. Atti del Convegno di Urbino, Napoli, La città del sole, Dalla teoria della dittatura del proletariato al gulag?, iMarx e Engels, Manifesto del partito comunista, traduzione e introduzione di Domenico Losurdo, Editori Laterza, Bari, Controstoria del liberalismo, Roma-Bari, Laterza, La tradizione filosofica napoletana e l'Istituto italiano per gli studi filosofici, Napoli, nella sede dell'Istituto, Autocensura e compromesso nel pensiero politico di Kant, Napoli, Bibliopolis, Legittimità e critica del moderno. Sul marxismo di Antonio Gramsci, Napoli, La città del sole, Il linguaggio dell'Impero. Lessico dell'ideologia americana, Roma-Bari, Laterza,Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, Roma, Carocci, Paradigmi e fatti normativi. Tra etica, diritto e politica, con altri, Perugia, Morlacchi, La non-violenza. Una storia fuori dal mito, Roma-Bari, Laterza, La lotta di classe. Una storia politica e filosofica, Roma-Bari, Laterza, La sinistra assente. Crisi, società dello spettacolo, guerra, Carocci, . Un mondo senza guerre. L'idea di pace dalle promesse del passato alle tragedie del presente, Carocci . Il marxismo occidentale. Come nacque, come morì, come può rinascere, Laterza .  Note  PCI Ancona: cordoglio per la scomparsa del Compagno Losurdo , su il partito comuista italiano, Angelo d'Orsi, Scienza e militanza. Un ricordo, MicroMega, Cordoglio per la scomparsa di Domenico Losurdo , su Il Metauro, Verso, Il linguaggio dell'Impero. Lessico dell'ideologia americana, Roma-Bari, Laterza. Il filosofo marxista controcorrente. Un marxista eterodosso. Autocensura e compromesso in Kant, Napoli, Bibliopolis, Hegel e la libertà dei moderni, Roma, Editori Riuniti, Napoli, La scuola di Pitagora, Losurdo, Lukacs nel centenario della nascita, e con Pasquale Salvucci e Livio Sichirollo, Urbino, Quattro venti, Domenico Losurdo, Dai fratelli Spaventa a Gramsci. Per una storia politico-sociale della fortuna di Hegel in Italia, Napoli, La città del sole, Nietzsche. Il ribelle aristocratico.  Domenico Losurdo, La comunità, la morte, l'Occidente. Heidegger e l'«ideologia della guerra».Controstoria del liberalismo, Laterza, Losurdo, Revisionismo storico.  Domenico Losurdo, Peccato originale del Novecento.  Domenico Losurdo, La non-violenza. Una storia fuori dal mito.  La non-violenza. Una storia fuori dal mito , su L'Ernesto, Associazione Marx, Losurdo, Dalla teoria della dittatura del proletariato al gulag?, in  Marx, FEngels, Manifesto del partito comunista, traduzione e introduzione di Losurdo, Editori Laterza, Bari David Broder. Domenico Losurdo, Jacobin. 2Stalin. Storia e critica di una leggenda nera.  a b Domenico Losurdo, URSS: bilancio di un'esperienza. Atti del Convegno italo-russo. Urbino, con Ruggero Giacomini, Urbino, Quattro venti, Popper falso profeta158, in: , Contro Popper, Armando Editore, B. Lai e L. Albanese.  Domenico Losurdo, Fuga dalla storia? Il movimento comunista tra autocritica e autofobia.  Maurizio Brignoli, Losurdo, Domenico, Il linguaggio dell'impero. Lessico dell'ideologia, Lettere su Stalin  Niccolò Pianciola, Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, con un saggio di Luciano Canfora , su sissco.Valerio Evangelisti, Domenico Losurdo: Stalin. Storia e critica di una leggenda nera .  Andrea Romano, Losurdo, Canfora e lo stalinismo che non fa male  [collegamento interrotto], su andrearomano.ilcannocchiale. In Memoriam, La Città del Sole, Stalin nella storia del Novecento, Ruggero Giacomini, Teti Editore, "Una teoria generale del conflitto sociale" , 25 giugno .  Intervento al 6º Congresso Nazionale del PdCI . Blogger.  Il Consiglio Direttivo dell'associazione Marx  Il «Nobel per la pace» a un campione del colonialismo e della guerra, il cavallo oscuro della letteratura»), Open Magazine, Open Magazine, 19 dicembre 2006.  Hannah Arendt Controstoria del liberalismo Antonio Gramsci Genocidio indiano Grandi purghe Martin Heidegger Karl Marx Friedrich Nietzsche Olocausto Josif Stalin Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo"    Altri progetti Citazionio su Domenico Losurdo  Blog di Domenico Losurdo , su domenicolosurdo.blogspot.com. Intervista a Domenico Losurdo sul  RAI Filosofia , su filosofia.rai. Intervist RTV Svizzera , su youtube.com. Domenico Losurdo. Refs.: Luigi Speranza, "Grice, Losurdo, e Nietzsche, ribelle aristocratico," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

LOTTIERI. (Brescia). Filosofo. Grice: “I like Lottieri; he has quoted Hobbes and Hume and Gauthier from a game-theoretical approach to co-operation, conversational and other – all very Griceian, if I may mayself so say it!” Allievo di Caracciolo, studia a Genova, Ginevra e Parigi, su la filosofia di Mosca. Insegna a Siena e Verona. Da vita all'Istituto Bruno Leoni, un istituto che si ispira alla tradizione intellettuale di Einaudi e Ricossa, e di cui egli è direttore del dipartimento Teoria Politica. Cura Leoni. La filosofia di Lottieri si sviluppa all'interno del liberalismo classico e, grazie allo studio degli autori elitisti, si delinea quale critica del sistema di dominio iscritto nei regimi democratici rappresentativi. Mostra l'adesione a tale prospettiva, che rapidamente evolve grazie al contatto con il libertarianismo. Il libertarianismo di Lottieri metta in discussione "la psicologia regolamentativa e anti-innovativa del burocrate", avverso a ogni forma di rischio e cambiamento.  Il saggio sul libertarismo evidenzia l'adesione ai temi classici del pensiero liberale lockiano e giusnaturalista (difesa della proprietà, del mercato, dell'auto-nomia negoziale), ma anche il maturare di questioni che sono invece tutte interne al realismo politico: specie nel confronto con Schmitt, Brunner e Miglio.  Mentre il testo sul rapporto tra economia di mercato e ordine sociale/comunitario (Denaro e comunità) è una critica della sociologia, a cui è rimproverato di avere frainteso la natura inter-personale della moneta e delle relazioni di mercato, il saggio su Leone muove dal pensatore torinese per delineare una filosofia libertaria anche oltre la lettera stessa dell'autore di Freedom and the Law. In particolare, in questa fase della riflessione Leoni viene individuato come uno studioso in grado di dare una maggiore consapevolezza filosofico-giuridica alla teoria libertaria, fino ad ora elaborata per lo più da economisti e teorici politici.  “Denaro e comunità: relazioni di mercato e ordinamenti giuridici nella società liberale,” Napoli, Guida Editori, “Il pensiero libertario contemporaneo. Tesi e controversie sulla filosofia, sul diritto e sul mercato, Macerata, Liberilibri, “Le ragioni del diritto: libertà individuale e ordine giuridico nel pensiero di Leoni,”Treviglio Soveria Mannelli, Facco Rubbettino Editore, “Come il federalismo fiscale può salvare il Mezzogiorno, Soveria Mannelli, Rubbettino, “Credere nello Stato? Teologia politica e dissimulazione da Filippo il Bello a WikiLeaks, Soveria Mannelli, Rubbettino, “ Liberali e non: (cf. Griceiani e non.) percorsi di storia del pensiero politico, Brescia, La Scuola,  Guglielmo Ferrero in Svizzera. Legittimità, libertà e potere, Roma, Studium,  Un'idea elvetica di libertà. Nella crisi della modernità europea, Brescia, La Scuola,  “Beni comuni, diritti individuali e ordine evolutivo,”Torino, IBL. Nella filosofia di Lottieri sull'unificazione europea, in particolare, è cruciale l'opposizione tra l'armonizzazione spontanea emergente dal basso e l'unificazione coercitiva. Lottieri identifica quattro superstizioni o quattro credenze erronee che sotto alla base dei tentativi di creare un nuovo stato chiamato ‘Europa'. Primo, l'idea che la libertà individuale e il poli-centrismo giuridico causino tensioni e, in definitiva, conflitti; Secondo, che il mercato derivi dall'ordine giuridico creato dallo Stato; Terzo, che l'esistenza di una distinta identità europea esiga la costruzione di un singolo Stato continentale; e quarto, che un'Europa unificata sarebbe più armoniosa e meglio in grado di sostenere lo sviluppo delle sue componenti più povere. Individuato come uno degli esponenti di un liberalismo particolarmente radicale e volto a proporre una sorta di fuga dallo Stato: Dario Fertlio, "Libertari 2001: la grande fuga dallo Stato, Corriere della Sera. Una disamina molto critica al limite dell'insulto personale di tale liberalismo libertarian si ha nella recensione che Vitale dedica al volume su Rothbard scritto a quattro mani da Lottieri assieme a Enrico Diciotti (basato su un confronto assai franco tra prospettive molto diverse): una recensione che, rivolgendosi al solo Diciotti, si chiudeva con l'invito per il futuro “ad occuparsi di un autore più interessante con un autore più interessante” (Ermanno Vitale, “Rothbard, un Trasimaco piccolo piccolo. E una modestissima proposta”, Teoria politica). Piero Vernaglione, Il libertarismo. La teoria, gli autori, le politiche, Soveria Mannelli, Rubbettino. Un riferimento garbatamente polemico alle posizioni giusnaturaliste di Lottieri si trova in Dario Antiseri (Laicità. Le sue radici, le sue ragioni, Rubbettino). La stessa contrapposizione è al fondo di una discussione tra i due riguardante proprio i contenuti di quel volume://blog.centrodietica/?p=2005.  Questo libro di Lottieri rappresenta "una presentazione completa e approfondita del pensiero libertario nelle sue diverse varianti, mentre si evidenzia anche un approccio libertario ai problemi ecologici. Ce sono riserve nei riguardi delle tesi libertarie e dell'ispirazione "anarchica" della teoria del diritto di Lottieri. Nella sua monografia su Leoni (L'ordine giuridico dei privati, Soveria Mannelli, Rubbettino) pure Grondona sviluppa alcune critiche nei riguardi dell'interpretazione dello studioso torinese offerta da Lottieri, mentre in maggiore sintonia con le sue posizioni si trova Andrea Favaro (Bruno Leoni. Dell'irrazionalità della legge per la spontaneità dell'ordinamento, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane). Lottieri mostra che, contrariamente a un'opinione diffusa, le distanze fra la concezione del diritto di Leoni e quella di Hayek sono notevoli. In ogni caso non fu Hayek a influenzare Leoni ma il secondo a influenzare, almeno in parte, il primo.  Per un'equilibrata analisi del volume si veda: Mauro Grondona, "Recensione a Carlo Lottieri, Le ragioni del diritto", Nuova Giurisprudenza Ligure. Carlo Lottieri.

 

LUCA. (Marostica). Filosofo.  Grice: “Luca expands on Alcibiades – I have touched the topic of Alcibiade when discussing eudaemonia, as literally having to do with the eudaemon – and the expression occurs in connection with Socrate/Alcibiade -- Grice: “One good thing about Luca is that if my philosophy revolves around ‘reason,’ his does it around ‘eros’!” -- Frequenta il Liceo Ginnasio G.B. Brocchi di Bassano del Grappa. Si laurea a Firenze, con la tesi, “Platone e il problema del linguaggio” con relatore Adorno.  È stato incentrato inizialmente sulla tematica dell’’amore’ nella tradizione greco-romana del Convitto e Fedro. Mmantenuto però una costante apertura al ‘mythos’ di Omero, nella convinzione che per quanto differenti possano essere i costumi o gli statuti sociali, rimane un elemento per così dire “originario”, intrinsecamente umano, nell’approccio con il desiderio, l’amore, l’amicizia, la sessualità. In Labirinti dell’Eros, pur sviluppandosi la tematica all'interno di un arco di tempo definito, l’intento non è quello di affrontare l’argomento nella sua unita longitudinale ma di esprimere, senza costrizioni di un “per-corso pre-figurato” una distinzione logico concettuale, attraverso la quale conseguire, almeno, un punto fermo nell'amatoria. Riguarda anche lo sviluppo della tradizione pitagorico-platonica, sia nelle sue caratteristiche peculiari ed in rapporto alla metafisica, sia nell'accezione più ampia rispetto all'esigenza di dare conto "dei fenomeni" o sensibilia. Si orientata alla tarda produzione platonica e al pitagorismo di seconda generazione, che vengono analizzati anche attraverso la cosmologia. Opere: Platone, Simposio, La Nuova Italia, Firenze, Platone, Fedro, La Nuova Italia, Firenze, Eros & Epos: il lessico d'amore nei poemi omerici, L’amatoria, L.S. Gruppo editoriale, Quarto Inferiore (BO) Platone e la sapienza antica. Matematica, filosofia e armonia, Marsilio Editori, Venezia, Labirinti dell’Eros. Da Omero a Platone, con un saggio, Marsilio Editori, Venezia. Roberto Luca. Luigi Speranza, “Grice e Luca: amatoria conversazionale: la massima dell’amore proprio conversazionale e la massima dell’amore all’altro.

 

LUCREZIO. (Pompei). Filosofo. Grice: “By far the most important concept in Lucrezio’s philosoophy is that of clinamen that Strawson translates as the ‘swerve.’ It was saved from extinction by an Italian – as the novel tells you!” Grice: “While Strawson reads it in Latin, I prefer the version in the vulgar!” – Grice: “And by the vulgar I mean Marchetti!” Grice: “It’s amazing how well Marchetti interprets Lucezio – there is a little treatise on Epicureanism in the Lucrezio by Marchetti which is interesting. A real continuity in Italian philosophy!” -- possibly the most important Italian philosopher. Seguace dell'epicureismo. Della sua vita ci è ignoto quasi tutto: egli non compare mai sulla scena politica romana, né sembra esistere negli scritti dei contemporanei, in cui non viene mai citato, eccezion fatta per la lettera di Cicerone ad Quintum fratrem II 9, contenuta nella sezione Ad familiares, in cui il celebre oratore accenna all'edizione, forse postuma, del poema di Lucrezio, che egli starebbe curando. Ma in scrittori romani successivi egli viene spesso citato: ne parlano Seneca, Frontone, Marco Aurelio, Quintiliano, Ovidio, Vitruvio, Plinio il Vecchio, senza tuttavia fornire nuove informazioni sulla vita. Questo però dimostra che non si tratta di un personaggio inventato. Un'altra fonte che lo cita è San Girolamo nel suo Chronicon o Temporum liber, di cinque secoli dopo, in cui, ispirandosi ad alcuni dubbi passi di Svetonio, ci dice che sarebbe nato  morto suicida. Tale dato non concorda tuttavia con quanto affermato da Elio Donato, maestro di Girolamo stesso, secondo il quale Lucrezio sarebbe morto quando indossò la toga virile, nell'anno in cui erano consoli per la seconda volta Crasso e Pompeo. Questo dato ha fatto propendere a credere che Lucrezio mori  nel 55 a.C., all'età di quarantatré anni. Queste vengono comunemente considerate le uniche notizie biografiche tramandate direttamente dall'antichità.  Ignoto risulta anche il luogo di nascita, che tuttavia taluni hanno creduto essere Ercolano, per la presenza di un Giardino Epicureo in quest'ultima città, in particolare, dall'analisi di numerose epigrafi risalenti all'epoca dell'autore latino, risulta evidente un'ingente presenza del cognome Carus nell'antico territorio campano, secondo la critica recente la suddetta indagine prova fermamente (nei limiti del probabile) le origini campane di Lucrezio. Neppure la sua militanza politica sembra essere ricostruibile: il desiderio di pace accennato prima non sembra affatto ricordare il drammatico rancore dell'aristocratico, per altro solitamente stoico, che vede sgretolarsi la Repubblica e la libertà, ma il desiderio dell'"amico" epicureo, che vede nella pace e nel benessere di tutti la possibilità di fare accoliti e viver serenamente. È tuttavia rilevante il fatto che la sua opera De rerum natura sia dedicata a Memmio, fine letterato e appassionato di cultura greca, ma anche e soprattutto membro di spicco degli optimates.  Tale era, del resto, il suo desiderio di pace da auspicare alla fine del proemio della sua opera una "placida pace" per i Romani. Questo anelito così forte alla pace è peraltro riscontrabile non solo in Lucrezio, ma anche in Catullo, Sallustio, Cicerone, Catone l'Uticense e perfino in Cesare: esso rappresenta il desiderio di un'intera società dilaniata da un secolo di guerre civili e lotte intestine. La scarsità delle fonti sulla sua vita ha portato molti a interrogarsi persino sulla stessa esistenza del filosofo, a volte considerato solo uno pseudonimo sotto il quale si celava un anonimo filosofo per alcuni un amico epicureo di Cicerone, Tito Pomponio Attico, che si suicidò, o persino lo stesso Cicerone.  Secondo lo storico Luciano Canfora, è possibile ricostruire una scarna biografia di Lucrezio: nacque ad Ercolano, dove aveva una villa la famiglia nobiliare di un possibile parente, Marco Lucrezio Frontone)  appartenente quasi sicuramente all'antica famiglia nobile dei Lucretii (qualcuno ne fa invece un liberto della stessa famiglia). Studiò l'epicureismo proprio ad Ercolano, dove si trovava un centro della "filosofia del giardino", diretta da  Filodemo di Gadara, allora ospite nella villa di Lucio Calpurnio Pisone, il ricco suocero di Cesare (la cosiddetta "villa dei papiri").  Avrebbe sofferto di sbalzi d'umore, chiamati oggi disturbo bipolare, ma non sarebbe stato pazzo, ma di questo umore alterno risentì il suo lavoro. In disaccordo con le guerre civili, avrebbe lasciato Roma e non sarebbe morto suicida ma avrebbe viaggiato ad Atene, nei luoghi del maestro Epicuro, e oltre, essendo forse il suo nome conosciuto da Diogene di Enoanda, quindi quasi in Asia minore, nelle cui famose incisioni sotto il portico della sua casa si ricorda un certo "Caro" (nome poco diffuso), romano, e sapiente epicureo.  Non si sa se il poema fosse diffuso nell'oriente, quindi è possibile che Lucrezio si fosse davvero recato in Grecia. Lucrezio, spinto da una delusione d'amore, si sarebbe allontanato lasciando incompiuto il suo poema, affidato forse a Cicerone stesso (che difatti non parla effettivamente di suicidio ma afferma: «Lucretii poemata, ut scribis, ita sunt: multis luminibus ingenii, multae tamen artis» ("le poesie di Lucrezio, come tu mi scrivi, sono dotate di molti lumi di talento, e tuttavia di molta arte"), ma, forse, senza impazzire e morire (che fosse suicidandosi o perché assassinato), esagerazione della fonte di Girolamo o di qualche altro avversario di Lucrezio, e sarebbe stato forse volutamente confuso dallo stesso Girolamo con Lucullo, onde screditare l'epicureismo.  Il destinatario dell'opera, Gaio Memmio, caduto in disgrazia ed espulso dal Senato per condotta immorale, andò ad Atene, causando una nuova delusione a Lucrezio, che, tornato a Roma, sarebbe morto.  La notizia di un "filtro d'amore" velenoso somministratogli da una donna di facili costumi, amante gelosa di Lucrezio, viene riportata anche da Svetonio nei confronti di Caligola e della moglie Milonia Cesonia; in questo caso è apparsa una semplice diceria, e, data l'ispirazione svetoniana (dal perduto De poetis) del passo di Girolamo su Lucrezio, anche lì sembra essere una spiegazione semplicistica, dovuta alla poca conoscenza dei disturbi psichici che si aveva all'epoca (anche per Caligola si parlò, difatti, come per Lucrezio, di epilessia e malattie fisiche misteriose che l'avrebbero fatto impazzire improvvisamente, come, nel caso di studiosi moderni, l'avvelenamento da piombo, oltre che dei detti "filtri").  Se Lucrezio soffrì di un disagio psichico, che lo avrebbe spinto a cercare sollievo nella filosofia, non fu a causa di un veleno, e se il suicidio ci fu (il che potrebbe spiegare l'abbandono improvviso del poema), la causa potrebbe essere stata di natura politica — come sarà più tardi il caso di Catone Uticense —, ovverosia la rovina del suo protettore Memmio e della sua cerchia culturale. Virgilio, che lo rispettava anche se era passato dall'epicureismo, abbracciato in gioventù, alle teorie pitagoriche, parla di lui nelle Georgiche e nelle Bucoliche, definendolo "felix" (ossia "prediletto dalla dea Fortuna") e non "folle". Secondo Guido Della Valle, la V ecloga, che parla della morte di un personaggio chiamato Dafni (a volte identificato con Cesare, a volte con Flacco, il fratello di Virgilio), potrebbe riferirsi invece alla morte dello stesso Lucrezio, definita "immatura e innaturale", cioè avvenuta per cause traumatiche. Il movente politico e morale del gesto potrebbe essere la causa del silenzio attorno ad esso e del fiorire di aneddoti per giustificarlo, dato che non si poteva cancellare la grandezza filosofica di Lucrezio, con una sorta di damnatio memoriae di solito riservata ai nemici politici.  Essi erano spesso vittime delle liste di proscrizione dei vincitori, come quella di Marco Antonio che colpirà Cicerone, e molti si toglievano la vita, in quanto morte onorevole per i costumi romani; Virgilio e Orazio, estimatori di Lucrezio, facevano parte della corte di Augusto, e dovevano quindi allinearsi alla linea culturale dettata dall'imperatore, assertore dell'antica moralità e diffusore della leggenda di Cesare (per cui venivano cancellate le espressioni scomode di dissenso), e dal suo amico Mecenate, in cui l'epicureismo, se non sfumato come in Orazio appuntocosì come ogni opera che non fosse celebrativa del princeps e della grandezza di Roma non trovava spazio, per cui Lucrezio verrà ricordato solo come grande poeta, tralasciandone l'aspetto filosofico.  Secondo Della Valle, quindi, Lucrezio si sarebbe tolto la vita come gesto di protesta contro la classe politica in ascesa, o perché condannato a morte da essa. Lucrezio, per il periodo in cui è vissuto, personaggio scomodo: gli ideali epicurei di cui era profondamente intriso corrodevano le basi del potere di una Roma alla vigilia della congiura di Catilina. In un'epoca di tensioni repubblicane, infatti, isolarsi dalla realtà politica nell'hortus epicureo significa sottrarsi ai negotia politici e uscire di conseguenza anche dalla sfera d'influenza del potere. Le più forti correnti stoiche, ostili all'epicureismo, avevano permeato la classe dirigente romana in quanto più conformi alla tradizione guerriera dell'Urbe. L'epicureismo era invece presente anche attraverso il citato Filodemo e altri in Campania, dove Virgilio avrebbe approfondito la sua conoscenza dell'epicureismo. Orazio non lo nomina, ma è evidente che lo conosce, e ideologicamente gli è più vicino di altri. La natura poetica del De rerum natura fa sì che Lucrezio col suo pessimismo esistenziale avanzi profezie apocalittiche, visioni quasi allucinate, critiche e ambigue espressioni (Grice), che accompagnano il poema. Alcuni teologi come San Girolamo ed altri, hanno dato di lui l'immagine di un ateo psicotico in preda alle forze del male. Appoggiandosi alla psicoanalisi qualcuno ha sostenuto che in certi bruschi cambiamenti di immagine e di pensiero ci fossero i sintomi di una pazzia delirante o di problemi di ordine psichico. In realtà l'ipotizzata pazzia di Lucrezio appare oggi più plausibilmente un tentativo di mistificazione per screditare il poeta, così come la presunta morte per suicidio sarebbe stato l'esito di un modo di pensare perverso, che travia chi lo segue. L'ipotesi dell'epilessia poi, viene avanzata sulla base dell'arcaica credenza che il poeta fosse sempre un invasato; elemento quest'ultimo da collegare alla credenza che gli epilettici fossero sacri ad Apollo e da lui ispirati nelle loro creazioni. Comunque altri scrittori cristiani come Arnobio e Lattanzio affermarono che egli non fosse pazzo e che non si fosse ucciso. L'ipotesi della follia e del suicidio attestata dal Chronicon di Girolamo si fondava su illazioni di Svetonio, peraltro di difficile verifica. Potrebbe anche esserci stata una confusione dovuta all'abbreviazione “Luc.,” impiegata indifferentemente nei codici latini per indicare i nomi di Lucillius, Lucullus e Lucretius. Plutarco scrisse infatti di un certo Licinio Lucullo, politico, generale e cultore dei piaceri, che morì dopo essere impazzito a causa di un filtro d'amore. L'errore di interpretazione dell'abbreviazione “Luc.” potrebbe così aver permesso lo scambio dei due personaggi. A causa dell'impossibilità di ricostruire i momenti salienti della sua vita, dunque, il progetto filosofico che egli volle esprimere è ricostruibile interamente solo dalla sua opera, considerata tra le più vigorose d'ogni età. Bisogna ora individuare le motivazioni che spinsero Lucrezio a scrivere il De rerum natura, che fondamentalmente sono due. La prima è una ragione etico-filosofica, in quanto Lucrezio, affascinato dalla filosofia epicurea, desiderava invitare il lettore alla pratica di tale filosofia, incitandolo a liberarsi dall'angoscia della morte e degli dèi. La seconda motivazione invece è di carattere storico. Lucrezio era conscio che la situazione politica a Roma peggiorasse di giorno in giorno: Roma era quadro ormai di continui scontri bellici e conseguenti dissidi; giustappunto egli, con un evidente positivismo, voleva incoraggiare il cittadino-lettore romano a non perdere la fiducia verso un successivo miglioramento della situazione. Lucrezio si proponeva di rivoluzionare il cammino di Roma, riportandolo all'epicureismo che era stato declinato in favore dello stoicismo. La prima cosa da distruggere era la convinzione provvidenzialistica stoica e più propriamente romana[31]: non c'era un dovere romano di civilizzare "l'orbe terrifero e de le acque", come farà dire Virgilio alla Sibilla Cumana in un colloquio con Enea[32]; non c'è una ragione seminale universale responsabile della vita nel cosmo, destinata a deflagrare per poi ricominciare un nuovo, identico, ciclo esistenziale, come voleva la fisica stoica, ma un mondo che non è unico nell'universo, peraltro infinito, essendo uno dei tanti possibili. Non c'è quindi nessun fine provvidenziale di Roma, essa è una Grande fra le Grandi, ed un giorno perirà nel suo tempo.[31] La religione, considerata come Instrumentum regni, deve essere non distrutta, ma integrata nel contesto del viver civile come utile ma falsa. Egli afferma fin dal libro I del De rerum natura[33]:  «Tanto male poté suggerire la religione. Ma anche tu forse un giorno, vinto dai terribili detti dei vati, forse cercherai di staccarti da noi. Davvero, infatti, quante favole sanno inventare, tali da poter sconvolgere le norme della vita e turbare ogni tuo benessere con vani timori! Giustamente, poiché se gli uomini vedessero la sicura fine dei loro travagli, in qualche modo potrebbero contrastare le superstizioni e insieme le minacce dei vati... Queste tenebre, dunque, e questo terrore dell'animo occorre che non i raggi del sole né i dardi lucenti del giorno disperdano, bensì la realtà naturale e la scienza... E perciò, quando avremo veduto che nulla può nascere dal nulla, allora già più agevolmente di qui potremo scoprire l'oggetto delle nostre ricerche, da cosa abbia vita ogni essenza, e in qual modo ciascuna si compia senza opera alcuna di dèi.[34]»   Epicuro Lucrezio colpiva direttamente la credenza negli dèi latini sostenendo che non c'è preghiera che schiuda le fauci di una tempesta, giacché essa è regolata da leggi fisiche e gli dèi, seppur esistenti e anche loro composti da atomi così sottili che ne assicurano l'immortalità, non si curano del mondo né lo reggono; ma la religione deve essere inglobata nella scoperta e nello studio della natura, che rasserena l'animo e fa comprendere la vera natura delle cose: infatti l'unico principio divino che regge il mondo è la Divina Voluptas, Venere: il piacere, la vita stessa intesa come animazione regge l'universo, ed è l'unica cosa in grado di fermare lo sfacelo che sta portando Roma alla fine: Marte, ovvero la Guerra.[31] Proprio per questo, egli elogia Atene, creatrice di quegli intelletti più grandi che hanno illuminato la natura e quindi l'uomo stesso, ed in ultima istanza Epicuro, sole invitto della conoscenza rasserenatrice. Non solo, egli stesso si sente quasi un poeta rasserenatore delle tempeste umane e proprio per questo si sente profondamente affine ai poeti delle origini, il cui luogo principe è in Empedocle (secondo infatti per elogi solo a Epicuro) ma con una sola grande differenza: egli non è portatore di una verità divina fra le umane genti, ma di una verità affatto umana, universale e per tutti, che attecchirà ben presto per la salvezza di Roma.[31] Epicuro è comunque, per Lucrezio, il più grande uomo mai esistito, come risulta dai tre inni a lui dedicati (chiamati anche "trionfi" o "elogi"):  «E dunque trionfò la vivida forza del suo animo. E si spinse lontano, oltre le mura fiammeggianti del mondo. E percorse con il cuore e la mente l'immenso universo, da cui riporta a noi vittorioso quel che può nascere, quel che non può, e infine per quale ragione ogni cosa ha un potere definito e un termine profondamente connaturato. Perciò a sua volta abbattuta sotto i piedi la religione è calpestata, mentre la vittoria ci eguaglia al cielo.[35]»  Il De rerum natura Magnifying glass icon mgx2.svg De rerum natura.  De rerum natura, 1570 È un poema didascalico in esametri, di genere scientifico-filosofico, suddiviso in sei libri (raccolti in diadi), comprendente un totale di 7415 versi, che illustrano fenomeni di dimensioni progressivamente più ampie: dagli atomi (I-II) si passa al mondo umano (III-IV) per arrivare ai fenomeni cosmici (V-VI).[36] Riproduce il modello prosastico e filosofico epicureo e la struttura del poema Περὶ φύσεως di Empedocle (anche un'opera di Epicuro aveva il medesimo titolo). Secondo i filologi vi sono corrispondenze e simmetrie interne che corrisponderebbero ad un gusto alessandrino. L'opera infatti è suddivisa in tre diadi, che hanno tutte un inizio solare ed una fine tragica. Ogni diade contiene un inno ad Epicuro, mentre il secondo e il terzo libro (in quest'ultimo è presente anche un'esposizione della sua estetica) si aprono entrambi con un inno alla scienza.[36]  Essendo un poema didascalico, ha come modello Esiodo e quindi anche Empedocle, che aveva preso il modello esiodeo come massimo strumento per l'insegnamento della filosofia. Altri modelli potrebbero essere i poeti ellenistici Arato e Nicandro di Colofone, che usavano il poema didascalico come sfoggio di erudizione letteraria.[37]  Il destinatario e i destinatari Il dedicatario dell'opera è la Memmi clara propago (I 42), ovvero il rampollo della famiglia dei Memmi, che solitamente si identifica con Gaio Memmio.[38] Più in generale, si può dire che il destinatario che l'autore si prefigge di conquistare è il giovane aperto ad ogni esperienza, che un giorno prenderà il posto dei politici e attuerà quella rivoluzione propugnata con tanto fervore da Lucrezio.[38] Ma, almeno con Memmio, egli fallì: da adulto divenne un dissoluto, fraintendendo il significato di piacere catastematico epicureo, e fu allontanato dal Senato probri causa, cioè per immoralità. Riparò quindi in Grecia, dove scrisse poesie licenziose e dove ce lo menziona anche Cicerone (nelle Ad Familiares), intenzionato a distruggere la casa e il giardino in cui proprio Epicuro risiedette, per costruirsi un palazzo, suscitando lo sdegno degli epicurei che fecero istanza a Cicerone stesso di intervenire per impedirglielo, senza che però Cicerone ci riuscisse.[38]  Lo stile In un simile progetto Lucrezio scelse di doversi rifare ad un modello di stile arcaico, che vedeva in Livio Andronico, ma soprattutto in Ennio e in Pacuvio i modelli emuli, per motivi fra loro quanto meno vari: l'egestas linguae (povertà della lingua)[39], lo vede costretto a dover arrangiare le lacune terminologiche e tecnicistiche con l'arcaismo, ancora che proprio Lucrezio, insieme a Cicerone, sia uno dei fondatori del lessico astratto e filosofico latino, e a colmare e ancor meglio comprendere l'oscurità del filosofo con la mielosa luce della poesia.[39] Discendendo più in profondità nelle anguste gole del poema, si notano anche altri problemi cui dovette far fronte: primo fra tutti, come tradurre parole di pregnanza filosofica in latino, che ancora non aveva termini confacenti. Finché poté, egli evitò la semplice translitterazione (ad es. "Atomus" per Ατομος) e preferì invece usare altri termini presenti già nella sua lingua magari dandogli altra accezione oppure (come mostrato anche sopra) creando neologismi. Ed è proprio grazie all'arcaismo che Lucrezio riesce a rendere possibile tutto questo: infatti era proprio dello stile arcaico il neologismo "munificenza" ed anche un certo uso (convulso a detta di antichi e moderni) delle figure di suono quali allitterazioni, consonanze, assonanze e omoteleuti.[39] Molto importante è anche il fatto che Lucrezio non si limitò a trasmettere il messaggio di Epicuro con un arido scritto filosofico, ma lo fece attraverso un poema che, a differenza del rigoroso linguaggio razionale della filosofia, parla per squarci imaginifici.[39][40]  Filosofia di Lucrezio Magnifying glass icon mgx2.svg  Epicuro ed Epicureismo. Ontologia Sul piano teorico l'opera di Lucrezio si caratterizza come una puntualizzazione di quella epicurea con alcune esplicazioni che nel suo referente greco non erano abbastanza chiare. Il concetto di parenklisis che Lucrezio tradurrà con clinamen mancava di definizione chiara. Nella Lettera ad Erodoto Epicuro poneva infatti la parenklisis al § 43[41], ma poi al § 61 parlava piuttosto di una deviazione per urto[42].  Il celebre passaggio del libro II del De rerum natura dice:  «Perciò è sempre più necessario che i corpi deviino un poco; ma non più del minimo, affinché non ci sembri di poter immaginare movimenti obliqui che la manifesta realtà smentisce. Infatti è evidente, a portata della nostra vista, che i corpi gravi in se stessi non possono spostarsi di sghembo quando precipitano dall’alto, come è facile constatare. Ma chi può scorgere che essi non compiono affatto alcuna deviazione dalla linea retta del loro percorso?[43]»  Lucrezio precisa poi ulteriormente le modalità del clinamen aggiungendo:  «Infine, se ogni moto è legato sempre ad altri e quello nuovo sorge dal moto precedente in ordine certo, se i germi primordiali con l’inclinarsi non determinano un qualche inizio di movimento che infranga le leggi del fato così che da tempo infinito causa non sussegua a causa, donde ha origine sulla terra per i viventi questo libero arbitrio, donde proviene, io dico, codesta volontà indipendente dai fati, in virtù della quale procediamo dove il piacere ci guida, e deviamo il nostro percorso non in un momento esatto, né in un punto preciso dello spazio, ma quando lo decide la mente? Infatti senza alcun dubbio a ciascuno un proprio volere suggerisce l’inizio di questi moti che da esso si irradiano nelle membra]»  Per quanto riguarda la sfera del vivente Lucrezio la collega direttamente agli atomi nel loro processo creativo[45], scrivendo:  «Così è difficile rescindere da tutto il corpo le nature dell'animo e dell'anima, senza che tutto si dissolva. Con particelle elementari così intrecciate tra loro fin dall’origine, si producono insieme fornite d’una vita di eguale destino: ed è chiaro che ognuna di per sé, senza l’energia dell’altra, le facoltà del corpo e dell’anima separate, non potrebbero aver senso: ma con moti reciprocamente comuni spira dall’una e dall’altra quel senso acceso in noi attraverso gli organi.[46]»  Gnoseologia Magnifying glass icon mgx2.svg  Critiche alla religione.  Lucrezio, incisione di Michael Burghers, 1682 Secondo Lucrezio, che riprende in maniera radicale la tesi già di Epicuro, la religione è la causa dei mali dell'uomo e della sua ignoranza. Egli ritiene che la religione offuschi la ragione impedendo all'uomo di realizzarsi degnamente e, soprattutto, di poter accedere alla felicità, da raggiungere attraverso la liberazione dalla paura della morte.[47] Il poema ha come argomenti principali la lacerante antinomia fra ratio e religio, l'epicureismo e il progresso. La ratio è vista da Lucrezio come quella chiarità folgorante della verità «che squarcia le tenebre dell'oscurità», è il discorso razionale sulla natura del mondo e dell'uomo, quindi la dottrina epicurea, mentre la religio è ottundimento gnoseologico e cieca ignoranza, che lo stesso Lucrezio denomina spesso con il termine "superstitio". Indica l'insieme di credenze e dunque di comportamenti umani "superstiziosi" nei confronti degli dèi e della loro potenza. Poiché la religio non si basa sulla ratio essa è falsa e pericolosa.[37][47]  Lucrezio afferma che sono evidenti le nefaste conseguenze della religione e adduce come esempio il caso di Ifigenia, dicendo poi che il mito è una rappresentazione falsata della realtà, come nell'Evemerismo. La religione è perciò la causa principale dell'ignoranza e dell'infelicità degli uomini. Lucrezio riprende i temi principali della dottrina epicurea, che sono: l'aggregazione atomistica e la "parenklisis" (che egli ribattezza clinamen), la liberazione dalla paura della morte, la spiegazione dei fenomeni naturali in termini meramente fisici e biologici. Egli opera un completamento di essa in senso naturalistico ed esistenzialistico, introducendo un elemento di pessimismo, assente in Epicuro, probabilmente da attribuirsi a una personalità malinconica. Da un punto di vista ontologico, secondo Lucrezio, tutte le specie viventi (animali e vegetali) sono state "partorite" dalla Terra grazie al calore e all'umidità originari. Ma egli avanza anche un nuovo criterio evoluzionistico: le specie così prodotte sono infatti mutate nel corso del tempo, perché quelle malformate si sono estinte, mentre quelle dotate degli organi necessari alla conservazione della vita sono riuscite a riprodursi. Tale concezione atea, materialista, antiprovvidenzialista e storica della natura sarà ereditata e rielaborata da molti pensatori materialisti dell'età moderna, in particolare gli illuministi Diderot, d'Holbach e La Mettrie, anch'essi atei dichiarati e a loro volta divulgatori dell'ateismo; Lucrezio sarà inoltre seguito da Ugo Foscolo e Giacomo Leopardi. Lucrezio nega ogni sorta di creazione, di provvidenza e di beatitudine originaria e afferma che l'uomo si è affrancato dalla condizione di bisogno tramite la produzione di tecniche, che sono trasposizioni della natura.[47]  Per Lucrezio, però, il progresso non è positivo a priori, ma solo finché libera l'uomo dall'oppressione. Se è invece fonte di degradazione morale, lo condanna duramente. Lucrezio introduce nel III libro del De rerum natura una chiarificazione che nel mondo latino era stata trascurata generando non poche confusioni, circa il concetto di “animus” in rapporto a quello di “anima” «Vi sono dunque calore e aria vitale nella sostanza stessa del corpo, che abbandona i nostri arti morenti. Perciò, trovata quale sia la natura dell'animo e dell'anima quasi una parte dell'uomo -, rigetta il nome di armonia, recato ai musicisti già dall'alto Elicona, o che essi hanno forse tratto d'altrove e trasferito a una cosa che prima non aveva un suo nome. Tu ascolta le mie parole. Ora affermo che l'anima e l'animo sono tenuti Avvinti tra loro, e formano tra sé una stessa natura. Ma è il capo, per così dire, è il pensiero a dominare tutto il corpo: quello che noi denominiamo animo e mente e che ha stabile sede nella zona centrale del petto. Qui palpitano infatti l'angoscia e il timore, qui intorno le gioie provocano dolcezza; qui è dunque la mente, l’animo. La restante parte dell’anima, diffusa per tutto il corpo, obbedisce e si muove al volere e all’impulso della mente. Questa da sé sola prende conoscenza, e da sé gioisce, quando nessuna cosa stimola l’anima e il corpo.»  ([51]) Lucrezio riprende il concetto ellenico di anima come "soffio vitale che vivifica ed anima il corpo, ciò che i greci chiamavano psyché. Questo soffio pervade tutto il corpo in ogni sua parte e lo abbandona solo “con l'ultimo respiro". L'"animus" invece è identificabile col "noùs" ellenico, traducibile in latino con mens. Dunque animus e mens paiono essere o la stessa cosa o due elementi coniugati dell'unità mentale. L'indicazione della “zona centrale del petto” come sede fa pensare al concetto di “cuore”, ricorrente ancora oggi nel linguaggio comune per indicare la sensibilità umana, centro dell'emozione e del sentimento. Parrebbe allora che l'animus sia insieme e conoscenza e emozione, mentre l'anima è soffio vitale. L'angoscia esistenziale Il De rerum natura è ricchissimo di elementi tipici dell'esistenzialismo moderno, riscontrabile specialmente in Giacomo Leopardi, che dell'opera di Lucrezio era un profondo conoscitore, anche se in realtà non è noto il lasso di tempo in cui Leopardi lesse Lucrezio.[52] Questi elementi di angoscia hanno indotto alcuni studiosi a sottolineare il pessimismo di fondo che si opporrebbe alla volontà di rinnovare il mondo a partire dalla filosofia epicurea; in altre parole, in Lucrezio ci sarebbero due spinte contrapposte; l'una dominata dalla razionalità e fiduciosa nel riscatto dell'uomo, l'altra ossessionata dalla fragilità intrinseca degli esseri viventi e dal loro destino di dolore e morte. Altri studiosi, però ritengono che l'insistenza di Lucrezio sugli aspetti dolorosi della condizione umana non sia altro che una strategia di propaganda, per fare emergere più fortemente la funzione salvifica della ratio epicurea.[53] Note  S'intende, ciechi alla dottrina di Epicuro.  Sul luogo di nascita: anche se c'è chi afferma fosse nato a Roma, si ritiene quasi all'unanimità che fosse originario della Campania: di Napoli, di Ercolano, o, secondo recenti studi epigrafici, di Pompei, dove il nomen e il cognomen Tito e Lucrezio sono attestati, e la gens Lucretia aveva delle ville cfr: Biografia di Lucrezio; o perlomeno vi avesse abitato a lungo cfr. Enrico Borla, Ennio Foppiani, Bricolage per un naufragio. Alla deriva nella notte del mondo, cfr. anche la Lucrezio Caro, Tito su Enciclopedia Treccani  Sulla data di nascita: molti optano per il 98 a.C. o secondo altri 96 a.C.  Secondo alcune fonti: Lucretius testimonia vitae  Luciano Canfora, Vita di Lucrezio, Sellerio,  o secondo altri 53 a.C., cfr. Paolo Di Sacco, M. Serio, "Odi et amoStoria e testi della letteratura latina"  1 "L'età arcaica e la repubblica", Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, Sezione 2, Modulo. Testimonianze su Lucrezio  Canfora. Lucrezio, De rerum natura, Lucrezio, De rerum natura, Enrico Fichera, I "templa serena" e il pessimismo di Lucrezio: echi lucreziani nella letteratura, Roma, Bonanno edizioni, G. Lippold, Testo per Arndt-Bruckmann, Griech. u. röm. Porträts, Monaco. Enciclopedia dell'arte antica  Cfr. Gerlo, Benedetto Coccia, Il mondo classico nell'immaginario contemporaneo  Nel romanzo epistolare di Tiziano Colombi, Il segreto di Cicerone, Palermo, Sellerio, Nomi romani: glossario  Canfora, Cicerone, Ep. ad Quintum fratrem, II 9.  SLucrezio  Canfora, Classici: Lucrezio e il De rerum natura  Aldo Oliviero, Il suicidio di Lucrezio, su lafrontieraalta.com. 29Ettore Stampini, Il suicidio di Lucrezio, Messina, Tipografia D'Amico, La risposta di Virgilio a Lucrezio  Guido Della Valle (Napoli), pedagogista e docente universitario, autore di Tito Lucrezio Caro e l'epicureismo campano, Napoli, Accademia Pontaniana, Lucrezio in Enciclopedia Italiana  Lucrezio: informazioni biografiche  ibidem  La natura delle cose, Milano, Rizzoli, Eneide, libro VI.  La natura delle cose, cit. supra81.  Lucrezio, La natura delle cose,  La natura delle cose. Il De rerum natura di Lucrezio  Introduzione a Lucrezio accesso= Memmio su Enciclopedia Italiana  Lo stile di Lucrezio  C. Craca, Le possibilità della poesia. Lucrezio e la madre frigia in «De rerum natura» IBari, Edipuglia, Epicuro, Opere, E. Bignone, Laterza Lucrezio, La natura delle cose, Biagio Conte, Milano, Rizzoli,  La natura delle cose, cit. supra271.  De rerum natura, Diego Fusaro , Tito Lucrezio Caro, su filosofico.net. e rerum natura, VTasso segue Lucrezio stilisticamente, non ideologicamente: vedasi la famosa similitudine del proemio del libro IV, ripresa nel proemio della Gerusalemme liberate, La natura delle cose, cit. supra,  De rerum natura, Mario Pazzaglia, Antologia della letteratura italiana.  Lucrezio, introduzione Edizioni De rerum natura, (Brixiae), Thoma Fer(r)ando auctore, De rerum natura libri sex nuper emendati, Venetiis, apud Aldum, In Carum Lucretium poetam commentarij a Joanne Baptista Pio editi, Bononiae, in ergasterio Hieronymi Baptistae de Benedictis, De rerum natura libri sex a Dionysio Lambino emendati atque restituti & commentariis illustrati, Parisiis, in Gulielmi Rovillij aedibus, De rerum natura libri VI, Patavii, excudebat Josephus Cominus, De rerum natura libri sex, Revisione del testo, commento e studi introduttivi di Carlo Giussani, Torino, E. Loescher  (importante edizione critica, tuttora fondamentale). De rerum natura, Edizione critica con introduzione e versione Enrico Flores, 3 Napoli, Bibliopolis, Traduzioni italiane Della natura delle cose libri sei tradotti da Alessandro Marchetti, Londra, per G. Pickard. La natura, libri VI tradotti da Mario Rapisardi, Milano, G. Brigola, 1880. Della natura, Armando Fellin, Torino, UTET. Della natura, Versione, introduzione e note di Enzio Cetrangolo, Firenze, Sansoni, La natura delle cose, Introduzione di Gian Biagio Conte, Traduzione di Luca Canali, Testo latino e commento Ivano Dionigi, Milano, Rizzoli, 1990. La natura, Introduzione, testo criticamente riveduto, traduzione e commento di Francesco Giancotti, Milano, Garzanti (Per la  specifica sul De rerum natura si rimanda a tale voce)  V.E. Alfieri, Lucrezio, Firenze, Le Monnier, A. Bartalucci, Lucrezio e la retorica, in: Studi classici in onore di Quintino Cataudella, Catania, Edigraf, M. Bollack, La raison de Lucrece. Constitution d'une poetique philosophique avec un essai d'interpretation de la critique lucretienne, Parigi, Les editions de Minuit, 1978. G. Bonelli, I motivi profondi della poesia lucreziana, Bruxelles, Latomus, Boyancé, Lucrezio e l'epicureismo, Edizione italiana Alberto Grilli, Brescia, Paideia, D. Camardese, Il mondo animale nella poesia lucreziana tra topos e osservazione realistica, Bologna, Patron, . Luca Canali, Lucrezio poeta della ragione, Roma, Editori Riuniti, Luciano Canfora, Vita di Lucrezio, Palermo, Sellerio, G. Della Valle, Tito Lucrezio Caro e l'epicureismo campano, Seconda edizione con due nuovi capitoli, Napoli, Accademia Pontaniana, 1935. A. Gerlo, Pseudo-Lucretius?, in: «L'Antiquité Classique»,F. Giancotti, Lucrezio poeta epicureo. Rettificazioni, Roma, G. Bardi, 1961. F. Giancotti, Religio, natura, voluptas. Studi su Lucrezio con un'antologia di testi annotati e tradotti, Bologna, Patron, 1989. G. Giardini, Lucrezio. La vita, il poema, i testi esemplari, Milano, Accademia, 1974. S. Greenblatt, Il manoscritto. Come la riscoperta di un libro perduto cambiò la storia della cultura europea, traduzione di Roberta Zuppet, Milano, Rizzoli,  H. Jones, La tradizione epicurea, Genova, ECIG, R. Papa, Veterum poetarum sermo et reliquiae quatenus Lucretiano carmine contineantur, Neapoli, A. Loffredo, [1963]. L. Perelli, Lucrezio poeta dell'angoscia, Firenze, La Nuova Italia, L. Perelli , Lucrezio. Letture critiche, Milano, Mursia, A. Pieri, Lucrezio in Macrobio. Adattamenti al testo virgiliano, Messina, Casa Editrice D'Anna, V. Prosperi, Di soavi licor gli orli del vaso. La fortuna di Lucrezio dall'Umanesimo alla Controriforma, Torino, N. Aragno, G. Sasso, Il progresso e la morte. Saggi su Lucrezio, Bologna, Il Mulino, R. ScarciaE. ParatoreG. D'Anna, Ricerche di biografia lucreziana, Roma, Edizioni dell'Ateneo, O. Tescari, Lucretiana, Torino, SEI,O. Tescari, Lucrezio, Roma, Edizioni Roma, A. Traglia, De Lucretiano sermone ad philosophiam pertinente, Roma, Gismondi, 1947. Scritti letterari Luca Canali, Nei pleniluni sereni. Autobiografia immaginaria di Tito Lucrezio Caro, Milano, Longanesi, E. Cetrangolo, Lucrezio. Tragedia, Roma, Edizioni della Cometa, Tiziano Colombi, Il segreto di Cicerone, Palermo, Sellerio, 1993. Piergiorgio Odifreddi, Come stanno le cose. Il mio Lucrezio, la mia Venere, Milano, Rizzoli, Alieto Pieri, Non parlerò degli dèi. Il romanzo di Lucrezio, Firenze, Le Lettere, Epicureismo Esistenzialismo ateo Storia dell'ateismo Tito Lucrezio Caro, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Tito Lucrezio Caro, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Tito Lucrezio Caro Opere di Tito Lucrezio Caro, su Liber Liber.  openMLOL, Horizons Audiolibri di Tito Lucrezio Caro, su LibriVox. Goodreads. De Rerum Natura: testo con concordanze e liste di frequenza, su intratext.com. Intervista a Luca Canali su passioni e razionalità in Lucrezio, dall'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche, su conoscenza.rai. Analisi critica del pensiero di Lucrezio, su lucrezio.exactpages.com. V D M EpicureismoFilosofia Letteratura  Letteratura Categorie: Poeti romaniFilosofi romani 15 ottobre RomaTito Lucrezio CaroAtomistiEpicureiFilosofi ateiLucretiiStoria dell'evoluzionismoPre-esistenzialistiPersonalità dell'ateismo. Refs.: Lucretius, in The Stanford Encyclopaedia. Tito Lucrezio Caro. Luigi Speranza, "Grice, Lucrezio, e la natura delle cose," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. Luigi Speranza, “Grice e Lucrezio: implicatura atomica” – “implicatura e composizionalita” – “implicatura elementare” – “implicatura simplex” “implicatura simplice” “implicatura complessa”.

 

 

 

 

LUPORINI. (Ferrara). Filosofo. Grice: “I like Luporini; I lerarned from him how silly Austin is when talking of ‘material object’ – a contradiction in terminis for Kant who uses ‘materie’ very strictly; Luporini’s study of Leopardi is brilliant – and he has explored the genius of Vinci, which is good!” Si recò a Friburgo, dove frequenta le lezioni di Heidegger, e poi a Berlino, dove poté seguire le lezioni di Hartmann. Si laurea a Firenze. Insegna a Cagliari, Pisa e Firenze. Dopo un in interesse per l'esistenzialismo, aderì al marxismo, iscrivendosi al Partito Comunista, per il quale fu eletto senatore nella terza legislature. Tra le altre iniziative parlamentari, fu firmatario di un progetto di legge, "Istituzione della scuola obbligatoria statale dai 6 ai 14 anni.” Fonda la rivista Società.  Collabora ai periodici politico-culturali del PCI, Il Contemporaneo, Rinascita, Critica marxista. Durante il dibattito che, a seguito degli eventi, porta alla trasformazione del PCI in PDS, si schierò decisamente contro la "svolta" di Occhetto, aderendo alla mozione "due" di opposizione interna, in un'orgogliosa difesa e per un rilancio della prospettiva e degli ideali comunisti. Il marxismo di Luporini si fonda su una critica radicale allo storicismo, sul rifiuto di ogni concezione finalistica dello sviluppo storico: il comunismo, quello marxista in particolare, non è assimilabile con la tematica tipicamente storicista del progresso come traccia dell'evoluzione umana. Egli rifiuta letture dogmatiche del marxismo e le sue deteriori forme di economicismo e meccanicismo, ma, pur apprezzando lo strutturalismo di Althusser con cui cercò di far dialogare tutto il marxismo italiano, non ne condivideva l'anti-umanismo, in quanto il pensiero di Marx conserva per lui un profondo umanesimo, anche negli scritti successivi alla "rottura epistemologica" in cui le strutture, cioè i modelli interpretativi della società, non sono astratti ma in funzione degli individui concreti, umani.  Nello stesso ambito marxista, tra i suoi obiettivi polemici vi furono quelle posizioni che proponevano una interpretazione di radicale discontinuità tra Marx e Hegel, cioè quelle di Volpe e della sua scuola. Centrale è infatti per Luporini la nozione di “contra-dizione,” la marxiana "oggettività reale", che lo pone comunque in relazione con Hegel. Marx deve essere considerato una concezione aperta e complessa, dove materialismo e dialettica compongono una sintesi mai totalizzante (da qui il suo interesse per l'elaborazione di Gramsci) e parte fondamentale di una più generale teoria dei condizionamenti umani.  Fondamentale è il concetto di formazione economico-sociale, espressione già utilizzata da Sereni, ma in senso storicistico e cioè la possibilità per il marxismo di costituire un modello per l'analisi degli specifici modi di produzione della società capitalista, nonché per la previsione scientifica delle sue varie forme. La legge generale delle formazioni economico-sociali è tratta dall’Introduzione ai Lineamenti fondamentali di critica dell'economia politica di Marx. La struttura economica va indagata secondo logica scientifica e bisogna stabilire un "criterio oggettivo", il momento dominante che condiziona tutti gli altri assetti produttivi.  L'approccio storico-genetico non è un continuum evoluzionistico come nella tradizione storicistica, è la fase dell'osservazione e descrizione empirica del fenomeno dalla sua origine ed è secondario rispetto all'approccio genetico-formale, cioè all'indagine che permette di stabilire la categoria dominante di una determinata fase storica della produzione. Il modello de Il Capitale può dunque aspirare all'universalità, ma anche alla flessibilità di applicazione. La formalizzazione di un “modello” attraverso il metodo genetico, individua anche il processo per cui i rapporti di produzione si riflettono in qualcos’altro, la coscienza dei singoli, le relazioni inters-oggettive (l’inter-azione’) e le radici stesse della vita morale. È palese così il contrasto di Luporini ad ogni disegno provvidenzialista e di filosofia della storia e anche in questo si rende chiaro il rapporto dialettico-oppositivo tra Hegel e Marx. Per quanto riguarda Leopardi, secondo Luporini, la sua poesia non è permeata solo di pessimismo, ma ci invita anch'essa alla resistenza attiva. La formazione filosofica di Leopardi, infatti, illuminista e materialista, permette di leggere ad esempio, nelle "magnifiche sorti e progressive" de "La Ginestra", una possibilità di rinnovamento politico-sociale non in antitesi con la concezione della 'natura matrigna', un compito storico degli esseri umani altrimenti o comunque destill'infelicità esistenziale. “Filosofia e politica: scritti dedicati a Luporini, Firenze, La Nuova Italia, Una  completa e aggiornata, L. Fonnesu, è stata pubblicata nel numero speciale dedicato a Luporini di "Il Ponte" (Firenze). Oltre agli studi sulla storia della filosofia e a un'elaborazione teorica del marxismo incentrata sui temi etici, si ricordano, fra le sue opere principali:  “Situazione e libertà” (Firenze, Le Monnier); “Filosofi vecchi e nuovi, Firenze, Sansoni, Spazio e materia in Kant, Firenze, Sansoni, Introduzione a K. Marx-F. Engels, L'ideologia, Riuniti, Roma, Dialettica e materialismo, Roma, Editori Riuniti, Marxismo e soggettività, Il marxismo e la cultura italiana del Novecento, in Storia d'Italia, I documenti, Einaudi. Un'incidenza notevolissima ebbe sugli studi leopardiani il suo saggio Leopardi progressivo (1947).  Sulle lezioni di Heidegger e Hartmann vedi l'aneddoto in Intervista a Sergio Landucci, "Repubblica", E. Sereni, Da Marx a Lenin: la categoria di "formazione economico-sociale", Quaderni di Critica marxista, Realtà e storicità: economia e dialettica nel marxismo, in Critica marxista, Per l'interpretazione della categoria 'formazione economico-sociale', in Critica marxista, Luporini, Le “radici” della vita morale, in  Morale e società, Ed.Riuniti, Roma); S. Lanfranchi, Dal Leopardi ottimista della critica fascista al Leopardi progressivo della critica marxista, Laboratoire italien, Saggi critici in Garin, Esistenza e libertà, in Critica marxista, nGiorgio Mele, Esistenzialismo e significato della libertà, Critica Marxista, Aldo Zanardo, Un orizzonte filosofico materialistico, in Critica marxista, Claudio La Rocca, Esistenzialismo e nichilismo. Luporini e Michelstaedter, «Belfagor», R. Mapelli, Luporini, Milano, ed. Punto Rosso, Il Ponte Editore, Il Ponte,Convegni  Quarant'anni di filosofia in Italia. La ricerca di Luporini, "Critica marxista", Il fascicolo contiene gli atti delle due "giornate di studio" sull'opera di Luporini organizzate dalla Facoltà di Lettere e filosofia dell'Firenze e dalla fondazione Gramsci di Roma, Luporini, Feltrinelli,1Nella loro maggior parte i contributi riprendono gli interventi al Convegno promosso dall'Firenze e organizzato dal Dipartimento di Filosofia. TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Cesare Luporini, . senato, Senato della Repubblica.  Biblioteche dei Filosofi (SNS), su picus.unica. L'ultima lezione di Luporini (una grande avventura intellettuale attraverso il Novecento), su hyperpolis su Academia.edu. Cesare Luporini.

 

LUZZAGO. (Brescia). Filosofo. Nato da Girolamo e da Paola Peschiera, in una delle più importanti famiglie del patriziato cittadino, e educato alla pratica devota e all'apostolato.  Nel convento di S.Antonio dei gesuiti si impegnò in un corso di filosofia. Dibatte in pubblico 737 argomenti filosofici! Con l'aiuto di Borromeo partecipa a Milano ai corsi di teologia dei gesuiti di Brera. Si laurea a Padova. Desideroso di entrare a far parte della Compagnia di Gesù, le difficoltà economiche della famiglia, causate da alcune transazioni inopportune del padre, glielo impedirono. Conservatore dei Monti di Pietà, e  protettore della Compagnia delle Dimesse di S. Orsola e di altri due istituti caritativi bresciani: il Soccorso e le Zitelle. Ri-organizza e da nuovo impulse a un'altra istituzione sorta dopo il Concilio di Trento: la Scuola della dottrina cristiana. Fonda la Congregazione di S. Caterina da Siena. Per far sì che il suo operato continuasse, fonda la Congregazione dello Spirito Santo, che raccolse i membri della classe dirigente cittadina con l'obiettivo di co-operare più efficacemente e concordemente al sostegno di tutte le buone istituzioni e mantenere un clima di Concordia. Infatti, intercede per la conciliazione delle famiglie nobili bresciane spesso in conflitto.  La sua indole caritativa emerse soprattutto quando venne a far parte del Consiglio di Brescia, dove sa armonizzare le strutture governative ed organismi canonici. Nelle opere scritte vi sono indicazioni per i cavalieri di Malta, sulla carità, ispirati al modello della Compagnia di Gesù. Durante il suo viaggio a Roma esamina le strutture di beneficenza per poi proporle a Brescia. Ha la possibilità di conoscere Filippo Neri. In un'epistola a Morosini, e informato che Clemente VIII, ha preso in considerazione il suo nome per la carica di arcivescovo di Milano. Morì e fu sepolto nella chiesa di S. Barnaba a Brescia. Fu avviata presso la Congregazione dei riti la causa di beatificazione. Leone XIII, riconosciute le sue virtù eroiche, gli conferì il titolo di venerabile.  Dizionario Biografico degli Italiani, A.Cottinelli, Vita del venerabile Luzzago patrizio bresciano: dedicata ai comitati parrocchiali, Tipografia e libreria Salesiana, A. Cistellini, Luzzago. Il movimento cattolico a Brescia, Morcelliana. A. Fappani, Enciclopedia bresciana, Opera San Francesco di Sales, Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 66, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, S. Negruzzo, L'allievo santo: Roccio precettore di Luzzago, in «Annali di Storia dell'Educazione e delle Istituzioni Scolastiche», S. Negruzzo, Dalla scuola dell'ajo al collegio dei gesuiti: il caso di Luzzago, in Dalla virtù al precetto. L'educazione del gentiluomo tra '500 e '700, Brescia, Fondazione Civiltà Bresciana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Alessandro Luzzago.

 

 

MACHIAVELLI. (Firenze). Filosofo. Grice: “While Strawson prefers ‘The Prince,’ my favourite Machiavelli is the dialogo, discorso, ovvero dialogo intorno della lingua –“ Grice: “The full title makes it sound slightly analytic – ‘whether it should be called ‘florentine, Italian, or tooscana’ I mean, a stipulation!” -- Grice: “Like me, we can call Machiavelli a philosopher of language – the trend being very Florentine between Machiavelli and Varchi.” -- possibly Italy’s greateset philosopher – Noto come il fondatore della scienza politica moderna, i cui principi base emergono dalla sua opera più famosa, Il Principe, nella quale è esposto il concetto di ragion di stato e la concezione ciclica della storia. Questa definizione, secondo molti, descrive in maniera compiuta sia l'uomo sia il letterato più del termine machiavellico, entrato peraltro nel linguaggio corrente ad indicare un'intelligenza acuta e sottile, ma anche spregiudicata e, proprio per questa connotazione negativa del termine, negli ambiti letterari viene preferito il termine "machiavelliano".  L'ortografia del cognome è, purtroppo, ambigua: la versione "Macchiavelli", quella della statua a lui dedicata agli Uffizi, in attesa di chiarimenti dell'Ufficio Culturale del museo o dell'Accademia della Crusca, andrebbe considerata ugualmente corretta in lingua italiana. L'analisi della firma del filosofo, riportata qui accanto, farebbe propendere per la "c" singola[senza fonte]. «Nacqui povero, ed imparai prima a stentare che a godere.»  (N. Machiavelli, Lettera a Francesco Vettori.) Niccolò Machiavelli (scritto anche Macchiavelli sulla statua a lui dedicata all'ingresso degli Uffizi) nacque a Firenze, terzo figlio, dopo le sorelle Primavera e Margherita e prima del fratello Totto; figlio di Bernardo e di Bartolomea Nelli. Anticamente originari della Val di Pesa, i Machiavelli sono attestati popolani guelfi residenti almeno dal XIII secolo a Firenze, dove occuparono uffici pubblici ed esercitarono il commercio. Il padre Bernardo era tuttavia di così poca fortuna da esser considerato, non si sa quanto veritieramente, figlio illegittimo: dottore in legge, risparmiatore per carattere o per necessità, ebbe interesse agli studi di umanità, come risulta da un suo Libro di Ricordi che è anche la principale fonte di notizie sull'infanzia di Niccolò. La madre, secondo un suo lontano pronipote, avrebbe composto laude sacre, rimaste peraltro sconosciute, dedicate proprio al figlio Niccolò. Cominciò a studiare latino con un certo Matteo, l'anno dopo si dedicava allo studio della grammatica con Poppi, all'aritmetica  e l'anno seguente affrontava le prove scritte di componimento in latino. Opere in questa lingua esistevano nella biblioteca paterna: la I Deca di Tito Livio e quelle di Flavio Biondo, opere di Cicerone, Macrobio, Prisciano e Marco Giuniano Giustino. Adulto, maneggerà anche Lucrezio e la Historia persecutionis vandalicae di Vittore Uticense. Non conobbe invece il greco, ma poté leggere le traduzioni di alcuni degli storici più importanti, soprattutto Tucidide, Polibio e Plutarco, da cui trasse importantissimi spunti per la sua riflessione sulla Storia. S'interessò alla politica anche prima di avere degli incarichi istituzionali, come dimostra una sua lettera del 9 marzo 1498, la seconda che di lui ci è pervenutala prima è una richiesta al cardinale Giovanni Lopez, del 2 dicembre 1497, affinché si adoperi a riconoscere alla sua famiglia un terreno contestato dalla famiglia dei Pazziindirizzata probabilmente all'amico Ricciardo Becchi, ambasciatore fiorentino a Roma, nella quale egli si esprime in modo critico contro Girolamo Savonarola.  Due sono le fasi che scandiscono la vita di Niccolò Machiavelli: nella prima parte della sua esistenza egli è impegnato soprattutto negli affari pubblici; nella successiva nella scrittura di testi di portata teorica e speculativa. Si apre la seconda fase segnata dal forzato allontanamento dello storico e filosofo toscano dalla politica attiva. «Della persona fu ben proporzionato, di mezzana statura, di corporatura magro, eretto nel portamento con piglio ardito. I capelli ebbe neri, la carnagione bianca ma pendente all'ulivigno; piccolo il capo, il volto ossuto, la fronte alta. Gli occhi vividissimi e la bocca sottile, serrata, parevano sempre un poco ghignare. Di lui più ritratti ci rimangono, di buona fattura, ma soltanto Leonardo, col quale ebbe pur che fare ai suoi prosperi giorni, avrebbe potuto ritradurre in pensiero, col disegno e i colori, quel fine ambiguo sorriso»  (Roberto Ridolfi, Vita di Niccolò Machiavelli)  Caterina Sforza Riario, ritratta da Lorenzo di Credi. Niccolò aveva già presentato al Consiglio dei Richiesti, il 18 febbraio 1498, la propria candidatura a segretario della Seconda Cancelleria della Repubblica fiorentina, ma gli fu preferito un candidato savonaroliano. Pochi giorni però dopo la fine dell'avventura politica e religiosa del frate ferrarese, il 28 maggio Machiavelli fu nuovamente designato ed eletto il 15 giugno dal Consiglio degli Ottanta, elezione ratificata dal Consiglio maggiore il 19 giugno 1498, probabilmente grazie all'autorevole raccomandazione del Primo segretario della Repubblica, Marcello Virgilio Adriani, che il Giovio asserisce essere stato suo maestro.  Per quanto i compiti delle due Cancellerie siano stati spesso confusi, generalmente alla prima si attribuivano gli affari esterni, e alla seconda quelli interni e la guerra: ma i compiti della seconda Cancelleria, presto unificati con quelli della Cancelleria dei Dieci di libertà e pace, consistevano nel tenere i rapporti con gli ambasciatori della Repubblica, cosicché, essendogli stata affidata, ianche questa ulteriore responsabilità, Machiavelli finì per doversi occupare di una tale somma di compiti da essere storicamente considerato, senza ulteriori distinzioni, il «Segretario fiorentino».  Era il tempo nel quale, conclusa l'avventura italiana di Carlo VIII, la maggiore preoccupazione di Firenze era volta alla riconquista di Pisaresasi indipendente dopo che Piero de' Medici l'aveva data in pegno al re di Francia- e alleata di Venezia che, intendendo impedire l'espansione fiorentina, aveva invaso il Casentino, occupandolo a nome dei Medici. Il pericolo venne fronteggiato dal capitano di ventura Paolo Vitelli, e la mediazione del duca di Ferrara Ercole I, iriconsegnò il Casentino a Firenze, autorizzandola altresì a riprendersi Pisa. In marzo venne inviato a Pontedera, dove erano acquartierate le milizie del signore di Piombino, Jacopo d'Appiano, alleato di Firenze.  In maggio scrisse il Discorso della guerra di Pisa per il magistrato dei Dieci: poiché «Pisa bisogna averla o per assedio o per fame o per espugnazione, con andare con artiglieria alle mura», esaminate diverse soluzioni, si esprime favorevole a un assedio di «un quaranta o cinquanta dì ed in questo mezzo trarne tutti gli uomini da guerra potete, e non solamente cavarne chi vuole uscire, ma premiare chi non ne volesse uscire, perché se ne esca. Dipoi, passato detto tempo, fare in un subito quanti fanti si può; fare due batterie, e quanto altro è necessario per accostarsi alle mura; dare libera licenza che se ne esca chiunque vuole, donne, fanciulli, vecchi ed ognuno, perché ognuno a difenderla è buono; e così trovandosi i Pisani voti di difensori dentro, battuti dai tre lati, a tre o quattro assalti sarìa impossibile che reggessero».  Il 16 luglio 1499 si presentò a Forlì alla contessa Caterina Sforza Riario, nipote di Ludovico il Moro e madre di Ottaviano Riario, che era stato al soldo dei fiorentini, per rinnovare l'alleanza e ottenere uomini e munizioni per la guerra pisana. Ottenne solo vaghe promesse dalla contessa che era già impegnata a sostenere lo zio nella difficile difesa del Ducato milanese dalle mire di Luigi XII e dovette ripartire senza aver nulla ottenuto. Era nuovamente a Firenze in agosto, quando le artiglierie fiorentine, provocata una breccia nelle mura pisane, aprivano la via alla conquista della città, ma il Vitelli non seppe sfruttare l'occasione e temporeggiò finché la malaria non ebbe ragione delle sue truppe, costringendolo a togliere l'assedio il 14 settembre. Invano ritentò l'impresa: sospettato di tradimento, quello che «era il più reputato capitano d'Italia» fu decapitato.  Nessuna prova vi era che il Vitelli fosse stato corrotto dai Pisani ma la giustificazione di Machiavelli, a nome della Repubblica, in risposta alle critiche di un cancelliere di Lucca, fu che «o per non havere voluto, sendo corropto, o per non havere potuto, non avendo la compagnia, ne sono nati per sua colpa infiniti mali ad la nostra impresa, et merita l'uno o l'altro errore, o tuct'a due insieme che possono stare, infinito castigo». Conquistato il Ducato di Milano, in risposta alla richieste fiorentine Luigi XII mandò suoi soldati a risolvere l'impresa di Pisa le cui mura furono bensì abbattute nel luglio del 1500 ma né gli svizzeri né i francesi entrarono in città anzi, lamentando che Firenze non li pagasse, levarono l'assedio e sequestrarono il commissario fiorentino Luca degli Albizzi, che fu rilasciato solo dietro riscatto. A Machiavelli, presente ai fatti, non restava che informare la Repubblica, che decise di mandarlo in Francia, insieme con Francesco della Casa, per cercare nuovi accordi che risolvessero finalmente la guerra di Pisa. Il cardinale di Rouen Georges d'Amboise raggiunsero la corte francese a Nevers, presentando al re e al ministro, cardinale di Rouen, le rimostranze per il cattivo comportamento dei loro soldati; sapendo che Firenze non aveva al momento denari sufficienti a finanziare l'impresa, invitarono Luigi a intervenire direttamente nella guerra, al termine della quale la Repubblica avrebbe ripagato la Francia di tutte le spese. Il rifiuto dei francesiche richiedevano a Firenze il mantenimento degli svizzeri rimasti accampati in Lunigiana e minacciavano la rottura dell'alleanzamise i legati fiorentini, privi di istruzioni dalla Repubblica, in difficoltà, acuite dalla ribellione di Pistoia e dalle iniziative che frattanto aveva preso in Romagna Cesare Borgia, i cui ambiziosi e oscuri piani potevano anche indirizzarsi contro gli interessi fiorentini.  Occorreva, pagando, mantenere buoni rapporti con la Franciascriveva da Tours il 21 novembree guardarsi dalle macchinazioni del papa: così, ottenuto dalla Signoria il denaro richiesto dalla Francia, Machiavelli poteva finalmente ritornare a Firenze il 14 gennaio 1501. Quella lunga permanenza nella corte francese verrà dislocata negli opuscoli De natura Gallorum, dove i francesi verranno descritti come «humilissimi nella captiva fortuna; nella buona insolenti più cupidi de' danari che del sangue vani et leggieri più tosto tachagni che prudenti», con una bassa opinione degli Italiani, e nel successivo Ritratto delle cose di Francia, dove, spostandosi su un piano d'analisi prettamente politica, finisce col fare della Francia l'esemplare dello stato moderno. Soprattutto egli insiste sul nesso fra la prosperità della monarchia e il raggiunto processo di unificazione nazionale, sentito come la lezione peculiare delle "cose di Francia".  Cesare Borgia «Questo signore è molto splendido e magnifico, e nelle armi è tanto animoso che non è sì gran cosa che non gli paia piccola, e per gloria e per acquistare Stato mai si riposa né conosce fatica o periculo: giugne prima in un luogo che se ne possa intendere la partita donde si lieva; fassi ben volere a' suoi soldati; ha cappati e' migliori uomini d'Italia: le quali cose lo fanno vittorioso e formidabile, aggiunte con una perpetua fortuna»  (Machiavelli, Lettera ai Dieci del 26 giugno 1502) La minaccia del Borgia si fece presto concreta: fermato dalle minacce della Francia quando tentava d'impadronirsi di Bologna, si volse contro Piombino, entrando nel territorio della Repubblica e cercando di imporle tributi, dai quali Firenze fu nuovamente fatta salva dall'intervento di Luigi. Fra una missione a Pistoia e un'altra a Siena, Niccolò ebbe tempo di sposare. Marietta Corsini, donna di modesta origine, dalla quale avrà sei figli: Primerana, Bernardo, Lodovico, Guido, Piero e Baccina. Padrone di Piombino il 3 settembre 1501, il Borgia, per mezzo del suo sodale Vitellozzo Vitelli s'impadronì di Arezzo, dove si stabilì Piero de' Medici, poi delle terre di Valdichiana, di Cortona, di Anghiari e di Borgo San Sepolcro e di lì passò a investire Camerino e Urbino, chiedendo nel contempo di intavolare trattative con Firenze che, nel frattempo, vistasi stretta dai due Borgia, padre e figlio, aveva rinnovato gli accordi con la Francia. lo stesso giorno della caduta della città nelle mani di Cesare, partirono per Urbino Machiavelli e il vescovo di Volterra, Francesco Soderini, fratello di Piero: ricevuti , si sentirono ordinare di cambiare il governo della Repubblica, pena la sua inimicizia. La crisi fu superata grazie all'intervento delle armi francesi: avvicinandosi queste ad Arezzo, la città fu sgomberata e restituita, insieme con le altre terre, ai Fiorentini. Riferimento a questi casi è il breve scritto dell'anno successivo, Del modo di trattare i popoli della Valdichiana ribellati, nel quale, preso esempio dal comportamento tenuto dagli antichi Romani in caso di ribellioni, rimprovera il governo fiorentino di non aver trattato severamente la ribelle città di Arezzo. Pensa che come i Romani  «fecero giudizio differente per esser differente il peccato di quelli popoli, così dovevi fare voi, trovando ancora nei vostri ribellati differenza di peccati giudico ben giudicato che a Cortona, Castiglione, il Borgo, Foiano, si siano mantenuti i capitoli, siano vezzeggiati e vi siate ingegnati riguadagnarli con i beneficii ma io non approvo che gli Aretini, simili ai Veliterni ed Anziani non siano stati trattati come loro. I Romani pensarono una volta che i popoli ribellati si debbano o beneficare o spegnere e che ogni altra via sia pericolosissima.»  Di fronte a quelli che apparivano tempi nuovi e tempestosi, nei quali occorreva che uomini capaci prendessero pronte risoluzioni, come prima riforma nell'organizzazione dello Stato fiorentino fu resa vitalizia la carica di gonfaloniere, affidata a Pier Soderini, che appariva uomo accetto tanto agli ottimati che ai popolani. La prima missione che egli affidò a Machiavelli fu quella di prendere nuovamente contatto col Borgia il quale, formalmente capitano delle truppe pontificie e finanziato da quello Stato, intendeva tuttavia agire nel proprio interesse e in quello della sua famiglia, stringendo un nuovo patto col Luigi XII e ottenendone libertà d'azione nei suoi piani di espansione, non solo nei confronti di signorotti quali gli Orsini, i Baglioni e il Vitelli, già suoi alleati, ma anche contro lo stesso Bentivoglio di Bologna. Seguendo la tradizionale politica di alleanza con la Francia, Firenzepur diffidando del Valentinointendeva confermargli la sua amicizia, per non essere investita dai suoi aggressivi disegni.  Machiavelli giunse a Imola dal Borgia il 7 ottobre, confidandogli che Firenze non aveva aderito all'offerta di amicizia propostale dagli Orsini e dai Vitelli, congiurati a Magione contro il duca Valentino, e ne ricevette in cambio un'offerta di alleanza, alla quale Niccolò, affascinato dalla figura di Cesare Borgia, guardava con favore più di quanto non facesse il governo fiorentino. Fu al seguito del Valentino per tutta la durata di quei tre mesi di campagna militare e, due ore dopo l'uccisione a tradimento di Vitellozzo e di Oliverotto da Fermo, ne raccolse le parole «savie e affezionatissime» per i Fiorentini, invitati nuovamente a unirsi a lui per avventarsi contro Perugia e Città di Castello. Firenze, a questo punto, decise di mandare presso il Borgia un ambasciatore accreditato, Jacopo Salviati, così che il nostro Segretario lasciò il campo di Città della Pieve per fare ritorno a Firenze. Vitellozzo Vitelli, ritratto da Luca Signorelli. «Vitellozo, Pagolo et duca di Gravina in su muletti ne andorno incontro al duca, accompagnati da pochi cavagli; et Vitellozo disarmato, con una cappa foderata di verde, tucto aflicto se fussi conscio della sua futura morte, dava di sé, conosciuta la virtù dello huomo et la passata sua fortuna, qualche ammirationeArrivati adunque questi tre davanti al duca, et salutatolo humanamente, furno da quello ricevuti con buono volto Ma, veduto il duca come Liverotto vi mancava adciennò con l'occhio a don Michele, al quale lLeverotto era demandata, che provedessi in modo che Liverotto non schapassi Liverotto havendo facto riverenza, si adcompagnò con gli altri; et entrati in Senigagla, et scavalcati tutti ad lo alloggiamento del duca, et entrati seco in una stanza secreta, furno dal duca fatti prigioni venuta la nocte  al duca parve di fare admazare Vitellozzo e Liverotto; et conductogli in uno luogo insieme, gli fe' strangolare Pagolo et el duca di Gravina Orsini furno lasciati vivi per infino che il duca intese che a Roma el papa haveva preso el cardinale Orsino, l'arcivescovo di Firenze et messer Jacopo da Santa Croce; dopo la quale nuova, a dì 18 di giennaio, ad Castel della Pieve furno anchora loro nel medesimo modo strangolati»  (Machiavelli, Descrizione del modo tenuto dal duca Valentino nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, il signor Pagolo e il duca di Gravina Orsini). La morte di Alessandro VI privò Cesare Borgia delle risorse finanziarie e politiche che gli occorrevano per mantenere il ducato di Romagna, che si dissolse tornando a frammentarsi nelle vecchie signorie, mentre Venezia s'impadronì di Imola e di Rimini. Dopo il brevissimo pontificato di Pio III, Machiavelli fu inviato a Roma per il conclave che il 1º novembre elesse Giulio II. Raccolse le ultime confidenze del Valentino, del quale pronosticò la rovina imminente, e cercò di comprendere le intenzioni politiche del nuovo papa, che egli sperava s'impegnasse contro i Veneziani, le cui mire espansionistiche erano temute da Firenze: «O la sarà una porta che aprirà loro tutta Italia, o fia la rovina loro», scrive il 24 novembre.  A Roma gli giunse la notizia della nascita del secondogenito Bernardo: «Somiglia voi, è bianco come la neve, ma gli ha il capo che pare velluto nero, et è peloso come voi, e da che somiglia voi parmi bello», gli scrive la moglie Marietta. E Machiavelli, che lungamente in questo scorcio di tempo aveva frequentato la casa del cardinal Soderini, al quale forse prospettò già il suo progetto di costituire una milizia nazionale che sostituisse l'infida soldatesca mercenaria, il 18 dicembre s'avviò per Firenze.  In Francia  Ingresso a Genova di Luigi XII, Le fortune della Francia in Italia sembrarono declinare dopo la cacciata dal Napoletano ad opera dell'armata spagnola di Gonzalo Fernández de Córdoba. Firenze, alleata di Luigi XII, e timorosa delle prossime iniziative della Spagna, del papa e della nemica tradizionale, la Siena di Pandolfo Petrucci, era interessata a conoscere i progetti del re e a questo scopo alla sua corte mandò Machiavelli «a vedere in viso le provvisioni che si fanno e scrivercene immediate, e aggiungervi la coniettura e iudizio tuo». Il 22 gennaio 1504 Machiavelli era a Milano per conferire con il luogotenente Charles II d'Amboise, che non credeva in un attacco spagnolo in Lombardia e rassicurò Niccolò sull'amicizia francese per Firenze.  Raggiunse la corte e l'ambasciatore Niccolò Valori a Lione il 27 gennaio, ricevendo uguali rassicurazioni dal cardinale di Rouen e da Luigi stesso. In marzo ripartiva per Firenze e di qui si recava per pochi giorni a Piombino da Jacopo d'Appiano, per sondare la posizione di quel signorotto. È di questo tempo la stesura del suo primo Decennale, una storia dei fatti notevoli occorsi degli ultimi dieci anni volta in terzine: Machiavelli non è poeta, anche se invoca Apollo nell'esordio del poemetto, ma a noi interessa il suo giudizio sull'attualità della vicenda politica italiana e su quel che attende Firenze:  «L'imperador, con l'unica sua prole vuol presentarsi al successor di Pietro al Gallo il colpo ricevuto duole; e Spagna che di Puglia tien lo scetro va tendendo a' vicin laccioli e rete, per non tornar con le sue imprese a retro; Marco, pien di paura e pien di sete, fra la pace e la guerra tutto pende; e voi di Pisa troppa voglia avete. Onde l'animo mio tutto s'infiamma or di speranza, or di timor si carca tanto che si consuma a dramma a dramma, perché saper vorrebbe dove, carca di tanti incarchi debbe, o in qual porto, con questi venti, andar la vostra barca. Pur si confida nel nocchier accorto ne' remi, nelle vele e nelle sarte; ma sarebbe il cammin facile e corto se voi el tempio riapriste a Marte»  (Decennale primo, vv 529-549) I tentativi d'impadronirsi di Pisa fallirono ancora: battuta a Ponte a Cappellese il 27 marzo 1505, Firenze doveva anche guardarsi dalle manovre dei signori ai loro confini. Machiavelli andò a Perugia l'11 aprile per conferire col Baglioni, ora alleato con gli Orsini, con Lucca e con Siena, poi a Mantova, per cercare invano accordi con il marchese Giovan Francesco Gonzaga e il 17 luglio a Siena. In settembre, fallì un nuovo assalto a Pisa e Machiavelli ne trasse spunto per presentare la proposta della creazione di un esercito cittadino. Rimasti diffidenti i maggiorenti della cittàche temevano che un esercito popolare potesse costituire una minaccia per i loro interessima appoggiato dal Soderini, Machiavelli si mosse per mesi nei borghi toscani a far leva di soldati, istruiti «alla tedesca», e finalmente, il 15 febbraio 1506, Firenze poté vedere la prima parata di una milizia «nazionale» che peraltro non avrà nessun ruolo nella successiva conquista di Pisa e si rivelerà di scarso affidamento nella difesa di Prato del 1512. Con la pace concordata con la Francia nell'ottobre 1505, la Spagna, con Ferdinando II d'Aragona, aveva preso definitivamente possesso del Regno di Napoli. I piccoli stati della penisola attendevano ora le mosse di Giulio II, deciso a imporre la sua egemonia nell'Italia centrale: nel luglio, il papa chiese a Firenze di partecipare alla guerra che egli intendeva muovere al signore di Bologna, Giovanni Bentivoglio, che era alleato, come Firenze, dei francesi, e perciò teoricamente amico, oltre che confinante, dei Fiorentini. Si trattava di temporeggiare, osservando gli sviluppi dell'impresa del papa al quale fu mandato Machiavelli, che lo incontrò a Nepi il 27 agosto 1506.  Giulio II gli dimostrò di godere dell'appoggio della Francia, che aveva promesso di inviare truppe in suo aiuto, cosicché fu agevole a Machiavelli promettere aiuti a sua voltadopo però che fossero arrivati quelli di re Luigie seguì papa Giulio che, con la sua corte curiale e pochi armati se n'andava a Perugia, ottenendo, il 13 settembre, la resa senza combattimento di Giampaolo Baglioni che, con stupore e rimprovero del Machiavelli e, un giorno, anche del Guicciardini, non ebbe il coraggio di opporsi alle poche forze allora a disposizione del Papa. La corte papale, dopo aver atteso a Cesena fino a ottobre l'arrivo dei francesi e, dopo questi, dei Fiorentini di Marcantonio Colonna, entrò trionfante a Bologna l'11 novembre. Machiavelli, tornato a Firenze già alla fine d'ottobre, s'occupò ancora dell'istituzione delle milizie fiorentine: il 6 dicembre furono creati i Nove ufficiali dell'Ordinanza e Milizia fiorentina, eletti dal popolo, responsabili militari della Repubblica.  In Germania  Massimiliano I d'Asburgo Il nuovo anno  si aprì con le minacce del passaggio in Italia del «Re dei Romani» Massimiliano, intenzionato a ribadire le proprie pretese di dominio sulla penisola, a espellere i francesi e a farsi incoronare a Roma «imperatore del Sacro Romano Impero». Si valutò a Firenze la possibilità di finanziargli l'impresa in cambio della sua amicizia e del riconoscimento dell'indipendenza della Repubblica: fu inviato a questo scopo l'ambasciatore Francesco Vettori e, il 17 dicembre, lo stesso Machiavelli. Giunse a Bolzano, dove Massimiliano teneva corte, l'11 gennaio 1508 e le lunghe trattative sull'esborso preteso da Massimiliano s'interruppero quando i Veneziani, sconfiggendolo più volte, gli fecero comprendere la velleità dei suoi sogni di gloria.  Da questa esperienza Machiavelli trasse tre scritti, il Rapporto delle cose della Magna, composto il 17 giugno 1508, il giorno dopo il suo rientro a Firenze, il Discorso sopra le cose della Magna e sopra l'Imperatore, del settembre 1509, e il più tardo Ritratto delle cose della Magna, una rielaborazione del primo Rapporto. Rileva la grande potenza della Germania, che «abunda di uomini, di ricchezze e d'arme»; le popolazioni hanno «da mangiare e bere e ardere per uno anno: e così da lavorare le industrie loro, per potere in una obsidione [assedio] pascere la plebe e quelli che vivono delle braccia, per uno anno intero sanza perdita. In soldati non spendono perché tengono li uomini loro armati ed esercitati; e li giorni delle feste tali uomini, in cambio delli giuochi, chi si esercita collo scoppietto, chi colla picca e chi con una arme e chi con un'altra, giocando tra loro onori et similia, e quali tra loro poi si godono. In salari e in altre cose spendono poco: talmente che ogni comunità si truova ricca in publico».  Importano e consumano poco perché «le loro necessità sono assai minori delle nostre», ma esportano molte merci «di che quasi condiscono tutta la Italia [...] e così si godono questa loro rozza vita e libertà e per questa causa non vogliono ire alla guerra se non sono soprappagati e questo anche non basterebbe loro, se non fussino comandati dalle loro comunità. E però bisogna a uno imperadore molti più denari che a uno altro principe». Tanta forza potenziale, che potrebbe fare la grandezza politica e militare dell'Imperatore, è limitata dalle divisioni delle comunità governate dai singoli principi, una realtà simile a quella italiana: nessun principe tedesco vuole favorire l'imperatore, «perché, qualunque volta in proprietà lui avessi stati o fussi potente, è domerebbe e abbasserebbe e principi e ridurrebbeli a una obedienzia di sorte da potersene valere a posta sua e non quando pare a loro: come fa oggi il re di Francia, e come fece già il re Luigi, quale con l'arme e ammazzarne qualcuno li ridusse a quella obedienzia che ancora oggi si vede».  La conquista di Pisa Decisa a concludere le operazioni militari contro Pisa, Firenze mandò Machiavelli a far leve di soldati: in agosto condusse soldati prelevati da San Miniato e da Pescia all'assedio della città irriducibile. Riunite altre milizie, si incaricò di tagliare i rifornimenti bloccando l'Arno; poi, il 4 marzo del 1509, andò prima a Lucca a intimare a quella Repubblica di cessare ogni aiuto ai Pisani e, il 14, si recò a Piombino, incontrando gli ambasciatori di Pisa per cercare invano un accordo di resa. Raccolte nuove truppe, in maggio era presente all'assedio: Pisa, ormai stremata, trattava finalmente la pace. Machiavelli accompagnò i legati pisani a Firenze dove fu firmata la resa e l'8 giugno poté entrare in Pisa con i commissari Niccolò Capponi, Antonio Filicaia e Alamanno Salviati. Un ben più vasto incendio era intanto divampato nell'Italia settentrionale: stipulata un'alleanza a Cambrai, Francia, Spagna, Impero e papato si avventavano contro la Repubblica veneziana che a maggio cedeva i suoi possedimenti lombardi e romagnoli e, in giugno, anche Verona, Vicenza e Padova, consegnate a Massimiliano. Firenze, da parte sua, doveva finanziare la nuova impresa imperiale: consegnato un primo acconto in ottobre, Machiavelli era a Verona per consegnare il saldo a Massimiliano, che era stato però costretto alla ritirata dalla controffensiva veneziana, resa possibile dalla rivolta popolare contro i nuovi padroni. E Machiavelli commentava dei «due re, che l'uno può fare la guerra e non vuol farla, l'altro ben vorrebbe farla e non può», riferendosi a Luigi e a Massimiliano che se n'era tornato in Germania a chiedere soldati e denari ai principi tedeschi.  Atteso inutilmente il ritorno dell'Imperatore, il 2 gennaio 1510 Machiavelli se ne tornò a Firenze. Venezia si salvò soprattutto grazie alle divisioni degli alleati: mentre Luigi XII aveva tutto l'interesse di ridurre all'impotenza Venezia per avere le mani libere nella pianura padana, Giulio II la voleva abbastanza forte da opporsi alla Francia senza averne contrasto alle proprie ambizioni di espansione. Per Firenze, amica della Francia ma non nemica del papa, era necessario spiegarsi con il re francese, e Machiavelli fu mandato a Blois, dove Luigi teneva la corte, incontrandolo.  Machiavelli confermò l'amicizia con la Francia ma disse di dubitare che la Repubblica potesse impegnarsi in una guerra contro Giulio II, in grado di volgere contro Firenze forze troppo superiori: meglio sarebbe stata una mediazione che evitasse il conflitto e sottraesse, oltre tutto, Firenze dalla responsabilità di un impegno nel quale era difficile trarre un guadagno. Dovette tornare a Firenze il 19 ottobre, convinto che la guerra fosse ineluttabile. Le vittorie militari non furono sfruttate da Luigi XII e la sua indizione di un concilio a Pisa, che condannasse il papa, provocò l'interdetto di Giulio II contro Firenze. Il 22 settembre 1511 Machiavelli era ancora in Francia, ottenendo dal re soltanto un breve rinvio del concilio: dalla Francia andò a Pisa e riuscì a ottenere il trasferimento del concilio a Milano.  Il ritorno dei Medici a Firenze Le fortune di Luigi XII volgevano al tramonto: sconfitto dalla nuova coalizione guidata dal papa, era costretto ad abbandonare la Lombardia, lasciando Firenze politicamente isolata e incapace di resistere alle armi spagnole. Pier Soderini fuggì a Siena, i Medici rientrarono a Firenze: disfatto il vecchio governo, il 7 novembre anche Machiavelli venne rimosso dal suo incarico, il successivo 10 novembre fu confinato e multato della grande somma di mille fiorini e il 17 gli fu interdetto l'ingresso a Palazzo Vecchio.   Giuliano de' Medici duca di Nemours Il nuovo regime processò Pietro Paolo Boscoli e Agostino Capponi, accusati di aver complottato contro Giuliano de' Medici, condannandoli a morte. Anche Machiavelli è sospettato: arrestato il 12 febbraio 1513, fu anche torturato (gli fu somministrata la corda o, com'era chiamata allora a Firenze, la "colla"). Scrisse allora a Giuliano di Lorenzo de' Medici duca di Nemours due sonetti, per ricordargli, ma senza averne l'aria e in forma scherzosa, la sua condizione di carcerato:  «Io ho, Giuliano, in gamba un paio di geti e sei tratti di fune in sulle spalle; l'altre miserie mie non vo' contalle, poiché così si trattano i poeti  Menon pidocchi queste parieti grossi e paffuti che paion farfalle, né mai fu tanto puzzo in Roncisvalle o in Sardigna fra quegli arboreti quanto nel mio sì delicato ostello»  Giulio II moriva intanto proprio in quei giorni e dal conclave uscì eletto l'11 marzo il cardinale de' Medici con il nome di Leone X: era la fine dei pericoli di guerra per Firenze e anche il tempo dell'amnistia. Uscito dal carcere, Machiavelli cercò di ottenere favori dai Medici attraverso l'ambasciatore Francesco Vettori e lo stesso Giuliano, ma invano. Si ritirò allora nel suo podere dell'Albergaccio, a Sant'Andrea in Percussina, tra Firenze e San Casciano in Val di Pesa.  L'esilio dalla politica. «Il Principe» Qui, tra le giornate rese lunghe dall'ozio forzato, comincia a scrivere i Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio che, forse nel luglio 1513, interrompe per metter mano al suo libro più famoso, il De Principatibus, dal solenne titolo latino ma scritto in volgare e perciò divenuto ben più noto come Il Principe. Lo dedica dapprima a Giuliano di Lorenzo de' Medici e, dopo la morte di questi nel 1516, a Lorenzo de' Medici, figlio di Piero "fatuo"; ma il libro uscì solo postumo, nel 1532. Certo, non doveva farsi illusioni che un Medici potesse mai essere quel «redentore» atteso dall'Italia contro «questo barbaro dominio», ma da un Medici si attendeva almeno la sua propria «redenzione» dall'inattività cui era stato relegato dal ritorno a Firenze di quella famiglia.  Sperava che l'amico Vettori, ambasciatore a Roma, si facesse interprete del suo «desiderio [...] che questi signori Medici mi cominciasseino adoperare», dal momento «che io sono stato a studio all'arte dello stato [...] e doverrebbe ciascheduno aver caro servirsi d'uno che alle spese d'altri fussi pieno d'esperienza. E della fede mia non si doverrebbe dubitare, perché, avendo sempre osservato la fede, io non debbo imparare ora a romperla; e chi è stato fedele e buono quarantatré anni che io ho, non debbe potere mutare natura; e della fede e bontà mia ne è testimonio la povertà mia». Delle ombre della sua povertà, ma anche delle sue luci, Machiavelli scrive al Vettori in quella che è la più famosa lettera della nostra letteratura:   L'Albergaccio di Machiavelli a Sant'Andrea in Percussina «Venuta la sera, mi ritorno in casa ed entro nel mio scrittoio; e in su l'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui uomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e che io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandargli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro umanità mi rispondono; e non sento per quattro ore di tempo alcuna noia; sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte; tutto mi trasferisco in loro. E perché Dante dice che non fa scienza sanza lo ritenere lo avere inteso, io ho notato quello di che per la loro conversazione ho fatto capitale, e composto uno opuscolo de Principatibus»  (Lettera a Francesco Vettori) Ritornato il 3 febbraio 1514 a Firenze, continuò a sperare a lungo che il Vettori, al quale spedì il manoscritto del Principe, lo facesse introdurre in qualche incarico nell'amministrazione cittadina, ma invano. Tutto dipendeva dalla volontà del papa, e Leone non era affatto intenzionato a favorire chi non si era mostrato, a suo tempo, favorevole agli interessi di Casa Medici. Machiavelli, da parte sua, scriveva al Vettori di aver «lasciato i pensieri delle cose grandi e gravi» e di non dilettarsi più di «leggere le cose antiche, né ragionare delle moderne: tutte si sono converse in ragionamenti dolci». Si era infatti innamorato di una «creatura tanto gentile, tanto delicata, tanto nobile e per natura e per accidente, che io non potrei né tanto laudarla né tanto amarla che la non meritasse più».  La guerra, ripresa in Italia dalla discesa del nuovo re di Francia Francesco I, si concluse nel settembre 1515 con la sua grande vittoria a Marignano (oggi Melegnano) contro la vecchia «Lega santa»: Leone X dovette accettare il dominio francese in Lombardia e la stipula a Bologna di un concordato che riconosceva il controllo reale sul clero francese. Si rifece impossessandosi, per conto del nipote Lorenzo, capitano generale dei Fiorentini, del Ducato di Urbino. A quest'ultimo invano dedicava Machiavelli il suo Principe: la sua esclusione dalla gestione degli affari di Firenze continuava. Nel 1516 o 1517 si diede a frequentare gli «Orti Oricellari», latineggiamento che indica i giardini del Palazzo di Cosimo Rucellai, dove si riunivano letterati, giuristi ed eruditi come Luigi Alamanni, Jacopo da Diacceto, Jacopo Nardi, Zanobi Buondelmonti, Antonfrancesco degli Albizi, Filippo de' Nerli e Battista della Palla. Qui vi lesse probabilmente qualche capitolo di quell'Asino, poemetto in terzine che voleva essere una contaminazione fra l'Asino d'oro di Apuleio e la Divina Commedia dantesca, ma che lasciò presto interrotto: e al Rucellai e al Buondelmonti dedicò i Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, scritti dal 1513 al 1519. Machiavelli si era già cimentato, quando ricopriva l'incarico di segretario della Repubblica, in composizioni teatrali: una imitazione dell'Aulularia di Plauto e una commedia, Le maschere, ispirata a Nebulae di Aristofane, sono tuttavia perdute. Al 1518 risale il suo capolavoro letterario, la commedia Mandragola, nel cui prologo egli inserisce un accenno autobiografico  «scusatelo con questo, che s'ingegna con questi van pensieri fare el suo tristo tempo più suave, perch'altrove non have dove voltare el viso; ché gli è stato interciso mostrar con altre imprese altra virtue, non sendo premio alle fatiche sue.»  Intorno a quest'anno vanno collocate la traduzione dell'Andria di Terenzio e stesura della novella di Belfagor arcidiavolo o Novella del demonio che pigliò moglieil suo titolo preciso è attualmente stabilito in Favolail cui tema di fondo è la visione pessimistica dei rapporti che legano gli esseri umani, tutti intesi al proprio interesse a danno, se necessario, di quello di ciascun altro.  Il ritorno alla vita politica Lorenzo de' Medici morì, lasciando il governo di Firenze al cardinale Giulio. Costui, favorevole a Machiavelli, lo incaricò della stesura di una storia della città sotto lauta retribuzione. Machiavelli, galvanizzato dall'incarico, diede alle stampe nel 1521 l’Arte della guerra, dedicandola allo stesso cardinal Giulio. Nello stesso anno fu inviato in missione diplomatica a Carpi presso il governatore Francesco Guicciardini di cui, pur avendo opposte visioni della Storia, divenne buon amico. Nel 1525 cercò di guadagnare il favore di papa Clemente VII offrendogli le Istorie fiorentine. Nel frattempo giunsero la revoca ufficiale dell'interdizione dalla vita pubblica e l'affidamento di missioni militari in Romagna in collaborazione col Guicciardini. I  Medici furono cacciati da Firenze e venne instaurata nuovamente la repubblica. Machiavelli si propose come candidato alla carica di segretario della repubblica, ma venne respinto in quanto ritenuto colluso coi Medici e soprattutto con papa Clemente VII. La delusione per Machiavelli fu insopportabile. Ammalatosi repentinamente, cominciò a peggiorare vistosamente fino alla morte, sopraggiunta il 21 giugno 1527. Abbandonato da tutti, fu sepolto nel corso di una modesta cerimonia funebre nella tomba di famiglia nella basilica di Santa Croce. La città di Firenze fece costruire un monumento nella basilica stessa; esso raffigura la Diplomazia assisa su un sarcofago marmoreo. Sulla lastra frontale sono incise le parole Tanto nomini nullum par elogium (Nessun elogio sarà mai degno di tanto nome).  Pensiero Machiavelli e il Rinascimento Con il termine machiavellico si è spesso indicato un atteggiamento spregiudicato e disinvolto nell'uso del potere: un buon principe deve essere astuto per evitare le trappole tese dagli avversari, capace di usare la forza se ciò si rivela necessario, abile manovratore negli interessi propri e del suo popolo. Ciò si accompagna a un travaglio personale che Machiavelli sentiva nella sua attività quotidiana e di teorico, secondo una tradizione politica che già in Cicerone affermava: "un buon politico deve avere le giuste conoscenze, stringere mani, vestire in modo elegante, tessere amicizie clientelari per avere un'adeguata scorta di voti".  Con Machiavelli l'Italia ha conosciuto il più grande teorico della politica. Secondo Machiavelli la politica è il campo nel quale l'uomo può mostrare nel modo più evidente la propria capacità di iniziativa, il proprio ardimento, la capacità di costruire il proprio destino secondo il classico modello del faber fortunae suae. Nel suo pensiero si risolve il conflitto fra regole morali e ragion di Stato che impone talvolta di sacrificare i propri princìpi in nome del superiore interesse di un popolo. La politica deve essere autonoma da teologia e morale e non ammette ideali, è un gioco di forze finalizzate al bene della collettività e dello stato. La politica, svincolata da dogmatismi e princìpi teorici, guarda alla realtà effettuale, ai "fatti": "Mi è parso più conveniente andare dietro alla verità effettuale della cosa piuttosto che alla immaginazione di essa". Si tratta di una visione antropocentrica che si richiama all'Umanesimo quattrocentesco ed esprime gli ideali del Rinascimento. Nel “Dialogo intorno alla nostra lingua” dà un giudizio severo su Alighieri. Alighieri è rimproverato di negare la matrice fiorentina della lingua della Commedia. Il passo assume i caratteri dell'invettiva contro Aligheri, accusato di aver infangato la reputazione di Firenze:  «Alighieri il quale in ogni parte mostrò d'esser per ingegno, per dottrina et per giuditio huomo eccellente, eccetto che dove egli hebbe a ragionare della patria sua, la quale, fuori d'ogni humanità et filosofico instituto, perseguitò con ogni spetie d'ingiuria. E non potendo altro fare che infamarla, accusò quella d'ogni vitio, dannò gli uomini, biasimò il sito, disse male de' costumi et delle legge di lei; et questo fece non solo in una parte de la sua cantica, ma in tutta, et diversamente et in diversi modi: tanto l'offese l'ingiuria dell'exilio, tanta vendetta ne desiderava. Ma la Fortuna, per farlo mendace et per ricoprire con la gloria sua la calunnia falsa di quello, l'ha continuamente prosperata et fatta celebre per tutte le province, et condotta al presente in tanta felicità et sì tranquillo stato, che se Alighieri la vedessi, o egli accuserebbe sé stesso, o ripercosso dai colpi di quella sua innata invidia, vorrebbe essendo risuscitato di nuovo morire.»  Poi, durante un altro scambio immaginario con Aligheri, Mhiavelli rimprovera il carattere "goffo", "osceno", addirittura "porco" del registro utilizzato nell'Inferno:  «Aligheri mio, io voglio che tu t'emendi, et che tu consideri meglio il “parlare” fiorentino et la tua opera; et vedrai che, se alcuno s'harà da vergognare, sarà più tosto Firenze che tu: perché, se considererai bene a quel che tu hai detto, tu vedrai come ne' tuoi versi non hai fuggito il goffo, come è quello:  "Poi ci partimmo et n'andavamo introcque";  non hai fuggito il porco, com'è quello:  "che merda fa di quel che si trangugia";  non hai fuggito l'osceno, com'è:  "le mani alzò con ambedue le fiche";  e non avendo fuggito questo, che disonora tutta l'opera tua, tu non puoi haver fuggito infiniti vocaboli patrii che non s'usano altrove che in quella»  Autografo delle Historiae Fiorentinae Per Machiavelli la storia è il punto di riferimento verso il quale il politico deve sempre orientare la propria azione. La storia fornisce i dati oggettivi su cui basarsi, i modelli da imitare, ma indica anche le strade da non ripercorrere. Machiavelli si basa su una concezione ciclica della storia: "Tutti li tempi tornano, li uomini sono sempre li medesimi". Ma ciò che allontana Machiavelli da una visione deterministica della storia è l'importanza che egli attribuisce alla virtù, ovvero alla capacità dell'uomo di dominare il corso degli eventi utilizzando opportunamente le esperienze degli errori compiuti nel passato, nonché servendosi di tutti i mezzi e di tutte le occasioni per la più alta finalità dello stato, facendo anche violenza, se necessario, alla legge morale.  Non a caso il Principe, nella conclusione, abbandona il suo taglio cinico e pragmatico per esortare i sovrani italiani, con una scrittura più solenne e venata di un certo idealismo, a riconquistare la sovranità perduta e a cacciare l'invasore straniero. Non c'è rassegnazione nel Principe, né tanto meno sfiducia nei confronti dell'uomo. La storia è il prodotto dell'attività politica dell'uomo per finalità terrene esclusivamente pratiche. Lo stato, oggetto di tale attività, nella situazione politica e nel pensiero del tempo si identifica con la persona del principe.  Di conseguenza l'attività politica è riservata solo ai grandi protagonisti, ai pochi capaci di agire, non al "vulgo" incapace di decisione e di coraggio. L'obiettivo è creare o conservare lo stato, una creazione individuale legata alle qualità e alla sorte del suo fondatore: la fine del principe può determinare la fine del suo stato, come capitò ad esempio a Cesare Borgia. Il Machiavelli ha dunque un'importanza fondamentale per la scoperta che la politica è una forma particolare autonoma di attività umana, il cui studio rende possibile la comprensione delle leggi da cui è perennemente retta la storia; da quella scoperta discende, come suo naturale fondamento, una vigorosa concezione della vita, incentrata unicamente sulla volontà e sulla responsabilità dell'uomo. Una errata interpretazione del Novecento fece del Machiavelli un precursore del movimento unitario italiano, ma la parola nazione ha assunto l'attuale significato solo a partire dalla seconda metà del Settecento, mentre il Machiavelli la usò in senso particolaristico e cittadino (es. nazione fiorentina o, nel senso più generico di popolo, moltitudine). Tuttavia, Machiavelli propugna un principato in grado di reggersi sull'unità etnica dell'Italia; così facendo, e denunciando in tal modo una chiara coscienza dell'esistenza di una civiltà italiana, Machiavelli predica la liberazione dell'Italia sotto il patrocinio di un principe, criticando il dominio temporale dei Papi che spezzava in due la penisola.  Ma l'unità d'Italia resta in Machiavelli un problema solo intuito. Non si può dubitare che avesse concepito l'idea dell'unità italiana, ma tale idea restò indeterminata, poiché non trovò appigli concreti nella realtà, restando perciò a livello di utopia, cui solo dava forma la figura ideale del principe nuovo. Machiavelli dunque intraprese un viaggio che identificò come spirituale in giro per il mondo. In seguito, tornato in patria, ebbe una nuova visione sia del "popolo" che della "nazione" (di qui quello che oggi definiamo rinnovamento culturale).  Il principe o De Principatibus. Niccolò Machiavelli nello studio, Stefano Ussi, Emblematico è il modo di trattare argomenti delicati, quali le mosse necessarie al Principe per organizzare uno stato ed ottenerne uno stabile e duraturo consenso. Per esempio vi troviamo indicazioni programmatiche, quali l'utilità nello "spegnere" gli stati abituati a vivere liberi di modo da averli sotto il proprio diretto controllo (metodo preferito al creare un'amministrazione locale "filo-principesca" o al recarvisi e stabilirvisi personalmente, metodo però sempre tenuto da conto in modo da avere un occhio sempre presente sulle proprie terre, e stabilire una figura rispettata e conosciuta in loco).  Altro elemento caratteristico del trattato sta nella scelta dell'atteggiamento da tenere nei confronti dei sudditi, culminante nell'annosa questione del "s'elli è meglio essere amato che temuto o e converso" La risposta corretta si concretizzerebbe in un ipotetico principe amato e temuto, ma essendo difficile o quasi impossibile per una persona umana l'essere ambedue le cose, si conclude decretando che la posizione più utile viene ad essere quella del Principe temuto (pur ricordando che mai e poi mai il Principe dovrà rendersi odioso nei confronti del popolo, fatto che porrebbe i prodromi della propria caduta). Qua appare indubbiamente la concezione realistica e la concretezza del Machiavelli, il quale non viene a proporre un ipotetico Principe perfetto, ma irrealizzabile nel concreto, bensì una figura effettivamente possibile e soprattutto "umana".  Ulteriore atteggiamento principesco dovrà l'essere metaforicamente sia "volpe" che "leone", in modo da potersi difendere dalle avversità sia tramite l'astuzia (volpe) che tramite la violenza (leone). Mantenendo un solo atteggiamento dei due non ci si potrà difendere da una minaccia violenta o di astuzia. Spesso alla figura evocata dal Principe di Machiavelli viene associata la figura di un uomo privo di scrupoli, di un cinismo estremo, nemico della libertà. Inoltre gli viene erroneamente associata la frase "il fine giustifica i mezzi", che invece mai enunciò. Questo perché la parola "giustifica" evoca sempre un criterio morale, mentre Machiavelli non vuole "giustificare" nulla, vuole solo valutare, in base ad un altro metro di misura, se i mezzi utilizzati sono adatti a conseguire il fine politico, l'unico fine da perseguire è il mantenimento dello Stato.  Machiavelli nella stesura del Principe si rifà alla reale situazione che gli si presentava attorno, una situazione che necessitava essere risolta con un atto deciso, forte, violento. Machiavelli non vuole proporre dei mezzi giustificati da un fine, egli pone un programma politico che qualunque Principe che voglia portare alla liberazione dell'Italia, da troppo tempo schiava, dovrà seguire. Fuori dai suoi intenti una giustificazione morale dei punti suggeriti: egli stende un vademecum necessariamente utile a quel Principe che finalmente vorrà impugnare le armi. Alle accuse di sola illiberalità od autoritarismo, si può dare una risposta leggendo il capitolo IX, "De Principatu Civili", ritratto di un principe nascente dal e col consenso del popolo, figura ben più solida del Principe nato dal consesso dei "grandi", cioè dei grandi proprietari feudali. Non esiste un unico tipo di principato, ma per ognuno troviamo un'ampia trattazione di pregi e dei difetti.  Controversie sul Principe «Quel grande / che temprando lo scettro a' regnatori gli allor ne sfronda, ed alle genti svela / di che lagrime grondi e di che sangue»  (Ugo Foscolo, Dei sepolcri) La gelida obiettività e un certo cinismo con cui Machiavelli descriveva il comportamento freddo, razionale ed eventualmente spietato che un capo di Stato deve mettere in atto, colpì i critici. Così, da una parte vi è la linea di pensiero tradizionale, secondo la quale "Il Principe" è un trattato di scienza politica destinato al governante, che tramite esso saprà come affrontare i problemi, spesso drammatici, posti dal suo ruolo di garante della stabilità dello stato. Dall'altra, troviamo un'interpretazione secondo cui il trattato di Machiavelli, che era originariamente un repubblicano, ha come vero scopo quello di mettere a nudo, e quindi chiarire, le atrocità compiute dai principi dell'epoca, a vantaggio del popolo, che di conseguenza avrebbe le dovute conoscenze per attuare le precauzioni al fine di stare in guardia e difendersi quando si dimostra necessario. Il principe è visto anche come figura assai drammatica, la quale, per il bene dello stato stesso, non si può permettere di lasciare spazio al proprio carattere, diventando così quasi un uomo-macchina. Secondo alcuni, Machiavelli venne in realtà accusato da subito di nicodemismo, e:  «...di non aver mirato ad altro, in quel libro, che a condurre il tiranno a precipitosa rovina, allettandolo con precetti a lui graditi...»  (Attribuita a Niccolò Machiavelli[28]). Machiavellismo § L'antimachiavellismo e il repubblicanesimo. Gli esponenti di questa seconda interpretazione (la cosiddetta "interpretazione obliqua", diffusa dal XVII secolo, e avanzata per la prima volta da Alberico Gentili spirandosi a Reginald Pole, poi ripresa da Traiano Boccalini e in seguito Baruch Spinoza)[31], furono numerosi soprattutto in ambito illuminista (anche se venne rifiutata da Voltaire), che vedeva in Machiavelli un precursore della politica laica e del repubblicanesimo: la sostennero, dal Settecento, Jean-Jacques Rousseau[33], Vittorio Alfieri[34], Giuseppe Baretti, Giuseppe Maria Galanti[36], gli enciclopedisti (in primis Denis Diderot[3 Opere: Discorso 8] e Jean Baptiste d'Alembert), Foscolo e Parini[, e ha avuto diffusione soprattutto nell'Ottocento, prima e durante il Risorgimento[26]; ne è un esempio quello che Foscolo scrive nei "Sepolcri": «Io quando il monumento / vidi ove posa il corpo di quel grande / che temprando lo scettro a' regnatori / gli allor ne sfronda, ed alle genti svela / di che lagrime grondi e di che sangue». Forse alcuni di essiad esempio, per quanto riguarda Foscolo, è un'ipotesi alternativa di Spongano e riportata anche da Mario Pazzagliaritenevano anche che, pur essendo Il principe un'opera fatta per i tiranni e i governanti, fosse utile lo stesso per svelare al popolo gli intrighi del potere, ritenendo valida l'interpretazione obliqua, qualunque fossero le intenzioni di Machiavelli.  In generale, per i sostenitori di questa lettura, Il principe avrebbe, come le satire (ad esempio Una modesta proposta di Jonathan Swift), uno scopo opposto a quello apparente, come avverrà anche per alcuni scritti di epoca romantica (Lettera semiseria di Grisostomo di Giovanni Berchet o alcune Operette Morali di Giacomo Leopardi).  In epoca più recente, tuttavia, nella maggioranza dei critici è prevalsa la prima interpretazione, quella tradizionale, dal quale risalta la libertà e concretezza, anche spregiudicata, del pensiero di Machiavelli, che non descrive mondi utopici, ma il mondo reale della politica dei suoi tempi,e la sua concezione anticipatrice del realismo politico e della cosiddetta realpolitik. L'interpretazione obliqua è stata riproposta in modo minoritario, ad esempio in alcuni monologhi del drammaturgo e attore Dario Fo. Il modello linguistico prescelto da Machiavelli è fondato sull'uso vivo più che sui modelli letterari; lo scopo, esplicito soprattutto nel Principe, di scrivere qualcosa di utile e chiaramente espressivo lo induce a scegliere spesso modi di dire proverbiali di immediata evidenza. Il lessico impiegato dall'autore si rifà a quello boccacciano, è ricco di parole comuni e i latinismi, seppure abbondanti, provengono per lo più dal gergo cancelleresco. Nelle sue opere ricoprono un ruolo assai rilevante anche le metafore, i paragoni e le immagini. La concretezza è una delle caratteristiche salienti, l'esempio concreto ed essenziale, tratto dalla storia sia antica che recente, è sempre preferito al concetto astratto.  In generale si parla di uno stile "fresco", come lo ebbe a definire il filosofo Nietzsche in Al di là del bene e del male, con un riferimento particolare all'uso della paratassi, a una certa sentenziosità delle frasi, costruite secondo un criterio di chiarezza a scapito di un maggior rigore logico-sintattico. Machiavelli rende evidenti concetti che, se espressi con un linguaggio più elaborato, sarebbero molto difficili da decifrare, e riesce a esprimere le sue tesi con originale capacità espositiva. Opere Discorso fatto al magistrato de' Dieci sopra le cose di Pisa, Parole da dirle sopra la provvisione del danaio, Descrizione del modo tenuto dal Duca Valentino nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, il Signor Pagolo e il duca di Gravina Orsini, De natura Gallorum, Ritratto delle cose di Francia, Ritratto delle cose della Magna, Il Principe, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, Dell'arte della guerra, La vita di Castruccio Castracani da Lucca, Istorie fiorentine, )Riedizione Istorie fiorentine, Venezia, 1546. Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua, Decennali Mandragola, commedia teatrale Belfagor arcidiavolo, Epistolario, L'asino, Edizioni critiche in pubblico dominio:  Legazioni, commissarie, scritti di governo. Fredi Chiappelli. Laterza, Roma-Bari. Drammaturgie minori Clizia, Andria, traduzione-rifacimento dell'Andria di Terenzio Onori Nel 2009 Alitalia gli ha dedicato uno dei suoi Airbus Nella cultura di massa Il suo nome, modificato in "Makaveli", venne usato dal rapper statunitense Tupac Shakur tper firmare molte sue canzoni e un album uscito postumo. Niccolò Machiavelli viene proposto anche nel videogioco Assassin's Creed 2 e il seguito Assassin's Creed: Brotherhood, in veste di Assassino. Proprio in quest'ultimo assume un ruolo particolarmente importante, insieme ad altri personaggi dell'Italia rinascimentale. Niccolò Machiavelli è, assieme a John Dee, il principale antagonista della serie di romanzi fantasy I segreti di Nicholas Flamel, l'immortale (come capo dei servizi segreti francesi), scritta da Michael Scott. Nella mostra "Il Principe di Niccolò Machiavelli e il suo tempo" (Roma, Complesso del Vittoriano, Salone Centrale, promossa dall'Istituto dell'Enciclopedia Italiana e dalla sezione italiana di Aspen Institute, la sezione "Machiavelli e il nostro tempo: usi e abusi" presenta, tra altre "opere", Figurine Liebig, pacchetti di sigarette, schede telefoniche, trading card, cartoline, francobolli, giochi da tavolo e videogiochi dedicati a Machiavelli. Nella serie I Borgia di Neil Jordan è interpretato da Julian Bleach. Machiavel è una band belga, catalogabile sotto il genere progressive rock. Il nome della band è un chiaro omaggio a Niccolò Machiavelli. Nella serie I Medici è interpretato da Vincenzo Crea, Edizione nazionale delle opere Edizione Nazionale delle Opere di Niccolò Machiavelli, Salerno Editrice di Roma:  Il principe, Mario Martelli, corredo filologico Nicoletta Marcelli,  Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, Francesco Bausi, L'arte della guerra. Scritti politici minori, Giorgio Masi, Jean Jacques Marchand, Denis Fachard,  Opere storiche, Alessandro Montevecchi, Carlo Varotti,  ITeatro. Andria-Mandragola-Clizia, Pasquale Stoppelli,  Scritti in poesia e in prosa, Antonio Corsaro, Paola Cosentino, Emanuele Cutinelli-Rèndina, Filippo Grazzini, Nicoletta Marcelli, coordinam. di Francesco Bausi,  ILegazioni, Commissarie, Scritti di governo, Jean-Jacques Marchand, Legazioni. Commissarie. Scritti di governo, Legazioni. Commissarie. Scritti di governo, Jean-Jacques Marchand, Matteo Melera-Morettini, Legazioni. Commissarie. Scritti di governo Denis Fachard, Emanuele Cutinelli-Rèndina, Legazioni. Commissarie. Scritti di governo, Jean-Jacques Marchand, Andrea Guidi, Matteo Melera-Morettini,  Legazioni. Commissarie. Scritti di governo. Denis Fachard, Emanuele Cutinelli-Rèndina,  Legazioni. Commissarie. Scritti di governo, Jean-Jacques Marchand, Andrea Guidi, Matteo Melera-Morettini.  La famosa frase "Il fine giustifica il mezzo" (o "i mezzi"), usata spesso come esempio di machiavellismo, è del critico letterario Francesco de Sanctis, con riferimento ad interpretazioni fuorvianti del pensiero di Machiavelli espresso nel Principe. Il passo di De Sanctis, dal capitolo XV della sua Storia della letteratura italiana, dedicato a Machiavelli, recita: "Ci è un piccolo libro del Machiavelli, tradotto in tutte le lingue, il Principe, che ha gittato nell'ombra le altre sue opere. L'autore è stato giudicato da questo libro, e questo libro è stato giudicato non nel suo valore logico e scientifico, ma nel suo valore morale. E hanno trovato che questo libro è un codice di tirannia, fondato sulla turpe massima che il fine giustifica i mezzi, e il successo loda l'opera. E hanno chiamato machiavellismo questa dottrina. Molte difese sonosi fatte di questo libro ingegnosissime, attribuendosi all'autore questa o quella intenzione più o meno lodevole. Così n'è uscita una discussione limitata e un Machiavelli rimpiccinito".  Celebrazioni per il V centenario del Principe di Machiavelli, Accademia della Crusca, Opera di Santa Maria del Fiore, Libri dei battesimi: Niccolò Piero e Michele di m. Bernardo Machiavellidi Santa Trinita, nacque a dì 3 a hore 4, battezzato a dì 4  Dal Villani, nella sua Cronica. In Discorsi di Architettura del senatore Giovan Battista Nelli,La sua trascrizione del De rerum natura è nel manoscritto Vaticano Rossiano  L. Canfora, Noi e gli antichi, Milano Giovio, Elogia clarorum virorum, 1546, 55v: «Constat a Marcello Virgilio graecae atque latinae linguae flores accepisse»  R. Ridolfi, Lettera Riccardo Bruscagli, "Machiavelli". Il Senato romano fece distruggere Velletri e indebolì Anzio sottraendole la flotta: cfr. Livio, "La sua vicinanza a Pier Soderini, vexillifer perpetuus, si accentua progressivamente in uno sforzo di sottrarre Firenze a un immobilismo indotto dal timore di un potere esecutivo più forte e irrispettoso di una lunga tradizione di libertà repubblicano-oligarchica": Grazzini, Filippo, Ante res perdita, post res perditas : dalle dediche del Decennale primo a quella del Principe, Interpres : rivista di studi quattrocenteschi :Roma : Salerno, .  Lettera. È un'ipotesi del Ridolfi, cDiscorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, «Giovanpagolo, il quale non stimava essere incesto e publico parricida, non seppe, o, a dir meglio, non ardì, avendone giusta occasione, fare una impresa, dove ciascuno avesse ammirato l'animo suo, e avesse di sé lasciato memoria eterna, sendo il primo che avesse dimostro a' prelati quanto sia poco uno che vive e regna come loro; ed avessi fatto una cosa, la cui grandezza avesse superato ogni infamia, ogni pericolo, che da quella potesse dependere»  Nella sua Storia d'Italia, il Guicciardini esprime lo stesso giudizio di Machiavelli  Ritratto delle cose della Magna, in «Tutte le opere storiche, politiche e letterarie2»  Lettera ai Dieci,Il carcere, la tortura e il ritiro all'Albergaccio, su viv-it.org. Ottenendo un giudizio evasivo: cfr. la lettera del Vettori Lettera a Francesco Vettori,  David Quint, Armi e nobiltà : Machiavelli, Guicciardini e le aristocrazie cittadine, Cadmo, Studi italiani. De credulitate et pietate; et an sit melius amari quam timeri, vel e contra.  Il machiavellismo, su dizionariostoria.wordpress.com. Machiavellismo, Treccani, 2Citata in Niccolò Machiavelli, Periodici Mondadori, A. Gentili, De legationibus. R. Pole, Apologia ad Carolum V Caesarem de Unitate Ecclesiae  che talvolta elogiarono però anche alcuni consigli pragmatici dati al principe, come quello della religione come instrumentum regnii; ad esempio Voltaire, nel capitolo Se sia utile mantenere il popolo nella superstizione, del Trattato sulla tolleranza, afferma l'utilità, entro certi limiti, di una forma di religione razionale per il popolo  La fortuna di Machiavelli nei secoli, su windoweb «Machiavelli era un uomo giusto e un buon cittadino; ma, essendo legato alla corte dei Medici, non poteva velare il proprio amore per la libertà nell'oppressione che imperava nel suo paese. La scelta di Cesare Borgia come proprio eroe, ben evidenziò il suo intento segreto; e la contraddizione insita negli insegnamenti del Principe e in quelli dei Discorsi e delle Istorie fiorentine ben dimostra quanto questo profondo pensatore politico è stata finora studiato solo dai lettori superficiali o corrotti. La Corte pontificia vietò severamente la diffusione di quest'opera. Ci credo ... in fondo, quanto scritto la ritrae fedelmente. il libro dei repubblicani (...) fingendo di dare lezioni ai re, ne ha date di grandi ai popoli». (Jean Jacques Rousseau, Il contratto sociale), «Dal solo suo libro Del Principe si potrebbero qua e là ricavare alcune massime immorali e tiranniche, e queste dall'autore son messe in luce (a chi ben riflette) molto più per disvelare ai popoli le ambiziose ed avvedute crudeltà dei principi che non certamente per insegnare ai principi a praticarne... all'incontro, il Machiavelli nelle Storie, e nei Discorsi sopra Tito Livio, ad ogni sua parola e pensiero, respira libertà, giustizia, acume, verità, ed altezza d'animo somma, onde chiunque ben legge, e molto sente, e nell'autore s'immedesima, non può riuscire se non un fuocoso entusiasta di libertà, e un illuminatissimo amatore d'ogni politica virtù» (Del principe e delle lettere,)  «Con quel libro, se la sapessimo tutta, egli si pensò forse di pigliare, come si suol dire, due colombi ad una fava: presentando dall'un lato a' suoi Fiorentini come schietta e naturale una caricata e mostruosa immagine d'un sovrano assoluto, affinché si risolvessero a non averne mai alcuno; e cercando dall'altro di tirare insidiosamente i Medici a governarsi in guisa che s'avessero poi a snodolare il collo, seguendo i fraudolenti precetti da lui con molta adornezza sciorinati in quella sua dannata opera.»  G. Galanti, Elogio di N. Machiavelli cittadino e segretario fiorentino  Alessandro Arienzo, Gianfranco Borrelli, Anglo-American Faces of Machiavelli, Voce "Machiavellismo" dell'Encyclopedie  Franco Ferrucci, Il teatro della fortuna: potere e destino in Machiavelli e Shakespeare, Fazi Editore, Mario Pazzaglia, Note ai Sepolcri, in Antologia della letteratura italiana, vol I  cfr. l'inizio del Dialogo di Tristano e di un amico.  Introduzione a: Alfredo Oriani, Niccolò Machiavelli //repubblica/rubriche/la-parola news/realpolitik Realpolitik  Video di Dario Fo che parla di Machiavelli (trasmissione tv Vieni via con me, su youtube.com. Il Principe di Niccolò Machiavelli e il suo tempo. Catalogo della mostra, Roma Istituto dell'Enciclopedia Italiana, La  su Machiavelli è sterminata. Tentativi di redigerla sono stati realizzati da Achille Norsa, Il principio della forza nel pensiero politico di Niccolò Machiavelli, seguito da un contributo bibliografico, Milano Silvia Ruffo Fiore, Niccolò Machiavelli: an annotated bibliography of modern criticism and scholarship, New York‑Westport‑London 1990; Daria Perocco, Rassegna di studi sulle opere letterarie del Machiavelli, in "Lettere italiane",Emanuele Cutinelli‑Rendina, Rassegna di studi sulle opere politiche e storiche di Niccolò Machiavelli, in "Lettere italiane", Nel  l'Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani ha pubblicato in 3 volumi l'opera Machiavelli: enciclopedia machiavelliana. Di seguito una selezione di studi. Felix Gilbert, Machiavelli e la vita culturale del suo tempo, Bologna, Il mulino, Claude Lefort, Le travail de l'oeuvre Machiavel, Paris, Gallimard, Jean-Jacques Marchand, Niccolò Machiavelli. I primi scritti politici Nascita di un pensiero e di uno stile, Padova, Antenore, Riccardo Bruscagli, Niccolò Machiavelli, Firenze, La Nuova Italia editrice, Roberto Ridolfi, Vita di Niccolò Machiavelli, Firenze, Sansoni, Federico Chabod, Scritti su Machiavelli, Torino, Einaudi, John Greville Agard Pocock, Il momento machiavelliano: il pensiero politico fiorentino e la tradizione repubblicana anglosassone, Bologna, Il mulino,Carlo Dionisotti, Machiavellerie, Torino, Einaudi, 1980 Gennaro Sasso, Niccolo Machiavelli, Il pensiero politico;  La storiografia, Bologna, Il Mulino (Napoli) Giuliano Procacci, Machiavelli nella cultura europea dell'età moderna, Roma-Bari, Laterza, Gennaro Sasso, Machiavelli e gli antichi e altri saggi, I-IV, Milano-Napoli, Ricciardi, Maurizio Viroli, Il sorriso di Niccolò, storia di Machiavelli, Roma-Bari, Laterza, Emanuele Cutinelli-Rendina, Chiesa e religione in Machiavelli, Pisa, Istituti editoriali e poligrafici internazionali, Ugo Dotti, Machiavelli rivoluzionario: vita e opere, Roma, Carocci, 2003 Francesco Bausi, Machiavelli, Roma, Salerno editrice, Giorgio Inglese, Per Machiavelli. L'arte dello stato, la cognizione delle storie, Roma, Carocci, Corrado Vivanti, Niccolò Machiavelli: i tempi della politica, Roma, Donzelli, Andrea Guidi, Un segretario militante. Politica, diplomazia e armi nel Cancelliere Machiavelli, Bologna, il Mulino, 2009 Gabriele Pedullà, Machiavelli in tumulto. Conquista, cittadinanza e conflitto nei 'Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio', Roma, Bulzoni, . William J. Connell, Machiavelli nel Rinascimento italiano, Milano, FrancoAngeli,  Attilio Scuderi, Il libertino in fuga. Machiavelli e la genealogia di un modello culturale, Roma, Donzelli, . Michele Ciliberto, Niccolò Machiavelli. Ragione e pazzia, Roma-Bari, Laterza, . Altri contributi A. Montevecchi, Machiavelli, la vita, il pensiero, i testi esemplari, Milano E. Janni, Machiavelli, Milano S. Zen, Veritas ecclesiastica e Machiavelli, in Monarchia della verità. 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Niccolò Machiavelli, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc, Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Niccolò Machiavelli, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Niccolò Machiavelli, su Find a Grave. Liber Liber. openMLOL, Horizons Unlimited Progetto Gutenberg. Audiolibri di Niccolò Machiavelli, su LibriVox.  di Niccolò Machiavelli, su Internet Speculative Fiction Database, Al von Ruff. Goodreads.   Catalogo Vegetti della letteratura fantastica, Fantascienza.com.Discografia nazionale della canzone italiana, Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi. Niccolò Machiavelli, su Internet Movie Database, IMDb.com.  (DE, EN) Niccolò Machiavelli, su filmportal.de.  Antonio Enzo Quaglio, Machiavelli, Niccolò, in Enciclopedia dantesca, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Fabrizio Franceschini, Machiavelli, Niccolò, in Enciclopedia dell'italiano, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, -. il Principe, ediz. Istorie fiorentine, ediz. Le opere minori di Machiavelli, su machiavelli.letteraturaoperaomnia.org. Opere di Niccolò Machiavelli con giunta di un nuovo indice generale delle cose notabili, Milano, per Giovanni Silvestri,Rassegna bibliografica degli studi machiavelliani.Una ricognizione dei contributi scientifici dedicati al Machiavelli negli ultimi decenni. Niccolò di Bernardo dei Machiavelli. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Machiavelli," per il club anglo-italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

MADERA (Varese). Filoso. Grice: “I like Madera; especially because he uses words I love, like ‘sense’ – ‘la carta del senso’ and soul – anima --.” Insegna a Milano. Ha insegnato a Calabria e Venezia.  È membro dell'Associazione italiana di psicologia analitica, del Laboratorio analitico delle immagini (LAI, associazione per lo studio del gioco della sabbia nella pratica analitica), e fa parte della redazione della Rivista di psicologia analitica. Fonda i Seminari aperti di pratiche filosofiche di Venezia e di Milano e PhiloPratiche filosofiche a Milano.  Studia Jung. Define la sua proposta nel campo della ricerca e della cura del senso "analisi biografica a orientamento filosofico", formando la Società degli analisti filosofi. Fondat l'”Analisi Biografica A Orientamento Filosofico”, pratica filosofica volta a utilizzare e a trasformare il metodo psico-analitico, nata agli inizi Professoree oggi praticata in diverse città .  La pratica dell'analista filosofo si rivolge alle dimensioni “sane” ed è volta alla ricerca di senso dell'esistenza dell'analizzante. L’orientamento filosofico è inteso come ricerca di senso che, a differenza della filosofia come modo di vivere dell’antichità, parte dalla biografia storicamente, culturalmente e socialmente incarnata. Questo è un tentativo di risposta alla crisi delle istituzioni tradizionalmente riconosciute come orientanti l’esistenza; l'analista filosofo si propone di riformulare su base biografica i processi formativi integrandoli con le psicologie del “profondo”. L’aver cura “terapeutica” dell’insieme della personalità e della vita dei gruppi è stato da sempre vocazione della filosofia, riproposta come contenitore di diversi approcci e discipline delle scienze umane, dalla psicoanalisi alla pedagogia. Il senso è inteso come il fattore terapeutico fondamentale.  L'analisi biografica a orientamento filosofico non si occupa della cura delle psicopatologie, a meno che l'analista filosofo non sia anche uno psicoterapeuta, psicologo o psichiatra.  Essendo una pratica filosofica, sono richiesti all'analista non solo la competenza professionale ma anche l'indirizzo vocazionale della sua vita alla filosofia, dedicandosi agli esercizi filosofici personali e comunitari.  L'ambito di esperienze e teorie da cui deriva riunisce l'eredità delle psicologie del profondo, la filosofia intesa nel suo valore terapeutico e come stile di vita, la pedagogia del corpo e le pratiche di meditazione, la psicologia sistemica, il metodo autobiografico e biografico, la narrazione delle storie di vita in una prospettiva sociologica.  Opere:“Identità e feticismo” (Moizzi, Milano); “Dio il Mondo, Coliseum, Milano, “L'alchimia ribelle,” Palomar, Bari, “Jung. Biografia e teoria,” Bruno Mondadori, Milano, “L'animale visionario,” Il Saggiatore, Milano, “Mia philosophikê askêsê”, in ê sunantêsê, “Ti einai ê philosophika prosanatolismenê biographikê analusê?”, in ê sunantêsê, La filosofia come stile di vita,  Bruno Mondadori, Milano, Ipoc, Milano, Il nudo piacere di vivere, Arnoldo Mondadori, Milano, "Che cosa è l'analisi biografica a orientamento filosofico", in Pratiche filosofiche e cura di sé, Bruno Mondadori, Milano, Jung come precursore di una filosofia per l'anima”, in , Il senso di psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista di psicologia analitica. La carta del senso” Psicologia del profondo e vita filosofica, Raffaello Cortina Editore, Milano, ,  Ipoc,  Una filosofia per l'anima. All'incrocio di psicologia analitica e pratiche filosofiche (Chiara Mirabelli), Ipoc, Milano  “Empirisme ou une philosophie pour l’ame?”, in Recherches Germaniques, Université de Strasbourg, Hors série n. 9,  “The Missing Link: from Jung to Hadot and Vice Versa”, in Eranos. Its Magical Past and Alluring Future: the Spirit of a Wondrous Place, Spring, Jung. L'opera al rosso, Feltrinelli, Milano. Sconfitta e utopia. Identità e feticismo attraverso Marx e Nietzsche, Mimesis, Milano  “Che tipo di sapere potrebbe essere quello della psicoanalisi?”, in Psiche. Rivista di cultura psicoanalitica, n  Màdera R., “Dalla pseudo-speciazione al capro espiatorio", in , Tabula rasa. Neuroscienze e culture, Fondazione Intercultura , "The psychic counterpoise to violence towards the human other", in Papadopoulos, Moral Injury and Beyond. 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La cura dell'anima tra religioni, psicoterapia, counselling filosofici, Moretti&Vitali, Bergamo, Galimberti U., Nuovo dizionario di psicologia. Psichiatria, psicoanalisi, neuroscienze, voce “Biografico, Metodo”, Feltrinelli, Milano  Gamelli I., Mirabelli C., Non solo a parole. Corpo e narrazione nella formazione e nella cura, Raffaello Cortina, Milano  Janigro N. , La vocazione della psiche, Einaudi, Torino  Janigro N., Psicoanalisi. Un’eredità al futuro, Mimesis, Milano  Malinconico A. , "Dialettica di redazione (ancora in tema di analisi biografica a orientamento filosofico)", in , Il senso di psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista di psicologia analitica, Malinconico A., Psicologia Analitica e mito dell’immagine. Biblioteca di Vivarium, Milano  Montanari M., “Per una filosofia del profondo”, in , Il senso di psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista di psicologia analitica, Montanari M., La filosofia come cura, Mursia, Milano  Montanari M., Vivere la filosofia, Mursia, Milano  Moreni L. , “Intervista a tre analisti filosofi”, in , Il senso di psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista di psicologia analitica, Sull’analisi biografica a orientamento filosofico  Analisi biografica e cura di sé  Una nuova formazione alla cura  Psiche e città. La nuova politica nelle parole di analisti e filosofi  Quattordici punti sull’analisi biografica a orientamento filosofico. Romano Màdera et l’analyse biographique à orientation philosophique. Romano Màdera. Keywords: “profondo” “la grammatical profonda” “la grammatical del profondo” Tiefe Grammatik – implicatura del profondo, implicatura del superficiale.

 

MAFFETONE. (Napoli). Filosofo.  Grice: “I like Maffetone; he tries, like I do, to defend Socrates against Thrasymacus; in the proceedings, he provides his view on the foundations of Italian liberalism – and has recently explored the topic of what he calls ‘il valore della vita.’” Si laurea a Napoli. Ha contribuito al dibattito scientifico sui temi di bioetica e etica dell'economia e della politica, alla Rawls,, tentando di ricostruire i principi del liberalismo applicandoli al contesto dell’economia. Insegna a Roma. Presidente della Fondazione Ravello.  Opere:  “I fondamenti del liberalismo” (Laterza, Etica Pubblica, Il Saggiatore); “La pensabilità del mondo” (Il Saggiatore, “Rawls” (Laterza). “Un mondo migliore. Giustizia globale tra Leviatano e Cosmopoli, “Marx nel XXI secolo,” Luiss University Press. Radio Radicale. Sebastiano Maffettone. Keywords: contrattualismo. Rawls on Grice on personal identity. Keywords: quasi-contrattualismo conversazionale.

 

MAGALOTTI. (Roma). Filosofo. Grice: “I like Magalotti – very philosophical” – Grice: “When a philosopher is a count, we don’t say that he was a professional philosopher, but not an amateur philosopher either – ‘philosopher’ does!” – Grice: “I like his ‘saggi’ on ‘natural experience’ – he is being Aristotelian: there is natural experience and there is trans-natural experience – and there is supernatural experience!” Appartenente all’aristocrazia, figlio di Orazio, prefetto dei corriere pontifici, e Francesca Venturi. Studia a Roma e Pisa, dove e allievo di Viviani e Malpighi.  Segretario di Leopoldo de' Medici, segretario dell'Accademia del Cimento (fondata da de’ Medici). Fa parte anche dell'Accademia della Crusca e dell'Accademia dell'Arcadia, Dall'esperienza al Cimento nacque i “Saggi di naturali esperienze, ossia le relazioni dell'attività dell'Accademia del Cimento”. Passa al servizio di Cosimo III de' Medici  iniziando così un'attività che lo porta a una serie di viaggi per l'Europa (raccolse in diverse opere le sue vivaci e brillanti relazioni di viaggio). Ottenne il titolo di conte e la nomina ad ambasciatore a Vienna. Si ritira alla villa Magalotti, in Lonchio. Si dedica alla filosofia, con particolare attenzione per la filosofia naturale di Galilei Opere:   “Canzonette anacreontiche di Lindoro Elateo, pastore arcade” “Delle lettere familiari del conte Lorenzo Magalotti e di altri insigni uomini a lui scritte, Firenze,  Diario di Francia, M.L. Doglio, Palermo, Sellerio. “La donna immaginaria, canzoniere, con altre di lui leggiadrissime composizioni inedited” (Lucca); “Lettere del conte Lorenzo Magalotti gentiluomo fiorentino dedicate all'Ecc.mo e Clar.mo Sig. Senatore Carlo Ginori Cav. dell'Ordine di S. Stefano, Segretario delle Riformagioni e delle Tratte, Lucca. Lettere contro l'ateismo, Venezia. Lettere odorose, E. Falqui, Milano. Lettere scientifiche. “Lettere” (Firenze). “Saggi di naturali esperienze fatte nell'Accademia del cimento sotto la protezione del Serenissimo Principe Leopoldo di Toscana e descritte dal Segretario di essa Accademia, Milano. “Scritti di corte e di mondo” Enrico Falqui, Roma. “Varie operette del conte Lorenzo Magalotti con giunta di otto lettere su le terre odorose d'Europa e d'America dette volgarmente buccheri”  Roma.Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Saggi di naturali esperienze fatte nell'Accademia del Cimento sotto la protezione del serenissimo principe Leopoldo di Toscana e descritte dal segretario di essa Accademia (Firenze: per Giuseppe Cocchini all'Insegna della Stella); “La donna immaginaria canzoniere del celebre conte Lorenzo Magalotti ora per la prima volta dato alla luce e dedicato alle nobilissime dame italiane” (Firenze: appresso Andrea Bonducci); “Canzonette anacreontiche di Lindoro Elateo pastore arcade” (Firenze : per Gio. Gaetano Tartini, e Santi Franchi); “Il sidro poema in due canti di Giovanni Filips tradotto dall'inglese in toscano dal celebre conte Lorenzo Magalotti ora per la prima volta stampato con altre traduzioni, e componimenti di vari autori” (Firenze: appresso Andrea Bonducci); Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond, Opere slegate : precedute da un carteggio tra Magalotti e Saint-Évremond, tradotte in toscano” (Roma: Edizioni dell'Ateneo). Scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze, Elogio storico del conte Lorenzo Magalotti nell'edizione de La donna immaginaria canzoniere del conte Lorenzo Magalotti con altre di lui leggiadrissime composizioni inedite, raccolte e pubblicate da Gaetano Cambiagi, In Lucca: nella stamperia di Gio. Riccomini, Dizionario critico della letteratura italiana, Torino, UTET,  Lorenzo Magalotti, Relazioni di viaggio in Inghilterra, Francia e Svezia” (Bari, G. Laterza). Treccani Enciclopedie, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. Liber Liber. openMLOL, Horizons Unlimited srl.  Relazioni di viaggio in Inghilterra, Francia e Svezia  Lettere scientifiche ed erudite  Comento sui primi cinque canti dell'Inferno di Dante, e quattro lettere del conte Lorenzo Magalotti  Canzonette anacreontiche di Lindoro Elateo pastore arcade  Lettere scientifiche ed erudite  La donna immaginaria  Novelle  (il volume contiene anche opere di altri autori) Gli amori innocenti di Sigismondo conte d'Arco con la Principessa Claudia Felice d'Inspruch. Il conte Lorenzo Magalotti. Villa Magalotti. Keyword: ‘naturali esperienze’ --.

 

MAGGI. (Pompiano). FIlosofo. Grice: “I like his portrait” – Grice: “My favourite of his essays is on the ridiculous; but his most specifically philosophical stuff is the ‘lectiones philosophicae’ and the ‘consilia philosophica.’” La famiglia aveva possedimenti e anche un negozio di farmacia. Il padre Francesco, uomo di lettere, fu il suo primo maestro.  Studia a Padova con Bagolino e frequenta attivamente gli ambienti culturali della città. Si laurea e insegna filosofia. Membro dell'«Accademia degli Infiammati», strinse amicizia con Barbaro, Lombardi, Piccolomini, Speroni, Tomitano, Varchi, entrò quindi a far parte del circolo di Bembo, frequentando insigni filosofi come Paleario, Lampridio e Emigli. Conobbe iPole, Vergerio, Flaminio e Priuli. Il dibattito sulla questione della lingua e sui temi estetici legati soprattutto all'interpretazione della Poetica aristotelica condusse alla preparazione di un commento allo scritto di Aristotele che, iniziato da Lombardi, fu proseguito, concluso e fatto pubblicare da Maggi, con altra sua opera dedicata ad Orazio, a Venezia: le “In Aristotelis librum de Poetica communes explanationes: Madii vero in eundem librum propriae annotations”, dedicato a Madruzzo. Lascia Padova per entrare al servizio del duca Ercole II d'Este come precettore del figlio Alfonso e, insieme, per insegnare filosofia a Ferrara. Si conservano appunti delle sue lezioni sulla Poetica. Anche della vita culturale della città estense  fu protagonista, divenendo  principe dell'«Accademia dei Filareti», che vanta membri come Bentivoglio, Calcagnini, Giraldi e Cinzio, oltre a essere amico degli umanisti Pigna, Porto e Ricci, che gli diede pubblicamente merito di essere stato «il primo interprete della Poetica di Aristotele».  “Mulierum praeconium” o “De mulierum praestantia” e dedicata ad Anna d'Este, la figlia di Ercole e di Renata di Francia, che nello stesso anno fu tradotta “Un brieve trattato dell'eccellentia delle donne.” Comprende anche una Essortatione a gli huomini perché non si lascino superar dalle donne, attribuita a Lando, che si pone come corollario dell'orazione del Maggi.  Alla chiusura temporanea dell'Università, ritorna a Brescia, partecipando alle riunioni dell'Accademia di Rezzato, fondata da Chizzola. Abita nella quadra della cittadella vecchia, in contrada Santo Spirito. Sposa Francesca, figlia del nobile Paris Rosa,. A Brescia sede nel Consiglio Generale e fu incluso nell'elenco dei consiglieri comunali della città destilla reggenza delle podestarie maggiori del territorio. Fu destinato alla Podestaria di Orzinuovi, ma vi rinunciò, come rinunciò anche alla podestaria di Salò, e partecipò alle sedute del Consiglio Generale. Altre opere: “Un brieve trattato dell'eccellentia delle donne, Brescia, Turlini “In Aristotelis librum de Poetica communes explanationes: Madii vero in eundem librum propriae annotationes, Venetiis, Valgrisi; De ridiculis, in Horatii librum de arte poetica interpretatio, Venetiis, Valgrisi, “Lectiones philosophicae” Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms.  Expositio in libros de Coelo et Mundo, Milano, Biblioteca Ambrosiana, ms,  Expositio de Coelo, de Anima, Milano, Biblioteca Ambrosiana, Quaestio de visione, Milano, Biblioteca Ambrosiana, Espositio super primo Coelo, Piacenza, Biblioteca Passerini-Landi, ms Pollastrelli, Mulierum praeconium, Modena, Biblioteca Estense, ms Estensis latinus. Oratio de cognitionis praestantia, Ferrariae, apud Franciscum Rubeum de Valentia, Consilia philosophica , Vincentii Madii et Jo. Bap. Pignae in favorem serenissimi Ferrariae ducis in ea praecedentia, Archivio di Stato, Casa e Stato,  Modena. Note  In Alessandro Sardi, Estensis latinus 88, Modena, Biblioteca Estense.  Giulio Bertoni, Nota su Vincenzo Maggi, in «Giornale storico della letteratura italiana», C.. Fahy, Un trattato di Vincenzo Maggi sulle donne e un'opera sconosciuta di Lando, in «Giornale storico della letteratura italiana»,  Bruni, Speroni e l'Accademia degli Infiammati, in «Filologia e letteratura», XIWeinberg , Trattati di retorica e poetica, III, Roma-Bari, Laterza,  Enrico Bisanti, Vincenzo Maggi, interprete tridentino della Poetica di Aristotele, Brescia, Geroldi, Giorgio Tortelli, Quattro Maggi in cerca d'autore, in «Quaderni del Lombardo-Veneto», Padova, Vincenzo Maggi, su Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  VEnciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Vincenzo Maggi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Liber Liber.  MLOL, Horizons. Vincenzo Maggi.

 

MAGI. (Pesaro). Filosofo. Grice: “A fascinating philosopher – “journey around the world in ten words,’ a gem!” --  Insegna a 'Urbino. Si dedica alla psicologia “trans-personale”. Fonda il Centro di Filosofia Comparativa (cf. ‘implicatura comparativa’) e “Incognita” a Pesaro, tesoreggiando ‘l’intelligenza del cuore’ e il principio dell’interiorità. Scrisse “I 36 stratagemmi” (Edizioni Il Punto d'Incontro; dal , BestBUR). Il suo “Il Gioco dell'Eroe. Le porte della percezione per essere straordinario in un mondo ordinario” vede un clamoroso successo.  “I 64 Enigmi. L'antica sapienza  per vincere nel mondo” (Sperling & Kupfer )è segnalato  al primo posto dei libri più attesi. Lo stato intermedio tratta l’argomento rimosso dei nostri tempi: la morte, e abbraccia l'orizzonte ampio degli ambiti cari agli autori: filosofia, mistica, psicologia transpersonale, esperienze ai confini della morte. Esce un aggiornamento ampliato del Gioco dell'Eroe con il sottotitolo “La porta dell'Immaginazione”. Vgetariano dichiarato., si focalizza sui modelli mistici per approfondirne, oltre la portata metafisica e auto-realizzativa, i concetti di efficacia ed efficienza: nel libro I 36 stratagemmi declina il taoismo nei suoi aspetti di strategia psicologica; nel saggio "Le arti marziali della parola" in La nobile arte dell'insulto (Einaudi) evidenzia come l'arte del combattimento diventi arte retorica e dialettica; nei saggi Il dito e la luna, La via dell'umorismo e Il tesoro nascosto mostra il rilievo della comunicazione metaforica e umoristica. Ha inoltre elaborato e sviluppato la dimensione della psicologia transpersonale all'interno del Gioco dell'Eroe , disciplina da lui creata e imperniata sulla capacità umana dell'immaginazione.  Altre opere: “Il dharma del sacrificio del mondo” (Panozzo); “La filosofia del linguaggio eterno,” (cf. Grice: ‘timeless’ meaning, versus ‘timeful’?). Urbino, “Quaderno indiano,” Scuola superiore di filosofia comparativa di Rimini, “Il dito e la luna,” Il Punto d'Incontro  I 36 stratagemmi, Il Punto d'Incontro (dal , BestBur; edizione tedesca: 36 Strategeme. Die chinesische Kunst der Strategie, Random House Kailash Verlag, edizione spagnola: Las 36 estratagemas. El arte secreto de la estrategia china, Obelisco Ediciones, edizione portoghese: "Os 36 Estratagemas Chineses", Esfera dos Livros, ); Sanjiao. I tre pilastri della sapienza, Il Punto d'Incontro, Einaudi, Uscite dal sogno della veglia. Viaggio attraverso la filosofia della Liberazione, Scuola superiore di filosofia comparativa di Rimini,  La Via dell'umorismo, Il Punto d'Incontro, La vita è uno stato mentale. Ovvero La conta dei frutti delle azioni nel mondo evanescente, Bompiani,  Kauṭilya, Il Codice del Potere (Arthaśāstra). Arte della guerra e della strategia, Edizioni Il Punto d'Incontro,   "Lo yoga segreto del perfetto sovrano" di Gianluca Magi, “Il Gioco dell'Eroe,” Il Punto d'Incontro,   I 64 Enigmi, Sperling & Kupfer, . Lo stato intermedio, , Arte di Essere, . Il tesoro nascosto. 100 lezioni sufi, Sperling & Kupfer, . Il Gioco dell'Eroe. La porta dell'Immaginazione, Il Punto d'Incontro, 101 burle spirituali, Sperling & Kupfer, Recitato un cameo, nel ruolo di se stesso, nel film Niente è come sembra, di Franco Battiato, a fianco di Jodorowsky. Jodorowsky ha scritto in seguito la presentazione del libro di Magi La Via dell'umorismo.Premio internazionale Letteratura “ArteSpirito”. Blog .  «Fondai a Rimini il Centro di Filosofia Comparativa”. Per spaziare in temi altissimi con una narrazione transdisciplinare. Attraverso immaginazione, religioni, filosofie, arti e scienze».  Incognita. Advanced Creativity  Il Secolo XIX 18 settembre  (Roberto Onofrio) " 'Incognita' di Pesaro. Diario di viaggio nell'Oltre, un'immersione interiore al di là dello spazio-tempo"31  Il Secolo XIX 26 giugno  (Roberto Onofrio) "Advanced Creativity Mind School. Per capire l'entrata nell'epoca del post-umano" Per il titolo del suo album Dieci stratagemmi, Battiato si è ispirato a I 36 stratagemmi di Gianluca Magi. Il sottotitolo, "Attraversare il mare per ingannare il cielo" è il primo stratagemma dei trentasei che compongono che il libro.  Stralcio della quinta puntata (youtube)  Modelli strategici . Corriere della Sera, (Edoardo Camurri)  wuz  Panorama (Anna Mazzone)  wuz  Panorama (Oriana Allegri)  Il Secolo XIX 2 (Roberto Onofrio) "Aprite le porte all'Immaginazione, c'è un mondo oltre la quotidianità"42  Gianluca Magi, I 64 Enigmi, Sperling & Kupfer, Milano : «Diversi anni fa, in un’intervista, mi chiesero perché sono vegetariano. La mia risposta fu molto sintetica (e la penso ancora così): Non mangio animali. Non riesco a digerire l'agonia».  La Repubblica (Michele Serra); Il Riformista (Luca Mastrantonio); Il Venerdì di Repubblica (Brunella Schisa)  Il Gioco dell'Eroe, Il Punto d'Incontro, . Libro/CD con prefazione di Franco Battiato  Il Gioco dell'EroeGianluca. Scena del film ove compaiono Gianluca Magi e Alejandro Jodorowsky (youtube)  La Via dell'umorismo, Il Punto d'Incontro, Vicenza, La Stampa (Il Premio è stato conferito dalle autorità della Repubblica di San Marino con la motivazione: «Lo scrittore che ha costruitoattraverso la sua produzione e l'attività del Centro di Filosofia Comparativa di Rimini ponti di comunicazione tra le antiche saggezze d'Oriente e d'Occidente, attualizzandone, in teoria e in pratica, il loro messaggio filosofico, psicologico e spirituale per l'uomo contemporaneo»). Gli altri premi sono stati conferiti a: Franco Battiato (Musica), Alejandro Jodorowsky (Teatro), Franco Mussida (Arti visive), Silvano Agosti (Cinema), Massimo Gramellini (Giornalismo), Gabriele La Porta (Televisione).  Sito ufficiale di Gianluca Magi (in cinque lingue) Incognita ◦ Advanced Creativity "Psicologia transpersonale. Che cos'è?" Video Lectio brevis di Gianluca Magi. Riflessioni di Gianluca Magi sul Senso della vita su riflessioni. Gianluca Magi. Keywords: ‘implicatura comparativa’ mistico. 

 

MAGNANI. Sannazzaro de’ Burgondi). Filosofo.  Grice: “I like Magnani; he has written about conceptual change, which I enjoyed!” -- Grice: “I like Magnani; his treatise on the philosophy of geometry is brilliant!” --  essential Italian philosopher, not to be confussed with Tenessee Williams’s favourite actress, Anna Magnani --. Insegna a 'Pavia, dove dirige il Computational Philosophy Laboratory. Dedicatosi allo studio della storia e della filosofia della geometriai, i suoi interessi si sono poi rivolti all'analisi della tradizione neopositivista e post-positivista. Si è poi dedicato al tema della scoperta scientifica e del ragionamento creativo. Studia tematiche riguardanti il ragionamento diagnostico in medicina in collegamento con il problema dell'abduzione, presto diventato fondamentale nella sua ricerca. La sua attenzione si è anche indirizzata verso il cosiddetto model-based reasoning. Fonda una serie di conferenze sul Model-Based Reasoning. Trattai problemi di filosofia della tecnologia e di etica, rivolti anche al tema trascurato in filosofia dell'analisi della violenza.  I suoi interessi di ricerca includono dunque la filosofia della scienza, la logica, le scienze cognitive, l'intelligenza artificiale e la filosofia della medicina, nonché i rapporti fra etica e tecnologia e tra etica e violenza. Ha contribuito a diffondere il problema dell'abduzione. La sua ricerca storico-scientifica ha riguardato principalmente la filosofia della geometria. Dirige la Collana di Libri SAPERE. Opere : “Conoscenza come dovere. Moralità distribuita in un mondo tecnologico” “Filosofia della violenza” “Rispetta gli altri come cose. Sviluppa una teoria filosofica dei rapporti fra tecnologia ed etica in una prospettiva naturalistica e cognitiva. Note  Web Page del Dipartimento di Studi Umanistici  Computational Philosophy Laboratory Web Site  [Cfr. le varie pagine dedicate a questi convegni in//www-3.unipv/webphilos_lab/cpl/index.php Computational Philosophy Laboratory], Dipartimento di Studi Umanistici, Sezione di Filosofia, Pavia, Pavia (Italia)]  Sun Yat-sen Award   Cerimonia  Book Series SAPERE Web Page  Copia archiviata, su lesacademies.org. Edizione cinese:   Philosophy and Geometry  Morality in a Technological WorldAcademic and Professional BooksCambridge University Press  Abductive Cognition  Understanding Violence  The Abductive Structure of Scientific Creativity  Author Web Page  Handbook of Model-Based Science  Lorenzo Magnani: Logica e possibilità, su RAI Filosofia, su filosofia.rai. Lorenzo Magnani: Filosofia della violenza, su RAI Filosofia, su filosofia.rai. Lorenzo Magnani. Refs. Luigi Speranza, "Grice e Magnani," per il Club Anglo-Italiano -- The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

MAGNI. (Milano). Filosofo. Grice: “I love Magni – He has gems like ‘Petrus is Petrus’ – I’m talking about his “Principia et specimen philosophiae” – The titles for the chapters are amusing, and he refers to ‘ratio essendi’ – and other stuff – *Very* amusing --.”Figlio dal conte Costantino Magni e da Ottavia Carcassola, si trasferì a Praga. Entrò nei cappuccini della provincia boema a Praga. Insegna filosofia entrando, grazie al suo insegnamento, nelle grazie dell'imperatore. Presto fu eletto Provinciale della Provincia austro-boema dell'ordine e divenne apprezzato consigliere dell'imperatore e di altri principi europei. Il re Sigismondo III gli affidò la missione cappuccina nel suo paese. Ferdinando II lo inviò in missione diplomatica in Francia. Fu uno dei consiglieri del duca Massimiliano I di iera. Dopo la battaglia della Montagna Bianca, sostenne l'arcivescovo di Praga Ernesto Adalberto d'Harrach nella cattolicizzazione della popolazione e nelle riforme diocesane. Prese parte in nome dell'imperatore ai negoziati con il cardinale Richelieu sulla successione ereditaria al trono di Mantova. Nel 1635 divenne consulente teologico nei negoziati per la pace di Praga e dal 1645 fu missionario apostolico per l'elettorato di Sassonia, Assia, Brandeburgo e Danzica. Nel luglio del 1647 riprodusse a Varsavia di fronte al re e alla corte l'esperimento di Torricelli usando un tubo riempito di mercurio per produrre il vuoto.  Riuscì a convertire il conte Ernesto d'Assia-Rheinfels e sua moglie.  Dopo che l'Praga venne affidata ai Gesuiti, entrò in contrasto con i gesuiti, che lo fecero arrestare a Vienna nel 1655. Fu rilasciato dalla prigione per intervento dell'Imperatore e tornò a Salisburgo, dove morì quello stesso anno. Frutto della sua polemica con i protestanti è “De acatholicorum credendi regula judicium” in cui sostene che senza l'autorità della Chiesa, la Bibbia da sola non era sufficiente come regola di fede per i cristiani. Trata lo stesso argomento in “Judicium de acatholicorum et catholicorum regula credenda”, le cui debolezze argomentative scatenarono la contro-offensiva dei protestanti. Si occupa di metodologia, logica, epistemologia, cosmologia, metafisica, matematica e scienze naturali. Rifiutò i principi aristotelico-scolastici, ispirandosi alle dottrine di Platone, Agostino e Bonaventura. Altre opera: “Apologia contra imposturas Jesuitarum,” “Christiana et catholica defensio adversus Societatem Jesu,” “Opus philosophicum,” “Commentarius de homine infami personato sub titulis Iocosi Severi Medii,” :Concussio fundamentorum ecclesiae catholicae, iactata ab Herm. Conringi, “Conringiana concussio Sanctissimi in Christo papae catholici retorta,” “Echo Absurditatum Ulrici de Neufeld Blesa” “Epistola de responsione H. Conringii” “Epistola Valeriani Magni Fratris Capucini, Epistola de quaestione utrum Primatus Rom. Pontificis, “Principia et specimen philosophiae, Acta disputationis habitae Rheinfelsae apud S. Goarem, Organum theologicum, Methodus convincendi et revocandi haereticos, De luce mentium, Judicium de catholicorum ei acatholicorum regula credendi, “De atheismo Aristotelis ad Mersennum,  Demonstratio ocularis, loci sine locato: corporis successiuè moti in vacuo, Bononiae, typis haeredis Victorij Benatij. Vedi la voce nella Enciclopedia Italiana. J. Cygan, Valerianus Magni, “Vita prima”, operum recensio et bibliographia, Romae, “Opera Valeriani Magni velut manuscripta tradita aut typis impressa, «Collectanea Franciscana», Alessandro Catalano, La Boemia e la riconquista delle coscienze. Ernst Adalbert von Harrach e la Controriforma, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, Massimo Bucciantini, «La discussione sul vuoto in Italia: il caso di Valeriano Magni», in: Discussioni sul nulla tra Medioevo ed Età moderna, Massimiliano Lenzi e Alfonso Maierù, Firenze, Leo S. Olschki, Alfredo Di Napoli, Valeriano Magni da Milano e la riforma ecclesiastica in Boemia attraverso la corrispondenza della Congregazione de Propaganda Fide, Centro Studi Cappuccini LombardiNuova serie 2, Edizioni Biblioteca Francescana, Milano. Relatio veridica de pio obitu R.P. Valeriani Magni, Lione, Ludwig von Pastor, Storia dei papi, XIII, trad. it., Roma, TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Heinrich Kretschmayr, Valeriano Magni, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Valeriano Magni, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Michael Bihl, Valeriano Magni. G. Leroy, 1789. Valeriano Magni. Luigi Speranza, “Grice e Magni: ‘Paolo e Paolo: assiomi e principi metafisici” – The Swimming-Pool Library

 

MAINARDINI. (Padova). Filosofo. Grice: “Padova tries to institute the ‘regnum’ as between Aristotle’s ‘polis’ and the modern ‘stato,’ but in which case, we wouldn’t call it ‘politeia’ anymore!” --  Grice: “When I studied change I focused on von Wright – but then there is Padova and his ‘grammatica del mutamento’!”  Nato da una famiglia di giudici e notai – il padre: ‘di Giovanni’ -- che viveva vicino al Duomo di Padova, completò i suoi studi a Parigi dove fu insignito dell'autorità di rettore. Il tempo trascorso a Parigi influì moltissimo sull'evoluzione del suo pensiero. Gli anni parigini furono molto importanti e fecondi per l'evoluzione del suo pensiero e la visione dello stato di corruzione in cui versava il clero lo portò a diventare anti-curialista.  A Parigi incontrò Occam e Jandun, con cui condivise passione politica e atteggiamento di avversione verso il potere temporale della Chiesa. Con Jandun rimase legato da grande amicizia e assieme a lui subì l'esilio.  Mainardini dopo le sue dure affermazioni contro la Chiesa venne bollato con l'epiteto di “figlio del diavolo”. Mainardini si trova a Parigi quando si sviluppò la lotta tra Filippo, re di Francia, e il Papato. Tutto ciò, assieme al vivace contesto culturale in cui si muoveva, lo portò alla compilazione della sua opera maggiore il Defensor Pacis, l'opera cui deve la sua fama e che influì moltissimo sia sul pensiero filosofico-politico contemporaneo che su quello successivo.  A Parigi sperimentò una monarchia decisa ad accrescere il proprio potere e la propria autorità su tutte le forze politiche centrifughe del momento ivi compresa la Chiesa di Bonifacio VIII. Diventato consigliere politico ed ecclesiastico di Ludovico il aro lo seguì a Roma nel 1327 in occasione della sua incoronazione imperiale e qui fu nominato dallo stesso Ludovico vicario spirituale della città. L'incoronazione imperiale avvenne ad opera del popolo romano anziché del papa inaugurando, così, quella stagione dell'impero laico che Mainardini vagheggiava e che avrebbe aperto la strada alla laicizzazione dell'elezione imperiale e alla cosiddetta Bolla d'Oro  di Carlo IV di Boemia.  Con la Bolla d'Oro fu eliminata ogni ingerenza del papa nell'elezione imperiale diventando così un fatto esclusivamente tedesco. Fu ancora con Ludovico quando questi si ritirò, dopo il fallimento dell'impresa romana, in Germania dove rimase fino alla morte. È del periodo immediatamente antecedente la sua morte la compilazione di alcune opere minori tra cui spicca il “Defensor Minor,” un piccolo capolavoro. Si può definire l'opera di Marsilio come il prodotto di tempi in cui confluiscono la virtù del cittadino, il nazionalismo francese e l'imperialismo renano-germanico. Il Difensore della pace” è la sua opera più conosciuta in cui, fra l'altro, tratta dell'origine della legge.  Il suo fondamento era il concetto di ‘pace,’ intesa come base indispensabile dello Stato e come condizione essenziale dell'attività umana. Si tratta di un'opera laica, chiara, priva di retorica, moderna e per alcuni versi ancora attuale. La necessità dello Stato non discendeva più da finalità etico-religiose, ma dalla natura umana nella ricerca di una vita sufficiente e dall'esigenza di realizzare un fine prettamente umano e non altro. Da questa esigenza nascono le varie comunità, dalla più piccola alla più grande e complessa, lo Stato. Ne deriva la necessità di un ordinamento nella comunità che ne assicuri la convivenza e l'esercizio delle proprie funzioni. Per Marsilio questa esigenza ha caratteristiche prettamente umane che non rispondono a finalità etiche ma civili, contingenti e storiche. Alla base dell'ordinamento c'è la volontà comune dei cittadini, superiore a qualsiasi altra volontà. È la volontà dei cittadini che attribuisce al Governo, “Pars Principans,” il potere di comandare su tutte le altre parti, potere che sempre, e comunque, è un potere delegato, esercitato in nome della “volontà popolare.” La conseguenza di questo principio era che l'autorità politica non discendeva da Dio o dal papa, ma dal “popolo,” inteso come “sanior et melior pars.” In questa ottica egli propone che i vescovi venissero eletti da assemblee popolari e che il potere del papa fosse subordinato a quello del concilio. Ludovico il aro Marsilio pone il problema, che tratterà anche nel Defensor Minor, del rapporto con il Papato e con i suoi principi politici costruiti.   «occulta valde, qua romanum imperium dudum laboravit, laboratque continuo, vehementer contagiosa, nil minus et prona serpere in reliquas omnes civitates et regna ipsorum iam plurima sui aviditate temptavit invadere [...]» «[...] segretamente, con i quali aveva cercato, e continua a cercare, di insinuarsi subdolamente in tutte le altre comunità e regni che aveva già tentato di attaccare con la propria enorme avidità»  (Defensor pacis) Il giudizio di Mainardini sulla chiesa come istituzione è molto negativo e lo manifesta con la crudezza di linguaggio che gli è solita quando affronta l'argomento dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa. Lo scalpore suscitato da questa opera obbligò Mainardini a fuggire presso l'imperatore Ludovico il aro, con il quale scese in Italia. Il Defensor minor si colloca fra le opere minori di Mainardini, ma si distingue per la sua importanza. Si differenzia dal Defensor pacis per essere un'opera più propriamente teologica mentre l'altra è prevalentemente politica. Lo studio condotto nel Defensor Minor riguarda la giurisdizione civile ed ecclesiastica, la confessione auricolare, la penitenza, le indulgenze, le crociate, i pellegrinaggi, la plenitudo potestatis, il potere legislativo, l'origine della sovranità, il matrimonio e il divorzio. Il Tractatus de iurisdictione imperatoris in causis matrimonialibus che Mainardini compila in occasione del divorzio di Giovanni di Moravia e Margherita di Tirolo-Gorizia si trova nell'ultima parte del Defensor Minor. Le relazioni tra i coniugi erano tanto insostenibili che la sposa preferì fuggire. Intervenne l'Imperatore, imparentato con la sposa, e progettò il matrimonio tra la fuggitiva e Ludovico di Brandeburgo ma a ciò ostavano il precedente matrimonio e alcuni legami di sangue. Il “Tractatus de translatione imperii” – “Trattato della  translazione dei imperii” --  è un'opera che niente aggiunge alla fama derivatagli dal Defensor Pacis anche se ebbe una certa diffusione.  Si può considerare questo trattato come una storia sintetica dell'Impero dalla fondazione di Roma da Romolo fino al secolo XIV. In Mainardini lo “stato romano” è concepito come prodotto umano, al di fuori da premesse teologiche quali il peccato o simili. È fortemente affermato il principio della legge quale prodotto della comunità dei cittadini, legge dotata di imperatività e co-attività oltre che ispirata ad un ideale di giustizia. Questo ideale di giustizia deriva dal con-sorzio (concerto) civile, l'unico soggetto che può stabilire ciò che è giusto e ciò che non lo è. Per Mainardini, l'uomo deve essere inteso come libero e consapevole.  Nel Defensor Pacis appare diffuso un costituzionalismo affermato fortemente nei confronti sia dello Stato che della Chiesa. È tra i primi studiosi a distinguere e separare la legalita (ius) dalla moralita (ethos, mos), attribuendo il primo alla vita civile e il secondo alla coscienza. Mainardini è sempre un uomo del suo tempo, saldamente ancorato nella sua epoca, ma con intuizioni che ne fanno un uomo nuovo, anticipatore per certi versi del Rinascimento. La definizione del nuovo concetto di Stato, autonomo, indipendente da qualsiasi altra istituzione umana o, a maggior ragione, ecclesiastica è il grande merito di Mainardini.  Anche nella Chiesa viene affermata una forma di costituzionalismo contro il dilagante strapotere dei vescovi e dei papi. È ancora l'universitas fidelium a prendere, attraverso il Concilio, ogni decisione riguardante qualsiasi materia di ordine spirituale. Il nostro autore non teme di scagliarsi contro la Chiesa, a negare il primato di Pietro e di Roma, affermare la necessità del ritorno del clero a quella povertà evangelica tanto cara ad alcune sette riformiste di cui lui certamente conobbe e comprese il pensiero. Lotta contro la Chiesa ma solo per conservarne o rivalutarne il più vero, autentico e originario contenuto e significato. Quasi riformista e conservatore nello stesso tempo, riformista là dove è contro la corruzione dilagante nella Chiesa di quel periodo, conservatore là dove accetta la necessità di un ordine costituito, della religione, della morale, intese nel senso più puro.  La modernità di Mainardini consiste anche nel metodo della sua trattazione e della terminologia che usa, sempre stringata ed esaustiva, aliena da qualsiasi di quelle forme di retorica che era caratteristica degli autori medievali.   Opere: “Il difensore della pace,” C. Vasoli. UTET, Torino, BUR, Milano, Ancona E., C. Vasoli, CEDAM, Padova (collana Lex naturalis;  Battaglia F., La filosofia politica del medio Evo, Milano, CLUEB Battocchio R., Ecclesiologia e politica, Prefazione di G. Piaia, Padova, Istituto per la Storia Ecclesiastica Padovana, Beonio-Brocchieri Fumagalli M.T., Storia della filosofia medievale (Bari, Laterza,), Berti E., “Il ‘regno’ di Mainardini: tra la civis romana e lo stato italiano,” Rivista di storia della filosofia medievale, Briguglia G.,  Carocci Editore, Cadili A., Amministratore della Chiesa di Milano, in Pensiero Politico Medievale, Capitani O., Medioevo ereticale, Bologna, Il Mulino, Capitani O., Il medioevo, Torino, UTET, Cavallara C., La pace nella filosofia, Ferrara, Damiata M., Plenitudo potestas e universitas civium, Firenze, Studi francescani,  Del Prete D., Il pensiero politico ed ecclesiologico, Annali di storia, Università degli studi di Lecce Dolcini C., Bari, Laterza, Merlo M., Il pensiero della politica come grammatica del mutamento, Milano, F. Angeli, Passerin d'Entréves A., Saggi di storia del pensiero politico: dal medioevo alla società contemporanea, Milano  Piaia G., Mainardini e dintorni: contributi alla storia delle idee, Padova, Antenore, Piaia G., La Riforma e la Controriforma: fortuna ed interpretazione, Padova, Antenore, Simonetta S., Dal difensore della pace al Leviatano, Milano, UNICOPLI Toscano A., Marsilio da Padova e Niccolo Machiavelli, Ravenna, Longo, Defensor pacis Defensor minor Tractatus de translatione Imperii Tractatus de iurisdictione imperatoris in causis matrimonialibus Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Marsilio da Padova, su sapere, De Agostini. Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Les Archives de littérature du Moyen Âge. Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. marsilio: essential Italian philosopher. Marsilio dei Mainardini, Marsilio di Padova. Keyword: consorzio conversazionale -- Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Marsilio," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. Luigi Speranza, “Grice e Mainardini – la massima del consorzio conversazionale.” --.

 

MALFITANO. (Siracusa). Filosofo. Grice: “Malfitano, like me, is an emergentist – each ‘complesso’ grows (cresce) and the ‘complexity’ is thus best characterised as ‘crescente,’ – Malfitano uses ‘complexities’ in the plural – a theory of ‘complessita crescenti’ – The whole point is that you get from one complex to the other.” Grice: “I like Malfitano. His theory of ‘complessita crescente’ is admirable: he distinguishes various ‘complesso’ – the material (subdivided into atomic, and the ‘crescente complessita’ of the molecular), the biological complex (which comprises the complex of the tissue, and the complex of tthe articular), the social complex, i. e.,  the human being in his inter-subjetctivity -- nd the ideological complex, the abstracta – ideation, cognition, and conviction – there is a superior geometry, too!” Nacque da Carmelo, commerciante e navigatore, e Santa Veneziano. Era l'ultimo di sette fratelli. Frequentò il Liceo Classico Tommaso Gargallo, dove iniziò a nutrire l'interesse per la materie scientifiche. Già da giovanissimo frequentava assiduamente una nota farmacia del centro storico della città natale acquisendo notevole interesse per la chimica e la biologia. Si iscrisse dunque alla facoltà di chimica dell'Università degli Studi di Catania per frequentare le lezioni del professor Alberto Peratoner. Malfitano continuò gli studi universitari a Palermo, dove si trasferì al seguito di Peratoner e ottenne la laurea nel capoluogo siciliano. Abbandona la Sicilia per spostarsi a Milano, dove intraprese una breve carriera lavorativa nel campo della chimica industriale agli stabilimenti Pirelli. Contemporaneamente frequentava la scuola di microbiologia dell'Università degli Studi di Pavia, retta all'epoca da Camillo Golgi, futuro Premio Nobel per la medicina nel 1906. Stimolato dall'ambiente favorevole, Malfitano pubblica I” Comportamento dei microrganismi sotto l'effetto delle compressioni gassose” -- Inizia in questo modo a farsi notare da colleghi e professori, sia per la materia dei suoi studi, sia per il carattere disponibile e solare, come ricorda iPensa, celebre anatomista milanese. La carriera  prese una svolta definitiva quando, durante un congresso internazionale a Pavia, venne notato dal futuro successore di Pasteur, Duclaux. Venne dunque invitato a trasferirsi a Parigi, avendo ricevuto l'offerta di un impiego all'istituto Pasteur. Una volta arrivato nella capitale francese, Malfitano si dedicò in un primo momento alla micro-biologia, pubblicando come risultati delle sue ricerche: Protease de l'aspergillus niger, Influence de l'oxygen sur la proteolyse en presence de Clorophorme e Bactericidie charbonneuse. Decise di ritornare a studiare la chimica pura, campo d'indagine scientifica che lo rese definitivamente famoso. I suoi studi sulla chimica colloidale, arrivarono a dimostrare la natura elettrochimica delle micelle, e riuscì a misurare con notevole precisione la conducibilità elettrica dei colloidi. In campo pratico, mise a punto i cosiddetti ultrafiltri, necessari per gli studi in campo teorico sui colloidi. Divenne capo di un laboratorio chimico all'Istituto Pasteur. Gli studi si interruppero durante la gran guerra. Al termine di essa,  sposò Vera, una studentessa russa.  Subito dopo il grande conflitto ebbe inizio l'elaborazione della più nota dottrina del chimico siracusano, ovvero la teoria delle “complessità crescenti,” concetto alla luce del quale Malfitano non indagò solo le micelle, ma l'esistenza in generale. Pubblicò Complexité et micelle, e Les composés micellaires selon la notion de complexité croissant. Le conclusioni non vennero accettate da subito, ma si dovette attendere l'esperimento del premio Nobel Theodor Svedberg che dimostrò l'esattezza delle intuizioni di Malfitano. Elaborò negli anni Venti una teoria che tentava di spiegare la materia, attraverso l'esame dei diversi livelli atomici e molecolari che la caratterizzano strutturalmente. La materia, secondo lo scienziato siracusano, è suddivisibile in atomi, molecole, plurimolecole (polimeri e complessi) e micelle. In ognuna delle classi citate si possono distinguere tre tipi di unità materiali: ioniche, polari e ionopolari. L'analisi compiuta sulla materia venne estesa in campo social-ogico da Malfitano. Tenta di ricondurre la complessità socio-antropologica alla complessità atomica. I quattro ordini di “complesso” che costituiscono il mondo sono dunque: il complesso materiale (“complesso atomico” e “complesso molecolare”), il complesso biologico (complesso istologico e complesso citologico), il complesso sociale (l'essere umano) e al culmine di un'ipotetica piramide il “complesso ideologico” (ideazione, conoscenza e convinzioni).  L'ultimo passo della speculazione e il concetto di geometria superiore, un'armonia equilibrata e simmetrica che domina gli eventi e la materia, una variabile fondamentale e al tempo stesso fuggevole dell'esistenza, un concetto che rappresenta la libertà. In ultima analisi, il compito era dunque quello di comprendere le leggi dell'armonia ordinatrice del cosmo e di preservarne la bellezza e l'equilibrio.  Soleva spesso tornare in Sicilia seppur per brevi periodi, dovette rinunciare a questa abitudine. L'aggravarsi della sua malattia, una cecità che gradualmente lo privò della vista, e le sue convinzioni anti-fasciste, non gli permisero di rivedere il paese natale dalla fine degli anni Trenta. Morì inell'alloggio assegnatogli dell'Istituto Pasteur dove aveva trascorso gran parte della sua vita. Pubblica le sue convinzioni filosofiche servendosi dello pseudonimo "Aporema", termine che indicava l'impossibilità di ottenere una risposta precisa dallo studio di un problema. Introdusse per primo a Siracusa la moda di bere il latte acido, quello che abitualmente viene chiamato yogurt, come era già frequente nella capitale francese.  Durante una tempesta patita in mare Carmelo Malfitano aveva fatto voto a Santa Lucia, patrona siracusana, di sposare un'orfana se fosse riuscito a tornare incolume sulla terraferma. Carmelo sposò per questo motivo Santa Veneziano,  orfana di entrambi i genitori. Da tale unione nacque Giovanni.  Ad Repellendam Pestem Storie di Medici e Sanità nella terra di Aretusa, Tyche Ad repellendam Pestem Storie di Medici e Sanità nella terra di Aretusa, Tyche122.  Antonio Pensa, Ricordi di vita universitaria (Citato nel testo Ad Repellendam Pestem Storie di Medici e di Sanità nella terra di Aretusa), Cisalpino Istituto Pasteur, su webext.pasteur.fr.   Ad repellendam Pestem Storie di Medici e Sanità nella terra di Aretusa, Tyche. Ad repellendam Pestem Storie di Medici e Sanità nella terra di Aretusa, Tyche124.   Ad repellendam Pestem Storie di Medici e Sanità nella terra di Aretusa, Tyche126.   Ad repellendam Pestem Storie di Medici e Sanità, Tyche125.   Ad repellendam Pestem. Storie di Medici e Sanità nella terra di Aretusa, Tyche, Siracusa, TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Refs.: H. P. Grice, “Pirotology,” – “The pirotological ascent,” in “From the banal to the bizarre: a method for philosophical psychology”. Giovanni Malfitano. Keyword: emergentismo di Grice – emergentismo di Malfitano – l’organicismo della diada in Malfitano --. Il complesso di azione e il complesso di inter-azione.

 

MALIPERO. (Venezia). Filosofo. Grice: “I love Malipiero’s approach to philosophy: hardly a profession! As if someone were to be called ‘amateur cricketer’ – Malipiero loves (‘ama’) philosophy and it shows!” – Grice: “There is philosophical wisdom in any endevaour he finds himself in!” Grice: “One must love him for his attempted ‘confutazione’ of Rousseau’s ‘sistema del contrato sociale’ as a ‘triumph of reason’!” -- Nacque da Angelo di Troilo e da Emilia Fracassetti. Entrambi i genitori erano patrizi: il padre proveniva dalla storica casata dei Malipiero (ramo "delle Procuratie Vecchie"), mentre la madre apparteneva a una famiglia di mercanti bergamaschi nobilitata. Dichiarava di abitare in un palazzo a Santa Maria Zobenigo (ereditato dal padre dopo l'estinzione di un'altra linea della famiglia), cui si aggiungevano quattro botteghe nei centralissimi quartieri di Rialto e San Moisè; altre cinque case si trovavano tra Santa Margherita, San Gregorio e San Martino.Esordì in politica con l'elezione a savio agli Ordini. Divenne provveditore alle Pompe, ma non riuscì a prendere possesso della carica a causa della caduta della Repubblica. A questo punto, lasciò la vita pubblica per dedicarsi alla filosofia analitica del linguaggio ordinario. Fu un autore poliedrico, capace di spaziare dall'attualità politica alla letteratura e alla tragedia di ambito neoclassico. La prima opera pubblicata è il saggio di matematica “Dimostrazione sulla tri-plicazione e tri-sezione dell'angolo effettuato colla retta e col cerchio.” Più tardi si cimentò nella filosofia presentando l'opuscolo “Saggio sugli sforzi della passione nell'intelletto e su' di lei effetti nel cuore,” in cui sostiene di moderare il razionalismo perché nell'animo umano esso convivi in armonia con le passioni.  Questa idea, in contrasto con quanto asserito da Rousseau, fu ribadita ne “La felicità della nazione realizzata dal politico e dal sovrano,” uno dei suoi primi scritti in filosofia morale. In questo lavoro Malipiero prese in esame la tendenza allo sfarzo di una parte della società, analizzando come i governi avessero reagito al fenomeno in epoche diverse. Nell'opera emerge la condanna al lusso sfrenato, ma anche all'appiattimento estremo dettato da rivoluzionari e giacobini.  Lo stesso pensiero moderato è ripreso nel “Trionfo della ragione; ossia, confutazione del sistema del contratto sociale” (ristampato, senza grosse variazioni, come “Il trionfo della verità nella difesa dei diritti del trono ossia Confutazione del contratto sociale.” Grice: “I find this interesting, since I also oppose contractualism to rationalism!” -- Qui il Malipiero cercò di dimostrare come la migliore forma di governo non fosse la democrazia, ma la monarchia.  La sua linea anti-rivoluzionaria fu affermata anche quando si tenne distante dagli organi della Municipalità istituita sul modello, o ‘sistema’ del contratto. Accolse perciò con favore l'arrivo degli Austriaci, come dimostrano il ‘Testamento della spirata libertà cisalpine” e l'annesso sonetto “Confronto fra il genio della Romana Repubblica e quello dell'Austria.” Di grande importanza è quanto emerge nella “Voce della verità,” una memoria autografa inviata al governatore austriaco Mailath von Székhely all'indomani del suo insediamento a Venezia. Nell'opera, divisa in capitoli dedicati ai problemi dell'amministrazione asburgica (polizia, zecca, commercio, diritto ecc.), si chiede quale dovesse essere il criterio di scelta per la nuova classe dirigente veneziana. Dimostrandosi critico nei confronti degli ex funzionari della Repubblica di Venezia (ceto a cui lui stesso apparteneva), nominati non in base ai meriti, ma per favoritismo, auspicava di non concedere spazio a coloro che vivevano nel lusso, poiché entravano in politica solo per il proprio tornaconto, e soprattutto verso i trasformisti che cambiavano opinioni con l'avvicendarsi delle amministrazioni.  Con questo lavoro anticipò le scelte del governo austriaco che, in effetti, estromise il patriziato dalla vita politica e assegnando le cariche amministrative a personalità lombarde o delle province ereditarie.  Si dedicò, con un certo successo, anche alla stesura di tragedie, a tema biblico, storico o mitologico, che potessero presentare allo spettatore esempi da seguire o da evitare. Tra queste “Il sacrifizio di Abramo,” “Camillo,” “Prometeo ossia La prodigiosa civilizzazione delle genti,” “Medea.” Altre opere degne di nota sono “La bottega del caffè” “Quadro critico morale, Lo scultore e la luce, azione mitologica in apoteosi del cav. Canova,” Il conte Ugolino in fondo alla torre di Pisa. Sciolti, Atabiba ed Huascar. Azione tragica di spettacolo; La Verità nello spirito dei tempi e nel nuovo carattere di nostra età (sul congresso di Verona), Zanghira e Lemanza. Quadro poetico nelle nozze Malipiero/Martinengo dalle Palle;  Elogio di Giovanni II del mr. co. Martinengo dalle Palle; Descrizione della Montagna ov'è la chiesa della Madonna della Corona nelle alture di Montebello. Fu confermato nobile dell'Impero Austriaco, assieme ai figli Angelo e Angela, nati dal matrimonio con Contarina di Vincenzo Pisani. Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Troilo.

 

MAMIANI. (San Secondo Parmense). Filosofo. Grice: “I like Mamiani; unlike us at Oxford, he takes ‘science’ seriously! But in an amusingly Italian way! He has explored Newton on the apocalypse! My favourite of his treatises is the one on space which reminds me of Strawson – Beltrami, unlike Strawson, is non-Euclideian, and thinks Italian needs Euclideian verbs to match!”  Linceo. Membro dell'Accademia dei Lincei ha insegnato Storia del pensiero scientifico all'Parma, Udine e Ferrara.  Si è occupato soprattutto di Isaac Newton, del quale ha trascritto un trattato inedito sull'Apocalisse, di Cartesio e dell'origine delle enciclopedie moderne.   Opere principali: “J. M. Guyau Abbozzo di una morale senza obbligazione né sanzione,” Firenze, Le Monnier, “Newton filosofo della natura” Le lezioni di ottica e la genesi del metodo newtoniano, Firenze, La Nuova Italia, “Teorie dello spazio” -- da Descartes a Newton, Milano, FrancoAngeli,  “La mappa del sapere.” La classificazione delle scienze nella Cyclopaedia di E. Chambers, Milano, FrancoAngeli, “Il prisma di Newton,” Roma-Bari, Laterza, Introduzione a Newton, Roma-Bari: Laterza, “Trattato sull'Apocalisse,” Torino, Bollati Boringhieri, Isaac Newton, Firenze, Giunti, Storia della scienza moderna, Roma-Bari, Laterza, Scienza e Sacra scrittura nel XVII Secolo, Napoli, Vivarium.  Isaac Newton, Trattato sull'Apocalisse, Maurizio Mamiani, Torino, Bollati Boringhieri, Scienza e teologia fra Seicento e Ottocento: studi in memoria di Maurizio Mamiani, Chiara Giuntini e Brunello Lotti, Firenze, Olschki, Studi sul pensiero scientifico fra Seicento e Ottocento. Ricordando Mamiani, "I castelli di Yale", Il Poligrafo, Padova 2 La Rivoluzione scientificaI domini della conoscenza: La sintesi newtoniana in Storia della Scienza, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Maurizio Mamiani, Newton e l'Apocalisse. Maurizio Mamiani.

 

MANCINI. (Schieti). Filosofo. Grice: “I like Mancini: he has expanded on the ethos of cooperation – and he has explored what he calls ‘linguaggio ontologico’ and ‘alienazione’ in connection with language – he reviewed Pittau’s philosophy of language, and published a little thing on ‘language and salvation.’ So how can you NOT like him?”  Grice: “I like Mancini; if I dwell on philosophical eschatology, he dwells on the real thing!” Grice: “He has studied Kant thoroughly; all the interesting bits, like his idea of MALEVOLENTIA!”  “La filosofia è il passaggio dal senso al significato, attraverso le mediazioni culturali, dottrinali, attraverso la struttura del puro pensare e attraverso le mediazioni della prassi.” Studia a Fano e si laurea a Milano dove insegna. Bo lo vuole ad Urbino. Studia i massimi teologi, curato le opera di Barth, Bultmann e Bonhoeffer pubblicando, su quest'ultimo, anche una biografia e un'analisi dottrinale. Ha fondato l'Istituto superiore di scienze religiose di Urbino, unico esempio, per molti anni, di "facoltà teologica" in una università laica.  Tra i filosofi, si è dedicato molto a Kant, pubblicando una Guida alla Critica della ragion pura.  In questo senso è ancora più importante "Kant e la teologia” dove  tratta la filosofia della religione kantiana, fondata su una concezione morale rigorosa resa possibile dall'Imperativo categorico, che prospetta una trascendenza per l'uomo, attraverso i postulati dell'immortalità dell'anima e dell'esistenza di Dio. Questa filosofia della religione, in cui Kant mette in rapporto la “religione razionale” con la “religione rivelata” (e che si contraddistingue per i concetti di “male radicale” e di “chiesa invisibile”), è considerata feconda. Si è anche confrontato con Marx, allora dominanti nella cultura filosofica e politica italiana. In Marx, tiene in grande considerazione il concetto di “alienazione” -- presente soprattutto nei Manoscritti filosofici. Questo concetto, che esprime l'estraneazione dell'operaio in rapporto al lavoro salariato, a causa dei modi di produzione capitalistici, capaci di sfruttare il lavoro come fosse una merce, deve essere stimolo per la Dottrina Sociale della Chiesa. Ciò che Mancini critica in Marx è l'ateismo e il materialismo, attraverso l'uso della dialettica hegeliana in una prospettiva materialistica (materialismo storico). Questa concezione infatti mette in discussione la libertà dell'uomo, inteso come persona, riducendolo all'insieme dei suoi rapporti economici. Ha inoltre fatto parte della redazione della rivista Concilium. Fonda la rivista di filosofia “Hermeneutica” ed edita da Morcelliana.  La sua posizione di pensiero verte su un cristianesimo di matrice liberale e democratica d'impronta sociale, che cerca uno spazio autonomo e libero, dando una risposta da credente alla cultura laicista e marxista di quegli anni sulle orme del Concilio Vaticano II.  Opere:“Ontologia fondamentale,” La Scuola, Brescia “Rosmini” “la metafisica inedita, Argalìa, Urbino “Filosofi esistenzialisti” Heidegger, Marcel, Wahl, Gilson, Lotze), Argalìa, Urbino“Linguaggio e salvezza,” Vita e Pensiero, Milano “Filosofia della religione,”Abete, Roma “Bonhoeffer, Vallecchi, Firenze “Teologia ideologia utopia”Queriniana, Brescia “Kant e la teologia,”Cittadella, Assisi “Futuro dell'uomo e spazio per l'invocazione”L'Astrogallo, Ancona “Con quale comunismo?”La Locusta, Vicenza, “Con quale cristianesimo” Coines, Roma, “Novecento teologico”Vallecchi, Firenze “Teologia ideologia utopia”Queriniana, Brescia “Fede e cultura”Genova, Marietti “Come continuare a credere”  Rusconi, Milano  “Negativismo giuridico” QuattroVenti, Urbino  “Guida alla Critica della ragion pura” I, QuattroVenti, Urbino “ Lettera a un laureando” Urbino, Quattroventi “Il pensiero negativo e la nuova destra”Mondadori, Milano “Il quinto evangelio come violenza ermeneutica” in “Apocalisse e ragione”, testi di Carlo Bo e altri, Urbino, Quattroventi  “Hermeneutica” “Filosofia della prassi,”Morcelliana, Brescia “Tre follie, Camunia, Milano “Guida alla Critica della ragion pura”“L'Analitica”QuattroVenti, Urbino “Il male radicale per Kant, in “La ragione e il male. Atti del terzo colloquio su filosofia e religione”, Genova, Marietti 1 De profundis per la dialettica, in “Metafisica e dialettica”, Genova, Tilgher Tornino i volti, Marietti, Genova Giustizia per il creato, Urbino, Quattroventi 1990, coll. "Il nuovo Leopardi" L'Ethos dell'Occidente. Neoclassicismo etico, profezia cristiana, pensiero critico moderno, Marietti, Genova Scritti cristiani. Per una teologia del paradosso, Marietti, Genova Opere postume Diritto e società. Studi e testi, Urbino, Quattroventi Come leggere Maritain, Brescia, Morcelliana  Ethos e cultura nella cooperazione di credito, Piergiorgio Grassi, Urbino, Associazione per la ricerca religiosa “S. Bernardino”, Quattroventi  Bonhoeffer (postfazione di Piergiorgio Grassi), Morcelliana, Brescia  Frammento su Dio, Andrea Aguti (a cura), prefazione di Graziano Ripanti, Brescia, Morcelliana Per Aldo Moro. Al di là della politica, Carlo BoMario LuziItalo Mancini, Urbino, Quattroventi  Opere scelte. Voll. 1-3, Brescia, Morcelliana Onorificenze Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiananastrino per uniforme ordinariaGrande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana — Roma, 27 dicembre 1966  su Mancini Giorgio Rognini, Metafisica e sofferenza. Un itinerario critico con Italo Mancini, Verona, Mazziana 1983 Andrea Milano, Rivelazione ed ermeneutica. Karl Barth, Rudolf Bultmann, Italo Mancini, Urbino, Quattroventi "Biblioteca di Hermeneutica" Piergiorgio Grassi, Intervista a Italo Mancini sulla teologia contemporanea, Urbino, Quattroventi 1992, coll. "Il nuovo Leopardi" Enrico Moroni (a cura), La filosofia politica nel pensiero di Italo Mancini, Urbino, Quattroventi 1994 Francesco D'Agostino, Italo Mancini, filosofo del diritto, Urbino, Quattroventi, "Il nuovo Leopardi" G. RipantiP. Grassi (a cura), Kerigma e prassi, Brescia, Morcelliana, Hermeneutica 1995 Gustavo Pansini (a cura), Studi in memoria di Italo Mancini, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane Galliano Crinella (a cura), Italo Mancini. Dalla teoresi classica alla modernità come problema, Roma, Edizioni Studium, Antonio Areddu, Cristianesimo e marxismo nel pensiero di Italo Mancini. Una rilettura in memoriam, Pistoia, Petite Plaisance 2001 Italo Mancini tra filosofia e teologia, in "Riv. di teologiaAsprenas", I A. Pitta (a cura), numero monografico dedicato a Italo Mancini G. RipantiP. Grassi (a cura), Filosofia, teologia, politica. A partire da IMancini, Brescia, Morcelliana, Hermeneutica 2004 Mariangela Petricola, Pensare la differenza. La questione di Dio nell'epoca della disgregazione del senso. Una rilettura con Italo Mancini, in “Dialegesthai. Riv. telematica di filosofia", mondo domani.org/ dialegesthai/mpe. Mariangela Petricola, Pensare Dio. Il cristianesimo differente di Italo Mancini, Assisi, Cittadella Editrice  Antonio Ascione, Fedele a Dio e alla terra. L'avventura intellettuale di Italo Mancini, Benevento, Passione Educativa  Valeria Sala, Italo Mancini. Filosofo del diritto, Torino, Giappichelli , "Recta Ratio" Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Italo Mancini  Italo Mancini, su sapere, De Agostini.  Italo Mancini, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Seminario in memoriam, su pesaronotizie.com. Centro socio culturale "Don Italo Mancini" presso il suo paese natale Schieti, su centroitalomancini. 15 gennaio  22 gennaio ). Pagina sul social network Facebook, su facebook.com.  cronologica , su uniurb. L'Istituto di Scienze Religiose fondato da Italo Mancini, su uniurb. Biblioteca personale "Ca' Fante", su uniurb. Rivista "Hermeneutica" fondata da Italo Mancini, su uniurb. A. Aguti, Italo Mancini, in Il pensiero filosofico-religioso italiano.org.Italo Mancini. Keywords: “male radicale” “Kant” “radical evil” --. “cooperative di credito” – “la massima della benevolenza conversazionale” --.

 

MANGIONE. (Bagnara Calabra). Filosofo.  Grice: “I like Mangione; for various reasons: He notes that logic is more related to mathematics – indeed, for logicism mathematics IS logic – so the opposite to ‘formal’ logic is ‘material’ logic, not ‘informal’ as Ryle and Strawson want – Mangione has studied ‘categories’ and talks of ‘logica matematica’ – he has studied Frege’s ideografia, as he aptly translates his grundscrift, and he tried to improve on the ‘nationalism’ which was ubiquitous in logic in Italy in the ‘primo novecento’!” Insegna a Milano. Diresse le due collane matematiche della casa editrice Progresso tecnico editoriale di Milano, appendice della Aldo Martello editore. Presso l'editore Boringhieri di Torino ha diretto “Testi e manuali della scienza contemporanea. “Serie di logica matematica.”  Ha contribuito alla Storia della filosofia pubblicata da Geymonat per Garzanti con specifici contributi sulla storia della logica matematica. Amplia e sistematizza tali contributi nella Storia della logica. Da Boole ai nostri giorni (con la collaborazione di Silvio Bozzi): l'opera costituisce un ampio ed esaustivo lavoro di ricognizione e sintesi sugli ambiti di ricerca e sui risultati della logica contemporanea.  Per Franco Muzzio & C. Editore ha diretto la collana editoriale Muzzio scienze.  Insieme a Edoardo Ballo, Silvio Bozzi, Gabriele Lolli e Paolo Pagli, ha curato, per Bollati Boringhieri, l'edizione di Gödel.  Opere: “Logica matematica” (Torino, Boringhieri) Rózsa Péter, “Giocando con l'infinito: matematica per tutti, traduzione di Giulio Giorello, Milano, Feltrinelli, “Matematica e calcolatore, Le Scienze quaderni, Milano, “Filosofia: saggi in onore di Geymonat, Milano, Garzanti “Storia della logica, CUEM  “Storia della logica”“Da Boole ai nostri giorni, Garzanti , “Frege. Logica e aritmetica” -- Torino, Boringhieri. Emanuele Vinassa de Regny, «Corrado Mangione: breve storia di una lunga amicizia», Franco Prattico, «Pubblicate tutte le opere di Godel» dalla Repubblica, articolo disponibile sul database SWIF dell'Bari. Corrado Mangione. Keyword: “logica matematica” “divertente”, “Sidney Harris” Peano, “not” “no” “and” “e” “or” “o” “if” “si” “some (at least one)” “all” “the” “il” -- -. Luigi Speranza, “Grice e la proclama di Mangione: la logica matematica deve essere divertente!” – The Swimming-Pool Library.

 

MANFREDI. (Bologna). Filosofo. Grice: “I like the “liber de homine.” It reminds me that among my unpublications there’s a ‘Why’!” Grice: “While the Italians aptly use the same particle for ‘why’ and ‘for’, the Anglo-Saxons didn’t! That must be because ‘for’ is usually otiose: “Why are you eating.” “For I am hungry, say I!” cf. “I am hungry.” – Studia a Bologna e Ferrara. Entra in contatto con circoli umanistici. Insegna a Bologna. Riceveva un compenso superiore alla media ed è il docente più citato nei Libri partitorum. Esercita l'astrologia ee attaccato da Pico (“Disputazione contro l’astrologia divinatrice””).  La sua opera “Il Perché” fu un successo per secoli.  Altre opere, “Tractato de la pestilentia,” Bologna, Johann Schriber, “Pro-gnosticon anni 1490” (Bologna, Bazaliero Bazalieri) “Liber de homine,”  Impressum Bononiae, Ugo Ruggeri, Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. openMLOL, Horizons Unlimited srl. Girolamo Manfredi. Keyword: divination. Those clouds mean rain – Those clouds mean death. --. Grice: “The present budget means that we will have a bad year – Prognosticon anni 1490 --. “The present budget means we’ll have a hard year, but we shan’t have.” – x means that p entails p. The year 1490. In 1491, Pico approaches Manfredi, “You said that the budget for 1490 meant that we would have a hard year, but we  didn’t!” -- Luigi Speranza, “Grice e Manfredi: l’implicatura divinatrice” – The Swimming-Pool Library.

 

MANICONE. (Vico del Gargano). Filosofo. Una delle personalità più caratteristiche del suo tempo della Capitanata. Definito il “monacello rivoluzionario” a causa della sua bassa statura, che sembrerebbe di 1,40 m, la sua indole illuministica consiste in una sete di sapere che non si placa con il dogmatismo, ma con l'esperienza diretta, lo studio approfondito dei fenomeni naturali e della scienza, un'osservazione empirica che poteva fornire una risposta valida e concreta alle varie problematiche e quindi un aiuto pratico all'uomo, al suo benessere e sviluppo, alla sua felicità. Ciò gli costò l'inimicizia di chi, seppur in pieno illuminismo, diffidava e demonizzava la scienza.  Lo sviluppo economico-sociale che teorizza Manicone consiste in uno sviluppo connesso e, per certi versi, dipendente dall'ambiente, perché egli riteneva che la natura fosse una fonte primaria di ricchezza e la sua distruzione avrebbe potuto segnare la fine dello sviluppo.  Manicone può essere considerato un profeta dello sviluppo sostenibile, perché in pieno Settecento, quando le industrie erano inesistenti, ebbe un'ampiezza di vedute che gli consentì di prevedere le conseguenze disastrose che avrebbe portato l'uso improprio e scriteriato delle risorse naturali.  Le opere in cui Manicone tratta, tra gli altri, il tema dello sviluppo sostenibile, sono La Fisica Appula (cioè dell'Apulia) e La Fisica Daunica (cioè della Daunia, antico nome della Capitanata). Secondo il “monacello”, uno dei peggiori atti compiuti dall'uomo del suo tempo era la cesinazione selvaggia dei boschi garganici, un tempo rigogliosi, come anche attesto da Orazio nelle Epistole: «Garganum mugire putes nemus». Riferisce che il disboscamento del promontorio iniziò nel 1764, con il taglio “barbaro” dei pini nel territorio “Difesa” di Vico del Gargano e la cesinazione degli ischi ad Ischitella, talmente “furiosa” che, ad inizio Ottocento, l'Abate Longano denunciò la carenza di legna da ardere per gli ischitellani.  La causa di questo disboscamento fu la volontà di destinare i suoli a coltura, anche quelli non adatti a questo scopo e più utili al pascolo e alla produzione di legname, vista la “rocciosità” della terra sul promontorio del Gargano.  Manicone spiega anche la diminuzione della fauna selvatica nel Gargano, sempre dovuta alla cesinazione, che diminuiva i nascondigli per gli animali selvatici, e li rendeva più vulnerabili.  Ne “La Fisica Appula”, il frate dedica un intero libro al Mefitismo (insalubrità dell'aria) e alle cause che lo generano. Egli sostiene che l'inquinamento può avere cause naturali o accidentali (provocate dall'uomo), può essere anche indigeno (proprio della zona) o esotico (derivante da altre zone). Secondo il Manicone le principali cause accidentali del mefitismo erano:  1. Le condizioni igieniche precarie delle strade e delle abitazioni; 2. L'insana abitudine di depositare gli escrementi nelle strade; 3. La sepoltura dei  centro abitato (consuetudine abolita con l'Editto di Saint-Cloud, ma anticipata nel 1792 a Vico del Gargano da Pietro de Finis, che fece costruire il cimitero monumentale di San Pietro); 4. Il taglio dei boschi (invece gli alberi sono importanti perché emettono ossigeno e assorbono anidride carbonica). Lo studio del frate sul territorio garganico fu talmente minuzioso da fargli notare un mutamento climatico dalla metà del Settecento all'Ottocento; in alcune zone del Gargano, ci furono sbalzi di temperatura che provocarono un sensibile calo di precipitazioni nevose e mitigarono parecchio gli inverni. Secondo il Manicone, la causa è attribuibile al disboscamento iniziato nel 1764: il taglio delle foreste avrebbe consentito al sole di riscaldare prima e maggiormente i suoli e soprattutto non avrebbe bloccato i venti provenienti da Nord e da Sud, quindi le zone meridionali rispetto alle alture garganiche si sarebbero raffreddate a causa dell'arrivo della Tramontana da Nord, mentre nel Gargano settentrionale sarebbero arrivati maggiormente i venti caldi del Sud. Un rimboschimento avrebbe reso più fertili le terre coltivabili, ma Manicone stesso, dopo aver dato questo suggerimento, esprime la consapevolezza di “aver cantato ai sordi”.  Viaggiò molto per l'Europa, studiando Medicina a Vienna e a Berlino, Scienze Fisiche a Londra e Scienze Naturali a Bruxelles.  È noto soprattutto per il suo trattato, La Fisica Appula. in cui analizza le caratteristiche fisiche delle terre di Puglia e soprattutto del Gargano.  Al Manicone è intitolato il Centro Studi e Documentazione del Parco Nazionale del Gargano sito presso il Convento di San Matteo a San Marco in Lamis.  Descrizione di Vico Del Gargano nella Fisica daunica Al tempo di Manicone la popolazione vichese era di 6131 abitanti, circa lo stesso numero di residenti effettivi attuali. L'area abitata era più ristretta e consisteva nel nucleo originario (Casale, Civita e Terra) e i quartieri nuovi di San Marco, Carmine, la Misericordia e Fuoriporta. L'incuria delle istituzioni si manifestava nella scarsa attenzione verso l'igiene delle acque del Casale (quartiere affollatissimo), originariamente buone e dolci ma inquinate dall'incuria generale; anche le strade strette e ombrose della Civita erano soggette ad abbandono e perennemente sporche. Soltanto i quartieri nuovi erano larghi, puliti e soleggiati.  Le Istituzioni mancavano anche laddove era necessario rendere più agevole il lavoro dei contadini e dei pastori vichesi, costruendo strade per diminuire gli ostacoli a cui erano sottoposti quotidianamente questi uomini quando si recavano nelle loro campagne, poste spesso in profonde valli o zone impervie.  La popolazione vichese era laboriosa e onesta e non c'erano grandi disuguaglianze economiche, tuttavia Manicone descrive i suoi compaesani come barbari e incivili, infatti non hanno riguardo per l'ambiente, ad esempio i pastori lasciano distruggere dalle loro bestie le pianticelle fruttifere e le vigne, sono dediti all'alcol e spesso ciò li porta a risse feroci.  Le donne sono laboriose come gli uomini e sempre gentili, il frate però critica fortemente l'usanza vichese, e delle donne dei paesi del Sud in generale, di urlare e strepitare ai funerali, di portare il lutto a vita e di vestire sfarzosamente i defunti; il primo comportamento denota la selvatichezza della popolazione, il secondo uso può essere anti-economico e negativo per la società e il terzo è uno spreco di denaro, dato in pasto ai vermi.  Un difetto presente in tutte le abitazioni vichesi dell'epoca era il forno in casa, che poteva provocare incendi domestici e inquinare l'aria interna. A  Vico molti boschi furono tagliati per lasciare spazio ai campi di grano, ma ciò fu improduttivo economicamente e causò lo smottamento dei terreni in pendenza, non più trattenuti dalle radici delle piante. Nella raccolta dell'ulivo, i vichesi distruggevano gli alberi, picchiando forte con i bastoni per far cadere le olive; questa errata abitudine provocava la mutilazione della pianta e una maggiore esposizione al freddo, e conseguentemente minori raccolti per gli anni successivi.  Per Manicone, il mancato sviluppo del Gargano era da imputare anche alla pigrizia e indolenza dei suoi abitanti, che non erano capaci di valorizzare i loro prodotti (olive, agrumi, vino, fichi, etc.) e talvolta acquistavano prodotti meno pregiati e ad alto prezzo da altre regioni.  Al fine di comprendere come le istituzioni del tempo fossero distanti dalle reali necessità della popolazione, è interessante la situazione che riguardò l'uso delle acque di Canneto, infatti veniva impedito ai vichesi (anche con la forza) di utilizzare l'acqua per l'irrigazione dei campi, perché avrebbero disturbato l'attività di un mulino sito nel territorio di Rodi Garganico. Il giudice diede ragione ai rodiani ma, per fortuna, questa sentenza ingiusta e ingiustificata fu annullata dalla Regia Camera.  Dalla lettura di alcune pagine delle opere di Manicone è emerso che, pur cambiando i tempi, gli usi, le risorse a disposizione, le conoscenze e le attività, l'uomo garganico (e non solo) viveva e produceva nell'ottica del profitto immediato, sottovalutando gli effetti che avrebbero potuto causare i suoi comportamenti errati nella vita della futura comunità.  Opere di Michelangelo Manicone contesto – il contesto del contesto.  "Philosophers often say that context is very important." "Let us take this remark seriously.’ "Surely, if we do, we shall want to consider this remark in its relation to this or that problem, i. e., in context, but also in itself, i. e., out of context.” H. P. Grice, "The general theory of context." Michelangelo Manicone.

 

MANNELLI. (Grimaldi). Filosofo. Grice: “Like me, Mannelli loved Kant, Goethe, Schiller, Virgilio – and he has his own ‘palazzo’!” -- Fequenta il ginnasio a Cosenza. Si trasferì con la famiglia prima ad Aosta, dove terminò gli studi liceali, e poi a Roma. S’interessa sempre più al mondo politico e dopo la laurea, conseguita con il massimo dei voti, ritorna a Cosenza e  venne eletto Consigliere Provinciale.  Proprio in qualità di membro del consiglio provinciale, si adoperò in prima persona per arricchire e promuovere l'ampliamento della Biblioteca Provinciale di Cosenza  Si dedicò in tempi e con modi diversi all'attività di approfondimento e divulgazione. Firmò una versione metrica della Xenia di Goethe (Roma, Paravia.   Fu tra i maggiori contributori della più importante rivista di arti e lettere della regione, la Calabria Letteraria. Presidente dell'Accademia Cosentina, l'istituzione accademica calabrese che vanta un'esistenza plurisecolare e che nel XVI secolo ebbe come presidente Telesio.  Opere: “Inaugurandosi il monumento al caduti grimaldesi: scultura di Cambellotti, Reggio Calabria, Editore Il Giornale di Calabria, Paravia, Le storiche Terme Luigiane: passato-presente-futuro, Cosenza, Cronaca di Calabria, L'Accademia Cosentina nella sua storia secolare e nell'oggi, Cosenza, Tip. Vincenzo Serafino. Biografia in Calabriaonline.com  M. Chiodo, L'Accademia cosentina e la sua biblioteca. Società e cultura in Calabria.  Xenia Edizione Paravia. nna Vincenza Aversa, Dopoguerra calabrese: cultura e stampa, Editore Pellegrini, Catanzaro,  Accademia Cosentina Biblioteca Civica di Cosenza Goethe  Poesia "Mamma" da "Come le nuvole” su Grimaldi  Grimaldesi da ricordare, su digilander.libero. Filippo Amantea Mannelli.

 

MANTOVANI (Moncalieri). Filosofo. Insegna a Roma. Membro della Società Tommaso D’Aquino. Gli ambiti delle sue ricerche spaziano sulla Filosofia della Storia, l'Ontologia, la Teologia filosofica, e loro rapporti con la scienza. Ha compiuto studi sulla storia del tomismo (cf. griceianismo). È uno dei maggiori studiosi e conoscitori del realismo dinamico e di Demaria. Opere:“Fede e ragione: opposizione, composizione?” Scaria Thuruthiyil, Mario Toso, Roma , LAS, “Quale globalizzazione? : l'uomo planetario alle soglie della mondialità,” Scaria Thuruthiyil, Roma, LAS, “Eleos: l'affanno della ragione: fra compassione e misericordia,” Roma, LAS, “Sulle vie del tempo: un confronto filosofico sulla storia e sulla libertà, Roma, LAS, “Paolo VI: fede, cultura, università,”  “An Deus sit (Summa Theologiae I, q. 2). Fede, cultura e scienza, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, Didatttica delle scienze: temi, esperienze, prospettive,” Vaticano: Libreria editrice vaticana, “La discussione sull’esistenza di Dio nei teologi domenicani” “Oltre la crisi: prospettive per un nuovo modello di sviluppo: il contributo del pensiero realistico dinamico  Demaria. Roma, LAS, ,”Momenti del logos: ricerche del "progetto LERS" (logos, episteme, ratio, scientia) :  Roma, Nuova cultura, “Per una finanza responsabile e solidale: problemi e prospettive, Roma, LAS, “Una ricognizione sulla Summa Theologiae di Tommaso d'Aquino” in Un pensiero per abitare la frontiera: sulle tracce dell’ontologia trinitaria di Hemmerlie, aRoma Incisa Valdarno, Città  Nuova Istituto universitario Sophia,  Lorenzo Cretti , La quarta navigazione: realtà storica e metafisica organico-dinamica, Associazione Nuova Costruttività -Tipografia Novastampa, Verona, Francisco de Vitoria, Sul matrimonio, Roma, Scritti teologici inediti. Demaria; Roma,Editrice LAS. Pontifical University of Saint Thomas Aquinas, su Angelicum. AVEPRO, su avepro.glauco. L’Università Salesiana, un servizio per l’educazione e la comunicazione La Stampa Autorità accademiche «Il nostro impegno per la “civiltà dell’amore”. Come vuole don Bosco» La Stampa, su lastampa,  CRUIPRO Conferenza Rettori delle Università e Istituzioni Pontificie Romane, su cruipro.net.  redazione, Nuovi accordi di co-operazione interuniversitaria, su FarodiRoma, Pontificia Accademia di S. Tommaso D'Aquino, su cultura.va. Direttorio, su S.I.T.A.. PREMI MEDITERRANEO, su Fondazione mediterraneo.org. Mantovani, “Vita tua, vita mea”: l'insegnamento di Demaria è più che mai attuale. Fondazione Adriano Olivetti, su fondazioneadrianolivetti. Mauro Mantovani. Keywords: Aquino.

 

MARASSI. (Cardano al Campo). Filosofo. Grice: “I like Marassi; he has written a ‘natural’ history of ‘man’ – which is interesting, ‘progetto uomo,’ he calls it!” -- Grice: “I like Marassi; he has explored hermeneutics in the German tradition, Schleimacher to be more specific; but has also written an essay on Heidegger; his links with me come with his idea of metaphysics and transcendental arguments which he takes from Kant, who he reads in both German and Italian, unlike I, or me.” – Grice: “He has written an introduction to a comparative study of the approaches to ‘the antique’ in both Italian and German philosophy – a fascinating topic. I suppose the Oxonian approach, indeed Cliftonian, is a mixture of both!” Allievo di Melchiorre, si laurea a  Milano con la tesi “La differenza ontologica in Heidegger, sotto la direzione di Melchiorre e con la co-relazione di Bontadini. Ha discusso “Il profilo della presenza: Heidegger e il regno della pluralità” con Melchiorre e Grassi. Insegna filosofia a Milano. Ha coordinato l'edizione dell'Enciclopedia filosofica (Bompiani, Milano).  Direttore del Dipartimento di Filosofia a Milano. Dirige la Rivista di filosofia neo-scolastica.  Dirige per la casa editrice AlboVersorio la collana Epoche ed è membro del comitato del festival La Festa della Filosofia.  Si occupa di storia dell'umanesimo (Bruni, Alberti, Vico), della scolastica, di ermeneutica (Grassi), di filosofia trascendentale, del pensiero postmoderno. I temi della sua ricerca ruotano attorno a tre temi principali: la riflessione sui modelli storico-teorici della filosofia della storia, l'interpretazione dell'umanesimo italiano (Alberti, Bruni, Vico) in riferimento alla dimensione storica e morale, l'analisi della fondazione trascendentale del sapere.  Opere principali: “Ermeneutica della differenza in Heidegger, Vita e Pensiero, Milano, Schleiermacher, “Ermeneutica,” Rusconi, Milano, Bompiani, Milano; Kant, “Critica del giudizio,” Bompiani, Milano, Metafisica e metodo trascendentale,”  Lotz, “La struttura dell'esperienza, Vita e Pensiero, Milano;  “Metamorfosi della storia. Momus e Alberti,” Mimesis, Milano/ Coordinamento generale e direzione redazionale della Enciclopedia filosofica, Bompiani, Milano. docenti.unicatt. Marassi. Massimo Marassi. Keywords: Alberti, Bruni, Vico.  

 

MARCHESINI. (Noventa Vicentina). Filosofo. Grice: “Cassatta has unearthed some opinions by Marchesini which are revolutionary!” Esponente del positivismo.  Alievo di Ardigò, insegna filosofia a Padova. Direttore della Rivista di Filosofia.Diresse, anche, un Dizionario delle scienze pedagogiche, edito dalla Società Editrice Libraria di Milano. Tradusse, inoltre, un testo di Locke Pensieri, edito da Sansoni. Opere: “La vita,” – Grie: “Sounds promising: a treatise on life! Cf. my ‘Philosophy of Life’”). Montagnana, Tip. di A. Spighi, “Saggio sulla naturale unità del pensiero,” Firenze, Sansoni, “Elementi di Psicologia tratti dalle opere filosofiche di Ardigò,” Firenze, Sansoni, “ Elementi di logica” -- secondo le opere di R. Ardigò, St. Mill, A. Bain ecc., prefazione di Ardigò, Firenze, Sansoni,” Grice: “A fascinating little book: it reminded me of Strawson’s Introduction to Logical Theory! Only Strawson would rather die than axe me to foreword it!” –[ whereas Marchesini commissioned his tutor to drop a word “or two””].—Grice: “Marchesini shouldn’t be so reverential towards Ardigo.” Grice: “I count Marchesini’s oeuvre as being by Marchesini; if I want to read Ardigo, I read Ardigo!” – “Elementi di morale, ad uso anche dei licei, secondo le opere degli scienziati moderni, prefazione di Ardigò, Firenze, Sansoni, “Il positivismo e il problema filosofico, Torino, F.lli Bocca, “Le amicizie di collegio” – Grice: “I should note that Marchesini uses ‘amecizia’ in quotes! So it doesn’t really apply to my Clifton days!” --  (con prefazione di E. Morselli e in collaborazione con Obici), Roma, Società Ed. "Dante Alighieri ", “Elementi di pedagogia : Con un'appendice di cento scelte citazioni, Firenze, Sansoni, Doveri e diritti : ad uso delle scuole tecniche e complementari, Milano-Palermo, R. Sandron, “La teoria dell'utile,” principi etici fondamentali e applicazioni, Milano-Palermo, R. Sandron, “ Il Simbolismo nella conoscenza e nella morale, Torino, Fratelli Bocca Editori, “ Il dominio dello spirito, ossia Il problema della personalità e il diritto all'orgoglio, Torino, F.lli Bocca, Pedagogia, Torino, Paravia, Il principio della indissolubilità del matrimonio e il divorzio, Pakdova-Verona, Fratelli Drucker, “Elementi di logica,” ed. interamente rifusa, -- Grice: “This makes me laugh! It’s like saying: my previous, Ardigo-based stuff, was nonsense!” -- Firenze, Sansoni, Disegno storico delle dottrine pedagogiche, Roma, Athenaeum, “La dottrina positiva delle idealità,” Roma, Athenaeum, “L'educazione morale, Milano, F. Vallardi, “I problemi fondamentali della educazione,” Torino, Paravia, “I problemi dell'Emilio” di G. G. Rousseau, Firenze, R. Bemporad e Figlio, “La finzione dell'educazione o la pedagogia del Come se,” Torino, Paravia, “L'educazione del soldato, con 50 problemi per esercitazioni,” Firenze, Ed. La Voce, “Il problema della scienza nella storia delle scienze : per i licei scientifici, Milano, Signorelli, “Dizionario delle scienze pedagogiche : opera di consultazione pratica con un indice sistematico, direttore Marchesini, collaboratori: Antonio Aliotta, Giuseppe Aliprandi e altri, Milano, Soc. Edit. Libraria, Vedi Treccani L'Enciclopedia Italiana. Ultima ristampa: Firenze, Sansoni, 1968.  Mariantonella , Marchesini e la «Rivista di filosofia e scienze affini». La crisi del positivismo italiano, Collana di filosofia, Franco Angeli, Treccani L'Enciclopedia Italiana. Giovanni Marchesini. Keywords: “L’educazione del soldato” --.

 

MARCHESINI. (Bologna). Filosofo. Grice: “I don’t think Marchesini has a philosophical background, but he fascinates me! I especially liked his idea about ‘virility’ and the idea of a knightly code – ‘codice cavalleresco’ – The other field that fascinates me is his research on ‘inter-subjectivity’ in the living form – which he now extends to plants – ‘vivente’ – Surely we don’t refer to a cat as an object – and the philosophical keyword here is ‘threshold,’ that Marchesini aptly uses.” Cardine della sua proposta filosoficariconducibile, seppur con caratteristiche proprie, alla più ampia corrente del Post-humanè lo smascheramento di quell'errore prospettico che pone l'uomo al centro e a misura dei suoi predicati.  «Comincerò il mio viaggio dal prato più bello, quello che l'aria non abbandona un istante, il sole vi si intrappola da splendere pur di notte ed i profumi vergini coesistono con quelli gravidi. È qui che il dio Pan cadde la notte dei tempi, da qui iniziò il suo girovagare incerto, all'unico desiderio d'amare»  (R. Marchesini, Il dio Pan). Da sempre affascinato dalla natura e, in particolare, dal regno animale, consegue la laurea a Bologna. Parallelamente agli anni di formazione universitaria, spinto da un forte interesse verso il comportamento animale, stringe una feconda collaborazione e amicizia con l'etologo Giorgio Celli, con il quale inizia a indagare le interazioni sociali degli imenotteri. Per cinque anni conduce ricerche “sul campo” e, con l'ausilio della macrofotografia, è in grado di immortalare quegli attimi di vita animale altrimenti nvisibili all'occhio nudo: rituali di corteggiamento, di accoppiamento e di trofallassi tra gli insetti che diventeranno il viatico per tutta la sua ricerca futura.  Nei suoi studi di entomologia approfondisce l'analisi dei sistemi feromonali che saranno tema di alcune pubblicazioni e della successiva ricerca sul comportamento e sul benessere animale. Nella seconda metà degli anni ottanta, sotto la guida del professor Franco Pezza, dell'Università degli Studi di Milano, studia i metodi di allevamento, i parametri di benessere nelle aziende zootecniche, i fattori di incidenza del rischio in zootecnia, le modalità di individuazione dei sinistri, pubblicando alcuni lavori sulla medicina veterinaria delle assicurazioni.  Inizia così la sua collaborazione con diversi atenei sui temi del comportamento animale, tenendo corsi e master di etologia applicata e medicina comportamentale. Alla metà degli anni novanta entra nel Consiglio Direttivo della Società di Scienze Comportamentali Applicatedi cui diverrà Presidente focalizzando la propria attenzione sul comportamento degli animali domestici, sugli stili di relazione interspecifica, sui problemi e sulle patologie comportamentali. Osservando sul campo le espressioni comportamentali e i processi di apprendimento degli animali, inizia a considerare anacronistici e contraddittori i modelli esplicativi tradizionali.  In sintesi, quello che Marchesini propone nel panorama delle scienze cognitive è un superamento dei tre modelli interpretativi al comportamento animalequello behaviorista, quello etologico classico e quello antropomorficoin virtù di un modello mentalistico unitario (un'unità necessaria che la mente, come fenomeno unico, richiede), che valga sia per i processi consapevoli che inconsapevoli e che descriva espressione e apprendimento in termini elaborativi dell'informazione, sistemici o composizionali dellecomponenti, solutivi e non reattivi, evolutivi e relazionali nella realizzazione ontogenetica. Questo porterà alla pubblicazione di tre testi dal forte impatto innovativo: Intelligenze plurime e Modelli cognit ivi e comportamento animale ed Etologia cognitiva. Alla ricerca della mente animale. Gli assunti di base della proposta di Marchesini sono i seguenti:  il soggetto è immerso in un campo di possibilità filogenetiche che definiscono il tipo di intelligenza propensionale o specie-specificada cui l'idea di pluralità cognitiva dove le diverse intelligenze sono comparabili ma non commensurabili; il processo ontogenetico di costruzione dell'identità si realizza grazie alle dotazioni innate, che ricche di virtualità evolutive, possono essere organizzate in una molteplicità di modida cui l'idea di rapporto dimensionale o direttamente proporzionale di innato e appreso; l'espressione del soggetto è sempre proattiva, mossa cioè da un obiettivo, e quindi frutto di una condizione problematica che il soggetto cerca di risolvere attraverso ricette solutive fino al raggiungimento dell'obiettivoda cui il superamento del concetto di rinforzo. Vi è quindi una ridefinizione della soggettività animale, come possesso del suo qui e ora, e come capacità di mettere in dialogo tutte quelle istanze (ontogenetiche e filogenetiche) che gli appartengono nella sua relazione con il mondo. Bioetica e diritti animali Alla fine degli anni ottanta si iscrive alla facoltà di Lettere e Filosofia dell'Bologna, con l'intento di sondare il rapporto uomo-natura da una prospettiva pedagogico-filosofica.  In questi anni inizia a portare nelle scuole percorsi progettati appositamente a misura di bambini per permettere loro di conoscere la varietà del mondo animale evitando letture antropomorfiche, quelle viziate, ad esempio, dai sedimentati repertori culturali. È in questi anni che avviene uno degli snodi cardine nell'attività di Marchesini: egli si accorge che le potenzialità che è in grado di esprimere il binomio bambinoanimale (o più in generale uomoanimale) è da ricercarsi non nella performatività quanto piuttosto nelle dinamiche che la relazione, unica e irripetibile, è in grado di generare. L'animale coinvolto nelle attività didattiche non è più un oggetto dal quale attingerequasi fosse una fonte miracolosaelementi benefici al percorso formativo del bambino, ma è nel suo essere soggetto e capace di stipulare un patto con il proprio interlocutore che lo fa divenire elemento imprescindibile di ogni percorso formativo.  L'esperienza condotta all'interno delle scuole porta Marchesini alla stesura del volume Natura e pedagogia, inizialmente nato per divenire la sua tesi di laurea, ma pubblicato prima della conclusione degli studi umanistici. Le attività con i bambini lo conducono in tutta Italia portando in evidenza due aspetti:  il divorzio che si è andato realizzando tra l'uomo e le altre specie nella cultura contemporanea, con bambini che non sono in grado di relazionarsi con gli animali e spesso nemmeno conoscono le specie domestiche; la svalutazione degli animali e l'incapacità della società contemporanea di avere consapevolezza dell'importanza della relazione con le altre specie per lo sviluppo della personalità. Per Marchesini la svalutazione operata dalla società contemporanea parte dalla perdita di quel rapporto di convivenza e di ospitalità che viceversa ancora caratterizzava la cultura rurale. Nasce così il Concetto di soglia (che esprime il bisogno di uscire dalla dicotomia novecentesca dell'antropomorfismo e della reificazione dell'eterospecifico. Temi già affrontati in due saggi precedenti, Animali di città, critico verso l'antropomorfizzazione degli animali da compagnia, Oltre il Muro, critico verso la reificazione dei cosiddetti animali da utilità. Sono gli anni in cui riflette sul pensiero animalista e sulla bioetica animale fondando, insieme a colei che diventerà la sua storica collaboratrice, Sabrina Golfetto, la casa editrice Apeiron con lo scopo di creare un luogo dove ospitare riflessioni e dibattiti su tali tematiche. Sono gli anni in cui abbraccia, senza più abbandonarlo, il vegetarianesimo e dà vita assieme a Luisella Battaglia e a Margherita Hack a un'intensa attività convegnistica che confluirà nella collana Quaderni di bioetica di cui sarà direttore. Nel  sostituisce Caffo, che ne era stato fondatore e primo direttore, nella direzione di Animal Studies: Rivista Italiana di Antispecismo.  Nel maggio  esce per le Edizioni Sonda Contro i diritti degli animali? Proposta per un antispecismo postumanista. Il saggio affronta il tema dello specismo passando in rassegna le incongruenze e le incoerenze nascoste nelle maglie di un dibattito filosofico e culturale che pretende di sospendere l'antropocentrismo, rimanendo all'interno di una cornice umanistica. Il testo vede i commenti finali di Rodotà, Sax, Vallauri e Fadini. Porta la neonata zooantropologia in Italia, disciplina all'interno della quale compie una sistematizzazione sia a livello teorico, accanto alle antropologhe Eleonora Fiorani e Sabrina Tonutti, sia a livello applicativo con la delineazione di protocolli operativi nelle aree educative e assistenziali.  Per ciò che concerne la zooantropologia teorica, l'ipotesi di fondo proposta da Marchesini, e riconducibile alla sua teoria della zootropia, è che gli animali nel corso della storia non abbiano funto solo da produttori di prestazioni o di collezioni di modelli da imitare ma altresì da alterità referenziale nei processi antropopoietici. Marchesini sviluppa il concetto di "referenza animale", inteso come contributo di cambiamento offerto all'uomo dalla relazione con l'etero-specifico. Gli uccelli non hanno insegnato all'uomo l'arte di volare -- il modo di realizzare questa attività -- ma gli hanno ispirato la dimensione esistenziale del volare. Per Marchesini i predicati umanicome la danza, la musica, la cosmesi, la tecnicavanno considerati come frutti ibridi, esito cioè dell'incontro relazionale con le altre specie. Il motore della cultura umana è quindi per Marchesini rintracciabile nell'incontro con l'alterità animale che, nella forma di una vera e propria epifania, è stato capace di re-direzionare l'uomo lontano dal suo centro filogenetico e dalla sua solipsia di specie dando vita a nuove possibilità esistenziali.  Per ciò che concerne la zoo-antropologia applicata, opera una trasformazione in alcuni settori delle attività di relazione con gli animali, dalla pet therapy alla pedagogia cinofila, impostando i "protocolli dimensionali", vale a dire individuando nel rapporto delle dimensioni di relazione, ciascuna dotata di specificità sia di ordine relazionale che referenziale. In pet therapy lavorare secondo l'approccio dimensionale significa evitare l'incontro generico tra un paziente e un animale ma individuare le dimensioni di relazione che sono utili al fruitore secondo i suoi bisogni specifici e renderle operative attraverso attività specifiche. Allo scopo di formare nuovi operatori in grado di lavorare secondo i protocolli dimensionali fonda “Scuola di Inter-Azioone Uomo-Animale on sede a Bologna. Sii fa co-promotore di Carta Modena (Carta dei Valori e dei Principi della Pet-Relationship) che riceve il patrocinio del Ministero della Salute. Il documento mira a tutelare, all'interno del panorama della attività assistite dagli animali (A.A.A.) sia il fruitore, il benessere dell'animale coinvolto e il principio inter-relazionale che dal binomio scaturisce. Pubblica “Etologia filosofica: alla ricerca della inttersoggettività animale” con il quale inaugura la riflessione ontologica sul carattere dell’intersoggettività animale, vale a dire su che cosa differenzia un “oggetto” da un essere “vivente.” Rilegge l'ontologia animale in termini di "desiderio". “Essere animale” (essere vivente) significa prima di tutto "essere desiderante", una condizione di *non*-equilibrio che rende due animali protagonisti de loro divenire nonché capaci di definire il corso della filogenesi di specie.  L'etologia filosofica diviene ben presto un campo di ricerca entro il quale dialogano allo scopo di ridefinire i contorni di ciò che intendiamo con essere animale. Inizia la ricerca filosofica che va a innestarsi nella costellazione di studi definita come post-human.  È di questo period della ri-definizione dell'umano quale entità ibrida, puntualizzato nel dettato che vede l'uomo non più misura del mondo ma nemmeno misura di se stesso. In tale corrente filosofica ci sono per Marchesini le giuste premesse per poter articolare la propria riflessione in quanto il concetto di “alterità” nel progetto post-human assume un significato molto più vasto, abbracciando di fatto le entità non umane animali e macchiniche.  Collabora con la rivista Virus inaugurando una nuova estetica basata sull'ibrido come manifestazione contemporanea del sublime. In tale luce il Manifesto del Teriomorfismo rappresenta il documento attraverso il quale gli artisti rifiutano il dettato antropocentrico e riconoscono la natura ibrida di ogni processo creativo.  All'interno di tale campo d'indagine pubblica Animal Appeal e una feconda collaborazione che travalica i campi disciplinari e rivela ancora una volta i debiti che la cultura, in questo caso l'arte, ha contratto con le alterità. Conosce Salsano, storico, sociologo ed editor della casa editrice Bollati Boringhieri, che affascinato dal lavoro di Marchesini decide di pubblicare un primo saggio sul rapporto tra bios e techne dal titolo La fabbrica delle chimere (1999), testo che si pone a cavallo tra le precedenti esperienze in zooantropologia e bioetica e la nuova riflessione postumanistica.  Esce Post-human. Verso nuovi modelli di esistenza, testo corposo, concettualmente denso e dalla molteplicità di riferimenti, che ha suscitato un grande dibattito nel mondo accademico portando il suo autore a divenire punto di riferimento per ogni ricognizione che vada ad indagare i rapporti che intercorrono tra vivente (sia esso umano o animale) e tecnica. Sempre nel medesimo anno fonda Il Centro Studi Filosofia Postumanista allo scopo di promuovere e sviluppare le tematiche legate al post-human da diverse prospettive, arte, letteratura, cinema, new media, formazione. Innumerevoli saranno poi le pubblicazioni sul pensiero postumanista, che vedranno la pubblicazione del saggio Il tramonto dell'uomo. Inoltre, traduce, cura e scrive la postfazione dell'edizione italiana del testo The Companion Species Manifesto di Haraway.  Esce per Mimesis Epifania animale. L'oltreuomo come rivelazione nel quale Marchesini evidenzia come la cultura non vada pensata in modo antropocentrico come l'esito autarchico di un processo creativo interamente svolto dall'uomo, pur avvalendosi di materiale zoomorfo, ma come una rivelazione epifania ispirata dal non umano. Torna in libreria con un volume interamente dedicato al rapporto tra bios e tecnica, Tecnosfera. Proiezioni per un futuro postumano (Castelvecchi). Rilegge il connubio tra essere umano e tecnologia come una partnership emersa dal corredo filogenetico della specie Sapiens, mettendo in luce le potenzialità ibridatrici e plasmatrici della tecnologia. Da questa prospettiva, ogni invenzione, ogni scoperta, ha un effetto epifanico; apre, cioè, una nuova dimensione di imprevisto e di opportunità che modifica i confini e la percezione di ciò che definiamo umano.  Il mondo degli insetti (“as I observed squarrels” – Grice) così minuziosamente osservato risulta essere particolarmente evocativo anche da un punto di vista estetico e narrativo tant'è che dà alla luce la raccolta di racconti lirici “Il dio Pan,” frutto in parte anche delle osservazioni compiute tra gli imenotteri.  Nei brevi racconti dedicati al dio agreste della mitologia greca, cerca di sfatare il mito di una natura, da un lato meccanicistica (mera esecutrice dei dettami della genetica) e dall'altro lato bucolica e idealizzata che nulla o poco rappresenta ciò che l'autore mira ad affrescare: una natura reale, un mondo del vivente a volte crudele ma in grado di interconnettere profondamente tutti i suoi abitanti: la preda e il predatore, la cavalletta e la mantide. Il testo, recepito positivamente dall'ambiente culturale bolognese, porta Marchesini a stretto contatto con il Roversi, altra figura che influenzerà profondamente la sua attività futura portandola a spingersi in plurimi territori e a cavallo di numerosi discipline: dalla narrativa alla poesia, passando per la filosofia. Pubblica il romanzo Uscendo da Lauril e  la raccolta di racconti Specchio animale che ospita la postfazione di Leonetti. Con la pubblicazione di Uscendo da Lauril in particolare,intraprende l'esperimento di trasferire sul piano narrativo le evocazioni postumanistiche partendo dalla poetica cyber-punk. In entrambi i lavori è possibile ritrovare quegli elementi che contraddistinguono la speculazione filosoficai: la dialettica tra identità alterità, il rifiuto di qualsiasi mito della purezza originaria e di ogni forma di antropocentrismo.  Esce per la casa editrice Mursia Ricordi di animali, l'autobiografia volta a raccogliere la storia di vita dell'etologo osservata tramite la lente dei numerosi animali che ne hanno scandito le tappe fondamentali. --  è invece la volta de La filosofia del giardiniere, pubblicato dalla Graphe edizioni nella collana Parva. Il libro è composto di due parti, nella prima il lettore è condotto dalle parole a passeggiare nel giardino, novello atelier darwiniano, con stupore e riverenza. Nella seconda sono le immagini di alcuni giardini del mondo a far continuare la riflessioni sulla cura, portate avanti da Marchesini.   Roberto Marchesini nel Centro Studi di Galliera (Bologna) Progetti esteri Roberto Marchesini tiene regolarmente conferenze in diversi paesi del mondo tra i quali: Stati Uniti, dove dal  tiene annualmente una lecture presso l'Harvard, Brasile, Messico, Cile, India, Australia, Francia, dove è stato ospite della Sorbona, Spagna, Portogallo.  Cura la rubrica etologia a cadenza settimanale "Gli animali che dunque siamo" per Il Corriere della Sera. “Intelligenza emotiva versus intelligenza cognitive” in Pluriverso,  3, La Nuova Italia,  La via vegetariana per un mondo migliore, Vimercate, La spiga vegetariana, pagina 2:// novalogos/drive /File/ LIBRO% 20ANIMAL %20 STUDIES %201-.pdf // novalogos// drive/File/ animalstudies. R. Marchesini, Teriomorfismo, Bologna, Apeiron. Bioetica, diritti animali, pedagogia e scienze cognitive. Oltre al muro, Torino, Franco Muzzio Editore, Natura e pedagogia, Roma, Theoria, Il concetto di soglia, Roma, Theoria, Io e la natura, Forlì-Cesena, Macro Edizioni, La fabbrica delle chimere. Biotecnologie applicate agli animali, Torino, Bollati Boringhieri,  Bioetica e scienza veterinarie, Edizioni Scientifiche Italiane, "Intelligenza emotiva versus intelligenza cognitiva", In Pluriverso, Firenze, La Nuova Italia, Bioetica e biotecnologie. Questioni morali nell'era biotech, Bologna, Apeiron, Intelligenze plurime. Manuale di scienze cognitive animali, Bologna, Peridsa, “Il galateo per il cane” Milano, Giunti, “Modelli cognitivi e comportamento animale: Coordinate di interpretazione e protocolli applicative;; Contro i diritti degli animali? Proposta per un anti-specismo post-umanista, Alessandria, Edizioni Sonda,  Vivere con il cane. Come migliorare il rapporto fra cani, adulti e bambini, Firenze, De Vecchi, Il bambino e l'animale. Fondamenti per una pedagogia zoo-antropologica, Roma, Anicia,  Etologia cognitiva. Alla ricerca della mente animale, Bologna, Apeiron, Pluriversi cognitivi. Questioni di filosofia ed etologia, Milano, Mimesis, Geometrie esistenziali. Le diverse abilità nel mondo animale, Bologna, Apeiron,  Zooantropologia. Animali e umani: analisi di un rapporto, Como, Red, Animali in città. Manuale di zoo-antropologia urbana, Como, Red, Homo Sapiens e mucca pazza. Antropologia del rapporto con il mondo animale, Bari, Dedalo, R. Fondamenti di zooantropologia. Zooantropologia applicata, Bologna, Perdisa, Manuale di zooantropologia, Roma, Meltemi,  Il codice degli animali magici, Firenze, De Vecchi, L'identità del cane. Storia di una implicatura conversazionale tra specie; Bologna, Apeiron, L'identità del gatto. La forza della convivialità, Bologna, Apeiron, Cane & Gatto. Due stili a confronto, Bologna, Apeiron,  Etologia filosofia. Alla ricerca della inter-soggettività animale, Milano, Mimesis, Emancipazione dell'animalità, Milano, Mimesis, Posthuman. Verso nuovi modelli di esistenza, Torino, Bollati Boringhieri, Il problema del corpo, tra umanesimo e postumanesimo, in Janus,  Tecno-scienza e approccio post-umanistico, in Millepiani, R. Marchesini, Il tramonto dell'uomo. La prospettiva postumanista, Bari, Dedalo, R. Marchesini, Filosofia postumanista e antispecismo, in Liberazioni. Rivista di critica antispecista, L. Caffo, R. Marchesini, Così parlò il postumano, a cura di. E. Adorni, Aprilia, Novalogos, ,R. Marchesini, Epifania animale. L'oltreuomo come rivelazione, Milano, Mimesis,  R. Marchesini, Ibridazioni e processi evolutivi, in Formazione e post-umanesimo. Sentieri pedagogici nell'età della tecnica, Milano, Raffello Cortina, Etologia filosofica. Alla ricerca della inter-soggettività animale, Milano, Mimesis, Alterità. L'identità come relazione,  Modena, Mucchi Editore, Tecno-sfera. Proiezioni per un futuro postumano, Roma, Castelvecchi, Eco-ontologia. L'essere come relazione, Bologna, Apeiron, R. Teriomorfismo, Bologna, Hybris,  Poetiche postumaniste in Polimorfismo, multimodalità, neobarocco, N. Dusi e C. Saba, Silvana Editore, ,  R. Marchesini, "Ontani. Argonauta dell'ibridazione", in Ontani incontra Giorgio Morandi. Casamondo, Danilo Montanari Editore,  Il Dio Pan. Racconti lirici, Firenze, Firenze Libri, Graphe edizioni, Perugia, Uscendo da Lauril, Roma, Theoria, Specchio animale. Racconti di ibridazione, Roma, Castelvecchi, Ricordi di animali, Milano, Mursia, Il cane secondo me. Vi racconto quello che ho imparato dai cani, Alessandria, Sonda, La filosofia del giardiniere. Riflessioni sulla cura, Perugia, Graphe edizioni.  Blog ufficiale, su marchesini etologia. iVegetti della letteratura fantastica, Fantascienza.com. Radio Radicale. Academia.edu. Sito ufficiale (Scuola di Inter-azione Uomo-Animale). Sito ufficiale del Centro Studi Filosofia Postumanista diretto da. Roberto Marchesini. Keywords: terio-morfismo.

 

MARCHETTI. (Empoli). Filosofo. Grice: “I love Marchetti; for once, he had to find vulgar terms for all of Lucretius’s learned ones! The Italians used to call their own tongue ‘volgare’ then --; this is not easy matter (to translate Lucretius, not to call your tongue volgare), especially since Lucretius was often unclear to himslf – talk of my conversational desideratu of conversational perspicuity [sic]!” -- Grice: “I like him because he axiomatised Galilei!” Professore a Pisa, contina le ricerche di Galileo n come iViviani. Collabora con Papa.  Scrisse rime morali ed eroiche. L’opera cui deve la sua fama è la traduzione “Della natura delle cose” di Lucrezio. Considerata come un manifesto di  razionalismo, “La natura dellle cose” influì notevolmente sul gusto arcadico per la purezza della lingua e l'eleganza dello stile.  La diffusione di idee materialiste attirò sul Marchetti l'accusa di empietà. Pur rifugiatosi nella poesia, non riuscì ad evitare le indagini del Sant'Uffizio, ispirate soprattutto da Vanni. Per altre sue opere di successo fu attaccato dagli oppositori di Galileo.  Membro dell’ Accademia dei Disuniti, Accademia dell'Arcadia, Accademia dei Fisiocritici, Accademia dei Risvegliati, Accademia della Crusca e Accademia Fiorentina.  Opere: “De resistentia solidorum” (Florentiae, typis Vincentij Vangelisti & Petri Matini (Grice: “Opera  abbastanza interessante, basata sulla teoria galileiana, cui Marchetti dà una struttura assiomatica – ripetto, ‘assiomatica’ -- rigorosa. Tratta in larga parte il problema dei solidi di uniforme resistenza, precedendo di mezzo secolo l'importante trattato di Grandi), “Exercitationes mechanicae” (Pisis, ex typographia Io. Ferretti); “Della natura delle comete,” “Lettera scritta all'illustriss. sig. Francesco Redi,” In Firenze, alla Condotta, “Saggio delle rime eroiche morali e sacre,” dedicato all'altezza reale di Ferdinando principe di Toscana, In Firenze, nella stamperia di Cesare Bindi, “Anacreonte,” radotto dal testo greco in rime toscane da Alessandro Marchetti accademico della Crusca e da lui dedicato all'altezza reale di Ferdinando principe di Toscana, In Lucca, per L. Venturini. “Della natura delle cose libri sei tradotti da Alessandro Marchetti (per Giovanni Pickard) Vita e poesie di Marchetti da Pistoja filosofo e matematico all'illustrissimo sig. cavaliere F. Feroni marchese di Bellavista patrizio fiorentino e accademico della Crusca (Venezia, appresso Pietro Valvasense (Contiene poesie con la “Vita” scritta dal figlio Francesco). G. Costa, Epicureismo e pederastia: il  Lucrezio e l'Anacreonte di Alessandro Marchetti secondo il Sant'Uffizio, Firenze, L.S. Olschki,  Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Cesare Preti,  Dizionario biografico degli italiani,  Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,  Mario Saccenti, “Lucrezio in Toscana: Studio su Marchetti” (Firenze, L.S. Olschki);  De rerum natura Razionalismo, TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Alessandro Marchetti, su accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca.  Opere di Alessandro Marchetti, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Alessandro Marchetti.

 

MARCHI. (Potenza). Filosofo. Grice: “Marchi displays a few features hardly found at Oxford: He edited a magazine, “filosofia mazziniana” – I can imagine Bradley wanting to edit “Hegeliana” at Oxford – and we do have a Gilbert Ryle Room, and an Occam Society! The other trait is illustrated by his manifesto, “La missione di Roma,” – Churchill would have equaled with something Anglian!” Generale di corpo d’armata italiano, Medaglia d'oro dei Benemeriti dell'Educazione Nazionale.   Professore a Roma curò la pubblicazione di diverse riviste in cui si confrontarono alcuni studiosi del primo Novecento italiano come Varisco. Tra queste Dio e Popolo e “L'idealismo realistico.” Dio e Popolo, rivista di ispirazione mazziniana, accoglie scritti miranti alla ricostruzione della filosofia religiosa di Mazzini e i rapporti tra religione e stato; nega l'ateismo e persegue l'ideale di “repubblica”. “L'idealismo realistico” raccoglie teorie filosofiche di stampo anti-gentiliano.  A lui è dedicato il Premio tesi di Laurea “Vittore Marchi”, bandito da Roma Tre per i neolaureati che abbiano sostenuto tesi su un argomento concernente il pensiero filosofico antico degne di essere pubblicate; e un parco al Municipio IV. Opere: “Ricostruzione della filosofia religiosa di Mazzini, in Dio e Popolo, “La missione di Roma” o, Atanòr Ed., Il concetto e il metodo della ‘storia della filosofia,’ – Grice:  “His apt implicature is that if you are an idealist, don’t shed your idealism when discussing J. J. C. Smart!” -- Filosofia e religione, La perseveranza Ed., Potenza,  La filosofia morale e giuridica di Gentile, Stabilimento Tipografico F.lli Marchi, Camerino, Relazione tra la filosofia teoretica e la filosofia pratica – Grice: “I would strongly assert that it’s the same thing: ‘Poodle is our man in practical philosophy’ sounds obscene’” --  in L'idealismo realistico, Roma, “Le prove dell'esistenza di Dio, in L'idealismo realistico, Roma, Riconoscimenti Medaglia d'oro ai Benemeriti dell'Educazione Nazionale Gli è stato dedicato un parco a Roma. Gramsci (J. A. Buttigiec), G. De Turris, Fenomenologia dell'individuo assoluto, Roma, Edizioni Mediterranee. //uniroma3/news.php?news=603. Vittore Arnaldo Marchi. Vittore Marchi.

 

MARCHI. (Brescia). Filosofo. Grice: “His ‘poesia del desiderio’ is confusing – he means tenderness, as Scruton does in his book on “Sexual arousal”” -- Grice: “Perhaps Marchi’s most provocative piece is “L’anima DEL corpo.” If I were to be tutored on that by Hardie, I can very well imagine Hardie – he was a Scot – ‘what d’you mean, ‘of’?” Psicoterapeuta di formazione reichiana, umanista, autore di scritti talvolta controversi perché a scopo provocatorio, si define Solista ed ama stare «fuori dall'Accademia».   Psicologo clinico e sociale, politologo e autore di numerosi saggi, è stato protagonista di varie battaglie per i diritti civili e sessuali, riuscendo con una sentenza della Corte Suprema sulla “Vertenza tra il Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Emilio Colombo, e  Marchi”, ad ottenere la revoca dei divieti penali all'informazione e all'assistenza anti-concezionale e ad avviare la realizzazione di una rete di migliaia di consultori sessuologici e familiari pubblici. Fonda l’'AIED, guidando l'Associazione in qualità di Segretario. Ha dato per oltre quarant'anni un contributo determinante non solo alla segnalazione della pericolosità dell'esplosione demografica (da lui definita “la madre di tutte le tragedie”) e dei suoi corollari (fame, guerre, genocidi, disastri ambientali, disoccupazione di massa, migrazioni disperate, crisi energetica mondiale) ma anche al chiarimento dei meccanismi psicologici che hanno finora impedito di comprendere e di affrontare questa tragedia planetaria. Dimostrato con alcuni foto-romanzi interpretati da noti attori (Paola Pitagora, Pagliai, Gassman, Zavattini e  Valdemarin) che i messaggi mass-mediatici associati alla psicologia motivazionale sono lo strumento più efficace per indurre le masse alla regolazione delle nascite: una tesi oggi confermata da varie organizzazioni internazionali. --Presidente italiano di tre importanti Scuole di Psicoterapia da lui fondate: quella psico-corporea di Reich, quella bioenergetica di Lowen e quella umanistica di Rogers. Marchi matura un diverso punto di vista nei confronti degli approcci teorici di Reich, Lowen e Rogers (a suo parere non avevano colto fino in fondo l'importanza della coscienza e dell'angoscia della morte nella genesi delle patologie psichiche umane) e propone  una teoria della cultura e della nevrosi in un libro (“Scimmietta ti amo -Psicologia Cultura Esistenza: da Neanderthal agli scenari atomici ” Ed. Longanesi “Lo shock primario”, Ultima Ed. Rai-Erit) che viene proclamato “Libro del Mese”. Fonda a Roma l'Istituto di Psicologia Umanistica Esistenziale, oggi diretto da Filastro. Pioniere  della ricerca psico-sociale, è stato Presidente Onorario della Società Italiana di Psicologia Politica . I suoi contributi in questo campo sono stati: 1) la fondazione della Psicopolitica (un metodo di analisi psicologica dei fenomeni socio-culturali che  propone una “lettura” psicologica di tali fenomeni, diversa da quelle di carattere marxista, idealista o istituzionalista finora prevalse, con risultati fallimentari, nelle scienze sociali e politiche tradizionali); 2) l'elaborazione d'una nuova "Psicologia Politica Liberale" . Si è interessato anche al teatro e alla televisione, creando programmi di cui Fellini scrisse: “Ecco una nuova televisione culturale di cui c'è, oggi, bisogno”. E per oltre due anni ha condotto un programma di psicologia su RaiUno ” La chiave d'oro” con Baldini. Guzzanti ha scritto di lui: “ è un felice incrocio tra Russell ed Allen”.  Attivista per il riconoscimento dei diritti alla contraccezione, al divorzio, all'interruzione di gravidanza e all'eutanasia, ha fondato il Centro informazioni sterilizzazione aborto) che anticipò la legge sull'aborto in Italia, e l'Associazione italiana per l'educazione demografica.  Ha costantemente sostenuto l'importanza del problema della crescita demografica e dei problemi economici, ecologici, sociali e psicologici ad essa connessi.  Pur essendo favorevole alla chiusura dei manicomi, ha criticato la legge Basaglia in quanto scaricava sulle famiglie il problema dei malati psichiatrici pericolosi; parlando dei delitti in famiglia, evidenziò come il nucleo familiare resti il luogo principale in cui avvengono gli omicidi, a suo giudizio "frutto del fallimento" della legge 180 sulla salute mentale. Propose «una riforma radicale e l'apertura di cliniche psichiatriche che non siano i vecchi manicomi ma strutture umanizzate, oltre che di centri per l'attività riabilitativa».  Aderente al Partito Radicale, ha tenuto per tredici anni, dal 1995 al 2008, la rubrica bisettimanale "Controluce" su Radio Radicale, in cui ha trattato temi che venivano altrove trattati con conformismo: il sesso e l'amore, la procreazione e la contraccezione, le malattie e la morte, il lavoro e le rendite, la libertà e l'autoritarismo.  È stato autore della "Teoria liberale della lotta di classe",  nel volume O noi o loro!.  Istituto di Psicologia Umanistica Esistenziale "MARCHI" IPUE Modello, Fondatori e Storia della Scuola -- è mosso dalle radici comuni teoriche ed epistemologiche riconducibili alla fenomenologia e all'esistenzialismo, fondamentali correnti filosofiche del ‘900, e da alcuni autori significativi del movimento della psicologia umanistico-esistenziale in particolare Carl Rogers, Rank, Frankl, Binswanger, Boss, Jaspers, Minkowski. Eredita la particolare concezione dell'uomo e della vita, che rivendica all'essere umano il diritto e la capacità di scelta.  Consapevole della sovrabbondanza di Scuole Psicologiche esistenti in Italia esitò prima di fondare l'Istituto di Psicologia Umanistica Esistenziale. Preferì lavorare nell'ambito di indirizzi già affermati, che sentiva geniali e creativi e fu l'iniziatore della Scuola Reichiana in Italia Presidente dell'Istituto di Bioenergetica W. Reich di Roma e per 6 anni Presidente dell'Istituto di Psicologia Rogersiana (FDI) e inoltre concorse a riscoprire e valorizzare l'opera pionieristica di  Rank con la pubblicazione della sua opera: "Rank pioniere misconosciuto" Melusina Editrice. Esperienze personali drammatiche e ricerche in campo clinico e antropologico imposero alla sua attenzione l'importanza dell'angoscia di morte come uno dei più importanti fattori che contribuiscono alla sofferenza psicologica e psicopatologica.  Sentì allora l'esigenza di creare una nuova Scuola che riuscisse a riconoscere la rilevanza di questa angoscia primaria dell'uomo e di sviluppare un approccio originale, pluralista e non dogmatico alla sofferenza umana, fondato sull'integrazione sinergica delle tre dimensioni, di approccio simultaneoall'essere umano in terapia verbale, corporea ed esistenziale.  Si tratta di un modello che nasce sulla scia della filosofia esistenziale, dalla quale eredita la concezione dell'uomo e della vita che rivendica all'essere umano il diritto e la capacità di scelta e, intende:  (1) offrire la possibilità di elaborare e affrontare le tremende tensioni esistenziali di ogni essere umano anche nel percorso di malattia psichica e somatica nel clima di contatto empatico, di solidarietà, convogliando nel processo terapeutico il grande potenziale di crescita e comunicazione del paziente, la sua conoscenza dei propri bisogni, la sua creatività, l'apporto decisivo della sua esperienza.  2) che si presenta multidimensionale, integrato e non dogmatico alla sofferenza umana e psichica e costantemente aperto ad arricchire la propria prospettiva teorica e clinica attraverso un confronto critico e di fertilizzazione con altri approcci psicoterapici, e interviene su 4 dimensioni fondamentali dell'esperienza umana: la dimensione empatico relazionale, che definisce il nostro modo di essere nel mondo con gli altri; la dimensione corporea, che spesso esprime sotto forma di tensioni e dolori muscolari la sofferenza psicologica; la dimensione esistenziale, che riconosce l'importanza del senso che si riesce a dare alla propria esistenza; la dimensione cognitiva, che riconosce la rilevanza sintomatica della sofferenza psicologica e psicopatologica.   Un esempio di testo provocatorio, scritto senza avere alcuna competenza in infettivologia, è il seguente sulla cospirazione dell'AIDS: AIDS......affare multi Miliardario, su mednat.org.  e Aids, la grande truffa continua  in: L. De Marchi, Il nuovo pensiero forte. Marx è morto, Freud è morto e io mi sento molto meglio; altri scritti di critica, più documentati, hanno riguardato le sue critiche alle prassi della chemioterapia dei tumori e gli effetti collaterali, come in Kaputt tutta la ricerca sul cancro? sempre in De Marchi, op. cit.  Addio a Luigi De Marchi lo psicologo che inventò l'AiedRepubblica  Addio a  Marchi, lo psicologo che inventò l'Aied  L. De Marchi, Il Solista Autobiografia d'un italiano fuori dal coro, Edizioni Interculturali,  Luca Bagatin, articolo su Politica Magazine, su lucabagatin.ilcannocchiale. Opere:“Sesso e civiltà,” Laterza; “L’orgasmo” Lerici, Sociologia del sesso, Laterza, Repressione sessuale e oppressione sociale, Sugar, Wilhelm Reich Biografia di un'idea, Sugar, Psico-politica, Sugar Co, Vita e opere di  Reich, Sugar Co, Scimmietta ti amo, Longanesi, Lo shock primario. Le radici del fanatismo da Neandertal alle Torri Gemelle, Poesia del desiderio, La Nuova Italia, Seam, Perché la Lega, Mondadori, Il Manifesto dei Liberisti Le idee-forza del nuovo Umanesimo Liberale, Seam, Aids. La grande truffa, Roma, Seam, O noi o loro! Produttori contro Burocrati, ecco la vera lotta di classe della Rivoluzione Liberale, Bietti, Il Solista Autobiografia d'un italiano fuori dal coro, Edizioni Interculturali , Psicoterapia umanistica. L'anima del corpo: sviluppi (Franco Angeli,  Reich Una formidabile avventura scientifica e umana, Macro Edizioni, Il nuovo pensiero forte Marx è morto, Freud è morto e io mi sento molto meglio, Spirali , Svolta a destra? Ovvero non è conservatore chi combatte parassiti, fannulloni e sfruttatori, Armando Curcio Editore, La Psicologia Umanistica Esistenziale Rivista delle Psicoterapie, Roma “La Sapienza”,  Associazione italiana per l'educazione demografica, Reich  luigidemarchi.blogspot.com openMLOL Horizons Unlimited srl. Radio Radicale.  Istituto di Psicologia Umanistica Esistenziale "Luigi De Marchi" IPUE, su ipue. Archivio IPUE, su luigidemarchi.wordpress.com. Archivio della rubrica "Controluce" che Marchi teneva su Radio Radicale,, Renato Vignati Luigi De Marchi, un pioniere della psicologia italiana in Psychomedia, R.Vignati Lo sguardo sulla persona. Psicologia delle relazioni umane, Libreria universitaria edizioni, Padova. Luigi De Marchi.

 

MARCONI. (Torino). Filosofo. Grice: “Perhaps his most brilliant exegesis on ‘Vitters’ is that about what Marconi calls ‘linguaggio private,’ as in Robinson Crusoe. Not!” -- Grice: “Marconi has attempted to ‘formalise’ dialectic – as in Oxonian dialectic – which is what Zeno was trying to do with his reductio ad absurdum.” Grice: “While Marconi starts alright, with Frege, he gets entangled with ‘Vitters;’ p’rhaps his innovative approach is best seen in phrases like ‘il significato eluso’, which may describe my implicature; but points to an etymology: ‘eluso’ is indeed ‘eluso,’ and means ‘ex-ludic,’ out of the game. The idea being that the game is a simulated fight, and by eluding a punch from your adversary, you are, well, ‘implicating’!” Professore a Torino, studia con Pareyson a Torino e con Rescher, Sellars e Thomason a Pittsburgh, dove studia  Hegel. Grice: “In Italy, it is not considered Italian to get your PhD without – not within – Italy. Similarly, at Oxford, you cannot get your B. A. Lit. Hum.  anywhere else if you want to be regarded as Oxonian. That’s why I never considered B. A. O. Williams an Oxonian!” -- Noto per i suoi contributi su ‘Vitters,’presenta diversi risultati, specie riguardo alla semantica. Su questi temi ha pubblicato “Filosofia e scienza cognitiva (Laterza). Cura con Ferraris la nuova edizione della Enciclopedia filosofica Garzanti ed è stato presidente della Società Italiana di Filosofia Analitica. Opere: “Il mito del linguaggio scientifico”studio su Vitters, Milano, Mursia,  Dizionari e enciclopedie, Torino, Giappichelli, “L'eredità di Vitters”Roma-Bari, Laterza, Lampi di Stampa; “La competenza lessicale,” Roma-Bari, Laterza,  “La filosofia del linguaggio.” Da Frege ai giorni nostri, Torino, Utet, “Filosofia e scienza cognitiva,”Roma-Bari, Laterza, “Per la verità: relativismo e la filosofia,” Torino, Einaudi, “Verità, menzogna” – Grice: “The etymology is an interesting one; since menzogna is cognate to my meaning, so Marconi actually means ‘truth’ versus ‘trust’ – or honesty versus dishonesty – seeing that one can ‘lie’ while asserting a truth – provided the utterer thinks ‘p’ is ‘false’.” Grice: “But this is a commissioned thing, so it shouldn’t count as it is Marconi discussing with a priest!” Trento, Il Margine, ; “Flosofia e professionismo,” – Grice: “His implicature, and a right one, too, is that philosophy is a profession, which reminds me of ‘A Room with a view’: “And what, Sir Cecil, is your profession?” “I don’t HAVE a profession!” --  On the other hand, his translation of my ‘metier’ (mestiere) is an interesting one (The tiger’s métier is to tigerise). Torino, Einaudi, .“La formalizzazione della dialettica” : Hegel, Marx e la logica contemporanea,”Torino, Rosenberg & Sellier, “ Guida a Vitters Il «Tractatus», dal «Tractatus» alle «Ricerche», Matematica, Regole e Linguaggio privato, Psicologia, Certezza, Forme di vita. Roma-Bari, Laterza, Filosofia analitica, Prospettive teoriche e revisioni storiografiche. Milano, Guerini e associati, Vercelli, Mercurio, Scritti sulla tolleranza di Locke, Torino, UTET, Saggi su Marconi, “Il significato eluso” saggi in onore di Marconi, numero monografico della «Rivista di estetica», Treccan iEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Intervista di M. Herbstritt, Rivista italiana di filosofia analitica, sito dell'Università degli Studi di Milano. Diego Marconi.

 

MARIANO (Capua). Filosofo. Grice: “I like Mariano: his study of Risorgimento applying the philosophy of history is brilliant” Fedelissimo allievo di Vera, insegna a Napoli. La sua indagine e  prevalentemente orientata verso l'interpretazione di Hegel. Si colloca insieme a Vera in quella tendenza che privilegia l'interpretazione sistematica e razionale. Inserì talvolta temi non strettamente legati al pensiero di Hegel affermando tra l'altro che la filosofia deve essere compiuta dalla religione" (Dall'idealismo nuovo a quello di Hegel, Motivi, risonanze e variazioni sulle dottrine hegeliane), trattando riguardo a ciò che dell'idealismo di Hegel è morto e di ciò che non può morire", argomento precedentemente trattato da Croce, il quale risponde aspramente alle argomentazioni proposte da Mariano. “Mariano non ha mai capito nulla di tutto ciò che vi è di più sostanziale in Hegel come non ha meditata seriamente nessuna grande filosofia; e (ora si può aggiungere) non ne ha mai letto le opere. Immaginarsi che il Mariano si afferma hegeliano, mentre sostiene che la conoscenza non è assoluta; che rimane insuperabile il mistero; che dio esiste fuori del mondo e sarebbe dio anche senza il mondo; e che la filosofia deve essere compiuta dalla religione! Insomma, ciò che di Hegel "non può morire" sarebbe ciò che Hegel non ha mai detto perché affatto indegno della sua mente altissima.»  Si schierò a favore del mantenimento della pena di morte in un dibattito sul tema, in accordo con iVera ( La pena di morte. Considerazioni in appoggio di Vera Napoli. ), uno dei più autorevoli difensori del mantenimento di questa pratica. È ancora Croce che commenta con grave disappunto l'argomento. “Notiamo in ultimo che sempre riecheggiando i vaniloqui del Vera,Mariano si professa filosofico difensore della pena di morte: come se la maggiore o minore opportunità di mettere i delinquenti in segregazione cellulare, o d'impiccarli, ghigliottinarli, garrottarlie impalarli, costituisse una questione filosofica. Ma Mariano ama tutte le cause generose; e non è da meravigliare se per esse trascenda persino i limiti della filosofia.»  E anche saggista con un gusto per la "critica della critica" (cit."Storia Letteraria d'Italia, Volume III, Armando Balduino") – filosofica -- non trascurando l'arte che annetteva strettamente alla morale. Rivolse la sua indagine anche al rinascimento con un Saggio biografico critico su Bruno La vita e l'uomo. Pubblica nche una monografia "apologetica" di Vera. La sua produzione fu in un secondo momento soprattutto riferita alla storia, in particolare la storia del cristianesimo e quella delle religioni in genere, argomenti affini anche alla materia insegnata presso l'università napoletana. Non sono presenti particolari innovazioni nella sua ricerca, ma fu uno dei primi a discutere la tesi proposta da Croce riguardo alla riduzione della storia al concetto di ‘arte.  Altre opere: “L’Eraclito di Lassalle: saggio sulla filosofia hegeliana,” (Cf. Speranza e ill suo Grice: saggio sulla pragmatica oxoniense”),  “Il Risorgimento italiano secondo i principi della filosofia della storia,”  ““La libertà di coscienza,” Milano, Hoepli, “Vera.” Saggio critico, Roma, Tip. Civelli, “L'individuo e lo Stato nel rapport sociale. Saggio, Milano, Treves,  “Il Machiavelli di Villari, Roma,” Loescher, (cf. “Il Grice dello Speranza”), Leopardi, Roma, Tip. Botta, La pena di morte. Considerazioni in appoggio di Vera, Napoli.  IlCarlo Maria Curci, Milano, Vallardi, Augusto Vera. Necrologio, «Annuario Napoli», Dio secondo Platone, Aristotele ed Hegel, «Acc. SMP Napoli. Atti»,  Biografie del Machiavelli, 1Arte e religione,  Il brutto e il male nell'arte. Il brutto e il male nel romanzo moderno, Dall'idealismo nuovo a quello di Hegel, Motivi, risonanze e variazioni sulle dottrine hegeliane, La vita e l'uomo, I rapporti dello Stato con la religione, Firenze, Civelli, Il problema religioso in Italia, Roma, Civelli, La riforma ecclesiastica in Italia, «Il diritto», Cristianesimo, cattolicesimo e civiltà, Papato e socialismo ai giorni nostri. Studio, Roma, Tip. Artero e comp., Buddismo e cristianesimo, La Storia è una scienza o un'arte?, «Fanfulla della Domenica», La conversione del mondo pagano al cristianesimo, Il cristianesimo dei primi secoli. Capua, gli ha dedicato una strada, sede, tra l'altro, del Banco di Napoli. La Critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia diretta da  Croce, Armando Balduino , Storia letteraria d'ItaliaL'Ottocento,  III, Piccin Nuova Libraria, Piero di Giovanni , Gentile, La filosofia italiana tra idealismo e anti-idealismo, Milano, cf. Luigi Speranza, “La pragmatica conversazionale: tra griceianismo e anti-griceianismo.” Franco Angeli, Paolo Malerba, Luciano Malusa, , sito della Società filosofica italiana  Guido Calogero, Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Raffaele Mariano.

 

MARIN. (Venezia). Filosofo. Grice: “I like Giovanni Marin; for one, he loved, like I do, rhetoric – in his own Venetian kind of way!”  Nato dal nobile Rosso Marin, studia con profitto sotto l'insegnamento di Feltre, dal quale apprese la retorica. Frequenta il ginnasio, presso il quale recitò eloquenti orazioni in encomio agli uomini illustri veneziani. Si laurea a Padova. Fu ambasciatore della Repubblica di Venezia presso gli Estensi e quindi presso Firenze. Rosmini, Carlo de' Rosmini, Idea dell'ottimo precettore nella vita e disciplina di Vittorino da Feltre e de' suoi discepoli, Rovereto. Giovanni Marin.

 

MARLIANI. (Milano). Filosofo. Grice: “I like Mariliani; especially the cavalier way in which he refers to philosophers in his brilliant “De secta philosophorum.” Austin would say that there possibly are sects and sub-sects!” Fglio del patrizio milanese Castello Marliani. Studia a Pavia, dove fu allievo di Pelacani. Entra nnel Collegio dei intraprese una carriera nell'insegnamento della filosofia e astrologia. Attivo presso lo Studio di Milano e Pavia.  Con l'ascesa della dinastia degli Sforza a capo del Ducato di Milano, appartenente a una famiglia ghibellina, aumenta il p prestigio. Ottiene la concessione in esenzione dei diritti di sfruttamento delle acque del Secchia nei pressi di Moglia, nel Mantovano.  Alla morte del duca Francesco Sforza, scrisse una lettera al nuovo duca Galeazzo Maria Sforza in cui dichiarava di essere stato richiesto da molti Studi in diverse città d'Italia, sperando di poter essere trasferito da Pavia a Milano e di ricevere un aumento di salario. Il Consiglio segreto di Milano intercedette presso lo Sforza in favore di Marliani, esaltando la sua fama anche oltre i confini del Ducato. Il duca Galeazzo Maria, dopo alcuni indugi, acconsentì per conferirgli un'assegnazione annua di 1 000 fiorini, il più alto salario riconosciuto a chiunque nel Ducato. Sotto la reggenza di Ludovico il Moro ottenne i dazi di Gallarate e della sua pieve.  I suoi studi lo portarono ad essere tra i più grandi scienziati dell'epoca e riuscì a mettere in discussione Bradwardine e Sassonia.  Nella sua opera Quaestio de caliditate corporum humanorum tempore hyemis et estati set de antiperistasi,  distinse la temperatura dell'organismo dalla quantità e dalla produzione del calore naturale del corpo e sostenne che la produzione del calore naturale è più elevata in inverno che in estate. Si recò a Novara dal conte Gaspare Vimercati, colpito da problemi respiratori e curò Rinaldo d'Este da una gravissima malattia che lo colse durante una visita alla corte milanese. Raggiunse i vertici della propria carriera e prestò le sue doti di medico a Federico I Gonzaga. Sepolto nella cappella milanese della Marliani, nella chiesa di Santa Maria delle Grazie.  Le opere del Marliani furono oggetto di studio da Vinci, che lo cita in diverse occasioni nel suo Codice Atlantico.  Ebbe tre figli: Paolo, Gerolamo e Pietro Antonio, la discendenza del primo dei quali ottenne all'inizio P  Opere: “Quaestio de caliditate corporum humanorum tempore hyemis et estati set de antiperistasi,” “Disputatio cum Iohanne Arculano de materiis ad philosophiam pertinentibus,” “Quaestio de proportione motuum in velocitate,” “Algebra Algorismus de minutiis,” “De secta philosophorum,” “Probatio cuiusdam sententiae,” “Calculatoris de motu locali.” Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giovannii Marliani. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Marliani e le sette filosofiche” – The Swimming-Pool Library.

 

MAROTTA.  (Napoli). Filosofo. Grice: “I like Marotta; the idea of a library for the Istituto Italiano per gli studi filosofici’ at Via Monte di Dio, 11, is a geniality!” Si laurea con il massimo dei voti a Napoli, presentando la tesi,  La concezione dello Stato in Hegel.” Si interessa presto di storia, letteratura e filosofia, avvicinandosi dapprima all'Istituto Italiano per gli Studi Storici fondato da Croce, poi fondando l'associazione Cultura Nuova che diresse organizzando manifestazioni e conferenze rivolte ai filosofi che richiamarono tutte le più grandi personalità della cultura Italiana.  Incoraggiato dagli auspici dell'allora Presidente dell'Accademia Nazionale dei Lincei Cerulli, di Piovani e di Carratelli, fonda a Napoli l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, del quale è stato Presidente. Donato, all'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, la biblioteca personale, con una dotazione di oltre 300.000 volumi frutto di trent'anni di appassionata ricerca. Muore a Napoli. Per i suoi importantissimi apporti al mondo della filosofia ha avuto numerosi riconoscimenti da centri di ricerca e di formazione di rilievo internazionale.  Ha vinto la sezione Premio Speciale del Premio Cimitile. Gli è stata conferita la laurea ad honorem in Filosofia dall'Bielefeld, dall'Università Erasmus di Rotterdam, dalla Sorbona di Parigi e dalla Seconda Napoli. All'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici è stato conferito, nell'aula magna dell'Roma, il Prix International pour la Paix Jacques Muehlethaler, "Bidone d'Oro" per la cultura del Movimento artistico culturale "Esasperatismo Logos & Bidone" . Gaetano Capaldo, È morto Marotta, addio al fondatore dell’Istituto Studi Filosofici, su Diario Partenopeo, Claudio Piga (cur.), Per Gerardo Marotta. Scritti editi e inediti raccolti dagli amici di Marotta, Arte Tipografica, Napoli, Registrazioni di Gerardo Marotta, su Radio Radicale, Cinquantamila Giorni de Il Corriere della Sera. Gerardo Marotta.

 

MARRAMAO. (Catanzaro). Filosofo.  Grice: “Surely Marramao’s theory of time-relative identity is more complex than Myro’s! (Myro never read Heidegeer and was proud of it, can you believe it! He was born  in Russia and studied in the New World – so that’s understandable!” - Grice: “I like Marramao – he has philosophised on many things, usually homoerotic: Kairos – the opportune time – and its iconography, and Jesus against power” Essential Italian philosopher. Allievo di Garin,  si laurea Firenze. Proseguie gli studi a 'Francoforte, lavorando soprattutto intorno ai diversi filoni del marxismo italiano. Pubblicato Marxismo e revisionismo in Italia, rintracciando in Gentile la chiave di volta filosofica del marxismo italiano. Insegna a Napoli. -- è uscito il suo libro Il politico e le trasformazioni, nel quale ha posto a confronto le tematiche del marxismo econ le analisi delle trasformazioni di Schmitt. A partire da “Potere e secolarizzazione” elabora una teoria simbolica del potere (e del nesso politica-tempo) incentrata sulla ricostruzione ‘archeologica' dei presupposti del razionalismoe.  Fondamentali, nel dibattito politico-culturale e filosofico le sue collaborazioni a due riviste: Laboratorio politico diretto da Tronti e il Centauro, diretto da Giovanni. Direttore sdella Fondazione Basso-Issoco. Ha conseguito altri premi: Premio Pozzale Luigi Russo a Passaggio a Occidente e Premio di filosofia "Viaggio a Siracusa" a La passione del presente.  Insegna a Roma. Muovendo dallo studio del marxismo italiano (Marxismo e revisionismo in Italia, Austromarxismo e socialismo di sinistra fra le due guerre), ha analizzato le categorie politiche della modernità (Potere e secolarizzazione), proponendone, in dialogo con i francofortesi (Il politico e le trasformazioni) e con M. Weber (L'ordine disincantato), una ricostruzione simbolico-genealogica. Secondo questa lettura, che riprende le ipotesi di Löwith, nelle forme moderne di organizzazione sociale si depositano significati che derivano da un processo di secolarizzazione dei contenuti religiosi, ossia dalla ri-proposizione in dimensione mondana dell'orizzonte simbolico. In particolare, la secolarizzazione ha il suo centro in un processo di temporalizzazione della storia, in virtù del quale le categorie del tempo (che traducono l'escatologia  in una generica apertura al futuro: progresso, rivoluzione, liberazione, etc.) assumono centralità crescente nelle rappresentazioni politiche. Su queste considerazioni, riprese anche in “Dopo il Leviatano, Passaggio a Occidente. Filosofia e globalizzazione, La passione del presente, Contro il potere, si è innestata via via una tematizzazione esplicita del problema della temporalità, che per molti aspetti anticipa sia le tesi oggi in voga intorno alla "accelerazione" e al rapporto politica-velocità, sia i temi della "svolta spaziale" contemporanea. Contro le concezioni di Bergson e Heideggeri, che delineano con sfumature diverse una forma pura della temporalità, più originaria rispetto alle sue rappresentazioni/spazializzazioni, argomenta l'inscindibilità del nesso spazio-tempo e, richiamandosi tra l'altro alla fisica, riconduce la struttura del tempo a un profilo aporetico e impuro, rispetto a cui la dimensione dello spazio costituisce il riferimento formale per pensarne i paradossi. (Minima temporalia, e Kairós. Apologia del tempo debito. Lectio magistralis del Prof. Roma Tre, Enciclopedia di filosofia, Garzanti libri, Milano. Figure del conflitto. Studi in onore di Giacomo Marramao, a c. di A. Martinengo, Valter Casini Editore, Roma, D. Antiseri, S. Tagliabue, Storia della filosofia,  14: Filosofi italiani contemporanei, Bompiani, Milano. RadioRadicale, Radio Radicale.   (selezione) , su host.uniroma3. Pagina personale nel sito dell'Università degli Studi Roma Tre, su host.uniroma3. Video intervista al Festival della Filosofia su asia. Giacomo Marramao. Luigi Speranza, "Grice e Marrameo," The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

MARSILI. (Siena). Filosofo. Grice: “I like Marsili, and the founder of the ‘accademia del cimento.’ ‘Cimento’ you know, means ‘experiment,’ – only in Florence!” Si laurea a Siena. Fu nominato “lettore” di filosofia nello Studio senese. Conobbe Galileo dopo il processo in casa dell'arcivescovo di Siena Ascanio Piccolomini. Passò alla cattedra di filosofia nello Studio pisano, dove  esercitò la carica di Provveditore. Fu membro dell'Accademia del Cimento, ma le sue convinzioni dichiaratamente aristoteliche gli impedirono di coglierne lo spirito innovatore. Propose un esperimento per capire se lo spazio lasciato libero nel tubo barometrico durante l'esperienza torricelliana contenesse esalazioni di mercurio. su catalogo.museo galileo. Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Alessandro Marsili.

 

MARTELLI. (San Marco in Lamis). Filosofo. Grice: “I like Martelli: he wrote on Croce, Gramsci, and Nietzsche!” Insegna a Urbino. Prtecipato a lungo alla lotta politica in formazioni marxiste nate a cavallo del Sessantotto. D Ha diretto il master interfacoltà «Management etico e Governance delle Organizzazioni». Collabora con MicroMega (periodico).  I suoi studi si sono concentrati su Nietzsche, Gramsci, e di numerosi autori del Novecento, affrontando alcune tra le più dibattute vicende e problematiche filosofico-politiche dell'ultimo secolo. Si è occupato di temi di forte attualità, elaborando l'idea di una filosofia volta ad una critica radicale del dogmatismo e del fondamentalismo religioso e in generale di ogni forma di assolutismo che minacci la libertà di pensiero, i diritti civili, le istituzioni democratiche e la pace tra i popoli. Il suo aimpegno di saggista è rivolto in particolare alla difesa della laicità, contro l'interventismo politico delle gerarchie ecclesiastiche e vaticane.  Opere: “La felicità e i suoi nemici: apologia dell'agnosticismo,” Manifestolibri, “Il laico impertinente: laicità e democrazia nella crisi italiana,” Manifestolibri, “La Chiesa è compatibile con la Democrazia?” Manifestolibri, “Italy, Vatican State, Fazi editore, “Quando Dio entra in politica, Fazi editore, Senza dogmi. L'antifilosofia di Papa Ratzinger, Editori riuniti, Teologia del terrore. Filosofia, religione, politica dopo l'11 settembre, Manifestolibri, Il secolo del male. Riflessioni sul Novecento, Manifestolibri, Etica e storia. Croce e Gramsci a confronto, La città del sole, I filosofi e l'Urss. Per una critica del «Socialismo reale», La città del sole, Gramsci filosofo della politica, Unicopli, Nietzsche inattuale, Quattroventi, Filosofia e società nel giovane Nietzsche, Quattroventi,Università degli studi di Urbino "Carlo Bo" Antonio Gramsci Friedrich Nietzsche Laicità  Il laico impertinente: il blog di Michele Martelli, su michelemartelli.blogspot.com. Michele Martelli.

 

MARTINETTI. (Pont Canavese). Filosofo. Grice: “I like Martinetti; he wrote about eros, or as the Italians call it, ‘amore,’ – a different root from cupidus, too! He edited a platonic anthology.” “He also has a strange treatise on ‘the number’ which post-dates Frege!” -- «Di sé soleva dire di essere un neoplatonico trasmigrato troppo presto nel nostro secolo»  (Cesare Goretti). Professore di filosofia, si distinse per essere stato l'unico filosofo che rifiutò di prestare il giuramento di fedeltà al Fascismo. Fu il primo dei quattro figli (tre maschi e una femmina, senza contare una bambina che morì piccolissima) dell'avvocato Francesco Martinetti e di Rosalia Bertogliatti. Studi Dopo aver frequentato il Liceo classico Carlo Botta di Ivrea, si iscrisse a Torino, dove ebbe come insegnanti Allievo,  Bobba, Ercole, Flechia e Graf, laureandosi con una tesi, “Il Sistema Sankhya: un Studio sulla filosofia nell’India” discussa con Ercole, docente di filosofia teoretica, pubblicata a Torino da Lattes  e, grazie all'interessamento di Allievo, risulta vincitrice del Premio Gautieri.  Dopo la laurea Martinetti fece un soggiorno di due semestri presso l'Lipsia, dove poté venire a conoscenza del fondamentale studio di Garbe sulla filosofia Sāṃkhya da poco pubblicato. Si può dunque "ipotizzare che tra gli scopi del viaggio vi fosse anzitutto quello di approfondire gli studi dell’India, iniziati a Torino con  Flechia e 'Ercole."  L'insegnamento Martinetti insegnò dapprima filosofia nei licei di Avellino, Correggio, Vigevano, Ivrea, e per finire al Liceo Alfieri di Torino (1904-1905).  Nel 1904 pubblicò la monumentale Introduzione alla metafisica. I Teoria della conoscenza, chedopo che ebbe conseguito nel 1905 la libera docenza in Filosofia teoretica all'Torinogli valse di vincere il concorso per le cattedre di filosofia teoretica e morale dell'Accademia scientifico-letteraria di Milano (che nel 1923 diventò Regia Università degli Studî) nella quale insegnò dal novembre del 1906 al novembre del 1931.  Nel 1915 divenne socio corrispondente della classe di Scienze morali dell'Istituto lombardo di scienze e lettere, fondato nel 1797 da Napoleone sul modello dell'Institut de France.  Il rifiuto della politica e la critica della guerra Martinetti fu una singolare figura di intellettuale indipendente, estraneo alla tradizione cattolica come ai contrasti politici che viziarono il suo tempo, non aderì né al Manifesto degli intellettuali fascisti di Gentile né al Manifesto degli intellettuali antifascisti di Croce. Fu uno dei rari intellettuali che criticarono la prima guerra mondiale; scrisse infatti che la guerra è «sovvertitrice degli ordini sociali pratici ed un'inversione di tutti i valori morali [...] dà un primato effettivo alla casta militare che è sia intellettualmente sia moralmente l'ultima di tutte subordinando ad essa le parti migliori della nazione strappa gli uomini ai loro focolari e li getta in mezzo ad una vita fatta di ozio, di violenze e di dissolutezze.»  Nel 1923, in seguito a quelle che qualificò di "circostanze pesantissime" (la marcia su Roma e la successiva nomina di Mussolini a presidente del Consiglio), rifiutò la nomina a socio corrispondente della Reale Accademia Nazionale dei Lincei.  La Società di studi filosofici e religiosi Mentre nelle sue lezioni universitarie sviluppava un sistema di filosofia della religione, il 15 gennaio 1920 Martinetti inaugurò a Milano una Società di studi filosofici e religiosi, formata da un gruppo di amici in "piena e perfetta indipendenza da ogni vincolo dogmatico" dove si riunirono autorevoli intellettuali del panorama filosofico e intellettuale italiano dell'epoca e in cui organizzò una serie di conferenze. Le prime conferenze furono tenute da Antonio Banfi e da Luigi Fossati oltre che, naturalmente, da Martinetti, le cui tre relazioni, riunite sotto il titolo comune di Il compito della filosofia nell'ora presente, segneranno la sua rottura con Giovanni Gentile. In seguito ad una denuncia per «vilipendio della eucaristia», presentata da un certo Ricci al rettore Luigi Mangiagalli il 2 febbraio 1926, dovette sottoscrivere un memoriale in difesa dei propri corsi sulla filosofia della religione.  Nel marzo 1926, incaricato dalla "Società Filosofica Italiana", organizzò e presiedette il "VI Congresso Nazionale di Filosofia".  L'evento fu sospeso dopo solo due giorni dal rettore Luigi Mangiagalli a causa di agitator.  Il congresso fu poi chiuso d'imperio dal questore: da un lato incise l'opposizione diAgostino Gemelli, fondatore e rettore dell'Università Cattolica, che faceva parte del Comitato organizzatore (quale rappresentante dell'Università Cattolica) ma che, per scelta di Martinetti, non era tra i relatori; dall'altro lato la partecipazione, fortemente voluta da Martinetti, di Ernesto Buonaiuti, scomunicato "expresse vitandus" dal Sant'Uffizio, dette ai filosofi cattolici neoscolastici la scusa per ritirarsi dal congress. Le minute cronache del congresso hanno già messo in luce come Martinetti nell'assolvere al compito di organizzatore dell'incontro, assunto con una apparente riluttanza, operasse assai poco da ingenuo filosofo fuori dal mondo. Al contrario, ricorrendo a una certa qual abile ruse egli mise assieme un programma che costituiva quanto di più ostico potesse risultare ai palati dei cattolici fascisti sia dei filosofi di regime. Martinetti firma con Cesare Goretti (segretario del Congresso) una lettera di protesta al rettore Mangiagalli:  «Compiamo il dovere d'informarla che conforme al suo ordine il congresso si è sciolto senza incidenti. Sciogliendosi ha votato all'unanimità il seguente ordine del giorno di protesta: Il Congresso della Società filosofica italiana riunito in Milano: avuta comunicazione che è stato rivolto alla Presidenza un invito superiore achiudere i lavori del Congresso. Protesta in nome della libertà degli studi e della tradizione italiana contro un atto di violenza che impedisce l'esercizio della discussione filosofica ed invano pretende di vincolare la vita del pensiero.»  Martinetti fu il direttore della Rivista di filosofia, ma per prudenza il suo nome non vi comparve mai come tale. Tra i collaboratori della rivista vi furono: Ennio Carando, Bobbio, Geymonat,  Fossati (che ufficialmente ne era il direttore responsabile), Solari, Levi, Grasselli, e Goretti.. Quando il ministro dell'educazione Giuliano impose ai professori  il Giuramento di fedeltà al Fascismo, Martinetti fu uno dei pochi a rifiutare fin dal primo momento: “Eccellenza!  Ieri sono stato chiamato dal Rettore di questa Università che mi ha comunicato le Sue cortesi parole, e vi ha aggiunto, con squisita gentilezza, le considerazioni più persuasive. Sono addolorato di non poter rispondere con un atto di obbedienza. Per prestare il giuramento richiesto dovrei tenere in nessun conto o la lealtà del giuramento o le mie convinzioni morali più profonde: due cose per me egualmente sacre. Ho prestato il giuramento richiesto quattro anni or sono, perché esso vincolava solo la mia condotta di funzionario: non posso prestare quello che oggi mi si chiede, perché esso vincolerebbe e lederebbe la mia coscienza.  Ho sempre diretta la mia attività filosofica secondo le esigenze della mia coscienza, e non ho mai preso in considerazione, neppure per un momento, la possibilità di subordinare queste esigenze a direttive di qualsivoglia altro genere. Così ho sempre insegnato che la sola luce, la sola direzione ed anche il solo conforto che l'uomo può avere nella vita è la propria coscienza; e che il subordinarla a qualsiasi altra considerazione, per quanto elevata essa sia, è un sacrilegio. Ora col giuramento che mi è richiesto io verrei a smentire queste mie convinzioni ed a smentire con esse tutta la mia vita; l'E.V. riconoscerà che questo non è possibile.  Con questo non intendo affatto declinare qualunque eventuale conseguenza della mia decisione: soltanto sono lieto che l'E.V. mi abbia dato la possibilità di mettere in chiaro che essa procede non da una disposizione ribelle e proterva, ma dalla impossibilità morale di andare contro ai principî che hanno retto tutta la mia vita.  Dell'E.V. dev.mo  Dr.” In una lettera a Guido Cagnola scrive:  «Ella ora saprà che io sono uno degli undici (su 1225 professori universitari! ne arrossisco ancora) che hanno rifiutato il giuramento di fedeltà e che perciò sono stati o saranno fra breve espulsi dall'università. Mi consolo d'essere in buona compagnia: Ruffini, Carrara, De Sanctis, Vida, Volterra, Buonaiuti e qualche altro. Mi rincresce non tanto la cosa, quanto il modo: e mi rincresce che si sia fatto e si faccia rumore intorno al mio nome. Ma come fare? Giurare per me era tanto impossibile quanto una impossibilità fisica: sarei morto d'avvilimento.»  E in un'altra lettera ad Adelchi Baratono]:  «Io non ho voluto giurare (e così credo molti degli undici) per un motivo religioso, per non subordinare le cose di Dio alle cose della terra: dove sta per andare il rispetto della coscienza? Ciò è triste e annuncia oscuramente un avvenire triste per tutti, anche per i persecutori.»  Come scrive al proposito Fabio Minazzi:  «Martinetti ha infine opposto un netto rifiuto a sottostare al giuramento preteso e voluto dalla dittatura, nel 1931, da tutti i docenti universitari italiani. Giustamente occorre sempre sottrarre, criticamente, questo straordinario gesto martinettiano, invero assai emblematico, da ogni ottundente e vacua retorica antifascista, onde comprenderlo in tutta la sua genesi specifica. Nel caso di Martinetti non può allora essere certamente negato, in sintonia con Alessio, il carattere dichiaratamente religioso di questa sua scelta che, non per nulla, lo ha infine indotto ad essere l'unico filosofo italiano universitario che ha avuto l'incredibile capacità critica di sottrarsi nettamente e senza compromessi all'imposizione del regime . In questa prospettiva Martinetti non ha giurato proprio perché nutriva una particolare percezione critica dello stesso "giuramento" in connessione con i suoi più profondi convincimenti morali che avevano peraltro guidato tutta la sua attività di filosofo. Tuttavia, nel riconoscere questa precisa matrice religiosa della sua scelta, non deve essere neppure negato il suo specifico valore e il suo preciso significato civile, culturale e anche filosofico.»  Scrive in proposito Amedeo Vigorelli[33]:  «Una certaretorica resistenziale si è impadronita anche di Martinetti, impedendo un approfondimento più serio e radicale dei tratti originali del suo antifascism0.  L'atto di Martinetti non era cioè solo un monito contro l'oppressione totalitaria e antidemocratica, ma contro ogni forma di politica compromissoria e concordataria, contro l'ambiguo connubio fra religione e politica, sintomo di una profonda immaturità religiosa e premessa di forme più o meno larvate di condizionamento della libertà di coscienza, non sempre si ama ricordare che l'avversione di Martinetti al fascismo era innanzi tutto avversione a ogni forma di retorica nazionalistica, ma anche all'esaltazione demagogica delle masse popolari. Prima che della dittatura, Martinetti fu critico altrettanto risoluto del socialismo marxista e della democrazia, di cui colse gli aspetti degenerativi dell'affarismo e dell'ultraparlamentarismo»  In seguito a questo suo rifiuto, Martinetti venne messo in pensione d'autorità  e si dedicò unicamente agli studi personali di filosofia, ritirandosi nella villa di Spineto, frazione di Castellamonte, vicino al suo paese di nascita. In questo lasso di tempo tradusse i suoi classici preferiti (Kant, Schopenhauer), studiò approfonditamente Spinoza e ultimò la trilogia (iniziata con la Introduzione alla metafisica e continuata  con La libertà) scrivendo Gesù Cristo e il Cristianesimo, Il Vangelo è del 1936; Ragione e fede. Martinetti propose come suoi successori a Milano Baratono e  Banfi. Lontano da ogni forma di impegno politico e critico severo sia nei confronti del socialismo marxista che delle degenerazioni del parlamentarismo, Martinetti, a partire dal 1925, prese ad annotare minuziosamente sul suo diario gli episodi di corruzione e di violenza in cui erano coinvolti esponenti fascisti. così ad esempio il 28 marzo 1928, a fronte di una serie di scandali annotava "è dunque l'associaz[ione] dei malviventi d'Italia!" Nel 1934 scriveva: "Come persuadersi che uno stato senza leggi, senza traccia di onestà pubblica, sostenuto soltanto dal terrore che desta nel popolo inerme un'organizzazione di ribaldi messa al servizio del despota, odiata da tutte le rette coscienze, disprezzata dagli intelligenti possa resistere, senza condurre il popolo che lo soffre all'estrema rovina?"[39]. Martinetti si scagliava nei suoi appunti contro il dispotismo che accomunava socialismo marxista e fascismo: "Tutto deve servire alla propaganda e alla educazione di stato. Non vi è più libertà di pensiero, non vi è più pensiero". A questo proposito Amedeo Vigorelli evidenzia  «il valore pedagogico, di educazione alla libertà, che l'esempio morale di Martinetti ebbe per quella generazione di intellettuali antifacisti, che trovò negli anni Trenta un decisivo punto di riferimento nella “Rivista di filosofia”, da lui informalmente diretta»  L'arresto e il carcere Martinetti fu arrestato in casa di Gioele Solari, dov'era ospite, in seguito a una delazione fatta da Pitigrilli (Dino Segre), agente dell'OVRA (delazione che porterà all'arresto e alla condanna al confino di Antonicelli, Einaudi, Foa, Giua, Levi,  Mila, Monti, Pavese, Zini e di due studenti, Cavallera e Perelli, e all'ammonizione di Bobbio), e fu incarcerato a Torino per sospetta connivenza con gli attivisti antifascisti di Giustizia e Libertà, benché fosse del tutto estraneo alla congiura antifascista degli intellettuali che facevano riferimento alla casa editrice Einaudi. Al momento dell'arresto, a detta della signora Solari, Martinetti disse una frase che aveva già sentito pronunciargli più volte: "Io sono un cittadino europeo, nato per combinazione in Italia". Il suo declino fisico cominciò in seguito a una trombosi che menomò le sue capacità mentali, consecutiva ad una caduta accidentale da un pero nella tenuta di Spineto. Alla fine ubì una prima operazione alla prostata. La sorella Teresa scriveva a Cagnola: "Il Professore è da oltre un mese degente in quest'ospedale, ove venne d'urgenza trasportato ed operato in seguito ad intossicamento urico grave. L'intervento chirurgico avviene in questo caso in due tempi: operazione preliminare alla vescica, per ovviare immediatamente alla causa diretta dell'intossicamento, e susseguente operazione alla prostata che ne è la causa originale. La prima operazione già venne effettuata e con buon esito, e l'operatore non attende che il tempo opportuno per procedere alla seconda."[ Martinetti fu ricoverato all'ospedale Molinette di Torino, sfollato a Cuorgnè, dove morì,  dopo aver disposto che nessun prete intervenisse con alcun segno sul suo corpo.   Nonostante "l'invito del parroco di Spineto di non dare onore alla salma dell'eretico, ateo e scandaloso anche nella morte perché aveva disposto di essere cremato" una decina di persone seguirono l'autofurgone che portò il corpo di Martinetti alla stazione, da dove partì in treno per Torino, per la cremazione. In prossimità della morte Martinetti lascia la sua biblioteca in legato a Nina Ruffini (nipote di Francesco Ruffini), Gioele Solari e Cesare Goretti. La Biblioteca verrà poi conferita dai rispettivi eredi alla "Fondazione Piero Martinetti per gli studi di storia filosofica e religiosa" di Torino; oggi è posta nel palazzo del Rettorato alla Biblioteca della Facoltà di  Filosofia.  La sua casa di Spineto è attualmente sede della "Fondazione Casa e Archivio Piero Martinetti", che intende promuovere la diffusione del suo pensiero e della sua operae.  FiLa filosofia di Martinetti è un'interpretazione originale dell'idealismo post-kantiano, nella linea dell'idealismo razionalistico trascendente che va da Platone a Kant, nel senso di un dualismo panteista trascendente, un'interpretazione che lo avvicina a quel post-kantiano atipico che fu Spir, il quale (ancor più di Kant, Schopenhauer o Spinoza) fu il filosofo preferito di Martinetti, quello a cui fu più particolarmente legato, sulquale scrisse molti studi e un denso saggio monografico  e al quale fece consacrare il terzo numero della Rivista di filosofia, filosofo che fu come lui profondamente inattuale. Professò una altissima stima per l'opera di questo solitario filosofo, tanto da considerarla "immortale: in essa infatti vede un tentativo d'un rinnovamento speculativo-religioso di tutta la filosofia.  Il carattere speculativo dell'interpretazione d iMartinetti dipese da particolarissime circostanze. La speculazione di Spir esercitò sul pensiero suo un influsso profondo sin dagli inizi; e anche nella costruzione dell'idealismo trascendente diMartinetti la speculazione di A. Spir rivestì un peso pressoché decisivo. Oltre che in Kant, in Schopenhauer e in Spinoza, le radici e la linfa dell'idealismo diMartinetti si trovano nella speculazione di A. Spir. In nessun altro pensatore A. Spir occupò tanto spazio ed ebbe un pari rilievo. D'altra parte, senza perdere la configurazione sua propria, il pensiero di Spir viene trasposto da Martinetti entro la sua propria filosofia, riferito in modo diretto al suo proprio pensiero, così intimamente consonante con quello di Spir e cresciuto, per così dire, anche su di esso. Proprio questo condusseMartinetti a penetrare e nell'atto stesso a svolgere in armonia con il proprio il pensiero di A. Spir e questo si trova come penetrato e attraversato da quello diMartinetti. In nessun altro pensatore A. Spir fu tanto intimamente valorizzato e, in qualche misura, continuato in ciò che della sua speculazione parve propriamente essenziale. La lettura di Martinetti insiste sul nucleo metafisico di Spir, che gli pare incarnare "la forma pura della visione religiosa". L'affermazione fondamentale, in cui per Martinetti si riassume tutta la filosofia dello Spir, è quella della dualità fondamentale tra il vero esserel'Unità incondizionata, assoluta e trascendente in cui si esprime il divinoe l'essere apparente e molteplice rivelato dal mondo dell'esperienza. L'approccio alla rivelazione di tale realtà dualista mediante la teoria della conoscenza (l'idealismo gnoseologico di Spir) non è che premessa e introduzione all'autentico nucleo metafisico della sua filosofia, consistente in una forma di dualismo acosmista. Il dualismo di realtà e apparenza è in effetti esso stesso apparente: "non è fra due effettive realtà, ma fra un'unica realtà assoluta e l'irrealtà in cui il mondo sprofonda."»  Si può così dire che in Martinetti: «il motivo desunto probabilmente da Spir, il contrasto tra "anormale" (il mondo dell'esperienza empirico e molteplice) e "norma" (il principio d'identità, rivelazione incoativa del divino in noi) si spoglia qui dell'originario aspetto dualista per confluire in una visione coerentemente monista dell'esperienza di coscienza. Monismo coscienzialista, quello martinettiano, che non sfocia però in una forma di panteismo, in quanto il termine finale di questa unificazione formale rimane trascendente. L'unica realtà metafisica assolutasi afferma in conclusioneè l'"Unità formale assoluta", che trascende l'intero processo dell'esperienza, che di tale unità è solo un'espressione simbolica.»  Della filosofia di Spir, Martinetti mantenne sostanzialmente inalterata la morale, di derivazione kantiana, aveva d'altronde dichiarato che dopo Kant "nessun filosofo serio può non essere in Etica "kantiano".  Secondo Augusto Del Noce: "L'intero percorso del pensiero martinettiano parte dal suo anticlericalismo", e aggiunge: "la natura del suo anticlericalismo lo portava a detestare la Massoneria. Ripetutamente mi disse di non essere mai stato massone, di essere anzi assolutamente contrario a questa Chiesa cattolica di segno rovesciato." Questo suo anticlericalismo l'ha, sempre secondo Del Noce, portato ad un antimarxismo, il marxismo essendo "secondo i termini in cui egli si sarebbe espresso, la massima secolarizzazione concepibile della religione". E Del Noce conclude: "Ora a mio giudizio il pensiero di Martinetti si situa appunto come momento conclusivo del pessimismo religioso e come la sua posizione più coerente e rigorosa. L'antologia Il Vangeloscrive Martinetti «lasciando da parte l'elemento leggendario e dogmatico, cerca di disporre il materiale evangelico nell'ordine logicamente più appropriato. Tutto quello che i vangeli contengono di essenziale per la nostra coscienza religiosa è stato qui conservato.»  Il risultato di questo ordinamento logico è l'espunzionein quanto elaborazione teologica successiva ai lòghia di Gesù o ancora propria all'ebraismo da cui Gesù stesso non è immunedel Vangelo di Giovanni, degli Atti degli Apostoli, delle Lettere (anche le Lettere di Paolo) e dell'Apocalisse. Gesù di Nazaret, e non di Betlemme, è un profeta ebraico, l'ultimo e il più grande dei profeti. Non quindi Figlio di Dio, nemmeno resuscitato dalla morte, né apparso realmente ai suoi, Gesù in quanto Messia annuncia un regno messianico a cui succederebbe escatologicamente il regno dei cieli, quello di Dio. Tuttavia non chiarendo tale avvento escatologico, di fatto Gesù è soprattutto un maestro di dottrina morale che esorta a rinunciare al mondo per unirsi spiritualmente e interiormente a Dio, il bene supremo, amando il prossimo.  Per Martinetti bisogna aspirare ad una "Chiesa invisibile", in cui si possano compendiare i valori moralmente più elevati di tutte le culture religiose, dando vita così ad una società universale fraternamenteunita, egli scrive:  «In tutti i tempi, ma specialmente nelle età come la nostra, la vera Chiesa non risiede in alcuna delle chiese visibili che ci offrono il triste spettacolo dei loro dissensi, ma nell'unione invisibile di tutte le anime sincere che si sono purificate dall'egoismo naturale e nel culto della carità e della giustizia hanno avuto la rivelazione della verità e la promessa della vita eterna»  Gesù Cristo e il Cristianesimo fu messo sotto sequestro dalla Prefettura non appena stampato,  come Martinetti scrive a Guido Cagnola:  «Il mio libro venne terminato di stampare il 2 agosto e in tale giorno furono mandati i 3 es.[emplari] al Prefetto. Il 3 di mattina venne il permesso; alle 17 dello stesso giorno esso era ritirato. Per quali influenze? Io non lo so. Così il libro stette due mesi in sospeso: il 10 ottobre giunse (da Roma) il decreto definitivo di sequestro.»  Con decreto, “Gesù Cristo e il Cristianesimo, Il Vangelo” e Ragione e fede furono messi all'Indice dei libri proibiti della Chiesa cattolica. La rinascita del pensiero filosofico-religioso martinettiano scaturisce alla fine degli anni novanta del secolo scorso in virtù della rinnovata proposta ermeneutica di Chiara che cura l'inedito L'Amore, Il Vangelo (Genova) e Pietà verso gli animali (Genova); in particolare l'interpretazione elaborata daChiara mette in luce gli aspetti gnostici della filosofia della religione martinettiana per poi proporne una rilettura in chiave kantiana anche attraverso un confronto con alcune sette separatiste vicine alla tradizione spirituale dei quaccheri.  Capitini rese visita a Martinetti, che a proposito della nonviolenza gli disse: "Forse se discutessi con lei mi convincerei, ma ora come ora le assicuro che se mi fosse detto che con l'uccisione di diecimila persone si estirperebbe il male che c'è in Europa, firmerei la sentenza senza esitazione."  Negli scritti La psiche degli animali e Pietà verso gli animali, Martinetti sostiene che gli animali, così come gli esseri umani, possiedono intelletto e coscienza, quindi l'etica non deve limitarsi alla regolazione dei rapporti infraumani, ma deve estendersi a ricercare il benessere e la felicità anche per tutte quelle forme di vita senzienti (cioè provviste di un sistema nervoso) che come l'uomo sono in grado di provare gioia e dolore:  «Nella relazione sulla psiche degli animali Martinetti tra l'altro affronta il problema dello scandalo morale suscitato dall'indifferenza delle grandi religioni positive occidentali di fronte all'inaudita sofferenza degli animali provocata dagli uomini: gli animali hanno una forma dell'intelligenza e della ragione, sono esseri affini a noi, possiamo leggere nei loro occhi l'unità profonda che ad essi ci lega.[66]»  Martinetti cita le prove di intelligenza che sanno dare animali come cani e cavalli, ma anche la stupefacente capacità organizzativa delle formiche e di altri piccoli insetti, che l'uomo ha il dovere di rispettare, prestando attenzione a non distruggere ciò che la natura costruisce.  Nel proprio testamento Martinetti dispose che una somma significativa fosse versata alla Società Protettrice degli Animali; egli personalmente nutriva per gli animali una profonda pietà e tale sentimento lo aveva persuaso a darsi al vegetarismo, una scelta che assumeva per lui quasi il carattere di un valore religioso.  Scrive al proposito Amedeo Vigorelli:  «La scelta del vegetarianesimo non era "generica simpatia, e neppure un ideale politico, bensì meditato atteggiamento filosofico", da porsi in relazione sia con la sua profonda conoscenza della filosofia indiana sia con convinzioni radicate in una personale metafisica, sulla "unicità" della sostanza vivente e sul destino di "perennità" dello spirito.[67]»  La scelta della cremazione Martinetti fu un fautore della cremazione[68] e una testimonianza "ci dice come Martinetti portasse sempre con sé, in una busta, le ceneri di sua madre."Secondo Paviolo, "Per i Martinetti la cremazione era una specie di tradizione familiare e la cosa appare strana in quei tempi nei quali, specie nei piccoli centri era pressoché ignota a tutti, e oggetto di scandalo per il gran rumore che, in questi casi, ne facevano i parroci." Non è però da escludere, nel caso preciso di Piero Martinetti, che questa scelta, come quella del vegetarianesimo, avesse anche una relazione con il suo interesse per la filosofia indiana, e dunque un valore filosofico e religioso. I suoi resti sono tumulati nel cimitero di Castellamonte in provincia di Torino.  Opere: Una " martinettiana" C. Ferronato si trova nel fascicolo speciale della Rivista di Filosofia Pietro Rossi: Piero Martinetti nel cinquantenario della morte, Dopo questa data, di Martinetti sono stati pubblicati:  “Ragione e fede, Italo Sciuto, Gallone, Milano, Luca Natali, Morcelliana, Brescia, . Il Vangelo, Alessandro Di Chiara, il nuovo melangolo, Genova,  L'amore, Alessandro Di Chiara, Il nuovo melangolo, Genova, “Pietà verso gli animali” Alessandro Di Chiara, Il nuovo melangolo, Genova, “La religione di Spinoza”  Amedeo Vigorelli, Ghibli, Milano,  “La Libertà” Aragno, Torino, Schopenhauer, Mirko Fontemaggi, Il nuovo Melangolo, Genova, “Breviario spiritual” Anacleto Verrecchia, UTET, Torino, “L'educazione della volontà” Domenico Dario Curtotti, Edizioni clandestine, Marina di Massa, “Conoscenza in Kant”  Luca Natali, Franco Angeli, Milano, Pier Giorgio Zunino , Piero Martinetti, “Lettere”, Firenze, Olschki, “Gesù Cristo e il Cristianesimo” Castelvecchi, Roma, ; edizione critica Luca Natali, introduzione di Giovanni Filoramo, Morcelliana, Brescia, “Il Vangelo: un'interpretazione” Castelvecchi, Roma,  “Spinoza, Etica, esposizione e comment”, Castelvecchi, Roma, . Il numero, introduzione di Niccolò Argentieri, Castelvecchi, Roma,  Luca Natali , Le carte di Piero Martinetti, Firenze, Olschki, “Spinoza” Francesco Saverio Festa, Castelvecchi, Roma, . Riconoscimenti Nella seduta del Senato Accademico dell’Università degli Studi di Milano del 19 settembre , è stata approvata ufficialmente la decisione del Dipartimento di Filosofia di intitolarsi alla figura di Piero Martinetti.La città di Roma gli ha intitolato una piazza il 27 gennaio , nel Giorno della Memoria. A Milano Martinetti figura "tra i nuovi Giusti che saranno onorati al Monte Stella dal " nel Giardino dei Giusti di tutto il mondo. Cesare Goretti, "Piero Martinetti", Archivio della Cultura Italiana 1943, f. I81.  Simonetta Fiori, I professori che dissero "NO" al Duce, in La Repubblica,  «Ebbe molta influenza sulla scelta che Martinetti fece di iscriversi alla facoltà di Filosofia, fu suo professore, ma non un Maestro. [...] Scrisse di lui Martinetti: "Era un uomo; quando andai a visitarlo l'ultima volta, pochi giorni prima della sua morte, mi disse di avere un'unica certezza, che dopo questa vita non c'è nulla. Le mie idee erano assolutamente opposte alle sue, su questo come su tutti gli altri punti. Ma non potei non ammirare la fermezza delle sue convinzioni"»: Paviolo.  «che morì proprio durante l'iter scolastico di Martinetti ma che ebbe con lui, forse per la comune origine canavesana, un particolare rapporto»: Paviolo 2 «Di una reale affinità tra Martinetti e i suoi maestri torinesi si può parlare forse solo in un caso: quello di Arturo Graf, del cui dualismo e pessimismo si può trovare qualche traccia nel pensiero del Nostro e alla cui poesia, piena di dolente (e a tratti cupa) riflessività filosofica, Martinetti tornerà anche negli anni maturi, come a una sorgente di ispirazione e conforto spirituale. Più documentata è l'influenza sul giovane Martinetti di un'altra singolare figura di poeta-filosofo: quel Pietro Ceretti da Intra (noto anche con lo pseudonimo poetico di Alessandro Goreni e con quello di Theophilo Eleuthero), alla cui postuma riscoperta si adoperarono intensamente Ercole e Alemanni, nell'ultimo decennio del secolo scorso e ai primi del nostro»: Vigorelli   «Nel breve verbale relativo all'esame di laurea (qui il laureando è indicato come Pietro Martinetti) si dice semplicemente che "il Candidato ha sostenuto durante quaranta minuti innanzi alla commissione la disputa prescritta, sopra la dissertazione da lui presentata e sopra le tesi annesse alla medesima; e ha sostenuto anche la prova pratica assegnatagli dalla Commissione"»: Paviolo La tesi ottenne la votazione di 99/110: «Il lavoro di tesi non ebbe, come noto, il riconoscimento che meritavaanche a motivo di certe resistenze accademiche nel settore filologico della Torino e forse per questo lo studioso sentì il bisogno di attingere direttamente alle fonti dell'erudizione tedesca, fuori dal chiuso ambiente provinciale. Del resto l'intento di Martinetti era più filosofico che filologico, e la prima suggestione a interessarsi del “Samkhya” poté venirgli, piuttosto che dalle lezioni di Flechia, dalla conversazione con Ercole.  Proprio del Samkhya, Ercole si era interessato alcuni anni primi in una breve Memoria uscita sulla Rivista Italiana di Filosofia diretta da Ferr. Dell'interesse costante di Martinetti per la filosofia indiana testimonia il corso di lezioni tenuto a Milano e pubblicato a Milano da Celuc libri: Piero Martinetti, La sapienza indiana. Corredata da un'antologia di testi Indù e Buddhisti.  "Ma è antefatto significativo, giacché lascia intravedere ancora una volta, questa volta sotto il rispetto particolare dei primi contatti di Martinetti coi testi di A. Spir, l'importanza della permanenza a Lipsia (1894-1895) nella formazione filosofica di Martinetti. Nella Lipsia conosciuta da Martinetti sopravviveva Drobitsch, l'antico maestro herbartiano di Spir e dalla Lipsia di Martinetti si diffondevano le edizioni di A. Spir entro il moto allora nascente in Germania dell'interesse per la filosofia sua. F Il pensiero di ASpir, Torino, Albert Meynier.  Anno che fu per lui particolarmente duro, vedi: Piero Martinetti, "Lettere ai famigliari dalla Siberia dell'Italia meridionale", Fabio Minazzi, Il Protagora, gennaio-giugno,  Lettere , «Prima che della dittatura fascista, Martinetti fu critico altrettanto risoluto del socialismo marxista e della democrazia, di cui colse gli aspetti degenerativi dell'affarismo e dell'ultraparlamentarismo»: Vigorelli  "non si vede in chi e in che cosa un uomo come Martinettiche, per sua scelta culturale ma anche per disposizione personale, agiva in modo disgiunto da ogni partito, movimento, gruppo avrebbe pouto trovare un legame per immettersi in un flusso di attivo antifascismo." Pier Giorgio Zunino, "Tra dittatura e inquisizione. Martinetti negli anni del Fascismo", in: Martinetti, Lettere, Firenze, Vigorelli. «Ringrazio la S.V. Ill.ma della cortese partecipazione e la prego di esprimere la mia profonda gratitudine ai membri di codesta R. Accademia che hanno voluto conferirmi un sì ambito onore. Ma circostanze pesantissime, sulle quali non è il caso di [parola illeggibile] mi vietano nel modo più reciso di poterlo accettare»: Lettera n. 18, Piero Martinetti a Vittorio Scialoja, presidente della Reale Accademia Nazionale dei Lincei, 2 Lettere, Vigorelli Vigorelli, Lettera n. 47, Piero Martinetti a Luigi Mangiagalli, 21 marzo 1926, in: Lettere, «Il Congressonon ha altro fine che di essere una manifestazione della filosofia italiana in quanto libera e appartata da ogni contingenza del momento: come deve essere in qualunque tempo la filosofia»: Lettera n. 37, Piero Martinetti a Tommaso Gallarati Scotti,  in: Lettere , p.42.  Che accusò Martinetti, ricambiato, di disonestà intellettuale nel riguardo della filosofia scolastica, cf. Helmut Goetz, Il giuramento rifiutato. I docenti universitari e il regime fascista, Firenze. Per Martinetti «Padre Gemelli è tutto fuorché un filosofo»: Lettera n. 31, Piero Martinetti a Bernardino Varisco,  in: Lettere 33.  Helmut Goetz, Il giuramento rifiutato. I docenti universitari e il regime fascista, Firenze,  Il congresso di filosofia del 1926,  245-263.  «Tutto l'affare è una montatura (come del resto anche il ritiro dei cattolici dal Congresso), la quale ha la sua origine nel fatto che io non ho permesso alGemelli di spadroneggiare nel Congresso e di prepararvi qualcuna delle sue rappresentazioni ciarlatanesche»: Lettera  Piero Martinetti a Bernardino Varisco, 15 marzo 1926, in:Lettere , 4Lettera n. 50, Piero Martinetti e Cesare Goretti a Luigi Mangiagalli,  in: Lettere , p.55.  «Quando Martinetti, con il rifiuto del giuramento di fedeltà al fascismo, abbandonò l'insegnamento non rinunciò a quegli incarichi o a quelle adesioni che non erano a tale giuramento connesse: guardò di non compromettere quella sua creatura che era diventata La Rivista di Filosofia e non ne volle la direzione "effettiva", ma continuò l'intensa e puntuale collaborazione redazionale sino a che le sue condizioni di salute glielo permisero»: Vigorelli Vigorelli  Lettera n. 104, Piero Martinetti a Balbino Giuliano,  Lettere , Lettera n. 106, Piero Martinetti a Guido Cagnola, 21 dicembre 1931, in: Lettere , Lettera, Piero Martinetti a Adelchi Baratono, in: Lettere , 107-108.  Presentazione a: Davide Assael, Alle origini della Scuola di Milano: Martinetti, Barié, Banfi, Milano, 200918.  Vigorelli «Ella già saprà certamente che io, in seguito all'affare del negato giuramento, sono stato collocato a riposo. Non appartengo quindi più all'Milano e non posso più esserle utile che indirettamente»: Lettera n. 116, Piero Martinetti a Carlo Emilio Gadda, 17 marzo 1932, in: Lettere 114.  «del resto io sono perfettamente sereno come chi ha fatto ciò che doveva fare: e non mi sarà discaro poter d'ora innanzi applicare tutto il mio tempo ai miei studi, cioè agli studi veramente miei, fatti per mè, per la mia personalità e la mia vita»: Lettera n. 110, Piero Martinetti a Vittorio Enzo Alfieri, in: Lettere , p.109.  Sulla cui porta fece mettere un'indicazione che diceva: "Piero Martinettiagricoltore": Paviolo«Perciò appunto non ho dimenticato i tuoi interessi e sarei lieto che fossi tu a succedermi. In questo senso ho scritto, "richiesto da Castiglioni stesso", che ora è preside, a Castiglioni. Ho consigliato lui e con lui la facoltà ad accaparrarsi te per la F.[ilosofia] e Banfi per la Storia della  Filosofia]»: Lettera n. 108, Piero Martinetti a Adelchi Baratono, Lettere , 107-108.  Vigorelli  Vigorelli Vigorelli Vigorelli  "Nel registro di entrata delle Carceri Nuove di Torino egli è l'unico che nella scheda personale si faccia registrare, nell'apposita voce, come "ateo", mentre tutti gli altri non di religione israelitica (ossia Bobbio, Einaudi, Pavese, Antonicelli, Salvatorelli e così via) si dichiarano "cattolici"alcune schede, peraltro, tra cui quella di Mila, sono andate perse (il registro è conservato all'Archivio di Stato di Torino, sezioni riunite, Casa circondariale di Torino, Registro matricole 1935, n. 1559)", in: Lettere.  "Martinetti veniva rinchiuso in una cella sulla cui porta veniva apposto il cartellino "Politico: sorveglianza particolare". Il giorno successivo cominciavano gli interrogatori che si ripetevano finché dopo alcuni giorni d'arresto il Martinetti veniva finalmente scarcerato.", Michelangelo Giorda, Piero Martinetti, Castellamonte, «Devo darle una notizia terrificante, relativamente. Lunedì passato 8 corrente sono caduto malamente da una pianta, per fortuna senza gravi conseguenze di nessuna specie, salvo un leggero tramortimento durato qualche ora»: Lettera n. 241, Piero Martinetti a Nina Ruffini, 16 settembre 1941, in: Lettere 231.  Cit. in: Lettere 245.  «Si può comunque, in base a testimonianze diverse, ritenere che Martinetti sia deceduto all'Ospedale Molinette sfollato a Cuorgnè, ove si tentò inutilmente di salvarlo e che il corpo sia stato immediatamente trasferito (abitudine che rimase in uso per decenni in circostanze analoghe) alla casa d'abitazione, per evitare lungaggini burocratiche e maggiori spese funerarie.  L'atto di morte recita: " il g alle ore quattro e minuti zero, nella casa posta in frazione Spineto n. 106 è morto Martinetti Piero, anni 70, residente in Torino, professore pensionato"»: Paviolo.  Paviolo .  "Per ultimo desidero di essere cremato e che le mie ceneri riposino nel Camposanto di Castellamonte", frase finale del testamento di Piero Martinetti, Paviolo. Il testamento di Martinetti, da lui riscritto, "in una grafia incerta e in una forma in cui non si trova lo stile abituale del nostro filosofo"(Paviolo) fu considerato da sua sorella Teresa come estorto: "Le opere che al tempo del decesso di Piero erano ancora solo allo stato di manoscritto vennero devolute ai beneficiari della biblioteca, la quale, a dirtelo in assoluta confidenza, cadde in mano a tre estranei alla famiglia, per un testamento fatto fare a nostra insaputa a Piero, a oltre un anno da che era stato colpito da un insulto di trombosi al cervello [...] la preziosa biblioteca, che per volontà recisa, assoluta di Piero a me da Lui ripetutamente espressa alcuni mesi prima che fosse colpito dalla trombosi, doveva andare all'Milano, prese altre vie e e sta presentemente ancora peregrinando in attesa di destinazione definitiva." Lettera del 25 settembre 1947 di Teresa Martinetti al cugino Giuseppe Bertogliatti, in: Paviolo Fondazione Casa e Archivio Piero Martinetti  «Allo Spir, un singolare pensatore solitario, al quale mi legano tante affinità e tante simpatie, sarà dedicato il fascic. 3 della "Riv. di Filosofia", che non mancherò di spedirle a suo tempo. Quante dottrine dello Spir, specialmente nel rapporto morale e religioso, sembrano pensate per il nostro tempo! Ma esse passeranno, come passarono, inavvertite. La lucequesto passo del quarto Vangelo lo Spir volle inciso sul suo sepolcrovolle penetrare le tenebre, ma le tenebre non l'accolsero»: Lettera n. 164, Piero Martinetti a Nina Ruffini, 26 gennaio 1937, in: Lettere 155..  «io sono sempre stato un filosofo inattuale»: Lettera n. 258, Piero Martinetti a Giorgio Borsa, 1942, in: Lettere Emilio Agazzi, La filosofia di Piero Martinetti, Milano, Unicopli, 123.  «Ma è stato Alessio a dimostrare l'importanza e l'anteriorità, rispetto ad altri autori, della lettura di Spir per la maturazione della metafisica martinettiana»: Vigorelli, Franco Alessio, op. cit. II.  Vigorelli Vigorelli  Piero Martinetti, Breviario spirituale, Bresci, Torino,  Lettera Piero Martinetti a Guido Cagnola, Lettere. Sulla riflessione religiosa di Martinetti vedi Franco Alessio, L'idealismo religioso di Piero Martinetti, Brescia, Morcelliana, (Tesi di Pavia: relatore Michele Federico Sciacca)  Paviolo Paviolo  Amedeo Vigorelli, "Martinetti e Capitini: attualità di un confronto", in: Amedeo Vigorelli, La nostra inquietudine. Martinetti, Banfi, Rebora, Cantoni, Paci, De Martino, Rensi, Untersteiner, Dal Pra, Segre, Capitini, Bruno Mondadori, Milano, "e si conversò a lungo della inumazione e della cremazione (aveva fatto cremare il cadavere della mamma, per avere vicine le sue ceneri)" Aldo Capitini, Antifascismo tra i giovani, Célèbes Trapani,   Paviolo Paviolo  "L'eretico Martinetti, italiano per caso", Recensione di Raffaele Liucci su Il fatto quotidiano, Liberacittadinanza  Il Dipartimento di Filosofia "Piero Martinetti", sul sito dell'Università Statale di Milano  Pierluigi Battista, "Le vie dedicate ai razzisti spettano ai professori eroi che dissero no al fascismo", Corriere della Sera, 24 gennaio 19.  Stefania Chiale, "Dall'attivista curda al pioniere green I nuovi Giusti del Monte Stella", Corriere della Sera, Cronaca di Milano13.  "Monte Stella I nuovi Giusti in diretta su Facebook", Corriere della Sera, 7 marzo , Cronaca di Milano9.  , Commemorazione di Piero Martinetti, Torino, Accademia delle Scienze, Giornata Martinettiana, Torino, Edizioni di "Filosofia", "Per il 50° della morte di Piero Martinetti", Rivista di Filosofia, Emilio Agazzi, "La storiografia filosofica nel pensiero di Piero Martinetti", Rivista critica di storia della filosofia, Emilio Agazzi, La filosofia di Piero Martinetti, Sandro Mancini, Amedeo Vigorelli e Marzio Zanantoni, Edizioni Unicopli, Milano, . Franco Alessio, L'idealismo religioso di Piero Martinetti, Brescia, Morcelliana, 1950. Franco Alessio, introduzione a Piero Martinetti, Il pensiero di Africano Spir, Torino, Albert Meynier, Davide Assael, Alle origini della Scuola di Milano: Martinetti, Barié, Banfi, Milano, Guerrini e Associati, Antonio Banfi, "Piero Martinetti e il razionalismo religioso", in: Filosofi contemporanei, Firenze, Parenti, Guido Bersellini Rivoli, Il fondamento eleatico della filosofia di Piero Martinetti (prefazione di Gustavo Bontadini), Milano, Il Saggiatore, Guido Bersellini Rivoli, La fede laica di Piero Martinetti. Appunti sul confronto religioso e politico (in Italia e nel villaggio globale), Lecce, Manni, Guido Bersellini Rivoli, Appunti sulla questione ebraica. Da Nello Rosselli a Piero Martinetti, Milano, Franco Angeli, Giorgio Boatti, Preferirei di no, Le storie dei dodici professori che si opposero a Mussolini, Torino, Einaudi,  Brigida Bonghi, La fiaccola sotto il moggio della metafisica kantiana. Il Kant di Piero Martinetti, Milano, Mimesis Editrice, . Brigida Bonghi e Fabio Minazzi, Sulla filosofia italiana del Novecento. Prospettive, figure e problemi, Milano, Franco Angeli, 2008. Franco Bosio, "Pietro Martinetti: l'uomo e l'assoluto", in: , Filosofie "minoritarie" in Italia tra le due guerreCeravolo, Roma, Aracne Editrice, Remo Cantoni, "L'illuminismo religioso di Piero Martinetti", in: Studi filosofici, Giuseppe Colombo, La filosofia come soteriologia. L'avventura spirituale e intellettuale di Piero Martinetti, Milano, Vita e Pensiero, Eugenio Colorni, La malattia della metafisica. 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"Emilio Agazzi e la "fortuna milanese" di Piero Martinetti", in: , Vita, concettualizzazione, libertà. Studi in onore di Alfredo Marini, R. Lazzari, M. Mezzanzanica, E. S. Storace, Mimesis, Milano, A.  Vigorelli, Piero Martinetti. La metafisica civile di un filosofo dimenticato, Milano, Bruno Mondadori, Amedeo Vigorelli, "Nuove pagine di e su Piero Martinetti", Rivista di storia della filosofia, Amedeo Vigorelli, , "Martinetti: l'eredità contestata. Lettere di Antonio Banfi e Gioele Solari", Rivista di storia della filosofia, Amedeo Vigorelli, "Plotino, Spinoza, Spir. La reviviscenza neoplatonica nel razionalismo religioso di Piero Martinetti" (Atti del Convegno “Presenza della tradizione neoplatonica nella filosofia del Novecento”, Vercelli), AnnuarioFilosofico, Mursia, Milano, Amedeo Vigorelli, La nostra inquietudine. Martinetti, Banfi, Rebora, Cantoni, Paci, De Martino, Rensi, Untersteiner, Dal Pra, Segre, Capitini, Bruno Mondadori, Milano 2007. 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Collezione digitale Pubblico dominio a Torino, Biblioteca della Fondazione Piero Martinetti, Torino. Fondazione Casa e Archivio Piero Martinetti, su fondazionepieromartinetti.org. Piero Martinetti, Diego Fusaro sul sito Filosofico.net.   Giuseppe Colombo, La filosofia come soteriologia, estratti. Piero Martinetti.

 

MARTINI. (Cambiano). Filosofo. Grice: “One would think that his ‘discorsi filadelfici’ are about brotherly love, but they were delivered at the Philadelphia American-Italian Philosophical Society!” – Grice: “He wrote on Emilio and Narciso, and a story of philosophy – starting not from Thales but Gioberti!” – Grice: “His science of the heart – scienza del cuore – is a mystery!” Compì studi classici a Chieri e poi, ospitato al Real Collegio di Torino, si rivolse allo studio delle scienze naturalistiche. Con la laurea in medicina,  cui seguirà anche quella in filosofia, ottenne l'insegnamento al predetto Istituto, prima di conseguire una brillante carriera nell'ateneo torinese. Qui, infatti, ottenne prima la docenza in fisiologia  e poi quella di medicina legale, cattedra quest'ultima, istituita di cui fu il primo insegnante in assoluto.  Di Torino fu anche rettore, negli anni in cui ebbe numerosi riconoscimenti, tra cui l'onorificenza di cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.  Ma non mancarono episodi tragici, allorché, pochi anni dopo le nozze, perse la moglie (figlia del chimico Giovanni Antonio Giobert), dalla quale ancora non aveva avuti igli, né li avrebbe avuti in seguito, visto che non si risposò, per dedicarsi completamente all'insegnamento e alla stesura di saggi e manuali nelle discipline mediche. In questo filone, il più ricco, vanno almeno segnalati gli “Elementa physiologiae” e “Lezioni di fisiologia” così come “Medicina legale”, accanto agli Elementa medicinae forensis, politiae medicae et hygienes, cui avrebbe fatto seguito il Manuale di medicina legale.  Il variegato percorso saggistico non si limitò (e non si esaurì) a studi a carattere medico-fisiologico e medico-legale. Anzi, forte del curriculum studiorum seguito fin da giovanissimo, cercò di approfondire i pensatori classici, come nel caso di un “Coompendio” dedicato a Platone, di cui peraltro riuscì a terminare il manoscritto poco prima di morire, arrivando persino a stilare,  sia pure non in forma sistematica, una Storia della filosofia.  Risultati migliori li ebbe, tuttavia, nel campo educativo-pedagogico. Questo indirizzo è testimoniato, oltre che dal saggio sulla Riforma della prima educazione dai dodici volumi dell'Emilio. Qui, facendo leva della sua vasta cultura, tratta emblematicamente di argomenti in cui si fondono, senza soluzione di continuità, il "viver sano" e il "maritaggio", il "governo della famiglia" e la felicità, le "tendenze morali" e la "moderazione nella prosperità", passando per i modi attraverso i quali "sopportare le avversità". Altre opera: “Elementa physiologiae” (Tip. Pica, Torino); “Dei vantaggi che la medicina apporta alle nazioni,” Tip. Chirio e Mina, Torino “Introduzione alla medicina legale,” Tip. Marietti, Torino “La medicina curativa di Leroy,” Tip. Marietti, Torino “Prime linee di polizia medica,” Tip. Fontana, Milano  “Della scienza del cuore,”Tip. Fontana, Milano “Della colera indica,”Tip. Fodratti, Torino “Elementa medicinae forensis, politiae medicae et hygienes,” Tip. Marinetti, Torino “Manuale di polizia medica,” Tip. Fontana, Milano “Manuale d'igiene,” Tip. Fontana, Milano “Lezioni di fisiologia,” Tip. Pomba, Torino  “Patologia generale,” Tip. Elvetica, Capolago  “Invito a' medici piemontesi all'occasione del cholera-morbus,” Tip. Cassone e Marzorati, Torino  “Storia della fisiologia,” Tip Cassone e Marzorati, Torino  “Manuale di medicina legale,” Tip. Fontana, Milano; “Emilio, Tip. Marietti, Torino “Della solitudine,”Tip. Marietti, Torino “Narciso o regalo agli sposi,”Tip. Marietti, Torino  “Guerra e pace dei sensi,”Tip. Marietti, Torino “Emilio o sia del governo della vita,” Tip. Fontana, Milano “Discorsi filadelfici; ossia, fasti dell'ingegno italiano,”Tip. Marietti, Torino “Riforma della prima educazione,” Tip. Marietti, Torino “Della sapienza dei greci,” Tip. Cassone e Marzorati, Torino; “Storia della filosofia,” Tip. Pirotta, Milano “Platone compendiato e comentato,” Tip. Elvetica, Capolago  “Alcune vite di donne celebri,”Tip. Fontana, Milano “De clarissimo viro Thoma Tosio ex ordine Oratorum sacrae facultatis professore in regio Taurinensi Athenaeo, Tip. Regia, Torino Vita del conte Gian-Francesco Napolio, Tip. Bocca, Torino  Vita Francisci Canevarii, Torino Cenni biografici di Lagrangia, Tip. Cassone e Marzorati, Torino Curatele A. von Haller, Poesie scelte, Stamp. Reale, Torino  J.L. Alibert, Riflessioni sulla fisiologia delle passioni o nuova dottrina de' sentimenti morali, Tip. Marietti, Torino, F. Redi, Consulti medici, Tip. Elvetica, Capolago, D. Alighieri, La Divina Commedia, Tip. Marietti, Torino 1840. G.L. Gianelli, L'uomo ed i codici nel nuovo Regno d'Italia. Commentario medico-legale, in «Politecnico. Repertorio mensile di studi applicati alla prosperità e cultura sociale»,  IX, Milano 1860643.  G. Corniani, I secoli della letteratura italiana dopo il suo risorgimento, F. Predari,  VIII, Utet, Torino 1856,  222-226.  Si veda S.G.M. Berruti, Saggio sulla vita e sugli scritti del professore cavaliere Lorenzo Martini, s.e., Bologna 1847.  L. Martini, Emilio, 12 voll., Tip. Marietti, Torino 1821-1823.  S.G.M. Berruti, Saggio sulla vita e sugli scritti del professore cavaliere Lorenzo Martini, s.e., Bologna 1847. G. Corniani, I secoli della letteratura italiana dopo il suo risorgimento, F. Predari,  VIII, Utet, Torino 1856. G.B. Gerini, Due medici pedagogisti. Maurizio Bufalini e Lorenzo Martini, Tip. Bona, Torino 1909. G.L. Gianelli, L'uomo ed i codici nel nuovo Regno d'Italia. Commentario medico-legale, in «Politecnico. Repertorio mensile di studi applicati alla prosperità e cultura sociale»,  IX, Milano 1860.  Opere di Lorenzo Martini, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Lorenzo Martini. Lorenzo Martini.

 

MARTINO. (Napoli). Filosofo. Grice: “I like Martino – and his interviewees – there is indeed a ‘discepolato’ around him.” Grice: “We don’t have anything like Martino at Oxford – Hollis is the closest I can think.” Grice: “In his strictly philosophical explorations, Martino aptly clashes with Croce!” -- Dopo la laurea a Napoli con una tesi in Storia delle religioni sui gephyrismi eleusini sotto la direzione di Adolfo Omodeo, si interessa alle discipline etnologiche. Si iscrive ai GUF e alla Milizia Universitaria, collaborando a L'Universale di Berto Ricci e facendo circolare in una cerchia ristretta di collaboratori un Saggio sulla religione civile poi rimasto inedito.  L'ingresso nel circolo crociano «Erano quelli gli anni in cui Hitler sciamanizzava in Germania e in Europa, e ancora lontano era il giorno in cui le rovine del palazzo della Cancelleria avrebbero composto per questo atroce sciamano europeo la bara di fuoco in cui egli tentava di seppellire il genere umano: ed erano anche gli anni in cui una piccola parte della gioventù italiana cercava asilo nelle severe e serene stanze di Palazzo Filomarino per risillabare il discorso elementarmente umano altrove impossibile, persino nella propria famiglia».  Il suo primo libro, Naturalismo e storicismo nell'etnologia (1941), è un tentativo di sottoporre l'etnologia al vaglio critico della filosofia storicista di Benedetto Croce. Secondo de Martino, l'etnologia solo attraverso la filosofia storicista avrebbe potuto riscattarsi dal suo naturalismo (tratto che accomuna, per de Martino, tanto la scuola sociologica francese che gli indirizzi "pseudostorici" tedeschi e viennesi). Fu lo stesso Croce a introdurre il giovane de Martino all'editore Laterza, suggerendo la pubblicazione del libro, in cui, nonostante qualche ingenuità, si può già scorgere in nuce l'idea del successivo lavoro sul "magismo etnologico". Scritto negli anni della seconda guerra mondiale e pubblicato nel 1948, Il mondo magico è il libro nel quale Ernesto de Martino elabora alcune delle idee che rimarranno centrali in tutta la sua opera successiva.  Qui de Martino costruisce la sua interpretazione del magismo come epoca storica nella quale la labilità di una "presenza" non ancora determinatasi, viene padroneggiata attraverso la magia, in una dinamica di crisi e riscatto. In quel periodo, de Martino comincia a militare nei partiti di sinistra. Prima, dal 1945, lavora come segretario di federazione, in Puglia, per il Partito Socialista Italiano; influenzato da Gramsci e da  Levi, cinque anni dopo, entra a far parte del Partito Comunista Italiano. Anche per questa ragione, negli anni che seguono, de Martino comincia a interessarsi sempre di più allo studio etnografico delle società contadine del sud Italia, in contemporanea con le inchieste di Vittorini e l’opera documentaristica di Zavattini. Di questa fase, talvolta detta "meridionalista", fanno parte le opere più note al grande pubblico: Morte e pianto rituale, Sud e magia, La terra del rimorso.  Innovativo nelle sue ricerche fu l'approccio multidisciplinare, che lo portò a costituire un'équipe di ricerca etnografica. La terra del rimorso è la sintesi delle sue ricerche sul campo (il Salento) affiancato da uno psichiatra (Giovanni Jervis), una psicologa (L. Jervis-Comba), un'antropologa culturale (Amalia Signorelli), un etnomusicologo (Diego Carpitella), un fotografo (Franco Pinna) e dalla consulenza di un medico (S. Bettini). Nello studio del fenomeno del tarantismo vengono utilizzati anche filmati girati tra Copertino, Nardò e Galatina. A queste monografie segue la pubblicazione dell'importante raccolta di saggi Furore Simbolo Valore. De Martino è stato collaboratore di Raffaele Pettazzoni all'Università "La Sapienza" di Roma, nell'ambito della Scuola romana di Storia delle religioni. Come ordinario di Storia delle religioni e di Etnologia, dha insegnato all'Cagliari, dove ha avuto uno stuolo di allievi. Con ACirese, Lilliu, Cases, la sua assistente CGallini, e in seguito altri studiosi, quali Placido Cherchi, Giulio Angioni, Pietro Clemente, e Pier Giorgio Solinas, saranno esponenti di una significativa, sebbene mai formalizzata, scuola antropologica all'Cagliari, della quale de Martino è considerato uno dei fondatori.  È considerato uno dei più importanti antropologi dell’età contemporanea, fondatore in Italia dell’umanesimo etnografico e dell’etnocentrismo critico.  La presenza La presenza in senso antropologico, nella definizione di de Martino è intesa come la capacità di conservare nella coscienza le memorie e le esperienze necessarie per rispondere in modo adeguato ad una determinata situazione storica, partecipandovi attivamente attraverso l'iniziativa personale e andandovi oltre attraverso l'azione. La presenza significa dunque esserci (il "da-sein" heideggeriano) come persone dotate di senso, in un contesto dotato di senso. Il rito aiuta l'uomo a sopportare una sorta di "crisi della presenza" che esso avverte di fronte alla natura, sentendo minacciata la propria stessa vita. I comportamenti stereotipati dei riti offrono rassicuranti modelli da seguire, costruendo quella che viene in seguito definita come "tradizione". Ernesto de Martino, 11spedizione in Lucania Se si vuole rintracciare in de Martino un filo comune e unitario tra l’influenza marxista e gramsciana della “triade meridionalista” (esplicita anche attraverso la sua militanza diretta nel PCI negli anni ‘50) di Morte e pianto ritual, Sud e magia  e La terra del rimorso e gli appunti e i dossiers preparati per La fine del mondo, in cui è presente un’elaborazione filosofica più marcatamente sui piani ontologico, esistenzialista e fenomenologico e che vedranno la luce solo posteriormente (1ed.1977) dal riordino delle carte ad opera di Angelo Brelich e Clara Gallini, bisogna rendere centrale il nesso tra presenza/crisi/riscatto e il processo di destorificazione del negativo ad opera dell’ethos del trascendimento; l’immaginazione simbolica collettiva è la realizzazione di un’ethos del trascendimento che, come un mito di fondazione per il senso di appartenenza o la sacralizzazione dell’”oggetto” per scopi espiatori, rende possibile il superamento di una crisi, della “presenza” in quanto soggetto che opera nella natura, che rischia di perdersi in essa senza riscatto (escaton). Il soggetto dunque si ricolloca nella storia tramite la cultura, e la crisi si rivela esistenziale nel rapporto tra se’ e il mondo “altro da se’”. Ma la crisi affonda sempre nelle materiali condizioni di vita e nelle modalità concrete di una prassi che deve tendere e tende incessantemente alla trasformazione rivoluzionaria (che è escatologica nelle religioni) come base insopprimibile della costituzione di sè come soggetto:  “Vi è dunque un principio trascendentale che rende intellegibile l’utilizzazione e le altre valorizzazioni, e questo principio è l’ethos trascendentale del trascendimento della vita nel valore: attività dunque, ma ethos, dover-essere-nel-mondo per il valore, per la valorizzante attività che fa mondo il mondo, e lo fonda e lo sostiene.”  Costante, inoltre, nella ricerca sul campo, come nelle analisi ed elaborazioni degli ultimi anni, fu l’indagine sul valore euristico assegnato ai dati psicopapatologici, sempre legato a una riflessione critica sulla trasferibilità delle relative nozioni in contesti culturali diversi e sulle loro implicazioni sul piano antropologico e filosofico più generale: dalla figura dello sciamano come “Cristo magico” ne Il mondo magico, ai fenomeni di dissociazione e possessione (influenzato dalle letture di Shirokogoroff e PJanet) nei riti della taranta, fino alle note sulle “apocalissi psicopatologiche” ne La fine del mondo.  Il folklore progressivo Il concetto di folklore, come concezione del mondo regressiva, secondo le “osservazioni sul folklore” del Quaderno XXVII di Gramsci “un agglomerato indigesto di frammenti di concezioni del mondo e superstiti documenti mutili e contaminati”, ma anche di positiva creatività delle classi subalterne (come i canti popolari), in opposizione alla cultura dotta delle élite dirigenti, fu oggetto di riflessione dell’antropologo partenopeo a partire dal 1949, con il saggio “Intorno ad una storia del mondo popolare subalterno”, pubblicato su Società sul nr.3 di quell’anno, in cui riprende studi e indagini della nuova etnologia sovietica (Tolstov, Hippius, Cicerov, ispirati da Propp). Nel giugno 1951 in un articolo lo definì come   “proposta consapevole del popolo contro la propria condizione socialmente subalterna, o che commenta, esprime in termini culturali, le lotte per emanciparsene.” Il concetto fu poi ripreso, discusso problematicamente e allargato in particolare da Cirese (in rapporto a Gramsci) e Satriani (il folklore come cultura di contestazione).  I “folkloristi” erano stati oggetto di critica di de Martino già nella sua prima opera del 1941, Naturalismo e storicismo nell’etnologia, in quanto puri descrittori e catalogatori con criterio naturalistico e non storico-culturale: per cui il folklore rimane, pur categorizzato come “progressivo”, come fenomeno di indagine antropologica nei termini più complessivi di cultura popolare.  Crisi della presenza e destorificazione del negativo In quanto alla “crisi della presenza” come spaesamento, ne La fine del mondo, Ernesto de Martino racconta di una volta in Calabria quando, cercando una strada, egli e i suoi collaboratori fecero salire in auto un anziano pastore perché indicasse loro la giusta direzione da seguire, promettendogli di riportarlo poi al posto di partenza. L'uomo salì in auto pieno di diffidenza, che si trasformò via via in una vera e propria angoscia territoriale, non appena dalla visuale del finestrino sparì alla vista il campanile di Marcellinara, il suo paese. Il campanile rappresentava per l'uomo il punto di riferimento del suo circoscritto spazio domestico, senza il quale egli si sentiva realmente spaesato. Quando lo riportarono indietro in fretta l'uomo stava penosamente sporto fuori dal finestrino, scrutando l'orizzonte per veder riapparire il campanile. Solo quando lo rivide, il suo viso finalmente si riappacificò.  In un altro esempio, per esprimere il medesimo concetto, De Martino racconta degli Achilpa, cacciatori e raccoglitori australiani, nomadi da sempre e per sopravvivenza, che avevano però l'usanza di piantare al centro del loro accampamento un palo sacro, intorno al quale celebravano un rito ogni volta che "approdavano" in un luogo nuovo. Il giorno che il palo si spezzò, i membri della tribù si lasciarono morire, sopraffatti dall'angoscia.  Il concetto di spaesamento, come una condizione molto "rischiosa" in cui gli individui temono di perdere i propri riferimenti domestici, che in qualche modo fungono da "indici di senso", viene inserito dunque da de Martino nelle sue categorie di “crisi della presenza” e destorificazione del negativo.  La crisi della presenza caratterizza allora quelle condizioni diverse nelle quali l'individuo, al cospetto di particolari eventi o situazioni (malattia, morte, conflitti morali, migrazione), sperimenta un'incertezza, una crisi radicale del suo essere storico (della "possibilità di esserci in una storia umana", scrive de Martino) in quel dato momento scoprendosi incapace di agire e determinare la propria azione. La destorificazione del negativo permette l'universalizzazione della propria condizione umana in una dimensione mitico-simbolica, mediata dalla religione e presente nel rito. Secondo Amalia Signorelli, antropologa ee collaboratrice della spedizione nel Salento,  "Il dato esistenziale che ha scatenato la crisi (morte, malattia, paura e altro ancora) viene mentalmente astratto dal contesto storico per entro il quale è stato esperito e viene ricondotto a un tempo e a una vicenda mitici".  Se il mito è narrazione, il rito è un comportamento orientato ad uno scopo e ripetuto con parole e gesti di significato altamente simbolico. È così che mito, rito e simbolo diventano un circuito volto alla soluzione della crisi, astraendo dalla storia reale in cui agisce il negativo.  Quando è il negativo a prevalere, e questo accade in fasi particolarmente drammatiche dell’esistenza umana (come la morte di una persona cara), può manifestarsi una crisi radicale, una “funesta miseria esistenziale”, per cui l’ethos del trascendimento non riesce più a risolvere la crisi nel valore e la mancata valorizzazione fa perdere anche l’operabilità sul reale. L’attività etica della valorizzazione è necessaria per impedire la destrutturazione dell”esserci”, in quanto il “vitale” vede per intero invaso il suo spazio, quello dell’intersoggettività e il rapporto con il mondo. Avviene allora che “la presenza abdica senza compenso”.  Ernesto De Martino e Muzi Epifani, 1956, durante una missione in Lucania L'elaborazione del lutto ed il pianto rituale antico Magnifying glass icon mgx2.svg  Morte di Gesù negli studi antropologici e Planctus. Tra il 1952 e il 1956, l’etnologo organizza una serie di spedizioni di ricerca in Lucania, accompagnato da un’equipe interdisciplinare, tra cui Vittoria De Palma, anche lei etnologa e compagna di vita e con l’utilizzo di strumenti quali il magnetofono e la cinepresa, innovativi rispetto all’indagine folklorica classica. Riconnettendosi a Il mondo magico, decide di concentrarsi sul lamento funebre e la “crisi del cordoglio”, ai segni, al simbolismo delle ritualità legate ad una crisi esistenziale tra le più gravi, come quella che segue la perdita di un caro, e il pianto e il dolore collettivi che rappresentano la “crisi della presenza”, della propria e di tutti, minacciata dalla morte. Il pericolo del lutto è dunque quello dell’annullamento totale.  In Morte e pianto rituale. Dal lamento funebre antico al pianto di Maria, 1958, affronta anche il senso della morte di Cristo in rapporto alla condizione esistenziale dell'uomo nel mondo ed al momento traumatico della esperienza della morte dei propri cari. Di fronte alla "crisi del cordoglio" che può portare al crollo esistenziale, emerge la esigenza di elaborare culturalmente il lutto, nella forma socialmente codificata del rito. La consolazione offerta dal credo religioso riconduce a forme sopportabili la carica drammatica del lutto, riferendola simbolicamente alla morte tragica di Cristo sulla croce, forme che consentono di ritrovarsi uguali nel dolore, ma che diventano anche promessa di resurrezione.  «È possibile interpretare la genesi del protocristianesimo come esemplarizzazione di una storica risoluzione del cordoglio che trasforma Gesù morto in Cristo risorto e il morto che torna nel morto-risorto presente nella chiesa e nel banchetto eucaristico. Le apparizioni di Cristo dopo la morte testimoniano la Resurrezione e la presenza di Cristo nella chiesa sino al compimento del piano temporale di salvezza. Dopo l'Ascensione la discesa dello S.S. inaugura l'epoca in cui il morto-risorto è con i credenti sino alla fine, per donare la spinta alla testimonianza missionaria. (291:) "Il Cristianesimo diventa un grande rituale funerario per una morte esemplare risolutiva del vario morire storico e come pedagogia del distacco e del trascendimento rispetto a ciò che muore (il che poteva aver luogo solo in quanto il morto era l'unto dell'Uomo-Dio)". Abbiamo un esempio storico di soluzione della crisi e la garanzia mediante la fede della presenza del Risorto nella comunità. La celebrazione eucaristica rappresenta contemporaneamente l'evento passato di un Cristo al centro del piano temporale di salvezza (mito che garantisce e fonda la salvezza futura) e l'evento futuro della definitiva Parusia.»  De Martino indaga la persistenza, nelle realtà marginalizzate della Lucania, del pianto funebre, come “riplasmazione” del planctus irrelativo, rito antichissimo e diffuso prima del Cristianesimo in tutta l'area mediterranea. La destorificazione dell’evento luttuoso, soggettivamente vissuto, permette di riportarlo ad una dimensione mitico-rituale, e dunque al superamento della crisi.  Su questi temi si è soffermata una sua studentessa e collaboratrice, la scrittrice Muzi Epifani, nella commedia La fuga, scritta a dieci anni dalla sua scomparsa. Opere:“Naturalismo e storicismo nell'etnologia,” Laterza, Bari, n. ed. con introduzione e cura di Matteis, Argo, Lecce, “Il mondo magico: prolegomeni a una storia del magismo,” Einaudi, Torino,  Boringhieri, Torino (con introduzione di Cesare Cases e in appendice testi di Benedetto Croce, Paci, Pettazzoni e  Eliade) “Morte e pianto rituale nel mondo antico: dal lamento pagano al pianto di Maria, Einaudi, Torino, Premio Viareggio Saggistica; n. ed. Bollati Boringhieri, Torino (con introduzione di Gallini) “Sud e magia,” Feltrinelli, Milano (con introduzione di Umberto Galimberti). “Sud e magia La terra del rimorso. Contributo a una storia religiosa del Sud,” Il Saggiatore, Milano, “Furore, simbolo, valore, Il Saggiatore, Milano,  poi Feltrinelli, Milano, (con introduzione di Luigi M. Lombardi Satriani) e  (con introduzione di Marcello Massenzio) “Magia e civiltà. Un'antologia critica fondamentale per lo studio del concetto di magia nella civiltà occidentale,”Garzanti, Milano, Mondo popolare e magia in Lucania, a cura e con prefazione di Rocco Brienza, Basilicata, Roma-Matera,La fine del mondo. Contributo all'analisi delle apocalissi culturali, Gallini, con introduzione di Gallini e Massenzio, Einaudi, Torino, La collana viola: lettere (con Cesare Pavese), Pietro Angelini, Bollati Boringhieri, Torino, Scritti su religione, marxismo e psicoanalisi, Altamura e PFerretti, Nuove edizioni romane, Roma, Compagni e amici: lettere di Ernesto de Martino e Pietro Secchia, Riccardo Di Donato, La nuova Italia, Firenze, “Storia e metastoria”“i fondamenti di una teoria del sacro, introduzione e cura di Marcello Massenzio, Argo, Lecce, “Note di campo: spedizione in Lucania, edizione critica Clara Gallini, Argo, Lecce, “L'opera a cui lavoro: apparato critico e documentario alla Spedizione etnologica in Lucania, Clara Gallini, Argo, Lecce, Una vicinanza discreta: lettere (con Renato Boccassino), Francesco Pompeo, Oleandro, Roma, “I viaggi nel Sud di Ernesto de Martino, Clara Gallini e Francesco Faeta, fotografie di Arturo Zavattini, Franco Pinna e Ando Gilardi, Bollati Boringhieri, Torino, “Panorami e spedizioni: le trasmissioni radiofoniche,”Luigi M. Lombardi Satriani e Letizia Bindi, Bollati Boringhieri, Torino, “Musiche tradizionali del Salento: le registrazioni di Diego Carpitella ed Ernesto de Martino  a cura e testi di Maurizio Agamennone, Squilibri, Roma,Scritti filosofici, Roberto Pastina, il Mulino, Bologna, Dal laboratorio del mondo magico: carteggi Pietro Angelini, Argo, Lecce, Ricerca sui guaritori e la loro clientela, Adelina Talamonti, Argo, Lecce (con introduzione di Clara Gallini)Etnografia del tarantismo pugliese. I materiali della spedizione nel Salento, Signorelli e Valerio Panza, Introduzione e commenti di Amalia Signorelli, Argo, Lecce . La fine del mondo. Contributo all'analisi delle apocalissi culturali, nuova edizione Giordana Charuty, Daniel Fabre, Marcello Massenzio, Einaudi, Torino.  E. de Martino, Promesse e minacce dell'etnologia, in Id., Furore Simbolo Valore, Milano,  MARTINO: ERNESTO DE MARTINO, su filosofico.net. 19 luglio .  Giulio Angioni, Una scuola antropologica sarda?, in Giulio Angioni et al. (Luciano Marrocu, Francesco Bachis, Valeria Deplano), La Sardegna contemporanea. Idee, luoghi, processi culturali, Roma, Donzelli, Martino, cap.VI “Antropologia e marxismo” par. “Marxismo e religione”, in La fine del mondoContributo all’analisi delle apocalissi culturali, Einaudi, Ernesto de Martino, Il folklore progressivo, in l’Unita’, Amalia Signorelli, Ernesto De MartinoTeoria antropologica e metodologia della ricerca, L'asino d'oro ed.  Il mondo magico, ed., Torino, Ernesto de Martino, La Fine del Mondo, Einaudi, Torino, Premio letterario Viareggio-Rèpaci, su premioletterarioviareggiorepaci. 9 agosto .  Giulio Angioni, Fare dire sentire. L'identico e il diverso nelle culture, Nuoro, Il Maestrale, Giulio Angioni, Una scuola antropologica sarda?, in Luciano Marrocu, Francesco Bachis, Valeria Deplano , La Sardegna contemporanea. Idee, luoghi, processi culturali, Roma, Donzelli, Mauro Baldonato e Bruno Callieri, Soglie dell'impensabile. Apocalissi e salvezza in Ernesto de Martino, Rivista sperimentale di freniatria: la rivista dei servizi di salute mentale. (Torino : [Milano : Centro Scientifico Editore ; Franco Angeli). Roberto Beneduce e Simona Taliani , Ernesto De Martino. Un'etnopsichiatria della crisi e del riscatto, "aut aut",Sergio Fabio Berardini, Ethos Presenza Storia. La ricerca filosofica di Ernesto De Martino, Università degli Studi di Trento, Trento  Giordana Charuty, Ernesto de Martino. Le precedenti vite di un antropologo, FrancoAngeli, Milano,  Placido Cherchi e Maria Cherchi, Ernesto De Martino: dalla crisi della presenza alla comunità umana, Napoli, Liguori, Placido Cherchi, Il peso dell'ombra: l'etnocentrismo critico di Ernesto De Martino e il problema dell'autocoscienza culturale, Napoli, Liguori, Placido Cherchi, Il signore del limite: tre variazioni critiche su Ernesto De Martino, Napoli, Liguori, Stefano De Matteis, Il leone che cancella con la coda le tracce. L'itinerario intellettuale di Ernesto de Martino, Napoli, d'If, Riccardo Di Donato , La Contraddizione felice?: Ernesto De Martino e gli altri, ETS, Pisa, Muzi Epifani, La fuga. Opera teatrale dedicata a Ernesto de Martino, Roma, 1976, riedita da La mongolfiera edizioni e spettacoli, Doria di Cassano allo Ionio, . Fabrizio M. Ferrari. Ernesto de Martino on Religion. The Crisis and the Presence[collegamento interrotto]. London and Oakville: Equinox. Clara Gallini e Francesco Faeta , I viaggi nel Sud di Ernesto de Martino, fotografie di Arturo Zavattini, Franco Pinna, e Ando Gilardi, Bollati Boringhieri, collana «Nuova Cultura», Franco La Cecla, Perdersi. L'uomo senza ambiente. Laterza, Bari, Vittorio Lanternari, DE MARTINO, Ernesto, Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani Mariannita Lospinoso, DE MARTINO, Ernesto, Enciclopedia ItalianaIV Appendice,  Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani Marcello Massenzio, Ernesto De Martino e l'antropologia, in Il Contributo italiano alla storia del PensieroFilosofia (), Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani Arnaldo Momigliano, Recensione a "La terra del rimorso", in Rivista storica italiana (ora in Quarto contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico,  Edizioni di Storia e Letteratura, Roma) Gennaro Sasso, Ernesto De Martino fra religione e filosofia, Napoli, Bibliopolis, Paolo Taviani, Ridere un mondo, Roma, Aracne, . Clara Zanardi, Sul filo della presenza. Ernesto De Martino fra filosofia e antropologia. Unicopli edizioni, . 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Aurelio Rigoli, Magia ed etnostoria, Boringhieri, Torino, Benedetto Croce Vittorio Lanternari Claude Lévi-Strauss Diego Carpitella Tarantismo Carlo Tullio Altan Alberto Mario Cirese Giulio Angioni Antropologia culturale Placido Cherchi Scuola antropologica di Cagliari Antonio Gramsci Storia delle religioni Etnologia Pizzica Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Ernesto de Martino Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Ernesto de Martino  Ernesto de Martino, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Mariannita Lospinoso, DE MARTINO, Ernesto, in Enciclopedia Italiana, IV Appendice, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1Vittorio Lanternari, DE MARTINO, Ernesto, in Dizionario biografico degli italiani,  Istituto dell'Enciclopedia Italiana,  Ernesto de Martino, su siusa.archivi.beniculturali, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Opere di Ernesto de Martino, .  Marcello Massenzio, Ernesto De Martino e l'antropologia, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Recensione a Morte e pianto rituale. Dal lamento funebre antico al pianto di Maria. Recensione a Il mondo magico. Prolegomeni a una storia del magismo. Ernesto de Martino Pagina autore Liber Censor.net  di Ernesto de Martino (formato pdf) Istituto Ernesto De Martino, su iedm. Società di Mutuo Soccorso Ernesto de Martino, su smsdemartino.noblogs.org. 2 settembre  10 gennaio ). Interpretazioni dell'apocalisse: le tre edizioni de LA FINE DEL MONDO di Ernesto de Martino, su L’analisi e la classe Ernesto de Martino, "Intorno a una storia del mondo popolare subalterno",1949 su Academia.edu.

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