IN PLICATVRVM -- impiegato -- H. P. Grice, St. John’s Oxford -- Compiled by Grice’s Playgroup, The Bodleian -- For The Anglo-Italian Society, Bologna -- Dedicated to A. M. G.
– Luigi Speranza, The Swimming-Pool
Library, Villa Grice, Liguria, Italia. -- NAMES
aaron, r. philosopher of
Jewish descent born in Seven Sisters, Sussex. Grice enjoyed reading him. “Aaron
can be fun, especially for a philosophical lexicographer!”
ABANO. (Abano). Grice: “I
like Abano; he is from my wife’s favourite part of Italy – Veneto – actually
provincial di Padova – which has a little bit on the water – Strawson says he
is more of a physician than a philosopher – but I say, “Both start with
aspirated p!” – Grice: “My favourite Abano is the logician or philosopher of
the lingo -- Abano Pietro d'Abano Da Wikipedia.
Se stai cercando l'opera lirica, vedi Pietro d'Abano (opera). Pietro
d'Abano Pietro d'Abano, latinizzato in Petrus de Abano o Petrus Patavinus è
stato un filosofo, medico e astrologo italiano, insegnante di medicina,
filosofia e astrologia all'Università di Parigi e dal 1306 all'Università di
Padova; inoltre è considerato il primo rappresentante dell'aristotelismo
padovano. Amico di Marco Polo, visse a lungo a Costantinopoli per imparare
il greco e l'arabo, studiando in originale i testi di Galeno, Avicenna e
Averroè. Fu autore anche di varie traduzioni di testi scientifici greci e arabi
in latino: i Problemata di Aristotele (ai quali aggiunse un commentario,
l'Expositio Problematum Aristotelis), i Problemata di Alessandro di Afrodisia[3],
vari scritti di Galeno e Dioscoride. Rivide inoltre la traduzione delle opere
di Abraham ibn ‛Ezra. Si guadagnò una grande fama come autore Conciliator
Differentiarum, quæ inter Philosophos et Medicos Versantur. Probabilmente
Pietro d'Abano ispirò a Giotto il complesso – e per molti versi misterioso –
ciclo pittorico che ornava il Palazzo della Ragione di Padova, andato perso in
un incendio e rifatto da alcuni pittori minori seguendo lo stesso schema
iconografico. Il ciclo di affreschi è suddiviso in 333 riquadri, si svolge su
tre fasce sovrapposte, ed è uno dei rarissimi cicli astrologici medievali
giunti fino ai nostri giorni. D'Abano è considerato uno dei più colti ingegni
del suo tempo, la sua dottrina lo fece passare per un negromante.
Accusato tre volte dal Tribunale dell'Inquisizione di magia, eresia e ateismo fu
prosciolto le prime due volte. L'ultima volta morì in prigione a causa delle
torture subite, un anno prima della fine del processo. A seguito della condanna
il suo cadavere fu dissotterrato per essere arso sul rogo. A Pietro
d'Abano esplicitamente si rifarà, per alcuni argomenti, come l'embriologia, il
celebre medico Iacopo da Forlì. Citazioni famose Nel Conciliator
Differentiarum, quæ inter Philosophos et Medicos Versantur D'Abano riferisce di
avere parlato con Marco Polo di quello che aveva osservato nella volta celeste
durante i suoi viaggi. Marco raccontò che durante il suo viaggio di ritorno nel
Mar Cinese Meridionale, aveva avvistato quella che descrive in un disegno come
una stella "a forma di sacco" (ut sacco) con una grande coda (magna
habet caudam). Pietro d'Abano interpretò questa informazione come una conferma
della sua teoria secondo cui nell'emisfero sud si potesse osservare una stella
analoga alla stella polare, ma si trattava con ogni probabilità di una cometa.
Gli astronomi sono concordi nell'affermare che non ci furono comete avvistate
in Europa alla fine del 1200, ma ci sono testimonianze che una cometa venne
avvistata in Cina e in Indonesia nel 1293.[6] Questa circostanza non compare
nel Milione. Abano conservò il disegno nel suo volume Conciliator
Differentiarum, quæ inter Philosophos et Medicos Versantur. Sempre nello stesso
documento, si riporta la descrizione di un animale di grossa stazza con un corno
sul muso, identificato oggi con il rinoceronte di Sumatra; Pietro d'Albano non
riferisce un nome particolare assegnato da Marco a questo animale; si pensa
invece che fu Rustichello a identificarlo con l'unicorno nel Milione. Questa
testimonianza è stata ripresa da Jensen, quando venne messa pesantemente in
dubbio la veridicità del Milione di Marco Polo. Sempre nel Conciliator
Differentiarum (Diss. 67), Abano menziona la spedizione di Ugolino e Vadino
Vivaldi genovesi verso le Indie Orientali per via mare. "Parum ante
ista tempora Januenses duas paravere omnibus necessariis munitas galeas, qui
per Gades Herculis in fine Hispamia situatas transiere. Quid autem illis
contigerit, jam spatio fère trigesimo ignoratur anno. Transitus tamen nunc patens
est per magnos Tartaros eundo versus aquilonem, deinde se in orientem et
meridiem congirando". Riconoscimenti Il Teatro Congressi di Abano Terme
(già "Cinema Teatro delle Terme") è a lui dedicato, come pure
l'IPSSAR "Pietro d'Abano (Istituto Professionale di Stato per i Servizi
Alberghieri e della Ristorazione) poco distante, e altrettanto il Centro Studi
Termali Pietro d'Abano, ente di ricerca del territorio Euganeo. È
rappresentato a Padova in una delle 78 statue di Prato della Valle e
nell'altorilievo al di sopra di una delle quattro porte d'entrata di Palazzo
della Ragione. Ad Abano Terme a lui sono dedicati una statua nell'omonima
piazza e il bassorilievo sul lato Est dello gnomone della meridiana monumentale
in piazza del Sole e della Pace. Note Dizionario di filosofia, Riferimenti in
Collegamenti esterni. Michelangelo
Guidi, Caratteri e modi della cultura araba, Real Accademia d'Italia, «A Padova, specialmente, ferve lo studio degli
Arabi, poiché Pietro d'Abano – il quale si era servito non solo del greco, ma
anche dell'arabo che era andato a studiare a Costantinopoli per poter
rettificare gli inevitabili errori delle versioni del tempo – aveva fatto della
sua scuola di medicina il centro di quello che fu poi detto l'«Arabismo
medico».». Iolanda Ventura, Translating, commenting, re-translating: some
considerations on the Latin translations of the Pseudo-Aristotelian Problemata
and their readers, in Michèle Goyens, Pieter de Leemans e An Smets (a cura di),
Science Translated: Latin and Vernacular Translations of Scientific Treatises
in Medieval Europe, Leuven University Press, Pietro d'Abano, su
galenolatino.com. R. Martorelli Vico, Per
una storia dell'embriologia, Guerini e Associati, Napoli, J. Jensen, The World's
most diligent observer, in Asiatische Studien, Francesco Bottin, Pietro
d'Abano, Marco Polo e Giovanni da Montecorvino, in Medicina nei Secoli, Girolamo
Tiraboschi, Storia della letteratura italiana: fino all'anno MCCC, Firenze, presso Molini,
Landi e C. Bibliografia Conciliator differentiarum philosophorum et
precipue medicorum Adalberto Pazzini, Pietro d'Abano, in Dizionario Letterario
Bompiani. Autori, III, Milano, Bompiani, Joan Cadden, "Sciences/silences:
the nature and languages of "sodomy" in Peter of Abano's Problemata
Commentary". In: Karma Lochrie & Peggy McCracken & James Schultz, Constructing
medieval sexualities, University of Minnesota press, Minneapolis & London, Médicine,
astrologie et magie entre Moyen Âge et Renaissance: autour de Pietro d'Abano.
Textes réunis par Jean-Patrice Boudet, Franck Collard et Nicolas Weill-Parot,
Firenze, Sismel - Edizioni del Galluzzo, (Società internazionale per lo studio
del Medioevo latino) Pietro de Sclavione d'Abano, Trattati di Astronomia,
Lucidator dubitabilium astronomiae, De motu octavae sphaerae e altre opere a
cura di Graziella Federici Vescovini, Padova: Editoriale Programma, Loris
Premuda, «Pietro d'Abano». In: Dizionario critico della letteratura italiana,
Torino: UTET L. Norpoth, «Zur Bio-Bibliographie und Wissenschaftslehre des
Pietro d'Abano, Mediziners, Philosophen und Astronomen in Padua», Kyklos, Lynn
Thorndike, A history of magic and experimental science, Vol. II: During the
first thirteen centuries of our era. New York: Columbia university press, Sante
Ferrari, I tempi, la vita, le dottrine di Pietro D'Abano: saggio
storico-filosofico, Genova: Tipografia R. Istituto Sordomuti, Pietro d'Abano,
Conciliator differentiarum philosophorum et precipue medicorum, Gregorio Piaia,
Pietro d'Abano. Filosofo medico e astrologo europeo, Milano, FrancoAngeli, Francesco
Aldo Barcaro, L'eretico Pietro d'Abano (medico o mago?), Nuova Grafica,
Vigorovea (Sant'Angelo di Piove di Sacco, PD), Voci correlate Storia della
scienza Aristotelismo Taddeo Alderotti Mondino dei Liuzzi Sefer Raziel
HaMalakh. Treccani – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana.Guido Calogero, Pietro d'Abano, in Enciclopedia Italiana, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana.Pietro d'Abano, su Enciclopedia Britannica,
Encyclopædia Britannica, Inc.Iolanda Ventura, Pietro d'Abano, in Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Opere di Pietro
d'Abano, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.(FR) Bibliografia su Pietro
d'Abano, su Les Archives de littérature du Moyen Âge.Marta Cristiani, Pietro d'Abano,
in Enciclopedia dantesca, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Pietro d'Abano,
in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. He is
possibly the first alphabetical philosopher. But there are more! Important Italian philosopher. From Abano-Terme. “If
Occam is called Occam, I should be called Harborne.”Grice. “He was an exacting
editor, if ever there was onebut he failed at one thing, “Problemata physica”
was never written by Aristotle!”Grice. Pietro
d'Abano-Terme, conosciuto anche come Petrus de Apono, Petrus Aponensis o Pietro
d'Abano italiano a Padova. -- Abano era nato nella città italiana da cui prende
il nome, ora Abano Terme. Abano-Terme guadagnato la fama scrivendo
"Conciliatore Differentiarum, quae tra Philosophos et Medicos
Versantur." Finalmente Abano-Terme è stato accusato di eresia e l'ateismo,
ed è venuto prima della Inquisizione. Abano e morto in carcere prima della fine
del suo processo. Abano-Terme Ha vissuto in Grecia per un periodo di
tempo prima che si è trasferito e ha iniziato i suoi studi a lungo a
Costantinopoli. Si trasferisce a Parigi, dove è stato promosso ai gradi di
dottore in filosofia e medicina, nella pratica di cui era un grande successo,
ma i suoi costi erano notevolmente alta. A Parigi divenne noto come "il
Grande lombarda". Abano-Terme si stabilì a Padova. Abano-Terme è stato
accusato di praticare la magia: le accuse specifiche è che è tornato, con
l'aiuto del diavolo , tutti i soldi che ha pagato di distanza, e che possedeva
la pietra filosofale. Gabriel Naudé, nel suo "antiquitate scholae Medicae
Parisiensis," dà il seguente resoconto di lui. "Cerchiamo di prossima
produciamo Peter de Apona, o Pietro da Abano, chiamato il riconciliatore, a
causa del famoso libro che ha pubblicato durante il suo soggiorno nella vostra
università. E 'certo che fisica laici sepolto in Italia, scarsa noto a nessuno,
incolto e disadorno, fino alla sua genio tutelare, un abitante del villaggio di
Apona-Terme, destinata a liberare l'Italia dalla sua barbarie e l'ignoranza,
come Camillo volta liberato Roma dall'assedio del Galli, ha fatto un'indagine
diligente in quale parte del mondo della letteratura cortese è stato
felicemente coltivata, la filosofia più astuzia gestito, e fisico ha insegnato
con la massima solidità e la purezza; e di essere certi che sola Parigi
rivendicò questo onore, là vola attualmente; dando se stesso interamente alla
sua tutela, si applicò con diligenza per i misteri della filosofia e della
medicina; ottenuto un grado e l'alloro in entrambi; e poi entrambi insegnato
con grande applauso: e dopo un soggiorno di molti anni, loaden con la ricchezza
acquisita in mezzo a voi, e, dopo essere stato il più famoso filosofo del suo
tempo, torna al suo paese , dove, a giudizio del giudizioso Scardeon , è stato
il primo restauratore della vera filosofia. Gratitudine, quindi, invita a
riconoscere i vostri obblighi a causa di Michael Angelus Blondus, di
Roma, che nell'ultimo impegno secolo di pubblicare il Conciliationes Physiognomicæ
del proprio Aponensian, e trovando erano state composte a Parigi, e nella
vostra università, ha scelto di pubblicarli nel nome, e con il patrocinio,
della vostra società. Portava le sue indagini finora nelle scienze
occulte della natura astruso e nascosta, che, dopo aver dato più ampie prove,
dai suoi scritti in materia di fisionomia , geomanzia, e chiromanzia , si è
trasferito sulla allo studio della filosofia; che studi hanno dimostrato in
modo vantaggioso per lui, che, per non parlare dei due prima, che lo presentò a
tutti i papi del suo tempo, e lo ha acquisito una reputazione tra i dotti, è
certo che era un grande maestro in quest'ultimo , che appare non solo dalle
cifre astronomiche che aveva dipinto nella grande sala del palazzo di Padova, e
le traduzioni fece dei libri del rabbino dottissimo Abraham Aben Ezra, aggiunto
a quelli che si ricompose nei giorni critici, e il miglioramento di astronomia,
ma dalla testimonianza del celebre matematico Regiomontano, che ha fatto un bel
panegirico su di lui, in qualità di un astrologo, nell'orazione ha pronunciato
pubblicamente a Padova quando ha spiegato c'è il libro di Alfragano .
Steepto scritti Conciliatore differentiarum philosophorum et
precipue medicorum Nei suoi scritti egli espone e difende i sistemi medici e
filosofici di Averroè, Avicenna , ed altri scrittori. Le sue opere più note
sono il Conciliatore differentiarum quae tra philosophos et medicos versantur e
De venenis eorumque remediis , entrambi i quali sono ancora esistente in decine
di manoscritti e varie edizioni a stampa dalla fine del Quattrocento attraverso
Cinquecento. Il primo tentativo di riconciliare apparenti contraddizioni tra
teoria medica e la filosofia naturale aristotelica, ed è stato considerato
autorevole in ritardo quanto XVI secolo. E 'stato affermato che
Abano-Terme ha anche scritto un libro di magia chiamato "Heptameron,"
un libro conciso di riti magici rituali che si occupano di evocare gli angeli
specifici per i sette giorni della settimana (da qui il titolo). Egli è anche
accreditato con la scrittura De venenis eorumque remediis , che ha esposto
sulle teorie arabi in materia di superstizioni, veleni e contagi.
l'Inquisizione Generico ritratto di Petr [noi] da Abano conciliatore ,
<la rovesciata 'c' è un'abbreviazione corrente latina per il prefisso 'con
-'> xilografia dalla Cronaca di Norimberga , 1493 E 'stato due volte portato
in giudizio da parte dell'Inquisizione; per la prima volta è stato assolto, e
morì prima che il secondo processo è stato completato. E 'stato trovato
colpevole, però, e il suo corpo è stato ordinato di essere riesumato e
bruciato; ma un amico aveva segretamente rimosso, e l'Inquisizione doveva
quindi accontentarsi con la proclamazione pubblica della sua frase e la
combustione di Abano in effigie . Secondo Naude: L'opinione
generale di quasi tutti gli autori è, che era il più grande mago del suo tempo;
che per mezzo di sette spiriti, familiari, che teneva chiuso dell'articolo in
chrystal, aveva acquisito la conoscenza delle sette arti liberali, e che aveva
l'arte di causare il denaro che aveva fatto uso di tornare ancora in tasca. È
stato accusato di magia nel ottantesimo anno della sua età, e che morire prima
che il suo processo era finito, è stato condannato (come riporta Castellan) al
fuoco; e che un fascio di paglia o vimini, che rappresenta la sua persona, è
stata pubblicamente bruciato a Padova; che così rigoroso un esempio, e dalla
paura di incorrere in una sanzione, come, potrebbero sopprimere la lettura dei
tre libri che aveva composto su questo argomento: il primo dei quali è la nota
Heptameron, o elementi magici di Peter de Abano, filosofo, ora esistente, e
stampato alla fine di Agrippa opere s'; il secondo, quello che Trithemius
chiama Elucidarium Necromanticum Petri da Abano; e un terzo, chiamato dallo
stesso autore Liber experimentorum mirabilium de Annulis secundem, 28 Mansiom
Lunae . Abside con il suo sarcofago. Barrett (p. 157) si riferisce
al parere che non era sul punteggio di magia che l'Inquisizione ha condannato
Pietro d'Abano-Terme a morte, ma perché ha cercato di spiegare i meravigliosi
effetti nella natura dalle influenze dei corpi celesti, non attribuendole agli
angeli o demoni; in modo che l'eresia , piuttosto che la magia, sotto forma di
opposizione alla dottrina degli esseri spirituali, sembra aver portato alla sua
persecuzione. Per citare Barrett: Il suo corpo, prese privatamente dalla sua
tomba dai suoi amici, sfuggito alla vigilanza degli inquisitori, che avrebbero
condannato a essere bruciato. E 'stato rimosso da un luogo all'altro, e
finalmente depositato nella Chiesa di St. Augustin, senza epitaffio, o
qualsiasi altro segno di onore. I suoi accusatori attribuiti opinioni
incoerenti a lui; lo accusato di essere un mago, e tuttavia con negare
l'esistenza degli spiriti. Aveva una tale antipatia per il latte, che vedendo
chiunque prendere lo faceva vomitare.Altro lettura Francis Barrett, The Magus, J.
Cadden, "Scienze / silenzi: la natura e le lingue di" sodomia
"in Pietro d'Abano Problemata Commento". In: K. Lochrie
&McCracken & J. Schultz (. Edd), Costruire sessualità medievali ,
University of Minnesota Press, Minneapolis & London 1997, pp 40-57..
Premuda, Loris. "Abano, Pietro D'." nel dizionario della biografia
scientifica . (1970). New York: Charles Scribner Sons. 1:
4-5. link esterno il Heptameron. Refs.:
Luigi Speranza, “The reception of pseudo-Aristotle via Abano’s edition,” Luigi
Speranza, "Grice ed Abano," per il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
ABBÀ. (Farigliano). Grice: “Abbà is a genius – an Italian
Lockino, as he calls himself in “Elementae logicae” – But he is actually better
than Locke – England’s and Oxford’s greatest philosopher – for a couple of
reasons: Locke uses barbarisms – anglo-saxonisms, Abba, who could be philosophising
in his Cuneo vernacular, uses Cicero’s tongue! And the good thing is that he is
fluent at it and his prose is flowing – It is difficult for a Locke to write in
Latin – witness the roughness of Occam’s prose in Latin – but for Abba, he is
obviousl THINKING in Italian and expressing his thoughts in ‘palaeo-Italian,’
as he calls ‘Latin.’ “Thinking in Italian may be preoponderant, but it need not
be true!” Grice” “Of course I enjoyed most his philosophising on the ‘signum
naturale’ – on which I drew for my Oxford seminars!” -- He is a great
interpreter of Locke; in a country that needs that!” - Filosofo allievo di Benone, gli succedette nella cattedra di metafisica a Torino. Partendo dalla filosofia di Locke, ritiene
che i dati empirici forniti dall'esperienza siano alla base della conoscenza
umana, ma che le idee si formino attraverso un'elaborazione di questi elementi
empirici da parte dell'anima umana, che utilizza categorie logiche indipendenti
dall'esperienza. Abbà entrò in polemica con Rosmini a proposito del suo “Saggio
sull'origine delle idee” mettendo in dubbio la veridicità del suo sistema.
Rosmini controbatté alle critiche nel Diario filosofico di Adolfo, VII,
G.A.A.(pubblicato in Riv. rosminiana, III [1908], 1-8).
Elementa logices et metaphysices, Taurini, Stamperia reale, Delle
cognizioni umane: trattato del teol.o coll.o Abbà, Torino, Canfari. Lettere a
Filomato sulle credenze primitive e sulla filosofia sino a Socrate scritte dal
teologo coll.o Abbà, Torino, Canfari. G. Capone Braga, La filosofia fitaliana
del Settecento, Padova,Francesco Corvino, Dizionario biografico degli italiani,
Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Filosofia. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice ed Abba,” The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
ABBAGNANO.
(Salerno).
Grice: “There are TWO Abbagnani: the Paris Abbagnano, who to be different,
dubbed his ‘existenzialismo’ ‘esistenizalismo positivo’ (later illuminismo),
and MY Abbagnano, the one who explored that infamous Greek embassy that arrived
in Rome in 189 a. u. c., bringing the sophistries for the fascination of the
Scipioni of Rome!” -- Salerno, filosofo. Essential, idealist Italian
philosopher, famouos for his “Dizionario di filosofia,”“which alas, has no
entry fro ‘implicatura.’”Grice. Abbagnano also wrote an interesting history of
philosophy, and is regarded as an idealist, alla Oxonian-favoured Croce. Nicola Abbagnano (n.
Salerno), filosofo. Laureatosi in filosofia a Napoli con Antonio Aliotta,
insegna dapprima al Liceo Umberto I ed all'Istituto Superiore di Magistero
"Suor Orsola Benincasa" del capoluogo campano, per poi trasferirsi
all'Torino dove è Professore di Storia della filosofia prima presso la Facoltà
di Magistero, poi presso quella di Lettere e Filosofia; è condirettore, a
fianco di Norberto Bobbio, della Rivista di filosofia; è stato ispiratore del
gruppo di intellettuali e filosofi, comprendente, tra gli altri, lo stesso Bobbio
e Ludovico Geymonat, che prende il nome di "neoilluminismo italiano",
organizzando una serie di convegni rivolti alla costruzione di una filosofia
"laica", aperta ai principali orientamenti del pensiero filosofico
internazionale. Collabora con il quotidiano La Stampa; si trasferisce poi a
Milano dove collabora con Il Giornale di Indro Montanelli e dove viene eletto
consigliere comunale nelle liste del Partito Liberale Italiano e assume per
circa un anno la carica di assessore comunale alla Cultura. Divenne socio
dell'Accademia delle scienze di Torino. È stato uno dei promotori del Centro di
studi metodologici di Torino. Come studioso di filosofia, è tra i primi a
diffondere in Italia, negli anni trenta e quaranta, la conoscenza delle
correnti esistenzialistiche francesi e tedesche, in particolare Heidegger,
Jaspers e Sartre. Nell'opera "Le sorgenti irrazionali del pensiero,"
Abbagnano esalta l'azione creativa, la volontà e l'esperienza, attribuendo ad
esse il compito di condurre alla verità. Erano elementi che egli ritrova
soprattutto nella filosofia di Giovanni Gentile. Fondamentale
nell'evoluzione del suo pensiero è l'opera "La struttura
dell'esistenza," pubblicata a Torino, nella quale Abbagnano propose una
terza alternativa alle due correnti appartenenti all'esistenzialismo, quella di
Heidegger e quella di Jaspers. Abbagnano definisce la propria visione
filosofica come "esistenzialismo positivo"; esso, pur non
esplicitamente formulato in veste sistematica, individua la centralità dell'esistenza
come momento ontologicamente fondativo, considerando la razionalità dell'uomo
come lo strumento principe in grado di garantire a questo fondamento un valore
positivo contro ogni possibile nichilismo. Diversamente rispetto
all'impostazione di Heidegger e di Jaspers, Abbagnano evidenzia l'importanza
della libertà e della indeterminazione e quindi l'ineluttabilità del loro
perseguimento. Oltre a porre la ragione come unico mezzo per creare un
legame tra l'uomo e il mondo che lo circonda il pensiero di Abbagnano insiste
molto su un chiarimento dell'orizzonte categoriale della possibilità, in
contrasto con quello della necessità, tipico proprio dell'idealismo romantico e
dell'esistenzialismo, fatto che spiega la sua forte critica nei confronti
queste due scuole filosofiche. Nello scritto "Possibilità e libertà,"
l'autore chiarì il senso della sua filosofia, non incline né alla visione
pessimistica dell'uomo imbrigliato e impedito in ogni suo progetto vitale, ma
neppure ottimista al punto da concedere all'essere una realizzazione certa. In
quegli stessi anni prende vita il movimento filosofico da lui nominato
"neoilluminismo", nel quale precisa il senso dell'esistenzialismo
positivo in termini di empirismo radicale e di filosofia applicata alla realtà
del mondo sociale. Il movimento, che ha avuto sin dal principio una
configurazione culturalmente e politicamente molto composita, avrebbe dovuto
favorire l'elaborazione di una visione e di un uso della ragione filosofica
alternativi tanto al marxismo che al pensiero cattolico. Abbagnano aveva del
resto ripetutamente criticato all'idealismo e al neoidealismo la tendenza a
sottostimare il valore della scienza, da lui invece considerata una disciplina
indispensabile per la ricerca della conoscenza, oltreché per l'utilizzo delle
sue applicazioni. Quindi una disciplina alternativa alla filosofia, ma di pari
valore e ad essa complementare. Abbagnano insistette nei suoi lavori sui
concetti di libertà e di ragione; la prima intesa come la possibilità di
scegliere, la seconda come facoltà necessaria per regolare le azioni
dell'uomo. Anche il positivismo di stampo ottocentesco fu oggetto di
critica tramite la contrapposizione con le filosofie di Immanuel Kant e Søren
Kierkegaard. Nel suo "esistenzialismo positivo," Abbagnano insiste
molto sulla finitudine dell'uomo e sulla problematicità dell'esistenza,
destinata per sua costituzione a operare nell'orizzonte del possibile. Egli
vede kantianamente nel limite una caratteristica di fondo del nostro esistere e
del nostro sapere. Negli ultimi anni questo lucido senso del limite e della
problematicità esistenziale si è accompagnato a un lucido senso del mistero
ultimo delle cose, inteso come un aspetto insopprimibile della nostra
esperienza del reale. «Ed è proprio questo senso del limite e del mistero,
insieme alla rinuncia ad ogni (illusoria) infinitizzazione o divinizzazione
dell'umano, a fondaresecondo l'ultimo Abbagnanola possibilità di un incontro
genuino fra credenti e non credenti. E ciò all'insegna di quella ”umiltà del
pensiero” (come la chiamava il filosofo) che rappresenta la condizione
indispensabile di ogni etica del dialogo e del reciproco rispetto». Oltre che
autore di saggi su singoli filosofi (Aristotele, Ockham, Meyerson, ecc.),
Abbagnano è stato anche l'autore di una celebre Storia della filosofia su cui
si sono formate intere generazioni di studenti e di docenti. Egli ha realizzato
anche un "Dizionario di filosofia," considerato tra i migliori a
livello internazionale. La Storia della filosofia (sia nella versione scolastica
pubblicata dall'editore Paravia, sia nella versione universitaria pubblicata
dalla Utet) è stata poi aggiornata dal suo allievo Giovanni Fornero, in
collaborazione con Dario Antiseri e Franco Restaino, in due volumi sulla
filosofia contemporanea. Lo stesso Fornero, insieme a un'équipe di noti
studiosi, ha curato anche l'aggiornamento e l'ampliamento del "Dizionario
di filosofia." Opere: Le sorgenti irrazionali del pensiero, Genova-Napoli,
Perrella. Il problema dell'arte, Genova-Napoli, Perrella. Il nuovo idealismo,
Genova-Napoli, Perrella. La filosofia di E. Meyerson e la logica dell'identità,
Napoli-Città di Castello; La vita di Ockham, Gubbio, Oderisi. Guglielmo di
Ockham, Lanciano. La nozione del tempo secondo Aristotele, Lanciano, Carabba.
La fisica nuova. Fondamenti di una teoria della scienza, Napoli. Il principio
della metafisica, Napoli. La struttura dell'esistenza, Torino, Paravia.
Introduzione all'esistenzialismo, Milano, Bompiani, 1Storia della filosofia I,
Filosofia antica. Filosofia patristica. Filosofia scolastica, Torino, UTET,
II.1, Filosofia moderna sino alla fine del secolo XVIII, Torino, UTET, 1II.2,
Filosofia del romanticismo. Filosofia contemporanea, Torino, UTET, II,
Filosofia del Rinascimento, la filosofia moderna dei secoli XVII e XVIII,
Torino, UTET, La filosofia del Romanticismo. La filosofia tra il secolo XIX e
XX, Torino, UTET, 4ª ed. aggiorn. e riv. voll. I, II, III, con aggiunta
del IV (La filosofia contemporanea):
tomo 1 di G. Fornero, L. Lentini, F. Restaino; tomo 2 di G. Fornero, D.
Antiseri, F. Restaino. UTET, Torino, Filosofia religione scienza, Torino,
L'esistenzialismo positivo, Torino, Possibilità e libertà, Torino, Dizionario
di filosofia, Torino, UTET, (aggiornato e ampliato da Giovanni Fornero). Per o
contro l'uomo, Milano, 1Fra il tutto e il nulla, Milano, (con Aldo
Visalberghi), Linee di storia della pedagogia, 3Torino: Paravia, Questa pazza
filosofia ovvero l'Io prigioniero, Milano, La saggezza della vita, Milano, La
saggezza della filosofia. I problemi della nostra vita, Milano, Scritti
esistenzialisti, B. Maiorca, Torino, Ricordi di un filosofo, Marcello
Staglieno, Milano, Protagonisti e testi della filosofia, Milano,
L'esercizio della libertà. Scritti scelti , B. Maiorca, ed. riv. agg. e
integrata, Boni, Bologna, 1Esistenza e metafisica, B. Maiorca, Milella, Lecce,
Scritti neoilluministici, B. Maiorca, introduzione diRossi e C. A. Viano, UTET,
Torino. Note Montano. Nicola ABBAGNANO, su accademia delle scienze.
La frase è tratta da G. Fornero, Abbagnano tra limite e mistero, «Avvenire», 28
settembre . La prima edizione della
storia della filosofia di Abbagnano, che aveva già pubblicato un Sommario di filosofia
per i licei risale agli anni 1945-1947 (per il manuale scolastico) (per il
manuale universitario). Attraverso successive edizioni e aggiornamenti (per
opera di Giovanni Fornero) tale storia continua a essere la più diffusa nelle
nostre scuole. N. Bobbio, Discorso su
Nicola Abbagnano, in: N. Abbagnano, Scritti scelti, Taylor, Torino, Norberto
Bobbio, La filosofia dell'esistenza in Italia, in "Rivista di
Filosofia", Luigi Pareyson, Il pensiero di Nicola Abbagnano e i suoi
sviluppi recenti in Id., Esistenza e persona, Taylor, Torino, Antonio Aliotta,
L'esistenzialismo positivo di N. Abbagnano, in Id., Critica
dell'esistenzialismo, Perrella, Roma, 1951. Giorgio Giannini, L'esistenzialismo
positivo di Nicola Abbagnano, Morcelliana, Brescia, Pietro Chiodi,
L'esistenzialismo, Loescher, Torino, 1957. Franco Lombardi, L'esistenzialismo
in Italia, in Id., La filosofia italiana negli ultimi cento anni, Arethusa,
Asti, 1958. Antonio Santucci, Esistenzialismo e filosofia italiana, Bologna, Il
Mulino, Norberto Bobbio, Discorso su Nicola Abbagnano, in N. Abbagnano, Scritti
scelti (Giovanni De Crescenzo e Pietro Laveglia), Taylor, Torino, 1967.
Giuseppe Semerari, Il neoilluminismo filosofico italiano, in Id., Esperienze
del pensiero moderno, Argalia, Urbino, La cultura filosofica italiana nelle sue
relazioni con altri campi del sapere, Atti del Convegno di Anacaprigiugno 1981,
Guida, Napoli, 1988. Giuseppe Semerari, Genesi e formazione
dell'esistenzialismo positivo, in Id., Novecento filosofico italiano, Guida,
Napoli. Mirella Pasini, Daniele Rolando , Il neoilluminismo italiano. Cronache
di filosofia, Il Saggiatore, Milano, Nino Langiulli, Possibility, Necessity,
and Existence. Abbagnano and His Predecessors, Temple University Press,
Philadelphia. Giuseppe Cacciatore, Giuseppe Cantillo , Una filosofia dell'uomo,
Atti del Convegno in memoria di N. Abbagnano (Salerno), Comune di Salerno. Marco
Delpino, Paolo Riceputi , Nicola Abbagnano. L'uomo e il filosofo, Atti del
Convegno di studi (S. Margherita Ligure), coordinamento di G. Fornero, Edizioni
Tigullio-Bacherontius, S. Margherita Ligure. Silvio Paolini Merlo, Consuntivo storico
e filosofico sul "Centro di Studi Metodologici" di Torino
(1940-1979), Pantograf (Cnr), Genova, 1998 Bruno Maiorca, Nicola Abbagnano,
Seam, Roma, Bruno Miglio , Nicola Abbagnano. Un itinerario filosofico, Atti del
Convegno per il centenario della nascita (Torino,), Il Mulino, Bologna, 2002.
Aniello Montano, Il prisma a specchio. Percorsi di filosofia italiana tra
Ottocento e Novecento, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, Bruno Maiorca,
Nicola Abbagnano. Esistenza, ricerca, saggezza, Ferv, Roma, 2003. Rosanna
Panelli Marvulli, 'Tributo ad Abbagnano', in abbagnanofilosofo., . Rosanna
Panelli Marvulli, Abbagnano. Una vita per la filosofia, con un saggio di
Giovanni Fornero, UTET, Torino, . Silvio Paolini Merlo, Abbagnano a Napoli. Gli
anni della formazione e le radici dell'esistenzialismo positivo, Guida, Napoli,
2003, 88-7188-694-1. Carlo Augusto
Viano, Stagioni filosofiche. La filosofia del Novecento fra Torino e l'Italia,
Il Mulino, Bologna, Pietro Rossi, Avventure e disavventure della filosofia. Saggi
sul pensiero italiano del Novecento, Il Mulino, Bologna, Giorgio Primerano, La
prospettiva pedagogica di Nicola Abbagnano, Aracne Editrice, Roma, Silvio
Paolini Merlo, L'esistenza come struttura. Il pensiero di Nicola Abbagnano e
l'esistenzialismo, Editoriale Scientifica, Napoli, Silvio Paolini Merlo, Mito e
ragione mitica. Corollari sull'estetica di Nicola Abbagnano, in Id., Estetica
esistenziale, Mimesis, Milano, . Franco Ferrarotti, Un greco in via Po.
Passeggiate silenziose con Nicola Abbagnano, Edb, Bologna. TreccaniEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Enciclopedia Britannica,
Encyclopædia Britannica, Inc. Opere di Nicola Abbagnano, Sito dedicato, su
abbagnanofilosofo. Filosofia Filosofo del XX secoloStorici della filosofia
italianiAccademici italiani Professore Salerno MilanoEsistenzialistiStudenti
dell'Università degli Studi di Napoli Federico IIProfessori dell'Università
degli Studi Suor Orsola Benincasa Professori dell'Università degli Studi di
Torino Membri dell'Accademia delle Scienze di ToriRefs.: Grice,
“Implicature in Philosophical Dictionaries. I don’t give a hoot care what the
dictionary saysAnd that’s where you make your big mistake. -- Luigi Speranza, "Grice ed Abbagnano," per Il
Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
ABBRI. (Agliana).
Grice: “I like Abbri; he is the equivalent of what *I* would be if I present
myself as “The Philosopher of Staffordshire” – for Abbri is obsessed with
Toscana – “Toscana e la scienza nuova,” “Filosofia e scienza nella Toscana del
Seicento,” – he has also studied the philosophies (particelle) of Santi and
Volta -- Filosofo. Sii è laureato in filosofia con Rossi a Firenze con una tesi
su Filosofia, chimica e linguaggio; è stato borsista della Domus Galilaeana di
Pisa e successivamente ricercatore confermato presso il Dipartimento di
filosofia dell'Firenze. Dal 1976 collabora con l'Istituto e Museo di storia
della scienza di Firenze, oggi Museo Galileo, come membro del Comitato
scientifico dell'Istituto e, dal 1986, anche come membro dell'editorial board
della rivista Nuncius. Inoltre, negli stessi anni, è entrato a far parte del
comitato editoriale delle riviste Prospettiva EP e Arkete; è nominato
professore straordinario di storia della filosofia moderna e contemporanea
presso la Facoltà di lettere e filosofia dell'Università della Calabria,
Cosenza, dove ha anche insegnato storia della filosofia medievale. Dal 1990 ha
diretto, con Franco Crispini, la collana Storia delle idee della casa editrice
Rubbettino. Professore di storia della filosofia e professore supplente di
storia della musica moderna e contemporanea presso la Facoltà di lettere e
filosofia di Arezzo, Siena; della Facoltà aretina è stato inoltre preside, nnonché
direttore del Dipartimento di studi storico-sociali e filosofici. Ha ricoperto
la carica di segretario della Società Italiana di storia della scienza. È stato
in più occasioni visiting scholar all'Uppsala e al Centro di storia della
scienza dell'Accademia reale svedese delle scienze di Stoccolma e membro dello
steering committee di un progetto europeo sulla storia della chimica moderna e
contemporanea finanziato dalla Fondazione europea per la scienza di
Strasburgo. Attualmente insegna storia della filosofia ad Arezzo nel
Dipartimento di scienze della formazione, scienze umane e della comunicazione
interculturale, e storia della filosofia e filosofia morale nel Dipartimento di
scienze storiche e dei beni culturali a Siena. È Presidente del Comitato della
didattica della LM interclasse di storia e filosofia di Siena-Arezzo.
Opere I suoi studi riguardano la storia delle idee filosofiche e scientifiche,
con una particolare attenzione per la storia dell'alchimia (dal Medioevo al
Seicento), della prima chimica (da Paracelso a Lavoisier), della magia e della
cultura filosofico-scientifica europea (dal Rinascimento all'Età dei Lumi), dei
rapporti tra religione e scienza e tra musica e filosofia nell'Età moderna. Si
interessa inoltre della filosofia e della cultura britannica del Novecento, di
storia della storiografia filosofica e scientifica, del rapporto tra femminismo
e scienza e tra storia antica e narrazione cinematografica. I suoi
numerosi studi hanno portato alla pubblicazione di varie opere uscite in Italia
e all'estero; i suoi saggi sono apparsi in riviste italiane e straniere e in
volumi editi in Francia, Paesi Bassi, Svezia, Germania e USA. Si è
interessato alla cultura scandinava e in particolare alle relazioni tra Italia
e Svezia nel secolo XVIII e ha curato la pubblicazione di carteggi inediti di
scienziati toscani con scienziati svedesi e russi. Vari lavori riguardano
la letteratura, la filosofia e la musica nell'Inghilterra del Novecento, con
particolare riferimento a John Ellis McTaggart, George Edward Moore, Bloomsbury
Group; il suo libro più recente riguarda la filosofia della musica nell'800
britannico. Alcuni lavori riguardano la metafisica e la filosofia della
religione di Linneo, Joseph Priestley e la tradizione sociniana e unitariana.
In previsione di un lavoro monografico su Priestley e l'apologetica del
cristianesimo, le sue indagini considerano le radici teologiche e filosofiche
dell'unitarismo del chimico e filosofo inglese, soprattutto la sua lettura
delle opere di Fausto Sozzini e della Catechesis Racoviensis. In altri
scritti Abbri analizza le vicende delle tradizioni storiografiche, filosofiche
e scientifiche in Italia, con particolare attenzione all'opera di Aldo Mieli
che fu uno dei promotori della moderna storia della scienza nel contesto
internazionale. I suoi lavori più recenti vertono sui dibattiti
contemporanei, nell'ambito delle varie tradizioni cristiane, relativi ai
problemi connessi al gender e gli sviluppi della tradizione sociniana nell'Età
dei Lumi. OPAC del Museo Galileo, su opac.museogalileo. Bernardette Bensaude-Vincent, Ferdinando
Abbri , Lavoisier in European context: negotiating a new language for
chemistry, Canton, Science history publications, Ferdinando Abbri, Un dialogo
dimenticato: mondo nordico e cultura toscana nel Settecento, Milano, Franco
Angeli, Un altro paesaggio: studi sulla musica britannica del Novecento,
Firenze, Edifir, Miti, sogni e storie: filosofia e musica nel Novecento
britannico, Milano, Franco Angeli, ,.
Ferdinando Abbri, Un paese musicale : filosofie della musica
nell'Ottocento britannico, Milano, Prometheus, , Ferdinando Abbri, Professore,
Siena, su segreteriaonline.unisi. Dipartimento di scienze della
formazione, scienze umane e della comunicazione interculturale, Università
degli studi di Siena, su dsfuci.unisi. Museo Galileo, su
museogalileo. Nuncius: Journal of the material and visual history of
science, su museogalileo. Filosofi italiani del XXI secoloStorici della
scienza italiani 1951 12 lugliod Agliana.
ACCETTO. (Trani). Grice: “I learned so much about Accetto, and I hope
it showed in my talk at Brighton on ‘meaning, revisited.’ For Accetto, unlike
Strawson, there is ‘disimulazione onesta’ and ‘simulazione disonesta.’ Accetto
notes that there is an implicature to the effect that ‘disimulazione’ is
disonesta per se and hence he tried to provoke the duchess of Malfi by his
little treatise on ‘Della simulazione onesta’ – “An oxymoron, if ever there was
one --,’ the duchess told the duke --.” Filosofo. Nativo di Trani, visse ad
Andria e fu in relazione con la cerchia del marchese Giovanni Battista Manso,
il mecenate napoletano che fu biografo di Torquato Tasso nonché fondatore
dell'Accademia degli Oziosi. Scrisse varie
rime, nelle quali evidenziò la sua delicata coscienza morale e il breve
trattato Della dissimulazione onesta: nato nel contesto della dominazione
spagnola in Italia, fu pubblicato a Napoli e rapidamente dimenticato. Il
libello fu poi riscoperto da Benedetto Croce all'inizio Professoree ripubblicato
da Salvatore S. Nigro. La "dissimulazione", tematica al centro dei
dibattiti all'epoca, non è, per Accetto, sinonimo di menzogna, ma invito al
raccoglimento e alla cautela. L'analisi di Accetto pone la questione, da un
piano di politica spicciola, su un piano di accurata indagine morale: l'autore,
alquanto speciosamente, differenzia la simulazione, moralmente riprovevole
perché viziata da intenzioni cattive, dalla dissimulazione, che invece pareva
all'Accetto l'unico rimedio per difendersi da una società pullulante di
simulatori e per trionfare delle proprie passioni. La ricetta però per
risultare vincente richiede una onestà di animo e un buon equilibrio. Opere Edizioni originali: Rime di Torquato Accetto, Napoli: nella
stampa degli heredi di Tarquinio Longo, Rime del signor Accetto, divise in
amorose, lugubri, morali, sacre, et varie, Napoli: nella stampa di Giacomo
Gaffaro, Della dissimulazione onesta, Napoli, Edizioni moderne: Rime amorose, edizione critica Salvatore S.
Nigro, Torino: Einaudi, Della dissimulazione onesta, edizione critica Salvatore
S. Nigro; presentazione di Giorgio Manganelli, Genova: Costa & Nolan, nuova
edizione Torino: Einaudi, Della dissimulazione onesta Rime, E. Ripari, Milano:
BURRizzoli, . Note "Le Muse",
De Agostini, Novara, B. Croce, Storia dell'età barocca in Italia, Bari, Eugenio
Garin, Storia della filosofia italiana, Torino, 1966 Rosario Villari, Breve
riflessione sulla Dissimulazione onesta di Torquato Accetto, R. Villari, Elogio
della dissimulazione. La lotta politica nel Seicento, RomaBari, Laterza, sapere,
De Agostini. Torquato Accetto, in
Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Torquato Accetto, su Liber Liber. Opere di Torquato Accetto, su openMLOL,
Horizons U. Refs. Luigi Speranza, “Grice ed Accetto” – The Swimming-Pool
Library, Villa Speranza, Liguria.
ACHILLINI. (Bologna). Grice: “It is
from Achillini that I draw the idea that ‘mean’ is essentially a ‘consequentia’
relation – he speaks of the sillogismo fisiognomico (those spots do not mean
measles, YOU mean that you have measles, since you painted them yourself!” –
but then he was ‘of’ Bologna, and thus a physician, more than a philosopher!
Bless his little heart!” Grice: “The fact that the Loeb Classical Library has
Aristotle’s Physiognomica helped!” -- Grice: “I like Achillini; he is my type
of logician.” “Possibly, his most generalised implicature is his little
philosophical tract on ‘de prima potestate syloogismi,’ translated during the
second world war as “la prima potesta del sillogismo.’ His example: “all men
are mortal, Garibaldi!” -- Filosofo. Essential Italian philosopher. Grice:
“What fascinates me about Achillini is, first, that he belonged to a varsity
older than mine, Bologna; second, that he was a Renaissance occamist, as Matsen
has shown.” Alessandro Achillini (Latina Alexander Achillinus)
filosofo. Achillini è nato a Bologna e ha vissuto la maggior parte della
sua vita. Era il figlio di Claudio Achillini, membro di un'antica famiglia di
Bologna. E 'stato celebrato come docente in filosofia presso Bologna e Padova ,
ed è stato designato "il secondo Aristotele." Lui era di natura molto
semplicistico. E 'stato qualificato nelle arti di adulazione e di doppio gioco
a tal punto che i suoi studenti più argute e imprudenti spesso lo consideravano
come un oggetto di ridicolo, anche se lo hanno onorato come insegnante. Egli
possedeva anche un bel carattere vivace. Secondo la descrizione di un collega,
che era bello, alto ma ben proporzionato, allegro, felice, spesso sorridente, e
affabile. Achillini mai sposato. La sua reputazione tra i suoi colleghi era
ammirevole ed era molto rispettato. E anche se era ben Achillini lettura e
formidabile in un dibattito, è stato detto di essere un po 'rigida e rigido
nella sua docenza. Dopo la sua morte, molte persone sono state estremamente
devastati. Le sue opere filosofiche sono state stampate in un volume in
folio , a Venezia , e ristampato con notevoli aggiunte. E 'morto a Bologna e fu
sepolto nella chiesa di San Martino. Tra le sue scoperte notevoli, è conosciuto
come il primo anatomico per descrivere le due ossa tympanal dell'orecchio,
chiamato martello e incudine . Ha mostrato che il tarso (parte centrale del
piede) è costituito da sette ossa, ha riscoperto il fornice e l'infundibolo del
cervello. Inoltre ha descritto i condotti delle ghiandole salivari
sottomascellari. Suo fratello è stato l'autore Giovanni Filoteo Achillini
, e il suo pronipote, Claudio Achillini, era un avvocato. Fu costretto a
lasciare Bologna a causa della espulsione della potente famiglia Bentivoglio di
cui era un partigiano. Poi è andato a Padova dove è stato nominato professore
di filosofia. Alessandro Achillini iniziò ad insegnare quando aveva 21
anni. Ad eccezione 1506-1508, è stato professore di filosofia in Bologna. Achillini
era un professore presso l' Padova. Achillini insegnato a Bologna per ventotto
anni, che è più lungo di chiunque abbia mai insegnato a Bologna in la
filosofia. L'Padova ha avuto uno statuto, che se un professore è riuscito
a leggere in qualsiasi giorno assegnato, o non è riuscito ad avere un certo
numero di studenti che sarebbe essere documentati e poi ci sarebbe stata una
diminuzione di stipendio per evento. Achillini non ha soddisfatto il requisito
per la lettura, a cui è stato penalizzato 351 lire bolognesi. Achillini ha
anche ricevuto due lettere fortemente formulate dal Comune di Bologna,
affermando che la sua assenza non era autorizzata, e se avesse continuato
avrebbe penalizzato severamente (500 ducati d'oro per la prima
infrazione). Achillini partecipato molti comitati di dottorato come
membro per l'esame e l'approvazione dei candidati. Ci sono registrazioni di lui
che frequentano almeno novanta volte al presente procedimento. I procedimenti
sono esami di dottorato o di elezioni dei nuovi membri della Compagnia di
collegiali medici. Inoltre, Achillini di era ben versato in teologia. I
suoi disegni iniziali indicano un interesse ad entrare al sacerdozio. Egli
sembra aver iniziato gli studi al seminario; l'anno in cui è entrata la tonsura
nella Cattedrale di Bologna. E anche se poi spostato la sua attenzione al mondo
accademico, è rimasto un teologo attivo per tutta la sua vita e ha contribuito
a due Congressi Generali dell'Ordine Francescano; uno a Bologna e un altro terrà
a Roma.. Mentre in residenza a Bologna, Achillini è accreditato come
strumentale nel generare interesse per Guglielmo di Ockham. L'estensione del
riconoscimento alcuno di Achillini è difficile da discernere, ma si ritiene che
i suoi contemporanei e all'università istigato una breve rinascita Ockhamistic,
come evidenziato dagli ultimi lavori dei suoi studenti. pubblicazioni Le
“Note anatomiche del grande Alexander Achillinus di Bologna” dimostrano una
descrizione dettagliata del corpo umano. Achillini paragona ciò che ha trovato
durante i suoi dissezioni a ciò che altri come Galeno e Avicenna hanno trovato
e note le loro somiglianze e differenze. Achillinus afferma ci sono sette
caratteristiche in sede di esame del corpo al posto del credeva sei data nel
libro di Galeno sulle sette. Queste caratteristiche sono sette dimensioni, il
numero, la posizione, la forma, la sostanza come in sottili o spessi, sostanza
in polposo o ossea, e carnagione. In questo lavoro, Achillinus dà anche
indicazioni come come procedere con alcune dissezioni e le procedure, come la
castrazione, l'estrazione della pietra, e la rimozione della gabbia toracica di
esaminare ulteriormente il cuore ei polmoni. E 'stato anche distinto come
un anatomista, tra i suoi scritti che sono De humani corporis anatomia
(Venezia), e Annotationes anatomicae (Bologna). Di Achillini Annotationes anatomicae
è stato pubblicato da suo fratello, Giovanni Filoteo, E 'stato pubblicato in un piccolo formato di
diciotto fogli con un paio di poesie di sei e due righe ciascuna. Ulteriore
lettura Franceschini, Pietro Dizionario della biografia scientifica Herbert Stanley Matsen -- la sua dottrina di
"universali" e "trascendentali": uno studio in
rinascimentale Ockhamism . Bucknell University Press. Gallerie online, storia
della scienza collezioni, University of Oklahoma Biblioteche immagini ad alta
risoluzione delle opere di e / o ritratti di Alessandro Achillini in e il
formato .tiff. Refs.: Grice,
“Achillini’s problem with transcendentals and universals,” Luigi Speranza, "Grice ed
Achillini," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa
Grice, Liguria, Italia.
ACITO. (Pozzuoli).
Grice: “Acito, who would have
thought it, made me read Cuoco’s brilliant novel on Plato based on an epigram
by Cicero (“You know, Plato was there, in Taranto!” – Acito has also written on
corporations – whatever they are (the mob) – and on Macchiavele -- Filosofo. Del
periodo fascista e attivista del regime. Ha studiato legge a Torino. Iscritto
all'Albo degli Avvocati di Milano. Acito divenne direttore della rivista “Tempo
di Mussolini. “ Fu selezionato al Premio San Remo per libro “Machiavelli contro
L'anti Roma.” Partecipò come rappresentante italiano al Congresso dell'Unione
Europea degli Scrittori svoltosi a Weimar.
Insegnò diritto Storia e dottrina del fascismo a Genova. “Il Popolo
d'Italia,” “L'Oriente arabo: Odierne questioni politiche della Siria, Libano,
Palestina, Irak, Popolo d'Italia, Corporazioni e sindacati nello stato, nella
storia, nei partiti politici, Milano, Trasi, Il volto della rivoluzione: Storia
della rivoluzione; La dottrina dello stato;
Realtà nazionali, Il Fascio e le Verghe, Milano, Morreale, Pref. di
Paolo Buzzi. L'idea unitaria dello stato, Milano, Sonzogno, La dottrina dello
stato nel pensiero di Vincenzo Cuoco. Contributo allo studio del pensiero
politico del secolo XVIII, Milano, Sonzogno, La corporazione e lo stato. Dall'epoca di Roma
all'epoca di Mussolini, Milano, Pirrola, Catalogo della mostra di sculture e
disegni di Vincenzo Gemito. Milano Castello Sforzesco Milano, Orsa, Il trattato
di ben governare. Opera inedita di Tommaso da Ferrara del 1500, Tempo di
Mussolini, 1938. L'ordinamento dello stato corporativo nel pensiero di
Mussolini e nelle decisioni del Gran Consiglio del Fascismo, Tempo di
Mussolini, 1Le origini del potere politico: "Omnis potestas a Deo"
nelle discussioni degli scrittori politici del Trecento, Tempo di Mussolini,
1940. Machiavelli contro l'Antiroma, Tempo di Mussolini. “Il concetto di
popolo” Tempo di Mussolini, “Il problema morale della rivoluzione” Tempo di
Mussolini, La crociata anti-materialistica dell'asse, Tempo di Mussolini, Storia e dottrina del Fascismo. Parte
generale: Nozioni fondamentali, Milano, Guf, Onorificenze Medaglia di Benemerenza per i
Volontari della Guerra Italo-Austriaca nastrino per uniforme ordinariaMedaglia
di Benemerenza per i Volontari della Guerra Italo-Austriaca (19Medaglia
commemorativa dell'Unità d'Italianastrino per uniforme ordinariaMedaglia
commemorativa dell'Unità d'Italia Medaglia commemorativa delle campagne
d'Africa (1882-1935)nastrino per uniforme ordinariaMedaglia commemorativa delle
campagne d'Africa, Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia nastrino per
uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia Croce al merito
di guerranastrino per uniforme ordinariaCroce al merito di guerra. Frank-Rutger
Hausmann, Annuario ufficiale delle forze armate del Regno d'Italia, Istituto poligrafico
dello Stato, I professori dell'Pavia, Amedeo Bianchi, Professore all’Università
Bocconi: Notizie sulla famiglia Acìto Filosofia Filosofo Professore Pozzuoli
MilanoStudenti dell'Università degli Studi di Torino Avvocati italiani del XX
secoloProfessori dell'Università degli Studi di GenovaProfessori
dell'Università degli Studi di Pavia Decorati di sciarpa littoria Personalità
dell'Italia fascistaCavalieri dell'Ordine della Corona d'Italia. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice ed Acito,” The Swimming-Pool Library.
ACONZIO. (Trento). Grice: “I like Aconzio way
of LISTING the devil’s strategies – and naming tdhem after abstract nouns
represented by females: superbia, … etc. – He says he philosophised on
‘dialettiica’ but only for his fellow Italians, and writing to Russell (Lord
Bedford) he adds, ‘it would be fastidious to present them to you!” – When
Elizabeth received his copy of ‘Il timore di Dio,’ she asked, alla Hardie, ‘And
what, Mr. Aconzio, is the meaning of ‘of’?” -- Grice: “I like Aconzio, and so
did my mother – a High Anglican! Aconzio’s claim to fame is twofold: his
“Stratagemata” which resembles Speranza’s study of Apel – only that Aconzio is
‘stratagemata satanae’ – and his “De method” which inspired Feyerabend, an
American professor at the newish varsity of Berkeley in the New World, to
philosophise ‘Contro il metodo.’” – Grice: “There is a small passage in “Del
metodo” – and an even smaller in “Stratagemata” – where Aconzio seems to have
invented (but soon disinvented) the idea of a conversational implicature!”
-- Filosofo. essential Italian
philosopher. Grice: “What I like about my fellow Brit, Aconzio, is that unlike
Feyerabend with his ‘Anything goes,’ Aconzio cared to write about ‘method.’ Ora è
noto per il suo contributo alla storia di tolleranza religiosa. E 'stato
tradizionalmente pensato per essere nato a Trento , anche se era probabilmente
Ossana. E 'stato uno degli italiani, come Pietro Martire e Bernardino Ochino,
che ha ripudiato la dottrina papale e, infine, ha trovato rifugio in
Inghilterra. Come loro, la sua rivolta contro romanità ha preso una forma più
estrema di luteranesimo, e dopo un soggiorno temporaneo in Svizzera ed a
Strasburgo è arrivato in Inghilterra subito dopo Elizabeth adesione s'. Aveva
studiato legge e teologia, ma la sua professione era quella di un ingegnere, e
in questa veste ha trovato lavoro con il governo inglese. Al suo arrivo a
Londra si unì alla Chiesa riformata olandese a Austin Frati , ma è stato
"infettato con Anabaptistical e pareri Arian" ed è stato escluso dal
sacramento da Edmund Grindal, vescovo di Londra. Gli fu concessa la
naturalizzazione. E 'stato per qualche tempo occupati con drenaggio Plumstead
paludi, per i quali si oppongono i vari atti del Parlamento sono stati passati
in questo momento. Fu inviato a riferire in merito alle fortificazioni di
Berwick e sembra che era conosciuto in Inghilterra sia per il lavoro come
ingegnere e di un riformatore religioso e sostenitore della tolleranza durante
l'inizio della Riforma. Prima di raggiungere l'Inghilterra aveva pubblicato un trattato
sui metodi di indagine, "De Methodo, hoc est, de recte investigandarum
tradendarumque Scientiarum ratione" (Basilea); e il suo spirito critico lo
pose al di fuori tutte le società religiose riconosciute del suo tempo. La sua
eterodossia si rivela nella sua "Stratagematum Satanae libri octo,"
talvolta abbreviata in Stratagemata Satanae. Gli stratagemmi di Satana sono i
credi dogmatiche che affittano la chiesa cristiana. Aconzio ha cercato di
trovare il comune denominatore dei vari credi; questa è stata la dottrina
essenziale, il resto era irrilevante. Per arrivare a questa base comune, ha
dovuto ridurre il dogma a un livello basso, e il suo risultato è stato in
generale ripudiata. "Stratagemata Satanae" non è stato tradotto
in inglese fino al 1647, ma in seguito è diventato molto influente tra i
teologi liberali inglesi. John Selden applicata alla Aconzio
l'osservazione, "bene ubi, nil Melius; ubi maschio, nemo pejus" --
"Dove buono, nessuno meglio. Dove male, nessuno peggio." La dedica di
un tale lavoro alla regina Elisabetta illustra la tolleranza o lassismo
religiosa durante i primi anni del suo regno. Aconzio poi trovato un altro
patrono in Robert Dudley, primo conte di Leicester. Ppubblicazioni
Stratagematum Satanae libri octo, De methodo sive recta investigandarum
tradendariumque artium ac scientarum ratione libello, De methodo e Opuscoli
Religiosi e filosofici , Giorgio Radetti, Firenze: Vallecchi) Somma brevissima
della Dottrina Cristiana Una esortazione al timor di Dio Delle Osservazioni et
avvertimenti Che haver si debbono nel legger delle historie Traduzione in
inglese, Tenebre Scoperto (Satana stratagemmi) , London (facsimile ed.,Scholars'
Facsimiles & ristampe. Trattato Sulle Fortificazioni, Paola Giacomoni,
Giovanni Maria Fara, Renato Giacomelli, e O. Khalaf (Firenze: LS Olschki).
Riferimenti Attribuzione Questo articolo comprende il testo da una
pubblicazione ora in public domain : Chisholm, Hugh, ed. " Aconcio,
Giacomo ". Enciclopedia Britannica, Note finali: Di Gough Index a Parker Soc.
Publ. Di Strype Grindal , 62, 66
Dictionnaire di Bayle G. Tiraboschi, Storia della letteratua italiana (Firenze,
Smith, Elder & Co. link esterno Allgemeine Deutsche Biographieversione
online a Wikisource Opere di Jacob Acontius a Post-Riforma Digital Library. Refs.:
Luigi Speranza, "Grice ed Aconzio," per Il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
ACQUISTO. (Monreale). Grice: “I like Acquisto; he was a priest, but
you’d hardly notice it; but then he was jailed and few priests get that! They
must be real bad boys! But blame it on
the mess that the Capri area found itself at that time – In any case, he
reminds me of Manser, the Waynflete professor of metaphysics – Acquisot was
very systematic –I would think his semiotics, strictly, is exposed in a chapter
in the second part to his masterpiece, the ideologia – the first is psicologia,
and the third is logica – in Ideologia, he is a Lockeian – words stand for
ideas – and ‘linguaggio’ is the most effective ‘means of communication’ to
transmit them – native or natural signs, like a ‘grido’ do communicate, but
that’s it – ‘I’m in pain,’ but not ‘The cat sat on the mat.’’ – He is hardly
original but then neither is Leibniz, or Locke or Kant, for that matter – His
emphasis is on the atural versus artificial and pours scorns on those
philosophers who tried to improve on the Latin language – created by the
Umbrians, he claims --.which is artificial enough!” “raffaele d'acquisto
– n. Monreale -- arcivescovo della Chiesa cattolica Incarichi
ricopertiArcivescovo di Monreale Nato1º febbraio 1790 a Monreale
Ordinato presbitero5 febbraio 1814 Nominato arcivescovo23 dicembre 1858 da papa
Pio IX Consacrato arcivescovo2 gennaio 1859 dal cardinale Antonio Maria Cagiano
de Azevedo Deceduto7 agosto 1867 (77 anni) a Palermo Filosofo.
Fu uno dei principali esponenti della storia del pensiero filosofico in Sicilia
nell'800, fautore di quella linea ontologista che vide, allora, moltissimi
seguaci in Sicilia e che mise in collegamento la riflessione filosofica
siciliana con quella presente nel resto d'Italia, in particolare con la
dottrina ed il pensiero di Vincenzo Gioberti. Il suo pensiero risulta una
sintesi fra la psicologia cartesiana ed il dinamismo di Leibniz a cui si
aggiunge la tradizione teologica e filosofica cristiana che prende come punti
di riferimento sant'Agostino e san Bonaventura da Bagnoregio. Pubblicò
numerose opere i cui contenuti spaziavano dal pensiero intorno a Dio al
creazionismo, dall'onnicentrismo all'analisi dell'uomo come essere vitale che è
insieme Potenza, Sapienza ed Amore. Indice 1L'età giovanile 2L'età
adulta, l'insegnamento universitario e le opere 3La carica di arcivescovo ed i
moti insurrezionali 4Gli ultimi anni 5Il pensiero filosofico 6Opere principali
7Genealogia episcopale 8 9 10 L'età giovanile Benedetto D'acquisto nacque come
Raffaele D'Acquisto a Monreale il 1º febbraio 1790 da Niccolò D'Acquisto di
professione calzolaio e da Maria Di Meo. Sin da giovanissimo manifestò uno
spiccato interesse verso lo studio e per questo motivo fu iscritto dai genitori
alla scuola del seminario di Monreale. All'interno del seminario il sacerdote
Benedetto Signorelli rimase favorevolmente colpito dalle grandi doti e
dall'ingegno di Raffaele D'Acquisto e decise di fornirgli i mezzi economici
necessari per continuare gli studi in quanto i genitori non potevano
garantirgli l'accesso all'istruzione superiore. Fu in segno di riconoscenza nei
confronti di questo sacerdote che Raffaele decise di cambiare il suo nome in
Benedetto. Da quel momento in poi verrà, infatti, ricordato come Benedetto
D'Acquisto. Nel 1806 all'età di 16 anni entrò a far parte dell'Ordine dei
Frati minori riformati a Palermo dove prima compì gli studi superiori in
filosofia e teologia e poi divenne insegnante nello stesso convento.
Successivamente otterrà anche la laurea in filosofia presso l'Università degli
Studi di Palermo; insegnerà tale disciplina anche in corsi universitari presso
il collegio San Rocco di Palermo sito in via Maqueda nel centro della
città. L'età adulta, l'insegnamento universitario e le opere Nel 1833
Benedetto D'Acquisto concorse alla cattedra di filosofia all'Palermo, ma la
scelta della commissione esaminatrice cadde su un altro candidato ed allora
Benedetto D'Acquisto andò ad insegnare filosofia presso il seminario
arcivescovile di Palermo. Nel 1843 vinse il concorso per la cattedra di etica e
diritto naturale all'Palermo e fino al 1858, anno in cui venne eletto
arcivescovo, vi dedicò le sue energie intellettuali migliori che gli valsero
anche la carica alla vicepresidenza dell'Accademia di scienze, lettere ed arti
di Palermo dal 1850 al 1858. Questo è anche il periodo in cui Benedetto
D'Acquisto scrive e pubblica le sue opere principali ed in cui il suo pensiero
raggiunge una grande fama anche all'estero. Tra gli scritti più
importanti di questo periodo si possono ricordare: Elementi di filosofia fondamentale
del 1833 scritto insieme a Salvatore Mancino e Vincenzo Tedeschi Paternò
Castello, il Sistema della scienza universale del 1850, la Genesi e natura del
diritto di proprietà pubblicata a Palermo nel 1858 tradotta in francese e
lodata persino da Napoleone III, il Trattato delle idee o Ideologia in cui
portava a compimento la costruzione della sua filosofia teoretica e lo studio
sulla Necessità dell'autorità e della legge del 1861 in cui D'Acquisto tratta
tematiche inerenti al diritto. Nel 1857 Benedetto D'Acquisto pubblica una
delle sue opere più importanti intitolata la Cognizione della verità che
rappresenta una sintesi armonica fra la filosofia e la teologia. In quest'opera
egli sottolinea gli stretti rapporti tra il Creatore e le sue creature pur nella
loro sostanziale ed infinita distinzione e differenza e presenta
un'antropologia filosofico-teologica che concepisce l'uomo sotto un triplice
aspetto (puro, trascendentale, fenomenico), caduto per sua libera scelta
nell'errore e nel male, ma che pure ha in sé la condizione necessaria ma non
sufficiente per la sua elevazione verso la verità e verso il bene,
condizione che soltanto grazie ad una rivelazione esterna diventa sufficiente
ed attuabile. Quest'opera rappresenta il punto massimo del pensiero del
filosofo monrealese. Oltre a questi scritti D'Acquisto ci ha lasciato
anche un trattato di logica dal titolo Organo dello scibile umano, pubblicato
postumo a Palermo nel 1871 ed un manoscritto inedito e privo di titolo
attualmente conservato presso la Biblioteca comunale di Palermo. La
carica di arcivescovo ed i moti insurrezionali Benedetto D'Acquisto fu nominato
arcivescovo di Monreale il 23 dicembre 1858 da papa Pio IX. Appena entrato
nell'arcidiocesi dovette confrontarsi con un periodo turbolento caratterizzato
dalla rivolta di Monreale del 4 aprile 1860, dall'arrivo delle truppe
garibaldine e dal conseguente tramonto del regime borbonico. Con la
costituzione del Regno d'Italia versò una cospicua somma di denaro per
equipaggiare la neonata Guardia Civica. Questo gesto gli meritò l'attenzione e
la gratitudine di re Vittorio Emanuele II che in occasione della sua visita al
duomo di Monreale volle premiare Benedetto D'Acquisto con la commenda
all'Ordine Mauriziano con la motivazione di essersi distinto egregiamente nel
campo della filosofia. Tuttavia nel 1866 scoppiò a Palermo la Rivolta del sette
e mezzo, una violenta insurrezione antigovernativa che in breve tempo si estese
anche ai territori limitrofi in particolare Monreale e Misilmeri. In questo contesto
D'Acquisto fu nominato presidente del Comitato insurrezionale di Monreale con
l'obiettivo di mantenere l'ordine pubblico nella cittadina normanna, ma non
poté fare molto, perché di lì a poco la situazione degenerò ed i rivoltosi
misero a ferro e fuoco la provincia di Palermo, causando la morte di 21
carabinieri e 10 guardie di pubblica sicurezza. Dopo sette giorni
l'insurrezione fu domata dalle truppe governative ma Benedetto D'Acquisto fu
arrestato. Il generale Raffaele Cadorna, inviato dal governo come regio
commissario con il compito di reprimere la rivolta siciliana, nella sua
relazione al Consiglio dei ministri accusò D'Acquisto di avere incoraggiato il
moto rivoluzionario e lo qualificò come "notissimo e pericoloso
reazionario". Fu rinchiuso in prigione prima a Monreale e poi in altre
località per circa un mese insieme ad altri uomini illustri come Giuseppe de
Spuches, famoso letterato, poeta ed archeologo. Rimesso in libertà
provvisoria nel 1866, ngodette del provvedimento di amnistia e ritornò a
Monreale per continuare la sua missione pastorale. Gli ultimi anni
Ritornato nel suo luogo natìo, si dedicò, dopo la diffusione del colera,
all'assistenza di coloro che avevano contratto tale malattia. Tuttavia si
ammalò anche lui e morì a Palermo. Fu tumulato nella chiesa di Santa Rosalia,
una piccola parrocchia in campagna alla periferia di Monreale, ma dopo una
solenne cerimonia le sue spoglie furono traslate nel duomo di Monreale.
Il pensiero filosofico Il suo pensiero filosofico, nell'ambito teoretico e
delle relazioni logiche e dialettiche, si avvicina molto a quello platonico ed
agostiniano con vistose influenze anche del pensiero di Bonaventura da
Bagnoregio. Nell'ambito dell'ontologia si rifà alla scuola metafisica di
Monreale, il cui più importante esponente fu Vincenzo Miceli, sacerdote e
teologo, e di cui Benedetto D'Acquisto rappresenta il naturale seguace e
studioso. Il nucleo centrale della filosofia di D'Acquisto consiste nella
sintesi fra psicologia ed ontologia. Egli colloca nella coscienza il
fondamento teoretico della conoscenza scientifica e divide le idee in tre
categorie: le idee "sensibili" che riguardano il mondo materiale, le
idee "intellettuali" concernenti il proprio essere e le idee
"necessarie" relative a Dio. Questi tre tipi di idee coesistono
contemporaneamente nello spirito umano. A queste tre categorie Benedetto
D'Acquisto ne aggiunge una quarta definita come idee "di rapporto"
che permettono all'individuo di esprimere giudizi e formulare
ragionamenti. Nell'analisi del processo conoscitivo egli crea la sua
nozione di "Onnicentrismo" in cui riesce a trovare un equilibrio fra
due poli apparentemente all'opposto: l'individualità e l'universalità.
Nella sua concezione onnicentrista riesce a far coesistere l'io individuale con
l'io trascendentale sviluppando così un'unità reale fra intuizione sensibile ed
intelletto. Dall'unità tra intuizione ed intelletto si crea l'intuito
intelligente che contiene in un nesso ontologico tutta l'umana vitalità e che
mette in relazione l'individuo con l'intuito dell'azione creatrice dell'Essere
Assoluto. Questa visione avvicina molto Benedetto D'Acquisto al pensiero di
Rosmini e di Gioberti. Il filosofo monrealese tratta anche delle relazioni fra
morale e diritto. L'azione derivante dall'attività dello spirito può rimanere
all'interno dello spirito stesso senza manifestarsi all'esterno e
trasformandosi così in un atto giuridico. Questo atto giuridico costituirà la
legge morale che condurrà l'individuo a conformarsi alla natura, alla ragione ed
a Dio. Tutto ciò rappresenta la sintesi perfetta fra l'essere naturale e
l'essere spirituale. Infine Benedetto D'Acquisto nella sua opera Corso di
diritto naturale afferma che il diritto di proprietà è presente in ogni
individuo che lo utilizza per raggiungere il suo scopo naturale. Il
diritto, dunque, nella vita dell'individuo tende essenzialmente alla
conservazione, allo sviluppo e al perfezionamento della natura umana. Il
diritto positivo, invece, ha l'obiettivo di far prendere coscienza all'individuo
delle proprie azioni e di creare una perfetta armonia fra il diritto stesso e
la moralità. Ma soltanto l'onnipotenza di Dio poteva, secondo D'Acquisto,
portare alla coesistenza perfetta e senza contrasti fra fede e scienza.
Opere: “Elementi di filosofia fondamentale”; “Saggio sulla legge fondamentale
del commercio fra l'anima ed il corpo e su di altre verità che vi hanno
rapporto Prolusione alle lezioni di diritto naturale nell'Palermo Discorso
preliminare alle lezioni di diritto naturale ed etica; Memoria estemporanea sul diritto e dovere del
proprio perfezionamento; Sistema della scienza universal; Corso di filosofia
morale Corso di diritto naturale e filosofia del diritto Cognizione della
verità Trattato delle idee o Ideologia Genesi e natura del diritto di proprietà
Necessità dell'autorità e della legge; Teologia
dogmatica e razionale; Ragionamento sulla resurrezione dei corpi; Organo dello
scibile umano. Genealogia episcopale Cardinale Scipione Rebiba Cardinale Giulio
Antonio Santori Cardinale Girolamo Bernerio, O.P. Arcivescovo Galeazzo
Sanvitale Cardinale Ludovico Ludovisi Cardinale Luigi Caetani Cardinale
Ulderico Carpegna Cardinale Paluzzo Paluzzi Altieri degli Albertoni Papa
Benedetto XIII Papa Benedetto XIV Papa Clemente XIII Cardinale Giovanni Carlo
Boschi Cardinale Bartolomeo Pacca Papa Gregorio XVI Cardinale Antonio Maria
Cagiano de Azevedo Arcivescovo Benedetto D'Acquisto V. Di Giovanni, D'Acquisto e la filosofia
della creazione in Sicilia, Firenze 1868. V. Mangano, Benedetto D'Acquisto
filosofo monrealese, Palermo 1890. G. Millunzi, Storia del seminario
arcivescovile di Monreale, Siena 1895. F. Lorico, Vita di Benedetto D'Acquisto,
Palermo 1899. V. Mangano, La filosofia sociale di monsignor Benedetto
D'Acquisto, Palermo 1900. G. M. Puglia, L'arresto di mons. Benedetto D'Acquisto
arcivescovo di Monreale, Palermo; Dizionario dei siciliani illustri, Palermo
1939. Monreale Duomo di Monreale Rivolta
del sette e mezzo Sant'Agostino San Bonaventura da Bagnoregio Antonio
Rosmini Benedetto D'Acquisto, in
Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Opere di Benedetto D'Acquisto, . David M. Cheney, Benedetto D'Acquisto, in
Catholic Hierarchy. L'ontologismo
rivoluzionario nella Logica di Benedetto D'Acquisto di Antonio Fundarò, dal
sito dell'Istituto siciliano di studi politici ed economiciISSPE. Predecessore Arcivescovo
di Monreale Successore Archbishop Pallium PioM. svg Pier Francesco Brunaccini, Giuseppe
Maria Papardo del Pacco, Arcivescovi di Monreale Fino al 1500Caro Giovanni
Boccamazza Pietro Gerra Ausias Despuig Juan de Borgia Llançol de Romaní XVI
secoloJuan Castellar y de Borja Enrique de Cardona Alessandro Farnese Ludovico
de Torres I Ludovico de Torres II XVII secolo Arcangelo Gualtieri Jerónimo
Venero Leyva Cosimo de Torres Giovanni Torresiglia Francesco Peretti di
Montalto Ludovico Alfonso de Los Cameros Vitaliano Visconti Giovanni Roano e
Corrionero XVIII secolo Francesco del Giudice Juan Álvaro Cienfuegos Villazón
Troiano Acquaviva d'Aragona Giacomo Bonanno Francesco Testa Francesco
Ferdinando Sanseverino Filippo Lopez y Royo XIX secoloMercurio Maria Teresi
Domenico Benedetto Balsamo Pier Francesco Brunaccini Benedetto D'Acquisto
Giuseppe Maria Papardo del Pacco Domenico Gaspare Lancia di Brolo XX secoloAntonio
Augusto Intreccialagli Ernesto Eugenio Filippi Francesco Carpino Corrado Mingo
Salvatore Cassisa Pio Vittorio Vigo XXI secoloCataldo Naro Salvatore Di
Cristina Michele Pennisi. Refs: Luigi Speranza, “Grice ed Acquisto” – The
Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.
ACRI. (Catanzaro). Grice: “Acri has explored
quite a few topics – all in the good Lit. Hum. Oxon. tradition – and since he
tutored at an even older varsity, kudos! He has explored ‘Amore’ and he expands
on the Athenian dialettica – he in fact distinguishes between turbo and sereno
– He left his notes on sereno as an unpublication, but a tutee cared to publish
them ‘Unpublication’ – There is turbo, and there is turbato – as applied to
‘colloquenza’ qua conversational dyad,
Acri speaks of the colloquenza itself as being ‘turbata’ – he relishes
on that – if there is no ardimento, and the Romans loved one – what’s the good
to argue? The second phase of the dialettica is ‘serena’ – I find the
distinction genial and in a way corresponds to my epagoge/diagoge distinction –
the ‘turbo’ is dyadic – say A wants to influence B (turbo 1), B gets influenced
and expresses it in a second conversational move (turbo 2). – Dialettica
turbata – they reach the principle of conversational helpfulness and they
arrive at the ‘sereno’ – dialettica serena’ – until the next turbo arises, that
is1” - Grice: “I like Acri – he is a platonist, and he is explicitly against
the positivists, whom he contrasts to the ‘filosofi sobri.’ His own theory of
ideas is hardly platonic, but finds its base on Vico, which is nice – since, if
an Italian does not understand Vico, no one will! –Acri explores the connection
between ‘idea’ and ‘expression,’ and considers the ‘radice’ (root or stem) of
expressions – he has commented extensively on ‘Cratilo.’ In any case, he is a
sensualist, so at the root of it all is what he calls, after Aristotle (“De
Interpretatione”) ‘il fantasma’ and the
‘imagine.’ Italian philosopher, author of an essay on Plato’s and Vico’s theory
of ideas. “Abbozzo” essential Italian
philosopher. Grice: “I love Acri’s rendition of the Cratilo into the
vernacular!” Filosofo. Opere: “Del sistema in genere”;
“Alcune prose giovanili” “Abbozzo d'una teorica delle idee / scritto da
Francesco Acri, Palermo : Stab. tip. Lao, -- In memoria di Alfonso della Valle di
Casanova -- Su la natura della storia della filosofia : discorso letto
all'Bologna / di Francesco Acri, Bologna : presso Nicola Zanichelli successore
alli Mrsigli e Rocchi. Cratilo – Menone – Apologia di Socrate, Critone -- Dizionario
Biografico degli Italiani. IL CRATILO. Due
solenni questioni intorno all'origine della lingua toglie ad esaminare Platone
in questo dialogo; se cioè i vocaboli o i nomi abbiano in sè da natura lor
propria ragione, o vera mente se retto sia il nome che da chiunque a cosa qualunque
vien posto. Cratilo segue la prima sentenza: Ermogene la seconda. Platone
ammette alcun che di vero in amendue, sebben apertamente nol dica e le confuti
anzi tuttadue. Pertanto facendo capo dalla seconda, in per sona di Socrate,
così contro di Ermogene la argomenta. Il nome parte è del discorso. Or
potendosi tenere discorso vero e falso, chiaro è che sia possibil dir anco un
nome vero ed un falso. Se dunque la sentenza di Ermogene stesse vera, che ogni
nome da chiunque posto Due solenni questioni intorno all'origine della lingua
toglie ad esaminare Platone in questo dialogo; se cioè i vocaboli o i nomi
abbiano in sè da natura lor propria ragione, o vera mente se retto sia il nome
che da chiunque a cosa qualunque vien posto. Cratilo segue la prima sentenza:
Ermogene la seconda. Platone ammette alcun che di vero in amendue, sebben
apertamente nol dica e le confuti anzi tuttadue. Pertanto facendo capo dalla
seconda, in per sona di Socrate, così contro di Ermogene la argomenta. Il nome
parte è del discorso. Or potendosi tenere discorso vero e falso, chiaro è che
sia possibil dir anco un nome vero ed un falso. Se dunque la sentenza di
Ermogene stesse vera, che ogni nome da chiunque posto a qualunque cosa sia
retto, deriverebbe che tutti i nomi, sì veri che falsi, sarebbono del pari
retti, e che la cosa medesima potrebbe aver nomi altrettanti, quanti
individualmente dagli uomini le fossimo posti, e che tosto anzi gli avesse, che
quel sopressa li pronunciassero. Inoltre, se le cose non han già sol esse una stabilità
lor propria da natura (contro il dir di Protagora, esser elle a mo' ch'a noi
paiono; giacchè se così fosse, non potrebb'esser uno più sapiente di un altro);
ma stabilità pari ad esse han pure le azioni loro, per modo che, se unoe ha da
tagliare una cosa, per ret tamente ciò fare, ei non la dee tagliare a ca
priccio suo, ma nel modo che la natura della medesima richiede di tagliarla e
che taglisi e con quello con che debbe tagliarsi; così pur segue che il
nominare le cose, send'un'azione, noi non le dobbiamo nominare a libito nostro,
ma nel modo che la lor natura richiede di nominarle e che nomininosi e con che
deb bonsi nominare. Arroge, che se il giudicare poi di quello con che fassi una
cosa, cioè del suo stromento, se sia ben fatto, non pertiene al l'artefice che
lo fa, ma a colui che ne usa a modo (giacchè il giudicar di un pettine se sia
ben fatto e acconcio al tessere, non per tiene a falegname, ma a tessitore, e
il giu dicar di una nave, di una cetra, se sian ben ſatte, non pertiene ai loro
fabbricatori, ma a piloto e a citarista); così pur segue, che il giudicare del
nome di cosa qualunque, se sia ben fatto, cioè se la indichi ed insegni vera
mente, non pertenga a chiunque nè a chi lo pone, ma a colui che a modo ne usa,
al dia lettico; e per conseguenza rimane chiaro che il porlo non è opra di
chiunque, ma di solo colui, che ragguardando al nome che in ispezie a ciascuna
cosa da natura conviene, colle let tere e colle sillabe è in grado di render
l'idea del medesimo. A questo discorso non sapendo Ermogene che rispondere,
prega Socrate, che voglia spie gargli e fargli conoscere cotesta ragione, che
il nome ha in sè da propria natura; e quindi soggiugnendogli ch'ei non
ammettendo la sen tenza di Protagora, esser le cose come paiono a ciascuno, non
poteva tener vero quello che in virtù di tal opinione Protagora affermava dei
nomi, Socrate allora il conforta a ricorrere ad Omero, il quale distingue nelle
cose stesse i nomi ad esse dati dagli Dei da quelli dati dagli uomini;
avvegnachè gli Dei chiamino le cose con nomi, che ad esse rettamente
convengono. E così movendosi a spiegare Socrate, secondo Omero, come ad
Astianatte, Ettore, Oreste, Agamemnone, Atreo, Pelope e Tantalo bene stieno que
nomi ch'hanno, dalla menzione di quest'ultimo naturalmente viene condotto a
spiegar la ragione del nome pur del suo padre, cioè di Giove, e quindi sale a
quello di Saturno e di Urano. Intanto rispetto ai nomi che sono posti agli
uomini ed agli eroi, egli avverte di non doversene troppo fidare, perchè molti
di essi, dicegli, sono stati presi da que de pro pri progenitori, o sono stati
posti secondo gli auspici e voti per loro, come Eutichide, for tunato, Sosia,
salvato, ecc., e per ciò dando l'addio a tali nomi, passa a spiegare quelli
delle cose che sono sempre nello stesso modo ed immutabili, vale a dire ai nomi
Dii, demoni, eroi, uomini, ed al nome corpo ed anima, dai quali l'uomo è
composto. Ma desideroso Ermogene, nel modo che aveva inteso la ra gione del
nome di Giove, di saper anche quella del nome degli altri Dei, Socrate, dopo
aver formalmente protestato, che per riguardo agli Dei, affatto nulla di loro
ei sapeva nè con quai nomi tra loro si chiamassero, nondimeno dice, che si
accingeva a dar la spiegazione di tai nomi, secondo l'opinione ch'ei credeva
avere avuto gli uomini nel porre i nomi ai medesimi; e così fra questi pel
primo comincia da quello di Vesta.Il nome per esser retto, come si disse, bi
sogna ch'esso abbia una certa natural conve nevolezza con quello ch'ei nomina;
per dunque conoscere se un nome sia retto e stia bene colla cosa da esso
nominata, bisogna pur conoscere l'essere della cosa medesima. Or intorno all'es
tempi di Socrate e di Platone; l'una degli Eraclitiani, che credevano le cose
esser sempre in moto; l'altra degli Eleatici, i quali opinavano, che fossero
sempre in riposo. Secondo il proprio sistema ciascuno spiegava pure i nomi;
onde Socrate, nel dar l'etimologia del nome Vesta, riferisce anche la sentenza
di queste due scuole filosofiche dicendo, che gli Eleatici il nome di Vesta,
Eatix (Hestia), perchè, second'essi, in antico in vece di obaix (ousia),
essenza, en tezza, si diceva anche aix, esia, il derivavano da siva (einai),
essere, mentre gli Eraclitiani, prendendolo per sinonimo di oaix, osia, il de
rivavano da 33siv (othein), cacciare, spingere. Dopo questo passa ai nomi degli
altri Dei, e quindi a quello del sole, della luna, delle stelle, della terra,
dell'aria, delle stagioni e dell'anno; e quantunque la maggior parte di questi
paia spiegarli secondo il sistema di Eraclito; tuttavia havvene alcuno, la cui
spiegazione può anche convenire al sistema degli Eleatici; finchè ve nendo ai
nomi della prudenza, scienza, sa pienza, giustizia, fortezza, virtù, vizio,
ecc., e a quelli della tristezza, del diletto e a tanti altri, quasi tutti ei
li spiega un po' lepidamente ed ironicamente, ridendosi degli Eraclitiani, col
riferire tutto al loro modo, come se le cose fossero sempre in moto. Ma questo
modo di dichiarar la ragione del nomi, come facevano gli Eraclitiani, semplice
mente per mezzo di una superficiale e succes siva decomposizione del medesimi
in altri nomi, non appagava intieramente Socrate. Impercioc chè, dice egli, se
uno interroga intorno alle parole, da cui è composto un nome, e poi di nuovo
intorno a quelle, da cui sono composte queste medesime, e così continua sempre
oltre ad interrogare, è necessario venire alla fine ad una parola, la quale non
si può più decom porre, e di cui nulla più sappia quegli che ha a rispondere.
D'altra parte però se uno non sa dar la ragione dei primi nomi, non sa certo
darla del derivati, che si debbono spiegare per mezzo del primi. Per la qual
cosa a rintracciar la ragione del primi nomi ei si fa nel seguente modo. I nomi
tutti, sì primi che derivati, deb bon dichiarare come veramente ciascuna cosa è.
Ora se noi non avessimo nè voce nè lingua, e dovessimo indicare le cose, certo,
come i muti, colle mani e col capo e con tutto l'altro del corpo noi tenteremmo
di significarle, elevando le mani verso del cielo per indicar quel che è alto e
leggiero, e per l'opposito abbassandole verso terra per indicar quel che è
basso e grave. Dal che rettamente ei conchiude che il nome per esser retto,
cioè per poter indicare come vera mente una cosa è, dee pur anco essere un'imi
tazione, che la voce fa di quella cosa, ch'uno per mezzo della voce toglie ad
imitare onde fi gura e il color delle cose, la musica il loro suono, così
l'arte del nominare imita la loro es senza per mezzo di sillabe e lettere. E
per di mostrare poi come per mezzo di sillabe e let tere uno possa ciò fare,
oltre al distinguere egli le lettere in consonanti e vocali e semi vocali ecc.,
ei fa pur osservare in molte di esse un valor loro proprio, facendo avvertire
nel l'elemento r il valore d'indicare il moto e ciò che è aspro e duro,
nell'elemento l quello d'in dicar ciò ch'è liscio e molle, e così un proprio
valore dà egli a molte altre lettere. E di que sta cognizione pertanto intorno
al valor delle lettere, come anche della cognizione della na tura delle cose
fornito lo istitutore dei nomi, afferma Socrate, che in quel modo, che i pit
tori per render l'immagine che vogliono effi giare, or adoprano un colore or un
altro ed or ne mescolano molti insieme, così egli nel far ciascun nome per
ciascuna cosa, adope rando l'elemento or di una lettera or di un'al tra ed or
mescolandone più insieme, secondo che l'immagine della cosa ch'ei voleva
nominare pareva richiedere, abbia formato i primi nomi; e quindi da questi
primi, sempre coll'imita zione per mezzo di sillabe e lettere, abbia pur
composti tutti gli altri, e che questa sia la vera ragion de nomi. Secondo un
tale ragionamento pare che Socrate, che è quanto dir Platone, propenda per la
sentenza di Cratilo, il quale affermava, avere gli esseri in sè da natura la
ragion del loro nome. Nondimeno non esser tutti i nomi retta mente posti
conforme alla natura delle cose, che nominano, il dimostra poi nel seguente
modo. Il nome, dice egli, è uno stromento, il qual si fa per indicar e insegnar
le cose come veracemente sono. Or ogni stromento sup pone un artefice; e buono
essendo quello che è fatto da un buon artefice, e cattivo quel che è fatto da
un cattivo, ne segue che anche i nomi saranno altri bene, altri mal fatti.
Cratilo pretende che tutti i nomi, come tali, cioè in quanto son nomi, son
tutti ben fatti e retti; per modo che se uno dà a qualcuno il nome che non gli
conviene, costui parrà sì ben averlo, ma esso appartiene propriamente a colui,
la cui natura viene dichiarata dal nome. Dun que se tutti i nomi sono retti,
ripiglia Socrate, non più anco si potrà dire il falso. No, non si può dire il
falso, soggiugne Cratilo, perchè dire il falso è dir quel che non è; or quel
che non è, non si può pensare nè dire. E che dunque, replica Socrate, fa colui
che ti chia masse o ti salutasse col nome di Ermogene, mentre che tu sei
Cratilo? costui non chiame rebbe, non saluterebbe te, ma un altro? di rebbe
egli qualche cosa o direbbe nulla? Costui, risponde Cratilo, non farebbe altro,
ch'un van un'altra prova. Il nome, dice egli, secondo quel che da noi si è
ammesso, è una imitazione, la quale si fa per mezzo delle lettere e delle
sillabe, come la pittura imita coi colori; e per ciò in quel modo che la
pittura, se, nello effigiare le cose, vi adatta i convenienti colori, effettua
bene e belle le loro immagini; così pure l'arte del nominare, se per mezzo
delle lettere e delle sillabe imitando l'essenza delle cose, saprà ad esse
adattare tutto quello che conviene e che loro è simile, bella ne effettuerà
l'immagine; che se no, effettuerà sì bene un'immagine, ma non già bella, per
conseguenza i nomi ch'essa fa, gli uni saranno ben fatti, e gli altri no.
Cratilo a questo energicamente si oppone, di cendo che se in un nome si muta,
si traspone, o si toglie o si aggiugne una lettera, non so lamente non
iscriviam bene tal nome, ma non lo scriviamo affatto, anzi esso diventa subito
un'altra cosa che il nome. Socrate concede ciò aver luogo ne numeri, a quali se
uno toglie od aggiugne un'unità, subito diventan essi un altro numero da quel
che eran prima, ma non già nelle qualità e nelle immagini delle cose; poichè se
le immagini dovesser aver tutto quello che ha la cosa di cui son immagini, non
sa rebbero più immagini, ma rimarrebbero la cosa stessa di cui elle appunto
sono le immagini; e per ciò neanco i nomi debbono aver tutto quel che ha la
cosa di cui sono nomi, nè es serle in tutto e per tutto simili; perchè, se così
fosse, ne avverrebbe, che gli esseri sarebbero tutti doppi, e non si saprebbe
più dire qual fosse proprio la cosa e qual solo il nome. Per la qual cosa a
giudicare se un nome sia ben fatto, basta che in esso si trovi il tipo della
cosa di cui esso è nome; e quantunque si debba concedere, che più retti e belli
sian que nomi, che per la gran parte son composti di lettere convenienti;
tuttavia non si può sostenere, che un nome, il quale non abbia le lettere
simili alla cosa che nomina, non possa indicare la medesima. Ed in conferma di
questo Socrate adduce il nome azXood:ng (sclerotes), durezza, nella cui
composizione in vece di entrarvi ilr, il cui valore è appunto d'indicare ciò
che è duro e aspro, v'entra anzi il X, l, che indica tutto il contrario, ciò
che è molle e liscio; nondimeno quand'uno il pronuncia, tutti sanno quello
ch'ei vuole dire e quello ch'egli ha in mente; così che fa pur d'uopo
conchiudere, che le cose s'indicano non solo per mezzo dell'imi tazione delle
medesime, che si fa colle lettere e colle sillabe, ma ancora per mezzo dell'uso
e della convenzione. Che se dunque tutti i nomi non son posti convenientemente
secondo la natura della cosa che nominano, ei si vede quanto senza fonda somi
glianza tra essi e quelle, che chi conosce i nomi conosce anche le cose. Del
resto, anche dato, continua Socrate, che per mezzo del nomi si possano
conoscere le cose; tuttavia essendo essi, anche quelli che rettamente conforme
la natura delle cose sono posti, solamente imma gini delle medesime, il miglior
modo di cono scerle sarà investigarle per esse, una per l'altra a vicenda, se a
sorte cognate sono, e ciasche duna per sè, e così venirle a contemplare nella
verità loro, e non solo nelle loro immagini. Intanto come questa verità, questa
cognizione si possa conseguire lasciando ad investigare un'altra volta, pel
presente ei si contenta di far vedere, che qualcosa di stabile e fermo è nelle
cose, e che oltre ad esservie un viso bello, ei v'ha poi un bello in sè, che
non è passeggiero nè soggetto a movimento o flusso, ma immu tabile e sempre lo
stesso; pel che rettamente conchiude dicendo, che non retta gli pareva la
sentenza di Eraclito, il quale voleva che tutto fosse in centinuo flusso.
Cratilo però alle ra gioni di lui non si acqueta, onde Socrate il prega, che
più attentamente volesse ancora esaminare la cosa, e, quando gli venisse fatto
di trovare la verità, si piacesse di fargliene partecipe.Così termina il
dialogo, dal quale si vede, come già in principio di questo argomento dicevamo,
che Socrate, e nella sua persona Pla tone, quantunque confuti la sentenza di
Ermo gene e quella di Cratilo, nondimeno, ancorchè espressamente nol dica,
molto di vero ei rico nosce in amendue, anzi le rettifica. In fatti, se concede
a Ermogene esser lecito agli uomini porre nomi alle cose; non gli concede però
ciò essere lecito a tutti, com'ei pretendeva, ed afº ferma non potersi porre a
capriccio, se hanno ad essere ben posti, ma richiedersi un'arte, e per ciò
esser opra di solo colui, che è in istato di rendere per mezzo del nome l'idea
della cosa che vuol nominare; come dall'altra parte, se ammette con Cratilo
avere i nomi da natura lor ragione, non conviene però che tutti sieno
rettamente posti e stieno a capello; e se pur gli concede migliori essere i
nomi che per mezzo di lettere e di sillabe esprimono la na tura delle cose che
nominano; tuttavia non gli consente, che assolutamente non abbiansi a chiamare
nomi quelli che non sono così for mati; giacchè l'esperienza ci dimostra
esservi nomi, i quali, senza che abbiano alcuna lettera simile o corrispondente
alla natura della cosa da lor nominata, per via del solo uso noi ve niamo posti
in grado di ottimamente intenderli e riferirli a cose, che non hanno punto di
si mile col medesimi. Chi è versato nella lettura delle opere di Pla tone
facilmente si persuaderà, che questo divino oltre all'addurre le prove
dell'immortalità dell'anima umana, scopo suo fu pur anco di rappresen tarci il
quadro del filosofo morente; nel Gorgia, oltre lo scopo di far vedere i difetti
dell'oratoria politica e sofistica, ebbe pur anco quello di far la difesa di se
stesso, perchè non si fosse dato alla vita pubblica; noi dunque ora nel Cratilo
dobbiamo pure investigare, se egli oltre al di mostrare, che la vera origine e
ragion de nomi non si dee derivare nè dalla stessa natura sola nè dal solo
arbitrio umano, abbia pur avuto intenzione di dimostrare ancora qualch'altra
cosa pratica. Erano ai tempi di Platone intorno allo essere delle cose, come
abbiam già detto, due sentenze, l'una degli Eraclitiani, i quai credevano
ch'esse fossero in un continuo flusso o moto; e l'altra degli Eleatici, i quali
opina vano, che fossero sempre in riposo. Ciascuna di queste due scuole (come
tutti in ogni tempo, e come anche vediamo aver fatto il nostro Vico), per
confermare le loro dottrine, i loro sistemi, ricorrevano all'etimologie delle
parole, credendo in queste trovare la ragione di quelli. Ma, quantunque lo
studio delle etimologie talora conduca alla cognizione delle cose, Platone tut
tavia non vi aveva molta fede, sì perchè ne nomi stabiliti a sorte dall'uso e
dalla consue tudine, di rado e forse quasi mai è possibile trovar la loro
ragione e la verità di quello che nominano; sì perchè nemmanco sulla strada più
vera e più sicura ci mettono quelli, che dall'in gegno e dalla potenza umana
fur posti. Imper ciocchè chi pose i primi nomi alle cose, com'egli dice, li
pose, quali credeva che queste fossero; or sei non aveva una retta opinione delle
cose, e ad esse pose i nomi secondo l'opinione ch'ei n'aveva, noi rimarremo
ingannati, se il se guiremo. Per far vedere adunque in che vano e fragile
fondamento si appoggiassero le scuole filosofiche che così facevano, e metter
in chiaro l'insufficienza di questo loro metodo per venire alla cognizione
delle cose, Platone in questo dialogo facendo una lunga esposizione di
etimologie, sebben acute ma strane, di cui molte forse raccolse da vari libri,
mise in ridi colo l'abuso di tale studio, validamente dimo strando, che le cose
debbonsi piuttosto cono scere per mezzo d'esse medesime, che per mezzo de'
nomi, che sono soltanto una loro adombra zione; e così, come metodo a ciò
acconcio ed efficace, colloca poi egli alla fine del dialogo, come opposta
diametralmente alle opinioni degli l'iraclitiani, la sua dottrina delle idee.
Che se a questo avessero badato certi eru diti (!), non mai avrebbero creduto
che Platone (1) Proclo spezialmente fra gli antichi, e fra i moderni il
Menagio, ad Diogen. Laert., pag. 149, e il Tiedemann, Argum. dialogg. Plat.,
pag. 84 e seguente. etimologie, che espone in questo dialogo. E nel vero, an
corchè sia difficile il distinguere dappertutto quello ch'ei dice per gioco e
quello che dice da senno; tuttavia al veder, che nello spiegar la ragione de
nomi di Teti, di Poseidone (Nettuno), di Demetra (Cerere) e d'altri, ei lascia
le etimologie prossime e ovvie, e in vece ne arreca delle rimote, anzi talvolta
ne inventa delle strane e bizzarre, spezialmente quando adduce quella oltremodo
ridicola di Dioniso (Bacco), niun certo può disconoscere ch'ei non ischerzi.
Arroge, che il protestaregli, per bocca di Socrate, che quello che per riguardo
all'eti mologia de nomi dichiarava, il diceva non come cosa sua propria e che
sapesse, ma come cosa che teneva per ispirazione della musa di Euti frone,
ognuno avrebbe dovuto accorgersi o al men sospettare, che Platone non poteva
far buono tutto quello che per ispirazione della musa di questo sciocco e
superstizioso fanatico ei diceva. Per la qual cosa lo Schleiermacher è di
parere che Platone avesse in mira di bef farsi in questo dialogo di Antistene;
ma, oltre che molte cose in esso occorrono che mala mente si potrebbero
attribuire a questo filosofo Socratico, come rettamente osserva lo Stallbaum,
ei si dee ancora avvertire che gli studi di An tistene erano piuttosto
dialettici e retorici, che grammatici, e non si trova documento veruno, il qual
ne accerti ch'ei si occupasse anche della ragione de nomi. E se poi non si può
assolu tamente negare, che nelle sue giocose etimologie abbia pur egli avuto in
mira Prodico, perchè questi nel dar la ragione della differenza de nomi, di
necessità spesso doveva anche spie garne le etimologie; scopo suo però fu piut
tosto di beffarsi di tutti quel filosofi, che, come abbiam detto, nelle
etimologie de nomi cre devan trovar confermati i loro sistemi, e spe zialmente
di mettere in canzone i sofisti, che in coteste arguzie ponevano molto studio e
tanto si dilettavano, i quali appunto egli dileggia, quando ironicamente spiegando
il loro nome, afferma che significa eroi. E in fatti che Protagora molto
attendesse anche all'interpretazione degli scrit tori spezialmente poeti,
abbiam già veduto nel dialogo del Protagora, intitolato dal suo nome, nel quale
insieme con Prodico ed Ippia ed altri espone a Socrate il suo sentimento
intorno ad un passo oscuro d una canzone di Simonide. E che, oltre all'aver
lasciato precetti intorno alla retorica, come ci attesta Cicerone nel Bruto. i
2: « scriptae fuerunt et paratae a Protagora rerum illustrium disputationes,
quae nunc com munes appellantur loci, º molto pure si occu passe intorno alla
proprietà dei nomi e della collocazione delle parole per rendere bella l'elo
cuzione, lo aſſerma lo stesso Platone nel Fedro, pag. 267, C, ed Aristotele nclla
Retorica, lib, ini, ori gine e ragione de nomi abbia pure disputato. Questo
pare chiaramente indicato nel Cratilo, alla pag. 295 (Stef 391. C), anzi da
quel, che ivi dice Ermogene, sembra che tal questione facesse parte del suo
libro della Verità, reo A), 3sizg, come vedremo. I seguaci di cotesto sofista
adunque sono quelli, contro dei quali è diretta spezialmente l'ironia e lo
scherzo di que sto dialogo, poichè cotesti sono quelli, che, come il loro
maestro Protagora, approvando la sentenza di Eraclito, il quale stabiliva, che
tutte le cose perpetuamente scorressero, come un fiume, avevano ad essa
accoppiata la loro, cioè che l'uomo fosse la misura di tutto e che le cose
fossero come a lui appariscono; e per ciò credendo che tutto continuamente fluisse
e che i nostri sensi a questa mutazione delle cose si accomodassero in guisa,
che sempre esse fos sero come a loro apparivano, venivano pur a credere tali
essere i nomi delle cose, quali dal senso e dall'intelligenza di ciascheduno
venivano percepiti, cioè naturali. Da questo si vede che in cotesti
Eraclitiani-Protagoristi non si deb bono comprendere, gli antichi e veri
seguaci di Eraclito, ma solo i posteriori, che, material mente intendendo
Eraclito, facevano una cattiva e falsa applicazione dei suoi principii. E se
dum que di tutte le sette filosofiche, come sappiamo, era anticamente costume
di riferire i loro sistemi ai sapienti più antichi e spezialmente ad Omero, non
dee dunque far maraviglia, se i detti nuovi Eraclitiani-Protagoristi, chiamati
appunto Omeriani da Platone nel Teeteto (pag. 179. E), tentassero pur di
derivare le loro spie gazioni e interpretazioni de nomi da Omero ed anche da
Esiodo, e se in questo dialogo conforti poi Socrate Ermogene, se non ammet teva
la verità di Protagora, a ricorrere ad Omero, e se quindi egli pure, secondo
questo poeta, gli faccia parecchie spiegazioni del nomi. Il Cratilo,
interlocutore di questo dialogo e da cui anzi lo stesso dialogo s'intitola,
Aristotele (Metaph. 1, 6), Apuleio (de dogm. Plat.2), e Diogene Laerzio (III,
6), narrano essere stato, prima di Socrate, maestro di Platone, e che gli abbia
insegnato le opinioni e dottrine di Eraclito. L'Ast però (Platons Leben und
Schri ſten, pag. 19) opina, che il Cratilo interlocu tore del presente dialogo
sia diverso dal Cratilo che fu maestro di Platone, affermando non altro potersi
raccogliere dallo stesso dialogo, se non che il Cratilo, ivi interlocutore, era
se guace di Eraclito, e non già che sia stato mae stro di filosofia e che abbia
avuto Platone per discepolo; e per ciò pretende non esser pro babile, se così
fosse, che Platone l'avesse messo così in canzone senza riguardo veruno. Questa
sentenza a noi non pare di gran momento; poichè hoi non abbiamo sufficienti
argomenti Cratili, amendue filosofi e della scuola di Eraclito, onde poter
dubitare qual di loro sia stato maestro di Platone. D'altra parte, Aristotele,
Apuleio e Diogene Laerzio avevan certo notizia e del Cratilo maestro di
Platone, e del Cratilo inter locutore di questo dialogo; non avendogli essi di
stinti, rimane chiaro che sì quello che questo sono il medesimo Cratilo. Per
riguardo poi a quello, ch'ei dice non esser probabile, che Platone abbia messo
in canzone così ingratamente il suo maestro, noi facciamo osservare, che Pla
tone non gli fa dire da Socrate alcuna cosa dura, anzi l'ironia, che regna
nella esposizione delle etimologie, è pur così coperta, che può anche sfuggire
a non mediocri ingegni. Volendo Platone render conto, perchè si fosse scostato
dalle opinioni eraclitiane del suo primo mae stro Cratilo, ed avesse poi
seguito quelle di Socrate, ei non poteva più giurare in verbo del suo primo
maestro Cratilo, nè rappresen tarcelo superiore a Socrate nelle ricerche e di
scussioni didattiche, ma sì bene rappresentar celo, come veramente egli era, e
cercar, per quanto poteva, di farci conoscere il modo di verso dell'esposizione
scientifica d'amendue, come anche intieramente il loro carattere. Per questo
appunto Platone non si contenta già di far abbattere da Socrate in questo
dialogo le opinioni, che Cratilo aveva intorno alla ragion de nomi, ma il fa
udire ancora una lunga ſi lastrocca di spinose etimologie, che Socrate espone
ad Ermogene, la quale se par essere un dileggio verso coloro a cui viene fatta,
non è però fuor di proposito, perchè Cratilo era così dato alle dottrine di
Eraclito, che tutto contento ed incantato beccava qualunque cosa gli fosse
detta in confermazione di quelle, e tanta era la sua ostinatezza in quel che
soste neva, che dicendogli Socrate alla fine del dia logo migliore essere il
metodo di conoscere le cose per mezzo di esse stesse nella verità loro, che
solamente per mezzo delle loro immagini, cioè per mezzo dei loro nomi, a tal
patente ragione ei non si arrende ancora. L'altro interlocutore del dialogo,
anzi il primo che entra in discorso con Socrate, è Ermogene, figliuolo
d'Ipponico e fratello di Callia. Anche questo afferma Diogene Laerzio (nel
luogo ci tato) essere stato maestro di Platone nelle dot trine della scuola di
Elea. Ma questa asser zione viene rigettata dall'Ast (nell'opera citata, pag.
2o), e dal Groen Van Prinsterer (Pro sopographia Platonica, pag. 225), il qual
ul timo crede, e con lui concorda lo Stallbaum, che il testo di Diogene Laerzio
sia stato cor rotto da un ignorante, il quale abbia intruso il nome di Ermogene
dopo quello di Cratilo, nell'opinione, che siccome dei due rappresen Platone,
così il fosse anche stato quello dell'Eleatica, Ermogene. A questo aggiungasi
ancora, che Aristotele ed Apuleio, i quali affermano essere stato Cratilo
istitutor di Platone, ciò non di cono più di Ermogene. Altro è che questi fosse
seguace delle dottrine degli Eleatici, altro è che in esse abbia pure istruito
Platone; giacchè trattandosi di un fatto, sì per istabilire la sua verità, come
per abbatterla, è del tutto neces saria una prova positiva, la quale, quando
manca, è nullo tutto ciò, che pro o contrada qualunque si dice. Per la qual
cosa, se l'unica e dubbia autorità di Diogene Laerzio non si dee tenere da
tanto per farci credere vero tal fatto, neanco per negarlo pare a noi esser suf
ficiente la prova negativa dello Stallbaum e del Groen Van Prinsterer, i quai
dicono, il poco ingegno e la poca dottrina di Ermogene essere un argomento
bastante a far sì, che niuno il possa creder essere stato maestro di Platone. Imperciocchè
come veramente stesse di dottrina Ermogene, non è poi cosa facile a dichiarare,
stante che il merito scientifico degl'interlocu tori, che Platone mette ne suoi
dialoghi in iscena, non si dee giudicare dal grado, in cui egli ce li
rappresenta e ce li fa parlare; giac chè quando si tratta di coloro ch'ei vuol
con futare, ei fa da loro anche dire cose strane ed assurde, le quali essi mai
non sognarono, ma ch'egli però dalle loro dottrine deduce, per sempre far
maggiormente spiccare il contrasto della verità, ch'ei difende. D'altra parte
poi, se si dovesse giudicare da questo dialogo, pare che per niuna parte
Ermogene la ceda a Cra tilo. E nel vero, per non dire che la discus sione,
fatta in principio tra Ermogene e So crate, è sottile anzi che no, e suppone in
Ermogene un non mediocre ingegno, bisogna avvertire che la lunga esposizione
delle etimo logie secondo il sistema di Eraclito, è diretta a mettere in
canzone non altri, che coloro che tal sistema seguivano; e per ciò pare anzi
che d'in gegno un po' tardo ben si potrebbe tacciare Cratilo, che non mai in
udirle di tal corbelleria s'accorga, ma non Ermogene, il quale, udendole,
scorgendo per mezzo di esse beffarsi Socrate dei seguaci delle dottrine di
Eraclito, veniva sempre più confermato in quelle contrarie degli Eleatici,
ch'ei sosteneva. Del resto ch'Ermogene non pigliasse tutte per vere le
etimologie di Socrate, non solo si vede da quello, che in udirle non mai egli
fa alcun segno d'ammira zione o di contentezza, come se fosse giunto alla cognizione
di qualcosa grande e nuova, ma nemmanco di piena approvazione; giacchè, appena
che ha udito l'etimologia di un nome, senza più, quasi sempre passa subito a
inter rogar Socrate di quella di un altro, e se talor mostra d'averne per buona
alcuna, la sua con a Socrate, Pare che un po' ci tocchi o ci cogli ecc.,
daivet, xtvòvvsústg o doxsig rt Xéyetv. Ma, che ancora? Che Ermogene più per
curiosità e diletto che per altro, se ne stesse ad ascoltar l'espo sizione
delle etimologie di Socrate, argomento certo n'è, ch'ei pure celia collo stesso
Socrate, come (per non citar altri luoghi) quando udita l'etimologia del nome
ivtavróg, anno, ironica mente gli dice, che aveva già fatto molti passi nella
sapienza, e spezialmente quando Socrate, nello spiegare il vocabolo 3) aſºspdv
(blaberon), nocevole, dicendogli che propriamente si do vrebbe chiamare 3ov)
arrrepoijv, boulapteroun, ei gli soggiugne che all'udirlo pronunziar così bel
nome, gli pareva veramente che zufolasse il preludio dell'aria di Minerva. Il
timore e la superstizione, che dà a dive dere Socrate in questo dialogo, nel
protestare che per riguardo agli Dei e ai loro nomi, ei punto non ne sapeva, ma
che solo diceva quello che ebbero in opinione gli uomini in porre loro i nomi,
indicano manifestamente, che l'Euti frone, per ispirazione della cui musa, ei
dice tenere le spiegazioni, che dà dei nomi, è quello, da cui è pure intitolato
un dialogo di Platone. Così appunto opinano l'Ast e lo Stallbaum. Quest'uomo è
il tipo della leggerezza e della superstizione; ei si vantava di saper meglio
che alcun altro le cose divine, e tanto era il suo entusiasmo, come dice egli
stesso (!), quando di esse parlava e mandava fuori i suoi oracoli, che eccitava
il riso e pareva maniaco. Verisimil mente dunque nell'interpretare la mitologia
degli antichi poeti e spezialmente di Omero, e nel cercar la ragion de nomi
degli Dei e nel darne la spiegazione, vi poneva molto studio e vi met teva pur
lo stesso entusiasmo e furore, come nel mandar fuori gli oracoli. Forse sarà
anche stato della scuola di Eraclito. Onde piacevole e grazioso pare lo scherzo
di Platone, in far per bocca di Socrate dar l'etimologia de nomi a Cratilo, il
qual non era men entusiasta e maniaco in beccar ciò, che parevagli confer mare
le sue dottrine eraclitiane (giacchè, quanto a Ermogene, egli stava, come
abbiam veduto, a udirle più per curiosità e diletto, che per altro); mentre
così facendo Platone, a chi era di perspicace ingegno dava, per mezzo
dell'ironia, a divedere, che a lui non andava a grado, anzi disapprovava il
poco ragionevol modo degli Eraclitiani, nello spiegare i nomi e nel pretendere
di trovare quasi in ciascun verso di Omero qualche cosa di oscuro e mi
sterioso, togliendovi quel suo proprio colore, semplice e naturale. In qual
tempo sia stato composto questo dia logo da Platone, e qual loco gli si debba
as ri mane ancora a vedere. Lo Schleiermacher il pone dopo il Teeteto, il
Menone e l'Eutidemo, e pretende che debba servire di compimento a quel primo;
ma ognun vede che l'argomento della scienza, che trattasi nel Teeteto, non
viene ampliato nè discusso nel Cratilo; anzi tutto il contrario, quel che
affatto alla fine del Cra tilo è appena indicato, viene poi diffusamente
discusso nel Teeteto; chiaro dunque egli è, che questo il dee seguire e non precedere.
L'Ast il colloca non solo dopo il Teeteto, ma anche dopo il Sofista, il
Politico e il Parmenide; anzi crede che il Cratilo faccia parte ed appartenga
ad una trilogia o tetralogia, che non fu da Platone compiuta; e per prova ne
adduce le prime parole del dialogo: Brami tu dunque che in cotesta questione
anche qui Socrate c'entri' le quali ei dice essere del tutto nude, secche e
immotivate. Inoltre che quest'opera non sia un lavoro compiuto, seguita egli,
si vede da quello, che nell'ultima sua parte i passaggi da una cosa all'altra
sono scuciti e duri, e molto, che non ista in immediata relazione con quel che
precede, vien posto senza alcuno appa recchio e introduzione, mentre le
ricerche, che si connettono coll'argomento principale e che eccitano un grande
interesse, vengono al l'improvviso abbandonate. Ma checchè ne voglia dire
l'Ast, quantunque le prime parole del dialogo indichino a precedente
discussione tra Er mogene e Cratilo, tuttavia di questa trilogia o tetralogia
incompiuta, ch'ei pretende, non s'in contra indizio veruno nelle opere di
Platone, nè si trova che l'argomento del Cratilo venga da lui trattato in
qualche altro suo dialogo. Questo scritto può stare da sè, ed io non veggo la
ragione, perchè l'Ast il voglia far seguire al Sofista, al Politico e al
Parmenide, e non anzi a tutti questi precedere. E nel vero, per non dire, che
l'irrisione, che domina nell'espo sizione delle etimologie nel Cratilo, non
troppo acconciamente può stare vicina alle gravità e serietà, con cui sono
trattati il Sofista, il Po litico e il Parmenide, l'argomento del Cratilo non
ha che fare con quello di questi; nè si ravvisano ancor in esso vestigia della
scuola pitagorica, come nel Parmenide, ma appena si fa menzione in un suo luogo
dell'armonia de corpi celesti; nè appare ch'ei segua il me todo
dell'investigazione tenuto dai filosofi Me garici, i quali erano versatissimi
in trattare le quistioni di questo genere, come lo segue nel Sofista, nel
Politico e nel Parmenide; nè fi nalmente si vede ch'egli molto insista sulla
sua dottrina delle idee, ma appena ne fa cenno alla fine del dialogo, e la dà
soltanto ancora come un suo sogno. Per l'opposito, niuno può disconoscere, che
tra il Protagora, l'Eu tidemo e il Cratilo vi regni un'affinità quasi irri
sione drammaticamente ci rappresenta Platone il vano fasto di Protagora e di
tutti que sofisti che si millantavano essere maestri di virtù, e se
nell'Eutidemo poi egli si beffa delle meschi nità delle arguzie e de lacciuoli
dialettici pur de' seguaci di Protagora, anche nel Cratilo, come abbiam veduto,
con ischerzo e con ironia viene egli a dimostrare l'inutile sforzo de' Pro
tagoristi-Eraclitiani, che per mezzo dell'inter pretazione del vocaboli
tentavano di venire alla cognizione delle cose e di stabilire i loro sistemi. Per
la qual cosa, sebben l'autore in quest'opera sia lungi dal comico che domina
nel Protagora e nell'Ippia Maggiore, l'andamento però e la condotta della
medesima, come anche la molti plicità degli esempi e le minutezze, con cui,
secondo il metodo di Socrate, procede Platone in principio di essa, e
finalmente ancora lo scherzo e l'ironia che si scorge nell'esposizione delle
etimologie, danno a bastanza a divedere, ch'ella moltissimo si approssima ai
dialoghi po polari Socratici, ch'egli scrisse i primi, e che da lui sia stata
composta in una età, in cui egli non era ancora del tutto scevro da pro tervia
e petulanza giovanile. Non pertanto, quan tunque da solo quello, che si fa
menzione in questo dialogo delle vocali a ed o, le quali furono introdotte in Atene,
sotto l'arcontato di Euclide (l'anno 2 della 94 olimpiade, 4o3 prima dell'era
volgare, e 26 dell'età di Platone), non si possa di certo conchiudere, che dopo
tal anno sia stato questo scritto composto, per la ra gione, come ottimamente
osserva lo Stallbaum, che queste vocali potevano già essere in vigore in uso
privato, prima che pubblicamente fos sero sancite e passate ne' monumenti
pubblici (ved. il Matthiae Gramm. Ampl., tom. 1, pag. 22, annot.); tuttavia non
si può dubitare, che questo dialogo da Platone sia stato disteso in quel tempo,
in cui egli aveva già concepito i principii della sua dottrina delle idee e
deter minato con essa di confutare i Protagorei e gli Eraclitiani. Or tanto le
cognizioni richiedentisi per poter ciò ben fare, quanto le sottili inve
stigazioni circa la ragion de nomi, che in que st'opera si ravvisano, paiono
indicare esserelle un lavoro di Platone non così giovane, ma sì bene di lui
d'alquanto già più maturo. Che se poi tra il Protagora e il Cratilo, che hanno
tra di loro un'affinità che non si può disconoscere, noi abbiamo inserito
l'Ippia Maggiore ed il Gorgia, non è già che crediamo il Gorgia essere
anteriore al Cratilo (anzi la di fesa che nel Gorgia fa Platone di se stesso,
perchè non si fosse dato alla vita pubblica, ma alla filosofica, indica
chiaramente che tale scritto è un lavoro di un uomo più che maturo), ma non per
altro così ci parve di fare, se non perchè abbiam voluto far seguire l'un dopo
celebri sofisti della Grecia, Protagora, Ippia e Gorgia, ne quali Platone
graziosamente smaschera il loro vano sapere ed acremente li frusta. Però se uno
bada, che i Protagoristi-Eraclitiani, che Platone dileggia in questo dialogo
canzonando le loro etimologie, questi medesimi poi con con cludenti ragioni
validamente egli confuta nel Teeteto, facilmente ei si persuaderà, che il
Cratilo a questo dee stare unito e precederlo, anzi che susseguirlo; e per
conseguenza che noi, nell'assegnargli il posto che gli assegniamo, nel suo vero
l'abbiam collocato. Resf.: Luigi Speranza, "Grice ed Acri," per Il
Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
ADDIEGO. (Turi). Grce: “I like Addiego; his obituary looks fine,
‘amateeur mathematician and professional philosopher;’ of course he was a
priest and priests tend to get the nicest obituaries written by members of
their respective orders! Henry VIII once
said, “I shall follow Occam and not multiply religious orders beyond
necessity!’ Some say he went a bit too further! My St. John’s used to be a
Cistercian monastery!” “One good thing about Addiego is that instead of trying
to prove the immortality of the soul, or the existence of God – “These are
Strawsonian presuppositions,’ he would say – he rather played with Platonic
numbers and geometries! His mathematical explorations caught the attention of
the Pope who invited him to Rome, thus leaving his ‘paese,’ the lovely Bari – and
beyond!” -- Vincenzo maria d’addiego (n. Turi), filosofo italiano, nominato
Preposto Generale dei Padri Scolopi. Entrò
giovanissimo nell'ordine degli Scolopi.
Papa Leone XII lo chiamò a Roma e nel 1824 con un Breve apostolico lo
nominò preposto generale dei Padri Scolopi.
Alla sua morte il Papa Pio VIII gli rese l'estremo saluto nella Casa
professa di S Pantaleo. Note D. Resta, Turi, dalle origini al 1865. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice ed Addiego” – The Swimming-Pool Library.
ADORNO. (Siracusa). Grice: “I like Adorno; he more than anyobody
else I know UNDERSTANDS the change of mind set from the Hellenic embassy at
Rome and the ‘gravitas’ of the Romans who found that relativistic talk on
justice ‘sophistical’! Scipione and the Roman aristocracy – just to be
different – enjoyed it and embraced it – and it turned out that, as antiquities
became more popular with the Romans, they recovered the many schools of
philosophy that have thrived in the provinces: Velia, Crotone, Girgenti.” Filosofo.
Laureato in Filosofia a Firenze e professore a Bari, Bologna e Firenze, è stato
presidente dell'Accademia Toscana di Scienze e Lettere "La
Colombaria", del Museo e istituto fiorentino di preistoria e
dell'Accademia delle Arti del Disegno. Ha diretto la pubblicazione del Corpus
dei papiri filosofici greci e latini. Ha
studiato il rapporto tra l'insegnamento socratico e la sofistica, estendendo i
suoi interessi a Platone, allo stoicismo e all'epicureismo; inoltre ha
approfondito aspetti della cultura greco-latina e cristiana tra il primo secolo
a.C. e il sesto secolo d.C., nonché del pensiero tardomedievale e
umanistico. Pensiero Adorno utilizza il
metodo filologico per la descrizione degli autori del pensiero antico della
scuola ionica, di Socrate, di Platone, della prima Accademia, delle scuole
ellenistiche, di Epicuro, di Seneca, ecc.
La sua formazione culturale affonda le radici negli ambienti
intellettuali e politici fiorentini tra gli anni 1930 e 1945 e in particolare
risente dell'influenza crociana nell'interpretazione della filosofia come
riflessione teorica mai disgiunta dalla situazione storica reale. In nome di
questa concretezza antimetafisica e della necessità di una descrizione storica
del pensiero filosofico, Adorno aderisce al metodo marxista e alla filosofia
del linguaggio facendo sì che i testi classici vengano interpretati nel loro
autentico e concreto sottofondo politico e culturale. Opere I sofisti e Socrate, 1961. La filosofia
antica, 1961-1965. Studi sul pensiero greco, 1966. Introduzione a Socrate,
1970. Dialettica e politica in Platone, 1975. Introduzione a Platone, 1978. I
sofisti e la sofistica nel 5°-4° sec. a.C., 1993. Pensare storicamente, 1996.
Note Francesco Adorno, su
RAIEnciclopedia multimediale delle scienze filosofiche. l'11 dicembre
22 dicembre ). Adórno, Francesco,
in TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. l'11 dicembre . Enciclopedia multimediale delle scienze
filosofiche alla voce corrispondente.
Maria Serena Funghi , Hodoi dizēsios. Le vie della ricerca: studi in
onore di Francesco Adorno, Firenze, Olschki, Francesco Adorno, su TreccaniEnciclopedie on
line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Francesco Adorno, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Opere di
Francesco Adorno, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Filosofia Filosofo del
XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloStorici della filosofia
italianiAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani Professore1921 9 aprile 19 settembre Siracusa FirenzeStudenti
dell'Università degli Studi di FirenzeProfessori dell'BariProfessori
dell'BolognaProfessori dell'Università degli Studi di Firenze. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice ed Adorno” – The Swimming-Pool Library.
Ælfric. York, England. Important
English philosopher, like Grice. Cf. Alcuinus. --.
AGAMBEN.
(Roma). Grice: “Agamben is a terribly complex philosopher, and a
fascinating one – he has philosophised on things I did: ‘fantasma,’ as used by
Aristotle in ‘Interpretatione,’ the unsaid and the unsayable (indicible), that
Aganbem might apply to ‘il ragazzo’ – or ‘fanciullino’ – he has philosophhised
on ‘love’ (amore – eros – idea dell’amore – and semiology of the sphynx,
imagine, and imagine perverse – the use of bodies (uso dei corpi) and ‘silence’
(il silenzio nel linguaggio): lingua, iinguaggio, dialetto – verita – the
sacred dimension of language in swearing – ‘sacramgneto del linguaggio – the
logic of commands and the commandmets – the power and the glory – he obviously
enjoys in word play! Flosofo. D’antica famiglia veneziana di origine armena, si
laureò in Giurisprudenza nel 1965 con una tesi su Simone Weil. Ha scritto
diverse opere, che spaziano dall'estetica alla biopolitica. A Roma, sempre
negli anni sessanta, frequenta con intensità Elsa Morante, Pier Paolo Pasolini
(interpreta l'apostolo Filippo nel film Il Vangelo secondo Matteo), Ingeborg
Bachmann. Nel 1966 e nel 1968 partecipa ai seminari promossi da Martin
Heidegger su Eraclito e Hegel a Le Thor. Nel 1974 si trasferisce a Parigi, dove
frequenta Pierre Klossowski, Guy Debord, Italo Calvino e altri intellettuali,
mentre insegna all'Università Haute-Bretagne. L'anno seguente ha lavorato a
Londra, mentre dal 1986 al 1993 ha diretto il Collegio internazionale di
filosofia a Parigi, frequentando, tra gli altri, Jean-Luc Nancy, Jacques
Derrida e Jean-François Lyotard. Dal 1988 al 2003 ha insegnato alle Università
degli Studi di Macerata e di Verona. Dal 2003 al 2009 ha insegnato presso
l'Istituto Universitario di Architettura (IUAV) di Venezia. Sempre nel
2003 ha abbandonatoper protesta contro i nuovi dispositivi di controllo imposti
dal governo statunitense ai cittadini stranieri che si recano negli Stati Uniti
d'America, cioè lasciare le proprie impronte digitali ed essere
schedatil'incarico di professore illustre all'New York. In precedenza era stato
professore invitato in altre istituzioni, tra cui l'Università Northwestern,
l'Università Heinrich Heine di Düsseldorf e la European Graduate School di
Saas-Fee. In seguito "si è dimesso dall'insegnamento nell'università
italiana". Oggi dirige la collana Quarta prosa presso l'editore Neri Pozza
e organizza un seminario annuale presso l'Parigi Saint-Denis. Tra gli
autori che ha studiato e proposto: Walter Benjamin, Jacob Taubes, Alexandre
Kojève, Michel Foucault, Carl Schmitt, Aby Warburg, Paolo di Tarso, ma anche
Furio Jesi, Enzo Melandri e in genere trattando temi di filosofia politica,
biopolitica (in particolare i concetti di stato di emergenza, esilio e
autorità), mistica cristiana ed ebraica, angelologia, storia dell'arte e
letteratura. Collabora con "aut-aut", "Cultura tedesca" e
con diverse altre riviste di filosofia. In occasione della laurea honoris causa
in teologia presso l'Friburgo il 13 novembre
ha pronunciato la conferenza Mysterium iniquitatis, poi tradotta in
Il mistero del male. H ricevuto il Premio europeo Charles Veillon per la
saggistica e nel il Premio Nonino
"Maestro del nostro tempo". Il pensiero di Giorgio Agamben,
benché caratterizzato da una omogeneità che copre tutto l'arco evolutivo delle
sue opere, può essere per comodità suddiviso in due momenti distinti. A fare da
spartiacque è un testo fondamentale: Homo sacer. Il potere sovrano e la nuda
vita, il quale si inscrive nelle tematiche e nel dibattito sollevati dalle
ricerche di Foucault attorno al biopotere, indagando il rapporto fra diritto e
vita e sulle dinamiche dei modelli di sovranità. La prima riflessione
agambeniana predilige tematiche estetiche, in particolar modo letterarie, nel
contesto di un grande confronto con il pensiero di Martin Heideggerche ha conosciuto
personalmente partecipando ai seminari estivi tenuti in Provenza ncon quello di
un altro filosofo a lui caro: Walter Benjamin, autore del quale curò la prima
edizione italiana delle opere complete per Einaudi, ritrovando anche un
discreto numero di testi inediti (tra cui quelli nascosti e conservati da
Georges Bataille alla Biblioteca nazionale di Francia e riscoperti da Agamben
nel 1981 tra le carte di Bataille presenti nella biblioteca); la collaborazione
con Einaudi si interruppe per sopravvenute incomprensioni con l'editore.
All'inizio degli anni novanta alcuni suoi allievi hanno fondato la casa
editrice Quodlibet. I suoi studi hanno riguardato varie tematiche, dal
linguaggio alla metafisica, approfondendo il significato dell'esistenza del linguaggio
e dei suoi limiti referenziali esogeni ed endogeni., dall'estetica nella quale
indaga sulle relazioni intercorrenti fra filosofia ed arte chiedendosi se
quest'ultima permetta una differente espressione del linguaggio rispetto alla
prima, all'etica che approfondisce le tematiche e gli aspetti emergenti dal
contesto dei lager nazisti. A sostegno del pensiero di Agamben riguardo
alla sua concezione della "nuda vita" vale infine quanto scritto in
un articolo pubblicato in data 17 marzo
intitolato Chiarimenti: «È evidente che gli italiani sono disposti
a sacrificare praticamente tutto, le condizioni normali di vita, i rapporti
sociali, il lavoro, perfino le amicizie, gli affetti e le convinzioni religiose
e politiche al pericolo di ammalarsi. La nuda vitae la paura di perderlanon è
qualcosa che unisce gli uomini, ma li acceca e separa.» Homo sacer A
partire dal concetto latino di homo sacer, la sua ricerca principale si svolge
nei seguenti volumi (ripresi nell'edizione definitiva: Homo Sacer. Edizione
integrale. I. Homo sacer. Il potere
sovrano e la nuda vita, II,1. Stato d'eccezione, 2003 II,2. Stasis. La guerra
civile come paradigma politico, Il
sacramento del linguaggio. Archeologia del giuramento, Il regno e la gloria. Per una genealogia
teologica dell'economia e del governo, II,5. Opus Dei. Archeologia
dell'ufficio, Quel che resta di
Auschwitz. L'archivio e il testimone, Altissima povertà. Regole monastiche e
forma di vita, IV,2. L'uso dei
corpi, Al cinema Ha interpretato il
ruolo di Filippo nel film del 1964 Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo
Pasolini. Opere: “Jarry o la divinità del riso”, in Alfred Jarry, Il supermaschio, trad. G.
Agamben, Milano: Bompiani (poi Milano: SE,) André Breton e Paul Éluard,
L'immacolata concezione, trad. G. Agamben, Milano: Forum, (poi Milano: ES).
L'uomo senza contenuto, Milano: Rizzoli, 1970 (poi Macerata: Quodlibet)
(contiene: «La cosa più inquietante», «Frenhofer e il suo doppio», «L'uomo di
gusto e la dialettica della lacerazione», «La camera delle meraviglie», «Les
jugements sur la poésie ont plus de valeur que la poésie», «Un nulla che
annienta se stesso», «La privazione è come un volto», «Poiesis e praxis», «La
struttura originale dell'opera d'arte», «L'angelo malinconico») José Bergamin,
in José Bergamín, Decadenza dell'analfabetismo, trad. Lucio D'Arcangelo,
Milano: Rusconi, (n.ed. Milano: Bompiani)
La notte oscura di Juan de la Cruz, in Juan de la Cruz, Poesie, trad. G.
Agamben, Torino: Einaudi, Stanze. La parola e il fantasma nella cultura occidentale,
Torino: Einaudi (ristampato Einaudi) (contiene: «Prefazione», «I fantasmi di
Eros», «Nel mondo di Odradek. L'opera d'arte di fronte alla merce», «La parola
e il fantasma. La teoria del fantasma nella poesia d'amore del '200»,
«L'immagine perversa. La semiologia dal punto di vista della Sfinge») Marcel
Griaule, Dio d'acqua, trad. G. Agamben, Milano: Bompiani, 1978 Infanzia e
storia. Distruzione dell'esperienza e origine della storia, Torino: Einaudi. Contiene:
«Infanzia e storia. Saggio sulla distruzione dell'esperienza», «Il paese dei
balocchi. Riflessioni sulla storia e sul gioco», «Tempo e storia. Critica
dell'istante e del continuo», «Il principe e il ranocchio. Il problema del
metodo in Adorno e in Benjamin», «Fiaba e storia. Considerazioni sul presepe», «Programma
per una rivista») Gusto, in Ruggiero Romano , Enciclopedia Einaudi, 6, Torino: Einaudi, L'io, l'occhio, la voce, in Paul Valéry,
Monsieur Teste, trad. Libero Salaroli, Milano: Il Saggiatore, nuova ed. Milano:
SE; poi in La potenza del pensiero, Il
linguaggio e la morte. Un seminario sul luogo della negatività, Torino: Einaudi
(ristampato Einaudi,) La fine del pensiero, Paris: Le Nouveau Commerce, 1982 Un
importante ritrovamento di manoscritti di Walter Benjamin, in «aut-aut»,
(numero intitolato «Paesaggi benjaminiani»), Firenze: La Nuova Italia, La
trasparenza della lingua, in «Alfabeta», Milano: Coop. Intrapresa, Il viso e il
silenzio, in Ruggero Savinio, Opere 1983, Milano: Philippe Daverio, 1983 Il
silenzio del linguaggio, in Paolo Bettiolo , Margaritae, Venezia: Arsenale,
1983, 69–79 Idea della prosa, Milano:
Feltrinelli, (poi Macerata: Quodlibet) (contiene: «Soglia», «I: Idea della
materia, Idea della prosa, Idea della censura, Idea della vocazione, Idea
dell'Unica, Idea del dettato, Idea della verità, Idea della Musa, Idea
dell'amore, Idea dell'immemorabile», «II: Idea del potere, Idea del comunismo,
Idea della giustizia, Idea della pace, Idea della vergogna, Idea dell'epoca,
Idea della musica, Idea della felicità, Idea dell'infanzia, Idea del giudizio
universale», «III: Idea del pensiero, Idea del nome, Idea dell'enigma, Idea del
silenzio, Idea del linguaggio, Idea della luce, Idea dell'apparenza, Idea della
gloria, Idea della morte, Idea del risveglio», «Soglia. Kafka difeso contro i
suoi interpreti») Quattro glosse a Kafka, in «Rivista di estetica», Torino: Rosenberg
& Sellier, La passione dell'indifferenza, in Marcel Proust, L'indifferente,
trad. Mariolina Bongiovanni Bertini, Torino: Einaudi, Il silenzio delle parole, in Ingeborg Bachmann,
In cerca di frasi vere, trad. Cinzia Romani, Bari: Laterza, 1989, V-XV Sur Robert Walser, in «Détail», Paris:
Pierre Alféri et Suzanne Doppelt (l'Atelier Cosmopolite de la Fondation Royaumont),
autunno La comunità che viene, Torino: Einaudi, 1990 (n.ed. Torino: Bollati
Boringhieri) (contiene: «La comunità che viene: Qualunque, Dal Limbo, Esempio,
Aver luogo, Principium individuationis, Agio, Maneries, Demonico, Bartebly,
Irreparabile, Etica, Collants Dim, Aureole, Pseudonimo, Senza classi, Fuori, Omonimi,
Schechina, Tienanmen», «L'irreparabile») Disappropriata maniera, in Giorgio
Caproni, Res amissa, G. Agamben, Milano: Garzanti, 1991 (poi in Categorie
italiane, 89–103) Kommerell o del gesto,
in Max Kommerell, Il poeta e l'indicibile, Genova: Marietti, VII-XV (poi in La
potenza del pensiero, Bartleby, la
formula della creazione, Macerata: Quodlibet. Contiene: Gilles Deleuze,
Bartebly o la formula trad. Stefano Verdicchio; G. Agamben, Bartebly o della
contingenza: Lo scriba o della creazione, La formula o della potenza,
L'esperimento o della decreazione») Nota introduttiva a: René, Il testamento
della ragazza morta, trad. Daniela Salvatico Estense, Macerata: Quodlibet, 7–8 Maniere del nulla, in Robert Walser, Pezzi
in prosa, trad. Gino Giometti, Macerata: Quodlibet, 7–11 Il dettato della poesia, in Antonio
Delfini, Poesie della fine del mondo e poesie escluse, Daniele Garbuglia,
Macerata: Quodlibet, VII-XX (poi in
Categorie italiane, 79–88) Homo sacer.
Il potere sovrano e la nuda vita, Torino: Einaudi, 1995 (ristampa 2008)
(contiene: «Introduzione», «Logica della sovranità», «Homo sacer», «Il campo
come paradigma biopolitico del moderno», «») Il talismano di Furio Jesi, in
Furio Jesi, Lettura del Bateau ivre di Rimbaud, Macerata: Quodlibet, 1996, 5–8 Mezzi senza fine. Note sulla politica,
Torino: Bollati Boringhieri, 1996 (contiene: «Avvertenza», «I: Forma-di vita,
Al di là dei diritti dell'uomo, Che cos'è un popolo?, Che cos'è un
campo?», «II: Note sul gesto, Le lingue e i popoli, Glosse in margine ai
Commentari sulla società dello spettacolo, Il volto», «III: Polizia sovrana,
Note sulla politica, In questo esilio. Diario italiano 1992-94») Per una
filosofia dell'infanzia, in Franco La Cecla, Perfetti e indivisibili, Milano:
Skira, 1996, 233–40 Categorie italiane.
Studi di poetica, Venezia: Marsilio, 1996 (contiene: «Premessa», «Comedia»,
«Corn. Dall'anatomia alla poetica», «Il sogno e della lingua», «Pascoli e il
pensiero della voce», «Il dettato della poesia», «Disappropriata maniera», «La
festa del tesoro nascosto», «La fine del poema», «Un enigma della Basca», «La
caccia della lingua», «I giusti non si nutrono di luce», «Il congedo della
tragedia»). Nuova edizione (Roma-Bari: Laterza, ), accresciuta di otto testi e
con un nuovo sottotitolo: Studi di poetica e di letteratura. Verità come
erranza, in «Paradosso», 2-3 (numero intitolato «Sulla verità», Massimo Dona),
Padova: Il Poligrafo, 1998, 13–17 Image
et mémoire, Paris: Hoëbeke, 1998 (contiene: «Aby Warburg et la science sans
nom», «L'origine et l'oubli. Parole du mythe et parole de la littérature», «Le
cinéma de Guy Debord», «L'image immémoriale») Quel che resta di Auschwitz.
L'archivio e il testimone. Homo sacer. III, Torino: Bollati Boringhieri, 1998
(contiene: «Avvertenza», «Il testimone», «Il musulmano», «La vergogna o del
soggetto», «L'archivio e la testimonianza», «») Introduzione, in Giorgio
Manganelli, Contributo critico allo studio delle dottrine politiche del '600
italiano, Macerata: Quodlibet, 1999,
7–18 La guerra e il dominio, in «aut-aut», 293-294, Firenze: La Nuova
Italia, settembre-dicembre 1999, 22–3,
poi anche in: Paolo Perticari , Biopolitica minore, Roma: Manifestolibri Il tempo che resta. Un commento alla «Lettera
ai romani», Torino: Bollati Boringhieri, 2000 (contiene: «Prima giornata.
Paulos doulos christoú Iësoú», «Seconda giornata. Klëtós», «Terza giornata.
Aphörisménos», «Quarta giornata. Apóstolos», «Quinta giornata. Eis auaggélion
theoú», «Sesta giornata», «Soglia o tornada», «Appendice. Riferimenti testuali
paolini», «») Araldica e politica, in Viola Papetti , Le foglie messaggere.
Scritti in onore di Giorgio Manganelli, Roma: Editori Riuniti Un possibile
autoritratto di Gianni Carchia, in «Il manifesto» (supplemento «Alias» 26),
Roma, 7 luglio 200118 Le pire des régimes, in «Le monde», Paris, 23 marzo 2002
The Time That Is Left, in «Epoché», VII, 1, Villanova: Villanova University, 1–14 L'aperto. L'uomo e l'animale, Torino:
Bollati Boringhieri, 2002 (contiene «Teromorfo, Acefalo, Snob, Mysterium
disiunctionis, Fisiologia dei beati, Cognitio experimentalis, Tassonomie, Senza
rango, Macchina antropologica, Umwelt, Zecca, Povertà di mondo, L'aperto, Noia
profonda, Mondo e terra, Animalizzazione, Antropogenesi, Tra, Desoeuvrement,
Fuori dall'essere», «») Nota, in Ingebor Bachmann, Quel che ho visto e udito a
Roma, Macerata: Quodlibet, 2002 (con Valeria Piazza) L'ombre de l'amour, Paris:
Rivages, 2003 Stato di Eccezione. Homo sacer II, 1, Torino: Bollati
Boringhieri, 2003 (contiene: «Lo stato di eccezione come paradigma di governo»,
«Forza di legge», «Iustitium», «Gigantomachia intorno a un vuoto», «Festa lutto
anomia», «Auctoritas e potestas», «Riferimenti bibliografici») Intervista a
Giorgio Agamben (sullo Stato di eccezione) in Antasofia 1, Mimesis, Milano
2003. Genius, Roma: Nottetempo, 2004 (poi in Profanazioni, 7–18) Il giorno del giudizio, Roma:
Nottetempo, 2004 (poi in Profanazioni,
25–38) La potenza del pensiero. Saggi e conferenze, Vicenza: Neri Pozza,
2005 (contiene: «La cosa stessa», «L'idea del linguaggio», «Lingua e storia»,
«Filosofia e linguistica», «Vocazione e voce», «L'io, l'occhio, la voce»,
«Sull'impossibilità di dire io», «Aby Warburg e la scienza senza nome»,
«Tradizione dell'immemorabile», «*Se. L'assoluto e l'Ereignis», «L'origine e
l'oblio», «Walter Benjamin e il demonico», «Kommerell o del gesto», «Il Messia
e il sovrano», «La potenza del pensiero», «La passione della fatticità»,
«Heidegger e il nazismo», «L'immagine immemoriale», «Pardes», «L'opera
dell'uomo», «L'immanenza assoluta») Profanazioni, Roma: Nottetempo, 2005
(contiene: «Genius», «Magia e felicità», «Il Giorno del Giudizio», «Gli
aiutanti», «Parodia», «Desiderare», «L'essere speciale», «L'autore come gesto»,
«Elogio della profanazione», «I sei minuti più belli della storia del cinema»)
Introduzione, in Emanuele Coccia, La trasparenza delle immagini. Averroè e
l'averroismo, Milano: Bruno Mondadori, 1995,
VII-XIII Che cos'è un dispositivo?, Roma: Nottetempo, 2006 L'amico,
Roma: Nottetempo, 2007 Ninfe, Torino: Bollati Boringhieri, 2007 Il regno e la
gloria. Per una genealogia teologica dell'economia e del governo. Homo sacer
II, 2, Vicenza: Neri Pozza, 2007 (nuova ed. Torino: Bollati Boringhieri, 2009)
(contiene: «Premessa», «I due paradigmi», «Il mistero dell'economia», «Essere e
agire», «Il regno e il governo», «La macchina provvidenziale», «Angelologia e
burocrazia», «Il potere e la gloria», «Archeologia della gloria» preceduti,
intervallati e seguiti da Soglie, «Appendice: L'economia dei moderni», «») Che
cos'è il contemporaneo?, Roma: Nottetempo, 2008 Signatura rerum. Sul Metodo,
Torino: Bollati Boringhieri, 2008 (contiene: «Avvertenza», «Che cos'è un
paradigma?», «Teoria delle segnature», «Archeologia filosofica», «») Il
sacramento del linguaggio. Archeologia del giuramento. Homo sacer II, 3,
Roma-Bari: Laterza, 2008 Nudità, Roma: Nottetempo, 2009 (contiene: «Creazione e
salvezza», «Che cos'è il contemporaneo?», «K.», «Dell'utilità e degli
inconvenienti del vivere fra spettri», «Su ciò che possiamo non fare»,
«Identità senza persona», «Nudità», «Il corpo glorioso», «Una fame da bue»,
«L'ultimo capitolo della storia del mondo») (con Emanuele Coccia) Angeli.
Ebraismo, Cristianesimo, Islam, Vicenza: Neri Pozza, La Chiesa e il Regno, Roma: Nottetempo, (con Monica Ferrando) La ragazza indicibile.
Mito e mistero di Kore, Milano: Electa Mondadori, Altissima povertà. Regole monastiche e forma
di vita. Homo sacer IV, 1, Vicenza: Neri Pozza,
Opus Dei. Archeologia dell'ufficio. Homo sacer II, 5, Torino: Bollati
Boringhieri, Il mistero del male.
Benedetto XVI e la fine dei tempi, Roma-Bari: Laterza, Pilato e Gesù, Roma: Nottetempo, Qu'est-ce que le commandement?, Parigi:
Bibliothèque Rivages, Il fuoco e il
racconto, Roma: Nottetempo, L'uso dei
corpi. Homo sacer IV, 2, Vicenza: Neri Pozza,
To Whom Is Poetry Addressed?, in "New Observations", Stasis La
guerra civile come paradigma politico. Homo sacer, Torino: Bollati
Boringhieri, L'avventura, Roma:
nottetempo, Pulcinella ovvero
Divertimento per li regazzi, Roma: nottetempo,
Che cos'è la filosofia?, Macerata: Quodlibet, Che cos'è reale? La scomparsa di Majorana,
Vicenza: Neri Pozza, Autoritratto nello
studio, Milano: Nottetempo, Karman.
Breve trattato sull'azione, la colpa, il gesto, Torino: Bollati
Boringhieri, Creazione e anarchia. L'opera
nell'età della religione capitalista, Vicenza: Neri Pozza, Homo Sacer. Edizione integrale (1995-),
Macerata, Quodlibet, Il Regno e il
Giardino, Vicenza: Neri Pozza, Lo
studiolo, Collana Saggi, Torino, Einaudi, . A che punto siamo? L'epidemia come
politica, Macerata, Quodlibet, Note Giulia Farina, Enciclopedia della
letteratura, Garzanti, 1997 p.9 Con il
quale progetta una rivista. Cfr. l'ultimo capitolo di Infanzia e storia,
Einaudi, Torino. Giorgio Agamben Al
quale si rivolge con L'amico, Nottetempo, Roma. Cfr. la lettera di solidarietà
di Carla Benedetti dell'11 gennaio 2004 su "Nazione indiana": la pagina sul sito della scuola. Del quale ha diretto per qualche tempo le
edizioni complete presso Einaudi, prima di abbandonare il progetto per contrasti
con la casa editrice. cfr. la lettera a "la Repubblica" del 13
novembre 1996. . Tra l'altro ha lavorato
per il Warburg Institute negli anni,grazie alla cortesia di Frances Yates . Altri autori di cui si è occupato sono
Charles Baudelaire, Robert Walser, Paul Valéry, Antonio Delfini, Giorgio
Manganelli, Max Kommerell, Elsa Morante, Giovanni Pascoli, Victor Segalen,
Giorgio Caproni, Patrizia Cavalli, Marcel Proust, Arnaut Daniel ecc. Paolo Vernaglione, TEOLOGIAIl «Mistero del
male» di Giorgio Agamben. Fuga dal tempo del dominio [collegamento interrotto],
in il manifesto, Lettera ad H. Arendt, 1970 (The Hannah Arendt Papers at the
Library of Congress) Roberto Gilodi,
BenjaminUno «straccivendolo» alla ricerca capillare dei rifiuti di Baudelaire,
in Alias, Roma, il manifesto, cite web
url=http://iep.utm.edu/a/agamben.htm
G.Agamben, Chiarimenti Andrea
Cavalletti, "La guerra civile, paradigma della politica" Archiviato
il 4 marzo in ., il manifesto Prima
della pubblicazione di Stasis, questo volume era numerato II,2. Thomas Carl
Wall, Radical Passivity: Levinas, Blanchot and Agamben, postfazione di William
Flesch, Albany: State University of New York Press, 1999 Philippe Mesnard e Claudine Kahan, Giorgio
Agamben à l'epreuve d'Auschwitz: temoignages, interpretations, Paris: Éditions
Kimé, Eva Geulen, Giorgio Agamben zur Einführung, Hamburg: Junius,Alfonso
Galindo Hervas, Politica y mesianismo: Giorgio Agamben, Madrid: Biblioteca
nueva, Asselin e Jean-Francois Bourgeault , La littérature en puissance autour
de Giorgio Agamben, Montréal: VLB, Calarco e Steven DeCaroli , Giorgio Agamben.
Sovereignty and Life, Stanford: Stanford University Press, 2007 Francesco
Valerio Tommasi, Homo sacer e i dispositivi. Sulla semantica del sacrificio in
Giorgio Agamben, «Archivio di filosofia », Justin Clemens, Nicholas Heron e
Alex Murray, The Work of Giorgio Agamben. Law, Literature, Life, Edinburgh:
Edinburgh University Press, 2008Greg Bird. Containing Community: From Political
Economy to Ontology in Agamben, Esposito, and Nancy. Albany: State University
of New York Press, Leland de la Durantaye, Giorgio Agamben: A Critical
Introduction, Stanford: Stanford University Press Alex Murray, Giorgio Agamben,
London-New York: Routledge, Thanos Zartaloudis, Giorgio Agamben. Power, Law and
the Uses of Criticism, London-New York: Routledge, (DE) Oliver Marchart, Die politische
Differenz zum Denken des Politischen bei Nancy, Lefort, Badiou, Laclau und
Agamben, Berlin: Suhrkamp, William Watkin, Literary Agamben: Adventures in Logopoiesis,
London-New York: Continuum, Vittoria Borsò et alii , BenjaminAgamben, Wurzburg:
, Konigshausen & Neumann, Lucia
Dell'Aia , Studi su Agamben, Milano: Ledizioni,
(con saggi di Witte, Liska, Dell'Aia, Talamo, Miranda, Recchia Luciani)
Francesco Valerio Tommasi, "L'analogia in Carl Schmitt e Giorgio Agamben.
Un contributo al chiarimento della teologia politica", in L'ircocervo,
/1.Jacopo D'Alonzo, "El origen de la nuda vida: política y lenguaje en el
pensamiento de Giorgio Agamben", in Revista Pléyade, C. Salzani,
Introduzione a Giorgio Agamben, Il Nuovo Melangolo, (HR) Mario Kopić, Giorgio Agamben, «Tvrđa»,
1-2, , 44–93. Flavio Luzi, Quodlibet. Il
problema della presupposizione nell'ontologia politica di Giorgio Agamben,
Stamen, Roma . E. Castano, Agamben e l'animale. La politica dalla norma
all'eccezione, Novalogos, Carlo Crosato,
Critica della sovranità. Foucault e Agamben. Tra il superamento della teoria
moderna della sovranità e il suo ripensamento in chiave ontologica,
Orthotes, V. Bonacci , Giorgio Agamben.
Ontologia e politica, Quodlibet Lucia
Dell'Aia e Jacopo D'Alonzo , Lo scrigno delle segnature. Lingua e poesia in
Giorgio Agamben, Istituto Italiano di Cultura, Amsterdam . Con uno scritto
inedito di G. Agamben (Porta e soglia) e contributi di: L. Dell'Aia, R. Talamo,
C. Salzani, J. D'Alonzo, V. BorsòColilli.
Bios (filosofia) Zoé (filosofia) Homo sacer Altri progetti Collabora a
Wikiquote Citazionio su Giorgio Agamben Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia
Commons contiene immagini o altri file su Giorgio Agamben Opere di Giorgio
Agamben, . Opere riguardanti Giorgio Agamben, . Giorgio Agamben, su
Goodreads. italiana di Giorgio Agamben,
su Catalogo Vegetti della letteratura fantastica, Fantascienza.com. Giorgio
Agamben, su Internet Movie Database, IMDb.com.
Catherine Mills, Giorgio Agamben, su Internet Encyclopedia of
Philosophy. L'aperto. L'uomo e l'animale. Recensione da LiberCensor.net.
Agambeniana. delle opere di Giorgio
Agamben, ferma al gennaio 2004, su agamben.web.fc2.com. Jacopo D'Alonzo, di Giorgio Agamben (aggiornata al dicembre )
, su filosofia-italiana.net. 9 aprile 13
aprile ). "Il frutto maturo della redenzione", Toni Negri su Agamben
Altissima povertà. Regole monastiche e forma di vita recensione da Sitosophia
Il mistero del male Traduzione spagnola nel 68esimo numero del magazine
messicano "Fractal". Refs.:
Luigi Speranza, “Grice ed Agamben” – The Swimming-Pool Library.
AGAZZI. (Genova). Grice: “I like [Emilio] Agazzi; his tutees thought
he was into the ‘impegno della ragione,’ but then MY tutees thought that I was
into the philosophical grounds (as in coffee) of rationality: intentions,
categories, ends – I go by “H. P. Grice,” so surely I can find an acronym that
would NOT leave the essential “H” out – as in Speranza’s GHP – a highly
powerful or hopefully plausible version of Myro’s system G – “in gratitude to
Paul Grice.” Grice: “Agazzi is a marxist – cf. my ontological Marxism, I am
one, too – so his ‘ragione’ is Hegelian – he has also philosophised on Croce,
and idealism, but the idea that there is ‘impegno’ behind reason is tutorial –
surely reason is a natural faculty that does not require much of an ‘impegno’ –
the more impegno, the less rational you will be counted – if he means that!” --
Filosofo. Agazzi nacque a Genova. Qui conseguì la maturità classica a la laurea
in lettere e filosofia con una tesi su Il pensiero filosofico di Piero
Martinetti presso l'Università Statale. Fu assistente volontario di storia
della filosofia dapprima a Genova dal 1945 al 1954, dove fu in particolare
influenzato dal pensiero di Adelchi Baratono, ordinario di filosofia teoretica,
e successivamente, dal 1954 al 1964, a Pavia (ove in particolare collaborò con
Ludovico Geymonat e Vittorio Enzo Alfieri); contemporaneamente, dal 1949 al
1972, insegnò filosofia nei licei di Genova, Voghera e Pavia. Nel 1964 conseguì
la libera docenza in storia della filosofia moderna e contemporanea; dal 1965 al
1968 insegnò filosofia della religione nella facoltà di Lettere e filosofia a
Milano, in particolare riprendendo il suo interesse per Piero Martinetti;
mentre nella stessa facoltà insegnò dal 1969 al 1982 filosofia della storia,
ottenendo un incarico stabile dal 1973.
Dalla seconda metà degli anni Settanta si dedicò in particolare allo
studio della filosofia tedesca moderna contemporanea, accentrando la sua
attenzione sulla Scuola di Francoforte, città in cui svolse ricerche
approfondite ed ebbe contatti con docenti universitari; negli stessi anni
frequentò ripetutamente università tedesche, polacche e jugoslave. Impegno politico Da sempre attento agli
sviluppi del pensiero marxista in Italia e in Europa, accompagnò la sua intensa
attività di ricerca scientifica ad un attivo impegno politico: esponente del
Partito Socialista Italiano negli anni Cinquanta, nei decenni successivi aderì
dapprima al PSIUP, quindi al PDUP e a Democrazia Proletaria. Collaborò in varie
forme a molte riviste e quotidiani della sinistra (tra gli altri Il Lavoro
Nuovo, l'Avanti!, Mondoperaio, Quaderni Rossi, Passato e Presente, Classe); nel
1983 fondò la rivista di teoria politica Marx centouno. Dopo il 1986, gravemente ammalato, dovette
rinunciare ai suoi studi, lasciando nel 1990 l'insegnamento. Morì a Pavia il 25
settembre 1991. Archivio L'archivio di
Emilio Agazzi e gran parte della sua biblioteca sono stati do 1992 dagli eredi
alla Fondazione Turati, dove è tutt'ora conservato presso l'archivio della
Fondazione; il fondo contiene quaderni di appunti, manoscritti e materiali di
lavoro per il periodo dagli anni Quaranta agli anni Ottanta del Novecento. Opere Il giovane Croce e il marxismo,
Einaudi, 1962 Linee fondamentali della ricezione della teoria critica in
Italia, in L'impegno della ragione. Per Emilio Agazzi (Cingoli, Calloni,
Ferraro), Milano, Unicopli, 1994. Filosofia della natura. Scienza e cosmologia,
Piemme, Casale Monferrato 1995. La filosofia di Piero Martinetti, Sandro
Mancini, Amedeo Vigorelli e Marzio Zanantoni, Edizioni Unicopli, Milano, .
Traduzioni Jürgen Habermas, Etica del discorso, Laterza, Bari-Roma Note
Agazzi Emilio, su SIUSA Sistema Informativo Unificato per le
Soprintendenze Archivistiche. 21 febbraio .
Fondo Agazzi Emilio, su SIUSA Sistema Informativo Unificato per le
Soprintendenze Archivistiche. Collezione
Emilio Agazzi su Fondazione di studi
storici "Filippo Turati". 21 febbraio . E. Capannelli ed E. Insabato , Guida agli
Archivi delle personalità della cultura in Toscana tra '800 e '900. L'area
fiorentina, Firenze, Olschki, Scuola di Milano
Emilio Agazzi, su siusa.archivi.beniculturali, Sistema Informativo
Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.Collezione Emilio Agazzi su
Fondazione di studi storici "Filippo Turati". Filosofia Filosofo Professore1921
1991 18 novembre 25 settembre Genova Pavia
AGAZZI. (Bergamo).
Grice: “[Evandro] Agazzi has all the best intentions, but perhaps he lacks a
Lit. Hum. background – he basically approaches my topic of “logica filosofica”
which he contrasts with ‘logica matematica,’ and he has a special tract on my
pont about ‘formalismo’,’ which I later called ‘modernism’ – “ragioni e limiti
del formalismo” – his essay on ‘mondo incerto’ reminds me of my ‘intention and
uncertainty’!” – Filosofo. Figlio di Agazzi, ordinario di pedagogia presso la
Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università Cattolica di Milano e preside
della Facoltà di Magistero, fu allievo di Gustavo Bontadini e amico di Ludovico
Geymonat, con cui a lungo collaborò, durante gli studi di filosofia presso
l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e di fisica presso
l'Università Statale di Milano. In seguito si è perfezionato all'Oxford, a
quella di Marburg ed a quella di Münster; dal 1963 è libero docente in
Filosofia della scienza e dal 1966 in Logica matematica. Evandro Agazzi
ha inizialmente insegnato Geometria superiore, Logica matematica e Matematiche
complementari presso la facoltà di Scienze dell'Genova; ha insegnato altresì
Logica simbolica presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, Filosofia della
scienza e Logica matematica presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di
Milano. Dal 1970 è Professore di Filosofia della scienza presso l'Genova
e dal 1979 detiene la cattedra di Antropologia filosofica, Filosofia della
scienza e Filosofia della natura presso l'Friburgo in Svizzera. È stato
professore invitato nelle Berna, Ginevra, Düsseldorf, Pittsburgh ed anche
all'Stanford; è dottore honoris causa dell'Córdoba (Argentina). Ha
presieduto numerose associazioni filosofiche nazionali e internazionali:
Società Filosofica Italiana, Società Italiana di Logica e Filosofia delle scienze,
Società svizzera di Logica e Filosofia delle scienze, Federazione
internazionale delle Società filosofiche; è stato membro del Comitato Nazionale
per la Bioetica. Attualmente è presidente della Académie Internationale de
Philosophie des Sciences e dell'Institut International de Philosophie.
Pensiero I settori ai quali Evandro Agazzi ha rivolto prevalentemente i suoi
interessi sono stati: la filosofia generale della scienza, la filosofia di
alcune scienze particolari (matematica, fisica, scienze sociali, psicologia),
logica, teoria dei sistemi, etica della scienza, bioetica, storia della
scienza, filosofia del linguaggio, metafisica antropologia filosofica,
pedagogia. Attualmente le sue ricerche riguardano per un verso la
caratterizzazione dell'oggettività scientifica e la difesa di un realismo
scientifico basato su un approfondimento delle nozioni di riferimento e di
verità, con le relative implicazioni di tipo ontologico, per un altro
l'approfondimento del concetto di persona e delle varie conseguenze che ne
derivano, in particolare nel campo della bioetica. Filosofia della
scienza La riflessione di Agazzi assume come punto di partenza la necessità
gnoseologica di stabilire nella conoscenza scientifica «la più perfetta forma
di conoscenza oggi a disposizione dell'uomo». Su questa base, anche i
metafisici devono necessariamente passare per l'epistemologia, intesa come
fondazione delle «strutture metodologichedella scienza». L'epistemologia, come
la intende Agazzi, assume la scienza come un sapere oggettivamente rigoroso:
tuttavia l'oggettività in questione non è quella metafisica delle essenze o
quella fisica delle qualità, bensì un'oggettualità e intersoggettività.
Sulla base di questi due punti, come Agazzi specifica nel suo celebre libro
intitolato Temi e problemi di filosofia della fisica, l'oggetto di una
disciplina scientifica è la cosa, esaminata da un punto di vista tale per cui
il ricercatore si pone grazie a una precisissima impostazione metodologica,
tramite la quale ritaglia su una cosa un aspetto (oggettività), condiviso dai
ricercatori che accettano gli stessi criteri di oggettivazione
(intersoggettività). Il rigore scientifico cessa di essere inteso in senso
dialettico e confutatorio o in senso matematico e quantitativo: è piuttosto inteso
nel senso di dar ragione tramite l'immediato empirico o il mediato
logico. In questa prospettiva, la scienza assume la forma di un
linguaggio che parla di un universo di oggetti. La configurazione della scienza
è caratterizzata da quattro peculiarità: è realistica, giacché fa
costante riferimento alla realtà; è relativa, giacché costituisce il proprio
oggetto; è rigorosa, giacché ha una valenza che è sia logica sia linguistica; è
responsabile, giacché si pone il problema etico delle conseguenze che da essa
scaturiscono. Per Agazzi, la filosofia non deve però limitarsi a fare queste
riflessioni sulla scienza: deve anche operare un'incessante ricerca del
fondamento, sia attraverso la critica dello scientismo e dell'ideologismo, sia
attraverso la proposta di quello che Agazzi chiama, in I compiti della ragione,
un «uso costruttivo della ragione: quello che si avvale dell'argomentazione,
quello che cerca di comprendere e, al massimo, di persuadere». Opere
Lógica Simbólica Temi e problemi di filosofia della fisica (1969) Temas y
problemas de la Filosofía de la Física (1978) Il bene, il male e la scienza El
bien, el mal y la Ciencia Filosofía de la naturaleza: Ciencia y Cosmología La
ciencia y el alma de Occidente ( Introduzione ai problemi dell’assiomatica (1961)
Le geometrie non euclidee e i fondamenti della geometria, (en colaboración con
D. Palladino, I sistemi fra scienza e
filosofia Studi sul problema del significato (1979) Modern Logic. A. Survey
(ed. 1981) Scienzia e fede. Nuove prospettive su un vecchio problema (1983)
Storia delle scienze La filosofia della scienza in Italia nel '900 (1986) Weisheit
im Technischen, Philosophie, science,
métaphysique (1987) Probability in the Sciences L’objectivité dans les
differentes sciences (1988) Filosofia, scienza e verità con L.Geymonat y F.
Minazzi, Logica filosofica e logica matematica Quale etica per la Bioetica? La comparabilité des théories scientifiques
(1990) Philosophy and the Origin and Evolution of the Universe (con A. Cordero,
1991) The problem of Reductionism in Science Science and sagesse (1991)
Bioetica e persona (1993) Cultura scientifica e interdisciplinarità Interpretazioni attuali dell’uomo: filosofia,
scienza, religione Il tempo nella scienza e nella filosofia Filosofia della
natura, Scienza e cosmologia (1995). Prefazione di F. Minazzi. Philosophy of
Mathematics today (con G. Darvas, 1997) Realism and Quantum Physics (1998)
Novecento e Novecenti (1999) Paidéia, verità, educazione, The Realty of the
Unobservable (con M. Pauri, 2000) Etica y manipulación genética (2000)
Life-Interpretation and the Sense of Illness within the Human Condition (con
A.T. Tymieniecka The Problem of the
Unity of Science (con J. Faye, 2001) Philosophie et tolérance (2000) Complexity
and Emergence (con M. L. Montecucco, 2002) Right, Wrong and Science. The Etical
Dimensions of the Techno-Scientific Enterprise (2004) Valore e limiti del senso
comune, 2004. Operations and Constructions in Science (con Ch. Thiel), 2006.
Epistemology and the Social (con A. Gómez y J. Echeverría) Science and Ethics.
The Axiological Contexts of Science (con Fabio Minazzi), Bruxelles, 2008. Time
in the Different Scientific Approaches/Le temps appréhendé à travers
diffèrentes disciplines, 2008. Scienza (entrevista coni Giuseppe Bertagna),
2008. Le rivoluzioni scientifiche e il mondo moderno, 2008. Relations Between
Human Sciences and Natural Sciences/Relations entre sciences humaines et
sciences naturelles (ed. with Giuliano Di Bernardo), . Evolutionism and
Religion (ed. with Fabio Minazzi), . La ciencia y el alma de Occidente, .
Ragioni e limiti del formalismo, . Representation and Explanation in the
Sciences, . The Legacy of A.M. Turing, . Science, MeTaphysics, Religion, .
Scientific Objectivity and its Contexts The Practical Turn in Philosophy of
Science (ed. with Gerrhard Heinzmann), . Note
Cfr. l'articolo ”Don Carlì, una vita al Seminario. Un libro per l'uomo
cuore di Città Alta“, in L'eco di Bergamo, Giovedì 20 novembre 42. Storia dell'Università Cattolica del Sacro
Cuore. Le fonti, Volume 1, Alberto Cova, Vita e Pensiero, Milano, 2007557. Scuola di Milano Epistemologia Altri progetti
Collabora a Wikiquote Citazionio su Evandro Agazzi Collabora a Wikimedia
Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Evandro Agazzi Evandro Agazzi, su TreccaniEnciclopedie on
line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Evandro Agazzi, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Opere di Evandro Agazzi, su openMLOL, Horizons
Unlimited srl. Pagina personale di
Evandro Agazzi sul sito dell'Genova. Valori e limiti del senso comune, Evandro
Agazzi, Milano, FrancoAngeli. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Agazzi” – The
Swimming-Pool Library.
AGOSTINO. (Roma). Grice: “I
like Agostino; he has philosophised exactly about what I did: identita
personale; libero albitrio; and some of the topics that I philosophised with H.
L. A. Hart, notably ‘parole di giustizia,’ and ‘bias’: ‘violenza e giustizia’
-- Filosofo. Consegue la laurea in
giurisprudenza nel 1968. Ha insegnato nelle Lecce, Urbino e Catania. Ordinario è
professore di Filosofia del diritto e di Teoria generale del diritto presso
l'Università degli studi di Roma Tor Vergata, in cui ha diretto il Dipartimento
di "Storia e Teoria del Diritto". Insegna altresì alla LUMSA e alla
Pontificia Università Lateranense ed è professore visitatore in diverse
università straniere. Tra i maestri che
hanno influenzato il suo pensiero figurano Sergio Cotta e Vittorio Mathieu.
Particolare attenzione è dedicata nella sua produzione scientifica alla teoria
della giustizia, alle tematiche della bioetica, e quindi alle problematiche
della tutela del diritto alla vita, alla teoria della famiglia. Nel suo scritto La sanzione nell'esperienza
giuridica, del 1989, sostiene e riattualizza la teoria retributiva della
pena. Già membro del Consiglio
Scientifico dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana, attualmente è Presidente
onorario del Comitato nazionale per la bioetica, di cui è membro fondatore e di
cui è stato presidente negli anni 1995-1998 e 2001-2006. Ricopre inoltre la
carica di Presidente dell'Unione Giuristi Cattolici Italiani. È membro della
Pontificia Accademia per la Vita. È
stato direttore di Iustitia e Nuovi Studi Politici; attualmente è condirettore
della Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto. Dirige per l'editore
Giappichelli la collana Recta Ratio. Testi e studi di Filosofia del diritto,
nella quale sono apparsi più di cento volumi. È inoltre editorialista del
quotidiano Avvenire. Grazie a queste cariche e alle sue pubblicazioni, oggi
D'Agostino è considerato uno degli intellettuali di riferimento del movimento
teocon italiano. Ha coordinato la
sessione "I cattolici, la politica e le istituzioni" nell'ambito dei
lavori del X Forum del Progetto culturale della Conferenza Episcopale Italiana
sui 150 anni dell'Unità d'Italia.
Polemiche sul tema dell'omosessualità Ha suscitato polemiche la
constatazione di D'Agostino per cui le unioni omosessuali sono
«costitutivamente sterili»: la constatazione fu ripresa dal ministro Mara
Carfagna nel 2007 che affermava che «non c'è nessuna ragione per la quale lo
Stato debba riconoscere le coppie omosessuali, visto che costituzionalmente
sono sterili» e che «per volersi bene il requisito fondamentale è poter
procreare». Opere: Abbozzo diritto
Questa sezione sull'argomento diritto è solo un abbozzo. Contribuisci a
migliorarla secondo le convenzioni di . Segui i suggerimenti del progetto di
riferimento. La sanzione nell'esperienza giuridica, 1989 Una filosofia della
famiglia, Diritto e Giustizia, Filosofia del diritto, Parole di Bioetica,
Parole di Giustizia, Lezioni di filosofia del diritto, Lezioni di teoria
generale del diritto, Bioetica, nozioni fondamentali, Il peso politico della
Chiesa, Un Magistero per i giuristi. Riflessioni sugli insegnamenti di
Benedetto XVI, Bioetica e Biopolitica.
Ventuno voci fondamentali Corso breve di
filosofia del diritto, Jus quia justum.
Lezioni di filosofia del diritto e della religione Famiglia, matrimonio, sessualità. Nuovi temi
e nuovi problemi. Carfagna: "Gay costituzionalmente sterili" da La
Repubblica. F Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Agostino” – The Swimming-Pool
Library, Villa Speranza.
AGRESTA. (Mammola). Grice: “I would hardly call Agresta a
philosopher, but then my working site was formerly a Cisterian monastery and
bore the name of San Giovanni il Battista, so who am I to judge?! In any case,
I always wondered why Loeb (in the Macmillan edition) cared to publish the four
volumes of letters of Basil (of Blackwell fame) – now I know – Agresta
dedicated his life to this saint – In a way I drew from him in my netasteousia,
i. e. transubstantatio – how a pirot-1 becomes a pirot-2 – a human becomes a
person. Pater used to say that at Oxford it’s all about Hellenism, no Ebraismo!
Yet Agresta, an Italian, of sorts -- he
was half-Greek! – is a good example, alla Basil, of how troublesome those with
a classical – i. e. Graeco-Roman – education found all those ‘heresies’ of the
Christian dogma! Three persons in one – and the rest of them. Hardie used to
tell me, ‘Lay the blame on the Christian doctrine, not on Aristotle’s theory of
the substdance!” -- Filosofo. Abate
Generale dei Basiliani d'Italia è ritenuto tra i più illustri dell'ordine
Basiliano. Nato a Mammola (RC) il 10 gennaio 1621, morì a Messina il 23
Dicembre 1695. Al battesimo fu chiamato Domenico, figlio di Giovanni Michele
Agresta e di Dianora Scarfò. Inizia i primi studi alla Grancia Basiliana di
Mammola, continua al seminario di Gerace, a 16 anni frequenta gli studi
superiori a Napoli, ma viene colto da febbre maligna e miracolosamente come
egli afferma recupera la guarigione ritornando a Mammola. Dopo due anni il 23
luglio 1639 veste l'abito di San Basilio Magno nel monastero del San Salvatore
di Messina. Abbandonando il nome Domenico prende quello di Paolo; l'anno
successivo viene consacrato sacerdote nella basilica di Sant'Apollinare di
Ravenna, ricevendo il nome di Apollinare e inizia la professione
monastica. Don Apollinare Agresta dotto
teologo, filosofo, studioso, storico e scrittore. Nel 1669 fu insignito del
titolo di Maestro di sacra teologia. Negli anni successivi il 24 luglio 1675,
viene nominato Abate Generale dell'Ordine dei Basiliani d'Italia da Papa
Clemente X, con l'incarico di riorganizzare l'ordine dei Basiliani; nel 1680
veniva ancora confermato, poi riconfermato da Papa Innocenzo XI, ed ancora
un'altra volta nel 1692 da Papa Alessandro VIII. Conservò la carica fino alla
morte. Ha rivestito incarichi
prestigiosi. Giovanissimo viene insignito di numerose cariche: è responsabile
di diversi monasteri della Provincia di Calabria e d'Italia, introduce nuovi
metodi di studio per gli studenti, procurandosi fama e onore dalle comunità
locali e religiose. Ricopre la carica di Abate al monastero di S. Onofrio,
presso Monteleone oggi Vibo Valentia, regge successivamente la Grangia di San
Biagio del monastero basiliano di San Nicodemo di Mammola (RC); ma anche fu
inviato al monastero italo-greco di San Giovanni Theresti di Stilo (RC), a
reggere il monastero di Mater Domini in Nocera de' Pagani nella Campania, e
dopo viene nominato Procuratore Generale della Badia di Grottaferrata, oggi
Monastero di Santa Maria di Grottaferrata, meglio conosciuto come Monastero di
San Nilo. RomaChiesa di San Basilio
(Stemma visibile sugli archi della Chiesa)
RomaChiesa di San Basilio (Lapide a conferma della edificazione voluta
da Don Apollinare Agresta) L'Agresta ebbe sempre a cuore il decoro nel culto e
delle costruzioni ed arredamenti degli edifici religiosi. Fu edificata da lui
nel 1682 la Chiesa di San Basilio agli Orti Sallustiani a Roma, che si trova in
Via San Basilio vicino a Piazza Barberini, come conferma una lapide marmorea in
latino dentro la chiesa. Nella Grancia Basiliana di Mammola edificò una
cappella in onore di San Nicodemo Abate Basiliano e affidatala alla sorella
Vittoria vi fece collocare le reliquie del santo (in seguito al terremoto le
reliquie sono conservate nella cappella di San Nicodemo nella Chiesa Matrice di
Mammola). Si adoperò per la costruzione del Collegio di San Basilio a Roma. Nel
monastero di Rosarno restaurò la cappella della Madonna. Acquistò campi e case
e restaurò numerosi monasteri permettendo ai monaci di vivere una vita più
comoda. Donò indumenti liturgici in tutti i monasteri basiliani. I Monaci Basiliani del Monastero di
Grottaferrata (Roma) devotamente ricordano il loro Generale conservandone, con
cura gelosa, un guanto pontificale. Marco Petta eFrancesco Russo, studiosi e
storici del Monastero di Grottaferrata, sono state le ultime due personalità
religiose che hanno scritto in ricordo dell'Abate Generale Don Apollinare
Agresta, consultando all'interno del monastero la vasta biblioteca che conserva
scritti di grande valore e importanza.
Nel Museo Diocesano di Reggio Calabria, si può ammirare un reliquario a
braccio, che conserva le reliquie di San Giovanni Thereste, donate dall'Agresta
quando ricopriva la carica di Abate del Monastero italo-greco di Stilo. Un ritratto in giovane età del monaco è
pubblicata nel libro "Mammola" di Don Vincenzo Zavaglia. Alcune Opere Autori di numerose
pubblicazioni, i libri di Don Apollinare Agresta, a distanza di secoli, ancora
oggi vengono consultati e citati da numerosi ricercatori e studiosi, tra le sue
opere più importanti ricordiamo: Vita di
San Basilio Magno (Roma 2ª ed., Messina). Ancor oggi pregevole per le molte
notizie che ci dà dei monasteri basiliani delle Calabrie e d'Italia. Vita di S.
Giovanni Theristi (Roma Vita di San Nicodemo A.B. (Roma Privilegi e concessioni
fatti dal Gran Conte Ruggero al sacro archimandritale Monastero di Giov.
Theristi (Roma 1675); Constitutiones Monachorum Ordinis S. Basilii Magni Congregationis
Italiae (Roma) Compendio delle Regole o vero Costitutioni monastiche di S.
Basilio raccolto dal Bessarione (Roma 1689)Ristampa; Sono rimaste invece
inedite alcune brevi biografie riguardanti San Luca di Tauriano, il beato
Stefano di Rossano, San Proclo di Bisignano, la beata Teodora Vergine, San
Onofrio di Belloforte e San Fantino di Tauriana. D. Vincenzo Zavaglia, Mammola, Frama Sud,
Chiaravalle C. Marco Petta, Apollinare Agresta Abate Generale Basiliano, Tipogr.
Italo-Orientale S. Nilo Grottaferrata 1981. Apollinare Agresta, in Enciclopedia
Treccani, 1929 Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Monastero di Santa Maria di Grottaferrata o
Monastero di San Nilo, su abbaziagreca. Santuario di San Nicodemo, su
sannicodemodimammola. Foto di Don Apollinare Agresta alla giovane età di 24
anni, su flickr.com. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice ed Agresta” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza,
Liguria.
AJELLO. (Napoli). Grice:
“I love Ajello; bevause he was a Plathegelian, while I’m an Ariskantian; I
always found Plathegel very HARD to understand, Ajello doesn’t; there’s
something in an Italian that makes Hegel’s Dutchiness very comprehensible, even
more so than to the Dutch themselves!” Filosofo -- discepolo di Puoti, aprì uno
studio privato come maestro ma ebbe vita stentata fino a quando ottenne un posto
al ministero dell'Istruzione. Partecipò
ai moti e per questo fu licenziato in tronco. Fu arrestato e gli fu vietato
l'insegnamento pubblico e «di far uso anche moderatissimo della stampa» , per
cui dovette tornare all'insegnamento privato della filosofia e della
letteratura. Seguace convinto della
filosofia hegeliana, che contribuì a diffondere in Italia, basava il suo
insegnamento soprattutto sull'Enciclopedia delle scienze filosofiche in
compendio. Opere: “Della muliebrità
della volgar letteratura dei tempi di mezzo”; “Napoli e i luoghi celebri delle
sue vicinanze”; “Discorsi di storia e letteratura” -- Enciclopedia Italiana
Treccani alla voce corrispondente Opere
di Giambattista Ajello, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Refs: Luigi Speranza, “Grice ed Ajello” – The
Swimming-Pool Library.
ALBERGAMO. (Favara).
Grice: “Albergamo is a fascinating author – a very Italian philosopher who can
teach Lucrezio and the classics at the ‘gym,’ as they call it, and yet survey
the ‘storia delle scienze essate’ and the ‘storia delle scienze empiriche.’
Alla Bridgman, he is into ‘the logic of the science.’ But he can also define
the ‘spirit’ in terms of ‘freedom.’ He has also analysed, vis-à-vis- his
interest in Galieleo and science, the very Italian idea (already in Cicerone)
of ‘super-stitio’ and magic – his approach to these matters is
phenomenological, which coming from Favara as he does, is understandable!”
-- Filosofo. e un pioniere della
filosofia della scienza in Italia. Nato a Favara, in provincia di Agrigento,
da Giacomo e Giuseppina Butticé. Suo nonno era un ricco proprietario di una
rinomata pasticceria di Favara. Il padre, ferroviere, fu trasferito prima a
Messina e poi a Palermo, portando con sé la famiglia. A causa di questi
trasferimenti, svolge gli studi liceali da autodidatta, conseguendo poi la
laurea in filosofia presso l'Palermo. Nel 1931, vinto il concorso a
cattedra di storia e filosofia, si trasferisce a Trapani, dove insegna al liceo
classico Ximenes, e dove sposa Maria Carmela Rizzo, da cui avrà quattro figli.
Insegna poi a Benevento ed infine a Napoli presso il Liceo classico statale
Vittorio Emanuele II, dal 1936 al 1967. Pressoché tutta l'attività
filosofica e didattica di Francesco Albergamo si svolge a Napoli, ed è
caratterizzata dal clima culturale molto vivo nella città di Benedetto Croce.
Come filosofo, si dedica a due principali linee di attività. La prima è
dedicata all'insegnamento ed alla didattica della filosofia, l'altra allo
studio del rapporto tra filosofia e scienza. In entrambe le linee, il suo
lavoro ha avuto una grande caratura culturale, e la sua personalità fu
considerata, nella città di Napoli, di grande spessore etico, per la generosità
e l'impegno che hanno contraddistinto la sua vita. Circa la prima linea,
il ricordo della sua attività didattica è rimasto a lungo nei tantissimi
giovani che hanno ricevuto una solida formazione filosofica di cultura laica,
razionale, liberale. Vero è che a Benevento, dove aveva insegnato per soli due
anni, gli è stata dedicata una strada che, significativamente, parte da
Piazzale Benedetto Croce per poi ricollegarsi a Via Francesco de Sanctis.
Al Liceo Classico Vittorio Emanuele tra i diversi allievi che si sono distinti
nel campo della filosofia e della cultura ricordiamo in particolare due delle
figlie di Benedetto Croce. Il suo nome è ricordato in una lapide dedicata alle
più illustri personalità che vi hanno insegnato, tra cui Giovanni Gentile.
Oltre all'insegnamento nei licei, è stato libero docente di filosofia teoretica
presso l'Napoli, dove ha svolto una intensa attività di corsi e
conferenze. Con i suoi manuali di storia della filosofia, e con numerose
pubblicazioni dedicate ai licei, FA costituisce un importante punto di
riferimento nella didattica della filosofia a livello nazionale, prima per il
classico e poi anche per lo scientifico. Una notevole attività è anche dedicata
alla formazione dei docenti di filosofia, con numerosi articoli, pubblicazioni,
corsi e conferenze. L'altra linea di attività, quella dedicata allo studio
del rapporto tra filosofia e scienza, si snoda lungo un arco di tempo molto
vasto, che va dall'inizio degli anni '30 fino alla sua scomparsa, nel 1973. I
risultati sono confluiti nella pubblicazione di importanti saggi filosofici
(vedi ). Di formazione idealistica e kantiana, appena trasferitosi a
Napoli, nel 1936, instaura un rapporto stretto con Benedetto Croce, con
frequenti visite e colloqui nella sua abitazione a Palazzo Filomarino, guardata
a vista dalla polizia. Dalle sue lettere a Croce (73, 74, 75), si evince
un chiaro riconoscimento di Croce come suo Maestro, oltre a forti sentimenti di
devozione e di sincera amicizia. In particolare, alla caduta del
fascismo, esprime al Maestro la sua "profonda gioia" perché
"finalmente l'Italia comincia a incamminarsi per la via maestra che le
avevate additato", e prosegue poi: "Gioiamo della gioia vostra e dei
vostri cari: della gioia che ora, dopo tutto quello che voi, giusto, avete
sofferto, aleggia sulla vostra casa" (73). Questo rapporto si
affievolisce a partire dai primi anni '50, quando più che la filosofia fu la
politica a provocare un allontanamento di Francesco Albergamo dall'ambito
crociano, per aderire progressivamente agli orientamenti ed alle ideologie
della sinistra e del marxismo. Già agli inizi degli anni '50, aderisce al
movimento dei "Partigiani della Pace", nato a Parigi nel 1949 sotto
il simbolo della colomba della pace, appositamente dipinta da Pablo
Picasso,stringendo una forte amicizia con Lucio Lombardo Radice, Maurizio
Valenzi, Renato Caccioppoli, Ambrogio Donini e altri. Nell'estate del
1952 partecipò ad una delegazione in visita alla repubblica democratica
tedesca, assieme a Giancarlo Pajetta, Renato Guttuso, Francesco Flora. La
visita era, naturalmente, finalizzata a diffondere ed esaltare le
"conquiste del socialismo". Di ritorno dal viaggio, il Ministero
dell'Interno dispose il ritiro del passaporto, e quello della Pubblica
Istruzione gli comminò una ammonizione, come se avesse abbandonato il servizio
senza autorizzazione, mentre il viaggio era stato fatto nel periodo di chiusura
estiva delle scuole. Fu forse questo episodio, che Francesco Albergamo
considerò una manifesta soperchieria di stampo scelbiano, che lo indusse l'anno
successivo ad iscriversi al PCI, salutato da Togliatti con un cordiale
telegramma di benvenuto. Nel corso di tutti gli anni '50, partecipò
attivamente alla vita culturale e politica della città di Napoli, che in quel
periodo era in grande effervescenza. Il movimento culturale della sinistra napoletana
non si riconosceva pienamente in una ideologia, come afferma Gerardo Marotta,
"ma si fondava su un dibattito filosofico che traeva i suoi succhi da un
corale sforzo di comprensione del proprio tempo" (80). Il dibattito
raccoglieva e valorizzava l'eredità culturale degli illuministi e degli
hegeliani napoletani del secolo precedente, attingendo alla lezione
storicistica meridionale che va da G.B. Vico a Croce, passando per F. De
Sanctis e G. Salvemini, e collegandosi poi al pensiero di Antonio Gramsci.
L'Albergamo partecipa con conferenze che venivano organizzate dalle
associazioni culturali napoletane tra cui "Cultura Nuova" ed il
"Gruppo Gramsci", ed accetta, sia pure a malincuore, una candidatura
del PCI alle elezioni comunali di Napoli. Il problema del rapporto tra
filosofia e scienza viene visto in termini di nuovi modi e nuovi contenuti per
la didattica delle scienze e della filosofia. Tra i primi in Italia, ed in
aperta polemica con la scuola crociana ed il clima dominante, Francesco
Albergamo avverte i rischi, per lo sviluppo della società italiana, di una
cultura prevalentemente classica: "Con la seconda rivoluzione industriale
che è in atto in tutto il mondo, noi italiani non ci possiamo permettere il
lusso di rimanercene ancorati ad una cultura prevalentemente classica ed
umanistica." L'Albergamo lavorò con la passione di una intera vita,
fino a pochi giorni dalla sua morte. L'ultimo suo scritto uscì postumo su
"Critica" marxista"(69). In seguito alla sua scomparsa, avvenuta
il 14 ottobre 1973, il quotidiano comunista L'Unità dette notizia della sua
scomparsa con un lungo articolo (79). Il pensiero filosofico Possiamo,
per semplicità di esposizione, dividere l'opera dell'A in tre periodi. Nel
primo periodo, il pensiero dell'Albergamo si muove nel quadro di una concezione
filosofica di tipo idealistica, dominata in Italia dal pensiero di Benedetto
Croce e Giovanni Gentile. Tuttavia, più che alle tematiche tipiche
dell'idealismo, è interessato ai problemi nuovi che si pongono al pensiero filosofico
a causa dello sviluppo impetuoso della scienza nel novecento, in particolare
nei settori della fisica relativistica e quantistica, della matematica, e della
biologia. Francesco Albergamo precorre, in una prospettiva idealistica, la
necessità di un dialogo costruttivo, osmotico, della filosofia con le
particolari discipline scientifiche ed empiriche. Nel primo lavoro
scientifico (1), richiamandosi all'insegnamento di Kant, sostiene che la
scienza, come esperienza dell'attività dello spirito, è resa possibile dalle
forme trascendentali. Tuttavia, sostiene l'Albergamo, gli sviluppi più recenti
della matematica (geometrie non euclidee, matematiche non archimedee, gli
iperspazi, ecc.) e della fisica ( teoria della relatività di Einstein,
meccanica quantistica, principio di indeterminazione di Heisenberg) provano la
contingenza di tali forme trascendentali, . Affronta anche il problema,
fortemente dibattuto, dell'alternativa tra determinismo ed indeterminismo, e
perviene alla conclusione che anche l'alternativa indeterministica sia
egualmente legittima: la conoscenza scientifica può essere costruita anche se
si ignora il principio di casualità e si finge che i fenomeni si succedano a
caso, secondo le leggi matematiche della probabilità. Queste tesi originali furono
apprezzate e commentate , all'epoca, da diversi filosofi italiani, tra cui
C.Ottaviano (76), Aliotta (77), ed altri (78).fino a pervenire ad una ampia
esposizione della problematica filosofica connessa alla scienza del novecento.
Il saggio La critica della scienza nel novecento"(10), pubblicato in prima
edizione nel 1942 e poi più volte ristampato fu giudicato "assai
pregevole" da Benedetto Croce (73, 74, 75). Di questa opera, Guido De
Ruggero scrisse che essa "offre una delle più efficaci sistemazioni speculative
che io conosca delle vedute pragmatistiche della scienza, compresa quella del
Croce alla quale più strettamente si connette"(74). L'ambizione
dell'Albergamo, che traspare chiaramente nei diversi spunti critici nei
confronti dei limiti dell'idealismo nell'affrontare il problema della logica
della scienza, è quella di "costituire una confutazione dell'idealismo per
via dell'idealismo stesso"(81). In altre parole, vuole in qualche modo
superare la concezione che relegava la scienza nel limbo degli "pseudoconcetti",
per dare piena legittimità ai processi conoscitivi, sia delle scienze esatte
che delle scienze empiriche, restando comunque ancorato all'idealismo.
Benedetto Croce in qualche modo accetta e favorisce la ricerca di A, giudica "assai
ben pensato e ragionato" il suo lavoro, ma rimane rigido nell'accogliere
la storia della scienza come parte integrante della storia della filosofia (73,
74). Finito il periodo bellico, l'attività dell'A si sviluppa poi in una
serie di opere in cui sistematicamente, ed in un quadro storico, vengono
trattati i problemi della logica delle scienze esatte (23) e della scienze
empiriche (32). In questo periodo A, dirigendo per l'editore Laterza una
collana di scrittori di teoria delle scienze, propone alla cultura italiana
la conoscenza di importanti pensatori d'oltralpe, come Poincarè (24, 26),
Bergson (40), Bachelard (31) ed altri. Il secondo periodo dell'attività
di Francesco Albergamo può datarsi attorno ai primi anni '50, ed è
caratterizzato da un progressivo allontanamento da Croce e dalla sua scuola,
dovute alle difficoltà dell'Albergamo a trovare un pieno accoglimento delle sue
tesi sulla scienza, ed anche, in qualche misura, a diverse valutazioni
politiche. L'esigenza di Francesco Albergamo era quella di dare piena
legittimità filosofica alla logica del pensiero scientifico. Per raggiungere
questo obiettivo, era necessario operare un "capovolgimento"
dialettico nel rapporto Natura-Spirito della filosofia crociana, allo stesso
modo in cui Marx aveva operato nei confronti di Hegel. Per Albergamo infatti
"spiritualismo e materialismo costituiscono in realtà una opposizione
dialettica, nella quale di continuo ognuno dei due deve vincere la resistenza
opposta dall'altro... come già nella dottrina hegeliana, così anche quella del
Croce esige… un "capovolgimento", in maniera che il suo oggetto…trovi
proprio nel suo opposto la condizione per vivere e svolgersi" (29).
Nel terzo periodo di attività, a partire dal 1967, quello della massima
maturità ed originalità, affronta una analisi sistematica delle forme di
"pensiero prelogico", inteso come "pensiero che, spontaneamente,
senza alcuna riflessione logica, veniamo indotti a formulare per una
suggestione tanto irresistibile quanto inconscia che inibisce la nostra intelligenza"
(61). Analizza con grande attenzione tali forme di pensiero, sulla base
dei risultati e delle osservazioni di etnologi ed antropologi (da Frazer a
Levy-Bruhl, Levy-Strauss, H. Kelsen, ed altri), oltre che dei risultati della
scuola psico-analitica, da Freud a Cesare Musatti. Analizzando questa
poderosa base di osservazioni sperimentali, perviene ad individuare i
principali meccanismi della prelogica: automatismo associativo, intuizione
animistica, inibizione dell'intelligenza ad opera del sentimento. Vengono
così portati alla luce della consapevolezza quei processi inconsci ove si
generano mito e magia. Le molteplici e diverse credenze mitiche e
magiche, con la loro uniformità di struttura e le loro coincidenze spesso
sorprendenti, sono interpretate come il risultato di un automatismo psichico
inconscio, che persiste pur attraverso le situazioni storiche più
diverse. La tesi dell'Albergamo è che tali forme prelogiche, che sono
alla base dei miti, dei riti, e delle pratiche magiche dei popoli primitivi,
lungi dall'essersi esaurite con il progredire del pensiero scientifico e
filosofico, sono presenti in maniera diversa, non solo in età infantile ed in
alcuni soggetti psicopatici, ma anche nelle stesse persone colte, nonché in
alcuni ambiti dello stesso pensiero scientifico e filosofico (62).
Accanto a questo nuovo ed affascinante filone di ricerca, si intensifica
l'opera di educatore, con decine di opere destinate alla scuola, manuali ,
antologie , trattati, nonché da studi e pubblicazioni sulla didattica delle
scienze e della filosofia. degli
scritti di Albergamo. Opere: “Saggio di una concezione filosofica della
scienza” (Napoli, Loffredo); “Disegno storico della filosofia ad uso dei licei
classici e degli istituti magistrali” Milano, Sig.); “La tesi finitista contro
l'infinito attuale e potenziale” in Atti della Società Italiana per il
Progresso delle Scienze; “La filosofia di Africano Spir, in Annuario Liceo Vittorio
Emanuele di Napoli, Critica del concetto
di infinito, in Annuario Liceo Vittorio Emanuele di Napoli, L'Italia di Augusto
e l'Italia oggi, in Augusto. Celebrazione nel bimillenario augusteo, a cura del
R. Provveditorato agli studi di Trapani, Trapani, Cura di I. Kant, Prolegomeni
ad ogni metafisica futura che vorrà presentarsi come scienza, Bari, Laterza Il
criticismo kantiano e la scienza moderna, in Atti della Società Italiana per il
Progresso delle Scienze, 1939. Kant e la scienza moderna, in Archivio della
Cultura Italiana, Le basi teoretiche della fisica nuova, Padova, Cedam 1940.
Filosofia e biologia, in Sophìa; Recensione di A.V. Geremicca, Spiritualità
della natura, Bari, Laterza 1939, «Sophia», La critica della scienza del Novecento,
Firenze, La Nuova Italia editrice; Lo spirito come attività creatrice, Firenze,
La Nuova Italia editrice, Il concetto di realtà e le scienze empiriche, in
Ricerche filosofiche. Rivista di filosofia, storia e letteratura, n. unico; Vitalismo
e meccanicismo nel secolo XX, in Rivista di Fisica, Matematica e Scienze
naturali, nVersione, studio introduttivo e note di G. Berkeley, Trattato sui
principi della conoscenza umana, Verona, La Scaligera 1941. La matematica nella
critica della scienza contemporanea, in Sophia, L'ordine nel mondo degli
oggetti, in Logos, a. XXV, fasc. III-Recensione di A. Marzorati, Spiritualismo,
Milano, Bocca «Sophia», La natura: Saggi
filosofici, Verona, La Scaligera, Benedetto Croce critico della matematica, in
Rassegna d'Italia, Storia della logica delle scienze esatte, Bari. Laterza
1947. Traduzione, studio introduttivo e note di H. Poincaré, Il valore della
scienza, Firenze, La Nuova Italia, La scienza nell'antichità classica, in A.
Padovani (a c. di), Antologia filosofica, Milano, Marzorati 1949 (ristampa
1954) Traduzione, introduzione e note di H. Poincaré, La scienza e l'ipotesi,
Firenze, La Nuova Italia, Cura di La scienza nell'antichità classica. Antologia
filosofica, Como, Marzorati 1949. La scienza nel Rinascimento, in Grande antologia
filosofica, XI Scienza, natura e storia in Gramsci, in Società, a. V Introduzione
a S. Laplace, Saggio filosofico sulla probabilità, Bari, Laterza 1951. Cura e
introduzione di G. Bachelard, Il nuovo spirito scientifico, Bari, Laterza (Nuova
ed. riv, L. Geimonat eRedondi, Bari, Laterza 1978). Storia della logica delle
scienze empiriche, Bari, Laterza 1952. Le scienze naturali nella filosofia di
Croce, Bari, Laterza 1952 (con altri autori). Il pensiero scientifico
contemporaneo. Antologia storica. 1 Le
scienze esatte e le scienze fisiche. 2
Le scienze naturali, Firenze, La Nuova Italia Il pensiero scientifico nell' 800
e nel Questioni di storia contemporanea,
I, Il millesimo anniversario della morte di Avicenna, in Rinascita, Il
valore teoretico della matematica, in Atti del Congresso di studi metodologici,
Torino 17-20 dicembre 1952, Torino, Introduzione a J.W Goethe, Scienza e
natura. Scritti vari, Bari, Laterza 1952, presentazione di A.V. Geremicca.
Prefazione a A.M. Frankel, Le scienze naturali nella filosofia di Benedetto
Croce, Bari, Laterza 1952. Cura di E. Bergson, L'evoluzione creatrice, s. i.
t., Mazara (Trapani) Le scienze nella
dottrina crociana delle categorie, in E FLORA (a c. di), Benedetto Croce,
Milano, Malfasi Editore, La critica della scienza oggi in Italia, Roma,
Perrella 1953. Il dogmatismo religioso contro la libertà e l'autonomia della
scienza, in Il Calendario del popolo, La vita nella dialettica della natura, in
Società, Recensione di S. Timpanaro,
Scritti di storia e critica della scienza, con una avvertenza di Sebastiano
Timpanaro jr., Firenze, Sansoni «Belfagor»,
aRecensione di C. Luporini, La mente di Leonardo, «Belfagor», La geometria di
Euclide non è la sola possibile, in Il Calendario del popolo, Scienza e
filosofia di Albert Einstein, in Rinascita, Recensione di H. Reichenbach, I
fondamenti filosofici della meccanica quantistica, «Società», Introduzione alla
logica della scienza, Firenze, La Nuova Italia, I rapporti tra la filosofia e
le scienze nel liceo scientifico, in Convegno nazionale di studio sulla
didattica della filosofiaI Licei e i loro problemi, Intuizione e ragionamento
nella matematica, in Atti del Convegno Nazionale "La didattica della
matematica nella scuola primaria", Roma, Matematica e realtà, in Società, La teoria dei quanti nelle interpretazioni
fenomenistica: del Reichenbach, in VIII Congrès International d'histoire des
sciences, Florence Milan 1956, I, Paris
1958, 254–260. Direzione della sezione
Scienze del Dizionario Bompiani degli autori di tutti i tempi e di tutte le
letterature e redazione delle voci: Albert Einstein, Luigi Galvani, Hendrik
Anton Lorentz, Edme Mariotte, Carlo Matteucci, Emile Meyerson, Hermann Walther
Nernst, Julius Robert von Mayer Storia della filosofia per i licei scientifici,
voll. 3, Padova, Cedam, Sopravvivenza della prelogica nel pensiero scientifico e
filosofico, Stabilimento Tipografico G. Genovese, Napoli 1964, 28, estr. da «Atti dell'Accademia di Scienze
morali e politiche della Società Nazionale di Scienze, Lettere ed Arti in
Napoli», 75. Cura di A. Einstein,
Filosofia e relatività, Palermo, Palumbo 1965. Pensiero e attività educativa
nel loro corso storico, va. Palermo. Palumbo 1966-1968. La natura: Saggi
filosofici, Bologna, Patron 1967. Fenomenologia della superstizione, Roma,
Editori Riuniti 1967. Mito e magia, Napoli, Guida 1970. L'educazione
scientifica, Milano, Vallardi 1970 [estr. da La pedagogia. Storia e problemi,
maestri e metodi, sociologia e psicologia dell'educazione e dell'insegnamento,
diretta dal Prof. Luigi Volpicelli]. La ricerca umana. Storia della filosofia,
Palermo, Palumbo Problemi del pensiero.
Guida interdisciplinare per lo studio della storia della filosofia, Palermo,
Palumbo 1972. La teoria dello sviluppo in Marx ed Engels, Napoli, Guida 1973.
Lo strutturalismo di Claude Lévi-Strauss, in Critica marxista, XI, n. I gennaio-febbraio
1973, 91–109. Lo sviluppo
dell'Antropologia culturale, in Genus, fasc. 1/2 La "Storia del pensiero filosofico e
scientifico" di Ludovico Geymonat, in Critica marxista, Il pensiero
filosofico e scientifico nell'antichità e nel medioevo, Napoli, La Città del
Sole (rist. del testo del 1963, con aggiunte di A. Gargano). Il pensiero
filosofico e scientifico in età moderna, Napoli, La Città del Sole 2006 (rist.
A. Gargano). Il pensiero filosofico e scientifico nell'età contemporanea,
Napoli, La Città del Sole 2007 (rist. A. Gargano). Fonti Fondazione Croce,
Napoli Lettere tra Croce e Francesco Albergamo e di Albergamo a Codignola,
Gentile, Ottaviano e Sciacca, In Giornale critico della filosofia Italiana
settima serie, XIV anno XCVII, fasc.I
gen. Apr. Due lettere inedite di Croce a
Francesco Albergamo,in Rassegna Storica Salentina, N.41, XXI.1, Giugno
2004, La Veglia ed. Carmelo Ottaviano, Recensione al Saggio di una concezione
filosofica della scienza, in Sophia, a.V n.3, luglio –sett. 1937, pp300–303 A.
Aliotta, Recensione al Saggio di una concezione filosofica della scienza, in
Logos, R. Mck, Recensione al Saggio di una concezione filosofica della scienza
, in Journal of Philosophy, 3Profondo
cordoglio per la scomparsa del compagno Albergamo, L'Unità, G. Marotta, Renato
Caccioppoli, la Napoli del suo tempo e la matematica del XX secolo, Napoli, la
città del sole, Lettera di F.Albergamo a M.F. Sciacca, 2Centro Internazionale i
Studi Rosminiani, Stresa, citato .
Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Albergamo” – The Swimming-Pool Library.
ALBERTI. (Bologna).
Grice: “I like [Leandro] Alberti; his “Tutta Italia” is a must; his claim to
fame is to translate from Roman to Tuscan (no big deal there) what is deemed the
first ‘daemonological’ tract – Mirandola used ‘ludificatio,’ which was vastly
translated as ‘inganno’ or by Leandro as ‘illusioni’ – which has echoes with
Descartes’s malignant demon hypothesis and my “Some remarks about the senses”!”
– ‘Filosofo. Nato da Francesco Alberti, di origine fiorentina, fu condotto
agli studi umanistici dal noto medico e umanista Giovanni Garzoni. Entrato
nell'Ordine domenicano nel 1493, studiò teologia e filosofia con Silvestro
Mazzolini da Prierio continuando tuttavia a coltivare con il Garzoni i propri
interessi umanistici e storici. De viris illustribus, Bologna 1517
Il primo risultato dei suoi studi fu il contributo che egli diede, in soli 18
giorni, alla stesura dei De viris illustribus Ordinis Praedicatorum libri sex
in unum congesti, opera collettivacon il Garzoni, il Castiglioni, il Flaminio e
altridi biografie di domenicani, stampata a Bologna. Nel 1521 tradusse dal
latino in volgare la Vita della Beata Colomba da Rieto Tenuto al dovere
della predicazione, fu «provinciale di Terra Santa»cioè compagno nelle
predicazioni itinerantidel maestro generale dell'Ordine, Tommaso De Vio e del
successivo maestro Francesco Silvestri: con quest'ultimo percorse tutta
l'Italianell'ottobre del 1525 era a Palermo e la Francia dove, a Rennes, il 19
settembre 1528 morì il Silvestri. È poi attestato, a Roma, prendere parte al
capitolo generale nel giugno del 1530. Negli immediati anni successivi
rimase nel convento di Bologna, dove commissionò a fra' Damiano Zambelli le
decorazioni da eseguirsi nella cappella dell'Arca di san Domenico e i
bassorilievi eseguiti da Alfonso Lombardi, questi ultimi pagati dalla città
dopo la richiesta in tal senso avanzata dall'Alberti. In quest'occasione
scrisse un opuscolo sulla morte e la sepoltura del Santo, il De divi Dominici
Calaguritani obitu et sepultura, pubblicata nel 1535. Un'altra sua operetta, la
Chronichetta della gloriosa Madonna di San Luca, fu pubblicata nel 1539 ed ebbe
altre edizioni accresciute dal contributo di altri autori anonimi. Il 20
gennaio 1536 fu nominato vicario del convento romano di Santa Sabina, un
incarico che non dovette prorogarsi per più di due anni, giacché dal 1538 è
sempre documentato a Bologna. Fu anche inquisitore di Bologna probabilmente dal
1550 al 1551 o al 1552, anno della sua morte. L'opera più importante
dell'Alberti, dedicata ai sovrani francesi Enrico II e Caterina de' Medici, è
senz'altro la Descrittione di tutta Italia, pubblicata a Bologna nel 1550. Ad
essa seguirono in ottanta anni altre dieci edizioni a Venezia e due traduzioni
latine a Colonia: nell'edizione veneziana del 1561 si aggiungono per la prima
volta le Isole pertinenti ad essa, mentre quella del 1568 è arricchita dalle
incisioni di sette carte geografiche. Opera di geografia e di storia, ricalca
in gran parte la Italia illustrata di Flavio Biondo, ampliandola e
migliorandola nell'esposizione e nella citazione delle fonti, ma mostrando
scarso spirito critico, attenendosi egli «ai dati dei geografi antichi o, per
la parte storico-antiquaria, ad autori moderni di dubbia attendibilità come
Raffaele Volterrano o Annio da Viterbo: e solo quando vengono a mancare testi
precedenti ricorre a elementi di più diretta esperienza [...] parimenti nella
critica storica preferisce riferire insieme le differenti versioni, anche di
tempi e di valore molto diversi, senza prendere posizione». Opere: “De
viris illustribus Ordinis Praedicatorum libri sex in unum congesti, Bononiae: “De
divi Dominici Calaguritani obitu et sepultura, Bononiae, Historie di Bologna”;
“Libro detto strega o delle illusioni del demonio Descrittione di tutta Italia,
nella quale si contiene il sito di essa, l'origine et le Signorie delle Città
et delle Castella, Bologna); “De incrementis Dominii Veneti, et ducibus
eiusdem, Lugduni); “De claris viris Reipublicae Venetae, Lugduni, Universal
Short Title Catalogue, Scheda delle opere di Leandro Alberti. Così scrive egli
stesso: De viris, c.A. L. Redigonda, Leandro Alberti Liber consiliorum
conventus Bononiensis, I, 1459-1648, Archivio del convento di San Domenico,
Bologna. A. Battistella, Il Santo Officio e la Riforma religiosa in Bologna,
Bologna, 1905. G. Roletto, Le cognizioni geografiche di Leandro Alberti, in
Bollettino della Reale Società geografica italiana, 5, XI, 1922. Abele L.
Redigonda, Alberti, Leandro, in Dizionario biografico degli italiani, 1, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,
Descrittione di tutta Italia in Il Genio Vagante, Bergamo, Leading Edizioni,
2003. Massimo Donattini , Il territorio emiliano e romagnolo nella descrittione
di Leandro Alberti, Bergamo, Leading Edizioni, 2004. Michele Orlando, La Puglia
nell'odeporica domenicana di fra Leandro Alberti, in Rivista di Studi italiani,
ora al sito rivistadistudiitaliani La Puglia, introduzione e note al testo
dalla Descrittione di tutta Italia (1568), Michele Orlando, UNI Service,
Trento, 2009. Liber Liber. Opere di
Leandro Alberti, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Leandro Alberti,
. Leandro Alberti, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Descrittione di tutta l'Italia [collegamento
interrotto], su culturitalia.uibk.ac.at. . Refs. Luigi Speranza, “Grice ed
Alberti” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.
ALBERTI. (Genova). Grice: “I
like [Leon Battista] Alberti; of course he is from Genova – Liguaria being the
heart of my Italy, or the Italy of my heart!” – Grice: “I like Alberti’s
ramblings on love to his lawyer friend – a full page without a p.s. – and it’s
none of the Kantian conversational maxims or Ovidian tactics, but just a
prohibition to mingle with the ladies!” -- Italian philosopher, on ‘aesthetics.’ Cf.
Grice on sensation. Grice: “No one can fail to
be enchanted by Lusini’s great likeness of Alberti at the loggiato of the
uffizi! Ah, if we had the same at Oxford!” -- Genova-born essential Italian
philosopherGrice, “I love his “De statua”it’s more philosophical anthropology
than aesthetics!” «Ci è un uomo che per la sua
universalità parrebbe volesse abbracciarlo tutto, dico Leon Battista Alberti,
pittore, architetto, poeta, erudito, filosofo e letterato» (Francesco de
Sanctis, Storia della letteratura italiana). Filosofo. Una delle figure
artistiche più poliedriche del Rinascimento. Il suo primo nome si trova spesso,
soprattutto in testi stranieri, come Leone. Alberti fa parte della
seconda generazione di umanisti (quella successiva a Vergerio, Bruni,
Bracciolini, Francesco Barbaro), di cui fu una figura emblematica per il suo
interesse nelle più varie discipline. Un suo costante interesse era la
ricerca delle regole, teoriche o pratiche, in grado di guidare il lavoro degli
artisti. Nelle sue opere menzionò alcuni canoni, ad esempio: nel "De
statua" espose le proporzioni del corpo umano, nel "De pictura"
fornì la prima definizione della prospettiva scientifica e infine nel "De
re aedificatoria" (opera cui lavorò fino alla morte, nel 1472), descrisse
tutta la casistica relativa all'architettura moderna, sottolineando
l'importanza del progetto e le diverse tipologie di edifici a seconda della
loro funzione. Tale opera lo renderà immortale nei secoli e motivo di studio a
livello internazionale da artisti come Eugène Viollet-le-Duc e John Ruskin.
Come architetto, Alberti viene considerato, accanto a Brunelleschi, il
fondatore dell'architettura rinascimentale. L'aspetto innovativo delle
sue proposte, soprattutto sia in ambito architettonico che umanistico,
consisteva nella rielaborazione moderna dell'antico, cercato come modello da
emulare e non semplicemente da replicare. La classe sociale a cui Alberti
faceva riferimento è comunque un'aristocrazia e alta "borghesia"
illuminata. Egli lavorò per committenti quali i Gonzaga a Mantova e (per la
tribuna della SS. Annunziata) a Firenze, i Malatesta a Rimini, i Rucellai a
Firenze. Presunto autoritratto su placchetta, (Parigi, Cabinet des
Medailles). Leon Battista nacque a Genova, figlio di Lorenzo Alberti, di una
ricca famiglia di mercanti e banchieri fiorentini banditi dalla città toscana a
partire dal 1388 per motivi politici, e da Bianca Fieschi, appartenente ad una
delle più nobili casate genovesi. I primi studi furono di tipo
letterario, dapprima a Venezia e poi a Padova, alla scuola dell'umanista
Gasparino Barzizza, dove apprese il latino e forse anche il greco. Si trasferì
poi a Bologna dove studiò diritto, coltivando parallelamente il suo amore per
molte altre discipline artistiche quali la musica, la pittura, la scultura, la
matematica, la grammatica e la letteratura in generale. Si dedicò all'attività
letteraria sin da giovane: a Bologna, infatti, già intorno ai vent'anni scrisse
una commedia autobiografica in latino, la Philodoxeos fabula. Compose in latino
il Momus, un originalissimo e avvincente romanzo mitologico, e le
Intercoenales; in volgare, compose un'importante serie di dialoghi (De familia,
Theogenius, Profugiorum ab ærumna libri, Cena familiaris, De iciarchia, dai
titoli rigorosamente in latino) e alcuni scritti amatori, tra cui la Deiphira,
ove raccoglie i precetti utili a fuggire da un amore mal iniziato. Dopo
la morte del padre, avvenuta nel 1421, l'Alberti trascorse alcuni anni di
difficoltà, entrando in forte contrasto con i parenti che non volevano
riconoscere i suoi diritti ereditari né favorire i suoi studi. In questi anni
coltivò soprattutto gli studi scientifici, astronomici e matematici. Sembra si
sia tuttavia concretamente laureato in diritto nel 1428 a Bologna, o forse a
Ferrara, nonostante le difficoltà economiche e di salute. Tra Padova e Bologna
intrecciò amicizie con molti importanti intellettuali, come Paolo Dal Pozzo Toscanelli,
Tommaso Parentuccelli, futuro papa Nicolò V e probabilmente Niccolò
Cusano. Per gli anni 1428-1431 poco si sa, benché debba escludersi che si
sia recato a Firenze dopo il ritiro del bandi contro gli Alberti, nel 1428, e
sia del pari assai poco probabile che al seguito del cardinal Albergati abbia
viaggiato in Francia e nel Nord Europa. A Roma Nel 1431 diventò
segretario del patriarca di Grado e, trasferitosi a Roma con questi, nel 1432
fu nominato abbreviatore apostolico (il cui ruolo consisteva per l'appunto nel
redigere i brevi apostolici). Così entrò nel prestigioso ambiente umanistico
della curia di papa Eugenio IV, che lo nominò (1432) titolare della pieve di
San Martino a Gangalandi a Lastra a Signa, nei pressi di Firenze, beneficio di
cui godette fino alla morte. Vivendo prevalentemente a Roma ma
spostandosi per periodi anche lunghi e per varie incombenze a Ferrara, Bologna,
Venezia, Firenze, Mantova, Rimini e Napoli. Le prime opere letterarie Tra
il 1433 e il 1434, scrisse in pochi mesi i primi tre libri de Familia, un
dialogo in volgare completato con un quarto libro nel 1437. Il dialogo è
ambientato a Padova, nel 1421; vi partecipano vari componenti della famiglia
Alberti, personaggi realmente esistiti, scontrandosi su due visioni diverse: da
un lato c'è la mentalità moderna e borghese e dall'altro la tradizione,
aristocratica e legata al passato. L'analisi che il libro offre è una visione
dei principali aspetti e istituzioni della vita sociale dell'epoca, quali il
matrimonio, la famiglia, l'educazione, la gestione economica, l'amicizia e in
genere i rapporti sociali: l'Alberti esprime qui un punto di vista
"filosofico" pienamente umanistico, che ricorre in tutte le sue opere
di carattere morale e che consiste nella convinzione che gli uomini siano
responsabili della propria sorte e che la virtù sia insita nell'uomo e debba
essere realizzata attraverso l'operosità, la volontà e la ragione. A
Firenze Statua di Leon Battista Alberti, piazza degli Uffizi a Firenze.
Tra il 1434 e il 1443 l'Alberti visse prevalentemente a Firenze e Ferrara, al
seguito della curia papale che fra l'altro partecipò al Concilio, ossia alle
sedute ferrarese e fiorentina del concilio ecumenico (1438-39) che dovevano
riappacificare la chiesa latina e le chiese cristiano-orientali, in particolare
quella greca. In questo periodo l'Alberti assimila parte della cultura
fiorentina, cercando (invero con moderato successo) d'inserirsi nell'ambiente
intellettuale e artistico della città; sono verosimilmente gli anni in cui nascono
i suoi interessi artistici, che si traducono da subito nella duplice redazione
(latina e volgare) del De pictura (1435-36). Nel prologo della versione in
volgare, dedica l'opera a Brunelleschi e menziona anche i grandi innovatori
delle arti del tempo: Donatello, Masaccio (morto già nel 1428) e i Della
Robbia. Intorno al 1443, al seguito del pontefice Eugenio IV lasciò
Firenze, ma con la città continuò ad avere intensi rapporti legati anche ai
cantieri dei suoi progetti. De pictura Magnifying glass icon
mgx2.svg De pictura. Del 1435-1436 è il
De pictura, scritto verosimilmente dapprima in latino e tradotto poi in
volgare; se la redazione latina, senza ombra di dubbio la più importante e
ricca, sarà dedicata al Gonzaga marchese di Mantova, per quella volgare
l'Alberti redasse una dedica al Brunelleschi che, trasmessa da un solo codice
strettamente legato al laboratorio personale dell'Alberti, forse non fu mai
inviata. Il De pictura rappresenta la prima trattazione di una disciplina
artistica non intesa solo come tecnica manuale, ma anche come ricerca
intellettuale e culturale, e sarebbe difficile immaginarla fuori dallo
straordinario contesto fiorentino e scritta da un autore diverso dall'Alberti,
grande intellettuale umanista e artista egli stesso, anche se la sua attività
nel campo delle arti figurative—attestata (benché in modi non lusinghieri) già
dal Vasari—dovette essere ridotta. Il trattato è organizzato in tre
"libri". Il primo contiene la più antica trattazione della
prospettiva. Nel secondo libro l'Alberti tratta di “circoscrizione,
composizione, e ricezione dei lumi”, cioè dei tre principi che regolano l'arte
pittorica: la circumscriptio consiste nel tracciare il contorno dei
corpi; la compositio è il disegno delle linee che uniscono i contorni dei corpi
e perciò la disposizione narrativa della scena pittorica, la cui importanza è
qui espressa per la prima volta con piena lucidità intellettuale; la receptio
luminum tratta dei colori e della luce. Il terzo libro è relativo alla figura
del pittore di cui si rivendica il ruolo di vero artista e non, semplicemente,
di artigiano. Con questo trattato Alberti influenzerà non solo il Rinascimento
ma tutto quanto si sarebbe detto sulla pittura sino ai nostri giorni. La
questione del volgare Pur scrivendo numerosi testi in latino, lingua alla quale
riconosceva il valore culturale e le specifiche qualità espressive, l'Alberti
fu un fervente sostenitore del volgare. La duplice redazione in latino e in
volgare del De pictura manifesta il suo interesse per il dibattito allora in
corso tra gli umanisti sulla possibilità di usare il volgare nella trattazione
di ogni materia. In un dibattito avvenuto a Firenze tra gli umanisti della
curia, Flavio Biondo aveva affermato la diretta discendenza del volgare dal
latino e l'Alberti, ne dimostra genialmente la tesi componendo la prima
grammatica del volgare (1437-41), e ne riprende gli argomenti difendendo l'uso
del volgare nella dedicatoria del libro III de Familia a Francesco d'Altobianco
Alberti (1435-39 circa). Da qui deriva la significativa esperienza del
Certame coronario, una gara di poesia sul tema dell'amicizia, organizzata a
Firenze nell'ottobre 1441 dall'Alberti con il più o meno tacito concorso di
Piero de' Medici, una gara che doveva servire all'affermazione del volgare,
soprattutto in poesia, e alla quale va associata la composizione dei sedici
Esametri sull'amicizia da parte dell'AlbertiEsametri ora pubblicati fra le sue
Rime, innovative tanto nello stile quanto nella metrica, che costituiscono uno
dei primissimi tentativi di adattare i metri greco-latini alla poesia volgare
(metrica «barbara»). Nonostante ciò, l'Alberti continuò a scrivere
naturalmente in latino, come fece per gli Apologi centum, una sorta di
breviario della sua filosofia di vita, composti intorno al 1437. Ritorno
a Roma Chiusosi il concilio a Firenze, nel 1443, l'Alberti ritornò con la curia
papale a Roma. continuando a ricoprire il ruolo di abbreviatore apostolico per
ben 34 anni, fino al 1464, quando il collegio degli abbreviatori fu soppresso.
Durante la permanenza a Roma ebbe modo di coltivare i propri interessi
propriamente architettonici, che lo indussero a proseguire lo studio delle
rovine della Roma classica, come dimostra la stessa Descriptio urbis Romae,
risalente al 1450 circa, in cui l'Alberti tentò con successo, per la prima
volta nella storia, una ricostruzione della topografia di Roma antica, mediante
un sistema di coordinate polari e radiali che permettono di ricostruire il
disegno da lui tracciato. I suoi interessi archeologici lo portarono anche a
tentare il recupero delle navi romane affondate nel lago di Nemi. Questi
interessi per l'architettura che diventeranno prevalenti negli ultimi due
decenni della sua vita, non impedirono una ricchissima produzione letteraria.
Tra il 1443 e la morte compone una delle sue opere più interessanti, il Momus,
un romanzo satirico in lingua latina, che tratta in maniera abbastanza amara e
disincantata della società umana e degli stessi esseri umani. Dopo
l'elezione di Niccolò V, l'Alberti, come antico conoscente, entrò nella cerchia
ristretta del papa, dal quale ricevette anche la carica di priore di Borgo San
Lorenzo. Tuttavia i rapporti con il papa sono considerati piuttosto controversi
dagli storici, sia per quel che riguarda gli aspetti politici che per
l'adesione o la collaborazione dell'Alberti al vasto programma di rinnovamento
urbano voluto da Niccolò V. Forse venne impiegato durante il restauro del
palazzo papale e dell'acquedotto romano e della fontana dell'Acqua Vergine,
disegnata in maniera semplice e lineare, creando la base sulla quale, in età
Barocca, sarebbe stata costruita la Fontana di Trevi. Intorno al 1450
Alberti cominciò ad occuparsi più attivamente di architettura con numerosi
progetti da eseguire fuori Roma, a Firenze, Rimini e Mantova, città in cui si
recò varie volte durante gli ultimi decenni della sua vita. In tal modo
dopo la metà del secolo l'Alberti fu la figura-guida dell'architettura. Questo
riconosciuto primato rende anche difficile distinguere, nella sua opera,
l'attività di progettazione dalle tante consulenze e dall'influenza più o meno
diretta che dovette avere, per esempio, sulle opere promosse a Roma, sotto
Niccolò V, come il restauro di Santa Maria Maggiore e Santo Stefano Rotondo o
come la costruzione di Palazzo Venezia, il rinnovamento della basilica di San
Pietro, del Borgo e del Campidoglio. Potrebbe forse essere stato il consulente
che indica alcune linee-guida o, ma ben più difficilmente, aver avuto un ruolo
anche meno indiretto. Sicuramente il prestigio della sua opera e del suo
pensiero teorico condizionarono direttamente l'opera di progettisti come
Francesco del Borgo e Bernardo Rossellino, influenzando anche Giuliano da
Sangallo. Morì a Roma, all'età di 68 anni. Il De re aedificatoria
Frontespizio Matteo de' Pasti, Medaglia di Leon Battista Alberti
(1446-1450 circa). Magnifying glass icon mgx2.svg De re aedificatoria. Le sue riflessioni
teoriche trovarono espressione nel De re aedificatoria, un trattato di
architettura in latino, scritto prevalentemente a Roma, cui l'Alberti lavorò
fino alla morte e che è rivolto anche al pubblico colto di educazione
umanistica. Il trattato fu concepito sul modello del De architectura di
Vitruvio. L'opera, considerata il trattato architettonico più significativo
della cultura umanistica, è divisa anch'essa in dieci libri: nei primi tre si
parla della scelta del terreno, dei materiali da utilizzare e delle fondazioni
(potrebbero corrispondere alla categoria vitruviana della firmitas); i libri IV
e V si soffermano sui vari tipi di edifici in relazione alla loro funzione
(utilitas); il libro VI tratta la bellezza architettonica (venustas), intesa
come un'armonia esprimibile matematicamente grazie alla scienza delle
proporzioni, con l'aggiunta di una trattazione sulle macchine per costruire; i
libri VII, VIII e IX parlano della costruzione dei fabbricati, suddividendoli
in chiese, edifici pubblici ed edifici privati; il libro X tratta
dell'idraulica. Nel trattato si trova anche uno studio basato sulle
misurazioni dei monumenti antichi per proporre nuovi tipi di edifici moderni
ispirati all'antico, fra i quali le prigioni, che cercò di rendere più umane,
gli ospedali e altri luoghi di pubblica utilità. Il trattato fu stampato
a Firenze nel 1485, con una prefazione del Poliziano a Lorenzo il Magnifico, e
poi a Parigi (1512) e a Strasburgo (1541); venne in seguito tradotto in varie
lingue e diventò ben presto imprescindibile nella cultura architettonica
moderna e contemporanea. Nel De re aedificatoria, l'Alberti affronta
anche il tema delle architetture difensive e intuisce come le armi da fuoco
rivoluzioneranno l'aspetto delle fortificazioni. Per aumentare l'efficacia
difensiva indica che le difese dovrebbero essere "costruite lungo linee
irregolari, come i denti di una sega" anticipando così i principi della
fortificazione alla moderna. L'attività come architetto a Firenze A
Firenze lavorò come architetto soprattutto per Giovanni Rucellai, ricchissimo
mercante e mecenate, intimo amico suo e della sua famiglia. Le opere fiorentine
saranno le sole dell'Alberti a essere compiute prima della sua morte.
Palazzo Rucellai Facciata di palazzo Rucellai. Forse sin dal 1439-1442
gli venne commissionata la costruzione del palazzo della famiglia Rucellai, da
ricavarsi da una serie di case-torri acquistate da Giovanni Rucellai in via
della Vigna Nuova. Il suo intervento si concentrò sulla facciata, posta su un
basamento che imita l'opus reticulatum romano, realizzata tra il 1450 e il
1460. È formata da tre piani sovrapposti, separati orizzontalmente da cornici
marcapiano e ritmati verticalmente da lesene di ordine diverso; la
sovrapposizione degli ordini è di origine classica come nel Colosseo o nel
Teatro di Marcello, ed è quella teorizzata da Vitruvio: al piano terreno lesene
doriche, ioniche al piano nobile e corinzie al secondo. Esse inquadrano
porzioni di muro bugnato a conci levigati, in cui si aprono finestre in forma
di bifora nel piano nobile e nel secondo piano. Le lesene decrescono
progressivamente verso i piani superiori, in modo da creare nell'osservatore
l'illusione che il palazzo sia più alto di quanto non sia in realtà. Al di
sopra di un forte cornicione aggettante si trova un attico, caratteristicamente
arretrato rispetto al piano della facciata. Il palazzo creò un modello per
tutte le successive dimore signorili del Rinascimento, venendo addirittura
citato pedissequamente da Bernardo Rossellino, suo collaboratore, per il suo
palazzo Piccolomini a Pienza (post 1459). Attribuita all'Alberti è anche
l'antistante Loggia Rucellai, o per lo meno il suo disegno. Loggia e palazzo
andavano così costituendo una sorta di piazzetta celebrante la casata, che
viene riconosciuta come uno dei primi interventi urbanistici
rinascimentali. Facciata di Santa Maria Novella Facciata di Santa
Maria Novella, Firenze. Su commissione del Rucellai, progettò anche il
completamento della facciata della basilica di Santa Maria Novella, rimasta
incompiuta nel 1365 al primo ordine di arcatelle, caratterizzate
dall'alternarsi di fasce di marmo bianco e di marmo verde, secondo la secolare
tradizione fiorentina. I lavori iniziarono intorno al 1457. Si presentava il
problema di integrare, in un disegno generale e classicheggiante, i nuovi
interventi con gli elementi esistenti di epoca precedente: in basso vi erano
gli avelli inquadrati da archi a sesto acuto e i portali laterali, sempre a
sesto acuto, mentre nella parte superiore era già aperto il rosone, seppur
spoglio di ogni decorazione. Alberti inserì al centro della facciata inferiore
un di proporzioni classiche, inquadrato
da semicolonne, in cui inserì incrostazioni in marmo rosso per rompere la
bicromia. Per terminare la fascia inferiore pose una serie di archetti a tutto
sesto a conclusione delle lesene. Poiché la parte superiore della facciata risultava
arretrata rispetto al basamento (un tema molto comune nell'architettura
albertiana, derivata dai monumenti della romanità) inserì una fascia di
separazione a tarsie marmoree che recano una teoria di vele gonfie al vento,
l'insegna personale di Giovanni Rucellai; il livello superiore, scandito da un
secondo ordine di lesene che non hanno corrispondenza in quella inferiore,
sorregge un timpano triangolare. Ai lati, due doppie volute raccordano l'ordine
inferiore, più largo, all'ordine superiore più alto e stretto, conferendo alla
facciata un moto ascendente conforme alle proporzioni; non mascherano come
spesso si è detto erroneamente gli spioventi laterali che risultano più bassi,
come si evince osservando la facciata dal lato posteriore. La composizione con
incrostazioni a tarsia marmorea ispirate al romanico fiorentino, necessaria in
questo caso per armonizzare le nuove parti al già costruito, rimase una
costante nelle opere fiorentine dell'Alberti. Secondo Rudolf Wittkower:
"L'intero edificio sta rispetto alle sue parti principali nel rapporto di
uno a due, vale a dire nella relazione musicale dell'ottava, e questa
proporzione si ripete nel rapporto tra la larghezza del piano superiore e
quella dell'inferiore". La facciata si inscrive infatti in un quadrato
avente per lato la base della facciata stessa. Dividendo in quattro tale
quadrato, si ottengono quattro quadrati minori; la zona inferiore ha una
superficie equivalente a due quadrati, quella superiore a un quadrato. Altri
rapporti si possono trovare nella facciata tanto da realizzare una perfetta
proporzione. Secondo Franco Borsi: "L'esigenza teorica dell'Alberti di
mantenere in tutto l'edificio la medesima proporzione è qui stata osservata ed
è appunto la stretta applicazione di una serie continua di rapporti che
denuncia il carattere non medievale di questa facciata
pseudo-protorinascimentale e ne fa il primo grande esempio di eurythmia
classica del Rinascimento". Altre opere Il tempietto del Santo
Sepolcro. Attribuito all'Alberti è il progetto dell'abside della pieve di San
Martino a Gangalandi presso Lastra a Signa. L'Alberti fu rettore di San Martino
dal 1432 fino alla sua morte. La chiesa, di origine medievale, ha il suo punto
focale nell'abside, chiusa in alto da un arco a tutto sesto con decorazione a
motivi di candelabro e con lesene in pietra serena sorreggenti un architrave
che reca un'iscrizione a lettere capitali dorate, ornata alle due estremità
dalle arme degli Alberti. L'abside è ricordata incepta et quasi perfecta nel
testamento di Leon Battista Alberti, e fu infatti terminata dopo la sua morte,
tra il 1472 e il 1478. Del 1467 è un'altra opera per i Rucellai, il
tempietto del Santo Sepolcro nella chiesa di San Pancrazio a Firenze, costruito
secondo un parallelepipedo spartito da paraste corinzie. La decorazione è a
tarsie marmoree, con figure geometriche in rapporto aureo; le decorazioni
geometriche, come per la facciata di Santa Maria Novella, secondo l'Alberti
inducono a meditare sui misteri della fede. Ferrara Il campanile
del duomo di Ferrara. L'Alberti fu a Ferrara a varie riprese, e sicuramente tra
il 1438 e il 1439, stringendo amicizie alla corte estense. Vi ritorna nel 1441
e forse nel 1443, chiamato a giudicare la gara per un monumento equestre a
Niccolò III d'Este. In tale occasione forse dette indicazioni per il rinnovo
della facciata del Palazzo Municipale, allora residenza degli Estensi. A
lui è stato attribuito da insigni storici dell'arte, ma esclusivamente su basi
stilistiche, anche l'incompleto campanile del duomo, dai volumi nitidi e dalla
bicromia di marmi rosa e bianchi. Rimini Tempio Malatestiano,
Rimini. Nel 1450 l'Alberti venne chiamato a Rimini da Sigismondo Pandolfo
Malatesta per trasformare la chiesa di San Francesco in un tempio in onore e gloria
sua e della sua famiglia. Alla morte del signore (1468) il tempio fu lasciato
incompiuto mancando della parte superiore della facciata, della fiancata
sinistra e della tribuna. Conosciamo il progetto albertiano attraverso una
medaglia incisa da Matteo de' Pasti, l'architetto a cui erano stati affidati
gli ampliamenti interni della chiesa e in generale tutto il cantiere.
Tempio malatestiano sulla medaglia di Matteo de' Pasti. L'Alberti ideò un
involucro marmoreo che lasciasse intatto l'edificio preesistente. L'opera
prevedeva in facciata una tripartizione con archi scanditi da semicolonne
corinzie, mentre nella parte superiore era previsto una specie di frontone con
arco al centro affiancato da paraste e forse due volute curve. Punto focale era
il centrale, con timpano triangolare e
riccamente ornato da lastre marmoree policrome nello stile della Roma
imperiale. Ai lati due archi minori avrebbero dovuto inquadrare i sepolcri di
Sigismondo e della moglie Isotta, ma furono poi tamponati. Le fiancate
invece sono composte da una sequenza di archi su pilastri, ispirati alla
serialità degli acquedotti romani, destid accogliere i sarcofagi dei più alti
dignitari di corte. Fianchi e facciata sono unificati da un alto zoccolo che
isola la costruzione dallo spazio circostante. Ricorre la ghirlanda circolare,
emblema dei Malatesta, qui usata come oculo. Interessante è notare come Alberti
traesse spunto dall'architettura classica, ma affidandosi a spunti locali, come
l'arco di Augusto, il cui modulo è triplicato in facciata. Una particolarità di
questo intervento è che il rivestimento non tiene conto delle
precedenti aperture gotiche: infatti, il passo delle arcate laterali non è
lo stesso delle finestre ogivali, che risultano posizionate in maniera sempre
diversa. Del resto Alberti scrive a Matteo de' Pasti che «queste larghezze et
altezze delle Chappelle mi perturbano». Per l'abside era prevista una
grande rotonda coperta da cupola emisferica simile a quella del Pantheon. Se
completata, la navata avrebbe allora assunto un ruolo di semplice accesso al
maestoso edificio circolare e sarebbe stata molto più evidente la funzione
celebrativa dell'edificio, anche in rapporto allo skyline cittadino.
Mantova Chiesa di San Sebastiano, Mantova. Basilica di Sant'Andrea,
Mantova. Nel 1459 Alberti fu chiamato a Mantova da Ludovico III Gonzaga,
nell'ambito dei progetti di abbellimento cittadino per il Concilio di
Mantova. San Sebastiano Il primo intervento mantovano riguardò la chiesa
di San Sebastiano, cappella privata dei Gonzaga, iniziata nel 1460. L'edificio
fece da fondamento per le riflessioni rinascimentali sugli edifici a croce
greca: è infatti diviso in due piani, uno dei quali interrato, con tre bracci
absidati attorno ad un corpo cubico con volta a crociera; il braccio anteriore
è preceduto da un portico, oggi con cinque aperture. La parte superiore
della facciata, spartita da lesene di ordine gigante, è originale del progetto
albertiano e ricorda un'elaborazione del tempio classico, con architrave
spezzata, timpano e un arco siriaco, a testimonianza dell'estrema libertà con
cui l'architetto disponeva gli elementi. Forse l'ispirazione fu un'opera
tardo-antica, come l'arco di Orange. I due scaloni di collegamento che
permettono l'accesso al portico non fanno parte del progetto originario, ma
furono aggiunte posteriori. Sant'Andrea Il secondo intervento, sempre su
commissione dei Gonzaga, fu la basilica di Sant'Andrea, eretta in sostituzione
di un precedente sacrario in cui si venerava una reliquia del sangue di Cristo.
L'Alberti creò il suo progetto «... più capace più eterno più degno più lieto
...» ispirandosi al modello del tempio etrusco ripreso da Vitruvio e
contrapponendosi al precedente progetto di Antonio Manetti. Innanzitutto mutò
l'orientamento della chiesa allineandola all'asse viario che collegava Palazzo
Ducale al Tè. La chiesa a croce latina, iniziata nel 1472, è a navata
unica coperta a botte con lacunari, con cappelle laterali a base rettangolare
con la funzione di reggere e scaricare le spinte della volta, inquadrate negli
ingressi da un arco a tutto sesto, inquadrato da un lesene architravate. Il
tema è ripreso dall'arco trionfale classico ad un solo fornice come l'arco di
Traiano ad Ancona. La grande volta della navata e quelle del transetto e degli
atri d'ingresso si ispiravano a modelli romani, come la Basilica di
Massenzio. Per caratterizzare l'importante posizione urbana, venne data
particolare importanza alla facciata, dove ritorna il tema dell'arco: l'alta
apertura centrale è affiancata da setti murari, con archetti sovrapposti tra
lesene corinzie sopra i due portali laterali. Il tutto, coronato da un timpano
triangolare a cui si sovrappone, per non lasciare scoperta l'altezza della
volta, un nuovo arco. Questa soluzione, che enfatizza la solennità dell'arco di
trionfo e il suo moto ascensionale, permetteva anche l'illuminazione della
navata. Sotto l'arco venne a formarsi uno spesso atrio, diventato il punto di
filtraggio tra interno ed esterno. La facciata è inscrivibile in un
quadrato e tutte le misure della navata, sia in pianta che in alzato, si
conformano ad un preciso modulo metrico. La tribuna e la cupola (comunque
prevista da Alberti) vennero completate nei secoli successivi, secondo un
disegno estraneo all'Alberti. I caratteri dell'architettura albertiana Le
opere più mature di Alberti evidenziano una forte evoluzione verso un
classicismo consapevole e maturo in cui, dallo studio dei monumenti antichi
romani, l'Alberti ricavò un senso delle masse murarie ben diverso dalla
semplicità dello stile brunelleschiano. I modi originali albertiani precorsero
l'arte del Bramante. I caratteri innovativi di Alberti furono: La colonna deve
sostenere la trabeazione e deve essere usata come ornamento per le fabbriche;
l'arco deve essere costruito sopra i pilastri. Il De statua Il trattato,
scritto in latino, è relativo alla teoria della scultura e risale al1450 circa.
Nel De statua, l'Alberti rielaborò profondamente le concezioni e le teorie
relative alla scultura tenendo conto delle innovazioni artistiche del Rinascimento,
attingendo anche ad una rilettura critica delle fonti classiche e riconoscendo,
tra i primi dignità intellettuale alla scultura, prima di allora sempre
condizionata dal pregiudizio verso un'attività tanto manuale. Nel
trattato che si compone di 19 capitoli, l'Alberti parte, sulla scorta di
Plinio, dalla definizione dell'arte plastica tridimensionale distinguendo la
scultura o per via di porre o per via di levare, dividendola secondo la tecnica
utilizzata: togliere e aggiungere: sculture con materie molli, terra e
cera eseguita dai "modellatori" levare: scultura in pietra, eseguita
dagli "scultori" Tale distinzione fu determinante nella concezione
artistica di molti scultori come Michelangelo e non era mai stata espressa con
tanta chiarezza. Il definitor, lo strumento inventato da Leon
Battista Alberti. Relativamente al metodo da utilizzare per raggiungere il fine
ultimo della scultura che è l'imitazione della natura, l'Alberti
distingue: la dimensio (misura) che definisce le proporzioni generali
dell'oggetto rappresentato mediante l’exempeda, una riga diritta modulare atta
a rilevare le lunghezze e squadre mobili a forma di compassi (normae), con cui
misurare spessori, distanze e diametri. la finitio, definizione individuale dei
particolari e dei movimenti dell'oggetto rappresentato, per la quale Alberti
suggerisce uno strumento da lui ideato: il definitor o finitorium, un disco
circolare cui è fissata un'asta graduata rotante, da cui pende un filo a
piombo. Con esso si può determinare qualsiasi punto sul modello mediante una
combinazione di coordinate polari e assiali, rendendo possibile un
trasferimento meccanico dal modello alla scultura. Alberti sembra anticipare i
temi relativi alla raffigurazione 'scientifica' della figura umana che è uno dei
temi che percorre la cultura figurativa rinascimentale. e addirittura aspetti
dell'industrializzazione e addirittura della digitalizzazione, visto che il
definitor trasformava i punti rilevati sul modello in dati alfanumerici.
L'opera fu tradotta in volgare nel 1568 da Cosimo Bartoli. Il testo latino
originale fu stampato solo alla fine del XIX secolo, mentre solo recentemente
sono state pubblicate traduzioni moderne. I sistemi di definizione meccanica
dei volumi proposti dall'Alberti, appassionarono Leonardo che approntò, come si
può rilevare dai suoi disegni, dei sistemi alternativi, sviluppati a partire
dal trattato albertiano e utilizzò le "Tabulae dimensionum hominis"
del "De statua" per realizzare il celeberrimo "Uomo vitruviano".
Il Crittografo Alberti fu inoltre un geniale crittografo e inventò un metodo
per generare messaggi criptati con l'aiuto di un apparecchio, il disco
cifrante. Sua fu infatti l'idea di passare da una crittografia con tecnica
"monoalfabetica" (Cifrario di Cesare) ad una con tecnica
"polialfabetica", codificata teoricamente parecchi anni dopo da
Blaise de Vigenère. In The Codebreakers. The Story of Secret Writing, lo
storico della crittologia David Kahn attribuisce all'Alberti il titolo di
Father of Western Cryptology (Padre della crittologia occidentale). Kahn
ribadisce questa definizione, sottolineando le ragioni che la giustificano,
nella prefazione all'edizione italiana del testo albertiano: «Questo volume
elegante e sottile riproduce il testo più importante di tutta la storia della
crittologia; un primato che il De cifris di Leon Battista Alberti ben si merita
per i tre temi cruciali che tratta: l'invenzione della sostituzione
polialfabetica, l'uso della crittanalisi, la descrizione di un codice
sopracifrato.» Tra le altre attività di Alberti ci fu anche la musica,
per la quale fu considerato uno dei primi organisti della sua epoca. Disegnò
anche delle mappe e collaborò con il grande cartografo Paolo Toscanelli.
De iciarchia Iciarco e Iciarchia sono due termini usati dall'Alberti nel
dialogo De iciarchia composto nel 1470 circa, pochi anni prima della sua morte
(avvenuta nel 1472) e ambientato nella Firenze medicea di quegli anni. Le due
parole sono di origine greca ("Pogniàngli nome tolto da' Greci, iciarco:
vuol dire supremo omo e primario principe della famiglia sua", libro III),
e sono formate da oîkos o oikía "casa, famiglia" e arkhós "capo
supremo, principe, principio". Il nome stesso di iciarco vuole
esprimere quello che secondo il parere dell'autore è il governante ideale:
colui che sia come un padre di famiglia nei confronti dello Stato. Secondo le
parole dell'Alberti, "il suo compito sarà (...) provedere alla salute,
quiete, e onestamento di tutta la famiglia, (...) fare sì che amando e
benificando è suoi, tutti amino lui, e tutti lo reputino e osservino come
padre" (ivi). Questo ruolo di "padre di famiglia" del
governante ideale era finalizzato, nella sua visione politica, ad una
stabilità, in definitiva "conservatrice", che permetterebbe di
governare senza discordie che, dilaniando lo Stato, nuocerebbero a tutto il
corpo sociale ("Inoltre la prima cura sua sarà che la famiglia sia senza
niuna discordia unitissima. Non esser unita la famiglia circa le cose (...) che
giovano, nuoce sopra modo molto., ivi). Il termine iciarco, nato
coll'Alberti e strettamente legato alla sua visione "paternalistica"
del governo dello Stato, non ebbe comunque alcun seguito e non risulta che sia
mai più stato impiegato nel lessico politico. Opere: “Apologi centum Cena
familiaris De amore De equo animante (Il cavallo vivo); “De Iciarchia”; “De
componendis cifris Deiphira De pictura Porcaria coniuratio De re aedificatoria
De statua Descriptio urbis Romae Ecatomphile Elementa picturae Epistola
consolatoria Grammatica della lingua toscana (meglio nota come Grammatichetta
vaticana) Intercoenales De familia libri IV Ex ludis rerum mathematicorum Momus
Philodoxeos fabula Profugiorum ab ærumna libri III Sentenze pitagoriche
Sophrona Theogenius Villa Opere architettoniche Palazzo Rucellai, Firenze, Via
della Vigna Nuova Loggia Rucellai, Firenze, Via della Vigna Nuova Facciata di Santa
Maria Novella, Firenze, Santa Maria Novella Abside di San Martino, 1472-1478,
Lastra a Signa, Pieve di San Martino a Gangalandi Tempietto del Santo Sepolcro,
Firenze, Chiesa di San Pancrazio Tempio Malatestiano (incompiuto), iniziato nel
1450 circa, Rimini, Tempio Malatestiano Chiesa di San Sebastiano, 1460 circa,
Mantova, Chiesa di San Sebastiano Basilica di Sant'Andrea, 1472-1732, Mantova,
Basilica di Sant'Andrea (Mantova) Palazzo Romei, Vibo Valentia Manoscritti
Liber de iure, scriptus Bononiae anno 1437, XV secolo, Milano, Biblioteca
Ambrosiana, Fondo manoscritti, Trivia senatoria, XV secolo, Milano, Biblioteca
Ambrosiana, Fondo manoscritti. Cecil Grayson, Studi su Leon Battista Alberti,
Firenze, Olschki, L.B. Alberti, De
pictura, C. Grayson, Laterza, 1980: versione on line Copia archiviata, su
liberliber. Christoph L. Frommel, Architettura e committenza da Alberti a
Bramante, Olschki, 2006, Bernardo
Rucellai, De bello italico, Donatella Coppini, Firenze University Press, De re
Aedificatoria In tale occasione
manifestò il suo interesse per la morfologia e l'allevamento dei cavalli con il
breve trattato De equo animante dedicato a Leonello d'Este. De
Vecchi-Cerchiari, cit.95. De Vecchi-Cerchiari, cit.104 Rudolf
Wittkower, op. cit. 1993 Rudolf
Wittkower,op. cit. 1993 Leon Battista Alberti, De statua, M. Collareta,
1998 Mario Carpo, L'architettura
dell'età della stampa: oralità, scrittura, libro stampato e riproduzione
meccanica dell'immagine nella storia delle teorie architettoniche, 1998. Simon Singh, Codici e Segreti45 David Kahn,
The Codebreakers, Scribner. Il nome deriva dal fatto che il libello, di appena
16 carte, è conservato in una copia del 1508 in un codice in ottavo della
Biblioteca vaticana. Lo scritto non ha epigrafe, pertanto il titolo è stato
assegnato in seguito: fu riscoperto infatti nel 1850 e dato alle stampe solo
nel 1908. viviamolacalabria.blogspot.com,
viviamolacalabria.blogspot.com//09/esempio-tangibile-di-palazzo-nobiliare.html?m=1.
Leon Battista Alberti, De re aedificatoria, Argentorati, excudebat M. Iacobus
Cammerlander Moguntinus, 1541. Leon
Battista Alberti, De re aedificatoria, Florentiae, accuratissime impressum
opera magistri Nicolai Laurentii Alamani. Leon Battista Alberti, Opere volgari.
1, Firenze, Tipografia Galileiana, Leon Battista Alberti, Opere volgari. 2,
Firenze, Tipografia Galileiana, Leon Battista Alberti, Opere volgari. 4,
Firenze, Tipografia Galileiana, 1847. Leon Battista Alberti, Opere volgari. 5,
Firenze, Tipografia Galileiana, Leon Battista Alberti, Opere, Florentiae, J. C.
Sansoni, Leon Battista Alberti, Trattati d'arte, Bari, Laterza, Leon Battista Alberti, Ippolito e Leonora,
Firenze, Bartolomeo de' Libri, prima. Leon Battista Alberti, Ecatonfilea,
Stampata in Venesia, per Bernardino da Cremona, Leon Battista Alberti, Deifira,
Padova, Lorenzo Canozio, Leon Battista Alberti, Teogenio, Milano, Leonard
Pachel, Leon Battista Alberti, Libri della famiglia, Bari, G. Laterza, 1960.
Leon Battista Alberti, Rime e trattati morali, Bari, Laterza, 1966. Albertiana,
Rivista della Société Intérnationale Leon Battista Alberti, Firenze, Olschki, Franco
Borsi, Leon Battista Alberti: Opera completa, Electa, Milano, Giovanni Ponte,
Leon Battista Alberti: Umanista e scrittore, Tilgher, Genova, 1981; Paolo
Marolda, Crisi e conflitto in Leon Battista Alberti , Bonacci, Roma, Roberto
Cardini, Mosaici: Il nemico dell'Alberti, Bulzoni, Roma 1990; Rosario
Contarino, Leon Battista Alberti moralista, presentazione di Francesco Tateo,
S. Sciascia, Caltanissetta 1991; Pierluigi Panza, Leon Battista Alberti:
Filosofia e teoria dell'arte, introduzione di Dino Formaggio, Guerini, Milano
1994; Pierluigi Panza, introduzione a "De Amore" di Leon Battista
Alberti, in Estetica. Le scritture dell’eros, annuario S. Zecchi, Il Mulino,
Bologna. Pierluigi Panza, "Lui
geometra, lui musico, lui astronomo”. Leon Battista Alberti e le discipline
liberali", in Le arti e le scienze. Annuario di Estetica, S. Zecchi,
Bologna, Cecil Grayson, Studi su Leon Battista Alberti, Paola Claut, Olschki,
Firenze 1998; Stefano Borsi, Momus, o Del principe: Leon Battista Alberti, i
papi, il giubileo, Polistampa, Firenze, Luca Boschetto, Leon Battista Alberti e
Firenze: Biografia, storia, letteratura, Olschki, Firenze; Alberto G. Cassani,
La fatica del costruire: Tempo e materia nel pensiero di Leon Battista Alberti,
Unicopli, Milano 2000; Pierluigi Panza, “Alberti e il mondo naturale”, in Lettere e arti nel Rinascimento, Atti
del X Convegno internazionale Chianciano-Pienza, Luisa Secchi Tarugi, Franco
Cesati editore, Firenze, Elisabetta Di Stefano, L'altro sapere: Bello, arte,
immagine in Leon Battista Alberti, Centro internazionale studi di estetica,
Palermo, Rinaldo Rinaldi, Melancholia Christiana. Studi sulle fonti di Leon
Battista Alberti, Firenze, Olschki, Francesco Furlan, Studia albertiana:
Lectures et lecteurs de L.B. Alberti, N. Aragno-J. Vrin, Torino-Parigi, Anthony
Grafton, Leon Battista Alberti: Un genio universale, Laterza, Roma-Bari 2003;
D. Mazzini, S. Martini. Villa Medici a Fiesole. Leon Battista Alberti e il
prototipo di villa rinascimentale, Centro Di, Firenze, Michel Paoli, Leon
Battista Alberti 1404-1472, Parigi, Editions de l'Imprimeur, ora tradotto in italiano:
Michel Paoli, Leon Battista Alberti, Bollati Boringhieri, Torino, Anna
Siekiera, linguistica albertiana,
Firenze, Edizioni Polistampa, 2004 (Edizione Nazionale delle Opere di Leon
Battista Alberti, Serie «Strumenti», 2); FrancescoFiore: La Roma di Leon
Battista Alberti. Umanisti, architetti e artisti alla scoperta dell'antico
nella città del Quattrocento, Skira, Milano, Leon Battista Alberti architetto,
Giorgio Grassi e Luciano Patetta, testi di Giorgio Grassi et alii, Banca CR,
Firenze; Restaurare Leon Battista Alberti: il caso di Palazzo Rucellai,
Simonetta Bracciali, presentazione di Antonio Paolucci, Libreria Editrice
Fiorentina, Firenze, Stefano Borsi, Leon Battista Alberti e Napoli, Polistampa,
Firenze, Gabriele Morolli, Leon Battista Alberti. Firenze e la Toscana,
Maschietto Editore, Firenze, 2006. F. Canali, "Leon Battista Alberti
"Camaleonta" e l'idea del Tempio Malatestiano dalla Storiografia al
Restauro, in Il Tempio della Meraviglia, F. Canali, C. Muscolino, Firenze, F.
Canali, La facciata del Tempio Malatestiano, in Il Tempio della Meraviglia, F.
Canali, C. Muscolino, Firenze, 2007. V. C. Galati, "Ossa" e
"illigamenta" nel De Re aedificatoria. Caratteri costruttivi e
ipotesi strutturali nella lettura della tecnologia antiquaria del cantiere del
Tempio Malatestiano, in Il Tempio della Meraviglia, F. Canali, C. Muscolino,
Firenze, 2007 “Il mito dell’Egitto in Alberti”, in Leon Battista Alberti teorico delle arti e
gli impegni civili del “De re aedificatoria”, Atti dei Convegni internazionali
di studi del Comitato Nazionale per le celebrazioni albertiane, Mantova, Arturo
Calzona, Francesco Paolo Fiore, Alberto Tenenti, Cesare Vasoli, Firenze, Olschki,
Alberti e la cultura del Quattrocento, Atti del Convegno internazionale di
Studi, (Firenze, Palazzo Vecchio, Salone dei Dugento, 16-17-18 dicembre 2004),
R. Cardini e M. Regoliosi, Firenze, Edizioni Polistampa, Brunelleschi, Alberti
e oltre, F. Canali, «Bollettino della Società di Studi Fiorentini», F. Canali, R Tracce albertiane nella Romagna umanistica
tra Rimini e Faenza, in Brunelleschi, Alberti e oltre, F. Canali, «Bollettino
della Società di Studi Fiorentini», 16-17, 2008. V. C. Galati, Riflessioni
sulla Reggia di Castelnuovo a Napoli: morfologie architettoniche e tecniche
costruttive. Un univoco cantiere antiquario tra Donatello e Leon Battista
Alberti?, in Brunelleschi, Alberti e oltre, F. Canali, «Bollettino della
Società di Studi Fiorentini», 1F. Canali, V. C. Galati, Leon Battista Alberti,
gli 'Albertiani' e la Puglia umanistica, in Brunelleschi, Alberti e oltre, F.
Canali, «Bollettino della Società di Studi Fiorentini», G. Morolli, Alberti: la
triiplice luce della pulcritudo, in Brunelleschi, Alberti e oltre, F. Canali,
«Bollettino della Società di Studi Fiorentini», G. Morolli, Pienza e Alberti,
in Brunelleschi, Alberti e oltre, F. Canali, «Bollettino della Società di Studi
Fiorentini», Christoph Luitpold Frommel, Alberti e la porta trionfale di Castel
Nuovo a Napoli, in «Annali di architettura» n° 20, Vicenza leggere l'articolo;
Massimo Bulgarelli, Leon Battista Alberti,Architettura e storia, Electa, Milano
2008; Caterina Marrone, I segni dell'inganno. Semiotica della crittografia,
Stampa Alternativa &a mp;Graffiti, Viterbo ; Pierluigi Panza, “Animalia: La
zoologia nel De Re Aedificatoria", Convegno Facoltà di Architettura
Civile, Milano, in Albertiana, S. Borsi, Leon Battista Alberti e Napoli,
Firenze, . V. Galati, Il Torrione quattrocentesco di Bitonto dalla committenza
di Giovanni Ventimiglia e Marino Curiale; dagli adeguamenti ai dettami del De
Re aedificatoria di Leon Battista Alberti alle proposte di Francesco di Giorgio
Martini in Defensive Architecture of the Mediterranean XV to XVIII centuries,
G. Verdiani,, Firenze, , III. V. Galati, Tipologie di Saloni per le udienze nel
Quattrocento tra Ferrara e Mantova. Oeci, Basiliche, Curie e "Logge
all'antica" tra Vitruvio e Leon Battista Alberti nel "Salone dei Mesi
di Schifanoia a Ferrara e nella "Camera Picta" di Palazzo Ducale a
Mantova, in Per amor di Classicismo, F. Canali «Bollettino della Società di
Studi Fiorentini», S. Borsi, Leon Battista, Firenze, . Roberto Rossellini gli
ha dedicato un film- documentario per la TV nintitolato "L'età di Cosimo
dei Medici" (88').
Architettura rinascimentale Rinascimento fiorentino Rinascimento
riminese Rinascimento mantovano Medaglia di Leon Battista Alberti.TreccaniEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Leon Battista Alberti, in Enciclopedia Italiana, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Leon Battista Alberti, su Enciclopedia Britannica,
Encyclopædia Britannica, Inc. Leon
Battista Alberti, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Leon Battista Alberti, su MacTutor, University of St Andrews,
Scotland. Opere di Leon Battista
Alberti, su Liber Liber. Opere di Leon
Battista Alberti, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Leon Battista
Alberti, . su Leon Battista Alberti, su Les Archives de littérature du Moyen
Âge. Leon Battista Alberti, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton
Company. La aggiornata degli studi albertiani dal 1995 in
poi, e le informazioni più recenti sulla ricerca albertiana, su
alberti.wordpress.com. Il sito della Société Internationale Leon Battista
Alberti, su silba-online.eu. Biografia breve, su imss.fi. Fondazione Centro
Studi Leon Battista AlbertiMantova, su fondazioneleonbattistaalberti. Momus,
(testo in latino, Roma 1520), facsimile, progetto Europeana agent/base/ Identitieslccn. Refs.: Luigi Speranza, "Grice ed Alberti,"
per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria,
Italia.
ALBERTINI. (Pavia). Grice:
“H. L. A. Hart calls Albertini a Proudhonian!” -- Grice: “I like Albertini;
like me, he has dedicated his life to ‘fides,’ or ‘una federazione di due,’ “a
garden of Eden just meant for two” – fiducia, fedes – what Remo asked from
Romolo, but failed!” Filosofo. Professore di filosofia presso Pavia, ha sostenuto un progetto di
unione federalista per l'Europa alla guida del Movimento Federalista Europeo e
della Unione dei Federalisti Europei. Nel
1945 aderì al Movimento federalista europeo che era stato fondato due anni
prima a Milano da Altiero Spinelli. Di idee liberali, lasciò tuttavia il
Partito Liberale dopo la decisione di quest'ultimo di appoggiare la monarchia
nel referendum del 1946. Dopo la laurea in filosofia nel 1951, divenne docente
di Storia contemporanea, Dottrina dello Stato, Scienza della Politica e
Filosofia della politica presso l'Pavia. Divenne stretto collaboratore di
Altiero Spinelli nel 1953. In seguito alla sconfitta sul progetto di Esercito
Europeo, la CED, e alle dimissioni di Spinelli, lo sostituì alla guida del
Movimento Federalista Europeo. Nel 1959 a Milano con un gruppo di militanti del
Movimento federalista europeo fondò Il Federalista che viene attualmente
pubblicato in inglese ed italiano e si occupa del dibattito sui temi di fondo
del federalismo. Diresse il Mfe italiano
dal 1966 e fu Presidente dell'Unione dei Federalisti Europei dal 1975 al 1984.
È poi rimasto come figura di riferimento e d'indirizzo all'interno del Mfe fino
alla fine, nel 1997. A livello teorico, fin dalle pagine taglienti e polemiche
su Lo Stato nazionale, sosteneva, sulla scia di Einaudi, che a furia di voler
custodire una sterile sovranità, gli Stati nazionali europei erano ridotti a
"polvere senza sostanza". Da lì l'esigenza di guardare
all'unificazione europea come alla medicina d'urto indispensabile. Morto Mario Albertini maestro di federalismo,
articolo di Arturo Colombo, Corriere della Sera, Archivio storico. Lo Stato nazionale, La politica, Giuffré, Il
federalismo e lo stato federale, Giuffré, Che cos'è il federalismo,
L'integrazione europea, Proudhon, Vallecchi, Tutti gli scritti, Nicoletta
Mosconi, Il Mulino, Altiero Spinelli Movimento Federalista Europeo Unione dei
Federalisti Europei Centro studi sul
federalismo: perspectives on federalism , su on-federalism.eu. Il Federalista:
"Mario Albertini teorico e militante" di Nicoletta Mosconi su
thefederalist.eu. Centro studi sul federalismo: Opere di Mario Albertini, su
csfederalismo. youtube: 1985 Mario Albertini commenta la manifestazione
federalista di Piazza Duomo, su youtube.com. V D M Logo MFE.svg Federalismo
europeo Flag of Europe.svg. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Albertini” – The
Swimming-Pool Library.
ALDEROTTI. (Firenze). Grice: “I like Alderotti; but then his favourite
treatise was Aristotle’s little thing to his son, Niccomaco – which Hardie
instilled on me like a leech!” “Alderotti was what we would call a
Florentine-Bologne-oriented Aristotelian; he thought, with Aristotle, that the
heart trumps the head -- Grice: “What I
like most about lderotti is his archiginnasio – no such thing at Oxford! So, as
Speranza says in “Colloquenza all’archiginnasio,” Alderotti knew what he was
doing, even if his pupils did not!” -- Taddeo Alderotti. Filosofo. Scienziato e
filosofo erudito, scrisse per l'amico e protettore Corso Donati, uno dei primi
testi di medicina in lingua volgare, il Della conservazione della salute. Il
più conosciuto medico del Medioevo, tanto da meritarsi una citazione nel XII
canto del Paradiso di Dante, Taddeo Alderotti insegnò all'Bologna dal 1260,
applicando, durante le sue lezioni di medicina, un innovativo metodo
scolastico. Taddeo Alderotti iniziava la lezione con una lectio o expositio di
un passo tratto da un testo autorevole (di Ippocrate, Galeno, Avicenna, ecc.).
Procedeva poi per quaestiones con riferimento alle quattro cause aristoteliche:
causa materiale (la materia della trattazione), causa formale (la sua forma
espositiva), causa efficiente (l'autore dell'opera), causa finale (il fine o lo
scopo dell'argomento prescelto). A questo punto il maestro formulava una serie
di dubia, cui facevano seguito i momenti euristici della disputatio ed, infine,
della solutio. Taddeo Alderotti all'ateneo bolognese ebbe come discepolo il
celebre anatomista Mondino de Luzzi.
Dante lo citò nel Paradiso (XII, 83), ma anche in modo dispregiativo nel
Convivio (I, x 10). Ivi si legge: «Temendo che 'l volgare non fosse stato posto
per alcuno che l'avesse laido fatto parere, come fece quelli che transmutò lo
latino de l'Eticaciò fu Taddeo ipocratistaprovidi». Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Alderotti” –
The Swimming-Pool Library.
ALEMANNO. (Mantova). Grice: “Alemanno reminds me of Montefiore, who
went, as I did, to Clifton – however, due to Montefiore’s denial of Jesus, he
was retreated to a special house that Clifton had built especially for that
purpose!” -- Yōḥānān ben Yitshaq Alemanno (n. Mantova), filosofo. Ebreo di
origini francesi, nacque a Mantova ma visse e studiò a Firenze, insegnò in
varie città italiane e risiedette presso la corte di Mantova. Nel 1488 tornò
nella città toscana ove rimase sino al 1497.
Fu insegnante di lingua ebraica per alcuni umanisti italiani, tra cui
Giovanni Pico della Mirandola, e fu confidente di Lorenzo il Magnifico. Pensiero Per la nascita di una nuova nazione
ebraica Alemanno sosteneva la necessità di fondare gli ideali politici sullo
studio della retorica e della lingua delle Sacre Scritture Nel suo Commento al Cantico dei Cantici,
dedicato nel 1488 a Pico della Mirandola, la figura di re Salomone era
presentata come la depositaria di tutta la scienza che da lui si era trasmessa
alla civiltà greca antica ma, a causa delle scienze pagane e cristiane,
l'integrità della cultura ebraica era poi andata persa e da qui la punizione
divina dell'esilio per la perdita del popolo ebraico della sua identità
nazionale. Occorreva quindi rifarsi allo studio della tradizione filosofica
classica in cui era confluita quella ebraica, per ricostruire la cultura
nazionale ebraica. Opere Ḥēsheq
Shelōmōh,(L'amore di Salomone), commento storico al Cantico dei Cantici ‛Ēnē ha-'Ēdāh, (Gli occhi della Congrega),
commento filosofico-cabalistico al Pentateuco
Ḥay hā-‛Ōlāmīm, (L'immortale), opera mistica Note
Moshe Idel, Cammini verso l'alto nella mistica ebraica, Milano, Jaca
Book, 197. Fonte: Enciclopedie on line,
riferimenti in . F. Lelli, Umanesimo
laurenziano nell'opera di Yohanan Alemanno in I. Zatelli e D. Liscia Bemporad ,
La cultura ebraica nell'epoca di Lorenzo il Magnifico, Firenze Eliyyah Ḥayim
ben Binyamin (of Genazzano), אגרת חמודות, Casa Editrice Giuntina, 2002
passim Fonte: Enciclopedia Italiana,
riferimenti in . V. Cassuto, Gli ebrei a
Firenze, Firenze 1918301 Umberto Cassuto, «ALEMANNO, Yōḥānān», in Dizionario
Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1929. il
26 giugno . «Alemanno, Yōḥānān», la voce in Enciclopedie on line, sito
"Treccani L'Enciclopedia italiana". Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed
Alemanno” – The Swimming-Pool Library.
ALFIERI. (Parma). Grice: “I like Alfieri; the enzo is vital –
Vittorio alfieri has statues at Torino! V. Enzo Alfieri dedicated his life to
prove that Democritus was more of a poet than a philosopher. ‘Indeed, I will go
as far as to argue that he ain’t no philosopher!’ Unfortunately, Abbagnano
ignored him, and Lucrezio stayed in the canon! Then Alfieri tried to study the
idea of the ‘in-divisibile,’ the ‘atom’ and the ‘clinamen,’ and how Lucrezio
was a good poet but a bad philosopher!” --
Filosofo. - allievo diCroce. Nato a Parma, visse la maggior parte della
sua vita a Milano ove si laureò in filosofia e insegnò storia della filosofia
alla Bocconi, per poi continuarne l'insegnamento presso l'Pavia. Allievo di Piero Martinetti e di Benedetto
Croce, di cui condivideva l'ideologia liberale e il pensiero filosofico, ma
anche gentiliano non ortodosso secondo la definizione di Ugo Spirito, fu un
oppositore del regime fascist che lo arrestò una prima volta nell'aprile del
1928 quando a Milano scoppiò una bomba all'ingresso della Fiera che fece
sospettare che si trattasse di un fallito attentato al Re. Alfieri fu
incarcerato a San Vittore assieme a Ugo La Malfa, Umberto Segre e Mario
Vinciguerra. Fu liberato senza processo tre mesi dopo per l'interessamento di
Benedetto Croce che tramite Marinetti aveva fatto intervenire Mussolini. Il secondo arresto, per la scoperta di
lettere ritenute compromettenti dalla censura fascista, avvenne nel 1936.
Alfieri fu scarcerato dopo quindici giorni per l'intervento diretto di Gentile
ma dovette lasciare entro due giorni l'insegnamento a Modena e trasferirsi a
Milano dove riuscì a sopravvivere grazie all'aiuto di amici e di parenti che lo
ospitarono. A Milano ottenne il primo
incarico universitario presso la facoltà di Lingue della Bocconi dove rimase
per 13 anni fino al suo trasferimento a Pavia per la docenza di storia della
filosofia. Suoi amici, «maestri e
testimoni di libertà», come lui stesso li definì, oltre a Croce, furono
Giuseppe Prezzolini, Giuseppe Lombardo Radice, Francesco Flora, Pilo
Albertelli, il giovane professore ucciso alle Fosse Ardeatine e, tra i più
vicini e affezionati, Giovanni Spadolini.
Fortemente critico nei confronti del movimento sessantottino e impegnato
attivamente per le riforme della scuola, Alfieri è stato il fondatore del
"Movimento per la libertà e la riforma dell'università italiana" e
del "Comitato nazionale per la difesa della scuola", e presidente
dell'"Associazione amici dell'Gerusalemme". Negli anni 1937-1938 collaborò alla rivista
L'Italia che scrive che ancora in quel periodo riusciva a mantenere una certa
autonomia nei confronti del fascismo. Monarchico, iscritto al Partito Liberale
Italiano; nel dopoguerra si avvicinò agli ambienti della destra, aderendo al
Sindacato Libero Scrittori Italiani e collaborando con la casa editrice di
Giovanni Volpe e con la rivista Intervento di Fausto Gianfranceschi. Negli anni
'70 fu collaboratore culturale per la filosofia de Il Giornale diretto da Indro
Montanelli. Tra le sue opere di
filosofia vanno annoverati saggi sulla filosofia greca, “La tristezza di
Pindaro”; “Lucrezio”; “Gli atomisti” e opere di estetica, L'estetica dall'Illuminismo
al Romanticismo. Ad Alfieri, oltre ad un suo epistolario con Croce, si devono
due libri di memorie autobiografiche (Maestri e testimoni di libertà e Nel
nobile castello, entrambe del 1976) dove sono originalmente ritratti personaggi
della vita culturale e politica italiana da Croce a Tommaso Gallarati Scotti,
da Filippo Jacini a Alessandro Casati, a Francesco Flora. Note
Antonio Troiano, I 90 anni dell'ultimo allievo di Benedetto Croce, in
Corriere della Sera, 10 maggio 199648.
Massimo Ferrari, Piero Martinetti e Antonio Banfi, in Il Contributo
italiano alla storia del PensieroFilosofiaTreccani, . Alessandra Tarquini, Gli sviluppi della
scuola di Gentile: da Armando Carlini a Ugo Spirito, in Croce e
GentileTreccani, . Andrea Mariuzzo, La
Scuola Normale di Pisa negli anni Trenta, in Croce e GentileTreccani, . Marcello Veneziani, 68 pensieri sul '68: un
trentennio di sessantottite visto da destra, Firenze, Loggia de' Lanzi,
199846. Michele d'Elia, Monarchici e
partito, su Italia Reale. Benedetto
Croce, Vittorio Enzo Alfieri, Lettere,
Milazzo, Edizioni Spes, Aldo Garosci, Nel nobile castello, in Tempo
presente, Forum in occasione del novantesimo compleanno di Vittorio Enzo
Alfieri, in Rendiconti, parte generale e atti ufficiali, 130, 1996,
110-140. Maria Luisa Cicalese, Vittorio Enzo Alfieri maestro di studi e
di vita, in Nuova Antologia, Vittorio Enzo Alfieri: maestro e testimone di
libertà: atti del Convegno, Cremona, 22 novembre 1997, Cremona, Circolo
Culturale Benedetto Croce, 1998. Margherita ardi Parente, Vittorio Enzo Alfieri
e il nobile castello, in Belfagor. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Alfieri” –
The Swimming-Pool Library.
ALFONSO. (Santa
Severina). Grice: “I like Alfonso – no, he ain’t a Spaniard; the surname was
pretty popular in Southern Italy after the roaming of the Spaniards! And it’s
ultimately barbaric, that is, Goth!” “Typically, for a philosopher, a professional
one, I mean, he started with logic for teenagers (il ginnasio ed il liceo), but
with a twist – he called his lectures (his ancestor may testify) ‘logica
reale,’ or colloquenza reale – and he tried to criticse “il Vera,” who had
written “Il problema dell’assoluto.” “Like me, he has an interest in S is P and
S is not P (questo uomo no est sensibile). His first utterance is actually, NOT
‘the fat cat sat on the mat, and as he sat on the mat, he saw a rat” – but the
rather naïf ‘il sole e luminoso.’ He gives two other examples, which are easy
to detect, since he does not use quotes but ITALICS!: “questo corpo est
rotondo” and “questa pianta fiorisce.” His idea, like mine, or Peacocke’s,, or
Speranza, is that that is pretty much enough to deal with the most serious
problems in philosophy: the judicatum, and its component Concetto 1 e Concetto
2 – “Questa pianta fiorisce’” -- Un temperamento di spirito positivo e di
evoluzionismo idealistico, che attesta l’origine del suo metodo e la serietà
dei suoi studi, ma che dimostra pure quanto egli si sia discostato
dall’indirizzo del Vera e dello Spaventa per accostarsi a quella che fu
chiamata la sinistra hegeliana» (Luigi Ferri). Filosofo. Autore di 67
pubblicazioni scientifiche e di numerosi articoli su riviste letterarie e
quotidiani, alcuni dei quali sulla Calabria e sui personaggi delle tragedie di
William Shakespeare, che gli fecero guadagnare l’attenzione internazionale per
l’approccio singolare alle opere del grande drammaturgo inglese. Nato
a Santa Severina il 17 agosto 1853 da una famiglia di proprietari terrieri,
molto giovane si dedicò all'approfondimento delle Sacre Scritture, grazie ai
due fratelli del padre, don Michele e don Francesco d'Alfonso, entrambi
canonici del Capitolo metropolitano della Cattedrale; questi studi, parte dei
quali furono pubblicati con il titolo Le donne dei Vangeli (Firenze, Successori
Le Monnier, 1881), manifestano un approccio positivista sull'analisi del testo
biblico. Terminati gli studi nel suo paese natale si trasferì a
Catanzaro, dove fu allievo del letterato e patriota rocchitano Vincenzo
Gallo-Arcuri; frequentò poi il Liceo Ginnasio "Pasquale Galluppi",
conseguendo la licenza ginnasiale. Ottenne in seguito la licenza liceale con
lode al Liceo classico del Convitto nazionale "Vittorio Emanuele II"
di Napoli, che gli fece valere, su concessione del Ministero della Pubblica
Istruzione, la possibilità di iscriversi contemporaneamente alle facoltà di
Medicina e di Lettere e Filosofia presso la Regia Napoli. Alla facoltà di
Filosofia, dove, allievo di Francesco De Sanctis, Augusto Vera e Bertrando
Spaventa, ottenne vari riconoscimenti. Nel 1879 conseguì entrambe le
lauree in Medicina e Chirurgia e Filosofia, a soli tre mesi di distanza l'una
dall'altra. Nel 1881 l'Accademia dei Lincei gli assegnò il Premio Reale per le
Scienze filosofiche e morali, consistente in 4.000 lire, per lo studio dal
titolo Kant. I suoi antecessori e i suoi successori. Su espressa volontà
del padre fece ritorno a Santa Severina, dove esercitò la professione di medico
condotto; ma la passione per la filosofia e l'insegnamento prevalse e partecipò
ai concorsi a cattedra per i licei, iniziando a insegnare Filosofia in Sicilia
(Caltanissetta, Messina e Catania). Da questa esperienza di insegnamento
cominciarono ad evidenziarsi sempre di più le sue qualità didattiche, tant'è
che il ministro della Pubblica Istruzione Paolo Boselli lo convocò a Roma per
affidargli la cattedra di Filosofia nei licei della Capitale: prima al Liceo
Ginnasio "Umberto I" (dove insegnò dal 1889 al 1909) e poi
al Liceo "Ennio Quirino Visconti". Nello stesso periodo cominciò
a collaborare con le più importanti riviste letterarie, tra cui il Nuovo
Convito, la Rivista d’Italia, la Rivista moderna politica e letteraria, la
Rivista italiana di filosofia, la Nuova Antologia, L’Educazione, la Rivista
italiana di Sociologia, la Rivista di filosofia e scienze affini e con diversi
quotidiani, tra cui L'Osservatore Romano. Nel 1890 fu chiamato dal
ministro della Pubblica Istruzione Paolo Boselli ad insegnare Pedagogia e
Filosofia all'Istituto Superiore Femminile di Magistero, dove, in seguito a
concorso, divenne Professore dal 1903 al 1923. Ebbe come colleghi Luigi
Pirandello, Maria Montessori e Luigi Capuana. Durante i trantaquattro anni di
insegnamento al Magistero, fu relatore di oltre trecento tesi. Per il
Dizionario illustrato di Pedagogia, curato da Luigi Credaro e Antonio
Martinazzoli, redasse la voce Istituti Superiori femminili di Magistero. Dal
1896 fu anche libero docente di Filosofia teoretica alla Regia Roma, dove
insegnò ininterrottamente fino al 1933, anno della sua morte.
All'insegnamento affiancò sempre una prolifica attività di scrittore,
pubblicando complessivamente sessantatré opere, recensite in Italia e all'estero,
che spaziano dai temi dell'educazione e della morale all'economia politica,
dagli studi sull'ambiente e sulle foreste all'analisi criminologica dei
personaggi shakespeariani. Il suo Sommario delle lezioni di pedagogia generale
(Loescher, 1912) fu giudicato dalla Reale Accademia dei Lincei «frutto
d'amorosa meditazione e di mente abituata alla ricerca e alla costruzione
filosofica, che esce dai confini degli ordinari trattati di pedagogia per
elevarsi ad una sintesi mentale superiore». Nel 1911 tenne la prolusione
all'Universal Congress of Races di Londra, che fu poi pubblicata col titolo
Speculative psichology and the unity of races (E. Loescher & Co, 1911),
mentre nel 1913 fu membro del VI Congrès international du progrès religieux a
Parigi. Fu consulente medico della Real Casa d'Italia durante il regno di
Umberto I e del Palazzo Apostolico Vaticano sotto il pontificato di Benedetto
XV. Nicolò d'Alfonso mai volle aderire ad alcuna corrente filosofica e
politica, e fu fortemente avversato dal ministro della Pubblica Istruzione
Giovanni Gentile,che decise di mandarlo anzitempo in pensione con un
provvedimento ad personam: si trattava del Regio Decreto n. 736 del 13 marzo
1923, all'interno della Riforma Gentile, che anticipava, per i soli professori
del Magistero, il collocamento a riposo al compimento del settantesimo anno
anziché al settantacinquesimo, come per gli altri docenti universitari. Il suo
posto fu immediatamente occupato da Giuseppe Lombardo Radice, amico e allievo
prediletto di Gentile. Anche Benedetto Croce intervenne nella vicenda in favore
di d'Alfonso, chiedendo a Gentile una deroga a tale decreto, ottenendo però
risposta negativa. La salma fu portata sulla carrozza della Real Casa e
seppellita nel Cimitero monumentale del Verano. Il paese natale, Santa
Severina, gli ha intitolato una via del centro storico e la Scuola
elementare. Opere: “Le donne dei Vangeli, Firenze, Successori Le Monnier,
Sonno e sogni, Milano-Roma, E. Trevisini, “Principii di logica reale” (Roma, G.
B., Paravia & C.); “Il re Lear, Roma, Società editrice Dante, Alighieri);
“La dottrina dei temperamenti” (Roma, Società editrice Dante, Alighieri); “Lezioni
elementari di psicologia normale, Torino, Fratelli Bocca editori, 1904
Pregiudizi sull'eredità psicologica (genio,delinquenza, follia), Roma, Società
editrice Dante Alighieri, 1904 I limiti dell'esperimento in psicologia, Roma,
Casa editrice E. Loescher, “Sommario delle lezioni di filosofia generale (la
filosofia come economia), Roma, Casa editrice E. Loescher; “Lo spiritismo secondo
Shakespeare, E. Loescher & C.); “Sommario delle lezioni di Psicologia
criminale. Critica delle dottrine criminali positiviste, Roma, Casa editrice E.
Loescher); “Il Cattolicismo e la filosofia, Roma, Casa editrice E. Loescher); “Otello
delinquente, Casa libraria editrice E. Loescher e C. Sommario delle lezioni di
pedagogia generale (L'educazione come economia), Roma, Casa editrice E.
Loescher, “Note psicologiche, estetiche e criminali ai drammi di G. Shakespeare
(Macbeth, Amleto, Re Lear, Otello), Milano, Società Editrice Libraria, “Principi
naturali di Economia Politica, Roma, Athenaeum, “Gli alberi e la Calabria
dall'antichità a noi, Roma, Angelo Signorelli editore, “La disoccupazione:
cause e rimedi, Torino, Fratelli Bocca editori. Nicolò d'AlfonsoIl del Sud
Furio Pesci, Pedagogia capitolina. L'insegnamento della pedagogia nel
Magistero di Roma, Parma, Ricerche pedagogiche, 1994 Francesco d'Alfonso, Nicolò d'Alfonso.
Ritratto di un intellettuale indipendente, Bisignano, Apollo edizioni, , pag. 42 Francesco d'Alfonso, Nicolò d'Alfonso, cit Attilio
Gallo-Cristiani, In memoria del filosofo Nicolò d'Alfonso, Roma, A. Signorelli
editore, 1934 La vicenda del
pensionamento di Nicolò d'Alfonso è ricostruita e ampiamente documentata in
Nicolò d'Alfonso. Ritratto di un intellettuale indipendente, cit., cap. V Francesco d'Alfonso, L'onesto solitario. Vita
e opere del filosofo Nicolò d'Alfonso, Reggio Calabria, Città del Sole
edizioni, Francesco d'Alfonso, Nicolò
d'Alfonso. Ritratto di un intellettuale indipendente, Bisignano, Apollo
Edizioni, Francesco d'Alfonso , Amleto e
Ofelia. La critica shakespeariana negli scritti di Nicolò d'Alfonso, Reggio
Calabria, Città del Sole edizioni, Furio
Pesci, Pedagogia capitolina. L'insegnamento della pedagogia nel Magistero di
Roma Parma, Ricerche pedagogiche, 1994
Attilio Gallo Cristiani, In memoria del filosofo Nicolò d'Alfonso, Roma, A.
Signorelli editore, 1994 Mariantonella , Giovanni Marchesini e la «Rivista di
filosofia e scienze affini», Franco Angeli
Daniele Macris, Nicolò d'Alfonso: uno studio introduttivo, in Quaderni
Siberenensi, Catanzaro, Ursini, Francesco De Luca, Santa Severina. L'antica
Siberene, Pubblisfera edizioni, Antonio Testa, La critica letteraria calabrese
nel novecento, L. Pellegrini editore, 1968 Silvio Bernardo, Santa Severina dai
tempi più remoti ai nostri giorni, Istituto editoriale del Mezzogiorno,
1960 Santa Severina Università La
Sapienza di Roma Accademia dei Lincei Liceo classico Pilo Albertelli. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice ed Alfonso” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza.
ALGAROTTI.
(Venezia). Grice: “You’ve got to love ‘il conte Algarotti’;
he is the typical Italian philosopher of language, relishing on ‘la bella
lingua,’ by which they do not mean the Roman! “La Latina, in bocca di un popolo
di soldati, e concise e ardimentosa.’” Grice: “Algarotti thinks that the
Florentines have enriched it – ‘Imagine Aligheri in Latin!” – Grice:
“All that should be lost on Oxonians, but it ain’t!” – Consider ‘conciseness.’
One of my conversational maxims is indeed, ‘be concise, i. e. or viz., avoid
unnecessary prolixity [sic].” – So, if the Roman tongue was the tongue of
soldiers, and a soldier needs to be concise in communicating with another
soldier – The justification of the maxim is in the practice of ‘soldiering.’
With ‘ardimentosa’ we have moer of a problem!” – Grice: “In any case,
Algarotti’s excellent point is that each conversational maxim has its root in
the practice of the corresponding conversants!” -- Grice:
“Nobody can fail to be enchanted by the drawing by Richardson of Algarotti!” --
essential Italian philosopher. Grice: “I don’t have a monicker, but Algarotti
had two: il cigno di Padova and il Socrate veneziano. Filosofo. Spirito
illuminista, erudito dotato di conoscenze che spaziavano dal newtonianismo
all'architettura, alla musica, era amico delle personalità più grandi
dell'epoca: Voltaire, Jean-Baptiste Boyer d'Argens, Pierre Louis Moreau de
Maupertuis, Julien Offray de La Mettrie. Tra i suoi corrispondenti vi erano
Lord Chesterfield, Thomas Gray, George Lyttelton, Thomas Hollis, Metastasio,
Benedetto XIV, Heinrich von Brühl, Federico II di Prussia. Saggi,
1963 (testo completo) Nacque a Venezia, da una famiglia di commercianti. Dopo
un primo periodo di studio a Roma, dove poté studiare sotto la guida del
Lodoli, continuò gli studi a Bologna, dove affrontò le diverse discipline
scientifiche nella loro vastità, soprattutto l'astronomia sotto la guida di
Eustachio Manfredi e di Francesco Maria Zanotti. Si trasferì a Firenze per
completare la propria preparazione letteraria. Iniziò a viaggiare per
l'Europa, raggiungendo Parigi, città nella quale ebbe modo di conoscere diverse
autorevoli personalità. Ad esse poté presentare il proprio Newtonianismo
per le dame, piccola opera di divulgazione scientifica brillante ispirata al
lavoro dello scrittore francese Bernard le Bovier de Fontenelle. L'opera fu
prima apprezzata, e poi denigrata da Voltaire, che dal lavoro del suo Caro cigno
di Padova — come era solito appellarlo — trasse alcuni temi dei suoi Elementi
della filosofia di Newton. Voltaire e Algarotti si erano conosciuti
personalmente a Cirey nello stesso periodo in cui l'italiano preparava il
saggio Dopo il periodo trascorso in Francia, Algarotti si recò in
Inghilterra, per soggiornare per qualche tempo a Londra, dove fu accolto nella
Royal Society, prestigiosa accademia scientifica. Tornato in Italia si poté
dedicare alla pubblicazione del Newtonianesimo e subito dopo partì. Dopo un
breve ritorno a Londra, andò a visitare alcune zone della Russia (fermandosi in
particolare a San Pietroburgo) e della Prussia. Dice il De Tipaldo, nelle
sue biografie degli italiani illustri: "Quando Federico si recò a
Königsberg a incoronarsi, l'Algarotti si trovò in mezzo gli applausi e il
giubilo di quella potente e valorosa nazione misto e confuso coi principi della
famiglia reale, e stette nel palco col re, spargendo al popolo sottoposto le
monete con l'immagine di Federico. Fu in tale congiuntura che questi conferì a
lui, quanto al fratello Bonomo e ai discendenti della famiglia Algarotti, il
titolo di conte, meno vano quando è premio del sapere, e lo fece suo
ciambellano e cavaliere dell'ordine del merito, mentr'era alla corte di Dresda
col titolo di consigliere intimo di guerra. Dal momento che Algarotti conobbe
Federico sino alla sua morte, cioè pel corso di venticinque anni, né
l'amicizia, né la stima del re, né la gratitudine, la devozione e il sincero
affetto del cortigiano vennero meno, né soffersero mai alcuna
alterazione." Secondo il De Tipaldo, l'amicizia fra i due era estesa anche
alla sfera più intima; dice infatti: "…lo volle non solo a compagno degli
studi e dei viaggi, ma altresì dei suoi più segreti piaceri, essendoché della corte
di Potsdam, ora egli faceva un Peripato, ed ora la convertiva in un tempio di
Gnido"il che significa: in un tempio di Venere. Trascorse alla corte
del re oltre un decennio, per fare ritorno nel paese natale. Utilizzò la
propria influenza anche a favore degli "oppositori" filosofici come
Gregorio Bressani Il resto della vita lo trascorse tra Venezia e Bologna per
fermarsi a Pisa, dove morì all'età di cinquantatré anni mentre preparava la
pubblicazione di tutte le sue opere, fra cui Lettere sulla Russia e Il
Congresso di Citera, un romanzo dedicato ai costumi galanti e amorosi
rivisitati secondo quanto osservato nelle diverse nazioni in cui aveva
soggiornato. Malato di tubercolosi, a Pisa col diletto amico Mauro
Antonio Tesi, chiamato "Maurino", si preparò alla morte; come
epitaffio, volle Algarottus, sed non omnis. Malignamente, l'abate Galiani notò
che questo era epitaffio più di evirato cantore che di dotto. Fu sepolto
nel camposanto di Pisa, in un monumento disegnato dall'illustre architetto Carlo
Bianconi e dallo stesso "Maurino" Tesi in uno stile archeologizzante,
tradotto in marmo dall'allora celebre abate Giovanni Antonio Cybei di Carrara.
L'epitaffio è quello che per lui dettò il re di Prussia: "Algarotto Ovidii
aemulo, Neutoni discipulo, Federicus rex", tranne che gli eredi cambiarono
quel rex in magnus. Commenta il De Tipaldo: "Egli medesimo si era
preparato, in compagnia del Maurino, il disegno del sepolcro e l'epitafio, non
già per orgoglio, ma spinto dal sacro amore delle arti belle, che anche in
faccia alla morte non poteva intiepidirsi nel suo petto."
Personalità e influenza culturale Domenico Michelessi, Memorie intorno
alla vita e agli scritti del conte Francesco Algarotti, 1770 Aperto al
progresso e alla conoscenza razionale, esperto di arti (si prodigò come fautore
di Palladio), furispetto alla scienzaun grande assertore delle teorie di Isaac
Newton (sul conto del quale scrisse uno dei suoi più noti saggi, Il
newtonianesimo per le dame). Viene considerato una sorta di Socrate veneziano
e per comprendere la sua statura di insigne studioso con un'infinita sete di
sapere e divulgare è sufficiente porsi davanti al suo innumerevole campo di
interessi. Al di là del suo ruolo di spicco nell'illuminismo letterario, fu
anche un diplomatico e un procacciatore d'arte. In particolare viaggiò cercando
opere d'arte per conto di Augusto III di Sassonia. È noto che fu Algarotti a
comprare a Venezia il capolavoro di Liotard, il pastello de La cioccolataia,
che poi divenne una delle perle della Galleria di Dresda. Uomo di
bell'aspetto, dotato di un aristocratico naso aquilino (esiste al Rijksmuseum
di Amsterdam uno suo ritratto a pastello, sempre di Liotard, che è riprodotto
nell’incipit della presente voce), l'Algarotti nel Saggio sopra Orazio non
perdeva occasione di far notare come questi fosse ambidestro, e tanto lodava i
vantaggi di questa disposizione, che c'è chi suppone che egli la condividesse
col poeta. Ebbe a scrivere praticamente su tutto, affrontandocon l'acuta
attenzione dello scienziatopressoché ogni aspetto dello scibile umano. Basti
ricordare i saggi che scrisse a proposito della pittura (Sopra la pittura),
dell'architettura (Sopra l'architettura), dell'opera lirica (Sopra l'opera in
musica), del commercio (Sopra il commercio). La tomba di Algarotti
al Camposanto di Pisa. Opera di Giovanni Antonio Cybei Opere Francesco
Algarotti, Saggi, Scrittori d'Italia Bari, Laterza. 29 giugno . Saggi, Giovanni
da Pozzo, Ediz.Laterza,, testo integrale dalla collana digitalizzata
"Scrittori d'Italia" F.Algarotti e S.Bettinelli " Opere "
Ettore Bonora, Milano-Napoli Ricciardi, 1969 Il newtonianismo per le dame,
1737. The International Centre for the History of Universities and Science
(CIS), Bologna) Il Congresso di Citera, Parigi su archive.org. Il Congresso di
Citera, note, e commento Daniela Mangione,
Bologna, Millennium, Viaggi di Russia, Milano, Garzanti, Poesie, Torino, Nino
Aragno editore, Saggi su Francesco
Algarotti: Daniela Mangione, Il demone ben temperato. Francesco Algarotti
tra scienza e letteratura, Italia ed Europa, Sinestesie, Note
Umberto Renda e Piero Operti, Dizionario storico della letteratura
italiana, Torino, Paravia, 195226. Ugo
Baldini, BRESSANI, Gregorio, in Dizionario biografico degli italiani, 14, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Francesco Algarotti, in
Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Francesco
Algarotti, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Francesco Algarotti, in Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Francesco Algarotti, su
Find a Grave. Opere di Francesco
Algarotti, su Liber Liber. Opere di
Francesco Algarotti / Francesco Algarotti (altra versione), su openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Opere di Francesco Algarotti, . Spartiti o libretti di
Francesco Algarotti, su International Music Score Library Project, Project
Petrucci LLC. Progetto per ridurre a
compimento il Regio Museo di Dresda su horti-hesperidum.com. Sito Algarotti
dell'Treviri, su algarotti.uni-trier.de. La casa di Francesco Algarotti è
aperta da settembre come alloggio
turistico. Algarotti e Palladio , su cisapalladio.org. Il newtonianismo per le
dame, su google.com. Opere del conte Algarotti, su google.com. Corrispondenza
con Federico II di Prussia (testo francese e tedesco) V D M Illuministi
italiani -- LGBT LGBT Letteratura Letteratura Teatro Teatro Categorie: Scrittori italiani del
XVIII secoloSaggisti italiani del XVIII secoloCollezionisti d'arte italiani Venezia
PisaTeorici del restauroIlluministiScrittori trattanti tematiche LGBTMembri
della Royal SocietyViaggiatori italianiMercanti d'arte italiani. Refs.:
Luigi Speranza, "Grice ed Algarotti," per Il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
ALICI. (Grottazzolina). Grice:
“I like Alici; he has philosophised on some of the topics *I* did, since it
should not surprise anyone, since we are philosophers (if I’m also a
cricketer!) --.Grice: “I will organize some overlaps in hashtags: compassione.
– serious study – il terzo incluso – I curiazi, i moscheteri -- ” :noi dopo di
noi,” ‘we after we’ – the meta-language – romolo e remo; ossia, il bene
condiviso; :romolo e remo; ossia, condividere la deliberazione; eurialo e isso,
ossia, dall’io al noi; colloquenza romana; amore: l’angelo della gratitudine; eurialo
e nisso: amore d legarsi – la reciprocita; pilade ed oreste -- luigi Alici Presidente nazionale dell'Azione
Cattolica Italiana Durata mandato31 maggio 200527 maggio 2008 Niente fonti!
Questa voce o sezione sull'argomento filosofi italiani non cita le fonti
necessarie o quelle presenti sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce
aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso
delle fonti. Filosofo. È stato presidente nazionale dell'Azione Cattolica
Italiana dal 2005 al 2008. Allievo di
Armando Rigobello, ha insegnato Filosofia morale nell'Università degli Studi di
Perugia e Filosofia teoretica presso la LUMSA di Roma. Attualmente è Professore
di Filosofia morale nell'Macerata, nonché titolare degli insegnamenti di
Istituzioni di Filosofia morale, Filosofia morale (corso triennale), Etica
pubblica ed Etica della vita (corso magistrale). È stato presidente del Corso
di laurea in Filosofia (1997-2003), coordinatore del Dottorato di ricerca in
Filosofia e Teoria delle Scienze Umane (2008-), presidente del Presidio di
Qualità di Ateneo (-), direttore della Scuola di Studi Superiori "Giacomo
Leopardi" (-). Studioso dell'opera
di Sant'Agostino, è autore di numerose pubblicazioni dedicate al rapporto tra
interiorità e intenzionalità, comunicazione e azione, libertà e bene, con
particolare attenzione alle tematiche dell'identità personale e della
"reciprocità asimmetrica", esaminate anche sotto il profilo della
loro rilevanza morale. Le sue ricerche più recenti, a partire dai temi della
fragilità e della cura, sono dedicate al rapporto tra natura, tecnologia e
libertà. Impegnato fin da giovane
nell'Azione Cattolica, nel corso degli anni ha ricoperto nell'associazione
numerosi incarichi, prima a livello locale e poi nazionale: dal 1992 al 1998 è
stato responsabile dell'Ufficio studi; -- è stato direttore della rivista
culturale "Dialoghi"; il 24 aprile 2005 è stato eletto consigliere
nazionale dell'associazione dalla XII assemblea nazionale. In seguito alla
designazione del Consiglio nazionale, il Consiglio permanente della Conferenza
Episcopale Italiana lo ha nominato presidente dell'associazione per un
triennio. Il suo mandato è terminato il 27 maggio 2008. È membro dei seguenti organismi: Consiglio
scientifico dell'Istituto per lo studio dei problemi sociali e politici
"Vittorio Bachelet" (Roma); Comitato Scientifico della Collana di
“Filosofia morale” (Vita e Pensiero, Milano); Comitato di direzione della
rivista “Dialoghi” (Roma); Consiglio Scientifico del “Centro di Etica Generale
e Applicata” (Pavia); Comitato scientifico della rivista “Hermeneutica”
(Urbino). Membro del Comitato Scientifico della Fondazione “Lanza” (Padova, /).
Dirige inoltre la sezione di Filosofia della Collana “Saggi” (La Scuola
Editrice, Brescia) e della Collana “Percorsi di etica” (Aracne Editrice, Roma). Opere: “Il linguaggio come segno e come
testimonianza. Una rilettura di Agostino” Edizioni Studium, Roma, “Tempo e
storia. Il "divenire" nella filosofia del '900, Città Nuova Editrice,
Roma, Il pensiero del Novecento Editrice Queriniana, Brescia, Il valore della
parola. La teoria degli "Speech Acts" tra scienza del linguaggio e
filosofia dell'azione, Edizioni Porziuncola, Assisi PG -- Presenza e ulteriorità, Edizioni Porziuncola,
Assisi (PG), La dignità degli ultimi giorni (con F. D'Agostino e F.
Santeusanio), Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 1998. Con le lanterne
accese. Il tempo delle scelte difficili, Ave Edizioni, Roma, L'altro nell'io.
In dialogo con Agostino, Città Nuova Editrice, Roma, Il terzo escluso, Edizioni San Paolo,
Cinisello Balsamo (MI). La via della speranza. Tracce di futuro possibile,
Edizioni Ave, Roma, Cielo di plastica.
L'eclisse dell'infinito nell'epoca delle idolatrie, Edizioni San Paolo,
Cinisello Balsamo (MI), (Premio "CapriSan Michele",. Amare e legarsi.
Il paradosso della reciprocità, Edizioni Meudon, Portogruaro (VE), . Filosofia
morale, Editrice La Scuola, Brescia, . I cattolici e il paese. Provocazioni per
la politica, Editrice La Scuola, Brescia,
(traduzione in lingua romena di Liviu Romanescu: Catolicii și politica,
Galaxia Gutenberg, Târgu Lăpuș, ). L'angelo della gratitudine, Edizioni Ave, Roma, (traduzione in lingua romena di Cornelia
Dumitru, Îngerul recunoștinței, Eikon, Bucureşti ). Cittadini di Galilea. La
vita spirituale dei laici (con M. Bianchi, M. Truffelli), ”Quaderni di Spello”,
Edizioni Ave, Roma, (Premio “CapriSan
Michele”, ). Il fragile e il prezioso. Bioetica in punta di piedi, Editrice
Morcelliana, Brescia, . InfinitaMente. Lettera a uno studente sull'università,
EUM, Macerata, . Edizioni di opere di Sant'Agostino La città di Dio, Rusconi,
Milano; Bompiani, Milano. La dottrina cristiana, Edizioni Paoline, Milano; Confessioni,
Sei, Torino, 1992. Manuale sulla fede, speranza e carità, Collana La vera
religione, Città Nuova Editrice, Roma. Il potere divinatorio dei demoni,
Collana La vera religione, Città Nuova Editrice, Roma; La natura del bene, Città
Nuova Editrice, Roma; Il libro della pace. «La città di Dio, XIX», Editrice La
Scuola, Brescia, . Curatele Agostino nella filosofia del Novecento (con R.
Piccolomini e A. Pieretti), 4Città Nuova Editrice, Roma (comprende: Esistenza e
libertà, 2000; Interiorità e persona, 2001; Verità e linguaggio, 2002; Storia e
politica). Azione e persona: le radici della prassi, V&P, Milano, Forme
della reciprocità. Comunità, istituzioni, ethos, Il Mulino, Bologna, La
filosofia come dialogo. A confronto con Agostino (con R. Piccolomini e A.
Pieretti), Città Nuova Editrice, Roma, Filosofi per l'Europa. Differenze in
dialogo (con F. Totaro), Eum, Macerata, Agostino. Dizionario enciclopedico, di
Allan D. Fitzgerald edizione italiana curata assieme a Antonio Pieretti, Città
Nuova Editrice, Roma, “Forme del bene condiviso, Il Mulino, Bologna, “La
felicità e il dolore. Verso un'etica della cura” Aracne Editrice, Roma, .
Dialogando. Idee, pensieri, proposte per il nostro tempo, Edizioni Ave, Roma, ;
Unità e pluralità del vero: filosofia, religioni, culture, Volume speciale di
Archivio di filosofia, Numero LXXVIII, Anno . Il dolore e la speranza. Cura
della responsabilità, responsabilità della cura, Aracne Editrice, Roma, .
Prossimità difficile. La cura tra compassione e competenza, Aracne Editrice,
Roma, , I conflitti religiosi nella scena pubblica. I: Agostino a confronto con
manichei e donatisti, Città Nuova Editrice, Roma, . Noi dopo di noi.
Accogliere, rigenerare, restituire: nella società, nell'educazione, nel lavoro
(curata con G. Gabrielli), FrancoAngeli, Milano, . I conflitti di valore nello
spazio pubblico. Tra prossimità e distanza, Aracne Editrice, Roma, . I
conflitti religiosi nella scena pubblica. II: Pace nella civitas, Città Nuova
Editrice, Roma, . La fede e il contagio. Nel tempo della pandemia, (con G. De
Simone eGrassi), Ave, Roma . L'umano e le sue potenzialità: tra cura e
narrazione (conNicolini), Aracne, Roma . L’etica nel futuro (con F. Miano),
Ortothes, Napoli-Salerno . Luigi Alici.
Pagina di presentazione nel docenti
dell'Università degli Studi di Macerata, su docenti.unimc. l'8 settembre
20 ottobre ). Dialogando. Il blog di Luigi Alici, su luigialici.blogspot.
PredecessorePresidente nazionale dell'Azione Cattolica ItalianaSuccessore Paola
Bignardi. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Alici” – The Swimming-Pool Library,
Villa Speranza.
ALIGHIERI. (Firenze). dante. Grice:
“Proble with having Alighieri as a philosopher is that rhyming is not usually
considered a priority – that’s why the old Romans like Lucrezio never had to
rhyme – you might say metre is essential to Parmenide and Lucrezio – and that
there is metre in my prose if not in endecasibili!” -- Grice: “This is
important for an Oxonian; since Sir Peter once told me that he made an effort
to understand Italian – ‘or Tuscan implicature,’ to be more precise – just to
be able to digest Inferno compleat with rhyme.’” Grice: “Must say that my
favourite Dante is ‘lasciate ogni speranza voi ch’entrate.”” Grice: “The
Italians, all being Renaissance men, love to catalogue as ‘philosopher’ those
whom the head of the Sub-Faculty of Philosophy at Oxford would NOT: Alighieri,
one of them!” Grice: “But then, a sport of Italian philosophers is to ramble on
“Pinocchio,” too!” -- “The Commedia and philosophy.” Refs.: “Philosophical
references in Dante’s Commedia.” Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Alighieri” –
The Swimming-Pool Library, Villa Speranza.
aliotta: Grice: “I like Aliotta; he has philosophised on most things
I’m interested in: ‘la guerra eterna’ is a bit of a hyperbole if you go by a
principle of helpfulness, but that’s Aliotta! – He has focused on Lucrezio,
which is fine – But he has also studied ‘colloquenza romana’ systematically –
and more into the Italian rather than Roman idiom, he has explored Galileo (not
the father, thouh: “Some like Galileo Galiei, but Vincenzo Galilei is MY man);
he is also like me a ‘philosophical psychologist,’ along the lines of Stout and
Wundt, that is – he as given proper due to the idea of ‘esperienza’ – unlike
Oakeshott, who abuses of the notion! – and indeed, others see his attachment to
‘esperienza’ as an ‘ism’ (lo sperimentalismo).
He has also discussed the semiotics of Vico, and the idea of life-form,
following Witters (‘cricket come forme di vita’). And he has explored one
intriguing idea, that the so-called ‘meaning’ of life (‘il significato del
mondo,’ actually) is that of ‘sacrificio’ which is very fine with me – but then
it would, since I like ‘Another country’ – the ‘sacrifice’ -- He Antonio
Aliotta (n. Palermo), filosofo. Fu componente dell'Accademia Nazionale dei
Lincei, nonché dell'Accademia Pontaniana e della Società Nazionale di Scienze,
Lettere e Arti. Fondò la rivista internazionale di filosofia Logos e fu autore
di una decina di monografie. Allievo di
Felice Tocco e Francesco De Sarlo, fu influenzato molto dalla concezione della
conoscenza scientifica del secondo, che si rifaceva alle teorie di Franz Brentano. Nel primo periodo della sua vita, Aliotta si
interessò in particolar modo alla psicologia sperimentale come ricercatore,
mentre in un secondo periodo, approssimativamente dal 1944, rivolse il suo
interesse alla filosofia e all'epistemologia.
Tra i suoi allievi vi furono Nicola Abbagnano, Paolo Filiasi Carcano,
Cleto Carbonara, Renato Lazzarini, Giuseppe Martano, Alberto Marzi, Nicola
Petruzzellis, Michele Federico Sciacca, Luigi Stefanini, anche se la sua indole
non dogmatica e aperta "a diverse culture e suggestioni" non diede
luogo alla formazione di una vera e propria scuola riferibile al suo nome, ma
incoraggiò i suoi allievi a indirizzarsi su percorsi culturali autonomi,
emancipandosi dall'egemonia esercitata dal neoidealismo di Benedetto Croce e di
Giovanni Gentile. Al suo magistero può
essere associato anche la figura dello psicanalista Cesare Musatti, che si
indirizzò allo studio della psicologia dopo aver assistito alle lezioni
sull'argomento tenute da Aliotta all'Padova nell'anno accademico 1915-16. Il 19 febbraio 1951 divenne socio
dell'Accademia delle scienze di Torino.
A lui è intitolato il dipartimento di filosofia dell'Università degli
studi di Napoli "Federico II".
Pensiero Psicologia Nella sua prima fase, prettamente psicologica, agli
inizi del nuovo secolo, Aliotta afferma che i fatti psichici non possono essere
quantificati come avviene con i fatti fisici esistenti e misurabili, in quanto
i fatti psichici sono elementi costitutivi della coscienza. La psicologia,
perciò, essendo una scienza empirica che studia i fatti psichici interni al
soggetto, avrebbe dovuto servirsi del metodo dell'introspezione, riferendosi a
formulazioni matematiche al solo scopo simbolico. La filosofia La particolare concezione della
conoscenza dell'autore, intesa né come esistente in sé, né come iscritta nel
processo dialettico del pensiero, lo allontanò sia dalle posizioni positiviste
che da quelle neoidealiste. Nelle sue
opere emerge una visione contraria all'idealismo: né Hegel, nemmeno Fichte, né
tanto meno Schelling col loro proposito di racchiudere tutta la realtà nel
pensiero, sebbene con sfumature diverse, soddisfano Aliotta, che invece
paragona il pensiero a un processo vivente, costruito da tanti centri
individuali tesi verso una armonia, continuatrice dei fenomeni dell'universo.
Aliotta si sofferma sulla coordinazione delle conoscenze, sulle intese fra le
persone, sulla sintesi della scienza e soprattutto sulla ricerca filosofica a
cui assegna il compito particolare di supervisione dei campi di conoscenza con
il fine di limitarne i dissidi e di ampliare, il più possibile, il punto di
vista delle scienze particolari. Aliotta afferma che l'unico metodo che
consente la ricerca della verità sia l'esperimento; la verità stessa non è
assoluta e unica ma prevede vari livelli, i superiori dei quali sfruttano e
inglobano quelli inferiori. La ricerca filosofica possiede, secondo l'autore,
un formidabile strumento di indagine e di verifica che si chiama
"storia". In alcuni scritti
successivi ("Il sacrificio come significato del mondo",1947),
pubblicati nel secondo dopoguerra, Aliotta sembra avvicinarsi a un modello di
pensiero a metà strada tra il pragmatismo e lo spiritualismo, nel quale mette
in rilievo l'esperienza morale e il sacrificio, considerato come l'esempio di
realizzazione più elevato, sia per l'individuo sia per la collettività. L'affermarsi dello sperimentalismo produce in
Aliotta una serrata critica all'astratto intellettualismo nonché apre la strada
alla ricezione di studi avanzati sulla cosiddetta 'filosofia scientifica', in
un panorama di reazione idealistica contro la scienza e di graduale
affermazione in Italia di scienze come la sociologia (Guglielmo Rinzivillo,
Antonio Aliotta. L'idea scientifica dello sperimentalismo in Una epistemologia
senza storia, Roma, Nuova Cultura, 197 e sg.
978-88-6812-222-5). Opere
principali Classici del pensiero: PlatoneAristoteleLucrezioEpitteto (1911) La
reazione idealistica contro la scienza (1912) La guerra eterna e il dramma
dell'esistenza (1917) L'estetica di Kant e degli idealisti romantici (1942) Il
sacrificio come significato del mondo (1947) Il relativismo dell'idealismo e la
teoria di Einstein (1948) Evoluzionismo e spiritualismo (1948) Il problema di
Dio e il nuovo pluralismo (1949) Le origini dell'irrazionalismo contemporaneo
(1950) Pensatori tedeschi della prima metà dell'Ottocento (1950) Critica
dell'esistenzialismo (1951) L'estetica di Croce e la crisi dell'idealismo
italiano (1951) Il nuovo positivismo e lo sperimentalismo (1954) Cinquant'anni
di relatività. 1905-1955 (con Giuseppe Armellini, Piero Caldirola, Bruno Finzi,
Giovanni Polvani, Francesco Severi, Paolo Straneo), prefazione di Albert
Einstein. Edizioni Giuntine e Sansoni Editore, Firenze, 1955 Note Vedi S. Belardinelli, in Dizionario
Biografico degli Italiani, riferimenti in .
Sergio Belardinelli, «ALIOTTA, Antonio» in Dizionario Biografico degli
Italiani, Volume 34 (1988) Antonio
ALIOTTA, su accademiadellescienze. 9 luglio .
Nicola Abbagnano, Dizionario di filosofia, Torino, Utet, 1995235, voce
"Aliotta". Nicola Abbagnano,
Dizionario di filosofia, Torino, Utet, 1995236, voce "Aliotta". Michele Federico Sciacca , Lo sperimentalismo
di A. Aliotta, Napoli, 1951. Nicola Abbagnano Antonio Aliotta, in "Rivista
di Filosofia", 1964, 55, 442–448.
Adriana Dentone, Il problema morale e religioso in Aliotta, Napoli, 1972.
Luciano Mecacci, Antonio Aliotta, in: Guido Cimino, Nino Dazzi , La psicologia
in Italia: i protagonisti e i problemi scientifici, filosofici e istituzionali:
Milano, LED, 1998, 391–402. «ALIOTTA,
Antonio» Enciclopedia ItalianaII Appendice, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
italiana Treccani, 1948. Sergio Belardinelli, «ALIOTTA, Antonio» in Dizionario
Biografico degli Italiani, Volume 34, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,
1988. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina
dedicata a Antonio Aliotta Collabora a Wikiquote Citazionio su Antonio
Aliotta Antonio Aliotta, in Enciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Antonio Aliotta, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Opere di
Antonio Aliotta, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Antonio Aliotta,
. Opere di Antonio Aliotta consultabili
nell'Archivio di Storia della Psicologia, su
archiviodistoria.psicologia1.uniroma1. 16 dicembre 12 luglio Filosofia Filosofo del XX
secoloAccademici italiani Professore1881 1964 18 gennaio 1º febbraio Palermo
NapoliAccademici dei LinceiProfessori dell'Università degli Studi di Napoli
Federico IIMembri dell'Accademia delle Scienze di Torino
allegretti: Grice: “I love Alegretti; very Italian; imagine: after
tutoring for a while on dialettica at Firenze,, he retires to Villa Allegretti,
Rimini, where he philosophises ‘De propositionibus’ (sulle enunciate) as part
of the Dialettica!” Grice: “He was so
proud of the meetings at his villa that he called it ‘our Parnassus’!” Grice:
“Allegretti’s idea of the villa meetings was modeled after Plato who, with
fewer means, met at the gym in theVIlla Echademo!” -- – cf. Raffaello, “Il
Parnaso.” -- Stemma della famiglia Allegretti Coa fam ITA allegretti Blasonatura
cuore d'oro su campo azzurro Giacomo (o Jacopo) Allegretti (Forlì), filosofo. Noto
per aver fondato, secondo alcuni storici, la prima accademia letteraria d'Italia. Fu figlio di Leonardo Allegretti, giudice a
Forlì, di parte guelfa. Apparteneva ad un'antica e cavalleresca famiglia, il
cui capostipite fu Mazzone Allegretti (o Mazzonius Alegrettus), che nel 1095
prese parte alla prima crociata in Terra Santa e per “arma” scelse un “cuore
d'oro su campo azzurro”. Lesse filosofia
a Bologna, logica e filosofia a Firenze. Nel 1370, fondò la prima accademia con un
gruppo di intellettuali: Francesco dei Conti di Calbolo, Azzo e Nerio
Orgogliosi, Giovanni de' Sigismondi, Andrea Speranzi, Rinaldo Arfendi, Valerio
Morandi, Giovanni Aldrobandini, Spinuccio Aspini e Paolo Allegretti. Nel 1376,
per motivi politici, gli Ordelaffi, signori di Forlì ghibellini, imposero il
confino a Giacomo e al fratello Giovanni. Si trasferì perciò a Rimini.
Richiamato dall'esilio nel 1385, coinvolto in una faida familiare degli
Ordelaffi, fu nuovamente costretto a fuggire a Rimini, ove fondò una nuova
Accademia, l'Accademia dei Filergiti, con vocazione insieme letteraria e scientifica. La sua prosapia si estinse per linea maschile
circa nel 1479, ma s'innestò negli Aspini mediante una Margherita di Francesco
Allegretti, che sposò un Lodovico, che fu erede degli averi e del cognome degli
Allegretti. Si trova il seguito di questa famiglia nel senese e nel modenese (a
Ravarino). Note Fonte: F. Valenti, Dizionario Biografico
degli Italiani, riferimenti in . Opere Nel XIV secolo, la sua opera principale
era considerata il Bucolicon. Ma scrisse
anche: un epicedio per la morte di Galeotto
I Malatesta, signore di Rimini; un carme al Conte di Virtù; un carme per la
"divisa della tortora"; Eglogae, in lingua latina; un carme sulla
"bissa milanese", cioè lo stemma dei Visconti, il biscione. Giorgio Viviano Marchesi, Memorie storiche
dell'antica, ed insigne Accademia de' Filergiti della città di Forlì ...,
Forlì, per Antonio Barbiani, 1741. Paolo Bonoli, Storia di Forlì scritta da
Paolo Bonoli distinta in dodici libri corretta ed arricchita di nuove
addizioni, 2 voll., Forlì, Luigi Bordandini, Filippo Valenti, ALLEGRETTI,
Giacomo, in Dizionario biografico degli italiani, II, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, 1960. Opere di Giacomo Allegretti, Filosofi
allievo: Grice: “I love Allievo; of course he reminds me of all those
scholars back in the day that I relied on for my philosophising on ‘intending’
– since isn’t this an act of the ‘soul’ – I mean Stout, and the rest – I once
was a Stoutian, and then for better or worse, I became a Prichardian!” -- Grice: “Now Oxford never knew what to do with
people like Stout – surely ‘the Wilde’ readership was a possibility, but Lit.
Hum. and the Sub-Faculty of Philosophy always considered ‘mind’ – (as in the
journal, ‘a journal of psychology and philosophy’) secondary to metaphysics! We
thought The Aristotelian Society had more prestige than the Mind Association,
and we still do!” – Grice: “So Allievo, like myself, was fascinated by Stout
and Spencer and Bain and – in the continent, closer to Allievo, and always
having more prestige than the barbiarian islanders! – Grice: “Add to that the
charm of his italinanness versus the Germanic coldness of a Wundt – his name is
unpronounceable to Allievo – and you get to the heart of his philosphising on
‘psicofisiologia’ – where the ‘io’ meets the ‘tu’ – and his focus, having
studied the philosophical tradition in Rome – to ‘educatio fisica’ – which
obviously needs to be psicofisica!” -- Wundtan d Flechner!” -- Giuseppe Allievo
(San Germano Vercellese) filosofo. Frequentò
la facoltà di filosofia dell'Torino e seguì l'insegnamento di Giovanni Antonio
Rayneri, sacerdote e filosofo di matrice rosminiana. Laureatosi il 18 luglio 1853 insegnò
pedagogia a Novara, a Domodossola, dove conobbe Rosmini, e a Ivrea e nel
Collegio di Ceva. A Domodossola pubblicò i suoi primi saggi e scrisse articoli
per la Rivista contemporanea di Luigi Chiala.
Arrivò alla cattedra di pedagogia a Torino (1869). Cattolico
spiritualista, fu propugnatore del cosiddetto sintesismo degli esseri,
principio secondo il quale «nessuna parte di un ente può sussistere divisa dal
tutto dell'ente stesso, e nessun essere può sussistere né operare diviso dagli
enti che costituiscono l'universo». Il
13 gennaio 1895 divenne socio dell'Accademia delle scienze di Torino. Pensiero Critico dell'hegelismo, soprattutto
per motivi religiosi, Allievo sosteneva doversi rifare alla tradizione
filosofica spiritualista italiana per combattere sia la dottrina hegeliana che
quella positivista che nella pedagogia si stava in quegli anni diffondendo in
Italia. Rimase fino al 1912 nell'Torino
insegnando pedagogia e dedicandosi a ricerche di antropologia e pedagogia. Fu
autore anche di un'opera di vaste proporzioni dedicata a Il problema metafisico
studiato nella storia della filosofia, dalla scuola ionica a Giordano Bruno
(Torino 1877). Opere principali Saggi
filosofici (1866) Il problema metafisico studiato nella storia della filosofia Studi
antropologici:l'uomo e il cosmo (1891) Studi pedagogici (1892) Attinenze tra
l'antropologia e la pedagogia Esame dell'hegelianesimo Il ritorno al principio
della personalità Note Fonte: Francesco
Corvino, Dizionario biografico degli Italiani (1960) alla voce
corrispondente in F. Corvino, Op. cit.
ibidem Giuseppe ALLIEVO, su
accademiadellescienze. 9 luglio .
Giuseppe Allievo, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Giuseppe
Allievo, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giuseppe Allievo, in Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Giuseppe Allievo, su openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Opere di Giuseppe Allievo, Filosofia Filosofo del XIX secoloFilosofi iSan
Germano Vercellese TorinoMembri dell'Accademia delle Scienze di Torino
allmayer: Grice:
“I like Allmeyer; especially his rambles on Roman philosophy when he taught at
Rome – ‘La filosofia romana’ has a very datable beginning: that infamous
embassy that terrified the old Romans but charmed the younger ones, such as
Scipione!” -- Grice: “Due to Gentile,
Allmaayer was forced to focus on Italian philosophy, and Gentile allowed him to
call Galileo a ‘filosofo’! – Grice: “Allmayer’s pragmatics is Griceian: there
is a colloquium, when a ‘soggeto’ empirico recognises another soggesto empirco
(il tu del’io) – and they shape a ‘noi’ – for this he appeals to concepts of
objectivity as intersubjectivity – If I imply, it is the UTTERE’s expression
and implication that is primary, but I INTEND my implicature to be reccognised
by the ‘tu’ – and this does not ‘alienate’ my concrete subjectivity – it does
not vanish – it is merely re-invoked by the other – ‘invoke’ being a linguistic
term – vox –: this is what the ‘assoluto’ stands for, that terrified Bradley!”
-- Grice: “I love the fact that Allmayer
taught the history of logic, with a focus on ‘stoic’ logic – and it’s only
natural that ‘stoicismo’ was his favourite stage in Roman philosophy!” – Grice:
“Oddly, Allmayer has a genial commentary on my favourite of Arisotlte’s
treatises and the foundation of my method in philosophical psychology – “De
Anima””! -- Vito Fazio Allmayer (Palermo), filosofo. Fu insieme a Gentile, e
altri filosofi, uno degli esponenti di spicco della corrente filosofica detta
attualismo. Nacque a Palermo da Giuseppe Emanuele Fazio, originario di
Alcamo (ex garibaldino e in servizio presso il Museo nazionale di Palermo) e da
Felicina Allmayer, di origine tedesca, ma residente in Italia. Fin da ragazzo
si interessò alla storia dell'arte; a 23 anni si laureò in giurisprudenza ma
poiché era appassionato alla filosofia, iniziò subito gli studi filosofici e a
frequentare la Biblioteca filosofica di Palermo, dove ebbe modo di conoscere
Giovanni Gentile. Nel 1910 l'Allmayer si laureò in filosofia e iniziò la
carriera come professore: nel 1914 passò al liceo "Umberto I" di
Palermo, dove cominciò la sua ricca produzione saggistica che lo rese famoso in
Italia. La sua carriera continuò a Roma; subito dopo la caduta del
fascismo, nel novembre 1943, il Fazio Allmayer fu sospeso dall'insegnamento;
per essere reintegrato dopo la fine della guerra. Dopo un periodo
travagliato della sua vita, negli anni Cinquanta riprese la molteplice attività
di saggista e critico, oltre che di docente. Nel 1915 si era sposato con
Concettina Carta, con cui ebbe tre figli. Nel 1953, rimasto vedovo, si sposò in
seconde nozze con Bruna Boldrini che, conosciuta col cognome acquisito, è stata
tra i maggiori critici del Fazio e ne ha promosso un'edizione completa delle
Opere (I-XXII, Firenze 1969-1991). L'Allmayer, colpito da infarto tre
anni prima, morì a Pisa nel 1958. In memoria di questo insigne filosofo e
pedagogista di origine alcamese, il Liceo Statale delle Scienze Umane,
Economico Sociale, Linguistico, Musicale (ed autorizzato per le Arti
coreutiche) è stato intitolato al suo nome. Carriera 1910: Professore
presso il liceo di Matera 1911: professore al liceo di Agrigento, vinse nello
stesso anno una borsa di studio per perfezionamento presso l'Roma 1914 docente
presso il liceo "Umberto I" di Palermo 1918: libero docente di storia
della filosofia a Roma 1919: trasferito a Palermo, fu condirettore del
Giornale critico della filosofia italiana, fondato da Gentile e diretto dallo
stesso prima di essere ministro. 1921-1922: docente di filosofia presso
l'Palermo 1922-1924: docente di storia della filosofia (con corsi su Bacone e
sui sofisti e Platone) presso l'Roma, in sostituzione di Gentile e incaricato
di pedagogia al magistero di Roma. 1924: collaboratore di Gentile per la riforma
scolastica e, con l'incarico di ispettore centrale degli istituti medi di
istruzione, ebbe affidata la redazione dei programmi della scuola media. 1925:
professore non stabile di storia della filosofia medievale e moderna 1929: ebbe
la cattedra di filosofia teoretica in sostituzione di Pantaleo Carabellese
1939: preside della facoltà di lettere 1925-1931: commissario per
l'amministrazione straordinaria della sezione arti decorative, annessa alla
Scuola artistica e industriale di Palermo dal 1931 in poi: commissario
governativo per l'Accademia di Belle Arti. 1943: sospeso dall'insegnamento e
reintegrato dopo la fine della guerra 1951: cattedra di storia della filosofia
dell'Pisa 1954: direttore dell'istituto di filosofia. Pensiero filosofico Il
tramonto del Positivismo e l'amicizia con Gentile lo portarono a un impegno
ideologico a favore dell'attualismo che sembrava poter portare a un
rinnovamento culturale e civile; secondo l'attualismo, era l'atto del pensare
in quanto percezione, e non il pensiero creativo in quanto immaginazione, a
definire la realtà. Assieme a Gentile e Guido De Ruggiero, fu uno dei
sostenitori di quell'attualismo che "aveva tutta la seduzione romantica e
tutta la fiducia ottimistica a trarre a sé... i migliori dei giovani scontenti,
quelli che non si muovevano verso D'Annunzio o Marinetti", e nel 1914-15
appoggiò apertamente, anche con conferenze, l'intervento dell'Italia nel
conflitto mondiale, ma venne riformato alla visita militare. Nelle parole
di Bruna Boldrini, moglie del filosofo, che tendeva a sottolineare la
sostanziale autonomia della ricerca del Fazio dalla metafisica di Gentile, il
Fazio-Allmayer giunge a giustificare l'esperienza storica come vita concreta,
in cui le molteplici e diverse forme confluiscono in un rapporto
intersoggettivo, sintesi etico-estetica, nella specificità di ciascuna (p.
35). D'altronde, anche Benedetto Croce, fin dal 1922, in una recensione
del saggio Contributo alla teoria della storia dell'arte (poi in Opere, IV, 103-113), metteva in dubbio che si potesse
parlare ancora di idealismo attuale per il Fazio. Nel secondo dopoguerra,
in un momento denigratorio dell'idealismo, e maggiormente dell'attualismo, che
era accusato di connivenza col fascismo, la posizione del Fazio fu di aperta
difesa dell'attualismo e di un fedele sviluppo del proprio pensiero.
Insegnare è non morire Insegnare vuol dire non morire, ma entrare in un
processo di vita che ci precede e ci prosegue nel tempo: su questa certezza di
Vito e Bruna Fazio-Allmayer, si basa una spinta pedagogica di tipo socratico,
per cui il maestro si sente un uomo tra uomini, lui più esperto, e loro più
giovani, ma protesi verso il nuovo. L'educatore, nel suo farsi persona,
diventa storico di se stesso, nel rapporto con i propri alunni li deve riconoscere
nella loro singolarità, piuttosto che livellarli. Aprirsi agli altri è il
contributo al vivere: allorché viene meno questo senso di solidarietà col
tutto, si crea in noi il disagio dell'angoscia. Quindi il senso della
vita è quello della speranza e dell'amore: gli altri individui non sono
antitetici al proprio io, ma un indispensabile sbocco del proprio io. Ognuno di
noi si fa compossibile agli altri per ciò che dà e per quello che ripiglia
dagli altri, così il particolare si risolve nell'universale e quest'ultimo nel
particolare. Per Vito Fazio-Allmayer la speranza è nella certezza che il
futuro è nel presente: sono vecchi, quindi, gli insegnanti che, presi dal
passato, trovano disprezzabile tutto ciò che si produce nel presente, e sciocchi
i giovani, e sbagliato ogni nuovo pensiero. La scuola è vecchia se non riesce a
vedere il mondo nuovo e in rinnovamento; l'insegnante che si racchiude nelle
memorie del passato, manifesta la malattia mortale che si chiama
vecchiaia. Fondazione La Fondazione Nazionale "Vito Fazio-Allmayer”
è sorta a Palermo nel 1975, creata da Fanny Giambalvo e Bruna Fazio-Allmayer,
che venne in Sicilia dalla Toscana per insegnare Filosofia morale e Storia
della Pedagogia; tale istituzione è stata fondata per onorare il ricordo del
marito e per suscitare nelle giovani generazioni l'interesse per la
filosofia. Opere Su: La Sicile illustrée, articoli e saggi (1905-1908)
Su: Rassegna d'arte, articoli e saggi (1905-1908) Studi sul pensiero antico;
Sansoni, 1974 Galileo Galilei; R. Sandron, 1911 Galileo Galilei, Palermo 1912,
poi in Opere, X, 51-209; Galileo
Galilei; Sansoni, 1975 Novum organum: Bacon, Francis; Laterza & Figli, Dell'anima
Aristoteles; Laterza, la formazione del
problema kantiano, in Annali della Bibl. filosofica di Palermo, fasc. I, 43-89, poi in Opere, IV, 191-235) La scuola popolare e altri discorsi
ai maestri: 1912 e 1913; Francesco Battiato, 1914 Introduzione allo studio
della storia della filosofia; Zanichelli; 1921 Materia e sensazione (Sandron,
Palermo 1913, poi in Opere, II) Materia e sensazione; Sansoni, 1969
Introduzione alla filosofia; Sansoni, 1970 La teoria della libertà nella
filosofia di Hegel (Messina 1920, poi in Opere, XIV) Saggio su Francesco Bacone
(Palermo 1928, poi in Opere, XI) Saggio su Francesco Bacone; 1979 Il problema
morale come problema della costituzione del soggetto, e altri saggi (Firenze,
Le Monnier, 1942, poi in Opere, IV, 952)
Il problema morale come problema della costituzione del soggetto e altri saggi;
Sansoni, 1971 Il significato della vita; Sansoni, 1955 Il significato della
vita; 1988 Divagazioni e capricci su Pinocchio; G.C. Sansoni, 1958 Divagazioni
e capricci su Pinocchio; Fondazione nazionale Vito Fazio-Allmayer, 1989
Ricerche hegeliane; G. C. Sansoni, 1959 Ricerche hegeliane; Fondazione
nazionale Vito Fazio-Allmayer, 1991 Storia della filosofia; G.B. Palumbo, 1942
Storia della filosofia; Sansoni, 1981 I vigenti programmi della scuola
elementare: Commento e interpretazione; Firenze, F. Le Monnier, 1954 Morale e
diritto; Sansoni, 1955 Discorsi, lezioni; Sansoni, 1983 Saggi e problemi;
Sansoni, 1984 Recensioni e varie, 1986 La Pinacoteca del Museo di Palermo e
altri saggi; notizie dei pittori palermitani, Palermo 1908 Prolusioni e
discorsi inaugurali; Sansoni, 1969 Alcune lezioni edite e inedite; Sansoni,
1982 Alcune lezioni edite e inedite; Sansoni, 1983 Spunti di storia della
pedagogia Moralita dell'arte: rievocazione estetica e rievocazione suggestiva
(con 53 postille); Sansoni, 1953 Moralita dell'arte e altri saggi; Sansoni.
1972 Logica e metafisica; Sansoni, 1973 La storia; Sansoni, 1973 Lettere a
Bruna; Fondazione nazionale Vito Fazio-Allmayer, 1992 Lettere a Gentile;
Fondazione nazionale Vito Fazio-Allmayer, 1993 Introduzione allo studio della
storia della filosofia e della pedagogia; Sansoni, 1979 La teoria della
liberta' nella filosofia di Hegel; Giuseppe Principato, 1920 Opere; Sansoni,
1969 Commento a Pinocchio; G. C. Sansoni, 1945 Il problema Pirandello; Firenze,
Belfagor, 1957 Note //treccani/enciclopedia/vito-fazio-allmayer_(Dizionario-Biografico)/ E. Garin, Cronache di filosofia italiana...,
I-II, Bari 1966, ad Indicem; //fazio-allmayer/index// treccani,//treccani/enciclopedia/vito-fazio-allmayer_(Dizionario-Biografico)/.
fazio-allmayer,//fazio-allmayer/index//. Vita e pensiero di V. F., Firenze
1960; 2 ediz., Palermo 1975, con degli
scritti del e sul F., alle 205-224; A.
Massolo: Fazio e la logica della compossibilità, in Giornale critico della
filosofia italiana, XXXVI (1957),
478-487; C. Luporini, Ricordo di V. F., in Belfagor, XIII (1958), 360 s.; Giardina Francesco: Intenzionalità
ermeneutica e compossibilità nell'attualismo comunicazionale di Vito
Fazio-Allmayer: implicazioni pedagogiche; Edizioni della Fondazione nazionale
Vito Fazio-Allmayer1996 A. Guzzo, V. F. e Guido Rossi, in Filosofia, IX
(1958), 494-499; Giornale critico della
filosofia italiana, (scritti di G. Saitta, A. Massolo, S. Caramella, F.
Albeggiani, M. F. Mineo Fazio, B. Fazio-Allmayer Boldrini); A. Santucci:
Esistenzialismo e filosofia italiana, Bologna 1959, 169 s.; A. Negri, In ricordo di V. F., in
Filosofia, XIII (1962), 527-530; E.
Garin, Cronache di filosofia italiana..., I-II, Bari 1966, ad Indicem; B. Fazio-Allmayer:
Esistenza e realtà nella fenomenologia di V. F., Bologna 1968; L. Sichirollo,
Filosofia e storia nella più recente evoluzione di F., in Per una storiografia
filosofica, II, Urbino 1970, 461-484; E.
Giambalvo, La metafisica come esigenza in Bergson e l'esigenza della metafisica
in V. F., Palermo 1972; Carlo Sini: Studi e prospettive sul pensiero di V.F.
Allmayer; estratto da "il Pensiero" ist. editoriale Cisalpino,
Milano-Varese Atti del 1º Congresso nazionale di filosofia "V. F.,
oggi", Palermo 1975. Atti del Convegno nazionale su l'estetica come ricerca
e l'impegno dell'artista nel suo mondo, Palermo 1984 (con interventi di L.
Lugarini, U. Mirabelli, L. Russo
Attualismo (filosofia) Giovanni Gentile Guido De Ruggiero Alcamo treccani, http://treccani/enciclopedia/vito-fazio-allmayer_(Dizionario-Biografico)/.
Filosofia Filosofo del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloPedagogisti
italianiInsegnanti italiani del XX secoloInsegnanti italiani Professore
altan: Grice:
“I like Altan; he is of course an anthropologist and not a philosopher,
although his first rambles were on Croce and philosophy as synthesis of
history! – but then I lectured on Peirce’s misuse of ‘symbol,’ and Altan, not a
philosopher, just like Peirce was not – repeats the mistake – Welby should
possibly know better – Grice: “Altan fails to explain why the Romans felt the
need to borrow ‘symbolum’ from the Greeks, and never return it!” Grice: “The
examples in Short and Lewis for the Roman use of ‘symbol’ are extravagant –
Peirceian almost!” – Grice: “Altan’s point is that a ‘soggeto,’ to communicate
via ‘logos’ with another ‘soggeto’ in a colloquium, must rely on this or that
symbol, which means that he must rely on this or that ‘valore’ – and unless you
share those values, you don’t quite grasp the implicatum in the use of the
symbol.” Carlo Tullio-Altan (San Vito al Tagliamento) filosofo. Nato da
un'antica famiglia friulana di San Vito al Tagliamento, Carlo Tullio-Altan è
stato uno dei massimi esperti di antropologia culturale in Italia. Destinato
dalla famiglia alla carriera diplomatica, si laurea nel 1940 in giurisprudenza
a La Sapienza di Roma con una tesi in diritto internazionale. Inviato in
Albania durante la seconda guerra mondiale, partecipa successivamente alla
Resistenza, militando nel Partito d'Azione. Dopo le vicende belliche,
conosce Benedetto Croce grazie a cui fa il suo ingresso nel panorama culturale
italiano. L'incontro con Croce, avvicina il suo pensiero all'idealismo
crociano ed allo spiritualismo etico, come testimoniano le sue prime opere di
questo periodo. Trascorre quindi, a partire dai primi anni '50, dei periodi di
studio e di ricerca a Vienna, Parigi e Londra, dove si accosta pure
all'antropologia e all'etnologia. Dal 1953, grazie all'influsso di
Ernesto De Martino, di Remo Cantoni (di cui sarà anche assistente volontario, a
partire dal 1958) e di Tullio Tentori, si dedica all'antropologia, secondo un
approccio che non si basi esclusivamente sulla ricerca sul campo e l'etnografia
ma che faccia soprattutto ricorso al pensiero filosofico, alla storia delle
religioni, all'epistemologia, alla sociologia, alla psicologia. Inoltre,
influenzato pure dall'opera di Bronisław Malinowski, si oppone allo
strutturalismo, aderendo successivamente al funzionalismo nonché a un marxismo
mediato dalla scuola francese degli Annales. Nel 1961, gli viene
assegnato, per la prima volta in Italia, l'incarico di insegnamento di
Antropologia culturale alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Pavia,
successivamente ricoperto alla Facoltà di Sociologia dell'Trento. Poi, come
ordinario della stessa disciplina, ha lavorato alla Facoltà di Scienze
Politiche "Cesare Alfieri" dell'Firenze e, dal 1978 fino al
collocamento a riposo (nel 1991), nella Facoltà di Lettere e Filosofia
dell'Trieste, della quale è stato poi nominato professore emerito. Nel
1987, organizza a Roma, insieme ai maggiori antropologi italiani di allora, il
primo "Convegno nazionale di antropologia delle società complesse",
che, negli anni, verrà riorganizzato più volte. Negli ultimi anni, ha
vissuto tra Milano e un'antica casa rurale tra Aquileia e Grado, la stessa dove
lavora il figlio Francesco Tullio-Altan. Sulla base della sua iniziale
formazione universitaria in discipline storico-giuridiche nonché della sua
vasta conoscenza filosofica e culturale, dopo una prima fase di originali
ricerche sulla fenomenologia religiosa ed il simbolismo, volge la sua
attenzione verso i metodi antropologici applicati all'analisi sociologica,
quindi si dedica allo studio dei comportamenti e dei valori della gioventù
italiana negli anni '60-'70, che lo hanno poi condotto ad approfondire, da una
prospettiva storico-culturale e con una visione alquanto critica, la dimensione
identitaria degli italiani. Altan ha poi cercato di far capire sia all'opinione
pubblica che ai politici italiani l'importanza e la necessità di dare al loro
paese una "religione civile". In questo progetto, vanno inserite
alcune fra le sue opere più recenti come La coscienza civile degli italiani e
il manuale di Educazione civica. L'ultimo periodo della sua attività di
ricerca, lo dedicò allo studio delle basilari componenti simboliche
dell'identità etnica, concentrandosi, a tale scopo, sulla categoria
dell'ethnos, individuandone ed analizzandone le sue cinque principali componenti,
ovvero l'"epos" (cioè, la memoria storica collettiva),
l'"ethos" (cioè, la sacralizzazione delle norme e delle regole in
valori), il "logos" (cioè, il linguaggio interpersonale), il
"genos" (cioè, l'idea di una comune discendenza) ed il
"topos" (cioè, il simbolo di una identità collettiva comunitaria
stanziata su un dato territorio), allo scopo di trovare una possibile soluzione
razionale, dal punto di vista dell'antropologia, ai conflitti tra i vari
etnocentrismi. Opere Saggi La filosofia come sintesi esplicativa della
storia. Spunti critici sul pensiero di B. Croce e lineamenti di una concezione
moderna dell'Umanesimo, Parte 1, Longo & Zoppelli, Treviso, 1943. Pensiero
d'Umanità. Sommario breve d'una moderna concezione speculativa dell'Umanesimo,
D. Del Bianco e Fratelli, Udine, 1949. Parmenide in Eraclito, o della
personalità individuale come assoluto nello storicismo moderno, Udine, 1951. Lo
spirito religioso del mondo primitivo, Il Saggiatore, Milano, 1960. Proposte
per una ricerca antropologico-culturale sui problemi della gioventù, Società
editrice il Mulino, Bologna, 1966. Antropologia funzionale, Bompiani, Milano,
1968. La sagra degli ossessi: il patrimonio delle tradizioni popolari italiane
nella società settentrionale, Sansoni, Firenze, 1972. Personalità giovanile e
rapporto interpersonale, ISVET, Roma, 1972. Le origini storiche della scienza
delle tradizioni popolari, Sansoni, Firenze, 1972. Atteggiamenti politici e
sociali dei giovani in Italia, Società editrice il Mulino, Bologna, 1973. I valori
difficili. Inchiesta sulle tendenze ideologiche e politiche dei giovani in
Italia, Bompiani, Milano, 1974. Comunismo e società (con Eridano Bazzarelli),
Società editrice il Mulino, Bologna, 1976. Valori, classi sociali, scelte
politiche. Indagine sulla gioventù degli anni settanta (con Alberto Marradi e
con la collaborazione di Roberto Cartocci), Bompiani, Milano, 1976. Manuale di
antropologia culturale. Storia e metodo, Bompiani, Milano, 1979. Modi di
produzione e lotta di classe in Italia (con Roberto Cartocci), Arnoldo
Mondadori Editore-Isedi, Milano, 1979. Tradizione e modernizzazione: proposte
per un programma di ricerca sulla realtà del Friuli, Editrice cooperativa Il
Campo, Udine, 1981. Antropologia. Storia e problemi, Feltrinelli, Milano, 1983.
La nostra Italia: arretratezza socioculturale, clientelismo, trasformismo e
ribellismo dall'Unità ad oggi, Feltrinelli, Milano, 1986. Populismo e
trasformismo. Saggio sulle ideologie politiche italiane, Feltrinelli, Milano,
1989. Per una storia dell'Italia arretrata, Le Monnier, Firenze, 1987. Una
modernizzazione difficile. Aspetti critici della società italiana (curato con
Riccardo Scartezzini), Liguori Editore, Napoli, 1992. Soggetto, simbolo e
valore. Per un'ermeneutica antropologica, Feltrinelli, Milano, 1992. Un
processo di pensiero, Lanfranchi, Milano, 1992. Ethnos e Civiltà. Identità
etniche e valori democratici, Feltrinelli, Milano. Italia: una nazione senza
religione civile. Le ragioni di una democrazia incompiuta, IEVF-Istituto
editoriale veneto friulano, Udine, 1995. La coscienza civile degli italiani.
Valori e disvalori nella storia nazionale, Gaspari Editore, Udine, 1997. Religioni,
simboli, società: sul fondamento umano dell'esperienza religiosa (con Marcello
Massenzio), Feltrinelli, Milano, 1998. Gli italiani in Europa. Profilo storico
comparato delle identità nazionali europee, Il Mulino, Bologna, 1999. Per un
dialogo fra la ragione e la fede, Leo S. Olschki, Firenze, 2000. Le grandi
religioni a confronto. L'età della globalizzazione, Feltrinelli, Milano, 2002.
Opere disponibili on-line Articoli e interviste Identità etniche, web.archive.org/web/20091004210216/http://emsf.rai/biografie/anagrafico.asp?d=328
Una religione civile per l'Italia
d'oggi, web.archive.org/web/2 0091004210216/http://
emsf.rai/biografie/anagrafico.asp?d=328 Il crogiolo, web.
archive.org/web/20091004210216/http://emsf.rai/biografie/anagrafico.asp?d=328
L'esperienza dei valori, web.archive.
org/web/20091004210216/http://emsf.rai/ biografie/anagrafico.asp?d=328 Identità
etniche e valori universali,
web.archive.org/web/20091004210216/http://emsf.rai/biografie/anagrafico.asp?d=328
Modelli concettuali antropologici per un discorso interdisciplinare tra
psichiatria e scienze sociali, in: Psicoterapia e scienze umane, N. 1, Anno
1967 e N. 1, Anno 1975,
polser.wordpress.com/2009/02/25/carlo-tullio-%e2%80%93-altan-modelli-concettuali-antropologici-per-un-discorso-interdisciplinare-tra-psichiatria-e-scienze-sociali-in-psicoterapia-e-scienze-umane-n-1-1967-e-n-1-1975/[collegamento
interrotto] Citazioni «Per la destra l'antropologia è roba per selvaggi; la
sinistra pensa solo all'economia; altri sono ancorati a schemi anglosassoni,
che vedono le strutture politiche come realtà a sé», da un'intervista
rilasciata a Paolo Rumiz e pubblicata in La secessione leggera, Roma, Editori
Riuniti, 1997202. Note Cfr. il saggio
autobiografico: C. Tullio-Altan, "Un percorso di
pensiero", Belfagor. Rivista di varia umanità, nonché il testo autobiografico Un processo di
pensiero, Lanfranchi Editore, Milano, Cfr. U. Fabietti, F. Remotti, Dizionario di
Antropologia. Etnologia, Antropologia Culturale, Antropologia Sociale,
Zanichelli Editore, Bologna, 1997, voce "Tullio-Altan,
Carlo"772.
Cfr.//controluce/notizie-old-html/giornali/a14n03/18-culturaecostume-altan.htm Cfr.//segnalo/TRACCE/NONPIU/tullio-altan.htm Frutto di questo nuovo programma di ricerca,
fu peraltro la monografia Lo spirito religioso nel mondo primitivo (1960). Cfr. A. Rigoli, Lezioni di etnologia, II
edizione, Renzo e Reau Mazzone editori/Ila Palma, Palermo (IT)/San Paolo (BRA),
1988, Parte III, Cap. 1, 65-71. Cfr. U. Fabietti, F. Remotti, cit. Fra cui Armando Catemario, Giorgio Raimondo Cardona,
Matilde Callari Galli, Vittorio Lanternari, Gavino Musio, Francesco Remotti,
Aurelio Rigoli, Luigi Lombardi Satriani, Tullio Tentori. Cfr. Tullio Tentori , Antropologia delle
società complesse, A. Armando Editore, Roma, 1999. Da un punto di vista storico, è da ricordare
come l'antropologia culturale abbia avuto origini giuridiche. Invero, molti dei
maggiori antropologi della seconda metà Professoreerano giuristi o, quantomeno,
avevano una formazione giuridica. Ciò fondamentalmente è dovuto al fatto
basilare per cui nessuna società umana è priva di una qualche forma di diritto,
anzi tutte le istituzioni sociali hanno una imprescindibile dimensione
giuridica; cfr. U. Fabietti, F. Remotti, cit., voce "Antropologia
giuridica". Cfr. I. Ignazi,
"Populismo e trasformismo nell'analisi di Carlo Tullio-Altan", il
Mulino. Rivista di cultura e politica fondata nel 1951, 5 (1989) 864-870.
Cfr. Giulio Angioni, "Obituary. Carlo Tullio-Altan: un antropologo
"anti-italiano". Familismo amorale e clientelismo tra i mali del
Paese", in: Il Sole 24 Ore, 20/02/2005
Cfr. Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche Archiviato il 4 ottobre 2009 in . Cfr. C. Tullio-Altan, "La dimensione
simbolica dell'identità etnica", in: G. De Finis, R. Scartezzini ,
Universalità e differenza. Cosmopolitismo e relativismo nelle relazioni tra
identità e culture, Franco Angeli Editore, Milano, 1996, 318-339.
Qui, per regola, si intende una norma, in genere non necessariamente
codificata, suggerita dall'esperienza o stabilita per convenzione o
consuetudine, spesso in riferimento al modo usuale di vivere e di comportarsi,
sia individualmente che collettivamente; cfr.
Cfr. C. Tullio-Altan, Ethnos e civiltà. Identità etniche e valori
democratici, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano, 1995, nonché i ricordi di
Umberto Galimberti e di Marcello Massenzio comparsi su La Repubblica del 16
febbraio 2005 e reperibili all'indirizzo
Archiviato il 1º marzo in . Cfr.
pure A. Rigoli, cit., Parte I, Cap. 1,
11-12. C. Tullio-Altan, Un
processo di pensiero, Lanfranchi Editore, Milano, 1992 (testo autobiografico).
C. Tullio-Altan, "Un percorso di pensiero", Belfagor. Rassegna di
varia umanità, 51 (3) (1996) 303-319. G.
Ferigo, " di Carlo Tullio-Altan", Metodi & Ricerche. Rivista di
studi regionali, 24, Fasc. 2,
Luglio-Dicembre 2005. Atti del Convegno Storia comparata, antropologia e
impegno civile. Una riflessione su Carlo Tullio Altan, Udine-Aquileia, 17-19
maggio 2006, i cui sunti sono stati pubblicati, Liza Candidi, sulla rivista
Italia Contemporanea, 243, giugno 2006
(cfr., per esempio, ). Fascicolo speciale dedicato a Tullio-Altan: 16, N. 1, Anno 2005 della rivista Metodi
& Ricerche. Rivista di studi regionali.
L'antropologia italiana. Un secolo di storia, Editori Laterza,
Roma-Bari, 1985. E.V. Alliegro, Antropologia italiana. Storia e storiografia
1869-1975, SEID Editori, Firenze, . C. Tullio-Altan, C. Signorelli, "A
proposito di alcune critiche: dibattito Tullio Altan-Signorelli", in
Rivista della Fondazione Italiana dei Centri Sociali, Roma, A. Forniz, "Il Palazzo Tullio-Altan in S.
Vito al Tagliamento: dimore illustri nel Friuli occidentale", in
Itinerari, Numero IV, Fascicolo 3, settembre 1970. Altri progetti Collabora a
Wikiquote Citazionio su Carlo Tullio-Altan
Carlo Tullio-Altan, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Carlo
Tullio-Altan, in Dizionario biografico dei friulani. Nuovo Liruti online,
Istituto Pio Paschini per la storia della Chiesa in Friuli. Biografia [collegamento interrotto], su
feltrinellieditore. Biografia, su blog.graphe. Convegno in memoriam, su qui.uniud.
Ricordo biografico, su controluce. Filosofia Sociologia Sociologia Categorie: Antropologi
italianiSociologi italianiFilosofi italiani Professore1916 2005 30 marzo 15
febbraio San Vito al Tagliamento PalmanovaAccademici italiani del XX
secoloStudenti della SapienzaRomaProfessori dell'Università degli Studi di
PaviaProfessori dell'Università degli Studi di Trento
alnwick: English
Franciscan theologian. William studied under Duns Scotus at Paris, and wrote
the Reportatio Parisiensia, a central source for Duns Scotus’s teaching. In his
own works, William opposed Scotus on the univocity of being and haecceitas.
Some of his views were attacked by Ockham. English Franciscan theologian from
Northumbria -- William studied under Duns Scotus at Paris, and wrote the
Reportatio Parisiensia, a central source for Duns Scotus’s teaching. In his own
works, William opposed Scotus on the univocity of being and haecceitas. Some of
his views were attacked by Ockham.
amaduzzi: Grice: “Oddly, I had an
occasion to refer to Amaduzzi’s birthplace in my little thing on Caesar
crossing the Rubicon!” -- “I love Amaduzzi: he writes about the academy of
Paris, and the academy of Berlin, but nothing about the English Acadeemy! He
notes that the warrior – against the Trojans, was Echademos – and ‘it is
naturally that the first important Accademy was founded in Tuscany, -- since a
Tuscan hates a Roman!” –Grice: “Amaduzzi’s hobby was to collect references to
‘accademies,’ – “which are all nonsensical, since only ONE has a ‘rigid’
designation link to EchEdemos!” -- Giovanni
Cristofano Amaduzzi, sui libri talvolta nella variante latina di Ioannis
Cristophori Amadutii (Savignano di Romagna,), filosofo. Discepolo a Rimini di
Giovanni Bianchi (Iano Planco), si trasferì dal 1762 a Roma, dove iniziò la sua
attività di ricerca ed erudizione, sia pure tra numerose ristrettezze. Un
assestamento nella sua vita si registrerà alla fine degli anni Sessanta del
XVIII secolo, come rilevano i diari dei suoi primi "diporti" (gli
Odeporici autunnali eruditi), le brevi perlustrazioni compiute nei dintorni
della città eterna o comunque entro lo Stato della Chiesa, tra il 1768 e il
1774, emblema di un genere letterario di viaggio che mostra chiaramente la sua
versatilità di interessi. Grazie alla protezione del papa Clemente XIV,
anch'egli ex allievo di Bianchi, dal 1769 fu professore di lettere greche
presso La Sapienza, mentre dal 1780 insegnò al Collegio Urbano. Nel frattempo
era anche diventato ispettore della Congregazione di Propaganda Fide, ottenendo
da Clemente XIV nel 1770 la carica di soprintendente della relativa stamperia.
Con la quale curò la pubblicazione, scrivendone le prefazioni, in particolare
tra il 1771 e il 1786, di importanti trattati di grammatica di lingue
orientali, fra cui l'ebraico, il persiano, l'armeno, il tibetano e perfino il
malayalam. Per i suoi studi ottenne ottima reputazione presso i
principali esponenti del panorama culturale settecentesco, entrando in contatto
e in corrispondenza, tra gli altri, con Pietro Metastasio, Vincenzo Monti,
Carlo Denina, Ippolito Pindemonte, Girolamo Tiraboschi, nonché con Lazzaro
Spallanzani. Fra le sue pubblicazioni spiccano anche dissertazioni di
ordine filosofico, che s'innestavano nell'alveo di un illuminismo moderato :
infatti, con i «discorsi» su La filosofia alleata della religione del 1778 e
sull'Indole della verità e delle opinioni del 1786 (per i quali fu denunciato
all'Inquisizione), i cui temi di fondo erano ispirati al filosofo inglese John
Locke, egli cercava di coniugare il sensismo con il cattolicesimo, poiché
vedeva nel sensismo un valido approccio alla conoscenza dell'uomo . Vicino alle
istanze del giansenismo regalistico, come emerge dalla ultradecennale
corrispondenza con Scipione de' Ricci, ebbe parte significativa nella
discussione che portò, nel 1773, al decreto di soppressione della Compagnia del
Gesù. Si occupò anche di archeologia, curando fra l'altro i Fragmenta
vestigii veteris Romae del 1764 e la Raccolta di antichità agrigentine pubblicata,
postuma, nel 1798. In questo ambito s'inscrive l'ampia corrispondenza con
l'aquilano Anton Ludovico Antinori. Compose, inoltre, canzoni e rime, e poco
prima di morire, nel 1791, pubblicò anche per la Stamperia del Bodoni a Parma
un commentario su Anacreonte. Fu tra gli accademici dell'Arcadia, con lo
pseudonimo di Biante Didimeo. Opere principali Dissertazioni
Dissertazione canonico-filologica sopra il titolo delle instituzioni canoniche
De officio archidiaconi, s.e., s.i.l. 1767. Donaria duo graece loquentia quorum
unum in tabula argentea apud moniales Saxoferratenses S. Clarae, s.e., Roma
1774. Discorso filosofico sul fine ed utilità dell'Accademie, per i
torchidell'Enciclopedia, Livorno 1777. La filosofia alleata della religione.
Discorso filosofico-politico, per i torchi dell'Enciclopedia, Livorno 1778.
Discorso filosofico dell'indole della verità e delle opinioni, dai torchj
Pazzini, Siena 1786. Carteggi Ad virum clarissimum Janum Plancum archiatrum, et
patricium Ariminensem epistola, typis J. Rocchii, Lucae 1767. De veteri
inscriptione Ursi Togati ludi pilae vitreae inventoris epistola, apud B.
Francesium, Romae 1775. Epistola ad Iohannem Baptistam Bodonium qua emendatur
et suppletur commentarium de Anacreontis genere eiusque bibliotheca, in aedibus
Palatinis typis Bodonianis, Parmae 1791. Il carteggio tra Amaduzzi e Corilla
Olimpica 1775-1792, L. Morelli, Leo S. Olschki, Firenze 2000. Lettere
familiari, G. Donati, Accademia dei Filopatridi, Savignano sul Rubicone 2001.
Carteggio, 1774-1791, M.F. Turchetti, Edizioni di storia e letteratura, Roma
2005. Curatele Leges novellae 5. anecdotae imperatorum Theodosii junioris et
Valentiniani, Typ. Zempelianis, Romae 1767. Alphabetum Brammhanicum seu
Indostanum Universitatis Kasi, (a J. Ch. Amadutio editum), Sac. Cong. de
Propaganda fide, Romae 1771 (versione digitalizzata) Alphabetum Hebraicum
addito Samaritano et Rabbinico, Sac. Cong. de Propag. Fide, Romae 1771
(versione digitalizzata) Alphabetum veterum Etruscorum et nonnulla eorundem
monumenta, Sac. Cong. de Propaganda fide, Romae 1771 (versione digitalizzata)
Alphabetum Graecum, Sac. Cong. de Propag. Fide, Romae Alphabetum
grandonico-malabaricum sive samscrudonicum, Sac. Cong. de Propaganda Fide,
Romae 1772 (versione digitalizzata) Alphabetum Tangutanum sive Tibetanum, Sac.
Cong. de Propaganda Fide, Romae 1773. (versioni digitalizzate: ) Anecdota litteraria ex mss. codicibus
eruta, voll. 4, apud G. Settarium, Romae 1773. Catalogus librorum qui ex
tipographio sacrae congreg. de propaganda fide variis linguis prodierunt et in
eo adhuc asservantur, Sac. Cong. de Propaganda Fide, Romae 1773. Alphabetum
Barmanum seu Bomanum regni Avae finitimarumque regionum, typis Sacrae
Congregationis de Propaganda Fide, Roma 1776 (versione digitalizzata).
Alphabetum Persicum, Sac. Cong. de Propag. Fide, Romae 1783. (versione
digitalizzata) Alphabetum Armenum], Sac. Cong. De Propaganda Fide, Romae 1784.
(versione digitalizzata) Characterum ethicorum Theophrasti Eresii capita duo
hactenus anecdota quae ex cod. ms. Vaticano saeculi 11, Typ. Regia, Parmae
1786. Alphabetum Aethiopicum sive Gheez et Amhharicum, Sac. Cong. de Propaganda
Fide, Romae 1789 Intitolazioni L'Accademia dei Filopatridi di Savignano ha
creato nel 1999 il Centro di studi amaduzziani, su proposta di Antonio
Montanari, autore di vari testi su Amaduzzi. Tra le principali iniziative del
centro: «Giornate amaduzziane»: una giornata di studi annuale su G.
Amaduzzi; «Biblioteca amaduzziana»: la pubblicazione di opere (biografiche e
non) su Amaduzzi. Il primo volume è Elogio dell'abate Giovanni Cristofano
Amaduzzi di Isidoro Bianchi (1731-1808), la prima biografia scritta sull'abate
savignanese. Note T. Scappaticci,Gli
Odeporici di Amaduzzi, in Fra Lumi e reazione. Letteratura e società nel
secondo Settecento, Cosenza G. Moroni,
Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica,
XIV, Venezia 1842, 240-241 Cfr.Metastasio, Opere, V, Firenze 1832, 341-342
A. Cappelli, Del carteggio inedito tra Ludovico Antonio Antinori e
Giovanni Cristoforo Amaduzzi. Studi archeologici, Tip. Perfilia, Aquila
19045. L. Spallanzani, Diciassette
lettere di Lazzaro Spallanzani all'abate Gio. Cristoforo Amaduzzi per la prima
volta stampate, Ditta tip. Conti, Faenza 1874.
L'espressione è di Antonio Piromalli.
A. Piromalli, La letteratura calabrese,
I, Pellegrini, Cosenza 1996,
193-194. G.C. Amaduzzi, Raccolta
di antichita agrigentine alle quali si uniscono i disegni del tempio di Teseo
in Atene e di quello di Pesto il tutto espresso in 53. rami, Zempel, Roma
1798. A. Cappelli, op. cit., 12-27.
V. Lancetti, Pseudonimia. Ovvero tavole alfabetiche de' nomi finti o
supposti degli scrittori con la contrapposizione de' veri, Milano G. C. Amaduzzi, Odeporici autunnali eruditi,
ovvero diario di un viaggiatore curioso ed erudito, I, Rubiconia Accademia dei Filopatridi,
Savignano sul Rubicone 2001. G. C. Amaduzzi, Rime, G. Donati, Rubiconia
Accademia dei Filopatridi, Verucchio 2003. A. Fabi, «Amaduzzi, Giovanni
Cristofano», in Dizionario Biografico degli Italiani, II, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma
1960, 612–615. A. Montanari, Giovanni
Cristofano Amaduzzi e la scuola di Jano Planco, Accademia dei Filopatridi,
Studi Amaduzziani, III, Viserba di Rimini 2003,
13–36. A. Montanari, Amaduzzi, illuminista cristiano, «Romagna arte e
storia», 67/2003, 67–88. A. Montanari,
Appendice storico-critica in G. C. Amaduzzi, La Filosofia alleata della
Religione, rist. an. Il Ponte, Rimini 1993. A. Montanari, Amaduzzi editore a
Roma delle Notti di Bertòla. Storia inedita dei Canti clementini, «Quaderno
XIX, 1997-1998», Accademia dei Filopatridi, Savignano sul Rubicone, 2000, 207–217. A. Montanari, Amaduzzi, Scipione De'
Ricci ed il ‘giansenismo' italiano, «Il carteggio tra Amaduzzi e Corilla
Olimpica, 1775-1792», Olschki, Firenze 2000,
XXVIII-XL T. Scappaticci, Fra lumi e reazione. Letteratura e società nel
secondo Settecento, Pellegrini, Cosenza 2006. M. Trincia Caffiero, Cultura e
religione nel '700 italiano: Giovanni Cristofano Amaduzzi e Scipione de' Ricci,
in «Rivista di Storia della Chiesa in Italia», su w3.uniroma1. 17 febbraio 2009 2 gennaio
2007). Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina
dedicata a Giovanni Cristofano Amaduzzi
Giovanni Cristofano Amaduzzi, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Giovanni
Cristofano Amaduzzi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Opere di
Giovanni Cristofano Amaduzzi / Giovanni Cristofano Amaduzzi (altra versione) /
Giovanni Cristofano Amaduzzi (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited
srl. Opere di Giovanni Cristofano Amaduzzi, .
Documenti sui fratelli Amaduzzi sul web. Filosofi italiani Professore1740
1792 18 agosto 21 gennaio Savignano sul Rubicone RomaScrittori italiani del
XVIII secoloLinguisti italianiPoeti italiani del XVIII secoloOrientalisti
italianiAccademici dell'Arcadia
AMBROGIO --
ambrosius:
saint. Grice: “I like the Italian philosopher, Ambrogio – he was born, of
course, in Germany! And he never wrote in Italian! But the fact that he got all
his inspiration not so much from God but from Cicerone’s Liber II De Officiis,
makes him an ineludible step in Lit. Hum. at Oxford!” -- Grice: I prefer the
spelling “Ambrogio,” or if not “Aurelio Ambrosius”To call him Ambrosisus is like
calling me Gree.” Grice: “Not to be confused with Ambrose and his
orchestrasweet!”on altruism. known as Ambrose of Milan. Roman church leader and
theologian. While bishop of Milan, he not only led the struggle against the
Arian heresy and its political manifestations, but offered new models for
preaching, for Scriptural exegesis, and for hymnody. His works also contributed
to medieval Latin philosophy. Ambrose’s appropriation of Neoplatonic doctrines
was noteworthy in itself, and it worked powerfully on and through Augustine.
Ambrose’s commentary on the account of creation in Genesis, his Hexaemeron,
preserved for medieval readers many pieces of ancient natural history and even
some elements of physical explanation. Perhaps most importantly, Ambrose engaged
ancient philosophical ethics in the search for moral lessons that marks his
exegesis of Scripture; he also reworked Cicero’s De officiis as a treatise on
the virtues and duties of Christian living. ambrogio: Sant'Ambrogio Nota disambigua.svg DisambiguazioneSe stai
cercando altri significati, vedi Sant'Ambrogio (disambigua). Nota
disambigua.svg Disambiguazione"Ambrogio da Milano" rimanda qui. Se
stai cercando lo scultore e architetto italiano, vedi Ambrogio Barocci.
Sant'Ambrogio di Milano AmbroseOfMilanMosaico di Sant'Ambrogio di Milano nel
sacello di San Vittore (378 ca.) annesso alla Basilica del Santo, probabile
ritratto del vescovo. Vescovo e Dottore della Chiesa
NascitaAugusta Treverorum (Treviri), forse 339-340 MorteMilano, 397 Venerato
daTutte le Chiese che ammettono il culto dei santi Santuario principaleBasilica
di Sant'Ambrogio, Milano Ricorrenza4 aprile (vetero-cattolici) 7 dicembre
(cattolici) 7 dicembre (ortodossi) Attributiapi, scudscio, bastone pastorale e
gabbiano Patrono diMilano, Alassio, prefetti, Lombardia, Rozzano, Monserrato,
Buccheri, Cerami, Vigevano, Castel del Rio, Sant'Ambrogio di Torino, vescovi,
Omegna, Carate Brianza, Caslino d’Erba Manuale Aurelio Ambrogio vescovo della
Chiesa cattolica AmbroseGiuLungaraTemplate-Bishop.svg Incarichi
ricopertiVescovo di Milano Natoincerto 339-340 a Treviri Ordinato
presbitero? Consacrato vescovo7 dicembre 374 Deceduto4 aprile 397 a
Milano Manuale Aurelio Ambrogio (in latino: Aurelius Ambrosius),
meglio conosciuto come sant'Ambrogio (Augusta Treverorum, incerto
339-340Milano, 4 aprile 397) funzionario, vescovo, teologo e santo romano, una
delle personalità più importanti nella Chiesa del IV secolo. È venerato come
santo da tutte le Chiese cristiane che prevedono il culto dei santi; in particolare,
la Chiesa cattolica lo annovera tra i quattro massimi dottori della Chiesa
d'Occidente, insieme a san Girolamo, sant'Agostino e san Gregorio I papa.
Conosciuto anche come Ambrogio di Treviri, per il luogo di nascita, o più
comunemente come Ambrogio di Milano, la città di cui assieme a san Carlo
Borromeo e san Galdino è patrono e della quale fu vescovo dal 374 fino alla
morte, nella quale è presente la basilica a lui dedicata che ne conserva le
spoglie. Incarichi pubblici e nomina a vescovo di Milano
1.3Episcopato 1.3.1Gli impegni pastorali 1.3.2Politica ecclesiastica
1.3.3Rapporti con la corte imperiale 2Pensiero e opere 2.1Esegesi 2.2Morale e
ascetismo 2.3Società e politica 2.4Antigiudaismo 2.4.1L'episodio di Callinicum
2.5Mariologia 3Milano e il rito ambrosiano 4Sant'Ambrogio e il canto liturgico
5Leggende su Sant'Ambrogio 6Opere 6.1Oratorie (esegetiche) 6.2Morali
(ascetiche) 6.3Dogmatiche (sistematiche) 6.4Catechetiche 6.5Epistolario
6.6Innografia 6.7Altro 7Curiosità 8Note 9 10 11Altri progetti 12 Biografia
Gioventù Altare di Sant'Ambrogio, 824-859 ca., Ambrogio ordinato vescovo
Aurelio Ambrogio nacque ad Augusta Treverorum (l'odierna Treviri, nella
Renania-Palatinato, in Germania), nella Gallia Belgica, dove il padre
esercitava la carica di prefetto del pretorio delle Gallie, intorno al 339
circa da un'illustre famiglia romana di rango senatoriale, la gens Aurelia, cui
la famiglia materna apparteneva inoltre al ramo dei Simmaci (era dunque un
cugino dell'oratore Quinto Aurelio Simmaco). La famiglia di Ambrogio
risultava convertita al cristianesimo già da alcune generazioni (egli stesso
soleva citare con orgoglio la sua parente Santa Sotere, martire cristiana che
«ai consolati e alle prefetture dei parenti preferì la fede») e stesso una sua sorella
ed un suo fratello, Marcellina (consacratasi a Dio nelle mani di papa Liberio
nel 353) e Satiro di Milano, vennero poi venerati come santi. Destinato
alla carriera amministrativa sulle orme del padre, dopo la sua prematura morte
frequentò le migliori scuole di Roma, dove compì i tradizionali studi del
trivium e del quadrivium (imparò il greco e studiò diritto, letteratura e
retorica), partecipando poi attivamente alla vita pubblica dell'Urbe.
Incarichi pubblici e nomina a vescovo di Milano Dopo cinque anni di avvocatura
esercitati presso Sirmio (l'odierna Sremska Mitrovica, in Serbia),
nella Pannonia Inferiore, nel 370 fu incaricato quale governatore dell'Italia
Annonaria per la provincia romana Aemilia et Liguria, con sede a Milano, dove
divenne una figura di rilievo nella corte dell'imperatore Valentiniano I. La
sua abilità di funzionario nel dirimere pacificamente i forti contrasti tra
ariani e cattolici gli valse un largo apprezzamento da parte delle due
fazioni. Nel 374, alla morte del vescovo ariano Aussenzio di Milano, il
delicato equilibrio tra le due fazioni sembrò precipitare. Il biografo Paolino
racconta che Ambrogio, preoccupato di sedare il popolo in rivolta per la
designazione del nuovo vescovo, si recò in chiesa, dove all'improvviso si
sarebbe sentita la voce di un bambino urlare «Ambrogio vescovo!», a cui si unì
quella unanime della folla radunata nella chiesa. I milanesi volevano un
cattolico come nuovo vescovo. Ambrogio però rifiutò decisamente l'incarico,
sentendosi impreparato: come era in uso presso alcune famiglie cristiane
all'epoca, egli non aveva ancora ricevuto il battesimo, né aveva affrontato
studi di teologia. Paolino racconta che, al fine di dissuadere il
popolo di Milano dal farlo nominare vescovo, Ambrogio provò anche a macchiare
la buona fama che lo circondava, ordinando la tortura di alcuni imputati e
invitando in casa sua alcune prostitute; ma, dal momento che il popolo non
recedeva nella sua scelta, egli tentò addirittura la fuga. Quando venne
ritrovato, il popolo decise di risolvere la questione appellandosi all'autorità
dell'imperatore Flavio Valentiniano, cui Ambrogio era alle dipendenze. Fu
allora che accettò l'incarico, considerando che fosse questa la volontà di Dio
nei suoi confronti, e decise di farsi battezzare: nel giro di sette giorni
ricevette il battesimo nel battistero di Santo Stefano alle Fonti a Milano e,
il 7 dicembre 374, venne ordinato vescovo. Riferendosi alla sua elezione, egli
scriverà poco prima della morte: «Quale resistenza opposi per non essere
ordinato! Alla fine, poiché ero costretto, chiesi almeno che l'ordinazione
fosse ritardata. Ma non valse sollevare eccezioni, prevalse la violenza
fattami.» Nonostante, come scrisse più tardi, si sentisse «rapito a forza
dai tribunali e dalle insegne dell'amministrazione al sacerdozio», dopo la
nomina a vescovo, Ambrogio prese molto sul serio il suo incarico e si dedicò ad
approfonditi studi biblici e teologici. Episcopato Ambrogio con le
insegne episcopali Gli impegni pastorali Quando divenne vescovo (nel 374),
adottò uno stile di vita ascetico, elargì i suoi beni ai poveri, donando i suoi
possedimenti terrieri (eccetto il necessario per la sorella Marcellina).
Uomo di grande carità, tenne la sua porta sempre aperta, prodigandosi senza
tregua per il bene dei cittadini affidati alle sue cure. Ad esempio,
Sant'Ambrogio non esitò a spezzare i Vasi Sacri e ad usare il ricavo dalla
vendita per il riscatto di prigionieri. Di fronte alle critiche mosse
dagli ariani per il suo gesto, egli rispose che «è molto meglio per il Signore
salvare delle anime che dell'oro. Egli infatti mandò gli apostoli senza oro e
senza oro fondò le Chiese. [...] I sacramenti non richiedono oro, né acquisisce
valore per via dell'oro ciò che non si compra con l'oro» (De officiis, II, 28,
136-138) La sua sapienza nella predicazione e il suo prestigio furono
determinanti per la conversione nel 386 al cristianesimo di Sant'Agostino, di
fede manichea, che era venuto a Milano per insegnare retorica. Ambrogio
fece costruire varie basiliche, di cui quattro ai lati della città, quasi a
formare un quadrato protettivo, probabilmente pensando alla forma di una croce.
Esse corrispondono alle attuali basilica di San Nazaro (sul decumano, presso la
Porta Romana, allora era la Basilica Apostolorum), alla basilica di San
Simpliciano, detta Basilica Virginum, ossia basilica delle vergini (sulla parte
opposta), alla basilica di Sant'Ambrogio (collocata a sud-ovest, era chiamata
originariamente Basilica Martyrum in quanto ospitava i corpi dei santi martiri
Gervasio e Protasio rinvenuti da Ambrogio stesso; accoglie oggi le spoglie del
santo) e alla basilica di San Dionigi (Basilica Prophetarum). Il
ritrovamento dei corpi dei santi martiri Gervasio e Protasio è narrato dallo
stesso Ambrogio, che ne attribuisce il merito ad un presagio, per il quale egli
fece scavare la terra davanti ai cancelli della basilica (oggi distrutta) dei
santi Nabore e Felice. Al ritrovamento dei corpi seguì la loro traslazione
(secondo un rito importato dalla Chiesa orientale) nella Basilica Martyrum;
durante la traslazione, si racconta (è lo stesso Ambrogio a riportarlo) che un
cieco di nome Severoriacquistò la vista. Il ritrovamento del corpo dei martiri
da parte del vescovo di Milano diede grande contributo alla causa dei cattolici
nei confronti degli ariani, che costituivano a Milano un gruppo nutrito e
attivo, e negavano la validità dell'operato di Ambrogio, di fede
cattolica. Ambrogio fu autore di diversi inni per la preghiera, compiendo
fondamentali riforme nel culto e nel canto sacro, che per primo introdusse
nella liturgia cristiana, e ancor oggi a Milano vi è una scuola che tramanda
nei millenni questo antico canto. Politica ecclesiastica L'importanza
della sede occupata da Ambrogio, teatro di numerosi contrasti religiosi e
politici, e la sua personale attitudine di uomo politico lo portarono a
svolgere una forte attività di politica ecclesiastica. Egli scrisse infatti
opere di morale e teologia in cui combatté a fondo gli errori dottrinali del
suo tempo; fu inoltre sostenitore del primato d'onore del vescovo di Roma,
contro altri vescovi (tra i quali Palladio) che lo ritenevano pari a
loro. Si mostrò in prima linea nella lotta all'arianesimo, che aveva
trovato numerosi seguaci a Milano e nella corte imperiale. Si scontrò per
questo motivo con l'imperatrice Giustina, di fede ariana e probabilmente influì
sulla politica religiosa dell'imperatore Graziano che, nel 380, inasprì le
sanzioni per gli eretici e, con l'editto di Tessalonica, dichiarò il
cristianesimo religione di Stato. Il momento di massima tensione si ebbe nel
385-386 quando, dopo la morte di Graziano, gli ariani chiesero insistentemente
con l'appoggio della corte imperiale una basilica per praticare il loro
culto. L'opposizione di Ambrogio fu energica tanto che rimase famoso l'episodio
in cui, assieme ai fedeli cattolici, "occupò" la basilica destinata
agli ariani finché l'altra parte fu costretta a cedere. Fu in questa occasione,
si racconta, che Ambrogio introdusse l'usanza del canto antifonale e della
preghiera cantata in forma di inno, con lo scopo di non fare addormentare i
fedeli che occupavano la basilica. Fu inoltre determinante per la vittoria di
Ambrogio nella controversia con gli ariani il ritrovamento dei corpi dei santi
Gervasio e Protaso, che avvenne proprio nel 386 sotto la guida del vescovo di
Milano, il quale guadagnò in questo modo il consenso di gran parte dei fedeli
della città. Fu infine forte avversario del paganesimo
"ufficiale" romano, che dimostrava in quegli anni gli ultimi segni di
vitalità; per questo motivo si scontrò con il suo stesso cugino, il senatore
Quinto Aurelio Simmaco, che chiedeva il ripristino dell'altare e della statua
della dea Vittoria rimossi dalla Curia romana, sede del Senato, in seguito a un
editto di Graziano nel 382. Rapporti con la corte imperiale
Sant'Ambrogio rifiuta l'ingresso in chiesa all'imperatore, nel dipinto di Van
Dyck. Molto probabilmente questo episodio non avvenne mai: Ambrogio preferì non
arrivare allo scontro pubblico con l'imperatore, ma lo redarguì in
privato. Il potere politico e quello religioso al tempo erano strettamente
legati: in particolare l'imperatore, a cominciare daCostantino, possedeva una
certa autorità all'interno della Chiesa, nella quale il primato petrino non era
pienamente assodato e riconosciuto. A questo si aggiunsero la posizione di
Ambrogio, vescovo della città di residenza della corte imperiale, e la sua
precedente carriera come avvocato, amministratore e politico, che lo portarono
più volte a intervenire incisivamente nelle vicende politiche, ad avere stretti
rapporti con gli ambienti della corte e dell'aristocrazia romana, e talvolta a
ricoprire specifici incarichi diplomatici per conto degli imperatori. In
particolare, nonostante il convinto lealismo verso l'impero Romano e
l'influenza nella vita politica dell'impero, i suoi rapporti con le istituzioni
non furono sempre pacifici, soprattutto quando si trattò di difendere la causa
della Chiesa e dell'ortodossia religiosa. Gli storici bizantini gli
accreditarono questo atteggiamento come parrhesia (παρρησία), schiettezza e
verità di fronte ai potenti e al potere politico, che traspare a partire dal
suo rapporto epistolare con l'imperatore Teodosio. Essendo Ambrogio
precettore dell'imperatore Graziano, lo educò secondo i principi del
Cristianesimo. Egli predicava all'imperatore di rendere grazie a Dio per le
vittorie dell'esercito e lo appoggiò nella disputa contro il senatore Simmaco,
che chiedeva il ripristino dell'altare alla dea Vittoria fatto rimuovere dalla
Curia romana Chiese poi a Graziano di indire il concilio di Aquileia nel
settembre del 381 per condannare due vescovi eretici, secondo i dettami dei
vari concili ecumenici ed anche secondo l'opinione del Papa e dei vescovi
ortodossi. In questo concilio Ambrogio si pronunciò contro l'arianesimo.
Ambrogio influì anche sulla politica religiosa di Teodosio I. Nel 388, dopo che
un gruppo di cristiani aveva incendiato la sinagoga della città di Callinico,
l'imperatore decise di punire i responsabili e di obbligare il vescovo,
accusato di aver istigato i distruttori, a ricostruire il tempio a suo spese.
Ambrogio, informato della vicenda, si scagliò contro questo provvedimento,
minacciando di sospendere l'attività religiosa, tanto da indurre l'imperatore a
revocare le misure. Nel 390 criticò aspramente l'imperatore, che aveva
ordinato un massacro tra la popolazione di Tessalonica, rea di aver linciato il
capo del presidio romano della città: in tre ore di carneficina erano state
assassinate migliaia di persone, attirate nell'arena con il pretesto di
una corsa di cavalli. Ambrogio, venuto a conoscenza dell'accaduto, evitò
diplomaticamente una contrapposizione aperta con il potere imperiale (con il
pretesto di una malattia evitò l'incontro pubblico con Teodosio) ma, per via
epistolare, chiese in modo riservato ma deciso una «penitenza pubblica»
all'imperatore, che si era macchiato di un grave delitto pur dichiarandosi
cristiano, pena il rifiuto di celebrare i sacri riti in sua presenza («Non oso
offrire il sacrificio, se tu vorrai assistervi», Lettera 11). Teodosio ammise
pubblicamente l'eccesso e nella notte Natale di quell'anno, venne riammesso ai
sacramenti. Dopo questo episodio la politica religiosa dell'imperatore si
irrigidì notevolmente: tra il 391 e il 392 furono emanati una serie di decreti
(noti come decreti teodosiani) che attuavano in pieno l'editto di Tessalonica:
venne interdetto l'accesso ai templi pagani e ribadita la proibizione di
qualsiasi forma di culto, compresa l'adorazione delle statue; furono inoltre
inasprite le pene amministrative per i cristiani che si riconvertissero
nuovamente al paganesimo e nel decreto emanato nel 392 da Costantinopoli,
l'immolazione di vittime nei sacrifici e la consultazione delle viscere erano
equiparati al delitto di lesa maestà, punibile con la condanna a morte.
Nel 393 Milano fu coinvolta nella lotta per il potere tra l'imperatore Teodosio
I e l'usurpatore Flavio Eugenio. In aprile Eugenio varcò le Alpi e puntò alla
conquista della città, in quanto capitale d'Occidente. Ambrogio partì e andò
ritirarsi a Bologna. Durante un soggiorno temporaneo a Faenza scrisse una
lettera ad Eugenio. Poi accettò l'invito della comunità di Firenze, ove rimase
per circa un anno. La guerra per il controllo dell'impero fu vinta da Teodosio.
Nell'autunno del 394 Ambrogio fece ritorno a Milano. Alla sua morte, per
sua stessa volontà, fu sepolto all'interno della basilica che tuttora porta il
suo nome, fra le spogli dei martiri Gervasio e Protasio. Le sue spoglie,
rinvenute sotto l'altare nel 1864, furono trasferite in un'urna di argento e
cristallo posta nella cripta della basilica. Pensiero e opere
Rilievo gotico raffigurante Ambrogio. Tra gli attributi del santo c'è il miele,
simbolo della dolcezza delle prediche e degli scritti Fortemente legata all'attività
pastorale di Ambrogio fu la sua produzione letteraria, spesso semplice frutto
di una raccolta e di una rielaborazione delle sue omelie e che quindi
mantengono un tono simile al parlato. Per il suo stile dolce e misurato
del suo parlato e della sua prosa, Ambrogio venne definito «dolce come il
miele» e tra i suoi attributi compare perciò un alveare. Esegesi Oltre la
metà dei suoi scritti è dedicata all'esegesi biblica, che egli affronta
seguendo un'interpretazione prevalentemente allegorica e morale del testo sacro
(in particolare per quanto riguarda l'Antico Testamento): ad esempio, ama
ricercare nei patriarchi e nei personaggi biblici in generale figure di Cristo
o esempi di virtù morali. Fu proprio questo metodo di lettura della Bibbia ad
affascinare Sant'Agostino e a risultare determinante per la sua conversione
(come egli scrisse nelle Confessioni V, 14, 24). Secondo Gérard Nauroy,
«per Ambrogio l'esegesi è un modo fondamentale di pensare piuttosto che un
metodo o un genere: [...] ormai egli "parla la Bibbia", non più con
la giustapposizione di citazioni dagli stili più diversi, ma in un discorso
sintetico, eminentemente allusivo, "misterico" come la Parola
stessa». Per Ambrogio la lettura e l'approfondimento della conoscenza biblica
costituiscono un elemento fondamentale della vita cristiana: «Bevi dunque
tutt'e due i calici, dell'Antico e del Nuovo Testamento, perché in entrambi
bevi Cristo. [...] La Scrittura divina si beve, la Scrittura divina si divora,
quando il succo della parola eterna discende nelle vene della mente e
nelle energie dell'anima» (Ambrogio, Commento al Salmo I, 33) Tra le
opere esegetiche spiccano l'esauriente commento al Vangelo di Luca (Expositio
evangelii secundum Lucam) e l'Exameron (dal greco "sei giorni").
Quest'ultima opera, ispirata ampiamente all'omonimo Exameron di Basilio di
Cesarea, raccoglie, in sei libri, nove omelie riguardanti i primi capitoli
della Genesi dalla creazione del cielo fino alla creazione dell'uomo. Anche in
questo caso, il racconto della creazione è occasione di evidenziare
insegnamenti morali desunti dalla natura e dal comportamento degli animali e
dalle proprietà delle piante; in questo senso l'uomo appare ad Ambrogio
necessariamente legato con tutto il creato dal punto di vista non solo biologico
e fisico, ma anche morale e spirituale. Morale e ascetismo Un altro
gruppo significativo consiste nelle opere di argomento morale o ascetico, tra
le quali risalta il De officiis ministrorum (talvolta abbreviato in De
officiis), un trattato sulla vita cristiana rivolto in particolare al clero ma
destinato a tutti i fedeli. L'opera ricalca l'omonimo scritto di Cicerone, che
si proponeva come manuale di etica pratica indirizzato al figlio (cui è
dedicato) rivolto soprattutto a questioni politico-sociali. Ambrogio riprende
il titolo (indirizzando l'opera ai suoi "figli" in senso spirituale,
cioè il clero e il popolo di Milano), la struttura (il libro è ripartito in tre
libri, dedicati all'honestum, all'utile e al loro contrasto risolto nell'identificazione
tra i due) e alcuni elementi contenutistici (tra i quali i principi della
morale stoica, come il dominio della razionalità, l'indipendenza dai piaceri e
dalla vanità delle cose, la virtù come sommo bene). Questi elementi sono
rivisti con originalità in chiave cristiana: agli exempla tratti dalla storia e
dalla mitologia classica, Ambrogio sostituisce ad esempio storie ed esempi
tratti dalla Bibbia. In generale, è lo stesso orientamento del testo a non
essere più etico-filosofico ma prevalentemente religioso e spirituale, come
egli spiega fin dall'inizio: «Noi valutiamo il dovere secondo un principio
diverso da quello dei filosofi. Essi considerano beni quelli di questa vita,
noi addirittura danni» (De officiis, I, 9, 29). Allo stesso modo, le virtù tradizionali
vengono rilette cristianamente e accettate alla luce del Vangelo: la fides
(lealtà) diventa la fede in Cristo, la prudenza include la devozione verso Dio,
esempi di fortezza divengono i martiri. Alle virtù classiche si aggiungono le
virtù cristiane: la carità (che già esisteva nel mondo latino, ora assume un
significato più interiore e spirituale), l'umiltà, l'attenzione verso i poveri,
gli schiavi, le donne. Altre cinque opere sono dedicate alla verginità,
specialmente quella femminile (De virginibus, De viduis, De virginitate, De
institutione virginis e Exhortatio virginitatis). Ambrogio esalta la verginità
come massimo ideale di vita cristiana, sulla scia della tradizione cristiana da
San Paolo («colui che sposa la sua vergine fa bene e chi non la sposa fa
meglio», 1 Cor 7,38) fino al contemporaneo Girolamo, senza tuttavia negare la
validità della vita matrimoniale. La scelta della verginità è ritenuta l'unica
vera scelta di emancipazione per la donna dalla vita coniugale, in cui si trova
subordinata. Critica aspramente in questo senso il fatto che il matrimonio
costituisca solo un contratto economico e sociale, che non lascia spazio alla
scelta degli sposi e in particolare della donna: «Davvero degna di compianto è
la condizione che impone alla donna, per sposarsi, di essere messa all'asta
come una sorta di schiavo da vendere, perché la compri chi offre il prezzo più
alto» (De virginibus, I, 9, 56). Per questo Ambrogio incoraggia i genitori ad
accettare la scelta di verginità dei figli e i figli a resistere alle
difficoltà imposte dalla famiglia («Se vinci la famiglia, vinci anche il
mondo», De virginibus, I, 11, 63). Società e politica Ambrogio
assolve Teodosio dopo l'episodio di Tessalonica Nel confronto con la società e
gli ideali del mondo latino, Ambrogio accolse i valori civili della romanità
con l'intento di dare ad essi nuovo significato all'interno della religione
cristiana. Nel suo Esamerone esalta l'istituzione repubblicana (di cui l'antica
repubblica romana era secondo lui un ammirevole esempio) prendendo spunto dalla
spontanea organizzazione delle gru, che si dividono il lavoro avvicendandosi
nei turni di guardia: «Che c'è di più bello del fatto che la fatica e
l'onore comuni a tutti e il potere non sia preteso da pochi, ma passi dall'uno
all'altro senza eccezioni come per una libera decisione? Questo è l'esercizio
di un ufficio proprio di un'antica repubblica, quale conviene in uno stato
libero.» (Esamerone, VIII, 15, 51) Nella visione di Ambrogio inoltre
potere e dell'autorità, intesi come servizio («Libertà è anche il servire»,
Lettera 7), dovevano essere sottomessi alle leggi di Dio. Prendendo ispirazione
dal racconto della corona imperiale e del morso di cavallo realizzati, secondo
la tradizione, da Costantino con i chiodi della croce di Gesù, nel discorso
funebre di Teodosio egli elogiò la sottomissione dell'imperatore a Cristo,
dimostrata in primis dall'episodio di Tessalonica: «Per quale motivo
[ebbero] "una cosa santa sul morso" se non perché frenasse l'arroganza
degli imperatori, reprimesse la dissolutezza dei tiranni che, come cavalli,
nitrivano smaniosi di piaceri, perché potevano impunemente commettere adulteri?
Quali turpitudini conosciamo dei Neroni e dei Caligola e di tutti gli altri che
non ebbero "una cosa santa sul morso"!» (In morte
di Teodosio, 50) Di fronte al dispotismo e alla dissolutezza che avevano
caratterizzato il comportamento di non pochi imperatori romani, Ambrog io
vide nel cristianesimo una possibilità per "redimere" il potere
imperiale e renderlo giusto e clemente. Nella sua idea, infatti, il
cristianesimo avrebbe dovuto sostituire il paganesimo nella società romana
senza per questo negare e distruggere le istituzione imperiali («Voi [pagani]
chiedete pace per le vostre divinità agli imperatori, noi per gli stessi
imperatori chiediamo pace a Cristo», Lettera 73 a Valentiniano II), ma anzi
dando ai valori romani la nuova linfa offerta dalla morale cristiana.
Ambrogio richiamò infine la società romana nella quale era sempre più
accentuato il divario tra ricchi e poveri; alla sperequazione economica,
Ambrogio contrapponeva infatti la morale del Vangelo e della tradizione
biblica. Così egli scrive nel Naboth: «La terra è stata creata come un
bene comune per tutti, per i ricchi e per i poveri: perché, o ricchi, vi
arrogate un diritto esclusivo sul suolo? [...] Tu [ricco] non dai del tuo al
povero [quando fai la carità], ma gli rendi il suo; infatti la proprietà
comune, che è stata data in uso a tutti, tu solo la usi.» (Naboth, 1,2;
12, 53) Antigiudaismo Magnifying glass icon mgx2.svg Antisemitismo §
Antigiudaismo teologico. Per Ambrogio era fondamentale la storia di Israele
come popolo eletto: da qui la grande presenza dell'Antico Testamento nel rito
ambrosiano, le numerosissime sue opere di commento agli episodi della storia
ebraica, la conservazione della sacralità del sabato, ecc. Tuttavia, come era
comune nel cristianesimo dei primi secoli, forte era anche la volontà di
mostrare l'originalità cristiana rispetto alla tradizione giudaica (che non
aveva riconosciuto Gesù come Messia) e di affermare l'indipendenza e le
prerogative della Chiesa nascente. Ad esempio, nell'Expositio Evangelii
secundum Lucam (4, 34), commentando un passo del vangelo di Luca in cui un uomo
invaso dallo spirito di un demonio impuro, grida: «Ah! Che c'è fra noi e te,
Gesù Nazareno? Sei venuto per rovinarci? So chi tu sei: il Santo di Dio»,
Ambrogio critica aspramente l'incredulità della gente circostante: «Chi è
colui che aveva nella sinagoga spirito immondo di demonio, se non la folla dei
giudei che, come stretta da spire serpentine e legata dai lacci del diavolo,
simulata la purità del corpo, profanava con le immondezze della mente
interiore? Ebbene: era nella sinagoga l'uomo che aveva lo spirito immondo;
perché lo Spirito Santo lo aveva ammesso. Era entrato infatti il diavolo dal
luogo da cui Cristo era uscito. Insieme, si mostra la natura del diavolo non
come ostinata, ma come opera ingiusta. Infatti quello che attraverso una natura
superiore professa il Signore, con le opere lo nega. E in questo appare la sua
malvagità [del demonio] e l'ostinazione dei giudei, poiché così [il demonio]
spandé tra la folla la cecità della mente furiosa; affinché la gente neghi,
colui che i demoni professano. O eredità dei discepoli peggiore del maestro!
Quello tenta il Signore con le parole, essi con l'agire: egli dice
"Buttati!" (Luc. IV, 9), questi sono assaliti perché [lo]
buttino.» L'episodio di Callinicum Le cronache storiche riportano un
episodio che può essere considerato rivelatore dell'atteggiamento di Ambrogio
nei riguardi degli ebrei. Nel 388, a Callinicum (Kallinikon, sul fiume Eufrate,
in Asia, l'attuale al-Raqqa), una folla di cristiani diede l'assalto alla
sinagoga e la bruciò. Il governatore romano condannò l'accaduto e, per
mantenere l'ordine pubblico, dispose affinché la sinagoga venisse ricostruita a
spese del vescovo. L'imperatore Teodosio I rese noto di condividere quanto
deciso dal suo funzionario. Ambrogio si oppose alla decisione
dell'imperatore e gli scrisse una lettera (Epistulae variae 40) per convincerlo
a ritirare l'ingiunzione di ricostruire la sinagoga a spese del vescovo: «Il
luogo che ospita l'incredulità giudaica sarà ricostruito con le spoglie della
Chiesa? Il patrimonio acquistato dai cristiani con la protezione di Cristo sarà
trasmesso ai templi degli increduli?... Questa iscrizione porranno i giudei sul
frontone della loro sinagoga:Tempio dell'empietà ricostruito col bottino dei
cristiani -... Il popolo giudeo introdurrà questa solennità fra i suoi giorni
festivi...» Citando dalla lettera di Ambrogio a Teodosio (Epistulae
variae 40,11): «Ma ti muove la ragione della disciplina. Che cosa dunque
è più importante, l'idea di disciplina [mantenimento dell'ordine pubblico] o il
motivo della religione?» Nell'epistola Ambrogio si attribuì la responsabilità
dell'incendio: «Io dichiaro di aver dato alle fiamme la sinagoga, sì, sono
stato io che ho dato l'incarico, perché non ci sia più nessun luogo dove
Cristo venga negato» Ambrogio si spinse ad affermare che quell'incendio
non era affatto un delitto e che se lui non aveva ancora dato l'ordine di
bruciare la sinagoga di Milano era solo per pigrizia e che bruciare le
sinagoghe era altresì un atto glorioso. Ambrogio non volle salire
sull'altare finché l'imperatore non abolì il decreto imperiale riguardante la
ricostruzione della sinagoga a spese del vescovo. Secondo la visione del
vescovo, nella questione della religione l'unico foro competente da consultare
doveva essere la Chiesa cattolica la quale, grazie ad Ambrogio, divenne la
religione statale e dominante. In questa impresa lo scopo era quello di
avvalorare l'indipendenza della Chiesa dallo Stato, affermando anche la
superiorità della Chiesa sullo Stato in quanto emanazione di una legge
superiore alla quale tutti devono sottostare. Mariologia Sebbene non si
possa parlare di una mariologia vera e propria (intesa come pensiero
sistematico), sono numerosi nell'opera di Ambrogio i riferimenti a Maria:
spesso, quando si presenta l'occasione, egli si rifà alla sua figura e al suo
esempio. La sua venerazione per Maria nasce soprattutto dal ruolo
attribuitole nella storia della salvezza. Maria è infatti madre di Cristo, e
dunque modello per tutti i credenti che, come lei, sono chiamati a
"generare" Cristo: «Vedi bene che Maria non aveva dubitato,
bensì creduto e perciò aveva conseguito il frutto della sua fede. «Beata tu che
hai creduto». Ma beati anche voi che avete udito e avete creduto: infatti, ogni
anima che crede, concepisce e genera il Verbo di Dio e ne comprende le
operazioni. Sia in ciascuno l’anima di Maria a magnificare il Signore, sia in
ciascuno lo spirito di Maria ad esultare in Dio: se, secondo la carne, una sola
è la madre di Cristo, secondo la fede tutte le anime generano Cristo»
(Esposizione del Vangelo secondo Luca, II, 19. 24-26) Ambrogio difende
strenuamente la verginità di Maria, soprattutto in relazione al mistero di
Cristo: egli infatti, proprio perché nato da vergine, non ha contratto il
peccato originale. Maria è anche la prima donna a cogliere i "frutti"
della venuta di Cristo: «Non c’è affatto da stupirsi che il Signore,
accingendosi a redimere il mondo, abbia iniziato la sua opera proprio da Maria:
se per mezzo di lei Dio preparava la salvezza a tutti gli uomini, ella doveva
essere la prima a cogliere dal Figlio il frutto della salvezza»
(Esposizione del vangelo secondo Luca, II, 17) Maria è inoltre modello di virtù
morali e cristiane, in primo luogo per le vergini («Nella vita di Maria
risplende la bellezza della sua castità e della sua esemplare virtù») ma anche
per tutti i fedeli; di lei vengono esaltate la sincerità (la verginità «di
mente»), l'umiltà, la prudenza, la laboriosità, l'ascesi. Milano e il
rito ambrosiano Sant'Ambrogio con in mano il flagello contro i nemici di
Milano, in un bassorilievo quattrocentesco Magnifying glass icon mgx2.svg Rito
ambrosiano. L'operato di Sant'Ambrogio a Milano ha lasciato segni profondi
nella diocesi della città. Già nel settembre del 600 papa Gregorio Magno
parlò del neoeletto vescovo di Milano, Deodato, non tanto come successore, bensì
come "vicario" di sant'Ambrogio (equiparandolo quasi ad un secondo
"vescovo di Roma"). Nell'anno 881 invece papa Giovanni VIII definì
per la prima volta la diocesi "ambrosiana", termine che è rimasto
ancora oggi per identificare non solo la Chiesa di Milano, ma talvolta anche la
stessa città. L'eredità di Ambrogio è delineata principalmente a partire
dalla sua attività pastorale: la predicazione della Parola di Dio coniugata
alla dottrina della Chiesa cattolica, l'attenzione ai problemi della giustizia
sociale, l'accoglienza verso le persone provenienti da popoli lontani, la
denuncia degli errori nella vita civile e politica. L'operato di Ambrogio
lasciò un segno profondo in particolare sulla liturgia. Egli introdusse nella
Chiesa occidentale molti elementi tratti dalle liturgie orientali, in
particolare canti e inni. Si attribuisce ad Ambrogio l'inno Te Deum laudamus,
ma la questione è controversa e negata anche da Luigi Biraghi. Le riforme
liturgiche furono mantenute nella diocesi di Milano anche dai successori e
costituirono il nucleo del Rito ambrosiano, sopravvissuto all'uniformazione dei
riti e alla costituzione dell'unico rito romano voluta da papa Gregorio I e dal
Concilio di Trento. In dialetto milanese Ambrogio viene chiamato sant
Ambroeus (grafia classica) o sant Ambrös (entrambi pronunciati
"sant'ambrœs"). Sant'Ambrogio affrescato da Masolino,
Battistero Castiglione Olona Alla sua figura è ispirato anche il premio
Ambrogino d'oro, che è il nome non ufficiale con cui sono comunemente chiamate
le onorificenze conferite dal comune di Milano. Sant'Ambrogio e il canto
liturgico Michael Pacher, Sant'Ambrogio, Monaco, Alte Pinakothek Con il
termine di ambrosiano non si definisce solo il rito della Chiesa Cattolica che
fa riferimento al santo, ma anche un preciso modo di cantare durante la
liturgia. Esso viene indicato con il nome di canto ambrosiano. Esso è
caratterizzato dal canto di inni, cioè di nuove composizioni poetiche in versi,
che vengono cantate da tutti i partecipanti al rito. A differenza di
quanto avveniva per i salmi, solitamente cantati da un solista o da un
gruppo di coristi, essi vengono invece cantati da tutti i partecipanti, in cori
alternati, normalmente tra donne e uomini, ma in altri casi tra giovani e
anziani o anche tra fanciulli e adulti. Alcuni di questi inni sono stati
sicuramente composti da Ambrogio. La certezza viene dal fatto che a menzionarli
è sant'Agostino, che fu discepolo di Sant'Ambrogio. Essi sono:
Aeterne rerum conditor (cf. Retractionum I,21); Iam surgit hora tertia (cf. De
natura et gratia 63,74); Deus creator omnium (ricordato nelle Confessioni e
citato complessivamente ben cinque volte dal vescovo di Ippona); Intende qui
regis Israel (cf. Sermo 372 4,3). Attraverso la liturgia della Chiesa cattolica
in generale e di quella ambrosiana in particolare, sono giunti fino a noi una
moltitudine di inni in stile ambrosiano. I ricercatori hanno cercato di trovare
dei criteri per indicare quelli che, con più certezza, sono stati composti da
Ambrogio. Nel 1862 Luigi Biraghi ne indicava tre: la conformità degli inni con
l'indole letteraria di Ambrogio, con il suo vocabolario e con il suo stile. Con
questi criteri egli arrivò a selezionare diciotto inni: Splendor paternae
gloriae (nell'aurora) Iam surgit hora tertia (per l'ora di terza domenicale)
Nunc sancte nobis Spiritus (per l'ora di terza feriale) Rector potens verax
Deus (per l'ora di sesta) Rerum, Deus, tenax vigor (per l'ora di nona) Deus
creator omnium (per l'ora dell'accensione) Iesu, corona virginum (inno della
verginità) Intende qui regis Israel (per il Natale del Signore) Inluminans
Altissimus (per le Epifanie del Signore) Agnes beatae virginis (per
sant'Agnese) Hic est dies verus Dei (per la Pasqua) Victor, Nabor, Felix, pii
(per i santi Vittore, Nabore e Felice) Grates tibi, Iesu, novas (per i santi
Gervasio e Protasio) Apostolorum passio (per i santi Pietro e Paolo)
Apostolorum supparem (per san Lorenzo) Amore Christi nobilis (per san Giovanni
Evangelista) Aeterna Christi munera (per i santi martiri) Aeterne rerum
conditor (al canto del gallo) Gli autori dell'edizione delle opere poetiche di
Ambrogio in un volume stampato nel 1994, che ha portato a compimento l'Opera
Omnia, in latino e in italiano, del vescovo di Milano, hanno ridotto questo
numero certo a tredici canti, escludendo quelli per le ore minori, per i
martiri e della verginità. L'esclusione va ascritta alla metrica di questi
testi. Ambrogio aveva una predilezione per il numero otto. I suoi inni sono
tutti di otto strofe con versi ottosillabici. Egli vedeva in questo numero la
risurrezione di Cristo, la novità cristiana e la vita eterna (octava dies,
l'ottavo giorno della settimana, cioè il nuovo giorno, in cui inizia l'era del
Cristo). Per questi studiosi appare improbabile che egli sia venuto meno a
questa preferenza e quindi quelli di due o di quattro strofe non vengono
attribuiti al vescovo milanese. Per questi storici inoltre non vi è
motivo di dubitare che l'autore della melodia sia lo stesso Ambrogio dato che
per loro natura questi inni nascono consostanziati alla musica. Il Migliavacca
nota come Ambrogio possedesse una conoscenza musicale approfondita. Le sue
opere rivelano, oltre a una perfetta conoscenza scolastica, anche una
particolare propensione musicale. Egli parla dell'arte musicale con cognizione
tecnica e non solo con estetica raffinatezza come il suo discepolo
Agostino. Leggende su Sant'Ambrogio Spoglie mortali di Ambrogio e
Gervasio, rivestite dei paramenti liturgici, nella cripta della Basilica di
Sant'Ambrogio a Milano. Su Sant'Ambrogio vi sono numerose leggende
miracolistiche: Mentre Ambrogio infante dormiva nella sua culla posta
temporaneamente nell'atrio del Pretorio, uno sciame di api si posò
improvvisamente sulla sua bocca, dalla quale e nella quale esse entravano ed
uscivano liberamente. Dopodiché lo sciame si levò in volo salendo in alto e
perdendosi alla vista degli astanti. Il padre, impressionato da tutto ciò,
avrebbe esclamato: «Se questo mio figlio vivrà, diverrà sicuramente un
grand'uomo!». Ambrogio, camminando per Milano, avrebbe trovato un fabbro che
non riusciva a piegare il morso di un cavallo: in quel morso Ambrogio riconobbe
uno dei chiodi con cui venne crocifisso Cristo. Dopo vari passaggi, un
"chiodo della crocifissione" è tuttora appeso nel Duomo di Milano, a
grande altezza, sopra l'altare maggiore. Nella piazza davanti alla basilica di
Sant'Ambrogio a Milano è presente una colonna, comunemente detta "la
colonna del diavolo". Si tratta di una colonna di epoca romana, qui
trasportata da altro luogo, che presenta due fori, oggetto di una leggenda
secondo la quale la colonna fu testimone di una lotta tra Sant'Ambrogio ed il
demonio. Il maligno, cercando di trafiggere il santo con le corna, finì invece
per conficcarle nella colonna. Dopo aver tentato a lungo di divincolarsi,
il demonio riuscì a liberarsi e, spaventato, fuggì. La tradizione popolare
vuole che i fori odorino di zolfo e che appoggiando l'orecchio alla pietra si
possano sentire i suoni dell'inferno. In realtà questa colonna veniva usata per
l'incoronazione degli imperatori germanici. A Parabiago, Ambrogio sarebbe
apparso il 21 febbraio 1339, durante la celebre battaglia: a dorso di un
cavallo e sguainando una spada, mise paura alla Compagnia di San Giorgio
capitanata da Lodrisio Visconti, permettendo alle truppe milanesi del fratello
Luchino e del nipote Azzone di vincere. A ricordo di tale leggenda fu edificata
a Parabiago la Chiesa di Sant'Ambrogio della Vittoria e a Milano, su un portone
bronzeo del Duomo, gli è stata dedicata una formella.[25] Opere Divi
Ambrosii Episcopi Mediolanensis Omnia Opera, 1527 Oratorie (esegetiche)
Exameron De paradiso De Cain et Abel De Noe De Abraham De Isaac et anima De
bono mortis De Iacob et vita beata De Ioseph De patriarchis De fuga saeculi De
interpellatione Iob et David Apologia David De Helia et ieiunio De Tobia De
Nabuthae historia Explanatio in XII Psalmos Davidicos Expositio in Psalmum
CXVIII Expositio in Lucam De excessu fratris Satyri libri duo De obitu
Valentiniani consolatio De obitu Theodosii oratio Morali (ascetiche) De
virginibus o Ad Marcellinam sororem libri tres De viduis De perpetua
virginitate Sanctae Mariae Adhortatio virginitatis o Exhortatio virginitatis De
officiis ministrorum Dogmatiche (sistematiche) De fide ad Gratianum Augustum
libri quinque De Spiritu Sancto ad Gratianum Augustum De incarnationis
dominicae sacramento De paenitentia Catechetiche De sacramentis libri sex De
mysteriis De sacramento regenerationis sive de philosophia Explanatio Symboli
ad initiandos Epistolario Epistulae Innografia Hymni Altro Sermo contra
Auxentium de basilicis tradendis Tituli Curiosità S.Ambrogio essendo patrono
delle api, rappresenta al meglio l'operosità non solo quella risaputa dei
milanesi, di cui è patrono festeggiato il 7 dicembre, ma di tutti coloro che si
impegnano nel lavoro, con combattività, spirito di sacrificio e di spirito di
abnegazione. Inoltre S.Ambrogio ha come secondo simbolo il gabbiano che è
legato alla sensazione di libertà e spazio immenso. Il gabbiano trova
l'equilibrio e si alimenta di ciò che trova nel rispetto della sua natura di
predatore e onnivoro che non si tira indietro a nulla per la propria
sopravvivenza. Per le suddette simbologie, e per tutte le altre che sia le api
che i gabbiani rappresentano, S.Ambrogio è ormai considerato da tempo il
protettore delle startup innovative che vedono in S.Ambrogio, guida sicura con
la sua famosa frase di valore eterno: "Voi pensate che i tempi sono
cattivi, i tempi sono pesanti, i tempi sono difficili. Vivete bene e muterete i
tempi" Note lastampa/vatican-insider/it//10/02/news/milano-studi-confermano-l-identita-di-sant-ambrogio-e-di-due-martiri-1.34049446
Johan Leemans, Peter Van Nuffelen e Shawn W. J. Keough, Episcopal Elections in
Late Antiquity, Walter de Gruyter, 28 luglio ,
978-3-11-026860-7. Ambrogio,
Exorthatio virginitatis, 12, 82 Robert
Wilken, "The Spirit of Early Christian Thought" (Yale University
Press: New Haven, 2003), 218. Michael Walsh, ed. "Butler's Lives of
the Saints" (HarperCollins Publishers: New York, 1991), 407.
Paolino, Vita di Ambrogio, 6
Basilica Vetus e Battistero di Santo Stefano alle fonti, su
adottaunaguglia.duomomilano. 18 marzo .
Paolino, Vita di Ambrogio, 7-8
Indro Montanelli, Storia di Roma, Rizzoli, 1957 Ambrogio, Lettera fuori coll. 14 ai
Vercellesi, 65 Ambrogio, De officiis, I,
1, 4 Giacomo Biffi, Relazione al Meeting
di Rimini, 29-08-1997 C. Pasini, I Padri
della Chiesa. Il cristianesimo dalle origini e i primi sviluppi della fede a
Milano, op. cit., 169-170 Graziano avrebbe voluto convocare un concilio
numeroso, ma Ambrogio lo esortò a convocare un numero limitato di vescovi,
affermando che per appurare la verità ne bastavano pochi e che non era il caso
di incomodarne troppi, facendo loro affrontare un viaggio faticoso (Neil B.
McLynn, Ambrose of Milan: Church and Court in a Christian Capital, University
of California Press, 1994. 124–5.). Codex Theodosianus, 16.10.10 Codex Theodosianus, 16.7.4 Codex Theodosianus, 16.10.12.1 Guida della Basilica di S. Ambrogio: note
storiche sulla Basilica ambrosiana, Ferdinando Reggiori, Ernesto Brivio, Nuove
Edizioni Duomo, 198686. Gérard Nauroy,
L'Ecriture dans la pastorale d'Ambroise de Milan, in Le monde latin antique et
la Bible. J. Fontaine e C. Pietri, Parigi 1985. Citato in Pasini, I Padri della
Chiesa. Il cristianesimo delle origini e i primi sviluppi della fede a Milano,
op. cit. Per un'ampia descrizione
dell'episodio: Antonietta Mauro Todini, Aspetti della legislazione religiosa
del IV secolo, La Sapienza Editrice, Roma, 1990, pag. 3 e segg.; Thomas J.
Craughwell, Santi per ogni occasione, Gribaudi, 2003, pag.49; Lucio De
Giovanni, Chiesa e stato nel Codice Teodosiano, Tempi moderni, pag.120;
Giovanni De Bonfils, Roma e gli ebrei, Cacucci, 2002, pag. 186; Mariateresa
Amabile, Nefaria Secta. La normativa imperiale ‘de Iudaeis’ tra repressione,
protezione, controllo, I, Jovene, Napoli, .James Hastings, Encyclopedia of
Religion and Ethics , Kessinger Publishing, 2003, pag. 374 Walter Peruzzi, Il cattolicesimo reale,
Odradek, Roma, 2008 Ambrogio, De
virginibus, 2, 6-18, citato in L. Gambero, Testi mariani del primo millennio,
Città Nuova, 1990 Rito Ambrosiano: la centralità dell'opera di
Sant'Ambrogio per la Chiesa di Milano
Jacopo da Varazze, Leggenda Aurea, LVII. Un episodio analogo è riferito
anche a Santa Rita da Cascia, vedi: Alfredo Cattabiani, Santi d'Italia, Ed.
Rizzoli, Milano, 1993, 88-17-84233-8,
pag. 816 Per una narrazione della
leggenda e della costruzione della chiesa si veda: Don Gerolamo Raffaelli, La
vera historia della Vittoria qual ebbe Azio Visconti nell'anno della comune
salute 1339 nel dì XXI febbr. in Parabiago contro Lodrisio V Limonti, Milano,
anno MDCIX Don Claudio Cavalleri, Racconto istorico della celebre Vittoria
ottenuta da Luchino Visconti princ. di Milano per la miracolosa apparizione di
Santo Ambrogio, seguita il dì 21 febbr. l'anno 1339 in Parabiago, e dedicata al
March. D. Giambattista Morigia G. Richino Malerba, Milano, 1745 Alessandro
Giulini, La Chiesa e l'Abbazia Cistercense di S. Ambrogio della Vittoria in Parabiago,
Archivio Storico Lombardo, 1923, pagina 144
Ponzio di Cartagine, Vita di Cipriano; vita di Ambrogio; vita di
Agostino / Ponzio, Paolino, Possidio, Città Nuova, Milano, 1977 Tutte le opere
di sant'Ambrogio, Ed. bilingue a cura della Biblioteca Ambrosiana, Roma: Città
nuova. Angelo Paredi, Ambrogio, FIR MilanoStoriaSec. IV-V Hoepli collana
Collezione Hoepli Angelo Ronzi, Sant'Ambrogio e Teodosio: studio
storico-filosofico, Visentini editore, Venezia. Enrico Cattaneo, Terra di
Sant'Ambrogio: la Chiesa milanese nel primo millennio; Annamaria Ambrosioni,
Maria Pia Alberzoni, Alfredo Lucioni, Ed. Vita e pensiero, Milano, 1989. Vita
di sant'Ambrogio: La prima biografia del patrono di Milano di Paolino di
Milano, Marco Maria Navoni, Edizioni San Paolo, 1996. 978-88-215-3306-8 Cesare Pasini, Ambrogio di
Milano. Azione e pensiero di un vescovo, Edizioni San Paolo, Cinisello B.
1996. 88-215-3303-4 Luciano Vaccaro,
Giuseppe Chiesi, Fabrizio Panzera, Terre del Ticino. Diocesi di Lugano,
Editrice La Scuola, Brescia 2003m, 5, 128, 202, 224, 225, 248, 259nota, 280,
286, 287, 442. Giorgio La Piana, Ambrogio in
Enciclopedia Biografica Universale, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
italiana Treccani, 2006, 434-442. Dario Fo, Sant'Ambrogio e l'invenzione di
Milano Einaudi Torino 2009 978-88-06-19486-4. Raffaele Passarella, Ambrogio e
la medicina. Le parole e i concetti, LED Edizioni Universitarie, Milano 2009
978-88-7916-421-4 Cesare Pasini, I Padri della Chiesa. Il cristianesimo dalle
origini e i primi sviluppi della fede a Milano. , Busto Arsizio, Nomos
Edizioni. 978-88-88145-46-4 Franco
Cardini, 7 dicembre 374. Ambrogio vescovo di Milano, in I giorni di Milano,
Roma-Bari , 21-40. Sant'Ambrogio, in San Carlo Borromeo, I Santi di Milano,
Milano , 978-88-97618-03-4 Patrick
Boucheron e Stéphane Gioanni , La memoria di Ambrogio di Milano. Usi politici
di una autorità patristica in Italia (secc. V-XVIII), Paris-Roma, Publications
de la Sorbonne-École française de Rome,
(Histoire ancienne et médiévale, 133CEF, 503), 631 p., 978-2-7283-1131-6 Sant'Ambrogio, [Opere], apud inclytam
Basileam, [Johann Froben], 1527. Sant
AmbroeusTra storia e leggenda, Meravigli edizioni (in collaborazione con
Circolo Filologico Milanese), Milano,
Satiro di Milano Santa Marcellina Agostino di Ippona Basilica di
Sant'Ambrogio Patristica Diocesi di Milano Rito ambrosiano Paolino di Milano
Chiesa dei Santi Ambrogio e Theodulo Altri progetti Collabora a Wikisource
Wikisource contiene una pagina dedicata a Sant'Ambrogio Collabora a Wikisource
Wikisource contiene una pagina in lingua latina dedicata a Sant'Ambrogio
Collabora a Wikiquote Citazionio su Sant'Ambrogio Collabora a Wikimedia Commons
Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Sant'Ambrogio Sant'Ambrogio, su TreccaniEnciclopedie on
line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Sant'Ambrogio, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Sant'Ambrogio, in Dizionario
di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Sant'Ambrogio, su sapere, De Agostini. (IT, DE, FR) Sant'Ambrogio, su
hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera. Sant'Ambrogio, su
Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Sant'Ambrogio, su BeWeb, Conferenza
Episcopale Italiana. Opere di
Sant'Ambrogio, su Musisque Deoque. Opere
di Sant'Ambrogio, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Sant'Ambrogio,
. Opere di Sant'Ambrogio, su Progetto Gutenberg. Audiolibri di Sant'Ambrogio,
su LibriVox. su Sant'Ambrogio, su Les
Archives de littérature du Moyen Âge. Sant'Ambrogio, in Catholic Encyclopedia,
Robert Appleton Company. David M. Cheney, Sant'Ambrogio, in Catholic
Hierarchy. Sant'Ambrogio, su Santi,
beati e testimoni, santiebeati. Epistole di S.Ambrogio, su tertullian.org. Epistole di S.Ambrogio, su intratext.com.
Opera Omnia dal Migne Patrologia Latina con indici analitici, su
documentacatholicaomnia.eu. Cathechesi, su w2.vatican.va. di papa Benedetto XVI
su Sant'Ambrogio in occasione dell'udienza generale del 24 ottobre 2007
PredecessoreVescovo di MilanoSuccessoreBishopCoA PioM.svg Aussenzio374-397San
Simpliciano SoresiniV D M Padri e dottori della Chiesa cattolica V D M Ambrogio
di Milano Antica Roma Antica Roma
Biografie Biografie Cattolicesimo Cattolicesimo Milano Milano Categorie: Funzionari romaniVescovi
romani del IV secoloTeologi romani 397 4 aprile Treviri MilanoAmbrogio di
MilanoSanti romani del IV secoloCorrispondenti di Quinto Aurelio SimmacoDottori
della Chiesa cattolicaPadri della ChiesaSanti per nomeScrittori cristiani
antichiScrittori romaniTeologi cristianiVescovi e arcivescovi di MilanoSanti
della Chiesa ortodossa
ambrosoli: not ambrosolini – Grice: “I like Ambrosoli: ‘La filosofia è patrimonio dello
spirito e non ha patria; l’hanno, invece, le dottrine e le scuole.’ But then he
dedicates his life to Cattaneo – whose ‘patria’ informs his philosophy, as it
does in Mazzini and in each philosopher Ambrosoli provided an exegesis for! At
Oxford we call such a ‘philosophical historian’!” -- Il Prof. Luigi Antonio
Ambrosoli (Varese), filosofo. È stato uno dei protagonisti della storiografia
italiana del secondo Novecento. Allievo di Federico Chabod negli anni della
Seconda guerra mondiale, si dedicò per tutta la vita alla ricerca storica,
coniugandola con un costante impegno civile per la sua Varese. Laureato in Filosofia all'Università degli
Studi di Milano, fu dapprima docente di scuola secondaria, poi preside di
scuola secondaria; successivamente fu ordinario di Storia contemporanea presso
l'Università degli Studi di Ferrara, quindi presso l'Università degli Studi di
Padova e infine preside della Facoltà di Magistero presso l'Università degli
Studi di Verona, dove fu anche direttore dell'istituto di storia. I suoi studi si orientarono particolarmente
alla storia del Risorgimento e, nell'ambito di questa, all'opera di Carlo
Cattaneo, con esiti unanimemente apprezzati sia per il rigore filologico che
per l'acume interpretativo e la ricerca storiografica. Parallelamente contribuì
alla ricostruzione della storia dei movimenti e dei partiti politici, con saggi
dedicati al movimento cattolico e al movimento operaio e socialista. Grande fu il suo contributo allo studio del
sistema educativo e delle istituzioni scolastiche nell'Italia del XIX e XX
secolo, con apporti interpretativi che ancor oggi sono il riferimento per gli
studiosi del settore. Collaborò a
"Il Ponte" di Piero Calamandrei, "Belfagor" di Luigi Russo,
"Nuova Antologia", "Mondo Operaio", "L'Avanti!",
"Critica storica", "Storia in Lombardia". Fu anche fervido
sostenitore della nascita dell'Università degli Studi dell'Insubria. Opere Varese e il Risorgimento Nazionale,
pubblicazione a cura del Comune di Varese, 1959 Il primo movimento
democratico-cristiano in Italia 1897-1904, Roma, Edizioni 5 Lune, 1959 La
formazione di Carlo Cattaneo, Milano-Napoli, Ricciardi, 1960 Né aderire né
sabotare 1915-1918, Milano, Edizioni Avanti!, 1961 La Federazione nazionale
scuole medie dalle origini al 1925, Firenze, La Nuova Italia, 1967 (premio
Friuli-Venezia Giulia 1969 per un'opera di storia sociale) I periodici operai e
socialisti di Varese dal 1860 al 1926. e
storia, Milano, Sugarco, 1975 Libertà e religione nella riforma Gentile,
Firenze, Vallecchi, 1980 La scuola in Italia, dal dopoguerra ad oggi, Bologna,
Il Mulino, 1982 La scuola alla Costituente, Brescia, Calzari Trebeschi-Paideia,
1987 Educazione e società tra rivoluzione e restaurazione, Verona, Libreria
universitaria editrice, 1987 Giuseppe Mazzini, una vita per l'unità d'Italia,
Manduria, Piero Lacaita Editore, 1993 Carlo Cattaneo e il federalismo, Roma,
Istituto Poligrafico dello Stato, 1999 Varese. Storia millenaria, Varese,
Editore Macchione, 2002 Ha curato per l'editore Mondadori i tre volumi degli
scritti dal 1848 al 1853 di Carlo Cattaneo (1967 e 1974) e per l'editore Bollati-Boringhieri
i due volumi degli scritti del «Politecnico» dal 1839 al 1844 (1989).
Onorificenze Commendatore dell'Ordine al merito della Repubblica
italiananastrino per uniforme ordinariaCommendatore dell'Ordine al merito della
Repubblica italiana «Su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri» —
2 giugno 1984 Note Luigi Ambrosoli,
ricerca storica e impegno civile , su va.camcom. 16 luglio . Sito web del Quirinale: dettaglio decorato, su
quirinale. Filosofia Storia Storia
Categorie: Insegnanti italiani del XX secoloStorici italiani Professore1919
2002 15 luglio 20 maggio Varese VareseFilosofi italiani del XX secolo
amerio: Grice: “I like Amerio; he is very Italian, born in another
country! My favourite is his “Dell’amore,” – which he interprets Platonically,
Aristotelicanly, and Campanellaianly!” -- omano Amerio (Lugano), filosofo di
posizione cattolica tradizionalista. Le
sue posizioni fortemente critiche sugli sviluppi post-conciliari nella liturgia
e nell'ecclesiologia cattolica l'hanno portato in vita a un lungo periodo di
isolamento culturale . Nacque a Lugano,
da padre astigiano e madre svizzera. Conclusi gli studi al ginnasio e poi al
liceo di Lugano, s'iscrisse all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano,
dove, nel 1927, conseguì la laurea in filosofia, e successivamente, nel 1934,
quella in filologia classica. Dal 1928 al 1970 insegnò prima latino e greco e
poi filosofia al liceo cantonale di Lugano. Nel 1951 divenne libero docente di
storia della filosofia all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Prese parte come perito al Concilio Vaticano
II, e fu consulente del cardinale Giuseppe Siri; le sue forti posizioni
critiche prendono le mosse dalla maniera stessa in cui si svolsero gli eventi
di quelle assise e i lavori delle commissioni conciliari. Nei suoi scritti, l'Amerio individua tre
documenti del magistero che, a suo dire, sono stati implicitamente negati, sul
piano intellettuale, durante i lavori conciliari: l'enciclica Quantpapa Pio IX,
che condannava l'ideologia massonico-liberale, il decreto Lamentabili sane
exitu di san Pio X, che metteva in guardia dai radicalismi in materia di
critica biblica, e l'enciclica Humani generis di Pio XII, che, nel 1950,
criticava fortemente le nuove antropologie ed ecclesiologie proprie del
neo-modernismo o "nuova teologia".
L'Amerio fu poi decisamente critico verso la nuova creatività liturgica
postconciliare. Il suo pensiero su questo tema fu sostanzialmente in linea con
l'enciclica Mediator Dei di papa Pio XII, secondo la quale l'essenza della
liturgia è il cultus, l'adorazione di Dio, e non un'autocelebrazione
antropocentrica. Esaminò inoltre le modifiche istituzionali nel Sant'Uffizio,
ritenendo che il pratico quasi abbandono del termine eresia nelle indagini
ufficiali e nelle procedure avrebbe condotto a conseguenze drammatiche sia
nella vita della Chiesa sia negli studi accademici cristiani. Fu un deciso promotore dell'apologetica, e
rimase costernato di fronte all'abbandono delle nozioni di conversione e
disputationes, in favore di un approccio esclusivamente dialettico tra la
Chiesa e il mondo. Rimase fortemente legato alla tradizione tomistica e
agostiniana, fu un neotomista e disapprovò profondamente il rivolgersi di molti
intellettuali cattolici al kantismo, all'hegelismo e finanche allo
spinozismo. Gli studi dell'Amerio furono
dapprima elogiati da alcuni studiosi cattolici, vicini alle posizioni
tradizionali. Successivamente, a causa della questione lefebvriana che
contrappose l'allora arcivescovo tradizionalista a capo della Fraternità San
Pio X e il papa Giovanni Paolo II, si venne a creare una situazione assai
difficile per lo studioso luganese. In seguito a ciò, le sue ricerche e i suoi
libri furono in gran parte ignorati o trascurati all'interno della Chiesa. Fu tra i soci fondatori della prima
associazione di cattolici tradizionalisti, Una Voce. Fu presidente del pre-comitato promotore e in
seguito vicepresidente, con funzioni di coordinatore, del consiglio direttivo
dell'Istituto Ticinese di Alti Studi, dal 1970 al 1973. Nel 1977 la città di Lugano gli conferì la
cittadinanza onoraria. L'Amerio è morto
il 16 gennaio 1997, nella sua casa di via Cattedrale a Lugano. Durante il pontificato di Benedetto XVI s’è
iniziata una lenta opera di rivalutazione e di parziale riabilitazione del
teologo svizzero. Il papa, in collaborazione col liturgista Klaus Gamber, ha
promosso un'ermeneutica della continuità riguardo al Concilio Vaticano II, più
in sintonia con la Chiesa storica e col suo patrimonio culturale. Anche in
seguito alla pubblicazione del motu proprio Summorum Pontificum, per la
liberalizzazione della messa tridentina, il pensiero dell'Amerio è stato
sorprendentemente riscoperto, nel 2007, dalla rivista dei gesuiti La civiltà
cattolica. Secondo fonti recenti, il
segreto ispiratore dell'enciclica papale Caritas in veritate sarebbe stato
proprio l'Amerio. Emanata nel 2009, quest'enciclica conferma le idee e i
concetti che furono al centro dei lavori e degli studi teologici e filosofici
dell'Amerio. Gli studi teologici La sua
opera più importante è Iota Unum. Studio delle variazioni della Chiesa
Cattolica nel secolo XX, uno studio dedicato alle relazioni filosofiche tra
Verità e Vita. Il libro, pubblicato nel 1985 e tradotto in sei lingue, è
riconosciuto complessivamente come il massimo contributo all'individuazione
della crisi della Chiesa, a partire dagli anni successivi all'ultimo Concilio
ecumenico ma anche alla conservazione della grande tradizione filosofica
tomistica. Stat Veritas è un'opera
postuma del teologo svizzero. Il libro è costituito da " 55 chiose da noi
radunate a commento di alcune proposizioni della Lettera apostolica Tertio
Millennio Adveniente, uscito dalle tipografie vaticane l'11 novembre del 1994
". Gli studi filosofici I suoi
studi hanno riguardato soprattutto la figura di Tommaso Campanella, delle cui
opere ha curato decine di edizioni. Importanti anche le edizioni delle opere di
Giordano Bruno e gli studi su Cartesio, su Leopardi e sull'Epicureismo. Le due edizioni più importanti da lui curate
sono quelle degli Scritti filosofici e teologici di Paolo Sarpi, usciti nel
1951 nella prestigiosa collana laterziana degli Scrittori d'Italia, e quella
delle Osservazioni sulla morale cattolica di Alessandro Manzoni, uscita nel
1965 presso Riccardo Ricciardi. Altre
pubblicazioni Non si deve dimenticare il suo libro Introduzione alla Valsolda,
che rivela tutto il suo amore per il paesaggio e l'arte di quella terra in cui
suo padre fu medico condotto, né i tre volumetti pubblicati dal 1990 al 1992 e
ripubblicati nel in un volume unico, col
titolo Zibaldone, che raccolgono una scelta di 470 tra 4300 pensieri su varî
argomenti, scritti a partire dal 1939 per più di mezzo secolo. Opere principali Arbitrarismo divino, libertà
umana e implicanze teologiche nella dottrina di Cartesio, Milano, Società
Editrice "Vita e Pensiero", 1937. L'epicureismo, Torino, Edizioni di
filosofia, 1953. Tommaso Campanella, Della necessità di una filosofia
cristiana, prima traduzione italiana con introduzione e commento Romano Amerio,
Torino, Società Editrice Internazionale, 1953. Augusto Guzzo e Romano Amerio ,
Opere di Giordano Bruno e di Tommaso Campanella, Milano-Napoli, R. Ricciardi,
1956. Alessandro Manzoni filosofo e teologo: studio delle dottrine seguito da
una appendice di lettere, postille e carte inedite, Torino, Edizioni di filosofia,
1958. Il sistema teologico di Tommaso Campanella: studio di editi ed inediti
con appendici e indici, Milano-Napoli, R. Ricciardi, 1972. Iota Unum. Studio
delle variazioni della Chiesa Cattolica nel secolo XX, I edizione,
Milano-Napoli, R. Ricciardi, 1985. Poi Torino, Lindau, 2009; Verona, Fede &
Cultura, 2009. Stat veritas, I edizione, Milano-Napoli, R. Ricciardi, 1997. Poi
Stat veritas. Seguito a Iota unum , Torino, Lindau, 2009. Note Romano Amerio, in Dizionario storico della
Svizzera. "La Civiltà Cattolica"
rompe il silenzio. Su Romano Amerio, articolo di Sandro Magister. Vaccaro, Chiesi, Panzera, 105nota, 178,
191nota, 371nota, 451, 454. Nota
dell'autore14 Descrizione dell'opera sul
sito "Aurea Domus" di Enrico Maria Radaelli Descrizione dell'opera sul sito "Aurea
Domus" di Enrico Maria Radaelli
Descrizione dell'opera sul sito "Aurea Domus" di Enrico Maria
Radaelli Fausto Ghisalberti,
"Romano Amerio, Alessandro Manzoni filosofo e teologo", Giornale
Storico della letteratura italiana, v. 135, fasc. 412, 1958. Elémire Zolla,
"Romano Amerio", in: Uscite dal mondo, Milano, Adelphi 1992449-452.
Luciano Vaccaro, Giuseppe Chiesi, Fabrizio Panzera, Terre del Ticino. Diocesi
di Lugano, Editrice La Scuola, Bresci,a 2003. Enrico Maria Radaelli, Romano Amerio:
della verita e dell'amore, Lungro di Cosenza, Marco, 2005. Romano Amerio
(1905-1997): l'umanista, il luganese, il cattolico : convegno italo-svizzero
nel primo centenario della nascita, Lugano, G. Casagrande, 2005. Romano Amerio,
il Vaticano 2. e le variazioni nella chiesa cattolica del 20. secolo. convegno
di studi in Ancona, 9 novembre 2007, Verona, Fede & Cultura, 2008. Neotomismo Concilio Vaticano II Cattolici
tradizionalisti Ermeneutica del Concilio Vaticano II Messa tridentina Una Voce
Marcel Lefebvre Liceo di Lugano Altri progetti Collabora a Wikisource
Wikisource contiene una pagina dedicata a Romano Amerio Collabora a Wikiquote Citazionio
su Romano Amerio Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene
immagini o altri file su Romano Amerio
Sinodo dei giovani secondo Romano Amerio: articolo di Satiricus La
lettura ameriana del Concilio Vaticano II (I parte): articolo di Daniele Laganà
La lettura ameriana del Concilio Vaticano II (II parte): articolo di Daniele
Laganà Fine di un tabù: anche Romano Amerio è "un vero cristiano":
Articolo di Sandro Magister Grandi ritorni: Romano Amerio e le variazioni della
Chiesa cattolica: Articolo di Sandro Magister Lo Zibaldone di Romano Amerio:
Articolo di Sandro Magister Citazioni dallo Zibaldone di Romano Amerio su
Aforismario La lezione attualissima di Iota Unum: articolo di Aurelio Porfiri,
su apostatisidiventa.blogspot.com del 17 aprile .Filosofia Ticino Ticino Categorie: Filosofi svizzeriFilologi
svizzeriTeologi svizzeri 1905 1997 17 gennaio 16 gennaio Lugano
LuganoItalo-svizzeriFilosofi italiani del XX secoloFilologi italianiTeologi
italianiInsegnanti svizzeriInsegnanti italiani del XX secoloStorici del
Concilio Vaticano IICattolici tradizionalisti
amico:
Grice: “I like Amico; at the time when a philosopher’s duty was to watch the
stars, he noticed that instruments are unnecessary given Aristotle’s conception
of concentric orbits – His treatise was highly popular in Padova; therefore, he
was killed – I cannot imagine the same thing happen to Ayer at Oxford after the
success of his “Language, Truth, and Logic””! -- Copertina dell'opera di Amico,
Venezia Giovan Battista Amico o Amici o anche d'Amico (in latino: Ioannes
Baptista Amicus Cosentinus) (Cosenza), filosofo. Fu insigne studioso di astronomia, brillante
nella conoscenza del latino, del greco e dell'ebraico, abbracciò la scuola di
pensiero dell'aristotelismo padovano del XVI secolo. Fu autore dell'operetta De
motibus corporum coelestium iuxta principia peripatetica sine eccentricis set
epicyclis, pubblicata a Venezia nel 1536 e nel 1537 e a Parigi nel 1549. Le sue
osservazioni furono una delle fonti per il lavoro di Niccolò Copernico. Contemporaneo di Bernardino Telesio,
frequentò lo Studium dei Domenicani, università aperta a tutti e non solo
all'ordine dei Padri Predicatori. Per il resto della sua biografia si conosce
ben poco se non quanto trapela dalla sua maggiore opera, il De motibus corporum
coelestium iuxta principia peripatetica sine eccentricis et epicyclis,
pubblicato nel 1536 a Venezia per i tipi di Giovanni Patavino e Venturino
Roffinelli. Dalla sua opera si traggono
le uniche scarne notizie relative alla sua vita, ovvero, come da lui stesso
riportato nell'opera, che Amico fosse cosentino di nascita e che all'epoca
della pubblicazione avesse la giovane età di 24 anni. Questo farebbe collocare
la nascita dell'Amico a Cosenza forse nell'anno 1512, seppure alcuni studiosi
propendano per il 1511. Tuttavia la nascita dell'astronomo risulta di difficile
datazione non essendo noto in quale mese del 1536 il De motibus fu pubblicato e
in quale periodo esso venne compilato dall'autore. Sempre all'interno del De motibus, nel
proemio, l'Amico riferisce di essere stato allievo di Vincenzo Maggi (1498-1564),
Marco Antonio Passeri detto il Gènua (1491-1563) e di Federico Delfino
(1477-1547), professori all'Ateneo di Padova negli anni precedenti la
pubblicazione del De motibus e anche professori del Telesio; queste
informazioni porrebbero l'Amico nel filone di pensiero dell'aristotelismo padovano
rinascimentale e dimostra che l'astronomo cosentino avesse frequentato
l'Padova, una delle più prestigiose dell'epoca, dalla quale tuttavia non si ha
certezza se si fosse licenziato con una laurea, dato che il suo nome non
risulta in nessuna lista di laureati di quell'ateneo. Dopo la frequentazione
dei corsi di Padova parrebbe, ma anche qui non vi è certezza alcuna, che
l'Amico fosse stato ammesso all'Accademia Cosentina forse nell'anno 1537,
ovvero un anno dopo la prima pubblicazione a stampa del De motibus e un anno
prima della morte del giovane astronomo che avrebbe avuto fra i 26 e i 27 anni.
Va detto che il De motibus fu la prima operetta a mettere in discussione il
modello tolemaico e che l'opera si concludeva anticipando per sommi capi alcuni
dati oggetto di una futura pubblicazione e che promettevano di essere
assolutamente rivoluzionari. Da questa considerazione gli studiosi tendono a
pensare che la prematura morte per assassinio di Amico fosse stata provocata
dall'invidia della sua dottrina, così come suggerito da un anonimo che compose
l'epitaffio del giovane astronomo nel quale si leggeva: «IOAN. BAPTISTÆ AMICO Cosentino, qui cum
omnes omnium liberalium artium disciplinas miro ingenio, solerti industria, incredibili
studio, Latine Grece atque etiam Hebraice percurrisset feliciter, ipsa
adolescentia suorumque laborum & vigilarum cursu pene confecto, a sicario
ignoto, literarum, ut putatur, virtutisque, invidia, interfectus est
MDXXXVIII.» (Monumentorum Italiae, quae
hoc nostro saeculo & a Christianis posita sunt, libri 4, pag.11) ovvero
"ammazzato da ignoto sicario si pensa per invidia della sua scienza e
delle sue virtù". Morte Nel 1538
Amici venne assalito, derubato e ucciso mentre camminava nei vicoli di Padova.
Il processo contro ignoti che seguì accertò che era scomparsa una borsa
contenente alcuni documenti, che forse erano proprio le carte con quelle
rivoluzionarie osservazioni che aveva promesso l'autore, o almeno così sembrava
credere l'Inquisizione nel processo postumo per eresia che subito dopo istituì
contro lo studioso defunto. Dell'Amico fa menzione nella sua orazione in morte
di Telesio, Giovanni Paolo d'Aquino, filosofo e oratore calabrese nato a
Cosenza e morto intorno al 1612, che definisce l'Amico "così grande
astrologo e filosofo" e nulla aggiunge alla sua biografia rispetto a
quanto già noto. Cinque anni dopo la sua
morte, Copernico pubblicò il suo De revolutionibus orbium coelestium. Il 6 aprile
la città di Cosenza gli dedica, inaugurandolo, il Planetario della città
che sorge a 224 metri s.l.m. nel quartiere Gergeri del capoluogo bruzio. Note
Amico, Giovanni Battista, su Consortium of European Research
Libraries,//thesaurus.cerl.org/. 16 febbraio .
amico, giovan battista : d', su OPAC
Catalogo del servizio bibliotecario nazionale,//opac.. 16 febbraio
. Ioannis Baptistae Amici Cosentini de
Motibus corporum coelestiu iuxta principia peripatetica sine eccentricis &
epicyclis, su OPAC Catalogo del servizio
bibliotecario nazionale,//opac.. 15 febbraio .
Francesco Sacco, Giovan Battista Amico, su Galleria dell'Accademia
Cosentina, Consiglio Nazionale delle Ricerche CNR. 15 febbraio . Concetta Bianca, DELFINO (Dolfin), Federico,
su Dizionario Biografico degli Italiani, Enciclopedia Italiana Treccani. 15
febbraio . Elda Martellozzo Forin,
Padova. Istituto per la Storia , Acta graduum academicorum Gymnasii Patavini ab
anno 1501 ad annum 1550: Ab anno 1501 ad annum 1525, Padova, Antenore. 15
febbraio . Per il testo originale
dell'epitaffio si veda Lorenz Schrader, Monumentorum Italiae, quae hoc nostro
saeculo & a Christianis posita sunt, libri 4, Lucius Transylvanus, 159211.
16 febbraio . Le biografie degli uomini
illustri delle Calabrie raccolte Luigi Accattatis, Volume 2, 2, Cosenza, Tip. Municipale, 187029. 17
febbraio . Giovan Battista Amico, in
Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Coriolano Martirano, L'arco di Ulisse. Vita ed opera di Giovanni
Battista Amici, Bruttium et scientia, Laruffa, 2007, 902,
978-88-7221-286-8. 17 febbraio . Francesco Sacco, Giovan Battista Amico,
su Galleria dell'Accademia Cosentina, Consiglio Nazionale delle Ricerche CNR.
15 febbraio . Luigi Accattatis, Le biografie degli uomini illustri delle
Calabrie, A. Forni, 1977, 902. 15
febbraio . Mario Di Bono, Le sfere omocentriche di Giovan Battista Amico
nell'astronomia del Cinquecento, Centro di Studio sulla Storia della tecnica .
Franco Piperno, Da Eudosso di Cnido a Giovan Battista D'Amico da Cosenza, su
Università della Calabria, progetto "Divulgare la Scienza Moderna
attraverso l'antichità",//lcs.unical/. 15 febbraio .Noel Swerdlow,
Aristotelian Planetary Theory in the Renaissance: Giovanni Battista Amico's
homocentric spheres, su Journal for the History of Astronomy,http://articles.adsabs.harvard.edu/.
15 febbraio . Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons
contiene immagini o altri file su Giovan Battista Amico Astronomi e gli scienziati calabresi del
XVI-XVII secoloV CENTENARIO NASCITA DI G. BATTISTA D'AMICO, in Provincia di Cosenza,//provincia.cs,
Filosofi italiani Professore1538 Cosenza PadovaAccademia cosentina
amidei: Grice: “I like Amidei; he knew Beccaria well, and thinks,
with H. L. A. Hartt, that debtors should not necessariliy go to jail, to which
Beccaria famously responded: ‘depends on what you mean by necessarily should’”
-- Cosimo Amidei (Peccioli), filosofo. Frontespizio
del Discorso filosofico-politico sopra la carcere de' debitori di Cosimo
Amidei, ed. Harlem (Paris), 1771. Non si sa quasi nulla sulla biografia di
Cosimo Amidei. Figlio del dotore in giurisprudenza Domenico Amidei di Peccioli
(Pisa), si laureò in Giurisprudenza all'Pisa probabilmente nel 1746. Per le
modeste condizioni della famiglia nel 1739 aveva chiesto di essere ammesso al
Collegio di Sapienza, e aveva ottenuto un posto gratuito il 1º novembre 1741,.
Stando ad una lettera di Alessandro Verri al fratello Pietro, Amidei era un
magistrato fiorentino, "notaro criminale". Fra le poche cose certe vi è quella che
conobbe personalmente Cesare Beccaria, di cui era un ammiratore e con cui fu in
corrispondenza fin dal 1766,. Opere
Discorso filosofico-politico sopra la carcere de debitori, s.l., 1770 La
Chiesa, e la Repubblica dentro i loro limiti. Concordia discors, s.l., 1768.
De' mezzi per diminuire i mendichi, s.l., 1771 Sopra la carcere de' debitori
L'Amidei è noto soprattutto quale autore del "Discorso filosofico-politico
sopra la carcere de' debitori" (1770). Ispirata direttamente dal paragrafo
XXXIV del "Dei delitti e delle pene" del Beccaria, l'opera è
considerata una delle più importanti espressioni del riformismo e
dell'umanitarismo settecentesco. L'opuscolo ebbe immediatamente successo: fu
recensito con favore dalle "Novelle letterarie" di Firenze, e dal
"Journal encyclopédique"; l'anno seguente ebbe una seconda edizione,
con osservazioni di Giambattista Vasco, uscita a Milano presso lo stampatore
Galeazzi, e ancora una edizione in testo bilingue italianofrancese. Il testo di
Amidei influì certamente sulla riforma leopoldina del 1776, che, per merito del
ministro Francesco Maria Gianni, abolì la carcerazione per debiti (ma occorre
ricordare come un'analoga riforma venisse promulgata anche in Russia). Nella
concezione relativistica delle leggi e nella critica alla legislazione romana
dell'illuminismo giuridico-politico toscano di quegli anni, l'opera di Amidei
si arricchisce di spunti egualitari rousseauiani (rarissimi ancora nel pensiero
illuministico toscano) dai quali Amidei ottiene la giustificazione teorica per
l'abolizione della pena detentiva dei debitori. Una nuova edizione dell'opera,
apparsa in Firenze nel 1783, è una prova dell'esistenza in vita di Cosimo
Amidei nel 1783; dopo di allora, infatti, non si hanno più notizie biografiche
certe su di lui. La Chiesa e la
Repubblica dentro i loro limiti All'Amidei è attribuita anche un'opera edita
poco prima il Discorso sopra la carcere de' debitori, "La Chiesa e la
Repubblica dentro i loro limiti". L'opera, pubblicata anonima nel 1768, è
stata attribuita a Cosimo Amidei a partire dal 1770, anno di pubblicazione del
Discorso filosofico-politico sopra la carcere de debitori. Finora mancano però
elementi sicuri per confermare tale attribuzione, attestata solo da alcuni
cataloghi di biblioteche e di cui non v'è notizia neppure nel "Dizionario
di opere anonime e pseudonime" di Gaetano Melzi. L'opera uscì anonima e
senza indicazione del luogo dell'edizione; dovrebbe trattarsi di Pavia o di
Firenze. Molti contemporanei ritennero che fosse Napoli, identificando
probabilmente l'edizione originale con una edizione ampliata, con falsa
indicazione di luogo Amsterdam, sequestrata presso lo stampatore Campo di
Napoli; si tratterebbe in realtà di una ristampa contraffatta dello scritto
apparsa nella città partenopea prima che fosse posta in vendita l'edizione proveniente
da Firenze, e che venne sequestrata per la "sediziosa proposizione"
dell'origine popolare della sovranità. Al suo apparire, infatti, per alcuni
spunti contrattualistici rousseauiani, l'opera richiamò l'attenzione
dell'autorità laica ed ecclesiastica e le vicissitudini di cui fu oggetto sono
ritenute importanti per ricostruire la fortuna di Jean-Jacques Rousseau in
Italia. A Roma, autore dell'opera fu ritenuto il Beccaria, e nel clima di
irrigidimento contro le correnti giurisdizionalistiche e illuministiche che
caratterizzò gli ultimi anni di pontificato di Clemente XIII, essa fu posta
all'Indice nel 1769. De' mezzi per
diminuire i mendichi Anche quest'opera, pubblicata anonima nel 1771 senza
indicazione di luogo, ma probabilmente a Firenze, è solo attribuita a Cosimo
Amidei; ma l'attribuzione risale già ai contemporanei,. L'autore sostiene, in
base a una concezione fisiocratica, che il grave problema possa essere risolto
solo per mezzo di una riforma fiscale.
Note Società storica pisana,
Bollettino storico pisano 1965300.
Società storica pisana, Bollettino storico pisano 1932517. Carteggio di Pietro e Alessandro Verri. F.
Nevati ed E. Greppi, III (agosto 1769settembre 1770) Milano 1911, 194-195
C. Beccaria, Scritti e lettere inediti, E. Landry, Milano 1910289.
Landry segnala quattro lettere dell'Amidei al Beccaria, in Biblioteca
Ambrosiana, Milano. Beccaria, B. 231).
Frontespizio di Scritti e lettere inediti del 1910 Carteggio di Pietro e Alessandro Verri, F.
Nevati ed E. Greppi, III (agosto 1769settembre 1770) Milano 1911210 Novelle letterarie, 16 febbr. 1770, n. 7,
coll. 103 s. Journal encyclopédique, 1º
giugno 1770314 "Discorso
filosofico-politico sopra la carcere de' debitori", Harlem, et se vend a
Paris: chez Molini libraire rue de la Harpe, vis-a-vis la rue de la
Parcheminerie, 1771. F. Venturi,
Settecento riformatore, 2. , Torino, Einaudi, 1976237-249 Archivo General de Símancas, Estado Legajo
6102, lettera di Bernardo Tanucci al marchese Domenico Grimaldi Portici 13
dicembre 1768, f. 157 v. Savio, "Dottrina ed azione dei giurisdizionalisti
del sec. XVIII", in Arch. Veneto, s. 5, LXII (1958), 12 n. 2, 31 ss. vedi lettera citata del Tanucci al Grimaldi Marco Lastri, Bibliotheca georgica, ossia
Catalogo ragionato degli scrittori di agricoltura, veterinaria, agrimensura,
meteorologia, economia pubblica, caccia, pesca ecc. spettanti all'Italia,
Firenze, 178745 Carteggio di Pietro e
Alessandro Verri. F. Nevati ed E. Greppi, III 17661797, Milano 1911. M. Rosa, AMIDEI, Cosimo, in Dizionario
biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Altri progetti Collabora a Wikisource
Wikisource contiene una pagina dedicata a Cosimo Amidei Collabora a Wikiquote Citazionio
su Cosimo Amidei Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene
immagini o altri file su Cosimo Amidei
Opere di Cosimo Amidei, su Liber Liber.
Opere di Cosimo Amidei, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. V D M Illuministi italiani Filosofia
Categorie: Giuristi italiani del XVIII secoloFilosofi italiani ProfessorePeccioli
FirenzeIlluministiAmidei. AMUCO: not
found.
anceschi: Grice:
“I like Anceschi; he plays with the idea of dialogue as a mirror (specchio) of
ego and alter or ego and tu – I like that. He is the Italian equivalent of John
Holloway, I suppose.” -- Luciano
Anceschi (Milano), filosofo. Allievo di Antonio Banfi, con il quale si laureò
in Filosofia nel 1933, ricoprì l'insegnamento di Estetica nella Facoltà di
Lettere e filosofia presso l'Bologna dal 1952 al 1981. L'interesse per la
letteratura e le arti figurative si accompagnò sempre a quello per la filosofia
moderna antidogmatica: dopo la pubblicazione della sua tesi di laurea Autonomia
ed eteronomia dell'arte edita da Sansoni nel 1936, le sue ricerche sulle figure
e i modelli letterari antidealistici trovarono voce negli interventi pubblicati
su Orpheus dal 1932 e su Corrente di vita giovanile dagli anni 1938-1939,
riviste da lui stesso promosse. Sensibile ai nuovi orientamenti
culturali, si schierò a favore dell'Ermetismo e della Neoavanguardia,
affiancando all'attività di teorico quella di critico militante: pubblicò i
Saggi di poetica e poesia. Con una scheda sullo Swedenborg (1942) e curò le
antologie Lirici nuovi (1943), Linea lombarda. Sei poeti (1952) e Lirica del
Novecento (1953). Della voce Ermetismo fu autore nell'Enciclopedia del
Novecento (1977). Concentratosi sui modelli culturali dimenticati dal
Neoidealismo, si dedicò ai temi del Barocco, dando alle stampe nel 1953 Del
Barocco e altre prove e nel 1960 Barocco e Novecento. Con alcune prospettive
metodologiche. Non abbandonò mai gli studi filosofici: del 1955 sono I
presupposti storici e teorici dell'estetica kantiana, del 1956 D. Hume e i
presupposti empirici dell'estetica kantiana, del 1967 Burke e l'estetica
dell'empirismo inglese e del 1972 Da Bacone a Kant. Saggi di estetica. In
particolare in Progetto di una sistematica dell'arte (1962) delineò una teoria
estetica intesa come fenomenologia delle forme artistiche. Sui principi della
fenomenologia critica basò tutte le successive ricerche. Fondò nel 1956
la rivista Il Verri, di cui fu direttore, mentre diresse dal 1973 per Paravia
la collana La tradizione del nuovo e, nell'ambito universitario, la rivista
Studi di estetica, che raccoglieva i risultati delle ricerche filosofiche che
egli condusse insieme con i suoi allievi. Per il suo impegno nel tener vivo il
fermento culturale di questi anni, gli sarà assegnata a Mestre nel 1965 la
prima edizione del prestigioso premio "Amelia" alla
"tavola" di Dino Boscarato. Nelle pubblicazioni degli anni Sessanta
centrali sono i temi della poetica (Poetiche del Novecento in Italia, 1961, Le
poetiche del Barocco, 1963) e delle istituzioni letterarie (Le istituzioni
della poesia, 1968, Da Ungaretti a D'Annunzio, 1976, Che cosa è la poesia?
1986). Tra gli scritti più recenti si ricordano Il caos, il metodo. Primi
lineamenti di una nuova estetica fenomenologica (1981) e Gli specchi della
poesia. Riflessione, poesia, critica (1989). Nel 1992 ha ricevuto
dall'Accademia dei Lincei il Premio Feltrinelli per la Critica
letteraria. Presidente dell'Ente bolognese manifestazioni artistiche,
dell'Accademia delle Scienze e dell'Accademia Clementina di Bologna, socio
corrispondente dell'Accademia nazionale dei Lincei di Roma, donò la sua
biblioteca (circa 30.000 stampati) e il suo archivio personale (oltre 18.000
lettere e migliaia di autografi) al Comune di Bologna; sono attualmente
conservati presso la Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio. Note Premi Amelia 1965-2005, a cura della
"Tavola all'Amelia", prefazione di Sergio Perosa, Venezia-Mestre, 2006, 18-21. Lo stesso anno il premio è assegnato
anche "per le arti figurative", a Virgilio Guidi. Premi Feltrinelli 1950-, su lincei. 17
novembre . Università degli studi di
Bologna, Annuario dell'anno accademico 1995-1996 e 1996-1997, Bologna, Compositori,
1998, 863–865. Il Verri Giuseppe Pontiggia Salvatore
Quasimodo Alessandro Montevecchi Luciano
Anceschi, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Luciano Anceschi, in
Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Luciano Anceschi, in Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Luciano Anceschi, su BeWeb, Conferenza
Episcopale Italiana. Opere di Luciano Anceschi, . Fondo Luciano AnceschiBiblioteca
dell'Archiginnasio di Bologna Approfondimento, su ibc.regione.emilia-romagna.
22 marzo 2005 5 maggio 2001). Studi di estetica, su unibo. 18 gennaio 15 gennaio ). V D M Vincitori del Premio
Feltrinelli Filosofia Filosofo del XX secoloCritici letterari italiani del XX
secoloAccademici italiani Professore1911 1995 20 febbraio 2 maggio Milano
BolognaVincitori del Premio FeltrinelliAccademici dei LinceiAutori del Gruppo
63BibliofiliDirettori di periodici italianiFondatori di riviste
italianePremiati con l'Archiginnasio d'oroProfessori dell'Università
commerciale Luigi BocconiProfessori dell'BolognaStudenti dell'Università degli
Studi di Milano
andrea: Grice:
“I like Andrea, in more than one way! Andrea
made me realise how naïve Russell is with his ‘logical atomism;’ back in
Naples, the Accademia degli Investiganti took thing really seriously. D’Andrea,
a lawyer, like Hart, -- his claim to fmae is having written an ‘apologia in
difesa,’ which I would abbreviate as just ‘in difesa’ of atomism – but my
favourite is his unpublication, “Degl’atomi e degl’atomisti”!” Grice: “In
Naples, unlike Oxford – cf. Locke and Boyle – it was understood that if you are
an atomist you are, therefore, a libertine!” -- Francesco D'Andrea (Ravello) filosofo -- nato
da una ricca famiglia di avvocati e giuristi di Ravello, seguì gli studi legali
e si addottorò a Napoli, dove fu allievo di Giovanni Andrea Di Paolo, nel 1641.
Nel 1648 venne nominato funzionario del viceré, il duca d'Arcos, a Chieti nel
giustizierato dell'Abruzzo citeriore. Frequentò l'Accademia di Camillo
Colonna, dove si illustravano i fondamenti della filosofia atomista e si dava
avvio al rinnovamento della cultura e della scienza napoletana. Fu membro e
fondatore dell'Accademia degli Investiganti e difese strenuamente il sapere dei
moderni nel testo, rimasto manoscritto, Apologia in difesa degli atomisti e
nella Risposta a favore del Sig. Lionardo di Capoa (1694). Avvocato primario
del Regno di Napoli, D'Andrea viaggiò e partecipò alla vita intellettuale e
agli studi scientifici in molti ambienti culturali italiani. Morì l'11
settembre 1698 nel palazzo Iambrenghi a Candela N. Cortese, I ricordi di un avvocato
napoletano del Seicento, Francesco D'Andrea, Napoli, L. Lubrano e C.,
1923. Dogana della mena delle pecore in
Puglia Regno di Napoli Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su
Francesco D'Andrea Francesco D'Andrea,
in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Francesco D'Andrea, su
accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. Opere di Francesco D'Andrea,
. Questo testo proviene in parte dalla
relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo
Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze (home page), pubblicata
sotto licenza Creative Commons CC-BY-3.0 Francesco D'Andrea e il rinnovamento
culturale del Seicento a Napoli (in occasione del rinvenimento di un
manoscritto sconosciuto degli "Avvertimenti ai nipoti") di Stefano
Capone, sito della Biblioteca provinciale di Foggia, (ampio documento in
formato Filosofi italiani del XVII secoloFilosofi italiani del XVIII
secoloPolitici italiani del XVII secoloPolitici italiani Professore1625 1698 24
febbraio 10 settembre Ravello Candela (Italia)Regno di NapoliSalottieri
andria: Grice:
“I like Andria; of course he brings more problems than solutions but that’s
philosophy even if his philosophical credentials are obscure! “He did write a
philosophical chemistry and a philosophical agriculture, but that’s because at
Naples there were only two faculties: law and philosophy – he also wrote a
‘medicina filosofica’ – Grice: “Andria’s theory of life – as he calls it –
osservazione generalie sulla teoria della vita’ – owes a lot to Aldini and
Haller-- Mainly he elaborates and
refines Haller, if you believe it – it’s all Italian to me, so it’s
eccitbabilita, sensibilita, ed irritabilita. “Andria goes on to define this
eccitabilita in terms of the ‘fluido elettrico’ con ‘sende nel cervello e nei
nervi’ – which galvanism smacks of Aldini. Grice: “Andria classifies ‘vita
vegetale’ o delle piante, and ‘vita animale’ – Note that ‘social life’ is
understood by ‘eucarioti’ of higher order, in terms of reproduction (of life –
hence re-productum). A fronte de' profondi misteri dell'immensa, ed eterna
meccanica, colla quale l’Autor del tutto à voluto che sian le cose disposte ed
ordinate, la forza dell'umano intendimen to si trova per l'ordinario talmente
oppressa dalla propria picciolezza ed imbecillità, che o totalmente impossibile
le riesce di penetrarvi dentro, o appena l'è concesso di conoscerne le più
esterne apparenze; o pur finalmente, sembrandole di esser riuscita nel suo
disegno, realmente non fa altro, che delirare e perdersi dietro la brevità e
l'inezia delle sue idee.» (N. Andria, Osservazioni generali sulla teoria
della vita, 1804) Francesco Nicola Maria Andria. Francesco Nicola Maria Andria (Massafra) filosofo
italiano. Andria nacque a Massafra (odierna provincia di Taranto), il 10
settembre 1747 e morì a Napoli, dove visse fin al 1814. Tre anni dopo la sua
morte il suo nome apparve nella Biografia degli uomini illustri del Regno di
Napoli il suo primo profilo bio-bibliografico Gennaro Terracina. Studiò nella
città partenopea giurisprudenza, pubblicando nel 1769 un Discorso politico
sulla servitù. Decise, poi, di proseguire i suoi studi applicandosi alla
medicina. Allievo di Domenico Cotugno e Giuseppe Vairo, a soli 23 anni aprì a
Napoli una scuola privata; a 27 concorse con il Cirillo per l'ottenimento della
cattedra di medicina pratica, poi conferita a quest'ultimo. La sua
attività di cattedratico, svoltasi tra Sette e Ottocento, nel contesto di un
particolare periodo storico, fu principalmente di ricerca e didattica presso
l'Università Regia degli Studi di Napoli, dove ricoprì vari insegnamenti dalla
storia naturale, alla medicina teoretica e pratica, all'agricoltura.
Pubblicò diverse opere ad uso degli studenti di medicina ed apprezzate altresì
in varie parti d'Europa. Nel 1808 Nicola Andria prese a dettare lezioni
di medicina teoretica; nel 1811, di patologia e di nosologia. Malato ed ormai
cieco, fu congedato agli inizi del 1814, insignito del titolo di cavaliere da Gioacchino
Murat (cognato di Napoleone), e il 9 dicembre morì di tifo a Napoli, dove fu
seppellito nella chiesa di Santa Sofia, insieme al collega Antonio
Sementini. Nicola Andria ha subìto per più di un secolo una
"congiura filosofica" perché medico e perché di Massafra, da cui gli
epiteti spesso riferiti, nei pochi profili apparsi, alle sue origini
provinciali; tuttavia, egli fu decano a Napoli ed ebbe amicizia e consuetudine
epistolare con i nomi più noti ed importanti del panorama scientifico europeo
dell'epoca. Non esistono studi sull'autore, eccezion fatta per alcuni
contributi arenatisi agli anni ottanta del secolo scorso. Nicola Andria fu
socio fondatore e membro del Real Istituto d'Incoraggiamento e del Comitato
Centrale di Vaccinazione, oltreché di molte altre Accademie italiane ed estere.
A Massafra, città natale del medico filosofo, com'egli stesso si definisce,
portano il suo nome ben tre vie (Via Niccolò [sic] Andria, Lungovalle Niccolò
[sic] Andria e Vico Casa di Niccolò [sic] Andria) e una Scuola Media. Il
10 settembre 1997, in occasione del 250esimo anniversario della nascita, a
Massafra è stato fatto un annullo filantelico speciale e una cartolina
commemorativa. Pensiero «Non vi è una materia in Natura che abbia per sua
qualità intrinseca la vita, e meriti perciò di esser chiamata vivente. Né la
vita è un fenomeno semplice, che a una sola materia appartenga, e nasca da una
sola forza. Molte son le materie, e queste fra loro diversissime, che
concorrono alla formazione di una macchina, in cui la vita risiede, le quali
materie intanto, trovandosi separate, niuna vita producono» (N. Andria,
Osservazioni generali sulla teoria della vita, 1804) Il contesto storico in cui
Andria vive fa da “cerniera” ai due secoli più importanti della storia della
scienza e della civiltà: il Settecento e l'Ottocento hanno “gestato” l'umanità
contemporanea, provocato le guerre e portato l'uomo sulla Luna. Andria
vive a Napoli, per certi versi quasi “fulcro” e “convoglio” delle principali
idee e scoperte dell'epoca; la sua particolare sensibilità di scienziato di
formazione filosofica lo porta ad assorbirne il carattere rivoluzionario e ad
“anticipare” i tempi. La sua condizione di provinciale in-urbato, tuttavia, lo
“veste” di una semplicità ed umiltà di cuore, la quale si esprime nelle lodi
del creato e dell'uomo, «congegni perfettissimi» di straordinaria
bellezza. Oggi, questo significa “ri-orientare” la ricerca scientifica
verso un fine che non sia l'“utile” economico (politico, militare), ma ricerca
del vero e del bello nella tutela e nella salvaguardia di tutta
l'umanità. Dagli anni cinquanta dell'Ottocento la circolazione delle idee
andriane (di “freno vitalistico” al meccanicismo più sterile) si arena sulla
sponda di un “nuovo lido”: quel meccanicismo biologico che dell'anima e del
pensiero ha fatto solo un aggregato chimico di molecole. L'eco dell'appello di
Nicola Andria, così instancabilmente perpetrato, in ricerca come in didattica,
si perde; si perde alle soglie di una svolta importante, la stessa che avrebbe
prodotto la Grande Guerra, il delirio dei nazionalismi, la credenza che debba
sopravvivere il più abominevole degli uomini, dove “fortezza” vale
essenzialmente in-umanità, dis-umanità, non-umanità. «Il filosofo [...]
in tutto questo giro di cose, ravvisando le tracce della sapienza infinita di
un Dio, è obbligato ad esclamare: quanto ammirabili, o Signore, sono le opere
tue!» (B. Vulpes, in N. Andria, Elementi di Chimica Filosofica, 1813)
Opere Discorso politico sulla servitù, Napoli, D. Campo, (1769); Piano di un
corso di chimica pratica, Napoli, s. n. t., (1773); Trattato delle acque
minerali', Napoli, V. Manfredi, (1775, 1783); Lettera sull'aria fissa, Napoli,
s. n. t., Elementi di Chimica Filosofica, Napoli, V. Manfredi; Elementi di
Fisiologia, Napoli, V. Manfredi, (1788, 1801); Materia Medica, Napoli, V.
Manfredi, Elementi di Medicina Teoretica, Napoli, V. Manfredi, (1788, 1814,
1817); Istituzioni di Medicina Pratica, Napoli, V. Manfredi, Prospetto generale
dell'istituzione di agricoltura, in Elementi di Chimica Filosofica (1803);
Osservazioni generali sulla teoria della vita, Napoli, V. Manfredi, (1804,
1805); Observations generales sur la théorie de la vie, Parigi, Giguet et
Michaud, (1805); Riflessioni su di un caso singolarissimo di gravidanza fuori dell'utero,
in Osservazioni generali sulla teoria della vita (1805), in Elementi di
Medicina (1814). Note A partire da V.
Cuoco, vari studi sono stati editi a proposito della Rivoluzione napoletana del
1799, la quale diede vita alla Repubblica partenopea, preparata dal triennio
giacobino sin dal 1796. Per
l'internazionalità del suo pensiero si vedano gli studi di M. A. Duca in Il
pensiero scientifico di Nicola Andria, Massafra, A. Dellisanti, , 95-9
Melania Anna Duca, Il pensiero scientifico di Nicola Andria, Antonio
Dellisanti Editore, Massafra Melania
Anna Duca, Nicola Andria: Epistolario (1775-1794). Lettere a Canterzani, Haller
e Spallanzani, Antonio Dellisanti Editore, Massafra Melania Anna Duca, Nicola Andria et les
origines de la psychiatrie moderne. Une contribution historiographique, in
«Psychofenia», n. 23, Melania Anna Duca,
Troubles de l'alimentation, hypocondrie et mesmérisme en Nicola Andria, in
«Psychofenia», n. 24, Altri progetti
Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file
su Niccolò Andria Sito dedicato al
medico e filosofo Nicola Andria, su nicolaandria. 21 ottobre 15 maggio ). Felice Mondella, «ANDRIA
(D'Andria), Nicola», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 3, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1961. iFilosofi italiani del XVIII
secoloFilosofi italiani Professore Massafra Napoli
angeli: Grice:
“I like Angeli – I’m glad he dropped the ‘degl’angeli” – but then I would
because he is into the infinite (insert infinity symbol here) as so am I –
mainly in my elucidation of that Anglo-Saxonism of Indo-European origin (Latin,
‘mentatum,’ ‘mentitum,’ ‘mentitura,’ dicitura) – ‘mean’ – I refer to a
self-referential clause to solve the problem, but then I also refer to Plato on
geometry and the idea of a ‘de facto’ versus ‘de iure’ instantiation of a
‘regressus ad infinitum’ – So Angeli is bound to charm me!” -- Problemata
geometrica sexaginta, 1658 Stefano degli Angeli (Venezia), filosofo. Frate dell'Ordine dei gesuati, nel 1668, con
la soppressione dell'Ordine voluta da papa Clemente IX divenne prete secolare.
Delfino e fedele allievo di Bonaventura Cavalieri, dal 1662 fino al 1697, anno
della sua morte, insegnò all'Padova. Fu l'unica voce autorevole di fine
Seicento che continuò a difendere la teoria degli infinitesimi, in palese
conflitto con i gesuiti. Dal 1654 al
1667 si dedicò allo studio della geometria, continuando le ricerche di
Cavalieri e di Evangelista Torricelli. Passò quindi alla meccanica, su cui
spesso si trovò in conflitto con Giovanni Alfonso Borelli e con Giovanni
Riccioli. Opere Stefano degli Angeli,
Della gravità dell'aria e fluidi, esercitata principalmente nei loro omogenei,
In Padoua, per Mattio Cadorin, 1671. 19 maggio . Stefano degli Angeli, Problemata geometrica
sexaginta, Venetiis, apud Iohannem La Noù, 1658. 19 maggio . Stefano degli Angeli, De infinitorum
spiralium spatiorum mensura, Venetijs, apud Ioannem La Noù, 1660. 19 maggio
. Stefano degli Angeli, Accessionis ad
steriometriam, et mecanicam, pars prima, Venetijs, apud Ioannem La Noù, 1662.
19 maggio . Stefano degli Angeli, De
infinitis parabolis, de infinitisque solidis ex variis rotationibus ipsarum,
partiumque earundem genitis, Venetiis, apud Ioannem La Noù, 1659. 19 maggio
. Stefano degli Angeli, Miscellaneum
geometricum, Venetijs, apud Ioannem La Noù, 1660. 19 maggio . Note Fonte: M. Gliozzi, Dizionario Biografico
degli Italiani, riferimenti in . Mario
Gliozzi, «ANGELI, Stefano degli», in Dizionario Biografico degli Italiani,
Volume 3, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1961. Àngeli, Stefano
degli, in TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Amir Alexander, Infinitamente piccoli. La teoria matematica alla base del mondo
moderno, Torino, Codice edizioni, 353.Kirsti Andersen, "Cavalieri's method
of indivisibles." Arch. Hist. Exact Sci. 31 (1985), no. 4, 291-367 Stefano degli Angeli, su TreccaniEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Stefano degli Angeli, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Stefano degli Angeli, su MacTutor, University of St
Andrews, Scotland. Opere di Stefano
degli Angeli / Stefano degli Angeli (altra versione), su openMLOL, Horizons
Unlimited srl. Pietro Magrini, Sulla
vita e sulle opere del Padre Stefano degli Angeli matematico Veneziano del sec.
XVII memoria di Pietro Magrini, letta all'Ateneo Veneto 10 Luglio 1862:
Estratta dal Giornale Arcadico; tomo 45 della nuova serie, Tip. delle belle arti,
1866. Filosofia Matematica Matematica Categorie:
Matematici italiani del XVII secoloFilosofi italiani Professore1623 1697 23
settembreMorti l'11 ottobre Venezia Padova
angiulli: Grice: “I like Angiulli; especially since he brought some
grice to the mill, as he crossed the pond to read “System of Logic,” but his
heart is in Berlin -- he loved that
monumental ‘aula magna’ where Hegel taught. “Once a Hegelian, always a
Hegelian.” He loved Feuerbach because he multiplied dialectic – la dialettica
della dialettica – Garin loved this!” If
there is a hashtag here is #metafisicacritica, since Angiulli oddly concludes
with a synthesis: metaphysics (which includes the view that ‘la natura delle
cose e la fenomenalita’) should be part of what he calls the ‘ricerca’ (and
which Lakatos translated as ‘research’) --.” Grice: “I love the fact that
Angiulli, seeing that Mill was so erudite yet never attended Oxford, thought
that Oxford was perhaps ‘acccidental’” – Grice: “Another thing I love about
Angiulli is that he can quote direct from greek, as in his note on nature
spawning itself, without (a) the need to translate or (b) provide the boring
stuffy academic source!” Andrea Angiulli (Castellana), filosofo -- importante
esponente del positivism. Inizialmente
allievo di Bertrando Spaventa, uno degli interpreti del pensiero hegeliano in
Italia, successivamente Angiulli si allontanò dalla scuola hegeliana napoletana
dopo un soggiorno biennale di studi in Germania nonché in Francia e in
Inghilterra, dove conobbe la sua futura sposa: Mary della nobile famiglia dei
Romano di Patù, nipote di Liborio Romano. Aderì al positivismo, ma rifiutò
l'agnosticismo di Herbert Spencer, mentre ritenne possibile giustificare la "religione
dell'umanità" (di Auguste Comte) in base alle scienze positive. Iniziò la sua carriera d'insegnante di
filosofia nel liceo "Vittorio Emanuele" di Napoli. In seguito divenne
professore di antropologia e pedagogia nell'Bologna (1871-1876) e dal 1876 ordinario
di pedagogia in quella di Napoli, dove fu anche incaricato dell'insegnamento di
etica e di filosofia teoretica. Fu più
volte assessore alla pubblica istruzione nel Comune di Napoli dal 1884 e
candidato senza successo al parlamento nazionale. Angiulli era ritenuto un
progressista vicino al socialismo che egli invece contestava come dimostra la
sua corrispondenza epistolare con Marx che aveva avuto modo di conoscere in
Germania. Massone, fu affiliato Maestro nella
Loggia Fede italica di Napoli il 7 febbraio 1889. Il pensiero pedagogico Angiulli riteneva che
ci si dovesse adoperare per una riforma dell'istruzione in senso popolare e
nazionale inserendo questo progetto nell'ambito di un rinnovamento dell'intera
società che solo tramite l'educazione sarebbe riuscita a mantenere nel tempo le
proprie caratteristiche. Occorreva dunque una fusione fra cultura, sistemi
educativi e la politica sociale realizzando così il programma del pensiero
positivista che, secondo Angiulli, ha un valore soprattutto pedagogico, di una
pedagogia scientifica, secondo i dettami positivisti, ma anche letteraria e
liberale. La pedagogia quindi non potrà
non tener conto dell'antropologia che dimostra l'importanza della famiglia come
nucleo fondante della società e della sociologia che stabilisce il collegamento
tra educazione e una politica laica e liberale.
È nella famiglia, secondo Angiulli, che avviene la prima forma di
pedagogia dove il padre rappresenta l'autorità e la madre il temperamento,
tramite l'affetto, dei comportamenti infantili: elementi questi essenziali
destilla formazione armonica di un cittadino in grado di esprimere solidarietà
sociale e volontà di progredire resistendo a quelle pressioni clericali che
caratterizzavano i primi anni della nascita dello stato unitario italiano. Opere Filosofia La filosofia e la ricerca
positiva: quistioni di filosofia contemporanea (1868) Gli hegeliani e i
positivisti in Italia e altri scritti inediti, A. Savorelli (1992) Pedagogia La
pedagogia lo stato e la famiglia (1876) La filosofia e la scuola (1888)
Curiosità Al professore è stata intitolata, nel 1906, la Società Ginnastica
Angiulli di Bari. Note E. Garin,
Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in . Andrea Angiulli, La filosofia e la ricerca
positiva, Napoli, tip. Ghio, 1868, 97 e
seg. e 150 e seg. Vittorio Gnocchini,
L'Italia dei Liberi Muratori, Erasmo ed., Roma, 200515. Luigi Volpicelli, La Pedagogia: storia e
problemi, maestri e metodi, sociologia e psicologia dell'educazione e
dell'insegnamento, ed. Piccin, 1982, p.168 A. Espinas, La Philosophie
expérimentale en Italie. Origines-Etat actuel,Paris 1880, 82-88. F. Alterocca, Sulla vita e sulle opere
di A. A.,Milano 1890. G. A. Colozza, A. A., in Diz. illustrato di Pedagogia,
Milano 1891, I, 31-40. G. M. Ferrari, Il
Liceo Vittorio Emanuele II di Napoli, all'esposizione universale di Parigi del
1900, La cattedra di filosofia, Napoli 1900,
CXXXVI-CXLVI. F. Orestano, A. A., Roma 1907, (con ). G. Gentile, La
filosofia in Italia dopo il 1850III. I Positivisti. V. A. A., in "La
Critica", VII (1909), 97-120 (e in
"Le origini della filosofia contemporanea in Italia", II, Messina
1921, 123-53). G. Flores D'Arcais, Studi
sul positivismo pedagogico italiano, Padova 1953, passim. U. Spirito e F.
Valentini, Il pensiero pedagogico del positivismo, Firenze 1956, passim. R.
Tisato , Positivismo pedagogico italiano,
II, Torino 1976, 65-101. A.
Savorelli, Positivismo a Napoli. La metafisica critica di A. A., Napoli 1990.
G. Oldrini, Idealismo italiano tra Napoli e l'Europa, Milano 1998, cap. VIII.
M. Donzelli, Origini e declino del positivismo. Saggio su Auguste Comte in
Italia, Napoli 1999, 141-177. G. U.
Cavallera, A. A. e la fondazione della pedagogia scientifica, Lecce 2008. Positivismo Pedagogia Famiglia Altri progetti
Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Andrea
Angiulli Collabora a Wikiquote Citazionio su Andrea Angiulli Collabora a
Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Andrea
Angiulli Eugenio Garin, Andrea Angiulli,
in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Opere di Andrea Angiulli, . Andrea
Angiulli, in L'Unificazione, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Filosofia
Istruzione Istruzione Filosofo del XIX
secoloPedagogisti italiani 1837 1890 12 febbraio 2 gennaio Castellana Grotte
NapoliMassoniProfessori dell'BolognaProfessori dell'Università degli Studi di
Napoli Federico II
ANNUNZIO-D’to study thoroughly.
Grice: “I will call him a philosopher.”
antiseri: Grice: “Antiseri makes a distinction between what you CAN
say and what you MUST ‘tacere’ (i. e. left implicit). Not exactly what I was
thinking when I made the explicit/implicit distinction, but similarly! His
point is that for Vitters, questions of the mystic – which Antiseri compares to
Bonaventura! -- -- ‘la logica di un mistico y la mistica di un logico’! genial –
I was thinking more along the lines that ‘You’ve just committed a social gaffe’
is best left implicit (“She is a windbag’) – our of manners, etiquette, and
what I call the principle of conversational gentility!” – “So I find the ‘must’
too strong, and change it for a ‘may’ – but in Antiseri’s case, the point is
conceptual: you just CANNOT make the mysitic explicit, and there is a need (his
word) to keep whatever the mystic is Unexpressed.” Grice: “I like Antiseri, and
he indeed quotes me, not only because he MUST, as in his history of
contemporary philosophy, but because he LIKES it ( cf. Italian piacere) – as
surprised I was when I see that when discussing the future of metaphysics
within analytic philosophy he relies on my Third-Programme for the BBC!” Grice:
“Antiseri reminds me of myself, when he discusses ‘senso commone’ and
‘filosofia anallitica’ and ‘linguaggio ordinario’ – that’s why I used to joke,
when lecturing in the New World – and at Welleseley, no less! – about the
“Oxford School of Ordinary Language Philosophy”! Grice: “While Antiseri invests
a lot to make logic of Austin, he has to because he has posited himself as
giving ‘lezione di filosofia del linguaggio’!” Grice: “Most importantly, his
key words, such as solidarity, are very much along the lines that base my
‘ethics of conversation’ which is Kantian in spirit --.” Grice: “Antiseri has
to fight how to deal with this Kantianism along utilitarian lines, as when he
confronts ‘horizontal’ to ‘vertifical’ (i. e. bad) subsidiarity – where a
principle of subsidiarity – or respect for ‘il bene commone – gets balanced
with the principle of solidarity. A Calvinist approach, to some!” – Antiseri:
“It is amusing that Antiseri is forced to defend the relevance of the Romans,
where that is taken for granted at Lit. Hum. Oxford!” -- Dario Antiseri
(Foligno), filosofo. Originario della città umbra di Spello, si laurea in
filosofia nel 1963 presso l'Perugia; ha poi proseguito i suoi studi presso
varie università europee sui temi legati alla logica matematica,
all'epistemologia ed alla filosofia del linguaggio. Divenuto libero docente nel 1968 ha iniziato
l'insegnamento presso l'Università "La Sapienza" di Roma e l'Siena. È
inoltre membro dell'Advisory Board del Centro Studi Tocqueville-Acton. Dal 1975 al 1986 è stato ordinario di
filosofia del linguaggio presso l'Padova mentre, dal 1986 al 2009, ha assunto
la cattedra di "Metodologia delle scienze sociali" alla LUISS di Roma
per poi ricoprire l'incarico di preside della Facoltà di Scienze politiche
della stessa Università tra il 1994 ed il 1998. Nel febbraio del 2002 è stato
insignito, assieme a Giovanni Reale, di una laurea honoris causa presso
l'Università Statale di Mosca. Collabora stabilmente con il quotidiano
Avvenire. Dario Antiseri ha pubblicato
testi didattici di filosofia oltre a testi di divulgazione filosofica e di
autori stranieri, in particolare ha contribuito a far conoscere in Italia il
pensiero di Karl Popper. Critiche Il
pensiero del professor Antiseri è da tempo sottoposto a critiche sia
all'interno della Chiesa sia all'interno del mondo intellettuale liberale. A
tal proposito sono interessanti le critiche recentemente mosse al pensiero
dell'intellettuale da Assuntina Morresi sul giornale on-line L'occidentale e
l'articolo del 2005 su "espressonline" di Sandro Magister in cui
l'opera di Antiseri viene definita "apologia del relativismo". Altrettanto interessante è il commento al
relativismo di Antiseri apparso sul web nel blog di Fabrizio Falconi, e quello
di Litta Modignani pubblicato sul sito Critica liberale. Opere Perché la metafisica è necessaria per
la scienza e dannosa per la fede, Brescia, Queriniana, 1980, 2ª ed. aumentata
1991. 88-399-0623-1. Dario Antiseri e
Nicola Alberto De Carlo. Epistemologia e metodica della ricerca in psicologia,
Padova, Liviana Editrice, Dario Antiseri et al., C'è ancora spazio per la
fede?, Milano, Rusconi Libri, 1992.
978-88-18-01088-6. Dario Antiseri e Ralf Dahrendorf. Il filo della
ragione, Roma, Donzelli, 1995.
88-7989-146-4. Liberi perché fallibili, Soveria Mannelli, Rubbettino,
1995. 88-7284-376-6. Trattato di
metodologia delle scienze sociali, UTET Università, Carl Gustav Hempel e Dario
Antiseri. Come lavora uno storico, Roma, Armando, 1997. 88-7144-074-9. Liberali. Quelli veri e quelli
falsi, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1998.
88-7284-676-5. L'università italiana. Com'è e come potrebbe essere,
Soveria Mannelli, Rubbettino, 1998.
88-7284-685-4. Dario Antiseri et al. Tre idee per un'Italia civile,
Soveria Mannelli, Rubbettino, 1998.
88-7284-638-2. Credere dopo la filosofia del secolo XX, Roma, Armando, Didattica della storia: epistemologia
contemporanea, Roma, Armando, Karl Popper, Soveria Mannelli, Rubbettino,
1999. 88-7284-729-X. L'agonia dei
partiti politici, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1999. 88-7284-821-0. Epistemologia e didattica
delle scienze, Roma, Armando, Dario Antiseri e Mario Timio. La medicina basata
sulle evidenze, Edizioni Memoria, 2000.
88-87373-24-8. La Vienna di Popper, Soveria Mannelli, Rubbettino,
2000. 88-7284-858-X Dario Antiseri e
Giovanni Reale. Quale ragione?, Milano, Cortina, 2001. 88-7078-670-6. Teoria unificata del metodo,
UTET Libreria, 2001. 88-7750-698-9.
Dario Antiseri et al. Cattolicesimo, Liberalismo, Globalizzazione, Soveria
Mannelli, Rubbettino, Karl Popper.
Protagonista del secolo XX, Soveria Mannelli, Rubbettino. Cristiano perché
relativista, relativista perché cristiano. Per un razionalismo della
contingenza, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2003. 88-498-0590-X. Dario Antiseri, Giovanni
Federspil, Cesare Scandellari. Epistemologia, clinica medica e la
"questione" delle medicine "eretiche", Soveria Mannelli,
Rubbettino, 2003. 88-498-0421-0.
Principi liberali, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2003. 88-498-0492-X. Idee fuori dal coro, Roma, Di
Renzo, 2004. 88-8323-103-1 Ragioni della
razionalità [ 1], Soveria Mannelli, Rubbettino, 2004. 88-498-0947-6. Cattolici a difesa del
mercato, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2005.
88-498-0992-1. Come leggere Kierkegaard, Milano, Bompiani, 2005. 88-452-4136-X. Come leggere Pascal, Milano, Bompiani,
Credere. Perché la fede non può essere messa all'asta, Roma, Armando,
2005. 88-8358-909-2. Dario Antiseri e
Hans Albert. Epistemologia, ermeneutica e scienze sociali, Roma, Luiss University
Press, Introduzione alla metodologia della ricerca, Soveria Mannelli,
Rubbettino, 2005. 88-498-1002-4.
Prefazione a Joseph Agassi, La filosofia e l'individuo, Roma, Di Renzo, 2005.
Ragioni della razionalità [2], Soveria Mannelli, Rubbettino, 2005. 88-498-0948-4. Relativismo, nichilismo,
individualismo. Fisiologia o patologia dell'Europa?, Soveria Mannelli, Rubbettino,
. Dario Antiseri et al. Teorie della razionalità e scienze sociali, Roma, Luiss
University Press, Dario Antiseri e Hans
Albert. L'ermeneutica è scienza?, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2006. 88-498-1580-8. Liberali e solidali. La
tradizione del liberalismo cattolico, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2006. 88-498-1479-8. La «via aurea» del
cattolicesimo liberale, Soveria Mannelli, Rubbettino, Dario Antiseri e Hubert
Kiesewetter. «La società aperta» di Karl Popper, Soveria Mannelli, Rubbettino,
2007. 88-498-1887-4. Von Hayek visto da
Dario Antiseri, Roma, Luiss University Press, 2007. 88-6105-037-9. Dario Antiseri e Gianni
Vattimo. Ragione filosofica e fede religiosa nell'era postmoderna, Soveria
Mannelli, Rubbettino, 2008.
978-88-498-2114-7. Dario Antiseri e Giulio Giorello. Libertà. Un
manifesto per credenti e non credenti, Milano, Bompiani, Dario Antiseri e Vito
Cagli. Dialogo sulla diagnosi. Un filosofo e un medico a confronto, Roma,
Armando, 2008. 978-88-608-1344-2.
L'attualità del pensiero francescano. Risposte dal passato a domande del
presente, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2008.
978-88-498-2204-5. Dario Antiseri et al. In cammino attraverso le
parole, Roma, Luiss University Press, 2009.
88-6105-058-1. Contro Rothbard. Elogio dell'ermeneutica, Soveria
Mannelli, Rubbettino, Dario Antiseri, Corrado Ocone Liberali d'Italia, Soveria
Mannelli, Rubbettino, Note Questioni disputate, su
chiesa.espresso.repubblica. Marx, un
falso profeta sconfitto dalla storia, su lanuovabq. Contro Popper, Bruno Lai, Armando Editore, Vedi
L'impegno dei cattolici in politica si misura sui valori non negoziabili
Archiviato il 21 gennaio in . di
Assuntina Morresi, l'Occidentale, 12 giugno .
Vedi Questioni disputate. Un filosofo cattolico fa l'apologia del
relativismo di Sandro Magister, chiesa.espressoonline, 3 novembre 2005. Vedi Il relativismo inevitabile? Risposta a
Dario Antiseri, Il blog di Fabrizio Falconi, 1º gennaio . Vedi La falsa "laicità" che piace
al Corriere Archiviato il 30 aprile in .
di Alessandro Litta Modignani, Fondazione critica liberale, 29 maggio . Giuseppe Franco, Per una biografia
intellettuale. In dialogo con Dario Antiseri, in Giuseppe Franco , Sentieri
aperti della ragione. Verità, metodo, scienza. Scritti in onore di Dario
Antiseri nel suo 70º compleanno, Pensa Editore, Lecce , 23–43.
Relativismo Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Dario
Antiseri Sito ufficiale, su
docenti.luiss. Dario Antiseri, su
TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dario Antiseri, su BeWeb, Conferenza
Episcopale Italiana. Opere di Dario Antiseri, .
Registrazioni di Dario Antiseri, su RadioRadicale, Radio Radicale. Tocqueville-Acton Centro Studi e Ricerche, su
tocqueville-acton.org. Filosofia Filosofo del XX secoloFilosofi italiani del
XXI secoloInsegnanti italiani del XX secoloInsegnanti italiani Professore1940 9
gennaio FolignoProfessori della SapienzaRoma
antonič::
“The fact that he was born with a non-Italian last name outside Italy makes
Italian philosophers wonder if Antonich is an Italian philosopher, but Strwson
says he is! ‘As much as Quine is an English philosopher of Manx descent!” ---- Carlo
Antoni.jpeg Deputato della Consulta Nazionale del Regno d'Italia Durata mandato25
settembre 194524 giugno 1946 Incarichi parlamentari Segretario della
Commissione affari esteri (27 settembre 194524 giugno 1946) Sito istituzionale
Dati generali Titolo di studioLaurea in Lettere e Filosofia Professione docente
universitario, filosofo, giornalista Carlo Antoni (Senosecchia, outside Italy! -- 15 agosto 1896Roma, 3 agosto
1959) filosofo, storico della filosofia e politico italiano. Nato come
Karlo Antonič, allievo di Benedetto Croce, studiò soprattutto la cultura
filosofica tedesca, dal Settecento al Novecento, ritenendo di coglierenella sua
opera più nota, La lotta contro la ragionele radici dell'idealismo e
dell'irrazionalismo tedesco nella lotta combattuta contro il razionalismo
cartesiano dai movimenti politici svizzeri e dal pietismo. Difese la
filosofia dei distinti contro la concezione della dialettica hegeliana degli
opposti. Tenne la cattedra di Filosofia della storia presso l'Roma dal
1947 alla morte. La sua riflessione speculativa si muove all'interno del
paradigma crociano e il suo indirizzo politico gioca al confine tra il liberalismo
politico, il liberismo economico e il socialismo moderato. Aderì al Partito
Liberale Italiano, ma nel 1956 scelse il Partito Radicale di Mario
Pannunzio. Opere principali Per una più completa , si rinvia alla degli scritti di Carlo Antoni, Franco Voltaggio,
in Carlo Antoni, Storicismo e antistoricismo, M. Biscione, 2ª ed., Napoli,
Morano, 1972 [1964], 231-248, . Carlo Antoni, Dallo storicismo alla
sociologia, Firenze, Sansoni, 1973 [1940],
. Carlo Antoni, La lotta contro la ragione, nuova edizione M. Biscione,
Firenze, Sansoni, 1968 [1942], . Carlo
Antoni, Considerazioni su Hegel e Marx, Napoli, Ricciardi, 1946, . Carlo Antoni, Commento a Croce, 2ª ed.,
Venezia, Neri Pozza, 1964 [1955], .
Carlo Antoni, Lo storicismo, 2ª ed., Torino, Edizioni Rai Radiotelevisione
Italiana, 1968 [1957], . Carlo Antoni,
Gratitudine, Milano-Napoli, Ricciardi, 1959,
. Carlo Antoni, La restaurazione del diritto di natura, Venezia, Neri Pozza,
1959, . Carlo Antoni, Chiose
all'estetica, a cura e con un saggio di A. Olivetti, Fiesole, Cadmo, 2002
[1960], 88-7923-267-3. Carlo Antoni,
Storicismo e antistoricismo, M. Biscione, 2ª ed., Napoli, Morano, 1972
[1964], . Carlo Antoni, Scritti di estetica,
M. Biscione, Napoli, Giannini, 1968, .
Carlo Antoni, L'esistenzialismo di Heidegger, M. Biscione, Napoli, Guida,
1972, . Carlo Antoni, Lezioni su Hegel
(1949-1957), a cura e con una nota di M. Biscione, Napoli, Bibliopolis,
1988, 978-88-708-8186-8. Note (SL) Historiografska divergenca:
razsvetljenska in historična paradigma , su tajakramberger.files.wordpress.com.
24 agosto . QUALESTORIA Rivista di storia contemporanea1 , su openstarts.units.
25 agosto . Carteggio Croce-Antoni, M.
Mustè, introduzione di G. Sasso, Bologna, Il Mulino, 1996, 88-15-05594-0. Gennaro Sasso, L'illusione
della dialettica. Profilo di Carlo Antoni, Roma, Edizioni dell'Ateneo,
1982, . Dario Quaglio, Umanesimo
liberale. Del giusnaturalismo di Carlo Antoni, Napoli, Edizioni Scientifiche
Italiane, 1987, . Francesco Mattei, La
dimensione etica tra storicismo e giusnaturalismo. Studio su Carlo Antoni,
Roma, Anicia, 1999 [1981], . Francesco
Postorino, Carlo Antoni. Un filosofo liberista, prefazione di S. Audier,
Soveria Mannelli, Rubbettino, ,
978-88-498-4832-8. Michele Biscione, Antoni, Carlo, in Dizionario
biografico degli italiani, 3, Roma,
Istituto della Enciclopedia Italiana, 1961,
507-509, . Altri progetti
Collabora a Wikiquote Citazionio su Carlo Antoni Carlo Antoni, su TreccaniEnciclopedie on
line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Carlo Antoni, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Carlo
Antoni, su storia.camera, Camera dei deputati.
Liberalismo e liberismo: Carlo Antoni tra Croce e “gli amici della Mont
Pélerin Society” di Raimondo Cubeddu, in Società Libera, sito societalibera. La
Biblioteca privata di Carlo Antoni, su Sapienza Roma. 2 agosto . Filosofia Filosofo
del XX secoloStorici della filosofia italianiPolitici italiani Professore1896
1959 15 agosto 3 agosto RomaDeputati della Consulta nazionale
DivacciaProfessori della SapienzaRoma
ANTONINI Grice:
“I like Antonini, or Cinesio – you see, one problem of these Italians – but cf.
Occam – by sticking to the first-name is that a researcher in the longitudinal
history of philosophy has to check references to Aegeius viterbensis and
Aegidius Cinesio! It was only recently that he was found to be one of the
Antoninis! His place in the longitudinal history of philosophy is that famous
pendulum between Plato and Aristotle – so after Aquinas’s Aristotle, Egidio –
an almost Tuscan man! – finds Plato more pleasing – especially his philosophy
of love in the symposium, the references to Ganymede as representing ‘amore,’
and he has the cheek to display all this hardly scholastic erudition (more of a
renaissance thing) in his commentary of Lombardo’s sentences! Delightful – my
favourite is his reference to Ganymede, for here we have the treatment of a
subject (Zeus) of another subject as an object – and that’s just only one
reading of Zeus’s intention --.” Grice:
“In any case, the sacrificial status of Ganymede is recognised in the Platonic
tradition – as the manipulative use of a subject by another subject who is
subjected as an object, rather --.” Antonini: Essential Italian philosopher.
Antonini (n. Viterbo), filosofo. Egidio da Viterbo «Sono gli uomini che devono essere
trasformati dalla religione, non la religione dagli uomini» (Egidio da
Viterbo, prolusione al Quinto Concilio Lateranense) Egidio Antonini da Viterbo,
O.E.S.A. cardinale di Santa Romana Chiesa Egidio 2Egidio da Viterbo, affresco
XVII secolo (part.), Sala Regia, Palazzo dei Priori, Viterbo Stemma egidio
Incarichi ricopertiPriore generale dell'Ordine di Sant'Agostino, Cardinale
presbitero di San Bartolomeo all'Isola (1517) Cardinale presbitero di San
Matteo in Merulana (1517-1530) Vescovo di Viterbo e Tuscania (1523-1532)
Patriarca titolare di Costantinopoli (1524-1530) Cardinale presbitero di San
Marcello (1530-1532) Amministratore apostolico di Zara (1530-1532)
Amministratore apostolico di Lanciano (1532) Nato1469 a Viterbo
Ordinato presbiteroin data sconosciuta Nominato vescovo2 dicembre 1523 da papa
Clemente VII Consacrato vescovo10 gennaio 1524 dall'arcivescovo Gabriele
Mascioli Foschi, O.E.S.A. Elevato patriarca8 agosto 1524 da papa Clemente VII
Creato cardinale1º luglio 1517 da papa Leone X Deceduto12 novembre 1532 a
Roma Manuale Egidio Antonini da Viterbo, o semplicemente Egidio da
Viterbo (Viterbo), filosofo. Apparteneva all'Ordine degli Agostiniani. Nacque
a Viterbo, da Lorenzo Antonini e Maria del Testa, in un giorno imprecisato tra l'estate
e l'autunno del 1469Pur essendo i genitori di origini modeste, fecero compiere
ad Egidio studi approfonditi presso il convento agostiniano viterbese della
Santissima Trinità. Forse influenzato dalla predicazione di Mariano da
Genazzano, presente a Viterbo nel 1485, tre anni dopo, nel 1488, all'éta di
diciotto anni, entrò nell'Ordine degli Agostiniani, presso il medesimo convento
per esservi ordinato sacerdote. Sotto il priorato di Giovanni Parentezza,
studiò filosofia, teologia e lingue antiche (greco, ebraico, arabo, aramaico,
persiano) e si perfezionò, cominciando anche ad insegnare, presso le case del
suo ordine ad Amelia, Padova, Firenze, Roma, Viterbo ed in Istria. A Padova
(1490-1493) incontrò più volte Pico della Mirandola, con il quale discusse di
astrologia e cabalismo, ma, soprattutto, in quella città curò nel 1493 l'editio
princeps di tre commenti aristotelici di Egidio Romano, con notazioni contrarie
ai peripatetici e ad Averroè. Alcuni anni più tardi conobbe a Firenze
l'umanista Marsilio Ficino, di cui fu allievo e successivamente amico, e con il
quale si perfezionò notevolmente nello studio delle dottrine neoplatoniche,
specialmente in rapporto alla loro assoluta compatibilità con i principi del
Cristianesimo. Nella primavera del 1497 il cardinale Riario, protettore degli
Agostiniani, che aveva per lui grande stima, lo richiamò a Roma dove, dopo una
duplice e complessa prova, conseguì il magisterium in teologia. Oratore
di straordinaria efficacia, particolarmente apprezzato in quegli anni da papa
Alessandro VI, quindi dai suoi successori, paragonato da taluni a Demostene, fu
in contatto con i maggiori intellettuali del tempo; oltre alla fitta
corrispondenza con Marsilio Ficino, va ricordata la frequentazione che ebbe a
Napoli con Giovanni Pontano (che gli dedicò il dialogo Ægidius) e con gli
intellettuali della sua Accademia. Nel giugno 1506 papa Giulio II gli
affidò la guida dell'Ordine agostiniano come Vicario apostolico; l'anno
successivo (1507) il capitolo generale dell'Ordine lo confermò alla sua guida
come Priore Generale, incarico che mantenne per molti anni, durante i quali
riformò profondamente l'Ordine stesso, riportandolo agli antichi fasti con il
pieno recupero della regola di S.Agostino. Durante quegli anni fu uno dei più
stretti collaboratori di Giulio II, che accompagnò nella sua missione contro
Bologna e dal quale fu inviato come nunzio apostolico a Venezia e Napoli per
ottenere l'adesione di quegli stati alla crociata progettata dal pontefice:
venne anche inviato nella città ribelle di Perugia e ad Urbino. Il 3 maggio
1512 il papa gli conferì il prestigioso incarico di tenere l'orazione
inaugurale del Quinto Concilio Lateranense: Egidio pronunciò così una celebre,
accorata allocuzione in cui parlò con determinata onestà dei mali della Chiesa,
suscitando viva emozione nei presenti, molti dei quali lodarono lo stampo
ciceroniano dell'orazione. Morto nel febbraio 1513 Giulio II, anche il
suo successore Leone Xappartenente alla potente famiglia fiorentina dei
Medicicontinuò la stretta collaborazione con Egidio, che impiegò in importanti
missioni diplomatiche, come quella del 1516 in Germania, quando ottenne una
difficile pacificazione tra Massimiliano I e la Repubblica di Venezia. Il papa
innalzò Egidio alla dignità cardinalizia nel concistoro del 1º luglio 1517
creandolo cardinale prete con titolo di San Bartolomeo all'Isola; quasi subito
il porporato viterbese optò per il titolo di San Matteo in Merulana, antica
chiesa agostiniana; molti anni più tardi, poco prima di morire, avrebbe infine
optato per il titolo di San Marcello. Nel 1518 Leone X lo nominò cardinale
protettore dell'Ordine degli Eremitani di Sant'Agostino e, nello stesso anno,
lo inviò come legato pontificio in Spagna per una complessa missione nella
quale avrebbe dovuto impegnare Carlo V alla crociata contro i turchi. In quel
periodo fu anche governatore di diverse città dello Stato Pontificio. Occorre
altresì ricordare come il 31 ottobre 1517, a meno di quattro mesi dalla sua
nomina a cardinale e quando Egidio era ancora Priore Generale degli
Agostiniani, un monaco agostiniano tedesco, Martin Lutero, affisse sulle porte
della Schlosskirche di Wittenberg le notissime 95 tesi che avrebbero dato
inizio alla riforma protestante. Dopo la scomparsa di Leone X (1º dicembre
1521) ed il breve pontificato di Adriano VI, il 18 novembre 1523 fu eletto
papa, con l'appoggio di Egidio, un altro Medici, Clemente VII, che, pochi
giorni dopo l'elezione, il 2 dicembre, conferì al cardinale viterbese la nomina
a vescovo proprio della diocesi di Viterbo: l'anno successivo Egidio venne
nominato patriarca latino di Costantinopoli e amministratore apostolico
dell'arcidiocesi di Zara. Purtroppo in quegli anni le indecisioni e gli errori
politici di Clemente VII crearono problemi gravissimi al governo della Chiesa:
il papa finì per schierarsi con i francesi, ma prima la sconfitta di Francesco
I a Pavia (1525), poi le incertezze della lega di Cognac aprirono le porte alla
discesa in Italia di Carlo V con i suoi lanzichenecchi, culminata nel terribile
Sacco di Roma (1527), durante il quale venne distrutta -tra l'altro- tutta la
ricchissima biblioteca di Egidio nel Convento di Sant'Agostino. Il porporato si
trovava allora nelle Marche e, per soccorrere il papa, assediato in Castel
Sant'Angelo, organizzò -impiegando anche il proprio denaro- una spedizione
armata, che non ebbe però fortuna per i molti ostacoli frapposti dai signori
locali. Dopo quei dolorosi momenti la salute di Egidio andò peggiorando: questo
fatto non gli impedì, peraltro, di tenere, durante il concistoro pubblico del
novembre 1530, una famosa ed appassionata orazione sulla necessità di riformare
la Chiesa dopo lo scisma luterano. Clemente VII dichiarò la sua disponibilità,
ma sarà solo il suo successore, Paolo III, conterraneo di Egidio, a convocare
l'importante Concilio di Trento, che segnerà, con la controriforma, la prima
importante reazione della Chiesa al protestantesimo. Poco prima di morire il
cardinale fu nominato arcivescovo di Lanciano (10 aprile 1532); amministrò la
diocesi lancianese a titolo di commenda per sette mesi, fino alla morte.
Morì a Roma il 12 novembre 1532 e venne sepolto nella chiesa di Sant'Agostino,
dove lo ricorda una semplicissima lapide sul pavimento della navata centrale, a
cornu evangelii rispetto all'altar maggiore. Filosofia, Ebraismo,
Cabala Egidio da Viterbopartic. di affresco XVIII secolo, Sala del
Cenacolo, Convento Santissima Trinità, Viterbo Egidio deve certamente essere
considerato uno dei maggiori filosofi di quei secoli. Il suo primo impegno
importante fu quando, studente a Padova, curò nel 1493 la pubblicazione con
commento di tre opere del filosofo e vescovo agostiniano Egidio Romano, vissuto
tra il XIII ed il XIV secolo: elaborò così un'autentica avversione nei
confronti della filosofia di Aristotele e dell'averroismo, contro i quali
ritenne che l'unico possibile antidoto fosse, specie dopo l'incontro con
Marsilio Ficino ed in perfetta armonia con Sant'Agostino, il neoplatonismo,
inteso come «pia philosophia», cioè nella sua piena compatibilità con i valori
cristiani. Uomo dottissimo, volle leggere tutte le opere che studiava nelle
lingue originali in cui erano state scritte, per meglio comprenderne il vero
significato: acquisì in tal modo una straordinaria conoscenza, oltre che del
latino e del greco antico di cui aveva padronanza assoluta, dell'aramaico, per
il Talmud e varie parti della Bibbia, dell'arabo, per il Corano e le opere di
Averroè, e dell'ebraico, per la Torah. Ebbe nel 1516 una fitta corrispondenza
con l'umanista tedesco Johannes Reuchlin, finissimo conoscitore dell'ebraismo,
con il quale si intrattenne a lungo sia su temi relativi all'Antico Testamento
sia sulla cabala (in ebraico Qaballáh), argomento da lui già affrontato con
Pico della Mirandola, che trattava dei misteriosi simbolismi, parte dei quali
nascosti nei numeri e nelle lettere stesse dell'alfabeto ebraico, che potevano
avvicinare l'uomo a Dio. Le problematiche della letteratura ebraica e della
cabala occuparono gran parte dei suoi ultimi anni di vita, quando tentò ripetutamente
di ricondurre in ambito cristiano tutte le altre culture, dedicandosi in
particolare ad approfonditi studi e ricerche sullo Zohar. Lo scrittore e
l'oratore Raffaello:La disputa del Sacramento (affresco, Roma, Stanze
Vaticane) Egidio da Viterbo in preghiera, particolare di pala d'altare,
1537, chiesa Santissima Trinità, Viterbo Rimane ben poco della cospicua
produzione letteraria di Egidio, sia a causa della perdita della sua biblioteca
durante il Sacco di Roma (1527), sia perché lui stesso, per modestia, non volle
dare alle stampe molte delle sue opere. Nei suoi scritti, la maggior parte dei
quali in lingua latina, trattò quasi tutti i campi del sapere umano, dalla
filosofia alla letteratura, dall'astrologia alla storia, dalla poesia alla geografia,
dalla teologia all'arte: a quest'ultimo proposito si ritiene che il programma
iconografico per gli affreschi di Raffaello della Disputa del Sacramento e
della Scuola di Atene nella Stanza della Segnatura sia stato largamente
ispirato dalla sua opera, con la probabile mediazione di Tommaso Fedra
Inghirami. Da notare come Egidio, per scrivere, preferisse di solito ritirarsi
in luoghi tranquilli, come l'Eremo di Lecceto, presso Siena, o la sua città
natale, Viterbo, o, ancora più spesso, due rifugi nei dintorni di quest'ultima:
un Convento nell'Isola Martana, sul Lago di Bolsena, ed un Eremo nella selva
del Monte Cimino. Tra i suoi lavori meritano comunque menzione tre ecloghe
latine di stampo virgiliano (Paramellus et Aegon,in Resurrectione Domini e De
Ortu Domini, del 1504), sei madrigali dedicati a Vittoria Colonna (circa 1500)
ed una favola silvestre dello stesso periodo (Cyminia, in volgare, andata
perduta); la sua maggiore opera filosofica, peraltro incompiuta, è costituita
dai Commentaria sententiarum ad mentem et animum Platonis, brevemente detta
Sententiae ad mentem Platonis, iniziata nel primo decennio del XVI secolo, in
cui sono presenti tutti i temi tipici del pensiero egidiano, dall'ostilità
all'aristotelismo alla necessità di sostituirlo, in campo teologico, con il
platonismo; non mancano riflessioni tipicamente agostiniane sulla Trinità,
l'anima e la dignità umana. Il lavoro storico di maggior interesse è la
Historia XX saeculorum per totidem psalmos conscripta, redatta tra il 1513 ed
il 1518 e di cui vi sono almeno quattro codici. A quest'opera, nella quale
Egidio racconta le vicende della Storia della Chiesa da Alessandro VI a Leone
X, attinsero a piene mani vari storici, da Gregorovius a Pastor, anche se il
loro giudizio complessivo sulla Historia del cardinale viterbese è perplesso,
se non addirittura negativo. Tra le sue opere letterarie meritano anche
menzione il Libellus de litteris sanctis (1517), sul significato recondito
delle lettere dell'alfabeto ebraico, e la Scechina (circa 1530), che guarda in
ottica cristiana tutta la letteratura cabalistica. Il campo nel quale
Egidio riuscì comunque a dare il meglio è quello della retorica, divenendo uno
dei migliori oratori di quei decenni, forse il migliore in assoluto, con
giudizi sempre entusiastici da parte di tutti quelli che ebbero modo di
ascoltarlo: in realtà egli era veramente dotato di un'eloquenza drammaticamente
coinvolgente, capace di suscitare grandi emozioni negli uditori, sia che
fossero ricchi principi, sia che si trattasse di poveri popolani; lo aiutava
probabilmente lo stesso aspetto fisico, ascetico, con il viso pallido e scavato
e la barba fluente. Tra le orazioni conservate vanno ricordate: quella del
1497, nel certamen che lo vide trionfare su tre oratori peripatetici e conseguire
il magisterium; la De aurea aetate (o De Ecclesiae incremento), tenuta in San
Pietro il 21 dicembre 1506 su incarico di Giulio II per onorare re Manuele I
del Portogallo che aveva scoperto nuove terre e riportato una grande vittoria
navale, lavoro dottissimo e ricco di riferimenti cabalistici; l'orazione
inaugurale (3 maggio 1512) del Quinto Concilio Lateranensegrande onore
concessogli dal papache provocò indicibile emozione negli astanti e fece
definire l'agostiniano viterbese il Cicerone cristiano; è in quest'ultima
orazione la celebre sentenza di Egidio: Sono gli uomini che devono essere
trasformati dalla religione, non la religione dagli uomini. Va infine ricordata
l'orazione del novembre 1530, tenuta in occasione di un concistoro, sulla necessità
di riformare la Chiesa, che viene da molti considerata come il vero preludio al
celebre Concilio di Trento, convocato nel 1545 da Paolo III. Genealogia
episcopale Arcivescovo Gabriele Mascioli Foschi, O.E.S.A. Cardinale Egidio
Antonini da Viterbo, O.E.S.A. Note
Notizie molto precise sul suo luogo di nascita e sul suo esatto cognome
sono reperibili nel lavoro di Giuseppe Signorelli, Il cardinale Egidio da
Viterbo etc.,Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 1929. L'opera dello storico
viterbese, con una ricchissima documentazione bibliografica, costituisce un
indispensabile fondamento monografico per lo studio di questo porporato; in
particolare Signorelli precisa, con riferimento a numerosi manoscritti, perché
debba essere ritenuta Viterbo la città natale di Egidio ed in base a quali
errori diversi storici abbiano, sbagliando, ritenuto Canisio il suo cognome:il
cognome esatto è Antonini. Quanto
sostenuto dal Signorelli è pienamente confermato da G.Ernst,Egidio da Viterbo,
in Dizionario Biografico degli Italiani, Treccani, 1993, in quella che è
probabilmente la più completa monografia su Egidio reperibile on-line, con
notevole . Pur essendo acclarato il
cognome Antonini, appare peraltro corretto chiamarlo semplicemente EGIDIO da
VITERBO: Ægidius Viterbiensis o Viterbii è il nome con cui viene indicato nella
bolla papale di nomina cardinalizia relativa al concistoro del 1517, è il nome
che compare nelle bolle da lui sottoscritte ed è, infine, il semplice nome che
compare sulla sua lapide sepolcrale nella Chiesa di S. Agostino in Roma; sempre
Egidio da Viterbo sono intitolate le principali monografie a lui dedicate da
Signorelli, Ernst, Massa, O'Malley ecc.. Va infine ricordato come lo stesso
Comune di Viterbo abbia chiamato Via Egidio da Viterbo la strada a lui dedicata
parecchi anni fa nel centro storico cittadino e con la medesima intitolazione
Egidio da Viterbo vi siano altre istituzioni viterbesi. L'epoca della nascita è indicata ancora dal
Signorelli (op.cit.), che cita vari documenti del periodo. Si veda in proposito Lettera a Mannio
Capenati, agosto 1504 citata in: Francis X. Martin, Friar..., cit., Appendice
III, pag. 346 De materia coeli; De
intellectu possibili; Egidii Romani commentaria in VIII libros Physicorum
Aristotelis Egidio non ricambiò mai la
simpatia di papa Borgia, anzi il suo giudizio sul pontificato di Alessandro VI
fu terribile, con parole di inusitata durezza; si veda Cesare Pinzi, Storia
della Città di Viterbo, IV,lib.XVI,pag.394,Viterbo, Agnesotti, 1913. Lo dice espressamente il Signorelli, op.
cit., capo II, pag 5. Per la precisione
fino al 25 febbraio 1518, giorno in cui depose l'incarico davanti al Capitolo
generale dell'Ordine, consegnandolo nelle mani dell'amico Gabriele Di Volta,
nominato due giorni prima con breve di Leone X proprio su proposta di Egidio;
v. G. Signorelli, op. cit., Capo VI, pag. 68.
Lo sottolinea bene Ernst (op.cit.).
L'episodio che vide Egidio alla testa di un esercito è ricordato in un
intero capitolo (Da Vescovo a Duce) nella monografia del Signorelli, op.cit.,
capo VIII. Papa Paolo III, era nato come
Alessandro Farnese nella cittadina di Canino, situata ad una trentina di
chilometri da Viterbo. La lapide, fatta
collocare dal Priore Generale Gabriele Veneto nel 1536, reca la seguente
iscrizione: D.O.M.AEGIDIO VITERBIENSI CARDINALIGABRIEL VENETUS GENERALISMDXXXVI
(v.S.Vismara,Una grande figura religiosa del Rinascimento:Egidio da Viterbo su
Biblioteca e società
in//bibliotecaviterbo/biblioteca-e-societa/index.php?fasc=12 ; il volumetto
contiene gli Atti di un interessante Convegno di studi su Egidio da Viterbo ,
nel 450º anniversario della morte). Occorre notare come la lapide originale,
praticamente distrutta dal tempo, sia stata sostituita nel 1982 , a cura
dell'Ist. Stor. Agostiniano con una nuova lapide che riporta, integralmente,
l'iscrizione del 1536. Il background
intellettuale e la relativa fonte egidiana dei due affreschi della Stanza della
Segnatura sono stati promossi dallo storico gesuita Pfeiffer (Heinrich
Pfeiffer, Die Predig des Egidio da Viterbo über das goldene Zeitalter und die
Stanza della Segnatura, in: J. A. Schmoll gen. Eisenwerth, Marcell Restle,
Herbert Weiermann , Festschrift Luitpold Dussler, Monaco-Berlino, Deutscher
Kunstverlag, 1972, pagg. 237-254; Id., La Stanza della Segnatura sullo sfondo
delle idee di Egidio da Viterbo, Colloqui del Sodalizio, serie II, n°3,
1970-1972, pagg. 31-43; Id., Zur Ikonographie von Raffaels Disputa : Egidio da
Viterbo und die christlich-platonische Konzeption der Stanza della Segnatura,
Roma, Università Gregoriana Editrice, 1975) ripreso da Ernst, op.cit., e da
G.Polo, Egidio da Viterbo e Raffaello, in Biblioteca e Società, cit., pagg.
21-22. Il ruolo di Fedra Inghirami quale mediatore tra Egidio e Raffaello è
stato inizialmente ipotizzato da Paul Künzle, Raffaels Denkmal für Fedra
Inghirami auf dem letzen Arazzo, in: Mélanges Eugène Tisserant, VI, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica
Vaticana, 1964, pagg. 499-548 e si ritrova in: Christiane L. Joost-Gaugier,
Raphael's Stanza della Segnatura: Meaning and Invention, Cambridge, Cambridge
University Press, 2002. Per una sintesi si veda: Ingrid D. Rowland, The
Intellectual Background of the School of Athens: Tracking Divine Wisdom in the
Rome of Julius II, in: Marcia HallRaphael's School of Athens, Cambridge,
Cambridge University Press, Biblioteca
apostolica vaticana, Ms Vat.lat. 6525 Il
più autorevole di questi manoscritti è certamente quello autografo esistente
presso la Biblioteca Nazionale di Napoli (Mss.lat.,IX,B,14). Tutti i giudizi degli storici sono ben
riportati dal Signorelli, op.cit., capo XI,pag.112. Riprendendo il Signorelli, descrive bene le
sue grandi doti oratorie Sandro Vismara, Biblioteca e società, ATTI del
Convegno...,op.cit.,pag.11. Proprio a
questa orazione si sarebbe ispirato Raffaello per due affreschi della Stanza
della Segnatura, cioè la Disputa del Sacramento e la Scuola di Atene
(v.Pfeiffer e Polo, ocitt..)
S.Vismara,op.cit.. Il testo latino
recita letteralmente: Homines per sacra immutari fas est, non sacra per homines. Egidio da Viterbo, "Ecloghe",
Jacopo Rubini , Sette Città, . Rafael Lazcano, Episcopologio agustiniano.
Agustiniana. Guadarrama (Madrid), , I,
pagg. 227-260. Hubert Jedin, Riforma Cattolica o Controriforma, Morcelliana,
Brescia, 1957 Francis X. Martin, The problem of Giles of Viterbo: a
Historiographical Survey, "Augustiniana", IX, 1959, pagg. 357-379; X, 1960, pagg. 43-60. Francis X. Martin,
Friar, Reformer, and Renaissance Scholar: Life and Work of Giles of Viterbo
1469-1532, Villanova, Augustinian Press, 1992
978-0941491501 John W. O'Malley, Giles of Viterbo on Church and Reform:
a Study on Renaissance Thought, Leiden, Brill, 1968 Heinrich Pfeiffer, Le
Sententiae ad mentem Platonis e due prediche di Egidio da Viterbo, in: Marcello
Fagiolo , Roma e l'antico nell'arte e nella cultura del Cinquecento, Roma,
Istituto della Enciclopedia italiana, 1985, pagg. 33-40 Cesare Pinzi, Storia
della Città di Viterbo, IV, Agnesotti,
Viterbo, 1913 François Secret, Notes sur Egidio da Viterbo,
"Augustiniana", XV, 1965,
pagg. 68-72 Giuseppe Signorelli, Il cardinale Egidio da Viterbo agostiniano,
umanista e riformatore, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 1929 Viterbo Ordine di Sant'Agostino Umanesimo
Cabala ebraica Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una
pagina dedicata a Egidio da Viterbo Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia
Commons contiene immagini o altri file su Egidio da Viterbo Egidio da Viterbo, su TreccaniEnciclopedie on
line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Egidio da Viterbo, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Egidio da Viterbo, su sapere,
De Agostini. Egidio da Viterbo, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia
Britannica, Inc. Egidio da Viterbo, in
Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. (DE) Egidio da Viterbo, su ALCUIN, Ratisbona.
Egidio da Viterbo, su Find a Grave. Opere di Egidio da Viterbo, . Egidio da
Viterbo, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. David M. Cheney,
Egidio da Viterbo, in Catholic Hierarchy.
Biblioteca e società, Fascicolo 1-2, giugno 1982 : ATTI del Convegno di
Studi su Egidio da Viterbo nel 450º anniversario della morte, su
bibliotecaviterbo. Rassegna bibliografica 1501-1982 [collegamento interrotto], su bibliotecaviterbo.ÆGIDIUS
OF VITERBO, Jewish Encyclopedia (la voce contiene, peraltro, alcune
inesattezze) Salvador Miranda, VITERBO, O.E.S.A., Egidio da, su fiu.eduThe
Cardinals of the Holy Roman Church, Florida International University. 29
settembre . Articolo della rivista Theological Studies (O'Malley, 1967)
dedicato al pensiero riformistico di Egidio da Viterbo , su bc.edu.
PredecessorePriore generale dell'Ordine di
Sant'AgostinoSuccessore13.escudo.oar.png Agostino da Terni, O.E.S.A20 marzo
15071º febbraio 1518Gabriele da Venezia, O.E.S.APredecessoreCardinale
presbitero di San Bartolomeo all'IsolaSuccessoreCardinalCoA PioM.svg -6
luglio10 luglio 1517Domenico GiacobazziPredecessoreCardinale presbitero di San
Matteo in MerulanaSuccessoreCardinalCoA PioM.svg Cristoforo Numai, O.F.M.Obs.10
luglio 15179 maggio 1530Charles de Hémard de DenonvillePredecessoreVescovo di
Viterbo e TuscaniaSuccessoreBishopCoA PioM.svg Ottaviano Riario2 dicembre
152312 novembre 1532Niccolò Ridolfi (amministratore
apostolico)PredecessorePatriarca titolare di
CostantinopoliSuccessorePrimateNonCardinal PioM.svg Marco Corner8 agosto
1530Francesco de PisauroPredecessoreCardinale presbitero di San
MarcelloSuccessoreCardinalCoA PioM.svg Enrique Cardona y Enríquez9 maggio
153012 novembre 1532Marino GrimaniPredecessoreAmministratore apostolico di
ZaraSuccessoreArchbishopPallium PioM.svg Francesco Pesaro (arcivescovo
metropolita)19 dicembre 153019 novembre 1532Cornelio Pesaro (arcivescovo
metropolita)PredecessoreAmministratore apostolico di LancianoSuccessoreBishopCoA
PioM.svg Angelo Maccafani (vescovo)10 aprile12 novembre 1532Michele Fortini,
O.P. (vescovo) Filosofi italiani del XVI secoloCardinali italiani Professore1469
1532 12 novembre Viterbo RomaAgostiniani italianiCabalisti italianiCardinali
nominati da Leone XPatriarchi latini di CostantinopoliEbraisti italiani
antonino
– marc’aurelio:
antonino -- Grice: “Some call him Aurelio, but I call him Antonino, since the
first time his thing was published in Latin, his thing was under ‘M. Antonini,’
no clue about the Aurelius!” -- Grice: “I once suggested to Strawson that he
should write a dissertation on a comparison of Barberini’s and Xylander’s
translation of Marcus Aurelius; you see, he was a Roman who philosophised in
Greek; and he was translated to Latin only in the 1550s; and into Italian a
century later! Sir Peter responded: “I guess you want me to detect all the
misimplicata!’ ‘Misimpiegato,’ I replied!” -- - «Solo
il presente ci è tolto, dato che solo questo abbiamo.» (Marco Aurelio,
Pensieri, II, 14) Marco Aurelio Antonino Augusto (in latino: Marcus Aurelius
Antoninus Augustus; nelle epigrafi: IMP·CAES·M·AVREL·ANTONINVS·AVG[22]; Roma,
26 aprile 121 – Sirmio o Vindobona, 17 marzo 180[23]), meglio conosciuto
semplicemente come Marco Aurelio, è stato un imperatore, filosofo e scrittore
romano. Su indicazione dell'imperatore Adriano, fu adottato nel 138 dal futuro
suocero e zio acquisito Antonino Pio che lo nominò erede al trono
imperiale. Nato come Marco Annio Catilio Severo[24][25] (Marcus Annius
Catilius Severus), divenne Marco Annio Vero (Marcus Annius Verus), che era il
nome di suo padre, al momento del matrimonio con la propria cugina Faustina,
figlia di Antonino, e assunse quindi il nome di Marco Aurelio Cesare, figlio
dell'Augusto (Marcus Aurelius Caesar Augusti filius) durante l'impero di
Antonino stesso.[26] Marco Aurelio fu imperatore dal 161 sino alla sua
morte, avvenuta per malattia nel 180 a Sirmio secondo il contemporaneo
Tertulliano[20] o presso Vindobona.[19] Fino al 169 mantenne la coreggenza
dell'impero assieme a Lucio Vero, suo fratello adottivo nonché suo genero,
anch'egli adottato da Antonino Pio. Dal 177, morto Lucio Vero, associò al trono
suo figlio Commodo.[27] È considerato dalla storiografia tradizionale come un
sovrano illuminato, il quinto dei cosiddetti "buoni imperatori"[28]
menzionati da Edward Gibbon.[29] Il suo regno fu tuttavia funestato da
conflitti bellici (guerre partiche e marcomanniche), da carestie e
pestilenze.[30][31] Marco Aurelio è ricordato anche come importante
filosofo stoico, autore dei Colloqui con sé stesso (Τὰ εἰς ἑαυτόν
nell'originale in greco).[32] Alcuni imperatori successivi utilizzarono il nome
"Marco Aurelio" per accreditare un inesistente legame familiare con
lui.[33] Busto dell'imperatore Marco Aurelio (Musei Capitolini, Roma).
Nome originaleImperator Caesar Marcus Aurelius Antoninus Augustus Tribunicia
potestas9 anni (da solo), 6 con Lucio Vero, 4 con Commodo e 15 con Antonino Pio
per un totale di 34 volte: la prima volta (I) dal 1º dicembre del 147,
rinnovata annualmente al 10 dicembre di ogni anno[1] Cognomina ex
virtuteArmeniacus nel 164,[2][3][4] Medicus e Parthicus Maximus nel
166,[2][3][5] Germanicus nel 172,[3][6][7][8][9] Sarmaticus nel 175[3][8][10]
TitoliPater Patriae dal 166 Salutatio imperatoria10 volte:[1] I (al momento
della assunzione del potere imperiale) nel 161, (II) nel 163,[11] (III)
165,[12] (IV) 166, (V) 167,[13] (VI) 171,[14] (VII) 174,[15] (VIII) 175,[16]
(IX) 177[17] e (X) 179.[1] Nascita26 aprile 121[18] Roma Morte17 marzo 180
Sirmio o Vindobona [19][20](attuale Vienna) PredecessoreAntonino Pio
SuccessoreCommodo ConiugeFaustina minore FigliDomizia Faustina Aurelia Tito
Aurelio Antonino Tito Elio Aurelio Lucilla Annia Aurelia Galeria Faustina Tito
Elio Antonino Fadilla Annia Cornificia Faustina minore Commodo Tito Aurelio
Fulvio Antonino Marco Annio Vero Cesare Vibia Aurelia Sabina Adriano Un altro
figlio di cui non si conosce il nome nato dopo Tito Elio Antonino GensAnnia
DinastiaAntonini PadreMarco Annio Vero adottivo: Antonino Pio MadreDomizia
Lucilla Consolato3 volte: nel 140, 145 e 161.[1] Pontificato max nel
161[1][21]Fonti biografiche, storiografia antica e moderna Magnifying glass
icon mgx2.svgFonti e storiografia su Marco Aurelio. Le principali fonti per la
vita e il ruolo di Marco Aurelio sono frammentarie e spesso inaffidabili. Il
gruppo più importante è rappresentato dalle biografie contenute nella Historia
Augusta, composte in epoca successiva al IV secolo.[34] Le biografie derivate
principalmente da fonti ormai perdute (come Mario Massimo), ma anche da
Eutropio e Aurelio Vittore, ovvero quelle di Marco Aurelio, Adriano, Antonino
Pio e Lucio Vero, sono ritenute accurate e affidabili.[34] Di Frontone, maestro
di retorica di Marco e di vari funzionari di Antonino Pio, si conservano una
serie di manoscritti irregolari, che coprono il periodo che va dal 138 al 166.
Nei Colloqui con sé stesso Marco offre una finestra sulla sua vita interiore,
ma gran parte dei libri risultano senza riferimenti cronologici e con pochi
accenni al mondo esterno.[35] La più attendibile fra le fonti del periodo
è Cassio Dione, Egli scrisse una storia di Roma dalla sua fondazione al 229,
chiamata Historia romana.[36] Altre fonti letterarie e giuridiche, come gli
scritti del medico Galeno, le orazioni di Elio Aristide e le costituzioni
imperiali dello stesso Marco Aurelio forniscono ulteriori informazioni sul
contesto storico e sociale in cui visse l'imperatore. Epigrafi e monete possono
integrarle, così come i numerosi reperti archeologici.[37] Biografia
Magnifying glass icon mgx2.svgCronologia degli eventi principali riguardanti la
vita di Marco Aurelio. Origini familiari Magnifying glass icon mgx2.svgAlbero
genealogico degli Imperatori adottivi. Un giovane Marco Aurelio (Musei
Capitolini, Roma) La famiglia di Marco era di origine romana, ma stabilita da
tempo a Ucubi (Colonia Claritas Iulia Ucubi, odierna Espejo),[38] una piccola
cittadina della Spagna romana situata a sud est di Cordŭba. Essa salì alla
ribalta alla fine del I secolo, quando il suo bisnonno, Marco Annio Vero, fu
senatore e forse pretore. Nel 73-74 il nonno, anch'egli di nome Marco Annio
Vero, fu elevato al rango di patrizio.[39][40] Il terzo Marco Annio Vero, cioè
suo padre, sposò Domizia Lucilla.[41][42] Lucilla maggiore, la di lei nonna
materna, aveva ereditato una grande fortuna, tra cui una fabbrica di mattoni
(figlina) a Roma, attività alquanto redditizia in un'epoca in cui la città era
interessata da una notevole espansione edilizia.[43] La famiglia della
madre era di rango consolare, mentre quella del padre vantava addirittura una
discendenza da Numa Pompilio.[44] Infanzia e giovinezza (121-136)
Magnifying glass icon mgx2.svgEtà traianea e adrianea. Busto di Marco
Aurelio giovane uomo, Museo Archeologico Nazionale di Napoli, collezione
Farnese. Il busto (fino al collo) è un rifacimento moderno. Marco Aurelio
nacque a Roma da Lucilla e Vero il 26 aprile del 121, secondo il calendario
romano il sesto giorno prima delle calende di maggio, l'anno del secondo
consolato di suo nonno Marco Annio Vero, corrispondente all'anno 874 dalla
fondazione di Roma;[44] la sorella, Annia Cornificia Faustina, nacque
probabilmente nel 122 o nel 123.[43] Il padre Annio Vero morì giovane, durante
la sua pretura,[45] presumibilmente nel 124,[46] quando Marco aveva solo tre
anni. Anche se difficilmente può averlo conosciuto, Marco Aurelio scrisse nelle
sue Meditazioni che aveva imparato "modestia e virilità" dal ricordo
di suo padre e dalla sua reputazione postuma. Lucilla non si risposò più.[47]
La madre di Marco, come da usanza della nobilitas, trascorse poco tempo col
figlio, affidandolo alle cure delle domestiche.[48] Ciononostante, Marco
accredita a sua madre l'insegnamento della pietà religiosa, la semplicità nella
dieta e come evitare le vie dei ricchi.[49] Nelle sue lettere Marco fa
frequente e affettuoso riferimento alla madre, manifestandole la sua
gratitudine, nonostante mia madre fosse condannata a morire giovane, trascorse
i suoi ultimi anni di vita con me.[50] Dopo la morte del padre, il
piccolo Marco Aurelio andò a stare dal nonno paterno Marco Annio Vero. Ma anche
Lucio Catilio Severo, descritto come il "bisnonno materno" di Marco
(probabilmente il patrigno o padre adottivo di Lucilla maggiore), partecipò
alla sua istruzione. Marco crebbe nella casa dei suoi genitori, sul Celio, dove
era nato, in un quartiere che avrebbe affettuosamente ricordato come il mio
Celio.[51] Era una zona esclusiva, con pochi edifici pubblici e molte
domus nobiliari fra cui il palazzo del nonno, adiacente al Laterano, dove Marco
avrebbe trascorso gran parte della sua infanzia. Marco era riconoscente al
nonno per avergli insegnato a tener lontano il brutto carattere,[52] ma era
anche grato agli eventi che gli evitarono di vivere nella stessa casa con la
concubina presa dal nonno dopo la morte della moglie, Rupilia Faustina.
Evidentemente questa donna o qualcuno del suo seguito, secondo il Birley,
potevano costituire una tentazione per il giovane Marco.[53] La sua
istruzione avvenne in casa, in linea con le tendenze aristocratiche del
tempo.[54] Uno dei suoi maestri, Diogneto, si dimostrò particolarmente
influente, introducendo Marco a una visione filosofica della vita e
insegnandogli l'uso della ragione.[55] Nell'aprile del 132, per volere di
Diogneto (da taluni identificato come il destinatario della lettera A
Diogneto[56]), Marco prese a praticare le abitudini proprie dei filosofi e a
utilizzarne l'abbigliamento, come il ruvido mantello greco.[57] Altri
tutores, Trosio Apro, Tuticio Proculo e il grammatico Alessandro di Cotieno,
descritto come un importante letterato (il principale studioso omerico del suo
tempo), continuarono a occuparsi della sua istruzione nel 132-133. Marco deve
ad Alessandro la sua formazione nello stile letterario, rilevabile in molti
passi dei Colloqui con sé stesso.[58] Successione di Adriano (136-138)
Magnifying glass icon mgx2.svgAntonino Pio § Adozione da parte di
Adriano. Busto dell'imperatore Adriano (Musei Capitolini, Roma) Alla fine
del 136 Adriano, convalescente nella sua villa di Tivoli dopo aver rischiato di
morire per un'emorragia, scelse Lucio Ceionio Commodo (conosciuto poi come
Lucio Elio Cesare) come suo successore, adottandolo contro la volontà delle
persone a lui vicine. Lucio però si ammalò e il 1º gennaio del 138 morì,
costringendo il princeps Adriano a indicare un nuovo successore; era il 24
gennaio del 138 quando la scelta cadde su Aurelio Antonino,[59] il genero di
Marco Annio Vero che il giorno successivo, dopo essere stato attentamente
esaminato, fu accettato dal Senato e adottato col nome di Tito Elio Cesare
Antonino. A sua volta, come da disposizioni dello stesso princeps, Antonino
adottò Marco, allora diciassettenne, e il giovane Lucio Commodo, figlio dello
scomparso Lucio Elio Vero.[60] Da questo momento Marco mutò il suo nome in
Marco Elio Aurelio Vero e Lucio in Lucio Elio Aurelio Commodo. Marco rimase
sconcertato quando seppe che Adriano lo aveva adottato come nipote: solo con
riluttanza passò dalla casa di sua madre sul Celio a quella privata di Adriano,
che il Birley ritiene non fosse ancora la «casa di Tiberio» (come veniva
chiamata la residenza imperiale sul Palatino).[61] Poco tempo più tardi,
Adriano chiese in Senato che Marco fosse esentato dalla legge che richiedeva il
venticinquesimo anno compiuto per il candidato alla carica di questore. Il
Senato acconsentì e Marco divenne prima questore nel 139, ricevette quindi
l'imperium proconsulare maius nel 139-140[62] e il consolato nel 140, a soli
diciotto anni.[63] L'adozione facilitò il percorso della sua ascesa sociale:
egli sarebbe verosimilmente divenuto prima triumvir monetalis (responsabile
delle emissioni monetali imperiali) e in seguito tribunus militum in una
legione. Marco probabilmente avrebbe preferito viaggiare e approfondire gli
studi. Il suo biografo attesta che il suo carattere rimase inalterato: mostrava
ancora lo stesso rispetto per i rapporti come aveva quando era un cittadino
comune ed era così parsimonioso e attento dei suoi beni come lo era stato
quando viveva in una abitazione privata.[64] La salute di Adriano
peggiorò al punto da fargli desiderare la morte,[65] tentando anche il
suicidio, impeditogli dal successore Antonino.[66] L'imperatore, gravemente
malato, lasciò Roma per la sua residenza estiva, una villa a Baiae, località
balneare sulla costa campana, ove morì infine di edema polmonare il 10 luglio
del 138. La successione di Antonino era ormai stabilita e non presentava
appigli per eventuali colpi di mano. Per il suo comportamento, rispettoso
dell'ordine senatorio e delle nuove regole, Antonino fu insignito
dell'appellativo "Pio".[25][67] Governo con Antonino Pio
(139-161) L'adozione (Monumento dei Parti, oggi presso il Museo di Efeso
di Vienna): Antonino Pio (al centro) con Lucio Vero di sette anni (a destra) e
Marco Aurelio di diciassette anni (a sinistra, alle spalle). All'estrema
destra, sembra esserci Adriano. Magnifying glass icon mgx2.svgEtà antonina.
Subito dopo la morte di Adriano, Antonino pregò la moglie Faustina di
accertarsi se Marco fosse disposto a modificare i suoi precedenti accordi
matrimoniali. Marco acconsentì a sciogliere la promessa fatta a Ceionia Fabia e
a fidanzarsi con Faustina minore, la loro giovane e bella figlia, inizialmente
promessa a Lucio.[68] Marco ricoprì il suo primo consolato nel 140, con
Antonino come collega. In qualità di erede designato, fu quindi nominato
princeps iuventutis, il comandante dell'ordine equestre. Assunse il titolo di
Cesare,[69] divenendo Marco Elio Aurelio Vero Cesare, ma in seguito si schermì
dal prendere troppo sul serio l'incarico.[70] Su invito del Senato, Marco venne
inserito contemporaneamente nei principali collegi sacerdotali, tra i quali
figuravano i pontifices, gli augures, i quindecemviri sacris faciundis e i
septemviri epulones.[71] Antonino gli chiese di prendere la residenza
nella Domus Tiberiana, uno dei palazzi imperiali sul Palatino. Marco avrebbe
avuto difficoltà a conciliare la vita di corte con le sue aspirazioni
filosofiche, anche se ammirò sempre e profondamente Antonino come un uomo
giusto, esempio di condotta integerrima.[72] Marco si convinse che la vita
serena a corte doveva essere un obiettivo raggiungibile, dove la vita è
possibile, allora è possibile vivere una vita giusta, la vita è possibile in un
palazzo, per cui è possibile vivere la vita proprio in un palazzo[73][74]
affermò, trovandolo comunque di difficile attuazione. Nei Colloqui con sé
stesso Marco sembrava criticarsi per aver abusato della vita di corte di fronte
alla società.[74][75] Come questore, Marco sembra abbia ricoperto un
ruolo amministrativo secondario: i compiti erano la lettura delle lettere
imperiali al Senato, quando Antonino era assente, e più in generale quello di
essere una sorta di segretario privato del princeps. I suoi compiti come
console furono invece più significativi, presiedendo le riunioni che avevano un
ruolo importante nelle funzioni amministrative del corpo statale. Si sentiva
assorbito dal lavoro d'ufficio e se ne lamentò con il suo tutore Frontone: Sono
senza fiato a causa di dover dettare quasi trenta lettere. Egli era stato,
nelle parole del suo biografo, preparato per governare lo Stato.[63][76]
Il 1º gennaio 145, Marco venne nominato console per la seconda volta, a soli
ventiquattro anni.[77] Una lettera di Frontone esortava Marco a dormire molto in
modo che potrai entrare in Senato con un buon colorito e leggere il discorso
con una voce forte. Marco si era lamentato di una malattia in una lettera
precedente: Per quanto riguarda la mia forza essa è migliorata, sto cominciando
a guarire e non vi è alcuna traccia di dolore nel mio petto, ma riguardo
l'ulcera [...] sto facendo un trattamento e faccio attenzione a non fare nulla
che interferisca con esso.[78] Marco era di salute cagionevole: lo storico
romano Cassio Dione, scrivendo dei suoi ultimi anni, lo elogiò per essersi
comportato a dovere, nonostante le numerose malattie.[79] Matrimonio con
Faustina Busto di Faustina Minore, Louvre, Parigi. Nell'aprile del 145
Marco sposò la quattordicenne Faustina, come era stato programmato sin dal
138.[80] Secondo il diritto romano, per far sì che il matrimonio potesse aver
luogo, fu necessario che Antonino liberasse ufficialmente uno dei due figli
dalla sua autorità paterna; in caso contrario Marco, in quanto figlio adottivo
di Antonino, avrebbe sposato sua sorella. Poco si sa della cerimonia stessa.
Vennero coniate delle monete con le immagini degli sposi e di Antonino, che
avrebbe officiato la cerimonia come pontifex maximus. Nelle lettere rimanenti
Marco non fa esplicito riferimento al matrimonio, durato trentun anni, e
accenna solo raramente a Faustina.[81] Formazione oratoria e filosofica
(136-147) Magnifying glass icon mgx2.svgPensiero di Marco Aurelio § Formazione
filosofica e rapporto con i maestri. Dopo aver indossato la toga virilis nel
136 iniziò probabilmente la sua formazione oratoria. Aveva tre maestri di
greco, tra cui Erode Attico, e uno di latino, Marco Cornelio Frontone, che
Marco ricorda spesso come suo maestro di stile e di vita nei Colloqui con sé
stesso.[82] Frontone e Attico erano gli oratori più stimati dell'epoca, ma
divennero suoi precettori solo dopo la sua adozione da parte di Antonino, nel
138. La preponderanza dei tutores greci indica l'importanza di quella lingua
per l'aristocrazia di Roma. Questa era l'età della seconda sofistica, una
rinascita della letteratura greca. Sebbene istruito a Roma, Marco userà il
greco per scrivere i suoi pensieri più profondi nei Colloqui con sé
stesso.[63][83] Erode era un uomo molto ricco e discusso, forse il più
ricco d'Oriente e mal sopportava gli stoici, ma era un abile oratore e sofista;
Marco, che sarebbe diventato proprio uno stoico, non lo ricorda affatto nei
suoi Colloqui, nonostante si fossero incontrati molte volte nel corso dei
decenni successivi.[84] Quinto Giunio Rustico in un disegno riportato
nel Crabbes Historical Dictionary, edizione 1825. Busto di Erode Attico
in marmo, risalente al II secolo d.C. e conservato al Museo del Louvre di
Parigi. Frontone godeva di grande reputazione: nel mondo consapevolmente
antiquato della letteratura latina era considerato, come oratore, secondo solo
a Cicerone, una fama che oggi, in base ai pochi frammenti rimasti, può lasciare
meravigliati.[85] Non correva una gran simpatia fra Frontone ed Erode; eppure i
due seppero in ultimo far scorrere una vena di reciproca cortesia e gentilezza,
grazie anche a Marco.[86] Frontone non divenne insegnante a tempo pieno
di Marco e continuò la sua carriera di avvocato. Una causa famosa lo portò in
contrasto con Erode, che era il principale accusatore di Tiberio Claudio
Demostrato, un notabile ateniese difeso proprio da Frontone. L'esito del
processo è ignoto, ma Marco riuscì a far riconciliare i due.[87] All'età
di venticinque anni Marco cominciò a disamorarsi degli studi in giurisprudenza,
mostrando segnali di un diffuso malessere. Era stanco dei suoi esercizi e di
prendere posizione in dibattiti immaginari.[88] In ogni caso, l'istruzione
formale di Marco era ormai finita. Aveva mantenuto con i suoi insegnanti buoni
rapporti e continuava a seguirli con devozione, anche se la lunga istruzione
ebbe negative influenze sulla sua salute.[89] Quando Marco era giovane Frontone
lo aveva messo in guardia contro lo studio della filosofia, disapprovando come
una deviazione giovanile le sue lezioni con Apollonio di Calcide.[90] Pur se
Apollonio potrebbe aver introdotto Marco alla filosofia stoica, sarebbe stato
Quinto Giunio Rustico, il vero successore di Seneca, ad aver esercitato la
maggior influenza sul ragazzo. Marco s'ispirò anche ad Epitteto di Ierapoli, le
cui letture fu proprio Rustico a suggerire.[91] Nascite e morti nella
famiglia (147-161) Il 30 novembre 147 Faustina diede alla luce una bambina di
nome Domizia Faustina Aurelia. Era solo la prima di almeno quattordici figli
(tra cui due coppie di gemelli) che Faustina avrebbe partorito nei successivi
ventitré anni.[92] Il giorno successivo, 1º dicembre, Antonino Pio attribuì a
Marco il potere tribunizio, mentre l'imperium, cioè l'autorità sugli eserciti e
sulle province imperiali, potrebbe essergli già stato conferito nel
139-140.[62] Il potere tribunizio conferiva a Marco il diritto di proporre un
provvedimento con prelazione sul Senato e sullo stesso Antonino. Questi poteri
gli furono rinnovati, insieme ad Antonino, il 10 dicembre.[1][93] La
prima menzione di Domizia nelle lettere di Marco ne rivela la salute
malferma.[94] Lui e Faustina furono molto occupati nella cura della bambina,
che sarebbe morta poi nel 151.[92][95][96] Nel 149 nacquero a Faustina
due gemelli, celebrati da una moneta con cornucopie incrociate sotto i busti
dei due bambini e la scritta "felicità dei tempi" (temporum
felicitas). Essi però non sopravvissero a lungo. Tito Aurelio Antonino e T.
Elio Aurelio, questi i nomi ricavati dagli epitaffi, morirono molto presto
(entro la fine del 149) e furono sepolti nel mausoleo di Adriano.[92][96] Lo
stesso Marco scrisse: Uno prega: «che io non debba perdere mio figlio!»; ma tu
devi pregare: «che io non tema di perderlo!»[97] Marco Aurelio: aureo[98]
FAUSTINA MINOR RIC III 682-808351FAVSTINA AVGVSTA, busto con
drappeggioFECVNDITA-TI AVGVSTAE, la Fecunditas (fertilità) seduta, con un
bambino sulle ginocchia e altri due in piedi AV (7,37 g); 161 circa Il 7 marzo
del 150 nacque una bambina, Annia Aurelia Galeria Lucilla, cui seguì Annia
Aurelia Galeria Faustina, che sembra sia nata non più tardi del 153 (un altro
figlio, Tito Elio Antonino, viene citato dalle fonti nel 152). Una moneta
celebra la fertilità dell'Augusta (FECVNDITAS), raffigurando due bambine e un
bambino (Lucilla, Faustina e Antonino, appunto).[98] Il maschio non sopravvisse
a lungo, considerando che sulle monete del 156 erano raffigurate solo le due
femmine. Egli potrebbe essere morto nel 152, lo stesso anno in cui mancò la
sorella di Marco, Cornificia.[92][96] Un settimo figlio nacque e morì poco
dopo tra la fine del 157 e gli inizi del 158, come risulta da una lettera di
Marco, datata 28 marzo del 158. Nel 159 e 160 Faustina diede alla luce altre
due figlie: Fadilla e Cornificia, che portavano i nomi delle defunte sorelle di
Faustina e di Marco.[99] Altri figli nacquero in seguito, oltre a Commodo e al
gemello di questi, Fulvio Antonino. Si trattava di Marco Annio Vero Cesare,
Vibia Aurelia Sabina e Adriano, che morì anche lui giovanissimo.[92][100]
Ultimi anni di Antonino (152-161) Nel 152 Lucio divenne questore all'età di
ventitré anni, due anni prima dell'età legale (Marco aveva ricoperto lo stesso
incarico a soli diciassette anni).[63] Nel 154 ottenne il consolato all'età di
venticinque, sette anni prima dell'età legale. Lucio non aveva altri titoli
onorifici, tranne quello di figlio dell'Augusto. Aveva una personalità molto
diversa da Marco: amava l'attività sportiva di ogni genere, in particolare la
caccia e la lotta, e aveva evidente piacere ad assistere ai giochi circensi e
alle lotte dei gladiatori. Non si sposò fino al 164. Antonino Pio non
condivideva i suoi stessi interessi: desiderava mantenere Lucio in famiglia, ma
non era sicuro di potergli dare gloria e potere.[101] Come si nota dalle statue
di questo periodo, Marco cominciò a portare la barba (oltre ai tipici capelli
arricciati dell'età antonina), proseguendo la moda iniziata da Adriano,[102]
seguita da Antonino e che durò a lungo, sostituendo il tradizionale aspetto
dell'uomo romano, completamente sbarbato.[103] Nel 156 Antonino Pio compì
settanta anni. Godeva ancora di un discreto stato di salute, seppure avesse
difficoltà a stare eretto senza utilizzare dei sostegni. Il ruolo di Marco andò
via via crescendo, in particolare quando il prefetto del pretorio Gavio
Massimo, che per quasi vent'anni era risultato di fondamentale importanza con i
suoi consigli su come governare, morì tra il 156 e il 157. Il suo successore,
Gavio Tattio Massimo, sembra non avesse lo stesso peso politico presso il
princeps e poi non durò a lungo.[104] Nel 161 Marco e Lucio furono designati
consoli insieme, forse perché il padre adottivo sentiva avvicinarsi la fine che
infatti giunse nei primi mesi dello stesso anno.[105][106] Secondo i racconti
della Historia Augusta l'imperatore, che si trovava nella sua tenuta di Lorium,
due giorni prima di morire aveva fatto indigestione, vomitò e fu colto da
febbre. Aggravatosi il giorno successivo, il 7 marzo 161, convocò il consiglio
imperiale (compresi i prefetti del pretorio Furio Vittorino e Sesto Cornelio
Repentino) e passò tutti i suoi poteri a Marco, ordinando che la statua d'oro
della Fortuna, che era nella camera da letto degli imperatori, fosse portata da
Marco. Diede quindi la parola d'ordine al tribuno di guardia, «equanimità», poi
si girò, come per andare a dormire, e morì all'età di settantacinque
anni.[105][107] Principato (161-180) Ascesa alla porpora imperiale
Magnifying glass icon mgx2.svgDinastia degli Antonini.Dopo la morte di Antonino
Pio, Marco Aurelio era di fatto unico princeps dell'Impero. Il Senato gli
avrebbe presto concesso il titolo di Augusto e di imperator, oltre a quello di
Pontifex Maximus, sacerdote a capo dei culti ufficiali della religione romana.
Sembra che Marco dimostrasse, almeno inizialmente, tutta la sua riluttanza a
farsi carico del potere imperiale, poiché il suo biografo scrive che fu
"costretto dal Senato ad assumere la direzione della Res publica dopo la
morte di Pio". Egli deve aver avuto una vera e propria paura del potere
imperiale (horror imperii), considerando la sua predilezione per la vita
filosofica, ma sapeva, da stoico qual era, quello che doveva fare e come
farlo.[108] Governo imperiale con Lucio (161-169) Anche se nei Colloqui
con sé stesso non sembra mostrare affetto personale per Adriano, Marco lo
rispettò molto e presumibilmente ritenne suo dovere metterne in atto i piani di
successione. E così, anche se il Senato voleva confermare solo lui, egli
rifiutò di entrare in carica senza che Lucio ricevesse gli stessi onori: alla
fine il Senato fu costretto ad accettare e insignì Lucio Vero del titolo di
Augustus. Marco divenne, nella titolatura ufficiale, Imperatore Cesare Marco
Aurelio Antonino Augusto mentre Lucio, assumendo il nome di famiglia di Marco,
Vero, e rinunciando al suo cognomen di Commodo, divenne Imperatore Cesare Lucio
Aurelio Vero Augusto. Per la prima volta Roma veniva governata da due
imperatori contemporaneamente.[109] Fin dalla sua ascesa al principato,
Marco ottenne dal Senato che Lucio Vero gli fosse associato su un piano di
parità (diarchia),[62][69] con gli stessi titoli, ad eccezione del pontificato
massimo che non si poteva condividere.[21][109] La formula era innovativa: per
la prima volta alla testa dell'impero vi era una collegialità e una parità
totale tra i due principes. In teoria i due fratelli ebbero gli stessi poteri,
in realtà Marco conservò una preminenza che Vero mai contestò.[110] Le ragioni
pratiche di questa collegialità, voluta da Adriano forse per onorare la memoria
di Lucio Elio, adottandone il figlio, e al tempo stesso lasciare l'impero a
Marco Aurelio di cui aveva capito le grandi qualità, non sono completamente
chiare.[111] A dispetto della loro uguaglianza nominale, Marco ebbe maggior
auctoritas di Lucio Vero. Fu console una volta di più, avendo condiviso la
carica già con Antonino Pio, e fu il solo a divenire Pontifex Maximus. E questo
fu chiaro a tutti. L'imperatore più anziano deteneva un comando superiore al
fratello più giovane: Vero obbedì a Marco... come il tenente obbedisce a un
proconsole o un governatore obbedisce all'imperatore.[109][112] Subito
dopo la conferma del Senato, gli imperatori procedettero alla cerimonia di
insediamento presso i Castra Praetoria, l'accampamento della guardia
pretoriana. Lucio affrontò le truppe schierate, che acclamarono la coppia di imperatores.
Poi, come ogni nuovo imperatore, da Claudio in poi, Lucio promise alle truppe
un donativo speciale, che fu il doppio di quelli passati: 20.000 sesterzi
(5.000 denari) pro capite ai pretoriani, e in proporzione agli altri militari
dell'esercito.[113] In cambio della donazione, pari a diversi anni di
stipendium, le truppe giurarono fedeltà ai due imperatori. La cerimonia non del
tutto necessaria, considerando che l'ascesa di Marco era stata pacifica e
incontrastata, costituì comunque una valida assicurazione contro possibili
rivolte da parte dei militari.[109] In seguito a questi eventi sembra che la
moneta d'argento, il denario, cominciò un lento processo di svalutazione, che
portò sia alla riduzione del suo peso che del suo titolo (% di argento presente
nella lega), che passò dall'89% dell'epoca di Traiano al 79%.[109][114]
Il funerale di Antonino fu celebrato in modo che lo spirito potesse ascendere
agli dèi, come era tradizione. Il corpo venne posto su una pira. Lucio e Marco
divinizzarono il padre adottivo attraverso un sacerdozio preposto al suo culto,
con il consenso del Senato.[115] Secondo le sue ultime volontà, il patrimonio
di Antonino non passò direttamente a Marco,[116] ma a Faustina, che in quel
momento era incinta di tre mesi. Durante la gravidanza sognò di dare vita a due
serpenti, uno più agguerrito rispetto all'altro.[117][118] Il 31 agosto a
Lanuvium nacquero infatti due gemelli: Tito Aurelio Fulvio Antonino e Commodo,
che poi sarebbe succeduto al padre come imperatore. A parte il fatto che i
gemelli erano nati lo stesso giorno di Caligola, i presagi sembra fossero
favorevoli, e gli astrologi trassero auspici positivi per i due neonati. Le
nascite furono celebrate sulla monetazione imperiale.[119] Statua
equestre di Marco Aurelio (Equus Marci Aurelii Antonini), in bronzo, situata al
Campidoglio (copia moderna non fedele dell'originale che si trova ai Musei
capitolini) Subito dopo l'adozione, Marco promise come sposa a Lucio la figlia
undicenne, Lucilla, nonostante fosse formalmente suo zio.[120] Alle
celebrazioni dell'evento, furono donate delle somme per i bambini poveri, come
aveva fatto in precedenza Antonino Pio quando volle commemorare la moglie
scomparsa. I sovrani divennero popolari tra la gente di Roma.[118] Gli
imperatori concessero piena libertà di parola, come dimostra il fatto che un
noto commediografo, un certo Marullus, poté criticarli senza subire ritorsioni.
In ogni altro momento, sotto qualsiasi altro imperatore, sarebbe stato
giustiziato. Ma era un periodo di pace e di clemenza e il biografo riporta che
Nessuno rimpiangeva i modi miti di Pio.[118][121] Marco Aurelio sostituì
vari funzionari dell'impero: Sesto Cecilio Crescenzio Volusiano, responsabile
della corrispondenza imperiale, con Tito Vario Clemente, un provinciale,
originario del Norico, che aveva prestato servizio militare nella guerra in
Mauretania e in seguito aveva servito come Procurator Augusti in cinque
differenti province. Costituiva l'uomo adatto per affrontare un periodo di
emergenza militare.[122] Lucio Volusio Meciano, che era stato uno degli
insegnanti di Marco Aurelio, era governatore della prefettura d'Egitto. Marco
lo nominò senatore, poi prefetto della tesoreria (Praefectus aerarii Saturni) e
poco dopo ottenne anche il consolato.[123] Il figlio adottivo di Frontone, Gaio
Aufidio Vittorino, padre dei futuri consoli di età severiana Gaio Aufidio
Vittorino[124] e Marco Aufidio Frontone, venne nominato governatore della
Germania superiore.[125] Non appena la notizia dell'ascesa imperiale dei
suoi allievi lo raggiunse, Frontone lasciò la sua casa di Cirta e il 28 marzo
rientrò nella sua residenza romana. Inviò una nota al liberto imperiale
Charilas, chiedendo di potersi mettere in contatto con gli imperatori poiché,
disse in seguito, non aveva osato scrivere direttamente agli imperatori.[126]
L'insegnante si dimostrò immensamente orgoglioso dei suoi allievi. Egli,
ripensando al discorso tenuto per l'ascesa al consolato del 143, elogiò Marco
con queste parole: C'era allora una straordinaria capacità naturale in te,
perfezionata ora in eccellenza, il grano che cresceva è ora un raccolto maturo.
Lucio era invece meno stimato dallo stesso precettore, i suoi interessi erano
di livello inferiore.[118] Annia Lucilla, figlia di Marco e moglie
di Lucio Vero Il primo periodo di regno procedette senza intoppi, così che
Marco Aurelio poté dedicarsi alla filosofia e alla ricerca dell'affetto
popolare. Ben presto, però, nuove preoccupazioni avrebbero significato la fine
della Felicitas temporum, che il conio del 161 aveva con disinvoltura
proclamato.[127] Nell'autunno del 161, il Tevere esondò dalle sue sponde,
devastando alcune comunità italiche e gran parte di Roma. Annegarono molti
animali, lasciando la città in preda alla carestia. «Marco e Lucio affrontarono
personalmente questi disastri» e le comunità italiche colpite dalla carestia
furono aiutate, permettendo loro di rifornirsi del grano della
capitale.[127][128] In altri tempi di carestia, gli imperatori avevano tenuto
le comunità italiche fuori dai granai romani.[129] Gli insegnamenti di
Frontone continuarono nei primi anni di regno di Marco. Frontone riteneva che,
visto il ruolo ricoperto da Marco, le lezioni fossero più importanti oggi di
quanto non fossero mai state prima. Riteneva che Marco desiderasse riacquistare
l'eloquenza di una volta, eloquenza per la quale aveva per un certo periodo di
tempo perso interesse.[130] Frontone ricordò nuovamente al suo allievo
l'antitesi tra il suo ruolo e le sue aspirazioni filosofiche: Supponiamo,
Cesare, che tu possa raggiungere la saggezza di Cleante e Zenone, eppure,
contro la tua volontà, tu non possa comunque avere la mantella di lana del
filosofo. I primi giorni di regno di Marco furono i più felici della vita
di Frontone: il suo allievo era amato dal popolo di Roma, era un ottimo
imperatore, uno studente appassionato, e, forse più importante, eloquente come
lui voleva. Marco diede prova di grande abilità retorica nel suo discorso al
Senato dopo un terremoto avvenuto a Cizico. Aveva trasmesso il dramma del disastro,
e il senato era stato intimorito: improvvisamente la mente degli ascoltatori
era più violentemente agitata durante il discorso, che la città durante il
terremoto". E Frontone ne fu enormemente soddisfatto.[130] Politica
interna: l'amministrazione dello stato In politica interna, Marco Aurelio si
comportò, come già Augusto, Nerva e Traiano, da princeps senatus, cioè
"primo tra i senatori" e non da monarca assoluto, rivelandosi
rispettoso delle prerogative del Senato, consentendogli di discutere e di decidere
sui principali affari di Stato, come le dichiarazioni di guerra alle
popolazioni ostili o le stipule dei trattati, come anche sulle nomine alle
magistrature.[131] Avviò anche una politica tendente a valorizzare le altre
categorie sociali: ai provinciali fu reso possibile raggiungere le più alte
cariche dell'amministrazione statale. Né ricchezza, né illustri antenati
influenzarono il giudizio di Marco, ma solo il merito personale. Egli concesse
cariche a persone che riconosceva come illustri eruditi e filosofi, senza
guardare alla loro condizione di nascita.[132] L'assetto amministrativo
introdotto da Augusto quasi centocinquant'anni prima, che fino a quel momento
aveva preservato l'Impero anche quando si erano succeduti imperatori dissoluti
come Caligola e Nerone, oppure in occasione della guerra civile del 69, era
imponente e la sua classe dirigente cominciava ad acquisire piena
consapevolezza del proprio potere.[133] Lavoro legale e amministrativo
Marco istituì l'anagrafe: ogni cittadino romano aveva l'obbligo di registrare i
propri figli entro trenta giorni dalla loro nascita; colpì l'usura, regolarizzò
le vendite pubbliche[134] e distrusse tutti i libelli diffamatori che
circolavano su molte persone.[135] Proibì i processi pubblici prima che fossero
raccolte prove certe, garantì ai senatori l'antica immunità dalle condanne
capitali, a meno che ci fossero prove certe e una condanna ufficiale.[132]
Impiegò il denaro non in splendide architetture, ma in opere di ricostruzione
estremamente necessarie, o in migliorie della rete stradale, da cui dipendeva
la difesa dell'impero e il progresso del commercio, o in fortezze, accampamenti
e città.[135][136] Egli non amava particolarmente i giochi gladiatorii e gli
spettacoli cruenti del circo, ma li indiceva e li frequentava solo se non
poteva esimersi; più tardi formò unità militari ausiliarie di gladiatori a
supporto delle legioni del nord, ma dovette richiamarli per il malcontento del
popolo che, nonostante le economie necessarie a causa della guerra, reclamava
il suo divertimento.[137] Non riuscì a realizzare i suoi ideali stoici di
eguaglianza e libertà perché l'esigenza di controllare le finanze locali portò
alla formazione di una classe burocratica che presto volle arrogarsi diritti e
privilegi e che si costituì quale classe chiusa. Marco Aurelio
Pontefice Massimo Trascorse, inoltre, molto tempo del suo regno a difendere le
frontiere.[138] Tra le altre leggi proibì la tortura per i cittadini
eminenti, prima e dopo la condanna, poi per tutti i cittadini liberi, come era
stato in epoca repubblicana.[139] Restò valida per gli schiavi, ma solo se non
si trovavano altre prove.[140] Venne comunque proibito di vendere uno schiavo
per utilizzarlo nei combattimenti contro le belve.[141] Nei processi da
lui presieduti cercò sempre la massima giustizia ed equità per tutti, anche
quando doveva emettere una condanna secondo le leggi.[142] Marco e Lucio
stabilirono ad esempio la non punibilità di un figlio che avesse ucciso un
genitore in un momento di follia, materializzando così un primo concetto di
infermità mentale.[143] Come molti imperatori, Marco trascorse la maggior parte
del suo tempo ad affrontare questioni di diritto come petizioni e controversie,
prendendosi molta cura nella teoria e nella pratica della legislazione.
Avvocati di professione lo definirono un «imperatore versato nella legge» e,
come sosteneva il grande Emilio Papiniano, «molto prudente e coscienziosamente
giusto».[144] Egli mostrò uno spiccato interesse in tre aree del diritto:
l'affrancamento degli schiavi, la tutela degli orfani e dei minori, e la scelta
dei consiglieri cittadini (decuriones). Rivalutò la moneta da lui svalutata, ma
due anni dopo tornò sui suoi passi a causa della grave crisi militare che
l'impero stava affrontando a causa delle guerre marcomanniche.[145] E
mentre il fratello Lucio era impegnato in Oriente contro i Parti, Marco era
impegnato a Roma in questioni familiari. La prozia Vibia Matidia era morta e
sul suo testamento pendeva una disputa legale, dato che il suo ingente
patrimonio aveva attratto l'attenzione di molte persone. Alcuni dei suoi
clientes erano riusciti a farsi includere nel suo testamento attraverso vari
codicilli. Tuttavia, le sue volontà non potevano essere riconosciute come
valide, poiché in contrasto con la lex Falcidia: Matidia aveva infatti
assegnato più di tre quarti del suo patrimonio non alla propria familia ma a
gente estranea, fra cui un gran numero di suoi clientes. Marco si trovò così in
una posizione imbarazzante, dato che Matidia non aveva mai confermato la
validità dei documenti, anche se sul letto di morte alcuni dei sedicenti eredi
avevano colto l'opportunità per farli convalidare. Frontone esortò Marco a
portare avanti le rivendicazioni della famiglia ma quest'ultimo, studiato
attentamente il caso, preferì che fosse il fratello a prendere la decisione
finale.[146] Benché a Roma vigessero la tortura e la pena di morte,
applicate con facilità soprattutto nei confronti di schiavi e stranieri, la
normativa di molti imperatori "illuminati" cercò di ridurre il numero
di reati punibili con pene severe, come in passato aveva già fatto
Tito.[147][148] Per Marco anche gli schiavi andavano trattati come
persone, seppure subordinate, e non come oggetti,[149] evitando quindi ogni
crudeltà e rispettandone la dignità, a differenza dei cristiani che spesso non
si pronunciavano a favore della classe servile.[150] Alcuni critici tuttavia
temevano che il movimento filosofico-giuridico legato alla politica di
affrancamento degli Antonini, se non fosse stato profondamente ancorato al
sistema economico romano, basato principalmente sulla schiavitù, avrebbe
portato all'abolizione de facto dell'istituto servile entro un secolo, ed
avrebbe comportato gravi ripercussioni economiche.[151] Marco mostrò un
grande interessamento affinché a ogni schiavo fosse data la possibilità di
riguadagnare la propria libertà, qualora il padrone avesse espresso la propria
disponibilità a restituirgliela. Si racconta, infatti, che in una causa di
manomissione, portata alla sua attenzione dall'amico Aufidio Vittorino, e
citata in seguito dai giuristi come un precedente decisivo, egli favorì uno
schiavo. Coerente con lo stoicismo, filosofia contraria alla schiavitù, emanò
numerose norme favorevoli alla classe servile, estendendo le leggi già
promulgate dai suoi predecessori, a partire da Traiano, e ribadendo per esempio
il concetto di diritto di asilo per gli schiavi fuggitivi (che potevano essere
puniti e uccisi in ogni modo dal padrone) garantendo loro l'immunità finché si
trovassero presso qualsiasi tempio o qualsiasi statua
dell'imperatore.[152] Politica estera Guerra partica (161/2-166)
Magnifying glass icon mgx2.svgCampagne partiche di Lucio Vero. Sul letto di
morte, Antonino Pio aveva espresso la sua collera nei confronti di alcuni re
clienti, che il Birley interpreta fossero quelli posti lungo i confini
orientali.[153] Il cambio al vertice dell'Impero romano sembra infatti abbia
incoraggiato Vologese IV di Partia ad aggredire, nella seconda metà del 161, il
Regno d'Armenia, alleato dell'Impero romano, nominando un re fantoccio a lui
gradito, Pacoro III, un arsacide come lui.[154][155] L'Impero dei Parti,
sconfitto e parzialmente sottomesso da Traiano quasi cinquant'anni prima
(114-116), era così tornato a rinnovare i suoi attacchi alle province orientali
romane dagli antichi territori dell'Impero persiano.[154][156] Il
governatore della Cappadocia, Marco Sedazio Severiano, convinto che avrebbe
potuto sconfiggere i Parti facilmente,[157] condusse una delle sue legioni in
Armenia, ma a Elegia fu sconfitto e preferì suicidarsi, mentre l'intera legione
veniva completamente distrutta.[154][158] E mentre tutto ciò accadeva in
Oriente, nuove minacce si profilavano lungo le frontiere settentrionali della
Britannia e del limes germanico-retico, dove i Catti dei monti Taunus erano
penetrati negli Agri Decumates.[154] Sembra che Marco non fosse pronto ad
affrontare simili problematiche poiché, come ricorda il suo biografo, non aveva
potuto maturare un'adeguata esperienza militare, avendo trascorso l'intero
periodo del regno di Antonino Pio in Italia e non nelle province, al contrario
dei suoi predecessori, come Traiano o Adriano.[122] Scena di guerra
tra Romani e Parti, sul Monumento dei Parti a Efeso, celebrativo delle vittorie
di Lucio Vero e Marco Aurelio contro Vologese IV. Poco dopo giunse la notizia
che anche l'esercito del governatore provinciale della Siria era stato
sconfitto dai Parti e che si stava ritirando disordinatamente. Era quindi
necessario intervenire con grande rapidità, anche nella scelta dei migliori
ufficiali da inviare lungo quel settore dell'Impero così strategicamente
importante. Marco pose a capo della spedizione (expeditio parthica) il fratello
Lucio perché, come suggerisce Cassio Dione, era robusto e più giovane del fratello
Marco, più adatto all'attività militare.[159] Il Birley suggerisce che Marco
volesse spingere Lucio ad abbandonare la vita dissoluta che conduceva e a
capire i suoi doveri. In ogni caso, il Senato diede il suo assenso, e
nell'estate del 162 Lucio partì, lasciando Marco Aurelio a Roma, perché la
città ha chiesto la presenza di un imperatore.[160] Era però necessario
affiancare a Lucio un adeguato staff militare (comitatus), ampio e ricco di
esperienza, e che comprendesse anche uno dei due prefetti del pretorio: il
prescelto fu Tito Furio Vittorino.[161] I rinforzi vennero inviati da
numerose province imperiali fino alla frontiera partica.[162] Frattanto Marco
si ritirò per quattro giorni a Alsium, una nota località turistica sulle coste
dell'Etruria, ma le numerose preoccupazioni gli impedirono di rilassarsi. Egli
scrisse allora all'amico Frontone, dicendogli che avrebbe evitato di
descrivergli nei particolari quello che stava facendo a Alsium, perché sapeva
che sarebbe stato rimproverato. Frontone rispose ironicamente e lo incoraggiò a
riposare, prendendo esempio dai suoi predecessori: Antonino era stato un
appassionato di palaestra, di pesca e di teatro, Marco trascorreva invece gran
parte delle sue notti insonni a risolvere questioni giudiziarie. Dai loro
scambi epistolari sappiamo che Marco non riuscì a mettere in pratica i consigli
di Frontone poiché ho doveri che incombono su di me che difficilmente possono
essere delegati e rimandati, adducendo la sua devozione al dovere. Conclude
informandosi della salute dell'amico e salutandolo addio mio ottimo maestro,
uomo dal cuore buono.[163] Frontone rispose qualche tempo dopo, inviando
all'amico una selezione di letture e, per rimediare al suo disagio per lo
svolgimento della guerra contro i Parti, una lunga e meditata lettera, piena di
riferimenti storici, indicata, nelle edizioni moderne sulle opere di Frontone,
De bello Parthico (Sulla guerra partica). Frontone scrive che, anche se in
passato Roma aveva subito pesanti sconfitte, alla fine i Romani avevano sempre
prevalso sui loro nemici: Sempre e ovunque [Marte] ha cambiato le nostre
difficoltà in successi e i nostri terrori in trionfi.[164] Il
teatro delle campagne militari orientali di Lucio Vero Intanto Lucio, partito
dall'Italia e giunto dopo un lungo viaggio in Siria, fece di Antiochia il suo
"quartier generale", trascorrendo gli inverni a Laodicea e le estati
a Daphne.[165] Durante la guerra, nel periodo autunnale/invernale del 163
o del 164, Lucio andò a Efeso per sposarsi con Lucilla, secondo quanto
stabilito da Marco, nonostante circolassero voci sulle sue amanti, in
particolare su una certa Panthea, donna di umili origini. Lucilla aveva circa
quindici anni e venne accompagnata dalla madre Faustina, insieme a uno zio di
Lucio, Marco Vettuleno Civica Barbaro, nominato per l'occasione comes Augusti.
Marco che avrebbe voluto accompagnare la figlia fino a Smirne, in realtà non
andò oltre Brindisi. Una volta tornato a Roma, inviò istruzioni specifiche ai
governatori provinciali affinché non preparassero alcun ricevimento
ufficiale.[166][167] La capitale armena Artaxata, venne presa nel 163 e
alla fine di quello stesso anno Lucio assunse il titolo di Armeniacus, pur non
avendo mai partecipato direttamente alle operazioni militari, mentre Marco si
rifiutò di accettare l'appellativo fino all'anno successivo. Al contrario,
quando Lucio venne acclamato imperator, anche Marco accettò la sua seconda
salutatio imperatoria.[168][169] Nel 164 le armate romane si attestarono
stabilmente in Armenia e l'ex console di origine emesana, Gaio Giulio Soemo,
venne incoronato re tributario d'Armenia,[170] con l'assenso di
Marco.[169][171][172] Il 165 vide le armate romane entrare vittoriose in
Mesopotamia, dove posero sul trono il re vassallo Manno. Avidio Cassio raggiunse
le metropoli gemelle della Mesopotamia: Seleucia, sulla riva destra del Tigri,
e Ctesifonte su quella sinistra. Entrambe le città vennero occupate e date alle
fiamme.[173] Cassio, nonostante la penuria di rifornimenti e i primi effetti
della peste contratta a Seleucia, riuscì a riportare indietro e in buon ordine
la sua armata vittoriosa. Lucio venne così acclamato Parthicus Maximus, mentre
insieme a Marco venne salutato nuovamente imperator, ottenendo la sua seconda
acclamazione imperiale.[173] Nel 166 ancora Avidio Cassio invase il paese dei
Medi, al di là del Tigri, permettendo a Lucio di fregiarsi del titolo
vittorioso di Medicus, mentre Marco otteneva la IV salutatio imperatoria e il
titolo di Parthicus Maximus.[174][175] I Parti si ritirarono nei loro
territori, a oriente della Mesopotamia. Marco sapeva di dover ascrivere il
maggior merito della vittoria finale allo staff militare del fratello Lucio.
Tra i comandanti romani si distinse Gaio Avidio Cassio, legatus legionis della
III Gallica, una delle legioni siriane.[167][175] Al ritorno dalla
campagna, a Lucio venne tributato un trionfo (12 ottobre del 166). La parata
risultò insolita perché comprendeva i due imperatori, i loro figli e le figlie
nubili, come una grande festa di famiglia. Nell'occasione Marco elevò i due
figli, Commodo di cinque anni e Marco Annio Vero di tre al rango di Cesare (il
gemello di Commodo, Fulvio Antonino, era morto l'anno precedente).[176]
Scambi commerciali con l'Oriente Magnifying glass icon mgx2.svgRelazioni diplomatiche
sino-romane. Proprio durante la guerra partica Marco potrebbe aver favorito
l'apertura di nuove vie commerciali con l'Estremo Oriente. Si ricorda, infatti,
negli annali del "Celeste impero", un'ambasceria inviata presso
l'Imperatore cinese della dinastia Han, Huandi (nel 166), nella quale i Cinesi
chiamarono l'imperatore romano col nome di Ngan-touen o Antoun. Ciò sembra
confermare che tale ambasceria (forse composta da soli mercanti), sia giunta in
Estremo Oriente proprio durante il regno di Marco Aurelio o del suo
predecessore, Antonino Pio, in quanto Antoun equivarrebbe in lingua cinese al
nome latino della famiglia imperiale degli "Anto[u]n-ini".[177]
Guerre marcomanniche Magnifying glass icon mgx2.svgGuerre marcomanniche.
Statua di Marco Aurelio in uniforme militare (Museo del Louvre, Parigi).
Marcomanni e Sarmati nel 178 Il figlio adottivo di Frontone, Gaio Aufidio
Vittorino, venne inviato, dal 162 al 166, a governare la provincia della
Germania superiore, ove si trasferì con l'intera famiglia (a parte un figlio
che rimase a Roma con i nonni). La situazione lungo la frontiera settentrionale
si presentava estremamente difficile. Una postazione lungo gli Agri Decumati
era stata distrutta e sembra che molte delle popolazioni dell'Europa centrale e
settentrionale fossero in fermento. Regnava, inoltre, molta corruzione tra gli
ufficiali romani: Vittorino fu costretto, infatti, a chiedere le dimissioni di
un legatus legionis che aveva preso tangenti[27][178][179] e numerosi
governatori esperti vennero sostituiti da amici e parenti della famiglia
imperiale.[179][180] A partire dal 160, le tribù germaniche e altri
popoli nomadi avevano iniziato le prime incursioni lungo i confini
settentrionali romani, in particolare in Gallia e sul Danubio. Questo nuovo slancio
verso occidente era causato dalle pressioni che subivano a loro volta dalle
tribù germaniche più orientali e settentrionali. Una prima invasione di Catti
nella Germania superiore era stata respinta nel 162.[179] Molto più pericolosa
fu l'invasione del 166, quando i Marcomanni della Boemia, clienti dell'impero
romano dal 19 (ma ribelli sotto Domiziano, che vi scatenò contro un'offensiva),
attraversarono il Danubio, insieme a Longobardi e altre tribù germaniche.
Contemporaneamente, i Sarmati Iazigi attaccarono i territori compresi tra il
Danubio e il fiume Tibisco.[181] Secondo la Historia Augusta, conclusa la
guerra partica, scoppiava così quella contro i Marcomanni, una coalizione di
natura militare, composta da una decina di popolazioni germaniche e sarmatiche
(dai Marcomanni propriamente detti della Moravia, ai Quadi della Slovacchia,
dalle popolazioni vandaliche dell'area carpatica, agli Iazigi della piana del
Tibisco, fino ai Buri di stirpe suebica del Banato). Era la naturale
conseguenza di una serie di forti agitazioni interne e dei continui flussi
migratori che avevano ormai modificato gli equilibri con il vicino Impero
romano. Questi popoli erano alla ricerca di nuovi territori dove insediarsi,
sia in conseguenza della forte spinta che subivano da altre popolazioni, sia
per il continuo aumento demografico della Germania Magna. Erano, inoltre,
attratti dalle ricchezze e dalla vita agiata del mondo romano.[182] In
quel periodo la frontiera danubiana non poteva contare su buona parte dei suoi
effettivi, sia perché molte legioni avevano dovuto destinare consistenti
distaccamenti alla guerra partica, sia perché la grave epidemia di peste aveva
falcidiato numerosi reparti. Tale epidemia avrebbe causato una catastrofe
demografica prolungatasi per oltre un ventennio e paragonabile a quella causata
dalla peste nera.[183] Nel 166/167 avvenne il primo scontro lungo il limes
pannonicus ad opera di poche bande di predoni longobardi e osii che, grazie al
sollecito intervento delle truppe di confine, furono prontamente respinte. La
pace stipulata con le limitrofe popolazioni germaniche a nord del Danubio fu
gestita direttamente dagli stessi imperatori, Marco e Lucio, ormai diffidenti
nei confronti dei barbari aggressori, recatisi pertanto fino alla lontana fortezza
legionaria di Carnunto (nel 168).[184] Peste antonina Magnifying glass
icon mgx2.svgPeste antonina. Al ritorno dalla campagna partica l'esercito portò
con sé una terribile pestilenza, in seguito conosciuta come la "peste
antonina" o "peste di Galeno", che si diffuse a partire dalle
fine del 165 per quasi un ventennio, mietendo milioni di vittime e riducendo
drasticamente la popolazione dell'Impero romano. Qualche anno dopo la malattia,
una pandemia che oggi si ritiene potesse invece essere vaiolo o morbillo,[185]
avrebbe finito per reclamare la vita dei due imperatori stessi. La malattia
scoppiò di nuovo, nove anni più tardi, secondo Dione, e causò fino a 2.000
morti al giorno a Roma, infettando fino a un quarto dell'intera popolazione. I
decessi totali sono stati stimati in cinque milioni.[30][186] Unico
imperatore (169-176) Frontiere settentrionali (169-175) La colonna di
Marco Aurelio o colonna antonina, fatta costruire dal figlio Commodo Dopo che
la morte colse Lucio agli inizi del 169 (secondo la Historia Augusta in seguito
ad un attacco apoplettico che lo colpì non molto distante da Aquileia,[187]
mentre autori moderni sostengono che il decesso, forse causato dalla stessa
peste, sopraggiunse mentre era impegnato in nuove manovre militari lungo il limes
danubiano),[184] Marco Aurelio si trovò ad affrontare da solo i barbari ribelli
e con decisione, piuttosto che imporre nuove tasse ai provinciali, organizzò
una vendita all'asta nel Foro di Traiano degli oggetti preziosi appartenenti al
patrimonio imperiale, tra cui coppe d'oro e di cristallo, vasellame regale,
vesti di seta, trapunte d'oro appartenuti anche all'augusta moglie, oltre a una
raccolta di gemme trovata in un forziere di Adriano.[188] In quell'anno
Marco diede alla figlia Lucilla, rimasta vedova di Vero, un nuovo marito, il
fedele Claudio Pompeiano, un militare esperto e affidabile, premiato in seguito
con il consolato, nel 173. Marco avrebbe voluto associarlo al trono, al posto
dello scomparso Lucio Vero, conferendogli perlomeno il titolo di Cesare, ma
egli rifiutò sempre la porpora imperiale.[189] Frattanto lungo il fronte
settentrionale, i Romani subirono un paio di pesanti sconfitte contro le
popolazioni di Quadi e Marcomanni le quali, una volta penetrate lungo la via
dell'ambra e attraversate le Alpi, devastarono Opitergium (Oderzo) e
assediarono Aquileia, il cuore della Venetia, la principale città romana del
nord-est dell'Italia.[27][190] Questo evento provocò un'enorme
impressione:[191] era dai tempi di Mario che una popolazione barbara non
assediava dei centri del nord Italia.[192] Contemporaneamente la
popolazione dei Costoboci, proveniente dalla zona dei Carpazi orientali, aveva
invaso la Mesia e la Macedonia, spingendosi fino in Grecia, dove riuscì a
saccheggiare il santuario di Eleusi. Dopo una lunga lotta, Marco riuscì a
respingere gli invasori. Numerosi barbari germanici vennero allora stabiliti
nelle regioni di frontiera come la Dacia, le due Pannonie, le due Germanie e la
stessa Italia. E sebbene ciò non costituisse una novità, Marco si adoperò per
creare sulla riva sinistra del Danubio, tra l'odierna Repubblica Ceca e
l'Ungheria, due nuove province di frontiera chiamate Sarmazia e Marcomannia.
Quelli che erano stati insediati a Ravenna si ribellarono e riuscirono a
impadronirsi della città. Per questo motivo, Marco non portò mai più nessun
altro barbaro in Italia, e mise al bando quelli che qui si erano
stabili ti in precedenza.[193] Il miracolo della pioggia.
Marco fu così costretto a combattere una lunga ed estenuante guerra contro le
popolazioni barbariche del Nord, prima respingendole e "ripulendo" i
territori della Gallia Cisalpina, del Norico e della Rezia (170-171), poi
contrattaccando con una massiccia offensiva in territorio germanico (172-173) e
sarmatico (174-175), in scontri prolungatisi per diversi anni.[194]
L'imperatore, in seguito a questi conflitti, poté fregiarsi dei cognomina
Germanicus (172) e Sarmaticus (175), ma contestualmente abbandonò ufficialmente
i titoli Armeniaco, Medico e Partico, che non volle più tenere dopo la morte di
Lucio Vero, giacché andava a quest'ultimo il merito del loro
conseguimento;[195] tuttavia egli, per via dell'impegno profuso lungo il fronte
pannonico, non riuscirà più a far ritorno a Roma. Dione e gli altri
biografi raccontano anche alcuni episodi particolari della guerra, come il
cosiddetto miracolo della pioggia, rappresentato anche nella scena XVI sulla
colonna di Marco Aurelio.[196] I Romani, circondati dai Quadi in territorio
nemico, si salvarono a stento da un possibile nuovo disastro. L'evento fu
utilizzato dagli apologeti cristiani per sostenere che non sarebbero state le
preghiere dell'imperatore a ottenere la pioggia in favore dei soldati romani
assetati, ma quelle di alcuni legionari di fede cristiana.[197] Sempre nel
172-173 scoppiò una violenta rivolta in Egitto, guidata dal sacerdote Isidoro,
che arrivò a minacciare la stessa città di Alessandria. L'intervento di Gaio
Avidio Cassio e le discordie interne ai rivoltosi portarono alla fine del
conflitto entro breve tempo[198]. Rivolta di Cassio (175) Magnifying
glass icon mgx2.svgAvidio Cassio § La ribellione. Nel 175, mentre preparava una
nuova campagna contro le popolazioni della piana del Tibisco, l'imperatore fu
raggiunto dalla notizia che il governatore della Siria, Avidio Cassio, uno dei
migliori comandanti militari romani, alla falsa notizia della sua morte, si era
autoproclamato imperatore. Secondo quanto ci tramandano sia Cassio Dione che la
Historia Augusta, Avidio Cassio accettò la porpora imperiale per volere di
Faustina, poiché la stessa credeva che Marco stesse per morire e temeva che
l'impero potesse cadere nelle mani di qualcun altro, visto che Commodo era
ancora troppo giovane.[199] Cassio venne acclamato imperator dalla Legio III
Gallica mentre la gran parte delle province orientali, escluse Cappadocia e
Bitinia, si schieravano a fianco dei ribelli. All'inizio Marco cercò di
tenere segreta la notizia dell'usurpazione, ma quando fu costretto a renderla
pubblica, di fronte all'agitazione dei soldati si rivolse loro con un discorso
(adlocutio) rivelando di voler evitare inutili spargimenti di sangue tra
Romani. Ma dopo soli tre mesi, quando la notizia della morte di Marco si rivelò
ufficialmente falsa, il Senato romano proclamò Cassio hostis publicus, nemico
dello stato e del popolo romano e Avidio fu ucciso dai suoi stessi soldati. La
testa dell'usurpatore fu portata a Marco, come testimonianza dell'uccisione, ma
l'imperatore, che avrebbe voluto dimostrargli il suo perdono e salvarlo, non
esultò, al contrario esclamò: Mi è stata tolta un'occasione di clemenza: la
clemenza, infatti, dà soprattutto prestigio all'imperatore romano agli occhi
dei popoli. Io però risparmierò i suoi figli, il genero e la moglie, lasciando
metà del patrimonio paterno ai figli di Avidio Cassio, e donando una grande
quantità di oro, di argento e di gemme alla figlia.[200] Viaggio in
Oriente (175-176) Marco Aurelio: aureo[201] MARCUS AURELIUS RIC III 357-159422M
ANTONINVS AVG GERM SARM, testa laureata con corazza e paludamentumTR P XXX IMP
VIII COS III, la Felicitas con caduceo e scettro AV (7,33 g); coniato nel 176
Nell'ultimo decennio di regno, mentre si trovava lungo i confini settentrionali
imperiali, Marco scrisse i Colloqui con sé stesso, tornando di rado a Roma.
Insieme alla moglie Faustina, al figlio Commodo, al seguito composto dai
comites del consilium principis e a un ingente esercito, Marco visitò le
province orientali nel 175-176.[202] Partito da Sirmio nel luglio del 175, dopo
essere passato per Bisanzio, Nicomedia, Prusias ad Hypium e per Ancyra, giunse
a Tarso, sostando in Cilicia dove, secondo Dione,[202] molti si erano schierati
dalla parte di Avidio. Poco dopo aver passato la località di Tanya, Faustina
morì in circostanze poco chiare in un villaggio di nome Halala, sito in
Cappadocia ai piedi dei Monti Tauri. Cassio Dione riporta alcune versioni sulla
morte dell'Augusta: una prima ipotizza il suicidio, motivato dall'aver stretto
accordi per la successione con Avidio Cassio; una seconda chiama in causa la
gotta; una terza vedrebbe Faustina morire di parto dopo un'ennesima gravidanza
all'età di quarantacinque anni.[203] Dopo la morte venne divinizzata
ufficialmente con degne cerimonie a Roma, per volere del Senato. L'Augusta, che
aveva spesso accompagnato il marito in guerra, era stata la prima delle
imperatrici romane a essere insignita del titolo di mater castrorum.[204]
Halala, il villaggio dove era morta, venne rinominato
"Faustinopolis". In suo onore furono istituiti collegi di
sacerdotesse e create le puellae Faustinianae, in ricordo dell'istituzione
benefica sorta in memoria della madre, la moglie di Antonino Pio, istituzione
che si occupava di fanciulle orfane della penisola italica.[204] Le fonti
antiche, in contrasto coi Ricordi di Marco Aurelio, spesso accusarono Faustina
di dissolutezza e di aver ripetutamente tradito il marito, con marinai e
gladiatori, tanto che da una di queste relazioni sarebbe nato Commodo, secondo
una diceria riportata dal biografo della Historia Augusta.[205] Dopo
questa ennesima disgrazia famigliare, il princeps ripartì per la Siria, forse
fermandosi a visitare la città di Antiochia (che si era schierata con Cassio),
perdonandone i suoi abitanti, e qui potrebbe avervi svernato, incontrando
alcuni personaggi locali come il patriarca Giuda I. Riprese, quindi, il suo
viaggio per giungere nell'estate nel 176 in Egitto, dove ricevette una
delegazione dei Parti.[202][206] Il trionfo di Marco Aurelio Nel
viaggio di ritorno dall'Oriente, dopo essersi imbarcato per l'Asia Minore, passò
per Efeso, poi Smirne (dove incontrò Elio Aristide) e, da ultimo, Atene, dove
il filosofo cinico Zenone aveva fondato la scuola stoica, sotto il famoso
portico dipinto, dichiarandosi "protettore della
filosofia".[207][208] Istituì quattro cattedre permanenti di studio,
finanziandole, una per ogni principale scuola filosofica: platonici,
aristotelici, epicurei e stoici.[209] In Grecia prese parte anche ai riti dei
misteri eleusini.[210][211] Durante il tragitto lungo l'Asia Minore e la tappa
a Atene si rivolsero a Marco Aurelio e a Commodo anche alcuni padri apologisti
cristiani.[202] Governo imperiale con Commodo (176-180) Il 27 novembre
del 176, Marco decise di associare al trono imperiale il figlio Commodo,[212]
l'unico maschio superstite tra i suoi figli (dopo la morte del giovane Marco
Vero Cesare e quella di alcuni nipoti), nominandolo Augusto e concedendogli la
tribunicia potestas e l'imperium,[213] benché avesse nei confronti del figlio
alcune perplessità.[214] Marco celebrò, quindi, il matrimonio di Commodo con
Bruzia Crispina.[215] A Roma, si dedicò ad amministrare la giustizia,
cercando di riparare a torti e abusi del passato; dispose la celebrazione di
giochi circensi, mettendo però un limite di spesa a quelli gladiatorii.[216] Il
23 dicembre del 176, Marco, che aveva battuto le popolazioni germaniche e
sarmatiche a nord del medio corso del Danubio, ottenne per decreto del Senato
romano il trionfo insieme al figlio Commodo, da poco nominato Augusto. In suo
onore venne eretta una statua equestre, tuttora custodita nel Palazzo dei
Conservatori.[217] Offensiva finale in Marcomannia e Sarmatia
(177-180) L'impero romano alla fine del regno di Marco Aurelio, nel 180
L'apparente tregua sottoscritta con le popolazioni germaniche, in particolare
Marcomanni, Quadi e Iazigi, durò però solo un paio d'anni, fino al 177. Il 3
agosto del 178 Marco fu infatti costretto a marciare ancora una volta verso la
frontiera danubiana, a seguito di una nuova sollevazione dei Marcomanni. Non
sarebbe mai più tornato a Roma.[27][218] Egli fece della fortezza legionaria di
Brigetio il suo nuovo quartier generale e da qui condusse l'ultima campagna
nella primavera successiva del 179, che aveva come obiettivo quello di occupare
stabilmente parte della Germania Magna (Marcomannia) e della Sarmatia.[219] Si
racconta infatti che: «I Quadi essendo poco disposti a sopportare la
presenza di forti romani costruiti nel loro territorio [...] tentarono di
migrare tutti insieme verso le terre dei Semnoni. Ma Marco Aurelio Antonino che
ebbe queste informazioni in anticipo della loro intenzione di partire per altri
territori, decise di chiudere loro tutte le vie di fuga, impedendo la loro
partenza.» (Cassio Dione, 72, 20.2.) Dopo una vittoria decisiva nel 178,
il piano per annettere la Moravia e la Slovacchia occidentale (Marcomannia),
per porre fine una volta per tutte alle incursioni germaniche, sembrava avviato
al successo, ma venne abbandonato dopo che Marco Aurelio si ammalò gravemente
nel 180, forse anch'egli colpito dalla peste che affliggeva l'impero da
anni.[220] La sua salute, da sempre fragile e in costante declino, sembra lo
costringesse a fare uso anche di oppio per alleviare il dolore persistente che
lo affliggeva da anni allo stomaco, rimedio prescritto dallo stesso
Galeno.[221] Morte (180) Eugène Delacroix, Ultime parole
dell'imperatore Marco Aurelio, una rappresentazione moderna della morte di
Marco: l'imperatore, al centro, siede a letto, circondato da amici e dignitari,
e stringe il braccio di Commodo (a destra), vestito di rosso, sbarbato e
abbigliato in maniera orientaleggiante, con orecchini e una corona, e che
appare distante e poco interessato. «Uomo, sei stato cittadino in questa grande
città: che ti importa se per cinque anni o per cento? Quel che è secondo le
leggi ha per ognuno pari valore. Che c'è di grave allora se dalla città ti
espelle non un tiranno o un giudice ingiusto, ma la natura che ti ci aveva
introdotto? (...) A stabilire che il dramma è completo infatti è chi allora fu
responsabile della composizione, ora del dissolvimento; tu invece non sei
responsabile né dell'una né dell'altro. Quindi parti sereno: chi ti congeda è
sereno.» (Marco Aurelio, 12.36.) Marco Aurelio morì il 17 marzo 180, a
circa cinquantanove anni, secondo Aurelio Vittore nella città-accampamento di
Vindobona (Vienna).[19] Secondo invece quanto riferisce Tertulliano, uno
storico e apologeta cristiano suo contemporaneo, sarebbe invece deceduto sul
fronte sarmatico, non molto distante da Sirmio (odierna Sremska Mitrovica,
nell'attuale Serbia),[20] che fungeva da quartier generale invernale delle sue
truppe, in vista dell'ultimo assalto. Il Birley ritiene infatti che Marco
potrebbe essere morto a Bononia sul Danubio (che per assonanza ricorda la
località di Vindobona), venti miglia a nord di Sirmio.[222] Iniziando a
stare male, chiamò Commodo al capezzale e gli chiese per prima cosa di
concludere onorevolmente la guerra, affinché non sembrasse che lui avesse
"tradito" la Res publica. Il figlio promise che se ne sarebbe fatto
carico, ma che gli interessava prima di tutto la salute del padre. Chiese
pertanto di poter aspettare pochi giorni prima di partire. Marco, sentendo che
i suoi giorni erano alla fine e il dovere compiuto, accettò da stoico una morte
onorevole, astenendosi dal mangiare e bere, e aggravando così la malattia per
permettergli di morire il più rapidamente possibile. Il sesto giorno, chiamati
gli amici e deridendo le cose umane disse loro: perché piangete per me e non
pensate piuttosto alla pestilenza e alla morte comune?[223] Se vi allontanerete
da me, vi dico, precedendovi, statemi bene. Mentre anche i soldati si
disperavano per lui, alla domanda su a chi affidasse il figlio, rispose ai
subordinati: a voi, se ne sarà degno, e agli dèi immortali. Nel settimo giorno
si aggravò e ammise brevemente solo il figlio alla sua presenza, ma quasi
subito lo mandò via, per non contagiarlo. Uscito Commodo, coprì il capo come se
volesse dormire, come il padre Antonino Pio, e quella notte morì.[224] Cassio
Dione aggiunge che la morte avvenne "non a causa della malattia per cui
stava ancora soffrendo, ma a causa dei medici che, come ho chiaramente sentito,
volevano favorire l'ascesa di Commodo", anche se secondo il Birley,
"è inutile avanzare ipotesi".[225] Successione Commodo, figlio
e successore di Marco Aurelio, raffigurato come Ercole Officiato il funerale,
venne cremato, e fu immediatamente divinizzato, mentre le sue ceneri furono
portate a Roma e deposte nel mausoleo di Adriano, che divenne così il sepolcro
di famiglia da Adriano a Commodo e, forse, anche per alcuni imperatori
successivi, finché, nel 410, il sacco visigoto della città lo danneggiò
gravemente. Le sue campagne vittoriose contro Germani e Sarmati furono
commemorate con la costruzione della Colonna Aureliana e di un
tempio.[226] Marco Aurelio aveva stabilito che a succedergli fosse il
figlio Commodo, che già aveva nominato Cesare nel 166 e poi Augusto
(co-imperatore) nel 177. Questa decisione, che mise di fatto fine alla serie
dei cosiddetti "imperatori adottivi", venne fortemente criticata
dagli storici successivi, poiché Commodo non solo era estraneo alla politica e
all'ambiente militare, ma fu inoltre descritto, già in giovane età, come
estremamente egoista e con gravi problemi psichici, appassionato in maniera
eccessiva di giochi gladiatorii (a cui lui stesso prendeva parte), passione
ereditata dalla madre. Marco Aurelio riteneva, a torto, che il figlio
avrebbe abbandonato quel genere di vita così poco adatto a un princeps,
assumendosi le necessarie responsabilità nel governare un Impero come quello
romano, ma così non fu.[227] A conclusione del principato di Marco
Aurelio, Cassio Dione scrisse un elogio all'imperatore, pur descrivendo il
passaggio a Commodo con dolore e rammarico: «[Marco] non ebbe la fortuna
che meritava, perché non era fisicamente forte e poiché dovette affrontare, per
la durata del suo regno, numerose difficoltà. Proprio per questo motivo lo
ammiro maggiormente, in quanto egli, in mezzo a difficoltà insolite e
straordinarie, non solo sopravvisse ma salvò l'impero. Solo una cosa lo rese
infelice, il fatto che, dopo aver dato l'educazione migliore possibile al
figlio, questi deluse le sue aspettative. Questa materia deve essere il nostro
prossimo argomento, dato che da quel periodo dei Romani deriva oggi la nostra storia,
decaduta da un regno d'oro a uno di ferro e ruggine.» (Cassio Dione, 72,
36.3-4.) Carattere e pensiero filosofico Magnifying glass icon mgx2.svgColloqui
con sé stesso, Pensiero di Marco Aurelio e Letteratura greca alto
imperiale. Statua equestre di Marco Aurelio (Roma, Musei capitolini)
Marco Aurelio fu l'ultimo grande esponente dello Stoicismo.[228] Tra il 170 e
il 180, Marco scrisse i Colloqui con sé stesso, come esercizio per il proprio
orientamento e auto-miglioramento.[228] Il titolo è stata un'aggiunta postuma,
originariamente Marco intitolò l'opera A se stesso, ma non si sa se avesse
intenzione di renderla pubblica. Il libro è considerato uno dei capolavori
letterari e filosofici di tutti i tempi.[228] «Sii come il promontorio
contro cui si infrangono incessantemente i flutti: resta immobile e intorno ad
esso si placa il ribollire delle acque. «Me sventurato, mi è capitato questo».
Niente affatto! Semmai: «Me fortunato, perché anche se mi è capitato questo
resisto senza provar dolore, senza farmi spezzare dal presente e senza temere
il futuro». Infatti una cosa simile sarebbe potuta accadere a tutti, ma non
tutti avrebbero saputo resistere senza cedere al dolore. Allora perché vedere
in quello una sfortuna anziché in questo una fortuna?» (Marco Aurelio,
4.49.) Politica religiosa e atteggiamento nei confronti dei cristiani
Magnifying glass icon mgx2.svgPersecuzione dei cristiani sotto Marco Aurelio.
Sebbene Marco abbia da sempre seguito la linea indulgente degli imperatori
Adriano e Antonino Pio, che continuò nei confronti dei culti ammessi, è
elencato tra gli imperatori persecutori dei cristiani. Molti disordini si
verificarono sotto il regno di Marco Aurelio, segnato da epidemie, carestie e
invasioni e più volte le folle diedero la caccia ai cristiani, ritenuti
responsabili di tutto (per aver causato la collera degli dèi, avendoli negati),
e i martiri furono numerosi. Marco Aurelio, personalmente, non mostrò esplicito
disprezzo per i cristiani, né li considerò un vero pericolo, ma piuttosto dei fanatici.[229][230]
Monetazione imperiale del periodo Magnifying glass icon mgx2.svgMonetazione
degli Antonini. Marco Aurelio nella cultura Magnifying glass icon mgx2.svgMarco
Aurelio nell'eredità storica culturale. Il prototipo di statua equestre è senza
alcun dubbio la statua equestre di Marco Aurelio. In precedenza l’opera bronzea
si trovava nella piazza del Campidoglio a Roma, prima di essere sostituita da
una copia e trasferita nell’adiacente Palazzo dei Conservatori.Note
Scarre 1995,113. AE 1998, 1622; AE 1998, 1625, AE 1998, 1626; AE 1966,
517. AE 1897, 124. RIC, Marcus
Aurelius, III, 92, 142 e 198; AMN-43/44-203; AE 1999, 1103; MIR, 18, 88-4/30;
RSC 469. AE 1975, 785; AE 2001, 2154; AE
1998, 1626; AE 1997, 1332. Historia
Augusta, Marcus Aurelius, 12.9. Cassio
Dione, 71, 3.5. AE 1961, 318; AE 2006, 1837. RIC, Marcus Aurelius, III, 357, 1054 e 1184;
MIR, 18, 370-6/37; Banti, 64. RIC,
Marcus Aurelius, III, 1188; MIR, 18, 372a-19/50; Cohen, 170. AE 2000, 1537, AE 1986, 528. CIL VIII, 14435, AE 1992, 1184. CIL VIII, 24103, CIL VIII, 26248, AE 1912,
47, AE 2004, 1695. CIL VIII, 26249, CIL
VIII, 17972, CIL VIII, 4209. CIL VIII,
17869. CIL III, 6578. CIL VIII, 26250. Birley 1990,60. Aurelio Vittore, De
Caesaribus, 16. Tertulliano, 25. Grant 1996,27. Testo per esteso dell'epigrafe: Imperator
Caesar Marcus Aurelius Antoninus Augustus.
Il luogo della morte è incerto tra Sirmio o Vindobona: Tertulliano, 25:
(LA) «[...] cum M. Aurelio apud Sirmium rei publicae exempto die sexto decimo
Kalendarum Aprilium [...]» «essendo stato Marco Aurelio strappato allo
Stato a Sirmio il 17 marzo.» Aurelio Vittore, De Caesaribus, 16.14: (LA)
«Ita anno imperii octavo decimoque aevi validior Vendobonae interiit, maximo
gemitu mortalium omnium» «Il diciottesimo anno del suo governo, tra grandi
lamenti, il più forte e più grande di tutti gli uomini morì a Vindobona»
Riportato invece così in Aurelio Vittore, Epitome de Caesaribus, 16.12
(compendio, più tardo, della stessa opera di Vittore, attribuita a lui stesso,
ma con molta incertezza): (LA) «Ipse vitae anno quinquagesimo nono apud
Bendobonam morbo consumptus est» «Egli stesso, nel cinquantanovesimo anno
della sua vita, venne consumato da una malattia a Vindobona.» Historia Augusta, Marcus Aurelius, 1.9; McLynn
2009,24. Cassio Dione, 69, 21.1.
Asse della zecca di Roma antica (del 151-152), RIC, III, 1308a
(Antoninus Pius); BMCRE,1917; Cohen, 653. Cassio Dione, 72, 11.3-5. Machiavelli 1531, I.10. Gibbon 1776-1789, capitolo I: Estensione e
forza militare dell'Impero nel secolo degli Antonini; in particolare I.78, in
cui l'autore descrive il buon governo degli imperatori adottivi; inoltre,273
nota 4 del testo disponibile su Google libri, in cui usa l'espressione
"good emperors". Cassio Dione, 72, 14.3-4. Il libro completo,
che parla dell'epidemia avvenuta sotto Marco Aurelio, è andato perduto; questa
nuova epidemia fu la più grave che lo storico avesse mai visto, a quanto narra
nella "vita di Marco Aurelio".
Historia Augusta, Marcus Aurelius, 12.13, 17.1-2 e 22.1-8. Renan 1937.
Tra questi vi furono: Marco Aurelio Probo (CIL XI, 1178), Marco Aurelio
Mario (imperatore nelle Gallie), Marco Aurelio Caro e Marco Aurelio Carino (CIL
VIII, 10956), oltre a due imperatori suoi omonimi, Caracalla (AE 1911, 56) ed
Eliogabalo (il cui nome imperiale ufficiale era "Marco Aurelio
Antonino"; CIL VI, 40677 e AE 1990, 469) e che furono i primi, pur non
appartenendo alla dinastia antonina, ad usare il suo nome. Questi ultimi due,
in particolare, come già il padre di Caracalla, Settimio Severo, che aveva
riabilitato la memoria di Commodo, divinizzandolo e rimuovendo la damnatio
memoriae imposta dal Senato, e dato al figlio il nome di Marco Aurelio,
cercavano un collegamento diretto con gli Antonini al fine di nobilitare le
loro origini africane e asiatiche, quindi provinciali. Inoltre, una delle mogli
di Eliogabalo era una nipote di Marco Aurelio stesso, Annia Faustina. Il nome
Marco Aurelio divenne, quindi, un nome di famiglia dei Severi e, come «Cesare»,
«Augusto» e, più tardi, «Flavio», venne utilizzato come prenome imperiale da
molti altri. Birley 1990,317-318.
Birley 1990,269 ss. Birley
1990,316. Birley 1990,313-319. CIL II, 656 (p 696). Birley 1990,31. Historia Augusta, Marcus Aurelius,
1.2-1.4. Birley 1990,32-34. McLynn 2009,14. Birley 1990,34.
Historia Augusta, Marcus Aurelius, 1.5.
Historia Augusta, Marcus Aurelius, 1.
Poiché suo fratello Marco Annio Libone è stato console nel 128 e
difficilmente potrebbe essere stato pretore più tardi del 126, Annio Vero deve essere
stato a sua volta pretore prima di questa data, verosimilmente, appunto, nel
124. Birley 1990,34-35; Marco Aurelio,
1.2 Birley 1990,36-37; Tacito, Dialogus
de oratoribus, 28-29; Marco Aurelio, 5.4.
Marco Aurelio, 1.3. Birley
1990,40; Marco Aurelio, 1.17.7. Birley
1990,35; Historia Augusta, Marcus Aurelius, 2.1; Marco Aurelio, 1.14. Birley 1990,39; Marco Aurelio, 1.1. Marco Aurelio, 1.17; Birley 1990,39. Marco Aurelio, 1.4. Marco Aurelio, 1.6. Norelli,75 nota 1. Marco Aurelio, 1.6; Birley 1990,43. Marco Aurelio, 1.10 e 1.12; Birley
1990,46. Birley 1990,51-52. Guido Clemente 2008,629-630. Birley 1990,55 ss. Guido Clemente
2008,630. Birley 1990,69. Birley
1987,38-42. Birley 1990,50-51; Cassio
Dione, 69, 22.4; Historia Augusta, Hadrianus, 25.5-6 Cassio Dione, 69, 22.1-4; Historia Augusta,
Hadrianus, 24.8-13. Birley 1990,63-66;
Grant 1996,12. Birley 1990,63.
Mazzarino 1973,328. Marco Aurelio, 6.30:
"Bada di non cesarizzarti, di non impregnarti con la porpora: succede
infatti". Historia Augusta, Marcus
Aurelius, 6.5; Birley 1990,67-68. Marco
Aurelio, 1.16. Marco Aurelio,
5.16. Birley 1990,68. Marco
Aurelio, 8.9. Historia Augusta, Marcus
Aurelius, 2.4 e 3.6. Birley
1990,108. Frontone, Ad Marcum Caesarem
4.8 (trad. da Haines 1.184 ss.). Cassio
Dione, 71, 36.3. Grant 1996,24. Birley 1990,110-111. Marco Aurelio, 1.11. Historia Augusta, Marcus Aurelius, 2.4;
Cameron 1967,347. Aulo Gellio, 9, 2.1–7
e 19.12; Birley 1990,76-78. Birley
1990,65-67; molti critici moderni hanno avuto dubbi per l'ammirazione dei
contemporanei. Filologi di fama espressero numerose critiche: Barthold Georg
Niebuhr, lo descrisse "frivolo", Samuel Adrian Naber lo trovò
"disprezzabile" (Champlin 1980, capp. 1-2); altri lo hanno definito
"pedante e noioso", scrivendo che le sue lettere non offrono né
l'analisi politica di un Cicerone né l'introspezione di un Plinio (Mellor 1982
commentando Champlin 1980); una ricerca prosopografica degli anni '80 ha
riabilitato, almeno in parte, la sua reputazione, cfr. ad esempio, sempre
Mellor 1982 su Champlin 1980. Birley
1990,88 ss. Birley 1990,78. Birley 1990,113. Birley 1990,114 ss. Birley 1990,83 ss.; Marco Aurelio, 1.8. Marco ricorda Epitteto come una guida
spirituale, facendo spesso riferimento alle sue Diatribe e al Manuale come ad
esempio in Marco Aurelio, 11.34, dove lo cita e ne commenta alcune
massime. Birley 1990,336-339.
Birley 1990,126 ss. Champlin
1980,174 n. 12. Frontone, Ad Marcum
Caesarem 4.11 (trad. da Haines 1.202 ss.). Birley 1990,130-132. Marco Aurelio, 9.40. RIC, III 682
(Aurelius); MIR, 18, 13-2a; Calicó, 2055 (moneta illustrata); BMCRE,399
note. Inscriptiones Graecae ad Res
Romanas pertinentes, 4.1399, tradotta da Birley 1990,140. Birley 1990,205 e 339. Historia Augusta, Lucius Verus, 2.9-11 e
3.4-7; Birley 1990,132-133. Forse in
omaggio ai filosofi greci o a causa di una cicatrice (cfr. Melani, Fontanella e
Cecconi,58). Bianchi Bandinelli e
Torelli 1976, scheda 131 (ritratti di Adriano).
Birley 1990,137-138. Birley 1990,140. Cassio Dione, 71, 33.4-5. Historia Augusta, Antoninus Pius,
12.4-8. Birley 1990,142; Historia
Augusta, Pertinax, 13.1 e 15.8 Birley 1990,142-143. Historia Augusta, Lucius Verus, 4.2. Historia Augusta, Marcus Aurelius,
15-16. Historia Augusta, Lucius Verus,
3.8; Birley 2000,156 Historia Augusta,
Marcus Aurelius, 7.9. Savio
2001,331. Historia Augusta, Marcus
Aurelius, 7.10-11; Historia Augusta, Antoninus Pius, 12.8; Birley
1990,144-145. Historia Augusta, Marcus
Aurelius, 19.1-2; Birley 1990,145.
Historia Augusta, Commodus, 1.2. Birley 1990,145-147. Birley 1990,145-146 cita Mattingly 1940,
Marcus Aurelius and Lucius Verus, nos. 155 ss.; 949 ss. Cassio Dione, 71.1, 3; 73.4.4–5. Historia Augusta, Marcus Aurelius, 8.1.
Birley 1990,150. Historia Augusta,
Marcus Aurelius, 8.8; Birley 1990,151 cita Eck 1995,65 ss. Vittorino minore fu console assieme al nipote
di Marco Aurelio, Tiberio Claudio Severo Proculo nel 200 (AE 1996, 1163 e CIL
III, 8237). Birley 1990,151 cita
Frontone, Ad Verum Imperator 1.3.2 (trad. da Haines 1.298 ss.). Frontone, Ad Antoninum Imperator 4.2.3 (trad.
da Haines 1.302 ss.). Birley 1990,148 ss.
Historia Augusta, Marcus Aurelius, 8.4-5. Birley 1987,278. Birley 1990,158
ss. Historia Augusta, Marcus Aurelius,
8-10 e 12. Historia Augusta, Marcus Aurelius, 10. Pulleyblank 1999. Historia Augusta, Marcus Aurelius, 9.
Historia Augusta, Marcus Aurelius, 11.
La grandiosa colonna di Marco Aurelio di fronte a Palazzo Chigi (alta 42
m) fu eretta per ricordare proprio le vittorie sul fronte germanico-sarmatico
del Danubio. La colonna era sormontata da una statua dell'Imperatore, dove ora
è posta quella di san Paolo, così come accadde per la colonna di Traiano, dove
venne posizionata una statua di san Pietro in sostituzione di quella dell'Optimus
princeps), in Coarelli 2008,42-43.
Historia Augusta, Marcus Aurelius, 17 e 23. Renan 1937,21-23. Eusebio, 5.1.77. Codice Giustinianeo, Digesto, 1, 18, 13. Codice Giustinianeo, Digesto, XVIII,
1,42. Historia Augusta, Marcus Aurelius,
24.1-3. Codice Giustinianeo, Digesto,
XLVIII, 9, 9, 2. Codice Giustinianeo,
Digesto, XXXI, 67.10: «Item Marcus imperator […] et ideo princeps
providentissimus et iuris religiosissimus cum fideicommissi verba cessare
animadverteret, eum sermonem pro fideicommisso rescripsit accipiendum». Birley 1990,165 ss.; Millar 1993,6 e ss. Vedi
anche Millar 1967,9-19 Frontone, Ad
Antoninum Imperator 2.1-2 (trad. da Haines 2.94); Birley 1990,164; Champlin
1980,134. Historia Augusta, 24.1-3. Svetonio, Titus, 8 e 9. Casadei e Mattarelli 2009,107-108. Bloch 1947.
Renan 1937,336-337. Birley
1990,170-172. Historia Augusta,
Antoninus Pius, 12.7; Birley 1990,148. Birley 1990,149. Mazzarino 1973,335 ss. Frontone, De Feriis Alsiensibus 4 (trad. da
Haines 2.19); Frontone, De bello Parthico 1-2 (trad. da Haines 2.21-23); e 10
(trad. da Haines 2.31); Guido Clemente 2008,633. Luciano di Samosata, Alessandro, 27. Cassio Dione, 71, 2.1; Luciano di Samosata,
21; 24-25 Cassio Dione, 71, 2.1. Historia Augusta, Marcus Aurelius, 8.9. Birley 1990,151-154. Birley 1990,154-155. Champlin 1980,134; Frontone, De Feriis
Alsiensibus 4 (trad. da Haines 2.19); Birley 1990,156-157. Frontone, De bello Parthico 10 (trad. da
Haines 2.31); Birley 2000,150-164; Birley 1990,157. Historia Augusta, Lucius Verus, 9; Historia
Augusta, Marcus Aurelius, 9.4; Birley 1990,159.
Historia Augusta, Marcus Aurelius, 9.4-6; Historia Augusta, Lucius
Verus, 7.7; Birley 1990,162. Birley 2000,163. Historia Augusta, Marcus Aurelius, 9.1;
Historia Augusta, Lucius Verus, 7.1-2; Frontone, Ad Verum Imperator 2.3 (trad.
da Haines 2.133); Birley 1990,159; Mattingly 1940, Marcus Aurelius and Lucius
Verus, 233 e ss.. Birley 2000,162.
Farrokh 2007,165; RIC, III, Antoninus Pius to Commodus, n. 511-513255 e
n. 1370-1375322. Birley 1990,163. Mattingly 1940, Marcus Aurelius and Lucius
Verus, nos. 261ff.; 300 ff. Birley 1990,174. ILS 1098; Birley 1990,179-180; Mattingly
1940, Marcus Aurelius and Lucius Verus,401 ss.. Birley 2000,164. Birley 1990,183. Birley 1990,180; Pulleyblank 1999; Mazzarino
1973,338 ss.. Frontone, De nepote amisso
2 (trad. da Haines 2.222); Frontone, Ad Verum Imperator 2.9-10 (trad. da Haines
2.232 ss.) Birley 1990,164-165.
Lucio Dasumio Tullio Tusco, un lontano parente di Adriano, fu inviato in
Pannonia superiore, per sostituire l'esperto Marco Nonio Macrino. La Pannonia
inferiore venne affidata al poco conosciuto Tiberio Aterio Saturnino. M.
Servilio Fabiano Massimo venne trasferito dalla Mesia inferiore a quella
Superiore quando Iallio Basso si era recato ad Antiochia di Siria da Lucio
Vero. La Mesia inferiore venne allora affidata al figlio, Marco Ponzio Leliano.
La Dacia venne divisa in tre distretti, governati da un senatore pretoriano e
da due procuratori. La pace non poteva durare a lungo, la Pannonia inferiore
disponeva di una sola legione, ad Aquinco. Cfr. Alföldy 1977, Moesia
Inferior,232 ss.; Moesia Superior,234 ss.; Pannonia Superior,236 ss.; Dacia,
245 ss.; Pannonia Inferior,251. Birley
1990,189. Southern 2001,203-206. Ruffolo 2004,84. Birley 1990,
194-197. Stathakopoulos 2004,95. Birley 1990,186-187. Historia Augusta, Marcus Aurelius, 14.8;
Historia Augusta, Lucius Verus, 9.11.
Historia Augusta, Marcus Aurelius, 17.4.
Cassio Dione, 72-2, 3; 73-4,5 e 20,1; 74-3, 1,2. Birley 1990,207; Alföldy 1977, Moesia
Inferior,232 ss.; Moesia Superior,234 ss.; Pannonia Superior,236 ss.; Dacia,245
ss.; Pannonia Inferior,251. Cassio
Dione, 72, 3.1. Questa invasione avvenne
secondo Birley 1990,184-186, 194-196 e 207-208 ed altri studiosi moderni
(Brizzi e Sigurani 2010,393-394 e 398) nel 170.
Birley 1990,208-213. Guido
Clemente 2008,635. Kneissl 1969,206-207.
Infatti i cognomina Armeniaco, Medico e Partico sono assenti nella
documentazione di carattere ufficiale posteriori al 172, come ad esempio i
diplomi militari: nello specifico si veda, ad esempio, AE 1990, 1023 o AE 1987,
843 (entrambi del 179). Historia
Augusta, Marcus Aurelius, 24.4.
Tertulliano, 5, 6. Michael Grant,
The Antonines. The Roman Empire in Transition, Routledge, 1994,50. Birley 1990,230-231. Cassio Dione, 72, 27-29; Historia Augusta,
Marcus Aurelius, 26.10-12. RIC, Marcus
Aurelius, 357 corr. (no P P); MIR,18, 322-2/35; Calicó, 2017; BMCRE,674.
Astarita 1983,155-162. Birley
1990,239-240. Historia Augusta, Marcus Aurelius, 26.3-9. Historia Augusta, Marcus Aurelius, 19.1-8 e
26.3-9. Ammiano, 22, 5.5; Historia
Augusta, Marcus Aurelius, 25 e 26; Birley 1990,241 ss.. Historia Augusta, Marcus Aurelius, 1.1 e
27.1-7. Cassio Dione, 71, 1.1. Birley 1990,243-244. IG II2 3620
Historia Augusta, Marcus Aurelius, 27.1.
Historia Augusta, Commodus, 12.4.
Historia Augusta, Marcus Aurelius, 27.5.
Historia Augusta, Marcus Aurelius, 27.11-12. Historia Augusta, Marcus Aurelius, 27.8;
Cassio Dione, 71.31.1 Historia Augusta,
Marcus Aurelius, 27.6. Historia Augusta,
Commodus, 12.5; Historia Augusta, Marcus Aurelius, 16.1-2 e 17.3. Historia Augusta, Commodus, 12.6. Birley 1990,259-261. Guido Clemente 2008,636. Cassio Dione, 72, 36; Grimal 2004,228. Birley 1990,264. citato in Antonio de Guevara, Vita, gesti,
costumi, discorsi, lettere, di Marco Aurelio imperatore, Venezia, 1557,80. Historia Augusta, Marcus Aurelius, 28. Cassio Dione, 72, 33.4; Birley
1990,263-4. Cassio Dione, 72,
36.3-4. Erodiano, Commodo, I, 13.1;
Historia Augusta, Commodus Perelli 1969,320-324. Marco Aurelio, 11.3. Sordi 2004,103 ss. Bibliografia Fonti antiche
Corpus Iuris Civilis. Codex Theodosianus. Wikisource-logo.svg Ammiano
Marcellino, Res Gestae Libri XXXI. Wikisource-logo.svg Aurelio Vittore, De
Caesaribus. Aurelio Vittore, Epitome de Caesaribus. Traduzione in inglese qui
Publio Elio Aristide, Orationes. Aulo Gellio, Noctes Atticae.
Wikisource-logo.svg Traduzione in inglese qui. Cassio Dione Cocceiano, Historia
Romana, libri LXIX-LXXIII. Wikisource-logo.svg Versione in inglese qui.
Eutropio, Breviarium ab Urbe condita. Wikisource-logo.svg Erodiano, Storia
dell'impero dopo Marco Aurelio (Τῆς μετὰ Μάρκον βασιλείας ἰστορίαι). Versione
in inglese qui Eusebio di Cesarea, Historia Ecclesiastica (Ἐκκλησιαστικῆς ἱστορίας).
Versione in inglese qui Frontone, Epistulae. Gaio, Institutiones. Historia
Augusta, Vite di Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio, Lucio Vero, Avidio
Cassio e Commodo. Wikisource-logo.svg Versioni in inglese qui, qui e qui.
Livio, Ab Urbe condita libri. Wikisource-logo.svg Luciano di Samosata, Historia
quomodo conscribenda (Πῶς δεῖ Ἱστορίαν συγγράφειν), in H.W. Fowler & H.G.
Fowler (a cura di), The Works of Lucian of Samosata. Marco Aurelio, Colloqui
con sé stesso (in greco antico). Wikisource-logo.svg I-XII. Plinio il Giovane,
Epistulae. Plutarco, Vite parallele. Wikisource-logo.svg Gaio Svetonio
Tranquillo, De Vita Caesarum, libri I-II-III. Wikisource-logo.svg Publio
Cornelio Tacito, Dialogus de oratoribus. Wikisource-logo.svg Tertulliano,
Apologeticum. Wikisource-logo.svg Fonti storiografiche moderne in italiano
Isabella Adinolfi, Diritti umani: realtà e utopia, Venezia, Città Nuova,
2004,88-311-0139-0. Maria Laura Astarita, Avidio Cassio, Roma, Edizioni di
storia e letteratura, 1983. Ranuccio Bianchi Bandinelli, Mario Torelli, L'arte
dell'antichità classica, Etruria-Roma, Torino, Utet, 1976. Karl Bihlmeyer,
Hermann Tuechle, Le persecuzioni dei cristiani da Nerone alla metà del III
secolo in "Storia della Chiesa", vol. I, "L'antichità", Brescia,
Morcelliana, 1960. Anthony Richard Birley, Marco Aurelio, Milano, Rusconi,
1990,88-18-18011-8. Giovanni Brizzi, Cristiano Sigurani, Leoni sul Danubio:
nuove considerazioni su un episodio delle guerre di Marco Aurelio, in Livio
Zerbini (a cura di), Roma e le province del Danubio, Soveria Mannelli,
Rubbettino, 2010,391-401,978-88-498-2828-3. Thomas Casadei; Sauro Mattarelli,
Il senso della Repubblica: schiavitù, Roma, Franco Angeli,
2009,978-88-568-1202-2. Guido Clemente, La riorganizzazione politico-istituzionale
da Antonino a Commodo, in Arnaldo Momigliano e Aldo Schiavone (a cura di),
Storia di Roma, II, Torino, Einaudi, 1990., ripubblicata anche come Storia
Einaudi dei Greci e dei Romani, XVI, Milano, Il Sole 24 ORE, 2008. Filippo
Coarelli, La colonna di Marco Aurelio, traduzione in inglese di Helen L.
Patterson, Roma, Colombo, 2008,88-86359-97-7. Augusto Fraschetti, Marco
Aurelio: la miseria della filosofia, Roma, Laterza, 2008,88-420-8376-3. Pierre
Grimal, Marco Aurelio, Milano, Garzanti, 2004,88-11-67702-5. Giorgio Jossa,
Giudei, pagani e cristiani. Quattro saggi sulla spiritualità del mondo antico,
Napoli, Associazione di studi tardoantichi, 1977. Yann Le Bohec, Armi e
guerrieri di Roma antica: da Diocleziano alla caduta dell'Impero, Roma, Carocci,
2008,978-88-430-4677-5. Santo Mazzarino, L'Impero romano, vol. 2, Bari,
Laterza, 1973. Antonio Parrino, I diritti umani nel processo della loro
determinazione storico-politica, Roma, Edizioni Universitarie romane,
2007,88-6022-045-9. Luciano Perelli, Storia della letteratura latina, Torino,
Paravia, 1969,88-395-0255-6. Ernest Renan, Marco Aurelio e la fine del mondo
antico, Milano, Corbaccio, 1937. Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una
superpotenza: il ferro di Roma e l'oro dei mercanti, Torino, Einaudi,
2004,88-06-16804-5. Adriano Savio, Monete romane, Roma, Jouvence,
2001,88-7801-291-2. Marta Sordi, I cristiani e l'impero romano, Milano, Jaca
Book, 2004,88-16-40671-2. in inglese Gregory S. Aldrete, Floods of the Tiber in
Ancient Rome, Baltimora, Johns Hopkins University Press,
2006,978-1-4356-9190-2. Timoty D. Barnes, Hadrian and Lucius Verus, in Journal
of Roman Studies, vol. 57, n. 1-2, 1967,65-79. Anthony Richard Birley, Marcus
Aurelius: A Biography, Londra, Routledge, 1987,0-415-17125-3. Anthony Richard
Birley, Hadrian to the Antonines, in The Cambridge Ancient History, XI: The
High Empire, A.D. 70–192, 2000,132-194,0-521-26335-2. Alan Cameron, Anthony
Birley's: "Marcus Aurelius", in Classical Review, vol. 17, n. 3,
1967,347-350. Edward Champlin, The Chronology of Fronto, in Journal of Roman
Studies, vol. 64, London, 1974,136-159. Edward Champlin, Fronto and Antonine
Rome, Cambridge, Harvard University Press, 1980,0-674-32668-7. Kaveh Farrokh,
Shadows in the Desert: Ancient Persia at War, Osprey Publishing,
2007,1-84603-108-7. James Francis, Subversive Virtue: Asceticism and Authority
in the Second-Century Pagan World, University Park (Pennsylvania), Pennsylvania
State University Press, 1995,0-271-01304-4. W.H.C. Frend, Martyrdom and
Persecution in the Early Church, Oxford, Basil Blackwell, 1965. Edward Gibbon,
The History of the Decline and Fall of the Roman Empire, 6 voll., Londra,
Strahan & Cadell, 1776-1789. Michael Grant, The Climax of Rome: The Final
Achievements of the Ancient World, AD 161-337, Boston, Little, Brown, 1968.
Michael Grant, The Antonines: the Roman Empire in Transition, New York,
Routledge, 1996,0-415-13814-0. Gregory Hays, Introduction to Marcus Aurelius
Meditations, Londra, Modern Library, 2002,978-0-679-64260-2. C.R. Haines (a cura
di), Correspondance of Marcus Cornelius Fronto with Marcus Aurelius Antoninus,
Lucius Verus, Anoninus Pius, and various friends, vol. 2, London &
Cambridge (Mass.), Collection Loeb, 1980. Harold Mattingly, Antoninus Pius to
Commodus, in Coins of the Roman Empire in the British Museum, IV, Londra, 1940.
R.H. McDowell, Coins from Seleucia on the Tigris, Ann Arbor, University of
Michigan Press, 1935. Frank McLynn, Marcus Aurelius: Warrior, Philosopher,
Emperor, Londra, Bodley Head, 2009,978-0-224-07292-2. Ronald Mellor, Recensione
a Fronto and Antonine Rome of E. Champlin, in The American Journal of
Philology, vol. 103, n. 4, 1982,460-461 passim. Fergus Millar, Emperors at
Work, in Journal of Roman Studies, vol. 57, n. 1-2, 1967,9-19. Fergus Millar,
The Roman Near East: 31 BC – AD 337, Cambridge, Harvard University Press,
1993,0-674-77885-5. Edwin G. Pulleyblank, The Roman Empire as Known to Han
China, in Journal of the American Oriental Society, vol. 119, n. 1, Jan-Mar.
1999,71-79. Christopher Scarre, Chronicle of the Roman Emperors: the
Reign-by-Reign Record of the Rulers of Imperial Rome, Londra; New York, Thames
& Hudson, 1995,0-500-05077-5. Pat Southern, The Roman Empire: from Severus
to Constantine, London; New York, Routledge, 2001,0-415-23943-5. Dionisyos Ch.
Stathakopoulos, Famine and Pestilence in the late Roman and early Byzantine
Empire, Burlington (VT), Ashgate, 2004,978-0-7546-3021-0. Stephen A. Stertz,
Marcus Aurelius as Ideal Emperor in Late-Antique Greek Thought, in The
Classical World, vol. 70, n. 7, Apr-May 1977,433–439. in tedesco Géza Alföldy,
Konsulat und Senatorenstand unter den Antoninen: prosopographische
Untersuchungen zur senatorischen Führungsschicht, Bonn, Habelt,
1977,3-7749-1334-X. Peter Kneissl, Die Siegestitulatur der römischen Kaiser.
Untersuchungen zu den Siegerbeinamen des ersten und zweiten Jahrhunderts,
Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1969. in francese Marc Bloch, Comme et
pourqoi finit l'esclavage antique, in Annales. Histoire, Sciences Sociales,
vol. 2, n. 1, 1947,30-44. Marco Aurelio nelle opere letterarie e filosofiche
moderne Niccolò Machiavelli, Il Principe, 1527. Niccolò Machiavelli, Discorsi
sopra la prima Deca di Tito Livio, 1531. Voltaire, Dizionario filosofico, 1764.
Cataloghi e raccolte numismatiche (abbreviazioni) Banti = Alberto Banti, I
Grandi Bronzi Imperiali, vol. II.1 (Nerva, Traianvs), Firenze, 1983. BMCRE =
Harold Mattingly, Coins of the Roman Empire in the British Museum, vol. IV
(Antoninus Pius to Commodus), London, 1968-1978. Calicó = Xavier F. Calicó, The
Roman Aurei, vol. I (From the Republic to Pertinax, 196 B.C.-193 A.D),
Barcellona, 2003. Cohen = Henry Cohen, Description historique des Monnaies
frappées sous l'Empire romain, communément appelées Médailles impériales, vol.
II (De Nerva à Antonin, 96 à 161 après J.-C.), Paris, 1880-18922. URL
consultato il 26 gennaio 2014 (archiviato dall'url originale il 16 ottobre
2017). MIR = Bernhard Woytek, Moneta Imperii Romani, in OAW, vol. XIV (Die
Reichsprägung des Kaisers Traianus, 98-117), Wien, 1984-2010. RIC = Harold
Mattingly & Edward Allen Sydenham, Roman Imperial Coinage, vol. II
(Vespasian to Hadrian) e III (Antoninus Pius to Commodus), London, Spink &
Son, 1923-1994. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una
pagina dedicata a Marco Aurelio Collabora a Wikisource Wikisource contiene una
pagina in lingua greca dedicata a Marco Aurelio Collabora a Wikiquote Wikiquote
contiene citazioni di o su Marco Aurelio Collabora a Wikimedia Commons
Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Marco Aurelio Collegamenti
esterni Marco Aurelio, su Treccani – Enciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana.Marco Aurelio, in Enciclopedia Italiana, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana.Marco Aurelio, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, 2010.Marco Aurelio / Marco Aurelio (altra versione), su Enciclopedia
Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.Marco Aurelio, su BeWeb, Conferenza
Episcopale Italiana.Marco Aurelio, su Find a Grave.(LA) Opere di Marco Aurelio,
su Musisque Deoque.(LA) Opere di Marco Aurelio, su PHI Latin Texts, Packard
Humanities Institute.Opere di Marco Aurelio / Marco Aurelio (altra versione) /
Marco Aurelio (altra versione) / Marco Aurelio (altra versione) / Marco Aurelio
(altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl.Opere di Marco Aurelio,
su Open Library, Internet Archive.Opere di Marco Aurelio, su Progetto
Gutenberg.Audiolibri di Marco Aurelio, su LibriVox.Marcus Aurelius, su
Goodreads.Marco Aurelio, su Discografia nazionale della canzone italiana,
Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi.Rachana Kamtekar, Marcus
Aurelius, in Edward N. Zalta (a cura di), Stanford Encyclopedia of Philosophy,
Center for the Study of Language and Information (CSLI), Università di
Stanford. PredecessoreImperatore romanoSuccessoreProject Rome logo Clear.png
Antonino Pio161–180 (fino al 169 con Lucio Vero, dal 177 con
Commodo)CommodoPredecessoreConsole romanoSuccessoreConsul et lictores.png Gaio
Bruttio Presente Lucio Fulvio Rustico II140Marco Peduceo Stloga PriscinoI con
Imperatore Cesare Tito Elio Adriano Antonino Augusto Pio IIcon Imperatore
Cesare Tito Elio Adriano Antonino Augusto Pio IIIcon Tito Enio SeveroTito
Statilio Massimo145Gneo Claudio Severo ArabianoII con Lucio Edio Rufo Lolliano
Avitocon Imperatore Cesare Tito Elio Adriano Antonino Augusto Pio IVcon Sesto
Erucio Claro IIAppio Annio Atilio Bradua161Quinto Giunio Rustico IIIII con Tito
Clodio Vibio Varocon Lucio Elio Aurelio Commodo IIcon Lucio Tizio Plauzio
AquilinoMarco Aurelio Campagne partiche di Lucio Vero Guerre marcomanniche
Imperatori adottivi V · D · M Imperatori romani e relative linee di successione
V · D · M Stoicismo Controllo di autoritàVIAF102895066 · ISNI0000 0001 1031
946X · LCCNn80051702 · GND (DE) 118577468 · BNF (FR) cb11914476c (data) · BNE
(ES) XX932158 (data) · ULAN500115701 · NLA35966523 · BAV495/54003 · CERL
cnp01259662 · NDL (EN, JA) 00431918 · WorldCat Identitieslccn-n80051702 Antica
Roma Portale Antica Roma Biografie Portale Biografie Filosofia Portale
Filosofia Letteratura Portale Letteratura Wikimedaglia Questa è una voce in
vetrina, identificata come una delle migliori voci prodotte dalla comunità. È
stata riconosciuta come tale il giorno 30 aprile 2014 — vai alla segnalazione.
Naturalmente sono ben accetti suggerimenti e modifiche che migliorino
ulteriormente il lavoro svolto. Segnalazioni · Criteri di
ammissione · Voci in vetrina in altre lingue · Voci in
vetrina in altre lingue senza equivalente su it.wiki Categorie: Imperatori
romaniFilosofi romaniScrittori romaniNati nel 121Morti nel 180Nati il 26
aprileMorti il 17 marzoNati a RomaMorti a SirmioAforisti romaniDinastia
antoninianaConsoli imperiali romaniStoiciAnniiAuguriSepolti a Castel
Sant'AngeloMarco AurelioPersone legate ai Misteri eleusini[altre]. Italian
philosopherone of the most important onesVide his letters to his tutor Frontino
-- Marcus Aurelius, Roman emperor (from 161) and philosopher. Author of twelve
books of Meditations (Greek title, To Himself), Marcus Aurelius is principally
interesting in the history of Stoic philosophy (of which he was a diligent
student) for his ethical self-portrait. Except for the first book, detailing
his gratitude to his family, friends, and teachers, the aphorisms are arranged
in no order; many were written in camp during military campaigns. They reflect
both the Old Stoa and the more eclectic views of Posidonius, with whom he holds
that involvement in public affairs is a moral duty. Marcus, in accord with
Stoicism, considers immortality doubtful; happiness lies in patient acceptance
of the will of the panentheistic Stoic God, the material soul of a material
universe. Anger, like all emotions, is forbidden the Stoic emperor: he exhorts
himself to compassion for the weak and evil among his subjects. “Do not be
turned into ‘Caesar,’ or dyed by the purple: for that happens” (6.30). “It is
the privilege of a human being to love even those who stumble” (7.22). Sayings
like these, rather than technical arguments, give the book its place in
literary history. Refs.: Luigi Speranza,
"Grice, Marc'Aurelio e Frontino,” per il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
aosta– Grice:
“I like Aosta; my favuorite piece of his philosophising is strangely nott he
one on paronymy – or the worn-off paralogism on God’s existence; rather, the
more obscure “De casu primi angeli,’ on the fall of the most beautiful angels
of all! And more seriously – the previous ‘de casu diaboli’ – his rambles on
‘Dialectica’ – or dialettica, as the Italians prefer; you see axioma was Elio
Gelliio thinks in “Notti attiche’ – and Varrone – the ‘proloquium,’ from
‘proloquor’ of course – the ‘pro’ suggests something like a ‘prae-miss’ – This
is all very stoic, but we are not sure if Aosta knew this!” Grice: “Aosta would of course be familiar
with Augustin’s De Dialectica, where ‘proloquium’ means ‘pro-positio,’
something Quine abhorred!” -- Anselmo d'Aosta, noto anche come Anselmo di
Canterbury o Anselmo di Le Bec (Aosta, 1033 o 1034 – Canterbury, 21 aprile
1109), è stato un teologo, filosofo e arcivescovo cattolico franco, considerato
tra i massimi esponenti del pensiero medievale di area cristiana. Anselmo è
noto soprattutto per i suoi argomenti a dimostrazione dell'esistenza di Dio;
specialmente il cosiddetto argomento ontologico ebbe una significativa
influenza su gran parte della filosofia successiva. Nato da una nobile
famiglia di Aosta, se ne allontanò poco più che ventenne per seguire la
vocazione religiosa; divenne monaco nell'abbazia di Notre-Dame du Bec e, grazie
alle sue qualità di uomo di fede e fine intellettuale ne divenne presto priore,
e quindi abate. Si rivelò un abile amministratore e, avendo intrattenuto alcune
relazioni con il regno d'Inghilterra, all'età di 60 anni ricevette l'importante
carica di arcivescovo di Canterbury. Negli anni successivi, dapprima sotto il
regno di Guglielmo II, quindi di Enrico I, ricoprì un ruolo rilevante nella lotta
per le investiture che vedeva contrapposti i sovrani d'Inghilterra e il papato.
Grazie al suo lavoro politico e diplomatico, svolto in accordo con il programma
riformista gregoriano e finalizzato a garantire alla Chiesa l'autonomia dal
potere politico, la questione si risolse infine con un compromesso piuttosto
vantaggioso per i religiosi. La riflessione filosofica e teologica di
Anselmo, caratterizzata dal primario ruolo riconosciuto alla ragione
nell'approfondimento e nella comprensione dei dati di fede, si articolò su
diversi problemi: dimostrazioni a priori e a posteriori dell'esistenza di Dio,
indagini sui suoi attributi, analisi di questioni di dialettica e di logica
sulla verità e sulla conoscibilità di Dio, studio di problemi dottrinali come quello
circa la Trinità o quelli legati al libero arbitrio, al peccato originale, alla
grazia e in generale al male. Anselmo venne canonizzato nel 1163[2] e
proclamato dottore della Chiesa nel 1720 da papa Clemente XI
(1649–1721). Sant'Anselmo d'Aosta AnselmstatuecanterburycathedraloutsideUna
statua di Anselmo d'Aosta collocata all'esterno della cattedrale di
Canterbury. Arcivescovo di Canterbury, santo e dottore della
Chiesa NascitaAosta, 1033 o 1034 MorteCanterbury, 21 aprile 1109
Venerato daChiesa cattolica e Chiesa anglicana CanonizzazioneAutorizzazione
all'elevazione del corpo concessa da Papa Alessandro III nel 1163[1]
Ricorrenza21 aprile[1] Attributibastone pastorale[1] e nave. Anselmo
d'Aosta, noto anche come Anselmo di Canterbury o Anselmo di Le Bec (Aosta, 1033
o 1034 – Canterbury, 21 aprile 1109), è stato un teologo, filosofo e
arcivescovo cattolico franco, considerato tra i massimi esponenti del pensiero
medievale di area cristiana. Anselmo è noto soprattutto per i suoi argomenti a
dimostrazione dell'esistenza di Dio; specialmente il cosiddetto argomento
ontologico ebbe una significativa influenza su gran parte della filosofia
successiva. Nato da una nobile famiglia di Aosta, se ne allontanò poco
più che ventenne per seguire la vocazione religiosa; divenne monaco
nell'abbazia di Notre-Dame du Bec e, grazie alle sue qualità di uomo di fede e
fine intellettuale ne divenne presto priore, e quindi abate. Si rivelò un abile
amministratore e, avendo intrattenuto alcune relazioni con il regno d'Inghilterra,
all'età di 60 anni ricevette l'importante carica di arcivescovo di Canterbury.
Negli anni successivi, dapprima sotto il regno di Guglielmo II, quindi di
Enrico I, ricoprì un ruolo rilevante nella lotta per le investiture che vedeva
contrapposti i sovrani d'Inghilterra e il papato. Grazie al suo lavoro politico
e diplomatico, svolto in accordo con il programma riformista gregoriano e
finalizzato a garantire alla Chiesa l'autonomia dal potere politico, la
questione si risolse infine con un compromesso piuttosto vantaggioso per i
religiosi. La riflessione filosofica e teologica di Anselmo,
caratterizzata dal primario ruolo riconosciuto alla ragione
nell'approfondimento e nella comprensione dei dati di fede, si articolò su
diversi problemi: dimostrazioni a priori e a posteriori dell'esistenza di Dio,
indagini sui suoi attributi, analisi di questioni di dialettica e di logica
sulla verità e sulla conoscibilità di Dio, studio di problemi dottrinali come
quello circa la Trinità o quelli legati al libero arbitrio, al peccato
originale, alla grazia e in generale al male. Anselmo venne canonizzato
nel 1163[2] e proclamato dottore della Chiesa nel 1720 da papa Clemente XI
(1649–1721). Una targa a memoria di Anselmo è collocata sulla sua presunta
casa natale ad Aosta, via Sant'Anselmo.Anselmo nacque nel 1033[3][4] (o
all'inizio del 1034)[5] a[6] (o nei pressi di)[7] Aosta, allora parte del regno
di Arles[6] al confine con la Lombardia.[8] La sua era una famiglia
nobile, anche se in declino,[9] imparentata con la casa Savoia[10] e con ampi
possedimenti terrieri. Suo padre, Gundulfo (o Gandolfo),[11] era un longobardo,
apparentemente molto dedito agli affari e non particolarmente affettuoso verso
il figlio; sua madre, Ermemberga (o Eremberga),[11] apparteneva a un'antica
famiglia nobile burgunda ed era legata da rapporti di parentela a Oddone di
Savoia; risulta che fosse una madre di famiglia pia e virtuosa.[1][12]
Fin da bambino Anselmo espresse un forte sentimento religioso e un'altrettanta
forte sete di conoscenza; il suo biografo Eadmero di Canterbury riferisce che,
vivendo in una zona montuosa, il giovinetto si formò l'ingenua convinzione che
il paradiso, in cui Dio stesso doveva risiedere, si trovasse in cima alle
montagne.[12] Anselmo venne affidato a un istitutore, suo parente, che
però si rivelò tanto severo da produrre in lui uno stato di infermità, dal
quale guarì lentamente grazie alle cure materne. La sua educazione successiva
venne affidata ai benedettini di Aosta.[1] All'età di quindici anni Anselmo espresse
il desiderio di diventare monaco; il padre tuttavia, fermamente intenzionato a
fare del ragazzo il proprio erede, si oppose a questa decisione e i monaci del
convento locale, non volendo contrariare Gandolfo, respinsero la domanda di
Anselmo.[1][12] La delusione e la frustrazione per il rifiuto causarono
una forte reazione nel giovane, che, sempre secondo il biografo, pregò Dio di
ammalarsi in modo tale da impietosire i monaci e convincerli così ad
accoglierlo; una crisi psicosomatica effettivamente si verificò, ma questo non
bastò a far sì che Anselmo venisse accettato nel monastero.[12] In seguito
l'ardore religioso del giovane si raffreddò e, benché egli rimanesse
intenzionato a ottenere il suo scopo in un futuro più o meno lontano, poco alla
volta le passioni mondane lo coinvolsero e, soprattutto dopo la morte della
madre (che avvenne nel 1050),[5] si dedicò sempre più spesso a interessi di
carattere materiale.[12] Nel frattempo i suoi rapporti con il padre si facevano
sempre più tesi, e infine, all'età di ventitré anni,[8] Anselmo partì,
accompagnato da un servo, con l'intenzione di oltrepassare il colle del
Moncenisio alla volta della Francia.[1][12] Superate le Alpi, Anselmo e
il suo compagno girovagarono per tre anni tra la Burgundia e la Francia prima
di giungere ad Avranches, in Normandia, nel 1059;[8] qui Anselmo venne a sapere
dell'abbazia benedettina che era stata fondata a Bec nel 1034, dove insegnava
il famoso dialettico Lanfranco di Pavia; attirato dalla fama di Lanfranco vi si
recò, riuscendo nel 1060 ad esservi ammesso come novizio.[8][12] Il
ventisettenne Anselmo si sottometteva così alla regola benedettina, che nel
corso del decennio successivo ne avrebbe influenzato significativamente il
pensiero.[13] L'abbazia di Notre-Dame du Bec. Da Bec a Canterbury I
progressi di Anselmo negli studi furono rapidi e brillanti e il giovane entrò
presto nelle grazie del maestro, tanto che, quando nel 1063 Lanfranco venne
nominato abate dell'abbazia di Saint-Étienne di Caen, Anselmo (pur avendo intrapreso
la vita monastica da appena tre anni) venne eletto a succedergli quale priore
dell'abbazia di Bec.[12][14] Alcuni dei monaci più anziani, ritenendosi
maggiormente in diritto di ricoprire la carica di priore, si considerarono
offesi dalla sua promozione; tuttavia ben presto le sue doti di cortesia, il
suo senso della misura nel gestire la carica e le sue competenze di insegnante
gli valsero l'affetto di tutta la comunità monastica.[12] Nei quindici
anni in cui fu priore a Bec, diviso tra i doveri derivanti dalla sua carica e
l'aspirazione all'isolamento e alla contemplazione, Anselmo era solito rimanere
desto durante la notte, impegnato nella preghiera o nella scrittura. Risale
infatti a quegli anni (a partire dal 1070) l'inizio della sua attività di scrittore,
che aveva principalmente il fine di munire i suoi allievi all'interno del
monastero (ma anche alcune nobildonne laiche al di fuori di esso) di testi su
cui meditare e pregare.[15] La composizione di due delle sue opere teologiche
più rilevanti, il Monologion (Soliloquio) del 1076 e il Proslogion (Colloquio)
del 1078, avvenne proprio in quel periodo.[1][12] Nel 1078, alla morte
del fondatore dell'abbazia di Bec, Erluino, Anselmo gli succedette come abate
venendo consacrato il 22 febbraio 1079 dal vescovo di Évreux.[16] Fu con
riluttanza che Anselmo accettò la carica, che avrebbe comportato ulteriori
responsabilità e doveri sottraendogli tempo alla riflessione e alla
preghiera;[12] la resistenza di Anselmo fu vinta dalle insistenze unanimi dei
confratelli.[1] Anselmo fu molto apprezzato come abate per via del suo
acume, della virtuosità con cui conduceva la sua vita e della sua capacità di
rapportarsi con gentilezza con tutti dentro e fuori il monastero;[1] la nuova
carica lo portò a stringere rapporti con l'Inghilterra, dove l'abbazia normanna
aveva alcuni possedimenti; viaggiò fino a Canterbury, di cui Lanfranco era
diventato arcivescovo nel 1070, ed ebbe modo di farsi conoscere e apprezzare
dalla nobiltà e dalla corte inglesi,[1][12] oltre che dallo stesso re Guglielmo
il Conquistatore;[11] divenne così il candidato naturale a succedere a
Lanfranco come arcivescovo di Canterbury.[17] Anselmo fu anche costretto a
battersi per conservare l'indipendenza dell'abbazia di Bec dalle autorità
civili ed ecclesiastiche.[18] Nonostante la rilevanza dei suoi impegni di
amministratore e di guida, e la puntualità con cui li assolveva, Anselmo rimase
per tutta la vita innanzitutto un intellettuale:[3] nel periodo in cui fu abate
di Bec portò avanti una significativa attività pedagogica e didattica e, tra il
1080 e il 1085, compose il De grammatico (Sul significato della parola
"grammatico") e i tre dialoghi sulla libertà, il De veritate (Sulla
verità), il De libertate arbitrii (Sulla libertà della volontà) e il De casu
diaboli (La caduta del diavolo).[19] Sotto Anselmo, Bec divenne uno dei centri
di studio e insegnamento più importanti d'Europa, attirando studenti da tutta
la Francia, dall'Italia e da altri Paesi.[20] La cattedrale di
Canterbury, sede dell'arcivescovato di Canterbury, in un'incisione del 1821.
Quando, nel 1089, morì Lanfranco di Pavia, Guglielmo II d'Inghilterra confiscò
i possedimenti e le rendite della sede arcivescovile di Canterbury e si astenne
dal nominare un successore di Lanfranco.[12] Anselmo, che pure desiderava
tenersi lontano dall'Inghilterra per non far pensare che aspirasse al ruolo
vacante di arcivescovo di Canterbury, accettò l'invito di Ugo d'Avranches a
recarsi oltremanica nel 1092.[12] Fu costretto a trattenervisi per quasi quattro
mesi, e in un'occasione, giungendo in Canterbury alla vigilia della Natività
della Beata Vergine Maria, venne salutato entusiasticamente dalla folla come
prossimo arcivescovo; quando ebbe esaurito i suoi impegni, il re gli negò il
permesso di rientrare in Francia.[12] Nel 1093, però, Guglielmo cadde
gravemente malato ad Alveston e, desideroso di fare ammenda per la condotta
peccaminosa alla quale attribuiva la causa del suo male,[21] ordinò che Anselmo
venisse nominato arcivescovo di Canterbury all'inizio di marzo.[11][22]
Nei mesi successivi, tuttavia, Anselmo tentò di rifiutare la carica sostenendo
di non essere adatto, in quanto monaco, a occuparsi di affari secolari[17] e
adducendo come scuse anche l'età e alcuni problemi di salute.[6] Il 24 agosto Anselmo
sottopose a Guglielmo le condizioni alle quali avrebbe accettato
l'arcivescovato (condizioni peraltro in linea con il programma della riforma
gregoriana): che Guglielmo restituisse le terre confiscate; che accettasse la
preminenza di Anselmo sul piano spirituale; che riconoscesse Urbano II come
Papa, in opposizione all'antipapa Clemente III.[23] Guglielmo era estremamente
riluttante ad accettare tali richieste e, benché la situazione favorisse
Anselmo, il re era disposto ad accondiscendere solo alla prima.[24] Arrivò al
punto di sospendere i preparativi per l'investitura di Anselmo, ma infine,
sotto la pressione della volontà pubblica, fu costretto a portare a termine
l'assegnazione della carica. Riuscì tuttavia ad accordarsi con Anselmo
raggiungendo un compromesso vantaggioso per la monarchia: la restituzione delle
terre rimase l'unica concessione fatta dal re all'arcivescovato.[25] Anselmo
ottenne dunque il consenso dei suoi ex confratelli ad essere dispensato dai
doveri che lo legavano all'abbazia di Bec, rese l'omaggio feudale a Guglielmo,
e il 25 settembre 1093 si insediò a Canterbury,[11] ricevendo le terre
precedentemente confiscate all'arcivescovato;[24] il 4 dicembre dello stesso
anno venne consacrato arcivescovo di Canterbury.[24] È stato messo in
dubbio che la riluttanza di Anselmo ad accettare la carica fosse sincera:
mentre studiosi come R. W. Southern sostengono che avrebbe davvero preferito
rimanere a Bec, altri, come Sally Vaughn, sottolineano che una certa
recalcitranza nell'accettare importanti posizioni di potere ecclesiastiche era
d'uso nel Medioevo, dal momento che se per esempio Anselmo avesse espresso il
desiderio di succedere a Lanfranco come arcivescovo sarebbe stato considerato
un ambizioso carrierista; inoltre, sostiene sempre Vaughn, Anselmo comprendeva
gli obiettivi di Guglielmo e agì in modo da ottenere i massimi vantaggi per il
suo eventuale arcivescovato oltre che per il movimento riformista
gregoriano.[26] Arcivescovo di Canterbury sotto Guglielmo II
Scena raffigurante Anselmo costretto quasi a forza ad accettare il bastone
pastorale, simbolo della carica di vescovo, da Guglielmo II d'Inghilterra
gravemente malato. Prima ancora della fine di quello stesso anno 1093 ebbe
luogo uno dei primi conflitti tra Anselmo e Guglielmo: il re era in procinto di
avviare una spedizione militare contro suo fratello maggiore, Roberto II di
Normandia, e avendo bisogno di fondi aspettava una donazione dall'arcivescovo
di Canterbury;[27] Anselmo mise a disposizione 500 sterline, che il re rifiutò
chiedendo una somma due volte maggiore.[12] Più tardi, un gruppo di vescovi
convinse Guglielmo ad accettare la cifra originale, ma Anselmo fece loro sapere
di aver già donato il denaro ai poveri.[11] Quando si recò ad Hastings
per benedire la spedizione che si accingeva a salpare per la Normandia, Anselmo
rinnovò le pressioni volte a tutelare gli interessi di Canterbury e della
Chiesa inglese, oltre che, più in generale, a riformare il rapporto tra Stato e
Chiesa[11] secondo la visione della «teocrazia pontificia» espressa da papa
Gregorio VII:[28] Anselmo concepiva la Chiesa come un'entità universale, con la
sua autonomia e autorità, dalla quale lo Stato doveva dipendere per la sua
missione e per la sua investitura;[29] questo andava in direzione opposta
rispetto alla visione di Guglielmo la quale, in continuità con quanto già
sostenuto dal suo predecessore, attribuiva al re il controllo sia sullo Stato
che sulla Chiesa.[11][30] La figura di Anselmo, in effetti, è vista dagli
storici tanto come quella di un monaco assorto nella contemplazione quanto come
quella di un politico intelligente e capace, determinato a conservare i
privilegi della sede episcopale di Canterbury.[31] Nuovi attriti sorsero
subito dopo, quando, come era tradizione, Anselmo avrebbe dovuto ottenere il
pallio dalle mani del Papa per rendere definitiva la consacrazione: in quel
periodo, infatti, la legittimità di papa Urbano II era messa in discussione
dall'antipapa Clemente III. Quest'ultimo, nel 1074, aveva rifiutato esplicitamente
l'autorità di papa Gregorio VII e, con il supporto di Enrico IV di Franconia,
si era fatto eleggere Papa nel 1080, venendo qualificato da coloro che rimasero
fedeli a Gregorio e ai suoi successori come "Antipapa".[32] Guglielmo
vietò ad Anselmo di partire per Roma, dove si trovava la sede di Urbano II,
riconosciuto dal regno di Francia così come da Anselmo stesso; non sembra che
il re d'Inghilterra fosse incline a riconoscere l'autorità di Clemente III, ma
insisteva affinché la decisione dell'arcivescovo di Canterbury di partire per
Roma fosse subordinata al suo riconoscimento ufficiale di Urbano II,
riconoscimento che si faceva attendere. Per dirimere la questione venne
convocato a Rockingham, nel marzo 1095, un consiglio del regno in cui Anselmo,
tenendo un discorso che rimane una testimonianza memorabile della dottrina
della supremazia papale, ribadì la sua fedeltà a Urbano II come unico vero
successore di Pietro.[12] Il concilio nazionale di Rockingham, che fu un
momento di grande tensione tra i vescovi, i nobili e la monarchia
dell'Inghilterra, fu per Anselmo una vittoria morale, ma per il momento la
questione dell'investitura rimase insoluta.[11] Anselmo, allora, inviò in
segreto a Roma alcuni messaggeri.[33] Urbano II, in risposta, mandò a Canterbury
un suo legato, Gualterio di Albano, per consegnare il pallio ad Anselmo in sua
vece.[34] Guglielmo e Gualterio negoziarono in privato la questione, e infine
il re acconsentì a riconoscere Urbano II come Papa in cambio del diritto di
autorizzare o negare agli ecclesiastici la possibilità di ricevere lettere del
papato; ottenne inoltre che Urbano non gli inviasse più alcun legato se non su
esplicita richiesta. Guglielmo avrebbe anche voluto che Anselmo venisse
deposto, ma finì per riconoscere l'autorità di papa Urbano II senza che ci
fosse alcun avvicendamento per la carica di arcivescovo di Canterbury. Il re
tentò allora di avere del denaro da Anselmo in cambio del pallio, ma senza
esito; cercò anche di ottenere di poter consegnare personalmente il pallio all'arcivescovo,
ma anche questo gli venne negato: si raggiunse un compromesso facendo in modo
che Gualtiero, in rappresentanza del Papa, deponesse l'oggetto sacro
sull'altare della cattedrale anziché consegnarlo ad Anselmo con le sue mani;
Anselmo indossò quindi da solo il pallio nel corso di una cerimonia solenne che
si tenne nella cattedrale di Canterbury nel giugno 1095.[35] Nei due anni
successivi non ci furono aperte dispute tra Anselmo e il re, anche se questi
fece del suo meglio per impedire che Anselmo portasse avanti una riforma della
Chiesa in senso gregoriano. Nel frattempo, nel 1094, Anselmo aveva ultimato la
composizione dell'Epistola de incarnatione Verbi (Lettera sull'incarnazione del
Verbo), il cui dedicatario era proprio Urbano II.[11] Nel 1097, dopo
l'insuccesso di una campagna militare diretta a sedare una rivolta in Galles,
Guglielmo accusò Anselmo di avergli fornito una quantità insufficiente di
truppe e gli ordinò di comparire presso il tribunale reale;[12] Anselmo rifiutò
e chiese al re di potersi recare a Roma per chiedere consiglio al Papa, ma ciò
gli venne negato.[36] Nel corso di un negoziato che si tenne a Winchester,
Anselmo venne messo di fronte a due possibilità: partire, ma in questo caso non
avrebbe più potuto fare ritorno al suo incarico di arcivescovo, o rimanere, ma
avrebbe dovuto pagare un risarcimento a Guglielmo e rinunciare a ogni ulteriore
appello a Roma.[36] Anselmo, deciso a difendere la visione di una Chiesa non
sottomessa ad alcuna autorità terrena,[30] scelse l'esilio, e nell'ottobre 1097
lasciò l'Inghilterra diretto a Roma.[12] Guglielmo si impossessò immediatamente
delle rendite della sede arcivescovile di Canterbury, anche se formalmente
Anselmo conservò la carica di arcivescovo.[37] Primo esilio Ritratto
di Anselmo nel Salone ducale del municipio di Aosta. Anselmo giunse a Cluny in
dicembre, e passò il resto dell'inverno a Lione, presso il suo amico Ugo di
Romans; nella primavera del 1098 riprese il viaggio, e attraversò il Moncenisio
in compagnia di due confratelli. All'arrivo a Roma, Anselmo fu salutato dal
Papa con grandi manifestazioni di stima e simpatia. Urbano II, che non voleva
essere coinvolto più del necessario nelle vicende che contrapponevano Anselmo a
Guglielmo II, non poté fare altro che indirizzare al sovrano inglese una
lettera di rimostranze e l'invito a reintegrare l'arcivescovo nella carica.[12]
Anselmo passò l'estate a Sclavia, presso il suo amico (già monaco a Bec e ora
abate del monastero di Telese) Giovanni di Telese; qui terminò la sua opera Cur
Deus homo (Perché Dio [si è fatto] uomo), che aveva iniziato in
Inghilterra.[11] Incisione della prima metà del XVI secolo
raffigurante Anselmo d'Aosta. Anselmo trascorse quindi un periodo presso Capua,
dove fu raggiunto da papa Urbano II. Questi, nell'ottobre 1098, indisse a Bari
un concilio destinato a risolvere una questione dottrinale posta dalla Chiesa
greca a proposito della processione dello Spirito Santo; più in generale, tra
gli obiettivi del sinodo era quello di ricondurre a una comune posizione
teologica i due grandi ceppi ecclesiastici venutisi a formare con lo scisma del
1054.[1] Ad Anselmo, che già si era espresso sull'argomento nell'Epistola de
incarnatione Verbi,[11] fu chiesto di partecipare alla discussione e il Papa
gli assegnò un ruolo importante nella disputa: espose infatti la posizione
della Chiesa latina, secondo la quale lo Spirito Santo procede tanto dal Padre
quanto dal Figlio, in modo così convincente da risolvere la disputa e
persuadere i rappresentanti della Chiesa greca[1] (i suoi argomenti in seguito
sarebbero stati raccolti nel testo De processione Spiritus Sancti, Sulla
processione dello Spirito Santo). Anche il caso individuale di Anselmo venne
sottoposto all'attenzione dell'assemblea, la quale avrebbe scomunicato Guglielmo
se non fosse stato per l'intercessione di Anselmo stesso.[12] Anselmo e i
suoi compagni, a questo punto, sarebbero volentieri rientrati a Lione, ma venne
loro ordinato di trattenersi in Italia per partecipare a un altro concilio, che
doveva tenersi a Roma verso il periodo di Pasqua del 1099. Durante questo
sinodo venne nuovamente ed energicamente sottolineata la posizione della Chiesa
contro l'investitura del potere spirituale da parte dei laici,[30] contro la
simonia e contro il concubinato dei religiosi.[1] A Roma si verificarono
ulteriori attriti tra Urbano II e Guglielmo di Warelwast, rappresentante di
Guglielmo II d'Inghilterra, con nuove minacce di scomunica al re se Anselmo non
avesse riottenuto la sua carica; tuttavia, ancora una volta, la questione venne
rimandata e, a causa della morte di Urbano in luglio, rimase di fatto
insoluta.[11] Infine, nel corso dello stesso anno 1099, Anselmo poté
tornare a Lione; durante il soggiorno in questa città portò a compimento il
trattato De conceptu virginali et originali peccato (Sull'Immacolata Concezione
e sul peccato originale) e la Meditatio de humana redemptione (Meditazione
sulla redenzione dell'uomo).[11] Ritorno in Inghilterra sotto Enrico I
Guglielmo II rimase ucciso durante una partita di caccia il 2 agosto dell'anno
1100. Gli succedette il fratello minore, Enrico I, il quale invitò Anselmo a
tornare in Inghilterra e si impegnò a farne un suo consigliere.[38] Enrico
cercava di ottenere l'appoggio di Anselmo nella propria rivendicazione del trono,
a discapito, tra gli altri, del fratello maggiore Roberto. Di ritorno, in
settembre, Anselmo fu accolto con calore, ma il problema delle investiture si
pose subito e in modo grave: il re, che pure inizialmente era stato del tutto
conciliante, esigeva che Anselmo gli rendesse l'omaggio feudale[39] e che si
assoggettasse a ricevere da lui l'investitura ad arcivescovo di Canterbury.[40]
Anselmo non poteva tuttavia sottomettersi a queste richieste, dal momento che
il papato (proprio con il recente concilio di Roma) aveva vietato agli
ecclesiastici di rendere l'omaggio ai laici e di ricevere da questi
l'investitura a cariche religiose.[12] Enrico e Anselmo inviarono
messaggeri a Roma a richiedere un'esenzione che consentisse al re di investire
personalmente l'arcivescovo e di ottenerne l'omaggio.[12] Nel frattempo i due
riuscirono a collaborare: Anselmo contribuì a rimuovere gli ostacoli al
matrimonio di Enrico con Matilde di Scozia, l'erede dei sovrani di Sassonia,
ostacoli dati dal fatto che Matilde era entrata in convento per qualche tempo
pur senza prendere i voti; diede poi la sua personale benedizione a tale
matrimonio[12] e rimase sempre in contatto epistolare con la nuova regina.[11]
Inoltre, mentre l'Inghilterra era minacciata d'invasione da parte delle truppe
di Roberto II di Normandia, Anselmo si schierò pubblicamente a favore di Enrico
e, minacciando Roberto e i suoi sostenitori di scomunica, contribuì a volgere
la situazione in favore del sovrano inglese, causando la ritirata del
rivale.[12][41] Papa Pasquale II, succeduto a Urbano II, non era
intenzionato a derogare ai divieti del suo predecessore riguardo
all'investitura da parte del potere laico e l'omaggio feudale.[41] Un nuovo
gruppo di legati (due uomini di Anselmo e tre di Enrico) lasciò l'Inghilterra
diretto verso la sede pontificia, nonostante alcuni ritardi dovuti all'impegno
del re nel sedare la rivolta di Roberto II di Bellême; al loro ritorno i legati
di Enrico, pur recando una lettera che continuava a sostenere le posizioni
iniziali del pontefice, affermarono che Pasquale aveva acconsentito a
un'eccezione nel caso di Enrico e Anselmo e che non aveva messo per iscritto
questa decisione onde evitare di offendere gli altri sovrani europei. Tutto ciò
fu però negato dai legati di Anselmo, il quale continuò a rifiutarsi di
consacrare i vescovi investiti dal re.[11] Enrico chiese allora ad Anselmo di
recarsi a Roma personalmente e questi, pur conscio di essere prossimo a un
nuovo esilio, decise di partire per discutere la questione con il Papa.[12]
Accompagnato dal funzionario del re Guglielmo di Warelwast, Anselmo lasciò
l'Inghilterra il 27 aprile 1103.[11][42] Secondo esilio Anselmo si
trattenne a Bec sino quasi alla fine dell'estate per evitare di trovarsi a Roma
nel periodo più caldo dell'anno; quando giunse nella sede pontificia e discusse
con Pasquale II la questione dei rapporti tra potere temporale e spirituale,
ottenne dal Papa ancora una volta una netta opposizione all'investitura degli
ecclesiastici da parte dei laici e all'omaggio; l'ambasciatore del re
d'Inghilterra, Guglielmo di Warelwast, non ebbe miglior successo. Sulla via del
ritorno, a Lione, tra la fine del 1103 e l'inizio del 1104, Anselmo ricevette
un messaggio di Guglielmo che interpretò come un invito a non tornare in Inghilterra
se non con l'intenzione di (e l'autorizzazione a) ripristinare le pratiche
dell'investitura degli ecclesiastici da parte dei laici e dell'omaggio. Anselmo
dunque rimase a Lione, dove stese il De processione spiritus sancti.[11]
Anselmo si trattenne a Lione fino al marzo 1105, quando il Papa scomunicò
Roberto di Beaumont, consigliere di Enrico I, che aveva insistito affinché il
re continuasse a praticare l'investitura da parte di laici,[43] insieme ad
altri prelati investiti da Enrico o da altri rappresentanti del potere
temporale,[44] mentre si limitò, per il sovrano, a minacciare la scomunica.[11]
Anselmo, che non sperava più in un aiuto concreto del Papa, si recò in
Normandia per incontrare Enrico e minacciarlo personalmente di
scomunica,[11][45] con lo scopo di costringerlo una volta per tutte a
raggiungere un accordo sulla questione delle investiture.[46] Anche
grazie alla mediazione della sorella di Enrico, Adele d'Inghilterra, che
Anselmo aveva assistito durante una malattia, l'arcivescovo e il re riuscirono
a incontrarsi a l'Aigle nel luglio 1105 e raggiunsero un compromesso: la
scomunica di Roberto di Beaumont e degli altri funzionari di Enrico I venne
revocata (cosa che Anselmo fece grazie alla sua sola autorità, e di cui dovette
poi rendere conto a papa Pasquale II)[43][47] a patto che essi tenessero sempre
conto della volontà della Chiesa nel consigliare il re; inoltre Enrico avrebbe
rinunciato al diritto di investire gli ecclesiastici se Anselmo avesse ottenuto
dal Papa che agli ecclesiastici venisse consentito l'omaggio ai nobili laici;
le entrate della sede arcivescovile di Canterbury furono restituite alla Chiesa
e venne confermato il divieto per i sacerdoti di prendere moglie. Prima di
tornare in Inghilterra, comunque, Anselmo volle che l'accordo fosse approvato
dal Papa; questi, con una lettera del 23 marzo 1106, ratificò il compromesso:
nonostante la rinuncia da parte del re al diritto di investitura costituisse
un'importante vittoria per la Chiesa,[47] sia Anselmo che Pasquale consideravano
il compromesso di l'Aigle come un accordo temporaneo, in vista di ulteriori
azioni che, perseguendo gli obiettivi della riforma gregoriana, avrebbero
dovuto abolire anche la pratica dell'omaggio degli ecclesiastici ai laici.[48]
La lettera del Papa autorizzava Anselmo anche a revocare la scomunica di coloro
che erano stati investiti da laici o che a laici avevano reso l'omaggio
feudale, e lo invitava ad assolvere il re e la regina d'Inghilterra da tutti i
loro peccati.[11] Il ritorno di Anselmo a Canterbury comunque fu
rimandato, anche a causa di alcuni problemi di salute dell'anziano arcivescovo;
il 15 agosto Anselmo incontrò Enrico a Bec; il re aggiunse alle concessioni
fatte anche la restituzione delle chiese confiscate a suo tempo da Guglielmo II
e promise di risarcire il clero inglese dei danni economici patiti a causa
della lotta per le investiture. Così, i due si riappacificarono.[11]
Ritorno in Inghilterra e ultimi anni Anselmo fece trionfale ritorno in
Inghilterra nel 1107. Da un'assemblea dei vescovi e dei principi inglesi tenuta
il 1º agosto risultò il "concordato di Londra", che formalizzava e
annunciava pubblicamente il compromesso tra Enrico e Anselmo:[49] nessun
vescovo avrebbe dovuto ricevere l'investitura da un laico, ma il fatto di aver
reso l'omaggio a un laico non avrebbe impedito a nessuno di ricoprire la carica
di vescovo. Le sedi vescovili e abbaziali vacanti (alcune delle quali erano
vacanti ancora dai tempi di Guglielmo II) vennero assegnate, e Anselmo, riprese
le funzioni di arcivescovo di Canterbury, consacrò tutti i nuovi
vescovi.[11] Anche nella fase finale della sua vita Anselmo continuò ad
occuparsi dei doveri di arcivescovo e, contemporaneamente, a meditare e a
scrivere testi di teologia, come il De concordia praescientiae et
praedestinationis et gratiae Dei cum libero arbitrio (Sulla compatibilità della
prescienza, della predestinazione e della grazia di Dio con il libero
arbitrio). Anselmo lavorò per innalzare il livello spirituale del regno e, in
particolare, delle regioni dell'Irlanda e della Scozia; fu inoltre coinvolto in
una disputa circa il primato dell'arcidiocesi di Canterbury su quella di York,
disputa che non sarebbe stata superata (con la riaffermazione della supremazia
di Canterbury) se non dopo la sua morte.[11] Anselmo morì il 21 aprile
1109, mercoledì santo, e venne sepolto nella cattedrale di Canterbury. Le sue
spoglie vennero però esumate durante i disordini a sfondo religioso che ebbero
luogo durante il regno di Enrico VIII d'Inghilterra e se ne persero le
tracce.[11] La tomba di Anselmo all'interno della cattedrale di
Canterbury. Il processo di canonizzazione di Anselmo fu avviato da Tommaso
Becket (uno di coloro che ne continuarono l'opera volta a garantire
l'indipendenza della Chiesa inglese dal potere politico) e venne portato a
termine da papa Alessandro III nel 1163. Anselmo fu dichiarato dottore della
Chiesa da papa Clemente XI il 3 febbraio 1720[50]. Pensiero Oltre ad aver
svolto un importante ruolo politico nella disputa sulle investiture in Inghilterra,
Anselmo d'Aosta fu anche un pensatore di grande spessore nell'ambito della
filosofia cristiana medievale, considerato uno dei principali esponenti della
riflessione di area europea[3], il principale filosofo dell'XI secolo[8][51] e
il primo grande pensatore del Medioevo dopo Giovanni Scoto Eriugena[4].
Influenze Il lavoro di Anselmo è caratterizzato da una grande originalità e
sono rari, nella sua opera, i riferimenti a pensatori del passato: ciò rende
difficile identificare le influenze che hanno contribuito a dar forma al suo
pensiero[15]. Posto che la fonte principale della riflessione di Anselmo è
l'autorità della Bibbia, è tuttavia ugualmente possibile riconoscere nel
neoplatonismo cristiano di Agostino d'Ippona un importante punto di riferimento;
l'importanza dell'influenza di pensatori come Giovanni Scoto Eriugena e lo
Pseudo-Dionigi l'Areopagita, un tempo considerata significativa, è oggi
giudicata tutto sommato trascurabile, mentre si tende a evidenziare
l'importanza rivestita da Aristotele e dal suo traduttore e commentatore
Severino Boezio nel determinare certi aspetti dialettici della filosofia di
Anselmo, oltre che, tra le altre cose, la sua concezione del male come privo di
positività ontologica e la teoria dei futuri contingenti che garantiscono la
compatibilità della prescienza di Dio con la libertà umana[52]. L'influenza del
maestro Lanfranco probabilmente non fu, se non forse per l'interesse alla
dialettica, determinante[15]. Rapporto tra ragione e fede Nella
riflessione di Anselmo, che pure ha un carattere prevalentemente teologico, la
ragione svolge un ruolo di fondamentale importanza: nella concezione anselmiana
del rapporto che, per un buon filosofo cristiano, dovrebbe sussistere tra la
ragione e la fede (cioè, sostanzialmente, tra la filosofia e la teologia) la
dimensione della ricerca razionale ha infatti un posto molto
rilevante[3]. Anselmo riteneva che il presupposto di ogni sapere dovesse
essere necessariamente la fede nella rivelazione delle sacre scritture, e che,
quindi, si dovesse credere per comprendere piuttosto che comprendere per
credere ("credo ut intelligam")[53]; in altre parole sosteneva,
ispirandosi alle parole di Isaia (7, 9) «se non hai fede, non capirai»
("nisi credideritis, non intelligetis")[54], che il fondamento di
ogni conoscenza dovesse provenire dalla fede, e che solo su di essa potesse
innestarsi il lavoro della ragione, volto all'approfondimento e alla
comprensione dei dogmi[53]. Anselmo tuttavia riponeva grande fiducia
nella capacità della ragione di portare avanti con successo questo suo ruolo di
chiarificazione e comprensione dei dati di fede: come disse il medievista
francese Étienne Gilson, egli giudicava «presunzione non mettere per prima cosa
la fede, [...] negligenza non fare successivamente appello alla ragione»[53].
Dunque, benché fosse per lui impensabile sottomettere o subordinare i misteri
della fede alla dialettica, cioè alla logica, Anselmo riteneva che fondandosi
saldamente sulla rivelazione fosse possibile usare la ragione per approfondire
la comprensione di tali misteri o, anche, per dimostrare inconfutabilmente la
necessità di accettarli come tali[55]. In effetti per lui esistevano dogmi non
suscettibili di esatta comprensione razionale, come ad esempio quello della
Trinità, ma riteneva che fosse ugualmente possibile raggiungere, tramite
ragionamenti per analogia, una parziale comprensione di tali dogmi e che,
inoltre, fosse possibile provare razionalmente la necessità di
abbracciarli[56]. Una significativa espressione anselmiana, che può essere
considerata il suo motto filosofico, è «la fede in cerca della
comprensione»[8]. Con ciò Anselmo intendeva riaffermare la priorità della fede
e, parallelamente, l'opportunità di tentare di rischiarare i contenuti della
rivelazione per mezzo della riflessione razionale, senza che la ragione
prendesse il posto della fede e senza che la fede soffocasse la
ragione[8]. Nella concezione anselmiana della fede aveva molta importanza
la dimensione affettiva (cioè legata all'ambito della volontà): l'amore di Dio
che alimenta la fede è in gran parte assimilabile a un amore per la conoscenza
di Dio stesso, e dunque viene attribuita una notevole importanza alla ragione,
in quanto veicolo di questa ricerca di conoscenza[8]. Alcuni commentatori
evidenziano come nella riflessione di Anselmo gli elementi esistenziali e
legati all'ambito morale siano strettamente interconnessi con quelli teoretici
e legati all'ambito della ricerca razionale[57]. Esistenza di Dio e
attributi divini dimostrati a posteriori: il Monologion Magnifying glass icon
mgx2.svgMonologion. Benché concepisse la fede come fondamento di ogni
conoscenza, Anselmo riteneva che un argomento razionale potesse convincere
anche un non credente.[8] Nel suo primo scritto filosofico importante, il Monologion,
Anselmo si pone dalla prospettiva di chi ignori la rivelazione cristiana o non
vi creda e, adottando tale prospettiva, intende dimostrare l'esistenza di Dio e
dedurre alcuni dei suoi attributi per mezzo di procedimenti razionali a
posteriori (cioè basati su evidenze tratte dal mondo sensibile e sviluppate con
procedimenti razionali).[3][53] La dimostrazione dell'esistenza di Dio
proposta da Anselmo nel Monologion è di ascendenza platonica,[58] ed è ispirata
almeno in parte al neoplatonismo di Agostino d'Ippona.[59] Il fondamentale
presupposto di tale prova infatti, a parte la constatazione che le cose del
mondo sono caratterizzate da gradi diversi di perfezione, è la convinzione che
se le cose sono più o meno perfette (o comunque presentano una certa caratteristica
positiva con grado maggiore o minore di intensità), ciò dipende dal fatto che
tali cose partecipano in maniera più o meno diretta di un ente assolutamente
perfetto (o che comunque possiede quella certa caratteristica positiva al
massimo grado).[59] Iniziale miniata da un manoscritto del
Monologion risalente al XII secolo. Tale idea viene sviluppata, per esempio, a
proposito del bene: dal momento che possiamo constatare che esistono nella
realtà molti beni, diversi tra loro e buoni in grado maggiore o minore,
dobbiamo secondo Anselmo dedurne con certezza che essi sono buoni in virtù di
un solo principio del bene assoluto, cioè a causa della loro partecipazione in
diverso modo e in diverso grado di un unico sommo bene; tale bene è buono in sé
e per sé, mentre ogni altra cosa è buona riferendola a quel bene che si colloca
a un livello gerarchicamente superiore a ogni altro bene.[58] Dopodiché,
avendo dimostrato che deve esistere un ente che corrisponde al sommo bene,
Anselmo applica il medesimo procedimento ad attributi come la perfezione e la
stessa esistenza, così da provare che deve esistere qualcosa caratterizzato da
assoluta perfezione e assoluta pienezza d'essere (e dal quale tutte le creature
finite ricavano la loro misura di perfezione e di esistenza).[58] Secondo
Anselmo, tanto l'ente sommamente buono, quanto quello caratterizzato dal sommo
grado di esistenza, quanto quello sommamente perfetto, coincidono con il Dio
della rivelazione cristiana, la cui esistenza è quindi provata a partire da
dati di esperienza come la gradazione del bene e della perfezione, e come il
processo di causazione degli enti da un essere primo.[60] La seconda
parte, quantitativamente preponderante, del Monologion è dedicata all'analisi
degli attributi, cioè delle caratteristiche, di Dio.[61] Alcuni di questi
attributi divini (come la bontà, la perfezione e il ruolo di causa incausata di
tutti gli esseri finiti) sono conseguenze immediate dell'argomento appena
esposto. Tuttavia Anselmo intende spingersi oltre nella definizione degli
attributi di Dio, e sostiene che la perfezione divina implica, per esempio,
anche le caratteristiche di eternità e intelligenza.[58] Alla luce del
carattere creativo di Dio, dal quale dipende tutto l'esistente, Anselmo propone
poi una rielaborazione della dottrina del Logos (Verbo),[15] tradizionalmente
inteso come corrispondente alla seconda persona della Trinità (il Figlio) e
come intermediario tra Dio e il Mondo, così come nella filosofia neoplatonica
era intermediario tra l'Uno e il Mondo.[62] Anselmo giunge alla conclusione che
ogni ente creato dal nulla esisteva, prima di essere creato, nella mente di
Dio.[15] Pertanto Anselmo sostiene che nella mente di Dio esistono i modelli
ideali su cui sono costruiti tutti gli enti finiti che risultano dalla
creazione, e che la creazione consiste nell'atto con cui Dio pronuncia fra sé e
sé il Verbo che è fondamento di tutte le creature.[58] Anselmo,
discutendo dell'analogia che sussiste tra il Verbo divino e il pensiero (o
Logos) umano, sostiene che gli uomini conoscono le cose per mezzo di immagini
delle cose stesse, e che tali immagini sono tanto più veritiere quanto più
aderiscono alla cosa; simmetricamente, in Dio esiste il Verbo, che costituisce
l'essenza delle cose, e le cose sono modellate su di esso.[15] La terza persona
della Trinità, lo Spirito Santo, viene identificata con la facoltà umana
dell'amore. In Dio, afferma Anselmo, sussistono tre distinte persone che
formano una sola essenza e una sola divinità;[15] questo può essere reso più
comprensibile alla ragione per mezzo di un'analogia di origine agostiniana:
come l'anima umana, pur essendo assolutamente unitaria, si compone di tre
facoltà (memoria, intelligenza e volontà), così Dio, pur essendo assolutamente
unitario, si compone di tre persone (Padre, Figlio e Spirito Santo).[63]
L'autore analizza poi altri modi per descrivere la sostanza divina, e propone
di considerarla come ciò che c'è di più grande, di sommo, cioè maggiore di
tutte le creature; o, ancora, come ciò che presenta tutte e sole le
caratteristiche che è meglio avere piuttosto che non avere.[15] Con ciò, Dio
comunque possiede tali caratteristiche in virtù di sé stesso, e non di altri
principi; inoltre la molteplicità di tali caratteristiche non significa che Dio
sia composito, dal momento che nell'essenza divina ogni attributo coincide con
tutti gli altri e con la stessa essenza divina in una suprema unità e
semplicità.[15] Esistenza di Dio e attributi divini dimostrati a priori:
il Proslogion Magnifying glass icon mgx2.svgProslogion e Argomento
ontologico. Statua di Anselmo ad Aosta, in via Xavier de Maistre. Sullo
sfondo, i campanili della cattedrale di Aosta; a destra si intravede il
seminario maggiore. (la) «Domine, non solum es quo maius cogitari nequit, sed es
quiddam maius quam cogitari possit. Quoniam namque valet cogitari esse aliquid
huiusmodi: si tu non es hoc ipsum, potest cogitari aliquid maius te; quod fieri
nequit.» «O Signore, tu non solo sei ciò di cui non si può pensare nulla
di più grande, ma sei più grande di tutto quanto si possa pensare; poiché
infatti è lecito pensare che esista qualcosa di simile. Se tu non fossi tale,
si potrebbe pensare qualcosa più grande di te, ma questo è impossibile.»
(Anselmo, Proslogion seu alloquium de Dei existentia, 15, 235C) Anselmo rimase
parzialmente insoddisfatto della dimostrazione dell'esistenza di Dio e
dell'indagine sulle sue caratteristiche per come esse erano state condotte nel
Monologion: egli aspirava infatti a costruire un argomento più semplice e
interamente autosufficiente in grado di portare alle stesse conclusioni. Un
simile argomento, ricercato affannosamente e infine trovato[64], venne esposto
nel Proslogion (il cui titolo, originariamente, era stato Fides quaerens
intellectum, cioè «la fede in cerca della comprensione»)[65][66].
L'argomento del Proslogion (noto anche, secondo una denominazione attribuitagli
da Immanuel Kant, come argomento ontologico)[8] è del tipo a priori: è cioè
basato su una definizione di Dio ricavata dalla fede e sviluppata secondo un
procedimento razionale che aspira ad essere valido in sé, anteriormente a ogni
dato di esperienza[66]. Schema logico dell'argomento ontologico Chi nega
l'esistenza di Dio (come lo stolto del Salmo: «che disse in cuor suo: Dio non
esiste».) deve avere il concetto di Dio non si può infatti negare la realtà di
qualcosa che non si pensa neppure, per negarla devo pensarla avere il concetto
di Dio significa: pensare un essere di cui non si può pensare nulla di maggiore
("aliquid quo nihil maius cogitari possit") ma poiché «si potrebbe
pensare un ente che, oltre agli attributi riconosciuti proprî di Dio,
possedesse anche quello dell'esistenza, e quindi fosse maggiore di lui.»[67]
questa, allora, sarebbe un'idea maggiore di quella di Dio quindi, ciò di cui
non possiamo pensare nulla di maggiore, essendo il maggiore di tutti gli enti,
non può non avere la caratteristica dell'esistenza: esistere senza dubbio
sia nell'intelletto sia nella realtà ("existit ergo procul dubio aliquid
quo maius cogitari non valet, et in intellectu et in re")[68]
L'argomentazione di Anselmo prende dunque le mosse dalla definizione di Dio
come «ciò di cui non può essere pensato niente di maggiore». Egli sostiene che
chiunque, incluso lo «stolto» che, secondo i Salmi (14, 1 e 53, 1) «disse in
cuor suo: Dio non esiste»[65], comprende tale definizione, anche se non
comprende che l'oggetto di tale definizione esiste; comunque, nel comprenderla,
si forma mentalmente il concetto di un ente sommamente grande, del quale sia
impossibile pensare qualcosa di maggiore. Ora, sostiene Anselmo, il
concetto di «ciò di cui non può essere pensato niente di maggiore» esiste nella
mente dello «stolto» (o di chiunque altro) come nella mente del pittore esiste
l'immagine di qualcosa che egli è in procinto di disegnare, ma che ancora non
esiste al di fuori del suo pensiero. Tuttavia, qualcosa che esiste
solamente nella mente di qualcuno non è tanto grande quanto qualcosa che esiste
anche nella realtà esterna, nel mondo effettivo delle cose: pertanto ciò di cui
non può essere pensato nulla di maggiore non sarebbe tale se non fosse dotato
di un'esistenza effettiva anche fuori dalla mente di chi si forma quel
concetto. Il che conduce alla conclusione per cui esiste necessariamente
qualcosa di cui non può essere pensato niente di maggiore[65][66], e che non
può essere pensato se non come esistente[15]. Si tratta in fondo di una
dimostrazione per assurdo[69], basata in gran parte sull'approccio apofatico
della teologia negativa[70], in base al quale è doveroso per la mente umana
riconoscere l'esistenza di Dio come suo limite[71]. (LA) «Sic ergo vere
es, Domine, Deus meus, ut nec cogitari possis non esse; et merito. Si enim
aliqua mens posset cogitare aliquid melius te, ascenderet creatura super
Creatorem.» «Dunque esisti in modo così vero, o Signore, mio Dio, che non
si può neppure pensare che non esisti. E giustamente. Se infatti una mente
potesse pensare qualcosa migliore di te, la creatura si eleverebbe sopra il
Creatore.» (Anselmo, Proslogion seu alloquium de Dei existentia, 3,
228B-228C) Come il Monologion, il Proslogion contiene numerosi capitoli nei
quali l'autore indaga gli attributi di Dio: partendo dalla definizione della
divinità come ciò di cui non può essere pensato il maggiore, Anselmo conclude
che Dio deve essere necessariamente l'essere supremo, e quindi supremamente
buono, giusto e felice[72]. Sempre in relazione al Monologion, risulta ora
tanto più giustificata l'idea che Dio debba essere caratterizzato da tutte le
peculiarità che è preferibile avere piuttosto che non avere.[72] In
effetti risulta che un Dio come questo, che (in accordo anche con gli
insegnamenti della Bibbia) è necessariamente onnipotente, deve essere
impossibilitato a fare il male perché è anche assolutamente benevolo; questo non
è però contraddittorio dal momento che, per Anselmo, la capacità di fare il
male non è in realtà una vera potenza, quanto piuttosto un'impotenza (il che è
coerente con la sua interpretazione del male come privazione, cioè come pura
negazione dell'essere e del bene, non dotata di un'autonoma positività
ontologica). Non deve quindi stupire, secondo lui, che Dio non possa fare il
male o contraddirsi[72]. Nei capitoli conclusivi del testo, Anselmo
ribadisce e approfondisce l'analisi degli attributi divini iniziata nel
Monologion, aggiungendo inoltre un accenno all'identità di esistenza ed essenza
in Dio il quale prefigurava, anche se da lontano, i risultati che avrebbe
raggiunto più tardi Tommaso d'Aquino[73]. Le critiche di Gaunilone
all'argomento ontologico e la risposta di Anselmo (LA) «Gratias ago benignitati
tuae et in reprehensione et in laude mei opusculi. Cum enim ea, quae tibi digna
susceptione videntur, tanta laude extulisti, satis apparet, quia, quae tibi
infirma visa sunt, benevolentia, non malevolentia
reprehendisti.» «Ringrazio della tua benevolenza, sia per le critiche sia
per le lodi del mio opuscolo.[74] Poiché infatti hai tanto lodato quelle parti
che ti sembravano degne d'essere accettate, risulta chiaro che hai censurato
per benevolenza, non per malevolenza, quelle che ti sono apparse deboli.»
(Anselmo, Sancti Anselmi liber apologeticus contra Gaunilonem respondentem pro
insipiente, 10, 260B) Schema logico delle obiezioni di Gaunilone e la risposta
di Anselmo nel suo Libro a difesa dello sciocco il monaco Gaunilone
obietta: in realtà l'ateo ha in mente solo la parola Dio non l'idea di
Dio di cui è impossibile per la sua infinitudine avere una conoscenza
sostanziale: ma anche ammesso di avere un'idea perfetta questo non significa
che poi vi debba necessariamente corrisponderne l'esistenza: se così fosse
basterebbe pensare alle mitiche perfette Isole Fortunate perché poi queste
esistessero nella realtà. S.Anselmo controbatte che il suo argomento vale solo
per quella realtà perfettissima che è Dio, in grado cioè non solo di riempire,
ma di trascendere il pensiero stesso che lo ospita. Dio infatti non è soltanto
«ciò di cui non si può pensare nulla di più grande» (id quo maius cogitari
nequit), ma è anche «più grande di quel che si possa pensare» (quod maior sit
quam cogitari):[75] l'ammissione dei propri limiti costringe l'intelletto umano
a riconoscere una realtà ontologica che lo sovrasta.[76] Per spiegare come sia
possibile che lo «stolto» neghi l'esistenza di Dio, nel Proslogion Anselmo
afferma che chiunque dica «Dio non esiste» in realtà proferisce suoni
completamente vuoti, parole di cui non comprende il senso, fermandosi ai segni
senza cogliere i significati[77]. Gaunilone, un monaco benedettino
contemporaneo di Anselmo, usò un argomento simile a questo per attaccare la
prova a priori del Proslogion[78] in un testo intitolato Liber pro insipiente
(Libro a difesa dello stolto); a Gaunilone Anselmo rispose nel Liber
apologeticus adversus respondentem pro insipientem (Libro apologetico contro la
risposta in difesa dello stolto) e da allora, per volontà dello stesso Anselmo,
il Proslogion venne sempre riprodotto con il corredo di questa doppia
appendice[79]. L'argomentazione del Liber pro insipiente, articolata su
diversi punti e accompagnata da alcuni esempi, si può sintetizzare
nell'osservazione di Gaunilone secondo cui il fatto di avere nell'intelletto un
concetto come quello di «ciò di cui non può essere pensato il maggiore», e di
pensarlo come esistente, è profondamente diverso dal fatto che ciò di cui non
può essere pensato il maggiore effettivamente esista: egli cioè sostiene che
non si può passare direttamente dal piano del pensiero al piano
dell'esistenza[80]. Aggiunge inoltre che quello di «ciò di cui non può essere
pensato il maggiore» è un concetto inaccessibile a un intelletto umano,
sostanzialmente superiore alle sue forze: chi ascolta e comprende tale
concetto, afferma Gaunilone, non lo comprende in realtà più di quanto secondo
Anselmo lo «stolto» comprende l'espressione «Dio non esiste»[78]; quindi
pensare Dio come ciò di cui non può essere pensato il maggiore è possibile
solamente a posteriori, e cioè questa concezione di Dio (di per sé giudicata
legittima) deve essere sviluppata a partire da argomenti simili, per esempio, a
quelli platonizzanti del Monologion[80]. Nella sua risposta alle
obiezioni di Gaunilone (il quale peraltro loda il Monologion e tutte le parti
del Proslogion diverse dall'argomento ontologico) Anselmo si stupisce di
ricevere critiche da qualcuno che è uno stolto ma un cattolico. Rispondendo
quindi «al cattolico», Anselmo ravvisa nelle parole di Gaunilone una certa
confusione tra «ciò di cui non può essere pensato il maggiore», limite
innegabile del pensiero, e «la cosa più grande di tutte», che essendo un
concetto impreciso può ancora essere negato senza cadere in contraddizione.
Nella parte principale della sua replica alla replica Anselmo aggiunge che «ciò
di cui non può essere pensato il maggiore» non è un concetto incomprensibile
per l'intelletto umano,[81] a meno di fingere di non capire il concetto stesso
che si vuole negare, «perché se anche ci fosse qualcuno abbastanza sciocco da
dire che ciò di cui non si può pensare il maggiore non è niente, non sarà così
impudente da dire di non riuscire a capire o pensare quel che sta dicendo. O se
invece si trovasse qualcuno di questo genere, non solo il discorso è da
respingere (respuendus), ma lui stesso da coprire di sputi (conspuendus)»[82].
L'esperienza delle cose del mondo, del resto, rende evidente che gli enti posseggono
le diverse perfezioni in diversi gradi e che, dunque, è possibile stabilire una
gerarchia di grandezza in cui di ogni cosa è possibile pensare qualcosa di
maggiore finché si giunge a qualcosa di cui, appunto, non si può pensare niente
di maggiore[83]. È stato fatto notare che con questa operazione, però, Anselmo
dà parzialmente ragione a Gaunilone e riconduce la prova a priori del
Proslogion alla prova a posteriori del Monologion, ammettendo che il concetto
di «ciò di cui non può essere pensato il maggiore» si origina
dall'esperienza[84][85]. In tal modo l'autosufficienza della prova del
Proslogion può risultare compromessa, ma viene stabilita tra esso e il
Monologion una continuità che fa delle due opere altrettanti momenti di un
unico argomento per l'esistenza di Dio, in cui tale esistenza viene dimostrata
inizialmente a partire da osservazioni empiriche, assicurando nel contempo la
legittimità della definizione di Dio come «ciò di cui non può essere pensato il
maggiore», e quindi viene dimostrato che a partire da tale definizione risulta
che Dio non è concepibile se non come dotato dell'esistenza[72][84].
Anselmo dialettico: il De grammatico e gli altri scritti logici L'aspetto del
pensiero di Anselmo legato alla logica (la quale nel Medioevo era indicata
indifferentemente come dialettica o anche come grammatica, in una prospettiva
paragonabile a quella della moderna filosofia del linguaggio) ha un'importanza
non trascurabile, anche se tale importanza è stata rivalutata solo dalla
critica della seconda metà del XX secolo[84]. Anselmo ritratto in
una vetrata inglese. Anselmo considerava la logica uno strumento utile per il
teologo: già nel Monologion il suo approccio si era caratterizzato per
l'attenta disamina delle possibili ambiguità legate a espressioni come
«[esistenza] per sé» e «[creazione dal] nulla», e anche nel Proslogion Anselmo
aveva compiuto operazioni simili; ora, nel De grammatico, egli analizza nello
specifico il problema della paronimia, ossia dello scambio di due parole dal
suono simile ma prive di attinenza nel significato: si trattava di capire se la
parola "grammatico" (così come tutti gli altri «denominativi», cioè
quelle parole che derivano da una radice da cui differiscono solo per la
desinenza, in questo caso "grammatica"), corrispondano a sostanze o
qualità[86]. In effetti, sostiene Anselmo, pare ugualmente possibile
sostenere che "grammatico" sia sostanza (essenza) o che sia qualità
(accidente):[87] nel primo caso perché "grammatico" indica un uomo, e
a ogni uomo corrisponde una sostanza; nel secondo perché "grammatico"
indica una particolare caratteristica dell'uomo in questione. Anselmo afferma
però che non ci troviamo di fronte a una contraddizione, dal momento che i due
modi di intendere la parola si riferiscono a due punti di vista ben diversi: è
infatti necessario, prosegue, distinguere la significatio di un termine, cioè
il piano del suo significato, dalla sua appellatio, cioè il piano del suo
riferimento. Pertanto "grammatico" è una significazione della grammatica,
ma il suo riferimento è all'uomo[88]. Inoltre, aggiunge Anselmo, per se (cioè
in modo diretto, cioè sul piano della significazione) la parola
"grammatico" significa una qualità, ma può anche fare riferimento per
aliud (cioè in modo indiretto, cioè sul piano del riferimento) a una
sostanza[15][88]. Alcuni commentatori hanno rilevato che, con questo, Anselmo
prefigurava la teoria della suppositio che sarebbe stata approfondita dai
dialettici del XIII secolo e successivi[88]. In altre opere di carattere
logico, abbozzate da Anselmo ma mai stese in forma compiuta, egli analizzava
altre possibili ambiguità linguistiche legate all'uso di certe parole in
filosofia e teologia: considerò con particolare attenzione i concetti e i
termini necessitas ("necessità"), potestas ("potenza",
"capacità"), voluntas ("volontà"), facere
("fare", ma anche "far fare", "patire") e aliquid
("qualcosa")[89]. Il problema del male, dell'onnipotenza divina
e del libero arbitrio nella trilogia sulla libertà Nella cosiddetta «trilogia
della libertà», composta dai dialoghi De veritate, De libertate arbitrii e De
casu diaboli, Anselmo analizza le questioni etiche legate alla rettitudine[19]
da un punto di vista teologico-dogmatico (analogo a quello che avrebbe adottato
anche nelle opere successive) piuttosto che strettamente filosofico (come era
stato invece quello adottato nei testi precedenti)[90]. La scelta della
forma dialogica, debitrice in qualche misura della tradizione platonica ma non
priva di una sua originalità d'interpretazione, era dovuta all'esigenza di
rendere più vivace la discussione dei problemi teologici e al vantaggio di
poter risolvere dialetticamente le difficoltà che via via si presentavano; essa
inoltre corrispondeva al modo in cui Anselmo teneva le sue lezioni, le quali consistevano
sostanzialmente in conversazioni tra gruppi ristretti di discenti legati da
rapporti reciproci di confidenza che facilitavano il confronto di
idee[91]. Il De veritate Magnifying glass icon mgx2.svgDe veritate
(Anselmo d'Aosta). Il De veritate (primo in ordine logico, anche se non è
chiaro in che ordine cronologico furono composte le tre opere) analizza in
particolare il rapporto sussistente tra la virtù morale, la verità e la
giustizia.[19] Anselmo propone una teoria della verità in cui sono compresenti
una matrice platonica (per cui la verità delle cose e delle affermazioni
particolari risiede nella loro partecipazione alla verità in sé) e la tesi
della verità come corrispondenza tra discorso e realtà (per cui la verità sta
nell'aderenza delle asserzioni allo stato delle cose); la nozione di verità per
come la intende Anselmo, quindi, è particolarmente ampia proprio perché per
l'appunto essa è ricondotta sia alla corrispondenza di linguaggio e realtà sia
all'aderenza di un'azione al suo fine teleologicamente proprio (che nel caso
del linguaggio è esattamente quello di significare la realtà);[8] traducendosi
in un più ampio concetto di rettitudine, la verità può quindi essere propria
anche della volontà (la volontà vera è volontà retta) e delle azioni (le azioni
vere sono azioni buone), oltre che dei sensi, delle essenze stesse delle cose
eccetera.[8][15] Tuttavia, aggiunge Anselmo, dal momento che tutte le
cose veridiche devono trarre la loro verità da una verità suprema che,
evidentemente, viene identificata con Dio, e dal momento che Dio è ugualmente
fonte di tutta la verità e di tutto l'essere, tutto ciò che esiste deve
esistere veridicamente e, quindi, rettamente; è qui che, data l'esperienza
comune a tutti dell'esistenza del male, la questione acquisisce la sua
importanza sul piano etico, dal momento che sorge per l'appunto il problema del
male.[15] La questione di come sia possibile che qualcosa di male accada
a causa di (o nonostante) un Dio buono è risolta nel De Veritate osservando che,
se i due termini opposti vengono considerati sotto rispetti diversi,
l'apparente contraddizione tra l'esistenza del male e la bontà di Dio non è
realmente problematica: Dio può permettere che il male esista senza causare il
male, e d'altro canto quello che risulta malvagio in una prospettiva umana non
è necessariamente malvagio in senso proprio. Anselmo sostiene che, come è
possibile che un uomo riceva a buon diritto delle percosse benché per un certo
altro uomo sia illegittimo somministrargliele, così è in generale possibile che
essere l'oggetto passivo di un'azione sia male mentre esserne il soggetto
attivo sia bene o viceversa; e, quindi, il problema di conciliare l'esperienza
del male con un Dio onnipotente e buono si risolve se si considera che Dio e il
male vengono considerati da due differenti punti di vista.[15] In
conclusione, Anselmo chiama verità quel particolare tipo di rettitudine che è
percettibile solo alla mente; benché infatti in generale i concetti di verità,
giustizia e rettitudine siano interscambiabili la verità ha un carattere
proprio di retta intellezione, mentre la giustizia è legata più strettamente
alla rettitudine della volontà.[15] La rettitudine della volontà è poi
direttamente collegata con l'aderenza del volere dell'uomo a quello di Dio, e
la verità stessa ha la sua unità garantita dalla sua relazione con la verità
suprema e assoluta di Dio: l'apparenza di molte verità particolari separate e
indipendenti non toglie che ciascuna di esse sia vera unitamente a tutte le
altre nella partecipazione a Dio.[15] Il De libertate arbitrii Magnifying
glass icon mgx2.svgDe libertate arbitrii. Il De libertate arbitrii è il testo
della trilogia dedicato specificamente alla libertà della volontà dell'uomo in
relazione alla sua facoltà di compiere il bene o di peccare e, in generale, al
problema della grazia e del male.[92] Fin dalle prime pagine dell'opera
Anselmo rifiuta la definizione della libertà come la possibilità di scegliere
senza condizionamenti se peccare o non peccare:[93] se, infatti, la facoltà di
peccare rientrasse in tale definizione, la libertà vedrebbe irrimediabilmente
compromesso il suo valore positivo (se, cioè, fosse la libertà a rendere
possibile il peccato, essa non sarebbe più un carattere buono); e ne
risulterebbe inoltre la conclusione assurda che Dio, non potendo fare il male
(cioè non potendo peccare), non sarebbe libero.[72][92] Anselmo sostiene
al contrario che il peccato è dovuto non tanto alla libertà in sé quanto a una
degenerazione della libertà; e aggiunge, alla luce di queste considerazioni,
che la più opportuna definizione di libertà sarebbe quella per cui essa è
«potere di conservare la rettitudine della volontà per amore della rettitudine
stessa».[94] La libertà è dunque sostanzialmente la facoltà che ci consente non
di perseguire ciò che vogliamo senza condizionamenti, ma di adeguare la nostra
volontà a ciò che è giusto che noi vogliamo[95] (a ciò che, in altre parole,
sarebbe nostro dovere volere).[94] La libertà dunque è tanto più libera (tanto
più corrispondente all'ideale di libertà) quanto più è retta.[96] Questo
comunque non toglie che la volontà possa cedere a una tentazione: in questo
caso essa si rivolgerà al peccato anziché alla grazia e lo farà non per
costrizione da parte dei condizionamenti esterni, ma in modo autonomo;[96]
tuttavia, stante la definizione che si è data sopra, questo non sarà un esempio
di libertà ma un esempio di corruzione della libertà. Infine Anselmo
spiega che, in ogni caso, il modo in cui la libertà della volontà ci consente di
volere ciò che è giusto che noi vogliamo (e di volerlo unicamente in virtù del
fatto che è giusto che lo vogliamo) è legato strettamente all'intervento
divino: in seguito alla caduta, infatti, all'uomo è preclusa la possibilità di
agire bene in modo disinteressato con le sue sole forze (e, più in generale, un
peccatore è incapace di risollevarsi senza aiuto)[97] ed è dunque solo con
l'intercessione della grazia di Dio che la libertà si può esplicare al massimo
delle sue potenzialità e può realmente condurre l'uomo verso Dio.[95] In
conclusione l'autore propone una distinzione tra la libertà increata e
interamente autonoma che è propria di Dio e la libertà creata che gli angeli e
gli uomini ricevono da Dio; e ribadisce che la libertà pur imperfetta dell'uomo,
aiutata dalla grazia, può e dovrebbe elevarsi a Dio.[98] Il De casu
diaboli Magnifying glass icon mgx2.svgDe casu diaboli. Il De casu diaboli
tratta dei problemi legati alla rettitudine e alla libertà con particolare
riferimento, come da titolo, alla caduta del diavolo[19] – cioè al momento
della narrazione biblica in cui l'angelo Lucifero, avendo ricevuto da Dio una
certa misura di esistenza (e dunque di bontà) e una volontà libera (cioè quella
facoltà che gli avrebbe consentito di raggiungere la sua piena realizzazione
adeguando la sua volontà a quella di Dio) scelse di non perseverare nel
conservare la sua volontà aderente a quella divina, lasciò che la sua libertà
si corrompesse e abbandonò quindi la rettitudine per tentare di assomigliare a
Dio più di quanto fosse suo diritto.[99] Anselmo dunque prende tale
esempio come questione paradigmatica per un'analisi dell'origine e della natura
del male.[100][101] La sua ricerca prende le mosse ancora una volta da
un'attenta analisi logico-linguistica, volta in questo caso a chiarire il
significato del termine nihil ("nulla"): afferma Anselmo che tale
termine non indica, per il semplice fatto di esistere, una realtà positiva, e
che anzi esso significa per negazione (sottraendo una proprietà e non aggiungendola).
Il nulla dunque è un ente puramente razionale, perché "nulla" indica
non tanto una realtà quanto la negazione di una realtà; ciò avviene, secondo un
esempio riportato da Anselmo stesso, analogamente al modo un cui si dice di
qualcuno che è cieco anche se la cecità non è tanto una facoltà quanto la
negazione della facoltà della vista.[101] Anselmo fa così propria la
concezione, già espressa da un Agostino che l'aveva a sua volta mutuata dal
neoplatonismo di Ambrogio,[102] del male come privazione, ovvero nega la
positività ontologica del male stesso: come bisogna parlare del nulla come
negazione dell'esistente e della cecità come negazione della vista, bisogna
parlare del male come mancanza di bene.[103] Dunque Lucifero, cui Dio aveva
dato la facoltà di scegliere se perseguire la giustizia (adeguandosi alla
volontà divina) o se perseguire la felicità (ribellandosi e tentando di
sostituirsi a Dio) abbandonò la rettitudine e compì un moto di allontanamento
da Dio; compì cioè un'ingiustizia che, però, non era nient'altro che una
negazione della giustizia.[103] Prendendo le mosse dall'esempio del
diavolo, Anselmo dunque sviluppa la sua riflessione relativamente all'uomo:
l'essere umano è creato da Dio ed è dotato da Dio stesso di una volontà libera,
la cui piena realizzazione si ha nella conservazione della rettitudine – cioè
nell'adesione alla legge che Dio, con un atto di grazia, dona all'uomo.[104]
Tuttavia al momento del peccato originale anche l'uomo, come già il diavolo,
corrompe la sua libertà; e non gli è possibile tornare ad agire rettamente se
non grazie a un nuovo dono di grazia da parte di Dio.[105] Come Anselmo avrebbe
approfondito nel De concordia la volontà, che essendo libera ha facoltà (in
potenza) di perseguire la rettitudine, non può di fatto (in atto) perseguire
tale rettitudine se non in virtù del fatto di essere retta, e dunque il ruolo
della grazia concessa da Dio è fondante.[105] Un
capolettera decorato da un manoscritto del Cur Deus homo del XII secolo.
La necessità di un Dio-uomo redentore: il Cur Deus homo Magnifying glass icon
mgx2.svg Cur
Deus homo. Nel dialogo in due libri Cur Deus homo Anselmo spiega come, malgrado
l'impossibilità dell'uomo di riparare al peccato di Adamo ed Eva contro Dio,
Dio stesso si è riconciliato con l'umanità facendosi uomo.[106] Il testo
contiene anche, come è reso inevitabile dal suo soggetto, un'apologia del dogma
cristiano dell'incarnazione di Dio (che, per l'appunto, si è fatto uomo in
Gesù) contro le critiche di ebrei e musulmani; tuttavia non è questo il suo
tema principale, e in effetti il Cur Deus homo è un testo di ampio respiro che
di fatto conclude, insieme al successivo De concordia, l'esposizione della
visione teologica di Anselmo.[107] Il testo si apre con una
chiarificazione metodologica, in cui Anselmo ribadisce la sua posizione sul
rapporto tra ragione e fede: come già si era riscontrato nel Monologion, e in
accordo con la consueta dinamica dell'intellectus fidei (comprensione della
fede), egli tratta sempre la fede come il necessario punto di partenza di ogni
riflessione teologica ma giudica «negligenza» astenersi poi dal portare a
compimento razionalmente tale riflessione.[108] Dopodiché, Anselmo
procede a spiegare il carattere necessario della volontà divina: Dio, sostiene
l'autore, è dotato di una volontà spontanea e autonoma (non è cioè soggetto né
a costrizioni né a impedimenti) ma tale volontà è talmente rigida nella sua
assoluta immutabilità da far sì che essa possa essere considerata necessaria;
si può dire, ad esempio, che è necessario che Dio non menta perché la volontà
di Dio, tesa per sua stessa natura verso la verità (e da cui anzi la verità
stessa trae la sua natura) è invariabile e incorruttibile nella sua costanza, e
non può in alcun modo rivolgersi verso la menzogna.[109] Si è già visto che
questa non può secondo Anselmo essere considerata una limitazione della potenza
divina. È proprio per via della necessità e assoluta immodificabilità del
piano che Dio aveva predisposto per l'uomo all'inizio del tempo che, in seguito
alla perdita dell'immortalità dovuta alla caduta di Adamo ed Eva, si è reso
necessario un intervento di Dio per redimere l'uomo dal peccato originale e
ripristinare tale immortalità (sotto forma della possibilità di vivere in
eterno nell'altra vita).[110] Dopodiché, risulta necessario che la
remissione da parte di Dio dei peccati dell'uomo passi attraverso un'effettiva
espiazione: se infatti Dio si riconciliasse con l'uomo con un atto di pura
misericordia, senza che il peccato ricevesse una giusta e proporzionata
punizione, il disordine generato dal peccato non verrebbe ricondotto all'ordine
e, in generale, la legalità dell'universo morale umano e divino risulterebbe
compromessa.[111] Bisogna dunque che l'uomo restituisca a Dio l'onore che
peccando gli ha negato – anche se resta inteso che le azioni dell'uomo non
aggiungono né tolgono nulla a Dio, dato che è impossibile privare dell'onore un
Dio che coincide con lo stesso onore e con tutte le altre qualità positive:
restituire a Dio l'onore che gli è dovuto significa semplicemente ripristinare
la sottomissione, venuta meno con il peccato originale, della volontà umana a
quella divina.[111] Tuttavia l'uomo, che anche prima della caduta in quanto
creatura era incapace di compiere il bene se non in virtù della partecipazione
al bene supremo di Dio, non può espiare la sua colpa da solo: gli è impossibile
rendere a Dio la giusta soddisfazione, perché la bontà di ogni azione di
riparazione sarebbe comunque dovuta a Dio. È così che Anselmo dimostra che il
salvatore dell'uomo deve necessariamente essere di natura divina; quindi egli
procede ad argomentare che, per la precisione, egli deve essere un
Dio-uomo.[112] Risulta infatti che a rendere soddisfazione a Dio non può
essere qualcuno che sia inferiore a Dio, e d'altra parte è necessario che ad
espiare il peccato dell'uomo sia un uomo: pertanto le caratteristiche che le
scritture attribuiscono a Gesù, vero uomo e vero Dio, partecipe in ugual modo e
nello stesso tempo di entrambe le nature, sono esattamente quelle necessarie a
spiegare razionalmente la redenzione dell'umanità[15] dal momento che, come
scrive il filosofo Giuseppe Colombo, «Dio (per sé preso) non deve nulla a
nessuno e l'uomo (per sé preso) non può nulla».[112] Dunque Gesù, non
macchiato dal peccato in virtù della sua natura divina e perciò privo di doveri
e di debiti nei confronti di Dio, offrì volontariamente e liberamente la sua
vita innocente a Dio stesso e così facendo, essendo uomo, espiò il peccato
originale dell'umanità.[113] La compatibilità di prescienza divina e
libertà umana: il De concordia Il De concordia praescientiae et
praedestinationis et gratiae Dei cum libero arbitrio, l'ultima opera di
Anselmo, è volto a dimostrare la compatibilità della prescienza divina, oltre
che della predestinazione e della grazia, con il libero arbitrio
dell'uomo.[114] Un manoscritto del nord della Francia del De
concordia, risalente alla metà del XII secolo. Il problema dell'apparente
inconciliabilità della prescienza e della predestinazione divina con la libertà
umana, che risulta dal fatto che pare impossibile prevedere (e a maggior
ragione predeterminare) un fatto senza far venir meno il suo carattere libero e
non necessario, è risolta da Anselmo con un duplice argomento. In primo luogo,
egli osserva, bisogna distinguere la necessità ontologica da quella logica, dal
momento che quella ontologica ha una priorità su quella logica: se infatti
qualcosa è necessario ontologicamente (come il sorgere del sole) allora lo è
anche logicamente (nel momento in cui il sole sorge, sorge necessariamente);
tuttavia se qualcosa è necessario logicamente (nel momento in cui avviene,
avviene necessariamente) può anche non essere necessario ontologicamente (è il
caso, ad esempio, di una rivolta popolare).[115] In secondo luogo Anselmo propone
una tesi già affermata da Agostino e da Boezio:[116] la nostra concezione di
predestinazione e predeterminazione è limitata alla nostra coscienza temporale
delle priorità cronologiche, ma Dio si colloca in un'eternità al di fuori e al
di sopra del tempo, in cui non «nulla è passato o futuro, ma tutto è
simultaneamente e senza divenire»; pertanto, Dio conosce e determina gli eventi
che per noi sono passati, presenti e futuri da una prospettiva sovratemporale
in cui tali eventi sono tutti simultanei; stando così le cose, non c'è
contraddizione tra il fatto che egli conosca o determini un evento libero in
quanto libero (allo stesso modo di come vede o determina eventi necessari in
quanto necessari).[115] Il problema di conciliare la grazia di Dio con il
libero arbitrio invece sorge dalla contrapposizione di coloro che da un lato,
«superbi», considerano la virtù e quindi la salvezza suscettibili di essere
raggiunte dalla sola libera volontà dell'uomo; e di coloro che, dall'altro
lato, attribuiscono così tanta importanza alla grazia divina nella redenzione
dell'uomo da negare addirittura la sua libertà.[117] Anselmo assume nella
controversia una posizione intermedia, in cui cioè grazia e libertà vengono
armonizzate: egli sostiene infatti che, come si era già visto nel De casu
diaboli, per agire rettamente è necessario volere rettamente, e per volere
rettamente è necessaria una retta volontà; tuttavia l'uomo non può darsi da
solo tale rettitudine della volontà, poiché (mentre si può autonomamente
conservare la rettitudine della volontà quando la si ha) non si può volere la
rettitudine con il solo libero arbitrio quando non si ha una volontà
retta;[118] e dunque se è vero che è Dio, per grazia, a dare all'uomo questa
facoltà, è vero anche che sta alla libertà dell'uomo conservarla – i due
aspetti non sono quindi contraddittori, bensì complementari.[117] Il
testo prosegue con un'analisi dei significati della parola "volontà"
e delle sue interazioni con il concetto di giustizia, e si conclude con una
ricapitolazione dei punti già trattati: l'autore ribadisce che la volontà,
creata come ente positivo e quindi di per sé orientata a Dio e alla
conservazione della sua originaria bontà, è stata corrotta dalla deviazione del
volere dell'uomo per un cattivo uso della libertà; pertanto la volontà umana ha
perso la rettitudine necessaria a volere rettamente, e ha bisogno che tale
rettitudine sia ripristinata dalla grazia divina prima di poter ricominciare ad
agire con giustizia, preservando grazie alla libertà la rettitudine della sua
volontà.[118] Altri scritti Miniatura inglese del XII secolo di un
capolettera delle Orationes sive meditationes. Anselmo d'Aosta fu autore di
diversi altri scritti di carattere teologico, ma pur sempre animati da uno
spirito filosofico: l'Epistola de incarnatione Verbi e il successivo De
processione Spiritus Sancti trattavano del problema della processione dello
Spirito Santo e delle modalità della sua incarnazione; il De conceptu virginali
et de peccato originali analizzava le questioni dottrinali dell'Immacolata
Concezione e del peccato originale, e inoltre ripercorreva ragionamenti già
portati avanti nelle opere precedenti; a ciò si aggiungono meditazioni,
preghiere e opuscoli minori, oltre a una serie di frammenti provenienti da
un'opera non conclusa e a un De moribus (Sui costumi [morali]) in parte spurio
che tratta delle affezioni dell'anima.[15] Le preghiere scritte da
Anselmo sono raccolte in un'opera nota come Orationes sive meditationes
(Preghiere ovvero meditazioni); esse, scritte lungo tutta la vita dell'autore
dal periodo di Bec all'episcopato inglese, costituiscono un ulteriore esempio
dell'ideale anselmiano di comprensione della fede: benché orientate più alla
contemplazione e al raccoglimento spirituale che alla vera e propria filosofia
o teologia, il loro scopo è infatti quello di suscitare nel lettore quel
sentimento rivolto verso la verità e la rettitudine che è necessario
presupposto tanto della teoresi quanto della stessa vita buona.[119] Di
Anselmo si è poi conservato un epistolario particolarmente significativo, che
testimonia in modo efficace sia della sua personalità che della sua figura
pubblica: risulta infatti chiaramente, da una parte, l'affetto, la carità, la
sensibilità e la ferma pazienza che Anselmo infondeva nelle lettere ai monaci
suoi amici e suoi discepoli; e dall'altra la sua determinazione nelle faticose
e a volte frustranti questioni politiche legate alla sua posizione di
arcivescovo.[120] Influenza e critica Il pensiero di Anselmo d'Aosta
esercitò un'influenza estremamente significativa sulla storia sia della
filosofia sia, soprattutto, della teologia.[121] Come fece notare Étienne
Gilson, la sua riflessione giunse a livelli di estrema profondità in tutti i
campi in cui si espresse, anche se è forse vero che tali campi furono
relativamente pochi: sempre Gilson sostenne infatti che al suo pensiero,
estremamente raffinato dal punto di vista dialettico e dal punto di vista
teologico, faceva difetto un'approfondita analisi del campo della filosofia
della natura – la quale sarebbe stata necessaria per poter dire che le
riflessioni di Anselmo formano un sistema filosofico o teologico veramente
organico e completo.[122] La discussione di Anselmo di certi problemi
dottrinali, come quelli della libertà e del male, ebbe la sua risonanza nella
filosofia medievale, venendo ripresa ad esempio da Riccardo di San
Vittore;[123] l'attenzione di Anselmo per la dimensione logico-dialettica della
filosofia e della teologia fa poi di lui, secondo alcuni critici, un precursore
della filosofia scolastica del XII secolo.[121] D'altra parte le pagine più
famose della sua opera sono certamente quelle in cui, nel Proslogion, egli
espone il suo argomento a priori per la dimostrazione dell'esistenza di Dio;
esse, considerate un punto di riferimento di importanza capitale per la storia
della filosofia occidentale,[72][121] hanno generato nel corso dei secoli una
notevole mole di scritti sia critici che apologetici.[72][124] Gilson scrisse a
proposito della rilevanza dell'argomento di Anselmo: «le sue implicazioni sono
tanto ricche che il solo fatto di averle ammesse o rifiutate è sufficiente a
determinare il gruppo dottrinale a cui una filosofia appartiene. [...] Ciò che
è comune a tutti coloro che l'ammettono è l'identificazione dell'essere reale
con l'essere intelligibile concepito col pensiero; ciò che è comune a tutti
coloro che ne condannano il principio è il rifiuto di porre un problema
d'esistenza separato da un dato esistente empiricamente».[125] Dopo
Gaunilone, che fu praticamente l'unico a mostrare interesse per il cosiddetto
argomento ontologico durante la vita di Anselmo, esso venne citato da Guglielmo
d'Auxerre e ripreso criticamente da diversi altri pensatori nel XIII secolo,
tra cui i più degni di nota sono Tommaso d'Aquino e Bonaventura da Bagnoregio:
il primo contestò la validità di tale dimostrazione, il secondo la difese.[72]
Oltre a Bonaventura, altri dottori della Chiesa, tra cui Enrico di Gand e
Alberto Magno, accettarono la prova anselmiana.[126] Nel Medioevo anche Alessandro
di Hales[127] e Duns Scoto[72] si espressero sull'argomento, entrambi
condividendolo, anche se Duns Scoto sostenne che la formulazione sarebbe stata
più appropriata se anziché dal concetto di "Dio" Anselmo fosse
partito dal concetto di "ente".[124] Nel XVII secolo Cartesio
riprese a sua volta l'argomento, considerandolo valido e apprezzando la sua
indipendenza da considerazioni di carattere empirico,[128] disinteressandosi
però di quegli aspetti della prova anselmiana che implicavano la necessaria trascendenza
di Dio come fondamento del suo argomentare.[129] Passando tramite Cartesio, una
dimostrazione simile alla prova a priori di Anselmo entrò anche nel sistema
metafisico dell'Ethica di Spinoza, il quale dimostrava l'esistenza della
sostanza (poi identificata con Dio stesso) sulla base del fatto che, per la
definizione stessa della sostanza, la sua essenza implica l'esistenza.[130]
Leibniz sostenne la validità in sé della dimostrazione, ma contestò
un'apparente leggerezza da parte di Anselmo: il filosofo tedesco riconosceva
infatti che l'autore del Proslogion aveva in effetti dimostrato che, se Dio
(inteso come l'essere massimamente perfetto) è possibile, allora è necessario,
ma sosteneva che non avesse dimostrato che è possibile se non con argomenti a
posteriori.[131] Nel XVIII secolo l'argomento fu oggetto di critiche da
parte di Hume[72] e soprattutto di Kant: quest'ultimo in particolare, nella
Critica della ragion pura, evidenziò che l'esistenza non può essere considerata
un predicato (non senza cadere nelle contraddizioni messe in evidenza dai
filosofi della scuola eleatica) e che, dunque, non si può dire che l'esistenza
è un predicato positivo che un Dio di cui non può essere pensato il maggiore
non potrebbe non avere.[131][132] Hegel, nel XIX secolo, tornò a difendere la
dimostrazione di Anselmo affermando che in Dio essenza ed esistenza coincidono,
e che la distinzione tra le due è tipica esclusivamente del mondo
materiale.[131] Secondo Bertrand Russell, l'argomento «è ancora alla base del sistema
di Hegel e dei suoi seguaci, e riappare nel principio di Bradley: "Ciò che
può essere e dev'essere, è"».[133] La dimostrazione anselmiana piacque
inoltre a Vincenzo Gioberti e Antonio Rosmini, che se ne appropriarono
modificandola.[134] Nel XX secolo la critica si è rivolta soprattutto
all'analisi del rapporto tra fede e ragione negli scritti di Anselmo e si è
interrogata sulla misura in cui le singole opere dovrebbero essere considerate
filosofiche o teologiche; si è inoltre discusso sul valore della logica
costruita da Anselmo e sono state analizzate le implicazioni esistenziali della
sua teologia, con particolare riferimento al problema del peccato e della
salvezza e al concetto di "rettitudine".[135] Il teologo Karl Barth
ha avuto Anselmo tra i suoi principali punti di riferimento, ed è stato un
attento studioso della sua opera.[136] Sono altresì degne di nota le
rivisitazioni della prova anselmiana, con l'intento di emendarla da aporie ed
equivoci logici, operate da Charles Hartshorne e Norman Malcolm. Di diverso
tenore l'analisi di John Niemeyer Findlay, che ha mosso una critica serrata,
sotto il profilo linguistico, alla nozione di "Dio" come "Ente
assoluto" utilizzata da Anselmo.[137] In occasione dell'ottavo
centenario della morte di Anselmo, il 21 aprile 1909, papa Pio X promulgò
l'enciclica Communium Rerum in cui ne celebrava la figura e ne promuoveva il
culto.[138] Ancora nel 1998, papa San Giovanni Paolo II nell'enciclica Fides et
ratio guardava alla prova ontologica di Anselmo come a un modello di quella
complementarità imprescindibile tra fede e ragione, grazie a cui «l'armonia
fondamentale della conoscenza filosofica e della conoscenza di fede è ancora
una volta confermata: la fede chiede che il suo oggetto venga compreso con
l'aiuto della ragione; la ragione, al culmine della sua ricerca, ammette come
necessario ciò che la fede presenta».[139] Opere Lista tratta da Lorenzo
Pozzi, Introduzione, in Anselmo d'Aosta, Proslogion, a cura di Lorenzo Pozzi,
Milano, BUR, 2012,7-8,978-88-17-16902-8. Monologion (1076) Proslogion
(1077-1078) De grammatico (1080-1085) De veritate (1080-1085) De libertate
arbitrii (1080-1085) De casu diaboli (1080-1090) Epistola de incarnatione Verbi
(1092-1094) Cur Deus homo (1094-1098) De conceptu virginali et de peccato
originali (1099-1100) Meditatio de humana redemptione (1099-1100) De
processione Spiritus Sancti (1100-1102) Epistola de sacrificio azymi et
fermentati (dopo il 1103) Epistola de sacramentis Ecclesiae (dopo il 1103) De
concordia praescientiae et praedestinationis et gratiae Dei cum libero arbitrio
(1107-1108) De potestate et impotentia, possibilitate et impossibilitate,
necessitate et libertate (incompiuto) Orationes sive meditationes Epistolae
Genealogia episcopale La genealogia episcopale è: Papa Niccolò I Papa
Formoso Vescovo San Plegmund Vescovo Althelm Vescovo Wulfhelm Vescovo Odo
Vescovo San Dunstan Vescovo Sant'Aelphege Vescovo Elfric Vescovo Wulfstan
Vescovo Ethelnoth Vescovo Eadsige Vescovo Stigand Vescovo Siward Vescovo
Lanfranco di Canterbury Vescovo Tommaso II di York Arcivescovo Anselmo d'Aosta
Note Fabio Arduino, Sant'Anselmo d'Aosta, in Santi, beati e testimoni -
Enciclopedia dei santi, santiebeati. URL consultato il 15 agosto 2012. Probabilmente ad opera dell'arcivescovo
Tommaso Becket su delega di papa Alessandro III del 9 giugno 1163 (in Inos
Biffi, Anselmo d'Aosta e dintorni: Lanfranco, Guitmondo, Urbano II, Editoriale
Jaca Book, 2007,325 Stefano Simonetta, Anselmo d'Aosta, in Franco
Trabattoni, Antonello La Vergata, Stefano Simonetta, Filosofia, cultura,
cittadinanza – La filosofia antica e medievale, Firenze, La Nuova
Italia,475,978-88-221-6763-7. Étienne Gilson, La filosofia nel Medioevo,
Firenze, La nuova Italia, 1973,290. Anselmo d'Aosta, La caduta del
diavolo, a cura di Elia Giacobbe, Giancarlo Marchetti, Milano, Bompiani,
2006,39,88-452-5670-7. Butler's Lives of the Saints, a cura di Michael
Walsh, New York, HarperCollins Publishers, 1991,117,0-06-069299-5. St. Anselm's
Proslogion, a cura di M. J. Charlesworth, Notre Dame, University of Notre Dame
Press, 2003,9. Greg Sadler, Saint Anselm, su Stanford Encyclopedia of
Philosophy. URL consultato il 15 agosto 2012. Peter King, (St.) Anselm of
Canterbury (PDF), su UTORweb. URL consultato il 15 agosto 2012. R. Southern,
St. Anselm: Portrait in a Landscape, Cambridge University Press, 1992,8.
Tullio Gregory, Franziskus S. Schmitt, Anselmo d'Aosta, Santo, su Dizionario
Biografico degli Italiani Treccani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL
consultato il 24 agosto 2012. William Kent, St. Anselm – Catholic
Encyclopedia, su Wikisource, 1913. URL consultato il 15 agosto 2012. Southern,32.
Charlesworth,10. Thomas Williams, St. Anselm of Canterbury, su Internet
Encyclopedia of Philosophy. URL consultato il 15 agosto 2012. Sally Vaughn, St
Anselm of Canterbury: the philosopher-saint as politician, in Journal of
Medieval History, n. 1, 1975,282. Charlesworth,16. Vaughn 1975,281. Giacobbe,
Marchetti,7. Charlesworth,15. Frank
Barlow, William Rufus, University of California Press, 1983,298-299,0-520-04936-5.
Sally Vaughn, St. Anselm: Reluctant Archbishop?, in Albion: A Quarterly Journal
Concerned with British Studies, 6:3, autunno 1974,245. Vaughn 1974,246. Vaughn 1975,286. Vaughn 1974,248. Vaughn 1974,240. Vaughn 1975,287. Sally Vaughn, Robert of
Meulan and Raison d'État in the Anglo-Norman State, 1093–1118, in Albion: A
Quarterly Journal Concerned with British Studies, 10:4, 1978,357. Gilson,306-310. Vaughn 1975,293. Sally
Vaughn, Anselm: Saint and Statesman, in Albion: A Quarterly Journal Concerned
with British Studies, 20:2, 1988,205.
Clemente III antipapa, su Enciclopedia Treccani on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 15 dicembre 2013. Vaughn 1978,357. Vaughn 1975,289. La Catholic Encyclopedia riporta la data del
10 giugno; l'enciclopedia Treccani riporta la data del 6 giugno. Vaughn
1975,292. Vaughn 1978,360. Sally Vaughn,
St. Anselm and the English Investiture Controversy Reconsidered, in Journal of
Medieval History, n. 6, 1980,63. C. Warren Hollister, The Making of England: 55
B.C. to 1399, Lexington, D. C. Heath and Company, 1983,120. Vaughn 1980,67. Vaughn 1975,295. Vaughn 1980,71. Vaughn 1978,367. Vaughn 1980,74. Charlesworth,19-20. Vaughn 1980,75. Vaughn 1980,76. Vaughn 1975,296-297. Vaughn 1980,82. Giuseppe de Novaes, Elementi della storia de'
sommi pontefici, Rossi, Siena 1805, tomo XI,179. Amedeo Vigorelli, Anselmo d'Aosta. In Fabio
Cioffi, Giorgio Luppi, Stefano O'Brien, Amedeo Vigorelli, Emilio Zanette,
Diálogos – La filosofia antica e medievale, Milano, Bruno Mondadori,
2000,232,88-424-5259-9. Giacobbe,
Marchetti,15-18. Gilson,291. Karen
Armstrong, Storia di Dio. 4000 anni di religioni monoteiste, Milano, CDE,
1997,217,non esistente.
Gilson,292-293. Giuseppe Colombo,
Invito al pensiero di Sant'Anselmo, Milano, Mursia,
1990,106,88-425-0707-5.
Colombo,56. Simonetta,476. Gilson,293. Gilson,294-296. Thomas Williams, Introduction
to the Monologion and Proslogion (PDF), su University of South Florida. URL
consultato il 9 settembre 2012. Tale
interpretazione nacque dalla sintesi neoplatonico-cristiana operata da
Agostino. Si veda Simonetta,440.
Simonetta,442 e 476.
Colombo,44. Gilson,296. Simonetta,477. G. C., Enciclopedia Italiana (1935), alla
voce "argomento ontologico"
Proslogion, cap. II. Che
l'argomento di Anselmo consista principalmente in una reductio ad absurdum è
stato evidenziato soprattutto da Alvin Plantinga, esponente della filosofia
analitica, in A. Plantinga, The nature of necessity, cap. X,196-221, Oxford
University Press, 1974. Karl Barth fa
notare in proposito che Anselmo non attribuisce a Dio alcun contenuto positivo,
enunciando il suo argomento più che altro come regola del pensiero, come
divieto di pensare in modo inappropriato (K. Bart, Filosofia e rivelazione
[1931], trad. di V. Vinay,123 e segg., Silva, Milano 1965). Coloman Étienne Viola, Anselmo D'Aosta: fede
e ricerca dell'intelligenza,58-80, Senso della formula dialettica del
Proslogion, Jaka Book, 2000. Simonetta,479. Colombo,53.
A proposito della disputa sull'esistenza di Dio, avuta col benedettino
Gaunilone. Proslogion, cap. 15, Opera
Omnia, I, 112. Cfr. Coloman Étienne
Viola, Anselmo D'Aosta: fede e ricerca dell'intelligenza,58-80, Senso della
formula dialettica del Proslogion , Jaka Book, 2000. Colombo,52. Simonetta,478. Colombo,56-57. Colombo,57-58. Per Anselmo, infatti, anche il sole non è
fissabile direttamente dallo sguardo, eppure attraverso la luce del giorno
riusciamo benissimo a vedere la sua stessa luce (cfr. Monologio e Proslogio, a
cura di Italo Sciuto,296, Bompiani, 2002).
«Nam etsi quisquam est tam insipiens, ut dicat non esse aliquid, quo
maius non possit cogitari, non tamen ita erit impudens, ut dicat se non posse
intelligere aut cogitare, quid dicat. Aut si quis talis invenitur, non modo
sermo eius est respuendus, sed et ipse conspuendus» (Liber apologeticus contra
Gaunilonem respondentem pro insipiente, 9, 258C). Colombo,59-60. Colombo,61. Simonetta,478-479. Colombo,61-62. Colombo,62-63. Colombo,63. Colombo,64-67. Colombo,67.
Giacobbe, Marchetti,7-8. Colombo,73. Tale definizione era stata proposta da
Giovanni Scoto Eriugena. Si veda Simonetta,479. Colombo,74.
Simonetta,490. Colombo,75.
Colombo,75-76. Colombo,73,
76. Colombo,76-77. Giacobbe, Marchetti,10.
Colombo,77. Il quale l'aveva a sua volta
ricavata da Plotino e Porfirio. Si veda Simonetta,440. Colombo,78. Su questi argomenti Anselmo si esprimeva
anche nel De concordia. Si veda Colombo,79. Colombo,79. Colombo,80.
Colombo,81-82. Colombo,82. Colombo,82-23. Colombo,82, 84. Colombo,85.
Colombo,86. Colombo,86-87. Colombo,87. Colombo,88. Simonetta,480. Colombo,89.
Colombo,91. Colombo,95. Colombo,91-95. Gilson,303. Gilson,302-303. Colombo,135. Colombo,132. Gilson,298.
Nicola Abbagnano, Giovanni Fornero, Filosofi e filosofie nella storia,
vol. 1, Torino, Paravia, 1992,359,88-395-0331-5. Diego Fusaro, Anselmo d'Aosta, su
Filosofico.net. URL consultato il 16 novembre 2012. Colombo,132-133. Francesco Tomatis, L'argomento ontologico:
l'esistenza di Dio da Anselmo a Schelling,56-57, Città Nuova, 2010: mentre
Anselmo intendeva mostrare la contraddizione logica di chi rinnega la fede in
Dio, la preoccupazione di Cartesio è garantire l'autonomia interna del pensiero
privandolo di sbocchi al trascendente. È stato rilevato come Cartesio sia
caduto in fondo nello stesso errore di Gaunilone, concependo Dio soltanto in
termini positivi come «il più grande di tutti» (maius omnibus), anziché in
maniera negativa (nihil maius, «niente di più grande»): cfr. Virgilio
Melchiorre, La via analogica,10-11, nota 18, Vita e Pensiero, 1996. Nello
stesso equivoco sarebbe caduto Hegel (A. Molinaro, Anselmo, Hegel e l'argomento
ontologico, in AA.VV., L'argomento ontologico, «Archivio di filosofia»,353-370,
1-3, 1990). Emanuela Scribano, Guida
alla lettura dell'"Etica" di Spinoza, Roma-Bari, Laterza,
2008,17-18,978-88-420-8732-8. Colombo,133. Piergiorgio Odifreddi, Il diavolo in cattedra
– La logica da Aristotele a Gödel, Torino, Einaudi, 2003,272,88-06-18137-8. Bertrand Russell, Storia della filosofia
occidentale, traduzione di Luca Pavolini, Milano, Longanesi, 1966,548. Giovanni Rossignoli, Disegno storico-teorico
della filosofia, Torino, Società Editrice Internazionale, 1933,72. Colombo,134-136. Vincent G. Potter, Karl Barth and the
Ontological Argument, in The Journal of Religion, vol. 45, n. 4, The University
of Chicago Press, ottobre 1965,309-325. URL consultato l'11 dicembre 2013. Alessandro Caretta e Luigi Samarati,
Introduzione al pensiero di Anselmo d'Aosta, in Anselmo d'Aosta, Una
scorciatoia all'assoluto: Proslogion, Novara, Europía, 1994,45-46,non
esistente. Communium Rerum, su Papal Encyclicals Online. URL consultato il 25
novembre 2012. Giovanni Paolo II, Fides
et ratio, n. 42. Bibliografia Fonti storiche (LA) Eadmero di Canterbury, Vita
et conversatio Anselmi, Edimburgo, 1962.Vita di S. Anselmo, Milano, 1987. (LA)
Eadmero di Canterbury, Historia novorum in Anglia, Londra, 1965. (LA, EN)
Richard William Southern e Franziskus S. Schmitt (a cura di), Memorials of St.
Anselm, London, Oxford University Press, 1969. Opere di Anselmo (LA) Opera
omnia, a cura di Franziskus S. Schmitt, Edimburgo, Thomas Nelson and Sons,
1946-1961. (Sei volumi). (LA, DE) Franciscus Salesius Schmitt, Ein neues unvollendetes
Werk des heilige Anselm von Canterbury, in Beiträge zur Geschichte der
Philosophie und Theologie des Mittelalters, Vol. XXXIII, No. 3, Munster,
Aschendorf, 1936,22–43. Traduzioni italiane Opere filosofiche, a cura di Sofia
Vanni Rovighi, Bari, Laterza, 2008. De potestate et impotentia, possibilitate
et impossibilitate, necessitate et libertate, in Linguistica medievale,
traduzione di Francesco Corvino, a cura di Francesco Corvino et al., Bari,
Adriatica, 1983,189-229. Introduzioni generali Luigi Catalani e Renato de
Filippis (a cura di), Anselmo d’Aosta e il pensiero monastico medievale,
Turnhout, Brepols Publishers, 2017,978-2-503-54840-1. Alessandro Caretta e
Luigi Samarati, Introduzione al pensiero di Anselmo d'Aosta, in Anselmo
d'Aosta, Una scorciatoia all'assoluto: Proslogion, Novara, Europía, 1994,non
esistente. Giuseppe Colombo, Invito al pensiero di Sant'Anselmo, Milano,
Mursia, 1990,88-425-0707-5. Étienne Gilson, La filosofia nel Medioevo, Firenze,
La nuova Italia, 1973. Enrico Rosa, Anselmo d'Aosta, Enciclopedia Biografica
Universale, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2006. Stefano Simonetta,
Anselmo d'Aosta, in Franco Trabattoni, Antonello La Vergata, Stefano Simonetta,
Filosofia, cultura, cittadinanza – La filosofia antica e medievale, Firenze, La
Nuova Italia,978-88-221-6763-7. Sofia Vanni Rovighi, Introduzione a Anselmo
d'Aosta, Roma-Bari, Laterza, 1999,978-88-420-2828-4. Monografie, saggi critici
e articoli Karl Barth, Anselmo d'Aosta. Fides quaerens intellectum, a cura di
Marco Vergottini, Brescia, Morcelliana, 2001 [1931],978-88-372-1826-3. (FR)
Louis Girard, L'Argument ontologique chez Saint Anselme et chez Hegel,
Amsterdam-Atlanta, Rodopi, 1995,90-5183-620-1. Arrigo Levasti, S. Anselmo, vita
e pensiero, Bari, Laterza, 1929. Enzo Maragliano, Anselmo d'Aosta, Milano,
Ancora, 2003,88-514-0119-5. Vincenzo Poletti, Anselmo d'Aosta filosofo mistico,
Faenza, tipografia F.lli Lega, 1975. Italo Sciuto, La ragione della fede. Il
Monologion e il programma filosofico di Anselmo di Aosta, Genova,
1991,978-88-211-9568-6. R. W. Southern, Anselmo d'Aosta: ritratto su sfondo,
Milano, Jaca Book, 1998 [1963],978-8816404595. Gianmarco Bisogno, Anselmo in
Italia: tra Mario Dal Pra e Sofia Vanni Rovighi, in «Dianoia. Rivista di
filosofia del Dipartimento di Filosofia e Comunicazione dell'Università di
Bologna», 29 (2019),181– 201. BibliografieKlaus Kienzler, International
Bibliography: Anselm of Canterbury, Lewiston, New York, Edwin Mellen Press,
1999.Terry L. Miethe, The Ontological Argument: A Research Bibliography, in The
Modern Schoolman, n. 54, 1977,148-166. Voci correlate Agostino d'Ippona Chiesa
cattolica Cristianesimo Eadmero di Canterbury Filosofia medievale Gaunilone
Libero arbitrio Lotta per le investiture Problema del male Prova ontologica
Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a
Anselmo d'Aosta Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina in lingua
latina dedicata a Anselmo d'Aosta Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene
citazioni di o su Anselmo d'Aosta Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia
Commons contiene immagini o altri file su Anselmo d'Aosta Collegamenti esterni
Anselmo d'Aosta, su sapere, De Agostini.Anselmo d'Aosta, su Enciclopedia
Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.Anselmo d'Aosta, in Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Anselmo d'Aosta,
su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.Anselmo d'Aosta, su Find a Grave.Opere
di Anselmo d'Aosta, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.Opere di Anselmo d'Aosta
/ Anselmo d'Aosta (altra versione), su Open Library, Internet Archive.Anselmo
d'Aosta, su Goodreads.(FR) Bibliografia su Anselmo d'Aosta / Anselmo d'Aosta
(altra versione), su Les Archives de littérature du Moyen Âge.Anselmo d'Aosta,
in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.David M. Cheney, Anselmo
d'Aosta, in Catholic Hierarchy.Anselmo d'Aosta, su Santi, beati e testimoni,
santiebeati.Paul Halsall, Medieval Sourcebook: Philosophers' Criticisms of
Anselm's Ontological Argument for the Being of God, su Fordham University,
1998. URL consultato il 12 novembre 2017.Peter King, (St.) Anselm of Canterbury
(PDF), su UTORweb. URL consultato il 12 novembre 2017.Thomas Williams, Saint
Anselm, su Stanford Encyclopedia of Philosophy. URL consultato il 12 novembre
2017.Greg sadler, St. Anselm of Canterbury, su Internet Encyclopedia of
Philosophy. URL consultato il 12 novembre 2017.Saint Anselm Journal, su Saint
Anselm College. URL consultato il 12 novembre 2017.William Kent, St. Anselm –
Catholic Encyclopedia, su Wikisource, 1913. URL consultato il 12 novembre 2017.
(LA) 1033-1109 – Anselmus Cantuariensis – Operum Omnium Conspectus seu 'Index
of available writings', su Documenta Catholica Omnia. URL consultato il 12
novembre 2017. PredecessoreArcivescovo di
CanterburySuccessoreArchbishcantarms.png Lanfranco di Pavia (1070-1089)1093-1109Ralph
d'Escures (1114-1122) V
· D · M Anselmo d'Aosta V · D · M Padri e dottori della Chiesa cattolica V · D
· M Ordine di San Benedetto V · D · M Santi della Legenda Aurea di Iacopo da
Varagine Controllo di autoritàVIAF100187025 · ISNI0000 0001 2145 1191 · SBN
IT\ICCU\CFIV\076848 · LCCNn50024763 · GND (DE) 118503278 · BNF (FR) cb11888917g
(data) · BNE (ES) XX1033045 (data) · NLA35007269 · BAV495/58183 · CERL
cnp01259880 · NDL (EN, JA) 00431573 · WorldCat Identitieslccn-n50024763
Biografie Portale Biografie Cristianesimo Portale Cristianesimo Filosofia
Portale Filosofia Medioevo Portale Medioevo Wikimedaglia Questa è una voce di
qualità. È stata riconosciuta come tale il giorno 24 luglio 2015 — vai alla
segnalazione. Naturalmente sono ben accetti altri suggerimenti e modifiche che
migliorino ulteriormente il lavoro svolto. Segnalazioni · Criteri
di ammissione · Voci di qualità in altre lingue Categorie:
Teologi franchiFilosofi franchiArcivescovi cattolici franchiMorti nel 1109Morti
il 21 aprileNati ad AostaMorti a CanterburyArcivescovi di CanterburyDottori
della Chiesa cattolicaMonaci cristiani franchiPersonaggi citati nella Divina
Commedia (Paradiso)Santi benedettiniSanti del XII secoloSanti franchiSanti per
nomeAbati benedettiniScrittori medievali in lingua latina[altre] anselmo “I
would call him ‘Canterbury,’ only he was an Italian!”H. P. Grice. Saint, called
Anselm of Canterbury, philosopher theologian. A Benedictine monk and the second
Norman archbishop of Canterbury, he is best known for his distinctive
method fides quaerens intellectum; his
“ontological” argument for the existence of God in his treatise Proslogion; and
his classic formulation of the satisfaction theory of the Atonement in the Cur
Deus homo. Like Augustine before him, Anselm is a Christian Platonist in
metaphysics. He argues that the most accessible proofs of the existence of God
are through value theory: in his treatise Monologion, he deploys a cosmological
argument, showing the existence of a source of all goods, which is the Good per
se and hence supremely good; that same thing exists per se and is the Supreme
Being. In the Proslogion, Anselm begins with his conception of a being a
greater than which cannot be conceived, and mounts his ontological argument
that a being a greater than which cannot be conceived exists in the intellect,
because even the fool understands the phrase when he hears it; but if it
existed in the intellect alone, a greater could be conceived that existed in
reality. This supremely valuable object is essentially whatever it is other things being equal that is better to be than not to be, and
hence living, wise, powerful, true, just, blessed, immaterial, immutable, and
eternal per se; even the paradigm of sensory goods Beauty, Harmony, Sweetness, and Pleasant
Texture, in its own ineffable manner. Nevertheless, God is supremely simple,
not compounded of a plurality of excellences, but “omne et unum, totum et solum
bonum,” a being a more delectable than which cannot be conceived. Everything
other than God has its being and its well-being through God as efficient cause.
Moreover, God is the paradigm of all created natures, the latter ranking as
better to the extent that they more perfectly resemble God. Thus, it is better
to be human than to be horse, to be horse than to be wood, even though in
comparison with God everything else is “almost nothing.” For every created
nature, there is a that-for-which-it-ismade ad quod factum est. On the one
hand, Anselm thinks of such teleology as part of the internal structure of the
natures themselves: a creature of type F is a true F only insofar as it
is/does/exemplifies that for which F’s were made; a defective F, to the extent
that it does not. On the other hand, for Anselm, the telos of a created nature
is that-for-which-God-made-it. Because God is personal and acts through reason
and will, Anselm infers that prior in the order of explanation to creation,
there was, in the reason of the maker, an exemplar, form, likeness, or rule of
what he was going to make. In De veritate Anselm maintains that such teleology
gives rise to obligation: since creatures owe their being and well-being to God
as their cause, so they owe their being and well-being to God in the sense of
having an obligation to praise him by being the best beings they can. Since
every creature is of some nature or other, each can be its best by being
that-for-which-God-made-it. Abstracting from impediments, non-rational natures
fulfill this obligation and “act rightly” by natural necessity; rational
creatures, when they exercise their powers of reason and will to fulfill God’s
purpose in creating them. Thus, the goodness of a creature how good a being it
is is a function of twin factors: its natural telos i.e., what sort of
imitation of divine nature it aims for, and its rightness in exercising its
natural powers to fulfill its telos. By contrast, God as absolutely independent
owes no one anything and so has no obligations to creatures. In De casu
diaboli, Anselm underlines the optimism of his ontology, reasoning that since
the Supreme Good and the Supreme Being are identical, every being is good and
every good a being. Two further conclusions follow. First, evil is a privation
of being, the absence of good in something that properly ought to have it e.g.,
blindness in normally sighted animals, injustice in humans or angels. Second,
since all genuine powers are given to enable a being to fulfill its natural
telos and so to be the best being it can, all genuine metaphysically basic
powers are optimific and essentially aim at goods, so that evils are merely
incidental side effects of their operation, involving some lack of coordination
among powers or between their exercise and the surrounding context. Thus,
divine omnipotence does not, properly speaking, include corruptibility,
passibility, or the ability to lie, because the latter are defects and/or
powers in other things whose exercise obstructs the flourishing of the
corruptible, passible, or potential liar. Anselm’s distinctive action theory
begins teleologically with the observation that humans and angels were made for
a happy immortality enjoying God, and to that end were given the powers of
reason to make accurate value assessments and will to love accordingly. Anselm
regards freedom and imputability of choice as essential and permanent features
of all rational beings. But freedom cannot be defined as a power for opposites
the power to sin and the power not to sin, both because neither God nor the
good angels have any power to sin, and because sin is an evil at which no
metaphysically basic power can aim. Rather, freedom is the power to preserve
justice for its own sake. Choices and actions are imputable to an agent only if
they are spontaneous, from the agent itself. Creatures cannot act spontaneously
by the necessity of their natures, because they do not have their natures from
themselves but receive them from God. To give them the opportunity to become
just of themselves, God furnishes them with two motivaAnselm Anselm 31 31 tional drives toward the good: an
affection for the advantageous affectio commodi or a tendency to will things
for the sake of their benefit to the agent itself; and an affection for justice
affectio justitiae or a tendency to will things because of their own intrinsic
value. Creatures are able to align these drives by letting the latter temper
the former or not. The good angels, who preserved justice by not willing some
advantage possible for them but forbidden by God for that time, can no longer
will more advantage than God wills for them, because he wills their maximum as
a reward. By contrast, creatures, who sin by refusing to delay gratification in
accordance with God’s will, lose both uprightness of will and their affection
for justice, and hence the ability to temper their pursuit of advantage or to
will the best goods. Justice will never be restored to angels who desert it.
But if animality makes human nature weaker, it also opens the possibility of
redemption. Anselm’s argument for the necessity of the Incarnation plays out
the dialectic of justice and mercy so characteristic of his prayers. He begins
with the demands of justice: humans owe it to God to make all of their choices
and actions conform to his will; failure to render what was owed insults God’s
honor and makes the offender liable to make satisfaction; because it is worse
to dishonor God than for countless worlds to be destroyed, the satisfaction
owed for any small sin is incommensurate with any created good; it would be
maximally indecent for God to overlook such a great offense. Such calculations
threaten certain ruin for the sinner, because God alone can do/be immeasurably
deserving, and depriving the creature of its honor through the eternal frustration
of its telos seems the only way to balance the scales. Yet, justice also
forbids that God’s purposes be thwarted through created resistance, and it was
divine mercy that made humans for a beatific immortality with him. Likewise,
humans come in families by virtue of their biological nature which angels do
not share, and justice allows an offense by one family member to be compensated
by another. Assuming that all actual humans are descended from common first
parents, Anselm claims that the human race can make satisfaction for sin, if
God becomes human and renders to God what Adam’s family owes. When Anselm
insists that humans were made for beatific intimacy with God and therefore are
obliged to strive into God with all of their powers, he emphatically includes
reason or intellect along with emotion and will. God, the controlling subject
matter, is in part permanently inaccessible to us because of the ontological
incommensuration between God and creatures and our progress is further hampered
by the consequences of sin. Our powers will function best, and hence we have a
duty to follow right order in their use: by submitting first to the holistic
discipline of faith, which will focus our souls and point us in the right
direction. Yet it is also a duty not to remain passive in our appreciation of
authority, but rather for faith to seek to understand what it has believed.
Anselm’s works display a dialectical structure, full of questions, objections,
and contrasting opinions, designed to stir up the mind. His quartet of teaching
dialogues De grammatico, De veritate, De
libertate arbitrii, and De casu diaboli as well as his last philosophical
treatise, De concordia, anticipate the genre of the Scholastic question
quaestio so dominant in the thirteenth and fourteenth centuries. His
discussions are likewise remarkable for their attention to modalities and
proper-versus-improper linguistic usage.
Refs.: Grice, “Anselmo’s “De grammatico” and paronymy.” Speranza, “Grice
and Anselm on paronymy: a ‘quaestio subtilissima.’”
aquino: Grice:
“Srawson used to joke and call me St. Thomas, as I rushed to tutor on ‘De
interpretatione’ ‘That’s precisely what Aquino did at Bologna! Can’t the tutee
not interpret it by himself?!’” Tommaso d'Aquino (Roccasecca, 1225 – Abbazia di
Fossanova, 7 marzo 1274) è stato un religioso, teologo, filosofo e accademico
italiano. Frate domenicano esponente della Scolastica, era definito Doctor
Angelicus dai suoi contemporanei. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica
che dal 1567 lo considera anche dottore della Chiesa. Tommaso rappresenta
uno dei principali pilastri teologici e filosofici della Chiesa cattolica: egli
è anche il punto di raccordo fra la cristianità e la filosofia classica, che ha
i suoi fondamenti e maestri in Socrate, Platone e Aristotele, e poi passati
attraverso il periodo ellenistico, specialmente in autori come Plotino. Fu
allievo di sant'Alberto Magno, che lo difese quando i compagni lo chiamavano
"il bue muto" dicendo: «Ah! Voi lo chiamate il bue muto! Io vi dico,
quando questo bue muggirà, i suoi muggiti si udranno da un'estremità all'altra
della terra!». San Tommaso d'Aquino San Tommaso d'Aquino e gli angeliSan
Tommaso sorretto dagli angeli, del Guercino Sacerdote e Dottore
della Chiesa Nascita1225 Morte7 marzo 1274 Venerato daChiesa
cattolica e Chiesa anglicana Canonizzazione18 luglio 1323 da Papa Giovanni XXII
Santuario principaleChiesa dei Giacobini Tolosa Ricorrenza28 gennaio; 7 marzo
(forma straordinaria) AttributiAbito domenicano, libro, penna e calamaio, modellino
di chiesa, sole raggiato sul petto, colomba. Patrono diTeologi, accademici,
librai, scolari, studenti, fabbricanti di matite; regione Campania; comune di
Aquino, Grottaminarda, Monte San Giovanni Campano e Priverno; diocesi di
Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo; Belcastro; Falerna; San Mango
d'Aquino. San Tommaso in una vetrata della Cattedrale di Saint-Rombouts,
Mechelen (Belgio). Tommaso dei conti d'Aquino nacque, forse, nel 1225
nella contea di Aquino, territorio dell'odierna Roccasecca, nel Regno di
Sicilia (Sgarbossa, 2000, pag. 63). Secondo altre tesi, San Tommaso sarebbe
nato a Belcastro; a sostegno di esse si segnalano quelle di fra' Giovanni Fiore
da Cropani, storico calabrese del XVII secolo, che lo scriveva nella sua opera
Della Calabria illustrata, di Gabriele Barrio nella sua opera De antiquitate et
situ Calabriae e di padre Girolamo Marafioti, teologo dell'ordine dei Minori
Osservanti, nella sua opera Croniche ed antichità di Calabria. Il
castello paterno di Roccasecca rimane comunque ancora oggi il luogo più
accreditato della sua nascita, da Landolfo d'Aquino e da Donna Teodora
Galluccio, nobildonna teanese appartenente al ramo Rossi della famiglia
napoletana dei Caracciolo. La sua data di nascita non è certa, ma è calcolata
in maniera approssimativa a partire da quella della sua morte. Bernardo Gui, ad
esempio, afferma che Tommaso è morto quando aveva compiuto i suoi quarantanove
anni e iniziato il suo cinquantesimo anno. Oppure, in un testo un po'
anteriore, Tolomeo da Lucca fa eco ad un'incertezza: «Egli è morto all'età di
50 anni, ma alcuni dicono 48». Tuttavia, oggi, sembra che ci sia accordo nel
fissare la sua data di nascita tra il 1224 e il 1226. Da Montecassino a
Napoli Secondo le usanze del tempo Tommaso, essendo il figlio più piccolo, era
destinato alla vita ecclesiastica e proprio per questo a soli cinque anni fu
inviato dal padre Landolfo come oblato nella vicina Abbazia di Montecassino, di
cui era abate Landolfo Sinibaldo, figlio di Rinaldo d'Aquino[1][2][3], per
ricevere l'educazione religiosa e succedere a Sinibaldo in qualità di abate. In
ossequio alla regola benedettina, Landolfo versò un'oblazione di venti once
d'oro al monastero cassinese perchè accettasero il figlio di una nobile
famiglia e in tenera età.[4] In quegli anni l'abbazia si trovava in un periodo
di decadenza e costituiva una preda contesa dal Papa e dall'imperatore. Ma il
trattato di San Germano, concluso tra il Papa Gregorio IX e l'imperatore
Federico II il 23 luglio 1230, inaugurava un periodo di relativa pace ed è
proprio allora che si può collocare l'ingresso di Tommaso nel monastero. In
quel luogo Tommaso ricevette i primi rudimenti delle lettere e fu iniziato alla
vita religiosa benedettina. Ma a partire dal 1236 la calma di cui godeva
il monastero fu nuovamente turbata e Landolfo, consigliato dal nuovo abate,
Stefano di Corbario, volle mettere al riparo il figlio dai disordini e inviò
Tommaso, oramai adolescente, a Napoli, perché potesse seguire degli studi più
approfonditi. Così nell'autunno del 1239, a quattordici o quindici anni,
Tommaso si iscrisse al nuovo Studium generale, l'Università degli studi fondata
nel 1224 da Federico II per formare la classe dirigente del suo Impero.
Fu proprio a Napoli, dove nel 1231 era stato fondato un convento, che Tommaso
conobbe i Domenicani, ordine in cui entrò a far parte e in cui fece la sua
vestizione nell'aprile del 1244. Ma l'ingresso di Tommaso presso i Frati
predicatori comprometteva definitivamente i piani dei suoi genitori riguardo al
suo futuro incarico di abate di Montecassino. Così la madre inviò un corriere
ai suoi figli, che in quel periodo stavano guerreggiando nella regione di
Acquapendente, perché intercettassero il loro fratello e glielo conducessero.
Essi, accompagnati da un piccolo drappello, catturarono facilmente il giovane
religioso, lo fecero salire su di un cavallo e lo condussero al Castello di
Monte San Giovanni Campano, un castello di famiglia ove fu tenuto prigioniero
per due anni. Qui tutta la famiglia tentò di far cambiare idea a Tommaso, ma
inutilmente. Tuttavia bisogna precisare che egli non fu né maltrattato né
rinchiuso in qualche prigione, si trattava piuttosto di un soggiorno obbligato,
in cui Tommaso poteva entrare e uscire a piacimento e anche ricevere visite. Ma
prendendo atto che Tommaso era ben saldo nella sua risoluzione, la sua famiglia
lo restituì al convento di Napoli nell'estate del 1245. Ciò avvenne in
occasione del Concilio di Lione del 17 luglio 1245, allorché papa Innocenzo IV
ufficializzò la deposizione dell'imperatore Federico II di Svevia.[4] Gli
studi a Parigi e a Colonia (1245-1252) Beato Angelico: San Tommaso
d'Aquino Dipinto del Velazquez I Domenicani di Napoli ritennero che non
fosse sicuro trattenere presso di loro il novizio e lo inviarono a Roma dove si
trovava il maestro dell'Ordine, Giovanni Teutonico, il quale stava per partire
alla volta di Parigi, dove si sarebbe celebrato il Capitolo generale del 1246.
Egli accolse Tommaso inviandolo prima a Parigi e poi a Colonia, dove c'era un
fiorente Studium generale sotto la direzione di fra Alberto (il futuro
sant'Alberto Magno), maestro in teologia, il quale era ritenuto sapiente in
tutti i campi del sapere. Nell'autunno del 1245 Tommaso, al seguito di
Giovanni Teutonico, si sarebbe dunque messo in viaggio per Parigi e vi avrebbe
trascorso gli anni 1246-1247 e la prima parte del 1248, cioè tre anni
scolastici. Qui potrebbe aver studiato le arti, sia in facoltà che in
convento[5]. Nel 1248 partì per Colonia con fra' Alberto, presso il quale
continuò il suo studio della teologia e il suo lavoro di assistente. Il
soggiorno di Tommaso a Colonia, al contrario di quello a Parigi, non è mai
stato messo in dubbio, poiché è ben testimoniato dalle fonti. Il 7 giugno 1248
il capitolo generale dei Domenicani riunito a Parigi decise la creazione di uno
studium generale a Colonia, città nella quale esisteva già un convento
domenicano fondato nel 1221-1222 da fra' Enrico, compagno di Giordano di
Sassonia. L'incarico di insegnare venne affidato a fra Alberto, la cui
reputazione in quel periodo era già notevole. Questo soggiorno a Colonia
costituì una tappa decisiva nella vita di Tommaso. Per quattro anni, dai 23 ai
27 anni, Tommaso poté assimilare profondamente il pensiero di Alberto. Un
esempio di questa influenza lo troviamo nell'opera nota con il nome di Tabula
libri Ethicorum, la quale si presenta come un lessico le cui definizioni sono
molto spesso delle citazioni quasi letterali di Alberto. Il primo periodo
di insegnamento a Parigi (1252-1259) Chiesa dei domenicani di Friesach:
San Tommaso e papa Urbano V e il dogma della transustanziazione Quando il
Maestro Generale dei Domenicani domandò ad Alberto di indicargli un giovane
teologo che potesse essere nominato baccelliere per insegnare a Parigi, Alberto
gli propose Tommaso che stimava sufficientemente preparato in scientia et vita.
Sembra che Giovanni Teutonico abbia esitato per via della giovane età del
prescelto, 27 anni, perché secondo gli statuti dell'Università egli avrebbe
dovuto averne 29 per poter assumere canonicamente quest'impegno. Fu grazie alla
mediazione del cardinale Ugo di Saint-Cher che la richiesta di Alberto fu
esaudita e Tommaso ricevette quindi l'ordine di recarsi subito a Parigi e di
prepararsi a insegnare. Egli iniziò il suo insegnamento come baccelliere nel
settembre di quello stesso anno, cioè del 1252, sotto la responsabilità del
maestro Elia Brunet de Bergerac che occupava il posto lasciato vacante a causa
della partenza di Alberto. A Parigi Tommaso trovò un clima intellettuale
meno tranquillo di quello di Colonia. Ancora nel 1250 era vietato commentare i
libri di Aristotele, ma tra il 1252 e il 1255, durante la prima parte del
soggiorno di Tommaso, la Facoltà delle Arti avrebbe finalmente ottenuto il
permesso di insegnare pubblicamente tutti i libri del grande filosofo
greco. Il primo ritorno in Italia (1259-1268) Tra il 1259 e il 1268 fu
nuovamente in Italia, impegnato nell'insegnamento e negli scritti teologici: fu
prima assegnato a Orvieto, come lettore, vale a dire responsabile per la formazione
continua della comunità. Qui ebbe il tempo per completare la stesura della
Summa contra Gentiles (iniziata nel 1258) e della Expositio super Iob ad
litteram (1263-1265). Inoltre qui Tommaso, che non conosceva direttamente
il greco in maniera sufficiente a leggere i testi di Aristotele in originale,
si poté avvalere dell'opera di traduzione di un confratello, Guglielmo di
Moerbeke, eccellente grecista. Guglielmo rifece o rivide le traduzioni delle
opere di Aristotele e pure dei principali commentatori greci (Temistio,
Ammonio, Proclo). Alcune fonti riportano addirittura che Guglielmo avrebbe
tradotto Aristotele dietro richiesta (ad istantiam) di Tommaso stesso. Il
contributo di Guglielmo, anche lui in Italia come Tommaso dopo il 1260, fornì a
Tommaso un prezioso apporto che gli permise di redigere le prime parti dei
Commenti alle opere di Aristotele, spesso validi ancora oggi per la
comprensione e discussione del testo aristotelico[6][7]. Tra il 1265 e il
1268 soggiornò a Roma come maestro reggente. Nel febbraio 1265 il neoeletto
papa Clemente IV lo convocò a Roma come teologo pontificio. Nello stesso anno
gli fu ordinato dal Capitolo domenicano di Agnani di insegnare allo studium
conventuale del convento romano della Basilica di Santa Sabina, fondato alcuni
anni prima, nel 1222. Lo studium di Santa Sabina diviene un esperimento per i
domenicani, il primo studium provinciale dell'Ordine, una scuola intermedia tra
lo studium conventuale e lo studium generale. Prima di allora la Provincia
romana non offriva una formazione specializzata di alcun tipo, solo semplici
scuole conventuali, con i loro corsi di base di teologia per i frati residenti.
Il nuovo studium provinciale di Santa Sabina divenne la scuola più avanzata per
la provincia. Durante il suo soggiorno romano, Tommaso cominciò a scrivere la
Summa Theologiae e compilò numerosi altri scritti su varie questioni
economiche, canoniche e morali. Durante questo periodo, ebbe l'opportunità di
lavorare con la corte papale (che non era residente a Roma). Il secondo periodo
di insegnamento a Parigi (1268-1272) Super Physicam Aristotelis, 1595 Nel
secondo periodo di insegnamento a Parigi (1268-1272), la sua occupazione
principale fu l'insegnamento della Sacra Pagina e proprio a questo periodo
risalgono alcune delle sue opere più celebri, come i commenti alla Scrittura e
le Questioni Disputate. Anche se i commenti al Nuovo Testamento restano il
cuore della sua attività, egli si segnala anche per la varietà della sua
produzione, come ad esempio la scrittura di diversi brevi scritti (come ad
esempio il De Mixtione elementorum, il De motu cordis, il De operationibus
occultis naturae...) e per la partecipazione alle problematiche del suo tempo:
che si tratti di secolari o dell'averroismo vediamo Tommaso impegnato su tutti
i fronti. A questa multiforme attività bisogna aggiungere un ultimo
tratto: Tommaso è anche il commentatore di Aristotele. Tra queste opere
ricordiamo: l' Expositio libri Peri ermenias, l' Expositio libri Posteriorum,
la Sententia libri Ethicorum, la Tabula libri Ethicorum, il Commento alla
Fisica e alla Metafisica. Vi sono poi anche delle opere incompiute, come la
Sententia libri Politicorum, il De Caelo et Mundo, il De Generatione et
corruptione, il Super Meteora. Gli ultimi anni e la morte Ritratto
di Tommaso ad opera di Fra Bartolomeo Fu quindi richiamato in Italia a Firenze
per il Capitolo generale dell'Ordine dei Domenicani[8], secondo dopo quello del
1251[9]. Nella primavera del 1272 Tommaso lasciò definitivamente Parigi e poco
dopo la Pentecoste di quello stesso anno (12 giugno 1272) il capitolo della
provincia domenicana di Roma gli affidò il compito di organizzare uno Studium
generale di teologia, lasciandolo libero di scegliere il luogo, le persone e il
numero degli studenti. Ma la scelta di Napoli era già stata designata da un
precedente capitolo provinciale ed è anche verosimile che Carlo I d'Angiò abbia
fatto pressione perché venisse scelta la sua capitale come sede e che a capo di
questo nuovo centro di teologia venisse insediato un maestro di fama. Tommaso
D'Aquino abitò per oltre un anno San Domenico Maggiore nell'ultimo periodo
della sua vita, lasciandovi scritti e reliquie[10]. Gli fu offerto
l'arcivescovado di Napoli, che non volle mai accettare, continuando a vivere in
povertà, dedito allo studio e alla preghiera.[11] Durante gli ultimi anni
del periodo napoletano, continuò a procurarsi testi filosofici che leggeva e
commentava con cura, disputandone i contenuti con i suoi confratelli e
studenti. Si dedicò anche alle opere scientifiche di Aristotele relative ai
fenomeni atmosferici e ai terremoti, cercando di procurarsi testi sulla
costruzione degli acquedotti e la possibilità di applicazione della geometria
alle costruzioni[12], commentando le traduzioni di testi greci e arabi in
latino. La famiglia D'aquino era in rapporti con Federico II di Svevia
che aveva istituzionalizzato la Scuola Medica Salernitana, primo centro di
fruizione culturale degli scritti medici e filosofici di Avicenna e Averroè,
noti al Dottore Angelico. Stabilendosi presso la sorella Teodora al Castello
dei Sanseverino[13], tenne una serie di lezioni straordinarie nella celebre
Scuola Medica che aveva sollecitato l'onore ed il decoro della parola
dell'Aquinate[8]. A memoria del suo soggiorno, nella Chiesa di San Domenico si
conservano la reliquia del suo braccio e le spoglie delle sorelle[14]. Il
29 settembre 1273 egli partecipò al capitolo della sua provincia a Roma in
qualità di definitore. Ma alcune settimane più tardi, mentre celebrava la Messa
nella cappella di San Nicola, Tommaso ebbe una sorprendente visione tanto che
dopo la messa non scrisse, non dettò più nulla e anzi si sbarazzò persino degli
strumenti per scrivere. A Reginaldo da Piperno, che non comprendeva ciò che
accadeva, Tommaso rispose dicendo: «Non posso più. Tutto ciò che ho scritto mi
sembra paglia in confronto con quanto ho visto». «San Bonaventura,
entrato nello studio di Tommaso mentre scriveva, vide la colomba dello Spirito
accanto al suo volto. Ultimato il trattato sull'Eucaristia, lo depose sull'altare
davanti al crocifisso per ricevere dal Signore un segno. Subito fu sollevato da
terra e udì le parole: Bene scripsisti, Thoma, de me quam ergo mercedem
accipies? E rispose Non aliam nisi te, Domine. Anche Paolo fu rapito al terzo
cielo, e poi Antonio e tutta una serie di santi fino a Caterina; il volo, il
levarsi in aria indica la vicinanza con il cielo e con Dio, con archetipo nelle
figure di Enoch e Elia.» (Il piccolo Tommaso e l'"appetito" per
i libri in L'Osservatore Romano, 28 gennaio 2010[15][Nota 1]) Alla fine di
gennaio del 1274 Tommaso e il socius si misero in viaggio per partecipare al
Concilio che Gregorio X aveva convocato per il 1º maggio 1274 a Lione. Dopo
qualche giorno di viaggio arrivarono al castello di Maenza, dove abitava sua nipote
Francesca. È qui che si ammalò e perse del tutto l'appetito. Dopo qualche
giorno, sentendosi un po' meglio, tentò di riprendere il cammino verso Roma, ma
dovette fermarsi all'abbazia di Fossanova per riprendere le forze. Tommaso
rimase a Fossanova per qualche tempo e tra il 4 e il 5 marzo, dopo essersi
confessato da Reginaldo, ricevette l'eucaristia e pronunciò, com'era
consuetudine, la professione di fede eucaristica. Il giorno successivo
ricevette l'unzione dei malati, rispondendo alle preghiere del rito. Morì di lì
a tre giorni, mercoledì 7 marzo 1274, alle prime ore del mattino dopo aver
ricevuto l'Eucaristia[16]. Le spoglie di Tommaso d'Aquino sono conservate
nella chiesa domenicana detta Les Jacobins a Tolosa. La reliquia della mano
destra, invece, si trova a Salerno, nella chiesa di San Domenico; il suo cranio
si trova invece nella concattedrale di Priverno, mentre la costola del cuore
nella Basilica concattedrale di Aquino. Il pensiero di Tommaso San
Tommaso d'Aquino, ritratto di Carlo Crivelli Per Tommaso l'anima è creata
"a immagine e somiglianza di Dio" (come dice la Genesi), unica,
immateriale (priva di volume, peso ed estensione), forma del corpo e non
localizzata in un punto particolare di esso, trascendente come Dio e come lui
in una dimensione al di fuori dello spazio e del tempo in cui sono il corpo e
gli altri enti. L'anima è tota in toto corpore, contenuta interamente in ogni
parte del corpo, e in questo senso legata ad esso indissolubilmente: si veda,
sul tema, la questione 76 della Prima Parte della Summa theologiae, questione
dedicata appunto al rapporto tra anima e corpo[17]. Secondo
Tommaso: «Ciò che si accetta per fede sulla base della rivelazione divina
non può essere contrario alla conoscenza naturale... Dio non può indurre nell'uomo
un'opinione o una fede contro la conoscenza naturale... tutti gli argomenti
contro la fede non procedono rettamente dai primi principii per sé noti.»
(Tommaso d'Aquino, Summa contra Gentiles, I, 7.) Nella filosofia tomista Dio è
descritto con le seguenti proprietà:[senza fonte] massimo grado possibile
di ogni qualità (che è, è stata o possa essere fra gli enti), fra queste: sommo
amore e sommo bene immutabile, semplice e indivisibile: è da sempre e per
sempre uguale a sé stesso, a lui nulla manca e in lui nulla cambia. eterno: non
nasce e non muore, vive da sempre e per sempre infinito in atto (non infinito
potenziale): non ha limite-confine di tempo o di spazio onnisciente unico:
nessuno, nemmeno Dio può creare un altro Dio onnipotente: ma non può perpetrare
il male e non può creare un altro Dio per sé: non riceve la vita o altre
proprietà da alcuno, poteva esistere senza gli enti da lui creati, che perciò
non nascono come parte di lui e non sono Dio. trascendente: Dio non è un ente
qualunque tra gli altri enti, la differenza tra Dio e gli altri enti è una
differenza quantitativa, vale a dire stesse qualità ma in un minore grado di
completezza e perfezione. Gli enti creati, fra cui gli angeli e l'uomo, in
infiniti gradi a lui somigliano, sono come Dio, ma non sono Dio: non hanno una
parte fisica dell'essere per essenza, poiché l'essere è semplice, senza parti e
indivisibile. Questo essere (inteso da S.Tommaso come "Ipsum esse
subsistens") ha molte proprietà in comune con l'essere della filosofia
greca, così come lo definì Parmenide: uno e unico, semplice e indivisibile,
infinito ed eterno, onnisciente. La differenza sostanziale però consiste nel
fatto che crea gli enti, è più grande della somma di essi, e può esistere
senza. Anche nell'ultima forma del pensiero greco, quello di Plotino, troviamo
che l'emanazione dall'essere agli enti è un fatto eterno, ma anche necessario e
reversibile, non una libera scelta dell'assoluto, che avrebbe potuto non
manifestarsi. Il concetto di creazione ("produzione dal nulla") è
peraltro estraneo alla filosofia greca ed è proprio del pensiero
giudaico-cristiano. Se la trascendenza nega il panteismo, la personalità
di Dio nega a sua volta il deismo (che sarà proprio degli Illuministi):
trascendenza ed essere per sé non significano lontananza inarrivabile. Gli
uomini non nascono, ma hanno la possibilità di diventare parte integrante di
Dio e, già in questa esistenza terrena, di identificare la propria vita con la
vita del creatore. In modo identico, si può dire che l'essere per san
Tommaso non è solo l'essere comune o la piattaforma di tutto ciò che esiste, ma
è l’esse ut actus inteso come atto puro che perfeziona ogni altra perfezione
(essenza, sostanza, forma). Dio è atto puro, puro da ogni potenza, limite e
imperfezione. Quando l'essere è mischiato o ricevuto in una potenza, allora è
atto misto ed è ente finito. Tommaso fonda la sua concezione metafisica sul
concetto di Analogia, rielaborando in maniera molto originale il pensiero
aristotelico. Le cinque vie per dimostrare l'esistenza di Dio San Tommaso
distinse tre forme di conoscenza umana in relazione all'ente e al suo Creatore:
an sit ("se sia"), quomodo sit ("in che modo sia"), quid
sit ("che cosa sia"). La conoscenza umana di Dio è possibile soltanto
in merito alla Sua esistenza e ad un quomodo sit negativo, nel quale la mente
umana procede ad analizzare il creato sensibile, e, per analogia e differenza,
identifica tutte le qualità dell'ente che non possono essere proprie di Dio
Creatore[18], pur essendone l'opera. Tale percorso fu chiamato via negationis
(o anche ' via remotionis) ordinata al fine di descrivere il quomodo non
sit("in che modo non sia") di Dio. Esso è effetto della grazia divina
ed è possibile soltanto perché il Creatore decide liberamente di rivelarSi
all'uomo, conducendolo per mano da una serie di negazioni delle qualità
dell'ente colte con i cinque sensi fino a pervenire ad un'affermazione
intelligibile e positiva di Lui. L'autore delle Cinque Vie, infine,
escluse che la dimostrazione razionale dell'esistenza e unicità di Dio potesse
rivelare all'uomo anche la Sua vera essenza, quel qui sit che rimane un mistero
accessibile soltanto alla virtù ed è ritenuto un limite esterno per il dominio
possibile della ragione. La conoscenza teologica può essere soltanto indiretta,
relativa agli effetti della causa prima e del fine ultimo sulla Sua
creazione.[18] Molti pensatori cristiani hanno elaborato diversi percorsi
razionali per cercare di dimostrare l'esistenza di Dio: mentre Anselmo d'Aosta,
sulla scia neoplatonica di Agostino d'Ippona procedeva sia a simultaneo, cioè
dal concetto stesso di Dio, da lui ritenuto id quo maius cogitari nequit (nel
Proslogion, cap.2.3), sia a posteriori (nel Monologion) per dimostrare
l'esistenza di Dio, l'unico modo per arrivarci, secondo Tommaso, consiste nel
procedere a posteriori: partendo cioè dagli effetti, dall'esperienza sensibile,
che è la prima a cadere sotto i nostri sensi, per dedurne razionalmente la sua
Causa prima. Si tratta di quella che chiama demonstratio quia[19], cioè,
appunto dagli effetti, il cui risultato è ammettere necessariamente che esista
il punto d'arrivo della dimostrazione, anche se non è pienamente intelligibile,
come in questo caso, ed in altri, il perché (demonstratio quid, es. i
sillogismi: le premesse esprimono proprietà che sono cause della conclusione:
«Ogni uomo è mortale; ogni ateniese è uomo; ogni ateniese è mortale":
essere uomo e mortale è necessaria causa della mortalità di ogni
ateniese)» Sulla base di questo sfondo di pensiero Tommaso espone le sue
prove dell'esistenza di Dio,[20]. Tutte e cinque, con alcune variazioni,
seguono questa struttura: 1) constatazione di un fatto in rerum natura,
nell'esperienza sensibile ordinaria (movimento inteso come trasformazione;
causalità efficiente subordinata; inizio e fine dell'esistenza degli esseri
generabili e corruttibili, perciò materiali, contingenti nel suo vocabolario,
che quindi possono essere e non essere; gradualità degli esseri nelle
perfezioni trascendentali, come bontà, verità, nobiltà ed essere stesso;
finalità nei processi degli esseri non intelligenti); 2) analisi
metafisica di quel dato iniziale esperenziale alla luce del principio
metafisico di causalità, enunciato in varie formulazioni ("Tutto ciò che
si muove è mosso da un altro"; "È impossibile che una cosa sia causa
efficiente di sé stessa"; "Ora, è impossibile che tutte di tal natura
siano state sempre, perché ciò che può non essere un tempo non esisteva";
"Ma il grado maggiore o minore si attribuiscono alle diverse cose secondo
che si accostano di più o di meno a qualcosa di sommo o di assoluto";
"Ora, ciò che è privo di intelligenza non tende al fine se non perché è
diretto da un essere conoscitivo e intelligente"); 3) impossibilità
di un regressus in infinitum inteso in senso metafisico, non quantitativo,
perché ciò renderebbe inintelligibile, inspiegabile pienamente il dato di fatto
di partenza esistente ("Ora, non si può in tal modo procedere
all'infinito, perché altrimenti non vi sarebbe un primo motore, e di conseguenza
nessun altro motore..."; "Ma procedere all'infinito nelle cause
efficienti equivale ad eliminare la prima causa efficiente; e così non avremmo
neppure l'effetto ultimo, né le cause intermedie..."; "Dunque non
tutti gli esseri sono contingenti, ma bisogna che nella realtà ci sia qualcosa
di necessario. Ora, tutto ciò che è necessario, o ha la causa della sua
necessità in un altro essere oppure no. D'altra parte [in questo genere di
esseri] non si può procedere all'infinito..."; questo passaggio manca, per
la sua evidenza agli occhi dell'Aquinate manca nella quarta via e nella quinta
via, si passa direttamente alla conclusione; 4) conclusione deduttiva
strettamente razionale (senza nessuna cogenza di fede) che identifica il
'conosciuto' sotto quel determinato aspetto con quello "che tutti chiamano
Dio", o espressioni simili ("Dunque è necessario arrivare ad un primo
motore che non sia mosso da altri; e tutti riconoscono che esso è Dio";
"Dunque bisogna ammettere una prima causa efficiente, che tutti chiamano
Dio"; "Dunque bisogna concludere all'esistenza di un essere che sia
di per sé necessario e non tragga da altri la propria necessità, ma sia causa
di necessità agli altri. E questo tutti dicono Dio"; "Ora ciò che è
massimo in un dato genere è causa di tutti gli appartenenti a quel genere, come
il fuoco, caldo al massimo, è causa di ogni calore, come dice lo stesso
Aristotele. Dunque vi è qualcosa che per tutti gli enti è causa dell'essere,
della bontà e di qualsiasi perfezione. E questo chiamiamo Dio"; "Vi è
dunque un qualche essere intelligente, dal quale tutte le cose naturali sono
ordinate ad un fine: e quest'essere chiamiamo Dio". I cinque
percorsi indicati da San Tommaso sono[21]: Ex motu et mutatione rerum
(tutto ciò che si muove esige un movente primo perché, come insegna Aristotele
nella Metafisica: "Non si può andare all'infinito nella ricerca di un
primo motore"); Ex ordine causarum efficientium (cioè "dalla causa
efficiente", intesa in senso subordinato, non in senso coordinato nel
tempo. Tommaso non è, per sola ragione, in grado di escludere la durata
indefinita nel tempo di un mondo creato da Dio, la cosiddetta creatio ab
aeterno: ogni essere finito, partecipato, dipende nell'essere da un altro detto
causa; necessità di una causa prima incausata); Ex rerum contingentia (cioè
"dalla contingenza". Nella terminologia di Tommaso la generabilità e
corruttibilità sono prese come segno evidente della possibilità di essere e non
essere legata alla materialità, sinonimo, nel suo vocabolario di
"contingenza", ben diverso dall'uso più comune, legato ad una
terminologia avicenniana, dove "contingente" è qualsiasi realtà che
non sia Dio. Tommaso, in questa argomentazione della Summa Theologiae distingue
attentamente il necessario dipendente da altro (anima umana e angeli) e
necessario assoluto (Dio). L'esistenza di esseri generabili e corruttibili è in
sé insufficiente metafisicamente, rimanda ad esseri necessari, dapprima
dipendenti da altro, quindi ad un essere assolutamente necessario); Ex variis
gradibus perfectionis (le cose hanno diversi gradi di perfezioni, intese in
senso trascendentale, come verità, bontà, nobiltà ed essere, sebbene sia usato
un 'banale' esempio fisico legato al fuoco e al calore; ma solo un grado
massimo di perfezione rende possibile, in quanto causa, i gradi intermedi); Ex
rerum gubernatione (cioè "dal governo delle cose": le azioni di
realtà non intelligenti nell'universo sono ordinate secondo uno scopo, quindi,
non essendo in loro quest'intelligenza, ci deve essere un'intelligenza ultima
che le ordina così). Kant, pur ammettendo l'esistenza di Dio come postulato
della ragion pratica, ritiene che l'esistenza di Dio sia indimostrabile da un
punto di vista teoretico-speculativo: nella Dialettica trascendentale della
Critica della ragion pura (1781), Kant ha contestato tali dimostrazioni, pur
non prendendo in realtà in considerazione direttamente le cinque
"vie" di San Tommaso, ma le prove dell'esistenza di Dio nella
filosofia leibniziano-wollfiana. La critica kantiana si rivolge infatti alla:
1) prova ontologica; 2) prova cosmologica e 3) prova fisico-teologica. Se per
quanto riguarda almeno nelle conclusioni sia S.Tommaso, sia Kant sono concordi
nel rifiutare la prova ontologica, per quanto riguarda la prova cosmologica e
quella fisico- teologica, Kant critica queste due prove (a cui si possono
ridurre le cinque "vie tomistiche), in quanto sarebbero legate ad
un'estensione indebita dell'uso della ragione (nel suo uso
teoretico-speculativo), i cui concetti razionali, cioè le idee, sono vuote.
Solo l'intuizione empirica infatti potrebbe ovviare a ciò: per questo motivo
l'idea di Dio è assolutamente non verificabile tramite la ragione,[22][23]
superando i limiti dell'esperienza possibile. Processo
conoscitivo. Tommaso, affermava che la conoscenza dell'essere umano, in
quanto dotato di un corpo creato da Dio, muove sempre dall'universo immanente,
sensibile e corporeo nella direzione dell'universo trascendente, intellegibile
(invisibile) e incorporeo. In tale aspetto, si differenziò da sant'Agostino,
che pensava che questa avvenisse tramite l'illuminazione divina.[senza
fonte] Agostino sostenne che la sorgente del sapere e dell'essere è la
stessa, Dio Creatore dell'universo, e che quindi i due piani dell'essere e del
sapere non possono cadere in contraddizione l'uno con l'altro. Senza negare
Agostino[senza fonte], San Tommaso aggiunse che il corpo umano deve poter
essere capace di conoscere il creato mediante la sua mente e i suoi sensi,
poiché l'uomo non soltanto è una creatura di Dio, ma più di ogni altro vivente
è l'unico creato a immagine e somiglianza della mente e del Suo corpo
umano-divino di Dio Padre e di Gesù, Suo Figlio. Tommaso aggiunse che i due
piani dell'essere e del sapere sono tra loro comunicanti: infatti, le Cinque
Vie dimostrarono che dall'essere della natura corporea è possibile giungere a
conoscere e dimostrare la possibilità, la realtà e la necessità dell'esistenza
e dell'unicità di Dio. Prima ancora di questo, mediante ogni conoscenza
(anche scientifica[senza fonte]) del creato, Tommaso riuscì a raggiungere il
dono e il raro privilegio della visione del Corpo del Cristo risorto e del
dialogo personale con Lui, il giorno della ricorrenza di San Nicola, poco tempo
prima di completare la Summa theologica e di morire.[24] Ciò non
significa che Tommaso disconoscesse il pensiero di sant'Agostino, che è invece
citato a più riprese nella Summa Theologica', e che fu dichiarato Dottore della
Chiesa nel 1298, dopo la morte dell'Aquinate. La conoscenza degli
universali però appartiene solo alle intelligenze angeliche; noi, invece,
conosciamo gli universali post-rem, ossia li ricaviamo dalla realtà sensibile.
Soltanto Dio conosce ante rem. La conoscenza è, quindi, un processo di
adeguamento dell'anima o dell'intelletto e della cosa, secondo una formula che
dà ragione del sofisticato aristotelismo di Tommaso: (LA) «Veritas:
Adaequatio intellectus ad rem. Adaequatio rei ad intellectum. Adaequatio
intellectus et rei.» «Verità: Adeguamento dell'intelletto alla cosa.
Adeguamento della cosa all'intelletto. Adeguamento dell'intelletto e della
cosa.» (Tommaso d'Aquino[25]) La creazione secondo Tommaso Tommaso spiega
che l'uomo può stabilire a partire dalla ragione il rapporto creaturale di
dipendenza dell'universo da Dio ovvero la creatio ex nihilo intesa come totale
dipendenza dell'essere creato, anche quello sostanziale, dall'Essere
divino[26]. Ciò che la sola ragione non può stabilire è se il mondo è eterno o
se è stato creato nel tempo ovvero se ha un cominciamento. La verità della
seconda alternativa (la creazione con un inizio temporale) può essere
conosciuta, secondo Tommaso, solamente per fede a partire dalla rivelazione
divina[27]. Dio, creando l'uomo, fornisce l'esistenza all'uomo secondo una
dinamica simile a quella di atto e potenza, e lo rende quindi ente reale,
fornito di esistenza (che è propriamente definita da Tommaso actus essendi
oltre che di essenza. Soltanto in Dio, atto puro, essenza ed esistenza
coincidono. Il rapporto tra Dio (necessario) e la creatura (contingente) è analogico
in un solo senso: le creature sono simili a Dio. Il rapporto è di somiglianza
non univoca né equivoca. Secondo Tommaso tutti gli enti sono buoni, poiché
somigliano a Dio: "bonum" è uno dei tre trascendenti (o
trascendentali), ovvero di caratteri applicabili a ogni ente e perciò
trascendenti le categorie di Aristotele. Gli altri due sono "unum" e
"verum". Nelle opere di Tommaso l'universo (o cosmo) ha una
struttura rigorosamente gerarchica[senza fonte]: posto al vertice da Dio che
viene posto come al di là della fisicità, governa da solo il mondo al di sopra
di tutte le cose e gli enti; al di sotto di Dio troviamo gli angeli (forme pure
e immateriali), ai quali Tommaso attribuisce la definizione di intelligenze
motrici dei cieli anch'esse ordinate gerarchicamente tra di loro; poi un
gradino più in basso troviamo l'uomo, posto al confine tra il mondo delle
sostanze spirituali e il regno della corporeità, in ogni uomo infatti si ha
l'unione del corpo (elemento materiale) con l'anima intellettiva (ovvero la
forma, che secondo Tommaso costituisce l'ultimo grado delle intelligenze
angeliche): l'uomo è l'unico ente che fa parte sia del mondo fisico, sia del
mondo spirituale. Tommaso crede che la conoscenza umana cominci con i sensi:
l'uomo, non avendo il grado di intelligenza degli angeli, non è in grado di
apprendere direttamente gli intelligibili, ma può apprendere solamente
attribuendo alle cose una forma e quindi solamente grazie all'esperienza
sensibile. Un'altra facoltà necessaria che caratterizza l'uomo è la sua
tendenza a realizzare pienamente la propria natura ovvero compiere ciò per cui
è stato creato[senza fonte]. Ciascun uomo infatti corrisponde all'idea divina
su cui è modellato, di cui l'uomo è consapevole e razionale, conscio delle
proprie finalità, alle quali si dirige volontariamente avvalendosi dell'uso
dell'intelletto: l'uomo prende le proprie decisioni sulla base di un
ragionamento pratico, attraverso il quale tra due beni sceglie sempre quello
più consono al raggiungimento del suo fine. Nel fare ciò segue la Legge
naturale, che è scritta nel cuore dell'uomo. La legge naturale, che è un
riflesso della Legge eterna, deve essere il fondamento della Legge positiva,
cioè l'insieme delle norme che gli uomini stabiliscono storicamente in un dato
tempo ed in un dato luogo. Al di sotto dell'uomo troviamo le piante e le
varie molteplicità degli elementi. Concezione della donna Sacra
conversazione di Monticelli (Ghirlandaio, XV secolo) Tommaso riprende e cita,
nella prima parte della Summa theologiae, alle questioni 92 e 99,
l'affermazione di Aristotele (De generatione et corruptione 2,3) per cui la
donna sarebbe un uomo mancato (mas occasionatus). L'aquinate afferma che
"rispetto alla natura particolare la femmina è un essere difettoso e
manchevole" (I, 92, 1)[28]: «Infatti la virtù attiva racchiusa nel
seme del maschio tende a produrre un essere perfetto simile a sé, di sesso
maschile, e il fatto che ne derivi una femmina può dipendere dalla debolezza
della virtù attiva, o da un'indisposizione della materia, o da una
trasmutazione causata dal di fuori, per esempio dai venti australi, che sono
umidi, come dice il filosofo.» Ma aggiunge: «Rispetto invece alla natura
nella sua universalità, la femmina non è un essere mancato, ma è espressamente
voluto in ordine alla generazione. Ora, l'ordinamento della natura nella sua
universalità dipende da Dio, il quale è l'autore universale della natura.
Quindi, nel creare la natura, egli produsse non solo il maschio, ma anche la
femmina 2. Ci sono due specie di sudditanza. La prima, servile, è quella per
cui chi è a capo si serve dei sottoposti per il proprio interesse: e tale
dipendenza sopravvenne dopo il peccato. Ma vi è una seconda sudditanza,
economica o politica, in forza della quale chi è a capo si serve dei sottoposti
per il loro interesse e per il loro bene. E tale sudditanza ci sarebbe stata
anche prima del peccato, poiché senza il governo dei più saggi sarebbe mancato
il bene dell'ordine nella società umana. E in questa sudditanza la donna è
naturalmente soggetta all'uomo: poiché l'uomo ha per natura un più vigoroso
discernimento razionale.» (Somma teologica, I, 92, 1, ad 1) «la diversità
dei sessi rientra nella perfezione della natura umana» (Somma teologica,
I, 99, 2, ad 1.) Importanza ed eredità Magnifying glass icon
mgx2.svgTomismo. Tommaso disputa con Averroè Trionfo di san
Tommaso, di Lippo Memmi Trionfo di san Tommaso, di Benozzo Gozzoli San
Tommaso fu uno dei pensatori più eminenti della filosofia Scolastica, che verso
la metà del XIII secolo aveva raggiunto il suo apice. Egli indirizzò diversi
aspetti della filosofia del tempo: la questione del rapporto tra fede e
ragione, le tesi sull'anima (in contrapposizione ad Averroè), le questioni
sull'autorità della religione e della teologia, che subordina ogni campo della
conoscenza. Tali punti fermi del suo pensiero furono difesi da diversi
suoi seguaci successivi, tra i quali Reginaldo da Piperno, Tolomeo da Lucca,
Giovanni di Napoli, il domenicano francese Giovanni Capreolus e Antonino di
Firenze. Infine però, con la lenta dissoluzione della Scolastica, si ebbe
parallelamente anche la dissoluzione del Tomismo, col conseguente prevalere di
un indirizzo di pensiero nominalista nel successivo sviluppo della filosofia, e
una progressiva sfiducia nelle possibilità metafisiche della ragione,[29] che
indurrà Lutero a giudicare quest'ultima «cieca, sorda, stolta, empia e
sacrilega».[30] Oggigiorno il pensiero di Tommaso d'Aquino trova ampio
consenso anche in ambienti non cattolici (studiosi protestanti statunitensi, ad
esempio) e perfino non cristiani, grazie al suo metodo di lavoro, fortemente
razionale e aperto a fonti e contributi di ogni genere: la sua indagine
intellettuale procede dalla Bibbia agli autori pagani, dagli ebrei ai
musulmani, senza alcun pregiudizio, ma tenendo sempre il suo centro nella
Rivelazione cristiana, alla quale ogni cultura, dottrina o autore antico faceva
capo.[senza fonte] Il suo operato culmina nella Summa Theologiae (cioè "Il
complesso di teologia"), in cui tratta in maniera sistematica il rapporto
fede-ragione e altre grandi questioni teologiche. Agostino vedeva il
rapporto fede-ragione come un circolo ermeneutico (dal greco ermeneuo, cioè
"interpreto") in cui credo ut intelligam et intelligo ut credam
(ossia "credo per comprendere e comprendo per credere"). Tommaso
porta la fede su un piano superiore alla ragione, affermando che dove la
ragione e la filosofia non possono proseguire inizia il campo della fede e il
lavoro della teologia.[senza fonte] Dunque, fede e ragione sono certamente in
circolo ermeneutico e crescono insieme sia in filosofia che in teologia. Mentre
però la filosofia parte da dati dell'esperienza sensibile o razionale, la
teologia inizia il circolo con i dati della fede, su cui ragiona per credere
con maggiore consapevolezza ai misteri rivelati. La ragione, ammettendo di non
poterli dimostrare, riconosce che essi, pur essendo al di sopra di sé, non sono
mai assurdi o contro la ragione stessa: fede e ragione, sono entrambe dono di
Dio e non possono contraddirsi. Questa posizione esalta ovviamente la ricerca
umana: ogni verità che io posso scoprire non minaccerà mai la Rivelazione anzi,
rafforzerà la mia conoscenza complessiva dell'opera di Dio e della Parola di
Cristo. Si vede qui un esempio tipico della fiducia che nel Medioevo si
riponeva nella ragione umana. Nel XIV secolo queste certezze andranno in crisi,
coinvolgendo l'intero impianto culturale del periodo precedente. La
teologia, in ambito puramente speculativo, rispetto alla tradizione classica,
era considerata una forma inferiore di sapere, poiché usava in prestito gli
strumenti della filosofia, ma Tommaso fa notare, citando Aristotele, che anche
la filosofia non può dimostrare tutto, perché sarebbe un processo all'infinito.
Egli distingue due tipi di scienze: quelle che esaminano i propri principi e
quelle che ricevono i principi da altre scienze. L'ideale, per uno spirito
concreto come Tommaso, sarebbe superare la fede e raggiungere la conoscenza ma,
sui misteri fondamentali della Rivelazione, questo non è possibile nella vita
terrena del corpo. Avverrà nella vita eterna dello spirito. La filosofia
è dunque ancilla theologiae e regina scientiarum, prima fra i saperi delle
scienze. Il primato del sapere teologico non è nel metodo, ma nei contenuti divini
che affronta, per i quali è sacrificabile anche la necessità filosofica.
Il punto di discrimine fra filosofia e teologia è la dimostrazione
dell'esistenza di Dio; dei due misteri fondamentali della Fede (Trinitario e
Cristologico), la ragione può dimostrare solamente il primo, l'esistenza di
Dio, mentre non può dimostrare che questo Dio è necessariamente Trinitario. Ciò
non è un paradosso razionale, perché da una premessa falsa non possono che
derivare nel sillogismo conseguenze false, è più semplicemente qualcosa che la
ragione non può spiegare: un Dio Uno e Trino. Il maggior servizio che la
ragione può fare alla fede è che non è possibile nemmeno dimostrare il
contrario, che Dio non è Trinitario, che la negazione non dimostrabile della
Trinità a sua volta porta conseguenze paradossali e contraddittorie, laddove
invece la Sua affermazione per fede è feconda di verità e conseguenze non
contraddittorie. La ragione non può entrare nella parte storica dei misteri
religiosi, può mostrare solo prove storiche che tal "profeta" è
esistito, ma non che era Dio, e il senso della Sua missione, che è appunto un
dato, un fatto a cui si può credere o meno. Il primato della teologia
verrà fortemente discusso nei secoli successivi, ma sarà anche lo studio praticato
da tutti i filosofi cristiani nel Medioevo e oltre, tant'è che Pascal fece la
sua famosa "scommessa" ancora nel XVII secolo.[senza fonte] La
teologia era questione sentita dal popolo nelle sacre rappresentazioni, era il
mondo dei medioevali e degli zelanti studenti che attraversavano a piedi le
paludi di Francia per ascoltare le lectiones dell'Aquinate nella prestigiosa
Università della Sorbonne di Parigi, incontrandosi da tutta Europa . Gli
storici della filosofia richiamano l'attenzione anche sulla prevalenza dell'intelletto
rispetto ad una prevalenza della volontà nella vita intellettuale/spirituale
dell'uomo. La prima è seguita da San Tommaso e dalla sua scuola, mentre l'altra
è propria di San Bonaventura e della scuola francescana. Per Tommaso il fine
supremo è "vedere Dio", mentre per Bonaventura fine ultimo dell'uomo
è "amare Dio". Quindi per Tommaso la categoria più alta è "il
vero", mentre per Bonaventura è "il bene". Per ambedue però,
"il vero" è anche "il bene", e "il bene" è anche
"il vero". Il pensiero di Tommaso ebbe influenza anche su
autori non cristiani, a cominciare dal famoso pensatore ebreo Hillel da
Verona. A partire dal secondo Novecento poi il suo pensiero viene ripreso
nel dibattito etico da autori cattolici e non, quali Gertrude Elizabeth Margaret
Anscombe, Alasdair MacIntyre, Philippa Ruth Foot e Jacques Maritain.
Culto Fu canonizzato nel 1323 da papa Giovanni XXII. La sua memoria viene
celebrata dalla Chiesa cattolica il 28 gennaio; la stessa, nella Forma
straordinaria, lo ricorda il 7 marzo. La Chiesa luterana lo ricorda l'8
marzo. San Tommaso d'Aquino è patrono dei teologi, degli accademici, dei
librai e degli studenti. È patrono della città e della diocesi privernate e
della Città e della diocesi aquinate. L'11 aprile 1567 papa Pio V lo
dichiarò dottore della Chiesa con la bolla Mirabilis Deus. Il 29 giugno
1923, nel VI centenario della canonizzazione, papa Pio XI gli dedicò
l'enciclica Studiorum Ducem. L'enciclica Aeterni Patris di papa Leone
XIII ricorda san Tommaso come il più illustre esponente della Scolastica. Gli
statuti dei Benedettini, degli Carmelitani, degli Agostiniani, della Compagnia
di Gesù dispongono l'obbligatorietà dello studio e della messa in pratica delle
dottrine di Tommaso, del quale l'enciclica afferma: «Per la verità, sopra
tutti i Dottori Scolastici, emerge come duce e maestro San Tommaso d’Aquino, il
quale, come avverte il cardinale Gaetano, “perché tenne in somma venerazione
gli antichi sacri dottori, per questo ebbe in sorte, in certo qual modo,
l’intelligenza di tutti” . Le loro dottrine, come membra dello stesso corpo
sparse qua e là, raccolse Tommaso e ne compose un tutto; le dispose con ordine
meraviglioso, e le accrebbe con grandi aggiunte, così da meritare di essere
stimato singolare presidio ed onore della Chiesa Cattolica. [...] Clemente VI,
Nicolò V, Benedetto XIII ed altri attestano che tutta la Chiesa viene
illustrata dalle sue meravigliose dottrine; San Pio V poi confessa che mercé la
stessa dottrina le eresie, vinte e confuse, si disperdono come nebbia, e che
tutto il mondo si salva ogni giorno per merito suo dalla peste degli errori.
Altri, con Clemente XII, affermano che dagli scritti di lui sono pervenuti a
tutta la Chiesa copiosissimi beni, e che a lui è dovuto quello stesso onore che
si rende ai sommi Dottori della Chiesa Gregorio, Ambrogio, Agostino e Girolamo.
Altri, infine, non dubitarono di proporlo alle Accademie e ai grandi Licei
quale esempio e maestro da seguire a piè sicuro. A conferma di questo Ci
sembrano degnissime di essere ricordate le seguenti parole del Beato Urbano V
all’Accademia di Tolosa: “Vogliamo, e in forza delle presenti vi imponiamo, che
seguiate la dottrina del Beato Tommaso come veridica e cattolica, e che vi
studiate con tutte le forze di ampliarla” . Successivamente innocenzo XII,
nella Università di Lovanio, e Benedetto XIV , nel Collegio Dionisiano presso
Granata, rinnovarono l’esempio di Urbano.» (Enciclica Aeterni Patris[31])
Opere di San Tommaso Sintesi teologiche Scriptum super libros Sententiarum Summa
contra Gentiles Summa Theologiae Questioni disputate Quaestiones
disputatae de Veritate Quaestiones disputatae De potentia Quaestio disputata De
anima Quaestio disputata De spiritualibus creaturis Quaestiones disputatae De
malo Quaestiones disputatae De uirtutibus Quaestio disputata De unione uerbi
incarnati Quaestiones de Quodlibet I-XII Commenti biblici Expositio super
Isaiam ad litteram Super Ieremiam et Threnos Principium “Rigans montes de
superioribus” et “Hic est liber mandatorum Dei” Expositio super Iob ad litteram
Glossa continua super Evangelia (Catena Aurea) Lectura super Mattheum Lectura
super Ioannem Expositio et Lectura super Epistolas Pauli Apostoli Postilla
super Psalmos Commenti ad Aristotele Sententia Libri De anima Sententia
Libri De sensu et sensato Sententia super Physicam Sententia super Meteora
Expositio Libri Peryermenias Expositio Libri Posteriorum Sententia Libri
Ethicorum Tabula Libri Ethicorum Sententia Libri Politicorum Sententia super
Metaphysicam Sententia super Librum De caelo et mundo Sententia super Libros De
generatione et corruptione Super libros de generatione et corruptione
Altri commenti Super Boetium De Trinitate Expositio Libri Boetii De ebdomadibus
Super Librum Dionysii De divinis nomibus Super Librum De Causis Scritti polemici
Contra impugnantes Dei cultum et religionem De perfectione spiritualis vitae
Contra doctrinam retrahentium a religione De unitate intellectus contra
Avveroistas De aeternitate mundi Trattati De ente et essentia De
principiis naturae Compendium theologiae seu brevis compilatio theologiae ad
fratrem Raynaldum De regno ad regem Cypri De substantiis separatis
Lettere e pareri De emptione et venditione ad tempus Contra errores Graecorum
De rationibus fidei ad Cantorem Antiochenum Expositio super primam et secundam
Decretalem ad Archidiaconum Tudertinum De articulis fidei et ecclesiae
sacramentis ad archiepiscopum Panormitanum Responsio ad magistrum Ioannem de
Vercellis de 108 articulis De forma absolutionis De secreto Liber De sortibus
ad dominum Iacobum de Tonengo Responsiones ad lectorem Venetum de 30 et 36
articulis Responsio ad magistrum Ioannem de Vercellis de 43 articulis Responsio
ad lectorem Bisuntinum de 6 articulis Epistola ad ducissam Brabantiae De
mixtione elementorum ad magistrum Philippum de Castro Caeli De motu cordis ad
magistrum Philippum de Castro Caeli De operationibus occultis naturae ad
quendam militem ultramontanum De iudiciis astrorum Epistola ad Bernardum
abbatem casinensem Opere liturgiche, prediche, preghiere Officium de
festo Corporis Christi ad mandatum Urbani Papae Inno Adoro te devote
Collationes in decem precepta Collationes in orationem dominicam in Symbolum
Apostolorum in salutationem angelicam. Traduzioni italiane Lo specchio
dell'anima, La sentenza di Tommaso d'Aquino sul "De anima" di
Aristotele, Traduzione e testo latino a fronte, Ed. San Paolo, Milano 2012. (È
tradotto anche il testo dell'Aristotele latino). Catena aurea, Glossa continua
super Evangelia vol. 1, Matteo, Bologna 2006 vol. 2, Matteo, Bologna 2007 vol.
3, Marco, Bologna 2007 Commento ai Libri di Boezio, Super Boetium De Trinitate,
Expositio Libri Boetii De Ebdomadibus, Bologna, 1997 Commento ai Nomi Divini di
Dionigi, Super Librum Dionysii de Divinis Nominibus vol. 1, Bologna 2004 vol.
2, (comprende anche De ente et essentia), Bologna, 2004 Commento al Corpus
Paulinum, Expositio et lectura super Epistolas Pauli Apostoli vol. 1, Romani,
Bologna 2004 vol. 2, 1 Corinzi, Bologna 2004 vol. 3, 2 Corinzi, Galati,
Bologna, 2004 vol. 4, Efesini, Filippesi, Colossesi, Bologna, 2004 vol. 5,
Tessalonicesi, Timoteo, Tito, Filemone, Bologna, 2004 vol. 6, Ebrei, Bologna,
2004 Commento al Libro di Giobbe, Bologna, 1995 Commento all'Etica Nicomachea
di Aristotele, Sententia Libri Ethicorum, in 2 volumi, Bologna, 1998 Commento
alla Fisica di Aristotele, Sententia super Physicorum vol. 1, Bologna, 2004
vol. 2, Bologna, 2004 vol. 3, Bologna, 2005 Commento alla Metafisica di
Aristotele, Sententia super Metaphysicorum vol. 1, Bologna, 2004 vol. 2,
Bologna, 2005 vol. 3, Bologna, 2005 Commento alla Politica di Aristotele,
Sententia Libri Politicorum, Bologna, 1996,88-7094-231-7 Commento alle Sentenze
di Pietro Lombardo, Scriptum super Libros Sententiarum in 10 volumi, Bologna,
Ed. ESD, 2002 Compendio di teologia, Compendium theologiae, Bologna, 1995 I
Sermoni e le due Lezioni inaugurali, Bologna, 2003 La conoscenza sensibile,
Commenti ai libri di Aristotele: Il senso e il sensibile; La memoria e la
reminiscenza, Bologna, 1997 La perfezione cristiana nella vita consacrata,
Bologna, 1995 De venerabili sacramentu altaris, Bologna, 1996 La Somma contro i
Gentili, Summa contra Gentiles vol. 1, (traduzione Tito Centi), Bologna, 2000
vol. 2, (traduzione Tito Centi), Bologna, 2001 vol. 3, (traduzione Tito Centi),
Bologna, 2001 La Somma Teologica, Summa Theologiae, in 35 volumi La Somma
Teologica, Summa Theologiae, in 6 volumi, Bologna, Ed. ESD Le Questioni
Disputate, Quaestiones Disputatae vol. 1, La Verità, Bologna, 1992 vol. 2, La
Verità, Bologna, 1992 vol. 3, La Verità, Bologna, 1993 vol. 4, L'anima umana,
Bologna, 2001 vol. 5, Le virtù, Bologna, 2002 vol. 6, Il male, Bologna, 2002
vol. 7, Il male, Bologna, 2003 vol. 8, La potenza divina, Bologna, 2003 vol. 9,
La potenza divina, Bologna, 2003 vol. 10, Questioni su argomenti vari, Bologna,
2003 vol. 11, Questioni su argomenti vari, Bologna, 2003 Logica
dell'enunciazione, Commento al libro di Aristotele Peri Hermeneias, Expositio
Libri Peryermenias, Bologna, 1997 Opuscoli politici: Il governo dei principi,
Lettera alla duchessa del Brabante, La dilazione nella compravendita, Bologna,
1997 Opuscoli spirituali: Commenti al Credo, Padre Nostro, Ave Maria, Dieci
Comandamenti, Ufficio e Messa per la Festa del Corpus Domini, Le preghiere di
san Tommaso, Lettera a uno studente, Bologna, 1999 Pagine di Filosofia: I
principi della natura, De principiis naturae ad fratrem Silvestrum, sola trad.
it., e antologia ragionata e commentata di altri brani filosofici di
antropologia, gnoseologia, teologia naturale, etica, politica e pedagogia. Inni
eucaristici A Tommaso d'Aquino sono classicamente attribuiti gli inni
eucaristici per la solennità del Corpus Domini,[32] usati per secoli in
occasione dell'adorazione eucaristica. Gli inni sono stati confermati nella
liturgia solenne dal Concilio Vaticano II: Adoro te devote Pange lingua,
che contiene al termine il Tantum ergo sacramentum Sacris sollemniis Verbum
supernum prodiens Note Napoli A.N.
Rossi, Delle dissertazioni di Alessio Niccolo Rossi intorno ad alcune materie
alla citta di Napoli appartenenti,482, OCLC 66806673. URL consultato il 22
novembre 2020. Pasquale Cayro, Storia
sacra e profana d'Aquino e sua diocesi del signor D. Pasquale Cayro, patrizio
anagnino, Vincenzo Orsino, 1808,348.
Ferante della Marra, Discorsi delle famiglie estinte, forastiere o non comprese
ne' seggi di Napoli imparentate colla casa della Marra. Composti dal signor
Ferrante della Marra duca della Guardia, dati in luce da Camillo Tutini,
Ottavio Beltrano, 1641, OCLC 22571122. Jean-Pierre Torrell, O. P., Amico
della verità: vita e opere di Tommaso d'Aquino, Edizioni Studio
Domenicano,32,43,51,9788870945942, OCLC 428206360. Fino a pochi anni fa gli storici avevano dei
dubbi sulla veridicità del soggiorno di Tommaso a Parigi nel periodo
immediatamente successivo a quello in cui la sua famiglia lo restituì
all'Ordine. Dallo studio delle fonti, Walz-Novarina (1962) concludono che il
viaggio di Tommaso in compagnia di Giovanni Teutonico «... senza essere certo,
può considerarsi probabile... », ma erano più riservati circa la questione degli
studi a Parigi. Grandi eruditi come Denifle e De Groot si associano a questa
opinione, ma altri come Mandonnet, Chenu e Glorieux, osservano che il viaggio a
Parigi non avrebbe avuto alcun senso se Tommaso non avesse dovuto svolgervi i
suoi studi, questo perché lo studium generale di Colonia non era funzionante
prima del 1248, data della sua apertura dovuta a fra Alberto al momento del suo
ritorno in questa città. Sofia Vanni
Rovighi, Introduzione a Tommaso d'Aquino, Roma-Bari, Laterza, 1981,33-34. Aristotele, Etica Nicomachea, a cura di
Marcello Zanatta, traduzione di Marcello Zanatta, vol. 1, 8. ed, Milano,
Rizzoli, 1999,79,978-88-17-12965-7, OCLC 797461609. Astrid Filangieri, La
vita e le Opere di San Tommaso d'Aquino, su ilportaledelsud.org, 2005. URL consultato
il 15 febbraio 2019 (archiviato il 21 ottobre 2004). Storia dell'Ordine Domenicano a Firenze, su
fiorentininelmondo. URL consultato il 15 febbraio 2019 (archiviato il 14
febbraio 2019). La cella di San Tommaso
a San Domenico Maggiore (Napoli), su museosandomenicomaggiore. URL consultato
il 15 febbraio 2019 (archiviato il 14 febbraio 2019). G. Bosco, Storia ecclesiastica ad uso della
gioventù utile ad ogni grado di persone, Torino, Libreria Salesiana Editore,
1904,284. URL consultato il 4 novembre 2018 (archiviato il 4 novembre 2018).,
con l'approvazione del card. Lorenzo Gastaldi, arcivescovo di Torino Filmato audio Luca Bianchi, Onorato Grassi e
Costantino Esposito, Tommaso e la sua eredità - il pensiero che nasce
dall'esperienza, Centro Culturale di Milano, 2012. URL consultato il 14
novembre 2020 (archiviato il 23 giugno 2013). «Non è vero che alcuni
traduttori lavorassero al suo servizio, come Guglielmo di Moerbeke». (v. 1h
14'). Premio letterario internazionale
San Tommaso d’Aquino, sabato 4 a Mercato San Severino., su gazzettadisalerno,
Mercato San Severino (SA), 1º agosto 2018. URL consultato il 15 febbraio 2019
(archiviato l'11 settembre 2018).
Convento di San Domenico a Salerno, oggi caserma, su salernodavedere, 26
novembre 2018. URL consultato il 15 febbraio 2019 (archiviato il 14 febbraio
2019). Sandra Isetta, Il piccolo Tommaso
e l'"appetito" per i libri, in L'Osservatore Romano, 28 gennaio 2010.
URL consultato il 15 febbraio 2019 (archiviato il 24 febbraio 2010). Jean-Pierre Torrell, Amico della
verità,392 Quaestio 76 della Parte I
della Summa Theologiae di San Tommaso d'Aquino. A cura di Marcello Landi
Massimo Adinolfi, Francesco Paolo Adorno, Francesco Berto, Massimo Cacciari,
Piero Coda, Carmela Covino, Adriano Fabris, Franco Ferrari, Ernesto Forcellino,
Carlo Sini, Luigi Vero Tarca, Vincenzo Vitiello, La conoscenza di Dio tra
remotio e revelatio nella "Summa theologiae" di San Tommaso D'Aquino,
in Il Pensiero. Rivista di filosifia, XLVI, Inschibboleth Edizioni, 2007,23,
DOI:10.1400/263019, ISSN 2532-7550 (WC · ACNP), OCLC 9788885716612. S. Th. I, q.2, a.2, c. e luoghi paralleli nei
commenti aristotelici Cf. Summa
Theologiae, Iª q. 2 a. 3 Cf. Summa
Theologiae, pars I, quaestio 2 articolo 3.
Immanuel Kant, Critica della ragion pura, Laterza, 1965,291-346. Leo Elders, The Philosophical Theology of St.
Thomas Aquinas, E.J. Brill, 1990,78-79.
When St. Thomas Aquinas had a foretaste of heaven on St. Nicholas’ feast
day, su lifesitenews.com, 6 dicembre 2018. URL consultato il 6 gennaio 2020
(archiviato dall'url originale il 4 gennaio 2020). Cf. Quaestio disputata de anima, a. 3 ad 1;
Summa Theologiae, Iª q. 16 aa. 1-2.
Sofia Vanni Rovighi, Introduzione a Tommaso d'Aquino, Roma-Bari,
Laterza, 1981,68-70. Summa contra
gentiles, libro II, 31-37 e Summa theologiae, pars I quaestio 46 La Somma Teologica. Sola trad. italiana:
Volume 1 - Prima Parte, Edizioni Studio Domenicano,831,978-88-7094-224-8. URL
consultato il 5 aprile 2020 (archiviato il 4 aprile 2020). «Né prima né dopo, si è pensato con tanta
precisione, con tanta intima sicurezza logica, quanto nell'epoca dell'alta
Scolastica. L'essenziale è che allora il puro pensiero si svolgeva con
matematica sicurezza di idea in idea, di giudizio in giudizio, di conclusione
in conclusione» (Rudolf Steiner, La filosofia di Tommaso d'Aquino, II, Opera
Omnia, 74). Steiner aggiungeva che «il nominalismo è il padre di tutto lo
scetticismo moderno» (conferenza del marzo 1908, cit. in Posizione
dell'antroposofia nei confronti della filosofia, O.O., 108). Martin Lutero, Servo arbitrio, WA 51,
126. Encilica Aeterni Patris, su
vatican.va. (o la traduzione similare qui riportata. Heinrich Fries, Georg Kretschmar (a cura di),
I classici della teologia, Jaca Book, 2005,978-88-16-30402-4. Annotazioni Nella Sala del Tesoro di San Domenico
Maggiore è conservato un arazzo raffigurante il Carro del Sole, parte delle
Storie ed alle Virtù di san Tommaso d’Aquino, donato ai domenicani da Vincenza
Maria d’Aquino Pico Bibliografia Tommaso d'Aquino, Super libros de generatione
et corruptione, Jacques Myt, Jacques Giunta, 1520. URL consultato il 1º aprile
2015. Thomas Aquinas; Richard J. Regan, Compendium of theology Oxford
University Press 2009, 0195385314, 9780195385311 Aimé Forest, Saint Thomas
d'Aquin,Mellottée, 1923 AA. VV., Le Ragioni del Tomismo dopo il centenario
dell'enciclica "Aeterni Patris" , Ares, Milano, 1979 Maria Cristina
Bartolomei, Tomismo e Principio di non contraddizione, Cedam, Padova, 1973
Giuseppe Barzaghi, La Somma Teologica di San Tommaso d'Aquino, in Compendio.
Edizioni Studio Domenicano, Bologna, 2009 Inos Biffi, La teologia e un teologo.
San Tommaso d'Aquino, Edizioni Piemme, Casale Monferrato (AL), [1984 Krzysztof
Charamsa, Dispensa introduttiva “Trinità di San Tommaso”, Pontificio Ateneo
Regina Apostolorum - Facoltà di Teologia, 2006. Marie-Dominique Chenu,
Introduzione allo studio di S. Tommaso d'Aquino, Libreria Editrice Fiorentina,
Firenze, 1953 Gilbert Keith Chesterton, Tommaso d'Aquino, Guida Editori,
Napoli, 1992 Piero Coda, Contemplare e condividere la luce di Dio: la missione
della Teo-logia in Tommaso d'Aquino, Città Nuova, Roma, 2014 Marco D'Avenia, La
Conoscenza per Connaturalità, Edizioni Studio Domenicano, Bologna, 1992
Cornelio Fabro, Introduzione a San Tommaso. La metafisica tomista e il pensiero
moderno, Ares, Milano, 1997 Cornelio Fabro, La nozione metafisica di
partecipazione secondo S. Tommaso d'Aquino, S.E.I., Torino, 1939 Umberto
Galeazzi, L'etica Filosofica in Tommaso D'Aquino: Dalla Summa Theologiae Alla
Contra Gentiles per Una Riscoperta Dei Fondamenti Della Morale Città Nuova,
Roma, 1989. Réginald Garrigou-Lagrange, La Sintesi Tomistica, Queriniana,
Brescia, 1953 Alessandro Ghisalberti, Tommaso d'Aquino, in Enciclopedia
Filosofica (diretta da V. Melchiorre), vol. XII, 11655-11691, Bompiani, Milano,
2006 (FR) Étienne Gilson, Saint Thomas Moraliste, J. Vrin, Parigi, 1974 (FR)
Étienne Gilson, Realisme Thomiste et Critique de la Connaissance, J. Vrin,
Parigi, 1947 (FR) Étienne Gilson, Il tomismo: introduzione alla filosofia di
San Tommaso d'Aquino, Milano, Jaca Book 2011 Marcello Landi, Un contributo allo
studio della scienza nel Medio Evo. Il trattato Il cielo e il mondo di Giovanni
Buridano e un confronto con alcune posizioni di Tommaso d'Aquino, in Divus
Thomas 110/2 (2007) 151-185 Dietrich Lorenz, I Fondamenti dell'Ontologia
Tomista, Edizioni Studio Domenicano, Bologna, 1992 Amato Masnovo, San Agostino
e S. Tomaso, Vita e Pensiero, Milano, 1950 Ralph Mcinerny, L'analogia in
Tommaso d'Aquino, Armando, Roma, 1999 Battista Mondin, Dizionario enciclopedico
del pensiero di San Tommaso d'Aquino, Edizioni Studio Domenicano, Bologna, 2002
Battista Mondin, Il Sistema Filosofico di Tommaso d'Aquino, Massimo, Milano,
1985 Vittorio Possenti, Filosofia e rivelazione, Città Nuova Editrice, Roma,
1999 Michela Pereira, La filosofia nel Medioevo, Carocci, Roma, 2008. Emanuele
Pili, Il taedium tra relazione e non-senso. Cristo crocifisso in Tommaso
d'Aquino, Città Nuova, Roma, 2014 Pasquale Porro, Tommaso D'Aquino. Un profilo
storico-filosofico, Carocci Roma, 2012. Giacomo Samek Lodovici, La felicità del
bene. Una rilettura di Tommaso d'Aquino, Vita e pensiero, Milano, 2002 Giacomo
Samek Lodovici, L'esistenza di Dio, Quaderni del Timone, 200588-7879-009-5 (ES)
Ramón Saiz-Pardo Hurtado, Intelecto-razón en Tomás de Aquino. Aproximación
noética a la metafísica, EDUSC, Roma, 2005 Juan José Sanguineti, La Filosofia
del Cosmo in Tommaso d'Aquino, Ares, Milano, 1986 Fausto Sbaffoni, San Tommaso
d'Aquino e l'Influsso degli Angeli, Edizioni Studio Domenicano, Bologna,
1993Robert Schimdt, The Domain of Logic According to Saint Thomas Aquinas,
Martinus Nijhoff, L'Aia (Paesi Bassi), 1966 Rolf Schönberger, Tommaso d'Aquino,
Il Mulino, Bologna, 2002 Mario Sgarbossa, I Santi e i Beati della Chiesa d'Occidente
e d'Oriente, II edizione, Edizioni Paoline, Milano, 2000,88-315-1585-3 Raimondo
Spiazzi, O.P. San Tommaso d'Aquino: biografia documentata, Edizioni Studio
Domenicano, Bologna, 1997 Alfonso Tisi, San Tommaso d'Aquino e Salerno, Grafica
Jannone-Salerno, Salerno, 1974 Jean-Pierre Torrell, Tommaso d'Aquino. L'uomo e
il teologo, Casale Monferrato, Piemme, 1994 Jean-Pierre Torrell, Tommaso
d'Aquino. Maestro spirituale, Città Nuova, Roma, 1998 Jean-Pierre Torrell,
Amico della verità. Vita e opere di Tommaso d'Aquino, Edizioni Studio
Domenicano, Bologna, 2006. Sofia Vanni Rovighi, Introduzione a Tommaso
d'Aquino, Laterza, Bari, 2002 Angelus Walz, Paul Novarina, Saint Thomas
d'Aquin, Parigi, Béatrice-Nauwelaerts, 1962 James Weisheipl, Tommaso d'Aquino.
Vita, pensiero, opere, Jaca Book, Milano, 2003 Louis de Wohl, La Liberazione
del Gigante, Milano: BUR Rizzoli, 2002. Voci correlate Corpus Domini Dio,
essere e ragione in Tommaso d'Aquino Ebraismo e Cristianità Opere Adoro Te
Devote Quaestio disputata de malo Summa Theologiae Personalità Al-Ghazali
Domingo Báñez Hillel ben Samuel da Verona San Bernardo di Chiaravalle San
Bonaventura da Bagnoregio Teologia e filosofia Comunione dei santi Tomismo
Filosofia medioevale Analogia entis Trascendenza Nunc stans Essenza Timeo
hominem unius libri Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene
una pagina dedicata a Tommaso d'Aquino Collabora a Wikisource Wikisource
contiene una pagina in lingua latina dedicata a Tommaso d'Aquino Collabora a
Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Tommaso d'Aquino Collabora a
Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Tommaso
d'Aquino Collegamenti esterni Tommaso d'Aquino, su Treccani – Enciclopedie on
line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Tommaso d'Aquino, in Enciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Tommaso d'Aquino, in Dizionario
di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.Tommaso d'Aquino, su
Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.Tommaso d'Aquino, su BeWeb,
Conferenza Episcopale Italiana.Tommaso d'Aquino / Tommaso d'Aquino (altra
versione), su Find a Grave.Opere di Tommaso d'Aquino / Tommaso d'Aquino (altra
versione) / Tommaso d'Aquino (altra versione) / Tommaso d'Aquino (altra
versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl.Opere di Tommaso d'Aquino /
Tommaso d'Aquino (altra versione) / Tommaso d'Aquino (altra versione), su Open
Library, Internet Archive.Opere di Tommaso d'Aquino, su Progetto
Gutenberg.Audiolibri di Tommaso d'Aquino, su LibriVox.Bibliografia di Tommaso
d'Aquino, su Internet Speculative Fiction Database, Al von Ruff.Thomas Aquinas,
su Goodreads.(FR) Bibliografia su Tommaso d'Aquino, su Les Archives de
littérature du Moyen Âge.Tommaso d'Aquino, in Catholic Encyclopedia, Robert
Appleton Company.Tommaso d'Aquino, su Santi, beati e testimoni,
santiebeati.Spartiti o libretti di Tommaso d'Aquino, su International Music
Score Library Project, Project Petrucci LLC.BiografiaTommaso d'Aquino
dall'Internet Encyclopedia of Philosophy, su iep.utm.edu. Naddeo, Pasquale,
Modernità, attualità, italianità di S. Tommaso D'Aquino, Salerno : Stab. Tip.
F.lli Di Giacomo di Giov., [1933?] La figura di Tommaso I conte di Acerra,
braccio destro di Federico II, su web.archive.org (archiviato il 26 dicembre
2018). Opere (LA) Opera omnia di san Tommaso d'Aquino, su
corpusthomisticum.org. URL consultato il 23 ottobre 2006 (archiviato dall'url
originale l'11 ottobre 2013).Aquinas in Inglese, su dhspriory.org. (LA, IT, EN,
FR, ES, DE, PT) Opera omnia di san Tommaso d'Aquino, su
documentacatholicaomnia.eu. Opere di Tommaso d'Aquino, su intratext.com. testo
con concordanze e lista di frequenza Traduzione italiana del trattato De Ente
et Essentia, su ariannascuola.eu. Traduzione italiana del De Ente et essentia
in formato epub, su ledizioni. Traduzione parziale della Lettera alla Duchessa
di Brabante, sui rapporti con gli Ebrei (PDF), su digilander.libero. Diego
Fusaro, Il pensiero e le opere di Tommaso in breve, su filosofico.net. Il
catechismo di san Tommaso d'Aquino, su lettereadioealluomo.com (archiviato il
17 aprile 2015). (summa di 5 opere, con l'imprimatur di Mons. Giovanni
Canestri)The Catechetical Instructions of Saint Thomas Aquinas (PDF), su
documentacatholicaomnia.eu. URL consultato il 18 novembre 2018 (archiviato il
18 novembre 2018). Summa Theologiae Testo integrale della Somma Teologica, su
edizionistudiodomenicano. URL consultato il 21 ottobre 2016 (archiviato
dall'url originale il 13 luglio 2014). La Somma Teologica (ZIP), su
digilander.libero.La Summa theologiae di Tommaso, su newadvent.org.
TomismoSaint Thomas Aquinas, su Stanford Encyclopedia of Philosophy. (PT)
Instituto Teológico São Tomás de Aquino - Brasile, su ittanoticias.arautos.org.
URL consultato il 22 marzo 2011 (archiviato dall'url originale il 20 marzo
2011). Presentazione globale del pensiero filosofico di Tommaso, su
mondodomani.org. Scheda su san Tommaso a cura di Marcello Landi, su
lgxserver.uniba (archiviato dall'url originale il 25 novembre 2005). Le cinque
vie di Tommaso, su ariannascuola.eu. V · D · M Padri e dottori della Chiesa
cattolica V · D · M Famiglia domenicana Controllo di autoritàVIAF100910150 ·
ISNI0000 0001 2096 7428 · SBN IT\ICCU\CFIV\008124 · LCCNn78095790 · GND (DE)
118622110 · BNF (FR) cb11926496p (data) · BNE (ES) XX933930 (data) ·
ULAN500330859 · NLA36520996 · BAV495/52490 · CERL cnp01920463 · NDL (EN, JA)
00458645 · WorldCat Identitieslccn-n78095790 Biografie Portale Biografie
Cattolicesimo Portale Cattolicesimo Filosofia Portale Filosofia Medioevo
Portale Medioevo Categorie: Religiosi italianiTeologi italianiFilosofi italiani
del XIII secoloNati nel 1225Morti nel 1274Morti il 7 marzoNati a
RoccaseccaTommaso d'AquinoAccademici italianiProfessori dell'Università di
ParigiDottori della Chiesa cattolicaFilosofi cattoliciFilosofi della
politicaDomenicani italianiScolasticiSanti italiani del XIII secoloSanti
canonizzati da Giovanni XXIISanti domenicaniSanti per nomePersonaggi citati
nella Divina Commedia (Paradiso)Studenti dell'Università degli Studi di Napoli
Federico IIScrittori medievali in lingua latinaTomismoSanti incorrotti[altre] “Perhaps the Italian most studied at Oxford!”Grice.
Aquino and intentionalityClarkArmini -- aquinokeyword: “medieval pragmatics”! -- thomism,
the theology and philosophy of Thomas Aquinas. The term is applied broadly to
various thinkers from different periods who were heavily influenced by
Aquinas’s thought in their own philosophizing and theologizing. Here three
different eras and three different groups of thinkers will be distinguished:
those who supported Aquinas’s thought in the fifty years or so following his
death in 1274; certain highly skilled interpreters and commentators who
flourished during the period of “Second Thomism” sixteenthseventeenth
centuries; and various late nineteenth- and twentieth-century thinkers who have
been deeply influenced in their own work by Aquinas. Thirteenth- and
fourteenth-century Thomism. Although Aquinas’s genius was recognized by many
during his own lifetime, a number of his views were immediately contested by
other Scholastic thinkers. Controversies ranged, e.g., over his defense of only
one substantial form in human beings; his claim that prime matter is purely
potential and cannot, therefore, be kept in existence without some substantial
form, even by divine power; his emphasis on the role of the human intellect in
the act of choice; his espousal of a real distinction betweeen the soul and its
powers; and his defense of some kind of objective or “real” rather than a
merely mind-dependent composition of essence and act of existing esse in
creatures. Some of Aquinas’s positions were included directly or indirectly in
the 219 propositions condemned by Bishop Stephen Tempier of Paris in 1277, and
his defense of one single substantial form in man was condemned by Archbishop
Robert Kilwardby at Oxford in 1277, with renewed prohibitions by his successor
as archbishop of Canterbury, John Peckham, in 1284 and 1286. Only after
Aquinas’s canonization in 1323 were the Paris prohibitions revoked insofar as
they touched on his teaching in 1325. Even within his own Dominican order,
disagreement about some of his views developed within the first decades after
his death, notwithstanding the order’s highly sympathetic espousal of his
cause. Early English Dominican defenders of his general views included William
Hothum d.1298, Richard Knapwell d.c.1288, Robert Orford b. after 1250,
fl.129095, Thomas Sutton d. c.1315?, and William Macclesfield d.1303. Dominican Thomists included Bernard of Trilia
d.1292, Giles of Lessines in present-day Belgium d.c.1304?, John Quidort of
Paris d. 1306, Bernard of Auvergne d. after 1307, Hervé Nédélec d.1323, Armand
of Bellevue fl. 131634, and William Peter Godin d.1336. The secular master at
Paris, Peter of Auvergne d. 1304, while remaining very independent in his own
views, knew Aquinas’s thought well and completed some of his commentaries on
Aristotle. Sixteenth- and seventeenth-century Thomism. Sometimes known as the
period of Second Thomism, this revival gained impetus from the early
fifteenth-century writer John Capreolus 13801444 in his Defenses of Thomas’s
Theology Defensiones theologiae Divi Thomae, a commentary on the Sentences. A
number of fifteenth-century Dominican and secular teachers in G. universities
also contributed: Kaspar Grunwald Freiburg; Cornelius Sneek and John Stoppe in
Rostock; Leonard of Brixental Vienna; Gerard of Heerenberg, Lambert of
Heerenberg, and John Versor all at Cologne; Gerhard of Elten; and in Belgium Denis
the Carthusian. Outstanding among various sixteenth-century commentators on
Thomas were Tommaso de Vio Cardinal Cajetan, Francis Sylvester of Ferrara,
Francisco de Vitoria Salamanca, and Francisco’s disciples Domingo de Soto and
Melchior Cano. Most important among early seventeenth-century Thomists was John
of St. Thomas, who lectured at Piacenza, Madrid, and Alcalá, and is best known
for his Cursus philosophicus and his Cursus theologicus. Theravada Buddhism
Thomism 916 916 The nineteenth- and
twentieth-century revival. By the early to mid-nineteenth century the study of
Aquinas had been largely abandoned outside Dominican circles, and in most Roman
Catholic s and seminaries a kind of Cartesian and Suarezian Scholasticism was
taught. Long before he became Pope Leo XIII, Joachim Pecci and his brother
Joseph had taken steps to introduce the teaching of Thomistic philosophy at the
diocesan seminary at Perugia in 1846. Earlier efforts in this direction had
been made by Vincenzo Buzzetti, by Buzzetti’s students Serafino and Domenico
Sordi, and by Taparelli d’Aglezio, who became director of the Collegio Romano
Gregorian in 1824. Leo’s encyclical
Aeterni Patris1879 marked an official effort on the part of the Roman Catholic
church to foster the study of the philosophy and theology of Thomas Aquinas.
The intent was to draw upon Aquinas’s original writings in order to prepare
students of philosophy and theology to deal with problems raised by
contemporary thought. The Leonine Commission was established to publish a
critical edition of all of Aquinas’s writings; this effort continues today.
Important centers of Thomistic studies developed, such as the Higher Institute
of Philosophy at Louvain founded by Cardinal Mercier, the Dominican School of
Saulchoir in France, and the Pontifical Institute of Mediaeval Studies in
Toronto. Different groups of Roman, Belgian, and Jesuits acknowledged a deep indebtedness to
Aquinas for their personal philosophical reflections. There was also a
concentration of effort in the United States at universities such as The
Catholic of America, St. Louis , Notre
Dame, Fordham, Marquette, and Boston , to mention but a few, and by the
Dominicans at River Forest. A great weakness of many of the nineteenthand
twentieth-century Latin manuals produced during this effort was a lack of
historical sensitivity and expertise, which resulted in an unreal and highly
abstract presentation of an “Aristotelian-Thomistic” philosophy. This weakness
was largely offset by the development of solid historical research both in the
thought of Aquinas and in medieval philosophy and theology in general,
championed by scholars such as H. Denifle, M. De Wulf, M. GrabmannMandonnet, F.
Van Steenberghen, E. Gilson and many of his students at Toronto, and by a host
of more recent and contemporary scholars. Much of this historical work
continues today both within and without Catholic scholarly circles. At the same
time, remarkable diversity in interpreting Aquinas’s thought has emerged on the
part of many twentieth-century scholars. Witness, e.g., the heavy influence of
Cajetan and John of St. Thomas on the Thomism of Maritain; the much more
historically grounded approaches developed in quite different ways by Gilson
and F. Van Steenberghen; the emphasis on the metaphysics of participation in
Aquinas in the very different presentations by L. Geiger and C. Fabro; the
emphasis on existence esse promoted by Gilson and many others but resisted by
still other interpreters; the movement known as Transcendental Thomism,
originally inspired byRousselot and by J. Marechal in dialogue with Kant; and
the long controversy about the appropriateness of describing Thomas’s
philosophy and that of other medievals as a Christian philosophy. An increasing
number of non-Catholic thinkers are currently directing considerable attention
to Aquinas, and the varying backgrounds they bring to his texts will
undoubtedly result in still other interesting interpretations and applications
of his thought to contemporary concerns.
: --a strange genitive for “Aquino,” the
little village where the saint was born. while Grice, being C. of E., would
avoid Aquinas like the rats, he was aware of Aquinas’s clever ‘intention-based
semantics’ in his commentary of Aristotle’s De Interpretatione. Saint Thomas
122574, philosopher-theologian, the most
influential thinker of the medieval period. He produced a powerful
philosophical synthesis that combined Aristotelian and Neoplatonic elements
within a Christian context in an original and ingenious way. Life and works. Thomas
was born at Aquino castle in Roccasecca, Italy, and took early schooling at the
Benedictine Abbey of Monte Cassino. He then studied liberal arts and philosophy
at the of Naples 123944 and joined the
Dominican order. While going to Paris for further studies as a Dominican, he
was detained by his family for about a year. Upon being released, he studied
with the Dominicans at Paris, perhaps privately, until 1248, when he journeyed
to a priori argument Aquinas, Saint Thomas 36
36 Cologne to work under Albertus Magnus. Thomas’s own report reportatio
of Albertus’s lectures on the Divine Names of Dionysius and his notes on
Albertus’s lectures on Aristotle’s Ethics date from this period. In 1252 Thomas
returned to Paris to lecture there as a bachelor in theology. His resulting
commentary on the Sentences of Peter Lombard dates from this period, as do two
philosophical treatises, On Being and Essence De ente et essentia and On the
Principles of Nature De principiis naturae. In 1256 he began lecturing as master
of theology at Paris. From this period 125659 date a series of scriptural
commentaries, the disputations On Truth De veritate, Quodlibetal Questions
VIIXI, and earlier parts of the Summa against the Gentiles Summa contra
gentiles; hereafter SCG. At different locations in Italy from 1259 to 1269,
Thomas continued to write prodigiously, including, among other works, the
completion of the SCG; a commentary on the Divine Names; disputations On the
Power of God De potentia Dei and On Evil De malo; and Summa of Theology Summa
theologiae; hereafter ST, Part I. In January 1269, he resumed teaching in Paris
as regent master and wrote extensively until returning to Italy in 1272. From
this second Parisian regency date the disputations On the Soul De anima and On
Virtues De virtutibus; continuation of ST; Quodlibets IVI and XII; On the Unity
of the Intellect against the Averroists De unitate intellectus contra
Averroistas; most if not all of his commentaries on Aristotle; a commentary on
the Book of Causes Liber de causis; and On the Eternity of the World De
aeternitate mundi. In 1272 Thomas returned to Italy where he lectured on
theology at Naples and continued to write until December 6, 1273, when his
scholarly work ceased. He died three months later en route to the Second
Council of Lyons. Doctrine. Aquinas was both a philosopher and a theologian.
The greater part of his writings are theological, but there are many strictly
philosophical works within his corpus, such as On Being and Essence, On the
Principles of Nature, On the Eternity of the World, and the commentaries on
Aristotle and on the Book of Causes. Also important are large sections of
strictly philosophical writing incorporated into theological works such as the
SCG, ST, and various disputations. Aquinas clearly distinguishes between
strictly philosophical investigation and theological investigation. If
philosophy is based on the light of natural reason, theology sacra doctrina
presupposes faith in divine revelation. While the natural light of reason is
insufficient to discover things that can be made known to human beings only
through revelation, e.g., belief in the Trinity, Thomas holds that it is
impossible for those things revealed to us by God through faith to be opposed
to those we can discover by using human reason. For then one or the other would
have to be false; and since both come to us from God, God himself would be the
author of falsity, something Thomas rejects as abhorrent. Hence it is
appropriate for the theologian to use philosophical reasoning in theologizing.
Aquinas also distinguishes between the orders to be followed by the theologian
and by the philosopher. In theology one reasons from belief in God and his
revelation to the implications of this for created reality. In philosophy one
begins with an investigation of created reality insofar as this can be
understood by human reason and then seeks to arrive at some knowledge of divine
reality viewed as the cause of created reality and the end or goal of one’s
philosophical inquiry SCG II, c. 4. This means that the order Aquinas follows
in his theological Summae SCG and ST is not the same as that which he
prescribes for the philosopher cf. Prooemium to Commentary on the Metaphysics.
Also underlying much of Aquinas’s thought is his acceptance of the difference
between theoretical or speculative philosophy including natural philosophy,
mathematics, and metaphysics and practical philosophy. Being and analogy. For
Aquinas the highest part of philosophy is metaphysics, the science of being as
being. The subject of this science is not God, but being, viewed without
restriction to any given kind of being, or simply as being Prooemium to
Commentary on Metaphysics; In de trinitate, qu. 5, a. 4. The metaphysician does
not enjoy a direct vision of God in this life, but can reason to knowledge of
him by moving from created effects to awareness of him as their uncreated
cause. God is therefore not the subject of metaphysics, nor is he included in
its subject. God can be studied by the metaphysician only indirectly, as the
cause of the finite beings that fall under being as being, the subject of the
science. In order to account for the human intellect’s discovery of being as
being, in contrast with being as mobile studied by natural philosophy or being
as quantified studied by mathematics, Thomas appeals to a special kind of
intellectual operation, a negative judgment, technically named by him
“separation.” Through this operation one discovers that being, in order to be
realized as such, need not be material and changAquinas, Saint Thomas Aquinas,
Saint Thomas 37 37 ing. Only as a
result of this judgment is one justified in studying being as being. Following
Aristotle and Averroes, Thomas is convinced that the term ‘being’ is used in
various ways and with different meanings. Yet these different usages are not
unrelated and do enjoy an underlying unity sufficient for being as being to be
the subject of a single science. On the level of finite being Thomas adopts and
adapts Aristotle’s theory of unity by reference to a first order of being. For
Thomas as for Aristotle this unity is guaranteed by the primary referent in our
predication of being substance. Other
things are named being only because they are in some way ordered to and
dependent on substance, the primary instance of being. Hence being is
analogous. Since Thomas’s application of analogy to the divine names
presupposes the existence of God, we shall first examine his discussion of that
issue. The existence of God and the “five ways.” Thomas holds that unaided
human reason, i.e., philosophical reason, can demonstrate that God exists, that
he is one, etc., by reasoning from effect to cause De trinitate, qu. 2, a. 3;
SCG I, c. 4. Best-known among his many presentations of argumentation for God’s
existence are the “five ways.” Perhaps even more interesting for today’s
student of his metaphysics is a brief argument developed in one of his first
writings, On Being and Essence c.4. There he wishes to determine how essence is
realized in what he terms “separate substances,” i.e., the soul, intelligences
angels of the Christian tradition, and the first cause God. After criticizing
the view that created separate substances are composed of matter and form,
Aquinas counters that they are not entirely free from composition. They are
composed of a form or essence and an act of existing esse. He immediately
develops a complex argument: 1 We can think of an essence or quiddity without
knowing whether or not it actually exists. Therefore in such entities essence
and act of existing differ unless 2 there is a thing whose quiddity and act of
existing are identical. At best there can be only one such being, he continues,
by eliminating multiplication of such an entity either through the addition of
some difference or through the reception of its form in different instances of
matter. Hence, any such being can only be separate and unreceived esse, whereas
esse in all else is received in something else, i.e., essence. 3 Since esse in
all other entities is therefore distinct from essence or quiddity, existence is
communicated to such beings by something else, i.e., they are caused. Since
that which exists through something else must be traced back to that which
exists of itself, there must be some thing that causes the existence of everything
else and that is identical with its act of existing. Otherwise one would
regress to infinity in caused causes of existence, which Thomas here dismisses
as unacceptable. In qu. 2, a. 1 of ST I Thomas rejects the claim that God’s
existence is self-evident to us in this life, and in a. 2 maintains that God’s
existence can be demonstrated by reasoning from knowledge of an existing effect
to knowledge of God as the cause required for that effect to exist. The first
way or argument art. 3 rests upon the fact that various things in our world of
sense experience are moved. But whatever is moved is moved by something else.
To justify this, Thomas reasons that to be moved is to be reduced from
potentiality to actuality, and that nothing can reduce itself from potency to
act; for it would then have to be in potency if it is to be moved and in act at
the same time and in the same respect. This does not mean that a mover must
formally possess the act it is to communicate to something else if it is to
move the latter; it must at least possess it virtually, i.e., have the power to
communicate it. Whatever is moved, therefore, must be moved by something else.
One cannot regress to infinity with moved movers, for then there would be no
first mover and, consequently, no other mover; for second movers do not move
unless they are moved by a first mover. One must, therefore, conclude to the
existence of a first mover which is moved by nothing else, and this “everyone
understands to be God.” The second way takes as its point of departure an
ordering of efficient causes as indicated to us by our investigation of
sensible things. By this Thomas means that we perceive in the world of sensible
things that certain efficient causes cannot exercise their causal activity
unless they are also caused by something else. But nothing can be the efficient
cause of itself, since it would then have to be prior to itself. One cannot
regress to infinity in ordered efficient causes. In ordered efficient causes,
the first is the cause of the intermediary, and the intermediary is the cause
of the last whether the intermediary is one or many. Hence if there were no
first efficient cause, there would be no intermediary and no last cause. Thomas
concludes from this that one must acknowledge the existence of a first
efficient cause, “which everyone names God.” The third way consists of two
major parts. Some Aquinas, Saint Thomas Aquinas, Saint Thomas 38 38 textual variants have complicated the
proper interpretation of the first part. In brief, Aquinas appeals to the fact
that certain things are subject to generation and corruption to show that they
are “possible,” i.e., capable of existing and not existing. Not all things can
be of this kind revised text, for that which has the possibility of not existing
at some time does not exist. If, therefore, all things are capable of not
existing, at some time there was nothing whatsoever. If that were so, even now
there would be nothing, since what does not exist can only begin to exist
through something else that exists. Therefore not all beings are capable of
existing and not existing. There must be some necessary being. Since such a
necessary, i.e., incorruptible, being might still be caused by something else,
Thomas adds a second part to the argument. Every necessary being either depends
on something else for its necessity or it does not. One cannot regress to
infinity in necessary beings that depend on something else for their necessity.
Therefore there must be some being that is necessary of itself and that does
not depend on another cause for its necessity, i.e., God. The statement in the
first part to the effect that what has the possibility of not existing at some
point does not exist has been subject to considerable dispute among
commentators. Moreover, even if one grants this and supposes that every
individual being is a “possible” and therefore has not existed at some point in
the past, it does not easily follow from this that the totality of existing
things will also have been nonexistent at some point in the past. Given this,
some interpreters prefer to substitute for the third way the more satisfactory
versions found in SCG I ch. 15 and SCG II ch. 15. Thomas’s fourth way is based
on the varying degrees of perfection we discover among the beings we experience.
Some are more or less good, more or less true, more or less noble, etc., than
others. But the more and less are said of different things insofar as they
approach in varying degrees something that is such to a maximum degree.
Therefore there is something that is truest and best and noblest and hence that
is also being to the maximum degree. To support this Thomas comments that those
things that are true to the maximum degree also enjoy being to the maximum
degree; in other words he appeals to the convertibility between being and truth
of being. In the second part of this argument Thomas argues that what is
supremely such in a given genus is the cause of all other things in that genus.
Therefore there is something that is the cause of being, goodness, etc., for
all other beings, and this we call God. Much discussion has centered on
Thomas’s claim that the more and less are said of different things insofar as
they approach something that is such to the maximum degree. Some find this
insufficient to justify the conclusion that a maximum must exist, and would
here insert an appeal to efficient causality and his theory of participation.
If certan entities share or participate in such a perfection only to a limited
degree, they must receive that perfection from something else. While more
satisfactory from a philosophical perspective, such an insertion seems to
change the argument of the fourth way significantly. The fifth way is based on
the way things in the universe are governed. Thomas observes that certain things
that lack the ability to know, i.e., natural bodies, act for an end. This
follows from the fact that they always or at least usually act in the same way
to attain that which is best. For Thomas this indicates that they reach their
ends by “intention” and not merely from chance. And this in turn implies that
they are directed to their ends by some knowing and intelligent being. Hence
some intelligent being exists that orders natural things to their ends. This
argument rests on final causality and should not be confused with any based on
order and design. Aquinas’s frequently repeated denial that in this life we can
know what God is should here be recalled. If we can know that God exists and
what he is not, we cannot know what he is see, e.g., SCG I, c. 30. Even when we
apply the names of pure perfections to God, we first discover such perfections
in limited fashion in creatures. What the names of such perfections are
intended to signify may indeed be free from all imperfection, but every such
name carries with it some deficiency in the way in which it signifies. When a
name such as ‘goodness’, for instance, is signified abstractly e.g., ‘God is
goodness’, this abstract way of signifying suggests that goodness does not
subsist in itself. When such a name is signified concretely e.g., ‘God is
good’, this concrete way of signifying implies some kind of composition between
God and his goodness. Hence while such names are to be affirmed of God as
regards that which they signify, the way in which they signify is to be denied
of him. This final point sets the stage for Thomas to apply his theory of
analogy to the divine names. Names of pure perfections such as ‘good’, ‘true’,
‘being’, etc., cannot be applied to God with Aquinas, Saint Thomas Aquinas,
Saint Thomas 39 39 exactly the same
meaning they have when affirmed of creatures univocally, nor with entirely
different meanings equivocally. Hence they are affirmed of God and of creatures
by an analogy based on the relationship that obtains between a creature viewed
as an effect and God its uncaused cause. Because some minimum degree of
similarity must obtain between any effect and its cause, Thomas is convinced
that in some way a caused perfection imitates and participates in God, its
uncaused and unparticipated source. Because no caused effect can ever be equal
to its uncreated cause, every perfection that we affirm of God is realized in
him in a way different from the way we discover it in creatures. This
dissimilarity is so great that we can never have quidditative knowledge of God
in this life know what God is. But the similarity is sufficient for us to
conclude that what we understand by a perfection such as goodness in creatures
is present in God in unrestricted fashion. Even though Thomas’s identification
of the kind of analogy to be used in predicating divine names underwent some
development, in mature works such as On the Power of God qu. 7, a. 7, SCG I
c.34, and ST I qu. 13, a. 5, he identifies this as the analogy of “one to
another,” rather than as the analogy of “many to one.” In none of these works
does he propose using the analogy of “proportionality” that he had previously
defended in On Truth qu. 2, a. 11. Theological virtues. While Aquinas is
convinced that human reason can arrive at knowledge that God exists and at
meaningful predication of the divine names, he does not think the majority of
human beings will actually succeed in such an effort SCG I, c. 4; ST IIIIae,
qu. 2, a. 4. Hence he concludes that it was fitting for God to reveal such
truths to mankind along with others that purely philosophical inquiry could
never discover even in principle. Acceptance of the truth of divine revelation
presupposes the gift of the theological virtue of faith in the believer. Faith
is an infused virtue by reason of which we accept on God’s authority what he
has revealed to us. To believe is an act of the intellect that assents to
divine truth as a result of a command on the part of the human will, a will
that itself is moved by God through grace ST II IIae, qu. 2, a. 9. For Thomas
the theological virtues, having God the ultimate end as their object, are prior
to all other virtues whether natural or infused. Because the ultimate end must
be present in the intellect before it is present to the will, and because the ultimate
end is present in the will by reason of hope and charity the other two
theological virtues, in this respect faith is prior to hope and charity. Hope
is the theological virtue through which we trust that with divine assistance we
will attain the infinite good eternal
enjoyment of God ST IIIIae, qu. 17, aa. 12. In the order of generation, hope is
prior to charity; but in the order of perfection charity is prior both to hope
and faith. While neither faith nor hope will remain in those who reach the eternal
vision of God in the life to come, charity will endure in the blessed. It is a
virtue or habitual form that is infused into the soul by God and that inclines
us to love him for his own sake. If charity is more excellent than faith or
hope ST II IIae, qu. 23, a. 6, through charity the acts of all other virtues
are ordered to God, their ultimate end qu. 23, a. 8. Aquino -- Aquinismo“If followers of William
are called Occamists, followers of a Saint should surely call themselves
“Aquinistae”! -- neo-Thomismas opposed to palaeo-Thomism --, a
philosophical-theological movement in the nineteenth and twentieth centuries
manifesting a revival of interest in Aquinas. It was stimulated by Pope Leo
XIII’s encyclical Aeterni Patris 1879 calling for a renewed emphasis on the
teaching of Thomistic principles to meet the intellectual and social challenges
of modernity. The movement reached its peak in the 0s, though its influence
continues to be seen in organizations such as the Catholic Philosophical Association. Among its
major figures are Joseph Kleutgen, Désiré Mercier, Joseph Maréchal, Pierre
Rousselot, Réginald Garrigou-LaGrange, Martin Grabmann, M.-D. Chenu, Jacques
Maritain, Étienne Gilson, Yves R. Simon, Josef Pieper, Karl Rahner, Cornelio
Fabro, Emerich Coreth, Bernard Lonergan, and W. Norris Clarke. Few, if any, of
these figures have described themselves as NeoThomists; some explicitly
rejected the designation. Neo-Thomists have little in common except their
commitment to Aquinas and his relevance to the contemporary world. Their
interest produced a more historically accurate understanding of Aquinas and his
contribution to medieval thought Grabmann, Gilson, Chenu, including a
previously ignored use of the Platonic metaphysics of participation Fabro. This
richer understanding of Aquinas, as forging a creative synthesis in the midst
of competing traditions, has made arguing for his relevance easier. Those
Neo-Thomists who were suspicious of modernity produced fresh readings of
Aquinas’s texts applied to contemporary problems Pieper, Gilson. Their
influence can be seen in the revival of virtue theory and the work of Alasdair
MacIntyre. Others sought to develop Aquinas’s thought with the aid of later
Thomists Maritain, Simon and incorporated the interpretations of
Counter-Reformation Thomists, such as Cajetan and Jean Poinsot, to produce more
sophisticated, and controversial, accounts of the intelligence, intentionality,
semiotics, and practical knowledge. Those Neo-Thomists willing to engage modern
thought on its own terms interpreted modern philosophy sympathetically using
the principles of Aquinas Maréchal, Lonergan, Clarke, seeking dialogue rather
than confrontation. However, some readings of Aquinas are so thoroughly
integrated into modern philosophy that they can seem assimilated Rahner,
Coreth; their highly individualized metaphysics inspired as much by other
philosophical influences, especially Heidegger, as Aquinas. Some of the labels
currently used among Neo-Thomists suggest a division in the movement over critical,
postKantian methodology. ‘Existential Thomism’ is used for those who emphasize
both the real distinction between essence and existence and the role of the
sensible in the mind’s first grasp of being. ‘Transcendental Thomism’ applies
to figures like Maréchal, Rousselot, Rahner, and Coreth who rely upon the
inherent dynamism of the mind toward the real, rooted in Aquinas’s theory of
the active intellect, from which to deduce their metaphysics of being. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Aquino: grammatici speculative, per il Club
Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. Refs.:
Grice, “Intentionality in Aquino,” Speranza, “Grice and Aquino on the taxonomy
of intentions.”
arangio: Grice: “We
have Flores, we have Ruiz, we have Enriques – reminds me of Alan Montefiore! I
like Vladimiro Arangio – my favourite is by far his philosoophising on
Socrates’s ‘Sofista’ – he distinguishes between what he calls ‘Socratic
dialogue’ (mine) and ‘dialogo sofistico’!” -- Vladimiro Arangio-Ruiz (Napoli) filosofo,
grecista e accademico italiano. Fu il primo preside del Liceo scientifico
Alessandro Tassoni di Modena, istituito nel 1923, a seguito della riforma
Gentile. Nacque a Napoli nel 1887 da
Gaetano, professore di diritto costituzionale, e da Clementina Cavicchia.
Frequentò a Firenze il corso di lettere nell'Istituto di studi superiori dal
1905 al 1910 e si laureò con una tesi su Il coro nella tragedia greca in
letteratura greca con Girolamo Vitelli, filologo, grecista, papirologo e
senatore del Regno d'Italia. Vladimiro
appartenne a una illustre famiglia di giuristi: il fratello Vincenzo
Arangio-Ruiz fu uno dei maggiori studiosi di diritto romano, ordinario
all'Napoli e alla Sapienza di Roma. Contravvenendo alla tradizione di famiglia,
Vladimiro preferì dedicarsi agli studi filosofici e fu professore alla Scuola
normale superiore di Pisa e alla facoltà di Magistero di Firenze. Insegnò nei ginnasi di Stato e fu ufficiale
d'artiglieria nella Prima guerra mondiale dove venne ferito. Nel 1921 si laureò
per la seconda volta, in filosofia con Piero Martinetti, discutendo la tesi
Conoscenza e moralità pubblicata nel 1922.
In gioventù aveva sentito fortemente l'influenza del giovane poeta e
filosofo Carlo Michelstaedter, esponente importante della filosofia europea del
primo Novecento, del quale pubblicherà gli scritti. Si propose una funzione critica
ricostruttiva dell'idealismo
storicistico e dell'attualismo di Giovanni Gentile da cui trasse ispirazione
per sviluppare il suo "moralismo assoluto". Contrariamente alla
dottrina gentiliana che dichiarava l'attualismo coincidente con la "vita
dello Stato", Arangio Ruiz credeva che invece fosse identificabile con il
comportamento morale individuale poiché la politica non è che un aspetto particolare
della legge morale per sua natura universale .
Fra le sue opere si ricordano: Prose morali (1935), e Umanità dell'arte
(1951). Morì a Firenze nel 1952. Note Il Liceo "Tassoni" tra storia e
innovazione. Fonte: Dizionario di
filosofia, riferimenti in . Fabrizio
Meroi, «Carlo Michelstaedter» in Il contributo italiano alla storia del
PensieroFilosofia, Roma Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Ricostruzione filosofica, in Arch. di
filosofia, X[1940]20 Carlo
Michelstaedter Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una
pagina dedicata a Vladimiro Arangio-Ruiz
Vladimiro Arangio-Ruiz, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Vladimiro
Arangio-Ruiz, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Vladimiro Arangio-Ruiz, in
Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. Filosofia Filosofo
del XX secoloGrecisti italianiAccademici italiani Professore
arcais: Grice: “As Mikos says about the English, ‘de’ adds prestige
as in ‘de Grys’ – same with Italians and ‘d’Arcais,’ after four pescherie owned
by one ancestor. – d’Arcais has been described as a ‘quaresmalitsa,’ who had
the unfortune of being tutored by an atheist! Asa good stoicp philosopher, he endured it!’
-- Paolo Flores d'Arcais (Cervignano del
Friuli), filosofo Direttore della rivista MicroMega. È stato collaboratore de
la Repubblica, il Fatto Quotidiano, El País, Frankfurter Allgemeine Zeitung e
Gazeta Wyborcza. Ha sempre unito
l’attività di studioso, il lavoro editoriale e l’impegno civile. Educazione
intensamente cattolica. Abbandona la fede nella primavera del 1961. Maturità
scientifica nel 1962, maturità classica nel 1963. Si iscrive al partito
comunista (e federazione giovanile) nell’autunno 1963, entrando all’università.
Nel 1964 è segretario del Circolo universitario comunista e nell’estate
frequenta la scuola centrale di partito “Marabini” a Bologna. Allievo di Lucio Colletti, marxista eretico
“dellavolpiano”, si laurea con lui nel 1969 con una tesi su “Marx interprete di
Adamo Smith” e ne sarà a lungo uno degli assistenti. Espulso dal Pci nella
primavera del 1967, è uno degli animatori del movimento studentesco del
Sessantotto. Nel 1970 e ’71 pubblica la rivista “Soviet”. Nel 1976/7 la rivista
“Il Leviatano”. Nel 1977 è l’organizzatore del convegno internazionale di tre
giorni che apre la “Biennale del dissenso” della presidenza Ripa di Meana. Nel 1978 viene chiamato a fondare e dirigere
il “Centro culturale Mondoperaio” dal segretario del Psi Bettino Craxi (alleato
delle sinistre di Giolitti e Lombardi). Prima iniziativa, il convegno
internazionale “Marxismo, leninismo, socialismo”, relatori Cornelius
Castoriadis, Gilles Martinet e Rudi Dutschke. Rompe con Craxi nel gennaio del
1980 quando questi cambia politica, spezza l’alleanza con Giolitti e Lombardi,
torna al governo con la Dc. Nel 1986
fonda insieme a Giorgio Ruffolo la rivista “MicroMega” (Ruffolo ne uscirà nel
1992, per contrasti su “Mani pulite”). Nel 1990 fonda la “sinistra dei club”
con Alberto Cavallari e altre cinque personalità della società civile, per
partecipare alla fondazione del Pds, che dovrebbe aprirsi alla società civile
sulle ceneri dell’ex Pci. Lo abbandona un anno dopo, viste le promesse non
mantenute. Nell’inverno 2000 è protagonista di una controversia pubblica col
cardinal Ratzinger al Teatro Quirino di Roma. Nel 2002 organizza insieme a
Nanni Moretti, Olivia Sleiter e Pancho Pardi la grande manifestazione dei
“girotondi” del 14 settembre a piazza san Giovanni a Roma. Paolo Flores
d'Arcais è "radicalmente ateo".
Impegno politico Inizia presto ad occuparsi di politica
nell'organizzazione giovanile del Partito Comunista Italiano, ma presto viene
espulso dalla FGCI per la sua prolungata e grave attività frazionistica, cioè
per la sua doppia militanza nella FGCI e nella Quarta Internazionale
trotskista. Allievo e amico di Lucio Colletti, dopo esser stato uno dei
protagonisti del "Sessantotto" romano, approda a posizioni di
riformismo radicale e verso la fine degli anni settanta ha una breve ma vivida
intesa con Bettino Craxi e Claudio Martelli, dai quali, tuttavia, si distacca
ben presto. Nel 1991 aderisce al Partito
Democratico della Sinistra di Achille Occhetto entrando nella Direzione del
movimento, da cui però fuoriesce due anni dopo poiché favorevole alla guerra
del Golfo a differenza della linea maggioritaria del partito. Tra i promotori
della breve stagione dei girotondi, tenta di proporre una lista di suoi
candidati alle primarie dell'Ulivo per le elezioni politiche del 2006 ma come
lui stesso deve ammettere "realizza un fallimento pieno e perfetto"
raccogliendo appena 130 adesioni alla sua idea. Il 25 marzo 2008 annuncia su
MicroMega che nelle elezioni politiche del 2008 avrebbe votato per il Partito
Democratico in funzione anti-berlusconiana. Il 29 gennaio 2009 decide di
ritentare in politica prospettando il "Partito dei Senza Partito"
insieme ad Antonio Di Pietro ed Andrea Camilleri per partecipare alle elezioni
europee del 2009 ma, il 12 marzo dello stesso anno, viene annunciato il mancato
accordo fra i tre. Per le elezioni politiche del ha dichiarato di votare la lista Rivoluzione
Civile di Antonio Ingroia. Successivamente non nasconde le sue simpatie per il
Movimento 5 Stelle per il quale dichiara di votare. Tuttavia in seguito
all'alleanza tra il Movimento 5 Stelle e la Lega si dice deluso dal Movimento,
accusando in particolare Luigi Di Maio di avere tradito le promesse agli
elettori. Opere Il maggio rosso di Parigi.
Cronologia e documenti delle lotte studentesche e operaie in Francia, a cura
di, Padova, Marsilio, 1968. Il piccolo sinistrese illustrato, con Giampiero
Mughini, Milano, SugarCo, 1977. Il dubbio e la certezza. Nei dintorni del
marxismo e oltre (1971-1981), Milano, SugarCo, 1982. L'esistenzialismo
libertario di Hannah Arendt, in Hannah Arendt, Politica e menzogna, Milano,
SugarCo, 1985. Oltre il PCI. Per un partito libertario e riformista, Genova,
Marietti, 1990. 88-211-6279-6. Esistenza
e libertà. A partire da Hannah Arendt, Genova, Marietti, 1990. 88-211-6622-8. L'albero e la foresta. Il
partito democratico della sinistra nel sistema politico italiano, con Umberto
Curi, Milano, FrancoAngeli, 1991.
88-204-6678-3. La rimozione permanente. Il futuro della sinistra e la
critica del comunismo. Scritti 1971-1991, Genova, Marietti, 1991. 88-211-6898-0. Etica senza fede, Torino,
Einaudi, 1992. 88-06-13001-3. Il
disincanto tradito, Torino, Bollati Boringhieri, 1994. 88-339-0820-8. Hannah Arendt. Esistenza e
libertà, Roma, Donzelli, 1995. 88-7989-151-0.
Gobetti, liberale del futuro, in Piero Gobetti, La rivoluzione liberale. Saggio
sulla lotta politica in Italia, Torino, Einaudi, 1995. 88-06-13642-9. Il populismo italiano da Craxi
a Berlusconi. Dieci anni di regime nelle analisi di MicroMega, Roma, Donzelli,L'individuo
libertario. Percorsi di filosofia morale e politica nell'orizzonte del finito,
Torino, Einaudi, 1999. 88-06-15139-8. Il
sovrano e il dissidente, ovvero La democrazia presa sul serio. Saggio di
filosofia politica per cittadini esigenti, Milano, Garzanti, 2004. 88-11-60045-6. Dio esiste? Un confronto su
verità, fede, ateismo, moderato da Gad Lerner, con Joseph Ratzinger, Roma,
Somedia Gruppo editoriale L'Espresso, 2005.
88-8371-169-6. Il ventennio populista. Da Craxi a Berlusconi (passando
per D'Alema?), Roma, Fazi, 2006.
88-8112-750-4. Hannah Arendt. Esistenza e libertà, autenticità e
politica, Roma, Fazi, 2006.
88-8112-769-5. Atei o credenti? Filosofia, politica, etica, scienza, con
Michel Onfray e Gianni Vattimo, Roma, Fazi, Dio? Ateismo della ragione e ragioni della
fede, con Angelo Scola, Venezia, Marsilio, Itinerario di un eretico. Dialogo con Paolo
Flores d'Arcais, di Marco Alloni, Lugano, ADV, 2008. 978-88-7922-035-4. A chi appartiene la tua
vita? Una riflessione filosofica su etica, testamento biologico, eutanasia e
diritti civili nell'epoca oscurantista di Ratzinger e Berlusconi, Milano, Ponte
alle Grazie, 2009. 978-88-6220-068-4.
Albert Camus filosofo del futuro, Torino, Codice, . La sfida oscurantista di
Joseph Ratzinger, Milano, Ponte alle Grazie, .
978-88-6220-214-5. Gesù. L'invenzione del Dio cristiano, Torino, Add, . Macerie. Ascesa e declino di un regime, Roma,
Aliberti, . 978-88-7424-761-5. Perché
oggi, in Ernesto Rossi, Contro l'industria dei partiti, Milano, Chiarelettere,
. 978-88-6190-358-6. Democrazia! Libertà
privata e libertà in rivolta, Torino, Add, .
978-88-96873-73-1. Il caso o la speranza? Un dibattito senza diplomazia,
con Vito Mancuso, Milano, Garzanti, .
978-88-11-68459-6. La Guerra del Sacro. Terrorismo, laicità e democrazia
radicale, Milano, Raffaello Cortina Editore, .
978-88-6030-793-4. Questione di vita e di morte, Einaudi, Vele, . 9788806242558. Note cfr., uno per tutti, il suo volume (a quattro
mani con il cardinale Angelo Scola) "Dio? Ateismo della ragione e ragioni
della fede"Marsilio editore, 2008
Dal sito di MicroMega Articolo de
El País, tradotto in italiano Archiviato il 30 giugno in .
Elezioni Per chi votano Travaglio, Guzzanti, Scanzi, ecc. Tra
Rivoluzione Civile e il Movimento 5 Stelle
La Repubblica del 19 novembre
Flores d'Arcais: “Il Movimento 5 Stelle non esiste più”, su
micromega-online. 24 aprile . MicroMega
(periodico) Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Paolo Flores
d'Arcais Paolo Flores d'Arcais, su
TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Paolo Flores d'Arcais, su openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Registrazioni di
Paolo Flores d'Arcais, su RadioRadicale, Radio Radicale. Sito ufficiale di MicroMega. Undici riflessioni
sui movimenti articolo pubblicato sul numero 2 del 2002 di MicroMega.
Intervista a D'Arcais sul ventennale della rivista. Il blog di Paolo Flores
d'Arcais, su ilfattoquotidiano. Filosofia Filosofo del XX secoloFilosofi
italiani del XXI secoloGiornalisti italiani del XX secoloGiornalisti italiani Professore1944Nati
l'11 luglio Cervignano del FriuliDirettori di periodici italianiFilosofi atei
archibugi: Grice:
“I would hardly call Archibugi a philosopher, but he did compile a thing
‘filosofi per la pace’ none of them Italian! So much for ‘pax romana’!” – Grice:
“Strawson does call Archibugi a ‘filosofo,’ though!” -- DanieleArchibugi (Roma), filosofo. Nell'ambito
della teoria politica, ha sviluppato, insieme a David Held, l'idea di una
democrazia cosmopolita. Ha anche lavorato su diversi aspetti della
globalizzazione, ed in particolare sulla globalizzazione dell'innovazione e del
cambiamento tecnologico. Dopo una non assidua frequentazione del Liceo
Sperimentale della Bufalotta, si è laureato con lode alla Facoltà di Economia e
Commercio dell'Roma La Sapienza con Federico Caffè. Ha conseguito il dottorato
di ricerca presso lo Science Policy Research Unit dell'Università del Sussex,
dove ha lavorato con Christopher Freeman e Keith Pavitt. Ha insegnato alle
Università del Sussex, Madrid, Napoli, Roma La Sapienza e Roma Luiss,
Cambridge, London School of Economics and Political Science e Harvard. Ha anche
tenuto corsi presso università asiatiche quali la Ritsumeikan University di
Kyoto e la SWEFE University di Chengdu. Nel 2006 è stato nominato
Professore Onorario presso l'Università del Sussex e nel Membro d'Onore del Réseaux de Recherche sur
l'Innovation. Dirigente presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche a
Roma, è Professore di Innovation, Governance and Public Policy presso l'Londra,
Birkbeck College. Dal 1997 al 2002 è stato Commissario dell'Autorità sui
servizi pubblici locali di Roma, eletto a larga maggioranza dal Consiglio
Comunale. La democrazia cosmopolita Il progetto della democrazia
cosmopolita o cosmopolitica si interroga sulla possibilità di applicare alcune
norme e valori della democrazia anche nelle relazioni internazionali. La necessità
deriva dal fatto che la globalizzazione economica e sociale ha reso gli stati
sempre più vulnerabili e che decisioni importanti per loro sono prese al di
fuori dal processo democratico. La soluzione proposta dalla democrazia
cosmopolita è sviluppare istituzioni sovra-statali che siano capaci di
affrontare democraticamente problemi comuni quali l'ambiente, la sicurezza, le
migrazioni, il commercio estero e i flussi finanziari. La democrazia
cosmopolita guarda con fiducia alle organizzazioni internazionali, e desidera
rafforzare al loro interno il controllo dei cittadini, cui va dato un peso
politico parallelo e autonomo rispetto a quello che già hanno i loro governi. A
livello politico, Archibugi ha sostenuto la limitazione del potere di veto nel
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e la formazione di un'Assemblea
Parlamentare Mondiale. Ha invece ritenuto insoddisfacenti e anti-democratici i
vertici inter-governativi quali il G7, G8 and G20. Ha anche preso posizione
contro l'idea di una Lega delle democrazie sostenendo che una riforma
democratica delle Nazioni Unite riuscirebbe assai meglio a soddisfare le
medesime istanze. Giustizia globale Fautore della responsabilità
individuale dei governanti nel caso di crimini internazionali, Archibugi ha anche
attivamente sostenuto, sin dalla caduta del muro di Berlino, la creazione di
una Corte penale internazionale, collaborando sia con i giuristi della
Commissione del diritto internazionale delle Nazioni Unite sia con il governo
italiano. Nel corso degli anni, la sua posizione è diventata sempre più
scettica per l'incapacità dei tribunali internazionali di incriminare i più
forti. Ha, quindi, preso posizione a favore di altri strumenti quasi-giudiziari
come le Commissioni per la verità e la riconciliazione e i Tribunali
d'opinione. Globalizzazione della tecnologia Archibugi ha proposto una
tassonomia della globalizzazione della tecnologia che distingue fra tre
meccanismi di trasmissione della conoscenza: sfruttamento internazionale delle
innovazioni, generazione globale delle innovazioni e collaborazioni globali
nella scienza e nella tecnologia.. Come Presidente di un Gruppo di
Esperti dello Spazio di Ricerca Europeo della Commissione europea dedicato alla
collaborazione internazionale nella scienza e nella tecnologia, Archibugi ha
indicato che il declino demografico dell'Europa, combinato con la scarsa
vocazione delle nuove generazioni per le scienze, genererà una drastica carenza
di lavoratori qualificati in meno di una generazione. Questo metterà in pericolo
il livello di benessere della popolazione europea in aree cruciali come la
ricerca medica, le tecnologie dell'informazione e le industrie ad alta
tecnologia. Ha così sostenuto di rivedere radicalmente la politica
dell'immigrazione europea in maniera di accogliere e formare in un decennio
almeno due milioni di studenti dai paesi emergenti e in via di sviluppo,
qualificandoli in discipline quali le scienze e l'ingegneria. Economia
della ricostruzione dopo le crisi economiche Da studioso dei cicli economici, Archibugi
ha combinato la prospettiva keynesiana derivata dai suoi mentori Federico
Caffè, Hyman Minsky e Nicholas Kaldor con quella schumpeteriana derivata da
Christopher Freeman e dallo Science Policy Research Unit dell'Università del
Sussex. Combinando le due prospettive, Archibugi ha sostenuto che per uscire da
una crisi, un paese deve investire nei settori emergenti e che, in assenza di
spirito imprenditoriale del settore privato, il settore pubblico deve avere la
capacità manageriale di sfruttare le opportunità scientifiche e tecnologiche,
anche a salvaguardia dei beni pubblici. Relazioni familiari Figlio
dell'urbanista Franco Archibugi e della poetessa Muzi Epifani, ha numerosi
fratelli e sorelle, tra cui la regista Francesca Archibugi e il politologo
Mathias Koenig-Archibugi, con il quale frequentemente collabora nei suoi studi.
I fratelli maggiori del nonno di suo nonno furono Francesco e Alessandro
Archibugi, volontari del Battaglione universitario della Sapienza e la difesa
della Repubblica Romana (1849). Note
D. Archibugi è stato uno degli ultimi e più vicini allievi di Federico
Caffè. Partecipò attivamente alle sue ricerche dopo la misteriosa scomparsa.
Cfr. D. Archibugi, I ragazzi che cercarono il Prof. Caffè, La Repubblica, 8
aprile . Si veda anche Fabrizio Peronaci, La scomparsa di Federico Caffè. «Un
genio anche nell’addio. Come lui solo Majorana», intervista a Daniele
Archibugi, Corriere, 10 novembre .
Membres d'honneur du Réseaux de Recherche sur l'Innovation Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto
di Ricerca sulla Popolazione e le Politiche Sociali Birkbeck College, Department of
Management Tom Cassauwers, Interview
with Daniele Archibugi, E-INTERNATIONAL RELATIONS, 14 settembre . Campaign for the Establishment of a United
Nations Parliamentary Assembly Copia archiviata, su en.unpacampaign.org. 10
ottobre 2009 22 agosto 2009). D.
Archibugi, The G20 is a luxury we can't afford, The Guardian, Saturday 28 March
2008. D. Archibugi, A League of
Democracies or a Democratic United Nations Archiviato il 24 luglio in ., Harvard International Review, Ottobre
2008. Intervista su Delitto e castigo
nella società globale. Crimini e processi internazionali, Letture.org. . Daniele Archibugi e Alice Pease, Delitto e
castigo nella società globale. Crimini e processi internazionali, Castelvecchi,
Roma, . Daniele Archibugi, La giustizia
penale internazionale tra passato e futuro, Questione Giustizia, 27 gennaio
. Daniele Archibugi and Jonathan Michie,
The Globalization of Technology: A New Taxonomy, "Cambridge Journal of
Economics", 19, no. 1, 1995, 121-140,
Daniele Archibugi (Chair) Opening to the World. Opening to the World:
International Cooperation in Science and Technology Archiviato il 25
luglio in ., European Research Area,
2008, D. Archibugi e A. Filippetti,
Innovation and Economic Crisis. Innovation and Economic Crisis. Lessons and
Prospects from the Economic Downturn, Routledge, London, . D. Archibugi, A. Filippetti & M. Frenz,
Investment in innovation for European recovery: a public policy priority,
Science & Public Policy, November .
Daniele Archibugi, «Generare imprese europee per la ricostruzione: la
lezione Airbus», Il Sole 24 Ore, 5 Maggio .
Floriana Bulfon, «Nuovi imprenditori e lavoratori soddisfatti: solo così
dopo il virus l'Italia sarà migliore. Intervista a Daniele Archibugi»,
L'Espresso, 14 Aprile . Daniele
Archibugi, Mathias Koenig-Archibugi, Raffaele Marchetti, Global Democracy.
Normative and Empirical Perspectives, Cambridge University Press, Cambridge, .
Pubblicazioni Nell'ambito degli studi sull'organizzazione internazionale, ha
pubblicato i seguenti volumi: (co-curatore con Franco Voltaggio),
Filosofi per la pace, (Editori Riuniti, 1991 e 1999); (curatore), Cosmopolis. È
possibile una democrazia sovranazionale?, (Manifestolibri, 1993); (co-curatore
con David Held), Cosmopolitan Democracy. An Agenda for a New World Order,
(Polity Press, 1995); Il futuro delle Nazioni Unite (Edizioni Lavoro, 1995);
(coautore con David Beetham), Diritti umani e democrazia cosmopolitica,
(Feltrinelli, 1998); (co-curatore con David Held e Martin Koehler),
Re-imagining Political Community. Studies in Cosmopolitan Democracy, (Polity
Press, 1998). (curatore), Debating Cosmopolitics, (Verso, 2003). The Global
Commonwealth of Citizens. Toward Cosmopolitan Democracy, (Princeton University
Press, 2008) 978-0-691-13490-1 Cittadini
del mondo. Verso una democrazia cosmopolitica, (Il Saggiatore, 2009)
(co-curatore con Guido Montani), European Democracy and Cosmopolitan Democracy,
(The Altiero Spinelli Institute for Federalist Studies, ) |978-88-89495-05-6
(co-curatore con Mathias Koenig-Archibugi e Raffaele Marchetti), Global
Democracy: Normative and Empirical Perspectives, (Cambridge University Press,
) 978-0-521-17498-5 (co-autore con Alice
Pease), Delitto e castigo nella società globale. Crimini e processi
internazionali, (Castelvecchi, )
978-88-3282-106-2 (co-curatore con Ali Emre Benli), Claiming Citizenship
Rights in Europe. Emerging Challenges and Political Agents (Routledge, ) 978-1-138-03673-4 (co-autore con Alice
Pease), Crime and Global Justice: The Dynamics of International Punishment,
(Polity Press, ) 978-1509512621
Nell'ambito degli studi economici, ha pubblicato i seguenti volumi: (co-curatore
con Enrico Santarelli), Cambiamento tecnologico e sviluppo industriale, (Franco
Angeli, 1990); (coautore con Mario Pianta), The Technological Specialization of
Advanced Countries, prefazione di Jacques Delors, (Kluwer, 1992); (co-curatore
con Gianfranco Imperatori), Economia globale e innovazione, (Donzelli, 1997);
(co-curatore con Jonathan Michie), Technology, Globalisation and Economic
Performance, prefazione di Richard Nelson (Cambridge University Press, 1997);
(co-curatore con Jonathan Michie), Trade, Growth and Technical Change, prefazione
di Nathan Rosenberg, (Cambridge University Press, 1998); (co-curatore con
Jonathan Michie), Innovation Policy in a Global Economy, prefazione di
Christopher Freeman, (Cambridge University Press, 1999); (coautore con Giuseppe
Ciccarone, Mauro Marè, Bernardo Pizzetti e Flaminia Violati), Il triangolo dei
servizi pubblici, (Marsilio, 2000); (co-curatore con Bengt-Aake Lundvall), The
Globalising Learning Economy, (Oxford University Press, 2001). (coautore con
Andrea Filippetti), Innovation and Economic Crises. Lessons and Prospects from
the Economic Downturn, (Routledge, ).
978-0-415-60228-0 (co-curatore con Andrea Filippetti), The Handbook of
Global Science, Technology and Innovation (Wiley, ). 978-1-118-73906-8. Per una presentazione del
libro, vedi The Handbook of Global Science, Technology and Innovation;
(co-curatore con Fabrizio Tuzi), Relazione sulla ricerca e l'innovazione in
Italia. Analisi e dati di politica della scienza e della tecnologia, seconda
edizione (CNR Edizioni, ).
978-88-8080-356-0 (IT, EN) Sito
ufficiale, su danielearchibugi.org.
Opere di Daniele Archibugi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Registrazioni di Daniele Archibugi, su
RadioRadicale, Radio Radicale. Sito
CNR-IRPPS, Commessa Globalizzazione. Determinanti e impatto economico,
tecnologico e politico. University of London, Birkbeck College, Home Page
Daniele Archibugi. University of London, Birkbeck College, Intervista su
"The Global Commonwealth of Citizens" Intervista della LA7 a Daniele
Archibugi Sull'innovazione tecnologica, (video). Intervista alla trasmissione
Mapperò, SAT2000, sulla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, (video),
Parte prima; Parte seconda; Parte terza. Dibattito presso la London School of
Economics "È possibile una democrazia globale?" (video in
inglese)://globaldemo.org/film/1255[collegamento interrotto] Intervista a LA7
su "Cittadini del mondo. Verso una democrazia cosmopolitica",.
Intervista a TG3 Linea Notte su "Cittadini del mondo. Verso una democrazia
cosmopolitica" 25 febbraio 2009. Intervista a TG2 Punto IT su
"Cittadini del mondo. Verso una democrazia cosmopolitica", 15 giugno
2009. Discorso su Secrets, Lies and Power, Berlino, European Alternatives, 18
giugno . Intervista sul volume The Handbook of Global Science, Technology and
Innovation, Londra, Birkbeck College, 3 agosto . Lo Stato dell`ArteQuale futuro
per l’Europa?, Trasmissione Rai5, conduce Maurizio Ferraris, con Daniele
Archibugi e Alessandro Politi, 14 luglio . Quante storie Rai3I grandi crimini
contro l'umanità, intervista di Corrado Augias a Daniele Archibugi, 9 novembre
. Crime and Global Justice , Book Launch alla London School of Economics and
Political Science, 28 Febbraio , podcast con Gerry Simpson, Christine Chinkin,
Richard Falk e Mary Kaldor. Daniele Archibugi, Do we Need a Global Criminal
Justice?, Conferenza alla City University of New York, 9 Aprile . Daniele
Archibugi, "Cosmopolitan democracy as a method of addressing
controversies", IAJLJ CONFERENCE "CONTROVERSIAL
MULTICULTURALISM", Roma, Novembre, . Daniele Archibugi, "What is the
difference between invention and innovation?", Birkbeck College University
of London, 28 Ottobre . Presentazione della Relazione sulla ricerca e
l'innovazione in Italia, Roma, Consiglio Nazionale delle Ricerche, 15 ottobre Filosofi della politica, Filosofi italiani
del XXI secolo.
arcidiacono: Grice: “I like Arcidiacono, and Floridi should pay more
attention to him; after all he what Austin called an ‘Oxonian myopist’! I love
him!” “It took me a while to digest
Aricidiacono’s non-intentional use of ‘inform,’ but I suppose he rather follows
Shannon than Plato!” “Arcidiacono pays due attention to Aristotle’s
‘finalismo,’ and as an Italian, he gives proper due to Plionio – ‘il vecchio,’
as Arcidiacono comically calls him – Strawson: “As if Pliny the Younger were
not now part of ‘storia vecchia’!” – Grice: “In any case, give me Salvatore
anyday – his brother, Giuseppe, cannot qualify as a philosopher!” – Grice: “And
another good thing, too, Arcidiacono, the ‘filosofo’ brough Fantappie as a
hashtag in ‘filosofia’!” Grice: “As Arcidiacono notes, Fantappie, not being a
filosofo, committed the usual mispellinggs – ‘syntropia,’ rightly corrected to
‘sintropia’ by the philosophy-educated philosopher Salvatore Arcidiacono!” -- Salvatore
Arcidiacono (Acireale), filosofo. Nato e, per una sorprendente coincidenza,
morto lo stesso anno del fratello gemello Giuseppe (19271998), divise con
quest'ultimo anche gli impegni di ricerca. Laureatosi in Chimica all'Catania,
fu insieme al fratello allievo dello scienziato e matematico italiano Luigi
Fantappié, divenendo in seguito docente di chimica al liceo. Attività teorica e di ricerca A partire dal
1955 perfezionò la Teoria unitaria del mondo fisico e biologico di Fantappié,
collegandola ai più moderni sviluppi della biologia teorica e molecolare.
Fantappiè e Giuseppe Arcidiacono trovarono in Salvatore Arcidiacono il supporto
teorico speculativo nel campo della chimica e della fisica teorica per
completare il loro percorso di ricerca. Fu lui, dopo la morte di Fantappiè nel
1956 a elaborare e pubblicare una formulazione "mediata" della sua
Teoria sintropica nonché della Teoria degli universi. Nel 1958 pubblicò al
riguardo il saggio Visione unitaria dell'Universo e nel 1961 pubblicò Spazio,
tempo, universo, con prefazione del filosofo e teologo Stanislas Breton.
Insegnò a lungo e durante tutta la sua carriera fu autore di numerosi saggi e
articoli scientifici pubblicati su riviste italiane ed internazionali. Opere Visione unitaria dell'Universo alla
luce delle teorie di Luigi Fantappiè, con Giuseppe Arcidiacono, ed. UCIIM, Roma
1958. Spazio, tempo, universo con Giuseppe Arcidiacono, Edizioni del fuoco,
Roma 1961. Materia e Vita, ed. Massimo, Milano 1969. Ordine e Sintropia la vita
e il suo mistero, ed. Studium Christi, Roma 1975. L'evoluzione sintropica,
Accademia degli zelanti e dei dafnici, Acireale 1981. Creazione, evoluzione,
principio antropico, con Giuseppe Arcidiacono e Vincenzo Arcidiacono, ed. Il
fuoco-Studium Christi, 1983. Entropia, sintropia, informazione. Una nuova
teoria unitaria della fisica, chimica e biologia, con Giuseppe Arcidiacono, ed.
Di Renzo, Roma 1989; 2 ed.1991. L'evoluzione dopo Darwin. La teoria sintropica
dell'evoluzione, ed. Di Renzo, Roma 1992. Problemi e dibattiti di biologia
teorica, ed. Di Renzo, Roma 1993.
88-86044-16-X Note Ignazio
Licata, Teoria degli Universi e Sintropia Archiviato il 17 settembre in .
vedi pag 103 di L'accoglienza delle idee di Pierre Teilhard de Chardin
nella cultura italiana degli anni 1955-1965
Scapini, 2005. Demetrio Sodi
Pallares, Terapia metabolica delle cardiopatie. Nuovo approccio terapeutico
PICCIN, Padova 1989XVI.
88-299-0616-6 Vannini, 2005. L'accoglienza delle idee di Pierre Teilhard
de Chardin nella cultura italiana degli anni 1955-1965, pag 103 Salvatore Arcidiacono, Nuevas ideas para la
evolución biològica, articolo su Folia humanistica, Barcellona, novembre 1982,
n. 238. Revue internationale Pierre
Teilhard de Chardin, Edizioni 85-98, Ministère de l'éducation nationale et de
la culture Belgique, Editore Société Pierre Teilhard de Chardin, 1981. Antonella Vannini, From mechanical to life
causation,, Syntropy 2005, n. 1, pag. 80-105.
1825-7968 (WC ACNP) Felicita Scapini, La logica dell'evoluzione dei
viventiSpunti di riflessione, in Atti del XII Convegno del Gruppo italiano di
biologia evoluzionistica Firenze, 18-21 febbraio 2004, Firenze, University
press, 2006, 88-8453-369-4. Luigi Fantappié Giuseppe Arcidiacono
Sintropia Biografia sul sito del suo
editore, su direnzo 9 luglio ). V D M Filosofia della scienza 266416940 Filosofi.
arco: Grice: “I should like Arco; but he is a priest and I’m C. of
E.; on top, I love to say that philosophy ought to be FUN, provided it’s MY FUN
– not Arco’s – so I find Arco’s ‘dictionary of philosophical ‘umorismo,’ or
filosofia ‘umoristica’ frivolous, and unworthy of Roman gravitas!” -- Adolfo l’arco (Teano) religioso, teologo e filosofo
italiano. Adolfo L'Arco, nato a Teano
nella frazione Fontanelle il 27 maggio 1916, entrò molto giovane fra i
Salesiani di Don Bosco e fu ordinato sacerdote nel 1945 a Roma. Conseguì
all'Napoli la laurea in filosofia. Per la sua preparazione teologica e
filosofica, nonché per la profondità dei suoi scritti, è considerato tra i
maggiori teologi e filosofi salesiani. Per lungo tempo è stato professore di
filosofia presso gli Istituti Salesiani di Don Bosco. Ricoverato all'ospedale “San Leonardo” di
Castellammare di Stabia, per un blocco renale, e ritornato a Pacognano di Vico
Equense dopo aver superato la crisi, è morto novataquattrenne il 25 luglio del
. Uomo di anima sensibile e di infinita
fede cristiana ha trascorso molto della sua vita scrivendo, interessandosi di
agiografia, teologia e filosofia. È
stato protagonista televisivo sulla prima rete nazionale nel 1973 con il
programma: Tempo dello Spirito. Intensa
e vasta la sua opera letteraria. Opere
Bartolo Longo e la sua intimità con Dio; Don Bosco si diverte; Sorgenti di
gioia; Gesù sotterra un chicco di grano; Giorgio La Pira e il risorto; Fiori di
sapienza. Dizionarietto di saggezza; La Donna del Sanctus; Papa Giovanni beato.
La parola agli atti processuali; Quando la teologia prende fuoco. Giuseppe
Quadrio sacerdote salesiano; Don Bosco nella luce del Risorto; Don Bosco
sorridente entra in casa vostra; Così Don Bosco amò i giovani; Il Padre Nostro;
Ma c'è poi questo Dio; Nota bene; Sorgenti di Gioia; L'Ave Maria inno
dell'amore filiale; Il Beato Filippo Rinaldi copia vivente di Don Bosco; La
sorgente eterna dell'amore; Noi esistiamo perché Dio Padre ci ama; Stile di
Serenità; La Gioia a Portata di Mano; Ridi e sorridi da saggio; Il Beato
Bartolo Longo; Dolcezza e speranza nostra; Dio ci ama con cuore d'uomo; Il
Padre nostro; La Leva del Mondo: la preghiera; Sant'Eustachio; Il Cristo in cui
Spero; Giorgio La Pira Profeta e testimone del Risorto; Serva di Dio Elisabetta
Jacobucci Francesca Alcantarina; Beata Maria della Passione; Il Servo di Dio B.
Longo; Papa Giovanni Beato; Così ridono i saggi; Fiori di sapienza; Il segreto
di papa Giovanni; S.Alfonso amico del popolo; La Donna del Sanctus; Il Sacro
nome ti chiama per nome; La Leva del Mondo: la preghiera; Il monumento alla
Pace Universale del beato Bartolo Longo; Il Salesiano è fatto così; Messaggio
di Teilhard De Chardin. Intuizioni e idee madri (Elledici Torino, 1964); Un
esploratore della felicità: biografia del Servo di Dio Giacomo Gaglione,
Apostolato della Sofferenza, 1966. Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio
su Adolfo L'Arco La comunità di Pacognano
ricorda don Adolfo L'Arco di Raffaele Meazza, Il Giornale di Napoli, sito
"Positano news", 22 novembre . 85063233 Identities-85063233 Biografie Biografie:
di Biografie Categorie:
Religiosi italianiTeologi italianiFilosofi italiani Professore Teano Vico
Equense.
Archita: Grice:
“I was insulted, if not offended by the Cambridge Dictionary of Philosophy
having ‘Anchita’ as Greek! The manw as born in Taranto, Italy, and died in
Taranto, Italy! – He was a Tarantoian!” – “My favourite of his philosophical
tracts is “Della colomba,” – Strawson pointed out to me that since this is a
mechanical (mechanical-mechanical) pigeon, I should have used ‘scare-quote’
gesture!” -- Ricerca Archita filosofo, matematico e politico greco antico
Lingua Segui Modifica (LA) «Magnum in primis et praeclarum virum»
«Uomo fra i primi grande e illustre» (Cicerone, De senectute, XII, 41)
Archita (in greco antico: Ἀρχύτας, Archýtas; Taranto, 428 a.C. – Mattinata, 360
a.C.[1]) è stato un filosofo, matematico e politico greco antico. Appartenente
alla "seconda generazione" della scuola pitagorica, ne incarnò i
massimi principi secondo l'insegnamento dei suoi maestri Filolao(470 a.C.-390
a.C./380 a.C.) ed Eurito (V secolo a.C.).[2] Archita
BiografiaModifica Figlio di Mesarco (o di Estieo o di Mnesagora, a seconda
delle fonti)[3], nacque a Taranto, città della quale fu "stratego
massimo" nella prima metà del IV secolo a.C. proprio nel periodo in cui la
città raggiungeva l'apice del suo sviluppo economico, politico e
culturale. Archita condusse una vita austera, improntata a uno stretto
autocontrollo nel rispetto delle rigide regole della setta pitagorica[4], ma
non priva di umana socievolezza: racconta Eliano[5] che spesso quello
s'intratteneva a scherzare con i figli dei suoi schiavi e con questi stessi non
disdegnava di sedere assieme a banchetto.[6] La politicaModifica Abile
uomo politico, si tramanda che fosse stato nominato per sette volte stratego
(στρατηγός, strategòs) della città-stato di Taranto riuscendo ad essere un
condottiero sempre vittorioso nelle sue battaglie.[7] Probabilmente fu anche
stratego "autocrate" (αὐτοκράτωρ, autocrator) della Lega italiota,
ricostituitasi dopo la morte di Dionisio I di Siracusa, e che ebbe come sede
Eraclea sotto l'effettivo controllo di Taranto.[8] Non si sa se,
nonostante il divieto della costituzione cittadina, fosse stato nominato
consecutivamente; i suoi mandati vengono datati tra il II e il III viaggio
(367-361) di Platone, quindi potrebbero essere stati ricoperti anche uno di
seguito all'altro.[9] Attuò una politica di sviluppo che portò Taranto a
diventare la metropoli più ricca e importante della Magna Grecia. Con
l'edificazione di monumenti, templi e edifici[10] diede nuovo lustro alla
città. Potenziò il commercio stringendo relazioni con altri centri, come
l'Istria, la Grecia, l'Africa.[11] Durante il suo governo, si dedicò allo
sviluppo dell'economia favorendo l'agricoltura e insegnando egli stesso ai
contadini i precetti per migliorare i raccolti. Spesso ricordava loro che
Apollo non concesse altro a Falanto che fertili campi e amava ripetere:
«Se vi si domanda come Taranto sia diventata grande, come si conservi tale,
come si aumenti la sua ricchezza, voi potete con serena fronte e con gioia nel
cuore rispondere: con la buona agricoltura, con la migliore agricoltura, con
l'ottima agricoltura».[12]» Nel campo legislativo promulgò diverse leggi
per favorire una più equa distribuzione delle ricchezze, basandola sui principi
dell'armonia matematica.[9] Uomo di multiforme ingegnoModifica Si interessò
di scienza, musica ed astronomia e studiò matematica con Eudosso di Cnido (406
a.C.?-355 a.C.?)[13] La vastità di queste competenze in Archita si spiega
con il fatto che la scuola pitagorica concepiva la matematica, o meglio
l'aritmogeometria[14], fondamento della realtà naturale e l'universo come un
cosmo[15], ordinato cioè secondo principi mistico-matematici dai quali si
generava un'armonia musicale poiché la musica stessa si basava su precisi
rapporti matematici. «Credettero che i principi delle matematiche fossero
i principi di tutti gli esseri. Ora, i principi delle matematiche sono i
numeri. Pensarono quindi che gli elementi dei numeri fossero elementi di tutte
le cose, e che tutto quanto il cielo fosse armonia e numero.»
(Aristotele, Metafisica, libro alfa, 985b23-986a3) Non a caso Archita è stato
il primo a proporre il raggruppamento delle discipline canoniche (l'aritmetica,
la geometria, l'astronomia e la musicanel quadrivium, l'ordinamento che Boezio
riprese in epoca medievale).[16] Infine, la partecipazione alla scuola
pitagorica, configurata come una setta mistica, era riservata a spiriti eletti
e implicava che gli iniziati che la frequentassero avessero disponibilità di
tempo e denaro per trascurare ogni attività remunerativa e che potessero dedicarsi
interamente a complessi studi: da qui il carattere aristocratico del potere
politico che i pitagorici esercitarono nella Magna Grecia fino a quando non
furono sostituiti dai regimi democratici.[17] L'amicizia con
PlatoneModifica Archita conobbe Platone[18] quando, intorno al 388 a.C., il
filosofo ateniese soggiornò a Taranto nel suo primo viaggio verso Siracusa,
dove ebbe un confronto piuttosto acceso con il tiranno Dionigi Isulla
realizzazione di una possibile riforma filosofica del suo governo.[19].
L'amicizia con Archita fu preziosa per Platone quando nel 361 a.C., compiendo
questi il suo terzo e ultimo viaggio in Sicilia nel tentativo di
realizzare la sua riforma, il nuovo tiranno Dionigi il Giovane lo cacciò
dall'Acropoli facendolo vivere nella casa di Archedemo, vicino ai mercenari che
mal lo sopportavano. Fu grazie ad Archita, il quale inviò il tarantino
pitagorico Lamisco a Siracusa per convincere l'amico Dionigi il giovane[20] a
liberare Platone, che il filosofo poté tornare ad Atene.[21] Lo stesso
Platone raccontò così quegli avvenimenti: «... Sembra che Archita si sia
recato presso Dionisio; perché io, prima di ripartire avevo unito Archita e i
Tarantini in rapporti di ospitalità e di amicizia con Dionisio...»
(Platone, Lettera VII, 338c.) «... E così con un terzo invito Dionisio mi mandò
una trireme per agevolarmi il viaggio, e insieme mandò un amico di Archita,
Archedemo, che egli riteneva fosse il più apprezzato da me tra quei di Sicilia,
e altri Siciliani a me noti...» (Platone, Lettera VII, 339a.) «Altre
lettere poi mi giungevano da parte di Archita e dei Tarantini, che facevano
grandi elogi dello zelo filosofico di Dionisio, e anche avvertivano che, se non
fossi andato subito, avrei causato la completa rottura di quell'amicizia che io
avevo creato tra loro e Dionisio, e che era di grande importanza
politica...» (Platone, Lettera VII, 339d.) «... vennero in molti da me,
fra cui alcuni servi di origine ateniese, e quindi miei concittadini; essi mi
riferivano che calunnie circolavano su di me fra i peltasti, e che alcuni
minacciavano, se riuscivano a cogliermi, di sopprimermi. Escogito allora
qualche mezzo di salvezza: mando ad avvertire Archita e gli altri amici di
Taranto in che condizione mi trovo. E quelli, colto un pretesto per un'ambasceria,
mandano uno dei loro, Lamisco, con una nave e trenta rematori. Costui, appena
giunto, intercede per me presso Dionisio, dicendogli che io volevo partire e
nient'altro che partire; Dionisio accondiscese e mi lasciò andare, dandomi i
mezzi per il viaggio.» (Platone, Lettera VII, 350) Archita morì a seguito
di un naufragio probabilmente nel corso di operazioni di guerra[22] nelle acque
di fronte alla città di Matinum (attuale Mattinata sul Gargano) e lì fu
sepolto, come riferisce il poeta Orazio: (LA) «... Te maris et
terrae numeroque carentis harenae / mensorem cohibent, Archyta, / pulveris
exigui prope litus parva Matinum / munera...» «... Te misuratore del mare
e della terra e delle immensurabili arene, coprono, o Archita, pochi pugni di
polvere presso il lido Matino...» (Orazio, Odi, I 28) PensieroModifica
Nonostante Archita sia vissuto dopo Socrate, viene considerato un continuatore
dei filosofi presocratici, perché appartenne alla Scuola pitagorica e si
mantenne aderente al pensiero di Pitagora, tant'è che basò le proprie idee
filosofiche, politiche e morali sulla matematica. Al riguardo, infatti, così
recitano due suoi frammenti: «Quando un ragionamento matematico è stato
trovato, controlla le fazioni politiche e aumenta concordia, quando c'è manca
l'ingiustizia, e regna l'uguaglianza. Con ragionamento matematico noi lasciamo
da parte le differenze l'un con l'altro nei nostri comportamenti. Attraverso
essa i poveri prendono dai potenti, ed i ricchi danno ai bisognosi, entrambi
hanno fiducia nella matematica per ottenere un'azione uguale...»
(Giamblico, de comm. Math. sc. 11,44, 10. Traduzione di Antonio Maddalena) «Per
essere bene informato sulle cose che non si conoscono, o si devono imparare da
altri o bisogna scoprirle da sé. Ora imparando si deduce da qualcun altro e ciò
è straniero, mentre scoprendo da sé è proprio. Scoprire senza cercare è
difficile e raro, ma con la ricerca è maneggevole e facile, sebbene chi non sa
cercare non può trovare.» (In Corrado Dollo, Istituto e museo di storia
della scienza Archimede, L.S. Olschki, 1992 p.30) Ad Archita sono
tradizionalmente attribuiti molti testi spuri, mentre sono sopravvissuti
soltanto alcuni frammenti originali, conservati nelle opere di Ateneoe Cicerone
e provenienti dai suoi discorsi morali, che delineano un filosofo più originale
nel suo pensiero etico rispetto alla dottrina pitagorica e piuttosto
influenzato da quella platonica. MeccanicaModifica Archita viene
considerato l'inventore della Meccanica razionale e il fondatore della Meccanica.[23]
Si dice che abbia inventato due straordinarie apparecchiature meccaniche.
Un'apparecchiatura era un uccello meccanico, la famosa «colomba di Archita»,
l'altra sua invenzione era un sonaglio per bambini. Il primo è descritto dallo
scrittore e critico latino Aulo Gellio[24], e ne tentò la ricostruzione uno
studioso tedesco, Wilhelm Schmidt[25]. Pare si trattasse d'una colomba di
legno, vuota all'interno, riempita d'aria compressa e fornita d'una valvola che
permetteva apertura e chiusura, regolabile per mezzo di contrappesi. Messa su
un albero, la colomba volava di ramo in ramo perché, apertasi la valvola, la
fuoruscita dell'aria ne provocava l'ascensione; ma giunta ad un altro ramo, la
valvola o si chiudeva da sé, o veniva chiusa da chi faceva agire i contrappesi;
e così di seguito, sino alla fuoruscita totale dell'aria compressa. Il
secondo giocattolo, la raganella, ebbe fortuna: è ancora in uso e spesso si
vede nelle fiere popolari di giocattoli. Nella forma originaria era costituita
da una piccola ruota dentata fissata ad un bastoncino. Sulla ruota, da dente a
dente, saltava una molla cui era congiunto un pezzo di legno.[26]
Aristotele[27]consigliava questo giocattolo ai genitori perché, divertendo e
captando l'attenzione dei bambini, li distoglieva dal prendere e rompere
oggetti domestici. Si dice anche che Archita abbia inventato la carrucola
e la vite, anticipando Archimede, ma non si hanno conferme storiche a tale
riguardo.[28] MatematicaModifica Il più importante risultato ottenuto da
Archita è una soluzione tridimensionale del problema della duplicazione del
cubo. Precedentemente, Ippocrate di Chio aveva ricondotto questo problema ad un
problema di proporzionalità: se a è il lato del cubo che si vuole duplicare,
allora il problema consiste nel trovare due valori x e y medi proporzionali tra
a e 2a, ovvero tali che {\displaystyle a:x=x:y=y:2a} Trovati questi due
valori, x rappresenta il lato del cubo con volume doppio. La costruzione
geometrica utilizzata da Archita per risolvere questo problema è uno dei primi
esempi dell'introduzione del movimento in geometria: in esso si considera una
curva, conosciuta come curva di Archita, generata dall'intersezione della
superficie di un cilindro e di un semicerchio in rotazione rispetto a uno dei
suoi estremi.[29][30] Archita si dedicò anche alla teoria delle medie, e
diede il nome odierno alla media armonica (prima conosciuta come media
sub-contraria). Inoltre, dimostrò che tra due numeri interi che sono nel
rapporto {\displaystyle {\frac {n}{n+1}}} non è possibile trovare nessun altro
intero che sia una media geometrica.[31] Il risultato ha applicazione alla
teoria delle scale musicali (vedi sotto). FisicaModifica Apuleio[32]
riporta un argomento di fisica trattato da Archita: la natura della riflessione
della luce sopra uno specchio. Platone[33] pensa che dai nostri occhi partano
dei raggi luminosi che vanno a mescolarsi con quelli che colpiscono lo
specchio. Archita concorda col fatto che i raggi partano dai nostri occhi, ma
senza combinarsi con alcuna cosa. Più felici furono le sue deduzioni sul
rumore. Egli capì che provenivano dalle vibrazioni prodotte dall'urto dei corpi
nell'aria. Da tale scoperta, formulò l'ipotesi che anche i corpi celesti,
dotati di continuo movimento, dovessero produrre rumore. Questo rumore però,
non sarebbe udibile dai sensi umani, essendo non intervallato, ovvero continuo
nel tempo. Molto interessanti sono gli studi di carattere sperimentale
che condussero a conoscere le cause che diversificano i suoni acuti dai gravi, diversità
che sono in funzione della rapidità della vibrazione. Tanto più rapida è la
vibrazione, tanto più acuto è il suono che ne proviene, e viceversa.
Esperimenti furono eseguiti con flauti, zufoli, tamburelli, e si constatò come
anche la voce umana seguisse questo principio.[34] MusicaModifica
Nell'ambito della teoria musicale sviluppata dalla scuola pitagorica (ed
esposta per la prima volta da Filolao), tre contributi sono sicuramente dovuti
ad Archita. Il primo è la teoria secondo cui l'altezza dei suoni è
determinata dalla loro velocità di propagazione. Secondo Archita, una bacchetta
che oscilla più velocemente (oggi diremmo con frequenza più alta) produrrebbe
un suono che si propaga con maggiore velocità nell'aria, e che di conseguenza è
percepito come "più alto", rispetto a una bacchetta che oscillasse
più lentamente. Questa teoria, per quanto non corretta dal punto di vista
fisico e percettivo, rappresenta il primo tentativo di attribuire parametri
quantitativi alla propagazione del suono, e fu ripresa da molti autori
successivi (inclusi Platone e Aristotele)[35]. Il secondo contributo è di
natura specificamente matematica. Archita conosceva la relazione fra intervalli
musicali e frazioni che conduce alla costruzione della scala pitagorica. Uno dei
problemi teorici connessi a quella costruzione era il perché gli intervalli
dovessero essere progressivamente suddivisi secondo quelle particolari
proporzioni, anziché suddividere semplicemente ogni intervallo in due
sottointervalli uguali. Per comprendere la natura del problema si deve
ricordare che per definizione gli intervalli musicali si compongono
moltiplicandofra loro i rapporti corrispondenti (ad esempio, l'ottava 2:1 si
può ottenere componendo una quinta 3:2 con una quarta 4:3, infatti 3:2 x 4:3 =
2:1). Quindi per suddividere un intervallo a:b in due parti uguali si deve
trovare il medio proporzionale fra a e b, ossia il numero x tale che a:x = x:b
(ciò equivale a cercare la radice quadrata del rapporto a:b). Archità osservò
che l'intervallo di doppia ottava (4:1) si può suddividere in due
sottointervalli uguali (rappresentati dal rapporto 2:1), ma dimostrò
matematicamente che nessun rapporto del tipo superparticulare {\displaystyle
{\frac {n+1}{n}}} - genere a cui appartengono tutti gli intervalli fondamentali
della scala pitagorica (2:1, 3:2, 4:3, 9:8) - ammette un medio proporzionale
fra i numeri interi: quindi nessuno di quegli intervalli può essere suddiviso
in due parti uguali (se si mantiene l'ipotesi che ogni intervallo musicale
corrisponda a un rapporto fra numeri interi)[36]. Infine, Archita
descrisse la costruzione delle scale musicali nei tre generi diatonico,
cromatico ed enarmonico. Diversamente dalla scala pitagorica, il tetracordo
diatonico proposto da Archita è formato dai rapporti 9:8, 8:7 e 28:27 (quello
pitagorico contiene invece due intervalli di tono uguali, 9:8, e un semitono di
256:243). Nel tetracordo cromatico di Archita figurano gli intervalli 5:4,
36:35 e 28:27, e in quello enarmonico gli intervalli 32:27, 243:224 e 28:27.
Questi valori sono riportati da Claudio Tolomeo, che (a distanza di oltre 500
anni) afferma che Archita si basò sulla necessità teorica di descrivere tutti
gli intervalli consonanti con rapporti superparticulari (e tuttavia nel
tetracordo enarmonico figurano rapporti che non appartengono a quel genere).
Gli studiosi moderni hanno invece ipotizzato[35] che Archita avesse voluto
descrivere matematicamente le scale musicali effettivamente in uso nella
pratica a lui contemporanea, sulla base dell'osservazione diretta delle
tecniche di accordatura usate dai musicisti. Archita si propose di superare il
problema dei commi musicali. Affermò che l'ottava poteva essere divisa in 12
semitoni uguali ed indicò un divisore che ne consentisse la partizione, cioè un
numero prossimo ad un terzo di л. In effetti il divisore dell'ottava della
scala temperata, la radice dodicesima di 2 =1,0594630943592…. è prossima a
л/3=1,0471975 postulato sia da Archita che da Aristosseno. La divisione
dell'ottava a cui Archita pervenne è la seguente: л/3, Л 4/11, Л 3/8, Л 2/5, Л
3/7, Л 5/11, Л 9/19, л/2 , Л 7/13, Л 4/7,Л 3/5 Л 7/11, nell'ordine: seconda
minore, seconda maggiore, terza minore, terza maggiore, quarta giusta, quarta
eccedente, quinta giusta, sesta minore, sesta maggiore, settima minore, settima
maggiore, ottava. Il divisore proposto da Archita porta a differenze con la
scala temperata dell'ordine delle decine di centesimi di semitono.
AstronomiaModifica È trattata da Archita in un passo di Eudemo da Rodinel suo
commento alla Fisica di Aristotele, nel quale si discute il problema della
dimensione dell'universo. Per Archita l'universo è infinito, poiché, egli dice
: «Se mi trovassi all'ultimo cielo, cioè a quello delle stelle fisse,
potrei stendere la mano o la bacchetta al di là di quello, o no? Ch'io non
possa, è assurdo; ma se la stendo, allora esisterà un di fuori, sia corpo sia
spazio (non fa differenza, come vedremo). Sempre dunque si procederà allo
stesso modo verso il termine di volta in volta raggiunto, ripetendo la stessa
domanda; e se sempre vi sarà altro a cui possa tendersi la bacchetta, è chiaro
che anche sarà interminato.[37]» NoteModifica In Enciclopedia Garzanti di Filosofia Archita
sarebbe vissuto tra il 430 ca. e il 360 ca. a.C. Altre fonti collocano la
nascita tra il 430 e il 400 e la morte non prima del 360. (Museo Nazionale e
archeologico di Taranto Christoph
Riedweg, Pitagora: vita, dottrina e influenza, Vita e Pensiero, 2007 p.29 Francesco Paolo De Ceglia, Università di
Bari. Seminario di storia della scienza, Scienziati di Puglia: secoli V
a.C.-XXI, Parte 3, Adda, 2007 p.17
Cicerone, De senectute, 39
Eliano, Varia istoria XII, 15 (T.C. A 21 (47) 8) Ateneo, XII 519 B (T.C. A 21 (47) 8) Dizionario di filosofia, Treccani alla voce
corrispondente Luigi Pareti, Storia
della regione Lucano-Bruzzia nell'Antichità, Volume 1, Ed. di Storia e
Letteratura, 1997 p.275 a b Ettore M. De
Juliis, Magna Grecia: l'Italia meridionale dalle origini leggendarie alla
conquista romana, Edipuglia srl, 1996 p.251
L'associazione di Architetti Italiani in Spagna, Arquites è stata
denominata in questo modo in onore di Archita
Ettore M. De Juliis, Magna Grecia: l'Italia meridionale dalle origini
leggendarie alla conquista romana, Edipuglia srl, 1996 p.263 Ai tarantini, citato in La Voce del Popolo,
n. 11, giugno 2006 Dizionario della
civiltà greca, Gremese Editore, 2001.p.100
Ubaldo Nicola, Atlante illustrato di Filosofia, Giunti Editore, 2000
p.64 La parola κόσμος (kòsmos) nella
lingua greca nasce in ambito militare per designare l'esercito schierato
ordinatamente per la battaglia (in Sesto Empirico, Adv. Math. IX 26) Christiane L. Joost-Gaugier, Pitagora e il
suo influsso sul pensiero e sull'arte, Edizioni Arkeios, 2008 p.140 André Pichot, La nascita della scienza:
Mesopotamia, Egitto, Grecia antica, Edizioni Dedalo, 1993457. Cfr. anche
Ruggiero Bonghi, Delle relazioni della filosophia colla società: prolusione, F.
Vallardi, 1859 p.15 Secondo una
tradizione apocrifa Archita trasse dalla filosofia platonica la convinzione della
immortalità dell'anima. Al contrario Cicerone ritiene che Platone si recò in
Sicilia per conoscere le dottrine pitagoriche che apprese da Archita e che
condivise divenendo lui stesso pitagorico.(Cfr. Cicerone, De Repubblica I 16,
De finibus bonorum et malorum, V 87, Tuscolanae disputationes, I 39) D. Laerzio, Vite, III, 19, 20. Platone, Lettera VII Vita di Platone. G. Urso, «La morte di Archita e l'alleanza
fra Taranto e Archidamo di Sparta», Aevum, 71 (1997)64-67 Mario Taddei, I robot di Leonardo da Vinci:
la meccanica e i nuovi automi nei codici svelati, ed. Leonardo3, 2007
p.434 A. Gellio, Notti Attiche, lib. X,
c. 12 Wilhelm Schmidt: Aus der antiken
Mechanik. In: Neue Jahrbücher für das Klassische Altertum 13,
1904,329–351. M.Taddei, Op. cit.
p.16 Aristotele, Pol. VIII 6) Rinaldo Pitoni, Storia della fisica, Società
tipografico-editrice nazionale, 1913 p.24
K von Fritz, Biografia nel Dictionary of Scientific Biography (New York
1970-1990). J. J. O'Connor, E. F.
Robertson, Archytas of Tarentum, The MacTutor History of Mathematics
archive. Boyer, Carl B., Storia della
Matematica,83-84 Apuleio, Apologia,
15 Platone, Timeo, 64 A Giambico, in Nicom., 9, 1. a b C. Huffman, "Archytas", The
Stanford Encyclopedia of Philosophy (Fall 2011 Edition), Edward N.
Zalta[1]. C. Huffman,
"Archytas", The Stanford Encyclopedia of Philosophy (Fall 2011
Edition), Edward N. Zalta[2]; A. Barbera, Archytas of Tarentum, New Grove
Encyclopedia of Music and Musicians.
Francesco Paolo De Ceglia, Università di Bari. Seminario di storia della
scienza,Scienziati di Puglia: secoli V a.C.-XXI, Parte 3, Adda, 2007 p.18
BibliografiaModifica Carl A. Huffman, Archytas of Tarentum. Pythagorean,
Philosopher and Mathematician King, Cambridge University Press, 2005,0-521-83746-4
(l'edizione più completa dei frammenti) M. Timpanaro Cardini, I Pitagorici,
testimonianze e frammenti, voll. I, II, 111, La Nuova Italia, Firenze 1962
Platone, Lettere, a cura di Margherita Isnardi Parente, trad. di Maria Grazia
Ciani, Fondazione Lorenzo Valla, A. Mondadori, Milano 2002 J. Stobaei,
Anthologium, rec. Curtius Wachsmuth et Otto Hense. Anthologii libri duo
posteriores, vol. 11, Weidmann, Berlin, 1958² J. Navarro, Tentamen de Archytae
Tarentini vita atque operibus, Hafniae 1820 Doehle, Geschichte Tarents bis auf
seine Unterwerfung unter Rom, Strasburg 1877 R. Lorentz, De civitate
Tarentinorum, Lipsiae 1833 C. Del Grande, Archita e i suoi tempi, Taranto,
Cressati 1955 A. Delatte, Essai sur la politique pythagoricienne, Liège - Paris
1922. A. Olivieri, Su Archita tarantino, memoria letta all'Accademia Pontaniana
il 14 giugno 1914 A. Frajese, Attraverso la storia della Matematica, Veschi,
1962 RomaStante, I problemi di terzo grado e Archita da Taranto, Tesi di Laurea
in Matematica, a.a. 1987/88, Università di Lecce A.Tagliente, La colomba di
Archita, Scorpione Editrice, 2011 Taranto A.Tagliente, Il mistero del trattato
perduto, Scorpione Editrice, 2013 Taranto J.Dumont, Les Présocratiques H.
Diels, Die Fragmente der Vorsokratiker A. D. Abbaiatore, Scritture Musicali
greche, Vol. II: Teoria armonica ed Acustica, 1989 Cambridge F. Blass, De
Archytae Tarentini fragmentis mathematicis, Parigi 1884 Taranto nella civiltà
della Magna Grecia, in Atti dei convegni di studio sulla Magna Grecia, X,
Napoli 1971 Taranto e il Mediterraneo, in Atti dei convegni di studio sulla
Magna Grecia, XLI, ISAMG Taranto, 2002 Filosofia e scienze, in Atti dei
convegni di studio sulla Magna Grecia, V, Napoli 1966 Eredità della Magna
Grecia, Atti dei convegni di studio sulla Magna Grecia, XXXV, ISAMG Taranto,
1996 Alessandro il Molosso e i "condottieri" in Magna Grecia, Atti
dei convegni di studio sulla Magna Grecia, XLIII, ISAMG Taranto, 2004 Cesare
Teofilato, "Interpretazione di Archita" dalla rassegna "Vecchio
e Nuovo" di Lecce - fascicolo di gennaio 1931 - Vol. II A. Mele, Archita,
i suoi tempi e il suo pensiero, in Taranto tra Classicità e Umanesimo
(introduzione di Cosimo D. Fonseca), Scorpione Editrice Taranto 2017,87-106.
Voci correlateModifica Personalità legate a Taranto Raganella (strumento
musicale) Eudosso di Cnido Altri progettiModifica Collabora a Wikisource
Wikisource contiene una pagina dedicata a Archita Collabora a Wikiquote
Wikiquote contiene citazioni di o su Archita Collabora a Wikimedia Commons
Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Archita Collegamenti
esterni Modifica
Archita, su Treccani – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana.Archita, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana.( EN ) Archita, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica,
Inc.( EN ) Archita, su MacTutor, University of St Andrews, Scotland.( EN ) Carl
Huffman, Archytas, in Edward N. Zalta (a cura di), Stanford Encyclopedia of
Philosophy, Center for the Study of Language and Information (CSLI), Università
di Stanford. Controllo di autoritàVIAF ( EN ) 40191578 · ISNI ( EN ) 0000 0000
8019 3017 · SBN IT\ICCU\SBLV\071630 ·Europeana agent/base/145524 · LCCN( EN )
no96021781 · GND ( DE ) 118645617 ·BNF ( FR ) cb124565349 (data) · BNE( ES )
XX1241848 (data) · BAV( EN ) 495/154858 · CERL cnp00965498 ·WorldCat Identities
( EN ) lccn-no96021781 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia
Magna Grecia Portale Magna Grecia Matematica Portale Matematica Politica
Portale Politica Scienza e tecnica Portale Scienza e tecnica Ultima modifica 7
giorni fa di Ontoraul PAGINE CORRELATE Musica nell'antica Grecia Tetracordo
Lamisco filosofo greco antico archytas: Italian ‘Archita’
-- Grecian, pre-Griceian, Pythagorean philosopher from Tarentum in southern
Italy. He was elected general seven times and sent a ship to rescue Plato from
Dionysius II of Syracuse in 361. He is famous for solutions to specific
mathematical problems, such as the doubling of the cube, but little is known
about his general philosophical principles. His proof that the numbers in a
superparticular ratio have no mean proportional has relevance to music theory,
as does his work with the arithmetic, geometric, and harmonic means. He gave
mathematical accounts of the diatonic, enharmonic, and chromatic scales and
developed a theory of acoustics. Fragments 1 and 2 and perhaps 3 are authentic,
but most material preserved in his name is spurious.
ardigò: Grice: “I love
Ardigo – but I have a few qualms – his “Opere filosofiche’ is improperly
indexed! The man wrote zillions! My attention was first caught by minor editorial note: “’La morale dei
positivisti’ was reprinted a few years later after its first edition as divided
into two parts, “la morale’ proper and ‘Sociologia’ – Since I have used
philosophical biology and philosophical psychology, Ardigo is indeed into
‘philosophical sociology’ – As he notes, ‘sociology’ is today’s philosophese
for Aristotelian politics – politica – re publica romana – And being a
positivist, Ardigo provides some good background – which will later be
‘refuted’ by the neo-idealists that opposed this sort of philosophy – to the
idea of two organisms (two pirots) interacting --. While I speak of
conversational egoism as balanced by conversational tu-ism; Ardigo, less of an
altruist, and who laughs at the ‘ridiculous’ sensist conception of ‘simpatia’ –
speaks of two principles: the principle of egoism, or prepotence, found amoung
brutal animals – and the principle of what he calls ANTI-EGOSIM, found in the
civil Italian gentleman – the word ‘civile’ is crucial, as in Castiglione,
‘discorso,’ or ‘conversazione’ civile. If Wilson found it offensive when Chomsky
spoke of two ideal communicadtors, this is no problem for the positivist – As
Ardigo notes, an Italian will not behave conversationally in the same way when
conversing with some he regards as below his station -- that’s why he (and later I adopted the
same guideline) uses ‘Romolo’ and ‘Remo’ (rather than Jack and Jill, since
there is a gender issue here) as communicators.
As he puts it, ‘the fact that Romolo eventually kills his ‘fratello’ is hardly
relevant from a positivist point of view – surely we don’t require ANTI-EGOSIM
to hold indefeafeasibly, I would disagree with Ardigo’s dismissal of Remo’s
murder – ‘l’assassinio di Remo’ – I discussed this with Hardie – in English,
and, after a ten-minute pause, all I got from him was, ‘what do you mean by
‘of’?’” -- Essential Italian philosopher. Grice: “It’s amazing Ardigo found
psychology a science, and a positive one, too!” –Roberto Ardigò (n. Casteldidone, ), filosofo. Opere Scarica in formato ePub La psicologia come scienza positiva 75%.svg
(1870) Scarica in formato ePub Crystal Clear app kdict.png Scritti vari
100 percent.svg (1922) Traduzioni Scarica in formato ePub Crystal Clear app
kdict.png Venti canti di H. Heine
tradotti 100 percent.svg di Heinrich Heine (1922), traduzione dal tedesco
(1908) Testi su Roberto Ardigò Crystal Clear app kdict.png Per le
onoranze a Roberto Ardigò 100 percent.svg di Mario Rapisardi (1915)
Note Gemeinsame
Normdatei data.bnf.fr Comité des travaux historiques et
scientifiques Brockhaus Enzyklopädie Dizionario Biografico degli
Italiani Categorie: Casteldidone Mantova
1828 1920 28 gennaio 15 settembreAutoriAutori del XIX secoloAutori del XX
secoloAutori italiani del XIX secoloAutori italiani del XX
secoloReligiosiFilosofiPedagogistiReligiosi del XIX secoloReligiosi del XX
secoloFilosofi del XIX secoloFilosofi del XX secoloPedagogisti del XIX
secoloPedagogisti del XX secoloAutori italianiReligiosi italianiFilosofi
italianiPedagogisti italianiAutori citati in opere pubblicateAutori presenti
sul Dizionario Biografico degli Italiani Refs.: Grice, “Ardigò
and a positivisitic morality,” Luigi
Speranza, "Grice ed Ardigò," per Il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. ARE
arena: Grice:
“I like Arena; my favourite of his tracts are one on what he calls, ambiguously,
‘guerriero dello spirito,’ which is pretty naif – wasn’t Aeneas killing for
something too, not necessarily ‘spiritus’? – His focus is two orders: the
templari and the teutonic order – my other of his favourite trats is his ‘nudi’ – or ‘gnudi,’ if you mustn’t –
when Romolo converses with Romo, they are ‘nudi’ – what they say is what they
mean and what they mean is what they say – ‘nakedness’ becomes a philosophical
category, as when Strawson says, ‘the naked true.’” “There is no reason why it
shouldn’t be a philosophical category, since the etymology is fascinating –
vide Clarke, “The naked and the nude,” -- Leonardo Vittorio Arena (Ripatransone),
filosofo. Arena insegna "Storia della filosofia contemporanea" presso
Urbino. Filosofo e orientalista,ha dedicato in particolare al Buddhismo Zen, al
Taoismo e al Sufismo una vasta produzione saggistica; è anche autore di romanzi
e traduzioni sui medesimi temi. Insegna tecniche di meditazione tratte da
pratiche buddhiste e sufi. Ha collaborato ai programmi religiosi della Radio
Svizzera. Pensiero La sua visione filosofica è esposta principalmente
nelle tre opere Nonsense o il senso della vita ,Note ai margini del nulla e Sul
nudo, dove si propone una sintesi delle grandi correnti filosofiche orientali e
occidentali, con particolare riguardo a Nietzsche, Wittgenstein, Zhuāngzǐ e il
Buddhismo Chán/Zen. Il nonsense, come dall'opera Nonsense o il senso
della vita, è da intendere come la meta di ogni autentica indagine filosofica,
realizzando la "distruzione delle opinioni" sulla scorta del
Buddhismo. La filosofia del nonsense non è teoria, bensì non teoria: come la
zattera del Buddhismo o la scala di Wittgenstein, serve ad arrivare a una sorta
di consapevolezza speciale, per poi essere tranquillamente accantonata. Punto
di partenza: non è possibile formulare una filosofia esente da contraddizioni.
Nelle pagine di ogni filosofo si cela il tarlo dell'incoerenza. Traendo tutte
le conseguenze logiche di ogni filosofia se ne attesta la
contraddittorietà. L'idealismo, base di ogni filosofia, dovrà sfociare
nel vuoto e nel nonsense, laddove se ne sviluppi il suo principio-base, che è
esistenziale prima ancora che teoretico, secondo cui il mondo è la
rappresentazione del soggetto o di una mente cosmica. La posizione del nonsense
spinge a riconoscere che le cose stanno proprio così (Tathātā), cioè sono
caratterizzate da una nudità che non può essere interpretata o espressa
attraverso alcuna dottrina od opinione. Non c'è senso nascosto, e tutto è
già qui, direttamente accessibile nella vita quotidiana all'uomo comune e al
Risvegliato, mai così tanto accomunati. Lo strumento del nonsense è l'arte,
specialmente la musica e si procede verso la dimensione del non suono, già cara
a John Cage, nella sua composizione 4'33", cui Arena dedica una lunga
disamina, nella sua opera La durata infinita del non suono. La stessa tematica
viene ripresa e ampliata in Il tao del non suono, nonché nell'analisi di alcuni
solisti o gruppi di musica contemporanea, come John Lennon, David Sylvian,
Brian Eno, Robert Wyatt, Giacinto Scelsi e Ryuichi Sakamoto. Musica e filosofia
si intersecano, entrambe sono mezzi di conoscenza, addirittura intercambiabili.
Arena è influenzato dalla beat generation, e riconduce parte del suo interesse
di lunga data per l'Oriente ai Beatles e ai grandi gruppi rock dei '60 e
'70. Nella poesia, l'haiku esprime lo yugen, un senso di "profondità
misteriosa" che convive con la semplicità del "qui e ora".
Nonsense implica il superamento degli opposti, quindi permette di giungere alla
non dualità, al di là della logica formale di Aristotele, perseguita
dall'esorcista del nudo, il quale pretende di cogliere e congelare in una
articolazione sistematica il caotico divenire della vita; operazione votata
all'insuccesso, e alla contraddittorietà. Come per Nāgārjuna e Wittgenstein,
anche per Arena la logica può servire a invalidare sé stessa, ma nella
dimensione radicale del kōan, come è concepita nel Chán/Zen. L'insegnamento si
trasmette grazie a una sorta di empatia o comunicazione energetica tra maestro
e allievo -, di baraka nel senso che il termine acquista nel Sufismo -,
veicolata dal silenzio e dal non suono. Nella sua opera Note ai margini
del nulla, Arena riprende la posizione di Bodhidharma, relativa al "non
sapere, non distinzione" (fushiki), in direzione epistemologica ed
ermeneutica, sottolineando la complessità della diffusione del nonsense
nell'ambito del sociale. Egli analizza le concezioni di vari esponenti del
pensiero orientale e occidentale, tra cui Max Stirner, Fernando Pessoa e i
maestri del Taoismo, specie Zhuāngzi. Il nonsense propone un nichilismo
costruttivo, dove le "ragioni" del nulla non vengano concepite
attraverso la modalità unilaterale del nihil privativum, negativum od oggettivizzato.
Arena rovescia la conclusione del Tractatus Logico-Philosophicus: di tutto ciò
su cui si dovrebbe tacere occorre proprio parlare. Arena propone di
sondare il nonsense attraverso il nudo, una comprensione che sfoci nella non
comprensione e nel non pensiero, ben più fecondi di quanto la riflessione
logico-formale non abbia dato da vedere all'Occidente. Nietzsche, Bob Dylan e i
maestri Zen si rivelano, al momento, i suoi principali ispiratori nei toni di
una filosofia non accademica, nemica del dogmatismo e della necrofilia della
teoresi. La musica elettronica contemporanea sembra particolarmente adatta a
sondare la nudità, nei modi della improvvisazione radicale, cui Arena dedica
anche un'attività concertistica solista con lo pseudonimo Mu Machine.
Arena ha pubblicato una serie di ebook sull'analisi di maestri e filosofi alla
luce delle categorie del nonsense e del nudo, sondandone tratti indipendenti
dai "punti nodali", riscontrabili nei compendi od opere
manualistiche, e considerando queste figure nella loro alterità: Samuel
Beckett, Jacques Derrida, Nietzsche e Wittgenstein rientrano nel novero, ma
anche Jacques Lacan (cfr. la voce Opere). Parallelamente, sta sondando le
illusioni e i condizionamenti dell'animo, che non lasciano percepire il nudo/nonsense.
La produzione romanzesca è iniziata con La lanterna e la spada, dove Arena
analizza la figura di Qinshi Huangdi, il primo imperatore della Cina, famoso
per l'unificazione della lingua, del Paese, e il forte impulso dato alla
costruzione della Grande Muraglia, ma anche per il rogo dei libri, che ha
ispirato Ray Bradbury in Farenheit 451, e varie efferatezze. La produzione
letteraria è proseguita con un altro romanzo, L'imperatrice e il dragone
(ripubblicato come Il Tao del sesso), in cui si rievoca un'altra figura molto
discussa, stavolta nella Cina medioevale, quella di Wu Zhao, la quale regnò per
virtù propria, fondatrice di una sua dinastia, e non come semplice imperatrice
vedova, altresì famosa per gli eccessi e le passioni sessuali. Anche di questa
figura Arena dà un ritratto senza giudizi moralistici ed esaminandone i
multiformi aspetti, come per il primo imperatore. In L'Ordine nero,
ripubblicato come La svastica sul Tibet, si tratta della spedizione Schaefer,
alla ricerca delle origini della razza umana e di ineffabili segreti magici.
Nel gruppo di nazisti si trova anche il filosofo Leonard Mayer (personaggio
inventato), alla ricerca del segreto della mente. In Il coraggio del samurai,
si parla dell'arcano connubio tra samurai e ninja, e dei segreti di questi
ultimi, descritti attraverso un gruppo di donne guerriere, la cui sovrana è la
misteriosa Padrona, di cui si dice che abbia quattro secoli; si parla anche di
Yoshitsune, un samurai del clan dei Minamoto, sfortunato quanto valoroso, ostile
al fratello Yoritomo. Nell'ultimo romanzo pubblicato, La corda e il
serpente, Arena si discosta dal romanzo storico e scrive un'opera sperimentale,
dove la trama è un pretesto, e si nota l'influsso di William Burroughsanche di
H.Lovecraft, per certi aspetti: nell'opera si parla di Atlantide, un mondo
sommerso, distrutto da una catastrofe; il protagonista L., darà vita a una
nuova specie umana. Arena propone una personale versione della
meditazione nella sua opera La Via del risveglio, Manuale di meditazione. Egli
prende spunto dal buddhismo, vipassana e Zen, dal sufismo e da Georges
Gurdjieff, dalla psicologia analitica di Carl Gustav Jung (il Libro rosso)[25]
e dal lavoro sull'ipnosi di Milton Erickson. Una meditazione che conduce
talvolta agli stati alterati di coscienza e permette di sviscerare il nudo
nonsense, caposaldo della visione filosofica di Arena. Una meditazione che ha
il suo supporto nella musica, la quale non ne costituisce solo il sottofondo,
ma anche la base per approfondire le intuizioni che ne emergono.
"Difficile separare la musica dalla meditazione", scrive Arena,
"l'una porta all'altra".[26] Scopo della meditazione è anche
attingere il non suono, categoria che Arena aveva sviscerato nei succitati
studi su John Cage e Brian Eno. Una meditazione che attinge all'Oriente, ma fa
tesoro delle conquiste psicologiche e spirituali dell'Occidente. Per indicare
la modalità filosofica della pratica Arena propone una metafora: "La
meditazione è premere il pulsante della consapevolezza".[27] Dopo
anni, e non sulla base di un ripensamento quanto di un ampliamento, Arena torna
sul nonsense con una nuova riflessione, imperniata sul non sapere alla luce del
buddhismo Chan/Zen nel suo complesso (non solo in riferimento a Bodhidharma), e
soprattutto da non intendere come non sapere socratico. Il non sapere invita a
diminuire la quantità di nozioni, a spogliare la mente dei preconcetti,
principio che potrebbe essere il pilastro della scoperta scientifica. Lo anima
il non pensiero, attività più affine alla intuizione, che usa la logica
ponendola contro se stessa. Anche questa posizione, come quella relativa al
nonsense nelle opere precedenti, mira all'acquisizione di un equilibrio
psicofisico, all'autorealizzazione, al riparo da dogmatismi ed eurocentrismi.
L'incontro con la nudità permetterà, nella solitudine esistenziale, di svelare
nuove risorse nel soggetto, un incontro con se stessi fecondo e produttivo,
senza entrare in polemica con alcuna visione filosofica, anzi ospitando visioni
del mondo contrastanti. La contraddizione, implicita nel nonsense, è foriera di
nuovi sviluppi teoretici, e consente di recuperare istanze che, nel pensiero
occidentale, erano state sepolte dopo la demonizzazione dei sofisti.[28]
Opere Nietzsche-Wagner-Schopenhauer (Fermo, 1981) Il Vaisheshika Sutra di
Kanada (Quattroventi, 1987) La filosofia di Novalis (Franco Angeli, 1987)
Comprensione e creatività. La filosofia di Whitehead (Franco Angeli, 1989)
Novalis, Polline (Studio Editoriale, 1989) Antologia della filosofia cinese (Arnoldo
Mondadori Editore, 1991) Storia del buddhismo Ch'an (Mondadori, 1992) Il canto
del derviscio (Mondadori, 1993) Il Nyaya Sutra di Gautama (Asram Vidya
Edizioni, 1994) Antologia del Buddhismo Ch'an (Mondadori, 1995) Diario Zen
(Rizzoli, 1995) I maestri (Mondadori, 1995) Haiku (Rizzoli, 1995; nuova
ristampa: Al profumo dei pruni. L'armonia e l'incanto degli haiku giapponesi,
Rizzoli ). Realtà e linguaggio dell'inconscio (Borla, 1995) Novalis, Enrico di
Ofterdingen (Mondadori, 1995) Vivere il Taoismo (Mondadori, 1996) Il Sufismo
(Mondadori, 1996) Il bimbo e lo scorpione (Mondadori, 1996) La grande dottrina
e Il Giusto mezzo (opere confuciane) (Rizzoli, 1996) La filosofia indiana
(Newton, 1996) Buddha (Newton, 1996) La via buddhista dell'illuminazione (Mondadori,
1997) Del nonsense (Quattroventi, 1997) Sun-tzu, L'arte della guerra (Rizzoli,
1997) Iniziazione all'autorealizzazione. Un percorso verso la consapevolezza
(Edizioni Mediterranee, 1998) Chuang-tzu, Il vero libro di Nan-hua (Mondadori,
1998); Zhuangzi (Rizzoli, 2009). Poesia cinese dell'epoca T'ang (Rizzoli, 1998)
La barriera senza porta (Mondadori, 2000) La filosofia cinese (Rizzoli, 2000)
La storia di Rama (Mondadori, 2000) Nei-ching, canone di medicina cinese
(Mondadori, 2001) I-ching. Il libro delle trasformazioni (Rizzoli, 2001)
Samurai. Ascesa e declino di una nobile casta di guerrieri (Mondadori, 2002)
Musashi, Il libro dei cinque anelli (Rizzoli, 2002) Kamikaze. L'epopea dei
guerrieri suicidi giapponesi (Mondadori, 2003) (riedizione: ebook ) Hagakure,
Il codice dei samurai (Rizzoli, 2003) La mente allo specchio (Mondadori, 2003)
Il sogno della farfalla (Pendragon, 2003) Il libro della tranquillità. 100 koan
del buddhismo Zen (Mondadori, 2004) Sun Pin, La strategia militare (Rizzoli,
2004) Dogen, Shobogenzo (Mondadori, 2005) Tecniche della meditazione taoista
(Rizzoli, 2005; poi: Il tao della meditazione, Rizzoli, 2007) I 36 stratagemmi
(Rizzoli, 2006) I guerrieri dello spirito (Mondadori, 2006) (riedizione: ebook,
). La lanterna e la spada (Piemme, 2007) Lo spirito del Giappone (Rizzoli,
2007) L'imperatrice e il dragone (Piemme, 2008) La pagoda magica e altri
racconti per trovare la felicità dentro di sé (Piemme, 2008; poi: Il libro
nella felicità, ebook, ) II pensiero indiano (Mondadori, 2008) Orient Pop. La
musica dello spirito (Castelvecchi, 2008) L'arte della guerra e della strategia
(Rizzoli, 2008) Il lago incantato. Racconti sull'amore (Piemme, 2009) L'ordine
nero (Piemme, 2009) L'innocenza del Tao (Mondadori, ; reprint: ebook, ) Il
maestro e lo sciamano (Piemme, ) Incontri di filosofia. La biblioteca di
Babele, I (Città di Ripatransone, ).
Xunzi, L'arte confuciana della guerra (Rizzoli, ) Confucio (Mondadori, ) Il
coraggio del samurai (Piemme, ) Nietzsche in Cina nel XX secolo (ebook, ) Incontri
di filosofia. La filosofia come conoscenza di sé, II (Città di Ripatransone, ). Memorie di un
funambolo (ebook, ) Note ai margini del nulla (ebook, ) Nonsense o il senso
della vita (ebook, ) La durata infinita del non suono (Mimesis, ) Il pennello e
la spada. La Via del samurai (Mondadori, ) Introduzione al Sufismo (ebook, ).
Un'ora con Heidegger (Mimesis, ). Introduzione alla storia del Buddhismo Ch'an
(ebook, ). Il libro della tranquillità (Congronglu) 100 koan del Buddhismo Zen
(ebook, ). L'arte del governo (Huainanzi) (Rizzoli, ). Heidegger, il Tao e lo
Zen (ebook, ). Il Tao del sesso: La storia di Wu Zhao (ebook, ). La lanterna e
la spada (riedizione: ebook, ). La svastica sul Tibet (ebook, ). Il libro dei
segreti d'amore (ebook, ). All'ombra del maestro (ebook, ). Il Tao del non
suono (ebook, ). La filosofia di David Sylvian. Incursioni nel rock postmoderno
(Mimesis, ). Ikkyu poeta zen (ebook, ). La filosofia di Brian Eno. Filosofia
per non musicisti (Mimesis, ). Novalis come alchimista (ebook, ) La filosofia
di Robert Wyatt. Dadaismo e voceunlimited (Mimesis, ). Yogasutra (di Patanjali)
(Rizzoli ). Sun-tzu: l'arte della guerra per conoscersi (ebook, ) La barriera
senza porta (Wu-men kuan) 100 koan del buddhismo Zen (ebook, ). La comprensione
negata (ebook, ). Buddha: La via del risveglio (ebook, ). Nagarjuna: la
dottrina della via di mezzo (Zhonglun) (ebook, ). Il libro rosso di Jung
(ebook, ). La storia di Rama (Ramayana) (nuova edizione: ebook, ). Sul nudo.
Introduzione al Nonsense (Mimesis, ). Storia del pensiero indiano, I (nuova edizione: ebook, ). Lacan Zen,
L'altra psicoanalisi (Mimesis, ). Storia del pensiero indiano, II (nuova edizione: ebook, ). Oltre il nirvana,
ebook, . L'altro Derrida, ebook, . Watt, la cosa e il nulla. L'altro Beckett,
ebook, . L'altro Wittgenstein, ebook, . Nietzsche, lo Zen, Bob Dylan.
Un'autobiografia, I, ebook, . L'altro
Nietzsche, ebook, . Una introduzione alla filosofia di John Lennon, ebook, .
Scelsi: Oltre l'Occidente, Crac Edizioni . La corda e il serpente, ebook, .
Illusioni, ebook, . La filosofia di Sakamoto, Il Wabi/Sabi dei colori proibiti,
Mimesis . La Via del risveglio, Manuale di meditazione, Milano, Rizzoli .
Wenzi, Il vero libro del mistero universale. Un classico della filosofia
taoista, L. V. Arena, Milano, Jouvence . La filosofia di John Lennon. Rock e
rivoluzione dello spirito, Milano-Udine, Mimesis . Togliersi le idee. L'ombra
del nonsense, ebook . Il Tao della pedagogia (selezioni da: Annali
Primavere-Autunni di Lu Buwei) ebook, . Il libro segreto dei ninja: Shoninki,
ebook . Ikkyu: l'Antibuddha, (poesie in traduzione dal giapponese) ebook .
Confucio come counselor, ebook . Miyamoto Musashi: Dokkodo, ebook . Quanti
orientali. Oltre il Tao della fisica, ebook . Daodejing: Laozi come counselor, ebook
. Zhuangzi: i capitoli interni, ebook . Bhagavad Gita, ebook . Qohelet,
l'interpretazione "orientale", ebook . Il pensiero giapponese. L'età
moderna e contemporanea, Jouvence . La filosofia di Bob Dylan, Mu Machine
Collection , ebook . Zhuangzi: i capitoli esterni,Mu Machine Collection, ebook
. Zhuangzi: miscellanea, Mu Machine Collection,ebook . La raccolta della roccia
blu (i cento koan del Biyanlu),Mu Machine Collection, ebook . Basho:Haiku, Mu
Machine Collection, ebook . Vivere il taoismo, Mu Machine Collection, ebook .
Il libro rosso di Jung: Liber Primus, Mu Machine Collection, ebook . Storia del
pensiero indiano, II, Mu Machine
Collection, ebook . Storia del pensiero indiano, III, Mu Machine Collection, ebook . Storia
del pensiero indiano, IV, Mu Machine
Collection, ebook . Il libro rosso di Jung: Liber Secundus, Mu Machine
Collection, ebook . L'antistoria della filosofia, Mu Machine Collection, ebook
. Zen contro Zen, Mu Machine Collection, ebook . I greci in Oriente, Mu Machine
Collection, ebook . Liezi il libro taoista della verità, Mu Machine Collection,
ebook . Lo spirito del samurai: Budoshoshinshu, Mu Machine Collection, ebook .
Il giardino nascosto (sul tempo), Mu Machine Collection, ebook . Neijing il
canone di medicina cinese, Mu Machine Collection, ebook (nuova edizione). Dogen Shobogenzo, Mu
Machine Collection, ebook (nuova
edizione). Guida al cinese classico, Mu Machine Collection, ebook . Nascita di
un samurai, Mu Machine Collection, ebook . Il Canone di Mozi. La logica cinese,
Mu Machine Collection, ebook . Jung Zen, Mu Machine Collection, ebook . In
Inglese Nonsense as the Meaning, ebook, . Nietzsche in China in the 20th
Century, ebook, . The Shadows of the Masters, ebook, . An Introduction to
Sufism, ebook, . The Dervish, ebook, . Cage Nagarjuna Wittgenstein, ebook, .
Nosound, ebook, . The Red Book of Jung, ebook, . Illusions, ebook, . The Book
On Happiness, ebook . On Nudity. An Introduction to Nonsense, Mimesis
International . David Sylvian As A Philosopher, Mimesis International . In
Spagnolo El canto del derviche. Parabolas de la sabiduria Sufi, Grijalbo,
Barcelona 1997. In Francese Sur le nu. Introduction à la philosophie du
Nonsense, Editions Mimésis, . Note L. V.
Arena, Nonsense o il senso della vita, ebook , cap. 1 Nonsense o il senso della vita, cap. 6 L. V. Arena, La durata infinita del non
suono, Mimesis L. V. Arena, Il tao del
non suono, ebook L. V. Arena, Una
introduzione alla filosofia di John Lennon, Kindle Edition L. V. Arena, La filosofia di David Sylvian. Incursioni
nel rock postmoderno, Milano, Mimesis
L. V. Arena, La filosofia di Brian Eno, Milano, Mimesis, . L. V. Arena, La filosofia di Robert Wyatt,
Milano, Mimesis, . L. V. Arena, Scelsi:
Oltre l'Occidente, Falconara Marittima, Crac Edizioni, . L. V. Arena, La filosofia di Sakamoto, Il
Wabi/Sabi dei colori proibiti, Milano-Udine, Mimesis, .. L. V. Arena, Orient pop. La musica dello
spirito, Roma, Castelvecchi, 2007. Nagarjuna,
The Philosophy of the Middle Way, D. Kalupahana, Albany, 1986 L. Wittgenstein, Tractatus
Logico-philosophicus, Torino, Einaudi 1984
L. V. Arena, Note ai margini del nulla, ebook , passim L. V. Arena, Note ai margini del nulla, ebook
, cap. 1 Biyanlu, 1 Leonardo Vittorio Arena, Zhuangzi: I capitoli
interni, ebook ; Idem, Zhuangzi: i capitoli esterni, ebook , idem, Zhuangzi:
Miscellanea. ebook .. Contra Kant,
Critica della ragion pura, Roma-Bari, Laterza 1979, p.281 Nonsense o il senso della vita,
Appendice L. V. Arena, La comprensione
negata, ebook, . Leonardo V. Arena, La
filosofia di Bob Dylan, Collezione Mu Machine, ebook .. Leonardo V. Arena, Nietzsche, lo Zen, Bob
Dylan, Autobiografia, I, ebook . L. V. Arena, Illusioni, Kindle Edition,
. L. V. Arena, La Via del risveglio,
Manuale di meditazione, Milano, Rizzoli ..
Leonardo Vittorio Arena, Il libro rosso di Jung, ebook . Ibidem13.
Ibidem15. L. V. Arena, Togliersi
le idee, L'ombra del nonsense, .. Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio
su Leonardo Vittorio Arena Nonsense o il
senso della vita, su amazon. Note ai margini del nulla, su amazon. L'attività
accademica di Leonardo Vittorio Arena [collegamento interrotto], su uniurb. Il
blog filosofico di Leonardo Vittorio Arena, su
leonardovittorioarena.wordpress.com. L'autobiografia, su amazon. Filosofia Letteratura Letteratura Religioni Religioni Storia Storia Filosofo del XXI secoloOrientalisti
italianiStorici delle religioni italiani 1953 Ripatransone
armetta: Grice: “I like Armetta; he is into ‘dialogue,’ I am into
conversation. I once suggested to Strawson that he should write a dissertation
on the distinction betweehn dia-logos and cum-versatio, but he said that
‘converse’ is used to mean ‘make out’ in the Bible, while ‘dialogue’ ain’t!” --
Francesco Armetta (Palermo), filosofo. Principale allievo di Santino Caramella,
di cui cura il lascito. Si è laureato
in Filosofia presso l’Palermo con Santino Caramella, di cui è diventato subito
assistente universitario. Con lui e gli altri allievi e collaboratori ha
fondato la rivista di filosofia «Dialogo» (1964-1974); dal 1960 al 1992 ha
insegnato nei licei di stato (per un lungo periodo di tempo presso il Liceo
Ginnasio Vittorio Emanuele II); dal 1981 insegna presso la Pontificia Facoltà
Teologia di Sicilia «San Giovanni Evangelista», prima come docente incaricato
di Dottrine filosofiche e fino al 2004 anche di Logica; ha fatto parte della
segreteria della Rivista della Facoltà per un decennio fino al 1998 e sin
dall’anno accademico 1985 è Segretario Generale della medesima Facoltà. Pensiero Il pensiero di Armetta è una
rilettura del neoidealismo crociano e gentiliano sulla base dello spiritualismo
cristiano. I suoi studi sono rivolti soprattutto alla storia del pensiero filosofico
e teologico in Sicilia, e sono culmila curatela del monumentale Dizionario
Enciclopedico dei pensatori e dei teologi di Sicilia. Pubblicazioni La filosofia del volere da
Omero a Platone (1969); Storia e idealità in S. Kierkegaard (1972) L’uomo come
natura (1988) Guida agli scritti di Santino Caramella (1991) Teoria e pratica
in Santino Caramella (1991) Caramella e Gobetti. Un rapporto oscurato (1993) Il
Carteggio CaramellaCroce (1997) Il carteggio tra Caramella e Lombardo Radice
1919-1935 (2001) Principali curatele S. Caramella, Per una società in dialogo
(1988); Il pensiero filosofico in Sicilia (1995). F. Pizzolato, Elementi di
ideologia (2002); S. Calcara, Istituzioni ideologiche (2005). Rosario La Duca.
Guida agli scritti () La toponomastica di TerrasiniFavarotta () Dizionario
enciclopedico dei pensatori e dei teologi di Sicilia. Secc. XIX e XX, Sciascia
Editore, Caltanissetta-Roma , voll.6. Dizionario enciclopedico dei pensatori e
dei teologi di Sicilia. Dalle origini al sec XVII, Sciascia Editore,
Caltanissetta-Roma , voll.12. Riconoscimenti Papa Benedetto XVI lo ha insignito
del titolo di Cavaliere Commendatore dell'Ordine di S. Silvestro (13 febbraio
). Note
Caltanissetta, Sciascia Editore, . Filosofia Filosofo del XX
secoloFilosofi italiani Professore1928 Palermo
ARRIGHETTI:Grice: “I like Arrighetti: his forte was Aristotle’s
rhetoric, and he was very popular with the Accademia degli Ardenti, and later
with a subgroup of this, The Accademia degli Svelati (which later merged with
the Accademia dei Lunatici); his other forte was the distinction between
‘oratio’ and ‘oratio vvocalis’ – “Os” is of course Romann for ‘mouth’ – but
figuratively for ‘linguaggio’ – (after all, the tongue is IN the mouth). I
happen to prefer ‘mouth,’ because Roman ‘os’ is related to ‘essere’: you are
who you are, i.e. you exist, because you can breathe through your mouth.
-- Filippo Arrighetti (Firenze),
filosofo. Appartenente a una nobile famiglia fiorentina, studiò la lingua Greca
e le filosofie Aristotelica e Platonica nelle Pisa e di Padova. Dedicatosi agli
studi teologici, venne ascritto al Corpo dei Teologi dell'Università Fiorentina
il 20 novembre del 1631. Il Pontefice Urbano VIII, che aveva molta stima per il
giovane, lo creò Canonico Penitenziere della Cattedrale di Firenze e
esaminatore sinodale, posizione che mantenne fino alla morte. Arrighetti morì
il 27 novembre del 1662 all'età di 80 anni. Fu uno dei membri più illustri
dell’Accademia Fiorentina e di quella degli Alterati fra i quali si chiamò Fiorito. Opere Arrighetti non pubblicò nessuna delle
sue opere, che rimasero tutte manoscritte. Fu autore di un commento alla
Retorica di Aristotele (La Rettorica d'Aristotele tradotta e spiegata, in 56
lezioni recitate nell'Accademia Fiorentina), che lesse in una serie di
conferenze presso l'Accademia di Firenze. Realizzò inoltre una traduzione in
italiano della Poetica di Aristotele (La Poetica d'Aristotele tradotta,
spiegata e recitata nell'Accademia degli Svogliati di Pisa), letta di fronte
all'Accademia degli Svogliati di Pisa. Presso l'Accademia fiorentina tenne
quattro conferenze sulla lussuria, il riso, il talento e l'onore (Quattro
Discorsi Accademici; cioè, del Piacere, del Riso, dell’ Ingegno, e dell’ Onore,
recitati nell'Accademia Fiorentina). Scrisse anche una biografia del famoso
missionario gesuita Francesco Saverio (Vita di S. Francesco Saverio estratta
dalle relazioni, fatte in Concistoro da Francesco Maria Cardinale del Monte) e
vari sermoni e opere spirituali. La
Rettorica d'Aristotile spiegata in 56 Lezioni recitate nell'Accademia
Fiorentina; La Poetica d'Aristotile tradotta e spiegata e recitata
nell'Accademia degli svogliati in Pisa; Quattro Discorsi Accademici cioè del
Piacere, del Riso, dell'Ingegno e dell'Onore recitati nell'Accademia Fiorentina;
Sermoni Sacri Volgari e Latini fatti in varie Chiese e Compagnie di Firenze;
Vita di S. Francesco Saverio estratta dalle relazioni fatte in Concistoro da
Francesco Maria Cardinale del Monte; Discorso sopra l'Orazione vocale e
mentale; Tractatus de iis quae necesitate medii et precepti credenda sunt.
Note Arrighetti (Philippe), in: Louis
Gabriel Michaud : Biographie universelle ancienne et moderne, 2ª edizione
1843, 2291. Arrighetti, Filippo. In: The Biographical
Dictionary of the Society for the Diffusion of Useful Knowledge, 3, 2 (1844)641 sg. Arrighetti (Philippe), in: Nouvelle
biographie générale, 1852–66, 3358
Arrighetti, Filippo. In: The Biographical Dictionary of the Society for the
Diffusion of Useful Knowledge, 3, 2
(1844)641 sg. Biografie Biografie
Cattolicesimo Cattolicesimo Filosofia
Categorie: Religiosi italianiFilosofi italiani del XVI secoloFilosofi italiani
del XVII secoloGrecisti italiani 1582 1662 27 novembre Firenze PadovaTraduttori
dal greco all'italiano
Assunto: Grice: “I like Assunto; of course in Italy
they take aesthetics seriously; my wife would say that they ONLY take
aesthetics seriously! And I would correct her, ‘You mean that they take only
aesthetics seriously,’ and she would re-correct me, ‘Whatever, dear.’” –
“Anyhow, Assunto is best known in Italy as a historian, but he fails to see
that when at Clifton we speak of the classics we mean the timeless – my
timeless meaning was meant as a Cliftonianism! So Assunto is lacking background
when he equates classicism, or worse, neo-classicism of the Canova type popular
in London, as dealing with ‘l’antichita’ – that would have offend Canova: his
statues were meant to represent Platonic timeless ideas or ideals!” Grice:
“Gilbert and Leighton are very explicit about this in ‘The Artist’s Model’!” “Then
Assunto thinks he can play with a fictiotious dichotomy between ‘l’antico’ and
‘il non-antico.’” Grice: “I treasure Millais’s slogan that at the Royal
Academy, he had to do only TWO things: draw naked men ‘from nature’ – or draw
naked men ‘dall’antico’!” – Grice: “As Millais suddently realised: ‘We found
out that there were no English types that would represent the ‘antico’, or
timeless ideal, so we had to deal with Italian models!” -- L'uomo che contempla
il giardino vivendo il giardino [...] solleva se stesso al di sopra della
propria caducità di mero vivente.» -- Ontologia e teleologia del giardino)
Rosario Assunto (Caltanissetta), filosofo. Ha compiuto i suoi studi
secondari presso il Liceo Classico di Caltanissetta nella sua città natale.
Laureato in Giurisprudenza è stato avviato alla filosofia da Pantaleo
Carabellese professore di filosofia teoretica presso l'Roma. È stato
docente di Estetica a Urbino dal 1956 e titolare dal 1981 della cattedra di
Storia della filosofia italiana presso la Facoltà di Magistero a Roma.
«Il suo insegnamento è anticonformista, fortemente intriso di contraddittorio.
Ma forse proprio per questo motivo, quando arriva il Sessantotto, il filosofo
sceglie la via della controrivolta: quella che passa attraverso l'élite.
Rifiuta di adeguarsi al voto politico, si oppone ai collettivi e agli
insegnamenti assembleari. I suoi allievi non si oppongono al suo rifiuto, anzi
con questo comportamento Assunto riesce ad attirarsi la stima di molti esponenti
del Movimento studentesco. Talmente rivoluzionario da divenire reazionario,
Rosario Assunto dagli anni Settanta in poi avrà un atteggiamento sempre più
schivo...» Un isolamento, il suo, iniziato col Sessantotto, ma poi sempre
più accentuato; infine, si chiuse nei suoi studi e nelle sue speculazioni dopo
la morte della moglie, la storica dell'arte Wanda Gaeta, molto amata («Sono la
fotocopia di lei, che è stata uccisa dal mio stesso male») . A Roma fu
molto amico di Giulio Carlo Argan pur contrastando le sue idee politiche.
Pensiero Rosario Assunto, interessato ai temi estetici della filosofia da un
punto di vista storico e teoretico li ha trattati non solo come tipici della
filosofia dell'arte e del bello ma considerandoli coincidenti con la filosofia
stessa giudicata come pura estetica. Egli si rifà a Baumgarten, Cartesio,
Leibniz, Kant esaminati soprattutto per la loro concezione dell'uomo e del suo
rapporto con la natura. Una visione tradizionalista della filosofia, proprio
nel momento in cui l'estetica si rivolgeva alla semiotica, che isolò Assunto
soprattutto in Italia, mentre in Germania veniva tradotto e apprezzato.
Assunto ha rappresentato una delle voci più significative all'interno del
dibattito filosofico estetico del Novecento. Vivamente interessato all'estetica
dei giardini anticipa largamente nelle sue opere alcuni rilevanti concetti per
la riflessione più recente, come per esempio quello di "estetica del
paesaggio", che hanno ispirato i temi ambientalisti sulla tutela e conservazione
del paesaggio, naturale o elaborato dall'uomo, che egli definisce «Spazio
limitato, ma aperto; presenza, e non rappresentazione, dell'infinito nel
finito». Opere Teatro, cinematografo e radio, in "Civiltà
fascista", a. VII, n. 1, gennaio 1940. Il teatro nell'estetica di Platone,
in "Rivista italiana del teatro", n. 4, 1943. Curatela di Heinrich
von Kleist, Michele Kohlhaas, Torino, Einaudi, 1946. Essere e valore nella
filosofia di C. A. Sacheli, in "Rivista di storia della filosofia", a.
II, fasc. 3-4, 1947. L'educazione estetica, Milano, Viola, 1950. Educazione
pubblica e privata, Milano, Viola, 1950. La pedagogia greca, Milano, Viola,
1952. Forma e destino, Milano, Edizioni di comunità, 1957. L'integrazione
estetica. Studi e ricerche, Milano, Edizioni di comunità, 1959. Teoremi e
problemi di estetica contemporanea. Con una premessa kantiana, Milano,
Feltrinelli, 1960. La critica d'arte nel pensiero medioevale, Milano, Il
saggiatore, 1961. Estetica dell'identità. Lettura della Filosofia dell'arte di
Schelling, Urbino, STEU, 1962. Giudizio estetico, critica e censura.
Meditazioni e indagini, Firenze, La nuova Italia, 1963. Die Theorie des Schönen
in Mittelalter, Koln, DuMont, 1963. Stagioni e ragioni nell'estetica del
Settecento, Milano, Mursia, 1967. L'automobile di Mallarmé e altri ragionamenti
intorno alla vocazione odierna delle arti, Roma, Ateneo, 1968. L'estetica di
Immanuel Kant, una antologia dagli scritti a cura di, Torino, Loescher, 1971.
Hegel nostro contemporaneo, con Raffaello Franchini e Mario Pensa, Roma, Unione
italiana per il progresso della cultura, 1971. Il paesaggio e l'estetica I,
Natura e storia, Napoli, Giannini, 1973. II, Arte, critica e filosofia, Napoli,
Giannini, 1973. L'antichità come futuro. Studio sull'estetica del
neoclassicismo europeo, Milano, Mursia, 1973. Ipotesi e postille sull'estetica
medioevale. Con alcuni rilievi su Dante teorizzatore della poesia, Milano,
Marzorati, 1975. Libertà e fondazione estetica. Quattro studi filosofici, Roma,
Bulzoni, 1975. Intervengono i personaggi (col permesso degli autori), Napoli,
Società editrice napoletana, 1977 (nuova edizione: Torino, Aragno, , con una
postfazione di E. Cutinelli-Rendina). Specchio vivente del mondo. Artisti
stranieri in Roma, 1600-1800, Roma, De Luca, 1978. Alfred Hohenegger.
Esploratore del possibile, con Gustav René Hocke e Elio Mercuri, Roma, De Luca,
1979. Infinita contemplazione. Gusto e filosofia dell'Europa barocca, Napoli,
Società editrice napoletana, 1979. Filosofia del giardino e filosofia nel
giardino. Saggi di teoria e storia dell'estetica, Roma, Bulzoni, 1981. La città
di Anfione e la città di Prometeo. Idea e poetiche della città, Milano, Jaca
book, 1984. 88-16-40120-6. La parola
anteriore come parola ulteriore, Bologna, il Mulino, 1984. 88-15-00645-1. Il parterre e i ghiacciai. Tre
saggi di estetica sul paesaggio del Settecento, Palermo, Novecento, 1984. 88-373-0012-3. Verità e bellezza nelle
estetiche e nelle poetiche dell'Italia neoclassica e primoromantica, Roma, Quasar,
1984. 88-85020-48-8. Ontologia e teleologia
del giardino, Milano, Guerini, 1988.
88-7802-026-5. Leopardi e la nuova Atlantide, Napoli, Istituto Suor
Orsola Benincasa-Edizioni scientifiche italiane, 1988. 88-7104-060-0. La natura, le arti, la storia.
Esercizi di estetica, Milano, Guerini studio, 1990. 88-7802-163-6. Giardini e rimpatrio. Un
itinerario ricco di fascino attraverso le ville di Roma, in compagnia di
Winckelmann, di Stendhal, dei Nazareni, di D'Annunzio, Roma, Newton Compton,
1991. 88-7780-683-4. La bellezza come
assoluto, l'assoluto come bellezza. Tre conversazioni a due o più voci,
Palermo, Novecento, 1993. 88-373-0182-0.
Il sentimento e il tempo, antologia Giuseppe Brescia, Andria, Grafiche
Guglielmi, 1997. Note Rosario Assunto,
Ontologia e teleologia del giardino, Guerini e Associati, 1994, 978-88-7802-513-4. Enciclopedia multimediale delle scienze
filosofiche, su emsf.rai. 24 agosto 26
agosto ). Paola Nicita, Assunto
scandaloso esteta, La Repubblica, 13 maggio 2006 Cutinelli-Rendina, Emanuele, Il Sessantotto
di Rosario Assunto, Ventunesimo secolo : rivista di studi sulle transizioni :
22, 2, , Soveria Mannelli : Rubbettino, .
Op. cit. ibidem Assunto scrisse
contro il progetto politico della realizzazione del ponte di Messina Antonio Debenedetti, Rosario Assunto, filosofo
delle forme, Corriere della Sera, 25 gennaio 1994, p.27 Claude Raffestin, Dalla nostalgia del
territorio al desiderio di paesaggio. Elementi per una teoria del paesaggio,
Alinea Editrice, 2005 p.90 Marisa Sedita
Migliore, Il giardino: mito estetico di Rosario Assunto, Società Dante
Alighieri, 2000. Teresa Calvano, Viaggio nel pittoresco: il giardino inglese
tra arte e natura, Donzelli Editore, 1º gennaio 1996, 139–,
978-88-7989-218-6. Claudia Cassatella, Enrica Dall'Ara e Maristella
Storti, L'opportunità dell'innovazione, Firenze University Press, 2007, 191–,
978-88-8453-564-1. Francesca Marzotto Caotorta, All'ombra delle
farfalle. Il giardino e le sue storie, Edizioni Mondadori, , 207–,
978-88-04-61114-1. Domenico Luciani, Luoghi, forma e vita di giardini e
di paesaggi: Premio internazionale Carlo Scarpa per il giardino, 1990-1999,
Fondazione Benetton Studi Ricerche, 2001. Pier Fausto Bagatti Valsecchi e
Andreas Kipar, Il giardino paesaggistico tra Settecento e Ottocento in Italia e
in Germania: Villa Vigoni e l'opera di Giuseppe Balzaretto, Guerini, 1º gennaio
1996, 978-88-7802-665-0. Emanuele
Cutinelli-Rendina, Il Sessantotto di Rosario Assunto (con un carteggio
inedito), in «Ventunesimo secolo», VI (2009),
45-57. Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Rosario
Assunto Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o
altri file su Rosario Assunto Opere di Rosario Assunto, . Rosario Assunto, su
Goodreads. Filosofia Filosofo Professore1915 1994 28 marzo 24 gennaio
Caltanissetta Roma
astorini: Grice: “I like Astorini, but more so does Sir Peter, vide his
section on ‘Space’ in “Individuals: an essay in descriptive metaphysics”:
‘Surely we wouldn’t have space as we know it if it were not for Astorini.’”
-- “La vivacità del suo ingegno, e il
desiderio di apprendere cose nuove, lo indusse a spogliarsi de' pregiudizi del
secolo, e a studiare attentamente gli scrittori della moderna filosofia; e
conosciuta la forza delle loro ragioni, ardì dichiararsi nemico del Peripato;
al che avendo congiunto lo studio delle lingue ebraica e siriaca, ei cadde
presso alcuni in sospetto di novatore, e per poco non si attribuì ad arte
magica ciò che era frutto del raro suo ingegno e del suo instancabile studio.”
(Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, volume XIV, tomo VIII)
Elia Astorini, (o Astorino), al secolo Tommaso Antonio Astorini (Albidona),
filosofo. Il suo luogo di nascita resta ancora oggi un grande interrogativo; il
Napoli Signorelli nelle sue Vicende della Coltura nelle Due Sicilie o sia
storia ragionata (1786), il Tiraboschi nella Storia della letteratura italiana
(1833), il Morelli di Gregorio e il Panvini nella Biografia degli uomini
illustri del Regno di Napoli (1825) e altri attestano Albidona come paese di
nascita del letterato, mentre altri considerano i paesi di Cirò o di Cerenzia.
Niccola Falcone nella sua Biblioteca storica topografica delle Calabrie (1846)
ritiene deboli "gli argomenti esposti da un ingegnoso giovane di Cirò
[...] il quale [...] volle onorare la sua patria della nascita
dell'Astorino". Così afferma anche l'abate Giacinto Gimma, suo più
grande biografo, che conobbe l'Astorini a Bari e rimase illuminato dalla sua
dottrina e dal suo sapere. Lo stesso lo ricorda nato, appunto, ad Albidona, e
questa rappresenta una delle tesi che mostrano più veridicità, considerando il
fatto che fu l'unico di tutti gli autori che ne parlarono, a conoscerlo e
frequentarlo personalmente negli anni della sua permanenza a Bari.
«Molti altri scrittori presero a difendere l'autorità del romano
pontefice e a sostenere la Chiesa cattolica romana contro i nimici della
medesima. Tre soli ne accennerò per amore di brevità: IlElia Astorini,
carmelitano, con tanto maggior vigore si accinse a difenderla, quanto più avea
per sua sventura potuto comprendere la debolezza dell'armi con cui essa era
oppugnata. Egli era nato in Albidona nella provincia di Cosenza nel regno di
Napoli nel 1651 [...].» (Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura
italiana, volume XIV, tomo VIII) «Vari luoghi della Calabria Citeriore han
preteso all'onore di aver dato i natali a questo insigne soggetto, ma noi
crediamo rimuovere ogni dubbio intorno al luogo di lui natìo, seguendo in
questo punto l'opinione del Zavarrone nella sua Biblioteca Calabra, il quale
afferma esser egli nato nella Città di Cirò, detta anticamente Cremissa, luogo
non ignobile del Paese de' Bruzi, dove questa famiglia vive ancor oggi
onorevolmente.» (Niccolò Morelli, Biografia degli uomini illustri del
Regno di Napoli, 1826) «Del carmelitano Elia Astorini nato il dì 5 di gennaio
del 1651 in Albidona nella Calabria citeriore, e morto il dì 4 di aprile del
1702 in Terranova, hanno delle opere rispettive favellato con sufficiente
accuratezza [...].» (Pietro Napoli-Signorelli, Vicende della coltura
nelle due Sicilie, tomo V, 1812) «Molti scrittori di materie ecclesiastiche
rilussero in questo secolo, e fra i più celebri si annoverano: primo, ilElia
Astorini, carmelitano, nato in Albidona, nella provincia di Cosenza, nell'anno
1651. [...]» (Annibale di Niscia, Storia civile e letteraria del Regno di
Napoli, volume I, 1846) Vita e opere Attestandosi ai testi suddetti, Elia
Astorini nacque nel 1651 a Albidona, dove studiò con il padre Diego, medico in
loco, la grammatica, la retorica e la lingua greca. All'età di 16 anni si
trasferì a Cosenza per completare gli studi e poi a Napoli per apprendere gli
studi di filosofia, e di teologia a Roma, dove fu insignito dalla corte papale
del compito di scrivere alcuni annali. In questo periodo pubblicò il trattato
De vitali aeconomia foetus in utero (1686) e poi pubblicò alcune opere di
matematica e geometria, come gli Elementa Euclidis ad usum...nova methodo et
compendiare olim demonstrata e un Decamerone pitagorico. Dopo alcuni anni lasciò
l'Italia per raggiungere la Svizzera e la Germania, ma in quei territori, come
la città di Groninga, riscontrò una notevole influenza religiosa protestante e
poiché "il conversar co' i teologi protestanti gli fece conoscere
chiaramente che fuor dalla Chiesa cattolica non v'era unità di fede"
(Storia della letteratura italiana, Tiraboschi, 1812), decise di tornare in
patria. Trascorse gli ultimi anni della sua vita in un convento di Terranova,
feudo del paese di Tarsia, dove morì nel 1702 all'età di 51 anni.
Note Giacinto Gimma, Elogi Accademici
Della Società Degli Spensierati Di Rossano, Troise, 1703. 7 dicembre . Si tratta di Francesco Zavarrone (Montalto
Uffugo, 1672Roma, 1740), religioso dell'ordine dei Minimi e teologo al servizio
di illustri politici, come Augusto III re di Polonia e pontefici. Fu lettore
del collegio urbano Propaganda Fide e consultore del Tribunale
dell'Inquisizione. Girolamo Tiraboschi,
Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, Parte I, Libro III, par. V
("Notizie e opere delElia Astorini"), Firenze: Molini, Landi e
C.o, 110-11, 1812 (Google libri) Pietro
Napoli-Signorelli, Vicende della Coltura nelle Due Sicilie o sia storia
ragionata, 1784 9781145973954 Niccolò
Morelli di Gregorio, Pasquale Panvini (Domenico Martuscelli), Biografia degli
uomini illustri del Regno di Napoli, ornata de loro rispettivi ritratti, N.
Gervasi, 1826 9781145650077 Niccola
Falcone, Biblioteca storica topografica delle Calabrie (seconda edizione), 1846 9781104076337
Elia Astorini, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Opere di
Elia Astorini, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Filosofi italiani del XVII secoloMatematici
italiani Professore1651 1702 5 gennaio 4 apriled Albidona Terranova da
SibariCarmelitani
Austin -- , the
other uastin. austinian: J.: discussed by Grice in his explorations on moral
versus legal right. English legal philosopher known especially for his command
theory of law. His career as a lawyer was unsuccessful but his reputation as a
scholar was such that on the founding of
, London, he was offered the chair of jurisprudence. In 1832 he
published the first ten of his lectures, compressed into six as The Province of
Jurisprudence Determined. Although he published a few papers, and his somewhat
fragmentary Lectures on Jurisprudence 1863 was published posthumously, it is on
the Province that his reputation rests. He and Bentham his friend, London
neighbor, and fellow utilitarian were the foremost English legal philosophers
of their time, and their influence on the course of legal philosophy endures.
Austin held that the first task of legal philosophy, one to which he bends most
of his energy, is to make clear what laws are, and if possible to explain why
they are what they are: their rationale. Until those matters are clear,
legislative proposals and legal arguments can never be clear, since irrelevant
considerations will inevitably creep in. The proper place for moral or
theological considerations is in discussion of what the positive law ought to
be, not of what it is. Theological considerations reduce to moral ones, since
God can be assumed to be a good utilitarian. It is positive laws, “that is to
say the laws which are simply and strictly so called, . . . which form the
appropriate matter of general and particular jurisprudence.” They must also be
distinguished from “laws metaphorical or figurative.” A law in its most general
senseis “a rule laid down for the guidance of an intelligent being by an
intelligent being having power over him.” It is a command, however phrased. It
is the commands of men to men, of political superiors, that form the body of
positive law. General or comparative jurisprudence, the source of the
rationale, if any, of particular laws, is possible because there are commands
nearly universal that may be attributed to God or Nature, but they become
positive law only when laid down by a ruler. The general model of an Austinian
analytic jurisprudence built upon a framework of definitions has been widely
followed, but cogent objections, especially by Hart, have undermined the
command theory of law.
austin: Grice: “Never to be confused with David
Austin, of rosarian infame!” -- Grice referred to him as “Austin the younger,”
in opposition to “Austin the elder”(Austin never enjoyed the joke). j. l. H. P.
Grice, “The Austinian Code.” English philosopher, a leading exponent of postwar
“linguistic” philosophy. Educated primarily as a classicist at Shrewsbury and
Balliol , Oxford, he taught philosophy at Magdalen . During World War II he
served at a high level in military intelligence, which earned him the O.B.E.,
Croix de Guerre, and Legion of Merit. In 2 he became White’s Professor of Moral
Philosophy at Oxford, and in 5 and 8 he held visiting appointments at Harvard
and Berkeley, respectively. In his relatively brief career, Austin published
only a few invited papers; his influence was exerted mainly through discussion
with his colleagues, whom he dominated more by critical intelligence than by
any preconceived view of what philosophy should be. Unlike some others, Austin
did not believe that philosophical problems all arise out of aberrations from
“ordinary language,” nor did he necessarily find solutions there; he dwelt,
rather, on the authority of the vernacular as a source of nice and pregnant
distinctions, and held that it deserves much closer attention than it commonly
receives from philosophers. It is useless, he thought, to pontificate at large
about knowledge, reality, or existence, for example, without first examining in
detail how, and when, the words ‘know’, ‘real’, and ‘exist’ are employed in
daily life. In Sense and Sensibilia 2; compiled from lecture notes, the
sense-datum theory comes under withering fire for its failings in this respect.
Austin also provoked controversy with his well-known distinction between
“performative” and “constative” utterances ‘I promise’ makes a promise, whereas
‘he promised’ merely reports one; he later recast this as a threefold
differentiation of locutionary, illocutionary, and perlocutionary “forces” in
utterance, corresponding roughly to the meaning, intention, and consequences of
saying a thing, in one context or another. Though never very stable or fully
worked out, these ideas have since found a place in the still-evolving study of
speech acts. austinian code, The: The jocular way by Grice to refer to ‘The
Master,’ whom he saw wobble on more than one occasion. Grice has mixed feelings
(“or fixed meelings, if you prefer”) about Austin. Unlike Austin, Grice is a
Midlands scholarship boy, and ends up in Corpus. One outcome of this, as he
later reminisced is that Austin never cared to invite him to the
Thursday-evenings at All Souls“which was alright, I suppose, in that the number
was appropriately restricted to seven.” But Grice confessed that he thought it
was because “he had been born on the wrong side of the tracks.” After the war,
Grice would join what Grice, in fun, called “the Playgroup,” which was anything
BUT. Austin played the School Master, and let the kindergarten relax in the
sun! One reason Grice avoided publication was the idea that Austin would
criticise him. Austin never cared to recognise Grice’s “Personal Identity,” or
less so, “Meaning.” He never mentioned his “Metaphysics” third programme
lecturebut Austin never made it to the programme. Grice socialized very well
with who will be Austin’s custodians, in alphabetical order, Urmson and
Warnock“two charmers.” Unlike Austin, Urmson and Warnock were the type of
person Austin would philosophise withand he would spend hours talking about
visa with Warnock. Upon Austin’s demise, Grice kept with the ‘play group’,
which really became one! Grice makes immense references to Austin. Austin fits
Grice to a T, because of the ‘mistakes’ he engages in. So, it is fair to say
that Grice’s motivation for the coinage of implicaturum was Austin (“He would
too often ignore the distinction between what a ‘communicator’ communicates and
what his expression, if anything, does.”). So Grice attempts an intention-based
account of the communicator’s message. Within this message, there is ONE aspect
that can usually be regarded as being of ‘philosophical interest.’ The
‘unnecessary implicaturum’ is bound to be taken Austin as part of the
‘philosophical interesting’ bit when it ’t. So Grice is criticizing Austin for
providing the wrong analysis for the wrong analysandum. Grice refers
specifically to the essays in “Philosophical Papers,” notably “Other Minds” and
“A Plea for Excuses.” But he makes a passing reference to “Sense and
Sensibilia,” whose tone Grice dislikes, and makes a borrowing or two from the
‘illocution,’ never calling it by that name. At most, Grice would adapt
Austin’s use of ‘act.’ But his rephrase is ‘conversational move.’ So Grice
would say that by making a conversational ‘move,’ the conversationalist may be
communicating TWO things. He spent some type finding a way to conceptualise
this. He later came with the metaphor of the FIRST-FLOOR act, the MEZZANINE
act, and the SECOND-FLOOR act. This applies to Fregeianisms like ‘aber,’ but it
may well apply to Austinian-code type of utterances. austinianism:
Grice felt sorry for Nowell-Smith, whom he calls the ‘straight-man’ for the
comedy double act with Austin at the Play Groups. “I would say ‘on
principle’”“I would say, ‘no, thanks.” “I don’t understand Donne.” “It’s
perfectly clear to me.” By using Nowell-Sith, Grice is implicating that Austin
had little manners in the ‘play group,’ “And I wasn’t surprised when
Nowell-Smith left Oxford for good, almost.” Not quite, of course. After some
time in the extremely fashionable Canterbury, Nowell-Smith returns to Oxford.
Vide: nowell-smithianism. -- speech act theory, the theory of language use,
sometimes called pragmatics, as opposed to the theory of meaning, or semantics.
Based on the meaninguse distinction, it categorizes systematically the sorts of
things that can be done with words and explicates the ways these are
determined, underdetermined, or undetermined by the meanings of the words used.
Relying further on the distinction between speaker meaning and linguistic
meaning, it aims to characterize the nature of communicative intentions and how
they are expressed and recognized. Speech acts are a species of intentional
action. In general, one and the same utterance may comprise a number of
distinct though related acts, each corresponding to a different intention on
the part of the speaker. Beyond intending to produce a certain sequence of
sounds forming a sentence in English, a person who utters the sentence ‘The
door is open’, e.g., is likely to be intending to perform, in the terminology
of J. L. Austin How to Do Things with Words, 2, 1 the locutionary act of saying
expressing the proposition that a certain door is open, 2 the illocutionary act
of making the statement expressing the belief that it is open, and 3 the
perlocutionary act of getting his listener to believe that it is open. In so
doing, he may be performing the indirect speech act of requesting illocutionary
the listener to close the door and of getting perlocutionary the hearer to
close the door. The primary focus of speech act theory is on illocutionary
acts, which may be classified in a variety of ways. Statements, predictions,
and answers exemplify constatives; requests, commands and permissions are
directives; promises, offers, and bets are commissives; greetings, apologies,
and congratulations are acknowledgments. These are all communicative
illocutionary acts, each distinguished by the type of psychological state
expressed by the speaker. Successful communication consists in the audience’s
recognition of the speaker’s intention to be expressing a certain psychological
state with a certain content. Conventional illocutionary acts, on the other
hand, effect or officially affect institutional states of affairs. Examples of
the former are appointing, resigning, sentencing, and adjourning; examples of
the latter are assessing, acquitting, certifying, and grading. See Kent Bach
and Robert M. Harnish, Linguistic Communication and Speech Acts, 9. The type of
act an utterance exemplifies determines its illocutionary force. In the example
‘The door is open’, the utterance has the force of both a statement and a
request. The illocutionary force potential of a sentence is the force or forces
with which it can be used literally, e.g., in the case of the sentence ‘The
door is open’, as a statement but not as a request. The felicity conditions on
an illocutionary act pertain not only to its communicative or institutional
success but also to its sincerity, appropriateness, and effectiveness. An
explicit performative utterance is an illocutionary act performed by uttering
an indicative sentence in the simple present tense with a verb naming the type
of act being performed, e.g., ‘I apologize for everything I did’ and ‘You are
requested not to smoke’. The adverb ‘hereby’ may be used before the
performative verb ‘apologize’ and ‘request’ in these examples to indicate that
the very utterance being made is the vehicle of the performance of the
illocutionary act in question. A good test for distinguishing illocutionary
from perlocutionary acts is to determine whether a verb naming the act can be
used performatively. Austin exploited the phenomenon of performative utterances
to expose the common philosophical error of assuming that the primary use of
language is to make statements.
Azeglio: Grice: “I like Azieglo; first he was a
marchese, unlike me – second he looked for the fundamental law (or ‘fundamental
question,’ as I call it) for the principle of cooperativeness – he finds it’s a
natural thing, not a Rousseaunian contractualist thing – so he is a Griceian at
heart – on top, he relies on Bentham, to minimise the Kantian rationalism and
make it digestibale to those who care about what Azieglo calls ‘amore proprio’
– i. e. conversational self-love as still operating under a wider principle of
conversational benevolence.” Prospero Taparelli d'Azeglio,
marchese d’Azeglio (n. Torino),
filosofo. Coniò il termine giustizia sociale, successivamente ripreso e
sviluppato da Antonio Rosmini (1848) nel saggio La Costituzione secondo la
giustizia sociale e da John Stuart Mill nel saggio Utilitarianism. Taparelli d'Azeglio è stato anche uno dei
primi teorici del principio di sussidiarietà. Era il quarto degli otto figli di
Cesare, conte di Lagnasco e marchese di Montanera, diplomatico della corte di
Vittorio Emanuele I, e della contessa Cristina Morozzo di Bianzè. Alla nascita
gli fu imposto il nome di Prospero che, divenuto gesuita, cambiò in Luigi. I
fratelli Massimo e Roberto furono politici e senatori del Regno. Maturò la propria vocazione religiosa a
seguito di un corso di esercizi spirituali dettati dal venerabile Pio Brunone
Lanteri (1759-1830), fondatore della congregazione degli Oblati di Maria
Vergine. Studiò nel Collegio Tolomei di Siena e poi nell'Ateneo di Torino fino
al 1809. Entrato nel seminario di Torino, quando il padre fu inviato come
diplomatico alla corte di Pio VII si trasferì con lui a Roma e fu ammesso nel
noviziato dei gesuiti di Sant'Andrea al Quirinale. Fu ordinato sacerdote nel 1820. Iniziò a
studiare negli anni 1824-29 la filosofia di San Tommaso d'Aquino, studio che
continuò a Napoli negli anni 1829-32. Nel 1833 fu destinato al Collegio Massimo
di Palermo dove insegnò lingua francese per poi assumere la cattedra di diritto
naturale. Nel 1840-1843 pubblicò con i
tipi della Stamperia d'Antonio Muratori di Palermo il suo testo più importante,
il Saggio teoretico di dritto naturale appoggiato sul fatto, considerato a quel
tempo una vera enciclopedia di morale, diritto e scienza politica. Nel 1850 ricevette da papa Pio IX il permesso
di cofondare con il padre Carlo Maria Curci La Civiltà Cattolica, rivista della
Compagnia di Gesù, ove scrisse per venti anni per poi assumerne la direzione
nell'ultimo periodo della vita. I suoi oltre duecento articoli pubblicati sulla
rivista furono tutti caratterizzati da un contenuto tale da meritargli il
titolo di «martello delle concezioni liberali»(Antonio Messineo). Morì a Roma il 21 settembre 1862. Pensiero Era preoccupato soprattutto dai
problemi che nascevano dalla rivoluzione industriale. Il suo insegnamento sociale
influenzò papa Leone XIII nella stesura dell'enciclica Rerum novarum sulla condizione
dei lavoratori. Proponeva di riprendere
gli insegnamenti della scuola filosofica tomista. A partire dal 1825 portò
avanti questa convinzione, ritenendo che la filosofia soggettiva di Cartesio
portasse a errori drammatici nella moralità e nella politica. Argomentava che
mentre la differenza di opinioni sulle scienze naturali non ha nessun effetto
sulla natura, al contrario idee metafisicamente poco chiare sull'umanità
possono portare al caos nella società. A
quel tempo la Chiesa cattolica non aveva una visione sistematica chiara sui
grandi cambiamenti sociali apparsi all'inizio del secolo XIX in Europa, la qual
cosa portava molta confusione tra la gerarchia ecclesiastica e il laicato. In
risposta a tale problema, Taparelli applicò, in maniera coerente, i metodi del
tomismo alle scienze sociali. Dalle pagine de La Civiltà Cattolica attaccò la
tendenza a separare la legge positiva dalla morale e lo "spirito
eterodosso" della libertà di coscienza che, a suo avviso, distruggeva
l'unità della società. Termini chiave
della sua opera sono socialità e sussidiarietà. Vedeva la società non come un
gruppo monolitico di individui, ma come un insieme di varie sub-società
disposte in diversi livelli, ciascuna formata da individui. Ogni livello di
società ha sia diritti che doveri, ognuno dei quali deve essere riconosciuto e
valorizzato. Ogni livello di società deve cooperare razionalmente e non
fomentare competizione e conflitti. Dopo
l'istituzione della Società delle Nazioni, Taparelli d'Azeglio ne vanne considerato
un precursore. Sua fu l'idea di un'autorità universaleda lui chiamata
"etnarchia"con il ruolo di tribunale e di arbitrio, che potesse
proteggere ogni nazione dalle minacce esterne. Taparelli d'Azeglio continuò a
fungere da autorevole guida al pensiero cattolico in materia di pace e guerra
ancora nel Novecento. Opere L. Taparelli
d’Azeglio, Saggio teoretico di diritto naturale appoggiato sul fatto, 2 voll.,
Edizioni della «Civiltà Cattolica», Roma 1949 [Palermo 1840]. Luigi Taparelli
d'Azeglio, Della nazionalità, Genova, Tipografia de' fratelli Ponthenier, 1847.
3 ottobre . La Legge fondamentale d'organizzazione nella società, in Gabriele
De Rosa, I Gesuiti in Sicilia e la rivoluzione del '48, con documenti sulla
condotta della Compagnia di Gesù e scritti inediti di Luigi Taparelli
d'Azeglio, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1963, 166–188. La libertà tirannia. Saggi sul
liberalesimo risorgimentale, Piacenza, Edizioni di Restaurazione Spirituale,
1960. Raccolta di articoli pubblicati su La Civiltà Cattolica nel 1861, Carlo
Emanuele Manfredi e Giovanni Cantoni; e un'ampia antologia, in Gianfranco
Legitimo, Sociologi cattolici italiani. De MaistreTaparelliToniolo, Roma,
Volpe, 1963, 137–253. Note Diritto soggettivo, proprietà e autorità in
Luigi Taparelli d'Azeglio, di Alessanfro Biasini, sito della Università Ca
Foscari Venezia. Scuola Dottorale d'Ateneo.
The Origins of Social Justice: Taparelli d’Azeglio, su
home.isi.org. Education and Social
Justice, J. Zajda, S. Majhanovich, V. Rust, E. Martín Sabina, Springer Science
& Business Media, 20061 Vittoria
Armando, Il Welfare oltre lo Stato. Profili di storia dello Stato sociale in
Italia, tra istituzioni e democrazia Seconda edizione, G. Giappichelli Editore,
68. Georges Minois, La Chiesa e la guerra.
Dalla Bibbia all'èra atomica, Bari, Dedalo, 2003493. L. Pereña, La autoridad internacional en
Taparelli, Libreria editrice dell'Università Gregoriana, 1964, 405-432. Studi Pierre Thibault, Savoir et
pouvoir. Philosophie thomiste et politique cléricale au XIXe siècle, Québec
1972. Maria Rosa Di Simone, Stato e ordini rappresentativi nel pensiero di
Luigi Taparelli d'Azeglio, «Rassegna storica del Risorgimento», 1976, 63, 139-51. Giovanni Miccoli, Chiesa e società in
Italia fra Ottocento e Novecento: il mito della cristianità, in Id., Fra mito
della cristianità e secolarizzazione, Casale Monferrato 1985, 21-92. Francesco Traniello, La polemica
Gioberti-Taparelli sull'idea di nazione, in Id., Da Gioberti a Moro. Percorsi
di una cultura politica, Milano 1990,
43-62. Francesco Traniello, Religione, Nazione e sovranità nel
Risorgimento italiano, «Rivista di storia e letteratura religiosa», 1992,
28, 319-68. Emma Abbate, Luigi Taparelli
D'Azeglio e l’istruzione nei collegi gesuitici del XIX secolo, «Archivio
storico per le province napoletane», 1997, 115,
467-516. Saggio teoretico di dritto naturale appoggiato sul fatto, 5
voll., Palermo, Stamperia d'Antonio Muratori, 1840-1843. S. T., Per il
centenario della nascita delLuigi Taparelli D'azeglio, in Rivista
Internazionale di Scienze Sociali e Discipline Ausiliarie, 3, 1893,
505-524, JSTOR 41564120. Luigi Di Rosa, Luigi Taparelli. L'altro
d'Azeglio, Milano, Cisalpino, 1993. Gabriele De Rosa, I Gesuiti in Sicilia e la
rivoluzione del '48, con documenti sulla condotta della Compagnia di Gesù e
scritti inediti di Luigi Taparelli d'Azeglio, Roma, Edizioni di Storia e
Letteratura, 1963. A. Perego, La «Miscellanea Taparelli», in Divus Thomas, 68, n. 1, 1965, 119-128, JSTOR 45077424. Gianfranco Legitimo,
Sociologi cattolici italiani. De MaistreTaparelliToniolo, Roma, Volpe,
1963, 30–51. Antonino Messineo S.J.,
IlLuigi Taparelli d'Azeglio e il Risorgimento italiano, in La Civiltà
Cattolica, anno 99, 3°, quaderno 2356,
21 agosto 1948, 373–386; e quaderno 2357,
4 settembre 1948, 492–502. Carlo Maria Curci Compagnia di Gesù La
Civiltà Cattolica Rerum novarum Luigi
Taparelli d'Azeglio, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Angiolo
Gambaro, Luigi Taparelli d'Azeglio, in Enciclopedia Italiana, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Luigi Taparelli d'Azeglio, su Enciclopedia
Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
Opere di Luigi Taparelli d'Azeglio, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.
Opere di Luigi Taparelli d'Azeglio, .
Francesco Pappalardo, Luigi Taparelli d'Azeglio, in Giovanni Cantoni ,
Dizionario del pensiero forte, Piacenza, Cristianità, 1997. Giovanni Vian,
Luigi Taparelli d'Azeglio, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero:
Storia e Politica, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, .Aloysius Taparelli, in
Catholic Encyclopedia, New York, Encyclopedia Press, 1913. V D M Compagnia di
Gesù Filosofia Sociologia Sociologia
Categorie: Gesuiti italianiFilosofi italiani del XIX secoloSociologi italiani
1793 1862 24 novembre 21 settembre Torino Roma
azulai: Grice: “Azulai is
an Italian born in what Italians call ‘Gerusalemme,’ which was ‘liberated’ by
Rinaldo!” -- Haim Yosef David Azulai, ben Isaac Zerachia (ebraico: חיים יוסף דוד
אזולאי, comunemente noto come Hida, dall'acronimo del suo nome, חיד"א), (Gerusalemme),
filosofo, rabbino e teologo italiano, noto bibliofilo e pioniere della
pubblicazione delle Scritture religiose ebraiche. Firma di Azulai Shem HaGedolim Prolifico saggista, i suoi
scritti furono pubblicati in quattro libri di due sezioni, col titolo Shem
HaGedolim (Il Nome dei Grandi), che contenevano i nomi di autori, e Wa'ad la-Ḥakamim
(Assemblea dei Saggi), che contenevano i titoli di opere. Questo suo lavoro ha
dato ad Azulai un posto duraturo nella letteratura ebraica. Shem HaGedolim
contiene infatti dati che altrimenti sarebbero andati perduti, e dimostra la
mente critica dell'autore. Con validi metodi scientifici Azulai indaga la
questione della genuinità del Commentario di Rashi sui Libri delle Cronache o
di alcuni trattati talmudici (s.v. "Rashi" in Shem HaGedolim).
Tuttavia, egli afferma che Rashi è proprio l'autore del commentario dei Neviìm
e Ketuvim, contrariamente ad altre opinioni. Inoltre, Azulai credeva fermamente
che Hayim Vital avesse bevuto acqua dal pozzo di Miriam, e che questo fatto lo
avesse reso capace di ricevere, in meno di due anni, l'intera Cabala dalla
bocca di Isaac Luria (cfr. s.v. "Ḥayyim Vital", in Shem HaGedolim).
Azulai spesso registra nei suoi scritti dove ha esaminato di persona le
versioni di certi manoscritti primari, dando quindi certezza di importanti
fonti ebraiche. Una lista completa
delle sue opere viene presentata nella prefazione dell'edizione Benjacob di
Shem HaGedolim, Vilna, 1852, spesso ristampata;
Eliakim Carmoly, ed. Shem HaGedolim, Frankfurt-am-Main, 1843; Fuenn,
Keneset Yisrael342; Hazan, Hama'alot li-Shelomoh, Alessandria d'Egitto, 1894;
Aaron Walden, Shem HaGedolim HeChadash, 1879; Diareio Ma'agal Tob, ed. di Elia
Benamozegh, Livorno, 1879; Heimann Joseph Michael, Or ha-chayyim, nr. 868.Hugh
Chisholm , Enciclopedia Britannica, XI, Cambridge University Press,
1911.Azulai, Azulay, in Jewish Encyclopedia, New York, Funk & Wagnalls,
1901-1906.Biografia di Rabbi AzulaiA Legend of GreatnessThe Life & Time of
Hacham Haim Yosef David Azoulay di Yehuda Azoulay, su sephardiclegacy.com. 4
aprile 5 aprile ). Comunità ebraica di Livorno Commons Wikimedia Commons contiene immagini o
altri file su Chaim Joseph David Azulai
Scheda biografica su chabad.org V D M Tree-of-Life Flower-of-Life
Stage.svg Cabala ebraica Tree-of-Life Flower-of-Life Stage.svg Filosofi
italiani del XVIII secolo Filosofi italiani del XIX secolo Rabbini italianiTeologi
italiani Gerusalemme Livorno Cabalisti italiani
babbage: discussed by
Grice in his functionalist approach to philosophical psychology. English
applied mathematician, inventor, and expert on machinery and manufacturing. His
chief interest was in developing mechanical “engines” to compute tables of functions.
Until the invention of the electronic computer, printed tables of functions
were important aids to calculation. Babbage invented the difference engine, a
machine that consisted of a series of accumulators each of which, in turn,
transmitted its contents to its successor, which added to them to its own
contents. He built only a model, but George and Edvard Scheutz built difference
engines that were actually used. Though tables of squares and cubes could be
calculated by a difference engine, the more commonly used tables of logarithms
and of trigonometric functions could not. To calculate these and other useful
functions, Babbage conceived of the analytical engine, a machine for numerical
analysis. The analytical engine was to have a store memory and a mill
arithmetic unit. The store was to hold decimal numbers on toothed wheels, and
to transmit them to the mill and back by means of wheels and toothed bars. The
mill was to carry out the arithmetic operations of addition, subtraction,
multiplication, and division mechanically, greatly extending the technology of
small calculators. The operations of the mill were to be governed by pegged
drums, derived from the music box. A desired sequence of operations would be
punched on cards, which would be strung together like the cards of a Jacquard
loom and read by the machine. The control mechanisms could branch and execute a
different sequence of cards when a designated quantity changed sign. Numbers
would be entered from punched cards and the answers punched on cards. The
answers might also be imprinted on metal sheets from which the calculated
tables would be printed, thus avoiding the errors of proofreading. Although
Babbage formulated various partial plans for the analytical engine and built a
few pieces of it, the machine was never realized. Given the limitations of
mechanical computing technology, building an analytical engine would probably
not have been an economical way to produce numerical tables. The modern
electronic computer was invented and developed completely independently of
Babbage’s pioneering work. Yet because of it, Babbage’s work has been
publicized and he has become famous.
Bacchin:
Grice: “I like Bacchin; as an Italian he is allows to speak pompously as we at
Oxford cannot! But he is basically saying the commonplace that
‘intersoggetivita’ has a ‘dialectical dimension’ (interoggetivita come
dimensione dialettica) in the sense that the ego (or ‘l’io’) presupposes the
‘altro’ (as he puts it: ‘a cui’) – therefore; it is a presupposition of the
schema, as Collingwood would have it, alla Cook Wilson – and thus only
transcendentally justified. Bacchin has noted that the operator ~ is basic in
that ‘inter-rogo’ invites a ‘risposta’ whose ‘motivation’ may be ‘implicita’ –
the ad-firmatum is motivated by the domanda – which can be another dimanda: why
do you think so? “Why do you ask why I think so?” -- Bacchin is alla Heidegger and other
phenomenologists, with the ‘essere’ versus appare on which my impicata in
‘Causal Theory of Perception’ depend (‘if A seems B, A is not B. Note that
there is no way to express this implicata without a ~. It might be argued that
it can express with some of the strokes or with some expression that would
flout ‘be brief, rather than the simplest” – and which would involve, as
Parmenide has it, the idea of, precisely –altro’ (other than). Note that
Bacchin equivocates on the ‘altro’ – in the dialectical dimension of
intersubjectivity he obviously means ‘tu,’ not ‘altro.’ In the negation or
contradiction (in dialectical terms) of an affirmation – which is involved in
every ‘dialogue’ that Bacchin calls ‘socratico’ or euristico rather than
sofistico (based on equivocation) – the ‘altro’ is the other, A is not B,
impying A is other than B (cf. my ‘Negation and Privation’). This does not need
have us multiply the sense of ‘ne,’ in old Roman!” -- Giovanni Romano Bacchin
(Belluno), filosofo. Dopo aver conseguito la laurea nel 1961, nel 1965 ottenne
la libera docenza in filosofia della storia. Dal 1966 al 1980 insegnò filosofia
della storia e filosofia della scienza presso l'Perugia. Occupò anche la
cattedra di filosofia della scienza presso l'Lecce. Fu docente presso la
facoltà di lettere e filosofia dell'Padova, tenendo la cattedra di filosofia
teoretica. Fu membro della "Società
Filosofica Italiana". Morì il 10 gennaio 1995, sulla spiaggia di
Rimini. Pensiero Cresciuto
filosoficamente nella scuola metafisica padovana di Marino Gentile, intorno
agli anni sessanta, Bacchin presto sviluppò una propria originalità di
approccio e di ricerca filosofica, che lo rendono difficilmente assimilabile ad
una qualche corrente o "famiglia" filosofica se non quella della
libera e inesausta teoresi. A
testimonianza della specificità del suo approccio metafisico si può citare questa
sua affermazione. «V'è un senso
metafisico che può andare perduto. Né basta parlare di metafisica e
considerarsi metafisici per possederlo. La perdita del senso metafisico è anche
trionfo del condizionale e quindi dell'ipocrisia: "direi",
"avanzerei la proposta", "mi si passi l'espressione",
"vorrei che il lettore ricavasse l'impressione..'", "anche se
siamo, il lettore ed io,certo ioimmensamente piccoli", "a mio
sommesso avviso" e così via in un continuo spostare l'attenzione su di sé
e in un continuo, inutile, domandare scusa al lettore della
propriascontatapochezza, rivelando che non è poi così scontata da non parlarne.
Nudo e indifeso alla presenza della verità, il metafisico non lo può essere di
meno di fronte agli uomini, i qualidi certo- non sono la verità. » Riferimento costante dell'incessante dialogo
filosofico di Bacchin fu senz'altro l'attualismo gentiliano. Opere Su le implicazioni teoretiche della
struttura formale, Roma, Jandi Sapi 1963 Originarietà e mediazione del discorso
metafisico, Roma, Jandi Sapi 1963 Su l'autentico nel filosofare, Roma, Jandi
Sapi 1963, L'originario come implesso esperienza-discorso, Roma, Jandi Sapi
1963 Il concetto di meditazione e la teoremi del fondamento, Roma, Jandi Sapi
1963 I fondamenti della filosofia del linguaggio, Assisi, 1965 L'immediato e la
sua negazione, Perugia, Grafica 1967 Anypotheton. Saggio di filosofia
teoretica, Roma, Bulzoni 1975 Teoresi metafisica, Padova, Nuova Vita 1984
Haploustaton, Firenze, Arnaud 1995
88-8015-033-2 La struttura teorematica del problema metafisico. 1996
(postumo) Classicità e originarietà della metafisica, scritti scelti, Milano,
Franco Angeli 1997 88-464-0248-0
Articoli La metafisica agevola o impedisce l'unità culturale europea?in ‘Il
contributo della cultura all'unità europea', Danilo Castellano, Edizioni
scientifiche italiane, Napoli 1990 L'attualismo nel pensiero di Marino Gentile,
in Annali 1991, Roma, Fondazione Ugo Spirito 1992. Note Informazioni biografiche reperibili anche in
G.R. Bacchin, Haploustaton, Arnaud, Firenze 1995 Giovanni Romano Bacchin in Teoresi
metafisica, 1984 Berti, Enrico Ricordo
di Giovanni Romano Bacchin, "Bollettino della Società Filosofica
Italiana", n. s. 154, gennaio-aprile 1995,
126-128 Scilironi, Carlo Tra opposte ragioni: nota in ricordo di
Giovanni Romano Bacchin a dieci anni dalla morte. in Studia patavina: Rivista
di scienze religiose, Filosofia Filosofo Professore1929 1995 27 dicembre 10
gennaio Belluno Rimini
bacci:
Grice: “You’ve got to love Bacci; he was born in the Italian equivalent of
Weston-super-Mare, and therefore, he dedicated his philosophy to swimming!” --
Andrea Bacci (Sant'Elpidio a Mare), filosofo. Si autodefinì Andrea Baccius
Philosophus, Medicus Elpidianus et Civis Romanus. Studiò a Matelica presso Gian
Paolo Perriberti, a Siena ed infine a Roma protetto dall'elpidiense Modestino
Cassini che era l'archiatra pontificio di papa Pio V. Laureatosi in medicina
iniziò a svolgere l'attività a Serra San Quirico. Nel 1552 torna a Roma
protetto dal cardinale Ascanio Colonna. Dopo avere scritto nel 1558 l'opera Del
Tevere, della natura..., nel 1571 pubblica il De Thermis, un libro sulle acque,
la loro storia e le qualità terapeutiche che venne accolto con entusiasmo dalla
società scientifica papalina e fu oggetto di molte ristampe. Dopo aver ottenuto
nel 1567 la cattedra di Botanica presso l'Università La Sapienza e nel 1576
l'iscrizione all'albo dei cittadini romani, nel 1586 Papa Sisto V lo nomina
Archiatra pontificio. Le opere Delle acque albule di Tivoli, Delle acque acetose
presso Roma e delle acque d'Anticoli; Delle acque della terra bergamasca,
Tabula semplicim medicamentorum, De venenis et antidotis; Della gran bestia
detta alce e delle sue proprietà e virtù, Delle dodici pietre preziose della
loro forza ed uso, L'Alicorno precedono la stampa nel 1595 del monumentale
trattato De naturali vinorum historia, un compendio in sette libri su tutti i
vini conosciuti: Libro ITemi relativi
alla vinificazione e conservazione dei vini. Libro IIConsumo dei vini in
rapporto alle condizioni di salute. Libro IIICaratteristiche peculiari dei
vini. Libro IVUso dei vini nell'antichità classica. Libro VVini delle varie
parti d'Italia. Libro VIVini importati a Roma. Libro VIIVini stranieri.
Note DBI. Andrea Bacci la figura le opere, Atti della
giornata di studi tenutasi il 25 novembre 2000 a Sant'Elpidio a Mare. Altri
progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a
Andrea Bacci Collabora a Wikiquote Citazionio su Andrea Bacci Mario Crespi, Andrea Bacci, in Dizionario
biografico degli italiani, 5, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. De Naturali Vinorum Historia De Vinis
Italiae et de Conuiuijs Antiquorum Libri Septem Andreae BacciI Traduzione del
libro Quinto nella parte dedicata ai vini delle Marche, Gianni Brandozzi,
Associazione culturale Giovane Europa, , Filosofi italiani del XVI secoloMedici
italianiScrittori italiani Professore1524 1600 24 ottobre Sant'Elpidio a Mare
RomaEnologi italiani
Badaloni Grice: “I like Badaloni; he never took the
ROMAN story of philosophy – I say story since history, as every Italian knows,
is too pretentious! – seriously until he had to teach it! “Storia del pensiero
filosofico – l’antichita’ is my favourite – because he does his best to
understand Plato’s pragmatics of dialogue as misunderstood by Cicero!” -- Nicola Badaloni, Sindaco di Livorno Durata
mandato19541966 PredecessoreFurio Diaz SuccessoreDino Raugi Nicola Badaloni (detto
Marco) (Livorno). filosofo. Di spiccate convinzioni marxiste, è stato uno
studioso di Giordano Bruno, Tommaso Campanella, Giambattista Vico, Karl Marx,
Antonio Gramsci. All'attività di ricerca
e di docenza presso l'Pisa, dove è stato Preside della Facoltà di Lettere e
Filosofia e ha occupato dal 1966 e per molti lustri la cattedra di Storia della
filosofia, Badaloni ha affiancato un'imponente attività politica nelle file del
movimento operaio, ricoprendo per molti anni la carica di sindaco di Livorno
(dal 1954 al 1966), di presidente dell'Istituto Gramsci, nonché di membro del
Comitato centrale del PCI. I suoi contributi storiografici, salutati fin
dall'esordio dall'apprezzamento di Benedetto Croce hanno messo in luce autori
considerati minori e pensatori inattuali (Niccolò Franco, Gerolamo Fracastoro,
Giovanni Battista Della Porta, Herbert di Cherbury, Antonio Conti) rinnovando
radicalmente, attraverso una collocazione nel contesto storico, grandi figure
viste dalla storiografia idealistica precedente come immerse in una «solitudine
metastorica». Storicismo e filosofia
Nella presentazione dell'ultima pubblicazione di Badaloni nel 2005, Remo Bodei
ha sostenuto che il marxismo, lontano da ogni vulgata, conserva, per lo storico
della filosofia toscano, la sua capacità di strumento di comprensione del
mondo, di erogatore di energie di cambiamento, di guida per lo sviluppo di una
prassi razionale, ancora validi dopo le esperienze del cosiddetto
"socialismo realizzato". Badaloni ha incessantemente ricercato un
legame, nella storia, tra pensiero e azione sociale e sviluppato uno storicismo
di impronta marxista che raccordasse autori lontani nel tempo (come Giordano
Bruno, Gian Battista Vico, Antonio Labriola), ma accomunati dalla tensione al
rinnovamento e alla trasformazione progressiva degli assetti sociali in una
data situazione storica determinata. Così come c'è alterità profonda, ma non
rottura senza legame, tra Hegel e Marx e similmente tra Croce e Gramsci. Scritti e pubblicazioni Una documentata dell'intensa attività storico-filosofica di
Badaloni Gregorio De Paola può leggersi in: N. Badaloni, Inquietudini e
fermenti di libertà nel Rinascimento italiano, ETS, Pisa, 2004, 481-516. Il volume è una raccolta di saggi di
filosofia moderna di Badaloni, pubblicati su varie riviste specialistiche e scritti
in più anni (dal 1958 al 2000), con presentazioni di Remo Bodei e di Lina
Bolzoni. tesi di laurea discussa con Cesare Luporini (nei primi mesi del 1945)
sul tema Retorica e storicità in Vico. Appunti intorno alla fama del Bruno nei
secoli XVII e XVIII, sta in Società a.14 nr.3, pag.487-519, 1958 Introduzione a
Giambattista Vico, Feltrinelli, 1961 Marxismo come storicismo, Feltrinelli
1962, 1975 Tommaso Campanella, Feltrinelli, 1965, pubblicato con Ernst Germana
nel 1999 dall'Istituto Poligrafico dello Stato Antonio Conti. Un abate libero
pensatore tra Newton e Voltaire, Feltrinelli, 1968 Il marxismo italiano degli
anni Sessanta, Editori Riuniti, 1971 Labriola politico e filosofo, sta in
Critica marxista, Roma, 1971, 2, 16–35
Per il comunismo. Questioni di teoria, Einaudi, 1972 Fermenti di vita
intellettuale a Napoli dal 1500 alla metà del 600, sta in Storia di Napoli, Società Editrice Storia di
Napoli, 1972 Cultura e vita civile tra Riforma e Controriforma, con Renato
Barilli e Walter Moretti, Laterza 1973, 1982 La storia della cultura, sta in
Storia d'Italia, III -(Dal primo Settecento all'Unità), Einaudi, 1973 Il
marxismo di Gramsci. Dal mito alla ricomposizione politica, Einaudi, 1975
Libertà individuale e uomo collettivo in Gramsci, in Politica e storia in
Gramsci, F. Ferri, 1, Roma, Editori
Riuniti-Istituto Gramsci 1977, 9–60
Labriola, Croce e Gentile in collaborazione con il critico letterario Carlo
Muscetta, Laterza 1977, 1990 Dialettica del capitale, Editori Riuniti, 1980
Gramsci: la filosofia della prassi, 1981, sta in Antonio Gramsci. La filosofia
della prassi come previsione, in Hobsbawm, E. H. , Storia del marxismo, III, Tomo 2, Torino, Einaudi 1981, 251–340 Teoria della società e dell'economia
in A. Labriola, I e II, in Dimensioni, a.VIII, nr.26 e 27, 1983 Forme della
politica e teorie del cambiamento. Scritti e polemiche 1962-1981, ETS,1983
Movimento operaio e lotta politica a Livorno 1900-1926, sta nel volume
Democratici e socialisti nella Livorno dall'800 al 1966, (in collaborazione con
F. Pieroni Bortolotti), editrice Nuova Fortezza, 1987 Filosofia della praxis,
sta in Gramsci. Le sue idee nel nostro
tempo, Editrice l'Unità, 1987, 94–95
Antonio Labriola nella cultura europea dell'Ottocento, Lacaita, 1988 Il
problema dell'immanenza nella filosofia politica di Antonio Gramsci, Quaderni
della Fondazione Istituto Gramsci Veneto, Venezia, Arsenale Editrice 1988
Giordano Bruno. Tra cosmologia ed etica, De Donato, 1988 Laici credenti
all'alba del moderno. La linea Herbert-Vico, Le Monnier-Mondadori, 2004
Inquietudini e fermenti di libertà nel Rinascimento italiano, Edizioni ETS,
Pisa, 2005 Nicola Badaloni è inoltre coautore di due importanti manuali: Storia della pedagogia, (con D.Bertoni
Jovine), vv.3, Laterza, 1966 Il pensiero filosofico. Storia. Testi. Per le
Scuole superiori, con Ornella Pompeo Faracovi, Carlo Signorelli Editore,
1992 Notizia della morte sul settimanale
Macchianera, su macchianera. Giuliano Campioni, Addio a Nicola Badaloni, uomo politico
e maestro di filosofia, Athenet, n. 12, anno 2005. 16 agosto (archiviato dall'url originale l'11 settembre
)., nel sito del Sistema bibliotecario di ateneo, Pisa. La lezione di Nicola
Badaloni di Giuliano Campioni, professore del Dipartimento di Filosofia
dell'Pisa, 20 gennaio, , in Pisanotizie. Nicola Badaloni, in
TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. PredecessoreSindaco di LivornoSuccessoreLivorno-Stemma.svg
Furio Diazdal 1954 al 1966Dino Raugi90637957 Filosofia Politica Politica Categorie: Politici italiani del XX
secoloPolitici italiani del XXI secoloFilosofi italiani del XX secoloFilosofi.
bath: Grice never
referred to William of Occam as “William” (“that would be rude”). Similarlly,
his Adelard of Bath is referred to as “Bath.” (“Sometimes I wish people would
refer to me as “Harborne” but that was the day!”). “Of course, it is amusing to
refer to adelard as “Bath” since he was only there for twelve years! But surely
to call him “Oxford” would be supernumerary!”. Grice found inspiration on
Adelard’s “On the same and the different,” and he was pleased that he had been
educated not far from Bath, at Clifton! Adelard is Benedictine monk notable for
his contributions to the introduction of Arabic science in the West. After
studying at Tours, he taught at Laon, then spent seven years traveling in
Italy, possibly Spain, and Cilicia and Syria, before returning to England. In
his dialogue On the Same and the Different, he remarks, concerning universals,
that the names of individuals, species, and genera are imposed on the same
essence regarded in different respects. He also wrote Seventy-six Questions on
Nature, based on Arabic learning; works on the use of the abacus and the
astrolabe; a work on falconry; and translations of Abu Ma’shar’s Arabic active
euthanasia Adelard of Bath 9 4065A- 9
Shorter Introduction to Astronomy, al-Khwarizmi’s fl. c.830 astronomical tables,
and Euclid’s Elements.
brown, S. author of the
Dictionary of British Philosophers (“I first thought of writing a dictionary of
English philosophers, but then I thought that Russell would be out -- he was
born in Wales!. But of course one of my first entries was for H. P. Grice, God
bless him!” --
baglietto: Grice: “I like Baglietto; unlike me, he was a consceinious
objector, but then we were fighting on different camps! I love the fact that
his first tract is on ‘il problema del linguaggio’ in Mazzoni – but then he
turned from ‘la bella lingua’ to Dutch! And specialized in Kant, but most
notably Heidegger – ‘mitsein und sprache.’ But he also wrote on ‘eros’ and
‘love,’ – which is very Platonic of him! And of me, since the ground for my
theory of conversation is on the balance between what I call a principle of
conversational self-LOVE (or egoism, if you mustn’t) and a corresponding
principle of conversational OTHER-love (or altruism, if you must, since I
prefer tu-ism – ‘thou-ism’).” Claudio Baglietto (Varazze), filosofo. Di origini modeste, dopo gli studi liceali
presso il Liceo "Chiabrera"di Savona, studiò Filosofia all'Pisa e si
perfezionò presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, allora diretta da
Giovanni Gentile. Baglietto fu assistente del filosofo Armando Carlini. Negli
anni pisani sviluppò idee di riforma religiosa e morale, in contrapposizione al
Cattolicesimo e al Fascismo. Insieme ad Aldo Capitini, Baglietto organizzava
riunioni serali in una camera della Normale, cui partecipavano giovani
studenti, divenuti in seguito affermati intellettuali, come Walter Binni,
Giuseppe Dessì, Carlo Ragghianti, Claudio Varese. Così Capitini ricordava l'amico nel suo
saggio Antifascismo tra i giovani (Trapani, 1966): "era una mente limpida
e forte, un carattere disciplinato, uno studioso di prima qualità, una
coscienza sobria, pronta ad impegnarsi, con una forza razionale rara, con un'evidentissima
sanità spirituale. Cominciai a scambiare con lui idee di riforma religiosa,
egli era già staccato dal cattolicesimo, né era fascista. Su due punti
convenivamo facilmente perché ci eravamo diretti ad essi già in un lavoro
personale da anni: un teismo razionale di tipo spiccatamente etico e kantiano;
il metodo Gandhiano della noncollaborazione col male. Si aggiungeva,
strettamente conseguente, la posizione di antifascismo, che Baglietto venne
concretando meglio. Non tenemmo per noi queste idee, le scrivemmo facendo
circolare i dattiloscritti, cominciando quell'uso di diffondere pagine
dattilografate con idee di etica di politica, che continuò per tutto il periodo
clandestino, spesso unendo elenchi di libri da leggere, che fossero accessibili
e implicitamente antifascisti. Invitammo gli amici più vicini a conversazioni
periodiche in una camera della stessa Normale [...]". Ottenuta nel 1932 una borsa per perfezionarsi
presso l'Friburgo in Germania, dove allora insegnava Heidegger, in coerenza con
i suoi ideali di nonviolenza incompatibili col Fascismo, Baglietto decise di
non rientrare più in Italia e rinunciò alla borsa, cosa che scandalizzò Gentile
(che aveva garantito per lui presso le autorità per il visto). Anche Delio
Cantimori criticò animatamente la scelta di Baglietto, in particolare nel suo
carteggio con Aldo Capitini e con Claudio Varese, accusando i colleghi
normalisti dissidenti dal Fascismo di mancanza di senso di realismo politico,
nonché di senso dello Stato (fu poi lo stesso Cantimori ad avvisare Gentile
della morte di Baglietto nel 1940).
Lasciata Friburgo, Baglietto si trasferì quindi a Basilea, dove visse da
esule, proseguendo gli studi e dando lezioni private. Morì nel 1940: è sepolto nel cimitero di
Basilea. Il cammino della filosofia
tedesca dell'Ottocento, “Annali della Scuola Normale di Pisa”, Scritti
religiosi di Aldo Capitini in collaborazione con Claudio Baglietto in A.
Capitini, Antifascismo tra i giovani, Celebres, Trapani, Caldo Baglietto e Aldo
Capitini (pref.), Claudio Baglietto nel libro "Kant e l'antifascismo"
, in Claudio Fontanari e Maria Chiara Pievatolo , Bollettino italiano di
filosofia politica, Pisa37, 1591-4305
(WC ACNP), 7181065539 (archiviato il 5
settembre ). Ospitato su archiviomarini.sp.unipi. (Saggio inedito di Baglietto,
composto a Basilea e da anni depositato nell'Archivio Marini dell'Pisa)
Note A. Capitini, L'antifascismo tra i
giovani, Celebres, Trapani, 196620. Chiantera Stutte, Delio Cantimori. Un
intellettuale del Novecento, Carocci, Roma, , che rinvia soprattutto
aSimoncelli, La Normale di Pisa. Tensioni e consenso (1928-1938), Franco
Angeli, Milano, 1998. Scritto del 1931,
pubblicato postumo Aldo Capitini. Aldo Capitini
Mahatma Gandhi Nonviolenza Claudio
Baglietto e la questione morale di Claudio Fontanari nel sito "Phenomology
Lab", 2 giugno, . Claudio Baglietto, Kant e l'antifascismo di Claudio
Fontanari, nel sito "Archivio Marini", 30 giugno, . Filosofia
Università Università Filosofo Professore1908
1940 Varazze BasileaNonviolenzaAntifascisti italianiStudenti dell'Pisa
baldini: Grice:
“I like Baldini, but more so does Austin! In his collection of ‘lessons’
(lezioni) on ‘filosofia del linguaggio’ (not just ‘sematnica’ or ‘semiotica’)
for the distinguished Firenze-based publisher Nardini, he deals with Austin,
but not me!” Grice: “Baldini fails to realise that I refuted Austdin – when
Baldini opposes ‘filosofese,’ I am reminded of my non-conventional
non-conversational implicata – and Austin’s less happy idea of a felicity
condition for a perlocutionary effect!” Grice: “But what I like about Baldini
is that being Italian, he refers to ‘amore’ in his ‘natural’ history of
AMicizia – which is all that my conversational pragmatics is about: Achilles
and Ayax must share a lot of common ground to be able to play the game of
conversation, and they do!” -- Massimo Baldini (Greve in Chianti), filosofo. Si
è dedicato in particolare alla filosofia della scienza e alla filosofia del
linguaggio. Figlio dello storico Carlo Baldini, laureato in Pedagogia presso
l'Università degli Studi di Firenze nel 1969, nel 1970 è stato nominato
assistente incaricato di Filosofia; l'insegnamento era tenuto da Dario
Antiseri) presso la Facoltà di Magistero dell'Università degli Studi di Siena.
Nel 1975 è diventato professore incaricato di “Storia del pensiero scientifico”
presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di
Perugia. Nel 1980 ha vinto il concorso di professore di prima fascia di
“Filosofia del linguaggio” ed è stato chiamato dall'Bari alla Facoltà di
Lettere e Filosofia. Ha insegnato anche presso l'Università degli Studi di Roma
“La Sapienza” nella Facoltà di Medicina. È stato direttore del Dipartimento di
Filosofia e dell'Istituto di Filosofia presso la Facoltà di Scienze della formazione
all'Università degli Studi di Perugia e direttore della sezione di Storia della
medicina del Dipartimento di Patologia presso l'Università degli Studi di Roma
“La Sapienza”. Nel 1999 è stato chiamato dalla Libera università
internazionale degli studi sociali Guido Carli di Roma per coprire la cattedra
di "Semiotica". Qui ha insegnato anche “Teoria e tecniche del
linguaggio giornalistico e radiotelevisivo” (dal 2004), “Semiotica dei
linguaggi specialistici” (che avrebbe dovuto iniziare nel 2009). Presso la
LUISS ha inoltre rivestito numerosi incarichi accademici: preside della Facoltà
di Scienze Politiche (da giugno 2007); coordinatore del corso di laurea
magistrale in “Comunicazione politica, economica e istituzionale” (dal 2004),
direttore della Scuola superiore di giornalismo (dal 2007) e direttore del
Master di primo livello in “Economia, gestione e marketing dei turismi e dei
beni culturali” (dal 2004). In precedenza, è stato vice preside della Facoltà
di Scienze Politiche (2000-2006), direttore del Dipartimento di Scienze
storiche e socio-politiche (2006-2007), direttore del Centro di ricerche sulla
comunicazione (2003-2007). Tre sono stati gli ambiti di ricerca che più
di altri Massimo Baldini ha coltivato: la filosofia della scienza (con una particolare
attenzione al pensiero dell'epistemologo Karl R. Popper, di cui ha curato anche
alcune opere in edizione italiana), la filosofia del linguaggio, la semiotica
della moda. A partire dagli anni Settanta, Massimo Baldini ha dedicato numerosi
lavori all'epistemologia contemporanea, cogliendone le possibili applicazioni
alla medicina, alla storia della scienza, alla pedagogia e, infine, alla
filosofia politica. Parallelamente, ha rivolto i suoi interessi anche alla
storia della scienza e, in particolare, alla storia della medicina.
Un'attenzione particolare è stata dedicata ai nessi che intercorrono tra
l'epistemologia e la filosofia della politica: sulla scorta delle riflessioni
popperiane, ha riletto il pensiero utopico sia nella sua dimensione storica che
in quella teorica. L'altro grande interesse filosofico di Massimo Baldini
è stata la filosofia del linguaggio. In particolare ha studiato le tesi dei
semanticisti generali, un movimento nato negli Stati Uniti tra le due guerre
mondiali e di cui si era occupato per primo in Italia negli anni Cinquanta
Francesco Barone. L'interesse per la filosofia del linguaggio si è declinato
anche in chiave storica: e alla storia della comunicazione Massimo Baldini ha
dedicato numerose opere. Inoltre, gli studi sulla filosofia del linguaggio si
sono incentrati sull'analisi di alcuni linguaggi specialistici: quello della
pubblicità, quello dei mistici, quello della pubblica amministrazione, quello
dei giornalisti, nonché il tema correlato del silenzio. Tutti questi linguaggi,
sono stati studiati nelle prospettive dell'oscurità e della chiarezza, e
dell'oggettività (soprattutto con riferimento al contesto
dell'informazione). La biblioteca comunale "Carlo e Massimo
Baldini" di Greve in Chianti A partire dalla fine degli anni Novanta,
infine, gli interessi di Massimo Baldini si sono incentrati sul tema della
moda, che egli ha studiato dal punto di vista storico e semiotico, e nelle
diverse componenti della moda vestimentaria e della moda capelli. Tutta
l'attività di ricerca di Massimo Baldini è confluita in numerose opere
individuali e collettive, curatele, introduzioni e prefazioni a testi italiani
e stranieri, traduzioni, nonché nella collaborazione stabile con alcune case
editrici e riviste scientifiche. In particolare, presso l'editore Armando
(Roma) ha diretto le collane Temi del nostro tempo, I maestri del liberalismo,
Moda e mode, I linguaggi della comunicazione; presso l'editore Rubbettino
(Soveria Mannelli) la collana Biblioteca austriaca (con Dario Antiseri, Lorenzo
Infantino e Sergio Ricossa). Menzione a parte merita poi il ricordare che
Baldini è stato ed è rimasto nel corso dei decenni un grande estimatore e
diffusore dell'opera del concittadino grevigiano Domenico Giuliotti, il
"poeta-mistico" o "profeta" Giuliotti, del quale il
nostro ha riedito alcune delle sue maggiori opere per lo più per conto delle
edizioni Logos di Roma, oltre a dedicare al medesimo alcune raccolte di saggi
come "Il più santo dei ribelli. Scritti su Domenico Giuliotti" (1981)
oppure "Giuliotti. Cristiano controcorrente" (ed. EMP, 1996), senza
contare i volumetti preparati per conto della preziosa casa editrice La Locusta
di Vicenza, a partire dal 1977, in consonanza agli interessi espressisi e
sviluppatisi soprattutto a partire dagli anni ottanta, quelli che afferivano ai
connotati e alle 'modalità' del linguaggio dei mistici, o alle relazioni
intercorrenti fra le dimensioni del silenzio-parola-Parola di
Dio-ascolto. È stato altresì membro del Comitato Nazionale per la
Bioetica; membro del comitato scientifico delle riviste L'Arco di Giano, 'Nuova
civiltà delle macchine, Desk. Morì a causa di un infarto mentre si
trovava a cena con alcuni colleghi universitari. Nel per la casa editrice Rubbettino è uscito il
libro La responsabilità del filosofo. Studi in onore di Massimo Baldini Dario
Antiseri con saggi di amici, colleghi, collaboratori e studenti per ricordare
la figura intellettuale e morale di Massimo Baldini a quattro anni dalla
scomparsa. Partecipano all'antologia Tullio De Mauro e Derrick de Kerckhove. Il
primo maggio è stata inaugurata a Greve
in Chianti la Biblioteca comunale "Carlo e Massimo Baldini".
Sulla filosofia del linguaggio «È chiaro che devo preoccuparmi di essere inteso
da tutti perché penso che la chiarezza sia la cortesia del filosofo»
(José Ortega y Gasset, Cos'è la filosofia?) Secondo Baldini scopo del filosofo
e della sua filosofia è essere chiari: scrisse infatti «l'accusa che più
frequentemente viene rivolta alle opere dei filosofi è quella dell'illegibilità».
I filosofi come dimostra nel suo Contro il filosofese e nel Elogio
dell'oscurità e della chiarezza non seguono sempre questa missione ed in alcuni
casi sembra usino volutamente un linguaggio oscuro ed incomprensibile. Tre dei
filosofi più oscuri secondo Baldini, che ricalca in questo anche il giudizio di
Schopenhauer, sono stati Fichte, Hegel e Schelling. Parlando di Hegel, Baldini
riporta il giudizio di uno scritto di Alexandre Koyré che definisce la lingua
di Hegel "incomprensibile e intraducibile". Citando inoltre il
giudizio di Popper scrive: «Troppo spesso, secondo Popper, i filosofi vengono
meno alla virtù della chiarezza. Con l'oscurità sovente mascherano le
tautologie e le banalità che infiorettano i loro discorsi». Henri Bergson cita
l'esempio di Cartesio, di Nicolas Malebranche e di molti altri filosofi
francesi mostrando che idee molto raffinate e profonde possono essere espresse
nel linguaggio ordinario anziché con circonlocuzioni e ridondanze e termini che
sono causa di equivoci. Baldini afferma che «l'oscurità in filosofia è, dunque,
il modo migliore per fingere di spacciare pensieri, mentre si sta solo
spacciando parole, è una maschera che cela spesso il vuoto di pensiero o la
banalità dei pensieri». Nonostante tutto secondo Baldini, non bisogna giudicare
frettolosamente un filosofo, definendolo "oscuro", a volte può essere
una carenza della nostra conoscenza che ci porta a respingere come vuoto suono,
parole che invece, hanno il loro preciso significato. Scrivere la
filosofia in maniera chiara può avere le sue difficoltà, Nietzsche infatti
afferma che «ci vuole meno tempo ad imparare a scrivere nobilmente che
chiaramente» e Ludwig Wittgenstein che celebra a più riprese la chiarezza, fa
autocritica ammettendo in una sua lettera a Russell che il suo Tractatus
logico-philosophicus «è tremendamente oscuro». Quanti celebrano la chiarezza in
filosofia, sanno bene che ogni lettore di testi filosofici deve fare proprio il
consiglio che Wittgenstein dava a Bertrand Russell, quando questi si lamentava con
lui dell'oscurità del trattato, gli scrisse: «Non credere che tutto ciò in cui
tu sei capace di capire consista di stupidaggini». Invece, un personaggio che
volutamente, secondo Baldini, tendeva a non farsi capire e a sopraffare
linguisticamente («fra gli applausi di ammirazione») i suoi ascoltatori, è
stato Armando Verdiglione. Chi si avventurava nelle sue opere, fa
rilevare il filosofo, si imbatteva in frasi tipo questa: «Sono tratto da un
demone a dire, a fare, a scrivere sempre fra oriente e occidente e fra nord e
sud. Senza luogo della parola. Questo demone è il colore del punto, dello
specchio, dello sguardo, della voce: la moneta stessa. Punto, sembiante,
oggetto scientifico, è indotto dalla pulsione, dall'instaurazione della
domanda, dove l'offerta è il pleonasmo», ed ancora: «Ecco questo primo
rinascimento. Primo in quanto procede dal secondo, ovvero dall'originario.
Secondo dunque non in senso ordinale, non in nome del nome. Non è neppure
nuovo, perché non parte dalla corruzione per arrivare all'utopia». "Oscuro
superlinguaggio" e "gargarismi linguistici e semantici" sono
secondo Baldini il risultato della "verdiglionite" ovvero di chi si
muove "sui sentieri del filosofese". Secondo Baldini quindi la difficoltà
di esprimere alcuni profondi pensieri filosofici non dovrebbe essere
amplificata, è vero che ci sono pensieri filosofici difficili da esprimere in
modo semplice, ma è pur vero che il filosofo che desidera trasmettere la
propria filosofia, dovrebbe fare un onesto sforzo affinché essa sia quanto più
possibile comprensibile al proprio uditorio. Note Sociologi: è morto Massimo Baldini, semiologo
e filosofo, Adnkronos, 11 dicembre 2008
Contro il filosofeseI filosofi e l'abuso delle parolepag. 43-49 Contro il filosofeseFichte, Schelling, ed Hegel:
i professionisti dell'oscuritàpag. 50-56
Alexandre Koyré, Note sulla lingua e la terminologia hegeliana,
Interpretazioni hegeliane, La Nuova Italia, Firenze 1980, pag.43 Bertrand Russel. L'autobiografia 1914-1944,
Longanesi, Milano 1969, II, pag. 208 (la lettera è datata 12 giugno 1919) Armando Verdiglione, Manifesto del secondo
rinascimento, Rizzoli, Milano 198323 Opere Questa voce è da wikificare Questa
voce o sezione sull'argomento filosofi non è ancora formattata secondo gli
standard. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di . Segui i
suggerimenti del progetto di riferimento. Epistemologia e storia della scienza,
Ed. Città di vita, Firenze 1974. Il linguaggio delle utopie. Utopia e
ideologia: una rilettura epistemologica, Ed. Studium, Roma 1974. Epistemologia
contemporanea e clinica medica, Ed. Città di vita, Firenze 1975. Teoria e
storia della scienza, Armando Editore, Roma I fondamenti epistemologici
dell'educazione scientifica, Armando Editore, Roma 1976. La semantica generale,
Ed. Città nuova, Roma 1976. Gli scienziati ipocriti sinceri: metodologia e
storia della scienza, Armando Editore, Roma 1978. La tirannia e il potere delle
parole: saggi sulla semantica generale, Armando Editore, Roma 1981. Congetture
sull'epistemologia e sulla storia della scienza, Armando Editore, Roma 1986.
Epistemologia e pedagogia dell'errore, Ed. La Scuola, Brescia 1986. Il
linguaggio dei mistici, Ed.Queriniana, Brescia 1986 (1989, 2ª ed. ampliata) Il
linguaggio della pubblicità. Le fantaparole, Armando Editore, Roma 1987 (2ª ed.
1990; 3ª ed. ampliata 1996; 4ª ed. 2003) Educare all'ascolto, Ed. La Scuola,
Brescia 1988 (2ª ed. 1989; 5ª ed. 1999) Parlar chiaro, parlar oscuro, Ed.
Laterza, RomaBari 1988 (2ª ed. 1989) Dario Antiseri, Massimo Baldini, Lezioni di
filosofia del linguaggio., Ed. Nardini, Firenze 1989. Reale, G., Antiseri, D.,
Baldini, M. (1990) Antologia filosofica, Ed. La Scuola, Brescia, opera in tre
volumi. I II Contro il filosofese, Ed.Laterza, Roma-Bari
1991 978-88-420-3843-6 Storia della comunicazione,
Newton & Compton, Roma 1985 (2ª ed. ampliata 2003) La storia delle utopie,
Armando Editore, Roma 1996. Mille proverbi italiani, Newton & Compton
editori s.r.l., Milano 1996. Karl Popper e Sherlock Holmes: l'epistemologo, il
detective, il medico, lo storico e lo scienziato., Armando Editore, Roma
1998 88-7144-800-6 Massimo Baldini e
Donatella Lippi, La medicina: gli uomini e le teorie, Ed. CLUEB, Bologna
2000,(2ª ed. 2006) Il liberalismo, Dio e il mercato., Armando Editore, Roma
2001. La storia dell'amicizia, Armando Editore, Roma 2001. Introduzione a Karl
R. Popper, Armando Editore, Roma 2002. Capelli: moda, seduzione, simbologia,
Ed. Peliti, Roma 2003. Popper e Benetton: epistemologia per gli imprenditori e
gli economisti, Armando Editore, Roma 2003. Elogio dell'oscurità e della
chiarezza, LUISS University Press e Armando Editore, Roma 2004. Elogio del
silenzio e della parola: i filosofi, i mistici, i poeti, Rubettino Editore,
Soveria Mannelli 2005. I filosofi, le bionde e le rosse, Armando Editore, Roma
2005. L'invenzione della moda: le teorie, gli stilisti, la storia. Armando
Editore, Roma 2005. L'arte della coiffure: i parrucchieri, la moda e i pittori,
Armando Editore, Roma 2006. Popper, Ottone, Scalfari, LUISS University Press,
Roma 2009. Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Massimo
Baldini Scheda dell'Università LUISS, su
docenti.luiss. Filosofia Filosofo del XX secoloFilosofi italiani del XXI
secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani Professore1947 2008
18 giugno 10 dicembre Greve in Chianti RomaProfessori della Libera università
internazionale degli studi sociali Guido CarliProfessori della
SapienzaRomaProfessori dell'Università degli Studi di PerugiaProfessori
dell'Università degli Studi di SienaProfessori dell'BariStudenti
dell'Università degli Studi di Firenze
baldinottiI: Grice: “I like Baldinotti; Speranza thinks he is a Griceian,
just to oppose to the Italian received view that he is Lockeian! But I say, he
is MORE than either! Baldinotti can quote from
Rousseau, and the French authors that Locke never cared about! And most
importantly, he can SIMPLIFY and need not appeal to Anglo-Saxonisms as Locke
does (what does it mean that a ‘word’ STANDS for ‘an idea’?” --.” Grice: “In
fact, as Speranza showed at Oxford, one can organize a tutorial on the
philosophy of language (he won’t though – he hardly organises!) just using Balidonotti’s rough Latin of first
chapter of ‘De vocibus’!” “All the
material I rely on in my Oxford 1948 talk on ‘meaning’ for the Philosophical
Society can be found there: ‘vox’ significat affectus animae artificialiter,
lachrymal significat affectum animae naturaliter --.” Grice: “Unless she is a
crocodile, as Speranza remarks!” -- Cesare
Baldinotti (Palermo), filosofo. Monaco benedettino olivetano, fu abate nel
monastero fiorentino di S. Miniato al Monte.
Nel 1774 divenne professore di logica e metafisica nel Ginnasio di
Mantova. Nel 1783 venne chiamato alla
cattedra di logica e metafisica dell'Pavia.
Nel 1803 passò alla cattedra di logica dell'Padova, che fu mutata nel
1805 in quella di logica ed arte critica.
Opere principali De recta humanae mentis institutione 1787 Tentamen I.
De metaphysca generali liber unicum 1817
S. Gori Savellini, Cesare Baldinotti in "Dizionario Biografico
degli Italiani", Istituto dell'Enciclpopedia Italiana, Roma. E. Troilo, Un
maestro di Rosmini a Padova, Cesare Baldinotti in: "Memorie e documenti
per la storia della Padova", Padova, 1922, v. 1, 427–441.
Cesare Baldinotti, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana.
balduino: Grice: “It is amusing that when we were lecturing with Sir
Peter at Oxford on ‘Categoriae’ and ‘De Interpretatione,’ Girolamo Balduino had
done precisely that – AGES before, in a beautiful beach town of Italy! ‘vir
Montesardis,’ –“ Grice: “Strawson and I, following an advice by Paulello, drew
a lot from Balduino’s commentary – especially of the Peri Hermeneias, the
section on the ‘oratio,’ since we were looking for ordinary-language ways to
render all the modal distinctions (indicative, imperative, optative,
interrogative, vocative, …) that Balduino finds so easy to digest – but our
Oxonian tutees didn’t!” -- Girolamo
Balduino (Montesardo), filosofo. Studiò
all'Padova sotto Marco Antonio Passeri (detto il Genua) e Sperone Speroni,
formandosi nell'eclettismo aristotelico proprio di quella scuola. Nell'anno
1528 insegnò sofistica in quello Studio; passò poi all'Salerno e
all'Napoli. Nella seconda metà del
Cinquecento le sue opere furono occasione di vivaci dibattiti. Alle sue
dottrine si oppose, in particolare, il filosofo padovano Jacopo Zabarella. Opere Perì hermeneias, 1549 Quaesita tum
naturalia, tum logicalia, 1550 Studi Giovanni Papuli, Girolamo Balduino:
ricerche sulla logica della Scuola di Padova nel Rinascimento, Manduria,
Lacaita, 1967. Giovanni Papuli, Girolamo Balduino e la logica scotistica, in «
Acta Quarti Congressus Scotistici Internationalis », II, Roma, 1978. 257-264. Giovanni Papuli, Dal Balduino allo
Zabarella e al giovane Galilei: scienza e dimostrazioni, in « Bollettino di
storia e filosofia », 10, 1990-1992,
333-65. Raffaele Colapietra,
recensione di Ricerche sulla logica della scuola di Padova nel Rinascimento,
Emeroteca della Provincia di Brindisi.
banfi: Grice:
“What I like about Banfi is that he is more ‘important’ than it seems, at least
to Italians! He has written bunches, but my favourite are two: his
‘l’interpretazione’ (Banfi makes a distinction between ‘esegesi,’
‘interpretazione’ and ‘TEORIA dell’interpretazione,’ in a slightly non-Griceian
use of ‘teoria’ – and his essays on ‘eros e prassi,’ for indeed the second
strand (eros e prassi) is the base for the former (interpretazione): unless you
CARE, why interpret – which is indeed, a performance?!” -- Antonio Banfi seenatore
della Repubblica Italiana LegislatureI, II Gruppo parlamentareComunista
CircoscrizioneLombardia Dati generali Partito politicoPartito Comunista
Italiano Titolo di studioLaurea in Lettere UniversitàUniversità Humboldt di
Berlino ProfessioneDocente Antonio Banfi (Vimercate) filosofo, storico della filosofia,
traduttore, accademico e politico italiano. Fu sostenitore di un razionalismo
aperto e antidogmatico in grado di attraversare i vari settori dell'animo
umano. A lui è intitolato il Liceo Scientifico con Sezione Classica
Aggregata del suo comune natale, Vimercate. Antonio Banfi nacque a
Vimercate, in provincia di Milano, in un ambiente familiare formatosi su
principi cattolici e liberali della borghesia colta lombarda, nella quale da
generazioni combaciavano una moderna e positiva idea del cattolicesimo e un
razionale illuminismo tecnico-scientifico. La ricca e vasta biblioteca in
possesso della famiglia diventò per il giovane grande stimolo di conoscenza nei
suoi studi, quando da Mantova, dove frequentava il Liceo Virgilio, ritornava a
Vimercate, dove assieme alla famiglia trascorreva le vacanze estive. Nel
1904 incominciò a frequentare i corsi universitari alla facoltà di lettere
della Regia Accademia scientifico-letteraria di Milano e ottenne, dopo quattro
anni, la laurea con lode, discutendo (con il relatore Francesco Novati) una
monografia su Francesco da Barberino. Incominciò a insegnare all'Istituto
Cavalli-Conti di Milano e contemporaneamente proseguì con grande determinazione
gli studi di filosofia (con Giuseppe Zuccante per la storia della filosofia e
Piero Martinetti per la teoretica); il 29 gennaio 1910 prese la seconda laurea
in filosofia, discutendo con Martinetti una tesi intitolata "Saggi critici
della filosofia della contingenza", contenente tre monografie sul pensiero
di Boutroux, Renouvier e Bergson. Con la borsa di studio attribuita
dall'Istituto Franchetti di Mantova ai laureati meritevoli, Banfi decise di
andare in Germania e iscriversi, con il suo amico Confucio Cotti, alla facoltà
di filosofia della Friedrich Wilhelms Universität di Berlino, dove strinse
amicizia con il socialista Andrea Caffi. Nella primavera del 1911 ritornò in
Italia e partecipò a vari concorsi, ottenendo una supplenza di Filosofia prima
a Lanciano, in seguito a Urbino; per molti anni assunse diversi incarichi in
varie sedi scolastiche. Banfi conobbe una ragazza, la contessa Daria
Malaguzzi Valeri, con la quale dopo poco tempo, il 4 marzo 1916, si unì in
matrimonio civile nel municipio di Bologna. Durante la guerra, già riformato al
servizio di leva, si dedicò con senso di servizio e scrupolosa diligenza
all'insegnamento e, per la penuria di insegnanti richiamati al fronte, oltre
alla sua cattedra fu costretto a ricoprire altri incarichi; solo agli inizi
dell'ultimo anno venne aggregato come soldato semplice all'ufficio annonario
della Prefettura di Alessandria. Nei primi anni del dopoguerra Banfi, pur
non militando nel movimento socialista, assunse in modo molto deciso posizioni
di sinistra e partecipò, come iscritto alla Camera del Lavoro, all'organizzazione
della cultura popolare, diventando in poco tempo una delle personalità più in
vista del mondo culturale democratico alessandrino; venne nominato anche
direttore della biblioteca di Alessandria, da cui fu in seguito allontanato dal
nascente squadrismo fascista. Nel 1925 fu tra i firmatari del Manifesto degli
intellettuali antifascisti, redatto da Benedetto Croce. Nel 1931 Piero
Martinetti, che era stato collocato a riposo d'autorità per aver rifiutato di
giurare fedeltà al fascismo, lo propose come suo successore per l'insegnamento
della Storia della Filosofia all'Università degli Studi di Milano, dove, a
partire dal 1941, fu maestro di Rossana Rossanda. Diresse la rivista
Studi filosofici, pubblicata dal 1940 al 1949. Nel secondo dopoguerra,
con le elezioni politiche del 1948, fu eletto per le liste del Partito
comunista,nel Senato della Repubblica. Il mandato fu confermato alle successive
elezioni del 1953. Il razionalismo critico Magnifying glass icon mgx2.svg
Problematicismo. Antonio Banfi può essere considerato il maestro della corrente
filosofica che in Italia si è denominata Razionalismo critico e che ha avuto
anche derivazioni significative nel campo della pedagogia teoretica con il
Problematicismo. In sostanza, usando il concetto kantiano di ragione, Banfi la
considera come la facoltà di un discernimento critico, analitico, presupposto
trascendentale che sistematizza l'esperienza, i dati empirici, non pervenendo a
dogmi o a sistemi di sapere chiusi e assoluti. Il principio razionale permette
di cogliere e comprendere la realtà nelle sue complesse determinazioni: senza
questo principio, che va assunto appunto come trascendentale, la realtà sarebbe
caotica e solo contingente ed esperienziale oppure interpretata secondo la
Metafisica o sistemi di pensiero chiusi e non problematici come richiesto dalla
scienza e in generale dalla complessa dinamica del mondo umano e naturale.
L'apertura della ragione è talmente ampia che anche le filosofie assolutizzanti
vengono poste come possibilità di verità, seppur parziali ("È bene tener
presente che il pensiero non pensa mai il falso in modo assoluto"). La
filosofia è lo strumento indispensabile per l'analisi critica del reale, non
deve tendere a un sapere assoluto, ma porsi il tema privilegiato della coscienza,
purché questa coscienza sia "coscienza della relatività, della
problematicità, della viva dialettica del reale". Si sfugge al relativismo
possibile seguendo le orme di Socrate: l'eticità prevale quando, non potendo
esistere se non come tendenza verità assoluta, le verità relative sono assunte
come problema, cioè come ricerca interrogante e incessante fondante l'intero
processo conoscitivo. Le conclusioni sono, come nell'ambito scientifico (la
scienza è lo strumento pragmatico della ragione, la filosofia lo strumento
teoretico) non false ma possibili, non solo provvisorie, ma reali. Le categorie
che Banfi propone per sintetizzare la sua proposta filosofica, sono quelle di
"sistematica" del sapere, fondata su un significato antidogmatico
della ragione, una "sistematica" aperta per il rinnovamento critico
di tutte le strutture razionali e di un umanesimo nuovo, radicale, che ponga
l'uomo al centro dell'indagine razionale e nella sua realtà storico-effettuale,
che forma la sua coscienza concreta nel mondo reale: dunque critica alla
metafisica ma necessità della filosofia, il sapere costruttivo garanzia di
libertà e concretezza. Il confronto che Banfi predilige è con gli indirizzi
filosofici della prima metà del Novecento, in particolare la Fenomenologia, il
neokantismo di Marburgo, il neopositivismo, l'Esistenzialismo, ma negli ultimi
anni orienta sempre più il suo interesse al Marxismo, di cui condivide gli
assunti fondamentali leggendoli alla luce del suo razionalismo critico, come si
evince dalla raccolta postuma Saggi sul marxismo editi nel 1960. Archivio
Si segnalano tre fondi archivistici del pensatore: "Fondo Antonio
Banfi" presso la Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia. L'archivio, insieme
con la biblioteca personale di Banfi, dopo la morte del pensatore venne donato
alla provincia di Reggio Emilia insieme con la costituzione del "Centro
studi Antonio Banfi”. In seguito, il Centro si trasformerà in "Istituto
Banfi", con sede a Reggio Emilia. Nel , l’archivio e la biblioteca
personale del filosofo sono stati depositati alla Biblioteca Panizzi di Reggio
Emilia, a seguito di un accordo tra Soprintendenza Archivistica per
l’Emilia-Romagna, Comune e Provincia di Reggio Emilia. La biblioteca conserva
anche l'archivio di Daria Malaguzzi Valeri e l’archivio delle carte di Clelia
Abate, segretaria del Fronte della Cultura e allieva di Banfi. Archivio
"Antonio Banfi e Daria Malaguzzi Valeri" presso la Biblioteca di
Filosofia dell'Università degli Studi di Milano. Il fondo archivistico contiene
diverse centinaia di documenti conservati da Daria Malaguzzi Valeri, moglie del
filosofo, e da lei usati nella stesura del libro Umanità, pubblicato nel 1967
per le Edizioni Franco di Reggio Emilia. I documenti del fondo coprono l'intero
arco di vita di Antonio Banfi ma risultano particolarmente ben rappresentati
gli anni giovanili; da segnalare soprattutto il ricco epistolario con la futura
moglie, riferito agli anni compresi tra il 1911 e il 1916, e la corrispondenza
con Piero Martinetti, durante la sua docenza presso la Regia Accademia
Filosofico Letteraria di Milano e poi dal suo ritiro di Spineto. "Archivio
privato familiare Antonio Banfi" conservato presso l'Università degli
studi dell'Insubria. Centro Internazionale Insubrico Carlo Cattaneo e Giulio
Preti, riunisce migliaia di lettere, biglietti, cartoline postali, plichi e
buste, conservati in 33 raccoglitori a loro volta inseriti in 15 buste, per una
consistenza di circa 1,5 mi. Gran parte dell'archivio è costituito dal
carteggio tra Antonio Banfi e Daria Malaguzzi Valeri, sposatisi il 4 luglio
1916. Il rapporto epistolare con la moglie, infatti, non si limitò alla sfera
affettiva e familiare, ma affronta spesso tematiche filosofiche (ad esempio, la
frequentazione di G. Simmel durante il giovanile soggiorno a Berlino, nel 1909-1911,
o la ricezione dell'opera e la personale conoscenza di E. Husserl) e di
attualità, nella concretezza dei riferimenti a eventi e circostanze del
presente e ai rapporti sociali coltivati da Banfi come pensatore, studioso,
organizzatore culturale e uomo politico. Opere La filosofia e la vita
spirituale, Milano, Isis, 1922. Principi di una teoria della ragione, Firenze,
la Nuova Italia, 1926. Pestalozzi, Firenze, Vallecchi, 1929. Vita di Galileo
Galilei, Lanciano, R. Carabba, 1930. Sommario di storia della pedagogia,
Milano, A. Mondadori, 1931. I classici della pedagogia: Rousseau, Pestalozzi,
Capponi, Gabelli, Gentile, Milano, Mondadori, 1932 Studi filosofici : rivista
trimestrale di filosofia contemporanea, Milano, 1940-1949 Saggio sul diritto e
sullo Stato, Roma, Rivista internazionale di filosofia del diritto, 1935. Per
un razionalismo critico, Como, Marzorati, 1943. Lezioni di estetica raccolte
Maria Antonietta Fraschini e Ida Vergani, Milano, Istit. Edit. Cisalpino, 1945.
Vita dell'arte, Milano, Minuziano, 1947. Galileo Galilei, Milano, Ambrosiana,
1949. L'uomo copernicano, Milano, A. Mondadori, 1950. (con M. Dal PraG. PretiP.
Rossi), La crisi dell'uso dogmatico della ragione, Milano, Bocca, 1953 La
filosofia del settecento, Milano, La Goliardica, 1953. La filosofia critica di
Kant, Milano, La Goliardica, 1955. La filosofia degli ultimi cinquant'anni,
Milano, La Goliardica, 1957 La ricerca della realtà. v. 1, Firenze, Sansoni,
1959 La ricerca della realtà. v. 2, Firenze, Sansoni, 1959 Saggi sul marxismo,
Roma, Editori Riuniti, 1960 (postumo) Filosofia dell'arte (Dino Formaggio,
postumo) , Roma, Editori Riuniti, 1962 Note
"Perciò appunto non ho dimenticato i tuoi interessi e sarei lieto
che fossi tu a succedermi, In questo senso ho scritto, richiesto da Castiglioni
stesso, che ora è preside, a Castiglioni. Ho consigliato lui e con lui la
facoltà ad accaparrarsi te per la F.[ilosofia] e Banfi per la St.[oria]
d.[ella] F.[ilosofia]"; Lettera n. 108 Piero Martinetti a Adelchi
Baratono, 21 dicembre 1931, in Piero Martinetti Lettere (1919-1942), Firenze,
, 107-108. Rossanda, Rossana, La ragazza del secolo
scorso, Torino, Einaudi, 2005, 52 ss., 9788806143756. Vedi scheda del Senato della RepubblicaI
Legislatura. Vedi scheda del Senato
della RepubblicaII Legislatura. Cit. in
"Il marxismo e la libertà di pensiero", (1954), pubblicato in
"Saggi sul marxismo", Editori Riuniti, 1960, pag.152 A.Banfi, La mia prospettiva filosofica, in La
ricerca della realtà (1959), pag.713
Fondo Banfi Antonio, su SIUSA Sistema Informativo Unificato per le
Soprintendenze Archivistiche. 3 dicembre .
Centro Internazionale Insubrico Carlo Cattaneo e Giulio Preti per la
filosofia, l'epistemologia, le scienze cognitive e la scienza delle scienze
tecniche, su dicom.uninsubria. 3 dicembre .
G. M. Bertin, Banfi, Padova, CEDAM, 1943 E. Garin, Cronache di filosofia
italiana (1900-1943), Bari, Laterza,1955 G. M. Bertin, L'idea di ragione e il
pensiero etico-pedagogico di Antonio Banfi, Roma, Armando, 1961. Fulvio Papi,
Il pensiero di Antonio Banfi, Parenti, Firenze 1961. F. Papi, Banfi Antonio, in
Dizionario Biografico degli Italiani, 5
(1963), Treccani. A. Erbetta, L'umanesimo critico di Antonio Banfi, Milano,
Marzorati, 1978. Antonio Banfi tre generazioni dopo. Atti del convegno della Fondazione
Corrente, Milano, maggio 1978 , Il Saggiatore, Milano 1980. Roselina
Salemi, banfiana, Parma, Pratiche, 1982.
G. Scaramuzza, Antonio Banfi. La ragione e l'estetico, Padova, Cleup, 1984
Luciano Eletti, Il problema della persona in Antonio Banfi, La Nuova Italia,
Firenze 1985. 1986. Centenario della nascita di Antonio Banfi, Reggio Emilia,
Istituto Banfi, 1986. Livio Sichirollo, Attualità di Banfi, Urbino,
QuattroVenti, 1986. Francesco Luciani, Incontro con Banfi, Cosenza, Presenze
Editrice, 987. G. D. Neri, Crisi e costruzione della storia. Sviluppi del
pensiero di Antonio Banfi, Napoli, Bibliopolis, 1988 F. Papi, Vita e filosofia.
La scuola di Milano: Banfi, Cantoni, Paci, Preti, Milano, Guerrini, 1990 Paolo
Valore, Trascendentale e idea di ragione. Studi sulla fenomenologia banfiana,
Firenze, La Nuova Italia, 1999. G. Scaramuzza, Crisi come rinnovamento. Scritti
sull'estetica della scuola di Milano, Milano, Unicopli, 2000. Francesco
Luciani, Polemiche della ragione. Gramsci, Banfi, Della Volpe, Cosenza, Arti
Grafiche Barbieri, 2002. Giovambattista Trebisacce, Antonio Banfi e la
pedagogia, Cosenza, Jonia editrice, 2005. F. Papi, Antonio Banfi e la
pedagogia, Cosenza, Jonia editrice, 2005. S. ChiodoG. Scaramuzza (a cura), Ad
Antonio Banfi cinquant'anni dopo, Milano, Unicopli, 2007. A. Vigorelli, La
nostra inquetudine. Martinetti, Banfi, Rebora, Cantoni, Paci, De Martino,
Rensi, Untersteiner, Dal Pra, Segre, Capitini, Milano, B. Mondadori, 2007
Giovambattista Trebisacce, La pedagogia tra razionalismo critico e marxismo,
Roma, Anicia, 2008. D. Assael, Alle origini della scuola di Milano. Martinetti,
Barié, Banfi, Milano, Guerrini, 2009. G. Sacaramuzza, Estetica come filosofia
della musica nella scuola di Milano, Milano, CUEM, 2009. A. Di Miele, Antonio Banfi
Enzo Paci. Crisi, eros, prassi, Milano, Mimesis, . M. Gisondi, Una fede
filosofica. Antonio Banfi negli anni della sua formazione, Roma, Edizioni di
Storia e Letteratura, . A. Crisanti , Banfi a Milano. L'università, l'editoria,
il partito, Milano, Unicopli, . Maria
Corti Antonia Pozzi Luciano Anceschi Rossana Rossanda Pietro Bucalossi Piero
Martinetti Scuola di Milano Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons
Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Antonio Banfi Antonio Banfi, in Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Antonio Banfi, su siusa.archivi.beniculturali, Sistema Informativo
Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.
Antonio Banfi, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Opere di Antonio Banfi, su openMLOL, Horizons
Unlimited srl. Opere di Antonio Banfi, .
Antonio Banfi / Antonio Banfi (altra versione), su senato, Senato della
Repubblica. La morte a Milano del sen.
Antonio Banfi articolo del quotidiano La Stampa, 23 luglio 19577, Archivio
storico. Massimo Ferrari, Piero Martinetti e Antonio Banfi, in Il contributo
italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, . Marcello Gisondi, La formazione intellettuale e politica di Antonio
Banfi. Tesi di dottorato discussa presso l’Università Federico II di Napoli
(a.a. /) "Antonio Banfi a Milano", sito della mostra allestita dal 22
maggio al 13 giugno presso la Biblioteca
di Filosofia dell'Università degli Studi di Milano Filosofia Università Università Filosofo del XX secoloStorici
della filosofia italianiTraduttori italiani 1886 1957 30 settembre 22 luglio
Vimercate MilanoAccademici italiani del XX secoloDirettori di periodici
italianiPolitici italiani del XX secoloProfessori dell'Università degli Studi di
MilanoAntifascisti italianiSenatori della I legislatura della Repubblica
ItalianaSenatori della II legislatura della Repubblica ItalianaStudenti
dell'Università Humboldt di BerlinoTraduttori all'italianoTraduttori dal
franceseTraduttori dal greco all'italianoTraduttori dall'inglese
all'italianoTraduttori dal latinoTraduttori dal tedesco all'italiano
baratono: Grice: “I like Baratono – especially his ‘stilistica
italiana’ – if I were to offer an English stylistics I would not count as a
philosopher – but that’s because ‘English’ is spoken by more than Englishmen,
while Italian ain’t!” Grice: “Baratono thinks he is a sensist alla ‘Giovanni
Locke,’ which he possibly is.” Grice: “In the typical Italian way, instead of
focusing on the classics – Roman philosophy – he read sociology and psychology
and came up, in a typically Italian way, with a ‘sintessi,’ ‘la psicologia del
popolo’ alla Wundt.” Grice: “If Austin punned on sense and sensibility –
Baratono takes ‘sensibilia’ VERY sensibly – as the basis for ‘aesthetics,’
seeing that ‘aesthetikos’ IS Ciceronian for ‘sensibile’.” – Grice: “Baratono is
Griceian in his search for what he calls the ‘elementary’ – he applies ‘elementary’
to ‘fatto psichico’: judicativo e volitivo – both based on the ‘sensibile’ – or
rather on probability and desirability – credibility and desirability --. His
use of ‘sense’ does not quite fit the Oxonian ‘sense datum,’ since the will is
involved in the sensibile – or, in his wording, it is the anima (or psyche)
that searches for the corpus -- -- The compound is something like the
hylemorphism – the form is sensible – and the volitive (prattica) and
judicative (teoretica) components of the soul operate on this.” -- Adelchi
Baratono Deputato del Regno d'Italia LegislatureXXVI Dati generali Partito politicoPartito
Socialista Italiano Titolo di studiolaurea UniversitàUniversità degli Studi di
Genova Adelchi Baratono (Firenze) filosofo. Fra i maggiori esponenti del
Partito Socialista Italiano nel periodo fra le due guerre. Vive sin dalla giovinezza a Genova, dove
compie i suoi studi. Si laurea in filosofia col professor Alfonso Asturaro,
filosofo socialista di orientamento positivista. È prima insegnante di liceo,
in questa città e a Savona, e poi professore universitario, oltre che a Genova,
anche a Cagliari e Milano. Baratono si
iscrive al PSI subito dopo la fondazione e nel 1910 viene eletto consigliere
comunale a Savona, aderendo all'ala intransigente in forte polemica con i
riformisti. Entra nella Direzione nazionale del partito nel gennaio del
1920. Alcune battaglie politiche lo
vedono emergere come figura di primo piano del socialismo italiano, come quella
che Baratono porta avanti con Giacinto Menotti Serrati capeggiando la frazione
comunista unitaria al Congresso di Livorno del 15 gennaio 1921. L'accettazione
con riserva dei 21 punti dell'Internazionale comunista di Mosca determina la
clamorosa scissione e l'uscita dei comunisti dal Partito Socialista. Sempre con
Serrati presenta al congresso del 15 ottobre 1921 la mozione massimalista. Lo
stesso anno diviene deputato nel 1921 per la XXVI Legislatura. Confermato per la terza volta membro della
Direzione socialista, mentre la maggioranza massimalista si orienta per la
scissione dei riformisti, Baratono al Congresso di Roma del 1922 sostiene
fortemente l'unità, anche per il timore dell'affermarsi delle forze fasciste.
Dopo il Congresso di Roma, Baratono aderisce al Partito Socialista Unitario di
Filippo Turati e Giacomo Matteotti e dal 1923 diviene un assiduo collaboratore
di Critica Sociale. Ancora attivo nel
1926, Baratono collabora alla rivista Quarto Stato di Carlo Rosselli e Pietro
Nenni. Poi, con il consolidamento del regime fascista, il suo ruolo di deputato
decade e si dedica esclusivamente all'insegnamento universitario e ai suoi
studi filosofici. Nel 1931 Piero
Martinetti, che è stato collocato a riposo d'autorità per aver rifiutato di
giurare fedeltà al Fascismo, lo propone come suo successore per l'insegnamento
della Filosofia all'Università degli Studi di Milano. Baratono torna all'attività politica
all'indomani della Liberazione, con collaborazioni sull'Avanti! (diretto
all'epoca dal suo ex allievo Sandro Pertini) riprendendo i suoi studi di
critica marxista. Note «Perciò appunto non ho dimenticato i tuoi
interessi e sarei lieto che fossi tu a succedermi, In questo senso ho scritto,
richiesto da Castiglioni stesso, che ora è preside, a Castiglioni. Ho
consigliato lui e con lui la facoltà ad accaparrarsi te per la F.[ilosofia] e
Banfi per la St.[oria] d.[ella] F.[ilosofia]». Lettera n. 108, Piero Martinetti
a Adelchi Baratono, 21 dicembre 1931, in Piero Martinetti Lettere (1919-1942),
Firenze, , 107-108. Fonti Vittorio
Mathieu, «BARATONO, Adelchi» in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 5,
Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1963. Altri progetti Collabora a
Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Adelchi Baratono Collabora
a Wikiquote Citazionio su Adelchi Baratono Collabora a Wikimedia Commons
Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Adelchi Baratono Adelchi Baratono, in Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Adelchi Baratono, su Liber
Liber. Opere di Adelchi Baratono, su
openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Adelchi Baratono, . Adelchi Baratono, su storia.camera, Camera
dei deputati. Filosofi italiani del XX secoloPolitici italiani del XX
secoloAccademici italiani Professore1875 1947Nati l'8 aprile 28 settembre
Firenze GenovaPolitici del Partito Socialista ItalianoDeputati della XXVI
legislatura del Regno d'ItaliaStudenti dell'Università degli Studi di
GenovaProfessori dell'Università degli Studi di GenovaProfessori
dell'Università degli Studi di CagliariProfessori dell'Università degli Studi
di Milano.
barba: Grice: “I like Barba, but then I like Gallipoli – and he was
born and died there, at Villa Barba. His main interest was Roman philosophy,
which he studied at Naples! – The Roman occupation in Southern Italy brought ‘a
breath of fresh air,’ as Barba has it, to the old “Grecia Magna” tradition --.”
Grice: “Barba is very clear: ‘Epigrafia filosofica latina,’ o ‘epigrafia
filosofica romana’ surely ain’t Grecian!” --
Emanuele Barba (Gallipoli), filosofo. Nato in una famiglia di umili
origini (entrambi i suoi genitori, Ernesto e Pasqualina Barba, erano sarti),
condusse gli studi primari a Gallipoli, per poi trasferirsi all'età di 10 anni
a Napoli presso gli zii, Gaetano Brundesin e Tommaso Barba (quest'ultimo
presidente della Gran Corte). Qui studiò grammatica e materie letterarie nella
scuola del grammatico e lessicografo Basilio Puoti. Grazie al suo eccellente
profitto vinse una borsa di studio che gli permise di frequentare gratuitamente
la facoltà. Conseguì quindi la laurea in
Lettere e Filosofia e successivamente in Medicina, esercitando poi a Gallipoli
la professione di docente e medico. Sempre a Napoli passò a studiare medicina
nel R. Collegio Medico-Cerusico e divenne Assistente alla cattedra di Anatomia.
Insegnò scienze e lettere al Ginnasio di Gallipoli (oggi Liceo Quinto Ennio) e
fu sovrintendente scolastico ed Assessore delegato alla Pubblica
Istruzione. Fu arrestato ed esiliato a
causa delle resistenze al governo borbonico. Morì a Gallipoli il 7 dicembre
1887 e i membri dell'Associazione Democratica posero una scritta: "Nato
dal popolo, Per il popolo si adoperò". A lui fu intitolato il Museo civico
di Gallipoli. Note AnxaEmanuele Barba, su anxa. 21 aprile 13 ottobre ).
Scheda sul sito del Museo Emanuele Barba. Filosofi.
barbaro: Grice: “This can be confusing to Oxonians, althou we are
familiar with the Hanover dynasty! Daniele Barbaro, a faitehful nephew,
commented on his uncle’s, Ermolao Barbaro’s, ‘translation’ of Aristotle’s
rhetoric – I shouldn’t even be saying this since it’s implicated in the title
where Ermolao features as ‘interprete,’ and the ‘commentarium’ is due to
Daniele.” Grice: “On top, Daniele wrote about ‘eloquenza,’ but his comments on
his uncle’s vulgarization into latin of Aristotle’s vulgar-greek (koine)
rhetorica – is perhaps more Griceian – since there is little conversational
about Daniele Barbaro’s ‘eloquenza,’ while the rhetoric (or ‘rettorica,’ as he
prefers) is ALL about ‘dialettica’ and dialogue!” -- Daniele Barbaro patriarca della Chiesa
cattolica Portret van Daniele Barbaro Rijksmuseum SK-A-4011.jpeg Ritratto di
Daniele Barbaro, attorno al 1561-1565, opera di Paolo Veronese, presso il
Rijksmuseum di Amsterdam Template-Patriarch (Latin Rite) Interwoven with gold.svg Incarichi ricopertiPatriarca di Aquileia (1550-1570) Nato8 a Venezia Nominato patriarca17
dicembre 1550 da papa Giulio III Deceduto13 aprile 1570 (56 anni) a
Venezia Manuale Daniele Matteo Alvise
Barbaro (Venezia), filosofio. Daniele
Barbaro ritratto da Paolo Veronese, 1562-1570 (Firenze, Palazzo Pitti) Villa Barbaro a Maser Pratica della perspettiva, 1569 È noto
soprattutto come traduttore e commentatore del trattato De architectura di
Marco Vitruvio Pollione e per il trattato La pratica della perspettiva. Importanti furono i suoi studi sulla
prospettiva e sulle applicazioni della camera oscura, dove utilizzò un
diaframma per migliorare la resa dell'immagine. Uomo colto e di ampi interessi,
fu amico di Andrea Palladio, Torquato Tasso e Pietro Bembo. Commissionò a
Palladio Villa Barbaro a Maser e a Paolo Veronese numerose opere, tra cui due
suoi ritratti. Daniele Matteo Alvise
Barbaro o Barbarus fu figlio di Francesco di Daniele Barbaro ed Elena Pisani,
figlia del banchiere Alvise Pisani e Cecilia Giustinian. Suo fratello minore fu
l'ambasciatore Marcantonio Barbaro. Barbaro studiò filosofia, matematica e
ottica all'Padova. Fu ambasciatore della
Serenissima presso la corte di Edoardo VI a Londra, dall'agosto 1549 al
febbraio 1551, e come rappresentante di Venezia al Concilio di Trento. Nipote del patriarca di Aquileia Giovanni
Grimani, fu suo coauditore nella sede patriarcale di Aquileia. Il 17 dicembre
1550 venne promosso in concistoro a patriarca "eletto" di Aquileia
(coadiutore), con diritto di futura successione, ma non assunse mai la guida
del patriarcato perché morì prima dello zio. All'epoca tale carica era quasi
una questione di famiglia per i Barbaro, infatti furono patriarchi di Aquileia
ben 4 Barbaro fra il 1491 e il 1622: Ermolao
Barbaro il Giovane, patriarca di Aquileia dal 1491 al 1493, Daniele Barbaro,
patriarca di Aquileia dal 1550 al 1570, Francesco Barbaro, patriarca di
Aquileia dal 1593 al 1616, Ermolao II Barbaro († 1622), patriarca di Aquileia
dal 1616. Fu forse nominato cardinale in pectore da papa Pio IV nel concistoro
del 26 febbraio 1561 e mai pubblicato.
Solo i Grimani, con cui erano imparentati, occuparono più volte il
patriarcato (ben sei). Partecipò a varie
sedute del Concilio di Trento a partire dal 14 gennaio 1562 fino alla sua
chiusura nel 1563. Opere Tra le sue
maggiori opere: Un'edizione dei
Commentarii di Aristotele Retorica del suo prozio Ermolao Barbaro il Giovane
(Venezia, 1544); un'edizione dei Compendium scientiae naturalis Ermolao Barbaro
il Giovane (Venezia, 1545); Una traduzione in Italiano dell'opera De
architectura di Marco Vitruvio Pollione, pubblicato col titolo Dieci libri
dell'architettura di M. Vitruvio (Venezia, 1556. Di essa pubblicò anche una
versione in latino intitolata M. Vitruvii de architectura, (Venezia, 1567. Le
illustrazioni dell'opera del Barbaro furono realizzate da Palladio. un
importante trattato sulla geometria, prospettiva e scienza della pittura, La
pratica della perspettiva (Venezia, 1568-69); un trattato, non pubblicato e non
finito, sulla costruzione delle meridiane De Horologiis describendis libellus,
Venice, Biblioteca Marciana, Cod. Lat. VIII, 42, 3097). Più tardi si scoprì che
il testo del Barbaro affrontava la tecnica di strumenti come l'astrolabio, il
planisfero di Juan de Rojas, il bacolo, il triquetrum, e olometro di Abel
Foullon. Cronache, probabilmente riprese da Giovanni Bembo nella Cronaca Bemba.
Aurea in quinquaginta Davidicos Psalmos doctorum graecorum catena interpretante
Daniele Barbaro electo patriarcha Aquileiensi, Venetiis, apud Georgium de
Caballis, 1569. 9 ottobre . Note La
pratica della perspettiva, 1569, consultabile online (testo italiano + tavole
originali) Giuseppe Trebbi, Barbaro
Daniele, in Nuovo Liruti: dizionario biografico dei friulani. 2: l'età veneta.
A-C, Forum editrice universitaria, Udine 2009374 Eubel, Hierarchia Catholica Medii et
Recentoris Aevi, III39, che cita gli Acta camerarii 9, f. 37 e gli Acta
vicecancellarii 8, f 7 Louis Cellauro,
Daniele Barbaro and Vitruvius: the architectural theory of a Renaissance
humanist and patron, Papers of the British School at Rome, 72 (2004), 293–329 Pio Paschini, Daniele Barbaro
letterato e prelato veneziano del Cinquecento, Rivista di storia della chiesa
in Italia, 6 (1962), 73–107. Władysław
Tatarkiewicz, History of Aesthetics,
III: Modern Aesthetics, edited by D. Petsch, translated from the Polish
by Chester A. Kisiel and John F. Besemeres, The Hague, Mouton, 1974. Daniele
Barbaro, Pratica della perspettiva, In Venetia, appresso Camillo, & Rutilio
Borgominieri fratelli, al Segno di S. Giorgio, 1569. 30 maggio . Robert
Devreesse, La chaine sur les psaumes de Daniele Barbaro, in Revue
Biblique, Giovanni Mercati, Il Niceforo
della Catena di Daniele Barbaro e il suo commento del Salterio, in Biblica, 26, 1945,
153-81. Storia della fotografia
Villa Barbaro Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una
pagina dedicata a Daniele Barbaro Collabora a Wikiquote Citazionio su Daniele
Barbaro Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o
altri file su Daniele Barbaro Daniele
Barbaro, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Giovanni Vacca, Daniele
Barbaro, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Daniele
Barbaro, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Giuseppe Alberigo, Daniele Barbaro, in
Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Daniele Barbaro, su openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Opere di Daniele Barbaro, . David M. Cheney, Daniele
Barbaro, in Catholic Hierarchy. Daniele
Barbaro, su museogalileoMuseo Galileo, Firenze. 21 ottobre . Daniele Barbaro
(15141570), su mathematica.snsEdizione Nazionale Mathematica Italiana, Pisa,
Centro di Ricerca Matematica Ennio De Giorgi. 21 ottobre .Salvador Miranda,
Barbaro, Daniele Matteo Alvise, su fiu.eduThe Cardinals of the Holy Roman
Church, Florida International University. 21 ottobre . PredecessorePatriarca di
AquileiaSuccessorePatriarchNonCardinal PioM.svg Giovanni Grimani17 dicembre
155013 aprile 1570Aloisio Giustiniani4959495 Umanisti italiani 1514 1570Nati
l'8 febbraio 13 aprile Venezia VeneziaBarbaroPatriarchi di AquileiaAmbasciatori
italiani
barbaro:
Ermolao Barbaro (n. Venezia) – umanista --. Grice: “As much as Speranza LOVES
Daniele Barbaro, I prefer Ermolao Barbaro; after all, he was his uncle – I
mean, Ermolao was Daniele’s uncle – and therefore HE taught HIM; I mean,
Ermolao, as a good philosophical uncle, taught the ‘minor’ (literally, since he
was his junior) Barbaro.” "Some
like Barbaro, but Barbaro's MY man." Ermolao Barbaro detto il Vecchio
(Venezia, 1410 – Venezia, 1471) è stato un umanista e vescovo cattolico
italiano. «Sendo stato uomo degnissimo, m'è paruto farne alcuna menzione
nel numero di tanti singulari uomini, acciocché la fama di sì degno uomo non
perisca» (Vespasiano da Bisticci, Vite di uomini illustri del secolo
XV[1])Ancora bambino cominciò a studiare lettere greche con Guarino Veronese, e
il successo di quest'accoppiata allievo-maestro fu tale che a soli 12 anni
tradusse in latino 33 favole di Esopo. Fece poi i suoi studi universitari a
Padova dove si laureò nel 1425[2]. Successivamente si trasferì a Roma
dove entrò al servizio della cancelleria papale. La sua carriera nella curia
romana fu così fulminea che nel 1435[3] Eugenio IV lo nominò protonotario
apostolico e, nel 1443, gli concesse la diocesi di Treviso. Il rapporto con il
pontefice, però, si interruppe bruscamente nel 1447 quando, dopo che gli era
stata promessa la nomina a vescovo di Bergamo, il papa assegnò il posto a
Polidoro Foscari. Lasciò Roma e viaggiò per l'Italia ma, dopo una serie
di peregrinazioni, tornò a lavorare in curia e ci rimase fino al 1453. Si
trasferì poi a Verona dove Niccolò V lo aveva designato vescovo e dove si
sistemò in pianta stabile, tranne una breve parentesi a Perugia, dal 1460 al
1462, come governatore[4]. Messer Ermolao Barbaro, gentiluomo viniziano,
fu fatto vescovo di Verona da papa Eugenio [sic], per le sue virtù. Ebbe notizia
di ragione canonica e civile, ed ebbe universale perizia di teologia, e di
questi istudi d'umanità; ed ebbe nello scrivere ottimo stile. Fu di buonissimi
costumi, e nel tempo di papa Eugenio [sic] si ritornò a Verona al suo
vescovado, e attese con ogni diligenza alla cura, e vi accrebbe assai e onorò e
multiplicò il culto divino. Era umanissimo con ognuno. Ridusse nel suo tempo il
vescovado in buonissimo ordine, così nello spirituale come nel temporale. Aveva
in casa sua alcuni dotti uomini, in modo che sempre vi si disputava o ragionava
di lettere; ed era la sua casa governata, come si richiede una casa d'uno degno
prelato. S'egli compose (che credo di sì) non ho notizia alcuna[5].
Compose. Nulla se ne ha alle stampe trattane qualche lettera, ma più opuscoli
manoscritti se ne hanno in alcune biblioteche, e fra essi la traduzione della
Vita di S. Anastasio scritta da Eusebio di Cesarea[6]. Note Vespasiano da Bisticci, Vite di uomini
illustri del secolo XV, ed. Barbera-Bianchi, Firenze, 1859, pag. 195 Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura
italiana, ed. Firenze, 1819, Vol. VI, pag. 808
Società storica lombarda, Archivio storico lombardo, ser.4:v.7, 1907,
pag. 323 L'Umanesimo umbro: Atti del IX
Convegno di studi umbri. Gubbio, 22-23 settembre, 1974, Perugia, 1977, pag.
199 Vespasiano da Bisticci, cit. pag.
195 Girolamo Tiraboschi, cit. pag. 808
Opere (alcune moderne edizioni italiane) Ermolao Barbaro il Vecchio. Orationes
contra poetas. Epistolae. Edizione critica a cura di Giorgio Ronconi. 16x24 cm,
pp VIII+186. Firenze: Sansoni, 1972. Pubblicazioni della Facolta di Magistero
dell'Universita di Padova Ermolao Barbaro il Vecchio. Aesopi Fabulae. A cura di
Cristina Cocco. 22 cm, pp 186. Genova: D.AR.FI.CL.ET., 1994. Trad. italiana a
fronte Hermolao Barbaro seniore interprete. Aesopi fabulae. A cura di Cristina
Cocco, 25 cm, pp 155, Firenze: Sismel-Edizioni del Galluzzo, 2007. Il ritorno
dei classici nell'umanesimo. Edizione nazionale delle traduzioni dei testi
greci in eta umanistica e rinascimentale.9788884502506 Bibliografia Girolamo
Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Vol. VI, ed. Firenze, 1819.
Vespasiano da Bisticci, Vite di uomini illustri del secolo XV, ed.
Barbera-Bianchi, Firenze, 1859. Pio Paschini, Tre illustri prelati del Rinascimento:
Ermolao Barbaro, Adriano Castellesi, Giovanni Grimani, Roma, Facultas
Theologica Pontificii Athenaei Lateranensis, 1957. Emilio Bigi, Ermolao
Barbaro, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 6 luglio 2018. Voci correlate
Ermolao Barbaro il Giovane Collegamenti esterniDavid M. Cheney, Ermolao Barbaro
il Vecchio, in Catholic Hierarchy.Predecessore Vescovo
di TrevisoSuccessoreBishopCoA PioM.svg Lodovico Barbo1443-1453Marino
ContariniPredecessoreVescovo di VeronaSuccessoreBishopCoA PioM.svg Francesco
Condulmer1453-1471Giovanni MichielControllo di autoritVIAF27319301 · ISNI0000
0000 6300 1394 · SBN IT\ICCU\MILV\110912 · LCCNn95090012 · GND (DE) 102417849 ·
BNF (FR) cb146202310 (data) · NLA35968113 · BAV495/27788 · WorldCat
Identitieslccn-n95090012 Biografie Portale Biografie Cattolicesimo Portale
Cattolicesimo Treviso Portale Treviso Venezia Portale Venezia Categorie:
Umanisti italianiVescovi cattolici italiani del XV secoloNati nel 1410Morti nel
1471Nati a VeneziaMorti a VeneziaBarbaroVescovi di TrevisoVescovi di
VeronaTraduttori dal greco al latino[altre]
barbaro,
ermolao – the younger – il giovane, non il vecchio -- "Speranza likes Ermolao Barbaro
the Younger, but Ermolao Barbaro The Elder is MY man." -- H.G. Ermolao Barbaro il Giovane Da Wikipedia,
l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search «Egli avea
profondamente meditato sopra i doveri che impone il carattere di legato a chi
lo sostiene e sopra le avvertenze che devono servirgli di norma nella pratica
degli affari, ónde servir con vantaggio il proprio governo e riportare onore
anche da quello presso di cui risiede. Ei ne ha indicate le tracce in un
pregevolissimo opuscolo[1] in cui la prudenza apparisce compagna della onestà
del candore, ed è venuto a delineare in certa guisa il suo ritratto. Ma lo
stesso suo merito fu a lui cagione di grave calamità.[2]» Ermolao Barbaro
cardinale di Santa Romana Chiesa Hermolaus BarbarusRitratto di Ermolao Barbaro,
opera di Theodor de Bry del 1597 Template-Cardinal.svg Incarichi
ricopertiPatriarca di Aquileia (1491-1493) Nato21 maggio 1454 a
Venezia Ordinato presbiteroin data sconosciuta Nominato patriarca6 marzo 1491
da papa Alessandro VI Consacrato patriarcain data sconosciuta Creato cardinale9
marzo 1489 da papa Innocenzo VIII (mai pubblicato) Deceduto14 giugno 1493 (39
anni) a Roma Manuale Ermolao Barbaro detto "Il giovane"
(Venezia, 21 maggio 1454 – Roma, 14 giugno 1493) è stato un umanista, patriarca
cattolico e diplomatico italiano, al servizio della Repubblica di
Venezia. Cominciò l'educazione elementare con il padre Zaccaria Barbaro,
politico e diplomatico veneziano, poi in tenerissima età fu mandato a Verona
dal prozio Ermolao Barbaro, vescovo della città e umanista di fama, per
studiare lettere latine con Matteo Bosso. Nel 1462, per perfezionarsi sia in
latino che in greco, passò a Roma dove ebbe come insegnanti prima Pomponio Leto
e poi Teodoro Gaza. Un cursus studiorum concluso con successo: nel 1468 fu
laureato poeta, a Verona, da Federico III[3]. Dal 1471 al 1473 seguì a
Napoli il padre, titolare dell'ambasciata veneziana,[4] e proprio nella città
partenopea, all'età di 18 anni, scrisse la sua prima opera ovvero il De
Caelibatu[5]. All'età di 20 anni tradusse tutto Temistio[6], pubblicato poi, in
parafrasi, nel 1481. Tornato in Veneto il 23 agosto 1474 conseguì
all'Università di Padova il dottorato in arti e il 27 ottobre 1477 quello in
diritto civile e canonico.[3]. Subito dopo fu nominato titolare della cattedra
di etica[3] Come professore insegnò soprattutto sulla Nicomachea di Aristotele,
mettendo in guardia i suoi studenti dalle traduzioni in latino di Aristotele
veicolate dall'arabo e predicando il ritorno alla traduzione diretta dal greco,
proprio come faceva lui[7]. Sono infatti di quegli anni i commentari all'Etica
e alla Politica (tra il 1474 e il 1476) e la traduzione della Retorica
(1478). Abbandonato l'insegnamento nel 1479, accompagnò nuovamente il
padre in missione diplomatica a Roma dove rimase tra il 1480 e il 1481. Poi fu
promosso, nel 1483, senatore della Repubblica di Venezia[8] e nel 1485, ma
stavolta in veste ufficiale, si recò a Milano con il padre per una nuova
ambasceria. Massimiliano I d'Asburgo Il primo incarico diplomatico
arrivò nell'estate del 1486 quando, insieme a Domenico Trevisano, rappresentò a
Bruges la Serenissima in occasione dei festeggiamenti per l'incoronazione a Re
dei Romani di Massimiliano d'Asburgo e nell'occasione fu investito
cavaliere[9]. Nel 1488, dopo un'esperienza come savio di terraferma, fu
finalmente nominato ambasciatore residente a Milano dove si accreditò il 23
marzo 1488 e rimase in carica fino all'11 aprile 1489. Secondo diverse fonti,
venne creato cardinale in pectore da Papa Innocenzo VIII nel concistoro del 9 marzo
1483, ma non venne mai pubblicato. L'ottima gestione della legazione veneziana
a Milano, in tempi davvero turbolenti come quelli della reggenza di Ludovico il
Moro, gli valse un anno dopo, nell'aprile del 1490, la nomina ad ambasciatore a
Roma alla corte di Innocenzo VIII. E fu qui che avvenne la catastrofe. Il
3 marzo 1491, il giorno dopo la morte del patriarca di Aquileia Marco Barbo,
Ermolao «...erasi recato all'udienza del papa, per fare istanza acciocché fosse
differita la nomina del patriarca successore, finché il senato non gli e ne
avesse presentato, secondo il consueto, la nomina. Ma il papa, senza punto
badare a cotesta istanza, nominò lui appunto in patriarca di Aquileja;
aggiungendogli, essere questa grazia una giusta ricompensa al suo sapere ed
alla sua virtù. Il Barbaro in sulle prime si rifiutò dall'accettare la dignità,
che il pontefice conferivagli; ma quando Innocenzo gli e lo comandò in virtù di
santa ubbidienza, si vide costretto a sottomettervisi ed obbedire. Allora il
papa sull'istante lo vestì del rocchetto, di cui, per darglielo, si spogliò uno
dei cardinali colà presenti; e poscia in pieno concistoro fu preconizzato
patriarca di questa chiesa»[10]. La procedura era rigorosamente contraria
alle leggi della repubblica che vietavano ai propri ambasciatori, senza la
previa autorizzazione del senato, di ricevere incarichi o nomine dai principi
presso i quali erano accreditati. Allora, per giustificare la violazione
procedurale, il Papa scrisse una lettera al Doge chiedendogli di confermare la
nomina, ma il Consiglio dei Dieci, competente in materia, deliberò comunque che
Ermolao dovesse rinunciare al patriarcato. Cosa che, dopo un po' di tira e
molla, prontamente fece. Giovanni Pico della Mirandola «Scelse, per
farla più solenne, la circostanza del giovedì santo alla presenza del papa e di
tutto il sacro collegio; ma il papa non la volle accettare. Né l'obbedienza sua
agli ordini del senato bastò per anco a giustificarlo. Poco avveduto, non pensò
di spedirne a Venezia la stessa sua dimissione al senato, ad onta
dell'opposizione del pontefice; mostrandosi dal canto suo per tal guisa fedele
ed obbediente alle leggi del suo governo. Più avrebbe inoltre dovuto lasciar
Roma e ritornare a Venezia. Ov'egli si fosse regolato così, l'affare avrebbe
cangiato di aspetto, e sarebbesi ridotta ad una semplice controversia di
giurisdizione tra la corte di Roma e la repubblica di Venezia. Ma essendo
rimasto in quella capitale, ad onta della fatta rinunzia, né avendone dato
avviso al senato, egli fu riputato veramente colpevole in faccia alla legge, e
perciò costrinse il senato ad usare verso di lui ogni misura di
rigore»[11]. Come risultato di questo pasticcio fu bandito perennemente
dalla repubblica e interdetto da qualsiasi ufficio pubblico e privato. Quanto
al patriarcato di Aquileia, tecnicamente, ne rimase titolare ma il senato oltre
ad avergli impedito, con l'esilio, di recarvisi fisicamente, ne congelò le
rendite patriarcali e nominò Nicolò Donato in suo vece, anche se la nomina non
fu ratificata dal papa[11]. Ne derivò una situazione di stallo, durante la
quale la diocesi patriarcale fu amministrata da Giacomo Valaresso (anche
Valleresso), vescovo di Capodistria, con il titolo di Governatore
generale. Rimase a Roma dove decise di dedicarsi a tempo pieno ai suoi
studi. Del biennio 1491-1493, particolarmente importanti, oltre alla
composizione di Orationes et Carmina in latino e alla pubblicazione delle
Castigationes Plinianae (disputazioni scientifiche sulle imprecisioni e sulle
invenzioni della Naturalis historia di Plinio), furono le epistole di contenuto
filosofico che si scambiò con Poliziano e Pico della Mirandola che, insieme,
costituirono un vero e proprio «triumvirato, a que' giorni potente e
celebratissimo nelle scienze e nelle lettere»[12]. «Al terminare
dell'indicato biennio fu egli sventuratamente colto dalla pestilenza che
serpeggiava nell'agro romano. Giunta a Firenze la nuova del suo pericolo
trafisse altamente il cuore dei due suoi celebri amici Angelo Poliziano e
Giovanni Pico. Si lagnavano essi che la perdita di Ermolao seco involgeva il
destino delle buone lettere, sembrando loro che in un sol uomo pericolasse
l'onere delle cose romane. Il Pico anzi volle tentar di soccorrerlo,
inviandogli col mezzo di suo corriere un antidoto ch'ei medesimo componeva e
che credeva atto a domare il morbo pestilenziale. Ma quando arrivò a Roma
l'espresso, egli era di già passato tra gli estinti»[13]. Note De Legato, recuperato dal cardinal Quirini da
un codice della Vaticana e stampato per la prima volta nelle annotazioni alla
Deca II della sua Thiara et purpura veneta
Giovanni Battista Corniani, Camillo Ugoni, Stefano Ticozzi, I secoli
della letteratura italiana dopo il suo risorgimento, Torino, 1855, Vol. II,132
Contemporaries of Erasmus, op. cit.91
Bruno Figliuolo, Il Diplomatico E Il Trattatista: Ermolao Barbaro
Ambasciatore Della Serenissima, Napoli, Guida Editori, 1999,19 Saverio Bettinelli, Risorgimento d'Italia negli
studj, nelle arti, e ne' costumi dopo il mille, Bassano, 1786, parte I,219 S. Bettinelli, cit.219 Antonino Poppi, Ricerche sulla teologia e la
scienza nella scuola padovana del Cinque e Seicento, Rubbertino, 2001,54 Vittore Branca, La sapienza civile: Studi
Sull'umanesimo a Venezia, Firenze, 1988,67
Eugenio Albèri, Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Firenze,
1846, Vol. VII,26 Giuseppe Cappelletti,
Le chiese d'Italia della loro origine sino ai nostri giorni, Venezia, 1851,
Vol. VIII,512-513 Giuseppe Cappelletti, op. cit.516 Jacopo Bernardi, Ermolao Barbaro o la scienza
del pensiero dal secolo decimoquinto a noi, Venezia, 1851,12 I secoli della letteratura italiana, op.
cit.134-135 Bibliografia Saverio Bettinelli, Risorgimento d'Italia negli studj,
nelle arti, e ne' costumi dopo il mille, Bassano, 1786 Eugenio Albèri,
Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Firenze, 1846 Giuseppe
Cappelletti, Le chiese d'Italia della loro origine sino ai nostri giorni, Vol.
VIII, Venezia, 1851 Jacopo Bernardi, Ermolao Barbaro o la scienza del pensiero
dal secolo decimoquinto a noi, Venezia, 1851 Giovanni Battista Corniani,
Camillo Ugoni, Stefano Ticozzi, I secoli della letteratura italiana dopo il suo
risorgimento, Torino, 1855 Vittore Branca, La sapienza civile: Studi
Sull'umanesimo a Venezia, Firenze, 1988 Bruno Figliuolo, Il Diplomatico E Il
Trattatista: Ermolao Barbaro Ambasciatore Della Serenissima, Napoli, Guida
Editori, 1999 Antonino Poppi, Ricerche sulla teologia e la scienza nella scuola
padovana del Cinque e Seicento, Rubbertino, 2001Thomas Brian Deutscher, Contemporaries
of Erasmus: A Biographical Register of the Renaissance and Reformation,
University of Toronto Press, 2003 Altri progetti Collabora a Wikisource
Wikisource contiene una pagina dedicata a Ermolao Barbaro il Giovane Collabora
a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Ermolao
Barbaro il Giovane Collegamenti esterni Ermolao Barbaro il Giovane, su Treccani
– Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Ermolao Barbaro il
Giovane, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Opere di
Ermolao Barbaro il Giovane, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.Opere di
Ermolao Barbaro il Giovane, su Open Library, Internet Archive.David M. Cheney,
Ermolao Barbaro il Giovane, in Catholic Hierarchy.Salvador Miranda, BARBARO,
iuniore, Ermolao, su fiu.edu – The Cardinals of the Holy Roman Church, Florida
International University. Ermolao Barbaro, in Treccani – Enciclopedie on line,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Emilio Bigi, BARBARO, Ermolao, in
Dizionario biografico degli italiani, vol. 6, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, 1964.PredecessorePatriarca di AquileiaSuccessorePatriarchNonCardinal
PioM.svg Marco Barbo7 marzo 1491 - 2 maggio 1493Nicolò Donà Controllo di
autoritàVIAF54942062 · ISNI0000 0001 2133 7866 · SBN IT\ICCU\MILV\088873 ·
LCCNn80137686 · GND (DE) 118657119 · BNF (FR) cb121940202 (data) · BNE (ES)
XX1216846 (data) · NLA35180637 · BAV495/46340 · CERL cnp01329886 · WorldCat
Identitieslccn-n80137686 Biografie Portale Biografie: accedi alle voci di
Wikipedia che trattano di biografie Categorie: Umanisti italianiPatriarchi
cattolici italianiDiplomatici italianiNati nel 1454Morti nel 1493Nati il 21
maggioMorti il 14 giugnoNati a VeneziaMorti a RomaBarbaroAmbasciatori
italianiPatriarchi di AquileiaTraduttori dal greco al latino[altre]
barcellona: Grice: “Perhaps my favourite by Barcellona is “I soggetti e
le norme” – vide my conversational norms – and ‘soggeto’ of course relates to
‘intersoggetivita,’ a pet concept of Italian phenomenology!” Grice: “Of course,
for us British subjects (to the Queen), the idea of ‘soggeti’ cannot quite make
sense! But Barcellona’s point is fascinating: the Romans did have the concept
of a sub-iectum and an ob-iectum: they like a symmetrical expression formation,
too! Barcellona shows that we have to speak of ‘soggetti’ to get
intersoggetivita – and then the norma – a very Roman concept, which as J. L.
Austin said (following John Austin), does not quite translate as ‘norm’ – “We
don’t use ‘norm’ in ordinary language.”” Barcellona shows that it is ‘I soggetti’ i. e.
at least a dyad that makes ‘the noi trascendentale’ adding up ‘l’io
trascendentale’ with ‘il tu trascendentale’ and ‘l’altro trascendentale’ that
we get the norm. Barcellona got to the idea after seeing the French film, ‘l’un
et l’autre’!” -- Pietro Barcellona, deputato
della Repubblica Italiana LegislatureVIII Gruppo parlamentarePCI Dati generali
Partito politicoPartito Comunista Italiano Titolo di studioLaurea in
giurisprudenza ProfessioneDocente universitario Pietro Barcellona (Catania
), filosofo. È stato docente di diritto
privato e di filosofia del diritto presso la facoltà di giurisprudenza
dell'Catania. È stato membro del Consiglio superiore della magistratura. Si laurea in Giurisprudenza nel 1959. Nel
1963 consegue la libera docenza in Diritto Civile e insegna a Messina. Dal 1976
al 1979 è componente del Consiglio Superiore della Magistratura. Ha diretto il
Centro per la Riforma dello Stato, fondato con Pietro Ingrao. Nel 1979 è stato eletto deputato nelle file
del Partito Comunista Italiano ed è stato membro della commissione giustizia
della Camera fino al 1983 . A causa
della sua formazione teorica materialista, ha suscitato nel molto scalpore la sua conversione raccontata
nel libro Incontro con Gesù. Docente
emerito di filosofia del diritto all'Catania, è morto all'età di 77 anni la
sera del 6 settembre . Opere È autore di
novantaquattro pubblicazioni. Ne seguono alcune: Diritto privato e processo economico, Jovene
Editore, 1973. L'uso alternativo del diritto, Laterza, 1973.Barcellona, G.
Cotturri, Stato e giuristi tra crisi e riforma, De Donato, Bari, 1974. Stato e
mercato tra monopolio e democrazia, De Donato, 1976. La Repubblica in
trasformazione. Problemi istituzionali del caso italiano, De Donato, 1978.
Oltre lo Stato sociale: economia e politica nella crisi dello Stato keynesiano,
De Donato, 1981. I soggetti e le norme, Giuffrè, 1984. 978-88-14-06879-9 L'individualismo
proprietario, Bollati Boringhieri, 1987.
978-88-339-0405-4 L'egoismo maturo e la follia del capitale, Bollati
Boringhieri, 1988. 978-88-339-0455-9 Il
Capitale come puro spirito: un fantasma si aggira per il mondo, Editori
Riuniti, 1990. 978-88-3593-417-2 Il
ritorno del legame sociale, Bollati Boringhieri, Lo spazio della politica.
Tecnica e democrazia, Editori Riuniti, 1993. Dallo Stato sociale allo Stato
immaginario. Critica della «Ragione funzionalista», Bollati Boringhieri,
1994. 978-88-339-0835-9Barcellona, E.
Gelpi, V. Lanternari, Laicità. Una sfida per il terzo millennio, Argo, Diritto
privato società moderna, Jovene, 1996.
978-88-243-1188-5 L'individuo sociale, Costa & Nolan, 1996. 978-88-7648-217-5 Politica e passioni.
Proposte per un dibattito, Bollati Boringhieri, 1997. 978-88-339-1034-5 Il declino dello Stato.
Riflessioni di fine secolo sulla crisi del progetto moderno, Ed. Dedalo,
1998. 978-88-220-5301-5 Quale politica
per il Terzo millennio?, Ed. Dedalo, 2000.
978-88-220-5308-4 L'individuo e la comunità, Edizioni Lavoro, Le
passioni negate. Globalismo e diritti umani, Città Aperta, 2001. 978-88-8137-028-3 Le istituzioni del diritto
privato contemporaneo, Jovene, 2002.
978-88-243-1444-2 Tensioni metropolitane, Città Aperta, 2002. 978-88-8137-042-9Barcellona, A. Carrino, I
diritti umani tra politica, filosofia e storia, A. Guida, 2003. La strategia
dell'anima, Città Aperta, 2003.
978-88-8137-074-0 Diritto senza società. Dal disincanto
all'indifferenza, Ed. Dedalo, 2003.
978-88-220-5338-1Barcellona, R. De Giorgi, S. Natoli, Fine della storia
e mondo come sistema. Tesi sulla post-modernità, Ed. Dedalo, 2003. 978-88-220-5333-6 Il suicidio dell'Europa.
Dalla coscienza infelice all'edonismo cognitivo, Ed. Dedalo, 2005. 978-88-220-5347-3 Critica della ragion laica,
Città Aperta, 2006. 978-88-8137-234-8
Diagnosi del presente, Bonanno, 2007.
978-88-7796-367-3 La parola perduta. Tra polis greca e cyberspazio, Ed.
Dedalo, 2007. 978-88-220-5367-1 L'epoca
del postumano, Città Aperta, La lotta tra diritto e giustizia, Marietti,
2008. 978-88-211-6446-0 Il furto dell'anima.
La narrazione post-umana, Ed. Dedalo, 2008.
978-88-220-5375-6 L'ineludibile questione di Dio, Marietti, 2009. 978-88-211-2494-5 L'oracolo di Delfi e
L'isola delle capre, Marietti, Elogio
del discorso inutile. La parola gratuita, Ed. Dedalo, . Viaggio nel Bel Paese.
Tra nostalgia e speranza, Città Aperta, .
978-88-8137-424-3 Incontro con Gesù, Marietti, . 978-88-211-2501-0 Declinazioni
futuro/passato. Poesie, Prova d'autore, .
978-88-6282-031-8 Il sapere affettivo, Diabasis, . 978-88-8103-754-4 Il desiderio impossibile,
Prova d'autore, . 978-88-6282-057-8
Passaggio d'epoca. L'Italia al tempo della crisi, Marietti, . 978-88-211-2503-4 La speranza contro la
paura, Marietti, . L'occidente tra libertà e tecnica, Saletta dell'Uva, . 978-88-6133-068-9 Parolepotere, Castelvecchi,
. Sottopelle. La storia, gli affetti, Castelvecchi, . 978-88-6826-235-8 La sfida della modernità,
La Scuola, . 978-88-350-3599-2 Pietro
Barcellona e la pittura Una delle più grandi passioni di Pietro Barcellona, è
stata senza ombra di dubbio la pittura. Comincia a dipingere all'età di 20
anni. Due sue opere si trovano in esposizione permanente presso il "Museo
dei Castelli Romani". Un suo quadro fa parte della collezione permanente
della Salerniana, Galleria Civica d'Arte Contemporanea "Giuseppe
Perricone". Vanta diverse personali:
1959"Mostra Città di Catania"; 1997"Galleria Arte
Club" di Catania, con testi critici di Manlio Sgalambro e Salvo Di
Stefano; 2001"Galleria Arte Club" di Catania. Espone un nucleo di
ventiquattro opere sul tema "La città della donna" con testo critico
di Giuseppe Frazzetto; 2002"Tensioni metropolitane" presso
"Fondazione Luigi Di Sarro" di Roma; 2002"Galleria
Quadrifoglio" di Siracusa; 2002"Fondazione Filiberto Menna" di
Salerno; 2003"Mitologia del quotidiano" presso "Galleria La
Borgognona" di Roma, con testi in catalogo di Simonetta Lux e Domenico
Guzzi; 2003"Contrasti" presso "Galleria Tornabuoni" di
Firenze, con testo in catalogo di Fabio Fornaciai e dello stesso Barcellona;
2004"Museo dell'Infiorata" di Genzano; 2006"L'impossibile
completezza" presso il "Museo Laboratorio di Arte Contemporanea"
di Roma, Patrizia Ferri e Mario de Candia; "Il desiderio impossibile"
presso "Le Ciminiere", Sala C2, di Catania, con testo critico di Mario
Grasso. Saggi sull'opera di Pietro Barcellona
Su Pietro Barcellona, ovvero, riverberi del meno, Atti del Convegno di
Studi su alcune opere di Pietro Barcellona, Mario Grasso. Prova d'Autore, . 978-88-6282-154-4 W. Magnoni, Persona e
società: linee di etica sociale a partire da alcune provocazioni di Norberto
Bobbio, Glossa Edizioni, Milano, .
978-88-7105-301-1 M. De CandiaFerri, Pietro Barcellona raccontato dai
suoi amici, Gangemi, 2006.
978-88-492-0933-4 T. Greco, Modernità, diritto e legame sociale, in
«Materiali per una storia della cultura giuridica», XXXI (2001), n. 2, 517–541. S. Pegorin, Emergenza Antropologica.
Pietro Barcellona e la lotta in difesa dell’umano Riconoscimenti Il 29 marzo ,
il Comune di Misterbianco (CT) gli intitola una piazza. Note
Pietro Barcellona, su CameraVIII legislatura, Parlamento italiano. "Pietro Barcellona: Mi converto, dal
Partito Comunista a Gesù Archiviato il 18 maggio in .", Ragusa News. l'Unità, 11 maggio 2003: "Pietro
Barcellona, Il Piacere di Dipingere"//archiviostorico.unita/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/golpdf/uni_2003_05.pdf/11CUL31A.PDF&query=Andrea%20carugati
Archiviato il 4 marzo in . Corriere della Sera, 1º febbraio 2006.
Omaggio a Pietro Barcellona pittore, giurista e filosofo.//archiviostorico.corriere/2006/febbraio/01/Omaggio_Pietro_Barcellona_pittore_giurista_co_10_06017.shtml Inaugurata la piazza intitolata al prof.
Pietro Barcellona | Misterbianco.COM Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio
su Pietro Barcellona Napolitano: Pietro
Barcellona fu un protagonista in Italia. Messaggio del Colle ai funerali del
giurista, ex parlamentare Pci e membro laico del Csm[collegamento interrotto]
articolo pubblicato da La Sicilia, 9 settembre , sito lasicilia. Filosofi
italiani del XX secoloFilosofi.
barie: Grice: “”My favourite of Barié’s is his parody of Apel: “il
noi trascendentale”!” -- I like Barié; he commited suicide, which is not that
rare among philosophers – same percentage than the general population – cf.
Durkheim, “Le suicide: a sociological enquiry,””. Grice: “Barié tried to play
with the idea of the transcendental, and he did – he applied it first to “I”
(‘l’io trascendentale’). When I wrote my thing on personal identity, I
preferred the pronoun ‘someone,’ to stand for ‘I’, ‘thou,’ and the allegedy
THIRD ‘person,’ ‘he.’ – Barié has also edited Vico’’scienza nuova,’ and
provided a ‘compendium’ of the SYSTEMATIC kind, favoured by some, of the
history of philosophy, with sections on ‘roman’ philosophy (“l’epicureanismo
romano,” “lo stoicism romano,”) --.” Grice:
“Perhaps the closes Barié comes to me is
in his ‘The concept of the ‘transcendental,’ since I struggled with that in
“Prejudices and predilections,” where I feign to think that perhaps
‘transcendental’ is too transcendental an expression and should be replaced by
‘metaphysical,’ but my tutee, Sir Peter, being more of a Bariéian, disagreed
wholeheartedly!” – Grice: “I cherish Apel’s comment on Barié: “Surely, if we
are going to have ‘l’io trascendentale,’ we need at least ‘l’altro
trascendentale,’ or as I prefer ‘il tu trascendentale.’” Giovanni Emanuele
Barié (Milano), filosofo. Allievo di
Piero Martinetti, partendo da posizioni kantiane pervenne a una posizione da
lui stesso definita neotrascendentalismo, scuola di pensiero di cui fu il fondatore.
Nato il 19 ottobre 1894, si avviò agli studi di diritto che concluse solo a
seguito del primo conflitto mondiale, che lo vide impegnato inizialmente come
ufficiale di cavalleria e poi come aviatore. Nel 1924 ottenne la laurea in
filosofia. Inizialmente attestato su
posizioni kantiane (La dottrina matematica di Kant nell'interpretazione dei
matematici moderni, 1924, e La posizione gnoseologica della matematica, 1925),
nel corso del suo progredire intellettuale Barié perviene a una posizione
filosofica critica nei confronti della dottrina kantiana. Di questo passaggio è
emblematica l'opera Oltre la Critica, del 1929, che mette in luce le difficoltà
della dottrina precedentemente sostenuta.
Il periodo metafisico Oltre la critica segna il punto di svolta
dell'attività filosofico-intellettuale di Barié, che comincia a sviluppare un
interesse metafisico, forse dovuto all'influenza di Piero Martinetti, del quale
era stato allievo. In questo senso il filosofo, nel suo primo approccio alla
metafisica, si pone su un binario che era già stato di Spinoza, salvo poi
rendersi conto del fatto che anche la posizione spinoziana è in realtà
insufficiente per tentare di risolvere il dilemma della relazione
essere-pensiero. Si ha quindi l'approdo di Barié al pensiero leibniziano,
testimoniato dell'opera del 1933 La spiritualità dell'essere e Leibniz. L'approdo al neotrascendentalismo e Il
Pensiero Libero docente dal 1929, ottiene la cattedra universitaria nel 1933
spostandosi di conseguenza a Genova, Roma e infine Milano, nella cui università
succede al suo maestro Martinetti nella cattedra di filosofia teoretica.
Consapevole del fatto che, per quanto superata, la lezione antidogmatica di
Kant non poteva essere completamente ignorata, Barié inizia una profonda
revisione del proprio sistema teoretico che lo porta a diminuire drasticamente
le sue pubblicazioni (di questo periodo sono il Compendio sistematico di storia
della filosofia, 1937, e Descartes, 1947) e che culmina con la pubblicazione de
L'io trascendentale (1948). Nel 1950 fonda l'istituto di filosofia dell'Milano
con lo scopo di renderlo centro propulsivo di una discussione filosofico-culturale
con le realtà filosofiche del tempo che si sarebbero confrontate con la nuova
visione di Barié, adesso orientato verso una concezione di filosofia come
metafisica, ossia di metafisica quale causa della realtà sensibile e del
pensiero. Con lo stesso scopo nacque nel 1956 la rivista Il Pensiero. Muore suicida il 3 dicembre 1956. Opere La posizione gnoseologica della
matematica, Torino, Bocca, 1925. Oltre la critica, Milano, Libreria editrice
lombarda, 1929. La spiritualità dell'essere e Leibniz, Padova, CEDAM, 1933.
Compendio sistematico di storia della filosofia, Torino, Paravia, 1937. L'io
trascendentale, Milano-Messina, G. Principato, 1948. Il concetto
trascendentale, (postumo), Milano, Veronelli, 1957. Note Atti del V Congresso Internazionale di
Filosofia, Napoli, 1924 riproduzione
fotografica (p.1-109) da OpalLibri antichi
riproduzione fotografica (p.110-202)
Davide Assael , Giovanni Emanuele Bariè, Milano, CUEM, 2008. Davide
Assael, "Il neotrascendentalismo di Giovanni Emanuele Barié", in
Rivista di Storia della Filosofia, 2009; (4),
731–759. Davide Assael, Alle origini della scuola di Milano: Martinetti,
Barié, Banfi, Guerini e associati, Milano, 2009. Milano Accademia scientifico-letteraria di
Milano Università degli Studi di Milano Scuola di Milano Giovanni Emanuele Barié, su
TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giovanni Emanuele Barié, su sapere, De
Agostini. Giovanni Emanuele Barié, in
Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Giovanni Emanuele Barié, su
openMLOL, Horizons Unlimited srl. Filosofia
Università Università.
baricelli: Grice: “Italian philosophers can be eccentric; Baricelli
started commenting Plato but his masterpiece is a philosophical tract on sweat,
as experienced by the athletes Plato was familiar with!” -- Giulio Cesare Baricelli (San Marco dei
Cavoti), filosofo. Biografia Medico,
chimico e filosofo di fama italiana ed europea, Giulio Cesare Barricelli-
nacque a San Marco dei Cavoti nel 1574 (o 1575) e fu da molti, pure
erroneamente, ritenuto originario di Benevento o di San Marco Argentano in
Calabria. Erudito e studioso di
poliedriche attitudini e capacità, studiò medicina e si interessò di filosofia,
tanto che ancora giovanissimo fu autore di commenti alle opere di Platone,
mentre nel pubblicò l'opera in quattro libri De hydronosa natura sive de sudore
umani corporis, sulla natura e la terapia della sudorazione umana, nelscrisse
l’Hortulus genialis, edito a Colonia e Ginevra ove raccolse antidoti e sudi
sulle intossicazioni, e successivamente diede alle stampe il Thesaurus
secretorum, opera in cui sono elencate le cure ed i rimedi per svariate
malattie e problematiche quotidiane. Nel
1623 pubblicò poi un trattato sull'uso del siero del latte e del burro come
medicamento, intitolato De lactis, seri, butyri facultatibus et usu, e nello
stesso anno gli fu conferita la cittadinanza beneventana. Cultore di studi
umanistici Barricelli scrisse anche alcuni epigrammi latini e morì in Benevento
tra il 1638 ed il 1640. A San Marco dei
Cavoti, nel corso degli anni, gli vennero intitolati un antico circolo
ricreativo (sec.XIX-XX), la scuola elementare (1942) ed infine la strada ove si
trovava l'abitazione in cui visse, già denominata Via Pastocchia, che ospita
anche un monumento in suo onore, opera dello scultore Giulio Calandro
(1989). A proposito dell'intitolazione
della scuola, su espressa richiesta dell'allora commissario prefettizio Mario
Jelardi, l'insigne storico Alfredo Zazo propose la seguente epigrafe che ne
riassume le doti i meriti: A GIULIO
CESARE BARRICELLI CHE DEL RINASCIMENTO EBBE LO SPRITO INFORMATORE E LA VASTA
ATTIVITA' PROFUSE NEL CAMPO DELLA SCIENZA MEDICA DELLE LETTERE E DELLE SPECULAZIONI
FILOSOFICHE IL COMUNE DI SAN MARCO DEI CAVOTI A RICORDO ED INCITAMENTO PER LE
GENERAZIONI CHE IN QUESTA SCUOLA SI EDUCANO NEL FERVORE E NELLA FEDE DEI NUOVI
GRANDI, AUSPICATI DESTINI DELLA PATRIA XXVIII OTTOBRE 1942XX E.F. Opere De hydronosa natura sive de sudore
umani corporis Hortulus genialis Thesaurus secretorum De lactis, seri, butyri
facultatibus et usu Alfredo Zazo,
Dizionario bio-bibliografico del Sannio, Napoli 1973 Angelo Fuschetto, Giulio
Cesare Baricelli, 1989 Andrea Jelardi, Dizionario biografico dei Sammarchesi,
Benevento .
baroncelli: Grice: “I like Baroncelli – he can be hyperbolic – “Mi manda
Platone,” surely he only requested! My favourite is his ‘compassione,’ which is
‘calco’ of ‘sumpatheia’ and therefore at the core of my balance between
conversational egoism and conversational altruism.” Flavio Baroncelli (Savona) filosofo Nato e cresciuto a Savona, si laurea in
filosofia all'Genova nel 1969 con relatore Romeo Crippa, di cui diventa
assistente. Insegna Storia dell'età
dell'Illuminismo all'Trieste. Dal 1977
al 1981 è di nuovo a Genova, dove tiene la cattedra di Storia della filosofia
moderna. Nel 1981 diventa ordinario
all'Università della Calabria. L'anno successivo ritorna a Genova dove prende
la cattedra di Filosofia morale. Nel
1988 un grave incidente motociclistico durante una vacanza in Turchia lo
allontana per qualche periodo dall'insegnamento e dalla ricerca, attività che
riprende all'inizio degli anni novanta come visiting scholar all'Madison, nel
Wisconsin. Nel frattempo collabora con
molti quotidiani e periodici, come La Voce di Indro Montanelli, Village, Il
diario della settimana, il Secolo XIX.
Tornato a Genova, diviene molto amico del filosofo Franco Manti,
segretario generale dell’Istituto Italiano di Bioetica. Riprende la vita
accademica per allontanarsene a causa della malattia che lo porterà alla morte
sopraggiunta nel 2007. Il pensiero di
Baroncelli ripropose un'etica planetaria alla luce del mondo globalizzato,
invitando a riconsiderare i valori e le identità storiche dei gruppi umani
occidentali riorientandoli a favore di un sistema di valori e di identità
individuali e culturali di tipo mobile e pluralistico. Ha qualificato le varie
culture come sistemi aperti in grado comunicare e di essere traslati o
esportati ovunque nel mondo, nella convinzione che gli esseri umani
appartengano tutti alla stessa specie e siano tutti abitanti dello stesso
pianeta. Pensiero e la ricerca
Profondamente influenzato da David Hume e dallo scetticismo inglese, si è
occupato in prevalenza di temi etico-politici come il razzismo, la tolleranza,
il liberalismo e il politically correct.
Opere Libri Un inquietante filosofo perbeneSaggio su David Hume, La
Nuova Italia, Firenze 1975 (Con Giovanni Assereto) Sulla povertà, idee leggi e
progetti nell'Europa moderna, Herodote, Genova-Ivrea 1983 Il razzismo è una
gaffeEccessi e virtù del "politically correct", Donzelli, Roma 1996
Viaggio al termine degli Stati UnitiPerché gli americani votano Bush e se ne
vantano, Donzelli, Roma 2006 Mi manda Platone, Il Nuovo Melangolo, Genova Saggi
"Giustizialismo" in Ragion Pratica, "Post-fazione" a
Lysander Spooner, No treason, n°6, 1997. "Etica e razionalità. Un finto
divorzio?" in Materiali per una storia della cultura giuridica, 1997, 230-260; "Il riconoscimento e i suoi
sofismi" in Quaderni di Bioetica,
120-147. "Come scrivere sulla tolleranza" in Materiali per una
storia della cultura giuridica, XXVIII, 1, 1988, 49-68. Note
Franco Manti per la fondazione Pubblicità progresso, su
pubblicitaprogresso.org. 7 maggio
(archiviato il 7 maggio ). Franco Manti, Diversity, Otherness and the
Politics of Recognition , in Nordicum-Mediterraneum, 14, n. 2, Akureyri, , Ospitato su archive.is.
Citazione: To Flavio Baroncelli, a friend I met only too late, / whose lively
intellect, critical sense, friendliness / and clever irony I just had time to
appreciate. Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Flavio
Baroncelli Info dalla pagina del
Dottorato in filosofia dell'Genova. Registrazione audio[collegamento interrotto]
dell'intervento a una trasmissione di Radio 3 dall'archivio RAI Trascrizione di
un dibattito con gli studenti sulla tolleranza dal Enciclopedia Multimediale
delle Scienze Filosofiche di Rai Educational Necrologi Archiviato il 16 marzo
2007 in . di Giorgio Bertone, Vittorio Coletti, Salvatore Veca e Pietro Cheli.
Altri dello scrittore Bruno Morchio e dell'amico Daniele Miggino. Sezione
speciale della rivista Nordicum-Mediterraneum dedicata a Flavio Baroncelli.
Pagina di Wordpress su Flavio Baroncellicon alcuni testi inediti.
barone: Grice: “I like Barone, but I’m not sure he likes me! You
see, in Italy, there’s ‘scienze filosofiche,’ and ‘scienza’ was indeed a way to
describe philosophy! But at Oxford, you have to take the great go! Lit. Hum.,
and I doubt Barone did! – ginnasio e liceo, as the Italians have it! Therefore,
his views on ‘filosofia e linguaggio,’ never mind his rather pretentiously
titled ‘logica formale,’ ‘logica trascendentale,’ ‘algebra dela logica,’ etc.
have little to do with, well, Italian!” --
Francesco Barone (Torino), filosofo. Laureato in Filosofia a Torino nel
1946 come allievo di Augusto Guzzo e Nicola Abbagnano, visse a Viareggio. Professore
di Filosofia teoretica all'Pisa (1957), dove fu preside della facoltà di
Lettere e filosofia dal 1967 al 1968, fu poi docente di Filosofia della scienza
(1987) nonché direttore dell'Istituto di Filosofia nella stessa università
(1960-80). Insegnò anche Filosofia morale alla Scuola Normale Superiore di Pisa
dal 1958 al 1974. Si dedicò soprattutto
a studi di storia e filosofia della scienza, pubblicando numerosi libri. Nel
1979 curò l'edizione italiana delle opere di Niccolò Copernico. Socio nazionale
dell'Accademia delle scienze di Torino (dal 12 febbraio 1985), della Società
Nazionale di Scienze, Lettere e Arti in Napoli, e dell'Accademia Nazionale dei
Lincei, a Milano fu presidente del Centro del C.N.R. di studi del pensiero
filosofico del Cinquecento e del Seicento in relazione ai problemi della
scienza. Pensiero Particolarmente
interessato alla filosofia di Nicolai Hartmann, Barone ne trasse spunto per un
confronto tra la dottrina realistica e quella neoidealista. La sua riflessione
filosofica si sarebbe poi focalizzata sui problemi epistemologici e della
filosofia della scienza. Come
pubblicista affrontò temi etico-politici sul rapporto tra individuo e società
dal punto di vista della ideologia liberale e liberista. Il tema principale delle opere di Barone
riguarda la filosofia della scienza e la storia della scienza e della tecnica.
Si deve a lui la prima pubblicazione in Italia di una monografia sulla
filosofia neopositivistica. Il suo
pensiero si contraddistingue per lo stretto rapporto tra epistemologia e
storiografia della scienza, settore, questo, in cui Barone ha preso in
particolare considerazione il tema della nascita dell'astronomia moderna, da
Niccolò Copernico a Keplero e Galilei.
Intorno agli anni sessanta, inoltre, Barone si è dedicato con
particolare attenzione agli sviluppi culturali, epistemologici e filosofici
della nascente informatica. Opere
L'ontologia di Nicolai Hartmann, Edizioni di Filosofia, Torino, 1948 Rudolf
Carnap, Edizioni di Filosofia, Torino, 1953 Wittgenstein inedito, Edizioni di
Filosofia, Torino, 1953 Il neopositivismo logico, Edizioni di Filosofia,
Torino, 1953, 2ª ed., Laterza, Roma-Bari, 1977; 3ª ed. ivi, 1986 Assiologia e
ontologia: etica ed estetica nel pensiero di N. Hartmann, Torino 1954 Leibniz e
la logica formale, Edizioni di Filosofia, Torino, 1955 Nicolai Hartmann nella
filosofia del Novecento, Edizioni di Filosofia, Torino, 1957 Logica formale e
logica trascendentale, I, Da Leibniz a
Kant, Edizioni di Filosofia, Torino, 1957 (nuova edizione Unicopli, Milano,
1999); II, L'algebra della logica,
Edizioni di Filosofia, Torino, 1965 (nuova edizione Unicopli, Milano, 2000)
Metafisica della mente e analisi del pensiero, Edizioni di Filosofia, Torino,
1958 1748: viaggio di Hume a Torino, Edizioni di Filosofia, Torino 1958 Mondo e
linguaggi , Edizioni di Filosofia, Torino 1959 Determinismo e indeterminismo
nella metodologia scientifica contemporanea, Edizioni di Filosofia, Torino,
1959 Concetti e teorie nella scienza empirica, Edizioni di Filosofia, Torino,
1962 Nicola Copernico, Opere (F. Barone), UTET, Torino, 1979 Immagini
filosofiche della scienza, Laterza, Roma-Bari, 1983 Pensieri contro, Società
Editrice Napoletana, Napoli 1983 Teoria ed osservazione nella metodologia
scientifica, Guida, Napoli, 1990 Verso un nuovo rapporto tra scienza e
filosofia, Centro Pannunzio, Torino, 1994 La fondazione dell'ontologia di
Nicolai Hartmann (F. Barone), Fabbri, Milano, 1963 G. W. Leibniz , Scritti di
logica (F. Barone), Zanichelli, Bologna, 1968, 2ª ed. Laterza, Roma-Bari, 1992
Note Francesco Barone, Neopositivismo,
in Enciclopedia del Novecento, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana
Treccani, 1979 Barone, Francesco, in
TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Sito ufficiale, su francescobarone. Francesco Barone, su TreccaniEnciclopedie on
line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Francesco Barone, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Francesco Barone, su BeWeb,
Conferenza Episcopale Italiana. Opere di
Francesco Barone, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Francesco
Barone, . David Hume, il filosofo della
non certezza di Francesco Barone, La Stampa, 26 agosto 19763. Addio a Barone il
filosofo che diffidava dei paradisi in terra di Dario Antiseri, Corriere della
Sera, 28 dicembre 200131, Archivio storico.
barone: Grice: “I like Barone; at last a priest that takes Italian
humanism SERIOUSLY!” -- Giuseppe Barone
(Alcamo), filosofo. Nacque ad Alcamo, nella Provincia di Trapani; dopo avere
finito gli studi teologici nel Seminario Vescovile di Mazara del Vallo, fu
ordinato sacerdote il 13 marzo del 1937. Frequentò, quindi, la Pontificia
Università Gregoriana di Roma dove conseguì la laurea in Filosofia il 19 giugno
1946, trattando la tesi dal titolo: L'Umanesimo filosofico di Giovanni Pico
della Mirandola. Ebbe subito la nomina
di Canonico della Collegiata di Alcamo, poi dal 1949 al 1956 quella di Vicario
foraneo e Visitatore dei Monasteri; dal maggio 1951 fu nominato anche Canonico
Onorario della cattedrale di Trapani.
Nel mese di novembre 1956 fu pure nominato Cameriere Segreto
Soprannumerario di Sua Santità; fu quindi professore di lettere e filosofia del
Seminario di Mazara del Vallo e, per 16 anni, delegato Vescovile alla dirigenza
dell'Istituto Magistrale legalmente riconosciuto "Maria Santissima
Immacolata" di Alcamo. Per diversi
anni, è stato anche Rettore della Chiesa della Sacra Famiglia e della Badia
Nuova; inoltre è stato membro del Consiglio Presbiteriale diocesano e docente
di Filosofia presso il Seminario Vescovile di Trapani. Opere Monsignor Barone, personaggio dotato di
cultura e di pensiero critico, ha scritto diversi importanti saggi. Questo è
l'elenco delle sue opere: Il Santuario;
Alcamo, 1946-1947 La Nuova parrocchia di S.Oliva; ed. Bagolino, Alcamo, 1947
Giovanni Pico della Mirandolaprofilo biografico del celebre umanista;
ed.Gastaldi, Milano-Roma, 1948 L'Umanesimo Filosofico di Giovanni Pico della
MirandolaStudio del Pensiero Pichiano; ed.Gastaldi, Milano-Roma, 1948 Quattro
saggi; ed. Accademia degli Studi "Ciullo", Alcamo, 1951 Donna
IdealeIdeale di donna; ed. Accademia degli Studi "Ciullo", Alcamo,
1951 Didactica Magna di Comenius (traduzione italiana); ed. Principato, Milano,
1953 Scuola Libera, ed. Bagolino, Alcamo, 1955 Il Vero Maestro -Lineamenti di
educazione; ed. Bagolino, Alcamo, 1956 Verità e Vita; ed. Cartografica, Alcamo,
1958 De hominis dignitate, di Giovanni Pico della Mirandola, Firenze, 1960 La
Congregazione di Gesù Maria e Giuseppe nella chiesa della Sacra Famiglia di Alcamo,
Accademia di studi Cielo d'Alcamo, 1969. La più bella preghiera, Alcamo, 1972
Antologia pichiana: letture filosofico-pedagogiche; ed. Virgilio, Milano, 1973
La docta pietas, di Sebastiano Bagolino erudito alcamese del sec.XVI; tip.
Bosco, Alcamo, 1979 Maria fonte di Misericordia e Madre dei Miracoli Patrona di
Alcamo; tip. Sarograf, Alcamo, 1984 Dialogo con gli invisibili; tip. Bosco,
Alcamo, 1987 Note
trapaninostra,//trapaninostra/libri/salvatoremugno/Poesia_narrativa_saggistica/Poesia_narrativa_e_saggistica_in_provincia_di_Trapani_02.pdf Tommaso Papa, Memorie storiche del clero di
Alcamo, Alcamo, Accademia di studi Cielo d'Alcamo, 1968. Tommaso Papa, Memorie storiche del clero di
Alcamo, Alcamo, Accademia di studi Cielo d'Alcamo, 1968. trapaninostra,//trapaninostra/libri/salvatoremugno/Poesia_narrativa_saggistica/Poesia_narrativa_e_saggistica_in_provincia_di_Trapani_02.pdf.
14 giugno . Vincenzo Regina Tommaso Papa
305357714 Identities-305357714
Biografie Biografie Cattolicesimo Cattolicesimo Letteratura Letteratura Categorie: Presbiteri
italianiInsegnanti italiani del XX secoloFilosofi italiani Professore1914 2004
29 aprile 22 novembred Alcamod Alcamo
barsio: Grice: “I like Barsio – he reminds me of G.Baker – there he
is, Baker, succeeding me – and an American! – as tutorial fellow in philosophy
at St. John’s, and dedicating his life to Witters – So when reminiscing, in my
“Predilections and prejudices” about them years, I said, “God forbid that you
dedicate your life to the oeuvre of a minor philosopher like Witters – it’s
good to introject into a philosopher’s shoes as you attain to grasp the
longitudinal unity of philosophy, but look for a non-minor pair of shoes!” –
“Barsio is a radically minor philosopher – in that, he never had to grade – I
always hated grading and seldom did it! – since he lived under the Gonzagas at
Mantova – and he just phiosophised to the sake of the pleasure he derived from
it! My favourite is his elegy to his enemy, Pomponazzi – but his satirical
curriculum vitae is fantastical, but possibly true!” -- Vincenzo Barsio (Marsio)
(Mantova), filosofo.. Noto anche come Vincenzo Mantovano, frequentò le corti
del marchese Federico II Gonzaga e di sua moglie Isabella d'Este, alla quale
pare avesse dedicato il poemetto Silvia e la corte del marchese di Castel
Goffredo Aloisio Gonzaga, al quale dedicò il poema latino Alba. Entrato
nell'ordine dei Carmelitani, studiò teologia a Bologna assieme al poeta
mantovano Battista Spagnoli. Opere Silvia,
poemetto in tre libri, pubblicato nel 1519; Pamphilus; Alba, del 1518, dedicato
al marchese Aloisio Gonzaga, signore di Castel Goffredo; Labyrintus, dedicato a
Federico II Gonzaga. Note Ireneo Affò,
Vita di Luigi Gonzaga detto Rodomonte, 1780, Parma., su books.google. 18 luglio
. Gaetano Melzi, Dizionario di opere
anonime e pseudonime di scrittori italiani, Milano, 1859., su books.google.
Giuseppe Coniglio, I Gonzaga, Varese, 1973., su books.google. Vincenzo Barsio, in Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. ICCU. Vincenzo Barsio., su edit16.iccu..
BARTOLI search.gianpaolo --
barzaghi: Grice:
“Barzaghi is a genius; the Italians hate him! In his “Compendio di storia della
filosofia,” there’s no mention of Cicero!” – Grice: “Barzaghi is the Italian
Copleston – what is it with religious minds – cf. Kenny – that have this
inclination towards the longitudinal unity of philosophy?!” – Grice: “Barzaghi
just ignores the most prosperous period in Roman philosophy; not so much
Romolo, but whatever happened in Rome after that infamous ‘embassy’ of
Carneade, an Academian, Critolao, a peripatetic, and Diogoene di Celesia, a
stoic!” -- Giuseppe Barzaghi (Monza),
filosofo. Direttore della Scuola di anagogia, fondata dal cardinale Giacomo
Biffi. Discepolo del filosofo Gustavo Bontadini e frate domenicano, è stato
l'interlocutore privilegiato di Emanuele Severino sulla questione di Dio e del
cristianesimo. Nella sua opera Oltre Dio, Barzaghi si interroga
dapprima sull’essenza del cristianesimo per giungere ad affermare la necessità,
per il credente, di assumere alcune fondamentali posizioni filosofiche riguardo
la vera comprensione della realtà: «Se il Cristianesimo è essenzialmente la
partecipazione della vita di Dio, cioè della vita eterna, per comprenderlo
occorrerà porsi dal punto di vista di Dio, cioè dell’eterno» (p. 13). Secondo
Barzaghi, l’Essere assoluto «non può essere inteso come qualcosa accanto ad
altre cose, e conseguentemente diviene il punto di vista rigoroso per
l’ispezione del tutto» (p. 17). In questo senso, la filosofia di Emanuele
Severino, che si presenta come alternativa al teismo, offre in realtà per
Barzaghi il fianco a un nuovo percorso argomentativo in favore dell’esistenza
di Dio (un Dio però non inteso come oggetto: da qui il titolo dell’opera, che
evoca esplicitamente un’espressione di Dionigi): se ogni cosa è eterna, e tale dunque
è anche il suo apparire, esso deve continuare ad apparire, eternamente, anche
quando “non appare”. «Dunqueafferma il filosofo –, se tale apparire non permane
nell’orizzonte dell’apparire che è la mia coscienza, perché consta
l’apparire-scomparire dell’ente, deve comunque continuare ad apparire […] in
modo determinatissimo, dunque alla sola scienza di Dio cui eternamente appaiono
gli eterni. Non ammettere questa scienza di Dio, cioè Dio, significa ammettere
che l’apparire, che è pur un non-niente, sia un niente nel momento in cui non
appare più determinatamente, individualmente» (p. 24). Questa scienzachiamata
nel linguaggio tomista scientia Dei visionis«ha la fisionomia dell’apparire
infinito di cui parla Severino nei suoi scritti» (p. 17). Nel pensiero
barzaghiano, il punto di vista sub specie aeternitatis (dal punto di vista
dell’eternità) diventa la condizione imprescindibile di tutta la riflessione
teologica e filosofica. In teologia, solo questa prospettiva riesce a rendere
metafisicamente plausibile l’affermazione rivelata dell’«Agnello immolato nella
stessa fondazione del cosmo» di cui parla il libro dell’Apocalisse, così da
poter parlare di una «inseità redentiva dell’atto creatore». Nella riflessione
filosofica, poi, la prospettiva sub specie aeternitatis consente di avere uno
sguardo «dialetticamente onninclusivo», per cui ogni ente rispecchia in sé
l’eternità del tutto e di ogni altro ente secondo la nozione di exemplar.
Ne Il fondamento teoretico della sintesi tomista, Barzaghi propone appunto
l’idea di exemplar come cardine speculativo, approfondendo e oltrepassando la
proposta di S. M. Ramírez, neotomista spagnolo (1891-1967) di individuare nella
“dottrina dell’ordine” la struttura più sintetica di tutto il pensiero di
Tommaso d'Aquino. L’exemplar rappresenta «il minimo di complessità per muoversi
nel massimo della complessità» (p. 31). Ma per compiere questa operazione di
analisi, occorre esprimersi attraverso l’analogia, «riflesso logico
gnoseologico dell’ordine ontologico [e] mezzo inventivo ed espressivo del
conoscere» (p. 47), che acquisisce conseguentemente una notevole importanza nel
pensiero di Barzaghi. Nell’esemplare (exemplar) si trova il centro della
spiegazione causale, dal momento che in esso si presenta in modo simultaneo
tutto l’ordine che lega le cause aristoteliche: il fine, l’agente che intende
il fine, la forma implicata, e la materia che la deve accogliere. E l’esemplare
trascende la mera dimensione funzionalistica: in quanto contiene tutto
(compreso l’esemplante nel suo riferirsi all’esemplato), è una totalità, e
possiede quindi caratteristiche di liberalità e assolutezza: è «sottratto alla
dipendenza e al dominio» (p. 90). In una frase, che sintetizza bene il punto di
vista anagogico della filosofia e della teologia di Barzaghi: «Dio, conoscendo
se stesso, conosce tutte le possibili realizzazioni similitudinarie della
propria essenza, cioè tutte le essenze create e creabili» (p.
96). Seguendo infine l’esempio specifico di Bontadini, suo maestro, egli
fa risiedere nell’atto creatore intemporale la consistenza della totalità delle
cose, cioè delle creature, giacché queste sono «nulla come aggiunta a Dio» (p.
98). Secondo tale prospettica dell’exemplar, si può così realizzare, senza
aporie dogmatiche, la visione del Deus omnia in omnibus (Dio tutto in
tutto). Il dibattito con Severino Il primo dibattito fra Giuseppe
Barzaghi ed Emanuele Severino avvenne nel 1995 nella forma di disputa tra le
posizioni della teologia cattolica tomista e quelle della filosofia
severiniana. Il dibattito trovò, al di là delle aspettative degli
organizzatori, alcuni punti di possibile convergenza, che portarono il
filosofo-teologo alla pubblicazione di Soliloqui sul divino (1997), in cui
l’autore cerca per la prima volta di rileggere le intuizioni di Severino in un
modo che egli definirà più tardi voler essere quello con cui Tommaso d'Aquino,
filosofo e teologo cristiano, leggeva e faceva tesoro dell’insegnamento
filosofico di Aristotele, filosofo pagano. Ciò rese il rapporto fra i due
pensatori un dialogo di reciproca conoscenza e stima. Il 2 novembre 1999
Severino dedicò a Barzaghi un articolo sul Corriere della sera, in cui indicava
il sacerdote monzese come il fautore del più interessante tentativo di
riportare la sua filosofia al contesto cristiano da cui si era volontariamente
staccato. In tale articolo, il filosofo ateo definiva “aperto” il dilemma sulla
possibilità o meno per il cristianesimo di porsi come casa abitabile per l’uomo
contemporaneo, a patto però di diradare, sull’esempio di Barzaghi, la nebbia
che circonda il discorso religioso attraverso una ripulitura dei concetti a
partire dal punto di vista dell’eterno. Seguirono poi altri dibattiti pubblici,
come quello del 29 novembre 2001 a Milano e quello del 12 giugno a Bologna. Opere Libri (lista parziale)
Metafisica della cultura cristiana, Bologna, ESD, 1990/1995 (2ª ed.) L’essere,
la ragione, la persuasione, Bologna, ESD, 1994/1998 (2ª ed.) Diario di
metafisica. Concetti e digressioni sul senso dell’essere, Bologna, ESD, 1997/
(2ª ed.) Soliloqui sul divino. Meditazioni sul segreto cristiano, Bologna, ESD,
1997 Philosophia. Il piacere di pensare, Padova, Il Poligrafo, 1999 Oltre Dio,
ovvero omnia in omnibus. Pensieri su Dio, il divino, la Deità, Bologna,
Barghigiani, 2000 Maestro Eckart, Cinisello Balsamo, Ed. San Paolo, 2002
Anagogia. Il Cristianesimo sub specie aeternitatis, Modena, ETC, 2002 Lo
sguardo di Dio. Saggi di teologia anagogica, Siena, Cantagalli, 2003 Compendio
di storia della filosofia, Bologna, ESD, 2006/ (2ª ed.) Compendio di filosofia
sistematica, Bologna, ESD, 2006 La Fuga. Esercizi di filosofia, Bologna,
ESD, L’originario. La culla del mondo,
Bologna, ESD, Il fondamento teoretico
della sintesi tomista. L’Exemplar, Bologna, ESD, La maestria contagiosa. Il segreto di Tommaso
d’Aquino, Bologna, ESD, Il Riflesso,
Bologna, ESD, Lezioni di dialettica,
Bologna, ESD, Contributi e articoli
(lista parziale) Il bene comune secondo S.Tommaso d’Aquino, in “Communio” L’alterità tra mondo e Dio: la verità
dell’essere e il divenire (conferenza-dibattito con Emanuele Severino), in
“Divus Thomas” 3 (1998), 57-81.
Ambientazione teologica del concetto di “gioia” severiniano, in I. Valent ,
Cura e la salvezza. Saggi dedicati a Emanuele Severino, Bergamo, Moretti &
Vitali, 2000, 229-243. I fondamenti
metafisici della mistica, in M. VanniniMistica d’oriente e occidente oggi,
Milano, Paoline, 2001, 11-31. La potenza
obbedienziale dell’intelletto agente come chiave di volta del rapporto
fede-ragione, in “Angelicum” 2 (2003),
271-307. Articolazione teoretica della teologia trinitaria in chiave
tomistica, in A. Petterlini, G. Brianese, G. Goggi , Le parole dell’Essere. Per
Emanuele Severino, Milano, Bruno Mondadori, 2005, 57-74. Desiderio e abbandono. Maestro Eckhart
e Tommaso d’Aquino: le due facce di un'unica metafisica, in C. Ciancio ,
Metafisica del desiderio, Milano, Vita e Pensiero, 2003, 173-201. Anagogia epistemica, in R. Serpa ,
Antropologia, metafisica, teologia. Studi in onore di Battista Mondin,
filosofo, teologo, ciclista, Bologna, ESD, 2003, 33-367. L’unum argumentum di Anselmo d’Aosta
e il fulcro anagogico della metafisica. Essere logici nel Logos, in T. Rossi ,
Figurae fidei. Strategie di ricerca nel Medioevo, Studi 2003, Roma, Angelicum
University Press, 2003, 99-123. Anagogia:
voce in “Enciclopedia Filosofica”, Milano, Ed. Bompiani, 2006. L’epistemologia
teologica di Tommaso d’Aquino. Analisi e approfondimento, in G. GrandiL. Grion
, Rivelazione e conoscenza, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2007, 43-78. L’intero antropologico. Con Gentile
oltre Gentile verso una rifondazione metafisica dell’antropologia tomista.
Ovvero le virtualità tomistiche del discorso filosofico sull’autocoscienza e la
corporeità umana, in “Divus Thomas”. Il luogo poetico e contemplativo del
sapere filosofico-teologico. L’anima del giudizio scientifico, in “Divus
Thomas” 2 (2007), 186-220. Mistica
cristiana come estetica assoluta, in
Mistica forum, Bologna, Lombar Key, 2008, 27-53. Fenomenologia, metafisica e anagogia,
in “Divus Thomas” 2 (2008), 11-21 Il
bisbiglio del “Logos” e il suo riflesso nella ragione, in “Divus Thomas” 1
(2009). Il destino sempiterno dell’Occaso. L’inseità mistica della ragione, in
A. Olmi , L’eredità dell’occidente. Cristianesimo, Europa, nuovi mondi,
Firenze, Nerbini, , La commozione come filosofia del valore. Saper
nuotare negli affetti, in I. De GennaroValue. Sources and Readings on a Key
Concept of the Globalized World, LeidenBoston, Brill, , 349-358. L’ambiente invisibile della vita
cristiana: il Fondamento, in V. Lagioia , Storie di invisibili, marginali ed
esclusi, Bononia University Press, Bologna ,
19-24. Abitare teologicamente la natura. Lo sguardo metaforico di
Tommaso d’Aquino, in I. De Gennaro, Sergiusz Kazmierski, Ralf Lüfter ,
Wirtliche Ökonomie. Philosophische und dichterische Quellen (Erster Teilband),
Nordhausen, Verlag Traugott Bautz, . Teoresi e struttura. Riflessioni e
approfondimenti sulla rigorizzazione bontadiniana, in “Divus Thomas” 2 ()
Creazione dal nulla o relazione fondativa, in S. PinnaD. Riserbato Fenomeno & Fondamento. Ricerca
dell’Assoluto. Studi in onore di Antonio Margaritti, Città del Vaticano, Ed.
vaticana, , 271-286. Anagogia e teoria
del fondamento, in “Divus Thomas” 1 (),
17-47. Metafora. La trasparenza nella trasposizione, in M. RaveriL. V.
TarcaI linguaggi dell’Assoluto, Milano, Mimesis, , 31-44. L’eternità dell’essente in teologia,
in G. GoggiI. TestoniAll’alba dell’eternità”. I primi 60 anni de ‘La Struttura
Originaria’, Padova, Padova University Press, , 10-11. Dibattito con E.
Severino, in “Divus Thomas” . Il quadro anagogico e i segreti della musica di
J. S. Bach. La Ciaccona e il Contrappunto XIV de L’Arte della Fuga, in “Divus
Thomas” 2 (), 13-27. Note A. Postorino, La scienza di Dio. Il tomismo
anagogico di Giuseppe Barzaghi... Data
l'importanza dell'anagogia nel pensiero di Barzaghi, gli è stata commissionata
la stesura dell'omonima voce sull'Enciclopedia filosofica (Bompiani 2006),
nonché, sul versante teologico, la voce «mistica anagogica» sul Nuovo
dizionario di mistica dell’Editrice vaticana.
RaiCultura: Dio e il concetto filosofico di eternità del Tutto Dialogo tra Emanuele Severino e Giuseppe
Barzaghiparte 1 e parte 2 E. Severino,
Nascere. E altri problemi della coscienza religiosa, Articolo pubblicato sul
Corriere della Sera del 2 novembre 1999
Dionigi, I nomi divini (testo critico di M. Moranicommento di G.
Barzaghi), Bologna, ESD, , II, 3.
All'alba dell'eternità. I primi 60 anni de 'La struttura originaria'
(UniPa) Apocalisse 13, 8 Cfr. G. Barzaghi, Lo sguardo di Dio. Nuovi
saggi di teologia anagogica, Bologna, ESD, ,
157-270 Santiago María Ramírez
op, De ordine placita quaedam thomistica, Salamanca, San Esteban, 1963. G. Barzaghi, Lo sguardo di Dio. Saggi di
teologia anagogica, Siena, Cantagalli, 200333. UniPdL’eternità
dell’essente RaiScuola: Giuseppe
Barzaghi. Dio e il concetto filosofico…
Si veda ad esempio: E. SeverinoG. Barzaghi, L’alterità tra mondo e Dio:
la verità dell’essere e il divenire, in: “Divus Thomas” 3 (1998), 57-81.
E. Severino, Nascere. E altri problemi della coscienza religiosa Dialogo Severino-Barzaghi a Milano Giornata di studio dello Studio filosofico
domenicano di Bologna RaiCultura.
Giuseppe Barzaghi, Dio e il concetto filosofico di eternità del Tutto su
raicultura. Interviste ai filosofi: Giuseppe Barzaghi su youtube.com.
barzellotti: Grice: Grice: “The good thing about Barzellotti’s treatment
of Cicerone’s dialettica is that he pours in all his expterise on two fields:
Italian mentality, Roman mentality – so he can understand, in a way an
Englishman cannot, the way Cicerone dealt with the ‘dialectic,’ Athenian
dialectic, if you wish, and turned it into a ‘Roman’ dialectic --. He of course
never considers English interpreters, only German! And refutes them!” -- “You’ve
got to love Barzellotti – he is critical of the idea of ‘Italian philosophy,’
but not of what he calls ‘The Oxcford school of philosophy,’ – Philosophy has
no country-tag; she belongs to humanity; a DOCTRINE, or a school, may have a
‘national’ identification – And part of the problem with Italian philosophy is
that there was Italian philosophy before there was Italy!” Grice: “My favourite
is his tract on Cicero, who he sees as an Italian!” -- iacomo Barzellotti
(filosofo) Giacomo Barzellotti Giacomo
Barzellotti philisopher. Senatore del Regno d'Italia Durata mandato22 giugno
190819 Settembre 1917 Dati generali ProfessioneDocente universitario Giacomo Barzellotti
(Firenze) filosofo. Senatore del Regno d'Italia nella XXII legislatura. Allievo
di Terenzio Mamiani e di Augusto Conti, entrambi filosofi spiritualisti, si
professò poi seguace del Neokantismo. Si interessò soprattutto alla storia
della filosofia con particolare riguardo ai problemi di psicologia artistica e
religiosa. Ebbe la cattedra di Filosofia morale alle Pavia nel 1881 e di
Napoli, nel 1887. Nel 1896 divenne professore di Storia della filosofia
all'Roma. Fu ammesso all'Accademia nazionale dei Lincei nel 1899. Nel 1908 fu
nominato senatore del Regno d'Italia. Fu
iniziato in Massoneria nella Loggia Concordia di Firenze, appartenente al
Grande Oriente d'Italia. Opere (selezione)
La morale nella filosofia positiva, Firenze: M. Cellini, 1871 La rivoluzione e
la letteratura in Italia: avanti e dopo gli anni 1848 e 1849, Firenze:
Successori Le Monnier, 1875 La nuova scuola del Kant e la filosofia scientifica
contemporanea in Germania, Roma: Tip. Barbera, 1880 David Lazzaretti di
Arcidosso (detto il santo), Bologna: Zanichelli, 1884 (nuova ed. con il titolo:
Monte Amiata e il suo profeta, Milano: Fratelli Treves, 1909) Santi, solitari,
filosofi: saggi psicologici, 2ª ed., Bologna: Nicola Zanichelli, 1886 Studi e
ritratti, Bologna: Zanichelli, 1893 Ippolito Taine, Roma : Loescher, 1895
L'opera storica della filosofia, Palermo: R. Sandron, 1918 (postumo) Note Vittorio Gnocchini, L'Italia dei Liberi
Muratori, Erasmo ed., Roma, 200526.
Virginia Cappelletti, Giacomo Barzellotti, in Dizionario biografico
degli italiani, 7, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, 1970. 20 novembre . Giacomo Barzellotti, in
Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1930, giacomo-barzellotti.
20 novembre . Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una
pagina dedicata a Giacomo Barzellotti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia
Commons contiene immagini o altri file su Giacomo Barzellotti Giacomo Barzellotti, su TreccaniEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Giacomo Barzellotti, su siusa.archivi.beniculturali, Sistema Informativo
Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.
Giacomo Barzellotti, su accademicidellacrusca.org, Accademia della
Crusca. Opere di Giacomo Barzellotti, su
openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Giacomo Barzellotti, . Giacomo Barzellotti, su Senatori d'Italia,
Senato della Repubblica. Filosofia Filosofo
del XIX secoloFilosofi italiani Professore1844 1917 7 luglio 19 settembre
Firenze PiancastagnaioAccademici dei Lincei
battaglia: Grice: “You gotta like Battaglia; he plays with the Italian
language in ways I cannot play in the English language; e. g. consider his
philosophising ‘between being and value,’ ‘tra l’essere e il valore.’ Surely
the thing is the copula: A is B, A is worth B.’
-- “A e B,” “A vale.” “A vale B.” – “We cannot say that a dollar is
worth a dollar --. Stricctly, we CAN, it’s true – but the implicaturum is ‘I’m
an idiot or a philosopher.” Grice: “And I can say, “Socrate e,’ i. e. Socrates
is. And ‘Socrates vale,’ i.e. Socrates has value.’” Grice: “When I did my linguistic botanising on
‘value,’ I followed Austin’s misadvice: never contrast with Anglo-Saxon, but
actually ‘worth’ in Anglo-Saxon WAS a verb, and cognate with Battaglia,
‘valere.’!” Felice BattagliaCommissario della Alma Mater Studiorum Bologna
Durata mandato21 aprile 19455 maggio 1945 PredecessoreGuido Guerrini (come
prorettore) SuccessoreEdoardo Volterra (come prorettore) Rettore della Alma
Mater Studiorum Bologna Durata mandato20 giugno 195019 giugno 1956
PredecessoreGuido Guerrini SuccessoreGiuseppe Gherardo Forni Rettore della Alma
Mater Studiorum Bologna Durata mandato20 giugno 19626 maggio 1968 PredecessoreGiuseppe
Gherardo Forni SuccessoreWalter Bigiavi (come facenti funzioni) Dati generali
UniversitàLa Sapienza Professionegiurista Felice Battaglia (Palmi), filosofo..
In seguito al terremoto di Messina del 1908 lasciò la Calabria, trasferendosi
con tutta la famiglia a Roma, dove intraprese il suo percorso di studi. Nel 1925 conseguì la laurea in giurisprudenza
presso La Sapienza, con una tesi su Marsilio da Padova che, grazie ad un
concorso vinto, poté pubblicare nel 1928. Ottenuta la libera docenza di
filosofia del diritto, e un contratto d'insegnamento dall'ateneo capitolino, si
trasferì all'Siena, dove nel 1932 vinse la cattedra nella medesima
disciplina. Nel 1938 si spostò da Siena
a Bologna, dove già teneva delle lezioni dalla fine del 1935. Nell'ateneo
bolognese insegnò, contemporaneamente, filosofia morale nella Facoltà di
lettere e filosofia, di cui fu preside dal 1945 al 1950, e filosofia del
diritto nella Facoltà di giurisprudenza.
Negli anni Cinquanta e Sessanta, è stato più volte rettore dell'ateneo
di Bologna. In questa città è morto nel 1977. Pochi anni dopo il Comune di
Bologna gli ha dedicato una strada, e l'Università ha intitolato a suo nome la
biblioteca del Dipartimento di filosofia. Tra i suoi allievi si segnalano Nicola
Matteucci e Guglielmo Forni Rosa.
Pensiero È stato autore di numerosi saggi in diverse branche del diritto
e della filosofia e, in loro connessione, sulla storia del pensiero, sia antico
che moderno: tale interesse fu declinato anche in chiave pedagogica, a
testimonianza dell'intensa attenzione rivolta dallo studioso calabrese alla
storia quale concreta fonte dell'organizzazione sociale umana e del complesso e
diffidente approdo allo spiritualismo.
Con i sostenitori attualisti dell'autonomia della categoria filosofica
della politica, pensava "che occorresse lasciare alla storia tout court
quanto non fosse pensiero sistematico, preservando così la storia delle
dottrine da ogni contaminazione con le dialettica sociale e
istituzionale". Opere principali
Per una completa degli scritti di
Battaglia, si rinvia a Franco Polato,
degli scritti di e su Felice Battaglia, Bologna, CLUEB, 1989. Saggi di storia, filosofia e diritto L'opera
di Vincenzo Cuoco e la formazione dello spirito nazionale in Italia, Bemporad,
Firenze 1925. Marsilio da Padova e la filosofia politica del Medioevo, Felice
Le Monnier, Firenze 1928. La crisi del diritto naturale: saggio su alcune
tendenze contemporanee della filosofia del diritto in Francia, La Nuova Italia,
Firenze 1929. Diritto e filosofia della pratica: saggio su alcuni problemi
dell'idealismo contemporaneo, La Nuova Italia, Firenze 1932. Cristiano Thomasio
filosofo e giurista, Circolo giuridico della R. Università, Siena 1936. Scritti
di teoria dello stato, Giuffré, Milano 1939. Orientamenti metodologici nella
storia delle dottrine politiche, Tip. Nuova, Siena 1939. Problemi metodologici
nella storia delle dottrine politiche ed economiche, con A. Bertolino, Foro
Italiano, Roma 1939. Corso di filosofia del diritto, 3 voll., Soc. editrice
"Foro italiano", Roma 1940-1942. Il domma della personalità giuridica
dello Stato, Zanichelli, Bologna 1942. Impero Chiesa e stati particolari nel
pensiero di Dante, Zanichelli, Bologna 1944. Libertà ed uguaglianza nelle
dichiarazioni francesi dei diritti dal 1789 al 1795: testi, lavori
preparatorii, progetti parlamentari, Zanichelli, Bologna 1946. Il valore nella
storia, Upeb, Bologna 1948. Il problema morale nell'esistenzialismo, Zuffi,
Bologna 1949 (II ed.). Saggi sull'Utopia di Tommaso Moro, Zuffi, Bologna 1949.
Cenni storici intorno al concetto di lavoro, Zuffi, Bologna 1950. Filosofia del
lavoro, Zuffi, Bologna 1951. Lineamenti di storia delle dottrine politiche,
Giuffré, Milano 1952 (II ed.). Morale e storia nella prospettiva spiritualistica,
Zuffi, Bologna 1953. Nuovi scritti di teoria dello stato, Giuffré, Milano 1955.
I valori fra la metafisica e la storia, Zanichelli, Bologna 1957. Linee
sommarie di dottrina morale, Patron, Bologna 1958. I valori della pratica e
l'esperienza storica, Patron, Bologna 1959. Il valore estetico, Morcelliana,
Brescia 1963. Cinque saggi intorno alla sociologia, Istituto Luigi Sturzo, Roma
1969. Parva Desanctisiana, Patron, Bologna 1970. Economia, diritto, morale,
Coop. libraria universitaria editoriale bolognese, Bologna 1972. Croce e i
fratelli Mario e Luigi Sturzo, Longo, Ravenna 1973. Rosmini tra l'essere e i
valori, Guida, Napoli 1973. Mondo storico ed escatologia, Clueb, Bologna 1997.
Curatele Le carte dei diritti: dalla Magna Charta alla carta del lavoro,
Sansoni, Firenze 1934. Le carte dei diritti: dalla Magna Charta alla Carta di
San Francisco, Sansoni, Firenze 1936. Angelo Camillo De Meis, I problemi dello
stato moderno, Zanichelli, Bologna 1947. Francesco De Sanctis, Lettere a
Pasquale Villari, Einaudi, Torino 1955. Lettere di Angelo Camillo De Meis a
Silvio Spaventa, Azzoguidi, Bologna 1958. Il pensiero pedagogico del
Rinascimento, Sansoni, Firenze 1960. John Locke, Antologia degli scritti
politici, Il Mulino, Bologna 1962. Il
pensiero di Felice Battaglia, Atti del Seminario promosso dal Dipartimento di
Filosofia di Bologna (29-30 ottobre 1987), Nicola Matteucci e Alberto
Pasquinelli, Bologna, CLUEB, 1989,
. Scritti su Felice Battaglia. A
cent'anni dalla nascita, Bologna, Baiesi, 2002,
. Dal filosofo all'uomo, Atti del
convegno di studi su Felice Battaglia (Palmi 12-13 maggio 1990), Giuseppe
Chiofalo, Palmi, Arti Grafiche Edizioni, 1991,
. M. Ferrari, La filosofia italiana, in «Storia della Filosofia», XI (La filosofia contemporanea. Seconda metà
del Novecento), t. I, M. Paganini, Vallardi, Milano 199830. G. Marchello ,
Felice Battaglia, Edizioni di Filosofia, Torino 1953. Nicola Matteucci, Felice
Battaglia, filosofo della pratica, in Atti della Accademia delle Scienze
dell'Istituto di Bologna, Classe di Scienze Morali, Rendiconti, LXVI, 1977-78 (LXXII), 297–305 (ora rifuso in Id., Filosofi politici
contemporanei, Il Mulino, Bologna 2001,
55–66, 88-15-07604-2). F. Polato,
«BATTAGLIA, Felice» in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 34, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1988. A. Scerbo, Felice Battaglia: la
centralità del valore giuridico, Edizioni scientifiche italiane, Napoli 1990.
A. Anzalone, Lo abstracto y lo concreto en la Teoría del Derecho de Battaglia.
Felice Battaglia y el dilema entre Croce y Gentile, Atelier, Barcelona, (185 ). A. Anzalone, Felice Battaglia. Per
una teoria giuridica tra idealismo crociano e gentiliano, Euno edizioni,
Leonforte, (290 ). A. Anzalone, Las
aparentes contradicciones de la filosofía jurídica y política de Felice
Battaglia, in «Studi in onore di Augusto Sinagra», VMiscellanea, Aracne, Roma, , 101–121. A. Anzalone, El Estado, sus fines y
su relación con el derecho. La perspectiva de Felice Battaglia, in “Lex Social
(Revista jurídica de los Derechos Sociales)”, Siviglia, enero-junio , 3 n. 1,
59–74. A. Anzalone, La integración europea como modelo para
Latinoamérica según Felice Battaglia, in «Temas de Filosofía Jurídica y
Política», Número 5, SFD, Córdoba, ,
11–41. Girolamo Cotroneo, Felice Battaglia e la "filosofia dei
valori", in Benedetto Croce e altri ancora, Soveria Mannelli, Rubbettino,
2005, 173-194, 88-498-1264-7. Onorificenze Dottore honoris
causanastrino per uniforme ordinariaDottore honoris causa — Universidade de São
Paulo. Ufficiale dell'Ordine di Leopoldo IInastrino per uniforme ordinariaUfficiale
dell'Ordine di Leopoldo II Cavaliere dell'Ordine di San Gregorio Magno (classe
civile)nastrino per uniforme ordinariaCavaliere dell'Ordine di San Gregorio
Magno (classe civile) Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica
Italiananastrino per uniforme ordinariaGrande Ufficiale Ordine al Merito della
Repubblica Italiana — 2 giugno 1953 Cavaliere di gran croce dell'Ordine al
merito della Repubblica italiananastrino per uniforme ordinariaCavaliere di
gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana — 2 giugno 1959
Note Vittor Ivo Comparato, Vent'anni di
storia del pensiero politico in Italia, Il pensiero politico, 1987, anno XX, n.
13. Università degli Studi di Bologna,
fondata nel sec. XI. Annuario degli Anni Accademici 1950-511951-52 (JPG),
Bologna, Tipografia Compositori, 195419.
Dettaglio decorato, Presidenza della Repubblica. 27 giugno . Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene
immagini o altri file su Felice Battaglia
Felice Battaglia, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Felice Battaglia, . Scheda storica dell'Bologna, su
archiviostorico.unibo. Scheda biografica del Comune di Palmi, su comune.palmi.rc.
Filosofia Letteratura Letteratura
Storia Storia Categorie: Giuristi
italiani del XX secoloFilosofi italiani del XX secoloAccademici italiani Professore1902
1977 23 maggio 28 marzo Palmi BolognaScrittori italiani del XX secoloStorici
italiani del XX secoloRettori dell'BolognaStudenti della SapienzaRomaPersone
legate all'BolognaProfessori dell'BolognaFilosofi del diritto.
Battista – Giovanni Battista – he assumed the name “BONOMO” Gabriele Bonomo Frate Gabriele Bonomo o Bonhomo – Giovanni
Batista (Nicosia), filosofo italiano appartenente all'Ordine dei Minimi.
Scrisse opere sulla trigonometria e inventò un orologio automatico. Entrò come frate nell'Ordine dei Minimi con
il nome di Gabriello e fu assegnato al convento di Santa Oliva di Palermo. Note
Pietro Riccardi, Bibliotheca mathematica italiana dalla origine della
stampa ai primi anni del secolo XIX, Editore Soliani, 1871153. Antonio Muccioli, Le strade di Palermo,
Editore Newton & Compton, 1998127. Altri progetti Collabora a Wikisource
Wikisource contiene una pagina dedicata a Gabriele Bonomo Gabriele Bonomo, in Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. 89092338 495/98454 Identities-89092338 Biografie Biografie:
di biografie Categorie: Teologi
italianiMatematici italiani del XVIII secoloFilosofi italiani Professore1694
1760 13 aprile 24 agosto Nicosia (Italia) PalermoMinimi
bausola: Grice: “I would call Basuola a Griceian – he speaks of the
‘reasons for solidarity,’ which is exactly the point I want to make, alla Kant,
in ‘Aspects of reason,’ as people kept asking me for the rationale – i. e.,
literally, the rational basis – for conversational cooperation – People agree
that conversation is rational; but my stronger thesis is that it’s cooperation
which is rational. That is Bausola’s point.” “Basuola has also explored the
topics of ‘inter-personal relation’ from a philosophical rather than
sociological perspective – and therefore into the compromise between self-love
and other-love, or freedom and responsibility --. A genius! That he also
admires my latitudinal and longitudinal unity of philosophy (‘storiografia
filosofica,’ as the Italians call it) is a plus, or bonus!” -- Adriano Bausola
(Ovada), filosofo. Bausola nasce a Ovada, in provincia di Alessandria, il 22
dicembre 1930, da Filippo, scultore cieco di guerra ed Eugenia Bertero.
Conseguita una formazione cattolica attraverso le scuole primarie delle Madri
Pie, fondate da Paolo Gerolamo Franzoni, e dei Padri Scolopi, gli studi liceali
lo vedono a Novi Ligure al Classico Statale "Doria" dove «la materia
che veramente fu per lui una rivelazione è la filosofia». Sceglie così la facoltà all'Università
Cattolica a Milano, dopo un incontro con Padre Agostino Gemelli e Monsignor
Francesco Olgiati, vincendo anche il concorso per un posto gratuito nel
Collegio Augustinianum. Fra i suoi docenti emergono due figure che per lui sono
«maestri di vita e di pensiero», esponenti di spicco del movimento neotomista:
Gustavo Bontadini e Sofia Vanni Rovighi. Diventa così libero docente di
filosofia morale nel 1962. Nel 1970 vincendo la cattedra di storia della
filosofia viene chiamato alla Cattolica, dove dal 1974 al 1979 è ordinario di
filosofia morale passando poi, nel 1980, ad ordinario di filosofia teoretica. È
preside della facoltà di lettere e filosofia dal 1974 al 1983. Nel 1982 è chiamato a far parte del Pontificio
Consiglio della Cultura istituito da Giovanni Paolo II per il periodo
1982-1992. Nel 1983 dell'Università Cattolica del Sacro Cuore ne diventa il
Rettore, carica che mantiene fino al 1998.
È stato anche direttore della Rivista di filosofia neo-scolastica,
ininterrottamente, dal 1971, e dal 1984 della rivista Vita e Pensiero e
condirettore della Rivista Internazionale dei diritti dell'uomo. Inoltre ha
diretto la sezione di filosofia moderna della collana dei Classici della
Filosofia dell'Einaudi Rusconi. Ha fatto parte del Direttivo del Centro di
metafisica istituito dalla Cattolica, e per esso ha co-diretto la collana di
pubblicazioni Metafisica e storia della metafisica. Tra gli altri incarichi e funzioni è
stato: Socio dell'Accademia Nazionale
dei Lincei nella categoria scienze filosofiche; Membro dell'Istituto
LombardoAccademia di Scienze e lettere; Membro del direttivo della Società
Filosofica Italiana; Vice Presidente del Comitato Scientifico e Organizzatore
delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani dal 1985 al 1994; Consulente
della Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica; Presidente di una delle
Commissioni del Convegno ecclesiale Evangelizzazione e promozione umana a Roma
dal 30 ottobre al 4 novembre 1976; Moderatore di uno dei cinque ambiti del
Convegno ecclesiale Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini a Loreto
dal 9 al 13 aprile 1985; Uditore al Sinodo straordinario dei Vescovi indetto
dal Papa per il 20º anniversario del Concilio Vaticano II; Studi Sul piano
teorico, le direttive di indagine di Bausola sono soprattutto quella etica
(fondazione della morale), quella antropologica (il problema della libertà; il
tema della cultura e della cultura cristiana in particolare), e quelle della
metafisica e della gnoseologia. I suoi interessi principali di studioso sono
rivolti, sul piano storico all'idealismo e al neo-idealismo, esperto a livello
internazionale di Friedrich Schelling e di Blaise Pascal i suoi studi sono
rivolti anche a Franz Brentano, John Dewey e al pragmatismo, alla tematica
esistenzialista. Caratteristico delle opere di Bausolalà dove si tratti dello
studio di filosofi del passato, o del nostro tempoè il legame tra ricostruzione
storica e ripensamento critico, secondo criteri teoretici: un orientamento
volto, attraverso il dialogo con alcune delle più importanti prospettive della
filosofia moderna e contemporanea, ad un ripensamento della concezione classica
del sapere. La sua attività pubblicistica si è svolta sul terreno filosofico,
politico-culturale, etico-religioso, e si è realizzata su giornali e su riviste
di cultura. Opere principali 1960Saggi
sulla filosofia di Schelling, Milano, Vita e Pensiero 1960L'Etica di John
Dewey, Milano, Vita e Pensiero 1965Filosofia e storia nel pensiero crociano,
Milano, Vita e Pensiero 1965Metafisica e rivelazione nella filosofia positiva
di Schelling, Milano, Vita e Pensiero 1966Etica e politica nel pensiero di
Benedetto Croce, Milano, Vita e Pensiero 1968Il pensiero di Schelling
1968Conoscenza e moralità in Franz Brentano, Milano, Vita e Pensiero 1969Indagini
di storia della filosofia. Da Leibniz a Moore, Milano, Vita e Pensiero 1969Lo
svolgimento del pensiero di Schelling. Ricerche, Milano, Vita e Pensiero 1970Il
problema del valore nella filosofia analitica, Milano, Scuole Grafiche Opera
Don Calabria 1971Il problema della libertà. Introduzione a Sartre, Milano
1972Filosofia della rivelazione. Federico Guglielmo Giuseppe Schelling, 2 ,
Bologna, Zanichelli 1973Introduzione a Pascal, Bari, Laterza 1975Friedrich W.
J. Schelling, Firenze, La Nuova Italia 1976Filosofia Morale. Lineamenti,
Milano, Vita e Pensiero 1977Natura e progetto dell'uomo : riflessioni sul
dibattito contemporaneo, Milano, Vita e Pensiero 1978Libertà e relazioni
interpersonali : introduzione alla lettura di L'essere e il nulla, Milano, Vita
e Pensiero 1978Pensieri, opuscoli, lettere di Blaise Pascal, con Remo Tapella,
Milano, Rusconi 1980Libertà e responsabilità, Milano, Vita e Pensiero 1985La
libertà, Brescia, La Scuola 1998Le ragioni della libertà, le ragioni della
solidarietà, Milano, Vita e Pensiero 1998Fra etica e politica, Milano, Vita e
Pensiero Onorificenze Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola della cultura e
dell'artenastrino per uniforme ordinariaMedaglia d'oro ai benemeriti della
scuola della cultura e dell'arte — Roma, 2 giugno 1981 Commendatore dell'Ordine
al merito della Repubblica italiananastrino per uniforme ordinariaCommendatore
dell'Ordine al merito della Repubblica italiana — 2 giugno 1985 Cavaliere di
gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiananastrino per uniforme
ordinariaCavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica
italiana — Roma, 2 giugno 1988 Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine di San
Gregorio Magnonastrino per uniforme ordinariaCavaliere di Gran Croce
dell'Ordine di San Gregorio Magno Note
Anna Maria Bausola Grillo, Adriano Bausola nei ricordi della sorella, ne
Atti del convegno "Studi di Storia Ovadese", pubblicazione dedicata
alla memoria di Adriano Bausola, Accademia Urbense di Ovada, 2005 Avvenire, 29 aprile 2000, su swif.uniba. 30.08.
22 febbraio 2007). Sito web del
Quirinale: dettaglio decorato. Sito web
del Quirinale: dettaglio decorato. Sito
web del Quirinale: dettaglio decorato.
Emilio Costa, Un Ovadese nel mondo della cultura italiana: Adriano
Bausola, filosofo, in URBS Silva et flumen, Anno XIII n.2 giugno 2000, 71-72. Alessandro Laguzzi; Edilio Riccardini
, Atti del Convegno Studi di Storia Ovadese, Ovada, Accademia Urbense,
2005, 669-672. Altri progetti Collabora
a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Adriano
Bausola Emilio Costa, Un Ovadese nel
mondo della cultura italiana: Adriano Bausola, filosofo, URBS silva et flumen,
trimestrale di storia locale dell'Accademia Urbense di Ovada, Anno XIII n.2
giugno 2000, 71-72 , su archiviostorico.net.
Flavio Rolla, Adriano Bausola, filosofo. Ricordo dell'illustre ovadese a 10
anni dalla scomparsa, URBS silva et flumen, trimestrale di storia locale
dell'Accademia Urbense di Ovada, Anno XXIII n.3-4 settembre-dicembre , 180-191 , su accademiaurbense. Dal sito
filosofico.net : Adriano Bausola Diego Fusaro, su filosofico.net.
blogphilosophica.wordpress.com//08/31/4161/ Lorenzo Cortesi PredecessoreMagnifico
Rettore dell'Università Cattolica del Sacro CuoreSuccessoreStemma UCSC.png
Giuseppe Lazzati19831998Sergio Zaninelli Filosofia Università Università Filosofo del XX secoloAccademici
italiani Professore1930 2000 22 dicembre 28 aprile Ovada RomaBenemeriti della
scuola, della cultura e dell'arteCavalieri di gran croce OMRICommendatori
OMRIStudenti dell'Università Cattolica del Sacro CuoreRettori dell'Università
Cattolica del Sacro CuoreProfessori dell'Università Cattolica del Sacro Cuore
bazzanella: Grice:
“I like Bazzanella; he has a totally different background from mine, but we can
communicate – I have focused on conversational communication; he specializes in
televisional communication; he has used Heidegger’s concept of contamination to
elucidate that of structure –.” Grice: “My favourite of his tracts must be one
on ethics and topology, broadly understood, which is all that my theory of
conversational helpfulness is about – Bazzanella entitles his essay, ‘il lugo
dell’altro,’ playing with the strictness of his topological approach as applied
to the ethos that results when ‘ego’ meets and communes with ‘alter.’” Emiliano Bazzanella (Trieste), filosofo. Ha
partecipato a tre edizioni della Biennale di Venezia (2003, 2007, 2009) e a una
edizione della Biennale di Architettura (2006). Di formazione
fenomenologica e allievo di Pier Aldo Rovatti, inizia la sua attività
saggistica con una monografia dedicata al filosofo francese Vladimir
Jankélévitch, 1994), per poi approfondire il pensiero di Heidegger, Edmund
Husserl, nonché di autori francesi del secondo dopoguerra quali Jacques
Derrida, Michel Foucault (1996), Jacques Lacan (1998), Maurice Merleau-Ponty,
Gilles Deleuze e Félix Guattari. Dapprima delinea una “fenomenologia
echologica” (dal greco échein, avere) ipotizzando che l'ontologia non sia che
una “finzione” o un “dispositivo” di tipo immunologico, storicizzabile e tipico
della società occidentale; successivamente elabora questa prospettiva
inserendola nel contesto più ampio di una “fenomenologia del senso” e
applicandola a una lettura della società dello spettacolo e dei consumi.
Esibizioni Entra in contatto con Shōzō Shimamoto del Gruppo Gutai in occasione
della Biennale di Venezia del 2003 ed espone con lui a Udine (Italia) nel 2005
("Size"). Il suo sviluppo della performance introduce nella
gestualità del corpo le nuove tecnologie multimediali sulla scia delle
installazioni di Tony Oursler. Alla 53. Biennale di Venezia del 2009 progetta
un'installazione multimediale (Blue Zone) che inaugura una serie di opere
ispirate alla "morte dell'arte": in una mostra surreale, quasi
post-human, le opere degli artisti sono ricoperte da un velo, mentre in una
serie di monitor sparsi negli spazi espositivi vengono riprodotti i volti degli
artisti che cercano di descrivere a parole le loro opere invisibili. Alla 55.
Biennale di Venezia del , invece, propone un'installazione (Overplay), inserita
nel contesto di un palazzo veneziano, in cui 16 iPad riproducono in maniera
casuale e differenziata delle domande generate da un software. Si tratta di
un'evoluzione del progetto "Tautology" nel quale invece il programma
riproduce in rete una serie infinita di pensieri filosofici. Pensiero Dal
pensiero debole al pensiero orizzontale Nei primi anni Novanta, Bazzanella
declina il pensiero debole nel senso di un passaggio dalla profondità della
metafisica a un'idea di superficialità di cui vede alcune tracce presenti in
Husserl, Merleau-Ponty e Heidegger. In questo passaggio il
"relativismo" non viene più interpretato come una manifestazione del
nichilismo novecentesco, bensì come il tentativo di articolare una filosofia
delle relazioni orizzontali che tende a scardinare l'impianto della logica
aristotelica. L'echologia L'echologia è un termine che Bazzanella desume
nel 1999 da Deleuze a proposito del pensiero del sociologo francese Gabriel
Tarde. Esso si basa sull'ipotesi che nella genesi delle Categorie di Aristotele
ci siano stati movimenti contrapposti, in cui soltanto in una seconda istanza
sarebbe prevalsa un'impostazione "usiologica", cioè basata sulla
centralità della "sostanza". Questo passaggio è decisivo poiché segna
il definitivo abbandono delle suggestioni del pensiero presocratico ponendo le
basi di quello che sarebbe stato l'impianto del sapere occidentale. La
lateralizzazione, dunque, dell'échein nel suo duplice significato di
"avere" e di "essere in relazione" ha comportato il
privilegio dell'"essere" e di un'ontologia che impone principi,
gerarchie, suddivisione tra "cose" ed "oggetti". Una
filosofia relazionistica deve essere pertanto echologica e decostruttiva,
evidenziando come ogni costruzione di senso, prima che ontologica e fondata su
"enti", sia articolata su relazioni o, come li definisce Bazzanella,
su essemi. La teoria del senso A partire da Fede, echologia, sapere
(2002) e attraverso una rilettura del concetto di alétheia (verità) di Heidegger,
Bazzanella sviluppa una teoria del senso secondo la quale esso non può
sussistere senza un rapporto essenziale con il non-senso. In particolare ciò
significa che le classiche leggi della logica (identità, non-contraddizione,
terzo escluso) sono costruite sopra una superficie illogica e sono delle forme
di copertura dell'àlogon. Bazzanella sostiene inoltre che queste stesse leggi
logiche dipendono "mimeticamente" da relazioni essematiche
esprimibili come preposizioni che istanziano delle relazioni senza relati:
"in", "con", "di-", "ri-". Si tratta di
un pensiero al limite della pensabilità, poiché invita a non concepire cose e
oggetti, ma quelle pure relazionalità che vengono ad esempio esperite dal
neonato: l'"in" esprime l'in-essere del feto nel grembo materno, il
"con" esprime l'essere-con la propria madre e il suo seno, il
"di-" echeggia nel dià del dia-framma rappresentato dal liquido
amniotico rispetto al mondo esterno, il "ri-" allude alla
ri-petizione e al carattere originariamente ossessivo del bambino che cerca
sicurezza ripetendo sempre i medesimi gesti e i medesimi suoni. La
prospettiva immunologica L'impostazione relazionistica che è partita da una
fenomenologia dell'orizzonte per articolarsi attraverso un'echologia e una
teoria del senso, trova il suo significato ultimo nel cosiddetto
"paradigma immunitario". Bazzanella lo desume dall'ultimo Foucault e,
soprattutto, da Arnold Gehlen, Peter Sloterdijk e Roberto Esposito. Se l'uomo
si trova heideggerianamente "gettato" nell'Altro sin dalla nascita,
cioè in una serie di relazioni che violano le leggi della logica e,
soprattutto, che non consentono un ancoraggio rassicurante a "cose" e
oggetti permanenti, egli deve proteggersi e difendersi. Questo processo avviene
però in analogia con il sistema immunitario del corpo umano, cioè l'Altro, il
non-senso (o anche il "reale" come lo definisce Bazzanella traendo
spunto dalla definizione di Jacques Lacan) non può essere addomesticato che
attraverso l'Altro. In questo modo, il senso non avrebbe che una funzione difensiva
e immunizzante e si baserebbe su una "mimesi" del reale mediata dagli
essemi: il senso "imita" così il non-senso, ne è una sorta di
estrusione. Questa condizione paradossale implica anche una riconsiderazione
della figura filosofica di "soggetto", soprattutto alla luce del suo
dispiegamento a partire dal cogito cartesiano. Il "soggetto" non
coincide con un'identità, un "io" precostituito, bensì rappresenta
una funzione immunologica in cui l'individuo assoggetta cose e persone, delegando
le medesime ad affrontare il reale al proprio posto. Il soggetto è allora per
Bazzanella un a-soggetto nel doppio senso di non-essere-soggetto e di
as-soggettare. Teoria della società e critica del tardocapitalismo La
communitas rappresenta il paradigma di un processo di normotipizzazione in cui
una relazione essematicail puro cum senza relati, in questo casosi trasforma in
una difesa immunologica nei confronti del "fuori". Bazzanella
riprende così la nozione di "dispositivo" presente in Foucault in
quanto orizzonte di potere e di sapere collettivo che funge da barriera o
filtro nei confronti del reale, nonché da sistema di controllo
"endogeno", ossia "normalizzante" e "normativo"
nello stesso tempo. La normotipia da' senso a una determinata epoca nella
misura in cui riesce a bilanciare più o meno efficacemente il senso e il
non-senso. Il rischio di ogni sistema di senso, infatti, è paradossalmente
quello di un eccesso di senso: ciò implica infatti una psicotizzazione della
comunità e, quindi, una sorta di non-senso di ritorno. Gli esempi sono
ormai classici: il marxismo che declina nel leninismo per poi degenerare nello
stalinismo; il nazifascismo che dai suoi presupposti socialisti diviene un
totalitarismo spietato e annientante. Si tratta in entrambi i casi di un eccesso
di senso, di un surplus immunitario che se inizialmente intendeva distanziare e
"filtrare" il reale, comporta alfine una sorta di
"divenire-reale" del senso stesso, un'insensatezza reattiva. È in
tale prospettiva che il modello di senso tardocapitalistico sembra svolgere una
funzione autoimmunitaria: l'uomo non ha a che fare soltanto con un processo di
stretta pertinenza economica, ma con un orizzonte di senso condiviso che permea
ogni aspetto dell'esistenza degli individui. Società dello spettacolo e società
dei consumimomenti in cui in particolare si esplica il tardocapitalismonon
sarebbero che forme "dialettiche" di reazione all'eccesso di senso
dei grandi totalitarismi del Novecento. In particolare secondo Bazzanella si
tratta di un bilanciamento tra un'evasione nell'immaginario (riprendendo ancora
delle tematiche lacaniane) e un "ritorno al reale" che si
manifesterebbe nel momento stesso del "consumo". Note A. Fabris, La noia, il nulla, in «aut aut»,
n. 270, La Nuova Italia, Firenze 199565.
2 F. Bonami (a c. di), La dittatura dello spettatore, Catalogo generale
della 50. Esposizione Internazionale d'Arte. La Biennale di Venezia, Marsilio,
Venezia 2003. 3 R. Storr (a c. di),
Pensa con i sensi, senti con la mente, Catalogo generale della 52. Esposizione
Internazionale d'Arte. La biennale di Venezia, Marsilio, Venezia 2007. D. Birnbaum (a c. di), Fare Mondi, Catalogo
generale della 53. Esposizione Internazionale d'Arte. La Biennale di Venezia,
Marsilio, Venezia 2009. M. Foucault,
Sicurezza, territorio, popolazione. Corso al Collège de France (1977-1978),
Feltrinelli, Milano 2005. R. Esposito,
Immunitas. Protezione e negazione della vita, Einaudi, Torino 2002. R. Esposito, Communitas. Origine e destino
della comunità, Einaudi, Torino 1998.
Tempo e linguaggio. Studio su Vladimir Jankélévitch, Franco Angeli,
Milano 1994; Orizzonte. Passività e soggetto in Husserl e Merleau-Ponty,
Guerini e associati, Milano 1995; Contaminazione. L'idea di struttura in
Heidegger, Franco Angeli, Milano 1995; Spazio e potere. Heidegger, Foucault, la
televisione, Mimesis, Milano 1996; Il luogo dell'Altro. Etica e topologia in
Jacques Lacan, Franco Angeli, Milano 1998; Idee per un'echologia
fenomenologica, Franco Angeli, Milano 1999; Echologia. Introduzione a una
fenomenologia della proprietà e a una critica del pensiero ontologico, Asterios
Editore, Trieste 2000; Fede, echologia, sapere, Asterios Editore, Trieste 2002;
La Fabbrica, Trieste, FrancoPuzzoEditore, Trattato di echologia, Mimesis, Milano 2004;
La fabbrica, FPE Editore, Trieste 2005; Il ritornello. La questione del senso
in Deleuze-Guattari, Mimesis, (Milano 2005). Il tardocapitalismo. Decorsi e
patologie di una rivoluzione permanente, Asterios Editore, Trieste 2006. Etica
del tardocapitalismo, Mimesis, Milano 2008. Logica e tempo, Abiblio, Trieste
2009 Autoscrittura, Asterios Editore, Trieste 2009 Religio I. Senso e fede nel
tardocapitalismo, Mimesis, Milano
Religio II. La religione del soggetto, Mimesis, Milano . Indignatevi,
Asterios Editore Trieste . Oltre la decrescita. Il Tapis Roulant e la società
dei consumi, Asterios Editore, Trieste . Lacan. Immaginario, simbolico e reale
in tre lezioni, Asterios, Trieste . Filosofie della paura. Verso la condizione
post-postmoderna, Asterios Editore, Trieste . La filosofia e il suo consumo.
Nuovo realismo e postmoderno, Asterios Editore, Trieste . Religio III. Logica e
follia, Mimesis, Milano . Eros e Thanatos. Senso, corpo e morte nel XX
Seminario di Lacan, Asterios Editore, Trieste, . Come. Linee guida per una
immuno-fenomenologia, Asterios Editore, Trieste, . Il numero e il fenomeno,
Asterios Editore, Trieste . Il tragico e il comico nell'epoca del grillismo e
del trumpismo, Asterios Editore, Trieste . Simbolo e violenza, Asterios
Editore, Trieste . Del fallimento. Simbolo e violenza II, Asterios Editore . Filosofi
italiani del XX secoloFilosofi
beccaria, Grice: “I would
call Beccaria a Griceian, but I’m not sure he would call me a Beccarian!”
Grice: “His explicit, rather than implicated, Griceian ideology is in the
opening chapter on “Lo stilo conversazionale’ – he notes that the implicaturum
ain’t a part of the ‘sintassi’ of the ‘proposizione’ which is explicated – he
adds that ‘senses’ should not be multiplied because your addressee may get YOUR
sense, but trust he will lose interest if you keep multiplying – “to the risk
that he won’t get your sense in the last place!” – Grice: “Like me, Beccaria
was a unitarian philosopher; his tract on ‘I piaceri’ is delightful, very
pleasant read!” – If Austin and us met on different grounds and pubs, Beccaria
met at the caffe, and he liked it – Italians, unfortunately, only know him for
his tract on guilt and punishment!” – Grice: “Most Italians don’t even consider Beccaria an Italian philosopher but
as a member of the Accademia dei Pigne, as part of the illuminismo Lombardo
--.” Grice: “The philosophical panorama or landscape of Italian philosophy is
much diverse than our Oxonian dialectic!” --
One of the most essential of Italian philosophersReferred to by H. P.
Grice in his explorations on moral versus legal right, studied in Parma and
Pavia and taught political economy in Milan. Here, he met Pietro and Alessandro
Verri and other Milanese intellectuals attempting to promote political,
economical, and judiciary reforms. His major work, Dei delitti e delle pene “On
Crimes and Punishments,” 1764, denounces the contemporary methods in the
administration of justice and the treatment f criminals. Beccaria argues that the
highest good is the greatest happiness shared by the greatest number of people;
hence, actions against the state are the most serious crimes. Crimes against
individuals and property are less serious, and crimes endangering public
harmony are the least serious. The purposes of punishment are deterrence and
the protection of society. However, the employment of torture to obtain
confessions is unjust and useless: it results in acquittal of the strong and
the ruthless and conviction of the weak and the innocent. Beccaria also rejects
the death penalty as a war of the state against the individual. He claims that
the duration and certainty of the punishment, not its intensity, most strongly
affect criminals. Beccaria was influenced by Montesquieu, Rousseau, and
Condillac. His major work was tr. into many languages and set guidelines for
revising the criminal and judicial systems of several European countries. Se dimostrerò non essere la pena di morte né utile, né
necessaria, avrò vinto la causa dell’umanità.» (da Dei delitti e delle
pene) Cesare Beccaria Bonesana, marchese di Gualdrasco e di Villareggio (Milano),
giurista, filosofo, economista e letterato italiano considerato tra i massimi
esponenti dell'illuminismo italiano, figura di spicco della scuola illuministica
milanese. La sua opera principale, il trattato Dei delitti e delle pene,
in cui viene condotta un'analisi politica e giuridica contro la pena di morte e
la tortura sulla base del razionalismo e del pragmatismo di stampo
utilitarista, è tra i testi più influenti della storia del diritto penale ed
ispirò tra gli altri il codice penale voluto dal granduca Pietro Leopoldo di
Toscana. Nonno materno di Alessandro Manzoni, Cesare Beccaria è
considerato inoltre come uno dei padri fondatori della teoria classica del
diritto penale e della criminologia di scuola liberale. Cesare Beccaria
nacque a Milano (allora appartenente all'impero asburgico), figlio di Giovanni
Saverio di Francesco e di Maria Visconti di Saliceto, il 15 marzo 1738. Fu
educato a Parma dai gesuiti e si laureò in Giurisprudenza il 13 settembre 1758
all'Università degli Studi di Pavia. Il padre aveva sposato la Visconti in
seconde nozze nel 1736, dopo essere rimasto vedovo nel 1730 di Cecilia
Baldroni. Nel 1760 Cesare sposò Teresa Blasco contro la volontà del
padre, che lo costrinse a rinunciare ai diritti di primogenitura (mantenne però
il titolo di marchese); da questo matrimonio ebbe quattro figli: Giulia
(1762-1841), Maria (1766-1788), nata con gravi problemi neurologici e morta giovane,
Giovanni Annibale nato e morto nel 1767 e Margherita anch'essa nata e morta nel
1772. Il padre lo cacciò anche da casa dopo il matrimonio, così dovette
essere ospitato da Pietro Verri, che lo mantenne anche economicamente per un
periodo. Teresa morì il 14 marzo 1774, a causa della sifilide o della
tubercolosi. Beccaria, dopo appena 40 giorni di vedovanza, firmò il contratto
di matrimonio con Anna dei Conti Barnaba Barbò, che sposò in seconde nozze il 4
giugno 1774, ad appena 82 giorni dalla morte della prima moglie. Da Anna Barbò
ebbe un altro figlio, Giulio. l suo avvicinamento all'Illuminismo avvenne
dopo la lettura delle Lettere persiane di Montesquieu e del “Contratto sociale”
di Rousseau, grazie ai quali si entusiasmò per i problemi filosofici e sociali
ed entrò nel cenacolo di casa Verri, dove aveva sede anche la redazione del
Caffè, il più celebre giornale politico-letterario del tempo, per il quale
scrisse sporadicamente. Dopo la pubblicazione di alcuni articoli di
economia, nel 1764 diede alle stampe Dei delitti e delle pene, capolavoro
ispirato dalle discussioni in casa Verri del problema dello stato deplorevole
della giustizia penale. Inizialmente anonimo è un breve scritto contro la
tortura e la pena di morte che ebbe enorme fortuna in tutta Europa e nel mondo
e in particolare in Francia. Contro le posizioni di Beccaria uscì, nel
1765 il testo Note ed osservazioni sul libro intitolato Dei delitti e delle
pene di Ferdinando Facchinei. Le polemiche che ne seguirono contribuirono alla
decisione di mettere il trattato di Beccaria all'Indice dei libri proibiti nel
1766, a causa della distinzione tra peccato e reato. Nel 1766 Beccaria
viaggiò poi controvoglia fino a Parigi, e solo dietro l'insistenza dei fratelli
Verri e dei filosofi francesi desiderosi di conoscerlo. Fu accolto per breve
tempo nel circolo del barone d'Holbach. La sua giustificata gelosia per la
moglie lontana e il suo carattere ombroso e scostante, fecero sì che appena
possibile tornasse a Milano, lasciando solo il suo accompagnatore Alessandro
Verri a proseguire il viaggio verso l'Inghilterra. Il carattere riservato e
riluttante di Beccaria, tanto nelle vicende private quanto nelle pubbliche,
ebbe nei fratelli Verri, e soprattutto in Pietro, un fondamentale punto di
appoggio e di stimolo soprattutto quando iniziò ad interessarsi allo studio
dell'economia. Come Rousseau, Beccaria era a tratti paranoico e aveva spesso
sbalzi d'umore, la sua personalità era abbastanza indolente e il carattere
debole, poco brillante e non portato alla vita sociale; ciò non gli impediva
però di esprimere molto bene i concetti che aveva in mente, soprattutto nei
suoi scritti. Tornato a Milano nel 1768 ottenne la cattedra di Scienze
Camerali (economia politica), creata per lui nelle scuole palatine di Milano e
cominciò a progettare una grande opera sulla convivenza umana, mai
completata. Antonio Perego, L'Accademia dei Pugni. Da sinistra a
destra: Alfonso Longo (di spalle), Alessandro Verri, Giambattista Biffi, Cesare
Beccaria, Luigi Lambertenghi, Pietro Verri, Giuseppe Visconti di Saliceto
Entrato nell'amministrazione austriaca nel 1771, fu nominato membro del Supremo
Consiglio dell'Economia, carica che ricoprì per oltre vent'anni, contribuendo
alle riforme asburgiche sotto Maria Teresa e Giuseppe II. Fu criticato per
questo dagli amici (tra cui Pietro Verri), che gli rimproveravano di essere
diventato un burocrate. Gli studiosi, però, considerano questi giudizi ingiusti
dal momento che Cesare Beccaria si dedicò ad importanti riforme, che
richiedevano una notevole preparazione intellettuale, non solo amministrativa.
Fra queste ci fu la riforma delle misure dello stato milanese, intrapresa prima
di quella del sistema metrico decimale francese, e a cui Beccaria, insieme al
fratello Annibale, dedicò quasi vent'anni della sua vita. (La riforma,
notevolmente complessa, coinvolse alla fine solo il braccio milanese. La
successiva riforma dei pesi non fu mai realizzata.) Il suo rapporto con
la figlia Giulia, futura madre di Alessandro Manzoni, fu conflittuale per gran
parte della sua vita; ella era stata messa in collegio (nonostante Beccaria
avesse spesso deprecato i collegi religiosi) subito dopo la morte della madre e
lì dimenticata per quasi sei anni: suo padre non volle più sapere niente di lei
per molto tempo e non la considerò mai sua figlia, bensì il frutto di una
relazione extraconiugale delle numerose che la moglie aveva avuto. Beccaria non
si sentiva adeguato al ruolo di padre, inoltre negò l'eredità materna alla
figlia, avendo contratto dei debiti: ciò gli diede la fama di irriducibile
avarizia. Giulia uscì dal collegio nel 1780, frequentando poi gli ambienti
illuministi e libertini. Nel 1782 la diede in sposa al conte Pietro Manzoni,
più vecchio di vent'anni di lei: il nipote Alessandro nacque nel 1785, ma pare
fosse in realtà il figlio di Giovanni Verri, fratello minore di Pietro e
Alessandro, e amante di Giulia. Prima della morte del padre, Giulia abbandonò
il marito, nel 1792, per andare a vivere a Parigi insieme al conte Carlo
Imbonati, rompendo i rapporti definitivamente col padre, e temporaneamente anche con il figlio.
Beccaria morì a Milano il 28 novembre 1794, a causa di un ictus, all'età di 56
anni, e trovò sepoltura nel Cimitero della Mojazza, fuori Porta Comasina, in
una sepoltura popolare (dove fu sepolto anche Giuseppe Parini) anziché nella
tomba di famiglia. Quando tutti i resti vennero traslati nel cimitero
monumentale di Milano, un secolo dopo, si perse traccia della tomba del grande
giurista. Pietro Verri, con una riflessione valida ancora oggi, deplorò nei
suoi scritti il fatto che i milanesi non avessero onorato abbastanza il nome di
Cesare Beccaria, né da vivo né da morto, che tanta gloria aveva portato alla
città. Ai funerali di Beccaria era presente anche il giovane nipote Alessandro Manzoni
(che riprenderà molte delle riflessioni del nonno e di Verri nella Storia della
colonna infame e nel suo capolavoro, I promessi sposi), nonché il figlio
superstite ed erede, Giulio. Beccaria fu influenzato dalla lettura di
Locke, Helvetius, Rousseau e, come gran parte degli illuministi milanesi, dal
sensismo di Condillac. Fu influenzato anche dagli enciclopedisti, in
particolare da Voltaire e Diderot. Partendo dalla classica teoria
contrattualistica del diritto, derivata in parte dalla formulazione datane da
Rousseau, che sostanzialmente fonda la società su un contratto sociale
(nell'omonima opera) teso a salvaguardare i diritti degli individui e a
garantire in questo modo l'ordine, Beccaria definì in pratica il delitto in
maniera laica come una violazione del contratto, e non come offesa alla legge
divina, che appartiene alla coscienza della persona e non alla sfera pubblica.
La società nel suo complesso godeva pertanto di un diritto di autodifesa, da
esercitare in misura proporzionata al delitto commesso (principio del
proporzionalismo della pena) e secondo il principio contrattualistico per cui
nessun uomo può disporre della vita di un altro (Rousseau non considerava
moralmente lecito nemmeno il suicidio, in quanto non l'uomo, ma la natura,
nella visione del ginevrino, aveva potere sulla propria vita, e quindi tale
diritto non poteva certamente andare allo Stato, che comunque avrebbe violato
un diritto individuale). Il punto di vista illuministico del Beccaria si
concentra in frasi come «Non vi è libertà ogni qual volta le leggi permettono
che in alcuni eventi l'uomo cessi di essere persona e diventi cosa». Ribadisce
come è necessario neutralizzare l'«inutile prodigalità di supplizi» ampiamente
diffusi nella società del suo tempo. La tesi umanitaria, messa in risalto da
Voltaire, è parzialmente da lui accantonata, in quanto Beccaria vuole
dimostrare pragmaticamente l'inutilità della tortura e della pena di morte, più
che la loro ingiustizia. Egli è infatti consapevole che i legislatori sono
mossi più dall'utile pratico di una legge, che da principi assoluti, di ordine
religioso o filosofico. Beccaria afferma infatti che «se dimostrerò non essere
la morte né utile né necessaria, avrò vinto la causa dell'umanità». Beccaria
quindi si inserisce nel filone utilitaristico: considera l'utile come movente e
metro di valutazione di ogni azione umana. Monumento a Cesare
Beccaria, Giuseppe Grandi, Milano L'ambito della sua dottrina è quello
general-preventivo, nel quale si suppone che l'uomo sia condizionabile in base
alla promessa di un premio o di un castigo e, nel contempo, si ritiene che
sussista fra ogni cittadino e le istituzioni una conflittualità più o meno
latente. Sostiene la laicità dello Stato. Adotta come metodo d'indagine quello
analitico-deduttivo (tipico della matematica) e per lui l'esperienza è da
intendersi in termini fenomenici (approccio sensista). La natura umana si
svolge in una dimensione edonistico-pulsionistica, ovvero sia i singoli, sia la
moltitudine, agiscono seguendo i loro sensi. In poche parole l'uomo è
caratterizzato dall'edonismo. Gli individui possono essere parago dei «fluidi»
messi in movimento dalla costante ricerca del piacere, intesa come fuga dal
dolore. L'uomo però è una macchina intelligente capace di razionalizzare le pulsioni,
in modo da consentire la vita in società; infatti certamente ogni uomo pretende
di essere autonomo e insindacabile nelle sue decisioni, ma si rende conto della
convenienza della vita sociale. Ma la conflittualità rimane e quindi bisogna
impedire che il cittadino venga sedotto dall'idea di infrangere la legge al
fine di perseguire il proprio utile a tutti i costi, pertanto il legislatore,
da «abile architetto», deve predisporre sanzioni e premi in funzione
preventiva; è necessario tenere sotto controllo i «fluidi», inibendo le
pulsioni antisociali. Tuttavia Beccaria sostiene che la sanzione deve
essere sì idonea e sicura, a garantire la difesa sociale, ma al contempo
mitigata e rispettosa della persona umana. «Il fine delle pene non è di tormentare
ed affliggere un essere sensibile, né di disfare un delitto già commesso. Può
egli in un corpo politico, che, ben lungi di agire per passione, è il
tranquillo moderatore delle passioni particolari, può egli albergare questa
inutile crudeltà stromento del furore e del fanatismo o dei deboli tiranni? Le
strida di un infelice richiamano forse dal tempo che non ritorna le azioni già
consumate? Il fine dunque non è altro che d'impedire il reo dal far nuovi danni
ai suoi cittadini e di rimuovere gli altri dal farne uguali. Quelle pene dunque
e quel metodo d'infliggerle deve esser prescelto che, serbata la proporzione,
farà una impressione più efficace e più durevole sugli animi degli uomini, e la
meno tormentosa sul corpo del reo.» «Parmi un assurdo che le leggi, che
sono l'espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono
l'omicidio, ne commettono uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini
dall'assassinio, ordinino un pubblico assassinio» (Dei delitti e delle
pene, cap. XXVIII) Illustrazione allegorica da Dei delitti e delle pene:
la giustizia personificata respinge il boia, con in mano una testa, e una
spada. La pena di morte, “una guerra della nazione contro un cittadino”, è
inaccettabile perché il bene della vita è indisponibile, quindi sottratto alla
volontà del singolo e dello Stato. Inoltre essa: non è un vero deterrente
non è assolutamente necessaria in tempo di pace Essa non svolge un'adeguata
azione intimidatoria poiché lo stesso criminale teme meno la morte di un
ergastolo perpetuo o di una miserabile schiavitù: si tratta di una sofferenza
definitiva contro una sofferenza ripetuta. Ai soggetti che assistono alla sua
esecuzione, inoltre, essa può apparire come uno spettacolo o suscitare
compassione. Nel primo caso, essa indurisce gli animi, rendendoli più inclini
al delitto; nel secondo, non rafforza il senso di obbligatorietà della legge e
il senso di fiducia nelle istituzioni. Questa condizione è assai più
potente dell'idea della morte e spaventa più chi la vede che chi la soffre; è
quindi efficace ed intimidatoria, benché tenue. In realtà così facendo viene
sostituita alla morte del corpo la morte dell'anima, il condannato viene
annichilito interiormente. Tuttavia non è la punizione fine a sé stessa
l'obiettivo di Beccaria, ma egli utilizza questo argomento dell'afflittività
penale per convincere i governanti e i giudici, in quanto il suo fine resta
eminentemente rieducativo e risarcitivo (il condannato non deve essere afflitto
o torturato, ma deve riparare il danno in maniera economico-politica, come
previsto da una concezione puramente utilitaristica e di giustizia
anti-retributiva). Beccaria ammette che il ricorso alla pena capitale sia
necessario solo quando l'eliminazione del singolo fosse il vero ed unico freno
per distogliere gli altri dal commettere delitti, come nel caso di chi fomenta
tumulti e tensioni sociali: ma questo caso non sarebbe applicabile se non verso
un individuo molto potente e solo in caso di una guerra civile. Tale
motivazione fu usata, per chiedere la condanna di Luigi XVI, da Maximilien de
Robespierre, il quale era inizialmente avverso alla pena capitale ma in seguito
diede il via ad un uso spropositato della pena di morte e poi al Terrore;
comportamenti del tutto inammissibili nel pensiero di Beccaria, che infatti
prese le distanze, come molti illuministi moderati, dalla Rivoluzione francese
dopo il 1793. La tortura, “l'infame crociuolo della verità”, viene
confutata da Beccaria con varie argomentazioni: essa viola la presunzione
di innocenza, dato che «un uomo non può chiamarsi reo fino alla sentenza del
giudice». consiste in un'afflizione e pertanto è inaccettabile; se il delitto è
certo porta alla pena stabilita dalle leggi, se è incerto non si deve
tormentare un possibile innocente. non è operativa in quanto induce a false
confessioni, poiché l'uomo, stremato dal dolore, arriverà ad affermare falsità
al fine di porre termine alla sofferenza. è da rifiutarsi anche per motivi di
umanità: l'innocente è posto in condizioni peggiori del colpevole. non porta all'emenda
del soggetto, né lo purifica agli occhi della collettività. Beccaria ammette
razionalmente l'afflizione della tortura nel caso di testimone reticente, cioè
a chi durante il processo si ostini a non rispondere alle domande; in questo
caso la tortura trova una sua giustificazione, ma egli preferisce comunque
chiederne la totale abolizione, in quanto l'argomento utilitario viene in
questo caso sopraffatto comunque da quello razionale (il fatto che è ingiusto
applicare una pena preventiva, sproporzionata e comunque violenta). Il
carcere preventivo Beccaria mostra dubbi e raccomanda cautela nella custodia
cautelare in attesa di processo, attuata negli ordinamenti penali solitamente
in casi di pericolo di fuga, reiterazione o inquinamento delle prove, e alla
sua epoca assolutamente discrezionale e ingiusta. «Un errore non meno comune
che contrario al fine sociale, che è l'opinione della propria sicurezza, è il
lasciare arbitro il magistrato esecutore delle leggi, d'imprigionare un
cittadino, di togliere la libertà ad un nemico per frivoli pretesti, e il
lasciare impunito un amico ad onta degl'indizi più forti di reità. La prigionia
è una pena che per necessità deve, a differenza di ogni altra, precedere la
dichiarazione del delitto; ma questo carattere distintivo non le toglie l'altro
essenziale, cioè che la sola legge determini i casi, nei quali un uomo è degno
di pena. La legge dunque accennerà gli indizi di un delitto che meritano la
custodia del reo, che lo assoggettano ad un esame e ad una pena.» Può essere
necessaria, ma essendo comunque una pena contro un presunto innocente, come la
tortura (concezione garantista della giustizia), non deve essere attuata
tramite arbitrio di un magistrato o di un ufficiale di polizia. La carcerazione
dopo cattura e prima del processo è ammessibile solo quando ci sia, oltre ogni
dubbio la prova della pericolosità dell'imputato: «pubblica fama, la fuga, la
stragiudiciale confessione, quella d'un compagno del delitto, le minacce e la
costante inimicizia con l'offeso, il corpo del delitto, e simili indizi, sono
prove bastanti per catturare un cittadino. Ma queste prove devono stabilirsi
dalla legge e non dai giudici, i decreti de' quali sono sempre opposti alla
libertà politica, quando non sieno proposizioni particolari di una massima
generale esistente nel pubblico codice». Le prove dovranno essere quanto
più solide quanto la prigionia rischi di essere lunga o pesante: «A misura che
le pene saranno moderate, che sarà tolto lo squallore e la fame dalle carceri,
che la compassione e l'umanità penetreranno le porte ferrate e comanderanno
agli inesorabili ed induriti ministri della giustizia, le leggi potranno
contentarsi d'indizi sempre più deboli per catturare». Egli raccomanda
inoltre la piena riabilitazione per la carcerazione ingiusta: «Un uomo accusato
di un delitto, carcerato ed assoluto, non dovrebbe portar seco nota alcuna
d'infamia. Quanti romani accusati di gravissimi delitti, trovati poi innocenti,
furono dal popolo riveriti e di magistrature onorati! Ma per qual ragione è
così diverso ai tempi nostri l'esito di un innocente? perché sembra che nel
presente sistema criminale, secondo l'opinione degli uomini, prevalga l'idea
della forza e della prepotenza a quella della giustizia; si gettano confusi
nella stessa caverna gli accusati e i convinti; perché la prigione è piuttosto
un supplizio, che una custodia del reo, e perché la forza interna tutrice delle
leggi è separata dalla esterna difenditrice del trono e della nazione, quando
unite dovrebbono essere». Il carattere della sanzione Frontespizio
di Scritti e lettere inediti del 1910 Cesare Beccaria, incisione da Dei
delitti e delle pene Beccaria indica come la sanzione deve possedere alcuni
requisiti: la prontezza ovvero la vicinanza temporale della pena al
delitto l’infallibilità ovvero vi deve essere la certezza della risposta
sanzionatoria da parte delle autorità la proporzionalità con il reato
(difficile da realizzare ma auspicabile) la durata, che dev'essere adeguata la
pubblica esemplarità, infatti la destinataria della sanzione è la collettività,
che constata la non convenienza all'infrazione essere la «minima delle
possibili nelle date circostanze» Secondo Beccaria, per ottenere
un'approssimativa proporzionalità pena-delitto, bisogna tener conto: del
danno subito dalla collettività del vantaggio che comporta la commissione di
tale reato della tendenza dei cittadini a commettere tale reato Non dev'essere
comunque una violenza gratuita, ma dev'essere dettata dalle leggi, oltre a
possedere tutti i caratteri razionali citati, e sprovvista di personalismi e
sentimenti irrazionali di vendetta. La pena è oltretutto una extrema
ratio, infatti si dovrebbe evitare di ricorrere ad essa quando si hanno
efficaci strumenti di controllo sociale (non deve inoltre colpire le intenzioni
in maniera analoga al fatto compiuto: ad esempio, l'attentato fallito non è
paragonabile a uno riuscito). Per questi motivi è importante attuare degli
espedienti di “prevenzione indiretta”, come ad esempio: un sistema ordinato
della magistratura, la diffusione dell'istruzione nella società, il diritto
premiale (premiare la virtù del cittadino, anziché punire solo la colpa), una
riforma economico-sociale che migliori le condizioni di vita delle classi
sociali disagiate. Beccaria si dichiara inoltre sospettoso verso il sistema
delatorio (cosiddetta collaborazione di giustizia), da usare solo per prevenire
delitti importanti, in quanto incoraggia il tradimento e favorisce dei
criminali rei confessi dando loro l'impunità. Per quanto riguarda l'istituto
premiale nella pena già comminata, cioè le amnistie e la grazia, essi possono
essere usati ma con cautela: al condannato che si comporta in maniera esemplare
durante l'esecuzione della pena o in casi specifici, ma solo in caso di pene
pesanti, esse possono essere concesse; suggerisce però di limitare la
discrezionalità del governante e del giudice, poiché egli teme che lo strumento
della clemenza venga usato per favoritismi, come nell'Antico Regime, eliminando
anche pene lievi a persone che siano potenti o vicini politicamente o
umanamente al sovrano: «La clemenza è la virtú del legislatore e non
dell'esecutor delle leggi», scrive infatti. Pertanto il fine della
sanzione non è quello di affliggere, ma quello di impedire al reo di compiere
altri delitti e di intimidire gli altri dal compierne altri, fino a parlare di
"dolcezza della pena", in contrasto alla pena violenta: «Uno
dei più gran freni dei delitti non è la crudeltà delle pene, ma l'infallibilità
di esse. La certezza di un castigo, benché moderato farà sempre una maggiore
impressione che non il timore di un altro più terribile, unito con la speranza
dell'impunità; perché i mali, anche minimi, quando son certi, spaventano sempre
gli animi umani, e la speranza, dono celeste, che sovente ci tien luogo di
tutto, ne allontana sempre l'idea dei maggiori, massimamente quando l'impunità,
che l'avarizia e la debolezza spesso accordano, ne aumenti la forza. L'atrocità
stessa della pena fa sì che si ardisca tanto più per schivarla, quanto è grande
il male a cui si va incontro; fa sì che si commettano più delitti, per fuggir
la pena di uno solo. I paesi e i tempi dei più atroci supplicii furon
sempre quelli delle più sanguinose ed inumane azioni, poiché il medesimo
spirito di ferocia che guidava la mano del legislatore, reggeva quella del
parricida e del sicario. (...) Perché una pena ottenga il suo effetto basta che
il male della pena ecceda il bene che nasce dal delitto, e in questo eccesso di
male deve essere calcolata l'infallibilità della pena e la perdita del bene che
il delitto produrrebbe. Tutto il di più è dunque superfluo e perciò
tirannico.» Il diritto all'autodifesa: sul porto di armi Il pensiero di
Beccaria sul porto di armi, che egli riteneva un utile strumento di deterrenza
del crimine, si riassume nelle seguenti citazioni: «Falsa idea di utilità
è quella che sacrifica mille vantaggi reali per un inconveniente o immaginario
o di troppa conseguenza, che toglierebbe agli uomini il fuoco perché incendia e
l'acqua perché annega, che non ripara ai mali che col distruggere. Le leggi che
proibiscono di portare armi sono leggi di tal natura; esse non disarmano che i
non inclinati né determii delitti, mentre coloro che hanno il coraggio di poter
violare le leggi più sacre della umanità e le più importanti del codice, come
rispetteranno le minori e le puramente arbitrarie, e delle quali tanto facili
ed impuni debbon essere le contravvenzioni, e l'esecuzione esatta delle quali
toglie la libertà personale, carissima all'uomo, carissima all'illuminato
legislatore, e sottopone gl'innocenti a tutte le vessazioni dovute ai rei?
Queste peggiorano la condizione degli assaliti, migliorando quella degli
assalitori, non iscemano gli omicidii, ma gli accrescono, perché è maggiore la
confidenza nell'assalire i disarmati che gli armati. Queste si chiamano leggi
non prevenitrici ma paurose dei delitti, che nascono dalla tumultuosa
impressione di alcuni fatti particolari, non dalla ragionata meditazione
degl'inconvenienti ed avantaggi di un decreto universale» Influenza Anche
Ugo Foscolo rileverà nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis che "le pene
crescono coi supplizi". L'opera ed il pensiero di Beccaria, inoltre,
influenzarono la codificazione del Granducato di Toscana, concretizzata nella
Riforma della legislazione criminale toscana, promulgata da Pietro Leopoldo
d'Asburgo nel 1787, meglio conosciuta come "Codice leopoldino" col
quale la Toscana divenne il primo stato in Europa ad eliminare integralmente la
pena di morte e la tortura dal proprio sistema penale. Il filosofo utilitarista
Jeremy Bentham ne riprenderà alcune idee. Le idee del Beccaria
stimolarono un dibattito (si pensi alle critiche che Kant gli mosse nella sua
Metafisica dei costumi) ancora vivo e attuale oggi. Citazioni e
riferimenti Monumento a Cesare Beccaria, Milano Nel 1837 venne realizzato
un monumento a Cesare Beccaria, opera dello scultore Pompeo Marchesi, posto
sulla scalinata richiniana del palazzo di Brera. Nel 1871 venne inaugurato un
secondo monumento in marmo a Milano (oggi piazza Beccaria); a causa del
deterioramento, nel 1913 il monumento fu sostituito da una copia in bronzo. Gli
è stato dedicato un asteroide: 8935 Beccaria. Il carcere minorile di Milano è a
lui intitolato. A lui è intitolato un prestigioso Liceo Classico milanese, il
Ginnasio Liceo Statale Cesare Beccaria. A lui è dedicato uno dei 3 dipartimenti
della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Milano. Opere
Del disordine e de' rimedi delle monete nello Stato di Milano nell'anno 1762
(1762) Dei delitti e delle pene, München, 1764. Dei delitti e delle pene,
Livorno, Marco Cortellini, 1765. Dei delitti e delle pene, Harlem [i.e.
Parigi?], [s.n.], 1766. Dei delitti e delle pene, Harlem, Giovanni Claudio
Molini, 1780. Ricerche intorno alla natura dello stile (1770) Elementi di
economia pubblica (1804) Raccolte di articoli Gli articoli di Beccaria per Il
caffè sono in: Gianni Francioni, Sergio Romagnoli «Il Caffè» dal 1764 al 1766, Collana
«Pantheon», Bollati Boringhieri Editore, 2005 Due volumi, Genealogia Dati
tratti da genealogia settecentesca della famiglia Beccaria con indicazione
della discendenza di Cesare Beccaria. Simone«attese a negozi con
prosperità gli anni 1557». Gerolamo«tesoriere di vari luoghi pii,
uomo di molti trafici gli anni 1596». Sposò Isabella Busnata di Giovanni
Stefano. Galeazzo«I.C. causidico nel civile».
Francesco«cassiere generale del Banco Sant'Ambrogio sino a morte ed
agente del luogo Pio della Carità». Sposò Anna Cremasca.Filippo«Successe al
padre nel posto di cassiere suddetto, che poscia rinunciò e si fece
sacerdote». Anastasia«Monaca in Vigevano» Giovanni«Alla
morte di suo padre ebbe un'entrata di scuti 5000 con che la trattò alla
cavalleresca». Sposò Maddalena Bonesana figlia di Francesco («rimaritata nel
conte Isidoro del Careto»). Francesco«Fece aquisto de sudetti feudi
di Gualdrasco e Villareggio nel vicariato di Settimo per istrumento 3 marzo
1705 rogato dal notaio Benag.a. Creato marchese nel 1711 per cesareo diploma».
Sposò Francesca Paribelli di Nicolò «da Sondrio nella Valtellina».
Giovanni Saverio (1697-1782)Secondo marchese di Gualdrasco e di
Villareggio. Ereditò il cognome Bonesana del prozio Cesare Bonesana. Con
decreto 21 dicembre 1759 entrò a far parte del patriziato milanese. Sposò (1)
nel 1730 Cecilia Baldironi (1706-1731) (2) nel 1736 Maria Visconti di Saliceto
(1709-1773) (2) CesareTerzo marchese di Gualdrasco e di Villareggio.
Sposò (1) nel 1761 Teresa de Blasco (1745-1774) (2) nel 1774 Anna Barbò (1) Giulia Sposò nel 1782 Pietro
Manzoni. (1) Anna Maria Aloisia (1766-1788) (1)
Giovanni Annibale (2)
Margherita Teresa (2) Giulio
(1775-1858)Quarto marchese di Gualdrasco e di Villareggio. Sposò nel 1821
Antonietta Curioni de Civati (1805-1866). Due figlie (2)
Francesca Cecilia (1739-1742) (2) Cesare Antonio
(1740-1742) (2) Maddalena (n. 1747)Sposò (1) nel 1766 Giulio
Cesare Isimbardi (1742 -1778) (2) nel 1778 ... Tozzi. (2)
Annibale (1748-1805)Sposò nel 1776 Marianna Vaccani (1756-1803).
(2) Francesco (1749-1856)Sposò nel 1775 Rosa Conti (vedova
Fè). Carlo (1778-1835)Sposò nel 1827 Rosa Tronconi
(1800-1867) Giacomo (1779-1854) Filippo
Mariaabate Carlo Teresamonaca
Chiaramonaca Nicola Francesco (1702-1765) -Laureato
in legge, membro del collegio dei giurisperiti dal 1738, fu anche giudice a
Milano e a Pavia. Giuseppe Marianna
Ignazio Anna MariaSposò un Cattaneo «fisico»
Gerolamo«Canonico ordinario del Duomo» AngiolaSposò Alberto
Priorino nel 1619 Note
tendente al deismo Il nome di
«marchese di Beccaria», usato talvolta nella corrispondenza, si trova in molte
fonti (tra cui l'Enciclopedia Britannica) ma è errato: il titolo esatto era
«marchese di Gualdrasco e di Villareggio» (cfr. Maria G. Vitali, Cesare
Beccaria, 1738-1794. Progresso e discorsi di economia politica, Paris, 20059.
Philippe Audegean, Introduzione, in Lione, 20099. ) John Hostettler, Cesare Beccaria: The Genius
of 'On Crimes and Punishments', Hampshire, Waterside Press, 160, 978-1-904380-63-4. Indicata come "Ortensia" in Pompeo
Litta, Visconti, in Famiglie celebri italiane.
Renzo Zorzi, Cesare Beccaria. Dramma della Giustizia, Milano,
199553. Pirrotta, art. cit C. e M.
Sambugar, D. Ermini, G. Salà, op, cit..
Emanuele Lugli, 'Cesare Beccaria e la riduzione delle misure lineari a
Milano,' Nuova Informazione Bibliografica 3/, 579-602., DOI:10.1448/80865. l'11 dicembre . Beccaria non riposa sul Lario F.Venturi, Settecento riformatore, Einaudi,
Torino, 1969 Sambugar, Salà, Letteratura
modulare, I Dei delitti e delle pene, capitolo XII Cesare Beccaria, la scoperta della libertà,
con Lucio Villari, Il tempo e la storia, Rai Tre Dei delitti e delle
pene, capitolo VI Dei delitti e delle
pene, Capitolo XLVII Dei delitti e delle
pene, Capitoli 38 e seguenti Dei delitti
e delle pene, capitolo 46, Delle grazie
Dei delitti e delle pene, capitolo 27
I. Kant, La metafisica dei costumi, traduzione e note di G. Vidari,
revisione di N. Merker, 10ª ed., Roma-Bari, Laterza, «Il marchese
Beccaria, per un affettato sentimento umanitario, sostiene [...] la illegalità
di ogni pena di morte: essa infatti non potrebbe essere contenuta nel contratto
civile originario, perché allora ogni individuo del popolo avrebbe dovuto
acconsentire a perdere la vita nel caso ch'egli avesse a uccidere un altro (nel
popolo); ora questo consenso sarebbe impossibile perché nessuno può disporre
della propria vita. Tutto ciò però non è che sofisma e snaturamento del
diritto». Teatro genealogico delle
famiglie nobili milanesi, su Hispanic Digital Library. Felice Calvi, Il patriziato milanese, Milano,
1875, 52-53. Nella genealogia settecentesca è indicato un
Nicolò abbate. Pietro Verri, Scritti di
argomento familiare e autobiografico, G. Barbarisi, Roma, 2003118. Franco Arese, Il Collegio dei nobili
Giureconsulti di Milano, in Archivio Storico Lombardo, 1977162. Cesare Beccaria, Ricerche intorno alla natura
dello stile, Milano, Società tipografica de' classici italiani, 1822. Cesare
Beccaria, Scritti e lettere inediti, Milano, Hoepli, 1910. Cesare Beccaria,
Opere, I, Firenze, Sansoni, 1958. Cesare Beccaria, Opere, II, Firenze, Sansoni,
1958. Introduzione a Beccaria, Enza Biagini, Roma-Bari,Laterza, 1992
Antoine-Marie Graziani, Fortune de Beccaria, Commentaire 2009/3 (Numéro
127). Dei delitti e delle pene Diritti
umani Ergastolo Tortura Pena capitale Del disordine e de' rimedi delle monete
nello stato di Milano nel 1762 Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource
contiene una pagina dedicata a Cesare Beccaria Collabora a Wikiquote Citazionio
su Cesare Beccaria Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene
immagini o altri file su Cesare Beccaria
Cesare Beccaria, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Cesare
Beccaria, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Cesare Beccaria, in Dizionario di storia,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Cesare Beccaria, su Enciclopedia
Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
Cesare Beccaria, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Cesare Beccaria, su Find a Grave. Opere di Cesare Beccaria, su Liber
Liber. Opere di Cesare Beccaria / Cesare
Beccaria (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Cesare
Beccaria, . Audiolibri di Cesare Beccaria, su LibriVox. Vita di C.Beccaria, su zam. V D M Coterie
holbachiana V D M Illuministi italiani Filosofia Letteratura Letteratura Categorie: Giuristi italiani del
XVIII secoloFilosofi italiani del XVIII secoloEconomisti italiani 1738 1794 15
marzo 28 novembre Milano MilanoFilosofi del
dirittoIlluministiUtilitaristiLetterati italianiOppositori della pena di
morteStudiosi di diritto penale del XVIII secoloCriminologi italianiStoria del
dirittoNobili italiani del XVIII secoloStudenti dell'Università degli Studi di
Pavia. Refs.: Luigi Speranza, "Grice
e Beccaria," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa
Grice, Liguria, Italia.
Becchi: Grice: “Becchi is
pretty controversial; a good reason why he is not invited to the New World for
“Italian Studies”! – My favourite is his tract mocking Umberto Eco’s “Il
pnedolo di Foucault,” “L’incubo di Foucault”! – But Becchi is a jurisprudential
philosopher like Hart, and perhaps more than Hart did, knows what’s he’s doing!
-- Paolo Becchi -- Paolo Aureliano
Becchi (Genova), filosofo. Laureato in
filosofia, si è poi trasferito in Germania dove ha collaborato come assistente
alla cattedra di Filosofia e Sociologia del Diritto della Facoltà di
Giurisprudenza dell'Università del Saarland, e in seguito come borsista per il
Deutscher Akademischer Austauschdienst (DAAD). Attualmente è Professore di
Filosofia del Diritto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Genova. Inoltre
fino al è stato professore presso
l'Lucerna. Ha prodotto circa 200 pubblicazioni su temi concernenti la filosofia
del diritto, la storia della cultura giuridica e la bioetica. Nel si
avvicina al Movimento 5 Stelle, venendo definito dalla stampa l’“ideologo del
movimento” ma a gennaio del lo abbandona
criticandolo duramente e scrivendo ad aprile il libro Cinquestelle &
Associati. Di recente ha focalizzato il discorso politico sulla categoria del
sovranismo ed in particolare sul concetto di sovranismo debole, detto
althusiano; coniugando così, istanze federaliste e sovraniste in linea con la
Lega di Matteo Salvini. I suoi
interventi di natura politica sono raccolti nel suo blog. Fino alla metà del era noto al pubblico del piccolo schermo per
le interviste e i talk show in cui dibatteva.
È attualmente editorialista di Libero e de Il Sole 24 ORE, oltre ad
avere un blog sul sito de Il Fatto Quotidiano.
Opere Morte cerebrale e trapianto di organi. Una questione di etica
giuridica (Morcelliana, 2008) Vergeltung und Prävention. Italienische
Aufklärung (Filangieri) und deutscher Idealismus (KantHegel) im Vergleich, in
Archiv für Rechts- und Sozialphilosophie 88.4 (2002): 549-568. Quando finisce
la vita. La morale e il diritto di fronte alla morte (Aracne, 2009) Giuristi e
prìncipi. Alle origini del diritto moderno (Aracne, ) Il principio dignità
umana (Morcelliana, ) Nuovi scritti corsari (Adagio Editore, ) I figli delle
stelle. L'Italia in moVimento (Adagio Editore, ) Colpo di Stato permanente
(Marsilio Editori, ) Apocalypse Euro con Alessandro Bianchi (Arianna Editore, )
Oltre l'Euro con Alessandro Bianchi (Arianna Editore, ) Napolitano, re nella
Repubblica. Per una messa in stato d’accusa (Mimesis, ) Cinquestelle &
Associati. Il MoVimento dopo Grillo (Kaos, ) Referendum costituzionale. Sì o
no. Le ragioni per il no e il testo della «controriforma» (Arianna Editore, )
Come finisce una democrazia. I sistemi elettorali dal dopoguerra ad oggi
(Arianna Editore, ) Italia sovrana (Sperling & Kupfer, ) (con Giuseppe
Palma) Democrazia in quarantena. Come un virus ha travolto il Paese (Historica
Edizioni, ) Note Biografia sul sito
Genova Archiviato il 19 marzo in . M5S, Grillo scomunica (di nuovo) Becchi: “Non
ci rappresenta”. Lui: “Tolgo il disturbo”, ilfattoquotidiano, Perché dico addio al Movimento 5 Stelle. Parla
Paolo Becchi, formiche.net, 5 gennaio .
M5S, Becchi lascia il Movimento: “È diventato partito stampella di
Renzi. È finito il sogno”, ilfattoquotidiano, 5 gennaio . 9 gennaio . Per un’idea ‘federativa’ di Stato nazionale,
in "ParadoXa", anno XI, n. 2, aprile-giugno , 157-169.
Skytg24, Becchi: “Repubblica? Il giornale dell’orfano”. Bellasio lascia
lo studio. La redazione della tv si scusa con Calabresi, ilfattoquotidiano, 7
giugno . 9 gennaio . Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Paolo
Becchi Blog ufficiale, su
paolobecchi.wordpress.com. Opere di Paolo Becchi, . Registrazioni di Paolo Becchi, su
RadioRadicale, Radio Radicale. Filosofia
Politica Politica Filosofo del XXI
secoloAccademici italiani del XXI secoloBlogger italiani 1955 16 giugno
GenovaProfessori dell'LucernaProfessori dell'Università degli Studi di Genova
bedeschi: Grice:
“You gotta love Bedeschi – at Oxford Jurisprudence is not considered Philosophy,
but in Italy, ‘filosofia politica’ is at the centre of it all – and Bedeschi
knows it – this is because Italians take Hegel seriously with his ‘dialectic;’
and while I did speak profusely of the Athenian versus the Oxonian dialectic or
dialexis, I skipped the Hegelian dialectic! Bedeschi doesn’t – and Hegel leads
to the reset of it!” -- Giuseppe
Bedeschi (Alfonsine), filosofo. Docente di storia della filosofia
all'Università La Sapienza di Roma, ha insegnato all'Cagliari e all'Istituto
Universitario Orientale di Napoli. Studioso di Hegel e del marxismo, ha
approfondito in seguito la storia del pensiero liberale. Caporedattore
dell'Enciclopedia del Novecento, direttore dell'Enciclopedia delle scienze
sociali e dell'Enciclopedia dei Ragazzi, è membro del comitato scientifico
della rivista "Nuova storia contemporanea" e collabora al supplemento
domenicale de Il Sole 24 ORE. Opere
principali: Alienazione e feticismo nel pensiero di Marx, Bari, Laterza, Introduzione
a Lukacs, Bari, Laterza, Politica e storia in Hegel, Roma-Bari, Laterza, Introduzione a Marx, Roma-Bari, Laterza, La
parabola del marxismo in Italia, Roma-Bari, Laterza, 1983 Introduzione a La
scuola di Francoforte, Roma-Bari, Laterza, 1985 Storia del pensiero liberale,
Roma-Bari, Laterza, 1990 Il pensiero politico di Hegel, Roma-Bari, Laterza,
1993 Il pensiero politico di Tocqueville, Roma-Bari, Laterza, 1996 La fabbrica
delle ideologie: il pensiero politico nell'Italia del Novecento, Roma-Bari,
Laterza, 2002 Liberalismo vero e falso, Firenze, Le lettere, 2008 Il rifiuto
della modernita: saggio su Jean-Jacques Rousseau, Firenze, Le lettere, La prima Repubblica (1946-1993). Storia di
una democrazia difficile, Soveria Mannelli, Rubbettino, Opere di Giuseppe Bedeschi, . Giuseppe
Bedeschi, su Goodreads. Registrazioni di
Giuseppe Bedeschi, su RadioRadicale, Radio Radicale. Profilo su RAI Educational, su emsf.rai. 16
marzo 21 dicembre ). Giuseppe Bedeschi
sul RAI Filosofia, su filosofia.rai. Filosofi
italiani del XX secoloAccademici italiani Professore1939d Alfonsine -- BELLEO search -- BEDONI search -- BELLONI Camillo
--
belluto: Grice: “You
gotta love Belluto; he shows that the philosopher is the master of grammar –
his explanation of modi of the different ‘perfect’ orations—is genial and
exactly what I tried to convey in my lectures on ‘mode’: vocativo, imperativo,
optativo, indicativo – That this belongs in dialettica is obvious – since all
modi share the same logic, and that’s Belluto’s point!” -- Bonaventura Belluto, o Belluti (n. Catania), filosofo. Nato da distinta e facoltosa famiglia, studiò
diritto civile all'Catania. Entrato nell'Ordine dei Frati Minori Conventuali
nel 1621, emise la professione religiosa l'anno successivo. A Roma studiò
teologia presso il Collegio sistino di San Bonaventura dove conobbe il
confratelloBartolomeo Mastri di Meldola del quale divenne compagno indivisibile
di studio e di lavoro come reggente degli studi prima al convento di Cesena,
quindi a Perugia e poi a Padov. Durante questo periodo, entrambi operarono per
il rinnovamento della tradizione e per una nuova interpretazione della dottrina
scotista tale da soddisfare la nuova cultura religiosa dell'epoca. Nel 1637 Bonaventura pubblicò a Roma con la
collaborazione di Bartolomeo Mastri il primo volume di filosofia scolastica,
dal titolo: Disputationes in Aristotelis libros physicorum, quibus ab
adversantibus... Scoti philosophia vindicatur che aveva il fine di essere
diffuso nelle scuole francescane per far conoscere la filosofia di Duns Scoto
difendendola dalle critiche dei tomisti e dai travisamenti operati da altri
interpreti tra i quali i gesuiti.
Successivamente i due pubblicarono un piccolo trattato di logica
Institutiones logicae, quae vulgo Summulas, vel logicam parvam nuncuparunt
(Venezia, 1646) Ad opera dei due teologi
fu pubblicato un Cursus integer philosophiae ad mentem Scoti che riuniva le
Disputationes del 1637, le Disputationes in libros de coelo et de metheoris, le
Disputationes in libros de generatione et corruptione e le Disputationes in
libros de anima. Il Cursus era un'opera,con fini esclusivamente didattici e
divulgativi del pensiero scotista, dove mancava ogni riferimento alla cultura
filosofica e scientifica contemporanea.
Nel 1641 alla fine della comune reggenza a Padova i due teologi si
separarono: Bonaventura tornò a Catania dove dal 1645 al 1647 fu Ministro
provinciale di Sicilia e di Malta, distinguendosi per intelligenza e saggezza
di governo. . In questo periodo esercitò anche la carica di consultore e censore
per l'Inquisizione. Nell'ambito del
piano di rinnovamento del pensiero di Duns Scoto oltre all'insegnamento della
sua filosofia i due teologi progettarono un corso di teologia che Mastri
sviluppò con il trattato De Deo in se mentre Belluto continuava negli ultimi
anni di vita l'elaborazione dell'opera De Deo homine della quale fu pubblicata
solo la parte riguardante le Disputationes de Incarnatione dominica ad mentem
Doctoris subtilis. Tema specifico della
teologia di Belluto era quello della predestinazione di Maria: argomento questo
che non apparteneva alla dottrina di Duns Scoto ma che Belluto cercò di
risolvere applicando i principi del maestro nel senso che applicò «alla
predestinazione della Vergine Maria la dottrina scotista della predestinazione
assoluta di Cristo» . Note F. Costa, IlBonaventura Belluto, (1603-1676).
Il religioso, lo scotista, lo scrittore, Roma 1976 La Sicilia e l'Immacolata: non solo 150 anni
: atti del convegno di studio, Palermo, 1-4 dicembre 2004 Diego Ciccarelli, Marisa
Dora Valenza, Officina di Studi Medievali, 2006 p.172 Francesco Costa, Il primato assoluto di
Cristo secondo Bonaventura Belluto, OFMConv. (+1676), in "Miscellanea
francescana", Cesare Vasoli, Belluti, Bonaventura, in: Dizionario
Biografico degli Italiani, volume 8 (1966) Roberto Osculati, Gli Opuscoli
morali di Bonaventura Belluti . 14 ottobre .
Duns Scoto Bartolomeo Mastri V D M Francescanesimo.
bencivenga: Grice:
You’ve got to love Bencivenga; my favourite is his little tract on ‘pleasure,’
but he has philosophised on one of Austin’s favourite concepts – that of ‘game’
– gioco – which he applies to communication and philosophy – he thinks that
Austin took philosophese too seriously – ‘implicatura,’ ‘perlocution,’ – when
it was all meant in fun – as a joke –“.
Emanno Bencivenga (Reggio Calabria),
filosofo. Dopo la laurea in filosofia alla Statale di Milano, Bencivenga
ha lasciato presto l'Italia, trasferendosi prima in Canada per gli studi di
dottorato e poi negli Stati Uniti, dove ha intrapreso la sua carriera
accademica insegnando, dal 1979, all'Università della California a Irvine. I suoi interessi di studio, nel corso del
tempo, hanno riguardato la logica formale (negli anni settanta), la storia
della filosofia (negli anni ottanta), l'etica, la filosofia politica. Opere Ha pubblicato numerosi testi sulla
storia della filosofia e su specifici argomenti filosofici, come logica,
estetica, filosofia del linguaggio, in forma dialogica (come in Philosophy in
Play and Freedom), saggistica (Looser Ends, My Kantian Ways, Exercises in
Constructive Imagination), trattatistica (A Theory of Language and Mind), con
scrittura aforistica (Dancing Souls) o affrontando singole figure storiche
(come in The Discipline of Subjectivity, Logic and Other Nonsense, Hegel's
Dialectical Logic, Ethics Vindicated).
Ha scritto inoltre diversi testi introduttivi alla filosofia e a sue
tematiche, desti un pubblico più vasto, e alcuni libri di poesie. La filosofia in trentadue favole La filosofia
in trentadue favole è un saggio del 1991, ripubblicato negli Oscar Mondadori
nel 1997 ( 978-88-04-48067-9). Pur potendo essere raccontato a un uditorio di
bambini, il libro si pone l'obiettivo di rivolgersi al bambino presente in ogni
essere umano, che lo rende capace di stupirsi e incantarsi di fronte alle
domande della filosofia. Il libro è stato riedito in edizioni aumentate (a
quarantadue, cinquantadue, sessantadue e ottantadue favole) nel 2007 (
978-88-04-56628-1), (
978-88-04-60499-0), e . Giocare per forza Giocare per forza. Critica
della società del divertimento è dedicato all'importanza del gioco e all'esame
critico del sovvertimento di senso di cui esso è stato fatto oggetto nella
società contemporanea: trasformato in industria, il divertimento ha perduto la
sua naturale collocazione, quale manifestazione della sfera fantastica, ricerca
libera e volontaria. Trasposto in una dimensione 'industrializzata' e
organizzata, il gioco si qualifica come attività passiva e ripetitiva, espressa
all'insegna di rapporti psicologici coattivi che snaturano completamente il
senso dell’Homo Ludens di Johan Huizinga: il gioco del lotto e l'intrattenersi
con videogame o slot machine diventano forme di subire passivo, una dimensione
alla quale è precluso il manifestarsi dell'agire ludico dell'uomo attraverso
l'attività fantastica della psiche umana.
In un mondo in cui domina la dimensione organizzata del divertimento, si
apre all'uomo una prospettiva impoverita dell'esistenza, in cui si realizza la
perdita del senso profondo del gioco, una prospettiva che l'autore considera
esiziale perché, nelle sue stesse parole, «se perdiamo il gioco perdiamo la
stessa umanità». L'etica di Kant e la
razionalità del bene Nel ha pubblicato
il saggio L'etica di Kant: la razionalità del bene, una riflessione sul concetto
di Etica in Kant e sul fondamento logico-razionale del Bene. L'Etica consiste nel negare la preminenza al
nostro punto di vista, aprendosi all'esperienza altrui, all'ascolto di tutte le
altre voci e presenze che hanno diritto a occupare un posto nella riflessione
comune. Di converso, la negazione dell'etica consiste esattamente nella
negazione di questo diritto, nell'impedire agli altri la partecipazione alla
riflessione collettiva, la possibilità di offrire all'esperienza comune il
contributo particolare della propria ragione. Questa partecipazione coinvolge
ciò che si chiama l'"uso pubblico della ragione", un'espansione della
dimensione privata della ragione, quest'ultima intesa come la sfera d'uso che
ci è concessa, ad esempio, nell'esercizio dei compiti derivanti da necessità e
ruoli della nostra vita e della nostra professione. L'Etica è come un "fuoco
immaginario", impossibile da attingere. Ma ciò che conta veramente è il
percorso attraverso cui ci si muove in direzione di questo "fuoco",
un cammino in grado di aprire l'uomo a nuove acquisizioni, schiudendone gli
orizzonti al di fuori di pregiudizi e preconcetti. Si pone poi il problema di come considerare
l'etica in un contesto dominato dalla corruzione: l'etica non lascia spazio
alla rinuncia e al cinismo, anche se spesso quest'ultimo può presentasi in
forma artefatta, dissimulato da "realismo", e per questo non
immediatamente riconoscibile. Riprendendo la celebre riflessione sulla
«banalità del male» di Hannah Arendt (per Bencivenga, la massima interprete
kantiana del XX secolo), il bene ha una logica e una ragione, un fondamento da
cui non è invece sorretto il male. Quest'ultimo, infatti, trae origine proprio
dalla rinuncia alle ragioni dell'etica, si insinua proprio nelle lacerazioni
dell'etica lasciate aperte da questa rinuncia.
Collaborazioni giornalistiche Diversi suoi contributi sono apparsi negli
anni su vari giornali italiani, come La Stampa, il Sole 24 Ore, l'Unità, ecc. Pubblicazioni Saggistica in italiano Le
logiche libere, Bollati Boringhieri 1976 Una logica nei termini singolari,
Bollati Boringhieri 1980 Il primo libro di logica, Bollati Boringhieri 1984 Tre
dialoghi: un invito alla pratica filosofica. Bollati Boringhieri 1988 Giochiamo
con la filosofia. Arnoldo Mondadori 1990 La filosofia in trentadue favole.
Arnoldo Mondadori, 1991 La filosofia in trentadue favole. Oscar Mondadori 1997
La filosofia in quarantadue favole, 2007 La filosofia in cinquantadue
favole, La filosofia in sessantadue
favole, La filosofia in ottantadue favole, La libertà: un dialogo. Il Saggiatore 1991
Oltre la tolleranza. Feltrinelli 1992 Il metodo della follia. Il Saggiatore
1994 Filosofia: istruzioni per l'uso. Arnoldo Mondadori 1995 Giocare per forza.
Critica della società del divertimento. Arnoldo Mondadori 1995 Platone amico
mio. Arnoldo Mondadori 1997 Manifesto per un mondo senza lavoro, Feltrinelli
1999 Per gioco e per passione, Di Renzo 1999 La rivoluzione copernicana di
Kant. Bollati Boringhieri 2000 Filosofia: nuove istruzioni per l'uso. Arnoldo
Mondadori 2000 I passi falsi della scienza. Garzanti 2001, Premio Nazionale
Rhegium Julii Teoria del linguaggio e della mente. Bollati Boringhieri 2001 Una
rivoluzione senza futuro. Garzanti 2003 Parole che contano. Da amicizia a
volontà, piccolo dizionario filosofico-politico. Arnoldo Mondadori 2004 Le due
Americhe. Perché amiamo e perché detestiamo gli Usa. Arnoldo Mondadori 2005 Dio
in gioco: logica e sovversione in Anselmo d'Aosta. Bollati Boringhieri 2006 Il
pensiero come stile. Bruno Mondadori 2008 Anime danzanti. Aragno 2008 La
dimostrazione di Dio. Come la filosofia ha cercato di capire la fede, Arnoldo
Mondadori Editore 2009 L'etica di Kant: la razionalità del bene. Bruno
Mondadori La filosofia come strumento di
liberazione. Raffaello Cortina Parole in
gioco. Arnoldo Mondadori La logica
dialettica di Hegel. Bruno Mondadori Il
piacere. Indagine filosofica. Laterza
Filosofia in gioco. Laterza
Filosofia chimica (con Alessandro Giuliani). Editori Riuniti Il bene e il bello. Etica dell'immagine. Il
Saggiatore Prendiamola con filosofia.
Nel tempo del terrore: un'indagine su quanto le parole mettono in gioco.
Giunti La scomparsa del pensiero. Perché
non possiamo rinunciare a ragionare con la nostra testa. Feltrinelli Filosofo anche tu. Siamo filosofi senza
saperlo. Giunti La stupidità del male.
Storie di uomini molto cattivi. Feltrinelli . L'arte della guerra per cavarsela
nella vita. Rizzoli Bur . 100 idee di cui non sapevi di aver bisogno. Rizzoli
Bur . Critica della ragione digitale. Feltrinelli . Nel nome del padre e del
figlio. Hoepli . Saggistica in inglese Kant's Copernican Revolution. Oxford
University Press 1987 Looser Ends: The Practice of Philosophy. University of
Minnesota Press 1989 The Discipline of Subjectivity: An Essay on Montaigne.
Princeton University Press 1990 Logic and Other Nonsense: The Case of Anselm
and His God. Princeton University Press 1993 Philosophy in Play. Hackett 1994
My Kantian Ways. University of California Press 1995 A Theory of Language and
Mind. University of California Press 1997 Freedom: A Dialogue. Hackett 1997
Hegel's Dialectical Logic. Oxford University Press 2000 Exercises in
Constructive Imagination. Kluwer 2001 Dancing Souls, Lexington Books 2003
Ethics Vindicated: Kant's Transcendental Legitimation of Moral Discourse,
Oxford University Press 2007 Return from Exile: A Theory of Possibility,
Lexington Books Theories of the Logos,
Springer Narrativa e teatro I delitti
della logica, Arnoldo Mondadori 1998 Abramo, tragedia in tre atti. Aragno Case. Cairo Il giorno in cui non tornarono i conti.
MdS Annibale, tragedia in tre atti.
Aragno Amori. MdS Alessandro, tragedia in tre atti. Aragno Ada. Lettera a mia madre. Arsenio . Poesia
Panni sporchi. Garzanti 2000 Un amore da quattro soldi. Aragno 2006 Polvere e
pioggia. Aragno Poesia dei miei
coglioni. Galassia Arte Le parole della
notte. Di Felice Amore per Milla. Di
Felice Note Profilo dal sito dell'UCI Department of
Philosophy Interventi di Ermanno
Bencivenga Archiviato il 13 giugno in .
da SWIFTSito web italiano per la filosofia
premio Rhegium Julii, su circolorhegiumjulii.wordpress.com. 3 novembre .
Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Ermanno Bencivenga Blog ufficiale, su sites.uci.edu. Opere di Ermanno Bencivenga, su openMLOL, Horizons
Unlimited srl. Opere di Ermanno Bencivenga, .
Profilo dal sito dell'UCI Department of Philosophy Testi di e su Ermanno
Bencivenga dal sito dell'UCI Department of Philosophy Biografia dal sito del
Festivaletteratura di Mantova Filosofia Filosofo del XX secoloSaggisti italiani
Professore1950 Reggio Calabria
BENE-Del: Tommaso
Del Bene C.R. (Maruggio) filosofo. Nato da Lupo e da Perna Longo, entrò nell'ordine
dei Teatini e fu professore. Lasciò importanti opere come l'Apologia del
Tancredi e la Summa Theologica. A Maruggio, in sua memoria è stato intitolato
l'istituto comprensivo e una via cittadina.
Opere: “Apologia del Tancredi Summa Theologica De officio S.
inquisitionis circa haeresim 1 De immunitate, et iurisdictione ecclesiastica 2
Theologiae moralis Tractatus.
benedetto: Giovanni
Benedetto da Caravaggio (Crema) filosofo. Insegnò filosofia presso l'Padova, di
cui divenne in seguito rettore. È ritratto in un dipinto di Giovanni Busi detto
il Cariani, allievo del Giorgione.
BENINCASA:Grice:
“Benincasa is a good one; my fvaourite is his ‘la svolta
dell’interpretatzione,’ for that is what Boezio knew ‘hermeneias’ was! a
turning point!” -- Durante la conferenza "Da Zurbaran ad oggi" tenuta
a Ispra, Varese, 2009 Carmine Benincasa (Eboli), filosofo. Carmine Benincasa (sinistra) con il
presidente Sandro Pertini (centro) e Umberto Mastroianni (destra) Carmine Benincasa studiò teologia, filosofia
e giurisprudenza a Roma. Dopo aver completato tutti i suoi studi iniziò a
lavorare come traduttore di testi letterari (tra altri, Hans Urs von Balthasar)
per poi organizzare e curare mostre d'arte.
Dal 1978 al 1982 fu membro della Commissione Consultiva Arti Visive
della Biennale di Venezia e consigliere del Ministro per i Beni Culturali e
Ambientali. Fu professore di storia
dell'arte presso l'Accademia di Belle Arti di Macerata e di Firenze e docente
di storia dell'arte presso la facoltà di Architettura dell'università La
Sapienza di Roma (dal 1977 al 1994).
Scrisse testi storico-critici su vari artisti del XX secolo. Benincasa è morto nell'estate del a Roma, dove risiedeva. Pubblicazioni Chiesa e storia del cardinale
Emmanuel Suhard e il Concilio Vaticano IIEd. Paoline, 1967 L'interpretazione
tra futuro e utopiaEd. Magma, Roma 1973 Poetica della negazione e della
differenza, in Valerio MiroglioIl Giudizio UniversaleEd. Magma, Roma 1974 Sul
manierismoCome dentro uno specchio, La Nuova Foglio Editrice 1975; 2° edEd.
Officina, Roma Babilonia in fiammeSaggi sull'arte contemporaneaEd. Electa,
Milano 1978 Architettura come dis-identitàEd. Dedalo, Bari 1978 L'altra
scenaSaggi sul pensiero antico, medioevale e controrinascimentaleEd. Dedalo,
1979 AnabasiArchitettura e arte 1960/1980Ed. Dedalo, Bari 1980 Alle soglie del
sapereEd. del Tornese, 1980 Joan MiróEd. 2C, Roma 1981 Oskar KokoschkaLa mia
vitaEd. Marsilio, Venezia 1981 Oriente allo specchioEd. 2C, Roma 1982 Georges
BraqueOpere dal 1900 al 1963Ed. Marsilio, Venezia 1982 Jackson Pollock : opere
1930-1956 (mostra, Bari, Castello Svevo) Ed. Marsilio, Venezia 1983 Verso
l'altroveFogli eretici sull'arte contemporaneaEd. Electa, Milano 1983 Alvar
AaltoEd. Leader, 1983 Umberto MastroianniMonumenti 1945/1946Ed. Electa, Milano
1986 Il colore e la luceL'arte contemporaneaEd. Spirali, Milano 1985 André
MassonL'universo della pitturaEd. Mondatori, Milano 1989 con Alessio Paternesi,
Armando Verdiglione e Alessandro Masi, "Le peintre et le temps",
Spirali/Vel, 1990 con Alessandro Masi, e Pierre Restany, "Alfio Mongelli:
infinito futuro", Joyce & Company, 1992 Il tutto in frammenti : arte Professore:
una nuova interpretazione storica Ed. GiancarloPoliti,Milano1994Note"lacittadisalerno","4agosto"http://ricerca.repubblica/repubblica/archivio/
repubblica/1987/10/16/biennale-il- psi-fa-incetta-di-poltrone. html1http://ricerca.repubblica.
it/repubblica/archivio/ repubblica/1994/02/25/artisti-rasputin-nel- mondo- dei-telefoni.html2lacittadisalerno/cronaca
/benincasa-fece-amare-l-arte-all-italia-1.2475033#:~:text=È%20morto%20ieri%20a%20
Roma,autore%20di%20 importanti%20opere% 20letterarie.&text= Dal%78%20al%82%20
Benincasa, i%20 Beni%20Culturali%20e%20Ambientali Altri progetti Collabora a
Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Carmine
Benincasa Opere di Carmine Benincasa, .
LaRepubblica_1, su ricerca.repubblica. Errorigiudiziari, su
errorigiudiziari.com 4 agosto ). Filosofia Categorie: Critici d'arte
italianiFilosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloTeologi
italiani 1947 17 dicembre 3 agosto Eboli
RomaStudenti della SapienzaRomaAccademici italianiProfessori della
SapienzaRomaTraduttori dal tedesco
BENVENUTO: Grice:
“Benvenuto is a good one; my fiavoruite is his ‘stupore e grido,’ the
functionalist idea that after some sensorial input (stupor) you get the
manifestation in behaviour alla Witters – the ‘grido’ – and then there’s one
which is J. L. Austin’s favourite: his “a man of words and not of deeds is like
a garden full of weeds,” – difficult to translate, but Benvenuto offers,
‘dicieria,’ and ‘dicitura,’ which aptly combines with ‘empiegatura, or in my
more Latinate (or learned) terminology, ‘in-plicatura’!” -- Sergio Benvenuto (Napoli), filosofo. Già
Primo Ricercatore presso l'Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione
(ISTC) del CNR a Roma. Professor Emeritus di Psicoanalisi presso l'Istituto
Internazionale di Psicologia del Profondo di Kiev (gemellata all'Nizza). Ha
fondato (nel 1995) e diretto l'European Journal of Psychoanalysis. Ha compiuto
gli studi universitari all'Università Paris VIIDenis-Diderot dal 1967 al 1973,
dove ha ottenuto la Maîtrise in Psicologia. Nel frattempo, ha seguito i
seminari di Roland Barthes e di Jacques Lacan. In seguito ha preparato un
dottorato in Psicoanalisi con Jean Laplanche all'Università Parigi 7. A Milano
si è formato in psicoanalisi attraverso gli psicoanalisti della S.P.I. Elvio
Fachinelli e Diego Napolitani, fondatore della Società Gruppo-Analitica Italiana. Trasferitosi in seguito a Roma, si divide tra
la ricerca in psicologia sociale al CNR, l'attività privata come psicoanalista,
e il lavoro di pubblicista. È stato cofondatore e caporedattore della rivista
Lettera Internazionale (fondata nel 1984) ed è tuttora assiduo collaboratore
del trimestrale Lettre Internationale di Berlino, e Magyar Lettre di Budapest.
Nel 1995 ha fondato a New York il semestrale Journal of European
Psychoanalysis, divenuto poi EJPsy, European Journal of Psychoanalysis, che tuttora
dirige. Dal insegna psicoanalisi
all'Istituto Internazionale di Psicologia del Profondo di Kiev e all'Istituto
di Psicoanalisi Moderna di Mosca.
Pensiero Benché Benvenuto si sia occupato di campi in apparenza alquanto
diversi tra loropsicologia sociale, filosofia del linguaggio e della politica,
psicoanalisi, teoria della politicaa partire dagli anni 90 ha articolato un
progetto predominante che tocca i vari campi: sostituire al primato della
riflessione sulla Verità (tipico della cultura occidentale) una riflessione che
punti al Reale. In questo modo egli cerca una terza via tra le due culture
predominanti e in opposizione in Occidente: l'epistemologia positivista
(interessata alle condizioni di verità degli enunciati) da una parte, la
fenomenologia e l'ermeneutica dall'altra (interessata al disvelamento di una
Verità che si dipana nella storia umana).
Egli mutua il concetto di Reale dal pensiero di Jacques Lacan, ma ne
allarga il senso, includendovi tutto ciò che resta esterno (origine e resto) a ogni
assetto di senso, sia esso scientifico, estetico, o etico-politico. Il Reale è
quel fondo attorno a cui gira ogni teoria scientifica, ogni produzione
artistica, la psicoanalisi di ciascun soggetto, ogni assetto etico, e che resta
sempre in eccesso rispetto a tutti questi “discorsi”. Così, il Reale di ogni
teoria scientifica è il Caos che si pone come limite e sfondo di ogni processo
causale. Il Reale in psicoanalisi è il fondo pulsionale, corporeo,
irriducibilmente individuale, di fronte a cui ogni interpretazione si
arresta. In Dicerie e pettegolezzi (dove
articola una teoria delle leggende metropolitane) mostra come quasi tutto il
nostro sapere di fatto sia costituito da leggende metropolitane, oltre le quali
fa capolino la realtà dell'evento che ogni discorso sociale aggira. In Un
cannibale alla nostra mensa affronta la questione del relativismo moderno, a
cui oppone un “relativismo relativo”, facendo notare come ogni impostazione
relativista rimanda necessariamente a qualcosa di assoluto che resta non
tematizzato, presupposto e schivato. Accidia è una storia della malinconia dal
Medio Evo fino a oggi: il senso e la natura che ogni epoca dà alla
“depressione” rimanda a un vissuto opaco che nella storia viene interpretato
diversamente. In “Sono uno spettro, ma
non lo so” analizza la cultura degli spettri e il nostro rapporto con i morti,
notando come la morte “viva” tra noi proprio come istanza di Reale
inassimilabile a ogni progetto di vita, ma che avvolge la costituzione di
questi progetti. In particolare (ad esempio in La strategia freudiana e in
Perversioni) si è dedicato a una rilettura originale della teoria di Freud, e
della psicoanalisi in generale, come fondata su una metafisica precisa della
“carne significante”. Il tessuto interpretativo ed esplicativo di Freud rimanda
però a sua volta a qualcosa di non interpretabile né spiegabile: la pulsione
come sorgente opaca e non-significante della soggettività. Opere principali La strategia freudiana,
Napoli, Liguori, 1984. "Traduzione / Tradizione" in G. Mari, a cura,
Moderno Postmoderno, Feltrinelli, Milano, 1988. (con Oscar Nicolaus) La bottega
dell' anima, Milano, Franco Angeli, 1990. Capire l'America, Genova, Costa &
Nolan, 1995. "Le Regard de l'aveugle: Cézanne et le cubisme", Ligeia,
n. 21-24, Oct. 1997-Juin 1998, 57–67.
“Neapel”, Kursbuch Stadt. Stadtleben und Stadkultur an der Jahrtausendwende,
Redaktion Stefan Bollmann, Stuttgart, DVA, 1999, 221–243. Dicerie e pettegolezzi, Bologna, Il
Mulino, 2000. Un cannibale alla nostra mensa. Gli argomenti del relativismo
nell'epoca della globalizzazione, Bari, Dedalo, 2000. Perversioni. Sessualità,
etica e psicoanalisi, Torino, Bollati Boringhieri, 2005. Mechta Lakana [in
russo], "Aleteija", Sankt-Peterburg, 2006. Accidia. La passione
dell'indifferenza, Bologna, Il Mulino, 2008. con Anthony Molino, In Freud's
Tracks. Conversations from the Journal of European psychoanalysis, Washington,
USA, Aronson, 2008. Lo jettatore, Milano, Mimesis, . La gelosia, Bologna, Il
Mulino, . “The Monsters Next Door”, American Imago. Psychoanalysis and Human
Sciences, 69, Winter , n. 4, 435–448.
“Does Perversion Need the Law?”, edited by Wolfgang Müller-Funk, Ingrid
Scholz-Strasser, Herman Westerink, Psychoanalysis, Monotheism and Morality. The
Sigmund Freud Museum Symposia 2009-, Leuven, Leuven University Press, , 175–184. “Alle origini del relativismo
moderno”, in Michel de Montaigne, Dei cannibali, Mimesis, Milano 23–48. Confini dell'interpretazione. Freud
Feyerabend Foucault, Milano, IPOC, . Sono uno spettro, ma non lo so, Milano,
Mimesis, . Wittgenstein. Lo stupore e il grido, Milano, et.al, (sergiobenvenuto./meditare (con Antonio
Lucci) Lacan,oggi. Sette conversazioni per capire Lacan,Milano,MIMESIS,
9788857519449 La psicoanalisi e il reale. 'La negazione' di Freud, Orthotes,
Napoli-Salerno, Perversions. Sexuality,
Ethics, Psychoanalysis, London, Karnac,
Godere senza limiti. Un italiano nel maggio '68 a Parigi, Milano,
Mimesis, Leggere Freud. Dall'isteria
alla fine dell'analisi, Orthotes, Napoli-Salerno, Sigmund Freud Psicoanalisi Filosofia Lacan
Opere di Sergio Benvenuto, . Sergio Benvenuto, su Goodreads. Registrazioni di Sergio Benvenuto, su
RadioRadicale, Radio Radicale. La
gelosia, su cespig. 1º novembre 29
ottobre ). On “Melancholia” by L. von Trier, su journal-psychoanalysis.eu. Il
significante, tra Saussure e Lacan, su journal-psychoanalysis.eu. Freud and
Masochism, su psychomedia. Il progetto della psichiatria fenomenologica, su
mondodomani.org. Filosofi italiani del XXI secoloScrittori italiani Professore1948
Napoli
BENVENUTI Grice:
“A good thing about Benvenuti’s discussion of Agostino’s semiotics is that
Benvenuti has a strictly philosophical background, rather than in grammar or
linguistics or belles lettres, or even ‘theory of communication.’ Therefore, he
INTERPRETS Augustine as *I* do!” -- Grice:
“You gotta love Benvenutti. He dedicated his life to the semiotics of Agostino
(who never knew he was a saint), the first Griceian. Benvenutti divides his
discussion of Agostino’s semiotics in three: the semiotic triangle, the
taxonomy of signs, and inferenza – For Agostino, ‘segno’ contrasts with ‘cosa.’
And a sign can signify ‘naturaliter’ (fumo, orma, volta). Or non-naturaliter – daglia
animali including homo – prodotto dall’uomo – a ‘gesture’ that has to be
perceived by one of the five senses – or by the senses – auditum (parola detta)
– visum (segno scritto).” --. Cesare Benvenuti
Cesare Donato Benvenuti Don Cesare Donato Benvenuti (Montodine)
filosofo. A partire dal 1708 ricoprì la carica di Abate Generale Lateranense.
Fece stampare un'opera sulla vita di Sant'Agostino e una traduzione in italiano
della Città di Dio Biografia Cesare
Benvenuti nacque dal conte Girolamo Benvenuti e dalla contessa Domitilla Scotti
di Piacenza. La prima istruzione fu nella casa paterna di Crema,
successivamente nelle scuole tenute dai Barnabiti. All'età di 16 anni volle
seguire l'esempio dei suoi due fratelli entrando nella vita ecclesiastica prendendo
l'abito della Congregazione lateranense a San Leonardo di Verona. Dopo sette
anni di studi di filosofia e teologia venne nominato lettore e come tale
risiedette in varie città. Nel 1708 a Roma venne dichiarato abate perpetuo
privilegiato con l'incarico di presiedere alla Congregazione dei casi di
coscienza e di emanare i giudizi relativi. Per questo suo incarico che esercitò
per otto anni crebbe la sua fama di teologo tanto che dal cardinale Barberini
lo volle accanto a sé come teologo ed esaminatore sinodale. Benvenuti fu anche
postulatore della cause dei santi e si adoperò in particolare per la
beatificazione del venerabile Pietro Fererio che fu beatificato da papa
Benedetto XIII. Cesare Benvenuti era
anche dotato di particolari capacità diplomatiche tanto da ricevere incarichi
in tal senso in Germania e a Vienna. Assieme a questi ufficii curiali Benvenuti
esercitò anche le pratiche caritative della sua ordinazione sacerdotale
visitando e prendendosi cura dei poveri e degli ammalati. Trasferitosi da Roma
a Napoli fu colpito da apoplessia e quivi morì nel 1746. Opere Vita del gloriosissimo padre santo
Agostino, vescovo e dottore di S.ChiesaStamperia Barberina 1723 Discorso
Storico-Cronologico-Critico della vita comune dei chierici de' primi sei secoli
della ChiesaStamperia di Antonio de Rossi 1728 La città di Dio, opera del gran
padre s. Agostino vescovo d'Ippona, tradotta nell'Idioma italianoStamperia di
Antonio de Rossi 1743. Note Fonte:
Francesco Sforza Benvenuti, Storia di Crema, Volume 2, 1859 p.37Filosofia Filosofo
del XVII secoloTeologi italiani 1669 1746 Montodine NapoliTraduttori dal latino
Berardi – Grice:
“You gotta love Berardi, but I wonder if his background is in the classics – he
has written on ‘il futuro della comunicazione,’ and coined some nice
neologisms, like ‘psiconautica,’ – which is like my telementationalism, only
different – and dialogued with Guattari --
While Berardi is into ‘il futuro della comunicazione,’ we at Oxford,
them with a lit.hum. are usually into the PAST of communication!” -- Franco
Berardi (n. Bologna), filosofo. Detto “Bifo” -- Agitatore culturale italiano. All'età
di quattordici anni si iscrive alla FGCI, ma ne viene espulso tre anni più
tardi per "frazionismo". Partecipa al movimento del '68 nella facoltà
di lettere dell'Bologna, ove nel '67 conosce Toni Negri. Si laurea in Estetica
con Luciano Anceschi e aderisce a Potere Operaio, gruppo della sinistra
extraparlamentare di cui diviene figura di spicco a livello nazionale. Nel 1970
pubblica il suo primo libro, Contro il lavoro (edito da Feltrinelli). Nel 1975
fonda la rivista A/traverso, un foglio che era espressione dell'ala
"creativa" del movimento bolognese del 1977; nei suoi scritti mette
al centro della propria analisi il rapporto tra movimenti sociali e tecnologie
comunicative. Nel 1976 partecipa alla
fondazione dell'emittente libera Radio Alice e subisce l'arresto per l'accusa
di partecipazione alle Brigate Rosse, da cui viene assolto un mese dopo. Per
richiederne la scarcerazione, Radio Alice organizza una festa in Piazza
Maggiore, a cui partecipano oltre diecimila persone. Berardi viene scarcerato
poco dopo, e diviene il leader dell'"ala creativa" della protesta
studentesca bolognese del 1977. Dopo la chiusura della radio da parte della
polizia, contro Berardi viene spiccato un mandato per "istigazione di odio
di classe a mezzo radio", per sottrarsi all'arresto fugge da Bologna. Si
rifugia a Parigi dove frequenta Félix Guattari e Michel Foucault e pubblica il
libro Le Ciel est enfin tombé sur la terre (Éditions du Seuil). Negli anni ottanta rientra brevemente in
Italia e poi si trasferisce a New York dove collabora alle riviste
Semiotext(e), Almanacco musica e Musica 80. Viaggia a lungo in Messico, India,
Cina e Nepal. In quel periodo inizia ad occuparsi della crescita delle reti
telematiche e preconizza la futura esplosione della rete quale vasto fenomeno
sociale e culturale[senza fonte]. Alla fine degli anni ottanta si trasferisce
in California dove pubblica alcuni saggi sul cyberpunk. Ritorna a Bologna e, in
veste di protagonista, partecipa al documentario Il trasloco di Renato De
Maria, prodotto dalla RAI nel 1991, incentrato sulla storia del suo
appartamento. Collabora poi con varie riviste culturali fra cui Virus
mutations, Cyberzone, Millepiani e varie case editrici fra cui la Castelvecchi
e DeriveApprodi. Collabora, inoltre, alla stesura di testi per MediaMente, la
trasmissione televisiva prodotta da RAI Educational e condotta da Carlo
Massarini dedicata al mondo di Internet e delle nuove tecnologie di
comunicazione. Dal 1992 al 2004
collabora alla rivista DeriveApprodi insieme a Sergio Bianchi e altri. Dal 2000
al 2009 cura con Matteo Pasquinelli l'ambiente di rete Rekombinant. Nel 2002
fonda Orfeo Tv, la prima televisione di strada italiana. Nel 2005 un suo
pamphlet che si scaglia contro le politiche sociali del nuovo sindaco di
Bologna Sergio Cofferati viene ripreso con enfasi dalle testate giornalistiche
nazionali. Lavora come insegnante presso l'istituto tecnico industriale Aldini
Valeriani di Bologna. Pubblica regolarmente sul quotidiano Liberazione, sulla
rivista alfabeta2 e sul sito Through Europe. Collabora alla rivista canadese
Adbusters. Dal 2000 al 2009 ha animato la mailing-list Rekombinant con Matteo
Pasquinelli. Opere Contro il lavoro.
1970. Scrittura e movimento. Marsilio, 1974. Teoria del valore e rimozione del
soggetto: critica dei fondamenti teorici del riformismo. Verona, Bertani, 1977
(curatore). Primavera '77. Roma, Stampa Alternativa, 1977. Chi ha ucciso
Majakovskij. Milano, Squi/libri, 1977. (con Pierre Rival, Alain Guillerme),
L'ideologia francese: contro i "nouveaux philosophes". Milano,
Squi/libri, 1977. Finalmente il cielo è caduto sulla terra. Milano, Squi/libri,
1978. La barca dell'amore s'è spezzata. Milano, SugarCo, 1978 Dell'innocenza:
interpretazione del '77. Bologna, Agalev, 1987. (con Franco Bolelli) Presagi.
L'arte e l'immaginazione visionaria negli anni ottanta. Bologna, Agalev, 1988.
Terzo dopo guerra. Bologna, A/traverso, 1989. La pantera e il rizoma. Bologna,
A/traverso, 1990. con Francesca Alfano Miglietti; Franco Bolelli; Valentina
Agostinis; Matteo Guarnaccia; Cesare Monti; Andrea Zanobetti. Una poetica
Ariosa. Milano, ProgettoArio, 1990. con Marco Jacquemet; Robert Wright; Jaron
Lanier; Félix Guattari; Valmerz, Più cyber che punk. Bologna, A/traverso, 1990.
Politiche della mutazione. Milano-Bologna, Synergon, 1991. con Franco Bolelli,
60/90 dalla psichedelia alla telepatica. Milano-Bologna, Synergon, 1992.
(curatore) Hip Hop rap graph gangs sullo sfondo di Los Angeles che brucia.
Milano-Bologna, Synergon, 1992. Cancel & Più cyber che punk.
Milano-Bologna, Synergon, 1992. Come si cura il nazi. Castelvecchi, 1993. 978-88-86232-00-5. con Franco Bolelli; Matteo
Guarnaccia; Francesco Morace; Andrea Zingoni; Daniele Bolelli; Tiziana
Corbella. Mitologie Felici. Milano, Mudima, 1994. 88-86072-02-3. Mutazione e cyberpunk. Immaginario
e tecnologia negli scenari di fine millennio. Costa & Nolan, 1994. 978-88-7648-160-4. Lavoro zero. Castelvecchi,
1994. Neuromagma. Lavoro cognitivo e infoproduzione. Castelvecchi, 1995. 978-88-86232-49-4. Ciberfilosofia. 1995.
Dell'innocenza. 1977: l'anno della premonizione. Verona, Ombre Corte,
1997. 978-88-87009-03-3. Exit. il nostro
contributo all'estinzione della civiltà. Costa & Nolan, 1997. 978-88-7648-288-5. La nefasta utopia di
Potere operaio. Castelvecchi, 1998.
88-8210-057-X. (curatore, con E. "Gomma" Guarneri). Alice è il
diavolo. storia di una radio sovversiva, 2002. (+ CD con le registrazioni
originali del 1976 e 1977), Shake edizioni. La fabbrica dell'infelicità: new
economy e movimento del cognitariato. Roma, DeriveApprodi, 2001. 978-88-87423-51-8. Felix. Narrazione del mio
incontro con il pensiero di Guattari, cartografia visionaria del tempo che
viene. Luca Sossella Editore, 2001.
978-88-87995-16-9. (curatore, con Veronica Bridi), 1977, l'anno in cui
il futuro incominciò. Fandango Libri, 2002.
978-88-87517-26-2. Un'estate all'inferno. Luca Sossella Editore,
2002. 978-88-87995-35-0. Telestreet.
Macchina immaginativa non omologata. Baldini Castoldi Dalai, 2003. 978-88-8490-467-6. (con Marco Jacquemet;
Giancarlo Vitali), Il sapiente, il mercante, il guerriero. Dal rifiuto del
lavoro all'emergere del cognitariato. Roma, DeriveApprodi, 2004. 978-88-88738-32-1. Da Bologna (serie A) a
Bologna (serie B). DeriveApprodi, 2005. Skizomedia. Trent'anni di
mediattivismo. Roma, DeriveApprodi, 2006.
978-88-89969-00-7. Nel ha
collaborato al volume collettivo Europa 2.0 Prospettive ed evoluzioni del sogno
europeo, edito da ombre corte, Nicola Vallinoto e Simone Vannuccini con un
saggio intitolato Un'utopia senile per l'Europa. Run. Forma, vita,
ricombinazione, Mimesis, 2008 L'eclissi. Dialogo precario sulla crisi della
civiltà capitalistica, Manni Editori,
978-88-62663-68-7 (con Carlo Formenti), La Sollevazione. Collasso
europeo e prospettive del movimento. Manni Editori, . 978-88-6266-401-1 The soul at work
Semiotext(e) Los Angeles 2009, versione italiana L'anima al lavoro,
DeriveApprodi, After the future AKPress,
Oakland, The Uprising Semiotext(e) Los
Angeles, Dopo il futuro. Dal futurismo
al cyberpunk. L'esaurimento della modernità, DeriveApprodi, La nonna di Schäuble. Come il colonialismo
finanziario ha distrutto il progetto europeo, Ombre corte, HeroesSuicidio e omicidi di massa, Baldini
& Castoldi, Asma, C&P Adver
Effigi, Quarant’anni contro il lavoro,
DeriveApprodi, Il secondo avvento.
Astrazione apocalisse comunismo, DeriveApprodi,
Futurabilità, Produzioni Nero, .
9788880560357 Respirare. Caos e poesia, Sossella, Libri su Franco Berardi Nicholas Ciuferri,
Franco "Bifo" Berardi in movimento. Filmografia Film Paz! (2002),
regia di Renato De Maria Documentari Il trasloco (1991), regia di Renato De
Maria Io non sono un moderato (2007), regia di Andrea Nobile Note Filmato audio Alexandra Weitz, Andreas
Pichler, L'eterna rivolta, su YouTube, 2006, a 0 min 47 s. 6 agosto . Cronologia di Radio Alice, radiomarconi.com.
6 agosto . E-text s.r.l.
(http://e-text/), MediaMente: Franco Berardi, su mediamente.rai. 24 luglio 25 giugno ).
Bifo: "Con la Gelmini non insegno" Sospeso dall'insegnamento |
Bologna la Repubblica Cominciamo a parlare
del collasso europeo, alfabeta2 n.5, dicembre , pag. 5 rekombinant@liste.rekombinant.org, su
rekombinant.liste.rekombinant.narkive.com. 6 aprile . A/traverso | Casa Editrice Etichetta
Discografica | AlterAlter Erebus press & label, su Alter Erebus. 26
giugno 26 giugno ). Félix Guattari Gilles Deleuze Movimento del
'77 Radio Alice Telestreet Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su
Franco Berardi Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene
immagini o altri file su Franco Berardi Franco Berardi, su Internet Movie
Database, IMDb.com. //th-rough.eu/Pagina personale di Bifo sul Through Europe Interregno[collegamento
interrotto]Hacer lo imprevisible… después del 68: Entrevista con Franco Berardi
Bifo(Español) Rekombinant"Listblog" animato da Franco Berardi e
Matteo Pasquinelli radioalice.orgsito web su Radio Alice Il Trasloco
(scaricabile) su New Global Vision, su ngvision.org.
podcast.fmlatribu.comPodcast en castellanoEntrevista con Bifo en FM La Tribu,
Buenos Aires Articoli su arte e sensibilità, European School of Social
Imagination San Marino; scepsi.eu. 13 agosto
27 novembre ). Interviste a Franco Beradi di Christian Brogi, su ltmd.
Franco Berardi su Bookogs. Biografie
Biografie Letteratura Letteratura
Politica Politica Categorie: Saggisti
italiani del XX secoloFilosofi italiani Professore1949 2 novembre
BolognaMilitanti di Potere OperaioMovimento del '77Studenti
dell'BolognaFondatori di riviste italianeAttivisti italiani
BERNARDI – Grice: “We
discussed Bernardi with Sir Peter – when we were tutoring on ‘Categoriae’ –
“Surely this is not propedeutic logic! This is pure metaphysics, and even pure
physics!” Bernardi held the same view! On top, I love Bernardi because he does
not use ‘logica,’ which he thinks for ‘kids,’ but ‘dialettica,’ which is real
philosophy!” -- Vvescovo della Chiesa
cattolica Ritratto di Antonio BernardiTemplate-Bishop.svg Incarichi ricopertiVescovo di Caserta; Mirandola Consacrato vescovo1553 Deceduto3
giugno 1565, Bologna Manuale Antonio
Bernardi (n. Mirandola), filosofo aristotelico, nominato vescovo di Caserta. Duomo
di Mirandola Il Bernardi aveva compiuto gli studi presso l'Bologna avendo come
maestri Ludovico Boccadiferro e Pietro Pomponazzi. Si trasferì poi a Roma
presso la corte di Alessandro Farnese, dove frequentò Pietro Bembo, Giovanni
Della Casa e Paolo Giovio, e si conquistò una fama di filosofo aristotelico e
letterato. Il 18 ottobre 1553 fu
consacrato vescovo di Caserta. Gli ultimi anni della vita li trascorse a Parma
nel monastero di San Giovanni dei Cassinesi. Fu tumulato nel Duomo di
Mirandola, ma il suo sepolcro andò disperso nel 1789. In occasione del 5º centenario della sua
nascita, il 30 novembre 2002, il Centro Internazionale Giovanni Pico della
Mirandola gli dedicò un convegno. Lo
scrittore Antonio Saltini ha utilizzato la figura di Antonio Bernardi come
personaggio del suo romanzo storico L'assedio della Mirandola. Opere Monomachia, dove si sostiene che il
duello è legittimo secondo la ragione e la filosofia morale ma illecito sotto
il punto di vista religioso. Note Vedi
Google Libri. Duello cavalleresco. , Antonio Bernardi della Mirandola
(1502-1565). Un aristotelico umanista alla corte dei Farnese. Atti del convegno
"Antonio Bernardi nel V centenario della nascita" (Mirandola, 30
novembre 2002), M. Forlivesi, Firenze, Olschki, 2009. 978-88-222-5846-5 Aristotelismo Altri progetti Collabora a
Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Antonio
Bernardi Paola Zambelli, «BERNARDI,
Antonio», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 9, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, 1967. Filosofia Categorie: Vescovi cattolici
italiani del XVI secoloFilosofi italiani Professore1502 1565 3 giugno Mirandola
Bologna
Bernardo:
Grice: “I like Bernardo: he is a philosophical mason – but then most Italian
philosophers are, as a way of NOT being Roman!” -- Giuliano Di Bernardo (n.
Penne) filosofo. Massone. Gran maestro del Grande Oriente d'Italia dal 1990 al
1993, ha poi fondato la Gran Loggia Regolare d'Italia. Diplomato in ragioneria
e poi impiegato in banca, si laureò in Sociologia presso l'Università degli
Studi di Trento. Nello stesso ateneo seguì la carriera accademica, divenendo
docente ordinario di Filosofia della scienza e di Logica, nonché pro-rettore
dal 1985 al 1987. È inoltre autore di nmerosi saggi e pubblicazioni sul tema
della filosofia delle scienze sociali e della logica delle norme. Fu iniziato alla massoneria nella loggia
bolognese "Risorgimento-VIII agosto" nel 1961, divenendo Maestro venerabile
della loggia "Zamboni-De Rolandis" nel 1972. Nello stesso anno chiese
e ottenne di venire inserito tra i massoni "coperti" per ragioni di
riservatezza legata alla sua professione di docente. Stessi requisiti di
riservatezza ebbe la sua appartenenza al Capitolo Nazionale del rito scozzese
antico e accettato. L'11 marzo 1990 fu
eletto Gran maestro del Grande Oriente d'Italia. Negli anni della sua
maestranza tenne posizioni di aperto contrasto con la Chiesa cattolica,
dichiarò espressamente il proprio sostegno al Partito Socialista Italiano, e
dovette confrontarsi con la cosiddetta "inchiesta Cordova" (dal nome
del pubblico ministero di Palmi Agostino Cordova). Al centro di polemiche anche
con i vertici del GOI, Di Bernardo decise di dimettersi dalla carica di Gran
maestro il 16 aprile 1993 al termine della Gran Loggia annuale a Roma alla
quale si era presentato dopo aver redatto atto costitutivo e statuto di una
nuova Obbedienza, la Gran Loggia Regolare d'Italia. Al vertice del GOI gli
succedette il reggente Eraldo Ghinoi. La
neonata Obbedienza si regge su uno sparuto gruppo di Logge fuoriuscite dal GOI,
caratterizzandosi per l'uso esclusivo del rito inglese Emulation. Otto anni
dopo la fondazione, Di Bernardo viene espulso dalla GLRI; gli succede alla
guida dell'Obbedienza il sociologo Fabio Venzi. Di Bernardo quindi avvia un
nuovo progetto di un ordine paramassonico, denominato Dignity Order, che
tuttavia non è un'Obbedienza regolare. Pur dichiarando di essere fuoriuscito
dalla Massoneria, Di Bernardo da anni si presta a rilasciare interviste e
dichiarazioni sull'argomento sia a giornalisti che ad organi inquirenti.
Nel ha polemizzato con il GOI dopo aver
reso una dichiarazione alla Commissione Antimafia relativa a presunte
rivelazioni del defunto Ettore Loizzo (vedi ). Nel settembre il GOI ha annunciato l'intenzione di
denunciare Di Bernardo per diffamazione e calunnia. Il 7 aprile lo stesso Di Bernardo annuncia di voler a sua
volta querelare il Gran Maestro del GOI Stefano Bisi per diffamazione. Il 25
novembre la querela di Di Bernardo a
carico di Bisi viene archiviata per insussistenza. Note
Aldo Alessandro Mola, Gelli e la P2: fra cronaca e storia, Bastogi
Editrice Italiana, 2008358. Giuliano Di
Bernardo, unitn. 28 novembre . Il Gran
Maestro: chi è Giuliano Di Bernardo, consultato il 12 giugno . Aldo A. Mola798. Pubblicazioni di Giuliano Di Bernardo, unitn.
28 novembre 18 novembre ). 1945-2005 Fra tradizione e rinnovamento: la
lunga traversata del deserto dal 1945 a oggi, GOI. 28 novembre 3 dicembre ).
Aldo A. Mola, 801 e ss. Aldo A. Mola,
807-809. Di Bernardo fonda la
nuova Grande loggia, in Corriere della Sera, 18 aprile 1993. 28 novembre (archiviato dall'url originale in data pre
1/1/). Sito ufficiale del Dignity Order,
dignityorder.com. 12 aprile . Aldo
Alessandro Mola, Storia della massoneria italiana, Bompiani, 2001, 9788845248146. Gran loggia regolare d'Italia Massoneria in
Italia Massoneria Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Giuliano
Di Bernardo Intervista a Giuliano Di
Bernardo del , su youtube.com PredecessoreGran maestro del Grande Oriente
d'ItaliaSuccessoreSquare compasses.svg Armando Corona11 marzo 199016 aprile
1993Eraldo Ghinoi (reggente)PredecessoreGran maestro della Gran Loggia Regolare
d'ItaliaSuccessoreSquare compasses.svg Carica inesistente19932001Fabio VenziB Filosofia
Università Università Filosofo del XX
secoloFilosofi italiani Professore1939 1º marzo PenneGran maestri del Grande
Oriente d'Italia
BERNERI Grice: ‘I
like Berneri; of course we need to know more about his philosophical background
and education – he represents the epitome of what Italian philosophers call
‘filosofia militante,’ but then I fought the Hun – so I was militante, too!” --
Camillo Berneri (n. Lodi) filosofo. Ucciso nel maggio 1937 insieme a Francesco
Barbieri poco dopo il loro arresto da parte dei comunisti stalinisti del PSUC
durante la battaglia intestina al fronte antifascista spagnolo delle giornate
di maggio, avvenuta a Barcellona tra comunisti e anarchici durante la guerra
civile spagnola. Berneri nacque a Lodi
da padre originario di Ronco, frazione di Corteno Golgi (nella Val Camonica, in
provincia di Brescia) e da madre emiliana. Ben presto, si trasferì con la
famiglia dapprima a Milano, poi a Palermo, a Forlìdove arrivò nel 1905 -, a
Varallo Sesia (in provincia di Vercelli) e, infine, a Reggio nell'Emilia. Qui, da una testimonianza di Angelo Tasca
risulta che Camillo Berneri militava nella Federazione Giovanile Socialista di
Reggio Emilia già dal 1912 (da "Mussolini-Psicologia di un
dittatore", Camillo Berneri, Pier Carlo Masini, Milano, 1966, pag 109).
Dopo essere stato membro del Comitato Centrale della Federazione Giovanile
Socialista reggiana, e dopo aver collaborato all'Avanguardia (organo nazionale della
FGS), nel 1915 rassegna le dimissioni dalla FGS, attraverso una lettera ai
compagni, avendo maturato convinzioni anarchiche. Sarà colpito dal gesto dei
compagni che, nonostante le dimissioni, vorranno che presieda un'ultima
riunione della FGS a Reggio, e dal gesto del mentore Camillo Prampolini, che lo
convocherà per conoscere le ragioni del suo dissenso. Berneri ricorderà sempre
"i dolci ricordi del mio catecumenato socialista". Nel 1916 si
trasferisce ad Arezzo dove frequenta il liceo.
Chiamato alle armi ed escluso dall'Accademia Militare di Modena per le
sue idee, fu inviato al fronte nel 1918; quindi, ancora in servizio, venne
confinato nell'isola di Pianosa in occasione dello sciopero generale del luglio
1919. Iniziava intanto con lo pseudonimo Camillo da Lodi la sua copiosa
attività pubblicistica collaborando per anni a vari periodici libertari: da
Umanità Nova a Pensiero e Volontà, da L'avvenire anarchico di Pisa a La Rivolta
di Firenze e a Volontà di Ancona. Laureatosi
in filosofia, insegnò tale materia per qualche tempo a Camerino. Pronta e
decisa si manifestava la sua avversione al fascismo e, dall'Umbria in
particolare, egli manteneva i contatti con gli antifascisti fiorentini
diffondendo il battagliero giornaletto Non mollare. Molto intensa fu in quegli
anni l'attività di Berneri nell'Unione anarchica italiana. Inaspritasi la
dittatura fascista, Berneri dovette espatriare clandestinamente in Francia nel
maggio 1926 e lo raggiunse poco dopo la moglie con le figlie; sua moglie era
Giovanna Caleffi anche lei militante anarchica così come poi le figlie Marie
Louise Berneri e Giliana Berneri. Guerra
Civile Spagnola Scoppiata la guerra civile spagnola, Berneri fu tra i primi ad
accorrere in Catalogna, centro dell'attività di massa libertaria esprimentesi
nella Confederación Nacional del Trabajo: qui si trovò a fianco di Carlo
Rosselli con tanta parte dell'antifascismo italiano e internazionale. Al di là
della solidarietà militante, a Carlo Rosselli lo legava anche l'atteggiamento
critico, e l'apertura mentale verso le prospettive del socialismo: in quegli
anni Camillo Berneri collaborò con l'organo clandestino del movimento
socialista-liberale "Giustizia e Libertà", argomentando con Rosselli
sull'alternativa secca tra socialismo libertario e socialismo dispotico
("Gli anarchici e G.L.", Camillo Berneri e Carlo Rosselli, Giustizia
e Libertà, 6 e 27 dicembre 1935). Furono gli ultimi mesi febbrili della sua
vita: inadatto alle fatiche del fronte, si dedicò con entusiasmo all'opera
formativa, al dibattito ideale e alle incombenze politiche pubblicando a
Barcellona dal 9 ottobre 1936 un proprio periodico dal titolo Guerra di classe
che sintetizzava la sua precisa interpretazione del conflitto in corso. In esso
infatti Berneri, preoccupato per il crescente isolamento non tanto del
legittimo governo repubblicano quanto delle più tipiche realizzazioni
rivoluzionarie e libertarie conseguite in Catalogna, Aragona e altre regioni,
si batté vigorosamente per la stretta connessione di guerra e rivoluzione
ponendo agli antifascisti e ai suoi stessi compagni anarchici il dilemma:
vittoria su Franco, grazie alla guerra rivoluzionaria, o disfatta. Tale la
sostanza di numerosi suoi articoli e discorsi come della famosa Lettera aperta
alla ministra anarchica della Sanità Federica Montseny che con altri tre
anarchici era nel governo di Largo Caballero.
Molteplici, seppure inascoltati, furono anche i suoi suggerimenti
politici per colpire le basi operative del fascismo proclamando l'indipendenza
del Marocco, coordinare gli sforzi militari, potenziare gradualmente la
socializzazione. Fu dunque quella di Berneri una funzione singolarmente
impegnata che lo espose ben presto alle feroci repressioni condotte dai
comunisti ormai prevalsi dopo l'avvento del governo di Juan Negrín: scomparvero
così tragicamente, vittime dei massacri di massa, migliaia di combattenti
antifascisti non comunisti, anarchici ma anche comunisti non stalinisti, come i
miliziani del POUM. L'assassinio di Camillo Berneri, sulle cui esatte
circostanze esistono diverse versioni, si colloca precisamente nella sanguinosa
resa dei conti tra stalinisti e loro avversari antifascisti conosciuta come le
giornate di maggio (Barcellona, maggio 1937). Il 5 maggio Berneri fu prelevato
insieme con l'amico anarchico Francesco Barbieri dall'appartamento che i due
condividevano con le rispettive compagne. I cadaveri dei due anarchici italiani
furono ritrovati crivellati di proiettili. La moglie di Camillo Berneri allevò
i figli di Antonio Cieri, anche lui caduto in Spagna. In morte di Camillo
Berneri, il leader socialista Pietro Nenni scrisse: "Se l'anarchico
Berneri fosse caduto su una barricata di Barcellona, combattendo contro il
governo popolare, noi non avremmo niente da dire, e nella severità del suo
destino ritroveremmo la severa legge della rivoluzione. Ma Berneri è stato
assassinato, e noi dobbiamo dirlo" (Pietro Nenni, Nuovo Avanti, Parigi, 28
giugno 1937). Altri scritti Tra gli
scritti di Berneri ricordiamo: Lettera
aperta ai giovani socialisti di un giovane anarchico, Orvieto, 1920 I problemi
della produzione comunista, Firenze, 1920 Le tre città, Firenze, 1925 Un
federalista russo. Pietro Kropotkin, Roma, 1925 Mussolini normalizzatore,
Zurigo, 1927 Lo spionaggio fascista all'estero, Marsiglia, 1929 Le peché
original, Orléans, 1931 Nozioni di chimica antifascista, s.l., 1934 Mussolini
gran actor, Valencia, 1934 L'operaiolatria, Brest, 1934 Le Juif antisémite,
Paris, 1935 El delirio racista, Buenos Aires, 1935 Mussolini a la conquista de
las Baleares, Barcelona, 1937 ll lavoro attraente, Ginevra, 1938 Guerre de
classes en Espagne, Nîmes, 1938 Ed ancora:
Mussolini normalizzatore La donna e la garçonne (1926) Pensieri e
battaglie Il cristianesimo e il lavoro (1932) Le Léonard de S. FreudCahiers
Psychologiques n°1 (anche in italiano) Note
da "Mussolini-Psicologia di un dittatore", Camillo Berneri,
Edizioni Azione Comune, Pier Carlo Masini, Milano, 1966, pag 115-117) Mirella Serri, I profeti disarmati.
1945-1948, la guerra fra le due sinistre, Milano, Corbaccio, 2008. Cfr. Nicola Fedel, Introduzione e criteri di
edizione in Camillo Berneri, Lo spionaggio fascista all'estero, Nicola Fedel
(prefazione di Mimmo Franzinelli), Fondazione Comandante Libero, Milano, , XVII-XIX
, Enciclopedia UTET. Camillo Berneri, Anarchia e società aperta, Pietro
Adamo, M&B Publishing, Milano 2006. Stefano D'Errico, Anarchismo e
politica. Nel problemismo e nella critica all'anarchismo del Ventesimo Secolo,
il "programma minimo" dei libertari del Terzo Millennio. Rilettura
antologica e biografica di Camillo Berneri, Mimesis, Milano 2007. Roberto
Gremmo, Bombe, soldi e anarchia: l'affare Berneri e la tragedia dei libertari
italiani in Spagna, Storia Ribelle, Biella 2008. Mirella Serri, I profeti
disarmati. 1945-1948. La guerra tra le due sinistre, Milano, Corbaccio, 2008.
Flavio Guidi, "Nostra patria è il mondo intero". Camillo Berneri e
"Guerra di Classe" a Barcellona (1936-37), pubblicato dall'autore,
Milano . Giampietro Berti, Giorgio Sacchetti , Un libertario in Europa. Camillo
Berneri: fra totalitarismi e democrazia. Atti del convegno di studi storici,
Arezzo, 5 maggio 2007, Archivio famiglia Berneri A. Chessa, Reggio Emilia .
Camillo Berneri, Lo spionaggio fascista all'estero, Nicola Fedel (e prefazione
di Mimmo Franzinelli), Fondazione Comandante Libero, Milano, , 978-88-906018-9-7 Antifascismo Archivio Famiglia Berneri Guerra
civile spagnola Giornate di maggio Altri progetti Collabora a Wikisource
Wikisource contiene una pagina dedicata a Camillo Berneri Collabora a Wikiquote
Citazionio su Camillo Berneri Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons
contiene immagini o altri file su Camillo Berneri Camillo Berneri, su TreccaniEnciclopedie on
line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Camillo Berneri, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Camillo Berneri, in Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Camillo Berneri, su Liber Liber. Opere di Camillo Berneri, su openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Opere di Camillo Berneri, . Camillo Berneri, su
Goodreads. Altri particolari sul sito
dell'ANPI di Roma, su romacivica.net. 6 aprile 2006 31 agosto 2006). Carlo De
MariaUn convegno e una nuova stagione di studi su Camillo Berneri, su
storiaefuturo.com 26 luglio 2007). Socialismo LibertarioProfili
biobibliografici libertari, su socialismolibertario. Abolizione ed estinzione
dello stato (1936) Anarchismo e federalismo di Camillo Berneri, su magozine. V
D M Antifascismo. Anarchia Anarchia
Biografie Biografie Politica Politica Storia Storia Filosofo del XX secoloScrittori
italiani del XX secoloAnarchici italiani 1897 1937 20 maggio 5 maggio Lodi
BarcellonaAntifascisti italianiAssassinati con arma da fuocoVittime di
dittature comuniste
BERTI: Grice: “I
like Berti; of course he has philosophised on the only two philosophers worth
philosophising about Plato and Aristotle – his interest is in the ‘number idea’
in Plato, the unity in Aristotle, and various other things – notably Socratic
dialectic as the basis for both!” -- Grice: “I also love his courtesy: cf. Sir
Peter, “Introduction to logical theory,” versus the gentle “Un invite alla
filosofia,” – for philosophy needs to be invited to, rather than intro- and
extro-ducted to and fro’!” Enrico Berti
(n. Valeggio sul Mincio), filosofo. Professore emerito di storia della
filosofia, presidente onorario dell'Istituto internazionale di filosofia. Laureatosi in filosofia all'Padova nel 1957,
è stato allievo di Marino Gentile. Dal
1961 al 1964 è assistente presso l'Padova. Nel 1965 diventa professore di
storia della filosofia antica all'Perugia e nel 1969 di storia della filosofia
nella stessa Università. Nel 1971 si
trasferisce all'Padova, dove insegna storia della filosofia. È poi docente
anche nelle Ginevra, di Bruxelles, di Santa Fé (Argentina) e alla Facoltà di
Teologia di Lugano. Dal 1983 al 1986
presiede la Società Filosofica Italiana.
Nel 1987 vince il premio dell'Associazione internazionale "Federico
Nietzsche" per la filosofia, nel 2005 il premio Iannone per la filosofia
antica, nel 2007 il premio Santa Marinella e il premio Castiglioncello per la
filosofia, nel 2009 il premio "Athene Noctua" e nel il premio giornalistico Lucio Colletti. Nel è
nominato "doctor honoris causa" dell'Università nazionale
capodistriana di Atene e nel Honorary
Fellow dell'"Interdisciplinary Centre for Aristotle Studies"
dell'Salonicco. Pensiero Interessato
particolarmente alla filosofia di Aristotele, Enrico Berti ne ha intravisto le
tracce nella metafisica, nell'etica e nella politica contemporanea in
particolar modo per il problema della contraddizione e della dialettica. Berti si è poi inserito nella dibattuta
questione del rapporto tra filosofia e scienza, cercando di definire la
specificità della filosofia, che si fonda su una razionalità non rapportabile a
quella scientifica, ma piuttosto alla dialettica e alla retorica. Su un piano
più propriamente teoretico si è interessato alla possibilità di riproporre oggi
una filosofia di tipo metafisico, formulando una concezione «umile« o «povera»
della metafisica come consapevolezza della problematicità, e quindi
dell'insufficienza, del mondo dell'esperienza, considerato nella sua totalità
(comprendente scienza, storia, individuo e società). Opere principali L'interpretazione
neoumanistica della filosofia presocratica, 1959. La filosofia del primo
Aristotele, Padova, Cedam, 1962; 2ª ed., Milano, Vita e Pensiero, 1997. Il
"De republica" di Cicerone e il pensiero politico classico, 1963.
L'unità del sapere in Aristotele, 1965. La contraddizione, 1967. Studi sulla
struttura logica del discorso scientifico, 1968. Studi aristotelici, 1975
(nuova edizione ). Aristotele. Dalla dialettica alla filosofia prima, Padova,
Cedam, 1977. Ragione scientifica e ragione filosofica nel pensiero moderno,
Roma, La Goliardica, 1977. Profilo di Aristotele, Roma, Studium, 1979. Il bene,
Brescia, La Scuola, 1983. Le vie della ragione, Bologna, Il Mulino, 1987.
Contraddizione e dialettica negli antichi e nei moderni, Palermo, L'Epos, 1987.
Le ragioni di Aristotele, Roma-Bari, Laterza, 1989. (in collaborazione con
Franco Volpi) Storia della filosofia. Dall'antichità a oggi, Roma-Bari,
Laterza, 1991. Aristotele nel Novecento, Roma-Bari, Laterza, 1992. Introduzione
alla metafisica, Torino, UTET, 1993. Il pensiero politico di Aristotele,
Roma-Bari, Laterza, 1997. (curatore, con Cristina Rossitto) Aristotele e altri
autori, Divisioni, con testo greco a fronte, coll. Il pensiero occidentale,
2005 In principio era la meraviglia. Le grandi questioni della filosofia
antica, Laterza, Roma-Bari 2007 Dialectique, physique et métaphysique. Études
sur Aristote, Peeters, 2008. con Cristina Rossitto, Il libro primo della
«Metafisica» (traduzione di Antonio Russo), Laterza, Roma-Bari 2008
Sumphilosophein. La vita nell'Accademia di Platone, Roma-Bari, Laterza, . Nuovi
studi aristotelici, 4 voll., Morcelliana, 2004-. Invito alla filosofia,
Brescia, La Scuola, . La ricerca della verità in filosofia, Roma, Studium, .
Nel 2004 Enrico Berti ha scritto un dialogo satirico, un "falso
d'autore" attribuito ad Aristotele, Eubulo o della ricchezza: dialogo
perduto contro i governanti ricchi.
Traduzioni Aristotele, Metafisica, traduzione, introduzione e note di E.
Berti, Collana Biblioteca Filosofica, Roma-Bari, Laterza, , 978-88-5812-455-0. Onorificenze e riconoscimenti
Grande Ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana È membro delle seguenti accademie e
istituzioni scientifiche: Accademia
nazionale dei Lincei Institut international de philosophie Istituto veneto di
scienze, lettere ed arti Société européenne de culture Fédération
internationale des sociétés de philosophie Pontificia accademia delle scienze
Pontificia accademia di San Tommaso d'Aquino Accademia galileiana di scienze,
lettere ed arti Società filosofica italiana Note festivalfilosofia, su festivalfilosofia 15
novembre 2008). Enciclopedia
multimediale delle Scienze filosofiche, su emsf.rai. 10 settembre 27 settembre ). Biografia Enrico Berti [collegamento interrotto], su
comune.ancona. Aristotele Opere di Enrico Berti, su openMLOL, Horizons
Unlimited srl. Opere di Enrico Berti, .
Registrazioni di Enrico Berti, su RadioRadicale, Radio Radicale. Intervista a Enrico Berti () Enrico Berti
scheda nel sito dell'Padova (con l'elenco delle pubblicazion. Filosofia Filosofo
del XX secoloFilosofi italiani Professore1935 3 novembre Valeggio sul
MincioProfessori dell'Università degli Studi di PadovaStudenti dell'Università
degli Studi di PadovaProfessori dell'Università degli Studi di
PerugiaAccademici dei LinceiStorici della filosofia italiani
BERTINARIA: Grice:
“I like Bertinaria; he is, like me a philosophical cartographer – in his case,
of ‘filosofia italiana’ for which he has identified ‘indole’ e this or that
‘vicenda,’ – now J. L. Austin once remarked that ‘sake’ has no denotatum – but
‘vicem’ does!” -- Francesco Bertinaria (n. Genova), filosofo. Studiò all'Pisa,
si trasferì a Torino per collaborare con l'editoria Pomba. Ha curato la
traduzione Abriss der Geschichte der Philosophie di Kennegieszer, professore
dell'Breslavia. Si occupò anche di filosofia orientale e di filosofia italiana.
Nel 1860 Bertinaria ottenne la cattedra di Filosofia della Storia all'Torino.
Nel 1865 fu chiamato all'Genova. Morì a Genova nel 1892. Opere.
1843La filosofia italiana moderna, Pomba, Torino. 1843C. L. Kannegierzer,
Compendio di storia della filosofia. Tradotto dal tedesco e ampliato da F.
Bertinaria, Pomba, Torino 1843, XIX-331 ; con note di F. Prudenzano, Pedone,
Napoli 1854, XXIII-283 ; con discorso e note di F. Prudenzano e con giunte
dello stesso intorno alla moderna filosofia scozzese e francese, Boutteaux e Aubry,
Napoli 1858, XXXI-307 1846Discorso
sull'indole e le vicende della filosofia italiana, Pomba, Torino 1846, 107 ;
nuova ed.: Sull'indole e le vicende della filosofia italiana. Discorso, Pomba,
Torino 1866, 105 1846Concetto della
filosofia e delle scienze inchiuse nel dominio di essa, «Antologia italiana»,
1846, I,
332-359. Estr.: Pomba, Torino 1846. 1847Rec. di F.Bozzelli, Disegno di
una storia delle scienze filosofiche in Italia dal Risorgimento delle lettere
sin oggi, Napoli 1847, «Antologia italiana», 1847, II,
754-767. 1849Concetto scientifico della storia, Stamp. sociale degli
artisti tipografi, Torino, 24 1852Alcuni
saggi filosofici, Tip. Fory e Dalmazza, Torino, 89 1857Prospetto dell'insegnamento della
filosofia della storia, Stamperia dell'unione tipografico editrice, Torino,
15 1857Della teoria poetica e
dell'epopea latina, Torino. 1864Dell'importanza della filosofia della storia e
sue relazioni con le altre scienze.Prolusione, Torino. 1865L'antica e la nuova
filosofia del diritto. Prolusione, Tip. Cavour, Torino, 46 1865Principi di biologia e di sociologia,
Negro, Torino. 1866La storia della filosofia e la filosofia della storia.
Prolusione, «Riv. cont.», 1866,
XLIV, 24-37. Estr.: Baglione,
Torino 1866, 16 1866- Sulla formola
esprimente il nuovo principio dell'enciclopedia. Lettera alla signora Emilia De
Laurenti Sabelli, «Riv. cont.», 1866,
XLVII, 3-7. 1866Il positivismo e
la metafisica. Discorso, «Riv. cont.», 1866,
XLVII, 161-84. Estr.: A. F.
Negro, Torino 1866, 28 1867Scienza, Arte
e Religione, «Gerdil», 1867, I, 335-343, 353-362, 434-439, 455-460, 491-497,
622-626, 682-690, 791-796, 810-828. Estr.: Tip. Torinese, Torino 1867, 77 1868Dell'origine, progresso e condizione
presente della filosofia civile, «Riv. bol.», II, 1868, 827-839. 1874Saggio sulla funzione ontologica
della rappresentazione ideale, FSI, V, 1874,
X, 319-343. 1875Concetto del
mondo civile universale, FSI, VI, 1875,
XI, 191-205. 1876La dottrina
dell'evoluzione e la filosofia trascendentale. Discorso, Tip. Ferrando, Genova,
38 1877Ricerca se la separazione della
Chiesa dallo Stato sia dialettica ovvero sofistica, FSI, VIII, 1877, XV,
51-68, 153-170. Estr.: Tip. dell'Opinione, Roma 1877, 38 1877Il problema dell'incivilimento, ossia
come possano essere conciliate fra loro le dottrine della civiltà nativa di
Vico e della civiltà nativa di Romagnosi, FSI, VIII, 1877, XVI,
335-359. 1877J. M. Hoene Wronski, La psicologia fisica ed iperfisica,
commentata da F. Bertinaria, Unione tipografico-editrice, Torino, 128 1878Ricerca se l'odierna società civile
progredisca ovvero retroceda, FSI, IX, 1878,
XVIII, 319-338. 1879L'odierno
antagonismo sociale. Discorso inaugurale nella Genova, Tip.Martini, Genova,
35 1880Il problema critico esaminato
dalla filosofia trascendente, FSI, XI, 1880,
XXII, 241-270. 1882Discorso per
l'inaugurazione dei corsi filosofici e letterari nella R. Genova, Tip.Martini,
Genova, 22 1886Idee introduttive alla
storia della filosofia, RIF, I, 1886,
II, 213-235. Estr.: Tip. della R.
Accademia dei Lincei, Roma 1886. 1887Determinazione dell'assoluto. Saggio di
filosofia esoterica, «Giornale della Società di letture e conversazioni
scientifiche di Genova», X, 1887, II sem.,
301-322. Estr.: Tip. A. Ciminago, Genova 1887, 24 1889Il problema capitale della scolastica
risoluto dalla filosofia trascendente. Nota storico-critica, RIF, IV,
1889, II, 3-23. Estr.: Tip. alle Terme Diocleziane di
Giovanni Balbi, Roma 1889, 23 Scritti
Bulgarini, G. B., Recensione dell'articolo del prof. F. Bertinaria apparso
sulla «Rivista Italiana»: Idee introduttive alla storia della filosofia,
«Rosmini», 1887, I, 295-299. CecchiL., F. Bertinaria. Studio
biografico, «Annuario della R. Genova», 1892-1893, 153-176. Estr.:Martini, Genova 1893.
CecchiL., Francesco Bertinaria. Commemorazione, Martini, Genova 1893, 28 D'Ercole, P., Notizie biografiche del prof.
F. Bertinaria, «Annuario della R. Università degli studi di Torino», 1892-1893.
Estr.: Torino 1892, 9 Mamiani, T., Rec.
di F. Bertinaria, La dottrina della evoluzione e la filosofia
trascendente.Discorso, Genova 1876, FSI, VII, 1876, XIII,
134-137. Mamiani T., Intorno alla sintesi ultima del sapere e
dell'essere. Lettere al professore Bertinaria, FSI, XII, 1881, XXIII,
3-28, 231-249; XIII, 1882,
XXVI, 84-95. Estr.: Roma 1882.
Tolomio, 249-266. Note Bertinaria, su dif.unige. Piero Di Giovanni , Un secolo di filosofia
italiana attraverso le riviste 1870-1960, FrancoAngeli, 304,
978-88-56-86938-5. Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su
Francesco Bertinaria Opere di Francesco
Bertinaria, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Biografie Biografie Letteratura Letteratura Filosofo del XIX secoloSaggisti
italiani del XIX secoloInsegnanti italiani Professore1816 1892 Genova
BERTO: Grice: “I
like Berto, but then, my first unpublication is on negation and privation!
Against my tutee, Sir Peter, I always took Aristotle’s tertium non datur pretty
seriously, but the consequentia mirabilis I had to re-label implicature; for,
as Tertulliano used to say, ‘Just because it is deaf (ab-surdum), I believe
it!” -- Grice: “If Peirce (I lectured on
him for years, and deem him my friend) is right that ‘dictum,’ in Roman, is
cognate with Hellenic ‘deixis,’ Boezio was too hasty to translate ‘anti-phasis’
as ‘contra-dictio,’ for ‘phrasis’ is indeed Hare’s phrastic, while the dictio
can be just a signal – as a spoon casting the shadow of a fork, to use Berto’s
genial example!” – Grice: “Berto likes to pose the thing as an x-rhetorical
question: che cosa e una contradizione, -- implicaturum: ‘if anything AT ALL!”
– “He is friends with Priest, so what can you expect!? J). Francesco Berto (Venezia), filosofo. Laureatosi a Venezia
con una tesi su Emanuele Severino, ha conseguito il dottorato presso la stessa
università con una tesi sulla dialettica hegeliana. Dopo aver conseguito un
post-doc in Filosofia teoretica all'Università degli Studi di Padova è stato
Chaire d'Excellence Fellow al CNRS di Parigi, dove ha insegnato Ontologia
all'École Normale Supérieure ed è stato membro dell'Istituto di Filosofia della
Scienza e della Tecnica della Sorbona. È stato Research Fellow all'Institute
for Advanced Study della University of Notre Dame (Indiana, USA). Ha insegnato
Logica anche all'Università Ca' Foscari di Venezia e all'Università Vita-Salute
San Raffaele. È stato Structural Chair of Metaphysics alla Universiteit van
Amsterdam e membro del Northern Institute of Philosophy di Crispin Wright alla
University of Aberdeen. Attualmente tiene la Chair of Logic and Metaphysics al
dipartimento di Filosofia dell'University of St Andrews ed è Research Chair
all'Institute for Logic, Language and Computation alla Universiteit van
Amsterdam. Nel 2007 ha vinto il Premio
Filosofico Castiglioncello, nella sezione giovani, con il libro Teorie
dell'assurdo. I rivali del Principio di Non-Contraddizione. Nel
l'Università Ca' Foscari di Venezia gli ha assegnato il Premio
Ca'Foscari alla Ricerca di 10.000 euro per giovani ricercatori. Nel ha
ottenuto dall'AHRCResearch Council di Gran Bretagna un finanziamento di 240.000
sterline per il progetto "The Metaphysical Basis of Logic". Nel ha
ottenuto dall'European Research Council un finanziamento di 2.000.000 di euro
per il progetto "The Logic of Conceivability". Opere in italiano Logica con i social
network, Roma, Carocci, (con M.
Plebani). Che cos'è una contraddizione, Roma, Carocci, (con L. Bottai). L'esistenza non è logica.
Dal quadrato rotondo ai mondi impossibili, Roma-Bari, Laterza, . Tutti pazzi
per Gödel. La guida completa al Teorema di Incompletezza, Roma-Bari, Laterza,
2008. Logica da Zero a Gödel, Roma-Bari, Laterza, 2007. Teorie dell'Assurdo. I
rivali del Principio di Non-Contraddizione, Roma, Carocci, 2006. Che cos'è la
dialettica hegeliana? Un'interpretazione analitica del metodo, Padova, Il
Poligrafo, 2005. La Dialettica della struttura originaria, Padova, Il
Poligrafo, 2003. Opere in inglese Impossible Worlds, Oxford, Oxford University
Press, (con Mark Jago). Ontology and
Metaontology. A Contemporary Guide, London, Bloomsbury, (con Matteo Plebani). Existence as a Real
Property, Dordrecht, Synthèse Library, Springer, . There's Something About
Gödel. The Complete Guide to the Incompleteness Theorem, Oxford,
Wiley-Blackwell, 2009. How to Sell a Contradiction. The Logic and Metaphysics
of inconsistency, London, King's College Publications, 2007. Interventi su
riviste Ha pubblicato saggi su varie riviste,: Review of Symbolic Logic,
Philosophical Studies, The Philosophical Quarterly, Mind, Proceedings of the
Aristotelian Society, Journal of Philosophical Logic, Philosophia Mathematica,
Minds and Machines, Synthèse, Erkenntnis, Dialectica, Logique et Analyse,
American Philosophical Quarterly, Australasian Journal of Logic, Australasian
Journal of Philosophy, European Journal of Philosophy, Metaphysica, The Logica
Yearbook, New Waves in Philosophical Logic, The Stanford Encyclopedia of
Philosophy, Epistemologia, Teoria, Il Pensiero, Sistemi intelligenti, Iride,
Rivista di estetica, Dedalus, Divus Thomas, il Giornale di metafisica. Note
Comune RosignanoLivorno, su comune.rosignano.livorno. 3 febbraio 19 luglio ).
Università Ca'Foscari di Venezia, su unive. 23 aprile 20 luglio ).
Aberdeen Amsterdam Archiviato il
12 febbraio in . Aberdeen Archiviato il 9 settembre in .
PhilPapers.org Stanford
Encyclopedia of Philosophy: Dialetheism, su plato.stanford.edu. Stanford
Encyclopedia of Philosophy: Impossible Worlds, su plato.stanford.edu. Stanford
Encyclopedia of Philosophy: Cellular Automata, su plato.stanford.edu. 23
aprile 23 aprile ).Filosofia Filosofo
del XXI secoloLogici italianiAccademici italiani Professore1973 10 luglio
VeneziaProfessori dell'Università Ca' FoscariProfessori dell'AmsterdamStudenti
dell'Università Ca' Foscari Venezia
BETTI. Emilio
Betti Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search
Nessuna nota a piè di pagina Questa voce o sezione sull'argomento giuristi è
priva o carente di note e riferimenti bibliografici puntuali. Sebbene vi siano
una bibliografia e/o dei collegamenti esterni, manca la contestualizzazione
delle fonti con note a piè di pagina o altri riferimenti precisi che indichino
puntualmente la provenienza delle informazioni. Puoi migliorare questa voce
citando le fonti più precisamente. Segui i suggerimenti del progetto di
riferimento. Emilio Betti (Camerino, 20 agosto 1890 – Camorciano di Camerino,
11 agosto 1968) è stato un giurista, storico e accademico italiano, nonché uno
dei più eminenti teorici dell'ermeneutica contemporanea[1]. Indice
1Biografia 2Produzione scientifica 2.1Opere 3Note 4 Bibliografia 5Voci correlate 6Collegamenti esterni
Biografia Fratello maggiore del poeta e drammaturgo Ugo (più giovane di due
anni), si laurea a 21 anni in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di
Parma, e a 23 anni in Lettere classiche presso l'Università di Bologna (con una
tesi sulla Crisi della repubblica e la genesi del principato in Roma).
Insegna per un anno Lettere al Liceo classico di Camerino e nel 1915 vince il
concorso per la libera docenza presso l'Università di Parma. Trascorre lunghi
periodi di studio all'estero, grazie a diverse borse di studio, nelle più
prestigiose università europee (Marburgo, Friburgo e altre). Nel 1917
diviene professore ordinario all'Università degli Studi di Camerino. In seguito
insegna diritto nelle Università degli Studi di Macerata (1918-1922), Pavia
(1920), Messina (1922-1925, dove ha tra i suoi allievi Giorgio La Pira e Tullio
Segrè), Parma (1925-1926), Firenze (1925-1927), Milano (1928-1947), Roma
(1947-1960). Come Gastprofessor e visiting professor svolge corsi nelle
Università di Francoforte sul Meno, Bonn, Gießen, Colonia, Marburgo, Amburgo,
Il Cairo, Alessandria d'Egitto, Porto Alegre, Caracas. Betti è stato uno dei
più importanti giuristi italiani di tutti i tempi e fu tra i principali
artefici del codice civile italiano del 1942 tuttora vigente. Collocato fuori
ruolo 1960, emerito dal 1965, è chiamato a insegnare ius romanum alla
Pontificia Università Lateranense. Nel corso della sua attività
accademica ha coperto tutti i rami del diritto, in particolare il diritto
romano, civile, commerciale e processuale[2]. Nel 1955 ha fondato presso le
Università di Roma e di Camerino l'Istituto di Teoria dell'interpretazione. È
stato socio corrispondente dell'Accademia dei Lincei e dottore honoris causa
delle Università di Marburgo, Porto Alegre e Caracas. Per il suo sostegno
intellettuale al fascismo fin dal 1919, alla Liberazione fu messo agli arresti
nel 1944 a Camerino e imprigionato per circa un mese per decisione del CLN[3].
Nell'agosto del 1945 fu sospeso dall'insegnamento e sottoposto a giudizio di
epurazione. Il procedimento lo prosciolse da ogni imputazione. Produzione
scientifica Le sue scelte politiche comunque non hanno compromesso il pregio e
l'importanza delle sue opere. Le sue opere principali sono: Teoria generale del
negozio giuridico, Teoria generale delle obbligazioni, Teoria generale della
interpretazione. Fin dal 1939 fece parte delle commissioni ministeriali
che hanno redatto il codice civile del 1942. L'influenza di Betti fu
determinante nella soluzione, adottata dal guardasigilli Dino Grandi,
dell'abbandono del progetto italo-francese delle obbligazioni e dei contratti
del 1927, che negli intenti originari del piano per la nuova codificazione
avrebbe dovuto costituire l'attuale quarto libro del codice civile. Opere
Le sue opere sono oltre 300, tra le quali: Sulla opposizione
dell'exceptio sull'actio e sulla concorrenza tra loro (1913). La vindicatio
romana primitiva e il suo svolgimento storico nel diritto privato e nel
processo (1915). L'antitesi storica tra iudicare (pronuntiatio) e damnare
(condemnatio) nello svolgimento del processo romano (1915). Studii sulla litis
aestimatio del processo civile romano: I Pavia (1915), III (Camerino, 1919).
Sul valore dogmatico della categoria contahere in giuristi proculiani e
sabiniani (1916). La restaurazione sullana e il suo esito (Contributo allo
studio della crisi della costituzione repubblicana in Roma) (1916). La
struttura dell'obbligazione romana e il problema della sua genesi (1919). Il
Concetto della obbligazione costruito dal punto di vista dell'azione (1920).
Trattato dei limiti soggettivi della cosa giudicata in diritto romano (1922).
La tradizione nel diritto romano classico e giustinianeo (1924 - 25). Esercitazioni
romanistiche su casi pratici: I, anormalità del negozio giuridico (1930).
Diritto romano: parte generale (1935). Diritto processuale civile italiano (II
ed. 1936) Teoria generale del negozio giuridico (1943). Interpretazione della
legge e degli atti giuridici: teoria generale e dogmatica (1949). Zur
Grundlegung einer allgemeinen Auslegungslehre (1954). Teoria generale delle
obbligazioni (1953-1955). Teoria generale della interpretazione (1955). Teoria
delle obbligazioni in diritto romano (1956). Die Hermeneutik als allgemeine
Methodik der Geisteswissenschaften (1962) - trad. it. L'ermeneutica come
metodica generale delle scienze dello spirito, Città Nuova, Roma, 1987
Attualità di una teoria generale dell'interpretazione (1967) La crisi della
repubblica e la genesi del principato in Roma (tesi di laurea del 1913,
pubblicata postuma nel 1982, a cura di G. Crifò). Note ^ La sua dottrina ha
costituito oggetto di studio approfondito da parte di Tonino Griffero. ^ Crifò
Giuliano, Maestri del Novecento : Emilio Betti : il ruolo del giurista, Milano
: Franco Angeli, Ritorno al diritto : i valori della convivenza. Fascicolo 7,
2008. ^ Sull'intervento a suo favore di Giuseppe Ferri, v. S. Truzzi, Stefano
Rodotà, l’autobiografia in un’intervista: formazione, diritti, giornali,
impegno civile e politica, Il Fatto quotidiano, 24 giugno 2017. Bibliografia
Crifò, Giuliano (1978). Emilio Betti. Note per una ricerca, in Quaderni
fiorentini per la storia del pensiero giuridico, 7, 1978, pp. 165-292.
Ciocchetti, Mario (1998). Emilio Betti, Giureconsulto e umanista. Belforte del
Chienti. Brutti, Massimo (2015). Emilio Betti e l'incontro con il fascismo.
Roma Tre-Press. Voci correlate Filosofia del diritto Ermeneutica giuridica
Collegamenti esterni Dizionario Biografico, su treccani.it. Controllo di
autoritàVIAF (EN) 109887066 · ISNI (EN) 0000 0001 1082 3180 · SBN
IT\ICCU\CFIV\070637 · LCCN (EN) n79113001 · GND (DE) 11885139X · BNF (FR)
cb121001497 (data) · BNE (ES) XX1205233 (data) · BAV (EN) 495/99257 · WorldCat
Identities (EN) lccn-n79113001 Biografie Portale Biografie Diritto Portale
Diritto Categorie: Giuristi italiani del XX secoloStorici italiani del XX
secoloAccademici italiani del XX secoloNati nel 1890Morti nel 1968Nati il 20
agostoMorti l'11 agostoNati a CamerinoAccademici dei LinceiProfessori della
Sapienza - Università di RomaProfessori dell'Università degli Studi di
CamerinoProfessori dell'Università degli Studi di FirenzeProfessori
dell'Università degli Studi di MacerataProfessori dell'Università degli Studi
di MessinaProfessori dell'Università degli Studi di MilanoProfessori
dell'Università degli Studi di ParmaProfessori dell'Università degli Studi di
PaviaProfessori dell'Università di MarburgoProfessori dell'Università di
ViennaStudiosi di diritto romanoStudenti dell'Università degli Studi di
ParmaStudenti dell'Università di BolognaStudenti dell'Università di
FriburgoStudenti dell'Università di MarburgoStudiosi di diritto civile del XX
secoloStudiosi di diritto commercialeStudiosi di diritto processuale civile del
XX secolo[altre] Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Betti: Vico ed il circolo
dell’implicatura” – The Swimming-Pool Library.
Bianco: Grice: “I like Bianco; he optimistically
thinks of ‘morale’ as a ‘scienza’ – but ‘della vita,’ which helps. I have
myself explored the topic, and came with a ‘philosophy’ of life, rather!” -- Carlo
Bianco (n. Cervinara), filosofo. Ha vissuto per tutta la vita nella città
natale, in provincia di Avellino. La sua intensa e appassionata vita di uomo di
cultura lo ha portato in giro per tutto il mondo. Laureato in lettere, filosofia e scienze,
docente di filosofia morale all'Trento, fu un seguace del pensiero di Platone e
Marcuse. Fondatore della corrente del concretismo, dottrina filosofica che
propugna il rispetto di ogni fede religiosa, il credo nell'aldilà e nella vita
dopo la morte, ottenne nel 2004 la candidatura al premio Nobel per la
letteratura dalle Accademie italiane.
Nel corso della sua carriera ricevette per tre volte il premio della
Presidenza del Consiglio dei ministri: nel 1953, nel 1975 e, infine, nel 1995.
Accademico di Francia, membro della Columbia Academy, nella sua lunga attività
letteraria conseguì diversi diplomi e riconoscimenti. Nel 2003 vinse il premio
"Elsa Morante" che gli venne consegnato da Maurizio Costanzo e Dacia
Maraini. Il sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino gli conferì la medaglia
d'oro quale miglior ambasciatore della Campania nel mondo. Bianco, infatti, era
un valente conoscitore di lingue straniere, compresi alcuni dialetti. Conosceva
molti dialetti di paesi africani, che aveva avuto modo di apprendere nei suoi
frequenti viaggi; aveva conseguito, inoltre, una laurea in scienze coloniali.
L'Università Latina di Parigi gli conferì una laurea honoris causa in lettere. Un saggio biografico del 2001 e una raccolta
di poesie curata da Alfredo Marro, direttore del Caudino (mensile cervinarese
col quale il filosofo ha a lungo collaborato), si occupano del filosofo
cervinarese. Nell'autunno , Franco Martino gli dedicò una poesia dal titolo "A
Carlo Bianco" nel suo libro Paese mio carissimo. Bianco morì il 9 aprile a 99 anni mentre stava lavorando su un testo
di Tommaso d'Aquino. Il 29 ottobre la
città di Cervinara gli ha dedicato una piazza nella natia frazione dei
Salomoni. Opere Introduzione a Kant,
Edizione La nuova Italia letteraria, Bergamo, 1959. Saggio di filosofia dello
spirito, Editrice La Zagara, 1960. L'Uomo sui confini dell'ignoto, Edizioni
centro ricerche Biopsichiche, Padova, 1966. La morale come scienza della vita,
Edizioni Studi e ricerche, Catania, 1968. La morale come scienza della vita,
Edizione Studi e Ricerche Catania, 1968. Tempi di Sofistica, Edizioni studi e
ricerche, Catania, 1968. Pensieri, Vincenzo Ursini Editore, Catanzaro, 1990.
L'uomo, l'inconoscibile, Edizioni Scientifiche Internazionale, Napoli, 1996. La
vita davanti a voi, Casa Editrice Fausto Fiorentino, 1999. Note Vedi Cervinara commemora Carlo Bianco
articolo de la Repubblica, 3 settembre , Sezione Napoli, Archivio storico. Vedi È morto Carlo Bianco avvocato e
candidato al Nobel nel 2006 articolo de la Repubblica, 11 aprile , Sezione
Napoli, Archivio storico. Alfredo Marro,
Un gigante del pensiero, Edizioni Il Caudino, Cervinara 2001. Alfredo Marro,
Biografie cervinaresi, Edizioni Il Caudino, Cervinara 2004. Alfredo Marro,
Frammenti di un'animapoesie scelte di Carlo Bianco, Edizioni Il Caudino,
Cervinara 2006. Filomena Stanzione, Carlo Bianco nella Cultura Caudina, Casa
Editrice Fausto Fiorentino, Rotondi 2000.
Carlo Bianco, poeta della fede e del dolore biografia e nel sito "carlobianco.blogspot". Filosofia
Categorie: Avvocati italiani del XX secoloFilosofi italiani del XX
secoloLetterati italiani 1911 25 luglio
9 aprile Cervinara Cervinara
bobbio: Grice: “My
favourite Bobbio must be his ‘dialettica’ – he knows all about it, since he is
into the Plato/Aristotle models that run most philosophy – some think there is
a third model at play – but …” – “Bobbio is a good one; like me, he is a
philosophical cartographer – into the longitudinal and latitudinal unity of
philosophy – even if he can be picky when it comes to the longitudinal: Italian
only, and uncanonical, like Cattaneo, Gramsci, Croce, … -- Especially
Cattaneo!” Grice: “Bobbio – this is the philosopher, not the infantry general –
is a Griceian in that ‘fiducia reciproca’ becomes an essential meta-goal; he
has been involved with the dispute naturalism/positivism, and has come with
some interesting points about the ‘regole del gioco’ – and whether ‘custom’ can
be a ‘normative fact’!” – “All in all, his philosophy is about trying to look
for an answer to what I deem the fundamental question regarding rational
co-operation – His appeal to philosophical biology or zoology is interesting –
Toby trusts Tibby, the squarrels, as Jack trusts Jill and vice versa – but does
a ‘lupus’ trust a ‘lupus’? Hobbes, who didn’t know the first thing about
zoology, philosophical or other – thought so!” Essential Italian philosopher,
who’s written on Fregeian sense ‘senso,’the need for sensethe search for sense,
meaning meaning. «Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi
quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze.» (Norberto
Bobbio, Invito al colloquio, in Politica e cultura, Einaudi, Torino 195515.)
Norberto Bobbio (Torino) filosofo, giurista, politologo, storico e senatore a
vita italiano. Considerato «al tempo stesso il massimo teorico del
diritto e il massimo filosofo [italiano] della politica […] nella seconda metà
del Novecento», fu «sicuramente quello che ha lasciato il segno più profondo nella
cultura filosofico-giuridica e filosofico-politica e che più generazioni di
studiosi, anche di formazione assai diversa, hanno considerato come un
maestro». Bobbio nacque a Torino il 18 ottobre 1909 da Luigi (medico) e
Rosa Caviglia. Una condizione familiare agiata gli permise un'infanzia
serena. Il giovane Norberto scrive versi, ama Bach e la Traviata, ma
svilupperà, per causa di una non ben determinata malattia infantile «la
sensazione della fatica di vivere, di una permanente e invincibile stanchezza»
che si aggravò con l'età, traducendosi in un taedium vitae, in un sentimento
malinconico, che si rivelerà essenziale per la sua maturazione
intellettuale. Studiò prima al Ginnasio e poi al Liceo classico Massimo
D'Azeglio dove conoscerà Leone Ginzburg, Vittorio Foa e Cesare Pavese, poi
divenute figure di primo piano della cultura dell'Italia repubblicana. Dal
1928, come molti giovani dell'epoca, fu infine iscritto al Partito Nazionale
Fascista. La sua giovinezza, come da lui stesso descritto fu: "vissuta
tra un convinto fascismo patriottico in famiglia e un altrettanto fermo
antifascismo appreso nella scuola, con insegnanti noti antifascisti, come
Umberto Cosmo e Zino Zini, e compagni altrettanto intransigenti antifascisti
come Leone Ginzburg e Vittorio Foa". Allievo di Gioele Solari e
Luigi Einaudi, si laureò in Giurisprudenza l'11 luglio 1931 con una tesi
intitolata Filosofia e dogmatica del Diritto, conseguendo una votazione di
110/110 e lode con dignità di stampa. Nel 1932 seguì un corso estivo all'Marburgo,
in Germania, insieme a Renato Treves e Ludovico Geymonat, ove conoscerà le
teorie di Jaspers e i valori dell'esistenzialismo. L'anno seguente, nel
dicembre 1933, conseguì la laurea in Filosofia sotto la guida di Annibale
Pastore con una tesi sulla fenomenologia di Husserl, riportando un voto di
110/110 e lode con dignità di stampa, e nel 1934 ottenne la libera docenza in
Filosofia del diritto, che gli aprì le porte nel 1935 all'insegnamento,
dapprima all'Camerino, poi all'Siena e a Padova (dal 1940 al 1948). Nel 1934
pubblicò il primo libro, L'indirizzo fenomenologico nella filosofia sociale e
giuridica. Le sue frequentazioni sgradite al regime gli valsero, il 15
maggio 1935, un primo arresto a Torino, insieme agli amici del gruppo antifascista
Giustizia e Libertà; fu quindi costretto, a seguito di una intimazione a
presentarsi davanti alla Commissione provinciale della Prefettura per
discolparsi, a inoltrare esposto a Benito Mussolini. La chiara reputazione
fascista di cui godeva la famiglia gli permise però una piena riabilitazione,
tanto che, pochi mesi dopo, con il richiesto intervento di Mussolini e di
Gentile, ottenne la cattedra di filosofia del diritto a Camerino, che era
occupata da un altro ordinario ebreo, espulso a seguito delle leggi razziali.
Dopo un diniego iniziale a causa dell'arresto di tre anni prima, fu reintegrato
grazie all'intervento di Emilio De Bono, amico di famiglia, mentre era
presidente di commissione il cattolico e dichiarato antifascista Giuseppe
Capograssi. È in questi anni che Norberto Bobbio delineò parte degli
interessi che saranno alla base della sua ricerca e dei suoi studi futuri: la
filosofia del diritto, la filosofia contemporanea e gli studi sociali, uno
sviluppo culturale che Bobbio vive contemporaneamente al contesto politico
temporale. Un anno dopo le leggi razziali, infatti, esattamente il 3 marzo
1939, giurò fedeltà al fascismo per poter ottenere la cattedra all'Siena. E
rinnovò il giuramento nel 1940, a guerra dichiarata, per prendere il posto del
professor Giuseppe Capograssi, a sua volta insediatosi nel 1938 nella cattedra
del professor Adolfo Ravà estromesso dall'Padova perché ebreo. Questo episodio
della sua vitaspesso riportato come se Bobbio avesse preso direttamente il
posto di Ravàfu poi oggetto di svariate polemiche. Nel '42, un giovane
Bobbio affermò davanti alla Società Italiana di Filosofia del Diritto che
Capograssi crebbe in «quel rinascimento idealistico del XX secolo, nel nostro
campo di studi iniziato, stimolato, e, quel ch'è di più, criticamente fondato
da Giorgio Del Vecchio». Nel 1942 partecipò al movimento liberalsocialista
fondato da Guido Calogero e Aldo Capitini e, nell'ottobre dello stesso anno,
aderì al Partito d'Azione clandestino. Nei primi mesi del 1943 respinse
l'"invito" del ministro Biggini (che poco dopo redasse, su impulso di
Mussolini, la costituzione della Repubblica di Salò) a partecipare a una
cerimonia presso l'Padova durante la quale si sarebbe dedicata una lampada
votiva da collocare al sacrario dei caduti della rivoluzione fascista nel
cimitero della città. Nel 1943 sposò Valeria Cova: dalla loro unione
nacquero i figli Luigi, Andrea e Marco. Il 6 dicembre del 1943 fu arrestato a
Padova per attività clandestina e rimase in carcere per tre mesi. Nel 1944
venne pubblicato il saggio La filosofia del decadentismo, nel quale criticò
l'esistenzialismo e le correnti irrazionalistiche, rivendicando al contempo le
esigenze della ragione illuministica. Dopo la liberazione collaborò
regolarmente con Giustizia e Libertà, quotidiano torinese del Partito d'azione,
diretto da Franco Venturi. Collaborò all'attività del Centro di studi
metodologici con lo scopo di favorire l'incontro tra cultura scientifica e
cultura umanistica, e poi con la Società Europea di Cultura. Nel 1945
pubblicò un'antologia di scritti di Carlo Cattaneo, col titolo Stati uniti
d'Italia, premettendovi uno studio, scritto tra la primavera del 1944 e quella
del 1945 dove sosteneva che il federalismo come unione di stati diversi era da
considerarsi superato dopo l'avvenuta unificazione nazionale. Il
federalismo a cui pensava Bobbio era quello inteso come "teorica della
libertà" con una pluralità di centri di partecipazione che potessero
esprimersi in forme di moderna democrazia diretta. Nel 1948 lasciò
l'incarico a Padova e venne chiamato alla cattedra di filosofia del diritto
dell'Torino, annoverando corsi di notevole importanza come Teoria della scienza
giuridica (1950), Teoria della norma giuridica (1958), Teoria dell'ordinamento
giuridico (1960) e Il positivismo giuridico (1961). Dal 1962 assunse
l'incarico di insegnare scienza politica, che ricoprirà sino al 1971; fu tra i
fondatori della odierna facoltà di Scienze politiche all'Torino insieme con
Alessandro Passerin d'Entrèves, al quale subentrò nella cattedra di filosofia
politica nel 1972 mantenendola fino al 1979 anche per l'insegnamento di
Filosofia del diritto e Scienza politica. Dal 1973 al 1976 divenne preside
della facoltà ritenendo che mentre gli incarichi accademici fossero «onerosi e
senza onori» era l'insegnamento l'attività principale della sua vita: «un abito
e non solo una professione». La politica, del resto, divenne via via un
tema fondamentale nel suo percorso intellettuale e accademico, e parallelamente
alla pubblicazioni di carattere giuridico, aveva avviato un dibattito con gli
intellettuali del tempo; nel 1955 aveva scritto Politica e cultura, considerato
una delle sue pietre miliari, mentre nel 1969 era uscito il libro Saggi sulla
scienza politica in Italia. Nei venticinque anni accademici all'ombra
della Mole Antonelliana, Bobbio svolse anche diversi tra corsi su Kant, Locke,
lavori su Hobbes e Marx, Hans Kelsen, Carlo Cattaneo, Hegel, Vilfredo Pareto,
Gaetano Mosca, Piero Gobetti, Antonio Gramsci, e contribuì con una pluralità di
saggi, scritti, articoli e interventi di grande rilievo che lo portarono, in
seguito a diventare socio dell'Accademia dei Lincei e della British Academy.
Divenuto condirettore con Nicola Abbagnano della Rivista di filosofia a partire
dal '53, fu come questi socio dell'Accademia delle Scienze di Torino, della
quale entrò a far parte il 9 marzo dello stesso anno per essere confermato
socio nazionale e residente dal 26 aprile 1960. Significativa la
collaborazione, sul tema pacifista, col filosofo e amico antifascista Aldo
Capitini, le cui riflessioni comuni sfoceranno nell'opera I problemi della
guerra e le vie della pace (1979). Nel 1953 partecipò alla lotta condotta
dal movimento di Unità Popolare contro la legge elettorale maggioritaria e nel
1967 alla Costituente del Partito Socialista Unificato. Nel tempo delle
contestazioni giovanili, Torino fu la prima città a farsi carico della
protesta, e Bobbio, fautore del dialogo, non si sottrasse a un difficile
confronto con gli studenti, tra i quali il suo stesso primogenito Luigi che
militava all'epoca in Lotta Continua. Nel contempo, venne anche incaricato dal
Ministero per la Pubblica Istruzione quale membro della Commissione tecnica per
la creazione della facoltà di sociologia di Trento. Guido Calogero
e Norberto Bobbio alla Rencontres internationales de Genève (settembre 1953).
Nel 1971 Bobbio fu tra i firmatari della lettera aperta pubblicata sul
settimanale L'Espresso sul caso Pinelli. Nel 1998 Norberto Bobbio in una
lettera indirizzata ad Adriano Sofri pubblicata su La Repubblica ripudiò il
tono del linguaggio utilizzato nell'appello ma senza ritrattarne l'adesione al
contenuto di critica sui fatti legati a Piazza Fontana. Il 14 febbraio
1972 scrivendo a Guido Fassò intorno al problema democratico, Bobbio si sfogava
sostenendo che «questa nostra democrazia è divenuta sempre più un guscio vuoto,
o meglio un paravento dietro cui si nasconde un potere sempre più corrotto,
sempre più incontrollato, sempre più esorbitante [...] Democrazia di fuori,
nella facciata. Ma dietro la tradizionale prepotenza dei potenti che non sono
disposti a rinunciare nemmeno a un'oncia del loro potere, e lo mantengono con
tutti i mezzi, prima di tutto con la corruzione [...] La democrazia non è
soltanto metodo, ma è anche un ideale: è l'ideale egualitario. Dove questo
ideale non ispira i governanti di un regime che si proclama democratico, la
democrazia è un nome vano. Io non posso separare la democrazia formale da
quella sostanziale. Ho il presentimento che dove c'è soltanto la prima un regime
democratico non è destinato a durare [...] Sono molto amaro, amico mio. Ma vedo
questo nostro sistema politico sfasciarsi a poco a poco [...] a causa delle sue
interne, profonde, forse inarrestabili degenerazioni».[25] A metà degli
anni settanta, nel solco di un sempre più vivace impegno civile, e alle soglie
di uno dei periodi più drammatici in Italia (culminato col rapimento e
l'omicidio di Aldo Moro), provocò un vivace dibattito sia negando l'esistenza
di una cultura fascista sia trattando estensivamente sui rapporti tra
democrazia e socialismo. L'8 maggio 1981, alla vigilia dei referendum
sull'aborto, rilascia un'intervista al Corriere della Sera nella quale afferma
la sua contrarietà all'interruzione della gravidanza [26] Successivamente
la sua attenzione si concentrò a favore di una "politica per la
pace", con motivati distinguo a sostegno del diritto internazionale in
occasione della Guerra del Golfo del 1991. Delle venticinque lettere
inedite che fanno parte della corrispondenza epistolare che Bobbio tenne con
Danilo Zolo e che ora sono state rese pubbliche nel volume L'alito della
libertà, a cura dello stesso Zolo, interessante quella del 25 febbraio 1991
riguardante la "Guerra del Golfo" che vide protagonisti nel gennaio
del 1991 gli Stati Uniti di George Bush senior, le forze dell'ONU e vari paesi
arabi alleati contro l'Iraq di Saddam Hussein che aveva invaso il Kuwait.
Bobbio definì "giusta" questa guerra non rendendosi conto che quella
parola «... poteva essere interpretata in modo diverso da come l'avevo intesa
io... come guerra "giustificata" in quanto rispondente a
un'aggressione.» Bobbio quindi si lamentò delle polemiche nate al riguardo da
parte di "pacifisti da strapazzo". Il fatto che l'ONU, scrisse
Bobbio, avesse autorizzato l'intervento in guerra contro l'Iraq, la rendeva
"legale", in questo senso, "giusta". Bobbio però
riconobbe che l'ONU fosse stato successivamente, nel corso della guerra, messo
da parte e gli "spietati bombardamenti" su Baghdad hanno fatto sì che
si possa temere che «...se la pace sarà instaurata con la stessa mancanza di
saggezza con cui è stata condotta la guerra, anche questa guerra sarà stata,
come tante altre inutile.» Nel 1979 fu nominato professore emerito
dell'Torino e nel 1984, ai sensi del secondo comma dell'articolo 59 della
Costituzione italiana, avendo «illustrato la Patria per altissimi meriti» in
campo sociale e scientifico, fu nominato senatore a vita dal Presidente della
Repubblica Sandro Pertini. In quanto membro del Senato si iscrisse prima come
indipendente nel gruppo socialista, poi dal 1991 al gruppo misto ed infine dal
1996 al gruppo parlamentare del Partito Democratico della Sinistra, poi
divenuto dei Democratici di Sinistra.[27] Norberto Bobbio e Natalia
Ginzburg a Barolo per festeggiare gli ottant'anni di Vittorio Foa (4 ottobre
1990).[28] Nel 1994, dopo la stagione di mani pulite, e la cosiddetta fine
della Prima Repubblica, venne pubblicato il saggio Destra e sinistra, i cui
contenuti provocarono un notevole dibattito culturale, agitando non poco
l'humus della politica italiana. Il libro toccò le cinquecentomila copie
vendute in pochi mesi e venne ripubblicato l'anno successivo, riveduto e
ampliato, con risposte ai critici. A riconoscimento di un'intera vita
lucidamente dedicata alle scienze del diritto, della politica, della filosofia
e della società, tra dubbio e metodo, tra ethos e laicità, Bobbio ricevette
lauree honoris causa da molte università, tra le quali quelle di Parigi
(Nanterre), Buenos Aires, Madrid (tre, in particolare alla Complutense) e
Bologna,[29] e vinse il Premio europeo Charles Veillon per la saggistica nel
1981, il Premio Balzan del 1994,[30] ed il Premio Agnelli nel 1995. Nel
1997 pubblicò la sua autobiografia. Nel 1999 uscì una terza edizione aggiornata
del suo best seller, ormai tradotto in una ventina di lingue. Nel 2001 morì la
moglie Valeria, e Bobbio iniziò un graduale ritiro dalla vita pubblica, pur
rimanendo in attività e curando ulteriori pubblicazioni. Fecero rumore le sue
osservazioni critiche sia nei confronti di Silvio Berlusconi sia della
partitopenia (ossia mancanza di partiti)[31], e le riflessioni sulla crisi
della sinistra e della socialdemocrazia europea. Il 18 ottobre 2003, ricevette
il "Sigillo Civico" della sua Torino "per l'impegno politico e
il contributo alla riflessione storica e culturale". Dopo avervi
trascorso la maggior parte della vita, Norberto Bobbio morì a Torino il 9
gennaio 2004. Secondo le sue volontà, alcuni giorni dopo la morte, la salma
venne tumulata, con una cerimonia civile strettamente privata nel cimitero di
Rivalta Bormida, comune piemontese in provincia di Alessandria.[32][33] Il
pensiero di Norberto Bobbio si forma nei primi decenni del Novecento in una
temperie filosofica dominata dell'idealismo. Tuttavia, come molti studiosi
torinesi, non abbraccia mai questa visione del mondo: dopo un primo
accostamento alla fenomenologia, significativamente attestato dalle sue opere
sulla filosofia di Husserl, si avvicina al filone neorazionalista e
neoempirista fiorito in Europa, specialmente oltralpe in Germania ed attorno al
Circolo di Vienna. Negli anni quaranta e cinquanta Bobbio entra in
contatto con la filosofia analitica di tradizione anglosassone. Compie studi di
analisi del linguaggio, tracciando le prime linee di ricerca della scuola
analitica italiana di filosofia del diritto, di cui è ancora oggi riconosciuto
figura eminente di riferimento. Al riguardo vanno menzionati perlomeno i due
saggi: Scienza del diritto e analisi del linguaggio del 1950[34] e Essere e
dover essere nella scienza giuridica del 1967[35]. Dedica studi specifici
a Hobbes, a Pareto e a molti filosofi e teorici della politica di cui già s'è
detto. Vede nell'Illuminismo un modello di rigore e di rifiuto del dogmatismo
di cui riprende l'ideale razionalistico, traducendolo anche nell'analisi del
sistema democratico e parlamentare. Sino dagli anni cinquanta si occupa di temi
quali la guerra e la legittimità del potere, dividendo la sua produzione tra la
filosofia giuridica, la storia della filosofia e i temi di attualità
politica. Durante gli ultimi anni del fascismo, Bobbio matura la
convinzione della necessità di uno Stato democratico, che sgombri il campo dal
pericolo della politica ideologizzata e delle ideologie totalitarie sia di
destra che di sinistra; auspica una gestione laica della politica e un
approccio filosofico-culturale ad essa, che aiuti a superare la
contrapposizione fra capitalismo e comunismo e a promuovere la libertà e la
giustizia. Nel saggio Quale socialismo? (1976), Bobbio critica sia la
dialettica marxista sia gli obiettivi dei movimenti rivoluzionari, sostenendo
che le conquiste borghesi dovevano estendersi anche alla classe dei proletari.
Bobbio ritiene fallimentare solo l'esperienza marxista-leninista, mentre
prevede che le istanze di giustizia rivendicate dai marxisti possano, in
futuro, riaffiorare nel panorama politico. Il pensiero di Bobbio diviene
così, soprattutto tra gli intellettuali dell'area socialista, un modello
esemplare, grazie al suo 'sapere impegnato', certamente «più preoccupato di
seminare dubbi che di raccogliere consensi». Egli stesso riprenderà la
riflessione su un tema a lui caro, quello del rapporto tra politica e cultura,
proponendo, tra le pagine di Mondoperaio, una «autonomia relativa della cultura
rispetto alla politica» secondo la quale «la cultura non può né deve essere
ridotta integralmente alla sfera del politico». Nel 1994 esce l'opera
Destra e sinistra, nella quale Bobbio focalizza le differenze fra le due
ideologie e i due indirizzi politico-sociali; la destra, secondo l'autore, è
caratterizzata dalle tendenze alla disuguaglianza, al conservatorismo ed è
ispirata da interessi, mentre la sinistra persegue l'uguaglianza, la
trasformazione, ed è sospinta da ideali. In quest'opera, Bobbio si esprime anche
in favore dei diritti animali[36]. Nell'opera L'età dei diritti (1990),
Bobbio individua i diritti fondamentali che consentono lo sviluppo di una
democrazia reale e di una pace giusta e duratura. Una partecipazione collettiva
e non coercitiva alle decisioni comunitarie, una contrattazione delle parti,
l'allargamento del modello democratico a tutto il mondo, la fratellanza fra gli
uomini, il rispetto degli avversari, l'alternanza senza l'ausilio della
violenza, una serie di condizioni liberali, vengono indicati da Bobbio come
capisaldi di una democrazia, che seppur cattiva, è preferibile ad una
dittatura. Per tutta la vita scrittore di numerosissimi articoli, anche
tramite interviste, Norberto Bobbio incarna l'ideale della filosofia critica e
militante che lo vede protagonista anche del Centro di studi metodologici di
Torino e tra i fondatori del Centro studi Piero Gobetti di Torino che conserva
la sua biblioteca e il suo archivio, «Mi ritengo un uomo del dubbio e del
dialogo. Del dubbio, perché ogni mio ragionamento su una delle grandi domande
termina quasi sempre, o esponendo la gamma delle possibili risposte, o ponendo
ancora un'altra grande domanda. Del dialogo, perché non presumo di sapere
quello che non so, e quello che so metto alla prova continuamente con coloro
che presumo ne sappiano più di me.» (Norberto Bobbio, Elogio della
mitezza, Linea d'ombra edizioni, Milano 19948.) Contrario alla figura
dell'intellettuale «Profeta»[37], preferendo il ruolo del «Mediatore» impegnato
«nella difficile arte del dialogo» (e ciò è anche testimoniato dal colloquio
intrattenuto con i marxisti per un riesame critico del loro «dogmatismo e
settarismo» che coinvolse anche Togliatti)[38][39][40], il suo atteggiamento
teoretico fu segnato da una positiva «ambivalenza» fra una posizione realista e
una idealista che non rifuggiva le complessità del discorso, ricorrendo sovente
al paradosso. Ciò gli valse, in virtù dell'amore per il dibattito che consideri
«il pro e il contro» di ogni questione[41], la qualifica di filosofo «de la
indecisión» (Rafael de Asís Roig)[41][42], giacché ogni suo «ragionamento su
una delle grandi domande [si concludeva] quasi sempre, o esponendo la gamma
delle possibili risposte, o ponendo ancora un'altra grande
domanda».[43] Nell'ultimo libro che raccoglie saggi, scritti e
testimonianze su maestri, amici ed allievi, Bobbio comincia ricordando i tre
maestri Francesco Ruffini, Piero Martinetti e Tommaso Fiore. L'elenco degli
amici è lungo e annovera compagni di studio come Antonino Repaci[44][45] come
Renato Treves e Ludovico Geymonat e colleghi come Nicola Abbagnano, Bruno
Leoni, Alessandro Passerin d'Entrèves e Giovanni Tarello. Bobbio ricorda poi
gli allievi Paolo Farneti, Morris Lorenzo Ghezzi, Amedeo Giovanni Conte, Uberto
Scarpelli che, come Bobbio stesso scrive, nel 1972 fu naturaliter suo
successore a Torino sulla cattedra di Filosofia del diritto. Traggono
ispirazione dal pensiero di Bobbio le "lezioni Bobbio", svoltesi nel
2004, e la manifestazione "Biennale Democrazia" di
Torino. Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola della cultura e
dell'artenastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'oro ai benemeriti della
scuola della cultura e dell'arte — Roma, 2 giugno 1966.[46] Gran Croce del
Merito Civilenastrino per uniforme ordinariaGran Croce del Merito Civile —
Roma, 10 febbraio 1984. Laurea honoris causa in Scienze Politichenastrino per
uniforme ordinaria Laurea honoris causa in Scienze Politiche — Università degli
Studi di Sassari, 5 maggio 1994. Onorificenza dell'Ordine Messicano Aquila
Aztecanastrino per uniforme ordinaria Onorificenza dell'Ordine Messicano Aquila
Azteca — Torino, 21 novembre 1994. Intitolazioni A Norberto Bobbio è stata
intitolata la biblioteca dell'Torino, sita in Lungo Dora Siena, 100 A.
Gli è stato inoltre intitolato un istituto di istruzione superiore a Carignano,
nella provincia di Torino, denominato appunto "I.I.S Norberto
Bobbio". A lui è intitolata la biblioteca civica di Rivalta Bormida,
paese natale della madre Rosa Caviglia.[47] Opere Per una più completa ,
si rinvia a Carlo Violi, degli scritti
di Norberto Bobbio 1934-1993, Roma-Bari, Laterza, 1995, 978-88-420-4778-0. Norberto Bobbio,
L'indirizzo fenomenologico nella filosofia sociale e giuridicaDi Lucia, Torino,
Giappichelli, [1934], 978-88-921-0936-0. Norberto Bobbio, Scienza e
tecnica del diritto, Torino, Istituto giuridico della Regia Università,
1934, . Norberto Bobbio, L'analogia
nella logica del dirittoDi Lucia, Milano, Giuffrè, 2006 [1938], 978-88-14-13218-6. Norberto Bobbio, La
consuetudine come fatto normativo, introduzione diGrossi, Torino,
Giappichelli, [1942], 978-88-348-1745-2. Norberto Bobbio, La
filosofia del decadentismo, Torino, Chiantore, 1944, . Carlo Cattaneo e Norberto Bobbio, Stati
Uniti d'Italia. Scritti sul federalismo democratico, prefazione di N. Urbinati,
Roma, Donzelli, [1945], 978-88-6036-505-7. Norberto Bobbio, Teoria
della scienza giuridica, Torino, Giappichelli, 1950, . Norberto Bobbio, Politica e cultura,
introduzione e cura di F. Sbarberi, Torino, Einaudi, 2005 [1955], 978-88-06-17292-3. Norberto Bobbio, Studi
sulla teoria generale del diritto, Torino, Giappichelli, 1955, . Norberto Bobbio, Teoria della norma
giuridica, Torino, Giappichelli, 1958, .
Norberto Bobbio, Teoria dell'ordinamento giuridico, Torino, Giappichelli,
1960, . I corsi di lezione sulla norma e
sull'ordinamento giuridico sono stati rifusi in Norberto Bobbio, Teoria
generale del diritto, Torino, Giappichelli, 1993, 88-348-3071-7. Norberto Bobbio, Il
positivismo giuridico, Lezioni di Filosofia del diritto raccolte dal dott.
Nello Morra, Torino, Giappichelli, 1996 [1961],
88-348-6167-1. Norberto Bobbio, Locke e il diritto naturale,
introduzione di Gaetano Pecora, Torino,
[1963], 978-88-921-0945-2.
Norberto Bobbio, Da Hobbes a Marx. Saggi di storia della filosofia, 2ª ed.,
Napoli, Morano, 1971 [1964], . Norberto
Bobbio, Italia civile. Ritratti e testimonianze, 2ª ed., Firenze, Passigli,
1986 [1964], 978-88-368-0315-6. Norberto
Bobbio, Giusnaturalismo e positivismo giuridico, prefazione di L. Ferrajoli, 4ª
ed., Roma-Bari, Laterza, [1965], 978-88-420-8668-0. Norberto Bobbio, Profilo
ideologico del Novecento italiano, in Storia della letteratura italiana, 9
voll., direttori E. Cecchi e N. Sapegno,
9 (Il Novecento), Milano, Garzanti, 1965-69, 105-200,
. Ristampato come opera a sé stante, per Einaudi, nel 1986 (
88-06-59313-7), quindi, nuovamente per Garzanti, nel 1990 ( 88-11-67410-7).
Norberto Bobbio, Saggi sulla scienza politica in Italia, 2ª ed., Roma-Bari,
Laterza, 2005 [1969], 978-88-420-6387-2.
Norberto Bobbio, Diritto e Stato nel pensiero di Emanuele Kant, lezioni
raccolte dallo studente Gianni Sciorati, 2ª ed., Torino, Giappichelli, 1969
[1957], . Norberto Bobbio, Una filosofia
militante. Studi su Carlo Cattaneo, Torino, Einaudi, 1971, . Norberto Bobbio, La teoria delle forme di
governo nella storia del pensiero politico, anno accademico 1975-76, Torino,
Giappichelli, 1976, 978-88-348-0525-1.
Norberto Bobbio, Quale socialismo? Discussione di un'alternativa, 5ª ed.,
Torino, Einaudi, 1977, . Norberto
Bobbio, Il problema della guerra e le vie della pace, 4ª ed., Bologna, Il
Mulino, 2009 [1979], 978-88-15-13300-7.
Norberto Bobbio, Studi hegeliani. Diritto, società civile, Stato, Torino,
Einaudi, 1981, . Norberto Bobbio, Le
ideologie e il potere in crisi. Pluralismo, democrazia, socialismo, comunismo,
terza via e terza forza, Firenze, Le Monnier, 1981, 88-00-84034-5. Norberto Bobbio, Il futuro
della democrazia. Una difesa delle regole del gioco, Torino, Einaudi,
1984, 88-06-57547-3. Norberto Bobbio,
Maestri e compagni, 3ª ed., Firenze, Passigli, 1994 [1984], 88-368-0309-1. Norberto Bobbio, Il terzo
assente. Saggi e discorsi sulla pace e sulla guerra, 2ª ed., Casale Monferrato,
Sonda, [1989], 978-88-7106-007-1. Norberto Bobbio, Thomas
Hobbes, Torino, Einaudi, 2004 [1989],
978-88-06-16968-8. Norberto Bobbio, L'età dei diritti, Torino,
Einaudi, [1990], 978-88-06-22343-4. Norberto Bobbio, Il dubbio
e la scelta. Intellettuali e potere nella società contemporanea, Roma, Carocci,
2001 [1993], 88-430-1838-8. Norberto
Bobbio, Elogio della mitezza e altri scritti morali, Milano, Il
Saggiatore, [1994], 978-88-428-1882-3. Norberto Bobbio, Destra e
sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica, edizione del
ventennale con una introduzione di M.L. Salvadori e due commenti vent'anni dopo
di D. Cohn-Bendit e di M. Renzi, Roma, Donzelli, [1994],
978-88-6843-262-1. Norberto Bobbio, Tra due repubbliche. Alle origini
della democrazia italiana, con una nota storica di T. Greco, Roma, Donzelli,
1996, 978-88-7989-211-7. Norberto
Bobbio, Eguaglianza e libertà, Torino, Einuadi, 2009 [1995], 978-88-06-19868-8. Norberto Bobbio, De
senectute e altri scritti autobiograficiPolito, prefazione di G. Zagrebelsky,
Torino, Einaudi, 2006 [1996], 978-88-06-18493-3.
Norberto Bobbio, Né con Marx né contro Marx, C. Violi, Roma, Editori
Riuniti, [1997], 978-88-6473-197-1. Norberto Bobbio,
Autobiografia, A. Papuzzi, 3ª ed., Roma-Bari, Laterza, [1997],
978-88-420-5752-9. Norberto Bobbio, Teoria generale della politica, M.
Bovero, Torino, Einaudi, 2009 [1999],
978-88-06-19985-2. Norberto Bobbio, Trent'anni di storia della cultura a
Torino (1920-1950), introduzione di A. Papuzzi, Torino, Einaudi, 2002 [1977], 88-06-16250-0. Norberto Bobbio e Maurizio
Viroli, Dialogo intorno alla repubblica, Roma-Bari, Laterza, 2003 [2001], 978-88-420-6953-9. Norberto Bobbio,
Liberalismo e Democrazia, introduzione di F. Manni, Milano, Simonelli, 2006
[1985], 978-88-9320-148-3. Norberto
Bobbio, Contro i nuovi dispotismi. Scritti sul berlusconismo, premessa di E.
Marzo, postfazione di F. Sbarberi, Bari, Dedalo, 2008, 978-88-220-5508-8. Norberto Bobbio, Etica e
politica. Scritti di impegno civile, progetto editoriale e saggio introduttivo di
M. Revelli, Mondadori, [2009], 978-88-04-63388-4. Note Premio "Artigiano della
Pace"giovanipace.sermig.org, su giovanipace.sermig.org. 3 dicembre (archiviato dall'url originale l'8 dicembre
). Premi e riconoscimenti a Norberto Bobbiocentenariobobbio, su
centenariobobbio. 3 dicembre 12 settembre
). Fondazione Internazionale
BalzanPremiati: Norberto Bobbiobalzan.org
Hegel-Preis der Landeshauptstadt StuttgartStadt Stuttgart: Bisherige
Preisträgerstuttgart.de Luigi Ferrajoli,
L'itinerario di Norberto Bobbio: dalla teoria generale del diritto alla teoria
della democrazia , in Teoria politica, n. 3, 2004127. 4 luglio . N. Bobbio, seconda tavola fuori testo.
Scrive Bobbio: «[Fui] esonerato, per mia vergogna, dalle ore di ginnastica per
una malattia infantile restata, almeno per me, misteriosa». (Norberto Bobbio,
De senectute, Einaudi, Torino 1996, 27,
31 e passim) Fondo Norberto BobbioL'Inventario: Stanza studio Bobbio
(SB)centrogobetti , su centrogobetti, 213-214. 4 dicembre . N. Bobbio18.
Cesare Maffi, Massimo Bontempelli: punito da fascisti e antifascisti, in
ItaliaOggi, n. 206, 1º settembre 11.
Nello Ajello, Una vita per la democrazia nel secolo delle dittature, su
ricerca.repubblica, 10 gennaio 2004. 10 luglio
(archiviato il 10 luglio ). Anna
Pintore, RAVÀ, Adolfo Marco, in Dizionario biografico degli italiani, 86, Torino, Treccani, . 28 aprile . A puro titolo d'esempio si veda Diego
Gabutti, Norberto Bobbio non esitò a occupare la cattedra del professore ebreo
Adolfo Ravà, cacciato dall'università per motivi razziali, in ItaliaOggi, 31
maggio 13. 28 aprile . Francesco
Gentile, Società italiana di filosofia del diritto (atti del XXV Congresso), La
via della guerra e il problema della pace, Vincenzo Ferrari, Filosofia
giuridica della guerra e della pace, Milano, Courmayeur, Franco Angeli, 21-23
settembre 2006545,
978-88-464-9578-5, 230711533. 10
luglio (archiviato il 10 luglio ). "Laicità e immanentismo nel pensiero di
Norberto Bobbio", di Alfonso Di Giovine, in Democrazia e diritto, n. 4,
54. Nicola Abbagnano, Storia della filosofia,
volume 9. Il pensiero contemporaneo: il dibattito attuale, UTET, Torino
1998361. Norberto Bobbio, Tra due
repubbliche: alle origini della democrazia italiana, Donzelli Editore, 1996
pag.149 88-7989-211-8 A ottobre del 1955 Fortini si reca in Cina in
visita ufficiale nella Repubblica Popolare Cinese con la prima delegazione
italiana formata, tra gli altri, da Piero Calamandrei, Norberto Bobbio, Enrico
Treccani e Cesare Musatti. Il viaggio durerà un mese e il diario della visita
verrà pubblicato l'anno seguente in Asia Maggiore. Così Fortini chiama scherzosamente Bobbio
assimilandolo a Cartesio (Descartes) e al suo razionalismo Franco Fortini, Asia Maggiore, Einaudi, Torino
1956, 121-123. Ricordo di Norberto bobio, in Rivista di
Filosofia, XCV, n. 1, Bologna, Società
Editrice Il Mulino, Aprile 2004. 13 marzo
(archiviato l'8 giugno 2004).
Proiflo biografico di Norberto Bobbio, su accademiadellescienze, 2005.
13 marzo (archiviato il 13 marzo ). N. Bobbio, decima tavola fuori testo. "Non dobbiamo chiedere scusa per Piazza
Fontana" Guido Fassò, La democrazia
in Grecia, Giuffrè Editore, Milano 1999XI.
«con l'aborto si dispone di una vita altrui». Affermava la necessità di
evitare il concepimento non voluto e non gradito; e concludeva, rispondendo a
Nascimbeni: «Vorrei chiedere quale sorpresa ci può essere nel fatto che un
laico consideri come valido in senso assoluto, come un imperativo categorico,
il "non uccidere". E mi stupisco a mia volta che i laici lascino ai
credenti il privilegio e l'onore di affermare che non si deve uccidere».(in
Intervista a Bobbio) Senato della
Repubblica, su senato. N. Bobbio,
ventesima tavola fuori testo. Centenario
Norberto Bobbio, su centenariobobbio 5 aprile 2009). Premio Balzan [collegamento interrotto], su
balzan.com. I timori di Bobbio
Democrazia senza partitiLa Repubblica Ha
lasciato scritto Norberto Bobbio: «Ho compiuto 90 anni il 18 ottobre. La morte
dovrebbe essere vicina a dire il vero, l'ho sentita vicina tutta la vita. Non
ho mai neppure lontanamente pensato di vivere così a lungo. Mi sento molto
stanco, nonostante le affettuose cure di cui sono circondato, di mia moglie e
dei miei figli. Mi accade spesso nella conversazione e nelle lettere di usare
l'espressione 'stanchezza mortale'. L'unico rimedio alla stanchezza 'mortale' è
il riposo della morte. Decido funerali civili in comune accordo con mia moglie
e i miei figli. In un appunto del 10 maggio 1968 (più di trent'anni fa) trovo
scritto: vorrei funerali civili. Credo di non essermi mai allontanato dalla
religione dei padri, ma dalla Chiesa sì. Me ne sono allontanato ormai da troppo
tempo per tornarvi di soppiatto all'ultima ora. Non mi considero né ateo né
agnostico. Come uomo di ragione e non di fede, so di essere immerso nel mistero
che la ragione non riesce a penetrare fino in fondo, e le varie religioni
interpretano in vari modi. Alla morte si addice il raccoglimento, la commozione
intima di coloro che sono più vicini, il silenzio. Breve cerimonia in casa, o,
se sarà il caso, in ospedale. Nessun discorso. Non c'è nulla di più retorico e
fastidioso dei discorsi funebri». (Ne La Repubblica del 10 gennaio 2004 la
cronaca del funerale di Bobbio.) Né ateo
né agnostico ma lontano dalla Chiesa, in «La Repubblica», 10 gennaio 2004. Norberto Bobbio, Scienza del diritto e
analisi del linguaggio , in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile,
n. 2, giugno 1950, 342-367. 5 luglio
. Norberto Bobbio, Essere e dover essere
nella scienza giuridica , in Rivista di filosofia, n. 3, luglio-settembre 1967, 235-262. 5 luglio . «Mai come nella nostra epoca sono state messe
in discussione le tre fonti principali di disuguaglianza: la classe, la razza
ed il sesso. La graduale parificazione delle donne agli uomini, prima nella
piccola società familiare e poi nella più grande società civile e politica è
uno dei segni più certi dell'inarrestabile cammino del genere umano verso
l'eguaglianza. E che dire del nuovo atteggiamento verso gli animali? Dibattiti
sempre più frequenti ed estesi, riguardanti la liceità della caccia, i limiti
della vivisezione, la protezione di specie animali diventate sempre più rare,
il vegetarianesimo, che cosa rappresentano se non avvisaglie di una possibile
estensione del principio di eguaglianza al di là addirittura dei confini del genere
umano, un'estensione fondata sulla consapevolezza che gli animali sono eguali a
noi uomini, per lo meno nella capacità di soffrire? Si capisce che per cogliere
il senso di questo grandioso movimento storico occorre alzare la testa dalle
schermaglie quotidiane e guardare più in alto e più lontano». (da Destra e
sinistra, Donzelli, Roma 1994) N.
BobbioLIV, nota 11: «È significativo che nella sua ultima lezione accademica
tenuta come titolare della cattedra di Filosofia della politica a Torino il 16
maggio 1979, ‘presente’ come egli stesso ricorderà ‘il collega cui mi sentivo
intellettualmente e politicamente più vicino, Alessandro Passerin d'Entrèves’,
Bobbio abbia citato ‘con forza la celebre frase che subito dopo la Prima guerra
mondiale, di fronte agli allievi, che pretendevano dal celebre professore un
orientamento politico, Max Weber pronunciò: «La cattedra non è né per i
demagoghi né per i profeti»’. (N. Bobbio, Il mestiere di vivere, il mestiere di
insegnare, il mestiere di scrivere, colloquio con Pietro Polito, in “Nuova
Antologia”, a. CXXXIV, 583, fasc. 2211,
luglio-settembre 1999, 5-47)». N. Abbagnano, Storia della filosofia, IX, UTET per Gruppo Editoriale L'Espresso
S.p.A., Torino 2006, 459-460, ove è
detto: «Bobbio, dai primi anni Cinquanta in poi, ha ricorrentemente tallonato
la sinistra marxista, provocandola con intenti costruttivi e spingendola ad un
esame critico del suo persistente dogmatismo e settarismo. Il documento più
importante di tali provocazioni, nel decennio in esame, è la raccolta di saggi
Politica e cultura del 1955. Alcuni di questi saggi appaiono in origine sulla
rivista ‘Nuovi argomenti' che [...] costituisce in quegli anni uno dei più
significativi luoghi d'incontro tra area laica e quella marxista. Lì appare,
nel 1954, uno dei saggi più provocatori, in senso costruttivo, [...] rivolti a
quest'area (dalla quale si risponderà con gli interventi di Della Volpe e di
Togliatti): quello dal titolo molto significativo Democrazia e dittatura». Scrive Bobbio: «Pur non essendo mai stato
comunista [...] [e] avendo dedicato la maggior parte degli scritti di critica
politica a discutere coi comunisti su temi fondamentali come la libertà e la
democrazia [...], [ho] sempre considerato i comunisti, o per lo meno i
comunisti italiani, non come nemici da combattere ma come interlocutori di un
dialogo sulle ragioni della sinistra». (N. Bobbio, Teoria generale della
politica, Einaudi, Torino 2009618) Sul
pensiero di Bobbio circa il comunismo, si veda anche l'intervista Giancarlo
Bosetti, «No, non c'è mai stato il comunismo giusto» , in l'Unità, 3 aprile
1998. Segue alla pagina successiva Archiviato il 26 agosto in .. N. Bobbio203. N. BobbioXVII. N. Bobbio, Elogio della mitezza, Linea
d'ombra edizioni, Milano 19948. Antonino
Repaci, magistrato e uomo della Resistenza, nipote di Leonida Repaci Istituto storico della Resistenza e della
società contemporanea in provincia di Cuneo, su beniculturali.ilc.cnr:8080. 19
febbraio 26 aprile ). Sito della Presidenza della Repubblica,
quirinale Comune di Rivalta Bormida | La
Biblioteca, su comune.rivalta.al. 14 luglio . Norberto Bobbio,
Giuseppe Tamburrano, Carteggio su marxismo, liberalismo, socialismo, Roma,
Editori Riuniti, 978-88-359-5937-3 Pier
Paolo Portinaro, Introduzione a Bobbio, Roma-Bari, Laterza, 2008, 978-88-420-8632-1. Voce "Norberto
Bobbio" in , Biografie e bibliografie degli Accademici Lincei, Accademia
dei Lincei, Roma 1976, 749–750 Enrico Lanfranchi,
Un filosofo militante. Politica e cultura nel pensiero di Norberto Bobbio, Bollati
Boringhieri, Torino 1989; Nunzio Dell'Erba, Norberto Bobbio l'accento sulla
democrazia, in "Storia e problemi contemporanei", luglio-dicembre
1990, a. III, n. 6, 33–41. Angelo
Mancarella, Norberto Bobbio e la politica della cultura. Le sfide della ragione,
"Ideologia e Scienze sociali", 26, Lacaita Editore, Bari-Roma 1995
Giuseppe Gangemi, Meridione, Nordest, Federalismo. Da Salvemini alla Lega Nord,
Rubbettino, Soveria Mannelli 1996 Girolamo Cotroneo, Tra filosofia e politica.
Un dialogo con Norberto Bobbio, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1998, 978-88-7284-629-2. Silvio Paolini Merlo,
Consuntivo storico e filosofico sul "Centro di Studi Metodologici" di
Torino (1940-1979), Pantograf (CNR), Genova 1998 Morris Lorenzo Ghezzi, La
distinción entre hechos y valores en el pensamento de Norberto Bobbio,
Editorial U. Externado de Colombia, Bogotá 2007, 9789587109818 Tommaso Greco, Norberto Bobbio.
Un itinerario intellettuale tra filosofia e politica, Donzelli, Roma 2000
Costanzo Preve, Le contraddizioni di Norberto Bobbio. Per una critica del
bobbianesimo cerimoniale, CRT, Pistoia 2004 Gustavo Zagrebelsky, Massimo L.
Salvadori, Riccardo Guastini, Norberto Bobbio tra diritto e politica, Laterza,
Roma-Bari 2005 Marco Revelli , Norberto Bobbio maestro di democrazia e di
libertà, Cittadella Editrice, Assisi 2005 Valentina Pazé , L'opera di Norberto
Bobbio. Itinerari di lettura, Milano, Franco Angeli, 2005. 88-464-7037-0. Roberto Giannetti, Tra
liberaldemocrazia e socialismo. Saggi sul pensiero politico di Norberto Bobbio,
Plus, Pisa 2006 Antonio Punzi , Omaggio a Norberto Bobbio (1909-2004). Metodo,
linguaggio, Scienza del diritto, Giuffrè, Milano 2007 Paola Agosti, Marco
Revelli , Bobbio e il suo mondo. Storie di impegno e di amicizia nel '900,
Aragno, Torino 2009 Enrico Peyretti, Dialoghi con Norberto Bobbio su politica,
fede, nonviolenza , Claudiana, Torino () Nunzio Dell'Erba, Norberto Bobbio, in
Id., Intellettuali laici nel '900 italiano", Vincenzo Grasso editore,
Padova , 235–254 Pier Paolo Portinaro,
«Bobbio, Norberto» in Il contributo italiano alla storia del PensieroDiritto,
Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Ruiz Miguel Alonso, Politica,
historia y derecho en Norberto Bobbio [Fontamara ed.], . Mario G. Losano,
Norberto Bobbio. Una biografia culturale, Carocci, Roma , 510 978-88-430-9269-7 Tommaso Greco, Norberto
Bobbio e la storia della filosofia del diritto, in Diacronìa. Rivista di storia
della filosofia del diritto, n. 2, ,
77-105, 978-88-333-9347-6. 25
marzo . Norberto Bobbio; Franco Pierandrei, Introduzione alla costituzione,
Roma, Laterza, 1982, 896184660. Altri
progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Norberto Bobbio Collabora a
Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Norberto
Bobbio Sito ufficiale, su
centenariobobbio (archiviato dall'url originale). Norberto Bobbio, su TreccaniEnciclopedie on
line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Norberto Bobbio / Norberto Bobbio (altra versione), in Enciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Norberto Bobbio, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Norberto
Bobbio, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Norberto Bobbio, su Find a
Grave. Opere di Norberto Bobbio, su
openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Norberto Bobbio / Norberto Bobbio
(altra versione), . Norberto Bobbio, su Goodreads. Norberto Bobbio / Norberto Bobbio (altra
versione) / Norberto Bobbio (altra versione) / Norberto Bobbio (altra versione)
/ Norberto Bobbio (altra versione) / Norberto Bobbio (altra versione), su
senato, Senato della Repubblica.
Registrazioni di Norberto Bobbio, su RadioRadicale, Radio Radicale. Le opere di Norberto Bobbio (Biblioteca e Archivio
"Norberto Bobbio" del Centro Studi "Piero Gobetti" di
Torino), su erasmo. Commemorazione di Norberto Bobbio, su
giornaledifilosofia.net. Epistolario Norberto BobbioDanilo Zolo Norberto
Bobbio, dal sito dell'ANPIAssociazione Nazionale Partigiani d'Italia (ultimo
accesso del 15 ottobre 2009) I presupposti filosofici nell'opera di Norberto
Bobbio di Franco Manni V D M Antifascismo (1919-1943) V D M Senatori a vita di
nomina presidenziale Filosofia Politica
Politica Storia Storia Categorie:
Senatori della IX legislatura della Repubblica ItalianaSenatori della X
legislatura della Repubblica ItalianaSenatori dell'XI legislatura della
Repubblica ItalianaSenatori della XII legislatura della Repubblica
ItalianaSenatori della XIII legislatura della Repubblica ItalianaSenatori della
XIV legislatura della Repubblica ItalianaFilosofi italiani del XX
secoloGiuristi italiani del XX secoloPolitologi italiani 1909 2004 18 ottobre 9
gennaio Torino TorinoSenatori a vita italianiReligione e politicaAntifascisti
italianiPolitici del Partito d'AzioneBrigate Giustizia e LibertàPersone legate alla
Resistenza italianaResistenza padovanaVincitori del premio BalzanTeorici dei
diritti animaliPersonalità dell'agnosticismoOppositori della pena di
morteProfessori dell'Università degli Studi di CamerinoProfessori
dell'Università degli Studi di TorinoMembri dell'Accademia delle Scienze di
TorinoRettori dell'Università degli Studi di TrentoLaureati Honoris Causa
dell'BolognaFilosofi del dirittoFilosofi della politica. Refs.:
Luigi Speranza, "Grice e Bobbio," per Il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
BOCCADIFERRO Grice:
“Boccadiferro is a good one; he is what Oxonians call ‘a Renaissance man,’ and
all’italiana, he has a beautiful carved grave – He was into ‘physica,’ or
physics, what Lord Russell would call ‘stone-age metaphysics,’ but the Italians
call ‘fisica medievale,’ and he was surely an Aristotelian – Platonic physics
is a florentine, rather than a Bolognese thing – no wonder the first stadium
ever in Italy started in Bologna, not Firenze, whose Accademia platonica was
the place to see and be seen!” -- Ludovico
Boccadiferro Bologna: la tomba di
Boccadiferro nella basilica di San Francesco Ludovico Boccadiferro (Bologna)
filosofo e umanista italiano. Il suo nome latino è 'Ludovicus Buccaferrea, Nato a Bologna nel 1482 da una illustre
famiglia cittadina, dopo aver seguito le lezioni dei filosofi Alessandro
Achillini dal quale derivò il suo orientamento averroistico, e forse Pietro
Pomponazzi, presso lo Studio di Bologna, Ludovico Boccadiferro insegnò a sua
volta filosofia nella medesima università. Nel 1525 si trasferì alla Sapienza
di Roma ove ebbe modo di farsi apprezzare anche da papa Clemente VII. Alla
Sapienza rimase sino al 1527 quando, a seguito del rovinoso sacco di Roma dei
lanzichenecchi, tornò a Bologna per riprendere l'insegnamento che mantenne fino
sua alla morte, avvenuta nella città natale a circa sessantatré anni nel 1545.
È sepolto in una tomba monumentale all'interno della basilica di San Francesco
a Bologna. Scrisse diverse opere, in buona
parte edite postume o mai pubblicate, sulla filosofia aristotelica. Opere Explanatio libri I. Physicorum
Aristotelis. Ex Ludouici Buccaferreae, ..., Venezia, in Academia Veneta, 1558.
Noua explanatio Topicorum Aristotelis, Venezia, in Academia Veneta, 1559.
Ludouici Buccaferrei Bononiensis, ... Lectiones, in quartum Meteororum
Aristotelis librum, Venetiis, ex officina Francisci Senensis, 1563. Ludouici
Buccaferrei Bononiensis philosophi praeclarissimi Lectiones super primum librum
meteorologicorum Aristotelis, nunc recens in lucem editae. Additi etiam sunt
duo indices, tum rerum, tum quaestionum copiosissimi, Venetiis, apud Ioannem
Baptistam Somascum Papiensem, 1564. Domini Ludouici Buccaferrei ... Lectiones
super tres libros De anima Arist. Nunc recens in lucem aeditae, cum
copiosissimo indice tam rerum notabilium quam quaestionum quae in uniuerso
opere continentur, Venetiis, apud Ioan. Baptistam Somascum, & fratres,
1566. Explanatio libri primi Physicorum Aristotelis. Ex Ludouici Buccaferrei,
... lectionibus excerpta. Recenti hac nostra editione quam potuit
diligentissime expolita, atque elaborata, Venetiis, apud Hieronymum Scotum,
1570. Ludouici Buccaferrei Bononiensis ... Lectiones in Aristotelis Stagiritae
libros, quos vocant Parua naturalia, Venetiis, apud Hieronymum Scotum, 1570.
Ludouici Buccaferrei Bononiensis, ... Lectiones, in secundum, ac tertium
meteororum Aristotelis libros, Venetiis, apud Hieronymum Scotum, 1570. Ludouici
Buccaferrei Bononiensis ... In duos libros Aristotelis De generatione et
corruptione doctissima commentaria. A Ioanne Carolo Saraceno nunc primùm
castigata, atque diligentissimè repurgata. Necnon copiosissimo atque
locupletissimo indice ab eodem nunc primùm amplificata atque illustrata,
Venetiis, apud Franciscum de Franciscis Senensem, 1571. Ludouici Buccaferrei
... Lectiones super primum librum Meteorologicorum Aristotelis, duo additi
etiam sunt indices, nempe rerum ac quæstiorum copiosissimi, Venetiis, apud
hæredem Hieronymi Scoti, 1590. Note Vedi
Treccani L'Enciclopedia Italiana, riferimenti in . Fonte Dizionario Biografico degli Italiani,
riferimenti in . Antonio Rotondò,
«BOCCADIFERRO, Ludovico», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 11,
Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1969. Charles H. Lohr, «The Aristotle
commentaries of Ludovicus Buccaferrea», Nouvelles de la république des lettres,
1984, pp . 107-18. Alessandro Achillini
Averroè Aristotelismo Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia
Commons contiene immagini o altri file su Ludovico Boccadiferro Ludovico Boccadiferro, su
TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Ludovico Boccadiferro, in Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Ludovico Boccadiferro, su openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Opere di Ludovico Boccadiferro, . Ritratto di Ludovico Boccadiferro Quadreria
dell'Bologna, Archivio storico. il 24 marzo . Averroismo, in Dizionario di
filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. Filosofia Filosofo Professore1482
1545 3 maggio Bologna BolognaUmanisti italiani
BOCCANEGRA Grice:
“Boccanegra is a good one; we often laugh at Aquinas because he is a saint –
but we have to recall that Aquinas never knew it – for centuries after his
death he ain’t one! Boccanegra prefers to call him ‘Aquino,’ or ‘Aquinate,’
--.” Grice: “Boccanegra is like me a systematic philosopher: dalla metafisica
alla etica – is that possible? Yes, what is the ‘paraidm,’ in Kuhn’s use of
this tricky word? Esperienza, alla Locke! And co-experience in my
conversational model!” -- Alberto
Boccanegra (n. Venezia), filosofo.
Osvaldo Boccanegra nacque a Venezia, figlio primogenito di Antonio e Ida
Camerin. Partecipò alla seconda guerra mondiale come sottotenente del Regio
esercito, richiamato alle armi nel 1941. Nei giorni successivi all'armistizio
di Cassibile riuscì a sottrarsi alle rappresaglie naziste e si ricongiunse
all'esercito italiano a Catanzaro, dove spesso prestò servizio presso la Croce
rossa. Formazione Durante gli anni della
leva trovò il tempo per dedicarsi allo studio dell'intero Organon di
Aristotele. Nel 1948 ottenne il dottorato in filosofia presso l'Università
Cattolica di Milano con una tesi dal titolo I primi principi in Duns Scoto.
Presupposti e corollari. Nell'ateneo milanese, dove Boccanegra frequentava la
cerchia dei neo-tomisti radunatisi attorno a Gustavo Bontadini, gli venne
offerta la cattedra di filosofia teoretica che lui, tuttavia, rifiutò. In
quegli anni scrisse e divulgò le sue idee alternative sulla rivista filosofica
Vita e Pensiero. Entrò a far parte dell'Ordine Domenicano a San Domenico di Fiesole
il 10 ottobre 1948 con il nome religioso di frà Alberto, che lo accompagnò di
lì in poi anche in occasione della pubblicazione delle sue opere. Il 14 ottobre 1949 entrò al Pontificio Ateneo
Angelicum di Roma per lo studio delle materie filosofiche e teologiche dove nel
1953 discusse la sua tesi dottorale in filosofia (De dynamismo entis) e nel
1954 ottenne il lettorato in teologia grazie al suo Fundamenta metaphisica,
tractatus de Deo secundum S. Thomam. Ordinato sacerdote a San Marco di Firenze il
25 luglio 1953 non abbandonò più il convento di San Domenico di Fiesole. Attività filosofica, teologica e critica
Boccanegra lasciò per sempre incompiuto il suo trattato dottorale in teologia,
ma nel 1969 pubblicò comunque una esauriente sintesi del suo pensiero su vari
numeri della rivista filosofica “Sapienza”. Fu per anni vice direttore della
Commissione per la traduzione della Somma Teologica di Tommaso d'Aquino in
Italiano presieduta da Tito Centi. Gli imponenti schemi riassuntivi sono
consultabili nei 35 volumi editi dalle ESD di Bologna. Degne di nota furono le
sue corpose introduzioni alla Summa di d'Aquino pubblicate in più edizioni a
partire dal 1959. Neotomista, è
considerato da alcuni filosofo metafisico per altro tra i più rilevanti, mentre
altri lo ricordano tra i teologi cattolici di spicco. La sua attività preferita
tuttavia, fu l'insegnamento e la divulgazione. Negli anni settanta Professoreè
professore di filosofia al Pontificio Ateneo Angelicum di Roma. Di tale corso
ci restano le dispense dal titolo: Frammenti di metafisica iniziale. Per più di
vent'anni ha insegnato filosofia e teologia nello Studio Teologico Accademico
Bolognese e nello Studio Teologico Fiorentino.
Migliaia di pagine manoscritte sono conservate dopo la sua morte nell'archivio
conventuale di San Domenico di Fiesole. Fu autore di pubblicazioni ed articoli
filosofici comparsi o recensiti su riviste italiane ed internazionali. Fu confessore ricercato soprattutto dai
giovani. Nonostante una malattia che lo ha accompagnato e provato per quasi
tutta la vita costringendolo a cure costanti, riusciva quotidianamente a fare
escursioni per diversi chilometri. Quando negli ultimi anni le sue forze non
gli permisero di continuare la ricerca, si dedicò alla preghiera costante, sia di
giorno che di notte. Saggi e
pubblicazioni La beatitudine Gli atti umani (I-II, qq. 1-21), Edizioni Studio
Domenicano, 1985 La prova radicale dell'esistenza di Dio e i suoi rapporti con
l'antropologia, 1969 Osservazioni sul fondamento della moralità, 1975
Pluralismo teologico di «tolleranza» o di «diritto»?, 1966 Circa la relazione
di G. Bontadini, 1973 La persona umana centro della metafisica tomistica, 1969
Note Nome di battesimo. Angelo Belloni, Biografia di Alberto
Boccanegra, Ordine dei frati predicatori Domenicani, Provincia Romana di S.
Caterina da Siena, luglio Relatore
Amato Masnovo. Alberto Boccanegra,
L'uomo in quanto persona centro della metafisica tomista, su “Sapienza”, numero
3-4, XXII (1969), 410-513 Alberto Boccanegra, “La Somma teologica”, VIII, La Beatitudine; Gli Atti umani (I-II,
qq.1-21)” (Prima edizione 1959, seconda 1984) Giuseppe Del Re, The cosmic
dance: science discovers the mysterious harmony of the universe, Templeton
Foundation Press, 2000,
1890151254.62 Giuseppe Barzaghi,
Diario di metafisica. Concetti e digressioni sul senso dell'essere, Volume 3,
Studio Domenicano, 1997,
887094270870. Giovanni Cavalcoli,
Enrico Maria Radaelli, La questione dell'eresia in Rahner. Archiviato il 30
dicembre 2009 in ., articolo uscito su «Divinitas», anno LI, n. 3, III
quadrimestre 2008. Alberto Boccanegra,
L'uomo in quanto persona centro della metafisica tomista, su
"Sapienza", nn. 3-4, XXII, 1969,
410-513 Alberto Boccanegra, Il rinnovamento metodologico
nell'insegnamento della filosofia, "Revue internationale de
philosophie", Edizioni 87-90, 1969 L'homme et la moraleOrigine et sources
de la morale thomisteÉlaboration de la théologie comme science dans l'œuvre de
saint Thomas, "Revue thomiste", recensione, Volume 62, Saint-Maximin
(France), École de théologie pour les missions176. "Revista nacional de
cultura", recensione, Edizioni 173-178, Ministerio de Educación, Instituto
Nacional de Cultura y Bellas Artes, 196653.311595467 Identities-311595467 Biografie Biografie Cattolicesimo Cattolicesimo Filosofo del XX secoloTeologi
italiani 1920 19 ottobreMorti l'11
luglio Venezia FiesoleDomenicani italiani
BOCCHI: Grice:
“Bocchi is a good one; and Bocchi is a good one – Gianluca Bocchi is a curator
who lives in a Roman palazzo and whose expertise is ‘natura morta.’ Gianluca
Bocchi is also a philosopher of science – as he calls it – My favourite piece
by Bocchi is about collective thinking, -- solidarieta – Surely when I wrote
‘In defense of a dogma’ with my tutee we were being solidary with each other,
and we own each sentence – collective thinking --.” Grice: “I could have called
my desideratum the principle of conversational solidarity – I am thinking of
course Butler in mind, and the whole bit is to see why (if at all – cf.
Stalnaker) an utilitarian justification is insufficient, and we need recourse
to Kant!” -- Gianluca Bocchi «La nostra
età non ha soltanto vissuto l'esperienza della relatività da ogni punto di
vista. Ha fatto soprattutto l'esperienza dell'incompiutezza di ogni punto di
vista. La contingenza, la singolarità e l'irripetibilità di ogni punto di vista
sono condizioni indispensabili per avere accesso al mondo, per dialogare con
gli altri punti di vista, per creare nuovi mondi» «Per noi, raccogliere la sfida della complessità
significa considerare la scienza una via importante per riannodare i legami con
le altre tradizioni, per riscoprire con interesse i loro significati profondi,
per esplorare la varietà delle esperienze cognitive, emotive, estetiche,
spirituali della specie umana» «Il
nostro continente è sempre stato sede di migrazioni, di interazioni, di
contrasti e di conflitti fra popoli e stirpi differenti, e questa diversità di
radici è un elemento integrante dei suoi sviluppi passati e presenti.» Niente fonti! Questa voce o sezione
sull'argomento filosofi italiani non cita le fonti necessarie o quelle presenti
sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti
attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. -- Gianluca Bocchi (n.
Milano), filosofo. Gianluca Bocchi È un filosofo della scienza e della storia,
esperto di scienze biologiche ed evolutive, di storia globale, di storia
urbana, di geopolitica, di storia delle idee, delle culture, delle lingue. Ha
fra l'altro introdotto in Italia, con Mauro Ceruti, le tematiche concernenti le
scienze dei sistemi complessi e la connessa epistemologia della complessità,
contribuendo altresì alla loro diffusione a livello internazionale. Pubblicazioni Disordine e costruzione. Un'interpretazione
epistemologica dell'opera di Jean Piaget (con Mauro Ceruti), Milano,
Feltrinelli, 1981. Modi di pensare postdarwiniani. Saggio sul pluralismo
evolutivo (con Mauro Ceruti), Bari, Dedalo, 1984. La sfida della complessità
(con Mauro Ceruti), Milano, Feltrinelli, 1985, (nuova edizione con nuova
introduzione, Milano, Bruno Mondadori, 2007). Un nouveau commencement (con
Edgar Morin e Mauro Ceruti), Seuil, Paris, 1991. L'Europa nell'era planetaria
(con Edgar Morin e Mauro Ceruti), Milano, Sperling and Kupfer, 1991. Origini di
storie (con Mauro Ceruti), Milano, Feltrinelli, 1993, 88-07-10295-1. (tr. inglese The Narrative
Universe, NJ, Hampton Press; tr. spagnola El sentido de la historia, Editorial
Débate, Madrid; tr. portoghese Origens e Historias, Instituto Piaget, Lisbona).
La formazione come costruzione di nuovi mondi, Roma, Formez-Censis, 1993.
Solidarietà o barbarie. L'Europa delle diversità contro la pulizia etnica (a
cura di, con Mauro Ceruti), Milano, Raffaello Cortina, 1994. Le radici prime dell'Europa.
Gli intrecci genetici, linguistici, storici (a cura di, con Mauro Ceruti),
Milano, Bruno Mondadori, 2001. Origini della scrittura. Genealogie di
un'invenzione (a cura di, con Mauro Ceruti), Milano, Bruno Mondadori, 2002.
Educazione e globalizzazione (con Mauro Ceruti), Milano, Raffaello Cortina,
2004, 88-7078-865-2. Una e molteplice.
Ripensare l'Europa (con Mauro Ceruti), Milano, Tropea, 2009. Le città di
Berlino (con Laura Peters), Bologna, Bononia University Press, 2009. Le vie
della formazione. Creatività, innovazione, complessità (con Francesco
Varanini), Milano, Guerini, . L'Europa globale. Epistemologie delle identità,
Roma, Studium, , 978-88-382-4323-3.
Borderscaping: Imaginations and Practices of Border Making (a cura di, con
Chiara Brambilla, Jussi Laine, James W. Scott), Farnham (Surrey, UK), Ashgate,
. Note Gianluca Bocchi, Mauro Ceruti,
Origini di storie, Prefazione, Milano, Feltrinelli, 199312, 88-07-10295-1
Gianluca Bocchi, Mauro Ceruti, La sfida della complessità, Introduzione alla
nuova edizione, Milano, Bruno Mondadori, 2007, p.XXII. Gianluca Bocchi, L'Europa globale.
Epistemologie delle identità, Mille anni d'Europa, fra globale e locale, Roma,
Studium, 26. 978-88-382-4323-3. Sito ufficiale, su gianlucabocchi. 10
aprile (archiviato dall'url originale
l'8 settembre ). CE.R.CO, su cercounibg. 2 giugno 14 maggio ). Filosofia Filosofo Professore1954
19 dicembre Milano
bodei: Grice: “Bodei is a good one; of
course he is sardo -- my favourite of his tracts is one on ‘condivisione’ and
‘beni communi’ – which is what my conversational pragmatics is all about --; he
has also philosophised on the tricky Grecian concept of ‘harmony’, and the very
charming Roman concept of ‘con-cordia’ – and he has explored the diagogic form
of philosophy in his historical analysis of ‘la dialettica,’ – he has explored
‘ragione,’ vis-à-vis what he calls the ‘geometria delle passioni,’ and he has
also shed light on the univocity or lack thereof of ‘virtu cardinali” – virtue
is unitary, but some virtues are more unitary than others!” Grice: “Bodei has
explored ‘coraggio,’ and other virtues.” – “In his geometry of passions, he
sheds light on Plato’s convoluted idea that in my head I have the reason of a
man; in my heart I have the will of a lion-like warrior, and in my gut I have
the love of a multi-headed monster!” --
Essential Italian philosopher. Remo Bodei (n. Cagliari)
filosofo e accademico italiano. Laureato all'Pisa, perfezionò la sua
preparazione teoretica e storico-filosofica a Tubinga e Friburgo, frequentando
le lezioni di Ernst Bloch ed Eugen Fink; a Heidelberg, con Karl Löwith e Dieter
Henrich; poi all'Bochum. Conseguì inoltre il diploma di licenza e il diploma di
perfezionamento della Scuola Normale Superiore. Fu visiting professor
presso le Cambridge, Ottawa, New York, Toronto, Girona, Città del Messico, UCLA
(Los Angeles) e tenne conferenze in molte università europee, americane e australiane.
Dal 1981 al 1983 fu nel comitato redazionale della rivista Laboratorio
politico. Dal 1995 collaborava con Massimo Cacciari, Massimo Donà,
Giuseppe Barzaghi, Salvatore Natoli e Stefano Zamagni nell’iniziativa La
filosofia nei luoghi del silenzio, un tentativo di coniugare filosofia e
contemplazione nella forma del ritiro comunitario. Dal 2006 fu docente di
ruolo in Filosofia alla UCLA di Los Angeles, dopo aver a lungo
insegnato Storia della filosofia ed Estetica alla Scuola Normale Superiore
e all'Pisa, dove continuò a tenere, sia pur saltuariamente, qualche
corso. Era anche membro dell'Advisory Board internazionale dello
IEDIstituto Europeo di Design. Dal 13 novembre Remo Bodei fu socio corrispondente
dell'Accademia dei Lincei, per la classe di Scienze Morali, Storiche e
Filosofiche. Remo Bodei è morto il 7 novembre , a 81 anni. Era marito
della storica Gabriella Giglioni. I suoi libri sono stati tradotti in
molte lingue. Pensiero Si interessò a fondo della filosofia classica
tedesca e dell'Idealismo, esordendo con la fondamentale monografia Sistema ed
epoca in Hegel, dopo aver già tradotto in italiano l'importante Hegels Leben
(Vita di Hegel) di Johann Karl Friedrich Rosenkranz. Appassionato cultore della
poesia hölderliniana, all'autore dell'Hyperion dedicò saggi di notevole
interesse. Con il volume Geometria delle passioni estese la sua meditazione
anche a protagonisti della filosofia moderna come Cartesio, Hobbes e
soprattutto Spinoza. Studioso del pensiero utopistico del Novecento, in
particolare del marxismo eterodosso di Ernst Bloch e di autori 'francofortesi'
come Theodor Adorno e Walter Benjamin, intervenne nella discussione sulla
filosofia politica italiana, confrontandosi e dialogando in particolare con
Norberto Bobbio, Michelangelo Bovero, Salvatore Veca e Nicola Badaloni. Nei
suoi studi sull'estetica curò l'edizione dell'Estetica del brutto di Johann
Karl Friedrich Rosenkranz e analizzò in particolare concetti centrali come le
categorie del bello e del tragico. Costante la sua attenzione per Sigmund Freud
e gli sviluppi della psicoanalisi, per le logiche del delirio e per fenomeni in
apparenza quotidiani ma sconvolgenti come l'esperienza del déjà vu. Filosofo di
una ragione laica, sulla scia di Ernst Bloch, autore di Ateismo nel cristianesimo,
cercò di distillare anche nel teorico del compelle intrare, Agostino d'Ippona,
le possibili linee di un "ordo amoris" capace di assicurarci
quell'identità in cui, come vuole il Padre della Chiesa, saremmo noi stessi
pienamente: dies septimus, nos ipsi erimus ("il settimo giorno saremo noi
stessi"). Nel 1992 vinse il Premio Nazionale Letterario Pisa Sezione
Saggistica. Bodei inoltre curò la traduzione e l'edizione italiana di
testi di Hegel, Karl Rosenkranz, Franz Rosenzweig, Ernst Bloch, Theodor Adorno,
Siegfried Kracauer, Michel Foucault. Molti suoi lavori hanno per oggetto
lo spessore e la storia delle domande che riguardano la ricerca della felicità
da parte del singolo, le indeterminate attese collettive di una vita migliore,
i limiti che imprigionano l'esistenza e il sapere entro vincoli politici,
domestici e ideali. Già in Scomposizioni (1987), affrontò alcuni temi della
genealogia dell'uomo contemporaneo e propose la metafora della geometria
variabile per indagare le strutture concettuali ed espositive che, contraendosi
o espandendosi sino a noi, orientano la percezione e la formulazione di
problemi. La sua analisi dell'interazione di queste configurazioni mobili
proseguì in Geometria delle passioni (1991) e in Destini personali (2002) che
hanno avuto rilevante successo di pubblico. Alla divulgazione dell'amore
per la filosofia dedicò alcune conferenze e un libro (Una scintilla di fuoco,
2005). Negli ultimi tempi stava lavorando sulla storia e sulle teorie
della memoria. Citazioni «Ciascuno di noi vive nell'immaginazione altre
vite, alimentate dai testi letterari e dai media. Per loro tramite tenta di
porre rimedio alla limitatezza della propria esistenza. (citato in Corriere
della sera, 16 gennaio 2009)» «Malgrado i ripetuti annunci è certo che la
filosofia, al pari dell'arte, non è affatto 'morta'. Essa rivive anzi a ogni
stagione perché corrisponde a bisogni di senso che vengono continuamentee
spesso inconsapevolmenteriformulati. A tali domande, mute o esplicite, la
filosofia cerca risposte, misurando ed esplorando la deriva, la conformazione e
le faglie di quei continenti simbolici su cui poggia il nostro comune pensare e
sentire» (Remo Bodei, La filosofia nel Novecento, Roma, Donzelli,
1997188) «Nel passato il progresso delle civiltà umane era relativo, sottoposto
a cicli naturali di distruzioni e di rinascite, che ne spezzavano
periodicamente il consolidamento e la crescita» (Remo Bodei, Limite, Il
Mulino, 66) Opere Sistema ed epoca in Hegel, Bologna, Il Mulino, 1975.
Riedizione ampliata con il titolo: La civetta e la talpa. Sistema ed epoca in
Hegel, Bologna, Il Mulino, . Hegel e Weber. Egemonia e legittimazione, (con
Franco Cassano), Bari, De Donato, 1977 Multiversum. Tempo e storia in Ernst
Bloch, Napoli, Bibliopolis, 1979 (Seconda edizione ampliata, 1983).
Scomposizioni. Forme dell'individuo moderno, Torino, Einaudi, 1987. Riedizione
ampliata, Bologna, Il Mulino, . Hölderlin: la filosofia y lo trágico, Madrid,
Visor, 1990. Ordo amoris. Conflitti terreni e felicità celeste, Bologna, Il Mulino,
1991 (Terza edizione ampliata, 2005). Geometria delle passioni. Paura, speranza
e felicità: filosofia e uso politico, Milano, Feltrinelli, 1991 (Settima
edizione ampliata, 2003). Le prix de la liberté, Paris, Éditions du Cerf, 1995.
Le forme del bello, Bologna, Il Mulino, 1995. Seconda edizione riveduta e
ampliata Bologna, Il Mulino, . La filosofia nel Novecento, Roma, Donzelli,
1997. Se la storia ha un senso, Bergamo, Moretti & Vitali, 1997. La
politica e la felicità (con Luigi Franco Pizzolato), Roma, Edizioni Lavoro,
1997. Il noi diviso. Ethos e idee dell'Italia repubblicana, Torino, Einaudi,
1998. Le logiche del delirio. Ragione, affetti, follia, Roma-Bari, Laterza,
2000. I senza Dio. Figure e momenti dell'ateismo, Brescia, Morcelliana, 2001.
Il dottor Freud e i nervi dell'anima. Filosofia e società a un secolo dalla
nascita della psicoanalisi, Roma, Donzelli, 2001. Destini personali. L'età
della colonizzazione delle coscienze, Milano, Feltrinelli, 2002. Delirio e
conoscenza, Remo Bodei, in Il Vaso di Pandora, Dialoghi in psichiatria e
scienze umane, X, N. 3, 2002. Una
scintilla di fuoco. Invito alla filosofia, Bologna, Zanichelli, 2005. Piramidi
di tempo. Storie e teoria del déjà vu, Bologna, Il Mulino, 2006. Paesaggi
sublimi. Gli uomini davanti alla natura selvaggia, Milano, Bompiani, 2008. Il
sapere della follia, Modena, Fondazione Collegio San Carlo per
FestivalFilosofia, 2008. Il dire la verità nella genealogia del soggetto
occidentale in A.A. V.V., Foucault oggi, Milano, Feltrinelli, 2008. La vita
delle cose, Roma-Bari, Laterza, 2009. Ira. La passione furente, Bologna, Il
Mulino, . Beati i miti, perché avranno in eredità la terra (con Sergio Givone),
Torino, Lindau, . Immaginare altre vite. Realtà, progetti, desideri, Milano,
Feltrinelli, . Limite, Bologna, Il Mulino, . Le virtù Cardinali (con Giulio
Giorello, Michela Marzano e Salvatore Veca), Roma-Bari, Laterza, . Dominio e
sottomissione. Schiavi, animali, macchine, Intelligenza Artificiale, Bologna,
Il Mulino, . Onorificenze Grand'Ufficiale dell'Ordine al merito della
Repubblica Italiana.nastrino per uniforme ordinaria Grand'Ufficiale dell'Ordine
al merito della Repubblica Italiana. — 1º giugno 2001. Di iniziativa del
Presidente della Repubblica. Cavaliere dell'Ordine delle Palme Accademichenastrino
per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine delle Palme Accademiche immagine
del nastrino non ancora presente Cittadino onorario di Siracusa, Modena,
Carrara e Roccella Jonica. Note È morto
il filosofo Remo Bodei, aveva 81 anni, su fanpage, 7 novembre . Repubblica 18/08/ Albo d'oro, su
premionazionaleletterariopisa.onweb. 7 novembre . «Bodei Prof. Remo: Grande Ufficiale Ordine al
Merito della Repubblica Italiana», sito della presidenza della repubblica.
Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Remo Bodei Collabora a
Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Remo
Bodei Remo Bodei, su
TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Remo Bodei, su openMLOL, Horizons
Unlimited srl. Opere di Remo Bodei, .
Pubblicazioni di Remo Bodei, su Persée, Ministère de l'Enseignement
supérieur, de la Recherche et de l'Innovation.
Registrazioni di Remo Bodei, su RadioRadicale, Radio Radicale. Remo Bodei: Spinoza, un filosofo maledetto,
sul RAI Filosofia, su filosofia.rai.
Scheda del professor Bodei nel sito del Dipartimento di filosofia dell'Pisa, su
fls.unipi. V D M Vincitori del Premio Dessì Filosofia Filosofo del XX secoloFilosofi
italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani Professore1938 3 agosto 7 novembre Cagliari PisaAccademici
dei LinceiAccademici italiani negli Stati Uniti d'AmericaProfessori della
Scuola Normale SuperioreProfessori dell'Università della California, Los
AngelesProfessori dell'PisaStudenti dell'Pisa. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Bodei," per Il Club
Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
boezio:
Grice:
“Boezio is possibly my favourite Italian philosopher, only that he wasn’t
really Italian – he found Vittorino’s Latin translation from the Grecian urn of
Aristotle ‘rough,’ and provided a ‘newish’ one – but actually Vittorino had
better intuitions about the lingo than Boezio did – and that is why Strawson
preferred to tutor with the Vittorino translation – we covered all that Boezio
wrote – and we never used the Patrologia edition, since we are protestant!” --
Possibly the most important Italian philosopher of all time. Grice loved Boethius“He made Aristotle
intelligible at Clifton!” -- Anicius Manlius Severinus, Roman philosopher and
Aristotelian translator and commentator. He was born into a wealthy patrician
family in Rome and had a distinguished political career under the Ostrogothic
king Theodoric before being arrested and executed on charges of treason. His
logic and philosophical theology contain important contributions to the
philosophy of the late classical and early medieval periods, and his
translations of and commentaries on Aristotle profoundly influenced the history
of philosophy, particularly in the medieval Latin West. His most famous work,
The Consolation of Philosophy, composed during his imprisonment, is a moving
reflection on the nature of human happiness and the problem of evil and
contains classic discussions of providence, fate, chance, and the apparent
incompatibility of divine foreknowledge and human free choice. He was known
during his own lifetime, however, as a brilliant scholar whose knowledge of the
Grecian language and ancient Grecian philosophy set him apart from his Latin contemporaries.
He conceived his scholarly career as devoted to preserving and making
accessible to the Latin West the great philosophical achievement of ancient
Greece. To this end he announced an ambitious plan to translate into Latin and
write commenbodily continuity Boethius, Anicius Manlius Severinus 91 91 taries on all of Plato and Aristotle, but
it seems that he achieved this goal only for Aristotle’s Organon. His extant
translations include Porphyry’s Isagoge an introduction to Aristotle’s
Categories and Aristotle’s Categories, On Interpretation, Prior Analytics,
Topics, and Sophistical Refutations. He wrote two commentaries on the Isagoge
and On Interpretation and one on the Categories, and we have what appear to be
his notes for a commentary on the Prior Analytics. His translation of the
Posterior Analytics and his commentary on the Topics are lost. He also
commented on Cicero’s Topica and wrote his own treatises on logic, including De
syllogismis hypotheticis, De syllogismis categoricis, Introductio in
categoricos syllogismos, De divisione, and De topicis differentiis, in which he
elaborates and supplements Aristotelian logic. Boethius shared the common
Neoplatonist view that the Platonist and Aristotelian systems could be
harmonized by following Aristotle in logic and natural philosophy and Plato in
metaphysics and theology. This plan for harmonization rests on a distinction
between two kinds of forms: 1 forms that are conjoined with matter to
constitute bodies these, which he calls
“images” imagines, correspond to the forms in Aristotle’s hylomorphic account
of corporeal substances; and 2 forms that are pure and entirely separate from
matter, corresponding to Plato’s ontologically separate Forms. He calls these
“true forms” and “the forms themselves.” He holds that the former, “enmattered”
forms depend for their being on the latter, pure forms. Boethius takes these
three sorts of entities bodies,
enmattered forms, and separate forms to
be the respective objects of three different cognitive activities, which
constitute the three branches of speculative philosophy. Natural philosophy is
concerned with enmattered forms as enmattered, mathematics with enmattered
forms considered apart from their matter though they cannot be separated from
matter in actuality, and theology with the pure and separate forms. He thinks
that the mental abstraction characteristic of mathematics is important for
understanding the Peripatetic account of universals: the enmattered, particular
forms found in sensible things can be considered as universal when they are
considered apart from the matter in which they inhere though they cannot
actually exist apart from matter. But he stops short of endorsing this
moderately realist Aristotelian account of universals. His commitment to an
ontology that includes not just Aristotelian natural forms but also Platonist
Forms existing apart from matter implies a strong realist view of universals.
With the exception of De fide catholica, which is a straightforward credal
statement, Boethius’s theological treatises De Trinitate, Utrum Pater et
Filius, Quomodo substantiae, and Contra Euthychen et Nestorium show his
commitment to using logic and metaphysics, particularly the Aristotelian
doctrines of the categories and predicables, to clarify and resolve issues in
Christian theology. De Trinitate, e.g., includes a historically influential
discussion of the Aristotelian categories and the applicability of various
kinds of predicates to God. Running through these treatises is his view that
predicates in the category of relation are unique by virtue of not always
requiring for their applicability an ontological ground in the subjects to
which they apply, a doctrine that gave rise to the common medieval distinction
between so-called real and non-real relations. Regardless of the intrinsic
significance of Boethius’s philosophical ideas, he stands as a monumental
figure in the history of medieval philosophy rivaled in importance only by
Aristotle and Augustine. Until the recovery of the works of Aristotle in the
mid-twelfth century, medieval philosophers depended almost entirely on
Boethius’s translations and commentaries for their knowledge of pagan ancient
philosophy, and his treatises on logic continued to be influential throughout
the Middle Ages. The preoccupation of early medieval philosophers with logic
and with the problem of universals in particular is due largely to their having
been tutored by Boethius and Boethius’s Aristotle. The theological treatises
also received wide attention in the Middle Ages, giving rise to a commentary
tradition extending from the ninth century through the Renaissance and shaping
discussion of central theological doctrines such as the Trinity and
Incarnation. «Nulla è più
fugace della forma esteriore, che appassisce e muta come i fiori di campo
all'apparire dell'autunno.» (Boezio, citato da Umberto Eco ne Il nome
della rosa) Severino Boezio Boetius.png Magister officiorum del Regno Ostrogoto
Durata mandatosettembre 522 – agosto 523 MonarcaTeodorico il Grande Console del
Regno Ostrogoto Durata mandato510 Monarca Teodorico il Grande
PredecessoreFlavio Importuno SuccessoreMagno Felice Flavio Secondino Senatore
romano Durata mandato510 – settembre 524 Dati generali Professionefilosofo San
Severino Boezio Fl Boetio (Flavio Boezio) - Studiolo di Federico da
MontefeltroFl Boetio (Flavio Boezio) - Studiolo di Federico da
Montefeltro Padre della Chiesa Martire NascitaRoma,
475/477 MortePavia, 524/526 Venerato da Tutte le Chiese che ammettono il culto
dei santi Ricorrenza23 ottobre Attributipalma Manuale Anicio Manlio Torquato
Severino Boezio (in latino: Anicius Manlius Torquatus Severinus Boethius; Roma,
475/477 – Pavia, 524/526) è stato un filosofo e senatore romano.
Inter latinos aristotelis interpretes et aetate primi, et doctrina
praecipui dialectica, 1547. Da BEIC, biblioteca digitale Noto come Severino
Boezio, o anche solo come Boezio, con le sue opere ha avuto una profonda
influenza sulla filosofia cristiana del Medioevo, tanto che alcuni lo
collocarono tra i fondatori della Scolastica[1]. Fu principale collaboratore
del re Teodorico, ricoprendo la carica di magister officiorum. Boezio, nel
clima di rilancio della cultura che la pace rese possibile durante il regno del
re goto, concepì l'ambizioso progetto di tradurre in latino le opere di Platone
e di Aristotele. Teodorico, nei suoi ultimi anni, divenne sospettoso di
tradimenti e congiure, e Severino venne imprigionato a Pavia e
giustiziato. Papa Leone XIII ne approvò il culto per la Chiesa in Pavia,
che ne custodisce i resti nella basilica di San Pietro in Ciel d'Oro e lo
festeggia il 23 ottobre[2].Discendeva da una nobile famiglia, i cui membri
avevano avuto carriere prestigiose. Suo padre fu probabilmente Manlio Boezio,
prefetto del pretorio d'Italia, due volte prefetto di Roma e console nel 487;
probabilmente suo nonno fu il Boezio prefetto del pretorio sotto Valentiniano
III, ed è verosimile che fosse imparentato col Severino console nel 461 e col
Severino Iunior console nel 482. Boezio era anche imparentato con la nobile e
antica gens Anicia (gens a cui apparteneva san Gregorio Magno e san Benedetto
da Norcia), oltre che con lo scrittore Magno Felice Ennodio.[3] Alla morte del
padre avvenuta intorno al 490, fu affidato ad una nobile famiglia romana,
probabilmente quella di Quinto Aurelio Memmio Simmaco, la cui figlia Rusticiana
Boezio sposerà intorno al 495; la coppia ebbe due figli, Boezio e Simmaco, che
proseguirono la tradizione di famiglia di ricoprire ruoli prestigiosi
diventando entrambi consoli nel 522. L'evento fondante della vita
politica di Boezio fu la vittoria (493) del re degli Ostrogoti Teodorico il
Grande su Odoacre, re degli Eruli e sovrano d'Italia; fu l'inizio del regno
degli Ostrogoti sull'Italia (con Ravenna come capitale e Pavia e Verona come
sedi reali) e della difficile convivenza tra questi e la popolazione
romana. Boezio studiò alla scuola di Atene, retta dallo scolarca Isidoro
di Alessandria, dove si insegnavano soprattutto Aristotele e Platone insieme
con le quattro scienze fondamentali per la comprensione della filosofia
platonica, l'aritmetica, la geometria, l'astronomia e la musica; qui conobbe
forse il giovane e futuro grande commentatore di Aristotele, Simplicio.
S'iniziava con lo studio della logica aristotelica, preceduta dall'introduzione,
l'Isagoge, di Porfirio; è il piano che Boezio seguirà nel compito che un giorno
vorrà assumersi di tradurre in latino, commentare e accordare i due pensatori
greci. Al periodo intorno al 502 si fa risalire l'inizio della sua
attività letteraria e filosofica: scrisse i trattati del quadrivio, le quattro
scienze fondamentali del tempo, il De institutione arithmetica, il De
institutione musica e i perduti De institutione geometrica e De institutione
astronomica. Qualche anno dopo tradusse dal greco in latino e commentò
l'Isagoge di Porfirio, un'introduzione alle Categorie di Aristotele, che avrà
un'enorme diffusione nei secoli a venire. La sua erudizione era ben nota
e apprezzata: nel 507 Teodorico lo interpellò riguardo alla richiesta ricevuta
dal re burgundo Gundobado per un orologio ad acqua, e menzionò la sua
conoscenza del greco e la sua opera di traduzione dal greco al latino;[4]
quello stesso anno Teodorico consultò Boezio riguardo a un suonatore di lira,
richiestogli dal sovrano franco Clodoveo I, in quanto era al corrente della
conoscenza della teoria musicale da parte dell'erudito romano.[5] La fama
così ottenuta gli procurò il rango di patricius (già nel 507)[4] e nel 510 la
nomina al consolato sine collega da parte della corte imperiale di Costantinopoli,
carica biennale che gli dà diritto a un seggio permanente nel Senato
romano. Da questi anni fino al 520 tradusse e commentò le Categorie e il
De interpretatione di Aristotele, scrisse il trattato teologico Contra Eutychen
et Nestorium, il perduto commento ai Primi Analitici di Aristotele, un De
syllogismis categoricis, un De divisione, gli Analytica posteriora, un De
hypotheticis syllogismis, la traduzione, perduta, dei Topica di Aristotele e un
commento ai Topica di Cicerone. Partecipò ai dibattiti teologici del tempo:
intorno al 520 compose il De Trinitate, dedicato al nonno Simmaco, l'Utrum
Pater et Filius et Spiritus Sanctus de divinitate substantialiter praedicentur,
il Quomodo substantiae in eo quod sint bonae sint, cum non sint substantialia
sint. L'interesse di Boezio e di molta parte del patriziato romano per i
problemi teologici che avevano il loro centro soprattutto in Oriente, con i
dibattiti sull'arianesimo, misero in allarme Teodorico, che sospettava
un'intelligenza politica della classe senatoria romana con l'Impero, la cui
ostilità verso i Goti ariani era sempre stata appena malcelata. Appena
terminati i De sophisticis elenchis, perduti, e i De differentiis topicis,
Boezio fu chiamato alla corte di Teodorico, per discutere della non facile
convivenza fra gli elementi gotici e italici della popolazione. Nel 522 i suoi
due figli ebbero l'onore del consolato; in tale occasione Boezio pronunciò un
panegirico in onore di Teodorico di fronte al Senato romano.[6] Nel settembre
di quello stesso anno fu nominato magister officiorum, carica che tenne fino
all'agosto successivo, e Boezio stesso elenca tra gli atti che compì in tale
carica, come l'aver impedito ad alcuni militari ostrogoti di vessare i deboli,
l'aver osteggiato la pesante tassazione che gravava sulla Campania in periodo
di carestia, l'aver salvato le proprietà di Paolino, l'aver difeso da un
processo ingiusto l'ex-console Albino;[7] proprio quest'ultima azione causò la
caduta in disgrazia di Boezio, e la composizione della sua opera più
famosa. Era infatti accaduto che a Pavia il referendarius Cipriano aveva
sequestrato alcune lettere dirette alla corte di Bisanzio, in base alle quali
Cipriano accusò il nobile romano Albino di complottare ai danni di Teodorico.
Boezio difese Albino, affermando che le accuse di Cipriano erano false, e che
se Albino era colpevole, allora lo erano anche Boezio stesso e tutto il
Senato.[8] Gli furono avanzate delle nuove accuse fondate su sue lettere, forse
falsificate, nelle quali Boezio avrebbe sostenuto la necessità di «restaurare
la libertà di Roma»; fu allora sostituito nella sua carica da Cassiodoro e, nel
settembre 524, incarcerato a Pavia con l'accusa di praticare arti magiche; qui
ebbe inizio la composizione della sua opera più nota, il De consolatione
philosophiae. La tomba di Severino Boezio nella Basilica di San
Pietro in Ciel d'Oro a Pavia. Boezio fu giudicato a Roma da un collegio di
cinque senatori, estratti a sorte, presieduto dal praefectus urbi Eusebio.
Questi, nell'estate del 525, notificò la sentenza di condanna a morte di
Boezio, che fu ratificata da Teodorico ed eseguita presso Pavia, nell'Ager
Calventianus, una località che non si è potuta identificare con certezza.
Secondo alcuni studiosi, l'Ager Calventianus sarebbe da identificare con la
scomparsa località di Calvenza, presso Villaregio dove, nel XIX secolo, venne
scoperta una grande epigrafe del VI secolo, ora conservata nei Musei Civici di
Pavia, che fu forse la lastra tombale di Boezio[9]. Lo storico bizantino
Procopio racconta che, poco dopo l'esecuzione di Boezio e Simmaco, a Teodorico
fu servito un pesce di sproporzionate dimensioni nella cui testa gli parve di
vedere il teschio del secondo che lo fissava minaccioso. Sconvolto da ciò,
Teodorico si ammalò e morì poco dopo in preda ad allucinazioni e rimorsi.
Un'altra leggenda post mortem di Boezio narra che un cavallo nero si presentò
da Teodorico, che volle a forza montarlo. Il cavallo, insensibile alle redini,
iniziò a correre con il cavaliere incollato alla sella, finché arrivò al
Vesuvio, nel cratere del quale rovesciò Teodorico. Severino Boezio ebbe
due mogli. La prima fu la poetessa siciliana Elpide, morta nel 504. La seconda
fu Rusticiana.[10] Il pensiero di Boezio Le discipline filosofiche
Boezio e l'Aritmetica in un manoscritto tedesco del XV secolo Boezio
insegna agli studenti, miniatura, 1385 Consapevole della crisi della cultura
latina del suo tempo, Boezio avvertì la necessità di tramandare e conservare le
conoscenze elaborate nel mondo greco. Data alla filosofia la definizione di
amore della sapienza, da lui intesa come causa della realtà e perciò
sufficiente a sé stessa, la filosofia, come amore di quella, è anche amore e
ricerca di Dio, che è la sapienza assoluta. La filosofia è conoscenza di tre
tipi di esseri. Gli intellettibili - termine tratto da Mario Vittorino - sono
gli esseri immateriali, concepibili solo dall'intelletto, senza l'ausilio dei
sensi, come Dio, gli angeli, le anime; il ramo della filosofia che di questi si
occupa è propriamente la teologia. Gli intelligibili sono invece gli
esseri presenti nelle realtà materiali, le quali sono percepite dai sensi ma
quelli sono concepibili dall'intelletto: gli intelligibili sono dunque gli
intellettibili in forma materiale. La natura è infine oggetto della fisica,
suddivisa in sette discipline: quelle del quadrivium - aritmetica, geometria,
musica e astronomia - e del trivium - grammatica, logica e retorica. Le scienze
del quadrivio sono per Boezio i quattro gradi che portano alla sapienza: il
quadrivio «deve essere percorso da coloro la cui mente superiore può essere
sollevata dalla sensazione naturale agli oggetti più sicuri dell'intelligenza».
La prima delle discipline del quadrivio, «il principio e la madre» delle altre
è, per Boezio, l'aritmetica; il De institutione arithmetica, scritta intorno al
505 e dedicata al suocero Simmaco, è ripresa dall'Introduzione all'Aritmetica
di Nicomaco di Gerasa. Nel suo De institutione musica, la cui fonte sono
gli Elementi armonici di Tolomeo e un'opera perduta di Nicomaco, distingue tre
generi di musica: una musica cosmica, mundana, che non è percepibile dall'uomo
ma deve derivare dal movimento degli astri, dal momento che l'universo, secondo
Platone, è strutturato sul modello degli accordi musicali, la cui armonia è
fondata sull'equilibrio dei quattro elementi presenti in natura - acqua, aria,
terra e fuoco; una musica humana, espressione della mescolanza, nell'uomo,
dell'anima e del corpo e derivante dal rapporto fra l'elemento fisico e
l'elemento intellettuale e pertanto percepibile con un'attività di
introspezione in noi stessi; la musica ha una profonda influenza sulla vita
umana: è l'armonia dell'uomo con sé stesso e di sé con il mondo. Infine, esiste
naturalmente la musica pratica, strumentale, musica instrumentis constituta,
ottenuta dalle vibrazioni degli strumenti e dalla voce. Le altre due opere di
geometria e di astronomia, tratte dagli Elementi di Euclide e dall'Almagesto di
Tolomeo, sono andate perdute. La logica L'acquisizione delle discipline del
trivium - grammatica, retorica e logica - è utile per esprimere al meglio la
conoscenza che già si possiede. La logica di Boezio è in sostanza un commento
della logica di Aristotele, dal momento che egli segue l'Isagoge, il commento
alla logica aristotelica del neoplatonico Porfirio, che Boezio conobbe dapprima
nella traduzione latina di Vittorino e poi direttamente dal testo greco di
Porfirio, oltre a tradurre le Categorie e il De interpretatione di Aristotele.
Le categorie, secondo Aristotele, sono i diversi significati che i termini
(όροι) usati in una discussione possono assumere; un medesimo vocabolo - per
esempio uomo - può significare un uomo reale, l'uomo in generale, un uomo
rappresentato in una scultura; per evitare confusioni, al termine "uomo",
che è una categoria sostanza, aggiungendo altre nove categorie, ossia colore,
quantità, qualità, relazione, luogo, tempo, situazione, stato, azione e
passione, un discorso, che ha per soggetto la sostanza "uomo", sarà
chiaramente individuato. Al soggetto sostanza si possono unire dei
predicati, distinti da Aristotele in cinque modi diversi: il genere, la specie,
la differenza, la proprietà e l'accidente. Il genere è il predicato più
generale di un soggetto: al soggetto "Socrate" appartiene allora il
genere "animale" e, caratterizzando più in particolare con l'indicare
la specie come sottoclasse del genere, si potrà dire che Socrate è un animale
di specie "uomo". Le sostanze "prime", quelle che indicano
le cose, gli oggetti sensibili, esistono di per sé, secondo Aristotele, mentre
il genere e la specie sono indicate da Aristotele come sostanze
"seconde", e non è chiaro se esse esistano di per sé. A questo
proposito «non dirò», scrive Porfirio, «riguardo ai generi e alle specie, se
siano sostanze esistenti per sé, o se siano semplici pensieri; se siano realtà
corporee o incorporee; se siano separate dai sensibili ovvero poste in essi.
Poiché questa è impresa molto ardua, che ha bisogno di più vaste
indagini». Boezio in un manoscritto medievale. Allo stesso modo Boezio
si pone il problema se i generi e le specie siano realtà esistenti di per sé,
come esistono realmente i singoli individui, e se, in questo caso, siano realtà
spirituali o materiali e, se materiali, esistano in unione con le realtà
sensibili o se siano separate; oppure, non esistendo di per sé, se siano
semplici categorie dello spirito umano che le abbia concepite per necessità di
linguaggio. La risposta di Boezio è che «Platone ritiene che i generi, le
specie e gli altri universali non siano soltanto conosciuti separatamente dai
corpi, ma che esistano e sussistano indipendentemente da quelli; invece
Aristotele pensa che gli incorporei e gli universali sono sì oggetto di
conoscenza, ma che non sussistono che nelle cose sensibili. Quale di queste
opinioni sia la vera, io non ho avuto l'intenzione di decidere, perché è
compito di più alta filosofia. Noi abbiamo deciso di seguire l'opinione di
Aristotele, non perché l'approviamo totalmente ma perché questo libro l'Isagoge
di Porfirio è scritto seguendo le Categorie di Aristotele». Tuttavia
Boezio dà una risposta al problema degli universali, prendendola da Alessandro
d'Afrodisia: il pensiero umano è in grado di separare dagli oggetti sensibili
nozioni astratte, come quelle di "animale" e di "uomo";
anche se il genere e la specie non potessero esistere separati dal corpo, non
per questo ci è impedito di pensarli separatamente da esso. I cinque
predicabili o universali, se non sono delle sostanze, come vuole Aristotele,
sono allora dei concetti (intellectus): «uno stesso soggetto è universale
quando lo si pensa ed è singolare quando lo si coglie con i sensi nelle cose»;
platonicamente, egli riafferma così l'esistenza di oggetti propri della mente
che non possono essere conosciuti sensibilmente. Boezio non riprende la teoria
aristotelica dell'intelletto agente, che spiegherebbe come sia possibile al
pensiero separare ciò che è unito: nel suo commento all'Isagoge questa
operazione di astrazione resta inspiegata ma verrà ripresa, in diversa forma,
nel De consolatione philosophiae. Sono quattro gli scritti boeziani che
trattano di questioni teologiche: il Contra Eutychen et Nestorium, o De persona
et duabus naturis in Christo, dedicato a un diacono Giovanni, che potrebbe
essere il futuro papa Giovanni I, fu composto nel 512 come contributo al
controverso dibattito sulla persona e sulla natura, umana e divina, di Cristo.
Eutiche sosteneva l'esistenza in Cristo di una natura divina in una persona
divina, mentre Nestorio, sostenendo l'identità di persona e natura, sosteneva
che Cristo avesse avuto due nature, una divina e una umana e perciò anche due
persone, una divina e una umana. Boezio si preoccupa innanzi tutto di chiarire
i significati delle parole, affinché non si creino contrasti dovuti a semplici
fraintendimenti. Distingue tre diversi significati del termine «natura»,
natura come «predicato di tutte le cose esistenti», natura come «predicato di
tutte le sostanze corporee e incorporee» e natura come «differenza specifica
che dà forma a qualsiasi realtà»; definisce poi con "persona" una
«sostanza individua di natura razionale» riferibile agli uomini, agli angeli e
a Dio. Scrive infatti (Contra Eutychen, 2, 3): «la persona non si può mai
applicare agli universali, ma soltanto ai particolari e agli individui: non esiste
infatti la persona dell'uomo in genere o dell'uomo in quanto animale. Pertanto
se la persona appartiene soltanto alle sostanze e soltanto a quelle razionali,
se ogni natura è una sostanza, e se la persona sussiste non negli universali ma
soltanto negli individui, essa si può così definire: "la sostanza
individua di natura razionale"». Ma Boezio non pretende di aver dato
una parola definitiva sulla controversia: occorre che sia «il linguaggio
ecclesiastico a scegliere il nome più adatto»; per quello che lo riguarda, egli
dichiara di non essere «tanto vanitoso da anteporre la mia opinione a un
giudizio più sicuro. Non è in noi la sorgente del bene e nelle nostre opinioni
non vi è nulla che dobbiamo preferire a ogni costo; da Colui che solo è buono
derivano tutte le cose veramente buone». Intorno al 518 fu composto il De
hebdomadibus, o Ad eundem quomodo substantiae in eo quod sint, bonae sint, cum
non sint substantialia sint, ossia In che modo le sostanze siano buone in quel
che sono, pur non essendo beni sostanziali, ove Boezio distingue, nell'ente,
l'essere e il «ciò che è» l'id quod est, ciòe il soggetto individuale che
possiede l'essere: per Boezio «l'essere non è ancora, ma ciò che ha ricevuto la
forma dell'essere, quello è e sussiste». Stabilito che «tutto ciò che è
tende al bene», si pone il problema se possano definirsi buoni gli enti finiti,
la cui essenza non è la bontà; distingue allora i beni che sono tali in sé dai
«beni secondi», ossia quelli che lo sono in quanto partecipano della bontà, per
giungere alla conclusione che anche il «bene secondo» è buono, essendo
«scaturito da quello il cui essere stesso è buono», ossia dal primo Essere che
è anche e necessariamente il primo Bene. Nel De sancta Trinitate o Quomodo
trinitas unus Deus, uno scritto successivo al 520, si pone il problema se a
Dio, come a tutte le persone della Trinità, si applichino le categorie della
logica, e se dunque siano una sostanza e se sia possibile che abbiano degli
attributi; lo stesso tema, in forma sintetica, è espresso nell'Ad Johannem
diaconum utrum Pater et Filius et Spiritus Sanctus de divinitate
substantialiter praedicentur. Il De consolatione philosophiae La
consolazione della filosofia, miniatura del 1485. Boezio in prigione,
miniatura, 1385. Scritta durante la carcerazione, i cinque libri del De
consolatione si presentano come un dialogo nel quale la Filosofia,
personificata da «una donna di aspetto oltremodo venerabile nel volto, con gli
occhi sfavillanti e acuti più della normale capacità umana; di colorito vivo e
d'inesausto vigore, benché tanto avanti con gli anni da non credere che potesse
appartenere alla nostra epoca», dimostra che l'afflizione patita da Boezio per
la sventura che lo ha colpito non ha in realtà bisogno di alcuna consolazione,
rientrando nell'ordine naturale delle cose, governate dalla Provvidenza
divina. Si può dividere l'opera in due parti, una costituita dai primi
due libri e l'altra dagli ultimi tre. È una distinzione che corrisponde a
quanto raccomandato dallo stoico Crisippo nella cura delle afflizioni: quando
l'intensità della passione è al culmine, prima di ricorrere ai rimedi più
efficaci, occorre attendere che essa si attenui. Così infatti si esprime la
Filosofia (I, VI, 21): «siccome non è ancora il momento per rimedi più energici,
e la natura della mente è tale che, respingendo le vere opinioni, subito si
riempie di errori, dai quali nasce la caligine delle perturbazioni che confonde
l'intelletto, io cercherò di attenuare a poco a poco questa oscurità in modo
che, rimosse le tenebre delle passioni ingannevoli, tu possa conoscere lo
splendore della luce vera». Una medicina leggera, «qualcosa di dolce e di
piacevole che, penetrato al tuo interno, apra la strada a rimedi più efficaci»,
è la comprensione della natura della fortuna, esposta nel II libro utilizzando
temi della filosofia stoica ed epicurea. La fortuna (II, I, 10 e segg.) «era
sempre la stessa, quando ti lusingava e t'illudeva con le attrattive di una
felicità menzognera [...] se l'apprezzi, adeguati ai suoi comportamenti, senza
lamentarti. Se aborrisci la sua perfidia, disprezzala [...] ti ha lasciato
colei dalla quale nessuno può essere sicuro di non essere abbandonato [...] ti
sforzi di trattenere la ruota della fortuna, che gira vorticosamente? Ma,
stoltissimo fra tutti i mortali, se si fermasse, non sarebbe più lei». Del
resto, quello che la fortuna ci dà, saremo noi stessi a doverlo abbandonare in
quell'ultimo giorno della nostra vita che (II, III, 12) «è pur sempre la morte
della fortuna, anche della fortuna che dura. Che importanza credi allora che
abbia, se sia tu a lasciarla morendo, o se sia lei a lasciarti,
fuggendo?». Se dunque ci rende infelice tanto il suo abbandono durante la
nostra vita, quanto il fatto che, morendo, dobbiamo abbandonare i doni che quella
ci ha elargito in vita, allora la nostra felicità non può consistere in quei
doni effimeri, in cose mortali, e neppure nella gloria, nel potere e nella
fama, ma deve essere dentro noi stessi. Si tratta allora di conoscere
«l'aspetto della felicità vera», dal momento che ciascuno (III, II, 1) «per vie
diverse, cerca pur sempre di giungere a un unico fine, che è quello della
felicità. Tale fine consiste nel bene: ognuno, una volta che l'abbia ottenuto,
non può più desiderare altro». Dimostrato che (III, IX, 2) «con le ricchezze
non si ottiene l'autosufficienza, non la potenza con i regni, non con le
cariche il rispetto, non con la gloria la fama, né la gioia con i piaceri»,
tutti beni imperfetti, occorre determinare la forma del bene perfetto, «questa
perfezione della felicità». Ora, il bene perfetto, il «Sommo Bene», è
Dio, dal momento che, secondo Boezio, sviluppando una concezione neoplatonica
(III, X, 8) «la ragione dimostra che Dio è buono in modo da poterci convincere
che in lui vi è anche il bene perfetto. Se infatti non fosse tale, non potrebbe
essere l'origine di ogni cosa; vi sarebbe altro, migliore di lui, in possesso
del bene perfetto, a lui precedente e più prezioso; è chiaro che le cose
perfette precedono quelle imperfette. Pertanto, per non procedere all'infinito
col ragionamento, dobbiamo ammettere che il sommo Dio sia del tutto pieno del
bene sommo e perfetto; ma s'era stabilito che il bene perfetto sia la vera
felicità: dunque la vera felicità è posta nel sommo Dio». Nel IV libro
(I, 3) Boezio pone il problema di come «pur esistendo il buon reggitore delle
cose, i mali esistano comunque ed siano impuniti [...] e non solo la virtù non
venga premiata ma sia persino calpestata dai malvagi e punita al posto degli
scellerati». La risposta, secondo lo schema platonico, della Filosofia, è che
tutti, buoni e malvagi, tendono al bene; i buoni lo raggiungono, i malvagi non
riescono a raggiungerlo per loro propria incapacità, mancanza di volonta,
debolezza. Perché infatti i malvagi (IV, II, 31 - 32) «abbandonata la virtù,
ricercano i vizi? Per ignoranza di ciò che è bene? Ma cosa c'è di più debole
della cecità dell'ignoranza? Oppure sanno cosa cercare ma il piacere li
allontana dalle retta via? Anche in questo caso si dimostrano deboli, a causa
dell'intemperanza che impedisce loro di opporsi al male? oppure abbandonano il
bene consapevolmente e si volgono al vizio? Ma anche così cessano di essere
potenti e cessano persino di essere del tutto». Infatti il bene è l'essere e
chi non raggiunge il bene è privo necessariamente dell'essere: dell'uomo ha
solo la parvenza: «tu potresti chiamare cadavere un uomo morto, ma non
semplicemente uomo; così, i viziosi sono malvagi ma nego che essi siano in
senso assoluto». Nel quinto e ultimo libro Boezio tratta il problema della
prescienza e provvidenza divina e del libero arbitrio. Definito il caso (I, I,
18) «un evento inaspettato prodotto da cause che convergono in cose fatte per
uno scopo determinato», per Boezio il concorrere e confluire di quelle cause è
«il prodotto di quell'ordine che, procedendo per inevitabile connessione,
discende dalla provvidenza disponendo le cose in luoghi e in tempi
determinati». Il caso, dunque, non esiste in sé stesso, ma è l'evento di cui
gli uomini non riescono a stabilire le cause che lo hanno determinato. È
compatibile allora il libero arbitrio dell'uomo con la presenza della
prescienza divina e a cosa dovrebbe servire pregare che qualcosa avvenga o
meno, se già tutto è stabilito? La risposta della Filosofia è che la previdenza
di Dio non dà necessità agli eventi umani: essi restano la conseguenza della
libera volontà dell'uomo anche se sono previsti da Dio. Ma questo stesso
problema, così posto dall'uomo, non è nemmeno corretto. Dio è infatti eterno,
nel senso che non è soggetto al tempo; per lui non esiste il passato e il
futuro, ma un eterno presente; il mondo, invece, anche se non avesse avuto
nascita, sarebbe perpetuo, ossia soggetto al mutamento e dunque soggetto al
tempo; nel mondo esiste pertanto un passato e un futuro. La conoscenza che Dio
ha delle cose non è a rigore un "vedere prima", una pre-videnza, ma
una provvidenza, un vedere nell'eterno presente tanto gli eventi necessari,
come sono quelli regolati dalle leggi fisiche, che gli eventi determinati dalla
libera volontà dell'uomo. La fortuna della Consolazione fu notevole per
tutto il Medioevo, così da fare del suo autore una delle fonti più autorevoli
del pensiero cristiano, per quanto l'opera si fondi sulle tradizioni stoiche e
soprattutto neoplatoniche; essa tuttavia si manifesta come ultima autorevole
affermazione della libertà del pensiero in complementarità con la fede espressa
in sue altre opere, come dimostra il fatto che Boezio non abbia mai citato
Cristo in un'opera di tale natura e composta a un passo dalla morte - tanto che
già nel X secolo il monaco sassone Bovo di Corvey dirà, a questo riguardo, che
nella Consolazione sembra che la Filosofia abbia scacciato Cristo. Allievo
della scuola neoplatonica di Atene, Boezio trovò negli insegnamenti della
classica tradizione neoplatonica esempi di direttiva morale pienamente
sufficienti rispetto a quanto poteva trovare nel Cristianesimo, del quale, non
a caso, come mostrano i suoi Opuscoli teologici, si occupò soltanto per
problemi relativi unicamente alla dogmatica e mai alla morale e al destino
dell'uomo. Lo stile La De Consolatione philosophiae è un esempio di
prosimetro, una composizione in cui la poesia si alterna alla prosa, secondo un
modello che viene fatto risalire al filosofo cinico Menippo di Gadara nel III
secolo a.C. e introdotto a Roma nel I secolo a.C. da Varrone; molto
probabilmente Boezio tenne presente il De nuptiis Mercurii et Philologiae di
Marziano Capella, opera di struttura analoga, composta circa un secolo prima.
Boezio, nelle opere precedenti, frutto di elaborazioni teologiche, di commenti
e di traduzioni, non si era preoccupato di dare dignità letteraria ai suoi
scritti; nella Consolazione ha voluto affermare la propria appartenenza alla
tradizione latina, con una trasparente imitazione del dialogo platonico
attraverso i modelli di Cicerone e di Seneca, così da porsi, nel versante sia
letterario che filosofico, come l'ultimo classico romano. Le opere
discusse A Boezio furono attribuite altre opere, come la De fide catholica o
Brevis fidei christianae complexio, che sembra appartenere a quel suo allievo
Giovanni nel quale si è voluto riconoscere Papa Giovanni I. Anche se ancora
oggi vi è discussione sull'attribuzione a Boezio, l'impostazione catechistica
dell'opera, che tratta delle verità essenziali del Cristianesimo, quali la
Trinità, il peccato originale, l'Incarnazione, la Redenzione e la Creazione,
porterebbero a escludere una paternità boeziana. Attribuita a Mario Vittorino
la De definitione e a Domenico Gundisalvo la De unitate et uno, resta tuttora non
definito l'autore della De disciplina scholarium, anch'essa attribuita a suo
tempo a Boezio. Culto La figura di Boezio fu molto stimata nel Medioevo.
Le sue vicissitudini avevano molte analogie con la vita di San Paolo,
ingiustamente imprigionato e martire. Il poeta Dante Alighieri nomina
Boezio nella Divina Commedia e nel Convivio, dove afferma (II, 12) di averne
iniziato gli studi quando, dopo la morte di Beatrice, si era dedicato alla
filosofia. Nel Paradiso di Dante, Boezio è uno degli spiriti sapienti del IV
Cielo del Sole (Par., X, 124-126), che formano la prima corona di dodici
spiriti in cui è presente anche san Tommaso d'Aquino. Dal Martirologio
Romano al 23 ottobre: "A Pavia, commemorazione di san Severino Boezio,
martire, che, illustre per la sua cultura e i suoi scritti, mentre era
rinchiuso in carcere scrisse un trattato sulla consolazione della filosofia e
servì con integrità Dio fino alla morte inflittagli dal re
Teodorico". Opere Le date di composizione sono tratte da Philip
Edward Phillips, "Anicius Manlius Severinus Boethius: A Chronology and
Selected Annotated Bibliography", in Noel Harold Kaylor Jr., & Philip
Edward Phillips, (a cura di), A Companion to Boethius in the Middle Ages,
Leiden, Brill, 2012,551–589. Opere matematiche De institutione
arithmetica (c. 500) adattamento delle Introductionis Arithmeticae di Nicomaco
di Gerasa (c. 160 - c. 220). De Institutione musica (c. 510), si basa su
un'opera perduta di Nicomaco di Gerasa e sulla Harmonica di Tolomeo. Opere
logiche A) Traduzioni dal greco Porphyrii Isagoge (traduzione dell'Isagoge di
Porfirio) In Categorias Aristotelis De Interpretatione vel Periermenias
Interpretatio priorum Analyticorum (due versioni) Interpretatio Topicorum
Aristotelis Interpretatio Elenchorum Sophisticorum Aristotelis B) Commenti a
Porfirio, Aristotele e Cicerone In Isagogen Porphyrii commenta (due versioni,
la prima basata sulla traduzione di Gaio Mario Vittorino, (c. 504-505); la
seconda sulla sua traduzione (507-509). In Aristotelis Categorias (c. 509-511)
In librum Aristotelis de interpretatione Commentaria minora (non prima del 513)
In librum Aristotelis de interpretatione Commentaria majora (c. 515-516) In
Aristotelis Analytica Priora (due versioni) (c.520-523) Commentaria in Topica
Ciceronis (incompleta: manca la fine del sesto libro e tutto il settimo) Opere
originali De syllogismo cathegorico (505-506) De divisione (515-520?) De
hypotheticis syllogismis (c. 516-522) In Ciceronis Topica (prima del 522) De
topicis differentiis (prima del 523) Introductio ad syllogismos cathegoricos
(c. 523) Opuscola Sacra (trattati teologici) (c. 520) De Trinitate (c. 520-521)
Utrum Pater et Filius et Spiritus Sanctus de divinitate substantialiter
praedicentur (Se "Padre" "Figlio" e "Spirito
Santo", siano predicati sostanzialmente della Divinità) Quomodo
substantiae in eo quod sint bonae sint cum non sint substantialia bona
conosciuto anche col titolo De Hebodmadibus (In che modo le sostanze siano
buone in quel che sono, pur non essendo beni sostanziali) De fide Catholica
Contra Eutychen et Nestorium De consolatione Philosophiae (524-525). Frammenti
di un trattato sulla geometria sono pubblicati in: Menso Folkerts (a cura di),
Boethius' Geometrie II. Ein mathematisches Lehrbuch des Mittelalters,
Wiesbaden, Franz Steiner, 1970. Edizioni Severino Boezio, Dialectica,
Venetiis, apud Iuntas, 1547. Manlii Severini Boethii Opera Omnia, Patrologiae
cursus completus, Series latina, vol. 63 e 64, 1882 - 1891. Anicii Manlii
Severini Boethii Opera, I-II, Turnholt 1957-1999 Anicius Manlius Severinus
Boethius Torquatus, De consolatione philosophiae. Opuscula theologica, ed. C.
Moreschini, editio altera, Monachii - Lipsiae, 2005 (ed. prior 2000) Traduzioni
italiane Boezio Severino Delle consolazione della filosofia, Tradotto dalla Lingua
Latina in Volgar Fiorentino da Benedetto Varchi, Con Annotazioni a margine e
Tavola delle cose più segnalate. Si aggiunge la Vita dell'Autore..., in
Venezia, MDCCLXXXV, presso Leonardo Bassaglia, Venezia, 1785.[11] La
consolazione della Filosofia, traduzione di Umberto Moricca, Firenze, Salani,
1921. Philosophiae consolatio, testo con introduzione e trad. di Emanuele
Rapisarda, Catania, Centro di Studi sull'antico Cristianesimo, 1961. La
consolazione della filosofia, traduzione di R. Del Re, Roma, Edizioni
dell'Ateneo, 1968. Trattato sulla divisione, traduzione di traduzione,
introduzione e commento di Lorenzo Pozzi, Padova, Liviana Editrice, 1969. De
hypotheticis syllogismis, testo latino, traduzione, introduzione e commento di
Luca Obertello, Brescia, Paideia, 1969. La consolazione della filosofia,
introduzione di Christine Mohrmann, trad. di Ovidio Dallera, Collana BUR,
Milano, Rizzoli, 1970. La Consolazione della filosofia. Gli Opuscoli teologici,
traduzione di A. Ribet, a cura di Luca Obertello, Collana Classici del
pensiero, Milano, Rusconi, 1980,978-88-182-2484-9. De Institutione musica,
testo e traduzione di Giovanni Marzi, Roma, 1990. La consolazione della
filosofia, a cura di Claudio Moreschini, Collezione Classici Latini, Torino,
UTET, 1994,978-88-020-4825-3. La consolazione di Filosofia, A cura di Maria
Bettetini. Traduzione di Barbara Chitussi, note di Giovanni Catapano. Testo
latino a fronte, Collana NUE, Torino, Einaudi, 2010,978-88-061-9973-9. I valori
autentici, a cura di M. Jovolella, Collana Oscar Saggezze, Milano, Mondadori,
2010,978-88-046-0023-7. La ricerca della felicità (Consolazione della Filosofia
III), A cura di M. Zambon, Collana Letteratura universale.Il convivio, Venezia,
Marsilio, 2011,978-88-317-0827-2. Il De topicis differentiis di Severino
Boezio, a cura di Fiorella Magnano, Palermo, Officina di Studi Medievali, 2014.
Le differenze topiche. Testo latino a fronte, A cura di Fiorella Magnano,
Collana Il pensiero occidentale, Milano, Bompiani,
2017,978-88-452-9399-3. Note Battista
Mondin, La prima Scolastica: Boezio, Cassiodoro, Scoto Eriugena Martirologio romano, citato in Severino
Boezio, in Santi, beati e testimoni - Enciclopedia dei santi, santiebeati. Ennodio, Epistole, vi.6, vii.13,
viii.1. Cassiodoro, Variae, i.45.
Cassiodoro, Variae, ii.40. De
consolatione philosophiae, ii. 3.8. De
consolatione philosophiae, i 4.10-14.
Anonimo Valesiano, 14.85. Il
sepolcro di Boezio, su academia.edu.
Alessio Narbone, Bibliografia Sicola sistematica o apparato metodico
alla storia letteraria della Sicilia, Volume I, 1850,478. Il libro contiene una iniziale dedica a
""Cosimo De' Medici Gran Duca di Toscana"", poi la
""VITA DI ANICIO MANLIO TORQUATO SEVERINO BOEZIO scritta latinamente
da Giulio Marziano Rota ed ora nuovamente volgarizzata"", ed infine
la traduzione in fiorentino "" volgare fiorentina"" di
Benedetto Varchi che traduce in italiano anche le parti non in prosa con versi
in rime alternate: ultima cosa curiosa, alla fine ci sono due ''''Inni d'ELPIDE,
Matrona Siciliana Consorte di Boezio''''. Bibliografia «Anicius Manlius
Severinus Boethius iunior 5», The Prosopography of the Later Roman Empire
volume II,233–236 L. M. Baixauli, Boezio. La ragione teologica, Milano, 1997
Henry Chadwick, Boezio: la consolazione della musica, della logica, della
teologia e della filosofia, Bologna, 1986 G. d'Onofrio, Fons scientiae. La
dialettica nell'Occidente tardo antico, Napoli, 1984 A. de Libera, Il problema
degli universali da Platone alla fine del Medioevo, Firenze, 1999 Anselmo Maria
Frigerio, “Sulla prima scolastica medievale", Torino 1927 A. M. Frigerio,
Il pensiero teologico ed etico di Severino Boezio, Torino 1929 A. M. Frigerio,
Lo sviluppo filosofico della dottrina cristiana dell'alto medioevo, Torino 1935
M. T. Fumagalli Beonio Brocchieri e M. Parodi, Storia della filosofia
medievale, Milano, 200588-420-4857-7 F. Gastaldelli, Boezio, Roma, 1997 Aurelia
Josz, Severino Boezio nel dramma della romanità: visione nella storia, Milano,
Treves, 1937, SBN IT\ICCU\LO1\0365764. Bruno Maioli, Teoria dell'essere e
dell'esistente e classificazione delle scienze in M. S. Boezio, Roma, Bulzoni,
1978 C. Micaelli, Dio nel pensiero di Boezio, Napoli, 1994 C. Micaelli, Studi
sui trattati teologici di Boezio, Napoli, 1984 M. Milani, Boezio. L'ultimo degli
antichi, Milano, 1994 Christine Mohrmann, Introduzione alla Consolazione della
filosofia, BUR, 1977 Battista Mondin, La prima Scolastica: Boezio, Cassiodoro,
Scoto Eriugena, Euntes docete. Commentaria Urbaniana, Roma 44 (1991) 5-30
Claudio Moreschini, Boezio e la tradizione del Neoplatonismo latino, in «Atti
del Convegno Internazionale di Studi Boeziani», Roma, 1981 Claudio Moreschini,
Neoplatonismo e Cristianesimo: «partecipare a Dio» secondo Boezio e Agostino,
Catania, 1991 Claudio Moreschini, Varia boethiana, D'Auria M., 2003 Luca
Obertello, Severino Boezio, 2 voll., Genova, 1974 Roberto Pinzani, La logica di
Boezio, Milano, 2003 E. Rapisarda, La crisi spirituale di Boezio, Catania, 1953
F. Troncarelli, Boethiana Aetas. Modelli grafici e fortuna manoscritta della
«Consolatio Philosophiae» tra IX e XII secolo, Firenze, 1993 Voci correlate De
Institutione musica Tavola pitagorica Altri progetti Collabora a Wikisource
Wikisource contiene una pagina dedicata a Severino Boezio Collabora a
Wikisource Wikisource contiene una pagina in lingua latina dedicata a Severino
Boezio Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Severino
Boezio Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o
altri file su Severino Boezio Collegamenti esterni Severino Boezio, su Treccani
– Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Severino Boezio, in
Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Severino Boezio, su
Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.Claudio Leonardi,
Severino Boezio, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 11, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, 1969.(DE) Severino Boezio, su ALCUIN, Università di
Ratisbona.Severino Boezio, su MacTutor, University of St Andrews, Scotland.(LA)
Opere di Severino Boezio, su Musisque Deoque.(LA) Opere di Severino Boezio, su
digilibLT, Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro.Opere
di Severino Boezio / Severino Boezio (altra versione) / Severino Boezio (altra
versione) / Severino Boezio (altra versione) / Severino Boezio (altra versione)
/ Severino Boezio (altra versione) / Severino Boezio (altra versione) /
Severino Boezio (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl.Opere di
Severino Boezio, su Open Library, Internet Archive.Opere di Severino Boezio, su
Progetto Gutenberg.Audiolibri di Severino Boezio, su LibriVox.Severino Boezio,
su Goodreads.(FR) Bibliografia su Severino Boezio, su Les Archives de
littérature du Moyen Âge.Severino Boezio, in Catholic Encyclopedia, Robert
Appleton Company.Severino Boezio, su Santi, beati e testimoni,
santiebeati.Spartiti o libretti di Severino Boezio, su International Music
Score Library Project, Project Petrucci LLC.Severino Boezio, su MusicBrainz,
MetaBrainz Foundation.John Marenbon, Anicius Manlius Severinus Boethius, in
Edward N. Zalta (a cura di), Stanford Encyclopedia of Philosophy, Center for
the Study of Language and Information (CSLI), Università di Stanford.The
Philosophical Works of Boethius. Editions and Translations, su historyoflogic.com.Boethius'
Logic and Metaphysics. An Annotated Bibliography, su historyoflogic.com. Essere
ed esistenza nell'opera di Severino Boezio, su mondodomani.org. Boezio e la
questione della felicità, su donbosco-torino. Temi del De consolatione
philosophiae e cenni biografici del filosofo, su taozen. Opera Omnia, su
documentacatholicaomnia.eu. dal Migne, Patrologia Latina, con indici analitici.
De Arte Arithmetica libri duo, su daten.digitale-sammlungen.de. Manoscritto
conservato nella Biblioteca digitale di Monaco di Baviera. De institutione
Musica, su imslp.org. PredecessoreConsole romanoSuccessore Flavio Importuno,
sine collega510Flavio Arcadio Placido Magno Felice, Flavio Secondino V · D · M
Padri e dottori della Chiesa cattolica Severino Boezio Boetius.png Magister
officiorum del Regno Ostrogoto Durata mandatosettembre 522 – agosto 523 MonarcaTeodorico
il Grande Console del Regno Ostrogoto Durata mandato510 MonarcaTeodorico il
Grande PredecessoreFlavio Importuno SuccessoreMagno Felice Flavio Secondino
Senatore romano Durata mandato510 – settembre 524 Dati generali Professionefilosofo
San Severino Boezio Fl Boetio (Flavio Boezio) - Studiolo di Federico da
MontefeltroFl Boetio (Flavio Boezio) - Studiolo di Federico da
Montefeltro Padre della Chiesa Martire NascitaRoma,
475/477 MortePavia, 524/526 Venerato daTutte le Chiese che ammettono il culto
dei santi Ricorrenza23 ottobre Attributipalma ManualeInter latinos aristotelis
interpretes et aetate primi, et doctrina praecipui dialectica, 1547. Da BEIC, biblioteca
digitale. Boezio raffigurato col proprio suocero, Quinto Aurelio Memmio
Simmaco, nobile e letterato romano.Controllo di autoritàVIAF100218964 ·
ISNI0000 0001 2283 4442 · SBN IT\ICCU\CFIV\082200 · Europeana agent/base/145483
· LCCNn79029805 · GND (DE) 11851282X · BNF (FR) cb14840639m (data) · BNE (ES)
XX859481 (data) · ULAN500355319 · NLA35019855 · BAV495/44468 · CERL cnp01316117
· NDL (EN, JA) 00434105 · WorldCat Identitieslccn-n79029805 Filosofia Portale
Filosofia Letteratura Portale Letteratura Lingua latina Portale Lingua latina
Categorie: Filosofi romaniSenatori romaniNati a RomaMorti a PaviaAniciiConsoli
medievali romaniFilosofi cristianiFilosofi giustiziatiMartiri cristianiMagistri
officiorumPersonaggi citati nella Divina Commedia (Paradiso)Santi romani del VI
secoloTeorici della musica italianiTraduttori dal greco al latino[alter. Refs.: Boethiius,
in Stanford Encyclopaedia. Luigi Speranza,
"Grice e Boezio," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool
Library, Villa Grice, Liguria, Italia. Bollettino della Società filosofica italiana.
bolzano: the Italian
ancestor of the philosopher – cf. Brenttano. b., an intentionalist philosopher
considered by most as a pre-Griceian, philosopher. He studied philosophy,
mathematics, physics, and theology in Prague; received the Ph.D.; was ordained
a priest 1805; was appointed to a chair in religion at Charles in 1806; and, owing to his criticism of the
Austrian constitution, was dismissed in 1819. He composed his two main works
from 1823 through 1841: the Wissenschaftslehre 4 vols., 1837 and the
bosanquet: Grice: “When I
wrote my ‘Negation,’ I had two sources in mind: Bosanquet and Bonatelli – he
has an excellent piece on ‘Negazione’ – which he sees, as I do, within the
framework of ‘psicologia razionale o metafisica’ –“ Cited by H. P. Grice. Very English
philosopher (almost like Austin or Grice), the most systematic Oxford absolute
idealist and, with F. H. Bradley, the leading Oxford defender of absolute
idealism. Although he derived his last name from Huguenot ancestors, Bosanquet
was thoroughly English. Born at Altwick and educated at Harrow and Balliol,
Oxford, he was for eleven years a fellow of
University College, Oxford. The death of his father in 0 and the
resulting inheritance enabled Bosanquet to leave Oxford for London and a career
as a writer and social activist. While writing, he taught courses for the London
Ethical Society’s Center for Extension
and donated time to the Charity Organization Society. In 5 he married his
coworker in the Charity Organization Society, Helen Dendy, who was also the
translator of Christoph Sigwart’s Logic. Bosanquet was professor of moral
philosophy at St. Andrews from 3 to 8. He gave the Gifford Lectures in 1 and 2.
Otherwise he lived in London until his death. Bosanquet’s most comprehensive
work, his two-volume Gifford Lectures, The Principle of Individuality and Value
and The Value and Destiny of the Individual, covers most aspects of his
philosophy. In The Principle of Individuality and Value he argues that the
search for truth proceeds by eliminating contradictions in experience. For
Bosanquet a contradiction arises when there are incompatible interpretations of
the same fact. This involves making distinctions that harmonize the
incompatible interpretations in a larger body of knowledge. Bosanquet thought
there was no way to arrest this process short of recognizing that all human
experience forms a comprehensive whole which is reality. Bosanquet called this
totality “the Absolute.” Just as conflicting interpretations of the same fact
find harmonious places in the Absolute, so conflicting desires are also
included. The Absolute thus satisfies all desires and provides Bosanquet’s
standard for evaluating other objects. This is because in his view the value of
an object is determined by its ability to satisfy desires. From this Bosanquet
concluded that human beings, as fragments of the Absolute, acquire greater
value as they realize themselves by partaking more fully in the Absolute. In
The Value and Destiny of the Individual Bosanquet explained how human beings
could do this. As finite, human beings face obstacles they cannot overcome; yet
they desire the good i.e., the Absolute which for Bosanquet overcomes all
obstacles and satisfies all desires. Humans can best realize a desire for the
good, Bosanquet thinks, by surrendering their private desires for the sake of
the good. This attitude of surrender, which Bosanquet calls the religious
consciousness, relates human beings to what is permanently valuable in reality
and increases their own value and satisfaction accordingly. Bosanquet’s defense
of this metaphysical vision rests heavily on his first major work, Logic or the
Morphology of Knowledge 8; 2d ed., 1. As the subtitle indicates, Bosanquet took
the subject matter of Logic to be the structure of knowledge. Like Hegel, who
was in many ways his inspiration, Bosanquet thought that the nature of
knowledge was defined by structures repeated in different parts of knowledge.
He called these structures forms of judgment and tried to show that simple
judgments are dependent on increasingly complex ones and finally on an
all-inclusive judgment that defines reality. For example, the simplest element
of knowledge is a demonstrative judgment like “This is hot.” But making such a
judgment presupposes understanding the contrast between ‘this’ and ‘that’.
Demonstrative judgments thus depend on comparative judgments like “This is
hotter than that.” Since these judgments are less dependent on other judgments,
they more fully embody human knowledge. Bosanquet claimed that the series of
increasingly complex judgments are not arranged in a simple linear order but
develop along different branches finally uniting in disjunctive judgments that
attribute to reality an exhaustive set of mutually exclusive alternatives which
are themselves judgments. When one contained judgment is asserted on the basis
of another, a judgment containing both is an inference. For Bosanquet
inferences are mediated judgments that assert their conclusions based on
grounds. When these grounds are made fully explicit in a judgment containing
them, that judgment embodies the nature of inference: that one must accept the
conclusion or reject the whole of knowledge. Since for Bosanquet the difference
between any judgment and the reality it represents is that a judgment is
composed of ideas that abstract from reality, a fully comprehensive judgment
includes all aspects of reality. It is thus identical to reality. By locating
all judgments within this one, Bosanquet claimed to have described the
morphology of knowledge as well as to have shown that thought is identical to
reality. Bosanquet removed an objection to this identification in History of
Aesthetics 2, where he traces the development of the philosophy of the
beautiful from its inception through absolute idealism. According to Plato and
Aristotle beauty is found in imitations of reality, while in objective idealism
it is reality in sensuous form. Drawing heavily on Kant, Bosanquet saw this
process as an overcoming of the opposition between sense and reason by showing
how a pleasurable feeling can partake of reason. He thought that absolute
idealism explained this by showing that we experience objects as beautiful
because their sensible qualities exhibit the unifying activity of reason.
Bosanquet treated the political implications of absolute idealism in his
Philosophical Theory of the State 8; 3d ed., 0, where he argues that humans
achieve their ends only in communities. According to Bosanquet, all humans
rationally will their own ends. Because their ends differ from moment to
moment, the ends they rationally will are those that harmonize their desires at
particular moments. Similarly, because the ends of different individuals
overlap and conflict, what they rationally will are ends that harmonize their
desires, which are the ends of humans in communities. They are willed by the
general will, the realization of which is self-rule or liberty. This provides
the rational ground of political obligation, since the most comprehensive
system of modern life is the state, the end of which is the realization of the
best life for its citizens. Refs.: H. P. Grice, “Bosanquet’s implicaturum.”
BOLANO – Grice: “I
was born at Harborne, but there’s no volcano there- Bolano was born in Catania,
and he is especially revered THERE, rather than at Oxford, because he was able
to see some monuments – notably the Naumachia and the Hippodrome – before it
was covered by ‘lava’ –“ –“Oddly, when he philosophised on rhetoric – he used
that as a blurb – many philosophers traveled to Catania to be tutored by him –
vide Salonia --. So he used the blurb of his expertise on Catania to promote -- or rather his editor did, since
he is a gentleman, and a gentleman does not promote – his work on rhetoric --.”
“There are very few copies of this!” – “And Evola tired in vain – ‘in vano’ –
to find one!” -- Lorenzo Bolano (n. Catania) filosofo, medico e archeologo italiano. Assai scarse sono le notizie sulla vita di
questo personaggio. Quel poco che sappiamo viene riassunto nell'opera del
Mongitore: insegnò a Catania medicina per più di 20 anni a partire dal 1572,
quindi nel periodo tra il 1578 e il 1590 intraprese l'insegnamento anche di
filosofia alternando i due insegnamenti per tutta la carriera. Non si hanno più
notizie certe su di lui dopo il 1593 anche se c'è la presenza del suo nome nei
rotuli dell'Catania fino al 1613, anno probabile della sua morte. Nel XVI secolo fu uno dei più eminenti
esponenti dell'ateneo catanese: chiamato dallo storico seicentesco concittadino
Giovambattista De Grossi « medicinae, anatomes ac matheseos peritissimus »,
acquisìo grande fama di professore e di medico. Dal 1603 per un breve periodo
lo troviamo presso il Collegio dei gesuiti di Palermo come lettore di fisica e
anatomia con il "favoloso stipendio di ottocento onze annue"; nel
1607 torna ad insegnare a Catania. Fu un
seguace della tradizione aristotelica rinascimentale ed un tipico esempio di
medico umanista, unendo all'interesse per le indagini mediche e naturali quello
per gli studi letterari, filosofici e antiquari. Nel 1596 stampava a Messina un Opus logicum,
compendio di filosofia aristotelica e frutto del suo insegnamento logico,
scrisse anche di retorica e fisica ed abbiamo notizie di un'opera naturalistica
sull'Etna, il Discorso di Mongibello ma l'opera cui maggiormente è legato è un
Chronicon urbis Catinae, andato perduto dopo il 1693, in cui ci lascia preziose
notizie e descrizioni su Catania e le sue vestigia storiche prima della
catastrofica eruzione dell'Etna del 1669 che profondamente ne cambiò paesaggio,
fisionomia ed urbanistica. Il Chronicon
rappresenta un raro esempio cinquecentesco di indagine archeologica diretta su
Catania e rimarrà uno dei pochi lavori utili e seri sulle antichità della città
etnea per tutto il Seicento. Riguarda, tra l'altro, la fondazione di Catania,
l'anfiteatro romano, l'acquedotto romano, gli Archi, il tempio di Cerere, la
Naumachia, l'Ippodromo. Per questi ultimi due edifici è la prima ed unica fonte
a noi rimasta. Pietro Carrera e Gian Battista De Grossi attinsero direttamente
dal manoscritto, traendone spunto per le loro opere e pubblicando i pochi
frammenti a noi rimasti. Eppure Bolano
subì una grave umiliazione: nell'anno in cui si perdono le sue tracce, il 1613,
presentatosi a chiedere l'incarico di filosofia nell'Università dove con onore
insegnava da oltre quattri decenni, i filosofi ecclesiastici lo contrastarono
preferendo il secolare Francesco Riccioli. Il venerando medico-archeologo
riottenne l'insegnamento solo per « grazia » del viceré Pietro Giron de Osuna,
una nomina, sottolinea Matteo Gaudioso, « peggiore di una sconfitta, forse la prima
e ultima umiliazione del Bolano, scomparso successivamente dalla scena. Fu il
suo ultimo anno di insegnamento e forse di vita ». Note
Antonino Mongitore, Bibliotheca sicula, sive de scriptoribus siculis,
qui tum vetera, tum recentiora saecula illustrarunt, pag. 5, D. Bua, 1708 Storia della filosofia in Sicilia da'tempi
antichi al sec. XIX, libri quattro, pag. 137, Vincenzo Di Giovanni, Lauriel,
1873 Archivio storico per la Sicilia
orientale, pag. 293, La società, 1934
G.B. De Grossi, Catanense Decachordon..., Catanae, 1642150. S. Correnti, La Sicilia del Cinquecento: il
nazionalismo isolano, Roma, Mursia, 1980, p.172. Storia della filosofia in Sicilia da' tempi
antichi al sec. XIX, libri quattro, pag. 138
Rivista internazionale di filosofia del diritto, Volume 38, pag. 313,
Giorgio Del Vecchio, Società anonima poligrafica italiana, 1961 Bibliotheca sicula, sive de scriptoribus
siculis, qui tum vetera, tum recentiora saecula illustrarunt Osservazioni sopra la storia di Catania
cavate dalla storia generale di Sicilia, Volume 3, pag. 214, Vincenzo Cordaro
Clarenza Riggio, 1833 Sopra uno rudere
scoperto in Catania cenni critici dell'arch. Mario Musumeci, pag. XXX, Mario
Musumeci, dalla tipografia della regia Università, 1819 Guido Libertini, L’indagine archeologica a
Catania nel secolo XVI e l’opera di Lorenzo Bolano, in Archivio Storico per la
Sicilia Orientale, XVIII, 1922,
105–138, . Edilizia pubblica e privata nelle città
romane, pag. 94, Lorenzo Quilici, Stefania Quilici Gigli, L'ERMA di BRETSCHNEIDER,
2008 Carrera, Delle Memorie historiche della città di Catania, I, Catania
1639, 22, 37, 80, 112 G. B. De Grossi, Catanense Decachordon...,
cit., I, 7 s. Archivio di Stato di Palermo, Tribunale del
R. Patrimonio, Memoriali, 533, f. 283. Cit.
in Corrado Dollo, Modelli scientifici e filosofici nella Sicilia spagnola,
Napoli, Guida, 198470. Matteo Gaudioso,
L'Catania nel secolo XVII, in Storia
della Catania dalle origini ai nostri giorni, Catania, Zuccarello e Izzi,
1934182. Pietro Carrera, Delle Memorie
historiche della città di Catania, I, Catania, 1639. Gian Battista De Grossi,
Catanense Decachordon..., Catinae, 1642. Antonino Mongitore, Bibliotheca
sicula, sive de scriptoribus siculis, qui tum vetera, tum recentiora saecula
illustrarunt, D. Bua, 1708. Mario Musumeci, Sopra uno rudere scoperto in
Catania cenni critici dell'arch. Mario Musumeci, dalla tipografia della regia
Università, 1819. Vincenzo Di Giovanni, Storia della filosofia in Sicilia
da'tempi antichi al sec. XIX, libri quattro, pag. 137, Lauriel, 1873. Guido
Libertini, L'indagine archeologica a Catania nel secolo XVI e l'opera di
Lorenzo Bolano in Archivio Storico per la Sicilia Orientale, n. XVIII, 1922.
Giorgio Stabile, Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 11, 1969. Lorenzo
Quilici, Stefania Quilici Gigli, Edilizia pubblica e privata nelle città
romane, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2008.
Storia di Catania Eruzione dell'Etna del 1669 Lorenzo Bolano, in Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Filosofia Medicina Medicina Filosofo del XVI secoloMedici
italianiArcheologi italiani 1540 Catania CataniaProfessori dell'Università
degli Studi di Catania
BONATELLI: Grice: “Bonatelli is
undoubtedly a Griceian – like me, he merges psychologia – ‘psychologia
rationalis or metaphysica’ as he puts it – with logic -. He makes fun of
‘inglese,’ which by lacking inflections, disallows complex thought – He
distinguishes, in ways the Oxonian really cannot – unless he is into ‘Italian
studies’! – between ‘linguaggio,’ and THEN ‘’lingua.’” Grice: “Within the
lingua he distinguishes a primary stage which he genially calls ‘patognomico,’
or pathognomic, as Strawson would prefer, i. e. to ‘know the emotion’ of your
co-conversationalist – Italians never take ‘conoscere’ as sacred as we at
Oxford take ‘know’ – He considers the copula in something like “Fido is
shaggy,” there is the ‘nome’ – and within it the ‘nome aggetivo’ – this he says,
and rightly so, is the stuff of ‘il filosofo delle lingue’ – and the copola
which is the ‘is.’ He grants that he’ll only be concerned with lingua of ‘cepo
indeuropeo,’ literally ‘indo-germanic vintage’!” – Grice: “Bonatelli is a
Griceian because he is into ‘significato’ – how an utterance becomes a vehicle
by which an utterer can SIGNIFY – il segno patognomico, as it were --.” Grice:
“Like me, he allows for ‘utter’ to be used broadly – ‘sordomuti’ have a
‘linguaggio di gesti e moti’ as ‘signo patognomico.’” Francesco Bonatelli (n.
Iseo), filosofo italiano. Francesco Bonatelli nacque il 25 aprile
1830 ad Iseo (BS), da Filippo (n. 1789m. 1844), commissario distrettuale al
servizio del governo austriaco, e da Elisabetta Bocchi. Nel 1842, all'età
di 12 anni, si trasferì a Chiari per compiere gli studi ginnasiali presso uno
zio materno: il canonico Annibale Bocchi. In questo periodo studiò con
Carlo Varisco, che, in seguito, diverrà suo cognato. Il Varisco, infatti, sposò
Giulia, sorella del Bobatelli e, dopo la morte di questa, convolò a seconde
nozze con un'altra sorella del Bonatelli: Laura. Dall'unione fra Carlo e
Giulia nacque Bernardino Varisco, insigne filosofo anch'egli, e senatore del
Regno d'Italia. Terminato il ginnasio, proseguì gli studi a Brescia,
frequentando il locale liceo, ed iniziando precocemente l'attività didattica
presso il Liceo Classico Arnaldo. Nel frattempo si rese protagonista del
grande fermento politico della sua epoca. Troviamo conferma del suo
fervente patriottismo in ciò che ne scrisse Michele Rosi nel “Dizionario del
Risorgimento nazionale” del 1937: «Venuti i tempi nuovi, ebbe incarico di
istruire gli ufficiali della guardia nazionale; continuando nello stesso tempo
nel proprio insegnamento, cercò di suscitare nell'animo dei giovani i più
fervidi sentimenti patriottici. Per questo cadde in sospetto della polizia
austriaca, alla quale sfuggì (…) in Svizzera». Rientrato in patria, nel
1849, ottenne l'abilitazione all'insegnamento della filosofia, della matematica
e della fisica, che alternò tra Milano, presso l'istituto ginnasiale “Sorre”, e
Chiari. La sua prima pubblicazione, di interesse psicologico, risale al
1852, ed ha titolo “Sulla sensazione”. Nel 1853 si unì in matrimonio con
Laura Formenti. Nel medesimo anno, venne privato del posto di lavoro per
motivi politici. Per riottenere l'ammissione all'insegnamento, dovette
avvalersi dell'intercessione della nobildonna e benefattrice clarense, Ottavia
Bettolini, col maresciallo Josef Radetzky- In cambio di questa concessione,
avvenuta soltanto nel 1855, il governo austriaco gli impose di seguire un corso
di studi superiori a Vienna, che abbandonò forzatamente soltanto qualche mese
dopo, essendosi ammalato di tifo. Fu durante questa breve esperienza che
il Bonatelli venne in contatto coi maggiori esponenti della filosofia tedesca,
da cui rimase profondamente influenzato. Resta incerto se, nella capitale
austriaca, conseguì o meno la laurea, come ipotizzato da alcuni autori (Giulio
Alliney, “BONATELLI”, Brescia, La Scuola, 1947). Nel 1858 insegnò presso
il liceo di Mantova, dove rimase fino al Giugno '59, dopo lo scoppio della
Seconda Guerra d'Indipendenza, quando quella città fu messa in stato
d'assedio. Le imprese guerresche del sovrano sabaudo, supportato da
francesi e volontari garibaldini, vennero celebrate dal B. con la composizione
di un carme: “Il servaggio e la liberazione”, scritto a Chiari il 13 agosto
1859, con dedica a Vittorio Emanuele II. Successivamente, l'attività
didattica del B. proseguì al liceo di Brescia (1859-60) ed al Carmine di Torino
sino al 1861, anno in cui si trasferì a Bologna per insegnare filosofia
teoretica, nonostante avesse appena vinto un concorso presso l'Genova che gli
avrebbe permesso di ricoprire la stessa cattedra. Nell'ateneo felsineo,
il B. ebbe modo di conoscere Giosuè Carducci, che vi era professore di
Letteratura Italiana. Lo stretto legame fra i due cattedratici è
testimoniato da una ventina di lettere, scritte fra il 1862 ed il 1881,
conservate nell'archivio della Casa Carducci di Bologna. Gli anni
trascorsi a Bologna furono particolarmente proficui per l'elaborazione del
pensiero filosofico del Bonatelli: nacque allora una delle sue opere
principali, “Pensiero e conoscenza”, pubblicata nel 1864. Nel dicembre
1867, il B. passò alla cattedra di filosofia teoretica dell'Padova; impiego che
manterrà fino alla morte. Nell'ateneo lombardo ebbe diversi incarichi,
fra cui quello di insegnare filosofia della storia (dal 1878 al 1910) e di
tenere per qualche anno i corsi di antropologia, pedagogia e storia della
filosofia. Divenne anche preside della facoltà di lettere e filosofia. A
Padova scrisse la sua opera maggiore: “La coscienza e il meccanesimo
interiore”, nel 1872. La fama del B. iniziò negli anni '70, specialmente
negli ambienti del “platonismo” legati a Terenzio Mamiani, ottenendo anche
ruoli di alto prestigio al di fuori della propria attività didattica. Fu
membro del comitato di redazione del periodico “La filosofia delle scuole
italiane”, fondato dal Mamiani nel ‘69; posizione che mantenne fino al 1874,
quando rassegnò le proprie dimissioni in seguito alla pubblicazione di alcuni
articoli del filosofo Giovanni Maria Bertini che, contenendo aspre critiche al
cattolicesimo, urtavano con le sue solide convinzioni religiose. Nonostante
ciò, il B. proseguì la propria collaborazione con la rivista, curandone la
rubrica “Conversazioni filosofiche” dal 1870 al 1872. Il 18 aprile 1880
fu nominato socio corrispondente nazionale dell'Accademia dei Lincei per la
classe di Scienze morali, storiche e filologiche; mentre, il 5 febbraio 1882
divenne socio corrispondente della Reale Accademia delle Scienze di Torino,
nella sezione di Scienze filosofiche. Nell'ultimo decennio del secolo XIX
pubblicò un altro saggio importante: “Percezione e pensiero”. Bonatelli
fu anche un brillante verseggiatore ed autore di alcune pregevoli opere
letterarie, fra cui: il carme “In morte di Tommaso Grossi” (Milano, 1853), il
poemetto “Alfredo” (Lodi, 1856), il carme precedentemente menzionato “Il servaggio
e la liberazione” (Brescia, 1860) e numerose composizioni in lingua
dialettale. Il filosofo Giovanni Gentile ne lodò le doti letterarie,
apprezzando la forma netta e quasi sempre precisa della sua espressione ed il
linguaggio vivo ed immaginoso; affermando addirittura che gli scritti del
Bonatelli potranno essere sempre cercati e letti con profitto. (G. Gentile, “La
filosofia in Italia dopo il 1850”, su “La Critica. Rivista di Letteratura,
Storia e Filosofia diretta da B. Croce” n. 533, 1907). Inoltre, non esitò
ad esporre il proprio pensiero su tematiche politiche d'attualità.
Ricordiamo, a proposito, due saggi sulla possibilità di allargamento del
diritto di voto: “Intorno al fondamento naturale del diritto di voto” (Padova;
Tip. Rendi, 1882) ed “Intorno al diritto elettorale” (Atti del Reale Istituto
veneto di scienze, lettere ed arti; 1897). Le sue pubblicazioni, comprese
quelle di carattere filosofico, ammontano ad oltre 170 opere. Con
l'avanzare dell'età, si manifestò inevitabilmente qualche acciacco fisico, che
egli accolse stoicamente, confortato da una fede sincera e tenace. È
significativo quanto scrisse al nipote Bernardino Varisco, in una lettera
datata 25 Gen. 1906. «Carissimo Dino, l'aver io tardato a
congratularmi teco della riuscita non deriva certo dall'essermene io poco
rallegrato, bensì dal cumulo di noie, di pensieri, di tribolazioni che ora più
che mai m'è piombato addosso e che quasi mi schiaccia. Non entro nei
particolari, perché a cosa servirebbe? […] Basta, [sia] quello che Dio
vuole!». (Massimo Ferrari, “Lettere a Bernardino Varisco (18671931)”77, La
Nuova Italia, Firenze, 1982). Malgrado ciò, il filoso d'Iseo proseguì
l'attività di docente ed accademico anche nei primi anni del '900, senza
affatto abbandonare l'indagine speculativa, grazie ad una lucidità mentale che
mai lo abbandonò, dedicando i suoi ultimi sforzi alla traduzione del primo
volume dell'opera “Microcosmo” di Hermann Lotze, che sarà pubblicato
postumo. Morì il 13 maggio 1911, a Padova, all'età di 81 anni. Aveva
insegnato fino a due giorni precedenti alla morte. Le sue spoglie mortali
riposano nel piccolo cimitero di Longiano (FC), dove furono traslate da Padova,
negli anni '80 del secolo scorso, per volontà del nipote Gualtiero.
Pensiero Filosofo spiritualista, Pose al centro della sua speculazione l'uomo e
ne difese la spiritualità contro il positivismo materialista. Sulla scia di
Hermann Lotze valorizzò il sentimento e pose in esso la principale rivelazione
dell'essere per mezzo del giudizio di valore. Opere Fra le sue opere
ricordiamo: Pensiero e conoscenza, Bologna, G. Monti, 1864. La coscienza
e il meccanismo interiore. Studi psicologici, Padova, Minerva, 1872.
Discussioni gnoseologiche e note critiche, Venezia, Antonelli, 1885. Elementi
di psicologia e logica, ad uso dei licei, Padova, Tip. F. Sacchetto, 1892.
Percezione e pensiero, 3 voll., Venezia, Tip. Ferrari, 1892-1895. Comprende: 1.
Percezione e pensiero, 1892; 2. La percezione interna, 1894; 3. Il pensiero,
1895. Intorno alla conoscibilità dell'io, Venezia, Officine grafiche di C.
Ferrari, 1902. Studi d'epistemologia, Venezia, C. Ferrari, 1905. Sentire e
conoscere, Prato, Tip. Collini, 1909. Note
G. Calogero, Enciclopedia Italiana, riferimenti in . Francesco De Sarlo, Francesco Bonatelli, Firenze,
Ufficio della «Rassegna Nazionale» 1900. Erminio Troilo, Il pensiero filosofico
di Francesco Bonatelli, estratto dagli «Atti del Reale Istituto Veneto di
Scienze, Lettere ed Arti» LXXXIX (1929-30), Venezia, Ferrari 1930. Davide
Poggi, La coscienza e il meccanesimo interiore. Francesco Bonatelli, Roberto
Ardigò e Giuseppe Zamboni, Padova, Poligrafo 2007. 978-88-7115-568-5. Altri progetti Collabora a
Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Francesco Bonatelli Guido Calogero, «BONATELLI, Francesco», in
Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1930. ,
«BONATELLI, Francesco», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 11,
Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1969. Filosofia Filosofo del XIX
secoloFilosofi italiani Professore1830 1911 25 aprile 13 maggio Iseo
PadovaMembri dell'Accademia delle Scienze di Torino
BONAVINO: Grice:
“In fact, Bonavino is the same – vide my ‘Personal identity’ – he changed his
name when he ‘lascio l’abito,’ and teaches philosophy – his essays are slightly
rationalistic – he endorsed Thomistic orthodoxy at a later point.’” -- Grice: “I love Bonavino, but not every
Oxonian would – for one, he used a pseudonym, since he was a priest – we cannot
imagine Copleston doing that – or Kenny! As a philosopher he was a
‘rationalist,’ and indeed, the editor of a journal called ‘Reason’ (like my
Carus lectures), as a priet, he was ‘irrationalist.’ – My favourite of his
tracts is his ‘storia della filosofia,’ – which concentrated on Rome (Ancient
Rome, that is) and Croce --!” Cistoforo
Bonavino, noto anche con lo pseudonimo di Ausonio Franchi (n. Pegli),
presbitero, scrittore, teologo e filosofo italiano. Nacque a Pegli, in una casa che sorgeva sulla
via Aurelia, successivamente demolita per la costruzione del lungomare. Nel
1838 entrò in seminario. Nel 1840, a Bobbio, entrò nella congregazione degli
Oblati di Sant'Alfonso Maria de' Liguori, fondata, in quella stessa città, nel
1838 dal vescovo Antonio Maria Gianelli.
La fase razionalista Il suddiacono venne accolto nella diocesi di Bobbio
dal vescovo Antonio Maria Gianelli il quale lo riteneva persona dotata di ottime
qualità. Venne ordinato sacerdote nel 1840, in tre feste consecutive, dallo
stesso Gianelli il quale lo accolse tra i suoi Oblati, da poco fondati in
Bobbio, nella sede del Santuario della Madonna dell'Aiuto. Il vescovo lo
costituì poco dopo, sebbene giovanissimo, vicesuperiore. Cornelius Jansen, padre del giansenismo Vincenzo Gioberti In tale posizione Bonavino
indusse il vescovo ad irrigidire molto la regola che aveva loro data. Egli
usava con i colleghi, tutti più maturi di lui, un rigore che essi reputarono
intollerabile, tanto che molti ne rimasero disgustati e parecchi se ne
andarono. Qualche suo compagno notò in lui uno spirito di superbia inoltre, in
una disputa teologica, Bonavino mostrò una dottrina diametralmente opposta a
quella di Sant'Alfonso Maria de' Liguori, tanto che il vescovo Gianelli dovette
intervenire per richiamarlo, dicendogli: "se continuate in questa guisa,
voi non potrete recare che gravi dispiaceri alla Chiesa e voglia Iddio che non
diventiate apostata". Egli dapprima rispose positivamente al richiamo, ma
poi nuovamente ritornò sulle sue posizioni.
Aveva attinto dallo spirito giansenista, tenacemente combattuto dal
Gianelli e non ancora assopito, sia leggendo opere spregiudicate sia
discorrendo con qualche prete ancora seguace di quella dottrina. Il vescovo lo
chiamò nuovamente a sé e gli chiese paternamente se fosse vero quanto gli
veniva riferito, ed egli audacemente gli rispose di sì e disse che avrebbe
persistito nel suo sentimento e che non vi era alcuna speranza che si potesse
ricredere. Le sue parole furono: " ... no, neppure se mi trovassi innanzi
alla bocca di un cannone e mi si minacciasse di darmi fuoco!". Allora il
vescovo dovette cacciarlo dalla diocesi di Bobbio, dubitando della buona
riuscita del nuovo Istituto. Subì, anche, l'influenza del positivismo francese
e del criticismo tedesco. Poco dopo venne espulso dalla congregazione per le
sue dottrine che si allontanavano dal probabilismo alfonsiano. A Genova aprì una scuola. Partecipò nelle
lotte contro i gesuiti, collaborando alla redazione de Il gesuita moderno, e
con due pubblicazioni: I Gesuiti e Autentiche prove contro i Gesuiti (1846).
Visse in prima persona la rivoluzione del 1848, condividendo gli ideali
risorgimentali, e stando in contatto, al punto di arrivare alle polemiche, con
le figure più rappresentative di esso: Mazzini, Ferrari, Pisacane, Macchi, La
Farina, Orsini e Crispi. Nel 1849 venne
sospeso a divinis per la difesa degli "errori" del suo Corso di
religione alle Figlie di S. Bernardo, e lasciò il ministero sacerdotale. Da
questo anno (e fino al 1889) usò lo pseudonimo di Ausonio Franchi, cioè
"italiano libero". Su
consiglio del Gioberti, verso il quale era orientato politicamente, si dedicò
agli studi filosofici. In questo periodo scrisse: La filosofia delle scuole italiane (1852) Appendice
alla filosofia delle scuole italiane (1853): ove giustificò la propria
apostasia La religione del secolo XIX (1853) Studi religiosi e filosofici: Del
sentimento (1854) Il razionalismo del popolo (1856) Trasferitosi a Torino,
divenne mazziniano. Nel 1854 fondò Ragione, un bimestrale di critica religiosa,
politica e sociale. Nel 1859 si trasferì
a Milano dove diresse La gente latina. Nel 1856 ottenne la cattedra di storia
della filosofia dell'Pavia. Nel 1863 venne trasferito all'Accademia di Scienze
e Lettere di Milano. Massone, fu membro
della Loggia "Insubria" di Rito simbolico italiano, che con altre, di
numero minore rispetto alle prevalenti di Rito scozzese antico e accettato, si
strinsero intorno alla Loggia madre torinese "Ausonia" e si organizzarono
all'obbedienza di un "Gran Consiglio Simbolico", sorto da
un'assemblea tenuta a Milano il 1-5 luglio 1864. Fu inoltre membro onorario
della Loggia "Azione e Fede", di Pisa. Il "Gran Consiglio Simbolico" ebbe
sede prima a Torino e poi a Milano e con la presidenza di Ausonio Franchi,
finché nel 1868 si unì al "Grande Oriente Italiano" con un atto
firmato per il Gran Consiglio tra gli altri dallo stesso Ausonio Franchi, che
fu strenuo e auterevole propugnatore della fusione nel nuovo Grande Oriente. In questo periodo scrisse: Letture della storia della filosofia moderna
(1863) Lettere a N. Mameli su la teoria del giudizio (1871) Saggi di critica e
polemica (1871-1872) Il ritorno al cattolicesimo Iniziò poi un periodo in cui
rimise in discussione la propria attività filosofica. Ciò lo portò a scrivere
L'ultima critica (1889-1893). Nei tre volumi che compongono l'opera, disse di
voler essere la «confutazione di tutti i paralogismi, che mi avevano condotto
al razionalismo, ed esposizione degli argomenti che mi hanno ricondotto prima
alla filosofia tomistica e poi alla fede cristiana». Visse l'esperienza della
conversione filosofica nel 1879 e quindi religiosa nel 1889; iniziò facendo
visita al Santuario di Virgo Potens in Sestri Ponente, dove è collocata una
lapide in ricordo dell'evento: «TRA
QUESTE SACRE MURA LA VERGINE POTENTE CON UN PRODIGIO DI MATERNA PIETÀ IL FIERO
NEMICO D'OGNI CRISTIANA RIVELAZIONE AUSONIO FRANCHI TRAMUTAVA NELL'ANTICO PIO
SACERDOTE CRISTOFORO BONAVINO RIDONANDO ALLA VERA SCIENZA E ALLA CHIESA UNO TRA
I PIÙ PROFONDI PENSATORI DELLA NOSTRA ETÀ DAL VORTICE DELLA RIVOLUZIONE
MISERAMENTE TRAVOLTO PERCHÉ IL RICORDO DI SÌ BEL TRIONFO DELLA POTENZA DI MARIA
SI PERPETUASSE A CONFORTO E A SPERANZA DELLE FUTURE GENERAZIONI IL COMITATO LIGURE
DEI CONGRESSI CATTOLICI a. M.P. MDCCCXCVI»
L'ultima critica venne da lui annunciata nel 1889 all'arcivescovo
Salvatore Magnasco. Manifestò, inoltre, l'intenzione di ritirarsi nel santuario
di Rho per confessarsi e riconciliarsi con la Chiesa. Il libro fu terminato nel
convento carmelitano di Sant'Anna, a Genova, dove si trasferì nel 1892. Aveva
un buon rapporto con i frati, anche se conduceva vita molto ritirata. Dopo il
ritorno alla fede egli confidò che, anche negli anni in cui sembrava più
lontano dalla Chiesa cattolica e più imbevuto di positivismo, non aveva mai
abbandonato la pratica quotidiana di recitare tre Ave Maria e non era mai
venuto meno al celibato sacerdotale.
Infine, nel 1893, tornò al ministero sacerdotale e riprese a celebrare
la Messa. Targhe commemorative Sulla
casa natale di Pegli era apposta questa lapide, trasferita dopo la demolizione
nella piazzetta della Giuggiola (attuale Vico Condino), cuore del centro
storico di Pegli: Cristoforo Bonavino
nato in Pegli il 27 febbraio 1821 apostata col nome di Ausonio Franchi seppe
ritrovare le vie del vero e dalla tenebra dell'errore assurgere all'eterno
splendore del pensiero cristiano nel centenario della sua nascita i cittadini
q.m.p. La lapide del Bonavino nel
cimitero di Pegli La lapide del cimitero di Pegli: Cristoforo di Giovan Battista Bonavino
sacerdote filosofo tra i primi dell'età nostra aveva col pseudonimo di Ausonio
Franchi professato il razionalismo più aperto ma nell'opera dell'ultima critica
confutò gli errori suoi riparando splendidamente il dolore inflitto alla Chiesa
di Gesù. Ritiratosi in Genova presso i Padri Carmelitani di S. Anna morì
santamente a 75 anni il 12 settembre 1895 benedetto dal S.Leone XIII e in
questa sua terra natale deposto per cura della famiglia che Dio ringrazia
d'averlo richiamato alla luce del vero.
Giansenismo Antonio Maria Gianelli Pegli Altri progetti Collabora a
Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Cristoforo Bonavino
Collabora a Wikiquote Citazionio su Cristoforo Bonavino Cristoforo Bonavino, su TreccaniEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Cristoforo Bonavino, in Enciclopedia Italiana, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Cristoforo
Bonavino, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Opere di Cristoforo Bonavino /
Cristoforo Bonavino (altra versione) / Cristoforo Bonavino (altra versione), su
openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Cristoforo Bonavino, . Cristoforo
Bonavino, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Cristoforo Bonavino "Ausonio
Franchi" biografia nel sito "Pegli ieri e oggi" Simbolici
famosi: Cristoforo poi Giuseppe Bonavino, detto Ausonio Franchi biografia dal
punto di vista massonico nel sito "ritosimbolico.net". Filosofia
Letteratura Letteratura
Risorgimento Risorgimento Categorie:
Presbiteri italianiScrittori italiani del XIX secoloTeologi italiani 1821 1895
27 febbraio 12 settembre Pegli GenovaFilosofi italiani del XIX secoloFilosofi
cattoliciMassoni
BONCINELLI – Grice:: “Like me, he was born
on an island!” Edoardo Boncinelli (Rod, Grecia – not Rodi in Puglia!i) è un
genetista, filosofo e accademico italiano che, insieme ad alcuni collaboratori,
ha scoperto una famiglia di geni che controllano il corretto sviluppo corporeo
nell'uomo. Nato da genitori fiorentini, ha studiato e vissuto a Firenze,
laureandosi in Fisica presso l'Università degli Studi di Firenze con una tesi
sperimentale di elettronica quantistica, con relatore Giuliano Toraldo di
Francia. Dal 1968 al 1992 svolge continuativamente, per più di 20 anni,
attività di ricerca nel campo della genetica presso l'Istituto di genetica e
biofisica del CNR di Napoli, prima come borsista e poi, dal 1971, come
ricercatore. Durante il lungo periodo napoletano alterna l'attività di ricerca
con quella didattica, tenendo diversi corsi universitari presso la Facoltà di
Scienze e la prima Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi
di Napoli Federico II (oggi Facoltà di Medicina della SUN). Nel 1985, proprio
al CNR di Napoli, scopre, insieme con Antonio Simeone, alcuni geni omeotici
nell'uomo, architetti che progettano lo sviluppo dell'organismo. È stato
direttore del laboratorio di biologia molecolare dello sviluppo presso
l'Istituto scientifico universitario San Raffaele e direttore di ricerca presso
il Centro per lo studio della farmacologia cellulare e molecolare del CNR di
Milano. È stato direttore della SISSA (Scuola internazionale superiore di studi
avanzati di Trieste). Ha insegnato Fondamenti biologici della conoscenza presso
la Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Il
29 gennaio ha ricevuto la laurea
magistrale honoris causa in Scienze filosofiche presso l'Università degli Studi
di Palermo. Nel 2006 vince, con il libro L'anima della tecnica, nella
sezione saggi, il quarto Premio letterario Merck Serono, premio dedicato a
saggi e romanzi, pubblicati in italiano, che sviluppino un confronto ed un
intreccio tra scienza e letteratura, con l'obiettivo di stimolare un interesse
per la cultura scientifica, rendendola accessibile anche ai meno esperti.
Appassionato grecista, Boncinelli ha pubblicato nel 2008 una raccolta di lirici
greci classici: da Mimnermo ad Alcmane, da Archiloco a Saffo, per un totale di
365 liriche, una per ogni giorno dell'anno. Nel
il Corriere della Sera, in occasione del 150º anniversario dell'Unità
d'Italia, ha incluso le scoperte di Edoardo Boncinelli tra le 10, prodotte dal
genio degli scienziati italiani, da ricordare nella storia d'Italia. Nell'opera
La farfalla e la crisalide, del , si mostra scettico verso la filosofia, il
ruolo che essa può possedere nel mondo moderno e la sua tanto elogiata utilità
nel passato. Opere A caccia di geni, Roma, Di Renzo, 1986. 88-86044-50-X; 2001. 88-86044-50-X I nostri geni. La natura
biologica dell'uomo e le frontiere della ricerca, Torino, Einaudi, 1998. 88-06-13735-2 Il cervello, la mente e
l'anima. Le straordinarie scoperte sull'intelligenza umana, Milano, Mondadori,
1999. 88-04-45841-0 Le forme della vita,
Torino, Einaudi, 2000. 88-06-15195-9 La
serva padrona. Fascino e potere della matematica, con Umberto Bottazzini,
Milano, Raffaello Cortina, 2000.
88-7078-651-X Pensare l'invisibile. Dal DNA all'inconscio, con Aldo
Carotenuto, Milano, Bompiani, 2000.
88-452-4663-9 Prima lezione di biologia, Roma, Laterza, 2001. 88-420-6435-1 Edoardo Boncinelli, La mente
che studia se stessa, prefazione in Joseph LeDoux, Il sé sinaptico. Come il
nostro cervello ci fa diventare quelli che siamo, Milano, Raffaello Cortina,
2002. 88-7078-795-8 Io sono, tu sei.
L'identità e la differenza negli uomini e in natura, Milano, Mondadori,
2002. 88-04-50437-4 Tempo delle cose,
tempo della vita, tempo dell'anima, Roma, Laterza, 2003. 88-420-7144-7 Il posto della scienza. Realtà,
miti, fantasmi, Milano, Mondadori, 2004.
88-04-52452-9 Verso l'immortalità? La scienza e il sogno di vincere il
tempo, con Galeazzo Sciarretta, Milano, Raffaello Cortina, 2005. 88-7078-941-1 Sani per scelta. La scienza che
ci cambia la vita, colloquio con Giangiacolo Schiavi, Milano, Corriere della
Sera, 2005. L'anima della tecnica, Milano, Rizzoli, 2006. 88-17-00902-4 La magia della scienza, Milano,
Archinto, 2006. 88-7768-455-0 Idee per
diventare genetista. Geni, genomi ed evoluzione, Bologna, Zanichelli,
2006. 978-88-08-16802-3 Edoardo
Boncinelli, Il cervello e la mente in: Rosario Conforti , La psicoanalisi tra
scienze umane e neuroscienze. Storia, alleanze, conflitti, Soveria Mannelli,
Rubbettino, 2006. 88-498-1431-3 Le forme
della vita. L'evoluzione e l'origine dell'uomo (nuova edizione), Torino,
Einaudi, 2006. 88-06-18290-0 Il male.
Storia naturale e sociale della sofferenza, Milano, Mondadori, 2007. 978-88-04-51244-8 Edoardo Boncinelli, Chi
prende le mie decisioni?, prefazione in Benjamin Libet, Mind Time. Il fattore
temporale nella coscienza, Milano, Raffaello Cortina, 2007. 978-88-6030-085-0 Dal moscerino all'uomo: una
stretta parentela, con Chiara Tonelli, Milano, Sperling e Kupfer. 2007. 978-88-6061-071-3 L'etica della vita. Siamo
uomini o embrioni?, Milano, Rizzoli, 2008.
978-88-17-02005-3 L'universo e il senso della vita. Un ateo e un
credente: due uomini di scienza a confronto, con George Coyne, Cinisello
balsamo, San Paolo, 2008.
978-88-215-6381-2 Edoardo Boncinelli, Il fiume e le sue propaggini,
introduzione in Richard Dawkins, Il fiume della vita. Che cosa è l'evoluzione,
Milano, Rizzoli, 2008. 978-88-17-02060-2
Edoardo Boncinelli, Forzare il destino, prefazione in Maurizio Fea, Riparatori
di destini. Dipendenze, etica e biologia, Milano, FrancoAngeli, 2008. 978-88-464-9139-8 Come nascono le idee,
Roma-Bari, Laterza, 2008.
978-88-420-8661-1 Dialogo su Etica e Scienza, con Emanuele Severino,
Milano, Editrice San Raffaele, 2008.
978-88-86270-57-1 I miei lirici greci. 365 giorni di poesie, Milano,
Editrice San Raffaele, 2008.
978-88-86270-73-1 Che cos'è il tempo? (con cd audio), Roma, Luca
Sossella Editore, 2007.
978-88-89829-31-8 Lo scimmione intelligente. Dio, natura e libertà, con
Giulio Giorello, Milano, Rizzoli, 2009.
978-88-17-01721-3 Perché non possiamo non dirci darwinisti, Milano,
Rizzoli, 2009. 978-88-17-03425-8 Mi
ritorno in mente. Il corpo, le emozioni, la coscienza, Milano, Longanesi,
. 978-88-304-2312-1 Lettera a un bambino
che vivrà 100 anni. Come la scienza ci renderà (quasi) immortali, Milano,
Rizzoli, . 978-88-17-04304-5 Michele Di
Francesco ed Edoardo Boncinelli , Che fine ha fatto l'io?, Milano, Editrice San
Raffaele, . 978-88-96603-02-4 Prefazione
in Marcello Orazio Florita, L'intreccio. Neuroscienze, clinica e teoria dei
sistemi dinamici complessi, Milano, FrancoAngeli, . 978-88-568-3582-3 La vita della nostra mente,
Roma-Bari, Laterza, . 978-88-420-9712-9
La scienza non ha bisogno di Dio, Milano, Rizzoli, . 978-88-17-03432-6 Quel che resta dell'anima,
Rizzoli, . 978-88-17-06086-8 Una sola
vita non basta: storia di un incapace di genio, Milano, Rizzoli, . 978-88-17-06749-2 Alla ricerca delle leggi di
Dio, Rizzoli, . 978-88-17-07481-0 Homo
faber, (con Galeazzo Sciarretta), Baldini & Castoldi, , 978-88-6852-753-2 I sette ingredienti della
scienza, Indiana, , 978-88-97404-47-7
Contro il sacro. Perché le fedi ci rendono stupidi, Rizzoli, L'infinito in breve, Rizzoli, , 978-88-17-09123-7 L'incanto e il disinganno,
con Giulio Giorello, Guanda , 978-88-23-51406-5
La farfalla e la crisalide, editore Raffaello Cortina , 9788832850468 Video Edoardo Boncinelli
racconta Charles Darwin. L'Uomo evoluzione di un progetto?, Gruppo Editoriale
L'Espresso, . Note Edoardo Boncinelli,
in TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Suo bonno era il medico e poeta Francesco
Boncinelli cfr. Edoardo Boncinelli, Rigore e sensibilità, in Marco Pinzani e
Federica Giorgi , Il lascito Boncinelli, Firenze, Comune di Firenze,
200511. Laurea honoris causa in “Scienze
Filosofiche” a Edoardo Boncinelli, unipa.
Sandro Modeo, La playlist: SCIENZA/INVENZIONI. Dieci proposte che hanno
alimentato l’immaginario e il prestigio tricolore. Il meglio del genio creativo
in opere, spettacoli, scoperte indimenticabili anche all’estero, in Corriere
della Sera, 16 marzo . 16 marzo . Cosa
resta alla filosofia della scienza? Breve storia di un fraintendimento, su
MicroMega. Francesco Boncinelli Altri
progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Edoardo Boncinelli Sito ufficiale, su
boncinelliedoardo.com. Opere di Edoardo
Boncinelli, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Edoardo Boncinelli,
. asia Intervista sulla sua carriera e
sulle neuroscienze Sito ufficiale dell'IGB Istituto Internazionale di Genetica
e Biofisica Filosofia Scienza e tecnica
Scienza e tecnica Università
Università Categorie: Genetisti italianiFilosofi italiani del XX
secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX
secoloAccademici italiani Professore1941 18 maggio RodiFilosofi della
scienzaProfessori dell'Università degli Studi di Napoli Federico IIScienziati e
saggisti ateiStudenti dell'Università degli Studi di Firenze
BONIOLO – Grice: “I like Boniolo; especially that
he takes ‘antichita’ seriously – he is right on the emphasis on ‘argomentare’
but obviously the balance shoud be between epagoge and diagoge – I would like
to see more diagoge! He has philosophised on other topics, too!” -- NazionalitàItalia
Italia Pallacanestro Basketball pictogram.svg Carriera Squadre di club
1971-1980Petrarca Petrarca Il simbolo → indica un trasferimento in
prestito. Modifica dati su Wikidata Manuale Giovanni Boniolo
(Padova) è un filosofo, accademico e cestista italiano. Cresciuto
nel Petrarca Basket, a 16 anni debutta in prima squadra (1971), diventando in
quell'anno il più giovane giocatore di Serie A. Giocò con il Petrarca Basket
fino all'età di 24 anni (1980). Dal al ne è anche stato presidente. Carriera
accademica Laureato in Fisica (1981) e Filosofia (1985) all'Padova, insegna
fino al 1992 "Matematica e Fisica" negli istituti superiori di
Padova, pur avendo avuto contratti di insegnamento presso la LUISS di Roma e
l'Padova. Professore associato (19922001) e quindi ordinario (20012008) di
Logica e Filosofia della scienza all'Padova, si trasferisce poi (2008)
all'Milano, dove realizza e dirige fino al
un dottorato internazionale sui fondamenti filosofici della biomedicina
e sulle loro implicazioni etiche, in collaborazione con diversi istituti e
fondazioni mediche milanesi. Attualmente ha le cattedre di Filosofia della
scienza e Medical Humanities in un dipartimento medico dell'Ferrara.
Svolge ricerca in ambito filosofico, in particolare sulla filosofia della
ricerca biomedica e della pratica clinica, nonché di etica pubblica e
individuale. Si è occupato anche di filosofia della scienza e, all'inizio della
carriera, di filosofia della fisica, di storia della filosofia e della fisica
contemporanee. Il suo lavoro scientifico è documentato da circa 15 libri
scritti e 15 curati, oltre che da circa 230 saggi pubblicati su riviste
internazionali. Ha svolto e svolge numerosi incarichi scientifici ed
editoriali a livello nazionale ed europeo. Fra i vari ruoli, è Honorary
Ambassador della Technische Universität München (TUM). Dal 1999 è membro
dell'Accademia dei Concordi di Rovigo, di cui è attualmente Presidente.
Opere edite Mach e Einstein. Spazio e massa
gravitante, Armando Editore, 1988. Linguaggio, realtà, esperimento, Piovan
Editore, 1991. Metodo e rappresentazioni del mondo. Per un'altra filosofia
della scienza, Bruno Mondadori, 1999. Filosofia della scienza, con Paolo
Vidali, Bruno Mondadori, 1999. Questioni di filosofia e di metodologia delle
scienze sociali , Borla, 2000. Introduzione alla filosofia della scienza, con
Paolo Vidali, Bruno Mondadori, 2003. Il limite e il ribelle. Etica,
naturalismo, darwinismo, Cortina, 2003. Argomentare, con Paolo Vidali, Bruno
Mondadori, 2004. Individuo e persona. Tre saggi su chi siamo, con Gabriele De
Anna e Umberto Vincenti Bompiani, 2007. On Scientific Representation. From Kant
to a New Philosophy of Science, Palgrave Macmillan, 2007. Strumenti per
ragionare. Logica e teoria dell'argomentazione, con Paolo Vidali, Bruno
Mondadori, . Il pulpito e la piazza. Democrazia, deliberazione e scienze della
vita, Cortina, . The Art of Deliberating: Democracy, Deliberation and the Life
Sciences Between History and Theory, Springer, . Le regole e il sudore. Divagazioni
su sport e filosofia, Raffaello Cortina, . Strumenti per ragionare. Edizione
mylab. Con eText. Con aggiornamento online, con Paolo Vidali, Pearson Italia
spa, . Conoscere per vivere. Istruzioni per sopravvivere all'ignoranza.
Meltemi, . Opere curate Filosofia della
fisica, Bruno Mondadori, 1997. J. von Neumann, I fondamenti matematici della
meccanica quantistica, Il Poligrafo, 1998. Storia e filosofia della scienza. Un
possibile scenario italiano, con Enrico Bellone, Le Scienze, 1998. La legge di
natura. Analisi storico-critica di un concetto, con Mauro Dorato, McGraw Hill,
2001. The Role of Mathematics in Physical Sciences. Interdisciplinary and
Philosophical Aspects, con Paolo Budinich e Majda Trobok, Springer, 2005.
Laicità. Una geografia delle nostre radici, Einaudi, 2006. Evolutionary Ethics
and Contemporary Biology, con Gabriele De Anna, Cambridge University Press,
2006. Filosofia e scienze della vita. Un'analisi dei fondamenti della biologia
e della medicina, con Stefano Giaimo, Bruno Mondadori, 2008. Passaggi. Storia
ed evoluzione del concetto di morte cerebrale, con Ignazio R. Marino e Howard
R. Doyle, Il Pensiero Scientifico Editore, . Etica alle frontiere della
biomedicina. Per una cittadinanza consapevole, con Paolo Maugeri, Mondadori, .
Philosophy of Molecular Medicine. Foundational Issues in Research and Practice,
con Marco J. Nathan, Routledge, . Ethical Counselling and Medical
Decision-Making in the Era of Personalised Medicine. A Practice-Oriented Guide,
con Virginia Sanchini, Springer, . Consulenza etica e decision-making clinico.
Per comprendere e agire in epoca di medicina personalizzata, con Virginia
Sanchini, Pearson Italia spa, . H. J. Poincaré, Opere epistemologiche. 1, Mimesis, . H. J. Poincaré, Opere
epistemologiche. 2, Mimesis, . Etica
alle frontiere della biomedicina. Per una cittadinanza consapevole, Seconda
Edizione, Mondadori Università, . Note
Giovanni Boniolo sul Mattino di Padova del 6 gennaio , su
mattinopadova.gelocal. 22 giugno .
Giovanni Boniolo, su docente.unife. 22 giugno . Pubblicazioni di
Giovanni Boniolo, su docente.unife. 22 giugno . CV di Giovanni Boniolo, su
docente.unife. 22 giugno . Accademia dei
Concordi, su concordi. 23 giugno .
Giovanni Boniolo sul Mattino di Padova del 6 gennaio , su
mattinopadova.gelocal. 22 giugno .CV di Giovanni Boniolo, su docente.unife. 22
giugno . Giovanni Boniolo, su docente.unife. 22 giugno . unifueu.academia.edu,
unifueu.academia.edu/GiovanniBoniolo. 12 luglio . 32022850 I0000 0001 1440 8697
88016661 cb12087484r Identitieslccn-n88016661 Biografie Biografie Pallacanestro Pallacanestro Categorie: Cestisti del Basket
PataviumFilosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI
secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani del XXI
secoloCestisti italiani 1956Nati l'8 agosto Padova
BONOMI Grice:
“Bonomi is undoubtedly a Griceian – my favourite is his account of the copula –
as in ‘The wrestlers are good’ – in terms of what Bonomi, after Donato, calls
‘aspetto’ – S is P, S was P, S will be P, Be P!, and so on – Most of his
philosophising is Griceian, such as his explorations on what he calls ‘the ways
of reference,’ ‘image’ and ‘name’ in terms of
‘significato,’ and ‘rappresentazione,’ – he is a Griceian in that he
respects ‘la struttura logica’ and leaves whatever does not fit to the
implicaturum!” Andrea Bonomi (Roma), filosofo.
Bonomi è stato professore di Filosofia
del linguaggio fino all'ottobre e
direttore del Dipartimento di Filosofia (1991-1994; 1997-2000) dell'Università
degli Studi di Milano. Ha insegnato
Semantica dei linguaggi naturali all'Università Vita-Salute San Raffaele di
Milano (-). Nei primi lavori di
filosofia del linguaggio (Le vie del riferimento, 1975; Universi di discorso,
1979) Bonomi ha concentrato il proprio interesse verso il ruolo che l'apparato
concettuale svolge nella determinazione dei contenuti semantici grazie ai quali
ci riferiamo a oggetti ed eventi del mondo circostante. Il suo scritto teoreticamente più impegnativo
(Eventi mentali, 1983) tratta invece delle modalità logiche che sono alla base
delle procedure con cui, nel linguaggio, rappresentiamo i contenuti cognitivi
di altri soggetti. Bonomi si è poi
occupato della struttura semantica degli universi narrativi, concentrandosi in
particolare sul ruolo che hanno le cosiddette espressioni indicali nel determinare
la struttura spazio-temporale di un testo letterario (Lo spirito della
narrazione, 1994). Un ultimo lavoro di
semantica formale è dedicato alla struttura degli enunciati temporali (Tempo e
linguaggio. Introduzione alla semantica del tempo e dell'aspetto verbale, in
collaborazione con Alessandro Zucchi, 2001).
A metà strada fra realtà autobiografica e immaginazione si colloca
invece la sua prima opera narrativa (Io e Mr Parky, ), nella quale si
descrivono i mutamenti che intervengono nella vita di una persona che scopre di
essere affetta da una patologia neurodegenerativa. Opere Libri Andrea Bonomi, Esistenza e
struttura, saggio su Merleau-Ponty, il Saggiatore, Milano, 1967. Andrea Bonomi
e Gabriele Usberti, Sintassi e semantica nella grammatica trasformazionale,
Milano, Il Saggiatore, 1971. Andrea Bonomi, Le vie del riferimento, Milano,
Bompiani, 1975. Andrea Bonomi, Universi di discorso, Milano, Feltrinelli, 1979.
Andrea Bonomi, Eventi mentali, Milano, Il Saggiatore, 1983. Andrea Bonomi, Le
immagini dei nomi, Milano, Garzanti, 1987. Andrea Bonomi, Lo spirito della
narrazione, Bompiani, 1994, 206, 9788845222528. Andrea Bonomi e Alessandro
Zucchi, Tempo e linguaggio. Introduzione alla semantica del tempo e dell'aspetto
verbale, Bruno Mondadori, 2001,
9788842494836. Andrea Bonomi, Io e Mr Parky, Bompiani, , 9788845282270. Franca D'Agostini, Gli analitici lo fanno
meglio. Le ragioni di un successo crescente anche tra i filosofi europei e
italiani cresciuti nella tradizione continentale, in La Stampa, 12 settembre
. Scuola di Milano Pagina personale di Andrea Bonomi Filosofia Filosofo
del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX
secoloAccademici italiani Professore1940 RomaProfessori dell'Università degli
Studi di Milano
BONTADINI Grice: “I would call Bontadini a Griceian;
first, he likes sports, like I do; second he is a neo-classical (as I am) and a
anti-anti-metaphysicist, as I am!” -- “Se
Dio non ci fosse, il mondo sarebbe contraddittorio» (G. Bontadini, Saggio
di una metafisica dell'esperienza).” Gustavo Bontadini (Milano) filosofo e
accademico italiano, esponente di spicco del movimento neotomista, che ebbe
presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano uno dei suoi più
importanti punti di riferimento e diffusione. Fu maestro, tra gli altri, di
Angelo Scola, Emanuele Severino, Giovanni Reale, Evandro Agazzi, Virgilio
Melchiorre, Luigi Negri, Luisa Muraro, Carmelo Vigna, Giuseppe Barzaghi,
Alessandro Cortese, Paolo Aldo Rossi, Giorgio Buccellati. Iscrittosi
presso l'Università Cattolica di Milano quando essa aveva iniziato le sue
attività, ma non era ancora riconosciuta dal governo italiano, egli fu nel 1925
il terzo laureato assoluto dell'ateneo, presso il quale fu poi professore di
filosofia teoretica dal 1951 al 1973. Ha insegnato anche presso l'Urbino
(1940-1950), la Statale di Milano (1944-1946), e l'Pavia (1947-1951).
Pensiero Un ritorno a Parmenide Pur rifacendosi alla metafisica classica,
quella aristotelica e tomistica, Bontadini si dichiara "neoclassico"
intendendo evidenziare il nuovo ruolo che quell'antica metafisica può svolgere
nella filosofia contemporanea. Egli infatti definisce se stesso come «un
metafisico radicato nel cuore del pensiero moderno». Rifacendosi alla
filosofia idealistica ne apprezza soprattutto la «verità metodologica» che ha
evidenziato il ruolo della coscienza, del cogito cartesiano, nel cogliere il
significato dell'essere pur considerandolo come altro, diverso dalla
soggettività della coscienza stessa, realizzando cioè una identità tra il
soggetto e l'oggetto, tra l'intelletto e la sensibilità che riporta in luce
l'antica teoria parmenidea dell'identità di Essere e Pensiero. Un
Parmenide, quello di Bontadini, che non esclude «la constatazione del divenire,
da un lato, e la denuncia della sua contraddittorietà, dall'altro. Due
protocolli che fanno capo rispettivamente ai due piloni del fondamento:
l'esperienza e il principio di non contraddizione (primo principio). I due
protocolli sono tra loro in contraddizione, e tuttavia godono entrambi del
titolo di verità [...] sono verità, però, che in quanto prese nell'antinomia
(antinomia dell'esperienza e del logo) si trovano a dover lottare contro
un'imputazione di falsità. Giacché l'esperienza oppugna la verità del logo e il
logo quella dell'esperienza». Il sapere Una nuova concezione del sapere è
alla base del pensiero di Bontadini che ne ribadisce l'origine nell'esperienza
che però va intesa non più come risultato delle operazioni della ragione
(razionalismo) o come ricezione passiva dei dati empirici (empirismo), ma come
"presenza": mentre la gnoseologia contemporanea continua a concepirla
nell'ambito di un dualismo dell'essere e del conoscere, correlando così il
problema metafisico a quello del conoscere e facendo nascere la questione, di
difficile soluzione, di quale correlazione possa esserci tra il pensiero e la
realtà. Ma ogni qual volta si considera ciò che si ritiene sia "al
di là" del pensiero, questo inevitabilmente è nel pensiero, appartiene al
pensiero stesso. Quindi ogni esperienza come "presenza" è assoluta,
perché non costruita, ed è totale, poiché ogni singolo fatto empirico fa parte
di essa. L'unità dell'esperienza Si arriva quindi alla concezione di
"unità dell'esperienza" dove tra l'esperienza e il pensiero si
sviluppa quel rapporto di circolarità che costituisce il sapere. Ma
secondo l'insegnamento di Parmenide l'essenza dell'esperienza è il divenire che
si presenta come contraddittorio nella sua realtà di essere e di esistere
inteso come opposto al non essere. Come può il sapere allora basarsi su
una struttura contraddittoria di essere e divenire? «Il divenire si
presenta cioè contraddittorio; anzi come la stessa incarnazione della
contraddittorietà (l'identificarsi del positivo e del negativo), come la
smentita alla suprema e immediata identità: l'essere è». La soluzione in
Dio creatore «L'ente, che è temporale in quanto empirico, è eterno in quanto
divino». La contraddizione insita nel divenire cioè può essere superata
nell'esistenza di Dio creatore: «La contraddizione del divenire è superata con
la dottrina della creazione, in quanto quella identificazione dell'essere e del
non essere, che riscontriamo nell'esperienza, è ora vista come il risultato
dell'azione dell'Essere», di Colui che crea dal non essere l'essere. Ma
l'essere poi non ricade, divenendo, nel nulla? Non si può, risponde
Bontadini, pensare assurdamente che l'essere sia distrutto dal nulla ma il
mondo creato da Dio è diverso da Lui ma insieme coincide nella sua creazione
non alterando la sua essenziale immutabilità. La polemica con Emanuele
Severino Emanuele Severino, traendo le conclusioni dalla concezione del suo
maestro Bontadini nel 1964 in un saggio pubblicato su la Rivista di filosofia
neo-scolastica (fasc. II) dal titolo Ritornare a Parmenide, eliminò ogni
differenza tra l'immutabilità di Dio e quella del mondo soggetto al divenire
per cui ogni cosa è eterna come è eterno Dio. Rispose con toni duramente
ironici Bontadini in un articolo dal titolo in greco antico Sozein ta fainomena
(Salvare i fenomeni): «... io mi chiesi [...] con quale barba si trovi, nel
mondo dell'essere, il mio alter ego immutabile. Giacché, da quando ero
matricola venendo fino ad oggi, di barbe io ne ho cambiate molte centinaia.
Ora, se poniamo che tutte sono immutabili, mi pare che non troverei abbastanza
superficie sul mio corpoquello fissato per l'eternitàper fare posto a
tutte». Bontadini ribadì quindi la sua concezione del "principio di
creazione" che permette di superare la contraddittorietà del divenire
tramite l'azione creatrice di Dio: «in quanto quella identificazione
dell'essere e del non-essere, che riscontriamo nell'esperienza, è ora vista
come il risultato dell'azione dell'Essere (azione indiveniente dell'Essere
indiveniente)». Opere principali Saggio di una metafisica dell'esperienza,
Milano, Vita e pensiero, 1938. Studi sull'idealismo. Serie prima (1923-1935),
Urbino, A. Argalia, 1942. Dall'attualismo al problematicismo. Studii sulla
filosofia italiana contemporanea, Brescia, La scuola, 1945. Studi sulla
filosofia dell'età cartesiana, Brescia, La scuola, stampa 1947. Dal
problematicismo alla metafisica. Nuovi studi sulla filosofia italiana
contemporanea, Milano, Marzorati, 1952. Indagini di struttura sul gnoseologismo
moderno. I. Berkeley, Leibniz, Hume, Kant, Brescia, La scuola, 1952. Il compito
della metafisica, Bontadini e altri, Milano, Fratelli Bocca, 1952. Studi di
filosofia moderna, Brescia, La scuola, 1966. Conversazioni di metafisica, 2
voll., Milano, Vita e pensiero, 1971. Metafisica e deellenizzazione, Milano,
Vita e pensiero, 1975. Appunti di filosofia, Milano, Vita e pensiero,
1996. 88-343-3680-1 Note G. Bontadini, Metafisica e
de-ellenizzazione G. Bontadini,
Sull'aspetto dialettico della dimostrazione dell'esistenza di Dio in
Conversazioni di metafisica, Milano, 1971, pag. 189. G. Bontadini, Metafisica e deellenizzazione,
pag.26 G. Bontadini, Saggio di una
metafisica dell'esperienza Espulso per
le sue posizioni filosofiche dalla Cattolica di Milano, nel 1969. Sembra qui tornare il Deus sive Natura di
Spinoza G, Bontadini, Sozein ta
fainomena pag. 444 Ibidem, pag. 448 Giulio Goggi, Dal diveniente all'immutabile.
Studio sul pensiero di Gustavo Bontadini, prefazione di Emanuele Severino, Venezia
: Cafoscarina, 2003. 88-7543-007-1
Carmelo Vigna , Bontadini e la metafisica, Vita e Pensiero, Milano 2008. Paolo
Pagani, L'Essere è Persona. Riflessioni su ontologia e antropologia filosofica
in Gustavo Bontadini, Orthotes, Napoli-Salerno . Francesco Saccardi, Metafisica
e parmenidismo. Il contributo della filosofia neoclassica, Orthotes,
Napoli-Salerno . BONTADINI, Gustavo, in Enciclopedia Italiana, 3, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1961.
BONTADINI, Gustavo, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, 2009. Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Gustavo
Bontadini Gustavo Bontadini, in Il
pensiero filosofico-religioso italiano del Novecento, Associazione Italiana di
Filosofia della Religione. Gustavo Bontadini, su BeWeb, Conferenza Episcopale
Italiana. Filosofia Filosofo del XX
secoloAccademici italiani Professore1903 1990 27 marzoMorti l'11 aprile Milano
MilanoProfessori dell'Università degli Studi di MilanoProfessori
dell'Università degli Studi di PaviaProfessori dell'Università Cattolica del
Sacro Cuore
BONTEMPELLI –Grice: “Bontempelli knows that
the Romans never liked the Greek ‘symptom,’ but ‘coincidence’ seems weak: x
means y if y coincides with x, or if x is a symptom of y.’ (‘those spots mean
measles’ – and ‘dog’ means that there is a dog.”” -- “I suppose my favourite Bontempelli
is his section on Roman philosophy in his history of philosophy series!” -- Massimo
Bontempelli (Pisa), filosofo. – There is the other Massimo Bontempelli, nato a
Como. Como-born Massimo Bontempelli had a son, called Massimo Bontempelli
(1911-1960). Massimo Bontempello ha un cugino, nipotte di Massimo Bontempelli:
Alessandro Bontempelli. Nato a Pisa, dopo il conseguimento della laurea in
filosofia, Bontempelli dedica all'insegnamento negli istituti superiori,
alla realizzazione di manuali scolastici di storia e filosofia e alla stesura
di saggi di argomento filosofico. Storico di impostazione marxiana, e originale
pensatore filosofico di orientamento neoidealista, realizza i suoi più
importanti contributi imperniando lo studio dei processi storici attorno alla
categoria di "modo di produzione". Tematizza con attenzione le
strutture sociali entro i modi di produzione neo-litico, nomade-pastorale,
prativo-campestre, antico-orientale, asiatico, africano, meso-americano,
schiavistico, colonico, feudale e capitalistico, elaborando su queste basi una
ri-costruzione della genesi sociale dei fenomeni filosofici. Rilevante è la sua
interpretazione della figura storica di Gesù, ricostruita entro una totalità
sociale a partire dalla analisi dell'economia pianificata del modo di
produzione antico-orientale palestinese, sulla scorta di una prospettiva
metodologica storico-scientifica nei confronti dei vangeli. Come storico della
filosofia ha studiato in particolare il pensiero platonico, neo-platonico e la
dialettica hegeliana. Come pensatore filosofico originale viene collocato da
Costanzo Preve all'interno della corrente del neo-idealismo italiano, essendo
il suo pensiero fortemente influenzato dalla Scienza della Logica hegeliana. Muove
dalle profonde critiche al nichilismo contemporaneo e al relativismo anti-metafisico
per approdare ad un tentativo di rifondazione onto-assiologica degli orizzonti
di senso dell'esistenza umana sulla scorta di una indagine della natura
trascendentale dell'uomo, alla luce di un superamento della polarità dualistica
empiria/trascendenza. Si dedica alla critica serrata della sinistra politica e
allo sviluppo del tema della decrescita. Opere: “Il senso della storia
antica. Itinerari e ipotesi di studio, Milano, Trevisini, “Antiche strutture
sociali mediterranee,” Milano, Trevisini, “Storia e coscienza storica,” Milano,
Trevisini, Per il triennio] Civiltà e strutture sociali dall'antichità al
medioevo, Milano, Trevisini, Antiche civiltà e loro documenti, Milano,
Trevisini, Civiltà storiche e loro documenti, Milano, Trevisini, Per il
triennio] Filosofia: Il senso dell'essere nelle culture occidental,
Milano, Trevisini, Filosofia, Napoli, Istituto Italiano per gli Studi
Filosofici PRESS, . [riedito nel in
versione aggiornata dalle edizioni Accademia Vivarium Novum] “Eraclito e noi,
Milazzo, Spes,. “Percorsi di verità della dialettica antica, Milazzo, Spes, Nichilismo,
verità, storia, Pistoia, CRT, Gesù. Uomo nella storia, Dio nel pensiero, con
Costanzo Preve, Pistoia, CRT, La conoscenza del bene e del male, Pistoia, CRT, La
disgregazione futura del capitalismo mondializzato, Pistoia, CRT, Tempo e
memoria, Pistoia, CRT, Il concetto di realtà e il nichilismo contemporaneo, Pistoia,
CRT, L'agonia della scuola italiana, Pistoia, CRT, Un sentiero attraverso la
foresta hegeliana, Pistoia, CRT, Eraclito e noi. La modernità attraverso il
prisma interpretativo eracliteo, CRT, Diciamoci la verità, "Koiné"
n.6, Pistoia, CRT, Le sinistre nel capitalismo globalizzato, Pistoia, CRT, Un
nuovo asse culturale per la scuola italiana, CRT, Pistoia, L'arbitrarismo della
circolazione autoveicolare, Pistoia, CRT, -- very Griceian: Grice: “D. K. Lewis
drew his example of the arbitrariness of a convention from Massimo
Bomtempelli.” Il sintomo e la malattia. Una riflessione sull'ambiente di Bin
Laden e su quello di Bush, con Carmine Fiorillo, Pistoia, CRT, -- cf. Grice: “I
took the example, ‘those spots mean measle’ from Bontempelli, “Il sintomo e la
malattia” – “Il sintomo” -- [ristampato nel
dalla casa editrice Petite Plaisance] Diciamoci la verità, CRT, Pistoia.
Il respiro del Novecento. Percorso di storia del XX secolo. 1914-1945, Pistoia,
CRT, Il mistero della sinistra, con Marino Badiale, Genova, Graphos, La Resistenza Italiana. Dall'8 settembre al 25
aprile. Storia della guerra di liberazione, Cagliari, CUEC, La sinistra
rivelata, con Marino Badiale, Bolsena, Massari, Il Sessantotto. Un anno ancora
da scoprire, Cagliari, CUEC [ristampato
nel ] Civiltà occidentale, con Marino Badiale, prefazione di Franco Cardini,
Genova, Il Canneto, . Marx e la decrescita, Trieste, Abiblio, . Platone e i
preplatonici. Morale in Grecia, introduzione di Antonio Gargano, Napoli,
Istituto Italiano per gli Studi Filosofici PRESS, . Un pensiero presente: scritti su Indipendenza, Roma,
IndipendenzaEditore Francesco Labonia, . Capitalismo globalizzato e scuola, Roma,
Indipendenza Editore Francesco Labonia, . La sfida politica della decrescita, Roma,
Aracne, . Gesù di Nazareth, Pistoia, Petite Plaisance, Saggi in opere
collettanee Il respiro del Novecento, "Koiné"
n.6, Pistoia, CRT, Metamorfosi della
scuola italiana, "Koiné" n.4, Pistoia, CRT, Visioni di scuola. Buoni
e cattivi maestri, "Koiné" n.5, Pistoia, CRT, Scienza, cultura,
filosofia, "Koiné" n.8, Pistoia, CRT, 2002. I cattivi maestri, in I
Forchettoni Rossi, Roberto Massari, Bolsena, Massari. Addio al professor
Massimo Bontempelli, Il Tirreno.
Bontempelli individua, in diverse epoche, un feudalesimo ario, cinese,
indiano, iranico del regno dei Parti, del Vicino Oriente islamico, del Ghana e
infine il feudalesimo occidentale. Gesù
uomo nella storia, Dio nel pensiero (uaar)
Costanzo Preve, Ideologia italiana. Saggio sulla storia delle idee
marxiste in Italia, Milano, Vangelista, 1993 (p. 201 sgg.) Marxismo modo di produzione Costanzo Preve
Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Massimo Bontempelli Opere di
Massimo Bontempelli, . Gesù uomo nella
storia, Dio nel pensiero (uaar), su uaar. Ricordo filosofico di Massimo
Bontempelli, di Luca Grecchi (Petiteplaisance) , su petiteplaisance. Per
Massimo Bontempelli (alfabeta2), su alfabeta2. Un ricordo di Massimo
Bontempelli, di Roberto Massari (Arianna Editrice), su ariannaeditrice. Un
profilo di Massimo Bontempelli, di Costanzo Preve su youtube.com. Massimo
Bontempelli, una vita semplice, una mente scintillante, di Fabio Bentivoglio,
su ariannaeditrice. Le idee forti di Massimo Bontempelli, di Giulietto Chiesa
(alternativa-politica), su alternativa-politica. 20 luglio 21 gennaio ). Il bene come processo possibile
concreto: natura umana e ontologia sociale, di Claudio Lucchini (Università
degli studi di Milano-Bicocca), su boa.unimib.
BONVECCHIO: Grice:
“Bonvecchio is a good one; of course, he has philosophised on what Italian
philosophers have philosophised most: ‘e amore’ – only he calls it eros
--.” “This is strange: this Italian
fascination with the Hellenism: one BAD thing about the Hellenic or Grecian
lingo is that they have FOUR words for ‘love’: philos, eros, agape, charitas –
Cicero followed William of Ockham’s razor, ‘do nott multiply words’ – and
translated them all by ‘amore’ – Now, with Bonvecchio, it’s not just, as with
Tonny Bennett, just ‘amore,’ – iit’s amore ‘come simbolo’, that is, as used in
communication – as per Socrates with Alcebiades – the daemon, Amore, is the
metaxu – so there is a communication of Apollo and Dioniso via love – all VERY
philosophical, and actually very Oxonian – vide Walter Pater!” -- Claudio Bonvecchio
(Pavia), filosofo. Laureatosi in Filosofia Teoretica presso l'Pavia inizia la
sua carriera accademica come borsista, contrattista e ricercatore presso la
Facoltà di Lettere e Filosofia della stessa Università. Dal 1987 insegna "Filosofia della
Politica" nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi
di Palermo. Nello stesso ambito dottrinale insegna nel 1990 nell'Università
degli Studi di Trieste sino al 2001. Da questo stesso anno è Professore di
Filosofia delle Scienze Sociali nel Corso di Laurea di Scienze della
Comunicazione della Facoltà di Scienze MM. FF. NN. dell'Università degli Studi
dell'Insubria dove dal 2003 diviene vicedirettore del Dipartimento di
Informatica e Comunicazione. Claudio
Bonvecchio è stato iniziato alla Massoneria presso la loggia del Grande Oriente
d'Italia Cardano di Pavia nel 1992, dove ha ricoperto varie cariche. Dal 6
aprile è Grande Oratore del Grande
Oriente d'Italia in seno alla Giunta guidata dal Gran Maestro Stefano Bisi, nel è stato eletto Gran Maestro aggiunto . Dal 5 dicembre è componente del Cda della Fondazione Luigi
Einaudi Onlus. Opere Particolarmente
dedito agli studi sulla simbologia e sulla mitologia politica ha pubblicato
numerose opere su questo argomento:
Immagine del politico. Saggi su simbolo e mito politico, Cedam, Padova,
1995; Imago imperii imago mundi, Cedam, Padova, 1997; L'ombra del potere. Il
lato oscuro della società: elogio del politicamente scorretto (con C. Risi),
Red, Como, 1998; Il nuovo volto di Ares o il simbolico nella guerra post moderna,
Cedam, Padova, 1999; La spada e la coronaStudi di Simbolica politica,
Barbarossa, Milano, 1999; Gli Arconti di questo mondo. Gnosi: politica e
diritto, Edizioni Trieste, Trieste, 2000; Il pensiero forte, Settimo Sigillo,
Roma, 2000; Apologia dei doveri dell'uomo, Terziaria, Milano, 2002; La maschera
e l'uomo, Franco Angeli, Milano, 2002, Il coraggio di essere (con Boris
Luban-Plozza), Dadò, Lugano, 2002; Europa degli Eroi Europa dei mercanti.
Itinerari di ribellione, Settimo Sigillo, Roma, 2004; Inquietudine e verità,
Giappichelli, Torino, 2004. Dove va l'idea di Tradizione, Settimo Sigillo,
Roma, 2005; Il sacro e la cavalleria, Mimesis Edizioni, Milano, 2005;
Esoterismo e Massoneria, Mimesis Edizioni, Milano, 2007; I Viaggi dei Filosofi,
Mimesis Edizioni, Milano, 2008; La Filosofia del Signore degli Anelli, Mimesis
Edizioni, Milano, 2008; Ripensare l'identità. Per una geopolitica dell'anima
europea, Settimo Sigillo, Roma, 2009; Il Cavaliere, la Morte e il Diavolo. Un
percorso nella post-modernità, ScriptaWeb, Napoli, ; La Magia e il SacroSaggi
Inattuali, Mimesis Edizioni, . Eros come simbolo, AlboVersorio, Milano, .
L'orologio dell'Apocalisse. La fine del mondo e la filosofia, curatela con
Erasmo Silvio Storace, AlboVersorio, Milano, . Scritti in onore Simboli,
politica e potere. Scritti in onore di Claudio Bonvecchio, Paolo Bellini,
Fabrizio Sciacca ed Erasmo S. Storace, AlboVersorio, Milano , 548.
9788899029586 Note Università dell'Insubria[collegamento
interrotto] Grande Oriente d'Italia Convegno a Matera: Europa, Libera muratoria,
cultura Claudio Bonvecchio scheda nel
sito dell'Università degli Studi dell'Insubria. Filosofia Filosofo del XX
secoloFilosofi italiani Professore1947 20 gennaio PaviaMassoni
Bordon: Grice: “Bordon is a genius; my favourite
tract is his ‘ludi romani,’ in a piece he philosophised for Silvio’s figlio,
whoever he is – but he also philosophised on ‘communication’ – and surely a
game is a kind of communication – cf. my ‘conversation-as-game’!” -- Giulio Cesare Scaligero o della Scala,
latinizzato in Julius Caesar Scaliger (Riva del Garda), filosofo. Il suo vero
nome era Giulio Bordon. Di origine italiana, trascorse in Francia parte
della sua vita, e la parte più fruttuosa della sua carriera. A dispetto del suo
atteggiamento arrogante e incline alla polemica, era alta la sua reputazione
tra i contemporanei, che lo giudicavano così distinto nel suo sapere e talento,
che, secondo Jacques Auguste de Thou, nessuno degli antichi poteva essere
collocato sopra di lui, e che l'età in cui visse non presentò nessun sapiente
paragonabile a lui. Nelle proprie note biografiche, Scaligero si spaccia
per un discendente del casato dei Della Scala (che furono, per 150 anni, i
signori di Verona) e si dice nato nell'anno 1484 a Rocca di Riva, sulle rive
del Lago di Garda. Era forse figlio di Niccolò della Scala, a sua volta figlio
di Guglielmo. Quando era dodicenne, il suo protettore, l'imperatore
Massimiliano I d'Asburgo, lo nominò tra i suoi paggi. Rimase per diciassette anni
al servizio dell'imperatore, distinguendosi prima come soldato e poi come
capitano. Ma non dimenticava di coltivare né le lettere, nelle quali aveva
avuto come precettori alcuni tra i più eminenti studiosi del tempo, né le arti,
che aveva studiato con considerevole successo sotto la direzione di Albrecht
Dürer. Partecipa alla battaglia di Ravenna Nel 1512, nella battaglia di
Ravenna, in cui padre e suo fratello maggiore rimasero uccisi, mostrò grandi
doti di coraggio, e in seguito ricevette i più alti onori della cavalleria dal
suo imperiale cugino[non chiaro], che gli conferì con le proprie mani l'Ordine
dello Speron d'oro, aumentato con il collare e l'aquila d'oro. Questa è stata
l'unica ed elevatissima decorazione da lui ottenuta. Lasciò la corte di Massimiliano
I e, dopo un breve impiego presso un altro mecenate, il duca di Ferrara, decise
di abbandonare la vita militare, e nel 1514 s'iscrisse come studente
all'Bologna. Decise di prendere i voti, nell'aspettativa di diventare
cardinale, e forse anche papa, se fosse riuscito a strappare dai veneziani il
Ducato di Verona, del quale la repubblica aveva usurpato i suoi antenati. Ma,
dal momento che restò secolare, abbandonò questi progetti e rimase
all'università fino al 1519. I seguenti sei anni li passò al castello di
Vico Nuovo, in Piemonte, come ospite dei Della Rovere, all'inizio dividendo il
suo tempo tra spedizioni militari in estate, e lo studio, principalmente della
medicina e della storia naturale, in inverno, fino a che un forte attacco di
gotta reumatica portò alla fine la sua carriera militare. Diventa medico
personale del vescovo di Agen Di conseguenza, da allora la sua vita divenne
totalmente devota allo studio. Nel 1525 accompagnò, nel ruolo di medico
personale, Antonio della Rovere, vescovo di Agen. Pochi anni dopo la
morte dello Scaligero, i nemici del figlio cominciarono a insinuare che egli
non fosse un discendente della famiglia dei Della Scala, ma il figlio di
Benedetto Bordone, un illustratore e maestro di liceo da Verona; che fosse
stato educato a Padova, dove avrebbe ottenuto il titolo di medico; e che la
storia della sua vita e delle sue avventure prima dell'arrivo ad Agen non fosse
nient'altro che una trama di favole. Certamente, molte delle sue affermazioni
non sono sostenute da alcun'altra prova se non le sue proprie dichiarazioni, e
alcune di queste sono in contraddizione con fatti ben accertati (si veda
sotto). Trascorse quasi tutti i restanti trentadue anni della sua vita
nella città di Agen, sotto la luce dei riflettori della storia contemporanea.
Furono anni senza particolari vicissitudini, quasi senza incidenti; proprio in
quegli anni, d'altra parte, egli raggiunse una fama così grande che dopo la sua
morte, nel 1558, godeva d'una reputazione scientifica e letteraria tra le migliori
in Europa. Pochi giorni dopo il suo arrivo ad Agen s'innamorò di un'incantevole
orfanella di tredici anni, Andiette de Roques Lobejac. Gli amici della ragazza
s'opposero al suo matrimonio con un avventuriero sconosciuto, ma nel 1528 egli
aveva ottenuto tanto successo come medico che le obiezioni della famiglia
furono superate, e a quarantacinqu'anni egli sposò Andiette, che era sedicenne.
Il matrimonio si dimostrò un completo successo; fu seguito da ventinove anni di
felicità coniugale quasi ininterrotta, e dalla nascita di quindici figli, tra i
quali il famoso Giuseppe Giusto Scaligero. Accusa di eresia Messo sotto
accusa, per sospetti di eresia nel 1538, dei quali venne prosciolto dai suoi
amici giudici (uno tra questi era Arnoul Le Ferron). Nello stesso periodo
pubblica i suoi principali libri, che suscitano querele e critiche. Nel 1531
stampa la sua prima invettiva contro Erasmo da Rotterdam, in difesa di Cicerone
e dei Ciceronianus. È un pezzo di invettiva vigorosa, che mostra, come in tutti
i suoi scritti successivi, una sorprendente padronanza del latino, e una
retorica brillante, anche se carica dell'abuso del volgare, che forse non
inquadrava affatto la vera essenza dei ciceroniani di Erasmo. Fu grande
l'indignazione dello scrittore quando l'unica risposta che ricevette dal grande
Erasmus era stata l'essere trattato con un silenzioso disprezzo (Erasmo pensava
che questa sua opera fosse il lavoro di un suo nemico personale, Meander, che
Erasmo credeva si nascondesse sotto lo pseudonimo di G.C.S.), e indusse
Scaligero a scrivere una seconda invettiva (pubblicata nel 1536), più violenta
e abusiva, con una maggiore auto-glorificazione, ma con meriti reali davvero
inferiori rispetto alla prima. Questi discorsi venivano seguiti da un
prodigiosa quantità di versi latini, che apparvero in volumi successivi nel
1533, 1534, 1539, 1546 e 1547; di questi, un critico amico, Mark Pattison, si
sentì obbligato ad approvare il giudizio di Pierre Daniel Huet, che disse,
"par ses poésies brutes et informes Scaliger a deshonoré le Parnasse"
(per le sue poesie aspre e informi ha disonorato il Parnaso); nonostante
questo, le numerose edizioni stampate di questi, mostrano come questi versi
fossero grati non soltanto ai contemporanei, ma anche agli studiosi successivi.
Un breve trattato sui versi comici De comicis dimensionibus (Lione, 1540) e
un'opera De causis linguae Latinae (Ginevra, 1580), lo resero il primo
grammatico latino che seguiva principi scientifici e che seguiva un metodo
scientifico, e dunque, sono questi i suoi due unici lavori puramente letterari
pubblicati in vita. Frontespizio dell'edizione lionese dei Poetices
libri septem (1561). I suoi Poetices libri septem (Ginevra e Lione 1561; Leyda
1581) apparirono dopo la sua morte. Con molti paradossi, con molte critiche ad
altri autori che rasentano il disprezzo, e molte esibizioni di pura animosità
personale (specialmente quando si riferiva a Étienne Dolet, arrivando a
scrivere glosse sulla sua morte, piene di brutale malignità), eppure contenenti
acute critiche basate sulla Poetica di Aristotele, "imperator noster;
omnium bonarum artium dictator perpetuus", un trattato che divenne
influente nella storia della critica letteraria. Come molti della sua
generazione, Scaligero considerava Virgilio superiore ad Omero. La sua lode
delle tragedie di Seneca il giovane sopra quelle dei greci influenzò sia
Shakespeare che Pierre Corneille. Opere filosofiche e scientifiche Ma è
piuttosto come filosofo e uomo di scienza che Scaligero voleva essere
giudicato. Definiva i suoi studi classici come un gradevole rilassamento da
compiti più severi. Qualsiasi siano state le sue vere faccende nei suoi primi
40 anni di vita, sicuramente queste lo resero un osservatore accurato e
ravvicinato, e lo avevano reso edotto di molti fenomeni curiosi e poco noti,
che aveva pienamente registrato in una tra le più tenaci memorie della
storia. Il Dialogue de plantis e le Exercitationes I suoi scritti
scientifici sono tutti sotto forma di commenti, e non è stato se non sino al
suo settantesimo anno (con l'eccezione di un breve trattato sul De insomniis di
Ippocrate) che sentì che uno qualsiasi di questi scritti fosse sufficientemente
completo per essere dato alla stampa. Nel 1556 fa stampare il suo Dialogue
sulle piante De plantis attribuito ad Aristotele, e nel 1557 le sue
Exercitationes basata sul lavoro di Girolamo Cardano, De subtilitate.
Pubblicazioni postume: De causis plantarum e Storia degli animali Alla sua
morte rimasero incompiute altre sue opere scientifiche, tra cui i commentari su
Teofrasto De causis plantarum e la Storia degli animali di Aristotele, che
vennero stampati postumi. Sono tutte opere contrassegnate da un dogmatismo
arrogante, violenza nel linguaggio, e una costante tendenza all'auto
glorificazione, stranamente combinate con autentiche conoscenze alquanto
estese, accompagnate da ragionamenti acuti, corredate da osservazioni dei fatti
e dei dettagli senza paragoni tra gli altri studiosi del tempo. In effetti, lui
era soltanto il maggiore naturalista del Cinquecento, con tutti i limiti
dell'epoca. Anticipa il ragionamento induttivo del metodo scientifico.
Non si può mettere in discussione che non abbia anticipato in qualche maniera
il ragionamento induttivo del vero metodo scientifico, anche se i suoi studi di
botanica non lo condussero, (come il suo contemporaneo Konrad von Gesner), a
qualche forma di idea su un sistema naturale di classificazione; rigettò,
inoltre, con estrema arroganza e violenza di linguaggio le scoperte di Niccolò
Copernico. Rimase ancorato ai dogmi di Aristotele nella metafisica e nella
storia naturale, così come a quelli di Galeno in medicina, anche se non rimase
schiavo alla lettera dei loro testi o ai dettagli di entrambi. Scaligero
dominava ampiamente e profondamente i loro principi, ed era capace di accorgersi
quando i suoi maestri non erano coerenti con loro stessi. In molti aspetti
corregge alcune dichiarazioni di Aristotele utilizzando i principi
aristotelici. Scaligero si trova in una fase del processo di evoluzione
del sapere nella quale si tenta di armonizzare gli scritti dei classici con la
realtà dei fatti che si riscontrano in natura, e il risultato finale è che i
suoi lavori scientifici hanno un valore puramente storico. Le sue
Exercitationes basate sul libro De subtilitate di Cardano (1551) è il libro che
dà a Scaligero la sua notorietà come filosofo. Le numerose edizioni
testimoniano la loro popularità all'epoca, e fino alla totale caduta finale
delle vedute fisiche di Aristotele continuarono ad essere un libro di testo
molto usato. Le Exercitationes sono rinomate per il loro sfoggio di una grande
ricchezza di conoscenze enciclopediche, il vigoroso stile dell'autore nel
sostenere le proprie tesi, e l'accuratezza delle sue osservazioni; allo stesso
modo, come osservò Gabriel Naudé, i suoi lavori contengono più falle rispetto a
quelle che lui stesso scoprì in Cardano. Charles Nisard scrive che questo suo
lavoro sembra pesantemente fazioso, perché cerca di negare tutto quello che
Cardano afferma e di affermare tutto quello che Cardano nega. Nonostante
questo, Leibniz e Sir William Hamilton lo riconoscono come il migliore
esponente della fisica e metafisica di Aristotele. Giulio Cesare
Scaligero morì nella città di Agen nel 1558. Edizioni Iulius Caesar
Scaliger, Poetices libri septem, Genevae, apud Ioannem Crispinum, 1561.
Onorificenze Cavaliere dello Speron d'oronastrino per uniforme ordinariaCavaliere
dello Speron d'oro Note Pompeo Litta,
Famiglie celebri d'Italia. Scaligeri di Verona, Torino, 1835. Oratio pro Cicerone contra Erasmum (Parigi 1531),
nel quale liquidava Erasmo come un parassita letterario, un mero correttore di
bozze In queste Scaligero analizza il
corretto stile di Cicerone e indica 634 errori commessi da Lorenzo Valla e i
suoi predecessori umanisti
"Imperatore nostro, dittatore perpetuo di ogni buona qualità nelle
arti". Questo articolo (in alcune
parti) incorpora testi provenienti dalla Encyclopædia Britannica (Undicesima
Edizione, del 1911) una pubblicazione che attualmente si trova nel public
domain mondiale.Catholic Encyclopedia: Julius Caesar
ScaligerCorrespondents of Scaliger Julius Caesar Scaliger was the father of
Josephus Justus Scaliger (1540-1609), who maintained a vast correspondence with
European humanists and scholars, whose names are listed here. Pompeo Litta, Famiglie
celebri d'Italia. Scaligeri di Verona, Torino, 1835. Luca Gaurico Giuseppe Giusto Scaligero
Nostradamus Della Scala Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource
contiene una pagina dedicata a Giulio Cesare Scaligero Collabora a Wikiquote Citazionio
su Giulio Cesare Scaligero Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons
contiene immagini o altri file su Giulio Cesare Scaligero Giulio Cesare Scaligero, su
TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giulio Cesare Scaligero, in Enciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Giulio Cesare Scaligero, su sapere, De Agostini. Giulio Cesare
Scaligero, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Giulio Cesare Scaligero, in Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Giulio Cesare Scaligero, su
openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Giulio Cesare Scaligero / Giulio
Cesare Scaligero (altra versione), . Giulio Cesare Scaligero, in Catholic
Encyclopedia, Robert Appleton Company. Filosofia Letteratura Letteratura Rinascimento Rinascimento Categorie: Umanisti
italianiFilosofi italiani del XVI secoloMedici italiani 1484 1558 23 aprile 21
ottobre Riva del Gardad AgenPersone legate all'BolognaScrittori in lingua latinaItaliani
emigrati in FranciaCavalieri dello Speron d'oroUomini universali. Corvaglia, La
poetica di Bordon, smereologia.
BORELLI-D
BORRELI- Grice: “I would call Borreli a Griceian; I
never took Sraffa’s rude Neapolitan gesture too seriously, but Borelli, like
Vitters, does – as he notes, a bended wrist can mean, the utterer by moving his
hands this or that way IMPLICATES that p – or q; I certainly allows my ‘utter’
to cover such cases – ‘express’ – but Borreli is into the mechanics of it!” -- Giovanni Alfonso Borelli (Napoli) matematico,
astronomo, fisiologo e filosofo italiano. Borelli fu studioso poliedrico,
promulgatore delle dottrine galileiane ed ebbe il merito di applicare il metodo
matematico ai problemi di carattere biologico. Fu socio dell'Accademia del
cimento e maestro di Marcello Malpighi e di Lorenzo Bellini. Monumento
funerario di Giovanni Alfonso Borelli. Alcuni studiosi ritengono che sia nato
tra il 1598 e il 1599 da donna santagatina (Motta Sant'Agata di Reggio di
Calabria). La ricostruzione della sua biografia si basa sull'epistolario
che Borelli ha tenuto con Vincenzo Viviani, Alessandro Marchetti (suo discepolo
all'Pisa), Antonio Magliabechi e Marcello Malpighi. Malpighi introdurrà anche
delle informazioni riguardanti Borelli nella sua autobiografia. Grazie a questi
riferimenti è possibile affermare che Giovanni Alfonso Borelli nacque il 28
gennaio 1608 e fu battezzato con il nome di Giovanni Francesco Antonio. Il
padre di Borelli, Miguel Alonzo, secondo il contributo dei personaggi prima
menzionati, era un semplice soldato di fanteria del presidio spagnolo
distaccato al Castel Nuovo di Napoli, mentre la madre era una umile popolana.
Circa i suoi natali è inoltre insistita una maldicenza forse priva di
fondatezza che ne attribuiva la paternità a Tommaso Campanella, a quel tempo
esiliato al Castel Nuovo di Napoli. Anche l'origine napoletana è stata messa in
discussione, in particolare è stata ipotizzata la nascita di Borelli a Messina,
che potrebbe però essere la città natale del fratello minore. Nel il
padre di Borelli, Alonzo, fu processato, forse per aver favorito la fuga del
Campanella, e fu condannato alla pena capitale, che gli fu poi commutata
nell'esilio a Roma. Questo ultimo sarà il luogo dove Borelli effettuerà i suoi
studi diventando anche allievo di Benedetto Castelli. Borelli insegnò
matematica prima a Messina nel 1649 e poi a Pisa nel 1656 dove fondò
l'Accademia degli Investigandi. Nel 1674 si ritirò a Roma dove visse sotto la
protezione di Cristina di Svezia e dove fondò nel 1677 l'Accademia
dell'Esperienza conosciuta anche come Accademia di Fisica-Matematica. Sempre a
Roma incontra Vitale Giordano di cui diventa amico. Roma (1614-1635)
Circa la data del trasferimento a Roma di Borelli ci sono dei dubbi. Secondo
Francesco Puccinotti Borelli si sarebbe trasferito non nel, ma più tardi,
ovvero successivamente al conseguimento della laurea in medicina. Anche su
questa laurea sono stati espressi dei dubbi, ma la si deve credere quasi certa
se si considera la competenza che Borelli dimostra nelle sue opere mediche; è
da considerare anche che nell'ultimo periodo della sua vita divenne medico
della regina Cristina di Svezia. A Roma frequentò le lezioni di idrodinamica
dell'abate Benedetto Castelli. Castelli godeva di una notevole fama e fu
certamente in quell'occasione che Borelli cominciò ad appassionarsi alla fisica
e, in particolare, alla meccanica classica. Chiaramente questo periodo fu
decisivo per il suo indirizzo culturale in quanto gli permise di elaborare
quella metodologia di pensiero grazie alla quale lascerà impresso il suo nome
nella storia. Borelli infatti utilizza l'applicazione della matematica della
meccanica e del metodo sperimentale, proprio della scuola galileiana, per
risolvere i problemi biologici. Messina (1635-1656) Nel 1635 Borelli fu
chiamato dal senato accademico dell'Messina, grazie in parte alla
raccomandazione del Castelli, al fine di occupare la nuova lettura de
matematiche. L'Messina lo tenne in gran conto e gli fornì i mezzi per viaggiare
e mettersi in contatto con i professori delle altre università. Grazie al suo
lavoro, nel 1646, Borelli pubblicò la risoluzione di alcuni problemi geometrici
di Pietro Emanuele Nel 1647-1648, scoppiò una epidemia in Sicilia che diede
l'occasione a Borelli di scrivere la sua prima opera da medico. L'opera
intitolata cagioni delle febbri maligne in Sicilia negli anni 1647-1648 venne
pubblicata/ripubblicata a Cosenza nel 1649 in omaggio all'amico Tommaso
Cornelio. La precisione con la quale Borelli trattò questo problema confermano
ulteriormente che egli già in precedenza aveva raggiunto notevoli conoscenze
mediche. Pisa (1656-1667) Nella primavera del 1656 Borelli lasciò Messina
al fine di occupare la cattedra di matematica all'Pisa, conferitagli dal Granduca
Ferdinando II. Il 19 marzo dello stesso anno tenne la sua prima lezione pisana
ma con scarso successo. Non passò molto tempo però che quegli stessi allievi
dovettero ricredersi sulle qualità del maestro. Tra i suoi più illustri
discepoli, merita di essere citato Alessandro Marchetti. Il soggiorno pisano si
rivelò di grandissima importanza al fine di plasmare l'orientamento scientifico
di Borelli, che già alla scuola del Castelli si era andato rafforzando. Per
sottolineare l'importanza del soggiorno pisano è giusto considerare che il
territorio di Pisa ha visto passare i più illustri medici del tempo: Andrea
Vesalio nel 1543, Realdo Colombo nel 1546, Andrea Cesalpino nel 1581, Galileo
Galilei infine che era stato a Pisa per conseguire il titolo di dottorato, ma poi
finì per insegnare matematica. Sebbene tra i medici appena nominati Galileo
possa sembrare estraneo al loro campo non bisogna escluderlo del tutto. La
tradizione galileiana infatti traeva nuove risorse grazie alla fondazione
dell'Accademia del Cimento che ha costituito un evento di notevole importanza
per l'evoluzione del progresso scientifico. Della suddetta accademia fecero
parte: Vincenzo Viviani, Carlo Roberto Dati, Alessandro Segni, Francesco Redi,
Evangelista Torricelli, Antonio Oliva (di Reggio Calabria), Giovanni Alfonso
Borelli. Il motto di questa accademia era: provando e riprovando, ancora
conosciuto ai giorni nostri. Con l'accademia del Cimento viene dato credito al
metodo sperimentale galileiano in contrapposizione al principio di autorità del
metodo aristotelico. Borelli diede un contributo notevole a ogni importante
esperienza dell'accademia. Giovanni Targioni Tozzetti si riferisce a lui come
uno dei maggiori luminari dell'accademia. Nel 1658 Borelli pubblicò
l'opera l'Euclides restitutus, di notevole importanza matematica,
successivamente si dedicò alla traduzione del Dei conici di Apollonio, voluta
da principe Leopoldo. Nel 1661 Pisa si presentò come il teatro di una epidemia
di febbri. Borelli studiò questo nuovo morbo e ne fece una descrizione in
alcune lettere che inviò a Marcello Malpighi. Nel 1664 pubblicò il De rerum
usu, completando le osservazioni anatomiche del Bellini L. con delle
osservazioni fisiologiche. Sempre nel 1664 si occupò anche di astronomia, in
particolare della cometa che era apparsa a dicembre di quell'anno. Nel 1666 nel
Theoricae medieorum planetarum ex causis phisicis deductaem si interessò del
movimento dei satelliti di Giove. Borelli, parallelamente alle esperienze di
matematica e fisica, si occupò di anatomia e soprattutto di fisiologia. Queste
ultime esperienze gli saranno di estremo aiuto per la successiva elaborazione
del De motu animalium. Sia l'anatomia che la fisiologia compiono in questi
momenti dei progressi significativi, soprattutto grazie all'applicazione del
metodo sperimentale alla fisiologia (William Harvey con la dimostrazione della
circolazione del sangue). In questo periodo storico l'intento principale è
quello di abbandonare il cieco empirismo al fine di porre le basi di quella che
sarà la medicina moderna. Sotto questi auspici nasceva, grazie anche a Borelli,
un nuovo movimento, la scuola iatromeccanica che agli inizi veniva anche
chiamata scuola iatromatematica. Tuttavia, già nel 1665 sorgevano i primi
dissidi e le primeinimicizie tra gli accademici del Cimento; Borelli era in
dissidio soprattutto con Vincenzo Viviani, per cui cominciava a maturare il
convincimentodi ritornare a Messina. Il 18 marzo 1667, Borelli scrive al
Principe Leopoldo e manifesta l'intenzione di lasciare Pisa adducendo il pretesto
della salute. La partenza di Borelli dispiacque al Principe Leopoldo, il quale
tuttavia non lo privò della sua stima. Secondo Francesco Redi, Borelli si
pentì di aver lasciato Pisa. Con il ritorno a Messina si chiudeva la fase più
feconda di risultati nella vita di Borelli. Messina (1667-1674) Il
ritorno di Borelli a Messina fu molto gradito dai cittadini di questa città,
grazie sia al ricordo che avevano conservato e sia per la fama che Borelli
aveva conquistato in Toscana. Nella città sicula, Borelli riprese l'attività di
docente impegnandosi sullo studio dei fenomeni riguardanti l'astronomia e la
fisiologia; nel 1669 pubblicò le Osservazioni intorno alle virtù ineguali degli
occhi. Sempre nel 1669, fu incaricato dalla Royal Society di Londra per studiare
l'eruzione dell'Etna. Alla descrizione dell'eruzione del vulcano fatta da
Borelli si interessò anche il Principe Leopoldo. Durante il soggiorno
messinese, Borelli frequentò la casa del Visconte Ruffo, luogo nel quale, a
quanto sembra, si cospirava contro il regime spagnolo. Questa attività
cospiratrice culminò nella congiura del 1674 la quale, oltre a non provocare
nessuna alterazione nella situazione politica, ebbe conseguenze disastrose per
la cultura dell'isola. Borelli, per le sue idee e per il suo operare in nome
della libertà e dell'indipendenza, fu accusato di ribellione e dovette espiare
la sua colpa a Roma, un territorio non dominato dalla corona spagnola.
Roma (1674-1679) Borelli, esule e povero, raggiunse Roma nel 1674. Il poco avere
che era riuscito a portare con sé gli fu derubato da un servo infedele.
Malgrado queste tristi condizioni, egli non abbandonò l'attività intellettuale,
anzi riprese lo studio al fine di portare a termine la sua più grande opera, il
De motu animalium. Fortunatamente il Borelli incontrò a Roma la regina Cristina
di Svezia, la quale avrebbe poi patrocinato la pubblicazione della sua opera
capitale. A causa delle condizioni economiche in cui versava, Borelli dovette
accettare l'ospitalità offertagli da B. Carlo Giovanni di Gesù nella sua casa
di San Pantaleo. Il De motu animalium rappresenta il suo ultimo grande
contributo per la conoscenza scientifica infatti, mentre lavorava su questa
opera, fu colpito dalla malattia, probabilmente polmonite, che lo avrebbe condotto
alla morte il 31 dicembre 1679. Prima di morire, Borelli, raccomandò la
pubblicazione del De motu animalium a B. Carlo Giovanni di Gesù. L'edizione
completa del De motu animalium porta la data: Romae idibus Augusti 1680.
Studi Fisiologia Magnifying glass icon mgx2.svg De motu animalium. L'opera più
conosciuta del Borelli è il trattato De Motu Animalium (1680), uscito postumo,
con il quale cercò di spiegare il movimento del corpo animale basandosi su
principi meccanici, tentando di estendere all'ambito biologico il metodo di
analisi geometrico-matematica elaborato da Galileo in ambito meccanico e per il
quale si guadagnò il titolo di padre della iatromeccanica. Astronomia
Borelli si occupò anche di astronomia, elaborando una teoria generale sul moto
dei pianeti, seppure limitatamente ai satelliti di Giove. Si suppone che la
decisione di limitare lo studio a tali corpi fosse stata dettata
dall'opportunità di non andare in contrasto con le teorie geocentriche imposte
dalla Chiesa. Nel suo studio Theoricae mediceorum planetarum, sostiene che
tutti i satelliti abbiano una naturale tendenza ad avvicinarsi a Giove, mentre
la loro orbita circolare intorno ad esso li spingerebbe ad allontanarsene. Le
forze contrapposte si equilibrerebbero: l'attrazione verso Giove sarebbe
costante mentre la spinta contraria sarebbe inversamente proporzionale alla
distanza dei satelliti da Giove. Borelli giustifica il moto delle orbite e la
loro forma ellittica come una combinazione di forze tra "l'attrazione dei
raggi solari" e i "raggi motori" originati da Giove.
Giovanni Alfonso Borelli, continuando i tentativi di Galileo sulla misurazione
della velocità della luce, eseguì un esperimento utilizzando un sistema di
specchi riflettenti sulla distanza tra Firenze e Pistoia, circa 35 km. Questo
metodo fu poi ripreso dal francese Armand Hippolyte Fizeau che, nel 1849,
riuscì a valutare una velocità di 283.000 km/s, molto vicino alla misura
esatta. Opere Frontespizio di Euclides restitutus di Giovanni
Alfonso Borelli (Pisa, 1658) Elenco parziale: Cagioni delle febbri
maligne in Sicilia negli anni 1647-1648. Della cagioni delle febbri maligni.
(Pisa 1658) Euclides restitutus, sive prisca geometriae elementa, brevius,
& facilius contexta. (Pisa 1658) De Renum usu Judicium. (Strasburgo 1664)
Lettera del movimento della cometa apparsa il mese di dicembre del 1664 a Pisa.
(1665) Theoricae mediceorum planetarum ex causis phisicis deductae. (Pisa 1666)
De Vi Percussionis, et Motionibus Naturalibus a Gravitate Pendentibus. (Bologna
1667) (Leida 1686) Osservazioni intorno alle virtù ineguali degli occhi.
(Messina 1669) Meteorologia Aetnea, seu historia et methereologia incendi
Aetnei anni 1669. (Reggio Calabria 1670) De motionibus naturalibus a gravitate
pendentibus. (Bologna 1670) De Motu Animalium. 1ª parte (Roma 1680) ; 2ª parte
(Roma, 1681) Note Fra i quali D.
Rotundo Derenzini T.Alcune lettere di
Borelli ad Alessandro Marchetti.1959, 224-243
Gaizo M.Alcune lettere di Giovanni Alfonso Borelli, dirette una a
Malpighi, le altre a Magliabechi. Napoli, 1886 Capparoni P.Sulla patria
di Giovanni Alfonso Borelli. Rivista storica, scientifica, medica, 1931,
53-63. Capparoni P.Sulla patria di
Giovanni Alfonso Borelli. Rivista storica, scientifica, medica, 1931,
57-63. Barbensi G.Borelli. Collana di
vita di medici e naturalisti celebri, Trieste, 1947. Gaizo M.L'opera scientifica di Giovanni
Alfonso Borelli e la scuola di Roma nel secolo XVII.1909, 152-207. Gaizo M.L'opera scientifica di Giovanni
Alfonso Borelli e la scuola di Roma nel secolo XVII.1909, 275-307. Barbensi G.Borelli. Collana di vita di medici
e naturalisti celebri. Trieste, 1947. Derenzini T.Alcune lettere di
Borelli ad Alessandro Marchetti. Derenzini
T.Giovanni Alfonso Borelli, fisico: Celebrazione dell'Accademia del Cimento nel
tricentenario della fondazione (19 giugno 1957), Pisa, 1958, 35-42. Derenzini T.Giovanni Alfonso Borelli, fisico:
Celebrazione dell'Accademia del Cimento nel tricentenario della fondazione (19
giugno 1957), Pisa, 1958, 43-45 Belloni
L.Dal Borelli al Malpighi.1967. Koyré
A.La mécanique céleste de Giovanni Alfonso Borelli. Rivista Storica,
Scientifica, 1952. Pazzini A.La medicina
nella storia, nell'arte, nel costume. 1970.
Derenzini T.Giovanni Alfonso Borelli, fisico: Celebrazione
dell'Accademia del Cimento nel tricentenario della fondazione (19 giugno 1957),
Pisa, 1958, 52-56. Gaizo M.L'opera
scientifica di Giovanni Alfonso Borelli e la scuola di Roma nel secolo
XVII.1909.. Capparoni P.Sulla patria di
Giovanni Alfonso Borelli. Rivista storica, scientifica, medica, 1931. J. L. E. Dreyer, Storia dell'astronomia da
Talete a Keplero, traduzione di Libero Sosio, Milano, Feltrinelli, 1977. F. Savornian, Da Leonardo a Marconi, Milano,
Hoepli119. Bernoulli J.Opera Omnia.
Lausanae, (1742). Barbensi G.Borelli. Collana di vita di medici e naturalisti
celebri.(1947), Trieste. Barbensi G.Di una diversa soluzione di un problema di
meccanica muscolare da parte di due medici matematici. Rivista Storica, Medica,
Scientifica. (1938), Siena. Baldoni N.Introduzione a Giovanni Borelli
Vico.(1961), Milano. Capparoni P.Sulla patria di Giovanni Alfonso Borelli.
Rivista storica, scientifica, medica (1931). Caprariis E.Considerazioni sulle
vedute neurofisiologiche di Hermann Boerhaave. Caprariis E.Spunti di
neurofisiologia nel De Motu Animalium di Giovanni Alfonso Borelli (1608-1679).
(1969-1970). Derenzini T.Giovanni Alfonso Borelli, fisico: Celebrazione
dell'Accademia del Cimento nel tricentenario della fondazione (19 giugno
1957).(1958), Pisa. Derenzini T.Alcune lettere di Borelli ad Alessandro
Marchetti. (1959). Franceschini P.L'apparato motore nello studio di Borelli e
di Stenone. Rivista storica, medica, scientifica, (1951). Gaizo M. DelL'opera
scientifica di Giovanni Alfonso Borelli e la Scuola di Roma nel secolo XVII. Memoria
della pontificia Accademia Romana dei Nuovi Lincei, (1909). Gaizo M. DelAlcune
lettere di Giovanni Alfonso Borelli, dirette una a Marcello Malpighi, le altre
ad Antonio Magliabechi.(1886), Napoli. Alexandre KoyréLa mécanique céleste de
Giovanni Alfonso Borelli. Rivista Storica, Scientifica, (1952). Alexandre
Koyré, La rivoluzione astronomica. Copernico, Keplero,
Borelli.Feltrinelli.(1966), Milano. Pazzini A.La medicina nella storia,
nell'arte, nel costume. (1970). Questo testo proviene in parte dalla relativa
voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo.
Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze (home page), pubblicata sotto
licenza Creative Commons CC-BY-3.0
Iatromeccanica Micrometro di Galileo Altri progetti Collabora a
Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giovanni Alfonso Borelli
Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file
su Giovanni Alfonso Borelli Giovanni
Alfonso Borelli, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Giuseppe Favaro, Giovanni
Alfonso Borelli, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Giovanni Alfonso Borelli, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica,
Inc. Ugo Baldini, Giovanni Alfonso Borelli,
in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Giovanni Alfonso Borelli, su MacTutor, University of St Andrews, Scotland.
Giovanni Alfonso Borelli, su Mathematics Genealogy Project, North Dakota State
University. Opere di Giovanni Alfonso
Borelli, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Giovanni Alfonso
Borelli, . Stefania Montacutelli,
Giovanni Alfonso Borelli, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero:
Scienze, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, .Astronomia Astronomia Biografie Biografie Matematica Matematica Medicina Medicina Categorie: Matematici italiani del
XVII secoloAstronomi italianiFisiologi italiani 1608 1679 28 gennaio 31
dicembre Napoli RomaProfessori dell'Pisa
BORSA Grice: “I would call Borsa a Griceian – I
mean he wrote on eloquence, as I did – and he qualified this in two ways:
‘eloquenza sacra’ and ‘in Italia’ – Like Austin, he thought that this or that
‘filosofismo academico’ (think ‘impilcatura’) was an abuse to the ‘eloquenza sacra’
in Italia – another was the use of ‘neologism’ – Friends tried to disencourage:
“This or that filosofismo did have some influence on Roman poetry!” “Damn
them!” – He also wrote a rather anti-pathetic ‘elogio di me stesso,’ whose
chapter on ‘gli amori’ is hardly sincere!” “But I love him!” -- Matteo Borsa
Matteo Borsa (Mantova) saggista, critico letterario e filosofo
italiano. Matteo Borsa nacque a Mantova nel 1751, figlio di una cugina
dell'abate Saverio Bettinelli, celebre studioso che costituì sempre per Borsa
un importante punto di riferimento. Dopo aver studiato a Verona presso il
collegio dei Gesuiti e a Reggio Emilia nel collegio dei preti secolari,
intraprese studi di medicina all'Bologna. Gli interessi del Borsa, in realtà,
erano di stampo prettamente letterario e filosofico, come aveva già avuto modo
di dimostrare durante gli studi dell'adolescenza. La scelta del percorso
universitario fu imposta dal padre, ma il giovane ottenne comunque la laurea e
pubblicò anche due testi di argomento medico, I fisiologi e Gli empirici.
Anche negli anni dell'università, Borsa non trascurò la passione per le umane
lettere e per la filosofia, cui si dedicò in maniera pressoché esclusiva dal
1776, quando tornò a Mantova, trascorrendovi un'esistenza ritirata e segnata da
una salute cagionevole. Nominato, forse grazie all'interessamento di
Bettinelli, segretario dell'Accademia mantovana, pubblicò nel 1784 Del gusto
presente in letteratura italiana, saggio scritto in risposta a un quesito posto
dalla medesima Accademia. Negli anni successivi il Borsa tornerà sull'opera
fino a darne alla luce un'edizione ampliata e modificata con il nuovo titolo I
vizi più comuni e osservabili del corrente gusto italiano in belle lettere
(1795). La dissertazione del 1784 sosteneva essersi incarnata la
corruzione del gusto in tre diversi aspetti; il « neologismo straniero », il «
filosofismo enciclopedico » e la « confusione dei generi ». Nel 1785 Melchiorre
Cesarotti difese posizioni opposte a quelle del Borsa nel Saggio sulla filosofia
del gusto e nel Saggio sopra la lingua italiana, inserendosi in un dibattito
molto acceso soprattutto nell'Italia settentrionale. L'opera dell'accademico
mantovano costituì un punto di riferimento importante, come afferma Dionisotti,
il quale ricorda anche che « la fortuna in Italia della parola neologismo
deriva dalla dissertazione di Matteo Borsa Del gusto presente in letteratura
italiana, apparsa a Venezia nel 1784 ». Ricoprì dal 1783 l'incarico di
professore di logica e metafisica nel ginnasio di Mantova e mantenne sempre uno
stretto rapporto con Bettinelli, di cui sposò oltretutto una nipote. Visse poi
assieme alla moglie e all'abate, dopo che il padre lo aveva cacciato di casa
per « scontentezze domestiche ». Tra le opere del Borsa vanno inoltre
ricordati due saggi problemi estetici in
relazione alla musica e alla danza, argomenti cui lo studioso mantovano si era
interessato nel periodo universitario. Si cimentò inoltre nella composizione di
una tragedia, l'Agamennone e Clitennestra, pubblicata a Venezia nel 1786.
Opere La musica imitativa, 1781 I balli pantomimi, 1783 Del gusto presente in
letteratura italiana, Venezia, Palese, 1784 Agamennone e Clitennestra, Venezia,
Zatta, 1786 I vizi più comuni e osservabili del corrente gusto italiano in
belle lettere, 1795 Note C. Dionisotti,
Venezia e il noviziato di Foscolo, in Appunti sui moderni, Bologna, il Mulino,
198839. Si veda, per la biografia, E.
Bigi, Nota introduttiva a Matteo Borsa, in Critici e storici della poesia e
delle arti nel secondo Settecento, Milano-Napoli, 1955695. Emilio Bigi, « Nota introduttiva » a Matteo
Borsa, in Critici e storici della poesia e delle arti nel secondo Settecento
(in La letteratura italiana. Storia e testi,
44, tomo IV), Milano-Napoli, Riccardo Ricciardi Editore, 1955, 695–705. Emilio Bigi, Tra classicismo e
preromanticismo: Matteo Borsa, in Poesia e critica tra fine Settecento e primo
Ottocento, Milano, Cisalpino-Goliardica, 1986,
223–238. R. Amaturo, Borsa,
Matteo, DBI, su treccani. 100177659 I0000 0001 1827 8439 97877333 cb10263290t
CERL cnp01304847
Identitieslccn-n97877333 Biografie
Biografie: di biografie Categorie: Saggisti italiani del
XVIII secoloCritici letterari italianiFilosofi italiani Professore1751 1798 18
gennaio Mantova Mantova
BOTERO: Grice: “You gotta love Botero – my
favourite is not so much the one on the reason of state (the critique of the
reason of state) – but his memorabilia of ‘vires’ of the ‘imperium romanum’!”
-- Giovanni Botero (Bene Vagienna), filosofo. Autore del trattato Della Ragion
di Stato, in dieci libri, stampato a Venezia nel 1589, e delle Relazioni
universali, un trattato di geografia politica. Della ragion di
stato, 1589 Nato in una famiglia di modeste condizioni economiche, all'età di
15 anni entrò nel collegio dei Gesuiti di Palermo; fu poi in varie case
dell'Italia centrale, fra cui nel Collegio Romano dove ebbe come compagno di
corso Roberto Bellarmino. Pur essendo stimato quale poeta in versi in latino,
forse a causa di un carattere difficile e da una tendenza alla polemica, nel
1561 dovette interrompere gli studi a Roma e fu inviato come insegnante in
località periferiche (ad Amelia e a Macerata). A Roma fu al servizio del
giovane cardinale Federico Borromeo, del cui cugino, san Carlo, fu stretto
collaboratore a Milano nel decennio precedente, impegnato nella riforma della
diocesi, una volta uscito dalla Compagnia di Gesù nel 1580. Morì all'età
di 73 anni e fu sepolto a Torino nella chiesa dei Santi Martiri, retta dai
gesuiti. La città di Torino, nel 1860, gli ha dedicato una via. L'opera
di Giovanni Botero Occorre tenere presente sin dall'inizio che Giovanni Botero
s'impegna nella sua nota opera dal titolo emblematico di Ragion di Statodieci
agili libri di circa 300 pagine, ove rimedita le tesi esposte nel suo De Regia
Sapientiain quanto ritiene essenziale combattere il machiavellismo per poter
riaffermare la stretta dipendenza di ogni potere politico dalla Religione e
dalla Chiesa (fu segretario di Federico Borromeo) ed approfondire gli studi
sulla "Ragion di Stato", principalmente al fine di individuare un
pensiero politico-guida alternativo a quello cui si riferivano le tesi dei
Riformatori (quello cioè di Machiavelli e di Bodin). La controriforma, dunque,
necessitava di un suo punto di riferimento in materia di scientia civilis
(teoria politica), come aveva già fatto presente Monsignor Minuccio
Minucci. Il fine e, per alcuni aspetti, il metodo di Giovanni Botero può
solo apparentemente e prima facie, richiamare quelli del Secretario Fiorentino
[Niccolò Machiavelli]: egli infatti considera lo stato come un dominio assoluto
e stabile sui popoli, e la ragion di stato secondo lui altro non è che
l'insieme di tutti i metodi ("i mezi") e gli strumenti necessari e
opportuni per conservare e gestire questo dominio. Ma in realtà, sia la
sostanza del suo pensiero politico, che lo scopo ultimo cui esso è indirizzato,
sono decisamente divergenti, tanto che egli arriva a definire "rea e
falsa" la Ragion di Stato machiavelliana e giunge a sostenere che il
Principe, rispettoso dei precetti religiosi, non ha bisogno di leggere né
Machiavelli né Tacito. Si comprende, allora, come la differenza
principale del pensiero di Botero rispetto a quello di Machiavelli consista
nell'importanza assegnata alla morale e alla religione come strumenti di
governo; l'uso spregiudicato della ragion di stato (di natura machiavelliana),
da parte del governante, dev'essere cioè temperato dall'applicazione di virtù,
quali la moderazione e la giustizia, e dalla considerazione non solo
strumentale della religione. Ciò, infatti, conferisce allo stesso quella
reputazione indispensabile per ottenere obbedienza dai sudditi. Egli, peraltro,
afferma che solo «...i sudditi devoti e religiosi siano sudditi ubbidienti». In
questo senso Botero propone una ferma lotta alle eresie, che comportano dissidi
fra i sudditi; lo stato deve essere confessionale e la ragion di stato
comprende, al suo interno, la garanzia dell'ortodossia religiosa, la cui
curanella divisione boteriana delle funzioni dello Statospetta alla Chiesa.
Ulteriore fondamentale differenza con il pensatore fiorentino è l'importanza
che Botero dà all'economia e alla demografia come parametro per la misurazione
della potenza di uno Stato. Egli, invero, non fu giurista e, conseguentemente,
pose l'accento sull'interesse. Pienamente conscio dell'importanza della
variabile economica, Botero prende ad esempio la Spagna, incapace di promuovere
manifatture e attività commerciali, come regno dalle risorse coloniali
praticamente infinite, ma destinato ad essere relegato in secondo piano da
Stati più dinamici nel campo dello sviluppo e della crescita dell'agricoltura e
delle attività produttive interne. Nell'ambito della polemica antieuropea, che
portò, tra l'altro, a un'elaborazione del concetto di civiltà in opposizione a
ciò che è barbaro o selvaggio, Botero ha tratteggiato il processo di
incivilimento come passaggio dall'idolatria alla coscienza religiosa cristiana,
dalla pastorizia all'agricoltura, all'attività industriale e commerciale; è un
processo che richiede, inoltre, il costituirsi di governi stabili e la
promulgazione di leggi certe. Opere Della ragion di stato, Venezia,
Giovanni Giolito de Ferrari, Giovanni Paolo Giolito de Ferrari, 1589. 23 giugno
. Delle cause della grandezza e magnificenza delle città, 1588 Relazioni
Universali, 1591-1618 (riedita con aggiunte e correzioni fino all'edizione del
1618) I Capitani, Giovan Domenico Tarino, Torino, 1607. Edizioni moderne Ragion
di Stato (testo della prima edizione del 1589), Chiara Continisio, Collana
Biblioteca n.23, Roma, Donzelli, 1997,
978-88-7989-315-2.Collana Virgolette n.40, Donzelli, 2009, 978-88-60-36323-7. Le Relazioni universali
(voll. I-II), Alice Blythe Raviola, Torino, Nino Aragno Editore, , 978-88-8419-722-1. Delle cause della
grandezza delle città, Romain Descendre, trad. A. De Vincentiis, Collana
Cliopoli.Nuova serie, Roma, Viella, ,
978-88-6728-348-4. Della Ragion di Stato (edizione definitiva del 1598
con tutte le varianti del testo del 1589), Pierre Benedittini e Romain
Descendre, Collana I Millenni, Torino, Einaudi, , 978-88-06-22594-0. Delle cause della
grandezza delle città, Claudia Oreglia, con un saggio di Luigi Firpo, Collana
Biblioteca, Torino, Aragno, ,
978-88-8419-779-5. Le Relazioni universali (III: Parte V), Alice Blythe
Raviola, Torino, Aragno, ,
978-88-841-9924-9. I Capitani, Alice Blythe Raviola, Collana Biblioteca,
Torino, Aragno, , 978-88-841-9903-4.
Note Massimo Firpo, Le relazioni
universali. Enciclopedia del mondo, in Il Sole 24 Ore-Domenica, 27 dicembre
27. Andreatta-Baldini , Storia del
pensiero politicoda Machiavelli a Kant, Torino, Utet Federico Chabod, Storia dell'idea
d'Europa Pietro Orsi, Saggio biografico
e bibliografico su Giovanni Botero, Mondovì 1882; Carlo Gioda, La vita e le opere
di Giovanni Botero, Milano 1895 (il III
contiene la 5ª parte delle Relazioni universali, il cui ms. andò distrutto, nel
1904, nell'incendio della biblioteca di Torino); Ernesto Bottero, Prudenza di
Stato, o maniere di governo di Giovanni Botero, Milano 1896; Alberto Breglia, A
proposito di Giovanni Botero "economista", in Annali di Economia, IV,
i, Milano 1928, 87-128; Friedrich
Meinecke, Die Idee der Staatsräson, Berlino-Monaco 1924; Roberto Almagià, Il
primo scritto italiano di Oceanografia, in Bollettino della Società geografica
italiana, 1905; Alberto Magnaghi, Le Relazioni universali di Giovanni Botero, e
le origini della Statistica e dell'Antropogeografia, Torino 1906; Bruno Mayer,
«Botero, Giovanni», in Vittore Branca , Dizionario critica della letteratura
italiana, Torino, UTET, I, 393–403, 1973. Chiara Continisio , Della
ragion di Stato. Giovanni Botero, Roma, Donzelli, 1997. 88-7989-315-7 Chiara Continisio, Giovanni
Botero, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Diritto, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, . Cosimo Perrotta, Giovanni Botero, in Il
contributo italiano alla storia del Pensiero: Economia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, . Robertino Ghiringhelli, Giovanni Botero, in Il
contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, . Romain Descendre, Giovanni Botero, in
Enciclopedia machiavelliana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Altri
progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a
Giovanni Botero Collabora a Wikiquote Citazionio su Giovanni Botero Collabora a
Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giovanni
Botero Giovanni Botero, su
TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giovanni Botero / Giovanni Botero (altra
versione), in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giovanni Botero, in Dizionario di storia,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, .
Giovanni Botero, su sapere, De Agostini. Giovanni Botero, su
Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Luigi Firpo, Giovanni Botero, in Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di
Giovanni Botero, . Relationi vniuersali
di Giouanni Botero Benese diuise in quattro parti, Vicenza, 1595. V D M
Compagnia di Gesù Filosofia Letteratura
Letteratura Categorie: Presbiteri italianiScrittori italiani del XVI
secoloScrittori italiani del XVII secoloFilosofi italiani del XVI
secoloFilosofi italiani Professore154423 giugno Bene Vagienna TorinoSaggisti
italiani del XVI secoloSaggisti italiani del XVII secoloScrittori
cattoliciScrittori in lingua italianaFilosofi della politica
BOTTA: Grice: “The
most relevant of his tracts is his ‘storia della filosofia romana,’ – but he
also played with Leopardi, and he is especially loved in the Piemonte as a
‘dantista’! -- Grice: ““You’ve gotta
love Botta – my favourite is his tract on Alighieri as a philosopher – he
applied all he had learned about philosophy at Cuneo to Aligheri – the result
is overwhelming!” -- Vincenzo Botta (Cavallermaggiore) politico, accademico e
scrittore italiano naturalizzato statunitense.
Vincenzo Botta nacque in Piemonte a Cavallermaggiore l'11 novembre 1818.
Studiò presso la Torino e vi divenne professore di filosofia. Nel 1849 fu
eletto nel Parlamento sabaudo, e nel 1850, in collaborazione con un altro
deputato, Luigi Parola, fu incaricato di studiare il sistema educativo in
Germania. La loro relazione sulle università e le scuole tedesche fu pubblicata
quello stesso anno a spese del governo .
Nel 1853 Botta incontrò a Torino la scrittrice statunitense Anne Lynch,
che si trovava in viaggio in Europa. Per rimanerle accanto, Botta si fece
subito trasferire a New York con l'incarico di indagare il sistema scolastico
pubblico americano. Trovò New York di suo gradimento, e vi si stabilì. Botta e
Lynch si sposarono nel 1855 ed egli fu naturalizzato americano. I due formarono
un collaudato sodalizio culturale. La loro casa divenne un rinomato salotto
culturale, frequentato da molti dei più famosi autori, pittori e musicisti
d'Europa e d'America. Mentre Anne Lynch continuò la sua attività letteraria,
Botta dal 1856 al 1894 insegnò filosofia e italiano alla New York University,
ricoprendo per molti anni la carica di direttore del dipartimento di lingua e
letteratura italiana fino alla sua morte il 5 ottobre 1894. Opere principali Del pubblico insegnamento in
Germania. Studi, coautore Luigi Parola, Torino, Tip. G. Favale, 1851 Public
instruction in Sardinia: an account of the system of education, and of the
institutions of science and art in the Kingdom of Sardinia, Hartford, F.L.
Brownell, 1858 A discourse on the life, character, and policy of count Cavour,
New York, G.Putnam, 1862 Dante as philosopher, patriot, and poet, with an
analysis of the Divina Commedia, its plot and episodes, New York, Scribner,
1865; nuova ed. 1886 An Historical Account of Modern Philosophy in Italy in
Ueberweg's History of Philosophy from Thales to the Present Time, London,
Hodder and Stoughton, 1872 Note Questa è
la data riportata in Virtual American Biographies e nella voce della
Enciclopedia Italiana (riferimenti in ). Maria T. Zagrebelsky Prat nel
Dizionario Biografico degli Italiani (sempre in ) lo fa nascere l'11 febbraio
1818. Luigi Parola e Vincenzo Botta, Del
pubblico insegnamento in Germania: studi, Torino, Tip. G. Favale, 1851 Virtual American Biographies, su
famousamericans.net. 4 ottobre 5 ottobre
). Vincenzo Botta, in Enciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Vincenzo Botta, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Vincenzo Botta, . Vincenzo Botta, su storia.camera, Camera dei
deputati. Virtual American Biographies 21164870 I0000 0000 8100 2825 86095818
495/109726 Identitieslccn-n86095818
Biografie Biografie Letteratura Letteratura Categorie: Politici italiani del
XIX secoloPolitici statunitensi del XIX secoloAccademici italiani del XIX
secoloAccademici statunitensiScrittori italiani del XIX secoloScrittori
statunitensi Professore1818 1894Nati l'11 novembre 5 ottobre Cavallermaggiore
New YorkItaliani emigrati negli Stati Uniti d'AmericaAccademici italiani negli
Stati Uniti d'AmericaFilosofi italiani del XIX secoloDeputati della II
legislatura del Regno di Sardegna
BOTTIROLLI: Gice:
“I like Bottiroli – he is an Italianist, rather than a philosopher, but
typically in the Italian fashion, he uses philosophical vocabulary – my
favourite are his tracts on ‘seduzione,’ ‘desiderio,’ ‘amore,’ ‘sesso,’ which
of course is all Plato’s symposium – but he has also explored not just
pragmatics, but semantics and syntax – notably with his ‘rigid/flexible’
distinction – Since he is associated with les belles lettres, philosophers in
Italy do not take him too seriously, though!” -- Giovanni Bottiroli (Novi
Ligure) è un filosofo e professore universitario italiano. Professore di Teoria della letteratura, da
molti anni, a Bergamo. Ha insegnato Retorica e Narrazione, Teoria
dell’interpretazione, Estetica, in questa Università. Inoltre, è docente
all’IRPA (Istituto di Ricerca di Psicoanalisi applicata), diretto da Massimo
Recalcati. È direttore della rivista
“Comparatismi" (rivista della Consulta del SSD “Critica letteraria e
Letterature Comparate”). Dal è
Presidente della Consulta di questo settore.
Fa parte del Comitato Scientifico di “Enthymema” e di “Symbolon”, e
della Direzione di “L’immagine Riflessa”. Collabora alla rivista
“Segnocinema”. Pensiero Una filosofia
della flessibilità Giovanni Bottiroli ha elaborato una nuova prospettiva
filosofica che si ispira alla nozione di “flessibilità”, e che egli ha indicato
con diverse espressioni: ragione flessibile, pensiero della Metis, pensiero
strategico. Questa prospettiva viene
esposta nella forma più ampia e sistematica in La ragione flessibile () e La
prova non-ontologica (). Dalla filosofia
alla letteratura (come modo di pensare) In Teoria dello stile la letteratura
viene intesa come modo di pensare e ad essere privilegiato è il suo legame con
la filosofia. Il legamenon privo di conflittualitàtra letteratura e filosofia
richiede di essere analizzato mediante il concetto di stile, inteso sia come
invenzione linguistica sia come “stile di pensiero”. Esemplare, da questo punto
di vista, è l’analisi della “Lettera rubata” di Poe, proposta da Lacan negli
Scritti (1966). La teoria della letteratura
In Che cos'è la teoria della letteratura. Fondamenti e problemi, la teoria
della letteratura viene intesa come una disciplina ibrida che deve attingere
alle teorie del linguaggio, alle teorie del desiderio e alle teorie
dell’interpretazione, ispirandosi principalmente a tre fonti: Saussure, Freud,
Heidegger. L'interpretazione dei testi
come conflictual reading L’interpretazione del testo è intesa come un
conflictual reading capace di lasciare emergere la pluralità degli stili, il
problema dell’identità del soggetto e le dinamiche del desiderio. Il suo
orizzonte sono le estetiche conflittuali, a cuiin prospettive assai
diversehanno contribuito Nietzsche e Heidegger, Freud e Lacan, ma anche
Bachtin. Le riflessioni su questo tema sono confluite in diversi articoli tra
cui Il desiderio “effrayant” di Julien Sorel. Un “conflictual reading” per un
romanzo di formazione in “Enthymema”, 21, .
Opere Libri 1975 Parodia Milano: Scheiwiller (con prefazione di Cesare
Segre) 1980 La contraddizione e la differenza. Il materialismo dialettico e la
semiotica di Julia Kristeva, Giappichelli, Torino 1987 Interpretazione e
strategia, Guerini e associati, Milano 1987 Retorica della creatività. Per
l'interpretazione e la produzione di testi, Paravia, Torino 1990 Figure di
pensiero. La svolta retorica in filosofia, Paravia, Torino 1993 Retorica.
L'intelligenza figurale nell'arte e nella filosofia, Bollati Boringhieri,
Torino 1995 Il reggicalze. Come l'abbigliamento diventò seduzione, Gribaudo,
Torino 1997 Teoria dello stile, La nuova Italia, Firenze 2001 Problemi del
personaggio (curatela), Bergamo University Press, Bergamo 2002 Jacques Lacan.
Arte linguaggio desiderio, Bergamo University Press, Bergamo 2005 Le incertezze
del desiderio. Scritti brevi su strategia e seduzione, Ecig, Genova 2006 Che
cos'è la teoria della letteratura. Fondamenti e problemi, Einaudi, Torino La ragione flessibile. Modi d'essere e stili
di pensiero, Bollati Boringhieri, Torino
La prova non-ontologica. Per una teoria del Nulla e del “non”, Mimesis,
Milano-Udine Voci di Enciclopedia Enciclopedia Einaudi: Eros (1978), Piacere
(1980), Pulsione (1980), Soma/Psiche (1981) (quest’articolo in collaborazione
con Guido Ferraro). Enciclopedia Treccani: Letteratura e psicoanalisi, in
Appendice 2000 Manuale di letteratura italiana. Storia per generi e problemi
(diretta da Franco Brioschi e Costanzo Di Girolamo): Il pensiero filosofico e
scientifico e La prosa della filosofia e della scienza, IV, 1996 ( 21-58 e 945-974) Letteratura
europea (P. Boitani e M. Fusillo): Letteratura e psicoanalisi, 5, 399-417,
UTET, Torino Articoli di filosofia e di
teoria della letteratura (una selezione) 1990 Bachtin, la parodia del
possibile, in "Strumenti critici", 63, 147-66 1994 Il comico inesistente. I regimi
figurali nell’opera di Calvino in “Calvino e il comico” (L. Clerici e B.
Falcetto), Marcos Y Marcos 1996 Sinistra come "bêtise". Il problema
degli attriti nel "Dono” di Nabokov in "Strumenti critici” 80, 1996
2001 Il comico delle articolazioni, in BarbieriBottiroliPerissinotto “Il Comico:
approcci semiotici”, Documenti di lavoro 303-304-305, Centro Internazionale di
Semiotica e Linguistica, Urbino 2001,
27-39 2002 Introduzione a Flaubert, L’educazione sentimentale, Einaudi,
Torino, V-XXI 2003 Un sogno di
Raskolnikov, in “Nel paese dei sogni” (V. Pietrantonio e F. Vittorini), Le
Monnier, Firenze 2003, 70-84 2004 La
logica del diviso in "William Wilson" in Fantastico Poe (R. Cagliero,
Ombre Corte, Verona) 2007 Non sorvegliati e impuniti. Sulla funzione sociale
dell’indisciplina, in Forme contemporaneee del totalitarismo (Massimo
Recalcati), Bollati Boringhieri, Torino 2007 Metaphors and Modal Mixtures in
Metaphors (di Stefano Arduini), Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2008
L’identità modale nei romanzi di Kafka. Descrizione di un progetto di ricerca in
“Cultura tedesca”, 35 2009 In principio era la bêtise, in Soggettivazione e
destino. Saggi intorno al ‘Flaubert’ di Sartre (G. Farina e R. Kirchmayr),
Bruno Mondadori, Milano Ibridare,
problema per artisti. Alcune tesi, in “Enthymema”, n.1, 154-163
Dalle somiglianze alle differenze di famiglia, in L’immagine riflessa,
n.1-2, 181-2 L’inganno del cortile centrale.
Interpretazione della “Phèdre” come testo diviso, in Ermeneutica letteraria,
VIII Introduzione a “La conversazione
infinita” di M. Blanchot, Einaudi, Torino
Lost in styles. Perché nel cognitivismo non c’è abbastanza intelligenza
per capire l’intelligenza figurale, in “Lo sguardo”, 17 153-193 Il perturbante è l’identità divisa.
Un’interpretazione di “Der Sandmann” in Enthymema, 12, 205-229
The possibility of not coinciding with oneself: a reading of Heidegger
as a modal thinker, in The Italian Psychoanalytic Annual, /10, 133-149, Cortina Editore Le parole uccidono le cose oppure altre
parole? Il linguaggio come perdita e come articolazione agonistica in Per Enza
Biagini (A. Brettoni, E. Pellegrini, S. Piazzesi, D. Salvadori), Firenze
University Press, Firenze Liberatore e
incatenato: le aporie di Dioniso (e del dionisiaco) da Euripide a Nietzsche in
Enthymema, XIV, 51-81 Return to literature. A manifesto in favour
of theory and against methodologically reactionary studies (cultural studies
etc.) in “Comparatismi”, 3, 1-37 What is alive and what is dead in Jakobson.
From codes to styles in Roman Jakobson, linguistica e poetica (E. Esposito, S.
Sini e M. Castagneto), Ledizioni, Milano ,
213-220 Il desiderio “effrayant”
di Julien Sorel. Un “conflictual reading” per un romanzo di formazione in
Enthymema, 21, 134-151 Shakespeare e il teatro dell’intelligenza.
Dagli errori di Bruto a quelli di René Girard in Metodo, 6, n. 1,
73-98 Il desiderio e i suoi
destini: dal rapporto ai modi del rapporto, in A. Badiou, Il sesso l’amore
(Federico Leoni e Silvia Lippi), Mimesis, Milano-Udine, 41-52
Sade e il desiderio di essere in “aut aut” 382 To be and not to be.
Hamlet’s Identity, in Enthymema 23,
250-285 Heart of Darkness e la
teoria lacaniana dei registri in Anglistica pisana, XIV, 1-2 () The Turn of the Screw. A tale that “turns” in
Enthymema 24, 43-58 Articoli di cinema
(una selezione) 2007 I registi sono alleati preziosi. Un'interpretazione di
Mulholland Drive di David Lynch, in Segnocinema 144 Identità come identificazione (nei film e non
negli spettatori), in “Imago”, 2 Joe, o
le disavventure di una ninfomane (Nymphomaniac di Lars von Trier), in
“Segnocinema” 196 Non infantilizzate, vi
prego, Ingmar Bergman. Desideri senza magia in “Fanny e Alexander” in
Segnocinema 214 L’arte è un lusso, la
fiction una necessità. Žižek e Hitchcock, qualche anno dopo in “Segnocinema”
223-224 Recensioni Niccolò Scaffai, recensione a Che cos'è la teoria della
letteratura? Fondamenti e problemi, in Allegoria, n. 55, 2007 Panella Giuseppe,
recensione a Che cos'è la teoria della letteratura? Fondamenti e problemi, in
Ermeneutica letteraria n. 3, 2007 Franzini Elio, recensione a La ragione
flessibile, in “Enthymema”, n. IX,
412-414, Dalmasso Gianfranco,
recensione a La ragione flessibile, in “Rivista di Filosofia Neo-Scolastica”,
1, 240-245, Carmello Marco, recensione a La prova
non-ontologica, in “Enthymema”, n. XXV, 703-707, Note
Giovanni Bottiroli (database Università degli Studi di Bergamo), su
www00.unibg. Docenti titolari di materiaIrpa
Milano, su istitutoirpa. Comparatismi.
Rivista della Consulta di Critica letteraria e Letterature comparate, su
ledizioni. Enthymema, su
riviste.unimi. Curriculum Vitae , su
unipa. Elio Franzini, La ragione
flessibile di Giovanni Bottiroli, in Enthymema, n. 9. Marco Carmello, Giovanni Bottiroli "La
prova non-ontologica. Per una teoria del nulla e del 'non' ", Enthymema,
n. 25. Giuseppe Panella, A proposito di
Giovanni Bottiroli, "Che cos'è la teoria della letteratura", in
Ermeneutica letteraria. Rivista internazionale, n. 3. Niccolò Scaffai, Giovanni Bottiroli"Che
cos'è la teoria della letteratura. Fondamenti e problemi", in Allegoria,
n. 55. Giovanni Bottiroli, Il desiderio
"effrayant" di Julien Sorel, in Enthymema, n. 21. Letteratura e psicoanalisi, su treccani. giovannibottiroli/it///www00.unibg/struttura/strutturasmst.asp?rubrica=1&persona=89&nome=Giovanni&cognome=Bottiroli&titolo=Prof.
59307684 I0000 0000 8138 7227
IT\ICCU\CFIV\053603 81043256
135880033 cb144625951 XX1744209
Identitieslccn-n81043256 Biografie
Biografie Letteratura Letteratura
Psicologia Psicologia Filosofo del XX
secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX
secoloAccademici italiani Professore1951 24 giugno Novi Ligure
BOTTONI Grice: “Most
Englishmen know of Bottoni because he is quoted by Burton in his “Anatomy of
Melancholy,” re the imagination and reason – and how it affects melancholy.” “I
call Bottoni a philosophical biologist – excretion (why?) – nutrition – surely
nutrition – as part of birth – and growth – are essential requirements for a
definition of ‘bios’ or life – and Bottoni knows that – as a philosopher. He
studied philosophy and taught logic, like me. “De conservanda vita,” is more
than a philosophy of life – it’s how the ‘essenza’ del ‘corpore dell’uomo’ is
nutrition – and how the spiritus, and not just the anima, are involved. His
model is functionalist, and Aristotelian, like mine!” – He also provides a
philosophy of disease – which should make us wonder about whether we are
endowed with a conceptual analysis of ‘health,’ a favourite term for Aristotle
(‘healthy food,’ ‘healthy man,’ ‘healthy habit’). Albertino Bottoni, Noto anche
come Albertinus Bottonnus o Albertinus Bottoni o Albertini Bottoni (Padova),
medico e filosofo italiano. È stato uno
dei grandi medici italiani del Rinascimento. La sua formazione avvenne nella
città natale, dove si laureò in medicina e filosofia. Dal 1555 divenne professore nell'Padova, dove
insegnò in successione logica, medicina teorica straordinaria, medicina pratica
e medicina teorica ordinaria. Introdusse l'uso del mercurio nella cura della
sifilide. Fu rivale del medico padovano Ercole Sassonia, di cui tentò
d'impedirne l'insegnamento. I suoi
contributi scientifici più importanti riguardano le funzioni dirette alla
conservazione dell'individuo e della specie, quindi nutrizione, crescita e
generazione, che definì tria suprema naturae munera. Opere principali De vita conservanda, Padova,
Iacobum Bozzam, 1582. De morbis mulieribus libri tres, Venezia, Paulum Meietum,
1585, 1588. Methodi medicinales duae, Francoforte, 1595. De modo discurrendi
circa morbos, eosdemque curandi tractatos, Francoforte, 1607. Castiglioni A., Storia della Medicina, II,
Mondadori, Milano, 1948. De Renzi S., Storia della Medicina in Italia, III,
Napoli, 1845. Gliozzi G., «Albertino Bottoni», in Dizionario Biografico degli
Italiani, Volume 13, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 1971. Pazzini
A., Storia della Medicina, I, Società Editrice Libraria, Milano, 1947. Albertino Bottoni, in Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. 77129132 I0000 0000 1289 4217 o161435 119627167
cb10463789b
Identitieslccn-no161435 Biografie
Biografie Medicina Medicina
Categorie: Medici italianiFilosofi italiani Professore1596 1º dicembre Padova
PadovaPersone legate all'Università degli Studi di Padova
BOVIO: Grice: “You’ve got to love Bovio; he has
a stamp, I don’t. My favourite is his piece on ‘linguaggio,’ on the implicature
(plural of implicatura) of the ‘animale parlante’ – ‘un tono, una figura, …’ –
But he also philosophissed fascinatingly on ‘La lotta,’ which is a bit like my
model of conversation as a competitive game.” -- Giovanni Bovio
(1837-1903)Deputato del Regno d'Italia LegislatureXIII, XIV, XV, XVI, XVII,
XVIII, XIX, XX, XXI Sito istituzionale Dati generali Partito
politicorepubblicano Titolo di studioLaurea ProfessioneDocente universitario,
Pubblicista/Giornalista Giovanni Bovio (Trani), filosofo e politico italiano,
sistematizzatore dell'ideologia repubblicana e deputato al Parlamento del Regno
d'Italia. La casa natale di Giovanni Bovio a Trani Giovanni
Scipione Bovio nasce a Trani da Nicola Bovio di Altamura, impiegato, e Chiara
Pasquini. Autodidatta, pubblica nel 1864 Il Verbo Novello, un poema
filosofico scritto con intonazione enfatica. Fra i suoi scritti si ricordano la
Filosofia del diritto, il Sommario della storia del diritto in Italia, il
Genio, gli Scritti filosofici e politici, la Dottrina dei partiti in Europa, i
Discorsi. Sotto il Ministero Minghetti, nel 1872, ottenne il pareggiamento
della cattedra di Storia del Diritto all'Napoli e, nel 1875 consegui la libera
docenza in Filosofia del diritto. Bovio fu anche deputato alla Camera:
nel 1876, con il subentrare della Sinistra costituzionale alla Destra, fu
eletto nel collegio di Minervino Murge. Il suo atteggiamento, diversamente da
quello dei suoi compagni che condividevano l'idea repubblicana, non fu incline
all'astensionismo. Nel 1880 Bovio sposò a Napoli Bianca Nicosia dalla quale
ebbe due figli, Corso Bovio, così chiamato in onore agli italiani di Corsica
sottomessi al dominio francese e Libero Bovio (1883-1942), poeta ed autore dei
testi di molte celebri canzoni napoletane. Libero Bovio, a sua volta, fu il
nonno dell'avvocato, giornalista e docente Libero Corso Bovio
(1948-2007). Napoli fu la sua città di adozione, dove morì il 15 aprile
1903. La città gli ha dedicato una piazza, che i napoletani continuano però a
chiamare con l'antico nome di Piazza Borsa. La città di Firenze gli ha dedicato
una strada. La città di Piombino gli ha intitolato la piazza sul mare più
grande d'Europa, Piazza Bovio. La città di Teramo gli ha intitolato un
importante viale. La città di Terni gli ha intitolato un intero quartiere che
comprende tutta la zona est chiamato, appunto, Borgo Bovio. «(Napoli) In
questa casa morì povero e incontaminato Giovanni Bovio che meditando con animo
libero l'Infinito e consacrando le ragioni dei popoli in pagine adamantine
ravvivò d'alta luce il pensiero italico e precorse veggente la nuova
età.» (Epigrafe di Mario Rapisardi) Il pensiero Targa in memoria di
Bovio nella piazza di Napoli a lui dedicata Passo Corese: targa, con
testo attribuito a Giovanni Bovio, dedicata a Garibaldi Giovanni Bovio era
sostanzialmente contrario alla monarchia. Come ideologo repubblicano, Bovio
ebbe il motto "definirsi o sparire": palesò insomma ai repubblicani
l'esigenza urgente di un'impostazione non confusa e non settaria, di una chiara
direzione che spinse poi i repubblicani a definirsi in partito di moderno
tenore. Bovio stabilì per il Partito repubblicano nessi e prospettive
nazionali ed europee. Egli considera la monarchia come l'attuale realtà
italiana. Ne segue che la repubblica è utopia, e Bovio si dichiara utopista.
Nel suo pensiero la monarchia cadrà, proprio quando dovrà risolvere il problema
della libertà. Serve comunque un lungo periodo perché la situazione monarchica
si deteriori. Colma evidentemente di determinismo, la sua filosofia si definiva
come naturalismo matematico. Differentemente dalla teoria socialista,
Bovio riteneva che il nuovo Stato a venire avrebbe avuto una "forma
storica", non potendo dimensionarsi unicamente sulla base di azioni
economiche. Bovio introduceva dunque una concezione formale dello Stato, che si
sforzò di divulgare anche presso i ceti operai. Fu molto considerato
anche a Matera dove non si dimenticava peraltro che nella locale "scuola
detta regia, fondata nel 1769 da Bernardo Tanucci, libero pensatore dei tempi
suoi, quando era libertà contrastare alle pretensioni papali, fu insegnante di
letteratura e di diritto Francesco Bovio, il quale intese queste dottrine nella
libertà e per la libertà. Quell'insegnamento fu seme fecondo, e dalla sua
scuola venne fuori la nobile schiera dei martiri del 1799, i cui militi
rispondono ai nomi di Giovanni Firrao, Giambattista Torricelli, Fabio Mazzei,
Liborio Cufaro, Antonio Lena-Santoro, Gennaro Passarelli, Marco
Malvinni-Malvezzi". Nel 1904, a circa un anno dalla sua morte, nella
"giornata più adatta" come "il fatidico XX Settembre", gli
intellettuali laici materani con la loro associazione "G.B.
Torricelli" tennero una solenne commemorazione "per pagare un tributo
di affetto e di riverenza al Grande, che ci fu Maestro e ci amò di quell'amore
di cui sono capaci soltanto gli educatori come Lui" dice un oratore. E un
secondo aggiunge che "la titanica figura di quell'illustre profeticamente
ci addita il sole dell'avvenire", per cui il tributo di affetto al suo
carattere fiero ed onesto è tanto più doveroso "in questi tempi
borgiani". Un terzo oratore, rivolgendosi al sindaco Raffaele Sarra, e nel
consegnargli la lapide, lo invita ad additare "quel nome a questi onesti
operai per indirizzarli sulla via della dea ragione, scuotendo così il giogo
dell'oscurantismo e della superstizione, che li avvince e li abbruttisce".
Promessa che il sindaco Raffaele Sarra non esita a fare, ritenendo quel marmo
"un severo monito all'indirizzo di tutti coloro i quali nulla fecero e
tuttora nulla fanno per strappare la nostra plebe dalla miseria, dalla
ignoranza, dalla superstizione, dall'abbruttimento secolare". Per la
precisione, la lapide commemorativa, scoperta quel giorno sulla facciata del
palazzo di giustizia, sarà tolta negli anni '30 per iniziativa della sezione
fascista (e gli incauti scalpellatori si riferiranno nell'operazione).
Bovio ebbe comunque anche l'esigenza di definirsi rispetto agli anarchici. La
forma repubblicana, scrisse, è a metà strada fra la monarchia e l'anarchia,
vale a dire fra l'ipertrofia dello Stato e la sua totale anarchica abolizione.
Non a caso, quando l'anarchico Gaetano Bresci compì l'attentato contro Umberto
I, Bovio invitò tutti gli anarchici a desistere dalla violenza. In sostanza,
un'esagerazione utopistica tradotta in atti sanguinari (l'opera degli
anarchici) avrebbe prodotto un rafforzamento reattivo dell'autorità costituita,
allontanando proprio il momento dell'avvento della repubblica. Troviamo in lui
un tentativo di superare l'idealismo della metafisica idealistica e insieme con
essa l'approccio empirico del positivismo. Fondamentalmente Bovio introdusse in
Italia l'eco delle nuove correnti speculative nella filosofia del
diritto. «Giovanni Bovio — cittadino di spartana austerità — fra il
mercimonio affannoso dei politicanti — pensatore solitario — fra lo strepito di
cozzanti dottrine — artefice possente di stile — fra la pretenziosa nullaggine
dei parolai — traversò impavido — le torbide correnti del secolo — e ne uscì
puro a fronte alta — con l'animo illuminato — dalla fede confortevole —
nell'ascensione perpetua del pensiero umano.» (Epigrafe di Mario
Rapisardi) Bovio e la massoneria Bovio fu un membro eminente della
massoneria(raggiunse il 33º ed ultimo grado del Rito scozzese antico ed
accettato), così come lo erano i suoi familiari (suo padre Nicola, suo zio
Scipione e suo nonno Francesco Bovio). Iniziato nella Loggia Caprera di Trani
nel 1863, il 17 giugno del 1865 Giovanni Bovio ne divenne oratore. Il 30 maggio
1878, su invito della massoneria milanese, tenne a Milano la commemorazione del
centenario della morte di Voltaire. Nel maggio 1882 fu nominato membro
del Grande Oriente d'Italia, di cui presiedette la Costituente del 1887. Il 17
febbraio 1889 fu eletto grande oratore, e restò in carica fino alla Costituente
del 1894. Il 6 giugno 1889, in Campo dei Fiori a Roma, fu l'oratore ufficiale
per l'inaugurazione del monumento a Giordano Bruno, voluto dalla massoneria
romana ed eseguito da Ettore Ferrari, che sarà gran maestro del Grande Oriente
d'Italia. Gran Maestro della Loggia Napoletana, nel 1896 fu candidato
all'elezione di Gran Maestro nazionale. L'8 giugno 1896, in
un'interpellanza rivolta al presidente del consiglio e ministro dell'interno
marchese di Rudinì a proposito dei provvedimenti che aveva annunciato contro la
massoneria, Bovio disse «La massoneria è un'istituzione universale quanto
l'Umanità ed antica quanto la memoria. Essa ha le sue primavere periodiche,
perché da una parte custodisce le tradizioni ed il rito che la legano ai
secoli, dall'altra si mette all'avanguardia di ogni pensiero e cammina con la
giovinezza del mondo» Il centenario della Rivoluzione di Altamura
Celebrazioni per il primo centenario (1899) della Rivoluzione di Altamura (con
Giovanni Bovio) Giovanni Bovio partecipò alle celebrazioni del centenario della
Rivoluzione di Altamura (nell'anno 1899), durante il quale fu eretto un
monumento sulla piazza centrale di Altamura, che ancora oggi è presente e che
fu realizzato da Arnaldo Zocchi. Il padre di Giovanni Bovio, Nicola Bovio, era
di Altamura, così come lo era suo nonno Francesco Bovio, il quale insegnò
diritto presso l'Università degli Studi di Altamura. Nel suo discorso,
Giovanni Bovio esaltò lo spirito degli altamurani e affermò che il concetto di
libertà era stato sempre vivo nei loro cuori. Anche grazie al fervore di idee
dell'antica Altamura, dotti, nobili e plebei altamurani si erano uniti tutti
sotto l'idea di libertà ed erano pronti a sacrificare le loro ricchezze, i loro
titoli e persino la loro vita per la libertà. Antenati e discendenti di
Giovanni Bovio Francesco Maria Bovio (anni 17501830)nonno di Giovanni
Bovioprofessore di diritto e lettere presso le Regie Scuole di Matera e
l'antica Università degli Studi di Altamura. Fu anche "giudice interino di
pace" e massone iscritto alla loggia "Oriente di Altamura".
Difese inoltre la Repubblica Napoletana, prendendo parte, nel maggio 1799, alla
Rivoluzione di Altamura Nicola Boviopadre di Giovanni Boviocarbonaro (iscritto
alla vendita "il Pellicano" di Trani) Scipione Boviozio di Giovanni
Boviocarbonaro (iscritto alla vendita "il Pellicano" di Trani) Corso
Boviofiglio di Giovanni Bovio- avvocato del foro di Napoli e successivamente
docente Diritto Penale Milano Libero Bovio (18831942)figlio di Giovanni
Boviopoeta e musicista Giovanni Bovio (1920-1978)nipote di Giovanni
Bovioavvocato del foro di Milano Libero
Corso Bovio (1948-2007)pronipote di Giovanni Bovioavvocato, giornalista e
docente Note Matera contemporaneaCultura
e società, Leonardo Sacco, 1983, Basilicata editrice Alfonso Scirocco, BOVIO, Giovanni, in
Dizionario biografico degli italiani,
13, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1971. 26 ottobre . Gran Loggia . Massoneria e i suoi trecento
anni di modernità, una mostra ricorda i massoni protagonisti del
NovecentoGrande Oriente d'ItaliaSito Ufficiale, su Grande Oriente d'Italia, 4
aprile . 6 aprile 22 marzo ). Ferdinando Cordova, Massoneria e Politica in
Italia, 1892-1908, Carte Scoperte, Milano, 42.
Biografia di Giovanni Bovio (con video GOI radio), su montesion
(archiviato il 13 gennaio 2005).
Vittorio Gnocchini, L'Italia dei Liberi Muratori, Erasmo ed., Roma,
200547. Copia archiviata, su comunedipignataro. 25 luglio 30 giugno ).
Morto l'avvocato Bovio, "principe" della difesa, in La Stampa,
14-03-1978. Giovanni Bovio, Teatro
morale dogmatico-istorico, dottrinale e predicabile, Roma, nella stamparia di
Giorgio Placho presso a San Marco, 1731. Giovanni Bovio, Teatro morale
dogmatico-istorico, dottrinale e predicabile. Tomo secondo, In Roma, per
Filippo Zenobj stampatore, e intagliatore di n.s. Clemente XII, incontro il
Seminario Romano, 1734. Repubblicanesimo
Partito Repubblicano Italiano Piazza Giovanni Bovio (Napoli) Altri progetti
Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giovanni Bovio
Collabora a Wikiquote Citazionio su Giovanni Bovio Collabora a Wikimedia
Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giovanni Bovio Giovanni Bovio, in Dizionario di storia,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, .
Opere di Giovanni Bovio, su Liber Liber.
Opere di Giovanni Bovio, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di
Giovanni Bovio, . Giovanni Bovio, su
storia.camera, Camera dei deputati.
Armando Carlini, BOVIO, Giovanni, in Enciclopedia Italiana, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1930, giovanni-bovio. Alfonso Scirocco,
BOVIO, Giovanni, in Dizionario biografico degli italiani, 13, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,
1971.Filosofia Politica Politica
Categorie: Deputati della XIII legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XIV
legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XV legislatura del Regno
d'ItaliaDeputati della XVI legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XVII
legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XVIII legislatura del Regno
d'ItaliaDeputati della XIX legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XX
legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XXI legislatura del Regno
d'ItaliaFilosofi italiani del XIX secoloPolitici italiani Professore1837 1903 6
febbraio 15 aprile Trani NapoliRepubblicanesimoMassoniMazzinianiPolitici
dell'Estrema sinistra storicaPolitici del Partito Repubblicano ItalianoStudiosi
di diritto penale del XIX secolo
BOZZELLI: Grice:
cf. tragic dialogue – Oreste a Pilade – and Enea’s Niso e Eurialo’ – Grice:
“Not to mention the rape of Lucrezia, and Romolo killing Remo, and the rest of
it.” -- Grice: “You’ve got to love Bozzelli; at Oxford, it would be difficult
to find an English philosopher interested in English tragedy, but Bozzelli’s
expertise is ‘tragedia romana’ – Ercole and the rest! Philosophically, Bozzelli
speaks indeed alla Aristotle of the tragic – alla Nietzsche, too – since ‘lo
tragico’ is possibly a philosophical category – On top, if I have been called a mimetist, so is
Bozzelli – ‘lo tragico’ becomes an adjective, and qualifying ‘imitation’ –
Aristotle’s principle for mimesis and tragedy as meant for catharsis – with
Bozzelli, it is ‘imitazione tragica.’ He wisely skips (almost) the Middle Ages
and reviews ‘tragedia romana’ and how it becomes ‘tragedia italiana’!” -- Francesco Paolo Bozzelli (Manfredonia, 22
maggio 1786Napoli, 2 febbraio 1864) giurista, filosofo e politico italiano,
noto per essere stato l'estensore della Costituzione del Regno delle Due
Sicilie del 1848. Dopo le scuole
secondarie dagli Scolopi, Bozzelli studiò all'Napoli, dove si iscrisse nel
1806. Laureatosi in giurisprudenza, entrò nell'amministrazione statale: nel
1813 fu uditore giudiziario presso il Consiglio di Stato; e nel 1816 entrò
nella sopraintendenza della Salute, dapprima come ispettore generale e poi come
segretario. Nello stesso tempo Bozzelli si dedicò anche all'attività letteraria
e nel 1815 pubblicò "Poesie varie" una antologia di versi scritti
secondo il gusto del XVIII secolo.
L'esilio (1821-1837) Di sentimenti liberali, Bozzelli prese parte ai
moti costituzionali del 1820-1821 che gli costarono dapprima la prigione e
successivamente un esilio, durato oltre quindici anni, che trascorse
all'estero, soprattutto in Francia. Durante l'esilio espose in numerosi saggi
in lingua francese le sue concezioni politiche di liberale moderato, fautore di
una monarchia costituzionale e avverso al programma democratico-radicale.
Scrisse inoltre saggi filosofici di etica e di estetica. La Costituzione del 1848 Bozzelli poté
rientrare in patria solo nel 1837. La fama di grande cultura giuridica e di
integrità morale acquistata durante l'esilio, garantì a Bozzelli un grande
prestigio all'interno del partito liberale delle Due Sicilie. La sua popolarità
divenne ancora più grande dopo un nuovo periodo di prigionia subito nel 1844
assieme a Carlo Poerio e a Mariano d'Ayala. Pertanto, dopo l'inizio
dell'insurrezione siciliana (12 gennaio 1848) Bozzelli fu incaricato dal
presidente Serracapriola di preparare il decreto reale, pubblicato poi il 29
gennaio 1848, che fissava i principi costituzionali. Il 30 gennaio 1848
Bozzelli fu nominato ministro degli Interni, in sostituzione di Carlo
Cianciulli, con l'incarico di stendere il testo della Costituzione. Dapprima Bozzelli era fautore, con Carlo
Poerio e Mariano d'Ayala, dell'idea di ripristinare la Costituzione napoletana
del 1820. Tuttavia, poco dopo si convinse della necessità di stendere carta
costituzionale completamente nuova, un compito che portò a termine da solo e in
soli dieci giorni (30 gennaio8 febbraio 1848). La costituzione delle Due
Sicilie approntata da Bozzelli era composta di 89 articoli: ricalcava di fatto
sia la Costituzione francese del 1830 (eccetto nei punti in cui si trattavano
le autonomie locali) che la Costituzione belga del 1831. La Costituzione del
Bozzelli venne tuttavia criticata immediatamente dai democratici perché non
offriva sufficienti garanzie di libertà ai cittadini, limitava i diritti
elettorali su base censuale e lasciava al Re ampi poteri discrezionali. Epilogo Il 6 aprile 1848 Bozzelli venne
escluso dal governo costituzionale di Carlo Troya per divergenze sulla politica
estera (Bozzelli era contrario alla guerra contro l'Austria). Partecipò invece,
come ministro degli Interni e dell'Istruzione Pubblica, al governo Spinelli
costituito dopo il colpo di mano di Ferdinando II del 15 maggio 1848. Sebbene
l'intento di Bozzelli fosse quello di mitigare la reazione regia e affrettare
il ritorno alla legalità, venne accomunato dall'opinione pubblica nel
discredito del governo delle Due Sicilie, nonostante fosse sostituito agli
Interni con Giovanni Vignali per ordine dello stesso Ferdinando II (7 settembre
1848). Bozzelli si ritirò pertanto a vita privata avendo come unica fonte di
reddito la pensione maturata per essere stato consigliere di Stato nel 1820.
Con la conquista del Regno delle Due Sicilie (1860) il nuovo Regno d'Italia gli
revocò anche questa. Note Supremo Magistrato e Soprintendenza Generale
di Salute delle Due Sicilie, Giornale di tutti gli atti, discussioni e
determinazioni della Sopraintendenza Generale e Supremo Magistrato di Sanità
del Regno di Napoli. In occasione del morbo contagioso sviluppato nella città
di Nola. Napoli: nella Stamperia Reale, 1816
Francesco Paolo Bozzelli, Poesie varie di Francesco Paolo Bozzelli.
Napoli: da' torchi di Giovanni de Bonis, 1815; v, anche Bozzelli, F.(). La
strega di Manfredonia. Napoli : Guida, .
Essai sur les rapports primitifs qui lient ensemble la philosophie et la
morale, èar le chevalier Bozzelli, Paris: Grimbert, 1825 (on-line) (Anonimo) Esquisse politique sur l'action des
forces sociales dans les differentes espèces de gouvernement. Bruxessel,
1827 De l'influence des lois sur les
moeurs et des moeurs sur les lois. Paris: Firmin Didot, 1832 De l'esprit de la comédie et de
l'insuffisance du ridicule pour corriger les travers et les caractères, Paris:
Firmin Didot, 1832 Della imitazione
tragica presso gli antichi e presso i moderni: ricerche del cavalier Bozzelli.
Lugano: Ruggia, 1837 (on-line) Giuseppe
Massari, I casi di Napoli dal 29 gennaio 1848 in poi: lettere politiche per
Giuseppe Massari. Torino: Tipografia Ferrero e Franco, 1849 (on-line) Raffaele Santoro, Comento della carta
costituzionale del Regno delle Due Sicilie per l'avv. Raffaele Santoro, Napoli,
1848 (on-line) Guido D'Agostino,
Francesco Paolo Bozzelli, in Dizionario biografico degli italiani, 13, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, 1971. Opere di Francesco Paolo
Bozzelli, . PredecessoreMinistro
dell'Interno del Regno delle Due SicilieSuccessoreCoat of arms of the Kingdom
of the Two Sicilies.svg Giuseppe Parisi1848Giovanni Vignali88752804 I0000 0001
0922 8675 o179239 116384344 cb11657644b
495/8679 CERL cnp01078244
Identitieslccn-no179239 Biografie
Biografie Due Sicilie Due Sicilie
Storia Storia Categorie: Giuristi
italiani del XIX secoloFilosofi italiani del XIX secoloPolitici italiani Professore1786
1864 22 maggio 2 febbraio Manfredonia NapoliCostituzionalisti italianiMinistri
dell'Interno delle Due SicilieLetterati italiani
BOZZETTI: Grice: “If
Strawson is a Griceian, Bozzetti is a Rosminian – he philosophised on substance
(‘il concetto di sostanza’ from the point of view of ‘gnoseologia,’ and also on
‘dialogue,’ and ‘piety,’ – he also speaks, like I do, of construction, and
reconstruction, and indeed, ‘metaphysical reconstruction,’ one of my routines!”
– “My fvaourite has to be his philosophy of dialogue.” -- Giuseppe Bozzetti
(Borgoratto Alessandrino) presbitero, filosofo e docente italiano. Fratello minore del pittore Cino Bozzetti era
figlio di Romeo (uno dei Mille di Garibaldi, divenne colonnello e poi generale
dell’Esercito Italiano) e da Edvige Griziotti De Gianani. I genitori erano
originari dalla provincia di Cremona. Tutta la famiglia Bozzetti si spostò a
Trapani, poi a Napoli, a Reggio Calabria, ad Ancona, a Genova e infine a
Torino, seguendo le destinazioni del capofamiglia. Giuseppe scriveva delicate
poesie, indirizzate ai suoi familiari.
Giuseppe Bozzetti, dopo la laurea in Giurisprudenza all'Torino, ottenuta
nel 1900, entrò nell’ordine dei Rosminiani. Fu novizio al Convento rosminiano
del Sacro Monte Calvario di Domodossola (dove una sala è oggi a lui dedicata) e
ordinato sacerdote nel 1906. Si laureò anche in Filosofia nel 1908 e nel 1909 in
Lettere classiche all'Roma La Sapienza, materia che insegnò al liceo
"Mellerio-Rosmini" di Domodossola. Nel 1929 fu nominato Superiore
Provinciale dei Collegi rosminiani e a Roma, il 25 marzo 1935, fu eletto
Preposito Generale, cioè VII successore di Antonio Rosmini, carica che ricoprì
fino alla morte. Fu libero docente di Filosofia all’Roma La Sapienza, dal 1942
al 1946. Autore di saggi filosofici e teologici, sostenne e spiegò le tesi di
Antonio Rosmini, in particolare quelle esposte nella Filosofia del diritto. Sacro Monte Calvario di Domodossola, Via
Crucis Per Giuseppe Bozzetti la persona è soggetto di diritto, cioè cerca
liberamente la verità e aderisce liberamente alla legge morale, su cui forma la
propria coscienza e la consapevolezza di avere una destinazione eterna. Gli scritti dei Giuseppe Bozzetti sono stati
recentemente raccolti in: Giuseppe Bozzetti, Opere complete: saggi, scritti
inediti, opere minori, recensioni, Michele Federico Sciacca, Milano, Marzorati,
2006. Profili L'Accademia Roveretana
degli Agiati ha pubblicato questo sintetico profilo di Giuseppe Bozzetti: «Attratto dalla filosofia rosminiana che
faceva della persona il diritto sussistente ed il fondamento della famiglia e
dello Stato, ripropose la metafisica del filosofo roveretano quale unica
speculazione che sapesse inquadrare il problema dell'essere personale in
un'organicità ontologica più alta. Fu filosofo costruttivo, capace di far
convergere, in una prospettiva anche pedagogica, molteplicità ed unità,
frammentarismo e organicità. Sacerdote profondamente umano e colto (lasciò
belle prose e brevi testi poetici di raffinata sensibilità ed eleganza), aperto
al dialogo con tutti, guidò come superiore generale l'Istituto della carità
secondo lo spirito del suo fondatore e in conformità alle esigenze dei
tempi.» Michele Federico Sciacca,
Rosmini e noi (Linee di un programma): Lettera alGiuseppe Bozzetti; Risposta al
prof. Sciacca, Domodossola, C. Antonioli, 1944,
IT\ICCU\VIA\0226448. Rinaldo Orecchia, Giuseppe Bozzetti, Milano,
Giuffre, 1957, IT\ICCU\TO0\0507687.
Giovanni Pusineri , Ricordo diGiuseppe Bozzetti: testimonianze, onori funebri,
scritti inediti, , Domodossola-Milano, Sodalitas, 1957, IT\ICCU\LO1\0428859. Leandro Felici, Padre
Giuseppe Bozzetti, Milano, Spes, 1981, IT\ICCU\PAL\0120561. Centro di studi
filosofici di Gallarate, Enciclopedia Filosofica, Firenze, G. C. Sansoni,
1968-1969, IT\ICCU\RAV\0217501.
Francesco Traniello, Giorgio Campanini, Dizionario storico del movimento
cattolico in Italia, 1860-1980, Casale Monferrato, Marietti, 1981-1984, IT\ICCU\CFI\0014528. Cino Bozzetti Romeo Bozzetti Giuseppe Bozzetti, in Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Giuseppe
Bozzetti, .Filosofia Religione Religione
Categorie: Presbiteri italianiFilosofi italiani del XIX secoloFilosofi italiani
del XX secoloInsegnanti italiani del XIX secoloInsegnanti italiani Professore1878
1956 19 settembre 27 giugno RomaProfessori della SapienzaRoma
Branciforte: “You’ve got to love
Branciforte: my favourite is his philosophy of what he calls ‘il messaggio,’ –
I do use the term when I speak of a transmitter, and an addressee, etc. – the
fact that he was born where Ikkos was born help, since one would need to
recover Ikkos’s message! Branciforte sees philosophy as a pilgrimage of love –
‘il peregrine dell’amore’ with his ‘canzionere’ and surely the song needs an
addressee!” -- Giuseppe Giovanni Luigi Enrico Lanza di Trabia-Branciforte. trabia: Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto (n. San Vito dei
Normanni), filosofo. Esponente della nobile famiglia siciliana dei Lanza di
Trabia. Il suo vero nome è infatti Giuseppe Giovanni Luigi Enrico Lanza di
Trabia-Branciforte. La sua personalità eccezionale riunisce caratteristiche
disparate: filosofo con una forte vena mistica, ma anche patriarca fondatore di
comunità rurali e attivista nonviolento contro la guerra d'Algeria o gli
armamenti nucleari. Trabia nacque in un piccolo paese salentino,
San Vito dei Normanni, nella masseria "Specchia di Mare", da famiglia
antica ed illustre: il padre, Luigi Giuseppe, nato a Ginevra il 18 novembre
1857, dottore in giurisprudenza e titolare di un'azienda agricola-vitivinicola
era figlio illegittimo del principe siciliano Giuseppe III Lanza di Trabia (1833-1868)
e la madre, belga, era la marchesa Anna Maria Enrichetta Nauts, nata ad Anversa
il I luglio 1874. Giuseppe Giovanni aveva due fratelli: Lorenzo Ercole, e
Angelo Carlo, cittadino americano nel 1939 (nel 1943 partecipò allo sbarco in
Sicilia). Lanza studiò al liceo Condorcet a Parigi, poi filosofia a Firenze e
Pisa, dove fu allievo di Armando Carlini. «La guerra di Abissinia già
iniziava ed il mio rifiuto a parteciparvi era la cosa più evidente. E poi
questa guerra non era che l’inizio: in seguito forse sarei stato ad uccidere
inglesi, tedeschi e un giorno avrei avuto dinanzi alla mia baionetta Rainer
Maria Rilke. No, la mia risposta era no. “Ma che cosa è che rende la guerra
inevitabile?”, mi domandavo. Benché giovane avevo capito la puerilità delle risposte
ordinarie, quelle che si rifanno alla nostra cattiveria, al nostro odio e al
pregiudizio. Sapevo che la guerra non aveva a che fare con tutto ciò. “Certo,
una dottrina esiste per opporsi alla guerra e la vedo nel Vangelo”, dicevo, “ma
com’è che i cristiani non la vedono? Manca quindi un metodo, un metodo per
difendersi senza offendere. Un modo nuovo, diverso, umano di risolvere i
conflitti umani”. Solo in Gandhi vedevo colui che avrebbe potuto darmi una
risposta ed il metodo.» (Pagni R., Ultimi dialoghi con Lanza del Vasto,
p.50-51) Così Lanza del Vasto ricorda la sua decisione di partire per l'India,
autofinanziandosi con la vendita a un'amica facoltosa del manoscritto della sua
prima opera, Giuda. Lanza non partiva alla ricerca di spiritualità, tanto più
che la conversione al cristianesimo gli impegnava pienamente l'animo: «Ma
mi ero, non senza pena, convertito alla mia propria religione, e avevo il mio
da fare per meditare le Scritture ed applicarne i comandamenti. E se mi si
chiedeva “siete cristiano?”, rispondevo: “Sarebbe ben prezioso dire di sì.
Tento di esserlo".» (L’Arca aveva una vigna per vela, p.11). In
India, Lanza conobbe il Mahatma Gandhi, con il quale stette qualche mese, per
poi recarsi in Himalaya. Durante il viaggio «conobbi le inquietudini sociali
dell'India ed il suo metodo di liberazione, la non violenza, che era molto
contraria al mio carattere (come del resto credo sia contraria al carattere di
tutti). Nessuno è non violento per natura: siamo violenti e non proviamo
vergogna a dirlo, anzi lo diciamo con un certo orgoglio. Ma ciò che non diciamo
è che la vigliaccheria e la violenza fanno la forza delle nazioni e degli
eserciti e la non violenza consiste nel superare questi due grandi motivi della
storia umana». In India trova «un'umanità simile alla nostra quanto opposta:
qualche cosa come un altro sesso.l ritorno in Europa Lo scrittore e
studioso in una delle sue comunità rurali (l'ultimo a destra) Tornato
dall'India dopo ulteriori peregrinazioni in Terra Santa, Lanza comprende che la
sua vocazione è di fondare una comunità rurale nonviolenta, sul modello del
gandhiano ashram, la comunità autarchica ed egualitaria che per il Mahatma
doveva essere la cellula della società. Gli ci volle del tempo prima di
riuscire a concretizzarla attraverso la fondazione della comunità dell'Arca,
che avvenne il 26 gennaio 1944. Tra le poche persone a cui gli riesce di
esporre il suo progetto c'è Simone Weil, che incontra a Marsiglia. Nonostante
il suo pacifismo, la Weil non nutriva molta fiducia nella nonviolenza
gandhiana. Lanza gliene parlò e lei sembrò comprendere meglio. Poi parlarono
della visione dell'Arca, che allora non si chiamava ancora così, ed era la
prima volta che Lanza ne parlava con qualcuno: «Lei capì subito! “È un diamante
bellissimo”, disse. “Sì,” risposi “è vero. Ha solo un minuscolo difetto: che
non esiste”. E lei: “Ma esisterà, esisterà, perché Dio lo
vuole"."Simone aveva ragione. L'ultima sede della comunità fu la
Borie Noble, con circa centocinquanta persone che vivono nel modo più frugale e
gioiosamente comunitario. Il nome venne quando si cominciò a parlare di
“lanzismo”: «Si cominciava a parlare di Lanzisti e Lanzismo, cosa che mi fece
rizzare il pelo. “Amici miei”, annunciai, “noi ci chiameremo l'Arca, quella di
Noè beninteso. E noi gli animali dell'Arca.». Negli anni successivi
numerosissime iniziative nonviolente videro protagonista Lanza e i suoi
compagni, che seppero attirare l'attenzione dell'opinione pubblica francese e
non solo. La prima azione pubblica nonviolenta è del 1957, contro le torture e
i massacri compiuti dai francesi in Algeria, e si svolge a Clichy in una casa
dove aveva vissuto San Vincenzo de Paoli. L'azione fu guardata con relativo
favore dalla stampa, e giunse la solidarietà di personalità come Mauriac o
l'Abbé Pierre. Poi vennero le lotte contro il nucleare, la prima delle quali
nel 1958: Lanza con i suoi compagni penetrano nel cancello di una centrale
elettronucleare e vengono poi trascinati via dai poliziotti. Poi ancora la
campagna contro i “campi di assegnazione per residenza”, sorta di campi di
concentramento per gli algerini “sospetti”, e quella in favore degli obiettori
di coscienza. Durante la Quaresima del 1963, tra due sessioni del Concilio
Vaticano II Lanza fece un digiuno di quaranta giorni compiuto nell'attesa di
una parola forte sulla pace da parte della Chiesa. Poco dopo il trentesimo
giorno, il Segretario di Stato consegnò a Chanterelle, la moglie di Lanza, il
testo dell'enciclica Pacem in Terris: «Dentro ci sono cose che non sono mai state
dette, pagine che potrebbero essere firmate da suo marito!». Opere: Le
pèlerinage aux sources, Denoël, Parigi, traduzione italiana: Pellegrinaggio
alle sorgenti, Jaca Book, Milano; Approches de la vie intérieure, Denoël,
Parigi; traduzione italiana: Introduzione alla vita interiore, Jaca Book,
Milano 1989; Technique de la non-violence, Denoël, Parigi 1965; traduzione
italiana: Che cos'è la non violenza, Jaca Book, Milano 1979; Il canzoniere del
peregrin d'amore, Jaca Book, Milano 1980; Vinôbâ, ou le nouveau pèlerinage,
Denoël, Parigi 1954; traduzione italiana: Vinoba, o il nuovo pellegrinaggio,
Jaca Book, Milano 1980; L'Arche avait pour voilure une vigne, Denoël, Parigi
1978; traduzione italiana: L'Arca aveva una vigna per vela, Jaca Book, Milano
1980; Pour éviter la fin du monde, Rocher, Parigi; traduzione italiana: Per
evitare la fine del mondo, Jaca Book, Milano 1991; Principes et préceptes du
retour à l'évidence, Denoël, Parigi 1945; traduzione italiana: Principi e
precetti del ritorno all'evidenza, Gribaudi, Torino 1988; Préface au Message
Retrouvé de Louis Cattiaux, Denoël, Parigi 1956; traduzione italiana: Il
Messaggio Ritrovato, Mediterranee, Roma 2002. Note Pagni, cit.51
Lanza del Vasto, Pellegrinaggio alle sorgenti82 Gabriella Fiori, Lanza del Vasto e Simone
Weil, Prospettiva Persona n°
86/,//prospettivapersona/editoriale/86/lanza_weil.pdf Pagni, cit., p.58-59 L'Arca aveva una vigna per vela48 ivi99
Jacques Madaule, Chi è Lanza del Vasto Arnaud de Mareuil, Lanza del
Vasto (Seghers, 1965) René Doumerc, Dialoghi con Lanza del Vasto (Albin Michel)
Claude-Henri Roquet, Les Facettes du cristal (Conversazioni con Lanza del
Vasto, Parigi 1981) Arnaud de Mareuil, Lanza del Vasto, sa vie, son oeuvre, son
message (Saint-Jean-de-Braye 1998) Anne Fougère, Claude-Henri Rocquet: Lanza
del Vasto. Pellegrino della nonviolenza, patriarca, poeta, (Paoline, Milano
2006) Antonino Drago, Paolo Trianni , La filosofia di Lanza del Vasto (Jaka
Book, Milano 2008) Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene
una pagina in lingua francese dedicata a Lanza del Vasto Collabora a Wikimedia
Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Lanza del
Vasto L'Arche de Lanza del Vasto (sito
principale) , su arche-nonviolence.eu. Comunità di St Antoine , su
arche-de-st-antoine.com. Comunità dell'Arca in Italia, su xoomer.virgilio.
Provincia di Brindisi su Lanza del Vasto. Lanza del Vasto & Ramon Llull
(es), su denip.webcindario.com. 2472923 I0000 0001 2275 7061 IT\ICCU\CFIV\001261 50047299 121291928
cb11911016p XX956618 NLA35291519 NDL (EN, JA) 00446875 Identitieslccn-n50047299 Biografie Biografie Letteratura Letteratura Filosofo del XX secoloPoeti
italiani del XX secoloScrittori italiani Professore1901 1981 29 settembre 5
gennaio San Vito dei NormanniNonviolenzaLanza. vasto: essential Italian philosopherBranciforte: Giuseppe Giovanni
Luigi Enrico Lanza di Trabia-Branciforte -- Vasto: Essential Italian
philosopher. Grice: “Note that he is Lanza del Vasto, but if he wants to keep
the Vasto, under Vasto he goes! Even though Lanza is the aristocratic bit to
it!” Lanza del Vasto Giuseppe Giovanni
Lanza del Vasto Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto (San Vito dei Normanni, 29
settembre 1901Elche de la Sierra, 5 gennaio 1981) filosofo, poeta e scrittore
italiano. Esponente della nobile famiglia siciliana dei Lanza di Trabia. Il suo
vero nome è infatti Giuseppe Giovanni Luigi Enrico Lanza di Trabia-Branciforte.
La sua personalità eccezionale riunisce caratteristiche disparate: poeta,
scrittore, filosofo, pensatore religioso con una forte vena mistica, ma anche
patriarca fondatore di comunità rurali sul modello di quelle gandhiane e
attivista nonviolento contro la guerra d'Algeria o gli armamenti nucleari. Nacque in un piccolo paese salentino, San
Vito dei Normanni, nella masseria "Specchia di Mare", da famiglia
antica ed illustre: il padre, Luigi Giuseppe, nato a Ginevra il 18 novembre
1857, dottore in giurisprudenza e titolare di un'azienda agricola-vitivinicola
era figlio illegittimo del principe siciliano Giuseppe III Lanza di Trabia
(1833-1868) e la madre, belga, era la marchesa Anna Maria Enrichetta Nauts,
nata ad Anversa il I luglio 1874. Giuseppe Giovanni aveva due fratelli: Lorenzo
Ercole, nato nel 1903, morto a Rapallo nel 1958 e Angelo Carlo, nato nel 1904,
cittadino americano nel 1939 (nel 1943 partecipò allo sbarco in Sicilia). Lanza
studiò al liceo Condorcet a Parigi, poi filosofia a Firenze e Pisa, dove fu
allievo di Armando Carlini. «La guerra
di Abissinia già iniziava ed il mio rifiuto a parteciparvi era la cosa più
evidente. E poi questa guerra non era che l’inizio: in seguito forse sarei
stato ad uccidere inglesi, tedeschi e un giorno avrei avuto dinanzi alla mia
baionetta Rainer Maria Rilke. No, la mia risposta era no. “Ma che cosa è che rende
la guerra inevitabile?”, mi domandavo. Benché giovane avevo capito la puerilità
delle risposte ordinarie, quelle che si rifanno alla nostra cattiveria, al
nostro odio e al pregiudizio. Sapevo che la guerra non aveva a che fare con
tutto ciò. “Certo, una dottrina esiste per opporsi alla guerra e la vedo nel
Vangelo”, dicevo, “ma com’è che i cristiani non la vedono? Manca quindi un
metodo, un metodo per difendersi senza offendere. Un modo nuovo, diverso, umano
di risolvere i conflitti umani”. Solo in Gandhi vedevo colui che avrebbe potuto
darmi una risposta ed il metodo.» (Pagni
R., Ultimi dialoghi con Lanza del Vasto, p.50-51) Così Lanza del Vasto ricorda
la sua decisione di partire per l'India nell'autunno del 1936,
autofinanziandosi con la vendita a un'amica facoltosa del manoscritto della sua
prima opera, Giuda. Lanza non partiva alla ricerca di spiritualità, tanto più
che la conversione al cristianesimo gli impegnava pienamente l'animo: «Ma mi ero, non senza pena, convertito alla
mia propria religione, e avevo il mio da fare per meditare le Scritture ed
applicarne i comandamenti. E se mi si chiedeva “siete cristiano?”, rispondevo:
“Sarebbe ben prezioso dire di sì. Tento di esserlo".» (L’Arca aveva una vigna per vela, p.11)
L'incontro con Gandhi In India, Lanza conobbe il Mahatma Gandhi, con il quale
stette qualche mese, per poi recarsi in Himalaya. Durante il viaggio «conobbi
le inquietudini sociali dell'India ed il suo metodo di liberazione, la non
violenza, che era molto contraria al mio carattere (come del resto credo sia
contraria al carattere di tutti). Nessuno è non violento per natura: siamo
violenti e non proviamo vergogna a dirlo, anzi lo diciamo con un certo
orgoglio. Ma ciò che non diciamo è che la vigliaccheria e la violenza fanno la
forza delle nazioni e degli eserciti e la non violenza consiste nel superare
questi due grandi motivi della storia umana». In India trova «un'umanità simile
alla nostra quanto opposta: qualche cosa come un altro sesso». Il ritorno in Europa Lo scrittore e studioso in una delle sue
comunità rurali (l'ultimo a destra) Tornato dall'India dopo ulteriori
peregrinazioni in Terra Santa, Lanza comprende che la sua vocazione è di
fondare una comunità rurale nonviolenta, sul modello del gandhiano ashram, la
comunità autarchica ed egualitaria che per il Mahatma doveva essere la cellula
della società. Gli ci volle del tempo prima di riuscire a concretizzarla
attraverso la fondazione della comunità dell'Arca, che avvenne il 26 gennaio
1944. Tra le poche persone a cui gli riesce di esporre il suo progetto c'è
Simone Weil, che incontra a Marsiglia, nel 1941. Nonostante il suo pacifismo,
la Weil non nutriva molta fiducia nella nonviolenza gandhiana. Lanza gliene
parlò e lei sembrò comprendere meglio. Poi parlarono della visione dell'Arca,
che allora non si chiamava ancora così, ed era la prima volta che Lanza ne
parlava con qualcuno: «Lei capì subito! “È un diamante bellissimo”, disse.
“Sì,” risposi “è vero. Ha solo un minuscolo difetto: che non esiste”. E lei:
“Ma esisterà, esisterà, perché Dio lo vuole”». Simone aveva ragione. L'ultima
sede della comunità fu la Borie Noble, con circa centocinquanta persone che
vivono nel modo più frugale e gioiosamente comunitario. Il nome venne quando si
cominciò a parlare di “lanzismo”: «Si cominciava a parlare di Lanzisti e
Lanzismo, cosa che mi fece rizzare il pelo. “Amici miei”, annunciai, “noi ci
chiameremo l'Arca, quella di Noè beninteso. E noi gli animali dell'Arca.». Negli anni successivi numerosissime
iniziative nonviolente videro protagonista Lanza e i suoi compagni, che seppero
attirare l'attenzione dell'opinione pubblica francese e non solo. La prima
azione pubblica nonviolenta è del 1957, contro le torture e i massacri compiuti
dai francesi in Algeria, e si svolge a Clichy in una casa dove aveva vissuto
San Vincenzo de Paoli. L'azione fu guardata con relativo favore dalla stampa, e
giunse la solidarietà di personalità come Mauriac o l'Abbé Pierre. Poi vennero
le lotte contro il nucleare, la prima delle quali nel 1958: Lanza con i suoi
compagni penetrano nel cancello di una centrale elettronucleare e vengono poi
trascinati via dai poliziotti. Poi ancora la campagna contro i “campi di
assegnazione per residenza”, sorta di campi di concentramento per gli algerini
“sospetti”, e quella in favore degli obiettori di coscienza. Durante la
Quaresima del 1963, tra due sessioni del Concilio Vaticano II Lanza fece un
digiuno di quaranta giorni compiuto nell'attesa di una parola forte sulla pace
da parte della Chiesa. Poco dopo il trentesimo giorno, il Segretario di Stato
consegnò a Chanterelle, la moglie di Lanza, il testo dell'enciclica Pacem in
Terris: «Dentro ci sono cose che non sono mai state dette, pagine che
potrebbero essere firmate da suo marito!».
Opere Le pèlerinage aux sources, Denoël, Parigi 1943, traduzione
italiana: Pellegrinaggio alle sorgenti, Jaca Book, Milano 1991; Approches de la
vie intérieure, Denoël, Parigi 1962; traduzione italiana: Introduzione alla
vita interiore, Jaca Book, Milano 1989; Technique de la non-violence, Denoël,
Parigi 1965; traduzione italiana: Che cos'è la non violenza, Jaca Book, Milano
1979; Il canzoniere del peregrin d'amore, Jaca Book, Milano 1980; Vinôbâ, ou le
nouveau pèlerinage, Denoël, Parigi 1954; traduzione italiana: Vinoba, o il
nuovo pellegrinaggio, Jaca Book, Milano 1980; L'Arche avait pour voilure une
vigne, Denoël, Parigi 1978; traduzione italiana: L'Arca aveva una vigna per
vela, Jaca Book, Milano 1980; Pour éviter la fin du monde, Rocher, Parigi 1971;
traduzione italiana: Per evitare la fine del mondo, Jaca Book, Milano 1991;
Principes et préceptes du retour à l'évidence, Denoël, Parigi 1945; traduzione
italiana: Principi e precetti del ritorno all'evidenza, Gribaudi, Torino 1988;
Préface au Message Retrouvé de Louis Cattiaux, Denoël, Parigi 1956; traduzione
italiana: Il Messaggio Ritrovato, Mediterranee, Roma 2002. Note Pagni, cit.51
Lanza del Vasto, Pellegrinaggio alle sorgenti82 Gabriella Fiori, Lanza del Vasto e Simone
Weil, Prospettiva Persona n° 86/,//prospettivapersona/editoriale/86/lanza_weil.pdf Pagni, cit., p.58-59 L'Arca aveva una vigna per vela48 ivi99
Jacques Madaule, Chi è Lanza del Vasto Arnaud de Mareuil, Lanza del
Vasto (Seghers, 1965) René Doumerc, Dialoghi con Lanza del Vasto (Albin Michel)
Claude-Henri Roquet, Les Facettes du cristal (Conversazioni con Lanza del
Vasto, Parigi 1981) Arnaud de Mareuil, Lanza del Vasto, sa vie, son oeuvre, son
message (Saint-Jean-de-Braye 1998) Anne Fougère, Claude-Henri Rocquet: Lanza
del Vasto. Pellegrino della nonviolenza, patriarca, poeta, (Paoline, Milano
2006) Antonino Drago, Paolo Trianni , La filosofia di Lanza del Vasto (Jaka
Book, Milano 2008) Altri progetti
Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina in lingua francese
dedicata a Lanza del Vasto Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons
contiene immagini o altri file su Lanza del Vasto L'Arche de Lanza del Vasto (sito principale)
, su arche-nonviolence.eu. Comunità di St Antoine , su arche-de-st-antoine.com.
Comunità dell'Arca in Italia, su xoomer.virgilio. Provincia di Brindisi su
Lanza del Vasto. Lanza del Vasto & Ramon Llull (es), su denip.webcindario.com.
Biografie Biografie Letteratura Letteratura Filosofo del XX secoloPoeti
italiani del XX secoloScrittori italiani Professore1901 1981 29 settembre 5
gennaio San Vito dei NormanniNonviolenzaLanza Refs.: Luigi Speranza,
"Grice e del Vasto," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool
Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
No comments:
Post a Comment