GRAMSCI. (Ales). Filosofo. Grice: “Some Italians don’t consider Gramsci
Italian on account of the fact that Gramsci is not an Italian last name!” Fu tra i fondatori del Partito Comunista d'Italia,
divenendone esponente di primo piano e segretario, ma venne ristretto dal
regime fascista nel carcere di Turi. In seguito al grave deterioramento delle
sue condizioni di salute, ottenne la libertà condizionata e fu ricoverato in
clinica, dove trascorse gli ultimi anni di vita. Considerato uno dei più
importanti pensatori del XX secolo, nei suoi scritti, tra i più originali della
tradizione filosofica marxista, analizza la struttura culturale e politica di
Italia. Elaborò in particolare il concetto di egemonia, secondo il quale le
classi dominanti impongono i propri valori politici, intellettuali e morali a
tutta la società, con l'obiettivo di saldare e gestire il potere intorno a un
senso comune condiviso da tutte le classi sociali, comprese quelle
subalterne. Gli antenati paterni derano originari della città di Gramshi
in Albania, e potrebbero essere giunti in Italia durante la diaspora albanese
causata dall'invasione turca. Documenti d'archivio attestano che nel Settecento
il trisavolo Gennaro Gramsci, sposato con Domenica Blajotta, possedeva a
Plataci, comunità ‘’arbëreshë’’ del distretto di Castrovillari, delle terre poi
ereditate da Nicola Gramsci. Questi sposò Maria Francesca Fabbricatore, e dal
loro matrimonio nacque a Plataci Gennaro Gramsci, che intraprese la carriera
militare nella gendarmeria del Regno di Napoli e, quando era di stanza a Gaeta,
sposò Teresa Gonzales, figlia di un avvocato napoletano. Il loro secondo figlio
fu Francesco, il padre di Antonio Gramsci. Le origini albanesi erano conosciute
dallo stesso Gramsci, che tuttavia le immaginava più recenti, come scriverà
alla cognata Tatiana Schucht dal carcere di Turi: «o stesso non ho alcuna
razza; mio padre è di origine albanese (la famiglia scappò dall'Epiro durante
la guerra del 1821, ma si italianizzò rapidamente). Tuttavia la mia cultura è
italiana, fondamentalmente questo è il mio mondo; non mi sono mai accorto di
essere dilaniato tra due mondi. L'essere io oriundo albanese non fu messo in
giuoco perché anche Crispi era albanese, educato in un collegio albanese.” Ghilarza:
casa museo Antonio Gramsci Francesco era studente in legge quando morì il
padre; dovendo trovare subito un lavoro, partì per la Sardegna per impiegarsi
nell'Ufficio del registro di Ghilarza. In questo paese, che allora contava
circa 2.200 abitanti, conobbe Marcias, figlia di un esattore delle imposte e
proprietario di alcune terre. La sposò malgrado l'opposizione dei familiari,
rimasti in Campania, che consideravano i Marcias una famiglia di rango
inferiore alla propria dal punto di vista sociale e culturale: Giuseppina aveva
studiato fino alla terza elementare. Dal matrimonio nascerà Gennaro e, dopo che
Francesco Gramsci fu trasferito da Ghilarza ad Ales, Grazietta ed Emma. Gramsci
nasce secondo il registro delle nascite dello stato civile del comune e
registrato con i nomi di Antonio, Francesco. Scondo il registro dei battesimi
della parrocchia di San Pietro nasce il giorno dopo, e viene registrato con i nomi di Antonio,
Sebastiano, Francesco. Il padre fu trasferito, come gerente dell'Ufficio
del Registro, a Sorgono e qui nacquero gli altri figli, Mario, Teresina, e
Carlo. Antonio si ammala del morbo di Pott, una tubercolosi ossea che in pochi
anni gli deformò la colonna vertebrale e gli impedì una normale crescita:
adulto, non supererà il metro e mezzo di altezza; i genitori pensavano che la
sua deformità fosse la conseguenza di una caduta e anche Antonio rimase
convinto di quella spiegazione. Ebbe sempre una salute delicate. Soffrendo di
emorragie e convulsioni, fu dato per spacciato dai medici, tanto che la madre
comprò la bara e il vestito per la sepoltura. Il padre Francesco fu
arrestato , con l'accusa di peculato, concussione e falsità in atti, e venne
condannato al minimo della pena con l'attenuante del «lieve valore»: 5 anni, 8
mesi e 22 giorni di carcere, da scontare a Gaeta. Priva del sostegno dello
stipendio del padre, la famiglia trascorse anni di estrema miseria, che la
madre affrontò vendendo la sua parte di eredità, tenendo a pensione il
veterinario del paese e guadagnando qualche soldo cucendo camicie. Proprio
per le sue delicate condizioni di salute Gramsci comincia a frequentare la
scuola elementare soltanto a sette anni: la concluse ncon il massimo dei voti,
ma la situazione familiare non gli permise di iscriversi al ginnasio. Già
dall'estate precedente aveva iniziato a dare il suo contributo all'economia
domestica lavorando 10 ore al giorno nell'Ufficio del catasto di Ghilarza per 9
lire al mese l'equivalente di un chilo di pane al giornos muovendo «registri
che pesavano più di me e molte notti piangevo di nascosto perché mi doleva
tutto il corpo». Grazie a un'amnistia, il padre anticipò di tre mesi la
fine della sua pena: inizialmente guadagnò qualcosa come segretario in
un'assicurazione agricola, poi, riabilitato, fece il patrocinante in
conciliatura e infine fu riassunto come scrivano nel vecchio Ufficio del
catasto, dove lavorò per il resto della sua vita. Così, pur affrontando gli
abituali sacrifici, i genitori poterono iscrivere il quindicenne Antonio nel
Ginnasio cdi Santu Lussurgiu, «un piccolo ginnasio in cui tre sedicenti
professori sbrigavano, con molta faccia tosta, tutto l'insegnamento delle
cinque classi». Con tale preparazione un poco avventurosa, riuscì
tuttavia a prendere la licenza ginnasiale a Oristano e a iscriversi al Liceo
classico Giovanni Maria Dettori di Cagliari, stando a pensione, prima in un
appartamento in via Principe Amedeo 24, poi, l'anno dopo, in corso Vittorio
Emanuele 149, insieme con il fratello Gennaro, il quale, terminato il servizio
di leva a Torino, lavorava per cento lire al mese in una fabbrica di ghiaccio
del capoluogo sardo. La modesta preparazione ricevuta nel ginnasio si
fece sentire, perché inizialmente Gramsci nelle diverse materie ottenne appena
la sufficienza, ma riuscì a recuperare in fretta: del resto, leggere e studiare
erano i suoi impegni costanti. Non si concedeva distrazioni, non soltanto
perché avrebbe potuto permettersele solo con grandi sacrifici, ma anche perché
l'unico vestito che possedeva, per lo più liso, non lo incoraggiava a
frequentare né gli amici, né i locali pubblici. A scuola, mostrò uno spiccato
interesse per le discipline umanistiche e per lo studio della storia, anche
perché il cattivo insegnamento ricevuto in matematica gli fece perdere
l'interesse per la materia. Nel frattempo, il giovane Gramsci, iniziò a
seguire le vicende politiche. Il fratello Gennaro, che era tornato in Sardegna
militante socialista, divenne cassiere della Camera del lavoro e segretario
della sezione socialista di Cagliari: «Una grande quantità di materiale
propagandistico, libri, giornali, opuscoli, finiva a casa. Nino, che il più
delle volte passava le sere chiuso in casa senza neanche un'uscita di pochi
momenti, ci metteva poco a leggere quei libri e quei giornali». Leggeva anche i
romanzi popolari di Carolina Invernizio, di Barrili e quelli di Deledda, ma
questi ultimi non li apprezzava, considerando folkloristica la visione che
della Sardegna aveva la scrittrice sarda; leggeva Il Marzocco e La Voce di Prezzolini, Papini, Emilio Cecchi «ma in cima
alle sue raccomandazioni, quando mi chiedeva di ritagliare gli articoli e di
custodirli nella cartella, stavano sempre Croce e Salvemini». Alla fine
della seconda classe liceale, alla cattedra di lettere italiane del Liceo salì Garzia,
radicale e anticlericale, direttore de L'Unione Sarda, quotidiano legato alle
istanze sarde, rappresentate, in Parlamento da Cocco-Ortu, allora impegnato in
una dura opposizione al ministero di Luigi Luzzatti. Gramsci instaurò con il
Garzia un buon rapporto, che andava oltre il naturale discepolato: invitato
ogni tanto a visitare la redazione del giornale, ricevette la tessera di
giornalista, con l'invito a «inviare tutte le notizie di pubblico interesse. Ebbe
la soddisfazione di vedersi stampato il suo primo scritto pubblico, venticinque
righe di cronaca ironica su un fatto avvenuto nel paese di Aidomaggiore.
In un tema dell'ultimo anno di liceo, che ci è conservato, Gramsci scriveva,
tra l'altro, che «Le guerre sono fatte per il commercio, non per la civiltà la
Rivoluzione francese ha abbattuto molti privilegi, ha sollevato molti oppressi;
ma non ha fatto che sostituire una classe all'altra nel dominio. Però ha
lasciato un grande ammaestramento: che i privilegi e le differenze sociali,
essendo prodotto della società e non della natura, possono essere sorpassate».
La sua concezione socialista, qui chiaramente espressa, va unita, in questo
periodo, all'adesione all'indipendentismo sardo, nel quale egli esprimeva,
insieme con la denuncia delle condizioni di arretratezza dell'isola e delle
disuguaglianze sociali, l'ostilità verso le classi privilegiate del continente,
fra le quali venivano compresi, secondo una polemica mentalità di origine
contadina, gli stessi operai, concepiti come una corporazione elitaria fra i
lavoratori salariati. Poco dopo Gramsci conoscerà da vicino la realtà
operaia di una grande città del Nord: il
conseguimento della licenza liceale con una buona votazione tutti otto e un
nove in italianogli prospetta la possibilità di continuare gli studi all'Università.
Il Collegio Carlo Alberto di Torino bandì un concorso, riservato a tutti gli
studenti poveri licenziati dai Licei del Regno, offrendo 39 borse di studio,
ciascuna equivalente a 70 lire al mese per 10 mesi, per poter frequentare Torino.
Fu uno dei due studenti di Cagliari ammessi a sostenere gli esami a
Torino. «Partii per Torino come se fossi in stato di sonnambulismo. Avevo
55 lire in tasca; avevo speso 45 lire per il viaggio in terza classe delle 100
avute da casa». Conclude gli esami: li supera classificandosi nono; al secondo
posto è uno studente genovese venuto da Sassari, Palmiro Togliatti. Si
iscrive alla Facoltà di Lettere, ma le settanta lire al mese non bastano
nemmeno per le spese di prima necessità: oltre alle tasse universitarie, deve
pagare venticinque lire al mese per l'affitto della stanza di Lungo Dora
Firenze 57, nel popolare quartiere di Porta Palazzo, e il costo della luce,
della pulizia della biancheria, della carta e dell'inchiostro, e ci sono i
pasti«non meno di due lire alla più modesta trattoria»e la legna e il carbone
per il riscaldamento: privo anche di un cappotto, «la preoccupazione del freddo
non mi permette di studiare, perché o passeggio nella camera per scaldarmi i
piedi oppure devo stare imbacuccato perché non riesco a sostenere la prima
gelata». Sono frequenti le richieste di denaro alla famiglia che però, da parte
sua, non se la passava di certo molto meglio. L'Università degli Studi di
Torino vantava professori di alto livello e di diversa formazione: Luigi
Einaudi, Ruffini, Manzini, Toesca, Loria, Solari e poi Bartoli, che si legò di
amicizia con Gramsci, come fece anche l'incaricato di letteratura italiana Cosmo, contro il quale indirizzò però un
articolo violentemente polemico. Anni dopo, durante la dura esperienza in
carcere, continuò comunque a ricordarlo con simpatia«serbo del Cosmo un ricordo
pieno di affetto e direi di venerazione era e credo sia tuttora di una grande
sincerità e dirittura morale con molte striature di quella ingenuità nativa che
è propria dei grandi eruditi e studiosi»ricordando anche che, con questi e con
molti altri intellettuali dei primi quindici anni del secolo, malgrado
divergenze di varia natura, egli avesse questo in comune: «partecipavamo in
tutto o in parte al movimento di riforma morale e intellettuale promosso in
Italia da Benedetto Croce, il cui primo punto era questo, che l'uomo moderno
può e deve vivere senza religione rivelata o positiva o mitologica o come altro
si vuol dire. Questo punto anche oggi mi pare il maggior contributo alla
cultura mondiale che abbiano dato gli intellettuali moderni italiani. Si
ritrovò a casa per le elezioni politiche, dopo la fine della guerra italo-turca
contro l'Impero ottomano per la conquista della Libia; votavano per la prima
volta anche gli analfabeti, ma la corruzione e le intimidazioni erano le stesse
delle elezioni precedenti. In Sardegna, il timore che l'allargamento della base
elettorale favorisse i socialisti portò al blocco delle candidature di tutte le
forze politiche contro i candidati socialisti, indicati come il comune nemico
da battere. In quest'obiettivo, "sardisti" e "non-sardisti"
si trovarono d'accordo e deposero le vecchie polemiche. Gramsci scrisse di
quest'esperienza elettorale al compagno di studi Tasca, dirigente socialista
torinese, il quale affermò che Gramsci «era stato molto colpito dalla
trasformazione prodotta in quell'ambiente dalla partecipazione delle masse
contadine alle elezioni, benché non sapessero e non potessero ancora servirsi
per conto loro della nuova arma. Fu questo spettacolo, e la meditazione su di
esso, che fece definitivamente di Gramsci un socialista». Tornò a Torino,
andando ad affittare una stanza all'ultimo piano del palazzo di via San Massimo
14, oggi Monumento nazionale; dovrebbe datarsi a questo periodo la sua
iscrizione al Partito socialista. Si trovò in ritardo con gli esami, con il
rischio di perdere il contributo della borsa di studio, a causa di «una forma
di anemia cerebrale che mi toglie la memoria, che mi devasta il cervello, che
mi fa impazzire ora per ora, senza che mi riesca di trovare requie né
passeggiando, né disteso sul letto, né disteso per terra a rotolarmi in certi
momenti come un furibondo». Riconosciuto «afflitto da grave nevrosi» gli fu
concesso di recuperare gli esami nella sessione di primavera. Prese anche
lezioni di filosofia da Pastore, il quale scrisse poi che «il suo orientamento
era originalmente crociano ma già mordeva il freno e non sapeva ancora come e
perché staccarsi voleva rendersi conto del processo formativo della cultura agli
scopi della rivoluzione come fa il pensare a far agire come le idee diventano
forze pratiche». Gramsci stesso scriverà di aver sentito anche la necessità di
«superare un modo di vivere e di pensare arretrato, come quello che era proprio
di un sardo del principio del secolo, per appropriarsi un modo di vivere e di
pensare non più regionale e da villaggio, ma nazionale» ma anche «di provocare
nella classe operaia il superamento di quel provincialismo alla rovescia della
palla di piombo come il Sud Italia e generalmente considerato nel Nord che
aveva le sue profonde radici nella tradizione riformistica e corporativa del
movimento socialista». L'iscrizione al partito gli permise di superare in parte
un lungo periodo di solitudine: ora frequentava i giovani compagni di partito,
fra i quali erano Tasca, Togliatti, Terracini. “Uscivamo spesso dalle riunioni
di partito mentre gli ultimi nottambuli si fermavano a sogguardarci continuavamo
le nostre discussioni, intramezzandole di propositi feroci, di scroscianti
risate, di galoppate nel regno dell'impossibile e del sogno». Nell'Italia che
ha dichiarato la propria neutralità nella Prima guerra mondiale in
corsoneutralità affermata anche dal Partito socialistascrive per la prima volta
sul settimanale socialista torinese Il Grido del Popolo l'articolo Neutralità
attiva e operante in risposta a quello apparso il 18 ottobre sull'Avanti! di
Mussolini Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva e operante, senza
però poter comprendere quale svolta politica stesse preparando l'allora
importante e popolare esponente socialista. Sostenne quello che sarà, senza che lo sapesse ancora,
il suo ultimo esame all'Università; il suo impegno politico si fece crescente con
l'entrata in guerra dell'Italia e con il suo ingresso nella redazione torinese
dell'Avanti!. Trascorse gran parte delle sue giornate all'ultimo piano nel
palazzo dell'Alleanza Cooperativa Torinese al numero 12 di corso Siccardi (oggi
Galileo Ferraris), dove, in tre stanze, erano situate la sezione giovanile del
partito socialista e le redazioni de Il Grido del Popolo e del foglio
piemontese dell'Avanti!, che comprendeva la rubrica della cronaca torinese,
Sotto la Mole; in entrambi i giornali Gramsci pubblicava di tutto, dai commenti
sulla situazione interna ed estera agli interventi sulla vita di partito, dagli
articoli di polemica politica alle note di costume, dalle recensioni dei libri
alla critica teatrale. Dirà più tardi di aver scritto in dieci anni di
giornalismo «tante righe da poter costituire quindici o venti volumi di
quattrocento pagine, ma esse erano scritte alla giornata e dovevano morire dopo
la giornata» e di aver contribuito «molto prima di Tilgher» a rendere popolare
il teatro di Pirandello: «ho scritto sul Pirandello tanto da mettere insieme un
volumetto di duecento pagine e allora le mie affermazioni erano originali e
senza esempio: Pirandello era o sopportato amabilmente o apertamente deriso». Della
commedia di Pirandello Pensaci, Giacomino! scrisse che «è tutto uno sfogo di
virtuosismo, di abilità letteraria, di luccichii discorsivi. I tre atti corrono
su un solo binario. I personaggi sono oggetto di fotografia piuttosto che di
approfondimento psicologico: sono ritratti nella loro esteriorità più che in
una intima ricreazione del loro essere morale. È questa del resto la
caratteristica dell'arte di Luigi Pirandello, che coglie della vita la smorfia,
più che il sorriso, il ridicolo, più che il comico: che osserva la vita con
l'occhio fisico del letterato, più che con l'occhio simpatico dell'uomo artista
e la deforma per un'abitudine ironica che è l'abitudine professionale più che
visione sincera e spontanea», mentre considerò Liolà «il prodotto migliore dell'energia letteraria
di Luigi Pirandello. In esso il Pirandello è riuscito a spogliarsi delle sue
abitudini retoriche. Il Pirandello è un umorista per partito preso troppo
spesso la prima intuizione dei suoi lavori viene a sommergersi in una palude
retorica di una moralità inconsciamente predicatoria, e di molta verbosità
inutile». Il fu Mattia Pascal, secondo Gramsci, è una sorta di prima
stesura del Liolà che, liberato dalla zavorra moralistica della vita, si è
rinnovato diventando una pura rappresentazione, «una farsa che si riattacca ai
drammi satireschi della Grecia antica, e che ha il suo corrispondente pittorico
nell'arte figurativa vascolare è una
vita ingenua, rudemente sincera una efflorescenza di paganesimo naturalistico,
per il quale la vita, tutta la vita è bella, il lavoro è un'opera lieta, e la
fecondità irresistibile prorompe da tutta la materia organica». Severo fu
invece il giudizio sul Così è (se vi pare): dalla tesi pseudo-logistica che la
verità in sé non esista, Pirandello «non ha saputo trarre dramma e neppure
motivo a rappresentazione viva e artistica di caratteri, di persone vive che
abbiano un significato fantastico, se non logico. I tre atti di Pirandello sono
un semplice fatto di letteratura [puro e semplice aggregato di parole che non
creano né una verità né un'immagine il vero dramma l'autore l'ha solo
adombrato, l'ha accennato: è nei due pseudopazzi che non rappresentano però la
loro vera vita, l'intima necessità dei loro atteggiamenti esteriori, ma sono
presentati come pedine della dimostrazione logica». Rivolgendosi ai
giovani, scrisse da solo il numero unico del giornale dei giovani socialisti La
Città future. Qui mostra la sua intransigenza politica, la sua ironia, anche
contro i socialisti riformisti, il fastidio verso ogni espressione retorica ma
anche la sua formazione idealistica, i suoi debiti culturali nei confronti di
Croce, superiori perfino a quelli dovuti a Marx: «in quel tempo»scriverà«il
concetto di unità di teoria e pratica, di filosofia e politica, non era chiaro
in me e io ero tendenzialmente crociano». Lo zar di Russia Nicola II è
facilmente rovesciato da pochi giorni di manifestazioni popolari, per lo più
spontanee, che chiedono pane e la fine dell'autocrazia: viene instaurato un
moderato governo liberale e, insieme, si ricostituiscono i Soviet, forme di
rappresentanza su base popolare già creati nella precedente Rivoluzione russa
del 1905; le notizie giungono in Italia parziali e confuse: i quotidiani
«borghesi» sostengono che si tratta dell'avviamento di un processo di
democratizzazione in Russia, sull'esempio della grande Rivoluzione francese,
mentre Gramsci è convinto che «la rivoluzione russa è un atto proletario ed
essa naturalmente deve sfociare nel regime socialista i rivoluzionari socialisti non possono essere
giacobini: essi in Russia hanno solo attualmente il compito di controllare che
gli organismi borghesi non facciano essi del giacobinismo». Con il ritorno in
Russia di Lenin, che pone subito il problema della pace immediata e della
consegna del potere ai Soviet, la lotta politica si radicalizza. Gramsci è
convinto che Lenin abbia «suscitato energie che più non morranno. Egli e i suoi
compagni bolscevichi sono persuasi che sia possibile in ogni momento realizzare
il socialismo». Gramsci nega esplicitamente la necessità dell'esistenza di
condizioni obiettive affinché una rivoluzione trionfi, quando scrive che i
bolscevichi «sono nutriti di pensiero marxista. Sono rivoluzionari, non
evoluzionisti. E il pensiero rivoluzionario nega il tempo come fattore di
progresso. Nega che tutte le esperienze intermedie tra la concezione del
socialismo e la sua realizzazione debbano avere nel tempo e nello spazio una
riprova assoluta e integrale». È l'anticipazione dell'articolo, più famoso, che
scriverà subito dopo la notizia del successo della Rivoluzione d'ottobre.
Anche in Italia la guerra interminabile, costata già centinaia di migliaia di
morti e di mutilati, la penuria dei generi alimentari, la sconfitta di
Caporetto e la stessa eco provocata dalla rivoluzione russa portarono a
insofferenze che a Torino sfociarono in un'autentica sommossa spontanea
duramente repressa dal governo: oltre 50 morti, più di duecento feriti, la
città dichiarata zona di guerra con la conseguente applicazione della legge
marziale, arresti a catena che colpirono non solo i diretti responsabili ma,
indiscriminatamente, anche gli elementi politici d'opposizione e segnatamente
l'intero nucleo della sezione socialista, con l'accusa di istigazione alla
rivoluzione. In conseguenza dell'emergenza venutasi a creare, la direzione
della Sezione socialista torinese venne assunta da un comitato di dodici
persone, del quale fece parte anche Gramsci, il quale rimane l'unico redattore
de Il Grido del Popolo che cesserà le pubblicazioni. I bolscevichi avevano
preso il potere in Russia ma per settimane in Europa giunsero solo notizie
deformate, confuse e censurate, finché l'edizione nazionale dell'Avanti! uscì
con un editoriale dal titolo La rivoluzione contro il Capitale, firmato da
Gramsci: «La rivoluzione dei bolscevichi è materiata di ideologia più che di
fatti essa è la rivoluzione contro il Capitale di Marx. Il Capitale di Marx
era, in Russia, il libro dei borghesi, più che dei proletari. Era la
dimostrazione critica della fatale necessità che in Russia si formasse una
borghesia, si iniziasse un'era capitalistica, si instaurasse una civiltà di
tipo occidentale prima che il proletariato potesse neppure pensare alla sua
riscossa, alle sue rivendicazioni di classe, alla sua rivoluzione. I fatti
hanno superato le ideologie. I fatti hanno fatto scoppiare gli schemi critici
entro i quali la storia della Russia avrebbe dovuto svolgersi secondo i canoni
del materialismo storico se i
bolscevichi rinnegano alcune affermazioni del Capitale, non ne rinnegano il
pensiero immanente, vivificatore. Essi non sono «marxisti», ecco tutto; non
hanno compilato sulle opere del Maestro una dottrina esteriore di affermazioni
dogmatiche e indiscutibili. Vivono il pensiero marxista, quello che non muore
mai, che è la continuazione del pensiero idealistico italiano e tedesco, che in
Marx si era contaminato di incrostazioni positivistiche e naturalistiche». In
realtà Marx, almeno negli ultimi anni, non aveva escluso che un Paese arretrato
potesse giungere al socialismo saltando fasi di sviluppo capitalistico: ma qui
interessa rilevare tanto la visione di Gramsci ancora idealistica,
volontaristica, dell'azione politica, quanto la critica che di fatto Gramsci
rivolgeva ai dirigenti socialisti europei, e italiani in particolare, di
concepire lo sviluppo storico in modo meccanicistico. Finita la guerra e
usciti dal carcere i dirigenti torinesi del partito, Gramsci lavorò unicamente
all'edizione piemontese dell'Avanti!, che allora si stampava in via Arcivescovado
3, insieme con alcuni giovani colleghi: Giuseppe Amoretti, Alfonso Leonetti,
Mario Montagnana, Felice Platone; ma egli e altri giovani socialisti torinesi,
come Tasca, Togliatti e Terracini, intendevano ormai esprimere, dopo
l'esperienza della rivoluzione russa, esigenze nuove nell'attività politica,
che non sentivano rappresentate dalla Direzione nazionale del partito: «L'unico
sentimento che ci unisse, in quelle nostre riunioni, era quello suscitato da
una vaga passione di una vaga cultura proletaria; volevamo fare, fare, fare; ci
sentivamo angustiati, senza un orientamento, tuffati nell'ardente vita di quei
mesi dopo l'armistizio, quando pareva immediato il cataclisma della società
italiana». Uscì il primo numero dell'Ordine nuovo con Gramsci segretario di
redazione e animatore della rivista. La rivista ebbe un avvio incerto:
all'inizio «il programma fu l'assenza di un programma concreto, per una vana e
vaga aspirazione ai problemi concreti nessuna idea centrale, nessuna
organizzazione intima del materiale letterario pubblicato» Tasca intendeva
farne una pubblicazione culturale: «per "cultura" intendeva
"ricordare", non intendeva "pensare", e intendeva
"ricordare" cose fruste, cose logore, la paccottiglia del pensiero
operaio fu una rassegna di cultura astratta, di informazione astratta, con la
tendenza a pubblicare novelline orripilanti e xilografie bene intenzionate;
ecco cosa fu l'Ordine nuovo nei suoi primi numeri». Gramsci intendeva invece
definirlo su posizioni nettamente operaistiche, ponendo all'ordine del giorno
la necessità d'introdurre nelle fabbriche italiane nuove forme di potere
operaio, i consigli di fabbrica, sull'esempio dei Soviet russi: «Ordimmo, io e
Togliatti, un colpo di Stato redazionale; il problema delle commissioni interne
fu impostato esplicitamente nel n. 7 della rassegna il problema dello sviluppo
della commissione interna divenne problema centrale, divenne l'idea dell'Ordine
nuovo; era esso posto come problema fondamentale della rivoluzione operaia, era
il problema della "libertà" proletaria. L'Ordine nuovo divenne, per
noi e per quanti ci seguivano, "il giornale dei Consigli di
fabbrica"; gli operai amarono l'Ordine nuovo perché negli articoli del
giornale ritrovavano una parte di se stessi, la parte migliore di se stessi;
perché sentivano gli articoli dell'Ordine nuovo pervasi dallo stesso loro
spirito di ricerca interiore: "Come possiamo diventar liberi? Come
possiamo diventare noi stessi?". Perché gli articoli dell'Ordine nuovo non
erano fredde architetture intellettuali, ma sgorgavano dalla discussione nostra
con gli operai migliori, elaboravano sentimenti, volontà, passioni reali». Diversamente
dalle Commissioni interne, già esistenti all'interno dalle fabbriche, che
venivano elette soltanto dagli operai iscritti ai diversi sindacati, i Consigli
dovevano essere eletti indistintamente da tutti gli operai e avrebbero dovuto,
nel progetto degli ordinovisti, non tanto occuparsi dei consueti problemi
sindacali, ma porsi problemi politici, fino al problema della stessa organizzazione,
della gestione operaia della fabbrica, sostituendosi al capitalista: nel s,
alla FIAT furono eletti i primi Consigli. La Confindustria, nella sua
Conferenza nazionale, espresse chiaramente «la necessità che la borghesia del
lavoro attinga in se stessa il mezzo per un'energica azione contro deviazioni e
illusioni» e il 20 marzo i tre maggiori industriali torinesi, Olivetti, De
Benedetti e Agnelli fecero presente al prefetto Taddei la loro volontà di
ricorrere all'arma della serrata delle fabbriche contro «l'indisciplina e le
continue esorbitanti pretese degli operai». Così quando in occasione di una
controversia sindacale nelle Industrie Metallurgiche tre membri delle
commissioni interne furono licenziati e gli operai protestarono con lo
sciopero, l'Associazione degli industriali metalmeccanici rispose il 29 marzo
con la serrata di tutte le fabbriche torinesi. La lotta si estese fino allo
sciopero generale proclamato a Torino e
in alcune province piemontesi, mentre il governo presidiava il capoluogo con
migliaia di soldati. I tentativi degli ordinovisti di allargare la protesta, se
non in tutta l'Italia, almeno nei maggiori centri industriali del paese, fallì
e alla fine d'aprile gli operai furono costretti a riprendere il lavoro senza
avere ottenuto nulla. Lo sciopero fallì per la resistenza degli
industriali ma anche per l'isolamento in cui la Camera del Lavoro, controllata
dai socialisti riformisti, contrari alla costituzione dei Consigli operai, e lo
stesso Partito socialista lasciarono i lavoratori torinesi; l'8 maggio Gramsci
pubblicò sull'Ordine Nuovo una sua relazione, approvata dalla Federazione
torinese, che denunciava l'inefficienza e l'inerzia del Partito. Dopo aver
sostenuto che era matura la trasformazione dell'«ordine attuale di produzione e
di distribuzione» in un nuovo ordine che desse «alla classe degli operai
industriali e agricoli il potere di iniziativa nella produzione», alla quale si
opponevano gli industriali e i proprietari terrieri, appoggiati dallo Stato,
Gramsci rilevava che «le forze operaie e contadine mancano di coordinamento e
di concentrazione rivoluzionaria perché gli organismi direttivi del Partito
socialista hanno rivelato di non comprendere assolutamente nulla della fase di
sviluppo che la storia nazionale e internazionale attraversa nell'attuale
periodo il Partito socialista assiste da spettatore allo svolgersi degli
eventi, non ha mai un'opinione sua da esprimere non lancia parole d'ordine che
possano essere raccolte dalle masse, dare un indirizzo generale, unificare e concentrare
l'azione rivoluzionaria il Partito socialista è rimasto, anche dopo il
Congresso di Bologna, un mero partito parlamentare, che si mantiene immobile
entro i limiti angusti della democrazia borghese». Il numero
dell'11 dicembre 1920 Rilevò la mancanza di omogeneità nella composizione del
partito, in cui continuavano a essere presenti riformisti e «opportunisti»,
contrari agli indirizzi della III Internazionale. Non solo: «mentre la
maggioranza rivoluzionaria del partito non ha avuto una espressione del suo
pensiero e un esecutore della sua volontà nella direzione e nel giornale, gli
elementi opportunisti invece si sono fortemente organizzati e hanno sfruttato
il prestigio e l'autorità del Partito per consolidare le loro posizioni
parlamentari e sindacali se il Partito non realizza l'unità e la simultaneità
degli sforzi, se il Partito si rivela un mero organismo burocratico, senza
anima e senza volontà, la classe operaia istintivamente tende a costituirsi un
altro partito e si sposta verso tendenze anarchiche ». Il Partito
socialista non svolge alcuna funzione di educazione e di spiegazione di quanto
sta avvenendo nella scena internazionale, dalla quale esso è assente, non
partecipando nemmeno alle riunioni dell'Internazionale comunista, le cui tesi
non sono riportate nell'Avanti!. Analogamente, le edizioni socialiste non
stampano le pubblicazioni comuniste: «valga per tutte il volume di Lenin Stato
e rivoluzione». Occorre pertanto, secondo Gramsci, che il Partito socialista
acquisti «una sua figura precisa e distinta: da partito parlamentare piccolo
borghese deve diventare il partito del proletariato rivoluzionario che lotta
per l'avvenire della società comunista i non comunisti rivoluzionari devono essere
eliminati dal Partito ogni avvenimento della vita proletaria nazionale e
internazionale deve essere immediatamente commentata per trarne argomenti di
propaganda comunista e di educazione delle coscienze rivoluzionarie le sezioni
devono promuovere in tutte le fabbriche, nei sindacati, nelle cooperative,
nelle caserme la costituzione di gruppi comunisti l'esistenza di un Partito
comunista coeso e fortemente disciplinato [.è la condizione fondamentale e
indispensabile per tentare qualsiasi esperimento di Soviet il Partito deve
lanciare un manifesto nel quale la conquista rivoluzionaria del potere politico
sia posta in modo esplicito ». La risoluzione dell'Internazionale comunista che
chiedeva ai partiti socialisti l'allontanamento dei riformisti, venne disattesa
dal Partito Socialista Italiano. Infatti, a dispetto dell'approvazione e
dell'avallo ottenuto dagli ordinovisti da parte di Lenin nel corso del II Congresso
dell'Internazionale, alla quale il PSI aveva aderito con il congresso di
Bologna tenuto nell'ottobre del 1919, i vecchi dirigenti del partito erano
riluttanti di fronte alla svolta politica e sociale realizzatasi nel
dopoguerra. In Italia, le rivendicazioni salariali, rese necessarie
dall'elevato indice d'inflazione, non trovavano accoglienza presso gli
industriali. Il 30 agosto 1920, a Milano, a seguito della serrata dell'Alfa
Romeo, 300 fabbriche furono occupate dagli operai: la FIOM appoggiò
l'iniziativa, ordinando l'occupazione di tutte le fabbriche metalmeccaniche
d'Italia, con la speranza che una tale, estrema iniziativa provocasse
l'intervento del governo a favore di una soluzione delle trattative. All'inizio
di settembre tutte le maggiori fabbriche d'Italia erano occupate da mezzo
milione di operai, parte dei quali armati, sia pure in modo rudimentale; alla
FIAT di Torino, tuttavia, ci fu una novità: dell'ufficio di Giovanni Agnelli
prese possesso l'operaio comunista Giovanni Parodi e i Consigli di fabbrica
decisero di continuare la produzione, per dimostrare che una grande fabbrica
poteva funzionare anche in assenza del proprietario. Giovanni
Giolitti Di fronte alla neutralità del governo Giolitti e alla decisione della
Confindustria di non cedere, il 10 settembre, nell'assemblea milanese che vide
riuniti i dirigenti del Partito socialista e della Camera del Lavoro, questi
ultimi si dimisero lasciando la gestione della difficile situazione al Partito,
che tuttavia non aveva alcuna intenzione di prolungare l'agitazione: la
proposta estrema dell'allargamento delle occupazioni a tutte le fabbriche del
paese e alle campagne fu respinta dalla maggioranza dei rappresentanti. Un
accordo salariale raggiunto con la mediazione di Giolitti pose termine, alla
fine di settembre, alle occupazioni delle fabbriche. Quell'esperienza
dimostrò tanto la mancanza di una strategia dei dirigenti socialisti quanto
l'impreparazione degli stessi operai a iniziative rivoluzionarie, per le quali
occorrevano organizzazione e disciplina. In previsione del prossimo XVII
Congresso del Partito socialista, Gramsci scrisse che «la costituzione del
Partito comunista crea le condizioni per intensificare e approfondire l'opera
nostra: liberati dal peso morto degli scettici, dei chiacchieroni, degli
irresponsabili, liberati dall'assillo di dover continuamente, nel seno del
Partito, lottare contro i riformisti e gli opportunisti, di dover sventare le
loro insidie, di dover analizzare e criticare i loro atteggiamenti equivoci e
la loro fraseologia pseudo-rivoluzionaria, noi potremo dedicarci interamente al
lavoro positivo, all'espansione del nostro programma di rinnovamento, di
organizzazione, di risveglio delle coscienze e delle volontà». NSi riunì
a Milano il gruppo favorevole alla costituzione di un partito comunista e
Amadeo Bordiga, Luigi Repossi, Bruno Fortichiari, Gramsci, Nicola Bombacci,
Francesco Misiano e Umberto Terracini costituirono il Comitato provvisorio
della frazione comunista del Partito Socialista. La fondazione del
Partito comunista Il congresso di Livorno La scissione si realizzò , nel
Teatro San Marco di Livorno, con la nascita del «Partito Comunista d'Italia,
sezione italiana dell'Internazionale». Il comitato centrale fu composto dagli
astensionisti (Amadeo Bordiga, Ruggero Grieco, Giovanni Parodi, Cesare Sessa,
Ludovico Tarsia e Bruno Fortichiari), dagli ex-massimalisti (Nicola Bombacci, Ambrogio
Belloni, Egidio Gennari, Francesco Misiano, Anselmo Marabini, Luigi Repossi e
Luigi Polano) e dagli ordinovisti Gramsci e Terracini. Diresse l'Ordine
nuovo, divenuto ora uno dei quotidiani comunisti insieme con Il Lavoratore di
Trieste e Il Comunista di Roma, quest'ultimo diretto da Togliatti. Non venne eletto
deputato alle elezioni: Gramsci non ha capacità oratorie, è ancora giovane e
anche la sua conformazione fisica non lo agevola nell'apprezzamento di molti
elettori. Alla fine di maggio partì per Mosca, designato a rappresentare
il Partito italiano nell'esecutivo dell'Internazionale comunista. Vi arrivò già
malato e nell'estate fu ricoverato in un sanatorio per malattie nervose di
Mosca. Qui conobbe una degente russa, Eugenia Schucht, membro del Partito,
figlia di Apollon Schucht, dirigente del Pcus e amico personale di Lenin, che
aveva vissuto alcuni anni in Italia e, attraverso di lei, la sorella Giulia
(Julka) che, violinista, aveva abitato
diversi anni a Roma diplomandosi al Conservatorio Santa Cecilia. Giulia,
ventiseienne, è bella, alta, ha un aspetto romantico; Gramsci ne è conquistato:
ricorderà «il primo giorno che non osavo entrare nella tua stanza perché mi
avevi intimidito al giorno che sei partita a piedi e io ti ho accompagnato fino
alla grande strada attraverso la foresta e sono rimasto tanto tempo fermo per
vederti allontanare tutta sola, col tuo carico da viandante, per la grande
strada, verso il mondo grande e terribile ho molto pensato a te, che sei
entrata nella mia vita e mi hai dato l'amore e mi hai dato ciò che mi era
sempre mancato e mi faceva spesso cattivo e torbido. E quell'immagine di lei, viandante in un mondo
grande e terribile, con il suo senso doloroso di distacco, ritornerà ancora dal
carcere: «Ricordi quando sei ripartita dal bosco d'argento ti ho accompagnata
fino all'orlo della strada maestra e sono rimasto a lungo a vederti allontanare
così ti vedo sempre mentre ti allontani a passi brevi, col violino in una mano
e nell'altra la tua borsa da viaggio, così pittoresca». Si sposano e avranno
due figli, Delio e Giuliano. Il figlio di quest'ultimo porta il nome del nonno,
vive a Mosca e pratica la musica medievale. Giulia membro della OGPU, il servizio
di Sicurezza sovietico. La moglie di Gramsci e i figli Delio e Giuliano A
differenza di Bordiga, tutto inteso a salvaguardare la «purezza» programmatica
del partito, e perciò contrario a qualunque iniziativa al di fuori della
dittatura del proletariato, Gramsci guardava anche a obiettivi democratici,
intermedi, raggiungibili utilizzando le contraddizioni presenti negli strati
sociali e le forze che potevano rappresentare elementi di rottura, come il
movimento sindacale cattolico di Guido Miglioli e l'intellettualità
progressista liberale di cui Piero Gobetti è allora tra i maggiori
rappresentanti. Tuttavia nei suoi scritti fino al 1926 ribadisce che
l'obiettivo finale era la eliminazione dello stato borghese e la dittatura del
proletariato e anche nei suoi scritti successivi non si riscontrano critiche al
regime sovietico. Nel III Congresso dell'Internazionale comunista, di
fronte al riflusso dell'ondata rivoluzionaria rappresentata dalle sconfitte
delle esperienze comuniste in Germania e in Ungheria, si decise la tattica del
fronte unito con la socialdemocrazia. Bordiga e la maggioranza dei dirigenti
comunisti italiani si oppose, elaborando le Tesi di Roma, base programmatica
del II Congresso del Partito, tenuto a Roma. Gramsci vi aderì ma scrisse di
aver «accettato le tesi di Amadeo perché esse erano presentate come una
opinione per il Quarto Congresso [dell'Internazionale comunista] e non come un
indirizzo di azione. Ritenevamo di mantenere così unito il partito attorno al
suo nucleo fondamentale, pensavamo che si potesse fare ad Amadeo questa
concessione senza nuove crisi e nuove minacce di scissione nel seno del nostro
movimento». Nel IV Congresso dell'Internazionale, di fronte all'avvento al
potere di Mussolini, ai delegati comunisti italiani fu posta con ancora maggior
forza la necessità di fondersi con corrente socialista degli internazionalisti,
capeggiata da Giacinto Menotti Serrati, e di costituire un nuovo Esecutivo,
mettendo in minoranza Bordiga, sempre contrario a ogni accordo. Lo stesso
Bordiga fu arrestato al suo rientro in Italia nel febbraio 1923 e, in settembre,
a Milano, furono incarcerati anche i rappresentanti del nuovo Esecutivo:
Gramsci restò così il massimo dirigente del Partito e si trasferì a Vienna per
seguire più da vicino la situazione italiana. Fu allora che egli ritenne
necessario rompere con la politica di Bordiga: «Il suo stesso carattere
inflessibile e tenace fino all'assurdo ci obbliga a prospettarci il problema di
costruire il partito ed il centro di esso anche senza di lui e contro di lui.
Penso che sulle quistioni di principio non dobbiamo più fare compromessi come
nel passato: vale meglio la polemica chiara, leale, fino in fondo, che giova al
partito e lo prepara ad ogni evenienza». Uscì a Milano il primo numero del
nuovo quotidiano comunista l'Unità e dal primo marzo la nuova serie del quindicinale
l'Ordine nuovo. Il titolo del giornale, da lui scelto, venne giustificato dalla
necessità dell'«unità di tutta la classe operaia intorno al partito, unità
degli operai e dei contadini, unità del Nord e del Mezzogiorno, unità di tutto
il popolo italiano nella lotta contro il fascismo».Alle elezioni venne eletto
deputato al parlamento, potendo così rientrare a Roma, protetto dall'immunità
parlamentare. Quello stesso mese, nei dintorni di Como, si tenne un convegno
illegale dei dirigenti delle Federazioni comuniste italiane: pubblicamente, si
fingevano dipendenti di un'azienda milanese in gita turistica, con tanto di
pubblici discorsi fascisti e inni a Mussolini, mentre, a parte, discutevano dei
problemi del partito. Nel convegno si affrontò il «caso Bordiga», il
quale aveva rifiutato la candidatura al Parlamento, era in rotta con la
maggioranza dell'Internazionale e rifiutava ogni azione politica comune con le
altre forze politiche di sinistra. Delle tre mozioni presentate, che
rispecchiavano le tre correnti in seno al Partito, la corrente di destra di
Tasca, di centro di Gramsci e Togliatti, e di sinistra di Bordiga, questa
raccolse l'adesione della grande maggioranza dei delegati, confermando la
notevole importanza di cui il rivoluzionario napoletano godeva nel
Partito. Il 10 giugno un gruppo di fascisti rapì e uccise il deputato
socialista Giacomo Matteotti; sembrò allora che il fascismo stesse per crollare
per l'indignazione morale che in quei giorni percorse il Paese, ma non fu così;
l'opposizione parlamentare scelse la linea sterile di abbandonare il
Parlamento, dando luogo alla cosiddetta Secessione dell'Aventino: i liberali
speravano in un appoggio della Monarchia, che non venne, i cattolici erano
ostili tanto ai fascisti che ai socialisti e questi ultimi erano ostili a
tutti, comunisti compresi. Gramsci avanzò al «Comitato dei sedici»il nucleo
dirigente dei gruppi aventinianila proposta di proclamare lo sciopero generale
che però fu respinta; i comunisti uscirono allora dal «Comitato delle opposizioni»
aventiniane il quale, secondo Gramsci, non aveva alcuna volontà di agire: ha
una «paura incredibile che noi prendessimo la mano e quindi manovra per
costringerci ad abbandonare la riunione». Giacomo Matteotti Malgrado le
divisioni dell'opposizione antifascista, Gramsci credeva che la caduta del
regime fosse imminente: «Il regime fascista muore perché non solo non è
riuscito ad arrestare, ma anzi ha contribuito ad accelerare la crisi delle
classi medie iniziatasi dopo la guerra. L'aspetto economico di questa crisi
consiste nella rovina della piccola e media azienda il monopolio del credito,
il regime fiscale, la legislazione sugli affitti hanno stritolato la piccola
impresa commerciale e industriale: un vero e proprio passaggio di ricchezza si
è verificato dalla piccola e media alla grande borghesia. L'apparato
industriale ristretto ha potuto salvarsi dal completo sfacelo solo per un
abbassamento del livello di vita della classe operaia premuta dalla diminuzione
dei salari, dall'aumento della giornata di lavoro. La disgregazione sociale e
politica del regime fascista ha avuto la sua piena manifestazione di massa
nelle elezioni del 6 aprile. Il fascismo è stato messo nettamente in minoranza
nella zona industrial. Le elezioni del 6 aprile segnarono l'inizio di quella
ondata democratica che culminò nei giorni immediatamente successivi all'assassinio
dell'on. Matteotti le opposizioni avevano acquistato dopo le elezioni
un'importanza politica enorme; l'agitazione da esse condotta nei giornali e nel
Parlamento per discutere e negare la legittimità del governo fascista si
ripercuoteva nel seno dello stesso Partito nazionale fascista, incrinava la
maggioranza parlamentare. Di qui l'inaudita campagna di minacce contro le
opposizioni e l'assassinio del deputato unitario”. “Il delitto Matteotti dette
la prova provata che il Partito fascista non riuscirà mai a diventare un
normale partito di governo, che Mussolini non possiede dello statista e del
dittatore altro che alcune pittoresche pose esteriori; egli non è un elemento
della vita nazionale, è un fenomeno di folklore paesano, destinato a passare
alla storia nell'ordine delle diverse maschere provinciali italiane, più che
nell'ordine dei Cromwell, dei Bolívar, dei Garibaldi». S'ingannava, perché
l'inerzia dell'opposizione non riuscì a dare alternative del blocco sociale in
cui la piccola borghesia teme il «salto nel buio» della caduta del regime e i
fascisti riprendono coraggio e ricominciano le violenze squadriste: in una
delle tante viene aggredito anche Gobetti. E dopo il 12 settembre, quando il
militante comunista Giovanni Corvi uccide in un tram il deputato fascista
Armando Casalini, per vendicare la morte di Matteotti, la repressione
s'inasprisce. Il 20 ottobre Gramsci propose vanamente che l'opposizione
aventiniana si costituisca in «Antiparlamento», in modo da segnare nettamente
la distanza e svuotare di significato un Parlamento di soli fascisti; ipartì
per la Sardegna, per intervenire al Congresso regionale del partito e per
rivedere i famigliari. Il 6 novembre si congedò dalla madre, che non avrebbe più
rivisto. Il deputato comunista Repossi rientrò in Parlamento, dove sedevano
solo i deputati fascisti e i loro alleati, per commemorare Matteotti a nome di
tutto il suo partito; il 26 vi rientrò anche tutto il gruppo parlamentare
comunista, a segnare l'inutilità dell'esperienza aventiniana. Il quotidiano di
Giovanni Amendola Il Mondo pubblicò le dichiarazioni di Cesare Rossi, già capo
ufficio stampa di Mussolini, a proposito del delitto Matteotti: «Tutto quanto è
successo è avvenuto sempre per la volontà diretta o per l'approvazione o per la
complicità del duce» e Mussolini, in un discorso rimasto famoso, a confermare
quella testimonianza, dichiara alla Camera dei deputati di assumersi «la
responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto», dando il
via a una nuova azione repressiva. In febbraio Gramsci andò a Mosca, per
stare con la moglie e conoscere finalmente il figlio Delio. Tornato in Italia a
maggio, il 16 tenne il suo primoe unicodiscorso in Parlamento, davanti all'ex
compagno di partito Mussolini, ora Primo ministro, che aveva descritto l'anno
prima come un capo che «è divinizzato, è dichiarato infallibile, è preconizzato
organizzatore e ispiratore di un rinato Sacro Romano Impero. Conosciamo quel
viso: conosciamo quel roteare degli occhi nelle orbite che nel passato
dovevano, con la loro ferocia meccanica, far venire i vermi alla borghesia e
oggi al proletariato. Conosciamo quel pugno sempre chiuso alla minaccia.
Mussolini è il tipo concentrato del piccolo-borghese italiano, rabbioso, feroce
impasto di tutti i detriti lasciati sul suolo nazionale da vari secoli di
dominazione degli stranieri e dei preti: non poteva essere il capo del
proletariato; divenne il dittatore della borghesia, che ama le facce feroci
quando ridiventa borbonica». Con il pretesto di colpire la Massoneria, il
governo aveva predisposto un disegno di legge per disciplinare l'attività di
associazioni, enti e istituti: continuamente interrotto, Gramsci respinse il
pretesto che il governo si era dato, «perché la Massoneria passerà in massa al
Partito fascista e ne costituirà una tendenza, è chiaro che con questa legge
voi sperate di impedire lo sviluppo di grandi organizzazioni operaie e
contadine». E ironizzando: «Qualche fascista ricorda ancora nebulosamente
gli insegnamenti dei suoi vecchi maestri, di quando era rivoluzionario e
socialista, e crede che una classe non possa rimanere tale permanentemente e
svilupparsi fino alla conquista del potere, senza che essa abbia un partito e
un'organizzazione che ne riassuma la parte migliore e più cosciente. C'è
qualcosa di vero, in questa torbida perversione degli insegnamenti
marxisti». Concluse: «Voi potete conquistare lo Stato, potete modificare
i codici, potete cercar di impedire alle organizzazioni di esistere nella forma
in cui sono esistite fino adesso ma non potete prevalere sulle condizioni
obbiettive in cui siete costretti a muovervi. Voi non farete che costringere il
proletariato a ricercare un indirizzo diverso da quello fin oggi più diffuso
nel campo dell'organizzazione di massa. Ciò noi vogliamo dire al proletariato e
alle masse contadine italiane, da questa tribuna: che le forze rivoluzionarie
italiane non si lasceranno schiantare, il vostro torbido sogno non riuscirà a
realizzarsi». Si svolse clandestinamente a Lione il III Congresso del
Partito. Vi parteciparono 70 delegati, con tutti i maggiori responsabili,
Bordiga, Gramsci, Tasca, Togliatti, Grieco, Leonetti, Scoccimarro: vi era anche
Serrati, che aveva lasciato da poco il Partito socialista di cui era stato a
lungo dirigente di primo piano. Assisteva, a nome dell'Internazionale, Jules
Humbert-Droz. Gramsci presentò le Tesi congressuali elaborate insieme con
Togliatti. Con un capitalismo debole e l'agricoltura base dell'economia
nazionale, in Italia si assiste al compromesso fra industriali del Nord e
proprietari fondiari del Sud, ai danni degli interessi generali della
maggioranza della popolazione. Il proletariato, in quanto forza sociale
omogenea e organizzata rispetto alla piccola borghesia urbana e rurale, che ha
interessi differenziati, viene visto, nelle Tesi, «come l'unico elemento che
per la sua natura ha una funzione unificatrice e coordinatrice di tutta la
società.» Secondo Gramsci il fascismo non è, come invece ritiene Bordiga,
l'espressione di tutta la classe dominante, ma è il frutto politico della
piccola borghesia urbana e della reazione degli agrari che ha consegnato il
potere alla grande borghesia, e la sua tendenza imperialistica è l'espressione
della necessità, da parte delle classi industriali e agrarie, «di trovare fuori
del campo nazionale gli elementi per la risoluzione della crisi della società
italiana» che tuttavia permette, per la sua natura oppressiva e reazionaria,
una soluzione rivoluzionaria delle contraddizioni sociali e politiche; le due
forze sociali idonee a dar luogo a questa soluzione sono il proletariato del
Nord e i contadini del Mezzogiorno. A questo scopo, il Partito andrà
bolscevizzato, ossia organizzato per cellule di fabbrica caratterizzate da una
"disciplina di ferro" negando al suo interno la possibilità
dell'esistenza delle frazioni. Il Congresso approvò le Tesi a grande
maggioranza (oltre il 90%) ed elesse il Comitato centrale con Gramsci segretario
del Partito. Da allora, la sinistra comunista di Bordiga non ebbe più un ruolo
influente nel Partito. Le Tesi di Lione, realizzate da Gramsci, ribadirono con
una certa durezza le posizioni del Pcd’I «la socialdemocrazia sebbene abbia
ancora la sua base sociale, per gran parte, nel proletariato per quanto
riguarda la sua ideologia e la sua funzione politica cui adempie, deve essere
considerata non come un'ala destra del movimento operaio, ma come un'ala
sinistra della borghesia e come tale deve essere smascherata». In questa
relazione venne sviluppata la cosiddetta bolscevizzazione del partito: «spetti
al partito russo una funzione predominante e direttiva nella costruzione di una
Internazionale communista. La organizzazione di un partito bolscevico deve
essere, in ogni momento della vita del partito, una organizzazione
centralizzata, diretta dal Comitato centrale non solo a parole, ma nei fatti.
Una disciplina proletaria di ferro deve regnare nelle sue file. La
centralizzazione e la compattezza del partito esigono che non esistano nel suo
seno gruppi organizzati i quali assumano carattere di frazione. Un partito
bolscevico si differenzia per questo profondamente dai partiti
socialdemocratici».Tornato a Romada via Vesalio si era trasferito in via
Morgagniebbe il tempo di passare alcuni mesi con la famigliala moglie Giulia e
il piccolo Delio, oltre alle cognate Eugenia e Tatianache abitano tuttavia in
un altro appartamento, in via Trapani: le squadre fasciste, superato da tempo
lo smarrimento provocato dal delitto Matteotti, avevano piena libertà d'azione
e non era prudente coinvolgere i familiari in loro possibili aggressioni; a
Firenze, era stato ucciso l'ex-deputato socialista Gaetano Pilati, la stessa
casa di Gramsci era stata messa a soqquadro dalla polizia il 20 ottobre. Mentre
gli esponenti dell'opposizione antifascista prendevano la via dell'emigrazione
Gobetti, che muore ia Parigi, in conseguenza delle bastonate squadriste,
Amendola, Salveminiun processo farsa condannava a una pena simbolica gli
assassini di Matteotti, difesi dal capo-squadrista Roberto Farinacci. La
moglie Giulia, che aspettava il secondo figlio Giuliano, lasciò l'Italia e il
mese dopo fu la volta della cognata Eugenia a tornare a Mosca con il figlio
Delio: Gramsci non l'avrebbe più rivisto. Giustino Fortunato
Elaborando temi già affrontati nelle Tesi di Lione, in settembre Gramsci iniziò
a scrivere un saggio sulla questione meridionale, intitolato Alcuni temi sulla
quistione meridionale, in cui analizzò il periodo dello sviluppo politico
italiano dal 1894, anno dei moti dei contadini siciliani, seguito nel 1898
dall'insurrezione di Milano repressa a cannonate dal governo Di Rudinì. Secondo
Gramsci, la borghesia italiana, impersonata politicamente da Giovanni Giolitti,
di fronte all'insofferenza delle classi emarginate dei contadini meridionali e
degli operai del Nord, piuttosto che allearsi con le forze agrarie, cosa che
avrebbe dovuto comportare una politica di libero scambio e di bassi prezzi
industriali, scelse di favorire il blocco industriale-operaio, con la
conseguente scelta del protezionismo doganale, unita a concessione di libertà
sindacali. Di fronte alla persistenza dell'opposizione operaia,
manifestatasi anche contro i dirigenti socialisti riformisti, Giolitti cercò un
accordo con i contadini cattolici del Centro-Nord. Il problema è allora di
perseguire una politica di opposizione che rompa l'alleanza
borghesia-contadini, facendo convergere questi ultimi in un'alleanza con la
classe operaia. La società meridionale, secondo Gramsci, è costituita da
tre classi fondamentali: braccianti e contadini poveri, politicamente
inconsapevoli; piccoli e medi contadini, che non lavorano la terra ma dalla
quale ricavano un reddito che permette loro di vivere in città, spesso come
impiegati statali: costoro disprezzano e temono il lavoratore della terra, e
fanno da intermediari al consenso fra i contadini poveri e la terza classe,
costituita dai grandi proprietari terrieri, i quali a loro volta contribuiscono
alla formazione dell'intellettualità nazionale, con personalità del valore di Croce
e di Fortunato e sono, con quelli, i principali e più raffinati sostenitori
della conservazione di questo blocco agrario. Croce e Fortunato sono, per
Gramsci, «i reazionari più operosi della penisola», «le chiavi di volta del
sistema meridionale e, in un certo senso, sono le due più grandi figure della
reazione italiana». Per poter spezzare questo blocco occorrerebbe la formazione
di un ceto di intellettuali medi che interrompa il flusso del consenso fra le
due classi estreme, favorendo così l'alleanza dei contadini poveri con il
proletariato urbano. Tuttavia Gramsci non aveva un'opinione positiva sui
contadini, scrisse: «Il solo organizzatore possibile della massa contadina
meridionale è l'operaio industriale, rappresentato dal nostro partito» «Non ho
mai voluto mutare le mie opinioni, per le quali sarei disposto a dare la vita e
non solo a stare in prigione vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho
dato: ma non potevo fare diversamente. La vita è così, molto dura, e i figli
qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono
conservare il loro onore e la loro dignità di uomini» (Antonio Gramsci,
Lettera alla madre) In Unione Sovietica è in corso la lotta fra la maggioranza
di Stalin e Bucharin e la minoranza di sinistra del Partito comunista, guidata
da Trotskij, Zinov'ev e Kamenev, che critica la politica della NEP, la quale
favorisce i contadini ricchi a svantaggio degli operai, e la rinuncia alla
rivoluzione socialista mondiale attraverso la costruzione del «socialismo in un
solo paese» che porterebbe all'involuzione del movimento rivoluzionario. Il
dissidio, che porta all'esclusione di Zinov'ev dall'Ufficio politico del
Partito sovietico, si era fatto sempre più aspro con la costituzione in
frazione della minoranza e si era esteso anche all'interno del Partito
comunista tedesco, provocando una scissione. Il New York Times, forse su
ispirazione di Trotsky, pubblicava il testamento di Lenin, con i suoi noti
rilievi sul carattere di Stalin e sul pericolo rappresentato dal troppo potere
che la carica di segretario del Partito gli concedeva. Su incarico dell'Ufficio
politico, Gramsci scrisse a metà ottobre una lettera al Comitato centrale del
Partito sovietico. Egli si mostra preoccupato per l'acutezza delle polemiche che
potrebbero portare a una scissione che «può avere le più gravi ripercussioni,
non solo se la minoranza di opposizione non accetta con la massima lealtà i
principi fondamentali della disciplina rivoluzionaria di Partito, ma anche se
essa, nel condurre la sua lotta, oltrepassa certi limiti che sono superiori a
tutte le democrazie formali». Riconosciuto ai dirigenti sovietici il merito di
essere stati «l'elemento organizzatore e propulsore delle forze rivoluzionarie
di tutti i paesi», li rimprovera di star «distruggendo l'opera vostra, voi
degradate e correte il rischio di annullare la funzione dirigente che il
partito comunista dell'URSS aveva conquistato per l'impulso di Lenin: ci pare
che la passione violenta delle quistioni russe vi faccia perdere di vista gli
aspetti internazionali delle quistioni russe stesse, vi faccia dimenticare che
i vostri doveri di militanti russi possono e debbono essere adempiuti solo nel
quadro degli interessi del proletariato internazionale. Nel merito del
fondamento del contrastola contraddizione di un proletariato formalmente
«dominante» in URSS, ma in condizioni economiche molto inferiori alla classe
«dominata»Gramsci appoggia la posizione della maggioranza, rilevando che «è
facile fare della demagogia su questo terreno ed è difficile non farla quando
la quistione è stata messa nei termini dello spirito corporativo e non in
quelli del leninismo, della dottrina dell'egemonia del proletariato è in questo
elemento la radice degli errori del blocco delle opposizioni e l'origine dei
pericoli latenti che nella sua attività sono contenuti. Nella ideologia e nella
pratica del blocco delle opposizioni rinasce in pieno tutta la tradizione della
socialdemocrazia e del sindacalismo che ha impedito finora al proletariato
occidentale di organizzarsi in classe dirigente». Gramsci concludeva
esortando all'unità: «I compagni Zinov'ev, Trockij, Kamenev hanno contribuito
potentemente a educarci per la rivoluzione sono stati tra i nostri maestri. A
loro specialmente ci rivolgiamo come ai maggiori responsabili dell'attuale
situazione perché vogliamo essere sicuri che la maggioranza del comitato
centrale del partito comunista dell'URSS non intenda stravincere nella lotta e
sia disposta a evitare le misure eccessive. L'untà del nostro partito fratello
di Russia è necessaria per lo sviluppo e il trionfo delle forze rivoluzionarie
mondiali; a questa necessità ogni comunista e internazionalista deve essere
disposto a fare maggiori sacrifizi. I danni di un errore compiuto dal partito
unito sono facilmente superabili; i danni di una scissione o di una prolungata
condizione di scissione latente possono essere irreparabili e mortali». Togliatti,
allora a Mosca quale rappresentante italiano all'Internazionale, criticò le
ultime considerazioni che ripartivano, seppure in modo diseguale, le
responsabilità delle due fazioni, credendo ancora nella illusoria possibilità
di una compattezza del gruppo dirigente sovietico: a suo avviso, invece, «d'ora
in poi l'unità della vecchia guardia leninista non sarà più o sarà assai
difficilmente realizzata in modo continuo». Non ci sarà tempo e occasione per
approfondire la questione: lo stesso giorno in cui il Comitato centrale
comunista doveva riunirsi clandestinamente a Genova, Mussolini subì a Bologna
un attentato senza conseguenze personali, che provoca una tale pressione
poliziesca da far fallire il convegno. L'attentato Zamboni costituì il pretesto
per l'eliminazione degli ultimi, minimi residui di democrazia: il governo
sciolse i partiti politici di opposizione e soppresse la libertà di stampa. L'8
novembre, in violazione dell'immunità parlamentare, Gramsci venne arrestato
nella sua casa e rinchiuso nel carcere di Regina Coeli. Il giorno successivo fu
dichiarato decaduto, insieme agli altri deputati aventiniani. Dopo un periodo
di confino a Ustica, dove ritrovò, tra gli altri, Bordiga, fu detenuto nel
carcere milanese di San Vittore. Qui ricevette, in agosto, la visita del
fratello Mario, le cui scelte politiche erano state opposte alle suegià
federale di Varese, ora si occupava di commercioe, soprattutto, quella della
cognata Tatiana, la persona che si manterrà sempre, per quanto possibile, in
contatto con lui. L'istruttoria andò per le lunghe, perché vi erano difficoltà
a montare su di lui accuse credibili: fu anche fatto avvicinare da due agenti
provocatoriprima un tale Dante Romani e poi un certo Corrado Melanima senza
successo. Il processo a ventidue imputati comunisti, fra i quali Umberto
Terracini, Mauro Scoccimarro e Giovanni Roveda, iniziò finalmente a Roma;
Mussolini aveva istituito il Tribunale Speciale Fascista. Presidente è un
generale, Saporiti, giurati sono cinque consoli della milizia fascista,
relatore l'avvocato Buccafurri e accusatore l'avvocato Isgrò, tutti in
uniforme; intorno all'aula, «un doppio cordone di militi in elmetto nero, il
pugnale sul fianco ed i moschetti con la baionetta in canna» Gramsci è accusato
di attività cospirativa, istigazione alla guerra civile, apologia di reato e
incitamento all'odio di classe. Il pubblico ministero Isgrò concluse la sua
requisitoria con una frase rimasta famosa: «Bisogna impedire a questo cervello
di funzionare per venti anni»; e infatti Gramsci venne condannato a venti anni,
quattro mesi e cinque giorni di reclusione. Raggiunse il carcere di Turi, in
provincia di Bari. Fin da quando si trovava in carcere a Milano, era
intenzionato a occuparsi «intensamente e sistematicamente di qualche soggetto»
che lo «assorbisse e centralizzasse la sua vita interiore». Il detenuto 7.047
ottenne finalmente l'occorrente per scrivere e iniziò la stesura dei suoi
Quaderni del carcere. Il primo quaderno si apre proprio con una bozza di 16
argomenti, alcuni dei quali saranno abbandonati, altri inseriti e altri ancora
svolti solo in parte. Caratteristico era il suo modo di lavorare. Quasi tutti i
giorni, per alcune ore, camminando all'interno della cella, rifletteva sulle
frasi da scrivere e poi si chinava sul tavolino, scrivendo senza sedersi, un
ginocchio appoggiato sullo sgabello, per riprendere a camminare e a pensare. A
fare da tramite tra Gramsci e il mondo esterno, e in particolare con Sraffa e
tramite questi col Pcus e il PCd'I, fu la cognata Tatiana Schucht, essendo la
moglie di Gramsci tornata in Unione Sovietica. Intanto, il Congresso dell'Internazionale
comunista, tenutosi a Mosca aveva stabilito l'impossibilità di accordi con la
social-democrazia, che veniva anzi assimilata allo stesso fascismo. Era la tesi
di Stalin il quale, liquidata l'opposizione di Trockij, eliminava anche l'influenza
di Bucharin che, già suo alleato contro la sinistra di Trockij, era rimasto il
suo principale oppositore da destra. Al nuovo orientamento dell'Internazionale,
riaffermato nel X Plenum del Comitato esecutivo ndovevano adeguarsi i Partiti
nazionali, espellendo, se necessario, i dissidenti. Il Partito comunista
d'Italia si adeguò alle scelte dell'Internazionale, espellendo Angelo Tasca in
settembre e in successione, ma con l'accusa di trotskismo, prima, iBordiga, poi,
ifu la volta di Leonetti, Tresso e Ravazzoli. Teneva, durante l'ora d'aria, dei
"colloqui-lezioni" con i compagni di partito: non esistono dirette
testimonianze delle opinioni espresse da Gramsci riguardo alla «svolta»
politica del movimento comunista, ma può costituire un indiretto riferimento un
rapporto che un suo compagno di carcere, Athos Lisa, amnistiato, inviò subito al
Centro estero comunista. Secondo quella relazione, riferì la teoria della
necessità dell'alleanza fra operai del Nord e contadini meridionali che già
stava elaborando nei suoi Quaderni: «L'azione per la conquista degli alleati
diviene per il proletariato cosa estremamente delicata e difficile. D'altra
parte, senza la conquista di questi alleati, è precluso al proletariato ogni
serio movimento rivoluzionario». Qui s'intende che il proletariatola classe
operaiadebba allearsi con i contadini e la piccola borghesia: «Se si tiene
conto delle particolari condizioni nei limiti delle quali va visto il grado di
sviluppo politico degli strati contadini e piccoli borghesi in Italia, è facile
comprendere come la conquista di questi strati sociali comporti per il partito
una particolare azione. La lotta per la conquista diretta del potere è un passo
al quale questi strati sociali potranno solo accedere per gradi il primo passo
attraverso il quale bisogna condurre questi strati sociali è quello che li
porti a pronunciarsi sul problema istituzionale e costituzionale. L'inutilità
della Monarchia è ormai compresa da tutti i lavoratori a questo obiettivo deve
improntarsi la tattica del partito senza tema di apparire poco rivoluzionario.
Deve fare sua prima degli altri partiti in lotta contro il fascismo la parola
d'ordine della Costituente». Ma l'azione del partito «deve essere intesa a
svalutare tutti i programmi di riforma pacifica dimostrando alla classe
lavoratrice come la sola soluzione possibile in Italia risieda nella
rivoluzione proletaria». La richiesta di una Costituente, e dunque di
un'iniziativa politica che si ponesse obiettivi intermedi, avrebbe comportato
necessariamente una convergenza, per quanto temporanea, con altre forze
antifasciste, e se è difficile considerare tale linea politica come «social-democratica»,
durante le discussioni nel cortile del carcere qualche suo compagno arrivò a
sostenere che egli era ormai fuori del Partito comunista. Probabilmente le
reazioni di alcuni erano esasperate dal clima di detenzione» ma certo le
posizioni dovevano apparire in contrasto con la linea politica indicata in
quegli anni dal Partito comunista. È in questo periodo chevenne a contatto con
Pertini, esponente del PSI e detenuto anch'egli alla Casa Penale di Turi. I
due, nonostante i pensieri politici differenti, divennero grandi amici e
Pertini, anche dopo la scarcerazione, ricordò spesso nei suoi discorsi il
compagno di prigionia e le tristi condizioni di salute che lo stroncavano. Gramsci,
oltre al morbo di Pott di cui soffriva fin dall'infanzia, fu colpito da
arteriosclerosi e poté così ottenere una cella individuale; cercò di reagire
alla detenzione studiando ed elaborando le proprie riflessioni politiche,
filosofiche e storiche, tuttavia le condizioni di salute continuarono a
peggiorare e in agosto ebbe un'improvvisa e grave emorragia. Anche la
moglie, in Russia, era sofferente di una seria forma di depressione e rare
erano le sue lettere al marito che, all'oscuro dei motivi dei suoi lunghi
silenzi, sentiva crescere intorno a sé il senso di un opprimente isolamento.
Scriveva alla cognata: Non credere che il sentimento di essere personalmente
isolato mi getti nella disperazione io non ho mai sentito il bisogno di un
apporto esteriore di forze morali per vivere fortemente la mia vita tanto meno
oggi, quando sento che le mie forze volitive hanno acquistato un più alto grado
di concretezza e di validità. Ma mentre nel passato mi sentivo quasi orgoglioso
di sentirmi isolato, ora invece sento tutta la meschinità, l'aridità, la
grettezza di una vita che sia esclusivamente volontà. Quando la madre morì, i
familiari preferirono non informarlo. Ebbe una seconda grave crisi, con
allucinazioni e deliri. Si riprese a fatica, senza farsi illusioni sul suo
immediato futuro. Fino a qualche tempo fa io ero, per così dire, pessimista con
l'intelligenza e ottimista con la volontà. Oggi non penso più così. Ciò non
vuol dire che abbia deciso di arrendermi, per così dire. Ma significa che non
vedo più nessuna uscita concreta e non posso più contare su nessuna riserva di
forze». Eppure lo stesso codice penale dell'epoca, all'art. 176, prevedeva la
concessione della libertà condizionata ai carcerati in gravi condizioni di
salute. A Parigi si costituì un comitato, di cui fecero parte, fra gli altri,
Rolland e Barbusse, per ottenere la liberazione sua e di altri detenuti politici,
ma venne trasferito nell'infermeria del carcere di Civitavecchia e poi nella clinica
del dottor Cusumano a Formia, sorvegliato in camera e all'esterno. Mussolini
accolse finalmente la richiesta di libertà condizionata, ma Gramsci non rimase
libero nei suoi movimenti, tanto che gli fu impedito di andare a curarsi
altrove, perché il governo temeva una sua fuga all'estero; solo il poté essere
trasferito nella clinica "Quisisana" di Roma, dove giunse in gravi
condizioni, poiché oltre al morbo di Pott e all'arteriosclerosi soffriva di
ipertensione e di gotta. Passò dalla libertà condizionata alla piena
libertà, ma era ormai in gravissime condizioni: morì di emorragia cerebrale,
nella stessa clinica Quisisana. Il giorno seguente la cremazione si svolsero i
funerali, cui parteciparono soltanto il fratello Carlo e la cognata Tatiana. Le
ceneri, inumate nel cimitero del Verano, furono trasferite nel Cimitero
acattolico di Roma, nel Campo Cestio. I 33 Quaderni del carcere, non destinati
da Gramsci alla pubblicazione, contengono riflessioni e appunti elaborati
durante la reclusione. Furono definitivamente interrotti a causa della gravità
delle sue condizioni di salute. Furono numerati, senza tener conto della loro
cronologia, dalla cognata Schucht, che li affidò all'Ambasciata sovietica a
Roma da dove furono inviati a Mosca e, successivamente, conseg Palmiro
Togliatti. Dopo la fine della guerra i Quaderni, curati dal dirigente comunista
Platone sotto la supervisione di Togliatti, furono pubblicati dall'editore
Einaudi unitamente alle sue Lettere dal carcere indirizzate ai familiarii n sei
volumi, ordinati per argomenti omogenei, con i titoli “Il materialismo storico
e la filosofia di Croce”; “Gli
intellettuali e l'organizzazione della cultura”; “Il Risorgimento”; “Note sul
Machiavelli, sulla politica e sullo Stato moderno”; “Letteratura e vita nazionale”;
“Passato e presente”. I Quaderni furono
pubblicati Valentino Gerratana secondo l'ordine cronologico della loro
elaborazione. Sono stati raccolti in volume anche tutti gli articoli scritti da
Gramsci nell'Avanti!, ne Il Grido del Popolo e ne L'Ordine Nuovo. Conquistare
la maggioranza politica di un Paese vuol dire che le forze sociali, che di tale
maggioranza sono espressione, dirigono la politica di quel determinato paese e
dominano le forze sociali che a tale politica si oppongono: significa ottenere
l'egemonia. Vi è distinzione fra direzione egemonia intellettuale e
morale e dominio esercizio della forza repressive. Un gruppo sociale è
dominante dei gruppi avversari che tende a liquidare o a sottomettere anche con
la forza armata, ed è dirigente dei gruppi affini e alleati. Un gruppo sociale
può e anzi deve essere dirigente già prima di conquistare il potere governativo
(è questa una delle condizioni principali per la stessa conquista del potere. Dopo,
quando esercita il potere ed anche se lo tiene fortemente in pugno, diventa
dominante ma deve continuare ad essere anche dirigente. La crisi dell'egemonia
si manifesta quando, anche mantenendo il proprio dominio, le classi sociali
politicamente dominanti non riescono più a essere dirigenti di tutte le classi
sociali, non riuscendo più a risolvere i problemi di tutta la collettività e a
imporre la propria concezione del mondo. A quel punto, la classe sociale sub-alterna,
se riesce a indicare concrete soluzioni ai problemi lasciati irrisolti dalla
classe dominante, può diventare dirigente e, allargando la propria concezione
del mondo anche ad altri strati sociali, può creare un nuovo «blocco sociale»,
cioè una nuova alleanza di forze sociali, divenendo “egemone.” Il cambiamento
dell'esercizio dell'egemonia è un momento rivoluzionario che inizialmente
avviene a livello della sovra-struttura in senso marxiano, ossia politico,
culturale, ideale, morale –, ma poi trapassa nella società nel suo complesso
investendo anche la struttura economica, e dunque tutto il «blocco storico»,
termine che indica l'insieme della struttura e della sovra-struttura, ossia i
rapporti sociali di produzione e i loro riflessi ideologici. Analizzando
la storia di Italia e il Risorgimento in particolare, rileva che la classe
popolare non trova un proprio spazio politico e una propria identità, poiché la
politica dei liberali di Cavour concepì l'unità nazionale come un allargamento
dello Stato piemontese e del patrimonio della dinastia, non come movimento
nazionale dal basso, ma come conquista regia. Rritiene che l'azione della
borghesia avrebbe potuto assumere un carattere rivoluzionario se avesse
acquisito l'appoggio di vaste masse popolari, in particolare dei contadini, che
costituivano la maggioranza della popolazione. Il limite della rivoluzione
borghese in Italia consistette nel non essere capeggiata da un partito
giacobino, come in Francia, dove le campagne, appoggiando la Rivoluzione,
furono decisive per la sconfitta delle forze della reazione aristocratica.
Il partito politico italiano allora più avanzato fu il “Partito d'Azione” di
Mazzini e Garibaldi, che non seppe impostare il problema dell'alleanza delle
forze borghesi progressive con la classe contadina. Garibaldi in Sicilia
distribuì le terre demaniali ai contadini, ma gli stessi garibaldini repressero
le rivolte contadine contro i baroni latifondisti. Per conquistare l'egemonia
contro i moderati guidati dal liberale Cavour, il “Partito d'Azione” avrebbe
dovuto legarsi alle masse rurali, specialmente meridionali, essere giacobino specialmente
per il contenuto economico-sociale. Il collegamento delle diverse classi rurali
che si realizza in un blocco reazionario attraverso i diversi ceti
intellettuali legittimisti-clericali poteva essere dissolto per addivenire ad
una nuova formazione liberale-nazionale solo se si faceva forza in due
direzioni: sui contadini di base, accettandone le rivendicazione di base e
sugli intellettuali degli strati medi e inferiori». Al contrario, i cavourriani
liberali seppero mettersi alla testa della rivoluzione borghese, assorbendo
tanto i radicali che una parte dei loro stessi avversari. Questo avvenne perché
i moderati cavourriani ebbero un rapporto organico con i loro intellettuali che
erano proprietari terrieri e dirigenti industriali come i politici che essi
rappresentavano. Le masse popolari restarono passive nel raggiunto compromesso
fra i capitalisti del Nord e i latifondisti del Sud. Il Piemonte assunse
la funzione di classe dirigente, anche se esistevano altri nuclei di classe
dirigente favorevoli all'unificazione. Questi nuclei non volevano dirigere
nessuno, cioè non volevano accordare i loro interessi e aspirazioni con gli
interessi e aspirazioni di altri gruppi. Volevano dominare, non dirigere e
ancora. Volevano che dominassero i loro interessi, non le loro persone, cioè
volevano che una forza nuova, indipendente da ogni compromesso e condizione,
divenisse arbitra della Nazione: questa forza fu il Piemonte, che ebbe una
funzione paragonabile a quella di un partito. Questo fatto è della massima
importanza per il concetto di “rivoluzione passive”, che cioè non un gruppo
sociale sia il dirigente di altri gruppi, ma che uno stato, sia pure limitato
come potenza, sia il dirigente del gruppo che di esso dovrebbe essere dirigente
e possa porre a disposizione di questo un esercito e una forza
politica-diplomatica. Che uno Stato si sostituisca ai gruppi sociali locali nel
dirigere la lotta di rinnovamento è uno dei casi in cui si ha la funzione di “dominio”
e non di dirigenza di questi gruppi: dittatura senza egemonia. Il concetto di “egemonia”
si distingue da quello di “dittatura”. La dittatura uesta è solo dominio,
quella è capacità di direzione. Non prese mai posizione contro la “dittatura
del proletariato” né espresse critiche significative al regime sovietico in
Russia. Le classi subalterne Gustave Courbet, Lo spaccapietre Le
classi subaltern esotto proletariato, proletariato urbano, rurale e anche parte
della piccola borghesianon sono unificate e la loro unificazione avviene solo
quando giungono a dirigere lo stato, altrimenti svolgono una funzione
discontinua e disgregata nella storia della società civile dei singoli stati,
subendo l'iniziativa dei gruppi dominanti anche quando ad essi si
ribellano. Il "blocco sociale", l'alleanza politica di classi
sociali diverse, formato, in Italia, da industriali, proprietari terrieri,
classi medie, parte della piccola borghesia, non è omogeneo, essendo
attraversato da interessi divergenti, ma una politica opportuna, una cultura e
un'ideologia o un sistema di ideologie impediscono che quei contrasti di
interessi, permanenti anche quando siano latenti, esplodano provocando la crisi
dell'ideologia dominante e la conseguente crisi politica dell'intero sistema di
potere. In Italia, l'esercizio dell'egemonia delle classi dominanti è ed
è stata parziale. Tra le forze che contribuiscono alla conservazione di tale
blocco sociale è la Chiesa, che si batte per mantenere l'unione dottrinale tra
fedeli colti e incolti, tra intellettuali e semplici, tra dominanti e dominati,
in modo da evitare fratture irrimediabili che tuttavia esistono e che essa non
è in realtà in grado di sanare, ma solo di controllare. La Chiesa è sempre
stata la più tenace nella lotta per impedire che ufficialmente si formino due
religioni, quella degli intellettuali e quella delle anime semplici, una lotta
che ha fatto risaltare la capacità organizzatrice nella sfera della cultura del
clero che ha dato derte soddisfazioni alle esigenze della scienza e della
filosofia, ma con un ritmo così lento e metodico che le mutazioni non sono
percepite dalla massa dei semplici, sebbene esse appaiano
"rivoluzionarie" e demagogiche agli "integralisti" ».Anche
la dominante cultura d'impronta idealistica, esercitata dalle scuole
filosofiche di Croce e Gentile, non ha «saputo creare una unità ideologica tra
il basso e l'alto, tra i semplici e gli intellettuali, tanto che essa, anche se
ha sempre considerato la religione una mitologia, non ha nemmeno «entato di
costruire una concezione che potesse sostituire la religione nell'educazione
infantile, e questi pedagogisti, pur essendo non religiosi, non confessionali e
atei, concedono l'insegnamento della religione perché la religione è la
filosofia dell'infanzia dell'umanità, che si rinnova in ogni infanzia non
metaforica. La cultura laica dominante utilizza la religione proprio perché non
si pone il problema di elevare le classi popolari al livello di quelle
dominanti ma, al contrario, intende mantenerle in una posizione di sub-alternità.
Le classi dominanti hanno derubricato a “folklore” la cultura della classe sub-alterna.
Annota nel I Quaderno, che il “folklore”
non deve essere concepito come una bizzarria, una stranezza, una cosa ridicola,
una cosa tutt'al più pittoresca; ma deve essere concepito come una cosa molto seria
e da prendere sul serio, e va studiato in quanto «oncezione del mondo e della
vita di certi strati della società determi tempo e nello spazio, cioè del
popolo inteso come l'insieme della classi strumentale e sub-alterna di ogni
forma di società finora esistita». È dunque necessario mutare lo spirito delle
ricerche folkloriche, oltre che approfondirle ed estenderle. La frattura tra
gli intellettuali e i semplici può essere sanata da quella politica che non
tende a mantenere i semplici nella loro filosofia primitiva del senso comune,
ma invece a condurli a una concezione superiore della vita. L'azione politica
realizzata dalla «filosofia della prassi» così chiama il marxismo, non solo per
l'esigenza di celare quanto scrive alla repressiva censura carceraria opponendosi
alle culture dominanti della Chiesa e dell'idealismo, può condurre i subalterni
a una superiore concezione della vita. Se afferma l'esigenza del contatto tra
intellettuali e semplici non è per limitare l'attività scientifica e per
mantenere una unità al basso livello delle masse, ma appunto per costruire un
blocco intellettuale e morale che renda politicamente possibile un progresso
intellettuale di massa e non solo di scarsi gruppi intellettuali. La via che
conduce all'egemonia del proletariato passa dunque per una riforma culturale e
morale della società. Tuttavia l'uomo attivo di massa, cioè la classe
operaia, non è, in generale, consapevole né della funzione che può svolgere né
della sua condizione reale di sub-ordinazione, Il proletariat non ha una chiara
coscienza di questo suo operare che pure è un conoscere il mondo in quanto lo
trasforma. La sua coscienza anzi può essere in contrasto col suo operare. Esso
opera praticamente e nello stesso tempo ha una coscienza ereditata dal passato,
accolta per lo più in modo acritico. La reale comprensione di sé avviene attraverso
una lotta di egemonie politiche, di direzioni contrastanti, prima nel campo
dell'etica, poi della politica per giungere a una elaborazione superiore della
propria concezione del reale. La coscienza politica, cioè l'essere parte di una
determinata forza egemonica, è la prima fase per una ulteriore e progressiva
auto-coscienza dove teoria e pratica finalmente si unificano. Ma auto-coscienza
significa creazione di un gruppo di intellettuali, organici alla classe, perché
per distinguersi e rendersi indipendenti occorre organizzarsi, e non esiste
organizzazione senza intellettuali, uno strato di persone specializzate
nell'elaborazione concettuale e filosofica. Già Machiavelli indica nei moderni
Stati unitari europei l'esperienza che l'Italia avrebbe dovuto far propria per
superare la drammatica crisi emersa nelle guerre che devastarono la penisola
dalla fine del Quattrocento. “Il Principe” di Machiavelli non esisteva nella
realtà storica, non si presentava al popolo italiano con caratteri di
immediatezza obiettiva. E una pura astrazione dottrinaria, il simbolo del capo,
del condottiero ideale. Ma gli elementi passionali, mitici si riassumono e
diventano vivi nella conclusione, nell'invocazione di un principe realmente
esistente. In Italia non si ebbe una monarchia assoluta che unificasse la nazione
perché dalla dissoluzione della borghesia comunale si creò una situazione
interna economico-corporativa, politicamente la peggiore delle forme di società
feudale, la forma meno progressiva e più stagnante. Mancò sempre, e non poteva
costituirsi, una forza giacobina efficiente, la forza appunto che a Francia ha
suscitato e organizzato la volontà collettiva nazional-popolare e ha fondato lo
stato moderno. A questa forza progressiva si oppose in Italia la «borghesia
rurale, eredità di parassitismo lasciata ai tempi moderni dallo sfacelo, come
classe, della borghesia comunale. Forze progressive sono i gruppi sociali
urbani con un determinato livello di cultura politica, ma non sarà possibile la
formazione di una volontà collettiva nazionale-popolare, se le grandi masse dei
contadini lavoratori non irrompono simultaneamente nella vita politica. Ciò
intendeva Machiavelli attraverso la riforma della milizia, ciò fecero i
giacobini nella Rivoluzione francese. In questa comprensione è da identificare
un giacobinismo precoce del Machiavelli, il germe, più o meno fecondo, della
sua concezione della rivoluzione nazionale. Modernamente, il Principe invocato
dal Machiavelli non può essere un individuo reale, concreto, ma un organismo e
questo organismo è già dato dallo sviluppo storico ed è il partito politico: la
prima cellula in cui si riassumono dei germi di volontà collettiva che tendono
a divenire universali e totali. Il partito è l'organizzatore di una riforma
intellettuale e morale, che concretamente si manifesta con un programma di riforma
economica, divenendo così la base di un laicismo moderno e di una completa
laicizzazione di tutta la vita e di tutti i rapporti di costume. Perché un
partito esista, e diventi storicamente necessario, devono confluire in esso tre
elementi fondamentali. Primo, un elemento diffuso, di uomini comuni, medi, la
cui partecipazione è offerta dalla disciplina e dalla fedeltà, non dallo
spirito creativo ed altamente organizzativo essi sono una forza in quanto c'è
chi li centralizza, organizza, disciplina, ma in assenza di questa forza
coesiva si sparpaglierebbero e si annullerebbero in un pulviscolo impotente.
Secondo, L'elemento coesivo principale dotato di forza altamente coesiva,
centralizzatrice e disciplinatrice e anche, anzi forse per questo, inventiva da
solo questo elemento non formerebbe un partito, tuttavia lo formerebbe più che
il primo elemento considerato. Si parla di capitani senza esercito, ma in
realtà è più facile formare un esercito che formare dei capitani». Terzo, Un
elemento medio, che articoli il primo col secondo elemento, che li metta a
contatto, non solo fisico, ma morale e intellettuale. Gramsci negli scritti
compresi ribadì i principi espressi dalla Terza Internazionale, insistendo
sulla disciplina ferrea del partito e contestando qualsiasi forma di
frazionismo. Socialisti e sindacalisti venivano pesantemente criticati e messi
sullo stesso piano del regime fascista. Tutti gli uomini sono intellettuali,
dal momento che non c'è attività umana da cui si possa escludere ogni
intervento intellettuale. Nn si può separare l'homo faber dall'homo sapiens, in
quanto, indipendentemente della sua professione specifica, ognuno è a suo modo un
filosofo, un artista, un uomo di gusto, partecipa di una concezione del mondo,
ha una consapevole linea di condotta morale, ma non tutti gli uomini hanno
nella società la funzione dell’ intellettuale. Storicamente si formano particolari categorie
di intellettuali, specialmente in connessione coi gruppi sociali più importanti
e subiscono elaborazioni più estese e complesse in connessione col gruppo
sociale dominante. Un gruppo sociale che tende all'egemonia lotta per
l'assimilazione e la conquista ideologica degli intellettuali tradizionali tanto
più rapida ed efficace quanto più il gruppo dato elabora simultaneamente i
propri intellettuali organici. L'intellettuale tradizionale è il letterato, il
filosofo, l'artista e perciò i giornalisti, che ritengono di essere letterati,
filosofi, artisti, ritengono anche di essere i veri intellettuali, mentre
modernamente è la formazione tecnica a formare la base del nuovo tipo di
intellettuale, un costruttore, organizzatore, persuasorema non assolutamente il
vecchio oratore, formatosi sullo studio dell'eloquenza motrice esteriore e
momentanea degli affetti e delle passioni il quale deve giungere dalla
tecnica-lavoro alla tecnica-scienza e alla concezione umanistica storica, senza
la quale si rimane specialista e non si diventa dirigente. Il gruppo sociale
emergente, che lotta per conquistare l'egemonia politica, tende a conquistare
alla propria ideologia l'intellettuale tradizionale mentre, nello stesso tempo,
forma i propri intellettuali organici. L'organicità degli intellettuali si
misura con la maggiore o minore connessione con il gruppo sociale cui essi
fanno riferimento. Essi operano tanto nella società civilel'insieme degli
organismi privati in cui si dibattono e si diffondono le ideologie necessarie
all'acquisizione del consenso, apparentemente dato spontaneamente dalle grandi
masse della popolazione alle scelte del gruppo sociale dominante quanto nella
società politica, dove si esercita il dominio diretto o di comando che si
esprime nello Stato e nel governo giuridico. Gli intellettuali sono così i
commessi del gruppo dominante per l'esercizio delle funzioni sub-alterne
dell'egemonia sociale e del governo politico, cioè, primo, del consenso
spontaneo dato dalle grandi masse della popolazione all'indirizzo impresso alla
vita sociale dal gruppo fondamentale dominante; secondo, dell'apparato di
coercizione statale che assicura legalmente la disciplina di quei gruppi che
non consentono. Come lo Stato, nella società politica, tende a unificare gli
intellettuali tradizionali con quelli organici, così nella società civile il
partito politico, ancor più compiutamente e organicamente dello Stato, elabora i
propri componenti, elementi di un gruppo sociale nato e sviluppatosi come
economico, fino a farli diventare intellettuali politici qualificati,
dirigenti, organizzatori di tutte le attività e le funzioni inerenti
all'organico sviluppo di una società integrale, civile e politica. Il compito
della riforma intellettuale e morale non potrà che essere ancora degli
intellettuali organici, non cristallizzati, che la determineranno e
organizzeranno, adeguando la cultura anche alle sue funzioni pratiche,
addivenendo a una nuova organizzazione della cultura. Il partito comunista si
pone come sintesi attiva di questo processo: intellettuale collettivo di
avanguardia, la direzione politica di classe lotterà per l'egemonia. Il partito
comunista, per Gramsci, è intellettuale collettivo; e l'intellettuale comunista
è organico alla classe e dunque a questo collettivo perché fa parte del blocco
storico-sociale che deve costruire il nuovo mondo. Pur essendo sempre stati
legati alle classi dominanti, ottenendone spesso onori e prestigio, gli
intellettuali italiani non si sono mai sentiti organici, hanno sempre
rifiutato, in nome di un loro astratto cosmopolitismo, ogni legame con il
popolo, del quale non hanno mai voluto riconoscere le esigenze né interpretare
i bisogni culturali. In molte linguein russo, in tedesco, in franceseil
significato dei termini «nazionale» e «popolare» coincidono: «in Italia, il
termine nazionale ha un significato molto ristretto ideologicamente e in ogni
caso non coincide con popolare, perché in Italia gli intellettuali sono lontani
dal popolo, cioè dalla nazione e sono invece legati a una tradizione di casta,
che non è mai stata rotta da un forte movimento popolare o nazionale dal basso:
la tradizione è libresca e astratta e l'intellettuale tipico moderno si sente
più legato ad Annibal Caro o a Ippolito Pindemonte che a un contadino pugliese
o siciliano. Si è assistito a un fiorire della letteratura popolare, dai
romanzi di appendice del Sue o di Ponson du Terrail, ad Alexandre Dumas, ai
racconti polizieschi inglesi e americani; con maggior dignità artistica, alle
opere del Chesterton e di Dickens, a quelle di Victor Hugo, di Émile Zola e di
Honoré de Balzac, fino ai capolavori di Dostoevskij e di Tolstoj. Nulla di
tutto questo in Italia. In Italia, la letteratura non si è diffusa e non è
stata popolare, per la mancanza di un blocco nazionale intellettuale e morale
tanto che l'elemento intellettuale italiano è avvertito come “più straniero
degli stranieri stessi”. Fa eccezione,
per Gramsci, il melodrama verista (“Cavalleria rusticana”, “Pagliacci”), che ha
tenuto in qualche modo in Italia il ruolo nazionale-popolare sostenuto altrove
dalla letteratura. Il pubblico icerca la sua letteratura all'estero perché la sente
più sua di quella italiana: è questa la dimostrazione del distacco, in Italia,
fra pubblico e scrittori. Ogni popolo ha la sua letteratura, ma essa può venirgli
da un altro popolo può essere subordinato all'egemonia intellettuale e morale
di altri popoli. È questo spesso il paradosso più stridente per molte tendenze
monopolistiche di carattere nazionalistico e repressivo: che mentre si
costruiscono piani grandiosi di egemonia, non ci si accorge di essere oggetto
di una egemonia straniera. Così come, mentre si fanno piani imperialistici, in
realtà si è oggetto di altri imperialism.. Hanno fallito nel compito di
elaborare la coscienza morale del popolo, non diffondendo in esso un moderno
umanesimo. La insufficienza dell’intelletuale è «uno degli indizi più
espressivi dell'intima rottura che esiste tra la religione e il popolo. Questo
si trova in uno stato miserrimo di indifferentismo e di assenza di una vivace
vita spirituale. La religione è rimasta allo stato di superstizione l'Italia
popolare è ancora nelle condizioni create immediatamente dalla Contro-Riforma.
La religione, tutt'al più, si è combinata col folclore pagano ed è rimasta in
questo stadio. Sono rimaste famose le note di Gramsci sul Manzoni: lo scrittore
più autorevole, più studiato nelle scuole e probabilmente il più popolare, è
una dimostrazione del carattere elitista della letteratura italiana. Ecco le
parole dai Quaderni del carcere, confrontandolo con Tolstoj. Il carattere
aristocratico di Manzoni appare dal compatimento scherzoso verso le figure di
uomini del popolo (ciò che non appare in Tolstoj), come fra Galdino (in
confronto di frate Cristoforo), il sarto, Renzo, Agnese, Perpetua, la stessa
Lucia i popolani, per Manzoni, non hanno vita interiore, non hanno personalità morale
profonda; essi sono animali. Manzoni è benevolo verso di loro proprio della
benevolenza di una società di protezione di animali niente dello spirito
popolare di Tolstoi, cioè dello spirito evangelico del cristianesimo primitivo.
L'atteggiamento di Manzoni verso i suoi popolani è l'atteggiamento della Chiesa
Cattolica verso il popolo: di condiscendente benevolenza, non di immediatezza
umana vede con occhio severo tutto il popolo, mentre vede con occhio severo i
più di coloro che non sono popolo; egli trova magnanimità, alti pensieri,
grandi sentimenti, solo in alcuni della classe alta, in nessuno del popolo non
c'è popolano che non venga preso in giro e canzonato. Vita interiore hanno solo
i signori: fra Cristoforo, il Borromeo, l'Innominato, lo stesso don Rodrigo il
suo atteggiamento verso il popolo e elitista ed aristocratico. Una classe che
muova alla conquista dell'egemonia non può non creare una nuova cultura, che è
essa stessa espressione di una nuova vita morale, un nuovo modo di vedere e
rappresentare la realtà; naturalmente, non si possono creare artificialmente
artisti che interpretino questo nuovo mondo culturale, ma «un nuovo gruppo
sociale che entra nella vita storica con atteggiamento egemonico, con una
sicurezza di sé che prima non aveva, non può non suscitare dal suo seno
personalità che prima non avrebbero trovato una forza sufficiente per esprimersi
compiutamente. Intanto, nella creazione di una nuova cultura, è parte la
critica della civiltà letteraria presente, e vede nella critica svolta da Sanctis
un esempio privilegiato. La critica di Sanctis è militante, non frigidamente
estetica, è la critica di un periodo di lotte culturali, di contrasti tra
concezioni della vita antagonistiche. Le analisi del contenuto, la critica
della struttura delle opere, cioè della coerenza logica e storica-attuale delle
masse di sentimenti rappresentati artisticamente, sono legate a questa lotta
culturale: proprio in ciò pare consista la profonda umanità e l'umanesimo di Sanctis.
Piace sentire in lui il fervore appassionato dell'uomo di parte che ha saldi
convincimenti morali e politici e non li nasconde. Sanctis opera nel periodo
risorgimentale, in cui si lotta per creare una nuova cultura: di qui la
differenza con Croce, che vive sì gli stessi motivi culturali, ma nel periodo
della loro affermazione, per cui la passione e il fervore romantico si sono
composti nella serenità superiore e nell'indulgenza piena di bonomia. Quando
poi quei valori culturali, così affermatisi, sono messi in discussione, allora
in Croce sub-entra una fase in cui la serenità e l'indulgenza s'incrinano e
affiora l'acrimonia e la collera a stento repressa: fase difensiva non
aggressiva e fervida, e pertanto non confrontabile con quella di Sanctis. Una
critica letteraria marxistica può avere nel critico campano un esempio, dal
momento che essa deve fondere, come Sanctis fece, la critica estetica con la
lotta per una cultura nuova, criticando il costume, i sentimenti e le ideologie
espresse nella storia della letteratura, individuandone le radici nella società
in cui quegli scrittori si trovavano a operare. Non a caso, progettava
nei suoi Quaderni un saggio che intendeva intitolare «I nipotini di padre Bresciani»,
dal nome di Bresciani, tra i fondatori e direttore della rivista La Civiltà Cattolica
e scrittore di romanzi popolari d'impronta reazionaria; uno di essi, L'ebreo di
Verona, fu stroncato in un famoso saggio di Sanctis. I nipotini di padre Bresciani sono gli
intellettuali e i letterati contemporanei portatori di una ideologia reazionaria
con un «carattere tendenzioso e propagandistico apertamente confessato». Fra i
«nipotini»individua, oltre a molti scrittori ormai dimenticati, Antonio
Beltramelli, Ugo Ojetti, la codardia intellettuale dell'uomo supera ogni misura
normale, Panzini, Bellonci, Bontempelli, Fracchia, Baratono -- l'agnosticismo
del Baratono non è altro che vigliaccheria morale e civile -- teorizza solo la
propria impotenza estetica e filosofica e la propria coniglieria – Bacchelli --
nel Bacchelli c'è molto brescianesimo, non solo politico-sociale, ma anche
letterario: la Ronda fu una manifestazione di gesuitismo artistico -- Salvator
Gotta --di Salvator Gotta si può dire ciò che il Carducci scrisse del
Rapisardi: Oremus sull'altare e flatulenze in sagrestia; tutta la sua
produzione letteraria è brescianesca», Ungaretti. La vecchia generazione
degli intellettuali è fallita (Papini, Prezzolini, Soffici, ecc.) ma ha avuto
una giovinezza. La generazione attuale non ha neanche questa età delle
brillanti promesse, Rosa, Angioletti, Malaparte, ecc.). Asini brutti anche da
piccoletti. Croce, il più autorevole intellettuale dell'epoca, da alla
borghesia italiana gli strumenti culturali più raffinati per delimitare i
confini fra gli intellettuali e la cultura italiana, da una parte, e il
movimento operaio e socialista dall'altra; è allora necessario mostrare e
combattere la sua funzione di maggior rappresentante dell'egemonia culturale
che il blocco sociale dominante esercita nei confronti del movimento operaio
italiano. Come tale, Croce combatte il marxismo, cercando di negarne validità
nell'elemento che egli individua come decisivo: quello dell'economia. Il Capitale
di Marx sarebbe per Croce un'opera di morale e non di scienza, un tentativo di
dimostrare che la società capitalistica è immorale, diversamente dalla
comunista, in cui si realizzerebbe la piena moralità umana e sociale. La non-scientificità
dell'opera maggiore di Marx sarebbe dimostrata dal concetto del “plusvalore.” Per
Croce, solo da un punto di vista morale si può parlare di “plusvalore” rispetto
al “valore”, legittimo concetto economico. Questa critica del Croce è in
realtà un semplice sofisma. Il “plusvalore” è esso stesso valore, è la
differenza tra il valore delle merci prodotte dal lavoratore e il valore della
forza-lavoro del lavoratore stesso. Del resto, la teoria del valore di Marx
deriva direttamente da quella dell'economista liberale Ricardo la cui teoria
del valore-lavoro non sollevò nessuno scandalo quando fu espressa, perché
allora non rappresentava nessun pericolo, appariva solo, come era, una
constatazione puramente oggettiva e scientifica. Il valore polemico e di
educazione morale e politica, pur senza perdere la sua oggettività, dove acquistarla
solo con la Economia critica. La filosofia crociana si qualifica come
storicismo, ossia, seguendo Vico, la realtà è storia e tutto ciò che esiste è
necessariamente storico ma, conformemente alla natura idealistica della sua
filosofia, la storia è storia dello Spirito, dunque storia speculativa, di astrazionistoria
della libertà, della cultura, del progresso non è la storia concreta delle
nazioni e delle classi. La storia speculativa può essere considerata come un
ritorno, in forme letterarie rese più scaltre e meno ingenue dallo sviluppo
della capacità critica, a modi di storia già caduti in discredito come vuoti e
retorici e registrati in diversi libri dello stesso Croce. La storia
etico-politica, in quanto prescinde dal concetto di blocco storico, in cui
contenuto economico-sociale e forma etico-politica si identificano
concretamente nella ricostruzione dei vari periodi storici, è niente altro che
una presentazione polemica di filosofemi più o meno interessanti, ma non è
storia la storia di Croce rappresenta figure disossate, senza scheletro, dalle
carni flaccide e cascanti anche sotto il belletto delle veneri letterarie dello
scrittore. L'operazione conservatrice di Croce storico fa il paio con quella di
Croce filosofo. Se la dialettica dell'idealista Hegel era una dialettica dei
contrariuno svolgimento della storia che procede per contraddizioni la
dialettica crociana è una dialettica dei distinti: commutare la contraddizione
in distinzione significa operare un'attenuazione, se non un annullamento dei
contrasti che nella storia, e dunque nelle società, si presentano. Tale
operazione si manifesta nelle opere storiche di Croce. La sua Storia d'Europa,
iniziando e tagliando fuori il periodo della Rivoluzione francese e quello
napoleonico, non è altro che un frammento di storia, l'aspetto passivo della
grande rivoluzione che si iniziò in Francia nel 1789, traboccò nel resto
d'Europa con le armate repubblicane e napoleoniche, dando una potente spallata
ai vecchi regimi e determinandone non il crollo immediato come in Francia, ma
la corrosione riformistica che durò fino al 1870. Analoga è l'operazione
operata dal Croce nella sua Storia d'Italia la quale affronta unicamente il
periodo del consolidamento del regime dell'Italia unita e si «prescinde dal
momento della lotta, dal momento in cui si elaborano e radunano e schierano le
forze in contrasto in cui un sistema etico-politico si dissolve e un altro si
elabora in cui un sistema di rapporti sociali si sconnette e decade e un altro
sistema sorge e si afferma, e invece Croce assume placidamente come storia il
momento dell'espansione culturale o etico-politico. Gramsci, fin dagli anni
universitari, fu un deciso oppositore di quella concezione fatalistica e
positivistica del marxismo, presente nel vecchio partito socialista, per la
quale il capitalismo necessariamente era destinato a crollare da sé, facendo
posto a una società socialista. Questa concezione mascherava l'impotenza
politica del partito della classe subalterna, incapace di prendere l'iniziativa
per la conquista dell'egemonia. Anche il manuale del bolscevico russo Nikolaj
Bucharin, eLa teoria del materialismo storico manuale popolare di sociologia,
si colloca nel filone positivistico. La sociologia è stata un tentativo di
creare un metodo della scienza storico-politica, in dipendenza di un sistema filosofico
già elaborato, il positivismo evoluzionistico è diventata la filosofia dei non
filosofi, un tentativo di descrivere e classificare schematicamente i fatti
storici, secondo criteri costruiti sul modello delle scienze naturali. La
sociologia è dunque un tentativo di ricavare sperimentalmente le leggi di
evoluzione della società umana in modo da prevedere l'avvenire con la stessa
certezza con cui si prevede che da una ghianda si svilupperà una quercia.
L'evoluzionismo volgare è alla base della sociologia che non può conoscere il
principio dialettico col passaggio dalla quantità alla qualità, passaggio che
turba ogni evoluzione e ogni legge di uniformità intesa in senso volgarmente
evoluzionistico. La comprensione della realtà come sviluppo della storia umana
è solo possibile utilizzando la dialettica marxiana della quale non vi è
traccia nel Manuale del Bucharin perché essa coglie tanto il senso delle
vicende umane quanto la loro provvisorietà, la loro storicità determinata dalla
prassi, dall'azione politica che trasforma le società. Le società non si
trasformano da sé. Già Marx aveva rilevato come nessuna società si ponga
compiti per la cui soluzione non esistano già le condizioni almeno in via di
apparizione né essa si dissolve, se prima non ha svolto tutte le forme di vita
che le sono implicite. Il rivoluzionario si pone il problema di individuare
esattamente i rapporti tra struttura e sovrastruttura per giungere a una
corretta analisi delle forze che operano nella storia di un determinato
periodo. L'azione politica rivoluzionaria, la prassi, è anche catarsi che segna
l passaggio dal momento meramente economico (o egoistico-passionale) al momento
etico-politico cioè l'elaborazione superiore della struttura in super-struttura
nella coscienza degli uomini. Ciò significa anche il passaggio dall'oggettivo
al soggettivo e dalla necessità alla libertà. La struttura, da forza esteriore
che schiaccia l'uomo, lo assimila a sé, lo rende passivo, si trasforma in mezzo
di libertà, in strumento per creare una nuova forma etico-politica, in origine
di nuove iniziative. La fissazione del momento catartico diventa così il punto di partenza di tutta la filosofia
della prassi; il processo catartico coincide con la catena di sintesi che sono
risultate dallo svolgimento dialettico. La dialettica è dunque strumento di
indagine storica, che supera la visione naturalistica e meccanicistica della
realtà, è unione di teoria e prassi, di conoscenza e azione. La dialettica è dottrina
della conoscenza e sostanza midollare della storiografia e della scienza della
politica e può essere compresa solo concependo il marxismo come una filosofia
integrale e originale che inizia una nuova fase nella storia e nello sviluppo
mondiale in quanto supera (e superando ne include in sé gli elementi vitali)
sia l'idealismo che il materialismo tradizionali espressione delle vecchie
società. Se la filosofia della prassi [il marxismo] non è pensata che
subordinatamente a un'altra filosofia, non si può concepire la nuova
dialettica, nella quale appunto quel superamento si effettua e si esprime. Il
vecchio materialismo è metafisica; per il senso comune la realtà oggettiva,
esistente indipendentemente dall'uomo, è un ovvio assioma, confortato
dall'affermazione della religione per la quale il mondo, creato da Dio, si
trova già dato di fronte a noi. Ma va rifiutata «la concezione della realtà
oggettiva del mondo esterno nella sua forma più triviale e acritica» dal
momento che «a questa può essere mossa l'obbiezione di misticismo». Se noi
conosciamo la realtà in quanto uomini, ed essendo noi stessi un divenire
storico, anche la conoscenza e la realtà stessa sono un divenire. Come
potrebbe esistere un'oggettività extrastorica ed extraumana e chi giudicherà di
tale oggettività? La formulazione di Engels che l'unità del mondo consiste
nella sua materialità dimostrata dal lungo e laborioso sviluppo della filosofia
e delle scienze naturali contiene appunto il germe della concezione giusta,
perché si ricorre alla storia e all'uomo per dimostrare la realtà oggettiva. Oggettivo
significa sempre umanamente oggettivo, ciò che può corrispondere esattamente a storicamente
soggettivo. L'uomo conosce oggettivamente in quanto la conoscenza è reale per
tutto il genere umano storicamente unificato in un sistema culturale unitario;
ma questo processo di unificazione storica avviene con la sparizione delle
contraddizioni interne che dilaniano la società umana, contraddizioni che sono
la condizione della formazione dei gruppi e della nascita delle ideologie. C'è
dunque una lotta per l'oggettività (per liberarsi dalle ideologie parziali e
fallaci) e questa lotta è la stessa lotta per l'unificazione culturale del
genere umano. Ciò che gli idealisti chiamano spirito non è un punto di partenza
ma di arrivo, l'insieme delle soprastrutture in divenire verso l'unificazione
concreta e oggettivamente universale e non già un presupposto unitario». La
formazione linguistica di Antonio Gramsci inizia durante gli anni universitari
a Torino con la frequentazione delle lezioni di Bartoli. Gramsci apprende che
la lingua è un prodotto “sociale" e che non può essere studiata senza
tenere conto della storia generale: ciò vuol dire che non è possibile comprendere
i mutamenti di una lingua senza riflettere sui mutamenti sociali, culturali e
politici della popolazione che la parla. È stato notato che fece aderire le
teorie apprese da Bartoli alle letture filosofiche che lo formarono
politicamente; in primo luogo all'Ideologia Tedesca di Marx, dove Marx afferma
che il tessco, come la coscienza dei tedesci, appartiene alla sfera degli
istituti sovra-strutturali, cioè al mondo dell'organizzazione politica e
giuridica della società. Le più interessanti riflessioni linguistiche
gramsciane sono contenute nei Quaderni del carcere e riguardano da una parte la
questione delle lingue in Italia, ovvero lo studio delle ragioni che hanno reso
difficile la diffusione di una lingua per la nazione o tutta la poppolazione,
dall'altra il tema dell'insegnamento linguistico nelle scuole primarie.
Soprattutto il secondo tema è di fondamentale importanza per Gramsci, perché
riguarda direttamente il riscatto culturale delle grandi masse popolari e la
creazione di uno spirito nazionale in grado di superare ogni forma di
particolarismo regionale. I Quaderni del carcere sono costellati in
maniera asistematica di molte note dedicate a problemi di caratteri
linguistico; queste note tracciano una vera e propria storia della lingua
italiana e racchiudono le riflessioni di Gramsci in merito alla cosiddetta
questione della lingua in Italia. Questo tipo di argomento si riallaccia a un
altro importante tema dei Quaderni ovvero lo studio delle responsabilità degli
intellettuali italiani per la formazione di uno spirito nazionale unitario. A
tal proposito Gramsci scrive: «mi pare che, intesa la lingua come elemento
della cultura e quindi della storia generale e come manifestazione precipua
della nazionalità e popolarità degli intellettuali, questo studio non sia ozioso
e puramente erudito». Nell'affrontare una ricostruzione storica delle vicende
linguistiche italiane Gramsci cerca dei termini di confronto con altri paesi
europei come la Francia: mentre in Francia il volgare viene usato per la prima
volta nella storia per redigere un documento ufficiale di carattere
politico-istituzionale, in Italia il volgare appare per la registrazione di
documenti privati legati al commercio o a questioni giuridiche:
«l'origine della differenziazione storica tra Italia e Francia si può trovare
testimoniata nel giuramento di Strasburgo, cioè nel fatto che il popolo
partecipa attivamente alla storia (il popolo-esercito) diventando il garante
dell'osservanza dei trattati tra i discendenti di Carlo Magno; il
popolo-esercito garantisce giurando in volgare, cioè introduce nella storia
nazionale la sua lingua, assumendo una funzione politica di primo piano,
presentandosi come volontà collettiva, come elemento di una democrazia
nazionale. Questo fatto demagogico dei Carolingi di appellarsi al popolo nella
loro politica estera è molto significativo per comprendere lo sviluppo della
storia francese e la funzione che vi ebbe la monarchia come fattore nazionale.
In Italia i primi documenti di volgare sono dei giuramenti individuali per
fissare la proprietà su certe terre dei conventi, o hanno un carattere
antipopolare («Traite, traite, fili de le putte»).» (Quaderni del
carcere, V. Gerratana, Torino, Einaudi) In Francia i gruppi dirigenti si
rendono conto dell'importanza del popolo negli affari di Stato: la demagogia di
cui parla Gramsci è da intendere, oltre che come strumento di propaganda, anche
come un nuovo atteggiamento politico in grado di crearsi «una propria civiltà
statale integrale», in cui si stabilisce un rapporto diretto tra governati e
governanti: il popolo diventa testimone di un fatto storico legittimato dal suo
giuramento. Ricorda nei suoi appunti come in Italia l'uso del volgare si
diffonda con l'avvento dell'età comunale, non solo per la redazione di
documenti privati, tipo atti notarili o giuramenti, ma anche per la creazione
di opere letterarie: in particolare, il volgare toscano, lingua della
borghesia, ottiene un certo successo anche nelle altre regioni. Firenze
esercita una egemonia culturale, connessa alla sua egemonia commerciale e
finanziaria. Bonifazio VIII dice che i fiorentini sono il quinto elemento del
mondo. C'è uno sviluppo linguistico unitario dal basso, dal popolo alle persone
colte, rinforzato dai grandi scrittori fiorentini e toscani. Dopo la decadenza
di Firenze, l'italiano diventa sempre più la lingua di una casta chiusa, senza
contatto vivo con una parlata storica.” Da questo momento si verifica una
cristallizzazione della lingua. I promotori del nuovo volgare, provenienti
dalla borghesia, non scrivono più nella lingua della loro classe d'origine
perché con essa non intrattengono più nessun rapporto, nella visione di Gramsci
essi “vengono assorbiti dalle classi reazionarie, dalle corti, non sono letterati
borghesi, ma aulici.” In questo senso, vede sciupata l'occasione di una
diffusione graduale del volgare toscano su scala nazionale, occasione
compromessa soprattutto dalla frammentazione politica della penisola e dal
carattere “elitario” del ceto intellettuale italianio. Affronta con maggior
vigore la questione delle lingue in relazione al periodo post-unitario. Nella
seconda metà dell'Ottocento, lo stato e per gran parte “dialettofono”, mentre
la lingua della nazione venne usata solo a livello letterario e come lingua
delle istituzioni. La scarsa diffusione di una lingua per la nazione testimonia
la frammentazione politica e culturale della popolazione italiana. Questo
fenomeno venne avvertito come un problema politico, soprattutto da molti
intellettuali di tendenze democratiche come Manzoni. Nella sua ricostruzione
storica Gramsci scrive che “anche la questione delle lingue posta da Manzoni riflette questo problema, il problema
della unità intellettuale e morale della nazione e dello stato, ricercato
nell'unità della lingua.” Eppure, sebbene Gramsci riconosca al Manzoni di aver
compreso la questione linguistica italiana come una questione politica e
sociale, si distingue da lui nel modo di interpretare la risoluzione del problema. Durante
il suo apprendistato glottologico presso Bartoli a Torino ha modo di
confrontare le posizioni del Manzoni con quelle di Ascoli, del “Archivio Glottologico.”
Mentre Manzoni prevede la diffusione di una lingua per la nazione sul modello
fiorentino imposta per decreto statale e per mezzo di maestri di scuola di
origine toscana, Ascoli concepiva la nascita di una lingua nazionale come il
frutto di un'unificazione culturale prima ancora che linguistica. Secondo
Ascoli l'unità culturale e linguistica, prima di tutto, deve avere un centro
irradiante, cioè un determinato 'municipio' in cui si concentrano e da cui
provengono gli elementi essenziali della vita nazionale: beni di consumo,
stimoli culturali, mode, ritrovati della tecnica, istituti statali e giuridici,
ecc. Se quel dato municipio riuscirà a stabilire un primato politico, economico
e culturale su tutta la nazione, riuscirà anche a diffondere, per conseguenza,
il suo particolare idioma. Per Ascoli, una lingua nazionale altro non può e non
deve essere, se non l'idioma vivo di una data città. Deve cioè per ogni parte
coincidere con l'idioma spontaneamente parlato dagli abitatori contemporanei di
quel dato municipio, che per questo capo viene a farsi principe, o quasi
stromento livellatore, dell'intiera nazione. Ascoli, nel suo Proemio, prende la
Francia come esempio per avvalorare la sua tesi. Infatti, l'unità linguistica
di Francia corrisponde all'egemonia politico-culturale di Parigi. La Francia
attinge da Parigi la unità della sua favella, perché Parigi è il gran crogiuolo
in cui si è fusa e si fonde l'intelligenza della Francia intera. Dal
vertiginoso movimento del municipio parigino parte ogni impulso dell'universa
civiltà francese. Viene da Parigi il nome, perché da Parigi vien la cosa. E la
Francia avendo in questo municipio l'unità assorbente del suo pensiero, vi ha
naturalmente pur quella dell'animo suo; e non solo studia e lavora, ma si
commuove, e in pianto e in riso, così come la metropoli vuole. E quindi è
necessariamente dell'intiera Francia l'intiera favella di Parigi. Gramsci
ricalca la lezione ascoliana nei suoi Quaderni. Poiché il processo di
formazione, di diffusione, e di sviluppo di una lingua nazionale unitaria
avviene attraverso tutto un complesso di processi molecolari, è utile avere
consapevolezza di tutto il processo nel suo complesso, per essere in grado di
intervenire attivamente in esso col massimo di risultato. Questo intervento non
bisogna considerarlo come decisivo e immaginare che i fini proposti saranno
tutti raggiunti nei loro particolari, che cioè si otterrà una determinata
lingua unitaria. Si otterrà una lingua unitaria, se essa è una necessità e l'intervento
organizzato accelera i tempi del processo già esistente. Quale sia per essere
questa lingua non si può prevedere e stabilire. Alla nota Focolai di
irradiazione linguistiche nella tradizione e di un conformismo nazionale
linguistico nelle grandi masse, compila un elenco di tutti gli strumenti utili
alla diffusione di una lingua unitaria. Primo, La scuola. Secondo, i giornali.
Terzo, gli scrittori d'arte e quelli
popolari. Quarto, il teatro e il cinematografo sonoro. Quinto, la radio. Sesto,
le riunioni pubbliche di ogni genere, comprese quelle religiose. Settimo, I rapporti
di ‘conversazione’ tra i vari strati della popolazione più colti e meno colti.
Ottavo, i dialetti locali, intesi in sensi diversi (dai dialetti più
localizzati a quelli che abbracciano complessi regionali più o meno vasti: così
il napoletano per l'Italia meridionale, il palermitano o il catanese per la
Sicilia ecc. Al primo posto di questo elenco troviamo la scuola. Per
tradizione, a scuola, gli insegnanti introducono gli alunni allo studio di una
lingua attraverso la grammatica “normativa”. Gramsci definisce la grammatica
normativa come una fase esemplare, come la sola degna di diventare,
organicamente e totalitarmente, la lingua comune di una nazione, in lotta e in
concorrenza con le altre fasi e tipi o schemi che esistono già. Le riflessioni
gramsciane in materia di grammatica si pongono in netto contrasto con la
riforma della scuola realizzata da Gentile, di basi griceiana. La riforma, in
linea con l'impianto idealista gentiliano, prevede che l'apprendimento della
lingua della nazione nelle classi elementari si basasse su quello chi Gentile
chiama la “espressione” viva o parlata e non sulla grammatical normativa, considerata
questa come una disciplina “astratta” e meccanica. Nell'ottica di Gramsci il metodo
apparentemente liberale di Gentile-Grice, racchiude uno spiccato carattere “classista”
o elitist, in quanto gli scolari appartenenti alle classi sociali più alte sono
avvantaggiati dal fatto che apprendono l'italiano in famiglia, mentre gli
scolari del basso popolo possono contare su una comunicazione familiare
realizzata esclusivamente in “dialetto” --. In questo senso la grammatica normativa
si presenta come uno strumento in grado di livellare le differenze sociali permettendo
a tutti la conoscenza della lingua della nazione. Secondo Gramsci la
conoscenza della lingua della nazione presso le classi sub-alterne è
fondamentale per la loro organizzazione politica. Un proletariato “dialettofono”
non può partecipare alla vita politica di una nazione e non può sperare di
crearsi un ceto intellettuale in grado di competere con i ceti intellettuali
tradizionali. Il dialetto non deve sparire, ma restare funzionali a un tipo di
comunicazione familiare o locale che non può garantire, per cause interne al
suo sistema, «la comunicazione di un contenuto culturale ‘universale’,
caratteristico della nuova cultura esercitata dal proletariato. Gramsci
prestò attenzione anche alla lingua dell’impero romano. Espresse in più
occasioni che lo studio del latino fosse particolarmente utile nella formazione
filosofica, in quanto abituare il filosofo allo studio rigoroso e a pensare
storicamente. Contesta il “nazionalismo” degli studi e criticò ripetutamente
gli intellettuali che, durante la prima guerra mondiale, chiedevano che fossero
messe al bando le edizioni dei testi romani e la grammatica latina compilate da
autori tedeschi! Anche nei Quaderni del carcere si sofferma sulla questione e ribadì
l'utilità intrinseca della antica lingua romana, osservando che e uno strumento
importante nella fase della formazione filosofica nella quale è necessario un
insegnamento "disinteressato", cioè non legato a questioni pratiche.
Però, sottolineò anche che in futuro lo studio delle lingue morte avrebbe
dovuto essere sostituito da altre materie: era un cambiamento difficile, ma
necessario, per promuovere la formazione di un nuovo tipo di intellettuale.Scrisse
nel Quaderno 12: Bisognerà sostituire il latino e il greco come fulcro
della scuola formativa e lo si sostituirà, ma non sarà agevole disporre la
nuova materia o la nuova serie di materie in un ordine didattico che dia
risultati equivalenti di educazione e formazione generale della personalità, partendo
dal fanciullo fino alla soglia della scelta professionale. In questo periodo
infatti lo studio o la parte maggiore dello studio deve essere (e apparire ai
discenti) disinteressato, non avere cioè scopi pratici immediati o troppo
immediati, deve essere formativo, anche se «istruttivo», cioè ricco di nozioni
concrete. Machiavelli influenzò fortemente la teoria dello Stato di
Gramsci. Marx, filosofo, storico, critico dell'economia politica e fondatore
del materialismo storico Engels Lenin, Labriola, primo notevole teorico
marxista italiano, riteneva che la principale caratteristica del marxismo fosse
quella di aver creato uno stretto nesso fra la storia e la filosofia. Sorel —
sindacalista che ha respinto il principio dell'inevitabilità del progresso storico.
Pareto — economista e sociologo italiano (nato a Parigi di madre francese),
noto per la sua teoria sull'interazione fra masse ed élite. Croce — liberale
italiano, filosofo anti-marxista e idealista il cui pensiero fu sottoposto da
Gramsci a critica attenta e approfondita. Pensatori influenzati da Gramsci. Gramscianesimo.
Zackie Achmat Eqbal Ahmad Jalal Al-e-Ahmad, Althusser Perry Anderson, Giulio
Angioni Michael Apple Giovanni Arrighi Zygmunt Bauman Homi K. Bhabha, Gordon
Brown Alberto Burgio, Butler Alex Callinicos Partha Chatterjee Marilena Chauí, Chomsky
Alberto Mario Cirese Hugo Costa Robert W. Cox Alain de Benoist Biagio de Giovanni
Ernesto de Martino, Eco John Fiske, Foucault Paulo Freire, Garin Eugene D.
Genovese Stephen Gill Paul Gottfried Stuart Hall Michael Hardt Chris Harman
David Harvey Hamish Henderson Eric Hobsbawm Samuel Huntington Alfredo Jaar Bob
Jessop, Laclau, Mariátegui, Mouffe, Negri, Nono, Omi, Pasolini, Pigliaru, Pira,
Portantiero, Poulantzas Gyan Prakash William I. Robinson Edward Saïd Ato
Sekyi-Otu Gayatri Chakravorty Spivak, Sraffa Edward Palmer Thompson Giuseppe
Vacca Paolo Virno Cornel West Raymond Williams Howard Winant, Wittgenstein Eric
Wolf Howard Zinn. Gramsci al cinema e in televisione Il delitto Matteotti,
regia di Vancini, Antonio GramsciI giorni del carcere, regia di Fra, Gramsci,
regia di Maielloserie TV, Gramsci, film in forma di rosa, regia di Gabriele
Morleocortometraggio, Gramsci, regia di Emiliano Barbucci, Nel mondo grande e
terribile, regia di Daniele Maggioni, Maria Grazia Perria e Laura Perini. Gramsci
nel teatro Compagno Gramsci, di Maricla Boggio e Franco Cuomo, regia di Maricla
Boggio, Gramsci nella musica Quello lì (compagno Gramsci), canzone di Claudio
Lolli contenuta nell'album Un uomo in crisi. Canzoni di morte. Canzoni di vita,
Piazza Fontana, canzone dei Yu Kung contenuta nell'album Pietre della mia gente
Nino, canzone dei Gang contenuta nell'album Sangue e Cenere () Gramsci, il
teatro e la musica È nota la passione di Gramsci per il teatro e per la musica,
che si può leggere nelle lettere scritte a Tania. Egli ha scritto circa il
melodrama “verdiano” che per lui segnava l’apertura dei teatri al pubblico,
svolgendo una funzione conoscitiva, pedagogica e politica in senso generale.
Per Gramsci l’opera diviene l’arte più popolare e i teatri aperti i luoghi dove
si esercitava parte del conflitto politico. Una frase quasi ironica di
Gramsci da citare, per quanto riguarda l’importanza dell’opera per l’Italia:
“siccome il popolo non è letterato e di letteratura conosce solo il libretto
d'opera ottocentesco, avviene che gli uomini del popolo melodrammatizzino”. Nelle
sue lettere si può leggere anche riguardo alla moda europea del jazz; egli
sostiene che questa musica aveva conquistato uno strato dell’Europa colta e
aveva creato un vero fanatismo: Opere: “Alcuni temi della questione
meridionale, in Lo Stato Operaio, Opere, Lettere dal carcere, Torino, Einaudi, premio
Viareggio, con centodiciannove lettere inedite, I quaderni dal carcere, Il
materialismo storico e la filosofia di Croce” (Torino, Einaudi); “Gli
intellettuali e l'organizzazione della cultura” Torino, Einaudi, Il Risorgimento,
Torino, Einaudi, Note sul Machiavelli sulla politica e sullo stato moderno,
Torino, Einaudi, Letteratura e vita nazionale, Torino, Einaudi,Passato e
presente, Torino, Einaudi, L'Ordine Nuovo. Torino, Einaudi, Scritti giovanili.
Torino, Einaudi, Sotto la mole. Torino, Einaudi, Socialismo e fascismo.
L'Ordine Nuovo, Torino, Einaudi, La costruzione del Partito comunista. Torino,
Einaudi, L'albero del riccio, Milano, Milano-sera, 1Americanismo e fordismo,
Milano, Ed. cooperativa Libro popolare, Ultimo discorso alla Camera. Padova, R.
Guerrini, Antologia popolare degli scritti e delle lettere di Antonio Gramsci,
Roma, Editori Riuniti, Il Vaticano e l'Italia, Roma, Editori Riuniti, Note sulla
situazione italiana, Milano, Rivista storica del socialismo, 2000 pagine di
Gramsci Nel tempo della lotta. Milano, Il Saggiatore, Lettere edite e inedite. Milano,
Il Saggiatore, Elementi di politica, Roma, Editori Riuniti, La formazione
dell'uomo. Scritti di pedagogia, Roma, Editori Riuniti, Scritti politici La
guerra, la rivoluzione russa e i nuovi problemi del socialismo italiano, Roma,
Editori Riuniti, Il Biennio rosso, la crisi del socialismo e la nascita del
Partito comunista, Roma, Editori Riuniti, Il nuovo partito della classe operaia
e il suo programma. La lotta contro il fascismo, Roma, Editori Riuniti, Scritti
Milano, I quaderni de Il corpo, Dibattito sui Consigli di fabbrica, Roma, La
nuova sinistra, Paolo Spriano , Scritti politici, Roma, Editori Riuniti, L'alternativa
pedagogica, Firenze, La nuova Italia, I consigli e la critica operaia alla
produzione, Milano, Servire il popolo, La lotta per l'edificazione del Partito
comunista, Milano, Servire il popolo, Il pensiero di Gramsci, Roma, Editori
Riuniti, Il pensiero filosofico e storiografico di Antonio Gramsci, Palermo,
Palumbo, Resoconto dei lavori del III congresso del P.C.D.I. (Lione), Milano,
Cooperativa editrice distributrice proletaria, Scritti sul sindacato, Milano,
Sapere, Aul fascismo, Roma, Editori Riuniti, Quaderni del carcere Quaderni, Torino,
Einaudi, Quaderni, Torino, Einaudi, 1975. Quaderni, Torino, Einaudi, Apparato
critico, Torino, Einaudi, La rivoluzione italiana, Roma, Newton Compton, Arte e
folclore, Roma, Newton Compton, Scritti Inediti da Il Grido del Popolo e
dall'Avanti. Con una antologia da Il Grido del Popolo, Milano, Moizzi, Ricordi
politici e civili, Pavia,Scritti nella lotta. Dai consigli di fabbrica, alla
fondazione del partito, al Congresso di Lione, Livorno, Edizioni Gramsci, Scritti
sul sindacato, Roma, Nuove edizioni operaie, A Delio e Giuliano, Milano, N. Milano,
I consigli di fabbrica, Milano, Amici
della casa Gramsci di Ghilarza, Centro milanese, Favole di libertà, Firenze,
Vallecchi, Scritti, Cronache torinesi. Torino, Einaudi, La città futura. Torino,
Einaudi, Il nostro Marx. Torino, Einaudi, L'Ordine nuovo, Torino, Einaudi, Nuove
lettere di Antonio Gramsci. Con altre lettere di Piero Sraffa, Roma, Editori
Riuniti, Forse rimarrai lontana.... Lettere a Iulca, Roma, Editori Riuniti, Gramsci al confino di Ustica. Nelle lettere di
Gramsci, di Berti e di Bordiga, Roma, Editori Riuniti, Le sue idee nel nostro
tempo, Milano, l'Unità, Lettere dal carcere, con nuove lettere in parte
inedite, Roma, l'Unità, Il rivoluzionario qualificato. Scritti, Roma, Delotti, Il
giornalismo, Roma, Editori Riuniti, Lettere, Torino, Einaudi, Per una
preparazione ideologica di massa: introduzione al primo corso della scuola
interna di partito, aNapoli, Laboratorio politico, Scritti di economia
politica, Bollati Boringhieri, Torino, Vita attraverso le lettere, Torino,
Einaudi, Disgregazione sociale e
rivoluzione. Scritti sul Mezzogiorno, Napoli, Liguori, Piove, Governo ladro.
Satire e polemiche sul costume degli italiani, Roma, Editori Riuniti, Contro la
legge sulle associazioni segrete, Roma, Manifestolibri, Lettere, Torino,
Einaudi, Le opere, Roma, Editori Riuniti, Critica letteraria e linguistica,
Roma, Lithos, Il lettore in catene. La critica letteraria nei Quaderni, Roma,
Carocci, La nostra città futura. Scritti torinesi,Roma, Carocci, Pensare
l'Italia, Roma, Nuova iniziativa editoriale, Scritti sulla Sardegna. La memoria
familiare, l'analisi della questione sarda, Nuoro, Ilisso, Scritti
rivoluzionari. Dal biennio rosso al Congresso di Lione, O. Micucci, Camerano,
Gwynplaine, Quaderni del carcere. Edizione anastatica dei manoscritti, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana-Cagliari-L'Unione
Sarda, Epistolario, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Epistolario, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Antologia, Antonio A. Santucci,
prefazione di Guido Liguori, Roma, Editori Riuniti university press, . Il
teatro lancia bombe nei cervelli. Articoli, critiche, recensioni, F. Francione,
Mimesis Edizioni . La taglia della storia. Idea e prassi della rivoluzione,
NovaEuropa Edizioni, .Note Luigi Manias, Antonio Sebastiano Francesco
Gramsci, Marmilla Cultura, International Gramsci Society, su international
gramsci society.org. Genealogia dei
Gramsci (JPG), su albanianews. Luigi Manias,
Ma quando è nato Gramsci?, Marmilla Cultura,
Manias, Ales. La sua storia. I suoi problemi, Marmilla Cultura, Così
Gramsci ricordava con ironia l'episodio, nella lettera dal carcere alla cognata
Tatiana, aggiungendo che «una zia sosteneva che ero risuscitato quando lei mi
unse i piedini con l'olio di una lampada dedicata a una Madonna e perciò, quando
mi rifiutavo di compiere gli atti religiosi, mi rimproverava aspramente,
ricordando che alla Madonna dovevo la vita»
«Noi eravamo tutti molto piccoli. Lei dunque doveva anche accudire alla
casa. Trovava il tempo per i lavori di cucito rinunziando al sonno». Così
ricordava quegli anni la sorella Teresina Gramsci, in Fiori, Lettera a Tatiana
Schucht, così scriveva per invitare la cognata a non eccedere nelle sue
preoccupazioni sulla sua vita di carcerato. La lettera prosegue infatti: «Ho
conosciuto quasi sempre solo l'aspetto più brutale della vita e me la sono
sempre cavata, bene o male» Lettera a
Tatiana Schucht, Numerose sono le richieste di denaro al padre: gli scrive di essere «proprio indecente con
questa giacca che ha già due anni ed è spelacchiata e lucida [oggi non sono
andato a scuola perché mi son dovuto risuolare le scarpe» e, il 16 febbraio,
che «per non farvi vergognare non sono uscito di casa per dieci giorni
interi» Fonzo, Testimonianza in Fiori, Testimonianza
della sorella Teresina in Fiori, Fiori, L'articolo è riportato in Fiori, Riportato
in A. Gramsci, Scritti politici Antonio
Gramsci, Dizionario di Storia, Treccani
[«io pensavo allora che bisognava lottare per l'indipendenza nazionale
della regione: "Al mare i continentali". Poi ho conosciuto la classe
operaia di una città industriale e ho capito ciò che realmente significavano le
cose di Marx che avevo letto prima per curiosità intellettuale». Cfr. A.
Gramsci, lettera a Giulia Schucht, in A. Gramsci, Lettere. Gramsci e l'isola
laboratorio, La Nuova Sardegna A.
Gramsci. Lettere. Progettando, in carcere, uno studio di linguistica comparata,
mai realizzato, in una lettera dal carcere dalla cognata Tatiana, ricorda come
«uno dei maggiori "rimorsi" intellettuali della mia vita è il dolore
profondo che ho procurato al mio buon professor Bartoli dell'Torino, il quale
era persuaso essere io l'arcangelo destinato a profligare definitivamente i
"neogrammatici"» della linguistica. Tuttavia già l'economista Amartya
Sen aveva avanzato l'ipotesi che il passaggio ai giochi linguistici di Ludwig
Wittgenstein nelle Ricerche filosofiche fosse stato ispirato dai Quaderni dal
carcere. Nel suo recente studio Gramsci and Wittgenstein: an intriguing
connection, Pipero ha aggiunto nuovi elementi che dimostrano il collegamento
fra Gramsci e Wittgenstein tramite Sraffa. Infatti il filosofo viennese venne a
conoscenza del Quaderno 29, grazie proprio al suo amico Sraffa che aveva conosciuto
a Cambridge . Lettera dal carcere : in essa Gramsci ricorda ancora un simpatico
e patetico episodio. Dopo la rottura avvenuta a causa di quell'articolo che
fece «piangere come un bambino e stette chiuso in casa il Cosmo per alcuni
giorni», essi s'incontrarono nel nell'Ambasciata d'Italia a Berlino, dove il
professore era segretario: «il Cosmo mi si precipitò addosso, inondandomi di
lacrime e di barba e dicendo a ogni momento: Tu capisci perché! Tu capisci
perché! Era in preda a una commozione che mi sbalordì, ma mi fece capire quanto
dolore gli avessi procurato nel 1920 e come egli intendesse l'amicizia per i
suoi allievi di scuola» Lettera dal carcere
a TSchucht In Fiori, In A. Gramsci,
Scritti politici, I56-59 Davico12. Lettera dal carcere a Tatiana Schucht Lettera
dal carcere a Tatiana Schucht, Recensione Recensione Recensione Spriano, Note
sulla rivoluzione russa, ne Il Grido del Popolo, in Gramsci, I massimalisti russi, ne Il Grido del Popolo, iSpriano,
La rivoluzione contro il «Capitale», nell'Avanti!, Nella lettera Marx scriveva
a Vera Zasulič che la tipica proprietà comune agricola russa poteva essere
salvata dalla distruzione minacciata dallo sviluppo dei rapporti capitalistici:
«Per salvare la comune russa, occorre una rivoluzione russa. Se la rivoluzione
scoppierà a tempo opportuno, se l'intelligencija concentrerà tutte le forze
«vive del paese» nell'assicurare alla comune agricola un libero spiegamento,
allora la comune ben presto evolverà come elemento di rigenerazione della
società russa e, insieme, di superiorità sui paesi ancora asserviti dal regime
capitalistico». Inoltre, nella prefazione all'edizione russa del Manifesto,Marx
ed Engels avevano scritto che «l'odierna proprietà comune potrà servire di
partenza per una evoluzione comunista». È anche vero, tuttavia, almeno nel caso
della lettera alla Zasulič, che Gramsci all'epoca non poteva conoscerne il
contenuto. (Cfr. Cinella, L'altro Marx, Della Porta Editori, Pisa-Genova, A.
Gramsci, Ordine Nuovo, A. Gramsci, ibidem
Corriere della Sera, Archivio Centrale dello Stato, Min. Int., Dir. Gen.
PS, Ordine Nuovo, 8 maggio 1920, in Scritti politici, IConcluso con un ordine
del giorno che prospettava la conquista violenta del potere e la dittatura del
proletariato Per un rinnovamento del
Partito socialista, ne L’ordine Nuovo, in Gramsci, Lenin, nel suo discorso
all'Internazionale Comunista, invitando a espellere dal partito socialista
l'ala destra riformista, disse che «all'indirizzo dell'Internazionale Comunista
corrisponde l'indirizzo dei militanti dell'Ordine Nuovo e non l'indirizzo
dell'attuale maggioranza dei dirigenti del partito socialista e del loro gruppo
parlamentare». Lenin, Opere, Ordine Nuovo, in Scritti politici, GRAMSCI La
sposa mandata da Lenin Lettera, in A.
Gramsci, Lettere Lettera dal carcere. Un profilo di Antonio Gramsci junior, su
channelingstudio.ru. Su alcune note di
uno sconosciuto bolscevico Vladimir Diogotche sosteneva, fra l'altro, di essere
a conoscenza di un tentativo di rovesciamento della monarchia italiana da parte
di Nitti in accordo con i socialistilo storico Jaroslav Leontiev ha sostenuto nche
la conoscenza tra Gramsci e la Schucht sia stata "pilotata" da Lenin
in persona: cfr. Link archivio del Corriere
Amendola, In Togliatti, In
Togliatti, Lettera di Gramsci a Giulia Schucht, Lettera a Giulia Schucht, La crisi italiana,
ne L’Ordine Nuovo, 1º settembre 1924, in Gramsci, Camera dei Deputati, XXVII
legislatura del Regno d'Italia, "Capo" , in L'Ordine Nuovo, pubblicato
successivamente col titolo di Lenin capo rivoluzionario, in l'Unità, «Capo», ne
L’ordine Nuovo, in Gramsci, Anche alle autorità francesi fu nascosto lo
svolgimento del Congresso. Sul III CongressoSpriano, Storia del Partito
comunista italiano, Spriano, Spriano, Spriano, Spriano, Antonio Gramsci, Tesi di Lione,
Lione, Antonio Gramsci, La questione meridionale, Editori Riuniti, «Alcuni temi della quistione meridionale».
Stato operaio, Citato in Rosario
Villari, Il Sud nella Storia d'Italia. Antologia della Questione meridionale,
Roma-Bari, Laterza, Antonio Gramsci, Cinque anni di vita del partito, L'Unità, Fiori, Spriano, Aurelio Lepre, Il
prigioniero. Vita di Antonio Gramsci, Editori Laterza, Bari, La lettera, non
datata, si ritiene sfu pubblicata per la prima volta in Francia da Tasca. Su
tutta la questione della lotta interna nel partito comunista sovietico di
questo periodoSpriano, cit., II, ca 3 e 5
A. Gramsci, Lettere Lettera di Togliatti a Gramsci, Commissione di
assegnazione al confino di Roma, ordinanza dcontro Antonio Gramsci (“Dirigenti
e deputati del PCd'I dichiarati decaduti”). In Pont, Carolini, L'Italia al
confino, Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni
provinciali (ANPPIA/La Pietra), Tornata Camera dei deputati Fiori, In Fiori, Sentenza contro Antonio Gramsci e
altri (“Ricostituzione di partito disciolto, propaganda, cospirazione,
istigazione alla lotta armata ecc.”). In Pont, Carolini, L'Italia dissidente e
antifascista. Le ordinanze, le Sentenze istruttorie e le Sentenze in Camera di
consiglio emesse dal Tribunale speciale fascista contro gli imputati di antifascismo,
Milano (ANPPIA/La Pietra),
Amendola142. Spriano, Lettera a
Tatiana Schucht, Fiori, Fiori, Fiori, Risoluzione
per l'espulsione di Amedeo Bordiga
Fiori, Pubblicato in «Rinascita», In «Rinascita», cit. Dalla biografia di Pertini pubblicata nel
sito web del Circolo Sandro Pertini di Genova: «Chiesi al maresciallo dei
carabinieri che comandava la scorta se poteva dirmi dove mi portavano. Quando
questi fece il nome di Turi me ne rallegrai. Ero contento perché sapevo che là
avrei incontrato Antonio Gramsci, un uomo che avevo sempre ammirato per il suo
coraggio». A Turi incontrai Gramsci in un angolo del cortile dove coltivava
un'aiuola di fiori; era piccolo di statura e con due gobbe: una davanti ed una
di dietro. Mi avvicinai a lui, mi presentai, gli affermai che venivo da Santo
Stefano e che ero onorato di fare la sua conoscenza. Gli davo del lei e lo
chiamavo Onorevole Gramsci. Lui si mise a ridere, dicendomi: "Perché mi
dai del lei? Siamo antifascisti, vittime del Tribunale speciale tutti e due. Io
gli ricordai che per loro, i comunisti, noi eravamo dei social-traditori. Disse
di lasciar stare quella polemica penosa. Ci vedemmo dopo qualche giorno e parlò
di Turati e Treves in maniera che mi sembrò offensiva ed io risposi con durezza.
Il giorno dopo si scusò, dicendo che il suo era un giudizio politico, non aveva
avuto intenzione di offendere le persone, e capiva la mia reazione in favore di
due compagni che si trovavano in Francia. Da allora diventammo buoni amici.
Parlavamo a lungo insieme anche perché era stato isolato dai suoi. Per certi
versi costoro lo consideravano un traditore e chiedevano la sua espulsione dal
partito, come poi fecero anche con Ravera. In cella Gramsci era perseguitato
dai carcerieri. L’ordine di non lasciarlo dormire arrivasse direttamente da
Roma. Io andai dal direttore del carcere a protestare perché i carcerieri, ogni
volta che Gramsci si addormentava, lo svegliavano facendo scorrere sulle sbarre
della finestra dei bastoni, con la scusa di controllare che le sbarre non
fossero state segate per un'evasione. Dissi al direttore che se la situazione
non fosse cambiata, avrei scritto una lettera al ministero. Il risultato fu che
Gramsci, già gravemente malato di tubercolosi poté dormire tranquillo. Le mie
proteste costrinsero il direttore del carcere di Turi a concedere a Gramsci
anche alcuni quaderni, delle matite, un tavolino ed una sedia. Così poterono
nascere i quaderni dal carcere. La mia amicizia mi mise in contrasto con il
direttore del carcere e forse non fu estraneo al mio trasferimento a Pianosa. Lettera
a Tatiana Schucht, Lettera a Tatiana Schucht,
Alla fine degli anni settanta cominciò a circolare la voce secondo la
quale Gramsci in punto di morte si sarebbe convertito alla fede cattolica. Tale
affermazione venne però ritrattata dallo stesso religioso che l’aveva
inavvertitamente messa in circolazione, chiamando a supporto della smentita
l’allora cappellano della clinica Quisisana. Nonostante le chiare
argomentazioni della rettifica, trent’anni dopo la medesima tesi fu riproposta
da un altro sacerdote. Essendo priva di riscontri documentali e di prove
testimoniali, la teoria della conversione di Gramsci non è mai stata avvalorata
dagli storici. Cfr. S.Fio., Gramsci e il sacerdote pentito, La Repubblica,
Il Vaticano: «Gramsci trovò la fede», Il Corriere della Sera, C. Daniele ,
Togliatti editore di Gramsci, Carocci, Quaderni del carcere, Il Risorgimento,
Einaudi, Torino, Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce Quaderni
del carcere, Quaderni del carcere, ed. Gerratana, Cirese, Baratta, Giulio Angioni, Gramsci e il
folklore come cosa seria, in Fare, dire, sentire. L'identico e il diverso nelle
culture, Il Maestrale, Note sul Machiavelli,
Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura, Quaderni del carcere,
cLetteratura e vita nazionale, Il materialismo storico e la filosofia di Croce,
L. Rosiello, Problemi e orientamenti linguistici negli scritti di Antonio
Gramsci, Quaderni dell'Istituto di glottologia di Bologna,A. Gramsci, V. Gerratana,
Torino, Einaudi, A. Gramsci, Quaderni del carcere, V. Gerratana, Torino,
Einaudi, V. Gerratana, Torino, Einaudi, V. Gerratana, Torino, Einaudi, Gramsci,
Gerratana, Torino, Einaudi, G. I. Ascoli, Proemio, AGI, Gramsci, 'Quaderni del
carcere', V. Gerratana, Torino, Einaudi, Quaderni del carcere, V. Gerratana,
Torino, Einaudi, 'Quaderni del carcere', V. Gerratana, Torino, Einaudi, L.
Rosiello, Lingua nazione egemonia, Rinascita Il Contemporaneo, Rapone,
Leonardo, Cinque anni che paiono secoli : Gramsci dal socialismo al comunismo, 1a
ed, Carocci, , Fonzo, Maria Luisa Bosi, Antonio Gramsci, su
scuolalo divecchio. giovannicarpinelli, Gramsci e la musica, su Palomar, La
passione sconosciuta di Gramsci per la musica, in L’Huffington Post. Premio
letterario Viareggio-Rèpaci, Amendola, Storia del Partito comunista italiano Roma,
Editori Riuniti, Perry Anderson, Ambiguità di Gramsci, Bari, Laterza, Giulio
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nuovo inizio, Quaderno, Supplemento al n. 19 di «AGON», Rivista Internazionale di Studi
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Aracne, . Nicola Auciello, Socialismo ed egemonia in Gramsci e Togliatti, Bari,
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Saggiatore, Baratta, Antonio Gramsci in contrappunto. Dialoghi col presente,
Roma, Carocci, Bobbio, Saggi su Gramsci, Milano, Feltrinelli, Calamandrei e Calogero,
La conoscenza di Gramsci in Inghilterra. Una lettera di Guido Calogero e una
nota di Franco Calamandrei, in «L'Unità» Mauro Canali, Il tradimento. Gramsci,
Togliatti e la verità negata, Venezia, Marsilio, . Antonio Carrannante,
Sull'uso di 'galantuomo' in Gramsci, in "Studi novecenteschi", Antonio Carrannante, Antonio Gramsci e i
problemi della lingua italiana, in "Belfagor", Iain Chambers, Esercizi di potere. Gramsci,
Said e il postcoloniale, Roma, Meltemi editore, Cirese, Intellettuali,
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biografia, Torino, Einaudi, . Dubla,Giusto (a cura), Il Gramsci di Turi, Testimonianze
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Torino, Einaudi, Paolo Spriano, Gramsci in carcere e il partito, Roma, Editori
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Becco Giallo, . Giuseppe Tamburrano, Gramsci: la vita, il pensiero e l'azione,
Bari-Perugia, Lacaita, 1963. Palmiro Togliatti, La formazione del gruppo
dirigente del Partito comunista italiano Roma, Editori Riuniti, Togliatti,
Scritti su Gramsci, Roma, Editori Riuniti, Vacca, Gramsci e Togliatti, Roma,
Editori Riuniti. Treccani, Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Casa museo Gramsci a Ghilarza, Fondazione Istituto
Gramsci. Antonio Sebastiano Francesco Gramsci. Antonio Gramsci. Grice: “When
Austin speaks of ‘ordinary language,’ he knows what he is talking about; when
Gentile, Gramsci, and Ascoli, do, they don’t!” -- Grice: “Elites are so
relative; when I came to Oxford, I was regarded as a ‘Midlands scholarship boy’
and thus assigned Corpus; there was no way I would socialise with Hampshire,
Austin, and the others who were philososophising at All Souls on Thursday
evenings – I had just been born on the wrong side of the track. So it was
particularly obtuse for me when Gellner started to criticise me as elitist!
Perhaps he had read too much Gramsci!?” Keyword: “Grice, elite” – Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Gramsci”
GREGORIO.
(Roma). Filosofo. Da
roma -- il grande: Grice: “For one, he is the punning Pope!” Grice: “What WAS Gregorio’s implicatura? A
complex one, since he uses the counterfactual: “si angeli fuessent.” Grice: “In
The Sellars/Yeatman rewrite, the meta-implicata is that you must have read
Bede!” Grice: “Poor Gregorio Magno had to fight with the Lonbards, and the sad
thing is he lost!” -- Grice takes inspiration on Shropshire’s
argument for the immortality of the soul from Gregorio Magno (Dialogo, IV). Figlio di Gordiano, appartenente all'aristocrazia
senatoriale, la classe dominante dell'antica Roma che ha mantenuto prestigio
economico e sociale, nonostante la caduta dell'Impero, e di Silvia,
appartenente a una ricca famiglia siciliana. La sua "ars grammatica"
fu limitata e lo stile che denota i suoi scritti è in linea con quello degli
scrittori tardo-antichi. Di questi imitava, in particolare, solo poche figure
retoriche come l'anafora ed il gusto dell'esempio e dell'aneddoto moralizzante.
La sua conoscenza del diritto si centra in Cicerone, da cui riprende anche
definizioni e nozioni filosofiche del stoicismo. Insegna su colle Celio. Secondo
la tradizione, mentre Gregorio attraversava, alla testa della processione, il
ponte che collegava l'area del Vaticano con il resto della città (chiamato
allora "Ponte Elio" o "Ponte di Adriano", oggi Ponte
Sant'Angelo), ebbe la visione dell'Arcangelo Michele che, in cima alla Mole
Adriana, rinfoderava la sua spada. La visione (che secondo alcune fonti fu
condivisa da tutti i partecipanti alla processione) venne interpretata come un “segno”
celeste pre-annunciante l'imminente fine dell'epidemia, cosa che effettivamente
avvenne. Da allora i romani cominciarono a chiamare la Mole Adriana
"Castel Sant'Angelo" e, a ricordo del prodigio, posero più tardi
sullo spalto più alto la statua di un angelo in atto di rinfoderare la spada. Ancora
oggi nel Campidoglio è conservata una pietra circolare con impronte dei piedi
che, secondo la tradizione, sarebbero quelle lasciate da Michele quando si
fermò per annunciare la fine della peste. Vede alcuni giovani schiavi
britannici esposti per la vendita, bellissimi di aspetto e pagani, tanto da
aver esclamato, rammaricato: "Non Angli, ma Angeli dovrebbero esser
chiamati…". Comunque in meno di due
anni diecimila Angli, compreso il re del Kent Ethelbert – e la famiglia di
Grice -- si convertirono.Obiettò invece sulla proibizione ai soldati imperiali
di diventare «soldati di Cristo», ovvero di entrare a far parte del clero. Gregorio
avrebbe dettato i suoi canti a un monaco, alternando la dettatura a lunghe
pause; il monaco, incuriosito, avrebbe scostato un lembo del paravento di
stoffa che lo separava dal pontefice, per vedere cosa egli facesse durante i
lunghi silenzi, assistendo così al miracolo di una colomba (che rappresenta
naturalmente lo Spirito Santo), posata su una spalla del papa, che gli dettava
a sua volta i canti all'orecchio. Opere: “Expositio super Cantica canticorum –
“Cantico dei cantici”; “Moralia in Job (Giobbe); “Homiliae in Evangelia”, omelie
sui Vangeli; Homiliae in Hiezechihelem prophetam, oomelie su Ezechiele; A
Sacramentarium Gregorianum con cui riformò il canone della messa, rendendola
più semplice ma più solenne; Antiphonarius centola nuova redazione del libro
dei canti liturgici; Dialoghi; Libro su santi italiani a lui coevi; “San
Benedetto da Norcia” “Sul destino dell'anima” “Su alcune profezie”; “Regula
Pastoralisun manuale per la vita e l'opera dei vescovi e in generale di coloro
che ricoprono il ministero pastorale; Le Epistolaeun registrum,«12 marzoA Roma
presso san Pietro, deposizione di san Gregorio I, papa, detto il grande, la cui
memoria si celebra il 3 settembre, giorno della sua ordinazione.» «3
settembreMemoria di san Gregorio Magno, papa e dottore della Chiesa: dopo avere
intrapreso la vita monastica, svolse l'incarico di legato apostolico a
Costantinopoli; eletto poi in questo giorno alla Sede Romana, sistemò le
questioni terrene e come servo dei servi si prese cura di quelle sacre.”“Si
mostrò vero pastore nel governare la Chiesa, nel soccorrere in ogni modo i
bisognosi, nel favorire la vita monastica e nel consolidare e propagare ovunque
la fede, scrivendo a tal fine celebri libri di morale e di pastorale.”Il
Proprio del santo in rito romano contiene la seguente colletta:[ «Deus, qui
pópulis tuis indulgéntia cónsulis et amóre domináris, da spíritum sapiéntiae,
intercedénte beáto Gregório papa, quibus dedísti régimen disciplínae, ut de
proféctu sanctárum óvium fiant gáudia aetérna pastórum. Per Dominum nostrum
Iesum Christum» La Chiesa di Manduria custodisce un frammento d'osso del
suo braccio destro. La Chiesa di Casola custodita un frammento d'osso della sua
mano destra. G. Pepe, Il Medio Evo barbarico d'Italia, Dizionario Biografico degli ItalianiVolume
59, Roma, Claudio Mareschini, Gregorio Magno e la cultura classica” Gregorio scrisse
di sé «ego quoque tunc urbanam praeturam gerens pariter subscripsi», ma poiché
in una variante del testo praeturam è sostituita da praefecturam, dalle sue
epistole non è possibile sapere con esattezza se fu "prefetto
dell'Urbe" o piuttosto "pretore dell'Urbe". S. Gasperri, Italia longobarda, Laterza, Dialogi,
Roma, Tipografia del Senato, Dizionario biografico degli italiani, Opera Omnia
dal Migne patrologia Latina con indici analitici. Gregorio da Roma – Grice:
“Gregory did not know what those were: ‘angeli,’ his companion answered.
Adamant, Gregory corrected him: “No. They are Anglicans, they are not angels!”
-- Gregorio il Grande, Gregorio I – Gregorio Magno. Keywords: ars grammatical –
Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gregorio: implicatura e grammatica.”
GRANDI. (Cremona). Filosofo. Grice: “I like
Grandi – and Grandy – for one, Grandi (if not Grandy) proves that geometry is a
branch of mathematics with his rose curve – a geniality!” – Figlio di Piero
Martire, ricamatore, e Caterina Legati, compì
i suoi primi studi di grammatica sotto la guida di Canneti e poi nel locale
Collegio dei Gesuiti, dove ebbe come maestro Saccheri. Entra nel monastero
camaldolese di Classe in Ravenna, assumendo il nome Guido in sostituzione degli
originari Francesco Lodovico, e qui ritrovò il maestro Canneti. Proseguiti gli studi a Roma e Firenze, insegna
a Firenze. Pubblica “La quadratura del cerchio” “La quadrature dell'iperbole”
al cui interno scopre il paradosso: la somma parziale di una serie (“serie di
Grandi) a segni alterni di numeri può non convergere (serie di Grandi). Divenne
membro della corte presso il granduca di Toscana. Insegna a Pisa. Studia la
curva algebrica da lui chiamata "rodonea" per la forma che ricorda il
rosone delle chiese e fu autore degli Elementi di Geometria di Euclide (Venezia,
Savioni). Fu il primo l’analisi degli infiniti. Altre opera:“De infinitis
infinitorum”; “Trattato delle resistenze” (Firenze) Geometrica demonstratio
Vivianeorum problematum” (Florentiae, ex Typographia Iacobi de Guiduccis propè
Conductam); “De infinitis infinitorum, et infinite parvorum ordinibus
disquisitio geometrica, Pisis, ex Typographia Francisci Bindi impress.
archiepisch., Epistola mathematica de momento gravium in planis inclinatis,
Lucae, typis Peregrini Frediani, Dialoghi circa la controversia eccitatagli
contro dal sig. Alessandro Marchetti, In Lucca, ad istanza di Francesco Maria
Gaddi librajo in Pisa, Prostasis ad exceptiones clari Varignonii libro De
infinitis infinitorum ordinibus oppositas circa magnitudinum
plusquam-infinitarum Vallisii defensionem et anguli contactus, Pisis, ex
Typographia Francisci Bindi impress. archiepisch., Del movimento dell'acque
trattato geometrico, Firenze. Relazione delle operazioni fatte circa il padule
di Fucecchio, In Lucca, per Leonardo Venturini, Trattato delle resistenze,
Firenze, per Tartini e Franchi, Compendio delle Sezioni coniche d'Apollonio con
aggiunta di nuove proprietà delle medesime sezioni, In Firenze, nella Stamperia
di S.A.R. per gli Tartini e Franchi, Instituzioni meccaniche, In Firenze, nella
Stamperia di S.A.R. per Gio: Gaetano Tartini e Santi Franchi, Istituzioni di
aritmetica pratica, In Firenze, nella Stamperia di S.A.R. per Gio: Gaetano
Tartini e Santi Franchi, Sectionum conicarum synopsis, Florentiae, ex
typographio Ioannis Paulli Giovannelli. Idraulici italiani , "Rodonea"
deriva dal greco Ροδή, rosa. La curva rodonea è anche chiamata "rosa di
Grandi" in suo onore. Giammaria
Ortes, Vita del padre D. Guido Grandi, abate camaldolese, matematico dello
Studio Pisano, Venezia, Giambatista Pasquali, Nicola Mangini, Guido Grandi, in
Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. 20 luglio . Amedeo Agostini, Guido Grandi, in Enciclopedia Italiana,
Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Rodonea Sofisma algebrico TreccaniEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Luigi Guido Grandi, su accademicidellacrusca.org, Accademia della
Crusca. Opere di Luigi Guido Grandi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.Carteggi
del padre camaldolese matematico Guido Grandi, su internetculturale. Francesco
Lodovico Grandi – Grice: “I like Grandi: I have two ways to deal with ‘mean’:
‘no sneaky intention allowed, including this – (o) all intentions are open
ones, including this one – self-reference; or ‘optimal infinite’ potential
infinite/actual infinite – titular versus de facto. In any case, both are
better than pseudo-Schiffer!” Grice: “While I say, “Schiffer and others,” it
should be pointed out that the first to show this was, of all people, my tutee
Strawson – Stampe and Patton came close! (I love them guys! Patton is a
gentleman, and Stampe, too! Both brilliant philosophical gentlemen, too!” -- Luigi
Guido Grandi. Keywords: infinite implicature – Refs.: “Grice e Grandi:
implicatura infinita”
Grassi. (Milano). Filosofo. Grice:
“I like Grassi. He philosophised, like I did, on the metaphysics of Plato.”
Grice: “Grassi has the gift of the gab: ‘metafora inaudita,’ ‘potenza
dell’imagine,’ –“ Grice: “Grassi has mainly explored Heidegger.” – Grice: “I
like Grassi’s general use of ‘imago’ to re-approach rhetoric!” -- Si laurea a
Milano sotto Martinetti. Opere: “Metafisica platonica” (Laterza, Bari) – cf. A.
D. Code on H. P. Grice on the axioms of metaphysical Platonism --. “Apparire ed
essere” (La Nuova Italia, Firenze). “Il bello e l’antico” (Paravia, Torino).“Heidegger
e il problema dell'umanesimo” (Guida, Napoli). “La preminenza della metafora”
(Mucchi editore, Modena). “La filosofia dell'umanesimo. Un problema epocale” (Tempi
Moderni, Napoli). “La follia -- Umanesimo e retorica” (Mucchi, Modena) “Potenza
dell'immagine. Rivalutazione della retorica” Guerini e associati, Milano) “La
metafora inaudita, Massimo Marassi, Aestetica, Palermo “Potenza della fantasia”
Guida, Napoli Filosofare noetico non metafisico (Congedo Editore, Galatina “Vico
e l'umanesimo” Guerini e associati, Milano Il dramma della metafora. Ovidio,
Massimo Marassi, L'officina tipografica, Roma,“Arte e mito”La Città del Sole,
Napoli, “Retorica come filosofia. La tradizione umanistica”, Massimo Marassi,
La Città del Sole, Napoli; “Tra antropologia, logica e ontologia”; “l'incidenza
di Vico nell'antropologia di Grassi”; “Platone nell’onto-antropo-logia di
Ernesto Grassi, Dizionario Biografico degli Italiani, Ernesto Grassi. Keywords:
metafora, Vico -- Refs.: Luigi Speranza, “Grassi e Grice: il Vico di Grassi:
metafora come implicatura” – The Swimming-Pool Library.
GRASSI. (Mascali). Filosofo. Grice: “I like Grassi; he wrote on Faust!”
Inizia gli studi ginnasiali presso il seminario di Acireale fino alla terza
ginnasiale, proseguendoli poi a Catania, presso il liceo "Nicola
Spedalieri". Assiduo frequentatore
della sala di lettura dell'Catania, conobbe Rapisardi, cui lo legò una profonda
stima ed affinità. Si laurea a Napolia
con “La memoria delle immagini acustica e visiva della parola in rapporto
specialmente al tempo di "fissazione", suggeritagli da Bianchi
(Rivista di Freniatria). Si trasferì a Messina dove divenne assistente di
Weiss. Comincia a provare le prime grosse delusioni per l'inconciliabile
contrasto fra le esigenze pratiche della professione, che rischiavano di
piegarlo a umilianti compromessi, e le alte aspirazioni della sua anima. Muta bruscamente indirizzo, iscrivendosi alla
facoltà di scienze naturali, conseguendo così la laurea con Mingazzini
sostenendo una tesi intorno ai pesci di Ganzirri e Faro, che poi fu pubblicata
su una rivista veneziana. Mingazzini, chiamato a Bologna, era felice di averlo
come assistente. Il suo spirito inquieto cercò altre vie ed altri sbocchi, e
così intraprese a frequentare le lezioni che si tenevano nella facoltà di
filosofia a Catania, nel Palazzo Grassi, a Via Firenze. Pprofondamente
influenzato dalle precedenti frequentazioni messinesi dove campeggiavano figure
come Pascoli, col quale strinse amicizia, Cesca, Barbi, Mancini, Ardigò, Dandolo
e Salvemini. Si laurea in filosofia presso l'ateneo catanese, con “L'unità dei
fatti psichici fondamentali” (Muglia, Messina). Insegna a Caltagirone e
Catania. Inizia un'intensa attività che vide tra i suoi maggiori corrispondenti
Gentile eSturzocon i quali intrattenne un copioso carteggiooltre al letterato
Villaroel, Farinelli, Varisco, Majelli, Carabellese e Fassò. Fonda Prisma a cui collaborò, tra gli altri,
anche Manlio Sgalambro. Altre oopere: “Preludi
a un commento alla vita del Faust” (Catania, Studio Editoriale Moderno); “Commento
alla vita di Faust, Torino, F.lli Bocca Editori); “Preludi storico attualistici
alla Critica della ragion pratica” (Catania, Crisafulli Editore); “Medico
mancato, Catania, Studio editoriale La Legione); “L’assoluto”, Roma,
Enciclopedia Treccani); “L’assoluto” Roma, Enciclopedia De Carlo). “Giornale critico
della filosofia italiana” “Logica e metafisica”. Membro della Fondazione Giovanni
Gentile per gli Studi Filosofici. Un filosofo dall'anima di poeta, Teoresi
Rivista di cultura Filosofica. Leonardo Grassi. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Grassi” – The Swimming-Pool Library.
GRATAROLI. (Bergamo).
Filosofo. Grice: “I like Grataoroli, the Pope called him ‘infamous heretic,”
which is a good start! He wrote a book on ‘semiotics’ of the times, but it got
lost – you cannot understand Bruno unless you do Grataroli – he philosophised
on many subjects, including dreams and alchemy!” –Di una famiglia benestante
dedita al commercio di tessuti di lana con la città di Venezia. Questa,
originaria del borgo di Oneta, frazione di San Giovanni Bianco in val Brembana,
oltre a possedere gran parte della contrada e dei terreni circostanti (tra cui
anche l'edificio che attualmente ospita la casa di Arlecchino), annoverava tra
i suoi membri una folta schiera di "phisici", tra i quali si
segnalarono il nonno di Grataroli, fondatore del collegio dei fisici di
Bergamo, e il padre di Grataroli, Pellegrino, fisico presso la città orobica.
Publica una dispensa inerente osservazioni sul mondo della natura. Straparla de
le cose pertinenti a la fede et di essa fede et de la autorità del papa, nega
il purgatorio, le indulgenze, i suffragi per i defunti, la venerazione dei
santi, la presenza del corpo di Cristo nell'eucaristia. Eeretico pertinace et
scandaloso et infame, peste contra la fede. Insegna a Basilea. Presso
l'ingresso dello studio aè presente un suo busto. Noti sono i suoi trattati sul
potenziamento e il mantenimento della memoria, sulle epidemie di peste, sulle
proprietà del vino, su erboristeria e veterinaria. Vi sono anche alcuni scritti
inerenti all'alchimia. Si segnala per la teoria fisiognomica. Argomenta su
Pomponazzi e da indicazioni sia per il mantenimento della salute che per
l'utilizzo dei bagni termali, nonché un saggio in cui vengono raccontati i suoi
viaggi e forniti consigli ai viaggiatori di quel tempo. Altre opera: De
memoria reparanda, augenda ser-vandaque. De salute tuenda. De regimine iter
argentium, vel aequitum, vel peditum, vel navi, vel curru, seu rheda”; “Turba
Philosophorum”; “De literatorum et eorum qui magistratibus funguntur
conservanda praeservandaeque valetitudine compendium, Pietro Perna, Basilea); “Veræ
alchemiæ artisque metallicae, citra aenigmata, doctrina, certusque” (Pietro Perna,
Basilea); “De fato, libero arbitrio et providentia Dei” (Pietro Perna,
Basilea); “Alchemiae, quam vocant, artisque metallicae, doctrina, certusque
modus” (Pietro Perna, Basilea); “De balneis” (Bergamo). Quaderni brembani[collegamento
iStoria di Milano Flavio Caroli, Storia
della fisiognomica Arte e psicologia da Leonardo a Freud Marco Meriggi e Alessandro Pastore , Le
regole dei mestieri e delle professioni: Alberto Castoldi (coordinamento di),
Bergamo ed il suo territorio. Bergamo, Bolis edizioni, Giovanni Battista
Gallizioli, Della vita degli studi e degli scritti di Gulielmo Grataroli
filosofo ( In Bergamo, dalla Stamperia Locatelli); Marco Meriggi, Le regole dei
mestieri e delle professioni: Cesare Vasoli, Le filosofie del Rinascimento, Tarcisio
Bottani e Wanda Taufer, Storie del Brembo. Fatti e personaggi dal Medioevo al
Novecento, Ferrari editrice, 1Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura
italiana, Napoli, Nella Stamperia de' classici. Fisiognomica Mnemotecnica
Peste. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. openMLOL, Horizons Unlimited srl.Guglielmo Grataroli. Keywords: de
balneis, turba philosophorum.
GRAZIA. (Mesoraca). Filosofo. Grice:
“Grazia is important to understand Galileo, whom Italians consider a
philosopher!” Grice: “Grazia also wrote about architecture – a truly
Renaissance man!”. Studia a Napoli dove venne condotto, dalla natia Calabria,
da uno zio dell'ordine dei Teatini. Si laurea a Napoli. Studia filosofia. Si
oppose al Criticismo kantiano e all'Idealismo hegeliano in nome dell'esperienza.
Opere: “Discorso su l'architettura del teatro” (Napoli : dai torchi di Saverio
Giordano); “La scienza umana” (Napoli : Dalla tipografia Flautina); “Logica
speculative” (Napoli : Dalla tipografia de' Gemelli); “Filosofia: eterodossa ed
ortodossa” (Napoli : Stab. tip. del Poliorama pittoresco); “Considerazioni di
m. Vincenzo Di Grazia sopra 'l discorso di Galileo Galilei intorno alle cose
che stanno su l'acqua, e che in quella si muouono. All'Illustriss. ed
Eccellentiss. Sig. don Carlo Medici, In Firenze, presso Zanobi Pignonj). “Della
vita e delle opera: Dizionario Biografico degli Italiani, XXXVI (on-line). Vincenzo Di Grazia. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Grazia” --
GREGORY. (Roma). Filosofo. Fellow of the British Academy. Grice: “I like
Gregory; being a Roman, he studied Roman philosophy in one of the most
interesting epochs: the thirties! Then he explored what he calls the ‘lessico
filosofico,’ which Austin detested – “Why do we need the philosopheer’s ‘volition’
when we have ‘would’??” Si laurea a Roma con Nardi. Insegna a Roma. Direttore
di Ricerche storico-filosofiche. Direttore della sezione di Storia della filosofia
Lessico Italiano. Diresse la collana "I filosofi.” Opere: “Anima mundi”
(Firenze, Sansoni); “Platonismo” (Roma); “Scetticismo ed empirismo” (Bari,
Laterza); “L'idea di natura”, “La filosofia della natura (Passo della Mendola, Firenze, Sansoni); “L’atomismo”,
“Aristotelismo” “Il genio maligno”; “Mundana sapientia. Theophrastus redivivus.
Erudizione e ateismo” (Napoli, Morano); “Il libertinismo: la filosofia
clandestine” (Firenze, La Nuova Italia), “L’Etica della critica libertine” (Napoli,
Guida); “Forme di conoscenza” (Roma, Edizioni di Storia e Letteratura); “Lo
spazio come geografia del sacro” Della sobria ebbrezza”; “La terminologia
filosofica” (Firenze, Olschki); “Speculum natural” ( Roma, Edizioni di Storia e
Letteratura); “Principe di questo mondo. Il diavolo” (Roma-Bari, Laterza); “Della
modernità, Pisa, Edizioni della Torre); “Vie della modernità” (Firenze, Le
Monnier Università). Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Tullio Gregory. Keywords: clandestino – cognate with celare and
occolto -- terminologia filosofica, libertinismo, filosofia clandestina. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Gregory: l’implicatura” – The Swimming-Pool Library.
GRIFFERO.
(Asti). Filosofo: Grice: “I like Griffero; for one, he has a taste for neologisms,
like his atmospherelogy – He has understood that aesthesis, qua sensatio, is
the basis for aesthetics, and he has explored the philosophies of Tarso,
Spranger, and Schelling!” Insegna a Roma. Studia a Torino, dove si laurea sotto
la guida di Vattimo con “L’ermeneutica.” Studia Betti (“Interpretare. La teoria
di Betti e il suo contesto” -- Rosemberg & Sellier, Torin) ed il concetto
di Spirito e forma di vita. La filosofia della cultura (Franco Angeli, Milano). Si
dedica al rapporto tra arte e mito, scrivendo poi Senso e immagine. Simbolo e
mito (Guerini & Associati, Milano), Cosmo Arte Natura. Itinerari (Cuem, Milano), nel quale si concentra sulle
caratteristiche del real-idealismo, e infine una ricostruzione dell'apporto
dato da questo autore all'estetica filosofica (Estetica -- Laterza, Roma-Bari).
La nozione di "immaginazione transitiva", è invece affrontata in “Immagini
Attive: beve storia dell'immaginazione transitiva (Le Monnier, Firenze). Ricostruisce
la storia della "credenza" secondo cui una fantasia particolarmente
forte sarebbe in grado di agire, cambiando o addirittura generando la realtà
esterna. In Realismo e Idealismo (Nike, Segrate-Milano) analizza il Pietismo
Speculativo. La corporeità spirituale è il "fine ultimo delle opere di
Dio. L'ampia storia del concetto e esposta in Il corpo spirituale. Ontologie
"sottili" (Mimesis, Milano). La ricerca sulla fenomenologia del
corpo e della percezione e l'estetica delle atmosfere è affrontata in “Atmosferologia.
Estetica degli spazi emozionali (Laterza, Roma). Nel libro Quasi-cose. La
realtà dei sentimenti (Bruno Mondadori, Milano ) Griffero indica e analizza
sulla scorta dei un'estetica neofenomenologica i sentimenti atmosferici, il
dolore, la vergogna, lo sguardo, il crepuscono, il corpo vissuto come
quasi-cose, entità aggressive e decisive per la nostra esistenza senza essere
riducibili al paradigma cosale tipico della tradizione occidentale Il
libro Il pensiero dei sensi. Atmosfere ed estetica patica (Guerini &
Associati, Milano ) delinea, a partire dalla nozione estetico-fenomenologica di
“atmosfera”, i contorni di un'estetica orientata non allo gnosico ma al patico,
che non tematizza un oggetto (come una espressione) speciali come le opere
d'arte ma il modo in cui “ci si sente” quando ci si espone, soprattutto
involontariamente, ai sentimenti presenti nell'ambiente circostante. Il
tema è sviluppato, esteso a considerazioni sull'atmosfericità del linguaggio, sulla
presenza e la inter-soggettività re-interpretate in chiave fenomenologica.
Altre opera: Storia dell'estetica (Edizioni Nuova Cultura, Roma). Tonino
Griffero. Keywords: Betti, ermeneutica, fenomenologia, Vico, il circolo
dell’implicatura -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Griffero” – The
Swimming-Pool Library.
Grimaldi. (Cava de’ Tirreni).
Filosofo. Grice: “I have spoken of ‘magic’ – “two kinds of magic’ – actually,
for Grimaldi there are THREE: ‘black magic,’ ‘artificial magic,’ and my
favourite, ‘natural magic’!” Nacque da nobile famiglia locale di origini
genovesi. Compì i suoi studi avvicinandosi a Cartesio, di cui fu seguace e fece
parte del gruppo chiamato degli epigoni dell'Accademia degli Investiganti. Fu Consigliere
Regio. Scrisse numerose opere, raccolte
poi in "Istoria dei libri di don Costantino Grimaldi. Scritta da lui
medesimo". Tra quelle più note si possono elencare le “Considerazioni
intorno alle rendite ecclesiastiche del Regno di Napoli” (Napoli), le “Discussioni
filosofiche” (Lucca), la “Dissertazione sulle tre magie, naturale, artificiale
e diabolica (Roma). Morì a Napoli nel
1750. Il figlio gli dedicò "Ragioni
genealogiche a' favore della Famiglia Grimaldi del Sig. Cons. D. Costantino
Grimaldi. Colli signori Grimaldi di Seminara, e con quelli patrizj di Catanzaro"
F. A. Meschini, nel Dizionario Biografico degli Italiani, indica Napoli come
città natale. Memorie di un
anticurialista del Settecento. Testo, introduzione note V.I. Comparato.
Firenze, Olschki, Biblioteca dell'«Archivio storico italiano», Franco Aurelio Meschini, Dizionario Biografico
degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana Anticurialismo Costantino Grimaldi. Opere, su openMLOL, Horizons
Unlimited srl. Costantino Grimaldi. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Grimaldi:
implicatura peripatetica”– The Swimming-Pool Library.
Grimaldi-di-Messimeri -- (Seminara).
Filosofo. Grice: “He was of a noble family – he was into the free market – so
his is a philosophical economy.” Domenico Grimaldi (Seminara), filosofo. Esponente
dell'illuminismo napoletano. Francesco Mario Pagano. Nato in una famiglia
aristocratica che faceva risalire le proprie origini alla nota famiglia di
Genova, ricevette la prima educazione dal padre, il marchese Pio Grimaldi, un
uomo colto che aveva cominciato a introdurre criteri di conduzione innovativi
nelle sue proprietà terriere, peraltro non molto estese, di Seminara. Non
essendo molto ricco, il padre lo avviò agli studi giuridici, in previsione di
una possibile professione forense, all'Napoli. Nella capitale napoletana
Domenico fu raggiunto dal fratello minore Francescantonio, fece parte con il
fratello dell'Accademia dell'Arboscello, frequenta le lezioni di economia di
Genovesi. Si trasferì a Genova, dove ottenne la riammissione nel patriziato
della Repubblica di Genova, ottenendo così il permesso di esercitare alcune
magistrature. In Liguria, tuttavia, Grimaldi ebbe modo di approfondire gli
aspetti tecnici, economici e sociali legati all'agricoltura il cui studio lo
spinse a viaggi in Francia, specie in Provenza, in Piemonte e in Svizzera. Si
interessò in particolare alla colture dell'ulivo e del gelso per l'allevamento
dei bachi da seta. Venne accolto fra l'altro nell'Accademia dei Georgofili, che
premiò una memoria, nella Società economica di Berna, un centro di cultura
fisiocratica, e nella Société royale d'agriculture di Parigi. Saggio di
economia campestre per la Calabria Ultra François Quesnay, maggior
rappresentante della fisiocrazia Frutto delle sue ricerche fu il Saggio di
economia campestre per la Calabria Ultra, esposizione di un piano che, partendo
dalle condizioni di arretratezza dell'economia calabrese del XVIII secolo,
secondo la dottrina fisiocratica, ne indica i mezzi atti a la trasformare
situazione economica della Calabria. All'epoca il settore produttivo più
importante era l'agricoltura in quanto i posti nell'industria erano pochi, le
alternative limitate all'edilizia, ai lavori pubblici e al settore terziario;
l'agricoltura era tuttavia quasi esclusivamente di sussistenza, e lo scarso
reddito determinava un esodo massivo dalle campagne. Per Grimaldi
l'ammodernamento dell'agricoltura e l'integrazione tra agricoltura e
allevamento erano le condizioni prime per avviare la produzione industriale e
il commercio. il successivo aumento del reddito agrario avrebbe dovuto essere
reinvestito nell'industria tessile e in quelle serica, lattiero-casearia e
olearia. La presenza di industrie avrebbe innescato un circolo virtuoso in
quanto avrebbe potuto richiamare un afflusso di capitali per la ristrutturazione
fondiaria e l'aumento delle dimensioni delle aziende agricole, con successiva
formazione e sviluppo di attività miste agricolo-manifatturiere, specialmente
alimentari, con impiego di mano d'opera locale. L'imprenditore
Vecchio frantojo ligure dismesso Attorno al 1770 Grimaldi si impegnò a tradurre
in pratica questi progetti, con l'aiuto finanziario del padre, impegnandosi nel
miglioramento della coltivazione degli olivi, chiamate dalla Liguria maestranze
e tecnici per creare a Seminara nuovi frantoi "alla genovese"; rese
poi pubblici i progetti e i risultati delle sue innovazioni con un'opera del
1773, edita nuovamente nel 1777 con una dedica a Beccadelli, marchese della
Sambuca. Si dedicò più tardi alla produzione della seta. Grimaldi, che inizialmente
intendeva assegnare l'ammodernamento dell'agricoltura all'iniziativa privata,
si rese conto che l'approccio utilizzato per l'ammodernamento dell'industria
olearia (in questo caso, introduzione in Calabria della lavorazione della seta
alla "piemontese") non sarebbe stato sufficiente nella lavorazione
della seta per ostacoli di natura fiscale nel regno di Napoli, ossia del dazio
sulla seta calabrese. Diede pertanto inizio a vivace polemica nei confronti dei
controlli oppressivi doganali e dei monopoli statali nei settori delle
manifatture e del commercio. Il politico Sir John Acton La
riflessione sull'influenza dello stato nel mercato della seta, diede avvio al
dibattito sul problema della libertà nel commercio internazionale, in particolare
nel commercio del grano che aveva assunto una notevole importanza dopo la
carestia del 1764. Una delle proposte più importanti di Domenico Grimaldi fu la
costituzione, nella Calabria Ultra, di società economiche concepite come centri
promotori il miglioramento della tecnica agraria; ma la proposta non trovò il
necessario sostegno né nei proprietari terrieri né nel clero. In seguito
allargò lo sguardo dalla Calabria Ultra all'intero Regno, proponendo di
svolgere un'attività conoscitiva sulla struttura economica del Regno mediante
la predisposizione di piani di visite alle province napoletane affidati a
ispettori di nomina regia, con proposte di azione sulle "cause
fisiche" dell'arretratezza, principalmente la mancanza di strutture per
l'irrigazione innanzitutto nelle Puglie, per le quali suggeriva il ricorso
anche al lavoro coatto. Gaetano Filangieri Grazie alla notorietà
raggiunta con i suoi saggi Grimaldi fu nominato dal primo ministro John Acton
assessore al neocostituito Supremo Consiglio delle Finanze assieme a
Filangieri, Palmieri, Delfico e Galanti. Il terremoto che causò gravi danni e
lutti alla famiglia Grimaldi. Grimaldi fu favorevole all'istituzione della
Cassa sacra, proponendo che ricostruzione fosse eseguita secondo un piano
pubblico che prevedesse iniziative strutturali per l'ammodernamento della
produzione agricola e industriale. Si adoperò per l'apertura a Reggio Calabria
di un istituto professionale nel quale si insegnasse "l'arte di tirar la
seta alla piemontese"; la scuola, diretta dal Grimaldi, ebbe un certo
successo, ma venne chiusa nel L'interruzione negli anni novanta dell'attività
riformatrice di Ferdinando IV di Napoli in seguito alla crisi collegata alla
rivoluzione francese comportò un atteggiamento di sospetto, da parte del
governo napoletano, nei confronti dell'intellettualità progressista. A Grimaldi
venne rifiutata la nomina, proposta dal Galanti, di presidente della
costituenda Società patriottica per la Calabria in quanto massone. Fu
addirittura arrestato, come gran parte dei massoni reggini (una cinquantina
circa) in seguito all'assassinio del governatore di Reggio, Giovanni Pinelli e
trasferito nel carcere di Messina dove si trovava alla nascita della Repubblica
Napoletana. Suo figlio Francescantonio aderì alla Repubblica Napoletana. Opere:
“Memoria diretta all'Accademia de' Gergofili da Genova sopra di una certa
specie di pianta pratense chiamata sulla” (Firenze); “Saggio di economia
campestre per la Calabria Ultra, Napoli: presso Vincenzo Orsini, 1770
Istruzione sulla nuova manifattura dell'olio introdotta nella Calabria, In
Napoli: presso Raffaele Lanciano); “Osservazioni economiche sopra la
manifattura e commercio delle sete del Regno di Napoli alle sue finanze,
scritte dal marchese Domenico Grimaldi; con alcune riflessioni critiche sopra
del Bando delle Sete” (Napoli: presso Giuseppe Maria Porcelli); “Piano di
riforma per la pubblica economia delle provincie del Regno di Napoli, e per
l'agricoltura delle Due Sicilie, scritto dal marchese d. Domenico Grimaldi” (Napoli:
presso Giuseppe Maria Porcelli librajo); “Piano per impiegare utilmente i
forzati, e col loro travaglio assicurare ed accrescere le raccolte del grano
nella Puglia, e nelle altre provincie del Regno scritto dal marchese d.
Domenico Grimaldi di Messimeri patrizio genovese” (Napoli: a spese di
Giuseppe-Maria Porcelli); “Memoria del marchese Domenico Grimaldi di Messimeri
patrizio genovese, diretta al supremo consiglio di finanze per lo
ristabilimento dell'industria olearia, e dell'agricoltura nelle Calabrie, ed
altre provincie del Regno di Napoli” (Napoli: presso Giuseppe-Maria Porcelli);
“Memoria sulla economia olearia antica e moderna e sull'antico frantoio da olio
trovato negli scavamenti di Stabia” (Napoli: nella Stamperia Reale); “Relazione
d'un disimpegno fatto nella Ulteriore Calabria con alcune osservazioni economiche
relative a quella provincial” (Napoli: Giuseppe Maria Porcelli). Franco Venturi
, Illuministi italiani, V: Riformatori
napoletani, Napoli : Ricciardi, Antonio Piromalli, La letteratura calabrese: Dalle
origini al posivitismo, Cosenza : LPE, Istruzioni
sulla nuova manifattura dell'olio introdotta nel Regno di Napoli dal marchese
Domenico Grimaldi di Messimeri patrizio genovese, socio ordinario, e
corrispondente dell'Accademia de' Georgofili di Firenze, della Società di
Agricoltura di Parigi, e di Berna, In Napoli : presso Vincenzo Orsini, a spese
di Giuseppe Maria Porcelli, Osservazioni economiche sopra la manifattura e
commercio delle sete del Regno di Napoli alle sue finanze, scritte dal marchese
Domenico Grimaldi, con alcune riflessioni critiche sopra del Bando delle Sete”
(Napoli : Porcelli); “Relazione d'un disimpegno fatto nella Ulteriore Calabria
con alcune osservazioni economiche relative a quella provincial” (Napoli : Porcelli);
“Piano di riforma per la pubblica economia delle provincie del Regno di Napoli,
e per l'agricoltura delle Due Sicilie, scritto dal marchese don Domenico
Grimaldi, Napoli : Porcelli); Piano per impiegare utilmente i forzati, e col
loro travaglio assicurare ed accrescere le raccolte del grano nella Puglia, e
nelle altre provincie del Regno scritto dal marchese don Domenico Grimaldi
di Messimeri patrizio genovese” (Napoli : Porcelli); “Relazione d'una scuola da
tirar la seta alla piemontese stabilita in Reggio per ordine di Sua Maestà,
sotto la direzione del M. Grimaldi, e l'approvazione del Vicario generale delle
Calabrie don Francesco Pignatelli” (Messina per Giuseppe di Stefano). L'opera
apparve anonima ed è attribuita a Domenico Grimaldi da Gaetano Melzi, Note
bibliografiche del fu D. Gaetano Melzi, edite per cura di un bibliofilo
milanese con altre notizie, H-R, Milano
: Tip. Bernardoni) Giuseppe Maria
Galanti, Giornale di viaggio in Calabria; introduzione di Luca Addante, Soveria
Mannelli : Rubbettino, A. Ubbidiente, Il pensiero e l'opera di Domenico e
Francescantonio Grimaldi. Testi di Laurea. Università degli Studi di Salerno,
Facoltà di Magistero. M.L. Perna, Dizionario Biografico degli Italiani, LIX, Roma: Istituto dell'Enciclopedia Italiana,
A. Basile, «Un illuminista calabrese: Domenico Grimaldi da Seminar»a, in:
Archivio Storico per la Calabria e la Lucania, Gaetano Cingari, Giacobini e
Sanfedisti in Calabria, Reggio Cal., "Casa del libro", Cesare
Morisani, Massoni e Giacobini a Reggio Calabria, Reggio Cal., F. Morello, Domenico Romeo, Alcune precisazioni su
Domenico Grimaldi: un riformatore Calabrese del '700, in "Historica",
Antonio Piromalli , L'attualità del pensiero e delle opere del marchese
Domenico Grimaldi, Cosenza: L. Pellegrini, Domenico Luciano , Domenico Grimaldi
e la Calabria, Salerno, Beniamino Carucci. Grimaldi, Domenico la voce nella
Treccani L'Enciclopedia Italiana. Domenico Grimaldi. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Grimaldi” – The Swimming-Pool Library.
GRIMALDI. (Seminara).
Filosofo. Grice: “Grimaldi for some reason did some deep research on cynicism –
a wonderful etymology, too!” -- Esponente dell'illuminismo. Fratello minore di
Domenico Grimaldi, filosofo. Nato in una famiglia aristocratica che faceva risalire
le proprie origini alla nota famiglia di Genova, dei principi di Monaco,
ricevette la prima educazione dal padre, il marchese Pio Grimaldi, un uomo
colto che aveva cominciato a introdurre criteri di conduzione innovativi nelle
sue proprietà terriere (peraltro non molto estese). Fu inviato a Napoli, dove
conobbe Genovesi. Comincia a interessarsi alle vicende culturali e politiche
della Repubblica di Genova: volle anch'egli essere iscritto fra i patrizi di
Genova, esprimendo la convinzione che l'aristocrazia genovese avrebbe dovuto
riprendere la funzione, svolta nei secoli precedenti, di classe dirigente della
Repubblica. Studia il diritto testamentario romano. Fu pertanto fautore del “fedecommesso”
istituzione risalente a Roma antica e prediletta dalla classe
aristocratica. Maestro venerabile della
loggia massonica di Genova. Partendo dalla filosofia romana, cerca di
analizzare l’interazione umana. Al di fuori della società l'uomo, in balia dei
"sentimenti fisici", diventerebbe “un vero bruto” – “como Romolo” --.
Tali riflessioni saranno approfondite nel "Saggio sull'ineguaglianza
umana”. Sostenne che, in natura, gli uomini non sono uguali e che le
differenze, sia fisiche che morali, ha origini soprattutto ambientali (per es.,
il clima, la diffusione delle malattie). La inter-azione non e uno stato di corruzione, ma lo stato
"naturale" dell'uomo. La struttura gerarchica dell'Ancien Régime era
giustificata dall'ineguaglianza degli uomini. L’ducazione non sarebbe riuscita
ad appianare tale disuguaglianza. Scrive gli Annali del Regno di Napoli. Fa una
Descrizione de' tremuoti accaduti nella Calabria. Altre opere: “De
successionibus legitimis in vrbe Neapolitana systema. Pars prima in qua ius
Graecum Neapolitanum vetus, & ius omne Romanum a 12 tabulis ad Iustinianum vsque
absolutissime expenditur” (Neapoli: ex typographia Simoniana); “Lettera sopra
la musica all'eccellentissimo signore Agostino Lomellini già doge della
serenissima repubblica di Genova (Napoli); “La vita di Ansaldo Grimaldi
patrizio genovese, illustrata con riflessioni politiche, e morali, e con una
brieve narrazione del governo politico della Repubblica di Genova dalla sua
origine” (Napoli: nella Stamperia Raimondiana); “La vita di Diogene Cinico” (Napoli:
nella stamperia di Vincenzo Mazzola-Vocola); “Riflessioni sopra l'ineguaglianza
fra gli uomini” (Napoli: presso Vincenzo Mazzola-Vocola, impressore di sua
maestà). (Franco Crispini, Vibo Valentia : Sistema Bibliotecario Vibonese)
Annali del Regno di Napoli dedicati a Ferdinando IV. re delle Due Sicilie.
Epoca I. Dal primo anno dell'edificazione di Roma sino alla fine del quarto
secolo dell'era cristiana., Napoli : presso Giuseppe-Maria Porcelli librajo); “Annali
del Regno di Napoli” -- Epoca II. Dall'anno 409. dell'era volgare, sino all'anno
1211, Napoli : presso Giuseppe-Maria Porcelli librajo); “Descrizione de'
tremuoti accaduti nelle Calabrie” (Napoli : presso Giuseppe-Maria Porcelli.
(Saverio Napolitano, Bordighera: Manago). La vita di Ansaldo Grimaldi patrizio
genovese, Napoli : Raimondiana, De
successionibus legitimis in urbe Neapolitana, Neapoli : Simoniana, Nico
Perrone, La Loggia della Philantropia. Un religioso danese a Napoli prima della
rivoluzione. Con la corrispondenza massonica e altri documenti, Palermo,
Sellerio, La vita di Diogene Cinico, Napoli : Mazzola-Vocola, Fulvio Tessitore,
«Francesco Antonio Grimaldi e l'ineguaglianza». In : Fulvio Tessitore, Nuovi
contributi alla storia e alla teoria dello storicismo, Roma : Edizioni di storia
e letteratura, M. A. Tallarico, «CESTARI (Cestaro), Giuseppe». In Roma :
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Franco Crispini, Appartenenze
illuministiche : i calabresi Francesco Saverio Salfi e Francesco Antonio
Grimaldi, Cosenza: Klipper, 2 M.L. Perna, Dizionario Biografico degli Italiani,
Roma: Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Giuseppe Boccanera, «Grimaldi
Francesc'Antonio». In: Emilio Amedeo De Tipaldo, Biografia degli italiani
illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo 18., e de' contemporanei,
compilata da letterati italiani di ogni provincia e pubblicata per cura del professore
Emilio De Tipaldo, Venezia : dalla
tipografia di Alvisopoli, Melchiorre Delfico, Elogio del marchese don
Francescantonio Grimaldi dei signori di Messimeri, patrizio di Genova e
assessore di Guerra e Marina, In Napoli : presso Vincenzo Orsino (ristampato in
Opere complete di Delfico, a cura dei professori Giacinto Pannella e Luigi
Savorini, ITeramo: Giovanni Fabbri0).
Roberto Ubbidiente, Il pensiero e l'opera di Domenico e Francescantonio
Grimaldi. Tesi di Laurea in Filosofia italiana. Università degli Studi di Salerno,
Facoltà di Magistero, Francescantonio
Grimaldi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Francescantonio Grimaldi. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Grimaldi:
implicatura ed inter-azione” – The Swimming-Pool Library.
GRUPPI. (Roma). Filosofo. Grice:
“Gruppi is an Italian philosopher; at Oxford, someone who writes only on
politics is not considered usually one!” -- Il concetto di egemonia in Gramsci
Incipit Antonio Gramsci è senza alcun dubbio quello che, tra i teorici del
marxismo, ha maggiormente insistito sul concetto di egemonia; e lo ha fatto in
modo particolare richiamandosi a Lenin. Anzi, direi che, se vogliamo vedere il
punto di contatto più costante, più scavato, di Gramsci con Lenin, questo mi
pare essere il concetto di egemonia. L'egemonia è il punto di approccio di
Gramsci con Lenin. Citazioni La scienza
si ha quando si supera il dato immediato, l'apparenza; si ha con un salto
dialettico. In tutte le analisi che Gramsci conduce, io trovo la presenza di un
filo rosso che le guida, presente in tutti i Quaderni. Luciano Gruppi, Il
concetto di egemonia in Gramsci, Editori Riuniti, Roma. Luciano Gruppi. Keyword:
egemonia della filosofia del linguaggio ordinario -- Refs.: Luigi Speranza:
Grice e Gruppi” – The Swimming-Pool Library.
GUASTELLA. (Misilmeri). Filosofo. Grice: “Guastella is an interesting
philosopher. A system-builder! He wrote on epistemology and metaphyusics in a
clear style.” Cosmo Guastella (Misilmeri), filosofo. Figlio di Vincenzo
farmacista e da Marianna Piazza, uno dei quattro figli della coppia, ancorché
di famiglia borghese non ebbe un'infanzia agiata. Sudia con l'ausilio di borse
di studio fino a laurearsi a Palermo. È ritenuto il capostipite del
fenomenismo. Insegna a Palermo. Opere: “La conoscenza”; “Metafisica”; e “Il fenomenismo”. Fonda la Biblioteca filosofica.
Dizionario Biografico degli Italiani, Dizionario di filosofia, openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Cosmo Guastella. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Guastella: tra fenomenismo e noumenismo” – The Swimming-Pool Library.
GUICCIARDINI. (Firenze).
Filosofo. Guicciardini. Grice: “Guicciardini is what I call an Italian classic;
some like Machiavelli, as Austin used to say, “but Guicciardini is MY
Renaissance man!” – Grice: “There are various topics of interest: the italian
of Machiavelli and Guicciardini in the development of a philosophical political
lexicon; there’s the trope of the centaur –‘all’ombra del centauro.’ – Pure
political philosophy of the type enjoyed by members of the Debating Union at
Oxford!” Terzogenito dei Guicciardini,
famiglia tra le più fedeli al governo mediceo. Dopo una prima formazione
umanistica in ambito familiare dedicata alla lettura dei grandi storici
dell'antichità (Senofonte, Tucidide, Livio, Tacito), studia a Firenze seguendo
le lezioni di Pepi. Soggiornò a Ferrara per poi trasferirsi a Padova per
seguire le lezioni di docenti di maggior importanza. Rientrato a Firenze,
esercita l'incarico di istituzioni di diritto civile. Nominato capitane dello
Spedale del Ceppo. Inizia la stesura delle Storie fiorentine e dei Ricordi.
Esattamente dieci anni prima, ossia con l'anno 1498, si chiudono quelle
Cronache forlivesi di Leone Cobelli che espongono le premesse degli avvenimenti
riguardanti Caterina Sforza e Cesare Borgia di cui Guicciardini si occupa,
nelle sue Storie, per i notevoli riflessi che hanno sulla politica fiorentina. In
occasione della guerra contro Pisa, venne chiamato a pratica dalla signoria,
ottenendo l'avvocatura del capitolo di Santa Liberata. Questi progressi
portarono il Guicciardini anche ad una rapida ascesa nella politica, ricevendo
dalla Repubblica Fiorentina l'incarico di ambasciatore presso Ferdinando il
Cattolico. Da questa sua esperienza nell'attività diplomatica nacque la
Relazione, e anche il "Discorso di Logrogno", un'opera di teoria
politica in cui Guicciardini sostiene una riforma in senso aristocratico della
Repubblica fiorentina. Fece parte degli Otto di Guardia e Balia ed entra a
far parte della signoria, divenendo, grazie ai suoi servigi resi ai Medici, avvocato
concistoriale e governatore di Modena, con la salita al soglio pontificio di
Giovanni de' Medici, col nome di Leone X. Il suo ruolo di primo piano nella
politica emiliano-romagnola si rinforza con la nomina a governatore di Reggio
Emilia e di Parma. Nominato commissario
generale dell'esercito pontificio, alleato di Carlo V contro i francesi,
matura quell'esperienza che sarebbe stata cruciale nella redazione dei suoi
Ricordi e della Storia d'Italia. Alla morte di Leone X, si trova a
contrastare l'assedio di Parma, argomento trattato nella Relazione della difesa
di Parma. Dopo l'assunzione al papato di Giulio de' Medici, col nome di
Clemente VII, venne inviato a governare la Romagna, una terra agitata dalle
lotte tra le famiglie più potenti. Diede ampio sfoggio delle sue notevoli
abilità diplomatiche. Per contrastare lo strapotere di Carlo V, propaganda
un'alleanza fra gli stati regionali allora presenti in Italia e la Francia, in
modo da salvaguardare in un certo qual modo l'indipendenza della penisola.
L'accordo fu sottoscritto a Cognac, ma si rivelò ben presto fallimentare; di
questo periodo è il Dialogo del reggimento di Firenze, in cui si ripropone il
modello della repubblica aristocratica. La Lega subì una cocente disfatta e
Roma fu messa al sacco dai Lanzichenecchi, mentre a Firenze veniva instaurata la
repubblica. Coinvolto in queste vicissitudini, e visto con diffidenza dai
repubblicani per i suoi trascorsi medicei, si ritira nella villa Guicciardini di
Finocchieto, nei pressi di Firenze. Qui compose due orazioni, l'Oratio
accusatoria e la defensoria, ed una Lettera Consolatoria, che segue il modello
dell'oratio ficta, nella quale espose le accuse imputabili alla sua condotta
con le adeguate confutazioni, e finse di ricevere consolazioni da un amico. Scrisse
le Considerazioni intorno ai "Discorsi" del Machiavelli "sopra
la prima deca di Livio", in cui accese una polemica nei confronti della
mentalità pessimistica dell'illustre concittadino. Completa anche la redazione
definitiva dei Ricordi. Lasce Firenze e ritorna a Roma, per rimettersi di
nuovo al servizio di Clemente VII, che gli offrì l'incarico di diplomatico a
Bologna. Dopo il rientro dei Medici a Firenze, fu accolto alla corte medicea
come consigliere del duca Alessandro e scrisse i Discorsi del modo di riformare
lo stato dopo la caduta della Repubblica e di assicurarlo al duca Alessandro. Non
fu tenuto tuttavia in altrettanta considerazione dal successore di Alessandro,
Cosimo I, che lo lascia in disparte. Si ritira nella sua villa Guicciardini di
Santa Margherita in Montici ad Arcetri. Rriordina i Ricordi politici e civili,
raccolse i suoi Discorsi politici e scrisse la “Storia d'Italia. Morì ad
Arcetri, quando da circa due anni si era ormai ritirato a vita privata. Guicciardini
è noto soprattutto per la Storia d'Italia, vasto e dettagliato affresco delle
vicende italiane tra l’anno della discesa in italia del Re francese Carlo VIII e
il anno della morte di Papa Clemente VII. -- è un monumento al ceto italiano e
più specificamente alla scuola fiorentina di filosofi di cui fecero parte anche
Machiavelli, Segni, Pitti, Nardi, Varchi, Vettori e Giannotti. L'opera
districa la rete attorcigliata della politica degli stati italiani del
Rinascimento con pazienza ed intuito. L'autore volutamente si pone come
spettatore imparziale, come critico freddo e curioso, raggiungendo risultati
eccellenti come analista e filosofo (anche se più debole è la comprensione
delle forze in gioco nel più vasto quadro europeo). Guicciardini è l'uomo
dei programmi che mutano "per la varietà delle circunstanze" per cui
al saggio è richiesta la discrezione (Ricordi), ovvero la capacità di percepire
"con buono e perspicace occhio" tutti gli elementi da cui si
determina la varietà delle circostanze. La realtà non è quindi costituita da
leggi universali immutabili come per Machiavelli. Altro concetto saliente del
pensiero guicciardiniano è il particulare (Ricordi) a cui si deve attenere il
saggio, cioè il proprio interesse inteso nel suo significato più nobile come
realizzazione piena della propria intelligenza e della propria capacità di
agire a favore di se stesso e dello stato. In altre parole, il particulare non
va inteso ego-isticamente, come un invito a prendere in considerazione
solamente l'interesse personale, ma come un invito a considerare
pragmaticamente quanto ognuno può effettivamente realizzare nella specifica
situazione in cui si trova (dottrina che collima con quello di Machiavelli).
In netta polemica, Pitti scrisse l'opuscolo Apologia dei Cappucci, a difesa della
fazione dei democratici. E considerato il progenitore della storiografia
moderna, per il suo pionieristico impiego di documenti ufficiali a fini di
verifica della sua Storia d'Italia. La reputazione di Guicciardini poggia
sulla Storia d'Italia e su alcuni estratti dai suoi aforismi. I suoi
discendenti aprirono gli archivi di famiglia e diedero incarico a Canestrini di
pubblicare le sue memorie. Furono pubblicati i suoi Carteggi, che contribuirono
ad un'accurata conoscenza della sua personalità. «L’angolo di prospettiva
dal quale si prese a considerare, nella prima metà del secolo XVII,
l’opera guicciardiniana, la posizione di questa nel giudizio dei lettori
secenteschi, sono bene indicati da uno spirito acuto dell’epoca, A. G. Brignole
Sale. “Quindi non per altro, a mio giudizio, porta pregio il Guicciardini sopra
il Giovio, sol che questi, qual pittor gentile, de’ soggetti ch’egli ha per le
mani colorisce agli occhi altrui con vivacissimi ritratti, senza inviscerarsi,
la superficie, quegli per contrario, qual esperto notomista, trascurando anzi
dilacerando la vaghezza della pelle, vien con l’acutezza della sua sagacità
fino a mostrarci il cuore e il cervello de’ famosi personaggi ben penetrato.” All’affiatamento
con lo spirito dell’opera guicciardiniana si accompagnò, sul piano letterario,
una migliore intelligenza del suo stile, di cui si cominciò ad ammirare,
superando le pedanti riserve linguistiche, la scorrevolezza, l’intima misura e
precisione pur nel tono sostenuto. Tuttavia, proprio dal più accreditato
esponente letterario del tacitismo, Boccalini, fu formulato un giudizio tra i
meno benevoli alla Storia.» Il giudizio di Francesco De Sanctis
Copertina di un'antica edizione della Storia d'Italia Francesco De Sanctis non
ebbe simpatia per Guicciardini ed infatti non nascose di apprezzare
maggiormente il Machiavelli. Nella sua Storia della letteratura italiana il
critico irpino mise in evidenza come Guicciardini fosse, sì, in linea con le aspirazioni
di Machiavelli, ma se il secondo agì in linea con i suoi ideali, il primo
invece "non metterebbe un dito a realizzarli". De Sanctis affirma:“Il
dio del Guicciardini è il suo particolare.” “Ed è un dio non meno assorbente
che il Dio degli ascetici, o lo stato del Machiavelli.” “Tutti gli ideali
scompaiono.” “Ogni vincolo religioso, morale, politico, che tiene insieme un
popolo, è spezzato.” “Non rimane sulla scena del mondo che l'INDIVIDUO.” “Ciascuno
per sé, verso e contro tutti.” “Questo non è più corruzione, contro la quale si
gridi: è saviezza, è dottrina predicata e inculcata, è l'arte della vita”. E
poco più in basso aggiunse. “Questa base intellettuale è quella medesima del
Machiavelli, l'esperienza e l'osservazione, il fatto e lo «speculare» o
l'osservare. Né altro è il sistema. Guicciardini nega tutto quello che il
Machiavelli nega, e in forma anche più recisa, e ammette quello che è più
logico e più conseguente. Poiché la base è il mondo com'è, crede un'illusione a
volerlo riformare, e volergli dare le gambe di cavallo, quando esso le ha di
asino, e lo piglia com'è e vi si acconcia, e ne fa la sua regola e il suo
istrumento". Nel Romanticismo, la mancanza di evidenti passioni per
l'oggetto dell'opera era infatti vista come un grave difetto, nei confronti sia
del lettore che dell'arte letteraria. A ciò si aggiunga che Guicciardini vale
più come analista e filosofo che come scrittore. Lo stile è infatti prolisso,
preciso a prezzo di circonlocuzioni e di perdita del senso generale della
narrazione. "Qualsiasi oggetto egli tocchi, giace già cadavere sul tavolo
delle autopsie". Altre opera: Scritti autobiografici e rari
(Laterza), Storie fiorentine; Discorso di Logrogno, Considerazioni sui Discorsi
del Machiavelli, Ricordi politici e civili Dialogo del Reggimento di Firenze, Storia
d'Italia, Scritti sopra la politica di Clemente VII dopo la battaglia di Pavia
(Firenze, Olschki); Le cose fiorentine, R. Ridolfi , Firenze, Olschki, Carteggi,
presso Zanichelli, Bologna; presso Istituto per gli studi di politica, Firenze;
presso Istituto storico italiano, Roma; presso G. Ricci, Roma. "Donna di
grandissimo animo e molto virile", secondo il Guicciardini (Storie
fiorentine). Natalino Sapegno, Compendio
di storia della letteratura italiana, La Nuova Italia, Firenze, A. G.
BRIGNOLE-SALE, Tacito abburatato, Genova, «Or chi non vedescriveva il
Tassoniche questo è uno stil maestoso e nobile, quale appunto conviensi alla
grandezza delle cose proposte e alla prudenza politica dell’Istorico che le
tratta? e che non ostante i periodi sien tutti numerosi e sostenuti, per esser
ben collocate le parole fra loro, e però l’ordine, e ’l senso facile e piano in
maniera che ’l lettore non trova scabrosità né intoppi, come nello stil di Villani,
che va saltellando e intoppando a ogni passo etc... ». A. TASSONI, Pensieri
diversi, Venezia, Il legame del pensiero
politico tassoniano con quello di Guicciardini (incluso, a differenza del
Machiavelli, tra gli storici della «prima schiera» con Comines e Giovio, ossia
considerato pari agli antichi; v. Pensieri) e del Machiavelli è noto: i due
fiorentini, come dice il Fassò, furono «i due poli» a cui si volse la sua
riflessione politica. (Introduz. a TASSONI, Opere, Milano-Roma, T. BOCCALINI, Ragguagli di Parnaso e Pietra
del paragone politico, I, Bari, Walter
Binni, I classici italiani nella storia della critica: Da Dante al Marino,
Nuova Italia, Testi Dialogo e discorsi del reggimento di Firenze, Bari, Gius.
Laterza & Figli, Historia di Italia, Pisa, presso Niccolò Capurro; Historia
di Italia. Libri, In Venetia, appresso
Giorgio Angelieri, Guicciardini, Scritti autobiografici e rari, Bari, G.
Laterza e Figli, Guicciardini, Scritti
politici, Bari, G. Laterza, Storia d'Italia, 1, Bari, G. Laterza, Storia d'Italia, Bari, G. Laterza, Storia d'Italia, Bari, G. Laterza, Storia d'Italia, Bari, G. Laterza, Storia d'Italia, Bari, G. Laterza, Storie fiorentine, Bari, G.
Laterza, Studi R. Ridolfi, 'Vita', Milano, Rusconi Treves, Il realismo
politico, Firenze, R. Ramat, Guicciardini e la tragedia d'Italia, Firenze, V.
De Caprariis, Guicciardini. Dalla politica alla storia, Napoli, (ristampa
Bologna, G. Sasso, Per Francesco Guicciardini. Quattro studi, Roma, E.
Cutinelli-Rèndina, Guicciardini, Roma, Famiglia Guicciardini. TreccaniEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario di storia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, . Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Liber
Liber. openMLOL, Horizons Propositioni, overo Considerationi in materia di cose
di Stato, sotto titolo di Avvertimenti, Avvedimenti Civili, & Concetti
Politici di Guicciardinii, Lottini, Sansovini, Venezia, Presso Altobello
Salicato, Opere illustrate da Giuseppe Canestrini, Firenze, Barbera, Bianchi e
Comp.,Bari, Gius. Laterza & figli,/biblioteca italiana/indice. Francesco
Guicciardini. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Guicciardini: l’implicatura
particolarizzata” – The Swimming-Pool Library.
GUZZI. (Roma). Filosofo. Grice:
“Myy favourite is his dictionary of the unheard tongue – with a foreword like
sounds like Blair on newspeak!” -- Marco Guzzi (Roma), filosofo. Studia al
Liceo classico statale Giulio Cesare. Direttore dei seminari del Centro studi Eugenio
Montale. La poetica di Guzzi, fin dall'inizio, si è concepita come
un'esperienza spirituale, una ricerca di stati più dilatati della coscienza,
sulla scia della linea che da Hölderlin, e attraverso Rimbaud, arriva fino al
nostro migliore ermetismo. La ricerca teoretica di Guzzi ha affrontato, in
particolare nel saggio filosofico La svolta, significativamente sottotitolato
"La fine della storia e la via del ritorno", il tema del cambiamento
epocale che a suo avviso l'uomo è chiamato a conoscere e riconoscere, dentro e
fuori di sé. Opere: Raccolte di poesia Anima in vetrina, Il Giorno, Scheiwiller, Teatro Cattolico,
Jaca Book, Figure dell'ira e dell'indulgenza, Jaca Book, Preparativi alla vita terrena, Passigli, Nella
mia storia Dio, Passigli, Parole per nascere, Edizioni Paoline, Saggi di filosofia e di religione La Svolta,
Jaca Book, Rivolgimenti, Marietti, L'Uomo Nascente, Red, Passaggi di millennio,
Edizioni Paoline, L'Ordine del Giorno, Edizioni Paoline, Cristo e la nuova era,
Edizioni Paoline, La profezia dei poeti, Moretti e Vitali, Darsi pace, Edizioni
Paoline, La nuova umanità, Edizioni Paoline, Per donarsi, Edizioni Paoline, Yoga
e preghiera cristiana, Edizioni Paoline, Dalla fine all'inizio, Edizioni
Paoline, Dodici parole per ricominciare,
Ancora Il cuore a nudo, Edizioni
Paoline, Buone Notizie, Ed.
Messaggero Imparare ad amare, Edizioni
Paoline L'Insurrezione dell'umanità
nascente, Edizioni Paoline, Fede e
Rivoluzione, Edizioni Paoline Il profilo
dell'Uomo di Dio, Edizioni Paoline Alla
ricerca del continente della gioia, Edizioni Paoline “Dizionario della lingua inaudita” Lingua e
Rivoluzione, Edizioni Paoline. Marco Guzzi. Grice: “Guzzi plays with ‘lingua
inaudita’ – literally ‘unheard of’ – but ultra-literally turns his dictionary
into a magical oxymoron! Keywords: lingua inaudita, lingua audita. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Guzzi”
GUZZO. (Napoli). Filosofo. Grice: “I admire Guzzo; he founded
‘Filosofia,’ a philosophy magazine and led a school at Torino, but he selected
‘pagine di filosofi per i giovani italiani.’ He wrote interesting essays on
“Gli hegeliani d’Italia” and Croce versus Gentile – a very systematic
philosopher. The logo of his revista shows Oedipus and thes sphynx – that says
it all!” Si
laurea a Napoli, dove fu allievo di Maturi. Insegna a Torino e Pisa. Fonda
"Erma”. Esponente dell'idealismo, si avvicinò all'attualismo di Gentile. È
considerato quindi uno dei più grandi esponenti dello spiritualismo. Opere:
“Spinoza”; “Kant”; “Verità e realtà. Apologia dell'idealismo”; “Idealisti ed
empiristi”; “Aquino”, “Bruno”; “Storia della filosofia”, “L'uomo” (Brescia, Morcelliana);
“L'io e la ragione”; “Moralità”; “Scienza”; “Arte”; “Religione; “Filosofia” – Pietro
Fernando Quarta, “Guzzo e la sua scuola, Urbino, Argalìa; Dizionario Biografico
degli Italiani, Treccan. Augusto Guzzo. Keywords: il Vico di Guzzo, il Galluppi
di Guzzo -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Guzzo: tra idealismo ed empirismo”
Gronda Hösle. (Milano).
Filosofo. Grice:
“I like Hösle – for one, he helped me understand Vico
when stating that what Vico is after is a ‘science of the inter-subjective
world;’ since I’m also into that I suppose I am Vico!” – Figlio di Johannes
Hösle, direttore del Goethe Institut, e Carla Gronda –, vero «enfant prodige»
della filosofia, precoce e profondo conoscitore delle lingue antiche (greco,
latino, sanscrito, ma anche pali e avestico) e di numerose lingue occidentali
(ne parla sette ed è in grado di leggerne dodici). Si laura con la tesi “Verità
e storia: uno studio sulla struttura della storia della filosofia sulla base di
un'analisi paradigmatica dell'evoluzione da Parmenide di Velia a Platone” (Milano,
Guerini e Associati, A. Tassi, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici,
Hegeliana). Alla «scoperta» di Hösle contribuì in modo determinante l'Istituto
Italiano per gli Studi Filosofici, che lo chiamò a Napoli. Imposta in maniera
originale il problema dei rapporti tra dimensione sistematica (unita
latitudinale) e dimensione storica (unita longitudinale) della filosofia,
analizzando lo sviluppo da Parmenide di Velia a Platone. In “Il
compimento della tragedia nell'opera tarda di Sofocle: un’osservazione
storico-estetica” (A. Gargano, Napoli, Bibliopolis, Memorie dell’Istituto
Italiano per gli Studi Filosofici) combina l'approccio estetico con l'approccio
filosofico, cerca di individuare una logica di sviluppo nella storia della
tragedia e, in contrasto con l'approccio consueto, considera Sofocle come il
compimento sintetico di questa storia. Il pensiero fondamentale espresso
nell'opera tarda di Sofocle è sintesi dei principi che sono alla base dell'arte
di Eschilo e di Euripide, principi che vengono fatti valere insieme da Sofocle
e così portati alla loro verità". Alievo di Toth, si occupa anche
del problema della matematica in Platone (“ I fondamenti dell'aritmetica e
della geometria in Platone” – Milano, tr. E. Cattanei, Vita e pensiero). In “Interpretare
Platone” (Milano, Guerini e Associati, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici),
e in “Il dialogo filosofico. Poetica di
un genere” analizza il genere del dialogo mettendo in connessione il punto di
vista filosofico con il punto di vista letterario. Al problema della tragedia è
dedicato “La gerarchia dei tragici). A Napoli tenne una serie di seminari
sull'idealismo (“Lo Stato in Hegel”, La città del Sole). La riflessione sull'idealimo
si sviluppa in stretta connessione colla "fondazione ultima riflessiva"
e con la soluzione fornita a tale problema dalla pragmatica trascendentale.
L'unica alternativa consistente al relativismo scettico, dominante nel panorama
della filosofia contemporanea ed assurto oggi ad una sorta di principio
dell'opinione pubblica, consiste nell'impostazione riflessiva presente negli
idealisti, che è necessario sviluppare. Alla “pragmatica” trascendentale va
riconosciuto il merito di aver riproposto la "fondazione ultima
riflessiva". Tale fondazione va ripensata nella sua portata ontologica, superando
il formalismo nella direzione di una formulazione ri-elaborata dell'idealismo
(“La fondazione dell'idealismo” – Milano, Guerini e Associati, Istituto
Italiano per gli Studi Filosofici, Hegeliana). Della pragmatica trascendentale,
in relazione al problema di questa “fondazione ultima riflessiva” Hösle torna in
“La crisi della contemporaneità e la responsabilità della filosofia”. Apel
viene analizzato all'interno delle più importanti tendenze della filosofia
contemporanea, viene esposta in modo dettagliato la "prova" della
fondazione ultima riflessiva ("prova apagogica") e vengono discussi
questioni relative al linguaggio privato, alla controversia “spiegare-comprendere
e alla fondazione dell'etica. Cura “La Scienza nuova” di Vico, compito
affidatogli dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. La cura è preceduta
da “Introduzione a Vico: l’inter-soggetivo” (Milano, Guerini, Istittuo Italiano
per gli Studi Filosofici). -- una
introduzione filologica e teoretica in cui Hösle illustra il significato della
concezione vichiana per una teoria delle scienze della cultura filosoficamente
fondata. La rilessione culmina nella ri-formulazione dell'idealismo:
“L’intersoggettivo” (Napoli, La Scuola di Pitagora). Sostiene che l'aporia di
Hegel consiste nell'aver tras-curato l’inter-soggetivo nella logica, la parte
fondativa del Sistema. Qesta lacuna comporta un grave squilibrio nella
struttura complessiva del sistema, in particolare, nel concetto dello spirito
oggettivo e nel concetto dello spirito assoluto, che restano scoperte sul piano
logico, senza un co-rispettivo categoriale in grado di fondare la struttura inter-soggettiva
di cui trattano. Questa aporia è alla radice di sub-aporie come, ad esempio,
l'appiattimento del “dover-essere” sull'”essere” con la conseguente visione
passatista e la questione della conclusione del sistema. Cerca di mostrare come
l'idea fondamentale dell'idealismo sia indispensabile sia per fondare in modo
rigoroso il“discorso” sia per superare la scissione tra scienze della natura e
scienze dello spirito che caratterizza in modo aporetico il pensiero moderno e
contemporaneo, promossa dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e per "La
scuola di Pitagora", è uscita una Postfazione. Sposta la sua
riflessione dalla "filosofia prima" alla "filosofia
seconda", occupandosi di problemi morali e politici, tra cui ha un posto
di rilievo la questione dell'ecologia (“Filosofia della crisi ecologica” –
Torino, Einaudi). I suoi studi delle moderne scienze sociali, politologia ed
economia soprattutto, sono poi confluiti “Morale e politica. Fondamento di
un'etica politica”. Vanno ricordati, innanzi tutto, i lavori sul significato
filosofico della teoria dell'evoluzione (“Portata e limiti della teoria evoluzionistica
della conoscenza” – Napoli, La Città del Sole). Altre opera: “Aristotele e il
dinosauro” (Torino, Einaudi); “Sulla comicità” a riprova del costante interesse
nutrito per le forme d'arte, come il teatro e il cinema, in cui l'inter-soggettività
-- la categoria centrale della sua riflessione -- gioca un ruolo
determinante. “Il concetto di filosofia della religione” (Napoli, "La
Scuola di Pitagora"); “La legittimità del politico” (Milano, Guerini e
Associati, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici); “Per una lettura non riduttiva
di Platone” (Napoli , La scuola di Pitagora). Vittorio Gronda Hösle. Keywords:
“L’inter-soggetivo di Vico” “filosofia prima” “filosofia seconda”. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Hösle: l’implicatura di Vico.”
IACONO. (Girgenti). Filosofo. Grice:
“I love Iacono; for one, he has taken Marx’s chapter on cooperation in Das
Kapital seriously; but as he notes, Marx subverts the order, the symbolic
interaction becomes a super-structure! Iacono recognises the perplexities of
shared intentionality, and finds ways to deal with them conceptually –Insegna a
Pisa. Fra i filosofi che si sono interessati ai rapporti storici e teorici
della filosofia con l’antropologia e la politica. Si occupa di epistemologia
della complessità (“L'evento e l'osservatore”, Bergamo). Fonda “Ichnos,” Laboratorio
filosofico sulla complessità. La sua ricerca mostra un costante confronto con
la filosofia antica: al riguardo, si dedica all’analisi di nozioni quali
feticismo, paura e meraviglia, e all'indagine epistemologica sul tema
dell'osservatore. Tali ricerche gravitano attorno ad una riflessione sul tema
dell'”altro” nelle relazioni storico-sociali e politiche: da qui i saggi sulle
triadi concettuali autonomia, potere, minorità e storia, verità,
finzione. Ne “Il borghese e il selvaggio” analizza l'influenza la figura
di Robinson Crusoe nei paradigmi filosofico-economici di Turgot e Adam Smith
rilevando gli elementi di antropologia occidentalista là dove la
rappresentazione teorica della società e della storia si mostrava nei suoi
aspetti apparentemente semplici, ovvi e trasparenti tali da nascondere con
l'evidenza i presupposti del punto di vista coloniale. In “Il feticismo” (Milano)
studia la genealogia del concetto dalla sua origine nell'illuminista Charles de
Brosses fino a Marx, a Freud e al pensiero contemporaneo, ha contribuito, sul
piano metodologico, all'idea di una storia della filosofia interpretata
attraverso concetti e, sul piano interpretativo, alla messa in evidenza dei
mutamenti semantici del concetto di “fetice”, di origine coloniale che si è
trasformato con Marx e con Freud in due modi di operare, rispettivamente sul
mondo storico-sociale e sul mondo della psiche, basati sulla pratica teorica di
un'antropologia dall'interno. Le fétichisme. In “Paura e meraviglia: storie
filosofiche” (Catanzaro) i temi storiografici dell'illuminismo e del fetice vengono
ripresi e ridiscussi alla luce del pensiero contemporaneo. Il problema
filosofico e politico dell'antropologia dall'interno è stato sviluppato
attraverso la questione epistemologica dell'osservatore. Influenzato da Marx,
ma anche da Foucault e da Bateson, analizza le teorie della storia di Bossuet,
Vico e Droysen attraverso il tema del ruolo dell'osservatore che interpreta gli
eventi sociali e naturali nella loro storicità. Interessato alle teorie
contemporanee dell'”auto-organizzazione” biologica (Atlan, Maturana, Varela), cercato
di reinterpretare il senso epistemologico della storia, la parzialità dei punti
di vista impliciti dell'osservatore e delle sue visioni del mondo, la questione
dell'altro, il rapporto tra scienze storico-sociali e scienze naturali, alla
luce del concetto di complessità. In questa chiave, in “Tra individui e cose”
(Roma) raccoglie i risultati di ricerche che, all'interno dei rapporti fra
filosofia, antropologia e politica, si interrogava attraverso Bateson sull'idea
del ‘pensare per storie' come momento metodologico e critico di un'antropologia
dall'interno in una società come quella occidentale moderna dove le cose si
sostituiscono feticisticamente agli uomini e il conformismo si mostra
incessantemente e paradossalmente come l'irrompere del nuovo. Il problema
della critica sociale e dell'autonomia individuale come decisivo in una società
occidentale che domina il mondo dichiarandosi libera e democratica è al centro
di “Autonomia, potere, minorità” (Milano). Partendo dallo scritto di Kant “Che
cos'è l'Illuminismo?, Iacono si chiede perché in una società istituzionalmente
‘libera' e ‘democratica', all'indomani della fine dei regimi socialisti, il
desiderio di uscire dallo stato di minorità non riesce a vincere il
contrastante desiderio di rimanere nello stato di minorità, perché in sostanza
è così forte la paura di essere autonomi. La questione dell'autonomia lo
ha portato a interessarsi ai temi della verità, dell'illusione e dell'inganno.
Per un'antropologia dall'interno occorre vedere con altri occhi e per vedere
con altri occhi è necessario acquisire uno sguardo d'altrove. I temi
dell'universalismo e della questione dell'altro sono discussi in quest'ottica
in “Storia, verità, finzione” (Roma). La meraviglia che connota il tono emotivo
della conoscenza filosofica deve passare attraverso lo straniamento: essere
straniero a te stesso affinché l'altro non sia straniero a te. L'autonomia può
realizzarsi soltanto nella relazione con l'altro e non, come se l'è immaginato
il pensiero moderno, recidendo ogni legame per poi andarlo a costituire da
padroni. Ma un'antropologia dall'interno è continuamente in tensione con un
senso comune che, conservando le verità condivise ovvero i pregiudizi, tende a
mostrarle come ovvie, naturali, eterne, uniche, a renderle dunque salde e
indiscutibili. Ci si dimentica allora che viviamo in molti mondi, in mondi
intermedi (“Mondi intermedi e complessità” -- Pisa), e che siamo capaci, con la
coda dell'occhio, di percepire sempre un mondo altro da quello in cui siamo
immersi. Perdendo questa percezione perdiamo la nostra capacità di uscire da
noi stessi e dunque la facoltà di essere autonomi. L'illusione, attraverso cui
ci si approssima alla verità, che è consapevolezza critica di un'illusione
stessa (Nietzsche, Pirandello), si trasforma in inganno e in auto-inganno,
sulle cui basi si produce il rischio della costituzione delle regole del
consenso, in una società libera ma senza autonomia. Un'altra direzione di studi
riguarda le genealogie dell'immagine della finestra e del concetto
di illusione nella storia del pensiero occidentale. In quest'ambito di
riflessione Iacono realizza Con altri occhi. Iacono dirige il bimestrale
di politica e cultura Il Grandevetro. Ha collaborato per anni al quotidiano il
manifesto. Fa parte del Comitato scientifico della Scuola di formazione e
ricerca sui conflitti Polemos. Fa parte del comitato scientifico della
Fondazione Collegio San Carlo di Modena. Ha laureato molti studenti al
polo universitario universitario penitenziario della casa circondariale Don
Bosco di Pisa e tuttora collabora a progetti e iniziative per un'effettiva
opera di recupero del detenuto che sconta la pena. Altre opera: L'illusione
e il sostituto. Riprodurre, imitare, rappresentare” (Bruno Mondadori, Milano);
“Il sogno di una copia. Del doppio, del dubbio, della malinconia” (Guerini
Scientifica, Milano); “Storie di mondi intermedi” (Edizioni ETS, Pisa); “Marx.
La cooperazione, l'individuo sociale, le merci, Edizioni ETS, Pisa); Filosofia
alle elementari”; “Le domande sono ciliegie, Manifestolibri, Roma, Per mari
aperti. Viaggi tra filosofia e poesia nelle scuole elementari, Roma); Filosofia
alle scuole superiori”; “La giustizia è l'utile del più forte? Incontro con gli
studenti del Liceo classico «Empedocle» di Agrigento, Pisa; Ra Racconti
L'accelerato, in Favolare Antonia Casini e Giovanni Vannozzi, MdS editore,
Pisa, La scelta, in Gabbie, Michele
Bulzomì, Antonia Casini, Giovanni Vannozzi, MdS editore, Pisa PSYCHOMEDIA JOURNAL OF EUROPEAN
PSYCHOANALYSIS. Alfonso Maurizio Iacono. Keyword: feticismo conversazionale. Il
Vico di Iacono. Il Pirandello di Iacono. Luigi Speranza, “Grice ed Iacono:
l’implicatura dell’intermezzo” – The Swimming-Pool Library.
ILLUMINATI. (Roma). Filosofo. Grice: “I like Illuminati, especially his essay on Rousseay,
between solipsism and conversation!” -- La città e il desiderio. Viene meno un
modo di fare in cui la soggettività potente si appropria il mondo subordinando
le altre potenze soggettive e realizza la sua essenza destinale mediante
adeguati meccanismi di rappresentazione e manipolazione tecnica. ( 108-109)
Come utilizzare regole pubblicamente valide senza colpevolizzare e controllare
dall'altro le forme di vita degli uomini è precisamente l'antinomia della
cittadinanza. La politicizzazione di sfere inabituali va insieme alla
diserzione di istituzioni sclerotiche. Una ricaduta pratica ne è l'integrazione
delle strutture rappresentative con nuove lobbies o la richiesta di quote per
minoranze Nel lasciar-essere che si contrappone alla tracotanza istituzionale
convivono cosi l'ancora-non-rappresentato che cerca lobbisticamente
rappresentazione, e rifiuto radicare di rappresentazione. Augusto Illuminati.
INCARDONA. (Roma). Filosofo.Grice: “I like Incardona; for one, he gave seminars on ‘la
costanza dell’io,’ as I did! Second, he used Greek freely, as I do! Third, he
is slightly incomprehensible, as I am SAID to be!” Insegna a Palermo. Studia nel
Liceo classico Ruggero Settimo. Direttore del Giornale di Metafisica, fondato
da Sciacca. La tematica fondamentale di Incardona è la "filosofia del
principio", un percorso nella storia della filosofia sul volto
all'interrogazione riguardo al fondamento e all'archè. Le due categorie
concettuali attraverso cui legge la storia della filosofia sono l'arcaicità,
identificata con Aristotele, e l'arcaismo, identificato con Hegel. Aristotele
ed Hegel sono infatti nella filosofia del principio le due porte, l'inizio e la
fine, l'elemento e il compimento della filosofia. Il percorso della filosofia e
un percorso aporetico, in cui la dialettica assume l'aspetto di un dialogo
senza soluzione fra tensione naturale alla conoscenza e fallimento destinale
dell'impresa conoscitiva. Ha influenza che nel campo dell'ermeneutica. Il suo contributo
determinante è stata la sua riflessione non scettica ma aporetica sull'archè. La
questione aristotelica del ‘principio’ (ontologico ed epistemologico, di non
contraddizione e teologico come Dio) viene colta ed elevata da questione logica
a questione esistenziale. Compagni di strada naturali, sebbene fortemente criticati
da Incardona, sono, in questa sorta di teologia negativa, Derrida e Heidegger.
In essi è infatti rintracciabile la tematica privativa e mistico-antirazionale
del rapporto con l'assoluto. L'unica cosa che si può dire dell'assoluto è che
esso non è alla nostra portata, esso nasconde al filosofo il volto come
all'esule è nascosta la patria. Sebbene veda nella filosofia post-hegeliana una
sorta di "pleonasmo" che non ha più alcuna utilità nella società
contemporanea (antifilosofia), sembra che le sue intuizioni più originali e più
feconde nascano proprio da una rielaborazione personale delle tematiche
ermeneutiche di Heidegger. Opere:
Idealismo della filosofia ed esperienza storica” (L'Epos, Palermo); “Idealismo
tedesco e neo-idealismo italiano, L'Epos, Palermo); “Gli inferi del principio.
Interrogazione e invocazione” (L'Epos, Palermo); “Karpòs” (L'Epos,
Palermo); “Meditatio in curriculo
mortis” (L'Epos, Palermo); “Kéntron, L'Epos, Palermo); "L'inclusione
dell’altro. Profilo di Giuseppe Nicolaci", Epekeina. International Journal
of Ontology, History and Critics. Nunzio Incardona. Keyword: principio,
principio conversazionale, arcaismo, arcaico, arcaita – principium – imperative
– Kant – Hegel – Aristotle --.
INFANTINO. (Gioia Tauro). Filosofo. Grice:
“I like Infantino: for one, he prefaced an essay on ‘the perils of solidarity,’
which is all my conversational pragmatics is about!” Insegna a Roma. La sua
filosofia si svolge infatti nel solco tracciato da Hayek che coniuga le acquisizioni di
Mandeville e dei moralisti scozzesi con quelle della Scuola Austriaca di
Economia. Cura Menger, Boehm-Bawerk, Mises e Hayek. Pubblica “L’ordine
senza piano: le ragioni dell’individualismo metodologico” (Roma, NIS) “Ignoranza
e libertà” (Soveria Manneli, Rubbetino); “Individualismo, mercato e storia
delle idee”; “Potere. La dimensione politica dell’azione umana” (Soveria
Manneli, Rubbettino). Vede nelle conseguenze inintenzionali delle azioni umane
intenzionali l’oggetto delle scienze sociali, che vengono in tal modo
affrancate da qualsiasi psicologismo. È il tema sollevato da Mandeville e dai
moralisti scozzesi, ripreso poi con forza da Menger e Hayek. Non sono le
intenzioni dei singoli (o quelli che sono stati infelicemente chiamati “spiriti
animali”) a spiegare i fenomeni sociali. Occorre piuttosto individuare le
condizioni che rendono possibile o impossibile un dato evento. Tale tradizione
di ricerca ha come suo presupposto il riconoscimento dell’ignoranza e della
fallibilità umane. Da cui discende l’abbattimento del mito del “Grande
Legislatore”, il cui posto viene occupato dal processo sociale, cioè dalla co-operazione
volontaria. Questa costituisce un procedimento di esplorazione dell’ignoto e di
correzione degli errori. Ed è su tale teoria della società che Infantino si
muove per spiegare il fenomeno del potere, da lui studiato come potere infra-sociale,
derivante cioè dall’inter-azione, e il potere pubblico, ossia il potere d’intervento
dello Stato nella vita sociale. La competizione minimizza il potere infra-sociale,
perché non c’è un unico agente che offre o un unico agente che richiede. Il
potere pubblico si minimizza o si limita, attribuendo allo Stato un’esclusiva
funzione di servizio nei confronti della cooperazione sociale volontaria.
Pubblicato “Cercatori di Libertà” (Soveria Mannelli, Rubbettino, ), in cui è
ospitato un suo scritto che ha fatto da introduzione a “A proposito di
Rousseau”, dedicato da Hume alla rottura dei suoi rapporti con Rousseau. Gli
altri saggi della raccolta si occupano di Constant, Mises, Hayek (Luigi
Einaudi). Cubeddu e Reichlin hanno
curato “Individuo, liberta, e potere: studi in onore di Infantino” (Rubbettino
Editore) di scritti in suo onore, a cui hanno contribuito numerosi studiosi di
ispirazione liberale. Altre opera: Sociologia dell'imperialismo:
interpretazioni liberali, Milano, FrancoAngeli); “Dall'utopia al totalitarismo:
Marx, Dio e l'impossibile, Roma, Borla); “La societa aperta, Roma, Quaderni del
Centro di metodologia delle scienze socialiLUISS Guido Carli; “Metodo e
mercato, Soveria Mannelli, Rubbettino); “Destra: una parola ormai inutile” Soveria
Mannelli, Rubbettino); “Scuola austriaca di economia: album di famiglia , Soveria
Mannelli, Rubbettino); “Le ragioni degli sconfitti: nella lotta per la scuola
libera, Roma, Armando); “Le scienze sociali” (Soveria Mannelli, Rubbettino); “Individualismo,
mercato e storia delle idee, Soveria Mannelli, Rubbettino); “Idee di libertà.
Economia, diritto, società” (Soveria Mannelli, Rubbettino); Cercatori di
libertà, Soveria Mannelli, Rubbettino); Infrasocial Power. Political Dimensions
of Human Action, Palgrave MacMillan, New York, . trad, inglese di Potere: la
dimensione politica dell'azione umana, Rubbettino, Soveria Mannelli. Lorenzo
Infantino. Keyword: co-operazione. Il diadismo metodologico, diadismo
conversazionale. Luigi Speranza, “Grice ed Infantino: il diadismo
conversazionale”.
IORIO. (Seravezza). Filosofo. Grice: “The line and
the circle is what Chomsky would call a NP, but there’s two books on it by
Italian philosophers! Oddly, I visited Sorrento on my way to Greece!” Si laurea
a Pisa con Campioni. Studia filosofia antica. Opere: La linea e il circolo” (Genova,
Pantograf). Genesi, critica, edizioneD'Iorio e N. Ferrand, Pisa.
jadelli: essential Italian philosopher.
jadelli (n.), filosofo – but difficult to find!
JAJA. (Conversano). Filosofo. Grice: “I like Jaja – of course you cannot understand Jaja
unless you understand Fiorentino, Croce, Spaventa and Gentile! The
quintessential Italian philosopher!” – Grice: “Jaja is a sensualist, like me.”
–Grice: “My favourit essential Italian philosopher. Figlio di Florenzo Jaja (a
cui è dedicato l'Ospedale Civile di Conversano). Si trasferì a Napoli, dove studiò
sotto la guida di Fiorentino. Si sposta a Bologna, dove si laurea per seguire
il suo maestro. Il suo incontro filosofico
principale fu con Spaventa. Col trasferimento di Jaja a Napoli i rapporti con
Spaventa divennero regolari. Insegna a Pisa.
Jaja non è stato mai considerato un filosofo particolarmente originale,
ma ha avuto il merito storico d'introdurre Gentile allo studio di Spaventa,
merito che l'allievo riconoscerà sempre.
Opere: “Origine storica ed esposizione della Critica della ragion pura”
“Studio critico sulle categorie e forme dell'essere”; “Dell'apriori nella
formazione dell'anima e della coscienza,” “ L'unità sintetica e l'esigenza
positivista,” “Sentire e pensare,” “Identita e Semiglianza ed identità”’“
Sentire, pensare, conoscere,” “ L'intuito nella coscienza.” Cesare Preti, Jaja
filosofo europeo oltre Gentile, su ricerca.repubblica, . treccani. Jaja:
neoidealismo italiano, su orthotes.com. Jaja,
Giovanni Gentile, Memoria su Donato Jaja, su sba.unipi, Bertrando Spaventa
Giovanni Gentile Idealismo italiano, Jaja, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Giovanni Gentile, Memoria su Donato Jaja, su sba.unipi.
Donato Jaja. Grice on “Sentire” e Pensare. Rupert Brooke: “I love Grice: “I
feel,’ never ‘I think’!” – “If a is a, is a LIKE a” – a knife is not like a
knife, but something that is not a knife
can be like a knife.” Implicature!”
jammelli – essential Italian
philosopher, but difficult to find!
JAVELLI. (S. Giorgio di Canavese).
Filosofo. Grice: “I love Javelli – he is, like
me, an Aristotelian; being a northern Italian, he is a Thomstic Aristotelian, which
I’m not sure I am!” Grice: “One good thing about Javelli is that he commented
on MOST works by Aristotle!” -- Essential Italian philosopher. Studia a
Bologna. Fu esegeta. Argomentò contro Lutero. Opera omnia, stampata a Lione
presso gli eredi di Giunta. Partecipò al dibattito sul Tractatus de
immortalitate animae di Pomponazzi, di cui scrisse, su richiesta di Pomponazzi
stesso una confutazione, che apparve nella riedizione dell'opera. Partecipa al
dibattito sul divorzio di Enrico VIII, esponendosi a favore della scelta del
sovrano. Michael Tavuzzi, in "Angelicum",
DBI, 62 (2004). Giovanni Crisostomo
Javelli, o Iavelli, o Giavelli, da Casale (Monferrato), i. e. S. Giorgio di
Canavese.
JEROCADES. (Parghelia). Filosofo. Grice: “I would consider Jerocades more of a poet than a
philosopher, but then he was a priest and a Mason!” Essential Italian philosopher.
Scrisse il saggio “Dell'umano sapere”, di stampo illuministico, che verrà
successivamente pubblicato a Napoli, e “La partenza delle Muse”, edito na
Messina. Si trasferì a Napoli. Dietro
raccomandazione di Genovesi, col quale era entrato in corrispondenza, venne
assunto al "Collegio Tuziano" di Sora come maestro d' “ideologia”. Frequenta
gli ambienti massonici. Secondo il clero sorano, tuttavia, quelle opere non si
attagliavano ai giovani del collegio, tant'è che prima della rappresentazione
di “Il ritorno di Ulisse” -- che conteneva alcuni intermezzi ridicoli e di
stampo anticlericale, in particolare il Pulcinella da Quacquero, il vescovo emise
un editto di censura: ne seguì un processo per eresia e sedizione, con la
reclusione di Jerocades nel carcere vescovile. Scarcerato dopo sette mesi, lasciò
Sora per tornare a Napoli, dove divenne popolare come poeta improvvisatore. Fu
in Calabria: qui si dedicò alla composizione delle raccolte Quaresimale poetico
e La lira focense, testimonianza di un «illuminismo massonico». Insegna a
Napoli. Fonda la Società Patriottica Napoletana, coagulo dei principali
esponenti del giacobinismo e dell'antigiurisdizionalismo partenopeo (ovvero che
miravano a costituire una repubblica), cosa che determinò la sua incarcerazione
a Castel dell'Ovo e il processo per apostasia, ma riebbe presto la libertà,
avendo deciso di ritrattare. Anche per il conflitto interiore causato da una
siffatta scelta, sostenne attivamente le idee rivoluzionarie, che però, in
seguito alla breve esperienza della Repubblica Napoletana, gli costarono
nuovamente il carcere, e quindi l'esilio a Marsiglia. Ritornato a Napoli razie all'amnistia prevista
dalla pace di Firenze compose l'elogio di suo padre e di suo fratello, motivo
che indusse a farlo rinchiudere nel convento dei Liguorini di Tropea. Opere: “Esercizii
spirituali in compendio ossia il filosofo in solitudine” Napoli); “Il Paolo, o
sia l'umanità liberata poema” (Napoli: presso Giuseppe Maria Porcelli, Inni di
Orfeo esposti in versi volgari, Napoli, La gigantomachia, ovvero La disfatta de'
giganti, Napoli: La lira focense, Napoli: si vende da Gennaro Fonzo, strada
Forcella, Olinto e Sofronia, dedic. Orazione per l'apertura della Scuola di
Economia e Commercio, Napoli, Orazione recitata ne' funerali solenni di
Marcello Accorinti morto in Messina nel terremoto. Napoli, Phaedrus, Esopo alla
moda, ovvero delle fauole di Fedro, Parafrasi Italiana di Antonio Jerocades, In
Napoli: presso il Porsile, Quintus Horatius Flaccus, Le odi di Q. Orazio Flacco
esposte in versi volgari da Antonio Jerocades, Napoli, Pindarus, Le odi di Pindaro tradotte ed
esposte in versi volgari da Antonio Jerocades, Napoli: presso Nicola Russo, Biografia
degli uomini illustri del regno di Napoli, D. Martuscelli, tomo IV, Gervasi,
Napoli B. Croce, La rivoluzione napoletana Biografie, storie, racconti,
Laterza, Bari L. Alonzi, Il giacobinismo
napoletano, in Idem, Il Vescovo-prefetto. La diocesi di Sora nel periodo
napoleonico, Sora, A. Piromalli, Illuminismo massonico, La letteratura
calabrese, I, Pellegrino editore, Cosenza,
B. Croce, D. Ambrasi, Il clero a Napoli tra rivoluzione e reazione, in A.
CestaroA. Lerra , «Il Mezzogiorno e la Basilicata fra l'età giacobina e il
Decennio francese», Atti del Convegno, Maratea, I, Venosa, B. Croce, La rivoluzione
napoletana, Biografie, Racconti, Ricerche, Bari, Laterza, 1953. A. Jerocades,
Saggio dell'umano sapere, D. Scafoglio, Vibo Valentia, Sistema Bibliotecario
Vibonese,A. Jerocades, La lira focenseː Antonio Jerocades, un abate poeta in
loggia, A. Piromalli e G. S. Bravetti, Foggia, Bastogi. Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Antonio Jerocades. Keywords:
‘repubblica romana” “repubblica partenopea” – Grice on Plato’s Republic.
JERVOLINO. (Sorrento). Filosofo. Grice: “I like
Jervolino, but then I like any philosopher of language! He is a Ricoeurian, and
I’m a Griceian!”essential Italian philosopher. Allievo di Piovani. Insegna a
Napoli. Collabora con diverse riviste specialistiche di filosofia (Filosofia e
Teologia, Studium). Esamina aspetti riguardanti a Ricoeur, tra cui: la ricerca di un filo conduttore unitario
all'interno della sterminata ermeneutica (“Il cogito e l'ermeneutica: La
questione del soggetto e la inte-azione” (Procaccini, Napoli). Messa in questione
del soggetto chomskyano auto-centrato e auto-trasparente. Ricoeur appare nei suoi studi come
caratterizzato dall'attenzione verso le peripezie del Cogito che, ferito e
spezzato nella sua autosufficienza, cerca di ritrovare sé stesso attraverso un
lavoro ermeneutico. Individua come centrale il paradigma della trans-ductio,
trans-implicatura, trans-patia, come modello fondato sulla co-ospitalità
conversazionale e la co-apertura all'altro conversazionale. Altre opera:“Il
cogitamus e l'ermeneutica. La questione del soggetto e sui interazione” (Procaccini,
Napoli); “La filosofia senza assoluto, Athena, Napoli) – cfr. H. P. Grice, “Absolutes”
--; “Logica del concreto, logica
dell’abstracto” -- “Eermeneutica della vita morale.” Newman, Blondel, Piovani,
Morano, Napoli); “L'amore” (Studium, Roma); “Il segno della prassi. Saggi di
ermeneutica, Città del sole, Napoli). Morcelliana, Brescia), “Trans-ductio,
trans-implicatura” (Morcelliana, Brescia) Cura: “Ermeneutica ed implicatura” --
Guerini, Milano, La traduzione, la
traditio -- etica, Morcelliana, Brescia, “Etica e morale, Morcelliana, Brescia,
Ricoeur e la psico-analisi, FrancoAngeli, Milano 2007. Note Quei ragazzi di nome Fausto Bertinotti Boys
-- ArchivioPanorama Domenico Jervolino.
“Two cartesian egos”. “Peripezie conversazionale”. “Peripezia ed implicatura”.
“Cogitamus.”
JOMMELLI. (Roma). Filosofo. Essential Italian philosopher. Mattei riporta il
seguente aneddoto sul suo soggiorno in questa città: Jommelli, andato in visita
a padre Martini (già considerato come uno dei più sapienti musicisti d'Italia),
si era presentato a lui come allievo, chiedendo di entrare nella sua scuola. Il
maestro gli diede un soggetto di fuga che egli trattò con molta abilità. -«Chi
siete voi?», chiese Martini, «volete burlarvi di me? Sono io che voglio
apprendere da voi!» - «Il mio nome è Jommelli, sono io il maestro che deve
scrivere l'opera per il teatro di questa città» - «È un grande onore per questo
teatro avere un musicista filosofo come voi, ma vi auguro di non trovarvi in
mezzo a gentaglia corruttrice del gusto musicale».
JULIA. (Acri). Filosofo. Grice: “Julia was
more of a poet than a philosopher; but then for Heidegger, philosophy IS poetry
and vice versa!” -- essential Italian philosopher. Figlio di Antonio e da Maria
Giuseppa Balsàno. Studia a Cosenza sotto la guida di Focaracci. Direttore del
Telesio, periodico. Strinse grande amicizia Padula. Opere: La temperie
culturale in ambito locale vedeva la difficoltà della Calabria a integrarsi
nella nuova entità politica. Area essenzialmente contadina, la regione aveva
una classe dirigente che preferiva assoggettarla al clientelismo e alla sua
arretratezza piuttosto che metterla al passo con zone del Paese più avanzate e
progredite; perciò il mondo intellettuale d'avanguardia, deluso dalle speranze
del 1848 e conscio del sottosviluppo, si volse verso il positivismo e il socialismo. Julia visse tra il tardo romanticismo e l'affermarsi
delle innovative correnti costituite dal naturalismo e dal verismo, nella scia
di Carducci e Verga. Le contraddizioni della sua epoca lo formarono come un
intellettuale spiritualista che rifiutava il materialismo e in parte il mondo
contemporaneo, e d'altra parte un sostenitore degli ideali socialisti, del
riscatto delle masse disagiate e della glorificazione del passato della
Calabria a partire dall'assedio degli Aragonesi nel 1462e dei suoi conterranei
coevi illustri, fra i quali Biagio Miraglia, VPadula, Quattromani, Tocco, oltre
a Campanella. Accostatosi in un primo tempo al misticismo di Gioberti, si
convertì al verismo, alla ricerca del pragmatismo e di un modello di poesia di
alto civismo che lo stesso Julia proclama nei suoi Sonetti e liriche. Parte dai
miti popolari e dalle ballate della tradizione romantica per marcare
orgogliosamente la storia della sua terra.
Considerato il padre della letteratura calabrese, si interessò alle
origini della cultura letteraria della regione analizzando anche alcune opere a
lui precedenti. Il suo impegno regionalistico si concretizzò in uno studio su
Selvaggi, nel quale si individuava un collegamento fra Galeazzo di Tarsia e le
produzioni romantiche dell'Ottocento. Vi fu poi un saggio su Padula e un esame
delle liriche riferibili all'Accademia Cosentina. Lo scrittore calabrese seppe però spaziare
oltre i confini delle sue terre, fino a richiamare Milton nel suo scritto
dedicato a Padula. Oltre a uno studio su Monti, produsse dei lavori anche su
Mazzini, Poerio, Correnti, legati dall'attenzione alle tematiche relative al
Risorgimento e perciò in convergenza con il proprio pensiero, che dal punto di
vista della poetica si richiama ai modelli che il letterato individua in
Leopardi, Berchet e Giusti, oltre che in Prati. Antonio Piromalli, La
letteratura calabrese, Luigi Pellegrini
Editore, Cosenza, Monografia su calabriaonline, su calabriaonline.com. Digital
Storytelling su Vincenzo Julia a cura degli studenti del Liceo V. Julia di
Acri, CS. Vincenzo Julia.
JUVALTA. (Chiavenna). Filosofo. Grice: “At Harvard, I said I was ‘enough of a
rationalist,’ but perhaps Juvalta would say that wasn’t enough!” – Grice:
“Juvalta has explored the limits of rationalism, in connection with value and
reason: if value is irrational, how can co-operation be rational in terms of an
accord to follow conversational maxims?” essential Italian philosopher. Juvalta
(n.), filosofo -- «Ogni
sforzo di derivare una valutazione morale da qualche cosa di cui non sia già
riconosciuto il valore morale è dunque vano e illusorio. O non dà quel che si
cerca, o presuppone quel che si pretende di fondare.» I genitori erano il
barone Corrado Juvalta, cancelliere della locale pretura originario di Villa di
Tirano, e Teresa Zanetti di Tirano. Dopo gli studi liceali trascorsi tra Como e
Sondrio, si iscrisse a Pavia dove si laureò con una tesi su Spinoza, sotto la
guida di Cantoni. Successivamente insegna a Caltanissetta, Potenza, Spoleto. Vinse
il concorso per la cattedra di filosofia a Torino. Le tematiche accademiche
prevalentemente trattate riguardarono soprattutto i valori di “libertà” e di
“giustizia” con ampie riflessioni etiche. Convinto della loro generalità e
universalità, arriva ad auspicarne una loro applicazione anche nello studio
delle categorie politiche ed economiche. La filosofia di Juvalta è una profonda riflessione sull'etica portata
avanti con il metodo dell'analisi. Anche se, come risulta dalla sua , non
troviamo nei suoi scritti importanti contributi sul piano gnoseologico ed
epistemologico, dal momento che il suo principale campo d'indagine fu
prevalentemente il Sistema morale, possiamo affermare senza dubbio che sia il kantismo
che il Positivismo costituirono il nucleo di fondo della sua posizione, da cui
sviluppò la sua impostazione metodologica. Il positivismo, in
particolare, è stato il primo grande sistema filosofico con cui si è misurato
nella prima fase della sua elaborazione concettuale. Tuttavia Juvalta sarà
costretto a prendere presto le distanze da una siffatta visione della morale. I
motivi di questa rottura sono da imputare principalmente al suo fermo rifiuto
di accogliere come sostenibile la pretesa positivistica di fondare l'etica sulla
scienza. Il giudizio con il quale si afferma il valore di un oggetto è diverso
e non deducibile dal giudizio col quale ne afferma l'esistenza o la possibilità
o la connessione modale o condizionale con altri soggetti. Apprendere come le
cose sono, è tutt'altra cosa dal valutarle. Dal momento che l’etica si concreta
nella costruzione di una teoria ed in particolare di un sistema coerente di
valori morali, il giudizio che sta alla base di una qualsivoglia teoria etica
deve configurarsi come “un giudizio originario” che ha una natura eminentemente
etica, quindi non scientifica né tantomeno metafisica. Se però una etica
scientifica appare insostenibile per il motivo dell'indebita derivazione di un
giudizio di valore, di natura morale, dal giudizio ‘aletico,’ di natura
fattuale, è indubbio che la costruzione di un sistema morale debba essere
condotta con criteri di scientificità. Nella misura in cui ogni teoria si basa su
criteri logico-deduttivi e viene definita dalle relazioni logiche che
intrattengono in essa i propri elementi costitutivi, così anche la costruzione
di un sistema etico deve seguire la stessa metodologia e mostrare possibilmente
l'identica costruzione formale. Questo sistema di valori ha l'obbligo di
mantenere al loro interno un imprescindibile grado di coerenza, se vogliono
risultare sostenibili ed essere così accettati dalla ragione (pratica). Quando
parla di ‘teoria’ dell’etica lo fa proprio pensando a questo carattere logico-deduttivo
dei valori all'interno di un sistema. In particolare vede garantita la coerenza
di un sistema morale nella misura in cui un coerente insieme di valori viene
rigorosamente derivato (volitativamente) da un postulato, imperativo
categorica, o assioma, di valore morale capace di fungere da premessa
all'intero sistema (allora come insieme di massime universalisabili). Una volta
prese le distanze dai positivisti, si avvicina successivamente al Kantismo; in
particolare accoglierà, anche se con alcune riserve, molte delle posizioni
assunte dal cosiddetto Neokantismo, il movimento di pensiero che ha come
obiettivo la ri-valutazione piena del filosofo di Konisberg riadattando i
contenuti del suo pensiero ad esigenze e problematiche tipiche della
contemporaneità. Vede in Kant il più grande filosofo della modernità, colui che
meglio di qualsiasi altro pensatore ha saputo cogliere il vero senso
dell'autonomia della morale, svincolando per sempre l'etica dai saperi di
natura conoscitiva (aletica, pura, o giudicativa), i quali, proprio in quanto
si rivolgono all'ambito del fenomeno, non riescono a coglier interamente tutto
ciò che ha a che fare con la sfera dei valori (come per esempio la scienza e in
generale l'ambito teoretico). L'indipendenza e l'indeducibilità del valore
morale da qualsiasi speculazione teoretica fu, come tutti sanno, riconosciuta e
affermata, nella forma più esplicita e con grandissimo vigore dal Kant. Kant ha
il grande merito di consegnare alla morale uno speciale statuto di autonomia e di
indipendenza. La morale esprime questo suo carattere di autonomia e di “auto-assiomaticità”
per poter continuare ad essere coerente e allo stesso tempo attendibile sotto
il profilo puramente teorico. Abbracciare l'idea di autonomia della morale
significa accettare una visione anti-fondazionalista dell'etica. L’etica non
può prendere le mosse che da se stessa. Ogni tentativo di fondare l’etica su
ambiti del sapere diversi da quello morale, finisce con il configurarsi come
un'indebita pretesa di intromissione da parte di chi si illude di derivare un
contenuto del valore morale da una premessa fattuale o metafisica o estetica.
Alla base di un sistema coerente del valore morale, cioè un sistema morale
costruito deduttivamente, deve esserci un postulato originario (assioma o
imperative categorico) di natura etica e non di natura aletica o peggio ancora
metafisica, e questo per questioni eminentemente logico-analitiche, che
impongono ad ogni sistema coerente di evitare la fallacia logica della petitio
principii, cioè l'errore di voler caparbiamente dimostrare ciò che invece
abbiamo già implicitamente accettato nelle premesse. Una volta
riconosciuto il contenuto di quel postulato morale e pensato come un valore che
può essere vissuto ed accettato da un soggetto agente e concreto, allora si
creano i presupposti di base perché una coscienza riconosca in esso
un'intrinseca validità, che trova una sua precisa giustificazione solo a
partire dalla sua intima natura assiologica. È proprio questo suo riferimento
al contenuto del valore morale che lo costringe a rivedere i limiti di una
filosofia morale incardinata su binari formalistici e a non accettare tout
court la filosofia morale di Kant. L'ambito della giustificazione e
l'ambito esecutivo. Assumere come principi della ricerca etica l'autonomia,
l'antifondazionalismo, l'antiformalismo porta Juvalta a distinguere l'ambito della
giustificazione, cioè il momento riflessivo che ci vede impegla ricerca di
ragioni che possano difendere razionalmente la scelta di un fine e di un valore
morale, dall'ambito esecutivo che invece coinvolge il momento motivazionale
dell'azione ed è fortemente condizionato da elementi contingenti legati al
momento storico, inter-soggetivo, e culturale nel quale il soggeto si trova ad
agire. Con un atteggiamento tipicamente moderno difende la possibilità
dell'esistenza di una pluralità di fini morali sia sul piano teorico che
pratico, e con la stessa energia cerca di trovare una soluzione per definire le
precondizioni teoriche che rendano possibile una compatibilità tra i diversi
valori. La modernità define un passaggio epocale e pieno di tensione nel
campo della filosofia morale ed ha segnato il tramonto di un'unica, grande e
coerente visione dell'etica. Con l'avvento dell'epoca moderna si è fatta strada
l'idea del tutto legittima dell'accettazione di differenti sistemi di valori e
di diverse visioni del mondo, i quali trovano, da questo momento, una loro
precisa dignità e legittimità in virtù delle ragioni che le diverse dottrine
filosofiche hanno saputo elaborare in favore della loro sostenibilità. Invita a
prendere coscienza di questo cambiamento di prospettiva e a considerarlo,
asetticamente, come un passaggio dal vecchio problema della morale, in cui il
fine principale era la ricerca di una fondazione dell'etica e di una
giustificazione dell'esigenza del bisogno di moralità all'interno di ogni
coscienza, al nuovo problema della morale riassumibile nella domanda; come
possiamo decidere i beni e i valori desiderabili in sé una volta che abbiamo
accertato l'esistenza di una pluralità dei postulati di valutazione morale?
La scelta del fine supremo e i limiti del razionalismo etico Juvalta vede nel
momento della determinazione della scelta del fine supremo, il cui contenuto
costituisce la base per il postulato di valore primario, il principale limite
del razionalismo etico. La razionalità può solamente giustificare, cioè portare
ragionamenti a favore di una tesi, o stabilire relazioni e deduzioni tra
elementi di un sistema, in questo caso valori, che sono legati dalla loro
stessa natura; ma essa non può imporre i fini. La razionalità accetta, per così
dire, il giudizio di valore morale come un dato, ma non lo può stabilire lei in
via preliminare perché nel campo etico la razionalità non riesce a cogliere
interamente la natura dei nostri giudizi di valore. La ragione dei mezzi per
quanto si faccia non dà valori; la ragione esige la coerenza; teorica: dei
giudizi fra di loro e con i principi e i dati su cui si fondano; pratica: delle
valutazioni derivate e mediate con le valutazioni direttamente o postulate, e
delle azioni con le valutazioni. Le valutazioni sono, come espressioni di una
esperienza interiore sui generis, valide di per sé…” I valori ultimi di
Libertà e Giustizia Tuttavia il messaggio di Juvalta contiene anche un aspetto
propositivo, non secondario. Anche se esiste una pluralità di valori che la
coscienza può scegliere come fini, i quali si costituiscono come le linee guida
della nostra condotta individuale, una volta adottato il criterio razionale di ‘universalizzazione’
del valore è possibile intuire che le scelte si riducono rispetto a quelle che
la ragione può immaginare come possibili e, soprattutto, viene meno la completa
arbitrarietà della scelta originaria. E convinto che due valori su tutti
debbano essere visti come i fini supremi su cui improntare la nostra vita e
organizzare le nostre società, vale a dire, primo, il valore morale della
libertà; secondo il valore morale della giustizia. Libertà e giustizia
costituiscono le pre-condizioni della vita morale e gli unici due valori
morali, tra quelli possibili, che risultano “universalizzabili”. Essi sono le
sole precondizioni che permettono ad ogni essere umano di realizzare il proprio
fine e di raggiungere i propri beni (valori), in vista di una totale e piena
realizzazione della natura umana, senza limitare la ricerca della moralità dell’altro.
Libertà e giustizia rappresentano per così dire i cardini di ogni sistema
morale con i quali poter impostare se non un vero e proprio ripensamento di
ogni pratica umana almeno una profonda critica ai modelli di società dominanti
quali l'individualismo liberale, l'autoritarismo o la proposta
socialista. La libertà esprime l'esigenza delle condizioni inter-soggettive
necessarie a fare dell'uomo una persona padrona di sé di fronte a sé e di
fronte ad ogni altro. La giustizia esprime l'esigenza delle condizioni
inter-soggetive necessarie all'esercizio universalmente efficace di questa
libertà. Non fu un pensatore sistematico e non cercò mai di definire un sistema
filosofico che rendesse ragione dell'organicità del suo pensiero. E sostanzialmente
contrario a ingabbiare la riflessione filosofica in grandi narrazioni o in
arbitrari sistemi, dal momento che era fermamente convinto che il pensiero
soprattutto etico sfuggisse per così dire all'idea di sistematicità e
organicità che aveva così profondamente caratterizzato la maggior parte del
lavoro filosofico ottocentesco. D'altra
parte questo non significa che non esiste un'evoluzione all'interno della sua
riflessione, o che la sua proposta nel campo della filosofia morale non trovi una
sua coerenza e una struttura di fondo ben definita. Opere: “I due limiti del
razionalismo etico: liberta e giustizia” (Einuadi, Torino). Contiene:“
Prolegomeni a una morale distinta dalla filosofia,” Tip. Bizzoni, Pavia, “Le
dottrine delle due etiche” in «Rivista filosofica», Per una scienza normativa
morale, in «Rivista filosofica», Il fondamento
intrinseco del diritto” Su i limiti della morale,Bocca, Torino, Il metodo
dell'economia pura nell'etica, in «Rivista filosofica», Postulati etici e
postulati metafisici, in «Rivista di filosofia», “Postulati etici e imperativo
categorico,” «Atti IV congresso internazionale di filosofia» (Bologna) III, Formiggini, Genova. Su la pluralità dei
postulati di valutazione morale, in «Atti del IV congresso della società
filosofica» (Genova), Formiggini, Genova, Il vecchio e il nuovo problema della
morale, Zanichelli, Bologna. In cerca di chiarezza. Questioni di morale. I. I
limiti del razionalismo etico, Lattes, Torino, Per uno studio dei conflitti
morali, in «Rivista di filosofia», Osservazioni sulla dottrina morale di
Spinoza, in «Rivista di filosofia»,Scritti su Erminio Juvalta D. Basciani, Juvalta
e l'etica della giustizia, Desclèe, Roma, F. Picardi, Morale e filosofia della
morale in Juvalta, (pubblicazioni dell'istituto di filosofia. Genova), Marzorati,
Milano Maurizio Viroli, L'etica laica do Juvalta, Franco Angeli, Milano. Juvalta,
«Rivista di storia della filosofia», Franco Angeli, Milano, PDizionario Biografico
degli Italiani, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani, Guido
Scaramellini, Chiavennaschi nella Storia, Chiavenna, Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Erminio Juvalta, su Liber Liber. openMLOL, Horizons Unlimited Erminio Volfango
Francesco Juvalta. Herren von Juvalt – Grice: “Unlike me, Juvalta is a baron,
from the ‘grigioni’ – i. e. the grey league – because of the grey wool they
wore --. ‘grissone,’ as in my surname, so in a way we ARE related!” ” Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Juvalta on the categorical imperative,” The
Swimming-Pool Library, Villa Grice.
LABRIOLA.
(Cassino). Filosofo. Grice:
“Labriola is good; he reminds me of pinko Oxford!” -- Essential Italian
philosopher -- Con particolari interessi nel campo
del marxismo. Nacque da Francesco Saverio, insegnante ginnasiale di
lettere, e da Francesca Ponari. Il padre, oriundo di Brienza, era nipote
diretto di Pagano. Si iscrisse alla facoltà di filosofia di Napoli, città
nella quale la famiglia si era trasferita. Qui studia con Vera e Spaventa, il
cui appoggio gli procura un posto di applicato di pubblica sicurezza nella segreteria
del prefetto. Scrive Una risposta alla prolusione di Zeller, un'opera in
cui osteggia il neokantismo contro ogni ipotesi di un ritorno a Kant. Rivendica
l'attualità dell'hegelismo. Conseguì il diploma di abilitazione e insegnò nel
ginnasio Principe Umberto di Napoli. Il suo saggio, premiato dall'Napoli, sull'”Origine
e natura delle passioni”: una significativa presa di distanze dall'idealismo in
favore del materialismo. Scrive “La dottrina di Socrate secondo Senofonte,
Platone ed Aristotele”, premiata dalla
Reale Accademia di Scienze morali e politiche di Napoli. Consegue la libera
docenza in filosofia della storia e si mette in aspettativa in attesa di
ottenere un incarico nell'Università; scrive la dissertazione “Esposizione critica
della dottrina di G. B. Vico” e collabora con il giornale svizzero "Basler
Nachrichten", al quale invia corrispondenze politiche, al quotidiano
napoletano "Il Piccolo", fondato e diretto da Rocco De Zerbi, futuro
deputato e leader dell'Unione liberale, un gruppo politico al quale Labriola
aderisce. Entra anche nella redazione della "Gazzetta di Napoli" e,
nel febbraio 1872, in quella de L'Unità Nazionale, diretta da Ruggiero Bonghi,
al Monitore di Bologna e alla Nazione di Firenze, nella quale escono
nell'estate del 1872 le sue dieci Lettere napoletane. Nel 1873 si dichiara
herbartiano in psicologia e in morale, pubblicando a Napoli i saggi Della
libertà morale, dedicata ad Arturo Graf e Morale e religione.
Trasferitosi nel 1873 a Roma, ove muore di difterite il figlio Michelangelo,
supera nel 1874 il concorso alla cattedra di filosofia e pedagogia all'Roma.
Nel 1876 pubblicò il saggio Dell'insegnamento della storia e l'anno dopo è
direttore del Museo di istruzione e di educazione: sono anni in cui Labriola
mostra un particolare impegno verso il miglioramento del livello professionale
degli insegnanti e la diffusione dell'istruzione di base della popolazione,
inteso come primo passo per una maggiore democrazia del paese. A questo scopo
s'informa sugli ordinamenti scolastici dei paesi europei: nel 1880 pubblica gli
Appunti sull'insegnamento secondario privato in altri Stati e nel 1881 l'Ordinamento
della scuola popolare in diversi paesi. Contemporaneamente Labriola abbandona
le convinzioni politiche di moderato liberalismo per approdare a posizioni
radicali: oltre alla lotta all'analfabetismo, auspica l'intervento dello Stato
nell'economia, una politica sociale di assistenza ai poveri, il suffragio
universale che permetta anche a candidati operai l'ingresso al
Parlamento. Nel 1887 ottiene la cattedra di filosofia della storia
all'Roma e inizia un corso di storia del socialismo. A seguito di notizie che
danno imminente la stipula del Concordato con il Vaticano, Labriola tiene
all'Università la conferenza Della Chiesa e dello Stato a proposito della
conciliazione, considerando una minaccia per la libertà di pensiero ogni
accordo con la Chiesa, temendone l'ingerenza nella vita pubblica italiana; il
18 novembre 1887 il quotidiano romano La Tribuna pubblica una sua lettera in
cui, tra l'altro, scrive di essere «teoricamente socialista ed avversario
esplicito delle dottrine cattoliche» e il 22 gennaio 1888, nella conferenza
Della scuola popolare, auspica l'abolizione dell'insegnamento religioso.
Il 2 marzo 1888, sul giornale Il Messaggero, depreca l'uso della forza pubblica
contro le manifestazioni; il 16 dicembre tiene agli operai di Terni un discorso
su Le idee della democrazia e le presenti condizioni dell'Italia, in cui
afferma di impegnarsi personalmente in politica e dichiara di desiderare un
«governo del popolo mediante il popolo stesso» e la formazione di un grande
partito popolare. Il 2 maggio 1890 scrive che «I parlamenti, come forma
transitoria della vita democratica d'origine borghese, spariranno col trionfo
del proletario» e il 20 giugno tiene nel Circolo operaio romano di studi
sociali il discorso Del socialismo commemorando la Comune di Parigi.
Nell'ottobre Labriola saluta il congresso della socialdemocrazia tedesca a
Halle scrivendo che «Il proletariato militante procederà sicuro sulla via che
mena diritto alla socializzazione dei mezzi di produzione ed l'abolizione del
presente sistema di salariato, fidando solo nei suoi propri mezzi e nelle sue
proprie forze». Nel 1890 entra in rapporto epistolare con Engels, che
conoscerà nel 1893 a Zurigo, e con i maggiori dirigenti socialisti europei,
Kautsky, Liebknecht, Bebel, Lafargue, mentre rimprovera a Filippo Turati, il
più prestigioso leader socialista italiano e direttore della rivista Critica
sociale, superficialità teorica e arrendevolezza nei confronti degli avversari
politici. Vuole che il Partito socialista, che deve nascere ufficialmente con
il Congresso di Genova del 14 agosto 1892, sia un partito di operai e non di
intellettuali positivisti borghesi. Vede nei Fasci siciliani un concreto
esempio di socialismo popolare e rivoluzionario e lamenta che il marxismo non
riesca a essere compreso in Italia. Nell'anno accademico 1890-1891 fa
lezione sul Manifesto di Marx ed Engels e scrive a quest'ultimo, nel gennaio
del 1893, di star facendo un nuovo corso «su la genesi del socialismo moderno»
ma di non riuscire a risolversi a scriverne un saggio per l'ignoranza su tanti
«fatti, persone, teorie, etc, che sono tante fasi, tanti momenti né sentiti né
conosciuti in Italia», come ribadisce il 7 maggio a Victor Adler che «il
marxismo non piglia piede in Italia». Su sollecitazione del Sorel, scrive
In memoria del Manifesto dei comunisti, il primo dei suoi saggi sulla
concezione materialistica della storia, terminato il 7 aprile 1895, che esce in
francese sulla rivista del Sorel, Le Devenir social; lo spedisce a Engels in
luglio, ricevendone le lodi. Anche il giovane Croceche ne promuove la stampa in
Italiane è influenzato tanto da attraversare il suo pur breve periodo di
adesione al marxismo. Nei due anni successivi Labriola scrive altri due saggi,
Del materialismo storico, dilucidazione preliminare e Discorrendo di socialismo
e di filosofia. È sepolto presso il cimitero acattolico di
Roma. Schematicamente, possiamo suddividere il percorso filosofico e
politico di Labriola in tre diversi momenti: innanzitutto fu propugnatore
dell'idealismo hegeliano (influenzato da Bertrando Spaventa, del quale fu
allievo a Napoli); successivamente, possiamo distinguere una fase
contrassegnata dal rifiuto dell'idealismo in nome del realismo herbartiano, ed
infine, il momento della maturità, in cui aderisce pienamente al
marxismo. L'approccio di Labriola al marxismo è influenzato da Hegel e
Herbart, per cui è più aperto dell'approccio di marxisti ortodossi come Karl
Kautsky. Egli vide il marxismo non come una schematizzazione ideologica ed
autonoma dalla storia, ma piuttosto come una filosofia autosufficiente per
capire la struttura economica della società e le conseguenti relazioni umane.
Era necessario aderire alla realtà sociale del proprio tempo storico se il
marxismo voleva considerare la complessità dei processi sociali e la varietà di
forze operanti nella storia. Il marxismo doveva essere inteso come una teoria
‘critica', nel senso che esso non asserisce verità eterne ed immutabili ed è
pronto ad interpretare le contraddizioni sociali secondo le diverse fasi
storiche, avendo al centro della sua analisi il lavoro e le condizioni dei
lavoratori e dunque la concreta e materiale "prassi" umana. La sua
descrizione del marxismo come "filosofia della prassi" verrà ripresa
nei Quaderni dal carcere di Gramsci. In pedagogia Labriola avvertì
l'esigenza collettiva dei tempi nuovi, il bisogno di una scuola popolare che
servisse da reale tessuto connettivo dell'Italia post-unitaria, una lotta
dunque per la civiltà, mezzo e fine dell'evoluzione morale (e complessiva) delle
classi subalterne. Nella monografia Dell'insegnamento della storia, del
1876, dedicata alle più importanti questioni della pedagogia generale, Labriola
aveva asserito la centralità dell'educazione alla socialità: il metodo
pedagogico doveva essere quello della ricerca critica e di dibattito e di
sperimentazione, unica via capace di condurre alla padronanza del pensiero
logico-razionale e in grado di formare personalità aperte alla ricerca e al
confronto (non a caso i primi studi di Labriola erano stati rivolti a Socrate e
al metodo socratico). Traducendo in un linguaggio pedagogico moderno, per
Labriola era necessaria un'attenzione maggiore ai prerequisiti logici piuttosto
che alla struttura interna disciplinare, che comunque va indagata attraverso
quella che egli chiama un'epigenesi analitica. Celebre fu una sua
conferenza tenuta nell'Aula Magna dell'Roma, discorso sollecitato dalla stessa Società
degli Insegnanti della capitale, che poi ne curò la pubblicazione in
opuscolo. Era necessario dare concretezza a piani di istituzioni
scolastiche entro le quali le didattiche si sviluppassero non da una deduzione
della teoria, ma come risultato di lotte politiche, di ideali sociali, di
tradizioni storiche, di condizioni ambientali. Per Labriola proprio l'azione dell'ambiente
storico sociale sugli uomini e la loro reazione ad esso costituiscono il tema
dell'educazione. Per cui « le idee non cascano dal cielo ». Il metodo deve
partire dalla prassi, dalla pratica e non dalle idee, dai principi
astratti. Il nucleo essenziale della pedagogia della « prassi » sta nella
percezione della connessione dell'opera educativa con le condizioni dello
sviluppo economico-sociale. Trockij conobbe «con entusiasmo» l'opera di
Labriola nel 1898, quand'era detenuto nel carcere di Odessa. Egli scrive nelle
sue memorie che «come pochi scrittori latini, Labriola possedeva la dialettica
materialistica, se non nella politica, dov'era impacciato, certo nel campo
della filosofia della storia. Sotto quel dilettantismo brillante c'era vera profondità.
Labriola liquida egregiamente la teoria dei fattori molteplici che popolano
l'olimpo della storia guidando di lassù i nostri destini». Trockij aggiunge che
dopo 30 anni continuava a rimanergli in mente «il ritornello Le idee non
cascano dal cielo». Opere Una risposta alla prolusione di Zeller, Origine
e natura delle passioni secondo l’Etica di Spinoza, La dottrina di Socrate
secondo Senofonte, Platone ed Aristotele, Napoli, Stamperia della Regia
Università, Della libertà morale,
Napoli, Tipografia Ferrante-Strada, Morale e religione, Napoli, Tipografia
Ferrante, 1873. Dell'insegnamento della storia. Studio pedagogico, Roma,
Loescher, L'ordinamento della scuola popolare in diversi paesi. Note, Roma,
Tip. eredi Botta, I problemi della
filosofia della storia. Prelezione letta nella Roma il 28 febbraio 1887, Roma,
Loescher, 1Della scuola popolare. Conferenza tenuta nell'aula magna della
Università, Roma, Fratelli Centenari, Al comitato per la commemorazione di G.
Bruno in Pisa. Lettera, Roma, Aldina,Del socialismo. Conferenza, Roma, Perino, Proletariato
e radicali. Lettera ad Ettore Socci a proposito del Congresso democratico,
Roma, La cooperativa, Saggi intorno alla
concezione materialistica della storia I, In memoria del manifesto dei comunisti,
Roma, Loescher, Del materialismo storico. Dilucidazione preliminare, Roma,
Loescher, Discorrendo di socialismo e di filosofia. Lettere a G. Sorel, Roma,
Loescher, B. Croce, Bari, Laterza, Da un
secolo all'altro. Considerazioni retrospettive e presagi, Bologna, Cappelli, L'università
e la libertà della scienza, Napoli, Tipi Veraldi, A proposito della crisi del
marxismo, in "Rivista italiana di sociologia", Scritti varii editi e
inediti di filosofia e politica, raccolti e pubblicati da Benedetto Croce,
Bari, Laterza, 1906. Socrate, Benedetto Croce, Bari, Laterza, La concezione
materialistica della storia, con un'aggiunta di B. Croce sulla critica del
marxismo in Italia, Bari, Laterza, re prelezioni sulla storia e il materialismo
storico; In memoria del Manifesto dei comunisti, Brescia, Studio Editoriale
Vivi, Lettere a Engels, Roma, Rinascita, Democrazia e socialismo in Italia,
Milano, Cooperativa del libro popolare, Opere, Luigi Dal Pane, I, Scritti e
appunti su Zeller e su Spinoza, Milano, Feltrinelli, La dottrina di Socrate
secondo Senofonte, Platone ed Aristotele, Milano, Feltrinelli, Ricerche sul
problema della libertà e altri scritti di filosofia, Milano, Feltrinelli, Scritti
di pedagogia e di politica scolastica, Dina Bertoni Jovine, Roma, Editori
Riuniti, Saggi sul materialismo storico, Valentino Gerratana e Augusto Guerra,
Roma, Editori Riuniti, introduzione e cura di Antonio A. Santucci, Il
materialismo storico, antologia sistematica Carlo Poni, Firenze, Le Monnier,
1968. Pedagogia e società. Antologia degli scritti educativi, scelta e
introduzioni di Demiro Marchi, Firenze, La nuova Italia, 1970. Scritti
politici. Valentino Gerratana, Bari, Laterza, Opere, Franco Sbarberi, Napoli,
Rossi, Scritti filosofici e politici, Franco Sbarberi, Torino, Einaudi, Lettere
a Benedetto Croce. Napoli, Istituto italiano per gli studi storici, Dal secolo
XIX al secolo XX. Dall'era della concorrenza al monopolio. Nascita e lotte del
socialismo. IV saggio, incompiuto, della concezione materialistica della
storia, Lecce, Milella, Scritti liberali, Bari, De Donato, Scritti pedagogici,
Nicola Siciliani De Cumis, Torino, UTET, Epistolario Roma, Editori Riuniti, Roma,
Editori Riuniti, Roma, Editori Riuniti, Lettere inedite. Roma, Istituto storico
italiano per l'età moderna e contemporanea, La politica italiana Corrispondenze
alle “Basler Nachrichten”, a cura e con introduzione di Stefano Miccolis,
Napoli, Bibliopolis, Del materialismo storico e altri scritti, Milano, M&B
Publishing, Del socialismo e altri scritti politici, Milano, UNICOPLI, Giordano
Bruno. Scritti editi e inediti Napoli, Bibliopolis, Fra Dolcino, Pisa, Edizioni
della Normale, . Tutti gli scritti
filosofici e di teoria dell'educazione, Milano, Bompiani Il pensiero occidentale,
. Edizione nazionale La casa editrice Bibliopolis ha in corso di pubblicazione
l'edizione nazionale delle opere di Antonio Labriola, istituita con decreto del
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Tra Hegel e Spinoza. Scritti, A.Savorelli
e A. Zanardo, Bibliopolis, I problemi della filosofia della storia e recensioni
G. Cacciatore e M. Martirano, Bibliopolis, Da un secolo all'altro. Stefano
Miccolis e Alessandro Savorelli, Bibliopolis, . Copia archiviata , su
archividifamiglia-sapienza.beniculturali. 3 settembre 21 settembre ). L. Trotzkij, La mia vita,Carlo Fiorilli,
Antonio Labriola. Ricordi di giovinezza, in «Nuova Antologia», Giuseppe Berti,
Per uno studio della vita e del pensiero di Antonio Labriola, Roma, Ernesto
Ragionieri, Socialdemocrazia tedesca e socialisti italiani: Milano, Luigi
Cortesi, La costituzione del Partito socialista italiano, Milano, Sergio Neri,
Antonio Labriola educatore e pedagogista, Modena, 1968. Luigi Dal Pane, Antonio
Labriola, la vita e il pensiero, Bologna, 1968. Demiro Marchi, La pedagogia di
Antonio Labriola, Firenze, Luigi Dal Pane, Antonio Labriola nella politica e
nella cultura italiana, Torino, Stefano Poggi, Antonio Labriola. Herbartismo e
scienze dello spirito alle origini del marxismo italiano, Milano, Giuseppe
Trebisacce, Marxismo e educazione in Antonio Labriola, Roma, Filippo Turati,
Socialismo e riformismo nella storia d'Italia. Scritti politici, Milano, 1979.
Nicola Siciliani de Cumis, Scritti liberali, Bari, Stefano Poggi, Introduzione
a Labriola, Roma-Bari, Beatrice Centi, Antonio Labriola. Dalla filosofia di
Herbart al materialismo storico, Bari, 1984. Franco Livorsi, Turati.
Cinquant'anni di socialismo italiano, Milano, Franco Sbarberi, Ordinamento
politico e società nel marxismo di Antonio Labriola, Milano, Antonio Areddu,
Sulle lettere di Antonio Labriola a Benedetto Croce, Firenze, Renzo Martinelli,
Antonio Labriola, Roma, Antonio Areddu, A. Labriola e B. Croce nelle vicende
del marxismo teorico italiano, in “Behemoth”,Antonio Areddu, A. Labriola e B.
Croce nelle vicende del marxismo teorico italiano, in “Behemoth”, X, Luca
Michelini, "Antonio Labriola e la scienza economica. Marxismo e
marginalismo", in "Marginalismo e socialismo nell'Italia liberale M. Guidi e L. Michelini, Annali della
Fondazione Feltrinelli, Milano, Alberto Burgio, Antonio Labriola nella storia e
nella cultura della nuova Italia, Macerata, Antonio Areddu, Il pensiero di A.
Labriola, "Il Cronista", Antonio Labriola e la sua Università. Mostra
documentaria per i Settecento anni della “Sapienza” A cento anni dalla morte di
Antonio Labriola, Nicola Siciliani de Cumis, Roma, 2005. Nicola D'Antuono,
Saggio introduttivo e commento a A. Labriola, Discorrendo di socialismo e
filosofia, Bologna, Nicola Siciliani de Cumis , Antonio Labriola e «La
Sapienza». Tra testi, contesti, pretesti 2005–2006, con la collaborazione di A.
Sanzo e D. Scalzo, Roma, 2007. Stefano Miccolis, Antonio Labriola. Saggi per
una biografia politica, Alessandro Savorelli e Stefania Miccolis, Milano, .
Nicola Siciliani de Cumis, Labriola dopo Labriola. Tra nuove carte d'archivio,
ricerche, didattica, Postfazione di G. Mastroianni, Pisa, . Alessandro Sanzo,
Studi su Antonio Labriola e il Museo d'Istruzione e di educazione, Roma, , Alessandro Sanzo, L'opera pedagogico-museale
di Antonio Labriola. Carte d'archivio e prospettive euristiche, Roma, Pietro
Mandré. Antonio Labriola, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, . Antonio Labriola, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia
Britannica, Inc. Antonio Labriola, in
Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Antonio Labriola, su Liber
Liber. Opere di Antonio Labriola, su
openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Antonio Labriola, . Opere di Antonio
Labriola, su Progetto Gutenberg. L'Archivio
Antonio Labriola, su marxists.org. Alberto Burgio, Antonio Labriola, in Il
contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, . Roma. Antonio Labriola. Refs.: Luigi
Speranza, "Grice e Labriola," “Grice e il Vico di Labriola” per il
Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
LAGALLA. (Padula). Filosofo. Grice:
“I love Lagalla: the fact that he was an Aristotelian when everybody in
Florence was a Platonist!” -- Giulio Cesare Lagalla (Padula), filosofo. Figlio
di Roberto, alto funzionario della burocrazia vicereale, e Vittoria Rosa.
Studia filosofia. Ancora bambino, perdette i genitori e fu affidato con i
fratelli alla tutela di uno zio paterno, Girolamo Lagalla, che lo avviò agli
studi di filosofia. Volle trasferirsi a Napoli per proseguire nella sua
formazione. Si iscrisse ai corsi di filosofia dello Studio ed ebbe come maestri
G. Stillabota, F.A. Vivoli e B. Longo. Affidato dal Collegio degli archiatri a
G. Provenzale e G. Caro per un periodo di tirocinio, sembra vi si fosse
condotto con una tale competenza da meritare, nel 1589, i gradi accademici
"nulla pecuniarum solutione". Nello stesso anno, grazie a Longo,
divenne l'ufficiale sanitario di una squadra navale pontificia di stanza a
Napoli, con la quale si diresse verso le coste laziali, per giungere poi a
Roma. A Roma avrebbe conseguito una
nuova laurea, in seguito alla quale entrò al servizio di Santori, per il cui
interessamento ottenne da Clemente VIII l'incarico di lettore di filosofia
presso la Sapienza romana. Cura per Facciottola stampa di un commento ad
Aristotele, “De immortalitate animae ex sententia Aristotelis libri septem”, precoce
manifestazione di un interesse verso la questione dell'anima, intorno alla
quale Lagalla si interrogò per buona parte della sua vita intellettuale e che
contribuì ad attirargli sospetti di eterodossia. Altre opera: “La circuncisione di Cristo”. Al
problema dell'anima Lagalla. dedicò corsi della lettura ordinaria di filosofia,
che tenne alla Sapienza. Queste lezioni furono raccolte in un manoscritto dal
titolo “De anima commentarii”. Allo stesso argomento è dedicato il penultimo
volume dato alle stampe dal L., il “De immortalitate animorum ex Aristotelis
sententia libri tres” (Roma). Lagalla, pur riaffermando le posizioni della
tradizione tomistica sulla questione dell'anima umana, secondo le quali l'anima
intellettiva è “forma informans” del corpo ed è molteplice, accetta quelle di
Alessandro di Afrodisia a proposito dell'animazione dei cieli, ritenendo che
non abbiano l'intelligenza come forma assistente che li muove eternamente, ma
piuttosto come “forma informante”. Morto Santori, Lagalla si fosse avvicina a Pietro
Aldobrandini, entrando al suo servizio. Conobbe Cesi, al quale fu legato da una
cordiale amicizia. Se questa non diede luogo a un'ascrizione all'Accademia dei
Lincei, malgrado una precisa richiesta da parte di Lagalla., fu solo a causa
della sua marcata professione aristotelica[. Cesi lo presentò comunque a
Galilei quando quest'ultimo si recò a Roma per sottoporre il suo telescopio e
le scoperte con esso realizzate al giudizio degli autorevoli astronomi del
Collegio romano, nonché di influenti membri della Curia pontificia e dello
stesso Paolo V. Ne derivarono alcuni incontri, durante i quali Lagalla.,
incuriosito dall' "occhialino" galileiano, lo sperimentò e fu
intrattenuto da Galilei con l'esibizione delle "pietre lucifere di
Bologna". Da ciò che vide, trasse spunto per due scritti, pubblicati in un
unico volume, il “De phoenomenis in orbe Lunae novi telescopii usu a d.
Gallileo Gallileo nunc iterum suscitatis physica disputatio… nec non de luce et
lumine altera disputatio” (Venezia).
Atteso con impazienza da Galilei, che fu costantemente informato da Cesi
dei progressi nella composizione, il libro deluse l'ambiente linceo. Nel primo dei due scritti, pur difendendo la
verità ottica di ciò che mostrava il telescopio, cerca di spiegare l'irregolare (la scabrosità
della superficie lunare) come prodotto del regolare, attraverso una sorta di
estensione di un principio di regolarità (invariabilità dei cieli e dei corpi e
fenomeni inclusi in essi), cui risponde l'intera fisica celeste aristotelica.
Le asperità lunari dovevano dunque consistere in parti più dense di
"etere", più opache alla luce, e in parti meno dense, più chiare. Nel
secondo scritto Lagala. racconta una discussione sulla natura della luce avuta
con Galilei, Cesi, G. De Misiani e G. Clementi: dopo aver ribadito che la luce
non è una sostanza, ma un accidente o una qualità reale, tratta delle
"pietre lucifere" e, contro l'interpretazione di Galilei, osserva che
la luminescenza delle pietre non è una proprietà del minerale non trattato, ma
una conseguenza del processo di calcificazione, che rende la pietra porosa e in
grado di assorbire una certa quantità di fuoco e di luce, poi lentamente
rilasciata; con ciò esclude che possa essere il prodotto della riflessione
della luce solare sulla Terra da parte della Luna. A proposito del primo dei due scritti,
Galilei meditò di fornire una risposta pubblica, sollecitata dallo stesso Lagalla,
di cui le note di lettura al volume in questione, sembrano essere il lavoro
preparatorio. Tale risposta non arrivò, ma i rapporti tra i due divennero più
stretti, forse per effetto di un lento avvicinamento delle rispettive posizioni
scientifiche. In occasione dell'osservazione di una cometa, scrisse il
Tractatus “de metheoro quod die nona novembris anni presentisin Urbe apparuit
sopra collem Pincium” e poiché quest'opera pareva, in alcuni punti, accogliere
le posizioni di Galilei, fu attaccato di scarso aristotelismo. Si convinse così
a chiedere a Galilei e a Cesi il sostegno per una lettura a Psa. Pur non
mancando l'occasione (la morte di Papazzoni aveva reso vacante un posto), non
se ne fece niente, ma anche in questo caso i rapporti tra i tre uomini rimasero
saldi. Aumenta intanto la sua
insofferenza verso gli ambienti romani che lo guardavano con crescente
sospetto. La sua “De coelo animato disputatio” e in Germania, per l'interessamento
di Allacci. Non rinunciò a coltivare la speranza di ottenere un adeguato
incarico al di fuori della capitale pontificia, tanto da valutare con attenzione
la proposta di trasferirsi alla corte di Sigismondo III. Le compromesse
condizioni di salute (soffriva di una malattia urinaria, forse una ipertrofia
prostatica con complicanze) e il timore che l'inclemente clima polacco potesse
peggiorarle lo portarono a rifiutare.
Continua a praticare la filosofia, l'astronomia, e seguì il suo
protettore Aldobrandini, in diversi viaggi in vari luoghi d'Italia. Gli è stato
dedicato il cratere Lagalla sulla Luna. Altre opere: “De phaenomenis in orbe
lunae novi telescopii usu nunc iterum suscitatis” (Venezia); “De metheoro quod
die nona novembris anni presentisin Urbe apparuit sopra collem Pincium”; “De
luce et lumine altera disputatio”; “De Immortalitate animorum ex Aristot.
Sententia”(Roma). (Biblioteca apost.
Vaticana, Barb. lat., 323; cfr. Kristeller, II,444 cfr. Edizione naz. delle
opere) (Firenze, Biblioteca nazionale, Galil., pFavaro,
nell'Ed. naz. delle opere di Galileo Galilei, Xindica una stampa apparentemente
irreperibile, Roma) (s.l. [ma Heidelbergae])
Bibliografia Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, Giano Nicio Eritreo [Gian Vittorio Rossi], Pinacotheca imaginum
illustrium doctrinae vel ingenii laude virorum, I, Coloniae Agrippina, Leone
Allacci, Iulii Caesaris Lagallae vita, Parisiis, Tommaso Maria Alfani, Istoria
degli anni santi, Napoli; Nuovo Dizionario istorico, XV, Napoli Francesco
Colangelo, Storia dei filosofi e dei matematici napolitani, III, Napoli
1834,162; Stefano Gradi, Leonis Allatii vita, in Novae patrum bibliothecae, VI,
a cura di Angelo Mai, Romae, Emil Wohlwill, Vincenzo Spampanato, Vita di Giordano
Bruno, Messina, Gennaro De Crescenzo, Dizionario storico-biografico degli
illustri e benemeriti salernitani, Salerno, Charles H. Lohr, Latin Aristotle
commentaries, II, Firenze, I maestri della Sapienza di Roma, a cura di Emanuele
Conte, Roma, ad ind.; Massimo Bucciantini, Contro Galileo, Firenze, Italo
Gallo, Figure e momenti della cultura salernitana dall'umanesimo ad oggi,
Salerno, Paul Oskar Kristeller, Iter
Italicum, Lettere del Lagalla, o di altri con notizie su di lui, si trovano
nell'Edizione nazionale delle opere di Galileo Galilei, a cura di Antonio Favaro,
Firenze 1929-39, ad indices (nel vol. III,309-399, è pubblicato il
“De phoenomenis in orbe Lunae” con postille di Galilei) Giuseppe Gabrieli,
Carteggio linceo, Roma. Collegamenti esterni openMLOL, Horizons Open Library,
Internet Archive. Giulio Cesare Lagalla. “Un aristotelico che dialogava con
Galilei”.
LALLA MILLUL. (Trieste). FIlosofo.
Grice: “I have been called a Darwinist, which offended de Lalla!” -- Figlio unico di
Achille de Lalla Anna Millul. Il padre, nato a Napoli da famiglia
originaria di Tolve, aveva intrapreso la carrriera militare, giungendo a
ricoprire il grado di Tenente colonnello dell'esercito e congedandosi con il
grado di Generale dell'esercito. Prese parte alla Prima guerra mondiale nonché
alla Seconda guerra mondiale, dove rimase ferito alla spalla destra in Russia.
Fu in seguito Dirigente dell'Istituto per la Ricostruzione Industrial. Achille
de Lalla era figlio di Ludovico e di Maria Buonomo, figlia a sua volta di Alfonso
Buonomo, compositore e musicista napoletano di fama. La madre Anna Millul era nata a Roma in una
famiglia ebrea originaria di Livorno. SI
laurea, allievo dinKalinowski di cui tradusse in italiano il saggio
"Interpretazione giuridica e logica delle proposizioni
normative". Scappò a Parigi,
prendendo parte al Maggio. Tuttavia, fu tra i primi ad intuire che il Partito
Comunista francese non aveva alcuna seria intenzione politica di sostenere la
Contestazione e, in anticipo sul fallimento dell'iniziativa giovanile, lasciò
la Francia rientrando in Italia deluso. Fu studioso di Evoluzionismo e
Politologia, e sarà proprio sulle sue teorie sull'Evoluzione umana e sul
pensiero di Darwin che scrive l'opera “La selezione sessuale”. Insegna a'Siena
e Napoli. A testimonianza del grande successo che riscuotevano i suoi corsi
universitari, rimane la petizione indetta dagli studenti affinché il Senato
Accademico li prorogasse per un biennio.
Gli ultimi anni Ritiratosi a vita privata, muore a Napoli nella tarda serata
del 25 settembre d'infarto mentre
attendeva alla redazione della sua ultima opera.Est Deus in nobisContributo
alla Nuova Evangelizzazione e, nelle intenzioni dell'autore, avrebbe dovuto
costituire il completamento della trilogia iniziata con Evoluzione e proseguita
con La Comunità Democratica.Convinto assertore della superiorità del Diritto
pubblico rispetto a quello privato, si è sempre posto a tutela delle
prerogative statuali. Convinto assertore
dei rischi della dilagante esterofilia in campo politico e fondamentalmente
euroscettico negli ultimi anni di riavvicinamento al cattolicesimo, ideò un
progetto di edificazione di un nuovo partito politico che, nelle sue
teorizzazioni avrebbe assunto il nome di PARTITO CRISTIANO COMUNITARIO (DEMOCRATICO)
ITALIANO PCC(D)I. Opere: “Il concetto
legislativo di azione penale,” Ed. Jovene, Napoli, “La scelta del rito
istruttorio,” Ed. Jovene, Napoli, “Logica delle Prove penali,” Ed. Jovene
Napoli, “Saggio sulla specialità penale militare,” Ed. Jovene, Napoli, “Topografia
politica della seconda repubblica,” Edizioni Scientifiche Italiane Napoli, “Idee
per un "completamento istruttorio" del giudice nelle indagini
preliminari in "Riv. it. dir. e proc. pen." “Evoluzione,” “Darwin e
la selezione sessuale, Ed. Salerno, Roma, “ Evoluzione e selezioneTemi e
problemi del darwinismo,” Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli “La Comunità
Democratica: idee per una politica nuova, Guida Editori, Napoli, “Comunitarismo
politico, Guida Editori, Napoli
Filosofia della musica occidentale, Guida Editori, Napoli Composizioni musicali Per pianoforte Sonata
n.° 1 Suite "italiana" Sonata n.° 2 Sonata n.° 3
"napoletana" Musica da camera Sonata per violino e violoncello Sonata
per violino e pianoforte Sonata per violini, viola e violoncello Note de Lalla F., Una famiglia borghese, Ed.
Ibiskos de Lalla F., op. cit. in "Il foro penale" XXIII 1968
ilcambiamento,//ilcambiamento/articoli/evoluzione_2_darwin_de_lalla_millul.
ateneapoli,//ateneapoli/news/archivio-storico/reintegro-del-prof-de-lalla-il-consiglio-di-facolta--si-esprime-negativamente. petizioni.com/petizione_pro_prof_paolo_de_lalla.
Paolo de Lalla. Keywords: evolutionary, sexual selection.
LAMANNA. (Matera). Filosofo. Grice: “I like Lamanna – a very systematic
philosopher especially interested in the longitudinal history of philosophy –
he wrote on economics during controversial times, too!” Linceo. Figlio di Angelo
Raffaele Lamanna, calzolaio, e da Maria Bruna Pizzilli, filandaia. Fece i primi
studi in seminario e poi nel Liceo classico della sua città. Si trasferì a
Firenze, laureandosi con Sarlo. Insegna a Messina e Firenze. Pubblicò un
commento alla Dottrina. Autore di un fortunato manuale di storia della
filosofia. Membro dell'Accademia nazionale dei Lincei. Diresse la "Collana
di Filosofia" delle Edizioni Morano di Napoli. Stabilito, per Lamanna, che
la religiosità sia un'esigenza naturale dello spirito umano, egli rileva le
contraddizioni percepite dalla coscienza fra l'”essere” (“is”) e il dover
essere (“ought”) -- fra l'esigenza di una realtà concepita come razionalità e
ordine, e la percezione di una realtà che appare irrazionale e disordinata,
così come fra la concezione dell'assolutezza dello spirito e la concreta
limitatezza della realtà umana. Da queste contraddizioni deduce la necessità
dell'esistenza di Dio. Analoga antinomia
gli sembra esistere tra morale e politica che a suo avviso può essere risolta
trasportando nell'attività pratica la riconosciuta razionalità dell'ordine trascendente
e divino, che è di per sé bene assoluto. In questo modo l'operare umano si fa
etico ossia, secondo Lamanna, realmente politico, realizzandosi concretamente
nell'ordinamento giuridico e, così come nell'operare razionale si concreta la
vita morale, da questa si raggiunge l'armonia in cui consiste la bellezza.
Opere: “La religione nella vita dello spirito, Firenze, Kant, Milano, Umanesimo e scienza politica,
Milano, Storia della filosofia, Firenze, La filosofia del Novecento, Firenze, Il
bene per il bene, Firenze, Studi sul pensiero morale e politico di Kant,
Firenze, Scritti storici e pensieri sulla storia, Padova, Studi Pietro Piovani,
Sulla prospettiva filosofica di Lamanna, Torino, Pietro Piovani, ETra etica e storia, Napoli, Giuseppe Martano, L'esperienza speculative, in
«Filosofia», Giovanni Calò, Il pensiero, Napoli, Giovanni Calò, Studi e
testimonianze, D. Carbone, Matera, Dizionario biografico degli Italiani, Istituto
dell'Enciclopedia italiana Treccani. Eustachio Paolo Lamanna.
LAMI. (Roma). Filosofo. Grice: “I like Lami; he has written
interesting approaches to Plato and Aristotle.” Si laurea e insegna a Roma.
Opere: "La ragione degli antichi” (Giuffrè, Roma); "La Politica di
Platone” (Rubettino, Cosenza); "Tra utopia e utopismo" (Il Cerchio,
Rimini) "Qui ed ora. Per una filosofia dell'eterno presente" (Il Cerchio,
Rimini); "Il libro Manifesto Per una nuova oggettività" (Heliopolis,
Pesaro, . (Gian Franco Lami), Giovanni Sessa, "Il pensiero di Eric
Voegelin a 50 anni dalla pubblicazione di Ordine e Storia”, Franco Angeli,
Roma, Filosofia politica Filosofia della storia Nuova Destra Note Gian Franc.Letteratura e Tradizione//miro
renzaglia.org letteratura-tradizione-il-resoconto/ Scuola Romana di Filosofia Politica//centro studilaruna
Fondazione Julius evola Gian Franco Lami.
LANDI. (Milano). Filosofo. Grice:
“I would call Landi a Griceian; but he’d call me a Landian!” Studioso della
dottrina del ‘segno,’ vis-à-vis- scienze umane e antropologia, apportato un
notevole contributo agli sviluppi alla semantica (senso) e la pragmatica
(prassi, pratica – ragione pratica) -- crt, cercando di unificare la dialettica
romana e fiorentina con quella oxoniense.
Diplomato al Regio Liceo Ginnasio Alessandro Manzoni, si laurea a Milano. Studia a Pavia. Insegna a
Padova, Lecce. Riceve, e Trieste. La sua
opera si può suddividere in tre fasi. La prima
riguarda studi su la prassi (ragione pratica), nonché l'analisi dei
processi di “segno.” La seconda fase propone una teoria della “produzione” del
segno intendendola come teoria del lavoro cui fondamento è l'omologia tra la
teoria del segno e so-miscalled aeco-nomia. (cf. Grice, P. E. R. E.). La terza
fase studia l'intricato rapporto tra il segno e la ideologia e teorizza l'”alienazione”
dell’usuario del segno (ego/alter/alien). Opere: Pratica communicativa (Bocca,
Milano); “Segno” (Manni, Lecce); “Significato, comunicazione e parlare comune,”
– cfr. Grice, “SignificARE, communicARE, impiegare, implicARE, -- ‘common’ is
Landi for Grice’s ‘ordinary’ as opposed to extra-ordinario. Marsilio, Padova.
La semiotica e “Segnare” come lavoro e mercato,
-- cf. Grice against an utilitarian and pro a Kantian account of the rational
effort – but remarks in the “Retrospective Epilogue” about his concern with
‘rationality’ as being co-operative. And Grice’s remarks about the independence
of the two thesis: semiosis as rational and semiosis as cooperatively rational.
Bompiani, Milano, Segno ed ideologia (Bompiani, Milano), “Segnare” (Bompiani,
Milano); “Ideologia” (Mondadori, Milano); “Metodica filosofica e semiotica -- scienza
dei segni, o teoria? – cf. Grice on philosophical psychology,’ folk science of
psychology – ceteris paribus – ‘law’ of the science of psychology --. The laws
of psychology – “That’s why we call them ‘psycho-logical’ concepts, or
theoretical terms, -- psychological theory --. Theory Th. (Bompiani, Milano). Cf. Grice on the boundaries
of ‘mean,’ and the idea of ‘consequence,’ y is a consequence of x, x means y. Il
corpo del testo tra riproduzione sociale ed eccedenza, Scritti su G. Ryle e la
filosofia analitica” (il Poligrafo, Padova); “Semiotica Filosofia del
linguaggio su ferrucciorossilandi.c om. Ferruccio
Rossi-Landi. Grice: “Landi takes economics seriously, as did Aristotle –
unfortunately, those researching onto Landi hardly quote from Aristotle!” “While
the Italians think that Landi is being very Original, we at Oxford don’t! Game
theory, strategy theory, and efficiency theory are all basic to ‘oeconomica’ in
most pragmatic models of efficient communication – “Information is like money!”
-- -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Landi,” The Swimming-Pool Library, Villa
Grice. Luigi Speranza, “Grice e Rossi-Landi a Oxford.” Luigi Speranza, “Grice’s
principle of economy of rational effort and Rossi-Landi’s economical
semiotics.” Luigi Speranza, “Grice and Rossi-Landi: over-informativeness and
excess: the implicature.”
LANDINO. (Firenze). Filosofo. Grice:
“I love the way a philosopher can be judged by his fellow citizens and by
furriners: Landino’s “De Anima” fascinates the Germans, for example! While his poetry
fascinates the Americans, as I Tatti testifies!” Nacque da una famiglia
originaria di Pratovecchio, nel Casentino, e compì gli studi in materie
letterarie e giuridiche a Volterra. Gli venne affidata presso lo Studio
fiorentino la cattedra di oratoria e poetica che era stata del suo maestro
Marsuppini: Landino, sostenuto dai Medici, era stato avversato da non pochi
personaggi in vista, come Alamanno Rinuccini e Donato Acciaiuoli. Tra i suoi
allievi ci furono Poliziano e Ficino. In quel periodo ricoprì anche incarichi
pubblici, facendo parte della segreteria di Parte guelfa e della prima
Cancelleria. Tra i suoi viaggi, spicca quello a Roma. La sua prima
attività fu poetica, con la Xandra, una raccolta di componimenti dedicata
inizialmente ad Alberti e de' Medici. In campo filosofico scrisse tre dialoghi:
il De anima, le Disputationes Camaldulenses e il De vera nobilitate. La maggiore fama nei
secoli di Landino fu però legata alla sua attività di commentatore dei
classici. Diede alle stampe il Comento sopra la Comedia di Dante, su Orazio e
su Virgilio. Traduttore dal latino in fiorentino della Storia natural di Plinio
e la Sforziade di Giovanni Simonetta Il volgarizzamento pliniano fu un vero e
proprio evento: per la prima volta anche chi non conosceva il latino poteva
leggere la più importante e vasta enciclopedia del mondo antico (tra i suoi
lettori Pulci, Colombo e Vinci). Per i meriti acquisiti, la Signoria
fiorentina gli assegnò una torre nel Casentino e una pensione. Venne
ritratto tra illustri fiorentini a lui contemporanei da Domenico Ghirlandaio
nella Cappella Tornabuoni di Santa Maria Novella. Altre opera: “Orazione
alla Signoria fiorentina Incipit della Historia naturale tradocta di
lingua latina in fiorentina per Christophoro Landino fiorentino,; Xandra De
anima Disputationes Camaldulenses De vera nobilitate Comento sopra la Comedia
di Dante Commento a Orazio Commento a Virgilio Historia naturale di Caio Plinio
Secondo tradocta di lingua latina in fiorentina per Christophoro Landino fiorentino
al serenissimo Ferdinando re di Napoli Orazione alla Signoria fiorentina quando
presentò il suo Commento di Dante, Firenze, Niccolò di Lorenzo, Formulario di
epistole, Firenze, Bartolomeo de' Libri, Il testo si può leggere in edizione
critica: Christophori Landini Carmina omnia ex codicibus manuscriptis primum
edidit A. Perosa, Florentiae. Cristoforo Landino, Disputationes CamaldulensesLohe,
Firenze, Sansoni, CDe vera nobilitate, M. T. Liaci, Firenze, Olschki, R.
Cardini, La critica del Landino, Firenze, Sansoni, Dallo stesso studioso è
stata allestita la raccolta: C. Landino, Scritti critici e teorici, I-II, R.
Cardini, Roma, Bulzoni, Comento sopra la Comedia, I-IVProcaccioli, Roma,
Salerno editrice, Questo commento è stato solo parzialmente edito (la sezione
relativa all'Ars poetica): Cristoforo Landino, In Quinti Horatii Flacci Artem
poeticam ad Pisones interpretationes, G. Bugada, Firenze, Sismel, R. Fubini,
Quattrocento fiorentino. Politica, diplomazia, cultura, Pisa, R. M. Comanducci,
Nota sulla versione landiniana della Sforziade di Giovanni Simonetta,
«Interpres» Uno studio complessivo (sia filologico sia storico-culturale)
dell'opera in A. Antonazzo, Il volgarizzamento pliniano di Cristoforo Landino,
Messina, Centro di Studi Umanistici, .
Questo testo proviene in parte dalla relativa voce del progetto Mille
anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia
della Scienza di Firenze, Cristoforo Landino, In Quinti Horatii Flacci Artem
poeticam ad Pisones interpretationes. Gabriele Bugada, Firenze, Sismel-Società
internazionale per lo studio del Medioevo latino Edizioni del Galluzzo, Carlo Dionisotti, «Landino, Cristoforo», in
Enciclopedia Dantesca, Roma, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani,Dizionario
Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Antonino
Antonazzo, Il volgarizzamento pliniano di Cristoforo Landino, Messina, di Studi Umanistici, TreccaniEnciclopedie on
line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Cristoforo Landino, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Cristoforo Landino, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia
Britannica, Inc. Simona Foà, Cristoforo
Landino, in Dizionario biografico degli italiani, 63, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Cristoforo
Landino, su Dictionary of Art Historians, Lee Sorensen. Cristoforo Landino /
Cristoforo Landino (altra versione), su ALCUIN, Ratisbona. Cristoforo Landino,
suopenMLOL, Horizons Cristoforo Landino. Grice: “I love Landino; for one he
wrote the first Italian philosophical dialogue, “Disputationes” – for another, I love the setting!” Keywords:
dialettica fiorentina – implicatura fiorentina --..
LANDUCCI. (Sarzana). Filosofo.
Grice: “If I had in Hardie a wonderful mentor to Aristotle, I missed Landucci’s
mentoring me into Kant!” – Si laurea a Pisa con Luporini. Insegna a Firenze. Opere
principali: “Cultura e ideologia in Sanctis” (Milano, Feltrinelli); “I filosofi
e i selvaggi” (Bari, Laterza); “L’origine della scienza sociale” (Firenze,
Sansoni); “Hegel: la coscienza e la storia” (Firenze, La nuova Italia); “La
contraddizione in Hegel, Firenze, La nuova Italia); “La teodicea nell'età
cartesiana, Napoli, Bibliopolis, “La Critica della ragion pratica” (Roma, NIS),
Sull'etica di Kant, Milano, Guerini, La
mente in Cartesio, Milano, F. Angeli, I
filosofi e Dio, Roma-Bari, Laterza, La doppia verità: conflitti di ragione e
fede tra Medioevo e prima modernità, Milano, Feltrinelli, Antonio Gnoli,
Intervista, "Repubblica", Scheda biografica su Einaudi. Sergio
Landucci. Grice: “Basically, Landucci covers all the topics of my interests,
including that of the alleged ambiguity in Kant’s idea of a ‘reason’!”
LATINI. (Firenze). Filosofo. Grice: “Latini reminds me of Hardie; he was Aligheri’s
mentor; Hardie mine!” -- Grice: “People say it all starts with Alighieri; but
the real ‘filosofo’ behind Alighieri surely is Burnetto – he has chapters on
‘Platone,’ ‘Aristotele,’ and the rest of them.” «Poi si rivolse, e parve di
coloro che corrono a Verona il drappo verde per la campagna; e parve di costoro
quelli che vince, non colui che perde» (Divina Commedia). Figlio di
Buonaccorso e nipote di Latino Latini, appartenente ad una nobile famiglia. Le
fonti storiche e una serie di documenti autografi testimoniano la sua attiva
partecipazione alla vita politica di Firenze. Come egli stesso narra nel
Tesoretto, fu inviato dai suoi concittadini alla corte di Alfonso X per
richiedere il suo aiuto in favore dei guelfi. Tuttavia, la notizia della
vittoria dei ghibellini a Montaperti lo costrinse all'esilio in Francia. I cambiamenti politici
conseguenti alla vittoria di Carlo I da Benevento sconsentirono il suo ritorno in Italia. Fu risarcito del torto
subito, con il titolo di Segretario del Consiglio della repubblica, stimato ed
onorato dai suoi concittadini. La sua influenza divenne tale che a
partire si trova a malapena nella storia di Firenze un avvenimento pubblico
importante al quale non abbia preso parte. Contribuì notevolmente alla
riconciliazione temporanea tra guelfi e ghibellini detta "pace di
Latino". PPresiedette il congresso dei sindaci in cui fu decisa la
rovina di Pisa. Fu elevato alla dignità di Priore. Questi magistrati, in numero
di dodici, erano stati previsti nella costituzione. La sua parola si fa
frequentemente sentire nei Consigli generali della repubblica. Era uno degli
arringatori, od oratori, più frequentemente designati. Nel Canto XV
dell'Inferno Dante lo incontra tra i sodomiti, violenti contro Dio nella
natura. Siamo nel terzo girone del settimo cerchio; Dante e Virgilio camminano
su un piano rialzato rispetto alla landa desolata in cui i dannati procedono.
Alighieri, che era stato allievo di Latini, è profondamente scosso, e non nasconde
verso il maestro una persistente ammirazione. Latini è il primo nella Commedia
a toccare fisicamente Alighieri, tirandolo per la veste. Altre opera:“Il
Tesoretto,” poema (incompiuto o mutilo) scritto in volgare fiorentino, in
settenari a rima baciata, narrato in prima persona. L'autore definisce l'opera Tesoro, ma il nome
Tesoretto è presente già nei manoscritti più antichi, presumibilmente per distinguerla dalle
traduzioni italiane del Tresor. Il protagonista, sconfortato dalla notizia
della disfatta di Montaperti, si perde in una "selva diversa". Nella
sua peregrinazione si imbatte nelle personificazioni della Natura e delle
Virtù, che gli illustrano la composizione del Mondo e i modelli di comportamento
cortesi. Il Tesoretto si interrompe nel momento in cui il protagonista incontra
Tolomeo, che sta per spiegargli i fondamenti dell'astronomia. Influenzato
da un lato dal romanzo cortese, dall'altro dai poemi allegorici, Latini realizza
un'opera che da una parte della critica è ritenuta tra i precursori diretti
della Commedia (Venezia, Melchiorre Sessa il Vecchio); “Li livres dou Tresor” e
la più celebre, scritta durante l'esilio in Francia, in lingua vernaculare,
perche "è la parlata più dilettevole e più comune tra tutte le lingue.” Consta
di tre libri e risulta la prima enciclopedia volgare in senso proprio. Altri
testimoni sono stati segnalati in seguito da Squillacioti, Divizia eGiola.
Il primo libro tratta dell’origine di tutto; tra gli argomenti affrontati vi
sono un'ampia storia universale, dalle vicende dell'Antico e del Nuovo
Testamento alla battaglia di Montaperti, elementi di medicina, fisica,
astronomia, geografia, e architettura, e un bestiario. Si trova, in questo primo
libro, una delle menzioni più antiche che conosciamo di una bussola e
l'indicazione della sfericità della terra. Nel secondo libro si tratta
dei vizi e delle virtù, attingendo sostanzialmente dall'Etica Nicomachea.
Il terzo libro riguarda principalmente la retorica. Latini utilizza come fonti
Platone, Aristotele, Senofane, il romano Publio Vegezio e Cicerone. Altre
opera: è inoltre autore di un altro breve poemetto, Il Favolello, di una “Rettorica”
volgarizzamento e commento del De inventione di Cicerone, nonché dei
volgarizzamenti di tre orazioni ciceroniane (Pro Ligario, Pro Marcello, Pro
rege Deiòtaro). Jauss, Alterità e modernità della letteratura medievale,
Bollati Boringhieri S. Sarteschi, Dal "Tesoretto" alla
"Commedia": considerazioni su alcune riprese dantesche dal testo di Latini,
in "Rassegna europea di letteratura italiana", B. Latini, Tresor G.
Beltrami Squillacioti Torri e S. Vatteroni, Torino, Einaudi, A. D'Agostino,
Itinerari e forme della prosa, in Storia della letteratura italiana, Roma,
Salerno Editrice, Tresor. Beltrami, Squillacioti, Torri, Plinio, Torino). Aggiunte
(e una sottrazione) al censimento dei codici delle versioni italiane del
"Tresor" di Brunetto Latini. In: Medioevo romanzo, La tradizione dei volgarizzamenti toscani del
Tresor di Brunetto Latini: con un'edizione critica della redazione alfa.
Verona. Edizione del volgarizzamento toscano. La colonna posta dove è stata riscoperta la
tomba di Latini, chiesa di Santa Maria Maggiore; “Livres dou Tresor, Stampato
in Vineggia, per Gioan Antonio & fratelli da Sabbio, ad instanza di Nicolo
Garanta & Francesco da Salo libbrari & compagni, Dizionario biografico
degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. 1Tesoretto. In
Gianfranco Contini , Poeti del Duecento, Ricciardi, Milano e Napoli 1970, tomo
2.A scuola con ser Brunetto. Indagini sulla ricezione di Brunetto Latini dal
Medioevo al Rinascimento. Atti del convegno internazionale di studi, Basilea,Irene
Maffia Scariati, Firenze, Edizioni del Galluzzo, D'Arco Silvio Avalle, Ai
luoghi di delizia pieni, Ricciardi, Milano e Napoli, Antonio Carrannante,
"Implicazioni dantesche: Brunetto Latini (Inf. XV)",
"L'Alighieri", Enciclopedia dantesca, ad vocem, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana Treccani, Roma, Pasquale Fornari, Dante e Brunetto,
Tip. coop. varesina, Varese, Poi in: Pro Dantis virtute et honore, Tip. coop.
varesina, Varese, Ludovico Frati,
Brunetto Latini speziale, "Il giornale dantesco", Francesco Maggini,
La «Rettorica» Latini, Firenze, Galletti e Cocci,Umberto Marchesini, Due studi
biografici su Brunetto Latini. "Atti dell'Istituto Veneto", "La
posizione del Latini nel canto XV dell'Inferno dantesco"). Pietro Merlo, E
se Dante avesse collocato Brunetto Latini tra gli uomini irreligiosi e non tra
i sodomiti?, "La cultura", Poi in: Saggi glottologici e letterari,
Hoepli, Milano, Fausto Montanari, Brunetto Latini, "Cultura e
scuola", Antonio Padula, Brunetto Latini e il Pataffio, Dante Alighieri,
Milano, Roma e Napoli, Manlio Pastore Stocchi, Delusione e giustizia nel canto
XV dell'Inferno, "Lettere italiane", XX 1968, 433–455 (poi in: Letture classensi, III, Longo, Ravenna Joseph Pequigney, Sodomy
in Dante's Inferno and Purgatorio, "Representations", André Pézard,
Dante sous la pluie de feu, Librairie philosophique, Paris 1950. Rosanna
Santangelo, "Tutti cherci e litterati grandi e di gran fama":
Brunetto Latini, "Il sogno della farfalla. Rivista di psicoanalisi", Michele
Scherillo, Alcuni capitoli della biografia di Dante, Loescher, Torino Thor
Sundby, Della vita e delle opere di Brunetto Latini, Le Monnier, Firenze, Alighieri
Storia di Firenze Divina Commedia Il Favolello Il Tesoretto. TreccaniEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Federico Millosevich, Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Liber Liber. Opere di Brunetto
Latini, su openMLOL, Horizons su
Brunetto Latinidal repertorio online Regesta Imperii, su
opac.regesta-imperii.de. Brunetto Latino Portal, su florin.ms. Giovanni
Dall'Orto, Brunetto Latini. Tommaso Giartosio, Dante e Brunetto Latini. Tratto
da: Perché non possiamo non dirci. Letteratura, omosessualità, mondo,
Feltrinelli, Milano, Concordanze del libro del Tesoretto, su classicis tranieri.com.
Brunetto Latini, Li livres dou trésor,
ed. par Polycarpe Chabaille, Paris Marco Giacomelli, In difesa di ser Brunetto
Latini; in Adolph Caso , Dante in the Twentieth Century, Volume 1 di Dante
studies, Branden Books. Brunetto Latini. Keywords: rettorica.
LAZZARELLI. (San Severino
Marche). Filosofo. Grice: “I would call Lazzarelli a Pythagorean; most Italian
philosophers are, as most English philosophers are Lockean!” -- Grice: “I would
call Lazzarelli what Italians call ‘un filosofo ermetico.’ He certainly flouts
all my desiderata for conversational clarity!” Il documento più importante per
ricostruire la vita di Lazzarelli è Vita Lodovici Lazzarelli Septempedani
poetae laureati per Philippum fratrem ad Angelum Colotium scritto dal fratello
Filippo subito dopo la morte di Ludovico, e indirizzato all'umanista Angelo
Colocci. Lazzarelli fu educato e visse a Campli, in Abruzzo, dove frequenta la
biblioteca del Convento di San Bernardino da Siena, che egli cita nella sua
opera i Fasti Christianae Religionis, un poema di ispirazione cristiana. Ricevette
da Sforza un premio per un poema sulla battaglia di San Flaviano. Ebbe contatti
con i più importanti studiosi dell'epoca e fu seguace dell'ermetismo. Raccolse
il Pimander di Ficino, l'Asclepio e tre trattati sull'ermetismo realizzando una
versione che amplia il corpus testi ermetici. Fu autore di opere a carattere
ermetico come il “Crater Hermetis,” in sintonia con il sincretismo religioso
dei suoi tempi e in anticipo sulla filosofia di Pico, con la fusione di Cabala
e Cristianesimo, ma anche di poemetti a carattere allegorico come l'”Inno a
Prometeo” o didascalico-allegorici come il “Bombyx. “ “De apparatu Patavini
hastiludii (ed. a stampa Padova); “De gentilium deorum imaginibus”, dedicato
prima a Borso d'Este, poi a Federico da
Montefeltro; Fasti Christianae religionis, con mss dedicati a Sisto IV, poi a Ferdinando I d'Aragona e ia Carlo VIII
(edito M. Bertolini, Napoli); Epistola Enoch (edita M. Brini, in Testi
umanistici sull'ermetismo, Roma; la traduzione delle Diffinitiones Asclepii; De
bombyce (ed. a stampa G.F. Lancellotti, Aesii); Crater Hermetis edito in
Pimander Mercurii Trismegisti liber de sapientia et potestate Dei. Asclepius
eiusdem Mercurii liber de voluntate divina. Item Crater Hermetis a Lazarelo
Septempedano, Parisiis; Vademecum (edito M. Brini, in Testi umanistici sull'ermetismo,
Roma. Un carme per la morte della duchessa d'Atri (Biblioteca del Seminario di
Padova; Carmen bucolicum (Biblioteca universitaria di Breslavia, Milich
Collection); carmi di occasione (tra cui i versi che gli valsero
l'incoronazione) (Biblioteca nazionale di Napoli); epigrammi sullo Pseudo
Dionigi l'Areopagita. Il testo dell'opera può essere letto in M.
Meloni,"Lodovico Lazzarelli umanista settempedano e il De Gentilium deorum
imaginibus, in Studia picena.. pubblicato
in appendice a C. Vasoli, Temi e fonti della tradizione ermetica in uno scritto
di Symphorien Champier, in Umanesimo e esoterismo, E. Castelli, Padova, poi in
G. Roellenbleck, Ludovico Lazzarelli Opusculum de Bombyce, anche in edizione
moderna integrale in C. Moreschini, Dall'"Asclepius" al "Crater
Hermetis". Studi sull'ermetismo latino tardo-antico e rinascimentale,
Pisa, Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Filosofia
ermetica, Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Opere, su ludovicolazzarelli.
l rivista Campli Nostra Notizie , su campli nostra notizie.. Ludovico
Lazzarelli. Keyword: implicatura ermetica.
LECALDANO. (Treviso).
Filosofo. Grice: “Lecaldano is interested in altruism as the basis for
morality; I’m interested in morality as the basis for altruism; he ain’t
Kantian; I am!” -- Grice: “I love Lecaldano; perhaps because he is an Italian,
he focused on Scots! His analyses of Smith and Hume on ‘sympathy’ is ‘simpatico,’
as the Italians say.” Grice: “Lecaldano engages in the kind of linguistic
botanising I do when I reflect on ‘cooperation’ versus ‘benevolence’ versus
‘empathy’ versus ‘sympathy’ versus ‘compassion.’ Unlike Lecaldano, I end up
with a rationality-based account of cooperativeness – or rather a narrowing of
‘co-operation’ to ‘rational co-operation’ – there are others!” Si laurea a
Roma, insegna a Siena e Roma. Fonda La Società Italiana di Filosofia Analitica
(“to keep us apart from non-analytics like Plato!”). Membro della Società Filosofica
Italiana. Le riflessioni di Lecaldano spaziano dalla storia della filosofia
morale sino alle discussioni contemporanee sulla bioetica. Avvalendosi anche
del rigore concettuale della filosofia analitica, indirizza la sua ricerca alla
ricostruzione storiografica della morale anglosassone dal XVII al XIX secolo,
con particolare riferimento ai filosofi scozzesi (David Hume, Adam Smith). Ha
inoltre indagato criticamente i problemi della metaetica. In bioetica,
Lecaldano si prefigge l'obiettivo di una chiarificazione delle implicazioni
morali legate alle bio-tecnologie, che sfocia in una prospettiva laica per la
pacifica gestione del conflitto morale che le "tecnologie della vita"
hanno prodotto. Altre opera: “Le analisi del linguaggio morale.
"Buono" e "dovere" (Roma, Edizioni dell'Ateneo), “Moore,
Roma-Bari, Laterza, “L'Illuminismo”
(Torino, Loescher), “Hume” Roma-Bari, Laterza); “Etica, Torino, UTET Libreria, Bioetica.
Le scelte morali, Roma-Bari, Laterza, Saggi di storia e teoria dell'etica,
Gaeta, Bibliotheca, Dizionario di bioetica, Roma-Bari, Laterza, Un'etica senza
Dio, Roma-Bari, Laterza, Prima lezione di Filosofia Morale, Roma-Bari, Laterza,
“Simpatia” (Milano, Raffaello Cortina Editore); Senza Dio. Storie di atei e
ateismo, Bologna, Il Mulino, .”Sul senso della vita, Bologna, Il Mulino); “Bioetica
Comitato Nazionale per la Bioetica Biotecnologie La bioetica. Il punto di vista morale di E. Lecaldano
sulla nascita, la cura e la morte di Luca Corchia. Riflessioni di Lecaldano sul
Senso della Vita In Riflessioni. Eugenio Lecaldano. Keywords: simpatia,
simpatico, antipatico, compassione, compassivo, empatia, impassibile,
transpatia, patia, patico, il patico, diapatia. Psi-transmission. Grice:
“Scheler uses ‘transpathy,’ but then he would use anything!” --.
LIVI. (Prato). Filosofo. Grice:
“Livi is one of the few Italian philosophers who have taken Moore’s
‘common-sense’ seriously!” – Grice: “The way Livi justifies common-sense, not
unlike Moore, is via a principle of ‘coherence’” Allievo di Gilson, collabora
con Fabro, Noce edAgazzi. Inizia la scuola filosofica del senso comune,
rappresentata dalla ISCA (International Science and Common Sense Association),
che ha come organo ufficiale la rivista "Sensus communis -- Alethic
Logic". Tra i suoi numerosi discepoli o estimatori vi sono Renzi (autore
di importanti saggi di Storia della Metafisica), Bettetini, Arecchi,
Spatola (psichiatra), Covino ed Arzillo. Fondatore della casa editrice Leonardo da
Vinci, fu membro associato della Pontificia Accademia di San Tommaso, decano e
professore emerito della Facoltà di Filosofia della Pontificia Università
Lateranense. Firmò con Giovanni Paolo II alcune parti dell'enciclica Fides et
ratio. «Senso comune» è il termine utilizzato da Livi in chiave
anti-cartesiana per individuare le certezze naturali e incontrovertibili
possedute da ogni uomo. Non si tratta di una facoltà o di strutture cognitive a
priori, ma di un sistema organico di certezze universali e necessarie che
derivano dall'esperienza immediata e sono la condizione di possibilità di ogni
ulteriore certezza. Ha per primo precisato quali siano queste certezze e ha
provato con il metodo della presupposizione che esse sono in effetti il
fondamento della conoscenza umana. Il senso comune comprende dunque l'evidenza
dell'esistenza del mondo come insieme di enti in movimento; l'evidenza dell'io,
come soggetto che si coglie nell'atto di conoscere il mondo; l'evidenza di
altri come propri simili; l'evidenza di una legge morale che regola i rapporti
di libertà e responsabilità tra i soggetti; l'evidenza di Dio come fondamento
razionale della realtà, prima causa e ultimo fine, conosciuto nella sua
esistenza indubitabile grazie a una inferenza immediata e spontanea, la quale
lascia però inattingibile il mistero della sua essenza, che è la Trascendenza
in senso proprio. Queste certezze sono a fondamento di un sistema di logica
aletica su base olistica. Tra gli studi recenti sul sistema della logica
aletica elaborato da Livi vanno ricordati i saggi di Agazzi, "Valori e
limiti del senso comune", Franco Angeli, Milano), Ottonello
("Livi", in "Profili", Marsilio Editori, Venezia ),
Vassallo ("La riabilitazione del senso comune", in "Memoria e
progresso", Fede & Cultura, Verona), di Arzillo, “Il fondamento del
giudizio. Una proposta teoretica a partire dalla filosofia del senso comune (Casa
Editrice Leonardo da Vinci, Roma ), di Renzi, La logica aletica e la sua funzione
critica. Analisi della proposta di Livi (Casa Editrice Leonardo da Vinci,
Roma). Hanno scritto su Livi anche Andolfo (storico della Filosofia antica),
Sacchi, Cottier, Fisichella, Galeazzi, Pangallo e Possenti. Da Gilson, Fabro ed
Agazzi ha appreso ad affrontare i problemi essenziali della speculazione
metafisica in dialogo con grandi pensatori dell'antichità (Platone, Aristotele,
gli Stoici, Agostino), del Medioevo (Anselmo, Tommaso, Duns Scoto) e dell'età
moderna (Vico, Kierkegaard, Rosmini). Convinto assertore del metodo realistico
di interpretazione dell'esperienza, ne ha difeso le ragioni utilizzando
sistematicamente gli strumenti dialettici offerti dai pensatori della scuola
analitica. Suoi critici più intransigenti sono stati, da una parte, l’idealista
Severino, e dall'altra il caposcuola del "pensiero debole", Vattimo.
Altre opera: Il cristianesimo nella filosofia (Il problema della filosofia
cristiana nei suoi sviluppi storici e nelle prospettive attuali), L'Aquila: Ed.
Japadre); “Il problema della filosofia cristiana Bologna: Pàtron); “Cristo non
è Marx, Torre del Benaco: Ed. ColibrìS); “Filosofia del senso comune (Logica
della scienza e della fede) Milano: Ed. Ares); “Il senso comune tra
razionalismo e scetticismo in Vico. Milano: Editrice Massimo); Lessico della
filosofia (Etimologia, semantica e storia dei termini filosofici) Milano:
Edizioni Ares); “Il principio di coerenza (Senso comune e logica epistemica),
Roma: Editore Armando); “Aquino: il futuro del pensiero cristiano Milano:
Mondadori); La filosofia e la sua storia,
I: La filosofia antica e medioevale;
moderna; e contemporanea
(L'Ottocento; Il Novecento) Roma: Società editrice Dante Alighieri, Dizionario
storico della filosofia, Roma: Società Editrice Dante Alighieri, La ricerca
della verità Roma: Leonardo da Vinci, Verità del pensiero (Fondamenti di logica
aletica) Roma: Lateran University Press, Razionalità della fede nella
Rivelazione (Un'analisi filosofica alla luce della logica aletica) Roma:
Leonardo da Vinci, La ricerca della verità (“Dal senso comune alla dialettica”)
Roma: Leonardo da Vinci, L'epistemologia
di Tommaso d'Aquino e le sue fonti Napoli: Editoriale comunicazioni sociali, Senso
comune e logica aletica Roma: Leonardo da Vinci, Perché interessa la filosofia
e perché se ne studia la storia Roma: Leonardo da Vinci, Storia sociale della
filosofia, I: La filosofia antica e
medioevale; moderna; contemporanea, L'Ottocento; Il Novecento)
Roma: Società Editrice Dante Alighieri, Logica della testimonianza (Quando
credere è ragionevole), Roma: Lateran University Press, Senso comune e
metafisica. Sullo statuto epistemologico della filosofia prima Roma: Leonardo
da Vinci, Nuovo Dizionario storico della filosofia Roma: Società Editrice Dante
Alighieri, (ed.) Premesse razionali della fede. Filosofi e teologi a confronto
sui praeambula fidei Roma: Lateran University Press, Etica dell'imprenditore.
Le decisioni aziendali, i criteri di valutazione e la dottirna sociale della
Chiesa Roma: Leonardo da Vinci, Dizionario critico della filosofia, Roma:
Società Editrice Dante Alighieri, Filosofia e teologia, Bologna: Edizioni Studio
Domenicano, Il senso comune al vaglio della critica, Roma: Leonardo da Vinci, .
Filosofia del senso comune. Logica della scienza e della fede, Roma: Casa
Editrice Leonardo da Vinci, . Vera e falsa teologia. Come distinguere
l'autentica "scienza della fede" da un'equivoca "filosofia
religiosa", Roma: Casa Editrice Leonardo da Vinci, . L'istanza critica,
Roma: Leonardo da Vinci, . La certezza della verità. Il sistema della logica
aletica e il procedimento della giustificazione epistemica, Roma: Leonardo da
Vinci, . Dogma e pastorale. L'ermeneutica del Magistero, dal Vaticano II al
Sinodo sulla famiglia, Roma: Leonardo da Vinci, . Le leggi del pensiero. Come
la verità viene al soggetto, Roma: Leonardo da Vinci, . Teologia e Magistero,
oggi, Roma: Leonardo da Vinci, . Vera e falsa teologia. Come distinguere
l'autentica "scienza della fede" da un'equivoca "filosofia
religiosa", su Gli equivoci della
teologia morale dopo la "Amoris laetitia'" Roma: Leonardo da Vinci, .
Saggi "Étienne Gilson: il tomismo come filosofia cristiana", in
Antonio PiolantiSan Tommaso nella storia del pensiero, Vatican City: Libreria
Editrice Vaticana, 1982. "La filosofia di Etienne Gilson", in Antonio
PiolantiEtienne Gilson, filosofo cristiano, Vatican City: Libreria Editrice
Vaticana, "L'unità dell'esperienza
nella gnoseologia tomista", in Antonio Piolanti"Noetica, critica e
metafisica in chiave tomistica", Vatican City: Libreria Ed. Vaticana,
1991. "Senso comune e unità delle scienze", in Rafael
Martinez"Unità e autonomia del sapere: il dibattito del XIII secolo",
Rome: Ed. Armando, Ester Maria Ledda, In memoriam: Mons. Antonio Livi, in
Corrispondenza Romana, 1º luglio . Sito
di Antonio Livi su antoniolivi.com. Casa
editrice Leonardo da Vinci, su editriceleonardo.com. ISCA International Science and Commonsense
Association, su isca-news.org. Fides et Ratio, su fidesetratio. Il Giudizio
Cattolico, su ilgiudiziocattolico.com. Antonio Livi. Keywords: ‘il senso
commune in Vico” – Grice develops a sceptical defence in his early “Common
sense and scepticism,” “mainly motivated by what he sees as a ‘cavalier
attitude’ to the sceptic by, of all people, Malcolm.” – Grice: “I’m not sure
Livi would agree with my idea, but I think he would – certainly Vico took the
sceptic challenge possibly most seriously than anyone and Livi is an expert on
Vico. Vico’s line of defense lies on the connection, conceptual he thinks,
between ‘common sense’ and ‘consenso’: therefore, Malcolm and I have to reach a
consensus that we are going to use ‘know’ for things like ‘I know that s is p,’
say, there is cheese on the table, there is a mermaid on the table. Etc. And
that “if I’m not dreaming” may not always be a conversationally appropriate
defeater!”
Leon
Leoni. (Ancona). Filosofo. Grice:
“I love Bruno Leoni; my balance between the principle of conversational
self-love and the principle of conversational benevolence is what all his
philosophy is about!” – Grice: “Leoni has technical concepts here: his is an
individualism, i. e. subjectivisim, and he believes that the ‘scambio’ or
‘inter-subjective,’ inter-individual exchange’ is ‘spontaneous – he calls it
‘ordine spontaneo.’ He doesn;’t see it necessarily as ethical or meta-ethical –
but descriptive; similarly I speak of conversational maxims as different from
‘moral’ maxims!” “La situazione paradossale del nostro tempo è che siamo
governati da uomini non, come pretenderebbe la classica teoria aristotelica,
perché non siamo governati dal diritto, ma esattamente perché lo siamo. Trascorse
la sua vita tra Torino, Pavia, e la Sardegna. Per le sue idee, viene associato
ad un modello liberale e anti-statalista della società. All'interno della
filosofia del diritto, si inserisce
nella tradizione del liberalismo classico. Allievo di Solari, di cui fu pure
assistente volontario, e collega di Firpo, insegna a Pavia. Nel corso del
conflitto, fece parte di A Force, un'organizzazione segreta alleata incaricata
di recuperare prigionieri e salvare soldati. Inizia la sua attività
accademica, insegnando Filosofia del diritto e ricoprendo l'incarico di preside
della facoltà di Scienze Politiche (dal 1948 al 1960). Morì in circostanze
tragiche, ucciso. Un collaboratore del suo studio legale, Quero, di professione
tipografo ma che svolgeva amministrazioni di condomini e palazzi, aveva
perpetrato truffe e sottrazioni di denaro; quando Leoni se ne accorse e
minacciò di denunciarlo, Quero lo assassinò colpendolo ripetutamente alla testa
e nascose poi il corpo in un garage, inscenando un sequestro di persona, ma
venne subito scoperto.Negli anni della ricostruzione postbellica, mentre in
tutti i paesi europei si affermavano politiche economiche di stampo statalista,
Leoni andò controcorrente sostenendo il liberalismo, che ormai quasi più
nessuno era pronto a difendere.[senza fonte] Leoni criticava la logica
dell'intervento pubblico mentre esaltava la superiore razionalità e legittimità
degli ordini che emergono dal basso, per effetto del concorso delle volontà dei
singoli individui. Fondatore nel 1950 della rivista Il Politico, Leoni
svolse ugualmente un'intensa attività pubblicistica, soprattutto scrivendo
corsivi per il quotidiano economico Il Sole 24 ORE. Membro della «Mont Pelerin
Society» (di cui fu segretario e poi presidente), lo studioso torinese fu pure
molto impegnato nel Centro di Studi Metodologici della città piemontese e, in
seguito, nel Centro di Ricerca e Documentazione “Luigi Einaudi”. Studioso
poliedrico (giurista e filosofo, ma anche appassionato cultore della scienza
politica e della teoria economica, oltre che della storia delle dottrine
politiche), nel corso degli anni cinquanta e sessanta Leoni promosse le idee
liberali all'interno della cultura italiana: proponendo temi ed autori del
liberalismo contemporaneo, ma soprattutto aprendo prospettive ad una concezione
della società centrata sulla proprietà privata e il libero mercato. Per
comprendere quanto sia stata importante la sua azione tesa a favorire una
migliore conoscenza delle tesi più innovative, è sufficiente scorrere l'indice
della rivista da lui diretta per molti anni, Il Politico, in cui diede spazio
ad autori spesso a quel tempo poco noti, ma desti segnare le scienze
economiche. Con i suoi studi, inoltre, Leoni apre la strada a molti
orientamenti: dalla Teoria della scelta pubblica all'Analisi economica del
diritto (filoni di ricerca che esaminano la politica ed il diritto con gli
strumenti dell'economia), fino all'indagine interdisciplinare di quelle istituzionitra
cui il diritto che si sviluppano non già sulla base di decisioni imposte
dall'alto, ma grazie ad un'intrinseca capacità di auto-generarsi ed evolvere
dal basso. E stato quasi dimenticato: soprattutto in Italia. La sua opera
più conosciuta (frutto di lezioni ). L’ndividualismo integrale di Leoni risulta
ben poco in sintonia con la cultura del suo tempo. Il liberalismo dell'autore
di Freedom and the Law è pervaso da quella cultura che egli assimilò in
profondità grazie all'intensa frequentazione di alcuni tra i maggiori studiosi
di quell'universo intellettuale. Inoltre, seguì sempre con il massimo
interesse i protagonisti della Scuola austriaca (Mises e Hayek, soprattutto)
cheanche se europei proprio in America hanno scritto alcuni dei loro maggiori
contributi e in quel contesto hanno trovato folte schiere di allievi. In questo senso, bisogna rilevare che il
percorso intellettuale di Leoni sarebbe stato molto differente senza la Mont
Pelerin Society, nei cui convegni egli ebbe l'opportunità di entrare in
contatto con intellettuali e scuole di pensiero estranei al clima dominante
nell'Italia di allora. Per molti decenni, in effetti, l'associazione fondata da
Hayek ha rappresentato un'occasione di scambi e approfondimenti per quanti
cercavano interlocutori radicati nella cultura del liberalismo classico.
Per alcuni decenni dimenticato o quasi in Italia, il pensiero di Leoni ha
continuato a vivere fuori dei nostri confinigrazie alle iniziative, ai libri e
agli articoli dei suoi amici e, oltre a loro, all'interesse che i suoi lavori
hanno saputo suscitare nelle nuove generazioni di studiosi liberali. A
partire dalla metà degli anni novanta, però, la situazione è cambiata sotto più
punti di vista. Grazie soprattutto alla pubblicazione de “La libertà e la
legge,” filosofi di vario orientamento sono tor riflettere sulle pagine del torinese, dando vita ad una vera e propria
"riscoperta" che sta producendo numerosi frutti e grazie alla quale
si va finalmente riconoscendo a Leoni la sua giusta posizione tra i maggiori
filosofi del XX secolo. Oggi Leoni non è più considerato semplicisticamente un
epigono di Hayek o un semplice ripetitore delle sue tesi. In questo
senso, è interessante rilevare che perfino intellettuali lontani dalle
posizioni liberali e libertarian di Leoni avvertano sempre più il carattere
innovativo del suo pensiero, che nell'ambito della filosofia del diritto ha
saputo offrire una prospettiva alternativa ai modelli kelseniani del
normativismo dominante e all'ispirazione social-democratica che ancora prevale
all'interno delle scienze sociali. In particolare, mentre nel corso degli
ultimi due secoli il diritto è stato ripetutamente identificato con la semplice
volontà degli uomini al potere, uno dei contributi maggiori di Leoni è quello
di aver indicato un altro modo di guardare alla ‘norma giuridica’, sforzandosi
di cogliere ciò che vi è oltre la volontà dei politici e ben oltre la stessa
legislazione. Per questa ragione, si guarda alla teoria di Leoni come ad una
radicale alternativa rispetto al normativismo formulato da Kelsen, più volte criticato
da Leoni. Quella di Leoni, per giunta, è ancora oggi una proposta teorica
talmente liberale da indurre più di uno studioso a parlare di “La liberta e la
legge” come di un classico della tradizione libertarian, al cui interno sono
racchiuse idee e intuizioni che restiamo ben lontani dall'aver compreso e
sviluppato in tutte le loro potenzialità. Al fine di tenere viva la
lezione dell'autore è stato fondato l'Istituto Bruno Leoni, con sedi a Torino e
a Milano (animato da Lottieri, Mingardi e Stagnaro), che si propone di
affermare, all'interno del dibattito politico-economico, i principii liberali
difesi da Leoni stesso e di promuovere la conoscenza del pensiero di Leoni e,
in generale, delle teorie liberali e libertarian. Altre opera: “La dottrina
dello Stato, raccolte da F. Boschis e G. Spagna, Pavia, Viscontea, Raffaele De
Mucci e Lorenzo Infantino: Soveria Mannelli, Rubbettino); “Filosofia del
diritto” raccolte da M. Bagni, Pavia, Viscontea,Lottieri: Soveria Mannelli,
Rubbettino). “La libertà e la legge,
InMacerata, Liberilibri); “Scienza politica e teoria del diritto” (Milano,
Giuffrè); “Le pretese e i poteri: le radici individuali del diritto e della
politica” (Milano, Società Aperta); “La sovranità del consumatore” (Roma,
Ideazione); La libertà del lavoro, Lottieri, collana IBL “Diritto, Mercato,
Libertà”, Treviglio Soveria Mannelli, Leonardo Facco Rubbettino, “Il diritto come pretesa, Antonio Masala, Macerata, Liberilibri, Il pensiero politico
moderno e contemporaneo, Antonio Masala, Bassani, Macerata, Liberilibri, Istituto Bruno Leoni, su brunoleoni. L'idea di
uno stato privo di coercizioni nella filosofia del diritto di Bruno Leoni
Bruno Leoni, un "austriaco" di adozione Articolo su l'Unità. Il Luogo dei Ricordi di
Osvaldo Quero, su inmiamemoria.com. Tra i pochissimi, in Italia, che hanno
continuato a sviluppare le ricerche di Leoni è da ricordare Stoppino. Per merito di Cubeddu, che ha anche dedicato
molti saggi e articoli alla teoria leoniana.
E necessario liberare Leoni dall'ombra di Hayek, rendendo in tal modo
possibile una più adeguata valutazione delle sue tesi e del suo originalissimo
contributo all'elaborazione di una filosofia del diritto coerente con i
principi del liberalismo classico e con i suoi stessi esiti libertari. Masala,
Il liberalismo di Leoni, Soveria Mannelli, Rubbettino: la prima monografia su
Leoni. Antonio Masala La teoria politica
di Bruno Leoni, Soveria Mannelli, Rubbettino, Lottieri, «Leoni e l'ombra di
Hayek. Libertà individuale, common law e Stato moderno», in Antonio Masala, a
cura di, La teoria politica di Bruno Leoni, Soveria Mannelli, Rubbettino, Lottieri,
Le ragioni del diritto. Libertà individuale e ordine giuridico, Soveria
Mannelli, Rubbettino, Il saggio approfondisce il tema di un
"libertarismo" non ancora compiutamente espresso in Leoni, ma già
ampiamente riconoscibile nelle sue tesi fondamentali. Favaro, Bruno Leoni.
Dell'irrazionalità della legge per la spontaneità dell'ordinamento, della
Collana “L'Ircocervo. Saggi per una storia filosofica del pensiero giuridico e
politico italiano contemporaneo”, Napoli, ESI, Adriano Gianturco Gulisano, Tra
positivismo e giusnaturalismo. Il diritto evolutivo, Foedrus. Gulisano, La
«teoria empirica» di Leoni. La centralità dell'approccio metodologico,
Biblioteca delle liberta. Riscoprire Bruno Leoni, su riscoprire.brunoleoni.com.Bruno
Leoni, Bruno Leoni.
LEONI. (Spoleto). Filosofo. Grice:
“In Italy, they like ‘renaissance men,’ but there’s a peril in that: Leoni was
a philosopher and a physician (to Medici) – when he died, Medici did, Leoni was
accused of malpractice (poisoning), strangled to death, and thrown into a
ditch. Categorie: philosophers in ditch – Thales, Leoni.” Di famiglia
aristocratica, studia a Roma. Insegna a Padova e Pisa. Fu qui che ebbe modo di entrare in contatto
con la cerchia di filosofi che gravitavano attorno a Lorenzo de’ Medici, a
Firenze. Inizia ad avere contatti e una fitta corrispondenza con Ficino e Pico. Venne considerato dai suoi contemporanei uno
dei più valenti uomini di scienza esistenti all'epoca. I più illustri
personaggi e sovrani dell'epoca, come il duca di Calabria, il re di Napoli,
Ludovico il Moro, forse anche IInnocenzo VIII, richiesero le sue cure, tanto
che divenne il medico personale dello stesso Lorenzo de Medici. All'indomani della morte di Lorenzo de Medici
venne ingiustamente sospettato di essere stato il responsabile del suo
avvelenamento, e venne quindi strangolato e gettato in un pozzo il giorno
seguente. Diverse fonti dell'epoca
sostengono che il mandante dell'uccisione del Pierleoni fosse stato il
figlio di Lorenzo, Piero il Fatuo. F.
Bacchelli, Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in . Dagli Annali di Ser Francesco Mugnoni da Trevi,
trascriz. D.Pietro Pirri (Estratto dall'Archivio per la Storia Ecclesiastica dell'UmbriaI):
"Era adpresso del dicto Lorenzo uno excellentissimo et famosissimo medico
de grandissima scientia in loica, in filosofia, strologia, nominato magistro
Pierleone de leonardo da Spolitj, reputato el più singulare valente homo in
dicte scientie che ogie dì viva. Era quisto homo in tanto prezzo adpresso del
dicto Lorenzo che, senza quisto clarissimo doctore, non podiva stare. Fo
conducto ad Pisa ad legere, ebbe mille ducatj de provisione per anno: poj fo
conducto ad Padua, ebbe mille et ducento ducatj per anno. Ad Pisa stecte multi
annj ad legere: et similemente ad Padua."
dagli Annali di Ser Francesco Mugnoni da Trevi, trascriz. D.Pietro Pirri
(Estratto dall'Archivio per la Storia Ecclesiastica dell'Umbria. "Lorenzo se amalò, mandò per luj, et andò
ad Fiorenza. Era quisto mastro Pierleone de tanta scientia de strologia, che
predisse la morte sua essere infra quatro misi in sino ad mezo aprile 1492. Et
andò mal voluntierj ad Fiereze del mese de jenaio 1492. Tandem jonto ad
Fiorenze trovò Lorenzo stare male: erano lì clarissimj medicj et valentj et
excellentj: poj ce venne el medico del duca de Milano: et predisse mastro
Perleone la morte de Lorenzo. Ipso non prestò may et non se mestecù in alcuna
medicina ne potione sue. Il cronista forse vuol dire che il Leoni non s'ingerì
affatto in ciò che riguardava l'assistenza sanitaria dell'infermo, limitando
l'opera sua alla pura diagnosi della malattia ed a consultazioni astrologiche.
E con ciò vuol, forse, velatamente intendere che niente ebbe a che vedere
Pierleone con quelle strane pozioni a base di gemme e perle triturate
somministrate da un altro medico, il Piacentino, le quali, attese le lesioni
viscerali che tormentavano il paziente, servirono forse ad accelerarne il
tracollo) ma solo ipso in consulendo et predicendo. Tandem venendo alla morte
Lorenzo, Perino, figliolo del dicto Lorenzo, homo de poca prudentia, reputato
homo bestiale et senza prudentia, ordinò che el dicto mastro Perleone fosse
morto. Lorenzo era in villa ad uno suo casale, et lì tucto dì stava mastro
Perleone. Essendo morto Lorenzo, et lì insino alla sera stando mastro Perleone,
volendo tornare luj allu solito loco, fo menato per uno Carlo o vero Alberto
martellj ad uno suo casale, et lì fo strangulato dicto mastro Perleone, et
buctato in uno pozo. Poj fo retracto et portato in Fierenze, et retenuto el suo
corpo con guardia et veneratione assay. Et de tanto tradimento et iniusta morte
se ne dolse tucta la ciptà, perché la bona memoria de Lorenzo amava quisto omo
più che homo vivesse, et tucti li secretj soj sapiva, savio, sapientissimo et
pieno de verità, bontà et integrità."
Nella sua "Storia della Letteratura Italiana" lTiraboschi
(Firenze, Molini Landi) riporta fonti dell'epoca, fra cui Scipione Ammirato:
"Cavossi voce che egli vi si fosse gittato da se medesimo ma si rinvenne esservi
gittato da altri, secondo dice il Cambi, da due famigliari di Lorenzo". Lo
stesso testo riporta le affermazioni del Sanazzaro, il quale "non nomina
l'autore di questo misfatto. Ma è chiaro abbastanza ch'ei parla di Pietro de
Medici, figliuol di Lorenzo", e di Allegretti, storico senese
contemporaneo di Pierleoni, che riporta: "Maestro Pier Leone da Spoleto,
che lo medicava (si riferisce a Lorenzo) fu gittato in un pozzo, perché fu
detto, che l'haveva avvelenato, nientedimeno si concludeva per molti non esser
vero." Dizionario Biografico degli
Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Corti M.: Sannazaro
Iacobo. In.: Branca V: Dizionario critico della letteratura italiana .UTET,
Torino, Cotta I., Klien F.: I Medici in rete. Olschki, Firenze, Dionisotti C.:
Appunti sulle rime del Sannazaro. In: Giornale storico della Letteratura
italiana, Mauro A: Opere volgari. Laterza Ed., Bari, Montevecchi A.: Storie
fiorentine di Francesco Guicciardini, Rizzoli Ed., Milano, Nibby A.: Analisi
storico-topografica-antiquaria della carta de' dintorni di Roma.Tipografia
della Belle Arti, Roma, Orio H.: Le iscrittioni poste sotto le vere imagini de
gli huomini famosi il lettere. Trad. da Paolo Giovio dal latino in volgare.,
Torrentino, Firenze, Pesenti T.: Professori e promotori di medicina nello Studio
di Padova, Repertorio bio-bibliografico,Radetti
G.: Un'aggiunta alla biblioteca di Pierleone Leoni da Spoleto. In.:
Rinascimento: Rivista dell'Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento,
Firenze, Ranalli F.: Istorie Fiorentine con l'aggiunte di Scipione Ammirato il
giovane, Batelli, Firenze, Rotzoll M.: Pierleone da Spoleto: vita e opere di un
medico del Rinascimento. Olschki, Firenze. Achille Sansi: Storia del comune di
Spoleto dal secolo XII al XVII: seguita da alcune memorie dei tempi posteriori. Pierleone Leoni, Piero Leoni, Pierleone, Pier
Leone.
LEOPARDI. (Recanati).
Filosofo. Grice: “Oddly, Leopardi’s philosophical semantics is negative;
admittedly, he is wedded to the Fido-‘Fido’ theory of meaning, so he thinks,
pretty much like the first Vitters, that language is a prison. Man has a need
for ‘non-linguistic thought,’ to think without naming – without
conceptualizing! The oddest philosophy of language for Italy’s greatest poet,
one would first think!” -- Grice: “One
could write a whole dissertation on Leopardi’s implicata – not I My favourite
expression would be ‘gli infiniti silenzi’” -- Grice: “While there is a
philosophical griceianism, seeing that my theories were stolen by
non-philosophers, there is ‘leopardismo filosofico,’ seeing that he wasn’t
one!” -- essential Italian philosopher, and founder of a whole movement,
‘leopardismo.’ Il conte
Giacomo Leopardi, al battesimo Giacomo Taldegardo Francesco di Sales Saverio
Pietro Leopardi (Recanati), filosofo. È
ritenuto il maggior poeta dell'Ottocento italiano e una delle più importanti
figure della letteratura mondiale, nonché una delle principali del romanticismo
letterario; la profondità della sua riflessione sull'esistenza e sulla
condizione umanadi ispirazione sensista e materialistane fa anche un filosofo
di spessore. La straordinaria qualità lirica della sua poesia lo ha reso un
protagonista centrale nel panorama letterario e culturale europeo e
internazionale, con ricadute che vanno molto oltre la sua epoca.
Leopardi, intellettuale dalla vastissima cultura, inizialmente sostenitore del
classicismo, ispirato alle opere dell'antichità greco-romana, ammirata tramite
le letture e le traduzioni di Mosco, Lucrezio, Epitteto, Luciano ed altri,
approdò al Romanticismo dopo la scoperta dei poeti romantici europei, quali
Byron, Shelley, Chateaubriand, Foscolo, divenendone un esponente principale,
pur non volendo mai definirsi romantico. Le sue posizioni materialistederivate
principalmente dall'Illuminismosi formarono invece sulla lettura di filosofi
come il barone d'Holbach, Pietro Verri e Condillac, a cui egli unisce però il
proprio pessimismo, originariamente probabile effetto di una grave patologia
che lo affliggeva ma sviluppatesi successivamente in un compiuto sistema filosofico
e poetico. Morì noco prima di compiere 39 anni, di edema polmonare o scompenso
cardiaco, durante la grande epidemia di colera di Napoli. Il dibattito
sull'opera leopardiana a partire dal Novecento, specialmente in relazione al
pensiero esistenzialista fra gli anni trenta e cinquanta, ha portato gli
esegeti ad approfondire l'analisi filosofica dei contenuti e significati dei
suoi testi. Per quanto resi specialmente nelle opere in prosa, essi trovano
precise corrispondenze a livello lirico in una linea unitaria di atteggiamento
esistenziale. Riflessione filosofica ed empito poetico fanno sì che Leopardi,
al pari di Schopenhauer, Kierkegaard, Nietzsche e più tardi di Kafka, possa
essere visto come un esistenzialista o almeno un precursore dell'Esistenzialismo. Giacomo
Leopardi nacque nel 1798 a Recanati, nello Stato pontificio (oggi in provincia
di Macerata, nelle Marche), da una delle più nobili famiglie del paese, primo
di dieci figli. Quelli che arrivarono all'età adulta furono, oltre a Giacomo,
Carlo, Paolina, Luigi, e Pierfrancesco. I genitori erano cugini fra di loro. Il
padre, il conte Monaldo, figlio del conte Giacomo e della marchesa Virginia
Mosca di Pesaro, era uomo amante degli studi e d'idee reazionarie; la madre, la
marchesa Adelaide Antici, era una donna energica, molto religiosa fino alla
superstizione, legata alle convenzioni sociali e ad un concetto profondo di
dignità della famiglia, motivo di sofferenza per il giovane Giacomo che non
ricevette tutto l'affetto di cui sentiva il bisogno. In conseguenza di
alcune speculazioni azzardate fatte dal marito, la marchesa prese in mano un
patrimonio familiare fortemente indebitato, riuscendo a rimetterlo in sesto
solo grazie a una rigida economia domestica. La rigidità della madre, contrastante
con la tenerezza del padre, i sacrifici economici e i pregiudizi nobiliari
pesarono sul giovane Giacomo. Fino al termine dell'infanzia Giacomo
crebbe comunque allegro, giocando volentieri con i suoi fratelli, soprattutto
con Carlo e Paolina che erano più vicini a lui d'età e che amava intrattenere
con racconti ricchi di fervida fantasia. La formazione giovanile La
casa natale Ricevette la prima educazione, come da tradizione familiare, da due
precettori ecclesiastici, il gesuita don Giuseppe Torres fino al 1808 e l'abate
don Sebastiano Sanchini fino al 1812, che influirono sulla sua prima formazione
con metodi improntati alla scuola gesuitica. Tali metodi erano incentrati non
solo sullo studio del latino, della teologia e della filosofia, ma anche su una
formazione scientifica di buon livello contenutistico e metodologico. Nel Museo
leopardiano a Recanati è conservato, infatti, il frontespizio di un trattatello
sulla chimica, composto insieme al fratello Carlo. I momenti significativi
delle sue attività di studio, che si svolgono all'interno del nucleo familiare,
sono da rintracciare nei saggi finali, nei componimenti letterari da donare al
padre in occasione delle feste natalizie, la stesura di quaderni molto ordinati
ed accurati e qualche composizione di carattere religioso da recitare in
occasione della riunione della Congregazione dei nobili. Il ruolo avuto
dai precettori non impedì, comunque, al giovane Leopardi di intraprendere un
suo personale percorso di studi avvalendosi della biblioteca paterna molto
fornita (oltre ventimila volumi) e di altre biblioteche recanatesi, come quella
degli Antici, dei Roberti e probabilmente da quella di Giuseppe Antonio Vogel,
esule in Italia in seguito alla Rivoluzione francese e giunto a Recanati tra il
1806 e il 1809 come membro onorario della cattedrale della cittadina. Compone
il sonetto intitolato La morte di Ettore che, come lui stesso scrive
nell'Indice delle produzioni di me Giacomo Leopardi dall'anno 1809 in poi, è da
considerarsi la sua prima composizione poetica. Da questi anni ha inizio la
produzione di tutti quegli scritti chiamati "puerili". La produzione
dei "puerili" Puerili e abbozzi vari Il corpus delle opere
cosiddette "puerili" dimostra come il giovane Leopardi sapesse
scrivere in latino fin dall'età di nove-dieci anni e padroneggiare i metodi di
versificazione italiana in voga nel Settecento, come la metrica barbara di
Fantoni, oltre ad avere una passione per le burle in versi dirette al precettore
e ai fratelli. Iniziò lo studio della filosofia e due anni dopo, come sintesi
della sua formazione giovanile, scrisse le Dissertazioni filosofiche che
riguardano argomenti di logica, filosofia, morale, fisica teorica e
sperimentale (astronomia, gravitazione, idrodinamica, teoria dell'elettricità,
eccetera). Tra queste è nota la Dissertazione sopra l'anima delle bestie. Con
la presentazione pubblica del suo saggio di studi che discusse davanti ad
esaminatori di vari ordini religiosi ed al vescovo, si può far concludere il
periodo della sua prima formazione che è soprattutto di tipo sei-settecentesco
ed evidenzia l'amore per l'erudizione oltre che uno spiccato gusto arcadico. Dal
1809 al 1816 Leopardi si immerse totalmente in uno "studio matto e
disperatissimo"[29][30], espressione da lui stesso coniata, che assorbì
tutte le sue energie e che recò gravi danni alla sua salute. Apprese
perfettamente il latino (sebbene si considerasse sempre "poco inclinato a
tradurre" da questa lingua in italiano) e, senza l'aiuto di maestri, il
greco. Seppure in modo più sommario apprese anche altre lingue: l'ebraico, il
francese, l'inglese, lo spagnolo e il tedesco (nello Zibaldone si trovano
inoltre cenni ad altre lingue antiche, come il sanscrito). Nel frattempo, nel
1812 cessa la formazione dell'abate Sanchini, il quale ritenne inutile
continuare la formazione del giovane che ne sapeva ormai più di lui. Risalgono
a questi anni la Storia dell'astronomia del 1813, il Saggio sopra gli errori
popolari degli antichi del 1815, diversi discorsi su scrittori classici, alcune
traduzioni poetiche, alcuni versi e tre tragedie, mai rappresentate durante la
sua vita, La virtù indiana, Pompeo in Egitto e Maria Antonietta (rimasta
incompiuta).[36] Per quanto riguarda la compilazione della Storia
dell'astronomia Leopardi si avvalse di numerose fonti: il testo di base fu
sicuramente la Storia dell’astronomia di Bailly, ridotta in compendio dal
signor Francesco Milizia, a partire dalle Histoires del celebre astronomo
francese Jean Sylvain Bailly.[37] L'opera, pubblicata nel 1791, terminava con
la scoperta del pianeta Urano da parte di Herschel. Invece il lavoro di
Leopardi presenta ulteriori aggiornamenti, come ad esempio la scoperta di
Cerere, Pallade, Giunone e della cometa del 1811.[Per l'elaborazione del suo
testo, Leopardi fece uso, anche, dell’Abrégé d’astronomie di Jérôme Lalande
(presente nella biblioteca di casa Leopardi nell’edizione del 1775), del
Dictionnaire de Physique di Aimé-Henri Paulian[38] e delle storie di matematica
inserite nel Tacquet e nel Wolff. Inoltre Leopardi adoperò diverse opere
generali come la Storia della letteratura italiana di Girolamo Tiraboschi, gli
Scrittori d’Italia di Mazzuchelli e varie raccolte biografiche di alcuni ordini
religiosi: Wadding per i francescani, Quétif e Échard per i domenicani e così
via. L'elenco di questi testi dimostra l’erudizione raggiunta dal giovane
Leopardi.[37] Nella Storia dell'astronomia Leopardi lasciò anche
trasparire i limiti del suo interesse per la matematica. Nulla, probabilmente
sapeva a proposito dei logaritmi (ai quali invece il Bailly-Milizia aveva
dedicato due pagine illustratrici), e sull'argomento si limitò a scrivere che
«Enrico Briggs (...) avendo udita la invenzione de’ logaritmi fatta da Giovanni
Neper» aveva pubblicato un’opera al riguardo. Probabilmente infatti Leopardi
non studiò mai i logaritmi, così come si arrestò alla geometria cartesiana e al
calcolo differenziale. Iniziò nello
stesso periodo anche le prime pubblicazioni e lavorò alle traduzioni dal latino
e dal greco, dimostrando sempre di più il suo interesse per l'attività
filologica. Sono questi anche gli anni dedicati alle traduzioni dal latino e
dal greco, corredate di discorsi introduttivi e di note, tra i quali gli
Scherzi epigrammatici, tradotti dal greco del 1814 e pubblicati in occasione
delle nozze Santacroce-Torre dalla Tipografia Frattini di Reca 1816, la
Batracomiomachia nel 1815 e pubblicata su «Lo Spettatore italiano» il 30
novembre 1816, gli idilli di Mosco, il Saggio di traduzioni dell'Odissea, la
Traduzione del libro secondo dell'Eneide, il Moretum (un poemetto
pseudo-virgiliano), e la Titanomachia di Esiodo, pubblicata su «Lo Spettatore
italiano» il 1º giugno 1817.[39] La conversione letteraria:
dall'erudizione al bello Tra Si avverte in Leopardi un forte cambiamento,
frutto di una profonda crisi spirituale, che lo porterà ad abbandonare
l'erudizione per dedicarsi alla poesia. Egli si rivolge, pertanto, ai classici
non più come ad arido materiale adatto a considerazioni filologiche, ma come a
modelli di poesia da studiare. Seguiranno le letture di autori moderni come
Alfieri, Parini,[40] Foscolo e Vincenzo Monti, che serviranno a maturare la sua
sensibilità romantica.[41] Ben presto egli legge I dolori del giovane Werther
di Goethe, le opere di Chateaubriand, di Byron, di Madame de Staël. In questo
modo Leopardi inizia a liberarsi dall'educazione paterna accademica e sterile,
a rendersi conto della ristrettezza della cultura recanatese ed a porre le basi
per liberarsi dai condizionamenti familiari. Appartengono a questo periodo alcune
poesie significative come Le Rimembranze, L'Appressamento della morte e l'Inno
a Nettuno, nonché la celebre e non pubblicata Lettera ai compilatori della
Biblioteca Italiana, indirizzata nel luglio 1816 ai redattori della rivista
milanese, in risposta alla lettera Sulla maniera e utilità delle traduzioni di
Madame de Staël, apparsa sul primo numero, nel gennaio dello stesso anno. Destinato
dal padre alla carriera ecclesiastica per la sua fragile salute, rifiuterà di
intraprendere questa strada.Nel 1815-1816 Leopardi fu colpito da alcuni seri
problemi fisici di tipo reumatico e disagi psicologici che egli attribuì almeno
in partecome la presunta scoliosiall'eccessivo studio, isolamento ed immobilità
in posizioni scomode delle lunghe giornate passate nella biblioteca di
Monaldo.[43] La malattia esordì con affezione polmonare e febbre e in seguito
gli causò la deviazione della spina dorsale (da cui la doppia
"gobba"), con dolore e conseguenti problemi cardiaci, circolatori,
gastrointestinali (forse colite ulcerosa o malattia di Crohn) e respiratori
(asma e tosse), una crescita stentata, problemi neurologici alle gambe
(debolezza, parestesia con freddo intenso[44]), alle braccia ed alla vista,
disturbi disparati e stanchezza continua; nel 1816 Leopardi era convinto di
essere sul punto di morire.[45] Il marchese Filippo Solari di Loreto
scrive poco dopo a Monaldo Leopardi: «L'ho lasciato sano e dritto, lo trovo
dopo cinque anni consunto e scontorto, con avanti e dietro qualcosa di
veramente orribile.» Egli stesso si ispira a questi seri problemi di
salute, di cui parlerà anche a Pietro Giordani, per la lunga cantica
L'appressamento della morte[46][47][48] e, anni dopo, per Le ricordanze, in cui
ripensa a questo e definisce la sua malattia come un "cieco malor",
cioè un male di non chiara origine, che gli fa pensare al suicidio assieme
all'angusto ambiente: «Mi sedetti colà su la fontana / Pensoso di cessar dentro
quell'acque / La speme e il dolor mio. Poscia, per cieco / Malor, condotto
della vita in forse, / Piansi la bella giovanezza, e il fiore / De' miei poveri
dì, che sì per tempo / Cadeva...[49]» L'ipotesi più accreditata per lungo
tempo (diffusa già nel XIX secolo e sostenuta da medici di Recanati e da Pietro
Citati) è che Leopardi soffrisse della malattia di Pott (gli studiosi scartano
la diagnosi dell'epoca, più volte riproposta anche nel Novecento, di una
normale scoliosi dell'età evolutiva), cioè tubercolosi ossea o spondilite
tubercolare[51], oppure dalla spondilite anchilosante giovanile (secondo ErikSganzerla),
una sindrome reumatica autoimmune che porta a una progressiva ossificazione dei
legamenti vertebrali con deformazione e rigidità del rachide, uniti ad ampi
disturbi infiammatori sistemici, oculari e neurologici-compressivi in casi
gravi, il tutto unitamente a problemi nervosi. Alcune di queste sindromi hanno
predisposizione genetica, derivabile dal matrimonio tra consanguinei dei
genitori. Tutti i fratelli Leopardi furono deboli di salute, con l'eccezione di
Carlo, forse però sterile, e Paolina, la quale presentava solo una leggera
asimmetria del viso. Pietro Citati afferma che avesse anche dei disturbi
urinari e di probabile impotenza, e sarebbero stati questi, più che l'aspetto
fisico (a cui poteva ovviare essendo un nobile benestante) la causa del suo
rapporto difficile con le donne e la sessualità.[57] Nel decennio
seguente l'apparire dei disturbi, alcuni medici fiorentini, come altri medici
consultati in gioventù, a parte la deformità fisica asserirannoprobabilmente in
maniera erroneache numerosi disturbi del Leopardi erano dovuti a neurastenia di
origine psicologica (sempre in questo periodo comincia a soffrire di crisi
depressive che taluni attribuiscono all'impatto psicologico della malattia
fisica), come lui stesso a tratti sostenne, anche contro il parere di numerosi
dottori. «Ma io non aveva appena vent’anni, quando da quella infermità di
nervi e di viscere, che privandomi della mia vita, non mi dà speranza della
morte, quel mio solo bene mi fu ridotto a meno che a mezzo; poi, due anni prima
dei trenta, mi è stato tolto del tutto, e credo oramai per sempre.»
(Lettera dedicatoria dei Canti, agli amici di Toscana, 1831) Secondo il
neurologo Sganzerla, propositore della tesi sulla spondilite al posto della
tubercolosi, Leopardi non mostrava invece alcun segno di vera depressione
psicotica, sfatando il mito sostenuto da Citati e dai lombrosiani come Patrizi
e Sergi. Queste patologie comunque, se non condizionarono il suo pensiero in
maniera diretta (come ribadito spesso da Leopardi), influenzarono comunque il
suo pessimismo filosofico e lo spinsero a indagare le cause della sofferenza
umana e il significato della vita da una prospettiva originale, divenendo, come
affermato dal critico Sebastiano Timpanaro, "un formidabile strumento conoscitivo".
Magnifying glass icon mgx2.svg Pensiero e poetica di Giacomo Leopardi § La
malattia come strumento conoscitivo. La conversione filosofica: dal bello al
vero Dopo il primo passo verso il distacco dall'ambiente giovanile e con la
maturazione di una nuova ideologia e sensibilità che lo portò a scoprire il
bello in senso non arcaico, ma neoclassico, si annuncia nel 1819 quel passaggio
dalla poesia di immaginazione degli antichi alla poesia sentimentale che il
poeta definì l'unica ricca di riflessioni e convincimenti filosofici.[62]
I mutamenti profondi del 1817 e la "teoria del piacere" Busto
di Giacomo Leopardi op. 1 o delle "Rimembranze", uno dei due busti
del poeta di Michele Tripisciano, esposto nel museo Tripisciano di
Caltanissetta Il 1817 fu per Leopardi, che giunto alle soglie dei diciannove
anni aveva avvertito, in tutta la sua intensità, il peso dei suoi mali e della
condizione infelice che ne derivava, un anno decisivo che determinò nel suo
animo profondi mutamenti. Consapevole ormai del suo desiderio di gloria ed
insofferente dell'angusto confine in cui, fino a quel momento, era stato
costretto a vivere, sentì l'urgente desiderio di uscire, in qualche modo,
dall'ambiente recanatese. Gli avvenimenti seguenti incideranno sulla sua vita e
sulla sua attività intellettuale in modo determinante.[63] In questo
periodo è anche la prima formulazione della "teoria del piacere", una
concezione filosofica postulata da Leopardi nel corso della sua vita. La
maggior parte della teorizzazione di tale concezione è contenuta nello
Zibaldone, in cui il poeta cerca di esporre in modo organico la sua visione
delle passioni umane. Il lavoro di sviluppo del pensiero leopardiano in questi
termini avviene dal 12 al 25 luglio 1820. Sempre nel 1817 egli scrisse al
classicista Pietro Giordani che aveva letto la traduzione leopardiana del II
libro dell'Eneide e, avendo compreso la grandezza del giovane, lo aveva
incoraggiato. Ebbero inizio così una fitta corrispondenza ed un rapporto di
amicizia che durerà nel tempo.[65] In una delle prime lettere scritte al nuovo
amico, datata 30 aprile 1817, il giovane Leopardi sfogherà il suo malessere non
con atteggiamento remissivo, ma polemico ed aggressivo: «Mi ritengono un
ragazzo, e i più ci aggiungono i titoli di saccentuzzo, di filosofo, di
eremita, e che so io. Di maniera che s'io m'arrischio di confortare chicchessia
a comprare un libro, o mi risponde con una risata, o mi si mette in sul serio e
mi dice che non è più quel tempo [...] Unico divertimento in Recanati è lo
studio: unico divertimento è quello che mi ammazza: tutto il resto è
noia» Egli vuole uscire da quel "centro dell'inciviltà e
dell'ignoranza europea" perché sa che al di fuori c'è quella vita alla
quale egli si è preparato ad inserirsi con impegno e con studio profondo.[65]
Nell'estate 1817 fissa le prime osservazioni all'interno di un diario di
pensiero che prenderà poi il nome di Zibaldone, in dicembre si innamorerà della
cugina, provando per la prima volta il sentimento d'amore. Pietro Giordani
riconosce l'abilità di scrittura di Leopardi e lo incita a dedicarsi alla
scrittura; inoltre lo presenta all'ambiente del periodico «Biblioteca Italiana»
e lo fa partecipare al dibattito culturale tra classicisti e romantici.
Leopardi difende la cultura classica e ringrazia Dio di aver incontrato
Giordani che reputa l'unica persona che riesce a comprenderlo.[65] Il
primo amore «Oimè, se quest'è amor, com'ei travaglia!» (Il primo amore,
v.3) Geltrude Cassi Lazzari con i figli, illustrazione di Giuseppe Chiarini
per la Vita di Giacomo Leopardi (1905) Nel luglio del 1817 il Leopardi iniziò a
compilare lo Zibaldone, nel quale registrerà fino al 1832 le sue riflessioni,
le note filologiche e gli spunti di opere. Lesse la vita di Alfieri e compilò
il sonetto "Letta la vita scritta da esso" che toccava i temi della
gloria e della fama.[66] Alla fine del 1817 un altro avvenimento lo colpì
profondamente: l'incontro, nel dicembre dello stesso anno, con Geltrude Cassi
Lazzari, una cugina di Monaldo, che fu ospite presso la famiglia per alcuni
giorni e per la quale provò un amore inespresso. Scrisse in questa occasione il
"Diario del primo amore" e l'"Elegia I" che verrà in
seguito inclusa nei "Canti" con il titolo "Il primo
amore".[65][67] Una presa di posizione anti-romantica Fra il 1816 e
il 1818 la posizione di Leopardi verso il Romanticismo, che stava suscitando in
quegli anni forti polemiche ed aveva ispirato la pubblicazione del
Conciliatore, va maturando e se ne possono avvertire le tracce in numerosi
passi dello Zibaldone ed in due saggi, la Lettera ai Sigg. compilatori della
"Biblioteca italiana", scritta nel 1816 in risposta a quella di
Madama la baronessa di Staël, ed il Discorso di un italiano attorno alla poesia
romantica, scritto in risposta alle Osservazioni di Di Breme sul Giaurro di
Byron[68]. Le due opere mostrano l'avversione, sul piano più strettamente
concettuale, al Romanticismo. La posizione di Leopardi rimane fondamentalmente
montiana e neoclassica. Tuttavia, come si vedrà, quello che professava sulla
pagina critica si rivelerà, poi, profondamente diverso dai risultati ottenuti
nella poesia dove i temi e lo spirito saranno, invece, perfettamente in
sintonia con la mentalità romantica. Aveva, intanto, scritto le due canzoni
ispirate a motivi patriottici All'Italia e Sopra il monumento di Dante che
stanno ad attestare il suo spirito liberale e la sua adesione a quel tipo di
letteratura di impegno civile che aveva appreso dal Giordani. Il suo
materialismo ateo si pone in contrapposizione al Romanticismo cattolico predominante,
dal quale lo separavano notevolmente anche il suo rifiuto di ogni speranza di
progresso nella conquista della libertà politica e dell'unità nazionale, la sua
mancanza di interesse per una visione storicistica del passato e per le
esigenze di popolarità e di realismo nei contenuti e nella lingua.[70] La
prima fase dell'ideologia leopardiana «E il naufragar m'è dolce in questo
mare.» (Giacomo Leopardi, L'infinito, v.15) Nel 1819 si riacutizzarono i
problemi agli occhi.Tra il luglio e l'agosto progettò la fuga e cercò di
procurarsi un passaporto per il Lombardo-Veneto, da un amico di famiglia, il
conte Saverio Broglio d'Ajano, ma il padre lo venne a sapere e il progetto di
fuga fallì.[72] Fu nei mesi di depressione che seguirono che il Leopardi elaborò
le prime basi della sua filosofia e, riflettendo sulla vanità delle speranze e
l'ineluttabilità del dolore, scoprì la nullità delle cose e del dolore stesso.
Iniziò intanto la composizione di quei canti che verranno in seguito pubblicati
con il titolo di Idilli e scrisse L'infinito, La sera del dì di festa, Alla
luna (originariamente, i titoli di queste ultime erano La sera del giorno
festivo e La ricordanza), La vita solitaria, Il sogno, Lo spavento notturno.
Sono i cosiddetti "primi idilli" o "piccoli idilli". Qui
confluirono i rimpianti per la giovinezza perduta e la presa di coscienza
dell'impossibilità di essere felici.Nell'autunno del 1822 ottenne dai genitori
il permesso di recarsi a Roma, dove rimase dal novembre all'aprile dell'anno
successivo, ospite dello zio materno, Carlo Antici. A Leopardi Roma apparve
squallida e modesta[74] al confronto con l'immagine idealizzata che egli si era
figurata studiando i classici. Lo colpirono la corruzione della Curia e l'alto
numero di prostitute che gli fece abbandonare l'immagine idealizzata della
donna, come scrive in una lettera al fratello Carlo del 6 dicembre.[75]
Rimase invece entusiasta della tomba di Torquato Tasso, al quale si sentiva
accomunato dall'innata infelicità (verso il Tasso, che renderà protagonista di
una delle Operette morali, sarà debitore a livello stilistico e nella scelta di
alcuni nomi più famosi dei suoi componimenti, come Nerina e Silvia,[76] tratti
dall'Aminta). Nell'ambiente culturale romano Leopardi visse isolato e frequentò
solamente studiosi stranieri, tra cui i filologi Christian Bunsen (poi ministro
del regno di Prussia e fondatore dell'Istituto di Archeologia a Roma) e
Barthold Niebuhr; quest'ultimo si interessò per farlo entrare nella carriera
dell'amministrazione pontificia, ma Leopardi rifiutò. Nell'aprile del 1823
Leopardi ritornò a Recanati dopo aver constatato che il mondo al di fuori di
esso non era quello sperato. Tornato a Recanati, Leopardi si dedicò alle
canzoni di contenuto filosofico o dottrinale e, tra il gennaio e il novembre
del 1824, compose buona parte delle Operette morali.[78] Lontano da
Recanati: Milano, Bologna, Firenze, Pisa Nel 1825 il poeta, invitato
dall'editore Antonio Fortunato Stella, si recò a Milano con l'incarico di
dirigere l'edizione completa delle opere di Cicerone ed altre edizioni di
classici latini e italiani. A Milano, però, egli non rimase a lungo perché il
clima gli era dannoso alla salute e l'ambiente culturale, troppo polarizzato
intorno al Monti, gli recava noia.[79] Ritratto di Leopardi a metà
degli anni '30, da alcuni indicato come una realistica proto-fotografia,
probabilmente una riproduzione in eliografia (o altri tipi) di un'incisione; in
alternativa realizzata con la tecnica della camera oscura da artista: tramite
bulino oppure immagine fissata secondo il metodo di Joseph Nicéphore Niépce
(sali d'argento o bitume e lunga esposizione).[80] Recanati, casa Leopardi.
Decise, così, di trasferirsi a Bologna dove visse (al numero 33 di via Santo
Stefano), tranne una breve permanenza a Recal'inverno del 1827, sino al giugno
di quello stesso anno mantenendosi con l'assegno mensile dello Stella e dando
lezioni private. Nell'ambiente bolognese Leopardi conobbe il conte Carlo
Pepoli, patriota e letterato, al quale dedicò un'epistola in versi intitolata
Al conte Carlo Pepoli che lesse il 28 marzo 1826 nell'Accademia dei Felsinei. Nell'autunno
iniziò a compilare, per ordine di Stella, una "Crestomazia",
antologia di prosatori italiani dal Trecento al Settecento che venne pubblicata
nel 1827 alla quale fece seguito, l'anno successivo, una
"Crestomazia" poetica. A Bologna conobbe anche la contessa Teresa
Carniani Malvezzi, della quale si innamorò senza essere corrisposto. Leopardi
frequentò i Malvezzi per quasi un anno, ma poi la donna lo allontanò spinta
anche dal marito, mal tollerante del fatto che il poeta si trattenesse con la moglie
fino alla mezzanotte.Leopardi si sfoga in una lettera ad un corrispondente,
usando parole molto dure verso di lei. Uscivano intanto presso Stella le sue
Operette morali. Frequentò anche la casa del medico Giacomo Tommasini e strinse
amicizia con la moglie Antonietta, patriota, e la figlia Adelaide (coniugata
Maestri), sue ammiratrici,[84][85] con la famiglia Brighenti e la cantante
modenese Rosa Simonazzi Padovani.[86] Leopardi in un ritratto
postumo del 1845 (olio su tavola), commissionato da Antonio Ranieri nel 1842 al
giovane pittore Domenico Morelli sulla base della maschera mortuaria[87], del
ritratto di Leopardi sul letto di morte di Angelini e delle descrizioni fisiche
fatte da Ranieri, da Paolina, sorella di quest'ultimo; Morelli vi lavorò per
molto tempo, a causa delle insistenze di Ranieri sui particolari, ma alla fine
il quadro venne ritenuto, dal Ranieri stesso e da altri testimoni, come il più fedele
e realistico dei ritratti di Leopardi, con l'aspetto che aveva verso la fine
della sua vita, soprattutto nei tratti del volto, oltre che il vestiario e
l'acconciatura che portava negli anni napoletani; i critici hanno però
argomentato che sia un ritratto comunque "idealizzato", in quanto
Morelli (quattordicenne nel 1837) non vide mai Leopardi dal vivo, ma solo nella
maschera mortuaria in gesso e nei ritratti eseguiti da altri.[88] Nel giugno
dello stesso anno si trasferì a Firenze, dove conobbe il gruppo di letterati
appartenenti al circolo Vieusseux tra i quali Gino Capponi,[89] Giovanni
Battista Niccolini (amico e corrispondente di Ugo Foscolo allora esiliato a
Londra[90]), Pietro Colletta, Niccolò Tommaseo ed anche il Manzoni, che si
trovava a Firenze per rivedere dal punto di vista linguistico i suoi Promessi
Sposi. Divenne amico particolarmente del Colletta, ma fu in buoni rapporti
anche con Capponi e Manzoni, sebbene quest'ultimo non condividesse le idee di
Leopardi. Fu invece conflittuale il rapporto col Tommaseo, cattolico liberale,
ma fortemente avverso al razionalismo ed al materialismo, il quale giunse a
provare una forte avversione per Leopardi, attaccandolo ripetutamente su vari
giornali (anche se riconosceva l'abilità stilistica nella prosa); Tommaseo
arrivò a denigrare Leopardi per il suo aspetto fisico (cosa che farà, però solo
in lettere private rivolte ad altri, anche il Capponi stesso irritato per la
Palinodia[91]).Leopardi risponderà nel 1836 con un epigramma diretto contro
Tommaseo, oltre che nell'ottava strofa della detta Palinodia. Al marchese Gino
Capponi. Nel novembre del 1827 si recò a Pisa, dove rimase fino alla metà del
1828. Qui strinse un'affettuosa amicizia con la giovane cognata del padrone del
pensionato, Teresa Lucignani (1807-1897), a cui dedicò una breve lirica rimasta
a lungo inedita. Grazie all'inverno mite, la sua salute migliorò e Leopardi
tornò alla poesia, che taceva dal 1823 (con l'eccezione della poco riuscita
epistola in versi Al conte Carlo Pepoli e del Coro di lo studio di Federico
Ruysch contenuto nel Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie delle
Operette morali); compose la canzonetta in strofe metastasiane Il Risorgimento
e il canto A Silvia (figura forse ispirata, secondo i critici che si basano su
appunti dello Zibaldone e dichiarazioni del fratello Carlo[96], alla figlia del
cocchiere di Monaldo, morta giovane, Teresa Fattorini), inaugurando il periodo
creativo detto dei Canti "pisano-recanatesi", chiamati anche
"grandi idilli", in cui il poeta si cimenta nella cosiddetta canzone
libera o leopardiana, il cui primo sperimentatore era stato Alessandro Guidi,
dalla cui lettura ne era venuto a conoscenza.[97] «Vaghe stelle dell'orsa,
io non credea tornare ancor per uso a contemplarvi» (Le ricordanze, vv.1-2)
Il periodo di benessere era finito ed il poeta, colpito nuovamente dalle
sofferenze e dall'aggravarsi del disturbo agli occhi, fu costretto a sciogliere
il contratto con Stella[98] e già durante l'estate del '28 si recò a Firenze
nella speranza di riuscire a vivere in modo indipendente. Chiese aiuto ad
alcuni amici: Tommasini,il più bello, gli propose una cattedra di Mineralogia e
Zoologia a Milano, ma il compenso era troppo basso e la materia poco consona
alle conoscenze di Leopardi; Bunsen gli offrì la possibilità di una cattedra a
Bonn o Berlino, ma il poeta dovette subito declinare l'invito, poiché il clima
tedesco era troppo rigido e freddo per la sua salute malferma. Leopardi allora
progettò di mantenersi con un lavoro qualsiasi, ma le sue condizioni di salute
non gli permisero nemmeno questo e fu quindi costretto a ritornare a Recanati,
dove rimase fino al 1830. In questi «sedici mesi di notte orribile»[99]
Leopardi si dedicò nuovamente alla poesia e scrisse alcune delle sue liriche
più importanti, tra cui Le ricordanze (la cui ultima parte è dedicata ad una
giovane recanatese morta poco prima, Maria Belardinelli, da Leopardi chiamata
Nerina), La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio, Il passero
solitario (forse su un abbozzo giovanile) e il Canto notturno di un pastore
errante dell'Asia.[100] Queste poesie, a lungo denominate dai critici
"grandi idilli" o anche "secondi idilli", sono ora
conosciute, insieme ad A Silvia anche come "canti pisano-recanatesi".
In questo periodo l'insofferenza per la
sua città natale, da lui definita "natio borgo selvaggio"[102],
aumenta, proporzionalmente all'avversione per i recanatesi (gente zotica, vil),
che lo ritenevano un intellettuale superbo, tanto che anche i ragazzini del
paese, secondo testimonianze postume, cantavano in sua presenza canzoncine
denigranti del tipo: "Gobbus esto / fammi un canestro, / fammelo cupo /
gobbo fottuto".[104] A Firenze dal 1830 al 1833 «Perì l'inganno
estremo, ch'eterno io mi credei.» (A se stesso, vv.2-3) Fanny
Targioni Tozzetti Intanto, nell'aprile del 1830, il Colletta, al quale il poeta
scriveva della sua vita infelice, gli offrì, grazie ad una sottoscrizione degli
"amici di Toscana",[105] l'opportunità di tornare a Firenze, dove il
27 dicembre 1831 fu eletto socio dell'Accademia della Crusca[106]. Per
mantenersi accettò la sottoscrizione e progettò un giornale che avrebbe curato
quasi da solo, Lo spettatore fiorentino, ma che non realizzerà a causa della
burocrazia e del timore della censura. Nello stesso 1831 a Firenze curò
un'edizione dei "Canti", partecipò ai convegni dei liberali
fiorentini e strinse infine una salda amicizia col giovane esule napoletano
Antonio Ranieri, futuro senatore del Regno d'Italia, che durerà fino alla
morte. Nel 1831, grazie alla fama di personalità liberale, fu eletto deputato
dell'assemblea del governo provvisorio di Bologna (sorto dai moti del 1831), su
designazione del Pubblico Consiglio di Recanati, ma non fa in tempo ad
accettare la nomina (peraltro mai richiesta) che gli austriaci restaurano il
governo pontificio. I genitori decidono infine di concedergli un modesto
assegno mensile che gli permette di sopravvivere; Leopardi accetta ma,
reputandolo umiliante, decide di non tornare mai più a Recanati.[107] Risale
sempre a questo periodo la forte passione amorosa per Fanny Targioni Tozzetti
(terzo e ultimo amore secondo i biografi, dopo la Cassi Lazzari e la Malvezzi),
moglie del medico fiorentino Antonio Targioni Tozzetti e forse amante di
Ranieri, conclusasi in una delusione, che gli ispirò il cosiddetto "ciclo
di Aspasia", una raccolta di poesie scritte tra il 1831 e il 1835 e che
contiene: Il pensiero dominante, Amore e morte, Consalvo (in cui l'amore è
visto ancora positivamente), la drammatica e scarna A se stesso e Aspasia. In
questa raccolta si manifestò il Leopardi più disilluso e disperato, orfano
anche di quella tristezza nostalgica degli Idilli, nella perdita dell'ultima
illusione che gli era rimasta, quella dell'amore (l'inganno estremo).[108]
Aspasia, seppur piena di rancore e sarcasmo contro Fanny, è considerata l'unica
poesia d'amore (seppur per un amore ormai finito) scritta per una donna che
egli frequentò realmente e intimamente, anche se solo in maniera romantica e
intellettiva (per parte di lui; lei lo descrisse sempre come un amico e dopo la
morte come una persona "disgraziata" a cui non voleva dare alcuna
illusione); tuttavia nei primi versi, contenenti la descrizione fisica e
caratteriale della Targioni, presentata come una "donna fatale", si
nota anche una tensione erotica molto rara in Leopardi, il quale ribadisce
ripetutamente il fascino esteriore esercitato dalla nobildonna. L'identificazione
della donna con l'Aspasia poetica è data, più che dalle lettere di Leopardi,
dalle affermazioni di Ranieri nei Sette anni di sodalizio e da alcune lettere
tra lui e la Targioni Tozzetti. Tuttavia, se Aspasia accenna anche a toni
polemici e misogini, in cui Leopardi si dice felice di essersi perlomeno
liberato della dipendenza affettiva verso l'amica, che descrive quasi come un servilismo
morale di cui si vergogna, un "giogo" ormai spezzato[112], in una
lettera a Fanny dei primi tempi si scorgono invece le riflessioni sull'amore e
la morte del periodo, che trovano l'esatta corrispondenza con alcuni versi di
Consalvo e con Amore e morte: «E pure certamente l'amore e la morte sono le
sole cose belle che ha il mondo, e le sole solissime degne di essere
desiderate. Pensiamo, se l'amore fa l'uomo infelice, che faranno le altre cose
che non sono né belle né degne dell'uomo. Ranieri da Bologna mi aveva chiesto
più volte le vostre nuove: gli spedii la vostra letterina subito ierlaltro.
Addio, bella e graziosa Fanny. Appena ardisco pregarvi di comandarmi, sapendo
che non posso nulla. Ma se, come si dice, il desiderio e la volontà danno valore,
potete stimarmi attissimo ad ubbidirvi. Ricordatemi alle bambine, e credetemi
sempre vostro.» (Lettera da Roma, 6 agosto 1832) «Due cose belle ha il
mondo: / amore e morte. All'una il ciel mi guida / in sul fior dell'età;
nell'altro, assai / fortunato mi tengo.» (Consalvo, vv. 102) Lo
spostamento del Consalvo nei Canti molto precedenti al ciclo, avvenuto
dall'edizione napoletana, ha fatto pensare che il personaggio di Elvira sia
ispirato anche a Teresa Carniani Malvezzi e non solo a Fanny.[113][114] Per
circa 4 anni frequenta molto spesso casa Targioni, cercando di avvicinarsi alla
padrona di casa procurandole moltissimi autografi di scrittori e personaggi
famosi, che lei collezionava. In questo periodo Leopardi diviene amico anche
della contessa Carlotta Lenzoni de' Medici di Ottajano, affascinata dalla
grandezza intellettuale del poeta e conosciuta nel 1827, ma poi se ne
allontanò. Secondo un'opinione minoritaria, la donna descritta negativamente
come Aspasia sarebbe stata la Lenzoni.[116] Nell'autunno del 1831 si recò
a Roma con Ranieri per ritornare a Firenze nel 1832 e nel corso di questo anno
scrisse i due ultimi dialoghi delle "Operette", Il Dialogo di un
venditore d'almanacchi e di un passeggere e il Dialogo di Tristano e di un
amico.[117] Continuò a corrispondere epistolarmente per un periodo con la
Targioni Tozzetti, seppure in maniera più fredda e distaccata. Quando
Ranieri tornò a Napoli, tra i due iniziò una fitta corrispondenza che ha fatto
a taluni ritenere che tra Leopardi e Ranieri vi fosse un rapporto amoroso. Pietro
Citati però precisa che si sarebbe trattato di un semplice e intenso affetto
"platonico" assai diffuso nel XIX secolo, senza traccia di
omosessualità, come quello rivolto a suo tempo al Giordani.[124] In una di
queste lettere il poeta scrive a Ranieri: Antonio Ranieri, tra gli
anni '40 e '60 «Ranieri mio, tu non mi abbandonerai però mai, né ti
raffredderai nell'amarmi. Io non voglio che tu ti sacrifichi per me, anzi
desidero ardentemente che tu provvegga prima d'ogni cosa al tuo benessere; ma
qualunque partito tu pigli, tu disporrai le cose in modo che noi viviamo l'uno
per l'altro, o almeno io per te, sola ed ultima mia speranza. Addio, anima mia.
Ti stringo al mio cuore, che in ogni evento possibile e non possibile, sarà eternamente
tuo.[125]» Nel settembre del 1833 Leopardi, dopo aver ottenuto il modesto
assegno dalla famiglia, partì per Napoli con Ranieri sperando che il clima mite
di quella città potesse giovare alla sua salute. Sugli anni a Napoli, Antonio
Ranieri dichiarò: «Quivi Leopardi, mentre che io, lasciatone il mio
antico letto, dormiva in una camera non mia (cosa che, nelle consuetudini del
paese, massime in quei tempi, toccava quasi lo scandalo), per dormire accanto a
lui, ebbe, una notte, la strana allucinazione, che la signora di casa avesse
fatto disegno sopra una sua cassetta, nella quale egli non riponeva mai altro
che non nettissimi arnesi da ravviare i capelli, e le cesoie [...][126]»
Pare infatti che la padrona di casa volesse cacciarli, per timore che Leopardi
fosse portatore di tubercolosi polmonare infettiva e lui stesso sosteneva,
invece, che la donna volesse rubargli oggetti di sua proprietà, mentre Ranieri
credeva che soffrisse di paranoie, e non ci faceva caso. Nell'aprile 1834
Leopardi ricevette visita da August von Platen, che nel suo diario
scrisse: (DE) «Leopardi ist klein und bucklicht, sein Gesicht bleich und
leidend er den Tag zur Nacht macht und umgekehrt führt er allerdings ein
trauriges Leben. Bei näherer Bekanntschaft verschwindet jedoch alles [...] die
Feinheit seiner klassischen Bildung und das Gemütliche seines Wesens nehmen für
ihn ein.[128]» «Leopardi è piccolo e gobbo, il viso ha pallido e
sofferente fa del giorno notte e viceversa conduce una delle più miserevoli
vite che si possano immaginare. Tuttavia, conoscendolo più da vicino [...] la
finezza della sua educazione classica e la cordialità del suo fare dispongon
l'animo in suo favore.[130]» Busto del poeta presente a Villa Doria
d'Angri Intanto le Operette morali subirono una nuova censura da parte delle
autorità borboniche, a cui seguirà la messa all'Indice dei libri proibiti dopo
la censura pontificia, a causa delle idee materialiste esposte in alcuni
"dialoghi". Leopardi così ne parlava in una lettera a Luigi De
Sinner: «La mia filosofia è dispiaciuta ai preti, i quali e qui e in tutto il
mondo, sotto un nome o sotto un altro, possono ancora e potranno eternamente
tutto». Durante gli anni trascorsi a Napoli si dedicò alla stesura dei
Pensieri, che raccolse probabilmente tra il 1831 e il 1835 riprendendo molti
appunti già scritti nello Zibaldone, e riprese i Paralipomeni della
Batracomiomachia che, iniziati nel 1831, aveva interrotto. A quest'ultima opera
lavorò, assistito dal Ranieri, fino agli ultimi giorni di vita. Di quest'opera
incompiuta, in ottave, ampiamente influenzata sia dallo pseudo Omero della
Batracomiomachia, (che già Leopardi aveva tradotta in gioventù, e di cui
continua la trama) che dal poema Gli animali parlanti di Giovanni Battista
Casti, rimane autografo il solo primo canto. Ranieri affermò sempre che gli
altri, di sua mano, furono scritti sotto dettatura del Leopardi. Le ultime
ottave sarebbero state dettate da Leopardi morente poco dopo aver terminato
l'ultima poesia, Il tramonto della luna. Qualche dubbio può nascere, se si
pensa che Ranieri investì soldi dopo la morte del poeta per farli pubblicare
come autentici, con poco successo finanziario. Nel 1836, quando a Napoli
scoppiò l'epidemia di colera, Leopardi si recò con Ranieri e la sorella di
questi, Paolina, nella Villa Ferrigni a Torre del Greco, dove rimase
dall'estate di quell'anno al febbraio del 1837 e dove scrisse La ginestra o il
fiore del deserto. Paolina Ranieri assisterà, personalmente e con profondo
affetto, Leopardi nei suoi ultimi anni, all'aggravamento delle sue condizioni
fisiche.[133][134] Paolina (1817-1878) fu «l'unica donna che lo amò, sebbene si
trattasse di un amore fraterno».[135] A Napoli Leopardi lavora
incessantemente, nonostante la salute in peggioramento, componendo varie liriche
e satire; non segue le raccomandazioni dei medici, e conduce una vita
abbastanza sregolata per una persona dalla salute fragile come la sua: dorme di
giorno, si alza al pomeriggio e sta sveglio la notte, mangia molti dolci
(particolarmente sorbetti e gelati), talvolta frequenta la mensa pubblica
(anche durante il periodo del colera) e beve moltissimi caffè. La morte
Leopardi sul letto di morte, 1837, ritratto a matita di Tito Angelini,
anch'esso simile alla maschera mortuaria e quindi molto realistico e verosimile
In Campania egli compose gli ultimi Canti La ginestra o il fiore del deserto
(il suo testamento poetico, nel quale si coglie l'invocazione ad una fraterna
solidarietà contro l'oppressione della natura) e Il tramonto della luna
(compiuto solo poche ore prima di morire). Progettava anche di tornare a
Recanati, per vedere il padre, o partire per la Francia.[138] Leopardi aveva
infatti intenzione di riconciliarsi umanamente col padre di persona (il tono
delle lettere a Monaldo diventa molto affettuoso negli ultimi tempi, dal
formale e nobiliare "signor padre" e al voi delle lettere giovanili
passa all'incipit "carissimo papà" e al tu). In questo periodo
cominciò ad ignorare le prescrizioni, pensando che non potesse comunque decidere
il suo destino. In una lettera al conte Leopardi, una delle ultime di Giacomo,
il poeta avverte la morte come imminente e spera che avvenga, non sopportando
più i suoi mali.[139] Nel febbraio del 1837 ritornò a Napoli con Ranieri
e la sorella, ma le sue condizioni si aggravarono verso maggio, anche se non in
modo tale da far sospettare ai medici o a Ranieri il reale stato di
salute. Il 14 giugno di quell'anno, Leopardi si sentì male al termine di
un pranzo (che abitualmente consumava all'inconsueto orario delle 17); quel mattino,
aveva mangiato circa un chilo e mezzo di confetti cannellini comprati da
Paolina Ranieri in occasione dell'onomastico di Antonio e bevuto una
cioccolata, poi una minestra calda e una limonata (o granita fredda) verso
sera. Fu colpito da malore poco prima di
partire per Villa Carafa d'Andria Ferrigni, come era stato programmato, e
nonostante l'intervento del medico l'asma peggiorò e poche ore dopo il poeta
morì.[141] Secondo la testimonianza di Antonio Ranieri, Leopardi si spense alle
ore 21 fra le sue braccia. Le sue ultime parole furono "Addio, Totonno, non
veggo più luce". La morte fu dichiarata all'ufficio dello stato civile il
giorno successivo da Giuseppe e Lucio Ranieri, i quali fecero registrare
l'indirizzo del decesso (vico Pero 2, nel territorio della parrocchia della SS.
Annunziata a Fonseca) e indicarono che il fatto era avvenuto "alle ore
venti". Tre giorni dopo il decesso, Antonio Ranieri pubblicò un necrologio
sul giornale Il Progresso. La morte del poeta è stata analizzata da studiosi di
medicina già a partire dall'inizio del XX secolo. Molte sono state le ipotesi,
dalla più accreditata, pericardite acuta con conseguente scompenso, oppure
scompenso cardiorespiratorio dovuto a cuore polmonare e cardiomiopatia, seguite
a problemi polmonari e reumatici cronici, a quelle più fantasiose[146], fino al
colera stesso.Nessuna delle tesi alternative, tuttavia, è riuscita a smentire
il referto ufficiale, diffuso dall'amico Antonio Ranieri: idropisia polmonare
("idropisia di cuore" o idropericardio), il che è comunque
verosimile, dati i suoi problemi respiratori, dovuti alla deformazione della
colonna vertebrale; è anche possibile che l'edema fosse una delle conseguenze
dei problemi cronici di cui soffriva, e che la causa principale fosse un
problema cardiaco, forse accelerata da una forma fulminante di colera che
avrebbe ucciso il debilitato Leopardi (che notoriamente soffriva di disturbi
cronici all'apparato gastrointestinale, i quali potevano mascherare la
gastroenterite colerosa) in poche ore. Leopardi era morto all'età di quasi 39
anni, in un periodo in cui il colera stava colpendo la città di Napoli. Grazie
ad Antonio Ranieri, che fece interessare della questione il ministro di
Polizia, le sue spogliequesta la versione accettata dalla maggioranza dei
biografinon furono gettate in una fossa comune, come le severe norme igieniche
richiedevano a causa dell'epidemia, ma inumate nella cripta e poi, dopo una
breve riesumazione alla presenza di Ranieri che volle anche aprire la cassa, nell'atrio
della chiesa di San Vitale Martire (oggi Chiesa del Buon Pastore), sulla via di
Pozzuoli presso Fuorigrotta. La lapide, spostata poi con la tomba, fu dettata
da Pietro Giordani: «Al conte Giacomo Leopardi recanatese filologo
ammirato fuori d'Italia scrittore di filosofia e di poesie altissimo da
paragonare solamente coi greci che finì di XXXIX anni la vita per continue
malattie miserissima fece Antonio Ranieri per sette anni fino all'estrema ora
congiunto all'amico adorato MDCCCXXXVII» Il ministro avrebbe accettato la
richiesta del Ranieri solo dopo che un chirurgo, non il medico curante
Mannella, ebbe eseguita una sorta di sommaria autopsia per poter dichiarare che
la morte non fu dovuta a colera. In realtà fin dall'inizio il racconto di
Ranieri era apparso pieno di contraddizioni e molti furono i dubbi che
avvolsero quanto egli aveva dichiarato, anche perché le sue versioni furono
molte e diverse a seconda dell'interlocutore, facendo sospettare che il corpo
del poeta fosse finito nelle fosse comuni del cimitero delle Fontanelle, o in
quello dei colerosi (o nell'attiguo cimitero delle 366 Fosse), destinati in
quel periodo ai morti per colera o per altre cause, come attesta il registro
delle sepolture della chiesa della SS. Annunziata a Fonseca di Napoli (riportante
la dicitura "cimitero dei colerosi" e "sepolto id.") o
addirittura occultate nella casa di vico Pero, e che Ranieri avesse inscenato,
per un motivo recondito, un funerale a bara vuota, con la partecipazione dei
suoi fratelli, del chirurgo e di un parroco compiacente a cui avrebbe regalato
dei pesci freschi. La lapide originale, traslata nel parco
Vergiliano Comunque, Ranieri continuò ad affermare che le ossa erano nell'atrio
della chiesa di S. Vitale e che il certificato d'inumazione fosse un falso redatto
dal parroco su richiesta del ministro di Polizia, onde aggirare la legge sulle
sepolture in tempo di epidemia. Nel 1898 avvenne una prima ricognizione;
secondo il senatore Mariotti, smentito da altri, durante i lavori di restauro
di alcuni anni prima, un muratore ruppe inavvertitamente la cassa, danneggiata
dalla troppa umidità, frantumando le ossa e provocando la perdita di parte dei
resti contenuti, forse gettati nell'ossario comune o addirittura con i
calcinacci, mescolando i resti con altre ossa. La tomba di Leopardi
(Parco Vergiliano a Piedigrotta o Parco della Tomba di Virgilio, Napoli) Il 21
luglio 1900, alla presenza dei rappresentanti regi e del comune di Napoli,
venne effettuata la ricognizione ufficiale delle spoglie del recanatese e nella
cassa (in realtà un mobile adattato allo scopo clandestino dai fratelli
Ranieri), troppo piccola per contenere lo scheletro di un uomo con doppia
gibbosità, vennero rinvenuti soltanto frammenti d'ossa (tra cui residui delle
costole, delle vertebre recanti segni di deformità, e un femore sinistro
intero, forse troppo lungo per una persona di bassa statura, e un altro femore
a pezzi), una tavola di legno (con cui gli operai avevano tentato di riparare
il danno alla cassa), una scarpa col tacco e alcuni stracci, mentre nessuna
traccia vi era del cranio e del resto dello scheletro, per cui in seguito si
arrivò anche a formulare la teoria di un suo trafugamento da parte di studiosi
lombrosiani di frenologia amici del Ranieri. Nonostante i dubbi, la questione
venne ben presto chiusa; secondo l'incaricato professor Zuccarelli, era
plausibile che quelli fossero parte dei resti di Leopardi. Il medico parla
esplicitamente di aver rinvenuto una parte di rachide e una di sterno entrambe
deviate. Alcuni, pur pensando ad un'effettiva morte per colera, credettero
comunque che Ranieri fosse riuscito davvero nell'intento di salvare il corpo
dalla fossa comune corrompendo, se non il ministro, perlomeno dei funzionari
incaricati. La scarpa ritrovata, o quello che ne rimaneva, venne poi acquistata
dal tenore Beniamino Gigli, concittadino di Leopardi, e donata alla città di
Recanati.Dopo vari tentativi di traslare i presunti resti a Recanati o a
Firenze nella basilica di Santa Croce accanto a quelli di grandi italiani del
passato, nel 1939 la cassa, per volontà di Benito Mussolini che esaudì una
richiesta dell'Accademia d'Italia, venne con regio decreto di Vittorio Emanuele
III che ne stabiliva l'identificazione, riesumata di nuovo e spostata al Parco
Vergiliano a Piedigrotta (altrimenti detto Parco della tomba di Virgilio) nel
quartiere Mergellinail luogo fu dichiarato monumento nazionaledove tuttora
sorge appunto il secondo sepolcro del poeta, eretto quello stesso anno; nei
pressi venne traslata anche la lapide originale, mentre parte del monumento
venne portata a Recanati. Questa versione è quella sostenuta ufficialmente dal
Centro Nazionale Studi Leopardiani. Nel 2004 venne anche chiesta (da parte
dello studioso leonardiano Silvano Vinceti, che si è occupato anche della
riesumazione e identificazione dei resti di Caravaggio, Boiardo, Pico della
Mirandola e Monna Lisa) la terza riesumazione, onde verificare se quei pochi
resti fossero davvero di Leopardi tramite l'esame del DNA e del mtDNA,
comparato con quello degli attuali eredi dei conti Leopardi (Vanni Leopardi e
la figlia Olimpia, discendenti diretti del fratello minore del poeta
Pierfrancesco) e dei marchesi Antici, ma la richiesta fu respinta, sia dalla
Soprintendenza sia dalla famiglia Leopardi (tramite la contessa Anna del Pero-Leopardi,
vedova del conte Pierfrancesco "Franco" Leopardi e madre di Vanni). La
posizione ufficiale della famiglia Leopardi (esplicitata dal 1898 in poi) e
della Fondazione Casa Leopardi da loro presieduta (presidente fino al conte Vanni Leopardi) è invece che i resti
nel parco Vergiliano non siano comunque del poeta e Ranieri abbia mentito, che
il corpo si trovi alle Fontanelle e che quindi la riesumazione sia inutile,
occorrendo altresì rispettare la tomba-cenotafio lì situata. Un altro membro
della famiglia, chiamato anche lui Pierfrancesco, si è invece detto
disponibile. Tale esame non è stato finora autorizzato. «Cantare il dolore
fu per lui rimedio al dolore, cantare la disperazione salvezza dalla
disperazione, cantare l'infelicità fu per lui, e non per gioco di parole,
l'unica felicità. n quei canti veramente divini il Leopardi trasformò
l'angoscia in contemplativa dolcezza, il lamento in musica soave, il rimpianto
dei giorni morti in visioni di splendore.» (Giovanni Papini, Felicità di
Giacomo Leopardi) Il pensiero di Leopardi è caratterizzato, attraverso le fasi
del suo pessimismo, dall'ambivalenza tra l'aspetto lirico-ascetico della sua
poetica, che lo spinge a credere nelle «illusioni» e lusinghe della natura, e
la razionalità speculativo-teorica presente nelle sue riflessioni filosofiche,
che invece considera vane quelle illusioni, negando ad esse qualunque contenuto
ontologico. La contraddizione tra anelito alla vita e disillusione, tra
sentimento e ragione, tra «filosofia del sì» e «filosofia del no», era del resto ben presente allo stesso
Leopardi, il quale, secondo Karl Vossler, si adoperò costantemente per
ricomporle, non rassegnandosi mai allo scetticismo, convinto che la vera
filosofia dovesse in ogni caso mantenere i legami con l'immaginazione e la
poesia. Come ha rilevato De Sanctis: «Leopardi non crede al progresso, e
te lo fa desiderare; non crede alla libertà, e te la fa amare. Chiama illusioni
l'amore, la gloria, la virtù, e te ne accende in petto un desiderio inesausto.
[...] È scettico e ti fa credente; e mentre non crede possibile un avvenire men
triste per la patria comune, ti desta in seno un vivo amore per quella e
t'infiamma a nobili fatti.» (Francesco De Sanctis, Schopenhauer e
Leopardi,Luoghi leopardiani A Recanati Targa della piazzuola del Sabato
del Villaggio Palazzo Leopardi: è la casa natale del poeta. Tuttora il palazzo
è abitato dai discendenti e aperto al pubblico. Esso venne ristrutturato nelle
forme attuali dall'architetto Carlo Orazio Leopardi verso la metà del XVIII
secolo. L'ambiente più suggestivo è senza dubbio la biblioteca, che custodisce
oltre 20.000 volumi, tra cui incunaboli ed antichi volumi, raccolti dal padre
del poeta, Monaldo Leopardi. Piazzuola del Sabato del Villaggio: sulla quale si
affaccia Palazzo Leopardi. Ivi si trova la casa di Silvia e la chiesa di Santa
Maria in Montemorello, nel cui fonte battesimale fu battezzato Giacomo Leopardi
nel 1798. Colle dell'Infinito: è la sommità del Monte Tabor da cui si domina un
panorama vastissimo verso le montagne e che ispirò l'omonima poesia composta
dal poeta a soli 21 anni. All'interno del parco si trova il Centro Mondiale
della Poesia e della Cultura, sede di convegni, seminari, conferenze e
manifestazioni culturali. Il Colle dell'Infinito è diventato un Bene del Fai
aperto a tutti. Palazzo Antici-Mattei:
casa della madre di Leopardi, Adelaide Antici Mattei, edificio dalle linee
semplici ed eleganti con iscrizioni in latino. Torre del Passero Solitario: nel
cortile del chiostro di Sant'Agostino è visibile la torre, decapitata da un
fulmine e resa celebre dalla poesia Il passero solitario. Chiesa di San
Leopardo (XIX secolo): venne fatta edificare dalla famiglia Leopardi insieme e
nei pressi della villa affidando la progettazione all'architetto Gaetano Koch.
La cripta, a cui si accede esternamente, è la tomba gentilizia della famiglia
Leopardi. Chiesa di Santa Maria di Varano (XV secolo): costruita nel 1450 per i
Minori Osservanti insieme al Convento annesso, dal 1873, cacciati i frati e
abbattuti due lati del convento, l'orto divenne quello che ancora è il civico
cimitero di Recanati. Vi si conserva ancora il pozzo di San Giacomo della Marca
ed affreschi nelle lunette del portico. All'interno è la tomba di famiglia dei
Leopardi ove sono sepolti Monaldo e Paolina, Altrove Spoleto, Albergo della
Posta (corso Garibaldi), Palazzo Antici
Mattei (Roma, via Michelangelo Caetani), dove fu ospite.Roma, tomba del Tasso
in Sant'Onofrio al Gianicolo, "uno dei posti più belli della terra, in
mezzo agli aranci e ai lecci". Bologna ("ospitalissima"),
convento di San Francesco (piazza Malpighi), primo soggiorno bolognese. Casa
dell'editore Anton Fortunato Stella, vicino al Teatro alla Scala a Milano
("veramente insociale") (Casa Badini, vicino al teatro del Corso
(oggi via Santo Stefano, 33) a Bologna ("tutto è bello, e niente
magnifico"). Locanda della Pace, via del Corso, a Bologna, Ravenna
("qui si vive quietissimi"), ospite del marchese Antonio Cavalli.
Firenze, "sporchissima e fetidissima città", Locanda della Fonte, nei
pressi del mercato del grano e di Palazzo Vecchio Targa sull'ultimo domicilio
di Leopardi a Napoli Casa delle sorelle Busdraghi, via del Fosso (oggi via
Verdi), Firenze. Palazzo Buondelmonti, abitazione di Giovan Pietro Vieusseux, a
Firenze. Pisa ("una beatitudine"), via Fagiuoli (casa Soderini), 9
novembre 1827-8 giugno 1828. Il Lungarno pisano ("spettacolo così ampio,
così magnifico, così gaio, così ridente, che innamora"). "Una certa
strada deliziosa" da lui battezzata "Via delle Rimembranze",
dove va a passeggiare a Pisa (lettera a Paolina Leopardi del 25 febbraio 1828).
Levane, Camucia e Perugia, novembre 1828, di passaggio. Roma ("città
oziosa, dissipata, senza metodo"), via dei Condotti 81 ("spendo qui
un abisso"), con Antonio Ranieri, da ottobre 1831 a marzo 1832. Napoli,
piazza Ferdinando; poi Strada nuova di Santa Maria Ognibene (casa Cammarota);
poi vico Pero (tre appartamenti affittati con Ranieri e la sorella di lui
Paolina). Villa Ferrigni, detta villa delle Ginestre, a Torre del Greco, alle
pendici dello "sterminator Vesevo".[175] Opere Magnifying glass
icon mgx2.svg Opere di Giacomo Leopardi. Copertina della prima edizione
dello Zibaldone di pensieri Opere in prosa Epistolario Di Giacomo Leopardi ci
sono rimaste oltre novecento lettere, composte nell'arco di una vita e
indirizzate a circa cento destinatari, tra amici e familiari (soprattutto al
padre e al fratello Carlo). L'intero corpus epistolare di Leopardi è raccolto
dall'Epistolario, che malgrado le origini si può leggere come un'opera
autonoma: questa raccolta di prose private, infatti, costituisce un
fondamentale documento non solo per seguire le vicende biografiche del poeta,
ma anche per comprendere l'evoluzione del suo pensiero, dei suoi stati d'animo
e delle sue riflessioni culturali.[176] Gli interventi nel dibattito
classico-romantico Nel 1816 il giovane Leopardi prese parte all'acceso
dibattito culturale innescato dalla pubblicazione del saggio Sulla maniera e
utilità delle traduzioni di Madame de Staël: questa polemica vide schierarsi da
una parte i difensori del classicismo, quali Pietro Giordani, e dall'altra i
sostenitori della nuova poetica romantica. Leopardi, amico del Giordani,
si allineò alle tesi classiciste, mettendo per iscritto il proprio pensiero
nella Lettera ai compositori della Biblioteca italiana (1816) e nel Discorso di
un italiano intorno alla poesia romantica, rimasti entrambi inediti sino al
1906. Nella prima Leopardi, pur riconoscendo la bontà dell'intervento
dell'autrice ginevrina, assume una posizione contraria alle istanze della
lettera, nella quale si invitava il popolo italiano ad aprirsi alle nuove
letterature europee. Secondo il poeta di Recanati, infatti, si tratta di un
«vanissimo consiglio», essendo la letteratura italiana quella più vicina alle uniche
letterature universalmente valide, ovvero quella greca e quella latina. Nel
Discorso, invece, Leopardi approfondì la sua riflessione poetica in merito al
dibattito, introducendo temi che poi diverranno centrali della poesia
leopardiana, come l'opposizione tra i concetti di «natura» e
«civilizzazione».[176] Zibaldone Lo Zibaldone di pensieri è una raccolta
di 4526 pagine autografe compilate dal luglio 1817 al dicembre 1832, nelle
quali Leopardi depositò ragionamenti e brevi scritti sugli argomenti più vari.
Inizialmente l'opera non era dotata dell'organicità di un testo letterario,
essendo semplicemente il frutto di una scrittura immediata, di getto: Leopardi
iniziò a datare i singoli testi solo a partire dal 1820, così da orientarsi
agevolmente nel mare magnum di appunti (da lui definiti un «immenso
scartafaccio»), arrivando perfino a stilare due indici (nel 1824 e nel
1827).[176] Il Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani
Il Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani, composto a
Recanati tra la primavera e l’estate del 1824 e rimasto inedito fino al 1906, è
un breve trattato filosofico dove Leopardi analizza le peculiarità che
contraddistinguono la società italiana, e le compara con il carattere, la
mentalità e la moralità delle altre nazioni d'Europa. Alla fine dell'opera
Leopardi giunge all'amara conclusione che l'Italia, dilaniata da un esasperato
individualismo, è troppo poco civile per godere dei benefici del progresso
(come in Francia, Germania ed Inghilterra), ma troppo civile per godere dei
benefici dello «stato di natura», come accadeva nelle nazioni meno sviluppate,
quali Portogallo, Spagna e Russia.[177] Operette morali Secondo
manoscritto autografo dell'Infinito Le Operette morali, per usare le parole dello
stesso poeta, sono un «libro di sogni poetici, d’invenzioni e di capricci
malinconici»: è ancora Leopardi a descrivere la propria opera in una lettera
del 1826 indirizzata all'editore Stella, sottolineando «quel tuono ironico che
regna in esse» e specificando che Timandro ed Eleandro sono «una specie di
prefazione, ed un’apologia dell’opera contro i filosofi moderni». Le Operette,
oggi considerate la più alta espressione del pensiero leopardiano, racchiudono
l'essenza del pessimismo del poeta, trattando argomenti quali la condizione
esistenziale dell'uomo, la tristezza, la gloria, la morte e l'indifferenza
della Natura.[178] Le opere poetiche I Canti I Canti, considerati il
capolavoro di Leopardi, racchiudono trentasei liriche composte da Leopardi. Tra
i componimenti poetici inclusi nei Canti ricordiamo Sopra il monumento di
Dante, l'Ultimo canto di Saffo, Il passero solitario, La sera del dì di festa,
Alla luna, A Silvia, il Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, Il
sabato del villaggio, La ginestra e infine L'infinito, uno dei testi più
rappresentativi della poetica leopardiana. Le ultime opere Durante gli
anni napoletani Leopardi scrisse due opere, i Paralipomeni della
Batracomiomachia e I nuovi credenti. Il primo è un poemetto in ottave con protagonisti
animali: «Paralipomeni», infatti, significa «continuazione» mentre
«Batracomiomachia» è «battaglia dei topi e delle rane», ovvero un'opera
pseudoomerica che Leopardi aveva tradotto in gioventù. Dietro la finzione
comica Leopardi qui stigmatizza il fallimento dei moti rivoluzionari napoletani
del 1820-21: i topi infatti, simboleggiano i liberali, generosi ma velleitari,
mentre le rane sono i conservatori papalini, che non esitano a chiamare a sé i
granchi-austriaci, feroci e stupidi. nuovi credenti, invece, sono un capitolo
satirico in terza rima composto nel 1835 dove Leopardi esprime una spietata
satira contro gli esponenti dello spiritualismo napoletano, dei quali condanna
la religiosità di facciata e lo sciocco ottimismo. Parole d'autore A Giacomo
Leopardi si devono numerosi neologismi divenuti patrimonio diffuso (perlomeno
in un linguaggio colto e sorvegliato), come "erompere",
"fratricida", "improbo", "incombere",Al suo
tempo, questa vena creativa di Leopardi non fu apprezzata e fu oggetto degli
strali di un atteggiamento purista che opponeva resistenze all'adozione, e
all'accoglimento nei lessici, di neologismi d'uso forgiati in epoca successiva
all'«aureo Trecento» In un caso, un frutto della sua creatività,
"procombere", gli guadagnò accuse postume mossegli da Niccolò
Tommaseo[180], coautore del Dizionario della lingua italiana. Poesia e
musica A sé stesso, romanza, versi di Giacomo Leopardi, musica di Francesco
Paolo Frontini, Milano, Edizioni Ricordi.Coro di morti, versi di G. Leopardi (dal
Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie, Operette morali), musica di
Goffredo Petrassi, per coro e strumenti, 1940-1941 Tre liriche di Goffredo
Petrassi, per baritono e pianoforte, testi di Leopardi, Foscolo e Montale,
1944. Epistolario Magnifying glass icon mgx2.svg Epistolario di Giacomo
Leopardi. Leopardi nell'immaginario collettivo Il fatto che l'opera di Leopardi
sia stata e sia ogni anno oggetto dello studio di migliaia di studenti ha
determinato (come per Dante) che molte locuzioni delle sue opere siano divenute
d'uso corrente. Fra le principali: studio matto e disperatissimo ... (in:
lettera a Pietro Giordani del 2 marzo 1818 e Zibaldone di pensieri); passata è
la tempesta ... (in: La quiete dopo la tempesta, 1829); che fai tu, luna, in ciel?
dimmi, che fai ... (in: Canto notturno di un pastore errante dell'Asia,
1829-1930); natio borgo selvaggio ... (in: Le ricordanze); la donzelletta vien
dalla campagna ... (in: Il sabato del villaggio); godi, fanciullo mio; stato
soave ... (in: Il sabato del villaggio , 1829); ...e naufragar m'è dolce in
questo mare (in: L'infinito). T ra il 1994 e il 1998 il pittore e scultore
maceratese Valeriano Trubbiani realizzò una serie di 12 pirografie sul tema
Viaggi e transiti, dedicata ai viaggi del poeta nelle varie città della
penisola: Recanati (2), Macerata (2), Roma, Bologna, Pisa, Firenze, Milano,
Napoli (3). Tali opere[181] sono esposte nel CARTCentro permanente per la
Documentazione dell'Arte Contemporanea[182] di Falconara Marittima, che conserva
anche altre opere di Trubbiani dedicate a Leopardi: 10 disegni originali
realizzati dal 1971 al 1987 sul tema "Leopardi figurativo", 8
incisioni a colori, una scultura del 1990 in rame, bronzo e argento con il
Poeta pensoso in osservazione di un gregge di pecore (“Move la greggia oltre
pel campo e vede greggi”, ispirata al Canto notturno di un pastore errante
dell'Asia, un'installazione scultorea sulla Batracomiomachia ("battaglia
dei topi e delle rane") ispirata ai Paralipomeni della Batracomiomachia
leopardiani. L'ispirazione prodotta in Trubbiani dall'opera leopardiana è
raccontata dall'artista nel breve documentario "Le Marche di
Leopardi"[183], patrocinato dalla Regione Marche. Leopardi nella
musica pop italiana Leopardi è citato nella Canzone per Piero di Francesco
Guccini e in Stai bene lì di Renato Zero; i suoi versi sono citati anche nei
titoli di Canto notturno (di un pastore errante dell'aria) e Il cielo capovolto
(ultimo canto di Saffo), entrambe di Roberto Vecchioni. Giorgio Gaber,
nella canzone "Benvenuto il luogo dove", contenuto nell'album
"Gaber" del 1984, dedicata all'Italia, parla della penisola come il
luogo "dove i poeti sono nati tutti a Recanati"[184]. Opere
cinematografiche su Leopardi Dialogo di un venditore di almanacchi e di un
passeggiere[185] (1954), cortometraggio di Ermanno Olmi[186][187]; Pisa, donne
e Leopardi (), mediometraggio di Roberto Merlino. Leopardi è interpretato da
Orazio Cioffi; Il giovane favoloso, film di Mario Martone. Leopardi è
interpretato da Elio Germano[188]. Vari brani del film sono presenti nel
programma televisivo"Leopardi, il rivoluzionario" di Giancarlo
Mancini, puntata della rubrica "Il tempo e la storia"; "Le
Marche di Leopardi", breve documentario diretto da Alessandro Scilitani,
patrocinato dalla Regione Marche. Video in rete su Leopardi "Leopardi, il
rivoluzionario" di Giancarlo Mancini, puntata della rubrica televisiva
"Il tempo e la storia" con Massimo Bernardini e lo storico Lucio
Villari[190]; "Giacomo Leopardi e l`importanza di Recanati", per Rai Storia,
vita e opere di Giacomo Leopardi nel commento del critico teatrale Guido Davico
Bonino. L’attore Umberto Ceriani legge: L'infinito, La sera del dì di festa,
Alla luna, La vita solitaria[191]; "Ecco il vero Colle dell'Infinito
descritto da Giacomo Leopardi"[192]: Francesco Guzzini del Centro Studi
Leopardiani mostra l'itinerario che il Poeta compiva per recarsi dalla propria
abitazione al punto di osservazione del paesaggio che gli ispirò L'infinito;
"Marche, le scoprirai all'infinito", spot turistico della Regione
Marche con il noto attore statunitense Dustin Hoffman che tenta di recitare in
italiano L'infinito. Regia di Giampiero Solari; "A casa di Giacomo
Leopardi", intervista di Pippo Baudo alla contessa Olimpia Leopardi
all'interno del Palazzo Leopardi di Recanati; "Un Leopardi inedito"
raccontato da Novella Bellucci e Franco D'Intino nella puntata di
"Visionari" del 15 giugno , programma televisivo condotto da Corrado
Augias su Rai 3[195]; "L'arte di essere fragilicome Leopardi può salvarti
la vita", intervista allo scrittore Alessandro D'Avenia sul suo omonimo
libro e spettacolo teatrale. Inoltre, sono pubblicate in rete numerose
letture/interpretazioni dei principali canti leopardiani da parte dei più
importanti attori italiani. Fra questi si possono ascoltare: Vittorio
Gassman: L'infinito, A Silvia, La sera del dì di festa, Amore e Morte, La
quiete dopo la tempest, A se stesso; Carmelo Bene: L'infinito, Passero
solitario, La ginestra (o Il fiore del deserto) Alla luna, La sera del dì di festa, Il sabato del
villaggio, Le ricordanze, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia[210],
Inno ad Arimane, Amore e Morte; Arnoldo Foà: L'infinito, Passero solitario, A
Silvia[217], Il sabato del villaggio, La sera del dì di festa, Canto notturno
di un pastore errante dell'Asia, Le ricordanze, La ginestra (o Il fiore del
deserto), Il tramonto della luna[223], All'Italia[224], Alla luna[225]; Giorgio
Albertazzi: L'infinito[226]; Nando Gazzolo: L'infinito; Gabriele Lavia:
L'infinito, Lavia dice Leopardi; Alberto
Lupo: Ultimo canto di Saffo; Elio Germano, nel film Il giovane favoloso di
Mario Martone: L'infinito[231], parte de La ginestra (o Il fiore del deserto) la
prima parte de La sera del dì di festa[233], un brano di Amore e Morte[234], l'ultima
parte di Aspasia. Leopardi "testimonial" della Regione Marche La
Regione Marche, dopo aver più volte utilizzato l'immagine del poeta recanatese
per la promozione turistica del proprio territorio ed anche della propria
offerta enologica, nel 2009 commissionò una discussa campagna pubblicitaria
attraverso un video, per la regia di Giampiero Solari, trasmesso sui principali
canali televisivi italiani ed anche esteri, con protagonista il noto attore
statunitense Dustin Hoffman[236], già conoscitore delle Marche per aver
interpretato nel 1972 ad Ascoli Piceno il film di Pietro Germi "Alfredo,
Alfredo", assieme ad una giovane Stefania Sandrelli. Questa la
descrizione della sceneggiatura dello spot per la promozione della stagione
turistica : «Un uomo legge una delle poesie più note della letteratura
italiano, l’Infinito di Giacomo Leopardi, la cui emozionalità è strettamente
legata alle visioni, alle luci, ai colori della terra marchigiana. L’uomo legge
la poesia camminando, cerca di capire e pronunciare bene la lingua non stando
fermo, dietro una scrivania, ma immergendosi nella terra che ha visto nascere
questo capolavoro; legge, riprova, si arrabbia, vuole assolutamente penetrare
la lingua, il sentimento di questa poesia, l’anima di questa terra e riprova e
riprova. Nel sottofondo le note sublimi del Tancredi di Rossini, che
accompagnano il silenzio di questa meditazione nuova che l’uomo cerca per sé:
l’uomo cerca emozioni, vuole fare un’esperienza nuova, e leggere l’Infinito
nelle Marche che l’hanno generato è un’esperienza nuova, formidabile, ma
difficile e faticosa. Ma ne vale la pena. Provare e alla fine sorridere, la
poesia è mia, le Marche sono la mia meta faticosamente conosciuta, capita e
raggiunta.» (dal comunicato stampa della Regione Marche[237]) Nello spot Hoffman
tenta di recitare i versi dell'Infinito in un italiano "condito" dal
suo marcato accento californiano. Un accento tanto forte e straniante da
suscitare numerose critiche all'operato della Regione. Tra queste, quella di
Mina[239], che nella sua rubrica sulle pagine de "La Stampa" del 3
gennaio [240], ebbe a scrivere: «Leopardi bisogna meritarselo. Sarebbe
andato benissimo anche Oliver Hardy. Al quale, paradossalmente, in questa
demoralizzante «performance», mi sembra che assomigli. Non so come l'avrebbe
fatta Ollio. Non peggio, credo... Sentire la nostra potente, meravigliosa
lingua strapazzata dal pur bravo divo americano mi ha rigettato giù nella
nostra condizione di sempiterna colonia ... il mondo della pubblicità è un
mondo di matti. A volte geniale, ma più spesso volgare e irrispettoso. Dustin
Hoffman, from Los Angeles, sarà pure un nome che tira, ma non li avevamo noi
degli attori al suo livello? E che parlano l’italiano? E che conoscono la
musica dell’andamento di un’esposizione poetica?» (Mina Mazzini) Al
contrario, l'operazione promozionale fu elogiata da Giorgio De Rienzo,
linguista e critico letterario, da Francesco Sabatini e Francesco Erspamer,
rispettivamente presidente onorario e presidente emerito dell’Accademia della
Crusca; quest'ultimo commentò lo spot con queste parole: «Sprovincializza la
lingua italiana» Comunque sia, lo scopo perseguito fu raggiunto: anche grazie
alle polemiche, la versione non definitiva del video della Regione Marche,
inserito su YouTube, totalizzò quasi 21.200 visualizzazioni in tutto il mondo
solo nella prima settimana[242]. Visto il successo del , Dustin Hoffman
fu confermato per la campagna promozionale della stagione turistica . Niente
più lettura dei versi leopardiani, ma, come sottolineò Aldo Grasso sul
"Corriere della Sera", nella nuova edizione «il volto del testimonial
diventa più importante dell’oggetto da reclamizzare. Attraverso gli scatti di
Bryan Adams, si snoda un racconto tutto personale: i cinque sensi di Dustin
Hoffman dichiarano infinito amore per le suggestioni concrete che la regione
riesce a offrire: la gastronomia, l’arte, la musica, i vini e i
paesaggi»[243]. Nella campagna promozionale del Dustin Hoffman fu sostituito dall'attore
marchigiano Neri Marcorè[244][245]. Continuò comunque l'utilizzo a scopi
promozionali dell'immagine di Leopardi: sull'onda del successo del film
"Il giovane favoloso", diretto dal registra Mario Martone e
interpretato dall'attore Elio Germano, la Regione mise in campo una serie di
iniziative per promuovere la visione del film e di conseguenza del territorio
marchigiano che ne aveva ospitato le location, tra cui un
"movie-tour", consentito gratuitamente a tutti gli spettatori muniti
del biglietto del cinema fino al 31 Dicembre [245]. Nel la Regione ha patrocinato la realizzazione di
un breve documentario, "Le Marche di Leopardi"[183], diretto da
Alessandro Scilitani, nel quale l'assessore alla cultura dell'epoca
tratteggiava il riepilogo delle iniziative regionali per valorizzare la figura
del poeta recanatese. Seguono una breve biografia di Leopardi, con le immagini
di Recanati, e gli interventi di vari operatori culturali marchigiani che,
rifacendosi a veri o presunti collegamenti con la vita ed il pensiero del
Poeta, introducono ad altri importanti personaggi nati o presenti nella Regione
(Gioacchino Rossini, Antonio Canova, Terenzio Mamiani, Valeriano Trubbiani,
Osvaldo Licini), il tutto "condito" dalle musiche di musicisti
marchigiani (Giovan Battista Pergolesi, Gaspare Spontini) e da squarci paesaggistici
di varie località della regione.Opere biografiche su Leopardi Giacomo Leopardi,
Puerili e abbozzi vari, Bari, G. Laterza & f.i, 1924. 7 marzo . Antonio
Ranieri, Sette anni di sodalizio con Leopardi (1880), Milano-Napoli: Ricciardi,
1920; poi Milano: Garzanti, 1979 (con una nota di Alberto Arbasino);
Milano: Mursia, 1995 (Raffaella Bertazzoli); Milano: SE, 2005 Mario Picchi,
Storie di casa Leopardi, Milano: Camunia, 1986; poi Milano: Rizzoli, 1990
Renato Minore, Leopardi. L'infanzia, le città, gli amori, Milano: Bompiani,
1987 (nuova ed. Vincenzo Guarracino, 1997) Rolando Damiani, Album Leopardi,
Milano: Mondadori «I Meridiani», 1993 Attilio Brilli, In viaggio con
Leopardi, Bologna: Il Mulino, 2000 Rolando Damiani, All'apparir del vero. Vita
di Giacomo Leopardi, Milano: Mondadori «Oscar Saggi» Marcello D'Orta,
All'apparir del vero: il mistero della conversione e della morte di Giacomo
Leopardi, Piemme, . Pietro Citati, Leopardi, Milano, Mondadori, . Il Centro
Nazionale di Studi Leopardiani Il 1 luglio 1937, nel primo centenario della
morte del poeta, fu istituito a Reca Centro Nazionale di Studi
Leopardiani. Esso ha come scopo la promozione di ricerche e studi su
Giacomo Leopardi in campo storico, biografico, critico, linguistico,
filologico, artistico, filosofico. Note
secondo Roberto Tanoni risalente invece intorno al 1825-26.
Roberto Tanoni, L'aspetto di Giacomo Leopardi, leopardi, 11 febbraio 2005. 20
dicembre (archiviato il 28 febbraio
). Effettivamente il titolo di conte con
cui Leopardi veniva talvolta appellato, e che egli stesso usava, in quanto
primogenito dei conti Leopardi, era un "titolo di cortesia", in
quanto il vero titolo nobiliare era ancora in capo a Monaldo, finché fu in
vita. Uno sconosciuto: l'ateo filantropo
barone d'Holbach, su elapsus. ). Giulio
Ferroni, La poesia del dolore: Giacomo Leopardi, su emsf.rai. 16 febbraio 3 febbraio ).
Forse la malattia di Pott o la spondilite anchilosante. Erik
Pietro Sganzerla, Malattia e morte di Giacomo Leopardi. Osservazioni critiche e
nuova interpretazione diagnostica con documenti inediti, Booktime, : «Questo
libretto rende giustizia a un uomo che soffriva di numerosi problemi fisici,
che ebbe una vita non felice e una cartella clinica in cui sono posti in
evidenza i sintomi e il loro decorso temporale, l’età d’esordio della
progressiva deformità spinale e dei problemi visivi e gastrointestinali,
l’influenza delle condizioni psichiche e ambientali nell’accentuazione o
remissione dei segnali. (...) altamente probabile la diagnosi di Spondilite Anchilopoietica
Giovanile»; viene poi sostenuto che Leopardi «affetto da una pneumopatia
restrittiva con insufficienza respiratoria cronica, aggravata da episodi
infettivi intercorrenti, sia morto per uno scompenso cardiorespiratorio
terminale in paziente affetto da cuore polmonare e possibile miocardiopatia».
(Introduzione) Citati32-33.
«Questo io conosco e sento, / Che degli eterni giri, Che dell'esser mio
frale, / Qualche bene o contento Avrà fors'altri; a me la vita è male»
(Giacomo Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, vv.
100-104) Citati3-18. Citati18-20.
Citati4-10. Renato Minore,
Leopardi. L'infanzia, le città, gli amori, Milano, Citati3-16. Renato Minore13. Lettera di G. Leopardi (Recanati) a Pietro
Colletta (Livorno), ed atteso ancora che il patrimonio di casa mia, benché sia
de' maggiori di queste parti, è sommerso nei debiti. Emilio Cecchi e Natalino Sapegno, Storia
della letteratura italiana. Milano L'Ottocento Zibaldone «Il Chimico italiano», anno XXI n.2, pag. 14. Citati25-30.
Rossella Lalli, Si spegne la contessa Leopardi, erede e custode della
memoria del poeta, newnotizie, 13 settembre .
l'11 settembre (archiviato il 2
gennaio ). Scritti vari inediti di
Giacomo Leopardi dalle carte napoletane, Firenze, successori Le Monnier, Maria
Corti in «Giacomo Leopardi. Tutti gli scritti inediti, rari e editi», Milano,
Bompiani 1972 Citati20-25. Cecchi, Sapegno, oGiuseppe BonghiBiografia di
Giacomo Leopardi, su classicitaliani. 25 ottobre (archiviato il 24 dicembre ). Lettera a Pietro Giordani a Milano, Recanati,in
Epistolario di Giacomo Leopardi con le iscrizioni greche triopee da lui
tradotte e lettere di Pietro Giordani e Pietro Colletta all'Autore, raccolto e
ordinato da Prospero Viani, I, Napoli,
1860², pag. 76. Lettera all'Avv. Pietro
Brighenti a Bologna, Recanati, 18 marzo 1825 in Epistolario di Giacomo Leopardi
con le iscrizioni ecc. cit., I, pag.
245. il padre Monaldo lo vide parlare,
con sorpresa, in questa lingua con un rabbino di Ancona, secondo quanto
riportato dallo storico Lucio Villari nella trasmissione RAI Il tempo e la
storia di Massimo Bernardini (puntata "Leopardi, il rivoluzionario",
15 ottobre , RaiTre-RaiStoria) Sarà la
lingua utilizzata nelle lettere allo Jacopssen
Il programma delle celebrazioni leopardiane, su giornale.regione.marche.
Il sanscrito nella teoria linguistica di Giacomo Leopardi, in Leopardi e
l'Oriente. Atti del Convegno Internazionale, Recanati 1998, a c. di F. Mignini,
Macerata, Provincia di Macerata, M. T. Borgato, L. Pepe, Leopardi e le scienze
matematiche, 5-8. Aimé-Henri Paulian su data.bnf.fr. 22 gennaio
. Citati30-40. Un episodio della sua vita farà da spunto a
una delle Operette morali, Il Parini ovvero della gloria Cecchi, Sapegno, op. cit.741. Citati37-38.
Citati30 e segg. Spesso
nell'epistolario afferma di soffrire il freddo e di coprirsi le gambe con una
coperta di lana. Citati30-31; 33
esegg. Giuseppe Bortone, Il "morire
giovane" in Leopardi, su moscati. .: "frequenti mi occorrono febbri
maligne, catarri e sputi di sangue…" scrive nel testo Alessandro Livi, giacomo leopardi, le
malattie ed i misteri sulla morte e sepoltura, alessandrolivistudiomedico, 28
novembre . 1º gennaio Paolo Signore,
Giacomo Leopardi: il genio di Recanati favoloso e malato, su Rotari Club Fermo,
«Di contenti, d'angosce e di desio, /
Morte chiamai più volte, e lungamente / Mi sedetti colà su la fontana / Pensoso
di cessar dentro quell'acque / La speme e il dolor mio. Poscia, per cieco /
Malor, condotto della vita in forse, / Piansi la bella giovanezza, e il fiore /
De' miei poveri dì, che sì per tempo / Cadeva: e spesso all'ore tarde, assiso /
Sul conscio letto, dolorosamente / Alla fioca lucerna poetando, / Lamentai co'
silenzi e con la notte / Il fuggitivo spirto, ed a me stesso / In sul languir
cantai funereo canto» (Le ricordanze, Il Giacomo Leopardi torrese, su
torreomnia. Giuseppe Sergi e Giovanni Pascoli furono i primi a ipotizzare la
malattia, "diagnosi" ripresa poi da Pietro Citati e altri, e
considerata probabile causa della deformità fisica e dei problemi di salute di
Leopardi anche da una ricerca scientifica condotta nel 2005 da due medici
pediatri recanatesi, Edoardo Bartolotta e Sergio Beccacece. Es. sindrome della cauda equina Alcuni propongono altre diagnosi: diabete
giovanile con retinopatia e neuropatia, tracoma oculare con sindrome di
Scheuermann alla schiena e disturbo bipolare, sindrome di Ehlers-Danlos di tipo
cifoscoliotico, rachitismo e neuropatia periferica originate da celiachia o malassorbimento,
sifilide congenita con tabe dorsale (Antonio Ranieri, negli anni napoletani,
arrivò a pensaresalvo poi smentireaffermando che Leopardi morì vergine (cosa
dibattuta), a pag. 99 di Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi che
avesse contratto la sifilide o che l'avesse ereditata dal padre. cfr. R. Di
Ferdinando, L'amarezza del lauro. Storia clinica di Giacomo Leopardi, Cappelli,
Bologna, 1987, pag. 34). Con un'analisi postuma molto contestata poiché
basata sulle teorie pseudoscientifiche dell'antropologia criminale e della
frenologia, Cesare Lombroso e i suoi allievi Patrizi e Giuseppe Sergi
affermarono che Leopardi aveva l'epilessia, e avesse disturbi ereditari come
tutta la sua famiglia. Cfr.: M_L_Patrizi.
Prof. M. L. Patrizi, Saggio psico-antropologico su Giacomo Leopardi e la
sua famiglia, Torino, Fratelli Bocca Editori, 1896. 3 maggio . M_L_Patrizi.
Citati27. G. Chiarini, Vita di G.
Leopardi453. E. Galavotti, Letterati
italiani 122. Lettera di Paolina
Leopardi a G.P. Vieusseux, 25 settembre 1829
G. Leopardi, Lettera ad Adelaide Maestri, 29 luglio 1828; Lettera ad Antonietta
Tommasini, G. Leopardi, Zibaldone, autografo, Scritti vari inediti di Giacomo
Leopardi dalle carte napoletane, cUn'analisi critica del Discorso, insieme a un
saggio sui Paralipomeni alla Batracomiomachia si trova in: Riccardo Bonavita,
Leopardi : Descrizione di una battaglia, Nino Aragno Ed., Torino, Citati142 e segg. Aldo Giudice, Giovanni Bruni, Problemi e
scrittori della letteratura italiana, 3,
tomo 1, Paravia, Cfr. pag. 118 del ms. dello Zibaldone, con pensiero del 2
luglio 1820: "[...] nel 1819 dove privato dell'uso della vista, e della
continua distrazione della lettura, cominciai a sentire la
mia infelicità in un modo assai più tenebroso [...]". Cecchi,
Sapegno 803. «Lasciando da parte lo
spirito e la letteratura, di cui vi parlerò altra volta (avendo già conosciuto
non pochi letterati di Roma), mi ristringerò solamente alle donne, e alla
fortuna che voi forse credete che sia facile di far con esse nelle città
grandi. V'assicuro che è propriamente tutto il contrario. Al passeggio, in
Chiesa, andando per le strade, non trovate una befana che vi guardi. (...)
Trattando, è così difficile il fermare una donna in Roma come a Recanati, anzi
molto più, a cagione dell'eccessiva frivolezza e dissipatezza di queste bestie
femminine, che oltre di ciò non ispirano un interesse al mondo, sono piene
d'ipocrisia, non amano altro che il girare e divertirsi non si sa come, non...
(omissis) (credetemi) se non con quelle infinite difficoltà che si provano
negli altri paesi. Il tutto si riduce alle donne pubbliche, le quali trovo ora
che sono molto più circospette d'una volta, e in ogni modo sono così pericolose
come sapete.» Il passo omesso dalla pubblicazione dell'epistolario venne
censurato alla prima edizione (1937), ed è stato ripristinato solo in edizioni
recenti, come quella dei Meridiani del 2006, poiché troppo esplicito ("non
la danno"); cfr. Il senso di Leopardi per la donna di città Archiviato il
27 marzo in . Pierluigi Panza, La casa di Silvia (amata da
Leopardi) restaurata e aperta, in Corriere della Sera, 29 giugno . L'eliografia,
metodo di riproduzione messo a punto da Joseph Nicéphore Niépce nel 1822, fu da
questi usato per la prima fotografia (precedente di 13 anni il dagherrotipo). Giuseppe Bonghi, Biografia di Leopardi, su
classicitaliani. La donna nelle parole di Leopardi, su casatea.com. 16
febbraio (archiviato il 15 maggio
). Paolo Ruffilli, Introduzione alle
Operette morali, Garzanti Citati226 e segg. Bortolo Martinelli , Leopardi oggi: incontri
per il bicentenario della nascita del poeta: Brescia, Salò, Orzinuovi, Vita e
Pensiero, Fotografia della maschera
(JPG), Centro Nazionale di Studi Leopardiani Recanati. 1º gennaio (archiviato il 1º gennaio ). Donatella Donati, Leopardi a Napoli, Centro
nazionale di studi leopardianiCentro mondiale della poesia e della cultura
"G.Leopardi"Recanati Città della poesia, 30 maggio . 1º gennaio (archiviato il 24 dicembre ). Per lui scrisse, nel 1835, la celebre
Palinodia al marchese Gino Capponi
Niccolini era già stato l'ispiratore del personaggio di Lorenzo Alderani
delle Ultime lettere di Jacopo Ortis
«Ora bisogna che io scriva a quel maledetto gobbo, che s'è messo in capo
di coglionarmi» (Lettera di Gino Capponi a Gian Pietro Vieusseux) Una stroncatura per il Leopardi Archiviato il
26 febbraio in .; mentre fu più meditato
e indulgente il giudizio dato dal Capponi stesso, in tarda età, sulla poesia e
su Leopardi stesso. Introduzione alla
Palinodia G. Leopardi, Epigramma contro
il Tommaseo, su fregnani. 19 febbraio
(archiviato il 24 febbraio ).
Giuseppe Bonghi, Analisi di "A Silvia" , su classicitaliani.
16 febbraio (archiviato il 21 ottobre
). Carlo Leopardi così ricordava, su
ilgiardinodigiacomo.wordpress.com. 16 febbraio
(archiviato il 3 marzo ). Cfr. lettera di G. Leopardi (Recanati) a
Pietro Colletta (Livorno), in cui dichiara di aver percepito venti scudi romani
(diciannove fiorentini) al mese. Lettera
aColletta dcome citato in Marco Moneta, L'officina delle aporie: Leopardi e la
riflessione sul male negli anni dello Zibaldone, FrancoAngeli, Milano, in ..
CitaTO Luperini, Cataldi, Marchiani, La scrittura e l'interpretazione,
Palermo, Palumbo, Le ricordanze, v. 30.
[gente] che m'odia e fugge, / per invidia non già, che non mi tiene /
maggior di sé, ma perché tale estima / ch'io mi tenga in cor mio, in Le
ricordanze, vv. 33-36. Camillo
Antona-Traversi, I genitori di Giacomo Leopardi: scaramucce e battaglie, Recanati,
A. Simboli, Cecchi, Sapegno845. Giacomo
Leopardi, in Catalogo degli Accademici, Accademia della Crusca. CNote ad Aspasia, nei Canti, edizione
Garzanti Donne fatali 2: Giacomo
Leopardi e Aspasia"Io non ho mai sentito tanto di vivere quanto amando...",
su sulromanzo. "Tu vivi / bella non
solo ancor, ma bella tanto, / al parer mio, che tutte l'altre
avanzi"Aspasia, G. Sarra, Dizionario Biografico degli Italiani,
riferimenti e link in . Giovanni
Mèstica, Gli amori di G. Leopardi, in Fanfulla della domenica, 4 aprile 1880.
(Fonte DBI). Altri ritengono che il canto alluda piuttosto alla sola Fanny
Targioni Tozzetti, tra questi, Giovanni Iorio nel commento ai Canti, edizione
Signorelli, Roma 1967. Leopardi: dama
invaghita del poeta non fu ricambiata ma evitata, su adnkronos.com. 1M. de
Rubris, Confidenze di Massimo d'Azeglio. Dal carteggio con Teresa Targioni
Tozzetti, Milano, Arnoldo Mondadori, Paolo Abbate, La vita erotica di Giacomo
Leopardi, C.I. Edizioni, Napoli 2000
Giovanni Dall'Orto, Sempre caro mi fu, pubblicato in
"Babilonia" Robert Aldrich e Garry Wotherspoon, Who's who in gay and
lesbian history, 1, ad vocem Leopardi gay? Vietato dirlo, su ricerca.repubblica.
Simone D'Andrea, Normalmente diverso, su Giacomo Leopardi. Epistolario,
BrioschiLandi, Sansoni Antonio Ranieri, Sette anni di sodalizio con Giacomo
Leopardi, Garzanti, Milano 197955.
D'Orta12. Cfr. anche la lettera di Stanislao Gatteschi a Monaldo
Leopard i della primavera del 1833 in Giacomo Leopardi. Epistolario,
BrioschiLandi, Sansoni 1998, II, pag. 2364:
"È stravagantissimo nelle abitudini del vivere. Si leva verso le due
pomeridiane, mangia ad orari irregolari, va a letto verso il fare del giorno.
La sua vita non può esser longeva per i complicati mali onde è gravato." e
Antonio Ranieri, Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi, Garzanti, 1
"Durante tutta la sua vita, egli fece, appresso a poco, della notte
giorno, e viceversa." Traduzione in
Michele Scherillo, Vita di Giacomo Leopardi, Greco Editori, Milano, Epistolario,
lettera del 22 dicembre 1836
Citati395-405. Leopardi e le
donne una storia tormentata, su ricerca.repubblica. 16 febbraio (archiviato il 21 febbraio ). Maria Teresa Moro, Ranieri Paola (Paolina),
su treccani. 2D'Orta25. Leopardi. Il
poeta della sofferenza, su archiviostorico.corriere. Teorie alternative sulla
morte del conte Giacomo Leopardi sono state trattate e documentate negli studi
condotti dal Prof. Gennaro Cesaro (cfr. Sfrondando gli allori della poesia
dell'800 e del 900) Lettera di Antonio
Ranieri a Fanny Targioni-Tozzetti, Napoli, 1º luglio 1837 Archiviato il 30
gennaio in .. Confronta anche Pietro
Citati, Leopardi, Mondadori, , Milano, Secondo originale dell'atto di morte di
Giacomo Leopardi, su dl.antenati.san.beniculturali. Il Progresso delle Scienze, delle Lettere e
delle Arti, Napoli dalla Tipografia Plautina, pagg. 166 sgg. Archiviato il 19
maggio in .; cfr. anche Notizia della
morte del Conte Giacomo Leopardi Angelo Fregnani Archiviato il 30 ottobre in ..
Ad esempio cibo avariato, congestione, coma diabetico o
indigestione Cenni storiciFu
un'indigestione a causare la morte di Leopardi?, su spaghettitaliani.com. 16
febbraio 17 ottobre ). Napoli e Leopardi, su ildelsud.org. 16
febbraio (archiviato il 10 febbraio
). Ecco i confetti che uccisero Leopardi.
Al Suor Orsola la collezione Ruggiero, su corrieredelmezzogiorno.corriere. 16
febbraio (archiviato il 21 febbraio
). in Lettera di Antonio Ranieri a Fanny
Targioni-Tozzetti, Napoli, 1 idem in Lettera di A. R. a Monaldo Leopardi,
Napoli, in Opere inedite di Giacomo Leopardi, G. Cugnoni, I, Halle, Max Niemeyer Editore, 1878, pag.
CXVIII sgg. Archiviato il 20 maggio in .
e Nuovi documenti intorno alla vita e agli scritti di Giacomo Leopardi, G.
Piergili, Firenze, Le Monnier, in .;
"Idrotorace" in Lettera di A. R. a De Sinner, Napoli, 28 giugno 1837
in ibidem, pagg. 267 sgg. Archiviato il 10 ottobre in .; "idropisia di petto" dice
Paolina Leopardi in una lettera a Marianna Brighenti Biografia sulla Treccani, su treccani. are
LB, Matthay MA. Acute pulmonary edema. N Engl J Med Giovanni Bonsignore, Bellia
Vincenzo, Malattie dell'apparato respiratorio terza edizione, Milano,
McGraw-Hill, 2006, pag. 487. Mario
Picchi, Storie di casa Leopardi, BUR, 1990,
319-323. Dalla foto pubblicata
qui, su rete.comuni-italiani. Cfr. anche Effemeridi scientifiche e letterarie
per la Sicilia, tomo XXX, anno IX (1840), n° 82 (luglio-agosto-settembre),
Luglio 1840, Palermo, dalla tipografia di Filippo Solli, 1840, pag. 63
Archiviato il 13 maggio in . e Opere di
Pietro Giordani, XIII, Scritti editi e
postumi di Pietro Giordani, VI,
pubblicati da Antonio Gussalli, Milano presso Francesco Sanvito, Riproduzione,
che presenta lieve variazione di testo, sotto forma di disegno in Opere di
Giacomo Leopardi, edizione accresciuta, ordinata e corretta secondo l'ultimo
intendimento dell'autore, da Antonio Ranieri,
2, Firenze, Successori Le Monnier, 1889, fuori testo Archiviato il 10
ottobre in .. Pasquale Stanzione, Giacomo LeopardiUna tomba
vuota a Fuorigrotta, pag. 60, su pasqualestanzione. 7 maggio (archiviato il 24 settembre ). Foto del
Registro (JPG), su pasqualestanzione. 7 maggio (archiviato il 13 maggio ). Ingrandimento (JPG),
su pasqualestanzione.cons ultato il 7 maggio (archiviato il 13 maggio ). Nuove scoperte su Leopardi? Occorre cautela
Archiviato il il 5 febbraio in . da
Cronache maceratesi Luciano Garofano, Giorgio Gruppioni, Silvano
VincetiDelitti e misteri del passato: Sei casi da RIS dall'agguato a Giulio
Cesare all'omicidio di Pier Paolo Pasolini, Rizzoli, pag. 179. PIER FRANCESCO
LEOPARDI: SONO DISPONIBILE ALLA PROVA DEL DNA, MA I RECANATESI SONO
D’ACCORDO? Loretta Marcon, Un giallo a
Napoli. La seconda morte di Giacomo Leopardi, Guida, ,Ida Palisi, Leopardi,
strane ipotesi su morte e sepoltura, “Il Mattino di Napoli”, 19.8.; recensione
a: Loretta Marcon, Un giallo a Napoli. La seconda morte di Giacomo Leopardi,
Guida, Mario Picchi, Storie di casa
Leopardi, cit., 14 e seguenti, dove si
riporta anche il verbale ufficiale delle persone presenti. E' vuota la
tomba di Leopardi. Guerra sulla riesumazione dei resti, su ricerca.repubblica.
16 febbraio (archiviato il 21 ottobre ). La Vita Leopardi, sito gestito dal CNSL Si torna a parlare dei resti di Leopardi,
nato comitato per l'esumazione dal sacello del parco Virgiliano di Napoli, su
ilcittadinodirecanati. 4 febbraio
(archiviato il 5 febbraio ). Il
ritratto della pinacoteca di Recanati, su cdn.studenti.stbm. 27 aprile (archiviato il 29 aprile ). In Opera Omnia, Milano, Mondadori, Cfr. in proposito anche gli studi che il
filosofo Giovanni Gentile ha dedicato a Leopardi, in particolare: Manzoni e
Leopardi: saggi critici (Milano, Treves, Poesia e filosofia di Giacomo Leopardi
(Firenze, Sansoni, 1939). Paolo Emilio
Castagnola, Osservazioni intorno ai Pensieri di Giacomo Leopardi, pag. 26, Tipografia
del Mediatore, Gino Tellini, Filologia e storiografia. Da Tasso al
Novecento, 153-154, Roma, Ed. di Storia
e Letteratura, 2002. Sebastian
Neumeister, Giacomo Leopardi e la percezione estetica del mondo 43-63, Peter Lang, 2009. In Saggi critici, L. Russo, Bari, Laterza Chiese
e Santuari Comune di Recanati, su comune.recanati.mc. Per Giacomo Leopardi, su
pergiacomoleopardi.altervista.org. 16 febbraio
(archiviato il 22 febbraio ).
Tutte le indicazioni su luoghi e viaggi sono prese da Attilio Brilli, In
viaggio con Leopardi, Il Mulino, Bologna 2000. Tra virgolette le parole di
Leopardi, tratte da sue lettere. Marta Sambugar, Gabriella Sarà, Visibile
parlare, da Leopardi a Ungaretti, Milano, RCS Libri, Marta Sambugar, Gabriella
Sarà, Visibile parlare, da Leopardi a Ungaretti, Milano, RCS Libri, Operette
morali, su internetculturale. 19 ottobre
14 giugno ). Marta Sambugar, Gabriella Sarà, Visibile parlare, da
Leopardi a Ungaretti, Milano, RCS Libri, Fabio Marri, Neologismi Archiviato il
9 settembre in ., Enciclopedia
dell'Italiano (), Istituto dell'Enciclopedia italiana. Catalogo della mostra "Viaggi e transiti
opere leopardiane di Valeriano Trubbiani" realizzata in occasione
dell'inaugurazione del Centro culturale "Pergoli" di Falconara Marittima
Comune di Falconara Marittima, Aniballi Grafiche, Ancona, 2005 Vedi la scheda dedicata al CARTCentro
permanente per la Documentazione dell'Arte Contemporanea di Falconara Marittima
nel sito "La memoria dei luoghi" del Sistema Museale della Provincia
di Ancona: CARTCentro permanente per la documentazione dell'Arte contemporanea,
su Associazione "Sistema Museale della Provincia di Ancona".
"Le Marche di Leopardi", breve documentario diretto da Alessandro
Scilitani, patrocinato dalla Regione Marche: youtube.com /watch?v= Km1EK0MH6Sg ascolta la canzone nel sito della Fondazione
Giorgio Gaber:// Giorgio gaber/ discografia-album/ benvenuto-il-luogo-dove-testo
Archiviato il 6 settembre in . vedi il testo dell'Operetta morale in Operette_morali/Dialogo_di_un_venditore_d%27almanacchi_e_di_un_passeggere
Archiviato il 15 settembre in . Il cortometraggio di Ermanno Olmi Dialogo di
un venditore di almanacchi e di un passeggiere:
youtube.com/watch?v=hiJOBKJZNaU Il
cortometraggio di Ermanno Olmi Dialogo di un venditore di almanacchi e di un
passeggiere è inoltre visibile all'interno del programma "Leopardi, il
rivoluzionario" di Giancarlo Mancini, puntata della rubrica televisiva di
Rai Storia "Il tempo e la storia" con Massimo Bernardini e lo storico
Lucio Villari://raistoria.rai/articoli/leopardi- il-rivoluzionario/25794/default.aspx
Archiviato il 7 settembre in . "Leopardi, il rivoluzionario" di
Giancarlo Mancini, puntata della rubrica "Il tempo e la storia" con
Massimo Bernardini e lo storico Lucio
Villari://raistoria.rai/articoli/leopardi-il-rivoluzionario/25794/default.aspx
Archiviato il 7 settembre in . Rai Storia, "Giacomo Leopardi e l`importanza
di Recanati"://raiscuola.rai/articoli/giacomo-leopardi-parte-prima/3205/default.aspx
Archiviato l'8 settembre in . Nel sito web de "La Stampa",
Francesco Guzzini del Centro Studi Leopardiani mostra l'itinerario che il Poeta
compiva per recarsi dalla propria abitazione al punto di osservazione del
paesaggio che gli ispirò L'infinito://lastampa//07/16/multimedia/societa/viaggi/ecco-il-vero-colle-dellinfinito-descritto-da-giacomo-leopardi-fncjkba7fEJyVoUSrazy1H/pagina.html
in . Lo spot turistico sulle Marche con Dustin Hoffman con la regia di
Giampiero Solari: youtube.com/watch?v=gEndornqlHo Archiviato il 22 agosto in .
"A casa di Giacomo Leopardi", intervista di Pippo Baudo alla
contessa Olimpia Leopardi all'interno del Palazzo Leopardi di Recanati:
youtube.com/watch?v=oNlkBu0E "Un
Leopardi inedito" raccontato da Novella Bellucci e Franco D'Intino nella
puntata di "Visionari" del 15 giugno , programma televisivo condotto
da Corrado Augias su Rai 3: youtube.com/watch?v=KwFnKv0TBaI Intervista allo scrittore Alessandro D'Avenia
sul suo libro e spettacolo teatrale “L'arte di essere fragilicome Leopardi può
salvarti la vita” nel sito di RepubblicaTv ():
youtube.com/watch?v=oXGh3g6lQsM Vittorio
Gassman interpreta L'infinito, su youtube.com. 15 settembre (archiviato il 23 maggio ). Vittorio Gassman interpreta A Silvia:
youtube.com/watch?v=7hEbvxBi2ZQ Archiviato il 29 marzo in .
Vittorio Gassman interpreta La sera del dì di festa:
youtube.com/watch?v=TPpCs6tws_U Vittorio
Gassman interpreta Amore e Morte: youtube Vittorio Gassman interpreta La quiete
dopo la tempesta: youtube.com/watch?v=- 8jasZDrV2U Archiviato il 23
ottobre in . Vittorio Gassman interpreta A se stesso:
youtube.com/watch?v=F0lhF2s_5s4 Carmelo
Bene interpreta L'infinito: youtube.co Carmelo Bene interpreta Passero solitario:
youtube.com/watch?v=IZzQbnzpaok Carmelo
Bene interpreta La ginestra (o Il fiore del deserto):
youtube.com/watch?v=ZqzVXF3Fx4Y Carmelo
Bene interpreta Alla luna: youtube.com/watch?v=v9IriaUNWQk Carmelo Bene interpreta La sera del dì di
festa: youtube.com/ watch?v=qydGUiV1wwI
Carmelo Bene interpreta Il sabato del villaggio:
youtube.com/watch?v=vI9PJfCtWw4 Carmelo
Bene interpreta Le ricordanze: youtube.com/watch?v=jyB0eM9AOoM Carmelo Bene interpreta Canto notturno di un
pastore errante dell'Asia: youtube Carmelo Bene interpreta Inno ad Arimane:
youtube.com/ watch?v=f2-QAubKbLE vedi su
Inno ad Arimane: Canti_(superiori)#Le_posizioni_contro_l.27 ottimismo_progressista
Archiviato il 15 settembre in . leggi il testo di Inno ad Arimane in
Wikisource: it.wikisource.org/wiki/Puerili_(Leopardi)/Ad_Arimane Archiviato il
15 settembre in . Carmelo Bene interpreta Amore e Morte:
youtube.com/watch?v=epYU4-n2jGw Arnoldo
Foà interpreta L'infinito: youtube Arnoldo Foà interpreta Passero solitario:
youtube.com/watch?v= nOr3Qbceuhg Arnoldo
Foà interpreta A Silvia: youtube Arnoldo Foà interpreta Il sabato del
villaggio: youtube.com/watch?v=kmk_gd-48XE
Arnoldo Foà interpreta La sera del dì di festa:
youtube.com/watch?v=aWOJfMZeCVo Arnoldo
Foà interpreta Canto notturno di un pastore errante dell'Asia: youtube Arnoldo
Foà interpreta Le ricordanze: youtube.com/watch?v=hL855FC_juA Arnoldo Foà
interpreta La ginestra (o Il fiore del deserto):
youtube.com/watch?v=zBnDqu8X5fk Arnoldo
Foà interpreta Il tramonto della luna: youtube Arnoldo Foà interpreta All'Italia:
youtube.com/watch?v=iNHqhHiIqok Arnoldo
Foà interpreta Alla luna: youtube.com/watch?v=oxzCzwR05WE Giorgio Albertazzi interpreta L'infinito:
youtube.com/watch?v=BLmhOx6IuCw Archiviato il 1º giugno in .
Nando Gazzolo interpreta L'infinito: youtube.com/watch?v=Te8tyDDsh2A Gabriele Lavia interpreta L'infinito:
youtube.com/watch?v=oSV7eBa-_Ao Gabriele
Lavia discetta sull'opera di Leopardi, prima della "dizione" delle
opere di Leopardi: youtube Alberto Lupo interpreta Ultimo canto di Saffo:
youtube Elio Germano, nel film Il
giovane favoloso di Mario Martone, interpreta L'infinito:
youtube.com/watch?v=jIvzQvi75rQ Elio
Germano, nel film Il giovane favoloso di Mario Martone, interpreta La ginestra
(o Il fiore del deserto): youtube.com/watch?v=U5e___IGHm4 Elio Germano, nel film Il giovane favoloso di
Mario Martone, interpreta la pri ma parte de La sera del dì di festa:
youtube.com/watch?v NgI8uekF6H4 Elio
Germano, nel film Il giovane favoloso di Mario Martone, interpreta un brano di
Amore e Morte: youtube Elio Germano, nel film Il giovane favoloso di Mario
Martone, interpreta l'ultima parte di Aspasia: youtube nito», su corriere,/turismo.marche/Portals/1/Leopardi/Leopardi%2
0nel%20mondo.pdf Il backstage dello spot
promozionale della Regione Marche con Dustin Hoffman ed il regista Giampiero
Solari: youtube.com/watch?v=zi-UJTIBatM
La stroncatura di Mina allo spot della Regione Marche: youtube.co riportato
in: "Il cittadino di Recanati", Anche Mina nella sua rubrica su
"La Stampa" affonda lo spot con L'infinito, su ilcittadinodirecanati,
3 gennaio . 6 settembre (archiviato il 6
dicembre ). "Il Resto del
Carlino" Ancona, "Leopardi bisogna meritarselo" Mina critica lo
spot della Regione, su ilrestodelcarlino, 4 gennaio . 6 settembre (archiviato il 6 settembre ). "Il Resto del Carlino" Ancona, Spot
di Hoffman, su YouTube 21 mila visualizzazioni, su ilrestodelcarlino, Dustin
Hoffman ancora sponsor delle Marche. Ma sembra lo spot di se stesso, su
blitzquotidiano. 6 settembre (archiviato
il 6 settembre ). vedi la serie di spot
"Le Marche non ti abbandonano mai" interpretati dall'attore
marchigiano Neri Marcorè, con la regia di Rovero Impiglia e Giacomo Cagnelli:
youtube Marco Minnucci, La regione Marche rispedisce Dustin Hoffman in America
e pone fine allo stupro di Leopardi, su qelsi, su Giacomo Leopardi. Edizioni delle opere
Giacomo Leopardi, [Opere. Poesia], Bari, G. Laterza, Epistolario Epistolario di
Giacomo Leopardi, Francesco Moroncini, Firenze: Le Monnier, Lettere, Sergio
Solmi e Raffaella Solmi, Milano-Napoli: Ricciardi, poi Torino: Einaudi
«Classici Ricciardi» Il Monarca delle Indie. Corrispondenza tra Giacomo e
Monaldo Leopardi, Graziella Pulce, introduzione di Giorgio Manganelli, Milano:
Adelphi «Biblioteca» Franco Brioschi e Patrizia Landi, Torino: Bollati
Boringhieri, 1998 Rolando Damiani, Milano: Arnoldo Mondadori Editore «I
Meridiani», Zibaldone Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura,
Giosuè Carducci e altri, Firenze: Le Monnier, Pensieri di varia filosofia,
Ferdinando Santoro, Lanciano: Carabba, Attraverso lo Zibaldone, Valentino
Piccoli, Torino: Utet scelto e annotato
con introduzione e indice analitico Giuseppe De Robertis, Firenze: Le Monnier, Il
testamento letterario, pensieri scelti, annotati e ordinati in sei capitoli da «La
Ronda», Roma: La Ronda, con prefazione e note di Flavio Colutta, Milano:
Sonzogno, Opere, volume III: Zibaldone scelto, Giuseppe De Robertis, Milano:
Rizzoli, Francesco Flora, Milano:
Mondadori, in Antologia leopardiana: Canti, Operette morali, Pensieri,
Zibaldone ed Epistolario, Giuseppe Morpurgo, Torino: Lattes, in Opere, Sergio
Solmi e Raffaella Solmi, Milano-Napoli: Ricciardi, poi parzialmente Torino:
Einaudi, «Classici di Ricciardi», in Tutte le opere, introduzione e cura di
Walter Binni, con la collaborazione di Enrico Ghidetti, Firenze: Sansoni, 1969
(2 volumi) scelta Anna Maria Moroni, saggi introduttivi di Sergio Solmi e
Giuseppe De Robertis, Milano: Mondadori «Oscar» (con uno scritto di Giuseppe
Ungaretti) e edizione fotografica dell'autografo con gli indici e lo schedario,
Emilio Peruzzi, Pisa: Scuola normale superiore, Il testamento letterario,
pensieri dello Zibaldone scelti annotati e ordinati da Vincenzo Cardarelli, con
una premessa di Piero Buscaroli, Torino: Fogoli, Pensieri anarchici scelti
Francesco Biondolillo, Napoli: Procaccini, edizione critica e annotata Giuseppe
Pacella, Milano: Garzanti «I Libri della Spiga», Rolando Damiani, Milano:
Mondadori, «I Meridiani», Teoria del piacere, scelta di pensieri con note,
introduzione e postfazione di Vincenzo Gueglio, Milano: Greco e Greco, edizione
tematica stabilita sugli indici leopardiani, Fabiana Cacciapuoti, prefazione di
Antonio Prete, Roma: Donzelli Editore, Lucio Felici, premessa di Emanuele
Trevi, indici filologici di Marco Dondero, indice tematico e analitico di Marco
Dondero e Wanda Marra, Roma: Newton Compton, «Mammut», Tutto e nulla, antologia
Mario Andrea Rigoni, Milano: Rizzoli «BUR», edizione critica Fiorenza Ceragioli
e Monica Ballerini, Bologna: Zanichelli, Canti con note per cura di Francesco
Moroncini, Leopardi, Giacomo, Canti: commentati da lui stesso, Palermo: R.
Sandron, Niccolò Gallo e Cesare Garboli, Torino: Einaudi, Poesie e prose.
Poesie, Mario Andrea Rigoni, Milano: Mondadori «I Meridiani», n Tutte le poesie
e tutte le prose, Lucio Felici, Roma: Newton Compton, «Mammut», Canti e poesie
disperse, ed. critica Franco Gavazzeni (con C. AnimosiItalia, M.M. Lombardi, F.
Lucchesini, R. Pestarino, S. Rosini), Firenze: Accademia della Crusca, Giacomo
Leopardi, Canti, Bari, G. Laterza e Figli, Operette Morali Leopardi, Giacomo,
Operette morali; edizione critica di Francesco Moroncini, Bologna: Cappelli,
1929 introduzione cura di Antonio Prete, Milano: Feltrinelli «Universale economica
classici», Milano: Mursia, in Poesie e prose. Prose, Rolando Damiani, Milano:
Mondadori «Meridiani», in Tutte le poesie e tutte le prose, Emanuele Trevi,
Roma: Newton Compton, «Mammut», poi da
sole nella collana «GTE», Giacomo Leopardi, Operette morali, Bari, Laterza,
1928. 7 marzo . Pensieri Giacomo Leopardi, Pensieri, Bari, G. Laterza e Figli
Edit. Tip., introduzione cura di Antonio Prete, Milano: Feltrinelli «UEF
classici», 1994 Crestomazia italiana Giulio Bollati e Giuseppe Savoca, Torino:
Einaudi, «Nuova Universale Einaudi», Memorie del primo amore Cesare Galimberti,
Milano: Adelphi, Epistolario di Giacomo Leopardi Leopardi (famiglia) Opere Pensiero
e poetica di Giacomo Leopardi TreccaniEnciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Giacomo
Leopardi, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Giacomo Leopardi, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
Giacomo Leopardi, su The Encyclopedia of Science Fiction. Giacomo Leopardi, in Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giacomo Leopardi, su
accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. Giacomo Leopardi, su BeWeb, Conferenza
Episcopale Italiana. Opere di Giacomo
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Giacomo Leopardi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.Progetto Gutenberg.
Audiolibri di Giacomo Leopardi, su LibriVox. Giacomo Leopardi, su
Goodreads. italiana di Giacomo
Leopardi, su Catalogo Vegetti della letteratura fantastica, Fantascienza.com.
Spartiti o libretti di Giacomo Leopardi, su International Music Score Library
Project, Project Petrucci LLC. Centro
nazionale di studi leopardiani Recanati, su centro studileopardiani. Classici
Italiani e opere complete di Giacomo
Leopardi, interbooks.eu Lo Zibaldone , su rodoni.ch. I canti di Giacomo Leopardi
dai manoscritti autografi della Biblioteca Nazionale di Napoli, su bnnonline.
Il Pessimismo in Leopardi e Schopenhauer [collegamento interrotto], su
gheminga. Opere[collegamento interrotto] integrali in più volumi dalla collana
digitalizzata "Scrittori d'Italia" Laterza Opere di Giacomo Leopardi,
testi con concordanze, lista delle parole e lista di frequenza Leopardi:
Dialogo di un Fisico e di un Metafisico. Arte di prolungare la vita o arte
della felicità?, su giornaledifilosofia.net. Concordanze delle Lettere
[collegamento interrotto], su classicistranieri.com. Autobiografia (Monaldo
Leopardi)/Monaldo Leopardi, la satira a servizio della fede, su totustuus.biz.
Nietzsche e Leopardi a confronto , su agenziaimpronta.net. Leopardi ottimista:
un mito del Novecento, su cle.ens-lyon.fr 10 gennaio ). Cesare Angelini,
"Sereno in Leopardi", su cesareangelini. Mario Buonofiglio,
"L'inquietudine ritmica dell'in(de)finito", su academia.edu. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e gli usi
di Leopardi nella filosofia italiana," per Il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
LEOPARDI. (Recanati).
Filosofo. Grice: “We don’t have at Oxford a ‘chip off the old block’ as they
have in Recanati!” -- Importante
esponente del pensiero controrivoluzionario e padre di Leopardi. Leopardi,
targa commemorativa apposta sui portici di piazza Leopardi a Recanati Figlio
primogenito del conte Giacomo e di Virginia dei marchesi Mosca, nacque in una
delle famiglie più preminenti di Recanati. Rimasto a quattro anni orfano del
padre, crebbe con la madre (che non volle risposarsi per accudire i quattro
figli), gli zii paterni rimasti celibi e i fratelli. Educato in casa dal
precettore Giuseppe Torres, padre gesuita fuggito dalla Spagna a seguito della
cacciata dell'ordine dal regno, ricevette una formazione improntata agli ideali
cristiani, cui rimase fedele per tutto il resto della sua vita. Fu sottoposto
alla tutela di un prozio, non potendo amministrare direttamente il patrimonio
familiare per disposizione testamentaria. Ottenne tuttavia da papa Pio VI la
deroga alla disposizione paterna e, all'età di 18 anni, assunse
l'amministrazione della propria eredità. Dopo un primo progetto di nozze andato a
monte, sposò nel 1797 la marchesa Adelaide Antici, sua lontana parente. Il
matrimonio fu un matrimonio d'amore strenuamente osteggiato dalla famiglia di
Monaldo, in base ad antiche dispute tra casati e per questioni economiche
(mancanza di una dote adeguata), che per manifestare la propria contrarietà non
partecipò al matrimonio, che venne infatti celebrato nella sala detta
"galleria" di palazzo Antici a Recanati. Il patrimonio di famiglia,
dalle mani di Monaldo, passò in quelle della moglie, a causa dei debiti del
prozio che il conte non riusciva a ripianare. Frutto di questa unione tra
opposti caratteri furono numerosi figli: di questi, raggiunsero l'età adulta
Giacomo, Carlo, Paolina, Luigi, e Pierfrancesco. A causa della impossibilità di
gestirli (dovuta alla sua indole caritatevole verso i poveri, agli sperperi dei
parenti e all'invasione giacobina), l'amministrazione dei beni di famiglia
passò nelle mani della consorte, donna energica e severa; Monaldo poté così
dedicarsi totalmente alla sua passione, gli studi e le lettere. Tra i suoi
molti meriti vi è aver grandemente contribuito alla formazione del nucleo fondamentale
della biblioteca di famiglia dei Leopardi, nella quale il giovane Giacomo passò
i suoi anni di "studio matto e disperatissimo" (compresi i libri
proibiti per i quali il conte ottenne la dispensa della Santa Sede, per
metterli a disposizione dei figli) e che Monaldo donò all'intera cittadinanza
recanatese, come ricorda la lapide apposta nella cosiddetta "prima
stanza". L'impegno civico Angolo della biblioteca di palazzo
Leopardi negli anni Cinquanta, con i ritratti di Monaldo, Adelaide e
Giacomo Il medico e naturalista britannico Edward Jenner La sua opera è
rappresentativa del concetto di reazione (per es., la demolizione
dell'egualitarismo nel Catechismo sulle rivoluzioni), inoltre gli vanno
riconosciuti diversi meriti acquisiti durante lo svolgersi della sua vita
politica, indirizzata nei confronti di Recanati, città in cui visse.
Monaldo fu consigliere comunale a diciotto anni, governatore della città, amministratore
dell'annona. Fu tra coloro che si mantennero fedeli al papa Pio VI nel periodo
dell'occupazione francese. Nel 1797 s'adoperò per mantenere tranquilla la
popolazione in tumulto contro le forze dei rivoluzionari francesi e, in accordo
con i suoi principî morali e religiosi, rifiutò di assumere incarichi pubblici
durante la Repubblica Romana e il primo ed effimero Regno d'Italia. Fu
gonfaloniere di Recanati, la massima carica amministrativa, e si occupò della
costruzione di strade e di ospedali, dell'illuminazione notturna, del sostegno
ai meno abbienti, della riduzione delle tasse, del rilancio degli studi
pubblici e delle attività teatrali. Sebbene fosse preoccupato per le
conseguenze della meccanizzazione sull'occupazione, ritenne che le ferrovie e
le macchine a vapore fossero tutt'altro che inconciliabili con una società
cristiana. Stimolò inoltre il diboscamento del suolo, la messa a coltura dei
prati, lo stabilimento di case coloniche e l'applicazione di nuove colture,
come il cotone o la patata. Fu anche il primo a introdurre nello Stato
Pontificio il vaccino antivaioloso dell'inglese Edward Jenner e lo fece
sperimentare sui propri figli; poi, da gonfaloniere, rese obbligatoria la
vaccinazione che svolgeva personalmente (in ciò smentendo la
raffigurazione caricaturale di "retrogrado" che si attribuì
ideologicamente alla sua figura da parte della critica novecentesca). Sostenne
anche un progetto per la fondazione di un'università nella sua città natale,
che però alla sua morte non ebbe seguito. Infine, durante la carestia,
fece erogare gratuitamente i medicinali ai più bisognosi e creò occasioni di
lavoro, sia maschile, con la costruzione di strade, sia femminile, con la
tessitura della canapa. Come scrisse una volta, quelle attività riformatrici
non erano in contrasto con le sue idee controrivoluzionarie; infatti dichiarò:
«Oggi si pretende di costruire il mondo per una eternità e si soffoca ogni
residuo e ogni speranza del bene presente sotto il progetto mostruoso del
perfezionamento universale» Morì il celebre figlio Giacomo: nonostante
tra i due i rapporti non fossero distesi, la perdita gli causò grave dolore. Si
spense nella città natale e fu sepolto nella tomba di famiglia presso la chiesa
di Santa Maria in Varano a Recanati. Dei molti scritti religiosi, storici,
letterari, eruditi e filosofici di Leopardi, i più famosi sono i “Dialoghetti
sulle materie correnti” usciti con lo pseudonimo di "1150", MCL in
cifre romane, ovvero le iniziali di "Monaldo Conte Leopardi". Ebbero
immediatamente un grande successo, ben sei edizioni in cinque mesi, furono
tradotti in più lingue e divennero notissimi nelle corti europee. Il figlio
Giacomo, da Roma, ne informa il padre in una lettera dell'8 marzo: «I
Dialoghetti, di cui la ringrazio di cuore, continuano qui ad essere
ricercatissimi. Io non ne ho più in proprietà se non una copia, la quale però
non so quando mi tornerà in mano.» Per umiltà lasciò i molti guadagni
allo stampatore, il Nobili. È probabile che con quest'opera Monaldo volesse contrapporsi
alle Operette morali del figlio, che giudicava negativamente e riteneva
contrarie alla fede cristiana. In essi, infatti, esprimeva gli ideali della
reazione (o anche controrivoluzione). Tra le tesi sostenute, la necessità della
restituzione della città di Avignone al papato e del ducato di Parma ai
Borbone, la critica a Luigi XVIII di Francia per la concessione della
costituzione (che violerebbe il sacro principio dell'autorità dei re che
"non viene dai popoli, ma viene addirittura da Dio"), la proposta
della suddivisione del territorio francese fra Inghilterra, Spagna, Austria,
Russia, Olanda, iera e Piemonte, la difesa della dominazione turca sul popolo
greco, in quegli anni impegnato nella lotta per l'indipendenza. Risalgono
alcune opere di satira politica: Monaldo era infatti ottimo satirico e
disseminava le sue opere di scherzi letterari. Tra esse, il Viaggio di
Pulcinella e le Prediche recitate al popolo liberale da don Muso Duro, curato
nel paese della Verità e nella contrada della Poca Pazienza (versione
digitalizzata). Fu inoltre autore di ricerche erudite, ammonimenti ai fedeli
cattolici e articoli su varie riviste, tra cui si segnalano «La Voce della
Verità» di Modena e «La Voce della Ragione» di Pesaro, che Leopardi stesso
diresse. La rivista ottenne un buon successo, come dimostrano i 2000
abbonamenti sottoscritti in tutta Italia, tuttavia fu soppressa d'autorità.
Rimasero inediti, invece, i suoi Annali recanatesi dalle origini della città ae
la sua Autobiografia: in quest'ultima la prosa di Monaldo si arricchisce di
leggerezza, ironia e umorismo. Negli ultimi anni di vita Monaldo visse
appartato (non amava allontanarsi da Recanati: la sua più lunga assenza dalla
casa paterna consistette in 2 mesi a Roma), deluso dalle caute aperture liberali
del governo pontificio e degli esordi del regno di papa Pio VI. Collaborò al
periodico svizzero Il Cattolico, di Lugano, tornando poi, negli ultimi anni,
agli studi storici su Recanati, coltivati in gioventù. Opere
digitalizzate Monaldo Leopardi, La Santa Casa di Loreto. Discussioni storiche e
critiche, Lugano, presso Francesco Veladini e C. Monaldo Leopardi, Istoria
evangelica scritta in latino con le sole parole dei sacri Evangelisti, spiegata
in italiano e dilucidata con annotazioni, Pesaro, pei tipi di A. Nobili. Monaldo
Leopardi, Dialoghetti sulle materie correnti dell'anno, Leopardi, Prediche
recitate al popolo liberale da don Muso Duro, curato nel paese della verità e
nella contrada della poca pazienza. Rapporto con il figlio ritratto di
Giacomo Leopardi. Nonostante la vulgata dica il contrario, il rapporto con il
figlio illustre appare buono: senz'altro nei primi anni Monaldo dovette essere
orgoglioso della precocità del ragazzo, e nelle opere giovanili di Giacomo, ad
esempio il Saggio sopra gli errori popolari degli antichi, si avverte ancora
l'influenza delle idee del padre. Ben presto, però, i loro spiriti presero
strade diametralmente opposte: la crescente autonomia di pensiero di Giacomo
preoccupava Monaldo. La lettura del carteggio fra i due rivela una
relazione affettuosa, soprattutto negli ultimi anni. La lettera più sincera
scritta da Giacomo al padre è quella che quest'ultimo non lesse mai: si tratta
della missiva datata luglio 1819, quando il poeta progettava la fuga, e che non
fu mai spedita, perché egli dovette rinunciare ai suoi piani. «Mio Signor
Padre. Per quanto Ella possa aver cattiva opinione di quei pochi talenti che il
cielo mi ha conceduti, Ella non potrà negar fede intieramente a quanti uomini
stimabili e famosi mi hanno conosciuto, ed hanno portato di me quel giudizio
ch'Ella sa, e ch'io non debbo ripetere. Era cosa mirabile come ognuno che
avesse avuto anche momentanea cognizione di me, immancabilmente si
maravigliasse ch'io vivessi tuttavia in questa città, e com'Ella sola fra
tutti, fosse di contraria opinione, e persistesse in quella irremovibilmente. Io
so che la felicità dell'uomo consiste nell'esser contento, e però più
facilmente potrò esser felice mendicando, che in mezzo a quanti agi corporali
possa godere in questo luogo. Odio la vile prudenza che ci agghiaccia e lega e
rende incapaci d'ogni grande azione, riducendoci come animali che attendono
tranquillamente alla conservazione di questa infelice vita senz'altro
pensiero.» Finalmente, Giacomo lascia Recanati, per farvi ritorno solo
saltuariamente. Da lontano, il padre assiste alla crescita della sua fama nel
mondo intellettuale italiano, ma non riesce a comprendere la grandezza del
figlio: disapprova la pubblicazione delle Operette morali, scrivendogli in una
lettera (perduta) le "cose che non andavano bene", suggerimenti che
nella risposta Giacomo promette di prendere in considerazione, ma che di fatto
non sono mai accolti. La pubblicazione dei Dialoghetti di Monaldo è causa
di attrito fra padre e figlio. Giacomo Leopardi si trovava a Firenze:
nell'ambiente iniziò a circolare la voce che fosse lui l'autore dell'opera,
espressione delle tesi reazionarie, cosa che egli fu costretto a smentire
seccamente sul giornale Antologia di Giovan Pietro Vieusseux. Si sfogò poi per
lettera con l'amico Giuseppe Melchiorri: «Non voglio più comparire con questa
macchia sul viso. D'aver fatto quell'infame, infamissimo, scelleratissimo
libro. Quasi tutti lo credono mio: perché Leopardi n'è l'autore, mio padre è
sconosciutissimo, io sono conosciuto, dunque l'autore sono io. Fino il governo
m'è divenuto poco amico per causa di quei sozzi, fanatici dialogacci. A Roma io
non potevo più nominarmi o essere nominato in nessun luogo, che non sentissi
dire: ah, l'autore dei dialoghetti.» In toni decisamente più miti ne
scrive poi a Monaldo il 28: «Nell'ultimo numero dell'Antologia... nel
Diario di Roma, e forse in altri Giornali, Ella vedrà o avrà veduto una mia
dichiarazione portante ch'io non sono l'autore dei Dialoghetti. Ella deve sapere
che attesa l'identità del nome e della famiglia, e atteso l'esser io conosciuto
personalmente da molti, il sapersi che quel libro è di Leopardi l'ha fatto
assai generalmente attribuire a me. E dappertutto si parla di questa mia che
alcuni chiamano conversione, ed altri apostasia, ec. ec. Io ho esitato 4 mesi,
e infine mi son deciso a parlare, per due ragioni. L'una, che mi è parso
indegno l'usurpare in certo modo ciò ch'è dovuto ad altri, o massimamente a
Lei. Non son io l'uomo che sopporti di farsi bello degli altrui meriti. [
L'altra, ch'io non voglio né debbo soffrire di passare per convertito, né di
essere assomigliato al Monti, ec. ec. Io non sono stato mai né irreligioso, né
rivoluzionario di fatto né di massime. Se i miei principii non sono precisamente
quelli che si professano ne' Dialoghetti, e ch'io rispetto in Lei, ed in
chiunque li professa in buona fede, non sono stati però mai tali, ch'io dovessi
né debba né voglia disapprovarli.» Nelle ultime lettere Giacomo esprime
la volontà di rivedere il padre, passando dai toni formali a quelli affettuosi
("carissimo papà" nell'ultima lettera). Monaldo sopravvisse 10
anni al figlio. L'incompatibilità fra i due rimaneva però ancora evidente nel
1845, otto anni dopo la morte di Giacomo, non accettando lui le idee
areligiose del poeta; la sorella di lui, Paolina, scriveva a Marianna
Brighenti: «Di Giacomo poi, della gloria nostra, abbiam dovuto tacere più
che mai tutto quello che di lui veniva fatto di sapere, come di quello che non
combinava punto col pensiero di papà e colle sue idee. Pertanto, non abbiamo
fatto mai parola con lui delle nuove edizioni delle sue opere, e quando le
abbiamo comprate le abbiamo tenute nascoste e le teniamo ancora, acciocché per
cagion nostra non si rinnovi più acerbo il dolore.» Su richiesta
dell'ultimo amico di Leopardi, Antonio Ranieri, pochi giorni dopo la morte del
figlio, Monaldo gli spedì un Memoriale con cenni biografici su Giacomo, con
aneddoti e curiosità, in cui si avverte il dolore per la rottura fra i due e
l'incapacità del padre di capire la direzione intrapresa dal figlio; il Memoriale
si interrompe: "Tutto ciò che riguarda il tratto successivo è più noto a
Lei che a me", scrive infatti. Nonostante ciò, Monaldo piangerà con dolore
la perdita di Giacomo, al punto che quando redigerà il proprio testamento nel
1839, alla settima volontà scrisse: «Voglio che ogni anno in perpetuo si
facciano celebrare dieci messe nel giorno anniversario della mia morte, altre
dieci il giorno 14 giugno in cui morì il mio diletto figlio Giacomo...» Manetti, Giacomo Leopardi e la sua famiglia,
Bietti, Milano. La famiglia Leopardi è protagonista del romanzo fantastico di
Michele Mari Io venìa pien d'angoscia a rimirarti, del 1998. Monaldo Leopardi, di Sandro Petrucci Monaldo In viaggio per Leopardi, Leopardi fu
chiamato alla collaborazione a tale rivista dal suo fondatore, il Principe di
Canosa Antonio Capece Minutolo. Giacomo
Leopardi, Carissimo Signor Padre. Lettere a Monaldo, Venosa, Osanna ed., Giacomo
Leopardi, Il monarca delle Indie. Corrispondenza tra Giacomo e Monaldo
Leopardi, Graziella Pulce, introduzione di Giorgio Manganelli, Milano, Adelphi,Monaldo
Leopardi. La giustizia nei contratti e l'usura. Modena, Soliani, Monaldo
Leopardi, Autobiografia, con un saggio di Giulio Cattaneo, Roma, Dell'Altana
ed., Antonio Ranieri, Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi, Mursia ed.,
(L'ultimo amico del poeta narra di un
suo incontro con Monaldo mentre era di passaggio a Recanati). Monaldo Leopardi,
Catechismo filosofico e Catechismo sulle rivoluzioni, Fede&Cultura, 2006
Monaldo Leopardi, Dialoghetti sulle materie correnti e Il viaggio di
Pulcinella, in , L'Europa giudicata da un reazionario. Un confronto sui
Dialoghetti di Monaldo Leopardi, Diabasis, 2004 Nicola Raponi, Due centenari. A
proposito dell'autobiografia di Monaldo Leopardi, Quaderni del Bicentenario.
Pubblicazione periodica per il bicentenario del trattato di Tolentino, n. 4, Tolentino, Giuseppe Manitta, Giacomo
Leopardi. Percorsi critici e bibliografici, Il Convivio, Anna Maria Trepaoli,
Gubbio, i Leopardi, Recanati: un legame da riscoprire, Perugia, Fabrizio Fabbri
editore, Pasquale Tuscano, Monaldo Leopardi. Uomo, politico, scrittore,
Lanciano, Casa Editrice Rocco Carabba, , Giacomo Leopardi Leopardi (famiglia)
Pierfrancesco Leopardi. Monaldo
Leopardi, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Giovanni Ferretti, Monaldo
Leopardi, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Nicola Del Corno, Monaldo Leopardi, in
Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Monaldo Leopardi, su
siusa.archivi.beniculturali, Sistema Informativo Unificato per le
Soprintendenze Archivistiche. Opere di
Monaldo Leopardi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Monaldo
Leopardi, .Dizionario del pensiero forte, IDISIstituto per la Dottrina e
l'Informazione Sociale, sito "alleanzacattoliga.org". Il conte
Monaldo Leopardi. Monaldo Leopardi, conte di San Leopardo. Cf. Il Leopardi
anti-italiano.
LETTIERI. (Messina).
Filosofo. Grice:
“Lettieri rightly contrasts sensualism in the practical sphere of reason as
‘egoism’ – my ‘principle of conversational self-love’ – but focuses on
benfeficence, and solidarity – as ‘rational’ – my principle of conversational
benevolence, -- or conversational helfpfulness.” Grice: “I like Lettieri for
two reasons: he uses ‘diritto razionale’ which we at Oxford don’t! – He
cherishes the ‘dialogo filosofico’ as a genre as we Aristotelians at Oxford
don’t – he wrote one on ‘l’intuito’ – While he wrote on ‘sensualism,’ he also
explored the idea of ‘man’ and ‘ragione,’ or ragiun, as he put it in his
vernacular!” Insegna a Messina. Presidente della Real Accademia Peloritana dei
Pericolanti. Molto apprezzato da Mamiani,
Gioberti e Galluppi. Opere: “Il
sensualismo” Dissertazione (Messina, Stamp. T. Capra all'insegna di Maurolico);
“La fisiologia calunniata di materialism” (Messina, M. Nobolo); “La potenza del
pensiero” (Palermo, Stamp. M. Console); “Etica e diritto naturale” (Messina,
Stamp. A. D'Amico); “L’intuito: dialogo filosofico” (Messina, Stamperia ant.
D'Amico Arena); “L'omu nun avi l'usu di la ragiuni. Cicalata di lu professuri
cav. A. Catara- Lettieri (Messina, Tip. D'Amico); “Introduzione alla filosofia
morale e al diritto razionale, -- Grice: “I like the idea of ‘rational’ right!”
-- Messina, Tip. D'Amico, “La cognizione del dovere” Poche nozioni dirette
all'operaio e ad ogni classe di cittadini, Messina, Tip. D'Amico, Ricordi
storici intorno al movimento filosofico nella prima metà del secolo XIX in
Sicilia, Messina, Tip. D'Amico, “L’uomo” Pensieri di Antono Catara-Lettieri,
Messina, presso Ignazio D'Amico, Antonio Catara Lettieri. Via Lettieri,
Messina. Lettieri basis his moral system on rationality – solidarity,
beneficence and all the conversational principles appealed by Grice find room
in Lettieri’s system – ‘dovere verso l’altri” o “il prossimo” – The fundamental
one is that of equality, as when Chomsky says that competence is an ideal
natuve speaker with another one --. Luigi Speranza, “Grice e Lettiere: la
ragione conversazionale”.
LIBERATORE. (Salerno).
Filosofo.. Grice: “One could write a whole dissertation – especially in Italy:
their erudition has no bounds – about Liberatore’s choice of the sign being
conventional, ‘ramo d’olivo’ = pace. It’s so obscure! Aeneas held one, against
the Phyrgians – but did the Phyrgians know? And if Mars is often represented
wearing an olive wreath, one would not think there is a ‘patto’ between Aeneas
and the Phyrgian commander about that!” Grice: “I like Liberatore – a systematic
philosopher, as I am! His logic has the expected discussion on ‘sign.’ A
conventional sign he says is a branch of olive ‘signifying’ peace – as opposed
to smoke naturally meaning fire – As a footnote, one should note that in Noah’s
days, the signification of the dove was ALSO natural – although not strictly
‘factive’ – but then not ALL smoke (e. g. dry ice smoke) signifies fire, as
every actor knows!” “Ma il difetto molto
comune degli Economisti è il mancare di giuste idee filosofiche, e con ciò non
ostante voler sovente filosofare.”Entra nel collegio dei gesuiti di Napoli e chiese
di far parte della Compagnia di Gesù. Insegna filosofia. Fonda a Napoli “La
Scienza e la Fede” con lo scopo di criticare le nuove idee del razionalismo,
dell'idealismo e del liberalismo, dalle pagine del quale veniva sostenuta una
strenua battaglia in favore del brigantaggio, interpretato come movimento
politico contrario all'unità d'Italia, ovvero: "La cagione del
brigantaggio è politica, cioè l'odio al nuovo governo". Fonda “La Civiltà”
per diffondere Aquino. Uno degli estensori dell'enciclica Rerum Novarum di
Leone XIII. Studia Aquino. Pubblica “Corso di filosofia”. Membro dell'Accademia
Romana,. Combatté il razionalismo e l'ontologismo, così come le idee del
Rosmini. Sostenne che il brigantaggio fu la legittima resistenza di un
popolo a una conquista non solo territoriale, ma soprattutto ideologica. Difensore
dei diritti della Chiesa e studioso dei problemi della vita cristiana, delle
relazioni tra Chiesa e stato, tra la morale e la vita sociale. I filosofi
della sua scuola mettono in evidenza a acutezza dei giudizi, la forza degli
argomenti, la sequenza logica del pensiero, la stretta osservazione dei fatti,
la conoscenza dell'uomo e del mondo, la semplicità ed eleganza dello
stile. All'inizio Professore era giudicato da molti nella Chiesa
cattolica il più grande filosofo dei suoi tempi. Si riteneva che vivesse
santamente, e si scorgeva in lui un profondo spirito religioso. Considerato
uno dei precursori del personalismo economico. Opere: Logica, metafisica, etica
e diritto naturale, e in particolare: “Dialoghi filosofici,” Napoli, Institutiones
logicae et metaphysicae, Napoli, Milano, “Theses ex metaphysica selectae quas
suscipit propugnandas Franciscus Pirenzio in collegio neapolitano S. J. ab. divi
Sebastiani Quinto Napoli, “Dialogo sopra l'origine delle idee, Napoli, “Il panteismo
trascendentale: dialogo, Napoli, “Il Progresso: dialogo filosofico,” Genova, “Ethicae
et juris naturae elementa, Napoli, Roma, Elementi di filosofia, Napoli, ed.
Livorno, Napoli, “Institutiones Philosophicae, Napoli, Roma,“Della Conoscenza
intellettuale, Napoli, Roma, Compendium logicae et metaphysicae, Roma “Sopra la
teoria scolastica della composizione sostanziale dei corpi, Roma Risposta ad
una lettera anonima sopra la teoria scolastica della composizione sostanziale
dei corpi, Roma Dell'uomo, Roma, La Filosofia di Alighieri. (In Omaggio
a Aligh. dei Cattolici ital.), Roma, Ethica
et Ius Naturae, Roma, Typis civilitatis catholicae La Chiesa e lo Stato,
Napoli, Real tipografia Giannini, “Della composizione sostanziale dei corpi,” Napoli,
Real tipografia Giannini, “L'autocrazia dell'ente” Napoli Degli universali.
Confutazione della filosofia Rosminiana difesa da Ferre, Roma “Principii di
Economia Politica, Roma, A. Befani, “La proposta dell'imperatore germanico di
un accordo internazionale in favore degli operai, Le associazioni operaie, Dell'intervenzione
governativa nel regolamento del lavoro, L'Enciclica Rerum Novarum del S. Padre
Leone XIII, De conditione opificium, La Civiltà Cattolica spiega nei dettagli
il clima di "difesa" in cui la Chiesa si sentiva in quel tempo. Il
ritorno ad Aquino dov’essere orientato alle sue dottrine originarie: Era
convinto che dopo di lui ben poco di nuovo aveva prodotto il pensiero
umano. Brigantaggio. Legittima difesa
del Sud. Gli articoli della "Civiltà Cattolica" introduzione di Turco, Napoli, Editoriale Il
Giglio. Per l'atteggiamento arroccato in difesa della Chiesa vedi ad esempio
Sillabo # La "cupa scia" del Sillabo
Vincenzo Nardini, Manca di verità e si oppone ad Aquino la soluzione di
un alto problema metafisico abbracciata da Liberatore ..., Roma, fratelli
Pallotta tipografi a S. Ignazio, Lettere edificanti della provincia napoletana
della Compagnia di Gesù, in La Civiltà cattolica, Civiltà cattolica:, antologia
Gabriele De Rosa, I-IV, s.l. [ma San Giovanni Valdarno] ad ind.; Giuseppe
Mellinato, Carteggio inedito Liberatore Cornoldi in lotta per la filosofia
tomistica durante il secondo Ottocento, Roma, Volpe, I gesuiti nel Napoletano,
Napoli, Dezza, Alle origini del neotomismo, Milano, Devizzi, La critica di
Liberatore all'ontologismo, in Rivista di filosofia neo-scolastica, Mirabella,
Il pensiero politico di Liberatore ed il suo contributo ai rapporti tra Chiesa
e Stato, Milano, Scaduto, Il pensiero politico di Liberatore ed il contributo
ai rapporti tra la Chiesa e lo Stato, in Archivum historicum Societatis Iesu, Giuseppe
Rossini, Roma Gabriele De Rosa, Storia del movimento cattolico in Italia, Bari
ad ind.; Lombardi, La Civiltà cattolica e la stesura della "Rerum
novarum". Nuovi documenti sul contributo di Liberatore, in La Civiltà
cattolica, Dante, Storia della "Civiltà cattolica", Roma Nomenclator
literarius theologiae catholicae, Grande
antologia filosofica, Milano, Carlo Maria Curci Compagnia di Gesù La Civiltà
Cattolica Rerum Novarum TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Opere, presentazione del libro su La Civiltà Cattolica
e il brigantaggio. Matteo Liberatore. “Segno e cio che, conosciuto, adduce alla
conosence di un’altra cosa” – cf. Eco’s tesi su Aquino.
LICETI. (Rapallo). Filosofo. Grice: “Liceti is a
fascinating philosopher; must say my favourite of his oeuvre is “Geroglifici,”
which as he knows it’s a coded message – the old Egyptian priests kept this
‘figurata’ away from the plebs!” – Grice: “Alice once wondered what the good of
a piece of philosophy is without ‘illustrations;’ surely Liceti’s beats them
all!” Allievo ed erede di Cremonini. Nacque prematuro (6 mesi), venendo
alla luce su una nave presa da tempesta lungo le coste tra Recco e Rapallo.
Sempre secondo la tradizione orale suo padre, un medicoo, lo mise in una
scatola di cotone dentro un forno, come si faceva per far schiudere le uova,
inventando così il prototipo della moderna incubatrice. Dopo aver compiuto i
primi studi letterari a Rapallo, venne inviato a Bologna per compiere e
approfondire gli studi legati alla filosofia. Insegna a Pisa. Padova, e
Bologna. Ascritto ai “Ricovrati” (oggi
Accademia Galileiana di scienze, lettere ed arti). Quando comparve in
cielo una cometa, si riaccese una controversia analoga a quella suscitata dalla
stella nova ma questa volta le difese
della teoria aristotelica furono assunte dal Liceti ed il compito di
attaccarla, partito ormai Galileo, fu assunto dal suo successore sulla cattedra
di matematica, Gloriosi, che se la prese appunto col Liceti. Questi rispose
pubblicando un suo De novis astris et cometis, in cui, oltre a difendere
Aristotele, critica i moderni scienziati, tra i quali anche Galileo, ma con
espressioni molto rispettose e lusinghiere. A questo scritto Galileo fece
rispondere dal suo amico Guiducci col Discorso sulle comete.» Srisse
numerose opere di filosofia, tra le quali “De monstruorum causis, natura et
differentiis”, (Padova), con aggiunte di
G. Blaes, nei quali riprese le soluzioni aristoteliche sul problema delle
anomalie genetiche, e “De spontaneo viventium ortu” nei quali sostenne la
generazione spontanea degli animali inferiori. Altri testi importanti per
la ricerca furono “De lucernis antiquorum reconditis” apprezzato da Berigardus,
e la “Silloge Hieroglyphica, sive antiqua schemata gemmarum anularium>” Trattò
inoltre la questione dell'anima delle bestie nel “De feriis altricis animae
nemeseticae disputationes” Le sue opere furono chiaramente ispirate ad Aristotele,
in particolare gli studi sul problema della generazione vivente e sul cosmo,
entrando talvolta in contrasto con Galilei, specialmente per quanto riguarda la
struttura dei cieli e della Luna, che Liceti considerava una sfera perfetta e
trasparente la cui luminosità non era un riflesso della luce solare, ma veniva
generata al suo interno.Al centro di questo dissenso cosmologico, c'era,
infatti, il tentativo di spiegare il fenomeno luminescente della pietra di
Bologna, che Liceti considera un frammento di materia lunare. Alcuni scritti
del Liceti rimasero inediti a causa delle ampie discussioni riportate sulle
novità astronomiche del XVII secolo. «Nella congerie immensa dei suoi
scritti e commenti va notata la difesa della pietas d'Aristotele; quella pietas
così vivacemente messa in forse alcuni anni più tardi dal platonicissimo
cappuccino Valeriano Magno, che tacciò d'ateismo il sistema dello Stagirita. Il
Liceto invece disserta «de gradu pietatis Aristotelis erga Deum et homines», e
nell'opera sua «Philosophi sententiae plurimae, fidelium auditui durae,
salubribus explicationibus emollitae, ad pias aures accommodantur, illaeso
genuino sensu Aristotelis» . E ad epigrafe dell'opera sua si compiace del
distico Vulgus Aristotelem gravat impietate, Licetus Doctorem purgat. Numquid
uterque pius?» La città di Padova ed Spinola di Roccaforte resero omaggio
al filosofo facendo erigere una statua in marmo scolpita dallo scultore
padovano Rizzi. A Rapallo, sua città natale, vi è dedicata una via nel
centro storico. Gli è stato dedicato il cratere “Licetus” sulla Luna. Altre
opera: “De centro et circumferential”“De regulari motu minimaque parallaxi cometarum
caelestium disputationes”Vtini, Nicola Schiratti, Vicetiae, Domenico Amadio,
Francesco Bolzetta Encyclopaedia ad aram mysticam Nonarii Terrigenae, Patauii,
Gaspare Crivellari“Allegoria peripatetica de generatione, amicitia, et
privatione in aristotelicum aenigma elia lelia crispis”“Ad aram lemniam
Dosiadae, poëtae vetustissimi et obscurissimi, encyclopaedia, Parisiis : apud
C. Cottard “Ad Syringam publilianam encyclopaedia, Patauii, Pasquato, Bortolo, “Ad
Epei Securim Encyclopaedia Genuensis philosophi, ac medici, Bononiae, Monti, “De
centro et circumferentia, Vtini, Nicola Schiratti, “De luminis natura et
efficientia, Vtini, Schiratti, “Litheosphorus, siue De lapide Bononiensi lucem
in se conceptam ab ambiente claro mox in tenebris mire conservante, Vtini, Schiratti, “Ad alas amoris diuini a Simmia
Rhodio compactas, Patavii, Giulio Crivellari,“De lucidis in sublimi ingenuarum
exercitationum liber, Patauii, Crivellari “De Lunae Sub-obscura Luce prope
coniunctiones, “Hieroglyphica, Patavii, Sebastiano Sardi, “Hydrologiae
peripateticae disputationes, Vtini, Schiratti, Ad syringam a Theocrito Syracusio compactam
et inflatam Encyclopaedia, Vtini, Schiratti, Baldassarri, La pietra di Bologna
da Descartes a Spallanzani. Sviluppo di un modello scientifico tra curiosità,
metodo, analogia, esempio e prova empirica, Nel nome di Lazzaro. Saggi di
storia della scienza e delle istituzioni scientifiche, Garin, La
filosofia, Milano, Vallardi, Questo testo proviene in
parte dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera
del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze, Caspar
Bartholin, Institutiones anatomicae, Lugduni Batavorum, Jean Riolan, Opuscula
anatomica nova, in Id., Opera anatomica, Lutetiae Parisiorum, Bartholin,
Epistolarum medicinalium centuria I et II, Hafniae (5 lettere al Liceti, 4 del
Liceti); Vesling, Observationes anatomicae et epistolae medicae, Hafniae (7 lettere al Liceti); Dallari, I rotuli dei
lettori legisti e artisti dello Studio Bolognese, Bologna ad ind.; Edizione nazionale
delle opere di Galilei, Firenze ad
indices; Acta nationis Germanicae artistarum, Rossetti, Padova, ad ind.; Rossetti,
AGamba, Padova, ad ind.; Giornale della gloriosissima Accademia Ricovrata, A:
verbali delle adunanze, Gamba, Rossetti,
Trieste ad ind.; Salomoni, Urbis Patavinae inscriptions, Patavii Facciolati,
Fasti Gymnasii Patavini, Patavii, Tiraboschi, Storia della letteratura
italiana, Modena, Renan, Averroès et l'averroïsme, Paris Taruffi, “Storia della
teratologia” I, Bologna, Favaro, Amici e corrispondenti di Galilei, IX, Gloriosi, in Atti del R. Istituto veneto di
scienze, lettere ed arti, Favaro, Saggio di
dello Studio di Padova, I, Venezia, Ducceschi, L'epistolario di Severino,
in Rivista di storia delle scienze mediche e naturali, Castiglioni, Storia della medicina, Milano, Ducceschi, Un epistolario inedito di dotti
padovani della prima metà del sec. XVII, in Atti e memorie della R. Accademia
di scienze lettere ed arti in Padova, Alberti, Il dottor Liceti e la prima
incubatrice per prematuri, in Minerva medica (varia), Giuseppe Boffito,
Battaglia di marche tipografiche di Bella e l'ultima memoria scientifica dettata
da Galilei, in La Bibliofilia, Pesce, La iconografia di Liceti, in Genova.
Rivista mensile del Comune, Geymonat, Galilei, Torino, Rossetti, L'ultima opera
di Liceti in un manoscritto inedito della Biblioteca del Seminario vescovile di
Padova, in Studia Patavina, Bertolaso, Ricerche d'archivio su alcuni aspetti
dell'insegnamento medico presso l'Padova, in Acta medicae historiae Patavinae, Ongaro,
Contributi alla biografia di Alpini, Tomba, Gli originali di Galileo nelle
opere di Liceti, in Physis, Ongaro, L'opera medica di Liceti, in Atti del
Congresso di storia della medicina, Roma, Ongaro, La generazione e il
"moto" del sangue nel pensiero di Liceti, in Castalia,Rizza, Peiresc
e l'Italia, Torino A. Simili, Una dedica autografa di Galilei a Liceti e il
clima delle loro concezioni scientifiche e relazioni epistolari, in Galileo
nella storia e nella filosofia della scienza. Atti del Symposium internazionale,
Firenze-Pisa, Firenze Mirandola, Naudé a Padova. Contributo allo studio del
mito italiano, in Lettere italiane, Castellani, Le problème de la
"generatio spontanea" dans l'oeuvre de Fortunio Liceti, in Revue de
synthèse, Marangio, I problemi della scienza nel carteggio LicetiGalilei, in
Bollettino di storia della filosofia dell'Università degli studi di Lecce, Marilena
Marangio, La disputa sul centro dell'universo nel "De Terra" di Liceti,
Soppelsa, Genesi del metodo galileiano e tramonto dell'aristotelismo nella Scuola
di Padova, Padova, Agosto et al., Rapallo, Berti, Galileo e l'aristotelismo
patavino del suo tempo, in Studia Patavina, Ongaro, Atomismo e aristotelismo
nel pensiero medico-biologico di Liceti, in Scienza e cultura, Galilei e Morgagni),
Padova. Brizzolara, Per una storia degli studi antiquari nella prima metà del
Seicento: l'opera di Liceti, in Studi e memorie per la storia dell'Bologna, nZanca,
Liceti e la scienza dei mostri in Europa, in Atti del Congresso della Società
italiana di storia della medicina, Padova-Trieste, Padova Re, "De lucernis
antiquorum reconditis": il capolavoro calcografico di Schiratti, in Ce
fastu? Lohr, Latin Aristotle commentaries, Firenze, Basso, Liceti erudito ed antiquario, con particolare
riguardo agli studi di sfragistica, in Forum Iulii, Basso, "Fortasse
licebit". La marca tipografica di Schiratti e l'impresa accademica di Liceti,
in Quaderni della F.A.C.E. (Quaderni Artisti Cattolici Ellero), Ongaro, La
scoperta del condotto pancreatico, in Scienza e cultura, Poppi, Il "De
caelesti substantia" di Ferchio fra tradizione e innovazione, in Galileo e
la cultura padovana, Santinello, Padova, Kristeller, Iter Italicum, I-VI, ad indices.
TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Enciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
sapere, De Agostini. Giuseppe
Ongaro, Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Fortunio Liceti, . di Fortunio Liceti, su Internet Speculative
Fiction Database, Al von Ruff. Fortunio Liceti. Beerbohm: “Send me a letter; I
live in Rapallo.” “How should I address it.” “Beerbohm, Rapallo” “Do not worry,
there is only one Rapallo.” “Vico Fortunio Liceti, Rapallo” – “Statua a
Fortunio Liceti da Rizzi, Spinelli Roccaforte, Padova.
LIGUORI. (Roma). Filosofo. Grice: “Personally, my
favourite of Liguori’s metaphors is ‘the abyss of reason,’ since Speranza has
elaborated on this: it’s Gide’s ‘mise-en-abyme’ no less, which breaks my
principle of ‘conversational perspicuity’ – a mise-en-abyme text is just
untextable!” -- Grice: “Liguori has
studied the metamorphosis of language in one of his philosophical noble
ancestors!” “I like Liguori: he has the gift of the gab for metaphor: ‘i
baratri della ragione,” “la fucina del filosofo,” “l’alambicco dell’anima,” “la
condizione del senso” ‘il razionale dello irrazionale” o “le ragione
dell’irrazionale” “le ambiguita della ragione,” “Trasimaco ha ragione”
“Giustizia e carita” Ritratto. Frequenta il liceo classico presso i padri
gesuiti dell’Istituto Massimo di Roma. Studia alla Sapienza. “Scherzi della
memoria.” Si laurea con la tesi “Lo scetticismo giuridico.” Insegna a Lecce ed
Ostuni. Si dedica alla storia della filosofia. Insegna a Bari, Urbino, Ferrara,
Trento, Salento, Torino, Firenze, Lecce, Cassino, Napoli, e Noceto. Con “E il
vero baratro della ragione umana” – cf. H. P. Grice, “Mise-en-abyme
conversazionale” -- viene riconosciuto
come uno studioso di Kant, Graf, Leopardi, e Cartesio. Tratta Positivismo di Sergi, Lombroso, Morselli e Vignoli; dello
scetticismo di Rensi ponendolo in critica relazione tra Leopardi e Pirandello;
ha scritto di de' Liguori e di Benedictis, detto l'Aletino. Collabora con
l'Istituto Italiano per gli Studi filosofici di Napoli. Ha tenuto rapporti
epistolari con Garin, Bobbio, Augias, Binni, Donini, Ferrarotti e Timpanaro. Fonda
ad Ostuni (BR) il Circolo Culturale “Sic et Non”, cui aderiscono e
collaborano note personalità della politica e della cultura quali Donini, Fiore, Radice, matematico e fondatore e direttore di
“Riforma della scuola” e docenti delle Bari, Roma e Lecce. “Sic et Non” si
impegna in complesse battaglie civili come quella per un dialogo tra marxisti e
cattolici, ed altre incombenti questioni sociali come la campagna per il
divorzio. Stringe intese, oltre che con moti uomini politici e studiosi di
chiara fama, con il gruppo dei cattolici del Gallo di Genova e coi fiorentini
seguaci di Giorgio La Pira, i quali si riunivano intorno alla rivista “Testimonianze”
diretta da Balducci e Zolo, nonché con i ragazzi della Scuola di Barbiana,
diretta da Don Lorenzo Milani. Manifesto editoriale del "Sic et Non"
è la rivista Presenza, da lui diretta, che testimonia questa attività politica
allora pionieristica per una piccola provincia del Sud Italia. I sette numeri
pubblicati della rivista Presenza, e altra documentazione di tale impegno
politico, sono attualmente depositati presso la Biblioteca Comunale di Ostuni
(BR) intitolata a Francesco Trinchera e comunque ampiamente documentati
nell'unico libro autobiografico dello stesso autore. Critica e commenti
sull'opera di Girolamo de Liguori Carteggio con illustri studiosi Bobbio: Il
libro mi pare di grande interesse, per l’ampiezza e la serietà della ricerca su
un tema, se non sbaglio, mai scandagliato a fondo, eppure importante
nell'ambito più vasto della storia della filosofia positiva, della critica
letteraria e della cultura torinese (argomento a me particolarmente caro). Sono
convinto che si tratta di un lavoro di prim'ordine, che rende giustizia a uno
studioso e a uno scrittore (e poeta) che è stato sì, ricordato più volte dai
suoi discepoli, ma è stato poi dimenticato dagli storici. Credo che questo
libro sia un effettivo contributo alla migliore di quel periodo della nostra
storia che la cultura idealistica aveva disdegnato: un contributo di cui
soprattutto noi piemontesi dobbiamo essere grati». Sebastiano Timpanaro: «[…]
Mi sembra, e non lo dico per adulazione, ma con piena sincerità, un'opera di
livello davvero eccezionalmente alto, per la caratterizzazione del protagonista
e di tutto il suo ambiente, per tutto ciò che finora ignoto essa porta alla
luce. E’ venuto fuori cosi un lavoro che molto di rado accade di leggere».
Ambrogio Donini: “Mi pare, ad un primo esame, fondamentale per la conoscenza
del periodo ancora poco conosciuto. Apprezzo moltissimo tale metodo di indagine
e la serietà della documentazione. Uno studio di questo genere è certamente
costato decenni di intensa documentazione». Guido Oldrini: ho letto subito il
volume su Arturo Graf così ricco e con non poco profitto. Quando l’autore, in
un punto se la prende con gli storici della filosofia italiana che trascurano il
Arturo Graf, anzi noni menzionano affatto, mi sento in colpa; e tanto più in
quanto io, studioso della cultura napoletana, mi son lasciato sfuggire quei
nessi di Arturo Graf con Napoli che il volume di de Liguori illustra con tanta
passione». Franco Contorbia: “poche volte accade di fare i conti con un libro
così fatto, stratificato, totalizzante; ad apertura di pagina si avverte l’impegno,
il grado di coinvolgimento appassionato con cui lei ha condotto avanti negli
anni una così impegnativa ricerca peculiare, quasi il centro della sua
esistenza intellettuale, il punto di arrivo (e a un tempo di partenza) di un
confronto che è culturale ma anche morale e politico.La qualità di un tale
lavoro, mi pare, fuori dell’ordinario». Donato Valli: «L’autore ha consegnato
alla critica e alla conoscenza uno studio così complesso da poter essere
considerato un esaustivo panorama della cultura del secondo Ottocento italiano
e non solo italiano]». Recensioni di illustri studiosi Paolo Rossi, “L'autore…
ha fatto emergere un quadro ricco e articolato dove accanto alle ombre brillano
alcune luci importanti». Recensione sulla rivista «Panorama» riguardante il di de Liguori Materialismo inquieto, edito da
Laterza . Cosmacini, «Il lavoro di de Liguori è largamente meritorio oltreché
ampiamente documentato». Recensione uscita su «Il Corriere della sera»
riguardante il di de Liguori
Materialismo inquieto, edito da Laterza. Marti: :Dalle appassionate e diuturne
indagini dell’autore su Arturo Graf e il suo tempo è venuto fuori il ponderoso,
massiccio volume, che ho ricevuto come caro e preziosissimo dono. Davvero
lusinghiera la “presentazione” di un grande Maestro come Eugenio Garin, e
accattivante e simpatica l’”Avvertenza”. Tutto il resto è da leggere».
Recensione al volume di de Liguori su Graf, uscita sul «Giornale storico della
letteratura italiana». Corrado Augias: «Quella di De Liguori è infatti una
storia meridionale che parte da una finzione narrativa di gusto classico ma
così classico da poterla ritrovare in alcuni capolavori tanto celebri che non
vale nemmeno la pena di citarli». Altre opera:“Trasimaco ha ragione” «La Rassegna
pugliese», “Giustizia e carità” “fra filosofia e vita” Ivi “Lo scetticismo
giuridico di Rensi, «Rivista
Internazionale di Filosofia del diritto», “Una moderna enciclopedia del sapere,
«La Rassegna pugliese», II“Efirov e la filosofia italiana, «Problemi», “Un
Leopardi anti-progressivo, «Dimensioni», “In tema di materialismo marxista,
Ivi, “Gioberti e la filosofia leopardiana. Momenti del conflitto tra
l’ideologia cattolico borghese e la protesta leopardiana, «Problemi»,“Un
episodio di solitudine. Rassegna di studi su Graf,” Ivi “Leopardi e i gesuiti.
Appunti per la storia della censura leopardiana, «La Rassegna della Letteratura
italiana», Quel povero “Diavolo” di Graf, «Giornale critico della Filosofia
italiana», Le «Scandalose razzie». Scienza, politica, fede in Graf Ivi, Scetticismo
e religiosità in una rivista militante: «Pietre» in, La filosofia italiana
attraverso le riviste, A. Verri, Micella, Lecce, “La condizione del senso” “Per una
riconsiderazione della lettura grafiana di Leopardi” «La Rassegna della Lett.
It.», Il mito e la storia: Le ragioni dell’irrazionale in Graf, «Problemi»,
Quella «dubitante religiosità». Graf e il modernismo, «Giornale cr. della fil.
It.», Doria tra platonismo e riformismo, «GCFI», Il sodalizio Labriola-Graf negli
anni della loro formazione «Studi Piemontesi»,
Un anti-cartesiano di Terra d’Otranto: Benedictis, in, Miscellanea di
Storia Ligure, Univ. di Genova Materialismo e positivismo. Questioni di metodo,
in, Annali della Facoltà di Filosofia di Bari, Nota su Aletino e le polemiche
anti-cartesiane a Napoli, «Rivista di
storia della filosofia», L’araba fenice: ossia la filosofia nella secondaria,
«Idee», “E il vero baratro della ragione umana” – “Graf e la cultura del
secondo Ottocento, Prefazione di E. Garin, Lacaita, Manduria, “Le ambiguità della ragione” – cf. Grice:
‘the equi-vocality of ‘reason’ Grice: “Liguori has a taste for unnecessary
plurals: the abysses – the ambiguities -- ” -- «Idee», Per la storia della
psico-fisica in Italia. Il materialismo psico-fisico e il dibattito sulle
teorie parallelistiche in Italia tra Ottocento e Novecento: Masci e Faggi
«Teorie e modelli»,Di una rinnovata attenzione al materialism «Idee», Mito e
scienza nell’antropologia e nella storiografia del positivismo italiano, in, ,
La filosofia tra tecnica e mito, Atti del Convegno della SFI, Assisi ediz.
Porziuncola, ; poi in «Dimensioni»,
Livorno, Materialismo inquieto. Vicende dello scientismo in Italia nell’età del
positivismo, Laterza Bari, Tommasi e la filosofia zoologica di Siciliani, in ,
Rileggere Siciliani, G. Invitto e N. Paparella, Capone, LecceI Presupposti
epistemologici e immagine della scienza in Morselli e Graf in , Filosofia e
politica a Genova nell’età del positivismo, Atti del Conv. dell’ “Associazione
filosofica Ligure” -- Cofrancesco, I, Compagnia dei Librai, Genova, poi in
Materialismo e scienze dell’uomo Kant e la religiosità filosofica di Martinetti,
in, A partire da Kant. L’eredità della “Critica della ragion pura”, A. Fabris e
L. Baccelli. Introduzione di Marcucci, Angeli, Milano, Materialismo e scienze
dell’uomo. Il dibattito su scienze e filosofia, Lacaita, Manduria, La fondazione
razionale della fede in Martinetti, «Dimensioni», Livorno, Darwinismo e teorie
dell’evoluzione nella prospettiva monistica di Morselli, in.
Il nucleo filosofico della scienza, Cimino, Congedo, Galatina, L’immagine della donna nel paradigma
positivistico della “degenerazione”, in. Morelli. Emancipazione e democrazia, G.
Conti Odorisio, Ed. Scientif. Ital., Napoli, La cultura filosofica nella Torino
di fine Ottocento, «Rivista di filosofia», Presupposti torinesi della
singolarità filosofica di Martinetti, «Studi Piemontesi», E’ possibile la storia dello scetticismo?,
«Segni e comprensione», «I filosofi
delle bancarelle». Per la critica della storiografia filosofica, «Lavoro critico», Il sentiero dei perplessi. Scetticismo,
nichilismo e critica della religione in Italia da Nietzsche a Pirandello, La
città del Sole, Napoli, La reazione a Cartesio nella Napoli del Seicento.
Giovambattista De Benedictis, «GCFI», La revisione della storiografia sul
Mezzogiorno, «Segni e comprensione», Positivismo e letteratura. Antologia di
testi, con Introd. e note, Graphis Bari, La lezione scettica di Rensi, «Critica
liberale», La psicofisica in Italia, La psicologia in Italia, a cura di Cimino e Dazzi,
Led, Milano, Vignoli e la psicologia animale e comparata, Ivi, Pensatori
dell’area torinese tra i due secoli, «Percorsi», Quaderni del Centro Frassati,
Torino, Il ritorno di Stratone. Per la collocazione del materialismo
leopardiano nel pensiero ottocentesco, in Biscuso e Gallo, Leopardi anti-italiano,
Manifesto libri, Roma, Kant e le scienze della natura. Notazioni in margine
alle lezioni kantiane di Geografia fisica, in, Annali del Dipartimento di
Filosofia, Lecce, Lacaita Manduria,Cattaneo, Psicologia delle menti associate,
G. de L., Editori Riuniti, Roma, Antropologia, psicologia comparata e scienze
naturali in Vignoli, «Teorie e modelli», Geymonat, Treccani. Antropologia e tassonomia
in Kant. Da Blumembach a Buffon, Atti del Convegno per il Bicentenario della Geo-fisica
kantiana, Congedo Lecce, Antropologia, psicologia comparata e scienze naturali
in Vignoli, «Teorie e modelli», Cronache
di filosofia del diritto in Italia. Sforza e i suoi corrispondenti, in «Quaderni
di Storia dell’Torino», Per Mucciarelli:
positivismo psicologia e storia, «Segni e comprensione», Geymonat e il
“materialismo verso il basso”, GCFI, Il materialismo di Timpanaro, «Critica
liberale», Lettere di Timpanaro a Liguori,
in Il Ponte, Da Teofrasto a Stratone. L’itinerario filosofico di Leopardi,
«Quaderni materialisti», Labriola e Graf. Principio e fine di un sodalizio di
vita e di pensiero, in Labriola e la sua università. Mostra documentaria per
settecento anni della “Sapienza” Aracne, Roma, A. Graf, Memorie, Introduzione,
commento e cura , “Gli Arsilli”, Edizioni dell’Orso, Alessandria Un catalogo
per Labriola, «Critica Sociologica», Utilità dell’inutile. Dalla elaborazione
concettuale alla programmazione e alla costruzione di un catalogo, «Itinerari»,
I Gesuiti. Le polemiche sui riti confuciani tra l’Aletino e i missionari
domenicani, «Studi filosofici»,Le «imbrogliate bestemmie germaniche». Moleschott
e la medicina materialistica, «Physis», La fucina del filosofo. «Segni e
comprensione», Filosofia teologia e fisica di Cartesio nella Difesa della Terza
lettera apologetica dell’Aletino, «Il Cannocchiale», Liguori e la filosofia del
suo tempo: Spinoza, Bayle, Hobbes e Locke, «Rivista di Storia della Filosofia»,
“Libido Sciendi”. Immagini dell’empietà nell’apologetica cattolica tra Sei e
Settecento (da Magalotti a Valsecchi), GCFI, Scherzi della memoria. Mappa di un
itinerario non turistico tra politica e cultura in una provincia del Sud, Prefazione
di Ferrarotti; Postafazione di Cumis, Salvatore Sciascia editore, Medicina e
filosofia in Italia tra evoluzionismo e scientismo. Da Tommasi a Morse, «Il cannocchiale»,, L’ ”il lambicco dell’anima”.
Note sul Mind body problem in Italia nell’età del positivismo, in Anima, mente
e cervello. Alle origini del problema mente-corpo da Descartes all’Ottocento,
Paolo Quintili, Unicopoli, L’ateo
smascherato. Immagini dell’ateismo e del materialismo nell’apologetica
cattolica da Cartesio a Kant, Le Monnier /Università , Le sorelle Vadalà. Quattro
storie più una, Romanzo con pefazione di Corrado Augias Movimedia, Lecce, Pensatori
dell’area torinese tra i due secoli, in Quaderni Noce, Marco editore, Lungro di Cosenza, Ateismo
e filosofia. Considerazioni sull’ateismo latente nel pensiero moderno e sul
rapporto tra fede e ragione, «Il Cannocchiale», Le metamorfosi del linguaggio
nella controversistica e nella pratica missionaria di Liguori, in, Le
metamorfosi dei linguaggi nel Settecento, Borghero e Loretelli, Edizioni di Storia e letteratura,
Roma, Dannazione e redenzione dell'Eros.
Soggetti e figure dell'emarginazione: la donna come oggetto determinante nella
invenzione cattolica del peccato di lussuria in «Bollettino della Società
filosofica italiana», Le cose che non
sono, in «Critica Liberale», Prefazione di E. Garin, Manduria (TA), Bari,
Roma, Lacaita, Gemoynat Treccani, Le Carteggio privato (corrispondenza
autografa) tra Liguori e i singoli autori citati Paolo Rossi, Viaggio nel Positivismo, in
Panorama, Arnoldo Mondadori Editore, Girolamo de Liguori, Materialismo
inquieto. Vicende dello scientismo in Italia nell’età del positivism, Bari,
Roma, Laterza, Giorgio Cosmacini, Povero medico condannato al materialismo, in
Corriere della Sera, Mario Marti,
Recensione a I baratri della ragione in
Giornale storico della letteratura italiana, Le sorelle Vadalà. Quattro storie
più una, [Romanzo], Prefazione di Augias, Lecce, Movimedia. Girolamo de
Liguori. Keyword: “Associazione Filosofica Ligure” – Keywords: ‘… is the true
abyss of human reason” – “il baratro della ragione conversazionale” – l’anima
distilata – il lambicco dell’anima.
LILLA. (Francavilla Fontana).
Filosofo. Grice: “I like Lilla; for one, he ‘revindicated,’ as he puts it, the
philosophy of Vico, which, in Italy, is like at Oxford ‘revinidcare’ Locke!” Formatosi
nelle scuole dei Padri Scolopi aderì alle idee cattolico liberali divulgate dai
filosofi della prima metà dell'Ottocento: Gioberti, Minghetti, Balbo e Rosmini
al quale dedicherà molteplici studi subendone una marcata influenza. Lascia
Francavilla per l'ostentata contrarietà di tutto il clero alle sue idee patriottiche d'ispirazione
giobertiana, manifestate apertamente nel "Programma d'insegnamento
filosofico" pubblicato sul giornale il "Cittadino leccese",
decise di trasferirsi a Napoli ove ebbe modo di confrontarsi con le idee di
Sanctis, Spaventa, Settembrini, Tari e Vera. Si laurea e insegna a Napoli. Durante
questi anni videro la luce "La provvidenza e la libertà considerate nella
civiltà", "Dio e il mondo", e "La personalità originaria e
la personalità derivata" (Nappoli, Tip. Rocco), nei quali getta le
premesse degli studi filosofici e giuridici in cui si cimenterà per tutta la
vita: la storia della filosofia, la filosofia teoretica e la filosofia del
diritto; sviluppando altresì e precorrendo una moderna concezione del rapporto
tra "diritti umani e progresso scientifico" sin da “La scienza e la
vita” (Torino, Tip. G. Borgarelli) -- titolo paradigmatico del suo saggio – cf.
Grice, “Philosophical biology,” “Philosophy of Life” Insegna a Messina. Furono
quelli gli anni più fecondi della produzione scientifica volta a perfezionare
la sua concezione dello Stato, approfondire le fonti rosminiane, confrontarsi
con le teorie evoluzionistiche di Spencer e contemporaneamente intrattenere
contatti epistolari con alcuni fra i maggiori filosofi, giuristi, patrioti e
storici dell'epoca quali: Jhering,
Bluntschli, Roy, Tommaseo, Capponi e molti altri. Altre opere: “Kant e
Rosmini,”Tip. G. Borgarelli, Torino); “Aquino””Torino, Tip. G. Borgarelli,
“Filosofia del diritto,”“Critica della dottrina etico-giuridica di Mill”“Le
supreme dottrine filosofiche e giuridiche di G. B. Vico rivendicate” -- “La
pretesa persona giuridica e le funzioni personali degli enti morali” (L.
Gargiulo); “Della Riforma civile di Spedalieri” (Messina, tip. d'Amico); “Le
fonti del sistema filosofico di Rosmini” (L.F. Cogliati); “Due meravigliose
scoperte di Rosmini: l'essere possibile e l'unità della storia dei sistemi ideologici,
L.F. Cogliati, Il Canonico Annibale Maria Di Francia e la sua Pia Opera di
beneficenza, Messina, Tip. Editrice San Giuseppe, Manuale di filosofia del
diritto, Milano, Società editrice libraria, Pagine estratte. Sw Note Giorgio Martucci, Vincenzo Lilla e il suo
concetto dello stato Antonio Tarantino,
Diritti umani e progresso scientifico: Polacco, La "Filosofia del diritto
di Lilla” (G.B. Randi); “Filosofia” (Milano, Giuffré); Tarantino, “La filosofia
della giustizia sociale di Lilla, Milano” (Giuffré) – cfr. H. P. Grice, “Social
justice” in “The H. P. Grice Papers,” Bancroft, MS. In occasione del
conferimento della "Cittadinanza onoraria (di Messina) alla memoria al
prof. don Lilla su nettunopress.Tarantino, Diritti umani e progresso scientifico:
emeroteca.provincia.brindisi. Martucci, Lilla e il suo concetto dello stato ,
su emeroteca.provincia.brindisi.
Treccani, su treccani. Lettere a Jhering, Vincenzo Lilla. Keyword: Vico.
Luigi Speranza, “Grice e Lilla: la semiotica di Vico” – The Swimming-Pool
Library. “Il Vico di Lilla”.
LIMONE. (Atella di
Napoli). Grice: “I like Limone; like me, he has explored the idea of value in
terms of catastrophe – I didn’t. He has explored the poetics of philosophy –
and he has investigated on a concept that Strawson and I always found
fascinating, that of a person!” -- “Che cosa è, nel mondo umano, la persona?” “Tutto.”
“Che cosa è, nel mondo contemporaneo, la persona?””Nulla.” Persona e memoria,
Rubbettino. La sua ricerca filosofica si inserisce nel solco del personalismo
comunitario. Si laurea a Napoli e il
Roma. Studia a Parigi e a Châtenay-Malabry, sede dell'Association des
amis d'Emmanuel Mounier, presso la Comunità dei muri bianchi, cui appartenevano
Fraisse, Ricœur, Mounier, Domenach. Insegna a Napoli. I suoi interessi di
ricerca abbracciano aspetti epistemologici, etici, filosofico-pratici e simbolici.
Al centro della sua attenzione teoretica è “la persona”. Fondato la rivista
"Persona” e "Symbolicum" sulla simbolica. Sonda in profondità
l’idea di persona. Là dove la persona non è né la semplice nobilitazione
dell’essere umano in generale, né una singola unità seriale. Della persona si
può dare idea, non “concetto”, perché l’idea è aperta come la vita, mentre il
concetto è chiuso. L’idea di persona, però, non è l’idea di un quid ma di un “quis”
perché la persona è un “chi” non un “che” – That’s why it’s very wrong to call
“the chair is red” as third-person seeing that the chair is hardly a person!” è
l’idea di un’essenza che non può essere separata dalla concreta singola
esistenza, originalissima e dotata di dignità. In quanto idea di un “quis”, la
persona si presenta come l’altro versante del teorema d’incompletezza di Gödel.
Il significato della persona si delinea all’interno di una costellazione in cui
essa: -è realtà singolare e la sua idea; -è prospettiva ontologica sussistente
e la sua verità; -è la parte di un tutto che solo parzialmente è parte, perché
per altro verso si presenta come un tutto, in quanto è irriducibile al tutto e
indivisibile in sé; -è l’eccezione istituente una regola che riesce, e non
riesce, a farsene istituire; -è l’idea di qualcosa che resiste alla possibilità
di essere ricondotto a un’idea; -è l’idea di un appartenere che resiste
all’idea di appartenere. L’essere della persona richiama, a suo modo, il
problema delle antinomie di Russell. Un tale arcipelago di paradossi
costituisce, però, una forza virtuosa che interroga ogni sistema. La persona si
configura come invenzione teorica, paradosso logico e misura epistemologica, e
rappresenta il punto strutturale di base che istituisce la visione del gius-personalismo.
Opere: “Tempo della persona e sapienza del possibile: Valori, politica, diritto
(ESI, Napoli); “Tempo della persona e sapienza del possibile: Per una
teoretica, una critica e una metaforica del personalismo (ESI, Napoli); La
catastrofe come orizzonte del valore, Monduzzi Editoriale, Milano. Bellezza e
persona, su “Aisthema. Philosophy, Theology, Aesthetics” “La macchina delle
regole, la verità della vita. Appunti sul fondamentalismo macchinico nell’era
contemporanea, in La macchina delle regole, la verità della vita (Franco
Angeli, Milano); Che cos’è il giuspersonalismo? Il diritto di esistere come
fondamento dell’esistere del diritto, Monduzzi Editoriale, Milano. Ars boni et
aequi. Ovvero i paralipòmeni della scienza giuridica, in Ars boni et aequi. Il
diritto fra scienza, arte, equità e tecnica (Franco Angeli, Milano), Filosofia
e poesia come passioni dell’anima civile. La persona fra potere e memoria in
Persona, Artetetra edizioni, Capua. Persona e memoria. “Oltre la maschera” il
compito del pensare come diritto alla filosofia, Rubbettino, Soveria Mannelli .
Poesia Polifonia d’un vento (Salerno-Roma). Dentro il tempo del sole
(Salerno-Roma). Ore d’acqua (Salerno-Roma). Incontrando il possibile re
(Salerno-Roma). “Notte di fine millennio” (Bari). Fenicia, sogno di una stella
a nord-ovest (Roma). L'angelo sulle città, in onore del figlio (Roma ). Le
ceneri di Pasolini (Pasturana [Alessandria] ). Aforismi di un impiccato felice
(Salerno-Roma). Aforismi del passato duemila: distruzioni per l'uso (Salerno-Roma).
Ossi di limone. Aforismi di uno scostumato (Vatolla). Sierra Limone. Dai
taccuini fenici di Er Limonèro (Vatolla). NV. Melchiorre, Essere persona,
Fondazione A. e G. Boroli, Milano 2007, p.127, 130-132, 134-135. Copia archiviata, su
fondazionerobertofarina.com. 26 gennaio 27
gennaio ). Giuseppe Limone. Keywords: la
composita, la simbolica, simbolo, composito. Strawson, “The concept of a
person” – Ayer: “The concept of a person” -- Luigi Speranza, “Grice e Limone:
la composita” --. Luigi Speranza, “Grice
e Limone: umano e persona”
LODOVICI. (Messina). Filosofo. – Grice:
“I like Emanuele Samek Lodovici – very Italian – his metamorfosi della gnosi is
good!” -- samek lodovici -- one of the two. Emanuele Samek Lodovici Il suo pensiero d'impronta metafisica si
oppone al materialismo e al riduzionismo. Esperto della filosofia di Plotino,
Sant'Agostino e Marx, si occupa dello gnosticismo che a suo parere si trova
ripresentato in diverse filosofie e ideologie dell'età moderna e
contemporanea. Figlio del bibliotecario e bibliografo Sergio Samek
Lodovici, nativo di Carrara, che lo chiamò come suo fratello maggiore, noto
medico e politico. Rimase in Sicilia per breve tempo per poi vivere sempre a Milano.
Scampò a soli cinque anni alla tragedia di Albenga, quando dopo il naufragio di
un'imbarcazione carica di bambini era stato inserito nel gruppo delle piccole
salme, ma il tempestivo intervento di un medico lo salvò. Di formazione e
cultura cattoliche, studiò a Milano dove si laurea con «Filosofia classica e
spiritualità cristiana nel Commento di Sant'Agostino al Vangelo di San
Giovanni». Insegna aTorino. Pubblicò due monografie, una su Agostino (con il
contributo del C.N.R.), e l'altra sulla gnosi moderna, che gli valsero la
cattedra di Filosofia a Trieste. In una
lettera Noce si riferiva così. Nella prima delle sue due opere fondamentali,
Dio e mondo, inizia considerando la grave accusa rivolta da Heidegger alla
metafisica, ovvero di non aver compreso che cos'è l'«essere» e di aver
reificato Dio, di averlo cioè reso una «cosa». Questa critica può essere
legittima ma non nei riguardi della metafisica neoplatonica nella forma in cui
è stata mediata da Agostino. Individua il fulcro di tale metafisica nella
dottrina della «partecipazione» delle idee col mondo, in forza della quale il
rapporto di Dio col mondo è una relazione sostanziale e non oggettualità.
In Metamorfosi della gnosi, delinea una fenomenologia della cultura come
influenzata da una mentalità inconsciamente gnostica. Tale mentalità ha assunto
in sé le tesi dello gnosticismo antico, ovvero la sostanziale negatività del
mondo, la possibilità di redenzione dalla oscurità del mondo attraverso un
sapere salvifico (gnosi) e la possibilità di un redenzione del mondo
realizzata, senza bisogno della grazia divina, dalla sola azione dell'uomo
tramite la politica e/o la scienza. Così nel pensiero gnostico la
finitezza e la creaturalità vengono disprezzate e rifiutate, con l'ambizione di
creare l'Uomo Nuovo e la Gerusalemme terrena. Insomma, sintesi del pensiero
gnostico è quella formulazione che trova il proprio culmine nel «rifiuto di non
poter essere Dio»; in tal modo nella visione gnostica non è più Dio, ma l'uomo
gnostico a identificarsi con l'infinito, sgravato com'è da qualsiasi
limite. Da ciò appaiono evidenti gli obiettivi polemici e critici di ogni
metamorfosi dello gnosticismo rappresentato nelle forme del riduzionismo
antireligioso, del prometeismo marxista, della filosofia
radical-relativista diffusa attraverso i media, della corruzione della memoria
storica attuata anche attraverso la corruzione del linguaggio ed infine nella
strategia della distruzione della famiglia, che è stata potentemente colpita in
particolare con la rivoluzione sessuale e con alcuni tipi di femminismo.
Per quanto riguarda la sua pars construens, Safferma che proprio a partire
dalla post-marxistica crisi del pensiero secolarista gnostico si deve delineare
la necessità di ritornare alla tradizione metafisica, da lui indicata sulla
linea di Platone, Plotino e soprattutto Agostino. In sintonia con l'ermeneutica contemporanea, e
pur evitandone le derive nichilistiche, riconosce la struttura storicamente
condizionante del linguaggio nei confronti dell'esistenza e della conoscenza,
secondo una sua favorita formula per cui «chi non ha le parole non ha le cose»,
e d'altra parte il filosofo riconosce anche la funzione inversa del linguaggio
per cui, oltre che elemento condizionante, esso è anche il mezzo con cui l'uomo
storico può trascendere i vincoli della storia e del linguaggio stesso (i
baconiani «idola fori» e «idola theatri») ed esprimere le verità eterne. Rievoca
la valenza dell'autocoscienza della ragione e delle sue vastissime
potenzialità, sia in bene che in male, e a partire da queste, ne ricorda i
limiti, i fallimenti storici e le costitutive incapacità che emergono
specialmente nel momento in cui essa viene elevata ad una illuministica idolatria,
concretizzandosi nella moderna vita di massa che «ha affermato la libertà politica da ogni
autorità spirituale, finendo per favorire il potere dell’uomo sull’uomo; ha
affermato la libertà dell’amore dalla morale per vanificarlo nel sesso; ha affermato
di lottare contro ogni religione in quanto superstizione, solo per prepararne
una più esiziale, quella della scienza e del successo.» Piuttosto, una
ragione accorta deve, restando autonoma, interagire con la religione, per
corroborarla e giustificarla razionalmente o per cercarvi le risposte prime ed
ultime. Tipica poi del suo pensiero è la «cultura del ricordo», intesa come
cultura non di una memoria archeologica bensì di una memoria che guardando ai
fallimenti del passato possa liberare il presente dalle menzogne ideologiche e
dai progetti utopistici che, ripetendosi nella storia, hanno generato i
totalitarismi del XX secolo, e che oggi producono la dittatura del relativismo
e del nichilismo. Così la memoria assume una funzione spirituale nel senso che «mi rende migliore di quello che sono». La
riflessione è dunque nel complesso di carattere etico-sapienzale, consapevole
che in ogni agire umano si esplica la ricerca della felicità, una ricerca che,
per essere efficace e compiuta, deve però essere immune da qualsiasi utopismo
onirico: è alla luce di questa precisazione che può affermare che «non vi è
nessuna felicità senza virtù, in altre parole non vi è nessuna felicità senza
quell'unica attività che è in grado di rendere l'uomo pienamente umano», perciò
«non si può pretendere che l'acquisto della felicità non passi attraverso lo
sforzo, la lotta, e in ultima analisi la sofferenza», ed è in tal modo che
trovano un senso il limite umano e la sofferenza. Non sfugge al filosofo la
coscienza della precarietà della felicità umana, però questa «ben lungi dallo
spingerci alla tristezza per l'insaziabilità dell'uomo, va tuttavia vistaottimisticamente,
come l'indizio che è un'altra la felicità conforme al livello spirituale degli
esseri umani», perché «ultima hominis felicitas non est in hac vita». Altre opere:
“La presenza di Plotino nel In Johannis Evangelium di Agostino, in Contributi dell'Istituto di filosofia, I,
Vita e Pensiero, Sull'interpretazione di alcuni testi della “Lettera ai Galati”
in Marcione e Tertulliano, in «Aevum», Milano, Agostino, in Questioni di storiografia filosofica, La
Scuola, Brescia Dieci anni di studi sul processo di Gesù e su Gesù e gli
zeloti, Vita e Pensiero, Marxismo o Cristianesimo, Ares, Sessualità, matrimonio
e concupiscenza in Sant'Agostino, in , Etica sessuale e matrimonio nel
cristianesimo delle origini, Pubblicazioni dell'Università Cattolica, Tra cosmologia e metafisica. Note sul concetto
di cosmo, in :Il demoniaco nella musica, Giappichelli, La felicità e la crisi della cultura
radical-illuministica, in La crisi della
coscienza politica contemporanea e il pensiero personalista, Libreria Editrice Gregoniana,
“Dio e mondo: relazione, causa e spazio” (Edizioni Studium); “Metamorfosi della
gnosi” Ares, Dominio dell'istante,
dominio della morte. Alla ricerca di uno schema gnostico, in «Archivio di
Filosofia», Istituto di studi filosofici, Roma, “La gnosi e la genesi delle
forme, in «Rivista di Biologia», Il gusto del sapere, Universitas, L'arte di non disperare. Il gusto del
sapere Estratti di L'arte di non
disperare M. Picker, Il mio professore di filosofia, Studi
Cattolici, G. Alabiso, La critica dell'attacco macrostrutturale al cristianesimo,
Catania. Giacomo Samek Lodovici, Profili. Emanuele Samek Lodovici, Studi
Cattolici,Andrea Sciffo, Le maschere della gnosi, «Avvenire», Gaspare
Barbiellini Amidei, Il filosofo che insegnò l'arte della speranza. , in
«Corriere della Sera», 28.06.200137,// archiviostorico.corriere/2001/giugno
filosofo che insegno arte_della_co shtml Giuseppe Feyles, La battaglia di
Samek, in «Tempi», //tempi/la-battaglia-di-samek Sergio Fumagalli, Emanuele
Samek Lodovici e Augusto Del Noce: Gnosi e secolarizzazione, Pontificia
Università della Santa Croce, Roma //sergiofumagalli/files/tesi.pdf Gianluca
Taddeo, Verità e diritto, Trento Gianluca Segre, una vita per la Verità, «la
Bussola Quotidiana» /la nuovabussola quotidiana.com/it/archivioStoricoArticolo-emanuele-samek-lodoviciuna
vita-per-la-verit- Andrea Galli, Il ritorno della gnosi, in «Avvenire», Gabriele
De Anna , L'origine e la meta. Ares, Milano .
Gnosticismo Cattolicesimo Augusto Del Noce Eric Voegelin Vittorio
Mathieu su Santi, beati e testimoni, santiebeati. EIl gusto del sapere Universitas, Documentazione
interdisciplinare di scienza e fede, sito "disf.org". Gnosi moderna e
secolarizzazione nell'analisi” Sergio Fumagalli, Pontificia Università della
Santa Croce, facoltà di Filosofia, Roma, “la gnosi come vero avversario della
verità di Silvio Restelli, sito "CulturaCattolica. Emanuele Samek
Lodovici.
lodovici: “Giacomo samek lodovici is the author of a fascinating
essay on philosophical psychology. Figlio di Emanuele Samek Ludovici.
LOMBARDI. (Napoli). Filosofo. Grice: “I like Lombardi;
he took seriously my idea of Philosophy’s Longitudinal Uniity, and like
Passmore or Warnock, engaged iin a study of the ‘last hundred years of Italian
philosophy. This shows that his interests on Kant, etc., are Italian-based,
mainly!” Il padre Giovanni fu avvocato e docente di diritto e procedura penale
a Napoli, già allievo prediletto di Bovio, deputato prima e dopo il fascismo,
autore di scritti vari di sociologia. La madre Rosa Pignatari fu nipote di Ciccotti, nella cui casa era cresciuta.
Tradusse alcuni degli scritti di Karl Marx nelle Opere edite dal Ciccotti e la
Storia del movimento operaio di Edouard Dolleans. Laureato e libero docente in filosofia lavora
in filosofia. Pubblica “Il mondo degli uomini” (Firenze, Le Monnier) Insegna a
Roma. Presidente della Società Filosofica Italiana e (sin dalla fondazione)
della Società filosofica romana, diresse il "Centro di Ricerca per le
Scienze Morali e Sociali" presso l'Istituto di filosofia della Roma. Direttore
della rivista De Homine cui si è affiancato il Bollettino Bibliografico per le
Scienze morali e sociali. Membro dell’Accademia nazionale dei Lincei. Gli fu
conferito il premio nazionale "Benedetto Croce" per la filosofia.
Altre opere: “L'esperienza e l'uomo.”“Fondamenti di una filosofia umanistica” Firenze:
G.C.Sansoni Editore); “Il mondo morale;”“Feuerbach” (Firenze: La Nuova Italia);
“Feuerbach e Marx: “Kierkegaard,” Firenze: La Nuova Italia); “La libertà del
volere” Milano: Fratelli Bocca, La
filosofia critica, Roma: Tumminelli; “Il problema kantiano, “Commento alla
Critica della ragion pura” Kant vivo, Firenze: Sansoni); Nascita del mondo moderno,
Firenze: Sansoni); Concetto e problemi di Storia della filosofia, Asti: Arethusa);
“Le origini della filosofia” Asti: Arethusa, Libertà, Asti, Arethusa, Firenze:
Sansoni; Dopo lo Storicismo, (2 ed.) Firenze: Sansoni); “Ricostruzione filosofica,
Asti: Arethusa, “La filosofia italiana” Asti: Arethusa, Il piano del nostro
sapere, Asti: Arethusa, Firenze: Sansoni, La posizione dell'uomo nell'universo,
Firenze: Sansoni, Problemi della libertà, Firenze: Sansoni, Filosofia e civiltà; Introduzione e Parte
Prima, Firenze: Sansoni, Saggi Manoscritti inediti Scritti vari di filosofia, Scritti
politici Filosofia e Società , Firenze: Sansoni, Filosofia e Società Firenze:
Sansoni, Il senso della storia e altri saggi, Firenze: Sansoni, Aforismi
inattuali sull'arte, Firenze: Sansoni, Galilei, Calvino, Rousseau: tre
antesignani del tempo moderno, Firenze: Sansoni, scritti per l'università,
Firenze: Sansoni, “Continuità e Rottura, Firenze: Sansoni, Una svolta di
civiltà, n.d.: ERI, Gaetano Calabrò, Franco Lombardi, Torino: Edizioni di
Filosofia, Atti del Congresso internazionale di Filosofia, Milano: Castellani
& C Editori, Il materialismo storico Atti del XVI Congresso internazionale
di Filosofia; Roma: Fratelli Bocca, Il problema della filosofia oggi Varie
Taccuini di viaggio Dodici canzoni napoletane, su versi di Salvatore Di Giacomo,
Firenze: Forlivesi, Franco Lombardi, Torino: Edizioni di Filosofia, "Treccani
L'Enciclopedia italiana". La filosofia di Franco Lombardi. Un contributo
significativo per la costruzione della filosofia italiana contemporanea,, Accademia
dei Lincei, in Biblioteca di Filosofi, SapienzaRoma. Franco Lombardi: Opere,
saggi, biografia in Biblio Media, su bibliomedia. Franco Lombardi.
LONGANO. (Ripalimosani).
Filosofo. Grice: “Longano took ‘naturalness’ so seriously that he would apply
it to anything: ‘man’ (‘uomo naturale’) and morals (‘morale naturale’).” “I
like Longano; he is a systematic logician, as I’m not – therefore he thinks
that to study semantics, which logic is, starts with studying signs – as I did
in my seminars on Peirce – so Longano is the one I was referring when I
mentioned what ‘people were at when they display an interest in natural versus
conventional signs; he also has interesting things to say about my favourite
parts of speech, syncategoremata!”” Figlio di Vito Longano e Dorotea Gentile,
fu allievo di Zurlo, si trasferì a
Campobasso e quindi a Napoli dove divenne allievo di Genovesi. Fece parte della
massoneria ed è considerato un importante esponente dell'illuminismo , fu
sostenitore dello stretto rapporto tra anima e corpo e di una visione dell'uomo
nella sua interezza. Propugnò la rinascita dell'Italia, proponendo un piano di
riforme e il superamento del feudalesimo.
Opere: “Piano di un corpo di filosofia morale; ossia, Estratto d'un
corso di Etica, di economia e di politica” (Napoli,“Dell'Uomo NaturalNapoli,
“Saggio sul commercio” (Napoli, presso Vincenzo Flauto, Raccolta di Saggi
economici per gli abitanti delle due Sicilie, Napoli, I, presso Domenico Sangiacomo, II, presso Giuseppe Campo, “Dell'uomo e della
sua morale natural -- Esame fisico, e morale dell'uomo, Napoli, Michele Morelli,
Dell'uomo, e sua morale natural, Della morale naturale, Napoli, Michele
Morelli, Dell'uomo Religioso e cristiano,
Dell'uomo religioso, Napoli, Michele Morelli, “Logica” Viaggio per lo
contado di Molise nell'ottobre 1786 ovvero descrizione fisica, economica e politica
del medesimo, Napoli, Viaggio per la Capitanata, Napoli, Domenico Sangiacomo, Il
Purgatorio ragionato, Francesco Lepore, postfazione di Sebastiano Martelli,
Campobasso, Palladino, “Philosophiae rationalis elementa” “De arte logica,
Neapoli, “De metaphysica, Neapoli, apud Vincentium Orsino; De Jure humanae, Neapoli, Biblioteca
provinciale di FoggiaL'anno di Genovesi , su biblioteca provinciale.foggia. Gaetano, IL PENSIERO FILOSOFICO DI FRANCESCO
LONGANO, su webcache.googleusercontent.com Anna Maria Rao, L'amaro della
feudalità: la devoluzione di Arnone e la questione feudale a Napoli alla fine
del '700, Guida Editori, Francesco
Rizzo, Francesco Longano e la civiltà del Purgatorio: riformismo e
anticlericalismo nella provincia molisana del XVIII secolo, Stefano Borgna, Francesco Longano su
delpt.unina Antonio Trampus, Francesco Longano, in Dizionario biografico degli
italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Francesco Longano. Luigi
Speranza, “Grice e Longano: esame fisico dell’uomo” “Grice e Longano: la
semiotica” --.
LOSANO. (Casale Monferrato).
Filosofo. Grice: “I like Lossano; his research overlap with that of H.
L. A. Hart, but Losano is more interested in the philosophy and he is obviously
more continental, as he should, given the prominence of Kelsen in the field!” Si
occupa di filosofia del diritto e informatica giuridica. Si laurea a Torino.
Insegna a Milano e Alessandria, e Torino. Si occupa di storia della filosofia del
diritto; teoria generale del diritto; circolazione mondiale delle idee
giuridiche e sociali; filosofia politica; diritti umani; geopolitica;
informatica giuridica; privacy; e-publishing; edizioni di archivi storici.
Pubblica un completo panorama sull'evoluzione della nozione di sistema nel
diritto dalla Roma antica ad oggi. Ha curato carteggi di Jhering ed opere di Jhering e di Kelsen. Curato l'edizione critica
delle corrispondenza di Roesler. Come informatico giuridico, ha pubblicato un
manualedi informatica giuridica e diritto informatico e un progetto di legge
sulla tutela della privacy; Presidente del "Centro di calcolo automatico”
a Milano. Opere:“Kelsen, La dottrina pura del diritto. Einaudi, Torino); La
teoria di Marx ed Engels sul diritto e sullo stato. Materiali per il seminario
di filosofia del diritto, Milano. Anno Accademicom Cooperativa Libraria
Università Torinese, Torino); “Gius-cibernetica” Macchine e modelli cibernetici
nel diritto, Einaudi, Torino Libia Materiali sui rapporti fra ideologia ed
economia” (Milano. Anno Accademico Cooperativa Libraria Università Torinese,
Torino, “Lo scopo nel diritto. Einaudi, Torino, Jhering, Lo scopo nel diritto.
Introduzione, Nino Aragno Editore, Torino , Corso di informatica giuridica,
Cooperativa Universitaria Editrice Milanese, Milano), Corso di informatica
giuridica; L'elaborazione dei dati non numerici, Unicopli, Milano; Il diritto
dell'informatica, Unicopli, Milano Corso di informatica giuridica; Stato e automazione. Etas Kompass, Babbage: la
macchina analitica. Un secolo di calcolo automatico, Etas Kompass, Milano Scheutz:
La macchina alle differenze. Un secolo di calcolo automatico, Etas Libri,
Milano Machines arithmétiques. Invenzioni francesi del Settecento. Testi
originali con 15 tavole dell'epoca, Bottega d'Erasmo, Torino I grandi sistemi
giuridici. Introduzione ai diritti europei ed extraeuropei, Einaudi, Torino, I
grandi sistemi giuridici. Introduzione ai diritti europei ed extraeuropei,
Einaudi, Torino, I grandi sistemi giuridici. Introduzione ai diritti europei ed
extraeuropei, Laterza, Roma Bari, L'informatica legislativa regionale.
L'esperimento del Consiglio Regionale della Lombardia, Rosenberg & Sellier,
Torino Forma e realtà in Kelsen, Comunità, Milano, Automi arabi del XIII
secolo. Dal "Libro sulla conoscenza degli ingegnosi meccanismi",
Luigi Maestri Editore, Milano); Automi d'Oriente. "Ingegnosi
meccanismi" arabi del XIII secolo, Milano Il diritto economico, Unicopli,
Milano L'ammodernamento giuridico, Unicopli, Milano, UCorso di informatica
giuridica: IInformatica per le scienze sociali, Einaudi, Torino Il diritto
privato dell'informatica, Einaudi, Torino, Scritto con la luce. Il disco
compatto e la nuova editoria elettronica, Unicopli, Milano, L'informatica e
l'analisi delle procedure giuridiche, Unicopli, Milano, Diritto e CD-ROM.
Esperienze italiane, Giuffrè, Milano, Storie di automi. Dalla Grecia classica
alla Belle Époque, Einaudi, Torino Saggio sui fondamenti tecnologici della
democrazia, Quaderni della Fondazione Adriano Olivetti, Istituto per la
Documentazione Giuridica, Firenze, Kelsen Umberto Campagnolo, Diritto
internazionale e Stato sovrano. Mario G. Losano. Con un inedito di Hans Kelsen
e un saggio di Norberto Bobbio, Giuffrè, Milano, Un giurista tropicale. Tobias
Barreto fra Brasile reale e Germania ideale, Laterza, RomaBari Sistema e
struttura nel diritto: IDalle origini alla Scuola storica, Giuffrè, Milano, Il
Novecento, Giuffrè, Milano, Dal Novecento alla postmodernità, Giuffrè, Milano Umberto
Campagnolo, Verso una costituzione federale per l'Europa. Una proposta inedita.
Giuffrè, Milano, "Cedant arma Un giudice e due leggi. Pluralismo
normative, Giuffrè, Milano, Funzione sociale della proprietà e latifondi
occupati, Diabasis, Reggio Emilia, Kelsen, Scritti autobiografici. Traduzione e
cura di Mario G. Losano, Diabasis, Reggio Emilia Peronismo e giustizialismo:
dal Sudamerica all'Italia, e ritorno. Marzia Rosti, Diabasis, Reggio Emilia, Memoria
dell'Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche,
Accademia delle Scienze, Torino /ccademia delle scienze editorial memorie morali
Campagnolo, Conversazioni con Kelsen. Documenti dell'esilio ginevrino Giuffrè,
Milano La geopolitica del Novecento. Dai Grandi Spazi delle dittature alla de-colonizzazione,
Bruno Mondadori, Milano, Kelsen Arnaldo Volpicelli, Parlamentarismo, democrazia
e corporativismo Introduzione, Nino
Aragno Editore, Torino, Alle origini della filosofia del diritto a Torino: PAlbini.
Con due documenti sulla collaborazione di Albini con Mittermaier, Memorie della
Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche,
Accademia delle Scienze, Torino accademia delle scienze/attivita editorial periodici-e-collane/
memorie/morali I carteggi di Albini con
Sclopis e Mittermaier. Alle origini della filosofia del diritto a Torino,
Memoria dell'Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze Morali,
Storiche e Filologiche, Accademia delle Scienze, Torino accademia dellescienze
attivita editoria/periodici-e-collane/memorie morali Alle origini della
filosofia del diritto in Giappone. Il corso di Alessandro Paternostro a Tokyo
nel 1889. In appendice: A. Paternostro, Cours de philosophie du droit, 1889,
Lexis, Torino I La Rete e lo stato. Mimesis, Milano ,Norberto Bobbio. Una
biografia culturale, Carocci, Roma , Hans Kelsen, Due saggi sulla democrazia in
difficoltà,Aragno, Torino La libertà
d’insegnamento in Brasile e l’elezione del Presidente Bolsonaro, Mimesis, Milano
Mario Giuseppe Losano. Luigi Speranza, “Grice e Losano: storia del diritto
romano – what Kelsen never had!” --.
LOSURDO. (Sannicandro di
Bari). Filosofo. Grice: “Losurdo has contributed to a collection on ‘fatti
normativi’ which is fascinating!” -- Grice:
“I like Losurdo: describing Nietzsche as the aristocratic rebel is genial; he
also engages in some linguistic botanising with his ‘linguaggio dell’impero’:
something Romans and Brits know well – cf. ‘Great Britaiin’ and my little
England!” -- losurdo,
Italian philosopher, expert not on Grice, but Nietzsche, “Nietzsche, ribelle
aristocratico” -- essential Italian philosopher.
Si laurea a Urbino sotto la guida di Salvucci
con la tesi, “La semantica di Rodbertus”. Direttore dell'Istituto di Scienze
filosofiche e pedagogiche "Pasquale Salvucci" all'Urbino, insegnò
storia della filosofia nella stessa università presso la facoltà di Scienze
della Formazione. Inoltre fu presidente dell'hegeliana Società internazionale
Hegel-Marx per il pensiero dialettico, membro della Società di scienze di
Leibniz a Berlino (un'associazione di scienziati che si rifà alla settecentesca
Accademia Reale Prussiana delle Scienze nella tradizione di GLeibniz) e
direttore dell'associazione politico-culturale Marx XXI. Dalla militanza
comunista alla condanna dell'imperialismo statunitense, fino allo studio della
questione afroamericana e di quella dei nativi, Losurdo fu studioso anche
partecipe della politica nazionale e internazionale. Di formazione
marxista, descritto sia come un «marxista controcorrente» sia come un «marxista
eterodosso» e un «comunista militante», la sua produzione spazia dai contributi
allo studio della filosofia kantiana (la cosiddetta autocensura di Immanuel
Kant e il suo nicodemismo politico), alla rivalutazione dell'idealismo classico
tedesco, specie di Hegel, nel tentativo di riproporne l'eredità (sulla scia di
György Lukács in particolare), alla riaffermazione dell'interpretazione del
marxismo tedesco e non (Antonio Gramsci e i fratelli Bertrando e Silvio Spaventa),
con incursioni nell'ambito del pensiero nietzscheano (la lettura di un
Friedrich Nietzsche radicale aristocratico) e di quello heideggeriano (in
particolare la questione dell'adesione al nazismo di Martin Heidegger).
La sua riflessione filosofico-politica, attenta alla contestualizzazione del
pensiero filosofico nel proprio tempo storico, muove in particolare dai temi
della critica radicale del liberalismo, del capitalismo, del colonialismo e
dell'imperialismo, nonché della concezione tradizionale del totalitarismo
(Hannah Arendt), nella prospettiva di una difesa della dialettica marxista e
del materialismo storico, dedicandosi anche allo studio dell'antirevisionismo
in ambito marxista-leninista. Losurdo ha una visione molto critica della
tradizione intellettuale europea del liberalismo, in particolare della
tradizione classica e delle sue origini, sostenendo che pur pretendendo di
enfatizzare l'importanza della libertà individuale in pratica il liberalismo
reale è a lungo contrassegnato dalla sua esclusione di persone da questi
diritti, con conseguente sfruttamento come razzismo, schiavitù e genocidio. Afferma
che le origini del nazismo si trovano in quelle che considera politiche
colonialiste e imperialiste del mondo occidentale. Esaminando le posizioni
intellettuali e politiche degli intellettuali sulla modernità, Kant e Hegel
furono i più grandi pensatori della modernità mentre Nietzsche fu il suo più
grande critico. I suoi lavori, che lui stesso fa rientrare nell'ambito
della storia delle idee, riguardano inoltre l'indagine delle questioni di
storia e politica contemporanee, con una attenzione critica costante al
revisionismo storico e la polemica contro le interpretazioni di François Furet
e Ernst Nolte. In particolare critica una tendenza reazionaria tra gli storici
contemporanei revisionisti riconoscibile nel lavoro di autori come Nolte, che
traccia l'impeto dietro l'Olocausto agli eccessi della rivoluzione russa; o
Furet, che collega le purghe staliniane a una «malattia» originata dalla rivoluzione
francese. Secondo Losurdo l'intenzione di questi revisionisti è di sradicare la
tradizione rivoluzionaria in quanto le loro vere motivazioni hanno poco a che
fare con la ricerca di una maggiore comprensione del passato, ma si trovano nel
clima e nei bisogni ideologici delle classi politiche, come è più evidente nel
lavoro dei revivalisti imperiali Johnson e Ferguson. Fornisce inoltre una nuova
prospettiva su rivoluzioni come quella inglese, americana, francese, russa e
quelle contro il colonialismo e l'imperialismo. Si discosta anche dalle
posizioni elogiative che la maggior parte delle biografie prende nell'analisi
di Gandhi e la nonviolenza. Losurdo volge la sua attenzione alla storia
politica della filosofia moderna tedesca da Kant a Marx e del dibattito che su
di essa si sviluppa in Germania nella seconda metà dell'Ottocento e nel
Novecento, per poi procedere a una rilettura della tradizione del liberalismo,
in particolare partendo dalla critica e dalle accuse di ipocrisia rivolte a Locke
per la sua partecipazione finanziaria alla tratta degli schiavi. Riprendendo ciò
che afferma Arendt in Le origini del totalitarismo, per Losurdo il vero peccato
originale del Novecento è nell'impero coloniale di fine Ottocento, dove per la
prima volta si manifesta il totalitarismo e l'universo concentrazionario.
Controversia degli storici Losurdo critica il concetto di totalitarismo,
sostenendo che fosse un concetto polisemico con origini nella teologia
cristiana e che applicarlo alla sfera politica richiedeva un'operazione di
schematismo astratto che utilizza elementi isolati della realtà storica
per collocare la Germania nazista e altri regimi fascisti e l'Unione Sovietica
e l'esperienza del socialismo reale e di altri Stati socialisti nello stesso
insieme, servendo così l'anticomunismo degli intellettuali della guerra fredda
piuttosto che riflettere la ricerca intellettuale. Forte critico
dell'equiparazione tra nazismo e comunismo (in particolare quello sovietico)
fatta da studiosi come Furet e Nolte, ma anche da Arendt ePopper, nonché del concetto
di «olocausto rosso», il suo Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, sollevò
un dibattito sulla figura di Iosif Stalin, sul quale a suo avviso peserebbe una
sorta di leggenda nera costruita per screditare tutto il comunismo. Porta
l'esempio che nel lager vi era volontà omicida esplicita in quanto l'ebreo che
vi entrava era destinato a non uscire più (vi è una despecificazione
naturalistica) mentre nel gulag no (si tratta di despecificazione
politico-morale) e nel primo venivano rinchiusi quelli che il nazismo chiamava
Untermensch («sottouomini») mentre nel secondo (in cui afferma finissero solo
una parte dei dissidenti), pur essendo una pratica da condannare, erano
rinchiusi dissidenti da rieducare e non da eliminare. Losurdo afferma che «il
detenuto nel Gulag è un potenziale compagno [la guardia stessa era tenuta a
chiamarlo in questo modo] e dopo l'inizio del biennio delle grandi purghe che
seguono l'assassinio di Kirov] è comunque un cittadino». Riprendendo anche
l'opinione di Levi (internato ad Auschwitz, secondo cui il lager era moralmente
più grave del gulag) e contro Solženicyn (internato in Siberia e che affermava
l'equiparazione della volontà sterminazionistica),sostiene che pur essendo
grave che un Paese socialista nato per abolire lo sfruttamento usi sistemi
imperialisti e capitalisti, il gulag sia analogo a molti campi di
concentramento occidentali (i cui governi hanno sostenuto e sostengono di
essere paladini della libertà), che per certi versi furono anche più affini al
lager in quanto campo di sterminio e non di rieducazione, riprendendo la storia
del genocidio indiano. Egli sostiene anche che i campi di concentramento e le
colonie penali britanniche erano peggio di qualsiasi gulag, accusando anche politici
come Winston Churchill e Harry Truman di essere autori di crimini di
guerra e contro l'umanità pari (se non peggiori) di quelli che sono stati poi
attribuiti a Stalin. Losurdo ritiene inoltre che i comunisti soffrano di
autofobia, cioè paura di se stessi e della propria storia, problema patologico
che va affrontato, a differenza dell'autocritica sana. Despecificazione
politico-morale e despecificazione naturalistica La despecificazione è
l'esclusione di un individuo o di un gruppo dalla comunità dei civili. Esistono
due tipi di despecificazione: La despecificazione politico-morale (in
questo caso l'esclusione è dovuta a fattori politici o morali). La
despecificazione naturalistica (in questo caso l'esclusione è dovuta a fattori
biologici). Per Losurdo la despecificazione naturalistica è qualitativamente
peggiore rispetto a quella politico-morale. Infatti mentre quest'ultima offre
almeno una via di scampo mediante il cambio di ideologia, questo non è
possibile nel caso in cui sia in atto una despecificazione naturalistica, che è
irreversibile in quanto rimanda a fattori biologici che sono di per sé
immodificabili. A differenza di altri pensatori ritiene quindi che l'olocausto
degli ebrei non è incomparabile ed è quindi disposto ad ammettere in questo
caso una tragica peculiarità. La comparatistica che Losurdo offre a proposito
non vuole essere una relativizzazione o uno sminuire, ma semplicemente
considerare l'olocausto degli ebrei come incomparabile significa perdere la
prospettiva storica e dimenticarsi dell'olocausto nero (l'olocausto dei neri) o
dell'olocausto americano (l'olocausto dei nativi indiani d'America ottenuto
negli Stati Uniti mediante la continua deportazione sempre più a ovest e la
diffusione ad arte del vaiolo), oltre ad altri stermini di massa come il
genocidio armeno. Polemiche riguardanti Stalin Una recensione effettuata
nell'aprile del 2009 da Guido Liguori su Liberazione (organo ufficiale del
Partito della Rifondazione Comunista) di Stalin. Storia e critica di una
leggenda nera, libro in cui Losurdo critica la demonizzazione di Stalin
effettuata dalla storiografia maggioritaria e cerca di sottrarlo a quella che
definisce «la leggenda nera su di lui», è al centro di una polemica all'interno
della redazione del suddetto quotidiano. Venti redattori inviano una lettera di
protesta al direttore del giornale in cui si critica sia il tentativo di
riabilitazione di Stalin presente nel libro di Losurdo sia la recensione di
Liguori (giudicata troppo positiva nei confronti del libro), oltre che la scelta
del direttore del giornale di pubblicare tale recensione. Il libro riceve delle
recensioni critiche per le sue affermazioni e per la metodologia di lavoro
utilizzata.I critici di Losurdo lo accusano di essere un «neostalinista». Grover
Furr, autore di Krusciov mentì e descritto come un «revisionista storico», un
«revisionista in una ricerca lunga una carriera per scagionare Stalin» e un
«prezioso contributo alla scuola revisionista storica degli studi sovietici e
comunisti», elogia il lavoro di Losurdo, in particolare quello su Stalin, iniziando
un'amicizia reciproca. Nel introduce
Furr a un editore italiano che pubblica la traduzione italiana di Khruschev
mentì, per cui scrive l'introduzione. Aveva già scritto l'introduzione e il
retrocopertina del libro di Furr sull'assassinio di Sergej Mironovič Kirov che
rimane inedito. Negli estratti di un convegno organizzato per rivalutare la
figura di Stalin a cinquant'anni dalla morte critica le rivelazioni
contenute nel rapporto segreto di Nikita Sergeevič Chruščёv, l'allora
segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica. Secondo
Losurdo la cattiva fama di Stalin deriverebbe non dai crimini commessi da
quest'ultimo (paragod altri del suo tempo), ma dalle falsità presenti in quel
rapporto che Chruščёv lesse nel corso del XX Congresso del febbraio 1956. Nella
relazione al convegno dà credito a una delle accuse principali che stavano alla
base della sanguinosa repressione staliniana contro gli oppositori, ovvero
l'esistenza nell'Unione Sovietica della «realtà corposa della quinta colonna»
pronta ad allearsi col nemico. Losurdo ribadisce di non voler riabilitare
Stalin, seppur calato nella sua epoca, volendo presentare solo un'analisi dei
fatti più neutrale e attuare un revisionismo sull'esperienza generale del
socialismo reale ritenuta passata, ma utile da studiare per capire le dinamiche
future del socialismo. Losurdo apparteneva alla corrente del
marxismo-leninismo, ma ammirava anche l'interpretazione che Mao Zedong diede
della pluralità della lotta di classe, da collocare nel contesto
dell'attenzione che rivolge al processo di emancipazione femminile e dei popoli
colonizzati. Vicino prima al Partito Comunista Italiano, poi al Partito della
Rifondazione Comunista e infine al Partito dei Comunisti Italiani, confluito
nel Partito Comunista d'Italia () e nel Partito Comunista Italiano (), di cui è
stato membro, fu anche direttore dell'associazione politico-culturale Marx XXI.
Critico del liberalismo, della NATO e dell'imperialismo, in particolare quello
statunitense, Losurdo contestò l'assegnazione del Premio Nobel per la pace a Xiaobo,
considerato un sostenitore aperto del colonialismo occidentale, in particolare
per la sua idealizzazione del mondo occidentale e per aver affermato che ci
sarebbe bisogno di «300 anni di colonialismo. In 100 anni di colonialismo Hong
Kong è cambiata fino a diventare ciò che è oggi. Data la grandezza della Cina,
ovviamente ci vorrebbero 300 anni per trasformarla in quello che Hong Kong è
oggi. E ho dei dubbi che 300 anni siano abbastanza». Opere:“Auto-censura e
compromesso in Kant, Napoli, Bibliopolis, “Hegel. Questione nazionale,
restaurazione. Presupposti e sviluppi di una battaglia politica, Urbino,
Università degli Studi, “Tra Hegel e Bismarck. La rivoluzione e la crisi della
cultura tedesca”Roma, Editori Riuniti, Lukacs e con Salvucci e Sichirollo, Urbino, Quattro
venti, Marx e i suoi critici, e con Cazzaniga e Sichirollo, Urbino, Quattro
venti, La catastrofe della Germania e l'immagine di Hegel, Milano, Guerini, Metamorfosi
del moderno.Urbino, Quattro venti, Hegel, Marx e la tradizione liberale.
Libertà, uguaglianza, Stato, Roma, Editori Riuniti,Tramonto dell'Occidente?
Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e
dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica, e con Gian Mario Cazzaniga e
Livio Sichirollo, Urbino, Quattro venti, Antropologia, prassi, emancipazione.
Problemi del marxismo, e Urbino, Quattro venti, Égalité-inégalité. Atti del
Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e dalla
Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica, Urbino, Quattro venti, Prassi.
Come orientarsi nel mondo. Atti del convegno organizzato dall'Istituto Italiano
per gli Studi filosofici e dalla Biblioteca Comunale di Cattolica e con Gian Mario Cazzaniga e Livio Sichirollo,
Urbino, Quattro venti, La comunità, la morte, l'Occidente. Heidegger e
l'ideologia della guerra, Torino, Bollati Boringhieri, Massa folla individuo.
Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e
dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica, e con Burgio e Cazzaniga, Urbino, Quattro
venti, Hegel e la libertà dei moderni, Roma, Editori Riuniti, Napoli, La scuola
di Pitagora, . Rivoluzione francese e filosofia classica tedesca, a cura di,
Urbino, Quattro venti Democrazia o bonapartismo. Trionfo e decadenza del
suffragio universale, Torino, Bollati Boringhieri, Marx e il bilancio storico
del Novecento, Gaeta, Bibliotheca, Napoli, La scuola di Pitagora, Gramsci e
l'Italia. Atti del Convegno internazionale di Urbino, Napoli, La città del
sole, La seconda Repubblica. Liberismo, federalismo, postfascismo, Torino,
Bollati BoringhieriAutore, attore, autorità, e con Alberto Burgio, Urbino,
Quattro venti, Il revisionismo storico. Problemi e miti, Roma-Bari, Laterza, Utopia
e stato d'eccezione. Sull'esperienza storica del socialismo reale, Napoli,
Laboratorio politico, Ascesa e declino delle repubbliche, e con Maurizio
Viroli, Urbino, Quattro venti, Lenin e il Novecento. Atti del Convegno
internazionale di Urbino, e con Ruggero Giacomini, Napoli, La città del sole, Metafisica.
Il mondo Nascosto, con Roma-Bari, Laterza, Gramsci dal liberalismo al
«Comunismo critico», Roma, Gamberetti, Dai fratelli Spaventa a Gramsci. Per una
storia politico-sociale della fortuna di Hegel in Italia, Napoli, La città del
sole, Hegel e la Germania. Filosofia e questione nazionale tra rivoluzione e
reazione, Milano, Guerini, Nietzsche. Per una biografia politica, Roma, Manifesto
libri, Il peccato originale del Novecento, Roma-Bari, Laterza, Dal Medio
Oriente ai Balcani. L'alba di sangue del secolo americano, Napoli, La città del
sole, Fondamentalismi. Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per
gli studi filosofici e dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica e con
Alberto Burgio, Urbino, Quattro venti, URSS: bilancio di un'esperienza. Atti
del Convegno italo-russo. Urbino, e con Ruggero Giacomini, Urbino, Quattro
venti, L'ebreo, il nero e l'indio nella storia dell'Occidente, Urbino, Quattro
venti, Fuga dalla storia? Il movimento comunista tra autocritica e autofobia,
Napoli, La città del sole, poi Fuga dalla storia? La rivoluzione russa e la
rivoluzione cinese oggi, La sinistra, la Cina e l'imperialismo, Napoli, La
città del sole, Universalismo e etnocentrismo nella storia dell'Occidente,
Urbino, Quattro venti, La comunità, la morte, l'Occidente. Heidegger e
l'«ideologia della guerra», Torino, Bollati Boringhieri, Nietzsche, il ribelle aristocratico. Biografia
intellettuale e bilancio critico, Torino, Bollati Boringhieri, Cinquant'anni di
storia della repubblica popolare cinese. Un incontro di culture tra Oriente e
Occidente. Atti del Convegno di Urbino, Napoli, La città del sole, Dalla teoria
della dittatura del proletariato al gulag?, iMarx e Engels, Manifesto del
partito comunista, traduzione e introduzione di Domenico Losurdo, Editori
Laterza, Bari, Controstoria del liberalismo, Roma-Bari, Laterza, La tradizione
filosofica napoletana e l'Istituto italiano per gli studi filosofici, Napoli, nella
sede dell'Istituto, Autocensura e compromesso nel pensiero politico di Kant,
Napoli, Bibliopolis, Legittimità e critica del moderno. Sul marxismo di Antonio
Gramsci, Napoli, La città del sole, Il linguaggio dell'Impero. Lessico
dell'ideologia americana, Roma-Bari, Laterza,Stalin. Storia e critica di una
leggenda nera, Roma, Carocci, Paradigmi e fatti normativi. Tra etica, diritto e
politica, con altri, Perugia, Morlacchi, La non-violenza. Una storia fuori dal
mito, Roma-Bari, Laterza, La lotta di classe. Una storia politica e filosofica,
Roma-Bari, Laterza, La sinistra assente. Crisi, società dello spettacolo,
guerra, Carocci, . Un mondo senza guerre. L'idea di pace dalle promesse del
passato alle tragedie del presente, Carocci . Il marxismo occidentale. Come
nacque, come morì, come può rinascere, Laterza . Note
PCI Ancona: cordoglio per la scomparsa del Compagno Losurdo , su il partito
comuista italiano, Angelo d'Orsi, Scienza e militanza. Un ricordo, MicroMega, Cordoglio
per la scomparsa di Domenico Losurdo , su Il Metauro, Verso, Il linguaggio
dell'Impero. Lessico dell'ideologia americana, Roma-Bari, Laterza. Il filosofo
marxista controcorrente. Un marxista eterodosso. Autocensura e compromesso in Kant,
Napoli, Bibliopolis, Hegel e la libertà dei moderni, Roma, Editori Riuniti, Napoli,
La scuola di Pitagora, Losurdo, Lukacs nel centenario della nascita, e con
Pasquale Salvucci e Livio Sichirollo, Urbino, Quattro venti, Domenico Losurdo,
Dai fratelli Spaventa a Gramsci. Per una storia politico-sociale della fortuna
di Hegel in Italia, Napoli, La città del sole, Nietzsche. Il ribelle
aristocratico. Domenico Losurdo, La
comunità, la morte, l'Occidente. Heidegger e l'«ideologia della guerra».Controstoria
del liberalismo, Laterza, Losurdo, Revisionismo storico. Domenico Losurdo, Peccato originale del
Novecento. Domenico Losurdo, La
non-violenza. Una storia fuori dal mito.
La non-violenza. Una storia fuori dal mito , su L'Ernesto, Associazione
Marx, Losurdo, Dalla teoria della dittatura del proletariato al gulag?, in Marx, FEngels, Manifesto del partito
comunista, traduzione e introduzione di Losurdo, Editori Laterza, Bari David
Broder. Domenico Losurdo, Jacobin. 2Stalin. Storia e critica di una leggenda
nera. a b Domenico Losurdo, URSS:
bilancio di un'esperienza. Atti del Convegno italo-russo. Urbino, con Ruggero
Giacomini, Urbino, Quattro venti, Popper falso profeta158, in: , Contro Popper,
Armando Editore, B. Lai e L. Albanese.
Domenico Losurdo, Fuga dalla storia? Il movimento comunista tra
autocritica e autofobia. Maurizio
Brignoli, Losurdo, Domenico, Il linguaggio dell'impero. Lessico dell'ideologia,
Lettere su Stalin Niccolò Pianciola,
Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, con un saggio di Luciano Canfora
, su sissco.Valerio Evangelisti, Domenico Losurdo: Stalin. Storia e critica di
una leggenda nera . Andrea Romano,
Losurdo, Canfora e lo stalinismo che non fa male [collegamento
interrotto], su andrearomano.ilcannocchiale. In Memoriam, La Città del Sole, Stalin
nella storia del Novecento, Ruggero Giacomini, Teti Editore, "Una teoria
generale del conflitto sociale" , 25 giugno . Intervento al 6º Congresso Nazionale del PdCI
. Blogger. Il Consiglio Direttivo
dell'associazione Marx Il «Nobel per la
pace» a un campione del colonialismo e della guerra, il cavallo oscuro della
letteratura»), Open Magazine, Open Magazine, 19 dicembre 2006. Hannah Arendt Controstoria del liberalismo
Antonio Gramsci Genocidio indiano Grandi purghe Martin Heidegger Karl Marx Friedrich
Nietzsche Olocausto Josif Stalin Università degli Studi di Urbino "Carlo
Bo" Altri progetti Citazionio su Domenico Losurdo Blog di Domenico Losurdo , su
domenicolosurdo.blogspot.com. Intervista a Domenico Losurdo sul RAI Filosofia , su filosofia.rai. Intervist RTV
Svizzera , su youtube.com. Domenico Losurdo. Refs.: Luigi Speranza, "Grice, Losurdo, e Nietzsche, ribelle
aristocratico," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library,
Villa Grice, Liguria, Italia.
LOTTIERI.
(Brescia). Filosofo. Grice:
“I like Lottieri; he has quoted Hobbes and Hume and Gauthier from a
game-theoretical approach to co-operation, conversational and other – all very
Griceian, if I may mayself so say it!” Allievo di Caracciolo,
studia a Genova, Ginevra e Parigi, su la filosofia di Mosca. Insegna a Siena e
Verona. Da vita all'Istituto Bruno Leoni, un istituto che si ispira alla tradizione
intellettuale di Einaudi e Ricossa, e di cui egli è direttore del dipartimento
Teoria Politica. Cura Leoni. La filosofia di Lottieri si sviluppa all'interno
del liberalismo classico e, grazie allo studio degli autori elitisti, si
delinea quale critica del sistema di dominio iscritto nei regimi democratici
rappresentativi. Mostra l'adesione a tale prospettiva, che rapidamente evolve
grazie al contatto con il libertarianismo. Il libertarianismo di Lottieri metta
in discussione "la psicologia regolamentativa e anti-innovativa del
burocrate", avverso a ogni forma di rischio e cambiamento. Il saggio
sul libertarismo evidenzia l'adesione ai temi classici del pensiero liberale
lockiano e giusnaturalista (difesa della proprietà, del mercato, dell'auto-nomia
negoziale), ma anche il maturare di questioni che sono invece tutte interne al
realismo politico: specie nel confronto con Schmitt, Brunner e Miglio.
Mentre il testo sul rapporto tra economia di mercato e ordine sociale/comunitario
(Denaro e comunità) è una critica della sociologia, a cui è rimproverato di
avere frainteso la natura inter-personale della moneta e delle relazioni di
mercato, il saggio su Leone muove dal pensatore torinese per delineare una
filosofia libertaria anche oltre la lettera stessa dell'autore di Freedom and
the Law. In particolare, in questa fase della riflessione Leoni viene
individuato come uno studioso in grado di dare una maggiore consapevolezza
filosofico-giuridica alla teoria libertaria, fino ad ora elaborata per lo più
da economisti e teorici politici. “Denaro e comunità: relazioni di
mercato e ordinamenti giuridici nella società liberale,” Napoli, Guida Editori,
“Il pensiero libertario contemporaneo. Tesi e controversie sulla filosofia, sul
diritto e sul mercato, Macerata, Liberilibri, “Le ragioni del diritto: libertà
individuale e ordine giuridico nel pensiero di Leoni,”Treviglio Soveria Mannelli,
Facco Rubbettino Editore, “Come il federalismo fiscale può salvare il
Mezzogiorno, Soveria Mannelli, Rubbettino, “Credere nello Stato? Teologia
politica e dissimulazione da Filippo il Bello a WikiLeaks, Soveria Mannelli,
Rubbettino, “ Liberali e non: (cf. Griceiani e non.) percorsi di storia del
pensiero politico, Brescia, La Scuola,
Guglielmo Ferrero in Svizzera. Legittimità, libertà e potere, Roma,
Studium, Un'idea elvetica di libertà.
Nella crisi della modernità europea, Brescia, La Scuola, “Beni comuni, diritti individuali e ordine
evolutivo,”Torino, IBL. Nella filosofia di Lottieri sull'unificazione europea,
in particolare, è cruciale l'opposizione tra l'armonizzazione spontanea
emergente dal basso e l'unificazione coercitiva. Lottieri identifica quattro
superstizioni o quattro credenze erronee che sotto alla base dei tentativi di
creare un nuovo stato chiamato ‘Europa'. Primo, l'idea che la libertà
individuale e il poli-centrismo giuridico causino tensioni e, in definitiva,
conflitti; Secondo, che il mercato derivi dall'ordine giuridico creato dallo
Stato; Terzo, che l'esistenza di una distinta identità europea esiga la
costruzione di un singolo Stato continentale; e quarto, che un'Europa unificata
sarebbe più armoniosa e meglio in grado di sostenere lo sviluppo delle sue
componenti più povere. Individuato come uno degli esponenti di un liberalismo
particolarmente radicale e volto a proporre una sorta di fuga dallo Stato:
Dario Fertlio, "Libertari 2001: la grande fuga dallo Stato, Corriere della
Sera. Una disamina molto critica al limite dell'insulto personale di tale
liberalismo libertarian si ha nella recensione che Vitale dedica al volume su
Rothbard scritto a quattro mani da Lottieri assieme a Enrico Diciotti (basato
su un confronto assai franco tra prospettive molto diverse): una recensione
che, rivolgendosi al solo Diciotti, si chiudeva con l'invito per il futuro “ad
occuparsi di un autore più interessante con un autore più interessante”
(Ermanno Vitale, “Rothbard, un Trasimaco piccolo piccolo. E una modestissima
proposta”, Teoria politica). Piero Vernaglione, Il libertarismo. La teoria, gli
autori, le politiche, Soveria Mannelli, Rubbettino. Un riferimento garbatamente
polemico alle posizioni giusnaturaliste di Lottieri si trova in Dario Antiseri
(Laicità. Le sue radici, le sue ragioni, Rubbettino). La stessa
contrapposizione è al fondo di una discussione tra i due riguardante proprio i
contenuti di quel volume://blog.centrodietica/?p=2005. Questo libro di Lottieri rappresenta
"una presentazione completa e approfondita del pensiero libertario nelle
sue diverse varianti, mentre si evidenzia anche un approccio libertario ai
problemi ecologici. Ce sono riserve nei riguardi delle tesi libertarie e
dell'ispirazione "anarchica" della teoria del diritto di Lottieri. Nella
sua monografia su Leoni (L'ordine giuridico dei privati, Soveria Mannelli,
Rubbettino) pure Grondona sviluppa alcune critiche nei riguardi
dell'interpretazione dello studioso torinese offerta da Lottieri, mentre in
maggiore sintonia con le sue posizioni si trova Andrea Favaro (Bruno Leoni.
Dell'irrazionalità della legge per la spontaneità dell'ordinamento, Napoli,
Edizioni Scientifiche Italiane). Lottieri mostra che, contrariamente a
un'opinione diffusa, le distanze fra la concezione del diritto di Leoni e
quella di Hayek sono notevoli. In ogni caso non fu Hayek a influenzare Leoni ma
il secondo a influenzare, almeno in parte, il primo. Per un'equilibrata analisi del volume si
veda: Mauro Grondona, "Recensione a Carlo Lottieri, Le ragioni del diritto",
Nuova Giurisprudenza Ligure. Carlo Lottieri.
LUCA.
(Marostica). Filosofo. Grice: “Luca
expands on Alcibiades – I have touched the topic of Alcibiade when discussing
eudaemonia, as literally having to do with the eudaemon – and the expression
occurs in connection with Socrate/Alcibiade -- Grice: “One good thing about
Luca is that if my philosophy revolves around ‘reason,’ his does it around
‘eros’!” -- Frequenta il Liceo Ginnasio G.B. Brocchi di Bassano del Grappa. Si
laurea a Firenze, con la tesi, “Platone e il problema del linguaggio” con
relatore Adorno. È stato incentrato
inizialmente sulla tematica dell’’amore’ nella tradizione greco-romana del
Convitto e Fedro. Mmantenuto però una costante apertura al ‘mythos’ di Omero, nella
convinzione che per quanto differenti possano essere i costumi o gli statuti
sociali, rimane un elemento per così dire “originario”, intrinsecamente umano,
nell’approccio con il desiderio, l’amore, l’amicizia, la sessualità. In Labirinti
dell’Eros, pur sviluppandosi la tematica all'interno di un arco di tempo
definito, l’intento non è quello di affrontare l’argomento nella sua unita
longitudinale ma di esprimere, senza costrizioni di un “per-corso pre-figurato”
una distinzione logico concettuale, attraverso la quale conseguire, almeno, un
punto fermo nell'amatoria. Riguarda anche lo sviluppo della tradizione
pitagorico-platonica, sia nelle sue caratteristiche peculiari ed in rapporto
alla metafisica, sia nell'accezione più ampia rispetto all'esigenza di dare conto
"dei fenomeni" o sensibilia. Si orientata alla tarda produzione
platonica e al pitagorismo di seconda generazione, che vengono analizzati anche
attraverso la cosmologia. Opere: Platone, Simposio, La Nuova Italia, Firenze, Platone,
Fedro, La Nuova Italia, Firenze, Eros & Epos: il lessico d'amore nei poemi
omerici, L’amatoria, L.S. Gruppo editoriale, Quarto Inferiore (BO) Platone e la
sapienza antica. Matematica, filosofia e armonia, Marsilio Editori, Venezia, Labirinti
dell’Eros. Da Omero a Platone, con un saggio, Marsilio Editori, Venezia.
Roberto Luca. Luigi Speranza, “Grice e Luca: amatoria conversazionale: la
massima dell’amore proprio conversazionale e la massima dell’amore all’altro.
LUCREZIO. (Pompei). Filosofo. Grice:
“By far the most important concept in Lucrezio’s philosoophy is that of
clinamen that Strawson translates as the ‘swerve.’ It was saved from extinction
by an Italian – as the novel tells you!” Grice: “While Strawson reads it in
Latin, I prefer the version in the vulgar!” – Grice: “And by the vulgar I mean
Marchetti!” Grice: “It’s amazing how well Marchetti interprets Lucezio – there
is a little treatise on Epicureanism in the Lucrezio by Marchetti which is
interesting. A real continuity in Italian philosophy!” -- possibly the most
important Italian philosopher. Seguace dell'epicureismo. Della sua vita ci
è ignoto quasi tutto: egli non compare mai sulla scena politica romana, né
sembra esistere negli scritti dei contemporanei, in cui non viene mai citato,
eccezion fatta per la lettera di Cicerone ad Quintum fratrem II 9, contenuta
nella sezione Ad familiares, in cui il celebre oratore accenna all'edizione,
forse postuma, del poema di Lucrezio, che egli starebbe curando. Ma in
scrittori romani successivi egli viene spesso citato: ne parlano Seneca,
Frontone, Marco Aurelio, Quintiliano, Ovidio, Vitruvio, Plinio il Vecchio,
senza tuttavia fornire nuove informazioni sulla vita. Questo però dimostra che
non si tratta di un personaggio inventato. Un'altra fonte che lo cita è
San Girolamo nel suo Chronicon o Temporum liber, di cinque secoli dopo, in cui,
ispirandosi ad alcuni dubbi passi di Svetonio, ci dice che sarebbe nato morto suicida. Tale dato non concorda
tuttavia con quanto affermato da Elio Donato, maestro di Girolamo stesso,
secondo il quale Lucrezio sarebbe morto quando indossò la toga virile,
nell'anno in cui erano consoli per la seconda volta Crasso e Pompeo. Questo
dato ha fatto propendere a credere che Lucrezio mori nel 55 a.C., all'età di quarantatré anni.
Queste vengono comunemente considerate le uniche notizie biografiche tramandate
direttamente dall'antichità. Ignoto risulta anche il luogo di nascita,
che tuttavia taluni hanno creduto essere Ercolano, per la presenza di un
Giardino Epicureo in quest'ultima città, in particolare, dall'analisi di
numerose epigrafi risalenti all'epoca dell'autore latino, risulta evidente
un'ingente presenza del cognome Carus nell'antico territorio campano, secondo
la critica recente la suddetta indagine prova fermamente (nei limiti del
probabile) le origini campane di Lucrezio. Neppure la sua militanza politica
sembra essere ricostruibile: il desiderio di pace accennato prima non sembra
affatto ricordare il drammatico rancore dell'aristocratico, per altro solitamente
stoico, che vede sgretolarsi la Repubblica e la libertà, ma il desiderio
dell'"amico" epicureo, che vede nella pace e nel benessere di tutti
la possibilità di fare accoliti e viver serenamente. È tuttavia rilevante il
fatto che la sua opera De rerum natura sia dedicata a Memmio, fine letterato e
appassionato di cultura greca, ma anche e soprattutto membro di spicco degli
optimates. Tale era, del resto, il suo desiderio di pace da auspicare
alla fine del proemio della sua opera una "placida pace" per i
Romani. Questo anelito così forte alla pace è peraltro riscontrabile non solo
in Lucrezio, ma anche in Catullo, Sallustio, Cicerone, Catone l'Uticense e
perfino in Cesare: esso rappresenta il desiderio di un'intera società dilaniata
da un secolo di guerre civili e lotte intestine. La scarsità delle fonti
sulla sua vita ha portato molti a interrogarsi persino sulla stessa esistenza
del filosofo, a volte considerato solo uno pseudonimo sotto il quale si celava
un anonimo filosofo per alcuni un amico epicureo di Cicerone, Tito Pomponio
Attico, che si suicidò, o persino lo stesso Cicerone. Secondo lo storico
Luciano Canfora, è possibile ricostruire una scarna biografia di Lucrezio:
nacque ad Ercolano, dove aveva una villa la famiglia nobiliare di un possibile
parente, Marco Lucrezio Frontone) appartenente quasi sicuramente all'antica
famiglia nobile dei Lucretii (qualcuno ne fa invece un liberto della stessa
famiglia). Studiò l'epicureismo proprio ad Ercolano, dove si trovava un centro
della "filosofia del giardino", diretta da Filodemo di Gadara, allora ospite nella villa
di Lucio Calpurnio Pisone, il ricco suocero di Cesare (la cosiddetta "villa
dei papiri"). Avrebbe sofferto di sbalzi d'umore, chiamati oggi
disturbo bipolare, ma non sarebbe stato pazzo, ma di questo umore alterno
risentì il suo lavoro. In disaccordo con le guerre civili, avrebbe lasciato
Roma e non sarebbe morto suicida ma avrebbe viaggiato ad Atene, nei luoghi del
maestro Epicuro, e oltre, essendo forse il suo nome conosciuto da Diogene di
Enoanda, quindi quasi in Asia minore, nelle cui famose incisioni sotto il
portico della sua casa si ricorda un certo "Caro" (nome poco
diffuso), romano, e sapiente epicureo. Non si sa se il poema fosse
diffuso nell'oriente, quindi è possibile che Lucrezio si fosse davvero recato
in Grecia. Lucrezio, spinto da una delusione d'amore, si sarebbe allontanato
lasciando incompiuto il suo poema, affidato forse a Cicerone stesso (che
difatti non parla effettivamente di suicidio ma afferma: «Lucretii poemata, ut
scribis, ita sunt: multis luminibus ingenii, multae tamen artis» ("le
poesie di Lucrezio, come tu mi scrivi, sono dotate di molti lumi di talento, e
tuttavia di molta arte"), ma, forse, senza impazzire e morire (che fosse
suicidandosi o perché assassinato), esagerazione della fonte di Girolamo o di
qualche altro avversario di Lucrezio, e sarebbe stato forse volutamente confuso
dallo stesso Girolamo con Lucullo, onde screditare l'epicureismo. Il
destinatario dell'opera, Gaio Memmio, caduto in disgrazia ed espulso dal Senato
per condotta immorale, andò ad Atene, causando una nuova delusione a Lucrezio,
che, tornato a Roma, sarebbe morto. La
notizia di un "filtro d'amore" velenoso somministratogli da una donna
di facili costumi, amante gelosa di Lucrezio, viene riportata anche da Svetonio
nei confronti di Caligola e della moglie Milonia Cesonia; in questo caso è
apparsa una semplice diceria, e, data l'ispirazione svetoniana (dal perduto De
poetis) del passo di Girolamo su Lucrezio, anche lì sembra essere una spiegazione
semplicistica, dovuta alla poca conoscenza dei disturbi psichici che si aveva
all'epoca (anche per Caligola si parlò, difatti, come per Lucrezio, di
epilessia e malattie fisiche misteriose che l'avrebbero fatto impazzire
improvvisamente, come, nel caso di studiosi moderni, l'avvelenamento da piombo,
oltre che dei detti "filtri"). Se Lucrezio soffrì di un disagio
psichico, che lo avrebbe spinto a cercare sollievo nella filosofia, non fu a
causa di un veleno, e se il suicidio ci fu (il che potrebbe spiegare
l'abbandono improvviso del poema), la causa potrebbe essere stata di natura
politica — come sarà più tardi il caso di Catone Uticense —, ovverosia la
rovina del suo protettore Memmio e della sua cerchia culturale. Virgilio, che
lo rispettava anche se era passato dall'epicureismo, abbracciato in gioventù,
alle teorie pitagoriche, parla di lui nelle Georgiche e nelle Bucoliche,
definendolo "felix" (ossia "prediletto dalla dea Fortuna") e
non "folle". Secondo Guido Della Valle, la V ecloga, che parla della
morte di un personaggio chiamato Dafni (a volte identificato con Cesare, a
volte con Flacco, il fratello di Virgilio), potrebbe riferirsi invece alla
morte dello stesso Lucrezio, definita "immatura e innaturale", cioè
avvenuta per cause traumatiche. Il movente politico e morale del gesto potrebbe
essere la causa del silenzio attorno ad esso e del fiorire di aneddoti per
giustificarlo, dato che non si poteva cancellare la grandezza filosofica di
Lucrezio, con una sorta di damnatio memoriae di solito riservata ai nemici
politici. Essi erano spesso vittime delle liste di proscrizione dei
vincitori, come quella di Marco Antonio che colpirà Cicerone, e molti si
toglievano la vita, in quanto morte onorevole per i costumi romani; Virgilio e
Orazio, estimatori di Lucrezio, facevano parte della corte di Augusto, e
dovevano quindi allinearsi alla linea culturale dettata dall'imperatore,
assertore dell'antica moralità e diffusore della leggenda di Cesare (per cui
venivano cancellate le espressioni scomode di dissenso), e dal suo amico
Mecenate, in cui l'epicureismo, se non sfumato come in Orazio appuntocosì come
ogni opera che non fosse celebrativa del princeps e della grandezza di Roma non
trovava spazio, per cui Lucrezio verrà ricordato solo come grande poeta,
tralasciandone l'aspetto filosofico. Secondo Della Valle, quindi,
Lucrezio si sarebbe tolto la vita come gesto di protesta contro la classe
politica in ascesa, o perché condannato a morte da essa. Lucrezio, per il
periodo in cui è vissuto, personaggio scomodo: gli ideali epicurei di cui era
profondamente intriso corrodevano le basi del potere di una Roma alla vigilia
della congiura di Catilina. In un'epoca di tensioni repubblicane, infatti,
isolarsi dalla realtà politica nell'hortus epicureo significa sottrarsi ai
negotia politici e uscire di conseguenza anche dalla sfera d'influenza del
potere. Le più forti correnti stoiche, ostili all'epicureismo, avevano permeato
la classe dirigente romana in quanto più conformi alla tradizione guerriera
dell'Urbe. L'epicureismo era invece presente anche attraverso il citato
Filodemo e altri in Campania, dove Virgilio avrebbe approfondito la sua
conoscenza dell'epicureismo. Orazio non lo nomina, ma è evidente che lo
conosce, e ideologicamente gli è più vicino di altri. La natura poetica del De
rerum natura fa sì che Lucrezio col suo pessimismo esistenziale avanzi profezie
apocalittiche, visioni quasi allucinate, critiche e ambigue espressioni (Grice),
che accompagnano il poema. Alcuni teologi come San Girolamo ed altri, hanno
dato di lui l'immagine di un ateo psicotico in preda alle forze del male.
Appoggiandosi alla psicoanalisi qualcuno ha sostenuto che in certi bruschi
cambiamenti di immagine e di pensiero ci fossero i sintomi di una pazzia
delirante o di problemi di ordine psichico. In realtà l'ipotizzata pazzia di
Lucrezio appare oggi più plausibilmente un tentativo di mistificazione per
screditare il poeta, così come la presunta morte per suicidio sarebbe stato
l'esito di un modo di pensare perverso, che travia chi lo segue. L'ipotesi
dell'epilessia poi, viene avanzata sulla base dell'arcaica credenza che il
poeta fosse sempre un invasato; elemento quest'ultimo da collegare alla
credenza che gli epilettici fossero sacri ad Apollo e da lui ispirati nelle
loro creazioni. Comunque altri scrittori cristiani come Arnobio e Lattanzio
affermarono che egli non fosse pazzo e che non si fosse ucciso. L'ipotesi della
follia e del suicidio attestata dal Chronicon di Girolamo si fondava su
illazioni di Svetonio, peraltro di difficile verifica. Potrebbe anche esserci
stata una confusione dovuta all'abbreviazione “Luc.,” impiegata
indifferentemente nei codici latini per indicare i nomi di Lucillius, Lucullus
e Lucretius. Plutarco scrisse infatti di un certo Licinio Lucullo, politico,
generale e cultore dei piaceri, che morì dopo essere impazzito a causa di un
filtro d'amore. L'errore di interpretazione dell'abbreviazione “Luc.” potrebbe
così aver permesso lo scambio dei due personaggi. A causa dell'impossibilità di
ricostruire i momenti salienti della sua vita, dunque, il progetto filosofico
che egli volle esprimere è ricostruibile interamente solo dalla sua opera,
considerata tra le più vigorose d'ogni età. Bisogna ora individuare le
motivazioni che spinsero Lucrezio a scrivere il De rerum natura, che
fondamentalmente sono due. La prima è una ragione etico-filosofica, in quanto
Lucrezio, affascinato dalla filosofia epicurea, desiderava invitare il lettore
alla pratica di tale filosofia, incitandolo a liberarsi dall'angoscia della
morte e degli dèi. La seconda motivazione invece è di carattere storico.
Lucrezio era conscio che la situazione politica a Roma peggiorasse di giorno in
giorno: Roma era quadro ormai di continui scontri bellici e conseguenti
dissidi; giustappunto egli, con un evidente positivismo, voleva incoraggiare il
cittadino-lettore romano a non perdere la fiducia verso un successivo miglioramento
della situazione. Lucrezio si proponeva di rivoluzionare il cammino di Roma,
riportandolo all'epicureismo che era stato declinato in favore dello stoicismo.
La prima cosa da distruggere era la convinzione provvidenzialistica stoica e
più propriamente romana[31]: non c'era un dovere romano di civilizzare
"l'orbe terrifero e de le acque", come farà dire Virgilio alla
Sibilla Cumana in un colloquio con Enea[32]; non c'è una ragione seminale
universale responsabile della vita nel cosmo, destinata a deflagrare per poi
ricominciare un nuovo, identico, ciclo esistenziale, come voleva la fisica
stoica, ma un mondo che non è unico nell'universo, peraltro infinito, essendo
uno dei tanti possibili. Non c'è quindi nessun fine provvidenziale di Roma,
essa è una Grande fra le Grandi, ed un giorno perirà nel suo tempo.[31] La
religione, considerata come Instrumentum regni, deve essere non distrutta, ma
integrata nel contesto del viver civile come utile ma falsa. Egli afferma fin
dal libro I del De rerum natura[33]: «Tanto male poté suggerire la
religione. Ma anche tu forse un giorno, vinto dai terribili detti dei vati,
forse cercherai di staccarti da noi. Davvero, infatti, quante favole sanno
inventare, tali da poter sconvolgere le norme della vita e turbare ogni tuo
benessere con vani timori! Giustamente, poiché se gli uomini vedessero la
sicura fine dei loro travagli, in qualche modo potrebbero contrastare le
superstizioni e insieme le minacce dei vati... Queste tenebre, dunque, e questo
terrore dell'animo occorre che non i raggi del sole né i dardi lucenti del
giorno disperdano, bensì la realtà naturale e la scienza... E perciò, quando
avremo veduto che nulla può nascere dal nulla, allora già più agevolmente di
qui potremo scoprire l'oggetto delle nostre ricerche, da cosa abbia vita ogni
essenza, e in qual modo ciascuna si compia senza opera alcuna di
dèi.[34]» Epicuro Lucrezio colpiva direttamente la credenza negli
dèi latini sostenendo che non c'è preghiera che schiuda le fauci di una
tempesta, giacché essa è regolata da leggi fisiche e gli dèi, seppur esistenti
e anche loro composti da atomi così sottili che ne assicurano l'immortalità,
non si curano del mondo né lo reggono; ma la religione deve essere inglobata
nella scoperta e nello studio della natura, che rasserena l'animo e fa
comprendere la vera natura delle cose: infatti l'unico principio divino che
regge il mondo è la Divina Voluptas, Venere: il piacere, la vita stessa intesa
come animazione regge l'universo, ed è l'unica cosa in grado di fermare lo
sfacelo che sta portando Roma alla fine: Marte, ovvero la Guerra.[31] Proprio per
questo, egli elogia Atene, creatrice di quegli intelletti più grandi che hanno
illuminato la natura e quindi l'uomo stesso, ed in ultima istanza Epicuro, sole
invitto della conoscenza rasserenatrice. Non solo, egli stesso si sente quasi
un poeta rasserenatore delle tempeste umane e proprio per questo si sente
profondamente affine ai poeti delle origini, il cui luogo principe è in
Empedocle (secondo infatti per elogi solo a Epicuro) ma con una sola grande
differenza: egli non è portatore di una verità divina fra le umane genti, ma di
una verità affatto umana, universale e per tutti, che attecchirà ben presto per
la salvezza di Roma.[31] Epicuro è comunque, per Lucrezio, il più grande uomo
mai esistito, come risulta dai tre inni a lui dedicati (chiamati anche
"trionfi" o "elogi"): «E dunque trionfò la vivida
forza del suo animo. E si spinse lontano, oltre le mura fiammeggianti del
mondo. E percorse con il cuore e la mente l'immenso universo, da cui riporta a
noi vittorioso quel che può nascere, quel che non può, e infine per quale
ragione ogni cosa ha un potere definito e un termine profondamente connaturato.
Perciò a sua volta abbattuta sotto i piedi la religione è calpestata, mentre la
vittoria ci eguaglia al cielo.[35]» Il De rerum natura Magnifying glass
icon mgx2.svg De rerum natura. De rerum natura, 1570 È un poema
didascalico in esametri, di genere scientifico-filosofico, suddiviso in sei
libri (raccolti in diadi), comprendente un totale di 7415 versi, che illustrano
fenomeni di dimensioni progressivamente più ampie: dagli atomi (I-II) si passa
al mondo umano (III-IV) per arrivare ai fenomeni cosmici (V-VI).[36] Riproduce
il modello prosastico e filosofico epicureo e la struttura del poema Περὶ
φύσεως di Empedocle (anche un'opera di Epicuro aveva il medesimo titolo).
Secondo i filologi vi sono corrispondenze e simmetrie interne che
corrisponderebbero ad un gusto alessandrino. L'opera infatti è suddivisa in tre
diadi, che hanno tutte un inizio solare ed una fine tragica. Ogni diade
contiene un inno ad Epicuro, mentre il secondo e il terzo libro (in
quest'ultimo è presente anche un'esposizione della sua estetica) si aprono
entrambi con un inno alla scienza.[36] Essendo un poema didascalico, ha
come modello Esiodo e quindi anche Empedocle, che aveva preso il modello
esiodeo come massimo strumento per l'insegnamento della filosofia. Altri
modelli potrebbero essere i poeti ellenistici Arato e Nicandro di Colofone, che
usavano il poema didascalico come sfoggio di erudizione letteraria.[37]
Il destinatario e i destinatari Il dedicatario dell'opera è la Memmi clara
propago (I 42), ovvero il rampollo della famiglia dei Memmi, che solitamente si
identifica con Gaio Memmio.[38] Più in generale, si può dire che il
destinatario che l'autore si prefigge di conquistare è il giovane aperto ad
ogni esperienza, che un giorno prenderà il posto dei politici e attuerà quella
rivoluzione propugnata con tanto fervore da Lucrezio.[38] Ma, almeno con
Memmio, egli fallì: da adulto divenne un dissoluto, fraintendendo il significato
di piacere catastematico epicureo, e fu allontanato dal Senato probri causa,
cioè per immoralità. Riparò quindi in Grecia, dove scrisse poesie licenziose e
dove ce lo menziona anche Cicerone (nelle Ad Familiares), intenzionato a
distruggere la casa e il giardino in cui proprio Epicuro risiedette, per
costruirsi un palazzo, suscitando lo sdegno degli epicurei che fecero istanza a
Cicerone stesso di intervenire per impedirglielo, senza che però Cicerone ci
riuscisse.[38] Lo stile In un simile progetto Lucrezio scelse di doversi
rifare ad un modello di stile arcaico, che vedeva in Livio Andronico, ma
soprattutto in Ennio e in Pacuvio i modelli emuli, per motivi fra loro quanto
meno vari: l'egestas linguae (povertà della lingua)[39], lo vede costretto a dover
arrangiare le lacune terminologiche e tecnicistiche con l'arcaismo, ancora che
proprio Lucrezio, insieme a Cicerone, sia uno dei fondatori del lessico
astratto e filosofico latino, e a colmare e ancor meglio comprendere l'oscurità
del filosofo con la mielosa luce della poesia.[39] Discendendo più in
profondità nelle anguste gole del poema, si notano anche altri problemi cui
dovette far fronte: primo fra tutti, come tradurre parole di pregnanza
filosofica in latino, che ancora non aveva termini confacenti. Finché poté,
egli evitò la semplice translitterazione (ad es. "Atomus" per Ατομος)
e preferì invece usare altri termini presenti già nella sua lingua magari
dandogli altra accezione oppure (come mostrato anche sopra) creando neologismi.
Ed è proprio grazie all'arcaismo che Lucrezio riesce a rendere possibile tutto
questo: infatti era proprio dello stile arcaico il neologismo
"munificenza" ed anche un certo uso (convulso a detta di antichi e
moderni) delle figure di suono quali allitterazioni, consonanze, assonanze e
omoteleuti.[39] Molto importante è anche il fatto che Lucrezio non si limitò a
trasmettere il messaggio di Epicuro con un arido scritto filosofico, ma lo fece
attraverso un poema che, a differenza del rigoroso linguaggio razionale della
filosofia, parla per squarci imaginifici.[39][40] Filosofia di Lucrezio
Magnifying glass icon mgx2.svg Epicuro
ed Epicureismo. Ontologia Sul piano teorico l'opera di Lucrezio si caratterizza
come una puntualizzazione di quella epicurea con alcune esplicazioni che nel
suo referente greco non erano abbastanza chiare. Il concetto di parenklisis che
Lucrezio tradurrà con clinamen mancava di definizione chiara. Nella Lettera ad
Erodoto Epicuro poneva infatti la parenklisis al § 43[41], ma poi al § 61
parlava piuttosto di una deviazione per urto[42]. Il celebre passaggio
del libro II del De rerum natura dice: «Perciò è sempre più necessario
che i corpi deviino un poco; ma non più del minimo, affinché non ci sembri di
poter immaginare movimenti obliqui che la manifesta realtà smentisce. Infatti è
evidente, a portata della nostra vista, che i corpi gravi in se stessi non
possono spostarsi di sghembo quando precipitano dall’alto, come è facile
constatare. Ma chi può scorgere che essi non compiono affatto alcuna deviazione
dalla linea retta del loro percorso?[43]» Lucrezio precisa poi
ulteriormente le modalità del clinamen aggiungendo: «Infine, se ogni moto
è legato sempre ad altri e quello nuovo sorge dal moto precedente in ordine
certo, se i germi primordiali con l’inclinarsi non determinano un qualche
inizio di movimento che infranga le leggi del fato così che da tempo infinito
causa non sussegua a causa, donde ha origine sulla terra per i viventi questo
libero arbitrio, donde proviene, io dico, codesta volontà indipendente dai
fati, in virtù della quale procediamo dove il piacere ci guida, e deviamo il
nostro percorso non in un momento esatto, né in un punto preciso dello spazio,
ma quando lo decide la mente? Infatti senza alcun dubbio a ciascuno un proprio
volere suggerisce l’inizio di questi moti che da esso si irradiano nelle membra]»
Per quanto riguarda la sfera del vivente Lucrezio la collega direttamente agli
atomi nel loro processo creativo[45], scrivendo: «Così è difficile
rescindere da tutto il corpo le nature dell'animo e dell'anima, senza che tutto
si dissolva. Con particelle elementari così intrecciate tra loro fin
dall’origine, si producono insieme fornite d’una vita di eguale destino: ed è
chiaro che ognuna di per sé, senza l’energia dell’altra, le facoltà del corpo e
dell’anima separate, non potrebbero aver senso: ma con moti reciprocamente
comuni spira dall’una e dall’altra quel senso acceso in noi attraverso gli
organi.[46]» Gnoseologia Magnifying glass icon mgx2.svg Critiche alla religione. Lucrezio,
incisione di Michael Burghers, 1682 Secondo Lucrezio, che riprende in maniera
radicale la tesi già di Epicuro, la religione è la causa dei mali dell'uomo e
della sua ignoranza. Egli ritiene che la religione offuschi la ragione
impedendo all'uomo di realizzarsi degnamente e, soprattutto, di poter accedere
alla felicità, da raggiungere attraverso la liberazione dalla paura della
morte.[47] Il poema ha come argomenti principali la lacerante antinomia fra
ratio e religio, l'epicureismo e il progresso. La ratio è vista da Lucrezio
come quella chiarità folgorante della verità «che squarcia le tenebre
dell'oscurità», è il discorso razionale sulla natura del mondo e dell'uomo,
quindi la dottrina epicurea, mentre la religio è ottundimento gnoseologico e
cieca ignoranza, che lo stesso Lucrezio denomina spesso con il termine
"superstitio". Indica l'insieme di credenze e dunque di comportamenti
umani "superstiziosi" nei confronti degli dèi e della loro potenza.
Poiché la religio non si basa sulla ratio essa è falsa e pericolosa.[37][47]
Lucrezio afferma che sono evidenti le nefaste conseguenze della religione e
adduce come esempio il caso di Ifigenia, dicendo poi che il mito è una
rappresentazione falsata della realtà, come nell'Evemerismo. La religione è
perciò la causa principale dell'ignoranza e dell'infelicità degli uomini. Lucrezio
riprende i temi principali della dottrina epicurea, che sono: l'aggregazione
atomistica e la "parenklisis" (che egli ribattezza clinamen), la
liberazione dalla paura della morte, la spiegazione dei fenomeni naturali in
termini meramente fisici e biologici. Egli opera un completamento di essa in
senso naturalistico ed esistenzialistico, introducendo un elemento di
pessimismo, assente in Epicuro, probabilmente da attribuirsi a una personalità
malinconica. Da un punto di vista ontologico, secondo Lucrezio, tutte le specie
viventi (animali e vegetali) sono state "partorite" dalla Terra
grazie al calore e all'umidità originari. Ma egli avanza anche un nuovo
criterio evoluzionistico: le specie così prodotte sono infatti mutate nel corso
del tempo, perché quelle malformate si sono estinte, mentre quelle dotate degli
organi necessari alla conservazione della vita sono riuscite a riprodursi. Tale
concezione atea, materialista, antiprovvidenzialista e storica della natura
sarà ereditata e rielaborata da molti pensatori materialisti dell'età moderna,
in particolare gli illuministi Diderot, d'Holbach e La Mettrie, anch'essi atei
dichiarati e a loro volta divulgatori dell'ateismo; Lucrezio sarà inoltre seguito
da Ugo Foscolo e Giacomo Leopardi. Lucrezio nega ogni sorta di creazione, di
provvidenza e di beatitudine originaria e afferma che l'uomo si è affrancato
dalla condizione di bisogno tramite la produzione di tecniche, che sono
trasposizioni della natura.[47] Per Lucrezio, però, il progresso non è
positivo a priori, ma solo finché libera l'uomo dall'oppressione. Se è invece
fonte di degradazione morale, lo condanna duramente. Lucrezio introduce nel III
libro del De rerum natura una chiarificazione che nel mondo latino era stata
trascurata generando non poche confusioni, circa il concetto di “animus” in rapporto
a quello di “anima” «Vi sono dunque calore e aria vitale nella sostanza stessa
del corpo, che abbandona i nostri arti morenti. Perciò, trovata quale sia la
natura dell'animo e dell'anima quasi una parte dell'uomo -, rigetta il nome di
armonia, recato ai musicisti già dall'alto Elicona, o che essi hanno forse
tratto d'altrove e trasferito a una cosa che prima non aveva un suo nome. Tu
ascolta le mie parole. Ora affermo che l'anima e l'animo sono tenuti Avvinti
tra loro, e formano tra sé una stessa natura. Ma è il capo, per così dire, è il
pensiero a dominare tutto il corpo: quello che noi denominiamo animo e mente e
che ha stabile sede nella zona centrale del petto. Qui palpitano infatti
l'angoscia e il timore, qui intorno le gioie provocano dolcezza; qui è dunque
la mente, l’animo. La restante parte dell’anima, diffusa per tutto il corpo,
obbedisce e si muove al volere e all’impulso della mente. Questa da sé sola
prende conoscenza, e da sé gioisce, quando nessuna cosa stimola l’anima e il
corpo.» ([51]) Lucrezio riprende il concetto ellenico di anima come
"soffio vitale che vivifica ed anima il corpo, ciò che i greci chiamavano
psyché. Questo soffio pervade tutto il corpo in ogni sua parte e lo abbandona
solo “con l'ultimo respiro". L'"animus" invece è identificabile
col "noùs" ellenico, traducibile in latino con mens. Dunque animus e
mens paiono essere o la stessa cosa o due elementi coniugati dell'unità
mentale. L'indicazione della “zona centrale del petto” come sede fa pensare al
concetto di “cuore”, ricorrente ancora oggi nel linguaggio comune per indicare
la sensibilità umana, centro dell'emozione e del sentimento. Parrebbe allora
che l'animus sia insieme e conoscenza e emozione, mentre l'anima è soffio
vitale. L'angoscia esistenziale Il De rerum natura è ricchissimo di elementi
tipici dell'esistenzialismo moderno, riscontrabile specialmente in Giacomo
Leopardi, che dell'opera di Lucrezio era un profondo conoscitore, anche se in
realtà non è noto il lasso di tempo in cui Leopardi lesse Lucrezio.[52] Questi
elementi di angoscia hanno indotto alcuni studiosi a sottolineare il pessimismo
di fondo che si opporrebbe alla volontà di rinnovare il mondo a partire dalla
filosofia epicurea; in altre parole, in Lucrezio ci sarebbero due spinte
contrapposte; l'una dominata dalla razionalità e fiduciosa nel riscatto
dell'uomo, l'altra ossessionata dalla fragilità intrinseca degli esseri viventi
e dal loro destino di dolore e morte. Altri studiosi, però ritengono che
l'insistenza di Lucrezio sugli aspetti dolorosi della condizione umana non sia
altro che una strategia di propaganda, per fare emergere più fortemente la
funzione salvifica della ratio epicurea.[53] Note S'intende, ciechi alla dottrina di
Epicuro. Sul luogo di nascita: anche se
c'è chi afferma fosse nato a Roma, si ritiene quasi all'unanimità che fosse
originario della Campania: di Napoli, di Ercolano, o, secondo recenti studi
epigrafici, di Pompei, dove il nomen e il cognomen Tito e Lucrezio sono
attestati, e la gens Lucretia aveva delle ville cfr: Biografia di Lucrezio; o
perlomeno vi avesse abitato a lungo cfr. Enrico Borla, Ennio Foppiani,
Bricolage per un naufragio. Alla deriva nella notte del mondo, cfr. anche la
Lucrezio Caro, Tito su Enciclopedia Treccani
Sulla data di nascita: molti optano per il 98 a.C. o secondo altri 96
a.C. Secondo alcune fonti: Lucretius
testimonia vitae Luciano Canfora, Vita di Lucrezio, Sellerio, o secondo altri 53 a.C., cfr. Paolo Di Sacco,
M. Serio, "Odi et amoStoria e testi della letteratura latina" 1 "L'età arcaica e la repubblica",
Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, Sezione 2, Modulo. Testimonianze su
Lucrezio Canfora. Lucrezio, De rerum
natura, Lucrezio, De rerum natura, Enrico Fichera, I "templa serena"
e il pessimismo di Lucrezio: echi lucreziani nella letteratura, Roma, Bonanno
edizioni, G. Lippold, Testo per Arndt-Bruckmann, Griech. u. röm. Porträts,
Monaco. Enciclopedia dell'arte antica
Cfr. Gerlo, Benedetto Coccia, Il mondo classico nell'immaginario
contemporaneo Nel romanzo epistolare di
Tiziano Colombi, Il segreto di Cicerone, Palermo, Sellerio, Nomi romani:
glossario Canfora, Cicerone, Ep. ad
Quintum fratrem, II 9. SLucrezio Canfora, Classici: Lucrezio e il De rerum
natura Aldo Oliviero, Il suicidio di Lucrezio, su lafrontieraalta.com. 29Ettore
Stampini, Il suicidio di Lucrezio, Messina, Tipografia D'Amico, La risposta di
Virgilio a Lucrezio Guido Della Valle
(Napoli), pedagogista e docente universitario, autore di Tito Lucrezio Caro e
l'epicureismo campano, Napoli, Accademia Pontaniana, Lucrezio in Enciclopedia
Italiana Lucrezio: informazioni
biografiche ibidem La natura delle cose, Milano, Rizzoli, Eneide,
libro VI. La natura delle cose, cit.
supra81. Lucrezio, La natura delle cose,
La natura delle cose. Il De rerum natura
di Lucrezio Introduzione a Lucrezio accesso= Memmio su Enciclopedia
Italiana Lo stile di Lucrezio C.
Craca, Le possibilità della poesia. Lucrezio e la madre frigia in «De rerum
natura» IBari, Edipuglia, Epicuro, Opere, E. Bignone, Laterza Lucrezio, La
natura delle cose, Biagio Conte, Milano, Rizzoli, La natura delle cose, cit. supra271. De rerum natura, Diego Fusaro , Tito Lucrezio
Caro, su filosofico.net. e rerum natura, VTasso segue Lucrezio stilisticamente,
non ideologicamente: vedasi la famosa similitudine del proemio del libro IV, ripresa
nel proemio della Gerusalemme liberate, La natura delle cose, cit. supra, De rerum natura, Mario Pazzaglia, Antologia
della letteratura italiana. Lucrezio,
introduzione Edizioni De rerum natura, (Brixiae), Thoma Fer(r)ando
auctore, De rerum natura libri sex nuper emendati, Venetiis, apud Aldum, In
Carum Lucretium poetam commentarij a Joanne Baptista Pio editi, Bononiae, in
ergasterio Hieronymi Baptistae de Benedictis, De rerum natura libri sex a
Dionysio Lambino emendati atque restituti & commentariis illustrati,
Parisiis, in Gulielmi Rovillij aedibus, De rerum natura libri VI, Patavii,
excudebat Josephus Cominus, De rerum natura libri sex, Revisione del testo,
commento e studi introduttivi di Carlo Giussani, Torino, E. Loescher (importante edizione critica, tuttora
fondamentale). De rerum natura, Edizione critica con introduzione e versione
Enrico Flores, 3 Napoli, Bibliopolis, Traduzioni italiane Della natura delle
cose libri sei tradotti da Alessandro Marchetti, Londra, per G. Pickard. La
natura, libri VI tradotti da Mario Rapisardi, Milano, G. Brigola, 1880. Della
natura, Armando Fellin, Torino, UTET. Della natura, Versione, introduzione e
note di Enzio Cetrangolo, Firenze, Sansoni, La natura delle cose, Introduzione
di Gian Biagio Conte, Traduzione di Luca Canali, Testo latino e commento Ivano
Dionigi, Milano, Rizzoli, 1990. La natura, Introduzione, testo criticamente
riveduto, traduzione e commento di Francesco Giancotti, Milano, Garzanti (Per
la specifica sul De rerum natura si
rimanda a tale voce) V.E. Alfieri, Lucrezio, Firenze, Le Monnier, A.
Bartalucci, Lucrezio e la retorica, in: Studi classici in onore di Quintino
Cataudella, Catania, Edigraf, M. Bollack, La raison de Lucrece. Constitution
d'une poetique philosophique avec un essai d'interpretation de la critique
lucretienne, Parigi, Les editions de Minuit, 1978. G. Bonelli, I motivi
profondi della poesia lucreziana, Bruxelles, Latomus, Boyancé, Lucrezio e
l'epicureismo, Edizione italiana Alberto Grilli, Brescia, Paideia, D.
Camardese, Il mondo animale nella poesia lucreziana tra topos e osservazione
realistica, Bologna, Patron, . Luca Canali, Lucrezio poeta della ragione, Roma,
Editori Riuniti, Luciano Canfora, Vita di Lucrezio, Palermo, Sellerio, G. Della
Valle, Tito Lucrezio Caro e l'epicureismo campano, Seconda edizione con due
nuovi capitoli, Napoli, Accademia Pontaniana, 1935. A. Gerlo, Pseudo-Lucretius?,
in: «L'Antiquité Classique»,F. Giancotti, Lucrezio poeta epicureo.
Rettificazioni, Roma, G. Bardi, 1961. F. Giancotti, Religio, natura, voluptas.
Studi su Lucrezio con un'antologia di testi annotati e tradotti, Bologna,
Patron, 1989. G. Giardini, Lucrezio. La vita, il poema, i testi esemplari,
Milano, Accademia, 1974. S. Greenblatt, Il manoscritto. Come la riscoperta di
un libro perduto cambiò la storia della cultura europea, traduzione di Roberta
Zuppet, Milano, Rizzoli, H. Jones, La
tradizione epicurea, Genova, ECIG, R. Papa, Veterum poetarum sermo et reliquiae
quatenus Lucretiano carmine contineantur, Neapoli, A. Loffredo, [1963]. L.
Perelli, Lucrezio poeta dell'angoscia, Firenze, La Nuova Italia, L. Perelli ,
Lucrezio. Letture critiche, Milano, Mursia, A. Pieri, Lucrezio in Macrobio.
Adattamenti al testo virgiliano, Messina, Casa Editrice D'Anna, V. Prosperi, Di
soavi licor gli orli del vaso. La fortuna di Lucrezio dall'Umanesimo alla
Controriforma, Torino, N. Aragno, G. Sasso, Il progresso e la morte. Saggi su
Lucrezio, Bologna, Il Mulino, R. ScarciaE. ParatoreG. D'Anna, Ricerche di
biografia lucreziana, Roma, Edizioni dell'Ateneo, O. Tescari, Lucretiana,
Torino, SEI,O. Tescari, Lucrezio, Roma, Edizioni Roma, A. Traglia, De
Lucretiano sermone ad philosophiam pertinente, Roma, Gismondi, 1947. Scritti
letterari Luca Canali, Nei pleniluni sereni. Autobiografia immaginaria di Tito
Lucrezio Caro, Milano, Longanesi, E. Cetrangolo, Lucrezio. Tragedia, Roma,
Edizioni della Cometa, Tiziano Colombi, Il segreto di Cicerone, Palermo,
Sellerio, 1993. Piergiorgio Odifreddi, Come stanno le cose. Il mio Lucrezio, la
mia Venere, Milano, Rizzoli, Alieto Pieri, Non parlerò degli dèi. Il romanzo di
Lucrezio, Firenze, Le Lettere, Epicureismo Esistenzialismo ateo Storia
dell'ateismo Tito Lucrezio Caro, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Tito
Lucrezio Caro, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Tito Lucrezio Caro Opere di Tito Lucrezio Caro, su Liber Liber. openMLOL, Horizons Audiolibri di Tito Lucrezio
Caro, su LibriVox. Goodreads. De Rerum Natura: testo con concordanze e liste di
frequenza, su intratext.com. Intervista a Luca Canali su passioni e razionalità
in Lucrezio, dall'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche, su
conoscenza.rai. Analisi critica del pensiero di Lucrezio, su
lucrezio.exactpages.com. V D M EpicureismoFilosofia Letteratura Letteratura Categorie: Poeti romaniFilosofi
romani 15 ottobre RomaTito Lucrezio CaroAtomistiEpicureiFilosofi
ateiLucretiiStoria dell'evoluzionismoPre-esistenzialistiPersonalità
dell'ateismo.
Refs.: Lucretius, in The Stanford Encyclopaedia. Tito Lucrezio Caro. Luigi Speranza, "Grice, Lucrezio, e la natura
delle cose," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa
Grice, Liguria, Italia. Luigi Speranza, “Grice e Lucrezio: implicatura atomica”
– “implicatura e composizionalita” – “implicatura elementare” – “implicatura
simplex” “implicatura simplice” “implicatura complessa”.
LUPORINI. (Ferrara).
Filosofo. Grice: “I like Luporini; I lerarned from him how silly Austin is when
talking of ‘material object’ – a contradiction in terminis for Kant who uses
‘materie’ very strictly; Luporini’s study of Leopardi is brilliant – and he has
explored the genius of Vinci, which is good!” Si recò a Friburgo, dove
frequenta le lezioni di Heidegger, e poi a Berlino, dove poté seguire le
lezioni di Hartmann. Si laurea a Firenze. Insegna a Cagliari, Pisa e Firenze.
Dopo un in interesse per l'esistenzialismo, aderì al marxismo, iscrivendosi al
Partito Comunista, per il quale fu eletto senatore nella terza legislature. Tra
le altre iniziative parlamentari, fu firmatario di un progetto di legge, "Istituzione
della scuola obbligatoria statale dai 6 ai 14 anni.” Fonda la rivista
Società. Collabora ai periodici
politico-culturali del PCI, Il Contemporaneo, Rinascita, Critica marxista.
Durante il dibattito che, a seguito degli eventi, porta alla trasformazione del
PCI in PDS, si schierò decisamente contro la "svolta" di Occhetto,
aderendo alla mozione "due" di opposizione interna, in un'orgogliosa
difesa e per un rilancio della prospettiva e degli ideali comunisti. Il
marxismo di Luporini si fonda su una critica radicale allo storicismo, sul
rifiuto di ogni concezione finalistica dello sviluppo storico: il comunismo,
quello marxista in particolare, non è assimilabile con la tematica tipicamente
storicista del progresso come traccia dell'evoluzione umana. Egli rifiuta
letture dogmatiche del marxismo e le sue deteriori forme di economicismo e
meccanicismo, ma, pur apprezzando lo strutturalismo di Althusser con cui cercò
di far dialogare tutto il marxismo italiano, non ne condivideva
l'anti-umanismo, in quanto il pensiero di Marx conserva per lui un profondo
umanesimo, anche negli scritti successivi alla "rottura
epistemologica" in cui le strutture, cioè i modelli interpretativi della
società, non sono astratti ma in funzione degli individui concreti, umani. Nello stesso ambito marxista, tra i suoi
obiettivi polemici vi furono quelle posizioni che proponevano una
interpretazione di radicale discontinuità tra Marx e Hegel, cioè quelle di Volpe
e della sua scuola. Centrale è infatti per Luporini la nozione di “contra-dizione,”
la marxiana "oggettività reale", che lo pone comunque in relazione
con Hegel. Marx deve essere considerato una concezione aperta e complessa, dove
materialismo e dialettica compongono una sintesi mai totalizzante (da qui il
suo interesse per l'elaborazione di Gramsci) e parte fondamentale di una più
generale teoria dei condizionamenti umani.
Fondamentale è il concetto di formazione economico-sociale, espressione
già utilizzata da Sereni, ma in senso storicistico e cioè la possibilità per il
marxismo di costituire un modello per l'analisi degli specifici modi di
produzione della società capitalista, nonché per la previsione scientifica
delle sue varie forme. La legge generale delle formazioni economico-sociali è
tratta dall’Introduzione ai Lineamenti fondamentali di critica dell'economia
politica di Marx. La struttura economica va indagata secondo logica scientifica
e bisogna stabilire un "criterio oggettivo", il momento dominante che
condiziona tutti gli altri assetti produttivi.
L'approccio storico-genetico non è un continuum evoluzionistico come
nella tradizione storicistica, è la fase dell'osservazione e descrizione
empirica del fenomeno dalla sua origine ed è secondario rispetto all'approccio
genetico-formale, cioè all'indagine che permette di stabilire la categoria
dominante di una determinata fase storica della produzione. Il modello de Il
Capitale può dunque aspirare all'universalità, ma anche alla flessibilità di
applicazione. La formalizzazione di un “modello” attraverso il metodo genetico,
individua anche il processo per cui i rapporti di produzione si riflettono in
qualcos’altro, la coscienza dei singoli, le relazioni inters-oggettive (l’inter-azione’)
e le radici stesse della vita morale. È palese così il contrasto di Luporini ad
ogni disegno provvidenzialista e di filosofia della storia e anche in questo si
rende chiaro il rapporto dialettico-oppositivo tra Hegel e Marx. Per quanto
riguarda Leopardi, secondo Luporini, la sua poesia non è permeata solo di
pessimismo, ma ci invita anch'essa alla resistenza attiva. La formazione filosofica
di Leopardi, infatti, illuminista e materialista, permette di leggere ad
esempio, nelle "magnifiche sorti e progressive" de "La
Ginestra", una possibilità di rinnovamento politico-sociale non in
antitesi con la concezione della 'natura matrigna', un compito storico degli
esseri umani altrimenti o comunque destill'infelicità esistenziale. “Filosofia
e politica: scritti dedicati a Luporini, Firenze, La Nuova Italia, Una completa e aggiornata, L. Fonnesu, è stata
pubblicata nel numero speciale dedicato a Luporini di "Il Ponte"
(Firenze). Oltre agli studi sulla storia della filosofia e a un'elaborazione
teorica del marxismo incentrata sui temi etici, si ricordano, fra le sue opere
principali: “Situazione e libertà”
(Firenze, Le Monnier); “Filosofi vecchi e nuovi, Firenze, Sansoni, Spazio e
materia in Kant, Firenze, Sansoni, Introduzione a K. Marx-F. Engels,
L'ideologia, Riuniti, Roma, Dialettica e materialismo, Roma, Editori Riuniti, Marxismo
e soggettività, Il marxismo e la cultura italiana del Novecento, in Storia d'Italia,
I documenti, Einaudi. Un'incidenza notevolissima ebbe sugli studi leopardiani
il suo saggio Leopardi progressivo (1947).
Sulle lezioni di Heidegger e Hartmann vedi l'aneddoto in Intervista a
Sergio Landucci, "Repubblica", E. Sereni, Da Marx a Lenin: la
categoria di "formazione economico-sociale", Quaderni di Critica marxista,
Realtà e storicità: economia e dialettica nel marxismo, in Critica marxista, Per
l'interpretazione della categoria 'formazione economico-sociale', in Critica marxista,
Luporini, Le “radici” della vita morale, in
Morale e società, Ed.Riuniti, Roma); S. Lanfranchi, Dal Leopardi
ottimista della critica fascista al Leopardi progressivo della critica
marxista, Laboratoire italien, Saggi critici in Garin, Esistenza e libertà, in
Critica marxista, nGiorgio Mele, Esistenzialismo e significato della libertà,
Critica Marxista, Aldo Zanardo, Un orizzonte filosofico materialistico, in
Critica marxista, Claudio La Rocca, Esistenzialismo e nichilismo. Luporini e
Michelstaedter, «Belfagor», R. Mapelli, Luporini, Milano, ed. Punto Rosso, Il
Ponte Editore, Il Ponte,Convegni
Quarant'anni di filosofia in Italia. La ricerca di Luporini,
"Critica marxista", Il fascicolo contiene gli atti delle due
"giornate di studio" sull'opera di Luporini organizzate dalla Facoltà
di Lettere e filosofia dell'Firenze e dalla fondazione Gramsci di Roma,
Luporini, Feltrinelli,1Nella loro maggior parte i contributi riprendono gli
interventi al Convegno promosso dall'Firenze e organizzato dal Dipartimento di
Filosofia. TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Cesare
Luporini, . senato, Senato della Repubblica.
Biblioteche dei Filosofi (SNS), su picus.unica. L'ultima lezione di Luporini
(una grande avventura intellettuale attraverso il Novecento), su hyperpolis su
Academia.edu. Cesare Luporini.
LUZZAGO.
(Brescia). Filosofo. Nato
da Girolamo e da Paola Peschiera, in una delle più importanti famiglie del patriziato
cittadino, e educato alla pratica devota e all'apostolato. Nel convento di S.Antonio dei gesuiti si
impegnò in un corso di filosofia. Dibatte in pubblico 737 argomenti filosofici!
Con l'aiuto di Borromeo partecipa a Milano ai corsi di teologia dei gesuiti di
Brera. Si laurea a Padova. Desideroso di entrare a far parte della Compagnia di
Gesù, le difficoltà economiche della famiglia, causate da alcune transazioni
inopportune del padre, glielo impedirono. Conservatore dei Monti di Pietà, e protettore della Compagnia delle Dimesse di S.
Orsola e di altri due istituti caritativi bresciani: il Soccorso e le Zitelle.
Ri-organizza e da nuovo impulse a un'altra istituzione sorta dopo il Concilio
di Trento: la Scuola della dottrina cristiana. Fonda la Congregazione di S.
Caterina da Siena. Per far sì che il suo operato continuasse, fonda la
Congregazione dello Spirito Santo, che raccolse i membri della classe dirigente
cittadina con l'obiettivo di co-operare più efficacemente e concordemente al
sostegno di tutte le buone istituzioni e mantenere un clima di Concordia.
Infatti, intercede per la conciliazione delle famiglie nobili bresciane spesso
in conflitto. La sua indole caritativa
emerse soprattutto quando venne a far parte del Consiglio di Brescia, dove sa
armonizzare le strutture governative ed organismi canonici. Nelle opere scritte
vi sono indicazioni per i cavalieri di Malta, sulla carità, ispirati al modello
della Compagnia di Gesù. Durante il suo viaggio a Roma esamina le strutture di
beneficenza per poi proporle a Brescia. Ha la possibilità di conoscere Filippo Neri.
In un'epistola a Morosini, e informato che Clemente VIII, ha preso in
considerazione il suo nome per la carica di arcivescovo di Milano. Morì e fu
sepolto nella chiesa di S. Barnaba a Brescia. Fu avviata presso la
Congregazione dei riti la causa di beatificazione. Leone XIII, riconosciute le
sue virtù eroiche, gli conferì il titolo di venerabile. Dizionario Biografico degli Italiani, A.Cottinelli,
Vita del venerabile Luzzago patrizio bresciano: dedicata ai comitati
parrocchiali, Tipografia e libreria Salesiana, A. Cistellini, Luzzago. Il
movimento cattolico a Brescia, Morcelliana. A. Fappani, Enciclopedia bresciana,
Opera San Francesco di Sales, Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 66,
Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, S. Negruzzo, L'allievo santo: Roccio
precettore di Luzzago, in «Annali di Storia dell'Educazione e delle Istituzioni
Scolastiche», S. Negruzzo, Dalla scuola dell'ajo al collegio dei gesuiti: il
caso di Luzzago, in Dalla virtù al precetto. L'educazione del gentiluomo tra
'500 e '700, Brescia, Fondazione Civiltà Bresciana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Alessandro Luzzago.
MACHIAVELLI.
(Firenze). Filosofo.
Grice: “While Strawson prefers ‘The Prince,’ my favourite Machiavelli is the
dialogo, discorso, ovvero dialogo intorno della lingua –“ Grice: “The full
title makes it sound slightly analytic – ‘whether it should be called
‘florentine, Italian, or tooscana’ I mean, a stipulation!” -- Grice: “Like me,
we can call Machiavelli a philosopher of language – the trend being very
Florentine between Machiavelli and Varchi.” -- possibly Italy’s greateset
philosopher – Noto come il fondatore della scienza
politica moderna, i cui principi base emergono dalla sua opera più famosa, Il
Principe, nella quale è esposto il concetto di ragion di stato e la concezione
ciclica della storia. Questa definizione, secondo molti, descrive in maniera
compiuta sia l'uomo sia il letterato più del termine machiavellico, entrato
peraltro nel linguaggio corrente ad indicare un'intelligenza acuta e sottile,
ma anche spregiudicata e, proprio per questa connotazione negativa del termine,
negli ambiti letterari viene preferito il termine "machiavelliano".
L'ortografia del cognome è, purtroppo, ambigua: la versione
"Macchiavelli", quella della statua a lui dedicata agli Uffizi, in
attesa di chiarimenti dell'Ufficio Culturale del museo o dell'Accademia della
Crusca, andrebbe considerata ugualmente corretta in lingua italiana. L'analisi
della firma del filosofo, riportata qui accanto, farebbe propendere per la
"c" singola[senza fonte]. «Nacqui povero, ed imparai prima a
stentare che a godere.» (N. Machiavelli, Lettera a Francesco Vettori.)
Niccolò Machiavelli (scritto anche Macchiavelli sulla statua a lui dedicata
all'ingresso degli Uffizi) nacque a Firenze, terzo figlio, dopo le sorelle
Primavera e Margherita e prima del fratello Totto; figlio di Bernardo e di
Bartolomea Nelli. Anticamente originari della Val di Pesa, i Machiavelli sono
attestati popolani guelfi residenti almeno dal XIII secolo a Firenze, dove
occuparono uffici pubblici ed esercitarono il commercio. Il padre Bernardo era
tuttavia di così poca fortuna da esser considerato, non si sa quanto
veritieramente, figlio illegittimo: dottore in legge, risparmiatore per
carattere o per necessità, ebbe interesse agli studi di umanità, come risulta
da un suo Libro di Ricordi che è anche la principale fonte di notizie
sull'infanzia di Niccolò. La madre, secondo un suo lontano pronipote, avrebbe
composto laude sacre, rimaste peraltro sconosciute, dedicate proprio al figlio
Niccolò. Cominciò a studiare latino con un certo Matteo, l'anno dopo si
dedicava allo studio della grammatica con Poppi, all'aritmetica e l'anno seguente affrontava le prove scritte
di componimento in latino. Opere in questa lingua esistevano nella biblioteca
paterna: la I Deca di Tito Livio e quelle di Flavio Biondo, opere di Cicerone,
Macrobio, Prisciano e Marco Giuniano Giustino. Adulto, maneggerà anche Lucrezio
e la Historia persecutionis vandalicae di Vittore Uticense. Non conobbe invece
il greco, ma poté leggere le traduzioni di alcuni degli storici più importanti,
soprattutto Tucidide, Polibio e Plutarco, da cui trasse importantissimi spunti
per la sua riflessione sulla Storia. S'interessò alla politica anche prima di
avere degli incarichi istituzionali, come dimostra una sua lettera del 9 marzo
1498, la seconda che di lui ci è pervenutala prima è una richiesta al cardinale
Giovanni Lopez, del 2 dicembre 1497, affinché si adoperi a riconoscere alla sua
famiglia un terreno contestato dalla famiglia dei Pazziindirizzata
probabilmente all'amico Ricciardo Becchi, ambasciatore fiorentino a Roma, nella
quale egli si esprime in modo critico contro Girolamo
Savonarola. Due sono le fasi che scandiscono la vita di Niccolò
Machiavelli: nella prima parte della sua esistenza egli è impegnato soprattutto
negli affari pubblici; nella successiva nella scrittura di testi di portata teorica
e speculativa. Si apre la seconda fase segnata dal forzato allontanamento dello
storico e filosofo toscano dalla politica attiva. «Della persona fu ben
proporzionato, di mezzana statura, di corporatura magro, eretto nel portamento
con piglio ardito. I capelli ebbe neri, la carnagione bianca ma pendente
all'ulivigno; piccolo il capo, il volto ossuto, la fronte alta. Gli occhi
vividissimi e la bocca sottile, serrata, parevano sempre un poco ghignare. Di
lui più ritratti ci rimangono, di buona fattura, ma soltanto Leonardo, col
quale ebbe pur che fare ai suoi prosperi giorni, avrebbe potuto ritradurre in
pensiero, col disegno e i colori, quel fine ambiguo sorriso» (Roberto
Ridolfi, Vita di Niccolò Machiavelli) Caterina Sforza Riario, ritratta da
Lorenzo di Credi. Niccolò aveva già presentato al Consiglio dei Richiesti, il
18 febbraio 1498, la propria candidatura a segretario della Seconda Cancelleria
della Repubblica fiorentina, ma gli fu preferito un candidato savonaroliano.
Pochi giorni però dopo la fine dell'avventura politica e religiosa del frate
ferrarese, il 28 maggio Machiavelli fu nuovamente designato ed eletto il 15
giugno dal Consiglio degli Ottanta, elezione ratificata dal Consiglio maggiore
il 19 giugno 1498, probabilmente grazie all'autorevole raccomandazione del
Primo segretario della Repubblica, Marcello Virgilio Adriani, che il Giovio
asserisce essere stato suo maestro. Per quanto i compiti delle due
Cancellerie siano stati spesso confusi, generalmente alla prima si attribuivano
gli affari esterni, e alla seconda quelli interni e la guerra: ma i compiti
della seconda Cancelleria, presto unificati con quelli della Cancelleria dei
Dieci di libertà e pace, consistevano nel tenere i rapporti con gli
ambasciatori della Repubblica, cosicché, essendogli stata affidata, ianche
questa ulteriore responsabilità, Machiavelli finì per doversi occupare di una
tale somma di compiti da essere storicamente considerato, senza ulteriori
distinzioni, il «Segretario fiorentino». Era il tempo nel quale, conclusa
l'avventura italiana di Carlo VIII, la maggiore preoccupazione di Firenze era
volta alla riconquista di Pisaresasi indipendente dopo che Piero de' Medici
l'aveva data in pegno al re di Francia- e alleata di Venezia che, intendendo
impedire l'espansione fiorentina, aveva invaso il Casentino, occupandolo a nome
dei Medici. Il pericolo venne fronteggiato dal capitano di ventura Paolo
Vitelli, e la mediazione del duca di Ferrara Ercole I, iriconsegnò il Casentino
a Firenze, autorizzandola altresì a riprendersi Pisa. In marzo venne inviato a
Pontedera, dove erano acquartierate le milizie del signore di Piombino, Jacopo
d'Appiano, alleato di Firenze. In maggio scrisse il Discorso della guerra
di Pisa per il magistrato dei Dieci: poiché «Pisa bisogna averla o per assedio
o per fame o per espugnazione, con andare con artiglieria alle mura», esaminate
diverse soluzioni, si esprime favorevole a un assedio di «un quaranta o
cinquanta dì ed in questo mezzo trarne tutti gli uomini da guerra potete, e non
solamente cavarne chi vuole uscire, ma premiare chi non ne volesse uscire,
perché se ne esca. Dipoi, passato detto tempo, fare in un subito quanti fanti
si può; fare due batterie, e quanto altro è necessario per accostarsi alle
mura; dare libera licenza che se ne esca chiunque vuole, donne, fanciulli,
vecchi ed ognuno, perché ognuno a difenderla è buono; e così trovandosi i
Pisani voti di difensori dentro, battuti dai tre lati, a tre o quattro assalti
sarìa impossibile che reggessero». Il 16 luglio 1499 si presentò a Forlì
alla contessa Caterina Sforza Riario, nipote di Ludovico il Moro e madre di
Ottaviano Riario, che era stato al soldo dei fiorentini, per rinnovare
l'alleanza e ottenere uomini e munizioni per la guerra pisana. Ottenne solo
vaghe promesse dalla contessa che era già impegnata a sostenere lo zio nella
difficile difesa del Ducato milanese dalle mire di Luigi XII e dovette
ripartire senza aver nulla ottenuto. Era nuovamente a Firenze in agosto, quando
le artiglierie fiorentine, provocata una breccia nelle mura pisane, aprivano la
via alla conquista della città, ma il Vitelli non seppe sfruttare l'occasione e
temporeggiò finché la malaria non ebbe ragione delle sue truppe, costringendolo
a togliere l'assedio il 14 settembre. Invano ritentò l'impresa: sospettato di
tradimento, quello che «era il più reputato capitano d'Italia» fu
decapitato. Nessuna prova vi era che il Vitelli fosse stato corrotto dai
Pisani ma la giustificazione di Machiavelli, a nome della Repubblica, in
risposta alle critiche di un cancelliere di Lucca, fu che «o per non havere
voluto, sendo corropto, o per non havere potuto, non avendo la compagnia, ne
sono nati per sua colpa infiniti mali ad la nostra impresa, et merita l'uno o
l'altro errore, o tuct'a due insieme che possono stare, infinito castigo».
Conquistato il Ducato di Milano, in risposta alla richieste fiorentine Luigi
XII mandò suoi soldati a risolvere l'impresa di Pisa le cui mura furono bensì
abbattute nel luglio del 1500 ma né gli svizzeri né i francesi entrarono in
città anzi, lamentando che Firenze non li pagasse, levarono l'assedio e
sequestrarono il commissario fiorentino Luca degli Albizzi, che fu rilasciato
solo dietro riscatto. A Machiavelli, presente ai fatti, non restava che
informare la Repubblica, che decise di mandarlo in Francia, insieme con
Francesco della Casa, per cercare nuovi accordi che risolvessero finalmente la
guerra di Pisa. Il cardinale di Rouen Georges d'Amboise raggiunsero la
corte francese a Nevers, presentando al re e al ministro, cardinale di Rouen,
le rimostranze per il cattivo comportamento dei loro soldati; sapendo che
Firenze non aveva al momento denari sufficienti a finanziare l'impresa,
invitarono Luigi a intervenire direttamente nella guerra, al termine della
quale la Repubblica avrebbe ripagato la Francia di tutte le spese. Il rifiuto
dei francesiche richiedevano a Firenze il mantenimento degli svizzeri rimasti
accampati in Lunigiana e minacciavano la rottura dell'alleanzamise i legati
fiorentini, privi di istruzioni dalla Repubblica, in difficoltà, acuite dalla
ribellione di Pistoia e dalle iniziative che frattanto aveva preso in Romagna
Cesare Borgia, i cui ambiziosi e oscuri piani potevano anche indirizzarsi
contro gli interessi fiorentini. Occorreva, pagando, mantenere buoni
rapporti con la Franciascriveva da Tours il 21 novembree guardarsi dalle
macchinazioni del papa: così, ottenuto dalla Signoria il denaro richiesto dalla
Francia, Machiavelli poteva finalmente ritornare a Firenze il 14 gennaio 1501.
Quella lunga permanenza nella corte francese verrà dislocata negli opuscoli De
natura Gallorum, dove i francesi verranno descritti come «humilissimi nella
captiva fortuna; nella buona insolenti più cupidi de' danari che del sangue
vani et leggieri più tosto tachagni che prudenti», con una bassa opinione degli
Italiani, e nel successivo Ritratto delle cose di Francia, dove, spostandosi su
un piano d'analisi prettamente politica, finisce col fare della Francia
l'esemplare dello stato moderno. Soprattutto egli insiste sul nesso fra la
prosperità della monarchia e il raggiunto processo di unificazione nazionale,
sentito come la lezione peculiare delle "cose di Francia".
Cesare Borgia «Questo signore è molto splendido e magnifico, e nelle armi
è tanto animoso che non è sì gran cosa che non gli paia piccola, e per gloria e
per acquistare Stato mai si riposa né conosce fatica o periculo: giugne prima
in un luogo che se ne possa intendere la partita donde si lieva; fassi ben
volere a' suoi soldati; ha cappati e' migliori uomini d'Italia: le quali cose
lo fanno vittorioso e formidabile, aggiunte con una perpetua fortuna»
(Machiavelli, Lettera ai Dieci del 26 giugno 1502) La minaccia del Borgia si
fece presto concreta: fermato dalle minacce della Francia quando tentava
d'impadronirsi di Bologna, si volse contro Piombino, entrando nel territorio
della Repubblica e cercando di imporle tributi, dai quali Firenze fu nuovamente
fatta salva dall'intervento di Luigi. Fra una missione a Pistoia e un'altra a
Siena, Niccolò ebbe tempo di sposare. Marietta Corsini, donna di modesta
origine, dalla quale avrà sei figli: Primerana, Bernardo, Lodovico, Guido,
Piero e Baccina. Padrone di Piombino il 3 settembre 1501, il Borgia, per mezzo
del suo sodale Vitellozzo Vitelli s'impadronì di Arezzo, dove si stabilì Piero
de' Medici, poi delle terre di Valdichiana, di Cortona, di Anghiari e di Borgo
San Sepolcro e di lì passò a investire Camerino e Urbino, chiedendo nel
contempo di intavolare trattative con Firenze che, nel frattempo, vistasi
stretta dai due Borgia, padre e figlio, aveva rinnovato gli accordi con la
Francia. lo stesso giorno della caduta della città nelle mani di Cesare,
partirono per Urbino Machiavelli e il vescovo di Volterra, Francesco Soderini,
fratello di Piero: ricevuti , si sentirono ordinare di cambiare il governo
della Repubblica, pena la sua inimicizia. La crisi fu superata grazie
all'intervento delle armi francesi: avvicinandosi queste ad Arezzo, la città fu
sgomberata e restituita, insieme con le altre terre, ai Fiorentini. Riferimento
a questi casi è il breve scritto dell'anno successivo, Del modo di trattare i
popoli della Valdichiana ribellati, nel quale, preso esempio dal comportamento
tenuto dagli antichi Romani in caso di ribellioni, rimprovera il governo
fiorentino di non aver trattato severamente la ribelle città di Arezzo. Pensa
che come i Romani «fecero giudizio differente per esser differente il
peccato di quelli popoli, così dovevi fare voi, trovando ancora nei vostri
ribellati differenza di peccati giudico ben giudicato che a Cortona,
Castiglione, il Borgo, Foiano, si siano mantenuti i capitoli, siano vezzeggiati
e vi siate ingegnati riguadagnarli con i beneficii ma io non approvo che gli
Aretini, simili ai Veliterni ed Anziani non siano stati trattati come loro. I
Romani pensarono una volta che i popoli ribellati si debbano o beneficare o
spegnere e che ogni altra via sia pericolosissima.» Di fronte a quelli
che apparivano tempi nuovi e tempestosi, nei quali occorreva che uomini capaci
prendessero pronte risoluzioni, come prima riforma nell'organizzazione dello
Stato fiorentino fu resa vitalizia la carica di gonfaloniere, affidata a Pier
Soderini, che appariva uomo accetto tanto agli ottimati che ai popolani. La
prima missione che egli affidò a Machiavelli fu quella di prendere nuovamente
contatto col Borgia il quale, formalmente capitano delle truppe pontificie e
finanziato da quello Stato, intendeva tuttavia agire nel proprio interesse e in
quello della sua famiglia, stringendo un nuovo patto col Luigi XII e
ottenendone libertà d'azione nei suoi piani di espansione, non solo nei
confronti di signorotti quali gli Orsini, i Baglioni e il Vitelli, già suoi
alleati, ma anche contro lo stesso Bentivoglio di Bologna. Seguendo la
tradizionale politica di alleanza con la Francia, Firenzepur diffidando del Valentinointendeva
confermargli la sua amicizia, per non essere investita dai suoi aggressivi
disegni. Machiavelli giunse a Imola dal Borgia il 7 ottobre,
confidandogli che Firenze non aveva aderito all'offerta di amicizia propostale
dagli Orsini e dai Vitelli, congiurati a Magione contro il duca Valentino, e ne
ricevette in cambio un'offerta di alleanza, alla quale Niccolò, affascinato
dalla figura di Cesare Borgia, guardava con favore più di quanto non facesse il
governo fiorentino. Fu al seguito del Valentino per tutta la durata di quei tre
mesi di campagna militare e, due ore dopo l'uccisione a tradimento di
Vitellozzo e di Oliverotto da Fermo, ne raccolse le parole «savie e
affezionatissime» per i Fiorentini, invitati nuovamente a unirsi a lui per avventarsi
contro Perugia e Città di Castello. Firenze, a questo punto, decise di mandare
presso il Borgia un ambasciatore accreditato, Jacopo Salviati, così che il nostro
Segretario lasciò il campo di Città della Pieve per fare ritorno a Firenze. Vitellozzo
Vitelli, ritratto da Luca Signorelli. «Vitellozo, Pagolo et duca di Gravina in
su muletti ne andorno incontro al duca, accompagnati da pochi cavagli; et
Vitellozo disarmato, con una cappa foderata di verde, tucto aflicto se fussi
conscio della sua futura morte, dava di sé, conosciuta la virtù dello huomo et
la passata sua fortuna, qualche ammirationeArrivati adunque questi tre davanti
al duca, et salutatolo humanamente, furno da quello ricevuti con buono volto Ma,
veduto il duca come Liverotto vi mancava adciennò con l'occhio a don Michele,
al quale lLeverotto era demandata, che provedessi in modo che Liverotto non
schapassi Liverotto havendo facto riverenza, si adcompagnò con gli altri; et
entrati in Senigagla, et scavalcati tutti ad lo alloggiamento del duca, et
entrati seco in una stanza secreta, furno dal duca fatti prigioni venuta la
nocte al duca parve di fare admazare
Vitellozzo e Liverotto; et conductogli in uno luogo insieme, gli fe'
strangolare Pagolo et el duca di Gravina Orsini furno lasciati vivi per infino
che il duca intese che a Roma el papa haveva preso el cardinale Orsino,
l'arcivescovo di Firenze et messer Jacopo da Santa Croce; dopo la quale nuova,
a dì 18 di giennaio, ad Castel della Pieve furno anchora loro nel medesimo modo
strangolati» (Machiavelli, Descrizione del modo tenuto dal duca Valentino
nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, il signor Pagolo e il
duca di Gravina Orsini). La morte di Alessandro VI privò Cesare Borgia delle
risorse finanziarie e politiche che gli occorrevano per mantenere il ducato di
Romagna, che si dissolse tornando a frammentarsi nelle vecchie signorie, mentre
Venezia s'impadronì di Imola e di Rimini. Dopo il brevissimo pontificato di Pio
III, Machiavelli fu inviato a Roma per il conclave che il 1º novembre elesse
Giulio II. Raccolse le ultime confidenze del Valentino, del quale pronosticò la
rovina imminente, e cercò di comprendere le intenzioni politiche del nuovo
papa, che egli sperava s'impegnasse contro i Veneziani, le cui mire espansionistiche
erano temute da Firenze: «O la sarà una porta che aprirà loro tutta Italia, o
fia la rovina loro», scrive il 24 novembre. A Roma gli giunse la notizia
della nascita del secondogenito Bernardo: «Somiglia voi, è bianco come la neve,
ma gli ha il capo che pare velluto nero, et è peloso come voi, e da che
somiglia voi parmi bello», gli scrive la moglie Marietta. E Machiavelli, che
lungamente in questo scorcio di tempo aveva frequentato la casa del cardinal
Soderini, al quale forse prospettò già il suo progetto di costituire una
milizia nazionale che sostituisse l'infida soldatesca mercenaria, il 18
dicembre s'avviò per Firenze. In Francia Ingresso a Genova di Luigi
XII, Le fortune della Francia in Italia sembrarono declinare dopo la cacciata
dal Napoletano ad opera dell'armata spagnola di Gonzalo Fernández de Córdoba.
Firenze, alleata di Luigi XII, e timorosa delle prossime iniziative della
Spagna, del papa e della nemica tradizionale, la Siena di Pandolfo Petrucci,
era interessata a conoscere i progetti del re e a questo scopo alla sua corte
mandò Machiavelli «a vedere in viso le provvisioni che si fanno e scrivercene
immediate, e aggiungervi la coniettura e iudizio tuo». Il 22 gennaio 1504
Machiavelli era a Milano per conferire con il luogotenente Charles II
d'Amboise, che non credeva in un attacco spagnolo in Lombardia e rassicurò
Niccolò sull'amicizia francese per Firenze. Raggiunse la corte e
l'ambasciatore Niccolò Valori a Lione il 27 gennaio, ricevendo uguali
rassicurazioni dal cardinale di Rouen e da Luigi stesso. In marzo ripartiva per
Firenze e di qui si recava per pochi giorni a Piombino da Jacopo d'Appiano, per
sondare la posizione di quel signorotto. È di questo tempo la stesura del suo
primo Decennale, una storia dei fatti notevoli occorsi degli ultimi dieci anni
volta in terzine: Machiavelli non è poeta, anche se invoca Apollo nell'esordio
del poemetto, ma a noi interessa il suo giudizio sull'attualità della vicenda
politica italiana e su quel che attende Firenze: «L'imperador, con l'unica
sua prole vuol presentarsi al successor di Pietro al Gallo il colpo ricevuto
duole; e Spagna che di Puglia tien lo scetro va tendendo a' vicin laccioli e
rete, per non tornar con le sue imprese a retro; Marco, pien di paura e pien di
sete, fra la pace e la guerra tutto pende; e voi di Pisa troppa voglia avete. Onde
l'animo mio tutto s'infiamma or di speranza, or di timor si carca tanto che si
consuma a dramma a dramma, perché saper vorrebbe dove, carca di tanti incarchi
debbe, o in qual porto, con questi venti, andar la vostra barca. Pur si confida
nel nocchier accorto ne' remi, nelle vele e nelle sarte; ma sarebbe il cammin
facile e corto se voi el tempio riapriste a Marte» (Decennale primo, vv
529-549) I tentativi d'impadronirsi di Pisa fallirono ancora: battuta a Ponte a
Cappellese il 27 marzo 1505, Firenze doveva anche guardarsi dalle manovre dei
signori ai loro confini. Machiavelli andò a Perugia l'11 aprile per conferire
col Baglioni, ora alleato con gli Orsini, con Lucca e con Siena, poi a Mantova,
per cercare invano accordi con il marchese Giovan Francesco Gonzaga e il 17
luglio a Siena. In settembre, fallì un nuovo assalto a Pisa e Machiavelli ne
trasse spunto per presentare la proposta della creazione di un esercito
cittadino. Rimasti diffidenti i maggiorenti della cittàche temevano che un
esercito popolare potesse costituire una minaccia per i loro interessima
appoggiato dal Soderini, Machiavelli si mosse per mesi nei borghi toscani a far
leva di soldati, istruiti «alla tedesca», e finalmente, il 15 febbraio 1506,
Firenze poté vedere la prima parata di una milizia «nazionale» che peraltro non
avrà nessun ruolo nella successiva conquista di Pisa e si rivelerà di scarso
affidamento nella difesa di Prato del 1512. Con la pace concordata con la
Francia nell'ottobre 1505, la Spagna, con Ferdinando II d'Aragona, aveva preso
definitivamente possesso del Regno di Napoli. I piccoli stati della penisola
attendevano ora le mosse di Giulio II, deciso a imporre la sua egemonia
nell'Italia centrale: nel luglio, il papa chiese a Firenze di partecipare alla
guerra che egli intendeva muovere al signore di Bologna, Giovanni Bentivoglio,
che era alleato, come Firenze, dei francesi, e perciò teoricamente amico, oltre
che confinante, dei Fiorentini. Si trattava di temporeggiare, osservando gli
sviluppi dell'impresa del papa al quale fu mandato Machiavelli, che lo incontrò
a Nepi il 27 agosto 1506. Giulio II gli dimostrò di godere dell'appoggio
della Francia, che aveva promesso di inviare truppe in suo aiuto, cosicché fu
agevole a Machiavelli promettere aiuti a sua voltadopo però che fossero
arrivati quelli di re Luigie seguì papa Giulio che, con la sua corte curiale e
pochi armati se n'andava a Perugia, ottenendo, il 13 settembre, la resa senza
combattimento di Giampaolo Baglioni che, con stupore e rimprovero del
Machiavelli e, un giorno, anche del Guicciardini, non ebbe il coraggio di
opporsi alle poche forze allora a disposizione del Papa. La corte papale, dopo
aver atteso a Cesena fino a ottobre l'arrivo dei francesi e, dopo questi, dei
Fiorentini di Marcantonio Colonna, entrò trionfante a Bologna l'11 novembre.
Machiavelli, tornato a Firenze già alla fine d'ottobre, s'occupò ancora
dell'istituzione delle milizie fiorentine: il 6 dicembre furono creati i Nove
ufficiali dell'Ordinanza e Milizia fiorentina, eletti dal popolo, responsabili
militari della Repubblica. In Germania Massimiliano I d'Asburgo Il
nuovo anno si aprì con le minacce del
passaggio in Italia del «Re dei Romani» Massimiliano, intenzionato a ribadire
le proprie pretese di dominio sulla penisola, a espellere i francesi e a farsi
incoronare a Roma «imperatore del Sacro Romano Impero». Si valutò a Firenze la
possibilità di finanziargli l'impresa in cambio della sua amicizia e del
riconoscimento dell'indipendenza della Repubblica: fu inviato a questo scopo
l'ambasciatore Francesco Vettori e, il 17 dicembre, lo stesso Machiavelli.
Giunse a Bolzano, dove Massimiliano teneva corte, l'11 gennaio 1508 e le lunghe
trattative sull'esborso preteso da Massimiliano s'interruppero quando i
Veneziani, sconfiggendolo più volte, gli fecero comprendere la velleità dei
suoi sogni di gloria. Da questa esperienza Machiavelli trasse tre
scritti, il Rapporto delle cose della Magna, composto il 17 giugno 1508, il
giorno dopo il suo rientro a Firenze, il Discorso sopra le cose della Magna e
sopra l'Imperatore, del settembre 1509, e il più tardo Ritratto delle cose
della Magna, una rielaborazione del primo Rapporto. Rileva la grande potenza
della Germania, che «abunda di uomini, di ricchezze e d'arme»; le popolazioni
hanno «da mangiare e bere e ardere per uno anno: e così da lavorare le
industrie loro, per potere in una obsidione [assedio] pascere la plebe e quelli
che vivono delle braccia, per uno anno intero sanza perdita. In soldati non
spendono perché tengono li uomini loro armati ed esercitati; e li giorni delle
feste tali uomini, in cambio delli giuochi, chi si esercita collo scoppietto,
chi colla picca e chi con una arme e chi con un'altra, giocando tra loro onori
et similia, e quali tra loro poi si godono. In salari e in altre cose spendono
poco: talmente che ogni comunità si truova ricca in publico». Importano e
consumano poco perché «le loro necessità sono assai minori delle nostre», ma
esportano molte merci «di che quasi condiscono tutta la Italia [...] e così si
godono questa loro rozza vita e libertà e per questa causa non vogliono ire
alla guerra se non sono soprappagati e questo anche non basterebbe loro, se non
fussino comandati dalle loro comunità. E però bisogna a uno imperadore molti
più denari che a uno altro principe». Tanta forza potenziale, che potrebbe fare
la grandezza politica e militare dell'Imperatore, è limitata dalle divisioni
delle comunità governate dai singoli principi, una realtà simile a quella italiana:
nessun principe tedesco vuole favorire l'imperatore, «perché, qualunque volta
in proprietà lui avessi stati o fussi potente, è domerebbe e abbasserebbe e
principi e ridurrebbeli a una obedienzia di sorte da potersene valere a posta
sua e non quando pare a loro: come fa oggi il re di Francia, e come fece già il
re Luigi, quale con l'arme e ammazzarne qualcuno li ridusse a quella obedienzia
che ancora oggi si vede». La conquista di Pisa Decisa a concludere le
operazioni militari contro Pisa, Firenze mandò Machiavelli a far leve di
soldati: in agosto condusse soldati prelevati da San Miniato e da Pescia
all'assedio della città irriducibile. Riunite altre milizie, si incaricò di
tagliare i rifornimenti bloccando l'Arno; poi, il 4 marzo del 1509, andò prima
a Lucca a intimare a quella Repubblica di cessare ogni aiuto ai Pisani e, il
14, si recò a Piombino, incontrando gli ambasciatori di Pisa per cercare invano
un accordo di resa. Raccolte nuove truppe, in maggio era presente all'assedio:
Pisa, ormai stremata, trattava finalmente la pace. Machiavelli accompagnò i
legati pisani a Firenze dove fu firmata la resa e l'8 giugno poté entrare in
Pisa con i commissari Niccolò Capponi, Antonio Filicaia e Alamanno
Salviati. Un ben più vasto incendio era intanto divampato nell'Italia
settentrionale: stipulata un'alleanza a Cambrai, Francia, Spagna, Impero e
papato si avventavano contro la Repubblica veneziana che a maggio cedeva i suoi
possedimenti lombardi e romagnoli e, in giugno, anche Verona, Vicenza e Padova,
consegnate a Massimiliano. Firenze, da parte sua, doveva finanziare la nuova
impresa imperiale: consegnato un primo acconto in ottobre, Machiavelli era a
Verona per consegnare il saldo a Massimiliano, che era stato però costretto
alla ritirata dalla controffensiva veneziana, resa possibile dalla rivolta
popolare contro i nuovi padroni. E Machiavelli commentava dei «due re, che
l'uno può fare la guerra e non vuol farla, l'altro ben vorrebbe farla e non
può», riferendosi a Luigi e a Massimiliano che se n'era tornato in Germania a
chiedere soldati e denari ai principi tedeschi. Atteso inutilmente il
ritorno dell'Imperatore, il 2 gennaio 1510 Machiavelli se ne tornò a Firenze.
Venezia si salvò soprattutto grazie alle divisioni degli alleati: mentre Luigi
XII aveva tutto l'interesse di ridurre all'impotenza Venezia per avere le mani
libere nella pianura padana, Giulio II la voleva abbastanza forte da opporsi
alla Francia senza averne contrasto alle proprie ambizioni di espansione. Per
Firenze, amica della Francia ma non nemica del papa, era necessario spiegarsi
con il re francese, e Machiavelli fu mandato a Blois, dove Luigi teneva la
corte, incontrandolo. Machiavelli confermò l'amicizia con la Francia ma
disse di dubitare che la Repubblica potesse impegnarsi in una guerra contro
Giulio II, in grado di volgere contro Firenze forze troppo superiori: meglio
sarebbe stata una mediazione che evitasse il conflitto e sottraesse, oltre
tutto, Firenze dalla responsabilità di un impegno nel quale era difficile
trarre un guadagno. Dovette tornare a Firenze il 19 ottobre, convinto che la
guerra fosse ineluttabile. Le vittorie militari non furono sfruttate da Luigi
XII e la sua indizione di un concilio a Pisa, che condannasse il papa, provocò
l'interdetto di Giulio II contro Firenze. Il 22 settembre 1511 Machiavelli era
ancora in Francia, ottenendo dal re soltanto un breve rinvio del concilio:
dalla Francia andò a Pisa e riuscì a ottenere il trasferimento del concilio a
Milano. Il ritorno dei Medici a Firenze Le fortune di Luigi XII volgevano
al tramonto: sconfitto dalla nuova coalizione guidata dal papa, era costretto
ad abbandonare la Lombardia, lasciando Firenze politicamente isolata e incapace
di resistere alle armi spagnole. Pier Soderini fuggì a Siena, i Medici
rientrarono a Firenze: disfatto il vecchio governo, il 7 novembre anche
Machiavelli venne rimosso dal suo incarico, il successivo 10 novembre fu
confinato e multato della grande somma di mille fiorini e il 17 gli fu
interdetto l'ingresso a Palazzo Vecchio. Giuliano de' Medici duca
di Nemours Il nuovo regime processò Pietro Paolo Boscoli e Agostino Capponi,
accusati di aver complottato contro Giuliano de' Medici, condannandoli a morte.
Anche Machiavelli è sospettato: arrestato il 12 febbraio 1513, fu anche
torturato (gli fu somministrata la corda o, com'era chiamata allora a Firenze,
la "colla"). Scrisse allora a Giuliano di Lorenzo de' Medici duca di
Nemours due sonetti, per ricordargli, ma senza averne l'aria e in forma
scherzosa, la sua condizione di carcerato: «Io ho, Giuliano, in gamba un
paio di geti e sei tratti di fune in sulle spalle; l'altre miserie mie non vo'
contalle, poiché così si trattano i poeti Menon pidocchi queste parieti
grossi e paffuti che paion farfalle, né mai fu tanto puzzo in Roncisvalle o in Sardigna
fra quegli arboreti quanto nel mio sì delicato ostello» Giulio II moriva
intanto proprio in quei giorni e dal conclave uscì eletto l'11 marzo il
cardinale de' Medici con il nome di Leone X: era la fine dei pericoli di guerra
per Firenze e anche il tempo dell'amnistia. Uscito dal carcere, Machiavelli
cercò di ottenere favori dai Medici attraverso l'ambasciatore Francesco Vettori
e lo stesso Giuliano, ma invano. Si ritirò allora nel suo podere
dell'Albergaccio, a Sant'Andrea in Percussina, tra Firenze e San Casciano in
Val di Pesa. L'esilio dalla politica. «Il Principe» Qui, tra le giornate
rese lunghe dall'ozio forzato, comincia a scrivere i Discorsi sopra la prima
Deca di Tito Livio che, forse nel luglio 1513, interrompe per metter mano al suo
libro più famoso, il De Principatibus, dal solenne titolo latino ma scritto in
volgare e perciò divenuto ben più noto come Il Principe. Lo dedica dapprima a
Giuliano di Lorenzo de' Medici e, dopo la morte di questi nel 1516, a Lorenzo
de' Medici, figlio di Piero "fatuo"; ma il libro uscì solo postumo,
nel 1532. Certo, non doveva farsi illusioni che un Medici potesse mai essere
quel «redentore» atteso dall'Italia contro «questo barbaro dominio», ma da un
Medici si attendeva almeno la sua propria «redenzione» dall'inattività cui era
stato relegato dal ritorno a Firenze di quella famiglia. Sperava che
l'amico Vettori, ambasciatore a Roma, si facesse interprete del suo «desiderio
[...] che questi signori Medici mi cominciasseino adoperare», dal momento «che
io sono stato a studio all'arte dello stato [...] e doverrebbe ciascheduno aver
caro servirsi d'uno che alle spese d'altri fussi pieno d'esperienza. E della
fede mia non si doverrebbe dubitare, perché, avendo sempre osservato la fede,
io non debbo imparare ora a romperla; e chi è stato fedele e buono quarantatré
anni che io ho, non debbe potere mutare natura; e della fede e bontà mia ne è
testimonio la povertà mia». Delle ombre della sua povertà, ma anche delle sue
luci, Machiavelli scrive al Vettori in quella che è la più famosa lettera della
nostra letteratura: L'Albergaccio di Machiavelli a Sant'Andrea in
Percussina «Venuta la sera, mi ritorno in casa ed entro nel mio scrittoio; e in
su l'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi
metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique
corti delli antiqui uomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di
quel cibo che solum è mio e che io nacqui per lui; dove io non mi vergogno
parlare con loro e domandargli della ragione delle loro azioni; e quelli per
loro umanità mi rispondono; e non sento per quattro ore di tempo alcuna noia;
sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte;
tutto mi trasferisco in loro. E perché Dante dice che non fa scienza sanza lo
ritenere lo avere inteso, io ho notato quello di che per la loro conversazione
ho fatto capitale, e composto uno opuscolo de Principatibus» (Lettera a
Francesco Vettori) Ritornato il 3 febbraio 1514 a Firenze, continuò a sperare a
lungo che il Vettori, al quale spedì il manoscritto del Principe, lo facesse
introdurre in qualche incarico nell'amministrazione cittadina, ma invano. Tutto
dipendeva dalla volontà del papa, e Leone non era affatto intenzionato a
favorire chi non si era mostrato, a suo tempo, favorevole agli interessi di
Casa Medici. Machiavelli, da parte sua, scriveva al Vettori di aver «lasciato i
pensieri delle cose grandi e gravi» e di non dilettarsi più di «leggere le cose
antiche, né ragionare delle moderne: tutte si sono converse in ragionamenti
dolci». Si era infatti innamorato di una «creatura tanto gentile, tanto
delicata, tanto nobile e per natura e per accidente, che io non potrei né tanto
laudarla né tanto amarla che la non meritasse più». La guerra, ripresa in
Italia dalla discesa del nuovo re di Francia Francesco I, si concluse nel
settembre 1515 con la sua grande vittoria a Marignano (oggi Melegnano) contro
la vecchia «Lega santa»: Leone X dovette accettare il dominio francese in
Lombardia e la stipula a Bologna di un concordato che riconosceva il controllo
reale sul clero francese. Si rifece impossessandosi, per conto del nipote
Lorenzo, capitano generale dei Fiorentini, del Ducato di Urbino. A quest'ultimo
invano dedicava Machiavelli il suo Principe: la sua esclusione dalla gestione
degli affari di Firenze continuava. Nel 1516 o 1517 si diede a frequentare
gli «Orti Oricellari», latineggiamento che indica i giardini del Palazzo di
Cosimo Rucellai, dove si riunivano letterati, giuristi ed eruditi come Luigi
Alamanni, Jacopo da Diacceto, Jacopo Nardi, Zanobi Buondelmonti, Antonfrancesco
degli Albizi, Filippo de' Nerli e Battista della Palla. Qui vi lesse
probabilmente qualche capitolo di quell'Asino, poemetto in terzine che voleva
essere una contaminazione fra l'Asino d'oro di Apuleio e la Divina Commedia
dantesca, ma che lasciò presto interrotto: e al Rucellai e al Buondelmonti
dedicò i Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, scritti dal 1513 al 1519.
Machiavelli si era già cimentato, quando ricopriva l'incarico di segretario
della Repubblica, in composizioni teatrali: una imitazione dell'Aulularia di
Plauto e una commedia, Le maschere, ispirata a Nebulae di Aristofane, sono
tuttavia perdute. Al 1518 risale il suo capolavoro letterario, la commedia Mandragola,
nel cui prologo egli inserisce un accenno autobiografico «scusatelo con
questo, che s'ingegna con questi van pensieri fare el suo tristo tempo più
suave, perch'altrove non have dove voltare el viso; ché gli è stato interciso
mostrar con altre imprese altra virtue, non sendo premio alle fatiche
sue.» Intorno a quest'anno vanno collocate la traduzione dell'Andria di
Terenzio e stesura della novella di Belfagor arcidiavolo o Novella del demonio
che pigliò moglieil suo titolo preciso è attualmente stabilito in Favolail cui
tema di fondo è la visione pessimistica dei rapporti che legano gli esseri
umani, tutti intesi al proprio interesse a danno, se necessario, di quello di
ciascun altro. Il ritorno alla vita politica Lorenzo de' Medici morì,
lasciando il governo di Firenze al cardinale Giulio. Costui, favorevole a
Machiavelli, lo incaricò della stesura di una storia della città sotto lauta
retribuzione. Machiavelli, galvanizzato dall'incarico, diede alle stampe nel
1521 l’Arte della guerra, dedicandola allo stesso cardinal Giulio. Nello stesso
anno fu inviato in missione diplomatica a Carpi presso il governatore Francesco
Guicciardini di cui, pur avendo opposte visioni della Storia, divenne buon
amico. Nel 1525 cercò di guadagnare il favore di papa Clemente VII offrendogli
le Istorie fiorentine. Nel frattempo giunsero la revoca ufficiale
dell'interdizione dalla vita pubblica e l'affidamento di missioni militari in
Romagna in collaborazione col Guicciardini. I Medici furono cacciati da Firenze e venne instaurata
nuovamente la repubblica. Machiavelli si propose come candidato alla carica di
segretario della repubblica, ma venne respinto in quanto ritenuto colluso coi
Medici e soprattutto con papa Clemente VII. La delusione per Machiavelli fu
insopportabile. Ammalatosi repentinamente, cominciò a peggiorare vistosamente
fino alla morte, sopraggiunta il 21 giugno 1527. Abbandonato da tutti, fu
sepolto nel corso di una modesta cerimonia funebre nella tomba di famiglia
nella basilica di Santa Croce. La città di Firenze fece costruire un monumento
nella basilica stessa; esso raffigura la Diplomazia assisa su un sarcofago
marmoreo. Sulla lastra frontale sono incise le parole Tanto nomini nullum par
elogium (Nessun elogio sarà mai degno di tanto nome). Pensiero Machiavelli
e il Rinascimento Con il termine machiavellico si è spesso indicato un
atteggiamento spregiudicato e disinvolto nell'uso del potere: un buon principe
deve essere astuto per evitare le trappole tese dagli avversari, capace di
usare la forza se ciò si rivela necessario, abile manovratore negli interessi
propri e del suo popolo. Ciò si accompagna a un travaglio personale che
Machiavelli sentiva nella sua attività quotidiana e di teorico, secondo una
tradizione politica che già in Cicerone affermava: "un buon politico deve
avere le giuste conoscenze, stringere mani, vestire in modo elegante, tessere
amicizie clientelari per avere un'adeguata scorta di voti". Con
Machiavelli l'Italia ha conosciuto il più grande teorico della politica.
Secondo Machiavelli la politica è il campo nel quale l'uomo può mostrare nel
modo più evidente la propria capacità di iniziativa, il proprio ardimento, la
capacità di costruire il proprio destino secondo il classico modello del faber
fortunae suae. Nel suo pensiero si risolve il conflitto fra regole morali e
ragion di Stato che impone talvolta di sacrificare i propri princìpi in nome
del superiore interesse di un popolo. La politica deve essere autonoma da
teologia e morale e non ammette ideali, è un gioco di forze finalizzate al bene
della collettività e dello stato. La politica, svincolata da dogmatismi e
princìpi teorici, guarda alla realtà effettuale, ai "fatti": "Mi
è parso più conveniente andare dietro alla verità effettuale della cosa
piuttosto che alla immaginazione di essa". Si tratta di una visione
antropocentrica che si richiama all'Umanesimo quattrocentesco ed esprime gli
ideali del Rinascimento. Nel “Dialogo intorno alla nostra lingua” dà un
giudizio severo su Alighieri. Alighieri è rimproverato di negare la matrice
fiorentina della lingua della Commedia. Il passo assume i caratteri dell'invettiva
contro Aligheri, accusato di aver infangato la reputazione di Firenze:
«Alighieri il quale in ogni parte mostrò d'esser per ingegno, per dottrina et
per giuditio huomo eccellente, eccetto che dove egli hebbe a ragionare della
patria sua, la quale, fuori d'ogni humanità et filosofico instituto, perseguitò
con ogni spetie d'ingiuria. E non potendo altro fare che infamarla, accusò
quella d'ogni vitio, dannò gli uomini, biasimò il sito, disse male de' costumi
et delle legge di lei; et questo fece non solo in una parte de la sua cantica,
ma in tutta, et diversamente et in diversi modi: tanto l'offese l'ingiuria
dell'exilio, tanta vendetta ne desiderava. Ma la Fortuna, per farlo mendace et
per ricoprire con la gloria sua la calunnia falsa di quello, l'ha continuamente
prosperata et fatta celebre per tutte le province, et condotta al presente in
tanta felicità et sì tranquillo stato, che se Alighieri la vedessi, o egli
accuserebbe sé stesso, o ripercosso dai colpi di quella sua innata invidia,
vorrebbe essendo risuscitato di nuovo morire.» Poi, durante un altro
scambio immaginario con Aligheri, Mhiavelli rimprovera il carattere
"goffo", "osceno", addirittura "porco" del
registro utilizzato nell'Inferno: «Aligheri mio, io voglio che tu
t'emendi, et che tu consideri meglio il “parlare” fiorentino et la tua opera;
et vedrai che, se alcuno s'harà da vergognare, sarà più tosto Firenze che tu:
perché, se considererai bene a quel che tu hai detto, tu vedrai come ne' tuoi
versi non hai fuggito il goffo, come è quello: "Poi ci partimmo et
n'andavamo introcque"; non hai fuggito il porco, com'è quello:
"che merda fa di quel che si trangugia"; non hai fuggito
l'osceno, com'è: "le mani alzò con ambedue le fiche"; e
non avendo fuggito questo, che disonora tutta l'opera tua, tu non puoi haver
fuggito infiniti vocaboli patrii che non s'usano altrove che in quella» Autografo
delle Historiae Fiorentinae Per Machiavelli la storia è il punto di riferimento
verso il quale il politico deve sempre orientare la propria azione. La storia
fornisce i dati oggettivi su cui basarsi, i modelli da imitare, ma indica anche
le strade da non ripercorrere. Machiavelli si basa su una concezione ciclica
della storia: "Tutti li tempi tornano, li uomini sono sempre li
medesimi". Ma ciò che allontana Machiavelli da una visione deterministica
della storia è l'importanza che egli attribuisce alla virtù, ovvero alla
capacità dell'uomo di dominare il corso degli eventi utilizzando opportunamente
le esperienze degli errori compiuti nel passato, nonché servendosi di tutti i
mezzi e di tutte le occasioni per la più alta finalità dello stato, facendo
anche violenza, se necessario, alla legge morale. Non a caso il Principe,
nella conclusione, abbandona il suo taglio cinico e pragmatico per esortare i
sovrani italiani, con una scrittura più solenne e venata di un certo idealismo,
a riconquistare la sovranità perduta e a cacciare l'invasore straniero. Non c'è
rassegnazione nel Principe, né tanto meno sfiducia nei confronti dell'uomo. La
storia è il prodotto dell'attività politica dell'uomo per finalità terrene
esclusivamente pratiche. Lo stato, oggetto di tale attività, nella situazione
politica e nel pensiero del tempo si identifica con la persona del
principe. Di conseguenza l'attività politica è riservata solo ai grandi
protagonisti, ai pochi capaci di agire, non al "vulgo" incapace di
decisione e di coraggio. L'obiettivo è creare o conservare lo stato, una creazione
individuale legata alle qualità e alla sorte del suo fondatore: la fine del
principe può determinare la fine del suo stato, come capitò ad esempio a Cesare
Borgia. Il Machiavelli ha dunque un'importanza fondamentale per la scoperta che
la politica è una forma particolare autonoma di attività umana, il cui studio
rende possibile la comprensione delle leggi da cui è perennemente retta la
storia; da quella scoperta discende, come suo naturale fondamento, una vigorosa
concezione della vita, incentrata unicamente sulla volontà e sulla
responsabilità dell'uomo. Una errata interpretazione del Novecento fece
del Machiavelli un precursore del movimento unitario italiano, ma la parola
nazione ha assunto l'attuale significato solo a partire dalla seconda metà del
Settecento, mentre il Machiavelli la usò in senso particolaristico e cittadino
(es. nazione fiorentina o, nel senso più generico di popolo, moltitudine). Tuttavia,
Machiavelli propugna un principato in grado di reggersi sull'unità etnica dell'Italia;
così facendo, e denunciando in tal modo una chiara coscienza dell'esistenza di
una civiltà italiana, Machiavelli predica la liberazione dell'Italia sotto il
patrocinio di un principe, criticando il dominio temporale dei Papi che
spezzava in due la penisola. Ma l'unità d'Italia resta in Machiavelli un
problema solo intuito. Non si può dubitare che avesse concepito l'idea
dell'unità italiana, ma tale idea restò indeterminata, poiché non trovò appigli
concreti nella realtà, restando perciò a livello di utopia, cui solo dava forma
la figura ideale del principe nuovo. Machiavelli dunque intraprese un viaggio
che identificò come spirituale in giro per il mondo. In seguito, tornato in
patria, ebbe una nuova visione sia del "popolo" che della
"nazione" (di qui quello che oggi definiamo rinnovamento
culturale). Il principe o De Principatibus. Niccolò Machiavelli nello
studio, Stefano Ussi, Emblematico è il modo di trattare argomenti delicati,
quali le mosse necessarie al Principe per organizzare uno stato ed ottenerne
uno stabile e duraturo consenso. Per esempio vi troviamo indicazioni
programmatiche, quali l'utilità nello "spegnere" gli stati abituati a
vivere liberi di modo da averli sotto il proprio diretto controllo (metodo
preferito al creare un'amministrazione locale "filo-principesca" o al
recarvisi e stabilirvisi personalmente, metodo però sempre tenuto da conto in
modo da avere un occhio sempre presente sulle proprie terre, e stabilire una
figura rispettata e conosciuta in loco). Altro elemento caratteristico
del trattato sta nella scelta dell'atteggiamento da tenere nei confronti dei
sudditi, culminante nell'annosa questione del "s'elli è meglio essere
amato che temuto o e converso" La risposta corretta si concretizzerebbe in
un ipotetico principe amato e temuto, ma essendo difficile o quasi impossibile
per una persona umana l'essere ambedue le cose, si conclude decretando che la
posizione più utile viene ad essere quella del Principe temuto (pur ricordando
che mai e poi mai il Principe dovrà rendersi odioso nei confronti del popolo,
fatto che porrebbe i prodromi della propria caduta). Qua appare indubbiamente
la concezione realistica e la concretezza del Machiavelli, il quale non viene a
proporre un ipotetico Principe perfetto, ma irrealizzabile nel concreto, bensì
una figura effettivamente possibile e soprattutto "umana".
Ulteriore atteggiamento principesco dovrà l'essere metaforicamente sia
"volpe" che "leone", in modo da potersi difendere dalle
avversità sia tramite l'astuzia (volpe) che tramite la violenza (leone).
Mantenendo un solo atteggiamento dei due non ci si potrà difendere da una
minaccia violenta o di astuzia. Spesso alla figura evocata dal Principe di
Machiavelli viene associata la figura di un uomo privo di scrupoli, di un
cinismo estremo, nemico della libertà. Inoltre gli viene erroneamente associata
la frase "il fine giustifica i mezzi", che invece mai enunciò. Questo
perché la parola "giustifica" evoca sempre un criterio morale, mentre
Machiavelli non vuole "giustificare" nulla, vuole solo valutare, in
base ad un altro metro di misura, se i mezzi utilizzati sono adatti a
conseguire il fine politico, l'unico fine da perseguire è il mantenimento dello
Stato. Machiavelli nella stesura del Principe si rifà alla reale
situazione che gli si presentava attorno, una situazione che necessitava essere
risolta con un atto deciso, forte, violento. Machiavelli non vuole proporre dei
mezzi giustificati da un fine, egli pone un programma politico che qualunque
Principe che voglia portare alla liberazione dell'Italia, da troppo tempo
schiava, dovrà seguire. Fuori dai suoi intenti una giustificazione morale dei
punti suggeriti: egli stende un vademecum necessariamente utile a quel Principe
che finalmente vorrà impugnare le armi. Alle accuse di sola illiberalità od
autoritarismo, si può dare una risposta leggendo il capitolo IX, "De
Principatu Civili", ritratto di un principe nascente dal e col consenso
del popolo, figura ben più solida del Principe nato dal consesso dei
"grandi", cioè dei grandi proprietari feudali. Non esiste un unico
tipo di principato, ma per ognuno troviamo un'ampia trattazione di pregi e dei
difetti. Controversie sul Principe «Quel grande / che temprando lo
scettro a' regnatori gli allor ne sfronda, ed alle genti svela / di che lagrime
grondi e di che sangue» (Ugo Foscolo, Dei sepolcri) La gelida obiettività
e un certo cinismo con cui Machiavelli descriveva il comportamento freddo,
razionale ed eventualmente spietato che un capo di Stato deve mettere in atto,
colpì i critici. Così, da una parte vi è la linea di pensiero tradizionale,
secondo la quale "Il Principe" è un trattato di scienza politica
destinato al governante, che tramite esso saprà come affrontare i problemi,
spesso drammatici, posti dal suo ruolo di garante della stabilità dello stato.
Dall'altra, troviamo un'interpretazione secondo cui il trattato di Machiavelli,
che era originariamente un repubblicano, ha come vero scopo quello di mettere a
nudo, e quindi chiarire, le atrocità compiute dai principi dell'epoca, a
vantaggio del popolo, che di conseguenza avrebbe le dovute conoscenze per
attuare le precauzioni al fine di stare in guardia e difendersi quando si
dimostra necessario. Il principe è visto anche come figura assai drammatica, la
quale, per il bene dello stato stesso, non si può permettere di lasciare spazio
al proprio carattere, diventando così quasi un uomo-macchina. Secondo alcuni,
Machiavelli venne in realtà accusato da subito di nicodemismo, e: «...di
non aver mirato ad altro, in quel libro, che a condurre il tiranno a
precipitosa rovina, allettandolo con precetti a lui graditi...»
(Attribuita a Niccolò Machiavelli[28]). Machiavellismo § L'antimachiavellismo e
il repubblicanesimo. Gli esponenti di questa seconda interpretazione (la
cosiddetta "interpretazione obliqua", diffusa dal XVII secolo, e
avanzata per la prima volta da Alberico Gentili spirandosi a Reginald Pole, poi
ripresa da Traiano Boccalini e in seguito Baruch Spinoza)[31], furono numerosi
soprattutto in ambito illuminista (anche se venne rifiutata da Voltaire), che
vedeva in Machiavelli un precursore della politica laica e del
repubblicanesimo: la sostennero, dal Settecento, Jean-Jacques Rousseau[33],
Vittorio Alfieri[34], Giuseppe Baretti, Giuseppe Maria Galanti[36], gli
enciclopedisti (in primis Denis Diderot[3 Opere: Discorso 8] e Jean
Baptiste d'Alembert), Foscolo e Parini[, e ha avuto diffusione soprattutto
nell'Ottocento, prima e durante il Risorgimento[26]; ne è un esempio quello che
Foscolo scrive nei "Sepolcri": «Io quando il monumento / vidi ove
posa il corpo di quel grande / che temprando lo scettro a' regnatori / gli
allor ne sfronda, ed alle genti svela / di che lagrime grondi e di che sangue».
Forse alcuni di essiad esempio, per quanto riguarda Foscolo, è un'ipotesi
alternativa di Spongano e riportata anche da Mario Pazzagliaritenevano anche
che, pur essendo Il principe un'opera fatta per i tiranni e i governanti, fosse
utile lo stesso per svelare al popolo gli intrighi del potere, ritenendo valida
l'interpretazione obliqua, qualunque fossero le intenzioni di Machiavelli. In generale, per i sostenitori di questa
lettura, Il principe avrebbe, come le satire (ad esempio Una modesta proposta
di Jonathan Swift), uno scopo opposto a quello apparente, come avverrà anche
per alcuni scritti di epoca romantica (Lettera semiseria di Grisostomo di
Giovanni Berchet o alcune Operette Morali di Giacomo Leopardi). In epoca
più recente, tuttavia, nella maggioranza dei critici è prevalsa la prima
interpretazione, quella tradizionale, dal quale risalta la libertà e
concretezza, anche spregiudicata, del pensiero di Machiavelli, che non descrive
mondi utopici, ma il mondo reale della politica dei suoi tempi,e la sua
concezione anticipatrice del realismo politico e della cosiddetta realpolitik. L'interpretazione
obliqua è stata riproposta in modo minoritario, ad esempio in alcuni monologhi
del drammaturgo e attore Dario Fo. Il modello linguistico prescelto da
Machiavelli è fondato sull'uso vivo più che sui modelli letterari; lo
scopo, esplicito soprattutto nel Principe, di scrivere qualcosa di utile e
chiaramente espressivo lo induce a scegliere spesso modi di dire proverbiali di
immediata evidenza. Il lessico impiegato dall'autore si rifà a quello
boccacciano, è ricco di parole comuni e i latinismi, seppure abbondanti,
provengono per lo più dal gergo cancelleresco. Nelle sue opere ricoprono un
ruolo assai rilevante anche le metafore, i paragoni e le immagini. La
concretezza è una delle caratteristiche salienti, l'esempio concreto ed
essenziale, tratto dalla storia sia antica che recente, è sempre preferito al
concetto astratto. In generale si parla di uno stile "fresco",
come lo ebbe a definire il filosofo Nietzsche in Al di là del bene e del male,
con un riferimento particolare all'uso della paratassi, a una certa sentenziosità
delle frasi, costruite secondo un criterio di chiarezza a scapito di un maggior
rigore logico-sintattico. Machiavelli rende evidenti concetti che, se espressi
con un linguaggio più elaborato, sarebbero molto difficili da decifrare, e
riesce a esprimere le sue tesi con originale capacità espositiva. Opere
Discorso fatto al magistrato de' Dieci sopra le cose di Pisa, Parole da dirle
sopra la provvisione del danaio, Descrizione del modo tenuto dal Duca Valentino
nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, il Signor Pagolo e il
duca di Gravina Orsini, De natura Gallorum, Ritratto delle cose di Francia, Ritratto
delle cose della Magna, Il Principe, Discorsi sopra la prima deca di Tito
Livio, Dell'arte della guerra, La vita di Castruccio Castracani da Lucca, Istorie
fiorentine, )Riedizione Istorie fiorentine, Venezia, 1546. Discorso o dialogo
intorno alla nostra lingua, Decennali Mandragola, commedia teatrale Belfagor
arcidiavolo, Epistolario, L'asino, Edizioni critiche in pubblico dominio:
Legazioni, commissarie, scritti di governo. Fredi Chiappelli. Laterza,
Roma-Bari. Drammaturgie minori Clizia, Andria, traduzione-rifacimento
dell'Andria di Terenzio Onori Nel 2009 Alitalia gli ha dedicato uno dei suoi
Airbus Nella cultura di massa Il suo nome, modificato in "Makaveli",
venne usato dal rapper statunitense Tupac Shakur tper firmare molte sue canzoni
e un album uscito postumo. Niccolò Machiavelli viene proposto anche nel
videogioco Assassin's Creed 2 e il seguito Assassin's Creed: Brotherhood, in
veste di Assassino. Proprio in quest'ultimo assume un ruolo particolarmente importante,
insieme ad altri personaggi dell'Italia rinascimentale. Niccolò Machiavelli è,
assieme a John Dee, il principale antagonista della serie di romanzi fantasy I
segreti di Nicholas Flamel, l'immortale (come capo dei servizi segreti
francesi), scritta da Michael Scott. Nella mostra "Il Principe di Niccolò
Machiavelli e il suo tempo" (Roma, Complesso del Vittoriano, Salone Centrale,
promossa dall'Istituto dell'Enciclopedia Italiana e dalla sezione italiana di
Aspen Institute, la sezione "Machiavelli e il nostro tempo: usi e
abusi" presenta, tra altre "opere", Figurine Liebig, pacchetti
di sigarette, schede telefoniche, trading card, cartoline, francobolli, giochi
da tavolo e videogiochi dedicati a Machiavelli. Nella serie I Borgia di Neil
Jordan è interpretato da Julian Bleach. Machiavel è una band belga,
catalogabile sotto il genere progressive rock. Il nome della band è un chiaro
omaggio a Niccolò Machiavelli. Nella serie I Medici è interpretato da Vincenzo
Crea, Edizione nazionale delle opere Edizione Nazionale delle Opere di Niccolò
Machiavelli, Salerno Editrice di Roma: Il principe, Mario Martelli,
corredo filologico Nicoletta Marcelli, Discorsi
sopra la prima Deca di Tito Livio, Francesco Bausi, L'arte della guerra.
Scritti politici minori, Giorgio Masi, Jean Jacques Marchand, Denis Fachard, Opere storiche, Alessandro Montevecchi, Carlo
Varotti, ITeatro. Andria-Mandragola-Clizia,
Pasquale Stoppelli, Scritti in poesia e
in prosa, Antonio Corsaro, Paola Cosentino, Emanuele Cutinelli-Rèndina, Filippo
Grazzini, Nicoletta Marcelli, coordinam. di Francesco Bausi, ILegazioni, Commissarie, Scritti di governo, Jean-Jacques
Marchand, Legazioni. Commissarie. Scritti di governo, Legazioni. Commissarie. Scritti
di governo, Jean-Jacques Marchand, Matteo Melera-Morettini, Legazioni.
Commissarie. Scritti di governo Denis Fachard, Emanuele Cutinelli-Rèndina, Legazioni.
Commissarie. Scritti di governo, Jean-Jacques Marchand, Andrea Guidi, Matteo
Melera-Morettini, Legazioni.
Commissarie. Scritti di governo. Denis Fachard, Emanuele
Cutinelli-Rèndina, Legazioni. Commissarie.
Scritti di governo, Jean-Jacques Marchand, Andrea Guidi, Matteo
Melera-Morettini. La famosa frase
"Il fine giustifica il mezzo" (o "i mezzi"), usata spesso
come esempio di machiavellismo, è del critico letterario Francesco de Sanctis,
con riferimento ad interpretazioni fuorvianti del pensiero di Machiavelli
espresso nel Principe. Il passo di De Sanctis, dal capitolo XV della sua Storia
della letteratura italiana, dedicato a Machiavelli, recita: "Ci è un
piccolo libro del Machiavelli, tradotto in tutte le lingue, il Principe, che ha
gittato nell'ombra le altre sue opere. L'autore è stato giudicato da questo
libro, e questo libro è stato giudicato non nel suo valore logico e
scientifico, ma nel suo valore morale. E hanno trovato che questo libro è un
codice di tirannia, fondato sulla turpe massima che il fine giustifica i mezzi,
e il successo loda l'opera. E hanno chiamato machiavellismo questa dottrina.
Molte difese sonosi fatte di questo libro ingegnosissime, attribuendosi
all'autore questa o quella intenzione più o meno lodevole. Così n'è uscita una
discussione limitata e un Machiavelli rimpiccinito". Celebrazioni per il V centenario del Principe
di Machiavelli, Accademia della Crusca, Opera di Santa Maria del Fiore, Libri
dei battesimi: Niccolò Piero e Michele di m. Bernardo Machiavellidi Santa
Trinita, nacque a dì 3 a hore 4, battezzato a dì 4 Dal Villani, nella sua Cronica. In Discorsi
di Architettura del senatore Giovan Battista Nelli,La sua trascrizione del De
rerum natura è nel manoscritto Vaticano Rossiano L. Canfora, Noi e gli antichi, Milano Giovio,
Elogia clarorum virorum, 1546, 55v: «Constat a Marcello Virgilio graecae atque
latinae linguae flores accepisse» R.
Ridolfi, Lettera Riccardo Bruscagli, "Machiavelli". Il Senato romano
fece distruggere Velletri e indebolì Anzio sottraendole la flotta: cfr. Livio, "La
sua vicinanza a Pier Soderini, vexillifer perpetuus, si accentua
progressivamente in uno sforzo di sottrarre Firenze a un immobilismo indotto
dal timore di un potere esecutivo più forte e irrispettoso di una lunga
tradizione di libertà repubblicano-oligarchica": Grazzini, Filippo, Ante
res perdita, post res perditas : dalle dediche del Decennale primo a quella del
Principe, Interpres : rivista di studi quattrocenteschi :Roma : Salerno, . Lettera. È un'ipotesi del Ridolfi, cDiscorsi
sopra la prima Deca di Tito Livio, «Giovanpagolo, il quale non stimava essere
incesto e publico parricida, non seppe, o, a dir meglio, non ardì, avendone
giusta occasione, fare una impresa, dove ciascuno avesse ammirato l'animo suo,
e avesse di sé lasciato memoria eterna, sendo il primo che avesse dimostro a'
prelati quanto sia poco uno che vive e regna come loro; ed avessi fatto una
cosa, la cui grandezza avesse superato ogni infamia, ogni pericolo, che da
quella potesse dependere» Nella sua
Storia d'Italia, il Guicciardini esprime lo stesso giudizio di Machiavelli Ritratto delle cose della Magna, in «Tutte le
opere storiche, politiche e letterarie2»
Lettera ai Dieci,Il carcere, la tortura e il ritiro all'Albergaccio, su
viv-it.org. Ottenendo un giudizio evasivo: cfr. la lettera del Vettori Lettera
a Francesco Vettori, David Quint, Armi e
nobiltà : Machiavelli, Guicciardini e le aristocrazie cittadine, Cadmo, Studi
italiani. De credulitate et pietate; et an sit melius amari quam timeri, vel e
contra. Il machiavellismo, su dizionariostoria.wordpress.com. Machiavellismo,
Treccani, 2Citata in Niccolò Machiavelli, Periodici Mondadori, A. Gentili, De
legationibus. R. Pole, Apologia ad Carolum V Caesarem de Unitate Ecclesiae che talvolta elogiarono però anche alcuni
consigli pragmatici dati al principe, come quello della religione come
instrumentum regnii; ad esempio Voltaire, nel capitolo Se sia utile mantenere
il popolo nella superstizione, del Trattato sulla tolleranza, afferma
l'utilità, entro certi limiti, di una forma di religione razionale per il
popolo La fortuna di Machiavelli nei
secoli, su windoweb «Machiavelli era un uomo giusto e un buon cittadino; ma,
essendo legato alla corte dei Medici, non poteva velare il proprio amore per la
libertà nell'oppressione che imperava nel suo paese. La scelta di Cesare Borgia
come proprio eroe, ben evidenziò il suo intento segreto; e la contraddizione
insita negli insegnamenti del Principe e in quelli dei Discorsi e delle Istorie
fiorentine ben dimostra quanto questo profondo pensatore politico è stata finora
studiato solo dai lettori superficiali o corrotti. La Corte pontificia vietò
severamente la diffusione di quest'opera. Ci credo ... in fondo, quanto scritto
la ritrae fedelmente. il libro dei repubblicani (...) fingendo di dare lezioni
ai re, ne ha date di grandi ai popoli». (Jean Jacques Rousseau, Il contratto
sociale), «Dal solo suo libro Del Principe si potrebbero qua e là ricavare
alcune massime immorali e tiranniche, e queste dall'autore son messe in luce (a
chi ben riflette) molto più per disvelare ai popoli le ambiziose ed avvedute
crudeltà dei principi che non certamente per insegnare ai principi a
praticarne... all'incontro, il Machiavelli nelle Storie, e nei Discorsi sopra
Tito Livio, ad ogni sua parola e pensiero, respira libertà, giustizia, acume,
verità, ed altezza d'animo somma, onde chiunque ben legge, e molto sente, e
nell'autore s'immedesima, non può riuscire se non un fuocoso entusiasta di
libertà, e un illuminatissimo amatore d'ogni politica virtù» (Del principe e
delle lettere,) «Con quel libro, se la
sapessimo tutta, egli si pensò forse di pigliare, come si suol dire, due
colombi ad una fava: presentando dall'un lato a' suoi Fiorentini come schietta
e naturale una caricata e mostruosa immagine d'un sovrano assoluto, affinché si
risolvessero a non averne mai alcuno; e cercando dall'altro di tirare
insidiosamente i Medici a governarsi in guisa che s'avessero poi a snodolare il
collo, seguendo i fraudolenti precetti da lui con molta adornezza sciorinati in
quella sua dannata opera.» G. Galanti,
Elogio di N. Machiavelli cittadino e segretario fiorentino Alessandro Arienzo, Gianfranco Borrelli,
Anglo-American Faces of Machiavelli, Voce "Machiavellismo"
dell'Encyclopedie Franco Ferrucci, Il
teatro della fortuna: potere e destino in Machiavelli e Shakespeare, Fazi
Editore, Mario Pazzaglia, Note ai Sepolcri, in Antologia della letteratura
italiana, vol I cfr. l'inizio del
Dialogo di Tristano e di un amico.
Introduzione a: Alfredo Oriani, Niccolò Machiavelli //repubblica/rubriche/la-parola
news/realpolitik Realpolitik Video di
Dario Fo che parla di Machiavelli (trasmissione tv Vieni via con me, su
youtube.com. Il Principe di Niccolò Machiavelli e il suo tempo. Catalogo della
mostra, Roma Istituto dell'Enciclopedia Italiana, La su Machiavelli è sterminata. Tentativi di
redigerla sono stati realizzati da Achille Norsa, Il principio della forza nel
pensiero politico di Niccolò Machiavelli, seguito da un contributo
bibliografico, Milano Silvia Ruffo Fiore, Niccolò Machiavelli: an annotated bibliography
of modern criticism and scholarship, New York‑Westport‑London 1990; Daria
Perocco, Rassegna di studi sulle opere letterarie del Machiavelli, in
"Lettere italiane",Emanuele Cutinelli‑Rendina, Rassegna di studi
sulle opere politiche e storiche di Niccolò Machiavelli, in "Lettere italiane",
Nel l'Istituto della Enciclopedia
Italiana Treccani ha pubblicato in 3 volumi l'opera Machiavelli: enciclopedia
machiavelliana. Di seguito una selezione di studi. Felix Gilbert, Machiavelli e
la vita culturale del suo tempo, Bologna, Il mulino, Claude Lefort, Le travail
de l'oeuvre Machiavel, Paris, Gallimard, Jean-Jacques Marchand, Niccolò
Machiavelli. I primi scritti politici Nascita di un pensiero e di uno stile,
Padova, Antenore, Riccardo Bruscagli, Niccolò Machiavelli, Firenze, La Nuova
Italia editrice, Roberto Ridolfi, Vita di Niccolò Machiavelli, Firenze,
Sansoni, Federico Chabod, Scritti su Machiavelli, Torino, Einaudi, John
Greville Agard Pocock, Il momento machiavelliano: il pensiero politico
fiorentino e la tradizione repubblicana anglosassone, Bologna, Il mulino,Carlo
Dionisotti, Machiavellerie, Torino, Einaudi, 1980 Gennaro Sasso, Niccolo
Machiavelli, Il pensiero politico; La
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cultura europea dell'età moderna, Roma-Bari, Laterza, Gennaro Sasso,
Machiavelli e gli antichi e altri saggi, I-IV, Milano-Napoli, Ricciardi, Maurizio
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ou l'origine du monde, Vecchiarelli,Emanuele Cutinelli-Rendina, Introduzione a
Machiavelli, Roma-Bari, Laterza, Lettera a Francesco Vettori Letteratura
italiana Francesco Guicciardini Teoria della ragion di Stato Istorie fiorentine
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Antonio Enzo Quaglio, Machiavelli, Niccolò, in Enciclopedia dantesca,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Fabrizio Franceschini, Machiavelli,
Niccolò, in Enciclopedia dell'italiano, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, -.
il Principe, ediz. Istorie fiorentine, ediz. Le opere minori di Machiavelli, su
machiavelli.letteraturaoperaomnia.org. Opere di Niccolò Machiavelli con giunta
di un nuovo indice generale delle cose notabili, Milano, per Giovanni Silvestri,Rassegna
bibliografica degli studi machiavelliani.Una ricognizione dei contributi
scientifici dedicati al Machiavelli negli ultimi decenni. Niccolò di Bernardo
dei Machiavelli. Refs.: Luigi Speranza,
"Grice e Machiavelli," per il club anglo-italiano, The Swimming-Pool
Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
MADERA
(Varese). Filoso. Grice:
“I like Madera; especially because he uses words I love, like ‘sense’ – ‘la
carta del senso’ and soul – anima --.” Insegna a
Milano. Ha insegnato a Calabria e Venezia. È membro dell'Associazione
italiana di psicologia analitica, del Laboratorio analitico delle immagini
(LAI, associazione per lo studio del gioco della sabbia nella pratica
analitica), e fa parte della redazione della Rivista di psicologia analitica. Fonda
i Seminari aperti di pratiche filosofiche di Venezia e di Milano e PhiloPratiche
filosofiche a Milano. Studia Jung. Define la sua proposta nel campo della
ricerca e della cura del senso "analisi biografica a orientamento filosofico",
formando la Società degli analisti filosofi. Fondat l'”Analisi Biografica A
Orientamento Filosofico”, pratica filosofica volta a utilizzare e a trasformare
il metodo psico-analitico, nata agli inizi Professoree oggi praticata in
diverse città . La pratica dell'analista filosofo si rivolge alle
dimensioni “sane” ed è volta alla ricerca di senso dell'esistenza
dell'analizzante. L’orientamento filosofico è inteso come ricerca di senso che,
a differenza della filosofia come modo di vivere dell’antichità, parte dalla
biografia storicamente, culturalmente e socialmente incarnata. Questo è un
tentativo di risposta alla crisi delle istituzioni tradizionalmente
riconosciute come orientanti l’esistenza; l'analista filosofo si propone di
riformulare su base biografica i processi formativi integrandoli con le
psicologie del “profondo”. L’aver cura “terapeutica” dell’insieme della
personalità e della vita dei gruppi è stato da sempre vocazione della
filosofia, riproposta come contenitore di diversi approcci e discipline delle
scienze umane, dalla psicoanalisi alla pedagogia. Il senso è inteso come il
fattore terapeutico fondamentale. L'analisi biografica a orientamento
filosofico non si occupa della cura delle psicopatologie, a meno che
l'analista filosofo non sia anche uno psicoterapeuta, psicologo o
psichiatra. Essendo una pratica filosofica, sono richiesti all'analista
non solo la competenza professionale ma anche l'indirizzo vocazionale della sua
vita alla filosofia, dedicandosi agli esercizi filosofici personali e comunitari.
L'ambito di esperienze e teorie da cui deriva riunisce l'eredità delle
psicologie del profondo, la filosofia intesa nel suo valore terapeutico e come
stile di vita, la pedagogia del corpo e le pratiche di meditazione, la
psicologia sistemica, il metodo autobiografico e biografico, la narrazione
delle storie di vita in una prospettiva sociologica. Opere:“Identità e
feticismo” (Moizzi, Milano); “Dio il Mondo, Coliseum, Milano, “L'alchimia
ribelle,” Palomar, Bari, “Jung. Biografia e teoria,” Bruno Mondadori, Milano,
“L'animale visionario,” Il Saggiatore, Milano, “Mia philosophikê askêsê”, in ê
sunantêsê, “Ti einai ê philosophika prosanatolismenê biographikê analusê?”, in
ê sunantêsê, La filosofia come stile di vita, Bruno Mondadori, Milano, Ipoc, Milano, Il nudo
piacere di vivere, Arnoldo Mondadori, Milano, "Che cosa è l'analisi
biografica a orientamento filosofico", in Pratiche filosofiche e cura di
sé, Bruno Mondadori, Milano, Jung come precursore di una filosofia per
l'anima”, in , Il senso di psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista di psicologia
analitica. La carta del senso” Psicologia del profondo e vita filosofica,
Raffaello Cortina Editore, Milano, , Ipoc,
Una filosofia per l'anima. All'incrocio di psicologia analitica e
pratiche filosofiche (Chiara Mirabelli), Ipoc, Milano “Empirisme ou une philosophie pour l’ame?”,
in Recherches Germaniques, Université de Strasbourg, Hors série n. 9, “The Missing Link: from Jung to Hadot and
Vice Versa”, in Eranos. Its Magical Past and Alluring Future: the Spirit of a
Wondrous Place, Spring, Jung. L'opera al rosso, Feltrinelli, Milano. Sconfitta
e utopia. Identità e feticismo attraverso Marx e Nietzsche, Mimesis,
Milano “Che tipo di sapere potrebbe
essere quello della psicoanalisi?”, in Psiche. Rivista di cultura
psicoanalitica, n Màdera R., “Dalla
pseudo-speciazione al capro espiatorio", in , Tabula rasa. Neuroscienze e
culture, Fondazione Intercultura , "The psychic counterpoise to violence
towards the human other", in Papadopoulos, Moral Injury and Beyond.
Understanding Human Anguish and Heling Traumatic Wounds, Abingdon UK, New York
NY: Routledge, , Pratiche filosofiche e
cura di sé, Bruno Mondadori, Milano, Le pratiche filosofiche nella formazione,
Adultità, Guerini e Associati, Milano Bartolini P., Mirabelli C. , L’analisi
filosofica: avventure del senso e ricerca mito-biografica, Mimesis,
Milano-Udine Campanello L.,
"L'analisi biografica a orientamento filosofico e le cure palliative”, in
Tessere reti per una buona morte, Rivista Italiana di Cure Palliative, Campanello
L., Sono vivo ed è solo l'inizio, Mursia, Milano Daddi A. I., Filosofia del profondo,
formazione continua, cura di sé. Apologia di una psicoanalisi misconosciuta,
Ipoc, Milano, Daddi A. I., “Principio
Misericordia, perfezionismo morale e nuova etica. La proposta màderiana per
l'Occidente del terzo millennio”, in I. Pozzoni , Rassegna storiografica
decennale, Limina Mentis, Monza, Diana
M., Contaminazioni necessarie. La cura dell'anima tra religioni, psicoterapia,
counselling filosofici, Moretti&Vitali, Bergamo, Galimberti U., Nuovo
dizionario di psicologia. Psichiatria, psicoanalisi, neuroscienze, voce
“Biografico, Metodo”, Feltrinelli, Milano
Gamelli I., Mirabelli C., Non solo a parole. Corpo e narrazione nella
formazione e nella cura, Raffaello Cortina, Milano Janigro N. , La vocazione della psiche,
Einaudi, Torino Janigro N.,
Psicoanalisi. Un’eredità al futuro, Mimesis, Milano Malinconico A. , "Dialettica di
redazione (ancora in tema di analisi biografica a orientamento
filosofico)", in , Il senso di psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista
di psicologia analitica, Malinconico A., Psicologia Analitica e mito dell’immagine.
Biblioteca di Vivarium, Milano Montanari
M., “Per una filosofia del profondo”, in , Il senso di psiche. Una filosofia
per l'anima, Rivista di psicologia analitica, Montanari M., La filosofia come
cura, Mursia, Milano Montanari M.,
Vivere la filosofia, Mursia, Milano
Moreni L. , “Intervista a tre analisti filosofi”, in , Il senso di
psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista di psicologia analitica,
Sull’analisi biografica a orientamento filosofico Analisi biografica e cura di sé Una nuova formazione alla cura Psiche e città. La nuova politica nelle
parole di analisti e filosofi
Quattordici punti sull’analisi biografica a orientamento filosofico. Romano
Màdera et l’analyse biographique à orientation philosophique. Romano Màdera.
Keywords: “profondo” “la grammatical profonda” “la grammatical del profondo” Tiefe
Grammatik – implicatura del profondo, implicatura del superficiale.
MAFFETONE. (Napoli). Filosofo. Grice: “I like Maffetone; he tries, like I do,
to defend Socrates against Thrasymacus; in the proceedings, he provides his
view on the foundations of Italian liberalism – and has recently explored the
topic of what he calls ‘il valore della vita.’” Si laurea a Napoli. Ha
contribuito al dibattito scientifico sui temi di bioetica e etica dell'economia
e della politica, alla Rawls,, tentando di ricostruire i principi del
liberalismo applicandoli al contesto dell’economia. Insegna a Roma. Presidente
della Fondazione Ravello. Opere: “I fondamenti del liberalismo” (Laterza, Etica
Pubblica, Il Saggiatore); “La pensabilità del mondo” (Il Saggiatore, “Rawls”
(Laterza). “Un mondo migliore. Giustizia globale tra Leviatano e Cosmopoli,
“Marx nel XXI secolo,” Luiss University Press. Radio Radicale. Sebastiano
Maffettone. Keywords: contrattualismo. Rawls on Grice on personal identity.
Keywords: quasi-contrattualismo conversazionale.
MAGALOTTI. (Roma). Filosofo. Grice: “I like Magalotti
– very philosophical” – Grice: “When a philosopher is a count, we don’t say
that he was a professional philosopher, but not an amateur philosopher either –
‘philosopher’ does!” – Grice: “I like his ‘saggi’ on ‘natural experience’ – he
is being Aristotelian: there is natural experience and there is trans-natural
experience – and there is supernatural experience!” Appartenente
all’aristocrazia, figlio di Orazio, prefetto dei corriere pontifici, e
Francesca Venturi. Studia a Roma e Pisa, dove e allievo di Viviani e Malpighi.
Segretario di Leopoldo de' Medici, segretario dell'Accademia del Cimento
(fondata da de’ Medici). Fa parte anche dell'Accademia della Crusca e
dell'Accademia dell'Arcadia, Dall'esperienza al Cimento nacque i “Saggi di
naturali esperienze, ossia le relazioni dell'attività dell'Accademia del
Cimento”. Passa al servizio di Cosimo III de' Medici iniziando così un'attività che lo porta a una
serie di viaggi per l'Europa (raccolse in diverse opere le sue vivaci e
brillanti relazioni di viaggio). Ottenne il titolo di conte e la nomina ad
ambasciatore a Vienna. Si ritira alla villa Magalotti, in Lonchio. Si dedica alla
filosofia, con particolare attenzione per la filosofia naturale di Galilei Opere:
“Canzonette
anacreontiche di Lindoro Elateo, pastore arcade” “Delle lettere familiari del
conte Lorenzo Magalotti e di altri insigni uomini a lui scritte, Firenze, Diario di Francia, M.L. Doglio, Palermo,
Sellerio. “La donna immaginaria, canzoniere, con altre di lui leggiadrissime
composizioni inedited” (Lucca); “Lettere del conte Lorenzo Magalotti gentiluomo
fiorentino dedicate all'Ecc.mo e Clar.mo Sig. Senatore Carlo Ginori Cav.
dell'Ordine di S. Stefano, Segretario delle Riformagioni e delle Tratte, Lucca.
Lettere contro l'ateismo, Venezia. Lettere odorose, E. Falqui, Milano. Lettere
scientifiche. “Lettere” (Firenze). “Saggi di naturali esperienze fatte
nell'Accademia del cimento sotto la protezione del Serenissimo Principe
Leopoldo di Toscana e descritte dal Segretario di essa Accademia, Milano. “Scritti
di corte e di mondo” Enrico Falqui, Roma. “Varie operette del conte Lorenzo
Magalotti con giunta di otto lettere su le terre odorose d'Europa e d'America
dette volgarmente buccheri” Roma.Dizionario
biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Saggi di naturali esperienze fatte
nell'Accademia del Cimento sotto la protezione del serenissimo principe
Leopoldo di Toscana e descritte dal segretario di essa Accademia (Firenze: per
Giuseppe Cocchini all'Insegna della Stella); “La donna immaginaria canzoniere
del celebre conte Lorenzo Magalotti ora per la prima volta dato alla luce e
dedicato alle nobilissime dame italiane” (Firenze: appresso Andrea Bonducci); “Canzonette
anacreontiche di Lindoro Elateo pastore arcade” (Firenze : per Gio. Gaetano Tartini,
e Santi Franchi); “Il sidro poema in due canti di Giovanni Filips tradotto
dall'inglese in toscano dal celebre conte Lorenzo Magalotti ora per la prima
volta stampato con altre traduzioni, e componimenti di vari autori” (Firenze: appresso
Andrea Bonducci); Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond, Opere
slegate : precedute da un carteggio tra Magalotti e Saint-Évremond, tradotte in
toscano” (Roma: Edizioni dell'Ateneo). Scienza in Italia, opera del Museo
Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze, Elogio storico del
conte Lorenzo Magalotti nell'edizione de La donna immaginaria canzoniere del
conte Lorenzo Magalotti con altre di lui leggiadrissime composizioni inedite,
raccolte e pubblicate da Gaetano Cambiagi, In Lucca: nella stamperia di Gio.
Riccomini, Dizionario critico della letteratura italiana, Torino, UTET, Lorenzo Magalotti, Relazioni di viaggio in
Inghilterra, Francia e Svezia” (Bari, G. Laterza). Treccani Enciclopedie, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. Liber Liber. openMLOL, Horizons
Unlimited srl. Relazioni di viaggio in
Inghilterra, Francia e Svezia Lettere
scientifiche ed erudite Comento sui
primi cinque canti dell'Inferno di Dante, e quattro lettere del conte Lorenzo
Magalotti Canzonette anacreontiche di
Lindoro Elateo pastore arcade Lettere
scientifiche ed erudite La donna immaginaria Novelle
(il volume contiene anche opere di altri autori) Gli amori innocenti di
Sigismondo conte d'Arco con la Principessa Claudia Felice d'Inspruch. Il conte
Lorenzo Magalotti. Villa Magalotti. Keyword: ‘naturali esperienze’ --.
MAGGI. (Pompiano). FIlosofo. Grice: “I like his
portrait” – Grice: “My favourite of his essays is on the ridiculous; but his
most specifically philosophical stuff is the ‘lectiones philosophicae’ and the
‘consilia philosophica.’” La famiglia aveva possedimenti e anche un negozio di
farmacia. Il padre Francesco, uomo di lettere, fu il suo primo maestro.
Studia a Padova con Bagolino e frequenta attivamente gli ambienti culturali
della città. Si laurea e insegna filosofia. Membro dell'«Accademia degli
Infiammati», strinse amicizia con Barbaro, Lombardi, Piccolomini, Speroni,
Tomitano, Varchi, entrò quindi a far parte del circolo di Bembo, frequentando
insigni filosofi come Paleario, Lampridio e Emigli. Conobbe iPole, Vergerio, Flaminio
e Priuli. Il dibattito sulla questione della lingua e sui temi estetici legati
soprattutto all'interpretazione della Poetica aristotelica condusse alla
preparazione di un commento allo scritto di Aristotele che, iniziato da
Lombardi, fu proseguito, concluso e fatto pubblicare da Maggi, con altra sua
opera dedicata ad Orazio, a Venezia: le “In Aristotelis librum de Poetica
communes explanationes: Madii vero in eundem librum propriae annotations”,
dedicato a Madruzzo. Lascia Padova per entrare al servizio del duca Ercole
II d'Este come precettore del figlio Alfonso e, insieme, per insegnare
filosofia a Ferrara. Si conservano appunti delle sue lezioni sulla Poetica. Anche
della vita culturale della città estense fu protagonista, divenendo principe dell'«Accademia dei Filareti», che
vanta membri come Bentivoglio, Calcagnini, Giraldi e Cinzio, oltre a essere
amico degli umanisti Pigna, Porto e Ricci, che gli diede pubblicamente merito
di essere stato «il primo interprete della Poetica di Aristotele».
“Mulierum praeconium” o “De mulierum praestantia” e dedicata ad Anna d'Este, la
figlia di Ercole e di Renata di Francia, che nello stesso anno fu tradotta “Un
brieve trattato dell'eccellentia delle donne.” Comprende anche una Essortatione
a gli huomini perché non si lascino superar dalle donne, attribuita a Lando,
che si pone come corollario dell'orazione del Maggi. Alla chiusura
temporanea dell'Università, ritorna a Brescia, partecipando alle riunioni
dell'Accademia di Rezzato, fondata da Chizzola. Abita nella quadra della
cittadella vecchia, in contrada Santo Spirito. Sposa Francesca, figlia del
nobile Paris Rosa,. A Brescia sede nel Consiglio Generale e fu incluso
nell'elenco dei consiglieri comunali della città destilla reggenza delle
podestarie maggiori del territorio. Fu destinato alla Podestaria di Orzinuovi,
ma vi rinunciò, come rinunciò anche alla podestaria di Salò, e partecipò alle
sedute del Consiglio Generale. Altre opere: “Un brieve trattato
dell'eccellentia delle donne, Brescia, Turlini “In Aristotelis librum de
Poetica communes explanationes: Madii vero in eundem librum propriae annotationes,
Venetiis, Valgrisi; De ridiculis, in Horatii librum de arte poetica interpretatio,
Venetiis, Valgrisi, “Lectiones philosophicae” Firenze, Biblioteca Riccardiana,
ms. Expositio in libros de Coelo et
Mundo, Milano, Biblioteca Ambrosiana, ms, Expositio de Coelo, de Anima, Milano,
Biblioteca Ambrosiana, Quaestio de visione, Milano, Biblioteca Ambrosiana, Espositio
super primo Coelo, Piacenza, Biblioteca Passerini-Landi, ms Pollastrelli, Mulierum
praeconium, Modena, Biblioteca Estense, ms Estensis latinus. Oratio de
cognitionis praestantia, Ferrariae, apud Franciscum Rubeum de Valentia, Consilia
philosophica , Vincentii Madii et Jo. Bap. Pignae in favorem serenissimi
Ferrariae ducis in ea praecedentia, Archivio di Stato, Casa e Stato, Modena. Note
In Alessandro Sardi, Estensis latinus 88, Modena, Biblioteca Estense. Giulio Bertoni, Nota su Vincenzo Maggi, in
«Giornale storico della letteratura italiana», C.. Fahy, Un trattato di
Vincenzo Maggi sulle donne e un'opera sconosciuta di Lando, in «Giornale
storico della letteratura italiana»,
Bruni, Speroni e l'Accademia degli Infiammati, in «Filologia e
letteratura», XIWeinberg , Trattati di retorica e poetica, III, Roma-Bari,
Laterza, Enrico Bisanti, Vincenzo Maggi,
interprete tridentino della Poetica di Aristotele, Brescia, Geroldi, Giorgio
Tortelli, Quattro Maggi in cerca d'autore, in «Quaderni del Lombardo-Veneto»,
Padova, Vincenzo Maggi, su Treccani Enciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. VEnciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Vincenzo Maggi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Liber Liber.
MLOL, Horizons. Vincenzo Maggi.
MAGI. (Pesaro). Filosofo. Grice: “A fascinating
philosopher – “journey around the world in ten words,’ a gem!” -- Insegna a 'Urbino. Si dedica alla psicologia “trans-personale”.
Fonda il Centro di Filosofia Comparativa (cf. ‘implicatura comparativa’) e
“Incognita” a Pesaro, tesoreggiando ‘l’intelligenza del cuore’ e il principio
dell’interiorità. Scrisse “I 36 stratagemmi” (Edizioni Il Punto d'Incontro; dal
, BestBUR). Il suo “Il Gioco dell'Eroe. Le porte della percezione per essere
straordinario in un mondo ordinario” vede un clamoroso successo. “I 64 Enigmi.
L'antica sapienza per vincere nel mondo”
(Sperling & Kupfer )è segnalato al
primo posto dei libri più attesi. Lo stato intermedio tratta l’argomento
rimosso dei nostri tempi: la morte, e abbraccia l'orizzonte ampio degli ambiti
cari agli autori: filosofia, mistica, psicologia transpersonale, esperienze ai
confini della morte. Esce un aggiornamento ampliato del Gioco dell'Eroe
con il sottotitolo “La porta dell'Immaginazione”. Vgetariano dichiarato., si
focalizza sui modelli mistici per approfondirne, oltre la portata metafisica e
auto-realizzativa, i concetti di efficacia ed efficienza: nel libro I 36
stratagemmi declina il taoismo nei suoi aspetti di strategia psicologica; nel
saggio "Le arti marziali della parola" in La nobile arte dell'insulto
(Einaudi) evidenzia come l'arte del combattimento diventi arte retorica e
dialettica; nei saggi Il dito e la luna, La via dell'umorismo e Il tesoro
nascosto mostra il rilievo della comunicazione metaforica e umoristica. Ha
inoltre elaborato e sviluppato la dimensione della psicologia transpersonale
all'interno del Gioco dell'Eroe , disciplina da lui creata e imperniata sulla
capacità umana dell'immaginazione. Altre opere: “Il dharma del sacrificio
del mondo” (Panozzo); “La filosofia del linguaggio eterno,” (cf. Grice:
‘timeless’ meaning, versus ‘timeful’?). Urbino, “Quaderno indiano,” Scuola superiore
di filosofia comparativa di Rimini, “Il dito e la luna,” Il Punto d'Incontro I 36 stratagemmi, Il Punto d'Incontro (dal ,
BestBur; edizione tedesca: 36 Strategeme. Die chinesische Kunst der Strategie,
Random House Kailash Verlag, edizione spagnola: Las 36 estratagemas. El arte
secreto de la estrategia china, Obelisco Ediciones, edizione portoghese:
"Os 36 Estratagemas Chineses", Esfera dos Livros, ); Sanjiao. I tre
pilastri della sapienza, Il Punto d'Incontro, Einaudi, Uscite dal sogno della
veglia. Viaggio attraverso la filosofia della Liberazione, Scuola superiore di
filosofia comparativa di Rimini, La Via
dell'umorismo, Il Punto d'Incontro, La vita è uno stato mentale. Ovvero La
conta dei frutti delle azioni nel mondo evanescente, Bompiani, Kauṭilya, Il Codice del Potere (Arthaśāstra).
Arte della guerra e della strategia, Edizioni Il Punto d'Incontro, "Lo yoga segreto del perfetto
sovrano" di Gianluca Magi, “Il Gioco dell'Eroe,” Il Punto d'Incontro, I 64
Enigmi, Sperling & Kupfer, . Lo stato intermedio, , Arte di Essere, . Il
tesoro nascosto. 100 lezioni sufi, Sperling & Kupfer, . Il Gioco dell'Eroe.
La porta dell'Immaginazione, Il Punto d'Incontro, 101 burle spirituali,
Sperling & Kupfer, Recitato un cameo, nel ruolo di se stesso, nel film
Niente è come sembra, di Franco Battiato, a fianco di Jodorowsky. Jodorowsky ha
scritto in seguito la presentazione del libro di Magi La Via dell'umorismo.Premio
internazionale Letteratura “ArteSpirito”. Blog . «Fondai a Rimini il Centro di Filosofia Comparativa”.
Per spaziare in temi altissimi con una narrazione transdisciplinare. Attraverso
immaginazione, religioni, filosofie, arti e scienze». Incognita. Advanced Creativity Il Secolo XIX 18 settembre (Roberto Onofrio) " 'Incognita' di
Pesaro. Diario di viaggio nell'Oltre, un'immersione interiore al di là dello
spazio-tempo"31 Il Secolo XIX 26
giugno (Roberto Onofrio) "Advanced Creativity
Mind School. Per capire l'entrata nell'epoca del post-umano" Per il titolo
del suo album Dieci stratagemmi, Battiato si è ispirato a I 36 stratagemmi di
Gianluca Magi. Il sottotitolo, "Attraversare il mare per ingannare il
cielo" è il primo stratagemma dei trentasei che compongono che il
libro. Stralcio della quinta puntata
(youtube) Modelli strategici . Corriere
della Sera, (Edoardo Camurri) wuz Panorama (Anna Mazzone) wuz
Panorama (Oriana Allegri) Il
Secolo XIX 2 (Roberto Onofrio) "Aprite le porte all'Immaginazione, c'è un
mondo oltre la quotidianità"42
Gianluca Magi, I 64 Enigmi, Sperling & Kupfer, Milano : «Diversi
anni fa, in un’intervista, mi chiesero perché sono vegetariano. La mia risposta
fu molto sintetica (e la penso ancora così): Non mangio animali. Non riesco a
digerire l'agonia». La Repubblica (Michele
Serra); Il Riformista (Luca Mastrantonio); Il Venerdì di Repubblica (Brunella
Schisa) Il Gioco dell'Eroe, Il Punto
d'Incontro, . Libro/CD con prefazione di Franco Battiato Il Gioco dell'EroeGianluca. Scena del film
ove compaiono Gianluca Magi e Alejandro Jodorowsky (youtube) La Via dell'umorismo, Il Punto d'Incontro,
Vicenza, La Stampa (Il Premio è stato conferito dalle autorità della Repubblica
di San Marino con la motivazione: «Lo scrittore che ha costruitoattraverso la
sua produzione e l'attività del Centro di Filosofia Comparativa di Rimini ponti
di comunicazione tra le antiche saggezze d'Oriente e d'Occidente,
attualizzandone, in teoria e in pratica, il loro messaggio filosofico,
psicologico e spirituale per l'uomo contemporaneo»). Gli altri premi sono stati
conferiti a: Franco Battiato (Musica), Alejandro Jodorowsky (Teatro), Franco
Mussida (Arti visive), Silvano Agosti (Cinema), Massimo Gramellini
(Giornalismo), Gabriele La Porta (Televisione).
Sito ufficiale di Gianluca Magi (in cinque lingue) Incognita ◦ Advanced
Creativity "Psicologia transpersonale. Che cos'è?" Video Lectio
brevis di Gianluca Magi. Riflessioni di Gianluca Magi sul Senso della vita su
riflessioni. Gianluca Magi. Keywords: ‘implicatura comparativa’ mistico.
MAGNANI. Sannazzaro de’ Burgondi). Filosofo. Grice: “I like Magnani; he has written about
conceptual change, which I enjoyed!” -- Grice: “I like Magnani; his treatise on
the philosophy of geometry is brilliant!” --
essential Italian philosopher, not to be confussed with Tenessee
Williams’s favourite actress, Anna Magnani --. Insegna a 'Pavia, dove
dirige il Computational Philosophy Laboratory. Dedicatosi allo studio
della storia e della filosofia della geometriai, i suoi interessi si sono poi
rivolti all'analisi della tradizione neopositivista e post-positivista. Si è
poi dedicato al tema della scoperta scientifica e del ragionamento creativo.
Studia tematiche riguardanti il ragionamento diagnostico in medicina in
collegamento con il problema dell'abduzione, presto diventato fondamentale
nella sua ricerca. La sua attenzione si è anche indirizzata verso il cosiddetto
model-based reasoning. Fonda una serie di conferenze sul Model-Based Reasoning.
Trattai problemi di filosofia della tecnologia e di etica, rivolti anche al
tema trascurato in filosofia dell'analisi della violenza. I suoi
interessi di ricerca includono dunque la filosofia della scienza, la logica, le
scienze cognitive, l'intelligenza artificiale e la filosofia della medicina,
nonché i rapporti fra etica e tecnologia e tra etica e violenza. Ha contribuito
a diffondere il problema dell'abduzione. La sua ricerca storico-scientifica ha
riguardato principalmente la filosofia della geometria. Dirige la Collana di
Libri SAPERE. Opere : “Conoscenza come dovere. Moralità distribuita in un
mondo tecnologico” “Filosofia della violenza” “Rispetta gli altri come cose. Sviluppa
una teoria filosofica dei rapporti fra tecnologia ed etica in una prospettiva
naturalistica e cognitiva. Note Web Page
del Dipartimento di Studi Umanistici
Computational Philosophy Laboratory Web Site [Cfr. le varie pagine dedicate a questi convegni
in//www-3.unipv/webphilos_lab/cpl/index.php Computational Philosophy
Laboratory], Dipartimento di Studi Umanistici, Sezione di Filosofia, Pavia,
Pavia (Italia)] Sun Yat-sen Award Cerimonia
Book Series SAPERE Web Page Copia
archiviata, su lesacademies.org. Edizione cinese: Philosophy and Geometry Morality in a Technological WorldAcademic and
Professional BooksCambridge University Press
Abductive Cognition Understanding
Violence The Abductive Structure of
Scientific Creativity Author Web
Page Handbook of Model-Based
Science Lorenzo Magnani: Logica e
possibilità, su RAI Filosofia, su filosofia.rai. Lorenzo Magnani: Filosofia
della violenza, su RAI Filosofia, su filosofia.rai. Lorenzo Magnani. Refs.
Luigi Speranza, "Grice e Magnani," per il Club Anglo-Italiano -- The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
MAGNI. (Milano). Filosofo. Grice: “I love Magni – He has
gems like ‘Petrus is Petrus’ – I’m talking about his “Principia et specimen
philosophiae” – The titles for the chapters are amusing, and he refers to
‘ratio essendi’ – and other stuff – *Very* amusing --.”Figlio dal conte
Costantino Magni e da Ottavia Carcassola, si trasferì a Praga. Entrò nei
cappuccini della provincia boema a Praga. Insegna filosofia entrando, grazie al
suo insegnamento, nelle grazie dell'imperatore. Presto fu eletto Provinciale
della Provincia austro-boema dell'ordine e divenne apprezzato consigliere
dell'imperatore e di altri principi europei. Il re Sigismondo III gli affidò la
missione cappuccina nel suo paese. Ferdinando II lo inviò in missione
diplomatica in Francia. Fu uno dei consiglieri del duca Massimiliano I di iera.
Dopo la battaglia della Montagna Bianca, sostenne l'arcivescovo di Praga
Ernesto Adalberto d'Harrach nella cattolicizzazione della popolazione e nelle
riforme diocesane. Prese parte in nome dell'imperatore ai negoziati con il
cardinale Richelieu sulla successione ereditaria al trono di Mantova. Nel 1635
divenne consulente teologico nei negoziati per la pace di Praga e dal 1645 fu
missionario apostolico per l'elettorato di Sassonia, Assia, Brandeburgo e
Danzica. Nel luglio del 1647 riprodusse a Varsavia di fronte al re e alla corte
l'esperimento di Torricelli usando un tubo riempito di mercurio per produrre il
vuoto. Riuscì a convertire il conte Ernesto d'Assia-Rheinfels e sua
moglie. Dopo che l'Praga venne affidata ai Gesuiti, entrò in contrasto
con i gesuiti, che lo fecero arrestare a Vienna nel 1655. Fu rilasciato dalla
prigione per intervento dell'Imperatore e tornò a Salisburgo, dove morì quello
stesso anno. Frutto della sua polemica con i protestanti è “De
acatholicorum credendi regula judicium” in cui sostene che senza l'autorità
della Chiesa, la Bibbia da sola non era sufficiente come regola di fede per i
cristiani. Trata lo stesso argomento in “Judicium de acatholicorum et catholicorum
regula credenda”, le cui debolezze argomentative scatenarono la contro-offensiva
dei protestanti. Si occupa di metodologia, logica, epistemologia, cosmologia,
metafisica, matematica e scienze naturali. Rifiutò i principi
aristotelico-scolastici, ispirandosi alle dottrine di Platone, Agostino e
Bonaventura. Altre opera: “Apologia contra imposturas Jesuitarum,” “Christiana
et catholica defensio adversus Societatem Jesu,” “Opus philosophicum,” “Commentarius
de homine infami personato sub titulis Iocosi Severi Medii,” :Concussio
fundamentorum ecclesiae catholicae, iactata ab Herm. Conringi, “Conringiana
concussio Sanctissimi in Christo papae catholici retorta,” “Echo Absurditatum
Ulrici de Neufeld Blesa” “Epistola de responsione H. Conringii” “Epistola
Valeriani Magni Fratris Capucini, Epistola de quaestione utrum Primatus Rom.
Pontificis, “Principia et specimen philosophiae, Acta disputationis habitae
Rheinfelsae apud S. Goarem, Organum theologicum, Methodus convincendi et
revocandi haereticos, De luce mentium, Judicium de catholicorum ei acatholicorum
regula credendi, “De atheismo Aristotelis ad Mersennum, Demonstratio ocularis, loci sine locato: corporis
successiuè moti in vacuo, Bononiae, typis haeredis Victorij Benatij. Vedi la
voce nella Enciclopedia Italiana. J. Cygan, Valerianus Magni, “Vita prima”,
operum recensio et bibliographia, Romae, “Opera Valeriani Magni velut
manuscripta tradita aut typis impressa, «Collectanea Franciscana», Alessandro
Catalano, La Boemia e la riconquista delle coscienze. Ernst Adalbert von
Harrach e la Controriforma, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, Massimo
Bucciantini, «La discussione sul vuoto in Italia: il caso di Valeriano Magni»,
in: Discussioni sul nulla tra Medioevo ed Età moderna, Massimiliano Lenzi e
Alfonso Maierù, Firenze, Leo S. Olschki, Alfredo Di Napoli, Valeriano Magni da
Milano e la riforma ecclesiastica in Boemia attraverso la corrispondenza della
Congregazione de Propaganda Fide, Centro Studi Cappuccini LombardiNuova serie
2, Edizioni Biblioteca Francescana, Milano. Relatio veridica de pio obitu R.P.
Valeriani Magni, Lione, Ludwig von Pastor, Storia dei papi, XIII, trad. it.,
Roma, TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Heinrich Kretschmayr, Valeriano Magni, in
Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Valeriano Magni, su openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Michael Bihl, Valeriano Magni. G. Leroy, 1789. Valeriano
Magni. Luigi Speranza, “Grice e Magni: ‘Paolo e Paolo: assiomi e principi
metafisici” – The Swimming-Pool Library
MAINARDINI.
(Padova). Filosofo. Grice:
“Padova tries to institute the ‘regnum’ as between Aristotle’s ‘polis’ and the
modern ‘stato,’ but in which case, we wouldn’t call it ‘politeia’ anymore!”
-- Grice: “When I studied change I
focused on von Wright – but then there is Padova and his ‘grammatica del
mutamento’!” Nato
da una famiglia di giudici e notai – il padre: ‘di Giovanni’ -- che viveva
vicino al Duomo di Padova, completò i suoi studi a Parigi dove fu insignito
dell'autorità di rettore. Il tempo trascorso a Parigi influì moltissimo
sull'evoluzione del suo pensiero. Gli anni parigini furono molto importanti e
fecondi per l'evoluzione del suo pensiero e la visione dello stato di
corruzione in cui versava il clero lo portò a diventare anti-curialista.
A Parigi incontrò Occam e Jandun, con cui condivise passione politica e
atteggiamento di avversione verso il potere temporale della Chiesa. Con Jandun
rimase legato da grande amicizia e assieme a lui subì l'esilio.
Mainardini dopo le sue dure affermazioni contro la Chiesa venne bollato con
l'epiteto di “figlio del diavolo”. Mainardini si trova a Parigi quando si
sviluppò la lotta tra Filippo, re di Francia, e il Papato. Tutto ciò, assieme
al vivace contesto culturale in cui si muoveva, lo portò alla compilazione
della sua opera maggiore il Defensor Pacis, l'opera cui deve la sua fama e che
influì moltissimo sia sul pensiero filosofico-politico contemporaneo che su
quello successivo. A Parigi sperimentò una monarchia decisa ad accrescere
il proprio potere e la propria autorità su tutte le forze politiche centrifughe
del momento ivi compresa la Chiesa di Bonifacio VIII. Diventato consigliere
politico ed ecclesiastico di Ludovico il aro lo seguì a Roma nel 1327 in
occasione della sua incoronazione imperiale e qui fu nominato dallo stesso Ludovico
vicario spirituale della città. L'incoronazione imperiale avvenne ad opera del
popolo romano anziché del papa inaugurando, così, quella stagione dell'impero
laico che Mainardini vagheggiava e che avrebbe aperto la strada alla
laicizzazione dell'elezione imperiale e alla cosiddetta Bolla d'Oro di Carlo IV di Boemia. Con la Bolla
d'Oro fu eliminata ogni ingerenza del papa nell'elezione imperiale diventando
così un fatto esclusivamente tedesco. Fu ancora con Ludovico quando questi si
ritirò, dopo il fallimento dell'impresa romana, in Germania dove rimase fino
alla morte. È del periodo immediatamente antecedente la sua morte la
compilazione di alcune opere minori tra cui spicca il “Defensor Minor,” un
piccolo capolavoro. Si può definire l'opera di Marsilio come il prodotto di
tempi in cui confluiscono la virtù del cittadino, il nazionalismo francese e
l'imperialismo renano-germanico. Il Difensore della pace” è la sua opera
più conosciuta in cui, fra l'altro, tratta dell'origine della legge. Il
suo fondamento era il concetto di ‘pace,’ intesa come base indispensabile dello
Stato e come condizione essenziale dell'attività umana. Si tratta di un'opera
laica, chiara, priva di retorica, moderna e per alcuni versi ancora attuale. La
necessità dello Stato non discendeva più da finalità etico-religiose, ma dalla
natura umana nella ricerca di una vita sufficiente e dall'esigenza di
realizzare un fine prettamente umano e non altro. Da questa esigenza nascono le
varie comunità, dalla più piccola alla più grande e complessa, lo Stato. Ne
deriva la necessità di un ordinamento nella comunità che ne assicuri la
convivenza e l'esercizio delle proprie funzioni. Per Marsilio questa esigenza
ha caratteristiche prettamente umane che non rispondono a finalità etiche ma
civili, contingenti e storiche. Alla base dell'ordinamento c'è la volontà
comune dei cittadini, superiore a qualsiasi altra volontà. È la volontà dei
cittadini che attribuisce al Governo, “Pars Principans,” il potere di comandare
su tutte le altre parti, potere che sempre, e comunque, è un potere delegato,
esercitato in nome della “volontà popolare.” La conseguenza di questo principio
era che l'autorità politica non discendeva da Dio o dal papa, ma dal “popolo,” inteso
come “sanior et melior pars.” In questa ottica egli propone che i vescovi
venissero eletti da assemblee popolari e che il potere del papa fosse subordinato
a quello del concilio. Ludovico il aro Marsilio pone il problema, che
tratterà anche nel Defensor Minor, del rapporto con il Papato e con i suoi principi
politici costruiti. «occulta
valde, qua romanum imperium dudum laboravit, laboratque continuo, vehementer
contagiosa, nil minus et prona serpere in reliquas omnes civitates et regna
ipsorum iam plurima sui aviditate temptavit invadere [...]» «[...]
segretamente, con i quali aveva cercato, e continua a cercare, di insinuarsi
subdolamente in tutte le altre comunità e regni che aveva già tentato di
attaccare con la propria enorme avidità» (Defensor pacis) Il giudizio di
Mainardini sulla chiesa come istituzione è molto negativo e lo manifesta con la
crudezza di linguaggio che gli è solita quando affronta l'argomento dei
rapporti fra lo Stato e la Chiesa. Lo scalpore suscitato da questa opera
obbligò Mainardini a fuggire presso l'imperatore Ludovico il aro, con il quale
scese in Italia. Il Defensor minor si colloca fra le opere minori di Mainardini,
ma si distingue per la sua importanza. Si differenzia dal Defensor pacis per
essere un'opera più propriamente teologica mentre l'altra è prevalentemente
politica. Lo studio condotto nel Defensor Minor riguarda la giurisdizione
civile ed ecclesiastica, la confessione auricolare, la penitenza, le
indulgenze, le crociate, i pellegrinaggi, la plenitudo potestatis, il potere
legislativo, l'origine della sovranità, il matrimonio e il divorzio. Il
Tractatus de iurisdictione imperatoris in causis matrimonialibus che Mainardini
compila in occasione del divorzio di Giovanni di Moravia e Margherita di
Tirolo-Gorizia si trova nell'ultima parte del Defensor Minor. Le relazioni
tra i coniugi erano tanto insostenibili che la sposa preferì fuggire.
Intervenne l'Imperatore, imparentato con la sposa, e progettò il matrimonio tra
la fuggitiva e Ludovico di Brandeburgo ma a ciò ostavano il precedente
matrimonio e alcuni legami di sangue. Il “Tractatus de translatione
imperii” – “Trattato della translazione
dei imperii” -- è un'opera che niente
aggiunge alla fama derivatagli dal Defensor Pacis anche se ebbe una certa
diffusione. Si può considerare questo trattato come una storia sintetica
dell'Impero dalla fondazione di Roma da Romolo fino al secolo XIV. In
Mainardini lo “stato romano” è concepito come prodotto umano, al di fuori da
premesse teologiche quali il peccato o simili. È fortemente affermato il
principio della legge quale prodotto della comunità dei cittadini, legge dotata
di imperatività e co-attività oltre che ispirata ad un ideale di giustizia.
Questo ideale di giustizia deriva dal con-sorzio (concerto) civile, l'unico
soggetto che può stabilire ciò che è giusto e ciò che non lo è. Per Mainardini,
l'uomo deve essere inteso come libero e consapevole. Nel Defensor Pacis
appare diffuso un costituzionalismo affermato fortemente nei confronti sia
dello Stato che della Chiesa. È tra i primi studiosi a distinguere e separare
la legalita (ius) dalla moralita (ethos, mos), attribuendo il primo alla vita
civile e il secondo alla coscienza. Mainardini è sempre un uomo del suo tempo,
saldamente ancorato nella sua epoca, ma con intuizioni che ne fanno un uomo
nuovo, anticipatore per certi versi del Rinascimento. La definizione del nuovo
concetto di Stato, autonomo, indipendente da qualsiasi altra istituzione umana
o, a maggior ragione, ecclesiastica è il grande merito di Mainardini.
Anche nella Chiesa viene affermata una forma di costituzionalismo contro il
dilagante strapotere dei vescovi e dei papi. È ancora l'universitas fidelium a
prendere, attraverso il Concilio, ogni decisione riguardante qualsiasi materia
di ordine spirituale. Il nostro autore non teme di scagliarsi contro la Chiesa,
a negare il primato di Pietro e di Roma, affermare la necessità del ritorno del
clero a quella povertà evangelica tanto cara ad alcune sette riformiste di cui
lui certamente conobbe e comprese il pensiero. Lotta contro la Chiesa ma solo per
conservarne o rivalutarne il più vero, autentico e originario contenuto e
significato. Quasi riformista e conservatore nello stesso tempo, riformista là
dove è contro la corruzione dilagante nella Chiesa di quel periodo,
conservatore là dove accetta la necessità di un ordine costituito, della
religione, della morale, intese nel senso più puro. La modernità di
Mainardini consiste anche nel metodo della sua trattazione e della terminologia
che usa, sempre stringata ed esaustiva, aliena da qualsiasi di quelle forme di
retorica che era caratteristica degli autori medievali. Opere: “Il difensore della pace,” C. Vasoli.
UTET, Torino, BUR, Milano, Ancona E., C. Vasoli, CEDAM, Padova (collana Lex
naturalis; Battaglia F., La filosofia
politica del medio Evo, Milano, CLUEB Battocchio R., Ecclesiologia e politica,
Prefazione di G. Piaia, Padova, Istituto per la Storia Ecclesiastica Padovana, Beonio-Brocchieri
Fumagalli M.T., Storia della filosofia medievale (Bari, Laterza,), Berti E.,
“Il ‘regno’ di Mainardini: tra la civis romana e lo stato italiano,” Rivista di
storia della filosofia medievale, Briguglia G.,
Carocci Editore, Cadili A., Amministratore della Chiesa di Milano, in
Pensiero Politico Medievale, Capitani O., Medioevo ereticale, Bologna, Il
Mulino, Capitani O., Il medioevo, Torino, UTET, Cavallara C., La pace nella
filosofia, Ferrara, Damiata M., Plenitudo potestas e universitas civium,
Firenze, Studi francescani, Del Prete
D., Il pensiero politico ed ecclesiologico, Annali di storia, Università degli
studi di Lecce Dolcini C., Bari, Laterza, Merlo M., Il pensiero della politica
come grammatica del mutamento, Milano, F. Angeli, Passerin d'Entréves A., Saggi
di storia del pensiero politico: dal medioevo alla società contemporanea,
Milano Piaia G., Mainardini e dintorni:
contributi alla storia delle idee, Padova, Antenore, Piaia G., La Riforma e la
Controriforma: fortuna ed interpretazione, Padova, Antenore, Simonetta S., Dal
difensore della pace al Leviatano, Milano, UNICOPLI Toscano A., Marsilio da Padova
e Niccolo Machiavelli, Ravenna, Longo, Defensor pacis Defensor minor Tractatus
de translatione Imperii Tractatus de iurisdictione imperatoris in causis
matrimonialibus Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Marsilio
da Padova, su sapere, De Agostini. Enciclopedia Britannica, Encyclopædia
Britannica, Inc. Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere su openMLOL, Horizons Unlimited srl.
Les Archives de littérature du Moyen Âge. Catholic Encyclopedia, Robert
Appleton Company. marsilio:
essential Italian philosopher. Marsilio dei Mainardini, Marsilio di Padova. Keyword:
consorzio conversazionale -- Refs.: Luigi Speranza, "Grice e
Marsilio," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice,
Liguria, Italia. Luigi Speranza, “Grice e Mainardini – la massima del consorzio
conversazionale.” --.
MALFITANO. (Siracusa). Filosofo. Grice:
“Malfitano, like me, is an emergentist – each ‘complesso’ grows (cresce) and
the ‘complexity’ is thus best characterised as ‘crescente,’ – Malfitano uses
‘complexities’ in the plural – a theory of ‘complessita crescenti’ – The whole
point is that you get from one complex to the other.” Grice: “I like Malfitano.
His theory of ‘complessita crescente’ is admirable: he distinguishes various
‘complesso’ – the material (subdivided into atomic, and the ‘crescente
complessita’ of the molecular), the biological complex (which comprises the
complex of the tissue, and the complex of tthe articular), the social complex, i.
e., the human being in his
inter-subjetctivity -- nd the ideological complex, the abstracta – ideation,
cognition, and conviction – there is a superior geometry, too!” Nacque da
Carmelo, commerciante e navigatore, e Santa Veneziano. Era l'ultimo di sette
fratelli. Frequentò il Liceo Classico Tommaso Gargallo, dove iniziò a nutrire
l'interesse per la materie scientifiche. Già da giovanissimo frequentava
assiduamente una nota farmacia del centro storico della città natale acquisendo
notevole interesse per la chimica e la biologia. Si iscrisse dunque alla
facoltà di chimica dell'Università degli Studi di Catania per frequentare le
lezioni del professor Alberto Peratoner. Malfitano continuò gli studi
universitari a Palermo, dove si trasferì al seguito di Peratoner e ottenne la
laurea nel capoluogo siciliano. Abbandona la Sicilia per spostarsi a
Milano, dove intraprese una breve carriera lavorativa nel campo della chimica
industriale agli stabilimenti Pirelli. Contemporaneamente frequentava la scuola
di microbiologia dell'Università degli Studi di Pavia, retta all'epoca da
Camillo Golgi, futuro Premio Nobel per la medicina nel 1906. Stimolato
dall'ambiente favorevole, Malfitano pubblica I” Comportamento dei microrganismi
sotto l'effetto delle compressioni gassose” -- Inizia in questo modo a farsi
notare da colleghi e professori, sia per la materia dei suoi studi, sia per il
carattere disponibile e solare, come ricorda iPensa, celebre anatomista
milanese. La carriera prese una
svolta definitiva quando, durante un congresso internazionale a Pavia, venne
notato dal futuro successore di Pasteur, Duclaux. Venne dunque invitato a
trasferirsi a Parigi, avendo ricevuto l'offerta di un impiego all'istituto
Pasteur. Una volta arrivato nella capitale francese, Malfitano si dedicò in un
primo momento alla micro-biologia, pubblicando come risultati delle sue
ricerche: Protease de l'aspergillus niger, Influence de l'oxygen sur la
proteolyse en presence de Clorophorme e Bactericidie charbonneuse. Decise di
ritornare a studiare la chimica pura, campo d'indagine scientifica che lo rese
definitivamente famoso. I suoi studi sulla chimica colloidale, arrivarono a
dimostrare la natura elettrochimica delle micelle, e riuscì a misurare con
notevole precisione la conducibilità elettrica dei colloidi. In campo pratico, mise
a punto i cosiddetti ultrafiltri, necessari per gli studi in campo teorico sui
colloidi. Divenne capo di un laboratorio chimico all'Istituto Pasteur. Gli
studi si interruppero durante la gran guerra. Al termine di essa, sposò Vera, una studentessa russa.
Subito dopo il grande conflitto ebbe inizio l'elaborazione della più nota
dottrina del chimico siracusano, ovvero la teoria delle “complessità
crescenti,” concetto alla luce del quale Malfitano non indagò solo le micelle,
ma l'esistenza in generale. Pubblicò Complexité et micelle, e Les composés
micellaires selon la notion de complexité croissant. Le conclusioni non vennero
accettate da subito, ma si dovette attendere l'esperimento del premio Nobel
Theodor Svedberg che dimostrò l'esattezza delle intuizioni di Malfitano. Elaborò
negli anni Venti una teoria che tentava di spiegare la materia, attraverso
l'esame dei diversi livelli atomici e molecolari che la caratterizzano
strutturalmente. La materia, secondo lo scienziato siracusano, è suddivisibile
in atomi, molecole, plurimolecole (polimeri e complessi) e micelle. In ognuna
delle classi citate si possono distinguere tre tipi di unità materiali:
ioniche, polari e ionopolari. L'analisi compiuta sulla materia venne
estesa in campo social-ogico da Malfitano. Tenta di ricondurre la complessità
socio-antropologica alla complessità atomica. I quattro ordini di “complesso” che
costituiscono il mondo sono dunque: il complesso materiale (“complesso atomico”
e “complesso molecolare”), il complesso biologico (complesso istologico e complesso
citologico), il complesso sociale (l'essere umano) e al culmine di un'ipotetica
piramide il “complesso ideologico” (ideazione, conoscenza e convinzioni).
L'ultimo passo della speculazione e il concetto di geometria superiore,
un'armonia equilibrata e simmetrica che domina gli eventi e la materia, una
variabile fondamentale e al tempo stesso fuggevole dell'esistenza, un concetto
che rappresenta la libertà. In ultima analisi, il compito era dunque quello di
comprendere le leggi dell'armonia ordinatrice del cosmo e di preservarne la
bellezza e l'equilibrio. Soleva spesso tornare in Sicilia seppur per
brevi periodi, dovette rinunciare a questa abitudine. L'aggravarsi della sua
malattia, una cecità che gradualmente lo privò della vista, e le sue
convinzioni anti-fasciste, non gli permisero di rivedere il paese natale dalla
fine degli anni Trenta. Morì inell'alloggio assegnatogli dell'Istituto Pasteur
dove aveva trascorso gran parte della sua vita. Pubblica le sue convinzioni
filosofiche servendosi dello pseudonimo "Aporema", termine che
indicava l'impossibilità di ottenere una risposta precisa dallo studio di un
problema. Introdusse per primo a Siracusa la moda di bere il latte acido,
quello che abitualmente viene chiamato yogurt, come era già frequente nella
capitale francese. Durante una tempesta patita in mare Carmelo Malfitano
aveva fatto voto a Santa Lucia, patrona siracusana, di sposare un'orfana se
fosse riuscito a tornare incolume sulla terraferma. Carmelo sposò per questo
motivo Santa Veneziano, orfana di
entrambi i genitori. Da tale unione nacque Giovanni. Ad Repellendam
Pestem Storie di Medici e Sanità nella terra di Aretusa, Tyche Ad repellendam
Pestem Storie di Medici e Sanità nella terra di Aretusa, Tyche122. Antonio Pensa, Ricordi di vita universitaria (Citato
nel testo Ad Repellendam Pestem Storie di Medici e di Sanità nella terra di
Aretusa), Cisalpino Istituto Pasteur, su webext.pasteur.fr. Ad repellendam Pestem Storie di Medici e
Sanità nella terra di Aretusa, Tyche. Ad repellendam Pestem Storie di Medici e
Sanità nella terra di Aretusa, Tyche124.
Ad repellendam Pestem Storie di Medici e Sanità nella terra di Aretusa,
Tyche126. Ad repellendam Pestem Storie
di Medici e Sanità, Tyche125. Ad
repellendam Pestem. Storie di Medici e Sanità nella terra di Aretusa, Tyche,
Siracusa, TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. TreccaniEnciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana.Refs.: H. P. Grice, “Pirotology,” – “The
pirotological ascent,” in “From the banal to the bizarre: a method for
philosophical psychology”. Giovanni Malfitano. Keyword: emergentismo di Grice –
emergentismo di Malfitano – l’organicismo della diada in Malfitano --. Il
complesso di azione e il complesso di inter-azione.
MALIPERO. (Venezia). Filosofo. Grice: “I love
Malipiero’s approach to philosophy: hardly a profession! As if someone were to
be called ‘amateur cricketer’ – Malipiero loves (‘ama’) philosophy and it
shows!” – Grice: “There is philosophical wisdom in any endevaour he finds
himself in!” Grice: “One must love him for his attempted ‘confutazione’ of
Rousseau’s ‘sistema del contrato sociale’ as a ‘triumph of reason’!” -- Nacque
da Angelo di Troilo e da Emilia Fracassetti. Entrambi i genitori erano patrizi:
il padre proveniva dalla storica casata dei Malipiero (ramo "delle
Procuratie Vecchie"), mentre la madre apparteneva a una famiglia di
mercanti bergamaschi nobilitata. Dichiarava di abitare in un palazzo a Santa
Maria Zobenigo (ereditato dal padre dopo l'estinzione di un'altra linea della
famiglia), cui si aggiungevano quattro botteghe nei centralissimi quartieri di
Rialto e San Moisè; altre cinque case si trovavano tra Santa Margherita, San
Gregorio e San Martino.Esordì in politica con l'elezione a savio agli Ordini. Divenne
provveditore alle Pompe, ma non riuscì a prendere possesso della carica a causa
della caduta della Repubblica. A questo punto, lasciò la vita pubblica per
dedicarsi alla filosofia analitica del linguaggio ordinario. Fu un autore
poliedrico, capace di spaziare dall'attualità politica alla letteratura e alla
tragedia di ambito neoclassico. La prima opera pubblicata è il saggio di
matematica “Dimostrazione sulla tri-plicazione e tri-sezione dell'angolo
effettuato colla retta e col cerchio.” Più tardi si cimentò nella filosofia
presentando l'opuscolo “Saggio sugli sforzi della passione nell'intelletto e
su' di lei effetti nel cuore,” in cui sostiene di moderare il razionalismo
perché nell'animo umano esso convivi in armonia con le passioni. Questa idea, in contrasto con quanto asserito
da Rousseau, fu ribadita ne “La felicità della nazione realizzata dal politico
e dal sovrano,” uno dei suoi primi scritti in filosofia morale. In questo
lavoro Malipiero prese in esame la tendenza allo sfarzo di una parte della
società, analizzando come i governi avessero reagito al fenomeno in epoche
diverse. Nell'opera emerge la condanna al lusso sfrenato, ma anche
all'appiattimento estremo dettato da rivoluzionari e giacobini. Lo stesso pensiero moderato è ripreso nel “Trionfo
della ragione; ossia, confutazione del sistema del contratto sociale”
(ristampato, senza grosse variazioni, come “Il trionfo della verità nella
difesa dei diritti del trono ossia Confutazione del contratto sociale.” Grice:
“I find this interesting, since I also oppose contractualism to rationalism!”
-- Qui il Malipiero cercò di dimostrare come la migliore forma di governo non
fosse la democrazia, ma la monarchia. La
sua linea anti-rivoluzionaria fu affermata anche quando si tenne distante dagli
organi della Municipalità istituita sul modello, o ‘sistema’ del contratto.
Accolse perciò con favore l'arrivo degli Austriaci, come dimostrano il ‘Testamento
della spirata libertà cisalpine” e l'annesso sonetto “Confronto fra il genio
della Romana Repubblica e quello dell'Austria.” Di grande importanza è quanto
emerge nella “Voce della verità,” una memoria autografa inviata al governatore
austriaco Mailath von Székhely all'indomani del suo insediamento a Venezia. Nell'opera,
divisa in capitoli dedicati ai problemi dell'amministrazione asburgica
(polizia, zecca, commercio, diritto ecc.), si chiede quale dovesse essere il
criterio di scelta per la nuova classe dirigente veneziana. Dimostrandosi
critico nei confronti degli ex funzionari della Repubblica di Venezia (ceto a
cui lui stesso apparteneva), nominati non in base ai meriti, ma per
favoritismo, auspicava di non concedere spazio a coloro che vivevano nel lusso,
poiché entravano in politica solo per il proprio tornaconto, e soprattutto
verso i trasformisti che cambiavano opinioni con l'avvicendarsi delle
amministrazioni. Con questo lavoro
anticipò le scelte del governo austriaco che, in effetti, estromise il patriziato
dalla vita politica e assegnando le cariche amministrative a personalità
lombarde o delle province ereditarie. Si
dedicò, con un certo successo, anche alla stesura di tragedie, a tema biblico,
storico o mitologico, che potessero presentare allo spettatore esempi da
seguire o da evitare. Tra queste “Il sacrifizio di Abramo,” “Camillo,” “Prometeo
ossia La prodigiosa civilizzazione delle genti,” “Medea.” Altre opere degne di
nota sono “La bottega del caffè” “Quadro critico morale, Lo scultore e la luce,
azione mitologica in apoteosi del cav. Canova,” Il conte Ugolino in fondo alla
torre di Pisa. Sciolti, Atabiba ed Huascar. Azione tragica di spettacolo; La
Verità nello spirito dei tempi e nel nuovo carattere di nostra età (sul
congresso di Verona), Zanghira e Lemanza. Quadro poetico nelle nozze Malipiero/Martinengo
dalle Palle; Elogio di Giovanni II del
mr. co. Martinengo dalle Palle; Descrizione della Montagna ov'è la chiesa della
Madonna della Corona nelle alture di Montebello. Fu confermato nobile
dell'Impero Austriaco, assieme ai figli Angelo e Angela, nati dal matrimonio
con Contarina di Vincenzo Pisani. Dizionario biografico degli italiani, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Troilo.
MAMIANI. (San Secondo Parmense). Filosofo. Grice:
“I like Mamiani; unlike us at Oxford, he takes ‘science’ seriously! But in an
amusingly Italian way! He has explored Newton on the apocalypse! My favourite
of his treatises is the one on space which reminds me of Strawson – Beltrami,
unlike Strawson, is non-Euclideian, and thinks Italian needs Euclideian verbs
to match!” Linceo. Membro dell'Accademia
dei Lincei ha insegnato Storia del pensiero scientifico all'Parma, Udine e
Ferrara. Si è occupato soprattutto di
Isaac Newton, del quale ha trascritto un trattato inedito sull'Apocalisse, di
Cartesio e dell'origine delle enciclopedie moderne. Opere principali: “J. M. Guyau Abbozzo di
una morale senza obbligazione né sanzione,” Firenze, Le Monnier, “Newton
filosofo della natura” Le lezioni di ottica e la genesi del metodo newtoniano,
Firenze, La Nuova Italia, “Teorie dello spazio” -- da Descartes a Newton,
Milano, FrancoAngeli, “La mappa del
sapere.” La classificazione delle scienze nella Cyclopaedia di E. Chambers,
Milano, FrancoAngeli, “Il prisma di Newton,” Roma-Bari, Laterza, Introduzione a
Newton, Roma-Bari: Laterza, “Trattato sull'Apocalisse,” Torino, Bollati
Boringhieri, Isaac Newton, Firenze, Giunti, Storia della scienza moderna,
Roma-Bari, Laterza, Scienza e Sacra scrittura nel XVII Secolo, Napoli,
Vivarium. Isaac Newton, Trattato
sull'Apocalisse, Maurizio Mamiani, Torino, Bollati Boringhieri, Scienza e
teologia fra Seicento e Ottocento: studi in memoria di Maurizio Mamiani, Chiara
Giuntini e Brunello Lotti, Firenze, Olschki, Studi sul pensiero scientifico fra
Seicento e Ottocento. Ricordando Mamiani, "I castelli di Yale", Il
Poligrafo, Padova 2 La Rivoluzione scientificaI domini della conoscenza: La
sintesi newtoniana in Storia della Scienza, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, . Maurizio Mamiani, Newton e l'Apocalisse. Maurizio Mamiani.
MANCINI. (Schieti). Filosofo. Grice: “I like Mancini:
he has expanded on the ethos of cooperation – and he has explored what he calls
‘linguaggio ontologico’ and ‘alienazione’ in connection with language – he
reviewed Pittau’s philosophy of language, and published a little thing on ‘language
and salvation.’ So how can you NOT like him?” Grice: “I like Mancini; if I dwell on
philosophical eschatology, he dwells on the real thing!” Grice: “He has studied
Kant thoroughly; all the interesting bits, like his idea of MALEVOLENTIA!” “La filosofia è il passaggio dal senso al
significato, attraverso le mediazioni culturali, dottrinali, attraverso la
struttura del puro pensare e attraverso le mediazioni della prassi.” Studia a Fano
e si laurea a Milano dove insegna. Bo lo vuole ad Urbino. Studia i massimi
teologi, curato le opera di Barth, Bultmann e Bonhoeffer pubblicando, su
quest'ultimo, anche una biografia e un'analisi dottrinale. Ha fondato
l'Istituto superiore di scienze religiose di Urbino, unico esempio, per molti
anni, di "facoltà teologica" in una università laica. Tra i
filosofi, si è dedicato molto a Kant, pubblicando una Guida alla Critica della
ragion pura. In questo senso è ancora
più importante "Kant e la teologia” dove tratta la filosofia della religione kantiana,
fondata su una concezione morale rigorosa resa possibile dall'Imperativo
categorico, che prospetta una trascendenza per l'uomo, attraverso i postulati
dell'immortalità dell'anima e dell'esistenza di Dio. Questa filosofia della
religione, in cui Kant mette in rapporto la “religione razionale” con la “religione
rivelata” (e che si contraddistingue per i concetti di “male radicale” e di “chiesa
invisibile”), è considerata feconda. Si è anche confrontato con Marx, allora
dominanti nella cultura filosofica e politica italiana. In Marx, tiene in
grande considerazione il concetto di “alienazione” -- presente soprattutto nei
Manoscritti filosofici. Questo concetto, che esprime l'estraneazione
dell'operaio in rapporto al lavoro salariato, a causa dei modi di produzione
capitalistici, capaci di sfruttare il lavoro come fosse una merce, deve essere
stimolo per la Dottrina Sociale della Chiesa. Ciò che Mancini critica in Marx è
l'ateismo e il materialismo, attraverso l'uso della dialettica hegeliana in una
prospettiva materialistica (materialismo storico). Questa concezione infatti
mette in discussione la libertà dell'uomo, inteso come persona, riducendolo
all'insieme dei suoi rapporti economici. Ha inoltre fatto parte della redazione
della rivista Concilium. Fonda la rivista di filosofia “Hermeneutica” ed edita
da Morcelliana. La sua posizione di pensiero verte su un cristianesimo di
matrice liberale e democratica d'impronta sociale, che cerca uno spazio autonomo
e libero, dando una risposta da credente alla cultura laicista e marxista di
quegli anni sulle orme del Concilio Vaticano II. Opere:“Ontologia
fondamentale,” La Scuola, Brescia “Rosmini” “la metafisica inedita, Argalìa,
Urbino “Filosofi esistenzialisti” Heidegger, Marcel, Wahl, Gilson, Lotze),
Argalìa, Urbino“Linguaggio e salvezza,” Vita e Pensiero, Milano “Filosofia
della religione,”Abete, Roma “Bonhoeffer, Vallecchi, Firenze “Teologia
ideologia utopia”Queriniana, Brescia “Kant e la teologia,”Cittadella, Assisi “Futuro
dell'uomo e spazio per l'invocazione”L'Astrogallo, Ancona “Con quale
comunismo?”La Locusta, Vicenza, “Con quale cristianesimo” Coines, Roma,
“Novecento teologico”Vallecchi, Firenze “Teologia ideologia utopia”Queriniana,
Brescia “Fede e cultura”Genova, Marietti “Come continuare a credere” Rusconi, Milano “Negativismo giuridico” QuattroVenti,
Urbino “Guida alla Critica della ragion
pura” I, QuattroVenti, Urbino “ Lettera a un laureando” Urbino, Quattroventi “Il
pensiero negativo e la nuova destra”Mondadori, Milano “Il quinto evangelio come
violenza ermeneutica” in “Apocalisse e ragione”, testi di Carlo Bo e altri,
Urbino, Quattroventi “Hermeneutica”
“Filosofia della prassi,”Morcelliana, Brescia “Tre follie, Camunia, Milano “Guida
alla Critica della ragion pura”“L'Analitica”QuattroVenti, Urbino “Il male
radicale per Kant, in “La ragione e il male. Atti del terzo colloquio su
filosofia e religione”, Genova, Marietti 1 De profundis per la dialettica, in
“Metafisica e dialettica”, Genova, Tilgher Tornino i volti, Marietti, Genova Giustizia
per il creato, Urbino, Quattroventi 1990, coll. "Il nuovo Leopardi"
L'Ethos dell'Occidente. Neoclassicismo etico, profezia cristiana, pensiero
critico moderno, Marietti, Genova Scritti cristiani. Per una teologia del paradosso,
Marietti, Genova Opere postume Diritto e società. Studi e testi, Urbino,
Quattroventi Come leggere Maritain, Brescia, Morcelliana Ethos e cultura nella cooperazione di
credito, Piergiorgio Grassi, Urbino, Associazione per la ricerca religiosa “S.
Bernardino”, Quattroventi Bonhoeffer
(postfazione di Piergiorgio Grassi), Morcelliana, Brescia Frammento su Dio, Andrea Aguti (a cura),
prefazione di Graziano Ripanti, Brescia, Morcelliana Per Aldo Moro. Al di là
della politica, Carlo BoMario LuziItalo Mancini, Urbino, Quattroventi Opere scelte. Voll. 1-3, Brescia, Morcelliana Onorificenze
Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiananastrino per
uniforme ordinariaGrande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana —
Roma, 27 dicembre 1966 su Mancini
Giorgio Rognini, Metafisica e sofferenza. Un itinerario critico con Italo
Mancini, Verona, Mazziana 1983 Andrea Milano, Rivelazione ed ermeneutica. Karl
Barth, Rudolf Bultmann, Italo Mancini, Urbino, Quattroventi "Biblioteca di
Hermeneutica" Piergiorgio Grassi, Intervista a Italo Mancini sulla
teologia contemporanea, Urbino, Quattroventi 1992, coll. "Il nuovo
Leopardi" Enrico Moroni (a cura), La filosofia politica nel pensiero di
Italo Mancini, Urbino, Quattroventi 1994 Francesco D'Agostino, Italo Mancini,
filosofo del diritto, Urbino, Quattroventi, "Il nuovo Leopardi" G.
RipantiP. Grassi (a cura), Kerigma e prassi, Brescia, Morcelliana, Hermeneutica
1995 Gustavo Pansini (a cura), Studi in memoria di Italo Mancini, Napoli, Edizioni
Scientifiche Italiane Galliano Crinella (a cura), Italo Mancini. Dalla teoresi
classica alla modernità come problema, Roma, Edizioni Studium, Antonio Areddu,
Cristianesimo e marxismo nel pensiero di Italo Mancini. Una rilettura in
memoriam, Pistoia, Petite Plaisance 2001 Italo Mancini tra filosofia e teologia,
in "Riv. di teologiaAsprenas", I A. Pitta (a cura), numero
monografico dedicato a Italo Mancini G. RipantiP. Grassi (a cura), Filosofia,
teologia, politica. A partire da IMancini, Brescia, Morcelliana, Hermeneutica
2004 Mariangela Petricola, Pensare la differenza. La questione di Dio
nell'epoca della disgregazione del senso. Una rilettura con Italo Mancini, in
“Dialegesthai. Riv. telematica di filosofia", mondo domani.org/
dialegesthai/mpe. Mariangela Petricola, Pensare Dio. Il cristianesimo
differente di Italo Mancini, Assisi, Cittadella Editrice Antonio Ascione, Fedele a Dio e alla terra.
L'avventura intellettuale di Italo Mancini, Benevento, Passione Educativa Valeria Sala, Italo Mancini. Filosofo del
diritto, Torino, Giappichelli , "Recta Ratio" Altri progetti
Collabora a Wikiquote Citazionio su Italo Mancini Italo Mancini, su sapere, De Agostini. Italo Mancini, in Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Seminario in memoriam, su pesaronotizie.com. Centro socio culturale
"Don Italo Mancini" presso il suo paese natale Schieti, su
centroitalomancini. 15 gennaio 22
gennaio ). Pagina sul social network Facebook, su facebook.com. cronologica , su uniurb. L'Istituto di
Scienze Religiose fondato da Italo Mancini, su uniurb. Biblioteca personale
"Ca' Fante", su uniurb. Rivista "Hermeneutica" fondata da
Italo Mancini, su uniurb. A. Aguti, Italo Mancini, in Il pensiero filosofico-religioso
italiano.org.Italo Mancini. Keywords: “male radicale” “Kant” “radical evil” --.
“cooperative di credito” – “la massima della benevolenza conversazionale” --.
MANGIONE. (Bagnara Calabra). Filosofo. Grice: “I like Mangione; for various reasons:
He notes that logic is more related to mathematics – indeed, for logicism
mathematics IS logic – so the opposite to ‘formal’ logic is ‘material’ logic,
not ‘informal’ as Ryle and Strawson want – Mangione has studied ‘categories’
and talks of ‘logica matematica’ – he has studied Frege’s ideografia, as he
aptly translates his grundscrift, and he tried to improve on the ‘nationalism’
which was ubiquitous in logic in Italy in the ‘primo novecento’!” Insegna a Milano.
Diresse le due collane matematiche della casa editrice Progresso tecnico
editoriale di Milano, appendice della Aldo Martello editore. Presso l'editore
Boringhieri di Torino ha diretto “Testi e manuali della scienza contemporanea. “Serie
di logica matematica.” Ha contribuito
alla Storia della filosofia pubblicata da Geymonat per Garzanti con specifici
contributi sulla storia della logica matematica. Amplia e sistematizza tali
contributi nella Storia della logica. Da Boole ai nostri giorni (con la
collaborazione di Silvio Bozzi): l'opera costituisce un ampio ed esaustivo
lavoro di ricognizione e sintesi sugli ambiti di ricerca e sui risultati della
logica contemporanea. Per Franco Muzzio
& C. Editore ha diretto la collana editoriale Muzzio scienze. Insieme a Edoardo Ballo, Silvio Bozzi,
Gabriele Lolli e Paolo Pagli, ha curato, per Bollati Boringhieri, l'edizione di
Gödel. Opere: “Logica matematica” (Torino,
Boringhieri) Rózsa Péter, “Giocando con l'infinito: matematica per tutti,
traduzione di Giulio Giorello, Milano, Feltrinelli, “Matematica e calcolatore,
Le Scienze quaderni, Milano, “Filosofia: saggi in onore di Geymonat, Milano,
Garzanti “Storia della logica, CUEM “Storia della logica”“Da Boole ai nostri
giorni, Garzanti , “Frege. Logica e aritmetica” -- Torino, Boringhieri. Emanuele
Vinassa de Regny, «Corrado Mangione: breve storia di una lunga amicizia», Franco
Prattico, «Pubblicate tutte le opere di Godel» dalla Repubblica, articolo
disponibile sul database SWIF dell'Bari. Corrado Mangione. Keyword: “logica
matematica” “divertente”, “Sidney Harris” Peano, “not” “no” “and” “e” “or” “o”
“if” “si” “some (at least one)” “all” “the” “il” -- -. Luigi Speranza, “Grice e
la proclama di Mangione: la logica matematica deve essere divertente!” – The
Swimming-Pool Library.
MANFREDI. (Bologna). Filosofo.
Grice: “I like the “liber de homine.” It reminds me that among my
unpublications there’s a ‘Why’!” Grice: “While the Italians aptly use the same
particle for ‘why’ and ‘for’, the Anglo-Saxons didn’t! That must be because
‘for’ is usually otiose: “Why are you eating.” “For I am hungry, say I!” cf. “I
am hungry.” – Studia a Bologna e Ferrara. Entra in contatto con circoli
umanistici. Insegna a Bologna. Riceveva un compenso superiore alla media ed è
il docente più citato nei Libri partitorum. Esercita l'astrologia ee attaccato
da Pico (“Disputazione contro l’astrologia divinatrice””). La sua opera “Il Perché” fu un successo per
secoli. Altre opere, “Tractato de la
pestilentia,” Bologna, Johann Schriber, “Pro-gnosticon anni 1490” (Bologna,
Bazaliero Bazalieri) “Liber de homine,” Impressum Bononiae, Ugo Ruggeri, Dizionario
biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Girolamo Manfredi. Keyword: divination. Those clouds
mean rain – Those clouds mean death. --. Grice: “The present budget means that
we will have a bad year – Prognosticon anni 1490 --. “The present budget means
we’ll have a hard year, but we shan’t have.” – x means that p entails p. The
year 1490. In 1491, Pico approaches Manfredi, “You said that the budget for
1490 meant that we would have a hard year, but we didn’t!” -- Luigi Speranza, “Grice e
Manfredi: l’implicatura divinatrice” – The Swimming-Pool Library.
MANICONE. (Vico del Gargano). Filosofo. Una
delle personalità più caratteristiche del suo tempo della Capitanata. Definito
il “monacello rivoluzionario” a causa della sua bassa statura, che
sembrerebbe di 1,40 m, la sua indole illuministica consiste in una sete di
sapere che non si placa con il dogmatismo, ma con l'esperienza diretta, lo
studio approfondito dei fenomeni naturali e della scienza, un'osservazione
empirica che poteva fornire una risposta valida e concreta alle varie
problematiche e quindi un aiuto pratico all'uomo, al suo benessere e sviluppo,
alla sua felicità. Ciò gli costò l'inimicizia di chi, seppur in pieno
illuminismo, diffidava e demonizzava la scienza. Lo sviluppo
economico-sociale che teorizza Manicone consiste in uno sviluppo connesso e,
per certi versi, dipendente dall'ambiente, perché egli riteneva che la natura fosse
una fonte primaria di ricchezza e la sua distruzione avrebbe potuto segnare la
fine dello sviluppo. Manicone può essere considerato un profeta dello
sviluppo sostenibile, perché in pieno Settecento, quando le industrie erano
inesistenti, ebbe un'ampiezza di vedute che gli consentì di prevedere le
conseguenze disastrose che avrebbe portato l'uso improprio e scriteriato delle
risorse naturali. Le opere in cui Manicone tratta, tra gli altri, il tema
dello sviluppo sostenibile, sono La Fisica Appula (cioè dell'Apulia) e La
Fisica Daunica (cioè della Daunia, antico nome della Capitanata). Secondo il
“monacello”, uno dei peggiori atti compiuti dall'uomo del suo tempo era la
cesinazione selvaggia dei boschi garganici, un tempo rigogliosi, come anche
attesto da Orazio nelle Epistole: «Garganum mugire putes nemus». Riferisce
che il disboscamento del promontorio iniziò nel 1764, con il taglio “barbaro”
dei pini nel territorio “Difesa” di Vico del Gargano e la cesinazione degli
ischi ad Ischitella, talmente “furiosa” che, ad inizio Ottocento, l'Abate
Longano denunciò la carenza di legna da ardere per gli ischitellani. La
causa di questo disboscamento fu la volontà di destinare i suoli a coltura,
anche quelli non adatti a questo scopo e più utili al pascolo e alla produzione
di legname, vista la “rocciosità” della terra sul promontorio del
Gargano. Manicone spiega anche la diminuzione della fauna selvatica nel
Gargano, sempre dovuta alla cesinazione, che diminuiva i nascondigli per gli
animali selvatici, e li rendeva più vulnerabili. Ne “La Fisica Appula”,
il frate dedica un intero libro al Mefitismo (insalubrità dell'aria) e alle
cause che lo generano. Egli sostiene che l'inquinamento può avere cause
naturali o accidentali (provocate dall'uomo), può essere anche indigeno
(proprio della zona) o esotico (derivante da altre zone). Secondo il Manicone
le principali cause accidentali del mefitismo erano: 1. Le condizioni
igieniche precarie delle strade e delle abitazioni; 2. L'insana abitudine di
depositare gli escrementi nelle strade; 3. La sepoltura dei centro abitato (consuetudine abolita con
l'Editto di Saint-Cloud, ma anticipata nel 1792 a Vico del Gargano da Pietro de
Finis, che fece costruire il cimitero monumentale di San Pietro); 4. Il taglio
dei boschi (invece gli alberi sono importanti perché emettono ossigeno e
assorbono anidride carbonica). Lo studio del frate sul territorio garganico fu
talmente minuzioso da fargli notare un mutamento climatico dalla metà del
Settecento all'Ottocento; in alcune zone del Gargano, ci furono sbalzi di
temperatura che provocarono un sensibile calo di precipitazioni nevose e
mitigarono parecchio gli inverni. Secondo il Manicone, la causa è attribuibile
al disboscamento iniziato nel 1764: il taglio delle foreste avrebbe consentito
al sole di riscaldare prima e maggiormente i suoli e soprattutto non avrebbe
bloccato i venti provenienti da Nord e da Sud, quindi le zone meridionali
rispetto alle alture garganiche si sarebbero raffreddate a causa dell'arrivo
della Tramontana da Nord, mentre nel Gargano settentrionale sarebbero arrivati
maggiormente i venti caldi del Sud. Un rimboschimento avrebbe reso più fertili
le terre coltivabili, ma Manicone stesso, dopo aver dato questo suggerimento,
esprime la consapevolezza di “aver cantato ai sordi”. Viaggiò molto per
l'Europa, studiando Medicina a Vienna e a Berlino, Scienze Fisiche a Londra e
Scienze Naturali a Bruxelles. È noto soprattutto per il suo trattato, La
Fisica Appula. in cui analizza le caratteristiche fisiche delle terre di Puglia
e soprattutto del Gargano. Al Manicone è intitolato il Centro Studi e
Documentazione del Parco Nazionale del Gargano sito presso il Convento di San
Matteo a San Marco in Lamis. Descrizione di Vico Del Gargano nella Fisica
daunica Al tempo di Manicone la popolazione vichese era di 6131 abitanti, circa
lo stesso numero di residenti effettivi attuali. L'area abitata era più
ristretta e consisteva nel nucleo originario (Casale, Civita e Terra) e i
quartieri nuovi di San Marco, Carmine, la Misericordia e Fuoriporta. L'incuria
delle istituzioni si manifestava nella scarsa attenzione verso l'igiene delle
acque del Casale (quartiere affollatissimo), originariamente buone e dolci ma
inquinate dall'incuria generale; anche le strade strette e ombrose della Civita
erano soggette ad abbandono e perennemente sporche. Soltanto i quartieri nuovi
erano larghi, puliti e soleggiati. Le Istituzioni mancavano anche laddove
era necessario rendere più agevole il lavoro dei contadini e dei pastori
vichesi, costruendo strade per diminuire gli ostacoli a cui erano sottoposti
quotidianamente questi uomini quando si recavano nelle loro campagne, poste
spesso in profonde valli o zone impervie. La popolazione vichese era
laboriosa e onesta e non c'erano grandi disuguaglianze economiche, tuttavia
Manicone descrive i suoi compaesani come barbari e incivili, infatti non hanno
riguardo per l'ambiente, ad esempio i pastori lasciano distruggere dalle loro
bestie le pianticelle fruttifere e le vigne, sono dediti all'alcol e spesso ciò
li porta a risse feroci. Le donne sono laboriose come gli uomini e sempre
gentili, il frate però critica fortemente l'usanza vichese, e delle donne dei
paesi del Sud in generale, di urlare e strepitare ai funerali, di portare il
lutto a vita e di vestire sfarzosamente i defunti; il primo comportamento
denota la selvatichezza della popolazione, il secondo uso può essere
anti-economico e negativo per la società e il terzo è uno spreco di denaro,
dato in pasto ai vermi. Un difetto presente in tutte le abitazioni
vichesi dell'epoca era il forno in casa, che poteva provocare incendi domestici
e inquinare l'aria interna. A Vico
molti boschi furono tagliati per lasciare spazio ai campi di grano, ma ciò fu
improduttivo economicamente e causò lo smottamento dei terreni in pendenza, non
più trattenuti dalle radici delle piante. Nella raccolta dell'ulivo, i vichesi
distruggevano gli alberi, picchiando forte con i bastoni per far cadere le
olive; questa errata abitudine provocava la mutilazione della pianta e una
maggiore esposizione al freddo, e conseguentemente minori raccolti per gli anni
successivi. Per Manicone, il mancato sviluppo del Gargano era da imputare
anche alla pigrizia e indolenza dei suoi abitanti, che non erano capaci di
valorizzare i loro prodotti (olive, agrumi, vino, fichi, etc.) e talvolta
acquistavano prodotti meno pregiati e ad alto prezzo da altre regioni. Al
fine di comprendere come le istituzioni del tempo fossero distanti dalle reali
necessità della popolazione, è interessante la situazione che riguardò l'uso
delle acque di Canneto, infatti veniva impedito ai vichesi (anche con la forza)
di utilizzare l'acqua per l'irrigazione dei campi, perché avrebbero disturbato
l'attività di un mulino sito nel territorio di Rodi Garganico. Il giudice diede
ragione ai rodiani ma, per fortuna, questa sentenza ingiusta e ingiustificata
fu annullata dalla Regia Camera. Dalla lettura di alcune pagine delle
opere di Manicone è emerso che, pur cambiando i tempi, gli usi, le risorse a
disposizione, le conoscenze e le attività, l'uomo garganico (e non solo) viveva
e produceva nell'ottica del profitto immediato, sottovalutando gli effetti che
avrebbero potuto causare i suoi comportamenti errati nella vita della futura
comunità. Opere di Michelangelo Manicone contesto – il contesto del
contesto. "Philosophers often say that context is very
important." "Let us
take this remark seriously.’ "Surely,
if we do, we shall want to consider this remark in its relation to this or that
problem, i. e., in context, but also in itself, i. e., out of
context.” H. P. Grice, "The
general theory of context." Michelangelo Manicone.
MANNELLI. (Grimaldi). Filosofo. Grice: “Like me,
Mannelli loved Kant, Goethe, Schiller, Virgilio – and he has his own
‘palazzo’!” -- Fequenta il ginnasio a Cosenza. Si trasferì con la famiglia
prima ad Aosta, dove terminò gli studi liceali, e poi a Roma. S’interessa sempre
più al mondo politico e dopo la laurea, conseguita con il massimo dei voti,
ritorna a Cosenza e venne eletto Consigliere
Provinciale. Proprio in qualità di
membro del consiglio provinciale, si adoperò in prima persona per arricchire e
promuovere l'ampliamento della Biblioteca Provinciale di Cosenza Si dedicò in tempi e con modi diversi
all'attività di approfondimento e divulgazione. Firmò una versione metrica della
Xenia di Goethe (Roma, Paravia. Fu tra
i maggiori contributori della più importante rivista di arti e lettere della
regione, la Calabria Letteraria. Presidente dell'Accademia Cosentina,
l'istituzione accademica calabrese che vanta un'esistenza plurisecolare e che
nel XVI secolo ebbe come presidente Telesio.
Opere: “Inaugurandosi il monumento al caduti grimaldesi: scultura di Cambellotti,
Reggio Calabria, Editore Il Giornale di Calabria, Paravia, Le storiche Terme
Luigiane: passato-presente-futuro, Cosenza, Cronaca di Calabria, L'Accademia
Cosentina nella sua storia secolare e nell'oggi, Cosenza, Tip. Vincenzo
Serafino. Biografia in Calabriaonline.com
M. Chiodo, L'Accademia cosentina e la sua biblioteca. Società e cultura in
Calabria. Xenia Edizione Paravia. nna
Vincenza Aversa, Dopoguerra calabrese: cultura e stampa, Editore Pellegrini,
Catanzaro, Accademia Cosentina
Biblioteca Civica di Cosenza Goethe
Poesia "Mamma" da "Come le nuvole” su Grimaldi Grimaldesi da ricordare, su digilander.libero.
Filippo Amantea Mannelli.
MANTOVANI (Moncalieri). Filosofo.
Insegna a Roma. Membro della Società Tommaso D’Aquino. Gli ambiti delle sue
ricerche spaziano sulla Filosofia della Storia, l'Ontologia, la Teologia
filosofica, e loro rapporti con la scienza. Ha compiuto studi sulla storia del
tomismo (cf. griceianismo). È uno dei maggiori studiosi e conoscitori del
realismo dinamico e di Demaria. Opere:“Fede e ragione: opposizione,
composizione?” Scaria Thuruthiyil, Mario Toso, Roma , LAS, “Quale
globalizzazione? : l'uomo planetario alle soglie della mondialità,” Scaria
Thuruthiyil, Roma, LAS, “Eleos: l'affanno della ragione: fra compassione e
misericordia,” Roma, LAS, “Sulle vie del tempo: un confronto filosofico sulla
storia e sulla libertà, Roma, LAS, “Paolo VI: fede, cultura, università,” “An Deus sit (Summa Theologiae I, q. 2). Fede,
cultura e scienza, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, Didatttica delle
scienze: temi, esperienze, prospettive,” Vaticano: Libreria editrice vaticana,
“La discussione sull’esistenza di Dio nei teologi domenicani” “Oltre la crisi:
prospettive per un nuovo modello di sviluppo: il contributo del pensiero
realistico dinamico Demaria. Roma, LAS,
,”Momenti del logos: ricerche del "progetto LERS" (logos, episteme,
ratio, scientia) : Roma, Nuova cultura,
“Per una finanza responsabile e solidale: problemi e prospettive, Roma, LAS, “Una
ricognizione sulla Summa Theologiae di Tommaso d'Aquino” in Un pensiero per
abitare la frontiera: sulle tracce dell’ontologia trinitaria di Hemmerlie, aRoma
Incisa Valdarno, Città Nuova Istituto
universitario Sophia, Lorenzo Cretti ,
La quarta navigazione: realtà storica e metafisica organico-dinamica, Associazione
Nuova Costruttività -Tipografia Novastampa, Verona, Francisco de Vitoria, Sul
matrimonio, Roma, Scritti teologici inediti. Demaria; Roma,Editrice LAS. Pontifical
University of Saint Thomas Aquinas, su Angelicum. AVEPRO, su avepro.glauco. L’Università
Salesiana, un servizio per l’educazione e la comunicazione La Stampa Autorità
accademiche «Il nostro impegno per la “civiltà dell’amore”. Come vuole don
Bosco» La Stampa, su lastampa, CRUIPRO Conferenza
Rettori delle Università e Istituzioni Pontificie Romane, su cruipro.net. redazione, Nuovi accordi di co-operazione
interuniversitaria, su FarodiRoma, Pontificia Accademia di S. Tommaso D'Aquino,
su cultura.va. Direttorio, su S.I.T.A.. PREMI MEDITERRANEO, su Fondazione
mediterraneo.org. Mantovani, “Vita tua, vita mea”: l'insegnamento di Demaria è
più che mai attuale. Fondazione Adriano Olivetti, su fondazioneadrianolivetti. Mauro
Mantovani. Keywords: Aquino.
MARASSI. (Cardano al Campo).
Filosofo. Grice: “I like Marassi; he has written a ‘natural’ history of ‘man’ –
which is interesting, ‘progetto uomo,’ he calls it!” -- Grice: “I like Marassi;
he has explored hermeneutics in the German tradition, Schleimacher to be more
specific; but has also written an essay on Heidegger; his links with me come
with his idea of metaphysics and transcendental arguments which he takes from
Kant, who he reads in both German and Italian, unlike I, or me.” – Grice: “He
has written an introduction to a comparative study of the approaches to ‘the
antique’ in both Italian and German philosophy – a fascinating topic. I suppose
the Oxonian approach, indeed Cliftonian, is a mixture of both!” Allievo di Melchiorre,
si laurea a Milano con la tesi “La differenza
ontologica in Heidegger, sotto la direzione di Melchiorre e con la co-relazione
di Bontadini. Ha discusso “Il profilo della presenza: Heidegger e il regno
della pluralità” con Melchiorre e Grassi. Insegna filosofia a Milano. Ha
coordinato l'edizione dell'Enciclopedia filosofica (Bompiani, Milano). Direttore del Dipartimento di Filosofia a
Milano. Dirige la Rivista di filosofia neo-scolastica. Dirige per la casa editrice AlboVersorio la
collana Epoche ed è membro del comitato del festival La Festa della
Filosofia. Si occupa di storia
dell'umanesimo (Bruni, Alberti, Vico), della scolastica, di ermeneutica (Grassi),
di filosofia trascendentale, del pensiero postmoderno. I temi della sua ricerca
ruotano attorno a tre temi principali: la riflessione sui modelli
storico-teorici della filosofia della storia, l'interpretazione dell'umanesimo
italiano (Alberti, Bruni, Vico) in riferimento alla dimensione storica e
morale, l'analisi della fondazione trascendentale del sapere. Opere principali: “Ermeneutica della
differenza in Heidegger, Vita e Pensiero, Milano, Schleiermacher, “Ermeneutica,”
Rusconi, Milano, Bompiani, Milano; Kant, “Critica del giudizio,” Bompiani,
Milano, Metafisica e metodo trascendentale,”
Lotz, “La struttura dell'esperienza, Vita e Pensiero, Milano; “Metamorfosi della storia. Momus e Alberti,” Mimesis,
Milano/ Coordinamento generale e direzione redazionale della Enciclopedia filosofica,
Bompiani, Milano. docenti.unicatt. Marassi. Massimo Marassi. Keywords: Alberti,
Bruni, Vico.
MARCHESINI. (Noventa
Vicentina). Filosofo. Grice: “Cassatta has unearthed some opinions by
Marchesini which are revolutionary!” Esponente del positivismo. Alievo di Ardigò, insegna filosofia a Padova.
Direttore della Rivista di Filosofia.Diresse, anche, un Dizionario delle
scienze pedagogiche, edito dalla Società Editrice Libraria di Milano. Tradusse,
inoltre, un testo di Locke Pensieri, edito da Sansoni. Opere: “La vita,” –
Grie: “Sounds promising: a treatise on life! Cf. my ‘Philosophy of Life’”). Montagnana,
Tip. di A. Spighi, “Saggio sulla naturale unità del pensiero,” Firenze,
Sansoni, “Elementi di Psicologia tratti dalle opere filosofiche di Ardigò,” Firenze,
Sansoni, “ Elementi di logica” -- secondo le opere di R. Ardigò, St. Mill, A. Bain
ecc., prefazione di Ardigò, Firenze, Sansoni,” Grice: “A fascinating little
book: it reminded me of Strawson’s Introduction to Logical Theory! Only
Strawson would rather die than axe me to foreword it!” –[ whereas Marchesini
commissioned his tutor to drop a word “or two””].—Grice: “Marchesini shouldn’t
be so reverential towards Ardigo.” Grice: “I count Marchesini’s oeuvre as being
by Marchesini; if I want to read Ardigo, I read Ardigo!” – “Elementi di morale,
ad uso anche dei licei, secondo le opere degli scienziati moderni, prefazione
di Ardigò, Firenze, Sansoni, “Il positivismo e il problema filosofico, Torino,
F.lli Bocca, “Le amicizie di collegio” – Grice: “I should note that Marchesini
uses ‘amecizia’ in quotes! So it doesn’t really apply to my Clifton days!” -- (con prefazione di E. Morselli e in
collaborazione con Obici), Roma, Società Ed. "Dante Alighieri ", “Elementi
di pedagogia : Con un'appendice di cento scelte citazioni, Firenze, Sansoni, Doveri
e diritti : ad uso delle scuole tecniche e complementari, Milano-Palermo, R.
Sandron, “La teoria dell'utile,” principi etici fondamentali e applicazioni, Milano-Palermo,
R. Sandron, “ Il Simbolismo nella conoscenza e nella morale, Torino, Fratelli
Bocca Editori, “ Il dominio dello spirito, ossia Il problema della personalità
e il diritto all'orgoglio, Torino, F.lli Bocca, Pedagogia, Torino, Paravia, Il
principio della indissolubilità del matrimonio e il divorzio, Pakdova-Verona,
Fratelli Drucker, “Elementi di logica,” ed. interamente rifusa, -- Grice: “This
makes me laugh! It’s like saying: my previous, Ardigo-based stuff, was
nonsense!” -- Firenze, Sansoni, Disegno storico delle dottrine pedagogiche,
Roma, Athenaeum, “La dottrina positiva delle idealità,” Roma, Athenaeum, “L'educazione
morale, Milano, F. Vallardi, “I problemi fondamentali della educazione,”
Torino, Paravia, “I problemi dell'Emilio” di G. G. Rousseau, Firenze, R.
Bemporad e Figlio, “La finzione dell'educazione o la pedagogia del Come se,”
Torino, Paravia, “L'educazione del soldato, con 50 problemi per esercitazioni,”
Firenze, Ed. La Voce, “Il problema della scienza nella storia delle scienze :
per i licei scientifici, Milano, Signorelli, “Dizionario delle scienze
pedagogiche : opera di consultazione pratica con un indice sistematico,
direttore Marchesini, collaboratori: Antonio Aliotta, Giuseppe Aliprandi e
altri, Milano, Soc. Edit. Libraria, Vedi Treccani L'Enciclopedia Italiana. Ultima
ristampa: Firenze, Sansoni, 1968.
Mariantonella , Marchesini e la «Rivista di filosofia e scienze affini».
La crisi del positivismo italiano, Collana di filosofia, Franco Angeli, Treccani
L'Enciclopedia Italiana. Giovanni Marchesini. Keywords: “L’educazione del
soldato” --.
MARCHESINI. (Bologna).
Filosofo. Grice: “I don’t think Marchesini has a philosophical background, but
he fascinates me! I especially liked his idea about ‘virility’ and the idea of
a knightly code – ‘codice cavalleresco’ – The other field that fascinates me is
his research on ‘inter-subjectivity’ in the living form – which he now extends
to plants – ‘vivente’ – Surely we don’t refer to a cat as an object – and the
philosophical keyword here is ‘threshold,’ that Marchesini aptly uses.” Cardine
della sua proposta filosoficariconducibile, seppur con caratteristiche proprie,
alla più ampia corrente del Post-humanè lo smascheramento di quell'errore
prospettico che pone l'uomo al centro e a misura dei suoi predicati.
«Comincerò il mio viaggio dal prato più bello, quello che l'aria non abbandona
un istante, il sole vi si intrappola da splendere pur di notte ed i profumi
vergini coesistono con quelli gravidi. È qui che il dio Pan cadde la notte dei
tempi, da qui iniziò il suo girovagare incerto, all'unico desiderio
d'amare» (R. Marchesini, Il dio Pan). Da sempre affascinato dalla natura
e, in particolare, dal regno animale, consegue la laurea a Bologna. Parallelamente
agli anni di formazione universitaria, spinto da un forte interesse verso il
comportamento animale, stringe una feconda collaborazione e amicizia con
l'etologo Giorgio Celli, con il quale inizia a indagare le interazioni sociali
degli imenotteri. Per cinque anni conduce ricerche “sul campo” e, con l'ausilio
della macrofotografia, è in grado di immortalare quegli attimi di vita animale
altrimenti nvisibili all'occhio nudo: rituali di corteggiamento, di
accoppiamento e di trofallassi tra gli insetti che diventeranno il viatico per
tutta la sua ricerca futura. Nei suoi studi di entomologia approfondisce
l'analisi dei sistemi feromonali che saranno tema di alcune pubblicazioni e
della successiva ricerca sul comportamento e sul benessere animale. Nella
seconda metà degli anni ottanta, sotto la guida del professor Franco Pezza,
dell'Università degli Studi di Milano, studia i metodi di allevamento, i
parametri di benessere nelle aziende zootecniche, i fattori di incidenza del
rischio in zootecnia, le modalità di individuazione dei sinistri, pubblicando
alcuni lavori sulla medicina veterinaria delle assicurazioni. Inizia così
la sua collaborazione con diversi atenei sui temi del comportamento animale,
tenendo corsi e master di etologia applicata e medicina comportamentale. Alla
metà degli anni novanta entra nel Consiglio Direttivo della Società di
Scienze Comportamentali Applicatedi cui diverrà Presidente focalizzando la
propria attenzione sul comportamento degli animali domestici, sugli stili di
relazione interspecifica, sui problemi e sulle patologie comportamentali. Osservando
sul campo le espressioni comportamentali e i processi di apprendimento degli
animali, inizia a considerare anacronistici e contraddittori i modelli
esplicativi tradizionali. In sintesi, quello che Marchesini propone nel
panorama delle scienze cognitive è un superamento dei tre modelli
interpretativi al comportamento animalequello behaviorista, quello etologico
classico e quello antropomorficoin virtù di un modello mentalistico unitario
(un'unità necessaria che la mente, come fenomeno unico, richiede), che valga
sia per i processi consapevoli che inconsapevoli e che descriva espressione e
apprendimento in termini elaborativi dell'informazione, sistemici o
composizionali dellecomponenti, solutivi e non reattivi, evolutivi e
relazionali nella realizzazione ontogenetica. Questo porterà alla pubblicazione
di tre testi dal forte impatto innovativo: Intelligenze plurime e Modelli
cognit ivi e comportamento animale ed Etologia cognitiva. Alla ricerca
della mente animale. Gli assunti di base della proposta di Marchesini sono i
seguenti: il soggetto è immerso in un campo di possibilità filogenetiche
che definiscono il tipo di intelligenza propensionale o specie-specificada cui
l'idea di pluralità cognitiva dove le diverse intelligenze sono comparabili ma
non commensurabili; il processo ontogenetico di costruzione dell'identità si
realizza grazie alle dotazioni innate, che ricche di virtualità evolutive,
possono essere organizzate in una molteplicità di modida cui l'idea di rapporto
dimensionale o direttamente proporzionale di innato e appreso; l'espressione
del soggetto è sempre proattiva, mossa cioè da un obiettivo, e quindi frutto di
una condizione problematica che il soggetto cerca di risolvere attraverso
ricette solutive fino al raggiungimento dell'obiettivoda cui il superamento del
concetto di rinforzo. Vi è quindi una ridefinizione della soggettività animale,
come possesso del suo qui e ora, e come capacità di mettere in dialogo tutte
quelle istanze (ontogenetiche e filogenetiche) che gli appartengono nella sua
relazione con il mondo. Bioetica e diritti animali Alla fine degli anni ottanta
si iscrive alla facoltà di Lettere e Filosofia dell'Bologna, con l'intento di
sondare il rapporto uomo-natura da una prospettiva pedagogico-filosofica.
In questi anni inizia a portare nelle scuole percorsi progettati appositamente
a misura di bambini per permettere loro di conoscere la varietà del mondo
animale evitando letture antropomorfiche, quelle viziate, ad esempio, dai
sedimentati repertori culturali. È in questi anni che avviene uno degli snodi
cardine nell'attività di Marchesini: egli si accorge che le potenzialità che è
in grado di esprimere il binomio bambinoanimale (o più in generale uomoanimale)
è da ricercarsi non nella performatività quanto piuttosto nelle dinamiche che
la relazione, unica e irripetibile, è in grado di generare. L'animale coinvolto
nelle attività didattiche non è più un oggetto dal quale attingerequasi fosse
una fonte miracolosaelementi benefici al percorso formativo del bambino, ma è
nel suo essere soggetto e capace di stipulare un patto con il proprio
interlocutore che lo fa divenire elemento imprescindibile di ogni percorso
formativo. L'esperienza condotta all'interno delle scuole porta
Marchesini alla stesura del volume Natura e pedagogia, inizialmente nato per
divenire la sua tesi di laurea, ma pubblicato prima della conclusione degli
studi umanistici. Le attività con i bambini lo conducono in tutta Italia
portando in evidenza due aspetti: il divorzio che si è andato realizzando
tra l'uomo e le altre specie nella cultura contemporanea, con bambini che non
sono in grado di relazionarsi con gli animali e spesso nemmeno conoscono le
specie domestiche; la svalutazione degli animali e l'incapacità della società
contemporanea di avere consapevolezza dell'importanza della relazione con le
altre specie per lo sviluppo della personalità. Per Marchesini la svalutazione
operata dalla società contemporanea parte dalla perdita di quel rapporto di
convivenza e di ospitalità che viceversa ancora caratterizzava la cultura
rurale. Nasce così il Concetto di soglia (che esprime il bisogno di uscire
dalla dicotomia novecentesca dell'antropomorfismo e della reificazione
dell'eterospecifico. Temi già affrontati in due saggi precedenti, Animali di
città, critico verso l'antropomorfizzazione degli animali da compagnia, Oltre
il Muro, critico verso la reificazione dei cosiddetti animali da utilità. Sono
gli anni in cui riflette sul pensiero animalista e sulla bioetica animale
fondando, insieme a colei che diventerà la sua storica collaboratrice, Sabrina
Golfetto, la casa editrice Apeiron con lo scopo di creare un luogo dove
ospitare riflessioni e dibattiti su tali tematiche. Sono gli anni in cui
abbraccia, senza più abbandonarlo, il vegetarianesimo e dà vita assieme a Luisella
Battaglia e a Margherita Hack a un'intensa attività convegnistica che confluirà
nella collana Quaderni di bioetica di cui sarà direttore. Nel sostituisce Caffo, che ne era stato fondatore
e primo direttore, nella direzione di Animal Studies: Rivista Italiana di
Antispecismo. Nel maggio esce per
le Edizioni Sonda Contro i diritti degli animali? Proposta per un antispecismo
postumanista. Il saggio affronta il tema dello specismo passando in rassegna le
incongruenze e le incoerenze nascoste nelle maglie di un dibattito filosofico e
culturale che pretende di sospendere l'antropocentrismo, rimanendo all'interno
di una cornice umanistica. Il testo vede i commenti finali di Rodotà, Sax,
Vallauri e Fadini. Porta la neonata zooantropologia in Italia, disciplina
all'interno della quale compie una sistematizzazione sia a livello teorico,
accanto alle antropologhe Eleonora Fiorani e Sabrina Tonutti, sia a livello
applicativo con la delineazione di protocolli operativi nelle aree educative e
assistenziali. Per ciò che concerne la zooantropologia teorica, l'ipotesi
di fondo proposta da Marchesini, e riconducibile alla sua teoria della
zootropia, è che gli animali nel corso della storia non abbiano funto solo da
produttori di prestazioni o di collezioni di modelli da imitare ma altresì da
alterità referenziale nei processi antropopoietici. Marchesini sviluppa il
concetto di "referenza animale", inteso come contributo di
cambiamento offerto all'uomo dalla relazione con l'etero-specifico. Gli
uccelli non hanno insegnato all'uomo l'arte di volare -- il modo di realizzare
questa attività -- ma gli hanno ispirato la dimensione esistenziale del volare.
Per Marchesini i predicati umanicome la danza, la musica, la cosmesi, la
tecnicavanno considerati come frutti ibridi, esito cioè dell'incontro
relazionale con le altre specie. Il motore della cultura umana è quindi per
Marchesini rintracciabile nell'incontro con l'alterità animale che, nella forma
di una vera e propria epifania, è stato capace di re-direzionare l'uomo lontano
dal suo centro filogenetico e dalla sua solipsia di specie dando vita a nuove
possibilità esistenziali. Per ciò che concerne la zoo-antropologia applicata,
opera una trasformazione in alcuni settori delle attività di relazione con gli
animali, dalla pet therapy alla pedagogia cinofila, impostando i
"protocolli dimensionali", vale a dire individuando nel rapporto
delle dimensioni di relazione, ciascuna dotata di specificità sia di ordine
relazionale che referenziale. In pet therapy lavorare secondo l'approccio
dimensionale significa evitare l'incontro generico tra un paziente e un animale
ma individuare le dimensioni di relazione che sono utili al fruitore secondo i
suoi bisogni specifici e renderle operative attraverso attività
specifiche. Allo scopo di formare nuovi operatori in grado di lavorare
secondo i protocolli dimensionali fonda “Scuola di Inter-Azioone Uomo-Animale
on sede a Bologna. Sii fa co-promotore di Carta Modena (Carta dei Valori e
dei Principi della Pet-Relationship) che riceve il patrocinio del Ministero
della Salute. Il documento mira a tutelare, all'interno del panorama della
attività assistite dagli animali (A.A.A.) sia il fruitore, il benessere
dell'animale coinvolto e il principio inter-relazionale che dal binomio
scaturisce. Pubblica “Etologia filosofica: alla ricerca della inttersoggettività
animale” con il quale inaugura la riflessione ontologica sul carattere
dell’intersoggettività animale, vale a dire su che cosa differenzia un “oggetto”
da un essere “vivente.” Rilegge l'ontologia animale in termini di
"desiderio". “Essere animale” (essere vivente) significa prima di
tutto "essere desiderante", una condizione di *non*-equilibrio che
rende due animali protagonisti de loro divenire nonché capaci di definire il
corso della filogenesi di specie. L'etologia filosofica diviene ben
presto un campo di ricerca entro il quale dialogano allo scopo di ridefinire i
contorni di ciò che intendiamo con essere animale. Inizia la ricerca
filosofica che va a innestarsi nella costellazione di studi definita come
post-human. È di questo period della ri-definizione dell'umano quale
entità ibrida, puntualizzato nel dettato che vede l'uomo non più misura del
mondo ma nemmeno misura di se stesso. In tale corrente filosofica ci sono per
Marchesini le giuste premesse per poter articolare la propria riflessione in
quanto il concetto di “alterità” nel progetto post-human assume un significato
molto più vasto, abbracciando di fatto le entità non umane animali e
macchiniche. Collabora con la rivista Virus inaugurando una nuova
estetica basata sull'ibrido come manifestazione contemporanea del sublime. In
tale luce il Manifesto del Teriomorfismo rappresenta il documento attraverso il
quale gli artisti rifiutano il dettato antropocentrico e riconoscono la natura
ibrida di ogni processo creativo. All'interno di tale campo d'indagine
pubblica Animal Appeal e una feconda collaborazione che travalica i campi
disciplinari e rivela ancora una volta i debiti che la cultura, in questo caso
l'arte, ha contratto con le alterità. Conosce Salsano, storico, sociologo ed
editor della casa editrice Bollati Boringhieri, che affascinato dal lavoro di
Marchesini decide di pubblicare un primo saggio sul rapporto tra bios e techne
dal titolo La fabbrica delle chimere (1999), testo che si pone a cavallo tra le
precedenti esperienze in zooantropologia e bioetica e la nuova riflessione
postumanistica. Esce Post-human. Verso nuovi modelli di esistenza, testo
corposo, concettualmente denso e dalla molteplicità di riferimenti, che ha
suscitato un grande dibattito nel mondo accademico portando il suo autore a
divenire punto di riferimento per ogni ricognizione che vada ad indagare i
rapporti che intercorrono tra vivente (sia esso umano o animale) e tecnica.
Sempre nel medesimo anno fonda Il Centro Studi Filosofia Postumanista allo
scopo di promuovere e sviluppare le tematiche legate al post-human da diverse
prospettive, arte, letteratura, cinema, new media, formazione. Innumerevoli
saranno poi le pubblicazioni sul pensiero postumanista, che vedranno la
pubblicazione del saggio Il tramonto dell'uomo. Inoltre, traduce, cura e scrive
la postfazione dell'edizione italiana del testo The Companion Species Manifesto
di Haraway. Esce per Mimesis Epifania animale. L'oltreuomo come
rivelazione nel quale Marchesini evidenzia come la cultura non vada pensata in
modo antropocentrico come l'esito autarchico di un processo creativo
interamente svolto dall'uomo, pur avvalendosi di materiale zoomorfo, ma come
una rivelazione epifania ispirata dal non umano. Torna in libreria con un
volume interamente dedicato al rapporto tra bios e tecnica, Tecnosfera.
Proiezioni per un futuro postumano (Castelvecchi). Rilegge il connubio tra
essere umano e tecnologia come una partnership emersa dal corredo filogenetico
della specie Sapiens, mettendo in luce le potenzialità ibridatrici e
plasmatrici della tecnologia. Da questa prospettiva, ogni invenzione, ogni
scoperta, ha un effetto epifanico; apre, cioè, una nuova dimensione di
imprevisto e di opportunità che modifica i confini e la percezione di ciò che
definiamo umano. Il mondo degli insetti (“as I observed squarrels” –
Grice) così minuziosamente osservato risulta essere particolarmente evocativo
anche da un punto di vista estetico e narrativo tant'è che dà alla luce la
raccolta di racconti lirici “Il dio Pan,” frutto in parte anche delle
osservazioni compiute tra gli imenotteri. Nei brevi racconti dedicati al
dio agreste della mitologia greca, cerca di sfatare il mito di una natura, da
un lato meccanicistica (mera esecutrice dei dettami della genetica) e
dall'altro lato bucolica e idealizzata che nulla o poco rappresenta ciò che
l'autore mira ad affrescare: una natura reale, un mondo del vivente a volte
crudele ma in grado di interconnettere profondamente tutti i suoi abitanti: la
preda e il predatore, la cavalletta e la mantide. Il testo, recepito
positivamente dall'ambiente culturale bolognese, porta Marchesini a stretto
contatto con il Roversi, altra figura che influenzerà profondamente la sua
attività futura portandola a spingersi in plurimi territori e a cavallo di
numerosi discipline: dalla narrativa alla poesia, passando per la
filosofia. Pubblica il romanzo Uscendo da Lauril e la raccolta di racconti Specchio animale che
ospita la postfazione di Leonetti. Con la pubblicazione di Uscendo da Lauril in
particolare,intraprende l'esperimento di trasferire sul piano narrativo le
evocazioni postumanistiche partendo dalla poetica cyber-punk. In entrambi i
lavori è possibile ritrovare quegli elementi che contraddistinguono la speculazione
filosoficai: la dialettica tra identità alterità, il rifiuto di qualsiasi mito
della purezza originaria e di ogni forma di antropocentrismo. Esce per la
casa editrice Mursia Ricordi di animali, l'autobiografia volta a raccogliere la
storia di vita dell'etologo osservata tramite la lente dei numerosi animali che
ne hanno scandito le tappe fondamentali. -- è invece la volta de La filosofia del
giardiniere, pubblicato dalla Graphe edizioni nella collana Parva. Il libro è
composto di due parti, nella prima il lettore è condotto dalle parole a
passeggiare nel giardino, novello atelier darwiniano, con stupore e riverenza.
Nella seconda sono le immagini di alcuni giardini del mondo a far continuare la
riflessioni sulla cura, portate avanti da Marchesini. Roberto
Marchesini nel Centro Studi di Galliera (Bologna) Progetti esteri Roberto
Marchesini tiene regolarmente conferenze in diversi paesi del mondo tra i
quali: Stati Uniti, dove dal tiene
annualmente una lecture presso l'Harvard, Brasile, Messico, Cile, India,
Australia, Francia, dove è stato ospite della Sorbona, Spagna,
Portogallo. Cura la rubrica etologia a cadenza settimanale "Gli
animali che dunque siamo" per Il Corriere della Sera. “Intelligenza
emotiva versus intelligenza cognitive” in Pluriverso, 3, La Nuova Italia, La via vegetariana per un mondo migliore,
Vimercate, La spiga vegetariana, pagina 2:// novalogos/drive /File/ LIBRO% 20ANIMAL
%20 STUDIES %201-.pdf // novalogos// drive/File/ animalstudies. R. Marchesini,
Teriomorfismo, Bologna, Apeiron. Bioetica, diritti animali, pedagogia e scienze
cognitive. Oltre al muro, Torino, Franco Muzzio Editore, Natura e pedagogia,
Roma, Theoria, Il concetto di soglia, Roma, Theoria, Io e la natura, Forlì-Cesena,
Macro Edizioni, La fabbrica delle chimere. Biotecnologie applicate agli
animali, Torino, Bollati Boringhieri, Bioetica e scienza veterinarie, Edizioni Scientifiche
Italiane, "Intelligenza emotiva versus intelligenza cognitiva", In
Pluriverso, Firenze, La Nuova Italia, Bioetica e biotecnologie. Questioni
morali nell'era biotech, Bologna, Apeiron, Intelligenze plurime. Manuale di
scienze cognitive animali, Bologna, Peridsa, “Il galateo per il cane” Milano,
Giunti, “Modelli cognitivi e comportamento animale: Coordinate di interpretazione
e protocolli applicative;; Contro i diritti degli animali? Proposta per un anti-specismo
post-umanista, Alessandria, Edizioni Sonda,
Vivere con il cane. Come migliorare il rapporto fra cani, adulti e
bambini, Firenze, De Vecchi, Il bambino e l'animale. Fondamenti per una
pedagogia zoo-antropologica, Roma, Anicia, Etologia cognitiva. Alla ricerca della mente
animale, Bologna, Apeiron, Pluriversi cognitivi. Questioni di filosofia ed
etologia, Milano, Mimesis, Geometrie esistenziali. Le diverse abilità nel mondo
animale, Bologna, Apeiron, Zooantropologia.
Animali e umani: analisi di un rapporto, Como, Red, Animali in città. Manuale
di zoo-antropologia urbana, Como, Red, Homo Sapiens e mucca pazza. Antropologia
del rapporto con il mondo animale, Bari, Dedalo, R. Fondamenti di
zooantropologia. Zooantropologia applicata, Bologna, Perdisa, Manuale di
zooantropologia, Roma, Meltemi, Il
codice degli animali magici, Firenze, De Vecchi, L'identità del cane. Storia di
una implicatura conversazionale tra specie; Bologna, Apeiron, L'identità del
gatto. La forza della convivialità, Bologna, Apeiron, Cane & Gatto. Due
stili a confronto, Bologna, Apeiron, Etologia filosofia. Alla ricerca della inter-soggettività
animale, Milano, Mimesis, Emancipazione dell'animalità, Milano, Mimesis, Posthuman.
Verso nuovi modelli di esistenza, Torino, Bollati Boringhieri, Il problema del
corpo, tra umanesimo e postumanesimo, in Janus, Tecno-scienza e approccio post-umanistico, in
Millepiani, R. Marchesini, Il tramonto dell'uomo. La prospettiva postumanista,
Bari, Dedalo, R. Marchesini, Filosofia postumanista e antispecismo, in
Liberazioni. Rivista di critica antispecista, L. Caffo, R. Marchesini, Così
parlò il postumano, a cura di. E. Adorni, Aprilia, Novalogos, ,R. Marchesini,
Epifania animale. L'oltreuomo come rivelazione, Milano, Mimesis, R. Marchesini, Ibridazioni e processi
evolutivi, in Formazione e post-umanesimo. Sentieri pedagogici nell'età della
tecnica, Milano, Raffello Cortina, Etologia filosofica. Alla ricerca della inter-soggettività
animale, Milano, Mimesis, Alterità. L'identità come relazione, Modena, Mucchi Editore, Tecno-sfera.
Proiezioni per un futuro postumano, Roma, Castelvecchi, Eco-ontologia. L'essere
come relazione, Bologna, Apeiron, R. Teriomorfismo, Bologna, Hybris, Poetiche postumaniste in Polimorfismo,
multimodalità, neobarocco, N. Dusi e C. Saba, Silvana Editore, , R. Marchesini, "Ontani. Argonauta
dell'ibridazione", in Ontani incontra Giorgio Morandi. Casamondo, Danilo
Montanari Editore, Il Dio Pan. Racconti
lirici, Firenze, Firenze Libri, Graphe edizioni, Perugia, Uscendo da Lauril,
Roma, Theoria, Specchio animale. Racconti di ibridazione, Roma, Castelvecchi, Ricordi
di animali, Milano, Mursia, Il cane secondo me. Vi racconto quello che ho
imparato dai cani, Alessandria, Sonda, La filosofia del giardiniere. Riflessioni
sulla cura, Perugia, Graphe edizioni. Blog ufficiale, su marchesini etologia. iVegetti
della letteratura fantastica, Fantascienza.com. Radio Radicale. Academia.edu.
Sito ufficiale (Scuola di Inter-azione Uomo-Animale). Sito ufficiale del Centro
Studi Filosofia Postumanista diretto da. Roberto Marchesini. Keywords:
terio-morfismo.
MARCHETTI. (Empoli). Filosofo. Grice: “I love
Marchetti; for once, he had to find vulgar terms for all of Lucretius’s learned
ones! The Italians used to call their own tongue ‘volgare’ then --; this is not
easy matter (to translate Lucretius, not to call your tongue volgare), especially
since Lucretius was often unclear to himslf – talk of my conversational
desideratu of conversational perspicuity [sic]!” -- Grice: “I like him because
he axiomatised Galilei!” Professore a Pisa, contina le ricerche di Galileo n
come iViviani. Collabora con Papa.
Scrisse rime morali ed eroiche. L’opera cui deve la sua fama è la
traduzione “Della natura delle cose” di Lucrezio. Considerata come un manifesto
di razionalismo, “La natura dellle cose”
influì notevolmente sul gusto arcadico per la purezza della lingua e l'eleganza
dello stile. La diffusione di idee
materialiste attirò sul Marchetti l'accusa di empietà. Pur rifugiatosi nella
poesia, non riuscì ad evitare le indagini del Sant'Uffizio, ispirate
soprattutto da Vanni. Per altre sue opere di successo fu attaccato dagli
oppositori di Galileo. Membro dell’
Accademia dei Disuniti, Accademia dell'Arcadia, Accademia dei Fisiocritici,
Accademia dei Risvegliati, Accademia della Crusca e Accademia Fiorentina. Opere: “De resistentia solidorum” (Florentiae,
typis Vincentij Vangelisti & Petri Matini (Grice: “Opera abbastanza interessante, basata sulla teoria
galileiana, cui Marchetti dà una struttura assiomatica – ripetto, ‘assiomatica’
-- rigorosa. Tratta in larga parte il problema dei solidi di uniforme resistenza,
precedendo di mezzo secolo l'importante trattato di Grandi), “Exercitationes
mechanicae” (Pisis, ex typographia Io. Ferretti); “Della natura delle comete,”
“Lettera scritta all'illustriss. sig. Francesco Redi,” In Firenze, alla
Condotta, “Saggio delle rime eroiche morali e sacre,” dedicato all'altezza
reale di Ferdinando principe di Toscana, In Firenze, nella stamperia di Cesare
Bindi, “Anacreonte,” radotto dal testo greco in rime toscane da Alessandro
Marchetti accademico della Crusca e da lui dedicato all'altezza reale di
Ferdinando principe di Toscana, In Lucca, per L. Venturini. “Della natura delle
cose libri sei tradotti da Alessandro Marchetti (per Giovanni Pickard) Vita e poesie
di Marchetti da Pistoja filosofo e matematico all'illustrissimo sig. cavaliere
F. Feroni marchese di Bellavista patrizio fiorentino e accademico della Crusca
(Venezia, appresso Pietro Valvasense (Contiene poesie con la “Vita” scritta dal
figlio Francesco). G. Costa, Epicureismo e pederastia: il Lucrezio e l'Anacreonte di Alessandro
Marchetti secondo il Sant'Uffizio, Firenze, L.S. Olschki, Dizionario di filosofia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, Cesare Preti, Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Mario Saccenti, “Lucrezio in Toscana: Studio
su Marchetti” (Firenze, L.S. Olschki); De rerum natura Razionalismo, TreccaniEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Alessandro
Marchetti, su accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. Opere di Alessandro Marchetti, su openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Alessandro Marchetti.
MARCHI. (Potenza). Filosofo. Grice: “Marchi displays
a few features hardly found at Oxford: He edited a magazine, “filosofia
mazziniana” – I can imagine Bradley wanting to edit “Hegeliana” at Oxford – and
we do have a Gilbert Ryle Room, and an Occam Society! The other trait is
illustrated by his manifesto, “La missione di Roma,” – Churchill would have
equaled with something Anglian!” Generale di corpo d’armata italiano, Medaglia
d'oro dei Benemeriti dell'Educazione Nazionale. Professore a Roma curò la pubblicazione di
diverse riviste in cui si confrontarono alcuni studiosi del primo Novecento
italiano come Varisco. Tra queste Dio e Popolo e “L'idealismo realistico.” Dio
e Popolo, rivista di ispirazione mazziniana, accoglie scritti miranti alla
ricostruzione della filosofia religiosa di Mazzini e i rapporti tra religione e
stato; nega l'ateismo e persegue l'ideale di “repubblica”. “L'idealismo
realistico” raccoglie teorie filosofiche di stampo anti-gentiliano. A lui è dedicato il Premio tesi di Laurea
“Vittore Marchi”, bandito da Roma Tre per i neolaureati che abbiano sostenuto
tesi su un argomento concernente il pensiero filosofico antico degne di essere
pubblicate; e un parco al Municipio IV. Opere: “Ricostruzione della filosofia
religiosa di Mazzini, in Dio e Popolo, “La missione di Roma” o, Atanòr Ed., Il
concetto e il metodo della ‘storia della filosofia,’ – Grice: “His apt implicature is that if you are an
idealist, don’t shed your idealism when discussing J. J. C. Smart!” -- Filosofia
e religione, La perseveranza Ed., Potenza, La filosofia morale e giuridica di Gentile,
Stabilimento Tipografico F.lli Marchi, Camerino, Relazione tra la filosofia teoretica
e la filosofia pratica – Grice: “I would strongly assert that it’s the same
thing: ‘Poodle is our man in practical philosophy’ sounds obscene’” -- in L'idealismo realistico, Roma, “Le prove
dell'esistenza di Dio, in L'idealismo realistico, Roma, Riconoscimenti Medaglia
d'oro ai Benemeriti dell'Educazione Nazionale Gli è stato dedicato un parco a
Roma. Gramsci (J. A. Buttigiec), G. De Turris, Fenomenologia dell'individuo
assoluto, Roma, Edizioni Mediterranee. //uniroma3/news.php?news=603. Vittore
Arnaldo Marchi. Vittore Marchi.
MARCHI. (Brescia). Filosofo. Grice: “His ‘poesia del
desiderio’ is confusing – he means tenderness, as Scruton does in his book on
“Sexual arousal”” -- Grice: “Perhaps Marchi’s most provocative piece is
“L’anima DEL corpo.” If I were to be tutored on that by Hardie, I can very well
imagine Hardie – he was a Scot – ‘what d’you mean, ‘of’?” Psicoterapeuta di
formazione reichiana, umanista, autore di scritti talvolta controversi perché a
scopo provocatorio, si define Solista ed ama stare «fuori
dall'Accademia». Psicologo clinico e sociale, politologo e autore
di numerosi saggi, è stato protagonista di varie battaglie per i diritti civili
e sessuali, riuscendo con una sentenza della Corte Suprema sulla “Vertenza tra
il Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Emilio Colombo, e Marchi”, ad ottenere la revoca dei divieti
penali all'informazione e all'assistenza anti-concezionale e ad avviare la
realizzazione di una rete di migliaia di consultori sessuologici e familiari
pubblici. Fonda l’'AIED, guidando l'Associazione in qualità di Segretario. Ha
dato per oltre quarant'anni un contributo determinante non solo alla
segnalazione della pericolosità dell'esplosione demografica (da lui definita
“la madre di tutte le tragedie”) e dei suoi corollari (fame, guerre, genocidi,
disastri ambientali, disoccupazione di massa, migrazioni disperate, crisi
energetica mondiale) ma anche al chiarimento dei meccanismi psicologici che
hanno finora impedito di comprendere e di affrontare questa tragedia
planetaria. Dimostrato con alcuni foto-romanzi interpretati da noti attori (Paola
Pitagora, Pagliai, Gassman, Zavattini e Valdemarin) che i messaggi mass-mediatici
associati alla psicologia motivazionale sono lo strumento più efficace per
indurre le masse alla regolazione delle nascite: una tesi oggi confermata da
varie organizzazioni internazionali. --Presidente italiano di tre
importanti Scuole di Psicoterapia da lui fondate: quella psico-corporea di Reich,
quella bioenergetica di Lowen e quella umanistica di Rogers. Marchi matura un
diverso punto di vista nei confronti degli approcci teorici di Reich, Lowen e
Rogers (a suo parere non avevano colto fino in fondo l'importanza della
coscienza e dell'angoscia della morte nella genesi delle patologie psichiche
umane) e propone una teoria della
cultura e della nevrosi in un libro (“Scimmietta ti amo -Psicologia Cultura
Esistenza: da Neanderthal agli scenari atomici ” Ed. Longanesi “Lo shock primario”,
Ultima Ed. Rai-Erit) che viene proclamato “Libro del Mese”. Fonda a Roma
l'Istituto di Psicologia Umanistica Esistenziale, oggi diretto da Filastro.
Pioniere della ricerca psico-sociale, è
stato Presidente Onorario della Società Italiana di Psicologia Politica . I
suoi contributi in questo campo sono stati: 1) la fondazione della
Psicopolitica (un metodo di analisi psicologica dei fenomeni socio-culturali
che propone una “lettura” psicologica di
tali fenomeni, diversa da quelle di carattere marxista, idealista o
istituzionalista finora prevalse, con risultati fallimentari, nelle scienze
sociali e politiche tradizionali); 2) l'elaborazione d'una nuova
"Psicologia Politica Liberale" . Si è interessato anche al teatro e
alla televisione, creando programmi di cui Fellini scrisse: “Ecco una nuova
televisione culturale di cui c'è, oggi, bisogno”. E per oltre due anni ha
condotto un programma di psicologia su RaiUno ” La chiave d'oro” con Baldini. Guzzanti
ha scritto di lui: “ è un felice incrocio tra Russell ed Allen”.
Attivista per il riconoscimento dei diritti alla contraccezione, al divorzio,
all'interruzione di gravidanza e all'eutanasia, ha fondato il Centro
informazioni sterilizzazione aborto) che anticipò la legge sull'aborto in
Italia, e l'Associazione italiana per l'educazione demografica. Ha costantemente sostenuto l'importanza del
problema della crescita demografica e dei problemi economici, ecologici,
sociali e psicologici ad essa connessi. Pur essendo favorevole alla
chiusura dei manicomi, ha criticato la legge Basaglia in quanto scaricava sulle
famiglie il problema dei malati psichiatrici pericolosi; parlando dei delitti
in famiglia, evidenziò come il nucleo familiare resti il luogo principale in
cui avvengono gli omicidi, a suo giudizio "frutto del fallimento"
della legge 180 sulla salute mentale. Propose «una riforma radicale e
l'apertura di cliniche psichiatriche che non siano i vecchi manicomi ma
strutture umanizzate, oltre che di centri per l'attività riabilitativa».
Aderente al Partito Radicale, ha tenuto per tredici anni, dal 1995 al 2008, la
rubrica bisettimanale "Controluce" su Radio Radicale, in cui ha trattato
temi che venivano altrove trattati con conformismo: il sesso e l'amore, la
procreazione e la contraccezione, le malattie e la morte, il lavoro e le
rendite, la libertà e l'autoritarismo. È stato autore della "Teoria
liberale della lotta di classe", nel volume O noi o loro!. Istituto di
Psicologia Umanistica Esistenziale "MARCHI" IPUE Modello, Fondatori e
Storia della Scuola -- è mosso dalle radici comuni teoriche ed epistemologiche
riconducibili alla fenomenologia e all'esistenzialismo, fondamentali correnti
filosofiche del ‘900, e da alcuni autori significativi del movimento della
psicologia umanistico-esistenziale in particolare Carl Rogers, Rank, Frankl,
Binswanger, Boss, Jaspers, Minkowski. Eredita la particolare concezione
dell'uomo e della vita, che rivendica all'essere umano il diritto e la capacità
di scelta. Consapevole della sovrabbondanza di Scuole Psicologiche
esistenti in Italia esitò prima di fondare l'Istituto di Psicologia Umanistica
Esistenziale. Preferì lavorare nell'ambito di indirizzi già affermati, che
sentiva geniali e creativi e fu l'iniziatore della Scuola Reichiana in Italia
Presidente dell'Istituto di Bioenergetica W. Reich di Roma e per 6 anni
Presidente dell'Istituto di Psicologia Rogersiana (FDI) e inoltre concorse a riscoprire
e valorizzare l'opera pionieristica di Rank con la pubblicazione della sua opera:
"Rank pioniere misconosciuto" Melusina Editrice. Esperienze personali
drammatiche e ricerche in campo clinico e antropologico imposero alla sua
attenzione l'importanza dell'angoscia di morte come uno dei più importanti
fattori che contribuiscono alla sofferenza psicologica e psicopatologica.
Sentì allora l'esigenza di creare una nuova Scuola che riuscisse a riconoscere
la rilevanza di questa angoscia primaria dell'uomo e di sviluppare un approccio
originale, pluralista e non dogmatico alla sofferenza umana, fondato
sull'integrazione sinergica delle tre dimensioni, di approccio
simultaneoall'essere umano in terapia verbale, corporea ed esistenziale.
Si tratta di un modello che nasce sulla scia della filosofia esistenziale,
dalla quale eredita la concezione dell'uomo e della vita che rivendica
all'essere umano il diritto e la capacità di scelta e, intende: (1)
offrire la possibilità di elaborare e affrontare le tremende tensioni
esistenziali di ogni essere umano anche nel percorso di malattia psichica e
somatica nel clima di contatto empatico, di solidarietà, convogliando nel
processo terapeutico il grande potenziale di crescita e comunicazione del
paziente, la sua conoscenza dei propri bisogni, la sua creatività, l'apporto
decisivo della sua esperienza. 2) che si presenta multidimensionale,
integrato e non dogmatico alla sofferenza umana e psichica e costantemente
aperto ad arricchire la propria prospettiva teorica e clinica attraverso un
confronto critico e di fertilizzazione con altri approcci psicoterapici, e
interviene su 4 dimensioni fondamentali dell'esperienza umana: la
dimensione empatico relazionale, che definisce il nostro modo di essere nel mondo
con gli altri; la dimensione corporea, che spesso esprime sotto forma di
tensioni e dolori muscolari la sofferenza psicologica; la dimensione
esistenziale, che riconosce l'importanza del senso che si riesce a dare alla
propria esistenza; la dimensione cognitiva, che riconosce la rilevanza
sintomatica della sofferenza psicologica e psicopatologica. Un esempio di testo provocatorio, scritto
senza avere alcuna competenza in infettivologia, è il seguente sulla cospirazione
dell'AIDS: AIDS......affare multi Miliardario, su mednat.org. e Aids, la grande truffa continua in: L. De Marchi, Il nuovo pensiero forte.
Marx è morto, Freud è morto e io mi sento molto meglio; altri scritti di
critica, più documentati, hanno riguardato le sue critiche alle prassi della
chemioterapia dei tumori e gli effetti collaterali, come in Kaputt tutta la
ricerca sul cancro? sempre in De Marchi, op. cit. Addio a Luigi De Marchi lo psicologo che
inventò l'AiedRepubblica Addio a Marchi, lo psicologo che inventò l'Aied L. De Marchi, Il Solista Autobiografia d'un
italiano fuori dal coro, Edizioni Interculturali, Luca Bagatin, articolo su Politica Magazine,
su lucabagatin.ilcannocchiale. Opere:“Sesso e civiltà,” Laterza; “L’orgasmo” Lerici,
Sociologia del sesso, Laterza, Repressione sessuale e oppressione sociale,
Sugar, Wilhelm Reich Biografia di un'idea, Sugar, Psico-politica, Sugar Co, Vita
e opere di Reich, Sugar Co, Scimmietta
ti amo, Longanesi, Lo shock primario. Le radici del fanatismo da Neandertal alle
Torri Gemelle, Poesia del desiderio, La Nuova Italia, Seam, Perché la Lega,
Mondadori, Il Manifesto dei Liberisti Le idee-forza del nuovo Umanesimo
Liberale, Seam, Aids. La grande truffa, Roma, Seam, O noi o loro! Produttori
contro Burocrati, ecco la vera lotta di classe della Rivoluzione Liberale, Bietti,
Il Solista Autobiografia d'un italiano fuori dal coro, Edizioni Interculturali
, Psicoterapia umanistica. L'anima del corpo: sviluppi (Franco Angeli, Reich Una formidabile avventura scientifica e
umana, Macro Edizioni, Il nuovo pensiero forte Marx è morto, Freud è morto e io
mi sento molto meglio, Spirali , Svolta a destra? Ovvero non è conservatore chi
combatte parassiti, fannulloni e sfruttatori, Armando Curcio Editore, La
Psicologia Umanistica Esistenziale Rivista delle Psicoterapie, Roma “La
Sapienza”, Associazione italiana per l'educazione
demografica, Reich luigidemarchi.blogspot.com
openMLOL Horizons Unlimited srl. Radio Radicale. Istituto di Psicologia Umanistica
Esistenziale "Luigi De Marchi" IPUE, su ipue. Archivio IPUE, su
luigidemarchi.wordpress.com. Archivio della rubrica "Controluce" che Marchi
teneva su Radio Radicale,, Renato Vignati Luigi De Marchi, un pioniere della
psicologia italiana in Psychomedia, R.Vignati Lo sguardo sulla persona.
Psicologia delle relazioni umane, Libreria universitaria edizioni, Padova.
Luigi De Marchi.
MARCONI. (Torino). Filosofo. Grice: “Perhaps his
most brilliant exegesis on ‘Vitters’ is that about what Marconi calls
‘linguaggio private,’ as in Robinson Crusoe. Not!” -- Grice: “Marconi has
attempted to ‘formalise’ dialectic – as in Oxonian dialectic – which is what
Zeno was trying to do with his reductio ad absurdum.” Grice: “While Marconi
starts alright, with Frege, he gets entangled with ‘Vitters;’ p’rhaps his
innovative approach is best seen in phrases like ‘il significato eluso’, which
may describe my implicature; but points to an etymology: ‘eluso’ is indeed
‘eluso,’ and means ‘ex-ludic,’ out of the game. The idea being that the game is
a simulated fight, and by eluding a punch from your adversary, you are, well,
‘implicating’!” Professore a Torino, studia con Pareyson a Torino e con
Rescher, Sellars e Thomason a Pittsburgh, dove studia Hegel. Grice: “In Italy, it is not considered
Italian to get your PhD without – not within – Italy. Similarly, at Oxford, you
cannot get your B. A. Lit. Hum. anywhere
else if you want to be regarded as Oxonian. That’s why I never considered B. A.
O. Williams an Oxonian!” -- Noto per i suoi contributi su ‘Vitters,’presenta
diversi risultati, specie riguardo alla semantica. Su questi temi ha pubblicato
“Filosofia e scienza cognitiva (Laterza). Cura con Ferraris la nuova edizione
della Enciclopedia filosofica Garzanti ed è stato presidente della Società
Italiana di Filosofia Analitica. Opere: “Il mito del linguaggio scientifico”studio
su Vitters, Milano, Mursia, Dizionari e
enciclopedie, Torino, Giappichelli, “L'eredità di Vitters”Roma-Bari, Laterza,
Lampi di Stampa; “La competenza lessicale,” Roma-Bari, Laterza, “La filosofia del linguaggio.” Da Frege ai giorni
nostri, Torino, Utet, “Filosofia e scienza cognitiva,”Roma-Bari, Laterza, “Per
la verità: relativismo e la filosofia,” Torino, Einaudi, “Verità, menzogna” –
Grice: “The etymology is an interesting one; since menzogna is cognate to my
meaning, so Marconi actually means ‘truth’ versus ‘trust’ – or honesty versus
dishonesty – seeing that one can ‘lie’ while asserting a truth – provided the
utterer thinks ‘p’ is ‘false’.” Grice: “But this is a commissioned thing, so it
shouldn’t count as it is Marconi discussing with a priest!” Trento, Il Margine,
; “Flosofia e professionismo,” – Grice: “His implicature, and a right one, too,
is that philosophy is a profession, which reminds me of ‘A Room with a view’:
“And what, Sir Cecil, is your profession?” “I don’t HAVE a profession!” -- On the other hand, his translation of my
‘metier’ (mestiere) is an interesting one (The tiger’s métier is to tigerise). Torino,
Einaudi, .“La formalizzazione della dialettica” : Hegel, Marx e la logica
contemporanea,”Torino, Rosenberg & Sellier, “ Guida a Vitters Il
«Tractatus», dal «Tractatus» alle «Ricerche», Matematica, Regole e Linguaggio
privato, Psicologia, Certezza, Forme di vita. Roma-Bari, Laterza, Filosofia
analitica, Prospettive teoriche e revisioni storiografiche. Milano, Guerini e
associati, Vercelli, Mercurio, Scritti sulla tolleranza di Locke, Torino, UTET,
Saggi su Marconi, “Il significato eluso” saggi in onore di Marconi, numero
monografico della «Rivista di estetica», Treccan iEnciclopedie on line,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Intervista di M. Herbstritt, Rivista
italiana di filosofia analitica, sito dell'Università degli Studi di Milano.
Diego Marconi.
MARIANO (Capua). Filosofo. Grice: “I like Mariano: his
study of Risorgimento applying the philosophy of history is brilliant” Fedelissimo
allievo di Vera, insegna a Napoli. La sua indagine e prevalentemente orientata verso
l'interpretazione di Hegel. Si colloca insieme a Vera in quella tendenza che
privilegia l'interpretazione sistematica e razionale. Inserì talvolta temi non
strettamente legati al pensiero di Hegel affermando tra l'altro che la
filosofia deve essere compiuta dalla religione" (Dall'idealismo nuovo a
quello di Hegel, Motivi, risonanze e variazioni sulle dottrine hegeliane),
trattando riguardo a ciò che dell'idealismo di Hegel è morto e di ciò che non
può morire", argomento precedentemente trattato da Croce, il quale
risponde aspramente alle argomentazioni proposte da Mariano. “Mariano non ha
mai capito nulla di tutto ciò che vi è di più sostanziale in Hegel come non ha
meditata seriamente nessuna grande filosofia; e (ora si può aggiungere) non ne
ha mai letto le opere. Immaginarsi che il Mariano si afferma hegeliano, mentre
sostiene che la conoscenza non è assoluta; che rimane insuperabile il mistero;
che dio esiste fuori del mondo e sarebbe dio anche senza il mondo; e che la
filosofia deve essere compiuta dalla religione! Insomma, ciò che di Hegel
"non può morire" sarebbe ciò che Hegel non ha mai detto perché
affatto indegno della sua mente altissima.» Si schierò a favore del
mantenimento della pena di morte in un dibattito sul tema, in accordo con iVera
( La pena di morte. Considerazioni in appoggio di Vera Napoli. ), uno dei più
autorevoli difensori del mantenimento di questa pratica. È ancora Croce che
commenta con grave disappunto l'argomento. “Notiamo in ultimo che sempre
riecheggiando i vaniloqui del Vera,Mariano si professa filosofico difensore
della pena di morte: come se la maggiore o minore opportunità di mettere i
delinquenti in segregazione cellulare, o d'impiccarli, ghigliottinarli,
garrottarlie impalarli, costituisse una questione filosofica. Ma Mariano ama
tutte le cause generose; e non è da meravigliare se per esse trascenda persino
i limiti della filosofia.» E anche saggista con un gusto per la
"critica della critica" (cit."Storia Letteraria d'Italia, Volume
III, Armando Balduino") – filosofica -- non trascurando l'arte che
annetteva strettamente alla morale. Rivolse la sua indagine anche al
rinascimento con un Saggio biografico critico su Bruno La vita e l'uomo.
Pubblica nche una monografia "apologetica" di Vera. La sua produzione
fu in un secondo momento soprattutto riferita alla storia, in particolare la
storia del cristianesimo e quella delle religioni in genere, argomenti affini
anche alla materia insegnata presso l'università napoletana. Non sono presenti
particolari innovazioni nella sua ricerca, ma fu uno dei primi a discutere la
tesi proposta da Croce riguardo alla riduzione della storia al concetto di
‘arte. Altre opere: “L’Eraclito di Lassalle: saggio sulla filosofia
hegeliana,” (Cf. Speranza e ill suo Grice: saggio sulla pragmatica oxoniense”),
“Il Risorgimento italiano secondo i
principi della filosofia della storia,” ““La
libertà di coscienza,” Milano, Hoepli, “Vera.” Saggio critico, Roma, Tip.
Civelli, “L'individuo e lo Stato nel rapport sociale. Saggio, Milano, Treves, “Il Machiavelli di Villari, Roma,” Loescher, (cf.
“Il Grice dello Speranza”), Leopardi, Roma, Tip. Botta, La pena di morte.
Considerazioni in appoggio di Vera, Napoli. IlCarlo Maria Curci, Milano, Vallardi, Augusto
Vera. Necrologio, «Annuario Napoli», Dio secondo Platone, Aristotele ed Hegel,
«Acc. SMP Napoli. Atti», Biografie del
Machiavelli, 1Arte e religione, Il
brutto e il male nell'arte. Il brutto e il male nel romanzo moderno, Dall'idealismo
nuovo a quello di Hegel, Motivi, risonanze e variazioni sulle dottrine
hegeliane, La vita e l'uomo, I rapporti dello Stato con la religione, Firenze,
Civelli, Il problema religioso in Italia, Roma, Civelli, La riforma
ecclesiastica in Italia, «Il diritto», Cristianesimo, cattolicesimo e civiltà, Papato
e socialismo ai giorni nostri. Studio, Roma, Tip. Artero e comp., Buddismo e
cristianesimo, La Storia è una scienza o un'arte?, «Fanfulla della Domenica», La
conversione del mondo pagano al cristianesimo, Il cristianesimo dei primi
secoli. Capua, gli ha dedicato una strada, sede, tra l'altro, del Banco di
Napoli. La Critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia diretta da Croce, Armando Balduino , Storia letteraria
d'ItaliaL'Ottocento, III, Piccin Nuova
Libraria, Piero di Giovanni , Gentile, La filosofia italiana tra idealismo e
anti-idealismo, Milano, cf. Luigi Speranza, “La pragmatica conversazionale: tra
griceianismo e anti-griceianismo.” Franco Angeli, Paolo Malerba, Luciano
Malusa, , sito della Società filosofica italiana Guido Calogero, Enciclopedia Italiana, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Raffaele Mariano.
MARIN. (Venezia). Filosofo. Grice: “I like Giovanni
Marin; for one, he loved, like I do, rhetoric – in his own Venetian kind of
way!” Nato dal nobile Rosso Marin,
studia con profitto sotto l'insegnamento di Feltre, dal quale apprese la
retorica. Frequenta il ginnasio, presso il quale recitò eloquenti orazioni in
encomio agli uomini illustri veneziani. Si laurea a Padova. Fu ambasciatore
della Repubblica di Venezia presso gli Estensi e quindi presso Firenze.
Rosmini, Carlo de' Rosmini, Idea dell'ottimo precettore nella vita e disciplina
di Vittorino da Feltre e de' suoi discepoli, Rovereto. Giovanni Marin.
MARLIANI. (Milano). Filosofo. Grice: “I like
Mariliani; especially the cavalier way in which he refers to philosophers in
his brilliant “De secta philosophorum.” Austin would say that there possibly
are sects and sub-sects!” Fglio del patrizio milanese Castello Marliani. Studia
a Pavia, dove fu allievo di Pelacani. Entra nnel Collegio dei intraprese una
carriera nell'insegnamento della filosofia e astrologia. Attivo presso lo Studio
di Milano e Pavia. Con l'ascesa della
dinastia degli Sforza a capo del Ducato di Milano, appartenente a una famiglia
ghibellina, aumenta il p prestigio. Ottiene la concessione in esenzione dei
diritti di sfruttamento delle acque del Secchia nei pressi di Moglia, nel
Mantovano. Alla morte del duca Francesco
Sforza, scrisse una lettera al nuovo duca Galeazzo Maria Sforza in cui
dichiarava di essere stato richiesto da molti Studi in diverse città d'Italia,
sperando di poter essere trasferito da Pavia a Milano e di ricevere un aumento
di salario. Il Consiglio segreto di Milano intercedette presso lo Sforza in
favore di Marliani, esaltando la sua fama anche oltre i confini del Ducato. Il
duca Galeazzo Maria, dopo alcuni indugi, acconsentì per conferirgli
un'assegnazione annua di 1 000 fiorini, il più alto salario riconosciuto a
chiunque nel Ducato. Sotto la reggenza di Ludovico il Moro ottenne i dazi di
Gallarate e della sua pieve. I suoi
studi lo portarono ad essere tra i più grandi scienziati dell'epoca e riuscì a
mettere in discussione Bradwardine e Sassonia.
Nella sua opera Quaestio de caliditate corporum humanorum tempore hyemis
et estati set de antiperistasi, distinse
la temperatura dell'organismo dalla quantità e dalla produzione del calore
naturale del corpo e sostenne che la produzione del calore naturale è più
elevata in inverno che in estate. Si recò a Novara dal conte Gaspare Vimercati,
colpito da problemi respiratori e curò Rinaldo d'Este da una gravissima
malattia che lo colse durante una visita alla corte milanese. Raggiunse i
vertici della propria carriera e prestò le sue doti di medico a Federico I
Gonzaga. Sepolto nella cappella milanese della Marliani, nella chiesa di Santa
Maria delle Grazie. Le opere del
Marliani furono oggetto di studio da Vinci, che lo cita in diverse occasioni
nel suo Codice Atlantico. Ebbe tre
figli: Paolo, Gerolamo e Pietro Antonio, la discendenza del primo dei quali
ottenne all'inizio P Opere: “Quaestio de
caliditate corporum humanorum tempore hyemis et estati set de antiperistasi,” “Disputatio
cum Iohanne Arculano de materiis ad philosophiam pertinentibus,” “Quaestio de
proportione motuum in velocitate,” “Algebra Algorismus de minutiis,” “De secta
philosophorum,” “Probatio cuiusdam sententiae,” “Calculatoris de motu locali.” Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giovannii
Marliani. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Marliani e le sette filosofiche” –
The Swimming-Pool Library.
MAROTTA. (Napoli).
Filosofo. Grice: “I like Marotta; the idea of a library for the Istituto
Italiano per gli studi filosofici’ at Via Monte di Dio, 11, is a geniality!” Si
laurea con il massimo dei voti a Napoli, presentando la tesi, La concezione dello Stato in Hegel.” Si
interessa presto di storia, letteratura e filosofia, avvicinandosi dapprima
all'Istituto Italiano per gli Studi Storici fondato da Croce, poi fondando l'associazione
Cultura Nuova che diresse organizzando manifestazioni e conferenze rivolte ai
filosofi che richiamarono tutte le più grandi personalità della cultura
Italiana. Incoraggiato dagli auspici
dell'allora Presidente dell'Accademia Nazionale dei Lincei Cerulli, di Piovani
e di Carratelli, fonda a Napoli l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici,
del quale è stato Presidente. Donato, all'Istituto Italiano per gli Studi
Filosofici, la biblioteca personale, con una dotazione di oltre 300.000 volumi frutto
di trent'anni di appassionata ricerca. Muore a Napoli. Per i suoi
importantissimi apporti al mondo della filosofia ha avuto numerosi
riconoscimenti da centri di ricerca e di formazione di rilievo
internazionale. Ha vinto la sezione
Premio Speciale del Premio Cimitile. Gli è stata conferita la laurea ad honorem
in Filosofia dall'Bielefeld, dall'Università Erasmus di Rotterdam, dalla
Sorbona di Parigi e dalla Seconda Napoli. All'Istituto Italiano per gli Studi
Filosofici è stato conferito, nell'aula magna dell'Roma, il Prix International
pour la Paix Jacques Muehlethaler, "Bidone d'Oro" per la cultura del
Movimento artistico culturale "Esasperatismo Logos & Bidone" . Gaetano
Capaldo, È morto Marotta, addio al fondatore dell’Istituto Studi Filosofici, su
Diario Partenopeo, Claudio Piga (cur.), Per Gerardo Marotta. Scritti editi e
inediti raccolti dagli amici di Marotta, Arte Tipografica, Napoli, Registrazioni
di Gerardo Marotta, su Radio Radicale, Cinquantamila Giorni de Il Corriere
della Sera. Gerardo Marotta.
MARRAMAO. (Catanzaro). Filosofo. Grice: “Surely Marramao’s theory of
time-relative identity is more complex than Myro’s! (Myro never read Heidegeer
and was proud of it, can you believe it! He was born in Russia and studied in the New World – so
that’s understandable!” - Grice: “I like Marramao – he has philosophised on
many things, usually homoerotic: Kairos – the opportune time – and its iconography,
and Jesus against power” Essential Italian philosopher. Allievo di Garin, si laurea Firenze. Proseguie gli studi a 'Francoforte,
lavorando soprattutto intorno ai diversi filoni del marxismo italiano. Pubblicato
Marxismo e revisionismo in Italia, rintracciando in Gentile la chiave di volta
filosofica del marxismo italiano. Insegna a Napoli. -- è uscito il suo libro Il
politico e le trasformazioni, nel quale ha posto a confronto le tematiche del
marxismo econ le analisi delle trasformazioni di Schmitt. A partire da “Potere
e secolarizzazione” elabora una teoria simbolica del potere (e del nesso
politica-tempo) incentrata sulla ricostruzione ‘archeologica' dei presupposti
del razionalismoe. Fondamentali, nel
dibattito politico-culturale e filosofico le sue collaborazioni a due riviste: Laboratorio
politico diretto da Tronti e il Centauro, diretto da Giovanni. Direttore sdella
Fondazione Basso-Issoco. Ha conseguito altri premi: Premio Pozzale Luigi Russo
a Passaggio a Occidente e Premio di filosofia "Viaggio a Siracusa" a
La passione del presente. Insegna a
Roma. Muovendo dallo studio del marxismo italiano (Marxismo e revisionismo in
Italia, Austromarxismo e socialismo di sinistra fra le due guerre), ha
analizzato le categorie politiche della modernità (Potere e secolarizzazione),
proponendone, in dialogo con i francofortesi (Il politico e le trasformazioni)
e con M. Weber (L'ordine disincantato), una ricostruzione
simbolico-genealogica. Secondo questa lettura, che riprende le ipotesi di Löwith,
nelle forme moderne di organizzazione sociale si depositano significati che
derivano da un processo di secolarizzazione dei contenuti religiosi, ossia
dalla ri-proposizione in dimensione mondana dell'orizzonte simbolico. In
particolare, la secolarizzazione ha il suo centro in un processo di
temporalizzazione della storia, in virtù del quale le categorie del tempo (che
traducono l'escatologia in una generica
apertura al futuro: progresso, rivoluzione, liberazione, etc.) assumono
centralità crescente nelle rappresentazioni politiche. Su queste
considerazioni, riprese anche in “Dopo il Leviatano, Passaggio a Occidente.
Filosofia e globalizzazione, La passione del presente, Contro il potere, si è
innestata via via una tematizzazione esplicita del problema della temporalità,
che per molti aspetti anticipa sia le tesi oggi in voga intorno alla
"accelerazione" e al rapporto politica-velocità, sia i temi della "svolta
spaziale" contemporanea. Contro le concezioni di Bergson e Heideggeri, che
delineano con sfumature diverse una forma pura della temporalità, più
originaria rispetto alle sue rappresentazioni/spazializzazioni, argomenta
l'inscindibilità del nesso spazio-tempo e, richiamandosi tra l'altro alla
fisica, riconduce la struttura del tempo a un profilo aporetico e impuro,
rispetto a cui la dimensione dello spazio costituisce il riferimento formale
per pensarne i paradossi. (Minima temporalia, e Kairós. Apologia del tempo debito. Lectio
magistralis del Prof. Roma Tre, Enciclopedia di filosofia, Garzanti libri,
Milano. Figure del conflitto. Studi in onore di Giacomo Marramao, a c. di A.
Martinengo, Valter Casini Editore, Roma, D. Antiseri, S. Tagliabue, Storia
della filosofia, 14: Filosofi italiani
contemporanei, Bompiani, Milano. RadioRadicale, Radio Radicale. (selezione) , su host.uniroma3. Pagina
personale nel sito dell'Università degli Studi Roma Tre, su host.uniroma3. Video
intervista al Festival della Filosofia su asia. Giacomo Marramao. Luigi
Speranza, "Grice e Marrameo," The Swimming-Pool Library, Villa Grice,
Liguria, Italia.
MARSILI. (Siena). Filosofo. Grice: “I like Marsili,
and the founder of the ‘accademia del cimento.’ ‘Cimento’ you know, means
‘experiment,’ – only in Florence!” Si laurea a Siena. Fu nominato “lettore” di
filosofia nello Studio senese. Conobbe Galileo dopo il processo in casa
dell'arcivescovo di Siena Ascanio Piccolomini. Passò alla cattedra di filosofia
nello Studio pisano, dove esercitò la
carica di Provveditore. Fu membro dell'Accademia del Cimento, ma le sue
convinzioni dichiaratamente aristoteliche gli impedirono di coglierne lo
spirito innovatore. Propose un esperimento per capire se lo spazio lasciato
libero nel tubo barometrico durante l'esperienza torricelliana contenesse esalazioni
di mercurio. su catalogo.museo galileo. Dizionario biografico degli italiani,
Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Alessandro Marsili.
MARTELLI. (San Marco in Lamis). Filosofo. Grice:
“I like Martelli: he wrote on Croce, Gramsci, and Nietzsche!” Insegna a Urbino.
Prtecipato a lungo alla lotta politica in formazioni marxiste nate a cavallo
del Sessantotto. D Ha diretto il master interfacoltà «Management etico e
Governance delle Organizzazioni». Collabora con MicroMega (periodico). I suoi studi si sono concentrati su Nietzsche,
Gramsci, e di numerosi autori del Novecento, affrontando alcune tra le più
dibattute vicende e problematiche filosofico-politiche dell'ultimo secolo. Si è
occupato di temi di forte attualità, elaborando l'idea di una filosofia volta
ad una critica radicale del dogmatismo e del fondamentalismo religioso e in
generale di ogni forma di assolutismo che minacci la libertà di pensiero, i
diritti civili, le istituzioni democratiche e la pace tra i popoli. Il suo aimpegno
di saggista è rivolto in particolare alla difesa della laicità, contro
l'interventismo politico delle gerarchie ecclesiastiche e vaticane. Opere: “La felicità e i suoi nemici: apologia
dell'agnosticismo,” Manifestolibri, “Il laico impertinente: laicità e democrazia
nella crisi italiana,” Manifestolibri, “La Chiesa è compatibile con la
Democrazia?” Manifestolibri, “Italy, Vatican State, Fazi editore, “Quando Dio
entra in politica, Fazi editore, Senza dogmi. L'antifilosofia di Papa
Ratzinger, Editori riuniti, Teologia del terrore. Filosofia, religione,
politica dopo l'11 settembre, Manifestolibri, Il secolo del male. Riflessioni
sul Novecento, Manifestolibri, Etica e storia. Croce e Gramsci a confronto, La
città del sole, I filosofi e l'Urss. Per una critica del «Socialismo reale», La
città del sole, Gramsci filosofo della politica, Unicopli, Nietzsche inattuale,
Quattroventi, Filosofia e società nel giovane Nietzsche, Quattroventi,Università
degli studi di Urbino "Carlo Bo" Antonio Gramsci Friedrich Nietzsche
Laicità Il laico impertinente: il blog
di Michele Martelli, su michelemartelli.blogspot.com. Michele Martelli.
MARTINETTI. (Pont Canavese). Filosofo. Grice:
“I like Martinetti; he wrote about eros, or as the Italians call it, ‘amore,’ –
a different root from cupidus, too! He edited a platonic anthology.” “He also
has a strange treatise on ‘the number’ which post-dates Frege!” -- «Di sé
soleva dire di essere un neoplatonico trasmigrato troppo presto nel nostro
secolo» (Cesare Goretti). Professore di filosofia, si distinse per essere
stato l'unico filosofo che rifiutò di prestare il giuramento di fedeltà al
Fascismo. Fu il primo dei quattro figli (tre maschi e una femmina, senza
contare una bambina che morì piccolissima) dell'avvocato Francesco Martinetti e
di Rosalia Bertogliatti. Studi Dopo aver frequentato il Liceo classico Carlo
Botta di Ivrea, si iscrisse a Torino, dove ebbe come insegnanti Allievo, Bobba, Ercole, Flechia e Graf, laureandosi
con una tesi, “Il Sistema Sankhya: un Studio sulla filosofia nell’India”
discussa con Ercole, docente di filosofia teoretica, pubblicata a Torino da
Lattes e, grazie all'interessamento di Allievo,
risulta vincitrice del Premio Gautieri. Dopo la laurea Martinetti fece un
soggiorno di due semestri presso l'Lipsia, dove poté venire a conoscenza del
fondamentale studio di Garbe sulla filosofia Sāṃkhya da poco pubblicato. Si può
dunque "ipotizzare che tra gli scopi del viaggio vi fosse anzitutto quello
di approfondire gli studi dell’India, iniziati a Torino con Flechia e 'Ercole." L'insegnamento
Martinetti insegnò dapprima filosofia nei licei di Avellino, Correggio,
Vigevano, Ivrea, e per finire al Liceo Alfieri di Torino (1904-1905). Nel
1904 pubblicò la monumentale Introduzione alla metafisica. I Teoria della
conoscenza, chedopo che ebbe conseguito nel 1905 la libera docenza in Filosofia
teoretica all'Torinogli valse di vincere il concorso per le cattedre di
filosofia teoretica e morale dell'Accademia scientifico-letteraria di Milano
(che nel 1923 diventò Regia Università degli Studî) nella quale insegnò dal
novembre del 1906 al novembre del 1931. Nel 1915 divenne socio corrispondente
della classe di Scienze morali dell'Istituto lombardo di scienze e lettere,
fondato nel 1797 da Napoleone sul modello dell'Institut de France.
Il rifiuto della politica e la critica della guerra Martinetti fu una singolare
figura di intellettuale indipendente, estraneo alla tradizione cattolica come
ai contrasti politici che viziarono il suo tempo, non aderì né al Manifesto
degli intellettuali fascisti di Gentile né al Manifesto degli intellettuali
antifascisti di Croce. Fu uno dei rari intellettuali che criticarono la prima
guerra mondiale; scrisse infatti che la guerra è «sovvertitrice degli ordini
sociali pratici ed un'inversione di tutti i valori morali [...] dà un primato
effettivo alla casta militare che è sia intellettualmente sia moralmente l'ultima
di tutte subordinando ad essa le parti migliori della nazione strappa gli
uomini ai loro focolari e li getta in mezzo ad una vita fatta di ozio, di
violenze e di dissolutezze.» Nel 1923, in seguito a quelle che qualificò
di "circostanze pesantissime" (la marcia su Roma e la successiva
nomina di Mussolini a presidente del Consiglio), rifiutò la nomina a socio
corrispondente della Reale Accademia Nazionale dei Lincei. La Società di
studi filosofici e religiosi Mentre nelle sue lezioni universitarie sviluppava
un sistema di filosofia della religione, il 15 gennaio 1920 Martinetti inaugurò
a Milano una Società di studi filosofici e religiosi, formata da un gruppo di
amici in "piena e perfetta indipendenza da ogni vincolo dogmatico"
dove si riunirono autorevoli intellettuali del panorama filosofico e
intellettuale italiano dell'epoca e in cui organizzò una serie di conferenze.
Le prime conferenze furono tenute da Antonio Banfi e da Luigi Fossati oltre
che, naturalmente, da Martinetti, le cui tre relazioni, riunite sotto il titolo
comune di Il compito della filosofia nell'ora presente, segneranno la sua
rottura con Giovanni Gentile. In seguito ad una denuncia per «vilipendio della
eucaristia», presentata da un certo Ricci al rettore Luigi Mangiagalli il 2 febbraio
1926, dovette sottoscrivere un memoriale in difesa dei propri corsi sulla
filosofia della religione. Nel marzo 1926, incaricato dalla "Società
Filosofica Italiana", organizzò e presiedette il "VI Congresso
Nazionale di Filosofia". L'evento fu sospeso dopo solo due giorni
dal rettore Luigi Mangiagalli a causa di agitator. Il congresso fu poi chiuso d'imperio dal
questore: da un lato incise l'opposizione diAgostino Gemelli, fondatore e
rettore dell'Università Cattolica, che faceva parte del Comitato organizzatore
(quale rappresentante dell'Università Cattolica) ma che, per scelta di
Martinetti, non era tra i relatori; dall'altro lato la partecipazione,
fortemente voluta da Martinetti, di Ernesto Buonaiuti, scomunicato
"expresse vitandus" dal Sant'Uffizio, dette ai filosofi cattolici
neoscolastici la scusa per ritirarsi dal congress. Le minute cronache del
congresso hanno già messo in luce come Martinetti nell'assolvere al compito di
organizzatore dell'incontro, assunto con una apparente riluttanza, operasse
assai poco da ingenuo filosofo fuori dal mondo. Al contrario, ricorrendo a una
certa qual abile ruse egli mise assieme un programma che costituiva quanto di
più ostico potesse risultare ai palati dei cattolici fascisti sia dei filosofi di
regime. Martinetti firma con Cesare Goretti (segretario del Congresso) una
lettera di protesta al rettore Mangiagalli: «Compiamo il dovere
d'informarla che conforme al suo ordine il congresso si è sciolto senza
incidenti. Sciogliendosi ha votato all'unanimità il seguente ordine del giorno
di protesta: Il Congresso della Società filosofica italiana riunito in Milano:
avuta comunicazione che è stato rivolto alla Presidenza un invito superiore
achiudere i lavori del Congresso. Protesta in nome della libertà degli studi e della
tradizione italiana contro un atto di violenza che impedisce l'esercizio della
discussione filosofica ed invano pretende di vincolare la vita del
pensiero.» Martinetti fu il direttore della Rivista di filosofia, ma per
prudenza il suo nome non vi comparve mai come tale. Tra i collaboratori della
rivista vi furono: Ennio Carando, Bobbio, Geymonat, Fossati (che ufficialmente ne era il direttore
responsabile), Solari, Levi, Grasselli, e Goretti.. Quando il ministro dell'educazione
Giuliano impose ai professori il
Giuramento di fedeltà al Fascismo, Martinetti fu uno dei pochi a rifiutare fin
dal primo momento: “Eccellenza! Ieri sono stato chiamato dal Rettore di
questa Università che mi ha comunicato le Sue cortesi parole, e vi ha aggiunto,
con squisita gentilezza, le considerazioni più persuasive. Sono addolorato di
non poter rispondere con un atto di obbedienza. Per prestare il giuramento
richiesto dovrei tenere in nessun conto o la lealtà del giuramento o le mie
convinzioni morali più profonde: due cose per me egualmente sacre. Ho prestato
il giuramento richiesto quattro anni or sono, perché esso vincolava solo la mia
condotta di funzionario: non posso prestare quello che oggi mi si chiede,
perché esso vincolerebbe e lederebbe la mia coscienza. Ho sempre diretta
la mia attività filosofica secondo le esigenze della mia coscienza, e non ho
mai preso in considerazione, neppure per un momento, la possibilità di
subordinare queste esigenze a direttive di qualsivoglia altro genere. Così ho
sempre insegnato che la sola luce, la sola direzione ed anche il solo conforto
che l'uomo può avere nella vita è la propria coscienza; e che il subordinarla a
qualsiasi altra considerazione, per quanto elevata essa sia, è un sacrilegio.
Ora col giuramento che mi è richiesto io verrei a smentire queste mie
convinzioni ed a smentire con esse tutta la mia vita; l'E.V. riconoscerà che
questo non è possibile. Con questo non intendo affatto declinare
qualunque eventuale conseguenza della mia decisione: soltanto sono lieto che l'E.V.
mi abbia dato la possibilità di mettere in chiaro che essa procede non da una
disposizione ribelle e proterva, ma dalla impossibilità morale di andare contro
ai principî che hanno retto tutta la mia vita. Dell'E.V. dev.mo
Dr.” In una lettera a Guido Cagnola scrive: «Ella ora saprà che io sono
uno degli undici (su 1225 professori universitari! ne arrossisco ancora) che
hanno rifiutato il giuramento di fedeltà e che perciò sono stati o saranno fra
breve espulsi dall'università. Mi consolo d'essere in buona compagnia: Ruffini,
Carrara, De Sanctis, Vida, Volterra, Buonaiuti e qualche altro. Mi rincresce
non tanto la cosa, quanto il modo: e mi rincresce che si sia fatto e si faccia
rumore intorno al mio nome. Ma come fare? Giurare per me era tanto impossibile
quanto una impossibilità fisica: sarei morto d'avvilimento.» E in
un'altra lettera ad Adelchi Baratono]: «Io non ho voluto giurare (e così
credo molti degli undici) per un motivo religioso, per non subordinare le cose
di Dio alle cose della terra: dove sta per andare il rispetto della coscienza?
Ciò è triste e annuncia oscuramente un avvenire triste per tutti, anche per i
persecutori.» Come scrive al proposito Fabio Minazzi: «Martinetti
ha infine opposto un netto rifiuto a sottostare al giuramento preteso e voluto
dalla dittatura, nel 1931, da tutti i docenti universitari italiani.
Giustamente occorre sempre sottrarre, criticamente, questo straordinario gesto
martinettiano, invero assai emblematico, da ogni ottundente e vacua retorica
antifascista, onde comprenderlo in tutta la sua genesi specifica. Nel caso di
Martinetti non può allora essere certamente negato, in sintonia con Alessio, il
carattere dichiaratamente religioso di questa sua scelta che, non per nulla, lo
ha infine indotto ad essere l'unico filosofo italiano universitario che ha
avuto l'incredibile capacità critica di sottrarsi nettamente e senza
compromessi all'imposizione del regime . In questa prospettiva Martinetti non
ha giurato proprio perché nutriva una particolare percezione critica dello
stesso "giuramento" in connessione con i suoi più profondi
convincimenti morali che avevano peraltro guidato tutta la sua attività di
filosofo. Tuttavia, nel riconoscere questa precisa matrice religiosa della sua
scelta, non deve essere neppure negato il suo specifico valore e il suo preciso
significato civile, culturale e anche filosofico.» Scrive in proposito
Amedeo Vigorelli[33]: «Una certaretorica resistenziale si è impadronita
anche di Martinetti, impedendo un approfondimento più serio e radicale dei
tratti originali del suo antifascism0. L'atto di Martinetti non era cioè solo un
monito contro l'oppressione totalitaria e antidemocratica, ma contro ogni forma
di politica compromissoria e concordataria, contro l'ambiguo connubio fra
religione e politica, sintomo di una profonda immaturità religiosa e premessa
di forme più o meno larvate di condizionamento della libertà di coscienza, non
sempre si ama ricordare che l'avversione di Martinetti al fascismo era innanzi
tutto avversione a ogni forma di retorica nazionalistica, ma anche
all'esaltazione demagogica delle masse popolari. Prima che della dittatura,
Martinetti fu critico altrettanto risoluto del socialismo marxista e della
democrazia, di cui colse gli aspetti degenerativi dell'affarismo e dell'ultraparlamentarismo»
In seguito a questo suo rifiuto, Martinetti venne messo in pensione
d'autorità e si dedicò unicamente agli
studi personali di filosofia, ritirandosi nella villa di Spineto, frazione di
Castellamonte, vicino al suo paese di nascita. In questo lasso di tempo
tradusse i suoi classici preferiti (Kant, Schopenhauer), studiò
approfonditamente Spinoza e ultimò la trilogia (iniziata con la Introduzione
alla metafisica e continuata con La
libertà) scrivendo Gesù Cristo e il Cristianesimo, Il Vangelo è del 1936;
Ragione e fede. Martinetti propose come suoi successori a Milano Baratono
e Banfi. Lontano da ogni forma di
impegno politico e critico severo sia nei confronti del socialismo marxista che
delle degenerazioni del parlamentarismo, Martinetti, a partire dal 1925, prese
ad annotare minuziosamente sul suo diario gli episodi di corruzione e di
violenza in cui erano coinvolti esponenti fascisti. così ad esempio il 28 marzo
1928, a fronte di una serie di scandali annotava "è dunque l'associaz[ione]
dei malviventi d'Italia!" Nel 1934 scriveva: "Come persuadersi che
uno stato senza leggi, senza traccia di onestà pubblica, sostenuto soltanto dal
terrore che desta nel popolo inerme un'organizzazione di ribaldi messa al
servizio del despota, odiata da tutte le rette coscienze, disprezzata dagli
intelligenti possa resistere, senza condurre il popolo che lo soffre
all'estrema rovina?"[39]. Martinetti si scagliava nei suoi appunti contro
il dispotismo che accomunava socialismo marxista e fascismo: "Tutto deve
servire alla propaganda e alla educazione di stato. Non vi è più libertà di
pensiero, non vi è più pensiero". A questo proposito Amedeo Vigorelli
evidenzia «il valore pedagogico, di
educazione alla libertà, che l'esempio morale di Martinetti ebbe per quella
generazione di intellettuali antifacisti, che trovò negli anni Trenta un
decisivo punto di riferimento nella “Rivista di filosofia”, da lui
informalmente diretta» L'arresto e il carcere Martinetti fu arrestato in
casa di Gioele Solari, dov'era ospite, in seguito a una delazione fatta da
Pitigrilli (Dino Segre), agente dell'OVRA (delazione che porterà all'arresto e
alla condanna al confino di Antonicelli, Einaudi, Foa, Giua, Levi, Mila, Monti, Pavese, Zini e di due studenti,
Cavallera e Perelli, e all'ammonizione di Bobbio), e fu incarcerato a Torino per
sospetta connivenza con gli attivisti antifascisti di Giustizia e Libertà,
benché fosse del tutto estraneo alla congiura antifascista degli intellettuali
che facevano riferimento alla casa editrice Einaudi. Al momento dell'arresto, a
detta della signora Solari, Martinetti disse una frase che aveva già
sentito pronunciargli più volte: "Io sono un cittadino europeo, nato per
combinazione in Italia". Il suo declino fisico cominciò in seguito a una
trombosi che menomò le sue capacità mentali, consecutiva ad una caduta
accidentale da un pero nella tenuta di Spineto. Alla fine ubì una prima
operazione alla prostata. La sorella Teresa scriveva a Cagnola: "Il
Professore è da oltre un mese degente in quest'ospedale, ove venne d'urgenza
trasportato ed operato in seguito ad intossicamento urico grave. L'intervento
chirurgico avviene in questo caso in due tempi: operazione preliminare alla
vescica, per ovviare immediatamente alla causa diretta dell'intossicamento, e
susseguente operazione alla prostata che ne è la causa originale. La prima
operazione già venne effettuata e con buon esito, e l'operatore non attende che
il tempo opportuno per procedere alla seconda."[ Martinetti fu ricoverato
all'ospedale Molinette di Torino, sfollato a Cuorgnè, dove morì, dopo aver disposto che nessun prete
intervenisse con alcun segno sul suo corpo. Nonostante "l'invito del parroco di
Spineto di non dare onore alla salma dell'eretico, ateo e scandaloso anche
nella morte perché aveva disposto di essere cremato" una decina di persone
seguirono l'autofurgone che portò il corpo di Martinetti alla stazione, da dove
partì in treno per Torino, per la cremazione. In prossimità della morte Martinetti
lascia la sua biblioteca in legato a Nina Ruffini (nipote di Francesco
Ruffini), Gioele Solari e Cesare Goretti. La Biblioteca verrà poi conferita dai
rispettivi eredi alla "Fondazione Piero Martinetti per gli studi di storia
filosofica e religiosa" di Torino; oggi è posta nel palazzo del Rettorato
alla Biblioteca della Facoltà di
Filosofia. La sua casa di Spineto
è attualmente sede della "Fondazione Casa e Archivio Piero
Martinetti", che intende promuovere la diffusione del suo pensiero e della
sua operae. FiLa filosofia di Martinetti è un'interpretazione originale
dell'idealismo post-kantiano, nella linea dell'idealismo razionalistico
trascendente che va da Platone a Kant, nel senso di un dualismo panteista
trascendente, un'interpretazione che lo avvicina a quel post-kantiano atipico
che fu Spir, il quale (ancor più di Kant, Schopenhauer o Spinoza) fu il
filosofo preferito di Martinetti, quello a cui fu più particolarmente legato,
sulquale scrisse molti studi e un denso saggio monografico e al quale fece consacrare il terzo numero della
Rivista di filosofia, filosofo che fu come lui profondamente inattuale. Professò
una altissima stima per l'opera di questo solitario filosofo, tanto da
considerarla "immortale: in essa infatti vede un tentativo d'un
rinnovamento speculativo-religioso di tutta la filosofia. Il carattere speculativo dell'interpretazione
d iMartinetti dipese da particolarissime circostanze. La speculazione di Spir
esercitò sul pensiero suo un influsso profondo sin dagli inizi; e anche nella
costruzione dell'idealismo trascendente diMartinetti la speculazione di A. Spir
rivestì un peso pressoché decisivo. Oltre che in Kant, in Schopenhauer e in
Spinoza, le radici e la linfa dell'idealismo diMartinetti si trovano nella
speculazione di A. Spir. In nessun altro pensatore A. Spir occupò tanto spazio
ed ebbe un pari rilievo. D'altra parte, senza perdere la configurazione sua
propria, il pensiero di Spir viene trasposto da Martinetti entro la sua propria
filosofia, riferito in modo diretto al suo proprio pensiero, così intimamente
consonante con quello di Spir e cresciuto, per così dire, anche su di esso.
Proprio questo condusseMartinetti a penetrare e nell'atto stesso a svolgere in
armonia con il proprio il pensiero di A. Spir e questo si trova come penetrato
e attraversato da quello diMartinetti. In nessun altro pensatore A. Spir fu
tanto intimamente valorizzato e, in qualche misura, continuato in ciò che della
sua speculazione parve propriamente essenziale. La lettura di Martinetti
insiste sul nucleo metafisico di Spir, che gli pare incarnare "la forma
pura della visione religiosa". L'affermazione fondamentale, in cui per
Martinetti si riassume tutta la filosofia dello Spir, è quella della dualità
fondamentale tra il vero esserel'Unità incondizionata, assoluta e trascendente
in cui si esprime il divinoe l'essere apparente e molteplice rivelato dal mondo
dell'esperienza. L'approccio alla rivelazione di tale realtà dualista mediante
la teoria della conoscenza (l'idealismo gnoseologico di Spir) non è che
premessa e introduzione all'autentico nucleo metafisico della sua filosofia,
consistente in una forma di dualismo acosmista. Il dualismo di realtà e
apparenza è in effetti esso stesso apparente: "non è fra due effettive
realtà, ma fra un'unica realtà assoluta e l'irrealtà in cui il mondo
sprofonda."» Si può così dire che in Martinetti: «il motivo desunto
probabilmente da Spir, il contrasto tra "anormale" (il mondo
dell'esperienza empirico e molteplice) e "norma" (il principio
d'identità, rivelazione incoativa del divino in noi) si spoglia qui
dell'originario aspetto dualista per confluire in una visione coerentemente
monista dell'esperienza di coscienza. Monismo coscienzialista, quello
martinettiano, che non sfocia però in una forma di panteismo, in quanto il
termine finale di questa unificazione formale rimane trascendente. L'unica
realtà metafisica assolutasi afferma in conclusioneè l'"Unità formale
assoluta", che trascende l'intero processo dell'esperienza, che di tale
unità è solo un'espressione simbolica.» Della filosofia di Spir,
Martinetti mantenne sostanzialmente inalterata la morale, di derivazione
kantiana, aveva d'altronde dichiarato che dopo Kant "nessun filosofo serio
può non essere in Etica "kantiano". Secondo Augusto Del Noce:
"L'intero percorso del pensiero martinettiano parte dal suo
anticlericalismo", e aggiunge: "la natura del suo anticlericalismo lo
portava a detestare la Massoneria. Ripetutamente mi disse di non essere mai
stato massone, di essere anzi assolutamente contrario a questa Chiesa cattolica
di segno rovesciato." Questo suo anticlericalismo l'ha, sempre secondo Del
Noce, portato ad un antimarxismo, il marxismo essendo "secondo i termini
in cui egli si sarebbe espresso, la massima secolarizzazione concepibile della
religione". E Del Noce conclude: "Ora a mio giudizio il pensiero di
Martinetti si situa appunto come momento conclusivo del pessimismo religioso e
come la sua posizione più coerente e rigorosa. L'antologia Il Vangeloscrive
Martinetti «lasciando da parte l'elemento leggendario e dogmatico, cerca di
disporre il materiale evangelico nell'ordine logicamente più appropriato. Tutto
quello che i vangeli contengono di essenziale per la nostra coscienza religiosa
è stato qui conservato.» Il risultato di questo ordinamento logico è
l'espunzionein quanto elaborazione teologica successiva ai lòghia di Gesù o
ancora propria all'ebraismo da cui Gesù stesso non è immunedel Vangelo di
Giovanni, degli Atti degli Apostoli, delle Lettere (anche le Lettere di Paolo)
e dell'Apocalisse. Gesù di Nazaret, e non di Betlemme, è un profeta ebraico,
l'ultimo e il più grande dei profeti. Non quindi Figlio di Dio, nemmeno
resuscitato dalla morte, né apparso realmente ai suoi, Gesù in quanto Messia
annuncia un regno messianico a cui succederebbe escatologicamente il regno dei cieli,
quello di Dio. Tuttavia non chiarendo tale avvento escatologico, di fatto Gesù
è soprattutto un maestro di dottrina morale che esorta a rinunciare al mondo
per unirsi spiritualmente e interiormente a Dio, il bene supremo, amando il
prossimo. Per Martinetti bisogna aspirare ad una "Chiesa
invisibile", in cui si possano compendiare i valori moralmente più elevati
di tutte le culture religiose, dando vita così ad una società universale
fraternamenteunita, egli scrive: «In tutti i tempi, ma specialmente nelle
età come la nostra, la vera Chiesa non risiede in alcuna delle chiese visibili
che ci offrono il triste spettacolo dei loro dissensi, ma nell'unione
invisibile di tutte le anime sincere che si sono purificate dall'egoismo
naturale e nel culto della carità e della giustizia hanno avuto la rivelazione
della verità e la promessa della vita eterna» Gesù Cristo e il
Cristianesimo fu messo sotto sequestro dalla Prefettura non appena stampato, come Martinetti scrive a Guido Cagnola:
«Il mio libro venne terminato di stampare il 2 agosto e in tale giorno furono
mandati i 3 es.[emplari] al Prefetto. Il 3 di mattina venne il permesso; alle
17 dello stesso giorno esso era ritirato. Per quali influenze? Io non lo so.
Così il libro stette due mesi in sospeso: il 10 ottobre giunse (da Roma) il
decreto definitivo di sequestro.» Con decreto, “Gesù Cristo e il
Cristianesimo, Il Vangelo” e Ragione e fede furono messi all'Indice dei libri
proibiti della Chiesa cattolica. La rinascita del pensiero filosofico-religioso
martinettiano scaturisce alla fine degli anni novanta del secolo scorso in
virtù della rinnovata proposta ermeneutica di Chiara che cura l'inedito L'Amore,
Il Vangelo (Genova) e Pietà verso gli animali (Genova); in particolare l'interpretazione
elaborata daChiara mette in luce gli aspetti gnostici della filosofia della
religione martinettiana per poi proporne una rilettura in chiave kantiana anche
attraverso un confronto con alcune sette separatiste vicine alla tradizione
spirituale dei quaccheri. Capitini rese visita a Martinetti, che a
proposito della nonviolenza gli disse: "Forse se discutessi con lei mi
convincerei, ma ora come ora le assicuro che se mi fosse detto che con
l'uccisione di diecimila persone si estirperebbe il male che c'è in Europa,
firmerei la sentenza senza esitazione." Negli scritti La psiche degli animali e Pietà
verso gli animali, Martinetti sostiene che gli animali, così come gli esseri
umani, possiedono intelletto e coscienza, quindi l'etica non deve limitarsi
alla regolazione dei rapporti infraumani, ma deve estendersi a ricercare il
benessere e la felicità anche per tutte quelle forme di vita senzienti (cioè
provviste di un sistema nervoso) che come l'uomo sono in grado di provare gioia
e dolore: «Nella relazione sulla psiche degli animali Martinetti tra
l'altro affronta il problema dello scandalo morale suscitato dall'indifferenza
delle grandi religioni positive occidentali di fronte all'inaudita sofferenza
degli animali provocata dagli uomini: gli animali hanno una forma dell'intelligenza
e della ragione, sono esseri affini a noi, possiamo leggere nei loro occhi
l'unità profonda che ad essi ci lega.[66]» Martinetti cita le prove di
intelligenza che sanno dare animali come cani e cavalli, ma anche la
stupefacente capacità organizzativa delle formiche e di altri piccoli insetti,
che l'uomo ha il dovere di rispettare, prestando attenzione a non distruggere
ciò che la natura costruisce. Nel proprio testamento Martinetti dispose
che una somma significativa fosse versata alla Società Protettrice degli
Animali; egli personalmente nutriva per gli animali una profonda pietà e tale
sentimento lo aveva persuaso a darsi al vegetarismo, una scelta che assumeva
per lui quasi il carattere di un valore religioso. Scrive al proposito
Amedeo Vigorelli: «La scelta del vegetarianesimo non era "generica
simpatia, e neppure un ideale politico, bensì meditato atteggiamento
filosofico", da porsi in relazione sia con la sua profonda conoscenza
della filosofia indiana sia con convinzioni radicate in una personale
metafisica, sulla "unicità" della sostanza vivente e sul destino di
"perennità" dello spirito.[67]» La scelta della cremazione
Martinetti fu un fautore della cremazione[68] e una testimonianza "ci dice
come Martinetti portasse sempre con sé, in una busta, le ceneri di sua
madre."Secondo Paviolo, "Per i Martinetti la cremazione era una
specie di tradizione familiare e la cosa appare strana in quei tempi nei quali,
specie nei piccoli centri era pressoché ignota a tutti, e oggetto di scandalo
per il gran rumore che, in questi casi, ne facevano i parroci." Non è però
da escludere, nel caso preciso di Piero Martinetti, che questa scelta, come
quella del vegetarianesimo, avesse anche una relazione con il suo interesse per
la filosofia indiana, e dunque un valore filosofico e religioso. I suoi resti
sono tumulati nel cimitero di Castellamonte in provincia di Torino. Opere:
Una " martinettiana" C. Ferronato si trova nel fascicolo
speciale della Rivista di Filosofia Pietro Rossi: Piero Martinetti nel cinquantenario
della morte, Dopo questa data, di Martinetti sono stati pubblicati: “Ragione
e fede, Italo Sciuto, Gallone, Milano, Luca Natali, Morcelliana, Brescia, . Il
Vangelo, Alessandro Di Chiara, il nuovo melangolo, Genova, L'amore, Alessandro Di Chiara, Il nuovo
melangolo, Genova, “Pietà verso gli animali” Alessandro Di Chiara, Il nuovo melangolo,
Genova, “La religione di Spinoza” Amedeo
Vigorelli, Ghibli, Milano, “La Libertà” Aragno,
Torino, Schopenhauer, Mirko Fontemaggi, Il nuovo Melangolo, Genova, “Breviario
spiritual” Anacleto Verrecchia, UTET, Torino, “L'educazione della volontà” Domenico
Dario Curtotti, Edizioni clandestine, Marina di Massa, “Conoscenza in Kant” Luca Natali, Franco Angeli, Milano, Pier
Giorgio Zunino , Piero Martinetti, “Lettere”, Firenze, Olschki, “Gesù Cristo e
il Cristianesimo” Castelvecchi, Roma, ; edizione critica Luca Natali,
introduzione di Giovanni Filoramo, Morcelliana, Brescia, “Il Vangelo:
un'interpretazione” Castelvecchi, Roma,
“Spinoza, Etica, esposizione e comment”, Castelvecchi, Roma, . Il
numero, introduzione di Niccolò Argentieri, Castelvecchi, Roma, Luca Natali , Le carte di Piero Martinetti,
Firenze, Olschki, “Spinoza” Francesco Saverio Festa, Castelvecchi, Roma, .
Riconoscimenti Nella seduta del Senato Accademico dell’Università degli Studi
di Milano del 19 settembre , è stata approvata ufficialmente la decisione del
Dipartimento di Filosofia di intitolarsi alla figura di Piero Martinetti.La
città di Roma gli ha intitolato una piazza il 27 gennaio , nel Giorno della
Memoria. A Milano Martinetti figura "tra i nuovi Giusti che saranno
onorati al Monte Stella dal " nel Giardino dei Giusti di tutto il mondo. Cesare
Goretti, "Piero Martinetti", Archivio della Cultura Italiana 1943, f.
I81. Simonetta Fiori, I professori che
dissero "NO" al Duce, in La Repubblica, «Ebbe molta influenza sulla scelta che
Martinetti fece di iscriversi alla facoltà di Filosofia, fu suo professore, ma
non un Maestro. [...] Scrisse di lui Martinetti: "Era un uomo; quando
andai a visitarlo l'ultima volta, pochi giorni prima della sua morte, mi disse
di avere un'unica certezza, che dopo questa vita non c'è nulla. Le mie idee
erano assolutamente opposte alle sue, su questo come su tutti gli altri punti.
Ma non potei non ammirare la fermezza delle sue convinzioni"»: Paviolo. «che morì proprio durante l'iter scolastico
di Martinetti ma che ebbe con lui, forse per la comune origine canavesana, un
particolare rapporto»: Paviolo 2 «Di una reale affinità tra Martinetti e i suoi
maestri torinesi si può parlare forse solo in un caso: quello di Arturo Graf,
del cui dualismo e pessimismo si può trovare qualche traccia nel pensiero del
Nostro e alla cui poesia, piena di dolente (e a tratti cupa) riflessività
filosofica, Martinetti tornerà anche negli anni maturi, come a una sorgente di
ispirazione e conforto spirituale. Più documentata è l'influenza sul giovane
Martinetti di un'altra singolare figura di poeta-filosofo: quel Pietro Ceretti
da Intra (noto anche con lo pseudonimo poetico di Alessandro Goreni e con
quello di Theophilo Eleuthero), alla cui postuma riscoperta si adoperarono
intensamente Ercole e Alemanni, nell'ultimo decennio del secolo scorso e ai
primi del nostro»: Vigorelli «Nel breve
verbale relativo all'esame di laurea (qui il laureando è indicato come Pietro
Martinetti) si dice semplicemente che "il Candidato ha sostenuto durante
quaranta minuti innanzi alla commissione la disputa prescritta, sopra la
dissertazione da lui presentata e sopra le tesi annesse alla medesima; e ha
sostenuto anche la prova pratica assegnatagli dalla Commissione"»: Paviolo
La tesi ottenne la votazione di 99/110: «Il lavoro di tesi non ebbe, come noto,
il riconoscimento che meritavaanche a motivo di certe resistenze accademiche
nel settore filologico della Torino e forse per questo lo studioso sentì il
bisogno di attingere direttamente alle fonti dell'erudizione tedesca, fuori dal
chiuso ambiente provinciale. Del resto l'intento di Martinetti era più
filosofico che filologico, e la prima suggestione a interessarsi del “Samkhya” poté
venirgli, piuttosto che dalle lezioni di Flechia, dalla conversazione con
Ercole. Proprio del Samkhya, Ercole si
era interessato alcuni anni primi in una breve Memoria uscita sulla Rivista
Italiana di Filosofia diretta da Ferr. Dell'interesse costante di Martinetti
per la filosofia indiana testimonia il corso di lezioni tenuto a Milano e
pubblicato a Milano da Celuc libri: Piero Martinetti, La sapienza indiana.
Corredata da un'antologia di testi Indù e Buddhisti. "Ma è antefatto significativo, giacché
lascia intravedere ancora una volta, questa volta sotto il rispetto particolare
dei primi contatti di Martinetti coi testi di A. Spir, l'importanza della
permanenza a Lipsia (1894-1895) nella formazione filosofica di Martinetti. Nella
Lipsia conosciuta da Martinetti sopravviveva Drobitsch, l'antico maestro
herbartiano di Spir e dalla Lipsia di Martinetti si diffondevano le edizioni di
A. Spir entro il moto allora nascente in Germania dell'interesse per la
filosofia sua. F Il pensiero di ASpir, Torino, Albert Meynier. Anno che fu per lui particolarmente duro,
vedi: Piero Martinetti, "Lettere ai famigliari dalla Siberia dell'Italia
meridionale", Fabio Minazzi, Il Protagora, gennaio-giugno, Lettere , «Prima che della dittatura
fascista, Martinetti fu critico altrettanto risoluto del socialismo marxista e
della democrazia, di cui colse gli aspetti degenerativi dell'affarismo e
dell'ultraparlamentarismo»: Vigorelli "non si vede in chi e in che cosa un uomo
come Martinettiche, per sua scelta culturale ma anche per disposizione
personale, agiva in modo disgiunto da ogni partito, movimento, gruppo avrebbe
pouto trovare un legame per immettersi in un flusso di attivo
antifascismo." Pier Giorgio Zunino, "Tra dittatura e inquisizione. Martinetti
negli anni del Fascismo", in: Martinetti, Lettere, Firenze, Vigorelli. «Ringrazio
la S.V. Ill.ma della cortese partecipazione e la prego di esprimere la mia
profonda gratitudine ai membri di codesta R. Accademia che hanno voluto
conferirmi un sì ambito onore. Ma circostanze pesantissime, sulle quali non è
il caso di [parola illeggibile] mi vietano nel modo più reciso di poterlo
accettare»: Lettera n. 18, Piero Martinetti a Vittorio Scialoja, presidente
della Reale Accademia Nazionale dei Lincei, 2 Lettere, Vigorelli Vigorelli,
Lettera n. 47, Piero Martinetti a Luigi Mangiagalli, 21 marzo 1926, in:
Lettere, «Il Congressonon ha altro fine che di essere una manifestazione della
filosofia italiana in quanto libera e appartata da ogni contingenza del
momento: come deve essere in qualunque tempo la filosofia»: Lettera n. 37,
Piero Martinetti a Tommaso Gallarati Scotti, in: Lettere , p.42. Che accusò Martinetti, ricambiato, di
disonestà intellettuale nel riguardo della filosofia scolastica, cf. Helmut
Goetz, Il giuramento rifiutato. I docenti universitari e il regime fascista,
Firenze. Per Martinetti «Padre Gemelli è tutto fuorché un filosofo»: Lettera n.
31, Piero Martinetti a Bernardino Varisco, in: Lettere 33. Helmut Goetz, Il giuramento rifiutato. I
docenti universitari e il regime fascista, Firenze, Il congresso di filosofia del 1926, 245-263.
«Tutto l'affare è una montatura (come del resto anche il ritiro dei
cattolici dal Congresso), la quale ha la sua origine nel fatto che io non ho
permesso alGemelli di spadroneggiare nel Congresso e di prepararvi qualcuna
delle sue rappresentazioni ciarlatanesche»: Lettera Piero Martinetti a Bernardino Varisco, 15 marzo
1926, in:Lettere , 4Lettera n. 50, Piero Martinetti e Cesare Goretti a Luigi
Mangiagalli, in: Lettere , p.55. «Quando Martinetti, con il rifiuto del
giuramento di fedeltà al fascismo, abbandonò l'insegnamento non rinunciò a
quegli incarichi o a quelle adesioni che non erano a tale giuramento connesse:
guardò di non compromettere quella sua creatura che era diventata La Rivista di
Filosofia e non ne volle la direzione "effettiva", ma continuò
l'intensa e puntuale collaborazione redazionale sino a che le sue condizioni di
salute glielo permisero»: Vigorelli Vigorelli Lettera n. 104, Piero Martinetti a Balbino
Giuliano, Lettere , Lettera n. 106,
Piero Martinetti a Guido Cagnola, 21 dicembre 1931, in: Lettere , Lettera, Piero
Martinetti a Adelchi Baratono, in: Lettere , 107-108. Presentazione a: Davide Assael, Alle origini
della Scuola di Milano: Martinetti, Barié, Banfi, Milano, 200918. Vigorelli «Ella già saprà certamente che io,
in seguito all'affare del negato giuramento, sono stato collocato a riposo. Non
appartengo quindi più all'Milano e non posso più esserle utile che
indirettamente»: Lettera n. 116, Piero Martinetti a Carlo Emilio Gadda, 17
marzo 1932, in: Lettere 114. «del resto
io sono perfettamente sereno come chi ha fatto ciò che doveva fare: e non mi
sarà discaro poter d'ora innanzi applicare tutto il mio tempo ai miei studi,
cioè agli studi veramente miei, fatti per mè, per la mia personalità e la mia
vita»: Lettera n. 110, Piero Martinetti a Vittorio Enzo Alfieri, in: Lettere ,
p.109. Sulla cui porta fece mettere
un'indicazione che diceva: "Piero Martinettiagricoltore": Paviolo«Perciò
appunto non ho dimenticato i tuoi interessi e sarei lieto che fossi tu a
succedermi. In questo senso ho scritto, "richiesto da Castiglioni
stesso", che ora è preside, a Castiglioni. Ho consigliato lui e con lui la
facoltà ad accaparrarsi te per la F.[ilosofia] e Banfi per la Storia della Filosofia]»: Lettera n. 108, Piero Martinetti
a Adelchi Baratono, Lettere , 107-108.
Vigorelli Vigorelli Vigorelli
Vigorelli "Nel registro di entrata
delle Carceri Nuove di Torino egli è l'unico che nella scheda personale si
faccia registrare, nell'apposita voce, come "ateo", mentre tutti gli
altri non di religione israelitica (ossia Bobbio, Einaudi, Pavese, Antonicelli,
Salvatorelli e così via) si dichiarano "cattolici"alcune schede,
peraltro, tra cui quella di Mila, sono andate perse (il registro è conservato
all'Archivio di Stato di Torino, sezioni riunite, Casa circondariale di Torino,
Registro matricole 1935, n. 1559)", in: Lettere. "Martinetti veniva rinchiuso in una
cella sulla cui porta veniva apposto il cartellino "Politico: sorveglianza
particolare". Il giorno successivo cominciavano gli interrogatori che si
ripetevano finché dopo alcuni giorni d'arresto il Martinetti veniva finalmente
scarcerato.", Michelangelo Giorda, Piero Martinetti, Castellamonte, «Devo
darle una notizia terrificante, relativamente. Lunedì passato 8 corrente sono
caduto malamente da una pianta, per fortuna senza gravi conseguenze di nessuna
specie, salvo un leggero tramortimento durato qualche ora»: Lettera n. 241,
Piero Martinetti a Nina Ruffini, 16 settembre 1941, in: Lettere 231. Cit. in: Lettere 245. «Si può comunque, in base a testimonianze
diverse, ritenere che Martinetti sia deceduto all'Ospedale Molinette sfollato a
Cuorgnè, ove si tentò inutilmente di salvarlo e che il corpo sia stato
immediatamente trasferito (abitudine che rimase in uso per decenni in
circostanze analoghe) alla casa d'abitazione, per evitare lungaggini
burocratiche e maggiori spese funerarie. L'atto di morte recita: " il g alle ore
quattro e minuti zero, nella casa posta in frazione Spineto n. 106 è morto
Martinetti Piero, anni 70, residente in Torino, professore pensionato"»:
Paviolo. Paviolo . "Per ultimo desidero di essere cremato e
che le mie ceneri riposino nel Camposanto di Castellamonte", frase finale
del testamento di Piero Martinetti, Paviolo. Il testamento di Martinetti, da lui
riscritto, "in una grafia incerta e in una forma in cui non si trova lo
stile abituale del nostro filosofo"(Paviolo) fu considerato da sua sorella
Teresa come estorto: "Le opere che al tempo del decesso di Piero erano
ancora solo allo stato di manoscritto vennero devolute ai beneficiari della
biblioteca, la quale, a dirtelo in assoluta confidenza, cadde in mano a tre
estranei alla famiglia, per un testamento fatto fare a nostra insaputa a Piero,
a oltre un anno da che era stato colpito da un insulto di trombosi al cervello
[...] la preziosa biblioteca, che per volontà recisa, assoluta di Piero a me da
Lui ripetutamente espressa alcuni mesi prima che fosse colpito dalla trombosi,
doveva andare all'Milano, prese altre vie e e sta presentemente ancora
peregrinando in attesa di destinazione definitiva." Lettera del 25
settembre 1947 di Teresa Martinetti al cugino Giuseppe Bertogliatti, in:
Paviolo Fondazione Casa e Archivio Piero Martinetti «Allo Spir, un singolare pensatore solitario,
al quale mi legano tante affinità e tante simpatie, sarà dedicato il fascic. 3
della "Riv. di Filosofia", che non mancherò di spedirle a suo tempo.
Quante dottrine dello Spir, specialmente nel rapporto morale e religioso,
sembrano pensate per il nostro tempo! Ma esse passeranno, come passarono,
inavvertite. La lucequesto passo del quarto Vangelo lo Spir volle inciso sul
suo sepolcrovolle penetrare le tenebre, ma le tenebre non l'accolsero»: Lettera
n. 164, Piero Martinetti a Nina Ruffini, 26 gennaio 1937, in: Lettere
155.. «io sono sempre stato un filosofo
inattuale»: Lettera n. 258, Piero Martinetti a Giorgio Borsa, 1942, in: Lettere
Emilio Agazzi, La filosofia di Piero Martinetti, Milano, Unicopli, 123. «Ma è stato Alessio a dimostrare l'importanza
e l'anteriorità, rispetto ad altri autori, della lettura di Spir per la
maturazione della metafisica martinettiana»: Vigorelli, Franco Alessio, op.
cit. II. Vigorelli Vigorelli Piero Martinetti, Breviario spirituale,
Bresci, Torino, Lettera Piero Martinetti
a Guido Cagnola, Lettere. Sulla riflessione religiosa di Martinetti vedi Franco
Alessio, L'idealismo religioso di Piero Martinetti, Brescia, Morcelliana, (Tesi
di Pavia: relatore Michele Federico Sciacca) Paviolo Paviolo Amedeo Vigorelli, "Martinetti e Capitini:
attualità di un confronto", in: Amedeo Vigorelli, La nostra inquietudine.
Martinetti, Banfi, Rebora, Cantoni, Paci, De Martino, Rensi, Untersteiner, Dal
Pra, Segre, Capitini, Bruno Mondadori, Milano, "e si conversò a lungo
della inumazione e della cremazione (aveva fatto cremare il cadavere della
mamma, per avere vicine le sue ceneri)" Aldo Capitini, Antifascismo tra i
giovani, Célèbes Trapani, Paviolo
Paviolo "L'eretico Martinetti,
italiano per caso", Recensione di Raffaele Liucci su Il fatto quotidiano, Liberacittadinanza Il Dipartimento di Filosofia "Piero
Martinetti", sul sito dell'Università Statale di Milano Pierluigi Battista, "Le vie dedicate ai
razzisti spettano ai professori eroi che dissero no al fascismo", Corriere
della Sera, 24 gennaio 19. Stefania
Chiale, "Dall'attivista curda al pioniere green I nuovi Giusti del Monte
Stella", Corriere della Sera, Cronaca di Milano13. "Monte Stella I nuovi Giusti in diretta
su Facebook", Corriere della Sera, 7 marzo , Cronaca di Milano9. , Commemorazione di Piero Martinetti, Torino,
Accademia delle Scienze, Giornata Martinettiana, Torino, Edizioni di
"Filosofia", "Per il 50° della morte di Piero Martinetti",
Rivista di Filosofia, Emilio Agazzi, "La storiografia filosofica nel
pensiero di Piero Martinetti", Rivista critica di storia della filosofia, Emilio
Agazzi, La filosofia di Piero Martinetti, Sandro Mancini, Amedeo Vigorelli e
Marzio Zanantoni, Edizioni Unicopli, Milano, . Franco Alessio, L'idealismo
religioso di Piero Martinetti, Brescia, Morcelliana, 1950. Franco
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questione ebraica. Da Nello Rosselli a Piero Martinetti, Milano, Franco Angeli,
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Novecento. Prospettive, figure e problemi, Milano, Franco Angeli, 2008. Franco
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Spir Scuola di Milano Gioele Solari Cesare Goretti Lelio Basso Adelchi Baratono
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TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. P Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
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Pubblico dominio a Torino, Biblioteca della Fondazione Piero Martinetti,
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fondazionepieromartinetti.org. Piero Martinetti, Diego Fusaro sul sito Filosofico.net. Giuseppe
Colombo, La filosofia come soteriologia, estratti. Piero Martinetti.
MARTINI. (Cambiano). Filosofo. Grice: “One would think
that his ‘discorsi filadelfici’ are about brotherly love, but they were
delivered at the Philadelphia American-Italian Philosophical Society!” – Grice:
“He wrote on Emilio and Narciso, and a story of philosophy – starting not from
Thales but Gioberti!” – Grice: “His science of the heart – scienza del cuore –
is a mystery!” Compì studi classici a Chieri e poi, ospitato al Real Collegio di
Torino, si rivolse allo studio delle scienze naturalistiche. Con la laurea in
medicina, cui seguirà anche quella in
filosofia, ottenne l'insegnamento al predetto Istituto, prima di conseguire una
brillante carriera nell'ateneo torinese. Qui, infatti, ottenne prima la docenza
in fisiologia e poi quella di medicina
legale, cattedra quest'ultima, istituita di cui fu il primo insegnante in
assoluto. Di Torino fu anche rettore,
negli anni in cui ebbe numerosi riconoscimenti, tra cui l'onorificenza di
cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Ma non mancarono episodi tragici, allorché,
pochi anni dopo le nozze, perse la moglie (figlia del chimico Giovanni Antonio
Giobert), dalla quale ancora non aveva avuti igli, né li avrebbe avuti in
seguito, visto che non si risposò, per dedicarsi completamente all'insegnamento
e alla stesura di saggi e manuali nelle discipline mediche. In questo filone,
il più ricco, vanno almeno segnalati gli “Elementa physiologiae” e “Lezioni di
fisiologia” così come “Medicina legale”, accanto agli Elementa medicinae
forensis, politiae medicae et hygienes, cui avrebbe fatto seguito il Manuale di
medicina legale. Il variegato percorso
saggistico non si limitò (e non si esaurì) a studi a carattere
medico-fisiologico e medico-legale. Anzi, forte del curriculum studiorum
seguito fin da giovanissimo, cercò di approfondire i pensatori classici, come
nel caso di un “Coompendio” dedicato a Platone, di cui peraltro riuscì a
terminare il manoscritto poco prima di morire, arrivando persino a stilare, sia pure non in forma sistematica, una Storia
della filosofia. Risultati migliori li
ebbe, tuttavia, nel campo educativo-pedagogico. Questo indirizzo è
testimoniato, oltre che dal saggio sulla Riforma della prima educazione dai
dodici volumi dell'Emilio. Qui, facendo leva della sua vasta cultura, tratta
emblematicamente di argomenti in cui si fondono, senza soluzione di continuità,
il "viver sano" e il "maritaggio", il "governo della
famiglia" e la felicità, le "tendenze morali" e la
"moderazione nella prosperità", passando per i modi attraverso i quali
"sopportare le avversità". Altre opera: “Elementa physiologiae” (Tip.
Pica, Torino); “Dei vantaggi che la medicina apporta alle nazioni,” Tip. Chirio
e Mina, Torino “Introduzione alla medicina legale,” Tip. Marietti, Torino “La
medicina curativa di Leroy,” Tip. Marietti, Torino “Prime linee di polizia
medica,” Tip. Fontana, Milano “Della
scienza del cuore,”Tip. Fontana, Milano “Della colera indica,”Tip. Fodratti,
Torino “Elementa medicinae forensis, politiae medicae et hygienes,” Tip. Marinetti,
Torino “Manuale di polizia medica,” Tip. Fontana, Milano “Manuale d'igiene,” Tip.
Fontana, Milano “Lezioni di fisiologia,” Tip. Pomba, Torino “Patologia generale,” Tip. Elvetica,
Capolago “Invito a' medici piemontesi all'occasione
del cholera-morbus,” Tip. Cassone e Marzorati, Torino “Storia della fisiologia,” Tip Cassone e
Marzorati, Torino “Manuale di medicina
legale,” Tip. Fontana, Milano; “Emilio, Tip. Marietti, Torino “Della
solitudine,”Tip. Marietti, Torino “Narciso o regalo agli sposi,”Tip. Marietti,
Torino “Guerra e pace dei sensi,”Tip.
Marietti, Torino “Emilio o sia del governo della vita,” Tip. Fontana, Milano “Discorsi
filadelfici; ossia, fasti dell'ingegno italiano,”Tip. Marietti, Torino “Riforma
della prima educazione,” Tip. Marietti, Torino “Della sapienza dei greci,” Tip.
Cassone e Marzorati, Torino; “Storia della filosofia,” Tip. Pirotta, Milano “Platone
compendiato e comentato,” Tip. Elvetica, Capolago “Alcune vite di donne celebri,”Tip. Fontana,
Milano “De clarissimo viro Thoma Tosio ex ordine Oratorum sacrae facultatis
professore in regio Taurinensi Athenaeo, Tip. Regia, Torino Vita del conte
Gian-Francesco Napolio, Tip. Bocca, Torino
Vita Francisci Canevarii, Torino Cenni biografici di Lagrangia, Tip. Cassone
e Marzorati, Torino Curatele A. von Haller, Poesie scelte, Stamp. Reale, Torino
J.L. Alibert, Riflessioni sulla
fisiologia delle passioni o nuova dottrina de' sentimenti morali, Tip.
Marietti, Torino, F. Redi, Consulti medici, Tip. Elvetica, Capolago, D.
Alighieri, La Divina Commedia, Tip. Marietti, Torino 1840. G.L. Gianelli,
L'uomo ed i codici nel nuovo Regno d'Italia. Commentario medico-legale, in
«Politecnico. Repertorio mensile di studi applicati alla prosperità e cultura
sociale», IX, Milano 1860643. G. Corniani, I secoli della letteratura
italiana dopo il suo risorgimento, F. Predari,
VIII, Utet, Torino 1856,
222-226. Si veda S.G.M. Berruti,
Saggio sulla vita e sugli scritti del professore cavaliere Lorenzo Martini,
s.e., Bologna 1847. L. Martini, Emilio,
12 voll., Tip. Marietti, Torino 1821-1823.
S.G.M. Berruti, Saggio sulla vita e sugli scritti del professore
cavaliere Lorenzo Martini, s.e., Bologna 1847. G. Corniani, I secoli della
letteratura italiana dopo il suo risorgimento, F. Predari, VIII, Utet, Torino 1856. G.B. Gerini, Due
medici pedagogisti. Maurizio Bufalini e Lorenzo Martini, Tip. Bona, Torino
1909. G.L. Gianelli, L'uomo ed i codici nel nuovo Regno d'Italia. Commentario
medico-legale, in «Politecnico. Repertorio mensile di studi applicati alla
prosperità e cultura sociale», IX,
Milano 1860. Opere di Lorenzo Martini,
su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Lorenzo Martini. Lorenzo Martini.
MARTINO.
(Napoli). Filosofo. Grice:
“I like Martino – and his interviewees – there is indeed a ‘discepolato’ around
him.” Grice: “We don’t have anything like Martino at Oxford – Hollis is the
closest I can think.” Grice: “In his strictly philosophical explorations,
Martino aptly clashes with Croce!” -- Dopo la laurea a Napoli con una tesi in
Storia delle religioni sui gephyrismi eleusini sotto la direzione di Adolfo
Omodeo, si interessa alle discipline etnologiche. Si iscrive ai GUF e alla
Milizia Universitaria, collaborando a L'Universale di Berto Ricci e facendo
circolare in una cerchia ristretta di collaboratori un Saggio sulla religione
civile poi rimasto inedito. L'ingresso nel circolo crociano «Erano quelli
gli anni in cui Hitler sciamanizzava in Germania e in Europa, e ancora lontano
era il giorno in cui le rovine del palazzo della Cancelleria avrebbero composto
per questo atroce sciamano europeo la bara di fuoco in cui egli tentava di
seppellire il genere umano: ed erano anche gli anni in cui una piccola parte
della gioventù italiana cercava asilo nelle severe e serene stanze di Palazzo
Filomarino per risillabare il discorso elementarmente umano altrove
impossibile, persino nella propria famiglia». Il suo primo libro,
Naturalismo e storicismo nell'etnologia (1941), è un tentativo di sottoporre
l'etnologia al vaglio critico della filosofia storicista di Benedetto Croce.
Secondo de Martino, l'etnologia solo attraverso la filosofia storicista avrebbe
potuto riscattarsi dal suo naturalismo (tratto che accomuna, per de Martino,
tanto la scuola sociologica francese che gli indirizzi
"pseudostorici" tedeschi e viennesi). Fu lo stesso Croce a introdurre
il giovane de Martino all'editore Laterza, suggerendo la pubblicazione del
libro, in cui, nonostante qualche ingenuità, si può già scorgere in nuce l'idea
del successivo lavoro sul "magismo etnologico". Scritto negli anni
della seconda guerra mondiale e pubblicato nel 1948, Il mondo magico è il libro
nel quale Ernesto de Martino elabora alcune delle idee che rimarranno centrali
in tutta la sua opera successiva. Qui de Martino costruisce la sua
interpretazione del magismo come epoca storica nella quale la labilità di una
"presenza" non ancora determinatasi, viene padroneggiata attraverso
la magia, in una dinamica di crisi e riscatto. In quel periodo, de Martino comincia
a militare nei partiti di sinistra. Prima, dal 1945, lavora come
segretario di federazione, in Puglia, per il Partito Socialista Italiano; influenzato
da Gramsci e da Levi, cinque anni dopo,
entra a far parte del Partito Comunista Italiano. Anche per questa ragione,
negli anni che seguono, de Martino comincia a interessarsi sempre di più allo
studio etnografico delle società contadine del sud Italia, in contemporanea con
le inchieste di Vittorini e l’opera documentaristica di Zavattini. Di questa fase,
talvolta detta "meridionalista", fanno parte le opere più note al
grande pubblico: Morte e pianto rituale, Sud e magia, La terra del
rimorso. Innovativo nelle sue ricerche fu l'approccio multidisciplinare,
che lo portò a costituire un'équipe di ricerca etnografica. La terra del
rimorso è la sintesi delle sue ricerche sul campo (il Salento) affiancato da
uno psichiatra (Giovanni Jervis), una psicologa (L. Jervis-Comba),
un'antropologa culturale (Amalia Signorelli), un etnomusicologo (Diego
Carpitella), un fotografo (Franco Pinna) e dalla consulenza di un medico (S.
Bettini). Nello studio del fenomeno del tarantismo vengono utilizzati anche
filmati girati tra Copertino, Nardò e Galatina. A queste monografie segue la
pubblicazione dell'importante raccolta di saggi Furore Simbolo Valore. De
Martino è stato collaboratore di Raffaele Pettazzoni all'Università "La
Sapienza" di Roma, nell'ambito della Scuola romana di Storia delle
religioni. Come ordinario di Storia delle religioni e di Etnologia, dha
insegnato all'Cagliari, dove ha avuto uno stuolo di allievi. Con ACirese,
Lilliu, Cases, la sua assistente CGallini, e in seguito altri studiosi, quali
Placido Cherchi, Giulio Angioni, Pietro Clemente, e Pier Giorgio Solinas,
saranno esponenti di una significativa, sebbene mai formalizzata, scuola
antropologica all'Cagliari, della quale de Martino è considerato uno dei
fondatori. È considerato uno dei più importanti antropologi dell’età
contemporanea, fondatore in Italia dell’umanesimo etnografico e dell’etnocentrismo
critico. La presenza La presenza in senso antropologico, nella
definizione di de Martino è intesa come la capacità di conservare nella
coscienza le memorie e le esperienze necessarie per rispondere in modo adeguato
ad una determinata situazione storica, partecipandovi attivamente attraverso
l'iniziativa personale e andandovi oltre attraverso l'azione. La presenza
significa dunque esserci (il "da-sein" heideggeriano) come persone
dotate di senso, in un contesto dotato di senso. Il rito aiuta l'uomo a sopportare
una sorta di "crisi della presenza" che esso avverte di fronte alla
natura, sentendo minacciata la propria stessa vita. I comportamenti
stereotipati dei riti offrono rassicuranti modelli da seguire, costruendo
quella che viene in seguito definita come "tradizione". Ernesto
de Martino, 11spedizione in Lucania Se si vuole rintracciare in de Martino un
filo comune e unitario tra l’influenza marxista e gramsciana della “triade
meridionalista” (esplicita anche attraverso la sua militanza diretta nel PCI
negli anni ‘50) di Morte e pianto ritual, Sud e magia e La terra del rimorso e gli appunti e i
dossiers preparati per La fine del mondo, in cui è presente un’elaborazione
filosofica più marcatamente sui piani ontologico, esistenzialista e
fenomenologico e che vedranno la luce solo posteriormente (1ed.1977) dal
riordino delle carte ad opera di Angelo Brelich e Clara Gallini, bisogna
rendere centrale il nesso tra presenza/crisi/riscatto e il processo di
destorificazione del negativo ad opera dell’ethos del trascendimento;
l’immaginazione simbolica collettiva è la realizzazione di un’ethos del
trascendimento che, come un mito di fondazione per il senso di appartenenza o
la sacralizzazione dell’”oggetto” per scopi espiatori, rende possibile il
superamento di una crisi, della “presenza” in quanto soggetto che opera nella
natura, che rischia di perdersi in essa senza riscatto (escaton). Il soggetto
dunque si ricolloca nella storia tramite la cultura, e la crisi si rivela
esistenziale nel rapporto tra se’ e il mondo “altro da se’”. Ma la crisi
affonda sempre nelle materiali condizioni di vita e nelle modalità concrete di
una prassi che deve tendere e tende incessantemente alla trasformazione
rivoluzionaria (che è escatologica nelle religioni) come base insopprimibile
della costituzione di sè come soggetto: “Vi è dunque un principio
trascendentale che rende intellegibile l’utilizzazione e le altre
valorizzazioni, e questo principio è l’ethos trascendentale del trascendimento
della vita nel valore: attività dunque, ma ethos, dover-essere-nel-mondo per il
valore, per la valorizzante attività che fa mondo il mondo, e lo fonda e lo
sostiene.” Costante, inoltre, nella ricerca sul campo, come nelle analisi
ed elaborazioni degli ultimi anni, fu l’indagine sul valore euristico assegnato
ai dati psicopapatologici, sempre legato a una riflessione critica sulla
trasferibilità delle relative nozioni in contesti culturali diversi e sulle
loro implicazioni sul piano antropologico e filosofico più generale: dalla
figura dello sciamano come “Cristo magico” ne Il mondo magico, ai fenomeni di
dissociazione e possessione (influenzato dalle letture di Shirokogoroff e PJanet)
nei riti della taranta, fino alle note sulle “apocalissi psicopatologiche” ne
La fine del mondo. Il folklore progressivo Il concetto di folklore, come
concezione del mondo regressiva, secondo le “osservazioni sul folklore” del
Quaderno XXVII di Gramsci “un agglomerato indigesto di frammenti di concezioni
del mondo e superstiti documenti mutili e contaminati”, ma anche di positiva
creatività delle classi subalterne (come i canti popolari), in opposizione alla
cultura dotta delle élite dirigenti, fu oggetto di riflessione dell’antropologo
partenopeo a partire dal 1949, con il saggio “Intorno ad una storia del mondo
popolare subalterno”, pubblicato su Società sul nr.3 di quell’anno, in cui
riprende studi e indagini della nuova etnologia sovietica (Tolstov, Hippius,
Cicerov, ispirati da Propp). Nel giugno 1951 in un articolo lo definì come
“proposta consapevole del popolo contro la propria condizione
socialmente subalterna, o che commenta, esprime in termini culturali, le lotte
per emanciparsene.” Il concetto fu poi ripreso, discusso problematicamente e allargato
in particolare da Cirese (in rapporto a Gramsci) e Satriani (il folklore come
cultura di contestazione). I “folkloristi” erano stati oggetto di critica
di de Martino già nella sua prima opera del 1941, Naturalismo e storicismo
nell’etnologia, in quanto puri descrittori e catalogatori con criterio
naturalistico e non storico-culturale: per cui il folklore rimane, pur
categorizzato come “progressivo”, come fenomeno di indagine antropologica nei
termini più complessivi di cultura popolare. Crisi della presenza e
destorificazione del negativo In quanto alla “crisi della presenza” come
spaesamento, ne La fine del mondo, Ernesto de Martino racconta di una volta in
Calabria quando, cercando una strada, egli e i suoi collaboratori fecero salire
in auto un anziano pastore perché indicasse loro la giusta direzione da seguire,
promettendogli di riportarlo poi al posto di partenza. L'uomo salì in auto
pieno di diffidenza, che si trasformò via via in una vera e propria angoscia
territoriale, non appena dalla visuale del finestrino sparì alla vista il
campanile di Marcellinara, il suo paese. Il campanile rappresentava per l'uomo
il punto di riferimento del suo circoscritto spazio domestico, senza il quale
egli si sentiva realmente spaesato. Quando lo riportarono indietro in fretta
l'uomo stava penosamente sporto fuori dal finestrino, scrutando l'orizzonte per
veder riapparire il campanile. Solo quando lo rivide, il suo viso finalmente si
riappacificò. In un altro esempio, per esprimere il medesimo concetto, De
Martino racconta degli Achilpa, cacciatori e raccoglitori australiani, nomadi
da sempre e per sopravvivenza, che avevano però l'usanza di piantare al centro
del loro accampamento un palo sacro, intorno al quale celebravano un rito ogni
volta che "approdavano" in un luogo nuovo. Il giorno che il palo si
spezzò, i membri della tribù si lasciarono morire, sopraffatti
dall'angoscia. Il concetto di spaesamento, come una condizione molto
"rischiosa" in cui gli individui temono di perdere i propri
riferimenti domestici, che in qualche modo fungono da "indici di
senso", viene inserito dunque da de Martino nelle sue categorie di “crisi
della presenza” e destorificazione del negativo. La crisi della presenza
caratterizza allora quelle condizioni diverse nelle quali l'individuo, al
cospetto di particolari eventi o situazioni (malattia, morte, conflitti morali,
migrazione), sperimenta un'incertezza, una crisi radicale del suo essere
storico (della "possibilità di esserci in una storia umana", scrive
de Martino) in quel dato momento scoprendosi incapace di agire e determinare la
propria azione. La destorificazione del negativo permette l'universalizzazione
della propria condizione umana in una dimensione mitico-simbolica, mediata
dalla religione e presente nel rito. Secondo Amalia Signorelli, antropologa ee
collaboratrice della spedizione nel Salento, "Il dato esistenziale
che ha scatenato la crisi (morte, malattia, paura e altro ancora) viene
mentalmente astratto dal contesto storico per entro il quale è stato esperito e
viene ricondotto a un tempo e a una vicenda mitici". Se il mito è narrazione,
il rito è un comportamento orientato ad uno scopo e ripetuto con parole e gesti
di significato altamente simbolico. È così che mito, rito e simbolo diventano
un circuito volto alla soluzione della crisi, astraendo dalla storia reale in
cui agisce il negativo. Quando è il negativo a prevalere, e questo accade
in fasi particolarmente drammatiche dell’esistenza umana (come la morte di una
persona cara), può manifestarsi una crisi radicale, una “funesta miseria
esistenziale”, per cui l’ethos del trascendimento non riesce più a risolvere la
crisi nel valore e la mancata valorizzazione fa perdere anche l’operabilità sul
reale. L’attività etica della valorizzazione è necessaria per impedire la
destrutturazione dell”esserci”, in quanto il “vitale” vede per intero invaso il
suo spazio, quello dell’intersoggettività e il rapporto con il mondo. Avviene
allora che “la presenza abdica senza compenso”. Ernesto De Martino e Muzi
Epifani, 1956, durante una missione in Lucania L'elaborazione del lutto ed il
pianto rituale antico Magnifying glass icon mgx2.svg Morte di Gesù negli studi antropologici e
Planctus. Tra il 1952 e il 1956, l’etnologo organizza una serie di spedizioni
di ricerca in Lucania, accompagnato da un’equipe interdisciplinare, tra cui
Vittoria De Palma, anche lei etnologa e compagna di vita e con l’utilizzo di
strumenti quali il magnetofono e la cinepresa, innovativi rispetto all’indagine
folklorica classica. Riconnettendosi a Il mondo magico, decide di concentrarsi
sul lamento funebre e la “crisi del cordoglio”, ai segni, al simbolismo delle
ritualità legate ad una crisi esistenziale tra le più gravi, come quella che
segue la perdita di un caro, e il pianto e il dolore collettivi che
rappresentano la “crisi della presenza”, della propria e di tutti, minacciata
dalla morte. Il pericolo del lutto è dunque quello dell’annullamento
totale. In Morte e pianto rituale. Dal lamento funebre antico al pianto
di Maria, 1958, affronta anche il senso della morte di Cristo in rapporto alla
condizione esistenziale dell'uomo nel mondo ed al momento traumatico della
esperienza della morte dei propri cari. Di fronte alla "crisi del
cordoglio" che può portare al crollo esistenziale, emerge la esigenza di
elaborare culturalmente il lutto, nella forma socialmente codificata del rito.
La consolazione offerta dal credo religioso riconduce a forme sopportabili la
carica drammatica del lutto, riferendola simbolicamente alla morte tragica di
Cristo sulla croce, forme che consentono di ritrovarsi uguali nel dolore, ma
che diventano anche promessa di resurrezione. «È possibile interpretare
la genesi del protocristianesimo come esemplarizzazione di una storica
risoluzione del cordoglio che trasforma Gesù morto in Cristo risorto e il morto
che torna nel morto-risorto presente nella chiesa e nel banchetto eucaristico.
Le apparizioni di Cristo dopo la morte testimoniano la Resurrezione e la
presenza di Cristo nella chiesa sino al compimento del piano temporale di
salvezza. Dopo l'Ascensione la discesa dello S.S. inaugura l'epoca in cui il
morto-risorto è con i credenti sino alla fine, per donare la spinta alla
testimonianza missionaria. (291:) "Il Cristianesimo diventa un grande
rituale funerario per una morte esemplare risolutiva del vario morire storico e
come pedagogia del distacco e del trascendimento rispetto a ciò che muore (il
che poteva aver luogo solo in quanto il morto era l'unto dell'Uomo-Dio)".
Abbiamo un esempio storico di soluzione della crisi e la garanzia mediante la
fede della presenza del Risorto nella comunità. La celebrazione eucaristica
rappresenta contemporaneamente l'evento passato di un Cristo al centro del
piano temporale di salvezza (mito che garantisce e fonda la salvezza futura) e
l'evento futuro della definitiva Parusia.» De Martino indaga la persistenza,
nelle realtà marginalizzate della Lucania, del pianto funebre, come
“riplasmazione” del planctus irrelativo, rito antichissimo e diffuso prima del
Cristianesimo in tutta l'area mediterranea. La destorificazione dell’evento
luttuoso, soggettivamente vissuto, permette di riportarlo ad una dimensione
mitico-rituale, e dunque al superamento della crisi. Su questi temi si è
soffermata una sua studentessa e collaboratrice, la scrittrice Muzi Epifani,
nella commedia La fuga, scritta a dieci anni dalla sua scomparsa. Opere:“Naturalismo
e storicismo nell'etnologia,” Laterza, Bari, n. ed. con introduzione e cura di Matteis,
Argo, Lecce, “Il mondo magico: prolegomeni a una storia del magismo,” Einaudi,
Torino, Boringhieri, Torino (con
introduzione di Cesare Cases e in appendice testi di Benedetto Croce, Paci,
Pettazzoni e Eliade) “Morte e pianto
rituale nel mondo antico: dal lamento pagano al pianto di Maria, Einaudi,
Torino, Premio Viareggio Saggistica; n. ed. Bollati Boringhieri, Torino (con
introduzione di Gallini) “Sud e magia,” Feltrinelli, Milano (con introduzione
di Umberto Galimberti). “Sud e magia La terra del rimorso. Contributo a una
storia religiosa del Sud,” Il Saggiatore, Milano, “Furore, simbolo, valore, Il
Saggiatore, Milano, poi Feltrinelli,
Milano, (con introduzione di Luigi M. Lombardi Satriani) e (con introduzione di Marcello Massenzio) “Magia
e civiltà. Un'antologia critica fondamentale per lo studio del concetto di magia
nella civiltà occidentale,”Garzanti, Milano, Mondo popolare e magia in Lucania,
a cura e con prefazione di Rocco Brienza, Basilicata, Roma-Matera,La fine del
mondo. Contributo all'analisi delle apocalissi culturali, Gallini, con introduzione
di Gallini e Massenzio, Einaudi, Torino, La collana viola: lettere (con Cesare
Pavese), Pietro Angelini, Bollati Boringhieri, Torino, Scritti su religione, marxismo
e psicoanalisi, Altamura e PFerretti, Nuove edizioni romane, Roma, Compagni e
amici: lettere di Ernesto de Martino e Pietro Secchia, Riccardo Di Donato, La
nuova Italia, Firenze, “Storia e metastoria”“i fondamenti di una teoria del
sacro, introduzione e cura di Marcello Massenzio, Argo, Lecce, “Note di campo:
spedizione in Lucania, edizione critica Clara Gallini, Argo, Lecce, “L'opera a
cui lavoro: apparato critico e documentario alla Spedizione etnologica in
Lucania, Clara Gallini, Argo, Lecce, Una vicinanza discreta: lettere (con
Renato Boccassino), Francesco Pompeo, Oleandro, Roma, “I viaggi nel Sud di
Ernesto de Martino, Clara Gallini e Francesco Faeta, fotografie di Arturo
Zavattini, Franco Pinna e Ando Gilardi, Bollati Boringhieri, Torino, “Panorami
e spedizioni: le trasmissioni radiofoniche,”Luigi M. Lombardi Satriani e
Letizia Bindi, Bollati Boringhieri, Torino, “Musiche tradizionali del Salento:
le registrazioni di Diego Carpitella ed Ernesto de Martino a cura e testi di Maurizio Agamennone, Squilibri,
Roma,Scritti filosofici, Roberto Pastina, il Mulino, Bologna, Dal laboratorio
del mondo magico: carteggi Pietro Angelini, Argo, Lecce, Ricerca sui guaritori
e la loro clientela, Adelina Talamonti, Argo, Lecce (con introduzione di Clara
Gallini)Etnografia del tarantismo pugliese. I materiali della spedizione nel
Salento, Signorelli e Valerio Panza, Introduzione e commenti di Amalia
Signorelli, Argo, Lecce . La fine del mondo. Contributo all'analisi delle
apocalissi culturali, nuova edizione Giordana Charuty, Daniel Fabre, Marcello
Massenzio, Einaudi, Torino. E. de
Martino, Promesse e minacce dell'etnologia, in Id., Furore Simbolo Valore,
Milano, MARTINO: ERNESTO DE MARTINO, su
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Angioni, Una scuola antropologica sarda?, in Giulio Angioni et al. (Luciano
Marrocu, Francesco Bachis, Valeria Deplano), La Sardegna contemporanea. Idee,
luoghi, processi culturali, Roma, Donzelli, Martino, cap.VI “Antropologia e
marxismo” par. “Marxismo e religione”, in La fine del mondoContributo
all’analisi delle apocalissi culturali, Einaudi, Ernesto de Martino, Il
folklore progressivo, in l’Unita’, Amalia Signorelli, Ernesto De MartinoTeoria
antropologica e metodologia della ricerca, L'asino d'oro ed. Il mondo magico, ed., Torino, Ernesto de
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limite: tre variazioni critiche su Ernesto De Martino, Napoli, Liguori, Stefano
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intellettuale di Ernesto de Martino, Napoli, d'If, Riccardo Di Donato , La
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Tullio Altan Alberto Mario Cirese Giulio Angioni Antropologia culturale Placido
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de Martino, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
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smsdemartino.noblogs.org. 2 settembre 10
gennaio ). Interpretazioni dell'apocalisse: le tre edizioni de LA FINE DEL
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