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Is Grice the greatest philosopher that ever lived?

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Monday, June 7, 2021

NOME 13

 

IN PLICATVRVM -- impiegato -- H. P. Grice, St. John’s Oxford -- Compiled by Grice’s Playgroup, The Bodleian -- For The Anglo-Italian Society, Bologna -- Dedicated to A. M. G. – Luigi Speranza, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. -- NAMES

 

aaron, r. philosopher of Jewish descent born in Seven Sisters, Sussex. Grice enjoyed reading him. “Aaron can be fun, especially for a philosophical lexicographer!”

 

ABANO. (Abano). Grice: “I like Abano; he is from my wife’s favourite part of Italy – Veneto – actually provincial di Padova – which has a little bit on the water – Strawson says he is more of a physician than a philosopher – but I say, “Both start with aspirated p!” – Grice: “My favourite Abano is the logician or philosopher of the lingo -- Abano  Pietro d'Abano Da Wikipedia. Se stai cercando l'opera lirica, vedi Pietro d'Abano (opera).  Pietro d'Abano Pietro d'Abano, latinizzato in Petrus de Abano o Petrus Patavinus è stato un filosofo, medico e astrologo italiano, insegnante di medicina, filosofia e astrologia all'Università di Parigi e dal 1306 all'Università di Padova; inoltre è considerato il primo rappresentante dell'aristotelismo padovano. Amico di Marco Polo, visse a lungo a Costantinopoli per imparare il greco e l'arabo, studiando in originale i testi di Galeno, Avicenna e Averroè. Fu autore anche di varie traduzioni di testi scientifici greci e arabi in latino: i Problemata di Aristotele (ai quali aggiunse un commentario, l'Expositio Problematum Aristotelis), i Problemata di Alessandro di Afrodisia[3], vari scritti di Galeno e Dioscoride. Rivide inoltre la traduzione delle opere di Abraham ibn ‛Ezra. Si guadagnò una grande fama come autore Conciliator Differentiarum, quæ inter Philosophos et Medicos Versantur.  Probabilmente Pietro d'Abano ispirò a Giotto il complesso – e per molti versi misterioso – ciclo pittorico che ornava il Palazzo della Ragione di Padova, andato perso in un incendio e rifatto da alcuni pittori minori seguendo lo stesso schema iconografico. Il ciclo di affreschi è suddiviso in 333 riquadri, si svolge su tre fasce sovrapposte, ed è uno dei rarissimi cicli astrologici medievali giunti fino ai nostri giorni. D'Abano è considerato uno dei più colti ingegni del suo tempo, la sua dottrina lo fece passare per un negromante.  Accusato tre volte dal Tribunale dell'Inquisizione di magia, eresia e ateismo fu prosciolto le prime due volte. L'ultima volta morì in prigione a causa delle torture subite, un anno prima della fine del processo. A seguito della condanna il suo cadavere fu dissotterrato per essere arso sul rogo.  A Pietro d'Abano esplicitamente si rifarà, per alcuni argomenti, come l'embriologia, il celebre medico Iacopo da Forlì. Citazioni famose Nel Conciliator Differentiarum, quæ inter Philosophos et Medicos Versantur D'Abano riferisce di avere parlato con Marco Polo di quello che aveva osservato nella volta celeste durante i suoi viaggi. Marco raccontò che durante il suo viaggio di ritorno nel Mar Cinese Meridionale, aveva avvistato quella che descrive in un disegno come una stella "a forma di sacco" (ut sacco) con una grande coda (magna habet caudam). Pietro d'Abano interpretò questa informazione come una conferma della sua teoria secondo cui nell'emisfero sud si potesse osservare una stella analoga alla stella polare, ma si trattava con ogni probabilità di una cometa. Gli astronomi sono concordi nell'affermare che non ci furono comete avvistate in Europa alla fine del 1200, ma ci sono testimonianze che una cometa venne avvistata in Cina e in Indonesia nel 1293.[6] Questa circostanza non compare nel Milione. Abano conservò il disegno nel suo volume Conciliator Differentiarum, quæ inter Philosophos et Medicos Versantur. Sempre nello stesso documento, si riporta la descrizione di un animale di grossa stazza con un corno sul muso, identificato oggi con il rinoceronte di Sumatra; Pietro d'Albano non riferisce un nome particolare assegnato da Marco a questo animale; si pensa invece che fu Rustichello a identificarlo con l'unicorno nel Milione. Questa testimonianza è stata ripresa da Jensen, quando venne messa pesantemente in dubbio la veridicità del Milione di Marco Polo.  Sempre nel Conciliator Differentiarum (Diss. 67), Abano menziona la spedizione di Ugolino e Vadino Vivaldi genovesi verso le Indie Orientali per via mare.  "Parum ante ista tempora Januenses duas paravere omnibus necessariis munitas galeas, qui per Gades Herculis in fine Hispamia situatas transiere. Quid autem illis contigerit, jam spatio fère trigesimo ignoratur anno. Transitus tamen nunc patens est per magnos Tartaros eundo versus aquilonem, deinde se in orientem et meridiem congirando". Riconoscimenti Il Teatro Congressi di Abano Terme (già "Cinema Teatro delle Terme") è a lui dedicato, come pure l'IPSSAR "Pietro d'Abano (Istituto Professionale di Stato per i Servizi Alberghieri e della Ristorazione) poco distante, e altrettanto il Centro Studi Termali Pietro d'Abano, ente di ricerca del territorio Euganeo.  È rappresentato a Padova in una delle 78 statue di Prato della Valle e nell'altorilievo al di sopra di una delle quattro porte d'entrata di Palazzo della Ragione.  Ad Abano Terme a lui sono dedicati una statua nell'omonima piazza e il bassorilievo sul lato Est dello gnomone della meridiana monumentale in piazza del Sole e della Pace.  Note  Dizionario di filosofia, Riferimenti in Collegamenti esterni.  Michelangelo Guidi, Caratteri e modi della cultura araba, Real Accademia d'Italia,  «A Padova, specialmente, ferve lo studio degli Arabi, poiché Pietro d'Abano – il quale si era servito non solo del greco, ma anche dell'arabo che era andato a studiare a Costantinopoli per poter rettificare gli inevitabili errori delle versioni del tempo – aveva fatto della sua scuola di medicina il centro di quello che fu poi detto l'«Arabismo medico».». Iolanda Ventura, Translating, commenting, re-translating: some considerations on the Latin translations of the Pseudo-Aristotelian Problemata and their readers, in Michèle Goyens, Pieter de Leemans e An Smets (a cura di), Science Translated: Latin and Vernacular Translations of Scientific Treatises in Medieval Europe, Leuven University Press, Pietro d'Abano, su galenolatino.com.  R. Martorelli Vico, Per una storia dell'embriologia, Guerini e Associati, Napoli, J. Jensen, The World's most diligent observer, in Asiatische Studien, Francesco Bottin, Pietro d'Abano, Marco Polo e Giovanni da Montecorvino, in Medicina nei Secoli, Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana:  fino all'anno MCCC, Firenze, presso Molini, Landi e C. Bibliografia  Conciliator differentiarum philosophorum et precipue medicorum Adalberto Pazzini, Pietro d'Abano, in Dizionario Letterario Bompiani. Autori, III, Milano, Bompiani, Joan Cadden, "Sciences/silences: the nature and languages of "sodomy" in Peter of Abano's Problemata Commentary". In: Karma Lochrie & Peggy McCracken & James Schultz, Constructing medieval sexualities, University of Minnesota press, Minneapolis & London, Médicine, astrologie et magie entre Moyen Âge et Renaissance: autour de Pietro d'Abano. Textes réunis par Jean-Patrice Boudet, Franck Collard et Nicolas Weill-Parot, Firenze, Sismel - Edizioni del Galluzzo, (Società internazionale per lo studio del Medioevo latino) Pietro de Sclavione d'Abano, Trattati di Astronomia, Lucidator dubitabilium astronomiae, De motu octavae sphaerae e altre opere a cura di Graziella Federici Vescovini, Padova: Editoriale Programma, Loris Premuda, «Pietro d'Abano». In:  Dizionario critico della letteratura italiana, Torino: UTET L. Norpoth, «Zur Bio-Bibliographie und Wissenschaftslehre des Pietro d'Abano, Mediziners, Philosophen und Astronomen in Padua», Kyklos, Lynn Thorndike, A history of magic and experimental science, Vol. II: During the first thirteen centuries of our era. New York: Columbia university press, Sante Ferrari, I tempi, la vita, le dottrine di Pietro D'Abano: saggio storico-filosofico, Genova: Tipografia R. Istituto Sordomuti, Pietro d'Abano, Conciliator differentiarum philosophorum et precipue medicorum, Gregorio Piaia, Pietro d'Abano. Filosofo medico e astrologo europeo, Milano, FrancoAngeli, Francesco Aldo Barcaro, L'eretico Pietro d'Abano (medico o mago?), Nuova Grafica, Vigorovea (Sant'Angelo di Piove di Sacco, PD), Voci correlate Storia della scienza Aristotelismo Taddeo Alderotti Mondino dei Liuzzi Sefer Raziel HaMalakh. Treccani – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Guido Calogero, Pietro d'Abano, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Pietro d'Abano, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.Iolanda Ventura, Pietro d'Abano, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Opere di Pietro d'Abano, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.(FR) Bibliografia su Pietro d'Abano, su Les Archives de littérature du Moyen Âge.Marta Cristiani, Pietro d'Abano, in Enciclopedia dantesca, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Pietro d'Abano, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. He is possibly the first alphabetical philosopher. But there are more! Important Italian philosopher. From Abano-Terme. “If Occam is called Occam, I should be called Harborne.”Grice. “He was an exacting editor, if ever there was onebut he failed at one thing, “Problemata physica” was never written by Aristotle!”Grice. Pietro d'Abano-Terme, conosciuto anche come Petrus de Apono, Petrus Aponensis o Pietro d'Abano italiano a Padova. -- Abano era nato nella città italiana da cui prende il nome, ora Abano Terme. Abano-Terme guadagnato la fama scrivendo "Conciliatore Differentiarum, quae tra Philosophos et Medicos Versantur." Finalmente Abano-Terme è stato accusato di eresia e l'ateismo, ed è venuto prima della Inquisizione. Abano e morto in carcere prima della fine del suo processo.  Abano-Terme Ha vissuto in Grecia per un periodo di tempo prima che si è trasferito e ha iniziato i suoi studi a lungo a Costantinopoli. Si trasferisce a Parigi, dove è stato promosso ai gradi di dottore in filosofia e medicina, nella pratica di cui era un grande successo, ma i suoi costi erano notevolmente alta. A Parigi divenne noto come "il Grande lombarda". Abano-Terme si stabilì a Padova. Abano-Terme è stato accusato di praticare la magia: le accuse specifiche è che è tornato, con l'aiuto del diavolo , tutti i soldi che ha pagato di distanza, e che possedeva la pietra filosofale. Gabriel Naudé, nel suo "antiquitate scholae Medicae Parisiensis," dà il seguente resoconto di lui. "Cerchiamo di prossima produciamo Peter de Apona, o Pietro da Abano, chiamato il riconciliatore, a causa del famoso libro che ha pubblicato durante il suo soggiorno nella vostra università. E 'certo che fisica laici sepolto in Italia, scarsa noto a nessuno, incolto e disadorno, fino alla sua genio tutelare, un abitante del villaggio di Apona-Terme, destinata a liberare l'Italia dalla sua barbarie e l'ignoranza, come Camillo volta liberato Roma dall'assedio del Galli, ha fatto un'indagine diligente in quale parte del mondo della letteratura cortese è stato felicemente coltivata, la filosofia più astuzia gestito, e fisico ha insegnato con la massima solidità e la purezza; e di essere certi che sola Parigi rivendicò questo onore, là vola attualmente; dando se stesso interamente alla sua tutela, si applicò con diligenza per i misteri della filosofia e della medicina; ottenuto un grado e l'alloro in entrambi; e poi entrambi insegnato con grande applauso: e dopo un soggiorno di molti anni, loaden con la ricchezza acquisita in mezzo a voi, e, dopo essere stato il più famoso filosofo del suo tempo, torna al suo paese , dove, a giudizio del giudizioso Scardeon , è stato il primo restauratore della vera filosofia. Gratitudine, quindi, invita a riconoscere i vostri obblighi a causa di Michael Angelus Blondus,  di Roma, che nell'ultimo impegno secolo di pubblicare il Conciliationes Physiognomicæ del proprio Aponensian, e trovando erano state composte a Parigi, e nella vostra università, ha scelto di pubblicarli nel nome, e con il patrocinio, della vostra società.  Portava le sue indagini finora nelle scienze occulte della natura astruso e nascosta, che, dopo aver dato più ampie prove, dai suoi scritti in materia di fisionomia , geomanzia, e chiromanzia , si è trasferito sulla allo studio della filosofia; che studi hanno dimostrato in modo vantaggioso per lui, che, per non parlare dei due prima, che lo presentò a tutti i papi del suo tempo, e lo ha acquisito una reputazione tra i dotti, è certo che era un grande maestro in quest'ultimo , che appare non solo dalle cifre astronomiche che aveva dipinto nella grande sala del palazzo di Padova, e le traduzioni fece dei libri del rabbino dottissimo Abraham Aben Ezra, aggiunto a quelli che si ricompose nei giorni critici, e il miglioramento di astronomia, ma dalla testimonianza del celebre matematico Regiomontano, che ha fatto un bel panegirico su di lui, in qualità di un astrologo, nell'orazione ha pronunciato pubblicamente a Padova quando ha spiegato c'è il libro di Alfragano .  Steepto  scritti  Conciliatore differentiarum philosophorum et precipue medicorum Nei suoi scritti egli espone e difende i sistemi medici e filosofici di Averroè, Avicenna , ed altri scrittori. Le sue opere più note sono il Conciliatore differentiarum quae tra philosophos et medicos versantur e De venenis eorumque remediis , entrambi i quali sono ancora esistente in decine di manoscritti e varie edizioni a stampa dalla fine del Quattrocento attraverso Cinquecento. Il primo tentativo di riconciliare apparenti contraddizioni tra teoria medica e la filosofia naturale aristotelica, ed è stato considerato autorevole in ritardo quanto XVI secolo.  E 'stato affermato che Abano-Terme ha anche scritto un libro di magia chiamato "Heptameron," un libro conciso di riti magici rituali che si occupano di evocare gli angeli specifici per i sette giorni della settimana (da qui il titolo). Egli è anche accreditato con la scrittura De venenis eorumque remediis , che ha esposto sulle teorie arabi in materia di superstizioni, veleni e contagi.  l'Inquisizione  Generico ritratto di Petr [noi] da Abano conciliatore , <la rovesciata 'c' è un'abbreviazione corrente latina per il prefisso 'con -'> xilografia dalla Cronaca di Norimberga , 1493 E 'stato due volte portato in giudizio da parte dell'Inquisizione; per la prima volta è stato assolto, e morì prima che il secondo processo è stato completato. E 'stato trovato colpevole, però, e il suo corpo è stato ordinato di essere riesumato e bruciato; ma un amico aveva segretamente rimosso, e l'Inquisizione doveva quindi accontentarsi con la proclamazione pubblica della sua frase e la combustione di Abano in effigie .  Secondo Naude:  L'opinione generale di quasi tutti gli autori è, che era il più grande mago del suo tempo; che per mezzo di sette spiriti, familiari, che teneva chiuso dell'articolo in chrystal, aveva acquisito la conoscenza delle sette arti liberali, e che aveva l'arte di causare il denaro che aveva fatto uso di tornare ancora in tasca. È stato accusato di magia nel ottantesimo anno della sua età, e che morire prima che il suo processo era finito, è stato condannato (come riporta Castellan) al fuoco; e che un fascio di paglia o vimini, che rappresenta la sua persona, è stata pubblicamente bruciato a Padova; che così rigoroso un esempio, e dalla paura di incorrere in una sanzione, come, potrebbero sopprimere la lettura dei tre libri che aveva composto su questo argomento: il primo dei quali è la nota Heptameron, o elementi magici di Peter de Abano, filosofo, ora esistente, e stampato alla fine di Agrippa opere s'; il secondo, quello che Trithemius chiama Elucidarium Necromanticum Petri da Abano; e un terzo, chiamato dallo stesso autore Liber experimentorum mirabilium de Annulis secundem, 28 Mansiom Lunae .   Abside con il suo sarcofago. Barrett (p. 157) si riferisce al parere che non era sul punteggio di magia che l'Inquisizione ha condannato Pietro d'Abano-Terme a morte, ma perché ha cercato di spiegare i meravigliosi effetti nella natura dalle influenze dei corpi celesti, non attribuendole agli angeli o demoni; in modo che l'eresia , piuttosto che la magia, sotto forma di opposizione alla dottrina degli esseri spirituali, sembra aver portato alla sua persecuzione. Per citare Barrett: Il suo corpo, prese privatamente dalla sua tomba dai suoi amici, sfuggito alla vigilanza degli inquisitori, che avrebbero condannato a essere bruciato. E 'stato rimosso da un luogo all'altro, e finalmente depositato nella Chiesa di St. Augustin, senza epitaffio, o qualsiasi altro segno di onore. I suoi accusatori attribuiti opinioni incoerenti a lui; lo accusato di essere un mago, e tuttavia con negare l'esistenza degli spiriti. Aveva una tale antipatia per il latte, che vedendo chiunque prendere lo faceva vomitare.Altro lettura Francis Barrett, The Magus, J. Cadden, "Scienze / silenzi: la natura e le lingue di" sodomia "in Pietro d'Abano Problemata Commento". In: K. Lochrie &McCracken & J. Schultz (. Edd), Costruire sessualità medievali , University of Minnesota Press, Minneapolis & London 1997, pp 40-57.. Premuda, Loris. "Abano, Pietro D'." nel dizionario della biografia scientifica . (1970). New York: Charles Scribner Sons.  1:  4-5. link esterno il Heptameron. Refs.: Luigi Speranza, “The reception of pseudo-Aristotle via Abano’s edition,” Luigi Speranza, "Grice ed Abano," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

ABBÀ. (Farigliano). Grice: “Abbà is a genius – an Italian Lockino, as he calls himself in “Elementae logicae” – But he is actually better than Locke – England’s and Oxford’s greatest philosopher – for a couple of reasons: Locke uses barbarisms – anglo-saxonisms, Abba, who could be philosophising in his Cuneo vernacular, uses Cicero’s tongue! And the good thing is that he is fluent at it and his prose is flowing – It is difficult for a Locke to write in Latin – witness the roughness of Occam’s prose in Latin – but for Abba, he is obviousl THINKING in Italian and expressing his thoughts in ‘palaeo-Italian,’ as he calls ‘Latin.’ “Thinking in Italian may be preoponderant, but it need not be true!” Grice” “Of course I enjoyed most his philosophising on the ‘signum naturale’ – on which I drew for my Oxford seminars!” -- He is a great interpreter of Locke; in a country that needs that!” - Filosofo allievo di Benone, gli succedette nella cattedra di  metafisica a Torino.  Partendo dalla filosofia di Locke, ritiene che i dati empirici forniti dall'esperienza siano alla base della conoscenza umana, ma che le idee si formino attraverso un'elaborazione di questi elementi empirici da parte dell'anima umana, che utilizza categorie logiche indipendenti dall'esperienza. Abbà entrò in polemica con Rosmini a proposito del suo “Saggio sull'origine delle idee” mettendo in dubbio la veridicità del suo sistema. Rosmini controbatté alle critiche nel Diario filosofico di Adolfo, VII, G.A.A.(pubblicato in Riv. rosminiana, III [1908],  1-8).   Elementa logices et metaphysices, Taurini, Stamperia reale, Delle cognizioni umane: trattato del teol.o coll.o Abbà, Torino, Canfari. Lettere a Filomato sulle credenze primitive e sulla filosofia sino a Socrate scritte dal teologo coll.o Abbà, Torino, Canfari. G. Capone Braga, La filosofia fitaliana del Settecento, Padova,Francesco Corvino, Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Filosofia. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Abba,” The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

ABBAGNANO. (Salerno). Grice: “There are TWO Abbagnani: the Paris Abbagnano, who to be different, dubbed his ‘existenzialismo’ ‘esistenizalismo positivo’ (later illuminismo), and MY Abbagnano, the one who explored that infamous Greek embassy that arrived in Rome in 189 a. u. c., bringing the sophistries for the fascination of the Scipioni of Rome!” -- Salerno, filosofo. Essential, idealist Italian philosopher, famouos for his “Dizionario di filosofia,”“which alas, has no entry fro ‘implicatura.’”Grice. Abbagnano also wrote an interesting history of philosophy, and is regarded as an idealist, alla Oxonian-favoured Croce.  Nicola Abbagnano (n. Salerno), filosofo. Laureatosi in filosofia a Napoli con Antonio Aliotta, insegna dapprima al Liceo Umberto I ed all'Istituto Superiore di Magistero "Suor Orsola Benincasa" del capoluogo campano, per poi trasferirsi all'Torino dove è Professore di Storia della filosofia prima presso la Facoltà di Magistero, poi presso quella di Lettere e Filosofia; è condirettore, a fianco di Norberto Bobbio, della Rivista di filosofia; è stato ispiratore del gruppo di intellettuali e filosofi, comprendente, tra gli altri, lo stesso Bobbio e Ludovico Geymonat, che prende il nome di "neoilluminismo italiano", organizzando una serie di convegni rivolti alla costruzione di una filosofia "laica", aperta ai principali orientamenti del pensiero filosofico internazionale. Collabora con il quotidiano La Stampa; si trasferisce poi a Milano dove collabora con Il Giornale di Indro Montanelli e dove viene eletto consigliere comunale nelle liste del Partito Liberale Italiano e assume per circa un anno la carica di assessore comunale alla Cultura.  Divenne socio dell'Accademia delle scienze di Torino. È stato uno dei promotori del Centro di studi metodologici di Torino. Come studioso di filosofia, è tra i primi a diffondere in Italia, negli anni trenta e quaranta, la conoscenza delle correnti esistenzialistiche francesi e tedesche, in particolare Heidegger, Jaspers e Sartre. Nell'opera "Le sorgenti irrazionali del pensiero," Abbagnano esalta l'azione creativa, la volontà e l'esperienza, attribuendo ad esse il compito di condurre alla verità. Erano elementi che egli ritrova soprattutto nella filosofia di Giovanni Gentile.  Fondamentale nell'evoluzione del suo pensiero è l'opera "La struttura dell'esistenza," pubblicata a Torino, nella quale Abbagnano propose una terza alternativa alle due correnti appartenenti all'esistenzialismo, quella di Heidegger e quella di Jaspers.  Abbagnano definisce la propria visione filosofica come "esistenzialismo positivo"; esso, pur non esplicitamente formulato in veste sistematica, individua la centralità dell'esistenza come momento ontologicamente fondativo, considerando la razionalità dell'uomo come lo strumento principe in grado di garantire a questo fondamento un valore positivo contro ogni possibile nichilismo.  Diversamente rispetto all'impostazione di Heidegger e di Jaspers, Abbagnano evidenzia l'importanza della libertà e della indeterminazione e quindi l'ineluttabilità del loro perseguimento.  Oltre a porre la ragione come unico mezzo per creare un legame tra l'uomo e il mondo che lo circonda il pensiero di Abbagnano insiste molto su un chiarimento dell'orizzonte categoriale della possibilità, in contrasto con quello della necessità, tipico proprio dell'idealismo romantico e dell'esistenzialismo, fatto che spiega la sua forte critica nei confronti queste due scuole filosofiche. Nello scritto "Possibilità e libertà," l'autore chiarì il senso della sua filosofia, non incline né alla visione pessimistica dell'uomo imbrigliato e impedito in ogni suo progetto vitale, ma neppure ottimista al punto da concedere all'essere una realizzazione certa. In quegli stessi anni prende vita il movimento filosofico da lui nominato "neoilluminismo", nel quale precisa il senso dell'esistenzialismo positivo in termini di empirismo radicale e di filosofia applicata alla realtà del mondo sociale. Il movimento, che ha avuto sin dal principio una configurazione culturalmente e politicamente molto composita, avrebbe dovuto favorire l'elaborazione di una visione e di un uso della ragione filosofica alternativi tanto al marxismo che al pensiero cattolico. Abbagnano aveva del resto ripetutamente criticato all'idealismo e al neoidealismo la tendenza a sottostimare il valore della scienza, da lui invece considerata una disciplina indispensabile per la ricerca della conoscenza, oltreché per l'utilizzo delle sue applicazioni. Quindi una disciplina alternativa alla filosofia, ma di pari valore e ad essa complementare.  Abbagnano insistette nei suoi lavori sui concetti di libertà e di ragione; la prima intesa come la possibilità di scegliere, la seconda come facoltà necessaria per regolare le azioni dell'uomo.  Anche il positivismo di stampo ottocentesco fu oggetto di critica tramite la contrapposizione con le filosofie di Immanuel Kant e Søren Kierkegaard.  Nel suo "esistenzialismo positivo," Abbagnano insiste molto sulla finitudine dell'uomo e sulla problematicità dell'esistenza, destinata per sua costituzione a operare nell'orizzonte del possibile. Egli vede kantianamente nel limite una caratteristica di fondo del nostro esistere e del nostro sapere. Negli ultimi anni questo lucido senso del limite e della problematicità esistenziale si è accompagnato a un lucido senso del mistero ultimo delle cose, inteso come un aspetto insopprimibile della nostra esperienza del reale. «Ed è proprio questo senso del limite e del mistero, insieme alla rinuncia ad ogni (illusoria) infinitizzazione o divinizzazione dell'umano, a fondaresecondo l'ultimo Abbagnanola possibilità di un incontro genuino fra credenti e non credenti. E ciò all'insegna di quella ”umiltà del pensiero” (come la chiamava il filosofo) che rappresenta la condizione indispensabile di ogni etica del dialogo e del reciproco rispetto». Oltre che autore di saggi su singoli filosofi (Aristotele, Ockham, Meyerson, ecc.), Abbagnano è stato anche l'autore di una celebre Storia della filosofia su cui si sono formate intere generazioni di studenti e di docenti. Egli ha realizzato anche un "Dizionario di filosofia," considerato tra i migliori a livello internazionale. La Storia della filosofia (sia nella versione scolastica pubblicata dall'editore Paravia, sia nella versione universitaria pubblicata dalla Utet) è stata poi aggiornata dal suo allievo Giovanni Fornero, in collaborazione con Dario Antiseri e Franco Restaino, in due volumi sulla filosofia contemporanea. Lo stesso Fornero, insieme a un'équipe di noti studiosi, ha curato anche l'aggiornamento e l'ampliamento del "Dizionario di filosofia." Opere: Le sorgenti irrazionali del pensiero, Genova-Napoli, Perrella. Il problema dell'arte, Genova-Napoli, Perrella. Il nuovo idealismo, Genova-Napoli, Perrella. La filosofia di E. Meyerson e la logica dell'identità, Napoli-Città di Castello; La vita di Ockham, Gubbio, Oderisi. Guglielmo di Ockham, Lanciano. La nozione del tempo secondo Aristotele, Lanciano, Carabba. La fisica nuova. Fondamenti di una teoria della scienza, Napoli. Il principio della metafisica, Napoli. La struttura dell'esistenza, Torino, Paravia. Introduzione all'esistenzialismo, Milano, Bompiani, 1Storia della filosofia I, Filosofia antica. Filosofia patristica. Filosofia scolastica, Torino, UTET, II.1, Filosofia moderna sino alla fine del secolo XVIII, Torino, UTET, 1II.2, Filosofia del romanticismo. Filosofia contemporanea, Torino, UTET,  II, Filosofia del Rinascimento, la filosofia moderna dei secoli XVII e XVIII, Torino, UTET, La filosofia del Romanticismo. La filosofia tra il secolo XIX e XX, Torino, UTET,  4ª ed. aggiorn. e riv. voll. I, II, III, con aggiunta del  IV (La filosofia contemporanea): tomo 1 di G. Fornero, L. Lentini, F. Restaino; tomo 2 di G. Fornero, D. Antiseri, F. Restaino. UTET, Torino,  Filosofia religione scienza, Torino, L'esistenzialismo positivo, Torino, Possibilità e libertà, Torino, Dizionario di filosofia, Torino, UTET, (aggiornato e ampliato da Giovanni Fornero). Per o contro l'uomo, Milano, 1Fra il tutto e il nulla, Milano,  (con Aldo Visalberghi), Linee di storia della pedagogia, 3Torino: Paravia, Questa pazza filosofia ovvero l'Io prigioniero, Milano, La saggezza della vita, Milano, La saggezza della filosofia. I problemi della nostra vita, Milano, Scritti esistenzialisti, B. Maiorca, Torino, Ricordi di un filosofo, Marcello Staglieno, Milano,  Protagonisti e testi della filosofia, Milano, L'esercizio della libertà. Scritti scelti , B. Maiorca, ed. riv. agg. e integrata, Boni, Bologna, 1Esistenza e metafisica, B. Maiorca, Milella, Lecce, Scritti neoilluministici, B. Maiorca, introduzione diRossi e C. A. Viano, UTET, Torino. Note  Montano.  Nicola ABBAGNANO, su accademia delle scienze. La frase è tratta da G. Fornero, Abbagnano tra limite e mistero, «Avvenire», 28 settembre .  La prima edizione della storia della filosofia di Abbagnano, che  aveva già pubblicato un Sommario di filosofia per i licei risale agli anni 1945-1947 (per il manuale scolastico) (per il manuale universitario). Attraverso successive edizioni e aggiornamenti (per opera di Giovanni Fornero) tale storia continua a essere la più diffusa nelle nostre scuole.  N. Bobbio, Discorso su Nicola Abbagnano, in: N. Abbagnano, Scritti scelti, Taylor, Torino, Norberto Bobbio, La filosofia dell'esistenza in Italia, in "Rivista di Filosofia", Luigi Pareyson, Il pensiero di Nicola Abbagnano e i suoi sviluppi recenti in Id., Esistenza e persona, Taylor, Torino, Antonio Aliotta, L'esistenzialismo positivo di N. Abbagnano, in Id., Critica dell'esistenzialismo, Perrella, Roma, 1951. Giorgio Giannini, L'esistenzialismo positivo di Nicola Abbagnano, Morcelliana, Brescia, Pietro Chiodi, L'esistenzialismo, Loescher, Torino, 1957. Franco Lombardi, L'esistenzialismo in Italia, in Id., La filosofia italiana negli ultimi cento anni, Arethusa, Asti, 1958. Antonio Santucci, Esistenzialismo e filosofia italiana, Bologna, Il Mulino, Norberto Bobbio, Discorso su Nicola Abbagnano, in N. Abbagnano, Scritti scelti (Giovanni De Crescenzo e Pietro Laveglia), Taylor, Torino, 1967. Giuseppe Semerari, Il neoilluminismo filosofico italiano, in Id., Esperienze del pensiero moderno, Argalia, Urbino, La cultura filosofica italiana nelle sue relazioni con altri campi del sapere, Atti del Convegno di Anacaprigiugno 1981, Guida, Napoli, 1988. Giuseppe Semerari, Genesi e formazione dell'esistenzialismo positivo, in Id., Novecento filosofico italiano, Guida, Napoli. Mirella Pasini, Daniele Rolando , Il neoilluminismo italiano. Cronache di filosofia, Il Saggiatore, Milano, Nino Langiulli, Possibility, Necessity, and Existence. Abbagnano and His Predecessors, Temple University Press, Philadelphia. Giuseppe Cacciatore, Giuseppe Cantillo , Una filosofia dell'uomo, Atti del Convegno in memoria di N. Abbagnano (Salerno), Comune di Salerno. Marco Delpino, Paolo Riceputi , Nicola Abbagnano. L'uomo e il filosofo, Atti del Convegno di studi (S. Margherita Ligure), coordinamento di G. Fornero, Edizioni Tigullio-Bacherontius, S. Margherita Ligure. Silvio Paolini Merlo, Consuntivo storico e filosofico sul "Centro di Studi Metodologici" di Torino (1940-1979), Pantograf (Cnr), Genova, 1998 Bruno Maiorca, Nicola Abbagnano, Seam, Roma, Bruno Miglio , Nicola Abbagnano. Un itinerario filosofico, Atti del Convegno per il centenario della nascita (Torino,), Il Mulino, Bologna, 2002. Aniello Montano, Il prisma a specchio. Percorsi di filosofia italiana tra Ottocento e Novecento, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, Bruno Maiorca, Nicola Abbagnano. Esistenza, ricerca, saggezza, Ferv, Roma, 2003. Rosanna Panelli Marvulli, 'Tributo ad Abbagnano', in abbagnanofilosofo., . Rosanna Panelli Marvulli, Abbagnano. Una vita per la filosofia, con un saggio di Giovanni Fornero, UTET, Torino, . Silvio Paolini Merlo, Abbagnano a Napoli. Gli anni della formazione e le radici dell'esistenzialismo positivo, Guida, Napoli, 2003,  88-7188-694-1. Carlo Augusto Viano, Stagioni filosofiche. La filosofia del Novecento fra Torino e l'Italia, Il Mulino, Bologna, Pietro Rossi, Avventure e disavventure della filosofia. Saggi sul pensiero italiano del Novecento, Il Mulino, Bologna, Giorgio Primerano, La prospettiva pedagogica di Nicola Abbagnano, Aracne Editrice, Roma, Silvio Paolini Merlo, L'esistenza come struttura. Il pensiero di Nicola Abbagnano e l'esistenzialismo, Editoriale Scientifica, Napoli, Silvio Paolini Merlo, Mito e ragione mitica. Corollari sull'estetica di Nicola Abbagnano, in Id., Estetica esistenziale, Mimesis, Milano, . Franco Ferrarotti, Un greco in via Po. Passeggiate silenziose con Nicola Abbagnano, Edb, Bologna. TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Opere di Nicola Abbagnano, Sito dedicato, su abbagnanofilosofo. Filosofia Filosofo del XX secoloStorici della filosofia italianiAccademici italiani Professore Salerno MilanoEsistenzialistiStudenti dell'Università degli Studi di Napoli Federico IIProfessori dell'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa Professori dell'Università degli Studi di Torino Membri dell'Accademia delle Scienze di ToriRefs.: Grice, “Implicature in Philosophical Dictionaries. I don’t give a hoot care what the dictionary saysAnd that’s where you make your big mistake. -- Luigi Speranza, "Grice ed Abbagnano," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

ABBRI. (Agliana). Grice: “I like Abbri; he is the equivalent of what *I* would be if I present myself as “The Philosopher of Staffordshire” – for Abbri is obsessed with Toscana – “Toscana e la scienza nuova,” “Filosofia e scienza nella Toscana del Seicento,” – he has also studied the philosophies (particelle) of Santi and Volta -- Filosofo. Sii è laureato in filosofia con Rossi a Firenze con una tesi su Filosofia, chimica e linguaggio; è stato borsista della Domus Galilaeana di Pisa e successivamente ricercatore confermato presso il Dipartimento di filosofia dell'Firenze. Dal 1976 collabora con l'Istituto e Museo di storia della scienza di Firenze, oggi Museo Galileo, come membro del Comitato scientifico dell'Istituto e, dal 1986, anche come membro dell'editorial board della rivista Nuncius. Inoltre, negli stessi anni, è entrato a far parte del comitato editoriale delle riviste Prospettiva EP e Arkete; è nominato professore straordinario di storia della filosofia moderna e contemporanea presso la Facoltà di lettere e filosofia dell'Università della Calabria, Cosenza, dove ha anche insegnato storia della filosofia medievale. Dal 1990 ha diretto, con Franco Crispini, la collana Storia delle idee della casa editrice Rubbettino. Professore di storia della filosofia e professore supplente di storia della musica moderna e contemporanea presso la Facoltà di lettere e filosofia di Arezzo, Siena; della Facoltà aretina è stato inoltre preside, nnonché direttore del Dipartimento di studi storico-sociali e filosofici. Ha ricoperto la carica di segretario della Società Italiana di storia della scienza. È stato in più occasioni visiting scholar all'Uppsala e al Centro di storia della scienza dell'Accademia reale svedese delle scienze di Stoccolma e membro dello steering committee di un progetto europeo sulla storia della chimica moderna e contemporanea finanziato dalla Fondazione europea per la scienza di Strasburgo.  Attualmente insegna storia della filosofia ad Arezzo nel Dipartimento di scienze della formazione, scienze umane e della comunicazione interculturale, e storia della filosofia e filosofia morale nel Dipartimento di scienze storiche e dei beni culturali a Siena. È Presidente del Comitato della didattica della LM interclasse di storia e filosofia di Siena-Arezzo.  Opere I suoi studi riguardano la storia delle idee filosofiche e scientifiche, con una particolare attenzione per la storia dell'alchimia (dal Medioevo al Seicento), della prima chimica (da Paracelso a Lavoisier), della magia e della cultura filosofico-scientifica europea (dal Rinascimento all'Età dei Lumi), dei rapporti tra religione e scienza e tra musica e filosofia nell'Età moderna. Si interessa inoltre della filosofia e della cultura britannica del Novecento, di storia della storiografia filosofica e scientifica, del rapporto tra femminismo e scienza e tra storia antica e narrazione cinematografica.  I suoi numerosi studi hanno portato alla pubblicazione di varie opere uscite in Italia e all'estero; i suoi saggi sono apparsi in riviste italiane e straniere e in volumi editi in Francia, Paesi Bassi, Svezia, Germania e USA.  Si è interessato alla cultura scandinava e in particolare alle relazioni tra Italia e Svezia nel secolo XVIII e ha curato la pubblicazione di carteggi inediti di scienziati toscani con scienziati svedesi e russi.  Vari lavori riguardano la letteratura, la filosofia e la musica nell'Inghilterra del Novecento, con particolare riferimento a John Ellis McTaggart, George Edward Moore, Bloomsbury Group; il suo libro più recente riguarda la filosofia della musica nell'800 britannico. Alcuni lavori riguardano la metafisica e la filosofia della religione di Linneo, Joseph Priestley e la tradizione sociniana e unitariana. In previsione di un lavoro monografico su Priestley e l'apologetica del cristianesimo, le sue indagini considerano le radici teologiche e filosofiche dell'unitarismo del chimico e filosofo inglese, soprattutto la sua lettura delle opere di Fausto Sozzini e della Catechesis Racoviensis.  In altri scritti Abbri analizza le vicende delle tradizioni storiografiche, filosofiche e scientifiche in Italia, con particolare attenzione all'opera di Aldo Mieli che fu uno dei promotori della moderna storia della scienza nel contesto internazionale.  I suoi lavori più recenti vertono sui dibattiti contemporanei, nell'ambito delle varie tradizioni cristiane, relativi ai problemi connessi al gender e gli sviluppi della tradizione sociniana nell'Età dei Lumi. OPAC del Museo Galileo, su opac.museogalileo.  Bernardette Bensaude-Vincent, Ferdinando Abbri , Lavoisier in European context: negotiating a new language for chemistry, Canton, Science history publications, Ferdinando Abbri, Un dialogo dimenticato: mondo nordico e cultura toscana nel Settecento, Milano, Franco Angeli, Un altro paesaggio: studi sulla musica britannica del Novecento, Firenze, Edifir, Miti, sogni e storie: filosofia e musica nel Novecento britannico, Milano, Franco Angeli, ,.  Ferdinando Abbri, Un paese musicale : filosofie della musica nell'Ottocento britannico, Milano, Prometheus, , Ferdinando Abbri, Professore, Siena, su segreteriaonline.unisi.  Dipartimento di scienze della formazione, scienze umane e della comunicazione interculturale, Università degli studi di Siena, su dsfuci.unisi.  Museo Galileo, su museogalileo.  Nuncius: Journal of the material and visual history of science, su museogalileo.  Filosofi italiani del XXI secoloStorici della scienza italiani 1951 12 lugliod Agliana.

 

ACCETTO. (Trani). Grice: “I learned so much about Accetto, and I hope it showed in my talk at Brighton on ‘meaning, revisited.’ For Accetto, unlike Strawson, there is ‘disimulazione onesta’ and ‘simulazione disonesta.’ Accetto notes that there is an implicature to the effect that ‘disimulazione’ is disonesta per se and hence he tried to provoke the duchess of Malfi by his little treatise on ‘Della simulazione onesta’ – “An oxymoron, if ever there was one --,’ the duchess told the duke --.” Filosofo. Nativo di Trani, visse ad Andria e fu in relazione con la cerchia del marchese Giovanni Battista Manso, il mecenate napoletano che fu biografo di Torquato Tasso nonché fondatore dell'Accademia degli Oziosi.  Scrisse varie rime, nelle quali evidenziò la sua delicata coscienza morale e il breve trattato Della dissimulazione onesta: nato nel contesto della dominazione spagnola in Italia, fu pubblicato a Napoli e rapidamente dimenticato. Il libello fu poi riscoperto da Benedetto Croce all'inizio Professoree ripubblicato da Salvatore S. Nigro. La "dissimulazione", tematica al centro dei dibattiti all'epoca, non è, per Accetto, sinonimo di menzogna, ma invito al raccoglimento e alla cautela. L'analisi di Accetto pone la questione, da un piano di politica spicciola, su un piano di accurata indagine morale: l'autore, alquanto speciosamente, differenzia la simulazione, moralmente riprovevole perché viziata da intenzioni cattive, dalla dissimulazione, che invece pareva all'Accetto l'unico rimedio per difendersi da una società pullulante di simulatori e per trionfare delle proprie passioni. La ricetta però per risultare vincente richiede una onestà di animo e un buon equilibrio.  Opere Edizioni originali:  Rime di Torquato Accetto, Napoli: nella stampa degli heredi di Tarquinio Longo, Rime del signor Accetto, divise in amorose, lugubri, morali, sacre, et varie, Napoli: nella stampa di Giacomo Gaffaro, Della dissimulazione onesta, Napoli, Edizioni moderne:  Rime amorose, edizione critica Salvatore S. Nigro, Torino: Einaudi, Della dissimulazione onesta, edizione critica Salvatore S. Nigro; presentazione di Giorgio Manganelli, Genova: Costa & Nolan, nuova edizione Torino: Einaudi, Della dissimulazione onesta Rime, E. Ripari, Milano: BURRizzoli, . Note  "Le Muse", De Agostini, Novara, B. Croce, Storia dell'età barocca in Italia, Bari, Eugenio Garin, Storia della filosofia italiana, Torino, 1966 Rosario Villari, Breve riflessione sulla Dissimulazione onesta di Torquato Accetto, R. Villari, Elogio della dissimulazione. La lotta politica nel Seicento, RomaBari, Laterza, sapere, De Agostini.  Torquato Accetto, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Torquato Accetto, su Liber Liber.  Opere di Torquato Accetto, su openMLOL, Horizons U. Refs. Luigi Speranza, “Grice ed Accetto” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

 

ACHILLINI. (Bologna). Grice: “It is from Achillini that I draw the idea that ‘mean’ is essentially a ‘consequentia’ relation – he speaks of the sillogismo fisiognomico (those spots do not mean measles, YOU mean that you have measles, since you painted them yourself!” – but then he was ‘of’ Bologna, and thus a physician, more than a philosopher! Bless his little heart!” Grice: “The fact that the Loeb Classical Library has Aristotle’s Physiognomica helped!” -- Grice: “I like Achillini; he is my type of logician.” “Possibly, his most generalised implicature is his little philosophical tract on ‘de prima potestate syloogismi,’ translated during the second world war as “la prima potesta del sillogismo.’ His example: “all men are mortal, Garibaldi!” -- Filosofo. Essential Italian philosopher. Grice: “What fascinates me about Achillini is, first, that he belonged to a varsity older than mine, Bologna; second, that he was a Renaissance occamist, as Matsen has shown.” Alessandro Achillini (Latina Alexander Achillinus) filosofo. Achillini è nato a Bologna e ha vissuto la maggior parte della sua vita. Era il figlio di Claudio Achillini, membro di un'antica famiglia di Bologna. E 'stato celebrato come docente in filosofia presso Bologna e Padova , ed è stato designato "il secondo Aristotele." Lui era di natura molto semplicistico. E 'stato qualificato nelle arti di adulazione e di doppio gioco a tal punto che i suoi studenti più argute e imprudenti spesso lo consideravano come un oggetto di ridicolo, anche se lo hanno onorato come insegnante. Egli possedeva anche un bel carattere vivace. Secondo la descrizione di un collega, che era bello, alto ma ben proporzionato, allegro, felice, spesso sorridente, e affabile. Achillini mai sposato. La sua reputazione tra i suoi colleghi era ammirevole ed era molto rispettato. E anche se era ben Achillini lettura e formidabile in un dibattito, è stato detto di essere un po 'rigida e rigido nella sua docenza. Dopo la sua morte, molte persone sono state estremamente devastati.  Le sue opere filosofiche sono state stampate in un volume in folio , a Venezia , e ristampato con notevoli aggiunte. E 'morto a Bologna e fu sepolto nella chiesa di San Martino. Tra le sue scoperte notevoli, è conosciuto come il primo anatomico per descrivere le due ossa tympanal dell'orecchio, chiamato martello e incudine . Ha mostrato che il tarso (parte centrale del piede) è costituito da sette ossa, ha riscoperto il fornice e l'infundibolo del cervello. Inoltre ha descritto i condotti delle ghiandole salivari sottomascellari.  Suo fratello è stato l'autore Giovanni Filoteo Achillini , e il suo pronipote, Claudio Achillini, era un avvocato.  Fu costretto a lasciare Bologna a causa della espulsione della potente famiglia Bentivoglio di cui era un partigiano. Poi è andato a Padova dove è stato nominato professore di filosofia.  Alessandro Achillini iniziò ad insegnare quando aveva 21 anni. Ad eccezione 1506-1508, è stato professore di filosofia in Bologna. Achillini era un professore presso l' Padova. Achillini insegnato a Bologna per ventotto anni, che è più lungo di chiunque abbia mai insegnato a Bologna in la filosofia.  L'Padova ha avuto uno statuto, che se un professore è riuscito a leggere in qualsiasi giorno assegnato, o non è riuscito ad avere un certo numero di studenti che sarebbe essere documentati e poi ci sarebbe stata una diminuzione di stipendio per evento. Achillini non ha soddisfatto il requisito per la lettura, a cui è stato penalizzato 351 lire bolognesi. Achillini ha anche ricevuto due lettere fortemente formulate dal Comune di Bologna, affermando che la sua assenza non era autorizzata, e se avesse continuato avrebbe penalizzato severamente (500 ducati d'oro per la prima infrazione).  Achillini partecipato molti comitati di dottorato come membro per l'esame e l'approvazione dei candidati. Ci sono registrazioni di lui che frequentano almeno novanta volte al presente procedimento. I procedimenti sono esami di dottorato o di elezioni dei nuovi membri della Compagnia di collegiali medici.  Inoltre, Achillini di era ben versato in teologia. I suoi disegni iniziali indicano un interesse ad entrare al sacerdozio. Egli sembra aver iniziato gli studi al seminario; l'anno in cui è entrata la tonsura nella Cattedrale di Bologna. E anche se poi spostato la sua attenzione al mondo accademico, è rimasto un teologo attivo per tutta la sua vita e ha contribuito a due Congressi Generali dell'Ordine Francescano; uno a Bologna e un altro terrà a Roma..  Mentre in residenza a Bologna, Achillini è accreditato come strumentale nel generare interesse per Guglielmo di Ockham. L'estensione del riconoscimento alcuno di Achillini è difficile da discernere, ma si ritiene che i suoi contemporanei e all'università istigato una breve rinascita Ockhamistic, come evidenziato dagli ultimi lavori dei suoi studenti.  pubblicazioni Le “Note anatomiche del grande Alexander Achillinus di Bologna” dimostrano una descrizione dettagliata del corpo umano. Achillini paragona ciò che ha trovato durante i suoi dissezioni a ciò che altri come Galeno e Avicenna hanno trovato e note le loro somiglianze e differenze. Achillinus afferma ci sono sette caratteristiche in sede di esame del corpo al posto del credeva sei data nel libro di Galeno sulle sette. Queste caratteristiche sono sette dimensioni, il numero, la posizione, la forma, la sostanza come in sottili o spessi, sostanza in polposo o ossea, e carnagione. In questo lavoro, Achillinus dà anche indicazioni come come procedere con alcune dissezioni e le procedure, come la castrazione, l'estrazione della pietra, e la rimozione della gabbia toracica di esaminare ulteriormente il cuore ei polmoni.  E 'stato anche distinto come un anatomista, tra i suoi scritti che sono De humani corporis anatomia (Venezia), e Annotationes anatomicae (Bologna). Di Achillini Annotationes anatomicae è stato pubblicato da suo fratello, Giovanni Filoteo,  E 'stato pubblicato in un piccolo formato di diciotto fogli con un paio di poesie di sei e due righe ciascuna. Ulteriore lettura Franceschini, Pietro Dizionario della biografia scientifica   Herbert Stanley Matsen -- la sua dottrina di "universali" e "trascendentali": uno studio in rinascimentale Ockhamism . Bucknell University Press. Gallerie online, storia della scienza collezioni, University of Oklahoma Biblioteche immagini ad alta risoluzione delle opere di e / o ritratti di Alessandro Achillini in e il formato .tiff.  Refs.: Grice, “Achillini’s problem with transcendentals and universals,”  Luigi Speranza, "Grice ed Achillini," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

ACITO.  (Pozzuoli). Grice: “Acito, who would have thought it, made me read Cuoco’s brilliant novel on Plato based on an epigram by Cicero (“You know, Plato was there, in Taranto!” – Acito has also written on corporations – whatever they are (the mob) – and on Macchiavele -- Filosofo. Del periodo fascista e attivista del regime. Ha studiato legge a Torino. Iscritto all'Albo degli Avvocati di Milano. Acito divenne direttore della rivista “Tempo di Mussolini. “ Fu selezionato al Premio San Remo per libro “Machiavelli contro L'anti Roma.” Partecipò come rappresentante italiano al Congresso dell'Unione Europea degli Scrittori svoltosi a Weimar.  Insegnò diritto Storia e dottrina del fascismo a Genova. “Il Popolo d'Italia,” “L'Oriente arabo: Odierne questioni politiche della Siria, Libano, Palestina, Irak, Popolo d'Italia, Corporazioni e sindacati nello stato, nella storia, nei partiti politici, Milano, Trasi, Il volto della rivoluzione: Storia della rivoluzione; La dottrina dello stato;  Realtà nazionali, Il Fascio e le Verghe, Milano, Morreale, Pref. di Paolo Buzzi. L'idea unitaria dello stato, Milano, Sonzogno, La dottrina dello stato nel pensiero di Vincenzo Cuoco. Contributo allo studio del pensiero politico del secolo XVIII, Milano, Sonzogno,  La corporazione e lo stato. Dall'epoca di Roma all'epoca di Mussolini, Milano, Pirrola, Catalogo della mostra di sculture e disegni di Vincenzo Gemito. Milano Castello Sforzesco Milano, Orsa, Il trattato di ben governare. Opera inedita di Tommaso da Ferrara del 1500, Tempo di Mussolini, 1938. L'ordinamento dello stato corporativo nel pensiero di Mussolini e nelle decisioni del Gran Consiglio del Fascismo, Tempo di Mussolini, 1Le origini del potere politico: "Omnis potestas a Deo" nelle discussioni degli scrittori politici del Trecento, Tempo di Mussolini, 1940. Machiavelli contro l'Antiroma, Tempo di Mussolini. “Il concetto di popolo” Tempo di Mussolini, “Il problema morale della rivoluzione” Tempo di Mussolini, La crociata anti-materialistica dell'asse, Tempo di Mussolini,  Storia e dottrina del Fascismo. Parte generale: Nozioni fondamentali, Milano, Guf,  Onorificenze Medaglia di Benemerenza per i Volontari della Guerra Italo-Austriaca nastrino per uniforme ordinariaMedaglia di Benemerenza per i Volontari della Guerra Italo-Austriaca (19Medaglia commemorativa dell'Unità d'Italianastrino per uniforme ordinariaMedaglia commemorativa dell'Unità d'Italia Medaglia commemorativa delle campagne d'Africa (1882-1935)nastrino per uniforme ordinariaMedaglia commemorativa delle campagne d'Africa, Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia Croce al merito di guerranastrino per uniforme ordinariaCroce al merito di guerra. Frank-Rutger Hausmann, Annuario ufficiale delle forze armate del Regno d'Italia, Istituto poligrafico dello Stato, I professori dell'Pavia, Amedeo Bianchi, Professore all’Università Bocconi: Notizie sulla famiglia Acìto Filosofia Filosofo Professore Pozzuoli MilanoStudenti dell'Università degli Studi di Torino Avvocati italiani del XX secoloProfessori dell'Università degli Studi di GenovaProfessori dell'Università degli Studi di Pavia Decorati di sciarpa littoria Personalità dell'Italia fascistaCavalieri dell'Ordine della Corona d'Italia. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Acito,” The Swimming-Pool Library.

 

ACONZIO. (Trento). Grice: “I like Aconzio way of LISTING the devil’s strategies – and naming tdhem after abstract nouns represented by females: superbia, … etc. – He says he philosophised on ‘dialettiica’ but only for his fellow Italians, and writing to Russell (Lord Bedford) he adds, ‘it would be fastidious to present them to you!” – When Elizabeth received his copy of ‘Il timore di Dio,’ she asked, alla Hardie, ‘And what, Mr. Aconzio, is the meaning of ‘of’?” -- Grice: “I like Aconzio, and so did my mother – a High Anglican! Aconzio’s claim to fame is twofold: his “Stratagemata” which resembles Speranza’s study of Apel – only that Aconzio is ‘stratagemata satanae’ – and his “De method” which inspired Feyerabend, an American professor at the newish varsity of Berkeley in the New World, to philosophise ‘Contro il metodo.’” – Grice: “There is a small passage in “Del metodo” – and an even smaller in “Stratagemata” – where Aconzio seems to have invented (but soon disinvented) the idea of a conversational implicature!” --  Filosofo. essential Italian philosopher. Grice: “What I like about my fellow Brit, Aconzio, is that unlike Feyerabend with his ‘Anything goes,’ Aconzio cared to write about ‘method.’ Ora è noto per il suo contributo alla storia di tolleranza religiosa. E 'stato tradizionalmente pensato per essere nato a Trento , anche se era probabilmente Ossana. E 'stato uno degli italiani, come Pietro Martire e Bernardino Ochino, che ha ripudiato la dottrina papale e, infine, ha trovato rifugio in Inghilterra. Come loro, la sua rivolta contro romanità ha preso una forma più estrema di luteranesimo, e dopo un soggiorno temporaneo in Svizzera ed a Strasburgo è arrivato in Inghilterra subito dopo Elizabeth adesione s'. Aveva studiato legge e teologia, ma la sua professione era quella di un ingegnere, e in questa veste ha trovato lavoro con il governo inglese.  Al suo arrivo a Londra si unì alla Chiesa riformata olandese a Austin Frati , ma è stato "infettato con Anabaptistical e pareri Arian" ed è stato escluso dal sacramento da Edmund Grindal, vescovo di Londra. Gli fu concessa la naturalizzazione. E 'stato per qualche tempo occupati con drenaggio Plumstead paludi, per i quali si oppongono i vari atti del Parlamento sono stati passati in questo momento. Fu inviato a riferire in merito alle fortificazioni di Berwick e sembra che era conosciuto in Inghilterra sia per il lavoro come ingegnere e di un riformatore religioso e sostenitore della tolleranza durante l'inizio della Riforma. Prima di raggiungere l'Inghilterra aveva pubblicato un trattato sui metodi di indagine, "De Methodo, hoc est, de recte investigandarum tradendarumque Scientiarum ratione" (Basilea); e il suo spirito critico lo pose al di fuori tutte le società religiose riconosciute del suo tempo. La sua eterodossia si rivela nella sua "Stratagematum Satanae libri octo," talvolta abbreviata in Stratagemata Satanae. Gli stratagemmi di Satana sono i credi dogmatiche che affittano la chiesa cristiana. Aconzio ha cercato di trovare il comune denominatore dei vari credi; questa è stata la dottrina essenziale, il resto era irrilevante. Per arrivare a questa base comune, ha dovuto ridurre il dogma a un livello basso, e il suo risultato è stato in generale ripudiata.  "Stratagemata Satanae" non è stato tradotto in inglese fino al 1647, ma in seguito è diventato molto influente tra i teologi liberali inglesi.  John Selden applicata alla Aconzio l'osservazione, "bene ubi, nil Melius; ubi maschio, nemo pejus" -- "Dove buono, nessuno meglio. Dove male, nessuno peggio." La dedica di un tale lavoro alla regina Elisabetta illustra la tolleranza o lassismo religiosa durante i primi anni del suo regno. Aconzio poi trovato un altro patrono in Robert Dudley, primo conte di Leicester. Ppubblicazioni Stratagematum Satanae libri octo, De methodo sive recta investigandarum tradendariumque artium ac scientarum ratione libello, De methodo e Opuscoli Religiosi e filosofici , Giorgio Radetti, Firenze: Vallecchi) Somma brevissima della Dottrina Cristiana Una esortazione al timor di Dio Delle Osservazioni et avvertimenti Che haver si debbono nel legger delle historie Traduzione in inglese, Tenebre Scoperto (Satana stratagemmi) , London  (facsimile ed.,Scholars' Facsimiles & ristampe. Trattato Sulle Fortificazioni, Paola Giacomoni, Giovanni Maria Fara, Renato Giacomelli, e O. Khalaf (Firenze: LS Olschki). Riferimenti Attribuzione  Questo articolo comprende il testo da una pubblicazione ora in public domain :  Chisholm, Hugh, ed. " Aconcio, Giacomo ". Enciclopedia Britannica, Note finali: Di Gough Index a Parker Soc. Publ. Di Strype Grindal ,  62, 66 Dictionnaire di Bayle G. Tiraboschi, Storia della letteratua italiana (Firenze, Smith, Elder & Co. link esterno Allgemeine Deutsche Biographieversione online a Wikisource Opere di Jacob Acontius a Post-Riforma Digital Library. Refs.: Luigi Speranza, "Grice ed Aconzio," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

ACQUISTO. (Monreale). Grice: “I like Acquisto; he was a priest, but you’d hardly notice it; but then he was jailed and few priests get that! They must be real bad boys!  But blame it on the mess that the Capri area found itself at that time – In any case, he reminds me of Manser, the Waynflete professor of metaphysics – Acquisot was very systematic –I would think his semiotics, strictly, is exposed in a chapter in the second part to his masterpiece, the ideologia – the first is psicologia, and the third is logica – in Ideologia, he is a Lockeian – words stand for ideas – and ‘linguaggio’ is the most effective ‘means of communication’ to transmit them – native or natural signs, like a ‘grido’ do communicate, but that’s it – ‘I’m in pain,’ but not ‘The cat sat on the mat.’’ – He is hardly original but then neither is Leibniz, or Locke or Kant, for that matter – His emphasis is on the atural versus artificial and pours scorns on those philosophers who tried to improve on the Latin language – created by the Umbrians, he claims --.which is artificial enough!” “raffaele d'acquisto – n. Monreale -- arcivescovo della Chiesa cattolica Incarichi ricopertiArcivescovo di Monreale   Nato1º febbraio 1790 a Monreale Ordinato presbitero5 febbraio 1814 Nominato arcivescovo23 dicembre 1858 da papa Pio IX Consacrato arcivescovo2 gennaio 1859 dal cardinale Antonio Maria Cagiano de Azevedo Deceduto7 agosto 1867 (77 anni) a Palermo   Filosofo.  Fu uno dei principali esponenti della storia del pensiero filosofico in Sicilia nell'800, fautore di quella linea ontologista che vide, allora, moltissimi seguaci in Sicilia e che mise in collegamento la riflessione filosofica siciliana con quella presente nel resto d'Italia, in particolare con la dottrina ed il pensiero di Vincenzo Gioberti. Il suo pensiero risulta una sintesi fra la psicologia cartesiana ed il dinamismo di Leibniz a cui si aggiunge la tradizione teologica e filosofica cristiana che prende come punti di riferimento sant'Agostino e san Bonaventura da Bagnoregio.  Pubblicò numerose opere i cui contenuti spaziavano dal pensiero intorno a Dio al creazionismo, dall'onnicentrismo all'analisi dell'uomo come essere vitale che è insieme Potenza, Sapienza ed Amore.   Indice 1L'età giovanile 2L'età adulta, l'insegnamento universitario e le opere 3La carica di arcivescovo ed i moti insurrezionali 4Gli ultimi anni 5Il pensiero filosofico 6Opere principali 7Genealogia episcopale 8 9 10 L'età giovanile Benedetto D'acquisto nacque come Raffaele D'Acquisto a Monreale il 1º febbraio 1790 da Niccolò D'Acquisto di professione calzolaio e da Maria Di Meo. Sin da giovanissimo manifestò uno spiccato interesse verso lo studio e per questo motivo fu iscritto dai genitori alla scuola del seminario di Monreale. All'interno del seminario il sacerdote Benedetto Signorelli rimase favorevolmente colpito dalle grandi doti e dall'ingegno di Raffaele D'Acquisto e decise di fornirgli i mezzi economici necessari per continuare gli studi in quanto i genitori non potevano garantirgli l'accesso all'istruzione superiore. Fu in segno di riconoscenza nei confronti di questo sacerdote che Raffaele decise di cambiare il suo nome in Benedetto. Da quel momento in poi verrà, infatti, ricordato come Benedetto D'Acquisto.  Nel 1806 all'età di 16 anni entrò a far parte dell'Ordine dei Frati minori riformati a Palermo dove prima compì gli studi superiori in filosofia e teologia e poi divenne insegnante nello stesso convento. Successivamente otterrà anche la laurea in filosofia presso l'Università degli Studi di Palermo; insegnerà tale disciplina anche in corsi universitari presso il collegio San Rocco di Palermo sito in via Maqueda nel centro della città.  L'età adulta, l'insegnamento universitario e le opere Nel 1833 Benedetto D'Acquisto concorse alla cattedra di filosofia all'Palermo, ma la scelta della commissione esaminatrice cadde su un altro candidato ed allora Benedetto D'Acquisto andò ad insegnare filosofia presso il seminario arcivescovile di Palermo. Nel 1843 vinse il concorso per la cattedra di etica e diritto naturale all'Palermo e fino al 1858, anno in cui venne eletto arcivescovo, vi dedicò le sue energie intellettuali migliori che gli valsero anche la carica alla vicepresidenza dell'Accademia di scienze, lettere ed arti di Palermo dal 1850 al 1858. Questo è anche il periodo in cui Benedetto D'Acquisto scrive e pubblica le sue opere principali ed in cui il suo pensiero raggiunge una grande fama anche all'estero.  Tra gli scritti più importanti di questo periodo si possono ricordare: Elementi di filosofia fondamentale del 1833 scritto insieme a Salvatore Mancino e Vincenzo Tedeschi Paternò Castello, il Sistema della scienza universale del 1850, la Genesi e natura del diritto di proprietà pubblicata a Palermo nel 1858 tradotta in francese e lodata persino da Napoleone III, il Trattato delle idee o Ideologia in cui portava a compimento la costruzione della sua filosofia teoretica e lo studio sulla Necessità dell'autorità e della legge del 1861 in cui D'Acquisto tratta tematiche inerenti al diritto.  Nel 1857 Benedetto D'Acquisto pubblica una delle sue opere più importanti intitolata la Cognizione della verità che rappresenta una sintesi armonica fra la filosofia e la teologia. In quest'opera egli sottolinea gli stretti rapporti tra il Creatore e le sue creature pur nella loro sostanziale ed infinita distinzione e differenza e presenta un'antropologia filosofico-teologica che concepisce l'uomo sotto un triplice aspetto (puro, trascendentale, fenomenico), caduto per sua libera scelta nell'errore e nel male, ma che pure ha in sé la condizione necessaria ma non sufficiente per la sua elevazione verso la verità e verso il bene, condizione che soltanto grazie ad una rivelazione esterna diventa sufficiente ed attuabile. Quest'opera rappresenta il punto massimo del pensiero del filosofo monrealese.  Oltre a questi scritti D'Acquisto ci ha lasciato anche un trattato di logica dal titolo Organo dello scibile umano, pubblicato postumo a Palermo nel 1871 ed un manoscritto inedito e privo di titolo attualmente conservato presso la Biblioteca comunale di Palermo.  La carica di arcivescovo ed i moti insurrezionali Benedetto D'Acquisto fu nominato arcivescovo di Monreale il 23 dicembre 1858 da papa Pio IX. Appena entrato nell'arcidiocesi dovette confrontarsi con un periodo turbolento caratterizzato dalla rivolta di Monreale del 4 aprile 1860, dall'arrivo delle truppe garibaldine e dal conseguente tramonto del regime borbonico.  Con la costituzione del Regno d'Italia versò una cospicua somma di denaro per equipaggiare la neonata Guardia Civica. Questo gesto gli meritò l'attenzione e la gratitudine di re Vittorio Emanuele II che in occasione della sua visita al duomo di Monreale volle premiare Benedetto D'Acquisto con la commenda all'Ordine Mauriziano con la motivazione di essersi distinto egregiamente nel campo della filosofia. Tuttavia nel 1866 scoppiò a Palermo la Rivolta del sette e mezzo, una violenta insurrezione antigovernativa che in breve tempo si estese anche ai territori limitrofi in particolare Monreale e Misilmeri. In questo contesto D'Acquisto fu nominato presidente del Comitato insurrezionale di Monreale con l'obiettivo di mantenere l'ordine pubblico nella cittadina normanna, ma non poté fare molto, perché di lì a poco la situazione degenerò ed i rivoltosi misero a ferro e fuoco la provincia di Palermo, causando la morte di 21 carabinieri e 10 guardie di pubblica sicurezza.  Dopo sette giorni l'insurrezione fu domata dalle truppe governative ma Benedetto D'Acquisto fu arrestato. Il generale Raffaele Cadorna, inviato dal governo come regio commissario con il compito di reprimere la rivolta siciliana, nella sua relazione al Consiglio dei ministri accusò D'Acquisto di avere incoraggiato il moto rivoluzionario e lo qualificò come "notissimo e pericoloso reazionario". Fu rinchiuso in prigione prima a Monreale e poi in altre località per circa un mese insieme ad altri uomini illustri come Giuseppe de Spuches, famoso letterato, poeta ed archeologo.  Rimesso in libertà provvisoria nel 1866, ngodette del provvedimento di amnistia e ritornò a Monreale per continuare la sua missione pastorale.  Gli ultimi anni Ritornato nel suo luogo natìo, si dedicò, dopo la diffusione del colera, all'assistenza di coloro che avevano contratto tale malattia. Tuttavia si ammalò anche lui e morì a Palermo. Fu tumulato nella chiesa di Santa Rosalia, una piccola parrocchia in campagna alla periferia di Monreale, ma dopo una solenne cerimonia le sue spoglie furono traslate nel duomo di Monreale.  Il pensiero filosofico Il suo pensiero filosofico, nell'ambito teoretico e delle relazioni logiche e dialettiche, si avvicina molto a quello platonico ed agostiniano con vistose influenze anche del pensiero di Bonaventura da Bagnoregio. Nell'ambito dell'ontologia si rifà alla scuola metafisica di Monreale, il cui più importante esponente fu Vincenzo Miceli, sacerdote e teologo, e di cui Benedetto D'Acquisto rappresenta il naturale seguace e studioso. Il nucleo centrale della filosofia di D'Acquisto consiste nella sintesi fra psicologia ed ontologia.  Egli colloca nella coscienza il fondamento teoretico della conoscenza scientifica e divide le idee in tre categorie: le idee "sensibili" che riguardano il mondo materiale, le idee "intellettuali" concernenti il proprio essere e le idee "necessarie" relative a Dio. Questi tre tipi di idee coesistono contemporaneamente nello spirito umano. A queste tre categorie Benedetto D'Acquisto ne aggiunge una quarta definita come idee "di rapporto" che permettono all'individuo di esprimere giudizi e formulare ragionamenti.  Nell'analisi del processo conoscitivo egli crea la sua nozione di "Onnicentrismo" in cui riesce a trovare un equilibrio fra due poli apparentemente all'opposto: l'individualità e l'universalità.  Nella sua concezione onnicentrista riesce a far coesistere l'io individuale con l'io trascendentale sviluppando così un'unità reale fra intuizione sensibile ed intelletto.  Dall'unità tra intuizione ed intelletto si crea l'intuito intelligente che contiene in un nesso ontologico tutta l'umana vitalità e che mette in relazione l'individuo con l'intuito dell'azione creatrice dell'Essere Assoluto. Questa visione avvicina molto Benedetto D'Acquisto al pensiero di Rosmini e di Gioberti. Il filosofo monrealese tratta anche delle relazioni fra morale e diritto. L'azione derivante dall'attività dello spirito può rimanere all'interno dello spirito stesso senza manifestarsi all'esterno e trasformandosi così in un atto giuridico. Questo atto giuridico costituirà la legge morale che condurrà l'individuo a conformarsi alla natura, alla ragione ed a Dio. Tutto ciò rappresenta la sintesi perfetta fra l'essere naturale e l'essere spirituale.  Infine Benedetto D'Acquisto nella sua opera Corso di diritto naturale afferma che il diritto di proprietà è presente in ogni individuo che lo utilizza per raggiungere il suo scopo naturale.  Il diritto, dunque, nella vita dell'individuo tende essenzialmente alla conservazione, allo sviluppo e al perfezionamento della natura umana. Il diritto positivo, invece, ha l'obiettivo di far prendere coscienza all'individuo delle proprie azioni e di creare una perfetta armonia fra il diritto stesso e la moralità. Ma soltanto l'onnipotenza di Dio poteva, secondo D'Acquisto, portare alla coesistenza perfetta e senza contrasti fra fede e scienza.  Opere: “Elementi di filosofia fondamentale”; “Saggio sulla legge fondamentale del commercio fra l'anima ed il corpo e su di altre verità che vi hanno rapporto Prolusione alle lezioni di diritto naturale nell'Palermo Discorso preliminare alle lezioni di diritto naturale ed etica;  Memoria estemporanea sul diritto e dovere del proprio perfezionamento; Sistema della scienza universal; Corso di filosofia morale Corso di diritto naturale e filosofia del diritto Cognizione della verità Trattato delle idee o Ideologia Genesi e natura del diritto di proprietà  Necessità dell'autorità e della legge; Teologia dogmatica e razionale; Ragionamento sulla resurrezione dei corpi; Organo dello scibile umano. Genealogia episcopale Cardinale Scipione Rebiba Cardinale Giulio Antonio Santori Cardinale Girolamo Bernerio, O.P. Arcivescovo Galeazzo Sanvitale Cardinale Ludovico Ludovisi Cardinale Luigi Caetani Cardinale Ulderico Carpegna Cardinale Paluzzo Paluzzi Altieri degli Albertoni Papa Benedetto XIII Papa Benedetto XIV Papa Clemente XIII Cardinale Giovanni Carlo Boschi Cardinale Bartolomeo Pacca Papa Gregorio XVI Cardinale Antonio Maria Cagiano de Azevedo Arcivescovo Benedetto D'Acquisto  V. Di Giovanni, D'Acquisto e la filosofia della creazione in Sicilia, Firenze 1868. V. Mangano, Benedetto D'Acquisto filosofo monrealese, Palermo 1890. G. Millunzi, Storia del seminario arcivescovile di Monreale, Siena 1895. F. Lorico, Vita di Benedetto D'Acquisto, Palermo 1899. V. Mangano, La filosofia sociale di monsignor Benedetto D'Acquisto, Palermo 1900. G. M. Puglia, L'arresto di mons. Benedetto D'Acquisto arcivescovo di Monreale, Palermo; Dizionario dei siciliani illustri, Palermo 1939.  Monreale Duomo di Monreale Rivolta del sette e mezzo Sant'Agostino San Bonaventura da Bagnoregio Antonio Rosmini  Benedetto D'Acquisto, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Benedetto D'Acquisto, . David M. Cheney, Benedetto D'Acquisto, in Catholic Hierarchy.  L'ontologismo rivoluzionario nella Logica di Benedetto D'Acquisto di Antonio Fundarò, dal sito dell'Istituto siciliano di studi politici ed economiciISSPE. Predecessore Arcivescovo di Monreale Successore Archbishop Pallium PioM. svg Pier Francesco Brunaccini, Giuseppe Maria Papardo del Pacco, Arcivescovi di Monreale Fino al 1500Caro Giovanni Boccamazza Pietro Gerra Ausias Despuig Juan de Borgia Llançol de Romaní XVI secoloJuan Castellar y de Borja Enrique de Cardona Alessandro Farnese Ludovico de Torres I Ludovico de Torres II XVII secolo Arcangelo Gualtieri Jerónimo Venero Leyva Cosimo de Torres Giovanni Torresiglia Francesco Peretti di Montalto Ludovico Alfonso de Los Cameros Vitaliano Visconti Giovanni Roano e Corrionero XVIII secolo Francesco del Giudice Juan Álvaro Cienfuegos Villazón Troiano Acquaviva d'Aragona Giacomo Bonanno Francesco Testa Francesco Ferdinando Sanseverino Filippo Lopez y Royo XIX secoloMercurio Maria Teresi Domenico Benedetto Balsamo Pier Francesco Brunaccini Benedetto D'Acquisto Giuseppe Maria Papardo del Pacco Domenico Gaspare Lancia di Brolo XX secoloAntonio Augusto Intreccialagli Ernesto Eugenio Filippi Francesco Carpino Corrado Mingo Salvatore Cassisa Pio Vittorio Vigo XXI secoloCataldo Naro Salvatore Di Cristina Michele Pennisi. Refs: Luigi Speranza, “Grice ed Acquisto” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

 

ACRI.  (Catanzaro). Grice: “Acri has explored quite a few topics – all in the good Lit. Hum. Oxon. tradition – and since he tutored at an even older varsity, kudos! He has explored ‘Amore’ and he expands on the Athenian dialettica – he in fact distinguishes between turbo and sereno – He left his notes on sereno as an unpublication, but a tutee cared to publish them ‘Unpublication’ – There is turbo, and there is turbato – as applied to ‘colloquenza’ qua conversational dyad,  Acri speaks of the colloquenza itself as being ‘turbata’ – he relishes on that – if there is no ardimento, and the Romans loved one – what’s the good to argue? The second phase of the dialettica is ‘serena’ – I find the distinction genial and in a way corresponds to my epagoge/diagoge distinction – the ‘turbo’ is dyadic – say A wants to influence B (turbo 1), B gets influenced and expresses it in a second conversational move (turbo 2). – Dialettica turbata – they reach the principle of conversational helpfulness and they arrive at the ‘sereno’ – dialettica serena’ – until the next turbo arises, that is1” - Grice: “I like Acri – he is a platonist, and he is explicitly against the positivists, whom he contrasts to the ‘filosofi sobri.’ His own theory of ideas is hardly platonic, but finds its base on Vico, which is nice – since, if an Italian does not understand Vico, no one will! –Acri explores the connection between ‘idea’ and ‘expression,’ and considers the ‘radice’ (root or stem) of expressions – he has commented extensively on ‘Cratilo.’ In any case, he is a sensualist, so at the root of it all is what he calls, after Aristotle (“De Interpretatione”) ‘il fantasma’  and the ‘imagine.’ Italian philosopher, author of an essay on Plato’s and Vico’s theory of ideas. “Abbozzo” essential Italian philosopher. Grice: “I love Acri’s rendition of the Cratilo into the vernacular!”  Filosofo. Opere: “Del sistema in genere”; “Alcune prose giovanili” “Abbozzo d'una teorica delle idee / scritto da Francesco Acri, Palermo : Stab. tip. Lao, -- In memoria di Alfonso della Valle di Casanova --  Su la natura della storia della filosofia : discorso letto all'Bologna / di Francesco Acri, Bologna : presso Nicola Zanichelli successore alli Mrsigli e Rocchi. Cratilo – Menone – Apologia di Socrate, Critone -- Dizionario Biografico degli Italiani. IL CRATILO. Due solenni questioni intorno all'origine della lingua toglie ad esaminare Platone in questo dialogo; se cioè i vocaboli o i nomi abbiano in sè da natura lor propria ragione, o vera mente se retto sia il nome che da chiunque a cosa qualunque vien posto. Cratilo segue la prima sentenza: Ermogene la seconda. Platone ammette alcun che di vero in amendue, sebben apertamente nol dica e le confuti anzi tuttadue. Pertanto facendo capo dalla seconda, in per sona di Socrate, così contro di Ermogene la argomenta. Il nome parte è del discorso. Or potendosi tenere discorso vero e falso, chiaro è che sia possibil dir anco un nome vero ed un falso. Se dunque la sentenza di Ermogene stesse vera, che ogni nome da chiunque posto Due solenni questioni intorno all'origine della lingua toglie ad esaminare Platone in questo dialogo; se cioè i vocaboli o i nomi abbiano in sè da natura lor propria ragione, o vera mente se retto sia il nome che da chiunque a cosa qualunque vien posto. Cratilo segue la prima sentenza: Ermogene la seconda. Platone ammette alcun che di vero in amendue, sebben apertamente nol dica e le confuti anzi tuttadue. Pertanto facendo capo dalla seconda, in per sona di Socrate, così contro di Ermogene la argomenta. Il nome parte è del discorso. Or potendosi tenere discorso vero e falso, chiaro è che sia possibil dir anco un nome vero ed un falso. Se dunque la sentenza di Ermogene stesse vera, che ogni nome da chiunque posto a qualunque cosa sia retto, deriverebbe che tutti i nomi, sì veri che falsi, sarebbono del pari retti, e che la cosa medesima potrebbe aver nomi altrettanti, quanti individualmente dagli uomini le fossimo posti, e che tosto anzi gli avesse, che quel sopressa li pronunciassero. Inoltre, se le cose non han già sol esse una stabilità lor propria da natura (contro il dir di Protagora, esser elle a mo' ch'a noi paiono; giacchè se così fosse, non potrebb'esser uno più sapiente di un altro); ma stabilità pari ad esse han pure le azioni loro, per modo che, se unoe ha da tagliare una cosa, per ret tamente ciò fare, ei non la dee tagliare a ca priccio suo, ma nel modo che la natura della medesima richiede di tagliarla e che taglisi e con quello con che debbe tagliarsi; così pur segue che il nominare le cose, send'un'azione, noi non le dobbiamo nominare a libito nostro, ma nel modo che la lor natura richiede di nominarle e che nomininosi e con che deb bonsi nominare. Arroge, che se il giudicare poi di quello con che fassi una cosa, cioè del suo stromento, se sia ben fatto, non pertiene al l'artefice che lo fa, ma a colui che ne usa a modo (giacchè il giudicar di un pettine se sia ben fatto e acconcio al tessere, non per tiene a falegname, ma a tessitore, e il giu dicar di una nave, di una cetra, se sian ben ſatte, non pertiene ai loro fabbricatori, ma a piloto e a citarista); così pur segue, che il giudicare del nome di cosa qualunque, se sia ben fatto, cioè se la indichi ed insegni vera mente, non pertenga a chiunque nè a chi lo pone, ma a colui che a modo ne usa, al dia lettico; e per conseguenza rimane chiaro che il porlo non è opra di chiunque, ma di solo colui, che ragguardando al nome che in ispezie a ciascuna cosa da natura conviene, colle let tere e colle sillabe è in grado di render l'idea del medesimo. A questo discorso non sapendo Ermogene che rispondere, prega Socrate, che voglia spie gargli e fargli conoscere cotesta ragione, che il nome ha in sè da propria natura; e quindi soggiugnendogli ch'ei non ammettendo la sen tenza di Protagora, esser le cose come paiono a ciascuno, non poteva tener vero quello che in virtù di tal opinione Protagora affermava dei nomi, Socrate allora il conforta a ricorrere ad Omero, il quale distingue nelle cose stesse i nomi ad esse dati dagli Dei da quelli dati dagli uomini; avvegnachè gli Dei chiamino le cose con nomi, che ad esse rettamente convengono. E così movendosi a spiegare Socrate, secondo Omero, come ad Astianatte, Ettore, Oreste, Agamemnone, Atreo, Pelope e Tantalo bene stieno que nomi ch'hanno, dalla menzione di quest'ultimo naturalmente viene condotto a spiegar la ragione del nome pur del suo padre, cioè di Giove, e quindi sale a quello di Saturno e di Urano. Intanto rispetto ai nomi che sono posti agli uomini ed agli eroi, egli avverte di non doversene troppo fidare, perchè molti di essi, dicegli, sono stati presi da que de pro pri progenitori, o sono stati posti secondo gli auspici e voti per loro, come Eutichide, for tunato, Sosia, salvato, ecc., e per ciò dando l'addio a tali nomi, passa a spiegare quelli delle cose che sono sempre nello stesso modo ed immutabili, vale a dire ai nomi Dii, demoni, eroi, uomini, ed al nome corpo ed anima, dai quali l'uomo è composto. Ma desideroso Ermogene, nel modo che aveva inteso la ra gione del nome di Giove, di saper anche quella del nome degli altri Dei, Socrate, dopo aver formalmente protestato, che per riguardo agli Dei, affatto nulla di loro ei sapeva nè con quai nomi tra loro si chiamassero, nondimeno dice, che si accingeva a dar la spiegazione di tai nomi, secondo l'opinione ch'ei credeva avere avuto gli uomini nel porre i nomi ai medesimi; e così fra questi pel primo comincia da quello di Vesta.Il nome per esser retto, come si disse, bi sogna ch'esso abbia una certa natural conve nevolezza con quello ch'ei nomina; per dunque conoscere se un nome sia retto e stia bene colla cosa da esso nominata, bisogna pur conoscere l'essere della cosa medesima. Or intorno all'es tempi di Socrate e di Platone; l'una degli Eraclitiani, che credevano le cose esser sempre in moto; l'altra degli Eleatici, i quali opinavano, che fossero sempre in riposo. Secondo il proprio sistema ciascuno spiegava pure i nomi; onde Socrate, nel dar l'etimologia del nome Vesta, riferisce anche la sentenza di queste due scuole filosofiche dicendo, che gli Eleatici il nome di Vesta, Eatix (Hestia), perchè, second'essi, in antico in vece di obaix (ousia), essenza, en tezza, si diceva anche aix, esia, il derivavano da siva (einai), essere, mentre gli Eraclitiani, prendendolo per sinonimo di oaix, osia, il de rivavano da 33siv (othein), cacciare, spingere. Dopo questo passa ai nomi degli altri Dei, e quindi a quello del sole, della luna, delle stelle, della terra, dell'aria, delle stagioni e dell'anno; e quantunque la maggior parte di questi paia spiegarli secondo il sistema di Eraclito; tuttavia havvene alcuno, la cui spiegazione può anche convenire al sistema degli Eleatici; finchè ve nendo ai nomi della prudenza, scienza, sa pienza, giustizia, fortezza, virtù, vizio, ecc., e a quelli della tristezza, del diletto e a tanti altri, quasi tutti ei li spiega un po' lepidamente ed ironicamente, ridendosi degli Eraclitiani, col riferire tutto al loro modo, come se le cose fossero sempre in moto. Ma questo modo di dichiarar la ragione del nomi, come facevano gli Eraclitiani, semplice mente per mezzo di una superficiale e succes siva decomposizione del medesimi in altri nomi, non appagava intieramente Socrate. Impercioc chè, dice egli, se uno interroga intorno alle parole, da cui è composto un nome, e poi di nuovo intorno a quelle, da cui sono composte queste medesime, e così continua sempre oltre ad interrogare, è necessario venire alla fine ad una parola, la quale non si può più decom porre, e di cui nulla più sappia quegli che ha a rispondere. D'altra parte però se uno non sa dar la ragione dei primi nomi, non sa certo darla del derivati, che si debbono spiegare per mezzo del primi. Per la qual cosa a rintracciar la ragione del primi nomi ei si fa nel seguente modo. I nomi tutti, sì primi che derivati, deb bon dichiarare come veramente ciascuna cosa è. Ora se noi non avessimo nè voce nè lingua, e dovessimo indicare le cose, certo, come i muti, colle mani e col capo e con tutto l'altro del corpo noi tenteremmo di significarle, elevando le mani verso del cielo per indicar quel che è alto e leggiero, e per l'opposito abbassandole verso terra per indicar quel che è basso e grave. Dal che rettamente ei conchiude che il nome per esser retto, cioè per poter indicare come vera mente una cosa è, dee pur anco essere un'imi tazione, che la voce fa di quella cosa, ch'uno per mezzo della voce toglie ad imitare onde fi gura e il color delle cose, la musica il loro suono, così l'arte del nominare imita la loro es senza per mezzo di sillabe e lettere. E per di mostrare poi come per mezzo di sillabe e let tere uno possa ciò fare, oltre al distinguere egli le lettere in consonanti e vocali e semi vocali ecc., ei fa pur osservare in molte di esse un valor loro proprio, facendo avvertire nel l'elemento r il valore d'indicare il moto e ciò che è aspro e duro, nell'elemento l quello d'in dicar ciò ch'è liscio e molle, e così un proprio valore dà egli a molte altre lettere. E di que sta cognizione pertanto intorno al valor delle lettere, come anche della cognizione della na tura delle cose fornito lo istitutore dei nomi, afferma Socrate, che in quel modo, che i pit tori per render l'immagine che vogliono effi giare, or adoprano un colore or un altro ed or ne mescolano molti insieme, così egli nel far ciascun nome per ciascuna cosa, adope rando l'elemento or di una lettera or di un'al tra ed or mescolandone più insieme, secondo che l'immagine della cosa ch'ei voleva nominare pareva richiedere, abbia formato i primi nomi; e quindi da questi primi, sempre coll'imita zione per mezzo di sillabe e lettere, abbia pur composti tutti gli altri, e che questa sia la vera ragion de nomi. Secondo un tale ragionamento pare che Socrate, che è quanto dir Platone, propenda per la sentenza di Cratilo, il quale affermava, avere gli esseri in sè da natura la ragion del loro nome. Nondimeno non esser tutti i nomi retta mente posti conforme alla natura delle cose, che nominano, il dimostra poi nel seguente modo. Il nome, dice egli, è uno stromento, il qual si fa per indicar e insegnar le cose come veracemente sono. Or ogni stromento sup pone un artefice; e buono essendo quello che è fatto da un buon artefice, e cattivo quel che è fatto da un cattivo, ne segue che anche i nomi saranno altri bene, altri mal fatti. Cratilo pretende che tutti i nomi, come tali, cioè in quanto son nomi, son tutti ben fatti e retti; per modo che se uno dà a qualcuno il nome che non gli conviene, costui parrà sì ben averlo, ma esso appartiene propriamente a colui, la cui natura viene dichiarata dal nome. Dun que se tutti i nomi sono retti, ripiglia Socrate, non più anco si potrà dire il falso. No, non si può dire il falso, soggiugne Cratilo, perchè dire il falso è dir quel che non è; or quel che non è, non si può pensare nè dire. E che dunque, replica Socrate, fa colui che ti chia masse o ti salutasse col nome di Ermogene, mentre che tu sei Cratilo? costui non chiame rebbe, non saluterebbe te, ma un altro? di rebbe egli qualche cosa o direbbe nulla? Costui, risponde Cratilo, non farebbe altro, ch'un van un'altra prova. Il nome, dice egli, secondo quel che da noi si è ammesso, è una imitazione, la quale si fa per mezzo delle lettere e delle sillabe, come la pittura imita coi colori; e per ciò in quel modo che la pittura, se, nello effigiare le cose, vi adatta i convenienti colori, effettua bene e belle le loro immagini; così pure l'arte del nominare, se per mezzo delle lettere e delle sillabe imitando l'essenza delle cose, saprà ad esse adattare tutto quello che conviene e che loro è simile, bella ne effettuerà l'immagine; che se no, effettuerà sì bene un'immagine, ma non già bella, per conseguenza i nomi ch'essa fa, gli uni saranno ben fatti, e gli altri no. Cratilo a questo energicamente si oppone, di cendo che se in un nome si muta, si traspone, o si toglie o si aggiugne una lettera, non so lamente non iscriviam bene tal nome, ma non lo scriviamo affatto, anzi esso diventa subito un'altra cosa che il nome. Socrate concede ciò aver luogo ne numeri, a quali se uno toglie od aggiugne un'unità, subito diventan essi un altro numero da quel che eran prima, ma non già nelle qualità e nelle immagini delle cose; poichè se le immagini dovesser aver tutto quello che ha la cosa di cui son immagini, non sa rebbero più immagini, ma rimarrebbero la cosa stessa di cui elle appunto sono le immagini; e per ciò neanco i nomi debbono aver tutto quel che ha la cosa di cui sono nomi, nè es serle in tutto e per tutto simili; perchè, se così fosse, ne avverrebbe, che gli esseri sarebbero tutti doppi, e non si saprebbe più dire qual fosse proprio la cosa e qual solo il nome. Per la qual cosa a giudicare se un nome sia ben fatto, basta che in esso si trovi il tipo della cosa di cui esso è nome; e quantunque si debba concedere, che più retti e belli sian que nomi, che per la gran parte son composti di lettere convenienti; tuttavia non si può sostenere, che un nome, il quale non abbia le lettere simili alla cosa che nomina, non possa indicare la medesima. Ed in conferma di questo Socrate adduce il nome azXood:ng (sclerotes), durezza, nella cui composizione in vece di entrarvi ilr, il cui valore è appunto d'indicare ciò che è duro e aspro, v'entra anzi il X, l, che indica tutto il contrario, ciò che è molle e liscio; nondimeno quand'uno il pronuncia, tutti sanno quello ch'ei vuole dire e quello ch'egli ha in mente; così che fa pur d'uopo conchiudere, che le cose s'indicano non solo per mezzo dell'imi tazione delle medesime, che si fa colle lettere e colle sillabe, ma ancora per mezzo dell'uso e della convenzione. Che se dunque tutti i nomi non son posti convenientemente secondo la natura della cosa che nominano, ei si vede quanto senza fonda somi glianza tra essi e quelle, che chi conosce i nomi conosce anche le cose. Del resto, anche dato, continua Socrate, che per mezzo del nomi si possano conoscere le cose; tuttavia essendo essi, anche quelli che rettamente conforme la natura delle cose sono posti, solamente imma gini delle medesime, il miglior modo di cono scerle sarà investigarle per esse, una per l'altra a vicenda, se a sorte cognate sono, e ciasche duna per sè, e così venirle a contemplare nella verità loro, e non solo nelle loro immagini. Intanto come questa verità, questa cognizione si possa conseguire lasciando ad investigare un'altra volta, pel presente ei si contenta di far vedere, che qualcosa di stabile e fermo è nelle cose, e che oltre ad esservie un viso bello, ei v'ha poi un bello in sè, che non è passeggiero nè soggetto a movimento o flusso, ma immu tabile e sempre lo stesso; pel che rettamente conchiude dicendo, che non retta gli pareva la sentenza di Eraclito, il quale voleva che tutto fosse in centinuo flusso. Cratilo però alle ra gioni di lui non si acqueta, onde Socrate il prega, che più attentamente volesse ancora esaminare la cosa, e, quando gli venisse fatto di trovare la verità, si piacesse di fargliene partecipe.Così termina il dialogo, dal quale si vede, come già in principio di questo argomento dicevamo, che Socrate, e nella sua persona Pla tone, quantunque confuti la sentenza di Ermo gene e quella di Cratilo, nondimeno, ancorchè espressamente nol dica, molto di vero ei rico nosce in amendue, anzi le rettifica. In fatti, se concede a Ermogene esser lecito agli uomini porre nomi alle cose; non gli concede però ciò essere lecito a tutti, com'ei pretendeva, ed afº ferma non potersi porre a capriccio, se hanno ad essere ben posti, ma richiedersi un'arte, e per ciò esser opra di solo colui, che è in istato di rendere per mezzo del nome l'idea della cosa che vuol nominare; come dall'altra parte, se ammette con Cratilo avere i nomi da natura lor ragione, non conviene però che tutti sieno rettamente posti e stieno a capello; e se pur gli concede migliori essere i nomi che per mezzo di lettere e di sillabe esprimono la na tura delle cose che nominano; tuttavia non gli consente, che assolutamente non abbiansi a chiamare nomi quelli che non sono così for mati; giacchè l'esperienza ci dimostra esservi nomi, i quali, senza che abbiano alcuna lettera simile o corrispondente alla natura della cosa da lor nominata, per via del solo uso noi ve niamo posti in grado di ottimamente intenderli e riferirli a cose, che non hanno punto di si mile col medesimi. Chi è versato nella lettura delle opere di Pla tone facilmente si persuaderà, che questo divino oltre all'addurre le prove dell'immortalità dell'anima umana, scopo suo fu pur anco di rappresen tarci il quadro del filosofo morente; nel Gorgia, oltre lo scopo di far vedere i difetti dell'oratoria politica e sofistica, ebbe pur anco quello di far la difesa di se stesso, perchè non si fosse dato alla vita pubblica; noi dunque ora nel Cratilo dobbiamo pure investigare, se egli oltre al di mostrare, che la vera origine e ragion de nomi non si dee derivare nè dalla stessa natura sola nè dal solo arbitrio umano, abbia pur avuto intenzione di dimostrare ancora qualch'altra cosa pratica. Erano ai tempi di Platone intorno allo essere delle cose, come abbiam già detto, due sentenze, l'una degli Eraclitiani, i quai credevano ch'esse fossero in un continuo flusso o moto; e l'altra degli Eleatici, i quali opina vano, che fossero sempre in riposo. Ciascuna di queste due scuole (come tutti in ogni tempo, e come anche vediamo aver fatto il nostro Vico), per confermare le loro dottrine, i loro sistemi, ricorrevano all'etimologie delle parole, credendo in queste trovare la ragione di quelli. Ma, quantunque lo studio delle etimologie talora conduca alla cognizione delle cose, Platone tut tavia non vi aveva molta fede, sì perchè ne nomi stabiliti a sorte dall'uso e dalla consue tudine, di rado e forse quasi mai è possibile trovar la loro ragione e la verità di quello che nominano; sì perchè nemmanco sulla strada più vera e più sicura ci mettono quelli, che dall'in gegno e dalla potenza umana fur posti. Imper ciocchè chi pose i primi nomi alle cose, com'egli dice, li pose, quali credeva che queste fossero; or sei non aveva una retta opinione delle cose, e ad esse pose i nomi secondo l'opinione ch'ei n'aveva, noi rimarremo ingannati, se il se guiremo. Per far vedere adunque in che vano e fragile fondamento si appoggiassero le scuole filosofiche che così facevano, e metter in chiaro l'insufficienza di questo loro metodo per venire alla cognizione delle cose, Platone in questo dialogo facendo una lunga esposizione di etimologie, sebben acute ma strane, di cui molte forse raccolse da vari libri, mise in ridi colo l'abuso di tale studio, validamente dimo strando, che le cose debbonsi piuttosto cono scere per mezzo d'esse medesime, che per mezzo de' nomi, che sono soltanto una loro adombra zione; e così, come metodo a ciò acconcio ed efficace, colloca poi egli alla fine del dialogo, come opposta diametralmente alle opinioni degli l'iraclitiani, la sua dottrina delle idee. Che se a questo avessero badato certi eru diti (!), non mai avrebbero creduto che Platone (1) Proclo spezialmente fra gli antichi, e fra i moderni il Menagio, ad Diogen. Laert., pag. 149, e il Tiedemann, Argum. dialogg. Plat., pag. 84 e seguente. etimologie, che espone in questo dialogo. E nel vero, an corchè sia difficile il distinguere dappertutto quello ch'ei dice per gioco e quello che dice da senno; tuttavia al veder, che nello spiegar la ragione de nomi di Teti, di Poseidone (Nettuno), di Demetra (Cerere) e d'altri, ei lascia le etimologie prossime e ovvie, e in vece ne arreca delle rimote, anzi talvolta ne inventa delle strane e bizzarre, spezialmente quando adduce quella oltremodo ridicola di Dioniso (Bacco), niun certo può disconoscere ch'ei non ischerzi. Arroge, che il protestaregli, per bocca di Socrate, che quello che per riguardo all'eti mologia de nomi dichiarava, il diceva non come cosa sua propria e che sapesse, ma come cosa che teneva per ispirazione della musa di Euti frone, ognuno avrebbe dovuto accorgersi o al men sospettare, che Platone non poteva far buono tutto quello che per ispirazione della musa di questo sciocco e superstizioso fanatico ei diceva. Per la qual cosa lo Schleiermacher è di parere che Platone avesse in mira di bef farsi in questo dialogo di Antistene; ma, oltre che molte cose in esso occorrono che mala mente si potrebbero attribuire a questo filosofo Socratico, come rettamente osserva lo Stallbaum, ei si dee ancora avvertire che gli studi di An tistene erano piuttosto dialettici e retorici, che grammatici, e non si trova documento veruno, il qual ne accerti ch'ei si occupasse anche della ragione de nomi. E se poi non si può assolu tamente negare, che nelle sue giocose etimologie abbia pur egli avuto in mira Prodico, perchè questi nel dar la ragione della differenza de nomi, di necessità spesso doveva anche spie garne le etimologie; scopo suo però fu piut tosto di beffarsi di tutti quel filosofi, che, come abbiam detto, nelle etimologie de nomi cre devan trovar confermati i loro sistemi, e spe zialmente di mettere in canzone i sofisti, che in coteste arguzie ponevano molto studio e tanto si dilettavano, i quali appunto egli dileggia, quando ironicamente spiegando il loro nome, afferma che significa eroi. E in fatti che Protagora molto attendesse anche all'interpretazione degli scrit tori spezialmente poeti, abbiam già veduto nel dialogo del Protagora, intitolato dal suo nome, nel quale insieme con Prodico ed Ippia ed altri espone a Socrate il suo sentimento intorno ad un passo oscuro d una canzone di Simonide. E che, oltre all'aver lasciato precetti intorno alla retorica, come ci attesta Cicerone nel Bruto. i 2: « scriptae fuerunt et paratae a Protagora rerum illustrium disputationes, quae nunc com munes appellantur loci, º molto pure si occu passe intorno alla proprietà dei nomi e della collocazione delle parole per rendere bella l'elo cuzione, lo aſſerma lo stesso Platone nel Fedro, pag. 267, C, ed Aristotele nclla Retorica, lib, ini, ori gine e ragione de nomi abbia pure disputato. Questo pare chiaramente indicato nel Cratilo, alla pag. 295 (Stef 391. C), anzi da quel, che ivi dice Ermogene, sembra che tal questione facesse parte del suo libro della Verità, reo A), 3sizg, come vedremo. I seguaci di cotesto sofista adunque sono quelli, contro dei quali è diretta spezialmente l'ironia e lo scherzo di que sto dialogo, poichè cotesti sono quelli, che, come il loro maestro Protagora, approvando la sentenza di Eraclito, il quale stabiliva, che tutte le cose perpetuamente scorressero, come un fiume, avevano ad essa accoppiata la loro, cioè che l'uomo fosse la misura di tutto e che le cose fossero come a lui appariscono; e per ciò credendo che tutto continuamente fluisse e che i nostri sensi a questa mutazione delle cose si accomodassero in guisa, che sempre esse fos sero come a loro apparivano, venivano pur a credere tali essere i nomi delle cose, quali dal senso e dall'intelligenza di ciascheduno venivano percepiti, cioè naturali. Da questo si vede che in cotesti Eraclitiani-Protagoristi non si deb bono comprendere, gli antichi e veri seguaci di Eraclito, ma solo i posteriori, che, material mente intendendo Eraclito, facevano una cattiva e falsa applicazione dei suoi principii. E se dum que di tutte le sette filosofiche, come sappiamo, era anticamente costume di riferire i loro sistemi ai sapienti più antichi e spezialmente ad Omero, non dee dunque far maraviglia, se i detti nuovi Eraclitiani-Protagoristi, chiamati appunto Omeriani da Platone nel Teeteto (pag. 179. E), tentassero pur di derivare le loro spie gazioni e interpretazioni de nomi da Omero ed anche da Esiodo, e se in questo dialogo conforti poi Socrate Ermogene, se non ammet teva la verità di Protagora, a ricorrere ad Omero, e se quindi egli pure, secondo questo poeta, gli faccia parecchie spiegazioni del nomi. Il Cratilo, interlocutore di questo dialogo e da cui anzi lo stesso dialogo s'intitola, Aristotele (Metaph. 1, 6), Apuleio (de dogm. Plat.2), e Diogene Laerzio (III, 6), narrano essere stato, prima di Socrate, maestro di Platone, e che gli abbia insegnato le opinioni e dottrine di Eraclito. L'Ast però (Platons Leben und Schri ſten, pag. 19) opina, che il Cratilo interlocu tore del presente dialogo sia diverso dal Cratilo che fu maestro di Platone, affermando non altro potersi raccogliere dallo stesso dialogo, se non che il Cratilo, ivi interlocutore, era se guace di Eraclito, e non già che sia stato mae stro di filosofia e che abbia avuto Platone per discepolo; e per ciò pretende non esser pro babile, se così fosse, che Platone l'avesse messo così in canzone senza riguardo veruno. Questa sentenza a noi non pare di gran momento; poichè hoi non abbiamo sufficienti argomenti Cratili, amendue filosofi e della scuola di Eraclito, onde poter dubitare qual di loro sia stato maestro di Platone. D'altra parte, Aristotele, Apuleio e Diogene Laerzio avevan certo notizia e del Cratilo maestro di Platone, e del Cratilo inter locutore di questo dialogo; non avendogli essi di stinti, rimane chiaro che sì quello che questo sono il medesimo Cratilo. Per riguardo poi a quello, ch'ei dice non esser probabile, che Platone abbia messo in canzone così ingratamente il suo maestro, noi facciamo osservare, che Pla tone non gli fa dire da Socrate alcuna cosa dura, anzi l'ironia, che regna nella esposizione delle etimologie, è pur così coperta, che può anche sfuggire a non mediocri ingegni. Volendo Platone render conto, perchè si fosse scostato dalle opinioni eraclitiane del suo primo mae stro Cratilo, ed avesse poi seguito quelle di Socrate, ei non poteva più giurare in verbo del suo primo maestro Cratilo, nè rappresen tarcelo superiore a Socrate nelle ricerche e di scussioni didattiche, ma sì bene rappresentar celo, come veramente egli era, e cercar, per quanto poteva, di farci conoscere il modo di verso dell'esposizione scientifica d'amendue, come anche intieramente il loro carattere. Per questo appunto Platone non si contenta già di far abbattere da Socrate in questo dialogo le opinioni, che Cratilo aveva intorno alla ragion de nomi, ma il fa udire ancora una lunga ſi lastrocca di spinose etimologie, che Socrate espone ad Ermogene, la quale se par essere un dileggio verso coloro a cui viene fatta, non è però fuor di proposito, perchè Cratilo era così dato alle dottrine di Eraclito, che tutto contento ed incantato beccava qualunque cosa gli fosse detta in confermazione di quelle, e tanta era la sua ostinatezza in quel che soste neva, che dicendogli Socrate alla fine del dia logo migliore essere il metodo di conoscere le cose per mezzo di esse stesse nella verità loro, che solamente per mezzo delle loro immagini, cioè per mezzo dei loro nomi, a tal patente ragione ei non si arrende ancora. L'altro interlocutore del dialogo, anzi il primo che entra in discorso con Socrate, è Ermogene, figliuolo d'Ipponico e fratello di Callia. Anche questo afferma Diogene Laerzio (nel luogo ci tato) essere stato maestro di Platone nelle dot trine della scuola di Elea. Ma questa asser zione viene rigettata dall'Ast (nell'opera citata, pag. 2o), e dal Groen Van Prinsterer (Pro sopographia Platonica, pag. 225), il qual ul timo crede, e con lui concorda lo Stallbaum, che il testo di Diogene Laerzio sia stato cor rotto da un ignorante, il quale abbia intruso il nome di Ermogene dopo quello di Cratilo, nell'opinione, che siccome dei due rappresen Platone, così il fosse anche stato quello dell'Eleatica, Ermogene. A questo aggiungasi ancora, che Aristotele ed Apuleio, i quali affermano essere stato Cratilo istitutor di Platone, ciò non di cono più di Ermogene. Altro è che questi fosse seguace delle dottrine degli Eleatici, altro è che in esse abbia pure istruito Platone; giacchè trattandosi di un fatto, sì per istabilire la sua verità, come per abbatterla, è del tutto neces saria una prova positiva, la quale, quando manca, è nullo tutto ciò, che pro o contrada qualunque si dice. Per la qual cosa, se l'unica e dubbia autorità di Diogene Laerzio non si dee tenere da tanto per farci credere vero tal fatto, neanco per negarlo pare a noi esser suf ficiente la prova negativa dello Stallbaum e del Groen Van Prinsterer, i quai dicono, il poco ingegno e la poca dottrina di Ermogene essere un argomento bastante a far sì, che niuno il possa creder essere stato maestro di Platone. Imperciocchè come veramente stesse di dottrina Ermogene, non è poi cosa facile a dichiarare, stante che il merito scientifico degl'interlocu tori, che Platone mette ne suoi dialoghi in iscena, non si dee giudicare dal grado, in cui egli ce li rappresenta e ce li fa parlare; giac chè quando si tratta di coloro ch'ei vuol con futare, ei fa da loro anche dire cose strane ed assurde, le quali essi mai non sognarono, ma ch'egli però dalle loro dottrine deduce, per sempre far maggiormente spiccare il contrasto della verità, ch'ei difende. D'altra parte poi, se si dovesse giudicare da questo dialogo, pare che per niuna parte Ermogene la ceda a Cra tilo. E nel vero, per non dire che la discus sione, fatta in principio tra Ermogene e So crate, è sottile anzi che no, e suppone in Ermogene un non mediocre ingegno, bisogna avvertire che la lunga esposizione delle etimo logie secondo il sistema di Eraclito, è diretta a mettere in canzone non altri, che coloro che tal sistema seguivano; e per ciò pare anzi che d'in gegno un po' tardo ben si potrebbe tacciare Cratilo, che non mai in udirle di tal corbelleria s'accorga, ma non Ermogene, il quale, udendole, scorgendo per mezzo di esse beffarsi Socrate dei seguaci delle dottrine di Eraclito, veniva sempre più confermato in quelle contrarie degli Eleatici, ch'ei sosteneva. Del resto ch'Ermogene non pigliasse tutte per vere le etimologie di Socrate, non solo si vede da quello, che in udirle non mai egli fa alcun segno d'ammira zione o di contentezza, come se fosse giunto alla cognizione di qualcosa grande e nuova, ma nemmanco di piena approvazione; giacchè, appena che ha udito l'etimologia di un nome, senza più, quasi sempre passa subito a inter rogar Socrate di quella di un altro, e se talor mostra d'averne per buona alcuna, la sua con a Socrate, Pare che un po' ci tocchi o ci cogli ecc., daivet, xtvòvvsústg o doxsig rt Xéyetv. Ma, che ancora? Che Ermogene più per curiosità e diletto che per altro, se ne stesse ad ascoltar l'espo sizione delle etimologie di Socrate, argomento certo n'è, ch'ei pure celia collo stesso Socrate, come (per non citar altri luoghi) quando udita l'etimologia del nome ivtavróg, anno, ironica mente gli dice, che aveva già fatto molti passi nella sapienza, e spezialmente quando Socrate, nello spiegare il vocabolo 3) aſºspdv (blaberon), nocevole, dicendogli che propriamente si do vrebbe chiamare 3ov) arrrepoijv, boulapteroun, ei gli soggiugne che all'udirlo pronunziar così bel nome, gli pareva veramente che zufolasse il preludio dell'aria di Minerva. Il timore e la superstizione, che dà a dive dere Socrate in questo dialogo, nel protestare che per riguardo agli Dei e ai loro nomi, ei punto non ne sapeva, ma che solo diceva quello che ebbero in opinione gli uomini in porre loro i nomi, indicano manifestamente, che l'Euti frone, per ispirazione della cui musa, ei dice tenere le spiegazioni, che dà dei nomi, è quello, da cui è pure intitolato un dialogo di Platone. Così appunto opinano l'Ast e lo Stallbaum. Quest'uomo è il tipo della leggerezza e della superstizione; ei si vantava di saper meglio che alcun altro le cose divine, e tanto era il suo entusiasmo, come dice egli stesso (!), quando di esse parlava e mandava fuori i suoi oracoli, che eccitava il riso e pareva maniaco. Verisimil mente dunque nell'interpretare la mitologia degli antichi poeti e spezialmente di Omero, e nel cercar la ragion de nomi degli Dei e nel darne la spiegazione, vi poneva molto studio e vi met teva pur lo stesso entusiasmo e furore, come nel mandar fuori gli oracoli. Forse sarà anche stato della scuola di Eraclito. Onde piacevole e grazioso pare lo scherzo di Platone, in far per bocca di Socrate dar l'etimologia de nomi a Cratilo, il qual non era men entusiasta e maniaco in beccar ciò, che parevagli confer mare le sue dottrine eraclitiane (giacchè, quanto a Ermogene, egli stava, come abbiam veduto, a udirle più per curiosità e diletto, che per altro); mentre così facendo Platone, a chi era di perspicace ingegno dava, per mezzo dell'ironia, a divedere, che a lui non andava a grado, anzi disapprovava il poco ragionevol modo degli Eraclitiani, nello spiegare i nomi e nel pretendere di trovare quasi in ciascun verso di Omero qualche cosa di oscuro e mi sterioso, togliendovi quel suo proprio colore, semplice e naturale. In qual tempo sia stato composto questo dia logo da Platone, e qual loco gli si debba as ri mane ancora a vedere. Lo Schleiermacher il pone dopo il Teeteto, il Menone e l'Eutidemo, e pretende che debba servire di compimento a quel primo; ma ognun vede che l'argomento della scienza, che trattasi nel Teeteto, non viene ampliato nè discusso nel Cratilo; anzi tutto il contrario, quel che affatto alla fine del Cra tilo è appena indicato, viene poi diffusamente discusso nel Teeteto; chiaro dunque egli è, che questo il dee seguire e non precedere. L'Ast il colloca non solo dopo il Teeteto, ma anche dopo il Sofista, il Politico e il Parmenide; anzi crede che il Cratilo faccia parte ed appartenga ad una trilogia o tetralogia, che non fu da Platone compiuta; e per prova ne adduce le prime parole del dialogo: Brami tu dunque che in cotesta questione anche qui Socrate c'entri' le quali ei dice essere del tutto nude, secche e immotivate. Inoltre che quest'opera non sia un lavoro compiuto, seguita egli, si vede da quello, che nell'ultima sua parte i passaggi da una cosa all'altra sono scuciti e duri, e molto, che non ista in immediata relazione con quel che precede, vien posto senza alcuno appa recchio e introduzione, mentre le ricerche, che si connettono coll'argomento principale e che eccitano un grande interesse, vengono al l'improvviso abbandonate. Ma checchè ne voglia dire l'Ast, quantunque le prime parole del dialogo indichino a precedente discussione tra Er mogene e Cratilo, tuttavia di questa trilogia o tetralogia incompiuta, ch'ei pretende, non s'in contra indizio veruno nelle opere di Platone, nè si trova che l'argomento del Cratilo venga da lui trattato in qualche altro suo dialogo. Questo scritto può stare da sè, ed io non veggo la ragione, perchè l'Ast il voglia far seguire al Sofista, al Politico e al Parmenide, e non anzi a tutti questi precedere. E nel vero, per non dire, che l'irrisione, che domina nell'espo sizione delle etimologie nel Cratilo, non troppo acconciamente può stare vicina alle gravità e serietà, con cui sono trattati il Sofista, il Po litico e il Parmenide, l'argomento del Cratilo non ha che fare con quello di questi; nè si ravvisano ancor in esso vestigia della scuola pitagorica, come nel Parmenide, ma appena si fa menzione in un suo luogo dell'armonia de corpi celesti; nè appare ch'ei segua il me todo dell'investigazione tenuto dai filosofi Me garici, i quali erano versatissimi in trattare le quistioni di questo genere, come lo segue nel Sofista, nel Politico e nel Parmenide; nè fi nalmente si vede ch'egli molto insista sulla sua dottrina delle idee, ma appena ne fa cenno alla fine del dialogo, e la dà soltanto ancora come un suo sogno. Per l'opposito, niuno può disconoscere, che tra il Protagora, l'Eu tidemo e il Cratilo vi regni un'affinità quasi irri sione drammaticamente ci rappresenta Platone il vano fasto di Protagora e di tutti que sofisti che si millantavano essere maestri di virtù, e se nell'Eutidemo poi egli si beffa delle meschi nità delle arguzie e de lacciuoli dialettici pur de' seguaci di Protagora, anche nel Cratilo, come abbiam veduto, con ischerzo e con ironia viene egli a dimostrare l'inutile sforzo de' Pro tagoristi-Eraclitiani, che per mezzo dell'inter pretazione del vocaboli tentavano di venire alla cognizione delle cose e di stabilire i loro sistemi. Per la qual cosa, sebben l'autore in quest'opera sia lungi dal comico che domina nel Protagora e nell'Ippia Maggiore, l'andamento però e la condotta della medesima, come anche la molti plicità degli esempi e le minutezze, con cui, secondo il metodo di Socrate, procede Platone in principio di essa, e finalmente ancora lo scherzo e l'ironia che si scorge nell'esposizione delle etimologie, danno a bastanza a divedere, ch'ella moltissimo si approssima ai dialoghi po polari Socratici, ch'egli scrisse i primi, e che da lui sia stata composta in una età, in cui egli non era ancora del tutto scevro da pro tervia e petulanza giovanile. Non pertanto, quan tunque da solo quello, che si fa menzione in questo dialogo delle vocali a ed o, le quali furono introdotte in Atene, sotto l'arcontato di Euclide (l'anno 2 della 94 olimpiade, 4o3 prima dell'era volgare, e 26 dell'età di Platone), non si possa di certo conchiudere, che dopo tal anno sia stato questo scritto composto, per la ra gione, come ottimamente osserva lo Stallbaum, che queste vocali potevano già essere in vigore in uso privato, prima che pubblicamente fos sero sancite e passate ne' monumenti pubblici (ved. il Matthiae Gramm. Ampl., tom. 1, pag. 22, annot.); tuttavia non si può dubitare, che questo dialogo da Platone sia stato disteso in quel tempo, in cui egli aveva già concepito i principii della sua dottrina delle idee e deter minato con essa di confutare i Protagorei e gli Eraclitiani. Or tanto le cognizioni richiedentisi per poter ciò ben fare, quanto le sottili inve stigazioni circa la ragion de nomi, che in que st'opera si ravvisano, paiono indicare esserelle un lavoro di Platone non così giovane, ma sì bene di lui d'alquanto già più maturo. Che se poi tra il Protagora e il Cratilo, che hanno tra di loro un'affinità che non si può disconoscere, noi abbiamo inserito l'Ippia Maggiore ed il Gorgia, non è già che crediamo il Gorgia essere anteriore al Cratilo (anzi la di fesa che nel Gorgia fa Platone di se stesso, perchè non si fosse dato alla vita pubblica, ma alla filosofica, indica chiaramente che tale scritto è un lavoro di un uomo più che maturo), ma non per altro così ci parve di fare, se non perchè abbiam voluto far seguire l'un dopo celebri sofisti della Grecia, Protagora, Ippia e Gorgia, ne quali Platone graziosamente smaschera il loro vano sapere ed acremente li frusta. Però se uno bada, che i Protagoristi-Eraclitiani, che Platone dileggia in questo dialogo canzonando le loro etimologie, questi medesimi poi con con cludenti ragioni validamente egli confuta nel Teeteto, facilmente ei si persuaderà, che il Cratilo a questo dee stare unito e precederlo, anzi che susseguirlo; e per conseguenza che noi, nell'assegnargli il posto che gli assegniamo, nel suo vero l'abbiam collocato. Resf.: Luigi Speranza, "Grice ed Acri," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

ADDIEGO. (Turi). Grce: “I like Addiego; his obituary looks fine, ‘amateeur mathematician and professional philosopher;’ of course he was a priest and priests tend to get the nicest obituaries written by members of their respective orders!  Henry VIII once said, “I shall follow Occam and not multiply religious orders beyond necessity!’ Some say he went a bit too further! My St. John’s used to be a Cistercian monastery!” “One good thing about Addiego is that instead of trying to prove the immortality of the soul, or the existence of God – “These are Strawsonian presuppositions,’ he would say – he rather played with Platonic numbers and geometries! His mathematical explorations caught the attention of the Pope who invited him to Rome, thus leaving his ‘paese,’ the lovely Bari – and beyond!” -- Vincenzo maria d’addiego (n. Turi), filosofo italiano, nominato Preposto Generale dei Padri Scolopi.  Entrò giovanissimo nell'ordine degli Scolopi.  Papa Leone XII lo chiamò a Roma e nel 1824 con un Breve apostolico lo nominò preposto generale dei Padri Scolopi.  Alla sua morte il Papa Pio VIII gli rese l'estremo saluto nella Casa professa di S Pantaleo.  Note  D. Resta, Turi, dalle origini al 1865. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Addiego” – The Swimming-Pool Library.

 

ADORNO. (Siracusa). Grice: “I like Adorno; he more than anyobody else I know UNDERSTANDS the change of mind set from the Hellenic embassy at Rome and the ‘gravitas’ of the Romans who found that relativistic talk on justice ‘sophistical’! Scipione and the Roman aristocracy – just to be different – enjoyed it and embraced it – and it turned out that, as antiquities became more popular with the Romans, they recovered the many schools of philosophy that have thrived in the provinces: Velia, Crotone, Girgenti.” Filosofo. Laureato in Filosofia a Firenze e professore a Bari, Bologna e Firenze, è stato presidente dell'Accademia Toscana di Scienze e Lettere "La Colombaria", del Museo e istituto fiorentino di preistoria e dell'Accademia delle Arti del Disegno. Ha diretto la pubblicazione del Corpus dei papiri filosofici greci e latini.  Ha studiato il rapporto tra l'insegnamento socratico e la sofistica, estendendo i suoi interessi a Platone, allo stoicismo e all'epicureismo; inoltre ha approfondito aspetti della cultura greco-latina e cristiana tra il primo secolo a.C. e il sesto secolo d.C., nonché del pensiero tardomedievale e umanistico.  Pensiero Adorno utilizza il metodo filologico per la descrizione degli autori del pensiero antico della scuola ionica, di Socrate, di Platone, della prima Accademia, delle scuole ellenistiche, di Epicuro, di Seneca, ecc.  La sua formazione culturale affonda le radici negli ambienti intellettuali e politici fiorentini tra gli anni 1930 e 1945 e in particolare risente dell'influenza crociana nell'interpretazione della filosofia come riflessione teorica mai disgiunta dalla situazione storica reale. In nome di questa concretezza antimetafisica e della necessità di una descrizione storica del pensiero filosofico, Adorno aderisce al metodo marxista e alla filosofia del linguaggio facendo sì che i testi classici vengano interpretati nel loro autentico e concreto sottofondo politico e culturale.  Opere I sofisti e Socrate, 1961. La filosofia antica, 1961-1965. Studi sul pensiero greco, 1966. Introduzione a Socrate, 1970. Dialettica e politica in Platone, 1975. Introduzione a Platone, 1978. I sofisti e la sofistica nel 5°-4° sec. a.C., 1993. Pensare storicamente, 1996. Note  Francesco Adorno, su RAIEnciclopedia multimediale delle scienze filosofiche.  l'11 dicembre  22 dicembre ).  Adórno, Francesco, in TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  l'11 dicembre .  Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche alla voce corrispondente.  Maria Serena Funghi , Hodoi dizēsios. Le vie della ricerca: studi in onore di Francesco Adorno, Firenze, Olschki,  Francesco Adorno, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Francesco Adorno, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Francesco Adorno, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Filosofia Filosofo del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloStorici della filosofia italianiAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani Professore1921  9 aprile 19 settembre Siracusa FirenzeStudenti dell'Università degli Studi di FirenzeProfessori dell'BariProfessori dell'BolognaProfessori dell'Università degli Studi di Firenze. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Adorno” – The Swimming-Pool Library.

 

Ælfric. York, England. Important English philosopher, like Grice. Cf. Alcuinus. --.

 

AGAMBEN. (Roma). Grice: “Agamben is a terribly complex philosopher, and a fascinating one – he has philosophised on things I did: ‘fantasma,’ as used by Aristotle in ‘Interpretatione,’ the unsaid and the unsayable (indicible), that Aganbem might apply to ‘il ragazzo’ – or ‘fanciullino’ – he has philosophhised on ‘love’ (amore – eros – idea dell’amore – and semiology of the sphynx, imagine, and imagine perverse – the use of bodies (uso dei corpi) and ‘silence’ (il silenzio nel linguaggio): lingua, iinguaggio, dialetto – verita – the sacred dimension of language in swearing – ‘sacramgneto del linguaggio – the logic of commands and the commandmets – the power and the glory – he obviously enjoys in word play! Flosofo. D’antica famiglia veneziana di origine armena, si laureò in Giurisprudenza nel 1965 con una tesi su Simone Weil. Ha scritto diverse opere, che spaziano dall'estetica alla biopolitica. A Roma, sempre negli anni sessanta, frequenta con intensità Elsa Morante, Pier Paolo Pasolini (interpreta l'apostolo Filippo nel film Il Vangelo secondo Matteo), Ingeborg Bachmann. Nel 1966 e nel 1968 partecipa ai seminari promossi da Martin Heidegger su Eraclito e Hegel a Le Thor. Nel 1974 si trasferisce a Parigi, dove frequenta Pierre Klossowski, Guy Debord, Italo Calvino e altri intellettuali, mentre insegna all'Università Haute-Bretagne. L'anno seguente ha lavorato a Londra, mentre dal 1986 al 1993 ha diretto il Collegio internazionale di filosofia a Parigi, frequentando, tra gli altri, Jean-Luc Nancy, Jacques Derrida e Jean-François Lyotard. Dal 1988 al 2003 ha insegnato alle Università degli Studi di Macerata e di Verona. Dal 2003 al 2009 ha insegnato presso l'Istituto Universitario di Architettura (IUAV) di Venezia.  Sempre nel 2003 ha abbandonatoper protesta contro i nuovi dispositivi di controllo imposti dal governo statunitense ai cittadini stranieri che si recano negli Stati Uniti d'America, cioè lasciare le proprie impronte digitali ed essere schedatil'incarico di professore illustre all'New York. In precedenza era stato professore invitato in altre istituzioni, tra cui l'Università Northwestern, l'Università Heinrich Heine di Düsseldorf e la European Graduate School di Saas-Fee. In seguito "si è dimesso dall'insegnamento nell'università italiana". Oggi dirige la collana Quarta prosa presso l'editore Neri Pozza e organizza un seminario annuale presso l'Parigi Saint-Denis.  Tra gli autori che ha studiato e proposto: Walter Benjamin, Jacob Taubes, Alexandre Kojève, Michel Foucault, Carl Schmitt, Aby Warburg, Paolo di Tarso, ma anche Furio Jesi, Enzo Melandri e in genere trattando temi di filosofia politica, biopolitica (in particolare i concetti di stato di emergenza, esilio e autorità), mistica cristiana ed ebraica, angelologia, storia dell'arte e letteratura. Collabora con "aut-aut", "Cultura tedesca" e con diverse altre riviste di filosofia. In occasione della laurea honoris causa in teologia presso l'Friburgo il 13 novembre  ha pronunciato la conferenza Mysterium iniquitatis, poi tradotta in Il mistero del male. H ricevuto il Premio europeo Charles Veillon per la saggistica e nel  il Premio Nonino "Maestro del nostro tempo".  Il pensiero di Giorgio Agamben, benché caratterizzato da una omogeneità che copre tutto l'arco evolutivo delle sue opere, può essere per comodità suddiviso in due momenti distinti. A fare da spartiacque è un testo fondamentale: Homo sacer. Il potere sovrano e la nuda vita, il quale si inscrive nelle tematiche e nel dibattito sollevati dalle ricerche di Foucault attorno al biopotere, indagando il rapporto fra diritto e vita e sulle dinamiche dei modelli di sovranità.  La prima riflessione agambeniana predilige tematiche estetiche, in particolar modo letterarie, nel contesto di un grande confronto con il pensiero di Martin Heideggerche ha conosciuto personalmente partecipando ai seminari estivi tenuti in Provenza ncon quello di un altro filosofo a lui caro: Walter Benjamin, autore del quale curò la prima edizione italiana delle opere complete per Einaudi, ritrovando anche un discreto numero di testi inediti (tra cui quelli nascosti e conservati da Georges Bataille alla Biblioteca nazionale di Francia e riscoperti da Agamben nel 1981 tra le carte di Bataille presenti nella biblioteca); la collaborazione con Einaudi si interruppe per sopravvenute incomprensioni con l'editore.  All'inizio degli anni novanta alcuni suoi allievi hanno fondato la casa editrice Quodlibet. I suoi studi hanno riguardato varie tematiche, dal linguaggio alla metafisica, approfondendo il significato dell'esistenza del linguaggio e dei suoi limiti referenziali esogeni ed endogeni., dall'estetica nella quale indaga sulle relazioni intercorrenti fra filosofia ed arte chiedendosi se quest'ultima permetta una differente espressione del linguaggio rispetto alla prima, all'etica che approfondisce le tematiche e gli aspetti emergenti dal contesto dei lager nazisti.  A sostegno del pensiero di Agamben riguardo alla sua concezione della "nuda vita" vale infine quanto scritto in un articolo pubblicato in data 17 marzo  intitolato Chiarimenti:  «È evidente che gli italiani sono disposti a sacrificare praticamente tutto, le condizioni normali di vita, i rapporti sociali, il lavoro, perfino le amicizie, gli affetti e le convinzioni religiose e politiche al pericolo di ammalarsi. La nuda vitae la paura di perderlanon è qualcosa che unisce gli uomini, ma li acceca e separa.»  Homo sacer A partire dal concetto latino di homo sacer, la sua ricerca principale si svolge nei seguenti volumi (ripresi nell'edizione definitiva: Homo Sacer. Edizione integrale.  I. Homo sacer. Il potere sovrano e la nuda vita, II,1. Stato d'eccezione, 2003 II,2. Stasis. La guerra civile come paradigma politico,  Il sacramento del linguaggio. Archeologia del giuramento,  Il regno e la gloria. Per una genealogia teologica dell'economia e del governo, II,5. Opus Dei. Archeologia dell'ufficio,  Quel che resta di Auschwitz. L'archivio e il testimone, Altissima povertà. Regole monastiche e forma di vita,  IV,2. L'uso dei corpi,  Al cinema Ha interpretato il ruolo di Filippo nel film del 1964 Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini.  Opere: “Jarry o la divinità del riso”,  in Alfred Jarry, Il supermaschio, trad. G. Agamben, Milano: Bompiani (poi Milano: SE,) André Breton e Paul Éluard, L'immacolata concezione, trad. G. Agamben, Milano: Forum, (poi Milano: ES). L'uomo senza contenuto, Milano: Rizzoli, 1970 (poi Macerata: Quodlibet) (contiene: «La cosa più inquietante», «Frenhofer e il suo doppio», «L'uomo di gusto e la dialettica della lacerazione», «La camera delle meraviglie», «Les jugements sur la poésie ont plus de valeur que la poésie», «Un nulla che annienta se stesso», «La privazione è come un volto», «Poiesis e praxis», «La struttura originale dell'opera d'arte», «L'angelo malinconico») José Bergamin, in José Bergamín, Decadenza dell'analfabetismo, trad. Lucio D'Arcangelo, Milano: Rusconi,  (n.ed. Milano: Bompiani) La notte oscura di Juan de la Cruz, in Juan de la Cruz, Poesie, trad. G. Agamben, Torino: Einaudi, Stanze. La parola e il fantasma nella cultura occidentale, Torino: Einaudi (ristampato Einaudi) (contiene: «Prefazione», «I fantasmi di Eros», «Nel mondo di Odradek. L'opera d'arte di fronte alla merce», «La parola e il fantasma. La teoria del fantasma nella poesia d'amore del '200», «L'immagine perversa. La semiologia dal punto di vista della Sfinge») Marcel Griaule, Dio d'acqua, trad. G. Agamben, Milano: Bompiani, 1978 Infanzia e storia. Distruzione dell'esperienza e origine della storia, Torino: Einaudi. Contiene: «Infanzia e storia. Saggio sulla distruzione dell'esperienza», «Il paese dei balocchi. Riflessioni sulla storia e sul gioco», «Tempo e storia. Critica dell'istante e del continuo», «Il principe e il ranocchio. Il problema del metodo in Adorno e in Benjamin», «Fiaba e storia. Considerazioni sul presepe», «Programma per una rivista») Gusto, in Ruggiero Romano , Enciclopedia Einaudi,  6, Torino: Einaudi,  L'io, l'occhio, la voce, in Paul Valéry, Monsieur Teste, trad. Libero Salaroli, Milano: Il Saggiatore, nuova ed. Milano: SE; poi in La potenza del pensiero,  Il linguaggio e la morte. Un seminario sul luogo della negatività, Torino: Einaudi (ristampato Einaudi,) La fine del pensiero, Paris: Le Nouveau Commerce, 1982 Un importante ritrovamento di manoscritti di Walter Benjamin, in «aut-aut», (numero intitolato «Paesaggi benjaminiani»), Firenze: La Nuova Italia, La trasparenza della lingua, in «Alfabeta», Milano: Coop. Intrapresa, Il viso e il silenzio, in Ruggero Savinio, Opere 1983, Milano: Philippe Daverio, 1983 Il silenzio del linguaggio, in Paolo Bettiolo , Margaritae, Venezia: Arsenale, 1983,  69–79 Idea della prosa, Milano: Feltrinelli, (poi Macerata: Quodlibet) (contiene: «Soglia», «I: Idea della materia, Idea della prosa, Idea della censura, Idea della vocazione, Idea dell'Unica, Idea del dettato, Idea della verità, Idea della Musa, Idea dell'amore, Idea dell'immemorabile», «II: Idea del potere, Idea del comunismo, Idea della giustizia, Idea della pace, Idea della vergogna, Idea dell'epoca, Idea della musica, Idea della felicità, Idea dell'infanzia, Idea del giudizio universale», «III: Idea del pensiero, Idea del nome, Idea dell'enigma, Idea del silenzio, Idea del linguaggio, Idea della luce, Idea dell'apparenza, Idea della gloria, Idea della morte, Idea del risveglio», «Soglia. Kafka difeso contro i suoi interpreti») Quattro glosse a Kafka, in «Rivista di estetica», Torino: Rosenberg & Sellier, La passione dell'indifferenza, in Marcel Proust, L'indifferente, trad. Mariolina Bongiovanni Bertini, Torino: Einaudi,  Il silenzio delle parole, in Ingeborg Bachmann, In cerca di frasi vere, trad. Cinzia Romani, Bari: Laterza, 1989,  V-XV Sur Robert Walser, in «Détail», Paris: Pierre Alféri et Suzanne Doppelt (l'Atelier Cosmopolite de la Fondation Royaumont), autunno La comunità che viene, Torino: Einaudi, 1990 (n.ed. Torino: Bollati Boringhieri) (contiene: «La comunità che viene: Qualunque, Dal Limbo, Esempio, Aver luogo, Principium individuationis, Agio, Maneries, Demonico, Bartebly, Irreparabile, Etica, Collants Dim, Aureole, Pseudonimo, Senza classi, Fuori, Omonimi, Schechina, Tienanmen», «L'irreparabile») Disappropriata maniera, in Giorgio Caproni, Res amissa, G. Agamben, Milano: Garzanti, 1991 (poi in Categorie italiane,  89–103) Kommerell o del gesto, in Max Kommerell, Il poeta e l'indicibile, Genova: Marietti, VII-XV (poi in La potenza del pensiero,  Bartleby, la formula della creazione, Macerata: Quodlibet. Contiene: Gilles Deleuze, Bartebly o la formula trad. Stefano Verdicchio; G. Agamben, Bartebly o della contingenza: Lo scriba o della creazione, La formula o della potenza, L'esperimento o della decreazione») Nota introduttiva a: René, Il testamento della ragazza morta, trad. Daniela Salvatico Estense, Macerata: Quodlibet,  7–8 Maniere del nulla, in Robert Walser, Pezzi in prosa, trad. Gino Giometti, Macerata: Quodlibet,  7–11 Il dettato della poesia, in Antonio Delfini, Poesie della fine del mondo e poesie escluse, Daniele Garbuglia, Macerata: Quodlibet,  VII-XX (poi in Categorie italiane,  79–88) Homo sacer. Il potere sovrano e la nuda vita, Torino: Einaudi, 1995 (ristampa 2008) (contiene: «Introduzione», «Logica della sovranità», «Homo sacer», «Il campo come paradigma biopolitico del moderno», «») Il talismano di Furio Jesi, in Furio Jesi, Lettura del Bateau ivre di Rimbaud, Macerata: Quodlibet, 1996,  5–8 Mezzi senza fine. Note sulla politica, Torino: Bollati Boringhieri, 1996 (contiene: «Avvertenza», «I: Forma-di vita, Al di là dei diritti dell'uomo, Che cos'è un popolo?, Che cos'è un campo?», «II: Note sul gesto, Le lingue e i popoli, Glosse in margine ai Commentari sulla società dello spettacolo, Il volto», «III: Polizia sovrana, Note sulla politica, In questo esilio. Diario italiano 1992-94») Per una filosofia dell'infanzia, in Franco La Cecla, Perfetti e indivisibili, Milano: Skira, 1996,  233–40 Categorie italiane. Studi di poetica, Venezia: Marsilio, 1996 (contiene: «Premessa», «Comedia», «Corn. Dall'anatomia alla poetica», «Il sogno e della lingua», «Pascoli e il pensiero della voce», «Il dettato della poesia», «Disappropriata maniera», «La festa del tesoro nascosto», «La fine del poema», «Un enigma della Basca», «La caccia della lingua», «I giusti non si nutrono di luce», «Il congedo della tragedia»). Nuova edizione (Roma-Bari: Laterza, ), accresciuta di otto testi e con un nuovo sottotitolo: Studi di poetica e di letteratura. Verità come erranza, in «Paradosso», 2-3 (numero intitolato «Sulla verità», Massimo Dona), Padova: Il Poligrafo, 1998,  13–17 Image et mémoire, Paris: Hoëbeke, 1998 (contiene: «Aby Warburg et la science sans nom», «L'origine et l'oubli. Parole du mythe et parole de la littérature», «Le cinéma de Guy Debord», «L'image immémoriale») Quel che resta di Auschwitz. L'archivio e il testimone. Homo sacer. III, Torino: Bollati Boringhieri, 1998 (contiene: «Avvertenza», «Il testimone», «Il musulmano», «La vergogna o del soggetto», «L'archivio e la testimonianza», «») Introduzione, in Giorgio Manganelli, Contributo critico allo studio delle dottrine politiche del '600 italiano, Macerata: Quodlibet, 1999,  7–18 La guerra e il dominio, in «aut-aut», 293-294, Firenze: La Nuova Italia, settembre-dicembre 1999,  22–3, poi anche in: Paolo Perticari , Biopolitica minore, Roma: Manifestolibri  Il tempo che resta. Un commento alla «Lettera ai romani», Torino: Bollati Boringhieri, 2000 (contiene: «Prima giornata. Paulos doulos christoú Iësoú», «Seconda giornata. Klëtós», «Terza giornata. Aphörisménos», «Quarta giornata. Apóstolos», «Quinta giornata. Eis auaggélion theoú», «Sesta giornata», «Soglia o tornada», «Appendice. Riferimenti testuali paolini», «») Araldica e politica, in Viola Papetti , Le foglie messaggere. Scritti in onore di Giorgio Manganelli, Roma: Editori Riuniti Un possibile autoritratto di Gianni Carchia, in «Il manifesto» (supplemento «Alias» 26), Roma, 7 luglio 200118 Le pire des régimes, in «Le monde», Paris, 23 marzo 2002 The Time That Is Left, in «Epoché», VII, 1, Villanova: Villanova University,  1–14 L'aperto. L'uomo e l'animale, Torino: Bollati Boringhieri, 2002 (contiene «Teromorfo, Acefalo, Snob, Mysterium disiunctionis, Fisiologia dei beati, Cognitio experimentalis, Tassonomie, Senza rango, Macchina antropologica, Umwelt, Zecca, Povertà di mondo, L'aperto, Noia profonda, Mondo e terra, Animalizzazione, Antropogenesi, Tra, Desoeuvrement, Fuori dall'essere», «») Nota, in Ingebor Bachmann, Quel che ho visto e udito a Roma, Macerata: Quodlibet, 2002 (con Valeria Piazza) L'ombre de l'amour, Paris: Rivages, 2003 Stato di Eccezione. Homo sacer II, 1, Torino: Bollati Boringhieri, 2003 (contiene: «Lo stato di eccezione come paradigma di governo», «Forza di legge», «Iustitium», «Gigantomachia intorno a un vuoto», «Festa lutto anomia», «Auctoritas e potestas», «Riferimenti bibliografici») Intervista a Giorgio Agamben (sullo Stato di eccezione) in Antasofia 1, Mimesis, Milano 2003. Genius, Roma: Nottetempo, 2004 (poi in Profanazioni,  7–18) Il giorno del giudizio, Roma: Nottetempo, 2004 (poi in Profanazioni,  25–38) La potenza del pensiero. Saggi e conferenze, Vicenza: Neri Pozza, 2005 (contiene: «La cosa stessa», «L'idea del linguaggio», «Lingua e storia», «Filosofia e linguistica», «Vocazione e voce», «L'io, l'occhio, la voce», «Sull'impossibilità di dire io», «Aby Warburg e la scienza senza nome», «Tradizione dell'immemorabile», «*Se. L'assoluto e l'Ereignis», «L'origine e l'oblio», «Walter Benjamin e il demonico», «Kommerell o del gesto», «Il Messia e il sovrano», «La potenza del pensiero», «La passione della fatticità», «Heidegger e il nazismo», «L'immagine immemoriale», «Pardes», «L'opera dell'uomo», «L'immanenza assoluta») Profanazioni, Roma: Nottetempo, 2005 (contiene: «Genius», «Magia e felicità», «Il Giorno del Giudizio», «Gli aiutanti», «Parodia», «Desiderare», «L'essere speciale», «L'autore come gesto», «Elogio della profanazione», «I sei minuti più belli della storia del cinema») Introduzione, in Emanuele Coccia, La trasparenza delle immagini. Averroè e l'averroismo, Milano: Bruno Mondadori, 1995,  VII-XIII Che cos'è un dispositivo?, Roma: Nottetempo, 2006 L'amico, Roma: Nottetempo, 2007 Ninfe, Torino: Bollati Boringhieri, 2007 Il regno e la gloria. Per una genealogia teologica dell'economia e del governo. Homo sacer II, 2, Vicenza: Neri Pozza, 2007 (nuova ed. Torino: Bollati Boringhieri, 2009) (contiene: «Premessa», «I due paradigmi», «Il mistero dell'economia», «Essere e agire», «Il regno e il governo», «La macchina provvidenziale», «Angelologia e burocrazia», «Il potere e la gloria», «Archeologia della gloria» preceduti, intervallati e seguiti da Soglie, «Appendice: L'economia dei moderni», «») Che cos'è il contemporaneo?, Roma: Nottetempo, 2008 Signatura rerum. Sul Metodo, Torino: Bollati Boringhieri, 2008 (contiene: «Avvertenza», «Che cos'è un paradigma?», «Teoria delle segnature», «Archeologia filosofica», «») Il sacramento del linguaggio. Archeologia del giuramento. Homo sacer II, 3, Roma-Bari: Laterza, 2008 Nudità, Roma: Nottetempo, 2009 (contiene: «Creazione e salvezza», «Che cos'è il contemporaneo?», «K.», «Dell'utilità e degli inconvenienti del vivere fra spettri», «Su ciò che possiamo non fare», «Identità senza persona», «Nudità», «Il corpo glorioso», «Una fame da bue», «L'ultimo capitolo della storia del mondo») (con Emanuele Coccia) Angeli. Ebraismo, Cristianesimo, Islam, Vicenza: Neri Pozza,  La Chiesa e il Regno, Roma: Nottetempo,  (con Monica Ferrando) La ragazza indicibile. Mito e mistero di Kore, Milano: Electa Mondadori,  Altissima povertà. Regole monastiche e forma di vita. Homo sacer IV, 1, Vicenza: Neri Pozza,  Opus Dei. Archeologia dell'ufficio. Homo sacer II, 5, Torino: Bollati Boringhieri,  Il mistero del male. Benedetto XVI e la fine dei tempi, Roma-Bari: Laterza,  Pilato e Gesù, Roma: Nottetempo,  Qu'est-ce que le commandement?, Parigi: Bibliothèque Rivages,  Il fuoco e il racconto, Roma: Nottetempo,  L'uso dei corpi. Homo sacer IV, 2, Vicenza: Neri Pozza,  To Whom Is Poetry Addressed?, in "New Observations", Stasis La guerra civile come paradigma politico. Homo sacer, Torino: Bollati Boringhieri,  L'avventura, Roma: nottetempo,  Pulcinella ovvero Divertimento per li regazzi, Roma: nottetempo,  Che cos'è la filosofia?, Macerata: Quodlibet,  Che cos'è reale? La scomparsa di Majorana, Vicenza: Neri Pozza,  Autoritratto nello studio, Milano: Nottetempo,  Karman. Breve trattato sull'azione, la colpa, il gesto, Torino: Bollati Boringhieri,  Creazione e anarchia. L'opera nell'età della religione capitalista, Vicenza: Neri Pozza,  Homo Sacer. Edizione integrale (1995-), Macerata, Quodlibet,  Il Regno e il Giardino, Vicenza: Neri Pozza,  Lo studiolo, Collana Saggi, Torino, Einaudi, . A che punto siamo? L'epidemia come politica, Macerata, Quodlibet,  Note  Giulia Farina, Enciclopedia della letteratura, Garzanti, 1997 p.9  Con il quale progetta una rivista. Cfr. l'ultimo capitolo di Infanzia e storia, Einaudi, Torino. Giorgio Agamben  Al quale si rivolge con L'amico, Nottetempo, Roma. Cfr. la lettera di solidarietà di Carla Benedetti dell'11 gennaio 2004 su "Nazione indiana":  la pagina sul sito della scuola.  Del quale ha diretto per qualche tempo le edizioni complete presso Einaudi, prima di abbandonare il progetto per contrasti con la casa editrice. cfr. la lettera a "la Repubblica" del 13 novembre 1996.  . Tra l'altro ha lavorato per il Warburg Institute negli anni,grazie alla cortesia di Frances Yates  . Altri autori di cui si è occupato sono Charles Baudelaire, Robert Walser, Paul Valéry, Antonio Delfini, Giorgio Manganelli, Max Kommerell, Elsa Morante, Giovanni Pascoli, Victor Segalen, Giorgio Caproni, Patrizia Cavalli, Marcel Proust, Arnaut Daniel ecc.  Paolo Vernaglione, TEOLOGIAIl «Mistero del male» di Giorgio Agamben. Fuga dal tempo del dominio [collegamento interrotto], in il manifesto, Lettera ad H. Arendt, 1970 (The Hannah Arendt Papers at the Library of Congress)   Roberto Gilodi, BenjaminUno «straccivendolo» alla ricerca capillare dei rifiuti di Baudelaire, in Alias, Roma, il manifesto,   cite web url=http://iep.utm.edu/a/agamben.htm  G.Agamben, Chiarimenti  Andrea Cavalletti, "La guerra civile, paradigma della politica" Archiviato il 4 marzo  in ., il manifesto Prima della pubblicazione di Stasis, questo volume era numerato II,2. Thomas Carl Wall, Radical Passivity: Levinas, Blanchot and Agamben, postfazione di William Flesch, Albany: State University of New York Press, 1999  Philippe Mesnard e Claudine Kahan, Giorgio Agamben à l'epreuve d'Auschwitz: temoignages, interpretations, Paris: Éditions Kimé, Eva Geulen, Giorgio Agamben zur Einführung, Hamburg: Junius,Alfonso Galindo Hervas, Politica y mesianismo: Giorgio Agamben, Madrid: Biblioteca nueva, Asselin e Jean-Francois Bourgeault , La littérature en puissance autour de Giorgio Agamben, Montréal: VLB, Calarco e Steven DeCaroli , Giorgio Agamben. Sovereignty and Life, Stanford: Stanford University Press, 2007 Francesco Valerio Tommasi, Homo sacer e i dispositivi. Sulla semantica del sacrificio in Giorgio Agamben, «Archivio di filosofia », Justin Clemens, Nicholas Heron e Alex Murray, The Work of Giorgio Agamben. Law, Literature, Life, Edinburgh: Edinburgh University Press, 2008Greg Bird. Containing Community: From Political Economy to Ontology in Agamben, Esposito, and Nancy. Albany: State University of New York Press, Leland de la Durantaye, Giorgio Agamben: A Critical Introduction, Stanford: Stanford University Press Alex Murray, Giorgio Agamben, London-New York: Routledge, Thanos Zartaloudis, Giorgio Agamben. Power, Law and the Uses of Criticism, London-New York: Routledge,  (DE) Oliver Marchart, Die politische Differenz zum Denken des Politischen bei Nancy, Lefort, Badiou, Laclau und Agamben, Berlin: Suhrkamp, William Watkin, Literary Agamben: Adventures in Logopoiesis, London-New York: Continuum, Vittoria Borsò et alii , BenjaminAgamben, Wurzburg: , Konigshausen & Neumann,  Lucia Dell'Aia , Studi su Agamben, Milano: Ledizioni,  (con saggi di Witte, Liska, Dell'Aia, Talamo, Miranda, Recchia Luciani) Francesco Valerio Tommasi, "L'analogia in Carl Schmitt e Giorgio Agamben. Un contributo al chiarimento della teologia politica", in L'ircocervo, /1.Jacopo D'Alonzo, "El origen de la nuda vida: política y lenguaje en el pensamiento de Giorgio Agamben", in Revista Pléyade, C. Salzani, Introduzione a Giorgio Agamben, Il Nuovo Melangolo,  (HR) Mario Kopić, Giorgio Agamben, «Tvrđa», 1-2, ,  44–93. Flavio Luzi, Quodlibet. Il problema della presupposizione nell'ontologia politica di Giorgio Agamben, Stamen, Roma . E. Castano, Agamben e l'animale. La politica dalla norma all'eccezione, Novalogos,  Carlo Crosato, Critica della sovranità. Foucault e Agamben. Tra il superamento della teoria moderna della sovranità e il suo ripensamento in chiave ontologica, Orthotes,  V. Bonacci , Giorgio Agamben. Ontologia e politica, Quodlibet  Lucia Dell'Aia e Jacopo D'Alonzo , Lo scrigno delle segnature. Lingua e poesia in Giorgio Agamben, Istituto Italiano di Cultura, Amsterdam . Con uno scritto inedito di G. Agamben (Porta e soglia) e contributi di: L. Dell'Aia, R. Talamo, C. Salzani, J. D'Alonzo, V. BorsòColilli.  Bios (filosofia) Zoé (filosofia) Homo sacer Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Giorgio Agamben Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giorgio Agamben Opere di Giorgio Agamben, . Opere riguardanti Giorgio Agamben, . Giorgio Agamben, su Goodreads.   italiana di Giorgio Agamben, su Catalogo Vegetti della letteratura fantastica, Fantascienza.com. Giorgio Agamben, su Internet Movie Database, IMDb.com.  Catherine Mills, Giorgio Agamben, su Internet Encyclopedia of Philosophy. L'aperto. L'uomo e l'animale. Recensione da LiberCensor.net. Agambeniana.  delle opere di Giorgio Agamben, ferma al gennaio 2004, su agamben.web.fc2.com. Jacopo D'Alonzo,  di Giorgio Agamben (aggiornata al dicembre ) , su filosofia-italiana.net. 9 aprile  13 aprile ). "Il frutto maturo della redenzione", Toni Negri su Agamben Altissima povertà. Regole monastiche e forma di vita recensione da Sitosophia Il mistero del male Traduzione spagnola nel 68esimo numero del magazine messicano "Fractal".  Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Agamben” – The Swimming-Pool Library.

 

AGAZZI. (Genova). Grice: “I like [Emilio] Agazzi; his tutees thought he was into the ‘impegno della ragione,’ but then MY tutees thought that I was into the philosophical grounds (as in coffee) of rationality: intentions, categories, ends – I go by “H. P. Grice,” so surely I can find an acronym that would NOT leave the essential “H” out – as in Speranza’s GHP – a highly powerful or hopefully plausible version of Myro’s system G – “in gratitude to Paul Grice.” Grice: “Agazzi is a marxist – cf. my ontological Marxism, I am one, too – so his ‘ragione’ is Hegelian – he has also philosophised on Croce, and idealism, but the idea that there is ‘impegno’ behind reason is tutorial – surely reason is a natural faculty that does not require much of an ‘impegno’ – the more impegno, the less rational you will be counted – if he means that!” -- Filosofo. Agazzi nacque a Genova. Qui conseguì la maturità classica a la laurea in lettere e filosofia con una tesi su Il pensiero filosofico di Piero Martinetti presso l'Università Statale. Fu assistente volontario di storia della filosofia dapprima a Genova dal 1945 al 1954, dove fu in particolare influenzato dal pensiero di Adelchi Baratono, ordinario di filosofia teoretica, e successivamente, dal 1954 al 1964, a Pavia (ove in particolare collaborò con Ludovico Geymonat e Vittorio Enzo Alfieri); contemporaneamente, dal 1949 al 1972, insegnò filosofia nei licei di Genova, Voghera e Pavia. Nel 1964 conseguì la libera docenza in storia della filosofia moderna e contemporanea; dal 1965 al 1968 insegnò filosofia della religione nella facoltà di Lettere e filosofia a Milano, in particolare riprendendo il suo interesse per Piero Martinetti; mentre nella stessa facoltà insegnò dal 1969 al 1982 filosofia della storia, ottenendo un incarico stabile dal 1973.  Dalla seconda metà degli anni Settanta si dedicò in particolare allo studio della filosofia tedesca moderna contemporanea, accentrando la sua attenzione sulla Scuola di Francoforte, città in cui svolse ricerche approfondite ed ebbe contatti con docenti universitari; negli stessi anni frequentò ripetutamente università tedesche, polacche e jugoslave.  Impegno politico Da sempre attento agli sviluppi del pensiero marxista in Italia e in Europa, accompagnò la sua intensa attività di ricerca scientifica ad un attivo impegno politico: esponente del Partito Socialista Italiano negli anni Cinquanta, nei decenni successivi aderì dapprima al PSIUP, quindi al PDUP e a Democrazia Proletaria. Collaborò in varie forme a molte riviste e quotidiani della sinistra (tra gli altri Il Lavoro Nuovo, l'Avanti!, Mondoperaio, Quaderni Rossi, Passato e Presente, Classe); nel 1983 fondò la rivista di teoria politica Marx centouno.  Dopo il 1986, gravemente ammalato, dovette rinunciare ai suoi studi, lasciando nel 1990 l'insegnamento. Morì a Pavia il 25 settembre 1991.  Archivio L'archivio di Emilio Agazzi e gran parte della sua biblioteca sono stati do 1992 dagli eredi alla Fondazione Turati, dove è tutt'ora conservato presso l'archivio della Fondazione; il fondo contiene quaderni di appunti, manoscritti e materiali di lavoro per il periodo dagli anni Quaranta agli anni Ottanta del Novecento.  Opere Il giovane Croce e il marxismo, Einaudi, 1962 Linee fondamentali della ricezione della teoria critica in Italia, in L'impegno della ragione. Per Emilio Agazzi (Cingoli, Calloni, Ferraro), Milano, Unicopli, 1994. Filosofia della natura. Scienza e cosmologia, Piemme, Casale Monferrato 1995. La filosofia di Piero Martinetti, Sandro Mancini, Amedeo Vigorelli e Marzio Zanantoni, Edizioni Unicopli, Milano, . Traduzioni Jürgen Habermas, Etica del discorso, Laterza, Bari-Roma  Note  Agazzi Emilio, su SIUSA Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. 21 febbraio .  Fondo Agazzi Emilio, su SIUSA Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.  Collezione Emilio Agazzi  su Fondazione di studi storici "Filippo Turati". 21 febbraio .  E. Capannelli ed E. Insabato , Guida agli Archivi delle personalità della cultura in Toscana tra '800 e '900. L'area fiorentina, Firenze, Olschki, Scuola di Milano  Emilio Agazzi, su siusa.archivi.beniculturali, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.Collezione Emilio Agazzi su Fondazione di studi storici "Filippo Turati". Filosofia Filosofo Professore1921 1991 18 novembre 25 settembre Genova Pavia

 

AGAZZI. (Bergamo). Grice: “[Evandro] Agazzi has all the best intentions, but perhaps he lacks a Lit. Hum. background – he basically approaches my topic of “logica filosofica” which he contrasts with ‘logica matematica,’ and he has a special tract on my pont about ‘formalismo’,’ which I later called ‘modernism’ – “ragioni e limiti del formalismo” – his essay on ‘mondo incerto’ reminds me of my ‘intention and uncertainty’!” – Filosofo. Figlio di Agazzi, ordinario di pedagogia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università Cattolica di Milano e preside della Facoltà di Magistero, fu allievo di Gustavo Bontadini e amico di Ludovico Geymonat, con cui a lungo collaborò, durante gli studi di filosofia presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e di fisica presso l'Università Statale di Milano. In seguito si è perfezionato all'Oxford, a quella di Marburg ed a quella di Münster; dal 1963 è libero docente in Filosofia della scienza e dal 1966 in Logica matematica.  Evandro Agazzi ha inizialmente insegnato Geometria superiore, Logica matematica e Matematiche complementari presso la facoltà di Scienze dell'Genova; ha insegnato altresì Logica simbolica presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, Filosofia della scienza e Logica matematica presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.  Dal 1970 è Professore di Filosofia della scienza presso l'Genova e dal 1979 detiene la cattedra di Antropologia filosofica, Filosofia della scienza e Filosofia della natura presso l'Friburgo in Svizzera. È stato professore invitato nelle Berna, Ginevra, Düsseldorf, Pittsburgh ed anche all'Stanford; è dottore honoris causa dell'Córdoba (Argentina).  Ha presieduto numerose associazioni filosofiche nazionali e internazionali: Società Filosofica Italiana, Società Italiana di Logica e Filosofia delle scienze, Società svizzera di Logica e Filosofia delle scienze, Federazione internazionale delle Società filosofiche; è stato membro del Comitato Nazionale per la Bioetica. Attualmente è presidente della Académie Internationale de Philosophie des Sciences e dell'Institut International de Philosophie.  Pensiero I settori ai quali Evandro Agazzi ha rivolto prevalentemente i suoi interessi sono stati: la filosofia generale della scienza, la filosofia di alcune scienze particolari (matematica, fisica, scienze sociali, psicologia), logica, teoria dei sistemi, etica della scienza, bioetica, storia della scienza, filosofia del linguaggio, metafisica antropologia filosofica, pedagogia.  Attualmente le sue ricerche riguardano per un verso la caratterizzazione dell'oggettività scientifica e la difesa di un realismo scientifico basato su un approfondimento delle nozioni di riferimento e di verità, con le relative implicazioni di tipo ontologico, per un altro l'approfondimento del concetto di persona e delle varie conseguenze che ne derivano, in particolare nel campo della bioetica.  Filosofia della scienza La riflessione di Agazzi assume come punto di partenza la necessità gnoseologica di stabilire nella conoscenza scientifica «la più perfetta forma di conoscenza oggi a disposizione dell'uomo». Su questa base, anche i metafisici devono necessariamente passare per l'epistemologia, intesa come fondazione delle «strutture metodologichedella scienza». L'epistemologia, come la intende Agazzi, assume la scienza come un sapere oggettivamente rigoroso: tuttavia l'oggettività in questione non è quella metafisica delle essenze o quella fisica delle qualità, bensì un'oggettualità e intersoggettività.  Sulla base di questi due punti, come Agazzi specifica nel suo celebre libro intitolato Temi e problemi di filosofia della fisica, l'oggetto di una disciplina scientifica è la cosa, esaminata da un punto di vista tale per cui il ricercatore si pone grazie a una precisissima impostazione metodologica, tramite la quale ritaglia su una cosa un aspetto (oggettività), condiviso dai ricercatori che accettano gli stessi criteri di oggettivazione (intersoggettività). Il rigore scientifico cessa di essere inteso in senso dialettico e confutatorio o in senso matematico e quantitativo: è piuttosto inteso nel senso di dar ragione tramite l'immediato empirico o il mediato logico.  In questa prospettiva, la scienza assume la forma di un linguaggio che parla di un universo di oggetti. La configurazione della scienza è caratterizzata da quattro peculiarità:  è realistica, giacché fa costante riferimento alla realtà; è relativa, giacché costituisce il proprio oggetto; è rigorosa, giacché ha una valenza che è sia logica sia linguistica; è responsabile, giacché si pone il problema etico delle conseguenze che da essa scaturiscono. Per Agazzi, la filosofia non deve però limitarsi a fare queste riflessioni sulla scienza: deve anche operare un'incessante ricerca del fondamento, sia attraverso la critica dello scientismo e dell'ideologismo, sia attraverso la proposta di quello che Agazzi chiama, in I compiti della ragione, un «uso costruttivo della ragione: quello che si avvale dell'argomentazione, quello che cerca di comprendere e, al massimo, di persuadere».  Opere Lógica Simbólica Temi e problemi di filosofia della fisica (1969) Temas y problemas de la Filosofía de la Física (1978) Il bene, il male e la scienza El bien, el mal y la Ciencia Filosofía de la naturaleza: Ciencia y Cosmología La ciencia y el alma de Occidente ( Introduzione ai problemi dell’assiomatica (1961) Le geometrie non euclidee e i fondamenti della geometria, (en colaboración con D. Palladino,  I sistemi fra scienza e filosofia Studi sul problema del significato (1979) Modern Logic. A. Survey (ed. 1981) Scienzia e fede. Nuove prospettive su un vecchio problema (1983) Storia delle scienze La filosofia della scienza in Italia nel '900 (1986) Weisheit im Technischen,  Philosophie, science, métaphysique (1987) Probability in the Sciences L’objectivité dans les differentes sciences (1988) Filosofia, scienza e verità con L.Geymonat y F. Minazzi, Logica filosofica e logica matematica Quale etica per la Bioetica?  La comparabilité des théories scientifiques (1990) Philosophy and the Origin and Evolution of the Universe (con A. Cordero, 1991) The problem of Reductionism in Science Science and sagesse (1991) Bioetica e persona (1993) Cultura scientifica e interdisciplinarità  Interpretazioni attuali dell’uomo: filosofia, scienza, religione Il tempo nella scienza e nella filosofia Filosofia della natura, Scienza e cosmologia (1995). Prefazione di F. Minazzi. Philosophy of Mathematics today (con G. Darvas, 1997) Realism and Quantum Physics (1998) Novecento e Novecenti (1999) Paidéia, verità, educazione, The Realty of the Unobservable (con M. Pauri, 2000) Etica y manipulación genética (2000) Life-Interpretation and the Sense of Illness within the Human Condition (con A.T. Tymieniecka  The Problem of the Unity of Science (con J. Faye, 2001) Philosophie et tolérance (2000) Complexity and Emergence (con M. L. Montecucco, 2002) Right, Wrong and Science. The Etical Dimensions of the Techno-Scientific Enterprise (2004) Valore e limiti del senso comune, 2004. Operations and Constructions in Science (con Ch. Thiel), 2006. Epistemology and the Social (con A. Gómez y J. Echeverría) Science and Ethics. The Axiological Contexts of Science (con Fabio Minazzi), Bruxelles, 2008. Time in the Different Scientific Approaches/Le temps appréhendé à travers diffèrentes disciplines, 2008. Scienza (entrevista coni Giuseppe Bertagna), 2008. Le rivoluzioni scientifiche e il mondo moderno, 2008. Relations Between Human Sciences and Natural Sciences/Relations entre sciences humaines et sciences naturelles (ed. with Giuliano Di Bernardo), . Evolutionism and Religion (ed. with Fabio Minazzi), . La ciencia y el alma de Occidente, . Ragioni e limiti del formalismo, . Representation and Explanation in the Sciences, . The Legacy of A.M. Turing, . Science, MeTaphysics, Religion, . Scientific Objectivity and its Contexts The Practical Turn in Philosophy of Science (ed. with Gerrhard Heinzmann), . Note  Cfr. l'articolo ”Don Carlì, una vita al Seminario. Un libro per l'uomo cuore di Città Alta“, in L'eco di Bergamo, Giovedì 20 novembre 42.  Storia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Le fonti, Volume 1, Alberto Cova, Vita e Pensiero, Milano, 2007557.  Scuola di Milano Epistemologia Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Evandro Agazzi Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Evandro Agazzi  Evandro Agazzi, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Evandro Agazzi, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.  Opere di Evandro Agazzi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.  Pagina personale di Evandro Agazzi sul sito dell'Genova. Valori e limiti del senso comune, Evandro Agazzi, Milano, FrancoAngeli. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Agazzi” – The Swimming-Pool Library.

 

AGOSTINO. (Roma). Grice: “I like Agostino; he has philosophised exactly about what I did: identita personale; libero albitrio; and some of the topics that I philosophised with H. L. A. Hart, notably ‘parole di giustizia,’ and ‘bias’: ‘violenza e giustizia’ -- Filosofo.  Consegue la laurea in giurisprudenza nel 1968. Ha insegnato nelle Lecce, Urbino e Catania. Ordinario è professore di Filosofia del diritto e di Teoria generale del diritto presso l'Università degli studi di Roma Tor Vergata, in cui ha diretto il Dipartimento di "Storia e Teoria del Diritto". Insegna altresì alla LUMSA e alla Pontificia Università Lateranense ed è professore visitatore in diverse università straniere.  Tra i maestri che hanno influenzato il suo pensiero figurano Sergio Cotta e Vittorio Mathieu. Particolare attenzione è dedicata nella sua produzione scientifica alla teoria della giustizia, alle tematiche della bioetica, e quindi alle problematiche della tutela del diritto alla vita, alla teoria della famiglia.  Nel suo scritto La sanzione nell'esperienza giuridica, del 1989, sostiene e riattualizza la teoria retributiva della pena.  Già membro del Consiglio Scientifico dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana, attualmente è Presidente onorario del Comitato nazionale per la bioetica, di cui è membro fondatore e di cui è stato presidente negli anni 1995-1998 e 2001-2006. Ricopre inoltre la carica di Presidente dell'Unione Giuristi Cattolici Italiani. È membro della Pontificia Accademia per la Vita.  È stato direttore di Iustitia e Nuovi Studi Politici; attualmente è condirettore della Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto. Dirige per l'editore Giappichelli la collana Recta Ratio. Testi e studi di Filosofia del diritto, nella quale sono apparsi più di cento volumi. È inoltre editorialista del quotidiano Avvenire. Grazie a queste cariche e alle sue pubblicazioni, oggi D'Agostino è considerato uno degli intellettuali di riferimento del movimento teocon italiano.  Ha coordinato la sessione "I cattolici, la politica e le istituzioni" nell'ambito dei lavori del X Forum del Progetto culturale della Conferenza Episcopale Italiana sui 150 anni dell'Unità d'Italia.  Polemiche sul tema dell'omosessualità Ha suscitato polemiche la constatazione di D'Agostino per cui le unioni omosessuali sono «costitutivamente sterili»: la constatazione fu ripresa dal ministro Mara Carfagna nel 2007 che affermava che «non c'è nessuna ragione per la quale lo Stato debba riconoscere le coppie omosessuali, visto che costituzionalmente sono sterili» e che «per volersi bene il requisito fondamentale è poter procreare».  Opere: Abbozzo diritto Questa sezione sull'argomento diritto è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di . Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. La sanzione nell'esperienza giuridica, 1989 Una filosofia della famiglia, Diritto e Giustizia, Filosofia del diritto, Parole di Bioetica, Parole di Giustizia, Lezioni di filosofia del diritto, Lezioni di teoria generale del diritto, Bioetica, nozioni fondamentali, Il peso politico della Chiesa, Un Magistero per i giuristi. Riflessioni sugli insegnamenti di Benedetto XVI,  Bioetica e Biopolitica. Ventuno voci fondamentali  Corso breve di filosofia del diritto,  Jus quia justum. Lezioni di filosofia del diritto e della religione  Famiglia, matrimonio, sessualità. Nuovi temi e nuovi problemi. Carfagna: "Gay costituzionalmente sterili" da La Repubblica. F Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Agostino” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza.

 

AGRESTA. (Mammola). Grice: “I would hardly call Agresta a philosopher, but then my working site was formerly a Cisterian monastery and bore the name of San Giovanni il Battista, so who am I to judge?! In any case, I always wondered why Loeb (in the Macmillan edition) cared to publish the four volumes of letters of Basil (of Blackwell fame) – now I know – Agresta dedicated his life to this saint – In a way I drew from him in my netasteousia, i. e. transubstantatio – how a pirot-1 becomes a pirot-2 – a human becomes a person. Pater used to say that at Oxford it’s all about Hellenism, no Ebraismo! Yet Agresta, an Italian, of sorts --  he was half-Greek! – is a good example, alla Basil, of how troublesome those with a classical – i. e. Graeco-Roman – education found all those ‘heresies’ of the Christian dogma! Three persons in one – and the rest of them. Hardie used to tell me, ‘Lay the blame on the Christian doctrine, not on Aristotle’s theory of the substdance!” --  Filosofo. Abate Generale dei Basiliani d'Italia è ritenuto tra i più illustri dell'ordine Basiliano. Nato a Mammola (RC) il 10 gennaio 1621, morì a Messina il 23 Dicembre 1695. Al battesimo fu chiamato Domenico, figlio di Giovanni Michele Agresta e di Dianora Scarfò. Inizia i primi studi alla Grancia Basiliana di Mammola, continua al seminario di Gerace, a 16 anni frequenta gli studi superiori a Napoli, ma viene colto da febbre maligna e miracolosamente come egli afferma recupera la guarigione ritornando a Mammola. Dopo due anni il 23 luglio 1639 veste l'abito di San Basilio Magno nel monastero del San Salvatore di Messina. Abbandonando il nome Domenico prende quello di Paolo; l'anno successivo viene consacrato sacerdote nella basilica di Sant'Apollinare di Ravenna, ricevendo il nome di Apollinare e inizia la professione monastica.  Don Apollinare Agresta dotto teologo, filosofo, studioso, storico e scrittore. Nel 1669 fu insignito del titolo di Maestro di sacra teologia. Negli anni successivi il 24 luglio 1675, viene nominato Abate Generale dell'Ordine dei Basiliani d'Italia da Papa Clemente X, con l'incarico di riorganizzare l'ordine dei Basiliani; nel 1680 veniva ancora confermato, poi riconfermato da Papa Innocenzo XI, ed ancora un'altra volta nel 1692 da Papa Alessandro VIII. Conservò la carica fino alla morte.  Ha rivestito incarichi prestigiosi. Giovanissimo viene insignito di numerose cariche: è responsabile di diversi monasteri della Provincia di Calabria e d'Italia, introduce nuovi metodi di studio per gli studenti, procurandosi fama e onore dalle comunità locali e religiose. Ricopre la carica di Abate al monastero di S. Onofrio, presso Monteleone oggi Vibo Valentia, regge successivamente la Grangia di San Biagio del monastero basiliano di San Nicodemo di Mammola (RC); ma anche fu inviato al monastero italo-greco di San Giovanni Theresti di Stilo (RC), a reggere il monastero di Mater Domini in Nocera de' Pagani nella Campania, e dopo viene nominato Procuratore Generale della Badia di Grottaferrata, oggi Monastero di Santa Maria di Grottaferrata, meglio conosciuto come Monastero di San Nilo.   RomaChiesa di San Basilio (Stemma visibile sugli archi della Chiesa)  RomaChiesa di San Basilio (Lapide a conferma della edificazione voluta da Don Apollinare Agresta) L'Agresta ebbe sempre a cuore il decoro nel culto e delle costruzioni ed arredamenti degli edifici religiosi. Fu edificata da lui nel 1682 la Chiesa di San Basilio agli Orti Sallustiani a Roma, che si trova in Via San Basilio vicino a Piazza Barberini, come conferma una lapide marmorea in latino dentro la chiesa. Nella Grancia Basiliana di Mammola edificò una cappella in onore di San Nicodemo Abate Basiliano e affidatala alla sorella Vittoria vi fece collocare le reliquie del santo (in seguito al terremoto le reliquie sono conservate nella cappella di San Nicodemo nella Chiesa Matrice di Mammola). Si adoperò per la costruzione del Collegio di San Basilio a Roma. Nel monastero di Rosarno restaurò la cappella della Madonna. Acquistò campi e case e restaurò numerosi monasteri permettendo ai monaci di vivere una vita più comoda. Donò indumenti liturgici in tutti i monasteri basiliani.  I Monaci Basiliani del Monastero di Grottaferrata (Roma) devotamente ricordano il loro Generale conservandone, con cura gelosa, un guanto pontificale. Marco Petta eFrancesco Russo, studiosi e storici del Monastero di Grottaferrata, sono state le ultime due personalità religiose che hanno scritto in ricordo dell'Abate Generale Don Apollinare Agresta, consultando all'interno del monastero la vasta biblioteca che conserva scritti di grande valore e importanza.  Nel Museo Diocesano di Reggio Calabria, si può ammirare un reliquario a braccio, che conserva le reliquie di San Giovanni Thereste, donate dall'Agresta quando ricopriva la carica di Abate del Monastero italo-greco di Stilo.  Un ritratto in giovane età del monaco è pubblicata nel libro "Mammola" di Don Vincenzo Zavaglia.  Alcune Opere Autori di numerose pubblicazioni, i libri di Don Apollinare Agresta, a distanza di secoli, ancora oggi vengono consultati e citati da numerosi ricercatori e studiosi, tra le sue opere più importanti ricordiamo:  Vita di San Basilio Magno (Roma 2ª ed., Messina). Ancor oggi pregevole per le molte notizie che ci dà dei monasteri basiliani delle Calabrie e d'Italia. Vita di S. Giovanni Theristi (Roma Vita di San Nicodemo A.B. (Roma Privilegi e concessioni fatti dal Gran Conte Ruggero al sacro archimandritale Monastero di Giov. Theristi (Roma 1675); Constitutiones Monachorum Ordinis S. Basilii Magni Congregationis Italiae (Roma) Compendio delle Regole o vero Costitutioni monastiche di S. Basilio raccolto dal Bessarione (Roma 1689)Ristampa; Sono rimaste invece inedite alcune brevi biografie riguardanti San Luca di Tauriano, il beato Stefano di Rossano, San Proclo di Bisignano, la beata Teodora Vergine, San Onofrio di Belloforte e San Fantino di Tauriana.  D. Vincenzo Zavaglia, Mammola, Frama Sud, Chiaravalle C. Marco Petta, Apollinare Agresta Abate Generale Basiliano, Tipogr. Italo-Orientale S. Nilo Grottaferrata 1981. Apollinare Agresta, in Enciclopedia Treccani, 1929 Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Monastero di Santa Maria di Grottaferrata o Monastero di San Nilo, su abbaziagreca. Santuario di San Nicodemo, su sannicodemodimammola. Foto di Don Apollinare Agresta alla giovane età di 24 anni, su flickr.com.  Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Agresta” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

 

AJELLO. (Napoli). Grice: “I love Ajello; bevause he was a Plathegelian, while I’m an Ariskantian; I always found Plathegel very HARD to understand, Ajello doesn’t; there’s something in an Italian that makes Hegel’s Dutchiness very comprehensible, even more so than to the Dutch themselves!” Filosofo -- discepolo di Puoti, aprì uno studio privato come maestro ma ebbe vita stentata fino a quando ottenne un posto al ministero dell'Istruzione.  Partecipò ai moti e per questo fu licenziato in tronco. Fu arrestato e gli fu vietato l'insegnamento pubblico e «di far uso anche moderatissimo della stampa» , per cui dovette tornare all'insegnamento privato della filosofia e della letteratura.  Seguace convinto della filosofia hegeliana, che contribuì a diffondere in Italia, basava il suo insegnamento soprattutto sull'Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio.  Opere: “Della muliebrità della volgar letteratura dei tempi di mezzo”; “Napoli e i luoghi celebri delle sue vicinanze”; “Discorsi di storia e letteratura” -- Enciclopedia Italiana Treccani alla voce corrispondente  Opere di Giambattista Ajello, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.  Refs: Luigi Speranza, “Grice ed Ajello” – The Swimming-Pool Library.

 

ALBERGAMO. (Favara). Grice: “Albergamo is a fascinating author – a very Italian philosopher who can teach Lucrezio and the classics at the ‘gym,’ as they call it, and yet survey the ‘storia delle scienze essate’ and the ‘storia delle scienze empiriche.’ Alla Bridgman, he is into ‘the logic of the science.’ But he can also define the ‘spirit’ in terms of ‘freedom.’ He has also analysed, vis-à-vis- his interest in Galieleo and science, the very Italian idea (already in Cicerone) of ‘super-stitio’ and magic – his approach to these matters is phenomenological, which coming from Favara as he does, is understandable!” --  Filosofo. e un pioniere della filosofia della scienza in Italia. Nato a Favara, in provincia di Agrigento, da Giacomo e Giuseppina Butticé. Suo nonno era un ricco proprietario di una rinomata pasticceria di Favara. Il padre, ferroviere, fu trasferito prima a Messina e poi a Palermo, portando con sé la famiglia. A causa di questi trasferimenti, svolge gli studi liceali da autodidatta, conseguendo poi la laurea in filosofia presso l'Palermo.  Nel 1931, vinto il concorso a cattedra di storia e filosofia, si trasferisce a Trapani, dove insegna al liceo classico Ximenes, e dove sposa Maria Carmela Rizzo, da cui avrà quattro figli. Insegna poi a Benevento ed infine a Napoli presso il Liceo classico statale Vittorio Emanuele II, dal 1936 al 1967.  Pressoché tutta l'attività filosofica e didattica di Francesco Albergamo si svolge a Napoli, ed è caratterizzata dal clima culturale molto vivo nella città di Benedetto Croce. Come filosofo, si dedica a due principali linee di attività. La prima è dedicata all'insegnamento ed alla didattica della filosofia, l'altra allo studio del rapporto tra filosofia e scienza. In entrambe le linee, il suo lavoro ha avuto una grande caratura culturale, e la sua personalità fu considerata, nella città di Napoli, di grande spessore etico, per la generosità e l'impegno che hanno contraddistinto la sua vita.  Circa la prima linea, il ricordo della sua attività didattica è rimasto a lungo nei tantissimi giovani che hanno ricevuto una solida formazione filosofica di cultura laica, razionale, liberale. Vero è che a Benevento, dove aveva insegnato per soli due anni, gli è stata dedicata una strada che, significativamente, parte da Piazzale Benedetto Croce per poi ricollegarsi a Via Francesco de Sanctis.  Al Liceo Classico Vittorio Emanuele tra i diversi allievi che si sono distinti nel campo della filosofia e della cultura ricordiamo in particolare due delle figlie di Benedetto Croce. Il suo nome è ricordato in una lapide dedicata alle più illustri personalità che vi hanno insegnato, tra cui Giovanni Gentile. Oltre all'insegnamento nei licei, è stato libero docente di filosofia teoretica presso l'Napoli, dove ha svolto una intensa attività di corsi e conferenze.  Con i suoi manuali di storia della filosofia, e con numerose pubblicazioni dedicate ai licei, FA costituisce un importante punto di riferimento nella didattica della filosofia a livello nazionale, prima per il classico e poi anche per lo scientifico. Una notevole attività è anche dedicata alla formazione dei docenti di filosofia, con numerosi articoli, pubblicazioni, corsi e conferenze.  L'altra linea di attività, quella dedicata allo studio del rapporto tra filosofia e scienza, si snoda lungo un arco di tempo molto vasto, che va dall'inizio degli anni '30 fino alla sua scomparsa, nel 1973. I risultati sono confluiti nella pubblicazione di importanti saggi filosofici (vedi ).  Di formazione idealistica e kantiana, appena trasferitosi a Napoli, nel 1936, instaura un rapporto stretto con Benedetto Croce, con frequenti visite e colloqui nella sua abitazione a Palazzo Filomarino, guardata a vista dalla polizia.  Dalle sue lettere a Croce (73, 74, 75), si evince un chiaro riconoscimento di Croce come suo Maestro, oltre a forti sentimenti di devozione e di sincera amicizia.  In particolare, alla caduta del fascismo, esprime al Maestro la sua "profonda gioia" perché "finalmente l'Italia comincia a incamminarsi per la via maestra che le avevate additato", e prosegue poi: "Gioiamo della gioia vostra e dei vostri cari: della gioia che ora, dopo tutto quello che voi, giusto, avete sofferto, aleggia sulla vostra casa" (73).  Questo rapporto si affievolisce a partire dai primi anni '50, quando più che la filosofia fu la politica a provocare un allontanamento di Francesco Albergamo dall'ambito crociano, per aderire progressivamente agli orientamenti ed alle ideologie della sinistra e del marxismo.  Già agli inizi degli anni '50, aderisce al movimento dei "Partigiani della Pace", nato a Parigi nel 1949 sotto il simbolo della colomba della pace, appositamente dipinta da Pablo Picasso,stringendo una forte amicizia con Lucio Lombardo Radice, Maurizio Valenzi, Renato Caccioppoli, Ambrogio Donini e altri.  Nell'estate del 1952 partecipò ad una delegazione in visita alla repubblica democratica tedesca, assieme a Giancarlo Pajetta, Renato Guttuso, Francesco Flora. La visita era, naturalmente, finalizzata a diffondere ed esaltare le "conquiste del socialismo". Di ritorno dal viaggio, il Ministero dell'Interno dispose il ritiro del passaporto, e quello della Pubblica Istruzione gli comminò una ammonizione, come se avesse abbandonato il servizio senza autorizzazione, mentre il viaggio era stato fatto nel periodo di chiusura estiva delle scuole. Fu forse questo episodio, che Francesco Albergamo considerò una manifesta soperchieria di stampo scelbiano, che lo indusse l'anno successivo ad iscriversi al PCI, salutato da Togliatti con un cordiale telegramma di benvenuto.  Nel corso di tutti gli anni '50, partecipò attivamente alla vita culturale e politica della città di Napoli, che in quel periodo era in grande effervescenza. Il movimento culturale della sinistra napoletana non si riconosceva pienamente in una ideologia, come afferma Gerardo Marotta, "ma si fondava su un dibattito filosofico che traeva i suoi succhi da un corale sforzo di comprensione del proprio tempo" (80). Il dibattito raccoglieva e valorizzava l'eredità culturale degli illuministi e degli hegeliani napoletani del secolo precedente, attingendo alla lezione storicistica meridionale che va da G.B. Vico a Croce, passando per F. De Sanctis e G. Salvemini, e collegandosi poi al pensiero di Antonio Gramsci.  L'Albergamo partecipa con conferenze che venivano organizzate dalle associazioni culturali napoletane tra cui "Cultura Nuova" ed il "Gruppo Gramsci", ed accetta, sia pure a malincuore, una candidatura del PCI alle elezioni comunali di Napoli.  Il problema del rapporto tra filosofia e scienza viene visto in termini di nuovi modi e nuovi contenuti per la didattica delle scienze e della filosofia. Tra i primi in Italia, ed in aperta polemica con la scuola crociana ed il clima dominante, Francesco Albergamo avverte i rischi, per lo sviluppo della società italiana, di una cultura prevalentemente classica: "Con la seconda rivoluzione industriale che è in atto in tutto il mondo, noi italiani non ci possiamo permettere il lusso di rimanercene ancorati ad una cultura prevalentemente classica ed umanistica."  L'Albergamo lavorò con la passione di una intera vita, fino a pochi giorni dalla sua morte. L'ultimo suo scritto uscì postumo su "Critica" marxista"(69). In seguito alla sua scomparsa, avvenuta il 14 ottobre 1973, il quotidiano comunista L'Unità dette notizia della sua scomparsa con un lungo articolo (79).  Il pensiero filosofico Possiamo, per semplicità di esposizione, dividere l'opera dell'A in tre periodi. Nel primo periodo, il pensiero dell'Albergamo si muove nel quadro di una concezione filosofica di tipo idealistica, dominata in Italia dal pensiero di Benedetto Croce e Giovanni Gentile.  Tuttavia, più che alle tematiche tipiche dell'idealismo, è interessato ai problemi nuovi che si pongono al pensiero filosofico a causa dello sviluppo impetuoso della scienza nel novecento, in particolare nei settori della fisica relativistica e quantistica, della matematica, e della biologia. Francesco Albergamo precorre, in una prospettiva idealistica, la necessità di un dialogo costruttivo, osmotico, della filosofia con le particolari discipline scientifiche ed empiriche.  Nel primo lavoro scientifico (1), richiamandosi all'insegnamento di Kant, sostiene che la scienza, come esperienza dell'attività dello spirito, è resa possibile dalle forme trascendentali. Tuttavia, sostiene l'Albergamo, gli sviluppi più recenti della matematica (geometrie non euclidee, matematiche non archimedee, gli iperspazi, ecc.) e della fisica ( teoria della relatività di Einstein, meccanica quantistica, principio di indeterminazione di Heisenberg) provano la contingenza di tali forme trascendentali, .  Affronta anche il problema, fortemente dibattuto, dell'alternativa tra determinismo ed indeterminismo, e perviene alla conclusione che anche l'alternativa indeterministica sia egualmente legittima: la conoscenza scientifica può essere costruita anche se si ignora il principio di casualità e si finge che i fenomeni si succedano a caso, secondo le leggi matematiche della probabilità. Queste tesi originali furono apprezzate e commentate , all'epoca, da diversi filosofi italiani, tra cui C.Ottaviano (76), Aliotta (77), ed altri (78).fino a pervenire ad una ampia esposizione della problematica filosofica connessa alla scienza del novecento. Il saggio La critica della scienza nel novecento"(10), pubblicato in prima edizione nel 1942 e poi più volte ristampato fu giudicato "assai pregevole" da Benedetto Croce (73, 74, 75). Di questa opera, Guido De Ruggero scrisse che essa "offre una delle più efficaci sistemazioni speculative che io conosca delle vedute pragmatistiche della scienza, compresa quella del Croce alla quale più strettamente si connette"(74).  L'ambizione dell'Albergamo, che traspare chiaramente nei diversi spunti critici nei confronti dei limiti dell'idealismo nell'affrontare il problema della logica della scienza, è quella di "costituire una confutazione dell'idealismo per via dell'idealismo stesso"(81). In altre parole, vuole in qualche modo superare la concezione che relegava la scienza nel limbo degli "pseudoconcetti", per dare piena legittimità ai processi conoscitivi, sia delle scienze esatte che delle scienze empiriche, restando comunque ancorato all'idealismo.  Benedetto Croce in qualche modo accetta e favorisce la ricerca di A, giudica "assai ben pensato e ragionato" il suo lavoro, ma rimane rigido nell'accogliere la storia della scienza come parte integrante della storia della filosofia (73, 74).  Finito il periodo bellico, l'attività dell'A si sviluppa poi in una serie di opere in cui sistematicamente, ed in un quadro storico, vengono trattati i problemi della logica delle scienze esatte (23) e della scienze empiriche (32).  In questo periodo A, dirigendo per l'editore Laterza una collana di scrittori di teoria delle scienze, propone alla cultura italiana la conoscenza di importanti pensatori d'oltralpe, come Poincarè (24, 26), Bergson (40), Bachelard (31) ed altri.  Il secondo periodo dell'attività di Francesco Albergamo può datarsi attorno ai primi anni '50, ed è caratterizzato da un progressivo allontanamento da Croce e dalla sua scuola, dovute alle difficoltà dell'Albergamo a trovare un pieno accoglimento delle sue tesi sulla scienza, ed anche, in qualche misura, a diverse valutazioni politiche.  L'esigenza di Francesco Albergamo era quella di dare piena legittimità filosofica alla logica del pensiero scientifico. Per raggiungere questo obiettivo, era necessario operare un "capovolgimento" dialettico nel rapporto Natura-Spirito della filosofia crociana, allo stesso modo in cui Marx aveva operato nei confronti di Hegel. Per Albergamo infatti "spiritualismo e materialismo costituiscono in realtà una opposizione dialettica, nella quale di continuo ognuno dei due deve vincere la resistenza opposta dall'altro... come già nella dottrina hegeliana, così anche quella del Croce esige… un "capovolgimento", in maniera che il suo oggetto…trovi proprio nel suo opposto la condizione per vivere e svolgersi" (29).  Nel terzo periodo di attività, a partire dal 1967, quello della massima maturità ed originalità, affronta una analisi sistematica delle forme di "pensiero prelogico", inteso come "pensiero che, spontaneamente, senza alcuna riflessione logica, veniamo indotti a formulare per una suggestione tanto irresistibile quanto inconscia che inibisce la nostra intelligenza" (61).  Analizza con grande attenzione tali forme di pensiero, sulla base dei risultati e delle osservazioni di etnologi ed antropologi (da Frazer a Levy-Bruhl, Levy-Strauss, H. Kelsen, ed altri), oltre che dei risultati della scuola psico-analitica, da Freud a Cesare Musatti.  Analizzando questa poderosa base di osservazioni sperimentali, perviene ad individuare i principali meccanismi della prelogica: automatismo associativo, intuizione animistica, inibizione dell'intelligenza ad opera del sentimento.  Vengono così portati alla luce della consapevolezza quei processi inconsci ove si generano mito e magia.  Le molteplici e diverse credenze mitiche e magiche, con la loro uniformità di struttura e le loro coincidenze spesso sorprendenti, sono interpretate come il risultato di un automatismo psichico inconscio, che persiste pur attraverso le situazioni storiche più diverse.  La tesi dell'Albergamo è che tali forme prelogiche, che sono alla base dei miti, dei riti, e delle pratiche magiche dei popoli primitivi, lungi dall'essersi esaurite con il progredire del pensiero scientifico e filosofico, sono presenti in maniera diversa, non solo in età infantile ed in alcuni soggetti psicopatici, ma anche nelle stesse persone colte, nonché in alcuni ambiti dello stesso pensiero scientifico e filosofico (62).  Accanto a questo nuovo ed affascinante filone di ricerca, si intensifica l'opera di educatore, con decine di opere destinate alla scuola, manuali , antologie , trattati, nonché da studi e pubblicazioni sulla didattica delle scienze e della filosofia.   degli scritti di Albergamo. Opere: “Saggio di una concezione filosofica della scienza” (Napoli, Loffredo); “Disegno storico della filosofia ad uso dei licei classici e degli istituti magistrali” Milano, Sig.); “La tesi finitista contro l'infinito attuale e potenziale” in Atti della Società Italiana per il Progresso delle Scienze; “La filosofia di Africano Spir, in Annuario Liceo Vittorio Emanuele di Napoli,  Critica del concetto di infinito, in Annuario Liceo Vittorio Emanuele di Napoli, L'Italia di Augusto e l'Italia oggi, in Augusto. Celebrazione nel bimillenario augusteo, a cura del R. Provveditorato agli studi di Trapani, Trapani, Cura di I. Kant, Prolegomeni ad ogni metafisica futura che vorrà presentarsi come scienza, Bari, Laterza Il criticismo kantiano e la scienza moderna, in Atti della Società Italiana per il Progresso delle Scienze, 1939. Kant e la scienza moderna, in Archivio della Cultura Italiana, Le basi teoretiche della fisica nuova, Padova, Cedam 1940. Filosofia e biologia, in Sophìa; Recensione di A.V. Geremicca, Spiritualità della natura, Bari, Laterza 1939, «Sophia»,  La critica della scienza del Novecento, Firenze, La Nuova Italia editrice; Lo spirito come attività creatrice, Firenze, La Nuova Italia editrice, Il concetto di realtà e le scienze empiriche, in Ricerche filosofiche. Rivista di filosofia, storia e letteratura, n. unico; Vitalismo e meccanicismo nel secolo XX, in Rivista di Fisica, Matematica e Scienze naturali, nVersione, studio introduttivo e note di G. Berkeley, Trattato sui principi della conoscenza umana, Verona, La Scaligera 1941. La matematica nella critica della scienza contemporanea, in Sophia, L'ordine nel mondo degli oggetti, in Logos, a. XXV, fasc. III-Recensione di A. Marzorati, Spiritualismo, Milano, Bocca  «Sophia», La natura: Saggi filosofici, Verona, La Scaligera, Benedetto Croce critico della matematica, in Rassegna d'Italia, Storia della logica delle scienze esatte, Bari. Laterza 1947. Traduzione, studio introduttivo e note di H. Poincaré, Il valore della scienza, Firenze, La Nuova Italia, La scienza nell'antichità classica, in A. Padovani (a c. di), Antologia filosofica, Milano, Marzorati 1949 (ristampa 1954) Traduzione, introduzione e note di H. Poincaré, La scienza e l'ipotesi, Firenze, La Nuova Italia, Cura di La scienza nell'antichità classica. Antologia filosofica, Como, Marzorati 1949. La scienza nel Rinascimento, in Grande antologia filosofica, XI Scienza, natura e storia in Gramsci, in Società, a. V Introduzione a S. Laplace, Saggio filosofico sulla probabilità, Bari, Laterza 1951. Cura e introduzione di G. Bachelard, Il nuovo spirito scientifico, Bari, Laterza (Nuova ed. riv, L. Geimonat eRedondi, Bari, Laterza 1978). Storia della logica delle scienze empiriche, Bari, Laterza 1952. Le scienze naturali nella filosofia di Croce, Bari, Laterza 1952 (con altri autori). Il pensiero scientifico contemporaneo. Antologia storica.  1 Le scienze esatte e le scienze fisiche.  2 Le scienze naturali, Firenze, La Nuova Italia Il pensiero scientifico nell' 800 e nel Questioni di storia contemporanea,  I, Il millesimo anniversario della morte di Avicenna, in Rinascita, Il valore teoretico della matematica, in Atti del Congresso di studi metodologici, Torino 17-20 dicembre 1952, Torino, Introduzione a J.W Goethe, Scienza e natura. Scritti vari, Bari, Laterza 1952, presentazione di A.V. Geremicca. Prefazione a A.M. Frankel, Le scienze naturali nella filosofia di Benedetto Croce, Bari, Laterza 1952. Cura di E. Bergson, L'evoluzione creatrice, s. i. t., Mazara (Trapani)  Le scienze nella dottrina crociana delle categorie, in E FLORA (a c. di), Benedetto Croce, Milano, Malfasi Editore, La critica della scienza oggi in Italia, Roma, Perrella 1953. Il dogmatismo religioso contro la libertà e l'autonomia della scienza, in Il Calendario del popolo, La vita nella dialettica della natura, in Società,  Recensione di S. Timpanaro, Scritti di storia e critica della scienza, con una avvertenza di Sebastiano Timpanaro jr., Firenze, Sansoni  «Belfagor», aRecensione di C. Luporini, La mente di Leonardo, «Belfagor», La geometria di Euclide non è la sola possibile, in Il Calendario del popolo, Scienza e filosofia di Albert Einstein, in Rinascita, Recensione di H. Reichenbach, I fondamenti filosofici della meccanica quantistica, «Società», Introduzione alla logica della scienza, Firenze, La Nuova Italia, I rapporti tra la filosofia e le scienze nel liceo scientifico, in Convegno nazionale di studio sulla didattica della filosofiaI Licei e i loro problemi, Intuizione e ragionamento nella matematica, in Atti del Convegno Nazionale "La didattica della matematica nella scuola primaria", Roma,  Matematica e realtà, in Società,  La teoria dei quanti nelle interpretazioni fenomenistica: del Reichenbach, in VIII Congrès International d'histoire des sciences, Florence Milan 1956,  I, Paris 1958,  254–260. Direzione della sezione Scienze del Dizionario Bompiani degli autori di tutti i tempi e di tutte le letterature e redazione delle voci: Albert Einstein, Luigi Galvani, Hendrik Anton Lorentz, Edme Mariotte, Carlo Matteucci, Emile Meyerson, Hermann Walther Nernst, Julius Robert von Mayer Storia della filosofia per i licei scientifici, voll. 3, Padova, Cedam, Sopravvivenza della prelogica nel pensiero scientifico e filosofico, Stabilimento Tipografico G. Genovese, Napoli 1964,  28, estr. da «Atti dell'Accademia di Scienze morali e politiche della Società Nazionale di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli»,  75. Cura di A. Einstein, Filosofia e relatività, Palermo, Palumbo 1965. Pensiero e attività educativa nel loro corso storico, va. Palermo. Palumbo 1966-1968. La natura: Saggi filosofici, Bologna, Patron 1967. Fenomenologia della superstizione, Roma, Editori Riuniti 1967. Mito e magia, Napoli, Guida 1970. L'educazione scientifica, Milano, Vallardi 1970 [estr. da La pedagogia. Storia e problemi, maestri e metodi, sociologia e psicologia dell'educazione e dell'insegnamento, diretta dal Prof. Luigi Volpicelli]. La ricerca umana. Storia della filosofia, Palermo, Palumbo  Problemi del pensiero. Guida interdisciplinare per lo studio della storia della filosofia, Palermo, Palumbo 1972. La teoria dello sviluppo in Marx ed Engels, Napoli, Guida 1973. Lo strutturalismo di Claude Lévi-Strauss, in Critica marxista, XI, n. I gennaio-febbraio 1973,  91–109. Lo sviluppo dell'Antropologia culturale, in Genus, fasc. 1/2  La "Storia del pensiero filosofico e scientifico" di Ludovico Geymonat, in Critica marxista, Il pensiero filosofico e scientifico nell'antichità e nel medioevo, Napoli, La Città del Sole (rist. del testo del 1963, con aggiunte di A. Gargano). Il pensiero filosofico e scientifico in età moderna, Napoli, La Città del Sole 2006 (rist. A. Gargano). Il pensiero filosofico e scientifico nell'età contemporanea, Napoli, La Città del Sole 2007 (rist. A. Gargano). Fonti Fondazione Croce, Napoli Lettere tra Croce e Francesco Albergamo e di Albergamo a Codignola, Gentile, Ottaviano e Sciacca, In Giornale critico della filosofia Italiana settima serie,  XIV anno XCVII, fasc.I gen. Apr.  Due lettere inedite di Croce a Francesco Albergamo,in Rassegna Storica Salentina, N.41, XXI.1, Giugno 2004, La Veglia ed. Carmelo Ottaviano, Recensione al Saggio di una concezione filosofica della scienza, in Sophia, a.V n.3, luglio –sett. 1937, pp300–303 A. Aliotta, Recensione al Saggio di una concezione filosofica della scienza, in Logos, R. Mck, Recensione al Saggio di una concezione filosofica della scienza , in Journal of Philosophy,  3Profondo cordoglio per la scomparsa del compagno Albergamo, L'Unità, G. Marotta, Renato Caccioppoli, la Napoli del suo tempo e la matematica del XX secolo, Napoli, la città del sole, Lettera di F.Albergamo a M.F. Sciacca, 2Centro Internazionale i Studi Rosminiani, Stresa, citato .  Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Albergamo” – The Swimming-Pool Library.

 

ALBERTI. (Bologna). Grice: “I like [Leandro] Alberti; his “Tutta Italia” is a must; his claim to fame is to translate from Roman to Tuscan (no big deal there) what is deemed the first ‘daemonological’ tract – Mirandola used ‘ludificatio,’ which was vastly translated as ‘inganno’ or by Leandro as ‘illusioni’ – which has echoes with Descartes’s malignant demon hypothesis and my “Some remarks about the senses”!” – ‘Filosofo. Nato da Francesco Alberti, di origine fiorentina, fu condotto agli studi umanistici dal noto medico e umanista Giovanni Garzoni. Entrato nell'Ordine domenicano nel 1493, studiò teologia e filosofia con Silvestro Mazzolini da Prierio continuando tuttavia a coltivare con il Garzoni i propri interessi umanistici e storici.   De viris illustribus, Bologna 1517 Il primo risultato dei suoi studi fu il contributo che egli diede, in soli 18 giorni, alla stesura dei De viris illustribus Ordinis Praedicatorum libri sex in unum congesti, opera collettivacon il Garzoni, il Castiglioni, il Flaminio e altridi biografie di domenicani, stampata a Bologna. Nel 1521 tradusse dal latino in volgare la Vita della Beata Colomba da Rieto  Tenuto al dovere della predicazione, fu «provinciale di Terra Santa»cioè compagno nelle predicazioni itinerantidel maestro generale dell'Ordine, Tommaso De Vio e del successivo maestro Francesco Silvestri: con quest'ultimo percorse tutta l'Italianell'ottobre del 1525 era a Palermo e la Francia dove, a Rennes, il 19 settembre 1528 morì il Silvestri. È poi attestato, a Roma, prendere parte al capitolo generale nel giugno del 1530.  Negli immediati anni successivi rimase nel convento di Bologna, dove commissionò a fra' Damiano Zambelli le decorazioni da eseguirsi nella cappella dell'Arca di san Domenico e i bassorilievi eseguiti da Alfonso Lombardi, questi ultimi pagati dalla città dopo la richiesta in tal senso avanzata dall'Alberti. In quest'occasione scrisse un opuscolo sulla morte e la sepoltura del Santo, il De divi Dominici Calaguritani obitu et sepultura, pubblicata nel 1535. Un'altra sua operetta, la Chronichetta della gloriosa Madonna di San Luca, fu pubblicata nel 1539 ed ebbe altre edizioni accresciute dal contributo di altri autori anonimi.  Il 20 gennaio 1536 fu nominato vicario del convento romano di Santa Sabina, un incarico che non dovette prorogarsi per più di due anni, giacché dal 1538 è sempre documentato a Bologna. Fu anche inquisitore di Bologna probabilmente dal 1550 al 1551 o al 1552, anno della sua morte.  L'opera più importante dell'Alberti, dedicata ai sovrani francesi Enrico II e Caterina de' Medici, è senz'altro la Descrittione di tutta Italia, pubblicata a Bologna nel 1550. Ad essa seguirono in ottanta anni altre dieci edizioni a Venezia e due traduzioni latine a Colonia: nell'edizione veneziana del 1561 si aggiungono per la prima volta le Isole pertinenti ad essa, mentre quella del 1568 è arricchita dalle incisioni di sette carte geografiche. Opera di geografia e di storia, ricalca in gran parte la Italia illustrata di Flavio Biondo, ampliandola e migliorandola nell'esposizione e nella citazione delle fonti, ma mostrando scarso spirito critico, attenendosi egli «ai dati dei geografi antichi o, per la parte storico-antiquaria, ad autori moderni di dubbia attendibilità come Raffaele Volterrano o Annio da Viterbo: e solo quando vengono a mancare testi precedenti ricorre a elementi di più diretta esperienza [...] parimenti nella critica storica preferisce riferire insieme le differenti versioni, anche di tempi e di valore molto diversi, senza prendere posizione».  Opere: “De viris illustribus Ordinis Praedicatorum libri sex in unum congesti, Bononiae: “De divi Dominici Calaguritani obitu et sepultura, Bononiae, Historie di Bologna”; “Libro detto strega o delle illusioni del demonio Descrittione di tutta Italia, nella quale si contiene il sito di essa, l'origine et le Signorie delle Città et delle Castella, Bologna); “De incrementis Dominii Veneti, et ducibus eiusdem, Lugduni); “De claris viris Reipublicae Venetae, Lugduni, Universal Short Title Catalogue, Scheda delle opere di Leandro Alberti. Così scrive egli stesso: De viris, c.A. L. Redigonda, Leandro Alberti Liber consiliorum conventus Bononiensis, I, 1459-1648, Archivio del convento di San Domenico, Bologna. A. Battistella, Il Santo Officio e la Riforma religiosa in Bologna, Bologna, 1905. G. Roletto, Le cognizioni geografiche di Leandro Alberti, in Bollettino della Reale Società geografica italiana, 5, XI, 1922. Abele L. Redigonda, Alberti, Leandro, in Dizionario biografico degli italiani,  1, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Descrittione di tutta Italia in Il Genio Vagante, Bergamo, Leading Edizioni, 2003. Massimo Donattini , Il territorio emiliano e romagnolo nella descrittione di Leandro Alberti, Bergamo, Leading Edizioni, 2004. Michele Orlando, La Puglia nell'odeporica domenicana di fra Leandro Alberti, in Rivista di Studi italiani, ora al sito rivistadistudiitaliani La Puglia, introduzione e note al testo dalla Descrittione di tutta Italia (1568), Michele Orlando, UNI Service, Trento, 2009. Liber Liber.  Opere di Leandro Alberti, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Leandro Alberti, . Leandro Alberti, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.  Descrittione di tutta l'Italia [collegamento interrotto], su culturitalia.uibk.ac.at. . Refs. Luigi Speranza, “Grice ed Alberti” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria.

 

ALBERTI. (Genova). Grice: “I like [Leon Battista] Alberti; of course he is from Genova – Liguaria being the heart of my Italy, or the Italy of my heart!” – Grice: “I like Alberti’s ramblings on love to his lawyer friend – a full page without a p.s. – and it’s none of the Kantian conversational maxims or Ovidian tactics, but just a prohibition to mingle with the ladies!” --  Italian philosopher, on ‘aesthetics.’ Cf. Grice on sensation. Grice: “No one can fail to be enchanted by Lusini’s great likeness of Alberti at the loggiato of the uffizi! Ah, if we had the same at Oxford!” -- Genova-born essential Italian philosopherGrice, “I love his “De statua”it’s more philosophical anthropology than aesthetics!” «Ci è un uomo che per la sua universalità parrebbe volesse abbracciarlo tutto, dico Leon Battista Alberti, pittore, architetto, poeta, erudito, filosofo e letterato»  (Francesco de Sanctis, Storia della letteratura italiana). Filosofo. Una delle figure artistiche più poliedriche del Rinascimento. Il suo primo nome si trova spesso, soprattutto in testi stranieri, come Leone.  Alberti fa parte della seconda generazione di umanisti (quella successiva a Vergerio, Bruni, Bracciolini, Francesco Barbaro), di cui fu una figura emblematica per il suo interesse nelle più varie discipline.  Un suo costante interesse era la ricerca delle regole, teoriche o pratiche, in grado di guidare il lavoro degli artisti. Nelle sue opere menzionò alcuni canoni, ad esempio: nel "De statua" espose le proporzioni del corpo umano, nel "De pictura" fornì la prima definizione della prospettiva scientifica e infine nel "De re aedificatoria" (opera cui lavorò fino alla morte, nel 1472), descrisse tutta la casistica relativa all'architettura moderna, sottolineando l'importanza del progetto e le diverse tipologie di edifici a seconda della loro funzione. Tale opera lo renderà immortale nei secoli e motivo di studio a livello internazionale da artisti come Eugène Viollet-le-Duc e John Ruskin. Come architetto, Alberti viene considerato, accanto a Brunelleschi, il fondatore dell'architettura rinascimentale.  L'aspetto innovativo delle sue proposte, soprattutto sia in ambito architettonico che umanistico, consisteva nella rielaborazione moderna dell'antico, cercato come modello da emulare e non semplicemente da replicare.  La classe sociale a cui Alberti faceva riferimento è comunque un'aristocrazia e alta "borghesia" illuminata. Egli lavorò per committenti quali i Gonzaga a Mantova e (per la tribuna della SS. Annunziata) a Firenze, i Malatesta a Rimini, i Rucellai a Firenze. Presunto autoritratto su placchetta, (Parigi, Cabinet des Medailles). Leon Battista nacque a Genova, figlio di Lorenzo Alberti, di una ricca famiglia di mercanti e banchieri fiorentini banditi dalla città toscana a partire dal 1388 per motivi politici, e da Bianca Fieschi, appartenente ad una delle più nobili casate genovesi.  I primi studi furono di tipo letterario, dapprima a Venezia e poi a Padova, alla scuola dell'umanista Gasparino Barzizza, dove apprese il latino e forse anche il greco. Si trasferì poi a Bologna dove studiò diritto, coltivando parallelamente il suo amore per molte altre discipline artistiche quali la musica, la pittura, la scultura, la matematica, la grammatica e la letteratura in generale. Si dedicò all'attività letteraria sin da giovane: a Bologna, infatti, già intorno ai vent'anni scrisse una commedia autobiografica in latino, la Philodoxeos fabula. Compose in latino il Momus, un originalissimo e avvincente romanzo mitologico, e le Intercoenales; in volgare, compose un'importante serie di dialoghi (De familia, Theogenius, Profugiorum ab ærumna libri, Cena familiaris, De iciarchia, dai titoli rigorosamente in latino) e alcuni scritti amatori, tra cui la Deiphira, ove raccoglie i precetti utili a fuggire da un amore mal iniziato.  Dopo la morte del padre, avvenuta nel 1421, l'Alberti trascorse alcuni anni di difficoltà, entrando in forte contrasto con i parenti che non volevano riconoscere i suoi diritti ereditari né favorire i suoi studi. In questi anni coltivò soprattutto gli studi scientifici, astronomici e matematici. Sembra si sia tuttavia concretamente laureato in diritto nel 1428 a Bologna, o forse a Ferrara, nonostante le difficoltà economiche e di salute. Tra Padova e Bologna intrecciò amicizie con molti importanti intellettuali, come Paolo Dal Pozzo Toscanelli, Tommaso Parentuccelli, futuro papa Nicolò V e probabilmente Niccolò Cusano.  Per gli anni 1428-1431 poco si sa, benché debba escludersi che si sia recato a Firenze dopo il ritiro del bandi contro gli Alberti, nel 1428, e sia del pari assai poco probabile che al seguito del cardinal Albergati abbia viaggiato in Francia e nel Nord Europa.  A Roma Nel 1431 diventò segretario del patriarca di Grado e, trasferitosi a Roma con questi, nel 1432 fu nominato abbreviatore apostolico (il cui ruolo consisteva per l'appunto nel redigere i brevi apostolici). Così entrò nel prestigioso ambiente umanistico della curia di papa Eugenio IV, che lo nominò (1432) titolare della pieve di San Martino a Gangalandi a Lastra a Signa, nei pressi di Firenze, beneficio di cui godette fino alla morte.  Vivendo prevalentemente a Roma ma spostandosi per periodi anche lunghi e per varie incombenze a Ferrara, Bologna, Venezia, Firenze, Mantova, Rimini e Napoli.  Le prime opere letterarie Tra il 1433 e il 1434, scrisse in pochi mesi i primi tre libri de Familia, un dialogo in volgare completato con un quarto libro nel 1437. Il dialogo è ambientato a Padova, nel 1421; vi partecipano vari componenti della famiglia Alberti, personaggi realmente esistiti, scontrandosi su due visioni diverse: da un lato c'è la mentalità moderna e borghese e dall'altro la tradizione, aristocratica e legata al passato. L'analisi che il libro offre è una visione dei principali aspetti e istituzioni della vita sociale dell'epoca, quali il matrimonio, la famiglia, l'educazione, la gestione economica, l'amicizia e in genere i rapporti sociali: l'Alberti esprime qui un punto di vista "filosofico" pienamente umanistico, che ricorre in tutte le sue opere di carattere morale e che consiste nella convinzione che gli uomini siano responsabili della propria sorte e che la virtù sia insita nell'uomo e debba essere realizzata attraverso l'operosità, la volontà e la ragione.  A Firenze  Statua di Leon Battista Alberti, piazza degli Uffizi a Firenze. Tra il 1434 e il 1443 l'Alberti visse prevalentemente a Firenze e Ferrara, al seguito della curia papale che fra l'altro partecipò al Concilio, ossia alle sedute ferrarese e fiorentina del concilio ecumenico (1438-39) che dovevano riappacificare la chiesa latina e le chiese cristiano-orientali, in particolare quella greca.  In questo periodo l'Alberti assimila parte della cultura fiorentina, cercando (invero con moderato successo) d'inserirsi nell'ambiente intellettuale e artistico della città; sono verosimilmente gli anni in cui nascono i suoi interessi artistici, che si traducono da subito nella duplice redazione (latina e volgare) del De pictura (1435-36). Nel prologo della versione in volgare, dedica l'opera a Brunelleschi e menziona anche i grandi innovatori delle arti del tempo: Donatello, Masaccio (morto già nel 1428) e i Della Robbia.  Intorno al 1443, al seguito del pontefice Eugenio IV lasciò Firenze, ma con la città continuò ad avere intensi rapporti legati anche ai cantieri dei suoi progetti.  De pictura Magnifying glass icon mgx2.svg  De pictura. Del 1435-1436 è il De pictura, scritto verosimilmente dapprima in latino e tradotto poi in volgare; se la redazione latina, senza ombra di dubbio la più importante e ricca, sarà dedicata al Gonzaga marchese di Mantova, per quella volgare l'Alberti redasse una dedica al Brunelleschi che, trasmessa da un solo codice strettamente legato al laboratorio personale dell'Alberti, forse non fu mai inviata. Il De pictura rappresenta la prima trattazione di una disciplina artistica non intesa solo come tecnica manuale, ma anche come ricerca intellettuale e culturale, e sarebbe difficile immaginarla fuori dallo straordinario contesto fiorentino e scritta da un autore diverso dall'Alberti, grande intellettuale umanista e artista egli stesso, anche se la sua attività nel campo delle arti figurative—attestata (benché in modi non lusinghieri) già dal Vasari—dovette essere ridotta. Il trattato è organizzato in tre "libri". Il primo contiene la più antica trattazione della prospettiva. Nel secondo libro l'Alberti tratta di “circoscrizione, composizione, e ricezione dei lumi”, cioè dei tre principi che regolano l'arte pittorica:  la circumscriptio consiste nel tracciare il contorno dei corpi; la compositio è il disegno delle linee che uniscono i contorni dei corpi e perciò la disposizione narrativa della scena pittorica, la cui importanza è qui espressa per la prima volta con piena lucidità intellettuale; la receptio luminum tratta dei colori e della luce. Il terzo libro è relativo alla figura del pittore di cui si rivendica il ruolo di vero artista e non, semplicemente, di artigiano. Con questo trattato Alberti influenzerà non solo il Rinascimento ma tutto quanto si sarebbe detto sulla pittura sino ai nostri giorni.  La questione del volgare Pur scrivendo numerosi testi in latino, lingua alla quale riconosceva il valore culturale e le specifiche qualità espressive, l'Alberti fu un fervente sostenitore del volgare. La duplice redazione in latino e in volgare del De pictura manifesta il suo interesse per il dibattito allora in corso tra gli umanisti sulla possibilità di usare il volgare nella trattazione di ogni materia. In un dibattito avvenuto a Firenze tra gli umanisti della curia, Flavio Biondo aveva affermato la diretta discendenza del volgare dal latino e l'Alberti, ne dimostra genialmente la tesi componendo la prima grammatica del volgare (1437-41), e ne riprende gli argomenti difendendo l'uso del volgare nella dedicatoria del libro III de Familia a Francesco d'Altobianco Alberti (1435-39 circa).  Da qui deriva la significativa esperienza del Certame coronario, una gara di poesia sul tema dell'amicizia, organizzata a Firenze nell'ottobre 1441 dall'Alberti con il più o meno tacito concorso di Piero de' Medici, una gara che doveva servire all'affermazione del volgare, soprattutto in poesia, e alla quale va associata la composizione dei sedici Esametri sull'amicizia da parte dell'AlbertiEsametri ora pubblicati fra le sue Rime, innovative tanto nello stile quanto nella metrica, che costituiscono uno dei primissimi tentativi di adattare i metri greco-latini alla poesia volgare (metrica «barbara»).  Nonostante ciò, l'Alberti continuò a scrivere naturalmente in latino, come fece per gli Apologi centum, una sorta di breviario della sua filosofia di vita, composti intorno al 1437.  Ritorno a Roma Chiusosi il concilio a Firenze, nel 1443, l'Alberti ritornò con la curia papale a Roma. continuando a ricoprire il ruolo di abbreviatore apostolico per ben 34 anni, fino al 1464, quando il collegio degli abbreviatori fu soppresso. Durante la permanenza a Roma ebbe modo di coltivare i propri interessi propriamente architettonici, che lo indussero a proseguire lo studio delle rovine della Roma classica, come dimostra la stessa Descriptio urbis Romae, risalente al 1450 circa, in cui l'Alberti tentò con successo, per la prima volta nella storia, una ricostruzione della topografia di Roma antica, mediante un sistema di coordinate polari e radiali che permettono di ricostruire il disegno da lui tracciato. I suoi interessi archeologici lo portarono anche a tentare il recupero delle navi romane affondate nel lago di Nemi.  Questi interessi per l'architettura che diventeranno prevalenti negli ultimi due decenni della sua vita, non impedirono una ricchissima produzione letteraria. Tra il 1443 e la morte compone una delle sue opere più interessanti, il Momus, un romanzo satirico in lingua latina, che tratta in maniera abbastanza amara e disincantata della società umana e degli stessi esseri umani.  Dopo l'elezione di Niccolò V, l'Alberti, come antico conoscente, entrò nella cerchia ristretta del papa, dal quale ricevette anche la carica di priore di Borgo San Lorenzo. Tuttavia i rapporti con il papa sono considerati piuttosto controversi dagli storici, sia per quel che riguarda gli aspetti politici che per l'adesione o la collaborazione dell'Alberti al vasto programma di rinnovamento urbano voluto da Niccolò V. Forse venne impiegato durante il restauro del palazzo papale e dell'acquedotto romano e della fontana dell'Acqua Vergine, disegnata in maniera semplice e lineare, creando la base sulla quale, in età Barocca, sarebbe stata costruita la Fontana di Trevi.  Intorno al 1450 Alberti cominciò ad occuparsi più attivamente di architettura con numerosi progetti da eseguire fuori Roma, a Firenze, Rimini e Mantova, città in cui si recò varie volte durante gli ultimi decenni della sua vita.  In tal modo dopo la metà del secolo l'Alberti fu la figura-guida dell'architettura. Questo riconosciuto primato rende anche difficile distinguere, nella sua opera, l'attività di progettazione dalle tante consulenze e dall'influenza più o meno diretta che dovette avere, per esempio, sulle opere promosse a Roma, sotto Niccolò V, come il restauro di Santa Maria Maggiore e Santo Stefano Rotondo o come la costruzione di Palazzo Venezia, il rinnovamento della basilica di San Pietro, del Borgo e del Campidoglio. Potrebbe forse essere stato il consulente che indica alcune linee-guida o, ma ben più difficilmente, aver avuto un ruolo anche meno indiretto. Sicuramente il prestigio della sua opera e del suo pensiero teorico condizionarono direttamente l'opera di progettisti come Francesco del Borgo e Bernardo Rossellino, influenzando anche Giuliano da Sangallo.  Morì a Roma, all'età di 68 anni.  Il De re aedificatoria  Frontespizio  Matteo de' Pasti, Medaglia di Leon Battista Alberti (1446-1450 circa). Magnifying glass icon mgx2.svg  De re aedificatoria. Le sue riflessioni teoriche trovarono espressione nel De re aedificatoria, un trattato di architettura in latino, scritto prevalentemente a Roma, cui l'Alberti lavorò fino alla morte e che è rivolto anche al pubblico colto di educazione umanistica. Il trattato fu concepito sul modello del De architectura di Vitruvio. L'opera, considerata il trattato architettonico più significativo della cultura umanistica, è divisa anch'essa in dieci libri: nei primi tre si parla della scelta del terreno, dei materiali da utilizzare e delle fondazioni (potrebbero corrispondere alla categoria vitruviana della firmitas); i libri IV e V si soffermano sui vari tipi di edifici in relazione alla loro funzione (utilitas); il libro VI tratta la bellezza architettonica (venustas), intesa come un'armonia esprimibile matematicamente grazie alla scienza delle proporzioni, con l'aggiunta di una trattazione sulle macchine per costruire; i libri VII, VIII e IX parlano della costruzione dei fabbricati, suddividendoli in chiese, edifici pubblici ed edifici privati; il libro X tratta dell'idraulica.  Nel trattato si trova anche uno studio basato sulle misurazioni dei monumenti antichi per proporre nuovi tipi di edifici moderni ispirati all'antico, fra i quali le prigioni, che cercò di rendere più umane, gli ospedali e altri luoghi di pubblica utilità.  Il trattato fu stampato a Firenze nel 1485, con una prefazione del Poliziano a Lorenzo il Magnifico, e poi a Parigi (1512) e a Strasburgo (1541); venne in seguito tradotto in varie lingue e diventò ben presto imprescindibile nella cultura architettonica moderna e contemporanea.  Nel De re aedificatoria, l'Alberti affronta anche il tema delle architetture difensive e intuisce come le armi da fuoco rivoluzioneranno l'aspetto delle fortificazioni. Per aumentare l'efficacia difensiva indica che le difese dovrebbero essere "costruite lungo linee irregolari, come i denti di una sega" anticipando così i principi della fortificazione alla moderna.  L'attività come architetto a Firenze A Firenze lavorò come architetto soprattutto per Giovanni Rucellai, ricchissimo mercante e mecenate, intimo amico suo e della sua famiglia. Le opere fiorentine saranno le sole dell'Alberti a essere compiute prima della sua morte.  Palazzo Rucellai  Facciata di palazzo Rucellai. Forse sin dal 1439-1442 gli venne commissionata la costruzione del palazzo della famiglia Rucellai, da ricavarsi da una serie di case-torri acquistate da Giovanni Rucellai in via della Vigna Nuova. Il suo intervento si concentrò sulla facciata, posta su un basamento che imita l'opus reticulatum romano, realizzata tra il 1450 e il 1460. È formata da tre piani sovrapposti, separati orizzontalmente da cornici marcapiano e ritmati verticalmente da lesene di ordine diverso; la sovrapposizione degli ordini è di origine classica come nel Colosseo o nel Teatro di Marcello, ed è quella teorizzata da Vitruvio: al piano terreno lesene doriche, ioniche al piano nobile e corinzie al secondo. Esse inquadrano porzioni di muro bugnato a conci levigati, in cui si aprono finestre in forma di bifora nel piano nobile e nel secondo piano. Le lesene decrescono progressivamente verso i piani superiori, in modo da creare nell'osservatore l'illusione che il palazzo sia più alto di quanto non sia in realtà. Al di sopra di un forte cornicione aggettante si trova un attico, caratteristicamente arretrato rispetto al piano della facciata. Il palazzo creò un modello per tutte le successive dimore signorili del Rinascimento, venendo addirittura citato pedissequamente da Bernardo Rossellino, suo collaboratore, per il suo palazzo Piccolomini a Pienza (post 1459).  Attribuita all'Alberti è anche l'antistante Loggia Rucellai, o per lo meno il suo disegno. Loggia e palazzo andavano così costituendo una sorta di piazzetta celebrante la casata, che viene riconosciuta come uno dei primi interventi urbanistici rinascimentali.  Facciata di Santa Maria Novella  Facciata di Santa Maria Novella, Firenze. Su commissione del Rucellai, progettò anche il completamento della facciata della basilica di Santa Maria Novella, rimasta incompiuta nel 1365 al primo ordine di arcatelle, caratterizzate dall'alternarsi di fasce di marmo bianco e di marmo verde, secondo la secolare tradizione fiorentina. I lavori iniziarono intorno al 1457. Si presentava il problema di integrare, in un disegno generale e classicheggiante, i nuovi interventi con gli elementi esistenti di epoca precedente: in basso vi erano gli avelli inquadrati da archi a sesto acuto e i portali laterali, sempre a sesto acuto, mentre nella parte superiore era già aperto il rosone, seppur spoglio di ogni decorazione. Alberti inserì al centro della facciata inferiore un  di proporzioni classiche, inquadrato da semicolonne, in cui inserì incrostazioni in marmo rosso per rompere la bicromia. Per terminare la fascia inferiore pose una serie di archetti a tutto sesto a conclusione delle lesene. Poiché la parte superiore della facciata risultava arretrata rispetto al basamento (un tema molto comune nell'architettura albertiana, derivata dai monumenti della romanità) inserì una fascia di separazione a tarsie marmoree che recano una teoria di vele gonfie al vento, l'insegna personale di Giovanni Rucellai; il livello superiore, scandito da un secondo ordine di lesene che non hanno corrispondenza in quella inferiore, sorregge un timpano triangolare. Ai lati, due doppie volute raccordano l'ordine inferiore, più largo, all'ordine superiore più alto e stretto, conferendo alla facciata un moto ascendente conforme alle proporzioni; non mascherano come spesso si è detto erroneamente gli spioventi laterali che risultano più bassi, come si evince osservando la facciata dal lato posteriore. La composizione con incrostazioni a tarsia marmorea ispirate al romanico fiorentino, necessaria in questo caso per armonizzare le nuove parti al già costruito, rimase una costante nelle opere fiorentine dell'Alberti.  Secondo Rudolf Wittkower: "L'intero edificio sta rispetto alle sue parti principali nel rapporto di uno a due, vale a dire nella relazione musicale dell'ottava, e questa proporzione si ripete nel rapporto tra la larghezza del piano superiore e quella dell'inferiore". La facciata si inscrive infatti in un quadrato avente per lato la base della facciata stessa. Dividendo in quattro tale quadrato, si ottengono quattro quadrati minori; la zona inferiore ha una superficie equivalente a due quadrati, quella superiore a un quadrato. Altri rapporti si possono trovare nella facciata tanto da realizzare una perfetta proporzione. Secondo Franco Borsi: "L'esigenza teorica dell'Alberti di mantenere in tutto l'edificio la medesima proporzione è qui stata osservata ed è appunto la stretta applicazione di una serie continua di rapporti che denuncia il carattere non medievale di questa facciata pseudo-protorinascimentale e ne fa il primo grande esempio di eurythmia classica del Rinascimento".  Altre opere  Il tempietto del Santo Sepolcro. Attribuito all'Alberti è il progetto dell'abside della pieve di San Martino a Gangalandi presso Lastra a Signa. L'Alberti fu rettore di San Martino dal 1432 fino alla sua morte. La chiesa, di origine medievale, ha il suo punto focale nell'abside, chiusa in alto da un arco a tutto sesto con decorazione a motivi di candelabro e con lesene in pietra serena sorreggenti un architrave che reca un'iscrizione a lettere capitali dorate, ornata alle due estremità dalle arme degli Alberti. L'abside è ricordata incepta et quasi perfecta nel testamento di Leon Battista Alberti, e fu infatti terminata dopo la sua morte, tra il 1472 e il 1478.  Del 1467 è un'altra opera per i Rucellai, il tempietto del Santo Sepolcro nella chiesa di San Pancrazio a Firenze, costruito secondo un parallelepipedo spartito da paraste corinzie. La decorazione è a tarsie marmoree, con figure geometriche in rapporto aureo; le decorazioni geometriche, come per la facciata di Santa Maria Novella, secondo l'Alberti inducono a meditare sui misteri della fede.  Ferrara  Il campanile del duomo di Ferrara. L'Alberti fu a Ferrara a varie riprese, e sicuramente tra il 1438 e il 1439, stringendo amicizie alla corte estense. Vi ritorna nel 1441 e forse nel 1443, chiamato a giudicare la gara per un monumento equestre a Niccolò III d'Este. In tale occasione forse dette indicazioni per il rinnovo della facciata del Palazzo Municipale, allora residenza degli Estensi.  A lui è stato attribuito da insigni storici dell'arte, ma esclusivamente su basi stilistiche, anche l'incompleto campanile del duomo, dai volumi nitidi e dalla bicromia di marmi rosa e bianchi.  Rimini  Tempio Malatestiano, Rimini. Nel 1450 l'Alberti venne chiamato a Rimini da Sigismondo Pandolfo Malatesta per trasformare la chiesa di San Francesco in un tempio in onore e gloria sua e della sua famiglia. Alla morte del signore (1468) il tempio fu lasciato incompiuto mancando della parte superiore della facciata, della fiancata sinistra e della tribuna. Conosciamo il progetto albertiano attraverso una medaglia incisa da Matteo de' Pasti, l'architetto a cui erano stati affidati gli ampliamenti interni della chiesa e in generale tutto il cantiere.   Tempio malatestiano sulla medaglia di Matteo de' Pasti. L'Alberti ideò un involucro marmoreo che lasciasse intatto l'edificio preesistente. L'opera prevedeva in facciata una tripartizione con archi scanditi da semicolonne corinzie, mentre nella parte superiore era previsto una specie di frontone con arco al centro affiancato da paraste e forse due volute curve. Punto focale era il  centrale, con timpano triangolare e riccamente ornato da lastre marmoree policrome nello stile della Roma imperiale. Ai lati due archi minori avrebbero dovuto inquadrare i sepolcri di Sigismondo e della moglie Isotta, ma furono poi tamponati.  Le fiancate invece sono composte da una sequenza di archi su pilastri, ispirati alla serialità degli acquedotti romani, destid accogliere i sarcofagi dei più alti dignitari di corte. Fianchi e facciata sono unificati da un alto zoccolo che isola la costruzione dallo spazio circostante. Ricorre la ghirlanda circolare, emblema dei Malatesta, qui usata come oculo. Interessante è notare come Alberti traesse spunto dall'architettura classica, ma affidandosi a spunti locali, come l'arco di Augusto, il cui modulo è triplicato in facciata. Una particolarità di questo intervento è che il rivestimento non tiene conto delle precedenti aperture gotiche: infatti, il passo delle arcate laterali non è lo stesso delle finestre ogivali, che risultano posizionate in maniera sempre diversa. Del resto Alberti scrive a Matteo de' Pasti che «queste larghezze et altezze delle Chappelle mi perturbano».  Per l'abside era prevista una grande rotonda coperta da cupola emisferica simile a quella del Pantheon. Se completata, la navata avrebbe allora assunto un ruolo di semplice accesso al maestoso edificio circolare e sarebbe stata molto più evidente la funzione celebrativa dell'edificio, anche in rapporto allo skyline cittadino.  Mantova  Chiesa di San Sebastiano, Mantova.  Basilica di Sant'Andrea, Mantova. Nel 1459 Alberti fu chiamato a Mantova da Ludovico III Gonzaga, nell'ambito dei progetti di abbellimento cittadino per il Concilio di Mantova.  San Sebastiano Il primo intervento mantovano riguardò la chiesa di San Sebastiano, cappella privata dei Gonzaga, iniziata nel 1460. L'edificio fece da fondamento per le riflessioni rinascimentali sugli edifici a croce greca: è infatti diviso in due piani, uno dei quali interrato, con tre bracci absidati attorno ad un corpo cubico con volta a crociera; il braccio anteriore è preceduto da un portico, oggi con cinque aperture.  La parte superiore della facciata, spartita da lesene di ordine gigante, è originale del progetto albertiano e ricorda un'elaborazione del tempio classico, con architrave spezzata, timpano e un arco siriaco, a testimonianza dell'estrema libertà con cui l'architetto disponeva gli elementi. Forse l'ispirazione fu un'opera tardo-antica, come l'arco di Orange. I due scaloni di collegamento che permettono l'accesso al portico non fanno parte del progetto originario, ma furono aggiunte posteriori.  Sant'Andrea Il secondo intervento, sempre su commissione dei Gonzaga, fu la basilica di Sant'Andrea, eretta in sostituzione di un precedente sacrario in cui si venerava una reliquia del sangue di Cristo. L'Alberti creò il suo progetto «... più capace più eterno più degno più lieto ...» ispirandosi al modello del tempio etrusco ripreso da Vitruvio e contrapponendosi al precedente progetto di Antonio Manetti. Innanzitutto mutò l'orientamento della chiesa allineandola all'asse viario che collegava Palazzo Ducale al Tè.  La chiesa a croce latina, iniziata nel 1472, è a navata unica coperta a botte con lacunari, con cappelle laterali a base rettangolare con la funzione di reggere e scaricare le spinte della volta, inquadrate negli ingressi da un arco a tutto sesto, inquadrato da un lesene architravate. Il tema è ripreso dall'arco trionfale classico ad un solo fornice come l'arco di Traiano ad Ancona. La grande volta della navata e quelle del transetto e degli atri d'ingresso si ispiravano a modelli romani, come la Basilica di Massenzio.  Per caratterizzare l'importante posizione urbana, venne data particolare importanza alla facciata, dove ritorna il tema dell'arco: l'alta apertura centrale è affiancata da setti murari, con archetti sovrapposti tra lesene corinzie sopra i due portali laterali. Il tutto, coronato da un timpano triangolare a cui si sovrappone, per non lasciare scoperta l'altezza della volta, un nuovo arco. Questa soluzione, che enfatizza la solennità dell'arco di trionfo e il suo moto ascensionale, permetteva anche l'illuminazione della navata. Sotto l'arco venne a formarsi uno spesso atrio, diventato il punto di filtraggio tra interno ed esterno.  La facciata è inscrivibile in un quadrato e tutte le misure della navata, sia in pianta che in alzato, si conformano ad un preciso modulo metrico. La tribuna e la cupola (comunque prevista da Alberti) vennero completate nei secoli successivi, secondo un disegno estraneo all'Alberti.  I caratteri dell'architettura albertiana Le opere più mature di Alberti evidenziano una forte evoluzione verso un classicismo consapevole e maturo in cui, dallo studio dei monumenti antichi romani, l'Alberti ricavò un senso delle masse murarie ben diverso dalla semplicità dello stile brunelleschiano. I modi originali albertiani precorsero l'arte del Bramante. I caratteri innovativi di Alberti furono: La colonna deve sostenere la trabeazione e deve essere usata come ornamento per le fabbriche; l'arco deve essere costruito sopra i pilastri.  Il De statua Il trattato, scritto in latino, è relativo alla teoria della scultura e risale al1450 circa. Nel De statua, l'Alberti rielaborò profondamente le concezioni e le teorie relative alla scultura tenendo conto delle innovazioni artistiche del Rinascimento, attingendo anche ad una rilettura critica delle fonti classiche e riconoscendo, tra i primi dignità intellettuale alla scultura, prima di allora sempre condizionata dal pregiudizio verso un'attività tanto manuale.  Nel trattato che si compone di 19 capitoli, l'Alberti parte, sulla scorta di Plinio, dalla definizione dell'arte plastica tridimensionale distinguendo la scultura o per via di porre o per via di levare, dividendola secondo la tecnica utilizzata:  togliere e aggiungere: sculture con materie molli, terra e cera eseguita dai "modellatori" levare: scultura in pietra, eseguita dagli "scultori" Tale distinzione fu determinante nella concezione artistica di molti scultori come Michelangelo e non era mai stata espressa con tanta chiarezza.   Il definitor, lo strumento inventato da Leon Battista Alberti. Relativamente al metodo da utilizzare per raggiungere il fine ultimo della scultura che è l'imitazione della natura, l'Alberti distingue:  la dimensio (misura) che definisce le proporzioni generali dell'oggetto rappresentato mediante l’exempeda, una riga diritta modulare atta a rilevare le lunghezze e squadre mobili a forma di compassi (normae), con cui misurare spessori, distanze e diametri. la finitio, definizione individuale dei particolari e dei movimenti dell'oggetto rappresentato, per la quale Alberti suggerisce uno strumento da lui ideato: il definitor o finitorium, un disco circolare cui è fissata un'asta graduata rotante, da cui pende un filo a piombo. Con esso si può determinare qualsiasi punto sul modello mediante una combinazione di coordinate polari e assiali, rendendo possibile un trasferimento meccanico dal modello alla scultura. Alberti sembra anticipare i temi relativi alla raffigurazione 'scientifica' della figura umana che è uno dei temi che percorre la cultura figurativa rinascimentale. e addirittura aspetti dell'industrializzazione e addirittura della digitalizzazione, visto che il definitor trasformava i punti rilevati sul modello in dati alfanumerici.  L'opera fu tradotta in volgare nel 1568 da Cosimo Bartoli. Il testo latino originale fu stampato solo alla fine del XIX secolo, mentre solo recentemente sono state pubblicate traduzioni moderne. I sistemi di definizione meccanica dei volumi proposti dall'Alberti, appassionarono Leonardo che approntò, come si può rilevare dai suoi disegni, dei sistemi alternativi, sviluppati a partire dal trattato albertiano e utilizzò le "Tabulae dimensionum hominis" del "De statua" per realizzare il celeberrimo "Uomo vitruviano".  Il Crittografo Alberti fu inoltre un geniale crittografo e inventò un metodo per generare messaggi criptati con l'aiuto di un apparecchio, il disco cifrante. Sua fu infatti l'idea di passare da una crittografia con tecnica "monoalfabetica" (Cifrario di Cesare) ad una con tecnica "polialfabetica", codificata teoricamente parecchi anni dopo da Blaise de Vigenère. In The Codebreakers. The Story of Secret Writing, lo storico della crittologia David Kahn attribuisce all'Alberti il titolo di Father of Western Cryptology (Padre della crittologia occidentale). Kahn ribadisce questa definizione, sottolineando le ragioni che la giustificano, nella prefazione all'edizione italiana del testo albertiano: «Questo volume elegante e sottile riproduce il testo più importante di tutta la storia della crittologia; un primato che il De cifris di Leon Battista Alberti ben si merita per i tre temi cruciali che tratta: l'invenzione della sostituzione polialfabetica, l'uso della crittanalisi, la descrizione di un codice sopracifrato.»  Tra le altre attività di Alberti ci fu anche la musica, per la quale fu considerato uno dei primi organisti della sua epoca. Disegnò anche delle mappe e collaborò con il grande cartografo Paolo Toscanelli.  De iciarchia Iciarco e Iciarchia sono due termini usati dall'Alberti nel dialogo De iciarchia composto nel 1470 circa, pochi anni prima della sua morte (avvenuta nel 1472) e ambientato nella Firenze medicea di quegli anni. Le due parole sono di origine greca ("Pogniàngli nome tolto da' Greci, iciarco: vuol dire supremo omo e primario principe della famiglia sua", libro III), e sono formate da oîkos o oikía "casa, famiglia" e arkhós "capo supremo, principe, principio".  Il nome stesso di iciarco vuole esprimere quello che secondo il parere dell'autore è il governante ideale: colui che sia come un padre di famiglia nei confronti dello Stato. Secondo le parole dell'Alberti, "il suo compito sarà (...) provedere alla salute, quiete, e onestamento di tutta la famiglia, (...) fare sì che amando e benificando è suoi, tutti amino lui, e tutti lo reputino e osservino come padre" (ivi).  Questo ruolo di "padre di famiglia" del governante ideale era finalizzato, nella sua visione politica, ad una stabilità, in definitiva "conservatrice", che permetterebbe di governare senza discordie che, dilaniando lo Stato, nuocerebbero a tutto il corpo sociale ("Inoltre la prima cura sua sarà che la famiglia sia senza niuna discordia unitissima. Non esser unita la famiglia circa le cose (...) che giovano, nuoce sopra modo molto., ivi).  Il termine iciarco, nato coll'Alberti e strettamente legato alla sua visione "paternalistica" del governo dello Stato, non ebbe comunque alcun seguito e non risulta che sia mai più stato impiegato nel lessico politico.  Opere: “Apologi centum Cena familiaris De amore De equo animante (Il cavallo vivo); “De Iciarchia”; “De componendis cifris Deiphira De pictura Porcaria coniuratio De re aedificatoria De statua Descriptio urbis Romae Ecatomphile Elementa picturae Epistola consolatoria Grammatica della lingua toscana (meglio nota come Grammatichetta vaticana) Intercoenales De familia libri IV Ex ludis rerum mathematicorum Momus Philodoxeos fabula Profugiorum ab ærumna libri III Sentenze pitagoriche Sophrona Theogenius Villa Opere architettoniche Palazzo Rucellai, Firenze, Via della Vigna Nuova Loggia Rucellai, Firenze, Via della Vigna Nuova Facciata di Santa Maria Novella, Firenze, Santa Maria Novella Abside di San Martino, 1472-1478, Lastra a Signa, Pieve di San Martino a Gangalandi Tempietto del Santo Sepolcro, Firenze, Chiesa di San Pancrazio Tempio Malatestiano (incompiuto), iniziato nel 1450 circa, Rimini, Tempio Malatestiano Chiesa di San Sebastiano, 1460 circa, Mantova, Chiesa di San Sebastiano Basilica di Sant'Andrea, 1472-1732, Mantova, Basilica di Sant'Andrea (Mantova) Palazzo Romei, Vibo Valentia Manoscritti Liber de iure, scriptus Bononiae anno 1437, XV secolo, Milano, Biblioteca Ambrosiana, Fondo manoscritti, Trivia senatoria, XV secolo, Milano, Biblioteca Ambrosiana, Fondo manoscritti. 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Il nome deriva dal fatto che il libello, di appena 16 carte, è conservato in una copia del 1508 in un codice in ottavo della Biblioteca vaticana. Lo scritto non ha epigrafe, pertanto il titolo è stato assegnato in seguito: fu riscoperto infatti nel 1850 e dato alle stampe solo nel 1908.  viviamolacalabria.blogspot.com, viviamolacalabria.blogspot.com//09/esempio-tangibile-di-palazzo-nobiliare.html?m=1. Leon Battista Alberti, De re aedificatoria, Argentorati, excudebat M. Iacobus Cammerlander Moguntinus, 1541.  Leon Battista Alberti, De re aedificatoria, Florentiae, accuratissime impressum opera magistri Nicolai Laurentii Alamani. Leon Battista Alberti, Opere volgari. 1, Firenze, Tipografia Galileiana, Leon Battista Alberti, Opere volgari. 2, Firenze, Tipografia Galileiana, Leon Battista Alberti, Opere volgari. 4, Firenze, Tipografia Galileiana, 1847. Leon Battista Alberti, Opere volgari. 5, Firenze, Tipografia Galileiana, Leon Battista Alberti, Opere, Florentiae, J. C. 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Un univoco cantiere antiquario tra Donatello e Leon Battista Alberti?, in Brunelleschi, Alberti e oltre, F. Canali, «Bollettino della Società di Studi Fiorentini», 1F. Canali, V. C. Galati, Leon Battista Alberti, gli 'Albertiani' e la Puglia umanistica, in Brunelleschi, Alberti e oltre, F. Canali, «Bollettino della Società di Studi Fiorentini», G. Morolli, Alberti: la triiplice luce della pulcritudo, in Brunelleschi, Alberti e oltre, F. Canali, «Bollettino della Società di Studi Fiorentini», G. Morolli, Pienza e Alberti, in Brunelleschi, Alberti e oltre, F. Canali, «Bollettino della Società di Studi Fiorentini», Christoph Luitpold Frommel, Alberti e la porta trionfale di Castel Nuovo a Napoli, in «Annali di architettura» n° 20, Vicenza leggere l'articolo; Massimo Bulgarelli, Leon Battista Alberti,Architettura e storia, Electa, Milano 2008; Caterina Marrone, I segni dell'inganno. Semiotica della crittografia, Stampa Alternativa &a mp;Graffiti, Viterbo ; Pierluigi Panza, “Animalia: La zoologia nel De Re Aedificatoria", Convegno Facoltà di Architettura Civile, Milano, in Albertiana, S. Borsi, Leon Battista Alberti e Napoli, Firenze, . V. Galati, Il Torrione quattrocentesco di Bitonto dalla committenza di Giovanni Ventimiglia e Marino Curiale; dagli adeguamenti ai dettami del De Re aedificatoria di Leon Battista Alberti alle proposte di Francesco di Giorgio Martini in Defensive Architecture of the Mediterranean XV to XVIII centuries, G. Verdiani,, Firenze, , III. V. Galati, Tipologie di Saloni per le udienze nel Quattrocento tra Ferrara e Mantova. Oeci, Basiliche, Curie e "Logge all'antica" tra Vitruvio e Leon Battista Alberti nel "Salone dei Mesi di Schifanoia a Ferrara e nella "Camera Picta" di Palazzo Ducale a Mantova, in Per amor di Classicismo, F. Canali «Bollettino della Società di Studi Fiorentini», S. Borsi, Leon Battista, Firenze, . Roberto Rossellini gli ha dedicato un film- documentario per la TV nintitolato "L'età di Cosimo dei Medici" (88').   Architettura rinascimentale Rinascimento fiorentino Rinascimento riminese Rinascimento mantovano Medaglia di Leon Battista Alberti.TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Leon Battista Alberti, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Leon Battista Alberti, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Leon Battista Alberti, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Leon Battista Alberti, su MacTutor, University of St Andrews, Scotland.  Opere di Leon Battista Alberti, su Liber Liber.  Opere di Leon Battista Alberti, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Leon Battista Alberti, . su Leon Battista Alberti, su Les Archives de littérature du Moyen Âge. Leon Battista Alberti, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.  La  aggiornata degli studi albertiani dal 1995 in poi, e le informazioni più recenti sulla ricerca albertiana, su alberti.wordpress.com. Il sito della Société Internationale Leon Battista Alberti, su silba-online.eu. Biografia breve, su imss.fi. Fondazione Centro Studi Leon Battista AlbertiMantova, su fondazioneleonbattistaalberti. Momus, (testo in latino, Roma 1520), facsimile, progetto Europeana agent/base/  Identitieslccn. Refs.: Luigi Speranza, "Grice ed Alberti," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

ALBERTINI. (Pavia). Grice: “H. L. A. Hart calls Albertini a Proudhonian!” -- Grice: “I like Albertini; like me, he has dedicated his life to ‘fides,’ or ‘una federazione di due,’ “a garden of Eden just meant for two” – fiducia, fedes – what Remo asked from Romolo, but failed!” Filosofo. Professore di filosofia  presso Pavia, ha sostenuto un progetto di unione federalista per l'Europa alla guida del Movimento Federalista Europeo e della Unione dei Federalisti Europei.  Nel 1945 aderì al Movimento federalista europeo che era stato fondato due anni prima a Milano da Altiero Spinelli. Di idee liberali, lasciò tuttavia il Partito Liberale dopo la decisione di quest'ultimo di appoggiare la monarchia nel referendum del 1946. Dopo la laurea in filosofia nel 1951, divenne docente di Storia contemporanea, Dottrina dello Stato, Scienza della Politica e Filosofia della politica presso l'Pavia. Divenne stretto collaboratore di Altiero Spinelli nel 1953. In seguito alla sconfitta sul progetto di Esercito Europeo, la CED, e alle dimissioni di Spinelli, lo sostituì alla guida del Movimento Federalista Europeo. Nel 1959 a Milano con un gruppo di militanti del Movimento federalista europeo fondò Il Federalista che viene attualmente pubblicato in inglese ed italiano e si occupa del dibattito sui temi di fondo del federalismo.  Diresse il Mfe italiano dal 1966 e fu Presidente dell'Unione dei Federalisti Europei dal 1975 al 1984. È poi rimasto come figura di riferimento e d'indirizzo all'interno del Mfe fino alla fine, nel 1997. A livello teorico, fin dalle pagine taglienti e polemiche su Lo Stato nazionale, sosteneva, sulla scia di Einaudi, che a furia di voler custodire una sterile sovranità, gli Stati nazionali europei erano ridotti a "polvere senza sostanza". Da lì l'esigenza di guardare all'unificazione europea come alla medicina d'urto indispensabile.  Morto Mario Albertini maestro di federalismo, articolo di Arturo Colombo, Corriere della Sera, Archivio storico.  Lo Stato nazionale, La politica, Giuffré, Il federalismo e lo stato federale, Giuffré, Che cos'è il federalismo, L'integrazione europea, Proudhon, Vallecchi, Tutti gli scritti, Nicoletta Mosconi, Il Mulino, Altiero Spinelli Movimento Federalista Europeo Unione dei Federalisti Europei  Centro studi sul federalismo: perspectives on federalism , su on-federalism.eu. Il Federalista: "Mario Albertini teorico e militante" di Nicoletta Mosconi su thefederalist.eu. Centro studi sul federalismo: Opere di Mario Albertini, su csfederalismo. youtube: 1985 Mario Albertini commenta la manifestazione federalista di Piazza Duomo, su youtube.com. V D M Logo MFE.svg Federalismo europeo Flag of Europe.svg. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Albertini” – The Swimming-Pool Library.

 

ALDEROTTI. (Firenze). Grice: “I like Alderotti; but then his favourite treatise was Aristotle’s little thing to his son, Niccomaco – which Hardie instilled on me like a leech!” “Alderotti was what we would call a Florentine-Bologne-oriented Aristotelian; he thought, with Aristotle, that the heart trumps the head --  Grice: “What I like most about lderotti is his archiginnasio – no such thing at Oxford! So, as Speranza says in “Colloquenza all’archiginnasio,” Alderotti knew what he was doing, even if his pupils did not!” -- Taddeo Alderotti. Filosofo. Scienziato e filosofo erudito, scrisse per l'amico e protettore Corso Donati, uno dei primi testi di medicina in lingua volgare, il Della conservazione della salute. Il più conosciuto medico del Medioevo, tanto da meritarsi una citazione nel XII canto del Paradiso di Dante, Taddeo Alderotti insegnò all'Bologna dal 1260, applicando, durante le sue lezioni di medicina, un innovativo metodo scolastico. Taddeo Alderotti iniziava la lezione con una lectio o expositio di un passo tratto da un testo autorevole (di Ippocrate, Galeno, Avicenna, ecc.). Procedeva poi per quaestiones con riferimento alle quattro cause aristoteliche: causa materiale (la materia della trattazione), causa formale (la sua forma espositiva), causa efficiente (l'autore dell'opera), causa finale (il fine o lo scopo dell'argomento prescelto). A questo punto il maestro formulava una serie di dubia, cui facevano seguito i momenti euristici della disputatio ed, infine, della solutio. Taddeo Alderotti all'ateneo bolognese ebbe come discepolo il celebre anatomista Mondino de Luzzi.  Dante lo citò nel Paradiso (XII, 83), ma anche in modo dispregiativo nel Convivio (I, x 10). Ivi si legge: «Temendo che 'l volgare non fosse stato posto per alcuno che l'avesse laido fatto parere, come fece quelli che transmutò lo latino de l'Eticaciò fu Taddeo ipocratistaprovidi». Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere.  Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Alderotti” – The Swimming-Pool Library.

 

ALEMANNO. (Mantova). Grice: “Alemanno reminds me of Montefiore, who went, as I did, to Clifton – however, due to Montefiore’s denial of Jesus, he was retreated to a special house that Clifton had built especially for that purpose!” -- Yōḥānān ben Yitshaq Alemanno (n. Mantova), filosofo. Ebreo di origini francesi, nacque a Mantova ma visse e studiò a Firenze, insegnò in varie città italiane e risiedette presso la corte di Mantova. Nel 1488 tornò nella città toscana ove rimase sino al 1497.  Fu insegnante di lingua ebraica per alcuni umanisti italiani, tra cui Giovanni Pico della Mirandola, e fu confidente di Lorenzo il Magnifico.  Pensiero Per la nascita di una nuova nazione ebraica Alemanno sosteneva la necessità di fondare gli ideali politici sullo studio della retorica e della lingua delle Sacre Scritture   Nel suo Commento al Cantico dei Cantici, dedicato nel 1488 a Pico della Mirandola, la figura di re Salomone era presentata come la depositaria di tutta la scienza che da lui si era trasmessa alla civiltà greca antica ma, a causa delle scienze pagane e cristiane, l'integrità della cultura ebraica era poi andata persa e da qui la punizione divina dell'esilio per la perdita del popolo ebraico della sua identità nazionale. Occorreva quindi rifarsi allo studio della tradizione filosofica classica in cui era confluita quella ebraica, per ricostruire la cultura nazionale ebraica.   Opere Ḥēsheq Shelōmōh,(L'amore di Salomone), commento storico al Cantico dei Cantici  ‛Ēnē ha-'Ēdāh, (Gli occhi della Congrega), commento filosofico-cabalistico al Pentateuco  Ḥay hā-‛Ōlāmīm, (L'immortale), opera mistica  Note  Moshe Idel, Cammini verso l'alto nella mistica ebraica, Milano, Jaca Book, 197.  Fonte: Enciclopedie on line, riferimenti in .  F. Lelli, Umanesimo laurenziano nell'opera di Yohanan Alemanno in I. Zatelli e D. Liscia Bemporad , La cultura ebraica nell'epoca di Lorenzo il Magnifico, Firenze Eliyyah Ḥayim ben Binyamin (of Genazzano), אגרת חמודות, Casa Editrice Giuntina, 2002 passim  Fonte: Enciclopedia Italiana, riferimenti in .  V. Cassuto, Gli ebrei a Firenze, Firenze 1918301 Umberto Cassuto, «ALEMANNO, Yōḥānān», in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1929. il 26 giugno . «Alemanno, Yōḥānān», la voce in Enciclopedie on line, sito "Treccani L'Enciclopedia italiana". Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Alemanno” – The Swimming-Pool Library.

 

ALFIERI. (Parma). Grice: “I like Alfieri; the enzo is vital – Vittorio alfieri has statues at Torino! V. Enzo Alfieri dedicated his life to prove that Democritus was more of a poet than a philosopher. ‘Indeed, I will go as far as to argue that he ain’t no philosopher!’ Unfortunately, Abbagnano ignored him, and Lucrezio stayed in the canon! Then Alfieri tried to study the idea of the ‘in-divisibile,’ the ‘atom’ and the ‘clinamen,’ and how Lucrezio was a good poet but a bad philosopher!” --  Filosofo. - allievo diCroce. Nato a Parma, visse la maggior parte della sua vita a Milano ove si laureò in filosofia e insegnò storia della filosofia alla Bocconi, per poi continuarne l'insegnamento presso l'Pavia.  Allievo di Piero Martinetti e di Benedetto Croce, di cui condivideva l'ideologia liberale e il pensiero filosofico, ma anche gentiliano non ortodosso secondo la definizione di Ugo Spirito, fu un oppositore del regime fascist che lo arrestò una prima volta nell'aprile del 1928 quando a Milano scoppiò una bomba all'ingresso della Fiera che fece sospettare che si trattasse di un fallito attentato al Re. Alfieri fu incarcerato a San Vittore assieme a Ugo La Malfa, Umberto Segre e Mario Vinciguerra. Fu liberato senza processo tre mesi dopo per l'interessamento di Benedetto Croce che tramite Marinetti aveva fatto intervenire Mussolini.  Il secondo arresto, per la scoperta di lettere ritenute compromettenti dalla censura fascista, avvenne nel 1936. Alfieri fu scarcerato dopo quindici giorni per l'intervento diretto di Gentile ma dovette lasciare entro due giorni l'insegnamento a Modena e trasferirsi a Milano dove riuscì a sopravvivere grazie all'aiuto di amici e di parenti che lo ospitarono.  A Milano ottenne il primo incarico universitario presso la facoltà di Lingue della Bocconi dove rimase per 13 anni fino al suo trasferimento a Pavia per la docenza di storia della filosofia.  Suoi amici, «maestri e testimoni di libertà», come lui stesso li definì, oltre a Croce, furono Giuseppe Prezzolini, Giuseppe Lombardo Radice, Francesco Flora, Pilo Albertelli, il giovane professore ucciso alle Fosse Ardeatine e, tra i più vicini e affezionati, Giovanni Spadolini.  Fortemente critico nei confronti del movimento sessantottino e impegnato attivamente per le riforme della scuola, Alfieri è stato il fondatore del "Movimento per la libertà e la riforma dell'università italiana" e del "Comitato nazionale per la difesa della scuola", e presidente dell'"Associazione amici dell'Gerusalemme".  Negli anni 1937-1938 collaborò alla rivista L'Italia che scrive che ancora in quel periodo riusciva a mantenere una certa autonomia nei confronti del fascismo. Monarchico, iscritto al Partito Liberale Italiano; nel dopoguerra si avvicinò agli ambienti della destra, aderendo al Sindacato Libero Scrittori Italiani e collaborando con la casa editrice di Giovanni Volpe e con la rivista Intervento di Fausto Gianfranceschi. Negli anni '70 fu collaboratore culturale per la filosofia de Il Giornale diretto da Indro Montanelli.  Tra le sue opere di filosofia vanno annoverati saggi sulla filosofia greca, “La tristezza di Pindaro”; “Lucrezio”; “Gli atomisti” e opere di estetica, L'estetica dall'Illuminismo al Romanticismo. Ad Alfieri, oltre ad un suo epistolario con Croce, si devono due libri di memorie autobiografiche (Maestri e testimoni di libertà e Nel nobile castello, entrambe del 1976) dove sono originalmente ritratti personaggi della vita culturale e politica italiana da Croce a Tommaso Gallarati Scotti, da Filippo Jacini a Alessandro Casati, a Francesco Flora.  Note  Antonio Troiano, I 90 anni dell'ultimo allievo di Benedetto Croce, in Corriere della Sera, 10 maggio 199648.  Massimo Ferrari, Piero Martinetti e Antonio Banfi, in Il Contributo italiano alla storia del PensieroFilosofiaTreccani, .  Alessandra Tarquini, Gli sviluppi della scuola di Gentile: da Armando Carlini a Ugo Spirito, in Croce e GentileTreccani, .  Andrea Mariuzzo, La Scuola Normale di Pisa negli anni Trenta, in Croce e GentileTreccani, .  Marcello Veneziani, 68 pensieri sul '68: un trentennio di sessantottite visto da destra, Firenze, Loggia de' Lanzi, 199846.  Michele d'Elia, Monarchici e partito, su Italia Reale.  Benedetto Croce, Vittorio Enzo Alfieri, Lettere,  Milazzo, Edizioni Spes, Aldo Garosci, Nel nobile castello, in Tempo presente, Forum in occasione del novantesimo compleanno di Vittorio Enzo Alfieri, in Rendiconti, parte generale e atti ufficiali,  130, 1996,  110-140. Maria Luisa Cicalese, Vittorio Enzo Alfieri maestro di studi e di vita, in Nuova Antologia, Vittorio Enzo Alfieri: maestro e testimone di libertà: atti del Convegno, Cremona, 22 novembre 1997, Cremona, Circolo Culturale Benedetto Croce, 1998. Margherita ardi Parente, Vittorio Enzo Alfieri e il nobile castello, in Belfagor. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Alfieri” – The Swimming-Pool Library.

 

ALFONSO. (Santa Severina). Grice: “I like Alfonso – no, he ain’t a Spaniard; the surname was pretty popular in Southern Italy after the roaming of the Spaniards! And it’s ultimately barbaric, that is, Goth!” “Typically, for a philosopher, a professional one, I mean, he started with logic for teenagers (il ginnasio ed il liceo), but with a twist – he called his lectures (his ancestor may testify) ‘logica reale,’ or colloquenza reale – and he tried to criticse “il Vera,” who had written “Il problema dell’assoluto.” “Like me, he has an interest in S is P and S is not P (questo uomo no est sensibile). His first utterance is actually, NOT ‘the fat cat sat on the mat, and as he sat on the mat, he saw a rat” – but the rather naïf ‘il sole e luminoso.’ He gives two other examples, which are easy to detect, since he does not use quotes but ITALICS!: “questo corpo est rotondo” and “questa pianta fiorisce.” His idea, like mine, or Peacocke’s,, or Speranza, is that that is pretty much enough to deal with the most serious problems in philosophy: the judicatum, and its component Concetto 1 e Concetto 2 – “Questa pianta fiorisce’” -- Un temperamento di spirito positivo e di evoluzionismo idealistico, che attesta l’origine del suo metodo e la serietà dei suoi studi, ma che dimostra pure quanto egli si sia discostato dall’indirizzo del Vera e dello Spaventa per accostarsi a quella che fu chiamata la sinistra hegeliana»  (Luigi Ferri). Filosofo. Autore di 67 pubblicazioni scientifiche e di numerosi articoli su riviste letterarie e quotidiani, alcuni dei quali sulla Calabria e sui personaggi delle tragedie di William Shakespeare, che gli fecero guadagnare l’attenzione internazionale per l’approccio singolare alle opere del grande drammaturgo inglese.   Nato a Santa Severina il 17 agosto 1853 da una famiglia di proprietari terrieri, molto giovane si dedicò all'approfondimento delle Sacre Scritture, grazie ai due fratelli del padre, don Michele e don Francesco d'Alfonso, entrambi canonici del Capitolo metropolitano della Cattedrale; questi studi, parte dei quali furono pubblicati con il titolo Le donne dei Vangeli (Firenze, Successori Le Monnier, 1881), manifestano un approccio positivista sull'analisi del testo biblico.  Terminati gli studi nel suo paese natale si trasferì a Catanzaro, dove fu allievo del letterato e patriota rocchitano Vincenzo Gallo-Arcuri; frequentò poi il Liceo Ginnasio "Pasquale Galluppi", conseguendo la licenza ginnasiale. Ottenne in seguito la licenza liceale con lode al Liceo classico del Convitto nazionale "Vittorio Emanuele II" di Napoli, che gli fece valere, su concessione del Ministero della Pubblica Istruzione, la possibilità di iscriversi contemporaneamente alle facoltà di Medicina e di Lettere e Filosofia presso la Regia Napoli. Alla facoltà di Filosofia, dove, allievo di Francesco De Sanctis, Augusto Vera e Bertrando Spaventa, ottenne vari riconoscimenti.  Nel 1879 conseguì entrambe le lauree in Medicina e Chirurgia e Filosofia, a soli tre mesi di distanza l'una dall'altra. Nel 1881 l'Accademia dei Lincei gli assegnò il Premio Reale per le Scienze filosofiche e morali, consistente in 4.000 lire, per lo studio dal titolo Kant. I suoi antecessori e i suoi successori.  Su espressa volontà del padre fece ritorno a Santa Severina, dove esercitò la professione di medico condotto; ma la passione per la filosofia e l'insegnamento prevalse e partecipò ai concorsi a cattedra per i licei, iniziando a insegnare Filosofia in Sicilia (Caltanissetta, Messina e Catania). Da questa esperienza di insegnamento cominciarono ad evidenziarsi sempre di più le sue qualità didattiche, tant'è che il ministro della Pubblica Istruzione Paolo Boselli lo convocò a Roma per affidargli la cattedra di Filosofia nei licei della Capitale: prima al Liceo Ginnasio "Umberto I" (dove insegnò dal 1889 al 1909) e poi al Liceo "Ennio Quirino Visconti". Nello stesso periodo cominciò a collaborare con le più importanti riviste letterarie, tra cui il Nuovo Convito, la Rivista d’Italia, la Rivista moderna politica e letteraria, la Rivista italiana di filosofia, la Nuova Antologia, L’Educazione, la Rivista italiana di Sociologia, la Rivista di filosofia e scienze affini e con diversi quotidiani, tra cui L'Osservatore Romano.  Nel 1890 fu chiamato dal ministro della Pubblica Istruzione Paolo Boselli ad insegnare Pedagogia e Filosofia all'Istituto Superiore Femminile di Magistero, dove, in seguito a concorso, divenne Professore dal 1903 al 1923. Ebbe come colleghi Luigi Pirandello, Maria Montessori e Luigi Capuana. Durante i trantaquattro anni di insegnamento al Magistero, fu relatore di oltre trecento tesi. Per il Dizionario illustrato di Pedagogia, curato da Luigi Credaro e Antonio Martinazzoli, redasse la voce Istituti Superiori femminili di Magistero. Dal 1896 fu anche libero docente di Filosofia teoretica alla Regia Roma, dove insegnò ininterrottamente fino al 1933, anno della sua morte.  All'insegnamento affiancò sempre una prolifica attività di scrittore, pubblicando complessivamente sessantatré opere, recensite in Italia e all'estero, che spaziano dai temi dell'educazione e della morale all'economia politica, dagli studi sull'ambiente e sulle foreste all'analisi criminologica dei personaggi shakespeariani. Il suo Sommario delle lezioni di pedagogia generale (Loescher, 1912) fu giudicato dalla Reale Accademia dei Lincei «frutto d'amorosa meditazione e di mente abituata alla ricerca e alla costruzione filosofica, che esce dai confini degli ordinari trattati di pedagogia per elevarsi ad una sintesi mentale superiore».  Nel 1911 tenne la prolusione all'Universal Congress of Races di Londra, che fu poi pubblicata col titolo Speculative psichology and the unity of races (E. Loescher & Co, 1911), mentre nel 1913 fu membro del VI Congrès international du progrès religieux a Parigi. Fu consulente medico della Real Casa d'Italia durante il regno di Umberto I e del Palazzo Apostolico Vaticano sotto il pontificato di Benedetto XV.  Nicolò d'Alfonso mai volle aderire ad alcuna corrente filosofica e politica, e fu fortemente avversato dal ministro della Pubblica Istruzione Giovanni Gentile,che decise di mandarlo anzitempo in pensione con un provvedimento ad personam: si trattava del Regio Decreto n. 736 del 13 marzo 1923, all'interno della Riforma Gentile, che anticipava, per i soli professori del Magistero, il collocamento a riposo al compimento del settantesimo anno anziché al settantacinquesimo, come per gli altri docenti universitari. Il suo posto fu immediatamente occupato da Giuseppe Lombardo Radice, amico e allievo prediletto di Gentile. Anche Benedetto Croce intervenne nella vicenda in favore di d'Alfonso, chiedendo a Gentile una deroga a tale decreto, ottenendo però risposta negativa. La salma fu portata sulla carrozza della Real Casa e seppellita nel Cimitero monumentale del Verano.  Il paese natale, Santa Severina, gli ha intitolato una via del centro storico e la Scuola elementare.  Opere: “Le donne dei Vangeli, Firenze, Successori Le Monnier, Sonno e sogni, Milano-Roma, E. Trevisini, “Principii di logica reale” (Roma, G. B., Paravia & C.); “Il re Lear, Roma, Società editrice Dante, Alighieri); “La dottrina dei temperamenti” (Roma, Società editrice Dante, Alighieri); “Lezioni elementari di psicologia normale, Torino, Fratelli Bocca editori, 1904 Pregiudizi sull'eredità psicologica (genio,delinquenza, follia), Roma, Società editrice Dante Alighieri, 1904 I limiti dell'esperimento in psicologia, Roma, Casa editrice E. Loescher, “Sommario delle lezioni di filosofia generale (la filosofia come economia), Roma, Casa editrice E. Loescher; “Lo spiritismo secondo Shakespeare, E. Loescher & C.); “Sommario delle lezioni di Psicologia criminale. Critica delle dottrine criminali positiviste, Roma, Casa editrice E. Loescher); “Il Cattolicismo e la filosofia, Roma, Casa editrice E. Loescher); “Otello delinquente, Casa libraria editrice E. Loescher e C. Sommario delle lezioni di pedagogia generale (L'educazione come economia), Roma, Casa editrice E. Loescher, “Note psicologiche, estetiche e criminali ai drammi di G. Shakespeare (Macbeth, Amleto, Re Lear, Otello), Milano, Società Editrice Libraria, “Principi naturali di Economia Politica, Roma, Athenaeum, “Gli alberi e la Calabria dall'antichità a noi, Roma, Angelo Signorelli editore, “La disoccupazione: cause e rimedi, Torino, Fratelli Bocca editori. Nicolò d'AlfonsoIl  del Sud  Furio Pesci, Pedagogia capitolina. L'insegnamento della pedagogia nel Magistero di Roma, Parma, Ricerche pedagogiche, 1994  Francesco d'Alfonso, Nicolò d'Alfonso. Ritratto di un intellettuale indipendente, Bisignano, Apollo edizioni, , pag. 42  Francesco d'Alfonso, Nicolò d'Alfonso, cit Attilio Gallo-Cristiani, In memoria del filosofo Nicolò d'Alfonso, Roma, A. Signorelli editore, 1934  La vicenda del pensionamento di Nicolò d'Alfonso è ricostruita e ampiamente documentata in Nicolò d'Alfonso. Ritratto di un intellettuale indipendente, cit., cap. V  Francesco d'Alfonso, L'onesto solitario. Vita e opere del filosofo Nicolò d'Alfonso, Reggio Calabria, Città del Sole edizioni,  Francesco d'Alfonso, Nicolò d'Alfonso. Ritratto di un intellettuale indipendente, Bisignano, Apollo Edizioni,  Francesco d'Alfonso , Amleto e Ofelia. La critica shakespeariana negli scritti di Nicolò d'Alfonso, Reggio Calabria, Città del Sole edizioni,  Furio Pesci, Pedagogia capitolina. L'insegnamento della pedagogia nel Magistero di Roma  Parma, Ricerche pedagogiche, 1994 Attilio Gallo Cristiani, In memoria del filosofo Nicolò d'Alfonso, Roma, A. Signorelli editore, 1994 Mariantonella , Giovanni Marchesini e la «Rivista di filosofia e scienze affini», Franco Angeli  Daniele Macris, Nicolò d'Alfonso: uno studio introduttivo, in Quaderni Siberenensi, Catanzaro, Ursini, Francesco De Luca, Santa Severina. L'antica Siberene, Pubblisfera edizioni, Antonio Testa, La critica letteraria calabrese nel novecento, L. Pellegrini editore, 1968 Silvio Bernardo, Santa Severina dai tempi più remoti ai nostri giorni, Istituto editoriale del Mezzogiorno, 1960  Santa Severina Università La Sapienza di Roma Accademia dei Lincei Liceo classico Pilo Albertelli. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Alfonso” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza.

 

ALGAROTTI. (Venezia). Grice: “You’ve got to love ‘il conte Algarotti’; he is the typical Italian philosopher of language, relishing on ‘la bella lingua,’ by which they do not mean the Roman! “La Latina, in bocca di un popolo di soldati, e concise e ardimentosa.’” Grice: “Algarotti thinks that the Florentines have enriched it – ‘Imagine Aligheri in Latin!” – Grice: “All that should be lost on Oxonians, but it ain’t!” – Consider ‘conciseness.’ One of my conversational maxims is indeed, ‘be concise, i. e. or viz., avoid unnecessary prolixity [sic].” – So, if the Roman tongue was the tongue of soldiers, and a soldier needs to be concise in communicating with another soldier – The justification of the maxim is in the practice of ‘soldiering.’ With ‘ardimentosa’ we have moer of a problem!” – Grice: “In any case, Algarotti’s excellent point is that each conversational maxim has its root in the practice of the corresponding conversants!” -- Grice: “Nobody can fail to be enchanted by the drawing by Richardson of Algarotti!” -- essential Italian philosopher. Grice: “I don’t have a monicker, but Algarotti had two: il cigno di Padova and il Socrate veneziano. Filosofo. Spirito illuminista, erudito dotato di conoscenze che spaziavano dal newtonianismo all'architettura, alla musica, era amico delle personalità più grandi dell'epoca: Voltaire, Jean-Baptiste Boyer d'Argens, Pierre Louis Moreau de Maupertuis, Julien Offray de La Mettrie. Tra i suoi corrispondenti vi erano Lord Chesterfield, Thomas Gray, George Lyttelton, Thomas Hollis, Metastasio, Benedetto XIV, Heinrich von Brühl, Federico II di Prussia.   Saggi, 1963 (testo completo) Nacque a Venezia, da una famiglia di commercianti. Dopo un primo periodo di studio a Roma, dove poté studiare sotto la guida del Lodoli, continuò gli studi a Bologna, dove affrontò le diverse discipline scientifiche nella loro vastità, soprattutto l'astronomia sotto la guida di Eustachio Manfredi e di Francesco Maria Zanotti. Si trasferì a Firenze per completare la propria preparazione letteraria.  Iniziò a viaggiare per l'Europa, raggiungendo Parigi, città nella quale ebbe modo di conoscere diverse autorevoli personalità.  Ad esse poté presentare il proprio Newtonianismo per le dame, piccola opera di divulgazione scientifica brillante ispirata al lavoro dello scrittore francese Bernard le Bovier de Fontenelle. L'opera fu prima apprezzata, e poi denigrata da Voltaire, che dal lavoro del suo Caro cigno di Padova — come era solito appellarlo — trasse alcuni temi dei suoi Elementi della filosofia di Newton. Voltaire e Algarotti si erano conosciuti personalmente a Cirey nello stesso periodo in cui l'italiano preparava il saggio  Dopo il periodo trascorso in Francia, Algarotti si recò in Inghilterra, per soggiornare per qualche tempo a Londra, dove fu accolto nella Royal Society, prestigiosa accademia scientifica. Tornato in Italia si poté dedicare alla pubblicazione del Newtonianesimo e subito dopo partì. Dopo un breve ritorno a Londra, andò a visitare alcune zone della Russia (fermandosi in particolare a San Pietroburgo) e della Prussia.  Dice il De Tipaldo, nelle sue biografie degli italiani illustri: "Quando Federico si recò a Königsberg a incoronarsi, l'Algarotti si trovò in mezzo gli applausi e il giubilo di quella potente e valorosa nazione misto e confuso coi principi della famiglia reale, e stette nel palco col re, spargendo al popolo sottoposto le monete con l'immagine di Federico. Fu in tale congiuntura che questi conferì a lui, quanto al fratello Bonomo e ai discendenti della famiglia Algarotti, il titolo di conte, meno vano quando è premio del sapere, e lo fece suo ciambellano e cavaliere dell'ordine del merito, mentr'era alla corte di Dresda col titolo di consigliere intimo di guerra. Dal momento che Algarotti conobbe Federico sino alla sua morte, cioè pel corso di venticinque anni, né l'amicizia, né la stima del re, né la gratitudine, la devozione e il sincero affetto del cortigiano vennero meno, né soffersero mai alcuna alterazione." Secondo il De Tipaldo, l'amicizia fra i due era estesa anche alla sfera più intima; dice infatti: "…lo volle non solo a compagno degli studi e dei viaggi, ma altresì dei suoi più segreti piaceri, essendoché della corte di Potsdam, ora egli faceva un Peripato, ed ora la convertiva in un tempio di Gnido"il che significa: in un tempio di Venere.  Trascorse alla corte del re oltre un decennio, per fare ritorno nel paese natale. Utilizzò la propria influenza anche a favore degli "oppositori" filosofici come Gregorio Bressani Il resto della vita lo trascorse tra Venezia e Bologna per fermarsi a Pisa, dove morì all'età di cinquantatré anni mentre preparava la pubblicazione di tutte le sue opere, fra cui Lettere sulla Russia e Il Congresso di Citera, un romanzo dedicato ai costumi galanti e amorosi rivisitati secondo quanto osservato nelle diverse nazioni in cui aveva soggiornato.  Malato di tubercolosi, a Pisa col diletto amico Mauro Antonio Tesi, chiamato "Maurino", si preparò alla morte; come epitaffio, volle Algarottus, sed non omnis. Malignamente, l'abate Galiani notò che questo era epitaffio più di evirato cantore che di dotto.  Fu sepolto nel camposanto di Pisa, in un monumento disegnato dall'illustre architetto Carlo Bianconi e dallo stesso "Maurino" Tesi in uno stile archeologizzante, tradotto in marmo dall'allora celebre abate Giovanni Antonio Cybei di Carrara. L'epitaffio è quello che per lui dettò il re di Prussia: "Algarotto Ovidii aemulo, Neutoni discipulo, Federicus rex", tranne che gli eredi cambiarono quel rex in magnus. Commenta il De Tipaldo: "Egli medesimo si era preparato, in compagnia del Maurino, il disegno del sepolcro e l'epitafio, non già per orgoglio, ma spinto dal sacro amore delle arti belle, che anche in faccia alla morte non poteva intiepidirsi nel suo petto."  Personalità e influenza culturale  Domenico Michelessi, Memorie intorno alla vita e agli scritti del conte Francesco Algarotti, 1770 Aperto al progresso e alla conoscenza razionale, esperto di arti (si prodigò come fautore di Palladio), furispetto alla scienzaun grande assertore delle teorie di Isaac Newton (sul conto del quale scrisse uno dei suoi più noti saggi, Il newtonianesimo per le dame).  Viene considerato una sorta di Socrate veneziano e per comprendere la sua statura di insigne studioso con un'infinita sete di sapere e divulgare è sufficiente porsi davanti al suo innumerevole campo di interessi. Al di là del suo ruolo di spicco nell'illuminismo letterario, fu anche un diplomatico e un procacciatore d'arte. In particolare viaggiò cercando opere d'arte per conto di Augusto III di Sassonia. È noto che fu Algarotti a comprare a Venezia il capolavoro di Liotard, il pastello de La cioccolataia, che poi divenne una delle perle della Galleria di Dresda.  Uomo di bell'aspetto, dotato di un aristocratico naso aquilino (esiste al Rijksmuseum di Amsterdam uno suo ritratto a pastello, sempre di Liotard, che è riprodotto nell’incipit della presente voce), l'Algarotti nel Saggio sopra Orazio non perdeva occasione di far notare come questi fosse ambidestro, e tanto lodava i vantaggi di questa disposizione, che c'è chi suppone che egli la condividesse col poeta. Ebbe a scrivere praticamente su tutto, affrontandocon l'acuta attenzione dello scienziatopressoché ogni aspetto dello scibile umano. Basti ricordare i saggi che scrisse a proposito della pittura (Sopra la pittura), dell'architettura (Sopra l'architettura), dell'opera lirica (Sopra l'opera in musica), del commercio (Sopra il commercio).   La tomba di Algarotti al Camposanto di Pisa. Opera di Giovanni Antonio Cybei Opere Francesco Algarotti, Saggi, Scrittori d'Italia Bari, Laterza. 29 giugno . Saggi, Giovanni da Pozzo, Ediz.Laterza,, testo integrale dalla collana digitalizzata "Scrittori d'Italia" F.Algarotti e S.Bettinelli " Opere " Ettore Bonora, Milano-Napoli Ricciardi, 1969 Il newtonianismo per le dame, 1737. The International Centre for the History of Universities and Science (CIS), Bologna) Il Congresso di Citera, Parigi su archive.org. Il Congresso di Citera, note,  e commento Daniela Mangione, Bologna, Millennium, Viaggi di Russia, Milano, Garzanti, Poesie, Torino, Nino Aragno editore,  Saggi su Francesco Algarotti:  Daniela Mangione, Il demone ben temperato. Francesco Algarotti tra scienza e letteratura, Italia ed Europa, Sinestesie,  Note  Umberto Renda e Piero Operti, Dizionario storico della letteratura italiana, Torino, Paravia, 195226.  Ugo Baldini, BRESSANI, Gregorio, in Dizionario biografico degli italiani,  14, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Francesco Algarotti, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Francesco Algarotti, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Francesco Algarotti, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Francesco Algarotti, su Find a Grave.  Opere di Francesco Algarotti, su Liber Liber.  Opere di Francesco Algarotti / Francesco Algarotti (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Francesco Algarotti, . Spartiti o libretti di Francesco Algarotti, su International Music Score Library Project, Project Petrucci LLC.  Progetto per ridurre a compimento il Regio Museo di Dresda su horti-hesperidum.com. Sito Algarotti dell'Treviri, su algarotti.uni-trier.de. La casa di Francesco Algarotti è aperta da settembre  come alloggio turistico. Algarotti e Palladio , su cisapalladio.org. Il newtonianismo per le dame, su google.com. Opere del conte Algarotti, su google.com. Corrispondenza con Federico II di Prussia (testo francese e tedesco) V D M Illuministi italiani --  LGBT  LGBT Letteratura  Letteratura Teatro  Teatro Categorie: Scrittori italiani del XVIII secoloSaggisti italiani del XVIII secoloCollezionisti d'arte italiani Venezia PisaTeorici del restauroIlluministiScrittori trattanti tematiche LGBTMembri della Royal SocietyViaggiatori italianiMercanti d'arte italiani. Refs.: Luigi Speranza, "Grice ed Algarotti," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

ALICI. (Grottazzolina). Grice: “I like Alici; he has philosophised on some of the topics *I* did, since it should not surprise anyone, since we are philosophers (if I’m also a cricketer!) --.Grice: “I will organize some overlaps in hashtags: compassione. – serious study – il terzo incluso – I curiazi, i moscheteri -- ” :noi dopo di noi,” ‘we after we’ – the meta-language – romolo e remo; ossia, il bene condiviso; :romolo e remo; ossia, condividere la deliberazione; eurialo e isso, ossia, dall’io al noi; colloquenza romana; amore: l’angelo della gratitudine; eurialo e nisso: amore d legarsi – la reciprocita; pilade ed oreste --  luigi Alici Presidente nazionale dell'Azione Cattolica Italiana Durata mandato31 maggio 200527 maggio 2008 Niente fonti! Questa voce o sezione sull'argomento filosofi italiani non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. Filosofo. È stato presidente nazionale dell'Azione Cattolica Italiana dal 2005 al 2008.  Allievo di Armando Rigobello, ha insegnato Filosofia morale nell'Università degli Studi di Perugia e Filosofia teoretica presso la LUMSA di Roma. Attualmente è Professore di Filosofia morale nell'Macerata, nonché titolare degli insegnamenti di Istituzioni di Filosofia morale, Filosofia morale (corso triennale), Etica pubblica ed Etica della vita (corso magistrale). È stato presidente del Corso di laurea in Filosofia (1997-2003), coordinatore del Dottorato di ricerca in Filosofia e Teoria delle Scienze Umane (2008-), presidente del Presidio di Qualità di Ateneo (-), direttore della Scuola di Studi Superiori "Giacomo Leopardi" (-).  Studioso dell'opera di Sant'Agostino, è autore di numerose pubblicazioni dedicate al rapporto tra interiorità e intenzionalità, comunicazione e azione, libertà e bene, con particolare attenzione alle tematiche dell'identità personale e della "reciprocità asimmetrica", esaminate anche sotto il profilo della loro rilevanza morale. Le sue ricerche più recenti, a partire dai temi della fragilità e della cura, sono dedicate al rapporto tra natura, tecnologia e libertà.  Impegnato fin da giovane nell'Azione Cattolica, nel corso degli anni ha ricoperto nell'associazione numerosi incarichi, prima a livello locale e poi nazionale: dal 1992 al 1998 è stato responsabile dell'Ufficio studi; -- è stato direttore della rivista culturale "Dialoghi"; il 24 aprile 2005 è stato eletto consigliere nazionale dell'associazione dalla XII assemblea nazionale. In seguito alla designazione del Consiglio nazionale, il Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana lo ha nominato presidente dell'associazione per un triennio. Il suo mandato è terminato il 27 maggio 2008.  È membro dei seguenti organismi: Consiglio scientifico dell'Istituto per lo studio dei problemi sociali e politici "Vittorio Bachelet" (Roma); Comitato Scientifico della Collana di “Filosofia morale” (Vita e Pensiero, Milano); Comitato di direzione della rivista “Dialoghi” (Roma); Consiglio Scientifico del “Centro di Etica Generale e Applicata” (Pavia); Comitato scientifico della rivista “Hermeneutica” (Urbino). Membro del Comitato Scientifico della Fondazione “Lanza” (Padova, /). Dirige inoltre la sezione di Filosofia della Collana “Saggi” (La Scuola Editrice, Brescia) e della Collana “Percorsi di etica” (Aracne Editrice, Roma).  Opere: “Il linguaggio come segno e come testimonianza. Una rilettura di Agostino” Edizioni Studium, Roma, “Tempo e storia. Il "divenire" nella filosofia del '900, Città Nuova Editrice, Roma, Il pensiero del Novecento Editrice Queriniana, Brescia, Il valore della parola. La teoria degli "Speech Acts" tra scienza del linguaggio e filosofia dell'azione, Edizioni Porziuncola, Assisi PG --  Presenza e ulteriorità, Edizioni Porziuncola, Assisi (PG), La dignità degli ultimi giorni (con F. D'Agostino e F. Santeusanio), Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 1998. Con le lanterne accese. Il tempo delle scelte difficili, Ave Edizioni, Roma, L'altro nell'io. In dialogo con Agostino, Città Nuova Editrice, Roma,  Il terzo escluso, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI). La via della speranza. Tracce di futuro possibile, Edizioni Ave, Roma,  Cielo di plastica. L'eclisse dell'infinito nell'epoca delle idolatrie, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), (Premio "CapriSan Michele",. Amare e legarsi. Il paradosso della reciprocità, Edizioni Meudon, Portogruaro (VE), . Filosofia morale, Editrice La Scuola, Brescia, . I cattolici e il paese. Provocazioni per la politica, Editrice La Scuola, Brescia,  (traduzione in lingua romena di Liviu Romanescu: Catolicii și politica, Galaxia Gutenberg, Târgu Lăpuș, ). L'angelo della gratitudine, Edizioni Ave, Roma,  (traduzione in lingua romena di Cornelia Dumitru, Îngerul recunoștinței, Eikon, Bucureşti ). Cittadini di Galilea. La vita spirituale dei laici (con M. Bianchi, M. Truffelli), ”Quaderni di Spello”, Edizioni Ave, Roma,  (Premio “CapriSan Michele”, ). Il fragile e il prezioso. Bioetica in punta di piedi, Editrice Morcelliana, Brescia, . InfinitaMente. Lettera a uno studente sull'università, EUM, Macerata, . Edizioni di opere di Sant'Agostino La città di Dio, Rusconi, Milano; Bompiani, Milano. La dottrina cristiana, Edizioni Paoline, Milano; Confessioni, Sei, Torino, 1992. Manuale sulla fede, speranza e carità, Collana La vera religione, Città Nuova Editrice, Roma. Il potere divinatorio dei demoni, Collana La vera religione, Città Nuova Editrice, Roma; La natura del bene, Città Nuova Editrice, Roma; Il libro della pace. «La città di Dio, XIX», Editrice La Scuola, Brescia, . Curatele Agostino nella filosofia del Novecento (con R. Piccolomini e A. Pieretti), 4Città Nuova Editrice, Roma (comprende: Esistenza e libertà, 2000; Interiorità e persona, 2001; Verità e linguaggio, 2002; Storia e politica). Azione e persona: le radici della prassi, V&P, Milano, Forme della reciprocità. Comunità, istituzioni, ethos, Il Mulino, Bologna, La filosofia come dialogo. A confronto con Agostino (con R. Piccolomini e A. Pieretti), Città Nuova Editrice, Roma, Filosofi per l'Europa. Differenze in dialogo (con F. Totaro), Eum, Macerata, Agostino. Dizionario enciclopedico, di Allan D. Fitzgerald edizione italiana curata assieme a Antonio Pieretti, Città Nuova Editrice, Roma, “Forme del bene condiviso, Il Mulino, Bologna, “La felicità e il dolore. Verso un'etica della cura” Aracne Editrice, Roma, . Dialogando. Idee, pensieri, proposte per il nostro tempo, Edizioni Ave, Roma, ; Unità e pluralità del vero: filosofia, religioni, culture, Volume speciale di Archivio di filosofia, Numero LXXVIII, Anno . Il dolore e la speranza. Cura della responsabilità, responsabilità della cura, Aracne Editrice, Roma, . Prossimità difficile. La cura tra compassione e competenza, Aracne Editrice, Roma, , I conflitti religiosi nella scena pubblica. I: Agostino a confronto con manichei e donatisti, Città Nuova Editrice, Roma, . Noi dopo di noi. Accogliere, rigenerare, restituire: nella società, nell'educazione, nel lavoro (curata con G. Gabrielli), FrancoAngeli, Milano, . I conflitti di valore nello spazio pubblico. Tra prossimità e distanza, Aracne Editrice, Roma, . I conflitti religiosi nella scena pubblica. II: Pace nella civitas, Città Nuova Editrice, Roma, . La fede e il contagio. Nel tempo della pandemia, (con G. De Simone eGrassi), Ave, Roma . L'umano e le sue potenzialità: tra cura e narrazione (conNicolini), Aracne, Roma . L’etica nel futuro (con F. Miano), Ortothes, Napoli-Salerno .  Luigi Alici. Pagina di presentazione nel  docenti dell'Università degli Studi di Macerata, su docenti.unimc.  l'8 settembre  20 ottobre ). Dialogando. Il blog di Luigi Alici, su luigialici.blogspot. PredecessorePresidente nazionale dell'Azione Cattolica ItalianaSuccessore Paola Bignardi. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Alici” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza.

 

ALIGHIERI. (Firenze). dante. Grice: “Proble with having Alighieri as a philosopher is that rhyming is not usually considered a priority – that’s why the old Romans like Lucrezio never had to rhyme – you might say metre is essential to Parmenide and Lucrezio – and that there is metre in my prose if not in endecasibili!” -- Grice: “This is important for an Oxonian; since Sir Peter once told me that he made an effort to understand Italian – ‘or Tuscan implicature,’ to be more precise – just to be able to digest Inferno compleat with rhyme.’” Grice: “Must say that my favourite Dante is ‘lasciate ogni speranza voi ch’entrate.”” Grice: “The Italians, all being Renaissance men, love to catalogue as ‘philosopher’ those whom the head of the Sub-Faculty of Philosophy at Oxford would NOT: Alighieri, one of them!” Grice: “But then, a sport of Italian philosophers is to ramble on “Pinocchio,” too!” -- “The Commedia and philosophy.” Refs.: “Philosophical references in Dante’s Commedia.” Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Alighieri” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza.

 

aliotta: Grice: “I like Aliotta; he has philosophised on most things I’m interested in: ‘la guerra eterna’ is a bit of a hyperbole if you go by a principle of helpfulness, but that’s Aliotta! – He has focused on Lucrezio, which is fine – But he has also studied ‘colloquenza romana’ systematically – and more into the Italian rather than Roman idiom, he has explored Galileo (not the father, thouh: “Some like Galileo Galiei, but Vincenzo Galilei is MY man); he is also like me a ‘philosophical psychologist,’ along the lines of Stout and Wundt, that is – he as given proper due to the idea of ‘esperienza’ – unlike Oakeshott, who abuses of the notion! – and indeed, others see his attachment to ‘esperienza’ as an ‘ism’ (lo sperimentalismo).  He has also discussed the semiotics of Vico, and the idea of life-form, following Witters (‘cricket come forme di vita’). And he has explored one intriguing idea, that the so-called ‘meaning’ of life (‘il significato del mondo,’ actually) is that of ‘sacrificio’ which is very fine with me – but then it would, since I like ‘Another country’ – the ‘sacrifice’ -- He Antonio Aliotta (n. Palermo), filosofo. Fu componente dell'Accademia Nazionale dei Lincei, nonché dell'Accademia Pontaniana e della Società Nazionale di Scienze, Lettere e Arti. Fondò la rivista internazionale di filosofia Logos e fu autore di una decina di monografie.  Allievo di Felice Tocco e Francesco De Sarlo, fu influenzato molto dalla concezione della conoscenza scientifica del secondo, che si rifaceva alle teorie di Franz Brentano.  Nel primo periodo della sua vita, Aliotta si interessò in particolar modo alla psicologia sperimentale come ricercatore, mentre in un secondo periodo, approssimativamente dal 1944, rivolse il suo interesse alla filosofia e all'epistemologia.  Tra i suoi allievi vi furono Nicola Abbagnano, Paolo Filiasi Carcano, Cleto Carbonara, Renato Lazzarini, Giuseppe Martano, Alberto Marzi, Nicola Petruzzellis, Michele Federico Sciacca, Luigi Stefanini, anche se la sua indole non dogmatica e aperta "a diverse culture e suggestioni" non diede luogo alla formazione di una vera e propria scuola riferibile al suo nome, ma incoraggiò i suoi allievi a indirizzarsi su percorsi culturali autonomi, emancipandosi dall'egemonia esercitata dal neoidealismo di Benedetto Croce e di Giovanni Gentile.  Al suo magistero può essere associato anche la figura dello psicanalista Cesare Musatti, che si indirizzò allo studio della psicologia dopo aver assistito alle lezioni sull'argomento tenute da Aliotta all'Padova nell'anno accademico 1915-16.  Il 19 febbraio 1951 divenne socio dell'Accademia delle scienze di Torino.  A lui è intitolato il dipartimento di filosofia dell'Università degli studi di Napoli "Federico II".  Pensiero Psicologia Nella sua prima fase, prettamente psicologica, agli inizi del nuovo secolo, Aliotta afferma che i fatti psichici non possono essere quantificati come avviene con i fatti fisici esistenti e misurabili, in quanto i fatti psichici sono elementi costitutivi della coscienza. La psicologia, perciò, essendo una scienza empirica che studia i fatti psichici interni al soggetto, avrebbe dovuto servirsi del metodo dell'introspezione, riferendosi a formulazioni matematiche al solo scopo simbolico.  La filosofia La particolare concezione della conoscenza dell'autore, intesa né come esistente in sé, né come iscritta nel processo dialettico del pensiero, lo allontanò sia dalle posizioni positiviste che da quelle neoidealiste.  Nelle sue opere emerge una visione contraria all'idealismo: né Hegel, nemmeno Fichte, né tanto meno Schelling col loro proposito di racchiudere tutta la realtà nel pensiero, sebbene con sfumature diverse, soddisfano Aliotta, che invece paragona il pensiero a un processo vivente, costruito da tanti centri individuali tesi verso una armonia, continuatrice dei fenomeni dell'universo. Aliotta si sofferma sulla coordinazione delle conoscenze, sulle intese fra le persone, sulla sintesi della scienza e soprattutto sulla ricerca filosofica a cui assegna il compito particolare di supervisione dei campi di conoscenza con il fine di limitarne i dissidi e di ampliare, il più possibile, il punto di vista delle scienze particolari. Aliotta afferma che l'unico metodo che consente la ricerca della verità sia l'esperimento; la verità stessa non è assoluta e unica ma prevede vari livelli, i superiori dei quali sfruttano e inglobano quelli inferiori. La ricerca filosofica possiede, secondo l'autore, un formidabile strumento di indagine e di verifica che si chiama "storia".  In alcuni scritti successivi ("Il sacrificio come significato del mondo",1947), pubblicati nel secondo dopoguerra, Aliotta sembra avvicinarsi a un modello di pensiero a metà strada tra il pragmatismo e lo spiritualismo, nel quale mette in rilievo l'esperienza morale e il sacrificio, considerato come l'esempio di realizzazione più elevato, sia per l'individuo sia per la collettività.  L'affermarsi dello sperimentalismo produce in Aliotta una serrata critica all'astratto intellettualismo nonché apre la strada alla ricezione di studi avanzati sulla cosiddetta 'filosofia scientifica', in un panorama di reazione idealistica contro la scienza e di graduale affermazione in Italia di scienze come la sociologia (Guglielmo Rinzivillo, Antonio Aliotta. L'idea scientifica dello sperimentalismo in Una epistemologia senza storia, Roma, Nuova Cultura, 197 e sg.  978-88-6812-222-5).  Opere principali Classici del pensiero: PlatoneAristoteleLucrezioEpitteto (1911) La reazione idealistica contro la scienza (1912) La guerra eterna e il dramma dell'esistenza (1917) L'estetica di Kant e degli idealisti romantici (1942) Il sacrificio come significato del mondo (1947) Il relativismo dell'idealismo e la teoria di Einstein (1948) Evoluzionismo e spiritualismo (1948) Il problema di Dio e il nuovo pluralismo (1949) Le origini dell'irrazionalismo contemporaneo (1950) Pensatori tedeschi della prima metà dell'Ottocento (1950) Critica dell'esistenzialismo (1951) L'estetica di Croce e la crisi dell'idealismo italiano (1951) Il nuovo positivismo e lo sperimentalismo (1954) Cinquant'anni di relatività. 1905-1955 (con Giuseppe Armellini, Piero Caldirola, Bruno Finzi, Giovanni Polvani, Francesco Severi, Paolo Straneo), prefazione di Albert Einstein. Edizioni Giuntine e Sansoni Editore, Firenze, 1955 Note  Vedi S. Belardinelli, in Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in .  Sergio Belardinelli, «ALIOTTA, Antonio» in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 34 (1988)  Antonio ALIOTTA, su accademiadellescienze. 9 luglio .  Nicola Abbagnano, Dizionario di filosofia, Torino, Utet, 1995235, voce "Aliotta".  Nicola Abbagnano, Dizionario di filosofia, Torino, Utet, 1995236, voce "Aliotta".  Michele Federico Sciacca , Lo sperimentalismo di A. Aliotta, Napoli, 1951. Nicola Abbagnano Antonio Aliotta, in "Rivista di Filosofia", 1964, 55,  442–448. Adriana Dentone, Il problema morale e religioso in Aliotta, Napoli, 1972. Luciano Mecacci, Antonio Aliotta, in: Guido Cimino, Nino Dazzi , La psicologia in Italia: i protagonisti e i problemi scientifici, filosofici e istituzionali: Milano, LED, 1998,  391–402. «ALIOTTA, Antonio» Enciclopedia ItalianaII Appendice, Roma, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani, 1948. Sergio Belardinelli, «ALIOTTA, Antonio» in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 34, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1988. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Antonio Aliotta Collabora a Wikiquote Citazionio su Antonio Aliotta  Antonio Aliotta, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Antonio Aliotta, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Antonio Aliotta, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Antonio Aliotta, .  Opere di Antonio Aliotta consultabili nell'Archivio di Storia della Psicologia, su archiviodistoria.psicologia1.uniroma1. 16 dicembre  12 luglio Filosofia Filosofo del XX secoloAccademici italiani Professore1881 1964 18 gennaio 1º febbraio Palermo NapoliAccademici dei LinceiProfessori dell'Università degli Studi di Napoli Federico IIMembri dell'Accademia delle Scienze di Torino

 

allegretti: Grice: “I love Alegretti; very Italian; imagine: after tutoring for a while on dialettica at Firenze,, he retires to Villa Allegretti, Rimini, where he philosophises ‘De propositionibus’ (sulle enunciate) as part of the Dialettica!”  Grice: “He was so proud of the meetings at his villa that he called it ‘our Parnassus’!” Grice: “Allegretti’s idea of the villa meetings was modeled after Plato who, with fewer means, met at the gym in theVIlla Echademo!” -- – cf. Raffaello, “Il Parnaso.” -- Stemma della famiglia Allegretti Coa fam ITA allegretti Blasonatura cuore d'oro su campo azzurro Giacomo (o Jacopo) Allegretti (Forlì), filosofo. Noto per aver fondato, secondo alcuni storici, la prima accademia letteraria d'Italia.  Fu figlio di Leonardo Allegretti, giudice a Forlì, di parte guelfa. Apparteneva ad un'antica e cavalleresca famiglia, il cui capostipite fu Mazzone Allegretti (o Mazzonius Alegrettus), che nel 1095 prese parte alla prima crociata in Terra Santa e per “arma” scelse un “cuore d'oro su campo azzurro”.  Lesse filosofia a Bologna,  logica e filosofia a Firenze.  Nel 1370, fondò la prima accademia con un gruppo di intellettuali: Francesco dei Conti di Calbolo, Azzo e Nerio Orgogliosi, Giovanni de' Sigismondi, Andrea Speranzi, Rinaldo Arfendi, Valerio Morandi, Giovanni Aldrobandini, Spinuccio Aspini e Paolo Allegretti. Nel 1376, per motivi politici, gli Ordelaffi, signori di Forlì ghibellini, imposero il confino a Giacomo e al fratello Giovanni. Si trasferì perciò a Rimini. Richiamato dall'esilio nel 1385, coinvolto in una faida familiare degli Ordelaffi, fu nuovamente costretto a fuggire a Rimini, ove fondò una nuova Accademia, l'Accademia dei Filergiti, con vocazione insieme letteraria e scientifica.  La sua prosapia si estinse per linea maschile circa nel 1479, ma s'innestò negli Aspini mediante una Margherita di Francesco Allegretti, che sposò un Lodovico, che fu erede degli averi e del cognome degli Allegretti. Si trova il seguito di questa famiglia nel senese e nel modenese (a Ravarino).  Note  Fonte: F. Valenti, Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in . Opere Nel XIV secolo, la sua opera principale era considerata il Bucolicon.  Ma scrisse anche:  un epicedio per la morte di Galeotto I Malatesta, signore di Rimini; un carme al Conte di Virtù; un carme per la "divisa della tortora"; Eglogae, in lingua latina; un carme sulla "bissa milanese", cioè lo stemma dei Visconti, il biscione.  Giorgio Viviano Marchesi, Memorie storiche dell'antica, ed insigne Accademia de' Filergiti della città di Forlì ..., Forlì, per Antonio Barbiani, 1741. Paolo Bonoli, Storia di Forlì scritta da Paolo Bonoli distinta in dodici libri corretta ed arricchita di nuove addizioni, 2 voll., Forlì, Luigi Bordandini, Filippo Valenti, ALLEGRETTI, Giacomo, in Dizionario biografico degli italiani, II, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1960. Opere di Giacomo Allegretti, Filosofi

 

allievo: Grice: “I love Allievo; of course he reminds me of all those scholars back in the day that I relied on for my philosophising on ‘intending’ – since isn’t this an act of the ‘soul’ – I mean Stout, and the rest – I once was a Stoutian, and then for better or worse, I became a Prichardian!” --  Grice: “Now Oxford never knew what to do with people like Stout – surely ‘the Wilde’ readership was a possibility, but Lit. Hum. and the Sub-Faculty of Philosophy always considered ‘mind’ – (as in the journal, ‘a journal of psychology and philosophy’) secondary to metaphysics! We thought The Aristotelian Society had more prestige than the Mind Association, and we still do!” – Grice: “So Allievo, like myself, was fascinated by Stout and Spencer and Bain and – in the continent, closer to Allievo, and always having more prestige than the barbiarian islanders! – Grice: “Add to that the charm of his italinanness versus the Germanic coldness of a Wundt – his name is unpronounceable to Allievo – and you get to the heart of his philosphising on ‘psicofisiologia’ – where the ‘io’ meets the ‘tu’ – and his focus, having studied the philosophical tradition in Rome – to ‘educatio fisica’ – which obviously needs to be psicofisica!” -- Wundtan d Flechner!” -- Giuseppe Allievo (San Germano Vercellese) filosofo.  Frequentò la facoltà di filosofia dell'Torino e seguì l'insegnamento di Giovanni Antonio Rayneri, sacerdote e filosofo di matrice rosminiana.  Laureatosi il 18 luglio 1853 insegnò pedagogia a Novara, a Domodossola, dove conobbe Rosmini, e a Ivrea e nel Collegio di Ceva. A Domodossola pubblicò i suoi primi saggi e scrisse articoli per la Rivista contemporanea di Luigi Chiala.  Arrivò alla cattedra di pedagogia a Torino (1869). Cattolico spiritualista, fu propugnatore del cosiddetto sintesismo degli esseri, principio secondo il quale «nessuna parte di un ente può sussistere divisa dal tutto dell'ente stesso, e nessun essere può sussistere né operare diviso dagli enti che costituiscono l'universo».  Il 13 gennaio 1895 divenne socio dell'Accademia delle scienze di Torino.  Pensiero Critico dell'hegelismo, soprattutto per motivi religiosi, Allievo sosteneva doversi rifare alla tradizione filosofica spiritualista italiana per combattere sia la dottrina hegeliana che quella positivista che nella pedagogia si stava in quegli anni diffondendo in Italia.  Rimase fino al 1912 nell'Torino insegnando pedagogia e dedicandosi a ricerche di antropologia e pedagogia. Fu autore anche di un'opera di vaste proporzioni dedicata a Il problema metafisico studiato nella storia della filosofia, dalla scuola ionica a Giordano Bruno (Torino 1877).  Opere principali Saggi filosofici (1866) Il problema metafisico studiato nella storia della filosofia Studi antropologici:l'uomo e il cosmo (1891) Studi pedagogici (1892) Attinenze tra l'antropologia e la pedagogia Esame dell'hegelianesimo Il ritorno al principio della personalità Note  Fonte: Francesco Corvino, Dizionario biografico degli Italiani (1960) alla voce corrispondente  in F. Corvino, Op. cit. ibidem  Giuseppe ALLIEVO, su accademiadellescienze. 9 luglio .  Giuseppe Allievo, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giuseppe Allievo, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giuseppe Allievo, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Giuseppe Allievo, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Giuseppe Allievo,  Filosofia Filosofo del XIX secoloFilosofi iSan Germano Vercellese TorinoMembri dell'Accademia delle Scienze di Torino

 

allmayer: Grice: “I like Allmeyer; especially his rambles on Roman philosophy when he taught at Rome – ‘La filosofia romana’ has a very datable beginning: that infamous embassy that terrified the old Romans but charmed the younger ones, such as Scipione!” --  Grice: “Due to Gentile, Allmaayer was forced to focus on Italian philosophy, and Gentile allowed him to call Galileo a ‘filosofo’! – Grice: “Allmayer’s pragmatics is Griceian: there is a colloquium, when a ‘soggeto’ empirico recognises another soggesto empirco (il tu del’io) – and they shape a ‘noi’ – for this he appeals to concepts of objectivity as intersubjectivity – If I imply, it is the UTTERE’s expression and implication that is primary, but I INTEND my implicature to be reccognised by the ‘tu’ – and this does not ‘alienate’ my concrete subjectivity – it does not vanish – it is merely re-invoked by the other – ‘invoke’ being a linguistic term – vox –: this is what the ‘assoluto’ stands for, that terrified Bradley!” --  Grice: “I love the fact that Allmayer taught the history of logic, with a focus on ‘stoic’ logic – and it’s only natural that ‘stoicismo’ was his favourite stage in Roman philosophy!” – Grice: “Oddly, Allmayer has a genial commentary on my favourite of Arisotlte’s treatises and the foundation of my method in philosophical psychology – “De Anima””! -- Vito Fazio Allmayer (Palermo), filosofo. Fu insieme a Gentile, e altri filosofi, uno degli esponenti di spicco della corrente filosofica detta attualismo. Nacque a Palermo da Giuseppe Emanuele Fazio, originario di Alcamo (ex garibaldino e in servizio presso il Museo nazionale di Palermo) e da Felicina Allmayer, di origine tedesca, ma residente in Italia. Fin da ragazzo si interessò alla storia dell'arte; a 23 anni si laureò in giurisprudenza ma poiché era appassionato alla filosofia, iniziò subito gli studi filosofici e a frequentare la Biblioteca filosofica di Palermo, dove ebbe modo di conoscere Giovanni Gentile.  Nel 1910 l'Allmayer si laureò in filosofia e iniziò la carriera come professore: nel 1914 passò al liceo "Umberto I" di Palermo, dove cominciò la sua ricca produzione saggistica che lo rese famoso in Italia.  La sua carriera continuò a Roma; subito dopo la caduta del fascismo, nel novembre 1943, il Fazio Allmayer fu sospeso dall'insegnamento; per essere reintegrato dopo la fine della guerra.  Dopo un periodo travagliato della sua vita, negli anni Cinquanta riprese la molteplice attività di saggista e critico, oltre che di docente.  Nel 1915 si era sposato con Concettina Carta, con cui ebbe tre figli. Nel 1953, rimasto vedovo, si sposò in seconde nozze con Bruna Boldrini che, conosciuta col cognome acquisito, è stata tra i maggiori critici del Fazio e ne ha promosso un'edizione completa delle Opere (I-XXII, Firenze 1969-1991).  L'Allmayer, colpito da infarto tre anni prima, morì a Pisa nel 1958.  In memoria di questo insigne filosofo e pedagogista di origine alcamese, il Liceo Statale delle Scienze Umane, Economico Sociale, Linguistico, Musicale (ed autorizzato per le Arti coreutiche) è stato intitolato al suo nome.  Carriera 1910: Professore presso il liceo di Matera 1911: professore al liceo di Agrigento, vinse nello stesso anno una borsa di studio per perfezionamento presso l'Roma 1914 docente presso il liceo "Umberto I" di Palermo 1918: libero docente di storia della filosofia a Roma 1919: trasferito a Palermo, fu condirettore del Giornale critico della filosofia italiana, fondato da Gentile e diretto dallo stesso prima di essere ministro. 1921-1922: docente di filosofia presso l'Palermo 1922-1924: docente di storia della filosofia (con corsi su Bacone e sui sofisti e Platone) presso l'Roma, in sostituzione di Gentile e incaricato di pedagogia al magistero di Roma. 1924: collaboratore di Gentile per la riforma scolastica e, con l'incarico di ispettore centrale degli istituti medi di istruzione, ebbe affidata la redazione dei programmi della scuola media. 1925: professore non stabile di storia della filosofia medievale e moderna 1929: ebbe la cattedra di filosofia teoretica in sostituzione di Pantaleo Carabellese 1939: preside della facoltà di lettere 1925-1931: commissario per l'amministrazione straordinaria della sezione arti decorative, annessa alla Scuola artistica e industriale di Palermo dal 1931 in poi: commissario governativo per l'Accademia di Belle Arti. 1943: sospeso dall'insegnamento e reintegrato dopo la fine della guerra 1951: cattedra di storia della filosofia dell'Pisa 1954: direttore dell'istituto di filosofia. Pensiero filosofico Il tramonto del Positivismo e l'amicizia con Gentile lo portarono a un impegno ideologico a favore dell'attualismo che sembrava poter portare a un rinnovamento culturale e civile; secondo l'attualismo, era l'atto del pensare in quanto percezione, e non il pensiero creativo in quanto immaginazione, a definire la realtà.  Assieme a Gentile e Guido De Ruggiero, fu uno dei sostenitori di quell'attualismo che "aveva tutta la seduzione romantica e tutta la fiducia ottimistica a trarre a sé... i migliori dei giovani scontenti, quelli che non si muovevano verso D'Annunzio o Marinetti", e nel 1914-15 appoggiò apertamente, anche con conferenze, l'intervento dell'Italia nel conflitto mondiale, ma venne riformato alla visita militare.  Nelle parole di Bruna Boldrini, moglie del filosofo, che tendeva a sottolineare la sostanziale autonomia della ricerca del Fazio dalla metafisica di Gentile, il Fazio-Allmayer giunge a giustificare l'esperienza storica come vita concreta, in cui le molteplici e diverse forme confluiscono in un rapporto intersoggettivo, sintesi etico-estetica, nella specificità di ciascuna (p. 35).  D'altronde, anche Benedetto Croce, fin dal 1922, in una recensione del saggio Contributo alla teoria della storia dell'arte (poi in Opere, IV,  103-113), metteva in dubbio che si potesse parlare ancora di idealismo attuale per il Fazio.  Nel secondo dopoguerra, in un momento denigratorio dell'idealismo, e maggiormente dell'attualismo, che era accusato di connivenza col fascismo, la posizione del Fazio fu di aperta difesa dell'attualismo e di un fedele sviluppo del proprio pensiero.  Insegnare è non morire Insegnare vuol dire non morire, ma entrare in un processo di vita che ci precede e ci prosegue nel tempo: su questa certezza di Vito e Bruna Fazio-Allmayer, si basa una spinta pedagogica di tipo socratico, per cui il maestro si sente un uomo tra uomini, lui più esperto, e loro più giovani, ma protesi verso il nuovo.  L'educatore, nel suo farsi persona, diventa storico di se stesso, nel rapporto con i propri alunni li deve riconoscere nella loro singolarità, piuttosto che livellarli. Aprirsi agli altri è il contributo al vivere: allorché viene meno questo senso di solidarietà col tutto, si crea in noi il disagio dell'angoscia.  Quindi il senso della vita è quello della speranza e dell'amore: gli altri individui non sono antitetici al proprio io, ma un indispensabile sbocco del proprio io. Ognuno di noi si fa compossibile agli altri per ciò che dà e per quello che ripiglia dagli altri, così il particolare si risolve nell'universale e quest'ultimo nel particolare.  Per Vito Fazio-Allmayer la speranza è nella certezza che il futuro è nel presente: sono vecchi, quindi, gli insegnanti che, presi dal passato, trovano disprezzabile tutto ciò che si produce nel presente, e sciocchi i giovani, e sbagliato ogni nuovo pensiero. La scuola è vecchia se non riesce a vedere il mondo nuovo e in rinnovamento; l'insegnante che si racchiude nelle memorie del passato, manifesta la malattia mortale che si chiama vecchiaia.  Fondazione La Fondazione Nazionale "Vito Fazio-Allmayer” è sorta a Palermo nel 1975, creata da Fanny Giambalvo e Bruna Fazio-Allmayer, che venne in Sicilia dalla Toscana per insegnare Filosofia morale e Storia della Pedagogia; tale istituzione è stata fondata per onorare il ricordo del marito e per suscitare nelle giovani generazioni l'interesse per la filosofia.  Opere Su: La Sicile illustrée, articoli e saggi (1905-1908) Su: Rassegna d'arte, articoli e saggi (1905-1908) Studi sul pensiero antico; Sansoni, 1974 Galileo Galilei; R. Sandron, 1911 Galileo Galilei, Palermo 1912, poi in Opere, X,  51-209; Galileo Galilei; Sansoni, 1975 Novum organum: Bacon, Francis; Laterza & Figli, Dell'anima Aristoteles; Laterza,  la formazione del problema kantiano, in Annali della Bibl. filosofica di Palermo, fasc. I,  43-89, poi in Opere, IV,  191-235) La scuola popolare e altri discorsi ai maestri: 1912 e 1913; Francesco Battiato, 1914 Introduzione allo studio della storia della filosofia; Zanichelli; 1921 Materia e sensazione (Sandron, Palermo 1913, poi in Opere, II) Materia e sensazione; Sansoni, 1969 Introduzione alla filosofia; Sansoni, 1970 La teoria della libertà nella filosofia di Hegel (Messina 1920, poi in Opere, XIV) Saggio su Francesco Bacone (Palermo 1928, poi in Opere, XI) Saggio su Francesco Bacone; 1979 Il problema morale come problema della costituzione del soggetto, e altri saggi (Firenze, Le Monnier, 1942, poi in Opere, IV,  952) Il problema morale come problema della costituzione del soggetto e altri saggi; Sansoni, 1971 Il significato della vita; Sansoni, 1955 Il significato della vita; 1988 Divagazioni e capricci su Pinocchio; G.C. Sansoni, 1958 Divagazioni e capricci su Pinocchio; Fondazione nazionale Vito Fazio-Allmayer, 1989 Ricerche hegeliane; G. C. Sansoni, 1959 Ricerche hegeliane; Fondazione nazionale Vito Fazio-Allmayer, 1991 Storia della filosofia; G.B. Palumbo, 1942 Storia della filosofia; Sansoni, 1981 I vigenti programmi della scuola elementare: Commento e interpretazione; Firenze, F. Le Monnier, 1954 Morale e diritto; Sansoni, 1955 Discorsi, lezioni; Sansoni, 1983 Saggi e problemi; Sansoni, 1984 Recensioni e varie, 1986 La Pinacoteca del Museo di Palermo e altri saggi; notizie dei pittori palermitani, Palermo 1908 Prolusioni e discorsi inaugurali; Sansoni, 1969 Alcune lezioni edite e inedite; Sansoni, 1982 Alcune lezioni edite e inedite; Sansoni, 1983 Spunti di storia della pedagogia Moralita dell'arte: rievocazione estetica e rievocazione suggestiva (con 53 postille); Sansoni, 1953 Moralita dell'arte e altri saggi; Sansoni. 1972 Logica e metafisica; Sansoni, 1973 La storia; Sansoni, 1973 Lettere a Bruna; Fondazione nazionale Vito Fazio-Allmayer, 1992 Lettere a Gentile; Fondazione nazionale Vito Fazio-Allmayer, 1993 Introduzione allo studio della storia della filosofia e della pedagogia; Sansoni, 1979 La teoria della liberta' nella filosofia di Hegel; Giuseppe Principato, 1920 Opere; Sansoni, 1969 Commento a Pinocchio; G. C. Sansoni, 1945 Il problema Pirandello; Firenze, Belfagor, 1957 Note //treccani/enciclopedia/vito-fazio-allmayer_(Dizionario-Biografico)/  E. Garin, Cronache di filosofia italiana..., I-II, Bari 1966, ad Indicem; //fazio-allmayer/index//  treccani,//treccani/enciclopedia/vito-fazio-allmayer_(Dizionario-Biografico)/. fazio-allmayer,//fazio-allmayer/index//. Vita e pensiero di V. F., Firenze 1960; 2 ediz., Palermo 1975, con  degli scritti del e sul F., alle  205-224; A. Massolo: Fazio e la logica della compossibilità, in Giornale critico della filosofia italiana, XXXVI (1957),  478-487; C. Luporini, Ricordo di V. F., in Belfagor, XIII (1958),  360 s.; Giardina Francesco: Intenzionalità ermeneutica e compossibilità nell'attualismo comunicazionale di Vito Fazio-Allmayer: implicazioni pedagogiche; Edizioni della Fondazione nazionale Vito Fazio-Allmayer1996 A. Guzzo, V. F. e Guido Rossi, in Filosofia, IX (1958),  494-499; Giornale critico della filosofia italiana, (scritti di G. Saitta, A. Massolo, S. Caramella, F. Albeggiani, M. F. Mineo Fazio, B. Fazio-Allmayer Boldrini); A. Santucci: Esistenzialismo e filosofia italiana, Bologna 1959,  169 s.; A. Negri, In ricordo di V. F., in Filosofia, XIII (1962),  527-530; E. Garin, Cronache di filosofia italiana..., I-II, Bari 1966, ad Indicem; B. Fazio-Allmayer: Esistenza e realtà nella fenomenologia di V. F., Bologna 1968; L. Sichirollo, Filosofia e storia nella più recente evoluzione di F., in Per una storiografia filosofica, II, Urbino 1970,  461-484; E. Giambalvo, La metafisica come esigenza in Bergson e l'esigenza della metafisica in V. F., Palermo 1972; Carlo Sini: Studi e prospettive sul pensiero di V.F. Allmayer; estratto da "il Pensiero" ist. editoriale Cisalpino, Milano-Varese Atti del 1º Congresso nazionale di filosofia "V. F., oggi", Palermo 1975. Atti del Convegno nazionale su l'estetica come ricerca e l'impegno dell'artista nel suo mondo, Palermo 1984 (con interventi di L. Lugarini, U. Mirabelli, L. Russo  Attualismo (filosofia) Giovanni Gentile Guido De Ruggiero Alcamo  treccani, http://treccani/enciclopedia/vito-fazio-allmayer_(Dizionario-Biografico)/. Filosofia Filosofo del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloPedagogisti italianiInsegnanti italiani del XX secoloInsegnanti italiani Professore

 

altan: Grice: “I like Altan; he is of course an anthropologist and not a philosopher, although his first rambles were on Croce and philosophy as synthesis of history! – but then I lectured on Peirce’s misuse of ‘symbol,’ and Altan, not a philosopher, just like Peirce was not – repeats the mistake – Welby should possibly know better – Grice: “Altan fails to explain why the Romans felt the need to borrow ‘symbolum’ from the Greeks, and never return it!” Grice: “The examples in Short and Lewis for the Roman use of ‘symbol’ are extravagant – Peirceian almost!” – Grice: “Altan’s point is that a ‘soggeto,’ to communicate via ‘logos’ with another ‘soggeto’ in a colloquium, must rely on this or that symbol, which means that he must rely on this or that ‘valore’ – and unless you share those values, you don’t quite grasp the implicatum in the use of the symbol.” Carlo Tullio-Altan (San Vito al Tagliamento) filosofo. Nato da un'antica famiglia friulana di San Vito al Tagliamento, Carlo Tullio-Altan è stato uno dei massimi esperti di antropologia culturale in Italia.  Destinato dalla famiglia alla carriera diplomatica, si laurea nel 1940 in giurisprudenza a La Sapienza di Roma con una tesi in diritto internazionale.  Inviato in Albania durante la seconda guerra mondiale, partecipa successivamente alla Resistenza, militando nel Partito d'Azione.  Dopo le vicende belliche, conosce Benedetto Croce grazie a cui fa il suo ingresso nel panorama culturale italiano.  L'incontro con Croce, avvicina il suo pensiero all'idealismo crociano ed allo spiritualismo etico, come testimoniano le sue prime opere di questo periodo. Trascorre quindi, a partire dai primi anni '50, dei periodi di studio e di ricerca a Vienna, Parigi e Londra, dove si accosta pure all'antropologia e all'etnologia.  Dal 1953, grazie all'influsso di Ernesto De Martino, di Remo Cantoni (di cui sarà anche assistente volontario, a partire dal 1958) e di Tullio Tentori, si dedica all'antropologia, secondo un approccio che non si basi esclusivamente sulla ricerca sul campo e l'etnografia ma che faccia soprattutto ricorso al pensiero filosofico, alla storia delle religioni, all'epistemologia, alla sociologia, alla psicologia. Inoltre, influenzato pure dall'opera di Bronisław Malinowski, si oppone allo strutturalismo, aderendo successivamente al funzionalismo nonché a un marxismo mediato dalla scuola francese degli Annales.  Nel 1961, gli viene assegnato, per la prima volta in Italia, l'incarico di insegnamento di Antropologia culturale alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Pavia, successivamente ricoperto alla Facoltà di Sociologia dell'Trento. Poi, come ordinario della stessa disciplina, ha lavorato alla Facoltà di Scienze Politiche "Cesare Alfieri" dell'Firenze e, dal 1978 fino al collocamento a riposo (nel 1991), nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Trieste, della quale è stato poi nominato professore emerito.  Nel 1987, organizza a Roma, insieme ai maggiori antropologi italiani di allora, il primo "Convegno nazionale di antropologia delle società complesse", che, negli anni, verrà riorganizzato più volte.  Negli ultimi anni, ha vissuto tra Milano e un'antica casa rurale tra Aquileia e Grado, la stessa dove lavora il figlio Francesco Tullio-Altan.  Sulla base della sua iniziale formazione universitaria in discipline storico-giuridiche nonché della sua vasta conoscenza filosofica e culturale, dopo una prima fase di originali ricerche sulla fenomenologia religiosa ed il simbolismo, volge la sua attenzione verso i metodi antropologici applicati all'analisi sociologica, quindi si dedica allo studio dei comportamenti e dei valori della gioventù italiana negli anni '60-'70, che lo hanno poi condotto ad approfondire, da una prospettiva storico-culturale e con una visione alquanto critica, la dimensione identitaria degli italiani.  Altan ha poi cercato di far capire sia all'opinione pubblica che ai politici italiani l'importanza e la necessità di dare al loro paese una "religione civile". In questo progetto, vanno inserite alcune fra le sue opere più recenti come La coscienza civile degli italiani e il manuale di Educazione civica.  L'ultimo periodo della sua attività di ricerca, lo dedicò allo studio delle basilari componenti simboliche dell'identità etnica, concentrandosi, a tale scopo, sulla categoria dell'ethnos, individuandone ed analizzandone le sue cinque principali componenti, ovvero l'"epos" (cioè, la memoria storica collettiva), l'"ethos" (cioè, la sacralizzazione delle norme e delle regole in valori), il "logos" (cioè, il linguaggio interpersonale), il "genos" (cioè, l'idea di una comune discendenza) ed il "topos" (cioè, il simbolo di una identità collettiva comunitaria stanziata su un dato territorio), allo scopo di trovare una possibile soluzione razionale, dal punto di vista dell'antropologia, ai conflitti tra i vari etnocentrismi.  Opere Saggi La filosofia come sintesi esplicativa della storia. Spunti critici sul pensiero di B. Croce e lineamenti di una concezione moderna dell'Umanesimo, Parte 1, Longo & Zoppelli, Treviso, 1943. Pensiero d'Umanità. Sommario breve d'una moderna concezione speculativa dell'Umanesimo, D. Del Bianco e Fratelli, Udine, 1949. Parmenide in Eraclito, o della personalità individuale come assoluto nello storicismo moderno, Udine, 1951. Lo spirito religioso del mondo primitivo, Il Saggiatore, Milano, 1960. Proposte per una ricerca antropologico-culturale sui problemi della gioventù, Società editrice il Mulino, Bologna, 1966. Antropologia funzionale, Bompiani, Milano, 1968. La sagra degli ossessi: il patrimonio delle tradizioni popolari italiane nella società settentrionale, Sansoni, Firenze, 1972. Personalità giovanile e rapporto interpersonale, ISVET, Roma, 1972. Le origini storiche della scienza delle tradizioni popolari, Sansoni, Firenze, 1972. Atteggiamenti politici e sociali dei giovani in Italia, Società editrice il Mulino, Bologna, 1973. I valori difficili. Inchiesta sulle tendenze ideologiche e politiche dei giovani in Italia, Bompiani, Milano, 1974. Comunismo e società (con Eridano Bazzarelli), Società editrice il Mulino, Bologna, 1976. Valori, classi sociali, scelte politiche. Indagine sulla gioventù degli anni settanta (con Alberto Marradi e con la collaborazione di Roberto Cartocci), Bompiani, Milano, 1976. Manuale di antropologia culturale. Storia e metodo, Bompiani, Milano, 1979. Modi di produzione e lotta di classe in Italia (con Roberto Cartocci), Arnoldo Mondadori Editore-Isedi, Milano, 1979. Tradizione e modernizzazione: proposte per un programma di ricerca sulla realtà del Friuli, Editrice cooperativa Il Campo, Udine, 1981. Antropologia. Storia e problemi, Feltrinelli, Milano, 1983. La nostra Italia: arretratezza socioculturale, clientelismo, trasformismo e ribellismo dall'Unità ad oggi, Feltrinelli, Milano, 1986. Populismo e trasformismo. Saggio sulle ideologie politiche italiane, Feltrinelli, Milano, 1989. Per una storia dell'Italia arretrata, Le Monnier, Firenze, 1987. Una modernizzazione difficile. Aspetti critici della società italiana (curato con Riccardo Scartezzini), Liguori Editore, Napoli, 1992. Soggetto, simbolo e valore. Per un'ermeneutica antropologica, Feltrinelli, Milano, 1992. Un processo di pensiero, Lanfranchi, Milano, 1992. Ethnos e Civiltà. Identità etniche e valori democratici, Feltrinelli, Milano. Italia: una nazione senza religione civile. Le ragioni di una democrazia incompiuta, IEVF-Istituto editoriale veneto friulano, Udine, 1995. La coscienza civile degli italiani. Valori e disvalori nella storia nazionale, Gaspari Editore, Udine, 1997. Religioni, simboli, società: sul fondamento umano dell'esperienza religiosa (con Marcello Massenzio), Feltrinelli, Milano, 1998. Gli italiani in Europa. Profilo storico comparato delle identità nazionali europee, Il Mulino, Bologna, 1999. Per un dialogo fra la ragione e la fede, Leo S. Olschki, Firenze, 2000. Le grandi religioni a confronto. L'età della globalizzazione, Feltrinelli, Milano, 2002. Opere disponibili on-line Articoli e interviste Identità etniche, web.archive.org/web/20091004210216/http://emsf.rai/biografie/anagrafico.asp?d=328  Una religione civile per l'Italia d'oggi, web.archive.org/web/2 0091004210216/http:// emsf.rai/biografie/anagrafico.asp?d=328 Il crogiolo, web. archive.org/web/20091004210216/http://emsf.rai/biografie/anagrafico.asp?d=328 L'esperienza dei valori, web.archive. org/web/20091004210216/http://emsf.rai/ biografie/anagrafico.asp?d=328 Identità etniche e valori universali, web.archive.org/web/20091004210216/http://emsf.rai/biografie/anagrafico.asp?d=328 Modelli concettuali antropologici per un discorso interdisciplinare tra psichiatria e scienze sociali, in: Psicoterapia e scienze umane, N. 1, Anno 1967 e N. 1, Anno 1975, polser.wordpress.com/2009/02/25/carlo-tullio-%e2%80%93-altan-modelli-concettuali-antropologici-per-un-discorso-interdisciplinare-tra-psichiatria-e-scienze-sociali-in-psicoterapia-e-scienze-umane-n-1-1967-e-n-1-1975/[collegamento interrotto] Citazioni «Per la destra l'antropologia è roba per selvaggi; la sinistra pensa solo all'economia; altri sono ancorati a schemi anglosassoni, che vedono le strutture politiche come realtà a sé», da un'intervista rilasciata a Paolo Rumiz e pubblicata in La secessione leggera, Roma, Editori Riuniti, 1997202. Note  Cfr. il saggio autobiografico: C. Tullio-Altan, "Un percorso di pensiero", Belfagor. Rivista di varia umanità,  nonché il testo autobiografico Un processo di pensiero, Lanfranchi Editore, Milano,  Cfr. U. Fabietti, F. Remotti, Dizionario di Antropologia. Etnologia, Antropologia Culturale, Antropologia Sociale, Zanichelli Editore, Bologna, 1997, voce "Tullio-Altan, Carlo"772.  Cfr.//controluce/notizie-old-html/giornali/a14n03/18-culturaecostume-altan.htm  Cfr.//segnalo/TRACCE/NONPIU/tullio-altan.htm  Frutto di questo nuovo programma di ricerca, fu peraltro la monografia Lo spirito religioso nel mondo primitivo (1960).  Cfr. A. Rigoli, Lezioni di etnologia, II edizione, Renzo e Reau Mazzone editori/Ila Palma, Palermo (IT)/San Paolo (BRA), 1988, Parte III, Cap. 1,  65-71.  Cfr. U. Fabietti, F. Remotti, cit.  Fra cui Armando Catemario, Giorgio Raimondo Cardona, Matilde Callari Galli, Vittorio Lanternari, Gavino Musio, Francesco Remotti, Aurelio Rigoli, Luigi Lombardi Satriani, Tullio Tentori.  Cfr. Tullio Tentori , Antropologia delle società complesse, A. Armando Editore, Roma, 1999.  Da un punto di vista storico, è da ricordare come l'antropologia culturale abbia avuto origini giuridiche. Invero, molti dei maggiori antropologi della seconda metà Professoreerano giuristi o, quantomeno, avevano una formazione giuridica. Ciò fondamentalmente è dovuto al fatto basilare per cui nessuna società umana è priva di una qualche forma di diritto, anzi tutte le istituzioni sociali hanno una imprescindibile dimensione giuridica; cfr. U. Fabietti, F. Remotti, cit., voce "Antropologia giuridica".  Cfr. I. Ignazi, "Populismo e trasformismo nell'analisi di Carlo Tullio-Altan", il Mulino. Rivista di cultura e politica fondata nel 1951, 5 (1989)  864-870.  Cfr. Giulio Angioni, "Obituary. Carlo Tullio-Altan: un antropologo "anti-italiano". Familismo amorale e clientelismo tra i mali del Paese", in: Il Sole 24 Ore, 20/02/2005   Cfr. Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche  Archiviato il 4 ottobre 2009 in .  Cfr. C. Tullio-Altan, "La dimensione simbolica dell'identità etnica", in: G. De Finis, R. Scartezzini , Universalità e differenza. Cosmopolitismo e relativismo nelle relazioni tra identità e culture, Franco Angeli Editore, Milano, 1996,  318-339.  Qui, per regola, si intende una norma, in genere non necessariamente codificata, suggerita dall'esperienza o stabilita per convenzione o consuetudine, spesso in riferimento al modo usuale di vivere e di comportarsi, sia individualmente che collettivamente; cfr.   Cfr. C. Tullio-Altan, Ethnos e civiltà. Identità etniche e valori democratici, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano, 1995, nonché i ricordi di Umberto Galimberti e di Marcello Massenzio comparsi su La Repubblica del 16 febbraio 2005 e reperibili all'indirizzo  Archiviato il 1º marzo  in . Cfr. pure A. Rigoli, cit., Parte I, Cap. 1,  11-12.  C. Tullio-Altan, Un processo di pensiero, Lanfranchi Editore, Milano, 1992 (testo autobiografico). C. Tullio-Altan, "Un percorso di pensiero", Belfagor. Rassegna di varia umanità, 51 (3) (1996)  303-319. G. Ferigo, " di Carlo Tullio-Altan", Metodi & Ricerche. Rivista di studi regionali,  24, Fasc. 2, Luglio-Dicembre 2005. Atti del Convegno Storia comparata, antropologia e impegno civile. Una riflessione su Carlo Tullio Altan, Udine-Aquileia, 17-19 maggio 2006, i cui sunti sono stati pubblicati, Liza Candidi, sulla rivista Italia Contemporanea,  243, giugno 2006 (cfr., per esempio, ). Fascicolo speciale dedicato a Tullio-Altan:  16, N. 1, Anno 2005 della rivista Metodi & Ricerche. Rivista di studi regionali.  L'antropologia italiana. Un secolo di storia, Editori Laterza, Roma-Bari, 1985. E.V. Alliegro, Antropologia italiana. Storia e storiografia 1869-1975, SEID Editori, Firenze, . C. Tullio-Altan, C. Signorelli, "A proposito di alcune critiche: dibattito Tullio Altan-Signorelli", in Rivista della Fondazione Italiana dei Centri Sociali, Roma,  A. Forniz, "Il Palazzo Tullio-Altan in S. Vito al Tagliamento: dimore illustri nel Friuli occidentale", in Itinerari, Numero IV, Fascicolo 3, settembre 1970. Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Carlo Tullio-Altan  Carlo Tullio-Altan, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Carlo Tullio-Altan, in Dizionario biografico dei friulani. Nuovo Liruti online, Istituto Pio Paschini per la storia della Chiesa in Friuli.  Biografia [collegamento interrotto], su feltrinellieditore. Biografia, su blog.graphe. Convegno in memoriam, su qui.uniud. Ricordo biografico, su controluce. Filosofia Sociologia  Sociologia Categorie: Antropologi italianiSociologi italianiFilosofi italiani Professore1916 2005 30 marzo 15 febbraio San Vito al Tagliamento PalmanovaAccademici italiani del XX secoloStudenti della SapienzaRomaProfessori dell'Università degli Studi di PaviaProfessori dell'Università degli Studi di Trento

 

alnwick: English Franciscan theologian. William studied under Duns Scotus at Paris, and wrote the Reportatio Parisiensia, a central source for Duns Scotus’s teaching. In his own works, William opposed Scotus on the univocity of being and haecceitas. Some of his views were attacked by Ockham. English Franciscan theologian from Northumbria -- William studied under Duns Scotus at Paris, and wrote the Reportatio Parisiensia, a central source for Duns Scotus’s teaching. In his own works, William opposed Scotus on the univocity of being and haecceitas. Some of his views were attacked by Ockham.  

 

amaduzzi: Grice: “Oddly, I had an occasion to refer to Amaduzzi’s birthplace in my little thing on Caesar crossing the Rubicon!” -- “I love Amaduzzi: he writes about the academy of Paris, and the academy of Berlin, but nothing about the English Acadeemy! He notes that the warrior – against the Trojans, was Echademos – and ‘it is naturally that the first important Accademy was founded in Tuscany, -- since a Tuscan hates a Roman!” –Grice: “Amaduzzi’s hobby was to collect references to ‘accademies,’ – “which are all nonsensical, since only ONE has a ‘rigid’ designation link to EchEdemos!” --  Giovanni Cristofano Amaduzzi, sui libri talvolta nella variante latina di Ioannis Cristophori Amadutii (Savignano di Romagna,), filosofo. Discepolo a Rimini di Giovanni Bianchi (Iano Planco), si trasferì dal 1762 a Roma, dove iniziò la sua attività di ricerca ed erudizione, sia pure tra numerose ristrettezze. Un assestamento nella sua vita si registrerà alla fine degli anni Sessanta del XVIII secolo, come rilevano i diari dei suoi primi "diporti" (gli Odeporici autunnali eruditi), le brevi perlustrazioni compiute nei dintorni della città eterna o comunque entro lo Stato della Chiesa, tra il 1768 e il 1774, emblema di un genere letterario di viaggio che mostra chiaramente la sua versatilità di interessi.  Grazie alla protezione del papa Clemente XIV, anch'egli ex allievo di Bianchi, dal 1769 fu professore di lettere greche presso La Sapienza, mentre dal 1780 insegnò al Collegio Urbano. Nel frattempo era anche diventato ispettore della Congregazione di Propaganda Fide, ottenendo da Clemente XIV nel 1770 la carica di soprintendente della relativa stamperia. Con la quale curò la pubblicazione, scrivendone le prefazioni, in particolare tra il 1771 e il 1786, di importanti trattati di grammatica di lingue orientali, fra cui l'ebraico, il persiano, l'armeno, il tibetano e perfino il malayalam.  Per i suoi studi ottenne ottima reputazione presso i principali esponenti del panorama culturale settecentesco, entrando in contatto e in corrispondenza, tra gli altri, con Pietro Metastasio, Vincenzo Monti, Carlo Denina, Ippolito Pindemonte, Girolamo Tiraboschi, nonché con Lazzaro Spallanzani.  Fra le sue pubblicazioni spiccano anche dissertazioni di ordine filosofico, che s'innestavano nell'alveo di un illuminismo moderato : infatti, con i «discorsi» su La filosofia alleata della religione del 1778 e sull'Indole della verità e delle opinioni del 1786 (per i quali fu denunciato all'Inquisizione), i cui temi di fondo erano ispirati al filosofo inglese John Locke, egli cercava di coniugare il sensismo con il cattolicesimo, poiché vedeva nel sensismo un valido approccio alla conoscenza dell'uomo . Vicino alle istanze del giansenismo regalistico, come emerge dalla ultradecennale corrispondenza con Scipione de' Ricci, ebbe parte significativa nella discussione che portò, nel 1773, al decreto di soppressione della Compagnia del Gesù.  Si occupò anche di archeologia, curando fra l'altro i Fragmenta vestigii veteris Romae del 1764 e la Raccolta di antichità agrigentine pubblicata, postuma, nel 1798. In questo ambito s'inscrive l'ampia corrispondenza con l'aquilano Anton Ludovico Antinori. Compose, inoltre, canzoni e rime, e poco prima di morire, nel 1791, pubblicò anche per la Stamperia del Bodoni a Parma un commentario su Anacreonte.  Fu tra gli accademici dell'Arcadia, con lo pseudonimo di Biante Didimeo.  Opere principali Dissertazioni Dissertazione canonico-filologica sopra il titolo delle instituzioni canoniche De officio archidiaconi, s.e., s.i.l. 1767. Donaria duo graece loquentia quorum unum in tabula argentea apud moniales Saxoferratenses S. Clarae, s.e., Roma 1774. Discorso filosofico sul fine ed utilità dell'Accademie, per i torchidell'Enciclopedia, Livorno 1777. La filosofia alleata della religione. Discorso filosofico-politico, per i torchi dell'Enciclopedia, Livorno 1778. Discorso filosofico dell'indole della verità e delle opinioni, dai torchj Pazzini, Siena 1786. Carteggi Ad virum clarissimum Janum Plancum archiatrum, et patricium Ariminensem epistola, typis J. Rocchii, Lucae 1767. De veteri inscriptione Ursi Togati ludi pilae vitreae inventoris epistola, apud B. Francesium, Romae 1775. Epistola ad Iohannem Baptistam Bodonium qua emendatur et suppletur commentarium de Anacreontis genere eiusque bibliotheca, in aedibus Palatinis typis Bodonianis, Parmae 1791. Il carteggio tra Amaduzzi e Corilla Olimpica 1775-1792, L. Morelli, Leo S. Olschki, Firenze 2000. Lettere familiari, G. Donati, Accademia dei Filopatridi, Savignano sul Rubicone 2001. Carteggio, 1774-1791, M.F. Turchetti, Edizioni di storia e letteratura, Roma 2005. Curatele Leges novellae 5. anecdotae imperatorum Theodosii junioris et Valentiniani, Typ. Zempelianis, Romae 1767. Alphabetum Brammhanicum seu Indostanum Universitatis Kasi, (a J. Ch. Amadutio editum), Sac. Cong. de Propaganda fide, Romae 1771 (versione digitalizzata) Alphabetum Hebraicum addito Samaritano et Rabbinico, Sac. Cong. de Propag. Fide, Romae 1771 (versione digitalizzata) Alphabetum veterum Etruscorum et nonnulla eorundem monumenta, Sac. Cong. de Propaganda fide, Romae 1771 (versione digitalizzata) Alphabetum Graecum, Sac. Cong. de Propag. Fide, Romae Alphabetum grandonico-malabaricum sive samscrudonicum, Sac. Cong. de Propaganda Fide, Romae 1772 (versione digitalizzata) Alphabetum Tangutanum sive Tibetanum, Sac. Cong. de Propaganda Fide, Romae 1773. (versioni digitalizzate:   ) Anecdota litteraria ex mss. codicibus eruta, voll. 4, apud G. Settarium, Romae 1773. Catalogus librorum qui ex tipographio sacrae congreg. de propaganda fide variis linguis prodierunt et in eo adhuc asservantur, Sac. Cong. de Propaganda Fide, Romae 1773. Alphabetum Barmanum seu Bomanum regni Avae finitimarumque regionum, typis Sacrae Congregationis de Propaganda Fide, Roma 1776 (versione digitalizzata). Alphabetum Persicum, Sac. Cong. de Propag. Fide, Romae 1783. (versione digitalizzata) Alphabetum Armenum], Sac. Cong. De Propaganda Fide, Romae 1784. (versione digitalizzata) Characterum ethicorum Theophrasti Eresii capita duo hactenus anecdota quae ex cod. ms. Vaticano saeculi 11, Typ. Regia, Parmae 1786. Alphabetum Aethiopicum sive Gheez et Amhharicum, Sac. Cong. de Propaganda Fide, Romae 1789 Intitolazioni L'Accademia dei Filopatridi di Savignano ha creato nel 1999 il Centro di studi amaduzziani, su proposta di Antonio Montanari, autore di vari testi su Amaduzzi. Tra le principali iniziative del centro:  «Giornate amaduzziane»: una giornata di studi annuale su G. Amaduzzi; «Biblioteca amaduzziana»: la pubblicazione di opere (biografiche e non) su Amaduzzi. Il primo volume è Elogio dell'abate Giovanni Cristofano Amaduzzi di Isidoro Bianchi (1731-1808), la prima biografia scritta sull'abate savignanese. Note  T. Scappaticci,Gli Odeporici di Amaduzzi, in Fra Lumi e reazione. Letteratura e società nel secondo Settecento, Cosenza  G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica,  XIV, Venezia 1842,  240-241  Cfr.Metastasio, Opere,  V, Firenze 1832,  341-342  A. Cappelli, Del carteggio inedito tra Ludovico Antonio Antinori e Giovanni Cristoforo Amaduzzi. Studi archeologici, Tip. Perfilia, Aquila 19045.  L. Spallanzani, Diciassette lettere di Lazzaro Spallanzani all'abate Gio. Cristoforo Amaduzzi per la prima volta stampate, Ditta tip. Conti, Faenza 1874.  L'espressione è di Antonio Piromalli.  A. Piromalli, La letteratura calabrese,  I, Pellegrini, Cosenza 1996,  193-194.  G.C. Amaduzzi, Raccolta di antichita agrigentine alle quali si uniscono i disegni del tempio di Teseo in Atene e di quello di Pesto il tutto espresso in 53. rami, Zempel, Roma 1798.  A. Cappelli, op. cit.,  12-27.  V. Lancetti, Pseudonimia. Ovvero tavole alfabetiche de' nomi finti o supposti degli scrittori con la contrapposizione de' veri, Milano  G. C. Amaduzzi, Odeporici autunnali eruditi, ovvero diario di un viaggiatore curioso ed erudito,  I, Rubiconia Accademia dei Filopatridi, Savignano sul Rubicone 2001. G. C. Amaduzzi, Rime, G. Donati, Rubiconia Accademia dei Filopatridi, Verucchio 2003. A. Fabi, «Amaduzzi, Giovanni Cristofano», in Dizionario Biografico degli Italiani,  II, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma 1960,  612–615. A. Montanari, Giovanni Cristofano Amaduzzi e la scuola di Jano Planco, Accademia dei Filopatridi, Studi Amaduzziani, III, Viserba di Rimini 2003,  13–36. A. Montanari, Amaduzzi, illuminista cristiano, «Romagna arte e storia», 67/2003,  67–88. A. Montanari, Appendice storico-critica in G. C. Amaduzzi, La Filosofia alleata della Religione, rist. an. Il Ponte, Rimini 1993. A. Montanari, Amaduzzi editore a Roma delle Notti di Bertòla. Storia inedita dei Canti clementini, «Quaderno XIX, 1997-1998», Accademia dei Filopatridi, Savignano sul Rubicone, 2000,  207–217. A. Montanari, Amaduzzi, Scipione De' Ricci ed il ‘giansenismo' italiano, «Il carteggio tra Amaduzzi e Corilla Olimpica, 1775-1792», Olschki, Firenze 2000,  XXVIII-XL T. Scappaticci, Fra lumi e reazione. Letteratura e società nel secondo Settecento, Pellegrini, Cosenza 2006. M. Trincia Caffiero, Cultura e religione nel '700 italiano: Giovanni Cristofano Amaduzzi e Scipione de' Ricci, in «Rivista di Storia della Chiesa in Italia»,  su w3.uniroma1. 17 febbraio 2009 2 gennaio 2007). Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giovanni Cristofano Amaduzzi  Giovanni Cristofano Amaduzzi, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giovanni Cristofano Amaduzzi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Giovanni Cristofano Amaduzzi / Giovanni Cristofano Amaduzzi (altra versione) / Giovanni Cristofano Amaduzzi (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Giovanni Cristofano Amaduzzi, .  Documenti sui fratelli Amaduzzi sul web. Filosofi italiani Professore1740 1792 18 agosto 21 gennaio Savignano sul Rubicone RomaScrittori italiani del XVIII secoloLinguisti italianiPoeti italiani del XVIII secoloOrientalisti italianiAccademici dell'Arcadia

 

AMBROGIO -- ambrosius: saint. Grice: “I like the Italian philosopher, Ambrogio – he was born, of course, in Germany! And he never wrote in Italian! But the fact that he got all his inspiration not so much from God but from Cicerone’s Liber II De Officiis, makes him an ineludible step in Lit. Hum. at Oxford!” -- Grice: I prefer the spelling “Ambrogio,” or if not “Aurelio Ambrosius”To call him Ambrosisus is like calling me Gree.” Grice: “Not to be confused with Ambrose and his orchestrasweet!”on altruism. known as Ambrose of Milan. Roman church leader and theologian. While bishop of Milan, he not only led the struggle against the Arian heresy and its political manifestations, but offered new models for preaching, for Scriptural exegesis, and for hymnody. His works also contributed to medieval Latin philosophy. Ambrose’s appropriation of Neoplatonic doctrines was noteworthy in itself, and it worked powerfully on and through Augustine. Ambrose’s commentary on the account of creation in Genesis, his Hexaemeron, preserved for medieval readers many pieces of ancient natural history and even some elements of physical explanation. Perhaps most importantly, Ambrose engaged ancient philosophical ethics in the search for moral lessons that marks his exegesis of Scripture; he also reworked Cicero’s De officiis as a treatise on the virtues and duties of Christian living. ambrogio: Sant'Ambrogio  Nota disambigua.svg DisambiguazioneSe stai cercando altri significati, vedi Sant'Ambrogio (disambigua). Nota disambigua.svg Disambiguazione"Ambrogio da Milano" rimanda qui. Se stai cercando lo scultore e architetto italiano, vedi Ambrogio Barocci. Sant'Ambrogio di Milano AmbroseOfMilanMosaico di Sant'Ambrogio di Milano nel sacello di San Vittore (378 ca.) annesso alla Basilica del Santo, probabile ritratto del vescovo.   Vescovo e Dottore della Chiesa    NascitaAugusta Treverorum (Treviri), forse 339-340 MorteMilano, 397 Venerato daTutte le Chiese che ammettono il culto dei santi Santuario principaleBasilica di Sant'Ambrogio, Milano Ricorrenza4 aprile (vetero-cattolici) 7 dicembre (cattolici) 7 dicembre (ortodossi) Attributiapi, scudscio, bastone pastorale e gabbiano Patrono diMilano, Alassio, prefetti, Lombardia, Rozzano, Monserrato, Buccheri, Cerami, Vigevano, Castel del Rio, Sant'Ambrogio di Torino, vescovi, Omegna, Carate Brianza, Caslino d’Erba Manuale Aurelio Ambrogio vescovo della Chiesa cattolica AmbroseGiuLungaraTemplate-Bishop.svg   Incarichi ricopertiVescovo di Milano   Natoincerto 339-340 a Treviri Ordinato presbitero? Consacrato vescovo7 dicembre 374 Deceduto4 aprile 397 a Milano   Manuale Aurelio Ambrogio (in latino: Aurelius Ambrosius), meglio conosciuto come sant'Ambrogio (Augusta Treverorum, incerto 339-340Milano, 4 aprile 397) funzionario, vescovo, teologo e santo romano, una delle personalità più importanti nella Chiesa del IV secolo. È venerato come santo da tutte le Chiese cristiane che prevedono il culto dei santi; in particolare, la Chiesa cattolica lo annovera tra i quattro massimi dottori della Chiesa d'Occidente, insieme a san Girolamo, sant'Agostino e san Gregorio I papa.  Conosciuto anche come Ambrogio di Treviri, per il luogo di nascita, o più comunemente come Ambrogio di Milano, la città di cui assieme a san Carlo Borromeo e san Galdino è patrono e della quale fu vescovo dal 374 fino alla morte, nella quale è presente la basilica a lui dedicata che ne conserva le spoglie.   Incarichi pubblici e nomina a vescovo di Milano 1.3Episcopato 1.3.1Gli impegni pastorali 1.3.2Politica ecclesiastica 1.3.3Rapporti con la corte imperiale 2Pensiero e opere 2.1Esegesi 2.2Morale e ascetismo 2.3Società e politica 2.4Antigiudaismo 2.4.1L'episodio di Callinicum 2.5Mariologia 3Milano e il rito ambrosiano 4Sant'Ambrogio e il canto liturgico 5Leggende su Sant'Ambrogio 6Opere 6.1Oratorie (esegetiche) 6.2Morali (ascetiche) 6.3Dogmatiche (sistematiche) 6.4Catechetiche 6.5Epistolario 6.6Innografia 6.7Altro 7Curiosità 8Note 9 10 11Altri progetti 12 Biografia Gioventù  Altare di Sant'Ambrogio, 824-859 ca., Ambrogio ordinato vescovo Aurelio Ambrogio nacque ad Augusta Treverorum (l'odierna Treviri, nella Renania-Palatinato, in Germania), nella Gallia Belgica, dove il padre esercitava la carica di prefetto del pretorio delle Gallie, intorno al 339 circa da un'illustre famiglia romana di rango senatoriale, la gens Aurelia, cui la famiglia materna apparteneva inoltre al ramo dei Simmaci (era dunque un cugino dell'oratore Quinto Aurelio Simmaco).  La famiglia di Ambrogio risultava convertita al cristianesimo già da alcune generazioni (egli stesso soleva citare con orgoglio la sua parente Santa Sotere, martire cristiana che «ai consolati e alle prefetture dei parenti preferì la fede») e stesso una sua sorella ed un suo fratello, Marcellina (consacratasi a Dio nelle mani di papa Liberio nel 353) e Satiro di Milano, vennero poi venerati come santi.  Destinato alla carriera amministrativa sulle orme del padre, dopo la sua prematura morte frequentò le migliori scuole di Roma, dove compì i tradizionali studi del trivium e del quadrivium (imparò il greco e studiò diritto, letteratura e retorica), partecipando poi attivamente alla vita pubblica dell'Urbe.  Incarichi pubblici e nomina a vescovo di Milano Dopo cinque anni di avvocatura esercitati presso Sirmio  (l'odierna Sremska Mitrovica, in Serbia), nella Pannonia Inferiore, nel 370 fu incaricato quale governatore dell'Italia Annonaria per la provincia romana Aemilia et Liguria, con sede a Milano, dove divenne una figura di rilievo nella corte dell'imperatore Valentiniano I. La sua abilità di funzionario nel dirimere pacificamente i forti contrasti tra ariani e cattolici gli valse un largo apprezzamento da parte delle due fazioni.  Nel 374, alla morte del vescovo ariano Aussenzio di Milano, il delicato equilibrio tra le due fazioni sembrò precipitare. Il biografo Paolino racconta che Ambrogio, preoccupato di sedare il popolo in rivolta per la designazione del nuovo vescovo, si recò in chiesa, dove all'improvviso si sarebbe sentita la voce di un bambino urlare «Ambrogio vescovo!», a cui si unì quella unanime della folla radunata nella chiesa. I milanesi volevano un cattolico come nuovo vescovo. Ambrogio però rifiutò decisamente l'incarico, sentendosi impreparato: come era in uso presso alcune famiglie cristiane all'epoca, egli non aveva ancora ricevuto il battesimo, né aveva affrontato studi di teologia.  Paolino racconta che, al fine di dissuadere il popolo di Milano dal farlo nominare vescovo, Ambrogio provò anche a macchiare la buona fama che lo circondava, ordinando la tortura di alcuni imputati e invitando in casa sua alcune prostitute; ma, dal momento che il popolo non recedeva nella sua scelta, egli tentò addirittura la fuga. Quando venne ritrovato, il popolo decise di risolvere la questione appellandosi all'autorità dell'imperatore Flavio Valentiniano, cui Ambrogio era alle dipendenze. Fu allora che accettò l'incarico, considerando che fosse questa la volontà di Dio nei suoi confronti, e decise di farsi battezzare: nel giro di sette giorni ricevette il battesimo nel battistero di Santo Stefano alle Fonti a Milano e, il 7 dicembre 374, venne ordinato vescovo. Riferendosi alla sua elezione, egli scriverà poco prima della morte:  «Quale resistenza opposi per non essere ordinato! Alla fine, poiché ero costretto, chiesi almeno che l'ordinazione fosse ritardata. Ma non valse sollevare eccezioni, prevalse la violenza fattami.»  Nonostante, come scrisse più tardi, si sentisse «rapito a forza dai tribunali e dalle insegne dell'amministrazione al sacerdozio», dopo la nomina a vescovo, Ambrogio prese molto sul serio il suo incarico e si dedicò ad approfonditi studi biblici e teologici.  Episcopato  Ambrogio con le insegne episcopali Gli impegni pastorali Quando divenne vescovo (nel 374), adottò uno stile di vita ascetico, elargì i suoi beni ai poveri, donando i suoi possedimenti terrieri (eccetto il necessario per la sorella Marcellina).  Uomo di grande carità, tenne la sua porta sempre aperta, prodigandosi senza tregua per il bene dei cittadini affidati alle sue cure. Ad esempio, Sant'Ambrogio non esitò a spezzare i Vasi Sacri e ad usare il ricavo dalla vendita per il riscatto di prigionieri. Di fronte alle critiche mosse dagli ariani per il suo gesto, egli rispose che «è molto meglio per il Signore salvare delle anime che dell'oro. Egli infatti mandò gli apostoli senza oro e senza oro fondò le Chiese. [...] I sacramenti non richiedono oro, né acquisisce valore per via dell'oro ciò che non si compra con l'oro» (De officiis, II, 28, 136-138)  La sua sapienza nella predicazione e il suo prestigio furono determinanti per la conversione nel 386 al cristianesimo di Sant'Agostino, di fede manichea, che era venuto a Milano per insegnare retorica.  Ambrogio fece costruire varie basiliche, di cui quattro ai lati della città, quasi a formare un quadrato protettivo, probabilmente pensando alla forma di una croce. Esse corrispondono alle attuali basilica di San Nazaro (sul decumano, presso la Porta Romana, allora era la Basilica Apostolorum), alla basilica di San Simpliciano, detta Basilica Virginum, ossia basilica delle vergini (sulla parte opposta), alla basilica di Sant'Ambrogio (collocata a sud-ovest, era chiamata originariamente Basilica Martyrum in quanto ospitava i corpi dei santi martiri Gervasio e Protasio rinvenuti da Ambrogio stesso; accoglie oggi le spoglie del santo) e alla basilica di San Dionigi (Basilica Prophetarum).  Il ritrovamento dei corpi dei santi martiri Gervasio e Protasio è narrato dallo stesso Ambrogio, che ne attribuisce il merito ad un presagio, per il quale egli fece scavare la terra davanti ai cancelli della basilica (oggi distrutta) dei santi Nabore e Felice. Al ritrovamento dei corpi seguì la loro traslazione (secondo un rito importato dalla Chiesa orientale) nella Basilica Martyrum; durante la traslazione, si racconta (è lo stesso Ambrogio a riportarlo) che un cieco di nome Severoriacquistò la vista. Il ritrovamento del corpo dei martiri da parte del vescovo di Milano diede grande contributo alla causa dei cattolici nei confronti degli ariani, che costituivano a Milano un gruppo nutrito e attivo, e negavano la validità dell'operato di Ambrogio, di fede cattolica.  Ambrogio fu autore di diversi inni per la preghiera, compiendo fondamentali riforme nel culto e nel canto sacro, che per primo introdusse nella liturgia cristiana, e ancor oggi a Milano vi è una scuola che tramanda nei millenni questo antico canto.  Politica ecclesiastica L'importanza della sede occupata da Ambrogio, teatro di numerosi contrasti religiosi e politici, e la sua personale attitudine di uomo politico lo portarono a svolgere una forte attività di politica ecclesiastica. Egli scrisse infatti opere di morale e teologia in cui combatté a fondo gli errori dottrinali del suo tempo; fu inoltre sostenitore del primato d'onore del vescovo di Roma, contro altri vescovi (tra i quali Palladio) che lo ritenevano pari a loro.  Si mostrò in prima linea nella lotta all'arianesimo, che aveva trovato numerosi seguaci a Milano e nella corte imperiale. Si scontrò per questo motivo con l'imperatrice Giustina, di fede ariana e probabilmente influì sulla politica religiosa dell'imperatore Graziano che, nel 380, inasprì le sanzioni per gli eretici e, con l'editto di Tessalonica, dichiarò il cristianesimo religione di Stato. Il momento di massima tensione si ebbe nel 385-386 quando, dopo la morte di Graziano, gli ariani chiesero insistentemente con l'appoggio della corte imperiale una basilica per praticare il loro culto. L'opposizione di Ambrogio fu energica tanto che rimase famoso l'episodio in cui, assieme ai fedeli cattolici, "occupò" la basilica destinata agli ariani finché l'altra parte fu costretta a cedere. Fu in questa occasione, si racconta, che Ambrogio introdusse l'usanza del canto antifonale e della preghiera cantata in forma di inno, con lo scopo di non fare addormentare i fedeli che occupavano la basilica. Fu inoltre determinante per la vittoria di Ambrogio nella controversia con gli ariani il ritrovamento dei corpi dei santi Gervasio e Protaso, che avvenne proprio nel 386 sotto la guida del vescovo di Milano, il quale guadagnò in questo modo il consenso di gran parte dei fedeli della città.  Fu infine forte avversario del paganesimo "ufficiale" romano, che dimostrava in quegli anni gli ultimi segni di vitalità; per questo motivo si scontrò con il suo stesso cugino, il senatore Quinto Aurelio Simmaco, che chiedeva il ripristino dell'altare e della statua della dea Vittoria rimossi dalla Curia romana, sede del Senato, in seguito a un editto di Graziano nel 382.  Rapporti con la corte imperiale  Sant'Ambrogio rifiuta l'ingresso in chiesa all'imperatore, nel dipinto di Van Dyck. Molto probabilmente questo episodio non avvenne mai: Ambrogio preferì non arrivare allo scontro pubblico con l'imperatore, ma lo redarguì in privato. Il potere politico e quello religioso al tempo erano strettamente legati: in particolare l'imperatore, a cominciare daCostantino, possedeva una certa autorità all'interno della Chiesa, nella quale il primato petrino non era pienamente assodato e riconosciuto. A questo si aggiunsero la posizione di Ambrogio, vescovo della città di residenza della corte imperiale, e la sua precedente carriera come avvocato, amministratore e politico, che lo portarono più volte a intervenire incisivamente nelle vicende politiche, ad avere stretti rapporti con gli ambienti della corte e dell'aristocrazia romana, e talvolta a ricoprire specifici incarichi diplomatici per conto degli imperatori.  In particolare, nonostante il convinto lealismo verso l'impero Romano e l'influenza nella vita politica dell'impero, i suoi rapporti con le istituzioni non furono sempre pacifici, soprattutto quando si trattò di difendere la causa della Chiesa e dell'ortodossia religiosa. Gli storici bizantini gli accreditarono questo atteggiamento come parrhesia (παρρησία), schiettezza e verità di fronte ai potenti e al potere politico, che traspare a partire dal suo rapporto epistolare con l'imperatore Teodosio.  Essendo Ambrogio precettore dell'imperatore Graziano, lo educò secondo i principi del Cristianesimo. Egli predicava all'imperatore di rendere grazie a Dio per le vittorie dell'esercito e lo appoggiò nella disputa contro il senatore Simmaco, che chiedeva il ripristino dell'altare alla dea Vittoria fatto rimuovere dalla Curia romana  Chiese poi a Graziano di indire il concilio di Aquileia nel settembre del 381 per condannare due vescovi eretici, secondo i dettami dei vari concili ecumenici ed anche secondo l'opinione del Papa e dei vescovi ortodossi. In questo concilio Ambrogio si pronunciò contro l'arianesimo.  Ambrogio influì anche sulla politica religiosa di Teodosio I. Nel 388, dopo che un gruppo di cristiani aveva incendiato la sinagoga della città di Callinico, l'imperatore decise di punire i responsabili e di obbligare il vescovo, accusato di aver istigato i distruttori, a ricostruire il tempio a suo spese. Ambrogio, informato della vicenda, si scagliò contro questo provvedimento, minacciando di sospendere l'attività religiosa, tanto da indurre l'imperatore a revocare le misure.  Nel 390 criticò aspramente l'imperatore, che aveva ordinato un massacro tra la popolazione di Tessalonica, rea di aver linciato il capo del presidio romano della città: in tre ore di carneficina erano state assassinate migliaia di persone, attirate nell'arena con il pretesto di una corsa di cavalli. Ambrogio, venuto a conoscenza dell'accaduto, evitò diplomaticamente una contrapposizione aperta con il potere imperiale (con il pretesto di una malattia evitò l'incontro pubblico con Teodosio) ma, per via epistolare, chiese in modo riservato ma deciso una «penitenza pubblica» all'imperatore, che si era macchiato di un grave delitto pur dichiarandosi cristiano, pena il rifiuto di celebrare i sacri riti in sua presenza («Non oso offrire il sacrificio, se tu vorrai assistervi», Lettera 11). Teodosio ammise pubblicamente l'eccesso e nella notte Natale di quell'anno, venne riammesso ai sacramenti.  Dopo questo episodio la politica religiosa dell'imperatore si irrigidì notevolmente: tra il 391 e il 392 furono emanati una serie di decreti (noti come decreti teodosiani) che attuavano in pieno l'editto di Tessalonica: venne interdetto l'accesso ai templi pagani e ribadita la proibizione di qualsiasi forma di culto, compresa l'adorazione delle statue; furono inoltre inasprite le pene amministrative per i cristiani che si riconvertissero nuovamente al paganesimo e nel decreto emanato nel 392 da Costantinopoli, l'immolazione di vittime nei sacrifici e la consultazione delle viscere erano equiparati al delitto di lesa maestà, punibile con la condanna a morte.  Nel 393 Milano fu coinvolta nella lotta per il potere tra l'imperatore Teodosio I e l'usurpatore Flavio Eugenio. In aprile Eugenio varcò le Alpi e puntò alla conquista della città, in quanto capitale d'Occidente. Ambrogio partì e andò ritirarsi a Bologna. Durante un soggiorno temporaneo a Faenza scrisse una lettera ad Eugenio. Poi accettò l'invito della comunità di Firenze, ove rimase per circa un anno. La guerra per il controllo dell'impero fu vinta da Teodosio. Nell'autunno del 394 Ambrogio fece ritorno a Milano.  Alla sua morte, per sua stessa volontà, fu sepolto all'interno della basilica che tuttora porta il suo nome, fra le spogli dei martiri Gervasio e Protasio. Le sue spoglie, rinvenute sotto l'altare nel 1864, furono trasferite in un'urna di argento e cristallo posta nella cripta della basilica.  Pensiero e opere  Rilievo gotico raffigurante Ambrogio. Tra gli attributi del santo c'è il miele, simbolo della dolcezza delle prediche e degli scritti Fortemente legata all'attività pastorale di Ambrogio fu la sua produzione letteraria, spesso semplice frutto di una raccolta e di una rielaborazione delle sue omelie e che quindi mantengono un tono simile al parlato.  Per il suo stile dolce e misurato del suo parlato e della sua prosa, Ambrogio venne definito «dolce come il miele» e tra i suoi attributi compare perciò un alveare.  Esegesi Oltre la metà dei suoi scritti è dedicata all'esegesi biblica, che egli affronta seguendo un'interpretazione prevalentemente allegorica e morale del testo sacro (in particolare per quanto riguarda l'Antico Testamento): ad esempio, ama ricercare nei patriarchi e nei personaggi biblici in generale figure di Cristo o esempi di virtù morali. Fu proprio questo metodo di lettura della Bibbia ad affascinare Sant'Agostino e a risultare determinante per la sua conversione (come egli scrisse nelle Confessioni V, 14, 24).  Secondo Gérard Nauroy, «per Ambrogio l'esegesi è un modo fondamentale di pensare piuttosto che un metodo o un genere: [...] ormai egli "parla la Bibbia", non più con la giustapposizione di citazioni dagli stili più diversi, ma in un discorso sintetico, eminentemente allusivo, "misterico" come la Parola stessa». Per Ambrogio la lettura e l'approfondimento della conoscenza biblica costituiscono un elemento fondamentale della vita cristiana:  «Bevi dunque tutt'e due i calici, dell'Antico e del Nuovo Testamento, perché in entrambi bevi Cristo. [...] La Scrittura divina si beve, la Scrittura divina si divora, quando il succo della parola eterna discende nelle vene della mente e nelle energie dell'anima»  (Ambrogio, Commento al Salmo I, 33) Tra le opere esegetiche spiccano l'esauriente commento al Vangelo di Luca (Expositio evangelii secundum Lucam) e l'Exameron (dal greco "sei giorni"). Quest'ultima opera, ispirata ampiamente all'omonimo Exameron di Basilio di Cesarea, raccoglie, in sei libri, nove omelie riguardanti i primi capitoli della Genesi dalla creazione del cielo fino alla creazione dell'uomo. Anche in questo caso, il racconto della creazione è occasione di evidenziare insegnamenti morali desunti dalla natura e dal comportamento degli animali e dalle proprietà delle piante; in questo senso l'uomo appare ad Ambrogio necessariamente legato con tutto il creato dal punto di vista non solo biologico e fisico, ma anche morale e spirituale.  Morale e ascetismo Un altro gruppo significativo consiste nelle opere di argomento morale o ascetico, tra le quali risalta il De officiis ministrorum (talvolta abbreviato in De officiis), un trattato sulla vita cristiana rivolto in particolare al clero ma destinato a tutti i fedeli. L'opera ricalca l'omonimo scritto di Cicerone, che si proponeva come manuale di etica pratica indirizzato al figlio (cui è dedicato) rivolto soprattutto a questioni politico-sociali. Ambrogio riprende il titolo (indirizzando l'opera ai suoi "figli" in senso spirituale, cioè il clero e il popolo di Milano), la struttura (il libro è ripartito in tre libri, dedicati all'honestum, all'utile e al loro contrasto risolto nell'identificazione tra i due) e alcuni elementi contenutistici (tra i quali i principi della morale stoica, come il dominio della razionalità, l'indipendenza dai piaceri e dalla vanità delle cose, la virtù come sommo bene). Questi elementi sono rivisti con originalità in chiave cristiana: agli exempla tratti dalla storia e dalla mitologia classica, Ambrogio sostituisce ad esempio storie ed esempi tratti dalla Bibbia. In generale, è lo stesso orientamento del testo a non essere più etico-filosofico ma prevalentemente religioso e spirituale, come egli spiega fin dall'inizio: «Noi valutiamo il dovere secondo un principio diverso da quello dei filosofi. Essi considerano beni quelli di questa vita, noi addirittura danni» (De officiis, I, 9, 29). Allo stesso modo, le virtù tradizionali vengono rilette cristianamente e accettate alla luce del Vangelo: la fides (lealtà) diventa la fede in Cristo, la prudenza include la devozione verso Dio, esempi di fortezza divengono i martiri. Alle virtù classiche si aggiungono le virtù cristiane: la carità (che già esisteva nel mondo latino, ora assume un significato più interiore e spirituale), l'umiltà, l'attenzione verso i poveri, gli schiavi, le donne.  Altre cinque opere sono dedicate alla verginità, specialmente quella femminile (De virginibus, De viduis, De virginitate, De institutione virginis e Exhortatio virginitatis). Ambrogio esalta la verginità come massimo ideale di vita cristiana, sulla scia della tradizione cristiana da San Paolo («colui che sposa la sua vergine fa bene e chi non la sposa fa meglio», 1 Cor 7,38) fino al contemporaneo Girolamo, senza tuttavia negare la validità della vita matrimoniale. La scelta della verginità è ritenuta l'unica vera scelta di emancipazione per la donna dalla vita coniugale, in cui si trova subordinata. Critica aspramente in questo senso il fatto che il matrimonio costituisca solo un contratto economico e sociale, che non lascia spazio alla scelta degli sposi e in particolare della donna: «Davvero degna di compianto è la condizione che impone alla donna, per sposarsi, di essere messa all'asta come una sorta di schiavo da vendere, perché la compri chi offre il prezzo più alto» (De virginibus, I, 9, 56). Per questo Ambrogio incoraggia i genitori ad accettare la scelta di verginità dei figli e i figli a resistere alle difficoltà imposte dalla famiglia («Se vinci la famiglia, vinci anche il mondo», De virginibus, I, 11, 63).  Società e politica  Ambrogio assolve Teodosio dopo l'episodio di Tessalonica Nel confronto con la società e gli ideali del mondo latino, Ambrogio accolse i valori civili della romanità con l'intento di dare ad essi nuovo significato all'interno della religione cristiana. Nel suo Esamerone esalta l'istituzione repubblicana (di cui l'antica repubblica romana era secondo lui un ammirevole esempio) prendendo spunto dalla spontanea organizzazione delle gru, che si dividono il lavoro avvicendandosi nei turni di guardia:  «Che c'è di più bello del fatto che la fatica e l'onore comuni a tutti e il potere non sia preteso da pochi, ma passi dall'uno all'altro senza eccezioni come per una libera decisione? Questo è l'esercizio di un ufficio proprio di un'antica repubblica, quale conviene in uno stato libero.»  (Esamerone, VIII, 15, 51) Nella visione di Ambrogio inoltre potere e dell'autorità, intesi come servizio («Libertà è anche il servire», Lettera 7), dovevano essere sottomessi alle leggi di Dio. Prendendo ispirazione dal racconto della corona imperiale e del morso di cavallo realizzati, secondo la tradizione, da Costantino con i chiodi della croce di Gesù, nel discorso funebre di Teodosio egli elogiò la sottomissione dell'imperatore a Cristo, dimostrata in primis dall'episodio di Tessalonica:  «Per quale motivo [ebbero] "una cosa santa sul morso" se non perché frenasse l'arroganza degli imperatori, reprimesse la dissolutezza dei tiranni che, come cavalli, nitrivano smaniosi di piaceri, perché potevano impunemente commettere adulteri? Quali turpitudini conosciamo dei Neroni e dei Caligola e di tutti gli altri che non ebbero "una cosa santa sul morso"!»  (In morte di Teodosio, 50) Di fronte al dispotismo e alla dissolutezza che avevano caratterizzato il comportamento di non pochi imperatori romani, Ambrog io vide nel cristianesimo una possibilità per "redimere" il potere imperiale e renderlo giusto e clemente. Nella sua idea, infatti, il cristianesimo avrebbe dovuto sostituire il paganesimo nella società romana senza per questo negare e distruggere le istituzione imperiali («Voi [pagani] chiedete pace per le vostre divinità agli imperatori, noi per gli stessi imperatori chiediamo pace a Cristo», Lettera 73 a Valentiniano II), ma anzi dando ai valori romani la nuova linfa offerta dalla morale cristiana.  Ambrogio richiamò infine la società romana nella quale era sempre più accentuato il divario tra ricchi e poveri; alla sperequazione economica, Ambrogio contrapponeva infatti la morale del Vangelo e della tradizione biblica. Così egli scrive nel Naboth:  «La terra è stata creata come un bene comune per tutti, per i ricchi e per i poveri: perché, o ricchi, vi arrogate un diritto esclusivo sul suolo? [...] Tu [ricco] non dai del tuo al povero [quando fai la carità], ma gli rendi il suo; infatti la proprietà comune, che è stata data in uso a tutti, tu solo la usi.»  (Naboth, 1,2; 12, 53) Antigiudaismo Magnifying glass icon mgx2.svg Antisemitismo § Antigiudaismo teologico. Per Ambrogio era fondamentale la storia di Israele come popolo eletto: da qui la grande presenza dell'Antico Testamento nel rito ambrosiano, le numerosissime sue opere di commento agli episodi della storia ebraica, la conservazione della sacralità del sabato, ecc. Tuttavia, come era comune nel cristianesimo dei primi secoli, forte era anche la volontà di mostrare l'originalità cristiana rispetto alla tradizione giudaica (che non aveva riconosciuto Gesù come Messia) e di affermare l'indipendenza e le prerogative della Chiesa nascente.  Ad esempio, nell'Expositio Evangelii secundum Lucam (4, 34), commentando un passo del vangelo di Luca in cui un uomo invaso dallo spirito di un demonio impuro, grida: «Ah! Che c'è fra noi e te, Gesù Nazareno? Sei venuto per rovinarci? So chi tu sei: il Santo di Dio», Ambrogio critica aspramente l'incredulità della gente circostante:  «Chi è colui che aveva nella sinagoga spirito immondo di demonio, se non la folla dei giudei che, come stretta da spire serpentine e legata dai lacci del diavolo, simulata la purità del corpo, profanava con le immondezze della mente interiore? Ebbene: era nella sinagoga l'uomo che aveva lo spirito immondo; perché lo Spirito Santo lo aveva ammesso. Era entrato infatti il diavolo dal luogo da cui Cristo era uscito. Insieme, si mostra la natura del diavolo non come ostinata, ma come opera ingiusta. Infatti quello che attraverso una natura superiore professa il Signore, con le opere lo nega. E in questo appare la sua malvagità [del demonio] e l'ostinazione dei giudei, poiché così [il demonio] spandé tra la folla la cecità della mente furiosa; affinché la gente neghi, colui che i demoni professano. O eredità dei discepoli peggiore del maestro! Quello tenta il Signore con le parole, essi con l'agire: egli dice "Buttati!" (Luc. IV, 9), questi sono assaliti perché [lo] buttino.»  L'episodio di Callinicum Le cronache storiche riportano un episodio che può essere considerato rivelatore dell'atteggiamento di Ambrogio nei riguardi degli ebrei. Nel 388, a Callinicum (Kallinikon, sul fiume Eufrate, in Asia, l'attuale al-Raqqa), una folla di cristiani diede l'assalto alla sinagoga e la bruciò. Il governatore romano condannò l'accaduto e, per mantenere l'ordine pubblico, dispose affinché la sinagoga venisse ricostruita a spese del vescovo. L'imperatore Teodosio I rese noto di condividere quanto deciso dal suo funzionario.  Ambrogio si oppose alla decisione dell'imperatore e gli scrisse una lettera (Epistulae variae 40) per convincerlo a ritirare l'ingiunzione di ricostruire la sinagoga a spese del vescovo: «Il luogo che ospita l'incredulità giudaica sarà ricostruito con le spoglie della Chiesa? Il patrimonio acquistato dai cristiani con la protezione di Cristo sarà trasmesso ai templi degli increduli?... Questa iscrizione porranno i giudei sul frontone della loro sinagoga:Tempio dell'empietà ricostruito col bottino dei cristiani -... Il popolo giudeo introdurrà questa solennità fra i suoi giorni festivi...»  Citando dalla lettera di Ambrogio a Teodosio (Epistulae variae 40,11):  «Ma ti muove la ragione della disciplina. Che cosa dunque è più importante, l'idea di disciplina [mantenimento dell'ordine pubblico] o il motivo della religione?»  Nell'epistola Ambrogio si attribuì la responsabilità dell'incendio: «Io dichiaro di aver dato alle fiamme la sinagoga, sì, sono stato io che ho dato l'incarico, perché non ci sia più nessun luogo dove Cristo venga negato»  Ambrogio si spinse ad affermare che quell'incendio non era affatto un delitto e che se lui non aveva ancora dato l'ordine di bruciare la sinagoga di Milano era solo per pigrizia e che bruciare le sinagoghe era altresì un atto glorioso.  Ambrogio non volle salire sull'altare finché l'imperatore non abolì il decreto imperiale riguardante la ricostruzione della sinagoga a spese del vescovo. Secondo la visione del vescovo, nella questione della religione l'unico foro competente da consultare doveva essere la Chiesa cattolica la quale, grazie ad Ambrogio, divenne la religione statale e dominante. In questa impresa lo scopo era quello di avvalorare l'indipendenza della Chiesa dallo Stato, affermando anche la superiorità della Chiesa sullo Stato in quanto emanazione di una legge superiore alla quale tutti devono sottostare.  Mariologia Sebbene non si possa parlare di una mariologia vera e propria (intesa come pensiero sistematico), sono numerosi nell'opera di Ambrogio i riferimenti a Maria: spesso, quando si presenta l'occasione, egli si rifà alla sua figura e al suo esempio.  La sua venerazione per Maria nasce soprattutto dal ruolo attribuitole nella storia della salvezza. Maria è infatti madre di Cristo, e dunque modello per tutti i credenti che, come lei, sono chiamati a "generare" Cristo:  «Vedi bene che Maria non aveva dubitato, bensì creduto e perciò aveva conseguito il frutto della sua fede. «Beata tu che hai creduto». Ma beati anche voi che avete udito e avete creduto: infatti, ogni anima che crede, concepisce e genera il Verbo di Dio e ne comprende le operazioni. Sia in ciascuno l’anima di Maria a magnificare il Signore, sia in ciascuno lo spirito di Maria ad esultare in Dio: se, secondo la carne, una sola è la madre di Cristo, secondo la fede tutte le anime generano Cristo»  (Esposizione del Vangelo secondo Luca, II, 19. 24-26) Ambrogio difende strenuamente la verginità di Maria, soprattutto in relazione al mistero di Cristo: egli infatti, proprio perché nato da vergine, non ha contratto il peccato originale. Maria è anche la prima donna a cogliere i "frutti" della venuta di Cristo:  «Non c’è affatto da stupirsi che il Signore, accingendosi a redimere il mondo, abbia iniziato la sua opera proprio da Maria: se per mezzo di lei Dio preparava la salvezza a tutti gli uomini, ella doveva essere la prima a cogliere dal Figlio il frutto della salvezza»  (Esposizione del vangelo secondo Luca, II, 17) Maria è inoltre modello di virtù morali e cristiane, in primo luogo per le vergini («Nella vita di Maria risplende la bellezza della sua castità e della sua esemplare virtù») ma anche per tutti i fedeli; di lei vengono esaltate la sincerità (la verginità «di mente»), l'umiltà, la prudenza, la laboriosità, l'ascesi.  Milano e il rito ambrosiano  Sant'Ambrogio con in mano il flagello contro i nemici di Milano, in un bassorilievo quattrocentesco Magnifying glass icon mgx2.svg Rito ambrosiano. L'operato di Sant'Ambrogio a Milano ha lasciato segni profondi nella diocesi della città.  Già nel settembre del 600 papa Gregorio Magno parlò del neoeletto vescovo di Milano, Deodato, non tanto come successore, bensì come "vicario" di sant'Ambrogio (equiparandolo quasi ad un secondo "vescovo di Roma"). Nell'anno 881 invece papa Giovanni VIII definì per la prima volta la diocesi "ambrosiana", termine che è rimasto ancora oggi per identificare non solo la Chiesa di Milano, ma talvolta anche la stessa città.  L'eredità di Ambrogio è delineata principalmente a partire dalla sua attività pastorale: la predicazione della Parola di Dio coniugata alla dottrina della Chiesa cattolica, l'attenzione ai problemi della giustizia sociale, l'accoglienza verso le persone provenienti da popoli lontani, la denuncia degli errori nella vita civile e politica.  L'operato di Ambrogio lasciò un segno profondo in particolare sulla liturgia. Egli introdusse nella Chiesa occidentale molti elementi tratti dalle liturgie orientali, in particolare canti e inni. Si attribuisce ad Ambrogio l'inno Te Deum laudamus, ma la questione è controversa e negata anche da Luigi Biraghi. Le riforme liturgiche furono mantenute nella diocesi di Milano anche dai successori e costituirono il nucleo del Rito ambrosiano, sopravvissuto all'uniformazione dei riti e alla costituzione dell'unico rito romano voluta da papa Gregorio I e dal Concilio di Trento.  In dialetto milanese Ambrogio viene chiamato sant Ambroeus (grafia classica) o sant Ambrös (entrambi pronunciati "sant'ambrœs").   Sant'Ambrogio affrescato da Masolino, Battistero Castiglione Olona Alla sua figura è ispirato anche il premio Ambrogino d'oro, che è il nome non ufficiale con cui sono comunemente chiamate le onorificenze conferite dal comune di Milano.  Sant'Ambrogio e il canto liturgico  Michael Pacher, Sant'Ambrogio, Monaco, Alte Pinakothek Con il termine di ambrosiano non si definisce solo il rito della Chiesa Cattolica che fa riferimento al santo, ma anche un preciso modo di cantare durante la liturgia. Esso viene indicato con il nome di canto ambrosiano. Esso è caratterizzato dal canto di inni, cioè di nuove composizioni poetiche in versi, che vengono cantate da tutti i partecipanti al rito.  A differenza di quanto avveniva per i salmi, solitamente cantati da un solista o da un gruppo di coristi, essi vengono invece cantati da tutti i partecipanti, in cori alternati, normalmente tra donne e uomini, ma in altri casi tra giovani e anziani o anche tra fanciulli e adulti. Alcuni di questi inni sono stati sicuramente composti da Ambrogio. La certezza viene dal fatto che a menzionarli è sant'Agostino, che fu discepolo di Sant'Ambrogio.  Essi sono:  Aeterne rerum conditor (cf. Retractionum I,21); Iam surgit hora tertia (cf. De natura et gratia 63,74); Deus creator omnium (ricordato nelle Confessioni e citato complessivamente ben cinque volte dal vescovo di Ippona); Intende qui regis Israel (cf. Sermo 372 4,3). Attraverso la liturgia della Chiesa cattolica in generale e di quella ambrosiana in particolare, sono giunti fino a noi una moltitudine di inni in stile ambrosiano. I ricercatori hanno cercato di trovare dei criteri per indicare quelli che, con più certezza, sono stati composti da Ambrogio. Nel 1862 Luigi Biraghi ne indicava tre: la conformità degli inni con l'indole letteraria di Ambrogio, con il suo vocabolario e con il suo stile. Con questi criteri egli arrivò a selezionare diciotto inni:  Splendor paternae gloriae (nell'aurora) Iam surgit hora tertia (per l'ora di terza domenicale) Nunc sancte nobis Spiritus (per l'ora di terza feriale) Rector potens verax Deus (per l'ora di sesta) Rerum, Deus, tenax vigor (per l'ora di nona) Deus creator omnium (per l'ora dell'accensione) Iesu, corona virginum (inno della verginità) Intende qui regis Israel (per il Natale del Signore) Inluminans Altissimus (per le Epifanie del Signore) Agnes beatae virginis (per sant'Agnese) Hic est dies verus Dei (per la Pasqua) Victor, Nabor, Felix, pii (per i santi Vittore, Nabore e Felice) Grates tibi, Iesu, novas (per i santi Gervasio e Protasio) Apostolorum passio (per i santi Pietro e Paolo) Apostolorum supparem (per san Lorenzo) Amore Christi nobilis (per san Giovanni Evangelista) Aeterna Christi munera (per i santi martiri) Aeterne rerum conditor (al canto del gallo) Gli autori dell'edizione delle opere poetiche di Ambrogio in un volume stampato nel 1994, che ha portato a compimento l'Opera Omnia, in latino e in italiano, del vescovo di Milano, hanno ridotto questo numero certo a tredici canti, escludendo quelli per le ore minori, per i martiri e della verginità. L'esclusione va ascritta alla metrica di questi testi. Ambrogio aveva una predilezione per il numero otto. I suoi inni sono tutti di otto strofe con versi ottosillabici. Egli vedeva in questo numero la risurrezione di Cristo, la novità cristiana e la vita eterna (octava dies, l'ottavo giorno della settimana, cioè il nuovo giorno, in cui inizia l'era del Cristo). Per questi studiosi appare improbabile che egli sia venuto meno a questa preferenza e quindi quelli di due o di quattro strofe non vengono attribuiti al vescovo milanese.  Per questi storici inoltre non vi è motivo di dubitare che l'autore della melodia sia lo stesso Ambrogio dato che per loro natura questi inni nascono consostanziati alla musica. Il Migliavacca nota come Ambrogio possedesse una conoscenza musicale approfondita. Le sue opere rivelano, oltre a una perfetta conoscenza scolastica, anche una particolare propensione musicale. Egli parla dell'arte musicale con cognizione tecnica e non solo con estetica raffinatezza come il suo discepolo Agostino.  Leggende su Sant'Ambrogio  Spoglie mortali di Ambrogio e Gervasio, rivestite dei paramenti liturgici, nella cripta della Basilica di Sant'Ambrogio a Milano. Su Sant'Ambrogio vi sono numerose leggende miracolistiche:  Mentre Ambrogio infante dormiva nella sua culla posta temporaneamente nell'atrio del Pretorio, uno sciame di api si posò improvvisamente sulla sua bocca, dalla quale e nella quale esse entravano ed uscivano liberamente. Dopodiché lo sciame si levò in volo salendo in alto e perdendosi alla vista degli astanti. Il padre, impressionato da tutto ciò, avrebbe esclamato: «Se questo mio figlio vivrà, diverrà sicuramente un grand'uomo!». Ambrogio, camminando per Milano, avrebbe trovato un fabbro che non riusciva a piegare il morso di un cavallo: in quel morso Ambrogio riconobbe uno dei chiodi con cui venne crocifisso Cristo. Dopo vari passaggi, un "chiodo della crocifissione" è tuttora appeso nel Duomo di Milano, a grande altezza, sopra l'altare maggiore. Nella piazza davanti alla basilica di Sant'Ambrogio a Milano è presente una colonna, comunemente detta "la colonna del diavolo". Si tratta di una colonna di epoca romana, qui trasportata da altro luogo, che presenta due fori, oggetto di una leggenda secondo la quale la colonna fu testimone di una lotta tra Sant'Ambrogio ed il demonio. Il maligno, cercando di trafiggere il santo con le corna, finì invece per conficcarle nella colonna. Dopo aver tentato a lungo di divincolarsi, il demonio riuscì a liberarsi e, spaventato, fuggì. La tradizione popolare vuole che i fori odorino di zolfo e che appoggiando l'orecchio alla pietra si possano sentire i suoni dell'inferno. In realtà questa colonna veniva usata per l'incoronazione degli imperatori germanici. A Parabiago, Ambrogio sarebbe apparso il 21 febbraio 1339, durante la celebre battaglia: a dorso di un cavallo e sguainando una spada, mise paura alla Compagnia di San Giorgio capitanata da Lodrisio Visconti, permettendo alle truppe milanesi del fratello Luchino e del nipote Azzone di vincere. A ricordo di tale leggenda fu edificata a Parabiago la Chiesa di Sant'Ambrogio della Vittoria e a Milano, su un portone bronzeo del Duomo, gli è stata dedicata una formella.[25] Opere  Divi Ambrosii Episcopi Mediolanensis Omnia Opera, 1527 Oratorie (esegetiche) Exameron De paradiso De Cain et Abel De Noe De Abraham De Isaac et anima De bono mortis De Iacob et vita beata De Ioseph De patriarchis De fuga saeculi De interpellatione Iob et David Apologia David De Helia et ieiunio De Tobia De Nabuthae historia Explanatio in XII Psalmos Davidicos Expositio in Psalmum CXVIII Expositio in Lucam De excessu fratris Satyri libri duo De obitu Valentiniani consolatio De obitu Theodosii oratio Morali (ascetiche) De virginibus o Ad Marcellinam sororem libri tres De viduis De perpetua virginitate Sanctae Mariae Adhortatio virginitatis o Exhortatio virginitatis De officiis ministrorum Dogmatiche (sistematiche) De fide ad Gratianum Augustum libri quinque De Spiritu Sancto ad Gratianum Augustum De incarnationis dominicae sacramento De paenitentia Catechetiche De sacramentis libri sex De mysteriis De sacramento regenerationis sive de philosophia Explanatio Symboli ad initiandos Epistolario Epistulae Innografia Hymni Altro Sermo contra Auxentium de basilicis tradendis Tituli Curiosità S.Ambrogio essendo patrono delle api, rappresenta al meglio l'operosità non solo quella risaputa dei milanesi, di cui è patrono festeggiato il 7 dicembre, ma di tutti coloro che si impegnano nel lavoro, con combattività, spirito di sacrificio e di spirito di abnegazione. Inoltre S.Ambrogio ha come secondo simbolo il gabbiano che è legato alla sensazione di libertà e spazio immenso. Il gabbiano trova l'equilibrio e si alimenta di ciò che trova nel rispetto della sua natura di predatore e onnivoro che non si tira indietro a nulla per la propria sopravvivenza. Per le suddette simbologie, e per tutte le altre che sia le api che i gabbiani rappresentano, S.Ambrogio è ormai considerato da tempo il protettore delle startup innovative che vedono in S.Ambrogio, guida sicura con la sua famosa frase di valore eterno: "Voi pensate che i tempi sono cattivi, i tempi sono pesanti, i tempi sono difficili. Vivete bene e muterete i tempi" Note  lastampa/vatican-insider/it//10/02/news/milano-studi-confermano-l-identita-di-sant-ambrogio-e-di-due-martiri-1.34049446 Johan Leemans, Peter Van Nuffelen e Shawn W. J. Keough, Episcopal Elections in Late Antiquity, Walter de Gruyter, 28 luglio ,  978-3-11-026860-7.  Ambrogio, Exorthatio virginitatis, 12, 82  Robert Wilken, "The Spirit of Early Christian Thought" (Yale University Press: New Haven, 2003),  218.  Michael Walsh, ed. "Butler's Lives of the Saints" (HarperCollins Publishers: New York, 1991),  407.  Paolino, Vita di Ambrogio, 6  Basilica Vetus e Battistero di Santo Stefano alle fonti, su adottaunaguglia.duomomilano. 18 marzo .  Paolino, Vita di Ambrogio, 7-8  Indro Montanelli, Storia di Roma, Rizzoli, 1957  Ambrogio, Lettera fuori coll. 14 ai Vercellesi, 65  Ambrogio, De officiis, I, 1, 4  Giacomo Biffi, Relazione al Meeting di Rimini, 29-08-1997  C. Pasini, I Padri della Chiesa. Il cristianesimo dalle origini e i primi sviluppi della fede a Milano, op. cit.,  169-170  Graziano avrebbe voluto convocare un concilio numeroso, ma Ambrogio lo esortò a convocare un numero limitato di vescovi, affermando che per appurare la verità ne bastavano pochi e che non era il caso di incomodarne troppi, facendo loro affrontare un viaggio faticoso (Neil B. McLynn, Ambrose of Milan: Church and Court in a Christian Capital, University of California Press, 1994.  124–5.).  Codex Theodosianus, 16.10.10  Codex Theodosianus, 16.7.4  Codex Theodosianus, 16.10.12.1  Guida della Basilica di S. Ambrogio: note storiche sulla Basilica ambrosiana, Ferdinando Reggiori, Ernesto Brivio, Nuove Edizioni Duomo, 198686.  Gérard Nauroy, L'Ecriture dans la pastorale d'Ambroise de Milan, in Le monde latin antique et la Bible. J. Fontaine e C. Pietri, Parigi 1985. Citato in Pasini, I Padri della Chiesa. Il cristianesimo delle origini e i primi sviluppi della fede a Milano, op. cit.  Per un'ampia descrizione dell'episodio: Antonietta Mauro Todini, Aspetti della legislazione religiosa del IV secolo, La Sapienza Editrice, Roma, 1990, pag. 3 e segg.; Thomas J. Craughwell, Santi per ogni occasione, Gribaudi, 2003, pag.49; Lucio De Giovanni, Chiesa e stato nel Codice Teodosiano, Tempi moderni, pag.120; Giovanni De Bonfils, Roma e gli ebrei, Cacucci, 2002, pag. 186; Mariateresa Amabile, Nefaria Secta. La normativa imperiale ‘de Iudaeis’ tra repressione, protezione, controllo, I, Jovene, Napoli, .James Hastings, Encyclopedia of Religion and Ethics , Kessinger Publishing, 2003, pag. 374  Walter Peruzzi, Il cattolicesimo reale, Odradek, Roma, 2008  Ambrogio, De virginibus, 2, 6-18, citato in L. Gambero, Testi mariani del primo millennio, Città Nuova, 1990  Rito Ambrosiano: la centralità dell'opera di Sant'Ambrogio per la Chiesa di Milano  Jacopo da Varazze, Leggenda Aurea, LVII. Un episodio analogo è riferito anche a Santa Rita da Cascia, vedi: Alfredo Cattabiani, Santi d'Italia, Ed. Rizzoli, Milano, 1993,  88-17-84233-8, pag. 816  Per una narrazione della leggenda e della costruzione della chiesa si veda: Don Gerolamo Raffaelli, La vera historia della Vittoria qual ebbe Azio Visconti nell'anno della comune salute 1339 nel dì XXI febbr. in Parabiago contro Lodrisio V Limonti, Milano, anno MDCIX Don Claudio Cavalleri, Racconto istorico della celebre Vittoria ottenuta da Luchino Visconti princ. di Milano per la miracolosa apparizione di Santo Ambrogio, seguita il dì 21 febbr. l'anno 1339 in Parabiago, e dedicata al March. D. Giambattista Morigia G. Richino Malerba, Milano, 1745 Alessandro Giulini, La Chiesa e l'Abbazia Cistercense di S. Ambrogio della Vittoria in Parabiago, Archivio Storico Lombardo, 1923, pagina 144  Ponzio di Cartagine, Vita di Cipriano; vita di Ambrogio; vita di Agostino / Ponzio, Paolino, Possidio, Città Nuova, Milano, 1977 Tutte le opere di sant'Ambrogio, Ed. bilingue a cura della Biblioteca Ambrosiana, Roma: Città nuova. Angelo Paredi, Ambrogio, FIR MilanoStoriaSec. IV-V Hoepli collana Collezione Hoepli Angelo Ronzi, Sant'Ambrogio e Teodosio: studio storico-filosofico, Visentini editore, Venezia. Enrico Cattaneo, Terra di Sant'Ambrogio: la Chiesa milanese nel primo millennio; Annamaria Ambrosioni, Maria Pia Alberzoni, Alfredo Lucioni, Ed. Vita e pensiero, Milano, 1989. Vita di sant'Ambrogio: La prima biografia del patrono di Milano di Paolino di Milano, Marco Maria Navoni, Edizioni San Paolo, 1996.  978-88-215-3306-8 Cesare Pasini, Ambrogio di Milano. Azione e pensiero di un vescovo, Edizioni San Paolo, Cinisello B. 1996.  88-215-3303-4 Luciano Vaccaro, Giuseppe Chiesi, Fabrizio Panzera, Terre del Ticino. Diocesi di Lugano, Editrice La Scuola, Brescia 2003m, 5, 128, 202, 224, 225, 248, 259nota, 280, 286, 287, 442. Giorgio La Piana, Ambrogio in  Enciclopedia Biografica Universale, Roma, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani, 2006, 434-442. Dario Fo, Sant'Ambrogio e l'invenzione di Milano Einaudi Torino 2009 978-88-06-19486-4. Raffaele Passarella, Ambrogio e la medicina. Le parole e i concetti, LED Edizioni Universitarie, Milano 2009 978-88-7916-421-4 Cesare Pasini, I Padri della Chiesa. Il cristianesimo dalle origini e i primi sviluppi della fede a Milano. , Busto Arsizio, Nomos Edizioni.  978-88-88145-46-4 Franco Cardini, 7 dicembre 374. Ambrogio vescovo di Milano, in I giorni di Milano, Roma-Bari , 21-40. Sant'Ambrogio, in San Carlo Borromeo, I Santi di Milano, Milano ,  978-88-97618-03-4 Patrick Boucheron e Stéphane Gioanni , La memoria di Ambrogio di Milano. Usi politici di una autorità patristica in Italia (secc. V-XVIII), Paris-Roma, Publications de la Sorbonne-École française de Rome,  (Histoire ancienne et médiévale, 133CEF, 503), 631 p.,  978-2-7283-1131-6  Sant'Ambrogio, [Opere], apud inclytam Basileam, [Johann Froben], 1527.  Sant AmbroeusTra storia e leggenda, Meravigli edizioni (in collaborazione con Circolo Filologico Milanese), Milano,   Satiro di Milano Santa Marcellina Agostino di Ippona Basilica di Sant'Ambrogio Patristica Diocesi di Milano Rito ambrosiano Paolino di Milano Chiesa dei Santi Ambrogio e Theodulo Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Sant'Ambrogio Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina in lingua latina dedicata a Sant'Ambrogio Collabora a Wikiquote Citazionio su Sant'Ambrogio Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Sant'Ambrogio  Sant'Ambrogio, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Sant'Ambrogio, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Sant'Ambrogio, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, .  Sant'Ambrogio, su sapere, De Agostini.  (IT, DE, FR) Sant'Ambrogio, su hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera. Sant'Ambrogio, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Sant'Ambrogio, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.   Opere di Sant'Ambrogio, su Musisque Deoque.  Opere di Sant'Ambrogio, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Sant'Ambrogio, . Opere di Sant'Ambrogio, su Progetto Gutenberg. Audiolibri di Sant'Ambrogio, su LibriVox.    su Sant'Ambrogio, su Les Archives de littérature du Moyen Âge. Sant'Ambrogio, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. David M. Cheney, Sant'Ambrogio, in Catholic Hierarchy.  Sant'Ambrogio, su Santi, beati e testimoni, santiebeati. Epistole di S.Ambrogio, su tertullian.org.  Epistole di S.Ambrogio, su intratext.com. Opera Omnia dal Migne Patrologia Latina con indici analitici, su documentacatholicaomnia.eu. Cathechesi, su w2.vatican.va. di papa Benedetto XVI su Sant'Ambrogio in occasione dell'udienza generale del 24 ottobre 2007 PredecessoreVescovo di MilanoSuccessoreBishopCoA PioM.svg Aussenzio374-397San Simpliciano SoresiniV D M Padri e dottori della Chiesa cattolica V D M Ambrogio di Milano Antica Roma  Antica Roma Biografie  Biografie Cattolicesimo  Cattolicesimo Milano  Milano Categorie: Funzionari romaniVescovi romani del IV secoloTeologi romani 397 4 aprile Treviri MilanoAmbrogio di MilanoSanti romani del IV secoloCorrispondenti di Quinto Aurelio SimmacoDottori della Chiesa cattolicaPadri della ChiesaSanti per nomeScrittori cristiani antichiScrittori romaniTeologi cristianiVescovi e arcivescovi di MilanoSanti della Chiesa ortodossa

 

ambrosoli: not ambrosolini – Grice: “I like Ambrosoli: ‘La filosofia è patrimonio dello spirito e non ha patria; l’hanno, invece, le dottrine e le scuole.’ But then he dedicates his life to Cattaneo – whose ‘patria’ informs his philosophy, as it does in Mazzini and in each philosopher Ambrosoli provided an exegesis for! At Oxford we call such a ‘philosophical historian’!” -- Il Prof. Luigi Antonio Ambrosoli (Varese), filosofo. È stato uno dei protagonisti della storiografia italiana del secondo Novecento. Allievo di Federico Chabod negli anni della Seconda guerra mondiale, si dedicò per tutta la vita alla ricerca storica, coniugandola con un costante impegno civile per la sua Varese.  Laureato in Filosofia all'Università degli Studi di Milano, fu dapprima docente di scuola secondaria, poi preside di scuola secondaria; successivamente fu ordinario di Storia contemporanea presso l'Università degli Studi di Ferrara, quindi presso l'Università degli Studi di Padova e infine preside della Facoltà di Magistero presso l'Università degli Studi di Verona, dove fu anche direttore dell'istituto di storia.  I suoi studi si orientarono particolarmente alla storia del Risorgimento e, nell'ambito di questa, all'opera di Carlo Cattaneo, con esiti unanimemente apprezzati sia per il rigore filologico che per l'acume interpretativo e la ricerca storiografica. Parallelamente contribuì alla ricostruzione della storia dei movimenti e dei partiti politici, con saggi dedicati al movimento cattolico e al movimento operaio e socialista.  Grande fu il suo contributo allo studio del sistema educativo e delle istituzioni scolastiche nell'Italia del XIX e XX secolo, con apporti interpretativi che ancor oggi sono il riferimento per gli studiosi del settore.  Collaborò a "Il Ponte" di Piero Calamandrei, "Belfagor" di Luigi Russo, "Nuova Antologia", "Mondo Operaio", "L'Avanti!", "Critica storica", "Storia in Lombardia". Fu anche fervido sostenitore della nascita dell'Università degli Studi dell'Insubria.  Opere Varese e il Risorgimento Nazionale, pubblicazione a cura del Comune di Varese, 1959 Il primo movimento democratico-cristiano in Italia 1897-1904, Roma, Edizioni 5 Lune, 1959 La formazione di Carlo Cattaneo, Milano-Napoli, Ricciardi, 1960 Né aderire né sabotare 1915-1918, Milano, Edizioni Avanti!, 1961 La Federazione nazionale scuole medie dalle origini al 1925, Firenze, La Nuova Italia, 1967 (premio Friuli-Venezia Giulia 1969 per un'opera di storia sociale) I periodici operai e socialisti di Varese dal 1860 al 1926.  e storia, Milano, Sugarco, 1975 Libertà e religione nella riforma Gentile, Firenze, Vallecchi, 1980 La scuola in Italia, dal dopoguerra ad oggi, Bologna, Il Mulino, 1982 La scuola alla Costituente, Brescia, Calzari Trebeschi-Paideia, 1987 Educazione e società tra rivoluzione e restaurazione, Verona, Libreria universitaria editrice, 1987 Giuseppe Mazzini, una vita per l'unità d'Italia, Manduria, Piero Lacaita Editore, 1993 Carlo Cattaneo e il federalismo, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1999 Varese. Storia millenaria, Varese, Editore Macchione, 2002 Ha curato per l'editore Mondadori i tre volumi degli scritti dal 1848 al 1853 di Carlo Cattaneo (1967 e 1974) e per l'editore Bollati-Boringhieri i due volumi degli scritti del «Politecnico» dal 1839 al 1844 (1989). Onorificenze Commendatore dell'Ordine al merito della Repubblica italiananastrino per uniforme ordinariaCommendatore dell'Ordine al merito della Repubblica italiana «Su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri» — 2 giugno 1984 Note  Luigi Ambrosoli, ricerca storica e impegno civile , su va.camcom. 16 luglio .  Sito web del Quirinale: dettaglio decorato, su quirinale. Filosofia Storia  Storia Categorie: Insegnanti italiani del XX secoloStorici italiani Professore1919 2002 15 luglio 20 maggio Varese VareseFilosofi italiani del XX secolo

 

amerio: Grice: “I like Amerio; he is very Italian, born in another country! My favourite is his “Dell’amore,” – which he interprets Platonically, Aristotelicanly, and Campanellaianly!” -- omano Amerio (Lugano), filosofo di posizione cattolica tradizionalista.  Le sue posizioni fortemente critiche sugli sviluppi post-conciliari nella liturgia e nell'ecclesiologia cattolica l'hanno portato in vita a un lungo periodo di isolamento culturale .   Nacque a Lugano, da padre astigiano e madre svizzera. Conclusi gli studi al ginnasio e poi al liceo di Lugano, s'iscrisse all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove, nel 1927, conseguì la laurea in filosofia, e successivamente, nel 1934, quella in filologia classica. Dal 1928 al 1970 insegnò prima latino e greco e poi filosofia al liceo cantonale di Lugano. Nel 1951 divenne libero docente di storia della filosofia all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.  Prese parte come perito al Concilio Vaticano II, e fu consulente del cardinale Giuseppe Siri; le sue forti posizioni critiche prendono le mosse dalla maniera stessa in cui si svolsero gli eventi di quelle assise e i lavori delle commissioni conciliari.  Nei suoi scritti, l'Amerio individua tre documenti del magistero che, a suo dire, sono stati implicitamente negati, sul piano intellettuale, durante i lavori conciliari: l'enciclica Quantpapa Pio IX, che condannava l'ideologia massonico-liberale, il decreto Lamentabili sane exitu di san Pio X, che metteva in guardia dai radicalismi in materia di critica biblica, e l'enciclica Humani generis di Pio XII, che, nel 1950, criticava fortemente le nuove antropologie ed ecclesiologie proprie del neo-modernismo o "nuova teologia".  L'Amerio fu poi decisamente critico verso la nuova creatività liturgica postconciliare. Il suo pensiero su questo tema fu sostanzialmente in linea con l'enciclica Mediator Dei di papa Pio XII, secondo la quale l'essenza della liturgia è il cultus, l'adorazione di Dio, e non un'autocelebrazione antropocentrica. Esaminò inoltre le modifiche istituzionali nel Sant'Uffizio, ritenendo che il pratico quasi abbandono del termine eresia nelle indagini ufficiali e nelle procedure avrebbe condotto a conseguenze drammatiche sia nella vita della Chiesa sia negli studi accademici cristiani.  Fu un deciso promotore dell'apologetica, e rimase costernato di fronte all'abbandono delle nozioni di conversione e disputationes, in favore di un approccio esclusivamente dialettico tra la Chiesa e il mondo. Rimase fortemente legato alla tradizione tomistica e agostiniana, fu un neotomista e disapprovò profondamente il rivolgersi di molti intellettuali cattolici al kantismo, all'hegelismo e finanche allo spinozismo.  Gli studi dell'Amerio furono dapprima elogiati da alcuni studiosi cattolici, vicini alle posizioni tradizionali. Successivamente, a causa della questione lefebvriana che contrappose l'allora arcivescovo tradizionalista a capo della Fraternità San Pio X e il papa Giovanni Paolo II, si venne a creare una situazione assai difficile per lo studioso luganese. In seguito a ciò, le sue ricerche e i suoi libri furono in gran parte ignorati o trascurati all'interno della Chiesa.  Fu tra i soci fondatori della prima associazione di cattolici tradizionalisti, Una Voce.  Fu presidente del pre-comitato promotore e in seguito vicepresidente, con funzioni di coordinatore, del consiglio direttivo dell'Istituto Ticinese di Alti Studi, dal 1970 al 1973.  Nel 1977 la città di Lugano gli conferì la cittadinanza onoraria.  L'Amerio è morto il 16 gennaio 1997, nella sua casa di via Cattedrale a Lugano.  Durante il pontificato di Benedetto XVI s’è iniziata una lenta opera di rivalutazione e di parziale riabilitazione del teologo svizzero. Il papa, in collaborazione col liturgista Klaus Gamber, ha promosso un'ermeneutica della continuità riguardo al Concilio Vaticano II, più in sintonia con la Chiesa storica e col suo patrimonio culturale. Anche in seguito alla pubblicazione del motu proprio Summorum Pontificum, per la liberalizzazione della messa tridentina, il pensiero dell'Amerio è stato sorprendentemente riscoperto, nel 2007, dalla rivista dei gesuiti La civiltà cattolica.  Secondo fonti recenti, il segreto ispiratore dell'enciclica papale Caritas in veritate sarebbe stato proprio l'Amerio. Emanata nel 2009, quest'enciclica conferma le idee e i concetti che furono al centro dei lavori e degli studi teologici e filosofici dell'Amerio.  Gli studi teologici La sua opera più importante è Iota Unum. Studio delle variazioni della Chiesa Cattolica nel secolo XX, uno studio dedicato alle relazioni filosofiche tra Verità e Vita. Il libro, pubblicato nel 1985 e tradotto in sei lingue, è riconosciuto complessivamente come il massimo contributo all'individuazione della crisi della Chiesa, a partire dagli anni successivi all'ultimo Concilio ecumenico ma anche alla conservazione della grande tradizione filosofica tomistica.  Stat Veritas è un'opera postuma del teologo svizzero. Il libro è costituito da " 55 chiose da noi radunate a commento di alcune proposizioni della Lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente, uscito dalle tipografie vaticane l'11 novembre del 1994 ".  Gli studi filosofici I suoi studi hanno riguardato soprattutto la figura di Tommaso Campanella, delle cui opere ha curato decine di edizioni. Importanti anche le edizioni delle opere di Giordano Bruno e gli studi su Cartesio, su Leopardi e sull'Epicureismo.  Le due edizioni più importanti da lui curate sono quelle degli Scritti filosofici e teologici di Paolo Sarpi, usciti nel 1951 nella prestigiosa collana laterziana degli Scrittori d'Italia, e quella delle Osservazioni sulla morale cattolica di Alessandro Manzoni, uscita nel 1965 presso Riccardo Ricciardi.  Altre pubblicazioni Non si deve dimenticare il suo libro Introduzione alla Valsolda, che rivela tutto il suo amore per il paesaggio e l'arte di quella terra in cui suo padre fu medico condotto, né i tre volumetti pubblicati dal 1990 al 1992 e ripubblicati nel  in un volume unico, col titolo Zibaldone, che raccolgono una scelta di 470 tra 4300 pensieri su varî argomenti, scritti a partire dal 1939 per più di mezzo secolo.  Opere principali Arbitrarismo divino, libertà umana e implicanze teologiche nella dottrina di Cartesio, Milano, Società Editrice "Vita e Pensiero", 1937. L'epicureismo, Torino, Edizioni di filosofia, 1953. Tommaso Campanella, Della necessità di una filosofia cristiana, prima traduzione italiana con introduzione e commento Romano Amerio, Torino, Società Editrice Internazionale, 1953. Augusto Guzzo e Romano Amerio , Opere di Giordano Bruno e di Tommaso Campanella, Milano-Napoli, R. Ricciardi, 1956. Alessandro Manzoni filosofo e teologo: studio delle dottrine seguito da una appendice di lettere, postille e carte inedite, Torino, Edizioni di filosofia, 1958. Il sistema teologico di Tommaso Campanella: studio di editi ed inediti con appendici e indici, Milano-Napoli, R. Ricciardi, 1972. Iota Unum. Studio delle variazioni della Chiesa Cattolica nel secolo XX, I edizione, Milano-Napoli, R. Ricciardi, 1985. Poi Torino, Lindau, 2009; Verona, Fede & Cultura, 2009. Stat veritas, I edizione, Milano-Napoli, R. Ricciardi, 1997. Poi Stat veritas. Seguito a Iota unum , Torino, Lindau, 2009. Note  Romano Amerio, in Dizionario storico della Svizzera.  "La Civiltà Cattolica" rompe il silenzio. Su Romano Amerio, articolo di Sandro Magister.  Vaccaro, Chiesi, Panzera, 105nota, 178, 191nota, 371nota, 451, 454.  Nota dell'autore14  Descrizione dell'opera sul sito "Aurea Domus" di Enrico Maria Radaelli  Descrizione dell'opera sul sito "Aurea Domus" di Enrico Maria Radaelli  Descrizione dell'opera sul sito "Aurea Domus" di Enrico Maria Radaelli  Fausto Ghisalberti, "Romano Amerio, Alessandro Manzoni filosofo e teologo", Giornale Storico della letteratura italiana, v. 135, fasc. 412, 1958. Elémire Zolla, "Romano Amerio", in: Uscite dal mondo, Milano, Adelphi 1992449-452. Luciano Vaccaro, Giuseppe Chiesi, Fabrizio Panzera, Terre del Ticino. Diocesi di Lugano, Editrice La Scuola, Bresci,a 2003. Enrico Maria Radaelli, Romano Amerio: della verita e dell'amore, Lungro di Cosenza, Marco, 2005. Romano Amerio (1905-1997): l'umanista, il luganese, il cattolico : convegno italo-svizzero nel primo centenario della nascita, Lugano, G. Casagrande, 2005. Romano Amerio, il Vaticano 2. e le variazioni nella chiesa cattolica del 20. secolo. convegno di studi in Ancona, 9 novembre 2007, Verona, Fede & Cultura, 2008.  Neotomismo Concilio Vaticano II Cattolici tradizionalisti Ermeneutica del Concilio Vaticano II Messa tridentina Una Voce Marcel Lefebvre Liceo di Lugano Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Romano Amerio Collabora a Wikiquote Citazionio su Romano Amerio Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Romano Amerio  Sinodo dei giovani secondo Romano Amerio: articolo di Satiricus La lettura ameriana del Concilio Vaticano II (I parte): articolo di Daniele Laganà La lettura ameriana del Concilio Vaticano II (II parte): articolo di Daniele Laganà Fine di un tabù: anche Romano Amerio è "un vero cristiano": Articolo di Sandro Magister Grandi ritorni: Romano Amerio e le variazioni della Chiesa cattolica: Articolo di Sandro Magister Lo Zibaldone di Romano Amerio: Articolo di Sandro Magister Citazioni dallo Zibaldone di Romano Amerio su Aforismario La lezione attualissima di Iota Unum: articolo di Aurelio Porfiri, su apostatisidiventa.blogspot.com del 17 aprile .Filosofia Ticino  Ticino Categorie: Filosofi svizzeriFilologi svizzeriTeologi svizzeri 1905 1997 17 gennaio 16 gennaio Lugano LuganoItalo-svizzeriFilosofi italiani del XX secoloFilologi italianiTeologi italianiInsegnanti svizzeriInsegnanti italiani del XX secoloStorici del Concilio Vaticano IICattolici tradizionalisti

 

amico: Grice: “I like Amico; at the time when a philosopher’s duty was to watch the stars, he noticed that instruments are unnecessary given Aristotle’s conception of concentric orbits – His treatise was highly popular in Padova; therefore, he was killed – I cannot imagine the same thing happen to Ayer at Oxford after the success of his “Language, Truth, and Logic””! -- Copertina dell'opera di Amico, Venezia Giovan Battista Amico o Amici o anche d'Amico (in latino: Ioannes Baptista Amicus Cosentinus) (Cosenza), filosofo.  Fu insigne studioso di astronomia, brillante nella conoscenza del latino, del greco e dell'ebraico, abbracciò la scuola di pensiero dell'aristotelismo padovano del XVI secolo. Fu autore dell'operetta De motibus corporum coelestium iuxta principia peripatetica sine eccentricis set epicyclis, pubblicata a Venezia nel 1536 e nel 1537 e a Parigi nel 1549. Le sue osservazioni furono una delle fonti per il lavoro di Niccolò Copernico.   Contemporaneo di Bernardino Telesio, frequentò lo Studium dei Domenicani, università aperta a tutti e non solo all'ordine dei Padri Predicatori. Per il resto della sua biografia si conosce ben poco se non quanto trapela dalla sua maggiore opera, il De motibus corporum coelestium iuxta principia peripatetica sine eccentricis et epicyclis, pubblicato nel 1536 a Venezia per i tipi di Giovanni Patavino e Venturino Roffinelli.  Dalla sua opera si traggono le uniche scarne notizie relative alla sua vita, ovvero, come da lui stesso riportato nell'opera, che Amico fosse cosentino di nascita e che all'epoca della pubblicazione avesse la giovane età di 24 anni. Questo farebbe collocare la nascita dell'Amico a Cosenza forse nell'anno 1512, seppure alcuni studiosi propendano per il 1511. Tuttavia la nascita dell'astronomo risulta di difficile datazione non essendo noto in quale mese del 1536 il De motibus fu pubblicato e in quale periodo esso venne compilato dall'autore.  Sempre all'interno del De motibus, nel proemio, l'Amico riferisce di essere stato allievo di Vincenzo Maggi (1498-1564), Marco Antonio Passeri detto il Gènua (1491-1563) e di Federico Delfino (1477-1547), professori all'Ateneo di Padova negli anni precedenti la pubblicazione del De motibus e anche professori del Telesio; queste informazioni porrebbero l'Amico nel filone di pensiero dell'aristotelismo padovano rinascimentale e dimostra che l'astronomo cosentino avesse frequentato l'Padova, una delle più prestigiose dell'epoca, dalla quale tuttavia non si ha certezza se si fosse licenziato con una laurea, dato che il suo nome non risulta in nessuna lista di laureati di quell'ateneo. Dopo la frequentazione dei corsi di Padova parrebbe, ma anche qui non vi è certezza alcuna, che l'Amico fosse stato ammesso all'Accademia Cosentina forse nell'anno 1537, ovvero un anno dopo la prima pubblicazione a stampa del De motibus e un anno prima della morte del giovane astronomo che avrebbe avuto fra i 26 e i 27 anni. Va detto che il De motibus fu la prima operetta a mettere in discussione il modello tolemaico e che l'opera si concludeva anticipando per sommi capi alcuni dati oggetto di una futura pubblicazione e che promettevano di essere assolutamente rivoluzionari. Da questa considerazione gli studiosi tendono a pensare che la prematura morte per assassinio di Amico fosse stata provocata dall'invidia della sua dottrina, così come suggerito da un anonimo che compose l'epitaffio del giovane astronomo nel quale si leggeva:  «IOAN. BAPTISTÆ AMICO Cosentino, qui cum omnes omnium liberalium artium disciplinas miro ingenio, solerti industria, incredibili studio, Latine Grece atque etiam Hebraice percurrisset feliciter, ipsa adolescentia suorumque laborum & vigilarum cursu pene confecto, a sicario ignoto, literarum, ut putatur, virtutisque, invidia, interfectus est MDXXXVIII.»  (Monumentorum Italiae, quae hoc nostro saeculo & a Christianis posita sunt, libri 4, pag.11) ovvero "ammazzato da ignoto sicario si pensa per invidia della sua scienza e delle sue virtù".  Morte Nel 1538 Amici venne assalito, derubato e ucciso mentre camminava nei vicoli di Padova. Il processo contro ignoti che seguì accertò che era scomparsa una borsa contenente alcuni documenti, che forse erano proprio le carte con quelle rivoluzionarie osservazioni che aveva promesso l'autore, o almeno così sembrava credere l'Inquisizione nel processo postumo per eresia che subito dopo istituì contro lo studioso defunto. Dell'Amico fa menzione nella sua orazione in morte di Telesio, Giovanni Paolo d'Aquino, filosofo e oratore calabrese nato a Cosenza e morto intorno al 1612, che definisce l'Amico "così grande astrologo e filosofo" e nulla aggiunge alla sua biografia rispetto a quanto già noto.  Cinque anni dopo la sua morte, Copernico pubblicò il suo De revolutionibus orbium coelestium.  Il 6 aprile  la città di Cosenza gli dedica, inaugurandolo, il Planetario della città che sorge a 224 metri s.l.m. nel quartiere Gergeri del capoluogo bruzio.  Note  Amico, Giovanni Battista, su Consortium of European Research Libraries,//thesaurus.cerl.org/. 16 febbraio .  amico, giovan battista : d', su OPAC  Catalogo del servizio bibliotecario nazionale,//opac.. 16 febbraio .  Ioannis Baptistae Amici Cosentini de Motibus corporum coelestiu iuxta principia peripatetica sine eccentricis & epicyclis, su OPAC  Catalogo del servizio bibliotecario nazionale,//opac.. 15 febbraio .  Francesco Sacco, Giovan Battista Amico, su Galleria dell'Accademia Cosentina, Consiglio Nazionale delle Ricerche CNR. 15 febbraio .  Concetta Bianca, DELFINO (Dolfin), Federico, su Dizionario Biografico degli Italiani, Enciclopedia Italiana Treccani. 15 febbraio .  Elda Martellozzo Forin, Padova. Istituto per la Storia , Acta graduum academicorum Gymnasii Patavini ab anno 1501 ad annum 1550: Ab anno 1501 ad annum 1525, Padova, Antenore. 15 febbraio .  Per il testo originale dell'epitaffio si veda Lorenz Schrader, Monumentorum Italiae, quae hoc nostro saeculo & a Christianis posita sunt, libri 4, Lucius Transylvanus, 159211. 16 febbraio .  Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie raccolte Luigi Accattatis, Volume 2,  2, Cosenza, Tip. Municipale, 187029. 17 febbraio .  Giovan Battista Amico, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Coriolano Martirano, L'arco di Ulisse. Vita ed opera di Giovanni Battista Amici, Bruttium et scientia, Laruffa, 2007,  902,  978-88-7221-286-8. 17 febbraio . Francesco Sacco, Giovan Battista Amico, su Galleria dell'Accademia Cosentina, Consiglio Nazionale delle Ricerche CNR. 15 febbraio . Luigi Accattatis, Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie, A. Forni, 1977,  902. 15 febbraio . Mario Di Bono, Le sfere omocentriche di Giovan Battista Amico nell'astronomia del Cinquecento, Centro di Studio sulla Storia della tecnica . Franco Piperno, Da Eudosso di Cnido a Giovan Battista D'Amico da Cosenza, su Università della Calabria, progetto "Divulgare la Scienza Moderna attraverso l'antichità",//lcs.unical/. 15 febbraio .Noel Swerdlow, Aristotelian Planetary Theory in the Renaissance: Giovanni Battista Amico's homocentric spheres, su Journal for the History of Astronomy,http://articles.adsabs.harvard.edu/. 15 febbraio . Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giovan Battista Amico  Astronomi e gli scienziati calabresi del XVI-XVII secoloV CENTENARIO NASCITA DI G. BATTISTA D'AMICO, in Provincia di Cosenza,//provincia.cs, Filosofi italiani Professore1538 Cosenza PadovaAccademia cosentina

 

amidei: Grice: “I like Amidei; he knew Beccaria well, and thinks, with H. L. A. Hartt, that debtors should not necessariliy go to jail, to which Beccaria famously responded: ‘depends on what you mean by necessarily should’” --  Cosimo Amidei (Peccioli), filosofo. Frontespizio del Discorso filosofico-politico sopra la carcere de' debitori di Cosimo Amidei, ed. Harlem (Paris), 1771. Non si sa quasi nulla sulla biografia di Cosimo Amidei. Figlio del dotore in giurisprudenza Domenico Amidei di Peccioli (Pisa), si laureò in Giurisprudenza all'Pisa probabilmente nel 1746. Per le modeste condizioni della famiglia nel 1739 aveva chiesto di essere ammesso al Collegio di Sapienza, e aveva ottenuto un posto gratuito il 1º novembre 1741,. Stando ad una lettera di Alessandro Verri al fratello Pietro, Amidei era un magistrato fiorentino, "notaro criminale".  Fra le poche cose certe vi è quella che conobbe personalmente Cesare Beccaria, di cui era un ammiratore e con cui fu in corrispondenza fin dal 1766,.  Opere Discorso filosofico-politico sopra la carcere de debitori, s.l., 1770 La Chiesa, e la Repubblica dentro i loro limiti. Concordia discors, s.l., 1768. De' mezzi per diminuire i mendichi, s.l., 1771 Sopra la carcere de' debitori L'Amidei è noto soprattutto quale autore del "Discorso filosofico-politico sopra la carcere de' debitori" (1770). Ispirata direttamente dal paragrafo XXXIV del "Dei delitti e delle pene" del Beccaria, l'opera è considerata una delle più importanti espressioni del riformismo e dell'umanitarismo settecentesco. L'opuscolo ebbe immediatamente successo: fu recensito con favore dalle "Novelle letterarie" di Firenze, e dal "Journal encyclopédique"; l'anno seguente ebbe una seconda edizione, con osservazioni di Giambattista Vasco, uscita a Milano presso lo stampatore Galeazzi, e ancora una edizione in testo bilingue italianofrancese. Il testo di Amidei influì certamente sulla riforma leopoldina del 1776, che, per merito del ministro Francesco Maria Gianni, abolì la carcerazione per debiti (ma occorre ricordare come un'analoga riforma venisse promulgata anche in Russia). Nella concezione relativistica delle leggi e nella critica alla legislazione romana dell'illuminismo giuridico-politico toscano di quegli anni, l'opera di Amidei si arricchisce di spunti egualitari rousseauiani (rarissimi ancora nel pensiero illuministico toscano) dai quali Amidei ottiene la giustificazione teorica per l'abolizione della pena detentiva dei debitori. Una nuova edizione dell'opera, apparsa in Firenze nel 1783, è una prova dell'esistenza in vita di Cosimo Amidei nel 1783; dopo di allora, infatti, non si hanno più notizie biografiche certe su di lui.  La Chiesa e la Repubblica dentro i loro limiti All'Amidei è attribuita anche un'opera edita poco prima il Discorso sopra la carcere de' debitori, "La Chiesa e la Repubblica dentro i loro limiti". L'opera, pubblicata anonima nel 1768, è stata attribuita a Cosimo Amidei a partire dal 1770, anno di pubblicazione del Discorso filosofico-politico sopra la carcere de debitori. Finora mancano però elementi sicuri per confermare tale attribuzione, attestata solo da alcuni cataloghi di biblioteche e di cui non v'è notizia neppure nel "Dizionario di opere anonime e pseudonime" di Gaetano Melzi. L'opera uscì anonima e senza indicazione del luogo dell'edizione; dovrebbe trattarsi di Pavia o di Firenze. Molti contemporanei ritennero che fosse Napoli, identificando probabilmente l'edizione originale con una edizione ampliata, con falsa indicazione di luogo Amsterdam, sequestrata presso lo stampatore Campo di Napoli; si tratterebbe in realtà di una ristampa contraffatta dello scritto apparsa nella città partenopea prima che fosse posta in vendita l'edizione proveniente da Firenze, e che venne sequestrata per la "sediziosa proposizione" dell'origine popolare della sovranità. Al suo apparire, infatti, per alcuni spunti contrattualistici rousseauiani, l'opera richiamò l'attenzione dell'autorità laica ed ecclesiastica e le vicissitudini di cui fu oggetto sono ritenute importanti per ricostruire la fortuna di Jean-Jacques Rousseau in Italia. A Roma, autore dell'opera fu ritenuto il Beccaria, e nel clima di irrigidimento contro le correnti giurisdizionalistiche e illuministiche che caratterizzò gli ultimi anni di pontificato di Clemente XIII, essa fu posta all'Indice nel 1769.  De' mezzi per diminuire i mendichi Anche quest'opera, pubblicata anonima nel 1771 senza indicazione di luogo, ma probabilmente a Firenze, è solo attribuita a Cosimo Amidei; ma l'attribuzione risale già ai contemporanei,. L'autore sostiene, in base a una concezione fisiocratica, che il grave problema possa essere risolto solo per mezzo di una riforma fiscale.  Note  Società storica pisana, Bollettino storico pisano 1965300.  Società storica pisana, Bollettino storico pisano 1932517.  Carteggio di Pietro e Alessandro Verri. F. Nevati ed E. Greppi, III (agosto 1769settembre 1770) Milano 1911,  194-195  C. Beccaria, Scritti e lettere inediti, E. Landry, Milano 1910289. Landry segnala quattro lettere dell'Amidei al Beccaria, in Biblioteca Ambrosiana, Milano. Beccaria, B. 231).  Frontespizio di Scritti e lettere inediti del 1910  Carteggio di Pietro e Alessandro Verri, F. Nevati ed E. Greppi, III (agosto 1769settembre 1770) Milano 1911210  Novelle letterarie, 16 febbr. 1770, n. 7, coll. 103 s.  Journal encyclopédique, 1º giugno 1770314  "Discorso filosofico-politico sopra la carcere de' debitori", Harlem, et se vend a Paris: chez Molini libraire rue de la Harpe, vis-a-vis la rue de la Parcheminerie, 1771.  F. Venturi, Settecento riformatore, 2. , Torino, Einaudi, 1976237-249  Archivo General de Símancas, Estado Legajo 6102, lettera di Bernardo Tanucci al marchese Domenico Grimaldi Portici 13 dicembre 1768, f. 157 v. Savio, "Dottrina ed azione dei giurisdizionalisti del sec. XVIII", in Arch. Veneto, s. 5, LXII (1958),  12 n. 2, 31 ss.  vedi lettera citata del Tanucci al Grimaldi  Marco Lastri, Bibliotheca georgica, ossia Catalogo ragionato degli scrittori di agricoltura, veterinaria, agrimensura, meteorologia, economia pubblica, caccia, pesca ecc. spettanti all'Italia, Firenze, 178745  Carteggio di Pietro e Alessandro Verri. F. Nevati ed E. Greppi, III 17661797, Milano 1911.  M. Rosa, AMIDEI, Cosimo, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Cosimo Amidei Collabora a Wikiquote Citazionio su Cosimo Amidei Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Cosimo Amidei  Opere di Cosimo Amidei, su Liber Liber.  Opere di Cosimo Amidei, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.  V D M Illuministi italiani Filosofia Categorie: Giuristi italiani del XVIII secoloFilosofi italiani ProfessorePeccioli FirenzeIlluministiAmidei. AMUCO: not found.

 

anceschi: Grice: “I like Anceschi; he plays with the idea of dialogue as a mirror (specchio) of ego and alter or ego and tu – I like that. He is the Italian equivalent of John Holloway, I suppose.” --  Luciano Anceschi (Milano), filosofo. Allievo di Antonio Banfi, con il quale si laureò in Filosofia nel 1933, ricoprì l'insegnamento di Estetica nella Facoltà di Lettere e filosofia presso l'Bologna dal 1952 al 1981. L'interesse per la letteratura e le arti figurative si accompagnò sempre a quello per la filosofia moderna antidogmatica: dopo la pubblicazione della sua tesi di laurea Autonomia ed eteronomia dell'arte edita da Sansoni nel 1936, le sue ricerche sulle figure e i modelli letterari antidealistici trovarono voce negli interventi pubblicati su Orpheus dal 1932 e su Corrente di vita giovanile dagli anni 1938-1939, riviste da lui stesso promosse.  Sensibile ai nuovi orientamenti culturali, si schierò a favore dell'Ermetismo e della Neoavanguardia, affiancando all'attività di teorico quella di critico militante: pubblicò i Saggi di poetica e poesia. Con una scheda sullo Swedenborg (1942) e curò le antologie Lirici nuovi (1943), Linea lombarda. Sei poeti (1952) e Lirica del Novecento (1953). Della voce Ermetismo fu autore nell'Enciclopedia del Novecento (1977). Concentratosi sui modelli culturali dimenticati dal Neoidealismo, si dedicò ai temi del Barocco, dando alle stampe nel 1953 Del Barocco e altre prove e nel 1960 Barocco e Novecento. Con alcune prospettive metodologiche.  Non abbandonò mai gli studi filosofici: del 1955 sono I presupposti storici e teorici dell'estetica kantiana, del 1956 D. Hume e i presupposti empirici dell'estetica kantiana, del 1967 Burke e l'estetica dell'empirismo inglese e del 1972 Da Bacone a Kant. Saggi di estetica. In particolare in Progetto di una sistematica dell'arte (1962) delineò una teoria estetica intesa come fenomenologia delle forme artistiche. Sui principi della fenomenologia critica basò tutte le successive ricerche.  Fondò nel 1956 la rivista Il Verri, di cui fu direttore, mentre diresse dal 1973 per Paravia la collana La tradizione del nuovo e, nell'ambito universitario, la rivista Studi di estetica, che raccoglieva i risultati delle ricerche filosofiche che egli condusse insieme con i suoi allievi. Per il suo impegno nel tener vivo il fermento culturale di questi anni, gli sarà assegnata a Mestre nel 1965 la prima edizione del prestigioso premio "Amelia" alla "tavola" di Dino Boscarato. Nelle pubblicazioni degli anni Sessanta centrali sono i temi della poetica (Poetiche del Novecento in Italia, 1961, Le poetiche del Barocco, 1963) e delle istituzioni letterarie (Le istituzioni della poesia, 1968, Da Ungaretti a D'Annunzio, 1976, Che cosa è la poesia? 1986).  Tra gli scritti più recenti si ricordano Il caos, il metodo. Primi lineamenti di una nuova estetica fenomenologica (1981) e Gli specchi della poesia. Riflessione, poesia, critica (1989). Nel 1992 ha ricevuto dall'Accademia dei Lincei il Premio Feltrinelli per la Critica letteraria.  Presidente dell'Ente bolognese manifestazioni artistiche, dell'Accademia delle Scienze e dell'Accademia Clementina di Bologna, socio corrispondente dell'Accademia nazionale dei Lincei di Roma, donò la sua biblioteca (circa 30.000 stampati) e il suo archivio personale (oltre 18.000 lettere e migliaia di autografi) al Comune di Bologna; sono attualmente conservati presso la Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio.  Note  Premi Amelia 1965-2005, a cura della "Tavola all'Amelia", prefazione di Sergio Perosa, Venezia-Mestre, 2006,  18-21. Lo stesso anno il premio è assegnato anche "per le arti figurative", a Virgilio Guidi.  Premi Feltrinelli 1950-, su lincei. 17 novembre .  Università degli studi di Bologna, Annuario dell'anno accademico 1995-1996 e 1996-1997, Bologna, Compositori, 1998,  863–865.  Il Verri Giuseppe Pontiggia Salvatore Quasimodo Alessandro Montevecchi  Luciano Anceschi, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Luciano Anceschi, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Luciano Anceschi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Luciano Anceschi, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Opere di Luciano Anceschi, .  Fondo Luciano AnceschiBiblioteca dell'Archiginnasio di Bologna Approfondimento, su ibc.regione.emilia-romagna. 22 marzo 2005 5 maggio 2001). Studi di estetica, su unibo. 18 gennaio  15 gennaio ). V D M Vincitori del Premio Feltrinelli Filosofia Filosofo del XX secoloCritici letterari italiani del XX secoloAccademici italiani Professore1911 1995 20 febbraio 2 maggio Milano BolognaVincitori del Premio FeltrinelliAccademici dei LinceiAutori del Gruppo 63BibliofiliDirettori di periodici italianiFondatori di riviste italianePremiati con l'Archiginnasio d'oroProfessori dell'Università commerciale Luigi BocconiProfessori dell'BolognaStudenti dell'Università degli Studi di Milano

 

andrea: Grice: “I like Andrea, in more than one way!  Andrea made me realise how naïve Russell is with his ‘logical atomism;’ back in Naples, the Accademia degli Investiganti took thing really seriously. D’Andrea, a lawyer, like Hart, -- his claim to fmae is having written an ‘apologia in difesa,’ which I would abbreviate as just ‘in difesa’ of atomism – but my favourite is his unpublication, “Degl’atomi e degl’atomisti”!” Grice: “In Naples, unlike Oxford – cf. Locke and Boyle – it was understood that if you are an atomist you are, therefore, a libertine!” --  Francesco D'Andrea (Ravello) filosofo -- nato da una ricca famiglia di avvocati e giuristi di Ravello, seguì gli studi legali e si addottorò a Napoli, dove fu allievo di Giovanni Andrea Di Paolo, nel 1641. Nel 1648 venne nominato funzionario del viceré, il duca d'Arcos, a Chieti nel giustizierato dell'Abruzzo citeriore.  Frequentò l'Accademia di Camillo Colonna, dove si illustravano i fondamenti della filosofia atomista e si dava avvio al rinnovamento della cultura e della scienza napoletana. Fu membro e fondatore dell'Accademia degli Investiganti e difese strenuamente il sapere dei moderni nel testo, rimasto manoscritto, Apologia in difesa degli atomisti e nella Risposta a favore del Sig. Lionardo di Capoa (1694). Avvocato primario del Regno di Napoli, D'Andrea viaggiò e partecipò alla vita intellettuale e agli studi scientifici in molti ambienti culturali italiani. Morì l'11 settembre 1698 nel palazzo Iambrenghi a Candela   N. Cortese, I ricordi di un avvocato napoletano del Seicento, Francesco D'Andrea, Napoli, L. Lubrano e C., 1923.  Dogana della mena delle pecore in Puglia Regno di Napoli Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Francesco D'Andrea  Francesco D'Andrea, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Francesco D'Andrea, su accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. Opere di Francesco D'Andrea, .  Questo testo proviene in parte dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze (home page), pubblicata sotto licenza Creative Commons CC-BY-3.0 Francesco D'Andrea e il rinnovamento culturale del Seicento a Napoli (in occasione del rinvenimento di un manoscritto sconosciuto degli "Avvertimenti ai nipoti") di Stefano Capone, sito della Biblioteca provinciale di Foggia, (ampio documento in formato Filosofi italiani del XVII secoloFilosofi italiani del XVIII secoloPolitici italiani del XVII secoloPolitici italiani Professore1625 1698 24 febbraio 10 settembre Ravello Candela (Italia)Regno di NapoliSalottieri

 

andria: Grice: “I like Andria; of course he brings more problems than solutions but that’s philosophy even if his philosophical credentials are obscure! “He did write a philosophical chemistry and a philosophical agriculture, but that’s because at Naples there were only two faculties: law and philosophy – he also wrote a ‘medicina filosofica’ – Grice: “Andria’s theory of life – as he calls it – osservazione generalie sulla teoria della vita’ – owes a lot to Aldini and Haller--  Mainly he elaborates and refines Haller, if you believe it – it’s all Italian to me, so it’s eccitbabilita, sensibilita, ed irritabilita. “Andria goes on to define this eccitabilita in terms of the ‘fluido elettrico’ con ‘sende nel cervello e nei nervi’ – which galvanism smacks of Aldini. Grice: “Andria classifies ‘vita vegetale’ o delle piante, and ‘vita animale’ – Note that ‘social life’ is understood by ‘eucarioti’ of higher order, in terms of reproduction (of life – hence re-productum). A fronte de' profondi misteri dell'immensa, ed eterna meccanica, colla quale l’Autor del tutto à voluto che sian le cose disposte ed ordinate, la forza dell'umano intendimen to si trova per l'ordinario talmente oppressa dalla propria picciolezza ed imbecillità, che o totalmente impossibile le riesce di penetrarvi dentro, o appena l'è concesso di conoscerne le più esterne apparenze; o pur finalmente, sembrandole di esser riuscita nel suo disegno, realmente non fa altro, che delirare e perdersi dietro la brevità e l'inezia delle sue idee.»  (N. Andria, Osservazioni generali sulla teoria della vita, 1804)  Francesco Nicola Maria Andria.  Francesco Nicola Maria Andria (Massafra) filosofo italiano. Andria nacque a Massafra (odierna provincia di Taranto), il 10 settembre 1747 e morì a Napoli, dove visse fin al 1814. Tre anni dopo la sua morte il suo nome apparve nella Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli il suo primo profilo bio-bibliografico Gennaro Terracina. Studiò nella città partenopea giurisprudenza, pubblicando nel 1769 un Discorso politico sulla servitù. Decise, poi, di proseguire i suoi studi applicandosi alla medicina. Allievo di Domenico Cotugno e Giuseppe Vairo, a soli 23 anni aprì a Napoli una scuola privata; a 27 concorse con il Cirillo per l'ottenimento della cattedra di medicina pratica, poi conferita a quest'ultimo.  La sua attività di cattedratico, svoltasi tra Sette e Ottocento, nel contesto di un particolare periodo storico, fu principalmente di ricerca e didattica presso l'Università Regia degli Studi di Napoli, dove ricoprì vari insegnamenti dalla storia naturale, alla medicina teoretica e pratica, all'agricoltura.  Pubblicò diverse opere ad uso degli studenti di medicina ed apprezzate altresì in varie parti d'Europa.  Nel 1808 Nicola Andria prese a dettare lezioni di medicina teoretica; nel 1811, di patologia e di nosologia. Malato ed ormai cieco, fu congedato agli inizi del 1814, insignito del titolo di cavaliere da Gioacchino Murat (cognato di Napoleone), e il 9 dicembre morì di tifo a Napoli, dove fu seppellito nella chiesa di Santa Sofia, insieme al collega Antonio Sementini.  Nicola Andria ha subìto per più di un secolo una "congiura filosofica" perché medico e perché di Massafra, da cui gli epiteti spesso riferiti, nei pochi profili apparsi, alle sue origini provinciali; tuttavia, egli fu decano a Napoli ed ebbe amicizia e consuetudine epistolare con i nomi più noti ed importanti del panorama scientifico europeo dell'epoca. Non esistono studi sull'autore, eccezion fatta per alcuni contributi arenatisi agli anni ottanta del secolo scorso. Nicola Andria fu socio fondatore e membro del Real Istituto d'Incoraggiamento e del Comitato Centrale di Vaccinazione, oltreché di molte altre Accademie italiane ed estere. A Massafra, città natale del medico filosofo, com'egli stesso si definisce, portano il suo nome ben tre vie (Via Niccolò [sic] Andria, Lungovalle Niccolò [sic] Andria e Vico Casa di Niccolò [sic] Andria) e una Scuola Media.  Il 10 settembre 1997, in occasione del 250esimo anniversario della nascita, a Massafra è stato fatto un annullo filantelico speciale e una cartolina commemorativa.  Pensiero «Non vi è una materia in Natura che abbia per sua qualità intrinseca la vita, e meriti perciò di esser chiamata vivente. Né la vita è un fenomeno semplice, che a una sola materia appartenga, e nasca da una sola forza. Molte son le materie, e queste fra loro diversissime, che concorrono alla formazione di una macchina, in cui la vita risiede, le quali materie intanto, trovandosi separate, niuna vita producono»  (N. Andria, Osservazioni generali sulla teoria della vita, 1804) Il contesto storico in cui Andria vive fa da “cerniera” ai due secoli più importanti della storia della scienza e della civiltà: il Settecento e l'Ottocento hanno “gestato” l'umanità contemporanea, provocato le guerre e portato l'uomo sulla Luna.  Andria vive a Napoli, per certi versi quasi “fulcro” e “convoglio” delle principali idee e scoperte dell'epoca; la sua particolare sensibilità di scienziato di formazione filosofica lo porta ad assorbirne il carattere rivoluzionario e ad “anticipare” i tempi. La sua condizione di provinciale in-urbato, tuttavia, lo “veste” di una semplicità ed umiltà di cuore, la quale si esprime nelle lodi del creato e dell'uomo, «congegni perfettissimi» di straordinaria bellezza.  Oggi, questo significa “ri-orientare” la ricerca scientifica verso un fine che non sia l'“utile” economico (politico, militare), ma ricerca del vero e del bello nella tutela e nella salvaguardia di tutta l'umanità.  Dagli anni cinquanta dell'Ottocento la circolazione delle idee andriane (di “freno vitalistico” al meccanicismo più sterile) si arena sulla sponda di un “nuovo lido”: quel meccanicismo biologico che dell'anima e del pensiero ha fatto solo un aggregato chimico di molecole. L'eco dell'appello di Nicola Andria, così instancabilmente perpetrato, in ricerca come in didattica, si perde; si perde alle soglie di una svolta importante, la stessa che avrebbe prodotto la Grande Guerra, il delirio dei nazionalismi, la credenza che debba sopravvivere il più abominevole degli uomini, dove “fortezza” vale essenzialmente in-umanità, dis-umanità, non-umanità.  «Il filosofo [...] in tutto questo giro di cose, ravvisando le tracce della sapienza infinita di un Dio, è obbligato ad esclamare: quanto ammirabili, o Signore, sono le opere tue!»  (B. Vulpes, in N. Andria, Elementi di Chimica Filosofica, 1813) Opere Discorso politico sulla servitù, Napoli, D. Campo, (1769); Piano di un corso di chimica pratica, Napoli, s. n. t., (1773); Trattato delle acque minerali', Napoli, V. Manfredi, (1775, 1783); Lettera sull'aria fissa, Napoli, s. n. t., Elementi di Chimica Filosofica, Napoli, V. Manfredi; Elementi di Fisiologia, Napoli, V. Manfredi, (1788, 1801); Materia Medica, Napoli, V. Manfredi, Elementi di Medicina Teoretica, Napoli, V. Manfredi, (1788, 1814, 1817); Istituzioni di Medicina Pratica, Napoli, V. Manfredi, Prospetto generale dell'istituzione di agricoltura, in Elementi di Chimica Filosofica (1803); Osservazioni generali sulla teoria della vita, Napoli, V. Manfredi, (1804, 1805); Observations generales sur la théorie de la vie, Parigi, Giguet et Michaud, (1805); Riflessioni su di un caso singolarissimo di gravidanza fuori dell'utero, in Osservazioni generali sulla teoria della vita (1805), in Elementi di Medicina (1814). Note  A partire da V. Cuoco, vari studi sono stati editi a proposito della Rivoluzione napoletana del 1799, la quale diede vita alla Repubblica partenopea, preparata dal triennio giacobino sin dal 1796.  Per l'internazionalità del suo pensiero si vedano gli studi di M. A. Duca in Il pensiero scientifico di Nicola Andria, Massafra, A. Dellisanti, ,  95-9  Melania Anna Duca, Il pensiero scientifico di Nicola Andria, Antonio Dellisanti Editore, Massafra  Melania Anna Duca, Nicola Andria: Epistolario (1775-1794). Lettere a Canterzani, Haller e Spallanzani, Antonio Dellisanti Editore, Massafra  Melania Anna Duca, Nicola Andria et les origines de la psychiatrie moderne. Une contribution historiographique, in «Psychofenia», n. 23,  Melania Anna Duca, Troubles de l'alimentation, hypocondrie et mesmérisme en Nicola Andria, in «Psychofenia», n. 24,  Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Niccolò Andria  Sito dedicato al medico e filosofo Nicola Andria, su nicolaandria. 21 ottobre  15 maggio ). Felice Mondella, «ANDRIA (D'Andria), Nicola», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 3, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1961. iFilosofi italiani del XVIII secoloFilosofi italiani Professore Massafra Napoli

 

angeli:  Grice: “I like Angeli – I’m glad he dropped the ‘degl’angeli” – but then I would because he is into the infinite (insert infinity symbol here) as so am I – mainly in my elucidation of that Anglo-Saxonism of Indo-European origin (Latin, ‘mentatum,’ ‘mentitum,’ ‘mentitura,’ dicitura) – ‘mean’ – I refer to a self-referential clause to solve the problem, but then I also refer to Plato on geometry and the idea of a ‘de facto’ versus ‘de iure’ instantiation of a ‘regressus ad infinitum’ – So Angeli is bound to charm me!” -- Problemata geometrica sexaginta, 1658 Stefano degli Angeli (Venezia), filosofo.  Frate dell'Ordine dei gesuati, nel 1668, con la soppressione dell'Ordine voluta da papa Clemente IX divenne prete secolare. Delfino e fedele allievo di Bonaventura Cavalieri, dal 1662 fino al 1697, anno della sua morte, insegnò all'Padova. Fu l'unica voce autorevole di fine Seicento che continuò a difendere la teoria degli infinitesimi, in palese conflitto con i gesuiti.  Dal 1654 al 1667 si dedicò allo studio della geometria, continuando le ricerche di Cavalieri e di Evangelista Torricelli. Passò quindi alla meccanica, su cui spesso si trovò in conflitto con Giovanni Alfonso Borelli e con Giovanni Riccioli.  Opere Stefano degli Angeli, Della gravità dell'aria e fluidi, esercitata principalmente nei loro omogenei, In Padoua, per Mattio Cadorin, 1671. 19 maggio .  Stefano degli Angeli, Problemata geometrica sexaginta, Venetiis, apud Iohannem La Noù, 1658. 19 maggio .  Stefano degli Angeli, De infinitorum spiralium spatiorum mensura, Venetijs, apud Ioannem La Noù, 1660. 19 maggio .  Stefano degli Angeli, Accessionis ad steriometriam, et mecanicam, pars prima, Venetijs, apud Ioannem La Noù, 1662. 19 maggio .  Stefano degli Angeli, De infinitis parabolis, de infinitisque solidis ex variis rotationibus ipsarum, partiumque earundem genitis, Venetiis, apud Ioannem La Noù, 1659. 19 maggio .  Stefano degli Angeli, Miscellaneum geometricum, Venetijs, apud Ioannem La Noù, 1660. 19 maggio . Note  Fonte: M. Gliozzi, Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in .  Mario Gliozzi, «ANGELI, Stefano degli», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 3, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1961. Àngeli, Stefano degli, in TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Amir Alexander, Infinitamente piccoli. La teoria matematica alla base del mondo moderno, Torino, Codice edizioni, 353.Kirsti Andersen, "Cavalieri's method of indivisibles." Arch. Hist. Exact Sci. 31 (1985), no. 4, 291-367  Stefano degli Angeli, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Stefano degli Angeli, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Stefano degli Angeli, su MacTutor, University of St Andrews, Scotland.  Opere di Stefano degli Angeli / Stefano degli Angeli (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl.  Pietro Magrini, Sulla vita e sulle opere del Padre Stefano degli Angeli matematico Veneziano del sec. XVII memoria di Pietro Magrini, letta all'Ateneo Veneto 10 Luglio 1862: Estratta dal Giornale Arcadico; tomo 45 della nuova serie, Tip. delle belle arti, 1866. Filosofia Matematica  Matematica Categorie: Matematici italiani del XVII secoloFilosofi italiani Professore1623 1697 23 settembreMorti l'11 ottobre Venezia Padova

 

angiulli: Grice: “I like Angiulli; especially since he brought some grice to the mill, as he crossed the pond to read “System of Logic,” but his heart is in Berlin --  he loved that monumental ‘aula magna’ where Hegel taught. “Once a Hegelian, always a Hegelian.” He loved Feuerbach because he multiplied dialectic – la dialettica della dialettica – Garin loved this!”  If there is a hashtag here is #metafisicacritica, since Angiulli oddly concludes with a synthesis: metaphysics (which includes the view that ‘la natura delle cose e la fenomenalita’) should be part of what he calls the ‘ricerca’ (and which Lakatos translated as ‘research’) --.” Grice: “I love the fact that Angiulli, seeing that Mill was so erudite yet never attended Oxford, thought that Oxford was perhaps ‘acccidental’” – Grice: “Another thing I love about Angiulli is that he can quote direct from greek, as in his note on nature spawning itself, without (a) the need to translate or (b) provide the boring stuffy academic source!” Andrea Angiulli (Castellana), filosofo -- importante esponente del positivism.  Inizialmente allievo di Bertrando Spaventa, uno degli interpreti del pensiero hegeliano in Italia, successivamente Angiulli si allontanò dalla scuola hegeliana napoletana dopo un soggiorno biennale di studi in Germania nonché in Francia e in Inghilterra, dove conobbe la sua futura sposa: Mary della nobile famiglia dei Romano di Patù, nipote di Liborio Romano. Aderì al positivismo, ma rifiutò l'agnosticismo di Herbert Spencer, mentre ritenne possibile giustificare la "religione dell'umanità" (di Auguste Comte) in base alle scienze positive.  Iniziò la sua carriera d'insegnante di filosofia nel liceo "Vittorio Emanuele" di Napoli. In seguito divenne professore di antropologia e pedagogia nell'Bologna (1871-1876) e dal 1876 ordinario di pedagogia in quella di Napoli, dove fu anche incaricato dell'insegnamento di etica e di filosofia teoretica.  Fu più volte assessore alla pubblica istruzione nel Comune di Napoli dal 1884 e candidato senza successo al parlamento nazionale. Angiulli era ritenuto un progressista vicino al socialismo che egli invece contestava come dimostra la sua corrispondenza epistolare con Marx che aveva avuto modo di conoscere in Germania.  Massone, fu affiliato Maestro nella Loggia Fede italica di Napoli il 7 febbraio 1889.  Il pensiero pedagogico Angiulli riteneva che ci si dovesse adoperare per una riforma dell'istruzione in senso popolare e nazionale inserendo questo progetto nell'ambito di un rinnovamento dell'intera società che solo tramite l'educazione sarebbe riuscita a mantenere nel tempo le proprie caratteristiche. Occorreva dunque una fusione fra cultura, sistemi educativi e la politica sociale realizzando così il programma del pensiero positivista che, secondo Angiulli, ha un valore soprattutto pedagogico, di una pedagogia scientifica, secondo i dettami positivisti, ma anche letteraria e liberale.  La pedagogia quindi non potrà non tener conto dell'antropologia che dimostra l'importanza della famiglia come nucleo fondante della società e della sociologia che stabilisce il collegamento tra educazione e una politica laica e liberale.  È nella famiglia, secondo Angiulli, che avviene la prima forma di pedagogia dove il padre rappresenta l'autorità e la madre il temperamento, tramite l'affetto, dei comportamenti infantili: elementi questi essenziali destilla formazione armonica di un cittadino in grado di esprimere solidarietà sociale e volontà di progredire resistendo a quelle pressioni clericali che caratterizzavano i primi anni della nascita dello stato unitario italiano.  Opere Filosofia La filosofia e la ricerca positiva: quistioni di filosofia contemporanea (1868) Gli hegeliani e i positivisti in Italia e altri scritti inediti, A. Savorelli (1992) Pedagogia La pedagogia lo stato e la famiglia (1876) La filosofia e la scuola (1888) Curiosità Al professore è stata intitolata, nel 1906, la Società Ginnastica Angiulli di Bari. Note  E. Garin, Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in .  Andrea Angiulli, La filosofia e la ricerca positiva, Napoli, tip. Ghio, 1868,  97 e seg. e 150 e seg.  Vittorio Gnocchini, L'Italia dei Liberi Muratori, Erasmo ed., Roma, 200515.  Luigi Volpicelli, La Pedagogia: storia e problemi, maestri e metodi, sociologia e psicologia dell'educazione e dell'insegnamento, ed. Piccin, 1982, p.168 A. Espinas, La Philosophie expérimentale en Italie. Origines-Etat actuel,Paris 1880,  82-88. F. Alterocca, Sulla vita e sulle opere di A. A.,Milano 1890. G. A. Colozza, A. A., in Diz. illustrato di Pedagogia, Milano 1891, I,  31-40. G. M. Ferrari, Il Liceo Vittorio Emanuele II di Napoli, all'esposizione universale di Parigi del 1900, La cattedra di filosofia, Napoli 1900,  CXXXVI-CXLVI. F. Orestano, A. A., Roma 1907, (con ). G. Gentile, La filosofia in Italia dopo il 1850III. I Positivisti. V. A. A., in "La Critica", VII (1909),  97-120 (e in "Le origini della filosofia contemporanea in Italia", II, Messina 1921,  123-53). G. Flores D'Arcais, Studi sul positivismo pedagogico italiano, Padova 1953, passim. U. Spirito e F. Valentini, Il pensiero pedagogico del positivismo, Firenze 1956, passim. R. Tisato , Positivismo pedagogico italiano,  II, Torino 1976,  65-101. A. Savorelli, Positivismo a Napoli. La metafisica critica di A. A., Napoli 1990. G. Oldrini, Idealismo italiano tra Napoli e l'Europa, Milano 1998, cap. VIII. M. Donzelli, Origini e declino del positivismo. Saggio su Auguste Comte in Italia, Napoli 1999,  141-177. G. U. Cavallera, A. A. e la fondazione della pedagogia scientifica, Lecce 2008.  Positivismo Pedagogia Famiglia Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Andrea Angiulli Collabora a Wikiquote Citazionio su Andrea Angiulli Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Andrea Angiulli  Eugenio Garin, Andrea Angiulli, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Andrea Angiulli, .  Andrea Angiulli, in L'Unificazione, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Filosofia Istruzione  Istruzione Filosofo del XIX secoloPedagogisti italiani 1837 1890 12 febbraio 2 gennaio Castellana Grotte NapoliMassoniProfessori dell'BolognaProfessori dell'Università degli Studi di Napoli Federico II

 

ANNUNZIO-D’to study thoroughly. Grice: “I will call him a philosopher.”

 

antiseri: Grice: “Antiseri makes a distinction between what you CAN say and what you MUST ‘tacere’ (i. e. left implicit). Not exactly what I was thinking when I made the explicit/implicit distinction, but similarly! His point is that for Vitters, questions of the mystic – which Antiseri compares to Bonaventura! -- -- ‘la logica di un mistico y la mistica di un logico’! genial – I was thinking more along the lines that ‘You’ve just committed a social gaffe’ is best left implicit (“She is a windbag’) – our of manners, etiquette, and what I call the principle of conversational gentility!” – “So I find the ‘must’ too strong, and change it for a ‘may’ – but in Antiseri’s case, the point is conceptual: you just CANNOT make the mysitic explicit, and there is a need (his word) to keep whatever the mystic is Unexpressed.” Grice: “I like Antiseri, and he indeed quotes me, not only because he MUST, as in his history of contemporary philosophy, but because he LIKES it ( cf. Italian piacere) – as surprised I was when I see that when discussing the future of metaphysics within analytic philosophy he relies on my Third-Programme for the BBC!” Grice: “Antiseri reminds me of myself, when he discusses ‘senso commone’ and ‘filosofia anallitica’ and ‘linguaggio ordinario’ – that’s why I used to joke, when lecturing in the New World – and at Welleseley, no less! – about the “Oxford School of Ordinary Language Philosophy”! Grice: “While Antiseri invests a lot to make logic of Austin, he has to because he has posited himself as giving ‘lezione di filosofia del linguaggio’!” Grice: “Most importantly, his key words, such as solidarity, are very much along the lines that base my ‘ethics of conversation’ which is Kantian in spirit --.” Grice: “Antiseri has to fight how to deal with this Kantianism along utilitarian lines, as when he confronts ‘horizontal’ to ‘vertifical’ (i. e. bad) subsidiarity – where a principle of subsidiarity – or respect for ‘il bene commone – gets balanced with the principle of solidarity. A Calvinist approach, to some!” – Antiseri: “It is amusing that Antiseri is forced to defend the relevance of the Romans, where that is taken for granted at Lit. Hum. Oxford!” -- Dario Antiseri (Foligno), filosofo. Originario della città umbra di Spello, si laurea in filosofia nel 1963 presso l'Perugia; ha poi proseguito i suoi studi presso varie università europee sui temi legati alla logica matematica, all'epistemologia ed alla filosofia del linguaggio.  Divenuto libero docente nel 1968 ha iniziato l'insegnamento presso l'Università "La Sapienza" di Roma e l'Siena. È inoltre membro dell'Advisory Board del Centro Studi Tocqueville-Acton.  Dal 1975 al 1986 è stato ordinario di filosofia del linguaggio presso l'Padova mentre, dal 1986 al 2009, ha assunto la cattedra di "Metodologia delle scienze sociali" alla LUISS di Roma per poi ricoprire l'incarico di preside della Facoltà di Scienze politiche della stessa Università tra il 1994 ed il 1998. Nel febbraio del 2002 è stato insignito, assieme a Giovanni Reale, di una laurea honoris causa presso l'Università Statale di Mosca. Collabora stabilmente con il quotidiano Avvenire.  Dario Antiseri ha pubblicato testi didattici di filosofia oltre a testi di divulgazione filosofica e di autori stranieri, in particolare ha contribuito a far conoscere in Italia il pensiero di Karl Popper.  Critiche Il pensiero del professor Antiseri è da tempo sottoposto a critiche sia all'interno della Chiesa sia all'interno del mondo intellettuale liberale. A tal proposito sono interessanti le critiche recentemente mosse al pensiero dell'intellettuale da Assuntina Morresi sul giornale on-line L'occidentale e l'articolo del 2005 su "espressonline" di Sandro Magister in cui l'opera di Antiseri viene definita "apologia del relativismo".  Altrettanto interessante è il commento al relativismo di Antiseri apparso sul web nel blog di Fabrizio Falconi, e quello di Litta Modignani pubblicato sul sito Critica liberale.   Opere Perché la metafisica è necessaria per la scienza e dannosa per la fede, Brescia, Queriniana, 1980, 2ª ed. aumentata 1991.  88-399-0623-1. Dario Antiseri e Nicola Alberto De Carlo. Epistemologia e metodica della ricerca in psicologia, Padova, Liviana Editrice, Dario Antiseri et al., C'è ancora spazio per la fede?, Milano, Rusconi Libri, 1992.  978-88-18-01088-6. Dario Antiseri e Ralf Dahrendorf. Il filo della ragione, Roma, Donzelli, 1995.  88-7989-146-4. Liberi perché fallibili, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1995.  88-7284-376-6. Trattato di metodologia delle scienze sociali, UTET Università, Carl Gustav Hempel e Dario Antiseri. Come lavora uno storico, Roma, Armando, 1997.  88-7144-074-9. Liberali. Quelli veri e quelli falsi, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1998.  88-7284-676-5. L'università italiana. Com'è e come potrebbe essere, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1998.  88-7284-685-4. Dario Antiseri et al. Tre idee per un'Italia civile, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1998.  88-7284-638-2. Credere dopo la filosofia del secolo XX, Roma, Armando,  Didattica della storia: epistemologia contemporanea, Roma, Armando, Karl Popper, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1999.  88-7284-729-X. L'agonia dei partiti politici, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1999.  88-7284-821-0. Epistemologia e didattica delle scienze, Roma, Armando, Dario Antiseri e Mario Timio. La medicina basata sulle evidenze, Edizioni Memoria, 2000.  88-87373-24-8. La Vienna di Popper, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2000.  88-7284-858-X Dario Antiseri e Giovanni Reale. Quale ragione?, Milano, Cortina, 2001.  88-7078-670-6. Teoria unificata del metodo, UTET Libreria, 2001.  88-7750-698-9. Dario Antiseri et al. Cattolicesimo, Liberalismo, Globalizzazione, Soveria Mannelli, Rubbettino,  Karl Popper. Protagonista del secolo XX, Soveria Mannelli, Rubbettino. Cristiano perché relativista, relativista perché cristiano. Per un razionalismo della contingenza, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2003.  88-498-0590-X. Dario Antiseri, Giovanni Federspil, Cesare Scandellari. Epistemologia, clinica medica e la "questione" delle medicine "eretiche", Soveria Mannelli, Rubbettino, 2003.  88-498-0421-0. Principi liberali, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2003.  88-498-0492-X. Idee fuori dal coro, Roma, Di Renzo, 2004.  88-8323-103-1 Ragioni della razionalità [ 1], Soveria Mannelli, Rubbettino, 2004.  88-498-0947-6. Cattolici a difesa del mercato, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2005.  88-498-0992-1. Come leggere Kierkegaard, Milano, Bompiani, 2005.  88-452-4136-X. Come leggere Pascal, Milano, Bompiani, Credere. Perché la fede non può essere messa all'asta, Roma, Armando, 2005.  88-8358-909-2. Dario Antiseri e Hans Albert. Epistemologia, ermeneutica e scienze sociali, Roma, Luiss University Press, Introduzione alla metodologia della ricerca, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2005.  88-498-1002-4. Prefazione a Joseph Agassi, La filosofia e l'individuo, Roma, Di Renzo, 2005. Ragioni della razionalità [2], Soveria Mannelli, Rubbettino, 2005.  88-498-0948-4. Relativismo, nichilismo, individualismo. Fisiologia o patologia dell'Europa?, Soveria Mannelli, Rubbettino, . Dario Antiseri et al. Teorie della razionalità e scienze sociali, Roma, Luiss University Press,  Dario Antiseri e Hans Albert. L'ermeneutica è scienza?, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2006.  88-498-1580-8. Liberali e solidali. La tradizione del liberalismo cattolico, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2006.  88-498-1479-8. La «via aurea» del cattolicesimo liberale, Soveria Mannelli, Rubbettino, Dario Antiseri e Hubert Kiesewetter. «La società aperta» di Karl Popper, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2007.  88-498-1887-4. Von Hayek visto da Dario Antiseri, Roma, Luiss University Press, 2007.  88-6105-037-9. Dario Antiseri e Gianni Vattimo. Ragione filosofica e fede religiosa nell'era postmoderna, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2008.  978-88-498-2114-7. Dario Antiseri e Giulio Giorello. Libertà. Un manifesto per credenti e non credenti, Milano, Bompiani, Dario Antiseri e Vito Cagli. Dialogo sulla diagnosi. Un filosofo e un medico a confronto, Roma, Armando, 2008.  978-88-608-1344-2. L'attualità del pensiero francescano. Risposte dal passato a domande del presente, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2008.  978-88-498-2204-5. Dario Antiseri et al. In cammino attraverso le parole, Roma, Luiss University Press, 2009.  88-6105-058-1. Contro Rothbard. Elogio dell'ermeneutica, Soveria Mannelli, Rubbettino, Dario Antiseri, Corrado Ocone Liberali d'Italia, Soveria Mannelli, Rubbettino,  Note  Questioni disputate, su chiesa.espresso.repubblica.  Marx, un falso profeta sconfitto dalla storia, su lanuovabq.   Contro Popper, Bruno Lai, Armando Editore, Vedi L'impegno dei cattolici in politica si misura sui valori non negoziabili Archiviato il 21 gennaio  in . di Assuntina Morresi, l'Occidentale, 12 giugno .  Vedi Questioni disputate. Un filosofo cattolico fa l'apologia del relativismo di Sandro Magister, chiesa.espressoonline, 3 novembre 2005.  Vedi Il relativismo inevitabile? Risposta a Dario Antiseri, Il blog di Fabrizio Falconi, 1º gennaio .  Vedi La falsa "laicità" che piace al Corriere Archiviato il 30 aprile  in . di Alessandro Litta Modignani, Fondazione critica liberale, 29 maggio .  Giuseppe Franco, Per una biografia intellettuale. In dialogo con Dario Antiseri, in Giuseppe Franco , Sentieri aperti della ragione. Verità, metodo, scienza. Scritti in onore di Dario Antiseri nel suo 70º compleanno, Pensa Editore, Lecce ,  23–43.  Relativismo Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Dario Antiseri  Sito ufficiale, su docenti.luiss.  Dario Antiseri, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Dario Antiseri, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Opere di Dario Antiseri, .  Registrazioni di Dario Antiseri, su RadioRadicale, Radio Radicale.  Tocqueville-Acton Centro Studi e Ricerche, su tocqueville-acton.org. Filosofia Filosofo del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloInsegnanti italiani del XX secoloInsegnanti italiani Professore1940 9 gennaio FolignoProfessori della SapienzaRoma

 

antonič:: “The fact that he was born with a non-Italian last name outside Italy makes Italian philosophers wonder if Antonich is an Italian philosopher, but Strwson says he is! ‘As much as Quine is an English philosopher of Manx descent!” ---- Carlo Antoni.jpeg Deputato della Consulta Nazionale del Regno d'Italia Durata mandato25 settembre 194524 giugno 1946 Incarichi parlamentari Segretario della Commissione affari esteri (27 settembre 194524 giugno 1946) Sito istituzionale Dati generali Titolo di studioLaurea in Lettere e Filosofia Professione docente universitario, filosofo, giornalista Carlo Antoni (Senosecchia,  outside Italy! -- 15 agosto 1896Roma, 3 agosto 1959) filosofo, storico della filosofia e politico italiano. Nato come Karlo Antonič, allievo di Benedetto Croce, studiò soprattutto la cultura filosofica tedesca, dal Settecento al Novecento, ritenendo di coglierenella sua opera più nota, La lotta contro la ragionele radici dell'idealismo e dell'irrazionalismo tedesco nella lotta combattuta contro il razionalismo cartesiano dai movimenti politici svizzeri e dal pietismo.  Difese la filosofia dei distinti contro la concezione della dialettica hegeliana degli opposti.  Tenne la cattedra di Filosofia della storia presso l'Roma dal 1947 alla morte. La sua riflessione speculativa si muove all'interno del paradigma crociano e il suo indirizzo politico gioca al confine tra il liberalismo politico, il liberismo economico e il socialismo moderato. Aderì al Partito Liberale Italiano, ma nel 1956 scelse il Partito Radicale di Mario Pannunzio.  Opere principali Per una più completa , si rinvia alla  degli scritti di Carlo Antoni, Franco Voltaggio, in Carlo Antoni, Storicismo e antistoricismo, M. Biscione, 2ª ed., Napoli, Morano, 1972 [1964],  231-248,  .  Carlo Antoni, Dallo storicismo alla sociologia, Firenze, Sansoni, 1973 [1940],  . Carlo Antoni, La lotta contro la ragione, nuova edizione M. Biscione, Firenze, Sansoni, 1968 [1942],  . Carlo Antoni, Considerazioni su Hegel e Marx, Napoli, Ricciardi, 1946,  . Carlo Antoni, Commento a Croce, 2ª ed., Venezia, Neri Pozza, 1964 [1955],  . Carlo Antoni, Lo storicismo, 2ª ed., Torino, Edizioni Rai Radiotelevisione Italiana, 1968 [1957],  . Carlo Antoni, Gratitudine, Milano-Napoli, Ricciardi, 1959,  . Carlo Antoni, La restaurazione del diritto di natura, Venezia, Neri Pozza, 1959,  . Carlo Antoni, Chiose all'estetica, a cura e con un saggio di A. Olivetti, Fiesole, Cadmo, 2002 [1960],  88-7923-267-3. Carlo Antoni, Storicismo e antistoricismo, M. Biscione, 2ª ed., Napoli, Morano, 1972 [1964],  . Carlo Antoni, Scritti di estetica, M. Biscione, Napoli, Giannini, 1968,  . Carlo Antoni, L'esistenzialismo di Heidegger, M. Biscione, Napoli, Guida, 1972,  . Carlo Antoni, Lezioni su Hegel (1949-1957), a cura e con una nota di M. Biscione, Napoli, Bibliopolis, 1988,  978-88-708-8186-8. Note  (SL) Historiografska divergenca: razsvetljenska in historična paradigma , su tajakramberger.files.wordpress.com. 24 agosto . QUALESTORIA Rivista di storia contemporanea1 , su openstarts.units. 25 agosto .  Carteggio Croce-Antoni, M. Mustè, introduzione di G. Sasso, Bologna, Il Mulino, 1996,  88-15-05594-0. Gennaro Sasso, L'illusione della dialettica. Profilo di Carlo Antoni, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1982,  . Dario Quaglio, Umanesimo liberale. Del giusnaturalismo di Carlo Antoni, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1987,  . Francesco Mattei, La dimensione etica tra storicismo e giusnaturalismo. Studio su Carlo Antoni, Roma, Anicia, 1999 [1981],  . Francesco Postorino, Carlo Antoni. Un filosofo liberista, prefazione di S. Audier, Soveria Mannelli, Rubbettino, ,  978-88-498-4832-8. Michele Biscione, Antoni, Carlo, in Dizionario biografico degli italiani,  3, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1961,  507-509,  . Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Carlo Antoni  Carlo Antoni, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Carlo Antoni, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Carlo Antoni, su storia.camera, Camera dei deputati.  Liberalismo e liberismo: Carlo Antoni tra Croce e “gli amici della Mont Pélerin Society” di Raimondo Cubeddu, in Società Libera, sito societalibera. La Biblioteca privata di Carlo Antoni, su Sapienza Roma. 2 agosto . Filosofia Filosofo del XX secoloStorici della filosofia italianiPolitici italiani Professore1896 1959 15 agosto 3 agosto RomaDeputati della Consulta nazionale DivacciaProfessori della SapienzaRoma

 

ANTONINI Grice: “I like Antonini, or Cinesio – you see, one problem of these Italians – but cf. Occam – by sticking to the first-name is that a researcher in the longitudinal history of philosophy has to check references to Aegeius viterbensis and Aegidius Cinesio! It was only recently that he was found to be one of the Antoninis! His place in the longitudinal history of philosophy is that famous pendulum between Plato and Aristotle – so after Aquinas’s Aristotle, Egidio – an almost Tuscan man! – finds Plato more pleasing – especially his philosophy of love in the symposium, the references to Ganymede as representing ‘amore,’ and he has the cheek to display all this hardly scholastic erudition (more of a renaissance thing) in his commentary of Lombardo’s sentences! Delightful – my favourite is his reference to Ganymede, for here we have the treatment of a subject (Zeus) of another subject as an object – and that’s just only one reading of Zeus’s intention --.”  Grice: “In any case, the sacrificial status of Ganymede is recognised in the Platonic tradition – as the manipulative use of a subject by another subject who is subjected as an object, rather --.” Antonini: Essential Italian philosopher. Antonini (n. Viterbo), filosofo. Egidio da Viterbo  «Sono gli uomini che devono essere trasformati dalla religione, non la religione dagli uomini»  (Egidio da Viterbo, prolusione al Quinto Concilio Lateranense) Egidio Antonini da Viterbo, O.E.S.A. cardinale di Santa Romana Chiesa Egidio 2Egidio da Viterbo, affresco XVII secolo (part.), Sala Regia, Palazzo dei Priori, Viterbo Stemma egidio  Incarichi ricopertiPriore generale dell'Ordine di Sant'Agostino, Cardinale presbitero di San Bartolomeo all'Isola (1517) Cardinale presbitero di San Matteo in Merulana (1517-1530) Vescovo di Viterbo e Tuscania (1523-1532) Patriarca titolare di Costantinopoli (1524-1530) Cardinale presbitero di San Marcello (1530-1532) Amministratore apostolico di Zara (1530-1532) Amministratore apostolico di Lanciano (1532)   Nato1469 a Viterbo Ordinato presbiteroin data sconosciuta Nominato vescovo2 dicembre 1523 da papa Clemente VII Consacrato vescovo10 gennaio 1524 dall'arcivescovo Gabriele Mascioli Foschi, O.E.S.A. Elevato patriarca8 agosto 1524 da papa Clemente VII Creato cardinale1º luglio 1517 da papa Leone X Deceduto12 novembre 1532 a Roma   Manuale Egidio Antonini da Viterbo, o semplicemente Egidio da Viterbo (Viterbo), filosofo. Apparteneva all'Ordine degli Agostiniani. Nacque a Viterbo, da Lorenzo Antonini e Maria del Testa, in un giorno imprecisato tra l'estate e l'autunno del 1469Pur essendo i genitori di origini modeste, fecero compiere ad Egidio studi approfonditi presso il convento agostiniano viterbese della Santissima Trinità. Forse influenzato dalla predicazione di Mariano da Genazzano, presente a Viterbo nel 1485, tre anni dopo, nel 1488, all'éta di diciotto anni, entrò nell'Ordine degli Agostiniani, presso il medesimo convento per esservi ordinato sacerdote. Sotto il priorato di Giovanni Parentezza, studiò filosofia, teologia e lingue antiche (greco, ebraico, arabo, aramaico, persiano) e si perfezionò, cominciando anche ad insegnare, presso le case del suo ordine ad Amelia, Padova, Firenze, Roma, Viterbo ed in Istria. A Padova (1490-1493) incontrò più volte Pico della Mirandola, con il quale discusse di astrologia e cabalismo, ma, soprattutto, in quella città curò nel 1493 l'editio princeps di tre commenti aristotelici di Egidio Romano, con notazioni contrarie ai peripatetici e ad Averroè. Alcuni anni più tardi conobbe a Firenze l'umanista Marsilio Ficino, di cui fu allievo e successivamente amico, e con il quale si perfezionò notevolmente nello studio delle dottrine neoplatoniche, specialmente in rapporto alla loro assoluta compatibilità con i principi del Cristianesimo. Nella primavera del 1497 il cardinale Riario, protettore degli Agostiniani, che aveva per lui grande stima, lo richiamò a Roma dove, dopo una duplice e complessa prova, conseguì il magisterium in teologia.  Oratore di straordinaria efficacia, particolarmente apprezzato in quegli anni da papa Alessandro VI, quindi dai suoi successori, paragonato da taluni a Demostene, fu in contatto con i maggiori intellettuali del tempo; oltre alla fitta corrispondenza con Marsilio Ficino, va ricordata la frequentazione che ebbe a Napoli con Giovanni Pontano (che gli dedicò il dialogo Ægidius) e con gli intellettuali della sua Accademia.  Nel giugno 1506 papa Giulio II gli affidò la guida dell'Ordine agostiniano come Vicario apostolico; l'anno successivo (1507) il capitolo generale dell'Ordine lo confermò alla sua guida come Priore Generale, incarico che mantenne per molti anni, durante i quali riformò profondamente l'Ordine stesso, riportandolo agli antichi fasti con il pieno recupero della regola di S.Agostino. Durante quegli anni fu uno dei più stretti collaboratori di Giulio II, che accompagnò nella sua missione contro Bologna e dal quale fu inviato come nunzio apostolico a Venezia e Napoli per ottenere l'adesione di quegli stati alla crociata progettata dal pontefice: venne anche inviato nella città ribelle di Perugia e ad Urbino. Il 3 maggio 1512 il papa gli conferì il prestigioso incarico di tenere l'orazione inaugurale del Quinto Concilio Lateranense: Egidio pronunciò così una celebre, accorata allocuzione in cui parlò con determinata onestà dei mali della Chiesa, suscitando viva emozione nei presenti, molti dei quali lodarono lo stampo ciceroniano dell'orazione.  Morto nel febbraio 1513 Giulio II, anche il suo successore Leone Xappartenente alla potente famiglia fiorentina dei Medicicontinuò la stretta collaborazione con Egidio, che impiegò in importanti missioni diplomatiche, come quella del 1516 in Germania, quando ottenne una difficile pacificazione tra Massimiliano I e la Repubblica di Venezia. Il papa innalzò Egidio alla dignità cardinalizia nel concistoro del 1º luglio 1517 creandolo cardinale prete con titolo di San Bartolomeo all'Isola; quasi subito il porporato viterbese optò per il titolo di San Matteo in Merulana, antica chiesa agostiniana; molti anni più tardi, poco prima di morire, avrebbe infine optato per il titolo di San Marcello. Nel 1518 Leone X lo nominò cardinale protettore dell'Ordine degli Eremitani di Sant'Agostino e, nello stesso anno, lo inviò come legato pontificio in Spagna per una complessa missione nella quale avrebbe dovuto impegnare Carlo V alla crociata contro i turchi. In quel periodo fu anche governatore di diverse città dello Stato Pontificio. Occorre altresì ricordare come il 31 ottobre 1517, a meno di quattro mesi dalla sua nomina a cardinale e quando Egidio era ancora Priore Generale degli Agostiniani, un monaco agostiniano tedesco, Martin Lutero, affisse sulle porte della Schlosskirche di Wittenberg le notissime 95 tesi che avrebbero dato inizio alla riforma protestante.  Dopo la scomparsa di Leone X (1º dicembre 1521) ed il breve pontificato di Adriano VI, il 18 novembre 1523 fu eletto papa, con l'appoggio di Egidio, un altro Medici, Clemente VII, che, pochi giorni dopo l'elezione, il 2 dicembre, conferì al cardinale viterbese la nomina a vescovo proprio della diocesi di Viterbo: l'anno successivo Egidio venne nominato patriarca latino di Costantinopoli e amministratore apostolico dell'arcidiocesi di Zara. Purtroppo in quegli anni le indecisioni e gli errori politici di Clemente VII crearono problemi gravissimi al governo della Chiesa: il papa finì per schierarsi con i francesi, ma prima la sconfitta di Francesco I a Pavia (1525), poi le incertezze della lega di Cognac aprirono le porte alla discesa in Italia di Carlo V con i suoi lanzichenecchi, culminata nel terribile Sacco di Roma (1527), durante il quale venne distrutta -tra l'altro- tutta la ricchissima biblioteca di Egidio nel Convento di Sant'Agostino. Il porporato si trovava allora nelle Marche e, per soccorrere il papa, assediato in Castel Sant'Angelo, organizzò -impiegando anche il proprio denaro- una spedizione armata, che non ebbe però fortuna per i molti ostacoli frapposti dai signori locali. Dopo quei dolorosi momenti la salute di Egidio andò peggiorando: questo fatto non gli impedì, peraltro, di tenere, durante il concistoro pubblico del novembre 1530, una famosa ed appassionata orazione sulla necessità di riformare la Chiesa dopo lo scisma luterano. Clemente VII dichiarò la sua disponibilità, ma sarà solo il suo successore, Paolo III, conterraneo di Egidio, a convocare l'importante Concilio di Trento, che segnerà, con la controriforma, la prima importante reazione della Chiesa al protestantesimo. Poco prima di morire il cardinale fu nominato arcivescovo di Lanciano (10 aprile 1532); amministrò la diocesi lancianese a titolo di commenda per sette mesi, fino alla morte.  Morì a Roma il 12 novembre 1532 e venne sepolto nella chiesa di Sant'Agostino, dove lo ricorda una semplicissima lapide sul pavimento della navata centrale, a cornu evangelii rispetto all'altar maggiore.  Filosofia, Ebraismo, Cabala  Egidio da Viterbopartic. di affresco XVIII secolo, Sala del Cenacolo, Convento Santissima Trinità, Viterbo Egidio deve certamente essere considerato uno dei maggiori filosofi di quei secoli. Il suo primo impegno importante fu quando, studente a Padova, curò nel 1493 la pubblicazione con commento di tre opere del filosofo e vescovo agostiniano Egidio Romano, vissuto tra il XIII ed il XIV secolo: elaborò così un'autentica avversione nei confronti della filosofia di Aristotele e dell'averroismo, contro i quali ritenne che l'unico possibile antidoto fosse, specie dopo l'incontro con Marsilio Ficino ed in perfetta armonia con Sant'Agostino, il neoplatonismo, inteso come «pia philosophia», cioè nella sua piena compatibilità con i valori cristiani. Uomo dottissimo, volle leggere tutte le opere che studiava nelle lingue originali in cui erano state scritte, per meglio comprenderne il vero significato: acquisì in tal modo una straordinaria conoscenza, oltre che del latino e del greco antico di cui aveva padronanza assoluta, dell'aramaico, per il Talmud e varie parti della Bibbia, dell'arabo, per il Corano e le opere di Averroè, e dell'ebraico, per la Torah. Ebbe nel 1516 una fitta corrispondenza con l'umanista tedesco Johannes Reuchlin, finissimo conoscitore dell'ebraismo, con il quale si intrattenne a lungo sia su temi relativi all'Antico Testamento sia sulla cabala (in ebraico Qaballáh), argomento da lui già affrontato con Pico della Mirandola, che trattava dei misteriosi simbolismi, parte dei quali nascosti nei numeri e nelle lettere stesse dell'alfabeto ebraico, che potevano avvicinare l'uomo a Dio. Le problematiche della letteratura ebraica e della cabala occuparono gran parte dei suoi ultimi anni di vita, quando tentò ripetutamente di ricondurre in ambito cristiano tutte le altre culture, dedicandosi in particolare ad approfonditi studi e ricerche sullo Zohar.  Lo scrittore e l'oratore  Raffaello:La disputa del Sacramento (affresco, Roma, Stanze Vaticane)  Egidio da Viterbo in preghiera, particolare di pala d'altare, 1537, chiesa Santissima Trinità, Viterbo Rimane ben poco della cospicua produzione letteraria di Egidio, sia a causa della perdita della sua biblioteca durante il Sacco di Roma (1527), sia perché lui stesso, per modestia, non volle dare alle stampe molte delle sue opere. Nei suoi scritti, la maggior parte dei quali in lingua latina, trattò quasi tutti i campi del sapere umano, dalla filosofia alla letteratura, dall'astrologia alla storia, dalla poesia alla geografia, dalla teologia all'arte: a quest'ultimo proposito si ritiene che il programma iconografico per gli affreschi di Raffaello della Disputa del Sacramento e della Scuola di Atene nella Stanza della Segnatura sia stato largamente ispirato dalla sua opera, con la probabile mediazione di Tommaso Fedra Inghirami. Da notare come Egidio, per scrivere, preferisse di solito ritirarsi in luoghi tranquilli, come l'Eremo di Lecceto, presso Siena, o la sua città natale, Viterbo, o, ancora più spesso, due rifugi nei dintorni di quest'ultima: un Convento nell'Isola Martana, sul Lago di Bolsena, ed un Eremo nella selva del Monte Cimino. Tra i suoi lavori meritano comunque menzione tre ecloghe latine di stampo virgiliano (Paramellus et Aegon,in Resurrectione Domini e De Ortu Domini, del 1504), sei madrigali dedicati a Vittoria Colonna (circa 1500) ed una favola silvestre dello stesso periodo (Cyminia, in volgare, andata perduta); la sua maggiore opera filosofica, peraltro incompiuta, è costituita dai Commentaria sententiarum ad mentem et animum Platonis, brevemente detta Sententiae ad mentem Platonis, iniziata nel primo decennio del XVI secolo, in cui sono presenti tutti i temi tipici del pensiero egidiano, dall'ostilità all'aristotelismo alla necessità di sostituirlo, in campo teologico, con il platonismo; non mancano riflessioni tipicamente agostiniane sulla Trinità, l'anima e la dignità umana. Il lavoro storico di maggior interesse è la Historia XX saeculorum per totidem psalmos conscripta, redatta tra il 1513 ed il 1518 e di cui vi sono almeno quattro codici. A quest'opera, nella quale Egidio racconta le vicende della Storia della Chiesa da Alessandro VI a Leone X, attinsero a piene mani vari storici, da Gregorovius a Pastor, anche se il loro giudizio complessivo sulla Historia del cardinale viterbese è perplesso, se non addirittura negativo. Tra le sue opere letterarie meritano anche menzione il Libellus de litteris sanctis (1517), sul significato recondito delle lettere dell'alfabeto ebraico, e la Scechina (circa 1530), che guarda in ottica cristiana tutta la letteratura cabalistica.  Il campo nel quale Egidio riuscì comunque a dare il meglio è quello della retorica, divenendo uno dei migliori oratori di quei decenni, forse il migliore in assoluto, con giudizi sempre entusiastici da parte di tutti quelli che ebbero modo di ascoltarlo: in realtà egli era veramente dotato di un'eloquenza drammaticamente coinvolgente, capace di suscitare grandi emozioni negli uditori, sia che fossero ricchi principi, sia che si trattasse di poveri popolani; lo aiutava probabilmente lo stesso aspetto fisico, ascetico, con il viso pallido e scavato e la barba fluente. Tra le orazioni conservate vanno ricordate: quella del 1497, nel certamen che lo vide trionfare su tre oratori peripatetici e conseguire il magisterium; la De aurea aetate (o De Ecclesiae incremento), tenuta in San Pietro il 21 dicembre 1506 su incarico di Giulio II per onorare re Manuele I del Portogallo che aveva scoperto nuove terre e riportato una grande vittoria navale, lavoro dottissimo e ricco di riferimenti cabalistici; l'orazione inaugurale (3 maggio 1512) del Quinto Concilio Lateranensegrande onore concessogli dal papache provocò indicibile emozione negli astanti e fece definire l'agostiniano viterbese il Cicerone cristiano; è in quest'ultima orazione la celebre sentenza di Egidio: Sono gli uomini che devono essere trasformati dalla religione, non la religione dagli uomini. Va infine ricordata l'orazione del novembre 1530, tenuta in occasione di un concistoro, sulla necessità di riformare la Chiesa, che viene da molti considerata come il vero preludio al celebre Concilio di Trento, convocato nel 1545 da Paolo III.  Genealogia episcopale Arcivescovo Gabriele Mascioli Foschi, O.E.S.A. Cardinale Egidio Antonini da Viterbo, O.E.S.A. Note  Notizie molto precise sul suo luogo di nascita e sul suo esatto cognome sono reperibili nel lavoro di Giuseppe Signorelli, Il cardinale Egidio da Viterbo etc.,Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 1929. L'opera dello storico viterbese, con una ricchissima documentazione bibliografica, costituisce un indispensabile fondamento monografico per lo studio di questo porporato; in particolare Signorelli precisa, con riferimento a numerosi manoscritti, perché debba essere ritenuta Viterbo la città natale di Egidio ed in base a quali errori diversi storici abbiano, sbagliando, ritenuto Canisio il suo cognome:il cognome esatto è Antonini.  Quanto sostenuto dal Signorelli è pienamente confermato da G.Ernst,Egidio da Viterbo, in Dizionario Biografico degli Italiani, Treccani, 1993, in quella che è probabilmente la più completa monografia su Egidio reperibile on-line, con notevole .  Pur essendo acclarato il cognome Antonini, appare peraltro corretto chiamarlo semplicemente EGIDIO da VITERBO: Ægidius Viterbiensis o Viterbii è il nome con cui viene indicato nella bolla papale di nomina cardinalizia relativa al concistoro del 1517, è il nome che compare nelle bolle da lui sottoscritte ed è, infine, il semplice nome che compare sulla sua lapide sepolcrale nella Chiesa di S. Agostino in Roma; sempre Egidio da Viterbo sono intitolate le principali monografie a lui dedicate da Signorelli, Ernst, Massa, O'Malley ecc.. Va infine ricordato come lo stesso Comune di Viterbo abbia chiamato Via Egidio da Viterbo la strada a lui dedicata parecchi anni fa nel centro storico cittadino e con la medesima intitolazione Egidio da Viterbo vi siano altre istituzioni viterbesi.  L'epoca della nascita è indicata ancora dal Signorelli (op.cit.), che cita vari documenti del periodo.  Si veda in proposito Lettera a Mannio Capenati, agosto 1504 citata in: Francis X. Martin, Friar..., cit., Appendice III, pag. 346  De materia coeli; De intellectu possibili; Egidii Romani commentaria in VIII libros Physicorum Aristotelis  Egidio non ricambiò mai la simpatia di papa Borgia, anzi il suo giudizio sul pontificato di Alessandro VI fu terribile, con parole di inusitata durezza; si veda Cesare Pinzi, Storia della Città di Viterbo, IV,lib.XVI,pag.394,Viterbo, Agnesotti, 1913.  Lo dice espressamente il Signorelli, op. cit., capo II, pag 5.  Per la precisione fino al 25 febbraio 1518, giorno in cui depose l'incarico davanti al Capitolo generale dell'Ordine, consegnandolo nelle mani dell'amico Gabriele Di Volta, nominato due giorni prima con breve di Leone X proprio su proposta di Egidio; v. G. Signorelli, op. cit., Capo VI, pag. 68.  Lo sottolinea bene Ernst (op.cit.).  L'episodio che vide Egidio alla testa di un esercito è ricordato in un intero capitolo (Da Vescovo a Duce) nella monografia del Signorelli, op.cit., capo VIII.  Papa Paolo III, era nato come Alessandro Farnese nella cittadina di Canino, situata ad una trentina di chilometri da Viterbo.  La lapide, fatta collocare dal Priore Generale Gabriele Veneto nel 1536, reca la seguente iscrizione: D.O.M.AEGIDIO VITERBIENSI CARDINALIGABRIEL VENETUS GENERALISMDXXXVI (v.S.Vismara,Una grande figura religiosa del Rinascimento:Egidio da Viterbo su Biblioteca e società in//bibliotecaviterbo/biblioteca-e-societa/index.php?fasc=12 ; il volumetto contiene gli Atti di un interessante Convegno di studi su Egidio da Viterbo , nel 450º anniversario della morte). Occorre notare come la lapide originale, praticamente distrutta dal tempo, sia stata sostituita nel 1982 , a cura dell'Ist. Stor. Agostiniano con una nuova lapide che riporta, integralmente, l'iscrizione del 1536.  Il background intellettuale e la relativa fonte egidiana dei due affreschi della Stanza della Segnatura sono stati promossi dallo storico gesuita Pfeiffer (Heinrich Pfeiffer, Die Predig des Egidio da Viterbo über das goldene Zeitalter und die Stanza della Segnatura, in: J. A. Schmoll gen. Eisenwerth, Marcell Restle, Herbert Weiermann , Festschrift Luitpold Dussler, Monaco-Berlino, Deutscher Kunstverlag, 1972, pagg. 237-254; Id., La Stanza della Segnatura sullo sfondo delle idee di Egidio da Viterbo, Colloqui del Sodalizio, serie II, n°3, 1970-1972, pagg. 31-43; Id., Zur Ikonographie von Raffaels Disputa : Egidio da Viterbo und die christlich-platonische Konzeption der Stanza della Segnatura, Roma, Università Gregoriana Editrice, 1975) ripreso da Ernst, op.cit., e da G.Polo, Egidio da Viterbo e Raffaello, in Biblioteca e Società, cit., pagg. 21-22. Il ruolo di Fedra Inghirami quale mediatore tra Egidio e Raffaello è stato inizialmente ipotizzato da Paul Künzle, Raffaels Denkmal für Fedra Inghirami auf dem letzen Arazzo, in: Mélanges Eugène Tisserant,  VI, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1964, pagg. 499-548 e si ritrova in: Christiane L. Joost-Gaugier, Raphael's Stanza della Segnatura: Meaning and Invention, Cambridge, Cambridge University Press, 2002. Per una sintesi si veda: Ingrid D. Rowland, The Intellectual Background of the School of Athens: Tracking Divine Wisdom in the Rome of Julius II, in: Marcia HallRaphael's School of Athens, Cambridge, Cambridge University Press,  Biblioteca apostolica vaticana, Ms Vat.lat. 6525  Il più autorevole di questi manoscritti è certamente quello autografo esistente presso la Biblioteca Nazionale di Napoli (Mss.lat.,IX,B,14).  Tutti i giudizi degli storici sono ben riportati dal Signorelli, op.cit., capo XI,pag.112.  Riprendendo il Signorelli, descrive bene le sue grandi doti oratorie Sandro Vismara, Biblioteca e società, ATTI del Convegno...,op.cit.,pag.11.  Proprio a questa orazione si sarebbe ispirato Raffaello per due affreschi della Stanza della Segnatura, cioè la Disputa del Sacramento e la Scuola di Atene (v.Pfeiffer e Polo, ocitt..)  S.Vismara,op.cit..  Il testo latino recita letteralmente: Homines per sacra immutari fas est, non sacra per homines.  Egidio da Viterbo, "Ecloghe", Jacopo Rubini , Sette Città, . Rafael Lazcano, Episcopologio agustiniano. Agustiniana. Guadarrama (Madrid), ,  I, pagg. 227-260. Hubert Jedin, Riforma Cattolica o Controriforma, Morcelliana, Brescia, 1957 Francis X. Martin, The problem of Giles of Viterbo: a Historiographical Survey, "Augustiniana",  IX, 1959, pagg. 357-379;  X, 1960, pagg. 43-60. Francis X. Martin, Friar, Reformer, and Renaissance Scholar: Life and Work of Giles of Viterbo 1469-1532, Villanova, Augustinian Press, 1992  978-0941491501 John W. O'Malley, Giles of Viterbo on Church and Reform: a Study on Renaissance Thought, Leiden, Brill, 1968 Heinrich Pfeiffer, Le Sententiae ad mentem Platonis e due prediche di Egidio da Viterbo, in: Marcello Fagiolo , Roma e l'antico nell'arte e nella cultura del Cinquecento, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1985, pagg. 33-40 Cesare Pinzi, Storia della Città di Viterbo,  IV, Agnesotti, Viterbo, 1913 François Secret, Notes sur Egidio da Viterbo, "Augustiniana",  XV, 1965, pagg. 68-72 Giuseppe Signorelli, Il cardinale Egidio da Viterbo agostiniano, umanista e riformatore, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 1929  Viterbo Ordine di Sant'Agostino Umanesimo Cabala ebraica Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Egidio da Viterbo Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Egidio da Viterbo  Egidio da Viterbo, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Egidio da Viterbo, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Egidio da Viterbo, su sapere, De Agostini. Egidio da Viterbo, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Egidio da Viterbo, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  (DE) Egidio da Viterbo, su ALCUIN, Ratisbona. Egidio da Viterbo, su Find a Grave. Opere di Egidio da Viterbo, . Egidio da Viterbo, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. David M. Cheney, Egidio da Viterbo, in Catholic Hierarchy.  Biblioteca e società, Fascicolo 1-2, giugno 1982 : ATTI del Convegno di Studi su Egidio da Viterbo nel 450º anniversario della morte, su bibliotecaviterbo. Rassegna bibliografica 1501-1982  [collegamento interrotto], su bibliotecaviterbo.ÆGIDIUS OF VITERBO, Jewish Encyclopedia (la voce contiene, peraltro, alcune inesattezze) Salvador Miranda, VITERBO, O.E.S.A., Egidio da, su fiu.eduThe Cardinals of the Holy Roman Church, Florida International University. 29 settembre . Articolo della rivista Theological Studies (O'Malley, 1967) dedicato al pensiero riformistico di Egidio da Viterbo , su bc.edu. PredecessorePriore generale dell'Ordine di Sant'AgostinoSuccessore13.escudo.oar.png Agostino da Terni, O.E.S.A20 marzo 15071º febbraio 1518Gabriele da Venezia, O.E.S.APredecessoreCardinale presbitero di San Bartolomeo all'IsolaSuccessoreCardinalCoA PioM.svg -6 luglio10 luglio 1517Domenico GiacobazziPredecessoreCardinale presbitero di San Matteo in MerulanaSuccessoreCardinalCoA PioM.svg Cristoforo Numai, O.F.M.Obs.10 luglio 15179 maggio 1530Charles de Hémard de DenonvillePredecessoreVescovo di Viterbo e TuscaniaSuccessoreBishopCoA PioM.svg Ottaviano Riario2 dicembre 152312 novembre 1532Niccolò Ridolfi (amministratore apostolico)PredecessorePatriarca titolare di CostantinopoliSuccessorePrimateNonCardinal PioM.svg Marco Corner8 agosto 1530Francesco de PisauroPredecessoreCardinale presbitero di San MarcelloSuccessoreCardinalCoA PioM.svg Enrique Cardona y Enríquez9 maggio 153012 novembre 1532Marino GrimaniPredecessoreAmministratore apostolico di ZaraSuccessoreArchbishopPallium PioM.svg Francesco Pesaro (arcivescovo metropolita)19 dicembre 153019 novembre 1532Cornelio Pesaro (arcivescovo metropolita)PredecessoreAmministratore apostolico di LancianoSuccessoreBishopCoA PioM.svg Angelo Maccafani (vescovo)10 aprile12 novembre 1532Michele Fortini, O.P. (vescovo) Filosofi italiani del XVI secoloCardinali italiani Professore1469 1532 12 novembre Viterbo RomaAgostiniani italianiCabalisti italianiCardinali nominati da Leone XPatriarchi latini di CostantinopoliEbraisti italiani

 

 

antonino – marc’aurelio: antonino -- Grice: “Some call him Aurelio, but I call him Antonino, since the first time his thing was published in Latin, his thing was under ‘M. Antonini,’ no clue about the Aurelius!” -- Grice: “I once suggested to Strawson that he should write a dissertation on a comparison of Barberini’s and Xylander’s translation of Marcus Aurelius; you see, he was a Roman who philosophised in Greek; and he was translated to Latin only in the 1550s; and into Italian a century later! Sir Peter responded: “I guess you want me to detect all the misimplicata!’ ‘Misimpiegato,’ I replied!” -- -  «Solo il presente ci è tolto, dato che solo questo abbiamo.»  (Marco Aurelio, Pensieri, II, 14) Marco Aurelio Antonino Augusto (in latino: Marcus Aurelius Antoninus Augustus; nelle epigrafi: IMP·CAES·M·AVREL·ANTONINVS·AVG[22]; Roma, 26 aprile 121 – Sirmio o Vindobona, 17 marzo 180[23]), meglio conosciuto semplicemente come Marco Aurelio, è stato un imperatore, filosofo e scrittore romano. Su indicazione dell'imperatore Adriano, fu adottato nel 138 dal futuro suocero e zio acquisito Antonino Pio che lo nominò erede al trono imperiale.  Nato come Marco Annio Catilio Severo[24][25] (Marcus Annius Catilius Severus), divenne Marco Annio Vero (Marcus Annius Verus), che era il nome di suo padre, al momento del matrimonio con la propria cugina Faustina, figlia di Antonino, e assunse quindi il nome di Marco Aurelio Cesare, figlio dell'Augusto (Marcus Aurelius Caesar Augusti filius) durante l'impero di Antonino stesso.[26]  Marco Aurelio fu imperatore dal 161 sino alla sua morte, avvenuta per malattia nel 180 a Sirmio secondo il contemporaneo Tertulliano[20] o presso Vindobona.[19] Fino al 169 mantenne la coreggenza dell'impero assieme a Lucio Vero, suo fratello adottivo nonché suo genero, anch'egli adottato da Antonino Pio. Dal 177, morto Lucio Vero, associò al trono suo figlio Commodo.[27] È considerato dalla storiografia tradizionale come un sovrano illuminato, il quinto dei cosiddetti "buoni imperatori"[28] menzionati da Edward Gibbon.[29] Il suo regno fu tuttavia funestato da conflitti bellici (guerre partiche e marcomanniche), da carestie e pestilenze.[30][31]  Marco Aurelio è ricordato anche come importante filosofo stoico, autore dei Colloqui con sé stesso (Τὰ εἰς ἑαυτόν nell'originale in greco).[32] Alcuni imperatori successivi utilizzarono il nome "Marco Aurelio" per accreditare un inesistente legame familiare con lui.[33] Busto dell'imperatore Marco Aurelio (Musei Capitolini, Roma). Nome originaleImperator Caesar Marcus Aurelius Antoninus Augustus Tribunicia potestas9 anni (da solo), 6 con Lucio Vero, 4 con Commodo e 15 con Antonino Pio per un totale di 34 volte: la prima volta (I) dal 1º dicembre del 147, rinnovata annualmente al 10 dicembre di ogni anno[1] Cognomina ex virtuteArmeniacus nel 164,[2][3][4] Medicus e Parthicus Maximus nel 166,[2][3][5] Germanicus nel 172,[3][6][7][8][9] Sarmaticus nel 175[3][8][10] TitoliPater Patriae dal 166 Salutatio imperatoria10 volte:[1] I (al momento della assunzione del potere imperiale) nel 161, (II) nel 163,[11] (III) 165,[12] (IV) 166, (V) 167,[13] (VI) 171,[14] (VII) 174,[15] (VIII) 175,[16] (IX) 177[17] e (X) 179.[1] Nascita26 aprile 121[18] Roma Morte17 marzo 180 Sirmio o Vindobona [19][20](attuale Vienna) PredecessoreAntonino Pio SuccessoreCommodo ConiugeFaustina minore FigliDomizia Faustina Aurelia Tito Aurelio Antonino Tito Elio Aurelio Lucilla Annia Aurelia Galeria Faustina Tito Elio Antonino Fadilla Annia Cornificia Faustina minore Commodo Tito Aurelio Fulvio Antonino Marco Annio Vero Cesare Vibia Aurelia Sabina Adriano Un altro figlio di cui non si conosce il nome nato dopo Tito Elio Antonino GensAnnia DinastiaAntonini PadreMarco Annio Vero adottivo: Antonino Pio MadreDomizia Lucilla Consolato3 volte: nel 140, 145 e 161.[1] Pontificato max nel 161[1][21]Fonti biografiche, storiografia antica e moderna Magnifying glass icon mgx2.svgFonti e storiografia su Marco Aurelio. Le principali fonti per la vita e il ruolo di Marco Aurelio sono frammentarie e spesso inaffidabili. Il gruppo più importante è rappresentato dalle biografie contenute nella Historia Augusta, composte in epoca successiva al IV secolo.[34] Le biografie derivate principalmente da fonti ormai perdute (come Mario Massimo), ma anche da Eutropio e Aurelio Vittore, ovvero quelle di Marco Aurelio, Adriano, Antonino Pio e Lucio Vero, sono ritenute accurate e affidabili.[34] Di Frontone, maestro di retorica di Marco e di vari funzionari di Antonino Pio, si conservano una serie di manoscritti irregolari, che coprono il periodo che va dal 138 al 166. Nei Colloqui con sé stesso Marco offre una finestra sulla sua vita interiore, ma gran parte dei libri risultano senza riferimenti cronologici e con pochi accenni al mondo esterno.[35]  La più attendibile fra le fonti del periodo è Cassio Dione, Egli scrisse una storia di Roma dalla sua fondazione al 229, chiamata Historia romana.[36] Altre fonti letterarie e giuridiche, come gli scritti del medico Galeno, le orazioni di Elio Aristide e le costituzioni imperiali dello stesso Marco Aurelio forniscono ulteriori informazioni sul contesto storico e sociale in cui visse l'imperatore. Epigrafi e monete possono integrarle, così come i numerosi reperti archeologici.[37]  Biografia Magnifying glass icon mgx2.svgCronologia degli eventi principali riguardanti la vita di Marco Aurelio. Origini familiari Magnifying glass icon mgx2.svgAlbero genealogico degli Imperatori adottivi.  Un giovane Marco Aurelio (Musei Capitolini, Roma) La famiglia di Marco era di origine romana, ma stabilita da tempo a Ucubi (Colonia Claritas Iulia Ucubi, odierna Espejo),[38] una piccola cittadina della Spagna romana situata a sud est di Cordŭba. Essa salì alla ribalta alla fine del I secolo, quando il suo bisnonno, Marco Annio Vero, fu senatore e forse pretore. Nel 73-74 il nonno, anch'egli di nome Marco Annio Vero, fu elevato al rango di patrizio.[39][40] Il terzo Marco Annio Vero, cioè suo padre, sposò Domizia Lucilla.[41][42] Lucilla maggiore, la di lei nonna materna, aveva ereditato una grande fortuna, tra cui una fabbrica di mattoni (figlina) a Roma, attività alquanto redditizia in un'epoca in cui la città era interessata da una notevole espansione edilizia.[43]  La famiglia della madre era di rango consolare, mentre quella del padre vantava addirittura una discendenza da Numa Pompilio.[44]  Infanzia e giovinezza (121-136) Magnifying glass icon mgx2.svgEtà traianea e adrianea.  Busto di Marco Aurelio giovane uomo, Museo Archeologico Nazionale di Napoli, collezione Farnese. Il busto (fino al collo) è un rifacimento moderno. Marco Aurelio nacque a Roma da Lucilla e Vero il 26 aprile del 121, secondo il calendario romano il sesto giorno prima delle calende di maggio, l'anno del secondo consolato di suo nonno Marco Annio Vero, corrispondente all'anno 874 dalla fondazione di Roma;[44] la sorella, Annia Cornificia Faustina, nacque probabilmente nel 122 o nel 123.[43] Il padre Annio Vero morì giovane, durante la sua pretura,[45] presumibilmente nel 124,[46] quando Marco aveva solo tre anni. Anche se difficilmente può averlo conosciuto, Marco Aurelio scrisse nelle sue Meditazioni che aveva imparato "modestia e virilità" dal ricordo di suo padre e dalla sua reputazione postuma. Lucilla non si risposò più.[47]  La madre di Marco, come da usanza della nobilitas, trascorse poco tempo col figlio, affidandolo alle cure delle domestiche.[48] Ciononostante, Marco accredita a sua madre l'insegnamento della pietà religiosa, la semplicità nella dieta e come evitare le vie dei ricchi.[49] Nelle sue lettere Marco fa frequente e affettuoso riferimento alla madre, manifestandole la sua gratitudine, nonostante mia madre fosse condannata a morire giovane, trascorse i suoi ultimi anni di vita con me.[50]  Dopo la morte del padre, il piccolo Marco Aurelio andò a stare dal nonno paterno Marco Annio Vero. Ma anche Lucio Catilio Severo, descritto come il "bisnonno materno" di Marco (probabilmente il patrigno o padre adottivo di Lucilla maggiore), partecipò alla sua istruzione. Marco crebbe nella casa dei suoi genitori, sul Celio, dove era nato, in un quartiere che avrebbe affettuosamente ricordato come il mio Celio.[51]  Era una zona esclusiva, con pochi edifici pubblici e molte domus nobiliari fra cui il palazzo del nonno, adiacente al Laterano, dove Marco avrebbe trascorso gran parte della sua infanzia. Marco era riconoscente al nonno per avergli insegnato a tener lontano il brutto carattere,[52] ma era anche grato agli eventi che gli evitarono di vivere nella stessa casa con la concubina presa dal nonno dopo la morte della moglie, Rupilia Faustina. Evidentemente questa donna o qualcuno del suo seguito, secondo il Birley, potevano costituire una tentazione per il giovane Marco.[53]  La sua istruzione avvenne in casa, in linea con le tendenze aristocratiche del tempo.[54] Uno dei suoi maestri, Diogneto, si dimostrò particolarmente influente, introducendo Marco a una visione filosofica della vita e insegnandogli l'uso della ragione.[55] Nell'aprile del 132, per volere di Diogneto (da taluni identificato come il destinatario della lettera A Diogneto[56]), Marco prese a praticare le abitudini proprie dei filosofi e a utilizzarne l'abbigliamento, come il ruvido mantello greco.[57]  Altri tutores, Trosio Apro, Tuticio Proculo e il grammatico Alessandro di Cotieno, descritto come un importante letterato (il principale studioso omerico del suo tempo), continuarono a occuparsi della sua istruzione nel 132-133. Marco deve ad Alessandro la sua formazione nello stile letterario, rilevabile in molti passi dei Colloqui con sé stesso.[58]  Successione di Adriano (136-138) Magnifying glass icon mgx2.svgAntonino Pio § Adozione da parte di Adriano.  Busto dell'imperatore Adriano (Musei Capitolini, Roma) Alla fine del 136 Adriano, convalescente nella sua villa di Tivoli dopo aver rischiato di morire per un'emorragia, scelse Lucio Ceionio Commodo (conosciuto poi come Lucio Elio Cesare) come suo successore, adottandolo contro la volontà delle persone a lui vicine. Lucio però si ammalò e il 1º gennaio del 138 morì, costringendo il princeps Adriano a indicare un nuovo successore; era il 24 gennaio del 138 quando la scelta cadde su Aurelio Antonino,[59] il genero di Marco Annio Vero che il giorno successivo, dopo essere stato attentamente esaminato, fu accettato dal Senato e adottato col nome di Tito Elio Cesare Antonino. A sua volta, come da disposizioni dello stesso princeps, Antonino adottò Marco, allora diciassettenne, e il giovane Lucio Commodo, figlio dello scomparso Lucio Elio Vero.[60] Da questo momento Marco mutò il suo nome in Marco Elio Aurelio Vero e Lucio in Lucio Elio Aurelio Commodo. Marco rimase sconcertato quando seppe che Adriano lo aveva adottato come nipote: solo con riluttanza passò dalla casa di sua madre sul Celio a quella privata di Adriano, che il Birley ritiene non fosse ancora la «casa di Tiberio» (come veniva chiamata la residenza imperiale sul Palatino).[61]  Poco tempo più tardi, Adriano chiese in Senato che Marco fosse esentato dalla legge che richiedeva il venticinquesimo anno compiuto per il candidato alla carica di questore. Il Senato acconsentì e Marco divenne prima questore nel 139, ricevette quindi l'imperium proconsulare maius nel 139-140[62] e il consolato nel 140, a soli diciotto anni.[63] L'adozione facilitò il percorso della sua ascesa sociale: egli sarebbe verosimilmente divenuto prima triumvir monetalis (responsabile delle emissioni monetali imperiali) e in seguito tribunus militum in una legione. Marco probabilmente avrebbe preferito viaggiare e approfondire gli studi. Il suo biografo attesta che il suo carattere rimase inalterato: mostrava ancora lo stesso rispetto per i rapporti come aveva quando era un cittadino comune ed era così parsimonioso e attento dei suoi beni come lo era stato quando viveva in una abitazione privata.[64]  La salute di Adriano peggiorò al punto da fargli desiderare la morte,[65] tentando anche il suicidio, impeditogli dal successore Antonino.[66] L'imperatore, gravemente malato, lasciò Roma per la sua residenza estiva, una villa a Baiae, località balneare sulla costa campana, ove morì infine di edema polmonare il 10 luglio del 138. La successione di Antonino era ormai stabilita e non presentava appigli per eventuali colpi di mano. Per il suo comportamento, rispettoso dell'ordine senatorio e delle nuove regole, Antonino fu insignito dell'appellativo "Pio".[25][67]  Governo con Antonino Pio (139-161)  L'adozione (Monumento dei Parti, oggi presso il Museo di Efeso di Vienna): Antonino Pio (al centro) con Lucio Vero di sette anni (a destra) e Marco Aurelio di diciassette anni (a sinistra, alle spalle). All'estrema destra, sembra esserci Adriano. Magnifying glass icon mgx2.svgEtà antonina. Subito dopo la morte di Adriano, Antonino pregò la moglie Faustina di accertarsi se Marco fosse disposto a modificare i suoi precedenti accordi matrimoniali. Marco acconsentì a sciogliere la promessa fatta a Ceionia Fabia e a fidanzarsi con Faustina minore, la loro giovane e bella figlia, inizialmente promessa a Lucio.[68] Marco ricoprì il suo primo consolato nel 140, con Antonino come collega. In qualità di erede designato, fu quindi nominato princeps iuventutis, il comandante dell'ordine equestre. Assunse il titolo di Cesare,[69] divenendo Marco Elio Aurelio Vero Cesare, ma in seguito si schermì dal prendere troppo sul serio l'incarico.[70] Su invito del Senato, Marco venne inserito contemporaneamente nei principali collegi sacerdotali, tra i quali figuravano i pontifices, gli augures, i quindecemviri sacris faciundis e i septemviri epulones.[71]  Antonino gli chiese di prendere la residenza nella Domus Tiberiana, uno dei palazzi imperiali sul Palatino. Marco avrebbe avuto difficoltà a conciliare la vita di corte con le sue aspirazioni filosofiche, anche se ammirò sempre e profondamente Antonino come un uomo giusto, esempio di condotta integerrima.[72] Marco si convinse che la vita serena a corte doveva essere un obiettivo raggiungibile, dove la vita è possibile, allora è possibile vivere una vita giusta, la vita è possibile in un palazzo, per cui è possibile vivere la vita proprio in un palazzo[73][74] affermò, trovandolo comunque di difficile attuazione. Nei Colloqui con sé stesso Marco sembrava criticarsi per aver abusato della vita di corte di fronte alla società.[74][75]  Come questore, Marco sembra abbia ricoperto un ruolo amministrativo secondario: i compiti erano la lettura delle lettere imperiali al Senato, quando Antonino era assente, e più in generale quello di essere una sorta di segretario privato del princeps. I suoi compiti come console furono invece più significativi, presiedendo le riunioni che avevano un ruolo importante nelle funzioni amministrative del corpo statale. Si sentiva assorbito dal lavoro d'ufficio e se ne lamentò con il suo tutore Frontone: Sono senza fiato a causa di dover dettare quasi trenta lettere. Egli era stato, nelle parole del suo biografo, preparato per governare lo Stato.[63][76]  Il 1º gennaio 145, Marco venne nominato console per la seconda volta, a soli ventiquattro anni.[77] Una lettera di Frontone esortava Marco a dormire molto in modo che potrai entrare in Senato con un buon colorito e leggere il discorso con una voce forte. Marco si era lamentato di una malattia in una lettera precedente: Per quanto riguarda la mia forza essa è migliorata, sto cominciando a guarire e non vi è alcuna traccia di dolore nel mio petto, ma riguardo l'ulcera [...] sto facendo un trattamento e faccio attenzione a non fare nulla che interferisca con esso.[78] Marco era di salute cagionevole: lo storico romano Cassio Dione, scrivendo dei suoi ultimi anni, lo elogiò per essersi comportato a dovere, nonostante le numerose malattie.[79]  Matrimonio con Faustina  Busto di Faustina Minore, Louvre, Parigi. Nell'aprile del 145 Marco sposò la quattordicenne Faustina, come era stato programmato sin dal 138.[80] Secondo il diritto romano, per far sì che il matrimonio potesse aver luogo, fu necessario che Antonino liberasse ufficialmente uno dei due figli dalla sua autorità paterna; in caso contrario Marco, in quanto figlio adottivo di Antonino, avrebbe sposato sua sorella. Poco si sa della cerimonia stessa. Vennero coniate delle monete con le immagini degli sposi e di Antonino, che avrebbe officiato la cerimonia come pontifex maximus. Nelle lettere rimanenti Marco non fa esplicito riferimento al matrimonio, durato trentun anni, e accenna solo raramente a Faustina.[81]  Formazione oratoria e filosofica (136-147) Magnifying glass icon mgx2.svgPensiero di Marco Aurelio § Formazione filosofica e rapporto con i maestri. Dopo aver indossato la toga virilis nel 136 iniziò probabilmente la sua formazione oratoria. Aveva tre maestri di greco, tra cui Erode Attico, e uno di latino, Marco Cornelio Frontone, che Marco ricorda spesso come suo maestro di stile e di vita nei Colloqui con sé stesso.[82] Frontone e Attico erano gli oratori più stimati dell'epoca, ma divennero suoi precettori solo dopo la sua adozione da parte di Antonino, nel 138. La preponderanza dei tutores greci indica l'importanza di quella lingua per l'aristocrazia di Roma. Questa era l'età della seconda sofistica, una rinascita della letteratura greca. Sebbene istruito a Roma, Marco userà il greco per scrivere i suoi pensieri più profondi nei Colloqui con sé stesso.[63][83]  Erode era un uomo molto ricco e discusso, forse il più ricco d'Oriente e mal sopportava gli stoici, ma era un abile oratore e sofista; Marco, che sarebbe diventato proprio uno stoico, non lo ricorda affatto nei suoi Colloqui, nonostante si fossero incontrati molte volte nel corso dei decenni successivi.[84]   Quinto Giunio Rustico in un disegno riportato nel Crabbes Historical Dictionary, edizione 1825.  Busto di Erode Attico in marmo, risalente al II secolo d.C. e conservato al Museo del Louvre di Parigi. Frontone godeva di grande reputazione: nel mondo consapevolmente antiquato della letteratura latina era considerato, come oratore, secondo solo a Cicerone, una fama che oggi, in base ai pochi frammenti rimasti, può lasciare meravigliati.[85] Non correva una gran simpatia fra Frontone ed Erode; eppure i due seppero in ultimo far scorrere una vena di reciproca cortesia e gentilezza, grazie anche a Marco.[86]  Frontone non divenne insegnante a tempo pieno di Marco e continuò la sua carriera di avvocato. Una causa famosa lo portò in contrasto con Erode, che era il principale accusatore di Tiberio Claudio Demostrato, un notabile ateniese difeso proprio da Frontone. L'esito del processo è ignoto, ma Marco riuscì a far riconciliare i due.[87]  All'età di venticinque anni Marco cominciò a disamorarsi degli studi in giurisprudenza, mostrando segnali di un diffuso malessere. Era stanco dei suoi esercizi e di prendere posizione in dibattiti immaginari.[88] In ogni caso, l'istruzione formale di Marco era ormai finita. Aveva mantenuto con i suoi insegnanti buoni rapporti e continuava a seguirli con devozione, anche se la lunga istruzione ebbe negative influenze sulla sua salute.[89] Quando Marco era giovane Frontone lo aveva messo in guardia contro lo studio della filosofia, disapprovando come una deviazione giovanile le sue lezioni con Apollonio di Calcide.[90] Pur se Apollonio potrebbe aver introdotto Marco alla filosofia stoica, sarebbe stato Quinto Giunio Rustico, il vero successore di Seneca, ad aver esercitato la maggior influenza sul ragazzo. Marco s'ispirò anche ad Epitteto di Ierapoli, le cui letture fu proprio Rustico a suggerire.[91]  Nascite e morti nella famiglia (147-161) Il 30 novembre 147 Faustina diede alla luce una bambina di nome Domizia Faustina Aurelia. Era solo la prima di almeno quattordici figli (tra cui due coppie di gemelli) che Faustina avrebbe partorito nei successivi ventitré anni.[92] Il giorno successivo, 1º dicembre, Antonino Pio attribuì a Marco il potere tribunizio, mentre l'imperium, cioè l'autorità sugli eserciti e sulle province imperiali, potrebbe essergli già stato conferito nel 139-140.[62] Il potere tribunizio conferiva a Marco il diritto di proporre un provvedimento con prelazione sul Senato e sullo stesso Antonino. Questi poteri gli furono rinnovati, insieme ad Antonino, il 10 dicembre.[1][93]  La prima menzione di Domizia nelle lettere di Marco ne rivela la salute malferma.[94] Lui e Faustina furono molto occupati nella cura della bambina, che sarebbe morta poi nel 151.[92][95][96]  Nel 149 nacquero a Faustina due gemelli, celebrati da una moneta con cornucopie incrociate sotto i busti dei due bambini e la scritta "felicità dei tempi" (temporum felicitas). Essi però non sopravvissero a lungo. Tito Aurelio Antonino e T. Elio Aurelio, questi i nomi ricavati dagli epitaffi, morirono molto presto (entro la fine del 149) e furono sepolti nel mausoleo di Adriano.[92][96] Lo stesso Marco scrisse: Uno prega: «che io non debba perdere mio figlio!»; ma tu devi pregare: «che io non tema di perderlo!»[97]  Marco Aurelio: aureo[98] FAUSTINA MINOR RIC III 682-808351FAVSTINA AVGVSTA, busto con drappeggioFECVNDITA-TI AVGVSTAE, la Fecunditas (fertilità) seduta, con un bambino sulle ginocchia e altri due in piedi AV (7,37 g); 161 circa Il 7 marzo del 150 nacque una bambina, Annia Aurelia Galeria Lucilla, cui seguì Annia Aurelia Galeria Faustina, che sembra sia nata non più tardi del 153 (un altro figlio, Tito Elio Antonino, viene citato dalle fonti nel 152). Una moneta celebra la fertilità dell'Augusta (FECVNDITAS), raffigurando due bambine e un bambino (Lucilla, Faustina e Antonino, appunto).[98] Il maschio non sopravvisse a lungo, considerando che sulle monete del 156 erano raffigurate solo le due femmine. Egli potrebbe essere morto nel 152, lo stesso anno in cui mancò la sorella di Marco, Cornificia.[92][96]  Un settimo figlio nacque e morì poco dopo tra la fine del 157 e gli inizi del 158, come risulta da una lettera di Marco, datata 28 marzo del 158. Nel 159 e 160 Faustina diede alla luce altre due figlie: Fadilla e Cornificia, che portavano i nomi delle defunte sorelle di Faustina e di Marco.[99] Altri figli nacquero in seguito, oltre a Commodo e al gemello di questi, Fulvio Antonino. Si trattava di Marco Annio Vero Cesare, Vibia Aurelia Sabina e Adriano, che morì anche lui giovanissimo.[92][100]  Ultimi anni di Antonino (152-161) Nel 152 Lucio divenne questore all'età di ventitré anni, due anni prima dell'età legale (Marco aveva ricoperto lo stesso incarico a soli diciassette anni).[63] Nel 154 ottenne il consolato all'età di venticinque, sette anni prima dell'età legale. Lucio non aveva altri titoli onorifici, tranne quello di figlio dell'Augusto. Aveva una personalità molto diversa da Marco: amava l'attività sportiva di ogni genere, in particolare la caccia e la lotta, e aveva evidente piacere ad assistere ai giochi circensi e alle lotte dei gladiatori. Non si sposò fino al 164. Antonino Pio non condivideva i suoi stessi interessi: desiderava mantenere Lucio in famiglia, ma non era sicuro di potergli dare gloria e potere.[101] Come si nota dalle statue di questo periodo, Marco cominciò a portare la barba (oltre ai tipici capelli arricciati dell'età antonina), proseguendo la moda iniziata da Adriano,[102] seguita da Antonino e che durò a lungo, sostituendo il tradizionale aspetto dell'uomo romano, completamente sbarbato.[103]  Nel 156 Antonino Pio compì settanta anni. Godeva ancora di un discreto stato di salute, seppure avesse difficoltà a stare eretto senza utilizzare dei sostegni. Il ruolo di Marco andò via via crescendo, in particolare quando il prefetto del pretorio Gavio Massimo, che per quasi vent'anni era risultato di fondamentale importanza con i suoi consigli su come governare, morì tra il 156 e il 157. Il suo successore, Gavio Tattio Massimo, sembra non avesse lo stesso peso politico presso il princeps e poi non durò a lungo.[104] Nel 161 Marco e Lucio furono designati consoli insieme, forse perché il padre adottivo sentiva avvicinarsi la fine che infatti giunse nei primi mesi dello stesso anno.[105][106] Secondo i racconti della Historia Augusta l'imperatore, che si trovava nella sua tenuta di Lorium, due giorni prima di morire aveva fatto indigestione, vomitò e fu colto da febbre. Aggravatosi il giorno successivo, il 7 marzo 161, convocò il consiglio imperiale (compresi i prefetti del pretorio Furio Vittorino e Sesto Cornelio Repentino) e passò tutti i suoi poteri a Marco, ordinando che la statua d'oro della Fortuna, che era nella camera da letto degli imperatori, fosse portata da Marco. Diede quindi la parola d'ordine al tribuno di guardia, «equanimità», poi si girò, come per andare a dormire, e morì all'età di settantacinque anni.[105][107]  Principato (161-180) Ascesa alla porpora imperiale Magnifying glass icon mgx2.svgDinastia degli Antonini.Dopo la morte di Antonino Pio, Marco Aurelio era di fatto unico princeps dell'Impero. Il Senato gli avrebbe presto concesso il titolo di Augusto e di imperator, oltre a quello di Pontifex Maximus, sacerdote a capo dei culti ufficiali della religione romana. Sembra che Marco dimostrasse, almeno inizialmente, tutta la sua riluttanza a farsi carico del potere imperiale, poiché il suo biografo scrive che fu "costretto dal Senato ad assumere la direzione della Res publica dopo la morte di Pio". Egli deve aver avuto una vera e propria paura del potere imperiale (horror imperii), considerando la sua predilezione per la vita filosofica, ma sapeva, da stoico qual era, quello che doveva fare e come farlo.[108]  Governo imperiale con Lucio (161-169) Anche se nei Colloqui con sé stesso non sembra mostrare affetto personale per Adriano, Marco lo rispettò molto e presumibilmente ritenne suo dovere metterne in atto i piani di successione. E così, anche se il Senato voleva confermare solo lui, egli rifiutò di entrare in carica senza che Lucio ricevesse gli stessi onori: alla fine il Senato fu costretto ad accettare e insignì Lucio Vero del titolo di Augustus. Marco divenne, nella titolatura ufficiale, Imperatore Cesare Marco Aurelio Antonino Augusto mentre Lucio, assumendo il nome di famiglia di Marco, Vero, e rinunciando al suo cognomen di Commodo, divenne Imperatore Cesare Lucio Aurelio Vero Augusto. Per la prima volta Roma veniva governata da due imperatori contemporaneamente.[109]  Fin dalla sua ascesa al principato, Marco ottenne dal Senato che Lucio Vero gli fosse associato su un piano di parità (diarchia),[62][69] con gli stessi titoli, ad eccezione del pontificato massimo che non si poteva condividere.[21][109] La formula era innovativa: per la prima volta alla testa dell'impero vi era una collegialità e una parità totale tra i due principes. In teoria i due fratelli ebbero gli stessi poteri, in realtà Marco conservò una preminenza che Vero mai contestò.[110] Le ragioni pratiche di questa collegialità, voluta da Adriano forse per onorare la memoria di Lucio Elio, adottandone il figlio, e al tempo stesso lasciare l'impero a Marco Aurelio di cui aveva capito le grandi qualità, non sono completamente chiare.[111] A dispetto della loro uguaglianza nominale, Marco ebbe maggior auctoritas di Lucio Vero. Fu console una volta di più, avendo condiviso la carica già con Antonino Pio, e fu il solo a divenire Pontifex Maximus. E questo fu chiaro a tutti. L'imperatore più anziano deteneva un comando superiore al fratello più giovane: Vero obbedì a Marco... come il tenente obbedisce a un proconsole o un governatore obbedisce all'imperatore.[109][112]  Subito dopo la conferma del Senato, gli imperatori procedettero alla cerimonia di insediamento presso i Castra Praetoria, l'accampamento della guardia pretoriana. Lucio affrontò le truppe schierate, che acclamarono la coppia di imperatores. Poi, come ogni nuovo imperatore, da Claudio in poi, Lucio promise alle truppe un donativo speciale, che fu il doppio di quelli passati: 20.000 sesterzi (5.000 denari) pro capite ai pretoriani, e in proporzione agli altri militari dell'esercito.[113] In cambio della donazione, pari a diversi anni di stipendium, le truppe giurarono fedeltà ai due imperatori. La cerimonia non del tutto necessaria, considerando che l'ascesa di Marco era stata pacifica e incontrastata, costituì comunque una valida assicurazione contro possibili rivolte da parte dei militari.[109] In seguito a questi eventi sembra che la moneta d'argento, il denario, cominciò un lento processo di svalutazione, che portò sia alla riduzione del suo peso che del suo titolo (% di argento presente nella lega), che passò dall'89% dell'epoca di Traiano al 79%.[109][114]  Il funerale di Antonino fu celebrato in modo che lo spirito potesse ascendere agli dèi, come era tradizione. Il corpo venne posto su una pira. Lucio e Marco divinizzarono il padre adottivo attraverso un sacerdozio preposto al suo culto, con il consenso del Senato.[115] Secondo le sue ultime volontà, il patrimonio di Antonino non passò direttamente a Marco,[116] ma a Faustina, che in quel momento era incinta di tre mesi. Durante la gravidanza sognò di dare vita a due serpenti, uno più agguerrito rispetto all'altro.[117][118] Il 31 agosto a Lanuvium nacquero infatti due gemelli: Tito Aurelio Fulvio Antonino e Commodo, che poi sarebbe succeduto al padre come imperatore. A parte il fatto che i gemelli erano nati lo stesso giorno di Caligola, i presagi sembra fossero favorevoli, e gli astrologi trassero auspici positivi per i due neonati. Le nascite furono celebrate sulla monetazione imperiale.[119]   Statua equestre di Marco Aurelio (Equus Marci Aurelii Antonini), in bronzo, situata al Campidoglio (copia moderna non fedele dell'originale che si trova ai Musei capitolini) Subito dopo l'adozione, Marco promise come sposa a Lucio la figlia undicenne, Lucilla, nonostante fosse formalmente suo zio.[120] Alle celebrazioni dell'evento, furono donate delle somme per i bambini poveri, come aveva fatto in precedenza Antonino Pio quando volle commemorare la moglie scomparsa. I sovrani divennero popolari tra la gente di Roma.[118] Gli imperatori concessero piena libertà di parola, come dimostra il fatto che un noto commediografo, un certo Marullus, poté criticarli senza subire ritorsioni. In ogni altro momento, sotto qualsiasi altro imperatore, sarebbe stato giustiziato. Ma era un periodo di pace e di clemenza e il biografo riporta che Nessuno rimpiangeva i modi miti di Pio.[118][121]  Marco Aurelio sostituì vari funzionari dell'impero: Sesto Cecilio Crescenzio Volusiano, responsabile della corrispondenza imperiale, con Tito Vario Clemente, un provinciale, originario del Norico, che aveva prestato servizio militare nella guerra in Mauretania e in seguito aveva servito come Procurator Augusti in cinque differenti province. Costituiva l'uomo adatto per affrontare un periodo di emergenza militare.[122] Lucio Volusio Meciano, che era stato uno degli insegnanti di Marco Aurelio, era governatore della prefettura d'Egitto. Marco lo nominò senatore, poi prefetto della tesoreria (Praefectus aerarii Saturni) e poco dopo ottenne anche il consolato.[123] Il figlio adottivo di Frontone, Gaio Aufidio Vittorino, padre dei futuri consoli di età severiana Gaio Aufidio Vittorino[124] e Marco Aufidio Frontone, venne nominato governatore della Germania superiore.[125]  Non appena la notizia dell'ascesa imperiale dei suoi allievi lo raggiunse, Frontone lasciò la sua casa di Cirta e il 28 marzo rientrò nella sua residenza romana. Inviò una nota al liberto imperiale Charilas, chiedendo di potersi mettere in contatto con gli imperatori poiché, disse in seguito, non aveva osato scrivere direttamente agli imperatori.[126] L'insegnante si dimostrò immensamente orgoglioso dei suoi allievi. Egli, ripensando al discorso tenuto per l'ascesa al consolato del 143, elogiò Marco con queste parole: C'era allora una straordinaria capacità naturale in te, perfezionata ora in eccellenza, il grano che cresceva è ora un raccolto maturo. Lucio era invece meno stimato dallo stesso precettore, i suoi interessi erano di livello inferiore.[118]   Annia Lucilla, figlia di Marco e moglie di Lucio Vero Il primo periodo di regno procedette senza intoppi, così che Marco Aurelio poté dedicarsi alla filosofia e alla ricerca dell'affetto popolare. Ben presto, però, nuove preoccupazioni avrebbero significato la fine della Felicitas temporum, che il conio del 161 aveva con disinvoltura proclamato.[127]  Nell'autunno del 161, il Tevere esondò dalle sue sponde, devastando alcune comunità italiche e gran parte di Roma. Annegarono molti animali, lasciando la città in preda alla carestia. «Marco e Lucio affrontarono personalmente questi disastri» e le comunità italiche colpite dalla carestia furono aiutate, permettendo loro di rifornirsi del grano della capitale.[127][128] In altri tempi di carestia, gli imperatori avevano tenuto le comunità italiche fuori dai granai romani.[129]  Gli insegnamenti di Frontone continuarono nei primi anni di regno di Marco. Frontone riteneva che, visto il ruolo ricoperto da Marco, le lezioni fossero più importanti oggi di quanto non fossero mai state prima. Riteneva che Marco desiderasse riacquistare l'eloquenza di una volta, eloquenza per la quale aveva per un certo periodo di tempo perso interesse.[130] Frontone ricordò nuovamente al suo allievo l'antitesi tra il suo ruolo e le sue aspirazioni filosofiche: Supponiamo, Cesare, che tu possa raggiungere la saggezza di Cleante e Zenone, eppure, contro la tua volontà, tu non possa comunque avere la mantella di lana del filosofo.  I primi giorni di regno di Marco furono i più felici della vita di Frontone: il suo allievo era amato dal popolo di Roma, era un ottimo imperatore, uno studente appassionato, e, forse più importante, eloquente come lui voleva. Marco diede prova di grande abilità retorica nel suo discorso al Senato dopo un terremoto avvenuto a Cizico. Aveva trasmesso il dramma del disastro, e il senato era stato intimorito: improvvisamente la mente degli ascoltatori era più violentemente agitata durante il discorso, che la città durante il terremoto". E Frontone ne fu enormemente soddisfatto.[130]  Politica interna: l'amministrazione dello stato In politica interna, Marco Aurelio si comportò, come già Augusto, Nerva e Traiano, da princeps senatus, cioè "primo tra i senatori" e non da monarca assoluto, rivelandosi rispettoso delle prerogative del Senato, consentendogli di discutere e di decidere sui principali affari di Stato, come le dichiarazioni di guerra alle popolazioni ostili o le stipule dei trattati, come anche sulle nomine alle magistrature.[131] Avviò anche una politica tendente a valorizzare le altre categorie sociali: ai provinciali fu reso possibile raggiungere le più alte cariche dell'amministrazione statale. Né ricchezza, né illustri antenati influenzarono il giudizio di Marco, ma solo il merito personale. Egli concesse cariche a persone che riconosceva come illustri eruditi e filosofi, senza guardare alla loro condizione di nascita.[132] L'assetto amministrativo introdotto da Augusto quasi centocinquant'anni prima, che fino a quel momento aveva preservato l'Impero anche quando si erano succeduti imperatori dissoluti come Caligola e Nerone, oppure in occasione della guerra civile del 69, era imponente e la sua classe dirigente cominciava ad acquisire piena consapevolezza del proprio potere.[133]  Lavoro legale e amministrativo Marco istituì l'anagrafe: ogni cittadino romano aveva l'obbligo di registrare i propri figli entro trenta giorni dalla loro nascita; colpì l'usura, regolarizzò le vendite pubbliche[134] e distrusse tutti i libelli diffamatori che circolavano su molte persone.[135] Proibì i processi pubblici prima che fossero raccolte prove certe, garantì ai senatori l'antica immunità dalle condanne capitali, a meno che ci fossero prove certe e una condanna ufficiale.[132] Impiegò il denaro non in splendide architetture, ma in opere di ricostruzione estremamente necessarie, o in migliorie della rete stradale, da cui dipendeva la difesa dell'impero e il progresso del commercio, o in fortezze, accampamenti e città.[135][136] Egli non amava particolarmente i giochi gladiatorii e gli spettacoli cruenti del circo, ma li indiceva e li frequentava solo se non poteva esimersi; più tardi formò unità militari ausiliarie di gladiatori a supporto delle legioni del nord, ma dovette richiamarli per il malcontento del popolo che, nonostante le economie necessarie a causa della guerra, reclamava il suo divertimento.[137] Non riuscì a realizzare i suoi ideali stoici di eguaglianza e libertà perché l'esigenza di controllare le finanze locali portò alla formazione di una classe burocratica che presto volle arrogarsi diritti e privilegi e che si costituì quale classe chiusa.   Marco Aurelio Pontefice Massimo Trascorse, inoltre, molto tempo del suo regno a difendere le frontiere.[138]  Tra le altre leggi proibì la tortura per i cittadini eminenti, prima e dopo la condanna, poi per tutti i cittadini liberi, come era stato in epoca repubblicana.[139] Restò valida per gli schiavi, ma solo se non si trovavano altre prove.[140] Venne comunque proibito di vendere uno schiavo per utilizzarlo nei combattimenti contro le belve.[141]  Nei processi da lui presieduti cercò sempre la massima giustizia ed equità per tutti, anche quando doveva emettere una condanna secondo le leggi.[142] Marco e Lucio stabilirono ad esempio la non punibilità di un figlio che avesse ucciso un genitore in un momento di follia, materializzando così un primo concetto di infermità mentale.[143] Come molti imperatori, Marco trascorse la maggior parte del suo tempo ad affrontare questioni di diritto come petizioni e controversie, prendendosi molta cura nella teoria e nella pratica della legislazione. Avvocati di professione lo definirono un «imperatore versato nella legge» e, come sosteneva il grande Emilio Papiniano, «molto prudente e coscienziosamente giusto».[144] Egli mostrò uno spiccato interesse in tre aree del diritto: l'affrancamento degli schiavi, la tutela degli orfani e dei minori, e la scelta dei consiglieri cittadini (decuriones). Rivalutò la moneta da lui svalutata, ma due anni dopo tornò sui suoi passi a causa della grave crisi militare che l'impero stava affrontando a causa delle guerre marcomanniche.[145]  E mentre il fratello Lucio era impegnato in Oriente contro i Parti, Marco era impegnato a Roma in questioni familiari. La prozia Vibia Matidia era morta e sul suo testamento pendeva una disputa legale, dato che il suo ingente patrimonio aveva attratto l'attenzione di molte persone. Alcuni dei suoi clientes erano riusciti a farsi includere nel suo testamento attraverso vari codicilli. Tuttavia, le sue volontà non potevano essere riconosciute come valide, poiché in contrasto con la lex Falcidia: Matidia aveva infatti assegnato più di tre quarti del suo patrimonio non alla propria familia ma a gente estranea, fra cui un gran numero di suoi clientes. Marco si trovò così in una posizione imbarazzante, dato che Matidia non aveva mai confermato la validità dei documenti, anche se sul letto di morte alcuni dei sedicenti eredi avevano colto l'opportunità per farli convalidare. Frontone esortò Marco a portare avanti le rivendicazioni della famiglia ma quest'ultimo, studiato attentamente il caso, preferì che fosse il fratello a prendere la decisione finale.[146]  Benché a Roma vigessero la tortura e la pena di morte, applicate con facilità soprattutto nei confronti di schiavi e stranieri, la normativa di molti imperatori "illuminati" cercò di ridurre il numero di reati punibili con pene severe, come in passato aveva già fatto Tito.[147][148]  Per Marco anche gli schiavi andavano trattati come persone, seppure subordinate, e non come oggetti,[149] evitando quindi ogni crudeltà e rispettandone la dignità, a differenza dei cristiani che spesso non si pronunciavano a favore della classe servile.[150] Alcuni critici tuttavia temevano che il movimento filosofico-giuridico legato alla politica di affrancamento degli Antonini, se non fosse stato profondamente ancorato al sistema economico romano, basato principalmente sulla schiavitù, avrebbe portato all'abolizione de facto dell'istituto servile entro un secolo, ed avrebbe comportato gravi ripercussioni economiche.[151]  Marco mostrò un grande interessamento affinché a ogni schiavo fosse data la possibilità di riguadagnare la propria libertà, qualora il padrone avesse espresso la propria disponibilità a restituirgliela. Si racconta, infatti, che in una causa di manomissione, portata alla sua attenzione dall'amico Aufidio Vittorino, e citata in seguito dai giuristi come un precedente decisivo, egli favorì uno schiavo. Coerente con lo stoicismo, filosofia contraria alla schiavitù, emanò numerose norme favorevoli alla classe servile, estendendo le leggi già promulgate dai suoi predecessori, a partire da Traiano, e ribadendo per esempio il concetto di diritto di asilo per gli schiavi fuggitivi (che potevano essere puniti e uccisi in ogni modo dal padrone) garantendo loro l'immunità finché si trovassero presso qualsiasi tempio o qualsiasi statua dell'imperatore.[152]  Politica estera Guerra partica (161/2-166) Magnifying glass icon mgx2.svgCampagne partiche di Lucio Vero. Sul letto di morte, Antonino Pio aveva espresso la sua collera nei confronti di alcuni re clienti, che il Birley interpreta fossero quelli posti lungo i confini orientali.[153] Il cambio al vertice dell'Impero romano sembra infatti abbia incoraggiato Vologese IV di Partia ad aggredire, nella seconda metà del 161, il Regno d'Armenia, alleato dell'Impero romano, nominando un re fantoccio a lui gradito, Pacoro III, un arsacide come lui.[154][155] L'Impero dei Parti, sconfitto e parzialmente sottomesso da Traiano quasi cinquant'anni prima (114-116), era così tornato a rinnovare i suoi attacchi alle province orientali romane dagli antichi territori dell'Impero persiano.[154][156]  Il governatore della Cappadocia, Marco Sedazio Severiano, convinto che avrebbe potuto sconfiggere i Parti facilmente,[157] condusse una delle sue legioni in Armenia, ma a Elegia fu sconfitto e preferì suicidarsi, mentre l'intera legione veniva completamente distrutta.[154][158]  E mentre tutto ciò accadeva in Oriente, nuove minacce si profilavano lungo le frontiere settentrionali della Britannia e del limes germanico-retico, dove i Catti dei monti Taunus erano penetrati negli Agri Decumates.[154] Sembra che Marco non fosse pronto ad affrontare simili problematiche poiché, come ricorda il suo biografo, non aveva potuto maturare un'adeguata esperienza militare, avendo trascorso l'intero periodo del regno di Antonino Pio in Italia e non nelle province, al contrario dei suoi predecessori, come Traiano o Adriano.[122]   Scena di guerra tra Romani e Parti, sul Monumento dei Parti a Efeso, celebrativo delle vittorie di Lucio Vero e Marco Aurelio contro Vologese IV. Poco dopo giunse la notizia che anche l'esercito del governatore provinciale della Siria era stato sconfitto dai Parti e che si stava ritirando disordinatamente. Era quindi necessario intervenire con grande rapidità, anche nella scelta dei migliori ufficiali da inviare lungo quel settore dell'Impero così strategicamente importante. Marco pose a capo della spedizione (expeditio parthica) il fratello Lucio perché, come suggerisce Cassio Dione, era robusto e più giovane del fratello Marco, più adatto all'attività militare.[159] Il Birley suggerisce che Marco volesse spingere Lucio ad abbandonare la vita dissoluta che conduceva e a capire i suoi doveri. In ogni caso, il Senato diede il suo assenso, e nell'estate del 162 Lucio partì, lasciando Marco Aurelio a Roma, perché la città ha chiesto la presenza di un imperatore.[160] Era però necessario affiancare a Lucio un adeguato staff militare (comitatus), ampio e ricco di esperienza, e che comprendesse anche uno dei due prefetti del pretorio: il prescelto fu Tito Furio Vittorino.[161]  I rinforzi vennero inviati da numerose province imperiali fino alla frontiera partica.[162] Frattanto Marco si ritirò per quattro giorni a Alsium, una nota località turistica sulle coste dell'Etruria, ma le numerose preoccupazioni gli impedirono di rilassarsi. Egli scrisse allora all'amico Frontone, dicendogli che avrebbe evitato di descrivergli nei particolari quello che stava facendo a Alsium, perché sapeva che sarebbe stato rimproverato. Frontone rispose ironicamente e lo incoraggiò a riposare, prendendo esempio dai suoi predecessori: Antonino era stato un appassionato di palaestra, di pesca e di teatro, Marco trascorreva invece gran parte delle sue notti insonni a risolvere questioni giudiziarie. Dai loro scambi epistolari sappiamo che Marco non riuscì a mettere in pratica i consigli di Frontone poiché ho doveri che incombono su di me che difficilmente possono essere delegati e rimandati, adducendo la sua devozione al dovere. Conclude informandosi della salute dell'amico e salutandolo addio mio ottimo maestro, uomo dal cuore buono.[163]  Frontone rispose qualche tempo dopo, inviando all'amico una selezione di letture e, per rimediare al suo disagio per lo svolgimento della guerra contro i Parti, una lunga e meditata lettera, piena di riferimenti storici, indicata, nelle edizioni moderne sulle opere di Frontone, De bello Parthico (Sulla guerra partica). Frontone scrive che, anche se in passato Roma aveva subito pesanti sconfitte, alla fine i Romani avevano sempre prevalso sui loro nemici: Sempre e ovunque [Marte] ha cambiato le nostre difficoltà in successi e i nostri terrori in trionfi.[164]   Il teatro delle campagne militari orientali di Lucio Vero Intanto Lucio, partito dall'Italia e giunto dopo un lungo viaggio in Siria, fece di Antiochia il suo "quartier generale", trascorrendo gli inverni a Laodicea e le estati a Daphne.[165]  Durante la guerra, nel periodo autunnale/invernale del 163 o del 164, Lucio andò a Efeso per sposarsi con Lucilla, secondo quanto stabilito da Marco, nonostante circolassero voci sulle sue amanti, in particolare su una certa Panthea, donna di umili origini. Lucilla aveva circa quindici anni e venne accompagnata dalla madre Faustina, insieme a uno zio di Lucio, Marco Vettuleno Civica Barbaro, nominato per l'occasione comes Augusti. Marco che avrebbe voluto accompagnare la figlia fino a Smirne, in realtà non andò oltre Brindisi. Una volta tornato a Roma, inviò istruzioni specifiche ai governatori provinciali affinché non preparassero alcun ricevimento ufficiale.[166][167]  La capitale armena Artaxata, venne presa nel 163 e alla fine di quello stesso anno Lucio assunse il titolo di Armeniacus, pur non avendo mai partecipato direttamente alle operazioni militari, mentre Marco si rifiutò di accettare l'appellativo fino all'anno successivo. Al contrario, quando Lucio venne acclamato imperator, anche Marco accettò la sua seconda salutatio imperatoria.[168][169]  Nel 164 le armate romane si attestarono stabilmente in Armenia e l'ex console di origine emesana, Gaio Giulio Soemo, venne incoronato re tributario d'Armenia,[170] con l'assenso di Marco.[169][171][172] Il 165 vide le armate romane entrare vittoriose in Mesopotamia, dove posero sul trono il re vassallo Manno. Avidio Cassio raggiunse le metropoli gemelle della Mesopotamia: Seleucia, sulla riva destra del Tigri, e Ctesifonte su quella sinistra. Entrambe le città vennero occupate e date alle fiamme.[173] Cassio, nonostante la penuria di rifornimenti e i primi effetti della peste contratta a Seleucia, riuscì a riportare indietro e in buon ordine la sua armata vittoriosa. Lucio venne così acclamato Parthicus Maximus, mentre insieme a Marco venne salutato nuovamente imperator, ottenendo la sua seconda acclamazione imperiale.[173] Nel 166 ancora Avidio Cassio invase il paese dei Medi, al di là del Tigri, permettendo a Lucio di fregiarsi del titolo vittorioso di Medicus, mentre Marco otteneva la IV salutatio imperatoria e il titolo di Parthicus Maximus.[174][175]  I Parti si ritirarono nei loro territori, a oriente della Mesopotamia. Marco sapeva di dover ascrivere il maggior merito della vittoria finale allo staff militare del fratello Lucio. Tra i comandanti romani si distinse Gaio Avidio Cassio, legatus legionis della III Gallica, una delle legioni siriane.[167][175]  Al ritorno dalla campagna, a Lucio venne tributato un trionfo (12 ottobre del 166). La parata risultò insolita perché comprendeva i due imperatori, i loro figli e le figlie nubili, come una grande festa di famiglia. Nell'occasione Marco elevò i due figli, Commodo di cinque anni e Marco Annio Vero di tre al rango di Cesare (il gemello di Commodo, Fulvio Antonino, era morto l'anno precedente).[176]  Scambi commerciali con l'Oriente Magnifying glass icon mgx2.svgRelazioni diplomatiche sino-romane. Proprio durante la guerra partica Marco potrebbe aver favorito l'apertura di nuove vie commerciali con l'Estremo Oriente. Si ricorda, infatti, negli annali del "Celeste impero", un'ambasceria inviata presso l'Imperatore cinese della dinastia Han, Huandi (nel 166), nella quale i Cinesi chiamarono l'imperatore romano col nome di Ngan-touen o Antoun. Ciò sembra confermare che tale ambasceria (forse composta da soli mercanti), sia giunta in Estremo Oriente proprio durante il regno di Marco Aurelio o del suo predecessore, Antonino Pio, in quanto Antoun equivarrebbe in lingua cinese al nome latino della famiglia imperiale degli "Anto[u]n-ini".[177]  Guerre marcomanniche Magnifying glass icon mgx2.svgGuerre marcomanniche.  Statua di Marco Aurelio in uniforme militare (Museo del Louvre, Parigi).  Marcomanni e Sarmati nel 178 Il figlio adottivo di Frontone, Gaio Aufidio Vittorino, venne inviato, dal 162 al 166, a governare la provincia della Germania superiore, ove si trasferì con l'intera famiglia (a parte un figlio che rimase a Roma con i nonni). La situazione lungo la frontiera settentrionale si presentava estremamente difficile. Una postazione lungo gli Agri Decumati era stata distrutta e sembra che molte delle popolazioni dell'Europa centrale e settentrionale fossero in fermento. Regnava, inoltre, molta corruzione tra gli ufficiali romani: Vittorino fu costretto, infatti, a chiedere le dimissioni di un legatus legionis che aveva preso tangenti[27][178][179] e numerosi governatori esperti vennero sostituiti da amici e parenti della famiglia imperiale.[179][180]  A partire dal 160, le tribù germaniche e altri popoli nomadi avevano iniziato le prime incursioni lungo i confini settentrionali romani, in particolare in Gallia e sul Danubio. Questo nuovo slancio verso occidente era causato dalle pressioni che subivano a loro volta dalle tribù germaniche più orientali e settentrionali. Una prima invasione di Catti nella Germania superiore era stata respinta nel 162.[179] Molto più pericolosa fu l'invasione del 166, quando i Marcomanni della Boemia, clienti dell'impero romano dal 19 (ma ribelli sotto Domiziano, che vi scatenò contro un'offensiva), attraversarono il Danubio, insieme a Longobardi e altre tribù germaniche. Contemporaneamente, i Sarmati Iazigi attaccarono i territori compresi tra il Danubio e il fiume Tibisco.[181]  Secondo la Historia Augusta, conclusa la guerra partica, scoppiava così quella contro i Marcomanni, una coalizione di natura militare, composta da una decina di popolazioni germaniche e sarmatiche (dai Marcomanni propriamente detti della Moravia, ai Quadi della Slovacchia, dalle popolazioni vandaliche dell'area carpatica, agli Iazigi della piana del Tibisco, fino ai Buri di stirpe suebica del Banato). Era la naturale conseguenza di una serie di forti agitazioni interne e dei continui flussi migratori che avevano ormai modificato gli equilibri con il vicino Impero romano. Questi popoli erano alla ricerca di nuovi territori dove insediarsi, sia in conseguenza della forte spinta che subivano da altre popolazioni, sia per il continuo aumento demografico della Germania Magna. Erano, inoltre, attratti dalle ricchezze e dalla vita agiata del mondo romano.[182]  In quel periodo la frontiera danubiana non poteva contare su buona parte dei suoi effettivi, sia perché molte legioni avevano dovuto destinare consistenti distaccamenti alla guerra partica, sia perché la grave epidemia di peste aveva falcidiato numerosi reparti. Tale epidemia avrebbe causato una catastrofe demografica prolungatasi per oltre un ventennio e paragonabile a quella causata dalla peste nera.[183] Nel 166/167 avvenne il primo scontro lungo il limes pannonicus ad opera di poche bande di predoni longobardi e osii che, grazie al sollecito intervento delle truppe di confine, furono prontamente respinte. La pace stipulata con le limitrofe popolazioni germaniche a nord del Danubio fu gestita direttamente dagli stessi imperatori, Marco e Lucio, ormai diffidenti nei confronti dei barbari aggressori, recatisi pertanto fino alla lontana fortezza legionaria di Carnunto (nel 168).[184]  Peste antonina Magnifying glass icon mgx2.svgPeste antonina. Al ritorno dalla campagna partica l'esercito portò con sé una terribile pestilenza, in seguito conosciuta come la "peste antonina" o "peste di Galeno", che si diffuse a partire dalle fine del 165 per quasi un ventennio, mietendo milioni di vittime e riducendo drasticamente la popolazione dell'Impero romano. Qualche anno dopo la malattia, una pandemia che oggi si ritiene potesse invece essere vaiolo o morbillo,[185] avrebbe finito per reclamare la vita dei due imperatori stessi. La malattia scoppiò di nuovo, nove anni più tardi, secondo Dione, e causò fino a 2.000 morti al giorno a Roma, infettando fino a un quarto dell'intera popolazione. I decessi totali sono stati stimati in cinque milioni.[30][186]  Unico imperatore (169-176) Frontiere settentrionali (169-175)  La colonna di Marco Aurelio o colonna antonina, fatta costruire dal figlio Commodo Dopo che la morte colse Lucio agli inizi del 169 (secondo la Historia Augusta in seguito ad un attacco apoplettico che lo colpì non molto distante da Aquileia,[187] mentre autori moderni sostengono che il decesso, forse causato dalla stessa peste, sopraggiunse mentre era impegnato in nuove manovre militari lungo il limes danubiano),[184] Marco Aurelio si trovò ad affrontare da solo i barbari ribelli e con decisione, piuttosto che imporre nuove tasse ai provinciali, organizzò una vendita all'asta nel Foro di Traiano degli oggetti preziosi appartenenti al patrimonio imperiale, tra cui coppe d'oro e di cristallo, vasellame regale, vesti di seta, trapunte d'oro appartenuti anche all'augusta moglie, oltre a una raccolta di gemme trovata in un forziere di Adriano.[188]  In quell'anno Marco diede alla figlia Lucilla, rimasta vedova di Vero, un nuovo marito, il fedele Claudio Pompeiano, un militare esperto e affidabile, premiato in seguito con il consolato, nel 173. Marco avrebbe voluto associarlo al trono, al posto dello scomparso Lucio Vero, conferendogli perlomeno il titolo di Cesare, ma egli rifiutò sempre la porpora imperiale.[189]  Frattanto lungo il fronte settentrionale, i Romani subirono un paio di pesanti sconfitte contro le popolazioni di Quadi e Marcomanni le quali, una volta penetrate lungo la via dell'ambra e attraversate le Alpi, devastarono Opitergium (Oderzo) e assediarono Aquileia, il cuore della Venetia, la principale città romana del nord-est dell'Italia.[27][190] Questo evento provocò un'enorme impressione:[191] era dai tempi di Mario che una popolazione barbara non assediava dei centri del nord Italia.[192]  Contemporaneamente la popolazione dei Costoboci, proveniente dalla zona dei Carpazi orientali, aveva invaso la Mesia e la Macedonia, spingendosi fino in Grecia, dove riuscì a saccheggiare il santuario di Eleusi. Dopo una lunga lotta, Marco riuscì a respingere gli invasori. Numerosi barbari germanici vennero allora stabiliti nelle regioni di frontiera come la Dacia, le due Pannonie, le due Germanie e la stessa Italia. E sebbene ciò non costituisse una novità, Marco si adoperò per creare sulla riva sinistra del Danubio, tra l'odierna Repubblica Ceca e l'Ungheria, due nuove province di frontiera chiamate Sarmazia e Marcomannia. Quelli che erano stati insediati a Ravenna si ribellarono e riuscirono a impadronirsi della città. Per questo motivo, Marco non portò mai più nessun altro barbaro in Italia, e mise al bando quelli che qui si erano stabili ti in precedenza.[193]   Il miracolo della pioggia. Marco fu così costretto a combattere una lunga ed estenuante guerra contro le popolazioni barbariche del Nord, prima respingendole e "ripulendo" i territori della Gallia Cisalpina, del Norico e della Rezia (170-171), poi contrattaccando con una massiccia offensiva in territorio germanico (172-173) e sarmatico (174-175), in scontri prolungatisi per diversi anni.[194] L'imperatore, in seguito a questi conflitti, poté fregiarsi dei cognomina Germanicus (172) e Sarmaticus (175), ma contestualmente abbandonò ufficialmente i titoli Armeniaco, Medico e Partico, che non volle più tenere dopo la morte di Lucio Vero, giacché andava a quest'ultimo il merito del loro conseguimento;[195] tuttavia egli, per via dell'impegno profuso lungo il fronte pannonico, non riuscirà più a far ritorno a Roma.  Dione e gli altri biografi raccontano anche alcuni episodi particolari della guerra, come il cosiddetto miracolo della pioggia, rappresentato anche nella scena XVI sulla colonna di Marco Aurelio.[196] I Romani, circondati dai Quadi in territorio nemico, si salvarono a stento da un possibile nuovo disastro. L'evento fu utilizzato dagli apologeti cristiani per sostenere che non sarebbero state le preghiere dell'imperatore a ottenere la pioggia in favore dei soldati romani assetati, ma quelle di alcuni legionari di fede cristiana.[197]  Sempre nel 172-173 scoppiò una violenta rivolta in Egitto, guidata dal sacerdote Isidoro, che arrivò a minacciare la stessa città di Alessandria. L'intervento di Gaio Avidio Cassio e le discordie interne ai rivoltosi portarono alla fine del conflitto entro breve tempo[198].  Rivolta di Cassio (175) Magnifying glass icon mgx2.svgAvidio Cassio § La ribellione. Nel 175, mentre preparava una nuova campagna contro le popolazioni della piana del Tibisco, l'imperatore fu raggiunto dalla notizia che il governatore della Siria, Avidio Cassio, uno dei migliori comandanti militari romani, alla falsa notizia della sua morte, si era autoproclamato imperatore. Secondo quanto ci tramandano sia Cassio Dione che la Historia Augusta, Avidio Cassio accettò la porpora imperiale per volere di Faustina, poiché la stessa credeva che Marco stesse per morire e temeva che l'impero potesse cadere nelle mani di qualcun altro, visto che Commodo era ancora troppo giovane.[199] Cassio venne acclamato imperator dalla Legio III Gallica mentre la gran parte delle province orientali, escluse Cappadocia e Bitinia, si schieravano a fianco dei ribelli.  All'inizio Marco cercò di tenere segreta la notizia dell'usurpazione, ma quando fu costretto a renderla pubblica, di fronte all'agitazione dei soldati si rivolse loro con un discorso (adlocutio) rivelando di voler evitare inutili spargimenti di sangue tra Romani. Ma dopo soli tre mesi, quando la notizia della morte di Marco si rivelò ufficialmente falsa, il Senato romano proclamò Cassio hostis publicus, nemico dello stato e del popolo romano e Avidio fu ucciso dai suoi stessi soldati. La testa dell'usurpatore fu portata a Marco, come testimonianza dell'uccisione, ma l'imperatore, che avrebbe voluto dimostrargli il suo perdono e salvarlo, non esultò, al contrario esclamò: Mi è stata tolta un'occasione di clemenza: la clemenza, infatti, dà soprattutto prestigio all'imperatore romano agli occhi dei popoli. Io però risparmierò i suoi figli, il genero e la moglie, lasciando metà del patrimonio paterno ai figli di Avidio Cassio, e donando una grande quantità di oro, di argento e di gemme alla figlia.[200]  Viaggio in Oriente (175-176) Marco Aurelio: aureo[201] MARCUS AURELIUS RIC III 357-159422M ANTONINVS AVG GERM SARM, testa laureata con corazza e paludamentumTR P XXX IMP VIII COS III, la Felicitas con caduceo e scettro AV (7,33 g); coniato nel 176 Nell'ultimo decennio di regno, mentre si trovava lungo i confini settentrionali imperiali, Marco scrisse i Colloqui con sé stesso, tornando di rado a Roma. Insieme alla moglie Faustina, al figlio Commodo, al seguito composto dai comites del consilium principis e a un ingente esercito, Marco visitò le province orientali nel 175-176.[202] Partito da Sirmio nel luglio del 175, dopo essere passato per Bisanzio, Nicomedia, Prusias ad Hypium e per Ancyra, giunse a Tarso, sostando in Cilicia dove, secondo Dione,[202] molti si erano schierati dalla parte di Avidio. Poco dopo aver passato la località di Tanya, Faustina morì in circostanze poco chiare in un villaggio di nome Halala, sito in Cappadocia ai piedi dei Monti Tauri. Cassio Dione riporta alcune versioni sulla morte dell'Augusta: una prima ipotizza il suicidio, motivato dall'aver stretto accordi per la successione con Avidio Cassio; una seconda chiama in causa la gotta; una terza vedrebbe Faustina morire di parto dopo un'ennesima gravidanza all'età di quarantacinque anni.[203]  Dopo la morte venne divinizzata ufficialmente con degne cerimonie a Roma, per volere del Senato. L'Augusta, che aveva spesso accompagnato il marito in guerra, era stata la prima delle imperatrici romane a essere insignita del titolo di mater castrorum.[204] Halala, il villaggio dove era morta, venne rinominato "Faustinopolis". In suo onore furono istituiti collegi di sacerdotesse e create le puellae Faustinianae, in ricordo dell'istituzione benefica sorta in memoria della madre, la moglie di Antonino Pio, istituzione che si occupava di fanciulle orfane della penisola italica.[204] Le fonti antiche, in contrasto coi Ricordi di Marco Aurelio, spesso accusarono Faustina di dissolutezza e di aver ripetutamente tradito il marito, con marinai e gladiatori, tanto che da una di queste relazioni sarebbe nato Commodo, secondo una diceria riportata dal biografo della Historia Augusta.[205]  Dopo questa ennesima disgrazia famigliare, il princeps ripartì per la Siria, forse fermandosi a visitare la città di Antiochia (che si era schierata con Cassio), perdonandone i suoi abitanti, e qui potrebbe avervi svernato, incontrando alcuni personaggi locali come il patriarca Giuda I. Riprese, quindi, il suo viaggio per giungere nell'estate nel 176 in Egitto, dove ricevette una delegazione dei Parti.[202][206]   Il trionfo di Marco Aurelio Nel viaggio di ritorno dall'Oriente, dopo essersi imbarcato per l'Asia Minore, passò per Efeso, poi Smirne (dove incontrò Elio Aristide) e, da ultimo, Atene, dove il filosofo cinico Zenone aveva fondato la scuola stoica, sotto il famoso portico dipinto, dichiarandosi "protettore della filosofia".[207][208] Istituì quattro cattedre permanenti di studio, finanziandole, una per ogni principale scuola filosofica: platonici, aristotelici, epicurei e stoici.[209] In Grecia prese parte anche ai riti dei misteri eleusini.[210][211] Durante il tragitto lungo l'Asia Minore e la tappa a Atene si rivolsero a Marco Aurelio e a Commodo anche alcuni padri apologisti cristiani.[202]  Governo imperiale con Commodo (176-180) Il 27 novembre del 176, Marco decise di associare al trono imperiale il figlio Commodo,[212] l'unico maschio superstite tra i suoi figli (dopo la morte del giovane Marco Vero Cesare e quella di alcuni nipoti), nominandolo Augusto e concedendogli la tribunicia potestas e l'imperium,[213] benché avesse nei confronti del figlio alcune perplessità.[214] Marco celebrò, quindi, il matrimonio di Commodo con Bruzia Crispina.[215]  A Roma, si dedicò ad amministrare la giustizia, cercando di riparare a torti e abusi del passato; dispose la celebrazione di giochi circensi, mettendo però un limite di spesa a quelli gladiatorii.[216] Il 23 dicembre del 176, Marco, che aveva battuto le popolazioni germaniche e sarmatiche a nord del medio corso del Danubio, ottenne per decreto del Senato romano il trionfo insieme al figlio Commodo, da poco nominato Augusto. In suo onore venne eretta una statua equestre, tuttora custodita nel Palazzo dei Conservatori.[217]  Offensiva finale in Marcomannia e Sarmatia (177-180)  L'impero romano alla fine del regno di Marco Aurelio, nel 180 L'apparente tregua sottoscritta con le popolazioni germaniche, in particolare Marcomanni, Quadi e Iazigi, durò però solo un paio d'anni, fino al 177. Il 3 agosto del 178 Marco fu infatti costretto a marciare ancora una volta verso la frontiera danubiana, a seguito di una nuova sollevazione dei Marcomanni. Non sarebbe mai più tornato a Roma.[27][218] Egli fece della fortezza legionaria di Brigetio il suo nuovo quartier generale e da qui condusse l'ultima campagna nella primavera successiva del 179, che aveva come obiettivo quello di occupare stabilmente parte della Germania Magna (Marcomannia) e della Sarmatia.[219] Si racconta infatti che:  «I Quadi essendo poco disposti a sopportare la presenza di forti romani costruiti nel loro territorio [...] tentarono di migrare tutti insieme verso le terre dei Semnoni. Ma Marco Aurelio Antonino che ebbe queste informazioni in anticipo della loro intenzione di partire per altri territori, decise di chiudere loro tutte le vie di fuga, impedendo la loro partenza.»  (Cassio Dione, 72, 20.2.) Dopo una vittoria decisiva nel 178, il piano per annettere la Moravia e la Slovacchia occidentale (Marcomannia), per porre fine una volta per tutte alle incursioni germaniche, sembrava avviato al successo, ma venne abbandonato dopo che Marco Aurelio si ammalò gravemente nel 180, forse anch'egli colpito dalla peste che affliggeva l'impero da anni.[220] La sua salute, da sempre fragile e in costante declino, sembra lo costringesse a fare uso anche di oppio per alleviare il dolore persistente che lo affliggeva da anni allo stomaco, rimedio prescritto dallo stesso Galeno.[221]  Morte (180)  Eugène Delacroix, Ultime parole dell'imperatore Marco Aurelio, una rappresentazione moderna della morte di Marco: l'imperatore, al centro, siede a letto, circondato da amici e dignitari, e stringe il braccio di Commodo (a destra), vestito di rosso, sbarbato e abbigliato in maniera orientaleggiante, con orecchini e una corona, e che appare distante e poco interessato. «Uomo, sei stato cittadino in questa grande città: che ti importa se per cinque anni o per cento? Quel che è secondo le leggi ha per ognuno pari valore. Che c'è di grave allora se dalla città ti espelle non un tiranno o un giudice ingiusto, ma la natura che ti ci aveva introdotto? (...) A stabilire che il dramma è completo infatti è chi allora fu responsabile della composizione, ora del dissolvimento; tu invece non sei responsabile né dell'una né dell'altro. Quindi parti sereno: chi ti congeda è sereno.»  (Marco Aurelio, 12.36.) Marco Aurelio morì il 17 marzo 180, a circa cinquantanove anni, secondo Aurelio Vittore nella città-accampamento di Vindobona (Vienna).[19] Secondo invece quanto riferisce Tertulliano, uno storico e apologeta cristiano suo contemporaneo, sarebbe invece deceduto sul fronte sarmatico, non molto distante da Sirmio (odierna Sremska Mitrovica, nell'attuale Serbia),[20] che fungeva da quartier generale invernale delle sue truppe, in vista dell'ultimo assalto. Il Birley ritiene infatti che Marco potrebbe essere morto a Bononia sul Danubio (che per assonanza ricorda la località di Vindobona), venti miglia a nord di Sirmio.[222]  Iniziando a stare male, chiamò Commodo al capezzale e gli chiese per prima cosa di concludere onorevolmente la guerra, affinché non sembrasse che lui avesse "tradito" la Res publica. Il figlio promise che se ne sarebbe fatto carico, ma che gli interessava prima di tutto la salute del padre. Chiese pertanto di poter aspettare pochi giorni prima di partire. Marco, sentendo che i suoi giorni erano alla fine e il dovere compiuto, accettò da stoico una morte onorevole, astenendosi dal mangiare e bere, e aggravando così la malattia per permettergli di morire il più rapidamente possibile. Il sesto giorno, chiamati gli amici e deridendo le cose umane disse loro: perché piangete per me e non pensate piuttosto alla pestilenza e alla morte comune?[223] Se vi allontanerete da me, vi dico, precedendovi, statemi bene. Mentre anche i soldati si disperavano per lui, alla domanda su a chi affidasse il figlio, rispose ai subordinati: a voi, se ne sarà degno, e agli dèi immortali. Nel settimo giorno si aggravò e ammise brevemente solo il figlio alla sua presenza, ma quasi subito lo mandò via, per non contagiarlo. Uscito Commodo, coprì il capo come se volesse dormire, come il padre Antonino Pio, e quella notte morì.[224] Cassio Dione aggiunge che la morte avvenne "non a causa della malattia per cui stava ancora soffrendo, ma a causa dei medici che, come ho chiaramente sentito, volevano favorire l'ascesa di Commodo", anche se secondo il Birley, "è inutile avanzare ipotesi".[225]  Successione  Commodo, figlio e successore di Marco Aurelio, raffigurato come Ercole Officiato il funerale, venne cremato, e fu immediatamente divinizzato, mentre le sue ceneri furono portate a Roma e deposte nel mausoleo di Adriano, che divenne così il sepolcro di famiglia da Adriano a Commodo e, forse, anche per alcuni imperatori successivi, finché, nel 410, il sacco visigoto della città lo danneggiò gravemente. Le sue campagne vittoriose contro Germani e Sarmati furono commemorate con la costruzione della Colonna Aureliana e di un tempio.[226]  Marco Aurelio aveva stabilito che a succedergli fosse il figlio Commodo, che già aveva nominato Cesare nel 166 e poi Augusto (co-imperatore) nel 177. Questa decisione, che mise di fatto fine alla serie dei cosiddetti "imperatori adottivi", venne fortemente criticata dagli storici successivi, poiché Commodo non solo era estraneo alla politica e all'ambiente militare, ma fu inoltre descritto, già in giovane età, come estremamente egoista e con gravi problemi psichici, appassionato in maniera eccessiva di giochi gladiatorii (a cui lui stesso prendeva parte), passione ereditata dalla madre.  Marco Aurelio riteneva, a torto, che il figlio avrebbe abbandonato quel genere di vita così poco adatto a un princeps, assumendosi le necessarie responsabilità nel governare un Impero come quello romano, ma così non fu.[227]  A conclusione del principato di Marco Aurelio, Cassio Dione scrisse un elogio all'imperatore, pur descrivendo il passaggio a Commodo con dolore e rammarico:  «[Marco] non ebbe la fortuna che meritava, perché non era fisicamente forte e poiché dovette affrontare, per la durata del suo regno, numerose difficoltà. Proprio per questo motivo lo ammiro maggiormente, in quanto egli, in mezzo a difficoltà insolite e straordinarie, non solo sopravvisse ma salvò l'impero. Solo una cosa lo rese infelice, il fatto che, dopo aver dato l'educazione migliore possibile al figlio, questi deluse le sue aspettative. Questa materia deve essere il nostro prossimo argomento, dato che da quel periodo dei Romani deriva oggi la nostra storia, decaduta da un regno d'oro a uno di ferro e ruggine.»  (Cassio Dione, 72, 36.3-4.) Carattere e pensiero filosofico Magnifying glass icon mgx2.svgColloqui con sé stesso, Pensiero di Marco Aurelio e Letteratura greca alto imperiale.  Statua equestre di Marco Aurelio (Roma, Musei capitolini) Marco Aurelio fu l'ultimo grande esponente dello Stoicismo.[228] Tra il 170 e il 180, Marco scrisse i Colloqui con sé stesso, come esercizio per il proprio orientamento e auto-miglioramento.[228] Il titolo è stata un'aggiunta postuma, originariamente Marco intitolò l'opera A se stesso, ma non si sa se avesse intenzione di renderla pubblica. Il libro è considerato uno dei capolavori letterari e filosofici di tutti i tempi.[228]  «Sii come il promontorio contro cui si infrangono incessantemente i flutti: resta immobile e intorno ad esso si placa il ribollire delle acque. «Me sventurato, mi è capitato questo». Niente affatto! Semmai: «Me fortunato, perché anche se mi è capitato questo resisto senza provar dolore, senza farmi spezzare dal presente e senza temere il futuro». Infatti una cosa simile sarebbe potuta accadere a tutti, ma non tutti avrebbero saputo resistere senza cedere al dolore. Allora perché vedere in quello una sfortuna anziché in questo una fortuna?»  (Marco Aurelio, 4.49.) Politica religiosa e atteggiamento nei confronti dei cristiani Magnifying glass icon mgx2.svgPersecuzione dei cristiani sotto Marco Aurelio. Sebbene Marco abbia da sempre seguito la linea indulgente degli imperatori Adriano e Antonino Pio, che continuò nei confronti dei culti ammessi, è elencato tra gli imperatori persecutori dei cristiani. Molti disordini si verificarono sotto il regno di Marco Aurelio, segnato da epidemie, carestie e invasioni e più volte le folle diedero la caccia ai cristiani, ritenuti responsabili di tutto (per aver causato la collera degli dèi, avendoli negati), e i martiri furono numerosi. Marco Aurelio, personalmente, non mostrò esplicito disprezzo per i cristiani, né li considerò un vero pericolo, ma piuttosto dei fanatici.[229][230]  Monetazione imperiale del periodo Magnifying glass icon mgx2.svgMonetazione degli Antonini. Marco Aurelio nella cultura Magnifying glass icon mgx2.svgMarco Aurelio nell'eredità storica culturale. Il prototipo di statua equestre è senza alcun dubbio la statua equestre di Marco Aurelio. In precedenza l’opera bronzea si trovava nella piazza del Campidoglio a Roma, prima di essere sostituita da una copia e trasferita nell’adiacente Palazzo dei Conservatori.Note  Scarre 1995,113.  AE 1998, 1622; AE 1998, 1625, AE 1998, 1626; AE 1966, 517.  AE 1897, 124.  RIC, Marcus Aurelius, III, 92, 142 e 198; AMN-43/44-203; AE 1999, 1103; MIR, 18, 88-4/30; RSC 469.  AE 1975, 785; AE 2001, 2154; AE 1998, 1626; AE 1997, 1332.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 12.9.  Cassio Dione, 71, 3.5.  AE 1961, 318; AE 2006, 1837.  RIC, Marcus Aurelius, III, 357, 1054 e 1184; MIR, 18, 370-6/37; Banti, 64.  RIC, Marcus Aurelius, III, 1188; MIR, 18, 372a-19/50; Cohen, 170.  AE 2000, 1537, AE 1986, 528.  CIL VIII, 14435, AE 1992, 1184.  CIL VIII, 24103, CIL VIII, 26248, AE 1912, 47, AE 2004, 1695.  CIL VIII, 26249, CIL VIII, 17972, CIL VIII, 4209.  CIL VIII, 17869.  CIL III, 6578.  CIL VIII, 26250.  Birley 1990,60.  Aurelio Vittore, De Caesaribus, 16.  Tertulliano, 25.  Grant 1996,27.  Testo per esteso dell'epigrafe: Imperator Caesar Marcus Aurelius Antoninus Augustus.  Il luogo della morte è incerto tra Sirmio o Vindobona: Tertulliano, 25: (LA) «[...] cum M. Aurelio apud Sirmium rei publicae exempto die sexto decimo Kalendarum Aprilium [...]» «essendo stato Marco Aurelio strappato allo Stato a Sirmio il 17 marzo.»  Aurelio Vittore, De Caesaribus, 16.14: (LA) «Ita anno imperii octavo decimoque aevi validior Vendobonae interiit, maximo gemitu mortalium omnium» «Il diciottesimo anno del suo governo, tra grandi lamenti, il più forte e più grande di tutti gli uomini morì a Vindobona»  Riportato invece così in Aurelio Vittore, Epitome de Caesaribus, 16.12 (compendio, più tardo, della stessa opera di Vittore, attribuita a lui stesso, ma con molta incertezza): (LA) «Ipse vitae anno quinquagesimo nono apud Bendobonam morbo consumptus est» «Egli stesso, nel cinquantanovesimo anno della sua vita, venne consumato da una malattia a Vindobona.»   Historia Augusta, Marcus Aurelius, 1.9; McLynn 2009,24.  Cassio Dione, 69, 21.1.  Asse della zecca di Roma antica (del 151-152), RIC, III, 1308a (Antoninus Pius); BMCRE,1917; Cohen, 653.  Cassio Dione, 72, 11.3-5.  Machiavelli 1531, I.10.  Gibbon 1776-1789, capitolo I: Estensione e forza militare dell'Impero nel secolo degli Antonini; in particolare I.78, in cui l'autore descrive il buon governo degli imperatori adottivi; inoltre,273 nota 4 del testo disponibile su Google libri, in cui usa l'espressione "good emperors".  Cassio Dione, 72, 14.3-4. Il libro completo, che parla dell'epidemia avvenuta sotto Marco Aurelio, è andato perduto; questa nuova epidemia fu la più grave che lo storico avesse mai visto, a quanto narra nella "vita di Marco Aurelio".  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 12.13, 17.1-2 e 22.1-8.  Renan 1937.  Tra questi vi furono: Marco Aurelio Probo (CIL XI, 1178), Marco Aurelio Mario (imperatore nelle Gallie), Marco Aurelio Caro e Marco Aurelio Carino (CIL VIII, 10956), oltre a due imperatori suoi omonimi, Caracalla (AE 1911, 56) ed Eliogabalo (il cui nome imperiale ufficiale era "Marco Aurelio Antonino"; CIL VI, 40677 e AE 1990, 469) e che furono i primi, pur non appartenendo alla dinastia antonina, ad usare il suo nome. Questi ultimi due, in particolare, come già il padre di Caracalla, Settimio Severo, che aveva riabilitato la memoria di Commodo, divinizzandolo e rimuovendo la damnatio memoriae imposta dal Senato, e dato al figlio il nome di Marco Aurelio, cercavano un collegamento diretto con gli Antonini al fine di nobilitare le loro origini africane e asiatiche, quindi provinciali. Inoltre, una delle mogli di Eliogabalo era una nipote di Marco Aurelio stesso, Annia Faustina. Il nome Marco Aurelio divenne, quindi, un nome di famiglia dei Severi e, come «Cesare», «Augusto» e, più tardi, «Flavio», venne utilizzato come prenome imperiale da molti altri.  Birley 1990,317-318.  Birley 1990,269 ss.  Birley 1990,316.  Birley 1990,313-319.  CIL II, 656 (p 696).  Birley 1990,31.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 1.2-1.4.  Birley 1990,32-34.  McLynn 2009,14.  Birley 1990,34.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 1.5.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 1.  Poiché suo fratello Marco Annio Libone è stato console nel 128 e difficilmente potrebbe essere stato pretore più tardi del 126, Annio Vero deve essere stato a sua volta pretore prima di questa data, verosimilmente, appunto, nel 124.  Birley 1990,34-35; Marco Aurelio, 1.2  Birley 1990,36-37; Tacito, Dialogus de oratoribus, 28-29; Marco Aurelio, 5.4.  Marco Aurelio, 1.3.  Birley 1990,40; Marco Aurelio, 1.17.7.  Birley 1990,35; Historia Augusta, Marcus Aurelius, 2.1; Marco Aurelio, 1.14.  Birley 1990,39; Marco Aurelio, 1.1.  Marco Aurelio, 1.17; Birley 1990,39.  Marco Aurelio, 1.4.  Marco Aurelio, 1.6.  Norelli,75 nota 1.  Marco Aurelio, 1.6; Birley 1990,43.  Marco Aurelio, 1.10 e 1.12; Birley 1990,46.  Birley 1990,51-52.  Guido Clemente 2008,629-630.  Birley 1990,55 ss.  Guido Clemente 2008,630.  Birley 1990,69.  Birley 1987,38-42.  Birley 1990,50-51; Cassio Dione, 69, 22.4; Historia Augusta, Hadrianus, 25.5-6  Cassio Dione, 69, 22.1-4; Historia Augusta, Hadrianus, 24.8-13.  Birley 1990,63-66; Grant 1996,12.  Birley 1990,63.  Mazzarino 1973,328.  Marco Aurelio, 6.30: "Bada di non cesarizzarti, di non impregnarti con la porpora: succede infatti".  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 6.5; Birley 1990,67-68.  Marco Aurelio, 1.16.  Marco Aurelio, 5.16.  Birley 1990,68.  Marco Aurelio, 8.9.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 2.4 e 3.6.  Birley 1990,108.  Frontone, Ad Marcum Caesarem 4.8 (trad. da Haines 1.184 ss.).  Cassio Dione, 71, 36.3.  Grant 1996,24.  Birley 1990,110-111.  Marco Aurelio, 1.11.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 2.4; Cameron 1967,347.  Aulo Gellio, 9, 2.1–7 e 19.12; Birley 1990,76-78.  Birley 1990,65-67; molti critici moderni hanno avuto dubbi per l'ammirazione dei contemporanei. Filologi di fama espressero numerose critiche: Barthold Georg Niebuhr, lo descrisse "frivolo", Samuel Adrian Naber lo trovò "disprezzabile" (Champlin 1980, capp. 1-2); altri lo hanno definito "pedante e noioso", scrivendo che le sue lettere non offrono né l'analisi politica di un Cicerone né l'introspezione di un Plinio (Mellor 1982 commentando Champlin 1980); una ricerca prosopografica degli anni '80 ha riabilitato, almeno in parte, la sua reputazione, cfr. ad esempio, sempre Mellor 1982 su Champlin 1980.  Birley 1990,88 ss.  Birley 1990,78.  Birley 1990,113.  Birley 1990,114 ss.  Birley 1990,83 ss.; Marco Aurelio, 1.8.  Marco ricorda Epitteto come una guida spirituale, facendo spesso riferimento alle sue Diatribe e al Manuale come ad esempio in Marco Aurelio, 11.34, dove lo cita e ne commenta alcune massime.  Birley 1990,336-339.  Birley 1990,126 ss.  Champlin 1980,174 n. 12.  Frontone, Ad Marcum Caesarem 4.11 (trad. da Haines 1.202 ss.).  Birley 1990,130-132.  Marco Aurelio, 9.40.  RIC, III 682 (Aurelius); MIR, 18, 13-2a; Calicó, 2055 (moneta illustrata); BMCRE,399 note.  Inscriptiones Graecae ad Res Romanas pertinentes, 4.1399, tradotta da Birley 1990,140.  Birley 1990,205 e 339.  Historia Augusta, Lucius Verus, 2.9-11 e 3.4-7; Birley 1990,132-133.  Forse in omaggio ai filosofi greci o a causa di una cicatrice (cfr. Melani, Fontanella e Cecconi,58).  Bianchi Bandinelli e Torelli 1976, scheda 131 (ritratti di Adriano).  Birley 1990,137-138.  Birley 1990,140.  Cassio Dione, 71, 33.4-5.  Historia Augusta, Antoninus Pius, 12.4-8.  Birley 1990,142; Historia Augusta, Pertinax, 13.1 e 15.8  Birley 1990,142-143.  Historia Augusta, Lucius Verus, 4.2.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 15-16.  Historia Augusta, Lucius Verus, 3.8; Birley 2000,156  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 7.9.  Savio 2001,331.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 7.10-11; Historia Augusta, Antoninus Pius, 12.8; Birley 1990,144-145.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 19.1-2; Birley 1990,145.  Historia Augusta, Commodus, 1.2.  Birley 1990,145-147.  Birley 1990,145-146 cita Mattingly 1940, Marcus Aurelius and Lucius Verus, nos. 155 ss.; 949 ss.  Cassio Dione, 71.1, 3; 73.4.4–5.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 8.1.  Birley 1990,150.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 8.8; Birley 1990,151 cita Eck 1995,65 ss.  Vittorino minore fu console assieme al nipote di Marco Aurelio, Tiberio Claudio Severo Proculo nel 200 (AE 1996, 1163 e CIL III, 8237).  Birley 1990,151 cita Frontone, Ad Verum Imperator 1.3.2 (trad. da Haines 1.298 ss.).  Frontone, Ad Antoninum Imperator 4.2.3 (trad. da Haines 1.302 ss.).  Birley 1990,148 ss.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 8.4-5.  Birley 1987,278.  Birley 1990,158 ss.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 8-10 e 12.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 10.  Pulleyblank 1999.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 9.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 11.  La grandiosa colonna di Marco Aurelio di fronte a Palazzo Chigi (alta 42 m) fu eretta per ricordare proprio le vittorie sul fronte germanico-sarmatico del Danubio. La colonna era sormontata da una statua dell'Imperatore, dove ora è posta quella di san Paolo, così come accadde per la colonna di Traiano, dove venne posizionata una statua di san Pietro in sostituzione di quella dell'Optimus princeps), in Coarelli 2008,42-43.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 17 e 23.  Renan 1937,21-23.  Eusebio, 5.1.77.  Codice Giustinianeo, Digesto, 1, 18, 13.  Codice Giustinianeo, Digesto, XVIII, 1,42.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 24.1-3.  Codice Giustinianeo, Digesto, XLVIII, 9, 9, 2.  Codice Giustinianeo, Digesto, XXXI, 67.10: «Item Marcus imperator […] et ideo princeps providentissimus et iuris religiosissimus cum fideicommissi verba cessare animadverteret, eum sermonem pro fideicommisso rescripsit accipiendum».  Birley 1990,165 ss.; Millar 1993,6 e ss. Vedi anche Millar 1967,9-19  Frontone, Ad Antoninum Imperator 2.1-2 (trad. da Haines 2.94); Birley 1990,164; Champlin 1980,134.  Historia Augusta, 24.1-3.  Svetonio, Titus, 8 e 9.  Casadei e Mattarelli 2009,107-108.  Bloch 1947.  Renan 1937,336-337.  Birley 1990,170-172.  Historia Augusta, Antoninus Pius, 12.7; Birley 1990,148.  Birley 1990,149.  Mazzarino 1973,335 ss.  Frontone, De Feriis Alsiensibus 4 (trad. da Haines 2.19); Frontone, De bello Parthico 1-2 (trad. da Haines 2.21-23); e 10 (trad. da Haines 2.31); Guido Clemente 2008,633.  Luciano di Samosata, Alessandro, 27.  Cassio Dione, 71, 2.1; Luciano di Samosata, 21; 24-25  Cassio Dione, 71, 2.1.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 8.9.  Birley 1990,151-154.  Birley 1990,154-155.  Champlin 1980,134; Frontone, De Feriis Alsiensibus 4 (trad. da Haines 2.19); Birley 1990,156-157.  Frontone, De bello Parthico 10 (trad. da Haines 2.31); Birley 2000,150-164; Birley 1990,157.  Historia Augusta, Lucius Verus, 9; Historia Augusta, Marcus Aurelius, 9.4; Birley 1990,159.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 9.4-6; Historia Augusta, Lucius Verus, 7.7; Birley 1990,162.  Birley 2000,163.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 9.1; Historia Augusta, Lucius Verus, 7.1-2; Frontone, Ad Verum Imperator 2.3 (trad. da Haines 2.133); Birley 1990,159; Mattingly 1940, Marcus Aurelius and Lucius Verus, 233 e ss..  Birley 2000,162.  Farrokh 2007,165; RIC, III, Antoninus Pius to Commodus, n. 511-513255 e n. 1370-1375322.  Birley 1990,163.  Mattingly 1940, Marcus Aurelius and Lucius Verus, nos. 261ff.; 300 ff.  Birley 1990,174.  ILS 1098; Birley 1990,179-180; Mattingly 1940, Marcus Aurelius and Lucius Verus,401 ss..  Birley 2000,164.  Birley 1990,183.  Birley 1990,180; Pulleyblank 1999; Mazzarino 1973,338 ss..  Frontone, De nepote amisso 2 (trad. da Haines 2.222); Frontone, Ad Verum Imperator 2.9-10 (trad. da Haines 2.232 ss.)  Birley 1990,164-165.  Lucio Dasumio Tullio Tusco, un lontano parente di Adriano, fu inviato in Pannonia superiore, per sostituire l'esperto Marco Nonio Macrino. La Pannonia inferiore venne affidata al poco conosciuto Tiberio Aterio Saturnino. M. Servilio Fabiano Massimo venne trasferito dalla Mesia inferiore a quella Superiore quando Iallio Basso si era recato ad Antiochia di Siria da Lucio Vero. La Mesia inferiore venne allora affidata al figlio, Marco Ponzio Leliano. La Dacia venne divisa in tre distretti, governati da un senatore pretoriano e da due procuratori. La pace non poteva durare a lungo, la Pannonia inferiore disponeva di una sola legione, ad Aquinco. Cfr. Alföldy 1977, Moesia Inferior,232 ss.; Moesia Superior,234 ss.; Pannonia Superior,236 ss.; Dacia, 245 ss.; Pannonia Inferior,251.  Birley 1990,189.  Southern 2001,203-206.  Ruffolo 2004,84.  Birley 1990, 194-197.  Stathakopoulos 2004,95.  Birley 1990,186-187.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 14.8; Historia Augusta, Lucius Verus, 9.11.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 17.4.  Cassio Dione, 72-2, 3; 73-4,5 e 20,1; 74-3, 1,2.  Birley 1990,207; Alföldy 1977, Moesia Inferior,232 ss.; Moesia Superior,234 ss.; Pannonia Superior,236 ss.; Dacia,245 ss.; Pannonia Inferior,251.  Cassio Dione, 72, 3.1.  Questa invasione avvenne secondo Birley 1990,184-186, 194-196 e 207-208 ed altri studiosi moderni (Brizzi e Sigurani 2010,393-394 e 398) nel 170.  Birley 1990,208-213.  Guido Clemente 2008,635.  Kneissl 1969,206-207. Infatti i cognomina Armeniaco, Medico e Partico sono assenti nella documentazione di carattere ufficiale posteriori al 172, come ad esempio i diplomi militari: nello specifico si veda, ad esempio, AE 1990, 1023 o AE 1987, 843 (entrambi del 179).  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 24.4.  Tertulliano, 5, 6.  Michael Grant, The Antonines. The Roman Empire in Transition, Routledge, 1994,50.  Birley 1990,230-231.  Cassio Dione, 72, 27-29; Historia Augusta, Marcus Aurelius, 26.10-12.  RIC, Marcus Aurelius, 357 corr. (no P P); MIR,18, 322-2/35; Calicó, 2017; BMCRE,674.  Astarita 1983,155-162.  Birley 1990,239-240.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 26.3-9.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 19.1-8 e 26.3-9.  Ammiano, 22, 5.5; Historia Augusta, Marcus Aurelius, 25 e 26; Birley 1990,241 ss..  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 1.1 e 27.1-7.  Cassio Dione, 71, 1.1.  Birley 1990,243-244.  IG II2 3620  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 27.1.  Historia Augusta, Commodus, 12.4.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 27.5.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 27.11-12.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 27.8; Cassio Dione, 71.31.1  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 27.6.  Historia Augusta, Commodus, 12.5; Historia Augusta, Marcus Aurelius, 16.1-2 e 17.3.  Historia Augusta, Commodus, 12.6.  Birley 1990,259-261.  Guido Clemente 2008,636.  Cassio Dione, 72, 36; Grimal 2004,228.  Birley 1990,264.  citato in Antonio de Guevara, Vita, gesti, costumi, discorsi, lettere, di Marco Aurelio imperatore, Venezia, 1557,80.  Historia Augusta, Marcus Aurelius, 28.  Cassio Dione, 72, 33.4; Birley 1990,263-4.  Cassio Dione, 72, 36.3-4.  Erodiano, Commodo, I, 13.1; Historia Augusta, Commodus  Perelli 1969,320-324.  Marco Aurelio, 11.3.  Sordi 2004,103 ss. 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Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Marco Aurelio Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina in lingua greca dedicata a Marco Aurelio Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Marco Aurelio Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Marco Aurelio Collegamenti esterni Marco Aurelio, su Treccani – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Marco Aurelio, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Marco Aurelio, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.Marco Aurelio / Marco Aurelio (altra versione), su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.Marco Aurelio, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.Marco Aurelio, su Find a Grave.(LA) Opere di Marco Aurelio, su Musisque Deoque.(LA) Opere di Marco Aurelio, su PHI Latin Texts, Packard Humanities Institute.Opere di Marco Aurelio / Marco Aurelio (altra versione) / Marco Aurelio (altra versione) / Marco Aurelio (altra versione) / Marco Aurelio (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl.Opere di Marco Aurelio, su Open Library, Internet Archive.Opere di Marco Aurelio, su Progetto Gutenberg.Audiolibri di Marco Aurelio, su LibriVox.Marcus Aurelius, su Goodreads.Marco Aurelio, su Discografia nazionale della canzone italiana, Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi.Rachana Kamtekar, Marcus Aurelius, in Edward N. Zalta (a cura di), Stanford Encyclopedia of Philosophy, Center for the Study of Language and Information (CSLI), Università di Stanford. PredecessoreImperatore romanoSuccessoreProject Rome logo Clear.png Antonino Pio161–180 (fino al 169 con Lucio Vero, dal 177 con Commodo)CommodoPredecessoreConsole romanoSuccessoreConsul et lictores.png Gaio Bruttio Presente Lucio Fulvio Rustico II140Marco Peduceo Stloga PriscinoI con Imperatore Cesare Tito Elio Adriano Antonino Augusto Pio IIcon Imperatore Cesare Tito Elio Adriano Antonino Augusto Pio IIIcon Tito Enio SeveroTito Statilio Massimo145Gneo Claudio Severo ArabianoII con Lucio Edio Rufo Lolliano Avitocon Imperatore Cesare Tito Elio Adriano Antonino Augusto Pio IVcon Sesto Erucio Claro IIAppio Annio Atilio Bradua161Quinto Giunio Rustico IIIII con Tito Clodio Vibio Varocon Lucio Elio Aurelio Commodo IIcon Lucio Tizio Plauzio AquilinoMarco Aurelio Campagne partiche di Lucio Vero Guerre marcomanniche Imperatori adottivi V · D · M Imperatori romani e relative linee di successione V · D · M Stoicismo Controllo di autoritàVIAF102895066 · ISNI0000 0001 1031 946X · LCCNn80051702 · GND (DE) 118577468 · BNF (FR) cb11914476c (data) · BNE (ES) XX932158 (data) · ULAN500115701 · NLA35966523 · BAV495/54003 · CERL cnp01259662 · NDL (EN, JA) 00431918 · WorldCat Identitieslccn-n80051702 Antica Roma Portale Antica Roma Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Letteratura Portale Letteratura Wikimedaglia Questa è una voce in vetrina, identificata come una delle migliori voci prodotte dalla comunità. È stata riconosciuta come tale il giorno 30 aprile 2014 — vai alla segnalazione. Naturalmente sono ben accetti suggerimenti e modifiche che migliorino ulteriormente il lavoro svolto. Segnalazioni  ·  Criteri di ammissione  ·  Voci in vetrina in altre lingue  ·  Voci in vetrina in altre lingue senza equivalente su it.wiki  Categorie: Imperatori romaniFilosofi romaniScrittori romaniNati nel 121Morti nel 180Nati il 26 aprileMorti il 17 marzoNati a RomaMorti a SirmioAforisti romaniDinastia antoninianaConsoli imperiali romaniStoiciAnniiAuguriSepolti a Castel Sant'AngeloMarco AurelioPersone legate ai Misteri eleusini[altre]. Italian philosopherone of the most important onesVide his letters to his tutor Frontino -- Marcus Aurelius, Roman emperor (from 161) and philosopher. Author of twelve books of Meditations (Greek title, To Himself), Marcus Aurelius is principally interesting in the history of Stoic philosophy (of which he was a diligent student) for his ethical self-portrait. Except for the first book, detailing his gratitude to his family, friends, and teachers, the aphorisms are arranged in no order; many were written in camp during military campaigns. They reflect both the Old Stoa and the more eclectic views of Posidonius, with whom he holds that involvement in public affairs is a moral duty. Marcus, in accord with Stoicism, considers immortality doubtful; happiness lies in patient acceptance of the will of the panentheistic Stoic God, the material soul of a material universe. Anger, like all emotions, is forbidden the Stoic emperor: he exhorts himself to compassion for the weak and evil among his subjects. “Do not be turned into ‘Caesar,’ or dyed by the purple: for that happens” (6.30). “It is the privilege of a human being to love even those who stumble” (7.22). Sayings like these, rather than technical arguments, give the book its place in literary history. Refs.: Luigi Speranza, "Grice, Marc'Aurelio e Frontino,” per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

aosta– Grice: “I like Aosta; my favuorite piece of his philosophising is strangely nott he one on paronymy – or the worn-off paralogism on God’s existence; rather, the more obscure “De casu primi angeli,’ on the fall of the most beautiful angels of all! And more seriously – the previous ‘de casu diaboli’ – his rambles on ‘Dialectica’ – or dialettica, as the Italians prefer; you see axioma was Elio Gelliio thinks in “Notti attiche’ – and Varrone – the ‘proloquium,’ from ‘proloquor’ of course – the ‘pro’ suggests something like a ‘prae-miss’ – This is all very stoic, but we are not sure if Aosta knew this!”  Grice: “Aosta would of course be familiar with Augustin’s De Dialectica, where ‘proloquium’ means ‘pro-positio,’ something Quine abhorred!” -- Anselmo d'Aosta, noto anche come Anselmo di Canterbury o Anselmo di Le Bec (Aosta, 1033 o 1034 – Canterbury, 21 aprile 1109), è stato un teologo, filosofo e arcivescovo cattolico franco, considerato tra i massimi esponenti del pensiero medievale di area cristiana. Anselmo è noto soprattutto per i suoi argomenti a dimostrazione dell'esistenza di Dio; specialmente il cosiddetto argomento ontologico ebbe una significativa influenza su gran parte della filosofia successiva.  Nato da una nobile famiglia di Aosta, se ne allontanò poco più che ventenne per seguire la vocazione religiosa; divenne monaco nell'abbazia di Notre-Dame du Bec e, grazie alle sue qualità di uomo di fede e fine intellettuale ne divenne presto priore, e quindi abate. Si rivelò un abile amministratore e, avendo intrattenuto alcune relazioni con il regno d'Inghilterra, all'età di 60 anni ricevette l'importante carica di arcivescovo di Canterbury. Negli anni successivi, dapprima sotto il regno di Guglielmo II, quindi di Enrico I, ricoprì un ruolo rilevante nella lotta per le investiture che vedeva contrapposti i sovrani d'Inghilterra e il papato. Grazie al suo lavoro politico e diplomatico, svolto in accordo con il programma riformista gregoriano e finalizzato a garantire alla Chiesa l'autonomia dal potere politico, la questione si risolse infine con un compromesso piuttosto vantaggioso per i religiosi.  La riflessione filosofica e teologica di Anselmo, caratterizzata dal primario ruolo riconosciuto alla ragione nell'approfondimento e nella comprensione dei dati di fede, si articolò su diversi problemi: dimostrazioni a priori e a posteriori dell'esistenza di Dio, indagini sui suoi attributi, analisi di questioni di dialettica e di logica sulla verità e sulla conoscibilità di Dio, studio di problemi dottrinali come quello circa la Trinità o quelli legati al libero arbitrio, al peccato originale, alla grazia e in generale al male.  Anselmo venne canonizzato nel 1163[2] e proclamato dottore della Chiesa nel 1720 da papa Clemente XI (1649–1721). Sant'Anselmo d'Aosta AnselmstatuecanterburycathedraloutsideUna statua di Anselmo d'Aosta collocata all'esterno della cattedrale di Canterbury.   Arcivescovo di Canterbury, santo e dottore della Chiesa    NascitaAosta, 1033 o 1034 MorteCanterbury, 21 aprile 1109 Venerato daChiesa cattolica e Chiesa anglicana CanonizzazioneAutorizzazione all'elevazione del corpo concessa da Papa Alessandro III nel 1163[1] Ricorrenza21 aprile[1] Attributibastone pastorale[1] e nave. Anselmo d'Aosta, noto anche come Anselmo di Canterbury o Anselmo di Le Bec (Aosta, 1033 o 1034 – Canterbury, 21 aprile 1109), è stato un teologo, filosofo e arcivescovo cattolico franco, considerato tra i massimi esponenti del pensiero medievale di area cristiana. Anselmo è noto soprattutto per i suoi argomenti a dimostrazione dell'esistenza di Dio; specialmente il cosiddetto argomento ontologico ebbe una significativa influenza su gran parte della filosofia successiva.  Nato da una nobile famiglia di Aosta, se ne allontanò poco più che ventenne per seguire la vocazione religiosa; divenne monaco nell'abbazia di Notre-Dame du Bec e, grazie alle sue qualità di uomo di fede e fine intellettuale ne divenne presto priore, e quindi abate. Si rivelò un abile amministratore e, avendo intrattenuto alcune relazioni con il regno d'Inghilterra, all'età di 60 anni ricevette l'importante carica di arcivescovo di Canterbury. Negli anni successivi, dapprima sotto il regno di Guglielmo II, quindi di Enrico I, ricoprì un ruolo rilevante nella lotta per le investiture che vedeva contrapposti i sovrani d'Inghilterra e il papato. Grazie al suo lavoro politico e diplomatico, svolto in accordo con il programma riformista gregoriano e finalizzato a garantire alla Chiesa l'autonomia dal potere politico, la questione si risolse infine con un compromesso piuttosto vantaggioso per i religiosi.  La riflessione filosofica e teologica di Anselmo, caratterizzata dal primario ruolo riconosciuto alla ragione nell'approfondimento e nella comprensione dei dati di fede, si articolò su diversi problemi: dimostrazioni a priori e a posteriori dell'esistenza di Dio, indagini sui suoi attributi, analisi di questioni di dialettica e di logica sulla verità e sulla conoscibilità di Dio, studio di problemi dottrinali come quello circa la Trinità o quelli legati al libero arbitrio, al peccato originale, alla grazia e in generale al male.  Anselmo venne canonizzato nel 1163[2] e proclamato dottore della Chiesa nel 1720 da papa Clemente XI (1649–1721). Una targa a memoria di Anselmo è collocata sulla sua presunta casa natale ad Aosta, via Sant'Anselmo.Anselmo nacque nel 1033[3][4] (o all'inizio del 1034)[5] a[6] (o nei pressi di)[7] Aosta, allora parte del regno di Arles[6] al confine con la Lombardia.[8]  La sua era una famiglia nobile, anche se in declino,[9] imparentata con la casa Savoia[10] e con ampi possedimenti terrieri. Suo padre, Gundulfo (o Gandolfo),[11] era un longobardo, apparentemente molto dedito agli affari e non particolarmente affettuoso verso il figlio; sua madre, Ermemberga (o Eremberga),[11] apparteneva a un'antica famiglia nobile burgunda ed era legata da rapporti di parentela a Oddone di Savoia; risulta che fosse una madre di famiglia pia e virtuosa.[1][12]  Fin da bambino Anselmo espresse un forte sentimento religioso e un'altrettanta forte sete di conoscenza; il suo biografo Eadmero di Canterbury riferisce che, vivendo in una zona montuosa, il giovinetto si formò l'ingenua convinzione che il paradiso, in cui Dio stesso doveva risiedere, si trovasse in cima alle montagne.[12] Anselmo venne affidato a un istitutore, suo parente, che però si rivelò tanto severo da produrre in lui uno stato di infermità, dal quale guarì lentamente grazie alle cure materne. La sua educazione successiva venne affidata ai benedettini di Aosta.[1] All'età di quindici anni Anselmo espresse il desiderio di diventare monaco; il padre tuttavia, fermamente intenzionato a fare del ragazzo il proprio erede, si oppose a questa decisione e i monaci del convento locale, non volendo contrariare Gandolfo, respinsero la domanda di Anselmo.[1][12]  La delusione e la frustrazione per il rifiuto causarono una forte reazione nel giovane, che, sempre secondo il biografo, pregò Dio di ammalarsi in modo tale da impietosire i monaci e convincerli così ad accoglierlo; una crisi psicosomatica effettivamente si verificò, ma questo non bastò a far sì che Anselmo venisse accettato nel monastero.[12] In seguito l'ardore religioso del giovane si raffreddò e, benché egli rimanesse intenzionato a ottenere il suo scopo in un futuro più o meno lontano, poco alla volta le passioni mondane lo coinvolsero e, soprattutto dopo la morte della madre (che avvenne nel 1050),[5] si dedicò sempre più spesso a interessi di carattere materiale.[12] Nel frattempo i suoi rapporti con il padre si facevano sempre più tesi, e infine, all'età di ventitré anni,[8] Anselmo partì, accompagnato da un servo, con l'intenzione di oltrepassare il colle del Moncenisio alla volta della Francia.[1][12]  Superate le Alpi, Anselmo e il suo compagno girovagarono per tre anni tra la Burgundia e la Francia prima di giungere ad Avranches, in Normandia, nel 1059;[8] qui Anselmo venne a sapere dell'abbazia benedettina che era stata fondata a Bec nel 1034, dove insegnava il famoso dialettico Lanfranco di Pavia; attirato dalla fama di Lanfranco vi si recò, riuscendo nel 1060 ad esservi ammesso come novizio.[8][12] Il ventisettenne Anselmo si sottometteva così alla regola benedettina, che nel corso del decennio successivo ne avrebbe influenzato significativamente il pensiero.[13]   L'abbazia di Notre-Dame du Bec. Da Bec a Canterbury I progressi di Anselmo negli studi furono rapidi e brillanti e il giovane entrò presto nelle grazie del maestro, tanto che, quando nel 1063 Lanfranco venne nominato abate dell'abbazia di Saint-Étienne di Caen, Anselmo (pur avendo intrapreso la vita monastica da appena tre anni) venne eletto a succedergli quale priore dell'abbazia di Bec.[12][14] Alcuni dei monaci più anziani, ritenendosi maggiormente in diritto di ricoprire la carica di priore, si considerarono offesi dalla sua promozione; tuttavia ben presto le sue doti di cortesia, il suo senso della misura nel gestire la carica e le sue competenze di insegnante gli valsero l'affetto di tutta la comunità monastica.[12]  Nei quindici anni in cui fu priore a Bec, diviso tra i doveri derivanti dalla sua carica e l'aspirazione all'isolamento e alla contemplazione, Anselmo era solito rimanere desto durante la notte, impegnato nella preghiera o nella scrittura. Risale infatti a quegli anni (a partire dal 1070) l'inizio della sua attività di scrittore, che aveva principalmente il fine di munire i suoi allievi all'interno del monastero (ma anche alcune nobildonne laiche al di fuori di esso) di testi su cui meditare e pregare.[15] La composizione di due delle sue opere teologiche più rilevanti, il Monologion (Soliloquio) del 1076 e il Proslogion (Colloquio) del 1078, avvenne proprio in quel periodo.[1][12]  Nel 1078, alla morte del fondatore dell'abbazia di Bec, Erluino, Anselmo gli succedette come abate venendo consacrato il 22 febbraio 1079 dal vescovo di Évreux.[16] Fu con riluttanza che Anselmo accettò la carica, che avrebbe comportato ulteriori responsabilità e doveri sottraendogli tempo alla riflessione e alla preghiera;[12] la resistenza di Anselmo fu vinta dalle insistenze unanimi dei confratelli.[1]  Anselmo fu molto apprezzato come abate per via del suo acume, della virtuosità con cui conduceva la sua vita e della sua capacità di rapportarsi con gentilezza con tutti dentro e fuori il monastero;[1] la nuova carica lo portò a stringere rapporti con l'Inghilterra, dove l'abbazia normanna aveva alcuni possedimenti; viaggiò fino a Canterbury, di cui Lanfranco era diventato arcivescovo nel 1070, ed ebbe modo di farsi conoscere e apprezzare dalla nobiltà e dalla corte inglesi,[1][12] oltre che dallo stesso re Guglielmo il Conquistatore;[11] divenne così il candidato naturale a succedere a Lanfranco come arcivescovo di Canterbury.[17] Anselmo fu anche costretto a battersi per conservare l'indipendenza dell'abbazia di Bec dalle autorità civili ed ecclesiastiche.[18] Nonostante la rilevanza dei suoi impegni di amministratore e di guida, e la puntualità con cui li assolveva, Anselmo rimase per tutta la vita innanzitutto un intellettuale:[3] nel periodo in cui fu abate di Bec portò avanti una significativa attività pedagogica e didattica e, tra il 1080 e il 1085, compose il De grammatico (Sul significato della parola "grammatico") e i tre dialoghi sulla libertà, il De veritate (Sulla verità), il De libertate arbitrii (Sulla libertà della volontà) e il De casu diaboli (La caduta del diavolo).[19] Sotto Anselmo, Bec divenne uno dei centri di studio e insegnamento più importanti d'Europa, attirando studenti da tutta la Francia, dall'Italia e da altri Paesi.[20]   La cattedrale di Canterbury, sede dell'arcivescovato di Canterbury, in un'incisione del 1821. Quando, nel 1089, morì Lanfranco di Pavia, Guglielmo II d'Inghilterra confiscò i possedimenti e le rendite della sede arcivescovile di Canterbury e si astenne dal nominare un successore di Lanfranco.[12] Anselmo, che pure desiderava tenersi lontano dall'Inghilterra per non far pensare che aspirasse al ruolo vacante di arcivescovo di Canterbury, accettò l'invito di Ugo d'Avranches a recarsi oltremanica nel 1092.[12] Fu costretto a trattenervisi per quasi quattro mesi, e in un'occasione, giungendo in Canterbury alla vigilia della Natività della Beata Vergine Maria, venne salutato entusiasticamente dalla folla come prossimo arcivescovo; quando ebbe esaurito i suoi impegni, il re gli negò il permesso di rientrare in Francia.[12] Nel 1093, però, Guglielmo cadde gravemente malato ad Alveston e, desideroso di fare ammenda per la condotta peccaminosa alla quale attribuiva la causa del suo male,[21] ordinò che Anselmo venisse nominato arcivescovo di Canterbury all'inizio di marzo.[11][22]  Nei mesi successivi, tuttavia, Anselmo tentò di rifiutare la carica sostenendo di non essere adatto, in quanto monaco, a occuparsi di affari secolari[17] e adducendo come scuse anche l'età e alcuni problemi di salute.[6] Il 24 agosto Anselmo sottopose a Guglielmo le condizioni alle quali avrebbe accettato l'arcivescovato (condizioni peraltro in linea con il programma della riforma gregoriana): che Guglielmo restituisse le terre confiscate; che accettasse la preminenza di Anselmo sul piano spirituale; che riconoscesse Urbano II come Papa, in opposizione all'antipapa Clemente III.[23] Guglielmo era estremamente riluttante ad accettare tali richieste e, benché la situazione favorisse Anselmo, il re era disposto ad accondiscendere solo alla prima.[24] Arrivò al punto di sospendere i preparativi per l'investitura di Anselmo, ma infine, sotto la pressione della volontà pubblica, fu costretto a portare a termine l'assegnazione della carica. Riuscì tuttavia ad accordarsi con Anselmo raggiungendo un compromesso vantaggioso per la monarchia: la restituzione delle terre rimase l'unica concessione fatta dal re all'arcivescovato.[25] Anselmo ottenne dunque il consenso dei suoi ex confratelli ad essere dispensato dai doveri che lo legavano all'abbazia di Bec, rese l'omaggio feudale a Guglielmo, e il 25 settembre 1093 si insediò a Canterbury,[11] ricevendo le terre precedentemente confiscate all'arcivescovato;[24] il 4 dicembre dello stesso anno venne consacrato arcivescovo di Canterbury.[24]  È stato messo in dubbio che la riluttanza di Anselmo ad accettare la carica fosse sincera: mentre studiosi come R. W. Southern sostengono che avrebbe davvero preferito rimanere a Bec, altri, come Sally Vaughn, sottolineano che una certa recalcitranza nell'accettare importanti posizioni di potere ecclesiastiche era d'uso nel Medioevo, dal momento che se per esempio Anselmo avesse espresso il desiderio di succedere a Lanfranco come arcivescovo sarebbe stato considerato un ambizioso carrierista; inoltre, sostiene sempre Vaughn, Anselmo comprendeva gli obiettivi di Guglielmo e agì in modo da ottenere i massimi vantaggi per il suo eventuale arcivescovato oltre che per il movimento riformista gregoriano.[26]  Arcivescovo di Canterbury sotto Guglielmo II    Scena raffigurante Anselmo costretto quasi a forza ad accettare il bastone pastorale, simbolo della carica di vescovo, da Guglielmo II d'Inghilterra gravemente malato. Prima ancora della fine di quello stesso anno 1093 ebbe luogo uno dei primi conflitti tra Anselmo e Guglielmo: il re era in procinto di avviare una spedizione militare contro suo fratello maggiore, Roberto II di Normandia, e avendo bisogno di fondi aspettava una donazione dall'arcivescovo di Canterbury;[27] Anselmo mise a disposizione 500 sterline, che il re rifiutò chiedendo una somma due volte maggiore.[12] Più tardi, un gruppo di vescovi convinse Guglielmo ad accettare la cifra originale, ma Anselmo fece loro sapere di aver già donato il denaro ai poveri.[11]  Quando si recò ad Hastings per benedire la spedizione che si accingeva a salpare per la Normandia, Anselmo rinnovò le pressioni volte a tutelare gli interessi di Canterbury e della Chiesa inglese, oltre che, più in generale, a riformare il rapporto tra Stato e Chiesa[11] secondo la visione della «teocrazia pontificia» espressa da papa Gregorio VII:[28] Anselmo concepiva la Chiesa come un'entità universale, con la sua autonomia e autorità, dalla quale lo Stato doveva dipendere per la sua missione e per la sua investitura;[29] questo andava in direzione opposta rispetto alla visione di Guglielmo la quale, in continuità con quanto già sostenuto dal suo predecessore, attribuiva al re il controllo sia sullo Stato che sulla Chiesa.[11][30] La figura di Anselmo, in effetti, è vista dagli storici tanto come quella di un monaco assorto nella contemplazione quanto come quella di un politico intelligente e capace, determinato a conservare i privilegi della sede episcopale di Canterbury.[31]  Nuovi attriti sorsero subito dopo, quando, come era tradizione, Anselmo avrebbe dovuto ottenere il pallio dalle mani del Papa per rendere definitiva la consacrazione: in quel periodo, infatti, la legittimità di papa Urbano II era messa in discussione dall'antipapa Clemente III. Quest'ultimo, nel 1074, aveva rifiutato esplicitamente l'autorità di papa Gregorio VII e, con il supporto di Enrico IV di Franconia, si era fatto eleggere Papa nel 1080, venendo qualificato da coloro che rimasero fedeli a Gregorio e ai suoi successori come "Antipapa".[32] Guglielmo vietò ad Anselmo di partire per Roma, dove si trovava la sede di Urbano II, riconosciuto dal regno di Francia così come da Anselmo stesso; non sembra che il re d'Inghilterra fosse incline a riconoscere l'autorità di Clemente III, ma insisteva affinché la decisione dell'arcivescovo di Canterbury di partire per Roma fosse subordinata al suo riconoscimento ufficiale di Urbano II, riconoscimento che si faceva attendere. Per dirimere la questione venne convocato a Rockingham, nel marzo 1095, un consiglio del regno in cui Anselmo, tenendo un discorso che rimane una testimonianza memorabile della dottrina della supremazia papale, ribadì la sua fedeltà a Urbano II come unico vero successore di Pietro.[12] Il concilio nazionale di Rockingham, che fu un momento di grande tensione tra i vescovi, i nobili e la monarchia dell'Inghilterra, fu per Anselmo una vittoria morale, ma per il momento la questione dell'investitura rimase insoluta.[11]  Anselmo, allora, inviò in segreto a Roma alcuni messaggeri.[33] Urbano II, in risposta, mandò a Canterbury un suo legato, Gualterio di Albano, per consegnare il pallio ad Anselmo in sua vece.[34] Guglielmo e Gualterio negoziarono in privato la questione, e infine il re acconsentì a riconoscere Urbano II come Papa in cambio del diritto di autorizzare o negare agli ecclesiastici la possibilità di ricevere lettere del papato; ottenne inoltre che Urbano non gli inviasse più alcun legato se non su esplicita richiesta. Guglielmo avrebbe anche voluto che Anselmo venisse deposto, ma finì per riconoscere l'autorità di papa Urbano II senza che ci fosse alcun avvicendamento per la carica di arcivescovo di Canterbury. Il re tentò allora di avere del denaro da Anselmo in cambio del pallio, ma senza esito; cercò anche di ottenere di poter consegnare personalmente il pallio all'arcivescovo, ma anche questo gli venne negato: si raggiunse un compromesso facendo in modo che Gualtiero, in rappresentanza del Papa, deponesse l'oggetto sacro sull'altare della cattedrale anziché consegnarlo ad Anselmo con le sue mani; Anselmo indossò quindi da solo il pallio nel corso di una cerimonia solenne che si tenne nella cattedrale di Canterbury nel giugno 1095.[35]  Nei due anni successivi non ci furono aperte dispute tra Anselmo e il re, anche se questi fece del suo meglio per impedire che Anselmo portasse avanti una riforma della Chiesa in senso gregoriano. Nel frattempo, nel 1094, Anselmo aveva ultimato la composizione dell'Epistola de incarnatione Verbi (Lettera sull'incarnazione del Verbo), il cui dedicatario era proprio Urbano II.[11]  Nel 1097, dopo l'insuccesso di una campagna militare diretta a sedare una rivolta in Galles, Guglielmo accusò Anselmo di avergli fornito una quantità insufficiente di truppe e gli ordinò di comparire presso il tribunale reale;[12] Anselmo rifiutò e chiese al re di potersi recare a Roma per chiedere consiglio al Papa, ma ciò gli venne negato.[36] Nel corso di un negoziato che si tenne a Winchester, Anselmo venne messo di fronte a due possibilità: partire, ma in questo caso non avrebbe più potuto fare ritorno al suo incarico di arcivescovo, o rimanere, ma avrebbe dovuto pagare un risarcimento a Guglielmo e rinunciare a ogni ulteriore appello a Roma.[36] Anselmo, deciso a difendere la visione di una Chiesa non sottomessa ad alcuna autorità terrena,[30] scelse l'esilio, e nell'ottobre 1097 lasciò l'Inghilterra diretto a Roma.[12] Guglielmo si impossessò immediatamente delle rendite della sede arcivescovile di Canterbury, anche se formalmente Anselmo conservò la carica di arcivescovo.[37]  Primo esilio  Ritratto di Anselmo nel Salone ducale del municipio di Aosta. Anselmo giunse a Cluny in dicembre, e passò il resto dell'inverno a Lione, presso il suo amico Ugo di Romans; nella primavera del 1098 riprese il viaggio, e attraversò il Moncenisio in compagnia di due confratelli. All'arrivo a Roma, Anselmo fu salutato dal Papa con grandi manifestazioni di stima e simpatia. Urbano II, che non voleva essere coinvolto più del necessario nelle vicende che contrapponevano Anselmo a Guglielmo II, non poté fare altro che indirizzare al sovrano inglese una lettera di rimostranze e l'invito a reintegrare l'arcivescovo nella carica.[12] Anselmo passò l'estate a Sclavia, presso il suo amico (già monaco a Bec e ora abate del monastero di Telese) Giovanni di Telese; qui terminò la sua opera Cur Deus homo (Perché Dio [si è fatto] uomo), che aveva iniziato in Inghilterra.[11]   Incisione della prima metà del XVI secolo raffigurante Anselmo d'Aosta. Anselmo trascorse quindi un periodo presso Capua, dove fu raggiunto da papa Urbano II. Questi, nell'ottobre 1098, indisse a Bari un concilio destinato a risolvere una questione dottrinale posta dalla Chiesa greca a proposito della processione dello Spirito Santo; più in generale, tra gli obiettivi del sinodo era quello di ricondurre a una comune posizione teologica i due grandi ceppi ecclesiastici venutisi a formare con lo scisma del 1054.[1] Ad Anselmo, che già si era espresso sull'argomento nell'Epistola de incarnatione Verbi,[11] fu chiesto di partecipare alla discussione e il Papa gli assegnò un ruolo importante nella disputa: espose infatti la posizione della Chiesa latina, secondo la quale lo Spirito Santo procede tanto dal Padre quanto dal Figlio, in modo così convincente da risolvere la disputa e persuadere i rappresentanti della Chiesa greca[1] (i suoi argomenti in seguito sarebbero stati raccolti nel testo De processione Spiritus Sancti, Sulla processione dello Spirito Santo). Anche il caso individuale di Anselmo venne sottoposto all'attenzione dell'assemblea, la quale avrebbe scomunicato Guglielmo se non fosse stato per l'intercessione di Anselmo stesso.[12]  Anselmo e i suoi compagni, a questo punto, sarebbero volentieri rientrati a Lione, ma venne loro ordinato di trattenersi in Italia per partecipare a un altro concilio, che doveva tenersi a Roma verso il periodo di Pasqua del 1099. Durante questo sinodo venne nuovamente ed energicamente sottolineata la posizione della Chiesa contro l'investitura del potere spirituale da parte dei laici,[30] contro la simonia e contro il concubinato dei religiosi.[1] A Roma si verificarono ulteriori attriti tra Urbano II e Guglielmo di Warelwast, rappresentante di Guglielmo II d'Inghilterra, con nuove minacce di scomunica al re se Anselmo non avesse riottenuto la sua carica; tuttavia, ancora una volta, la questione venne rimandata e, a causa della morte di Urbano in luglio, rimase di fatto insoluta.[11]  Infine, nel corso dello stesso anno 1099, Anselmo poté tornare a Lione; durante il soggiorno in questa città portò a compimento il trattato De conceptu virginali et originali peccato (Sull'Immacolata Concezione e sul peccato originale) e la Meditatio de humana redemptione (Meditazione sulla redenzione dell'uomo).[11]  Ritorno in Inghilterra sotto Enrico I Guglielmo II rimase ucciso durante una partita di caccia il 2 agosto dell'anno 1100. Gli succedette il fratello minore, Enrico I, il quale invitò Anselmo a tornare in Inghilterra e si impegnò a farne un suo consigliere.[38] Enrico cercava di ottenere l'appoggio di Anselmo nella propria rivendicazione del trono, a discapito, tra gli altri, del fratello maggiore Roberto.  Di ritorno, in settembre, Anselmo fu accolto con calore, ma il problema delle investiture si pose subito e in modo grave: il re, che pure inizialmente era stato del tutto conciliante, esigeva che Anselmo gli rendesse l'omaggio feudale[39] e che si assoggettasse a ricevere da lui l'investitura ad arcivescovo di Canterbury.[40] Anselmo non poteva tuttavia sottomettersi a queste richieste, dal momento che il papato (proprio con il recente concilio di Roma) aveva vietato agli ecclesiastici di rendere l'omaggio ai laici e di ricevere da questi l'investitura a cariche religiose.[12]  Enrico e Anselmo inviarono messaggeri a Roma a richiedere un'esenzione che consentisse al re di investire personalmente l'arcivescovo e di ottenerne l'omaggio.[12] Nel frattempo i due riuscirono a collaborare: Anselmo contribuì a rimuovere gli ostacoli al matrimonio di Enrico con Matilde di Scozia, l'erede dei sovrani di Sassonia, ostacoli dati dal fatto che Matilde era entrata in convento per qualche tempo pur senza prendere i voti; diede poi la sua personale benedizione a tale matrimonio[12] e rimase sempre in contatto epistolare con la nuova regina.[11] Inoltre, mentre l'Inghilterra era minacciata d'invasione da parte delle truppe di Roberto II di Normandia, Anselmo si schierò pubblicamente a favore di Enrico e, minacciando Roberto e i suoi sostenitori di scomunica, contribuì a volgere la situazione in favore del sovrano inglese, causando la ritirata del rivale.[12][41]  Papa Pasquale II, succeduto a Urbano II, non era intenzionato a derogare ai divieti del suo predecessore riguardo all'investitura da parte del potere laico e l'omaggio feudale.[41] Un nuovo gruppo di legati (due uomini di Anselmo e tre di Enrico) lasciò l'Inghilterra diretto verso la sede pontificia, nonostante alcuni ritardi dovuti all'impegno del re nel sedare la rivolta di Roberto II di Bellême; al loro ritorno i legati di Enrico, pur recando una lettera che continuava a sostenere le posizioni iniziali del pontefice, affermarono che Pasquale aveva acconsentito a un'eccezione nel caso di Enrico e Anselmo e che non aveva messo per iscritto questa decisione onde evitare di offendere gli altri sovrani europei. Tutto ciò fu però negato dai legati di Anselmo, il quale continuò a rifiutarsi di consacrare i vescovi investiti dal re.[11] Enrico chiese allora ad Anselmo di recarsi a Roma personalmente e questi, pur conscio di essere prossimo a un nuovo esilio, decise di partire per discutere la questione con il Papa.[12] Accompagnato dal funzionario del re Guglielmo di Warelwast, Anselmo lasciò l'Inghilterra il 27 aprile 1103.[11][42]  Secondo esilio Anselmo si trattenne a Bec sino quasi alla fine dell'estate per evitare di trovarsi a Roma nel periodo più caldo dell'anno; quando giunse nella sede pontificia e discusse con Pasquale II la questione dei rapporti tra potere temporale e spirituale, ottenne dal Papa ancora una volta una netta opposizione all'investitura degli ecclesiastici da parte dei laici e all'omaggio; l'ambasciatore del re d'Inghilterra, Guglielmo di Warelwast, non ebbe miglior successo. Sulla via del ritorno, a Lione, tra la fine del 1103 e l'inizio del 1104, Anselmo ricevette un messaggio di Guglielmo che interpretò come un invito a non tornare in Inghilterra se non con l'intenzione di (e l'autorizzazione a) ripristinare le pratiche dell'investitura degli ecclesiastici da parte dei laici e dell'omaggio. Anselmo dunque rimase a Lione, dove stese il De processione spiritus sancti.[11]  Anselmo si trattenne a Lione fino al marzo 1105, quando il Papa scomunicò Roberto di Beaumont, consigliere di Enrico I, che aveva insistito affinché il re continuasse a praticare l'investitura da parte di laici,[43] insieme ad altri prelati investiti da Enrico o da altri rappresentanti del potere temporale,[44] mentre si limitò, per il sovrano, a minacciare la scomunica.[11] Anselmo, che non sperava più in un aiuto concreto del Papa, si recò in Normandia per incontrare Enrico e minacciarlo personalmente di scomunica,[11][45] con lo scopo di costringerlo una volta per tutte a raggiungere un accordo sulla questione delle investiture.[46]  Anche grazie alla mediazione della sorella di Enrico, Adele d'Inghilterra, che Anselmo aveva assistito durante una malattia, l'arcivescovo e il re riuscirono a incontrarsi a l'Aigle nel luglio 1105 e raggiunsero un compromesso: la scomunica di Roberto di Beaumont e degli altri funzionari di Enrico I venne revocata (cosa che Anselmo fece grazie alla sua sola autorità, e di cui dovette poi rendere conto a papa Pasquale II)[43][47] a patto che essi tenessero sempre conto della volontà della Chiesa nel consigliare il re; inoltre Enrico avrebbe rinunciato al diritto di investire gli ecclesiastici se Anselmo avesse ottenuto dal Papa che agli ecclesiastici venisse consentito l'omaggio ai nobili laici; le entrate della sede arcivescovile di Canterbury furono restituite alla Chiesa e venne confermato il divieto per i sacerdoti di prendere moglie. Prima di tornare in Inghilterra, comunque, Anselmo volle che l'accordo fosse approvato dal Papa; questi, con una lettera del 23 marzo 1106, ratificò il compromesso: nonostante la rinuncia da parte del re al diritto di investitura costituisse un'importante vittoria per la Chiesa,[47] sia Anselmo che Pasquale consideravano il compromesso di l'Aigle come un accordo temporaneo, in vista di ulteriori azioni che, perseguendo gli obiettivi della riforma gregoriana, avrebbero dovuto abolire anche la pratica dell'omaggio degli ecclesiastici ai laici.[48] La lettera del Papa autorizzava Anselmo anche a revocare la scomunica di coloro che erano stati investiti da laici o che a laici avevano reso l'omaggio feudale, e lo invitava ad assolvere il re e la regina d'Inghilterra da tutti i loro peccati.[11]  Il ritorno di Anselmo a Canterbury comunque fu rimandato, anche a causa di alcuni problemi di salute dell'anziano arcivescovo; il 15 agosto Anselmo incontrò Enrico a Bec; il re aggiunse alle concessioni fatte anche la restituzione delle chiese confiscate a suo tempo da Guglielmo II e promise di risarcire il clero inglese dei danni economici patiti a causa della lotta per le investiture. Così, i due si riappacificarono.[11]  Ritorno in Inghilterra e ultimi anni Anselmo fece trionfale ritorno in Inghilterra nel 1107. Da un'assemblea dei vescovi e dei principi inglesi tenuta il 1º agosto risultò il "concordato di Londra", che formalizzava e annunciava pubblicamente il compromesso tra Enrico e Anselmo:[49] nessun vescovo avrebbe dovuto ricevere l'investitura da un laico, ma il fatto di aver reso l'omaggio a un laico non avrebbe impedito a nessuno di ricoprire la carica di vescovo. Le sedi vescovili e abbaziali vacanti (alcune delle quali erano vacanti ancora dai tempi di Guglielmo II) vennero assegnate, e Anselmo, riprese le funzioni di arcivescovo di Canterbury, consacrò tutti i nuovi vescovi.[11]  Anche nella fase finale della sua vita Anselmo continuò ad occuparsi dei doveri di arcivescovo e, contemporaneamente, a meditare e a scrivere testi di teologia, come il De concordia praescientiae et praedestinationis et gratiae Dei cum libero arbitrio (Sulla compatibilità della prescienza, della predestinazione e della grazia di Dio con il libero arbitrio). Anselmo lavorò per innalzare il livello spirituale del regno e, in particolare, delle regioni dell'Irlanda e della Scozia; fu inoltre coinvolto in una disputa circa il primato dell'arcidiocesi di Canterbury su quella di York, disputa che non sarebbe stata superata (con la riaffermazione della supremazia di Canterbury) se non dopo la sua morte.[11]  Anselmo morì il 21 aprile 1109, mercoledì santo, e venne sepolto nella cattedrale di Canterbury. Le sue spoglie vennero però esumate durante i disordini a sfondo religioso che ebbero luogo durante il regno di Enrico VIII d'Inghilterra e se ne persero le tracce.[11]   La tomba di Anselmo all'interno della cattedrale di Canterbury. Il processo di canonizzazione di Anselmo fu avviato da Tommaso Becket (uno di coloro che ne continuarono l'opera volta a garantire l'indipendenza della Chiesa inglese dal potere politico) e venne portato a termine da papa Alessandro III nel 1163. Anselmo fu dichiarato dottore della Chiesa da papa Clemente XI il 3 febbraio 1720[50].  Pensiero Oltre ad aver svolto un importante ruolo politico nella disputa sulle investiture in Inghilterra, Anselmo d'Aosta fu anche un pensatore di grande spessore nell'ambito della filosofia cristiana medievale, considerato uno dei principali esponenti della riflessione di area europea[3], il principale filosofo dell'XI secolo[8][51] e il primo grande pensatore del Medioevo dopo Giovanni Scoto Eriugena[4].  Influenze Il lavoro di Anselmo è caratterizzato da una grande originalità e sono rari, nella sua opera, i riferimenti a pensatori del passato: ciò rende difficile identificare le influenze che hanno contribuito a dar forma al suo pensiero[15]. Posto che la fonte principale della riflessione di Anselmo è l'autorità della Bibbia, è tuttavia ugualmente possibile riconoscere nel neoplatonismo cristiano di Agostino d'Ippona un importante punto di riferimento; l'importanza dell'influenza di pensatori come Giovanni Scoto Eriugena e lo Pseudo-Dionigi l'Areopagita, un tempo considerata significativa, è oggi giudicata tutto sommato trascurabile, mentre si tende a evidenziare l'importanza rivestita da Aristotele e dal suo traduttore e commentatore Severino Boezio nel determinare certi aspetti dialettici della filosofia di Anselmo, oltre che, tra le altre cose, la sua concezione del male come privo di positività ontologica e la teoria dei futuri contingenti che garantiscono la compatibilità della prescienza di Dio con la libertà umana[52]. L'influenza del maestro Lanfranco probabilmente non fu, se non forse per l'interesse alla dialettica, determinante[15].  Rapporto tra ragione e fede Nella riflessione di Anselmo, che pure ha un carattere prevalentemente teologico, la ragione svolge un ruolo di fondamentale importanza: nella concezione anselmiana del rapporto che, per un buon filosofo cristiano, dovrebbe sussistere tra la ragione e la fede (cioè, sostanzialmente, tra la filosofia e la teologia) la dimensione della ricerca razionale ha infatti un posto molto rilevante[3].  Anselmo riteneva che il presupposto di ogni sapere dovesse essere necessariamente la fede nella rivelazione delle sacre scritture, e che, quindi, si dovesse credere per comprendere piuttosto che comprendere per credere ("credo ut intelligam")[53]; in altre parole sosteneva, ispirandosi alle parole di Isaia (7, 9) «se non hai fede, non capirai» ("nisi credideritis, non intelligetis")[54], che il fondamento di ogni conoscenza dovesse provenire dalla fede, e che solo su di essa potesse innestarsi il lavoro della ragione, volto all'approfondimento e alla comprensione dei dogmi[53].  Anselmo tuttavia riponeva grande fiducia nella capacità della ragione di portare avanti con successo questo suo ruolo di chiarificazione e comprensione dei dati di fede: come disse il medievista francese Étienne Gilson, egli giudicava «presunzione non mettere per prima cosa la fede, [...] negligenza non fare successivamente appello alla ragione»[53]. Dunque, benché fosse per lui impensabile sottomettere o subordinare i misteri della fede alla dialettica, cioè alla logica, Anselmo riteneva che fondandosi saldamente sulla rivelazione fosse possibile usare la ragione per approfondire la comprensione di tali misteri o, anche, per dimostrare inconfutabilmente la necessità di accettarli come tali[55]. In effetti per lui esistevano dogmi non suscettibili di esatta comprensione razionale, come ad esempio quello della Trinità, ma riteneva che fosse ugualmente possibile raggiungere, tramite ragionamenti per analogia, una parziale comprensione di tali dogmi e che, inoltre, fosse possibile provare razionalmente la necessità di abbracciarli[56]. Una significativa espressione anselmiana, che può essere considerata il suo motto filosofico, è «la fede in cerca della comprensione»[8]. Con ciò Anselmo intendeva riaffermare la priorità della fede e, parallelamente, l'opportunità di tentare di rischiarare i contenuti della rivelazione per mezzo della riflessione razionale, senza che la ragione prendesse il posto della fede e senza che la fede soffocasse la ragione[8].  Nella concezione anselmiana della fede aveva molta importanza la dimensione affettiva (cioè legata all'ambito della volontà): l'amore di Dio che alimenta la fede è in gran parte assimilabile a un amore per la conoscenza di Dio stesso, e dunque viene attribuita una notevole importanza alla ragione, in quanto veicolo di questa ricerca di conoscenza[8]. Alcuni commentatori evidenziano come nella riflessione di Anselmo gli elementi esistenziali e legati all'ambito morale siano strettamente interconnessi con quelli teoretici e legati all'ambito della ricerca razionale[57].  Esistenza di Dio e attributi divini dimostrati a posteriori: il Monologion Magnifying glass icon mgx2.svgMonologion. Benché concepisse la fede come fondamento di ogni conoscenza, Anselmo riteneva che un argomento razionale potesse convincere anche un non credente.[8] Nel suo primo scritto filosofico importante, il Monologion, Anselmo si pone dalla prospettiva di chi ignori la rivelazione cristiana o non vi creda e, adottando tale prospettiva, intende dimostrare l'esistenza di Dio e dedurre alcuni dei suoi attributi per mezzo di procedimenti razionali a posteriori (cioè basati su evidenze tratte dal mondo sensibile e sviluppate con procedimenti razionali).[3][53]  La dimostrazione dell'esistenza di Dio proposta da Anselmo nel Monologion è di ascendenza platonica,[58] ed è ispirata almeno in parte al neoplatonismo di Agostino d'Ippona.[59] Il fondamentale presupposto di tale prova infatti, a parte la constatazione che le cose del mondo sono caratterizzate da gradi diversi di perfezione, è la convinzione che se le cose sono più o meno perfette (o comunque presentano una certa caratteristica positiva con grado maggiore o minore di intensità), ciò dipende dal fatto che tali cose partecipano in maniera più o meno diretta di un ente assolutamente perfetto (o che comunque possiede quella certa caratteristica positiva al massimo grado).[59]   Iniziale miniata da un manoscritto del Monologion risalente al XII secolo. Tale idea viene sviluppata, per esempio, a proposito del bene: dal momento che possiamo constatare che esistono nella realtà molti beni, diversi tra loro e buoni in grado maggiore o minore, dobbiamo secondo Anselmo dedurne con certezza che essi sono buoni in virtù di un solo principio del bene assoluto, cioè a causa della loro partecipazione in diverso modo e in diverso grado di un unico sommo bene; tale bene è buono in sé e per sé, mentre ogni altra cosa è buona riferendola a quel bene che si colloca a un livello gerarchicamente superiore a ogni altro bene.[58]  Dopodiché, avendo dimostrato che deve esistere un ente che corrisponde al sommo bene, Anselmo applica il medesimo procedimento ad attributi come la perfezione e la stessa esistenza, così da provare che deve esistere qualcosa caratterizzato da assoluta perfezione e assoluta pienezza d'essere (e dal quale tutte le creature finite ricavano la loro misura di perfezione e di esistenza).[58]  Secondo Anselmo, tanto l'ente sommamente buono, quanto quello caratterizzato dal sommo grado di esistenza, quanto quello sommamente perfetto, coincidono con il Dio della rivelazione cristiana, la cui esistenza è quindi provata a partire da dati di esperienza come la gradazione del bene e della perfezione, e come il processo di causazione degli enti da un essere primo.[60]  La seconda parte, quantitativamente preponderante, del Monologion è dedicata all'analisi degli attributi, cioè delle caratteristiche, di Dio.[61] Alcuni di questi attributi divini (come la bontà, la perfezione e il ruolo di causa incausata di tutti gli esseri finiti) sono conseguenze immediate dell'argomento appena esposto. Tuttavia Anselmo intende spingersi oltre nella definizione degli attributi di Dio, e sostiene che la perfezione divina implica, per esempio, anche le caratteristiche di eternità e intelligenza.[58]  Alla luce del carattere creativo di Dio, dal quale dipende tutto l'esistente, Anselmo propone poi una rielaborazione della dottrina del Logos (Verbo),[15] tradizionalmente inteso come corrispondente alla seconda persona della Trinità (il Figlio) e come intermediario tra Dio e il Mondo, così come nella filosofia neoplatonica era intermediario tra l'Uno e il Mondo.[62] Anselmo giunge alla conclusione che ogni ente creato dal nulla esisteva, prima di essere creato, nella mente di Dio.[15] Pertanto Anselmo sostiene che nella mente di Dio esistono i modelli ideali su cui sono costruiti tutti gli enti finiti che risultano dalla creazione, e che la creazione consiste nell'atto con cui Dio pronuncia fra sé e sé il Verbo che è fondamento di tutte le creature.[58]  Anselmo, discutendo dell'analogia che sussiste tra il Verbo divino e il pensiero (o Logos) umano, sostiene che gli uomini conoscono le cose per mezzo di immagini delle cose stesse, e che tali immagini sono tanto più veritiere quanto più aderiscono alla cosa; simmetricamente, in Dio esiste il Verbo, che costituisce l'essenza delle cose, e le cose sono modellate su di esso.[15] La terza persona della Trinità, lo Spirito Santo, viene identificata con la facoltà umana dell'amore. In Dio, afferma Anselmo, sussistono tre distinte persone che formano una sola essenza e una sola divinità;[15] questo può essere reso più comprensibile alla ragione per mezzo di un'analogia di origine agostiniana: come l'anima umana, pur essendo assolutamente unitaria, si compone di tre facoltà (memoria, intelligenza e volontà), così Dio, pur essendo assolutamente unitario, si compone di tre persone (Padre, Figlio e Spirito Santo).[63]  L'autore analizza poi altri modi per descrivere la sostanza divina, e propone di considerarla come ciò che c'è di più grande, di sommo, cioè maggiore di tutte le creature; o, ancora, come ciò che presenta tutte e sole le caratteristiche che è meglio avere piuttosto che non avere.[15] Con ciò, Dio comunque possiede tali caratteristiche in virtù di sé stesso, e non di altri principi; inoltre la molteplicità di tali caratteristiche non significa che Dio sia composito, dal momento che nell'essenza divina ogni attributo coincide con tutti gli altri e con la stessa essenza divina in una suprema unità e semplicità.[15]  Esistenza di Dio e attributi divini dimostrati a priori: il Proslogion Magnifying glass icon mgx2.svgProslogion e Argomento ontologico.  Statua di Anselmo ad Aosta, in via Xavier de Maistre. Sullo sfondo, i campanili della cattedrale di Aosta; a destra si intravede il seminario maggiore. (la) «Domine, non solum es quo maius cogitari nequit, sed es quiddam maius quam cogitari possit. Quoniam namque valet cogitari esse aliquid huiusmodi: si tu non es hoc ipsum, potest cogitari aliquid maius te; quod fieri nequit.» «O Signore, tu non solo sei ciò di cui non si può pensare nulla di più grande, ma sei più grande di tutto quanto si possa pensare; poiché infatti è lecito pensare che esista qualcosa di simile. Se tu non fossi tale, si potrebbe pensare qualcosa più grande di te, ma questo è impossibile.»  (Anselmo, Proslogion seu alloquium de Dei existentia, 15, 235C) Anselmo rimase parzialmente insoddisfatto della dimostrazione dell'esistenza di Dio e dell'indagine sulle sue caratteristiche per come esse erano state condotte nel Monologion: egli aspirava infatti a costruire un argomento più semplice e interamente autosufficiente in grado di portare alle stesse conclusioni. Un simile argomento, ricercato affannosamente e infine trovato[64], venne esposto nel Proslogion (il cui titolo, originariamente, era stato Fides quaerens intellectum, cioè «la fede in cerca della comprensione»)[65][66].  L'argomento del Proslogion (noto anche, secondo una denominazione attribuitagli da Immanuel Kant, come argomento ontologico)[8] è del tipo a priori: è cioè basato su una definizione di Dio ricavata dalla fede e sviluppata secondo un procedimento razionale che aspira ad essere valido in sé, anteriormente a ogni dato di esperienza[66].  Schema logico dell'argomento ontologico Chi nega l'esistenza di Dio (come lo stolto del Salmo: «che disse in cuor suo: Dio non esiste».) deve avere il concetto di Dio non si può infatti negare la realtà di qualcosa che non si pensa neppure, per negarla devo pensarla avere il concetto di Dio significa: pensare un essere di cui non si può pensare nulla di maggiore ("aliquid quo nihil maius cogitari possit") ma poiché «si potrebbe pensare un ente che, oltre agli attributi riconosciuti proprî di Dio, possedesse anche quello dell'esistenza, e quindi fosse maggiore di lui.»[67] questa, allora, sarebbe un'idea maggiore di quella di Dio quindi, ciò di cui non possiamo pensare nulla di maggiore, essendo il maggiore di tutti gli enti, non può non avere la caratteristica dell'esistenza: esistere senza dubbio sia nell'intelletto sia nella realtà ("existit ergo procul dubio aliquid quo maius cogitari non valet, et in intellectu et in re")[68] L'argomentazione di Anselmo prende dunque le mosse dalla definizione di Dio come «ciò di cui non può essere pensato niente di maggiore». Egli sostiene che chiunque, incluso lo «stolto» che, secondo i Salmi (14, 1 e 53, 1) «disse in cuor suo: Dio non esiste»[65], comprende tale definizione, anche se non comprende che l'oggetto di tale definizione esiste; comunque, nel comprenderla, si forma mentalmente il concetto di un ente sommamente grande, del quale sia impossibile pensare qualcosa di maggiore.  Ora, sostiene Anselmo, il concetto di «ciò di cui non può essere pensato niente di maggiore» esiste nella mente dello «stolto» (o di chiunque altro) come nella mente del pittore esiste l'immagine di qualcosa che egli è in procinto di disegnare, ma che ancora non esiste al di fuori del suo pensiero.  Tuttavia, qualcosa che esiste solamente nella mente di qualcuno non è tanto grande quanto qualcosa che esiste anche nella realtà esterna, nel mondo effettivo delle cose: pertanto ciò di cui non può essere pensato nulla di maggiore non sarebbe tale se non fosse dotato di un'esistenza effettiva anche fuori dalla mente di chi si forma quel concetto. Il che conduce alla conclusione per cui esiste necessariamente qualcosa di cui non può essere pensato niente di maggiore[65][66], e che non può essere pensato se non come esistente[15]. Si tratta in fondo di una dimostrazione per assurdo[69], basata in gran parte sull'approccio apofatico della teologia negativa[70], in base al quale è doveroso per la mente umana riconoscere l'esistenza di Dio come suo limite[71].  (LA) «Sic ergo vere es, Domine, Deus meus, ut nec cogitari possis non esse; et merito. Si enim aliqua mens posset cogitare aliquid melius te, ascenderet creatura super Creatorem.» «Dunque esisti in modo così vero, o Signore, mio Dio, che non si può neppure pensare che non esisti. E giustamente. Se infatti una mente potesse pensare qualcosa migliore di te, la creatura si eleverebbe sopra il Creatore.»  (Anselmo, Proslogion seu alloquium de Dei existentia, 3, 228B-228C) Come il Monologion, il Proslogion contiene numerosi capitoli nei quali l'autore indaga gli attributi di Dio: partendo dalla definizione della divinità come ciò di cui non può essere pensato il maggiore, Anselmo conclude che Dio deve essere necessariamente l'essere supremo, e quindi supremamente buono, giusto e felice[72]. Sempre in relazione al Monologion, risulta ora tanto più giustificata l'idea che Dio debba essere caratterizzato da tutte le peculiarità che è preferibile avere piuttosto che non avere.[72]  In effetti risulta che un Dio come questo, che (in accordo anche con gli insegnamenti della Bibbia) è necessariamente onnipotente, deve essere impossibilitato a fare il male perché è anche assolutamente benevolo; questo non è però contraddittorio dal momento che, per Anselmo, la capacità di fare il male non è in realtà una vera potenza, quanto piuttosto un'impotenza (il che è coerente con la sua interpretazione del male come privazione, cioè come pura negazione dell'essere e del bene, non dotata di un'autonoma positività ontologica). Non deve quindi stupire, secondo lui, che Dio non possa fare il male o contraddirsi[72].  Nei capitoli conclusivi del testo, Anselmo ribadisce e approfondisce l'analisi degli attributi divini iniziata nel Monologion, aggiungendo inoltre un accenno all'identità di esistenza ed essenza in Dio il quale prefigurava, anche se da lontano, i risultati che avrebbe raggiunto più tardi Tommaso d'Aquino[73].  Le critiche di Gaunilone all'argomento ontologico e la risposta di Anselmo (LA) «Gratias ago benignitati tuae et in reprehensione et in laude mei opusculi. Cum enim ea, quae tibi digna susceptione videntur, tanta laude extulisti, satis apparet, quia, quae tibi infirma visa sunt, benevolentia, non malevolentia reprehendisti.» «Ringrazio della tua benevolenza, sia per le critiche sia per le lodi del mio opuscolo.[74] Poiché infatti hai tanto lodato quelle parti che ti sembravano degne d'essere accettate, risulta chiaro che hai censurato per benevolenza, non per malevolenza, quelle che ti sono apparse deboli.»  (Anselmo, Sancti Anselmi liber apologeticus contra Gaunilonem respondentem pro insipiente, 10, 260B) Schema logico delle obiezioni di Gaunilone e la risposta di Anselmo nel suo Libro a difesa dello sciocco il monaco Gaunilone obietta:  in realtà l'ateo ha in mente solo la parola Dio non l'idea di Dio di cui è impossibile per la sua infinitudine avere una conoscenza sostanziale: ma anche ammesso di avere un'idea perfetta questo non significa che poi vi debba necessariamente corrisponderne l'esistenza: se così fosse basterebbe pensare alle mitiche perfette Isole Fortunate perché poi queste esistessero nella realtà. S.Anselmo controbatte che il suo argomento vale solo per quella realtà perfettissima che è Dio, in grado cioè non solo di riempire, ma di trascendere il pensiero stesso che lo ospita. Dio infatti non è soltanto «ciò di cui non si può pensare nulla di più grande» (id quo maius cogitari nequit), ma è anche «più grande di quel che si possa pensare» (quod maior sit quam cogitari):[75] l'ammissione dei propri limiti costringe l'intelletto umano a riconoscere una realtà ontologica che lo sovrasta.[76] Per spiegare come sia possibile che lo «stolto» neghi l'esistenza di Dio, nel Proslogion Anselmo afferma che chiunque dica «Dio non esiste» in realtà proferisce suoni completamente vuoti, parole di cui non comprende il senso, fermandosi ai segni senza cogliere i significati[77]. Gaunilone, un monaco benedettino contemporaneo di Anselmo, usò un argomento simile a questo per attaccare la prova a priori del Proslogion[78] in un testo intitolato Liber pro insipiente (Libro a difesa dello stolto); a Gaunilone Anselmo rispose nel Liber apologeticus adversus respondentem pro insipientem (Libro apologetico contro la risposta in difesa dello stolto) e da allora, per volontà dello stesso Anselmo, il Proslogion venne sempre riprodotto con il corredo di questa doppia appendice[79].  L'argomentazione del Liber pro insipiente, articolata su diversi punti e accompagnata da alcuni esempi, si può sintetizzare nell'osservazione di Gaunilone secondo cui il fatto di avere nell'intelletto un concetto come quello di «ciò di cui non può essere pensato il maggiore», e di pensarlo come esistente, è profondamente diverso dal fatto che ciò di cui non può essere pensato il maggiore effettivamente esista: egli cioè sostiene che non si può passare direttamente dal piano del pensiero al piano dell'esistenza[80]. Aggiunge inoltre che quello di «ciò di cui non può essere pensato il maggiore» è un concetto inaccessibile a un intelletto umano, sostanzialmente superiore alle sue forze: chi ascolta e comprende tale concetto, afferma Gaunilone, non lo comprende in realtà più di quanto secondo Anselmo lo «stolto» comprende l'espressione «Dio non esiste»[78]; quindi pensare Dio come ciò di cui non può essere pensato il maggiore è possibile solamente a posteriori, e cioè questa concezione di Dio (di per sé giudicata legittima) deve essere sviluppata a partire da argomenti simili, per esempio, a quelli platonizzanti del Monologion[80].  Nella sua risposta alle obiezioni di Gaunilone (il quale peraltro loda il Monologion e tutte le parti del Proslogion diverse dall'argomento ontologico) Anselmo si stupisce di ricevere critiche da qualcuno che è uno stolto ma un cattolico. Rispondendo quindi «al cattolico», Anselmo ravvisa nelle parole di Gaunilone una certa confusione tra «ciò di cui non può essere pensato il maggiore», limite innegabile del pensiero, e «la cosa più grande di tutte», che essendo un concetto impreciso può ancora essere negato senza cadere in contraddizione. Nella parte principale della sua replica alla replica Anselmo aggiunge che «ciò di cui non può essere pensato il maggiore» non è un concetto incomprensibile per l'intelletto umano,[81] a meno di fingere di non capire il concetto stesso che si vuole negare, «perché se anche ci fosse qualcuno abbastanza sciocco da dire che ciò di cui non si può pensare il maggiore non è niente, non sarà così impudente da dire di non riuscire a capire o pensare quel che sta dicendo. O se invece si trovasse qualcuno di questo genere, non solo il discorso è da respingere (respuendus), ma lui stesso da coprire di sputi (conspuendus)»[82]. L'esperienza delle cose del mondo, del resto, rende evidente che gli enti posseggono le diverse perfezioni in diversi gradi e che, dunque, è possibile stabilire una gerarchia di grandezza in cui di ogni cosa è possibile pensare qualcosa di maggiore finché si giunge a qualcosa di cui, appunto, non si può pensare niente di maggiore[83]. È stato fatto notare che con questa operazione, però, Anselmo dà parzialmente ragione a Gaunilone e riconduce la prova a priori del Proslogion alla prova a posteriori del Monologion, ammettendo che il concetto di «ciò di cui non può essere pensato il maggiore» si origina dall'esperienza[84][85]. In tal modo l'autosufficienza della prova del Proslogion può risultare compromessa, ma viene stabilita tra esso e il Monologion una continuità che fa delle due opere altrettanti momenti di un unico argomento per l'esistenza di Dio, in cui tale esistenza viene dimostrata inizialmente a partire da osservazioni empiriche, assicurando nel contempo la legittimità della definizione di Dio come «ciò di cui non può essere pensato il maggiore», e quindi viene dimostrato che a partire da tale definizione risulta che Dio non è concepibile se non come dotato dell'esistenza[72][84].  Anselmo dialettico: il De grammatico e gli altri scritti logici L'aspetto del pensiero di Anselmo legato alla logica (la quale nel Medioevo era indicata indifferentemente come dialettica o anche come grammatica, in una prospettiva paragonabile a quella della moderna filosofia del linguaggio) ha un'importanza non trascurabile, anche se tale importanza è stata rivalutata solo dalla critica della seconda metà del XX secolo[84].   Anselmo ritratto in una vetrata inglese. Anselmo considerava la logica uno strumento utile per il teologo: già nel Monologion il suo approccio si era caratterizzato per l'attenta disamina delle possibili ambiguità legate a espressioni come «[esistenza] per sé» e «[creazione dal] nulla», e anche nel Proslogion Anselmo aveva compiuto operazioni simili; ora, nel De grammatico, egli analizza nello specifico il problema della paronimia, ossia dello scambio di due parole dal suono simile ma prive di attinenza nel significato: si trattava di capire se la parola "grammatico" (così come tutti gli altri «denominativi», cioè quelle parole che derivano da una radice da cui differiscono solo per la desinenza, in questo caso "grammatica"), corrispondano a sostanze o qualità[86].  In effetti, sostiene Anselmo, pare ugualmente possibile sostenere che "grammatico" sia sostanza (essenza) o che sia qualità (accidente):[87] nel primo caso perché "grammatico" indica un uomo, e a ogni uomo corrisponde una sostanza; nel secondo perché "grammatico" indica una particolare caratteristica dell'uomo in questione. Anselmo afferma però che non ci troviamo di fronte a una contraddizione, dal momento che i due modi di intendere la parola si riferiscono a due punti di vista ben diversi: è infatti necessario, prosegue, distinguere la significatio di un termine, cioè il piano del suo significato, dalla sua appellatio, cioè il piano del suo riferimento. Pertanto "grammatico" è una significazione della grammatica, ma il suo riferimento è all'uomo[88]. Inoltre, aggiunge Anselmo, per se (cioè in modo diretto, cioè sul piano della significazione) la parola "grammatico" significa una qualità, ma può anche fare riferimento per aliud (cioè in modo indiretto, cioè sul piano del riferimento) a una sostanza[15][88]. Alcuni commentatori hanno rilevato che, con questo, Anselmo prefigurava la teoria della suppositio che sarebbe stata approfondita dai dialettici del XIII secolo e successivi[88].  In altre opere di carattere logico, abbozzate da Anselmo ma mai stese in forma compiuta, egli analizzava altre possibili ambiguità linguistiche legate all'uso di certe parole in filosofia e teologia: considerò con particolare attenzione i concetti e i termini necessitas ("necessità"), potestas ("potenza", "capacità"), voluntas ("volontà"), facere ("fare", ma anche "far fare", "patire") e aliquid ("qualcosa")[89].  Il problema del male, dell'onnipotenza divina e del libero arbitrio nella trilogia sulla libertà Nella cosiddetta «trilogia della libertà», composta dai dialoghi De veritate, De libertate arbitrii e De casu diaboli, Anselmo analizza le questioni etiche legate alla rettitudine[19] da un punto di vista teologico-dogmatico (analogo a quello che avrebbe adottato anche nelle opere successive) piuttosto che strettamente filosofico (come era stato invece quello adottato nei testi precedenti)[90].  La scelta della forma dialogica, debitrice in qualche misura della tradizione platonica ma non priva di una sua originalità d'interpretazione, era dovuta all'esigenza di rendere più vivace la discussione dei problemi teologici e al vantaggio di poter risolvere dialetticamente le difficoltà che via via si presentavano; essa inoltre corrispondeva al modo in cui Anselmo teneva le sue lezioni, le quali consistevano sostanzialmente in conversazioni tra gruppi ristretti di discenti legati da rapporti reciproci di confidenza che facilitavano il confronto di idee[91].  Il De veritate Magnifying glass icon mgx2.svgDe veritate (Anselmo d'Aosta). Il De veritate (primo in ordine logico, anche se non è chiaro in che ordine cronologico furono composte le tre opere) analizza in particolare il rapporto sussistente tra la virtù morale, la verità e la giustizia.[19]  Anselmo propone una teoria della verità in cui sono compresenti una matrice platonica (per cui la verità delle cose e delle affermazioni particolari risiede nella loro partecipazione alla verità in sé) e la tesi della verità come corrispondenza tra discorso e realtà (per cui la verità sta nell'aderenza delle asserzioni allo stato delle cose); la nozione di verità per come la intende Anselmo, quindi, è particolarmente ampia proprio perché per l'appunto essa è ricondotta sia alla corrispondenza di linguaggio e realtà sia all'aderenza di un'azione al suo fine teleologicamente proprio (che nel caso del linguaggio è esattamente quello di significare la realtà);[8] traducendosi in un più ampio concetto di rettitudine, la verità può quindi essere propria anche della volontà (la volontà vera è volontà retta) e delle azioni (le azioni vere sono azioni buone), oltre che dei sensi, delle essenze stesse delle cose eccetera.[8][15]  Tuttavia, aggiunge Anselmo, dal momento che tutte le cose veridiche devono trarre la loro verità da una verità suprema che, evidentemente, viene identificata con Dio, e dal momento che Dio è ugualmente fonte di tutta la verità e di tutto l'essere, tutto ciò che esiste deve esistere veridicamente e, quindi, rettamente; è qui che, data l'esperienza comune a tutti dell'esistenza del male, la questione acquisisce la sua importanza sul piano etico, dal momento che sorge per l'appunto il problema del male.[15]  La questione di come sia possibile che qualcosa di male accada a causa di (o nonostante) un Dio buono è risolta nel De Veritate osservando che, se i due termini opposti vengono considerati sotto rispetti diversi, l'apparente contraddizione tra l'esistenza del male e la bontà di Dio non è realmente problematica: Dio può permettere che il male esista senza causare il male, e d'altro canto quello che risulta malvagio in una prospettiva umana non è necessariamente malvagio in senso proprio. Anselmo sostiene che, come è possibile che un uomo riceva a buon diritto delle percosse benché per un certo altro uomo sia illegittimo somministrargliele, così è in generale possibile che essere l'oggetto passivo di un'azione sia male mentre esserne il soggetto attivo sia bene o viceversa; e, quindi, il problema di conciliare l'esperienza del male con un Dio onnipotente e buono si risolve se si considera che Dio e il male vengono considerati da due differenti punti di vista.[15]  In conclusione, Anselmo chiama verità quel particolare tipo di rettitudine che è percettibile solo alla mente; benché infatti in generale i concetti di verità, giustizia e rettitudine siano interscambiabili la verità ha un carattere proprio di retta intellezione, mentre la giustizia è legata più strettamente alla rettitudine della volontà.[15]  La rettitudine della volontà è poi direttamente collegata con l'aderenza del volere dell'uomo a quello di Dio, e la verità stessa ha la sua unità garantita dalla sua relazione con la verità suprema e assoluta di Dio: l'apparenza di molte verità particolari separate e indipendenti non toglie che ciascuna di esse sia vera unitamente a tutte le altre nella partecipazione a Dio.[15]  Il De libertate arbitrii Magnifying glass icon mgx2.svgDe libertate arbitrii. Il De libertate arbitrii è il testo della trilogia dedicato specificamente alla libertà della volontà dell'uomo in relazione alla sua facoltà di compiere il bene o di peccare e, in generale, al problema della grazia e del male.[92]  Fin dalle prime pagine dell'opera Anselmo rifiuta la definizione della libertà come la possibilità di scegliere senza condizionamenti se peccare o non peccare:[93] se, infatti, la facoltà di peccare rientrasse in tale definizione, la libertà vedrebbe irrimediabilmente compromesso il suo valore positivo (se, cioè, fosse la libertà a rendere possibile il peccato, essa non sarebbe più un carattere buono); e ne risulterebbe inoltre la conclusione assurda che Dio, non potendo fare il male (cioè non potendo peccare), non sarebbe libero.[72][92]  Anselmo sostiene al contrario che il peccato è dovuto non tanto alla libertà in sé quanto a una degenerazione della libertà; e aggiunge, alla luce di queste considerazioni, che la più opportuna definizione di libertà sarebbe quella per cui essa è «potere di conservare la rettitudine della volontà per amore della rettitudine stessa».[94] La libertà è dunque sostanzialmente la facoltà che ci consente non di perseguire ciò che vogliamo senza condizionamenti, ma di adeguare la nostra volontà a ciò che è giusto che noi vogliamo[95] (a ciò che, in altre parole, sarebbe nostro dovere volere).[94] La libertà dunque è tanto più libera (tanto più corrispondente all'ideale di libertà) quanto più è retta.[96] Questo comunque non toglie che la volontà possa cedere a una tentazione: in questo caso essa si rivolgerà al peccato anziché alla grazia e lo farà non per costrizione da parte dei condizionamenti esterni, ma in modo autonomo;[96] tuttavia, stante la definizione che si è data sopra, questo non sarà un esempio di libertà ma un esempio di corruzione della libertà.  Infine Anselmo spiega che, in ogni caso, il modo in cui la libertà della volontà ci consente di volere ciò che è giusto che noi vogliamo (e di volerlo unicamente in virtù del fatto che è giusto che lo vogliamo) è legato strettamente all'intervento divino: in seguito alla caduta, infatti, all'uomo è preclusa la possibilità di agire bene in modo disinteressato con le sue sole forze (e, più in generale, un peccatore è incapace di risollevarsi senza aiuto)[97] ed è dunque solo con l'intercessione della grazia di Dio che la libertà si può esplicare al massimo delle sue potenzialità e può realmente condurre l'uomo verso Dio.[95] In conclusione l'autore propone una distinzione tra la libertà increata e interamente autonoma che è propria di Dio e la libertà creata che gli angeli e gli uomini ricevono da Dio; e ribadisce che la libertà pur imperfetta dell'uomo, aiutata dalla grazia, può e dovrebbe elevarsi a Dio.[98]  Il De casu diaboli Magnifying glass icon mgx2.svgDe casu diaboli. Il De casu diaboli tratta dei problemi legati alla rettitudine e alla libertà con particolare riferimento, come da titolo, alla caduta del diavolo[19] – cioè al momento della narrazione biblica in cui l'angelo Lucifero, avendo ricevuto da Dio una certa misura di esistenza (e dunque di bontà) e una volontà libera (cioè quella facoltà che gli avrebbe consentito di raggiungere la sua piena realizzazione adeguando la sua volontà a quella di Dio) scelse di non perseverare nel conservare la sua volontà aderente a quella divina, lasciò che la sua libertà si corrompesse e abbandonò quindi la rettitudine per tentare di assomigliare a Dio più di quanto fosse suo diritto.[99]  Anselmo dunque prende tale esempio come questione paradigmatica per un'analisi dell'origine e della natura del male.[100][101] La sua ricerca prende le mosse ancora una volta da un'attenta analisi logico-linguistica, volta in questo caso a chiarire il significato del termine nihil ("nulla"): afferma Anselmo che tale termine non indica, per il semplice fatto di esistere, una realtà positiva, e che anzi esso significa per negazione (sottraendo una proprietà e non aggiungendola). Il nulla dunque è un ente puramente razionale, perché "nulla" indica non tanto una realtà quanto la negazione di una realtà; ciò avviene, secondo un esempio riportato da Anselmo stesso, analogamente al modo un cui si dice di qualcuno che è cieco anche se la cecità non è tanto una facoltà quanto la negazione della facoltà della vista.[101]  Anselmo fa così propria la concezione, già espressa da un Agostino che l'aveva a sua volta mutuata dal neoplatonismo di Ambrogio,[102] del male come privazione, ovvero nega la positività ontologica del male stesso: come bisogna parlare del nulla come negazione dell'esistente e della cecità come negazione della vista, bisogna parlare del male come mancanza di bene.[103] Dunque Lucifero, cui Dio aveva dato la facoltà di scegliere se perseguire la giustizia (adeguandosi alla volontà divina) o se perseguire la felicità (ribellandosi e tentando di sostituirsi a Dio) abbandonò la rettitudine e compì un moto di allontanamento da Dio; compì cioè un'ingiustizia che, però, non era nient'altro che una negazione della giustizia.[103]  Prendendo le mosse dall'esempio del diavolo, Anselmo dunque sviluppa la sua riflessione relativamente all'uomo: l'essere umano è creato da Dio ed è dotato da Dio stesso di una volontà libera, la cui piena realizzazione si ha nella conservazione della rettitudine – cioè nell'adesione alla legge che Dio, con un atto di grazia, dona all'uomo.[104] Tuttavia al momento del peccato originale anche l'uomo, come già il diavolo, corrompe la sua libertà; e non gli è possibile tornare ad agire rettamente se non grazie a un nuovo dono di grazia da parte di Dio.[105] Come Anselmo avrebbe approfondito nel De concordia la volontà, che essendo libera ha facoltà (in potenza) di perseguire la rettitudine, non può di fatto (in atto) perseguire tale rettitudine se non in virtù del fatto di essere retta, e dunque il ruolo della grazia concessa da Dio è fondante.[105]   Un capolettera decorato da un manoscritto del Cur Deus homo del XII secolo. La necessità di un Dio-uomo redentore: il Cur Deus homo Magnifying glass icon mgx2.svg                                    Cur Deus homo. Nel dialogo in due libri Cur Deus homo Anselmo spiega come, malgrado l'impossibilità dell'uomo di riparare al peccato di Adamo ed Eva contro Dio, Dio stesso si è riconciliato con l'umanità facendosi uomo.[106] Il testo contiene anche, come è reso inevitabile dal suo soggetto, un'apologia del dogma cristiano dell'incarnazione di Dio (che, per l'appunto, si è fatto uomo in Gesù) contro le critiche di ebrei e musulmani; tuttavia non è questo il suo tema principale, e in effetti il Cur Deus homo è un testo di ampio respiro che di fatto conclude, insieme al successivo De concordia, l'esposizione della visione teologica di Anselmo.[107]  Il testo si apre con una chiarificazione metodologica, in cui Anselmo ribadisce la sua posizione sul rapporto tra ragione e fede: come già si era riscontrato nel Monologion, e in accordo con la consueta dinamica dell'intellectus fidei (comprensione della fede), egli tratta sempre la fede come il necessario punto di partenza di ogni riflessione teologica ma giudica «negligenza» astenersi poi dal portare a compimento razionalmente tale riflessione.[108]  Dopodiché, Anselmo procede a spiegare il carattere necessario della volontà divina: Dio, sostiene l'autore, è dotato di una volontà spontanea e autonoma (non è cioè soggetto né a costrizioni né a impedimenti) ma tale volontà è talmente rigida nella sua assoluta immutabilità da far sì che essa possa essere considerata necessaria; si può dire, ad esempio, che è necessario che Dio non menta perché la volontà di Dio, tesa per sua stessa natura verso la verità (e da cui anzi la verità stessa trae la sua natura) è invariabile e incorruttibile nella sua costanza, e non può in alcun modo rivolgersi verso la menzogna.[109] Si è già visto che questa non può secondo Anselmo essere considerata una limitazione della potenza divina.  È proprio per via della necessità e assoluta immodificabilità del piano che Dio aveva predisposto per l'uomo all'inizio del tempo che, in seguito alla perdita dell'immortalità dovuta alla caduta di Adamo ed Eva, si è reso necessario un intervento di Dio per redimere l'uomo dal peccato originale e ripristinare tale immortalità (sotto forma della possibilità di vivere in eterno nell'altra vita).[110]  Dopodiché, risulta necessario che la remissione da parte di Dio dei peccati dell'uomo passi attraverso un'effettiva espiazione: se infatti Dio si riconciliasse con l'uomo con un atto di pura misericordia, senza che il peccato ricevesse una giusta e proporzionata punizione, il disordine generato dal peccato non verrebbe ricondotto all'ordine e, in generale, la legalità dell'universo morale umano e divino risulterebbe compromessa.[111] Bisogna dunque che l'uomo restituisca a Dio l'onore che peccando gli ha negato – anche se resta inteso che le azioni dell'uomo non aggiungono né tolgono nulla a Dio, dato che è impossibile privare dell'onore un Dio che coincide con lo stesso onore e con tutte le altre qualità positive: restituire a Dio l'onore che gli è dovuto significa semplicemente ripristinare la sottomissione, venuta meno con il peccato originale, della volontà umana a quella divina.[111] Tuttavia l'uomo, che anche prima della caduta in quanto creatura era incapace di compiere il bene se non in virtù della partecipazione al bene supremo di Dio, non può espiare la sua colpa da solo: gli è impossibile rendere a Dio la giusta soddisfazione, perché la bontà di ogni azione di riparazione sarebbe comunque dovuta a Dio. È così che Anselmo dimostra che il salvatore dell'uomo deve necessariamente essere di natura divina; quindi egli procede ad argomentare che, per la precisione, egli deve essere un Dio-uomo.[112]  Risulta infatti che a rendere soddisfazione a Dio non può essere qualcuno che sia inferiore a Dio, e d'altra parte è necessario che ad espiare il peccato dell'uomo sia un uomo: pertanto le caratteristiche che le scritture attribuiscono a Gesù, vero uomo e vero Dio, partecipe in ugual modo e nello stesso tempo di entrambe le nature, sono esattamente quelle necessarie a spiegare razionalmente la redenzione dell'umanità[15] dal momento che, come scrive il filosofo Giuseppe Colombo, «Dio (per sé preso) non deve nulla a nessuno e l'uomo (per sé preso) non può nulla».[112]  Dunque Gesù, non macchiato dal peccato in virtù della sua natura divina e perciò privo di doveri e di debiti nei confronti di Dio, offrì volontariamente e liberamente la sua vita innocente a Dio stesso e così facendo, essendo uomo, espiò il peccato originale dell'umanità.[113]  La compatibilità di prescienza divina e libertà umana: il De concordia Il De concordia praescientiae et praedestinationis et gratiae Dei cum libero arbitrio, l'ultima opera di Anselmo, è volto a dimostrare la compatibilità della prescienza divina, oltre che della predestinazione e della grazia, con il libero arbitrio dell'uomo.[114]   Un manoscritto del nord della Francia del De concordia, risalente alla metà del XII secolo. Il problema dell'apparente inconciliabilità della prescienza e della predestinazione divina con la libertà umana, che risulta dal fatto che pare impossibile prevedere (e a maggior ragione predeterminare) un fatto senza far venir meno il suo carattere libero e non necessario, è risolta da Anselmo con un duplice argomento. In primo luogo, egli osserva, bisogna distinguere la necessità ontologica da quella logica, dal momento che quella ontologica ha una priorità su quella logica: se infatti qualcosa è necessario ontologicamente (come il sorgere del sole) allora lo è anche logicamente (nel momento in cui il sole sorge, sorge necessariamente); tuttavia se qualcosa è necessario logicamente (nel momento in cui avviene, avviene necessariamente) può anche non essere necessario ontologicamente (è il caso, ad esempio, di una rivolta popolare).[115] In secondo luogo Anselmo propone una tesi già affermata da Agostino e da Boezio:[116] la nostra concezione di predestinazione e predeterminazione è limitata alla nostra coscienza temporale delle priorità cronologiche, ma Dio si colloca in un'eternità al di fuori e al di sopra del tempo, in cui non «nulla è passato o futuro, ma tutto è simultaneamente e senza divenire»; pertanto, Dio conosce e determina gli eventi che per noi sono passati, presenti e futuri da una prospettiva sovratemporale in cui tali eventi sono tutti simultanei; stando così le cose, non c'è contraddizione tra il fatto che egli conosca o determini un evento libero in quanto libero (allo stesso modo di come vede o determina eventi necessari in quanto necessari).[115]  Il problema di conciliare la grazia di Dio con il libero arbitrio invece sorge dalla contrapposizione di coloro che da un lato, «superbi», considerano la virtù e quindi la salvezza suscettibili di essere raggiunte dalla sola libera volontà dell'uomo; e di coloro che, dall'altro lato, attribuiscono così tanta importanza alla grazia divina nella redenzione dell'uomo da negare addirittura la sua libertà.[117] Anselmo assume nella controversia una posizione intermedia, in cui cioè grazia e libertà vengono armonizzate: egli sostiene infatti che, come si era già visto nel De casu diaboli, per agire rettamente è necessario volere rettamente, e per volere rettamente è necessaria una retta volontà; tuttavia l'uomo non può darsi da solo tale rettitudine della volontà, poiché (mentre si può autonomamente conservare la rettitudine della volontà quando la si ha) non si può volere la rettitudine con il solo libero arbitrio quando non si ha una volontà retta;[118] e dunque se è vero che è Dio, per grazia, a dare all'uomo questa facoltà, è vero anche che sta alla libertà dell'uomo conservarla – i due aspetti non sono quindi contraddittori, bensì complementari.[117]  Il testo prosegue con un'analisi dei significati della parola "volontà" e delle sue interazioni con il concetto di giustizia, e si conclude con una ricapitolazione dei punti già trattati: l'autore ribadisce che la volontà, creata come ente positivo e quindi di per sé orientata a Dio e alla conservazione della sua originaria bontà, è stata corrotta dalla deviazione del volere dell'uomo per un cattivo uso della libertà; pertanto la volontà umana ha perso la rettitudine necessaria a volere rettamente, e ha bisogno che tale rettitudine sia ripristinata dalla grazia divina prima di poter ricominciare ad agire con giustizia, preservando grazie alla libertà la rettitudine della sua volontà.[118]  Altri scritti  Miniatura inglese del XII secolo di un capolettera delle Orationes sive meditationes. Anselmo d'Aosta fu autore di diversi altri scritti di carattere teologico, ma pur sempre animati da uno spirito filosofico: l'Epistola de incarnatione Verbi e il successivo De processione Spiritus Sancti trattavano del problema della processione dello Spirito Santo e delle modalità della sua incarnazione; il De conceptu virginali et de peccato originali analizzava le questioni dottrinali dell'Immacolata Concezione e del peccato originale, e inoltre ripercorreva ragionamenti già portati avanti nelle opere precedenti; a ciò si aggiungono meditazioni, preghiere e opuscoli minori, oltre a una serie di frammenti provenienti da un'opera non conclusa e a un De moribus (Sui costumi [morali]) in parte spurio che tratta delle affezioni dell'anima.[15]  Le preghiere scritte da Anselmo sono raccolte in un'opera nota come Orationes sive meditationes (Preghiere ovvero meditazioni); esse, scritte lungo tutta la vita dell'autore dal periodo di Bec all'episcopato inglese, costituiscono un ulteriore esempio dell'ideale anselmiano di comprensione della fede: benché orientate più alla contemplazione e al raccoglimento spirituale che alla vera e propria filosofia o teologia, il loro scopo è infatti quello di suscitare nel lettore quel sentimento rivolto verso la verità e la rettitudine che è necessario presupposto tanto della teoresi quanto della stessa vita buona.[119]  Di Anselmo si è poi conservato un epistolario particolarmente significativo, che testimonia in modo efficace sia della sua personalità che della sua figura pubblica: risulta infatti chiaramente, da una parte, l'affetto, la carità, la sensibilità e la ferma pazienza che Anselmo infondeva nelle lettere ai monaci suoi amici e suoi discepoli; e dall'altra la sua determinazione nelle faticose e a volte frustranti questioni politiche legate alla sua posizione di arcivescovo.[120]  Influenza e critica Il pensiero di Anselmo d'Aosta esercitò un'influenza estremamente significativa sulla storia sia della filosofia sia, soprattutto, della teologia.[121] Come fece notare Étienne Gilson, la sua riflessione giunse a livelli di estrema profondità in tutti i campi in cui si espresse, anche se è forse vero che tali campi furono relativamente pochi: sempre Gilson sostenne infatti che al suo pensiero, estremamente raffinato dal punto di vista dialettico e dal punto di vista teologico, faceva difetto un'approfondita analisi del campo della filosofia della natura – la quale sarebbe stata necessaria per poter dire che le riflessioni di Anselmo formano un sistema filosofico o teologico veramente organico e completo.[122]  La discussione di Anselmo di certi problemi dottrinali, come quelli della libertà e del male, ebbe la sua risonanza nella filosofia medievale, venendo ripresa ad esempio da Riccardo di San Vittore;[123] l'attenzione di Anselmo per la dimensione logico-dialettica della filosofia e della teologia fa poi di lui, secondo alcuni critici, un precursore della filosofia scolastica del XII secolo.[121] D'altra parte le pagine più famose della sua opera sono certamente quelle in cui, nel Proslogion, egli espone il suo argomento a priori per la dimostrazione dell'esistenza di Dio; esse, considerate un punto di riferimento di importanza capitale per la storia della filosofia occidentale,[72][121] hanno generato nel corso dei secoli una notevole mole di scritti sia critici che apologetici.[72][124] Gilson scrisse a proposito della rilevanza dell'argomento di Anselmo: «le sue implicazioni sono tanto ricche che il solo fatto di averle ammesse o rifiutate è sufficiente a determinare il gruppo dottrinale a cui una filosofia appartiene. [...] Ciò che è comune a tutti coloro che l'ammettono è l'identificazione dell'essere reale con l'essere intelligibile concepito col pensiero; ciò che è comune a tutti coloro che ne condannano il principio è il rifiuto di porre un problema d'esistenza separato da un dato esistente empiricamente».[125]  Dopo Gaunilone, che fu praticamente l'unico a mostrare interesse per il cosiddetto argomento ontologico durante la vita di Anselmo, esso venne citato da Guglielmo d'Auxerre e ripreso criticamente da diversi altri pensatori nel XIII secolo, tra cui i più degni di nota sono Tommaso d'Aquino e Bonaventura da Bagnoregio: il primo contestò la validità di tale dimostrazione, il secondo la difese.[72] Oltre a Bonaventura, altri dottori della Chiesa, tra cui Enrico di Gand e Alberto Magno, accettarono la prova anselmiana.[126] Nel Medioevo anche Alessandro di Hales[127] e Duns Scoto[72] si espressero sull'argomento, entrambi condividendolo, anche se Duns Scoto sostenne che la formulazione sarebbe stata più appropriata se anziché dal concetto di "Dio" Anselmo fosse partito dal concetto di "ente".[124]  Nel XVII secolo Cartesio riprese a sua volta l'argomento, considerandolo valido e apprezzando la sua indipendenza da considerazioni di carattere empirico,[128] disinteressandosi però di quegli aspetti della prova anselmiana che implicavano la necessaria trascendenza di Dio come fondamento del suo argomentare.[129] Passando tramite Cartesio, una dimostrazione simile alla prova a priori di Anselmo entrò anche nel sistema metafisico dell'Ethica di Spinoza, il quale dimostrava l'esistenza della sostanza (poi identificata con Dio stesso) sulla base del fatto che, per la definizione stessa della sostanza, la sua essenza implica l'esistenza.[130] Leibniz sostenne la validità in sé della dimostrazione, ma contestò un'apparente leggerezza da parte di Anselmo: il filosofo tedesco riconosceva infatti che l'autore del Proslogion aveva in effetti dimostrato che, se Dio (inteso come l'essere massimamente perfetto) è possibile, allora è necessario, ma sosteneva che non avesse dimostrato che è possibile se non con argomenti a posteriori.[131]  Nel XVIII secolo l'argomento fu oggetto di critiche da parte di Hume[72] e soprattutto di Kant: quest'ultimo in particolare, nella Critica della ragion pura, evidenziò che l'esistenza non può essere considerata un predicato (non senza cadere nelle contraddizioni messe in evidenza dai filosofi della scuola eleatica) e che, dunque, non si può dire che l'esistenza è un predicato positivo che un Dio di cui non può essere pensato il maggiore non potrebbe non avere.[131][132] Hegel, nel XIX secolo, tornò a difendere la dimostrazione di Anselmo affermando che in Dio essenza ed esistenza coincidono, e che la distinzione tra le due è tipica esclusivamente del mondo materiale.[131] Secondo Bertrand Russell, l'argomento «è ancora alla base del sistema di Hegel e dei suoi seguaci, e riappare nel principio di Bradley: "Ciò che può essere e dev'essere, è"».[133] La dimostrazione anselmiana piacque inoltre a Vincenzo Gioberti e Antonio Rosmini, che se ne appropriarono modificandola.[134]  Nel XX secolo la critica si è rivolta soprattutto all'analisi del rapporto tra fede e ragione negli scritti di Anselmo e si è interrogata sulla misura in cui le singole opere dovrebbero essere considerate filosofiche o teologiche; si è inoltre discusso sul valore della logica costruita da Anselmo e sono state analizzate le implicazioni esistenziali della sua teologia, con particolare riferimento al problema del peccato e della salvezza e al concetto di "rettitudine".[135] Il teologo Karl Barth ha avuto Anselmo tra i suoi principali punti di riferimento, ed è stato un attento studioso della sua opera.[136] Sono altresì degne di nota le rivisitazioni della prova anselmiana, con l'intento di emendarla da aporie ed equivoci logici, operate da Charles Hartshorne e Norman Malcolm. Di diverso tenore l'analisi di John Niemeyer Findlay, che ha mosso una critica serrata, sotto il profilo linguistico, alla nozione di "Dio" come "Ente assoluto" utilizzata da Anselmo.[137]  In occasione dell'ottavo centenario della morte di Anselmo, il 21 aprile 1909, papa Pio X promulgò l'enciclica Communium Rerum in cui ne celebrava la figura e ne promuoveva il culto.[138] Ancora nel 1998, papa San Giovanni Paolo II nell'enciclica Fides et ratio guardava alla prova ontologica di Anselmo come a un modello di quella complementarità imprescindibile tra fede e ragione, grazie a cui «l'armonia fondamentale della conoscenza filosofica e della conoscenza di fede è ancora una volta confermata: la fede chiede che il suo oggetto venga compreso con l'aiuto della ragione; la ragione, al culmine della sua ricerca, ammette come necessario ciò che la fede presenta».[139]  Opere Lista tratta da Lorenzo Pozzi, Introduzione, in Anselmo d'Aosta, Proslogion, a cura di Lorenzo Pozzi, Milano, BUR, 2012,7-8,978-88-17-16902-8.  Monologion (1076) Proslogion (1077-1078) De grammatico (1080-1085) De veritate (1080-1085) De libertate arbitrii (1080-1085) De casu diaboli (1080-1090) Epistola de incarnatione Verbi (1092-1094) Cur Deus homo (1094-1098) De conceptu virginali et de peccato originali (1099-1100) Meditatio de humana redemptione (1099-1100) De processione Spiritus Sancti (1100-1102) Epistola de sacrificio azymi et fermentati (dopo il 1103) Epistola de sacramentis Ecclesiae (dopo il 1103) De concordia praescientiae et praedestinationis et gratiae Dei cum libero arbitrio (1107-1108) De potestate et impotentia, possibilitate et impossibilitate, necessitate et libertate (incompiuto) Orationes sive meditationes Epistolae Genealogia episcopale La genealogia episcopale è:  Papa Niccolò I Papa Formoso Vescovo San Plegmund Vescovo Althelm Vescovo Wulfhelm Vescovo Odo Vescovo San Dunstan Vescovo Sant'Aelphege Vescovo Elfric Vescovo Wulfstan Vescovo Ethelnoth Vescovo Eadsige Vescovo Stigand Vescovo Siward Vescovo Lanfranco di Canterbury Vescovo Tommaso II di York Arcivescovo Anselmo d'Aosta Note  Fabio Arduino, Sant'Anselmo d'Aosta, in Santi, beati e testimoni - Enciclopedia dei santi, santiebeati. 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Thomas Williams, Introduction to the Monologion and Proslogion (PDF), su University of South Florida. URL consultato il 9 settembre 2012.  Tale interpretazione nacque dalla sintesi neoplatonico-cristiana operata da Agostino. Si veda Simonetta,440.  Simonetta,442 e 476.  Colombo,44.  Gilson,296.  Simonetta,477.  G. C., Enciclopedia Italiana (1935), alla voce "argomento ontologico"  Proslogion, cap. II.  Che l'argomento di Anselmo consista principalmente in una reductio ad absurdum è stato evidenziato soprattutto da Alvin Plantinga, esponente della filosofia analitica, in A. Plantinga, The nature of necessity, cap. X,196-221, Oxford University Press, 1974.  Karl Barth fa notare in proposito che Anselmo non attribuisce a Dio alcun contenuto positivo, enunciando il suo argomento più che altro come regola del pensiero, come divieto di pensare in modo inappropriato (K. Bart, Filosofia e rivelazione [1931], trad. di V. Vinay,123 e segg., Silva, Milano 1965).  Coloman Étienne Viola, Anselmo D'Aosta: fede e ricerca dell'intelligenza,58-80, Senso della formula dialettica del Proslogion, Jaka Book, 2000.  Simonetta,479.  Colombo,53.  A proposito della disputa sull'esistenza di Dio, avuta col benedettino Gaunilone.  Proslogion, cap. 15, Opera Omnia, I, 112.  Cfr. Coloman Étienne Viola, Anselmo D'Aosta: fede e ricerca dell'intelligenza,58-80, Senso della formula dialettica del Proslogion , Jaka Book, 2000.  Colombo,52.  Simonetta,478.  Colombo,56-57.  Colombo,57-58.  Per Anselmo, infatti, anche il sole non è fissabile direttamente dallo sguardo, eppure attraverso la luce del giorno riusciamo benissimo a vedere la sua stessa luce (cfr. Monologio e Proslogio, a cura di Italo Sciuto,296, Bompiani, 2002).  «Nam etsi quisquam est tam insipiens, ut dicat non esse aliquid, quo maius non possit cogitari, non tamen ita erit impudens, ut dicat se non posse intelligere aut cogitare, quid dicat. Aut si quis talis invenitur, non modo sermo eius est respuendus, sed et ipse conspuendus» (Liber apologeticus contra Gaunilonem respondentem pro insipiente, 9, 258C).  Colombo,59-60.  Colombo,61.  Simonetta,478-479.  Colombo,61-62.  Colombo,62-63.  Colombo,63.  Colombo,64-67.  Colombo,67.  Giacobbe, Marchetti,7-8.  Colombo,73.  Tale definizione era stata proposta da Giovanni Scoto Eriugena. Si veda Simonetta,479.  Colombo,74.  Simonetta,490.  Colombo,75.  Colombo,75-76.  Colombo,73, 76.  Colombo,76-77.  Giacobbe, Marchetti,10.  Colombo,77.  Il quale l'aveva a sua volta ricavata da Plotino e Porfirio. Si veda Simonetta,440.  Colombo,78.  Su questi argomenti Anselmo si esprimeva anche nel De concordia. Si veda Colombo,79.  Colombo,79.  Colombo,80.  Colombo,81-82.  Colombo,82.  Colombo,82-23.  Colombo,82, 84.  Colombo,85.  Colombo,86.  Colombo,86-87.  Colombo,87.  Colombo,88.  Simonetta,480.  Colombo,89.  Colombo,91.  Colombo,95.  Colombo,91-95.  Gilson,303.  Gilson,302-303.  Colombo,135.  Colombo,132.  Gilson,298.  Nicola Abbagnano, Giovanni Fornero, Filosofi e filosofie nella storia, vol. 1, Torino, Paravia, 1992,359,88-395-0331-5.  Diego Fusaro, Anselmo d'Aosta, su Filosofico.net. URL consultato il 16 novembre 2012.  Colombo,132-133.  Francesco Tomatis, L'argomento ontologico: l'esistenza di Dio da Anselmo a Schelling,56-57, Città Nuova, 2010: mentre Anselmo intendeva mostrare la contraddizione logica di chi rinnega la fede in Dio, la preoccupazione di Cartesio è garantire l'autonomia interna del pensiero privandolo di sbocchi al trascendente. È stato rilevato come Cartesio sia caduto in fondo nello stesso errore di Gaunilone, concependo Dio soltanto in termini positivi come «il più grande di tutti» (maius omnibus), anziché in maniera negativa (nihil maius, «niente di più grande»): cfr. Virgilio Melchiorre, La via analogica,10-11, nota 18, Vita e Pensiero, 1996. Nello stesso equivoco sarebbe caduto Hegel (A. Molinaro, Anselmo, Hegel e l'argomento ontologico, in AA.VV., L'argomento ontologico, «Archivio di filosofia»,353-370, 1-3, 1990).  Emanuela Scribano, Guida alla lettura dell'"Etica" di Spinoza, Roma-Bari, Laterza, 2008,17-18,978-88-420-8732-8.  Colombo,133.  Piergiorgio Odifreddi, Il diavolo in cattedra – La logica da Aristotele a Gödel, Torino, Einaudi, 2003,272,88-06-18137-8.  Bertrand Russell, Storia della filosofia occidentale, traduzione di Luca Pavolini, Milano, Longanesi, 1966,548.  Giovanni Rossignoli, Disegno storico-teorico della filosofia, Torino, Società Editrice Internazionale, 1933,72.  Colombo,134-136.  Vincent G. Potter, Karl Barth and the Ontological Argument, in The Journal of Religion, vol. 45, n. 4, The University of Chicago Press, ottobre 1965,309-325. 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PredecessoreArcivescovo di CanterburySuccessoreArchbishcantarms.png Lanfranco di Pavia (1070-1089)1093-1109Ralph d'Escures (1114-1122)                           V · D · M Anselmo d'Aosta V · D · M Padri e dottori della Chiesa cattolica V · D · M Ordine di San Benedetto V · D · M Santi della Legenda Aurea di Iacopo da Varagine Controllo di autoritàVIAF100187025 · ISNI0000 0001 2145 1191 · SBN IT\ICCU\CFIV\076848 · LCCNn50024763 · GND (DE) 118503278 · BNF (FR) cb11888917g (data) · BNE (ES) XX1033045 (data) · NLA35007269 · BAV495/58183 · CERL cnp01259880 · NDL (EN, JA) 00431573 · WorldCat Identitieslccn-n50024763 Biografie Portale Biografie Cristianesimo Portale Cristianesimo Filosofia Portale Filosofia Medioevo Portale Medioevo Wikimedaglia Questa è una voce di qualità. È stata riconosciuta come tale il giorno 24 luglio 2015 — vai alla segnalazione. Naturalmente sono ben accetti altri suggerimenti e modifiche che migliorino ulteriormente il lavoro svolto. 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He argues that the most accessible proofs of the existence of God are through value theory: in his treatise Monologion, he deploys a cosmological argument, showing the existence of a source of all goods, which is the Good per se and hence supremely good; that same thing exists per se and is the Supreme Being. In the Proslogion, Anselm begins with his conception of a being a greater than which cannot be conceived, and mounts his ontological argument that a being a greater than which cannot be conceived exists in the intellect, because even the fool understands the phrase when he hears it; but if it existed in the intellect alone, a greater could be conceived that existed in reality. This supremely valuable object is essentially whatever it is  other things being equal  that is better to be than not to be, and hence living, wise, powerful, true, just, blessed, immaterial, immutable, and eternal per se; even the paradigm of sensory goods  Beauty, Harmony, Sweetness, and Pleasant Texture, in its own ineffable manner. Nevertheless, God is supremely simple, not compounded of a plurality of excellences, but “omne et unum, totum et solum bonum,” a being a more delectable than which cannot be conceived. Everything other than God has its being and its well-being through God as efficient cause. Moreover, God is the paradigm of all created natures, the latter ranking as better to the extent that they more perfectly resemble God. Thus, it is better to be human than to be horse, to be horse than to be wood, even though in comparison with God everything else is “almost nothing.” For every created nature, there is a that-for-which-it-ismade ad quod factum est. On the one hand, Anselm thinks of such teleology as part of the internal structure of the natures themselves: a creature of type F is a true F only insofar as it is/does/exemplifies that for which F’s were made; a defective F, to the extent that it does not. On the other hand, for Anselm, the telos of a created nature is that-for-which-God-made-it. Because God is personal and acts through reason and will, Anselm infers that prior in the order of explanation to creation, there was, in the reason of the maker, an exemplar, form, likeness, or rule of what he was going to make. In De veritate Anselm maintains that such teleology gives rise to obligation: since creatures owe their being and well-being to God as their cause, so they owe their being and well-being to God in the sense of having an obligation to praise him by being the best beings they can. Since every creature is of some nature or other, each can be its best by being that-for-which-God-made-it. Abstracting from impediments, non-rational natures fulfill this obligation and “act rightly” by natural necessity; rational creatures, when they exercise their powers of reason and will to fulfill God’s purpose in creating them. Thus, the goodness of a creature how good a being it is is a function of twin factors: its natural telos i.e., what sort of imitation of divine nature it aims for, and its rightness in exercising its natural powers to fulfill its telos. By contrast, God as absolutely independent owes no one anything and so has no obligations to creatures. In De casu diaboli, Anselm underlines the optimism of his ontology, reasoning that since the Supreme Good and the Supreme Being are identical, every being is good and every good a being. Two further conclusions follow. First, evil is a privation of being, the absence of good in something that properly ought to have it e.g., blindness in normally sighted animals, injustice in humans or angels. Second, since all genuine powers are given to enable a being to fulfill its natural telos and so to be the best being it can, all genuine metaphysically basic powers are optimific and essentially aim at goods, so that evils are merely incidental side effects of their operation, involving some lack of coordination among powers or between their exercise and the surrounding context. Thus, divine omnipotence does not, properly speaking, include corruptibility, passibility, or the ability to lie, because the latter are defects and/or powers in other things whose exercise obstructs the flourishing of the corruptible, passible, or potential liar. Anselm’s distinctive action theory begins teleologically with the observation that humans and angels were made for a happy immortality enjoying God, and to that end were given the powers of reason to make accurate value assessments and will to love accordingly. Anselm regards freedom and imputability of choice as essential and permanent features of all rational beings. But freedom cannot be defined as a power for opposites the power to sin and the power not to sin, both because neither God nor the good angels have any power to sin, and because sin is an evil at which no metaphysically basic power can aim. Rather, freedom is the power to preserve justice for its own sake. Choices and actions are imputable to an agent only if they are spontaneous, from the agent itself. Creatures cannot act spontaneously by the necessity of their natures, because they do not have their natures from themselves but receive them from God. To give them the opportunity to become just of themselves, God furnishes them with two motivaAnselm Anselm 31   31 tional drives toward the good: an affection for the advantageous affectio commodi or a tendency to will things for the sake of their benefit to the agent itself; and an affection for justice affectio justitiae or a tendency to will things because of their own intrinsic value. Creatures are able to align these drives by letting the latter temper the former or not. The good angels, who preserved justice by not willing some advantage possible for them but forbidden by God for that time, can no longer will more advantage than God wills for them, because he wills their maximum as a reward. By contrast, creatures, who sin by refusing to delay gratification in accordance with God’s will, lose both uprightness of will and their affection for justice, and hence the ability to temper their pursuit of advantage or to will the best goods. Justice will never be restored to angels who desert it. But if animality makes human nature weaker, it also opens the possibility of redemption. Anselm’s argument for the necessity of the Incarnation plays out the dialectic of justice and mercy so characteristic of his prayers. He begins with the demands of justice: humans owe it to God to make all of their choices and actions conform to his will; failure to render what was owed insults God’s honor and makes the offender liable to make satisfaction; because it is worse to dishonor God than for countless worlds to be destroyed, the satisfaction owed for any small sin is incommensurate with any created good; it would be maximally indecent for God to overlook such a great offense. Such calculations threaten certain ruin for the sinner, because God alone can do/be immeasurably deserving, and depriving the creature of its honor through the eternal frustration of its telos seems the only way to balance the scales. Yet, justice also forbids that God’s purposes be thwarted through created resistance, and it was divine mercy that made humans for a beatific immortality with him. Likewise, humans come in families by virtue of their biological nature which angels do not share, and justice allows an offense by one family member to be compensated by another. Assuming that all actual humans are descended from common first parents, Anselm claims that the human race can make satisfaction for sin, if God becomes human and renders to God what Adam’s family owes. When Anselm insists that humans were made for beatific intimacy with God and therefore are obliged to strive into God with all of their powers, he emphatically includes reason or intellect along with emotion and will. God, the controlling subject matter, is in part permanently inaccessible to us because of the ontological incommensuration between God and creatures and our progress is further hampered by the consequences of sin. Our powers will function best, and hence we have a duty to follow right order in their use: by submitting first to the holistic discipline of faith, which will focus our souls and point us in the right direction. Yet it is also a duty not to remain passive in our appreciation of authority, but rather for faith to seek to understand what it has believed. Anselm’s works display a dialectical structure, full of questions, objections, and contrasting opinions, designed to stir up the mind. His quartet of teaching dialogues  De grammatico, De veritate, De libertate arbitrii, and De casu diaboli as well as his last philosophical treatise, De concordia, anticipate the genre of the Scholastic question quaestio so dominant in the thirteenth and fourteenth centuries. His discussions are likewise remarkable for their attention to modalities and proper-versus-improper linguistic usage.  Refs.: Grice, “Anselmo’s “De grammatico” and paronymy.” Speranza, “Grice and Anselm on paronymy: a ‘quaestio subtilissima.’”

 

aquino:  Grice: “Srawson used to joke and call me St. Thomas, as I rushed to tutor on ‘De interpretatione’ ‘That’s precisely what Aquino did at Bologna! Can’t the tutee not interpret it by himself?!’” Tommaso d'Aquino (Roccasecca, 1225 – Abbazia di Fossanova, 7 marzo 1274) è stato un religioso, teologo, filosofo e accademico italiano. Frate domenicano esponente della Scolastica, era definito Doctor Angelicus dai suoi contemporanei. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica che dal 1567 lo considera anche dottore della Chiesa.  Tommaso rappresenta uno dei principali pilastri teologici e filosofici della Chiesa cattolica: egli è anche il punto di raccordo fra la cristianità e la filosofia classica, che ha i suoi fondamenti e maestri in Socrate, Platone e Aristotele, e poi passati attraverso il periodo ellenistico, specialmente in autori come Plotino. Fu allievo di sant'Alberto Magno, che lo difese quando i compagni lo chiamavano "il bue muto" dicendo: «Ah! Voi lo chiamate il bue muto! Io vi dico, quando questo bue muggirà, i suoi muggiti si udranno da un'estremità all'altra della terra!». San Tommaso d'Aquino San Tommaso d'Aquino e gli angeliSan Tommaso sorretto dagli angeli, del Guercino   Sacerdote e Dottore della Chiesa    Nascita1225 Morte7 marzo 1274 Venerato daChiesa cattolica e Chiesa anglicana Canonizzazione18 luglio 1323 da Papa Giovanni XXII Santuario principaleChiesa dei Giacobini Tolosa Ricorrenza28 gennaio; 7 marzo (forma straordinaria) AttributiAbito domenicano, libro, penna e calamaio, modellino di chiesa, sole raggiato sul petto, colomba. Patrono diTeologi, accademici, librai, scolari, studenti, fabbricanti di matite; regione Campania; comune di Aquino, Grottaminarda, Monte San Giovanni Campano e Priverno; diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo; Belcastro; Falerna; San Mango d'Aquino. San Tommaso in una vetrata della Cattedrale di Saint-Rombouts, Mechelen (Belgio). Tommaso dei conti d'Aquino nacque, forse, nel 1225 nella contea di Aquino, territorio dell'odierna Roccasecca, nel Regno di Sicilia (Sgarbossa, 2000, pag. 63). Secondo altre tesi, San Tommaso sarebbe nato a Belcastro; a sostegno di esse si segnalano quelle di fra' Giovanni Fiore da Cropani, storico calabrese del XVII secolo, che lo scriveva nella sua opera Della Calabria illustrata, di Gabriele Barrio nella sua opera De antiquitate et situ Calabriae e di padre Girolamo Marafioti, teologo dell'ordine dei Minori Osservanti, nella sua opera Croniche ed antichità di Calabria.  Il castello paterno di Roccasecca rimane comunque ancora oggi il luogo più accreditato della sua nascita, da Landolfo d'Aquino e da Donna Teodora Galluccio, nobildonna teanese appartenente al ramo Rossi della famiglia napoletana dei Caracciolo. La sua data di nascita non è certa, ma è calcolata in maniera approssimativa a partire da quella della sua morte. Bernardo Gui, ad esempio, afferma che Tommaso è morto quando aveva compiuto i suoi quarantanove anni e iniziato il suo cinquantesimo anno. Oppure, in un testo un po' anteriore, Tolomeo da Lucca fa eco ad un'incertezza: «Egli è morto all'età di 50 anni, ma alcuni dicono 48». Tuttavia, oggi, sembra che ci sia accordo nel fissare la sua data di nascita tra il 1224 e il 1226.  Da Montecassino a Napoli Secondo le usanze del tempo Tommaso, essendo il figlio più piccolo, era destinato alla vita ecclesiastica e proprio per questo a soli cinque anni fu inviato dal padre Landolfo come oblato nella vicina Abbazia di Montecassino, di cui era abate Landolfo Sinibaldo, figlio di Rinaldo d'Aquino[1][2][3], per ricevere l'educazione religiosa e succedere a Sinibaldo in qualità di abate. In ossequio alla regola benedettina, Landolfo versò un'oblazione di venti once d'oro al monastero cassinese perchè accettasero il figlio di una nobile famiglia e in tenera età.[4] In quegli anni l'abbazia si trovava in un periodo di decadenza e costituiva una preda contesa dal Papa e dall'imperatore. Ma il trattato di San Germano, concluso tra il Papa Gregorio IX e l'imperatore Federico II il 23 luglio 1230, inaugurava un periodo di relativa pace ed è proprio allora che si può collocare l'ingresso di Tommaso nel monastero. In quel luogo Tommaso ricevette i primi rudimenti delle lettere e fu iniziato alla vita religiosa benedettina.  Ma a partire dal 1236 la calma di cui godeva il monastero fu nuovamente turbata e Landolfo, consigliato dal nuovo abate, Stefano di Corbario, volle mettere al riparo il figlio dai disordini e inviò Tommaso, oramai adolescente, a Napoli, perché potesse seguire degli studi più approfonditi. Così nell'autunno del 1239, a quattordici o quindici anni, Tommaso si iscrisse al nuovo Studium generale, l'Università degli studi fondata nel 1224 da Federico II per formare la classe dirigente del suo Impero.  Fu proprio a Napoli, dove nel 1231 era stato fondato un convento, che Tommaso conobbe i Domenicani, ordine in cui entrò a far parte e in cui fece la sua vestizione nell'aprile del 1244.  Ma l'ingresso di Tommaso presso i Frati predicatori comprometteva definitivamente i piani dei suoi genitori riguardo al suo futuro incarico di abate di Montecassino. Così la madre inviò un corriere ai suoi figli, che in quel periodo stavano guerreggiando nella regione di Acquapendente, perché intercettassero il loro fratello e glielo conducessero. Essi, accompagnati da un piccolo drappello, catturarono facilmente il giovane religioso, lo fecero salire su di un cavallo e lo condussero al Castello di Monte San Giovanni Campano, un castello di famiglia ove fu tenuto prigioniero per due anni. Qui tutta la famiglia tentò di far cambiare idea a Tommaso, ma inutilmente. Tuttavia bisogna precisare che egli non fu né maltrattato né rinchiuso in qualche prigione, si trattava piuttosto di un soggiorno obbligato, in cui Tommaso poteva entrare e uscire a piacimento e anche ricevere visite. Ma prendendo atto che Tommaso era ben saldo nella sua risoluzione, la sua famiglia lo restituì al convento di Napoli nell'estate del 1245. Ciò avvenne in occasione del Concilio di Lione del 17 luglio 1245, allorché papa Innocenzo IV ufficializzò la deposizione dell'imperatore Federico II di Svevia.[4]  Gli studi a Parigi e a Colonia (1245-1252)  Beato Angelico: San Tommaso d'Aquino  Dipinto del Velazquez I Domenicani di Napoli ritennero che non fosse sicuro trattenere presso di loro il novizio e lo inviarono a Roma dove si trovava il maestro dell'Ordine, Giovanni Teutonico, il quale stava per partire alla volta di Parigi, dove si sarebbe celebrato il Capitolo generale del 1246. Egli accolse Tommaso inviandolo prima a Parigi e poi a Colonia, dove c'era un fiorente Studium generale sotto la direzione di fra Alberto (il futuro sant'Alberto Magno), maestro in teologia, il quale era ritenuto sapiente in tutti i campi del sapere.  Nell'autunno del 1245 Tommaso, al seguito di Giovanni Teutonico, si sarebbe dunque messo in viaggio per Parigi e vi avrebbe trascorso gli anni 1246-1247 e la prima parte del 1248, cioè tre anni scolastici. Qui potrebbe aver studiato le arti, sia in facoltà che in convento[5].  Nel 1248 partì per Colonia con fra' Alberto, presso il quale continuò il suo studio della teologia e il suo lavoro di assistente. Il soggiorno di Tommaso a Colonia, al contrario di quello a Parigi, non è mai stato messo in dubbio, poiché è ben testimoniato dalle fonti. Il 7 giugno 1248 il capitolo generale dei Domenicani riunito a Parigi decise la creazione di uno studium generale a Colonia, città nella quale esisteva già un convento domenicano fondato nel 1221-1222 da fra' Enrico, compagno di Giordano di Sassonia.  L'incarico di insegnare venne affidato a fra Alberto, la cui reputazione in quel periodo era già notevole. Questo soggiorno a Colonia costituì una tappa decisiva nella vita di Tommaso. Per quattro anni, dai 23 ai 27 anni, Tommaso poté assimilare profondamente il pensiero di Alberto. Un esempio di questa influenza lo troviamo nell'opera nota con il nome di Tabula libri Ethicorum, la quale si presenta come un lessico le cui definizioni sono molto spesso delle citazioni quasi letterali di Alberto.  Il primo periodo di insegnamento a Parigi (1252-1259)  Chiesa dei domenicani di Friesach: San Tommaso e papa Urbano V e il dogma della transustanziazione Quando il Maestro Generale dei Domenicani domandò ad Alberto di indicargli un giovane teologo che potesse essere nominato baccelliere per insegnare a Parigi, Alberto gli propose Tommaso che stimava sufficientemente preparato in scientia et vita. Sembra che Giovanni Teutonico abbia esitato per via della giovane età del prescelto, 27 anni, perché secondo gli statuti dell'Università egli avrebbe dovuto averne 29 per poter assumere canonicamente quest'impegno. Fu grazie alla mediazione del cardinale Ugo di Saint-Cher che la richiesta di Alberto fu esaudita e Tommaso ricevette quindi l'ordine di recarsi subito a Parigi e di prepararsi a insegnare. Egli iniziò il suo insegnamento come baccelliere nel settembre di quello stesso anno, cioè del 1252, sotto la responsabilità del maestro Elia Brunet de Bergerac che occupava il posto lasciato vacante a causa della partenza di Alberto.  A Parigi Tommaso trovò un clima intellettuale meno tranquillo di quello di Colonia. Ancora nel 1250 era vietato commentare i libri di Aristotele, ma tra il 1252 e il 1255, durante la prima parte del soggiorno di Tommaso, la Facoltà delle Arti avrebbe finalmente ottenuto il permesso di insegnare pubblicamente tutti i libri del grande filosofo greco.  Il primo ritorno in Italia (1259-1268) Tra il 1259 e il 1268 fu nuovamente in Italia, impegnato nell'insegnamento e negli scritti teologici: fu prima assegnato a Orvieto, come lettore, vale a dire responsabile per la formazione continua della comunità. Qui ebbe il tempo per completare la stesura della Summa contra Gentiles (iniziata nel 1258) e della Expositio super Iob ad litteram (1263-1265).  Inoltre qui Tommaso, che non conosceva direttamente il greco in maniera sufficiente a leggere i testi di Aristotele in originale, si poté avvalere dell'opera di traduzione di un confratello, Guglielmo di Moerbeke, eccellente grecista. Guglielmo rifece o rivide le traduzioni delle opere di Aristotele e pure dei principali commentatori greci (Temistio, Ammonio, Proclo). Alcune fonti riportano addirittura che Guglielmo avrebbe tradotto Aristotele dietro richiesta (ad istantiam) di Tommaso stesso. Il contributo di Guglielmo, anche lui in Italia come Tommaso dopo il 1260, fornì a Tommaso un prezioso apporto che gli permise di redigere le prime parti dei Commenti alle opere di Aristotele, spesso validi ancora oggi per la comprensione e discussione del testo aristotelico[6][7].  Tra il 1265 e il 1268 soggiornò a Roma come maestro reggente. Nel febbraio 1265 il neoeletto papa Clemente IV lo convocò a Roma come teologo pontificio. Nello stesso anno gli fu ordinato dal Capitolo domenicano di Agnani di insegnare allo studium conventuale del convento romano della Basilica di Santa Sabina, fondato alcuni anni prima, nel 1222. Lo studium di Santa Sabina diviene un esperimento per i domenicani, il primo studium provinciale dell'Ordine, una scuola intermedia tra lo studium conventuale e lo studium generale. Prima di allora la Provincia romana non offriva una formazione specializzata di alcun tipo, solo semplici scuole conventuali, con i loro corsi di base di teologia per i frati residenti. Il nuovo studium provinciale di Santa Sabina divenne la scuola più avanzata per la provincia. Durante il suo soggiorno romano, Tommaso cominciò a scrivere la Summa Theologiae e compilò numerosi altri scritti su varie questioni economiche, canoniche e morali. Durante questo periodo, ebbe l'opportunità di lavorare con la corte papale (che non era residente a Roma).  Il secondo periodo di insegnamento a Parigi (1268-1272)  Super Physicam Aristotelis, 1595 Nel secondo periodo di insegnamento a Parigi (1268-1272), la sua occupazione principale fu l'insegnamento della Sacra Pagina e proprio a questo periodo risalgono alcune delle sue opere più celebri, come i commenti alla Scrittura e le Questioni Disputate. Anche se i commenti al Nuovo Testamento restano il cuore della sua attività, egli si segnala anche per la varietà della sua produzione, come ad esempio la scrittura di diversi brevi scritti (come ad esempio il De Mixtione elementorum, il De motu cordis, il De operationibus occultis naturae...) e per la partecipazione alle problematiche del suo tempo: che si tratti di secolari o dell'averroismo vediamo Tommaso impegnato su tutti i fronti.  A questa multiforme attività bisogna aggiungere un ultimo tratto: Tommaso è anche il commentatore di Aristotele. Tra queste opere ricordiamo: l' Expositio libri Peri ermenias, l' Expositio libri Posteriorum, la Sententia libri Ethicorum, la Tabula libri Ethicorum, il Commento alla Fisica e alla Metafisica. Vi sono poi anche delle opere incompiute, come la Sententia libri Politicorum, il De Caelo et Mundo, il De Generatione et corruptione, il Super Meteora.  Gli ultimi anni e la morte  Ritratto di Tommaso ad opera di Fra Bartolomeo Fu quindi richiamato in Italia a Firenze per il Capitolo generale dell'Ordine dei Domenicani[8], secondo dopo quello del 1251[9]. Nella primavera del 1272 Tommaso lasciò definitivamente Parigi e poco dopo la Pentecoste di quello stesso anno (12 giugno 1272) il capitolo della provincia domenicana di Roma gli affidò il compito di organizzare uno Studium generale di teologia, lasciandolo libero di scegliere il luogo, le persone e il numero degli studenti. Ma la scelta di Napoli era già stata designata da un precedente capitolo provinciale ed è anche verosimile che Carlo I d'Angiò abbia fatto pressione perché venisse scelta la sua capitale come sede e che a capo di questo nuovo centro di teologia venisse insediato un maestro di fama. Tommaso D'Aquino abitò per oltre un anno San Domenico Maggiore nell'ultimo periodo della sua vita, lasciandovi scritti e reliquie[10]. Gli fu offerto l'arcivescovado di Napoli, che non volle mai accettare, continuando a vivere in povertà, dedito allo studio e alla preghiera.[11]  Durante gli ultimi anni del periodo napoletano, continuò a procurarsi testi filosofici che leggeva e commentava con cura, disputandone i contenuti con i suoi confratelli e studenti. Si dedicò anche alle opere scientifiche di Aristotele relative ai fenomeni atmosferici e ai terremoti, cercando di procurarsi testi sulla costruzione degli acquedotti e la possibilità di applicazione della geometria alle costruzioni[12], commentando le traduzioni di testi greci e arabi in latino.  La famiglia D'aquino era in rapporti con Federico II di Svevia che aveva istituzionalizzato la Scuola Medica Salernitana, primo centro di fruizione culturale degli scritti medici e filosofici di Avicenna e Averroè, noti al Dottore Angelico. Stabilendosi presso la sorella Teodora al Castello dei Sanseverino[13], tenne una serie di lezioni straordinarie nella celebre Scuola Medica che aveva sollecitato l'onore ed il decoro della parola dell'Aquinate[8]. A memoria del suo soggiorno, nella Chiesa di San Domenico si conservano la reliquia del suo braccio e le spoglie delle sorelle[14].  Il 29 settembre 1273 egli partecipò al capitolo della sua provincia a Roma in qualità di definitore. Ma alcune settimane più tardi, mentre celebrava la Messa nella cappella di San Nicola, Tommaso ebbe una sorprendente visione tanto che dopo la messa non scrisse, non dettò più nulla e anzi si sbarazzò persino degli strumenti per scrivere. A Reginaldo da Piperno, che non comprendeva ciò che accadeva, Tommaso rispose dicendo: «Non posso più. Tutto ciò che ho scritto mi sembra paglia in confronto con quanto ho visto».  «San Bonaventura, entrato nello studio di Tommaso mentre scriveva, vide la colomba dello Spirito accanto al suo volto. Ultimato il trattato sull'Eucaristia, lo depose sull'altare davanti al crocifisso per ricevere dal Signore un segno. Subito fu sollevato da terra e udì le parole: Bene scripsisti, Thoma, de me quam ergo mercedem accipies? E rispose Non aliam nisi te, Domine. Anche Paolo fu rapito al terzo cielo, e poi Antonio e tutta una serie di santi fino a Caterina; il volo, il levarsi in aria indica la vicinanza con il cielo e con Dio, con archetipo nelle figure di Enoch e Elia.»  (Il piccolo Tommaso e l'"appetito" per i libri in L'Osservatore Romano, 28 gennaio 2010[15][Nota 1]) Alla fine di gennaio del 1274 Tommaso e il socius si misero in viaggio per partecipare al Concilio che Gregorio X aveva convocato per il 1º maggio 1274 a Lione. Dopo qualche giorno di viaggio arrivarono al castello di Maenza, dove abitava sua nipote Francesca. È qui che si ammalò e perse del tutto l'appetito. Dopo qualche giorno, sentendosi un po' meglio, tentò di riprendere il cammino verso Roma, ma dovette fermarsi all'abbazia di Fossanova per riprendere le forze. Tommaso rimase a Fossanova per qualche tempo e tra il 4 e il 5 marzo, dopo essersi confessato da Reginaldo, ricevette l'eucaristia e pronunciò, com'era consuetudine, la professione di fede eucaristica. Il giorno successivo ricevette l'unzione dei malati, rispondendo alle preghiere del rito. Morì di lì a tre giorni, mercoledì 7 marzo 1274, alle prime ore del mattino dopo aver ricevuto l'Eucaristia[16].  Le spoglie di Tommaso d'Aquino sono conservate nella chiesa domenicana detta Les Jacobins a Tolosa. La reliquia della mano destra, invece, si trova a Salerno, nella chiesa di San Domenico; il suo cranio si trova invece nella concattedrale di Priverno, mentre la costola del cuore nella Basilica concattedrale di Aquino.  Il pensiero di Tommaso  San Tommaso d'Aquino, ritratto di Carlo Crivelli Per Tommaso l'anima è creata "a immagine e somiglianza di Dio" (come dice la Genesi), unica, immateriale (priva di volume, peso ed estensione), forma del corpo e non localizzata in un punto particolare di esso, trascendente come Dio e come lui in una dimensione al di fuori dello spazio e del tempo in cui sono il corpo e gli altri enti. L'anima è tota in toto corpore, contenuta interamente in ogni parte del corpo, e in questo senso legata ad esso indissolubilmente: si veda, sul tema, la questione 76 della Prima Parte della Summa theologiae, questione dedicata appunto al rapporto tra anima e corpo[17].  Secondo Tommaso:  «Ciò che si accetta per fede sulla base della rivelazione divina non può essere contrario alla conoscenza naturale... Dio non può indurre nell'uomo un'opinione o una fede contro la conoscenza naturale... tutti gli argomenti contro la fede non procedono rettamente dai primi principii per sé noti.»  (Tommaso d'Aquino, Summa contra Gentiles, I, 7.) Nella filosofia tomista Dio è descritto con le seguenti proprietà:[senza fonte]  massimo grado possibile di ogni qualità (che è, è stata o possa essere fra gli enti), fra queste: sommo amore e sommo bene immutabile, semplice e indivisibile: è da sempre e per sempre uguale a sé stesso, a lui nulla manca e in lui nulla cambia. eterno: non nasce e non muore, vive da sempre e per sempre infinito in atto (non infinito potenziale): non ha limite-confine di tempo o di spazio onnisciente unico: nessuno, nemmeno Dio può creare un altro Dio onnipotente: ma non può perpetrare il male e non può creare un altro Dio per sé: non riceve la vita o altre proprietà da alcuno, poteva esistere senza gli enti da lui creati, che perciò non nascono come parte di lui e non sono Dio. trascendente: Dio non è un ente qualunque tra gli altri enti, la differenza tra Dio e gli altri enti è una differenza quantitativa, vale a dire stesse qualità ma in un minore grado di completezza e perfezione. Gli enti creati, fra cui gli angeli e l'uomo, in infiniti gradi a lui somigliano, sono come Dio, ma non sono Dio: non hanno una parte fisica dell'essere per essenza, poiché l'essere è semplice, senza parti e indivisibile. Questo essere (inteso da S.Tommaso come "Ipsum esse subsistens") ha molte proprietà in comune con l'essere della filosofia greca, così come lo definì Parmenide: uno e unico, semplice e indivisibile, infinito ed eterno, onnisciente. La differenza sostanziale però consiste nel fatto che crea gli enti, è più grande della somma di essi, e può esistere senza. Anche nell'ultima forma del pensiero greco, quello di Plotino, troviamo che l'emanazione dall'essere agli enti è un fatto eterno, ma anche necessario e reversibile, non una libera scelta dell'assoluto, che avrebbe potuto non manifestarsi. Il concetto di creazione ("produzione dal nulla") è peraltro estraneo alla filosofia greca ed è proprio del pensiero giudaico-cristiano.  Se la trascendenza nega il panteismo, la personalità di Dio nega a sua volta il deismo (che sarà proprio degli Illuministi): trascendenza ed essere per sé non significano lontananza inarrivabile. Gli uomini non nascono, ma hanno la possibilità di diventare parte integrante di Dio e, già in questa esistenza terrena, di identificare la propria vita con la vita del creatore.  In modo identico, si può dire che l'essere per san Tommaso non è solo l'essere comune o la piattaforma di tutto ciò che esiste, ma è l’esse ut actus inteso come atto puro che perfeziona ogni altra perfezione (essenza, sostanza, forma). Dio è atto puro, puro da ogni potenza, limite e imperfezione. Quando l'essere è mischiato o ricevuto in una potenza, allora è atto misto ed è ente finito. Tommaso fonda la sua concezione metafisica sul concetto di Analogia, rielaborando in maniera molto originale il pensiero aristotelico.  Le cinque vie per dimostrare l'esistenza di Dio San Tommaso distinse tre forme di conoscenza umana in relazione all'ente e al suo Creatore: an sit ("se sia"), quomodo sit ("in che modo sia"), quid sit ("che cosa sia"). La conoscenza umana di Dio è possibile soltanto in merito alla Sua esistenza e ad un quomodo sit negativo, nel quale la mente umana procede ad analizzare il creato sensibile, e, per analogia e differenza, identifica tutte le qualità dell'ente che non possono essere proprie di Dio Creatore[18], pur essendone l'opera. Tale percorso fu chiamato via negationis (o anche ' via remotionis) ordinata al fine di descrivere il quomodo non sit("in che modo non sia") di Dio. Esso è effetto della grazia divina ed è possibile soltanto perché il Creatore decide liberamente di rivelarSi all'uomo, conducendolo per mano da una serie di negazioni delle qualità dell'ente colte con i cinque sensi fino a pervenire ad un'affermazione intelligibile e positiva di Lui.  L'autore delle Cinque Vie, infine, escluse che la dimostrazione razionale dell'esistenza e unicità di Dio potesse rivelare all'uomo anche la Sua vera essenza, quel qui sit che rimane un mistero accessibile soltanto alla virtù ed è ritenuto un limite esterno per il dominio possibile della ragione. La conoscenza teologica può essere soltanto indiretta, relativa agli effetti della causa prima e del fine ultimo sulla Sua creazione.[18]  Molti pensatori cristiani hanno elaborato diversi percorsi razionali per cercare di dimostrare l'esistenza di Dio: mentre Anselmo d'Aosta, sulla scia neoplatonica di Agostino d'Ippona procedeva sia a simultaneo, cioè dal concetto stesso di Dio, da lui ritenuto id quo maius cogitari nequit (nel Proslogion, cap.2.3), sia a posteriori (nel Monologion) per dimostrare l'esistenza di Dio, l'unico modo per arrivarci, secondo Tommaso, consiste nel procedere a posteriori: partendo cioè dagli effetti, dall'esperienza sensibile, che è la prima a cadere sotto i nostri sensi, per dedurne razionalmente la sua Causa prima. Si tratta di quella che chiama demonstratio quia[19], cioè, appunto dagli effetti, il cui risultato è ammettere necessariamente che esista il punto d'arrivo della dimostrazione, anche se non è pienamente intelligibile, come in questo caso, ed in altri, il perché (demonstratio quid, es. i sillogismi: le premesse esprimono proprietà che sono cause della conclusione: «Ogni uomo è mortale; ogni ateniese è uomo; ogni ateniese è mortale": essere uomo e mortale è necessaria causa della mortalità di ogni ateniese)»  Sulla base di questo sfondo di pensiero Tommaso espone le sue prove dell'esistenza di Dio,[20]. Tutte e cinque, con alcune variazioni, seguono questa struttura:  1) constatazione di un fatto in rerum natura, nell'esperienza sensibile ordinaria (movimento inteso come trasformazione; causalità efficiente subordinata; inizio e fine dell'esistenza degli esseri generabili e corruttibili, perciò materiali, contingenti nel suo vocabolario, che quindi possono essere e non essere; gradualità degli esseri nelle perfezioni trascendentali, come bontà, verità, nobiltà ed essere stesso; finalità nei processi degli esseri non intelligenti);  2) analisi metafisica di quel dato iniziale esperenziale alla luce del principio metafisico di causalità, enunciato in varie formulazioni ("Tutto ciò che si muove è mosso da un altro"; "È impossibile che una cosa sia causa efficiente di sé stessa"; "Ora, è impossibile che tutte di tal natura siano state sempre, perché ciò che può non essere un tempo non esisteva"; "Ma il grado maggiore o minore si attribuiscono alle diverse cose secondo che si accostano di più o di meno a qualcosa di sommo o di assoluto"; "Ora, ciò che è privo di intelligenza non tende al fine se non perché è diretto da un essere conoscitivo e intelligente");  3) impossibilità di un regressus in infinitum inteso in senso metafisico, non quantitativo, perché ciò renderebbe inintelligibile, inspiegabile pienamente il dato di fatto di partenza esistente ("Ora, non si può in tal modo procedere all'infinito, perché altrimenti non vi sarebbe un primo motore, e di conseguenza nessun altro motore..."; "Ma procedere all'infinito nelle cause efficienti equivale ad eliminare la prima causa efficiente; e così non avremmo neppure l'effetto ultimo, né le cause intermedie..."; "Dunque non tutti gli esseri sono contingenti, ma bisogna che nella realtà ci sia qualcosa di necessario. Ora, tutto ciò che è necessario, o ha la causa della sua necessità in un altro essere oppure no. D'altra parte [in questo genere di esseri] non si può procedere all'infinito..."; questo passaggio manca, per la sua evidenza agli occhi dell'Aquinate manca nella quarta via e nella quinta via, si passa direttamente alla conclusione;  4) conclusione deduttiva strettamente razionale (senza nessuna cogenza di fede) che identifica il 'conosciuto' sotto quel determinato aspetto con quello "che tutti chiamano Dio", o espressioni simili ("Dunque è necessario arrivare ad un primo motore che non sia mosso da altri; e tutti riconoscono che esso è Dio"; "Dunque bisogna ammettere una prima causa efficiente, che tutti chiamano Dio"; "Dunque bisogna concludere all'esistenza di un essere che sia di per sé necessario e non tragga da altri la propria necessità, ma sia causa di necessità agli altri. E questo tutti dicono Dio"; "Ora ciò che è massimo in un dato genere è causa di tutti gli appartenenti a quel genere, come il fuoco, caldo al massimo, è causa di ogni calore, come dice lo stesso Aristotele. Dunque vi è qualcosa che per tutti gli enti è causa dell'essere, della bontà e di qualsiasi perfezione. E questo chiamiamo Dio"; "Vi è dunque un qualche essere intelligente, dal quale tutte le cose naturali sono ordinate ad un fine: e quest'essere chiamiamo Dio".  I cinque percorsi indicati da San Tommaso sono[21]:  Ex motu et mutatione rerum (tutto ciò che si muove esige un movente primo perché, come insegna Aristotele nella Metafisica: "Non si può andare all'infinito nella ricerca di un primo motore"); Ex ordine causarum efficientium (cioè "dalla causa efficiente", intesa in senso subordinato, non in senso coordinato nel tempo. Tommaso non è, per sola ragione, in grado di escludere la durata indefinita nel tempo di un mondo creato da Dio, la cosiddetta creatio ab aeterno: ogni essere finito, partecipato, dipende nell'essere da un altro detto causa; necessità di una causa prima incausata); Ex rerum contingentia (cioè "dalla contingenza". Nella terminologia di Tommaso la generabilità e corruttibilità sono prese come segno evidente della possibilità di essere e non essere legata alla materialità, sinonimo, nel suo vocabolario di "contingenza", ben diverso dall'uso più comune, legato ad una terminologia avicenniana, dove "contingente" è qualsiasi realtà che non sia Dio. Tommaso, in questa argomentazione della Summa Theologiae distingue attentamente il necessario dipendente da altro (anima umana e angeli) e necessario assoluto (Dio). L'esistenza di esseri generabili e corruttibili è in sé insufficiente metafisicamente, rimanda ad esseri necessari, dapprima dipendenti da altro, quindi ad un essere assolutamente necessario); Ex variis gradibus perfectionis (le cose hanno diversi gradi di perfezioni, intese in senso trascendentale, come verità, bontà, nobiltà ed essere, sebbene sia usato un 'banale' esempio fisico legato al fuoco e al calore; ma solo un grado massimo di perfezione rende possibile, in quanto causa, i gradi intermedi); Ex rerum gubernatione (cioè "dal governo delle cose": le azioni di realtà non intelligenti nell'universo sono ordinate secondo uno scopo, quindi, non essendo in loro quest'intelligenza, ci deve essere un'intelligenza ultima che le ordina così). Kant, pur ammettendo l'esistenza di Dio come postulato della ragion pratica, ritiene che l'esistenza di Dio sia indimostrabile da un punto di vista teoretico-speculativo: nella Dialettica trascendentale della Critica della ragion pura (1781), Kant ha contestato tali dimostrazioni, pur non prendendo in realtà in considerazione direttamente le cinque "vie" di San Tommaso, ma le prove dell'esistenza di Dio nella filosofia leibniziano-wollfiana. La critica kantiana si rivolge infatti alla: 1) prova ontologica; 2) prova cosmologica e 3) prova fisico-teologica. Se per quanto riguarda almeno nelle conclusioni sia S.Tommaso, sia Kant sono concordi nel rifiutare la prova ontologica, per quanto riguarda la prova cosmologica e quella fisico- teologica, Kant critica queste due prove (a cui si possono ridurre le cinque "vie tomistiche), in quanto sarebbero legate ad un'estensione indebita dell'uso della ragione (nel suo uso teoretico-speculativo), i cui concetti razionali, cioè le idee, sono vuote. Solo l'intuizione empirica infatti potrebbe ovviare a ciò: per questo motivo l'idea di Dio è assolutamente non verificabile tramite la ragione,[22][23] superando i limiti dell'esperienza possibile. Processo conoscitivo. Tommaso, affermava che la conoscenza dell'essere umano, in quanto dotato di un corpo creato da Dio, muove sempre dall'universo immanente, sensibile e corporeo nella direzione dell'universo trascendente, intellegibile (invisibile) e incorporeo. In tale aspetto, si differenziò da sant'Agostino, che pensava che questa avvenisse tramite l'illuminazione divina.[senza fonte]  Agostino sostenne che la sorgente del sapere e dell'essere è la stessa, Dio Creatore dell'universo, e che quindi i due piani dell'essere e del sapere non possono cadere in contraddizione l'uno con l'altro. Senza negare Agostino[senza fonte], San Tommaso aggiunse che il corpo umano deve poter essere capace di conoscere il creato mediante la sua mente e i suoi sensi, poiché l'uomo non soltanto è una creatura di Dio, ma più di ogni altro vivente è l'unico creato a immagine e somiglianza della mente e del Suo corpo umano-divino di Dio Padre e di Gesù, Suo Figlio. Tommaso aggiunse che i due piani dell'essere e del sapere sono tra loro comunicanti: infatti, le Cinque Vie dimostrarono che dall'essere della natura corporea è possibile giungere a conoscere e dimostrare la possibilità, la realtà e la necessità dell'esistenza e dell'unicità di Dio.  Prima ancora di questo, mediante ogni conoscenza (anche scientifica[senza fonte]) del creato, Tommaso riuscì a raggiungere il dono e il raro privilegio della visione del Corpo del Cristo risorto e del dialogo personale con Lui, il giorno della ricorrenza di San Nicola, poco tempo prima di completare la Summa theologica e di morire.[24]  Ciò non significa che Tommaso disconoscesse il pensiero di sant'Agostino, che è invece citato a più riprese nella Summa Theologica', e che fu dichiarato Dottore della Chiesa nel 1298, dopo la morte dell'Aquinate.  La conoscenza degli universali però appartiene solo alle intelligenze angeliche; noi, invece, conosciamo gli universali post-rem, ossia li ricaviamo dalla realtà sensibile. Soltanto Dio conosce ante rem.  La conoscenza è, quindi, un processo di adeguamento dell'anima o dell'intelletto e della cosa, secondo una formula che dà ragione del sofisticato aristotelismo di Tommaso:  (LA) «Veritas: Adaequatio intellectus ad rem. Adaequatio rei ad intellectum. Adaequatio intellectus et rei.» «Verità: Adeguamento dell'intelletto alla cosa. Adeguamento della cosa all'intelletto. Adeguamento dell'intelletto e della cosa.»  (Tommaso d'Aquino[25]) La creazione secondo Tommaso Tommaso spiega che l'uomo può stabilire a partire dalla ragione il rapporto creaturale di dipendenza dell'universo da Dio ovvero la creatio ex nihilo intesa come totale dipendenza dell'essere creato, anche quello sostanziale, dall'Essere divino[26]. Ciò che la sola ragione non può stabilire è se il mondo è eterno o se è stato creato nel tempo ovvero se ha un cominciamento. La verità della seconda alternativa (la creazione con un inizio temporale) può essere conosciuta, secondo Tommaso, solamente per fede a partire dalla rivelazione divina[27]. Dio, creando l'uomo, fornisce l'esistenza all'uomo secondo una dinamica simile a quella di atto e potenza, e lo rende quindi ente reale, fornito di esistenza (che è propriamente definita da Tommaso actus essendi oltre che di essenza. Soltanto in Dio, atto puro, essenza ed esistenza coincidono. Il rapporto tra Dio (necessario) e la creatura (contingente) è analogico in un solo senso: le creature sono simili a Dio. Il rapporto è di somiglianza non univoca né equivoca. Secondo Tommaso tutti gli enti sono buoni, poiché somigliano a Dio: "bonum" è uno dei tre trascendenti (o trascendentali), ovvero di caratteri applicabili a ogni ente e perciò trascendenti le categorie di Aristotele. Gli altri due sono "unum" e "verum".  Nelle opere di Tommaso l'universo (o cosmo) ha una struttura rigorosamente gerarchica[senza fonte]: posto al vertice da Dio che viene posto come al di là della fisicità, governa da solo il mondo al di sopra di tutte le cose e gli enti; al di sotto di Dio troviamo gli angeli (forme pure e immateriali), ai quali Tommaso attribuisce la definizione di intelligenze motrici dei cieli anch'esse ordinate gerarchicamente tra di loro; poi un gradino più in basso troviamo l'uomo, posto al confine tra il mondo delle sostanze spirituali e il regno della corporeità, in ogni uomo infatti si ha l'unione del corpo (elemento materiale) con l'anima intellettiva (ovvero la forma, che secondo Tommaso costituisce l'ultimo grado delle intelligenze angeliche): l'uomo è l'unico ente che fa parte sia del mondo fisico, sia del mondo spirituale. Tommaso crede che la conoscenza umana cominci con i sensi: l'uomo, non avendo il grado di intelligenza degli angeli, non è in grado di apprendere direttamente gli intelligibili, ma può apprendere solamente attribuendo alle cose una forma e quindi solamente grazie all'esperienza sensibile.  Un'altra facoltà necessaria che caratterizza l'uomo è la sua tendenza a realizzare pienamente la propria natura ovvero compiere ciò per cui è stato creato[senza fonte]. Ciascun uomo infatti corrisponde all'idea divina su cui è modellato, di cui l'uomo è consapevole e razionale, conscio delle proprie finalità, alle quali si dirige volontariamente avvalendosi dell'uso dell'intelletto: l'uomo prende le proprie decisioni sulla base di un ragionamento pratico, attraverso il quale tra due beni sceglie sempre quello più consono al raggiungimento del suo fine. Nel fare ciò segue la Legge naturale, che è scritta nel cuore dell'uomo. La legge naturale, che è un riflesso della Legge eterna, deve essere il fondamento della Legge positiva, cioè l'insieme delle norme che gli uomini stabiliscono storicamente in un dato tempo ed in un dato luogo.  Al di sotto dell'uomo troviamo le piante e le varie molteplicità degli elementi.  Concezione della donna  Sacra conversazione di Monticelli (Ghirlandaio, XV secolo) Tommaso riprende e cita, nella prima parte della Summa theologiae, alle questioni 92 e 99, l'affermazione di Aristotele (De generatione et corruptione 2,3) per cui la donna sarebbe un uomo mancato (mas occasionatus). L'aquinate afferma che "rispetto alla natura particolare la femmina è un essere difettoso e manchevole" (I, 92, 1)[28]:  «Infatti la virtù attiva racchiusa nel seme del maschio tende a produrre un essere perfetto simile a sé, di sesso maschile, e il fatto che ne derivi una femmina può dipendere dalla debolezza della virtù attiva, o da un'indisposizione della materia, o da una trasmutazione causata dal di fuori, per esempio dai venti australi, che sono umidi, come dice il filosofo.»  Ma aggiunge: «Rispetto invece alla natura nella sua universalità, la femmina non è un essere mancato, ma è espressamente voluto in ordine alla generazione. Ora, l'ordinamento della natura nella sua universalità dipende da Dio, il quale è l'autore universale della natura. Quindi, nel creare la natura, egli produsse non solo il maschio, ma anche la femmina 2. Ci sono due specie di sudditanza. La prima, servile, è quella per cui chi è a capo si serve dei sottoposti per il proprio interesse: e tale dipendenza sopravvenne dopo il peccato. Ma vi è una seconda sudditanza, economica o politica, in forza della quale chi è a capo si serve dei sottoposti per il loro interesse e per il loro bene. E tale sudditanza ci sarebbe stata anche prima del peccato, poiché senza il governo dei più saggi sarebbe mancato il bene dell'ordine nella società umana. E in questa sudditanza la donna è naturalmente soggetta all'uomo: poiché l'uomo ha per natura un più vigoroso discernimento razionale.»  (Somma teologica, I, 92, 1, ad 1) «la diversità dei sessi rientra nella perfezione della natura umana»  (Somma teologica, I, 99, 2, ad 1.) Importanza ed eredità Magnifying glass icon mgx2.svgTomismo.  Tommaso disputa con Averroè  Trionfo di san Tommaso, di Lippo Memmi  Trionfo di san Tommaso, di Benozzo Gozzoli San Tommaso fu uno dei pensatori più eminenti della filosofia Scolastica, che verso la metà del XIII secolo aveva raggiunto il suo apice. Egli indirizzò diversi aspetti della filosofia del tempo: la questione del rapporto tra fede e ragione, le tesi sull'anima (in contrapposizione ad Averroè), le questioni sull'autorità della religione e della teologia, che subordina ogni campo della conoscenza.  Tali punti fermi del suo pensiero furono difesi da diversi suoi seguaci successivi, tra i quali Reginaldo da Piperno, Tolomeo da Lucca, Giovanni di Napoli, il domenicano francese Giovanni Capreolus e Antonino di Firenze. Infine però, con la lenta dissoluzione della Scolastica, si ebbe parallelamente anche la dissoluzione del Tomismo, col conseguente prevalere di un indirizzo di pensiero nominalista nel successivo sviluppo della filosofia, e una progressiva sfiducia nelle possibilità metafisiche della ragione,[29] che indurrà Lutero a giudicare quest'ultima «cieca, sorda, stolta, empia e sacrilega».[30]  Oggigiorno il pensiero di Tommaso d'Aquino trova ampio consenso anche in ambienti non cattolici (studiosi protestanti statunitensi, ad esempio) e perfino non cristiani, grazie al suo metodo di lavoro, fortemente razionale e aperto a fonti e contributi di ogni genere: la sua indagine intellettuale procede dalla Bibbia agli autori pagani, dagli ebrei ai musulmani, senza alcun pregiudizio, ma tenendo sempre il suo centro nella Rivelazione cristiana, alla quale ogni cultura, dottrina o autore antico faceva capo.[senza fonte] Il suo operato culmina nella Summa Theologiae (cioè "Il complesso di teologia"), in cui tratta in maniera sistematica il rapporto fede-ragione e altre grandi questioni teologiche.  Agostino vedeva il rapporto fede-ragione come un circolo ermeneutico (dal greco ermeneuo, cioè "interpreto") in cui credo ut intelligam et intelligo ut credam (ossia "credo per comprendere e comprendo per credere"). Tommaso porta la fede su un piano superiore alla ragione, affermando che dove la ragione e la filosofia non possono proseguire inizia il campo della fede e il lavoro della teologia.[senza fonte] Dunque, fede e ragione sono certamente in circolo ermeneutico e crescono insieme sia in filosofia che in teologia. Mentre però la filosofia parte da dati dell'esperienza sensibile o razionale, la teologia inizia il circolo con i dati della fede, su cui ragiona per credere con maggiore consapevolezza ai misteri rivelati. La ragione, ammettendo di non poterli dimostrare, riconosce che essi, pur essendo al di sopra di sé, non sono mai assurdi o contro la ragione stessa: fede e ragione, sono entrambe dono di Dio e non possono contraddirsi. Questa posizione esalta ovviamente la ricerca umana: ogni verità che io posso scoprire non minaccerà mai la Rivelazione anzi, rafforzerà la mia conoscenza complessiva dell'opera di Dio e della Parola di Cristo. Si vede qui un esempio tipico della fiducia che nel Medioevo si riponeva nella ragione umana. Nel XIV secolo queste certezze andranno in crisi, coinvolgendo l'intero impianto culturale del periodo precedente.  La teologia, in ambito puramente speculativo, rispetto alla tradizione classica, era considerata una forma inferiore di sapere, poiché usava in prestito gli strumenti della filosofia, ma Tommaso fa notare, citando Aristotele, che anche la filosofia non può dimostrare tutto, perché sarebbe un processo all'infinito. Egli distingue due tipi di scienze: quelle che esaminano i propri principi e quelle che ricevono i principi da altre scienze. L'ideale, per uno spirito concreto come Tommaso, sarebbe superare la fede e raggiungere la conoscenza ma, sui misteri fondamentali della Rivelazione, questo non è possibile nella vita terrena del corpo. Avverrà nella vita eterna dello spirito.  La filosofia è dunque ancilla theologiae e regina scientiarum, prima fra i saperi delle scienze. Il primato del sapere teologico non è nel metodo, ma nei contenuti divini che affronta, per i quali è sacrificabile anche la necessità filosofica.  Il punto di discrimine fra filosofia e teologia è la dimostrazione dell'esistenza di Dio; dei due misteri fondamentali della Fede (Trinitario e Cristologico), la ragione può dimostrare solamente il primo, l'esistenza di Dio, mentre non può dimostrare che questo Dio è necessariamente Trinitario. Ciò non è un paradosso razionale, perché da una premessa falsa non possono che derivare nel sillogismo conseguenze false, è più semplicemente qualcosa che la ragione non può spiegare: un Dio Uno e Trino. Il maggior servizio che la ragione può fare alla fede è che non è possibile nemmeno dimostrare il contrario, che Dio non è Trinitario, che la negazione non dimostrabile della Trinità a sua volta porta conseguenze paradossali e contraddittorie, laddove invece la Sua affermazione per fede è feconda di verità e conseguenze non contraddittorie. La ragione non può entrare nella parte storica dei misteri religiosi, può mostrare solo prove storiche che tal "profeta" è esistito, ma non che era Dio, e il senso della Sua missione, che è appunto un dato, un fatto a cui si può credere o meno.  Il primato della teologia verrà fortemente discusso nei secoli successivi, ma sarà anche lo studio praticato da tutti i filosofi cristiani nel Medioevo e oltre, tant'è che Pascal fece la sua famosa "scommessa" ancora nel XVII secolo.[senza fonte] La teologia era questione sentita dal popolo nelle sacre rappresentazioni, era il mondo dei medioevali e degli zelanti studenti che attraversavano a piedi le paludi di Francia per ascoltare le lectiones dell'Aquinate nella prestigiosa Università della Sorbonne di Parigi, incontrandosi da tutta Europa .  Gli storici della filosofia richiamano l'attenzione anche sulla prevalenza dell'intelletto rispetto ad una prevalenza della volontà nella vita intellettuale/spirituale dell'uomo. La prima è seguita da San Tommaso e dalla sua scuola, mentre l'altra è propria di San Bonaventura e della scuola francescana. Per Tommaso il fine supremo è "vedere Dio", mentre per Bonaventura fine ultimo dell'uomo è "amare Dio". Quindi per Tommaso la categoria più alta è "il vero", mentre per Bonaventura è "il bene". Per ambedue però, "il vero" è anche "il bene", e "il bene" è anche "il vero".  Il pensiero di Tommaso ebbe influenza anche su autori non cristiani, a cominciare dal famoso pensatore ebreo Hillel da Verona.  A partire dal secondo Novecento poi il suo pensiero viene ripreso nel dibattito etico da autori cattolici e non, quali Gertrude Elizabeth Margaret Anscombe, Alasdair MacIntyre, Philippa Ruth Foot e Jacques Maritain.  Culto Fu canonizzato nel 1323 da papa Giovanni XXII. La sua memoria viene celebrata dalla Chiesa cattolica il 28 gennaio; la stessa, nella Forma straordinaria, lo ricorda il 7 marzo. La Chiesa luterana lo ricorda l'8 marzo.  San Tommaso d'Aquino è patrono dei teologi, degli accademici, dei librai e degli studenti. È patrono della città e della diocesi privernate e della Città e della diocesi aquinate.  L'11 aprile 1567 papa Pio V lo dichiarò dottore della Chiesa con la bolla Mirabilis Deus.  Il 29 giugno 1923, nel VI centenario della canonizzazione, papa Pio XI gli dedicò l'enciclica Studiorum Ducem.  L'enciclica Aeterni Patris di papa Leone XIII ricorda san Tommaso come il più illustre esponente della Scolastica. Gli statuti dei Benedettini, degli Carmelitani, degli Agostiniani, della Compagnia di Gesù dispongono l'obbligatorietà dello studio e della messa in pratica delle dottrine di Tommaso, del quale l'enciclica afferma:  «Per la verità, sopra tutti i Dottori Scolastici, emerge come duce e maestro San Tommaso d’Aquino, il quale, come avverte il cardinale Gaetano, “perché tenne in somma venerazione gli antichi sacri dottori, per questo ebbe in sorte, in certo qual modo, l’intelligenza di tutti” . Le loro dottrine, come membra dello stesso corpo sparse qua e là, raccolse Tommaso e ne compose un tutto; le dispose con ordine meraviglioso, e le accrebbe con grandi aggiunte, così da meritare di essere stimato singolare presidio ed onore della Chiesa Cattolica. [...] Clemente VI, Nicolò V, Benedetto XIII ed altri attestano che tutta la Chiesa viene illustrata dalle sue meravigliose dottrine; San Pio V poi confessa che mercé la stessa dottrina le eresie, vinte e confuse, si disperdono come nebbia, e che tutto il mondo si salva ogni giorno per merito suo dalla peste degli errori. Altri, con Clemente XII, affermano che dagli scritti di lui sono pervenuti a tutta la Chiesa copiosissimi beni, e che a lui è dovuto quello stesso onore che si rende ai sommi Dottori della Chiesa Gregorio, Ambrogio, Agostino e Girolamo. Altri, infine, non dubitarono di proporlo alle Accademie e ai grandi Licei quale esempio e maestro da seguire a piè sicuro. A conferma di questo Ci sembrano degnissime di essere ricordate le seguenti parole del Beato Urbano V all’Accademia di Tolosa: “Vogliamo, e in forza delle presenti vi imponiamo, che seguiate la dottrina del Beato Tommaso come veridica e cattolica, e che vi studiate con tutte le forze di ampliarla” . Successivamente innocenzo XII, nella Università di Lovanio, e Benedetto XIV , nel Collegio Dionisiano presso Granata, rinnovarono l’esempio di Urbano.»  (Enciclica Aeterni Patris[31]) Opere di San Tommaso Sintesi teologiche Scriptum super libros Sententiarum Summa contra Gentiles Summa Theologiae  Questioni disputate Quaestiones disputatae de Veritate Quaestiones disputatae De potentia Quaestio disputata De anima Quaestio disputata De spiritualibus creaturis Quaestiones disputatae De malo Quaestiones disputatae De uirtutibus Quaestio disputata De unione uerbi incarnati Quaestiones de Quodlibet I-XII  Commenti biblici Expositio super Isaiam ad litteram Super Ieremiam et Threnos Principium “Rigans montes de superioribus” et “Hic est liber mandatorum Dei” Expositio super Iob ad litteram Glossa continua super Evangelia (Catena Aurea) Lectura super Mattheum Lectura super Ioannem Expositio et Lectura super Epistolas Pauli Apostoli Postilla super Psalmos  Commenti ad Aristotele Sententia Libri De anima Sententia Libri De sensu et sensato Sententia super Physicam Sententia super Meteora Expositio Libri Peryermenias Expositio Libri Posteriorum Sententia Libri Ethicorum Tabula Libri Ethicorum Sententia Libri Politicorum Sententia super Metaphysicam Sententia super Librum De caelo et mundo Sententia super Libros De generatione et corruptione  Super libros de generatione et corruptione Altri commenti Super Boetium De Trinitate Expositio Libri Boetii De ebdomadibus Super Librum Dionysii De divinis nomibus Super Librum De Causis  Scritti polemici Contra impugnantes Dei cultum et religionem De perfectione spiritualis vitae Contra doctrinam retrahentium a religione De unitate intellectus contra Avveroistas De aeternitate mundi  Trattati De ente et essentia De principiis naturae Compendium theologiae seu brevis compilatio theologiae ad fratrem Raynaldum De regno ad regem Cypri De substantiis separatis  Lettere e pareri De emptione et venditione ad tempus Contra errores Graecorum De rationibus fidei ad Cantorem Antiochenum Expositio super primam et secundam Decretalem ad Archidiaconum Tudertinum De articulis fidei et ecclesiae sacramentis ad archiepiscopum Panormitanum Responsio ad magistrum Ioannem de Vercellis de 108 articulis De forma absolutionis De secreto Liber De sortibus ad dominum Iacobum de Tonengo Responsiones ad lectorem Venetum de 30 et 36 articulis Responsio ad magistrum Ioannem de Vercellis de 43 articulis Responsio ad lectorem Bisuntinum de 6 articulis Epistola ad ducissam Brabantiae De mixtione elementorum ad magistrum Philippum de Castro Caeli De motu cordis ad magistrum Philippum de Castro Caeli De operationibus occultis naturae ad quendam militem ultramontanum De iudiciis astrorum Epistola ad Bernardum abbatem casinensem  Opere liturgiche, prediche, preghiere Officium de festo Corporis Christi ad mandatum Urbani Papae Inno Adoro te devote Collationes in decem precepta Collationes in orationem dominicam in Symbolum Apostolorum in salutationem angelicam. Traduzioni italiane Lo specchio dell'anima, La sentenza di Tommaso d'Aquino sul "De anima" di Aristotele, Traduzione e testo latino a fronte, Ed. San Paolo, Milano 2012. (È tradotto anche il testo dell'Aristotele latino). Catena aurea, Glossa continua super Evangelia vol. 1, Matteo, Bologna 2006 vol. 2, Matteo, Bologna 2007 vol. 3, Marco, Bologna 2007 Commento ai Libri di Boezio, Super Boetium De Trinitate, Expositio Libri Boetii De Ebdomadibus, Bologna, 1997 Commento ai Nomi Divini di Dionigi, Super Librum Dionysii de Divinis Nominibus vol. 1, Bologna 2004 vol. 2, (comprende anche De ente et essentia), Bologna, 2004 Commento al Corpus Paulinum, Expositio et lectura super Epistolas Pauli Apostoli vol. 1, Romani, Bologna 2004 vol. 2, 1 Corinzi, Bologna 2004 vol. 3, 2 Corinzi, Galati, Bologna, 2004 vol. 4, Efesini, Filippesi, Colossesi, Bologna, 2004 vol. 5, Tessalonicesi, Timoteo, Tito, Filemone, Bologna, 2004 vol. 6, Ebrei, Bologna, 2004 Commento al Libro di Giobbe, Bologna, 1995 Commento all'Etica Nicomachea di Aristotele, Sententia Libri Ethicorum, in 2 volumi, Bologna, 1998 Commento alla Fisica di Aristotele, Sententia super Physicorum vol. 1, Bologna, 2004 vol. 2, Bologna, 2004 vol. 3, Bologna, 2005 Commento alla Metafisica di Aristotele, Sententia super Metaphysicorum vol. 1, Bologna, 2004 vol. 2, Bologna, 2005 vol. 3, Bologna, 2005 Commento alla Politica di Aristotele, Sententia Libri Politicorum, Bologna, 1996,88-7094-231-7 Commento alle Sentenze di Pietro Lombardo, Scriptum super Libros Sententiarum in 10 volumi, Bologna, Ed. ESD, 2002 Compendio di teologia, Compendium theologiae, Bologna, 1995 I Sermoni e le due Lezioni inaugurali, Bologna, 2003 La conoscenza sensibile, Commenti ai libri di Aristotele: Il senso e il sensibile; La memoria e la reminiscenza, Bologna, 1997 La perfezione cristiana nella vita consacrata, Bologna, 1995 De venerabili sacramentu altaris, Bologna, 1996 La Somma contro i Gentili, Summa contra Gentiles vol. 1, (traduzione Tito Centi), Bologna, 2000 vol. 2, (traduzione Tito Centi), Bologna, 2001 vol. 3, (traduzione Tito Centi), Bologna, 2001 La Somma Teologica, Summa Theologiae, in 35 volumi La Somma Teologica, Summa Theologiae, in 6 volumi, Bologna, Ed. ESD Le Questioni Disputate, Quaestiones Disputatae vol. 1, La Verità, Bologna, 1992 vol. 2, La Verità, Bologna, 1992 vol. 3, La Verità, Bologna, 1993 vol. 4, L'anima umana, Bologna, 2001 vol. 5, Le virtù, Bologna, 2002 vol. 6, Il male, Bologna, 2002 vol. 7, Il male, Bologna, 2003 vol. 8, La potenza divina, Bologna, 2003 vol. 9, La potenza divina, Bologna, 2003 vol. 10, Questioni su argomenti vari, Bologna, 2003 vol. 11, Questioni su argomenti vari, Bologna, 2003 Logica dell'enunciazione, Commento al libro di Aristotele Peri Hermeneias, Expositio Libri Peryermenias, Bologna, 1997 Opuscoli politici: Il governo dei principi, Lettera alla duchessa del Brabante, La dilazione nella compravendita, Bologna, 1997 Opuscoli spirituali: Commenti al Credo, Padre Nostro, Ave Maria, Dieci Comandamenti, Ufficio e Messa per la Festa del Corpus Domini, Le preghiere di san Tommaso, Lettera a uno studente, Bologna, 1999 Pagine di Filosofia: I principi della natura, De principiis naturae ad fratrem Silvestrum, sola trad. it., e antologia ragionata e commentata di altri brani filosofici di antropologia, gnoseologia, teologia naturale, etica, politica e pedagogia. Inni eucaristici A Tommaso d'Aquino sono classicamente attribuiti gli inni eucaristici per la solennità del Corpus Domini,[32] usati per secoli in occasione dell'adorazione eucaristica. Gli inni sono stati confermati nella liturgia solenne dal Concilio Vaticano II:  Adoro te devote Pange lingua, che contiene al termine il Tantum ergo sacramentum Sacris sollemniis Verbum supernum prodiens Note  Napoli A.N. Rossi, Delle dissertazioni di Alessio Niccolo Rossi intorno ad alcune materie alla citta di Napoli appartenenti,482, OCLC 66806673. URL consultato il 22 novembre 2020.  Pasquale Cayro, Storia sacra e profana d'Aquino e sua diocesi del signor D. Pasquale Cayro, patrizio anagnino, Vincenzo Orsino, 1808,348.  Ferante della Marra, Discorsi delle famiglie estinte, forastiere o non comprese ne' seggi di Napoli imparentate colla casa della Marra. Composti dal signor Ferrante della Marra duca della Guardia, dati in luce da Camillo Tutini, Ottavio Beltrano, 1641, OCLC 22571122.  Jean-Pierre Torrell, O. P., Amico della verità: vita e opere di Tommaso d'Aquino, Edizioni Studio Domenicano,32,43,51,9788870945942, OCLC 428206360.  Fino a pochi anni fa gli storici avevano dei dubbi sulla veridicità del soggiorno di Tommaso a Parigi nel periodo immediatamente successivo a quello in cui la sua famiglia lo restituì all'Ordine. Dallo studio delle fonti, Walz-Novarina (1962) concludono che il viaggio di Tommaso in compagnia di Giovanni Teutonico «... senza essere certo, può considerarsi probabile... », ma erano più riservati circa la questione degli studi a Parigi. Grandi eruditi come Denifle e De Groot si associano a questa opinione, ma altri come Mandonnet, Chenu e Glorieux, osservano che il viaggio a Parigi non avrebbe avuto alcun senso se Tommaso non avesse dovuto svolgervi i suoi studi, questo perché lo studium generale di Colonia non era funzionante prima del 1248, data della sua apertura dovuta a fra Alberto al momento del suo ritorno in questa città.  Sofia Vanni Rovighi, Introduzione a Tommaso d'Aquino, Roma-Bari, Laterza, 1981,33-34.  Aristotele, Etica Nicomachea, a cura di Marcello Zanatta, traduzione di Marcello Zanatta, vol. 1, 8. ed, Milano, Rizzoli, 1999,79,978-88-17-12965-7, OCLC 797461609.  Astrid Filangieri, La vita e le Opere di San Tommaso d'Aquino, su ilportaledelsud.org, 2005. URL consultato il 15 febbraio 2019 (archiviato il 21 ottobre 2004).  Storia dell'Ordine Domenicano a Firenze, su fiorentininelmondo. URL consultato il 15 febbraio 2019 (archiviato il 14 febbraio 2019).  La cella di San Tommaso a San Domenico Maggiore (Napoli), su museosandomenicomaggiore. URL consultato il 15 febbraio 2019 (archiviato il 14 febbraio 2019).  G. Bosco, Storia ecclesiastica ad uso della gioventù utile ad ogni grado di persone, Torino, Libreria Salesiana Editore, 1904,284. URL consultato il 4 novembre 2018 (archiviato il 4 novembre 2018)., con l'approvazione del card. Lorenzo Gastaldi, arcivescovo di Torino  Filmato audio Luca Bianchi, Onorato Grassi e Costantino Esposito, Tommaso e la sua eredità - il pensiero che nasce dall'esperienza, Centro Culturale di Milano, 2012. URL consultato il 14 novembre 2020 (archiviato il 23 giugno 2013).  «Non è vero che alcuni traduttori lavorassero al suo servizio, come Guglielmo di Moerbeke». (v. 1h 14').  Premio letterario internazionale San Tommaso d’Aquino, sabato 4 a Mercato San Severino., su gazzettadisalerno, Mercato San Severino (SA), 1º agosto 2018. URL consultato il 15 febbraio 2019 (archiviato l'11 settembre 2018).  Convento di San Domenico a Salerno, oggi caserma, su salernodavedere, 26 novembre 2018. URL consultato il 15 febbraio 2019 (archiviato il 14 febbraio 2019).  Sandra Isetta, Il piccolo Tommaso e l'"appetito" per i libri, in L'Osservatore Romano, 28 gennaio 2010. URL consultato il 15 febbraio 2019 (archiviato il 24 febbraio 2010).  Jean-Pierre Torrell, Amico della verità,392  Quaestio 76 della Parte I della Summa Theologiae di San Tommaso d'Aquino. A cura di Marcello Landi  Massimo Adinolfi, Francesco Paolo Adorno, Francesco Berto, Massimo Cacciari, Piero Coda, Carmela Covino, Adriano Fabris, Franco Ferrari, Ernesto Forcellino, Carlo Sini, Luigi Vero Tarca, Vincenzo Vitiello, La conoscenza di Dio tra remotio e revelatio nella "Summa theologiae" di San Tommaso D'Aquino, in Il Pensiero. Rivista di filosifia, XLVI, Inschibboleth Edizioni, 2007,23, DOI:10.1400/263019, ISSN 2532-7550 (WC · ACNP), OCLC 9788885716612.  S. Th. I, q.2, a.2, c. e luoghi paralleli nei commenti aristotelici  Cf. Summa Theologiae, Iª q. 2 a. 3  Cf. Summa Theologiae, pars I, quaestio 2 articolo 3.  Immanuel Kant, Critica della ragion pura, Laterza, 1965,291-346.  Leo Elders, The Philosophical Theology of St. Thomas Aquinas, E.J. Brill, 1990,78-79.  When St. Thomas Aquinas had a foretaste of heaven on St. Nicholas’ feast day, su lifesitenews.com, 6 dicembre 2018. URL consultato il 6 gennaio 2020 (archiviato dall'url originale il 4 gennaio 2020).  Cf. Quaestio disputata de anima, a. 3 ad 1; Summa Theologiae, Iª q. 16 aa. 1-2.  Sofia Vanni Rovighi, Introduzione a Tommaso d'Aquino, Roma-Bari, Laterza, 1981,68-70.  Summa contra gentiles, libro II, 31-37 e Summa theologiae, pars I quaestio 46  La Somma Teologica. Sola trad. italiana: Volume 1 - Prima Parte, Edizioni Studio Domenicano,831,978-88-7094-224-8. URL consultato il 5 aprile 2020 (archiviato il 4 aprile 2020).  «Né prima né dopo, si è pensato con tanta precisione, con tanta intima sicurezza logica, quanto nell'epoca dell'alta Scolastica. L'essenziale è che allora il puro pensiero si svolgeva con matematica sicurezza di idea in idea, di giudizio in giudizio, di conclusione in conclusione» (Rudolf Steiner, La filosofia di Tommaso d'Aquino, II, Opera Omnia, 74). Steiner aggiungeva che «il nominalismo è il padre di tutto lo scetticismo moderno» (conferenza del marzo 1908, cit. in Posizione dell'antroposofia nei confronti della filosofia, O.O., 108).  Martin Lutero, Servo arbitrio, WA 51, 126.  Encilica Aeterni Patris, su vatican.va. (o la traduzione similare qui riportata.  Heinrich Fries, Georg Kretschmar (a cura di), I classici della teologia, Jaca Book, 2005,978-88-16-30402-4. Annotazioni  Nella Sala del Tesoro di San Domenico Maggiore è conservato un arazzo raffigurante il Carro del Sole, parte delle Storie ed alle Virtù di san Tommaso d’Aquino, donato ai domenicani da Vincenza Maria d’Aquino Pico Bibliografia Tommaso d'Aquino, Super libros de generatione et corruptione, Jacques Myt, Jacques Giunta, 1520. URL consultato il 1º aprile 2015. Thomas Aquinas; Richard J. Regan, Compendium of theology Oxford University Press 2009, 0195385314, 9780195385311 Aimé Forest, Saint Thomas d'Aquin,Mellottée, 1923 AA. VV., Le Ragioni del Tomismo dopo il centenario dell'enciclica "Aeterni Patris" , Ares, Milano, 1979 Maria Cristina Bartolomei, Tomismo e Principio di non contraddizione, Cedam, Padova, 1973 Giuseppe Barzaghi, La Somma Teologica di San Tommaso d'Aquino, in Compendio. Edizioni Studio Domenicano, Bologna, 2009 Inos Biffi, La teologia e un teologo. 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Voci correlate Corpus Domini Dio, essere e ragione in Tommaso d'Aquino Ebraismo e Cristianità Opere Adoro Te Devote Quaestio disputata de malo Summa Theologiae Personalità Al-Ghazali Domingo Báñez Hillel ben Samuel da Verona San Bernardo di Chiaravalle San Bonaventura da Bagnoregio Teologia e filosofia Comunione dei santi Tomismo Filosofia medioevale Analogia entis Trascendenza Nunc stans Essenza Timeo hominem unius libri Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Tommaso d'Aquino Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina in lingua latina dedicata a Tommaso d'Aquino Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Tommaso d'Aquino Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Tommaso d'Aquino Collegamenti esterni Tommaso d'Aquino, su Treccani – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Tommaso d'Aquino, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Tommaso d'Aquino, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.Tommaso d'Aquino, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.Tommaso d'Aquino, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.Tommaso d'Aquino / Tommaso d'Aquino (altra versione), su Find a Grave.Opere di Tommaso d'Aquino / Tommaso d'Aquino (altra versione) / Tommaso d'Aquino (altra versione) / Tommaso d'Aquino (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl.Opere di Tommaso d'Aquino / Tommaso d'Aquino (altra versione) / Tommaso d'Aquino (altra versione), su Open Library, Internet Archive.Opere di Tommaso d'Aquino, su Progetto Gutenberg.Audiolibri di Tommaso d'Aquino, su LibriVox.Bibliografia di Tommaso d'Aquino, su Internet Speculative Fiction Database, Al von Ruff.Thomas Aquinas, su Goodreads.(FR) Bibliografia su Tommaso d'Aquino, su Les Archives de littérature du Moyen Âge.Tommaso d'Aquino, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.Tommaso d'Aquino, su Santi, beati e testimoni, santiebeati.Spartiti o libretti di Tommaso d'Aquino, su International Music Score Library Project, Project Petrucci LLC.BiografiaTommaso d'Aquino dall'Internet Encyclopedia of Philosophy, su iep.utm.edu. 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V · D · M Padri e dottori della Chiesa cattolica V · D · M Famiglia domenicana Controllo di autoritàVIAF100910150 · ISNI0000 0001 2096 7428 · SBN IT\ICCU\CFIV\008124 · LCCNn78095790 · GND (DE) 118622110 · BNF (FR) cb11926496p (data) · BNE (ES) XX933930 (data) · ULAN500330859 · NLA36520996 · BAV495/52490 · CERL cnp01920463 · NDL (EN, JA) 00458645 · WorldCat Identitieslccn-n78095790 Biografie Portale Biografie Cattolicesimo Portale Cattolicesimo Filosofia Portale Filosofia Medioevo Portale Medioevo Categorie: Religiosi italianiTeologi italianiFilosofi italiani del XIII secoloNati nel 1225Morti nel 1274Morti il 7 marzoNati a RoccaseccaTommaso d'AquinoAccademici italianiProfessori dell'Università di ParigiDottori della Chiesa cattolicaFilosofi cattoliciFilosofi della politicaDomenicani italianiScolasticiSanti italiani del XIII secoloSanti canonizzati da Giovanni XXIISanti domenicaniSanti per nomePersonaggi citati nella Divina Commedia (Paradiso)Studenti dell'Università degli Studi di Napoli Federico IIScrittori medievali in lingua latinaTomismoSanti incorrotti[altre] “Perhaps the Italian most studied at Oxford!”Grice. Aquino and intentionalityClarkArmini -- aquinokeyword: “medieval pragmatics”! -- thomism, the theology and philosophy of Thomas Aquinas. The term is applied broadly to various thinkers from different periods who were heavily influenced by Aquinas’s thought in their own philosophizing and theologizing. Here three different eras and three different groups of thinkers will be distinguished: those who supported Aquinas’s thought in the fifty years or so following his death in 1274; certain highly skilled interpreters and commentators who flourished during the period of “Second Thomism” sixteenthseventeenth centuries; and various late nineteenth- and twentieth-century thinkers who have been deeply influenced in their own work by Aquinas. Thirteenth- and fourteenth-century Thomism. Although Aquinas’s genius was recognized by many during his own lifetime, a number of his views were immediately contested by other Scholastic thinkers. Controversies ranged, e.g., over his defense of only one substantial form in human beings; his claim that prime matter is purely potential and cannot, therefore, be kept in existence without some substantial form, even by divine power; his emphasis on the role of the human intellect in the act of choice; his espousal of a real distinction betweeen the soul and its powers; and his defense of some kind of objective or “real” rather than a merely mind-dependent composition of essence and act of existing esse in creatures. Some of Aquinas’s positions were included directly or indirectly in the 219 propositions condemned by Bishop Stephen Tempier of Paris in 1277, and his defense of one single substantial form in man was condemned by Archbishop Robert Kilwardby at Oxford in 1277, with renewed prohibitions by his successor as archbishop of Canterbury, John Peckham, in 1284 and 1286. Only after Aquinas’s canonization in 1323 were the Paris prohibitions revoked insofar as they touched on his teaching in 1325. Even within his own Dominican order, disagreement about some of his views developed within the first decades after his death, notwithstanding the order’s highly sympathetic espousal of his cause. Early English Dominican defenders of his general views included William Hothum d.1298, Richard Knapwell d.c.1288, Robert Orford b. after 1250, fl.129095, Thomas Sutton d. c.1315?, and William Macclesfield d.1303.  Dominican Thomists included Bernard of Trilia d.1292, Giles of Lessines in present-day Belgium d.c.1304?, John Quidort of Paris d. 1306, Bernard of Auvergne d. after 1307, Hervé Nédélec d.1323, Armand of Bellevue fl. 131634, and William Peter Godin d.1336. The secular master at Paris, Peter of Auvergne d. 1304, while remaining very independent in his own views, knew Aquinas’s thought well and completed some of his commentaries on Aristotle. Sixteenth- and seventeenth-century Thomism. Sometimes known as the period of Second Thomism, this revival gained impetus from the early fifteenth-century writer John Capreolus 13801444 in his Defenses of Thomas’s Theology Defensiones theologiae Divi Thomae, a commentary on the Sentences. A number of fifteenth-century Dominican and secular teachers in G. universities also contributed: Kaspar Grunwald Freiburg; Cornelius Sneek and John Stoppe in Rostock; Leonard of Brixental Vienna; Gerard of Heerenberg, Lambert of Heerenberg, and John Versor all at Cologne; Gerhard of Elten; and in Belgium Denis the Carthusian. Outstanding among various sixteenth-century commentators on Thomas were Tommaso de Vio Cardinal Cajetan, Francis Sylvester of Ferrara, Francisco de Vitoria Salamanca, and Francisco’s disciples Domingo de Soto and Melchior Cano. Most important among early seventeenth-century Thomists was John of St. Thomas, who lectured at Piacenza, Madrid, and Alcalá, and is best known for his Cursus philosophicus and his Cursus theologicus. Theravada Buddhism Thomism 916   916 The nineteenth- and twentieth-century revival. By the early to mid-nineteenth century the study of Aquinas had been largely abandoned outside Dominican circles, and in most Roman Catholic s and seminaries a kind of Cartesian and Suarezian Scholasticism was taught. Long before he became Pope Leo XIII, Joachim Pecci and his brother Joseph had taken steps to introduce the teaching of Thomistic philosophy at the diocesan seminary at Perugia in 1846. Earlier efforts in this direction had been made by Vincenzo Buzzetti, by Buzzetti’s students Serafino and Domenico Sordi, and by Taparelli d’Aglezio, who became director of the Collegio Romano Gregorian  in 1824. Leo’s encyclical Aeterni Patris1879 marked an official effort on the part of the Roman Catholic church to foster the study of the philosophy and theology of Thomas Aquinas. The intent was to draw upon Aquinas’s original writings in order to prepare students of philosophy and theology to deal with problems raised by contemporary thought. The Leonine Commission was established to publish a critical edition of all of Aquinas’s writings; this effort continues today. Important centers of Thomistic studies developed, such as the Higher Institute of Philosophy at Louvain founded by Cardinal Mercier, the Dominican School of Saulchoir in France, and the Pontifical Institute of Mediaeval Studies in Toronto. Different groups of Roman, Belgian, and  Jesuits acknowledged a deep indebtedness to Aquinas for their personal philosophical reflections. There was also a concentration of effort in the United States at universities such as The Catholic  of America, St. Louis , Notre Dame, Fordham, Marquette, and Boston , to mention but a few, and by the Dominicans at River Forest. A great weakness of many of the nineteenthand twentieth-century Latin manuals produced during this effort was a lack of historical sensitivity and expertise, which resulted in an unreal and highly abstract presentation of an “Aristotelian-Thomistic” philosophy. This weakness was largely offset by the development of solid historical research both in the thought of Aquinas and in medieval philosophy and theology in general, championed by scholars such as H. Denifle, M. De Wulf, M. GrabmannMandonnet, F. Van Steenberghen, E. Gilson and many of his students at Toronto, and by a host of more recent and contemporary scholars. Much of this historical work continues today both within and without Catholic scholarly circles. At the same time, remarkable diversity in interpreting Aquinas’s thought has emerged on the part of many twentieth-century scholars. Witness, e.g., the heavy influence of Cajetan and John of St. Thomas on the Thomism of Maritain; the much more historically grounded approaches developed in quite different ways by Gilson and F. Van Steenberghen; the emphasis on the metaphysics of participation in Aquinas in the very different presentations by L. Geiger and C. Fabro; the emphasis on existence esse promoted by Gilson and many others but resisted by still other interpreters; the movement known as Transcendental Thomism, originally inspired byRousselot and by J. Marechal in dialogue with Kant; and the long controversy about the appropriateness of describing Thomas’s philosophy and that of other medievals as a Christian philosophy. An increasing number of non-Catholic thinkers are currently directing considerable attention to Aquinas, and the varying backgrounds they bring to his texts will undoubtedly result in still other interesting interpretations and applications of his thought to contemporary concerns.   : --a strange genitive for “Aquino,” the little village where the saint was born. while Grice, being C. of E., would avoid Aquinas like the rats, he was aware of Aquinas’s clever ‘intention-based semantics’ in his commentary of Aristotle’s De Interpretatione. Saint Thomas 122574,  philosopher-theologian, the most influential thinker of the medieval period. He produced a powerful philosophical synthesis that combined Aristotelian and Neoplatonic elements within a Christian context in an original and ingenious way. Life and works. Thomas was born at Aquino castle in Roccasecca, Italy, and took early schooling at the Benedictine Abbey of Monte Cassino. He then studied liberal arts and philosophy at the  of Naples 123944 and joined the Dominican order. While going to Paris for further studies as a Dominican, he was detained by his family for about a year. Upon being released, he studied with the Dominicans at Paris, perhaps privately, until 1248, when he journeyed to a priori argument Aquinas, Saint Thomas 36   36 Cologne to work under Albertus Magnus. Thomas’s own report reportatio of Albertus’s lectures on the Divine Names of Dionysius and his notes on Albertus’s lectures on Aristotle’s Ethics date from this period. In 1252 Thomas returned to Paris to lecture there as a bachelor in theology. His resulting commentary on the Sentences of Peter Lombard dates from this period, as do two philosophical treatises, On Being and Essence De ente et essentia and On the Principles of Nature De principiis naturae. In 1256 he began lecturing as master of theology at Paris. From this period 125659 date a series of scriptural commentaries, the disputations On Truth De veritate, Quodlibetal Questions VIIXI, and earlier parts of the Summa against the Gentiles Summa contra gentiles; hereafter SCG. At different locations in Italy from 1259 to 1269, Thomas continued to write prodigiously, including, among other works, the completion of the SCG; a commentary on the Divine Names; disputations On the Power of God De potentia Dei and On Evil De malo; and Summa of Theology Summa theologiae; hereafter ST, Part I. In January 1269, he resumed teaching in Paris as regent master and wrote extensively until returning to Italy in 1272. From this second Parisian regency date the disputations On the Soul De anima and On Virtues De virtutibus; continuation of ST; Quodlibets IVI and XII; On the Unity of the Intellect against the Averroists De unitate intellectus contra Averroistas; most if not all of his commentaries on Aristotle; a commentary on the Book of Causes Liber de causis; and On the Eternity of the World De aeternitate mundi. In 1272 Thomas returned to Italy where he lectured on theology at Naples and continued to write until December 6, 1273, when his scholarly work ceased. He died three months later en route to the Second Council of Lyons. Doctrine. Aquinas was both a philosopher and a theologian. The greater part of his writings are theological, but there are many strictly philosophical works within his corpus, such as On Being and Essence, On the Principles of Nature, On the Eternity of the World, and the commentaries on Aristotle and on the Book of Causes. Also important are large sections of strictly philosophical writing incorporated into theological works such as the SCG, ST, and various disputations. Aquinas clearly distinguishes between strictly philosophical investigation and theological investigation. If philosophy is based on the light of natural reason, theology sacra doctrina presupposes faith in divine revelation. While the natural light of reason is insufficient to discover things that can be made known to human beings only through revelation, e.g., belief in the Trinity, Thomas holds that it is impossible for those things revealed to us by God through faith to be opposed to those we can discover by using human reason. For then one or the other would have to be false; and since both come to us from God, God himself would be the author of falsity, something Thomas rejects as abhorrent. Hence it is appropriate for the theologian to use philosophical reasoning in theologizing. Aquinas also distinguishes between the orders to be followed by the theologian and by the philosopher. In theology one reasons from belief in God and his revelation to the implications of this for created reality. In philosophy one begins with an investigation of created reality insofar as this can be understood by human reason and then seeks to arrive at some knowledge of divine reality viewed as the cause of created reality and the end or goal of one’s philosophical inquiry SCG II, c. 4. This means that the order Aquinas follows in his theological Summae SCG and ST is not the same as that which he prescribes for the philosopher cf. Prooemium to Commentary on the Metaphysics. Also underlying much of Aquinas’s thought is his acceptance of the difference between theoretical or speculative philosophy including natural philosophy, mathematics, and metaphysics and practical philosophy. Being and analogy. For Aquinas the highest part of philosophy is metaphysics, the science of being as being. The subject of this science is not God, but being, viewed without restriction to any given kind of being, or simply as being Prooemium to Commentary on Metaphysics; In de trinitate, qu. 5, a. 4. The metaphysician does not enjoy a direct vision of God in this life, but can reason to knowledge of him by moving from created effects to awareness of him as their uncreated cause. God is therefore not the subject of metaphysics, nor is he included in its subject. God can be studied by the metaphysician only indirectly, as the cause of the finite beings that fall under being as being, the subject of the science. In order to account for the human intellect’s discovery of being as being, in contrast with being as mobile studied by natural philosophy or being as quantified studied by mathematics, Thomas appeals to a special kind of intellectual operation, a negative judgment, technically named by him “separation.” Through this operation one discovers that being, in order to be realized as such, need not be material and changAquinas, Saint Thomas Aquinas, Saint Thomas 37   37 ing. Only as a result of this judgment is one justified in studying being as being. Following Aristotle and Averroes, Thomas is convinced that the term ‘being’ is used in various ways and with different meanings. Yet these different usages are not unrelated and do enjoy an underlying unity sufficient for being as being to be the subject of a single science. On the level of finite being Thomas adopts and adapts Aristotle’s theory of unity by reference to a first order of being. For Thomas as for Aristotle this unity is guaranteed by the primary referent in our predication of being  substance. Other things are named being only because they are in some way ordered to and dependent on substance, the primary instance of being. Hence being is analogous. Since Thomas’s application of analogy to the divine names presupposes the existence of God, we shall first examine his discussion of that issue. The existence of God and the “five ways.” Thomas holds that unaided human reason, i.e., philosophical reason, can demonstrate that God exists, that he is one, etc., by reasoning from effect to cause De trinitate, qu. 2, a. 3; SCG I, c. 4. Best-known among his many presentations of argumentation for God’s existence are the “five ways.” Perhaps even more interesting for today’s student of his metaphysics is a brief argument developed in one of his first writings, On Being and Essence c.4. There he wishes to determine how essence is realized in what he terms “separate substances,” i.e., the soul, intelligences angels of the Christian tradition, and the first cause God. After criticizing the view that created separate substances are composed of matter and form, Aquinas counters that they are not entirely free from composition. They are composed of a form or essence and an act of existing esse. He immediately develops a complex argument: 1 We can think of an essence or quiddity without knowing whether or not it actually exists. Therefore in such entities essence and act of existing differ unless 2 there is a thing whose quiddity and act of existing are identical. At best there can be only one such being, he continues, by eliminating multiplication of such an entity either through the addition of some difference or through the reception of its form in different instances of matter. Hence, any such being can only be separate and unreceived esse, whereas esse in all else is received in something else, i.e., essence. 3 Since esse in all other entities is therefore distinct from essence or quiddity, existence is communicated to such beings by something else, i.e., they are caused. Since that which exists through something else must be traced back to that which exists of itself, there must be some thing that causes the existence of everything else and that is identical with its act of existing. Otherwise one would regress to infinity in caused causes of existence, which Thomas here dismisses as unacceptable. In qu. 2, a. 1 of ST I Thomas rejects the claim that God’s existence is self-evident to us in this life, and in a. 2 maintains that God’s existence can be demonstrated by reasoning from knowledge of an existing effect to knowledge of God as the cause required for that effect to exist. The first way or argument art. 3 rests upon the fact that various things in our world of sense experience are moved. But whatever is moved is moved by something else. To justify this, Thomas reasons that to be moved is to be reduced from potentiality to actuality, and that nothing can reduce itself from potency to act; for it would then have to be in potency if it is to be moved and in act at the same time and in the same respect. This does not mean that a mover must formally possess the act it is to communicate to something else if it is to move the latter; it must at least possess it virtually, i.e., have the power to communicate it. Whatever is moved, therefore, must be moved by something else. One cannot regress to infinity with moved movers, for then there would be no first mover and, consequently, no other mover; for second movers do not move unless they are moved by a first mover. One must, therefore, conclude to the existence of a first mover which is moved by nothing else, and this “everyone understands to be God.” The second way takes as its point of departure an ordering of efficient causes as indicated to us by our investigation of sensible things. By this Thomas means that we perceive in the world of sensible things that certain efficient causes cannot exercise their causal activity unless they are also caused by something else. But nothing can be the efficient cause of itself, since it would then have to be prior to itself. One cannot regress to infinity in ordered efficient causes. In ordered efficient causes, the first is the cause of the intermediary, and the intermediary is the cause of the last whether the intermediary is one or many. Hence if there were no first efficient cause, there would be no intermediary and no last cause. Thomas concludes from this that one must acknowledge the existence of a first efficient cause, “which everyone names God.” The third way consists of two major parts. Some Aquinas, Saint Thomas Aquinas, Saint Thomas 38   38 textual variants have complicated the proper interpretation of the first part. In brief, Aquinas appeals to the fact that certain things are subject to generation and corruption to show that they are “possible,” i.e., capable of existing and not existing. Not all things can be of this kind revised text, for that which has the possibility of not existing at some time does not exist. If, therefore, all things are capable of not existing, at some time there was nothing whatsoever. If that were so, even now there would be nothing, since what does not exist can only begin to exist through something else that exists. Therefore not all beings are capable of existing and not existing. There must be some necessary being. Since such a necessary, i.e., incorruptible, being might still be caused by something else, Thomas adds a second part to the argument. Every necessary being either depends on something else for its necessity or it does not. One cannot regress to infinity in necessary beings that depend on something else for their necessity. Therefore there must be some being that is necessary of itself and that does not depend on another cause for its necessity, i.e., God. The statement in the first part to the effect that what has the possibility of not existing at some point does not exist has been subject to considerable dispute among commentators. Moreover, even if one grants this and supposes that every individual being is a “possible” and therefore has not existed at some point in the past, it does not easily follow from this that the totality of existing things will also have been nonexistent at some point in the past. Given this, some interpreters prefer to substitute for the third way the more satisfactory versions found in SCG I ch. 15 and SCG II ch. 15. Thomas’s fourth way is based on the varying degrees of perfection we discover among the beings we experience. Some are more or less good, more or less true, more or less noble, etc., than others. But the more and less are said of different things insofar as they approach in varying degrees something that is such to a maximum degree. Therefore there is something that is truest and best and noblest and hence that is also being to the maximum degree. To support this Thomas comments that those things that are true to the maximum degree also enjoy being to the maximum degree; in other words he appeals to the convertibility between being and truth of being. In the second part of this argument Thomas argues that what is supremely such in a given genus is the cause of all other things in that genus. Therefore there is something that is the cause of being, goodness, etc., for all other beings, and this we call God. Much discussion has centered on Thomas’s claim that the more and less are said of different things insofar as they approach something that is such to the maximum degree. Some find this insufficient to justify the conclusion that a maximum must exist, and would here insert an appeal to efficient causality and his theory of participation. If certan entities share or participate in such a perfection only to a limited degree, they must receive that perfection from something else. While more satisfactory from a philosophical perspective, such an insertion seems to change the argument of the fourth way significantly. The fifth way is based on the way things in the universe are governed. Thomas observes that certain things that lack the ability to know, i.e., natural bodies, act for an end. This follows from the fact that they always or at least usually act in the same way to attain that which is best. For Thomas this indicates that they reach their ends by “intention” and not merely from chance. And this in turn implies that they are directed to their ends by some knowing and intelligent being. Hence some intelligent being exists that orders natural things to their ends. This argument rests on final causality and should not be confused with any based on order and design. Aquinas’s frequently repeated denial that in this life we can know what God is should here be recalled. If we can know that God exists and what he is not, we cannot know what he is see, e.g., SCG I, c. 30. Even when we apply the names of pure perfections to God, we first discover such perfections in limited fashion in creatures. What the names of such perfections are intended to signify may indeed be free from all imperfection, but every such name carries with it some deficiency in the way in which it signifies. When a name such as ‘goodness’, for instance, is signified abstractly e.g., ‘God is goodness’, this abstract way of signifying suggests that goodness does not subsist in itself. When such a name is signified concretely e.g., ‘God is good’, this concrete way of signifying implies some kind of composition between God and his goodness. Hence while such names are to be affirmed of God as regards that which they signify, the way in which they signify is to be denied of him. This final point sets the stage for Thomas to apply his theory of analogy to the divine names. Names of pure perfections such as ‘good’, ‘true’, ‘being’, etc., cannot be applied to God with Aquinas, Saint Thomas Aquinas, Saint Thomas 39   39 exactly the same meaning they have when affirmed of creatures univocally, nor with entirely different meanings equivocally. Hence they are affirmed of God and of creatures by an analogy based on the relationship that obtains between a creature viewed as an effect and God its uncaused cause. Because some minimum degree of similarity must obtain between any effect and its cause, Thomas is convinced that in some way a caused perfection imitates and participates in God, its uncaused and unparticipated source. Because no caused effect can ever be equal to its uncreated cause, every perfection that we affirm of God is realized in him in a way different from the way we discover it in creatures. This dissimilarity is so great that we can never have quidditative knowledge of God in this life know what God is. But the similarity is sufficient for us to conclude that what we understand by a perfection such as goodness in creatures is present in God in unrestricted fashion. Even though Thomas’s identification of the kind of analogy to be used in predicating divine names underwent some development, in mature works such as On the Power of God qu. 7, a. 7, SCG I c.34, and ST I qu. 13, a. 5, he identifies this as the analogy of “one to another,” rather than as the analogy of “many to one.” In none of these works does he propose using the analogy of “proportionality” that he had previously defended in On Truth qu. 2, a. 11. Theological virtues. While Aquinas is convinced that human reason can arrive at knowledge that God exists and at meaningful predication of the divine names, he does not think the majority of human beings will actually succeed in such an effort SCG I, c. 4; ST IIIIae, qu. 2, a. 4. Hence he concludes that it was fitting for God to reveal such truths to mankind along with others that purely philosophical inquiry could never discover even in principle. Acceptance of the truth of divine revelation presupposes the gift of the theological virtue of faith in the believer. Faith is an infused virtue by reason of which we accept on God’s authority what he has revealed to us. To believe is an act of the intellect that assents to divine truth as a result of a command on the part of the human will, a will that itself is moved by God through grace ST II IIae, qu. 2, a. 9. For Thomas the theological virtues, having God the ultimate end as their object, are prior to all other virtues whether natural or infused. Because the ultimate end must be present in the intellect before it is present to the will, and because the ultimate end is present in the will by reason of hope and charity the other two theological virtues, in this respect faith is prior to hope and charity. Hope is the theological virtue through which we trust that with divine assistance we will attain the infinite good  eternal enjoyment of God ST IIIIae, qu. 17, aa. 12. In the order of generation, hope is prior to charity; but in the order of perfection charity is prior both to hope and faith. While neither faith nor hope will remain in those who reach the eternal vision of God in the life to come, charity will endure in the blessed. It is a virtue or habitual form that is infused into the soul by God and that inclines us to love him for his own sake. If charity is more excellent than faith or hope ST II IIae, qu. 23, a. 6, through charity the acts of all other virtues are ordered to God, their ultimate end qu. 23, a. 8.  Aquino -- Aquinismo“If followers of William are called Occamists, followers of a Saint should surely call themselves “Aquinistae”! -- neo-Thomismas opposed to palaeo-Thomism --, a philosophical-theological movement in the nineteenth and twentieth centuries manifesting a revival of interest in Aquinas. It was stimulated by Pope Leo XIII’s encyclical Aeterni Patris 1879 calling for a renewed emphasis on the teaching of Thomistic principles to meet the intellectual and social challenges of modernity. The movement reached its peak in the 0s, though its influence continues to be seen in organizations such as the  Catholic Philosophical Association. Among its major figures are Joseph Kleutgen, Désiré Mercier, Joseph Maréchal, Pierre Rousselot, Réginald Garrigou-LaGrange, Martin Grabmann, M.-D. Chenu, Jacques Maritain, Étienne Gilson, Yves R. Simon, Josef Pieper, Karl Rahner, Cornelio Fabro, Emerich Coreth, Bernard Lonergan, and W. Norris Clarke. Few, if any, of these figures have described themselves as NeoThomists; some explicitly rejected the designation. Neo-Thomists have little in common except their commitment to Aquinas and his relevance to the contemporary world. Their interest produced a more historically accurate understanding of Aquinas and his contribution to medieval thought Grabmann, Gilson, Chenu, including a previously ignored use of the Platonic metaphysics of participation Fabro. This richer understanding of Aquinas, as forging a creative synthesis in the midst of competing traditions, has made arguing for his relevance easier. Those Neo-Thomists who were suspicious of modernity produced fresh readings of Aquinas’s texts applied to contemporary problems Pieper, Gilson. Their influence can be seen in the revival of virtue theory and the work of Alasdair MacIntyre. Others sought to develop Aquinas’s thought with the aid of later Thomists Maritain, Simon and incorporated the interpretations of Counter-Reformation Thomists, such as Cajetan and Jean Poinsot, to produce more sophisticated, and controversial, accounts of the intelligence, intentionality, semiotics, and practical knowledge. Those Neo-Thomists willing to engage modern thought on its own terms interpreted modern philosophy sympathetically using the principles of Aquinas Maréchal, Lonergan, Clarke, seeking dialogue rather than confrontation. However, some readings of Aquinas are so thoroughly integrated into modern philosophy that they can seem assimilated Rahner, Coreth; their highly individualized metaphysics inspired as much by other philosophical influences, especially Heidegger, as Aquinas. Some of the labels currently used among Neo-Thomists suggest a division in the movement over critical, postKantian methodology. ‘Existential Thomism’ is used for those who emphasize both the real distinction between essence and existence and the role of the sensible in the mind’s first grasp of being. ‘Transcendental Thomism’ applies to figures like Maréchal, Rousselot, Rahner, and Coreth who rely upon the inherent dynamism of the mind toward the real, rooted in Aquinas’s theory of the active intellect, from which to deduce their metaphysics of being. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Aquino: grammatici speculative, per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. Refs.: Grice, “Intentionality in Aquino,” Speranza, “Grice and Aquino on the taxonomy of intentions.”

 

arangio: Grice: “We have Flores, we have Ruiz, we have Enriques – reminds me of Alan Montefiore! I like Vladimiro Arangio – my favourite is by far his philosoophising on Socrates’s ‘Sofista’ – he distinguishes between what he calls ‘Socratic dialogue’ (mine) and ‘dialogo sofistico’!” -- Vladimiro Arangio-Ruiz (Napoli) filosofo, grecista e accademico italiano. Fu il primo preside del Liceo scientifico Alessandro Tassoni di Modena, istituito nel 1923, a seguito della riforma Gentile.  Nacque a Napoli nel 1887 da Gaetano, professore di diritto costituzionale, e da Clementina Cavicchia. Frequentò a Firenze il corso di lettere nell'Istituto di studi superiori dal 1905 al 1910 e si laureò con una tesi su Il coro nella tragedia greca in letteratura greca con Girolamo Vitelli, filologo, grecista, papirologo e senatore del Regno d'Italia.  Vladimiro appartenne a una illustre famiglia di giuristi: il fratello Vincenzo Arangio-Ruiz fu uno dei maggiori studiosi di diritto romano, ordinario all'Napoli e alla Sapienza di Roma. Contravvenendo alla tradizione di famiglia, Vladimiro preferì dedicarsi agli studi filosofici e fu professore alla Scuola normale superiore di Pisa e alla facoltà di Magistero di Firenze.  Insegnò nei ginnasi di Stato e fu ufficiale d'artiglieria nella Prima guerra mondiale dove venne ferito. Nel 1921 si laureò per la seconda volta, in filosofia con Piero Martinetti, discutendo la tesi Conoscenza e moralità pubblicata nel 1922.  In gioventù aveva sentito fortemente l'influenza del giovane poeta e filosofo Carlo Michelstaedter, esponente importante della filosofia europea del primo Novecento, del quale pubblicherà gli scritti.  Si propose una funzione critica ricostruttiva  dell'idealismo storicistico e dell'attualismo di Giovanni Gentile da cui trasse ispirazione per sviluppare il suo "moralismo assoluto". Contrariamente alla dottrina gentiliana che dichiarava l'attualismo coincidente con la "vita dello Stato", Arangio Ruiz credeva che invece fosse identificabile con il comportamento morale individuale poiché la politica non è che un aspetto particolare della legge morale per sua natura universale .  Fra le sue opere si ricordano: Prose morali (1935), e Umanità dell'arte (1951). Morì a Firenze nel 1952.  Note  Il Liceo "Tassoni" tra storia e innovazione.  Fonte: Dizionario di filosofia, riferimenti in .  Fabrizio Meroi, «Carlo Michelstaedter» in Il contributo italiano alla storia del PensieroFilosofia, Roma Istituto dell'Enciclopedia Italiana, .  Ricostruzione filosofica, in Arch. di filosofia, X[1940]20  Carlo Michelstaedter Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Vladimiro Arangio-Ruiz  Vladimiro Arangio-Ruiz, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Vladimiro Arangio-Ruiz, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Vladimiro Arangio-Ruiz, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. Filosofia Filosofo del XX secoloGrecisti italianiAccademici italiani Professore

 

arcais: Grice: “As Mikos says about the English, ‘de’ adds prestige as in ‘de Grys’ – same with Italians and ‘d’Arcais,’ after four pescherie owned by one ancestor. – d’Arcais has been described as a ‘quaresmalitsa,’ who had the unfortune of being tutored by an atheist! Asa  good stoicp philosopher, he endured it!’ --  Paolo Flores d'Arcais (Cervignano del Friuli), filosofo Direttore della rivista MicroMega. È stato collaboratore de la Repubblica, il Fatto Quotidiano, El País, Frankfurter Allgemeine Zeitung e Gazeta Wyborcza.  Ha sempre unito l’attività di studioso, il lavoro editoriale e l’impegno civile. Educazione intensamente cattolica. Abbandona la fede nella primavera del 1961. Maturità scientifica nel 1962, maturità classica nel 1963. Si iscrive al partito comunista (e federazione giovanile) nell’autunno 1963, entrando all’università. Nel 1964 è segretario del Circolo universitario comunista e nell’estate frequenta la scuola centrale di partito “Marabini” a Bologna.  Allievo di Lucio Colletti, marxista eretico “dellavolpiano”, si laurea con lui nel 1969 con una tesi su “Marx interprete di Adamo Smith” e ne sarà a lungo uno degli assistenti. Espulso dal Pci nella primavera del 1967, è uno degli animatori del movimento studentesco del Sessantotto. Nel 1970 e ’71 pubblica la rivista “Soviet”. Nel 1976/7 la rivista “Il Leviatano”. Nel 1977 è l’organizzatore del convegno internazionale di tre giorni che apre la “Biennale del dissenso” della presidenza Ripa di Meana.  Nel 1978 viene chiamato a fondare e dirigere il “Centro culturale Mondoperaio” dal segretario del Psi Bettino Craxi (alleato delle sinistre di Giolitti e Lombardi). Prima iniziativa, il convegno internazionale “Marxismo, leninismo, socialismo”, relatori Cornelius Castoriadis, Gilles Martinet e Rudi Dutschke. Rompe con Craxi nel gennaio del 1980 quando questi cambia politica, spezza l’alleanza con Giolitti e Lombardi, torna al governo con la Dc.  Nel 1986 fonda insieme a Giorgio Ruffolo la rivista “MicroMega” (Ruffolo ne uscirà nel 1992, per contrasti su “Mani pulite”). Nel 1990 fonda la “sinistra dei club” con Alberto Cavallari e altre cinque personalità della società civile, per partecipare alla fondazione del Pds, che dovrebbe aprirsi alla società civile sulle ceneri dell’ex Pci. Lo abbandona un anno dopo, viste le promesse non mantenute. Nell’inverno 2000 è protagonista di una controversia pubblica col cardinal Ratzinger al Teatro Quirino di Roma. Nel 2002 organizza insieme a Nanni Moretti, Olivia Sleiter e Pancho Pardi la grande manifestazione dei “girotondi” del 14 settembre a piazza san Giovanni a Roma. Paolo Flores d'Arcais è "radicalmente ateo".  Impegno politico Inizia presto ad occuparsi di politica nell'organizzazione giovanile del Partito Comunista Italiano, ma presto viene espulso dalla FGCI per la sua prolungata e grave attività frazionistica, cioè per la sua doppia militanza nella FGCI e nella Quarta Internazionale trotskista. Allievo e amico di Lucio Colletti, dopo esser stato uno dei protagonisti del "Sessantotto" romano, approda a posizioni di riformismo radicale e verso la fine degli anni settanta ha una breve ma vivida intesa con Bettino Craxi e Claudio Martelli, dai quali, tuttavia, si distacca ben presto.  Nel 1991 aderisce al Partito Democratico della Sinistra di Achille Occhetto entrando nella Direzione del movimento, da cui però fuoriesce due anni dopo poiché favorevole alla guerra del Golfo a differenza della linea maggioritaria del partito. Tra i promotori della breve stagione dei girotondi, tenta di proporre una lista di suoi candidati alle primarie dell'Ulivo per le elezioni politiche del 2006 ma come lui stesso deve ammettere "realizza un fallimento pieno e perfetto" raccogliendo appena 130 adesioni alla sua idea. Il 25 marzo 2008 annuncia su MicroMega che nelle elezioni politiche del 2008 avrebbe votato per il Partito Democratico in funzione anti-berlusconiana. Il 29 gennaio 2009 decide di ritentare in politica prospettando il "Partito dei Senza Partito" insieme ad Antonio Di Pietro ed Andrea Camilleri per partecipare alle elezioni europee del 2009 ma, il 12 marzo dello stesso anno, viene annunciato il mancato accordo fra i tre. Per le elezioni politiche del  ha dichiarato di votare la lista Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia. Successivamente non nasconde le sue simpatie per il Movimento 5 Stelle per il quale dichiara di votare. Tuttavia in seguito all'alleanza tra il Movimento 5 Stelle e la Lega si dice deluso dal Movimento, accusando in particolare Luigi Di Maio di avere tradito le promesse agli elettori.  Opere Il maggio rosso di Parigi. Cronologia e documenti delle lotte studentesche e operaie in Francia, a cura di, Padova, Marsilio, 1968. Il piccolo sinistrese illustrato, con Giampiero Mughini, Milano, SugarCo, 1977. Il dubbio e la certezza. Nei dintorni del marxismo e oltre (1971-1981), Milano, SugarCo, 1982. L'esistenzialismo libertario di Hannah Arendt, in Hannah Arendt, Politica e menzogna, Milano, SugarCo, 1985. Oltre il PCI. Per un partito libertario e riformista, Genova, Marietti, 1990.  88-211-6279-6. Esistenza e libertà. A partire da Hannah Arendt, Genova, Marietti, 1990.  88-211-6622-8. L'albero e la foresta. Il partito democratico della sinistra nel sistema politico italiano, con Umberto Curi, Milano, FrancoAngeli, 1991.  88-204-6678-3. La rimozione permanente. Il futuro della sinistra e la critica del comunismo. Scritti 1971-1991, Genova, Marietti, 1991.  88-211-6898-0. Etica senza fede, Torino, Einaudi, 1992.  88-06-13001-3. Il disincanto tradito, Torino, Bollati Boringhieri, 1994.  88-339-0820-8. Hannah Arendt. Esistenza e libertà, Roma, Donzelli, 1995.  88-7989-151-0. Gobetti, liberale del futuro, in Piero Gobetti, La rivoluzione liberale. Saggio sulla lotta politica in Italia, Torino, Einaudi, 1995.  88-06-13642-9. Il populismo italiano da Craxi a Berlusconi. Dieci anni di regime nelle analisi di MicroMega, Roma, Donzelli,L'individuo libertario. Percorsi di filosofia morale e politica nell'orizzonte del finito, Torino, Einaudi, 1999.  88-06-15139-8. Il sovrano e il dissidente, ovvero La democrazia presa sul serio. Saggio di filosofia politica per cittadini esigenti, Milano, Garzanti, 2004.  88-11-60045-6. Dio esiste? Un confronto su verità, fede, ateismo, moderato da Gad Lerner, con Joseph Ratzinger, Roma, Somedia Gruppo editoriale L'Espresso, 2005.  88-8371-169-6. Il ventennio populista. Da Craxi a Berlusconi (passando per D'Alema?), Roma, Fazi, 2006.  88-8112-750-4. Hannah Arendt. Esistenza e libertà, autenticità e politica, Roma, Fazi, 2006.  88-8112-769-5. Atei o credenti? Filosofia, politica, etica, scienza, con Michel Onfray e Gianni Vattimo, Roma, Fazi,  Dio? Ateismo della ragione e ragioni della fede, con Angelo Scola, Venezia, Marsilio,  Itinerario di un eretico. Dialogo con Paolo Flores d'Arcais, di Marco Alloni, Lugano, ADV, 2008.  978-88-7922-035-4. A chi appartiene la tua vita? Una riflessione filosofica su etica, testamento biologico, eutanasia e diritti civili nell'epoca oscurantista di Ratzinger e Berlusconi, Milano, Ponte alle Grazie, 2009.  978-88-6220-068-4. Albert Camus filosofo del futuro, Torino, Codice, . La sfida oscurantista di Joseph Ratzinger, Milano, Ponte alle Grazie, .  978-88-6220-214-5. Gesù. L'invenzione del Dio cristiano, Torino, Add, .  Macerie. Ascesa e declino di un regime, Roma, Aliberti, .  978-88-7424-761-5. Perché oggi, in Ernesto Rossi, Contro l'industria dei partiti, Milano, Chiarelettere, .  978-88-6190-358-6. Democrazia! Libertà privata e libertà in rivolta, Torino, Add, .  978-88-96873-73-1. Il caso o la speranza? Un dibattito senza diplomazia, con Vito Mancuso, Milano, Garzanti, .  978-88-11-68459-6. La Guerra del Sacro. Terrorismo, laicità e democrazia radicale, Milano, Raffaello Cortina Editore, .  978-88-6030-793-4. Questione di vita e di morte, Einaudi, Vele, .  9788806242558. Note  cfr., uno per tutti, il suo volume (a quattro mani con il cardinale Angelo Scola) "Dio? Ateismo della ragione e ragioni della fede"Marsilio editore, 2008  Dal sito di MicroMega  Articolo de El País, tradotto in italiano Archiviato il 30 giugno  in .  Elezioni Per chi votano Travaglio, Guzzanti, Scanzi, ecc. Tra Rivoluzione Civile e il Movimento 5 Stelle  La Repubblica del 19 novembre   Flores d'Arcais: “Il Movimento 5 Stelle non esiste più”, su micromega-online. 24 aprile .  MicroMega (periodico) Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Paolo Flores d'Arcais  Paolo Flores d'Arcais, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Paolo Flores d'Arcais, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.  Registrazioni di Paolo Flores d'Arcais, su RadioRadicale, Radio Radicale.  Sito ufficiale di MicroMega. Undici riflessioni sui movimenti articolo pubblicato sul numero 2 del 2002 di MicroMega. Intervista a D'Arcais sul ventennale della rivista. Il blog di Paolo Flores d'Arcais, su ilfattoquotidiano. Filosofia Filosofo del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloGiornalisti italiani del XX secoloGiornalisti italiani Professore1944Nati l'11 luglio Cervignano del FriuliDirettori di periodici italianiFilosofi atei

 

archibugi: Grice: “I would hardly call Archibugi a philosopher, but he did compile a thing ‘filosofi per la pace’ none of them Italian! So much for ‘pax romana’!” – Grice: “Strawson does call Archibugi a ‘filosofo,’ though!” --  DanieleArchibugi (Roma), filosofo. Nell'ambito della teoria politica, ha sviluppato, insieme a David Held, l'idea di una democrazia cosmopolita. Ha anche lavorato su diversi aspetti della globalizzazione, ed in particolare sulla globalizzazione dell'innovazione e del cambiamento tecnologico.  Dopo una non assidua frequentazione del Liceo Sperimentale della Bufalotta, si è laureato con lode alla Facoltà di Economia e Commercio dell'Roma La Sapienza con Federico Caffè. Ha conseguito il dottorato di ricerca presso lo Science Policy Research Unit dell'Università del Sussex, dove ha lavorato con Christopher Freeman e Keith Pavitt. Ha insegnato alle Università del Sussex, Madrid, Napoli, Roma La Sapienza e Roma Luiss, Cambridge, London School of Economics and Political Science e Harvard. Ha anche tenuto corsi presso università asiatiche quali la Ritsumeikan University di Kyoto e la SWEFE University di Chengdu.  Nel 2006 è stato nominato Professore Onorario presso l'Università del Sussex e nel  Membro d'Onore del Réseaux de Recherche sur l'Innovation.  Dirigente presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche a Roma, è Professore di Innovation, Governance and Public Policy presso l'Londra, Birkbeck College.  Dal 1997 al 2002 è stato Commissario dell'Autorità sui servizi pubblici locali di Roma, eletto a larga maggioranza dal Consiglio Comunale.  La democrazia cosmopolita Il progetto della democrazia cosmopolita o cosmopolitica si interroga sulla possibilità di applicare alcune norme e valori della democrazia anche nelle relazioni internazionali. La necessità deriva dal fatto che la globalizzazione economica e sociale ha reso gli stati sempre più vulnerabili e che decisioni importanti per loro sono prese al di fuori dal processo democratico. La soluzione proposta dalla democrazia cosmopolita è sviluppare istituzioni sovra-statali che siano capaci di affrontare democraticamente problemi comuni quali l'ambiente, la sicurezza, le migrazioni, il commercio estero e i flussi finanziari. La democrazia cosmopolita guarda con fiducia alle organizzazioni internazionali, e desidera rafforzare al loro interno il controllo dei cittadini, cui va dato un peso politico parallelo e autonomo rispetto a quello che già hanno i loro governi. A livello politico, Archibugi ha sostenuto la limitazione del potere di veto nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e la formazione di un'Assemblea Parlamentare Mondiale. Ha invece ritenuto insoddisfacenti e anti-democratici i vertici inter-governativi quali il G7, G8 and G20. Ha anche preso posizione contro l'idea di una Lega delle democrazie sostenendo che una riforma democratica delle Nazioni Unite riuscirebbe assai meglio a soddisfare le medesime istanze.  Giustizia globale Fautore della responsabilità individuale dei governanti nel caso di crimini internazionali, Archibugi ha anche attivamente sostenuto, sin dalla caduta del muro di Berlino, la creazione di una Corte penale internazionale, collaborando sia con i giuristi della Commissione del diritto internazionale delle Nazioni Unite sia con il governo italiano. Nel corso degli anni, la sua posizione è diventata sempre più scettica per l'incapacità dei tribunali internazionali di incriminare i più forti. Ha, quindi, preso posizione a favore di altri strumenti quasi-giudiziari come le Commissioni per la verità e la riconciliazione e i Tribunali d'opinione.   Globalizzazione della tecnologia Archibugi ha proposto una tassonomia della globalizzazione della tecnologia che distingue fra tre meccanismi di trasmissione della conoscenza: sfruttamento internazionale delle innovazioni, generazione globale delle innovazioni e collaborazioni globali nella scienza e nella tecnologia..  Come Presidente di un Gruppo di Esperti dello Spazio di Ricerca Europeo della Commissione europea dedicato alla collaborazione internazionale nella scienza e nella tecnologia, Archibugi ha indicato che il declino demografico dell'Europa, combinato con la scarsa vocazione delle nuove generazioni per le scienze, genererà una drastica carenza di lavoratori qualificati in meno di una generazione. Questo metterà in pericolo il livello di benessere della popolazione europea in aree cruciali come la ricerca medica, le tecnologie dell'informazione e le industrie ad alta tecnologia. Ha così sostenuto di rivedere radicalmente la politica dell'immigrazione europea in maniera di accogliere e formare in un decennio almeno due milioni di studenti dai paesi emergenti e in via di sviluppo, qualificandoli in discipline quali le scienze e l'ingegneria.  Economia della ricostruzione dopo le crisi economiche Da studioso dei cicli economici, Archibugi ha combinato la prospettiva keynesiana derivata dai suoi mentori Federico Caffè, Hyman Minsky e Nicholas Kaldor con quella schumpeteriana derivata da Christopher Freeman e dallo Science Policy Research Unit dell'Università del Sussex. Combinando le due prospettive, Archibugi ha sostenuto che per uscire da una crisi, un paese deve investire nei settori emergenti e che, in assenza di spirito imprenditoriale del settore privato, il settore pubblico deve avere la capacità manageriale di sfruttare le opportunità scientifiche e tecnologiche, anche a salvaguardia dei beni pubblici.  Relazioni familiari Figlio dell'urbanista Franco Archibugi e della poetessa Muzi Epifani, ha numerosi fratelli e sorelle, tra cui la regista Francesca Archibugi e il politologo Mathias Koenig-Archibugi, con il quale frequentemente collabora nei suoi studi. I fratelli maggiori del nonno di suo nonno furono Francesco e Alessandro Archibugi, volontari del Battaglione universitario della Sapienza e la difesa della Repubblica Romana (1849).  Note  D. Archibugi è stato uno degli ultimi e più vicini allievi di Federico Caffè. Partecipò attivamente alle sue ricerche dopo la misteriosa scomparsa. Cfr. D. Archibugi, I ragazzi che cercarono il Prof. Caffè, La Repubblica, 8 aprile . Si veda anche Fabrizio Peronaci, La scomparsa di Federico Caffè. «Un genio anche nell’addio. Come lui solo Majorana», intervista a Daniele Archibugi, Corriere, 10 novembre .  Membres d'honneur du Réseaux de Recherche sur l'Innovation  Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Ricerca sulla Popolazione e le Politiche Sociali  Birkbeck College, Department of Management  Tom Cassauwers, Interview with Daniele Archibugi, E-INTERNATIONAL RELATIONS, 14 settembre .  Campaign for the Establishment of a United Nations Parliamentary Assembly Copia archiviata, su en.unpacampaign.org. 10 ottobre 2009 22 agosto 2009).  D. Archibugi, The G20 is a luxury we can't afford, The Guardian, Saturday 28 March 2008.  D. Archibugi, A League of Democracies or a Democratic United Nations Archiviato il 24 luglio  in ., Harvard International Review, Ottobre 2008.  Intervista su Delitto e castigo nella società globale. Crimini e processi internazionali, Letture.org. .  Daniele Archibugi e Alice Pease, Delitto e castigo nella società globale. Crimini e processi internazionali, Castelvecchi, Roma, .  Daniele Archibugi, La giustizia penale internazionale tra passato e futuro, Questione Giustizia, 27 gennaio .  Daniele Archibugi and Jonathan Michie, The Globalization of Technology: A New Taxonomy, "Cambridge Journal of Economics",  19, no. 1, 1995,  121-140,  Daniele Archibugi (Chair) Opening to the World. Opening to the World: International Cooperation in Science and Technology Archiviato il 25 luglio  in ., European Research Area, 2008,  D. Archibugi e A. Filippetti, Innovation and Economic Crisis. Innovation and Economic Crisis. Lessons and Prospects from the Economic Downturn, Routledge, London, .  D. Archibugi, A. Filippetti & M. Frenz, Investment in innovation for European recovery: a public policy priority, Science & Public Policy, November .  Daniele Archibugi, «Generare imprese europee per la ricostruzione: la lezione Airbus», Il Sole 24 Ore, 5 Maggio .  Floriana Bulfon, «Nuovi imprenditori e lavoratori soddisfatti: solo così dopo il virus l'Italia sarà migliore. Intervista a Daniele Archibugi», L'Espresso, 14 Aprile .  Daniele Archibugi, Mathias Koenig-Archibugi, Raffaele Marchetti, Global Democracy. Normative and Empirical Perspectives, Cambridge University Press, Cambridge, . Pubblicazioni Nell'ambito degli studi sull'organizzazione internazionale, ha pubblicato i seguenti volumi:  (co-curatore con Franco Voltaggio), Filosofi per la pace, (Editori Riuniti, 1991 e 1999); (curatore), Cosmopolis. È possibile una democrazia sovranazionale?, (Manifestolibri, 1993); (co-curatore con David Held), Cosmopolitan Democracy. An Agenda for a New World Order, (Polity Press, 1995); Il futuro delle Nazioni Unite (Edizioni Lavoro, 1995); (coautore con David Beetham), Diritti umani e democrazia cosmopolitica, (Feltrinelli, 1998); (co-curatore con David Held e Martin Koehler), Re-imagining Political Community. Studies in Cosmopolitan Democracy, (Polity Press, 1998). (curatore), Debating Cosmopolitics, (Verso, 2003). The Global Commonwealth of Citizens. Toward Cosmopolitan Democracy, (Princeton University Press, 2008)  978-0-691-13490-1 Cittadini del mondo. Verso una democrazia cosmopolitica, (Il Saggiatore, 2009) (co-curatore con Guido Montani), European Democracy and Cosmopolitan Democracy, (The Altiero Spinelli Institute for Federalist Studies, ) |978-88-89495-05-6 (co-curatore con Mathias Koenig-Archibugi e Raffaele Marchetti), Global Democracy: Normative and Empirical Perspectives, (Cambridge University Press, )  978-0-521-17498-5 (co-autore con Alice Pease), Delitto e castigo nella società globale. Crimini e processi internazionali, (Castelvecchi, )  978-88-3282-106-2 (co-curatore con Ali Emre Benli), Claiming Citizenship Rights in Europe. Emerging Challenges and Political Agents (Routledge, )  978-1-138-03673-4 (co-autore con Alice Pease), Crime and Global Justice: The Dynamics of International Punishment, (Polity Press, )  978-1509512621 Nell'ambito degli studi economici, ha pubblicato i seguenti volumi:  (co-curatore con Enrico Santarelli), Cambiamento tecnologico e sviluppo industriale, (Franco Angeli, 1990); (coautore con Mario Pianta), The Technological Specialization of Advanced Countries, prefazione di Jacques Delors, (Kluwer, 1992); (co-curatore con Gianfranco Imperatori), Economia globale e innovazione, (Donzelli, 1997); (co-curatore con Jonathan Michie), Technology, Globalisation and Economic Performance, prefazione di Richard Nelson (Cambridge University Press, 1997); (co-curatore con Jonathan Michie), Trade, Growth and Technical Change, prefazione di Nathan Rosenberg, (Cambridge University Press, 1998); (co-curatore con Jonathan Michie), Innovation Policy in a Global Economy, prefazione di Christopher Freeman, (Cambridge University Press, 1999); (coautore con Giuseppe Ciccarone, Mauro Marè, Bernardo Pizzetti e Flaminia Violati), Il triangolo dei servizi pubblici, (Marsilio, 2000); (co-curatore con Bengt-Aake Lundvall), The Globalising Learning Economy, (Oxford University Press, 2001). (coautore con Andrea Filippetti), Innovation and Economic Crises. Lessons and Prospects from the Economic Downturn, (Routledge, ).  978-0-415-60228-0 (co-curatore con Andrea Filippetti), The Handbook of Global Science, Technology and Innovation (Wiley, ).  978-1-118-73906-8. Per una presentazione del libro, vedi The Handbook of Global Science, Technology and Innovation; (co-curatore con Fabrizio Tuzi), Relazione sulla ricerca e l'innovazione in Italia. Analisi e dati di politica della scienza e della tecnologia, seconda edizione (CNR Edizioni, ).  978-88-8080-356-0  (IT, EN) Sito ufficiale, su danielearchibugi.org.  Opere di Daniele Archibugi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.  Registrazioni di Daniele Archibugi, su RadioRadicale, Radio Radicale.  Sito CNR-IRPPS, Commessa Globalizzazione. Determinanti e impatto economico, tecnologico e politico. University of London, Birkbeck College, Home Page Daniele Archibugi. University of London, Birkbeck College, Intervista su "The Global Commonwealth of Citizens" Intervista della LA7 a Daniele Archibugi Sull'innovazione tecnologica, (video). Intervista alla trasmissione Mapperò, SAT2000, sulla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, (video), Parte prima; Parte seconda; Parte terza. Dibattito presso la London School of Economics "È possibile una democrazia globale?" (video in inglese)://globaldemo.org/film/1255[collegamento interrotto] Intervista a LA7 su "Cittadini del mondo. Verso una democrazia cosmopolitica",. Intervista a TG3 Linea Notte su "Cittadini del mondo. Verso una democrazia cosmopolitica" 25 febbraio 2009. Intervista a TG2 Punto IT su "Cittadini del mondo. Verso una democrazia cosmopolitica", 15 giugno 2009. Discorso su Secrets, Lies and Power, Berlino, European Alternatives, 18 giugno . Intervista sul volume The Handbook of Global Science, Technology and Innovation, Londra, Birkbeck College, 3 agosto . Lo Stato dell`ArteQuale futuro per l’Europa?, Trasmissione Rai5, conduce Maurizio Ferraris, con Daniele Archibugi e Alessandro Politi, 14 luglio . Quante storie Rai3I grandi crimini contro l'umanità, intervista di Corrado Augias a Daniele Archibugi, 9 novembre . Crime and Global Justice , Book Launch alla London School of Economics and Political Science, 28 Febbraio , podcast con Gerry Simpson, Christine Chinkin, Richard Falk e Mary Kaldor. Daniele Archibugi, Do we Need a Global Criminal Justice?, Conferenza alla City University of New York, 9 Aprile . Daniele Archibugi, "Cosmopolitan democracy as a method of addressing controversies", IAJLJ CONFERENCE "CONTROVERSIAL MULTICULTURALISM", Roma, Novembre, . Daniele Archibugi, "What is the difference between invention and innovation?", Birkbeck College University of London, 28 Ottobre . Presentazione della Relazione sulla ricerca e l'innovazione in Italia, Roma, Consiglio Nazionale delle Ricerche, 15 ottobre  Filosofi della politica, Filosofi italiani del XXI secolo.

 

arcidiacono: Grice: “I like Arcidiacono, and Floridi should pay more attention to him; after all he what Austin called an ‘Oxonian myopist’! I love him!”  “It took me a while to digest Aricidiacono’s non-intentional use of ‘inform,’ but I suppose he rather follows Shannon than Plato!” “Arcidiacono pays due attention to Aristotle’s ‘finalismo,’ and as an Italian, he gives proper due to Plionio – ‘il vecchio,’ as Arcidiacono comically calls him – Strawson: “As if Pliny the Younger were not now part of ‘storia vecchia’!” – Grice: “In any case, give me Salvatore anyday – his brother, Giuseppe, cannot qualify as a philosopher!” – Grice: “And another good thing, too, Arcidiacono, the ‘filosofo’ brough Fantappie as a hashtag in ‘filosofia’!” Grice: “As Arcidiacono notes, Fantappie, not being a filosofo, committed the usual mispellinggs – ‘syntropia,’ rightly corrected to ‘sintropia’ by the philosophy-educated philosopher Salvatore Arcidiacono!” -- Salvatore Arcidiacono (Acireale), filosofo. Nato e, per una sorprendente coincidenza, morto lo stesso anno del fratello gemello Giuseppe (19271998), divise con quest'ultimo anche gli impegni di ricerca. Laureatosi in Chimica all'Catania, fu insieme al fratello allievo dello scienziato e matematico italiano Luigi Fantappié, divenendo in seguito docente di chimica al liceo.  Attività teorica e di ricerca A partire dal 1955 perfezionò la Teoria unitaria del mondo fisico e biologico di Fantappié, collegandola ai più moderni sviluppi della biologia teorica e molecolare. Fantappiè e Giuseppe Arcidiacono trovarono in Salvatore Arcidiacono il supporto teorico speculativo nel campo della chimica e della fisica teorica per completare il loro percorso di ricerca. Fu lui, dopo la morte di Fantappiè nel 1956 a elaborare e pubblicare una formulazione "mediata" della sua Teoria sintropica nonché della Teoria degli universi. Nel 1958 pubblicò al riguardo il saggio Visione unitaria dell'Universo e nel 1961 pubblicò Spazio, tempo, universo, con prefazione del filosofo e teologo Stanislas Breton. Insegnò a lungo e durante tutta la sua carriera fu autore di numerosi saggi e articoli scientifici pubblicati su riviste italiane ed internazionali.  Opere Visione unitaria dell'Universo alla luce delle teorie di Luigi Fantappiè, con Giuseppe Arcidiacono, ed. UCIIM, Roma 1958. Spazio, tempo, universo con Giuseppe Arcidiacono, Edizioni del fuoco, Roma 1961. Materia e Vita, ed. Massimo, Milano 1969. Ordine e Sintropia la vita e il suo mistero, ed. Studium Christi, Roma 1975. L'evoluzione sintropica, Accademia degli zelanti e dei dafnici, Acireale 1981. Creazione, evoluzione, principio antropico, con Giuseppe Arcidiacono e Vincenzo Arcidiacono, ed. Il fuoco-Studium Christi, 1983. Entropia, sintropia, informazione. Una nuova teoria unitaria della fisica, chimica e biologia, con Giuseppe Arcidiacono, ed. Di Renzo, Roma 1989; 2 ed.1991. L'evoluzione dopo Darwin. La teoria sintropica dell'evoluzione, ed. Di Renzo, Roma 1992. Problemi e dibattiti di biologia teorica, ed. Di Renzo, Roma 1993.  88-86044-16-X Note  Ignazio Licata, Teoria degli Universi e Sintropia Archiviato il 17 settembre  in .  vedi pag 103 di L'accoglienza delle idee di Pierre Teilhard de Chardin nella cultura italiana degli anni 1955-1965  Scapini, 2005.  Demetrio Sodi Pallares, Terapia metabolica delle cardiopatie. Nuovo approccio terapeutico PICCIN, Padova 1989XVI.  88-299-0616-6  Vannini, 2005.  L'accoglienza delle idee di Pierre Teilhard de Chardin nella cultura italiana degli anni 1955-1965, pag 103  Salvatore Arcidiacono, Nuevas ideas para la evolución biològica, articolo su Folia humanistica, Barcellona, novembre 1982, n. 238.  Revue internationale Pierre Teilhard de Chardin, Edizioni 85-98, Ministère de l'éducation nationale et de la culture Belgique, Editore Société Pierre Teilhard de Chardin, 1981.  Antonella Vannini, From mechanical to life causation,, Syntropy 2005, n. 1, pag. 80-105.  1825-7968 (WC ACNP) Felicita Scapini, La logica dell'evoluzione dei viventiSpunti di riflessione, in Atti del XII Convegno del Gruppo italiano di biologia evoluzionistica Firenze, 18-21 febbraio 2004, Firenze, University press, 2006,  88-8453-369-4.  Luigi Fantappié Giuseppe Arcidiacono Sintropia  Biografia sul sito del suo editore, su direnzo 9 luglio ). V D M Filosofia della scienza 266416940  Filosofi.

 

arco: Grice: “I should like Arco; but he is a priest and I’m C. of E.; on top, I love to say that philosophy ought to be FUN, provided it’s MY FUN – not Arco’s – so I find Arco’s ‘dictionary of philosophical ‘umorismo,’ or filosofia ‘umoristica’ frivolous, and unworthy of Roman gravitas!” --  Adolfo l’arco (Teano) religioso, teologo e filosofo italiano.  Adolfo L'Arco, nato a Teano nella frazione Fontanelle il 27 maggio 1916, entrò molto giovane fra i Salesiani di Don Bosco e fu ordinato sacerdote nel 1945 a Roma. Conseguì all'Napoli la laurea in filosofia. Per la sua preparazione teologica e filosofica, nonché per la profondità dei suoi scritti, è considerato tra i maggiori teologi e filosofi salesiani. Per lungo tempo è stato professore di filosofia presso gli Istituti Salesiani di Don Bosco.  Ricoverato all'ospedale “San Leonardo” di Castellammare di Stabia, per un blocco renale, e ritornato a Pacognano di Vico Equense dopo aver superato la crisi, è morto novataquattrenne il 25 luglio del .  Uomo di anima sensibile e di infinita fede cristiana ha trascorso molto della sua vita scrivendo, interessandosi di agiografia, teologia e filosofia.  È stato protagonista televisivo sulla prima rete nazionale nel 1973 con il programma: Tempo dello Spirito.  Intensa e vasta la sua opera letteraria.  Opere Bartolo Longo e la sua intimità con Dio; Don Bosco si diverte; Sorgenti di gioia; Gesù sotterra un chicco di grano; Giorgio La Pira e il risorto; Fiori di sapienza. Dizionarietto di saggezza; La Donna del Sanctus; Papa Giovanni beato. La parola agli atti processuali; Quando la teologia prende fuoco. Giuseppe Quadrio sacerdote salesiano; Don Bosco nella luce del Risorto; Don Bosco sorridente entra in casa vostra; Così Don Bosco amò i giovani; Il Padre Nostro; Ma c'è poi questo Dio; Nota bene; Sorgenti di Gioia; L'Ave Maria inno dell'amore filiale; Il Beato Filippo Rinaldi copia vivente di Don Bosco; La sorgente eterna dell'amore; Noi esistiamo perché Dio Padre ci ama; Stile di Serenità; La Gioia a Portata di Mano; Ridi e sorridi da saggio; Il Beato Bartolo Longo; Dolcezza e speranza nostra; Dio ci ama con cuore d'uomo; Il Padre nostro; La Leva del Mondo: la preghiera; Sant'Eustachio; Il Cristo in cui Spero; Giorgio La Pira Profeta e testimone del Risorto; Serva di Dio Elisabetta Jacobucci Francesca Alcantarina; Beata Maria della Passione; Il Servo di Dio B. Longo; Papa Giovanni Beato; Così ridono i saggi; Fiori di sapienza; Il segreto di papa Giovanni; S.Alfonso amico del popolo; La Donna del Sanctus; Il Sacro nome ti chiama per nome; La Leva del Mondo: la preghiera; Il monumento alla Pace Universale del beato Bartolo Longo; Il Salesiano è fatto così; Messaggio di Teilhard De Chardin. Intuizioni e idee madri (Elledici Torino, 1964); Un esploratore della felicità: biografia del Servo di Dio Giacomo Gaglione, Apostolato della Sofferenza, 1966. Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Adolfo L'Arco  La comunità di Pacognano ricorda don Adolfo L'Arco di Raffaele Meazza, Il Giornale di Napoli, sito "Positano news", 22 novembre . 85063233  Identities-85063233 Biografie  Biografie:  di   Biografie Categorie: Religiosi italianiTeologi italianiFilosofi italiani Professore Teano Vico Equense.

 

Archita:  Grice: “I was insulted, if not offended by the Cambridge Dictionary of Philosophy having ‘Anchita’ as Greek! The manw as born in Taranto, Italy, and died in Taranto, Italy! – He was a Tarantoian!” – “My favourite of his philosophical tracts is “Della colomba,” – Strawson pointed out to me that since this is a mechanical (mechanical-mechanical) pigeon, I should have used ‘scare-quote’ gesture!” -- Ricerca Archita filosofo, matematico e politico greco antico Lingua Segui Modifica (LA)  «Magnum in primis et praeclarum virum»  «Uomo fra i primi grande e illustre»  (Cicerone, De senectute, XII, 41) Archita (in greco antico: Ἀρχύτας, Archýtas; Taranto, 428 a.C. – Mattinata, 360 a.C.[1]) è stato un filosofo, matematico e politico greco antico. Appartenente alla "seconda generazione" della scuola pitagorica, ne incarnò i massimi principi secondo l'insegnamento dei suoi maestri Filolao(470 a.C.-390 a.C./380 a.C.) ed Eurito (V secolo a.C.).[2]   Archita BiografiaModifica Figlio di Mesarco (o di Estieo o di Mnesagora, a seconda delle fonti)[3], nacque a Taranto, città della quale fu "stratego massimo" nella prima metà del IV secolo a.C. proprio nel periodo in cui la città raggiungeva l'apice del suo sviluppo economico, politico e culturale.  Archita condusse una vita austera, improntata a uno stretto autocontrollo nel rispetto delle rigide regole della setta pitagorica[4], ma non priva di umana socievolezza: racconta Eliano[5] che spesso quello s'intratteneva a scherzare con i figli dei suoi schiavi e con questi stessi non disdegnava di sedere assieme a banchetto.[6]  La politicaModifica Abile uomo politico, si tramanda che fosse stato nominato per sette volte stratego (στρατηγός, strategòs) della città-stato di Taranto riuscendo ad essere un condottiero sempre vittorioso nelle sue battaglie.[7] Probabilmente fu anche stratego "autocrate" (αὐτοκράτωρ, autocrator) della Lega italiota, ricostituitasi dopo la morte di Dionisio I di Siracusa, e che ebbe come sede Eraclea sotto l'effettivo controllo di Taranto.[8]  Non si sa se, nonostante il divieto della costituzione cittadina, fosse stato nominato consecutivamente; i suoi mandati vengono datati tra il II e il III viaggio (367-361) di Platone, quindi potrebbero essere stati ricoperti anche uno di seguito all'altro.[9]  Attuò una politica di sviluppo che portò Taranto a diventare la metropoli più ricca e importante della Magna Grecia. Con l'edificazione di monumenti, templi e edifici[10] diede nuovo lustro alla città. Potenziò il commercio stringendo relazioni con altri centri, come l'Istria, la Grecia, l'Africa.[11]  Durante il suo governo, si dedicò allo sviluppo dell'economia favorendo l'agricoltura e insegnando egli stesso ai contadini i precetti per migliorare i raccolti. Spesso ricordava loro che Apollo non concesse altro a Falanto che fertili campi e amava ripetere:  «Se vi si domanda come Taranto sia diventata grande, come si conservi tale, come si aumenti la sua ricchezza, voi potete con serena fronte e con gioia nel cuore rispondere: con la buona agricoltura, con la migliore agricoltura, con l'ottima agricoltura».[12]»  Nel campo legislativo promulgò diverse leggi per favorire una più equa distribuzione delle ricchezze, basandola sui principi dell'armonia matematica.[9]  Uomo di multiforme ingegnoModifica Si interessò di scienza, musica ed astronomia e studiò matematica con Eudosso di Cnido (406 a.C.?-355 a.C.?)[13]  La vastità di queste competenze in Archita si spiega con il fatto che la scuola pitagorica concepiva la matematica, o meglio l'aritmogeometria[14], fondamento della realtà naturale e l'universo come un cosmo[15], ordinato cioè secondo principi mistico-matematici dai quali si generava un'armonia musicale poiché la musica stessa si basava su precisi rapporti matematici.  «Credettero che i principi delle matematiche fossero i principi di tutti gli esseri. Ora, i principi delle matematiche sono i numeri. Pensarono quindi che gli elementi dei numeri fossero elementi di tutte le cose, e che tutto quanto il cielo fosse armonia e numero.»  (Aristotele, Metafisica, libro alfa, 985b23-986a3) Non a caso Archita è stato il primo a proporre il raggruppamento delle discipline canoniche (l'aritmetica, la geometria, l'astronomia e la musicanel quadrivium, l'ordinamento che Boezio riprese in epoca medievale).[16]  Infine, la partecipazione alla scuola pitagorica, configurata come una setta mistica, era riservata a spiriti eletti e implicava che gli iniziati che la frequentassero avessero disponibilità di tempo e denaro per trascurare ogni attività remunerativa e che potessero dedicarsi interamente a complessi studi: da qui il carattere aristocratico del potere politico che i pitagorici esercitarono nella Magna Grecia fino a quando non furono sostituiti dai regimi democratici.[17]  L'amicizia con PlatoneModifica Archita conobbe Platone[18] quando, intorno al 388 a.C., il filosofo ateniese soggiornò a Taranto nel suo primo viaggio verso Siracusa, dove ebbe un confronto piuttosto acceso con il tiranno Dionigi Isulla realizzazione di una possibile riforma filosofica del suo governo.[19].  L'amicizia con Archita fu preziosa per Platone quando nel 361 a.C., compiendo questi il suo terzo e ultimo viaggio in Sicilia nel tentativo di realizzare la sua riforma, il nuovo tiranno Dionigi il Giovane lo cacciò dall'Acropoli facendolo vivere nella casa di Archedemo, vicino ai mercenari che mal lo sopportavano. Fu grazie ad Archita, il quale inviò il tarantino pitagorico Lamisco a Siracusa per convincere l'amico Dionigi il giovane[20] a liberare Platone, che il filosofo poté tornare ad Atene.[21]  Lo stesso Platone raccontò così quegli avvenimenti:  «... Sembra che Archita si sia recato presso Dionisio; perché io, prima di ripartire avevo unito Archita e i Tarantini in rapporti di ospitalità e di amicizia con Dionisio...»  (Platone, Lettera VII, 338c.) «... E così con un terzo invito Dionisio mi mandò una trireme per agevolarmi il viaggio, e insieme mandò un amico di Archita, Archedemo, che egli riteneva fosse il più apprezzato da me tra quei di Sicilia, e altri Siciliani a me noti...»  (Platone, Lettera VII, 339a.) «Altre lettere poi mi giungevano da parte di Archita e dei Tarantini, che facevano grandi elogi dello zelo filosofico di Dionisio, e anche avvertivano che, se non fossi andato subito, avrei causato la completa rottura di quell'amicizia che io avevo creato tra loro e Dionisio, e che era di grande importanza politica...»  (Platone, Lettera VII, 339d.) «... vennero in molti da me, fra cui alcuni servi di origine ateniese, e quindi miei concittadini; essi mi riferivano che calunnie circolavano su di me fra i peltasti, e che alcuni minacciavano, se riuscivano a cogliermi, di sopprimermi. Escogito allora qualche mezzo di salvezza: mando ad avvertire Archita e gli altri amici di Taranto in che condizione mi trovo. E quelli, colto un pretesto per un'ambasceria, mandano uno dei loro, Lamisco, con una nave e trenta rematori. Costui, appena giunto, intercede per me presso Dionisio, dicendogli che io volevo partire e nient'altro che partire; Dionisio accondiscese e mi lasciò andare, dandomi i mezzi per il viaggio.»  (Platone, Lettera VII, 350) Archita morì a seguito di un naufragio probabilmente nel corso di operazioni di guerra[22] nelle acque di fronte alla città di Matinum (attuale Mattinata sul Gargano) e lì fu sepolto, come riferisce il poeta Orazio:  (LA)  «... Te maris et terrae numeroque carentis harenae / mensorem cohibent, Archyta, / pulveris exigui prope litus parva Matinum / munera...»  «... Te misuratore del mare e della terra e delle immensurabili arene, coprono, o Archita, pochi pugni di polvere presso il lido Matino...»  (Orazio, Odi, I 28) PensieroModifica Nonostante Archita sia vissuto dopo Socrate, viene considerato un continuatore dei filosofi presocratici, perché appartenne alla Scuola pitagorica e si mantenne aderente al pensiero di Pitagora, tant'è che basò le proprie idee filosofiche, politiche e morali sulla matematica. Al riguardo, infatti, così recitano due suoi frammenti:  «Quando un ragionamento matematico è stato trovato, controlla le fazioni politiche e aumenta concordia, quando c'è manca l'ingiustizia, e regna l'uguaglianza. Con ragionamento matematico noi lasciamo da parte le differenze l'un con l'altro nei nostri comportamenti. Attraverso essa i poveri prendono dai potenti, ed i ricchi danno ai bisognosi, entrambi hanno fiducia nella matematica per ottenere un'azione uguale...»  (Giamblico, de comm. Math. sc. 11,44, 10. Traduzione di Antonio Maddalena) «Per essere bene informato sulle cose che non si conoscono, o si devono imparare da altri o bisogna scoprirle da sé. Ora imparando si deduce da qualcun altro e ciò è straniero, mentre scoprendo da sé è proprio. Scoprire senza cercare è difficile e raro, ma con la ricerca è maneggevole e facile, sebbene chi non sa cercare non può trovare.»  (In Corrado Dollo, Istituto e museo di storia della scienza Archimede, L.S. Olschki, 1992 p.30) Ad Archita sono tradizionalmente attribuiti molti testi spuri, mentre sono sopravvissuti soltanto alcuni frammenti originali, conservati nelle opere di Ateneoe Cicerone e provenienti dai suoi discorsi morali, che delineano un filosofo più originale nel suo pensiero etico rispetto alla dottrina pitagorica e piuttosto influenzato da quella platonica.  MeccanicaModifica Archita viene considerato l'inventore della Meccanica razionale e il fondatore della Meccanica.[23] Si dice che abbia inventato due straordinarie apparecchiature meccaniche.  Un'apparecchiatura era un uccello meccanico, la famosa «colomba di Archita», l'altra sua invenzione era un sonaglio per bambini. Il primo è descritto dallo scrittore e critico latino Aulo Gellio[24], e ne tentò la ricostruzione uno studioso tedesco, Wilhelm Schmidt[25]. Pare si trattasse d'una colomba di legno, vuota all'interno, riempita d'aria compressa e fornita d'una valvola che permetteva apertura e chiusura, regolabile per mezzo di contrappesi. Messa su un albero, la colomba volava di ramo in ramo perché, apertasi la valvola, la fuoruscita dell'aria ne provocava l'ascensione; ma giunta ad un altro ramo, la valvola o si chiudeva da sé, o veniva chiusa da chi faceva agire i contrappesi; e così di seguito, sino alla fuoruscita totale dell'aria compressa.  Il secondo giocattolo, la raganella, ebbe fortuna: è ancora in uso e spesso si vede nelle fiere popolari di giocattoli. Nella forma originaria era costituita da una piccola ruota dentata fissata ad un bastoncino. Sulla ruota, da dente a dente, saltava una molla cui era congiunto un pezzo di legno.[26] Aristotele[27]consigliava questo giocattolo ai genitori perché, divertendo e captando l'attenzione dei bambini, li distoglieva dal prendere e rompere oggetti domestici.  Si dice anche che Archita abbia inventato la carrucola e la vite, anticipando Archimede, ma non si hanno conferme storiche a tale riguardo.[28]  MatematicaModifica Il più importante risultato ottenuto da Archita è una soluzione tridimensionale del problema della duplicazione del cubo. Precedentemente, Ippocrate di Chio aveva ricondotto questo problema ad un problema di proporzionalità: se a è il lato del cubo che si vuole duplicare, allora il problema consiste nel trovare due valori x e y medi proporzionali tra a e 2a, ovvero tali che  {\displaystyle a:x=x:y=y:2a} Trovati questi due valori, x rappresenta il lato del cubo con volume doppio. La costruzione geometrica utilizzata da Archita per risolvere questo problema è uno dei primi esempi dell'introduzione del movimento in geometria: in esso si considera una curva, conosciuta come curva di Archita, generata dall'intersezione della superficie di un cilindro e di un semicerchio in rotazione rispetto a uno dei suoi estremi.[29][30]  Archita si dedicò anche alla teoria delle medie, e diede il nome odierno alla media armonica (prima conosciuta come media sub-contraria). Inoltre, dimostrò che tra due numeri interi che sono nel rapporto {\displaystyle {\frac {n}{n+1}}} non è possibile trovare nessun altro intero che sia una media geometrica.[31] Il risultato ha applicazione alla teoria delle scale musicali (vedi sotto).  FisicaModifica Apuleio[32] riporta un argomento di fisica trattato da Archita: la natura della riflessione della luce sopra uno specchio. Platone[33] pensa che dai nostri occhi partano dei raggi luminosi che vanno a mescolarsi con quelli che colpiscono lo specchio. Archita concorda col fatto che i raggi partano dai nostri occhi, ma senza combinarsi con alcuna cosa.  Più felici furono le sue deduzioni sul rumore. Egli capì che provenivano dalle vibrazioni prodotte dall'urto dei corpi nell'aria. Da tale scoperta, formulò l'ipotesi che anche i corpi celesti, dotati di continuo movimento, dovessero produrre rumore. Questo rumore però, non sarebbe udibile dai sensi umani, essendo non intervallato, ovvero continuo nel tempo.  Molto interessanti sono gli studi di carattere sperimentale che condussero a conoscere le cause che diversificano i suoni acuti dai gravi, diversità che sono in funzione della rapidità della vibrazione. Tanto più rapida è la vibrazione, tanto più acuto è il suono che ne proviene, e viceversa. Esperimenti furono eseguiti con flauti, zufoli, tamburelli, e si constatò come anche la voce umana seguisse questo principio.[34]  MusicaModifica Nell'ambito della teoria musicale sviluppata dalla scuola pitagorica (ed esposta per la prima volta da Filolao), tre contributi sono sicuramente dovuti ad Archita.  Il primo è la teoria secondo cui l'altezza dei suoni è determinata dalla loro velocità di propagazione. Secondo Archita, una bacchetta che oscilla più velocemente (oggi diremmo con frequenza più alta) produrrebbe un suono che si propaga con maggiore velocità nell'aria, e che di conseguenza è percepito come "più alto", rispetto a una bacchetta che oscillasse più lentamente. Questa teoria, per quanto non corretta dal punto di vista fisico e percettivo, rappresenta il primo tentativo di attribuire parametri quantitativi alla propagazione del suono, e fu ripresa da molti autori successivi (inclusi Platone e Aristotele)[35].  Il secondo contributo è di natura specificamente matematica. Archita conosceva la relazione fra intervalli musicali e frazioni che conduce alla costruzione della scala pitagorica. Uno dei problemi teorici connessi a quella costruzione era il perché gli intervalli dovessero essere progressivamente suddivisi secondo quelle particolari proporzioni, anziché suddividere semplicemente ogni intervallo in due sottointervalli uguali. Per comprendere la natura del problema si deve ricordare che per definizione gli intervalli musicali si compongono moltiplicandofra loro i rapporti corrispondenti (ad esempio, l'ottava 2:1 si può ottenere componendo una quinta 3:2 con una quarta 4:3, infatti 3:2 x 4:3 = 2:1). Quindi per suddividere un intervallo a:b in due parti uguali si deve trovare il medio proporzionale fra a e b, ossia il numero x tale che a:x = x:b (ciò equivale a cercare la radice quadrata del rapporto a:b). Archità osservò che l'intervallo di doppia ottava (4:1) si può suddividere in due sottointervalli uguali (rappresentati dal rapporto 2:1), ma dimostrò matematicamente che nessun rapporto del tipo superparticulare {\displaystyle {\frac {n+1}{n}}} - genere a cui appartengono tutti gli intervalli fondamentali della scala pitagorica (2:1, 3:2, 4:3, 9:8) - ammette un medio proporzionale fra i numeri interi: quindi nessuno di quegli intervalli può essere suddiviso in due parti uguali (se si mantiene l'ipotesi che ogni intervallo musicale corrisponda a un rapporto fra numeri interi)[36].  Infine, Archita descrisse la costruzione delle scale musicali nei tre generi diatonico, cromatico ed enarmonico. Diversamente dalla scala pitagorica, il tetracordo diatonico proposto da Archita è formato dai rapporti 9:8, 8:7 e 28:27 (quello pitagorico contiene invece due intervalli di tono uguali, 9:8, e un semitono di 256:243). Nel tetracordo cromatico di Archita figurano gli intervalli 5:4, 36:35 e 28:27, e in quello enarmonico gli intervalli 32:27, 243:224 e 28:27. Questi valori sono riportati da Claudio Tolomeo, che (a distanza di oltre 500 anni) afferma che Archita si basò sulla necessità teorica di descrivere tutti gli intervalli consonanti con rapporti superparticulari (e tuttavia nel tetracordo enarmonico figurano rapporti che non appartengono a quel genere). Gli studiosi moderni hanno invece ipotizzato[35] che Archita avesse voluto descrivere matematicamente le scale musicali effettivamente in uso nella pratica a lui contemporanea, sulla base dell'osservazione diretta delle tecniche di accordatura usate dai musicisti. Archita si propose di superare il problema dei commi musicali. Affermò che l'ottava poteva essere divisa in 12 semitoni uguali ed indicò un divisore che ne consentisse la partizione, cioè un numero prossimo ad un terzo di л. In effetti il divisore dell'ottava della scala temperata, la radice dodicesima di 2 =1,0594630943592…. è prossima a л/3=1,0471975 postulato sia da Archita che da Aristosseno. La divisione dell'ottava a cui Archita pervenne è la seguente: л/3, Л 4/11, Л 3/8, Л 2/5, Л 3/7, Л 5/11, Л 9/19, л/2 , Л 7/13, Л 4/7,Л 3/5 Л 7/11, nell'ordine: seconda minore, seconda maggiore, terza minore, terza maggiore, quarta giusta, quarta eccedente, quinta giusta, sesta minore, sesta maggiore, settima minore, settima maggiore, ottava. Il divisore proposto da Archita porta a differenze con la scala temperata dell'ordine delle decine di centesimi di semitono.  AstronomiaModifica È trattata da Archita in un passo di Eudemo da Rodinel suo commento alla Fisica di Aristotele, nel quale si discute il problema della dimensione dell'universo. Per Archita l'universo è infinito, poiché, egli dice :  «Se mi trovassi all'ultimo cielo, cioè a quello delle stelle fisse, potrei stendere la mano o la bacchetta al di là di quello, o no? Ch'io non possa, è assurdo; ma se la stendo, allora esisterà un di fuori, sia corpo sia spazio (non fa differenza, come vedremo). Sempre dunque si procederà allo stesso modo verso il termine di volta in volta raggiunto, ripetendo la stessa domanda; e se sempre vi sarà altro a cui possa tendersi la bacchetta, è chiaro che anche sarà interminato.[37]»  NoteModifica  In Enciclopedia Garzanti di Filosofia Archita sarebbe vissuto tra il 430 ca. e il 360 ca. a.C. Altre fonti collocano la nascita tra il 430 e il 400 e la morte non prima del 360. (Museo Nazionale e archeologico di Taranto  Christoph Riedweg, Pitagora: vita, dottrina e influenza, Vita e Pensiero, 2007 p.29  Francesco Paolo De Ceglia, Università di Bari. Seminario di storia della scienza, Scienziati di Puglia: secoli V a.C.-XXI, Parte 3, Adda, 2007 p.17  Cicerone, De senectute, 39  Eliano, Varia istoria XII, 15 (T.C. A 21 (47) 8)  Ateneo, XII 519 B (T.C. A 21 (47) 8)  Dizionario di filosofia, Treccani alla voce corrispondente  Luigi Pareti, Storia della regione Lucano-Bruzzia nell'Antichità, Volume 1, Ed. di Storia e Letteratura, 1997 p.275  a b Ettore M. De Juliis, Magna Grecia: l'Italia meridionale dalle origini leggendarie alla conquista romana, Edipuglia srl, 1996 p.251  L'associazione di Architetti Italiani in Spagna, Arquites è stata denominata in questo modo in onore di Archita  Ettore M. De Juliis, Magna Grecia: l'Italia meridionale dalle origini leggendarie alla conquista romana, Edipuglia srl, 1996 p.263  Ai tarantini, citato in La Voce del Popolo, n. 11, giugno 2006  Dizionario della civiltà greca, Gremese Editore, 2001.p.100  Ubaldo Nicola, Atlante illustrato di Filosofia, Giunti Editore, 2000 p.64  La parola κόσμος (kòsmos) nella lingua greca nasce in ambito militare per designare l'esercito schierato ordinatamente per la battaglia (in Sesto Empirico, Adv. Math. IX 26)  Christiane L. Joost-Gaugier, Pitagora e il suo influsso sul pensiero e sull'arte, Edizioni Arkeios, 2008 p.140  André Pichot, La nascita della scienza: Mesopotamia, Egitto, Grecia antica, Edizioni Dedalo, 1993457. Cfr. anche Ruggiero Bonghi, Delle relazioni della filosophia colla società: prolusione, F. Vallardi, 1859 p.15  Secondo una tradizione apocrifa Archita trasse dalla filosofia platonica la convinzione della immortalità dell'anima. Al contrario Cicerone ritiene che Platone si recò in Sicilia per conoscere le dottrine pitagoriche che apprese da Archita e che condivise divenendo lui stesso pitagorico.(Cfr. Cicerone, De Repubblica I 16, De finibus bonorum et malorum, V 87, Tuscolanae disputationes, I 39)  D. Laerzio, Vite, III, 19, 20.  Platone, Lettera VII  Vita di Platone.  G. Urso, «La morte di Archita e l'alleanza fra Taranto e Archidamo di Sparta», Aevum, 71 (1997)64-67  Mario Taddei, I robot di Leonardo da Vinci: la meccanica e i nuovi automi nei codici svelati, ed. Leonardo3, 2007 p.434  A. Gellio, Notti Attiche, lib. X, c. 12  Wilhelm Schmidt: Aus der antiken Mechanik. In: Neue Jahrbücher für das Klassische Altertum 13, 1904,329–351.  M.Taddei, Op. cit. p.16  Aristotele, Pol. VIII 6)  Rinaldo Pitoni, Storia della fisica, Società tipografico-editrice nazionale, 1913 p.24  K von Fritz, Biografia nel Dictionary of Scientific Biography (New York 1970-1990).  J. J. O'Connor, E. F. Robertson, Archytas of Tarentum, The MacTutor History of Mathematics archive.  Boyer, Carl B., Storia della Matematica,83-84  Apuleio, Apologia, 15  Platone, Timeo, 64 A  Giambico, in Nicom., 9, 1.  a b C. Huffman, "Archytas", The Stanford Encyclopedia of Philosophy (Fall 2011 Edition), Edward N. Zalta[1].  C. Huffman, "Archytas", The Stanford Encyclopedia of Philosophy (Fall 2011 Edition), Edward N. Zalta[2]; A. Barbera, Archytas of Tarentum, New Grove Encyclopedia of Music and Musicians.  Francesco Paolo De Ceglia, Università di Bari. Seminario di storia della scienza,Scienziati di Puglia: secoli V a.C.-XXI, Parte 3, Adda, 2007 p.18 BibliografiaModifica Carl A. Huffman, Archytas of Tarentum. Pythagorean, Philosopher and Mathematician King, Cambridge University Press, 2005,0-521-83746-4 (l'edizione più completa dei frammenti) M. Timpanaro Cardini, I Pitagorici, testimonianze e frammenti, voll. I, II, 111, La Nuova Italia, Firenze 1962 Platone, Lettere, a cura di Margherita Isnardi Parente, trad. di Maria Grazia Ciani, Fondazione Lorenzo Valla, A. Mondadori, Milano 2002 J. Stobaei, Anthologium, rec. Curtius Wachsmuth et Otto Hense. Anthologii libri duo posteriores, vol. 11, Weidmann, Berlin, 1958² J. Navarro, Tentamen de Archytae Tarentini vita atque operibus, Hafniae 1820 Doehle, Geschichte Tarents bis auf seine Unterwerfung unter Rom, Strasburg 1877 R. Lorentz, De civitate Tarentinorum, Lipsiae 1833 C. Del Grande, Archita e i suoi tempi, Taranto, Cressati 1955 A. Delatte, Essai sur la politique pythagoricienne, Liège - Paris 1922. A. Olivieri, Su Archita tarantino, memoria letta all'Accademia Pontaniana il 14 giugno 1914 A. Frajese, Attraverso la storia della Matematica, Veschi, 1962 RomaStante, I problemi di terzo grado e Archita da Taranto, Tesi di Laurea in Matematica, a.a. 1987/88, Università di Lecce A.Tagliente, La colomba di Archita, Scorpione Editrice, 2011 Taranto A.Tagliente, Il mistero del trattato perduto, Scorpione Editrice, 2013 Taranto J.Dumont, Les Présocratiques H. Diels, Die Fragmente der Vorsokratiker A. D. Abbaiatore, Scritture Musicali greche, Vol. II: Teoria armonica ed Acustica, 1989 Cambridge F. Blass, De Archytae Tarentini fragmentis mathematicis, Parigi 1884 Taranto nella civiltà della Magna Grecia, in Atti dei convegni di studio sulla Magna Grecia, X, Napoli 1971 Taranto e il Mediterraneo, in Atti dei convegni di studio sulla Magna Grecia, XLI, ISAMG Taranto, 2002 Filosofia e scienze, in Atti dei convegni di studio sulla Magna Grecia, V, Napoli 1966 Eredità della Magna Grecia, Atti dei convegni di studio sulla Magna Grecia, XXXV, ISAMG Taranto, 1996 Alessandro il Molosso e i "condottieri" in Magna Grecia, Atti dei convegni di studio sulla Magna Grecia, XLIII, ISAMG Taranto, 2004 Cesare Teofilato, "Interpretazione di Archita" dalla rassegna "Vecchio e Nuovo" di Lecce - fascicolo di gennaio 1931 - Vol. II A. Mele, Archita, i suoi tempi e il suo pensiero, in Taranto tra Classicità e Umanesimo (introduzione di Cosimo D. Fonseca), Scorpione Editrice Taranto 2017,87-106. Voci correlateModifica Personalità legate a Taranto Raganella (strumento musicale) Eudosso di Cnido Altri progettiModifica Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Archita Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Archita Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Archita Collegamenti esterni                                 Modifica Archita, su Treccani – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Archita, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.( EN ) Archita, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.( EN ) Archita, su MacTutor, University of St Andrews, Scotland.( EN ) Carl Huffman, Archytas, in Edward N. Zalta (a cura di), Stanford Encyclopedia of Philosophy, Center for the Study of Language and Information (CSLI), Università di Stanford. Controllo di autoritàVIAF ( EN ) 40191578 · ISNI ( EN ) 0000 0000 8019 3017 · SBN IT\ICCU\SBLV\071630 ·Europeana agent/base/145524 · LCCN( EN ) no96021781 · GND ( DE ) 118645617 ·BNF ( FR ) cb124565349 (data) · BNE( ES ) XX1241848 (data) · BAV( EN ) 495/154858 · CERL cnp00965498 ·WorldCat Identities ( EN ) lccn-no96021781 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Magna Grecia Portale Magna Grecia Matematica Portale Matematica Politica Portale Politica Scienza e tecnica Portale Scienza e tecnica Ultima modifica 7 giorni fa di Ontoraul PAGINE CORRELATE Musica nell'antica Grecia Tetracordo Lamisco filosofo greco antico archytas: Italian ‘Archita’ -- Grecian, pre-Griceian, Pythagorean philosopher from Tarentum in southern Italy. He was elected general seven times and sent a ship to rescue Plato from Dionysius II of Syracuse in 361. He is famous for solutions to specific mathematical problems, such as the doubling of the cube, but little is known about his general philosophical principles. His proof that the numbers in a superparticular ratio have no mean proportional has relevance to music theory, as does his work with the arithmetic, geometric, and harmonic means. He gave mathematical accounts of the diatonic, enharmonic, and chromatic scales and developed a theory of acoustics. Fragments 1 and 2 and perhaps 3 are authentic, but most material preserved in his name is spurious. 

 

 

ardigò: Grice: “I love Ardigo – but I have a few qualms – his “Opere filosofiche’ is improperly indexed! The man wrote zillions! My attention was first caught by  minor editorial note: “’La morale dei positivisti’ was reprinted a few years later after its first edition as divided into two parts, “la morale’ proper and ‘Sociologia’ – Since I have used philosophical biology and philosophical psychology, Ardigo is indeed into ‘philosophical sociology’ – As he notes, ‘sociology’ is today’s philosophese for Aristotelian politics – politica – re publica romana – And being a positivist, Ardigo provides some good background – which will later be ‘refuted’ by the neo-idealists that opposed this sort of philosophy – to the idea of two organisms (two pirots) interacting --. While I speak of conversational egoism as balanced by conversational tu-ism; Ardigo, less of an altruist, and who laughs at the ‘ridiculous’ sensist conception of ‘simpatia’ – speaks of two principles: the principle of egoism, or prepotence, found amoung brutal animals – and the principle of what he calls ANTI-EGOSIM, found in the civil Italian gentleman – the word ‘civile’ is crucial, as in Castiglione, ‘discorso,’ or ‘conversazione’ civile.  If Wilson found it offensive when Chomsky spoke of two ideal communicadtors, this is no problem for the positivist – As Ardigo notes, an Italian will not behave conversationally in the same way when conversing with some he regards as below his station  -- that’s why he (and later I adopted the same guideline) uses ‘Romolo’ and ‘Remo’ (rather than Jack and Jill, since there is a gender issue here) as  communicators. As he puts it, ‘the fact that Romolo eventually kills his ‘fratello’ is hardly relevant from a positivist point of view – surely we don’t require ANTI-EGOSIM to hold indefeafeasibly, I would disagree with Ardigo’s dismissal of Remo’s murder – ‘l’assassinio di Remo’ – I discussed this with Hardie – in English, and, after a ten-minute pause, all I got from him was, ‘what do you mean by ‘of’?’” -- Essential Italian philosopher. Grice: “It’s amazing Ardigo found psychology a science, and a positive one, too!” –Roberto Ardigò (n. Casteldidone, ), filosofo. Opere Scarica in formato ePub La psicologia come scienza positiva 75%.svg (1870) Scarica in formato ePub Crystal Clear app kdict.png Scritti vari 100 percent.svg (1922) Traduzioni Scarica in formato ePub Crystal Clear app kdict.png  Venti canti di H. Heine tradotti 100 percent.svg  di Heinrich Heine (1922), traduzione dal tedesco (1908) Testi su Roberto Ardigò  Crystal Clear app kdict.png  Per le onoranze a Roberto Ardigò 100 percent.svg  di Mario Rapisardi (1915) Note  Gemeinsame Normdatei  data.bnf.fr  Comité des travaux historiques et scientifiques  Brockhaus Enzyklopädie  Dizionario Biografico degli Italiani Categorie:  Casteldidone Mantova 1828 1920 28 gennaio 15 settembreAutoriAutori del XIX secoloAutori del XX secoloAutori italiani del XIX secoloAutori italiani del XX secoloReligiosiFilosofiPedagogistiReligiosi del XIX secoloReligiosi del XX secoloFilosofi del XIX secoloFilosofi del XX secoloPedagogisti del XIX secoloPedagogisti del XX secoloAutori italianiReligiosi italianiFilosofi italianiPedagogisti italianiAutori citati in opere pubblicateAutori presenti sul Dizionario Biografico degli Italiani Refs.: Grice, “Ardigò and a positivisitic morality,”  Luigi Speranza, "Grice ed Ardigò," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. ARE

 

arena: Grice: “I like Arena; my favourite of his tracts are one on what he calls, ambiguously, ‘guerriero dello spirito,’ which is pretty naif – wasn’t Aeneas killing for something too, not necessarily ‘spiritus’? – His focus is two orders: the templari and the teutonic order – my other of his favourite trats is  his ‘nudi’ – or ‘gnudi,’ if you mustn’t – when Romolo converses with Romo, they are ‘nudi’ – what they say is what they mean and what they mean is what they say – ‘nakedness’ becomes a philosophical category, as when Strawson says, ‘the naked true.’” “There is no reason why it shouldn’t be a philosophical category, since the etymology is fascinating – vide Clarke, “The naked and the nude,” --  Leonardo Vittorio Arena (Ripatransone), filosofo. Arena insegna "Storia della filosofia contemporanea" presso Urbino. Filosofo e orientalista,ha dedicato in particolare al Buddhismo Zen, al Taoismo e al Sufismo una vasta produzione saggistica; è anche autore di romanzi e traduzioni sui medesimi temi. Insegna tecniche di meditazione tratte da pratiche buddhiste e sufi. Ha collaborato ai programmi religiosi della Radio Svizzera.  Pensiero La sua visione filosofica è esposta principalmente nelle tre opere Nonsense o il senso della vita ,Note ai margini del nulla e Sul nudo, dove si propone una sintesi delle grandi correnti filosofiche orientali e occidentali, con particolare riguardo a Nietzsche, Wittgenstein, Zhuāngzǐ e il Buddhismo Chán/Zen.  Il nonsense, come dall'opera Nonsense o il senso della vita, è da intendere come la meta di ogni autentica indagine filosofica, realizzando la "distruzione delle opinioni" sulla scorta del Buddhismo. La filosofia del nonsense non è teoria, bensì non teoria: come la zattera del Buddhismo o la scala di Wittgenstein, serve ad arrivare a una sorta di consapevolezza speciale, per poi essere tranquillamente accantonata. Punto di partenza: non è possibile formulare una filosofia esente da contraddizioni. Nelle pagine di ogni filosofo si cela il tarlo dell'incoerenza. Traendo tutte le conseguenze logiche di ogni filosofia se ne attesta la contraddittorietà.  L'idealismo, base di ogni filosofia, dovrà sfociare nel vuoto e nel nonsense, laddove se ne sviluppi il suo principio-base, che è esistenziale prima ancora che teoretico, secondo cui il mondo è la rappresentazione del soggetto o di una mente cosmica. La posizione del nonsense spinge a riconoscere che le cose stanno proprio così (Tathātā), cioè sono caratterizzate da una nudità che non può essere interpretata o espressa attraverso alcuna dottrina od opinione.  Non c'è senso nascosto, e tutto è già qui, direttamente accessibile nella vita quotidiana all'uomo comune e al Risvegliato, mai così tanto accomunati. Lo strumento del nonsense è l'arte, specialmente la musica e si procede verso la dimensione del non suono, già cara a John Cage, nella sua composizione 4'33", cui Arena dedica una lunga disamina, nella sua opera La durata infinita del non suono. La stessa tematica viene ripresa e ampliata in Il tao del non suono, nonché nell'analisi di alcuni solisti o gruppi di musica contemporanea, come John Lennon, David Sylvian, Brian Eno, Robert Wyatt, Giacinto Scelsi e Ryuichi Sakamoto. Musica e filosofia si intersecano, entrambe sono mezzi di conoscenza, addirittura intercambiabili. Arena è influenzato dalla beat generation, e riconduce parte del suo interesse di lunga data per l'Oriente ai Beatles e ai grandi gruppi rock dei '60 e '70.  Nella poesia, l'haiku esprime lo yugen, un senso di "profondità misteriosa" che convive con la semplicità del "qui e ora". Nonsense implica il superamento degli opposti, quindi permette di giungere alla non dualità, al di là della logica formale di Aristotele, perseguita dall'esorcista del nudo, il quale pretende di cogliere e congelare in una articolazione sistematica il caotico divenire della vita; operazione votata all'insuccesso, e alla contraddittorietà. Come per Nāgārjuna e Wittgenstein, anche per Arena la logica può servire a invalidare sé stessa, ma nella dimensione radicale del kōan, come è concepita nel Chán/Zen. L'insegnamento si trasmette grazie a una sorta di empatia o comunicazione energetica tra maestro e allievo -, di baraka nel senso che il termine acquista nel Sufismo -, veicolata dal silenzio e dal non suono.  Nella sua opera Note ai margini del nulla, Arena riprende la posizione di Bodhidharma, relativa al "non sapere, non distinzione" (fushiki), in direzione epistemologica ed ermeneutica, sottolineando la complessità della diffusione del nonsense nell'ambito del sociale. Egli analizza le concezioni di vari esponenti del pensiero orientale e occidentale, tra cui Max Stirner, Fernando Pessoa e i maestri del Taoismo, specie Zhuāngzi. Il nonsense propone un nichilismo costruttivo, dove le "ragioni" del nulla non vengano concepite attraverso la modalità unilaterale del nihil privativum, negativum od oggettivizzato. Arena rovescia la conclusione del Tractatus Logico-Philosophicus: di tutto ciò su cui si dovrebbe tacere occorre proprio parlare.  Arena propone di sondare il nonsense attraverso il nudo, una comprensione che sfoci nella non comprensione e nel non pensiero, ben più fecondi di quanto la riflessione logico-formale non abbia dato da vedere all'Occidente. Nietzsche, Bob Dylan e i maestri Zen si rivelano, al momento, i suoi principali ispiratori nei toni di una filosofia non accademica, nemica del dogmatismo e della necrofilia della teoresi. La musica elettronica contemporanea sembra particolarmente adatta a sondare la nudità, nei modi della improvvisazione radicale, cui Arena dedica anche un'attività concertistica solista con lo pseudonimo Mu Machine.  Arena ha pubblicato una serie di ebook sull'analisi di maestri e filosofi alla luce delle categorie del nonsense e del nudo, sondandone tratti indipendenti dai "punti nodali", riscontrabili nei compendi od opere manualistiche, e considerando queste figure nella loro alterità: Samuel Beckett, Jacques Derrida, Nietzsche e Wittgenstein rientrano nel novero, ma anche Jacques Lacan (cfr. la voce Opere). Parallelamente, sta sondando le illusioni e i condizionamenti dell'animo, che non lasciano percepire il nudo/nonsense.  La produzione romanzesca è iniziata con La lanterna e la spada, dove Arena analizza la figura di Qinshi Huangdi, il primo imperatore della Cina, famoso per l'unificazione della lingua, del Paese, e il forte impulso dato alla costruzione della Grande Muraglia, ma anche per il rogo dei libri, che ha ispirato Ray Bradbury in Farenheit 451, e varie efferatezze. La produzione letteraria è proseguita con un altro romanzo, L'imperatrice e il dragone (ripubblicato come Il Tao del sesso), in cui si rievoca un'altra figura molto discussa, stavolta nella Cina medioevale, quella di Wu Zhao, la quale regnò per virtù propria, fondatrice di una sua dinastia, e non come semplice imperatrice vedova, altresì famosa per gli eccessi e le passioni sessuali. Anche di questa figura Arena dà un ritratto senza giudizi moralistici ed esaminandone i multiformi aspetti, come per il primo imperatore. In L'Ordine nero, ripubblicato come La svastica sul Tibet, si tratta della spedizione Schaefer, alla ricerca delle origini della razza umana e di ineffabili segreti magici. Nel gruppo di nazisti si trova anche il filosofo Leonard Mayer (personaggio inventato), alla ricerca del segreto della mente. In Il coraggio del samurai, si parla dell'arcano connubio tra samurai e ninja, e dei segreti di questi ultimi, descritti attraverso un gruppo di donne guerriere, la cui sovrana è la misteriosa Padrona, di cui si dice che abbia quattro secoli; si parla anche di Yoshitsune, un samurai del clan dei Minamoto, sfortunato quanto valoroso, ostile al fratello Yoritomo. Nell'ultimo romanzo pubblicato, La corda e il serpente, Arena si discosta dal romanzo storico e scrive un'opera sperimentale, dove la trama è un pretesto, e si nota l'influsso di William Burroughsanche di H.Lovecraft, per certi aspetti: nell'opera si parla di Atlantide, un mondo sommerso, distrutto da una catastrofe; il protagonista L., darà vita a una nuova specie umana.  Arena propone una personale versione della meditazione nella sua opera La Via del risveglio, Manuale di meditazione. Egli prende spunto dal buddhismo, vipassana e Zen, dal sufismo e da Georges Gurdjieff, dalla psicologia analitica di Carl Gustav Jung (il Libro rosso)[25] e dal lavoro sull'ipnosi di Milton Erickson. Una meditazione che conduce talvolta agli stati alterati di coscienza e permette di sviscerare il nudo nonsense, caposaldo della visione filosofica di Arena. Una meditazione che ha il suo supporto nella musica, la quale non ne costituisce solo il sottofondo, ma anche la base per approfondire le intuizioni che ne emergono. "Difficile separare la musica dalla meditazione", scrive Arena, "l'una porta all'altra".[26] Scopo della meditazione è anche attingere il non suono, categoria che Arena aveva sviscerato nei succitati studi su John Cage e Brian Eno. Una meditazione che attinge all'Oriente, ma fa tesoro delle conquiste psicologiche e spirituali dell'Occidente. Per indicare la modalità filosofica della pratica Arena propone una metafora: "La meditazione è premere il pulsante della consapevolezza".[27]  Dopo anni, e non sulla base di un ripensamento quanto di un ampliamento, Arena torna sul nonsense con una nuova riflessione, imperniata sul non sapere alla luce del buddhismo Chan/Zen nel suo complesso (non solo in riferimento a Bodhidharma), e soprattutto da non intendere come non sapere socratico. Il non sapere invita a diminuire la quantità di nozioni, a spogliare la mente dei preconcetti, principio che potrebbe essere il pilastro della scoperta scientifica. Lo anima il non pensiero, attività più affine alla intuizione, che usa la logica ponendola contro se stessa. Anche questa posizione, come quella relativa al nonsense nelle opere precedenti, mira all'acquisizione di un equilibrio psicofisico, all'autorealizzazione, al riparo da dogmatismi ed eurocentrismi. L'incontro con la nudità permetterà, nella solitudine esistenziale, di svelare nuove risorse nel soggetto, un incontro con se stessi fecondo e produttivo, senza entrare in polemica con alcuna visione filosofica, anzi ospitando visioni del mondo contrastanti. La contraddizione, implicita nel nonsense, è foriera di nuovi sviluppi teoretici, e consente di recuperare istanze che, nel pensiero occidentale, erano state sepolte dopo la demonizzazione dei sofisti.[28]  Opere Nietzsche-Wagner-Schopenhauer (Fermo, 1981) Il Vaisheshika Sutra di Kanada (Quattroventi, 1987) La filosofia di Novalis (Franco Angeli, 1987) Comprensione e creatività. La filosofia di Whitehead (Franco Angeli, 1989) Novalis, Polline (Studio Editoriale, 1989) Antologia della filosofia cinese (Arnoldo Mondadori Editore, 1991) Storia del buddhismo Ch'an (Mondadori, 1992) Il canto del derviscio (Mondadori, 1993) Il Nyaya Sutra di Gautama (Asram Vidya Edizioni, 1994) Antologia del Buddhismo Ch'an (Mondadori, 1995) Diario Zen (Rizzoli, 1995) I maestri (Mondadori, 1995) Haiku (Rizzoli, 1995; nuova ristampa: Al profumo dei pruni. L'armonia e l'incanto degli haiku giapponesi, Rizzoli ). Realtà e linguaggio dell'inconscio (Borla, 1995) Novalis, Enrico di Ofterdingen (Mondadori, 1995) Vivere il Taoismo (Mondadori, 1996) Il Sufismo (Mondadori, 1996) Il bimbo e lo scorpione (Mondadori, 1996) La grande dottrina e Il Giusto mezzo (opere confuciane) (Rizzoli, 1996) La filosofia indiana (Newton, 1996) Buddha (Newton, 1996) La via buddhista dell'illuminazione (Mondadori, 1997) Del nonsense (Quattroventi, 1997) Sun-tzu, L'arte della guerra (Rizzoli, 1997) Iniziazione all'autorealizzazione. Un percorso verso la consapevolezza (Edizioni Mediterranee, 1998) Chuang-tzu, Il vero libro di Nan-hua (Mondadori, 1998); Zhuangzi (Rizzoli, 2009). Poesia cinese dell'epoca T'ang (Rizzoli, 1998) La barriera senza porta (Mondadori, 2000) La filosofia cinese (Rizzoli, 2000) La storia di Rama (Mondadori, 2000) Nei-ching, canone di medicina cinese (Mondadori, 2001) I-ching. Il libro delle trasformazioni (Rizzoli, 2001) Samurai. Ascesa e declino di una nobile casta di guerrieri (Mondadori, 2002) Musashi, Il libro dei cinque anelli (Rizzoli, 2002) Kamikaze. L'epopea dei guerrieri suicidi giapponesi (Mondadori, 2003) (riedizione: ebook ) Hagakure, Il codice dei samurai (Rizzoli, 2003) La mente allo specchio (Mondadori, 2003) Il sogno della farfalla (Pendragon, 2003) Il libro della tranquillità. 100 koan del buddhismo Zen (Mondadori, 2004) Sun Pin, La strategia militare (Rizzoli, 2004) Dogen, Shobogenzo (Mondadori, 2005) Tecniche della meditazione taoista (Rizzoli, 2005; poi: Il tao della meditazione, Rizzoli, 2007) I 36 stratagemmi (Rizzoli, 2006) I guerrieri dello spirito (Mondadori, 2006) (riedizione: ebook, ). La lanterna e la spada (Piemme, 2007) Lo spirito del Giappone (Rizzoli, 2007) L'imperatrice e il dragone (Piemme, 2008) La pagoda magica e altri racconti per trovare la felicità dentro di sé (Piemme, 2008; poi: Il libro nella felicità, ebook, ) II pensiero indiano (Mondadori, 2008) Orient Pop. La musica dello spirito (Castelvecchi, 2008) L'arte della guerra e della strategia (Rizzoli, 2008) Il lago incantato. Racconti sull'amore (Piemme, 2009) L'ordine nero (Piemme, 2009) L'innocenza del Tao (Mondadori, ; reprint: ebook, ) Il maestro e lo sciamano (Piemme, ) Incontri di filosofia. La biblioteca di Babele,  I (Città di Ripatransone, ). Xunzi, L'arte confuciana della guerra (Rizzoli, ) Confucio (Mondadori, ) Il coraggio del samurai (Piemme, ) Nietzsche in Cina nel XX secolo (ebook, ) Incontri di filosofia. La filosofia come conoscenza di sé,  II (Città di Ripatransone, ). Memorie di un funambolo (ebook, ) Note ai margini del nulla (ebook, ) Nonsense o il senso della vita (ebook, ) La durata infinita del non suono (Mimesis, ) Il pennello e la spada. La Via del samurai (Mondadori, ) Introduzione al Sufismo (ebook, ). Un'ora con Heidegger (Mimesis, ). Introduzione alla storia del Buddhismo Ch'an (ebook, ). Il libro della tranquillità (Congronglu) 100 koan del Buddhismo Zen (ebook, ). L'arte del governo (Huainanzi) (Rizzoli, ). Heidegger, il Tao e lo Zen (ebook, ). Il Tao del sesso: La storia di Wu Zhao (ebook, ). La lanterna e la spada (riedizione: ebook, ). La svastica sul Tibet (ebook, ). Il libro dei segreti d'amore (ebook, ). All'ombra del maestro (ebook, ). Il Tao del non suono (ebook, ). La filosofia di David Sylvian. Incursioni nel rock postmoderno (Mimesis, ). Ikkyu poeta zen (ebook, ). La filosofia di Brian Eno. Filosofia per non musicisti (Mimesis, ). Novalis come alchimista (ebook, ) La filosofia di Robert Wyatt. Dadaismo e voceunlimited (Mimesis, ). Yogasutra (di Patanjali) (Rizzoli ). Sun-tzu: l'arte della guerra per conoscersi (ebook, ) La barriera senza porta (Wu-men kuan) 100 koan del buddhismo Zen (ebook, ). La comprensione negata (ebook, ). Buddha: La via del risveglio (ebook, ). Nagarjuna: la dottrina della via di mezzo (Zhonglun) (ebook, ). Il libro rosso di Jung (ebook, ). La storia di Rama (Ramayana) (nuova edizione: ebook, ). Sul nudo. Introduzione al Nonsense (Mimesis, ). Storia del pensiero indiano,  I (nuova edizione: ebook, ). Lacan Zen, L'altra psicoanalisi (Mimesis, ). Storia del pensiero indiano,  II (nuova edizione: ebook, ). Oltre il nirvana, ebook, . L'altro Derrida, ebook, . Watt, la cosa e il nulla. L'altro Beckett, ebook, . L'altro Wittgenstein, ebook, . Nietzsche, lo Zen, Bob Dylan. Un'autobiografia,  I, ebook, . L'altro Nietzsche, ebook, . Una introduzione alla filosofia di John Lennon, ebook, . Scelsi: Oltre l'Occidente, Crac Edizioni . La corda e il serpente, ebook, . Illusioni, ebook, . La filosofia di Sakamoto, Il Wabi/Sabi dei colori proibiti, Mimesis . La Via del risveglio, Manuale di meditazione, Milano, Rizzoli . Wenzi, Il vero libro del mistero universale. Un classico della filosofia taoista, L. V. Arena, Milano, Jouvence . La filosofia di John Lennon. Rock e rivoluzione dello spirito, Milano-Udine, Mimesis . Togliersi le idee. L'ombra del nonsense, ebook . Il Tao della pedagogia (selezioni da: Annali Primavere-Autunni di Lu Buwei) ebook, . Il libro segreto dei ninja: Shoninki, ebook . Ikkyu: l'Antibuddha, (poesie in traduzione dal giapponese) ebook . Confucio come counselor, ebook . Miyamoto Musashi: Dokkodo, ebook . Quanti orientali. Oltre il Tao della fisica, ebook . Daodejing: Laozi come counselor, ebook . Zhuangzi: i capitoli interni, ebook . Bhagavad Gita, ebook . Qohelet, l'interpretazione "orientale", ebook . Il pensiero giapponese. L'età moderna e contemporanea, Jouvence . La filosofia di Bob Dylan, Mu Machine Collection , ebook . Zhuangzi: i capitoli esterni,Mu Machine Collection, ebook . Zhuangzi: miscellanea, Mu Machine Collection,ebook . La raccolta della roccia blu (i cento koan del Biyanlu),Mu Machine Collection, ebook . Basho:Haiku, Mu Machine Collection, ebook . Vivere il taoismo, Mu Machine Collection, ebook . Il libro rosso di Jung: Liber Primus, Mu Machine Collection, ebook . Storia del pensiero indiano,  II, Mu Machine Collection, ebook . Storia del pensiero indiano,  III, Mu Machine Collection, ebook . Storia del pensiero indiano,  IV, Mu Machine Collection, ebook . Il libro rosso di Jung: Liber Secundus, Mu Machine Collection, ebook . L'antistoria della filosofia, Mu Machine Collection, ebook . Zen contro Zen, Mu Machine Collection, ebook . I greci in Oriente, Mu Machine Collection, ebook . Liezi il libro taoista della verità, Mu Machine Collection, ebook . Lo spirito del samurai: Budoshoshinshu, Mu Machine Collection, ebook . Il giardino nascosto (sul tempo), Mu Machine Collection, ebook . Neijing il canone di medicina cinese, Mu Machine Collection, ebook  (nuova edizione). Dogen Shobogenzo, Mu Machine Collection, ebook  (nuova edizione). Guida al cinese classico, Mu Machine Collection, ebook . Nascita di un samurai, Mu Machine Collection, ebook . Il Canone di Mozi. La logica cinese, Mu Machine Collection, ebook . Jung Zen, Mu Machine Collection, ebook . In Inglese Nonsense as the Meaning, ebook, . Nietzsche in China in the 20th Century, ebook, . The Shadows of the Masters, ebook, . An Introduction to Sufism, ebook, . The Dervish, ebook, . Cage Nagarjuna Wittgenstein, ebook, . Nosound, ebook, . The Red Book of Jung, ebook, . Illusions, ebook, . The Book On Happiness, ebook . On Nudity. An Introduction to Nonsense, Mimesis International . David Sylvian As A Philosopher, Mimesis International . In Spagnolo El canto del derviche. Parabolas de la sabiduria Sufi, Grijalbo, Barcelona 1997. In Francese Sur le nu. Introduction à la philosophie du Nonsense, Editions Mimésis, . Note  L. V. Arena, Nonsense o il senso della vita, ebook , cap. 1  Nonsense o il senso della vita, cap. 6  L. V. Arena, La durata infinita del non suono, Mimesis   L. V. Arena, Il tao del non suono, ebook   L. V. Arena, Una introduzione alla filosofia di John Lennon, Kindle Edition   L. V. Arena, La filosofia di David Sylvian. Incursioni nel rock postmoderno, Milano, Mimesis   L. V. Arena, La filosofia di Brian Eno, Milano, Mimesis, .  L. V. Arena, La filosofia di Robert Wyatt, Milano, Mimesis, .  L. V. Arena, Scelsi: Oltre l'Occidente, Falconara Marittima, Crac Edizioni, .  L. V. Arena, La filosofia di Sakamoto, Il Wabi/Sabi dei colori proibiti, Milano-Udine, Mimesis, ..  L. V. Arena, Orient pop. La musica dello spirito, Roma, Castelvecchi, 2007.  Nagarjuna, The Philosophy of the Middle Way, D. Kalupahana, Albany, 1986  L. Wittgenstein, Tractatus Logico-philosophicus, Torino, Einaudi 1984  L. V. Arena, Note ai margini del nulla, ebook , passim  L. V. Arena, Note ai margini del nulla, ebook , cap. 1  Biyanlu, 1  Leonardo Vittorio Arena, Zhuangzi: I capitoli interni, ebook ; Idem, Zhuangzi: i capitoli esterni, ebook , idem, Zhuangzi: Miscellanea. ebook ..  Contra Kant, Critica della ragion pura, Roma-Bari, Laterza 1979, p.281  Nonsense o il senso della vita, Appendice  L. V. Arena, La comprensione negata, ebook, .  Leonardo V. Arena, La filosofia di Bob Dylan, Collezione Mu Machine, ebook ..  Leonardo V. Arena, Nietzsche, lo Zen, Bob Dylan, Autobiografia,  I, ebook .  L. V. Arena, Illusioni, Kindle Edition, .  L. V. Arena, La Via del risveglio, Manuale di meditazione, Milano, Rizzoli ..  Leonardo Vittorio Arena, Il libro rosso di Jung, ebook .  Ibidem13.  Ibidem15.  L. V. Arena, Togliersi le idee, L'ombra del nonsense, .. Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Leonardo Vittorio Arena  Nonsense o il senso della vita, su amazon. Note ai margini del nulla, su amazon. L'attività accademica di Leonardo Vittorio Arena [collegamento interrotto], su uniurb. Il blog filosofico di Leonardo Vittorio Arena, su leonardovittorioarena.wordpress.com. L'autobiografia, su amazon. Filosofia Letteratura  Letteratura Religioni  Religioni Storia  Storia Filosofo del XXI secoloOrientalisti italianiStorici delle religioni italiani 1953 Ripatransone

 

armetta: Grice: “I like Armetta; he is into ‘dialogue,’ I am into conversation. I once suggested to Strawson that he should write a dissertation on the distinction betweehn dia-logos and cum-versatio, but he said that ‘converse’ is used to mean ‘make out’ in the Bible, while ‘dialogue’ ain’t!” -- Francesco Armetta (Palermo), filosofo. Principale allievo di Santino Caramella, di cui cura il lascito.   Si è laureato in Filosofia presso l’Palermo con Santino Caramella, di cui è diventato subito assistente universitario. Con lui e gli altri allievi e collaboratori ha fondato la rivista di filosofia «Dialogo» (1964-1974); dal 1960 al 1992 ha insegnato nei licei di stato (per un lungo periodo di tempo presso il Liceo Ginnasio Vittorio Emanuele II); dal 1981 insegna presso la Pontificia Facoltà Teologia di Sicilia «San Giovanni Evangelista», prima come docente incaricato di Dottrine filosofiche e fino al 2004 anche di Logica; ha fatto parte della segreteria della Rivista della Facoltà per un decennio fino al 1998 e sin dall’anno accademico 1985 è Segretario Generale della medesima Facoltà.  Pensiero Il pensiero di Armetta è una rilettura del neoidealismo crociano e gentiliano sulla base dello spiritualismo cristiano. I suoi studi sono rivolti soprattutto alla storia del pensiero filosofico e teologico in Sicilia, e sono culmila curatela del monumentale Dizionario Enciclopedico dei pensatori e dei teologi di Sicilia.  Pubblicazioni La filosofia del volere da Omero a Platone (1969); Storia e idealità in S. Kierkegaard (1972) L’uomo come natura (1988) Guida agli scritti di Santino Caramella (1991) Teoria e pratica in Santino Caramella (1991) Caramella e Gobetti. Un rapporto oscurato (1993) Il Carteggio CaramellaCroce (1997) Il carteggio tra Caramella e Lombardo Radice 1919-1935 (2001) Principali curatele S. Caramella, Per una società in dialogo (1988); Il pensiero filosofico in Sicilia (1995). F. Pizzolato, Elementi di ideologia (2002); S. Calcara, Istituzioni ideologiche (2005). Rosario La Duca. Guida agli scritti () La toponomastica di TerrasiniFavarotta () Dizionario enciclopedico dei pensatori e dei teologi di Sicilia. Secc. XIX e XX, Sciascia Editore, Caltanissetta-Roma , voll.6. Dizionario enciclopedico dei pensatori e dei teologi di Sicilia. Dalle origini al sec XVII, Sciascia Editore, Caltanissetta-Roma , voll.12. Riconoscimenti Papa Benedetto XVI lo ha insignito del titolo di Cavaliere Commendatore dell'Ordine di S. Silvestro (13 febbraio ).  Note  Caltanissetta, Sciascia Editore, . Filosofia Filosofo del XX secoloFilosofi italiani Professore1928 Palermo

 

ARRIGHETTI:Grice: “I like Arrighetti: his forte was Aristotle’s rhetoric, and he was very popular with the Accademia degli Ardenti, and later with a subgroup of this, The Accademia degli Svelati (which later merged with the Accademia dei Lunatici); his other forte was the distinction between ‘oratio’ and ‘oratio vvocalis’ – “Os” is of course Romann for ‘mouth’ – but figuratively for ‘linguaggio’ – (after all, the tongue is IN the mouth). I happen to prefer ‘mouth,’ because Roman ‘os’ is related to ‘essere’: you are who you are, i.e. you exist, because you can breathe through your mouth. --  Filippo Arrighetti (Firenze), filosofo. Appartenente a una nobile famiglia fiorentina, studiò la lingua Greca e le filosofie Aristotelica e Platonica nelle Pisa e di Padova. Dedicatosi agli studi teologici, venne ascritto al Corpo dei Teologi dell'Università Fiorentina il 20 novembre del 1631. Il Pontefice Urbano VIII, che aveva molta stima per il giovane, lo creò Canonico Penitenziere della Cattedrale di Firenze e esaminatore sinodale, posizione che mantenne fino alla morte. Arrighetti morì il 27 novembre del 1662 all'età di 80 anni. Fu uno dei membri più illustri dell’Accademia Fiorentina e di quella degli Alterati fra i quali si chiamò Fiorito.  Opere Arrighetti non pubblicò nessuna delle sue opere, che rimasero tutte manoscritte. Fu autore di un commento alla Retorica di Aristotele (La Rettorica d'Aristotele tradotta e spiegata, in 56 lezioni recitate nell'Accademia Fiorentina), che lesse in una serie di conferenze presso l'Accademia di Firenze. Realizzò inoltre una traduzione in italiano della Poetica di Aristotele (La Poetica d'Aristotele tradotta, spiegata e recitata nell'Accademia degli Svogliati di Pisa), letta di fronte all'Accademia degli Svogliati di Pisa. Presso l'Accademia fiorentina tenne quattro conferenze sulla lussuria, il riso, il talento e l'onore (Quattro Discorsi Accademici; cioè, del Piacere, del Riso, dell’ Ingegno, e dell’ Onore, recitati nell'Accademia Fiorentina). Scrisse anche una biografia del famoso missionario gesuita Francesco Saverio (Vita di S. Francesco Saverio estratta dalle relazioni, fatte in Concistoro da Francesco Maria Cardinale del Monte) e vari sermoni e opere spirituali.  La Rettorica d'Aristotile spiegata in 56 Lezioni recitate nell'Accademia Fiorentina; La Poetica d'Aristotile tradotta e spiegata e recitata nell'Accademia degli svogliati in Pisa; Quattro Discorsi Accademici cioè del Piacere, del Riso, dell'Ingegno e dell'Onore recitati nell'Accademia Fiorentina; Sermoni Sacri Volgari e Latini fatti in varie Chiese e Compagnie di Firenze; Vita di S. Francesco Saverio estratta dalle relazioni fatte in Concistoro da Francesco Maria Cardinale del Monte; Discorso sopra l'Orazione vocale e mentale; Tractatus de iis quae necesitate medii et precepti credenda sunt. Note  Arrighetti (Philippe), in: Louis Gabriel Michaud : Biographie universelle ancienne et moderne, 2ª edizione 1843,  2291.  Arrighetti, Filippo. In: The Biographical Dictionary of the Society for the Diffusion of Useful Knowledge,  3, 2 (1844)641 sg.  Arrighetti (Philippe), in: Nouvelle biographie générale, 1852–66,  3358 Arrighetti, Filippo. In: The Biographical Dictionary of the Society for the Diffusion of Useful Knowledge,  3, 2 (1844)641 sg. Biografie  Biografie Cattolicesimo  Cattolicesimo Filosofia Categorie: Religiosi italianiFilosofi italiani del XVI secoloFilosofi italiani del XVII secoloGrecisti italiani 1582 1662 27 novembre Firenze PadovaTraduttori dal greco all'italiano

 

Assunto: Grice: “I like Assunto; of course in Italy they take aesthetics seriously; my wife would say that they ONLY take aesthetics seriously! And I would correct her, ‘You mean that they take only aesthetics seriously,’ and she would re-correct me, ‘Whatever, dear.’” – “Anyhow, Assunto is best known in Italy as a historian, but he fails to see that when at Clifton we speak of the classics we mean the timeless – my timeless meaning was meant as a Cliftonianism! So Assunto is lacking background when he equates classicism, or worse, neo-classicism of the Canova type popular in London, as dealing with ‘l’antichita’ – that would have offend Canova: his statues were meant to represent Platonic timeless ideas or ideals!” Grice: “Gilbert and Leighton are very explicit about this in ‘The Artist’s Model’!” “Then Assunto thinks he can play with a fictiotious dichotomy between ‘l’antico’ and ‘il non-antico.’” Grice: “I treasure Millais’s slogan that at the Royal Academy, he had to do only TWO things: draw naked men ‘from nature’ – or draw naked men ‘dall’antico’!” – Grice: “As Millais suddently realised: ‘We found out that there were no English types that would represent the ‘antico’, or timeless ideal, so we had to deal with Italian models!” -- L'uomo che contempla il giardino vivendo il giardino [...] solleva se stesso al di sopra della propria caducità di mero vivente.»  -- Ontologia e teleologia del giardino)  Rosario Assunto (Caltanissetta), filosofo. Ha compiuto i suoi studi secondari presso il Liceo Classico di Caltanissetta nella sua città natale. Laureato in Giurisprudenza è stato avviato alla filosofia da Pantaleo Carabellese professore di filosofia teoretica presso l'Roma.  È stato docente di Estetica a Urbino dal 1956 e titolare dal 1981 della cattedra di Storia della filosofia italiana presso la Facoltà di Magistero a Roma.  «Il suo insegnamento è anticonformista, fortemente intriso di contraddittorio. Ma forse proprio per questo motivo, quando arriva il Sessantotto, il filosofo sceglie la via della controrivolta: quella che passa attraverso l'élite. Rifiuta di adeguarsi al voto politico, si oppone ai collettivi e agli insegnamenti assembleari. I suoi allievi non si oppongono al suo rifiuto, anzi con questo comportamento Assunto riesce ad attirarsi la stima di molti esponenti del Movimento studentesco. Talmente rivoluzionario da divenire reazionario, Rosario Assunto dagli anni Settanta in poi avrà un atteggiamento sempre più schivo...»  Un isolamento, il suo, iniziato col Sessantotto, ma poi sempre più accentuato; infine, si chiuse nei suoi studi e nelle sue speculazioni dopo la morte della moglie, la storica dell'arte Wanda Gaeta, molto amata («Sono la fotocopia di lei, che è stata uccisa dal mio stesso male») .  A Roma fu molto amico di Giulio Carlo Argan pur contrastando le sue idee politiche.  Pensiero Rosario Assunto, interessato ai temi estetici della filosofia da un punto di vista storico e teoretico li ha trattati non solo come tipici della filosofia dell'arte e del bello ma considerandoli coincidenti con la filosofia stessa giudicata come pura estetica. Egli si rifà a Baumgarten, Cartesio, Leibniz, Kant esaminati soprattutto per la loro concezione dell'uomo e del suo rapporto con la natura. Una visione tradizionalista della filosofia, proprio nel momento in cui l'estetica si rivolgeva alla semiotica, che isolò Assunto soprattutto in Italia, mentre in Germania veniva tradotto e apprezzato.  Assunto ha rappresentato una delle voci più significative all'interno del dibattito filosofico estetico del Novecento. Vivamente interessato all'estetica dei giardini anticipa largamente nelle sue opere alcuni rilevanti concetti per la riflessione più recente, come per esempio quello di "estetica del paesaggio", che hanno ispirato i temi ambientalisti sulla tutela e conservazione del paesaggio, naturale o elaborato dall'uomo, che egli definisce «Spazio limitato, ma aperto; presenza, e non rappresentazione, dell'infinito nel finito».  Opere Teatro, cinematografo e radio, in "Civiltà fascista", a. VII, n. 1, gennaio 1940. Il teatro nell'estetica di Platone, in "Rivista italiana del teatro", n. 4, 1943. Curatela di Heinrich von Kleist, Michele Kohlhaas, Torino, Einaudi, 1946. Essere e valore nella filosofia di C. A. Sacheli, in "Rivista di storia della filosofia", a. II, fasc. 3-4, 1947. L'educazione estetica, Milano, Viola, 1950. Educazione pubblica e privata, Milano, Viola, 1950. La pedagogia greca, Milano, Viola, 1952. Forma e destino, Milano, Edizioni di comunità, 1957. L'integrazione estetica. Studi e ricerche, Milano, Edizioni di comunità, 1959. Teoremi e problemi di estetica contemporanea. Con una premessa kantiana, Milano, Feltrinelli, 1960. La critica d'arte nel pensiero medioevale, Milano, Il saggiatore, 1961. Estetica dell'identità. Lettura della Filosofia dell'arte di Schelling, Urbino, STEU, 1962. Giudizio estetico, critica e censura. Meditazioni e indagini, Firenze, La nuova Italia, 1963. Die Theorie des Schönen in Mittelalter, Koln, DuMont, 1963. Stagioni e ragioni nell'estetica del Settecento, Milano, Mursia, 1967. L'automobile di Mallarmé e altri ragionamenti intorno alla vocazione odierna delle arti, Roma, Ateneo, 1968. L'estetica di Immanuel Kant, una antologia dagli scritti a cura di, Torino, Loescher, 1971. Hegel nostro contemporaneo, con Raffaello Franchini e Mario Pensa, Roma, Unione italiana per il progresso della cultura, 1971. Il paesaggio e l'estetica I, Natura e storia, Napoli, Giannini, 1973. II, Arte, critica e filosofia, Napoli, Giannini, 1973. L'antichità come futuro. Studio sull'estetica del neoclassicismo europeo, Milano, Mursia, 1973. Ipotesi e postille sull'estetica medioevale. Con alcuni rilievi su Dante teorizzatore della poesia, Milano, Marzorati, 1975. Libertà e fondazione estetica. Quattro studi filosofici, Roma, Bulzoni, 1975. Intervengono i personaggi (col permesso degli autori), Napoli, Società editrice napoletana, 1977 (nuova edizione: Torino, Aragno, , con una postfazione di E. Cutinelli-Rendina). Specchio vivente del mondo. Artisti stranieri in Roma, 1600-1800, Roma, De Luca, 1978. Alfred Hohenegger. Esploratore del possibile, con Gustav René Hocke e Elio Mercuri, Roma, De Luca, 1979. Infinita contemplazione. Gusto e filosofia dell'Europa barocca, Napoli, Società editrice napoletana, 1979. Filosofia del giardino e filosofia nel giardino. Saggi di teoria e storia dell'estetica, Roma, Bulzoni, 1981. La città di Anfione e la città di Prometeo. Idea e poetiche della città, Milano, Jaca book, 1984.  88-16-40120-6. La parola anteriore come parola ulteriore, Bologna, il Mulino, 1984.  88-15-00645-1. Il parterre e i ghiacciai. Tre saggi di estetica sul paesaggio del Settecento, Palermo, Novecento, 1984.  88-373-0012-3. Verità e bellezza nelle estetiche e nelle poetiche dell'Italia neoclassica e primoromantica, Roma, Quasar, 1984.  88-85020-48-8. Ontologia e teleologia del giardino, Milano, Guerini, 1988.  88-7802-026-5. Leopardi e la nuova Atlantide, Napoli, Istituto Suor Orsola Benincasa-Edizioni scientifiche italiane, 1988.  88-7104-060-0. La natura, le arti, la storia. Esercizi di estetica, Milano, Guerini studio, 1990.  88-7802-163-6. Giardini e rimpatrio. Un itinerario ricco di fascino attraverso le ville di Roma, in compagnia di Winckelmann, di Stendhal, dei Nazareni, di D'Annunzio, Roma, Newton Compton, 1991.  88-7780-683-4. La bellezza come assoluto, l'assoluto come bellezza. Tre conversazioni a due o più voci, Palermo, Novecento, 1993.  88-373-0182-0. Il sentimento e il tempo, antologia Giuseppe Brescia, Andria, Grafiche Guglielmi, 1997. Note  Rosario Assunto, Ontologia e teleologia del giardino, Guerini e Associati, 1994,  978-88-7802-513-4.  Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche, su emsf.rai. 24 agosto  26 agosto ).  Paola Nicita, Assunto scandaloso esteta, La Repubblica, 13 maggio 2006  Cutinelli-Rendina, Emanuele, Il Sessantotto di Rosario Assunto, Ventunesimo secolo : rivista di studi sulle transizioni : 22, 2, , Soveria Mannelli : Rubbettino, .  Op. cit. ibidem  Assunto scrisse contro il progetto politico della realizzazione del ponte di Messina  Antonio Debenedetti, Rosario Assunto, filosofo delle forme, Corriere della Sera, 25 gennaio 1994, p.27  Claude Raffestin, Dalla nostalgia del territorio al desiderio di paesaggio. Elementi per una teoria del paesaggio, Alinea Editrice, 2005 p.90  Marisa Sedita Migliore, Il giardino: mito estetico di Rosario Assunto, Società Dante Alighieri, 2000. Teresa Calvano, Viaggio nel pittoresco: il giardino inglese tra arte e natura, Donzelli Editore, 1º gennaio 1996,  139–,  978-88-7989-218-6. Claudia Cassatella, Enrica Dall'Ara e Maristella Storti, L'opportunità dell'innovazione, Firenze University Press, 2007,  191–,  978-88-8453-564-1. Francesca Marzotto Caotorta, All'ombra delle farfalle. Il giardino e le sue storie, Edizioni Mondadori, ,  207–,  978-88-04-61114-1. Domenico Luciani, Luoghi, forma e vita di giardini e di paesaggi: Premio internazionale Carlo Scarpa per il giardino, 1990-1999, Fondazione Benetton Studi Ricerche, 2001. Pier Fausto Bagatti Valsecchi e Andreas Kipar, Il giardino paesaggistico tra Settecento e Ottocento in Italia e in Germania: Villa Vigoni e l'opera di Giuseppe Balzaretto, Guerini, 1º gennaio 1996,  978-88-7802-665-0. Emanuele Cutinelli-Rendina, Il Sessantotto di Rosario Assunto (con un carteggio inedito), in «Ventunesimo secolo», VI (2009),  45-57. Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Rosario Assunto Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Rosario Assunto Opere di Rosario Assunto, . Rosario Assunto, su Goodreads. Filosofia Filosofo Professore1915 1994 28 marzo 24 gennaio Caltanissetta Roma

 

astorini:  Grice: “I like Astorini, but more so does Sir Peter, vide his section on ‘Space’ in “Individuals: an essay in descriptive metaphysics”: ‘Surely we wouldn’t have space as we know it if it were not for Astorini.’” --  “La vivacità del suo ingegno, e il desiderio di apprendere cose nuove, lo indusse a spogliarsi de' pregiudizi del secolo, e a studiare attentamente gli scrittori della moderna filosofia; e conosciuta la forza delle loro ragioni, ardì dichiararsi nemico del Peripato; al che avendo congiunto lo studio delle lingue ebraica e siriaca, ei cadde presso alcuni in sospetto di novatore, e per poco non si attribuì ad arte magica ciò che era frutto del raro suo ingegno e del suo instancabile studio.” (Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, volume XIV, tomo VIII) Elia Astorini, (o Astorino), al secolo Tommaso Antonio Astorini (Albidona), filosofo. Il suo luogo di nascita resta ancora oggi un grande interrogativo; il Napoli Signorelli nelle sue Vicende della Coltura nelle Due Sicilie o sia storia ragionata (1786), il Tiraboschi nella Storia della letteratura italiana (1833), il Morelli di Gregorio e il Panvini nella Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli (1825) e altri attestano Albidona come paese di nascita del letterato, mentre altri considerano i paesi di Cirò o di Cerenzia. Niccola Falcone nella sua Biblioteca storica topografica delle Calabrie (1846) ritiene deboli "gli argomenti esposti da un ingegnoso giovane di Cirò [...] il quale [...] volle onorare la sua patria della nascita dell'Astorino".  Così afferma anche l'abate Giacinto Gimma, suo più grande biografo, che conobbe l'Astorini a Bari e rimase illuminato dalla sua dottrina e dal suo sapere. Lo stesso lo ricorda nato, appunto, ad Albidona, e questa rappresenta una delle tesi che mostrano più veridicità, considerando il fatto che fu l'unico di tutti gli autori che ne parlarono, a conoscerlo e frequentarlo personalmente negli anni della sua permanenza a Bari.   «Molti altri scrittori presero a difendere l'autorità del romano pontefice e a sostenere la Chiesa cattolica romana contro i nimici della medesima. Tre soli ne accennerò per amore di brevità: IlElia Astorini, carmelitano, con tanto maggior vigore si accinse a difenderla, quanto più avea per sua sventura potuto comprendere la debolezza dell'armi con cui essa era oppugnata. Egli era nato in Albidona nella provincia di Cosenza nel regno di Napoli nel 1651 [...].»  (Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, volume XIV, tomo VIII) «Vari luoghi della Calabria Citeriore han preteso all'onore di aver dato i natali a questo insigne soggetto, ma noi crediamo rimuovere ogni dubbio intorno al luogo di lui natìo, seguendo in questo punto l'opinione del Zavarrone nella sua Biblioteca Calabra, il quale afferma esser egli nato nella Città di Cirò, detta anticamente Cremissa, luogo non ignobile del Paese de' Bruzi, dove questa famiglia vive ancor oggi onorevolmente.»  (Niccolò Morelli, Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, 1826) «Del carmelitano Elia Astorini nato il dì 5 di gennaio del 1651 in Albidona nella Calabria citeriore, e morto il dì 4 di aprile del 1702 in Terranova, hanno delle opere rispettive favellato con sufficiente accuratezza [...].»  (Pietro Napoli-Signorelli, Vicende della coltura nelle due Sicilie, tomo V, 1812) «Molti scrittori di materie ecclesiastiche rilussero in questo secolo, e fra i più celebri si annoverano: primo, ilElia Astorini, carmelitano, nato in Albidona, nella provincia di Cosenza, nell'anno 1651. [...]»  (Annibale di Niscia, Storia civile e letteraria del Regno di Napoli, volume I, 1846) Vita e opere Attestandosi ai testi suddetti, Elia Astorini nacque nel 1651 a Albidona, dove studiò con il padre Diego, medico in loco, la grammatica, la retorica e la lingua greca. All'età di 16 anni si trasferì a Cosenza per completare gli studi e poi a Napoli per apprendere gli studi di filosofia, e di teologia a Roma, dove fu insignito dalla corte papale del compito di scrivere alcuni annali. In questo periodo pubblicò il trattato De vitali aeconomia foetus in utero (1686) e poi pubblicò alcune opere di matematica e geometria, come gli Elementa Euclidis ad usum...nova methodo et compendiare olim demonstrata e un Decamerone pitagorico. Dopo alcuni anni lasciò l'Italia per raggiungere la Svizzera e la Germania, ma in quei territori, come la città di Groninga, riscontrò una notevole influenza religiosa protestante e poiché "il conversar co' i teologi protestanti gli fece conoscere chiaramente che fuor dalla Chiesa cattolica non v'era unità di fede" (Storia della letteratura italiana, Tiraboschi, 1812), decise di tornare in patria. Trascorse gli ultimi anni della sua vita in un convento di Terranova, feudo del paese di Tarsia, dove morì nel 1702 all'età di 51 anni.  Note  Giacinto Gimma, Elogi Accademici Della Società Degli Spensierati Di Rossano, Troise, 1703. 7 dicembre .  Si tratta di Francesco Zavarrone (Montalto Uffugo, 1672Roma, 1740), religioso dell'ordine dei Minimi e teologo al servizio di illustri politici, come Augusto III re di Polonia e pontefici. Fu lettore del collegio urbano Propaganda Fide e consultore del Tribunale dell'Inquisizione.  Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, Parte I, Libro III, par. V ("Notizie e opere delElia Astorini"), Firenze: Molini, Landi e C.o,  110-11, 1812 (Google libri) Pietro Napoli-Signorelli, Vicende della Coltura nelle Due Sicilie o sia storia ragionata, 1784  9781145973954 Niccolò Morelli di Gregorio, Pasquale Panvini (Domenico Martuscelli), Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, ornata de loro rispettivi ritratti, N. Gervasi, 1826  9781145650077 Niccola Falcone, Biblioteca storica topografica delle Calabrie (seconda edizione), 1846  9781104076337  Elia Astorini, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Elia Astorini, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.  Filosofi italiani del XVII secoloMatematici italiani Professore1651 1702 5 gennaio 4 apriled Albidona Terranova da SibariCarmelitani

 

Austin -- , the other uastin. austinian: J.: discussed by Grice in his explorations on moral versus legal right. English legal philosopher known especially for his command theory of law. His career as a lawyer was unsuccessful but his reputation as a scholar was such that on the founding of  , London, he was offered the chair of jurisprudence. In 1832 he published the first ten of his lectures, compressed into six as The Province of Jurisprudence Determined. Although he published a few papers, and his somewhat fragmentary Lectures on Jurisprudence 1863 was published posthumously, it is on the Province that his reputation rests. He and Bentham his friend, London neighbor, and fellow utilitarian were the foremost English legal philosophers of their time, and their influence on the course of legal philosophy endures. Austin held that the first task of legal philosophy, one to which he bends most of his energy, is to make clear what laws are, and if possible to explain why they are what they are: their rationale. Until those matters are clear, legislative proposals and legal arguments can never be clear, since irrelevant considerations will inevitably creep in. The proper place for moral or theological considerations is in discussion of what the positive law ought to be, not of what it is. Theological considerations reduce to moral ones, since God can be assumed to be a good utilitarian. It is positive laws, “that is to say the laws which are simply and strictly so called, . . . which form the appropriate matter of general and particular jurisprudence.” They must also be distinguished from “laws metaphorical or figurative.” A law in its most general senseis “a rule laid down for the guidance of an intelligent being by an intelligent being having power over him.” It is a command, however phrased. It is the commands of men to men, of political superiors, that form the body of positive law. General or comparative jurisprudence, the source of the rationale, if any, of particular laws, is possible because there are commands nearly universal that may be attributed to God or Nature, but they become positive law only when laid down by a ruler. The general model of an Austinian analytic jurisprudence built upon a framework of definitions has been widely followed, but cogent objections, especially by Hart, have undermined the command theory of law. 

 

austin:  Grice: “Never to be confused with David Austin, of rosarian infame!” -- Grice referred to him as “Austin the younger,” in opposition to “Austin the elder”(Austin never enjoyed the joke). j. l. H. P. Grice, “The Austinian Code.” English philosopher, a leading exponent of postwar “linguistic” philosophy. Educated primarily as a classicist at Shrewsbury and Balliol , Oxford, he taught philosophy at Magdalen . During World War II he served at a high level in military intelligence, which earned him the O.B.E., Croix de Guerre, and Legion of Merit. In 2 he became White’s Professor of Moral Philosophy at Oxford, and in 5 and 8 he held visiting appointments at Harvard and Berkeley, respectively. In his relatively brief career, Austin published only a few invited papers; his influence was exerted mainly through discussion with his colleagues, whom he dominated more by critical intelligence than by any preconceived view of what philosophy should be. Unlike some others, Austin did not believe that philosophical problems all arise out of aberrations from “ordinary language,” nor did he necessarily find solutions there; he dwelt, rather, on the authority of the vernacular as a source of nice and pregnant distinctions, and held that it deserves much closer attention than it commonly receives from philosophers. It is useless, he thought, to pontificate at large about knowledge, reality, or existence, for example, without first examining in detail how, and when, the words ‘know’, ‘real’, and ‘exist’ are employed in daily life. In Sense and Sensibilia 2; compiled from lecture notes, the sense-datum theory comes under withering fire for its failings in this respect. Austin also provoked controversy with his well-known distinction between “performative” and “constative” utterances ‘I promise’ makes a promise, whereas ‘he promised’ merely reports one; he later recast this as a threefold differentiation of locutionary, illocutionary, and perlocutionary “forces” in utterance, corresponding roughly to the meaning, intention, and consequences of saying a thing, in one context or another. Though never very stable or fully worked out, these ideas have since found a place in the still-evolving study of speech acts.  austinian code, The: The jocular way by Grice to refer to ‘The Master,’ whom he saw wobble on more than one occasion. Grice has mixed feelings (“or fixed meelings, if you prefer”) about Austin. Unlike Austin, Grice is a Midlands scholarship boy, and ends up in Corpus. One outcome of this, as he later reminisced is that Austin never cared to invite him to the Thursday-evenings at All Souls“which was alright, I suppose, in that the number was appropriately restricted to seven.” But Grice confessed that he thought it was because “he had been born on the wrong side of the tracks.” After the war, Grice would join what Grice, in fun, called “the Playgroup,” which was anything BUT. Austin played the School Master, and let the kindergarten relax in the sun! One reason Grice avoided publication was the idea that Austin would criticise him. Austin never cared to recognise Grice’s “Personal Identity,” or less so, “Meaning.” He never mentioned his “Metaphysics” third programme lecturebut Austin never made it to the programme. Grice socialized very well with who will be Austin’s custodians, in alphabetical order, Urmson and Warnock“two charmers.” Unlike Austin, Urmson and Warnock were the type of person Austin would philosophise withand he would spend hours talking about visa with Warnock. Upon Austin’s demise, Grice kept with the ‘play group’, which really became one! Grice makes immense references to Austin. Austin fits Grice to a T, because of the ‘mistakes’ he engages in. So, it is fair to say that Grice’s motivation for the coinage of implicaturum was Austin (“He would too often ignore the distinction between what a ‘communicator’ communicates and what his expression, if anything, does.”). So Grice attempts an intention-based account of the communicator’s message. Within this message, there is ONE aspect that can usually be regarded as being of ‘philosophical interest.’ The ‘unnecessary implicaturum’ is bound to be taken Austin as part of the ‘philosophical interesting’ bit when it ’t. So Grice is criticizing Austin for providing the wrong analysis for the wrong analysandum. Grice refers specifically to the essays in “Philosophical Papers,” notably “Other Minds” and “A Plea for Excuses.” But he makes a passing reference to “Sense and Sensibilia,” whose tone Grice dislikes, and makes a borrowing or two from the ‘illocution,’ never calling it by that name. At most, Grice would adapt Austin’s use of ‘act.’ But his rephrase is ‘conversational move.’ So Grice would say that by making a conversational ‘move,’ the conversationalist may be communicating TWO things. He spent some type finding a way to conceptualise this. He later came with the metaphor of the FIRST-FLOOR act, the MEZZANINE act, and the SECOND-FLOOR act. This applies to Fregeianisms like ‘aber,’ but it may well apply to Austinian-code type of utterances.  austinianism: Grice felt sorry for Nowell-Smith, whom he calls the ‘straight-man’ for the comedy double act with Austin at the Play Groups. “I would say ‘on principle’”“I would say, ‘no, thanks.” “I don’t understand Donne.” “It’s perfectly clear to me.” By using Nowell-Sith, Grice is implicating that Austin had little manners in the ‘play group,’ “And I wasn’t surprised when Nowell-Smith left Oxford for good, almost.” Not quite, of course. After some time in the extremely fashionable Canterbury, Nowell-Smith returns to Oxford. Vide: nowell-smithianism. -- speech act theory, the theory of language use, sometimes called pragmatics, as opposed to the theory of meaning, or semantics. Based on the meaninguse distinction, it categorizes systematically the sorts of things that can be done with words and explicates the ways these are determined, underdetermined, or undetermined by the meanings of the words used. Relying further on the distinction between speaker meaning and linguistic meaning, it aims to characterize the nature of communicative intentions and how they are expressed and recognized. Speech acts are a species of intentional action. In general, one and the same utterance may comprise a number of distinct though related acts, each corresponding to a different intention on the part of the speaker. Beyond intending to produce a certain sequence of sounds forming a sentence in English, a person who utters the sentence ‘The door is open’, e.g., is likely to be intending to perform, in the terminology of J. L. Austin How to Do Things with Words, 2, 1 the locutionary act of saying expressing the proposition that a certain door is open, 2 the illocutionary act of making the statement expressing the belief that it is open, and 3 the perlocutionary act of getting his listener to believe that it is open. In so doing, he may be performing the indirect speech act of requesting illocutionary the listener to close the door and of getting perlocutionary the hearer to close the door. The primary focus of speech act theory is on illocutionary acts, which may be classified in a variety of ways. Statements, predictions, and answers exemplify constatives; requests, commands and permissions are directives; promises, offers, and bets are commissives; greetings, apologies, and congratulations are acknowledgments. These are all communicative illocutionary acts, each distinguished by the type of psychological state expressed by the speaker. Successful communication consists in the audience’s recognition of the speaker’s intention to be expressing a certain psychological state with a certain content. Conventional illocutionary acts, on the other hand, effect or officially affect institutional states of affairs. Examples of the former are appointing, resigning, sentencing, and adjourning; examples of the latter are assessing, acquitting, certifying, and grading. See Kent Bach and Robert M. Harnish, Linguistic Communication and Speech Acts, 9. The type of act an utterance exemplifies determines its illocutionary force. In the example ‘The door is open’, the utterance has the force of both a statement and a request. The illocutionary force potential of a sentence is the force or forces with which it can be used literally, e.g., in the case of the sentence ‘The door is open’, as a statement but not as a request. The felicity conditions on an illocutionary act pertain not only to its communicative or institutional success but also to its sincerity, appropriateness, and effectiveness. An explicit performative utterance is an illocutionary act performed by uttering an indicative sentence in the simple present tense with a verb naming the type of act being performed, e.g., ‘I apologize for everything I did’ and ‘You are requested not to smoke’. The adverb ‘hereby’ may be used before the performative verb ‘apologize’ and ‘request’ in these examples to indicate that the very utterance being made is the vehicle of the performance of the illocutionary act in question. A good test for distinguishing illocutionary from perlocutionary acts is to determine whether a verb naming the act can be used performatively. Austin exploited the phenomenon of performative utterances to expose the common philosophical error of assuming that the primary use of language is to make statements. 

 

 

Azeglio: Grice: “I like Azieglo; first he was a marchese, unlike me – second he looked for the fundamental law (or ‘fundamental question,’ as I call it) for the principle of cooperativeness – he finds it’s a natural thing, not a Rousseaunian contractualist thing – so he is a Griceian at heart – on top, he relies on Bentham, to minimise the Kantian rationalism and make it digestibale to those who care about what Azieglo calls ‘amore proprio’ – i. e. conversational self-love as still operating under a wider principle of conversational benevolence.” Prospero Taparelli d'Azeglio, marchese d’Azeglio  (n. Torino), filosofo. Coniò il termine giustizia sociale, successivamente ripreso e sviluppato da Antonio Rosmini (1848) nel saggio La Costituzione secondo la giustizia sociale e da John Stuart Mill nel saggio Utilitarianism.  Taparelli d'Azeglio è stato anche uno dei primi teorici del principio di sussidiarietà. Era il quarto degli otto figli di Cesare, conte di Lagnasco e marchese di Montanera, diplomatico della corte di Vittorio Emanuele I, e della contessa Cristina Morozzo di Bianzè. Alla nascita gli fu imposto il nome di Prospero che, divenuto gesuita, cambiò in Luigi. I fratelli Massimo e Roberto furono politici e senatori del Regno.  Maturò la propria vocazione religiosa a seguito di un corso di esercizi spirituali dettati dal venerabile Pio Brunone Lanteri (1759-1830), fondatore della congregazione degli Oblati di Maria Vergine. Studiò nel Collegio Tolomei di Siena e poi nell'Ateneo di Torino fino al 1809. Entrato nel seminario di Torino, quando il padre fu inviato come diplomatico alla corte di Pio VII si trasferì con lui a Roma e fu ammesso nel noviziato dei gesuiti di Sant'Andrea al Quirinale.  Fu ordinato sacerdote nel 1820. Iniziò a studiare negli anni 1824-29 la filosofia di San Tommaso d'Aquino, studio che continuò a Napoli negli anni 1829-32. Nel 1833 fu destinato al Collegio Massimo di Palermo dove insegnò lingua francese per poi assumere la cattedra di diritto naturale.  Nel 1840-1843 pubblicò con i tipi della Stamperia d'Antonio Muratori di Palermo il suo testo più importante, il Saggio teoretico di dritto naturale appoggiato sul fatto, considerato a quel tempo una vera enciclopedia di morale, diritto e scienza politica.  Nel 1850 ricevette da papa Pio IX il permesso di cofondare con il padre Carlo Maria Curci La Civiltà Cattolica, rivista della Compagnia di Gesù, ove scrisse per venti anni per poi assumerne la direzione nell'ultimo periodo della vita. I suoi oltre duecento articoli pubblicati sulla rivista furono tutti caratterizzati da un contenuto tale da meritargli il titolo di «martello delle concezioni liberali»(Antonio Messineo).  Morì a Roma il 21 settembre 1862.  Pensiero Era preoccupato soprattutto dai problemi che nascevano dalla rivoluzione industriale. Il suo insegnamento sociale influenzò papa Leone XIII nella stesura dell'enciclica Rerum novarum sulla condizione dei lavoratori.  Proponeva di riprendere gli insegnamenti della scuola filosofica tomista. A partire dal 1825 portò avanti questa convinzione, ritenendo che la filosofia soggettiva di Cartesio portasse a errori drammatici nella moralità e nella politica. Argomentava che mentre la differenza di opinioni sulle scienze naturali non ha nessun effetto sulla natura, al contrario idee metafisicamente poco chiare sull'umanità possono portare al caos nella società.  A quel tempo la Chiesa cattolica non aveva una visione sistematica chiara sui grandi cambiamenti sociali apparsi all'inizio del secolo XIX in Europa, la qual cosa portava molta confusione tra la gerarchia ecclesiastica e il laicato. In risposta a tale problema, Taparelli applicò, in maniera coerente, i metodi del tomismo alle scienze sociali. Dalle pagine de La Civiltà Cattolica attaccò la tendenza a separare la legge positiva dalla morale e lo "spirito eterodosso" della libertà di coscienza che, a suo avviso, distruggeva l'unità della società.  Termini chiave della sua opera sono socialità e sussidiarietà. Vedeva la società non come un gruppo monolitico di individui, ma come un insieme di varie sub-società disposte in diversi livelli, ciascuna formata da individui. Ogni livello di società ha sia diritti che doveri, ognuno dei quali deve essere riconosciuto e valorizzato. Ogni livello di società deve cooperare razionalmente e non fomentare competizione e conflitti.  Dopo l'istituzione della Società delle Nazioni, Taparelli d'Azeglio ne vanne considerato un precursore. Sua fu l'idea di un'autorità universaleda lui chiamata "etnarchia"con il ruolo di tribunale e di arbitrio, che potesse proteggere ogni nazione dalle minacce esterne. Taparelli d'Azeglio continuò a fungere da autorevole guida al pensiero cattolico in materia di pace e guerra ancora nel Novecento.  Opere L. Taparelli d’Azeglio, Saggio teoretico di diritto naturale appoggiato sul fatto, 2 voll., Edizioni della «Civiltà Cattolica», Roma 1949 [Palermo 1840]. Luigi Taparelli d'Azeglio, Della nazionalità, Genova, Tipografia de' fratelli Ponthenier, 1847. 3 ottobre . La Legge fondamentale d'organizzazione nella società, in Gabriele De Rosa, I Gesuiti in Sicilia e la rivoluzione del '48, con documenti sulla condotta della Compagnia di Gesù e scritti inediti di Luigi Taparelli d'Azeglio, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1963,  166–188. La libertà tirannia. Saggi sul liberalesimo risorgimentale, Piacenza, Edizioni di Restaurazione Spirituale, 1960. Raccolta di articoli pubblicati su La Civiltà Cattolica nel 1861, Carlo Emanuele Manfredi e Giovanni Cantoni; e un'ampia antologia, in Gianfranco Legitimo, Sociologi cattolici italiani. De MaistreTaparelliToniolo, Roma, Volpe, 1963,  137–253. Note  Diritto soggettivo, proprietà e autorità in Luigi Taparelli d'Azeglio, di Alessanfro Biasini, sito della Università Ca Foscari Venezia. Scuola Dottorale d'Ateneo.  The Origins of Social Justice: Taparelli d’Azeglio, su home.isi.org.  Education and Social Justice, J. Zajda, S. Majhanovich, V. Rust, E. Martín Sabina, Springer Science & Business Media, 20061  Vittoria Armando, Il Welfare oltre lo Stato. Profili di storia dello Stato sociale in Italia, tra istituzioni e democrazia Seconda edizione, G. Giappichelli Editore, 68.  Georges Minois, La Chiesa e la guerra. Dalla Bibbia all'èra atomica, Bari, Dedalo, 2003493.  L. Pereña, La autoridad internacional en Taparelli, Libreria editrice dell'Università Gregoriana, 1964,  405-432. Studi Pierre Thibault, Savoir et pouvoir. Philosophie thomiste et politique cléricale au XIXe siècle, Québec 1972. Maria Rosa Di Simone, Stato e ordini rappresentativi nel pensiero di Luigi Taparelli d'Azeglio, «Rassegna storica del Risorgimento», 1976, 63,  139-51. Giovanni Miccoli, Chiesa e società in Italia fra Ottocento e Novecento: il mito della cristianità, in Id., Fra mito della cristianità e secolarizzazione, Casale Monferrato 1985,  21-92. Francesco Traniello, La polemica Gioberti-Taparelli sull'idea di nazione, in Id., Da Gioberti a Moro. Percorsi di una cultura politica, Milano 1990,  43-62. Francesco Traniello, Religione, Nazione e sovranità nel Risorgimento italiano, «Rivista di storia e letteratura religiosa», 1992, 28,  319-68. Emma Abbate, Luigi Taparelli D'Azeglio e l’istruzione nei collegi gesuitici del XIX secolo, «Archivio storico per le province napoletane», 1997, 115,  467-516. Saggio teoretico di dritto naturale appoggiato sul fatto, 5 voll., Palermo, Stamperia d'Antonio Muratori, 1840-1843. S. T., Per il centenario della nascita delLuigi Taparelli D'azeglio, in Rivista Internazionale di Scienze Sociali e Discipline Ausiliarie,  3, 1893,  505-524, JSTOR 41564120. Luigi Di Rosa, Luigi Taparelli. L'altro d'Azeglio, Milano, Cisalpino, 1993. Gabriele De Rosa, I Gesuiti in Sicilia e la rivoluzione del '48, con documenti sulla condotta della Compagnia di Gesù e scritti inediti di Luigi Taparelli d'Azeglio, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1963. A. Perego, La «Miscellanea Taparelli», in Divus Thomas,  68, n. 1, 1965,  119-128, JSTOR 45077424. Gianfranco Legitimo, Sociologi cattolici italiani. De MaistreTaparelliToniolo, Roma, Volpe, 1963,  30–51. Antonino Messineo S.J., IlLuigi Taparelli d'Azeglio e il Risorgimento italiano, in La Civiltà Cattolica, anno 99,  3°, quaderno 2356, 21 agosto 1948,  373–386; e quaderno 2357, 4 settembre 1948,  492–502.  Carlo Maria Curci Compagnia di Gesù La Civiltà Cattolica Rerum novarum  Luigi Taparelli d'Azeglio, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Angiolo Gambaro, Luigi Taparelli d'Azeglio, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Luigi Taparelli d'Azeglio, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Opere di Luigi Taparelli d'Azeglio, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Luigi Taparelli d'Azeglio, .  Francesco Pappalardo, Luigi Taparelli d'Azeglio, in Giovanni Cantoni , Dizionario del pensiero forte, Piacenza, Cristianità, 1997. Giovanni Vian, Luigi Taparelli d'Azeglio, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Storia e Politica, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, .Aloysius Taparelli, in Catholic Encyclopedia, New York, Encyclopedia Press, 1913. V D M Compagnia di Gesù Filosofia Sociologia  Sociologia Categorie: Gesuiti italianiFilosofi italiani del XIX secoloSociologi italiani 1793 1862 24 novembre 21 settembre Torino Roma

 

azulai: Grice: “Azulai is an Italian born in what Italians call ‘Gerusalemme,’ which was ‘liberated’ by Rinaldo!” -- Haim Yosef David Azulai, ben Isaac Zerachia (ebraico: חיים יוסף דוד אזולאי, comunemente noto come Hida, dall'acronimo del suo nome, חיד"א), (Gerusalemme), filosofo, rabbino e teologo italiano, noto bibliofilo e pioniere della pubblicazione delle Scritture religiose ebraiche.   Firma di Azulai  Shem HaGedolim Prolifico saggista, i suoi scritti furono pubblicati in quattro libri di due sezioni, col titolo Shem HaGedolim (Il Nome dei Grandi), che contenevano i nomi di autori, e Wa'ad la-Ḥakamim (Assemblea dei Saggi), che contenevano i titoli di opere. Questo suo lavoro ha dato ad Azulai un posto duraturo nella letteratura ebraica. Shem HaGedolim contiene infatti dati che altrimenti sarebbero andati perduti, e dimostra la mente critica dell'autore. Con validi metodi scientifici Azulai indaga la questione della genuinità del Commentario di Rashi sui Libri delle Cronache o di alcuni trattati talmudici (s.v. "Rashi" in Shem HaGedolim). Tuttavia, egli afferma che Rashi è proprio l'autore del commentario dei Neviìm e Ketuvim, contrariamente ad altre opinioni. Inoltre, Azulai credeva fermamente che Hayim Vital avesse bevuto acqua dal pozzo di Miriam, e che questo fatto lo avesse reso capace di ricevere, in meno di due anni, l'intera Cabala dalla bocca di Isaac Luria (cfr. s.v. "Ḥayyim Vital", in Shem HaGedolim). Azulai spesso registra nei suoi scritti dove ha esaminato di persona le versioni di certi manoscritti primari, dando quindi certezza di importanti fonti ebraiche.   Una lista completa delle sue opere viene presentata nella prefazione dell'edizione Benjacob di Shem HaGedolim, Vilna, 1852, spesso ristampata;  Eliakim Carmoly, ed. Shem HaGedolim, Frankfurt-am-Main, 1843; Fuenn, Keneset Yisrael342; Hazan, Hama'alot li-Shelomoh, Alessandria d'Egitto, 1894; Aaron Walden, Shem HaGedolim HeChadash, 1879; Diareio Ma'agal Tob, ed. di Elia Benamozegh, Livorno, 1879; Heimann Joseph Michael, Or ha-chayyim, nr. 868.Hugh Chisholm , Enciclopedia Britannica, XI, Cambridge University Press, 1911.Azulai, Azulay, in Jewish Encyclopedia, New York, Funk & Wagnalls, 1901-1906.Biografia di Rabbi AzulaiA Legend of GreatnessThe Life & Time of Hacham Haim Yosef David Azoulay di Yehuda Azoulay, su sephardiclegacy.com. 4 aprile  5 aprile ).  Comunità ebraica di Livorno  Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Chaim Joseph David Azulai  Scheda biografica su chabad.org V D M Tree-of-Life Flower-of-Life Stage.svg Cabala ebraica Tree-of-Life Flower-of-Life Stage.svg Filosofi italiani del XVIII secolo Filosofi italiani del XIX secolo Rabbini italianiTeologi italiani Gerusalemme Livorno Cabalisti italiani

 

babbage: discussed by Grice in his functionalist approach to philosophical psychology. English applied mathematician, inventor, and expert on machinery and manufacturing. His chief interest was in developing mechanical “engines” to compute tables of functions. Until the invention of the electronic computer, printed tables of functions were important aids to calculation. Babbage invented the difference engine, a machine that consisted of a series of accumulators each of which, in turn, transmitted its contents to its successor, which added to them to its own contents. He built only a model, but George and Edvard Scheutz built difference engines that were actually used. Though tables of squares and cubes could be calculated by a difference engine, the more commonly used tables of logarithms and of trigonometric functions could not. To calculate these and other useful functions, Babbage conceived of the analytical engine, a machine for numerical analysis. The analytical engine was to have a store memory and a mill arithmetic unit. The store was to hold decimal numbers on toothed wheels, and to transmit them to the mill and back by means of wheels and toothed bars. The mill was to carry out the arithmetic operations of addition, subtraction, multiplication, and division mechanically, greatly extending the technology of small calculators. The operations of the mill were to be governed by pegged drums, derived from the music box. A desired sequence of operations would be punched on cards, which would be strung together like the cards of a Jacquard loom and read by the machine. The control mechanisms could branch and execute a different sequence of cards when a designated quantity changed sign. Numbers would be entered from punched cards and the answers punched on cards. The answers might also be imprinted on metal sheets from which the calculated tables would be printed, thus avoiding the errors of proofreading. Although Babbage formulated various partial plans for the analytical engine and built a few pieces of it, the machine was never realized. Given the limitations of mechanical computing technology, building an analytical engine would probably not have been an economical way to produce numerical tables. The modern electronic computer was invented and developed completely independently of Babbage’s pioneering work. Yet because of it, Babbage’s work has been publicized and he has become famous. 

 

Bacchin: Grice: “I like Bacchin; as an Italian he is allows to speak pompously as we at Oxford cannot! But he is basically saying the commonplace that ‘intersoggetivita’ has a ‘dialectical dimension’ (interoggetivita come dimensione dialettica) in the sense that the ego (or ‘l’io’) presupposes the ‘altro’ (as he puts it: ‘a cui’) – therefore; it is a presupposition of the schema, as Collingwood would have it, alla Cook Wilson – and thus only transcendentally justified. Bacchin has noted that the operator ~ is basic in that ‘inter-rogo’ invites a ‘risposta’ whose ‘motivation’ may be ‘implicita’ – the ad-firmatum is motivated by the domanda – which can be another dimanda: why do you think so? “Why do you ask why I think so?” --  Bacchin is alla Heidegger and other phenomenologists, with the ‘essere’ versus appare on which my impicata in ‘Causal Theory of Perception’ depend (‘if A seems B, A is not B. Note that there is no way to express this implicata without a ~. It might be argued that it can express with some of the strokes or with some expression that would flout ‘be brief, rather than the simplest” – and which would involve, as Parmenide has it, the idea of, precisely –altro’ (other than). Note that Bacchin equivocates on the ‘altro’ – in the dialectical dimension of intersubjectivity he obviously means ‘tu,’ not ‘altro.’ In the negation or contradiction (in dialectical terms) of an affirmation – which is involved in every ‘dialogue’ that Bacchin calls ‘socratico’ or euristico rather than sofistico (based on equivocation) – the ‘altro’ is the other, A is not B, impying A is other than B (cf. my ‘Negation and Privation’). This does not need have us multiply the sense of ‘ne,’ in old Roman!” -- Giovanni Romano Bacchin (Belluno), filosofo. Dopo aver conseguito la laurea nel 1961, nel 1965 ottenne la libera docenza in filosofia della storia. Dal 1966 al 1980 insegnò filosofia della storia e filosofia della scienza presso l'Perugia. Occupò anche la cattedra di filosofia della scienza presso l'Lecce. Fu docente presso la facoltà di lettere e filosofia dell'Padova, tenendo la cattedra di filosofia teoretica.  Fu membro della "Società Filosofica Italiana". Morì il 10 gennaio 1995, sulla spiaggia di Rimini.  Pensiero Cresciuto filosoficamente nella scuola metafisica padovana di Marino Gentile, intorno agli anni sessanta, Bacchin presto sviluppò una propria originalità di approccio e di ricerca filosofica, che lo rendono difficilmente assimilabile ad una qualche corrente o "famiglia" filosofica se non quella della libera e inesausta teoresi.  A testimonianza della specificità del suo approccio metafisico si può citare questa sua affermazione.  «V'è un senso metafisico che può andare perduto. Né basta parlare di metafisica e considerarsi metafisici per possederlo. La perdita del senso metafisico è anche trionfo del condizionale e quindi dell'ipocrisia: "direi", "avanzerei la proposta", "mi si passi l'espressione", "vorrei che il lettore ricavasse l'impressione..'", "anche se siamo, il lettore ed io,certo ioimmensamente piccoli", "a mio sommesso avviso" e così via in un continuo spostare l'attenzione su di sé e in un continuo, inutile, domandare scusa al lettore della propriascontatapochezza, rivelando che non è poi così scontata da non parlarne. Nudo e indifeso alla presenza della verità, il metafisico non lo può essere di meno di fronte agli uomini, i qualidi certo- non sono la verità. »  Riferimento costante dell'incessante dialogo filosofico di Bacchin fu senz'altro l'attualismo gentiliano.  Opere Su le implicazioni teoretiche della struttura formale, Roma, Jandi Sapi 1963 Originarietà e mediazione del discorso metafisico, Roma, Jandi Sapi 1963 Su l'autentico nel filosofare, Roma, Jandi Sapi 1963, L'originario come implesso esperienza-discorso, Roma, Jandi Sapi 1963 Il concetto di meditazione e la teoremi del fondamento, Roma, Jandi Sapi 1963 I fondamenti della filosofia del linguaggio, Assisi, 1965 L'immediato e la sua negazione, Perugia, Grafica 1967 Anypotheton. Saggio di filosofia teoretica, Roma, Bulzoni 1975 Teoresi metafisica, Padova, Nuova Vita 1984 Haploustaton, Firenze, Arnaud 1995  88-8015-033-2 La struttura teorematica del problema metafisico. 1996 (postumo) Classicità e originarietà della metafisica, scritti scelti, Milano, Franco Angeli 1997  88-464-0248-0 Articoli La metafisica agevola o impedisce l'unità culturale europea?in ‘Il contributo della cultura all'unità europea', Danilo Castellano, Edizioni scientifiche italiane, Napoli 1990 L'attualismo nel pensiero di Marino Gentile, in Annali 1991, Roma, Fondazione Ugo Spirito 1992. Note  Informazioni biografiche reperibili anche in G.R. Bacchin, Haploustaton, Arnaud, Firenze 1995  Giovanni Romano Bacchin in Teoresi metafisica, 1984  Berti, Enrico Ricordo di Giovanni Romano Bacchin, "Bollettino della Società Filosofica Italiana", n. s. 154, gennaio-aprile 1995,  126-128 Scilironi, Carlo Tra opposte ragioni: nota in ricordo di Giovanni Romano Bacchin a dieci anni dalla morte. in Studia patavina: Rivista di scienze religiose, Filosofia Filosofo Professore1929 1995 27 dicembre 10 gennaio Belluno Rimini

 

bacci: Grice: “You’ve got to love Bacci; he was born in the Italian equivalent of Weston-super-Mare, and therefore, he dedicated his philosophy to swimming!” -- Andrea Bacci (Sant'Elpidio a Mare), filosofo. Si autodefinì Andrea Baccius Philosophus, Medicus Elpidianus et Civis Romanus. Studiò a Matelica presso Gian Paolo Perriberti, a Siena ed infine a Roma protetto dall'elpidiense Modestino Cassini che era l'archiatra pontificio di papa Pio V. Laureatosi in medicina iniziò a svolgere l'attività a Serra San Quirico. Nel 1552 torna a Roma protetto dal cardinale Ascanio Colonna. Dopo avere scritto nel 1558 l'opera Del Tevere, della natura..., nel 1571 pubblica il De Thermis, un libro sulle acque, la loro storia e le qualità terapeutiche che venne accolto con entusiasmo dalla società scientifica papalina e fu oggetto di molte ristampe. Dopo aver ottenuto nel 1567 la cattedra di Botanica presso l'Università La Sapienza e nel 1576 l'iscrizione all'albo dei cittadini romani, nel 1586 Papa Sisto V lo nomina Archiatra pontificio. Le opere Delle acque albule di Tivoli, Delle acque acetose presso Roma e delle acque d'Anticoli; Delle acque della terra bergamasca, Tabula semplicim medicamentorum, De venenis et antidotis; Della gran bestia detta alce e delle sue proprietà e virtù, Delle dodici pietre preziose della loro forza ed uso, L'Alicorno precedono la stampa nel 1595 del monumentale trattato De naturali vinorum historia, un compendio in sette libri su tutti i vini conosciuti:  Libro ITemi relativi alla vinificazione e conservazione dei vini. Libro IIConsumo dei vini in rapporto alle condizioni di salute. Libro IIICaratteristiche peculiari dei vini. Libro IVUso dei vini nell'antichità classica. Libro VVini delle varie parti d'Italia. Libro VIVini importati a Roma. Libro VIIVini stranieri. Note  DBI.  Andrea Bacci la figura le opere, Atti della giornata di studi tenutasi il 25 novembre 2000 a Sant'Elpidio a Mare. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Andrea Bacci Collabora a Wikiquote Citazionio su Andrea Bacci  Mario Crespi, Andrea Bacci, in Dizionario biografico degli italiani,  5, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. De Naturali Vinorum Historia De Vinis Italiae et de Conuiuijs Antiquorum Libri Septem Andreae BacciI Traduzione del libro Quinto nella parte dedicata ai vini delle Marche, Gianni Brandozzi, Associazione culturale Giovane Europa, , Filosofi italiani del XVI secoloMedici italianiScrittori italiani Professore1524 1600 24 ottobre Sant'Elpidio a Mare RomaEnologi italiani

 

Badaloni  Grice: “I like Badaloni; he never took the ROMAN story of philosophy – I say story since history, as every Italian knows, is too pretentious! – seriously until he had to teach it! “Storia del pensiero filosofico – l’antichita’ is my favourite – because he does his best to understand Plato’s pragmatics of dialogue as misunderstood by Cicero!” --  Nicola Badaloni, Sindaco di Livorno Durata mandato19541966 PredecessoreFurio Diaz SuccessoreDino Raugi Nicola Badaloni (detto Marco) (Livorno). filosofo. Di spiccate convinzioni marxiste, è stato uno studioso di Giordano Bruno, Tommaso Campanella, Giambattista Vico, Karl Marx, Antonio Gramsci.  All'attività di ricerca e di docenza presso l'Pisa, dove è stato Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia e ha occupato dal 1966 e per molti lustri la cattedra di Storia della filosofia, Badaloni ha affiancato un'imponente attività politica nelle file del movimento operaio, ricoprendo per molti anni la carica di sindaco di Livorno (dal 1954 al 1966), di presidente dell'Istituto Gramsci, nonché di membro del Comitato centrale del PCI. I suoi contributi storiografici, salutati fin dall'esordio dall'apprezzamento di Benedetto Croce hanno messo in luce autori considerati minori e pensatori inattuali (Niccolò Franco, Gerolamo Fracastoro, Giovanni Battista Della Porta, Herbert di Cherbury, Antonio Conti) rinnovando radicalmente, attraverso una collocazione nel contesto storico, grandi figure viste dalla storiografia idealistica precedente come immerse in una «solitudine metastorica».  Storicismo e filosofia Nella presentazione dell'ultima pubblicazione di Badaloni nel 2005, Remo Bodei ha sostenuto che il marxismo, lontano da ogni vulgata, conserva, per lo storico della filosofia toscano, la sua capacità di strumento di comprensione del mondo, di erogatore di energie di cambiamento, di guida per lo sviluppo di una prassi razionale, ancora validi dopo le esperienze del cosiddetto "socialismo realizzato". Badaloni ha incessantemente ricercato un legame, nella storia, tra pensiero e azione sociale e sviluppato uno storicismo di impronta marxista che raccordasse autori lontani nel tempo (come Giordano Bruno, Gian Battista Vico, Antonio Labriola), ma accomunati dalla tensione al rinnovamento e alla trasformazione progressiva degli assetti sociali in una data situazione storica determinata. Così come c'è alterità profonda, ma non rottura senza legame, tra Hegel e Marx e similmente tra Croce e Gramsci.  Scritti e pubblicazioni Una documentata  dell'intensa attività storico-filosofica di Badaloni Gregorio De Paola può leggersi in: N. Badaloni, Inquietudini e fermenti di libertà nel Rinascimento italiano, ETS, Pisa, 2004,  481-516. Il volume è una raccolta di saggi di filosofia moderna di Badaloni, pubblicati su varie riviste specialistiche e scritti in più anni (dal 1958 al 2000), con presentazioni di Remo Bodei e di Lina Bolzoni. tesi di laurea discussa con Cesare Luporini (nei primi mesi del 1945) sul tema Retorica e storicità in Vico. Appunti intorno alla fama del Bruno nei secoli XVII e XVIII, sta in Società a.14 nr.3, pag.487-519, 1958 Introduzione a Giambattista Vico, Feltrinelli, 1961 Marxismo come storicismo, Feltrinelli 1962, 1975 Tommaso Campanella, Feltrinelli, 1965, pubblicato con Ernst Germana nel 1999 dall'Istituto Poligrafico dello Stato Antonio Conti. Un abate libero pensatore tra Newton e Voltaire, Feltrinelli, 1968 Il marxismo italiano degli anni Sessanta, Editori Riuniti, 1971 Labriola politico e filosofo, sta in Critica marxista, Roma, 1971, 2,  16–35 Per il comunismo. Questioni di teoria, Einaudi, 1972 Fermenti di vita intellettuale a Napoli dal 1500 alla metà del 600, sta in  Storia di Napoli, Società Editrice Storia di Napoli, 1972 Cultura e vita civile tra Riforma e Controriforma, con Renato Barilli e Walter Moretti, Laterza 1973, 1982 La storia della cultura, sta in Storia d'Italia, III -(Dal primo Settecento all'Unità), Einaudi, 1973 Il marxismo di Gramsci. Dal mito alla ricomposizione politica, Einaudi, 1975 Libertà individuale e uomo collettivo in Gramsci, in Politica e storia in Gramsci, F. Ferri,  1, Roma, Editori Riuniti-Istituto Gramsci 1977,  9–60 Labriola, Croce e Gentile in collaborazione con il critico letterario Carlo Muscetta, Laterza 1977, 1990 Dialettica del capitale, Editori Riuniti, 1980 Gramsci: la filosofia della prassi, 1981, sta in Antonio Gramsci. La filosofia della prassi come previsione, in Hobsbawm, E. H. , Storia del marxismo,  III, Tomo 2, Torino, Einaudi 1981,  251–340 Teoria della società e dell'economia in A. Labriola, I e II, in Dimensioni, a.VIII, nr.26 e 27, 1983 Forme della politica e teorie del cambiamento. Scritti e polemiche 1962-1981, ETS,1983 Movimento operaio e lotta politica a Livorno 1900-1926, sta nel volume Democratici e socialisti nella Livorno dall'800 al 1966, (in collaborazione con F. Pieroni Bortolotti), editrice Nuova Fortezza, 1987 Filosofia della praxis, sta in  Gramsci. Le sue idee nel nostro tempo, Editrice l'Unità, 1987,  94–95 Antonio Labriola nella cultura europea dell'Ottocento, Lacaita, 1988 Il problema dell'immanenza nella filosofia politica di Antonio Gramsci, Quaderni della Fondazione Istituto Gramsci Veneto, Venezia, Arsenale Editrice 1988 Giordano Bruno. Tra cosmologia ed etica, De Donato, 1988 Laici credenti all'alba del moderno. La linea Herbert-Vico, Le Monnier-Mondadori, 2004 Inquietudini e fermenti di libertà nel Rinascimento italiano, Edizioni ETS, Pisa, 2005 Nicola Badaloni è inoltre coautore di due importanti manuali:  Storia della pedagogia, (con D.Bertoni Jovine), vv.3, Laterza, 1966 Il pensiero filosofico. Storia. Testi. Per le Scuole superiori, con Ornella Pompeo Faracovi, Carlo Signorelli Editore, 1992  Notizia della morte sul settimanale Macchianera, su macchianera. Giuliano Campioni, Addio a Nicola Badaloni, uomo politico e maestro di filosofia, Athenet, n. 12, anno 2005. 16 agosto  (archiviato dall'url originale l'11 settembre )., nel sito del Sistema bibliotecario di ateneo, Pisa. La lezione di Nicola Badaloni di Giuliano Campioni, professore del Dipartimento di Filosofia dell'Pisa, 20 gennaio, , in Pisanotizie. Nicola Badaloni, in TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  PredecessoreSindaco di LivornoSuccessoreLivorno-Stemma.svg Furio Diazdal 1954 al 1966Dino Raugi90637957 Filosofia Politica  Politica Categorie: Politici italiani del XX secoloPolitici italiani del XXI secoloFilosofi italiani del XX secoloFilosofi.

 

 

bath: Grice never referred to William of Occam as “William” (“that would be rude”). Similarlly, his Adelard of Bath is referred to as “Bath.” (“Sometimes I wish people would refer to me as “Harborne” but that was the day!”). “Of course, it is amusing to refer to adelard as “Bath” since he was only there for twelve years! But surely to call him “Oxford” would be supernumerary!”. Grice found inspiration on Adelard’s “On the same and the different,” and he was pleased that he had been educated not far from Bath, at Clifton! Adelard is Benedictine monk notable for his contributions to the introduction of Arabic science in the West. After studying at Tours, he taught at Laon, then spent seven years traveling in Italy, possibly Spain, and Cilicia and Syria, before returning to England. In his dialogue On the Same and the Different, he remarks, concerning universals, that the names of individuals, species, and genera are imposed on the same essence regarded in different respects. He also wrote Seventy-six Questions on Nature, based on Arabic learning; works on the use of the abacus and the astrolabe; a work on falconry; and translations of Abu Ma’shar’s Arabic active euthanasia Adelard of Bath 9 4065A-   9 Shorter Introduction to Astronomy, al-Khwarizmi’s fl. c.830 astronomical tables, and Euclid’s Elements.

 

brown, S. author of the Dictionary of British Philosophers (“I first thought of writing a dictionary of English philosophers, but then I thought that Russell would be out -- he was born in Wales!. But of course one of my first entries was for H. P. Grice, God bless him!” --

 

baglietto: Grice: “I like Baglietto; unlike me, he was a consceinious objector, but then we were fighting on different camps! I love the fact that his first tract is on ‘il problema del linguaggio’ in Mazzoni – but then he turned from ‘la bella lingua’ to Dutch! And specialized in Kant, but most notably Heidegger – ‘mitsein und sprache.’ But he also wrote on ‘eros’ and ‘love,’ – which is very Platonic of him! And of me, since the ground for my theory of conversation is on the balance between what I call a principle of conversational self-LOVE (or egoism, if you mustn’t) and a corresponding principle of conversational OTHER-love (or altruism, if you must, since I prefer tu-ism – ‘thou-ism’).” Claudio Baglietto (Varazze), filosofo.   Di origini modeste, dopo gli studi liceali presso il Liceo "Chiabrera"di Savona, studiò Filosofia all'Pisa e si perfezionò presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, allora diretta da Giovanni Gentile. Baglietto fu assistente del filosofo Armando Carlini. Negli anni pisani sviluppò idee di riforma religiosa e morale, in contrapposizione al Cattolicesimo e al Fascismo. Insieme ad Aldo Capitini, Baglietto organizzava riunioni serali in una camera della Normale, cui partecipavano giovani studenti, divenuti in seguito affermati intellettuali, come Walter Binni, Giuseppe Dessì, Carlo Ragghianti, Claudio Varese.  Così Capitini ricordava l'amico nel suo saggio Antifascismo tra i giovani (Trapani, 1966): "era una mente limpida e forte, un carattere disciplinato, uno studioso di prima qualità, una coscienza sobria, pronta ad impegnarsi, con una forza razionale rara, con un'evidentissima sanità spirituale. Cominciai a scambiare con lui idee di riforma religiosa, egli era già staccato dal cattolicesimo, né era fascista. Su due punti convenivamo facilmente perché ci eravamo diretti ad essi già in un lavoro personale da anni: un teismo razionale di tipo spiccatamente etico e kantiano; il metodo Gandhiano della noncollaborazione col male. Si aggiungeva, strettamente conseguente, la posizione di antifascismo, che Baglietto venne concretando meglio. Non tenemmo per noi queste idee, le scrivemmo facendo circolare i dattiloscritti, cominciando quell'uso di diffondere pagine dattilografate con idee di etica di politica, che continuò per tutto il periodo clandestino, spesso unendo elenchi di libri da leggere, che fossero accessibili e implicitamente antifascisti. Invitammo gli amici più vicini a conversazioni periodiche in una camera della stessa Normale [...]".  Ottenuta nel 1932 una borsa per perfezionarsi presso l'Friburgo in Germania, dove allora insegnava Heidegger, in coerenza con i suoi ideali di nonviolenza incompatibili col Fascismo, Baglietto decise di non rientrare più in Italia e rinunciò alla borsa, cosa che scandalizzò Gentile (che aveva garantito per lui presso le autorità per il visto). Anche Delio Cantimori criticò animatamente la scelta di Baglietto, in particolare nel suo carteggio con Aldo Capitini e con Claudio Varese, accusando i colleghi normalisti dissidenti dal Fascismo di mancanza di senso di realismo politico, nonché di senso dello Stato (fu poi lo stesso Cantimori ad avvisare Gentile della morte di Baglietto nel 1940).  Lasciata Friburgo, Baglietto si trasferì quindi a Basilea, dove visse da esule, proseguendo gli studi e dando lezioni private.  Morì nel 1940: è sepolto nel cimitero di Basilea.   Il cammino della filosofia tedesca dell'Ottocento, “Annali della Scuola Normale di Pisa”, Scritti religiosi di Aldo Capitini in collaborazione con Claudio Baglietto in A. Capitini, Antifascismo tra i giovani, Celebres, Trapani, Caldo Baglietto e Aldo Capitini (pref.), Claudio Baglietto nel libro "Kant e l'antifascismo" , in Claudio Fontanari e Maria Chiara Pievatolo , Bollettino italiano di filosofia politica, Pisa37,  1591-4305 (WC ACNP),  7181065539 (archiviato il 5 settembre ). Ospitato su archiviomarini.sp.unipi. (Saggio inedito di Baglietto, composto a Basilea e da anni depositato nell'Archivio Marini dell'Pisa) Note  A. Capitini, L'antifascismo tra i giovani, Celebres, Trapani, 196620. Chiantera Stutte, Delio Cantimori. Un intellettuale del Novecento, Carocci, Roma, , che rinvia soprattutto aSimoncelli, La Normale di Pisa. Tensioni e consenso (1928-1938), Franco Angeli, Milano, 1998.  Scritto del 1931, pubblicato postumo Aldo Capitini.  Aldo Capitini Mahatma Gandhi Nonviolenza  Claudio Baglietto e la questione morale di Claudio Fontanari nel sito "Phenomology Lab", 2 giugno, . Claudio Baglietto, Kant e l'antifascismo di Claudio Fontanari, nel sito "Archivio Marini", 30 giugno, . Filosofia Università  Università Filosofo Professore1908 1940 Varazze BasileaNonviolenzaAntifascisti italianiStudenti dell'Pisa

 

baldini: Grice: “I like Baldini, but more so does Austin! In his collection of ‘lessons’ (lezioni) on ‘filosofia del linguaggio’ (not just ‘sematnica’ or ‘semiotica’) for the distinguished Firenze-based publisher Nardini, he deals with Austin, but not me!” Grice: “Baldini fails to realise that I refuted Austdin – when Baldini opposes ‘filosofese,’ I am reminded of my non-conventional non-conversational implicata – and Austin’s less happy idea of a felicity condition for a perlocutionary effect!” Grice: “But what I like about Baldini is that being Italian, he refers to ‘amore’ in his ‘natural’ history of AMicizia – which is all that my conversational pragmatics is about: Achilles and Ayax must share a lot of common ground to be able to play the game of conversation, and they do!” -- Massimo Baldini (Greve in Chianti), filosofo. Si è dedicato in particolare alla filosofia della scienza e alla filosofia del linguaggio. Figlio dello storico Carlo Baldini, laureato in Pedagogia presso l'Università degli Studi di Firenze nel 1969, nel 1970 è stato nominato assistente incaricato di Filosofia; l'insegnamento era tenuto da Dario Antiseri) presso la Facoltà di Magistero dell'Università degli Studi di Siena. Nel 1975 è diventato professore incaricato di “Storia del pensiero scientifico” presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Perugia. Nel 1980 ha vinto il concorso di professore di prima fascia di “Filosofia del linguaggio” ed è stato chiamato dall'Bari alla Facoltà di Lettere e Filosofia. Ha insegnato anche presso l'Università degli Studi di Roma “La Sapienza” nella Facoltà di Medicina. È stato direttore del Dipartimento di Filosofia e dell'Istituto di Filosofia presso la Facoltà di Scienze della formazione all'Università degli Studi di Perugia e direttore della sezione di Storia della medicina del Dipartimento di Patologia presso l'Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.  Nel 1999 è stato chiamato dalla Libera università internazionale degli studi sociali Guido Carli di Roma per coprire la cattedra di "Semiotica". Qui ha insegnato anche “Teoria e tecniche del linguaggio giornalistico e radiotelevisivo” (dal 2004), “Semiotica dei linguaggi specialistici” (che avrebbe dovuto iniziare nel 2009). Presso la LUISS ha inoltre rivestito numerosi incarichi accademici: preside della Facoltà di Scienze Politiche (da giugno 2007); coordinatore del corso di laurea magistrale in “Comunicazione politica, economica e istituzionale” (dal 2004), direttore della Scuola superiore di giornalismo (dal 2007) e direttore del Master di primo livello in “Economia, gestione e marketing dei turismi e dei beni culturali” (dal 2004). In precedenza, è stato vice preside della Facoltà di Scienze Politiche (2000-2006), direttore del Dipartimento di Scienze storiche e socio-politiche (2006-2007), direttore del Centro di ricerche sulla comunicazione (2003-2007).  Tre sono stati gli ambiti di ricerca che più di altri Massimo Baldini ha coltivato: la filosofia della scienza (con una particolare attenzione al pensiero dell'epistemologo Karl R. Popper, di cui ha curato anche alcune opere in edizione italiana), la filosofia del linguaggio, la semiotica della moda. A partire dagli anni Settanta, Massimo Baldini ha dedicato numerosi lavori all'epistemologia contemporanea, cogliendone le possibili applicazioni alla medicina, alla storia della scienza, alla pedagogia e, infine, alla filosofia politica. Parallelamente, ha rivolto i suoi interessi anche alla storia della scienza e, in particolare, alla storia della medicina. Un'attenzione particolare è stata dedicata ai nessi che intercorrono tra l'epistemologia e la filosofia della politica: sulla scorta delle riflessioni popperiane, ha riletto il pensiero utopico sia nella sua dimensione storica che in quella teorica.  L'altro grande interesse filosofico di Massimo Baldini è stata la filosofia del linguaggio. In particolare ha studiato le tesi dei semanticisti generali, un movimento nato negli Stati Uniti tra le due guerre mondiali e di cui si era occupato per primo in Italia negli anni Cinquanta Francesco Barone. L'interesse per la filosofia del linguaggio si è declinato anche in chiave storica: e alla storia della comunicazione Massimo Baldini ha dedicato numerose opere. Inoltre, gli studi sulla filosofia del linguaggio si sono incentrati sull'analisi di alcuni linguaggi specialistici: quello della pubblicità, quello dei mistici, quello della pubblica amministrazione, quello dei giornalisti, nonché il tema correlato del silenzio. Tutti questi linguaggi, sono stati studiati nelle prospettive dell'oscurità e della chiarezza, e dell'oggettività (soprattutto con riferimento al contesto dell'informazione).   La biblioteca comunale "Carlo e Massimo Baldini" di Greve in Chianti A partire dalla fine degli anni Novanta, infine, gli interessi di Massimo Baldini si sono incentrati sul tema della moda, che egli ha studiato dal punto di vista storico e semiotico, e nelle diverse componenti della moda vestimentaria e della moda capelli. Tutta l'attività di ricerca di Massimo Baldini è confluita in numerose opere individuali e collettive, curatele, introduzioni e prefazioni a testi italiani e stranieri, traduzioni, nonché nella collaborazione stabile con alcune case editrici e riviste scientifiche. In particolare, presso l'editore Armando (Roma) ha diretto le collane Temi del nostro tempo, I maestri del liberalismo, Moda e mode, I linguaggi della comunicazione; presso l'editore Rubbettino (Soveria Mannelli) la collana Biblioteca austriaca (con Dario Antiseri, Lorenzo Infantino e Sergio Ricossa).  Menzione a parte merita poi il ricordare che Baldini è stato ed è rimasto nel corso dei decenni un grande estimatore e diffusore dell'opera del concittadino grevigiano Domenico Giuliotti, il "poeta-mistico" o "profeta" Giuliotti, del quale il nostro ha riedito alcune delle sue maggiori opere per lo più per conto delle edizioni Logos di Roma, oltre a dedicare al medesimo alcune raccolte di saggi come "Il più santo dei ribelli. Scritti su Domenico Giuliotti" (1981) oppure "Giuliotti. Cristiano controcorrente" (ed. EMP, 1996), senza contare i volumetti preparati per conto della preziosa casa editrice La Locusta di Vicenza, a partire dal 1977, in consonanza agli interessi espressisi e sviluppatisi soprattutto a partire dagli anni ottanta, quelli che afferivano ai connotati e alle 'modalità' del linguaggio dei mistici, o alle relazioni intercorrenti fra le dimensioni del silenzio-parola-Parola di Dio-ascolto.  È stato altresì membro del Comitato Nazionale per la Bioetica; membro del comitato scientifico delle riviste L'Arco di Giano, 'Nuova civiltà delle macchine, Desk.  Morì a causa di un infarto mentre si trovava a cena con alcuni colleghi universitari. Nel  per la casa editrice Rubbettino è uscito il libro La responsabilità del filosofo. Studi in onore di Massimo Baldini Dario Antiseri con saggi di amici, colleghi, collaboratori e studenti per ricordare la figura intellettuale e morale di Massimo Baldini a quattro anni dalla scomparsa. Partecipano all'antologia Tullio De Mauro e Derrick de Kerckhove. Il primo maggio  è stata inaugurata a Greve in Chianti la Biblioteca comunale "Carlo e Massimo Baldini".  Sulla filosofia del linguaggio «È chiaro che devo preoccuparmi di essere inteso da tutti perché penso che la chiarezza sia la cortesia del filosofo»  (José Ortega y Gasset, Cos'è la filosofia?) Secondo Baldini scopo del filosofo e della sua filosofia è essere chiari: scrisse infatti «l'accusa che più frequentemente viene rivolta alle opere dei filosofi è quella dell'illegibilità». I filosofi come dimostra nel suo Contro il filosofese e nel Elogio dell'oscurità e della chiarezza non seguono sempre questa missione ed in alcuni casi sembra usino volutamente un linguaggio oscuro ed incomprensibile. Tre dei filosofi più oscuri secondo Baldini, che ricalca in questo anche il giudizio di Schopenhauer, sono stati Fichte, Hegel e Schelling. Parlando di Hegel, Baldini riporta il giudizio di uno scritto di Alexandre Koyré che definisce la lingua di Hegel "incomprensibile e intraducibile".  Citando inoltre il giudizio di Popper scrive: «Troppo spesso, secondo Popper, i filosofi vengono meno alla virtù della chiarezza. Con l'oscurità sovente mascherano le tautologie e le banalità che infiorettano i loro discorsi». Henri Bergson cita l'esempio di Cartesio, di Nicolas Malebranche e di molti altri filosofi francesi mostrando che idee molto raffinate e profonde possono essere espresse nel linguaggio ordinario anziché con circonlocuzioni e ridondanze e termini che sono causa di equivoci. Baldini afferma che «l'oscurità in filosofia è, dunque, il modo migliore per fingere di spacciare pensieri, mentre si sta solo spacciando parole, è una maschera che cela spesso il vuoto di pensiero o la banalità dei pensieri». Nonostante tutto secondo Baldini, non bisogna giudicare frettolosamente un filosofo, definendolo "oscuro", a volte può essere una carenza della nostra conoscenza che ci porta a respingere come vuoto suono, parole che invece, hanno il loro preciso significato.  Scrivere la filosofia in maniera chiara può avere le sue difficoltà, Nietzsche infatti afferma che «ci vuole meno tempo ad imparare a scrivere nobilmente che chiaramente» e Ludwig Wittgenstein che celebra a più riprese la chiarezza, fa autocritica ammettendo in una sua lettera a Russell che il suo Tractatus logico-philosophicus «è tremendamente oscuro». Quanti celebrano la chiarezza in filosofia, sanno bene che ogni lettore di testi filosofici deve fare proprio il consiglio che Wittgenstein dava a Bertrand Russell, quando questi si lamentava con lui dell'oscurità del trattato, gli scrisse: «Non credere che tutto ciò in cui tu sei capace di capire consista di stupidaggini». Invece, un personaggio che volutamente, secondo Baldini, tendeva a non farsi capire e a sopraffare linguisticamente («fra gli applausi di ammirazione») i suoi ascoltatori, è stato Armando Verdiglione.  Chi si avventurava nelle sue opere, fa rilevare il filosofo, si imbatteva in frasi tipo questa: «Sono tratto da un demone a dire, a fare, a scrivere sempre fra oriente e occidente e fra nord e sud. Senza luogo della parola. Questo demone è il colore del punto, dello specchio, dello sguardo, della voce: la moneta stessa. Punto, sembiante, oggetto scientifico, è indotto dalla pulsione, dall'instaurazione della domanda, dove l'offerta è il pleonasmo», ed ancora: «Ecco questo primo rinascimento. Primo in quanto procede dal secondo, ovvero dall'originario. Secondo dunque non in senso ordinale, non in nome del nome. Non è neppure nuovo, perché non parte dalla corruzione per arrivare all'utopia». "Oscuro superlinguaggio" e "gargarismi linguistici e semantici" sono secondo Baldini il risultato della "verdiglionite" ovvero di chi si muove "sui sentieri del filosofese". Secondo Baldini quindi la difficoltà di esprimere alcuni profondi pensieri filosofici non dovrebbe essere amplificata, è vero che ci sono pensieri filosofici difficili da esprimere in modo semplice, ma è pur vero che il filosofo che desidera trasmettere la propria filosofia, dovrebbe fare un onesto sforzo affinché essa sia quanto più possibile comprensibile al proprio uditorio.  Note  Sociologi: è morto Massimo Baldini, semiologo e filosofo, Adnkronos, 11 dicembre 2008  Contro il filosofeseI filosofi e l'abuso delle parolepag. 43-49  Contro il filosofeseFichte, Schelling, ed Hegel: i professionisti dell'oscuritàpag. 50-56  Alexandre Koyré, Note sulla lingua e la terminologia hegeliana, Interpretazioni hegeliane, La Nuova Italia, Firenze 1980, pag.43  Bertrand Russel. L'autobiografia 1914-1944, Longanesi, Milano 1969, II, pag. 208 (la lettera è datata 12 giugno 1919)  Armando Verdiglione, Manifesto del secondo rinascimento, Rizzoli, Milano 198323 Opere Questa voce è da wikificare Questa voce o sezione sull'argomento filosofi non è ancora formattata secondo gli standard. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di . Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Epistemologia e storia della scienza, Ed. Città di vita, Firenze 1974. Il linguaggio delle utopie. Utopia e ideologia: una rilettura epistemologica, Ed. Studium, Roma 1974. Epistemologia contemporanea e clinica medica, Ed. Città di vita, Firenze 1975. Teoria e storia della scienza, Armando Editore, Roma I fondamenti epistemologici dell'educazione scientifica, Armando Editore, Roma 1976. La semantica generale, Ed. Città nuova, Roma 1976. Gli scienziati ipocriti sinceri: metodologia e storia della scienza, Armando Editore, Roma 1978. La tirannia e il potere delle parole: saggi sulla semantica generale, Armando Editore, Roma 1981. Congetture sull'epistemologia e sulla storia della scienza, Armando Editore, Roma 1986. Epistemologia e pedagogia dell'errore, Ed. La Scuola, Brescia 1986. Il linguaggio dei mistici, Ed.Queriniana, Brescia 1986 (1989, 2ª ed. ampliata) Il linguaggio della pubblicità. Le fantaparole, Armando Editore, Roma 1987 (2ª ed. 1990; 3ª ed. ampliata 1996; 4ª ed. 2003) Educare all'ascolto, Ed. La Scuola, Brescia 1988 (2ª ed. 1989; 5ª ed. 1999) Parlar chiaro, parlar oscuro, Ed. Laterza, RomaBari 1988 (2ª ed. 1989) Dario Antiseri, Massimo Baldini, Lezioni di filosofia del linguaggio., Ed. Nardini, Firenze 1989. Reale, G., Antiseri, D., Baldini, M. (1990) Antologia filosofica, Ed. La Scuola, Brescia, opera in tre volumi. I  II  Contro il filosofese, Ed.Laterza, Roma-Bari 1991  978-88-420-3843-6 Storia della comunicazione, Newton & Compton, Roma 1985 (2ª ed. ampliata 2003) La storia delle utopie, Armando Editore, Roma 1996. Mille proverbi italiani, Newton & Compton editori s.r.l., Milano 1996. Karl Popper e Sherlock Holmes: l'epistemologo, il detective, il medico, lo storico e lo scienziato., Armando Editore, Roma 1998  88-7144-800-6 Massimo Baldini e Donatella Lippi, La medicina: gli uomini e le teorie, Ed. CLUEB, Bologna 2000,(2ª ed. 2006) Il liberalismo, Dio e il mercato., Armando Editore, Roma 2001. La storia dell'amicizia, Armando Editore, Roma 2001. Introduzione a Karl R. Popper, Armando Editore, Roma 2002. Capelli: moda, seduzione, simbologia, Ed. Peliti, Roma 2003. Popper e Benetton: epistemologia per gli imprenditori e gli economisti, Armando Editore, Roma 2003. Elogio dell'oscurità e della chiarezza, LUISS University Press e Armando Editore, Roma 2004. Elogio del silenzio e della parola: i filosofi, i mistici, i poeti, Rubettino Editore, Soveria Mannelli 2005. I filosofi, le bionde e le rosse, Armando Editore, Roma 2005. L'invenzione della moda: le teorie, gli stilisti, la storia. Armando Editore, Roma 2005. L'arte della coiffure: i parrucchieri, la moda e i pittori, Armando Editore, Roma 2006. Popper, Ottone, Scalfari, LUISS University Press, Roma 2009. Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Massimo Baldini  Scheda dell'Università LUISS, su docenti.luiss. Filosofia Filosofo del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani Professore1947 2008 18 giugno 10 dicembre Greve in Chianti RomaProfessori della Libera università internazionale degli studi sociali Guido CarliProfessori della SapienzaRomaProfessori dell'Università degli Studi di PerugiaProfessori dell'Università degli Studi di SienaProfessori dell'BariStudenti dell'Università degli Studi di Firenze

 

baldinottiI: Grice: “I like Baldinotti; Speranza thinks he is a Griceian, just to oppose to the Italian received view that he is Lockeian! But I say, he is MORE than either! Baldinotti can quote from  Rousseau, and the French authors that Locke never cared about! And most importantly, he can SIMPLIFY and need not appeal to Anglo-Saxonisms as Locke does (what does it mean that a ‘word’ STANDS for ‘an idea’?” --.” Grice: “In fact, as Speranza showed at Oxford, one can organize a tutorial on the philosophy of language (he won’t though – he hardly organises!)  just using Balidonotti’s rough Latin of first chapter of ‘De vocibus’!”  “All the material I rely on in my Oxford 1948 talk on ‘meaning’ for the Philosophical Society can be found there: ‘vox’ significat affectus animae artificialiter, lachrymal significat affectum animae naturaliter --.” Grice: “Unless she is a crocodile, as Speranza remarks!” --  Cesare Baldinotti (Palermo), filosofo. Monaco benedettino olivetano, fu abate nel monastero fiorentino di S. Miniato al Monte.  Nel 1774 divenne professore di logica e metafisica nel Ginnasio di Mantova.  Nel 1783 venne chiamato alla cattedra di logica e metafisica dell'Pavia.  Nel 1803 passò alla cattedra di logica dell'Padova, che fu mutata nel 1805 in quella di logica ed arte critica.  Opere principali De recta humanae mentis institutione 1787 Tentamen I. De metaphysca generali liber unicum 1817  S. Gori Savellini, Cesare Baldinotti in "Dizionario Biografico degli Italiani", Istituto dell'Enciclpopedia Italiana, Roma. E. Troilo, Un maestro di Rosmini a Padova, Cesare Baldinotti in: "Memorie e documenti per la storia della Padova", Padova, 1922, v. 1,  427–441.  Cesare Baldinotti, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. 

 

balduino: Grice: “It is amusing that when we were lecturing with Sir Peter at Oxford on ‘Categoriae’ and ‘De Interpretatione,’ Girolamo Balduino had done precisely that – AGES before, in a beautiful beach town of Italy! ‘vir Montesardis,’ –“ Grice: “Strawson and I, following an advice by Paulello, drew a lot from Balduino’s commentary – especially of the Peri Hermeneias, the section on the ‘oratio,’ since we were looking for ordinary-language ways to render all the modal distinctions (indicative, imperative, optative, interrogative, vocative, …) that Balduino finds so easy to digest – but our Oxonian tutees didn’t!” --  Girolamo Balduino (Montesardo), filosofo.  Studiò all'Padova sotto Marco Antonio Passeri (detto il Genua) e Sperone Speroni, formandosi nell'eclettismo aristotelico proprio di quella scuola. Nell'anno 1528 insegnò sofistica in quello Studio; passò poi all'Salerno e all'Napoli.  Nella seconda metà del Cinquecento le sue opere furono occasione di vivaci dibattiti. Alle sue dottrine si oppose, in particolare, il filosofo padovano Jacopo Zabarella.   Opere Perì hermeneias, 1549 Quaesita tum naturalia, tum logicalia, 1550 Studi Giovanni Papuli, Girolamo Balduino: ricerche sulla logica della Scuola di Padova nel Rinascimento, Manduria, Lacaita, 1967. Giovanni Papuli, Girolamo Balduino e la logica scotistica, in « Acta Quarti Congressus Scotistici Internationalis », II, Roma, 1978.  257-264. Giovanni Papuli, Dal Balduino allo Zabarella e al giovane Galilei: scienza e dimostrazioni, in « Bollettino di storia e filosofia », 10, 1990-1992,  333-65.  Raffaele Colapietra, recensione di Ricerche sulla logica della scuola di Padova nel Rinascimento, Emeroteca della Provincia di Brindisi.

 

banfi: Grice: “What I like about Banfi is that he is more ‘important’ than it seems, at least to Italians! He has written bunches, but my favourite are two: his ‘l’interpretazione’ (Banfi makes a distinction between ‘esegesi,’ ‘interpretazione’ and ‘TEORIA dell’interpretazione,’ in a slightly non-Griceian use of ‘teoria’ – and his essays on ‘eros e prassi,’ for indeed the second strand (eros e prassi) is the base for the former (interpretazione): unless you CARE, why interpret – which is indeed, a performance?!” -- Antonio Banfi seenatore della Repubblica Italiana LegislatureI, II Gruppo parlamentareComunista CircoscrizioneLombardia Dati generali Partito politicoPartito Comunista Italiano Titolo di studioLaurea in Lettere UniversitàUniversità Humboldt di Berlino ProfessioneDocente Antonio Banfi (Vimercate) filosofo, storico della filosofia, traduttore, accademico e politico italiano. Fu sostenitore di un razionalismo aperto e antidogmatico in grado di attraversare i vari settori dell'animo umano.  A lui è intitolato il Liceo Scientifico con Sezione Classica Aggregata del suo comune natale, Vimercate.   Antonio Banfi nacque a Vimercate, in provincia di Milano, in un ambiente familiare formatosi su principi cattolici e liberali della borghesia colta lombarda, nella quale da generazioni combaciavano una moderna e positiva idea del cattolicesimo e un razionale illuminismo tecnico-scientifico. La ricca e vasta biblioteca in possesso della famiglia diventò per il giovane grande stimolo di conoscenza nei suoi studi, quando da Mantova, dove frequentava il Liceo Virgilio, ritornava a Vimercate, dove assieme alla famiglia trascorreva le vacanze estive.  Nel 1904 incominciò a frequentare i corsi universitari alla facoltà di lettere della Regia Accademia scientifico-letteraria di Milano e ottenne, dopo quattro anni, la laurea con lode, discutendo (con il relatore Francesco Novati) una monografia su Francesco da Barberino.  Incominciò a insegnare all'Istituto Cavalli-Conti di Milano e contemporaneamente proseguì con grande determinazione gli studi di filosofia (con Giuseppe Zuccante per la storia della filosofia e Piero Martinetti per la teoretica); il 29 gennaio 1910 prese la seconda laurea in filosofia, discutendo con Martinetti una tesi intitolata "Saggi critici della filosofia della contingenza", contenente tre monografie sul pensiero di Boutroux, Renouvier e Bergson.  Con la borsa di studio attribuita dall'Istituto Franchetti di Mantova ai laureati meritevoli, Banfi decise di andare in Germania e iscriversi, con il suo amico Confucio Cotti, alla facoltà di filosofia della Friedrich Wilhelms Universität di Berlino, dove strinse amicizia con il socialista Andrea Caffi. Nella primavera del 1911 ritornò in Italia e partecipò a vari concorsi, ottenendo una supplenza di Filosofia prima a Lanciano, in seguito a Urbino; per molti anni assunse diversi incarichi in varie sedi scolastiche.  Banfi conobbe una ragazza, la contessa Daria Malaguzzi Valeri, con la quale dopo poco tempo, il 4 marzo 1916, si unì in matrimonio civile nel municipio di Bologna. Durante la guerra, già riformato al servizio di leva, si dedicò con senso di servizio e scrupolosa diligenza all'insegnamento e, per la penuria di insegnanti richiamati al fronte, oltre alla sua cattedra fu costretto a ricoprire altri incarichi; solo agli inizi dell'ultimo anno venne aggregato come soldato semplice all'ufficio annonario della Prefettura di Alessandria.  Nei primi anni del dopoguerra Banfi, pur non militando nel movimento socialista, assunse in modo molto deciso posizioni di sinistra e partecipò, come iscritto alla Camera del Lavoro, all'organizzazione della cultura popolare, diventando in poco tempo una delle personalità più in vista del mondo culturale democratico alessandrino; venne nominato anche direttore della biblioteca di Alessandria, da cui fu in seguito allontanato dal nascente squadrismo fascista. Nel 1925 fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti, redatto da Benedetto Croce. Nel 1931 Piero Martinetti, che era stato collocato a riposo d'autorità per aver rifiutato di giurare fedeltà al fascismo, lo propose come suo successore per l'insegnamento della Storia della Filosofia all'Università degli Studi di Milano, dove, a partire dal 1941, fu maestro di Rossana Rossanda.  Diresse la rivista Studi filosofici, pubblicata dal 1940 al 1949.  Nel secondo dopoguerra, con le elezioni politiche del 1948, fu eletto per le liste del Partito comunista,nel Senato della Repubblica. Il mandato fu confermato alle successive elezioni del 1953.  Il razionalismo critico Magnifying glass icon mgx2.svg Problematicismo. Antonio Banfi può essere considerato il maestro della corrente filosofica che in Italia si è denominata Razionalismo critico e che ha avuto anche derivazioni significative nel campo della pedagogia teoretica con il Problematicismo. In sostanza, usando il concetto kantiano di ragione, Banfi la considera come la facoltà di un discernimento critico, analitico, presupposto trascendentale che sistematizza l'esperienza, i dati empirici, non pervenendo a dogmi o a sistemi di sapere chiusi e assoluti. Il principio razionale permette di cogliere e comprendere la realtà nelle sue complesse determinazioni: senza questo principio, che va assunto appunto come trascendentale, la realtà sarebbe caotica e solo contingente ed esperienziale oppure interpretata secondo la Metafisica o sistemi di pensiero chiusi e non problematici come richiesto dalla scienza e in generale dalla complessa dinamica del mondo umano e naturale. L'apertura della ragione è talmente ampia che anche le filosofie assolutizzanti vengono poste come possibilità di verità, seppur parziali ("È bene tener presente che il pensiero non pensa mai il falso in modo assoluto"). La filosofia è lo strumento indispensabile per l'analisi critica del reale, non deve tendere a un sapere assoluto, ma porsi il tema privilegiato della coscienza, purché questa coscienza sia "coscienza della relatività, della problematicità, della viva dialettica del reale". Si sfugge al relativismo possibile seguendo le orme di Socrate: l'eticità prevale quando, non potendo esistere se non come tendenza verità assoluta, le verità relative sono assunte come problema, cioè come ricerca interrogante e incessante fondante l'intero processo conoscitivo. Le conclusioni sono, come nell'ambito scientifico (la scienza è lo strumento pragmatico della ragione, la filosofia lo strumento teoretico) non false ma possibili, non solo provvisorie, ma reali. Le categorie che Banfi propone per sintetizzare la sua proposta filosofica, sono quelle di "sistematica" del sapere, fondata su un significato antidogmatico della ragione, una "sistematica" aperta per il rinnovamento critico di tutte le strutture razionali e di un umanesimo nuovo, radicale, che ponga l'uomo al centro dell'indagine razionale e nella sua realtà storico-effettuale, che forma la sua coscienza concreta nel mondo reale: dunque critica alla metafisica ma necessità della filosofia, il sapere costruttivo garanzia di libertà e concretezza. Il confronto che Banfi predilige è con gli indirizzi filosofici della prima metà del Novecento, in particolare la Fenomenologia, il neokantismo di Marburgo, il neopositivismo, l'Esistenzialismo, ma negli ultimi anni orienta sempre più il suo interesse al Marxismo, di cui condivide gli assunti fondamentali leggendoli alla luce del suo razionalismo critico, come si evince dalla raccolta postuma Saggi sul marxismo editi nel 1960.  Archivio Si segnalano tre fondi archivistici del pensatore:  "Fondo Antonio Banfi" presso la Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia. L'archivio, insieme con la biblioteca personale di Banfi, dopo la morte del pensatore venne donato alla provincia di Reggio Emilia insieme con la costituzione del "Centro studi Antonio Banfi”. In seguito, il Centro si trasformerà in "Istituto Banfi", con sede a Reggio Emilia. Nel , l’archivio e la biblioteca personale del filosofo sono stati depositati alla Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, a seguito di un accordo tra Soprintendenza Archivistica per l’Emilia-Romagna, Comune e Provincia di Reggio Emilia. La biblioteca conserva anche l'archivio di Daria Malaguzzi Valeri e l’archivio delle carte di Clelia Abate, segretaria del Fronte della Cultura e allieva di Banfi. Archivio "Antonio Banfi e Daria Malaguzzi Valeri" presso la Biblioteca di Filosofia dell'Università degli Studi di Milano. Il fondo archivistico contiene diverse centinaia di documenti conservati da Daria Malaguzzi Valeri, moglie del filosofo, e da lei usati nella stesura del libro Umanità, pubblicato nel 1967 per le Edizioni Franco di Reggio Emilia. I documenti del fondo coprono l'intero arco di vita di Antonio Banfi ma risultano particolarmente ben rappresentati gli anni giovanili; da segnalare soprattutto il ricco epistolario con la futura moglie, riferito agli anni compresi tra il 1911 e il 1916, e la corrispondenza con Piero Martinetti, durante la sua docenza presso la Regia Accademia Filosofico Letteraria di Milano e poi dal suo ritiro di Spineto. "Archivio privato familiare Antonio Banfi" conservato presso l'Università degli studi dell'Insubria. Centro Internazionale Insubrico Carlo Cattaneo e Giulio Preti, riunisce migliaia di lettere, biglietti, cartoline postali, plichi e buste, conservati in 33 raccoglitori a loro volta inseriti in 15 buste, per una consistenza di circa 1,5 mi. Gran parte dell'archivio è costituito dal carteggio tra Antonio Banfi e Daria Malaguzzi Valeri, sposatisi il 4 luglio 1916. Il rapporto epistolare con la moglie, infatti, non si limitò alla sfera affettiva e familiare, ma affronta spesso tematiche filosofiche (ad esempio, la frequentazione di G. Simmel durante il giovanile soggiorno a Berlino, nel 1909-1911, o la ricezione dell'opera e la personale conoscenza di E. Husserl) e di attualità, nella concretezza dei riferimenti a eventi e circostanze del presente e ai rapporti sociali coltivati da Banfi come pensatore, studioso, organizzatore culturale e uomo politico. Opere La filosofia e la vita spirituale, Milano, Isis, 1922. Principi di una teoria della ragione, Firenze, la Nuova Italia, 1926. Pestalozzi, Firenze, Vallecchi, 1929. Vita di Galileo Galilei, Lanciano, R. Carabba, 1930. Sommario di storia della pedagogia, Milano, A. Mondadori, 1931. I classici della pedagogia: Rousseau, Pestalozzi, Capponi, Gabelli, Gentile, Milano, Mondadori, 1932 Studi filosofici : rivista trimestrale di filosofia contemporanea, Milano, 1940-1949 Saggio sul diritto e sullo Stato, Roma, Rivista internazionale di filosofia del diritto, 1935. Per un razionalismo critico, Como, Marzorati, 1943. Lezioni di estetica raccolte Maria Antonietta Fraschini e Ida Vergani, Milano, Istit. Edit. Cisalpino, 1945. Vita dell'arte, Milano, Minuziano, 1947. Galileo Galilei, Milano, Ambrosiana, 1949. L'uomo copernicano, Milano, A. Mondadori, 1950. (con M. Dal PraG. PretiP. Rossi), La crisi dell'uso dogmatico della ragione, Milano, Bocca, 1953 La filosofia del settecento, Milano, La Goliardica, 1953. La filosofia critica di Kant, Milano, La Goliardica, 1955. La filosofia degli ultimi cinquant'anni, Milano, La Goliardica, 1957 La ricerca della realtà. v. 1, Firenze, Sansoni, 1959 La ricerca della realtà. v. 2, Firenze, Sansoni, 1959 Saggi sul marxismo, Roma, Editori Riuniti, 1960 (postumo) Filosofia dell'arte (Dino Formaggio, postumo) , Roma, Editori Riuniti, 1962 Note  "Perciò appunto non ho dimenticato i tuoi interessi e sarei lieto che fossi tu a succedermi, In questo senso ho scritto, richiesto da Castiglioni stesso, che ora è preside, a Castiglioni. Ho consigliato lui e con lui la facoltà ad accaparrarsi te per la F.[ilosofia] e Banfi per la St.[oria] d.[ella] F.[ilosofia]"; Lettera n. 108 Piero Martinetti a Adelchi Baratono, 21 dicembre 1931, in Piero Martinetti Lettere (1919-1942), Firenze, ,  107-108.  Rossanda, Rossana, La ragazza del secolo scorso, Torino, Einaudi, 2005,  52 ss.,  9788806143756.  Vedi scheda del Senato della RepubblicaI Legislatura.  Vedi scheda del Senato della RepubblicaII Legislatura.  Cit. in "Il marxismo e la libertà di pensiero", (1954), pubblicato in "Saggi sul marxismo", Editori Riuniti, 1960, pag.152  A.Banfi, La mia prospettiva filosofica, in La ricerca della realtà (1959), pag.713  Fondo Banfi Antonio, su SIUSA Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. 3 dicembre .  Centro Internazionale Insubrico Carlo Cattaneo e Giulio Preti per la filosofia, l'epistemologia, le scienze cognitive e la scienza delle scienze tecniche, su dicom.uninsubria. 3 dicembre .  G. M. Bertin, Banfi, Padova, CEDAM, 1943 E. Garin, Cronache di filosofia italiana (1900-1943), Bari, Laterza,1955 G. M. Bertin, L'idea di ragione e il pensiero etico-pedagogico di Antonio Banfi, Roma, Armando, 1961. Fulvio Papi, Il pensiero di Antonio Banfi, Parenti, Firenze 1961. F. Papi, Banfi Antonio, in Dizionario Biografico degli Italiani,  5 (1963), Treccani. A. Erbetta, L'umanesimo critico di Antonio Banfi, Milano, Marzorati, 1978. Antonio Banfi tre generazioni dopo. Atti del convegno della Fondazione Corrente, Milano, maggio 1978 , Il Saggiatore, Milano 1980. Roselina Salemi,  banfiana, Parma, Pratiche, 1982. G. Scaramuzza, Antonio Banfi. La ragione e l'estetico, Padova, Cleup, 1984 Luciano Eletti, Il problema della persona in Antonio Banfi, La Nuova Italia, Firenze 1985. 1986. Centenario della nascita di Antonio Banfi, Reggio Emilia, Istituto Banfi, 1986. Livio Sichirollo, Attualità di Banfi, Urbino, QuattroVenti, 1986. Francesco Luciani, Incontro con Banfi, Cosenza, Presenze Editrice, 987. G. D. Neri, Crisi e costruzione della storia. Sviluppi del pensiero di Antonio Banfi, Napoli, Bibliopolis, 1988 F. Papi, Vita e filosofia. La scuola di Milano: Banfi, Cantoni, Paci, Preti, Milano, Guerrini, 1990 Paolo Valore, Trascendentale e idea di ragione. Studi sulla fenomenologia banfiana, Firenze, La Nuova Italia, 1999. G. Scaramuzza, Crisi come rinnovamento. Scritti sull'estetica della scuola di Milano, Milano, Unicopli, 2000. Francesco Luciani, Polemiche della ragione. Gramsci, Banfi, Della Volpe, Cosenza, Arti Grafiche Barbieri, 2002. Giovambattista Trebisacce, Antonio Banfi e la pedagogia, Cosenza, Jonia editrice, 2005. F. Papi, Antonio Banfi e la pedagogia, Cosenza, Jonia editrice, 2005. S. ChiodoG. Scaramuzza (a cura), Ad Antonio Banfi cinquant'anni dopo, Milano, Unicopli, 2007. A. Vigorelli, La nostra inquetudine. Martinetti, Banfi, Rebora, Cantoni, Paci, De Martino, Rensi, Untersteiner, Dal Pra, Segre, Capitini, Milano, B. Mondadori, 2007 Giovambattista Trebisacce, La pedagogia tra razionalismo critico e marxismo, Roma, Anicia, 2008. D. Assael, Alle origini della scuola di Milano. Martinetti, Barié, Banfi, Milano, Guerrini, 2009. G. Sacaramuzza, Estetica come filosofia della musica nella scuola di Milano, Milano, CUEM, 2009. A. Di Miele, Antonio Banfi Enzo Paci. Crisi, eros, prassi, Milano, Mimesis, . M. Gisondi, Una fede filosofica. Antonio Banfi negli anni della sua formazione, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, . A. Crisanti , Banfi a Milano. L'università, l'editoria, il partito, Milano, Unicopli, .  Maria Corti Antonia Pozzi Luciano Anceschi Rossana Rossanda Pietro Bucalossi Piero Martinetti Scuola di Milano Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Antonio Banfi  Antonio Banfi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Antonio Banfi, su siusa.archivi.beniculturali, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.  Antonio Banfi, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.  Opere di Antonio Banfi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Antonio Banfi, .  Antonio Banfi / Antonio Banfi (altra versione), su senato, Senato della Repubblica.  La morte a Milano del sen. Antonio Banfi articolo del quotidiano La Stampa, 23 luglio 19577, Archivio storico. Massimo Ferrari, Piero Martinetti e Antonio Banfi, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Marcello Gisondi, La formazione intellettuale e politica di Antonio Banfi. Tesi di dottorato discussa presso l’Università Federico II di Napoli (a.a. /) "Antonio Banfi a Milano", sito della mostra allestita dal 22 maggio al 13 giugno  presso la Biblioteca di Filosofia dell'Università degli Studi di Milano Filosofia Università  Università Filosofo del XX secoloStorici della filosofia italianiTraduttori italiani 1886 1957 30 settembre 22 luglio Vimercate MilanoAccademici italiani del XX secoloDirettori di periodici italianiPolitici italiani del XX secoloProfessori dell'Università degli Studi di MilanoAntifascisti italianiSenatori della I legislatura della Repubblica ItalianaSenatori della II legislatura della Repubblica ItalianaStudenti dell'Università Humboldt di BerlinoTraduttori all'italianoTraduttori dal franceseTraduttori dal greco all'italianoTraduttori dall'inglese all'italianoTraduttori dal latinoTraduttori dal tedesco all'italiano

 

baratono: Grice: “I like Baratono – especially his ‘stilistica italiana’ – if I were to offer an English stylistics I would not count as a philosopher – but that’s because ‘English’ is spoken by more than Englishmen, while Italian ain’t!” Grice: “Baratono thinks he is a sensist alla ‘Giovanni Locke,’ which he possibly is.” Grice: “In the typical Italian way, instead of focusing on the classics – Roman philosophy – he read sociology and psychology and came up, in a typically Italian way, with a ‘sintessi,’ ‘la psicologia del popolo’ alla Wundt.” Grice: “If Austin punned on sense and sensibility – Baratono takes ‘sensibilia’ VERY sensibly – as the basis for ‘aesthetics,’ seeing that ‘aesthetikos’ IS Ciceronian for ‘sensibile’.” – Grice: “Baratono is Griceian in his search for what he calls the ‘elementary’ – he applies ‘elementary’ to ‘fatto psichico’: judicativo e volitivo – both based on the ‘sensibile’ – or rather on probability and desirability – credibility and desirability --. His use of ‘sense’ does not quite fit the Oxonian ‘sense datum,’ since the will is involved in the sensibile – or, in his wording, it is the anima (or psyche) that searches for the corpus -- -- The compound is something like the hylemorphism – the form is sensible – and the volitive (prattica) and judicative (teoretica) components of the soul operate on this.” -- Adelchi Baratono Deputato del Regno d'Italia LegislatureXXVI Dati generali Partito politicoPartito Socialista Italiano Titolo di studiolaurea UniversitàUniversità degli Studi di Genova Adelchi Baratono (Firenze) filosofo. Fra i maggiori esponenti del Partito Socialista Italiano nel periodo fra le due guerre.  Vive sin dalla giovinezza a Genova, dove compie i suoi studi. Si laurea in filosofia col professor Alfonso Asturaro, filosofo socialista di orientamento positivista. È prima insegnante di liceo, in questa città e a Savona, e poi professore universitario, oltre che a Genova, anche a Cagliari e Milano.  Baratono si iscrive al PSI subito dopo la fondazione e nel 1910 viene eletto consigliere comunale a Savona, aderendo all'ala intransigente in forte polemica con i riformisti. Entra nella Direzione nazionale del partito nel gennaio del 1920.  Alcune battaglie politiche lo vedono emergere come figura di primo piano del socialismo italiano, come quella che Baratono porta avanti con Giacinto Menotti Serrati capeggiando la frazione comunista unitaria al Congresso di Livorno del 15 gennaio 1921. L'accettazione con riserva dei 21 punti dell'Internazionale comunista di Mosca determina la clamorosa scissione e l'uscita dei comunisti dal Partito Socialista. Sempre con Serrati presenta al congresso del 15 ottobre 1921 la mozione massimalista. Lo stesso anno diviene deputato nel 1921 per la XXVI Legislatura.  Confermato per la terza volta membro della Direzione socialista, mentre la maggioranza massimalista si orienta per la scissione dei riformisti, Baratono al Congresso di Roma del 1922 sostiene fortemente l'unità, anche per il timore dell'affermarsi delle forze fasciste. Dopo il Congresso di Roma, Baratono aderisce al Partito Socialista Unitario di Filippo Turati e Giacomo Matteotti e dal 1923 diviene un assiduo collaboratore di Critica Sociale.  Ancora attivo nel 1926, Baratono collabora alla rivista Quarto Stato di Carlo Rosselli e Pietro Nenni. Poi, con il consolidamento del regime fascista, il suo ruolo di deputato decade e si dedica esclusivamente all'insegnamento universitario e ai suoi studi filosofici.  Nel 1931 Piero Martinetti, che è stato collocato a riposo d'autorità per aver rifiutato di giurare fedeltà al Fascismo, lo propone come suo successore per l'insegnamento della Filosofia all'Università degli Studi di Milano.  Baratono torna all'attività politica all'indomani della Liberazione, con collaborazioni sull'Avanti! (diretto all'epoca dal suo ex allievo Sandro Pertini) riprendendo i suoi studi di critica marxista.  Note  «Perciò appunto non ho dimenticato i tuoi interessi e sarei lieto che fossi tu a succedermi, In questo senso ho scritto, richiesto da Castiglioni stesso, che ora è preside, a Castiglioni. Ho consigliato lui e con lui la facoltà ad accaparrarsi te per la F.[ilosofia] e Banfi per la St.[oria] d.[ella] F.[ilosofia]». Lettera n. 108, Piero Martinetti a Adelchi Baratono, 21 dicembre 1931, in Piero Martinetti Lettere (1919-1942), Firenze, ,  107-108. Fonti Vittorio Mathieu, «BARATONO, Adelchi» in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 5, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1963. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Adelchi Baratono Collabora a Wikiquote Citazionio su Adelchi Baratono Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Adelchi Baratono  Adelchi Baratono, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Adelchi Baratono, su Liber Liber.  Opere di Adelchi Baratono, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Adelchi Baratono, .  Adelchi Baratono, su storia.camera, Camera dei deputati. Filosofi italiani del XX secoloPolitici italiani del XX secoloAccademici italiani Professore1875 1947Nati l'8 aprile 28 settembre Firenze GenovaPolitici del Partito Socialista ItalianoDeputati della XXVI legislatura del Regno d'ItaliaStudenti dell'Università degli Studi di GenovaProfessori dell'Università degli Studi di GenovaProfessori dell'Università degli Studi di CagliariProfessori dell'Università degli Studi di Milano.

 

barba: Grice: “I like Barba, but then I like Gallipoli – and he was born and died there, at Villa Barba. His main interest was Roman philosophy, which he studied at Naples! – The Roman occupation in Southern Italy brought ‘a breath of fresh air,’ as Barba has it, to the old “Grecia Magna” tradition --.” Grice: “Barba is very clear: ‘Epigrafia filosofica latina,’ o ‘epigrafia filosofica romana’ surely ain’t Grecian!” --  Emanuele Barba (Gallipoli), filosofo. Nato in una famiglia di umili origini (entrambi i suoi genitori, Ernesto e Pasqualina Barba, erano sarti), condusse gli studi primari a Gallipoli, per poi trasferirsi all'età di 10 anni a Napoli presso gli zii, Gaetano Brundesin e Tommaso Barba (quest'ultimo presidente della Gran Corte). Qui studiò grammatica e materie letterarie nella scuola del grammatico e lessicografo Basilio Puoti. Grazie al suo eccellente profitto vinse una borsa di studio che gli permise di frequentare gratuitamente la facoltà.  Conseguì quindi la laurea in Lettere e Filosofia e successivamente in Medicina, esercitando poi a Gallipoli la professione di docente e medico. Sempre a Napoli passò a studiare medicina nel R. Collegio Medico-Cerusico e divenne Assistente alla cattedra di Anatomia. Insegnò scienze e lettere al Ginnasio di Gallipoli (oggi Liceo Quinto Ennio) e fu sovrintendente scolastico ed Assessore delegato alla Pubblica Istruzione.  Fu arrestato ed esiliato a causa delle resistenze al governo borbonico. Morì a Gallipoli il 7 dicembre 1887 e i membri dell'Associazione Democratica posero una scritta: "Nato dal popolo, Per il popolo si adoperò". A lui fu intitolato il Museo civico di Gallipoli.  Note  AnxaEmanuele Barba, su anxa. 21 aprile  13 ottobre ).  Scheda sul sito del Museo Emanuele Barba. Filosofi.

 

barbaro: Grice: “This can be confusing to Oxonians, althou we are familiar with the Hanover dynasty! Daniele Barbaro, a faitehful nephew, commented on his uncle’s, Ermolao Barbaro’s, ‘translation’ of Aristotle’s rhetoric – I shouldn’t even be saying this since it’s implicated in the title where Ermolao features as ‘interprete,’ and the ‘commentarium’ is due to Daniele.” Grice: “On top, Daniele wrote about ‘eloquenza,’ but his comments on his uncle’s vulgarization into latin of Aristotle’s vulgar-greek (koine) rhetorica – is perhaps more Griceian – since there is little conversational about Daniele Barbaro’s ‘eloquenza,’ while the rhetoric (or ‘rettorica,’ as he prefers) is ALL about ‘dialettica’ and dialogue!” --  Daniele Barbaro patriarca della Chiesa cattolica Portret van Daniele Barbaro Rijksmuseum SK-A-4011.jpeg Ritratto di Daniele Barbaro, attorno al 1561-1565, opera di Paolo Veronese, presso il Rijksmuseum di Amsterdam Template-Patriarch (Latin Rite) Interwoven with gold.svg   Incarichi ricopertiPatriarca di Aquileia (1550-1570)   Nato8 a Venezia Nominato patriarca17 dicembre 1550 da papa Giulio III Deceduto13 aprile 1570 (56 anni) a Venezia   Manuale Daniele Matteo Alvise Barbaro (Venezia), filosofio.   Daniele Barbaro ritratto da Paolo Veronese, 1562-1570 (Firenze, Palazzo Pitti)  Villa Barbaro a Maser  Pratica della perspettiva, 1569 È noto soprattutto come traduttore e commentatore del trattato De architectura di Marco Vitruvio Pollione e per il trattato La pratica della perspettiva.  Importanti furono i suoi studi sulla prospettiva e sulle applicazioni della camera oscura, dove utilizzò un diaframma per migliorare la resa dell'immagine. Uomo colto e di ampi interessi, fu amico di Andrea Palladio, Torquato Tasso e Pietro Bembo. Commissionò a Palladio Villa Barbaro a Maser e a Paolo Veronese numerose opere, tra cui due suoi ritratti.   Daniele Matteo Alvise Barbaro o Barbarus fu figlio di Francesco di Daniele Barbaro ed Elena Pisani, figlia del banchiere Alvise Pisani e Cecilia Giustinian. Suo fratello minore fu l'ambasciatore Marcantonio Barbaro. Barbaro studiò filosofia, matematica e ottica all'Padova.  Fu ambasciatore della Serenissima presso la corte di Edoardo VI a Londra, dall'agosto 1549 al febbraio 1551, e come rappresentante di Venezia al Concilio di Trento.  Nipote del patriarca di Aquileia Giovanni Grimani, fu suo coauditore nella sede patriarcale di Aquileia. Il 17 dicembre 1550 venne promosso in concistoro a patriarca "eletto" di Aquileia (coadiutore), con diritto di futura successione, ma non assunse mai la guida del patriarcato perché morì prima dello zio. All'epoca tale carica era quasi una questione di famiglia per i Barbaro, infatti furono patriarchi di Aquileia ben 4 Barbaro fra il 1491 e il 1622:  Ermolao Barbaro il Giovane, patriarca di Aquileia dal 1491 al 1493, Daniele Barbaro, patriarca di Aquileia dal 1550 al 1570, Francesco Barbaro, patriarca di Aquileia dal 1593 al 1616, Ermolao II Barbaro († 1622), patriarca di Aquileia dal 1616. Fu forse nominato cardinale in pectore da papa Pio IV nel concistoro del 26 febbraio 1561 e mai pubblicato.  Solo i Grimani, con cui erano imparentati, occuparono più volte il patriarcato (ben sei).  Partecipò a varie sedute del Concilio di Trento a partire dal 14 gennaio 1562 fino alla sua chiusura nel 1563.  Opere Tra le sue maggiori opere:  Un'edizione dei Commentarii di Aristotele Retorica del suo prozio Ermolao Barbaro il Giovane (Venezia, 1544); un'edizione dei Compendium scientiae naturalis Ermolao Barbaro il Giovane (Venezia, 1545); Una traduzione in Italiano dell'opera De architectura di Marco Vitruvio Pollione, pubblicato col titolo Dieci libri dell'architettura di M. Vitruvio (Venezia, 1556. Di essa pubblicò anche una versione in latino intitolata M. Vitruvii de architectura, (Venezia, 1567. Le illustrazioni dell'opera del Barbaro furono realizzate da Palladio. un importante trattato sulla geometria, prospettiva e scienza della pittura, La pratica della perspettiva (Venezia, 1568-69); un trattato, non pubblicato e non finito, sulla costruzione delle meridiane De Horologiis describendis libellus, Venice, Biblioteca Marciana, Cod. Lat. VIII, 42, 3097). Più tardi si scoprì che il testo del Barbaro affrontava la tecnica di strumenti come l'astrolabio, il planisfero di Juan de Rojas, il bacolo, il triquetrum, e olometro di Abel Foullon. Cronache, probabilmente riprese da Giovanni Bembo nella Cronaca Bemba. Aurea in quinquaginta Davidicos Psalmos doctorum graecorum catena interpretante Daniele Barbaro electo patriarcha Aquileiensi, Venetiis, apud Georgium de Caballis, 1569. 9 ottobre . Note  La pratica della perspettiva, 1569, consultabile online (testo italiano + tavole originali)  Giuseppe Trebbi, Barbaro Daniele, in Nuovo Liruti: dizionario biografico dei friulani. 2: l'età veneta. A-C, Forum editrice universitaria, Udine 2009374  Eubel, Hierarchia Catholica Medii et Recentoris Aevi, III39, che cita gli Acta camerarii 9, f. 37 e gli Acta vicecancellarii 8, f 7  Louis Cellauro, Daniele Barbaro and Vitruvius: the architectural theory of a Renaissance humanist and patron, Papers of the British School at Rome, 72 (2004),  293–329 Pio Paschini, Daniele Barbaro letterato e prelato veneziano del Cinquecento, Rivista di storia della chiesa in Italia, 6 (1962),  73–107. Władysław Tatarkiewicz, History of Aesthetics,  III: Modern Aesthetics, edited by D. Petsch, translated from the Polish by Chester A. Kisiel and John F. Besemeres, The Hague, Mouton, 1974. Daniele Barbaro, Pratica della perspettiva, In Venetia, appresso Camillo, & Rutilio Borgominieri fratelli, al Segno di S. Giorgio, 1569. 30 maggio . Robert Devreesse, La chaine sur les psaumes de Daniele Barbaro, in Revue Biblique,  Giovanni Mercati, Il Niceforo della Catena di Daniele Barbaro e il suo commento del Salterio, in Biblica,  26, 1945,  153-81.  Storia della fotografia Villa Barbaro Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Daniele Barbaro Collabora a Wikiquote Citazionio su Daniele Barbaro Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Daniele Barbaro  Daniele Barbaro, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giovanni Vacca, Daniele Barbaro, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Daniele Barbaro, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Giuseppe Alberigo, Daniele Barbaro, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Daniele Barbaro, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Daniele Barbaro, . David M. Cheney, Daniele Barbaro, in Catholic Hierarchy.  Daniele Barbaro, su museogalileoMuseo Galileo, Firenze. 21 ottobre . Daniele Barbaro (15141570), su mathematica.snsEdizione Nazionale Mathematica Italiana, Pisa, Centro di Ricerca Matematica Ennio De Giorgi. 21 ottobre .Salvador Miranda, Barbaro, Daniele Matteo Alvise, su fiu.eduThe Cardinals of the Holy Roman Church, Florida International University. 21 ottobre . PredecessorePatriarca di AquileiaSuccessorePatriarchNonCardinal PioM.svg Giovanni Grimani17 dicembre 155013 aprile 1570Aloisio Giustiniani4959495 Umanisti italiani 1514 1570Nati l'8 febbraio 13 aprile Venezia VeneziaBarbaroPatriarchi di AquileiaAmbasciatori italiani

 

barbaro: Ermolao Barbaro (n. Venezia) – umanista --. Grice: “As much as Speranza LOVES Daniele Barbaro, I prefer Ermolao Barbaro; after all, he was his uncle – I mean, Ermolao was Daniele’s uncle – and therefore HE taught HIM; I mean, Ermolao, as a good philosophical uncle, taught the ‘minor’ (literally, since he was his junior) Barbaro.”  "Some like Barbaro, but Barbaro's MY man." Ermolao Barbaro detto il Vecchio (Venezia, 1410 – Venezia, 1471) è stato un umanista e vescovo cattolico italiano.  «Sendo stato uomo degnissimo, m'è paruto farne alcuna menzione nel numero di tanti singulari uomini, acciocché la fama di sì degno uomo non perisca»  (Vespasiano da Bisticci, Vite di uomini illustri del secolo XV[1])Ancora bambino cominciò a studiare lettere greche con Guarino Veronese, e il successo di quest'accoppiata allievo-maestro fu tale che a soli 12 anni tradusse in latino 33 favole di Esopo. Fece poi i suoi studi universitari a Padova dove si laureò nel 1425[2].  Successivamente si trasferì a Roma dove entrò al servizio della cancelleria papale. La sua carriera nella curia romana fu così fulminea che nel 1435[3] Eugenio IV lo nominò protonotario apostolico e, nel 1443, gli concesse la diocesi di Treviso. Il rapporto con il pontefice, però, si interruppe bruscamente nel 1447 quando, dopo che gli era stata promessa la nomina a vescovo di Bergamo, il papa assegnò il posto a Polidoro Foscari.  Lasciò Roma e viaggiò per l'Italia ma, dopo una serie di peregrinazioni, tornò a lavorare in curia e ci rimase fino al 1453. Si trasferì poi a Verona dove Niccolò V lo aveva designato vescovo e dove si sistemò in pianta stabile, tranne una breve parentesi a Perugia, dal 1460 al 1462, come governatore[4].  Messer Ermolao Barbaro, gentiluomo viniziano, fu fatto vescovo di Verona da papa Eugenio [sic], per le sue virtù. Ebbe notizia di ragione canonica e civile, ed ebbe universale perizia di teologia, e di questi istudi d'umanità; ed ebbe nello scrivere ottimo stile. Fu di buonissimi costumi, e nel tempo di papa Eugenio [sic] si ritornò a Verona al suo vescovado, e attese con ogni diligenza alla cura, e vi accrebbe assai e onorò e multiplicò il culto divino. Era umanissimo con ognuno. Ridusse nel suo tempo il vescovado in buonissimo ordine, così nello spirituale come nel temporale. Aveva in casa sua alcuni dotti uomini, in modo che sempre vi si disputava o ragionava di lettere; ed era la sua casa governata, come si richiede una casa d'uno degno prelato. S'egli compose (che credo di sì) non ho notizia alcuna[5].  Compose. Nulla se ne ha alle stampe trattane qualche lettera, ma più opuscoli manoscritti se ne hanno in alcune biblioteche, e fra essi la traduzione della Vita di S. Anastasio scritta da Eusebio di Cesarea[6].  Note  Vespasiano da Bisticci, Vite di uomini illustri del secolo XV, ed. Barbera-Bianchi, Firenze, 1859, pag. 195  Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, ed. Firenze, 1819, Vol. VI, pag. 808  Società storica lombarda, Archivio storico lombardo, ser.4:v.7, 1907, pag. 323  L'Umanesimo umbro: Atti del IX Convegno di studi umbri. Gubbio, 22-23 settembre, 1974, Perugia, 1977, pag. 199  Vespasiano da Bisticci, cit. pag. 195  Girolamo Tiraboschi, cit. pag. 808 Opere (alcune moderne edizioni italiane)  Ermolao Barbaro il Vecchio. Orationes contra poetas. Epistolae. Edizione critica a cura di Giorgio Ronconi. 16x24 cm, pp VIII+186. Firenze: Sansoni, 1972. Pubblicazioni della Facolta di Magistero dell'Universita di Padova Ermolao Barbaro il Vecchio. Aesopi Fabulae. A cura di Cristina Cocco. 22 cm, pp 186. Genova: D.AR.FI.CL.ET., 1994. Trad. italiana a fronte Hermolao Barbaro seniore interprete. Aesopi fabulae. A cura di Cristina Cocco, 25 cm, pp 155, Firenze: Sismel-Edizioni del Galluzzo, 2007. Il ritorno dei classici nell'umanesimo. Edizione nazionale delle traduzioni dei testi greci in eta umanistica e rinascimentale.9788884502506 Bibliografia Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Vol. VI, ed. Firenze, 1819. Vespasiano da Bisticci, Vite di uomini illustri del secolo XV, ed. Barbera-Bianchi, Firenze, 1859. Pio Paschini, Tre illustri prelati del Rinascimento: Ermolao Barbaro, Adriano Castellesi, Giovanni Grimani, Roma, Facultas Theologica Pontificii Athenaei Lateranensis, 1957. Emilio Bigi, Ermolao Barbaro, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 6 luglio 2018. Voci correlate Ermolao Barbaro il Giovane Collegamenti esterniDavid M. Cheney, Ermolao Barbaro il Vecchio, in Catholic Hierarchy.Predecessore                                             Vescovo di TrevisoSuccessoreBishopCoA PioM.svg Lodovico Barbo1443-1453Marino ContariniPredecessoreVescovo di VeronaSuccessoreBishopCoA PioM.svg Francesco Condulmer1453-1471Giovanni MichielControllo di autoritVIAF27319301 · ISNI0000 0000 6300 1394 · SBN IT\ICCU\MILV\110912 · LCCNn95090012 · GND (DE) 102417849 · BNF (FR) cb146202310 (data) · NLA35968113 · BAV495/27788 · WorldCat Identitieslccn-n95090012 Biografie Portale Biografie Cattolicesimo Portale Cattolicesimo Treviso Portale Treviso Venezia Portale Venezia Categorie: Umanisti italianiVescovi cattolici italiani del XV secoloNati nel 1410Morti nel 1471Nati a VeneziaMorti a VeneziaBarbaroVescovi di TrevisoVescovi di VeronaTraduttori dal greco al latino[altre]

 

barbaro, ermolao – the younger – il giovane, non il vecchio --  "Speranza likes Ermolao Barbaro the Younger, but Ermolao Barbaro The Elder is MY man." -- H.G. Ermolao Barbaro il Giovane Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search «Egli avea profondamente meditato sopra i doveri che impone il carattere di legato a chi lo sostiene e sopra le avvertenze che devono servirgli di norma nella pratica degli affari, ónde servir con vantaggio il proprio governo e riportare onore anche da quello presso di cui risiede. Ei ne ha indicate le tracce in un pregevolissimo opuscolo[1] in cui la prudenza apparisce compagna della onestà del candore, ed è venuto a delineare in certa guisa il suo ritratto. Ma lo stesso suo merito fu a lui cagione di grave calamità.[2]»  Ermolao Barbaro cardinale di Santa Romana Chiesa Hermolaus BarbarusRitratto di Ermolao Barbaro, opera di Theodor de Bry del 1597 Template-Cardinal.svg   Incarichi ricopertiPatriarca di Aquileia (1491-1493)   Nato21 maggio 1454 a Venezia Ordinato presbiteroin data sconosciuta Nominato patriarca6 marzo 1491 da papa Alessandro VI Consacrato patriarcain data sconosciuta Creato cardinale9 marzo 1489 da papa Innocenzo VIII (mai pubblicato) Deceduto14 giugno 1493 (39 anni) a Roma   Manuale Ermolao Barbaro detto "Il giovane" (Venezia, 21 maggio 1454 – Roma, 14 giugno 1493) è stato un umanista, patriarca cattolico e diplomatico italiano, al servizio della Repubblica di Venezia. Cominciò l'educazione elementare con il padre Zaccaria Barbaro, politico e diplomatico veneziano, poi in tenerissima età fu mandato a Verona dal prozio Ermolao Barbaro, vescovo della città e umanista di fama, per studiare lettere latine con Matteo Bosso. Nel 1462, per perfezionarsi sia in latino che in greco, passò a Roma dove ebbe come insegnanti prima Pomponio Leto e poi Teodoro Gaza. Un cursus studiorum concluso con successo: nel 1468 fu laureato poeta, a Verona, da Federico III[3].  Dal 1471 al 1473 seguì a Napoli il padre, titolare dell'ambasciata veneziana,[4] e proprio nella città partenopea, all'età di 18 anni, scrisse la sua prima opera ovvero il De Caelibatu[5]. All'età di 20 anni tradusse tutto Temistio[6], pubblicato poi, in parafrasi, nel 1481.  Tornato in Veneto il 23 agosto 1474 conseguì all'Università di Padova il dottorato in arti e il 27 ottobre 1477 quello in diritto civile e canonico.[3]. Subito dopo fu nominato titolare della cattedra di etica[3] Come professore insegnò soprattutto sulla Nicomachea di Aristotele, mettendo in guardia i suoi studenti dalle traduzioni in latino di Aristotele veicolate dall'arabo e predicando il ritorno alla traduzione diretta dal greco, proprio come faceva lui[7]. Sono infatti di quegli anni i commentari all'Etica e alla Politica (tra il 1474 e il 1476) e la traduzione della Retorica (1478).  Abbandonato l'insegnamento nel 1479, accompagnò nuovamente il padre in missione diplomatica a Roma dove rimase tra il 1480 e il 1481. Poi fu promosso, nel 1483, senatore della Repubblica di Venezia[8] e nel 1485, ma stavolta in veste ufficiale, si recò a Milano con il padre per una nuova ambasceria.   Massimiliano I d'Asburgo Il primo incarico diplomatico arrivò nell'estate del 1486 quando, insieme a Domenico Trevisano, rappresentò a Bruges la Serenissima in occasione dei festeggiamenti per l'incoronazione a Re dei Romani di Massimiliano d'Asburgo e nell'occasione fu investito cavaliere[9].  Nel 1488, dopo un'esperienza come savio di terraferma, fu finalmente nominato ambasciatore residente a Milano dove si accreditò il 23 marzo 1488 e rimase in carica fino all'11 aprile 1489. Secondo diverse fonti, venne creato cardinale in pectore da Papa Innocenzo VIII nel concistoro del 9 marzo 1483, ma non venne mai pubblicato. L'ottima gestione della legazione veneziana a Milano, in tempi davvero turbolenti come quelli della reggenza di Ludovico il Moro, gli valse un anno dopo, nell'aprile del 1490, la nomina ad ambasciatore a Roma alla corte di Innocenzo VIII. E fu qui che avvenne la catastrofe.  Il 3 marzo 1491, il giorno dopo la morte del patriarca di Aquileia Marco Barbo, Ermolao «...erasi recato all'udienza del papa, per fare istanza acciocché fosse differita la nomina del patriarca successore, finché il senato non gli e ne avesse presentato, secondo il consueto, la nomina. Ma il papa, senza punto badare a cotesta istanza, nominò lui appunto in patriarca di Aquileja; aggiungendogli, essere questa grazia una giusta ricompensa al suo sapere ed alla sua virtù. Il Barbaro in sulle prime si rifiutò dall'accettare la dignità, che il pontefice conferivagli; ma quando Innocenzo gli e lo comandò in virtù di santa ubbidienza, si vide costretto a sottomettervisi ed obbedire. Allora il papa sull'istante lo vestì del rocchetto, di cui, per darglielo, si spogliò uno dei cardinali colà presenti; e poscia in pieno concistoro fu preconizzato patriarca di questa chiesa»[10].  La procedura era rigorosamente contraria alle leggi della repubblica che vietavano ai propri ambasciatori, senza la previa autorizzazione del senato, di ricevere incarichi o nomine dai principi presso i quali erano accreditati. Allora, per giustificare la violazione procedurale, il Papa scrisse una lettera al Doge chiedendogli di confermare la nomina, ma il Consiglio dei Dieci, competente in materia, deliberò comunque che Ermolao dovesse rinunciare al patriarcato. Cosa che, dopo un po' di tira e molla, prontamente fece.   Giovanni Pico della Mirandola «Scelse, per farla più solenne, la circostanza del giovedì santo alla presenza del papa e di tutto il sacro collegio; ma il papa non la volle accettare. Né l'obbedienza sua agli ordini del senato bastò per anco a giustificarlo. Poco avveduto, non pensò di spedirne a Venezia la stessa sua dimissione al senato, ad onta dell'opposizione del pontefice; mostrandosi dal canto suo per tal guisa fedele ed obbediente alle leggi del suo governo. Più avrebbe inoltre dovuto lasciar Roma e ritornare a Venezia. Ov'egli si fosse regolato così, l'affare avrebbe cangiato di aspetto, e sarebbesi ridotta ad una semplice controversia di giurisdizione tra la corte di Roma e la repubblica di Venezia. Ma essendo rimasto in quella capitale, ad onta della fatta rinunzia, né avendone dato avviso al senato, egli fu riputato veramente colpevole in faccia alla legge, e perciò costrinse il senato ad usare verso di lui ogni misura di rigore»[11].  Come risultato di questo pasticcio fu bandito perennemente dalla repubblica e interdetto da qualsiasi ufficio pubblico e privato. Quanto al patriarcato di Aquileia, tecnicamente, ne rimase titolare ma il senato oltre ad avergli impedito, con l'esilio, di recarvisi fisicamente, ne congelò le rendite patriarcali e nominò Nicolò Donato in suo vece, anche se la nomina non fu ratificata dal papa[11]. Ne derivò una situazione di stallo, durante la quale la diocesi patriarcale fu amministrata da Giacomo Valaresso (anche Valleresso), vescovo di Capodistria, con il titolo di Governatore generale.  Rimase a Roma dove decise di dedicarsi a tempo pieno ai suoi studi. Del biennio 1491-1493, particolarmente importanti, oltre alla composizione di Orationes et Carmina in latino e alla pubblicazione delle Castigationes Plinianae (disputazioni scientifiche sulle imprecisioni e sulle invenzioni della Naturalis historia di Plinio), furono le epistole di contenuto filosofico che si scambiò con Poliziano e Pico della Mirandola che, insieme, costituirono un vero e proprio «triumvirato, a que' giorni potente e celebratissimo nelle scienze e nelle lettere»[12].  «Al terminare dell'indicato biennio fu egli sventuratamente colto dalla pestilenza che serpeggiava nell'agro romano. Giunta a Firenze la nuova del suo pericolo trafisse altamente il cuore dei due suoi celebri amici Angelo Poliziano e Giovanni Pico. Si lagnavano essi che la perdita di Ermolao seco involgeva il destino delle buone lettere, sembrando loro che in un sol uomo pericolasse l'onere delle cose romane. Il Pico anzi volle tentar di soccorrerlo, inviandogli col mezzo di suo corriere un antidoto ch'ei medesimo componeva e che credeva atto a domare il morbo pestilenziale. Ma quando arrivò a Roma l'espresso, egli era di già passato tra gli estinti»[13].  Note  De Legato, recuperato dal cardinal Quirini da un codice della Vaticana e stampato per la prima volta nelle annotazioni alla Deca II della sua Thiara et purpura veneta  Giovanni Battista Corniani, Camillo Ugoni, Stefano Ticozzi, I secoli della letteratura italiana dopo il suo risorgimento, Torino, 1855, Vol. II,132  Contemporaries of Erasmus, op. cit.91  Bruno Figliuolo, Il Diplomatico E Il Trattatista: Ermolao Barbaro Ambasciatore Della Serenissima, Napoli, Guida Editori, 1999,19  Saverio Bettinelli, Risorgimento d'Italia negli studj, nelle arti, e ne' costumi dopo il mille, Bassano, 1786, parte I,219  S. Bettinelli, cit.219  Antonino Poppi, Ricerche sulla teologia e la scienza nella scuola padovana del Cinque e Seicento, Rubbertino, 2001,54  Vittore Branca, La sapienza civile: Studi Sull'umanesimo a Venezia, Firenze, 1988,67  Eugenio Albèri, Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Firenze, 1846, Vol. VII,26  Giuseppe Cappelletti, Le chiese d'Italia della loro origine sino ai nostri giorni, Venezia, 1851, Vol. VIII,512-513  Giuseppe Cappelletti, op. cit.516  Jacopo Bernardi, Ermolao Barbaro o la scienza del pensiero dal secolo decimoquinto a noi, Venezia, 1851,12  I secoli della letteratura italiana, op. cit.134-135 Bibliografia Saverio Bettinelli, Risorgimento d'Italia negli studj, nelle arti, e ne' costumi dopo il mille, Bassano, 1786 Eugenio Albèri, Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Firenze, 1846 Giuseppe Cappelletti, Le chiese d'Italia della loro origine sino ai nostri giorni, Vol. VIII, Venezia, 1851 Jacopo Bernardi, Ermolao Barbaro o la scienza del pensiero dal secolo decimoquinto a noi, Venezia, 1851 Giovanni Battista Corniani, Camillo Ugoni, Stefano Ticozzi, I secoli della letteratura italiana dopo il suo risorgimento, Torino, 1855 Vittore Branca, La sapienza civile: Studi Sull'umanesimo a Venezia, Firenze, 1988 Bruno Figliuolo, Il Diplomatico E Il Trattatista: Ermolao Barbaro Ambasciatore Della Serenissima, Napoli, Guida Editori, 1999 Antonino Poppi, Ricerche sulla teologia e la scienza nella scuola padovana del Cinque e Seicento, Rubbertino, 2001Thomas Brian Deutscher, Contemporaries of Erasmus: A Biographical Register of the Renaissance and Reformation, University of Toronto Press, 2003 Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Ermolao Barbaro il Giovane Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Ermolao Barbaro il Giovane Collegamenti esterni Ermolao Barbaro il Giovane, su Treccani – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Ermolao Barbaro il Giovane, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Opere di Ermolao Barbaro il Giovane, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.Opere di Ermolao Barbaro il Giovane, su Open Library, Internet Archive.David M. Cheney, Ermolao Barbaro il Giovane, in Catholic Hierarchy.Salvador Miranda, BARBARO, iuniore, Ermolao, su fiu.edu – The Cardinals of the Holy Roman Church, Florida International University. Ermolao Barbaro, in Treccani – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Emilio Bigi, BARBARO, Ermolao, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 6, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1964.PredecessorePatriarca di AquileiaSuccessorePatriarchNonCardinal PioM.svg Marco Barbo7 marzo 1491 - 2 maggio 1493Nicolò Donà Controllo di autoritàVIAF54942062 · ISNI0000 0001 2133 7866 · SBN IT\ICCU\MILV\088873 · LCCNn80137686 · GND (DE) 118657119 · BNF (FR) cb121940202 (data) · BNE (ES) XX1216846 (data) · NLA35180637 · BAV495/46340 · CERL cnp01329886 · WorldCat Identitieslccn-n80137686 Biografie Portale Biografie: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di biografie Categorie: Umanisti italianiPatriarchi cattolici italianiDiplomatici italianiNati nel 1454Morti nel 1493Nati il 21 maggioMorti il 14 giugnoNati a VeneziaMorti a RomaBarbaroAmbasciatori italianiPatriarchi di AquileiaTraduttori dal greco al latino[altre]

 

 

barcellona: Grice: “Perhaps my favourite by Barcellona is “I soggetti e le norme” – vide my conversational norms – and ‘soggeto’ of course relates to ‘intersoggetivita,’ a pet concept of Italian phenomenology!” Grice: “Of course, for us British subjects (to the Queen), the idea of ‘soggeti’ cannot quite make sense! But Barcellona’s point is fascinating: the Romans did have the concept of a sub-iectum and an ob-iectum: they like a symmetrical expression formation, too! Barcellona shows that we have to speak of ‘soggetti’ to get intersoggetivita – and then the norma – a very Roman concept, which as J. L. Austin said (following John Austin), does not quite translate as ‘norm’ – “We don’t use ‘norm’ in ordinary language.””  Barcellona shows that it is ‘I soggetti’ i. e. at least a dyad that makes ‘the noi trascendentale’ adding up ‘l’io trascendentale’ with ‘il tu trascendentale’ and ‘l’altro trascendentale’ that we get the norm. Barcellona got to the idea after seeing the French film, ‘l’un et l’autre’!” --  Pietro Barcellona, deputato della Repubblica Italiana LegislatureVIII Gruppo parlamentarePCI Dati generali Partito politicoPartito Comunista Italiano Titolo di studioLaurea in giurisprudenza ProfessioneDocente universitario Pietro Barcellona (Catania ),  filosofo. È stato docente di diritto privato e di filosofia del diritto presso la facoltà di giurisprudenza dell'Catania. È stato membro del Consiglio superiore della magistratura.  Si laurea in Giurisprudenza nel 1959. Nel 1963 consegue la libera docenza in Diritto Civile e insegna a Messina. Dal 1976 al 1979 è componente del Consiglio Superiore della Magistratura. Ha diretto il Centro per la Riforma dello Stato, fondato con Pietro Ingrao.  Nel 1979 è stato eletto deputato nelle file del Partito Comunista Italiano ed è stato membro della commissione giustizia della Camera fino al 1983 .  A causa della sua formazione teorica materialista, ha suscitato nel  molto scalpore la sua conversione raccontata nel libro Incontro con Gesù.  Docente emerito di filosofia del diritto all'Catania, è morto all'età di 77 anni la sera del 6 settembre .  Opere È autore di novantaquattro pubblicazioni. Ne seguono alcune:  Diritto privato e processo economico, Jovene Editore, 1973. L'uso alternativo del diritto, Laterza, 1973.Barcellona, G. Cotturri, Stato e giuristi tra crisi e riforma, De Donato, Bari, 1974. Stato e mercato tra monopolio e democrazia, De Donato, 1976. La Repubblica in trasformazione. Problemi istituzionali del caso italiano, De Donato, 1978. Oltre lo Stato sociale: economia e politica nella crisi dello Stato keynesiano, De Donato, 1981. I soggetti e le norme, Giuffrè, 1984.  978-88-14-06879-9 L'individualismo proprietario, Bollati Boringhieri, 1987.  978-88-339-0405-4 L'egoismo maturo e la follia del capitale, Bollati Boringhieri, 1988.  978-88-339-0455-9 Il Capitale come puro spirito: un fantasma si aggira per il mondo, Editori Riuniti, 1990.  978-88-3593-417-2 Il ritorno del legame sociale, Bollati Boringhieri, Lo spazio della politica. Tecnica e democrazia, Editori Riuniti, 1993. Dallo Stato sociale allo Stato immaginario. Critica della «Ragione funzionalista», Bollati Boringhieri, 1994.  978-88-339-0835-9Barcellona, E. Gelpi, V. Lanternari, Laicità. Una sfida per il terzo millennio, Argo, Diritto privato società moderna, Jovene, 1996.  978-88-243-1188-5 L'individuo sociale, Costa & Nolan, 1996.  978-88-7648-217-5 Politica e passioni. Proposte per un dibattito, Bollati Boringhieri, 1997.  978-88-339-1034-5 Il declino dello Stato. Riflessioni di fine secolo sulla crisi del progetto moderno, Ed. Dedalo, 1998.  978-88-220-5301-5 Quale politica per il Terzo millennio?, Ed. Dedalo, 2000.  978-88-220-5308-4 L'individuo e la comunità, Edizioni Lavoro, Le passioni negate. Globalismo e diritti umani, Città Aperta, 2001.  978-88-8137-028-3 Le istituzioni del diritto privato contemporaneo, Jovene, 2002.  978-88-243-1444-2 Tensioni metropolitane, Città Aperta, 2002.  978-88-8137-042-9Barcellona, A. Carrino, I diritti umani tra politica, filosofia e storia, A. Guida, 2003. La strategia dell'anima, Città Aperta, 2003.  978-88-8137-074-0 Diritto senza società. Dal disincanto all'indifferenza, Ed. Dedalo, 2003.  978-88-220-5338-1Barcellona, R. De Giorgi, S. Natoli, Fine della storia e mondo come sistema. Tesi sulla post-modernità, Ed. Dedalo, 2003.  978-88-220-5333-6 Il suicidio dell'Europa. Dalla coscienza infelice all'edonismo cognitivo, Ed. Dedalo, 2005.  978-88-220-5347-3 Critica della ragion laica, Città Aperta, 2006.  978-88-8137-234-8 Diagnosi del presente, Bonanno, 2007.  978-88-7796-367-3 La parola perduta. Tra polis greca e cyberspazio, Ed. Dedalo, 2007.  978-88-220-5367-1 L'epoca del postumano, Città Aperta, La lotta tra diritto e giustizia, Marietti, 2008.  978-88-211-6446-0 Il furto dell'anima. La narrazione post-umana, Ed. Dedalo, 2008.  978-88-220-5375-6 L'ineludibile questione di Dio, Marietti, 2009.  978-88-211-2494-5 L'oracolo di Delfi e L'isola delle capre, Marietti,  Elogio del discorso inutile. La parola gratuita, Ed. Dedalo, . Viaggio nel Bel Paese. Tra nostalgia e speranza, Città Aperta, .  978-88-8137-424-3 Incontro con Gesù, Marietti, .  978-88-211-2501-0 Declinazioni futuro/passato. Poesie, Prova d'autore, .  978-88-6282-031-8 Il sapere affettivo, Diabasis, .  978-88-8103-754-4 Il desiderio impossibile, Prova d'autore, .  978-88-6282-057-8 Passaggio d'epoca. L'Italia al tempo della crisi, Marietti, .  978-88-211-2503-4 La speranza contro la paura, Marietti, . L'occidente tra libertà e tecnica, Saletta dell'Uva, .  978-88-6133-068-9 Parolepotere, Castelvecchi, . Sottopelle. La storia, gli affetti, Castelvecchi, .  978-88-6826-235-8 La sfida della modernità, La Scuola, .  978-88-350-3599-2 Pietro Barcellona e la pittura Una delle più grandi passioni di Pietro Barcellona, è stata senza ombra di dubbio la pittura. Comincia a dipingere all'età di 20 anni. Due sue opere si trovano in esposizione permanente presso il "Museo dei Castelli Romani". Un suo quadro fa parte della collezione permanente della Salerniana, Galleria Civica d'Arte Contemporanea "Giuseppe Perricone". Vanta diverse personali:  1959"Mostra Città di Catania"; 1997"Galleria Arte Club" di Catania, con testi critici di Manlio Sgalambro e Salvo Di Stefano; 2001"Galleria Arte Club" di Catania. Espone un nucleo di ventiquattro opere sul tema "La città della donna" con testo critico di Giuseppe Frazzetto; 2002"Tensioni metropolitane" presso "Fondazione Luigi Di Sarro" di Roma; 2002"Galleria Quadrifoglio" di Siracusa; 2002"Fondazione Filiberto Menna" di Salerno; 2003"Mitologia del quotidiano" presso "Galleria La Borgognona" di Roma, con testi in catalogo di Simonetta Lux e Domenico Guzzi; 2003"Contrasti" presso "Galleria Tornabuoni" di Firenze, con testo in catalogo di Fabio Fornaciai e dello stesso Barcellona; 2004"Museo dell'Infiorata" di Genzano; 2006"L'impossibile completezza" presso il "Museo Laboratorio di Arte Contemporanea" di Roma, Patrizia Ferri e Mario de Candia; "Il desiderio impossibile" presso "Le Ciminiere", Sala C2, di Catania, con testo critico di Mario Grasso. Saggi sull'opera di Pietro Barcellona  Su Pietro Barcellona, ovvero, riverberi del meno, Atti del Convegno di Studi su alcune opere di Pietro Barcellona, Mario Grasso. Prova d'Autore, .  978-88-6282-154-4 W. Magnoni, Persona e società: linee di etica sociale a partire da alcune provocazioni di Norberto Bobbio, Glossa Edizioni, Milano, .  978-88-7105-301-1 M. De CandiaFerri, Pietro Barcellona raccontato dai suoi amici, Gangemi, 2006.  978-88-492-0933-4 T. Greco, Modernità, diritto e legame sociale, in «Materiali per una storia della cultura giuridica», XXXI (2001), n. 2,  517–541. S. Pegorin, Emergenza Antropologica. Pietro Barcellona e la lotta in difesa dell’umano Riconoscimenti Il 29 marzo , il Comune di Misterbianco (CT) gli intitola una piazza.  Note  Pietro Barcellona, su CameraVIII legislatura, Parlamento italiano.  "Pietro Barcellona: Mi converto, dal Partito Comunista a Gesù Archiviato il 18 maggio  in .", Ragusa News.  l'Unità, 11 maggio 2003: "Pietro Barcellona, Il Piacere di Dipingere"//archiviostorico.unita/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/golpdf/uni_2003_05.pdf/11CUL31A.PDF&query=Andrea%20carugati Archiviato il 4 marzo  in .  Corriere della Sera, 1º febbraio 2006. Omaggio a Pietro Barcellona pittore, giurista e filosofo.//archiviostorico.corriere/2006/febbraio/01/Omaggio_Pietro_Barcellona_pittore_giurista_co_10_06017.shtml  Inaugurata la piazza intitolata al prof. Pietro Barcellona | Misterbianco.COM Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Pietro Barcellona  Napolitano: Pietro Barcellona fu un protagonista in Italia. Messaggio del Colle ai funerali del giurista, ex parlamentare Pci e membro laico del Csm[collegamento interrotto] articolo pubblicato da La Sicilia, 9 settembre , sito lasicilia. Filosofi italiani del XX secoloFilosofi.

 

barie: Grice: “”My favourite of Barié’s is his parody of Apel: “il noi trascendentale”!” -- I like Barié; he commited suicide, which is not that rare among philosophers – same percentage than the general population – cf. Durkheim, “Le suicide: a sociological enquiry,””. Grice: “Barié tried to play with the idea of the transcendental, and he did – he applied it first to “I” (‘l’io trascendentale’). When I wrote my thing on personal identity, I preferred the pronoun ‘someone,’ to stand for ‘I’, ‘thou,’ and the allegedy THIRD ‘person,’ ‘he.’ – Barié has also edited Vico’’scienza nuova,’ and provided a ‘compendium’ of the SYSTEMATIC kind, favoured by some, of the history of philosophy, with sections on ‘roman’ philosophy (“l’epicureanismo romano,” “lo stoicism romano,”) --.”  Grice: “Perhaps the closes Barié  comes to me is in his ‘The concept of the ‘transcendental,’ since I struggled with that in “Prejudices and predilections,” where I feign to think that perhaps ‘transcendental’ is too transcendental an expression and should be replaced by ‘metaphysical,’ but my tutee, Sir Peter, being more of a Bariéian, disagreed wholeheartedly!” – Grice: “I cherish Apel’s comment on Barié: “Surely, if we are going to have ‘l’io trascendentale,’ we need at least ‘l’altro trascendentale,’ or as I prefer ‘il tu trascendentale.’” Giovanni Emanuele Barié (Milano),  filosofo. Allievo di Piero Martinetti, partendo da posizioni kantiane pervenne a una posizione da lui stesso definita neotrascendentalismo, scuola di pensiero di cui fu il fondatore. Nato il 19 ottobre 1894, si avviò agli studi di diritto che concluse solo a seguito del primo conflitto mondiale, che lo vide impegnato inizialmente come ufficiale di cavalleria e poi come aviatore. Nel 1924 ottenne la laurea in filosofia.  Inizialmente attestato su posizioni kantiane (La dottrina matematica di Kant nell'interpretazione dei matematici moderni, 1924, e La posizione gnoseologica della matematica, 1925), nel corso del suo progredire intellettuale Barié perviene a una posizione filosofica critica nei confronti della dottrina kantiana. Di questo passaggio è emblematica l'opera Oltre la Critica, del 1929, che mette in luce le difficoltà della dottrina precedentemente sostenuta.  Il periodo metafisico Oltre la critica segna il punto di svolta dell'attività filosofico-intellettuale di Barié, che comincia a sviluppare un interesse metafisico, forse dovuto all'influenza di Piero Martinetti, del quale era stato allievo. In questo senso il filosofo, nel suo primo approccio alla metafisica, si pone su un binario che era già stato di Spinoza, salvo poi rendersi conto del fatto che anche la posizione spinoziana è in realtà insufficiente per tentare di risolvere il dilemma della relazione essere-pensiero. Si ha quindi l'approdo di Barié al pensiero leibniziano, testimoniato dell'opera del 1933 La spiritualità dell'essere e Leibniz.  L'approdo al neotrascendentalismo e Il Pensiero Libero docente dal 1929, ottiene la cattedra universitaria nel 1933 spostandosi di conseguenza a Genova, Roma e infine Milano, nella cui università succede al suo maestro Martinetti nella cattedra di filosofia teoretica. Consapevole del fatto che, per quanto superata, la lezione antidogmatica di Kant non poteva essere completamente ignorata, Barié inizia una profonda revisione del proprio sistema teoretico che lo porta a diminuire drasticamente le sue pubblicazioni (di questo periodo sono il Compendio sistematico di storia della filosofia, 1937, e Descartes, 1947) e che culmina con la pubblicazione de L'io trascendentale (1948). Nel 1950 fonda l'istituto di filosofia dell'Milano con lo scopo di renderlo centro propulsivo di una discussione filosofico-culturale con le realtà filosofiche del tempo che si sarebbero confrontate con la nuova visione di Barié, adesso orientato verso una concezione di filosofia come metafisica, ossia di metafisica quale causa della realtà sensibile e del pensiero. Con lo stesso scopo nacque nel 1956 la rivista Il Pensiero.  Muore suicida il 3 dicembre 1956.  Opere La posizione gnoseologica della matematica, Torino, Bocca, 1925. Oltre la critica, Milano, Libreria editrice lombarda, 1929. La spiritualità dell'essere e Leibniz, Padova, CEDAM, 1933. Compendio sistematico di storia della filosofia, Torino, Paravia, 1937. L'io trascendentale, Milano-Messina, G. Principato, 1948. Il concetto trascendentale, (postumo), Milano, Veronelli, 1957. Note  Atti del V Congresso Internazionale di Filosofia, Napoli, 1924  riproduzione fotografica (p.1-109) da OpalLibri antichi  riproduzione fotografica (p.110-202)  Davide Assael , Giovanni Emanuele Bariè, Milano, CUEM, 2008. Davide Assael, "Il neotrascendentalismo di Giovanni Emanuele Barié", in Rivista di Storia della Filosofia, 2009; (4),  731–759. Davide Assael, Alle origini della scuola di Milano: Martinetti, Barié, Banfi, Guerini e associati, Milano, 2009.  Milano Accademia scientifico-letteraria di Milano Università degli Studi di Milano Scuola di Milano  Giovanni Emanuele Barié, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giovanni Emanuele Barié, su sapere, De Agostini.  Giovanni Emanuele Barié, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Giovanni Emanuele Barié, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.  Filosofia Università  Università.

 

baricelli: Grice: “Italian philosophers can be eccentric; Baricelli started commenting Plato but his masterpiece is a philosophical tract on sweat, as experienced by the athletes Plato was familiar with!” --  Giulio Cesare Baricelli (San Marco dei Cavoti), filosofo.  Biografia Medico, chimico e filosofo di fama italiana ed europea, Giulio Cesare Barricelli- nacque a San Marco dei Cavoti nel 1574 (o 1575) e fu da molti, pure erroneamente, ritenuto originario di Benevento o di San Marco Argentano in Calabria.  Erudito e studioso di poliedriche attitudini e capacità, studiò medicina e si interessò di filosofia, tanto che ancora giovanissimo fu autore di commenti alle opere di Platone, mentre nel pubblicò l'opera in quattro libri De hydronosa natura sive de sudore umani corporis, sulla natura e la terapia della sudorazione umana, nelscrisse l’Hortulus genialis, edito a Colonia e Ginevra ove raccolse antidoti e sudi sulle intossicazioni, e successivamente diede alle stampe il Thesaurus secretorum, opera in cui sono elencate le cure ed i rimedi per svariate malattie e problematiche quotidiane.  Nel 1623 pubblicò poi un trattato sull'uso del siero del latte e del burro come medicamento, intitolato De lactis, seri, butyri facultatibus et usu, e nello stesso anno gli fu conferita la cittadinanza beneventana. Cultore di studi umanistici Barricelli scrisse anche alcuni epigrammi latini e morì in Benevento tra il 1638 ed il 1640.  A San Marco dei Cavoti, nel corso degli anni, gli vennero intitolati un antico circolo ricreativo (sec.XIX-XX), la scuola elementare (1942) ed infine la strada ove si trovava l'abitazione in cui visse, già denominata Via Pastocchia, che ospita anche un monumento in suo onore, opera dello scultore Giulio Calandro (1989).  A proposito dell'intitolazione della scuola, su espressa richiesta dell'allora commissario prefettizio Mario Jelardi, l'insigne storico Alfredo Zazo propose la seguente epigrafe che ne riassume le doti i meriti:  A GIULIO CESARE BARRICELLI CHE DEL RINASCIMENTO EBBE LO SPRITO INFORMATORE E LA VASTA ATTIVITA' PROFUSE NEL CAMPO DELLA SCIENZA MEDICA DELLE LETTERE E DELLE SPECULAZIONI FILOSOFICHE IL COMUNE DI SAN MARCO DEI CAVOTI A RICORDO ED INCITAMENTO PER LE GENERAZIONI CHE IN QUESTA SCUOLA SI EDUCANO NEL FERVORE E NELLA FEDE DEI NUOVI GRANDI, AUSPICATI DESTINI DELLA PATRIA XXVIII OTTOBRE 1942XX E.F.  Opere De hydronosa natura sive de sudore umani corporis Hortulus genialis Thesaurus secretorum De lactis, seri, butyri facultatibus et usu  Alfredo Zazo, Dizionario bio-bibliografico del Sannio, Napoli 1973 Angelo Fuschetto, Giulio Cesare Baricelli, 1989 Andrea Jelardi, Dizionario biografico dei Sammarchesi, Benevento .

 

baroncelli: Grice: “I like Baroncelli – he can be hyperbolic – “Mi manda Platone,” surely he only requested! My favourite is his ‘compassione,’ which is ‘calco’ of ‘sumpatheia’ and therefore at the core of my balance between conversational egoism and conversational altruism.” Flavio Baroncelli (Savona) filosofo  Nato e cresciuto a Savona, si laurea in filosofia all'Genova nel 1969 con relatore Romeo Crippa, di cui diventa assistente.  Insegna Storia dell'età dell'Illuminismo all'Trieste.  Dal 1977 al 1981 è di nuovo a Genova, dove tiene la cattedra di Storia della filosofia moderna.  Nel 1981 diventa ordinario all'Università della Calabria. L'anno successivo ritorna a Genova dove prende la cattedra di Filosofia morale.  Nel 1988 un grave incidente motociclistico durante una vacanza in Turchia lo allontana per qualche periodo dall'insegnamento e dalla ricerca, attività che riprende all'inizio degli anni novanta come visiting scholar all'Madison, nel Wisconsin.  Nel frattempo collabora con molti quotidiani e periodici, come La Voce di Indro Montanelli, Village, Il diario della settimana, il Secolo XIX.  Tornato a Genova, diviene molto amico del filosofo Franco Manti, segretario generale dell’Istituto Italiano di Bioetica. Riprende la vita accademica per allontanarsene a causa della malattia che lo porterà alla morte sopraggiunta nel 2007.  Il pensiero di Baroncelli ripropose un'etica planetaria alla luce del mondo globalizzato, invitando a riconsiderare i valori e le identità storiche dei gruppi umani occidentali riorientandoli a favore di un sistema di valori e di identità individuali e culturali di tipo mobile e pluralistico. Ha qualificato le varie culture come sistemi aperti in grado comunicare e di essere traslati o esportati ovunque nel mondo, nella convinzione che gli esseri umani appartengano tutti alla stessa specie e siano tutti abitanti dello stesso pianeta.  Pensiero e la ricerca Profondamente influenzato da David Hume e dallo scetticismo inglese, si è occupato in prevalenza di temi etico-politici come il razzismo, la tolleranza, il liberalismo e il politically correct.  Opere Libri Un inquietante filosofo perbeneSaggio su David Hume, La Nuova Italia, Firenze 1975 (Con Giovanni Assereto) Sulla povertà, idee leggi e progetti nell'Europa moderna, Herodote, Genova-Ivrea 1983 Il razzismo è una gaffeEccessi e virtù del "politically correct", Donzelli, Roma 1996 Viaggio al termine degli Stati UnitiPerché gli americani votano Bush e se ne vantano, Donzelli, Roma 2006 Mi manda Platone, Il Nuovo Melangolo, Genova Saggi "Giustizialismo" in Ragion Pratica, "Post-fazione" a Lysander Spooner, No treason, n°6, 1997. "Etica e razionalità. Un finto divorzio?" in Materiali per una storia della cultura giuridica, 1997,  230-260; "Il riconoscimento e i suoi sofismi" in Quaderni di Bioetica,  120-147. "Come scrivere sulla tolleranza" in Materiali per una storia della cultura giuridica, XXVIII, 1, 1988,  49-68. Note  Franco Manti per la fondazione Pubblicità progresso, su pubblicitaprogresso.org. 7 maggio  (archiviato il 7 maggio ). Franco Manti, Diversity, Otherness and the Politics of Recognition , in Nordicum-Mediterraneum,  14, n. 2, Akureyri, , Ospitato su archive.is. Citazione: To Flavio Baroncelli, a friend I met only too late, / whose lively intellect, critical sense, friendliness / and clever irony I just had time to appreciate. Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Flavio Baroncelli  Info dalla pagina del Dottorato in filosofia dell'Genova. Registrazione audio[collegamento interrotto] dell'intervento a una trasmissione di Radio 3 dall'archivio RAI Trascrizione di un dibattito con gli studenti sulla tolleranza dal Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche di Rai Educational Necrologi Archiviato il 16 marzo 2007 in . di Giorgio Bertone, Vittorio Coletti, Salvatore Veca e Pietro Cheli. Altri dello scrittore Bruno Morchio e dell'amico Daniele Miggino. Sezione speciale della rivista Nordicum-Mediterraneum dedicata a Flavio Baroncelli. Pagina di Wordpress su Flavio Baroncellicon alcuni testi inediti.

 

barone: Grice: “I like Barone, but I’m not sure he likes me! You see, in Italy, there’s ‘scienze filosofiche,’ and ‘scienza’ was indeed a way to describe philosophy! But at Oxford, you have to take the great go! Lit. Hum., and I doubt Barone did! – ginnasio e liceo, as the Italians have it! Therefore, his views on ‘filosofia e linguaggio,’ never mind his rather pretentiously titled ‘logica formale,’ ‘logica trascendentale,’ ‘algebra dela logica,’ etc. have little to do with, well, Italian!” --  Francesco Barone (Torino), filosofo. Laureato in Filosofia a Torino nel 1946 come allievo di Augusto Guzzo e Nicola Abbagnano, visse a Viareggio. Professore di Filosofia teoretica all'Pisa (1957), dove fu preside della facoltà di Lettere e filosofia dal 1967 al 1968, fu poi docente di Filosofia della scienza (1987) nonché direttore dell'Istituto di Filosofia nella stessa università (1960-80). Insegnò anche Filosofia morale alla Scuola Normale Superiore di Pisa dal 1958 al 1974.  Si dedicò soprattutto a studi di storia e filosofia della scienza, pubblicando numerosi libri. Nel 1979 curò l'edizione italiana delle opere di Niccolò Copernico. Socio nazionale dell'Accademia delle scienze di Torino (dal 12 febbraio 1985), della Società Nazionale di Scienze, Lettere e Arti in Napoli, e dell'Accademia Nazionale dei Lincei, a Milano fu presidente del Centro del C.N.R. di studi del pensiero filosofico del Cinquecento e del Seicento in relazione ai problemi della scienza.  Pensiero Particolarmente interessato alla filosofia di Nicolai Hartmann, Barone ne trasse spunto per un confronto tra la dottrina realistica e quella neoidealista. La sua riflessione filosofica si sarebbe poi focalizzata sui problemi epistemologici e della filosofia della scienza.  Come pubblicista affrontò temi etico-politici sul rapporto tra individuo e società dal punto di vista della ideologia liberale e liberista.  Il tema principale delle opere di Barone riguarda la filosofia della scienza e la storia della scienza e della tecnica. Si deve a lui la prima pubblicazione in Italia di una monografia sulla filosofia neopositivistica.  Il suo pensiero si contraddistingue per lo stretto rapporto tra epistemologia e storiografia della scienza, settore, questo, in cui Barone ha preso in particolare considerazione il tema della nascita dell'astronomia moderna, da Niccolò Copernico a Keplero e Galilei.  Intorno agli anni sessanta, inoltre, Barone si è dedicato con particolare attenzione agli sviluppi culturali, epistemologici e filosofici della nascente informatica.  Opere L'ontologia di Nicolai Hartmann, Edizioni di Filosofia, Torino, 1948 Rudolf Carnap, Edizioni di Filosofia, Torino, 1953 Wittgenstein inedito, Edizioni di Filosofia, Torino, 1953 Il neopositivismo logico, Edizioni di Filosofia, Torino, 1953, 2ª ed., Laterza, Roma-Bari, 1977; 3ª ed. ivi, 1986 Assiologia e ontologia: etica ed estetica nel pensiero di N. Hartmann, Torino 1954 Leibniz e la logica formale, Edizioni di Filosofia, Torino, 1955 Nicolai Hartmann nella filosofia del Novecento, Edizioni di Filosofia, Torino, 1957 Logica formale e logica trascendentale,  I, Da Leibniz a Kant, Edizioni di Filosofia, Torino, 1957 (nuova edizione Unicopli, Milano, 1999);  II, L'algebra della logica, Edizioni di Filosofia, Torino, 1965 (nuova edizione Unicopli, Milano, 2000) Metafisica della mente e analisi del pensiero, Edizioni di Filosofia, Torino, 1958 1748: viaggio di Hume a Torino, Edizioni di Filosofia, Torino 1958 Mondo e linguaggi , Edizioni di Filosofia, Torino 1959 Determinismo e indeterminismo nella metodologia scientifica contemporanea, Edizioni di Filosofia, Torino, 1959 Concetti e teorie nella scienza empirica, Edizioni di Filosofia, Torino, 1962 Nicola Copernico, Opere (F. Barone), UTET, Torino, 1979 Immagini filosofiche della scienza, Laterza, Roma-Bari, 1983 Pensieri contro, Società Editrice Napoletana, Napoli 1983 Teoria ed osservazione nella metodologia scientifica, Guida, Napoli, 1990 Verso un nuovo rapporto tra scienza e filosofia, Centro Pannunzio, Torino, 1994 La fondazione dell'ontologia di Nicolai Hartmann (F. Barone), Fabbri, Milano, 1963 G. W. Leibniz , Scritti di logica (F. Barone), Zanichelli, Bologna, 1968, 2ª ed. Laterza, Roma-Bari, 1992 Note  Francesco Barone, Neopositivismo, in Enciclopedia del Novecento, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani, 1979  Barone, Francesco, in TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Sito ufficiale, su francescobarone.  Francesco Barone, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Francesco Barone, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Francesco Barone, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.  Opere di Francesco Barone, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Francesco Barone, .  David Hume, il filosofo della non certezza di Francesco Barone, La Stampa, 26 agosto 19763. Addio a Barone il filosofo che diffidava dei paradisi in terra di Dario Antiseri, Corriere della Sera, 28 dicembre 200131, Archivio storico.

 

barone: Grice: “I like Barone; at last a priest that takes Italian humanism SERIOUSLY!” --  Giuseppe Barone (Alcamo), filosofo. Nacque ad Alcamo, nella Provincia di Trapani; dopo avere finito gli studi teologici nel Seminario Vescovile di Mazara del Vallo, fu ordinato sacerdote il 13 marzo del 1937. Frequentò, quindi, la Pontificia Università Gregoriana di Roma dove conseguì la laurea in Filosofia il 19 giugno 1946, trattando la tesi dal titolo: L'Umanesimo filosofico di Giovanni Pico della Mirandola.  Ebbe subito la nomina di Canonico della Collegiata di Alcamo, poi dal 1949 al 1956 quella di Vicario foraneo e Visitatore dei Monasteri; dal maggio 1951 fu nominato anche Canonico Onorario della cattedrale di Trapani.  Nel mese di novembre 1956 fu pure nominato Cameriere Segreto Soprannumerario di Sua Santità; fu quindi professore di lettere e filosofia del Seminario di Mazara del Vallo e, per 16 anni, delegato Vescovile alla dirigenza dell'Istituto Magistrale legalmente riconosciuto "Maria Santissima Immacolata" di Alcamo.  Per diversi anni, è stato anche Rettore della Chiesa della Sacra Famiglia e della Badia Nuova; inoltre è stato membro del Consiglio Presbiteriale diocesano e docente di Filosofia presso il Seminario Vescovile di Trapani.  Opere Monsignor Barone, personaggio dotato di cultura e di pensiero critico, ha scritto diversi importanti saggi. Questo è l'elenco delle sue opere:  Il Santuario; Alcamo, 1946-1947 La Nuova parrocchia di S.Oliva; ed. Bagolino, Alcamo, 1947 Giovanni Pico della Mirandolaprofilo biografico del celebre umanista; ed.Gastaldi, Milano-Roma, 1948 L'Umanesimo Filosofico di Giovanni Pico della MirandolaStudio del Pensiero Pichiano; ed.Gastaldi, Milano-Roma, 1948 Quattro saggi; ed. Accademia degli Studi "Ciullo", Alcamo, 1951 Donna IdealeIdeale di donna; ed. Accademia degli Studi "Ciullo", Alcamo, 1951 Didactica Magna di Comenius (traduzione italiana); ed. Principato, Milano, 1953 Scuola Libera, ed. Bagolino, Alcamo, 1955 Il Vero Maestro -Lineamenti di educazione; ed. Bagolino, Alcamo, 1956 Verità e Vita; ed. Cartografica, Alcamo, 1958 De hominis dignitate, di Giovanni Pico della Mirandola, Firenze, 1960 La Congregazione di Gesù Maria e Giuseppe nella chiesa della Sacra Famiglia di Alcamo, Accademia di studi Cielo d'Alcamo, 1969. La più bella preghiera, Alcamo, 1972 Antologia pichiana: letture filosofico-pedagogiche; ed. Virgilio, Milano, 1973 La docta pietas, di Sebastiano Bagolino erudito alcamese del sec.XVI; tip. Bosco, Alcamo, 1979 Maria fonte di Misericordia e Madre dei Miracoli Patrona di Alcamo; tip. Sarograf, Alcamo, 1984 Dialogo con gli invisibili; tip. Bosco, Alcamo, 1987 Note  trapaninostra,//trapaninostra/libri/salvatoremugno/Poesia_narrativa_saggistica/Poesia_narrativa_e_saggistica_in_provincia_di_Trapani_02.pdf  Tommaso Papa, Memorie storiche del clero di Alcamo, Alcamo, Accademia di studi Cielo d'Alcamo, 1968.  Tommaso Papa, Memorie storiche del clero di Alcamo, Alcamo, Accademia di studi Cielo d'Alcamo, 1968. trapaninostra,//trapaninostra/libri/salvatoremugno/Poesia_narrativa_saggistica/Poesia_narrativa_e_saggistica_in_provincia_di_Trapani_02.pdf. 14 giugno .  Vincenzo Regina Tommaso Papa 305357714  Identities-305357714 Biografie  Biografie Cattolicesimo  Cattolicesimo Letteratura  Letteratura Categorie: Presbiteri italianiInsegnanti italiani del XX secoloFilosofi italiani Professore1914 2004 29 aprile 22 novembred Alcamod Alcamo

 

barsio: Grice: “I like Barsio – he reminds me of G.Baker – there he is, Baker, succeeding me – and an American! – as tutorial fellow in philosophy at St. John’s, and dedicating his life to Witters – So when reminiscing, in my “Predilections and prejudices” about them years, I said, “God forbid that you dedicate your life to the oeuvre of a minor philosopher like Witters – it’s good to introject into a philosopher’s shoes as you attain to grasp the longitudinal unity of philosophy, but look for a non-minor pair of shoes!” – “Barsio is a radically minor philosopher – in that, he never had to grade – I always hated grading and seldom did it! – since he lived under the Gonzagas at Mantova – and he just phiosophised to the sake of the pleasure he derived from it! My favourite is his elegy to his enemy, Pomponazzi – but his satirical curriculum vitae is fantastical, but possibly true!” -- Vincenzo Barsio (Marsio) (Mantova), filosofo.. Noto anche come Vincenzo Mantovano, frequentò le corti del marchese Federico II Gonzaga e di sua moglie Isabella d'Este, alla quale pare avesse dedicato il poemetto Silvia e la corte del marchese di Castel Goffredo Aloisio Gonzaga, al quale dedicò il poema latino Alba. Entrato nell'ordine dei Carmelitani, studiò teologia a Bologna assieme al poeta mantovano Battista Spagnoli.  Opere Silvia, poemetto in tre libri, pubblicato nel 1519; Pamphilus; Alba, del 1518, dedicato al marchese Aloisio Gonzaga, signore di Castel Goffredo; Labyrintus, dedicato a Federico II Gonzaga. Note  Ireneo Affò, Vita di Luigi Gonzaga detto Rodomonte, 1780, Parma., su books.google. 18 luglio .  Gaetano Melzi, Dizionario di opere anonime e pseudonime di scrittori italiani, Milano, 1859., su books.google. Giuseppe Coniglio, I Gonzaga, Varese, 1973., su books.google.  Vincenzo Barsio, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  ICCU. Vincenzo Barsio., su edit16.iccu..

 

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barzaghi: Grice: “Barzaghi is a genius; the Italians hate him! In his “Compendio di storia della filosofia,” there’s no mention of Cicero!” – Grice: “Barzaghi is the Italian Copleston – what is it with religious minds – cf. Kenny – that have this inclination towards the longitudinal unity of philosophy?!” – Grice: “Barzaghi just ignores the most prosperous period in Roman philosophy; not so much Romolo, but whatever happened in Rome after that infamous ‘embassy’ of Carneade, an Academian, Critolao, a peripatetic, and Diogoene di Celesia, a stoic!” --  Giuseppe Barzaghi (Monza), filosofo. Direttore della Scuola di anagogia, fondata dal cardinale Giacomo Biffi. Discepolo del filosofo Gustavo Bontadini e frate domenicano, è stato l'interlocutore privilegiato di Emanuele Severino sulla questione di Dio e del cristianesimo.   Nella sua opera Oltre Dio, Barzaghi si interroga dapprima sull’essenza del cristianesimo per giungere ad affermare la necessità, per il credente, di assumere alcune fondamentali posizioni filosofiche riguardo la vera comprensione della realtà: «Se il Cristianesimo è essenzialmente la partecipazione della vita di Dio, cioè della vita eterna, per comprenderlo occorrerà porsi dal punto di vista di Dio, cioè dell’eterno» (p. 13). Secondo Barzaghi, l’Essere assoluto «non può essere inteso come qualcosa accanto ad altre cose, e conseguentemente diviene il punto di vista rigoroso per l’ispezione del tutto» (p. 17). In questo senso, la filosofia di Emanuele Severino, che si presenta come alternativa al teismo, offre in realtà per Barzaghi il fianco a un nuovo percorso argomentativo in favore dell’esistenza di Dio (un Dio però non inteso come oggetto: da qui il titolo dell’opera, che evoca esplicitamente un’espressione di Dionigi): se ogni cosa è eterna, e tale dunque è anche il suo apparire, esso deve continuare ad apparire, eternamente, anche quando “non appare”. «Dunqueafferma il filosofo –, se tale apparire non permane nell’orizzonte dell’apparire che è la mia coscienza, perché consta l’apparire-scomparire dell’ente, deve comunque continuare ad apparire […] in modo determinatissimo, dunque alla sola scienza di Dio cui eternamente appaiono gli eterni. Non ammettere questa scienza di Dio, cioè Dio, significa ammettere che l’apparire, che è pur un non-niente, sia un niente nel momento in cui non appare più determinatamente, individualmente» (p. 24). Questa scienzachiamata nel linguaggio tomista scientia Dei visionis«ha la fisionomia dell’apparire infinito di cui parla Severino nei suoi scritti» (p. 17).  Nel pensiero barzaghiano, il punto di vista sub specie aeternitatis (dal punto di vista dell’eternità) diventa la condizione imprescindibile di tutta la riflessione teologica e filosofica. In teologia, solo questa prospettiva riesce a rendere metafisicamente plausibile l’affermazione rivelata dell’«Agnello immolato nella stessa fondazione del cosmo» di cui parla il libro dell’Apocalisse, così da poter parlare di una «inseità redentiva dell’atto creatore». Nella riflessione filosofica, poi, la prospettiva sub specie aeternitatis consente di avere uno sguardo «dialetticamente onninclusivo», per cui ogni ente rispecchia in sé l’eternità del tutto e di ogni altro ente secondo la nozione di exemplar.  Ne Il fondamento teoretico della sintesi tomista, Barzaghi propone appunto l’idea di exemplar come cardine speculativo, approfondendo e oltrepassando la proposta di S. M. Ramírez, neotomista spagnolo (1891-1967) di individuare nella “dottrina dell’ordine” la struttura più sintetica di tutto il pensiero di Tommaso d'Aquino. L’exemplar rappresenta «il minimo di complessità per muoversi nel massimo della complessità» (p. 31). Ma per compiere questa operazione di analisi, occorre esprimersi attraverso l’analogia, «riflesso logico gnoseologico dell’ordine ontologico [e] mezzo inventivo ed espressivo del conoscere» (p. 47), che acquisisce conseguentemente una notevole importanza nel pensiero di Barzaghi. Nell’esemplare (exemplar) si trova il centro della spiegazione causale, dal momento che in esso si presenta in modo simultaneo tutto l’ordine che lega le cause aristoteliche: il fine, l’agente che intende il fine, la forma implicata, e la materia che la deve accogliere. E l’esemplare trascende la mera dimensione funzionalistica: in quanto contiene tutto (compreso l’esemplante nel suo riferirsi all’esemplato), è una totalità, e possiede quindi caratteristiche di liberalità e assolutezza: è «sottratto alla dipendenza e al dominio» (p. 90). In una frase, che sintetizza bene il punto di vista anagogico della filosofia e della teologia di Barzaghi: «Dio, conoscendo se stesso, conosce tutte le possibili realizzazioni similitudinarie della propria essenza, cioè tutte le essenze create e creabili» (p. 96). Seguendo infine l’esempio specifico di Bontadini, suo maestro, egli fa risiedere nell’atto creatore intemporale la consistenza della totalità delle cose, cioè delle creature, giacché queste sono «nulla come aggiunta a Dio» (p. 98). Secondo tale prospettica dell’exemplar, si può così realizzare, senza aporie dogmatiche, la visione del Deus omnia in omnibus (Dio tutto in tutto).  Il dibattito con Severino Il primo dibattito fra Giuseppe Barzaghi ed Emanuele Severino avvenne nel 1995 nella forma di disputa tra le posizioni della teologia cattolica tomista e quelle della filosofia severiniana. Il dibattito trovò, al di là delle aspettative degli organizzatori, alcuni punti di possibile convergenza, che portarono il filosofo-teologo alla pubblicazione di Soliloqui sul divino (1997), in cui l’autore cerca per la prima volta di rileggere le intuizioni di Severino in un modo che egli definirà più tardi voler essere quello con cui Tommaso d'Aquino, filosofo e teologo cristiano, leggeva e faceva tesoro dell’insegnamento filosofico di Aristotele, filosofo pagano. Ciò rese il rapporto fra i due pensatori un dialogo di reciproca conoscenza e stima. Il 2 novembre 1999 Severino dedicò a Barzaghi un articolo sul Corriere della sera, in cui indicava il sacerdote monzese come il fautore del più interessante tentativo di riportare la sua filosofia al contesto cristiano da cui si era volontariamente staccato. In tale articolo, il filosofo ateo definiva “aperto” il dilemma sulla possibilità o meno per il cristianesimo di porsi come casa abitabile per l’uomo contemporaneo, a patto però di diradare, sull’esempio di Barzaghi, la nebbia che circonda il discorso religioso attraverso una ripulitura dei concetti a partire dal punto di vista dell’eterno. Seguirono poi altri dibattiti pubblici, come quello del 29 novembre 2001 a Milano e quello del 12 giugno  a Bologna.  Opere Libri (lista parziale) Metafisica della cultura cristiana, Bologna, ESD, 1990/1995 (2ª ed.) L’essere, la ragione, la persuasione, Bologna, ESD, 1994/1998 (2ª ed.) Diario di metafisica. Concetti e digressioni sul senso dell’essere, Bologna, ESD, 1997/ (2ª ed.) Soliloqui sul divino. Meditazioni sul segreto cristiano, Bologna, ESD, 1997 Philosophia. Il piacere di pensare, Padova, Il Poligrafo, 1999 Oltre Dio, ovvero omnia in omnibus. Pensieri su Dio, il divino, la Deità, Bologna, Barghigiani, 2000 Maestro Eckart, Cinisello Balsamo, Ed. San Paolo, 2002 Anagogia. Il Cristianesimo sub specie aeternitatis, Modena, ETC, 2002 Lo sguardo di Dio. Saggi di teologia anagogica, Siena, Cantagalli, 2003 Compendio di storia della filosofia, Bologna, ESD, 2006/ (2ª ed.) Compendio di filosofia sistematica, Bologna, ESD, 2006 La Fuga. Esercizi di filosofia, Bologna, ESD,  L’originario. La culla del mondo, Bologna, ESD,  Il fondamento teoretico della sintesi tomista. L’Exemplar, Bologna, ESD,  La maestria contagiosa. Il segreto di Tommaso d’Aquino, Bologna, ESD,  Il Riflesso, Bologna, ESD,  Lezioni di dialettica, Bologna, ESD,  Contributi e articoli (lista parziale) Il bene comune secondo S.Tommaso d’Aquino, in “Communio”  L’alterità tra mondo e Dio: la verità dell’essere e il divenire (conferenza-dibattito con Emanuele Severino), in “Divus Thomas” 3 (1998),  57-81. Ambientazione teologica del concetto di “gioia” severiniano, in I. Valent , Cura e la salvezza. Saggi dedicati a Emanuele Severino, Bergamo, Moretti & Vitali, 2000,  229-243. I fondamenti metafisici della mistica, in M. VanniniMistica d’oriente e occidente oggi, Milano, Paoline, 2001,  11-31. La potenza obbedienziale dell’intelletto agente come chiave di volta del rapporto fede-ragione, in “Angelicum” 2 (2003),  271-307. Articolazione teoretica della teologia trinitaria in chiave tomistica, in A. Petterlini, G. Brianese, G. Goggi , Le parole dell’Essere. Per Emanuele Severino, Milano, Bruno Mondadori, 2005,  57-74. Desiderio e abbandono. Maestro Eckhart e Tommaso d’Aquino: le due facce di un'unica metafisica, in C. Ciancio , Metafisica del desiderio, Milano, Vita e Pensiero, 2003,  173-201. Anagogia epistemica, in R. Serpa , Antropologia, metafisica, teologia. Studi in onore di Battista Mondin, filosofo, teologo, ciclista, Bologna, ESD, 2003,  33-367. L’unum argumentum di Anselmo d’Aosta e il fulcro anagogico della metafisica. Essere logici nel Logos, in T. Rossi , Figurae fidei. Strategie di ricerca nel Medioevo, Studi 2003, Roma, Angelicum University Press, 2003,  99-123. Anagogia: voce in “Enciclopedia Filosofica”, Milano, Ed. Bompiani, 2006. L’epistemologia teologica di Tommaso d’Aquino. Analisi e approfondimento, in G. GrandiL. Grion , Rivelazione e conoscenza, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2007,  43-78. L’intero antropologico. Con Gentile oltre Gentile verso una rifondazione metafisica dell’antropologia tomista. Ovvero le virtualità tomistiche del discorso filosofico sull’autocoscienza e la corporeità umana, in “Divus Thomas”. Il luogo poetico e contemplativo del sapere filosofico-teologico. L’anima del giudizio scientifico, in “Divus Thomas” 2 (2007),  186-220. Mistica cristiana come estetica assoluta, in  Mistica forum, Bologna, Lombar Key, 2008,  27-53. Fenomenologia, metafisica e anagogia, in “Divus Thomas” 2 (2008),  11-21 Il bisbiglio del “Logos” e il suo riflesso nella ragione, in “Divus Thomas” 1 (2009). Il destino sempiterno dell’Occaso. L’inseità mistica della ragione, in A. Olmi , L’eredità dell’occidente. Cristianesimo, Europa, nuovi mondi, Firenze, Nerbini, ,   La commozione come filosofia del valore. Saper nuotare negli affetti, in I. De GennaroValue. Sources and Readings on a Key Concept of the Globalized World, LeidenBoston, Brill, ,  349-358. L’ambiente invisibile della vita cristiana: il Fondamento, in V. Lagioia , Storie di invisibili, marginali ed esclusi, Bononia University Press, Bologna ,  19-24. Abitare teologicamente la natura. Lo sguardo metaforico di Tommaso d’Aquino, in I. De Gennaro, Sergiusz Kazmierski, Ralf Lüfter , Wirtliche Ökonomie. Philosophische und dichterische Quellen (Erster Teilband), Nordhausen, Verlag Traugott Bautz, . Teoresi e struttura. Riflessioni e approfondimenti sulla rigorizzazione bontadiniana, in “Divus Thomas” 2 () Creazione dal nulla o relazione fondativa, in S. PinnaD. Riserbato  Fenomeno & Fondamento. Ricerca dell’Assoluto. Studi in onore di Antonio Margaritti, Città del Vaticano, Ed. vaticana, ,  271-286. Anagogia e teoria del fondamento, in “Divus Thomas” 1 (),  17-47. Metafora. La trasparenza nella trasposizione, in M. RaveriL. V. TarcaI linguaggi dell’Assoluto, Milano, Mimesis, ,  31-44. L’eternità dell’essente in teologia, in G. GoggiI. TestoniAll’alba dell’eternità”. I primi 60 anni de ‘La Struttura Originaria’, Padova, Padova University Press, , 10-11. Dibattito con E. Severino, in “Divus Thomas” . Il quadro anagogico e i segreti della musica di J. S. Bach. La Ciaccona e il Contrappunto XIV de L’Arte della Fuga, in “Divus Thomas” 2 (),  13-27. Note  A. Postorino, La scienza di Dio. Il tomismo anagogico di Giuseppe Barzaghi...  Data l'importanza dell'anagogia nel pensiero di Barzaghi, gli è stata commissionata la stesura dell'omonima voce sull'Enciclopedia filosofica (Bompiani 2006), nonché, sul versante teologico, la voce «mistica anagogica» sul Nuovo dizionario di mistica dell’Editrice vaticana.  RaiCultura: Dio e il concetto filosofico di eternità del Tutto  Dialogo tra Emanuele Severino e Giuseppe Barzaghiparte 1 e parte 2  E. Severino, Nascere. E altri problemi della coscienza religiosa, Articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 2 novembre 1999  Dionigi, I nomi divini (testo critico di M. Moranicommento di G. Barzaghi), Bologna, ESD, , II, 3.  All'alba dell'eternità. I primi 60 anni de 'La struttura originaria' (UniPa)  Apocalisse 13, 8  Cfr. G. Barzaghi, Lo sguardo di Dio. Nuovi saggi di teologia anagogica, Bologna, ESD, ,  157-270  Santiago María Ramírez op, De ordine placita quaedam thomistica, Salamanca, San Esteban, 1963.  G. Barzaghi, Lo sguardo di Dio. Saggi di teologia anagogica, Siena, Cantagalli, 200333.  UniPdL’eternità dell’essente  RaiScuola: Giuseppe Barzaghi. Dio e il concetto filosofico…  Si veda ad esempio: E. SeverinoG. Barzaghi, L’alterità tra mondo e Dio: la verità dell’essere e il divenire, in: “Divus Thomas” 3 (1998),  57-81.  E. Severino, Nascere. E altri problemi della coscienza religiosa  Dialogo Severino-Barzaghi a Milano  Giornata di studio dello Studio filosofico domenicano di Bologna  RaiCultura. Giuseppe Barzaghi, Dio e il concetto filosofico di eternità del Tutto su raicultura. Interviste ai filosofi: Giuseppe Barzaghi su youtube.com.

 

barzellotti: Grice: Grice: “The good thing about Barzellotti’s treatment of Cicerone’s dialettica is that he pours in all his expterise on two fields: Italian mentality, Roman mentality – so he can understand, in a way an Englishman cannot, the way Cicerone dealt with the ‘dialectic,’ Athenian dialectic, if you wish, and turned it into a ‘Roman’ dialectic --. He of course never considers English interpreters, only German! And refutes them!” -- “You’ve got to love Barzellotti – he is critical of the idea of ‘Italian philosophy,’ but not of what he calls ‘The Oxcford school of philosophy,’ – Philosophy has no country-tag; she belongs to humanity; a DOCTRINE, or a school, may have a ‘national’ identification – And part of the problem with Italian philosophy is that there was Italian philosophy before there was Italy!” Grice: “My favourite is his tract on Cicero, who he sees as an Italian!” -- iacomo Barzellotti (filosofo)  Giacomo Barzellotti Giacomo Barzellotti philisopher. Senatore del Regno d'Italia Durata mandato22 giugno 190819 Settembre 1917 Dati generali ProfessioneDocente universitario Giacomo Barzellotti (Firenze) filosofo. Senatore del Regno d'Italia nella XXII legislatura. Allievo di Terenzio Mamiani e di Augusto Conti, entrambi filosofi spiritualisti, si professò poi seguace del Neokantismo. Si interessò soprattutto alla storia della filosofia con particolare riguardo ai problemi di psicologia artistica e religiosa. Ebbe la cattedra di Filosofia morale alle Pavia nel 1881 e di Napoli, nel 1887. Nel 1896 divenne professore di Storia della filosofia all'Roma. Fu ammesso all'Accademia nazionale dei Lincei nel 1899. Nel 1908 fu nominato senatore del Regno d'Italia.  Fu iniziato in Massoneria nella Loggia Concordia di Firenze, appartenente al Grande Oriente d'Italia.  Opere (selezione) La morale nella filosofia positiva, Firenze: M. Cellini, 1871 La rivoluzione e la letteratura in Italia: avanti e dopo gli anni 1848 e 1849, Firenze: Successori Le Monnier, 1875 La nuova scuola del Kant e la filosofia scientifica contemporanea in Germania, Roma: Tip. Barbera, 1880 David Lazzaretti di Arcidosso (detto il santo), Bologna: Zanichelli, 1884 (nuova ed. con il titolo: Monte Amiata e il suo profeta, Milano: Fratelli Treves, 1909) Santi, solitari, filosofi: saggi psicologici, 2ª ed., Bologna: Nicola Zanichelli, 1886 Studi e ritratti, Bologna: Zanichelli, 1893 Ippolito Taine, Roma : Loescher, 1895 L'opera storica della filosofia, Palermo: R. Sandron, 1918 (postumo) Note  Vittorio Gnocchini, L'Italia dei Liberi Muratori, Erasmo ed., Roma, 200526.  Virginia Cappelletti, Giacomo Barzellotti, in Dizionario biografico degli italiani,  7, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1970. 20 novembre . Giacomo Barzellotti, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1930, giacomo-barzellotti. 20 novembre . Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giacomo Barzellotti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giacomo Barzellotti  Giacomo Barzellotti, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giacomo Barzellotti, su siusa.archivi.beniculturali, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.  Giacomo Barzellotti, su accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca.  Opere di Giacomo Barzellotti, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Giacomo Barzellotti, .  Giacomo Barzellotti, su Senatori d'Italia, Senato della Repubblica.  Filosofia Filosofo del XIX secoloFilosofi italiani Professore1844 1917 7 luglio 19 settembre Firenze PiancastagnaioAccademici dei Lincei

 

battaglia: Grice: “You gotta like Battaglia; he plays with the Italian language in ways I cannot play in the English language; e. g. consider his philosophising ‘between being and value,’ ‘tra l’essere e il valore.’ Surely the thing is the copula: A is B, A is worth B.’  -- “A e B,” “A vale.” “A vale B.” – “We cannot say that a dollar is worth a dollar --. Stricctly, we CAN, it’s true – but the implicaturum is ‘I’m an idiot or a philosopher.” Grice: “And I can say, “Socrate e,’ i. e. Socrates is. And ‘Socrates vale,’ i.e. Socrates has value.’”  Grice: “When I did my linguistic botanising on ‘value,’ I followed Austin’s misadvice: never contrast with Anglo-Saxon, but actually ‘worth’ in Anglo-Saxon WAS a verb, and cognate with Battaglia, ‘valere.’!” Felice BattagliaCommissario della Alma Mater Studiorum Bologna Durata mandato21 aprile 19455 maggio 1945 PredecessoreGuido Guerrini (come prorettore) SuccessoreEdoardo Volterra (come prorettore) Rettore della Alma Mater Studiorum Bologna Durata mandato20 giugno 195019 giugno 1956 PredecessoreGuido Guerrini SuccessoreGiuseppe Gherardo Forni Rettore della Alma Mater Studiorum Bologna Durata mandato20 giugno 19626 maggio 1968 PredecessoreGiuseppe Gherardo Forni SuccessoreWalter Bigiavi (come facenti funzioni) Dati generali UniversitàLa Sapienza Professionegiurista Felice Battaglia (Palmi), filosofo.. In seguito al terremoto di Messina del 1908 lasciò la Calabria, trasferendosi con tutta la famiglia a Roma, dove intraprese il suo percorso di studi.  Nel 1925 conseguì la laurea in giurisprudenza presso La Sapienza, con una tesi su Marsilio da Padova che, grazie ad un concorso vinto, poté pubblicare nel 1928. Ottenuta la libera docenza di filosofia del diritto, e un contratto d'insegnamento dall'ateneo capitolino, si trasferì all'Siena, dove nel 1932 vinse la cattedra nella medesima disciplina.  Nel 1938 si spostò da Siena a Bologna, dove già teneva delle lezioni dalla fine del 1935. Nell'ateneo bolognese insegnò, contemporaneamente, filosofia morale nella Facoltà di lettere e filosofia, di cui fu preside dal 1945 al 1950, e filosofia del diritto nella Facoltà di giurisprudenza.  Negli anni Cinquanta e Sessanta, è stato più volte rettore dell'ateneo di Bologna. In questa città è morto nel 1977. Pochi anni dopo il Comune di Bologna gli ha dedicato una strada, e l'Università ha intitolato a suo nome la biblioteca del Dipartimento di filosofia. Tra i suoi allievi si segnalano Nicola Matteucci e Guglielmo Forni Rosa.  Pensiero È stato autore di numerosi saggi in diverse branche del diritto e della filosofia e, in loro connessione, sulla storia del pensiero, sia antico che moderno: tale interesse fu declinato anche in chiave pedagogica, a testimonianza dell'intensa attenzione rivolta dallo studioso calabrese alla storia quale concreta fonte dell'organizzazione sociale umana e del complesso e diffidente approdo allo spiritualismo.  Con i sostenitori attualisti dell'autonomia della categoria filosofica della politica, pensava "che occorresse lasciare alla storia tout court quanto non fosse pensiero sistematico, preservando così la storia delle dottrine da ogni contaminazione con le dialettica sociale e istituzionale".  Opere principali Per una completa  degli scritti di Battaglia, si rinvia a Franco Polato,  degli scritti di e su Felice Battaglia, Bologna, CLUEB, 1989.  Saggi di storia, filosofia e diritto L'opera di Vincenzo Cuoco e la formazione dello spirito nazionale in Italia, Bemporad, Firenze 1925. Marsilio da Padova e la filosofia politica del Medioevo, Felice Le Monnier, Firenze 1928. La crisi del diritto naturale: saggio su alcune tendenze contemporanee della filosofia del diritto in Francia, La Nuova Italia, Firenze 1929. Diritto e filosofia della pratica: saggio su alcuni problemi dell'idealismo contemporaneo, La Nuova Italia, Firenze 1932. Cristiano Thomasio filosofo e giurista, Circolo giuridico della R. Università, Siena 1936. Scritti di teoria dello stato, Giuffré, Milano 1939. Orientamenti metodologici nella storia delle dottrine politiche, Tip. Nuova, Siena 1939. Problemi metodologici nella storia delle dottrine politiche ed economiche, con A. Bertolino, Foro Italiano, Roma 1939. Corso di filosofia del diritto, 3 voll., Soc. editrice "Foro italiano", Roma 1940-1942. Il domma della personalità giuridica dello Stato, Zanichelli, Bologna 1942. Impero Chiesa e stati particolari nel pensiero di Dante, Zanichelli, Bologna 1944. Libertà ed uguaglianza nelle dichiarazioni francesi dei diritti dal 1789 al 1795: testi, lavori preparatorii, progetti parlamentari, Zanichelli, Bologna 1946. Il valore nella storia, Upeb, Bologna 1948. Il problema morale nell'esistenzialismo, Zuffi, Bologna 1949 (II ed.). Saggi sull'Utopia di Tommaso Moro, Zuffi, Bologna 1949. Cenni storici intorno al concetto di lavoro, Zuffi, Bologna 1950. Filosofia del lavoro, Zuffi, Bologna 1951. Lineamenti di storia delle dottrine politiche, Giuffré, Milano 1952 (II ed.). Morale e storia nella prospettiva spiritualistica, Zuffi, Bologna 1953. Nuovi scritti di teoria dello stato, Giuffré, Milano 1955. I valori fra la metafisica e la storia, Zanichelli, Bologna 1957. Linee sommarie di dottrina morale, Patron, Bologna 1958. I valori della pratica e l'esperienza storica, Patron, Bologna 1959. Il valore estetico, Morcelliana, Brescia 1963. Cinque saggi intorno alla sociologia, Istituto Luigi Sturzo, Roma 1969. Parva Desanctisiana, Patron, Bologna 1970. Economia, diritto, morale, Coop. libraria universitaria editoriale bolognese, Bologna 1972. Croce e i fratelli Mario e Luigi Sturzo, Longo, Ravenna 1973. Rosmini tra l'essere e i valori, Guida, Napoli 1973. Mondo storico ed escatologia, Clueb, Bologna 1997. Curatele Le carte dei diritti: dalla Magna Charta alla carta del lavoro, Sansoni, Firenze 1934. Le carte dei diritti: dalla Magna Charta alla Carta di San Francisco, Sansoni, Firenze 1936. Angelo Camillo De Meis, I problemi dello stato moderno, Zanichelli, Bologna 1947. Francesco De Sanctis, Lettere a Pasquale Villari, Einaudi, Torino 1955. Lettere di Angelo Camillo De Meis a Silvio Spaventa, Azzoguidi, Bologna 1958. Il pensiero pedagogico del Rinascimento, Sansoni, Firenze 1960. John Locke, Antologia degli scritti politici, Il Mulino, Bologna 1962.   Il pensiero di Felice Battaglia, Atti del Seminario promosso dal Dipartimento di Filosofia di Bologna (29-30 ottobre 1987), Nicola Matteucci e Alberto Pasquinelli, Bologna, CLUEB, 1989,  .  Scritti su Felice Battaglia. A cent'anni dalla nascita, Bologna, Baiesi, 2002,  .  Dal filosofo all'uomo, Atti del convegno di studi su Felice Battaglia (Palmi 12-13 maggio 1990), Giuseppe Chiofalo, Palmi, Arti Grafiche Edizioni, 1991,  . M. Ferrari, La filosofia italiana, in «Storia della Filosofia»,  XI (La filosofia contemporanea. Seconda metà del Novecento), t. I, M. Paganini, Vallardi, Milano 199830. G. Marchello , Felice Battaglia, Edizioni di Filosofia, Torino 1953. Nicola Matteucci, Felice Battaglia, filosofo della pratica, in Atti della Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna, Classe di Scienze Morali, Rendiconti,  LXVI, 1977-78 (LXXII),  297–305 (ora rifuso in Id., Filosofi politici contemporanei, Il Mulino, Bologna 2001,  55–66,  88-15-07604-2). F. Polato, «BATTAGLIA, Felice» in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 34, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1988. A. Scerbo, Felice Battaglia: la centralità del valore giuridico, Edizioni scientifiche italiane, Napoli 1990. A. Anzalone, Lo abstracto y lo concreto en la Teoría del Derecho de Battaglia. Felice Battaglia y el dilema entre Croce y Gentile, Atelier, Barcelona,  (185 ). A. Anzalone, Felice Battaglia. Per una teoria giuridica tra idealismo crociano e gentiliano, Euno edizioni, Leonforte,  (290 ). A. Anzalone, Las aparentes contradicciones de la filosofía jurídica y política de Felice Battaglia, in «Studi in onore di Augusto Sinagra»,  VMiscellanea, Aracne, Roma, ,  101–121. A. Anzalone, El Estado, sus fines y su relación con el derecho. La perspectiva de Felice Battaglia, in “Lex Social (Revista jurídica de los Derechos Sociales)”, Siviglia, enero-junio ,  3 n. 1,  59–74. A. Anzalone, La integración europea como modelo para Latinoamérica según Felice Battaglia, in «Temas de Filosofía Jurídica y Política», Número 5, SFD, Córdoba, ,  11–41. Girolamo Cotroneo, Felice Battaglia e la "filosofia dei valori", in Benedetto Croce e altri ancora, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2005,  173-194,  88-498-1264-7. Onorificenze Dottore honoris causanastrino per uniforme ordinariaDottore honoris causa — Universidade de São Paulo. Ufficiale dell'Ordine di Leopoldo IInastrino per uniforme ordinariaUfficiale dell'Ordine di Leopoldo II Cavaliere dell'Ordine di San Gregorio Magno (classe civile)nastrino per uniforme ordinariaCavaliere dell'Ordine di San Gregorio Magno (classe civile) Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiananastrino per uniforme ordinariaGrande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana — 2 giugno 1953 Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiananastrino per uniforme ordinariaCavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana — 2 giugno 1959 Note  Vittor Ivo Comparato, Vent'anni di storia del pensiero politico in Italia, Il pensiero politico, 1987, anno XX, n. 13.  Università degli Studi di Bologna, fondata nel sec. XI. Annuario degli Anni Accademici 1950-511951-52 (JPG), Bologna, Tipografia Compositori, 195419.  Dettaglio decorato, Presidenza della Repubblica. 27 giugno .  Sito web del Quirinale: dettaglio decorato. Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Felice Battaglia  Felice Battaglia, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Felice Battaglia, .  Scheda storica dell'Bologna, su archiviostorico.unibo. Scheda biografica del Comune di Palmi, su comune.palmi.rc. Filosofia Letteratura  Letteratura Storia  Storia Categorie: Giuristi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XX secoloAccademici italiani Professore1902 1977 23 maggio 28 marzo Palmi BolognaScrittori italiani del XX secoloStorici italiani del XX secoloRettori dell'BolognaStudenti della SapienzaRomaPersone legate all'BolognaProfessori dell'BolognaFilosofi del diritto.

 

Battista – Giovanni Battista – he assumed the name “BONOMO” Gabriele Bonomo Frate Gabriele Bonomo o Bonhomo – Giovanni Batista (Nicosia), filosofo italiano appartenente all'Ordine dei Minimi. Scrisse opere sulla trigonometria e inventò un orologio automatico.  Entrò come frate nell'Ordine dei Minimi con il nome di Gabriello e fu assegnato al convento di Santa Oliva di Palermo.  Note  Pietro Riccardi, Bibliotheca mathematica italiana dalla origine della stampa ai primi anni del secolo XIX, Editore Soliani, 1871153.  Antonio Muccioli, Le strade di Palermo, Editore Newton & Compton, 1998127. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Gabriele Bonomo  Gabriele Bonomo, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  89092338 495/98454  Identities-89092338 Biografie  Biografie:  di   biografie Categorie: Teologi italianiMatematici italiani del XVIII secoloFilosofi italiani Professore1694 1760 13 aprile 24 agosto Nicosia (Italia) PalermoMinimi

 

bausola: Grice: “I would call Basuola a Griceian – he speaks of the ‘reasons for solidarity,’ which is exactly the point I want to make, alla Kant, in ‘Aspects of reason,’ as people kept asking me for the rationale – i. e., literally, the rational basis – for conversational cooperation – People agree that conversation is rational; but my stronger thesis is that it’s cooperation which is rational. That is Bausola’s point.” “Basuola has also explored the topics of ‘inter-personal relation’ from a philosophical rather than sociological perspective – and therefore into the compromise between self-love and other-love, or freedom and responsibility --. A genius! That he also admires my latitudinal and longitudinal unity of philosophy (‘storiografia filosofica,’ as the Italians call it) is a plus, or bonus!” -- Adriano Bausola (Ovada), filosofo. Bausola nasce a Ovada, in provincia di Alessandria, il 22 dicembre 1930, da Filippo, scultore cieco di guerra ed Eugenia Bertero. Conseguita una formazione cattolica attraverso le scuole primarie delle Madri Pie, fondate da Paolo Gerolamo Franzoni, e dei Padri Scolopi, gli studi liceali lo vedono a Novi Ligure al Classico Statale "Doria" dove «la materia che veramente fu per lui una rivelazione è la filosofia».  Sceglie così la facoltà all'Università Cattolica a Milano, dopo un incontro con Padre Agostino Gemelli e Monsignor Francesco Olgiati, vincendo anche il concorso per un posto gratuito nel Collegio Augustinianum. Fra i suoi docenti emergono due figure che per lui sono «maestri di vita e di pensiero», esponenti di spicco del movimento neotomista: Gustavo Bontadini e Sofia Vanni Rovighi. Diventa così libero docente di filosofia morale nel 1962. Nel 1970 vincendo la cattedra di storia della filosofia viene chiamato alla Cattolica, dove dal 1974 al 1979 è ordinario di filosofia morale passando poi, nel 1980, ad ordinario di filosofia teoretica. È preside della facoltà di lettere e filosofia dal 1974 al 1983.  Nel 1982 è chiamato a far parte del Pontificio Consiglio della Cultura istituito da Giovanni Paolo II per il periodo 1982-1992. Nel 1983 dell'Università Cattolica del Sacro Cuore ne diventa il Rettore, carica che mantiene fino al 1998.  È stato anche direttore della Rivista di filosofia neo-scolastica, ininterrottamente, dal 1971, e dal 1984 della rivista Vita e Pensiero e condirettore della Rivista Internazionale dei diritti dell'uomo. Inoltre ha diretto la sezione di filosofia moderna della collana dei Classici della Filosofia dell'Einaudi Rusconi. Ha fatto parte del Direttivo del Centro di metafisica istituito dalla Cattolica, e per esso ha co-diretto la collana di pubblicazioni Metafisica e storia della metafisica.  Tra gli altri incarichi e funzioni è stato:  Socio dell'Accademia Nazionale dei Lincei nella categoria scienze filosofiche; Membro dell'Istituto LombardoAccademia di Scienze e lettere; Membro del direttivo della Società Filosofica Italiana; Vice Presidente del Comitato Scientifico e Organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani dal 1985 al 1994; Consulente della Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica; Presidente di una delle Commissioni del Convegno ecclesiale Evangelizzazione e promozione umana a Roma dal 30 ottobre al 4 novembre 1976; Moderatore di uno dei cinque ambiti del Convegno ecclesiale Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini a Loreto dal 9 al 13 aprile 1985; Uditore al Sinodo straordinario dei Vescovi indetto dal Papa per il 20º anniversario del Concilio Vaticano II; Studi Sul piano teorico, le direttive di indagine di Bausola sono soprattutto quella etica (fondazione della morale), quella antropologica (il problema della libertà; il tema della cultura e della cultura cristiana in particolare), e quelle della metafisica e della gnoseologia. I suoi interessi principali di studioso sono rivolti, sul piano storico all'idealismo e al neo-idealismo, esperto a livello internazionale di Friedrich Schelling e di Blaise Pascal i suoi studi sono rivolti anche a Franz Brentano, John Dewey e al pragmatismo, alla tematica esistenzialista. Caratteristico delle opere di Bausolalà dove si tratti dello studio di filosofi del passato, o del nostro tempoè il legame tra ricostruzione storica e ripensamento critico, secondo criteri teoretici: un orientamento volto, attraverso il dialogo con alcune delle più importanti prospettive della filosofia moderna e contemporanea, ad un ripensamento della concezione classica del sapere. La sua attività pubblicistica si è svolta sul terreno filosofico, politico-culturale, etico-religioso, e si è realizzata su giornali e su riviste di cultura.  Opere principali 1960Saggi sulla filosofia di Schelling, Milano, Vita e Pensiero 1960L'Etica di John Dewey, Milano, Vita e Pensiero 1965Filosofia e storia nel pensiero crociano, Milano, Vita e Pensiero 1965Metafisica e rivelazione nella filosofia positiva di Schelling, Milano, Vita e Pensiero 1966Etica e politica nel pensiero di Benedetto Croce, Milano, Vita e Pensiero 1968Il pensiero di Schelling 1968Conoscenza e moralità in Franz Brentano, Milano, Vita e Pensiero 1969Indagini di storia della filosofia. Da Leibniz a Moore, Milano, Vita e Pensiero 1969Lo svolgimento del pensiero di Schelling. Ricerche, Milano, Vita e Pensiero 1970Il problema del valore nella filosofia analitica, Milano, Scuole Grafiche Opera Don Calabria 1971Il problema della libertà. Introduzione a Sartre, Milano 1972Filosofia della rivelazione. Federico Guglielmo Giuseppe Schelling, 2 , Bologna, Zanichelli 1973Introduzione a Pascal, Bari, Laterza 1975Friedrich W. J. Schelling, Firenze, La Nuova Italia 1976Filosofia Morale. Lineamenti, Milano, Vita e Pensiero 1977Natura e progetto dell'uomo : riflessioni sul dibattito contemporaneo, Milano, Vita e Pensiero 1978Libertà e relazioni interpersonali : introduzione alla lettura di L'essere e il nulla, Milano, Vita e Pensiero 1978Pensieri, opuscoli, lettere di Blaise Pascal, con Remo Tapella, Milano, Rusconi 1980Libertà e responsabilità, Milano, Vita e Pensiero 1985La libertà, Brescia, La Scuola 1998Le ragioni della libertà, le ragioni della solidarietà, Milano, Vita e Pensiero 1998Fra etica e politica, Milano, Vita e Pensiero Onorificenze Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola della cultura e dell'artenastrino per uniforme ordinariaMedaglia d'oro ai benemeriti della scuola della cultura e dell'arte — Roma, 2 giugno 1981 Commendatore dell'Ordine al merito della Repubblica italiananastrino per uniforme ordinariaCommendatore dell'Ordine al merito della Repubblica italiana — 2 giugno 1985 Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiananastrino per uniforme ordinariaCavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana — Roma, 2 giugno 1988 Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine di San Gregorio Magnonastrino per uniforme ordinariaCavaliere di Gran Croce dell'Ordine di San Gregorio Magno Note  Anna Maria Bausola Grillo, Adriano Bausola nei ricordi della sorella, ne Atti del convegno "Studi di Storia Ovadese", pubblicazione dedicata alla memoria di Adriano Bausola, Accademia Urbense di Ovada, 2005  Avvenire, 29 aprile 2000, su swif.uniba. 30.08. 22 febbraio 2007).  Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.  Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.  Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.  Emilio Costa, Un Ovadese nel mondo della cultura italiana: Adriano Bausola, filosofo, in URBS Silva et flumen, Anno XIII n.2 giugno 2000,  71-72. Alessandro Laguzzi; Edilio Riccardini , Atti del Convegno Studi di Storia Ovadese, Ovada, Accademia Urbense, 2005,  669-672. Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Adriano Bausola  Emilio Costa, Un Ovadese nel mondo della cultura italiana: Adriano Bausola, filosofo, URBS silva et flumen, trimestrale di storia locale dell'Accademia Urbense di Ovada, Anno XIII n.2 giugno 2000,  71-72 , su archiviostorico.net. Flavio Rolla, Adriano Bausola, filosofo. Ricordo dell'illustre ovadese a 10 anni dalla scomparsa, URBS silva et flumen, trimestrale di storia locale dell'Accademia Urbense di Ovada, Anno XXIII n.3-4 settembre-dicembre ,  180-191 , su accademiaurbense. Dal sito filosofico.net : Adriano Bausola Diego Fusaro, su filosofico.net. blogphilosophica.wordpress.com//08/31/4161/ Lorenzo Cortesi PredecessoreMagnifico Rettore dell'Università Cattolica del Sacro CuoreSuccessoreStemma UCSC.png Giuseppe Lazzati19831998Sergio Zaninelli Filosofia Università  Università Filosofo del XX secoloAccademici italiani Professore1930 2000 22 dicembre 28 aprile Ovada RomaBenemeriti della scuola, della cultura e dell'arteCavalieri di gran croce OMRICommendatori OMRIStudenti dell'Università Cattolica del Sacro CuoreRettori dell'Università Cattolica del Sacro CuoreProfessori dell'Università Cattolica del Sacro Cuore

 

bazzanella: Grice: “I like Bazzanella; he has a totally different background from mine, but we can communicate – I have focused on conversational communication; he specializes in televisional communication; he has used Heidegger’s concept of contamination to elucidate that of structure –.” Grice: “My favourite of his tracts must be one on ethics and topology, broadly understood, which is all that my theory of conversational helpfulness is about – Bazzanella entitles his essay, ‘il lugo dell’altro,’ playing with the strictness of his topological approach as applied to the ethos that results when ‘ego’ meets and communes with ‘alter.’”  Emiliano Bazzanella (Trieste), filosofo. Ha partecipato a tre edizioni della Biennale di Venezia (2003, 2007, 2009) e a una edizione della Biennale di Architettura (2006).  Di formazione fenomenologica e allievo di Pier Aldo Rovatti, inizia la sua attività saggistica con una monografia dedicata al filosofo francese Vladimir Jankélévitch, 1994), per poi approfondire il pensiero di Heidegger, Edmund Husserl, nonché di autori francesi del secondo dopoguerra quali Jacques Derrida, Michel Foucault (1996), Jacques Lacan (1998), Maurice Merleau-Ponty, Gilles Deleuze e Félix Guattari. Dapprima delinea una “fenomenologia echologica” (dal greco échein, avere) ipotizzando che l'ontologia non sia che una “finzione” o un “dispositivo” di tipo immunologico, storicizzabile e tipico della società occidentale; successivamente elabora questa prospettiva inserendola nel contesto più ampio di una “fenomenologia del senso” e applicandola a una lettura della società dello spettacolo e dei consumi.  Esibizioni Entra in contatto con Shōzō Shimamoto del Gruppo Gutai in occasione della Biennale di Venezia del 2003 ed espone con lui a Udine (Italia) nel 2005 ("Size"). Il suo sviluppo della performance introduce nella gestualità del corpo le nuove tecnologie multimediali sulla scia delle installazioni di Tony Oursler. Alla 53. Biennale di Venezia del 2009 progetta un'installazione multimediale (Blue Zone) che inaugura una serie di opere ispirate alla "morte dell'arte": in una mostra surreale, quasi post-human, le opere degli artisti sono ricoperte da un velo, mentre in una serie di monitor sparsi negli spazi espositivi vengono riprodotti i volti degli artisti che cercano di descrivere a parole le loro opere invisibili. Alla 55. Biennale di Venezia del , invece, propone un'installazione (Overplay), inserita nel contesto di un palazzo veneziano, in cui 16 iPad riproducono in maniera casuale e differenziata delle domande generate da un software. Si tratta di un'evoluzione del progetto "Tautology" nel quale invece il programma riproduce in rete una serie infinita di pensieri filosofici.  Pensiero Dal pensiero debole al pensiero orizzontale Nei primi anni Novanta, Bazzanella declina il pensiero debole nel senso di un passaggio dalla profondità della metafisica a un'idea di superficialità di cui vede alcune tracce presenti in Husserl, Merleau-Ponty e Heidegger. In questo passaggio il "relativismo" non viene più interpretato come una manifestazione del nichilismo novecentesco, bensì come il tentativo di articolare una filosofia delle relazioni orizzontali che tende a scardinare l'impianto della logica aristotelica.  L'echologia L'echologia è un termine che Bazzanella desume nel 1999 da Deleuze a proposito del pensiero del sociologo francese Gabriel Tarde. Esso si basa sull'ipotesi che nella genesi delle Categorie di Aristotele ci siano stati movimenti contrapposti, in cui soltanto in una seconda istanza sarebbe prevalsa un'impostazione "usiologica", cioè basata sulla centralità della "sostanza". Questo passaggio è decisivo poiché segna il definitivo abbandono delle suggestioni del pensiero presocratico ponendo le basi di quello che sarebbe stato l'impianto del sapere occidentale. La lateralizzazione, dunque, dell'échein nel suo duplice significato di "avere" e di "essere in relazione" ha comportato il privilegio dell'"essere" e di un'ontologia che impone principi, gerarchie, suddivisione tra "cose" ed "oggetti". Una filosofia relazionistica deve essere pertanto echologica e decostruttiva, evidenziando come ogni costruzione di senso, prima che ontologica e fondata su "enti", sia articolata su relazioni o, come li definisce Bazzanella, su essemi.  La teoria del senso A partire da Fede, echologia, sapere (2002) e attraverso una rilettura del concetto di alétheia (verità) di Heidegger, Bazzanella sviluppa una teoria del senso secondo la quale esso non può sussistere senza un rapporto essenziale con il non-senso. In particolare ciò significa che le classiche leggi della logica (identità, non-contraddizione, terzo escluso) sono costruite sopra una superficie illogica e sono delle forme di copertura dell'àlogon. Bazzanella sostiene inoltre che queste stesse leggi logiche dipendono "mimeticamente" da relazioni essematiche esprimibili come preposizioni che istanziano delle relazioni senza relati: "in", "con", "di-", "ri-". Si tratta di un pensiero al limite della pensabilità, poiché invita a non concepire cose e oggetti, ma quelle pure relazionalità che vengono ad esempio esperite dal neonato: l'"in" esprime l'in-essere del feto nel grembo materno, il "con" esprime l'essere-con la propria madre e il suo seno, il "di-" echeggia nel dià del dia-framma rappresentato dal liquido amniotico rispetto al mondo esterno, il "ri-" allude alla ri-petizione e al carattere originariamente ossessivo del bambino che cerca sicurezza ripetendo sempre i medesimi gesti e i medesimi suoni.  La prospettiva immunologica L'impostazione relazionistica che è partita da una fenomenologia dell'orizzonte per articolarsi attraverso un'echologia e una teoria del senso, trova il suo significato ultimo nel cosiddetto "paradigma immunitario". Bazzanella lo desume dall'ultimo Foucault e, soprattutto, da Arnold Gehlen, Peter Sloterdijk e Roberto Esposito. Se l'uomo si trova heideggerianamente "gettato" nell'Altro sin dalla nascita, cioè in una serie di relazioni che violano le leggi della logica e, soprattutto, che non consentono un ancoraggio rassicurante a "cose" e oggetti permanenti, egli deve proteggersi e difendersi. Questo processo avviene però in analogia con il sistema immunitario del corpo umano, cioè l'Altro, il non-senso (o anche il "reale" come lo definisce Bazzanella traendo spunto dalla definizione di Jacques Lacan) non può essere addomesticato che attraverso l'Altro. In questo modo, il senso non avrebbe che una funzione difensiva e immunizzante e si baserebbe su una "mimesi" del reale mediata dagli essemi: il senso "imita" così il non-senso, ne è una sorta di estrusione. Questa condizione paradossale implica anche una riconsiderazione della figura filosofica di "soggetto", soprattutto alla luce del suo dispiegamento a partire dal cogito cartesiano. Il "soggetto" non coincide con un'identità, un "io" precostituito, bensì rappresenta una funzione immunologica in cui l'individuo assoggetta cose e persone, delegando le medesime ad affrontare il reale al proprio posto. Il soggetto è allora per Bazzanella un a-soggetto nel doppio senso di non-essere-soggetto e di as-soggettare.  Teoria della società e critica del tardocapitalismo La communitas rappresenta il paradigma di un processo di normotipizzazione in cui una relazione essematicail puro cum senza relati, in questo casosi trasforma in una difesa immunologica nei confronti del "fuori". Bazzanella riprende così la nozione di "dispositivo" presente in Foucault in quanto orizzonte di potere e di sapere collettivo che funge da barriera o filtro nei confronti del reale, nonché da sistema di controllo "endogeno", ossia "normalizzante" e "normativo" nello stesso tempo. La normotipia da' senso a una determinata epoca nella misura in cui riesce a bilanciare più o meno efficacemente il senso e il non-senso. Il rischio di ogni sistema di senso, infatti, è paradossalmente quello di un eccesso di senso: ciò implica infatti una psicotizzazione della comunità e, quindi, una sorta di non-senso di ritorno. Gli esempi sono ormai classici: il marxismo che declina nel leninismo per poi degenerare nello stalinismo; il nazifascismo che dai suoi presupposti socialisti diviene un totalitarismo spietato e annientante. Si tratta in entrambi i casi di un eccesso di senso, di un surplus immunitario che se inizialmente intendeva distanziare e "filtrare" il reale, comporta alfine una sorta di "divenire-reale" del senso stesso, un'insensatezza reattiva. È in tale prospettiva che il modello di senso tardocapitalistico sembra svolgere una funzione autoimmunitaria: l'uomo non ha a che fare soltanto con un processo di stretta pertinenza economica, ma con un orizzonte di senso condiviso che permea ogni aspetto dell'esistenza degli individui. Società dello spettacolo e società dei consumimomenti in cui in particolare si esplica il tardocapitalismonon sarebbero che forme "dialettiche" di reazione all'eccesso di senso dei grandi totalitarismi del Novecento. In particolare secondo Bazzanella si tratta di un bilanciamento tra un'evasione nell'immaginario (riprendendo ancora delle tematiche lacaniane) e un "ritorno al reale" che si manifesterebbe nel momento stesso del "consumo".  Note  A. Fabris, La noia, il nulla, in «aut aut», n. 270, La Nuova Italia, Firenze 199565.  2 F. Bonami (a c. di), La dittatura dello spettatore, Catalogo generale della 50. Esposizione Internazionale d'Arte. La Biennale di Venezia, Marsilio, Venezia 2003.  3 R. Storr (a c. di), Pensa con i sensi, senti con la mente, Catalogo generale della 52. Esposizione Internazionale d'Arte. La biennale di Venezia, Marsilio, Venezia 2007.  D. Birnbaum (a c. di), Fare Mondi, Catalogo generale della 53. Esposizione Internazionale d'Arte. La Biennale di Venezia, Marsilio, Venezia 2009.  M. Foucault, Sicurezza, territorio, popolazione. Corso al Collège de France (1977-1978), Feltrinelli, Milano 2005.  R. Esposito, Immunitas. Protezione e negazione della vita, Einaudi, Torino 2002.  R. Esposito, Communitas. Origine e destino della comunità, Einaudi, Torino 1998.  Tempo e linguaggio. Studio su Vladimir Jankélévitch, Franco Angeli, Milano 1994; Orizzonte. Passività e soggetto in Husserl e Merleau-Ponty, Guerini e associati, Milano 1995; Contaminazione. L'idea di struttura in Heidegger, Franco Angeli, Milano 1995; Spazio e potere. Heidegger, Foucault, la televisione, Mimesis, Milano 1996; Il luogo dell'Altro. Etica e topologia in Jacques Lacan, Franco Angeli, Milano 1998; Idee per un'echologia fenomenologica, Franco Angeli, Milano 1999; Echologia. Introduzione a una fenomenologia della proprietà e a una critica del pensiero ontologico, Asterios Editore, Trieste 2000; Fede, echologia, sapere, Asterios Editore, Trieste 2002; La Fabbrica, Trieste, FrancoPuzzoEditore,  Trattato di echologia, Mimesis, Milano 2004; La fabbrica, FPE Editore, Trieste 2005; Il ritornello. La questione del senso in Deleuze-Guattari, Mimesis, (Milano 2005). Il tardocapitalismo. Decorsi e patologie di una rivoluzione permanente, Asterios Editore, Trieste 2006. Etica del tardocapitalismo, Mimesis, Milano 2008. Logica e tempo, Abiblio, Trieste 2009 Autoscrittura, Asterios Editore, Trieste 2009 Religio I. Senso e fede nel tardocapitalismo, Mimesis, Milano  Religio II. La religione del soggetto, Mimesis, Milano . Indignatevi, Asterios Editore Trieste . Oltre la decrescita. Il Tapis Roulant e la società dei consumi, Asterios Editore, Trieste . Lacan. Immaginario, simbolico e reale in tre lezioni, Asterios, Trieste . Filosofie della paura. Verso la condizione post-postmoderna, Asterios Editore, Trieste . La filosofia e il suo consumo. Nuovo realismo e postmoderno, Asterios Editore, Trieste . Religio III. Logica e follia, Mimesis, Milano . Eros e Thanatos. Senso, corpo e morte nel XX Seminario di Lacan, Asterios Editore, Trieste, . Come. Linee guida per una immuno-fenomenologia, Asterios Editore, Trieste, . Il numero e il fenomeno, Asterios Editore, Trieste . Il tragico e il comico nell'epoca del grillismo e del trumpismo, Asterios Editore, Trieste . Simbolo e violenza, Asterios Editore, Trieste . Del fallimento. Simbolo e violenza II, Asterios Editore . Filosofi italiani del XX secoloFilosofi

 

beccaria, Grice: “I would call Beccaria a Griceian, but I’m not sure he would call me a Beccarian!” Grice: “His explicit, rather than implicated, Griceian ideology is in the opening chapter on “Lo stilo conversazionale’ – he notes that the implicaturum ain’t a part of the ‘sintassi’ of the ‘proposizione’ which is explicated – he adds that ‘senses’ should not be multiplied because your addressee may get YOUR sense, but trust he will lose interest if you keep multiplying – “to the risk that he won’t get your sense in the last place!” – Grice: “Like me, Beccaria was a unitarian philosopher; his tract on ‘I piaceri’ is delightful, very pleasant read!” – If Austin and us met on different grounds and pubs, Beccaria met at the caffe, and he liked it – Italians, unfortunately, only know him for his tract on guilt and punishment!” – Grice: “Most Italians don’t even  consider Beccaria an Italian philosopher but as a member of the Accademia dei Pigne, as part of the illuminismo Lombardo --.” Grice: “The philosophical panorama or landscape of Italian philosophy is much diverse than our Oxonian dialectic!” --  One of the most essential of Italian philosophersReferred to by H. P. Grice in his explorations on moral versus legal right, studied in Parma and Pavia and taught political economy in Milan. Here, he met Pietro and Alessandro Verri and other Milanese intellectuals attempting to promote political, economical, and judiciary reforms. His major work, Dei delitti e delle pene “On Crimes and Punishments,” 1764, denounces the contemporary methods in the administration of justice and the treatment f criminals. Beccaria argues that the highest good is the greatest happiness shared by the greatest number of people; hence, actions against the state are the most serious crimes. Crimes against individuals and property are less serious, and crimes endangering public harmony are the least serious. The purposes of punishment are deterrence and the protection of society. However, the employment of torture to obtain confessions is unjust and useless: it results in acquittal of the strong and the ruthless and conviction of the weak and the innocent. Beccaria also rejects the death penalty as a war of the state against the individual. He claims that the duration and certainty of the punishment, not its intensity, most strongly affect criminals. Beccaria was influenced by Montesquieu, Rousseau, and Condillac. His major work was tr. into many languages and set guidelines for revising the criminal and judicial systems of several European countries. Se dimostrerò non essere la pena di morte né utile, né necessaria, avrò vinto la causa dell’umanità.»  (da Dei delitti e delle pene) Cesare Beccaria Bonesana, marchese di Gualdrasco e di Villareggio (Milano), giurista, filosofo, economista e letterato italiano considerato tra i massimi esponenti dell'illuminismo italiano, figura di spicco della scuola illuministica milanese.  La sua opera principale, il trattato Dei delitti e delle pene, in cui viene condotta un'analisi politica e giuridica contro la pena di morte e la tortura sulla base del razionalismo e del pragmatismo di stampo utilitarista, è tra i testi più influenti della storia del diritto penale ed ispirò tra gli altri il codice penale voluto dal granduca Pietro Leopoldo di Toscana.  Nonno materno di Alessandro Manzoni, Cesare Beccaria è considerato inoltre come uno dei padri fondatori della teoria classica del diritto penale e della criminologia di scuola liberale. Cesare Beccaria nacque a Milano (allora appartenente all'impero asburgico), figlio di Giovanni Saverio di Francesco e di Maria Visconti di Saliceto, il 15 marzo 1738. Fu educato a Parma dai gesuiti e si laureò in Giurisprudenza il 13 settembre 1758 all'Università degli Studi di Pavia. Il padre aveva sposato la Visconti in seconde nozze nel 1736, dopo essere rimasto vedovo nel 1730 di Cecilia Baldroni.  Nel 1760 Cesare sposò Teresa Blasco contro la volontà del padre, che lo costrinse a rinunciare ai diritti di primogenitura (mantenne però il titolo di marchese); da questo matrimonio ebbe quattro figli: Giulia (1762-1841), Maria (1766-1788), nata con gravi problemi neurologici e morta giovane, Giovanni Annibale nato e morto nel 1767 e Margherita anch'essa nata e morta nel 1772.  Il padre lo cacciò anche da casa dopo il matrimonio, così dovette essere ospitato da Pietro Verri, che lo mantenne anche economicamente per un periodo.  Teresa morì il 14 marzo 1774, a causa della sifilide o della tubercolosi. Beccaria, dopo appena 40 giorni di vedovanza, firmò il contratto di matrimonio con Anna dei Conti Barnaba Barbò, che sposò in seconde nozze il 4 giugno 1774, ad appena 82 giorni dalla morte della prima moglie. Da Anna Barbò ebbe un altro figlio, Giulio. l suo avvicinamento all'Illuminismo avvenne dopo la lettura delle Lettere persiane di Montesquieu e del “Contratto sociale” di Rousseau, grazie ai quali si entusiasmò per i problemi filosofici e sociali ed entrò nel cenacolo di casa Verri, dove aveva sede anche la redazione del Caffè, il più celebre giornale politico-letterario del tempo, per il quale scrisse sporadicamente. Dopo la pubblicazione di alcuni articoli di economia, nel 1764 diede alle stampe Dei delitti e delle pene, capolavoro ispirato dalle discussioni in casa Verri del problema dello stato deplorevole della giustizia penale. Inizialmente anonimo è un breve scritto contro la tortura e la pena di morte che ebbe enorme fortuna in tutta Europa e nel mondo e in particolare in Francia.  Contro le posizioni di Beccaria uscì, nel 1765 il testo Note ed osservazioni sul libro intitolato Dei delitti e delle pene di Ferdinando Facchinei. Le polemiche che ne seguirono contribuirono alla decisione di mettere il trattato di Beccaria all'Indice dei libri proibiti nel 1766, a causa della distinzione tra peccato e reato. Nel 1766 Beccaria viaggiò poi controvoglia fino a Parigi, e solo dietro l'insistenza dei fratelli Verri e dei filosofi francesi desiderosi di conoscerlo. Fu accolto per breve tempo nel circolo del barone d'Holbach. La sua giustificata gelosia per la moglie lontana e il suo carattere ombroso e scostante, fecero sì che appena possibile tornasse a Milano, lasciando solo il suo accompagnatore Alessandro Verri a proseguire il viaggio verso l'Inghilterra. Il carattere riservato e riluttante di Beccaria, tanto nelle vicende private quanto nelle pubbliche, ebbe nei fratelli Verri, e soprattutto in Pietro, un fondamentale punto di appoggio e di stimolo soprattutto quando iniziò ad interessarsi allo studio dell'economia. Come Rousseau, Beccaria era a tratti paranoico e aveva spesso sbalzi d'umore, la sua personalità era abbastanza indolente e il carattere debole, poco brillante e non portato alla vita sociale; ciò non gli impediva però di esprimere molto bene i concetti che aveva in mente, soprattutto nei suoi scritti.  Tornato a Milano nel 1768 ottenne la cattedra di Scienze Camerali (economia politica), creata per lui nelle scuole palatine di Milano e cominciò a progettare una grande opera sulla convivenza umana, mai completata.   Antonio Perego, L'Accademia dei Pugni. Da sinistra a destra: Alfonso Longo (di spalle), Alessandro Verri, Giambattista Biffi, Cesare Beccaria, Luigi Lambertenghi, Pietro Verri, Giuseppe Visconti di Saliceto Entrato nell'amministrazione austriaca nel 1771, fu nominato membro del Supremo Consiglio dell'Economia, carica che ricoprì per oltre vent'anni, contribuendo alle riforme asburgiche sotto Maria Teresa e Giuseppe II. Fu criticato per questo dagli amici (tra cui Pietro Verri), che gli rimproveravano di essere diventato un burocrate. Gli studiosi, però, considerano questi giudizi ingiusti dal momento che Cesare Beccaria si dedicò ad importanti riforme, che richiedevano una notevole preparazione intellettuale, non solo amministrativa. Fra queste ci fu la riforma delle misure dello stato milanese, intrapresa prima di quella del sistema metrico decimale francese, e a cui Beccaria, insieme al fratello Annibale, dedicò quasi vent'anni della sua vita. (La riforma, notevolmente complessa, coinvolse alla fine solo il braccio milanese. La successiva riforma dei pesi non fu mai realizzata.)  Il suo rapporto con la figlia Giulia, futura madre di Alessandro Manzoni, fu conflittuale per gran parte della sua vita; ella era stata messa in collegio (nonostante Beccaria avesse spesso deprecato i collegi religiosi) subito dopo la morte della madre e lì dimenticata per quasi sei anni: suo padre non volle più sapere niente di lei per molto tempo e non la considerò mai sua figlia, bensì il frutto di una relazione extraconiugale delle numerose che la moglie aveva avuto. Beccaria non si sentiva adeguato al ruolo di padre, inoltre negò l'eredità materna alla figlia, avendo contratto dei debiti: ciò gli diede la fama di irriducibile avarizia. Giulia uscì dal collegio nel 1780, frequentando poi gli ambienti illuministi e libertini. Nel 1782 la diede in sposa al conte Pietro Manzoni, più vecchio di vent'anni di lei: il nipote Alessandro nacque nel 1785, ma pare fosse in realtà il figlio di Giovanni Verri, fratello minore di Pietro e Alessandro, e amante di Giulia. Prima della morte del padre, Giulia abbandonò il marito, nel 1792, per andare a vivere a Parigi insieme al conte Carlo Imbonati, rompendo i rapporti definitivamente col padre,  e temporaneamente anche con il figlio.  Beccaria morì a Milano il 28 novembre 1794, a causa di un ictus, all'età di 56 anni, e trovò sepoltura nel Cimitero della Mojazza, fuori Porta Comasina, in una sepoltura popolare (dove fu sepolto anche Giuseppe Parini) anziché nella tomba di famiglia. Quando tutti i resti vennero traslati nel cimitero monumentale di Milano, un secolo dopo, si perse traccia della tomba del grande giurista. Pietro Verri, con una riflessione valida ancora oggi, deplorò nei suoi scritti il fatto che i milanesi non avessero onorato abbastanza il nome di Cesare Beccaria, né da vivo né da morto, che tanta gloria aveva portato alla città. Ai funerali di Beccaria era presente anche il giovane nipote Alessandro Manzoni (che riprenderà molte delle riflessioni del nonno e di Verri nella Storia della colonna infame e nel suo capolavoro, I promessi sposi), nonché il figlio superstite ed erede, Giulio. Beccaria fu influenzato dalla lettura di Locke, Helvetius, Rousseau e, come gran parte degli illuministi milanesi, dal sensismo di Condillac. Fu influenzato anche dagli enciclopedisti, in particolare da Voltaire e Diderot. Partendo dalla classica teoria contrattualistica del diritto, derivata in parte dalla formulazione datane da Rousseau, che sostanzialmente fonda la società su un contratto sociale (nell'omonima opera) teso a salvaguardare i diritti degli individui e a garantire in questo modo l'ordine, Beccaria definì in pratica il delitto in maniera laica come una violazione del contratto, e non come offesa alla legge divina, che appartiene alla coscienza della persona e non alla sfera pubblica. La società nel suo complesso godeva pertanto di un diritto di autodifesa, da esercitare in misura proporzionata al delitto commesso (principio del proporzionalismo della pena) e secondo il principio contrattualistico per cui nessun uomo può disporre della vita di un altro (Rousseau non considerava moralmente lecito nemmeno il suicidio, in quanto non l'uomo, ma la natura, nella visione del ginevrino, aveva potere sulla propria vita, e quindi tale diritto non poteva certamente andare allo Stato, che comunque avrebbe violato un diritto individuale). Il punto di vista illuministico del Beccaria si concentra in frasi come «Non vi è libertà ogni qual volta le leggi permettono che in alcuni eventi l'uomo cessi di essere persona e diventi cosa». Ribadisce come è necessario neutralizzare l'«inutile prodigalità di supplizi» ampiamente diffusi nella società del suo tempo. La tesi umanitaria, messa in risalto da Voltaire, è parzialmente da lui accantonata, in quanto Beccaria vuole dimostrare pragmaticamente l'inutilità della tortura e della pena di morte, più che la loro ingiustizia. Egli è infatti consapevole che i legislatori sono mossi più dall'utile pratico di una legge, che da principi assoluti, di ordine religioso o filosofico. Beccaria afferma infatti che «se dimostrerò non essere la morte né utile né necessaria, avrò vinto la causa dell'umanità». Beccaria quindi si inserisce nel filone utilitaristico: considera l'utile come movente e metro di valutazione di ogni azione umana.   Monumento a Cesare Beccaria, Giuseppe Grandi, Milano L'ambito della sua dottrina è quello general-preventivo, nel quale si suppone che l'uomo sia condizionabile in base alla promessa di un premio o di un castigo e, nel contempo, si ritiene che sussista fra ogni cittadino e le istituzioni una conflittualità più o meno latente. Sostiene la laicità dello Stato. Adotta come metodo d'indagine quello analitico-deduttivo (tipico della matematica) e per lui l'esperienza è da intendersi in termini fenomenici (approccio sensista).  La natura umana si svolge in una dimensione edonistico-pulsionistica, ovvero sia i singoli, sia la moltitudine, agiscono seguendo i loro sensi. In poche parole l'uomo è caratterizzato dall'edonismo. Gli individui possono essere parago dei «fluidi» messi in movimento dalla costante ricerca del piacere, intesa come fuga dal dolore. L'uomo però è una macchina intelligente capace di razionalizzare le pulsioni, in modo da consentire la vita in società; infatti certamente ogni uomo pretende di essere autonomo e insindacabile nelle sue decisioni, ma si rende conto della convenienza della vita sociale. Ma la conflittualità rimane e quindi bisogna impedire che il cittadino venga sedotto dall'idea di infrangere la legge al fine di perseguire il proprio utile a tutti i costi, pertanto il legislatore, da «abile architetto», deve predisporre sanzioni e premi in funzione preventiva; è necessario tenere sotto controllo i «fluidi», inibendo le pulsioni antisociali.  Tuttavia Beccaria sostiene che la sanzione deve essere sì idonea e sicura, a garantire la difesa sociale, ma al contempo mitigata e rispettosa della persona umana.  «Il fine delle pene non è di tormentare ed affliggere un essere sensibile, né di disfare un delitto già commesso. Può egli in un corpo politico, che, ben lungi di agire per passione, è il tranquillo moderatore delle passioni particolari, può egli albergare questa inutile crudeltà stromento del furore e del fanatismo o dei deboli tiranni? Le strida di un infelice richiamano forse dal tempo che non ritorna le azioni già consumate? Il fine dunque non è altro che d'impedire il reo dal far nuovi danni ai suoi cittadini e di rimuovere gli altri dal farne uguali. Quelle pene dunque e quel metodo d'infliggerle deve esser prescelto che, serbata la proporzione, farà una impressione più efficace e più durevole sugli animi degli uomini, e la meno tormentosa sul corpo del reo.» «Parmi un assurdo che le leggi, che sono l'espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettono uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ordinino un pubblico assassinio»  (Dei delitti e delle pene, cap. XXVIII)  Illustrazione allegorica da Dei delitti e delle pene: la giustizia personificata respinge il boia, con in mano una testa, e una spada. La pena di morte, “una guerra della nazione contro un cittadino”, è inaccettabile perché il bene della vita è indisponibile, quindi sottratto alla volontà del singolo e dello Stato. Inoltre essa:  non è un vero deterrente non è assolutamente necessaria in tempo di pace Essa non svolge un'adeguata azione intimidatoria poiché lo stesso criminale teme meno la morte di un ergastolo perpetuo o di una miserabile schiavitù: si tratta di una sofferenza definitiva contro una sofferenza ripetuta. Ai soggetti che assistono alla sua esecuzione, inoltre, essa può apparire come uno spettacolo o suscitare compassione. Nel primo caso, essa indurisce gli animi, rendendoli più inclini al delitto; nel secondo, non rafforza il senso di obbligatorietà della legge e il senso di fiducia nelle istituzioni.  Questa condizione è assai più potente dell'idea della morte e spaventa più chi la vede che chi la soffre; è quindi efficace ed intimidatoria, benché tenue. In realtà così facendo viene sostituita alla morte del corpo la morte dell'anima, il condannato viene annichilito interiormente. Tuttavia non è la punizione fine a sé stessa l'obiettivo di Beccaria, ma egli utilizza questo argomento dell'afflittività penale per convincere i governanti e i giudici, in quanto il suo fine resta eminentemente rieducativo e risarcitivo (il condannato non deve essere afflitto o torturato, ma deve riparare il danno in maniera economico-politica, come previsto da una concezione puramente utilitaristica e di giustizia anti-retributiva).  Beccaria ammette che il ricorso alla pena capitale sia necessario solo quando l'eliminazione del singolo fosse il vero ed unico freno per distogliere gli altri dal commettere delitti, come nel caso di chi fomenta tumulti e tensioni sociali: ma questo caso non sarebbe applicabile se non verso un individuo molto potente e solo in caso di una guerra civile. Tale motivazione fu usata, per chiedere la condanna di Luigi XVI, da Maximilien de Robespierre, il quale era inizialmente avverso alla pena capitale ma in seguito diede il via ad un uso spropositato della pena di morte e poi al Terrore; comportamenti del tutto inammissibili nel pensiero di Beccaria, che infatti prese le distanze, come molti illuministi moderati, dalla Rivoluzione francese dopo il 1793.  La tortura, “l'infame crociuolo della verità”, viene confutata da Beccaria con varie argomentazioni:  essa viola la presunzione di innocenza, dato che «un uomo non può chiamarsi reo fino alla sentenza del giudice». consiste in un'afflizione e pertanto è inaccettabile; se il delitto è certo porta alla pena stabilita dalle leggi, se è incerto non si deve tormentare un possibile innocente. non è operativa in quanto induce a false confessioni, poiché l'uomo, stremato dal dolore, arriverà ad affermare falsità al fine di porre termine alla sofferenza. è da rifiutarsi anche per motivi di umanità: l'innocente è posto in condizioni peggiori del colpevole. non porta all'emenda del soggetto, né lo purifica agli occhi della collettività. Beccaria ammette razionalmente l'afflizione della tortura nel caso di testimone reticente, cioè a chi durante il processo si ostini a non rispondere alle domande; in questo caso la tortura trova una sua giustificazione, ma egli preferisce comunque chiederne la totale abolizione, in quanto l'argomento utilitario viene in questo caso sopraffatto comunque da quello razionale (il fatto che è ingiusto applicare una pena preventiva, sproporzionata e comunque violenta).  Il carcere preventivo Beccaria mostra dubbi e raccomanda cautela nella custodia cautelare in attesa di processo, attuata negli ordinamenti penali solitamente in casi di pericolo di fuga, reiterazione o inquinamento delle prove, e alla sua epoca assolutamente discrezionale e ingiusta. «Un errore non meno comune che contrario al fine sociale, che è l'opinione della propria sicurezza, è il lasciare arbitro il magistrato esecutore delle leggi, d'imprigionare un cittadino, di togliere la libertà ad un nemico per frivoli pretesti, e il lasciare impunito un amico ad onta degl'indizi più forti di reità. La prigionia è una pena che per necessità deve, a differenza di ogni altra, precedere la dichiarazione del delitto; ma questo carattere distintivo non le toglie l'altro essenziale, cioè che la sola legge determini i casi, nei quali un uomo è degno di pena. La legge dunque accennerà gli indizi di un delitto che meritano la custodia del reo, che lo assoggettano ad un esame e ad una pena.»  Può essere necessaria, ma essendo comunque una pena contro un presunto innocente, come la tortura (concezione garantista della giustizia), non deve essere attuata tramite arbitrio di un magistrato o di un ufficiale di polizia. La carcerazione dopo cattura e prima del processo è ammessibile solo quando ci sia, oltre ogni dubbio la prova della pericolosità dell'imputato: «pubblica fama, la fuga, la stragiudiciale confessione, quella d'un compagno del delitto, le minacce e la costante inimicizia con l'offeso, il corpo del delitto, e simili indizi, sono prove bastanti per catturare un cittadino. Ma queste prove devono stabilirsi dalla legge e non dai giudici, i decreti de' quali sono sempre opposti alla libertà politica, quando non sieno proposizioni particolari di una massima generale esistente nel pubblico codice».  Le prove dovranno essere quanto più solide quanto la prigionia rischi di essere lunga o pesante: «A misura che le pene saranno moderate, che sarà tolto lo squallore e la fame dalle carceri, che la compassione e l'umanità penetreranno le porte ferrate e comanderanno agli inesorabili ed induriti ministri della giustizia, le leggi potranno contentarsi d'indizi sempre più deboli per catturare».  Egli raccomanda inoltre la piena riabilitazione per la carcerazione ingiusta: «Un uomo accusato di un delitto, carcerato ed assoluto, non dovrebbe portar seco nota alcuna d'infamia. Quanti romani accusati di gravissimi delitti, trovati poi innocenti, furono dal popolo riveriti e di magistrature onorati! Ma per qual ragione è così diverso ai tempi nostri l'esito di un innocente? perché sembra che nel presente sistema criminale, secondo l'opinione degli uomini, prevalga l'idea della forza e della prepotenza a quella della giustizia; si gettano confusi nella stessa caverna gli accusati e i convinti; perché la prigione è piuttosto un supplizio, che una custodia del reo, e perché la forza interna tutrice delle leggi è separata dalla esterna difenditrice del trono e della nazione, quando unite dovrebbono essere».  Il carattere della sanzione  Frontespizio di Scritti e lettere inediti del 1910  Cesare Beccaria, incisione da Dei delitti e delle pene Beccaria indica come la sanzione deve possedere alcuni requisiti:  la prontezza ovvero la vicinanza temporale della pena al delitto l’infallibilità ovvero vi deve essere la certezza della risposta sanzionatoria da parte delle autorità la proporzionalità con il reato (difficile da realizzare ma auspicabile) la durata, che dev'essere adeguata la pubblica esemplarità, infatti la destinataria della sanzione è la collettività, che constata la non convenienza all'infrazione essere la «minima delle possibili nelle date circostanze» Secondo Beccaria, per ottenere un'approssimativa proporzionalità pena-delitto, bisogna tener conto:  del danno subito dalla collettività del vantaggio che comporta la commissione di tale reato della tendenza dei cittadini a commettere tale reato Non dev'essere comunque una violenza gratuita, ma dev'essere dettata dalle leggi, oltre a possedere tutti i caratteri razionali citati, e sprovvista di personalismi e sentimenti irrazionali di vendetta.  La pena è oltretutto una extrema ratio, infatti si dovrebbe evitare di ricorrere ad essa quando si hanno efficaci strumenti di controllo sociale (non deve inoltre colpire le intenzioni in maniera analoga al fatto compiuto: ad esempio, l'attentato fallito non è paragonabile a uno riuscito). Per questi motivi è importante attuare degli espedienti di “prevenzione indiretta”, come ad esempio: un sistema ordinato della magistratura, la diffusione dell'istruzione nella società, il diritto premiale (premiare la virtù del cittadino, anziché punire solo la colpa), una riforma economico-sociale che migliori le condizioni di vita delle classi sociali disagiate. Beccaria si dichiara inoltre sospettoso verso il sistema delatorio (cosiddetta collaborazione di giustizia), da usare solo per prevenire delitti importanti, in quanto incoraggia il tradimento e favorisce dei criminali rei confessi dando loro l'impunità.  Per quanto riguarda l'istituto premiale nella pena già comminata, cioè le amnistie e la grazia, essi possono essere usati ma con cautela: al condannato che si comporta in maniera esemplare durante l'esecuzione della pena o in casi specifici, ma solo in caso di pene pesanti, esse possono essere concesse; suggerisce però di limitare la discrezionalità del governante e del giudice, poiché egli teme che lo strumento della clemenza venga usato per favoritismi, come nell'Antico Regime, eliminando anche pene lievi a persone che siano potenti o vicini politicamente o umanamente al sovrano: «La clemenza è la virtú del legislatore e non dell'esecutor delle leggi», scrive infatti.  Pertanto il fine della sanzione non è quello di affliggere, ma quello di impedire al reo di compiere altri delitti e di intimidire gli altri dal compierne altri, fino a parlare di "dolcezza della pena", in contrasto alla pena violenta:  «Uno dei più gran freni dei delitti non è la crudeltà delle pene, ma l'infallibilità di esse. La certezza di un castigo, benché moderato farà sempre una maggiore impressione che non il timore di un altro più terribile, unito con la speranza dell'impunità; perché i mali, anche minimi, quando son certi, spaventano sempre gli animi umani, e la speranza, dono celeste, che sovente ci tien luogo di tutto, ne allontana sempre l'idea dei maggiori, massimamente quando l'impunità, che l'avarizia e la debolezza spesso accordano, ne aumenti la forza. L'atrocità stessa della pena fa sì che si ardisca tanto più per schivarla, quanto è grande il male a cui si va incontro; fa sì che si commettano più delitti, per fuggir la pena di uno solo.  I paesi e i tempi dei più atroci supplicii furon sempre quelli delle più sanguinose ed inumane azioni, poiché il medesimo spirito di ferocia che guidava la mano del legislatore, reggeva quella del parricida e del sicario. (...) Perché una pena ottenga il suo effetto basta che il male della pena ecceda il bene che nasce dal delitto, e in questo eccesso di male deve essere calcolata l'infallibilità della pena e la perdita del bene che il delitto produrrebbe. Tutto il di più è dunque superfluo e perciò tirannico.»  Il diritto all'autodifesa: sul porto di armi Il pensiero di Beccaria sul porto di armi, che egli riteneva un utile strumento di deterrenza del crimine, si riassume nelle seguenti citazioni:  «Falsa idea di utilità è quella che sacrifica mille vantaggi reali per un inconveniente o immaginario o di troppa conseguenza, che toglierebbe agli uomini il fuoco perché incendia e l'acqua perché annega, che non ripara ai mali che col distruggere. Le leggi che proibiscono di portare armi sono leggi di tal natura; esse non disarmano che i non inclinati né determii delitti, mentre coloro che hanno il coraggio di poter violare le leggi più sacre della umanità e le più importanti del codice, come rispetteranno le minori e le puramente arbitrarie, e delle quali tanto facili ed impuni debbon essere le contravvenzioni, e l'esecuzione esatta delle quali toglie la libertà personale, carissima all'uomo, carissima all'illuminato legislatore, e sottopone gl'innocenti a tutte le vessazioni dovute ai rei? Queste peggiorano la condizione degli assaliti, migliorando quella degli assalitori, non iscemano gli omicidii, ma gli accrescono, perché è maggiore la confidenza nell'assalire i disarmati che gli armati. Queste si chiamano leggi non prevenitrici ma paurose dei delitti, che nascono dalla tumultuosa impressione di alcuni fatti particolari, non dalla ragionata meditazione degl'inconvenienti ed avantaggi di un decreto universale»  Influenza Anche Ugo Foscolo rileverà nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis che "le pene crescono coi supplizi".  L'opera ed il pensiero di Beccaria, inoltre, influenzarono la codificazione del Granducato di Toscana, concretizzata nella Riforma della legislazione criminale toscana, promulgata da Pietro Leopoldo d'Asburgo nel 1787, meglio conosciuta come "Codice leopoldino" col quale la Toscana divenne il primo stato in Europa ad eliminare integralmente la pena di morte e la tortura dal proprio sistema penale.  Il filosofo utilitarista Jeremy Bentham ne riprenderà alcune idee.  Le idee del Beccaria stimolarono un dibattito (si pensi alle critiche che Kant gli mosse nella sua Metafisica dei costumi) ancora vivo e attuale oggi.  Citazioni e riferimenti  Monumento a Cesare Beccaria, Milano Nel 1837 venne realizzato un monumento a Cesare Beccaria, opera dello scultore Pompeo Marchesi, posto sulla scalinata richiniana del palazzo di Brera. Nel 1871 venne inaugurato un secondo monumento in marmo a Milano (oggi piazza Beccaria); a causa del deterioramento, nel 1913 il monumento fu sostituito da una copia in bronzo. Gli è stato dedicato un asteroide: 8935 Beccaria. Il carcere minorile di Milano è a lui intitolato. A lui è intitolato un prestigioso Liceo Classico milanese, il Ginnasio Liceo Statale Cesare Beccaria. A lui è dedicato uno dei 3 dipartimenti della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Milano. Opere Del disordine e de' rimedi delle monete nello Stato di Milano nell'anno 1762 (1762) Dei delitti e delle pene, München, 1764. Dei delitti e delle pene, Livorno, Marco Cortellini, 1765. Dei delitti e delle pene, Harlem [i.e. Parigi?], [s.n.], 1766. Dei delitti e delle pene, Harlem, Giovanni Claudio Molini, 1780. Ricerche intorno alla natura dello stile (1770) Elementi di economia pubblica (1804) Raccolte di articoli Gli articoli di Beccaria per Il caffè sono in: Gianni Francioni, Sergio Romagnoli  «Il Caffè» dal 1764 al 1766, Collana «Pantheon», Bollati Boringhieri Editore, 2005 Due volumi,  Genealogia Dati tratti da genealogia settecentesca della famiglia Beccaria con indicazione della discendenza di Cesare Beccaria.  Simone«attese a negozi con prosperità gli anni 1557».  Gerolamo«tesoriere di vari luoghi pii, uomo di molti trafici gli anni 1596». Sposò Isabella Busnata di Giovanni Stefano.    Galeazzo«I.C. causidico nel civile».   Francesco«cassiere generale del Banco Sant'Ambrogio sino a morte ed agente del luogo Pio della Carità». Sposò Anna Cremasca.Filippo«Successe al padre nel posto di cassiere suddetto, che poscia rinunciò e si fece sacerdote». Anastasia«Monaca in Vigevano»    Giovanni«Alla morte di suo padre ebbe un'entrata di scuti 5000 con che la trattò alla cavalleresca». Sposò Maddalena Bonesana figlia di Francesco («rimaritata nel conte Isidoro del Careto»).   Francesco«Fece aquisto de sudetti feudi di Gualdrasco e Villareggio nel vicariato di Settimo per istrumento 3 marzo 1705 rogato dal notaio Benag.a. Creato marchese nel 1711 per cesareo diploma». Sposò Francesca Paribelli di Nicolò «da Sondrio nella Valtellina».    Giovanni Saverio (1697-1782)Secondo marchese di Gualdrasco e di Villareggio. Ereditò il cognome Bonesana del prozio Cesare Bonesana. Con decreto 21 dicembre 1759 entrò a far parte del patriziato milanese. Sposò (1) nel 1730 Cecilia Baldironi (1706-1731) (2) nel 1736 Maria Visconti di Saliceto (1709-1773)  (2) CesareTerzo marchese di Gualdrasco e di Villareggio. Sposò (1) nel 1761 Teresa de Blasco (1745-1774) (2) nel 1774 Anna Barbò    (1) Giulia Sposò nel 1782 Pietro Manzoni.   (1) Anna Maria Aloisia (1766-1788)    (1) Giovanni Annibale    (2) Margherita Teresa    (2) Giulio (1775-1858)Quarto marchese di Gualdrasco e di Villareggio. Sposò nel 1821 Antonietta Curioni de Civati (1805-1866). Due figlie   (2) Francesca Cecilia (1739-1742)    (2) Cesare Antonio (1740-1742)    (2) Maddalena (n. 1747)Sposò (1) nel 1766 Giulio Cesare Isimbardi (1742 -1778) (2) nel 1778 ... Tozzi.    (2) Annibale (1748-1805)Sposò nel 1776 Marianna Vaccani (1756-1803).    (2) Francesco (1749-1856)Sposò nel 1775 Rosa Conti (vedova Fè).   Carlo (1778-1835)Sposò nel 1827 Rosa Tronconi (1800-1867)   Giacomo (1779-1854)    Filippo Mariaabate   Carlo    Teresamonaca    Chiaramonaca    Nicola Francesco (1702-1765) -Laureato in legge, membro del collegio dei giurisperiti dal 1738, fu anche giudice a Milano e a Pavia.    Giuseppe   Marianna   Ignazio   Anna MariaSposò un Cattaneo «fisico»   Gerolamo«Canonico ordinario del Duomo»   AngiolaSposò Alberto Priorino nel 1619   Note  tendente al deismo  Il nome di «marchese di Beccaria», usato talvolta nella corrispondenza, si trova in molte fonti (tra cui l'Enciclopedia Britannica) ma è errato: il titolo esatto era «marchese di Gualdrasco e di Villareggio» (cfr. Maria G. Vitali, Cesare Beccaria, 1738-1794. Progresso e discorsi di economia politica, Paris, 20059. Philippe Audegean, Introduzione, in Lione, 20099. )  John Hostettler, Cesare Beccaria: The Genius of 'On Crimes and Punishments', Hampshire, Waterside Press, 160,  978-1-904380-63-4.  Indicata come "Ortensia" in Pompeo Litta, Visconti, in Famiglie celebri italiane.  Renzo Zorzi, Cesare Beccaria. Dramma della Giustizia, Milano, 199553.  Pirrotta, art. cit  C. e M. Sambugar, D. Ermini, G. Salà, op, cit..  Emanuele Lugli, 'Cesare Beccaria e la riduzione delle misure lineari a Milano,' Nuova Informazione Bibliografica 3/, 579-602., DOI:10.1448/80865.  l'11 dicembre .  Beccaria non riposa sul Lario  F.Venturi, Settecento riformatore, Einaudi, Torino, 1969  Sambugar, Salà, Letteratura modulare,  I  Dei delitti e delle pene, capitolo XII  Cesare Beccaria, la scoperta della libertà, con Lucio Villari, Il tempo e la storia, Rai Tre  Dei delitti e delle pene, capitolo VI  Dei delitti e delle pene, Capitolo XLVII  Dei delitti e delle pene, Capitoli 38 e seguenti  Dei delitti e delle pene, capitolo 46, Delle grazie  Dei delitti e delle pene, capitolo 27  I. Kant, La metafisica dei costumi, traduzione e note di G. Vidari, revisione di N. Merker, 10ª ed., Roma-Bari, Laterza,   «Il marchese Beccaria, per un affettato sentimento umanitario, sostiene [...] la illegalità di ogni pena di morte: essa infatti non potrebbe essere contenuta nel contratto civile originario, perché allora ogni individuo del popolo avrebbe dovuto acconsentire a perdere la vita nel caso ch'egli avesse a uccidere un altro (nel popolo); ora questo consenso sarebbe impossibile perché nessuno può disporre della propria vita. Tutto ciò però non è che sofisma e snaturamento del diritto».  Teatro genealogico delle famiglie nobili milanesi, su Hispanic Digital Library.  Felice Calvi, Il patriziato milanese, Milano, 1875,  52-53.  Nella genealogia settecentesca è indicato un Nicolò abbate.  Pietro Verri, Scritti di argomento familiare e autobiografico, G. Barbarisi, Roma, 2003118.  Franco Arese, Il Collegio dei nobili Giureconsulti di Milano, in Archivio Storico Lombardo, 1977162.  Cesare Beccaria, Ricerche intorno alla natura dello stile, Milano, Società tipografica de' classici italiani, 1822. Cesare Beccaria, Scritti e lettere inediti, Milano, Hoepli, 1910. Cesare Beccaria, Opere, I, Firenze, Sansoni, 1958. Cesare Beccaria, Opere, II, Firenze, Sansoni, 1958. Introduzione a Beccaria, Enza Biagini, Roma-Bari,Laterza, 1992 Antoine-Marie Graziani, Fortune de Beccaria, Commentaire 2009/3 (Numéro 127).  Dei delitti e delle pene Diritti umani Ergastolo Tortura Pena capitale Del disordine e de' rimedi delle monete nello stato di Milano nel 1762 Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Cesare Beccaria Collabora a Wikiquote Citazionio su Cesare Beccaria Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Cesare Beccaria  Cesare Beccaria, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Cesare Beccaria, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Cesare Beccaria, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Cesare Beccaria, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Cesare Beccaria, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Cesare Beccaria, su Find a Grave.  Opere di Cesare Beccaria, su Liber Liber.  Opere di Cesare Beccaria / Cesare Beccaria (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Cesare Beccaria, . Audiolibri di Cesare Beccaria, su LibriVox.  Vita di C.Beccaria, su zam. V D M Coterie holbachiana V D M Illuministi italiani  Filosofia Letteratura  Letteratura Categorie: Giuristi italiani del XVIII secoloFilosofi italiani del XVIII secoloEconomisti italiani 1738 1794 15 marzo 28 novembre Milano MilanoFilosofi del dirittoIlluministiUtilitaristiLetterati italianiOppositori della pena di morteStudiosi di diritto penale del XVIII secoloCriminologi italianiStoria del dirittoNobili italiani del XVIII secoloStudenti dell'Università degli Studi di Pavia. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Beccaria," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

Becchi: Grice: “Becchi is pretty controversial; a good reason why he is not invited to the New World for “Italian Studies”! – My favourite is his tract mocking Umberto Eco’s “Il pnedolo di Foucault,” “L’incubo di Foucault”! – But Becchi is a jurisprudential philosopher like Hart, and perhaps more than Hart did, knows what’s he’s doing! -- Paolo Becchi  -- Paolo Aureliano Becchi (Genova),  filosofo. Laureato in filosofia, si è poi trasferito in Germania dove ha collaborato come assistente alla cattedra di Filosofia e Sociologia del Diritto della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università del Saarland, e in seguito come borsista per il Deutscher Akademischer Austauschdienst (DAAD). Attualmente è Professore di Filosofia del Diritto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Genova. Inoltre fino al  è stato professore presso l'Lucerna. Ha prodotto circa 200 pubblicazioni su temi concernenti la filosofia del diritto, la storia della cultura giuridica e la bioetica.  Nel  si avvicina al Movimento 5 Stelle, venendo definito dalla stampa l’“ideologo del movimento” ma a gennaio del  lo abbandona criticandolo duramente e scrivendo ad aprile il libro Cinquestelle & Associati. Di recente ha focalizzato il discorso politico sulla categoria del sovranismo ed in particolare sul concetto di sovranismo debole, detto althusiano; coniugando così, istanze federaliste e sovraniste in linea con la Lega di Matteo Salvini.  I suoi interventi di natura politica sono raccolti nel suo blog. Fino alla metà del  era noto al pubblico del piccolo schermo per le interviste e i talk show in cui dibatteva.  È attualmente editorialista di Libero e de Il Sole 24 ORE, oltre ad avere un blog sul sito de Il Fatto Quotidiano.  Opere Morte cerebrale e trapianto di organi. Una questione di etica giuridica (Morcelliana, 2008) Vergeltung und Prävention. Italienische Aufklärung (Filangieri) und deutscher Idealismus (KantHegel) im Vergleich, in Archiv für Rechts- und Sozialphilosophie 88.4 (2002): 549-568. Quando finisce la vita. La morale e il diritto di fronte alla morte (Aracne, 2009) Giuristi e prìncipi. Alle origini del diritto moderno (Aracne, ) Il principio dignità umana (Morcelliana, ) Nuovi scritti corsari (Adagio Editore, ) I figli delle stelle. L'Italia in moVimento (Adagio Editore, ) Colpo di Stato permanente (Marsilio Editori, ) Apocalypse Euro con Alessandro Bianchi (Arianna Editore, ) Oltre l'Euro con Alessandro Bianchi (Arianna Editore, ) Napolitano, re nella Repubblica. Per una messa in stato d’accusa (Mimesis, ) Cinquestelle & Associati. Il MoVimento dopo Grillo (Kaos, ) Referendum costituzionale. Sì o no. Le ragioni per il no e il testo della «controriforma» (Arianna Editore, ) Come finisce una democrazia. I sistemi elettorali dal dopoguerra ad oggi (Arianna Editore, ) Italia sovrana (Sperling & Kupfer, ) (con Giuseppe Palma) Democrazia in quarantena. Come un virus ha travolto il Paese (Historica Edizioni, ) Note    Biografia sul sito Genova Archiviato il 19 marzo  in .  M5S, Grillo scomunica (di nuovo) Becchi: “Non ci rappresenta”. Lui: “Tolgo il disturbo”, ilfattoquotidiano,  Perché dico addio al Movimento 5 Stelle. Parla Paolo Becchi, formiche.net, 5 gennaio .  M5S, Becchi lascia il Movimento: “È diventato partito stampella di Renzi. È finito il sogno”, ilfattoquotidiano, 5 gennaio . 9 gennaio .  Per un’idea ‘federativa’ di Stato nazionale, in "ParadoXa", anno XI, n. 2, aprile-giugno ,  157-169.  Skytg24, Becchi: “Repubblica? Il giornale dell’orfano”. Bellasio lascia lo studio. La redazione della tv si scusa con Calabresi, ilfattoquotidiano, 7 giugno . 9 gennaio . Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Paolo Becchi  Blog ufficiale, su paolobecchi.wordpress.com. Opere di Paolo Becchi, .  Registrazioni di Paolo Becchi, su RadioRadicale, Radio Radicale.  Filosofia Politica  Politica Filosofo del XXI secoloAccademici italiani del XXI secoloBlogger italiani 1955 16 giugno GenovaProfessori dell'LucernaProfessori dell'Università degli Studi di Genova

 

 

bedeschi: Grice: “You gotta love Bedeschi – at Oxford Jurisprudence is not considered Philosophy, but in Italy, ‘filosofia politica’ is at the centre of it all – and Bedeschi knows it – this is because Italians take Hegel seriously with his ‘dialectic;’ and while I did speak profusely of the Athenian versus the Oxonian dialectic or dialexis, I skipped the Hegelian dialectic! Bedeschi doesn’t – and Hegel leads to the reset of it!” --  Giuseppe Bedeschi (Alfonsine), filosofo. Docente di storia della filosofia all'Università La Sapienza di Roma, ha insegnato all'Cagliari e all'Istituto Universitario Orientale di Napoli. Studioso di Hegel e del marxismo, ha approfondito in seguito la storia del pensiero liberale. Caporedattore dell'Enciclopedia del Novecento, direttore dell'Enciclopedia delle scienze sociali e dell'Enciclopedia dei Ragazzi, è membro del comitato scientifico della rivista "Nuova storia contemporanea" e collabora al supplemento domenicale de Il Sole 24 ORE.  Opere principali: Alienazione e feticismo nel pensiero di Marx, Bari, Laterza, Introduzione a Lukacs, Bari, Laterza, Politica e storia in Hegel, Roma-Bari, Laterza,  Introduzione a Marx, Roma-Bari, Laterza, La parabola del marxismo in Italia, Roma-Bari, Laterza, 1983 Introduzione a La scuola di Francoforte, Roma-Bari, Laterza, 1985 Storia del pensiero liberale, Roma-Bari, Laterza, 1990 Il pensiero politico di Hegel, Roma-Bari, Laterza, 1993 Il pensiero politico di Tocqueville, Roma-Bari, Laterza, 1996 La fabbrica delle ideologie: il pensiero politico nell'Italia del Novecento, Roma-Bari, Laterza, 2002 Liberalismo vero e falso, Firenze, Le lettere, 2008 Il rifiuto della modernita: saggio su Jean-Jacques Rousseau, Firenze, Le lettere,  La prima Repubblica (1946-1993). Storia di una democrazia difficile, Soveria Mannelli, Rubbettino,  Opere di Giuseppe Bedeschi, . Giuseppe Bedeschi, su Goodreads.  Registrazioni di Giuseppe Bedeschi, su RadioRadicale, Radio Radicale.  Profilo su RAI Educational, su emsf.rai. 16 marzo  21 dicembre ). Giuseppe Bedeschi sul  RAI Filosofia, su filosofia.rai. Filosofi italiani del XX secoloAccademici italiani Professore1939d Alfonsine -- BELLEO search -- BEDONI search -- BELLONI Camillo --

 

belluto: Grice: “You gotta love Belluto; he shows that the philosopher is the master of grammar – his explanation of modi of the different ‘perfect’ orations—is genial and exactly what I tried to convey in my lectures on ‘mode’: vocativo, imperativo, optativo, indicativo – That this belongs in dialettica is obvious – since all modi share the same logic, and that’s Belluto’s point!” --  Bonaventura Belluto, o Belluti (n. Catania), filosofo.  Nato da distinta e facoltosa famiglia, studiò diritto civile all'Catania. Entrato nell'Ordine dei Frati Minori Conventuali nel 1621, emise la professione religiosa l'anno successivo. A Roma studiò teologia presso il Collegio sistino di San Bonaventura dove conobbe il confratelloBartolomeo Mastri di Meldola del quale divenne compagno indivisibile di studio e di lavoro come reggente degli studi prima al convento di Cesena, quindi a Perugia e poi a Padov. Durante questo periodo, entrambi operarono per il rinnovamento della tradizione e per una nuova interpretazione della dottrina scotista tale da soddisfare la nuova cultura religiosa dell'epoca.  Nel 1637 Bonaventura pubblicò a Roma con la collaborazione di Bartolomeo Mastri il primo volume di filosofia scolastica, dal titolo: Disputationes in Aristotelis libros physicorum, quibus ab adversantibus... Scoti philosophia vindicatur che aveva il fine di essere diffuso nelle scuole francescane per far conoscere la filosofia di Duns Scoto difendendola dalle critiche dei tomisti e dai travisamenti operati da altri interpreti tra i quali i gesuiti.  Successivamente i due pubblicarono un piccolo trattato di logica Institutiones logicae, quae vulgo Summulas, vel logicam parvam nuncuparunt (Venezia, 1646)  Ad opera dei due teologi fu pubblicato un Cursus integer philosophiae ad mentem Scoti che riuniva le Disputationes del 1637, le Disputationes in libros de coelo et de metheoris, le Disputationes in libros de generatione et corruptione e le Disputationes in libros de anima. Il Cursus era un'opera,con fini esclusivamente didattici e divulgativi del pensiero scotista, dove mancava ogni riferimento alla cultura filosofica e scientifica contemporanea.  Nel 1641 alla fine della comune reggenza a Padova i due teologi si separarono: Bonaventura tornò a Catania dove dal 1645 al 1647 fu Ministro provinciale di Sicilia e di Malta, distinguendosi per intelligenza e saggezza di governo. . In questo periodo esercitò anche la carica di consultore e censore per l'Inquisizione.  Nell'ambito del piano di rinnovamento del pensiero di Duns Scoto oltre all'insegnamento della sua filosofia i due teologi progettarono un corso di teologia che Mastri sviluppò con il trattato De Deo in se mentre Belluto continuava negli ultimi anni di vita l'elaborazione dell'opera De Deo homine della quale fu pubblicata solo la parte riguardante le Disputationes de Incarnatione dominica ad mentem Doctoris subtilis.  Tema specifico della teologia di Belluto era quello della predestinazione di Maria: argomento questo che non apparteneva alla dottrina di Duns Scoto ma che Belluto cercò di risolvere applicando i principi del maestro nel senso che applicò «alla predestinazione della Vergine Maria la dottrina scotista della predestinazione assoluta di Cristo» .  Note  F. Costa, IlBonaventura Belluto, (1603-1676). Il religioso, lo scotista, lo scrittore, Roma 1976  La Sicilia e l'Immacolata: non solo 150 anni : atti del convegno di studio, Palermo, 1-4 dicembre 2004 Diego Ciccarelli, Marisa Dora Valenza, Officina di Studi Medievali, 2006 p.172  Francesco Costa, Il primato assoluto di Cristo secondo Bonaventura Belluto, OFMConv. (+1676), in "Miscellanea francescana", Cesare Vasoli, Belluti, Bonaventura, in: Dizionario Biografico degli Italiani, volume 8 (1966) Roberto Osculati, Gli Opuscoli morali di Bonaventura Belluti . 14 ottobre .  Duns Scoto Bartolomeo Mastri V D M Francescanesimo.

 

bencivenga: Grice: You’ve got to love Bencivenga; my favourite is his little tract on ‘pleasure,’ but he has philosophised on one of Austin’s favourite concepts – that of ‘game’ – gioco – which he applies to communication and philosophy – he thinks that Austin took philosophese too seriously – ‘implicatura,’ ‘perlocution,’ – when it was all meant in fun – as a joke –“.  Emanno Bencivenga (Reggio Calabria),  filosofo. Dopo la laurea in filosofia alla Statale di Milano, Bencivenga ha lasciato presto l'Italia, trasferendosi prima in Canada per gli studi di dottorato e poi negli Stati Uniti, dove ha intrapreso la sua carriera accademica insegnando, dal 1979, all'Università della California a Irvine.  I suoi interessi di studio, nel corso del tempo, hanno riguardato la logica formale (negli anni settanta), la storia della filosofia (negli anni ottanta), l'etica, la filosofia politica.  Opere Ha pubblicato numerosi testi sulla storia della filosofia e su specifici argomenti filosofici, come logica, estetica, filosofia del linguaggio, in forma dialogica (come in Philosophy in Play and Freedom), saggistica (Looser Ends, My Kantian Ways, Exercises in Constructive Imagination), trattatistica (A Theory of Language and Mind), con scrittura aforistica (Dancing Souls) o affrontando singole figure storiche (come in The Discipline of Subjectivity, Logic and Other Nonsense, Hegel's Dialectical Logic, Ethics Vindicated).  Ha scritto inoltre diversi testi introduttivi alla filosofia e a sue tematiche, desti un pubblico più vasto, e alcuni libri di poesie.  La filosofia in trentadue favole La filosofia in trentadue favole è un saggio del 1991, ripubblicato negli Oscar Mondadori nel 1997 ( 978-88-04-48067-9). Pur potendo essere raccontato a un uditorio di bambini, il libro si pone l'obiettivo di rivolgersi al bambino presente in ogni essere umano, che lo rende capace di stupirsi e incantarsi di fronte alle domande della filosofia. Il libro è stato riedito in edizioni aumentate (a quarantadue, cinquantadue, sessantadue e ottantadue favole) nel 2007 ( 978-88-04-56628-1),  ( 978-88-04-60499-0),  e .  Giocare per forza Giocare per forza. Critica della società del divertimento è dedicato all'importanza del gioco e all'esame critico del sovvertimento di senso di cui esso è stato fatto oggetto nella società contemporanea: trasformato in industria, il divertimento ha perduto la sua naturale collocazione, quale manifestazione della sfera fantastica, ricerca libera e volontaria. Trasposto in una dimensione 'industrializzata' e organizzata, il gioco si qualifica come attività passiva e ripetitiva, espressa all'insegna di rapporti psicologici coattivi che snaturano completamente il senso dell’Homo Ludens di Johan Huizinga: il gioco del lotto e l'intrattenersi con videogame o slot machine diventano forme di subire passivo, una dimensione alla quale è precluso il manifestarsi dell'agire ludico dell'uomo attraverso l'attività fantastica della psiche umana.  In un mondo in cui domina la dimensione organizzata del divertimento, si apre all'uomo una prospettiva impoverita dell'esistenza, in cui si realizza la perdita del senso profondo del gioco, una prospettiva che l'autore considera esiziale perché, nelle sue stesse parole, «se perdiamo il gioco perdiamo la stessa umanità».  L'etica di Kant e la razionalità del bene Nel  ha pubblicato il saggio L'etica di Kant: la razionalità del bene, una riflessione sul concetto di Etica in Kant e sul fondamento logico-razionale del Bene.  L'Etica consiste nel negare la preminenza al nostro punto di vista, aprendosi all'esperienza altrui, all'ascolto di tutte le altre voci e presenze che hanno diritto a occupare un posto nella riflessione comune. Di converso, la negazione dell'etica consiste esattamente nella negazione di questo diritto, nell'impedire agli altri la partecipazione alla riflessione collettiva, la possibilità di offrire all'esperienza comune il contributo particolare della propria ragione. Questa partecipazione coinvolge ciò che si chiama l'"uso pubblico della ragione", un'espansione della dimensione privata della ragione, quest'ultima intesa come la sfera d'uso che ci è concessa, ad esempio, nell'esercizio dei compiti derivanti da necessità e ruoli della nostra vita e della nostra professione.  L'Etica è come un "fuoco immaginario", impossibile da attingere. Ma ciò che conta veramente è il percorso attraverso cui ci si muove in direzione di questo "fuoco", un cammino in grado di aprire l'uomo a nuove acquisizioni, schiudendone gli orizzonti al di fuori di pregiudizi e preconcetti.  Si pone poi il problema di come considerare l'etica in un contesto dominato dalla corruzione: l'etica non lascia spazio alla rinuncia e al cinismo, anche se spesso quest'ultimo può presentasi in forma artefatta, dissimulato da "realismo", e per questo non immediatamente riconoscibile. Riprendendo la celebre riflessione sulla «banalità del male» di Hannah Arendt (per Bencivenga, la massima interprete kantiana del XX secolo), il bene ha una logica e una ragione, un fondamento da cui non è invece sorretto il male. Quest'ultimo, infatti, trae origine proprio dalla rinuncia alle ragioni dell'etica, si insinua proprio nelle lacerazioni dell'etica lasciate aperte da questa rinuncia.  Collaborazioni giornalistiche Diversi suoi contributi sono apparsi negli anni su vari giornali italiani, come La Stampa, il Sole 24 Ore, l'Unità, ecc.  Pubblicazioni Saggistica in italiano Le logiche libere, Bollati Boringhieri 1976 Una logica nei termini singolari, Bollati Boringhieri 1980 Il primo libro di logica, Bollati Boringhieri 1984 Tre dialoghi: un invito alla pratica filosofica. Bollati Boringhieri 1988 Giochiamo con la filosofia. Arnoldo Mondadori 1990 La filosofia in trentadue favole. Arnoldo Mondadori, 1991 La filosofia in trentadue favole. Oscar Mondadori 1997 La filosofia in quarantadue favole, 2007 La filosofia in cinquantadue favole,  La filosofia in sessantadue favole,  La filosofia in ottantadue favole,  La libertà: un dialogo. Il Saggiatore 1991 Oltre la tolleranza. Feltrinelli 1992 Il metodo della follia. Il Saggiatore 1994 Filosofia: istruzioni per l'uso. Arnoldo Mondadori 1995 Giocare per forza. Critica della società del divertimento. Arnoldo Mondadori 1995 Platone amico mio. Arnoldo Mondadori 1997 Manifesto per un mondo senza lavoro, Feltrinelli 1999 Per gioco e per passione, Di Renzo 1999 La rivoluzione copernicana di Kant. Bollati Boringhieri 2000 Filosofia: nuove istruzioni per l'uso. Arnoldo Mondadori 2000 I passi falsi della scienza. Garzanti 2001, Premio Nazionale Rhegium Julii Teoria del linguaggio e della mente. Bollati Boringhieri 2001 Una rivoluzione senza futuro. Garzanti 2003 Parole che contano. Da amicizia a volontà, piccolo dizionario filosofico-politico. Arnoldo Mondadori 2004 Le due Americhe. Perché amiamo e perché detestiamo gli Usa. Arnoldo Mondadori 2005 Dio in gioco: logica e sovversione in Anselmo d'Aosta. Bollati Boringhieri 2006 Il pensiero come stile. Bruno Mondadori 2008 Anime danzanti. Aragno 2008 La dimostrazione di Dio. Come la filosofia ha cercato di capire la fede, Arnoldo Mondadori Editore 2009 L'etica di Kant: la razionalità del bene. Bruno Mondadori  La filosofia come strumento di liberazione. Raffaello Cortina  Parole in gioco. Arnoldo Mondadori  La logica dialettica di Hegel. Bruno Mondadori  Il piacere. Indagine filosofica. Laterza  Filosofia in gioco. Laterza  Filosofia chimica (con Alessandro Giuliani). Editori Riuniti  Il bene e il bello. Etica dell'immagine. Il Saggiatore  Prendiamola con filosofia. Nel tempo del terrore: un'indagine su quanto le parole mettono in gioco. Giunti  La scomparsa del pensiero. Perché non possiamo rinunciare a ragionare con la nostra testa. Feltrinelli  Filosofo anche tu. Siamo filosofi senza saperlo. Giunti  La stupidità del male. Storie di uomini molto cattivi. Feltrinelli . L'arte della guerra per cavarsela nella vita. Rizzoli Bur . 100 idee di cui non sapevi di aver bisogno. Rizzoli Bur . Critica della ragione digitale. Feltrinelli . Nel nome del padre e del figlio. Hoepli . Saggistica in inglese Kant's Copernican Revolution. Oxford University Press 1987 Looser Ends: The Practice of Philosophy. University of Minnesota Press 1989 The Discipline of Subjectivity: An Essay on Montaigne. Princeton University Press 1990 Logic and Other Nonsense: The Case of Anselm and His God. Princeton University Press 1993 Philosophy in Play. Hackett 1994 My Kantian Ways. University of California Press 1995 A Theory of Language and Mind. University of California Press 1997 Freedom: A Dialogue. Hackett 1997 Hegel's Dialectical Logic. Oxford University Press 2000 Exercises in Constructive Imagination. Kluwer 2001 Dancing Souls, Lexington Books 2003 Ethics Vindicated: Kant's Transcendental Legitimation of Moral Discourse, Oxford University Press 2007 Return from Exile: A Theory of Possibility, Lexington Books  Theories of the Logos, Springer  Narrativa e teatro I delitti della logica, Arnoldo Mondadori 1998 Abramo, tragedia in tre atti. Aragno  Case. Cairo  Il giorno in cui non tornarono i conti. MdS  Annibale, tragedia in tre atti. Aragno  Amori. MdS  Alessandro, tragedia in tre atti. Aragno  Ada. Lettera a mia madre. Arsenio . Poesia Panni sporchi. Garzanti 2000 Un amore da quattro soldi. Aragno 2006 Polvere e pioggia. Aragno  Poesia dei miei coglioni. Galassia Arte  Le parole della notte. Di Felice  Amore per Milla. Di Felice  Note  Profilo dal sito dell'UCI Department of Philosophy  Interventi di Ermanno Bencivenga Archiviato il 13 giugno  in . da SWIFTSito web italiano per la filosofia  premio Rhegium Julii, su circolorhegiumjulii.wordpress.com. 3 novembre . Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Ermanno Bencivenga  Blog ufficiale, su sites.uci.edu.  Opere di Ermanno Bencivenga, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Ermanno Bencivenga, .  Profilo dal sito dell'UCI Department of Philosophy Testi di e su Ermanno Bencivenga dal sito dell'UCI Department of Philosophy Biografia dal sito del Festivaletteratura di Mantova Filosofia Filosofo del XX secoloSaggisti italiani Professore1950 Reggio Calabria

 

BENE-Del: Tommaso Del Bene C.R. (Maruggio) filosofo. Nato da Lupo e da Perna Longo, entrò nell'ordine dei Teatini e fu professore. Lasciò importanti opere come l'Apologia del Tancredi e la Summa Theologica. A Maruggio, in sua memoria è stato intitolato l'istituto comprensivo e una via cittadina.  Opere: “Apologia del Tancredi Summa Theologica De officio S. inquisitionis circa haeresim 1 De immunitate, et iurisdictione ecclesiastica 2 Theologiae moralis Tractatus.

 

benedetto: Giovanni Benedetto da Caravaggio (Crema) filosofo. Insegnò filosofia presso l'Padova, di cui divenne in seguito rettore. È ritratto in un dipinto di Giovanni Busi detto il Cariani, allievo del Giorgione.  

 

BENINCASA:Grice: “Benincasa is a good one; my fvaourite is his ‘la svolta dell’interpretatzione,’ for that is what Boezio knew ‘hermeneias’ was! a turning point!” -- Durante la conferenza "Da Zurbaran ad oggi" tenuta a Ispra, Varese, 2009 Carmine Benincasa (Eboli), filosofo.   Carmine Benincasa (sinistra) con il presidente Sandro Pertini (centro) e Umberto Mastroianni (destra)  Carmine Benincasa studiò teologia, filosofia e giurisprudenza a Roma. Dopo aver completato tutti i suoi studi iniziò a lavorare come traduttore di testi letterari (tra altri, Hans Urs von Balthasar) per poi organizzare e curare mostre d'arte.  Dal 1978 al 1982 fu membro della Commissione Consultiva Arti Visive della Biennale di Venezia e consigliere del Ministro per i Beni Culturali e Ambientali.  Fu professore di storia dell'arte presso l'Accademia di Belle Arti di Macerata e di Firenze e docente di storia dell'arte presso la facoltà di Architettura dell'università La Sapienza di Roma (dal 1977 al 1994).  Scrisse testi storico-critici su vari artisti del XX secolo.  Benincasa è morto nell'estate del  a Roma, dove risiedeva.   Pubblicazioni Chiesa e storia del cardinale Emmanuel Suhard e il Concilio Vaticano IIEd. Paoline, 1967 L'interpretazione tra futuro e utopiaEd. Magma, Roma 1973 Poetica della negazione e della differenza, in Valerio MiroglioIl Giudizio UniversaleEd. Magma, Roma 1974 Sul manierismoCome dentro uno specchio, La Nuova Foglio Editrice 1975; 2° edEd. Officina, Roma Babilonia in fiammeSaggi sull'arte contemporaneaEd. Electa, Milano 1978 Architettura come dis-identitàEd. Dedalo, Bari 1978 L'altra scenaSaggi sul pensiero antico, medioevale e controrinascimentaleEd. Dedalo, 1979 AnabasiArchitettura e arte 1960/1980Ed. Dedalo, Bari 1980 Alle soglie del sapereEd. del Tornese, 1980 Joan MiróEd. 2C, Roma 1981 Oskar KokoschkaLa mia vitaEd. Marsilio, Venezia 1981 Oriente allo specchioEd. 2C, Roma 1982 Georges BraqueOpere dal 1900 al 1963Ed. Marsilio, Venezia 1982 Jackson Pollock : opere 1930-1956 (mostra, Bari, Castello Svevo) Ed. Marsilio, Venezia 1983 Verso l'altroveFogli eretici sull'arte contemporaneaEd. Electa, Milano 1983 Alvar AaltoEd. Leader, 1983 Umberto MastroianniMonumenti 1945/1946Ed. Electa, Milano 1986 Il colore e la luceL'arte contemporaneaEd. Spirali, Milano 1985 André MassonL'universo della pitturaEd. Mondatori, Milano 1989 con Alessio Paternesi, Armando Verdiglione e Alessandro Masi, "Le peintre et le temps", Spirali/Vel, 1990 con Alessandro Masi, e Pierre Restany, "Alfio Mongelli: infinito futuro", Joyce & Company, 1992 Il tutto in frammenti : arte Professore: una nuova interpretazione storica Ed. GiancarloPoliti,Milano1994Note"lacittadisalerno","4agosto"http://ricerca.repubblica/repubblica/archivio/ repubblica/1987/10/16/biennale-il- psi-fa-incetta-di-poltrone. html1http://ricerca.repubblica. it/repubblica/archivio/ repubblica/1994/02/25/artisti-rasputin-nel- mondo- dei-telefoni.html2lacittadisalerno/cronaca /benincasa-fece-amare-l-arte-all-italia-1.2475033#:~:text=È%20morto%20ieri%20a%20 Roma,autore%20di%20 importanti%20opere% 20letterarie.&text= Dal%78%20al%82%20 Benincasa, i%20 Beni%20Culturali%20e%20Ambientali Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Carmine Benincasa Opere di Carmine Benincasa, .  LaRepubblica_1, su ricerca.repubblica. Errorigiudiziari, su errorigiudiziari.com 4 agosto ). Filosofia Categorie: Critici d'arte italianiFilosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloTeologi italiani 1947  17 dicembre 3 agosto Eboli RomaStudenti della SapienzaRomaAccademici italianiProfessori della SapienzaRomaTraduttori dal tedesco

 

BENVENUTO: Grice: “Benvenuto is a good one; my fiavoruite is his ‘stupore e grido,’ the functionalist idea that after some sensorial input (stupor) you get the manifestation in behaviour alla Witters – the ‘grido’ – and then there’s one which is J. L. Austin’s favourite: his “a man of words and not of deeds is like a garden full of weeds,” – difficult to translate, but Benvenuto offers, ‘dicieria,’ and ‘dicitura,’ which aptly combines with ‘empiegatura, or in my more Latinate (or learned) terminology, ‘in-plicatura’!” --  Sergio Benvenuto (Napoli), filosofo. Già Primo Ricercatore presso l'Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC) del CNR a Roma. Professor Emeritus di Psicoanalisi presso l'Istituto Internazionale di Psicologia del Profondo di Kiev (gemellata all'Nizza). Ha fondato (nel 1995) e diretto l'European Journal of Psychoanalysis. Ha compiuto gli studi universitari all'Università Paris VIIDenis-Diderot dal 1967 al 1973, dove ha ottenuto la Maîtrise in Psicologia. Nel frattempo, ha seguito i seminari di Roland Barthes e di Jacques Lacan. In seguito ha preparato un dottorato in Psicoanalisi con Jean Laplanche all'Università Parigi 7. A Milano si è formato in psicoanalisi attraverso gli psicoanalisti della S.P.I. Elvio Fachinelli e Diego Napolitani, fondatore della Società Gruppo-Analitica Italiana.  Trasferitosi in seguito a Roma, si divide tra la ricerca in psicologia sociale al CNR, l'attività privata come psicoanalista, e il lavoro di pubblicista. È stato cofondatore e caporedattore della rivista Lettera Internazionale (fondata nel 1984) ed è tuttora assiduo collaboratore del trimestrale Lettre Internationale di Berlino, e Magyar Lettre di Budapest. Nel 1995 ha fondato a New York il semestrale Journal of European Psychoanalysis, divenuto poi EJPsy, European Journal of Psychoanalysis, che tuttora dirige. Dal  insegna psicoanalisi all'Istituto Internazionale di Psicologia del Profondo di Kiev e all'Istituto di Psicoanalisi Moderna di Mosca.  Pensiero Benché Benvenuto si sia occupato di campi in apparenza alquanto diversi tra loropsicologia sociale, filosofia del linguaggio e della politica, psicoanalisi, teoria della politicaa partire dagli anni 90 ha articolato un progetto predominante che tocca i vari campi: sostituire al primato della riflessione sulla Verità (tipico della cultura occidentale) una riflessione che punti al Reale. In questo modo egli cerca una terza via tra le due culture predominanti e in opposizione in Occidente: l'epistemologia positivista (interessata alle condizioni di verità degli enunciati) da una parte, la fenomenologia e l'ermeneutica dall'altra (interessata al disvelamento di una Verità che si dipana nella storia umana).  Egli mutua il concetto di Reale dal pensiero di Jacques Lacan, ma ne allarga il senso, includendovi tutto ciò che resta esterno (origine e resto) a ogni assetto di senso, sia esso scientifico, estetico, o etico-politico. Il Reale è quel fondo attorno a cui gira ogni teoria scientifica, ogni produzione artistica, la psicoanalisi di ciascun soggetto, ogni assetto etico, e che resta sempre in eccesso rispetto a tutti questi “discorsi”. Così, il Reale di ogni teoria scientifica è il Caos che si pone come limite e sfondo di ogni processo causale. Il Reale in psicoanalisi è il fondo pulsionale, corporeo, irriducibilmente individuale, di fronte a cui ogni interpretazione si arresta.  In Dicerie e pettegolezzi (dove articola una teoria delle leggende metropolitane) mostra come quasi tutto il nostro sapere di fatto sia costituito da leggende metropolitane, oltre le quali fa capolino la realtà dell'evento che ogni discorso sociale aggira. In Un cannibale alla nostra mensa affronta la questione del relativismo moderno, a cui oppone un “relativismo relativo”, facendo notare come ogni impostazione relativista rimanda necessariamente a qualcosa di assoluto che resta non tematizzato, presupposto e schivato. Accidia è una storia della malinconia dal Medio Evo fino a oggi: il senso e la natura che ogni epoca dà alla “depressione” rimanda a un vissuto opaco che nella storia viene interpretato diversamente.  In “Sono uno spettro, ma non lo so” analizza la cultura degli spettri e il nostro rapporto con i morti, notando come la morte “viva” tra noi proprio come istanza di Reale inassimilabile a ogni progetto di vita, ma che avvolge la costituzione di questi progetti. In particolare (ad esempio in La strategia freudiana e in Perversioni) si è dedicato a una rilettura originale della teoria di Freud, e della psicoanalisi in generale, come fondata su una metafisica precisa della “carne significante”. Il tessuto interpretativo ed esplicativo di Freud rimanda però a sua volta a qualcosa di non interpretabile né spiegabile: la pulsione come sorgente opaca e non-significante della soggettività.  Opere principali La strategia freudiana, Napoli, Liguori, 1984. "Traduzione / Tradizione" in G. Mari, a cura, Moderno Postmoderno, Feltrinelli, Milano, 1988. (con Oscar Nicolaus) La bottega dell' anima, Milano, Franco Angeli, 1990. Capire l'America, Genova, Costa & Nolan, 1995. "Le Regard de l'aveugle: Cézanne et le cubisme", Ligeia, n. 21-24, Oct. 1997-Juin 1998,  57–67. “Neapel”, Kursbuch Stadt. Stadtleben und Stadkultur an der Jahrtausendwende, Redaktion Stefan Bollmann, Stuttgart, DVA, 1999,  221–243. Dicerie e pettegolezzi, Bologna, Il Mulino, 2000. Un cannibale alla nostra mensa. Gli argomenti del relativismo nell'epoca della globalizzazione, Bari, Dedalo, 2000. Perversioni. Sessualità, etica e psicoanalisi, Torino, Bollati Boringhieri, 2005. Mechta Lakana [in russo], "Aleteija", Sankt-Peterburg, 2006. Accidia. La passione dell'indifferenza, Bologna, Il Mulino, 2008. con Anthony Molino, In Freud's Tracks. Conversations from the Journal of European psychoanalysis, Washington, USA, Aronson, 2008. Lo jettatore, Milano, Mimesis, . La gelosia, Bologna, Il Mulino, . “The Monsters Next Door”, American Imago. Psychoanalysis and Human Sciences, 69, Winter , n. 4,  435–448. “Does Perversion Need the Law?”, edited by Wolfgang Müller-Funk, Ingrid Scholz-Strasser, Herman Westerink, Psychoanalysis, Monotheism and Morality. The Sigmund Freud Museum Symposia 2009-, Leuven, Leuven University Press, ,  175–184. “Alle origini del relativismo moderno”, in Michel de Montaigne, Dei cannibali, Mimesis, Milano   23–48. Confini dell'interpretazione. Freud Feyerabend Foucault, Milano, IPOC, . Sono uno spettro, ma non lo so, Milano, Mimesis, . Wittgenstein. Lo stupore e il grido, Milano, et.al,  (sergiobenvenuto./meditare (con Antonio Lucci) Lacan,oggi. Sette conversazioni per capire Lacan,Milano,MIMESIS, 9788857519449 La psicoanalisi e il reale. 'La negazione' di Freud, Orthotes, Napoli-Salerno,  Perversions. Sexuality, Ethics, Psychoanalysis, London, Karnac,  Godere senza limiti. Un italiano nel maggio '68 a Parigi, Milano, Mimesis,  Leggere Freud. Dall'isteria alla fine dell'analisi, Orthotes, Napoli-Salerno,   Sigmund Freud Psicoanalisi Filosofia Lacan Opere di Sergio Benvenuto, . Sergio Benvenuto, su Goodreads.  Registrazioni di Sergio Benvenuto, su RadioRadicale, Radio Radicale.  La gelosia, su cespig. 1º novembre  29 ottobre ). On “Melancholia” by L. von Trier, su journal-psychoanalysis.eu. Il significante, tra Saussure e Lacan, su journal-psychoanalysis.eu. Freud and Masochism, su psychomedia. Il progetto della psichiatria fenomenologica, su mondodomani.org. Filosofi italiani del XXI secoloScrittori italiani Professore1948 Napoli

 

BENVENUTI Grice: “A good thing about Benvenuti’s discussion of Agostino’s semiotics is that Benvenuti has a strictly philosophical background, rather than in grammar or linguistics or belles lettres, or even ‘theory of communication.’ Therefore, he INTERPRETS Augustine as *I* do!” --  Grice: “You gotta love Benvenutti. He dedicated his life to the semiotics of Agostino (who never knew he was a saint), the first Griceian. Benvenutti divides his discussion of Agostino’s semiotics in three: the semiotic triangle, the taxonomy of signs, and inferenza – For Agostino, ‘segno’ contrasts with ‘cosa.’ And a sign can signify ‘naturaliter’ (fumo, orma, volta). Or non-naturaliter – daglia animali including homo – prodotto dall’uomo – a ‘gesture’ that has to be perceived by one of the five senses – or by the senses – auditum (parola detta) – visum (segno scritto).” --. Cesare Benvenuti   Cesare Donato Benvenuti Don Cesare Donato Benvenuti (Montodine) filosofo. A partire dal 1708 ricoprì la carica di Abate Generale Lateranense. Fece stampare un'opera sulla vita di Sant'Agostino e una traduzione in italiano della Città di Dio  Biografia Cesare Benvenuti nacque dal conte Girolamo Benvenuti e dalla contessa Domitilla Scotti di Piacenza. La prima istruzione fu nella casa paterna di Crema, successivamente nelle scuole tenute dai Barnabiti. All'età di 16 anni volle seguire l'esempio dei suoi due fratelli entrando nella vita ecclesiastica prendendo l'abito della Congregazione lateranense a San Leonardo di Verona. Dopo sette anni di studi di filosofia e teologia venne nominato lettore e come tale risiedette in varie città. Nel 1708 a Roma venne dichiarato abate perpetuo privilegiato con l'incarico di presiedere alla Congregazione dei casi di coscienza e di emanare i giudizi relativi. Per questo suo incarico che esercitò per otto anni crebbe la sua fama di teologo tanto che dal cardinale Barberini lo volle accanto a sé come teologo ed esaminatore sinodale. Benvenuti fu anche postulatore della cause dei santi e si adoperò in particolare per la beatificazione del venerabile Pietro Fererio che fu beatificato da papa Benedetto XIII.  Cesare Benvenuti era anche dotato di particolari capacità diplomatiche tanto da ricevere incarichi in tal senso in Germania e a Vienna. Assieme a questi ufficii curiali Benvenuti esercitò anche le pratiche caritative della sua ordinazione sacerdotale visitando e prendendosi cura dei poveri e degli ammalati. Trasferitosi da Roma a Napoli fu colpito da apoplessia e quivi morì nel 1746.  Opere Vita del gloriosissimo padre santo Agostino, vescovo e dottore di S.ChiesaStamperia Barberina 1723 Discorso Storico-Cronologico-Critico della vita comune dei chierici de' primi sei secoli della ChiesaStamperia di Antonio de Rossi 1728 La città di Dio, opera del gran padre s. Agostino vescovo d'Ippona, tradotta nell'Idioma italianoStamperia di Antonio de Rossi 1743. Note  Fonte: Francesco Sforza Benvenuti, Storia di Crema, Volume 2, 1859 p.37Filosofia Filosofo del XVII secoloTeologi italiani 1669 1746 Montodine NapoliTraduttori dal latino

 

Berardi – Grice: “You gotta love Berardi, but I wonder if his background is in the classics – he has written on ‘il futuro della comunicazione,’ and coined some nice neologisms, like ‘psiconautica,’ – which is like my telementationalism, only different – and dialogued with Guattari --  While Berardi is into ‘il futuro della comunicazione,’ we at Oxford, them with a lit.hum. are usually into the PAST of communication!” -- Franco Berardi (n. Bologna), filosofo. Detto “Bifo” -- Agitatore culturale italiano. All'età di quattordici anni si iscrive alla FGCI, ma ne viene espulso tre anni più tardi per "frazionismo". Partecipa al movimento del '68 nella facoltà di lettere dell'Bologna, ove nel '67 conosce Toni Negri. Si laurea in Estetica con Luciano Anceschi e aderisce a Potere Operaio, gruppo della sinistra extraparlamentare di cui diviene figura di spicco a livello nazionale. Nel 1970 pubblica il suo primo libro, Contro il lavoro (edito da Feltrinelli). Nel 1975 fonda la rivista A/traverso, un foglio che era espressione dell'ala "creativa" del movimento bolognese del 1977; nei suoi scritti mette al centro della propria analisi il rapporto tra movimenti sociali e tecnologie comunicative.  Nel 1976 partecipa alla fondazione dell'emittente libera Radio Alice e subisce l'arresto per l'accusa di partecipazione alle Brigate Rosse, da cui viene assolto un mese dopo. Per richiederne la scarcerazione, Radio Alice organizza una festa in Piazza Maggiore, a cui partecipano oltre diecimila persone. Berardi viene scarcerato poco dopo, e diviene il leader dell'"ala creativa" della protesta studentesca bolognese del 1977. Dopo la chiusura della radio da parte della polizia, contro Berardi viene spiccato un mandato per "istigazione di odio di classe a mezzo radio", per sottrarsi all'arresto fugge da Bologna. Si rifugia a Parigi dove frequenta Félix Guattari e Michel Foucault e pubblica il libro Le Ciel est enfin tombé sur la terre (Éditions du Seuil).  Negli anni ottanta rientra brevemente in Italia e poi si trasferisce a New York dove collabora alle riviste Semiotext(e), Almanacco musica e Musica 80. Viaggia a lungo in Messico, India, Cina e Nepal. In quel periodo inizia ad occuparsi della crescita delle reti telematiche e preconizza la futura esplosione della rete quale vasto fenomeno sociale e culturale[senza fonte]. Alla fine degli anni ottanta si trasferisce in California dove pubblica alcuni saggi sul cyberpunk. Ritorna a Bologna e, in veste di protagonista, partecipa al documentario Il trasloco di Renato De Maria, prodotto dalla RAI nel 1991, incentrato sulla storia del suo appartamento. Collabora poi con varie riviste culturali fra cui Virus mutations, Cyberzone, Millepiani e varie case editrici fra cui la Castelvecchi e DeriveApprodi. Collabora, inoltre, alla stesura di testi per MediaMente, la trasmissione televisiva prodotta da RAI Educational e condotta da Carlo Massarini dedicata al mondo di Internet e delle nuove tecnologie di comunicazione.  Dal 1992 al 2004 collabora alla rivista DeriveApprodi insieme a Sergio Bianchi e altri. Dal 2000 al 2009 cura con Matteo Pasquinelli l'ambiente di rete Rekombinant. Nel 2002 fonda Orfeo Tv, la prima televisione di strada italiana. Nel 2005 un suo pamphlet che si scaglia contro le politiche sociali del nuovo sindaco di Bologna Sergio Cofferati viene ripreso con enfasi dalle testate giornalistiche nazionali. Lavora come insegnante presso l'istituto tecnico industriale Aldini Valeriani di Bologna. Pubblica regolarmente sul quotidiano Liberazione, sulla rivista alfabeta2 e sul sito Through Europe. Collabora alla rivista canadese Adbusters. Dal 2000 al 2009 ha animato la mailing-list Rekombinant con Matteo Pasquinelli.  Opere Contro il lavoro. 1970. Scrittura e movimento. Marsilio, 1974. Teoria del valore e rimozione del soggetto: critica dei fondamenti teorici del riformismo. Verona, Bertani, 1977 (curatore). Primavera '77. Roma, Stampa Alternativa, 1977. Chi ha ucciso Majakovskij. Milano, Squi/libri, 1977. (con Pierre Rival, Alain Guillerme), L'ideologia francese: contro i "nouveaux philosophes". Milano, Squi/libri, 1977. Finalmente il cielo è caduto sulla terra. Milano, Squi/libri, 1978. La barca dell'amore s'è spezzata. Milano, SugarCo, 1978 Dell'innocenza: interpretazione del '77. Bologna, Agalev, 1987. (con Franco Bolelli) Presagi. L'arte e l'immaginazione visionaria negli anni ottanta. Bologna, Agalev, 1988. Terzo dopo guerra. Bologna, A/traverso, 1989. La pantera e il rizoma. Bologna, A/traverso, 1990. con Francesca Alfano Miglietti; Franco Bolelli; Valentina Agostinis; Matteo Guarnaccia; Cesare Monti; Andrea Zanobetti. Una poetica Ariosa. Milano, ProgettoArio, 1990. con Marco Jacquemet; Robert Wright; Jaron Lanier; Félix Guattari; Valmerz, Più cyber che punk. Bologna, A/traverso, 1990. Politiche della mutazione. Milano-Bologna, Synergon, 1991. con Franco Bolelli, 60/90 dalla psichedelia alla telepatica. Milano-Bologna, Synergon, 1992. (curatore) Hip Hop rap graph gangs sullo sfondo di Los Angeles che brucia. Milano-Bologna, Synergon, 1992. Cancel & Più cyber che punk. Milano-Bologna, Synergon, 1992. Come si cura il nazi. Castelvecchi, 1993.  978-88-86232-00-5. con Franco Bolelli; Matteo Guarnaccia; Francesco Morace; Andrea Zingoni; Daniele Bolelli; Tiziana Corbella. Mitologie Felici. Milano, Mudima, 1994.  88-86072-02-3. Mutazione e cyberpunk. Immaginario e tecnologia negli scenari di fine millennio. Costa & Nolan, 1994.  978-88-7648-160-4. Lavoro zero. Castelvecchi, 1994. Neuromagma. Lavoro cognitivo e infoproduzione. Castelvecchi, 1995.  978-88-86232-49-4. Ciberfilosofia. 1995. Dell'innocenza. 1977: l'anno della premonizione. Verona, Ombre Corte, 1997.  978-88-87009-03-3. Exit. il nostro contributo all'estinzione della civiltà. Costa & Nolan, 1997.  978-88-7648-288-5. La nefasta utopia di Potere operaio. Castelvecchi, 1998.  88-8210-057-X. (curatore, con E. "Gomma" Guarneri). Alice è il diavolo. storia di una radio sovversiva, 2002. (+ CD con le registrazioni originali del 1976 e 1977), Shake edizioni. La fabbrica dell'infelicità: new economy e movimento del cognitariato. Roma, DeriveApprodi, 2001.  978-88-87423-51-8. Felix. Narrazione del mio incontro con il pensiero di Guattari, cartografia visionaria del tempo che viene. Luca Sossella Editore, 2001.  978-88-87995-16-9. (curatore, con Veronica Bridi), 1977, l'anno in cui il futuro incominciò. Fandango Libri, 2002.  978-88-87517-26-2. Un'estate all'inferno. Luca Sossella Editore, 2002.  978-88-87995-35-0. Telestreet. Macchina immaginativa non omologata. Baldini Castoldi Dalai, 2003.  978-88-8490-467-6. (con Marco Jacquemet; Giancarlo Vitali), Il sapiente, il mercante, il guerriero. Dal rifiuto del lavoro all'emergere del cognitariato. Roma, DeriveApprodi, 2004.  978-88-88738-32-1. Da Bologna (serie A) a Bologna (serie B). DeriveApprodi, 2005. Skizomedia. Trent'anni di mediattivismo. Roma, DeriveApprodi, 2006.  978-88-89969-00-7. Nel  ha collaborato al volume collettivo Europa 2.0 Prospettive ed evoluzioni del sogno europeo, edito da ombre corte, Nicola Vallinoto e Simone Vannuccini con un saggio intitolato Un'utopia senile per l'Europa. Run. Forma, vita, ricombinazione, Mimesis, 2008 L'eclissi. Dialogo precario sulla crisi della civiltà capitalistica, Manni Editori,   978-88-62663-68-7 (con Carlo Formenti), La Sollevazione. Collasso europeo e prospettive del movimento. Manni Editori, .  978-88-6266-401-1 The soul at work Semiotext(e) Los Angeles 2009, versione italiana L'anima al lavoro, DeriveApprodi,  After the future AKPress, Oakland,  The Uprising Semiotext(e) Los Angeles,  Dopo il futuro. Dal futurismo al cyberpunk. L'esaurimento della modernità, DeriveApprodi,  La nonna di Schäuble. Come il colonialismo finanziario ha distrutto il progetto europeo, Ombre corte,  HeroesSuicidio e omicidi di massa, Baldini & Castoldi,  Asma, C&P Adver Effigi,  Quarant’anni contro il lavoro, DeriveApprodi,  Il secondo avvento. Astrazione apocalisse comunismo, DeriveApprodi,  Futurabilità, Produzioni Nero, .  9788880560357 Respirare. Caos e poesia, Sossella,  Libri su Franco Berardi Nicholas Ciuferri, Franco "Bifo" Berardi in movimento. Filmografia Film Paz! (2002), regia di Renato De Maria Documentari Il trasloco (1991), regia di Renato De Maria Io non sono un moderato (2007), regia di Andrea Nobile Note  Filmato audio Alexandra Weitz, Andreas Pichler, L'eterna rivolta, su YouTube, 2006, a 0 min 47 s. 6 agosto .  Cronologia di Radio Alice, radiomarconi.com. 6 agosto .  E-text s.r.l. (http://e-text/), MediaMente: Franco Berardi, su mediamente.rai. 24 luglio  25 giugno ).  Bifo: "Con la Gelmini non insegno" Sospeso dall'insegnamento | Bologna la Repubblica  Cominciamo a parlare del collasso europeo, alfabeta2 n.5, dicembre , pag. 5  rekombinant@liste.rekombinant.org, su rekombinant.liste.rekombinant.narkive.com. 6 aprile .  A/traverso | Casa Editrice Etichetta Discografica | AlterAlter Erebus press & label, su Alter Erebus. 26 giugno  26 giugno ).  Félix Guattari Gilles Deleuze Movimento del '77 Radio Alice Telestreet Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Franco Berardi Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Franco Berardi Franco Berardi, su Internet Movie Database, IMDb.com. //th-rough.eu/Pagina personale di Bifo sul  Through Europe Interregno[collegamento interrotto]Hacer lo imprevisible… después del 68: Entrevista con Franco Berardi Bifo(Español) Rekombinant"Listblog" animato da Franco Berardi e Matteo Pasquinelli radioalice.orgsito web su Radio Alice Il Trasloco (scaricabile) su New Global Vision, su ngvision.org. podcast.fmlatribu.comPodcast en castellanoEntrevista con Bifo en FM La Tribu, Buenos Aires Articoli su arte e sensibilità, European School of Social Imagination San Marino; scepsi.eu. 13 agosto  27 novembre ). Interviste a Franco Beradi di Christian Brogi, su ltmd. Franco Berardi su Bookogs. Biografie  Biografie Letteratura  Letteratura Politica  Politica Categorie: Saggisti italiani del XX secoloFilosofi italiani Professore1949 2 novembre BolognaMilitanti di Potere OperaioMovimento del '77Studenti dell'BolognaFondatori di riviste italianeAttivisti italiani

 

BERNARDI – Grice: “We discussed Bernardi with Sir Peter – when we were tutoring on ‘Categoriae’ – “Surely this is not propedeutic logic! This is pure metaphysics, and even pure physics!” Bernardi held the same view! On top, I love Bernardi because he does not use ‘logica,’ which he thinks for ‘kids,’ but ‘dialettica,’ which is real philosophy!” --  Vvescovo della Chiesa cattolica Ritratto di Antonio BernardiTemplate-Bishop.svg   Incarichi ricopertiVescovo di Caserta;   Mirandola Consacrato vescovo1553 Deceduto3 giugno 1565, Bologna   Manuale Antonio Bernardi (n. Mirandola), filosofo aristotelico, nominato vescovo di Caserta. Duomo di Mirandola Il Bernardi aveva compiuto gli studi presso l'Bologna avendo come maestri Ludovico Boccadiferro e Pietro Pomponazzi. Si trasferì poi a Roma presso la corte di Alessandro Farnese, dove frequentò Pietro Bembo, Giovanni Della Casa e Paolo Giovio, e si conquistò una fama di filosofo aristotelico e letterato.  Il 18 ottobre 1553 fu consacrato vescovo di Caserta. Gli ultimi anni della vita li trascorse a Parma nel monastero di San Giovanni dei Cassinesi. Fu tumulato nel Duomo di Mirandola, ma il suo sepolcro andò disperso nel 1789.  In occasione del 5º centenario della sua nascita, il 30 novembre 2002, il Centro Internazionale Giovanni Pico della Mirandola gli dedicò un convegno.  Lo scrittore Antonio Saltini ha utilizzato la figura di Antonio Bernardi come personaggio del suo romanzo storico L'assedio della Mirandola.  Opere Monomachia, dove si sostiene che il duello è legittimo secondo la ragione e la filosofia morale ma illecito sotto il punto di vista religioso. Note  Vedi Google Libri.  Duello cavalleresco.  , Antonio Bernardi della Mirandola (1502-1565). Un aristotelico umanista alla corte dei Farnese. Atti del convegno "Antonio Bernardi nel V centenario della nascita" (Mirandola, 30 novembre 2002), M. Forlivesi, Firenze, Olschki, 2009.  978-88-222-5846-5  Aristotelismo Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Antonio Bernardi  Paola Zambelli, «BERNARDI, Antonio», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 9, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1967. Filosofia Categorie: Vescovi cattolici italiani del XVI secoloFilosofi italiani Professore1502 1565 3 giugno Mirandola Bologna

 

Bernardo: Grice: “I like Bernardo: he is a philosophical mason – but then most Italian philosophers are, as a way of NOT being Roman!” -- Giuliano Di Bernardo (n. Penne) filosofo. Massone. Gran maestro del Grande Oriente d'Italia dal 1990 al 1993, ha poi fondato la Gran Loggia Regolare d'Italia. Diplomato in ragioneria e poi impiegato in banca, si laureò in Sociologia presso l'Università degli Studi di Trento. Nello stesso ateneo seguì la carriera accademica, divenendo docente ordinario di Filosofia della scienza e di Logica, nonché pro-rettore dal 1985 al 1987. È inoltre autore di nmerosi saggi e pubblicazioni sul tema della filosofia delle scienze sociali e della logica delle norme.  Fu iniziato alla massoneria nella loggia bolognese "Risorgimento-VIII agosto" nel 1961, divenendo Maestro venerabile della loggia "Zamboni-De Rolandis" nel 1972. Nello stesso anno chiese e ottenne di venire inserito tra i massoni "coperti" per ragioni di riservatezza legata alla sua professione di docente. Stessi requisiti di riservatezza ebbe la sua appartenenza al Capitolo Nazionale del rito scozzese antico e accettato.  L'11 marzo 1990 fu eletto Gran maestro del Grande Oriente d'Italia. Negli anni della sua maestranza tenne posizioni di aperto contrasto con la Chiesa cattolica, dichiarò espressamente il proprio sostegno al Partito Socialista Italiano, e dovette confrontarsi con la cosiddetta "inchiesta Cordova" (dal nome del pubblico ministero di Palmi Agostino Cordova). Al centro di polemiche anche con i vertici del GOI, Di Bernardo decise di dimettersi dalla carica di Gran maestro il 16 aprile 1993 al termine della Gran Loggia annuale a Roma alla quale si era presentato dopo aver redatto atto costitutivo e statuto di una nuova Obbedienza, la Gran Loggia Regolare d'Italia. Al vertice del GOI gli succedette il reggente Eraldo Ghinoi.  La neonata Obbedienza si regge su uno sparuto gruppo di Logge fuoriuscite dal GOI, caratterizzandosi per l'uso esclusivo del rito inglese Emulation. Otto anni dopo la fondazione, Di Bernardo viene espulso dalla GLRI; gli succede alla guida dell'Obbedienza il sociologo Fabio Venzi. Di Bernardo quindi avvia un nuovo progetto di un ordine paramassonico, denominato Dignity Order, che tuttavia non è un'Obbedienza regolare. Pur dichiarando di essere fuoriuscito dalla Massoneria, Di Bernardo da anni si presta a rilasciare interviste e dichiarazioni sull'argomento sia a giornalisti che ad organi inquirenti. Nel  ha polemizzato con il GOI dopo aver reso una dichiarazione alla Commissione Antimafia relativa a presunte rivelazioni del defunto Ettore Loizzo (vedi ). Nel settembre  il GOI ha annunciato l'intenzione di denunciare Di Bernardo per diffamazione e calunnia. Il 7 aprile  lo stesso Di Bernardo annuncia di voler a sua volta querelare il Gran Maestro del GOI Stefano Bisi per diffamazione. Il 25 novembre  la querela di Di Bernardo a carico di Bisi viene archiviata per insussistenza.  Note  Aldo Alessandro Mola, Gelli e la P2: fra cronaca e storia, Bastogi Editrice Italiana, 2008358.  Giuliano Di Bernardo, unitn. 28 novembre .  Il Gran Maestro: chi è Giuliano Di Bernardo, consultato il 12 giugno .  Aldo A. Mola798.  Pubblicazioni di Giuliano Di Bernardo, unitn. 28 novembre  18 novembre ).  1945-2005 Fra tradizione e rinnovamento: la lunga traversata del deserto dal 1945 a oggi, GOI. 28 novembre  3 dicembre ).  Aldo A. Mola,  801 e ss.  Aldo A. Mola,  807-809.  Di Bernardo fonda la nuova Grande loggia, in Corriere della Sera, 18 aprile 1993. 28 novembre  (archiviato dall'url originale in data pre 1/1/).  Sito ufficiale del Dignity Order, dignityorder.com. 12 aprile .  Aldo Alessandro Mola, Storia della massoneria italiana, Bompiani, 2001,  9788845248146.  Gran loggia regolare d'Italia Massoneria in Italia Massoneria Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Giuliano Di Bernardo  Intervista a Giuliano Di Bernardo del , su youtube.com PredecessoreGran maestro del Grande Oriente d'ItaliaSuccessoreSquare compasses.svg Armando Corona11 marzo 199016 aprile 1993Eraldo Ghinoi (reggente)PredecessoreGran maestro della Gran Loggia Regolare d'ItaliaSuccessoreSquare compasses.svg Carica inesistente19932001Fabio VenziB Filosofia Università  Università Filosofo del XX secoloFilosofi italiani Professore1939 1º marzo PenneGran maestri del Grande Oriente d'Italia

 

BERNERI Grice: ‘I like Berneri; of course we need to know more about his philosophical background and education – he represents the epitome of what Italian philosophers call ‘filosofia militante,’ but then I fought the Hun – so I was militante, too!” -- Camillo Berneri (n. Lodi) filosofo. Ucciso nel maggio 1937 insieme a Francesco Barbieri poco dopo il loro arresto da parte dei comunisti stalinisti del PSUC durante la battaglia intestina al fronte antifascista spagnolo delle giornate di maggio, avvenuta a Barcellona tra comunisti e anarchici durante la guerra civile spagnola.  Berneri nacque a Lodi da padre originario di Ronco, frazione di Corteno Golgi (nella Val Camonica, in provincia di Brescia) e da madre emiliana. Ben presto, si trasferì con la famiglia dapprima a Milano, poi a Palermo, a Forlìdove arrivò nel 1905 -, a Varallo Sesia (in provincia di Vercelli) e, infine, a Reggio nell'Emilia.  Qui, da una testimonianza di Angelo Tasca risulta che Camillo Berneri militava nella Federazione Giovanile Socialista di Reggio Emilia già dal 1912 (da "Mussolini-Psicologia di un dittatore", Camillo Berneri, Pier Carlo Masini, Milano, 1966, pag 109). Dopo essere stato membro del Comitato Centrale della Federazione Giovanile Socialista reggiana, e dopo aver collaborato all'Avanguardia (organo nazionale della FGS), nel 1915 rassegna le dimissioni dalla FGS, attraverso una lettera ai compagni, avendo maturato convinzioni anarchiche. Sarà colpito dal gesto dei compagni che, nonostante le dimissioni, vorranno che presieda un'ultima riunione della FGS a Reggio, e dal gesto del mentore Camillo Prampolini, che lo convocherà per conoscere le ragioni del suo dissenso. Berneri ricorderà sempre "i dolci ricordi del mio catecumenato socialista". Nel 1916 si trasferisce ad Arezzo dove frequenta il liceo.  Chiamato alle armi ed escluso dall'Accademia Militare di Modena per le sue idee, fu inviato al fronte nel 1918; quindi, ancora in servizio, venne confinato nell'isola di Pianosa in occasione dello sciopero generale del luglio 1919. Iniziava intanto con lo pseudonimo Camillo da Lodi la sua copiosa attività pubblicistica collaborando per anni a vari periodici libertari: da Umanità Nova a Pensiero e Volontà, da L'avvenire anarchico di Pisa a La Rivolta di Firenze e a Volontà di Ancona.  Laureatosi in filosofia, insegnò tale materia per qualche tempo a Camerino. Pronta e decisa si manifestava la sua avversione al fascismo e, dall'Umbria in particolare, egli manteneva i contatti con gli antifascisti fiorentini diffondendo il battagliero giornaletto Non mollare. Molto intensa fu in quegli anni l'attività di Berneri nell'Unione anarchica italiana. Inaspritasi la dittatura fascista, Berneri dovette espatriare clandestinamente in Francia nel maggio 1926 e lo raggiunse poco dopo la moglie con le figlie; sua moglie era Giovanna Caleffi anche lei militante anarchica così come poi le figlie Marie Louise Berneri e Giliana Berneri.  Guerra Civile Spagnola Scoppiata la guerra civile spagnola, Berneri fu tra i primi ad accorrere in Catalogna, centro dell'attività di massa libertaria esprimentesi nella Confederación Nacional del Trabajo: qui si trovò a fianco di Carlo Rosselli con tanta parte dell'antifascismo italiano e internazionale. Al di là della solidarietà militante, a Carlo Rosselli lo legava anche l'atteggiamento critico, e l'apertura mentale verso le prospettive del socialismo: in quegli anni Camillo Berneri collaborò con l'organo clandestino del movimento socialista-liberale "Giustizia e Libertà", argomentando con Rosselli sull'alternativa secca tra socialismo libertario e socialismo dispotico ("Gli anarchici e G.L.", Camillo Berneri e Carlo Rosselli, Giustizia e Libertà, 6 e 27 dicembre 1935). Furono gli ultimi mesi febbrili della sua vita: inadatto alle fatiche del fronte, si dedicò con entusiasmo all'opera formativa, al dibattito ideale e alle incombenze politiche pubblicando a Barcellona dal 9 ottobre 1936 un proprio periodico dal titolo Guerra di classe che sintetizzava la sua precisa interpretazione del conflitto in corso. In esso infatti Berneri, preoccupato per il crescente isolamento non tanto del legittimo governo repubblicano quanto delle più tipiche realizzazioni rivoluzionarie e libertarie conseguite in Catalogna, Aragona e altre regioni, si batté vigorosamente per la stretta connessione di guerra e rivoluzione ponendo agli antifascisti e ai suoi stessi compagni anarchici il dilemma: vittoria su Franco, grazie alla guerra rivoluzionaria, o disfatta. Tale la sostanza di numerosi suoi articoli e discorsi come della famosa Lettera aperta alla ministra anarchica della Sanità Federica Montseny che con altri tre anarchici era nel governo di Largo Caballero.  Molteplici, seppure inascoltati, furono anche i suoi suggerimenti politici per colpire le basi operative del fascismo proclamando l'indipendenza del Marocco, coordinare gli sforzi militari, potenziare gradualmente la socializzazione. Fu dunque quella di Berneri una funzione singolarmente impegnata che lo espose ben presto alle feroci repressioni condotte dai comunisti ormai prevalsi dopo l'avvento del governo di Juan Negrín: scomparvero così tragicamente, vittime dei massacri di massa, migliaia di combattenti antifascisti non comunisti, anarchici ma anche comunisti non stalinisti, come i miliziani del POUM. L'assassinio di Camillo Berneri, sulle cui esatte circostanze esistono diverse versioni, si colloca precisamente nella sanguinosa resa dei conti tra stalinisti e loro avversari antifascisti conosciuta come le giornate di maggio (Barcellona, maggio 1937). Il 5 maggio Berneri fu prelevato insieme con l'amico anarchico Francesco Barbieri dall'appartamento che i due condividevano con le rispettive compagne. I cadaveri dei due anarchici italiani furono ritrovati crivellati di proiettili. La moglie di Camillo Berneri allevò i figli di Antonio Cieri, anche lui caduto in Spagna. In morte di Camillo Berneri, il leader socialista Pietro Nenni scrisse: "Se l'anarchico Berneri fosse caduto su una barricata di Barcellona, combattendo contro il governo popolare, noi non avremmo niente da dire, e nella severità del suo destino ritroveremmo la severa legge della rivoluzione. Ma Berneri è stato assassinato, e noi dobbiamo dirlo" (Pietro Nenni, Nuovo Avanti, Parigi, 28 giugno 1937).  Altri scritti Tra gli scritti di Berneri ricordiamo:  Lettera aperta ai giovani socialisti di un giovane anarchico, Orvieto, 1920 I problemi della produzione comunista, Firenze, 1920 Le tre città, Firenze, 1925 Un federalista russo. Pietro Kropotkin, Roma, 1925 Mussolini normalizzatore, Zurigo, 1927 Lo spionaggio fascista all'estero, Marsiglia, 1929 Le peché original, Orléans, 1931 Nozioni di chimica antifascista, s.l., 1934 Mussolini gran actor, Valencia, 1934 L'operaiolatria, Brest, 1934 Le Juif antisémite, Paris, 1935 El delirio racista, Buenos Aires, 1935 Mussolini a la conquista de las Baleares, Barcelona, 1937 ll lavoro attraente, Ginevra, 1938 Guerre de classes en Espagne, Nîmes, 1938 Ed ancora:  Mussolini normalizzatore La donna e la garçonne (1926) Pensieri e battaglie Il cristianesimo e il lavoro (1932) Le Léonard de S. FreudCahiers Psychologiques n°1 (anche in italiano) Note  da "Mussolini-Psicologia di un dittatore", Camillo Berneri, Edizioni Azione Comune, Pier Carlo Masini, Milano, 1966, pag 115-117)  Mirella Serri, I profeti disarmati. 1945-1948, la guerra fra le due sinistre, Milano, Corbaccio, 2008.  Cfr. Nicola Fedel, Introduzione e criteri di edizione in Camillo Berneri, Lo spionaggio fascista all'estero, Nicola Fedel (prefazione di Mimmo Franzinelli), Fondazione Comandante Libero, Milano, ,  XVII-XIX  , Enciclopedia UTET. Camillo Berneri, Anarchia e società aperta, Pietro Adamo, M&B Publishing, Milano 2006. Stefano D'Errico, Anarchismo e politica. Nel problemismo e nella critica all'anarchismo del Ventesimo Secolo, il "programma minimo" dei libertari del Terzo Millennio. Rilettura antologica e biografica di Camillo Berneri, Mimesis, Milano 2007. Roberto Gremmo, Bombe, soldi e anarchia: l'affare Berneri e la tragedia dei libertari italiani in Spagna, Storia Ribelle, Biella 2008. Mirella Serri, I profeti disarmati. 1945-1948. La guerra tra le due sinistre, Milano, Corbaccio, 2008. Flavio Guidi, "Nostra patria è il mondo intero". Camillo Berneri e "Guerra di Classe" a Barcellona (1936-37), pubblicato dall'autore, Milano . Giampietro Berti, Giorgio Sacchetti , Un libertario in Europa. Camillo Berneri: fra totalitarismi e democrazia. Atti del convegno di studi storici, Arezzo, 5 maggio 2007, Archivio famiglia Berneri A. Chessa, Reggio Emilia . Camillo Berneri, Lo spionaggio fascista all'estero, Nicola Fedel (e prefazione di Mimmo Franzinelli), Fondazione Comandante Libero, Milano, ,  978-88-906018-9-7  Antifascismo Archivio Famiglia Berneri Guerra civile spagnola Giornate di maggio Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Camillo Berneri Collabora a Wikiquote Citazionio su Camillo Berneri Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Camillo Berneri  Camillo Berneri, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Camillo Berneri, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Camillo Berneri, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Camillo Berneri, su Liber Liber.  Opere di Camillo Berneri, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Camillo Berneri, . Camillo Berneri, su Goodreads.  Altri particolari sul sito dell'ANPI di Roma, su romacivica.net. 6 aprile 2006 31 agosto 2006). Carlo De MariaUn convegno e una nuova stagione di studi su Camillo Berneri, su storiaefuturo.com 26 luglio 2007). Socialismo LibertarioProfili biobibliografici libertari, su socialismolibertario. Abolizione ed estinzione dello stato (1936) Anarchismo e federalismo di Camillo Berneri, su magozine. V D M Antifascismo. Anarchia  Anarchia Biografie  Biografie Politica  Politica Storia  Storia Filosofo del XX secoloScrittori italiani del XX secoloAnarchici italiani 1897 1937 20 maggio 5 maggio Lodi BarcellonaAntifascisti italianiAssassinati con arma da fuocoVittime di dittature comuniste

 

BERTI: Grice: “I like Berti; of course he has philosophised on the only two philosophers worth philosophising about Plato and Aristotle – his interest is in the ‘number idea’ in Plato, the unity in Aristotle, and various other things – notably Socratic dialectic as the basis for both!” --  Grice: “I also love his courtesy: cf. Sir Peter, “Introduction to logical theory,” versus the gentle “Un invite alla filosofia,” – for philosophy needs to be invited to, rather than intro- and extro-ducted to and fro’!”  Enrico Berti (n. Valeggio sul Mincio), filosofo. Professore emerito di storia della filosofia, presidente onorario dell'Istituto internazionale di filosofia.  Laureatosi in filosofia all'Padova nel 1957, è stato allievo di Marino Gentile.  Dal 1961 al 1964 è assistente presso l'Padova. Nel 1965 diventa professore di storia della filosofia antica all'Perugia e nel 1969 di storia della filosofia nella stessa Università.  Nel 1971 si trasferisce all'Padova, dove insegna storia della filosofia. È poi docente anche nelle Ginevra, di Bruxelles, di Santa Fé (Argentina) e alla Facoltà di Teologia di Lugano.  Dal 1983 al 1986 presiede la Società Filosofica Italiana.  Nel 1987 vince il premio dell'Associazione internazionale "Federico Nietzsche" per la filosofia, nel 2005 il premio Iannone per la filosofia antica, nel 2007 il premio Santa Marinella e il premio Castiglioncello per la filosofia, nel 2009 il premio "Athene Noctua" e nel  il premio giornalistico Lucio Colletti.  Nel  è nominato "doctor honoris causa" dell'Università nazionale capodistriana di Atene e nel  Honorary Fellow dell'"Interdisciplinary Centre for Aristotle Studies" dell'Salonicco.  Pensiero Interessato particolarmente alla filosofia di Aristotele, Enrico Berti ne ha intravisto le tracce nella metafisica, nell'etica e nella politica contemporanea in particolar modo per il problema della contraddizione e della dialettica.  Berti si è poi inserito nella dibattuta questione del rapporto tra filosofia e scienza, cercando di definire la specificità della filosofia, che si fonda su una razionalità non rapportabile a quella scientifica, ma piuttosto alla dialettica e alla retorica. Su un piano più propriamente teoretico si è interessato alla possibilità di riproporre oggi una filosofia di tipo metafisico, formulando una concezione «umile« o «povera» della metafisica come consapevolezza della problematicità, e quindi dell'insufficienza, del mondo dell'esperienza, considerato nella sua totalità (comprendente scienza, storia, individuo e società).  Opere principali L'interpretazione neoumanistica della filosofia presocratica, 1959. La filosofia del primo Aristotele, Padova, Cedam, 1962; 2ª ed., Milano, Vita e Pensiero, 1997. Il "De republica" di Cicerone e il pensiero politico classico, 1963. L'unità del sapere in Aristotele, 1965. La contraddizione, 1967. Studi sulla struttura logica del discorso scientifico, 1968. Studi aristotelici, 1975 (nuova edizione ). Aristotele. Dalla dialettica alla filosofia prima, Padova, Cedam, 1977. Ragione scientifica e ragione filosofica nel pensiero moderno, Roma, La Goliardica, 1977. Profilo di Aristotele, Roma, Studium, 1979. Il bene, Brescia, La Scuola, 1983. Le vie della ragione, Bologna, Il Mulino, 1987. Contraddizione e dialettica negli antichi e nei moderni, Palermo, L'Epos, 1987. Le ragioni di Aristotele, Roma-Bari, Laterza, 1989. (in collaborazione con Franco Volpi) Storia della filosofia. Dall'antichità a oggi, Roma-Bari, Laterza, 1991. Aristotele nel Novecento, Roma-Bari, Laterza, 1992. Introduzione alla metafisica, Torino, UTET, 1993. Il pensiero politico di Aristotele, Roma-Bari, Laterza, 1997. (curatore, con Cristina Rossitto) Aristotele e altri autori, Divisioni, con testo greco a fronte, coll. Il pensiero occidentale, 2005 In principio era la meraviglia. Le grandi questioni della filosofia antica, Laterza, Roma-Bari 2007 Dialectique, physique et métaphysique. Études sur Aristote, Peeters, 2008. con Cristina Rossitto, Il libro primo della «Metafisica» (traduzione di Antonio Russo), Laterza, Roma-Bari 2008 Sumphilosophein. La vita nell'Accademia di Platone, Roma-Bari, Laterza, . Nuovi studi aristotelici, 4 voll., Morcelliana, 2004-. Invito alla filosofia, Brescia, La Scuola, . La ricerca della verità in filosofia, Roma, Studium, . Nel 2004 Enrico Berti ha scritto un dialogo satirico, un "falso d'autore" attribuito ad Aristotele, Eubulo o della ricchezza: dialogo perduto contro i governanti ricchi.  Traduzioni Aristotele, Metafisica, traduzione, introduzione e note di E. Berti, Collana Biblioteca Filosofica, Roma-Bari, Laterza, ,  978-88-5812-455-0. Onorificenze e riconoscimenti Grande Ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana  È membro delle seguenti accademie e istituzioni scientifiche:  Accademia nazionale dei Lincei Institut international de philosophie Istituto veneto di scienze, lettere ed arti Société européenne de culture Fédération internationale des sociétés de philosophie Pontificia accademia delle scienze Pontificia accademia di San Tommaso d'Aquino Accademia galileiana di scienze, lettere ed arti Società filosofica italiana Note  festivalfilosofia, su festivalfilosofia 15 novembre 2008).  Enciclopedia multimediale delle Scienze filosofiche, su emsf.rai. 10 settembre  27 settembre ).  Biografia Enrico Berti  [collegamento interrotto], su comune.ancona.  Aristotele  Opere di Enrico Berti, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Enrico Berti, .  Registrazioni di Enrico Berti, su RadioRadicale, Radio Radicale.  Intervista a Enrico Berti () Enrico Berti scheda nel sito dell'Padova (con l'elenco delle pubblicazion. Filosofia Filosofo del XX secoloFilosofi italiani Professore1935 3 novembre Valeggio sul MincioProfessori dell'Università degli Studi di PadovaStudenti dell'Università degli Studi di PadovaProfessori dell'Università degli Studi di PerugiaAccademici dei LinceiStorici della filosofia italiani

 

BERTINARIA: Grice: “I like Bertinaria; he is, like me a philosophical cartographer – in his case, of ‘filosofia italiana’ for which he has identified ‘indole’ e this or that ‘vicenda,’ – now J. L. Austin once remarked that ‘sake’ has no denotatum – but ‘vicem’ does!” -- Francesco Bertinaria (n. Genova), filosofo. Studiò all'Pisa, si trasferì a Torino per collaborare con l'editoria Pomba. Ha curato la traduzione Abriss der Geschichte der Philosophie di Kennegieszer, professore dell'Breslavia. Si occupò anche di filosofia orientale e di filosofia italiana. Nel 1860 Bertinaria ottenne la cattedra di Filosofia della Storia all'Torino. Nel 1865 fu chiamato all'Genova. Morì a Genova nel 1892.   Opere. 1843La filosofia italiana moderna, Pomba, Torino. 1843C. L. Kannegierzer, Compendio di storia della filosofia. Tradotto dal tedesco e ampliato da F. Bertinaria, Pomba, Torino 1843, XIX-331 ; con note di F. Prudenzano, Pedone, Napoli 1854, XXIII-283 ; con discorso e note di F. Prudenzano e con giunte dello stesso intorno alla moderna filosofia scozzese e francese, Boutteaux e Aubry, Napoli 1858, XXXI-307  1846Discorso sull'indole e le vicende della filosofia italiana, Pomba, Torino 1846, 107 ; nuova ed.: Sull'indole e le vicende della filosofia italiana. Discorso, Pomba, Torino 1866, 105  1846Concetto della filosofia e delle scienze inchiuse nel dominio di essa, «Antologia italiana», 1846,  I,  332-359. Estr.: Pomba, Torino 1846. 1847Rec. di F.Bozzelli, Disegno di una storia delle scienze filosofiche in Italia dal Risorgimento delle lettere sin oggi, Napoli 1847, «Antologia italiana», 1847,  II,  754-767. 1849Concetto scientifico della storia, Stamp. sociale degli artisti tipografi, Torino, 24  1852Alcuni saggi filosofici, Tip. Fory e Dalmazza, Torino, 89  1857Prospetto dell'insegnamento della filosofia della storia, Stamperia dell'unione tipografico editrice, Torino, 15  1857Della teoria poetica e dell'epopea latina, Torino. 1864Dell'importanza della filosofia della storia e sue relazioni con le altre scienze.Prolusione, Torino. 1865L'antica e la nuova filosofia del diritto. Prolusione, Tip. Cavour, Torino, 46  1865Principi di biologia e di sociologia, Negro, Torino. 1866La storia della filosofia e la filosofia della storia. Prolusione, «Riv. cont.», 1866,  XLIV,  24-37. Estr.: Baglione, Torino 1866, 16  1866- Sulla formola esprimente il nuovo principio dell'enciclopedia. Lettera alla signora Emilia De Laurenti Sabelli, «Riv. cont.», 1866,  XLVII,  3-7. 1866Il positivismo e la metafisica. Discorso, «Riv. cont.», 1866,  XLVII,  161-84. Estr.: A. F. Negro, Torino 1866, 28  1867Scienza, Arte e Religione, «Gerdil», 1867,  I,  335-343, 353-362, 434-439, 455-460, 491-497, 622-626, 682-690, 791-796, 810-828. Estr.: Tip. Torinese, Torino 1867, 77  1868Dell'origine, progresso e condizione presente della filosofia civile, «Riv. bol.», II, 1868,  827-839. 1874Saggio sulla funzione ontologica della rappresentazione ideale, FSI, V, 1874,  X,  319-343. 1875Concetto del mondo civile universale, FSI, VI, 1875,  XI,  191-205. 1876La dottrina dell'evoluzione e la filosofia trascendentale. Discorso, Tip. Ferrando, Genova, 38  1877Ricerca se la separazione della Chiesa dallo Stato sia dialettica ovvero sofistica, FSI, VIII, 1877,  XV,  51-68, 153-170. Estr.: Tip. dell'Opinione, Roma 1877, 38  1877Il problema dell'incivilimento, ossia come possano essere conciliate fra loro le dottrine della civiltà nativa di Vico e della civiltà nativa di Romagnosi, FSI, VIII, 1877,  XVI,  335-359. 1877J. M. Hoene Wronski, La psicologia fisica ed iperfisica, commentata da F. Bertinaria, Unione tipografico-editrice, Torino, 128  1878Ricerca se l'odierna società civile progredisca ovvero retroceda, FSI, IX, 1878,  XVIII,  319-338. 1879L'odierno antagonismo sociale. Discorso inaugurale nella Genova, Tip.Martini, Genova, 35  1880Il problema critico esaminato dalla filosofia trascendente, FSI, XI, 1880,  XXII,  241-270. 1882Discorso per l'inaugurazione dei corsi filosofici e letterari nella R. Genova, Tip.Martini, Genova, 22  1886Idee introduttive alla storia della filosofia, RIF, I, 1886,  II,  213-235. Estr.: Tip. della R. Accademia dei Lincei, Roma 1886. 1887Determinazione dell'assoluto. Saggio di filosofia esoterica, «Giornale della Società di letture e conversazioni scientifiche di Genova», X, 1887, II sem.,  301-322. Estr.: Tip. A. Ciminago, Genova 1887, 24  1889Il problema capitale della scolastica risoluto dalla filosofia trascendente. Nota storico-critica, RIF, IV, 1889,  II,  3-23. Estr.: Tip. alle Terme Diocleziane di Giovanni Balbi, Roma 1889, 23  Scritti Bulgarini, G. B., Recensione dell'articolo del prof. F. Bertinaria apparso sulla «Rivista Italiana»: Idee introduttive alla storia della filosofia, «Rosmini», 1887,  I,  295-299. CecchiL., F. Bertinaria. Studio biografico, «Annuario della R. Genova», 1892-1893,  153-176. Estr.:Martini, Genova 1893. CecchiL., Francesco Bertinaria. Commemorazione, Martini, Genova 1893, 28  D'Ercole, P., Notizie biografiche del prof. F. Bertinaria, «Annuario della R. Università degli studi di Torino», 1892-1893. Estr.: Torino 1892, 9  Mamiani, T., Rec. di F. Bertinaria, La dottrina della evoluzione e la filosofia trascendente.Discorso, Genova 1876, FSI, VII, 1876,  XIII,  134-137. Mamiani T., Intorno alla sintesi ultima del sapere e dell'essere. Lettere al professore Bertinaria, FSI, XII, 1881,  XXIII,  3-28, 231-249; XIII, 1882,  XXVI,  84-95. Estr.: Roma 1882. Tolomio,  249-266. Note  Bertinaria, su dif.unige.  Piero Di Giovanni , Un secolo di filosofia italiana attraverso le riviste 1870-1960, FrancoAngeli,  304,  978-88-56-86938-5. Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Francesco Bertinaria  Opere di Francesco Bertinaria, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Biografie  Biografie Letteratura  Letteratura Filosofo del XIX secoloSaggisti italiani del XIX secoloInsegnanti italiani Professore1816 1892 Genova

 

BERTO: Grice: “I like Berto, but then, my first unpublication is on negation and privation! Against my tutee, Sir Peter, I always took Aristotle’s tertium non datur pretty seriously, but the consequentia mirabilis I had to re-label implicature; for, as Tertulliano used to say, ‘Just because it is deaf (ab-surdum), I believe it!” --  Grice: “If Peirce (I lectured on him for years, and deem him my friend) is right that ‘dictum,’ in Roman, is cognate with Hellenic ‘deixis,’ Boezio was too hasty to translate ‘anti-phasis’ as ‘contra-dictio,’ for ‘phrasis’ is indeed Hare’s phrastic, while the dictio can be just a signal – as a spoon casting the shadow of a fork, to use Berto’s genial example!” – Grice: “Berto likes to pose the thing as an x-rhetorical question: che cosa e una contradizione, -- implicaturum: ‘if anything AT ALL!” – “He is friends with Priest, so what can you expect!? J). Francesco Berto (Venezia), filosofo. Laureatosi a Venezia con una tesi su Emanuele Severino, ha conseguito il dottorato presso la stessa università con una tesi sulla dialettica hegeliana. Dopo aver conseguito un post-doc in Filosofia teoretica all'Università degli Studi di Padova è stato Chaire d'Excellence Fellow al CNRS di Parigi, dove ha insegnato Ontologia all'École Normale Supérieure ed è stato membro dell'Istituto di Filosofia della Scienza e della Tecnica della Sorbona. È stato Research Fellow all'Institute for Advanced Study della University of Notre Dame (Indiana, USA). Ha insegnato Logica anche all'Università Ca' Foscari di Venezia e all'Università Vita-Salute San Raffaele. È stato Structural Chair of Metaphysics alla Universiteit van Amsterdam e membro del Northern Institute of Philosophy di Crispin Wright alla University of Aberdeen. Attualmente tiene la Chair of Logic and Metaphysics al dipartimento di Filosofia dell'University of St Andrews ed è Research Chair all'Institute for Logic, Language and Computation alla Universiteit van Amsterdam.  Nel 2007 ha vinto il Premio Filosofico Castiglioncello, nella sezione giovani, con il libro Teorie dell'assurdo. I rivali del Principio di Non-Contraddizione.  Nel  l'Università Ca' Foscari di Venezia gli ha assegnato il Premio Ca'Foscari alla Ricerca di 10.000 euro per giovani ricercatori.  Nel  ha ottenuto dall'AHRCResearch Council di Gran Bretagna un finanziamento di 240.000 sterline per il progetto "The Metaphysical Basis of Logic".  Nel  ha ottenuto dall'European Research Council un finanziamento di 2.000.000 di euro per il progetto "The Logic of Conceivability".  Opere in italiano Logica con i social network, Roma, Carocci,  (con M. Plebani). Che cos'è una contraddizione, Roma, Carocci,  (con L. Bottai). L'esistenza non è logica. Dal quadrato rotondo ai mondi impossibili, Roma-Bari, Laterza, . Tutti pazzi per Gödel. La guida completa al Teorema di Incompletezza, Roma-Bari, Laterza, 2008. Logica da Zero a Gödel, Roma-Bari, Laterza, 2007. Teorie dell'Assurdo. I rivali del Principio di Non-Contraddizione, Roma, Carocci, 2006. Che cos'è la dialettica hegeliana? Un'interpretazione analitica del metodo, Padova, Il Poligrafo, 2005. La Dialettica della struttura originaria, Padova, Il Poligrafo, 2003. Opere in inglese Impossible Worlds, Oxford, Oxford University Press,  (con Mark Jago). Ontology and Metaontology. A Contemporary Guide, London, Bloomsbury,  (con Matteo Plebani). Existence as a Real Property, Dordrecht, Synthèse Library, Springer, . There's Something About Gödel. The Complete Guide to the Incompleteness Theorem, Oxford, Wiley-Blackwell, 2009. How to Sell a Contradiction. The Logic and Metaphysics of inconsistency, London, King's College Publications, 2007. Interventi su riviste Ha pubblicato saggi su varie riviste,: Review of Symbolic Logic, Philosophical Studies, The Philosophical Quarterly, Mind, Proceedings of the Aristotelian Society, Journal of Philosophical Logic, Philosophia Mathematica, Minds and Machines, Synthèse, Erkenntnis, Dialectica, Logique et Analyse, American Philosophical Quarterly, Australasian Journal of Logic, Australasian Journal of Philosophy, European Journal of Philosophy, Metaphysica, The Logica Yearbook, New Waves in Philosophical Logic, The Stanford Encyclopedia of Philosophy, Epistemologia, Teoria, Il Pensiero, Sistemi intelligenti, Iride, Rivista di estetica, Dedalus, Divus Thomas, il Giornale di metafisica.  Note  Comune RosignanoLivorno, su comune.rosignano.livorno. 3 febbraio  19 luglio ).  Università Ca'Foscari di Venezia, su unive. 23 aprile  20 luglio ).  Aberdeen  Amsterdam Archiviato il 12 febbraio  in .  Aberdeen Archiviato il 9 settembre  in .  PhilPapers.org  Stanford Encyclopedia of Philosophy: Dialetheism, su plato.stanford.edu. Stanford Encyclopedia of Philosophy: Impossible Worlds, su plato.stanford.edu. Stanford Encyclopedia of Philosophy: Cellular Automata, su plato.stanford.edu. 23 aprile  23 aprile ).Filosofia Filosofo del XXI secoloLogici italianiAccademici italiani Professore1973 10 luglio VeneziaProfessori dell'Università Ca' FoscariProfessori dell'AmsterdamStudenti dell'Università Ca' Foscari Venezia

 

BETTI.  Emilio Betti Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Nessuna nota a piè di pagina Questa voce o sezione sull'argomento giuristi è priva o carente di note e riferimenti bibliografici puntuali. Sebbene vi siano una bibliografia e/o dei collegamenti esterni, manca la contestualizzazione delle fonti con note a piè di pagina o altri riferimenti precisi che indichino puntualmente la provenienza delle informazioni. Puoi migliorare questa voce citando le fonti più precisamente. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Emilio Betti (Camerino, 20 agosto 1890 – Camorciano di Camerino, 11 agosto 1968) è stato un giurista, storico e accademico italiano, nonché uno dei più eminenti teorici dell'ermeneutica contemporanea[1].   Indice 1Biografia 2Produzione scientifica 2.1Opere 3Note 4               Bibliografia 5Voci correlate 6Collegamenti esterni Biografia Fratello maggiore del poeta e drammaturgo Ugo (più giovane di due anni), si laurea a 21 anni in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Parma, e a 23 anni in Lettere classiche presso l'Università di Bologna (con una tesi sulla Crisi della repubblica e la genesi del principato in Roma).  Insegna per un anno Lettere al Liceo classico di Camerino e nel 1915 vince il concorso per la libera docenza presso l'Università di Parma. Trascorre lunghi periodi di studio all'estero, grazie a diverse borse di studio, nelle più prestigiose università europee (Marburgo, Friburgo e altre).  Nel 1917 diviene professore ordinario all'Università degli Studi di Camerino. In seguito insegna diritto nelle Università degli Studi di Macerata (1918-1922), Pavia (1920), Messina (1922-1925, dove ha tra i suoi allievi Giorgio La Pira e Tullio Segrè), Parma (1925-1926), Firenze (1925-1927), Milano (1928-1947), Roma (1947-1960).  Come Gastprofessor e visiting professor svolge corsi nelle Università di Francoforte sul Meno, Bonn, Gießen, Colonia, Marburgo, Amburgo, Il Cairo, Alessandria d'Egitto, Porto Alegre, Caracas. Betti è stato uno dei più importanti giuristi italiani di tutti i tempi e fu tra i principali artefici del codice civile italiano del 1942 tuttora vigente. Collocato fuori ruolo 1960, emerito dal 1965, è chiamato a insegnare ius romanum alla Pontificia Università Lateranense.  Nel corso della sua attività accademica ha coperto tutti i rami del diritto, in particolare il diritto romano, civile, commerciale e processuale[2]. Nel 1955 ha fondato presso le Università di Roma e di Camerino l'Istituto di Teoria dell'interpretazione. È stato socio corrispondente dell'Accademia dei Lincei e dottore honoris causa delle Università di Marburgo, Porto Alegre e Caracas.  Per il suo sostegno intellettuale al fascismo fin dal 1919, alla Liberazione fu messo agli arresti nel 1944 a Camerino e imprigionato per circa un mese per decisione del CLN[3]. Nell'agosto del 1945 fu sospeso dall'insegnamento e sottoposto a giudizio di epurazione. Il procedimento lo prosciolse da ogni imputazione.  Produzione scientifica Le sue scelte politiche comunque non hanno compromesso il pregio e l'importanza delle sue opere. Le sue opere principali sono: Teoria generale del negozio giuridico, Teoria generale delle obbligazioni, Teoria generale della interpretazione.  Fin dal 1939 fece parte delle commissioni ministeriali che hanno redatto il codice civile del 1942. L'influenza di Betti fu determinante nella soluzione, adottata dal guardasigilli Dino Grandi, dell'abbandono del progetto italo-francese delle obbligazioni e dei contratti del 1927, che negli intenti originari del piano per la nuova codificazione avrebbe dovuto costituire l'attuale quarto libro del codice civile.  Opere Le sue opere sono oltre 300, tra le quali:  Sulla opposizione dell'exceptio sull'actio e sulla concorrenza tra loro (1913). La vindicatio romana primitiva e il suo svolgimento storico nel diritto privato e nel processo (1915). L'antitesi storica tra iudicare (pronuntiatio) e damnare (condemnatio) nello svolgimento del processo romano (1915). Studii sulla litis aestimatio del processo civile romano: I Pavia (1915), III (Camerino, 1919). Sul valore dogmatico della categoria contahere in giuristi proculiani e sabiniani (1916). La restaurazione sullana e il suo esito (Contributo allo studio della crisi della costituzione repubblicana in Roma) (1916). La struttura dell'obbligazione romana e il problema della sua genesi (1919). Il Concetto della obbligazione costruito dal punto di vista dell'azione (1920). Trattato dei limiti soggettivi della cosa giudicata in diritto romano (1922). La tradizione nel diritto romano classico e giustinianeo (1924 - 25). Esercitazioni romanistiche su casi pratici: I, anormalità del negozio giuridico (1930). Diritto romano: parte generale (1935). Diritto processuale civile italiano (II ed. 1936) Teoria generale del negozio giuridico (1943). Interpretazione della legge e degli atti giuridici: teoria generale e dogmatica (1949). Zur Grundlegung einer allgemeinen Auslegungslehre (1954). Teoria generale delle obbligazioni (1953-1955). Teoria generale della interpretazione (1955). Teoria delle obbligazioni in diritto romano (1956). Die Hermeneutik als allgemeine Methodik der Geisteswissenschaften (1962) - trad. it. L'ermeneutica come metodica generale delle scienze dello spirito, Città Nuova, Roma, 1987 Attualità di una teoria generale dell'interpretazione (1967) La crisi della repubblica e la genesi del principato in Roma (tesi di laurea del 1913, pubblicata postuma nel 1982, a cura di G. Crifò). Note ^ La sua dottrina ha costituito oggetto di studio approfondito da parte di Tonino Griffero. ^ Crifò Giuliano, Maestri del Novecento : Emilio Betti : il ruolo del giurista, Milano : Franco Angeli, Ritorno al diritto : i valori della convivenza. Fascicolo 7, 2008. ^ Sull'intervento a suo favore di Giuseppe Ferri, v. S. Truzzi, Stefano Rodotà, l’autobiografia in un’intervista: formazione, diritti, giornali, impegno civile e politica, Il Fatto quotidiano, 24 giugno 2017. Bibliografia Crifò, Giuliano (1978). Emilio Betti. Note per una ricerca, in Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico, 7, 1978, pp. 165-292. Ciocchetti, Mario (1998). Emilio Betti, Giureconsulto e umanista. Belforte del Chienti. Brutti, Massimo (2015). Emilio Betti e l'incontro con il fascismo. Roma Tre-Press. Voci correlate Filosofia del diritto Ermeneutica giuridica Collegamenti esterni Dizionario Biografico, su treccani.it. Controllo di autoritàVIAF (EN) 109887066 · ISNI (EN) 0000 0001 1082 3180 · SBN IT\ICCU\CFIV\070637 · LCCN (EN) n79113001 · GND (DE) 11885139X · BNF (FR) cb121001497 (data) · BNE (ES) XX1205233 (data) · BAV (EN) 495/99257 · WorldCat Identities (EN) lccn-n79113001 Biografie Portale Biografie Diritto Portale Diritto Categorie: Giuristi italiani del XX secoloStorici italiani del XX secoloAccademici italiani del XX secoloNati nel 1890Morti nel 1968Nati il 20 agostoMorti l'11 agostoNati a CamerinoAccademici dei LinceiProfessori della Sapienza - Università di RomaProfessori dell'Università degli Studi di CamerinoProfessori dell'Università degli Studi di FirenzeProfessori dell'Università degli Studi di MacerataProfessori dell'Università degli Studi di MessinaProfessori dell'Università degli Studi di MilanoProfessori dell'Università degli Studi di ParmaProfessori dell'Università degli Studi di PaviaProfessori dell'Università di MarburgoProfessori dell'Università di ViennaStudiosi di diritto romanoStudenti dell'Università degli Studi di ParmaStudenti dell'Università di BolognaStudenti dell'Università di FriburgoStudenti dell'Università di MarburgoStudiosi di diritto civile del XX secoloStudiosi di diritto commercialeStudiosi di diritto processuale civile del XX secolo[altre] Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Betti: Vico ed il circolo dell’implicatura” – The Swimming-Pool Library.

 

Bianco:  Grice: “I like Bianco; he optimistically thinks of ‘morale’ as a ‘scienza’ – but ‘della vita,’ which helps. I have myself explored the topic, and came with a ‘philosophy’ of life, rather!” -- Carlo Bianco (n. Cervinara), filosofo. Ha vissuto per tutta la vita nella città natale, in provincia di Avellino. La sua intensa e appassionata vita di uomo di cultura lo ha portato in giro per tutto il mondo.   Laureato in lettere, filosofia e scienze, docente di filosofia morale all'Trento, fu un seguace del pensiero di Platone e Marcuse. Fondatore della corrente del concretismo, dottrina filosofica che propugna il rispetto di ogni fede religiosa, il credo nell'aldilà e nella vita dopo la morte, ottenne nel 2004 la candidatura al premio Nobel per la letteratura dalle Accademie italiane.  Nel corso della sua carriera ricevette per tre volte il premio della Presidenza del Consiglio dei ministri: nel 1953, nel 1975 e, infine, nel 1995. Accademico di Francia, membro della Columbia Academy, nella sua lunga attività letteraria conseguì diversi diplomi e riconoscimenti. Nel 2003 vinse il premio "Elsa Morante" che gli venne consegnato da Maurizio Costanzo e Dacia Maraini. Il sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino gli conferì la medaglia d'oro quale miglior ambasciatore della Campania nel mondo. Bianco, infatti, era un valente conoscitore di lingue straniere, compresi alcuni dialetti. Conosceva molti dialetti di paesi africani, che aveva avuto modo di apprendere nei suoi frequenti viaggi; aveva conseguito, inoltre, una laurea in scienze coloniali. L'Università Latina di Parigi gli conferì una laurea honoris causa in lettere.  Un saggio biografico del 2001 e una raccolta di poesie curata da Alfredo Marro, direttore del Caudino (mensile cervinarese col quale il filosofo ha a lungo collaborato), si occupano del filosofo cervinarese. Nell'autunno , Franco Martino gli dedicò una poesia dal titolo "A Carlo Bianco" nel suo libro Paese mio carissimo.  Bianco morì il 9 aprile  a 99 anni mentre stava lavorando su un testo di Tommaso d'Aquino. Il 29 ottobre  la città di Cervinara gli ha dedicato una piazza nella natia frazione dei Salomoni.  Opere Introduzione a Kant, Edizione La nuova Italia letteraria, Bergamo, 1959. Saggio di filosofia dello spirito, Editrice La Zagara, 1960. L'Uomo sui confini dell'ignoto, Edizioni centro ricerche Biopsichiche, Padova, 1966. La morale come scienza della vita, Edizioni Studi e ricerche, Catania, 1968. La morale come scienza della vita, Edizione Studi e Ricerche Catania, 1968. Tempi di Sofistica, Edizioni studi e ricerche, Catania, 1968. Pensieri, Vincenzo Ursini Editore, Catanzaro, 1990. L'uomo, l'inconoscibile, Edizioni Scientifiche Internazionale, Napoli, 1996. La vita davanti a voi, Casa Editrice Fausto Fiorentino, 1999. Note  Vedi Cervinara commemora Carlo Bianco articolo de la Repubblica, 3 settembre , Sezione Napoli, Archivio storico.  Vedi È morto Carlo Bianco avvocato e candidato al Nobel nel 2006 articolo de la Repubblica, 11 aprile , Sezione Napoli, Archivio storico.  Alfredo Marro, Un gigante del pensiero, Edizioni Il Caudino, Cervinara 2001. Alfredo Marro, Biografie cervinaresi, Edizioni Il Caudino, Cervinara 2004. Alfredo Marro, Frammenti di un'animapoesie scelte di Carlo Bianco, Edizioni Il Caudino, Cervinara 2006. Filomena Stanzione, Carlo Bianco nella Cultura Caudina, Casa Editrice Fausto Fiorentino, Rotondi 2000.  Carlo Bianco, poeta della fede e del dolore biografia e  nel sito "carlobianco.blogspot". Filosofia Categorie: Avvocati italiani del XX secoloFilosofi italiani del XX secoloLetterati italiani 1911  25 luglio 9 aprile Cervinara Cervinara

 

bobbio: Grice: “My favourite Bobbio must be his ‘dialettica’ – he knows all about it, since he is into the Plato/Aristotle models that run most philosophy – some think there is a third model at play – but …” – “Bobbio is a good one; like me, he is a philosophical cartographer – into the longitudinal and latitudinal unity of philosophy – even if he can be picky when it comes to the longitudinal: Italian only, and uncanonical, like Cattaneo, Gramsci, Croce, … -- Especially Cattaneo!” Grice: “Bobbio – this is the philosopher, not the infantry general – is a Griceian in that ‘fiducia reciproca’ becomes an essential meta-goal; he has been involved with the dispute naturalism/positivism, and has come with some interesting points about the ‘regole del gioco’ – and whether ‘custom’ can be a ‘normative fact’!” – “All in all, his philosophy is about trying to look for an answer to what I deem the fundamental question regarding rational co-operation – His appeal to philosophical biology or zoology is interesting – Toby trusts Tibby, the squarrels, as Jack trusts Jill and vice versa – but does a ‘lupus’ trust a ‘lupus’? Hobbes, who didn’t know the first thing about zoology, philosophical or other – thought so!” Essential Italian philosopher, who’s written on Fregeian sense ‘senso,’the need for sensethe search for sense, meaning meaning.  «Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze.»  (Norberto Bobbio, Invito al colloquio, in Politica e cultura, Einaudi, Torino 195515.) Norberto Bobbio (Torino) filosofo, giurista, politologo, storico e senatore a vita italiano.  Considerato «al tempo stesso il massimo teorico del diritto e il massimo filosofo [italiano] della politica […] nella seconda metà del Novecento», fu «sicuramente quello che ha lasciato il segno più profondo nella cultura filosofico-giuridica e filosofico-politica e che più generazioni di studiosi, anche di formazione assai diversa, hanno considerato come un maestro». Bobbio nacque a Torino il 18 ottobre 1909 da Luigi (medico) e Rosa Caviglia.  Una condizione familiare agiata gli permise un'infanzia serena. Il giovane Norberto scrive versi, ama Bach e la Traviata, ma svilupperà, per causa di una non ben determinata malattia infantile «la sensazione della fatica di vivere, di una permanente e invincibile stanchezza» che si aggravò con l'età, traducendosi in un taedium vitae, in un sentimento malinconico, che si rivelerà essenziale per la sua maturazione intellettuale.  Studiò prima al Ginnasio e poi al Liceo classico Massimo D'Azeglio dove conoscerà Leone Ginzburg, Vittorio Foa e Cesare Pavese, poi divenute figure di primo piano della cultura dell'Italia repubblicana. Dal 1928, come molti giovani dell'epoca, fu infine iscritto al Partito Nazionale Fascista.  La sua giovinezza, come da lui stesso descritto fu: "vissuta tra un convinto fascismo patriottico in famiglia e un altrettanto fermo antifascismo appreso nella scuola, con insegnanti noti antifascisti, come Umberto Cosmo e Zino Zini, e compagni altrettanto intransigenti antifascisti come Leone Ginzburg e Vittorio Foa".  Allievo di Gioele Solari e Luigi Einaudi, si laureò in Giurisprudenza l'11 luglio 1931 con una tesi intitolata Filosofia e dogmatica del Diritto, conseguendo una votazione di 110/110 e lode con dignità di stampa. Nel 1932 seguì un corso estivo all'Marburgo, in Germania, insieme a Renato Treves e Ludovico Geymonat, ove conoscerà le teorie di Jaspers e i valori dell'esistenzialismo. L'anno seguente, nel dicembre 1933, conseguì la laurea in Filosofia sotto la guida di Annibale Pastore con una tesi sulla fenomenologia di Husserl, riportando un voto di 110/110 e lode con dignità di stampa, e nel 1934 ottenne la libera docenza in Filosofia del diritto, che gli aprì le porte nel 1935 all'insegnamento, dapprima all'Camerino, poi all'Siena e a Padova (dal 1940 al 1948). Nel 1934 pubblicò il primo libro, L'indirizzo fenomenologico nella filosofia sociale e giuridica. Le sue frequentazioni sgradite al regime gli valsero, il 15 maggio 1935, un primo arresto a Torino, insieme agli amici del gruppo antifascista Giustizia e Libertà; fu quindi costretto, a seguito di una intimazione a presentarsi davanti alla Commissione provinciale della Prefettura per discolparsi, a inoltrare esposto a Benito Mussolini. La chiara reputazione fascista di cui godeva la famiglia gli permise però una piena riabilitazione, tanto che, pochi mesi dopo, con il richiesto intervento di Mussolini e di Gentile, ottenne la cattedra di filosofia del diritto a Camerino, che era occupata da un altro ordinario ebreo, espulso a seguito delle leggi razziali. Dopo un diniego iniziale a causa dell'arresto di tre anni prima, fu reintegrato grazie all'intervento di Emilio De Bono, amico di famiglia, mentre era presidente di commissione il cattolico e dichiarato antifascista Giuseppe Capograssi.  È in questi anni che Norberto Bobbio delineò parte degli interessi che saranno alla base della sua ricerca e dei suoi studi futuri: la filosofia del diritto, la filosofia contemporanea e gli studi sociali, uno sviluppo culturale che Bobbio vive contemporaneamente al contesto politico temporale. Un anno dopo le leggi razziali, infatti, esattamente il 3 marzo 1939, giurò fedeltà al fascismo per poter ottenere la cattedra all'Siena. E rinnovò il giuramento nel 1940, a guerra dichiarata, per prendere il posto del professor Giuseppe Capograssi, a sua volta insediatosi nel 1938 nella cattedra del professor Adolfo Ravà estromesso dall'Padova perché ebreo. Questo episodio della sua vitaspesso riportato come se Bobbio avesse preso direttamente il posto di Ravàfu poi oggetto di svariate polemiche.  Nel '42, un giovane Bobbio affermò davanti alla Società Italiana di Filosofia del Diritto che Capograssi crebbe in «quel rinascimento idealistico del XX secolo, nel nostro campo di studi iniziato, stimolato, e, quel ch'è di più, criticamente fondato da Giorgio Del Vecchio». Nel 1942 partecipò al movimento liberalsocialista fondato da Guido Calogero e Aldo Capitini e, nell'ottobre dello stesso anno, aderì al Partito d'Azione clandestino.  Nei primi mesi del 1943 respinse l'"invito" del ministro Biggini (che poco dopo redasse, su impulso di Mussolini, la costituzione della Repubblica di Salò) a partecipare a una cerimonia presso l'Padova durante la quale si sarebbe dedicata una lampada votiva da collocare al sacrario dei caduti della rivoluzione fascista nel cimitero della città.  Nel 1943 sposò Valeria Cova: dalla loro unione nacquero i figli Luigi, Andrea e Marco. Il 6 dicembre del 1943 fu arrestato a Padova per attività clandestina e rimase in carcere per tre mesi. Nel 1944 venne pubblicato il saggio La filosofia del decadentismo, nel quale criticò l'esistenzialismo e le correnti irrazionalistiche, rivendicando al contempo le esigenze della ragione illuministica.  Dopo la liberazione collaborò regolarmente con Giustizia e Libertà, quotidiano torinese del Partito d'azione, diretto da Franco Venturi. Collaborò all'attività del Centro di studi metodologici con lo scopo di favorire l'incontro tra cultura scientifica e cultura umanistica, e poi con la Società Europea di Cultura.  Nel 1945 pubblicò un'antologia di scritti di Carlo Cattaneo, col titolo Stati uniti d'Italia, premettendovi uno studio, scritto tra la primavera del 1944 e quella del 1945 dove sosteneva che il federalismo come unione di stati diversi era da considerarsi superato dopo l'avvenuta unificazione nazionale.  Il federalismo a cui pensava Bobbio era quello inteso come "teorica della libertà" con una pluralità di centri di partecipazione che potessero esprimersi in forme di moderna democrazia diretta.  Nel 1948 lasciò l'incarico a Padova e venne chiamato alla cattedra di filosofia del diritto dell'Torino, annoverando corsi di notevole importanza come Teoria della scienza giuridica (1950), Teoria della norma giuridica (1958), Teoria dell'ordinamento giuridico (1960) e Il positivismo giuridico (1961).  Dal 1962 assunse l'incarico di insegnare scienza politica, che ricoprirà sino al 1971; fu tra i fondatori della odierna facoltà di Scienze politiche all'Torino insieme con Alessandro Passerin d'Entrèves, al quale subentrò nella cattedra di filosofia politica nel 1972 mantenendola fino al 1979 anche per l'insegnamento di Filosofia del diritto e Scienza politica. Dal 1973 al 1976 divenne preside della facoltà ritenendo che mentre gli incarichi accademici fossero «onerosi e senza onori» era l'insegnamento l'attività principale della sua vita: «un abito e non solo una professione».  La politica, del resto, divenne via via un tema fondamentale nel suo percorso intellettuale e accademico, e parallelamente alla pubblicazioni di carattere giuridico, aveva avviato un dibattito con gli intellettuali del tempo; nel 1955 aveva scritto Politica e cultura, considerato una delle sue pietre miliari, mentre nel 1969 era uscito il libro Saggi sulla scienza politica in Italia.  Nei venticinque anni accademici all'ombra della Mole Antonelliana, Bobbio svolse anche diversi tra corsi su Kant, Locke, lavori su Hobbes e Marx, Hans Kelsen, Carlo Cattaneo, Hegel, Vilfredo Pareto, Gaetano Mosca, Piero Gobetti, Antonio Gramsci, e contribuì con una pluralità di saggi, scritti, articoli e interventi di grande rilievo che lo portarono, in seguito a diventare socio dell'Accademia dei Lincei e della British Academy. Divenuto condirettore con Nicola Abbagnano della Rivista di filosofia a partire dal '53, fu come questi socio dell'Accademia delle Scienze di Torino, della quale entrò a far parte il 9 marzo dello stesso anno per essere confermato socio nazionale e residente dal 26 aprile 1960.  Significativa la collaborazione, sul tema pacifista, col filosofo e amico antifascista Aldo Capitini, le cui riflessioni comuni sfoceranno nell'opera I problemi della guerra e le vie della pace (1979). Nel 1953 partecipò alla lotta condotta dal movimento di Unità Popolare contro la legge elettorale maggioritaria e nel 1967 alla Costituente del Partito Socialista Unificato. Nel tempo delle contestazioni giovanili, Torino fu la prima città a farsi carico della protesta, e Bobbio, fautore del dialogo, non si sottrasse a un difficile confronto con gli studenti, tra i quali il suo stesso primogenito Luigi che militava all'epoca in Lotta Continua. Nel contempo, venne anche incaricato dal Ministero per la Pubblica Istruzione quale membro della Commissione tecnica per la creazione della facoltà di sociologia di Trento.   Guido Calogero e Norberto Bobbio alla Rencontres internationales de Genève (settembre 1953). Nel 1971 Bobbio fu tra i firmatari della lettera aperta pubblicata sul settimanale L'Espresso sul caso Pinelli. Nel 1998 Norberto Bobbio in una lettera indirizzata ad Adriano Sofri pubblicata su La Repubblica ripudiò il tono del linguaggio utilizzato nell'appello ma senza ritrattarne l'adesione al contenuto di critica sui fatti legati a Piazza Fontana.  Il 14 febbraio 1972 scrivendo a Guido Fassò intorno al problema democratico, Bobbio si sfogava sostenendo che «questa nostra democrazia è divenuta sempre più un guscio vuoto, o meglio un paravento dietro cui si nasconde un potere sempre più corrotto, sempre più incontrollato, sempre più esorbitante [...] Democrazia di fuori, nella facciata. Ma dietro la tradizionale prepotenza dei potenti che non sono disposti a rinunciare nemmeno a un'oncia del loro potere, e lo mantengono con tutti i mezzi, prima di tutto con la corruzione [...] La democrazia non è soltanto metodo, ma è anche un ideale: è l'ideale egualitario. Dove questo ideale non ispira i governanti di un regime che si proclama democratico, la democrazia è un nome vano. Io non posso separare la democrazia formale da quella sostanziale. Ho il presentimento che dove c'è soltanto la prima un regime democratico non è destinato a durare [...] Sono molto amaro, amico mio. Ma vedo questo nostro sistema politico sfasciarsi a poco a poco [...] a causa delle sue interne, profonde, forse inarrestabili degenerazioni».[25]  A metà degli anni settanta, nel solco di un sempre più vivace impegno civile, e alle soglie di uno dei periodi più drammatici in Italia (culminato col rapimento e l'omicidio di Aldo Moro), provocò un vivace dibattito sia negando l'esistenza di una cultura fascista sia trattando estensivamente sui rapporti tra democrazia e socialismo.  L'8 maggio 1981, alla vigilia dei referendum sull'aborto, rilascia un'intervista al Corriere della Sera nella quale afferma la sua contrarietà all'interruzione della gravidanza [26]  Successivamente la sua attenzione si concentrò a favore di una "politica per la pace", con motivati distinguo a sostegno del diritto internazionale in occasione della Guerra del Golfo del 1991.  Delle venticinque lettere inedite che fanno parte della corrispondenza epistolare che Bobbio tenne con Danilo Zolo e che ora sono state rese pubbliche nel volume L'alito della libertà, a cura dello stesso Zolo, interessante quella del 25 febbraio 1991 riguardante la "Guerra del Golfo" che vide protagonisti nel gennaio del 1991 gli Stati Uniti di George Bush senior, le forze dell'ONU e vari paesi arabi alleati contro l'Iraq di Saddam Hussein che aveva invaso il Kuwait. Bobbio definì "giusta" questa guerra non rendendosi conto che quella parola «... poteva essere interpretata in modo diverso da come l'avevo intesa io... come guerra "giustificata" in quanto rispondente a un'aggressione.» Bobbio quindi si lamentò delle polemiche nate al riguardo da parte di "pacifisti da strapazzo". Il fatto che l'ONU, scrisse Bobbio, avesse autorizzato l'intervento in guerra contro l'Iraq, la rendeva "legale", in questo senso, "giusta".  Bobbio però riconobbe che l'ONU fosse stato successivamente, nel corso della guerra, messo da parte e gli "spietati bombardamenti" su Baghdad hanno fatto sì che si possa temere che «...se la pace sarà instaurata con la stessa mancanza di saggezza con cui è stata condotta la guerra, anche questa guerra sarà stata, come tante altre inutile.» Nel 1979 fu nominato professore emerito dell'Torino e nel 1984, ai sensi del secondo comma dell'articolo 59 della Costituzione italiana, avendo «illustrato la Patria per altissimi meriti» in campo sociale e scientifico, fu nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini. In quanto membro del Senato si iscrisse prima come indipendente nel gruppo socialista, poi dal 1991 al gruppo misto ed infine dal 1996 al gruppo parlamentare del Partito Democratico della Sinistra, poi divenuto dei Democratici di Sinistra.[27]   Norberto Bobbio e Natalia Ginzburg a Barolo per festeggiare gli ottant'anni di Vittorio Foa (4 ottobre 1990).[28] Nel 1994, dopo la stagione di mani pulite, e la cosiddetta fine della Prima Repubblica, venne pubblicato il saggio Destra e sinistra, i cui contenuti provocarono un notevole dibattito culturale, agitando non poco l'humus della politica italiana. Il libro toccò le cinquecentomila copie vendute in pochi mesi e venne ripubblicato l'anno successivo, riveduto e ampliato, con risposte ai critici.  A riconoscimento di un'intera vita lucidamente dedicata alle scienze del diritto, della politica, della filosofia e della società, tra dubbio e metodo, tra ethos e laicità, Bobbio ricevette lauree honoris causa da molte università, tra le quali quelle di Parigi (Nanterre), Buenos Aires, Madrid (tre, in particolare alla Complutense) e Bologna,[29] e vinse il Premio europeo Charles Veillon per la saggistica nel 1981, il Premio Balzan del 1994,[30] ed il Premio Agnelli nel 1995.  Nel 1997 pubblicò la sua autobiografia. Nel 1999 uscì una terza edizione aggiornata del suo best seller, ormai tradotto in una ventina di lingue. Nel 2001 morì la moglie Valeria, e Bobbio iniziò un graduale ritiro dalla vita pubblica, pur rimanendo in attività e curando ulteriori pubblicazioni. Fecero rumore le sue osservazioni critiche sia nei confronti di Silvio Berlusconi sia della partitopenia (ossia mancanza di partiti)[31], e le riflessioni sulla crisi della sinistra e della socialdemocrazia europea. Il 18 ottobre 2003, ricevette il "Sigillo Civico" della sua Torino "per l'impegno politico e il contributo alla riflessione storica e culturale".  Dopo avervi trascorso la maggior parte della vita, Norberto Bobbio morì a Torino il 9 gennaio 2004. Secondo le sue volontà, alcuni giorni dopo la morte, la salma venne tumulata, con una cerimonia civile strettamente privata nel cimitero di Rivalta Bormida, comune piemontese in provincia di Alessandria.[32][33] Il pensiero di Norberto Bobbio si forma nei primi decenni del Novecento in una temperie filosofica dominata dell'idealismo. Tuttavia, come molti studiosi torinesi, non abbraccia mai questa visione del mondo: dopo un primo accostamento alla fenomenologia, significativamente attestato dalle sue opere sulla filosofia di Husserl, si avvicina al filone neorazionalista e neoempirista fiorito in Europa, specialmente oltralpe in Germania ed attorno al Circolo di Vienna.  Negli anni quaranta e cinquanta Bobbio entra in contatto con la filosofia analitica di tradizione anglosassone. Compie studi di analisi del linguaggio, tracciando le prime linee di ricerca della scuola analitica italiana di filosofia del diritto, di cui è ancora oggi riconosciuto figura eminente di riferimento. Al riguardo vanno menzionati perlomeno i due saggi: Scienza del diritto e analisi del linguaggio del 1950[34] e Essere e dover essere nella scienza giuridica del 1967[35].  Dedica studi specifici a Hobbes, a Pareto e a molti filosofi e teorici della politica di cui già s'è detto. Vede nell'Illuminismo un modello di rigore e di rifiuto del dogmatismo di cui riprende l'ideale razionalistico, traducendolo anche nell'analisi del sistema democratico e parlamentare. Sino dagli anni cinquanta si occupa di temi quali la guerra e la legittimità del potere, dividendo la sua produzione tra la filosofia giuridica, la storia della filosofia e i temi di attualità politica.  Durante gli ultimi anni del fascismo, Bobbio matura la convinzione della necessità di uno Stato democratico, che sgombri il campo dal pericolo della politica ideologizzata e delle ideologie totalitarie sia di destra che di sinistra; auspica una gestione laica della politica e un approccio filosofico-culturale ad essa, che aiuti a superare la contrapposizione fra capitalismo e comunismo e a promuovere la libertà e la giustizia.  Nel saggio Quale socialismo? (1976), Bobbio critica sia la dialettica marxista sia gli obiettivi dei movimenti rivoluzionari, sostenendo che le conquiste borghesi dovevano estendersi anche alla classe dei proletari. Bobbio ritiene fallimentare solo l'esperienza marxista-leninista, mentre prevede che le istanze di giustizia rivendicate dai marxisti possano, in futuro, riaffiorare nel panorama politico.  Il pensiero di Bobbio diviene così, soprattutto tra gli intellettuali dell'area socialista, un modello esemplare, grazie al suo 'sapere impegnato', certamente «più preoccupato di seminare dubbi che di raccogliere consensi». Egli stesso riprenderà la riflessione su un tema a lui caro, quello del rapporto tra politica e cultura, proponendo, tra le pagine di Mondoperaio, una «autonomia relativa della cultura rispetto alla politica» secondo la quale «la cultura non può né deve essere ridotta integralmente alla sfera del politico».  Nel 1994 esce l'opera Destra e sinistra, nella quale Bobbio focalizza le differenze fra le due ideologie e i due indirizzi politico-sociali; la destra, secondo l'autore, è caratterizzata dalle tendenze alla disuguaglianza, al conservatorismo ed è ispirata da interessi, mentre la sinistra persegue l'uguaglianza, la trasformazione, ed è sospinta da ideali. In quest'opera, Bobbio si esprime anche in favore dei diritti animali[36].  Nell'opera L'età dei diritti (1990), Bobbio individua i diritti fondamentali che consentono lo sviluppo di una democrazia reale e di una pace giusta e duratura. Una partecipazione collettiva e non coercitiva alle decisioni comunitarie, una contrattazione delle parti, l'allargamento del modello democratico a tutto il mondo, la fratellanza fra gli uomini, il rispetto degli avversari, l'alternanza senza l'ausilio della violenza, una serie di condizioni liberali, vengono indicati da Bobbio come capisaldi di una democrazia, che seppur cattiva, è preferibile ad una dittatura.  Per tutta la vita scrittore di numerosissimi articoli, anche tramite interviste, Norberto Bobbio incarna l'ideale della filosofia critica e militante che lo vede protagonista anche del Centro di studi metodologici di Torino e tra i fondatori del Centro studi Piero Gobetti di Torino che conserva la sua biblioteca e il suo archivio, «Mi ritengo un uomo del dubbio e del dialogo. Del dubbio, perché ogni mio ragionamento su una delle grandi domande termina quasi sempre, o esponendo la gamma delle possibili risposte, o ponendo ancora un'altra grande domanda. Del dialogo, perché non presumo di sapere quello che non so, e quello che so metto alla prova continuamente con coloro che presumo ne sappiano più di me.»  (Norberto Bobbio, Elogio della mitezza, Linea d'ombra edizioni, Milano 19948.) Contrario alla figura dell'intellettuale «Profeta»[37], preferendo il ruolo del «Mediatore» impegnato «nella difficile arte del dialogo» (e ciò è anche testimoniato dal colloquio intrattenuto con i marxisti per un riesame critico del loro «dogmatismo e settarismo» che coinvolse anche Togliatti)[38][39][40], il suo atteggiamento teoretico fu segnato da una positiva «ambivalenza» fra una posizione realista e una idealista che non rifuggiva le complessità del discorso, ricorrendo sovente al paradosso. Ciò gli valse, in virtù dell'amore per il dibattito che consideri «il pro e il contro» di ogni questione[41], la qualifica di filosofo «de la indecisión» (Rafael de Asís Roig)[41][42], giacché ogni suo «ragionamento su una delle grandi domande [si concludeva] quasi sempre, o esponendo la gamma delle possibili risposte, o ponendo ancora un'altra grande domanda».[43] Nell'ultimo libro che raccoglie saggi, scritti e testimonianze su maestri, amici ed allievi, Bobbio comincia ricordando i tre maestri Francesco Ruffini, Piero Martinetti e Tommaso Fiore. L'elenco degli amici è lungo e annovera compagni di studio come Antonino Repaci[44][45] come Renato Treves e Ludovico Geymonat e colleghi come Nicola Abbagnano, Bruno Leoni, Alessandro Passerin d'Entrèves e Giovanni Tarello. Bobbio ricorda poi gli allievi Paolo Farneti, Morris Lorenzo Ghezzi, Amedeo Giovanni Conte, Uberto Scarpelli che, come Bobbio stesso scrive, nel 1972 fu naturaliter suo successore a Torino sulla cattedra di Filosofia del diritto.  Traggono ispirazione dal pensiero di Bobbio le "lezioni Bobbio", svoltesi nel 2004, e la manifestazione "Biennale Democrazia" di Torino. Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola della cultura e dell'artenastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola della cultura e dell'arte — Roma, 2 giugno 1966.[46] Gran Croce del Merito Civilenastrino per uniforme ordinariaGran Croce del Merito Civile — Roma, 10 febbraio 1984. Laurea honoris causa in Scienze Politichenastrino per uniforme ordinaria Laurea honoris causa in Scienze Politiche — Università degli Studi di Sassari, 5 maggio 1994. Onorificenza dell'Ordine Messicano Aquila Aztecanastrino per uniforme ordinaria Onorificenza dell'Ordine Messicano Aquila Azteca — Torino, 21 novembre 1994. Intitolazioni A Norberto Bobbio è stata intitolata la biblioteca dell'Torino, sita in Lungo Dora Siena, 100 A.  Gli è stato inoltre intitolato un istituto di istruzione superiore a Carignano, nella provincia di Torino, denominato appunto "I.I.S Norberto Bobbio".  A lui è intitolata la biblioteca civica di Rivalta Bormida, paese natale della madre Rosa Caviglia.[47]  Opere Per una più completa , si rinvia a Carlo Violi,  degli scritti di Norberto Bobbio 1934-1993, Roma-Bari, Laterza, 1995,  978-88-420-4778-0.  Norberto Bobbio, L'indirizzo fenomenologico nella filosofia sociale e giuridicaDi Lucia, Torino, Giappichelli,  [1934],  978-88-921-0936-0. Norberto Bobbio, Scienza e tecnica del diritto, Torino, Istituto giuridico della Regia Università, 1934,  . Norberto Bobbio, L'analogia nella logica del dirittoDi Lucia, Milano, Giuffrè, 2006 [1938],  978-88-14-13218-6. Norberto Bobbio, La consuetudine come fatto normativo, introduzione diGrossi, Torino, Giappichelli,  [1942],  978-88-348-1745-2. Norberto Bobbio, La filosofia del decadentismo, Torino, Chiantore, 1944,  . Carlo Cattaneo e Norberto Bobbio, Stati Uniti d'Italia. Scritti sul federalismo democratico, prefazione di N. Urbinati, Roma, Donzelli,  [1945],  978-88-6036-505-7. Norberto Bobbio, Teoria della scienza giuridica, Torino, Giappichelli, 1950,  . Norberto Bobbio, Politica e cultura, introduzione e cura di F. Sbarberi, Torino, Einaudi, 2005 [1955],  978-88-06-17292-3. Norberto Bobbio, Studi sulla teoria generale del diritto, Torino, Giappichelli, 1955,  . Norberto Bobbio, Teoria della norma giuridica, Torino, Giappichelli, 1958,  . Norberto Bobbio, Teoria dell'ordinamento giuridico, Torino, Giappichelli, 1960,  . I corsi di lezione sulla norma e sull'ordinamento giuridico sono stati rifusi in Norberto Bobbio, Teoria generale del diritto, Torino, Giappichelli, 1993,  88-348-3071-7. Norberto Bobbio, Il positivismo giuridico, Lezioni di Filosofia del diritto raccolte dal dott. Nello Morra, Torino, Giappichelli, 1996 [1961],  88-348-6167-1. Norberto Bobbio, Locke e il diritto naturale, introduzione di Gaetano Pecora, Torino,  [1963],  978-88-921-0945-2. Norberto Bobbio, Da Hobbes a Marx. Saggi di storia della filosofia, 2ª ed., Napoli, Morano, 1971 [1964],  . Norberto Bobbio, Italia civile. Ritratti e testimonianze, 2ª ed., Firenze, Passigli, 1986 [1964],  978-88-368-0315-6. Norberto Bobbio, Giusnaturalismo e positivismo giuridico, prefazione di L. Ferrajoli, 4ª ed., Roma-Bari, Laterza,  [1965],  978-88-420-8668-0. Norberto Bobbio, Profilo ideologico del Novecento italiano, in Storia della letteratura italiana, 9 voll., direttori E. Cecchi e N. Sapegno,  9 (Il Novecento), Milano, Garzanti, 1965-69,  105-200,  . Ristampato come opera a sé stante, per Einaudi, nel 1986 ( 88-06-59313-7), quindi, nuovamente per Garzanti, nel 1990 ( 88-11-67410-7). Norberto Bobbio, Saggi sulla scienza politica in Italia, 2ª ed., Roma-Bari, Laterza, 2005 [1969],  978-88-420-6387-2. Norberto Bobbio, Diritto e Stato nel pensiero di Emanuele Kant, lezioni raccolte dallo studente Gianni Sciorati, 2ª ed., Torino, Giappichelli, 1969 [1957],  . Norberto Bobbio, Una filosofia militante. Studi su Carlo Cattaneo, Torino, Einaudi, 1971,  . Norberto Bobbio, La teoria delle forme di governo nella storia del pensiero politico, anno accademico 1975-76, Torino, Giappichelli, 1976,  978-88-348-0525-1. Norberto Bobbio, Quale socialismo? Discussione di un'alternativa, 5ª ed., Torino, Einaudi, 1977,  . Norberto Bobbio, Il problema della guerra e le vie della pace, 4ª ed., Bologna, Il Mulino, 2009 [1979],  978-88-15-13300-7. Norberto Bobbio, Studi hegeliani. Diritto, società civile, Stato, Torino, Einaudi, 1981,  . Norberto Bobbio, Le ideologie e il potere in crisi. Pluralismo, democrazia, socialismo, comunismo, terza via e terza forza, Firenze, Le Monnier, 1981,  88-00-84034-5. Norberto Bobbio, Il futuro della democrazia. Una difesa delle regole del gioco, Torino, Einaudi, 1984,  88-06-57547-3. Norberto Bobbio, Maestri e compagni, 3ª ed., Firenze, Passigli, 1994 [1984],  88-368-0309-1. Norberto Bobbio, Il terzo assente. Saggi e discorsi sulla pace e sulla guerra, 2ª ed., Casale Monferrato, Sonda,  [1989],  978-88-7106-007-1. Norberto Bobbio, Thomas Hobbes, Torino, Einaudi, 2004 [1989],  978-88-06-16968-8. Norberto Bobbio, L'età dei diritti, Torino, Einaudi,  [1990],  978-88-06-22343-4. Norberto Bobbio, Il dubbio e la scelta. Intellettuali e potere nella società contemporanea, Roma, Carocci, 2001 [1993],  88-430-1838-8. Norberto Bobbio, Elogio della mitezza e altri scritti morali, Milano, Il Saggiatore,  [1994],  978-88-428-1882-3. Norberto Bobbio, Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica, edizione del ventennale con una introduzione di M.L. Salvadori e due commenti vent'anni dopo di D. Cohn-Bendit e di M. Renzi, Roma, Donzelli,  [1994],  978-88-6843-262-1. Norberto Bobbio, Tra due repubbliche. Alle origini della democrazia italiana, con una nota storica di T. Greco, Roma, Donzelli, 1996,  978-88-7989-211-7. Norberto Bobbio, Eguaglianza e libertà, Torino, Einuadi, 2009 [1995],  978-88-06-19868-8. Norberto Bobbio, De senectute e altri scritti autobiograficiPolito, prefazione di G. Zagrebelsky, Torino, Einaudi, 2006 [1996],  978-88-06-18493-3. Norberto Bobbio, Né con Marx né contro Marx, C. Violi, Roma, Editori Riuniti,  [1997],  978-88-6473-197-1. Norberto Bobbio, Autobiografia, A. Papuzzi, 3ª ed., Roma-Bari, Laterza,  [1997],  978-88-420-5752-9. Norberto Bobbio, Teoria generale della politica, M. Bovero, Torino, Einaudi, 2009 [1999],  978-88-06-19985-2. Norberto Bobbio, Trent'anni di storia della cultura a Torino (1920-1950), introduzione di A. Papuzzi, Torino, Einaudi, 2002 [1977],  88-06-16250-0. Norberto Bobbio e Maurizio Viroli, Dialogo intorno alla repubblica, Roma-Bari, Laterza, 2003 [2001],  978-88-420-6953-9. Norberto Bobbio, Liberalismo e Democrazia, introduzione di F. Manni, Milano, Simonelli, 2006 [1985],  978-88-9320-148-3. Norberto Bobbio, Contro i nuovi dispotismi. Scritti sul berlusconismo, premessa di E. Marzo, postfazione di F. Sbarberi, Bari, Dedalo, 2008,  978-88-220-5508-8. Norberto Bobbio, Etica e politica. Scritti di impegno civile, progetto editoriale e saggio introduttivo di M. Revelli, Mondadori,  [2009],  978-88-04-63388-4. Note  Premio "Artigiano della Pace"giovanipace.sermig.org, su giovanipace.sermig.org. 3 dicembre  (archiviato dall'url originale l'8 dicembre ).  Premi e riconoscimenti a Norberto Bobbiocentenariobobbio, su centenariobobbio. 3 dicembre  12 settembre ).  Fondazione Internazionale BalzanPremiati: Norberto Bobbiobalzan.org  Hegel-Preis der Landeshauptstadt StuttgartStadt Stuttgart: Bisherige Preisträgerstuttgart.de  Luigi Ferrajoli, L'itinerario di Norberto Bobbio: dalla teoria generale del diritto alla teoria della democrazia , in Teoria politica, n. 3, 2004127. 4 luglio .  N. Bobbio, seconda tavola fuori testo.  Scrive Bobbio: «[Fui] esonerato, per mia vergogna, dalle ore di ginnastica per una malattia infantile restata, almeno per me, misteriosa». (Norberto Bobbio, De senectute, Einaudi, Torino 1996,  27, 31 e passim)  Fondo Norberto BobbioL'Inventario: Stanza studio Bobbio (SB)centrogobetti , su centrogobetti, 213-214. 4 dicembre .  N. Bobbio18.  Cesare Maffi, Massimo Bontempelli: punito da fascisti e antifascisti, in ItaliaOggi, n. 206, 1º settembre 11.  Nello Ajello, Una vita per la democrazia nel secolo delle dittature, su ricerca.repubblica, 10 gennaio 2004. 10 luglio  (archiviato il 10 luglio ).  Anna Pintore, RAVÀ, Adolfo Marco, in Dizionario biografico degli italiani,  86, Torino, Treccani, . 28 aprile .  A puro titolo d'esempio si veda Diego Gabutti, Norberto Bobbio non esitò a occupare la cattedra del professore ebreo Adolfo Ravà, cacciato dall'università per motivi razziali, in ItaliaOggi, 31 maggio 13. 28 aprile .  Francesco Gentile, Società italiana di filosofia del diritto (atti del XXV Congresso), La via della guerra e il problema della pace, Vincenzo Ferrari, Filosofia giuridica della guerra e della pace, Milano, Courmayeur, Franco Angeli, 21-23 settembre 2006545,  978-88-464-9578-5,  230711533. 10 luglio  (archiviato il 10 luglio ).  "Laicità e immanentismo nel pensiero di Norberto Bobbio", di Alfonso Di Giovine, in Democrazia e diritto, n. 4, 54.  Nicola Abbagnano, Storia della filosofia, volume 9. Il pensiero contemporaneo: il dibattito attuale, UTET, Torino 1998361.  Norberto Bobbio, Tra due repubbliche: alle origini della democrazia italiana, Donzelli Editore, 1996 pag.149  88-7989-211-8  A ottobre del 1955 Fortini si reca in Cina in visita ufficiale nella Repubblica Popolare Cinese con la prima delegazione italiana formata, tra gli altri, da Piero Calamandrei, Norberto Bobbio, Enrico Treccani e Cesare Musatti. Il viaggio durerà un mese e il diario della visita verrà pubblicato l'anno seguente in Asia Maggiore.  Così Fortini chiama scherzosamente Bobbio assimilandolo a Cartesio (Descartes) e al suo razionalismo  Franco Fortini, Asia Maggiore, Einaudi, Torino 1956,  121-123.  Ricordo di Norberto bobio, in Rivista di Filosofia,  XCV, n. 1, Bologna, Società Editrice Il Mulino, Aprile 2004. 13 marzo  (archiviato l'8 giugno 2004).  Proiflo biografico di Norberto Bobbio, su accademiadellescienze, 2005. 13 marzo  (archiviato il 13 marzo ).  N. Bobbio, decima tavola fuori testo.  "Non dobbiamo chiedere scusa per Piazza Fontana"  Guido Fassò, La democrazia in Grecia, Giuffrè Editore, Milano 1999XI.  «con l'aborto si dispone di una vita altrui». Affermava la necessità di evitare il concepimento non voluto e non gradito; e concludeva, rispondendo a Nascimbeni: «Vorrei chiedere quale sorpresa ci può essere nel fatto che un laico consideri come valido in senso assoluto, come un imperativo categorico, il "non uccidere". E mi stupisco a mia volta che i laici lascino ai credenti il privilegio e l'onore di affermare che non si deve uccidere».(in Intervista a Bobbio)  Senato della Repubblica, su senato.  N. Bobbio, ventesima tavola fuori testo.  Centenario Norberto Bobbio, su centenariobobbio 5 aprile 2009).  Premio Balzan [collegamento interrotto], su balzan.com.  I timori di Bobbio Democrazia senza partitiLa Repubblica  Ha lasciato scritto Norberto Bobbio: «Ho compiuto 90 anni il 18 ottobre. La morte dovrebbe essere vicina a dire il vero, l'ho sentita vicina tutta la vita. Non ho mai neppure lontanamente pensato di vivere così a lungo. Mi sento molto stanco, nonostante le affettuose cure di cui sono circondato, di mia moglie e dei miei figli. Mi accade spesso nella conversazione e nelle lettere di usare l'espressione 'stanchezza mortale'. L'unico rimedio alla stanchezza 'mortale' è il riposo della morte. Decido funerali civili in comune accordo con mia moglie e i miei figli. In un appunto del 10 maggio 1968 (più di trent'anni fa) trovo scritto: vorrei funerali civili. Credo di non essermi mai allontanato dalla religione dei padri, ma dalla Chiesa sì. Me ne sono allontanato ormai da troppo tempo per tornarvi di soppiatto all'ultima ora. Non mi considero né ateo né agnostico. Come uomo di ragione e non di fede, so di essere immerso nel mistero che la ragione non riesce a penetrare fino in fondo, e le varie religioni interpretano in vari modi. Alla morte si addice il raccoglimento, la commozione intima di coloro che sono più vicini, il silenzio. Breve cerimonia in casa, o, se sarà il caso, in ospedale. Nessun discorso. Non c'è nulla di più retorico e fastidioso dei discorsi funebri». (Ne La Repubblica del 10 gennaio 2004 la cronaca del funerale di Bobbio.)  Né ateo né agnostico ma lontano dalla Chiesa, in «La Repubblica», 10 gennaio 2004.  Norberto Bobbio, Scienza del diritto e analisi del linguaggio , in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, n. 2, giugno 1950,  342-367. 5 luglio .  Norberto Bobbio, Essere e dover essere nella scienza giuridica , in Rivista di filosofia, n. 3, luglio-settembre 1967,  235-262. 5 luglio .  «Mai come nella nostra epoca sono state messe in discussione le tre fonti principali di disuguaglianza: la classe, la razza ed il sesso. La graduale parificazione delle donne agli uomini, prima nella piccola società familiare e poi nella più grande società civile e politica è uno dei segni più certi dell'inarrestabile cammino del genere umano verso l'eguaglianza. E che dire del nuovo atteggiamento verso gli animali? Dibattiti sempre più frequenti ed estesi, riguardanti la liceità della caccia, i limiti della vivisezione, la protezione di specie animali diventate sempre più rare, il vegetarianesimo, che cosa rappresentano se non avvisaglie di una possibile estensione del principio di eguaglianza al di là addirittura dei confini del genere umano, un'estensione fondata sulla consapevolezza che gli animali sono eguali a noi uomini, per lo meno nella capacità di soffrire? Si capisce che per cogliere il senso di questo grandioso movimento storico occorre alzare la testa dalle schermaglie quotidiane e guardare più in alto e più lontano». (da Destra e sinistra, Donzelli, Roma 1994)  N. BobbioLIV, nota 11: «È significativo che nella sua ultima lezione accademica tenuta come titolare della cattedra di Filosofia della politica a Torino il 16 maggio 1979, ‘presente’ come egli stesso ricorderà ‘il collega cui mi sentivo intellettualmente e politicamente più vicino, Alessandro Passerin d'Entrèves’, Bobbio abbia citato ‘con forza la celebre frase che subito dopo la Prima guerra mondiale, di fronte agli allievi, che pretendevano dal celebre professore un orientamento politico, Max Weber pronunciò: «La cattedra non è né per i demagoghi né per i profeti»’. (N. Bobbio, Il mestiere di vivere, il mestiere di insegnare, il mestiere di scrivere, colloquio con Pietro Polito, in “Nuova Antologia”, a. CXXXIV,  583, fasc. 2211, luglio-settembre 1999,  5-47)».  N. Abbagnano, Storia della filosofia,  IX, UTET per Gruppo Editoriale L'Espresso S.p.A., Torino 2006,  459-460, ove è detto: «Bobbio, dai primi anni Cinquanta in poi, ha ricorrentemente tallonato la sinistra marxista, provocandola con intenti costruttivi e spingendola ad un esame critico del suo persistente dogmatismo e settarismo. Il documento più importante di tali provocazioni, nel decennio in esame, è la raccolta di saggi Politica e cultura del 1955. Alcuni di questi saggi appaiono in origine sulla rivista ‘Nuovi argomenti' che [...] costituisce in quegli anni uno dei più significativi luoghi d'incontro tra area laica e quella marxista. Lì appare, nel 1954, uno dei saggi più provocatori, in senso costruttivo, [...] rivolti a quest'area (dalla quale si risponderà con gli interventi di Della Volpe e di Togliatti): quello dal titolo molto significativo Democrazia e dittatura».  Scrive Bobbio: «Pur non essendo mai stato comunista [...] [e] avendo dedicato la maggior parte degli scritti di critica politica a discutere coi comunisti su temi fondamentali come la libertà e la democrazia [...], [ho] sempre considerato i comunisti, o per lo meno i comunisti italiani, non come nemici da combattere ma come interlocutori di un dialogo sulle ragioni della sinistra». (N. Bobbio, Teoria generale della politica, Einaudi, Torino 2009618)  Sul pensiero di Bobbio circa il comunismo, si veda anche l'intervista Giancarlo Bosetti, «No, non c'è mai stato il comunismo giusto» , in l'Unità, 3 aprile 1998. Segue alla pagina successiva Archiviato il 26 agosto  in ..  N. Bobbio203.  N. BobbioXVII.  N. Bobbio, Elogio della mitezza, Linea d'ombra edizioni, Milano 19948.  Antonino Repaci, magistrato e uomo della Resistenza, nipote di Leonida Repaci  Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea in provincia di Cuneo, su beniculturali.ilc.cnr:8080. 19 febbraio  26 aprile ).  Sito della Presidenza della Repubblica, quirinale  Comune di Rivalta Bormida | La Biblioteca, su comune.rivalta.al. 14 luglio .   Norberto Bobbio, Giuseppe Tamburrano, Carteggio su marxismo, liberalismo, socialismo, Roma, Editori Riuniti,  978-88-359-5937-3 Pier Paolo Portinaro, Introduzione a Bobbio, Roma-Bari, Laterza, 2008,  978-88-420-8632-1. Voce "Norberto Bobbio" in , Biografie e bibliografie degli Accademici Lincei, Accademia dei Lincei, Roma 1976,  749–750 Enrico Lanfranchi, Un filosofo militante. Politica e cultura nel pensiero di Norberto Bobbio, Bollati Boringhieri, Torino 1989; Nunzio Dell'Erba, Norberto Bobbio l'accento sulla democrazia, in "Storia e problemi contemporanei", luglio-dicembre 1990, a. III, n. 6,  33–41. Angelo Mancarella, Norberto Bobbio e la politica della cultura. Le sfide della ragione, "Ideologia e Scienze sociali", 26, Lacaita Editore, Bari-Roma 1995 Giuseppe Gangemi, Meridione, Nordest, Federalismo. Da Salvemini alla Lega Nord, Rubbettino, Soveria Mannelli 1996 Girolamo Cotroneo, Tra filosofia e politica. Un dialogo con Norberto Bobbio, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1998,  978-88-7284-629-2. Silvio Paolini Merlo, Consuntivo storico e filosofico sul "Centro di Studi Metodologici" di Torino (1940-1979), Pantograf (CNR), Genova 1998 Morris Lorenzo Ghezzi, La distinción entre hechos y valores en el pensamento de Norberto Bobbio, Editorial U. Externado de Colombia, Bogotá 2007,  9789587109818 Tommaso Greco, Norberto Bobbio. Un itinerario intellettuale tra filosofia e politica, Donzelli, Roma 2000 Costanzo Preve, Le contraddizioni di Norberto Bobbio. Per una critica del bobbianesimo cerimoniale, CRT, Pistoia 2004 Gustavo Zagrebelsky, Massimo L. Salvadori, Riccardo Guastini, Norberto Bobbio tra diritto e politica, Laterza, Roma-Bari 2005 Marco Revelli , Norberto Bobbio maestro di democrazia e di libertà, Cittadella Editrice, Assisi 2005 Valentina Pazé , L'opera di Norberto Bobbio. Itinerari di lettura, Milano, Franco Angeli, 2005.  88-464-7037-0. Roberto Giannetti, Tra liberaldemocrazia e socialismo. Saggi sul pensiero politico di Norberto Bobbio, Plus, Pisa 2006 Antonio Punzi , Omaggio a Norberto Bobbio (1909-2004). Metodo, linguaggio, Scienza del diritto, Giuffrè, Milano 2007 Paola Agosti, Marco Revelli , Bobbio e il suo mondo. Storie di impegno e di amicizia nel '900, Aragno, Torino 2009 Enrico Peyretti, Dialoghi con Norberto Bobbio su politica, fede, nonviolenza , Claudiana, Torino () Nunzio Dell'Erba, Norberto Bobbio, in Id., Intellettuali laici nel '900 italiano", Vincenzo Grasso editore, Padova ,  235–254 Pier Paolo Portinaro, «Bobbio, Norberto» in Il contributo italiano alla storia del PensieroDiritto, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Ruiz Miguel Alonso, Politica, historia y derecho en Norberto Bobbio [Fontamara ed.], . Mario G. Losano, Norberto Bobbio. Una biografia culturale, Carocci, Roma , 510   978-88-430-9269-7 Tommaso Greco, Norberto Bobbio e la storia della filosofia del diritto, in Diacronìa. Rivista di storia della filosofia del diritto, n. 2, ,  77-105,  978-88-333-9347-6. 25 marzo . Norberto Bobbio; Franco Pierandrei, Introduzione alla costituzione, Roma, Laterza, 1982,  896184660. Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Norberto Bobbio Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Norberto Bobbio  Sito ufficiale, su centenariobobbio (archiviato dall'url originale).  Norberto Bobbio, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Norberto Bobbio / Norberto Bobbio (altra versione), in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Norberto Bobbio, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Norberto Bobbio, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Norberto Bobbio, su Find a Grave.  Opere di Norberto Bobbio, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Norberto Bobbio / Norberto Bobbio (altra versione), . Norberto Bobbio, su Goodreads.  Norberto Bobbio / Norberto Bobbio (altra versione) / Norberto Bobbio (altra versione) / Norberto Bobbio (altra versione) / Norberto Bobbio (altra versione) / Norberto Bobbio (altra versione), su senato, Senato della Repubblica.  Registrazioni di Norberto Bobbio, su RadioRadicale, Radio Radicale.  Le opere di Norberto Bobbio (Biblioteca e Archivio "Norberto Bobbio" del Centro Studi "Piero Gobetti" di Torino), su erasmo. Commemorazione di Norberto Bobbio, su giornaledifilosofia.net. Epistolario Norberto BobbioDanilo Zolo Norberto Bobbio, dal sito dell'ANPIAssociazione Nazionale Partigiani d'Italia (ultimo accesso del 15 ottobre 2009) I presupposti filosofici nell'opera di Norberto Bobbio di Franco Manni V D M Antifascismo (1919-1943) V D M Senatori a vita di nomina presidenziale Filosofia Politica  Politica Storia  Storia Categorie: Senatori della IX legislatura della Repubblica ItalianaSenatori della X legislatura della Repubblica ItalianaSenatori dell'XI legislatura della Repubblica ItalianaSenatori della XII legislatura della Repubblica ItalianaSenatori della XIII legislatura della Repubblica ItalianaSenatori della XIV legislatura della Repubblica ItalianaFilosofi italiani del XX secoloGiuristi italiani del XX secoloPolitologi italiani 1909 2004 18 ottobre 9 gennaio Torino TorinoSenatori a vita italianiReligione e politicaAntifascisti italianiPolitici del Partito d'AzioneBrigate Giustizia e LibertàPersone legate alla Resistenza italianaResistenza padovanaVincitori del premio BalzanTeorici dei diritti animaliPersonalità dell'agnosticismoOppositori della pena di morteProfessori dell'Università degli Studi di CamerinoProfessori dell'Università degli Studi di TorinoMembri dell'Accademia delle Scienze di TorinoRettori dell'Università degli Studi di TrentoLaureati Honoris Causa dell'BolognaFilosofi del dirittoFilosofi della politica. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Bobbio," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

BOCCADIFERRO Grice: “Boccadiferro is a good one; he is what Oxonians call ‘a Renaissance man,’ and all’italiana, he has a beautiful carved grave – He was into ‘physica,’ or physics, what Lord Russell would call ‘stone-age metaphysics,’ but the Italians call ‘fisica medievale,’ and he was surely an Aristotelian – Platonic physics is a florentine, rather than a Bolognese thing – no wonder the first stadium ever in Italy started in Bologna, not Firenze, whose Accademia platonica was the place to see and be seen!” --  Ludovico Boccadiferro   Bologna: la tomba di Boccadiferro nella basilica di San Francesco Ludovico Boccadiferro (Bologna) filosofo e umanista italiano. Il suo nome latino è 'Ludovicus Buccaferrea,  Nato a Bologna nel 1482 da una illustre famiglia cittadina, dopo aver seguito le lezioni dei filosofi Alessandro Achillini dal quale derivò il suo orientamento averroistico, e forse Pietro Pomponazzi, presso lo Studio di Bologna, Ludovico Boccadiferro insegnò a sua volta filosofia nella medesima università. Nel 1525 si trasferì alla Sapienza di Roma ove ebbe modo di farsi apprezzare anche da papa Clemente VII. Alla Sapienza rimase sino al 1527 quando, a seguito del rovinoso sacco di Roma dei lanzichenecchi, tornò a Bologna per riprendere l'insegnamento che mantenne fino sua alla morte, avvenuta nella città natale a circa sessantatré anni nel 1545. È sepolto in una tomba monumentale all'interno della basilica di San Francesco a Bologna.  Scrisse diverse opere, in buona parte edite postume o mai pubblicate, sulla filosofia aristotelica.  Opere Explanatio libri I. Physicorum Aristotelis. Ex Ludouici Buccaferreae, ..., Venezia, in Academia Veneta, 1558. Noua explanatio Topicorum Aristotelis, Venezia, in Academia Veneta, 1559. Ludouici Buccaferrei Bononiensis, ... Lectiones, in quartum Meteororum Aristotelis librum, Venetiis, ex officina Francisci Senensis, 1563. Ludouici Buccaferrei Bononiensis philosophi praeclarissimi Lectiones super primum librum meteorologicorum Aristotelis, nunc recens in lucem editae. Additi etiam sunt duo indices, tum rerum, tum quaestionum copiosissimi, Venetiis, apud Ioannem Baptistam Somascum Papiensem, 1564. Domini Ludouici Buccaferrei ... Lectiones super tres libros De anima Arist. Nunc recens in lucem aeditae, cum copiosissimo indice tam rerum notabilium quam quaestionum quae in uniuerso opere continentur, Venetiis, apud Ioan. Baptistam Somascum, & fratres, 1566. Explanatio libri primi Physicorum Aristotelis. Ex Ludouici Buccaferrei, ... lectionibus excerpta. Recenti hac nostra editione quam potuit diligentissime expolita, atque elaborata, Venetiis, apud Hieronymum Scotum, 1570. Ludouici Buccaferrei Bononiensis ... Lectiones in Aristotelis Stagiritae libros, quos vocant Parua naturalia, Venetiis, apud Hieronymum Scotum, 1570. Ludouici Buccaferrei Bononiensis, ... Lectiones, in secundum, ac tertium meteororum Aristotelis libros, Venetiis, apud Hieronymum Scotum, 1570. Ludouici Buccaferrei Bononiensis ... In duos libros Aristotelis De generatione et corruptione doctissima commentaria. A Ioanne Carolo Saraceno nunc primùm castigata, atque diligentissimè repurgata. Necnon copiosissimo atque locupletissimo indice ab eodem nunc primùm amplificata atque illustrata, Venetiis, apud Franciscum de Franciscis Senensem, 1571. Ludouici Buccaferrei ... Lectiones super primum librum Meteorologicorum Aristotelis, duo additi etiam sunt indices, nempe rerum ac quæstiorum copiosissimi, Venetiis, apud hæredem Hieronymi Scoti, 1590. Note  Vedi Treccani L'Enciclopedia Italiana, riferimenti in .  Fonte Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in .  Antonio Rotondò, «BOCCADIFERRO, Ludovico», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 11, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1969. Charles H. Lohr, «The Aristotle commentaries of Ludovicus Buccaferrea», Nouvelles de la république des lettres, 1984, pp . 107-18.  Alessandro Achillini Averroè Aristotelismo Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Ludovico Boccadiferro  Ludovico Boccadiferro, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Ludovico Boccadiferro, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Ludovico Boccadiferro, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Ludovico Boccadiferro, .  Ritratto di Ludovico Boccadiferro Quadreria dell'Bologna, Archivio storico. il 24 marzo . Averroismo, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. Filosofia Filosofo Professore1482 1545 3 maggio Bologna BolognaUmanisti italiani

 

BOCCANEGRA Grice: “Boccanegra is a good one; we often laugh at Aquinas because he is a saint – but we have to recall that Aquinas never knew it – for centuries after his death he ain’t one! Boccanegra prefers to call him ‘Aquino,’ or ‘Aquinate,’ --.” Grice: “Boccanegra is like me a systematic philosopher: dalla metafisica alla etica – is that possible? Yes, what is the ‘paraidm,’ in Kuhn’s use of this tricky word? Esperienza, alla Locke! And co-experience in my conversational model!” --  Alberto Boccanegra   (n. Venezia),  filosofo.  Osvaldo Boccanegra nacque a Venezia, figlio primogenito di Antonio e Ida Camerin. Partecipò alla seconda guerra mondiale come sottotenente del Regio esercito, richiamato alle armi nel 1941. Nei giorni successivi all'armistizio di Cassibile riuscì a sottrarsi alle rappresaglie naziste e si ricongiunse all'esercito italiano a Catanzaro, dove spesso prestò servizio presso la Croce rossa.  Formazione Durante gli anni della leva trovò il tempo per dedicarsi allo studio dell'intero Organon di Aristotele. Nel 1948 ottenne il dottorato in filosofia presso l'Università Cattolica di Milano con una tesi dal titolo I primi principi in Duns Scoto. Presupposti e corollari. Nell'ateneo milanese, dove Boccanegra frequentava la cerchia dei neo-tomisti radunatisi attorno a Gustavo Bontadini, gli venne offerta la cattedra di filosofia teoretica che lui, tuttavia, rifiutò. In quegli anni scrisse e divulgò le sue idee alternative sulla rivista filosofica Vita e Pensiero. Entrò a far parte dell'Ordine Domenicano a San Domenico di Fiesole il 10 ottobre 1948 con il nome religioso di frà Alberto, che lo accompagnò di lì in poi anche in occasione della pubblicazione delle sue opere.  Il 14 ottobre 1949 entrò al Pontificio Ateneo Angelicum di Roma per lo studio delle materie filosofiche e teologiche dove nel 1953 discusse la sua tesi dottorale in filosofia (De dynamismo entis) e nel 1954 ottenne il lettorato in teologia grazie al suo Fundamenta metaphisica, tractatus de Deo secundum S. Thomam. Ordinato sacerdote a San Marco di Firenze il 25 luglio 1953 non abbandonò più il convento di San Domenico di Fiesole.  Attività filosofica, teologica e critica Boccanegra lasciò per sempre incompiuto il suo trattato dottorale in teologia, ma nel 1969 pubblicò comunque una esauriente sintesi del suo pensiero su vari numeri della rivista filosofica “Sapienza”. Fu per anni vice direttore della Commissione per la traduzione della Somma Teologica di Tommaso d'Aquino in Italiano presieduta da Tito Centi. Gli imponenti schemi riassuntivi sono consultabili nei 35 volumi editi dalle ESD di Bologna. Degne di nota furono le sue corpose introduzioni alla Summa di d'Aquino pubblicate in più edizioni a partire dal 1959.  Neotomista, è considerato da alcuni filosofo metafisico per altro tra i più rilevanti, mentre altri lo ricordano tra i teologi cattolici di spicco. La sua attività preferita tuttavia, fu l'insegnamento e la divulgazione. Negli anni settanta Professoreè professore di filosofia al Pontificio Ateneo Angelicum di Roma. Di tale corso ci restano le dispense dal titolo: Frammenti di metafisica iniziale. Per più di vent'anni ha insegnato filosofia e teologia nello Studio Teologico Accademico Bolognese e nello Studio Teologico Fiorentino.  Migliaia di pagine manoscritte sono conservate dopo la sua morte nell'archivio conventuale di San Domenico di Fiesole. Fu autore di pubblicazioni ed articoli filosofici comparsi o recensiti su riviste italiane ed internazionali.  Fu confessore ricercato soprattutto dai giovani. Nonostante una malattia che lo ha accompagnato e provato per quasi tutta la vita costringendolo a cure costanti, riusciva quotidianamente a fare escursioni per diversi chilometri. Quando negli ultimi anni le sue forze non gli permisero di continuare la ricerca, si dedicò alla preghiera costante, sia di giorno che di notte.  Saggi e pubblicazioni La beatitudine Gli atti umani (I-II, qq. 1-21), Edizioni Studio Domenicano, 1985 La prova radicale dell'esistenza di Dio e i suoi rapporti con l'antropologia, 1969 Osservazioni sul fondamento della moralità, 1975 Pluralismo teologico di «tolleranza» o di «diritto»?, 1966 Circa la relazione di G. Bontadini, 1973 La persona umana centro della metafisica tomistica, 1969 Note  Nome di battesimo.  Angelo Belloni, Biografia di Alberto Boccanegra, Ordine dei frati predicatori Domenicani, Provincia Romana di S. Caterina da Siena, luglio   Relatore Amato Masnovo.  Alberto Boccanegra, L'uomo in quanto persona centro della metafisica tomista, su “Sapienza”, numero 3-4, XXII (1969),  410-513  Alberto Boccanegra, “La Somma teologica”,  VIII, La Beatitudine; Gli Atti umani (I-II, qq.1-21)” (Prima edizione 1959, seconda 1984) Giuseppe Del Re, The cosmic dance: science discovers the mysterious harmony of the universe, Templeton Foundation Press, 2000,  1890151254.62  Giuseppe Barzaghi, Diario di metafisica. Concetti e digressioni sul senso dell'essere, Volume 3, Studio Domenicano, 1997,  887094270870.  Giovanni Cavalcoli, Enrico Maria Radaelli, La questione dell'eresia in Rahner. Archiviato il 30 dicembre 2009 in ., articolo uscito su «Divinitas», anno LI, n. 3, III quadrimestre 2008.  Alberto Boccanegra, L'uomo in quanto persona centro della metafisica tomista, su "Sapienza", nn. 3-4, XXII, 1969,  410-513 Alberto Boccanegra, Il rinnovamento metodologico nell'insegnamento della filosofia, "Revue internationale de philosophie", Edizioni 87-90, 1969 L'homme et la moraleOrigine et sources de la morale thomisteÉlaboration de la théologie comme science dans l'œuvre de saint Thomas, "Revue thomiste", recensione, Volume 62, Saint-Maximin (France), École de théologie pour les missions176. "Revista nacional de cultura", recensione, Edizioni 173-178, Ministerio de Educación, Instituto Nacional de Cultura y Bellas Artes, 196653.311595467  Identities-311595467 Biografie  Biografie Cattolicesimo  Cattolicesimo Filosofo del XX secoloTeologi italiani 1920  19 ottobreMorti l'11 luglio Venezia FiesoleDomenicani italiani

 

BOCCHI: Grice: “Bocchi is a good one; and Bocchi is a good one – Gianluca Bocchi is a curator who lives in a Roman palazzo and whose expertise is ‘natura morta.’ Gianluca Bocchi is also a philosopher of science – as he calls it – My favourite piece by Bocchi is about collective thinking, -- solidarieta – Surely when I wrote ‘In defense of a dogma’ with my tutee we were being solidary with each other, and we own each sentence – collective thinking --.” Grice: “I could have called my desideratum the principle of conversational solidarity – I am thinking of course Butler in mind, and the whole bit is to see why (if at all – cf. Stalnaker) an utilitarian justification is insufficient, and we need recourse to Kant!” -- Gianluca Bocchi  «La nostra età non ha soltanto vissuto l'esperienza della relatività da ogni punto di vista. Ha fatto soprattutto l'esperienza dell'incompiutezza di ogni punto di vista. La contingenza, la singolarità e l'irripetibilità di ogni punto di vista sono condizioni indispensabili per avere accesso al mondo, per dialogare con gli altri punti di vista, per creare nuovi mondi»  «Per noi, raccogliere la sfida della complessità significa considerare la scienza una via importante per riannodare i legami con le altre tradizioni, per riscoprire con interesse i loro significati profondi, per esplorare la varietà delle esperienze cognitive, emotive, estetiche, spirituali della specie umana»  «Il nostro continente è sempre stato sede di migrazioni, di interazioni, di contrasti e di conflitti fra popoli e stirpi differenti, e questa diversità di radici è un elemento integrante dei suoi sviluppi passati e presenti.»  Niente fonti! Questa voce o sezione sull'argomento filosofi italiani non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. -- Gianluca Bocchi (n. Milano), filosofo. Gianluca Bocchi È un filosofo della scienza e della storia, esperto di scienze biologiche ed evolutive, di storia globale, di storia urbana, di geopolitica, di storia delle idee, delle culture, delle lingue. Ha fra l'altro introdotto in Italia, con Mauro Ceruti, le tematiche concernenti le scienze dei sistemi complessi e la connessa epistemologia della complessità, contribuendo altresì alla loro diffusione a livello internazionale.  Pubblicazioni Disordine e costruzione. Un'interpretazione epistemologica dell'opera di Jean Piaget (con Mauro Ceruti), Milano, Feltrinelli, 1981. Modi di pensare postdarwiniani. Saggio sul pluralismo evolutivo (con Mauro Ceruti), Bari, Dedalo, 1984. La sfida della complessità (con Mauro Ceruti), Milano, Feltrinelli, 1985, (nuova edizione con nuova introduzione, Milano, Bruno Mondadori, 2007). Un nouveau commencement (con Edgar Morin e Mauro Ceruti), Seuil, Paris, 1991. L'Europa nell'era planetaria (con Edgar Morin e Mauro Ceruti), Milano, Sperling and Kupfer, 1991. Origini di storie (con Mauro Ceruti), Milano, Feltrinelli, 1993,  88-07-10295-1. (tr. inglese The Narrative Universe, NJ, Hampton Press; tr. spagnola El sentido de la historia, Editorial Débate, Madrid; tr. portoghese Origens e Historias, Instituto Piaget, Lisbona). La formazione come costruzione di nuovi mondi, Roma, Formez-Censis, 1993. Solidarietà o barbarie. L'Europa delle diversità contro la pulizia etnica (a cura di, con Mauro Ceruti), Milano, Raffaello Cortina, 1994. Le radici prime dell'Europa. Gli intrecci genetici, linguistici, storici (a cura di, con Mauro Ceruti), Milano, Bruno Mondadori, 2001. Origini della scrittura. Genealogie di un'invenzione (a cura di, con Mauro Ceruti), Milano, Bruno Mondadori, 2002. Educazione e globalizzazione (con Mauro Ceruti), Milano, Raffaello Cortina, 2004,  88-7078-865-2. Una e molteplice. Ripensare l'Europa (con Mauro Ceruti), Milano, Tropea, 2009. Le città di Berlino (con Laura Peters), Bologna, Bononia University Press, 2009. Le vie della formazione. Creatività, innovazione, complessità (con Francesco Varanini), Milano, Guerini, . L'Europa globale. Epistemologie delle identità, Roma, Studium, ,  978-88-382-4323-3. Borderscaping: Imaginations and Practices of Border Making (a cura di, con Chiara Brambilla, Jussi Laine, James W. Scott), Farnham (Surrey, UK), Ashgate, . Note  Gianluca Bocchi, Mauro Ceruti, Origini di storie, Prefazione, Milano, Feltrinelli, 199312,  88-07-10295-1  Gianluca Bocchi, Mauro Ceruti, La sfida della complessità, Introduzione alla nuova edizione, Milano, Bruno Mondadori, 2007, p.XXII.  Gianluca Bocchi, L'Europa globale. Epistemologie delle identità, Mille anni d'Europa, fra globale e locale, Roma, Studium, 26.  978-88-382-4323-3.  Sito ufficiale, su gianlucabocchi. 10 aprile  (archiviato dall'url originale l'8 settembre ). CE.R.CO, su cercounibg. 2 giugno  14 maggio ). Filosofia Filosofo Professore1954 19 dicembre Milano

 

bodei: Grice: “Bodei is a good one; of course he is sardo -- my favourite of his tracts is one on ‘condivisione’ and ‘beni communi’ – which is what my conversational pragmatics is all about --; he has also philosophised on the tricky Grecian concept of ‘harmony’, and the very charming Roman concept of ‘con-cordia’ – and he has explored the diagogic form of philosophy in his historical analysis of ‘la dialettica,’ – he has explored ‘ragione,’ vis-à-vis what he calls the ‘geometria delle passioni,’ and he has also shed light on the univocity or lack thereof of ‘virtu cardinali” – virtue is unitary, but some virtues are more unitary than others!” Grice: “Bodei has explored ‘coraggio,’ and other virtues.” – “In his geometry of passions, he sheds light on Plato’s convoluted idea that in my head I have the reason of a man; in my heart I have the will of a lion-like warrior, and in my gut I have the love of a multi-headed monster!” --  Essential Italian philosopher. Remo Bodei (n. Cagliari) filosofo e accademico italiano. Laureato all'Pisa, perfezionò la sua preparazione teoretica e storico-filosofica a Tubinga e Friburgo, frequentando le lezioni di Ernst Bloch ed Eugen Fink; a Heidelberg, con Karl Löwith e Dieter Henrich; poi all'Bochum. Conseguì inoltre il diploma di licenza e il diploma di perfezionamento della Scuola Normale Superiore.  Fu visiting professor presso le Cambridge, Ottawa, New York, Toronto, Girona, Città del Messico, UCLA (Los Angeles) e tenne conferenze in molte università europee, americane e australiane.  Dal 1981 al 1983 fu nel comitato redazionale della rivista Laboratorio politico.  Dal 1995 collaborava con Massimo Cacciari, Massimo Donà, Giuseppe Barzaghi, Salvatore Natoli e Stefano Zamagni nell’iniziativa La filosofia nei luoghi del silenzio, un tentativo di coniugare filosofia e contemplazione nella forma del ritiro comunitario.  Dal 2006 fu docente di ruolo in Filosofia alla UCLA di Los Angeles, dopo aver a lungo insegnato Storia della filosofia ed Estetica alla Scuola Normale Superiore e all'Pisa, dove continuò a tenere, sia pur saltuariamente, qualche corso.  Era anche membro dell'Advisory Board internazionale dello IEDIstituto Europeo di Design.  Dal 13 novembre  Remo Bodei fu socio corrispondente dell'Accademia dei Lincei, per la classe di Scienze Morali, Storiche e Filosofiche.  Remo Bodei è morto il 7 novembre , a 81 anni. Era marito della storica Gabriella Giglioni.  I suoi libri sono stati tradotti in molte lingue.  Pensiero Si interessò a fondo della filosofia classica tedesca e dell'Idealismo, esordendo con la fondamentale monografia Sistema ed epoca in Hegel, dopo aver già tradotto in italiano l'importante Hegels Leben (Vita di Hegel) di Johann Karl Friedrich Rosenkranz. Appassionato cultore della poesia hölderliniana, all'autore dell'Hyperion dedicò saggi di notevole interesse. Con il volume Geometria delle passioni estese la sua meditazione anche a protagonisti della filosofia moderna come Cartesio, Hobbes e soprattutto Spinoza. Studioso del pensiero utopistico del Novecento, in particolare del marxismo eterodosso di Ernst Bloch e di autori 'francofortesi' come Theodor Adorno e Walter Benjamin, intervenne nella discussione sulla filosofia politica italiana, confrontandosi e dialogando in particolare con Norberto Bobbio, Michelangelo Bovero, Salvatore Veca e Nicola Badaloni. Nei suoi studi sull'estetica curò l'edizione dell'Estetica del brutto di Johann Karl Friedrich Rosenkranz e analizzò in particolare concetti centrali come le categorie del bello e del tragico. Costante la sua attenzione per Sigmund Freud e gli sviluppi della psicoanalisi, per le logiche del delirio e per fenomeni in apparenza quotidiani ma sconvolgenti come l'esperienza del déjà vu. Filosofo di una ragione laica, sulla scia di Ernst Bloch, autore di Ateismo nel cristianesimo, cercò di distillare anche nel teorico del compelle intrare, Agostino d'Ippona, le possibili linee di un "ordo amoris" capace di assicurarci quell'identità in cui, come vuole il Padre della Chiesa, saremmo noi stessi pienamente: dies septimus, nos ipsi erimus ("il settimo giorno saremo noi stessi").  Nel 1992 vinse il Premio Nazionale Letterario Pisa Sezione Saggistica.  Bodei inoltre curò la traduzione e l'edizione italiana di testi di Hegel, Karl Rosenkranz, Franz Rosenzweig, Ernst Bloch, Theodor Adorno, Siegfried Kracauer, Michel Foucault.  Molti suoi lavori hanno per oggetto lo spessore e la storia delle domande che riguardano la ricerca della felicità da parte del singolo, le indeterminate attese collettive di una vita migliore, i limiti che imprigionano l'esistenza e il sapere entro vincoli politici, domestici e ideali. Già in Scomposizioni (1987), affrontò alcuni temi della genealogia dell'uomo contemporaneo e propose la metafora della geometria variabile per indagare le strutture concettuali ed espositive che, contraendosi o espandendosi sino a noi, orientano la percezione e la formulazione di problemi. La sua analisi dell'interazione di queste configurazioni mobili proseguì in Geometria delle passioni (1991) e in Destini personali (2002) che hanno avuto rilevante successo di pubblico.  Alla divulgazione dell'amore per la filosofia dedicò alcune conferenze e un libro (Una scintilla di fuoco, 2005).  Negli ultimi tempi stava lavorando sulla storia e sulle teorie della memoria.  Citazioni «Ciascuno di noi vive nell'immaginazione altre vite, alimentate dai testi letterari e dai media. Per loro tramite tenta di porre rimedio alla limitatezza della propria esistenza. (citato in Corriere della sera, 16 gennaio 2009)»  «Malgrado i ripetuti annunci è certo che la filosofia, al pari dell'arte, non è affatto 'morta'. Essa rivive anzi a ogni stagione perché corrisponde a bisogni di senso che vengono continuamentee spesso inconsapevolmenteriformulati. A tali domande, mute o esplicite, la filosofia cerca risposte, misurando ed esplorando la deriva, la conformazione e le faglie di quei continenti simbolici su cui poggia il nostro comune pensare e sentire»  (Remo Bodei, La filosofia nel Novecento, Roma, Donzelli, 1997188) «Nel passato il progresso delle civiltà umane era relativo, sottoposto a cicli naturali di distruzioni e di rinascite, che ne spezzavano periodicamente il consolidamento e la crescita»  (Remo Bodei, Limite, Il Mulino, 66) Opere Sistema ed epoca in Hegel, Bologna, Il Mulino, 1975. Riedizione ampliata con il titolo: La civetta e la talpa. Sistema ed epoca in Hegel, Bologna, Il Mulino, . Hegel e Weber. Egemonia e legittimazione, (con Franco Cassano), Bari, De Donato, 1977 Multiversum. Tempo e storia in Ernst Bloch, Napoli, Bibliopolis, 1979 (Seconda edizione ampliata, 1983). Scomposizioni. Forme dell'individuo moderno, Torino, Einaudi, 1987. Riedizione ampliata, Bologna, Il Mulino, . Hölderlin: la filosofia y lo trágico, Madrid, Visor, 1990. Ordo amoris. Conflitti terreni e felicità celeste, Bologna, Il Mulino, 1991 (Terza edizione ampliata, 2005). Geometria delle passioni. Paura, speranza e felicità: filosofia e uso politico, Milano, Feltrinelli, 1991 (Settima edizione ampliata, 2003). Le prix de la liberté, Paris, Éditions du Cerf, 1995. Le forme del bello, Bologna, Il Mulino, 1995. Seconda edizione riveduta e ampliata Bologna, Il Mulino, . La filosofia nel Novecento, Roma, Donzelli, 1997. Se la storia ha un senso, Bergamo, Moretti & Vitali, 1997. La politica e la felicità (con Luigi Franco Pizzolato), Roma, Edizioni Lavoro, 1997. Il noi diviso. Ethos e idee dell'Italia repubblicana, Torino, Einaudi, 1998. Le logiche del delirio. Ragione, affetti, follia, Roma-Bari, Laterza, 2000. I senza Dio. Figure e momenti dell'ateismo, Brescia, Morcelliana, 2001. Il dottor Freud e i nervi dell'anima. Filosofia e società a un secolo dalla nascita della psicoanalisi, Roma, Donzelli, 2001. Destini personali. L'età della colonizzazione delle coscienze, Milano, Feltrinelli, 2002. Delirio e conoscenza, Remo Bodei, in Il Vaso di Pandora, Dialoghi in psichiatria e scienze umane,  X, N. 3, 2002. Una scintilla di fuoco. Invito alla filosofia, Bologna, Zanichelli, 2005. Piramidi di tempo. Storie e teoria del déjà vu, Bologna, Il Mulino, 2006. Paesaggi sublimi. Gli uomini davanti alla natura selvaggia, Milano, Bompiani, 2008. Il sapere della follia, Modena, Fondazione Collegio San Carlo per FestivalFilosofia, 2008. Il dire la verità nella genealogia del soggetto occidentale in A.A. V.V., Foucault oggi, Milano, Feltrinelli, 2008. La vita delle cose, Roma-Bari, Laterza, 2009. Ira. La passione furente, Bologna, Il Mulino, . Beati i miti, perché avranno in eredità la terra (con Sergio Givone), Torino, Lindau, . Immaginare altre vite. Realtà, progetti, desideri, Milano, Feltrinelli, . Limite, Bologna, Il Mulino, . Le virtù Cardinali (con Giulio Giorello, Michela Marzano e Salvatore Veca), Roma-Bari, Laterza, . Dominio e sottomissione. Schiavi, animali, macchine, Intelligenza Artificiale, Bologna, Il Mulino, . Onorificenze Grand'Ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana.nastrino per uniforme ordinaria Grand'Ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana. — 1º giugno 2001. Di iniziativa del Presidente della Repubblica. Cavaliere dell'Ordine delle Palme Accademichenastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine delle Palme Accademiche immagine del nastrino non ancora presente Cittadino onorario di Siracusa, Modena, Carrara e Roccella Jonica. Note  È morto il filosofo Remo Bodei, aveva 81 anni, su fanpage, 7 novembre .  Repubblica 18/08/  Albo d'oro, su premionazionaleletterariopisa.onweb. 7 novembre .  «Bodei Prof. Remo: Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana», sito della presidenza della repubblica. Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Remo Bodei Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Remo Bodei  Remo Bodei, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Remo Bodei, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Remo Bodei, .   Pubblicazioni di Remo Bodei, su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la Recherche et de l'Innovation.  Registrazioni di Remo Bodei, su RadioRadicale, Radio Radicale.  Remo Bodei: Spinoza, un filosofo maledetto, sul  RAI Filosofia, su filosofia.rai. Scheda del professor Bodei nel sito del Dipartimento di filosofia dell'Pisa, su fls.unipi. V D M Vincitori del Premio Dessì  Filosofia Filosofo del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani Professore1938  3 agosto 7 novembre Cagliari PisaAccademici dei LinceiAccademici italiani negli Stati Uniti d'AmericaProfessori della Scuola Normale SuperioreProfessori dell'Università della California, Los AngelesProfessori dell'PisaStudenti dell'Pisa. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Bodei," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

boezio: Grice: “Boezio is possibly my favourite Italian philosopher, only that he wasn’t really Italian – he found Vittorino’s Latin translation from the Grecian urn of Aristotle ‘rough,’ and provided a ‘newish’ one – but actually Vittorino had better intuitions about the lingo than Boezio did – and that is why Strawson preferred to tutor with the Vittorino translation – we covered all that Boezio wrote – and we never used the Patrologia edition, since we are protestant!” -- Possibly the most important Italian philosopher of all time. Grice loved Boethius“He made Aristotle intelligible at Clifton!” -- Anicius Manlius Severinus, Roman philosopher and Aristotelian translator and commentator. He was born into a wealthy patrician family in Rome and had a distinguished political career under the Ostrogothic king Theodoric before being arrested and executed on charges of treason. His logic and philosophical theology contain important contributions to the philosophy of the late classical and early medieval periods, and his translations of and commentaries on Aristotle profoundly influenced the history of philosophy, particularly in the medieval Latin West. His most famous work, The Consolation of Philosophy, composed during his imprisonment, is a moving reflection on the nature of human happiness and the problem of evil and contains classic discussions of providence, fate, chance, and the apparent incompatibility of divine foreknowledge and human free choice. He was known during his own lifetime, however, as a brilliant scholar whose knowledge of the Grecian language and ancient Grecian philosophy set him apart from his Latin contemporaries. He conceived his scholarly career as devoted to preserving and making accessible to the Latin West the great philosophical achievement of ancient Greece. To this end he announced an ambitious plan to translate into Latin and write commenbodily continuity Boethius, Anicius Manlius Severinus 91   91 taries on all of Plato and Aristotle, but it seems that he achieved this goal only for Aristotle’s Organon. His extant translations include Porphyry’s Isagoge an introduction to Aristotle’s Categories and Aristotle’s Categories, On Interpretation, Prior Analytics, Topics, and Sophistical Refutations. He wrote two commentaries on the Isagoge and On Interpretation and one on the Categories, and we have what appear to be his notes for a commentary on the Prior Analytics. His translation of the Posterior Analytics and his commentary on the Topics are lost. He also commented on Cicero’s Topica and wrote his own treatises on logic, including De syllogismis hypotheticis, De syllogismis categoricis, Introductio in categoricos syllogismos, De divisione, and De topicis differentiis, in which he elaborates and supplements Aristotelian logic. Boethius shared the common Neoplatonist view that the Platonist and Aristotelian systems could be harmonized by following Aristotle in logic and natural philosophy and Plato in metaphysics and theology. This plan for harmonization rests on a distinction between two kinds of forms: 1 forms that are conjoined with matter to constitute bodies  these, which he calls “images” imagines, correspond to the forms in Aristotle’s hylomorphic account of corporeal substances; and 2 forms that are pure and entirely separate from matter, corresponding to Plato’s ontologically separate Forms. He calls these “true forms” and “the forms themselves.” He holds that the former, “enmattered” forms depend for their being on the latter, pure forms. Boethius takes these three sorts of entities  bodies, enmattered forms, and separate forms  to be the respective objects of three different cognitive activities, which constitute the three branches of speculative philosophy. Natural philosophy is concerned with enmattered forms as enmattered, mathematics with enmattered forms considered apart from their matter though they cannot be separated from matter in actuality, and theology with the pure and separate forms. He thinks that the mental abstraction characteristic of mathematics is important for understanding the Peripatetic account of universals: the enmattered, particular forms found in sensible things can be considered as universal when they are considered apart from the matter in which they inhere though they cannot actually exist apart from matter. But he stops short of endorsing this moderately realist Aristotelian account of universals. His commitment to an ontology that includes not just Aristotelian natural forms but also Platonist Forms existing apart from matter implies a strong realist view of universals. With the exception of De fide catholica, which is a straightforward credal statement, Boethius’s theological treatises De Trinitate, Utrum Pater et Filius, Quomodo substantiae, and Contra Euthychen et Nestorium show his commitment to using logic and metaphysics, particularly the Aristotelian doctrines of the categories and predicables, to clarify and resolve issues in Christian theology. De Trinitate, e.g., includes a historically influential discussion of the Aristotelian categories and the applicability of various kinds of predicates to God. Running through these treatises is his view that predicates in the category of relation are unique by virtue of not always requiring for their applicability an ontological ground in the subjects to which they apply, a doctrine that gave rise to the common medieval distinction between so-called real and non-real relations. Regardless of the intrinsic significance of Boethius’s philosophical ideas, he stands as a monumental figure in the history of medieval philosophy rivaled in importance only by Aristotle and Augustine. Until the recovery of the works of Aristotle in the mid-twelfth century, medieval philosophers depended almost entirely on Boethius’s translations and commentaries for their knowledge of pagan ancient philosophy, and his treatises on logic continued to be influential throughout the Middle Ages. The preoccupation of early medieval philosophers with logic and with the problem of universals in particular is due largely to their having been tutored by Boethius and Boethius’s Aristotle. The theological treatises also received wide attention in the Middle Ages, giving rise to a commentary tradition extending from the ninth century through the Renaissance and shaping discussion of central theological doctrines such as the Trinity and Incarnation.  «Nulla è più fugace della forma esteriore, che appassisce e muta come i fiori di campo all'apparire dell'autunno.»  (Boezio, citato da Umberto Eco ne Il nome della rosa) Severino Boezio Boetius.png Magister officiorum del Regno Ostrogoto Durata mandatosettembre 522 – agosto 523 MonarcaTeodorico il Grande Console del Regno Ostrogoto Durata mandato510 Monarca Teodorico il Grande PredecessoreFlavio Importuno SuccessoreMagno Felice Flavio Secondino Senatore romano Durata mandato510 – settembre 524 Dati generali Professionefilosofo San Severino Boezio Fl Boetio (Flavio Boezio) - Studiolo di Federico da MontefeltroFl Boetio (Flavio Boezio) - Studiolo di Federico da Montefeltro   Padre della Chiesa Martire    NascitaRoma, 475/477 MortePavia, 524/526 Venerato da Tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi Ricorrenza23 ottobre Attributipalma Manuale Anicio Manlio Torquato Severino Boezio (in latino: Anicius Manlius Torquatus Severinus Boethius; Roma, 475/477 – Pavia, 524/526) è stato un filosofo e senatore romano.   Inter latinos aristotelis interpretes et aetate primi, et doctrina praecipui dialectica, 1547. Da BEIC, biblioteca digitale Noto come Severino Boezio, o anche solo come Boezio, con le sue opere ha avuto una profonda influenza sulla filosofia cristiana del Medioevo, tanto che alcuni lo collocarono tra i fondatori della Scolastica[1]. Fu principale collaboratore del re Teodorico, ricoprendo la carica di magister officiorum. Boezio, nel clima di rilancio della cultura che la pace rese possibile durante il regno del re goto, concepì l'ambizioso progetto di tradurre in latino le opere di Platone e di Aristotele. Teodorico, nei suoi ultimi anni, divenne sospettoso di tradimenti e congiure, e Severino venne imprigionato a Pavia e giustiziato.  Papa Leone XIII ne approvò il culto per la Chiesa in Pavia, che ne custodisce i resti nella basilica di San Pietro in Ciel d'Oro e lo festeggia il 23 ottobre[2].Discendeva da una nobile famiglia, i cui membri avevano avuto carriere prestigiose. Suo padre fu probabilmente Manlio Boezio, prefetto del pretorio d'Italia, due volte prefetto di Roma e console nel 487; probabilmente suo nonno fu il Boezio prefetto del pretorio sotto Valentiniano III, ed è verosimile che fosse imparentato col Severino console nel 461 e col Severino Iunior console nel 482. Boezio era anche imparentato con la nobile e antica gens Anicia (gens a cui apparteneva san Gregorio Magno e san Benedetto da Norcia), oltre che con lo scrittore Magno Felice Ennodio.[3] Alla morte del padre avvenuta intorno al 490, fu affidato ad una nobile famiglia romana, probabilmente quella di Quinto Aurelio Memmio Simmaco, la cui figlia Rusticiana Boezio sposerà intorno al 495; la coppia ebbe due figli, Boezio e Simmaco, che proseguirono la tradizione di famiglia di ricoprire ruoli prestigiosi diventando entrambi consoli nel 522.  L'evento fondante della vita politica di Boezio fu la vittoria (493) del re degli Ostrogoti Teodorico il Grande su Odoacre, re degli Eruli e sovrano d'Italia; fu l'inizio del regno degli Ostrogoti sull'Italia (con Ravenna come capitale e Pavia e Verona come sedi reali) e della difficile convivenza tra questi e la popolazione romana.  Boezio studiò alla scuola di Atene, retta dallo scolarca Isidoro di Alessandria, dove si insegnavano soprattutto Aristotele e Platone insieme con le quattro scienze fondamentali per la comprensione della filosofia platonica, l'aritmetica, la geometria, l'astronomia e la musica; qui conobbe forse il giovane e futuro grande commentatore di Aristotele, Simplicio. S'iniziava con lo studio della logica aristotelica, preceduta dall'introduzione, l'Isagoge, di Porfirio; è il piano che Boezio seguirà nel compito che un giorno vorrà assumersi di tradurre in latino, commentare e accordare i due pensatori greci.  Al periodo intorno al 502 si fa risalire l'inizio della sua attività letteraria e filosofica: scrisse i trattati del quadrivio, le quattro scienze fondamentali del tempo, il De institutione arithmetica, il De institutione musica e i perduti De institutione geometrica e De institutione astronomica. Qualche anno dopo tradusse dal greco in latino e commentò l'Isagoge di Porfirio, un'introduzione alle Categorie di Aristotele, che avrà un'enorme diffusione nei secoli a venire.  La sua erudizione era ben nota e apprezzata: nel 507 Teodorico lo interpellò riguardo alla richiesta ricevuta dal re burgundo Gundobado per un orologio ad acqua, e menzionò la sua conoscenza del greco e la sua opera di traduzione dal greco al latino;[4] quello stesso anno Teodorico consultò Boezio riguardo a un suonatore di lira, richiestogli dal sovrano franco Clodoveo I, in quanto era al corrente della conoscenza della teoria musicale da parte dell'erudito romano.[5]  La fama così ottenuta gli procurò il rango di patricius (già nel 507)[4] e nel 510 la nomina al consolato sine collega da parte della corte imperiale di Costantinopoli, carica biennale che gli dà diritto a un seggio permanente nel Senato romano.  Da questi anni fino al 520 tradusse e commentò le Categorie e il De interpretatione di Aristotele, scrisse il trattato teologico Contra Eutychen et Nestorium, il perduto commento ai Primi Analitici di Aristotele, un De syllogismis categoricis, un De divisione, gli Analytica posteriora, un De hypotheticis syllogismis, la traduzione, perduta, dei Topica di Aristotele e un commento ai Topica di Cicerone. Partecipò ai dibattiti teologici del tempo: intorno al 520 compose il De Trinitate, dedicato al nonno Simmaco, l'Utrum Pater et Filius et Spiritus Sanctus de divinitate substantialiter praedicentur, il Quomodo substantiae in eo quod sint bonae sint, cum non sint substantialia sint. L'interesse di Boezio e di molta parte del patriziato romano per i problemi teologici che avevano il loro centro soprattutto in Oriente, con i dibattiti sull'arianesimo, misero in allarme Teodorico, che sospettava un'intelligenza politica della classe senatoria romana con l'Impero, la cui ostilità verso i Goti ariani era sempre stata appena malcelata.  Appena terminati i De sophisticis elenchis, perduti, e i De differentiis topicis, Boezio fu chiamato alla corte di Teodorico, per discutere della non facile convivenza fra gli elementi gotici e italici della popolazione. Nel 522 i suoi due figli ebbero l'onore del consolato; in tale occasione Boezio pronunciò un panegirico in onore di Teodorico di fronte al Senato romano.[6] Nel settembre di quello stesso anno fu nominato magister officiorum, carica che tenne fino all'agosto successivo, e Boezio stesso elenca tra gli atti che compì in tale carica, come l'aver impedito ad alcuni militari ostrogoti di vessare i deboli, l'aver osteggiato la pesante tassazione che gravava sulla Campania in periodo di carestia, l'aver salvato le proprietà di Paolino, l'aver difeso da un processo ingiusto l'ex-console Albino;[7] proprio quest'ultima azione causò la caduta in disgrazia di Boezio, e la composizione della sua opera più famosa.  Era infatti accaduto che a Pavia il referendarius Cipriano aveva sequestrato alcune lettere dirette alla corte di Bisanzio, in base alle quali Cipriano accusò il nobile romano Albino di complottare ai danni di Teodorico. Boezio difese Albino, affermando che le accuse di Cipriano erano false, e che se Albino era colpevole, allora lo erano anche Boezio stesso e tutto il Senato.[8] Gli furono avanzate delle nuove accuse fondate su sue lettere, forse falsificate, nelle quali Boezio avrebbe sostenuto la necessità di «restaurare la libertà di Roma»; fu allora sostituito nella sua carica da Cassiodoro e, nel settembre 524, incarcerato a Pavia con l'accusa di praticare arti magiche; qui ebbe inizio la composizione della sua opera più nota, il De consolatione philosophiae.   La tomba di Severino Boezio nella Basilica di San Pietro in Ciel d'Oro a Pavia. Boezio fu giudicato a Roma da un collegio di cinque senatori, estratti a sorte, presieduto dal praefectus urbi Eusebio. Questi, nell'estate del 525, notificò la sentenza di condanna a morte di Boezio, che fu ratificata da Teodorico ed eseguita presso Pavia, nell'Ager Calventianus, una località che non si è potuta identificare con certezza. Secondo alcuni studiosi, l'Ager Calventianus sarebbe da identificare con la scomparsa località di Calvenza, presso Villaregio dove, nel XIX secolo, venne scoperta una grande epigrafe del VI secolo, ora conservata nei Musei Civici di Pavia, che fu forse la lastra tombale di Boezio[9]. Lo storico bizantino Procopio racconta che, poco dopo l'esecuzione di Boezio e Simmaco, a Teodorico fu servito un pesce di sproporzionate dimensioni nella cui testa gli parve di vedere il teschio del secondo che lo fissava minaccioso. Sconvolto da ciò, Teodorico si ammalò e morì poco dopo in preda ad allucinazioni e rimorsi. Un'altra leggenda post mortem di Boezio narra che un cavallo nero si presentò da Teodorico, che volle a forza montarlo. Il cavallo, insensibile alle redini, iniziò a correre con il cavaliere incollato alla sella, finché arrivò al Vesuvio, nel cratere del quale rovesciò Teodorico.  Severino Boezio ebbe due mogli. La prima fu la poetessa siciliana Elpide, morta nel 504. La seconda fu Rusticiana.[10]  Il pensiero di Boezio Le discipline filosofiche  Boezio e l'Aritmetica in un manoscritto tedesco del XV secolo  Boezio insegna agli studenti, miniatura, 1385 Consapevole della crisi della cultura latina del suo tempo, Boezio avvertì la necessità di tramandare e conservare le conoscenze elaborate nel mondo greco. Data alla filosofia la definizione di amore della sapienza, da lui intesa come causa della realtà e perciò sufficiente a sé stessa, la filosofia, come amore di quella, è anche amore e ricerca di Dio, che è la sapienza assoluta. La filosofia è conoscenza di tre tipi di esseri. Gli intellettibili - termine tratto da Mario Vittorino - sono gli esseri immateriali, concepibili solo dall'intelletto, senza l'ausilio dei sensi, come Dio, gli angeli, le anime; il ramo della filosofia che di questi si occupa è propriamente la teologia.  Gli intelligibili sono invece gli esseri presenti nelle realtà materiali, le quali sono percepite dai sensi ma quelli sono concepibili dall'intelletto: gli intelligibili sono dunque gli intellettibili in forma materiale. La natura è infine oggetto della fisica, suddivisa in sette discipline: quelle del quadrivium - aritmetica, geometria, musica e astronomia - e del trivium - grammatica, logica e retorica. Le scienze del quadrivio sono per Boezio i quattro gradi che portano alla sapienza: il quadrivio «deve essere percorso da coloro la cui mente superiore può essere sollevata dalla sensazione naturale agli oggetti più sicuri dell'intelligenza». La prima delle discipline del quadrivio, «il principio e la madre» delle altre è, per Boezio, l'aritmetica; il De institutione arithmetica, scritta intorno al 505 e dedicata al suocero Simmaco, è ripresa dall'Introduzione all'Aritmetica di Nicomaco di Gerasa.  Nel suo De institutione musica, la cui fonte sono gli Elementi armonici di Tolomeo e un'opera perduta di Nicomaco, distingue tre generi di musica: una musica cosmica, mundana, che non è percepibile dall'uomo ma deve derivare dal movimento degli astri, dal momento che l'universo, secondo Platone, è strutturato sul modello degli accordi musicali, la cui armonia è fondata sull'equilibrio dei quattro elementi presenti in natura - acqua, aria, terra e fuoco; una musica humana, espressione della mescolanza, nell'uomo, dell'anima e del corpo e derivante dal rapporto fra l'elemento fisico e l'elemento intellettuale e pertanto percepibile con un'attività di introspezione in noi stessi; la musica ha una profonda influenza sulla vita umana: è l'armonia dell'uomo con sé stesso e di sé con il mondo. Infine, esiste naturalmente la musica pratica, strumentale, musica instrumentis constituta, ottenuta dalle vibrazioni degli strumenti e dalla voce. Le altre due opere di geometria e di astronomia, tratte dagli Elementi di Euclide e dall'Almagesto di Tolomeo, sono andate perdute.  La logica L'acquisizione delle discipline del trivium - grammatica, retorica e logica - è utile per esprimere al meglio la conoscenza che già si possiede. La logica di Boezio è in sostanza un commento della logica di Aristotele, dal momento che egli segue l'Isagoge, il commento alla logica aristotelica del neoplatonico Porfirio, che Boezio conobbe dapprima nella traduzione latina di Vittorino e poi direttamente dal testo greco di Porfirio, oltre a tradurre le Categorie e il De interpretatione di Aristotele. Le categorie, secondo Aristotele, sono i diversi significati che i termini (όροι) usati in una discussione possono assumere; un medesimo vocabolo - per esempio uomo - può significare un uomo reale, l'uomo in generale, un uomo rappresentato in una scultura; per evitare confusioni, al termine "uomo", che è una categoria sostanza, aggiungendo altre nove categorie, ossia colore, quantità, qualità, relazione, luogo, tempo, situazione, stato, azione e passione, un discorso, che ha per soggetto la sostanza "uomo", sarà chiaramente individuato.  Al soggetto sostanza si possono unire dei predicati, distinti da Aristotele in cinque modi diversi: il genere, la specie, la differenza, la proprietà e l'accidente. Il genere è il predicato più generale di un soggetto: al soggetto "Socrate" appartiene allora il genere "animale" e, caratterizzando più in particolare con l'indicare la specie come sottoclasse del genere, si potrà dire che Socrate è un animale di specie "uomo". Le sostanze "prime", quelle che indicano le cose, gli oggetti sensibili, esistono di per sé, secondo Aristotele, mentre il genere e la specie sono indicate da Aristotele come sostanze "seconde", e non è chiaro se esse esistano di per sé. A questo proposito «non dirò», scrive Porfirio, «riguardo ai generi e alle specie, se siano sostanze esistenti per sé, o se siano semplici pensieri; se siano realtà corporee o incorporee; se siano separate dai sensibili ovvero poste in essi. Poiché questa è impresa molto ardua, che ha bisogno di più vaste indagini».   Boezio in un manoscritto medievale. Allo stesso modo Boezio si pone il problema se i generi e le specie siano realtà esistenti di per sé, come esistono realmente i singoli individui, e se, in questo caso, siano realtà spirituali o materiali e, se materiali, esistano in unione con le realtà sensibili o se siano separate; oppure, non esistendo di per sé, se siano semplici categorie dello spirito umano che le abbia concepite per necessità di linguaggio.  La risposta di Boezio è che «Platone ritiene che i generi, le specie e gli altri universali non siano soltanto conosciuti separatamente dai corpi, ma che esistano e sussistano indipendentemente da quelli; invece Aristotele pensa che gli incorporei e gli universali sono sì oggetto di conoscenza, ma che non sussistono che nelle cose sensibili. Quale di queste opinioni sia la vera, io non ho avuto l'intenzione di decidere, perché è compito di più alta filosofia. Noi abbiamo deciso di seguire l'opinione di Aristotele, non perché l'approviamo totalmente ma perché questo libro l'Isagoge di Porfirio è scritto seguendo le Categorie di Aristotele».  Tuttavia Boezio dà una risposta al problema degli universali, prendendola da Alessandro d'Afrodisia: il pensiero umano è in grado di separare dagli oggetti sensibili nozioni astratte, come quelle di "animale" e di "uomo"; anche se il genere e la specie non potessero esistere separati dal corpo, non per questo ci è impedito di pensarli separatamente da esso. I cinque predicabili o universali, se non sono delle sostanze, come vuole Aristotele, sono allora dei concetti (intellectus): «uno stesso soggetto è universale quando lo si pensa ed è singolare quando lo si coglie con i sensi nelle cose»; platonicamente, egli riafferma così l'esistenza di oggetti propri della mente che non possono essere conosciuti sensibilmente. Boezio non riprende la teoria aristotelica dell'intelletto agente, che spiegherebbe come sia possibile al pensiero separare ciò che è unito: nel suo commento all'Isagoge questa operazione di astrazione resta inspiegata ma verrà ripresa, in diversa forma, nel De consolatione philosophiae. Sono quattro gli scritti boeziani che trattano di questioni teologiche: il Contra Eutychen et Nestorium, o De persona et duabus naturis in Christo, dedicato a un diacono Giovanni, che potrebbe essere il futuro papa Giovanni I, fu composto nel 512 come contributo al controverso dibattito sulla persona e sulla natura, umana e divina, di Cristo. Eutiche sosteneva l'esistenza in Cristo di una natura divina in una persona divina, mentre Nestorio, sostenendo l'identità di persona e natura, sosteneva che Cristo avesse avuto due nature, una divina e una umana e perciò anche due persone, una divina e una umana. Boezio si preoccupa innanzi tutto di chiarire i significati delle parole, affinché non si creino contrasti dovuti a semplici fraintendimenti.  Distingue tre diversi significati del termine «natura», natura come «predicato di tutte le cose esistenti», natura come «predicato di tutte le sostanze corporee e incorporee» e natura come «differenza specifica che dà forma a qualsiasi realtà»; definisce poi con "persona" una «sostanza individua di natura razionale» riferibile agli uomini, agli angeli e a Dio. Scrive infatti (Contra Eutychen, 2, 3): «la persona non si può mai applicare agli universali, ma soltanto ai particolari e agli individui: non esiste infatti la persona dell'uomo in genere o dell'uomo in quanto animale. Pertanto se la persona appartiene soltanto alle sostanze e soltanto a quelle razionali, se ogni natura è una sostanza, e se la persona sussiste non negli universali ma soltanto negli individui, essa si può così definire: "la sostanza individua di natura razionale"».  Ma Boezio non pretende di aver dato una parola definitiva sulla controversia: occorre che sia «il linguaggio ecclesiastico a scegliere il nome più adatto»; per quello che lo riguarda, egli dichiara di non essere «tanto vanitoso da anteporre la mia opinione a un giudizio più sicuro. Non è in noi la sorgente del bene e nelle nostre opinioni non vi è nulla che dobbiamo preferire a ogni costo; da Colui che solo è buono derivano tutte le cose veramente buone». Intorno al 518 fu composto il De hebdomadibus, o Ad eundem quomodo substantiae in eo quod sint, bonae sint, cum non sint substantialia sint, ossia In che modo le sostanze siano buone in quel che sono, pur non essendo beni sostanziali, ove Boezio distingue, nell'ente, l'essere e il «ciò che è» l'id quod est, ciòe il soggetto individuale che possiede l'essere: per Boezio «l'essere non è ancora, ma ciò che ha ricevuto la forma dell'essere, quello è e sussiste».  Stabilito che «tutto ciò che è tende al bene», si pone il problema se possano definirsi buoni gli enti finiti, la cui essenza non è la bontà; distingue allora i beni che sono tali in sé dai «beni secondi», ossia quelli che lo sono in quanto partecipano della bontà, per giungere alla conclusione che anche il «bene secondo» è buono, essendo «scaturito da quello il cui essere stesso è buono», ossia dal primo Essere che è anche e necessariamente il primo Bene. Nel De sancta Trinitate o Quomodo trinitas unus Deus, uno scritto successivo al 520, si pone il problema se a Dio, come a tutte le persone della Trinità, si applichino le categorie della logica, e se dunque siano una sostanza e se sia possibile che abbiano degli attributi; lo stesso tema, in forma sintetica, è espresso nell'Ad Johannem diaconum utrum Pater et Filius et Spiritus Sanctus de divinitate substantialiter praedicentur.  Il De consolatione philosophiae  La consolazione della filosofia, miniatura del 1485.  Boezio in prigione, miniatura, 1385. Scritta durante la carcerazione, i cinque libri del De consolatione si presentano come un dialogo nel quale la Filosofia, personificata da «una donna di aspetto oltremodo venerabile nel volto, con gli occhi sfavillanti e acuti più della normale capacità umana; di colorito vivo e d'inesausto vigore, benché tanto avanti con gli anni da non credere che potesse appartenere alla nostra epoca», dimostra che l'afflizione patita da Boezio per la sventura che lo ha colpito non ha in realtà bisogno di alcuna consolazione, rientrando nell'ordine naturale delle cose, governate dalla Provvidenza divina.  Si può dividere l'opera in due parti, una costituita dai primi due libri e l'altra dagli ultimi tre. È una distinzione che corrisponde a quanto raccomandato dallo stoico Crisippo nella cura delle afflizioni: quando l'intensità della passione è al culmine, prima di ricorrere ai rimedi più efficaci, occorre attendere che essa si attenui. Così infatti si esprime la Filosofia (I, VI, 21): «siccome non è ancora il momento per rimedi più energici, e la natura della mente è tale che, respingendo le vere opinioni, subito si riempie di errori, dai quali nasce la caligine delle perturbazioni che confonde l'intelletto, io cercherò di attenuare a poco a poco questa oscurità in modo che, rimosse le tenebre delle passioni ingannevoli, tu possa conoscere lo splendore della luce vera».  Una medicina leggera, «qualcosa di dolce e di piacevole che, penetrato al tuo interno, apra la strada a rimedi più efficaci», è la comprensione della natura della fortuna, esposta nel II libro utilizzando temi della filosofia stoica ed epicurea. La fortuna (II, I, 10 e segg.) «era sempre la stessa, quando ti lusingava e t'illudeva con le attrattive di una felicità menzognera [...] se l'apprezzi, adeguati ai suoi comportamenti, senza lamentarti. Se aborrisci la sua perfidia, disprezzala [...] ti ha lasciato colei dalla quale nessuno può essere sicuro di non essere abbandonato [...] ti sforzi di trattenere la ruota della fortuna, che gira vorticosamente? Ma, stoltissimo fra tutti i mortali, se si fermasse, non sarebbe più lei». Del resto, quello che la fortuna ci dà, saremo noi stessi a doverlo abbandonare in quell'ultimo giorno della nostra vita che (II, III, 12) «è pur sempre la morte della fortuna, anche della fortuna che dura. Che importanza credi allora che abbia, se sia tu a lasciarla morendo, o se sia lei a lasciarti, fuggendo?».  Se dunque ci rende infelice tanto il suo abbandono durante la nostra vita, quanto il fatto che, morendo, dobbiamo abbandonare i doni che quella ci ha elargito in vita, allora la nostra felicità non può consistere in quei doni effimeri, in cose mortali, e neppure nella gloria, nel potere e nella fama, ma deve essere dentro noi stessi. Si tratta allora di conoscere «l'aspetto della felicità vera», dal momento che ciascuno (III, II, 1) «per vie diverse, cerca pur sempre di giungere a un unico fine, che è quello della felicità. Tale fine consiste nel bene: ognuno, una volta che l'abbia ottenuto, non può più desiderare altro». Dimostrato che (III, IX, 2) «con le ricchezze non si ottiene l'autosufficienza, non la potenza con i regni, non con le cariche il rispetto, non con la gloria la fama, né la gioia con i piaceri», tutti beni imperfetti, occorre determinare la forma del bene perfetto, «questa perfezione della felicità».  Ora, il bene perfetto, il «Sommo Bene», è Dio, dal momento che, secondo Boezio, sviluppando una concezione neoplatonica (III, X, 8) «la ragione dimostra che Dio è buono in modo da poterci convincere che in lui vi è anche il bene perfetto. Se infatti non fosse tale, non potrebbe essere l'origine di ogni cosa; vi sarebbe altro, migliore di lui, in possesso del bene perfetto, a lui precedente e più prezioso; è chiaro che le cose perfette precedono quelle imperfette. Pertanto, per non procedere all'infinito col ragionamento, dobbiamo ammettere che il sommo Dio sia del tutto pieno del bene sommo e perfetto; ma s'era stabilito che il bene perfetto sia la vera felicità: dunque la vera felicità è posta nel sommo Dio».  Nel IV libro (I, 3) Boezio pone il problema di come «pur esistendo il buon reggitore delle cose, i mali esistano comunque ed siano impuniti [...] e non solo la virtù non venga premiata ma sia persino calpestata dai malvagi e punita al posto degli scellerati». La risposta, secondo lo schema platonico, della Filosofia, è che tutti, buoni e malvagi, tendono al bene; i buoni lo raggiungono, i malvagi non riescono a raggiungerlo per loro propria incapacità, mancanza di volonta, debolezza. Perché infatti i malvagi (IV, II, 31 - 32) «abbandonata la virtù, ricercano i vizi? Per ignoranza di ciò che è bene? Ma cosa c'è di più debole della cecità dell'ignoranza? Oppure sanno cosa cercare ma il piacere li allontana dalle retta via? Anche in questo caso si dimostrano deboli, a causa dell'intemperanza che impedisce loro di opporsi al male? oppure abbandonano il bene consapevolmente e si volgono al vizio? Ma anche così cessano di essere potenti e cessano persino di essere del tutto». Infatti il bene è l'essere e chi non raggiunge il bene è privo necessariamente dell'essere: dell'uomo ha solo la parvenza: «tu potresti chiamare cadavere un uomo morto, ma non semplicemente uomo; così, i viziosi sono malvagi ma nego che essi siano in senso assoluto».  Nel quinto e ultimo libro Boezio tratta il problema della prescienza e provvidenza divina e del libero arbitrio. Definito il caso (I, I, 18) «un evento inaspettato prodotto da cause che convergono in cose fatte per uno scopo determinato», per Boezio il concorrere e confluire di quelle cause è «il prodotto di quell'ordine che, procedendo per inevitabile connessione, discende dalla provvidenza disponendo le cose in luoghi e in tempi determinati». Il caso, dunque, non esiste in sé stesso, ma è l'evento di cui gli uomini non riescono a stabilire le cause che lo hanno determinato. È compatibile allora il libero arbitrio dell'uomo con la presenza della prescienza divina e a cosa dovrebbe servire pregare che qualcosa avvenga o meno, se già tutto è stabilito? La risposta della Filosofia è che la previdenza di Dio non dà necessità agli eventi umani: essi restano la conseguenza della libera volontà dell'uomo anche se sono previsti da Dio.  Ma questo stesso problema, così posto dall'uomo, non è nemmeno corretto. Dio è infatti eterno, nel senso che non è soggetto al tempo; per lui non esiste il passato e il futuro, ma un eterno presente; il mondo, invece, anche se non avesse avuto nascita, sarebbe perpetuo, ossia soggetto al mutamento e dunque soggetto al tempo; nel mondo esiste pertanto un passato e un futuro. La conoscenza che Dio ha delle cose non è a rigore un "vedere prima", una pre-videnza, ma una provvidenza, un vedere nell'eterno presente tanto gli eventi necessari, come sono quelli regolati dalle leggi fisiche, che gli eventi determinati dalla libera volontà dell'uomo.  La fortuna della Consolazione fu notevole per tutto il Medioevo, così da fare del suo autore una delle fonti più autorevoli del pensiero cristiano, per quanto l'opera si fondi sulle tradizioni stoiche e soprattutto neoplatoniche; essa tuttavia si manifesta come ultima autorevole affermazione della libertà del pensiero in complementarità con la fede espressa in sue altre opere, come dimostra il fatto che Boezio non abbia mai citato Cristo in un'opera di tale natura e composta a un passo dalla morte - tanto che già nel X secolo il monaco sassone Bovo di Corvey dirà, a questo riguardo, che nella Consolazione sembra che la Filosofia abbia scacciato Cristo. Allievo della scuola neoplatonica di Atene, Boezio trovò negli insegnamenti della classica tradizione neoplatonica esempi di direttiva morale pienamente sufficienti rispetto a quanto poteva trovare nel Cristianesimo, del quale, non a caso, come mostrano i suoi Opuscoli teologici, si occupò soltanto per problemi relativi unicamente alla dogmatica e mai alla morale e al destino dell'uomo.  Lo stile La De Consolatione philosophiae è un esempio di prosimetro, una composizione in cui la poesia si alterna alla prosa, secondo un modello che viene fatto risalire al filosofo cinico Menippo di Gadara nel III secolo a.C. e introdotto a Roma nel I secolo a.C. da Varrone; molto probabilmente Boezio tenne presente il De nuptiis Mercurii et Philologiae di Marziano Capella, opera di struttura analoga, composta circa un secolo prima. Boezio, nelle opere precedenti, frutto di elaborazioni teologiche, di commenti e di traduzioni, non si era preoccupato di dare dignità letteraria ai suoi scritti; nella Consolazione ha voluto affermare la propria appartenenza alla tradizione latina, con una trasparente imitazione del dialogo platonico attraverso i modelli di Cicerone e di Seneca, così da porsi, nel versante sia letterario che filosofico, come l'ultimo classico romano.  Le opere discusse A Boezio furono attribuite altre opere, come la De fide catholica o Brevis fidei christianae complexio, che sembra appartenere a quel suo allievo Giovanni nel quale si è voluto riconoscere Papa Giovanni I. Anche se ancora oggi vi è discussione sull'attribuzione a Boezio, l'impostazione catechistica dell'opera, che tratta delle verità essenziali del Cristianesimo, quali la Trinità, il peccato originale, l'Incarnazione, la Redenzione e la Creazione, porterebbero a escludere una paternità boeziana. Attribuita a Mario Vittorino la De definitione e a Domenico Gundisalvo la De unitate et uno, resta tuttora non definito l'autore della De disciplina scholarium, anch'essa attribuita a suo tempo a Boezio.  Culto La figura di Boezio fu molto stimata nel Medioevo. Le sue vicissitudini avevano molte analogie con la vita di San Paolo, ingiustamente imprigionato e martire.  Il poeta Dante Alighieri nomina Boezio nella Divina Commedia e nel Convivio, dove afferma (II, 12) di averne iniziato gli studi quando, dopo la morte di Beatrice, si era dedicato alla filosofia. Nel Paradiso di Dante, Boezio è uno degli spiriti sapienti del IV Cielo del Sole (Par., X, 124-126), che formano la prima corona di dodici spiriti in cui è presente anche san Tommaso d'Aquino.  Dal Martirologio Romano al 23 ottobre: "A Pavia, commemorazione di san Severino Boezio, martire, che, illustre per la sua cultura e i suoi scritti, mentre era rinchiuso in carcere scrisse un trattato sulla consolazione della filosofia e servì con integrità Dio fino alla morte inflittagli dal re Teodorico".  Opere Le date di composizione sono tratte da Philip Edward Phillips, "Anicius Manlius Severinus Boethius: A Chronology and Selected Annotated Bibliography", in Noel Harold Kaylor Jr., & Philip Edward Phillips, (a cura di), A Companion to Boethius in the Middle Ages, Leiden, Brill, 2012,551–589.  Opere matematiche De institutione arithmetica (c. 500) adattamento delle Introductionis Arithmeticae di Nicomaco di Gerasa (c. 160 - c. 220). De Institutione musica (c. 510), si basa su un'opera perduta di Nicomaco di Gerasa e sulla Harmonica di Tolomeo. Opere logiche A) Traduzioni dal greco Porphyrii Isagoge (traduzione dell'Isagoge di Porfirio) In Categorias Aristotelis De Interpretatione vel Periermenias Interpretatio priorum Analyticorum (due versioni) Interpretatio Topicorum Aristotelis Interpretatio Elenchorum Sophisticorum Aristotelis B) Commenti a Porfirio, Aristotele e Cicerone In Isagogen Porphyrii commenta (due versioni, la prima basata sulla traduzione di Gaio Mario Vittorino, (c. 504-505); la seconda sulla sua traduzione (507-509). In Aristotelis Categorias (c. 509-511) In librum Aristotelis de interpretatione Commentaria minora (non prima del 513) In librum Aristotelis de interpretatione Commentaria majora (c. 515-516) In Aristotelis Analytica Priora (due versioni) (c.520-523) Commentaria in Topica Ciceronis (incompleta: manca la fine del sesto libro e tutto il settimo) Opere originali De syllogismo cathegorico (505-506) De divisione (515-520?) De hypotheticis syllogismis (c. 516-522) In Ciceronis Topica (prima del 522) De topicis differentiis (prima del 523) Introductio ad syllogismos cathegoricos (c. 523) Opuscola Sacra (trattati teologici) (c. 520) De Trinitate (c. 520-521) Utrum Pater et Filius et Spiritus Sanctus de divinitate substantialiter praedicentur (Se "Padre" "Figlio" e "Spirito Santo", siano predicati sostanzialmente della Divinità) Quomodo substantiae in eo quod sint bonae sint cum non sint substantialia bona conosciuto anche col titolo De Hebodmadibus (In che modo le sostanze siano buone in quel che sono, pur non essendo beni sostanziali) De fide Catholica Contra Eutychen et Nestorium De consolatione Philosophiae (524-525). Frammenti di un trattato sulla geometria sono pubblicati in: Menso Folkerts (a cura di), Boethius' Geometrie II. Ein mathematisches Lehrbuch des Mittelalters, Wiesbaden, Franz Steiner, 1970.  Edizioni Severino Boezio, Dialectica, Venetiis, apud Iuntas, 1547. Manlii Severini Boethii Opera Omnia, Patrologiae cursus completus, Series latina, vol. 63 e 64, 1882 - 1891. Anicii Manlii Severini Boethii Opera, I-II, Turnholt 1957-1999 Anicius Manlius Severinus Boethius Torquatus, De consolatione philosophiae. Opuscula theologica, ed. C. Moreschini, editio altera, Monachii - Lipsiae, 2005 (ed. prior 2000) Traduzioni italiane Boezio Severino Delle consolazione della filosofia, Tradotto dalla Lingua Latina in Volgar Fiorentino da Benedetto Varchi, Con Annotazioni a margine e Tavola delle cose più segnalate. Si aggiunge la Vita dell'Autore..., in Venezia, MDCCLXXXV, presso Leonardo Bassaglia, Venezia, 1785.[11] La consolazione della Filosofia, traduzione di Umberto Moricca, Firenze, Salani, 1921. Philosophiae consolatio, testo con introduzione e trad. di Emanuele Rapisarda, Catania, Centro di Studi sull'antico Cristianesimo, 1961. La consolazione della filosofia, traduzione di R. Del Re, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1968. Trattato sulla divisione, traduzione di traduzione, introduzione e commento di Lorenzo Pozzi, Padova, Liviana Editrice, 1969. De hypotheticis syllogismis, testo latino, traduzione, introduzione e commento di Luca Obertello, Brescia, Paideia, 1969. La consolazione della filosofia, introduzione di Christine Mohrmann, trad. di Ovidio Dallera, Collana BUR, Milano, Rizzoli, 1970. La Consolazione della filosofia. Gli Opuscoli teologici, traduzione di A. Ribet, a cura di Luca Obertello, Collana Classici del pensiero, Milano, Rusconi, 1980,978-88-182-2484-9. De Institutione musica, testo e traduzione di Giovanni Marzi, Roma, 1990. La consolazione della filosofia, a cura di Claudio Moreschini, Collezione Classici Latini, Torino, UTET, 1994,978-88-020-4825-3. La consolazione di Filosofia, A cura di Maria Bettetini. Traduzione di Barbara Chitussi, note di Giovanni Catapano. Testo latino a fronte, Collana NUE, Torino, Einaudi, 2010,978-88-061-9973-9. I valori autentici, a cura di M. Jovolella, Collana Oscar Saggezze, Milano, Mondadori, 2010,978-88-046-0023-7. La ricerca della felicità (Consolazione della Filosofia III), A cura di M. Zambon, Collana Letteratura universale.Il convivio, Venezia, Marsilio, 2011,978-88-317-0827-2. Il De topicis differentiis di Severino Boezio, a cura di Fiorella Magnano, Palermo, Officina di Studi Medievali, 2014. Le differenze topiche. Testo latino a fronte, A cura di Fiorella Magnano, Collana Il pensiero occidentale, Milano, Bompiani, 2017,978-88-452-9399-3. Note  Battista Mondin, La prima Scolastica: Boezio, Cassiodoro, Scoto Eriugena  Martirologio romano, citato in Severino Boezio, in Santi, beati e testimoni - Enciclopedia dei santi, santiebeati.  Ennodio, Epistole, vi.6, vii.13, viii.1.  Cassiodoro, Variae, i.45.  Cassiodoro, Variae, ii.40.  De consolatione philosophiae, ii. 3.8.  De consolatione philosophiae, i 4.10-14.  Anonimo Valesiano, 14.85.  Il sepolcro di Boezio, su academia.edu.  Alessio Narbone, Bibliografia Sicola sistematica o apparato metodico alla storia letteraria della Sicilia, Volume I, 1850,478.  Il libro contiene una iniziale dedica a ""Cosimo De' Medici Gran Duca di Toscana"", poi la ""VITA DI ANICIO MANLIO TORQUATO SEVERINO BOEZIO scritta latinamente da Giulio Marziano Rota ed ora nuovamente volgarizzata"", ed infine la traduzione in fiorentino "" volgare fiorentina"" di Benedetto Varchi che traduce in italiano anche le parti non in prosa con versi in rime alternate: ultima cosa curiosa, alla fine ci sono due ''''Inni d'ELPIDE, Matrona Siciliana Consorte di Boezio''''. Bibliografia «Anicius Manlius Severinus Boethius iunior 5», The Prosopography of the Later Roman Empire volume II,233–236 L. M. Baixauli, Boezio. La ragione teologica, Milano, 1997 Henry Chadwick, Boezio: la consolazione della musica, della logica, della teologia e della filosofia, Bologna, 1986 G. d'Onofrio, Fons scientiae. La dialettica nell'Occidente tardo antico, Napoli, 1984 A. de Libera, Il problema degli universali da Platone alla fine del Medioevo, Firenze, 1999 Anselmo Maria Frigerio, “Sulla prima scolastica medievale", Torino 1927 A. M. Frigerio, Il pensiero teologico ed etico di Severino Boezio, Torino 1929 A. M. Frigerio, Lo sviluppo filosofico della dottrina cristiana dell'alto medioevo, Torino 1935 M. T. Fumagalli Beonio Brocchieri e M. Parodi, Storia della filosofia medievale, Milano, 200588-420-4857-7 F. Gastaldelli, Boezio, Roma, 1997 Aurelia Josz, Severino Boezio nel dramma della romanità: visione nella storia, Milano, Treves, 1937, SBN IT\ICCU\LO1\0365764. 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Troncarelli, Boethiana Aetas. Modelli grafici e fortuna manoscritta della «Consolatio Philosophiae» tra IX e XII secolo, Firenze, 1993 Voci correlate De Institutione musica Tavola pitagorica Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Severino Boezio Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina in lingua latina dedicata a Severino Boezio Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Severino Boezio Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Severino Boezio Collegamenti esterni Severino Boezio, su Treccani – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Severino Boezio, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.Severino Boezio, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.Claudio Leonardi, Severino Boezio, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 11, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1969.(DE) Severino Boezio, su ALCUIN, Università di Ratisbona.Severino Boezio, su MacTutor, University of St Andrews, Scotland.(LA) Opere di Severino Boezio, su Musisque Deoque.(LA) Opere di Severino Boezio, su digilibLT, Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro.Opere di Severino Boezio / Severino Boezio (altra versione) / Severino Boezio (altra versione) / Severino Boezio (altra versione) / Severino Boezio (altra versione) / Severino Boezio (altra versione) / Severino Boezio (altra versione) / Severino Boezio (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl.Opere di Severino Boezio, su Open Library, Internet Archive.Opere di Severino Boezio, su Progetto Gutenberg.Audiolibri di Severino Boezio, su LibriVox.Severino Boezio, su Goodreads.(FR) Bibliografia su Severino Boezio, su Les Archives de littérature du Moyen Âge.Severino Boezio, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.Severino Boezio, su Santi, beati e testimoni, santiebeati.Spartiti o libretti di Severino Boezio, su International Music Score Library Project, Project Petrucci LLC.Severino Boezio, su MusicBrainz, MetaBrainz Foundation.John Marenbon, Anicius Manlius Severinus Boethius, in Edward N. Zalta (a cura di), Stanford Encyclopedia of Philosophy, Center for the Study of Language and Information (CSLI), Università di Stanford.The Philosophical Works of Boethius. Editions and Translations, su historyoflogic.com.Boethius' Logic and Metaphysics. An Annotated Bibliography, su historyoflogic.com. Essere ed esistenza nell'opera di Severino Boezio, su mondodomani.org. Boezio e la questione della felicità, su donbosco-torino. Temi del De consolatione philosophiae e cenni biografici del filosofo, su taozen. Opera Omnia, su documentacatholicaomnia.eu. dal Migne, Patrologia Latina, con indici analitici. De Arte Arithmetica libri duo, su daten.digitale-sammlungen.de. Manoscritto conservato nella Biblioteca digitale di Monaco di Baviera. De institutione Musica, su imslp.org. PredecessoreConsole romanoSuccessore Flavio Importuno, sine collega510Flavio Arcadio Placido Magno Felice, Flavio Secondino V · D · M Padri e dottori della Chiesa cattolica Severino Boezio Boetius.png Magister officiorum del Regno Ostrogoto Durata mandatosettembre 522 – agosto 523 MonarcaTeodorico il Grande Console del Regno Ostrogoto Durata mandato510 MonarcaTeodorico il Grande PredecessoreFlavio Importuno SuccessoreMagno Felice Flavio Secondino Senatore romano Durata mandato510 – settembre 524 Dati generali Professionefilosofo San Severino Boezio Fl Boetio (Flavio Boezio) - Studiolo di Federico da MontefeltroFl Boetio (Flavio Boezio) - Studiolo di Federico da Montefeltro   Padre della Chiesa Martire    NascitaRoma, 475/477 MortePavia, 524/526 Venerato daTutte le Chiese che ammettono il culto dei santi Ricorrenza23 ottobre Attributipalma ManualeInter latinos aristotelis interpretes et aetate primi, et doctrina praecipui dialectica, 1547. Da BEIC, biblioteca digitale. Boezio raffigurato col proprio suocero, Quinto Aurelio Memmio Simmaco, nobile e letterato romano.Controllo di autoritàVIAF100218964 · ISNI0000 0001 2283 4442 · SBN IT\ICCU\CFIV\082200 · Europeana agent/base/145483 · LCCNn79029805 · GND (DE) 11851282X · BNF (FR) cb14840639m (data) · BNE (ES) XX859481 (data) · ULAN500355319 · NLA35019855 · BAV495/44468 · CERL cnp01316117 · NDL (EN, JA) 00434105 · WorldCat Identitieslccn-n79029805 Filosofia Portale Filosofia Letteratura Portale Letteratura Lingua latina Portale Lingua latina Categorie: Filosofi romaniSenatori romaniNati a RomaMorti a PaviaAniciiConsoli medievali romaniFilosofi cristianiFilosofi giustiziatiMartiri cristianiMagistri officiorumPersonaggi citati nella Divina Commedia (Paradiso)Santi romani del VI secoloTeorici della musica italianiTraduttori dal greco al latino[alter. Refs.: Boethiius, in Stanford Encyclopaedia. Luigi Speranza, "Grice e Boezio," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. Bollettino della Società filosofica italiana.

 

 

bolzano: the Italian ancestor of the philosopher – cf. Brenttano. b., an intentionalist philosopher considered by most as a pre-Griceian, philosopher. He studied philosophy, mathematics, physics, and theology in Prague; received the Ph.D.; was ordained a priest 1805; was appointed to a chair in religion at Charles  in 1806; and, owing to his criticism of the Austrian constitution, was dismissed in 1819. He composed his two main works from 1823 through 1841: the Wissenschaftslehre 4 vols., 1837 and the

 

bosanquet: Grice: “When I wrote my ‘Negation,’ I had two sources in mind: Bosanquet and Bonatelli – he has an excellent piece on ‘Negazione’ – which he sees, as I do, within the framework of ‘psicologia razionale o metafisica’ –“ Cited by H. P. Grice. Very English philosopher (almost like Austin or Grice), the most systematic Oxford absolute idealist and, with F. H. Bradley, the leading Oxford defender of absolute idealism. Although he derived his last name from Huguenot ancestors, Bosanquet was thoroughly English. Born at Altwick and educated at Harrow and Balliol, Oxford, he was for eleven years a fellow of  University College, Oxford. The death of his father in 0 and the resulting inheritance enabled Bosanquet to leave Oxford for London and a career as a writer and social activist. While writing, he taught courses for the London Ethical Society’s Center for  Extension and donated time to the Charity Organization Society. In 5 he married his coworker in the Charity Organization Society, Helen Dendy, who was also the translator of Christoph Sigwart’s Logic. Bosanquet was professor of moral philosophy at St. Andrews from 3 to 8. He gave the Gifford Lectures in 1 and 2. Otherwise he lived in London until his death. Bosanquet’s most comprehensive work, his two-volume Gifford Lectures, The Principle of Individuality and Value and The Value and Destiny of the Individual, covers most aspects of his philosophy. In The Principle of Individuality and Value he argues that the search for truth proceeds by eliminating contradictions in experience. For Bosanquet a contradiction arises when there are incompatible interpretations of the same fact. This involves making distinctions that harmonize the incompatible interpretations in a larger body of knowledge. Bosanquet thought there was no way to arrest this process short of recognizing that all human experience forms a comprehensive whole which is reality. Bosanquet called this totality “the Absolute.” Just as conflicting interpretations of the same fact find harmonious places in the Absolute, so conflicting desires are also included. The Absolute thus satisfies all desires and provides Bosanquet’s standard for evaluating other objects. This is because in his view the value of an object is determined by its ability to satisfy desires. From this Bosanquet concluded that human beings, as fragments of the Absolute, acquire greater value as they realize themselves by partaking more fully in the Absolute. In The Value and Destiny of the Individual Bosanquet explained how human beings could do this. As finite, human beings face obstacles they cannot overcome; yet they desire the good i.e., the Absolute which for Bosanquet overcomes all obstacles and satisfies all desires. Humans can best realize a desire for the good, Bosanquet thinks, by surrendering their private desires for the sake of the good. This attitude of surrender, which Bosanquet calls the religious consciousness, relates human beings to what is permanently valuable in reality and increases their own value and satisfaction accordingly. Bosanquet’s defense of this metaphysical vision rests heavily on his first major work, Logic or the Morphology of Knowledge 8; 2d ed., 1. As the subtitle indicates, Bosanquet took the subject matter of Logic to be the structure of knowledge. Like Hegel, who was in many ways his inspiration, Bosanquet thought that the nature of knowledge was defined by structures repeated in different parts of knowledge. He called these structures forms of judgment and tried to show that simple judgments are dependent on increasingly complex ones and finally on an all-inclusive judgment that defines reality. For example, the simplest element of knowledge is a demonstrative judgment like “This is hot.” But making such a judgment presupposes understanding the contrast between ‘this’ and ‘that’. Demonstrative judgments thus depend on comparative judgments like “This is hotter than that.” Since these judgments are less dependent on other judgments, they more fully embody human knowledge. Bosanquet claimed that the series of increasingly complex judgments are not arranged in a simple linear order but develop along different branches finally uniting in disjunctive judgments that attribute to reality an exhaustive set of mutually exclusive alternatives which are themselves judgments. When one contained judgment is asserted on the basis of another, a judgment containing both is an inference. For Bosanquet inferences are mediated judgments that assert their conclusions based on grounds. When these grounds are made fully explicit in a judgment containing them, that judgment embodies the nature of inference: that one must accept the conclusion or reject the whole of knowledge. Since for Bosanquet the difference between any judgment and the reality it represents is that a judgment is composed of ideas that abstract from reality, a fully comprehensive judgment includes all aspects of reality. It is thus identical to reality. By locating all judgments within this one, Bosanquet claimed to have described the morphology of knowledge as well as to have shown that thought is identical to reality. Bosanquet removed an objection to this identification in History of Aesthetics 2, where he traces the development of the philosophy of the beautiful from its inception through absolute idealism. According to Plato and Aristotle beauty is found in imitations of reality, while in objective idealism it is reality in sensuous form. Drawing heavily on Kant, Bosanquet saw this process as an overcoming of the opposition between sense and reason by showing how a pleasurable feeling can partake of reason. He thought that absolute idealism explained this by showing that we experience objects as beautiful because their sensible qualities exhibit the unifying activity of reason. Bosanquet treated the political implications of absolute idealism in his Philosophical Theory of the State 8; 3d ed., 0, where he argues that humans achieve their ends only in communities. According to Bosanquet, all humans rationally will their own ends. Because their ends differ from moment to moment, the ends they rationally will are those that harmonize their desires at particular moments. Similarly, because the ends of different individuals overlap and conflict, what they rationally will are ends that harmonize their desires, which are the ends of humans in communities. They are willed by the general will, the realization of which is self-rule or liberty. This provides the rational ground of political obligation, since the most comprehensive system of modern life is the state, the end of which is the realization of the best life for its citizens. Refs.: H. P. Grice, “Bosanquet’s implicaturum.”

 

BOLANO – Grice: “I was born at Harborne, but there’s no volcano there- Bolano was born in Catania, and he is especially revered THERE, rather than at Oxford, because he was able to see some monuments – notably the Naumachia and the Hippodrome – before it was covered by ‘lava’ –“ –“Oddly, when he philosophised on rhetoric – he used that as a blurb – many philosophers traveled to Catania to be tutored by him – vide Salonia --. So he used the blurb of his expertise on Catania  to promote -- or rather his editor did, since he is a gentleman, and a gentleman does not promote – his work on rhetoric --.” “There are very few copies of this!” – “And Evola tired in vain – ‘in vano’ – to find one!” -- Lorenzo Bolano (n. Catania) filosofo, medico e archeologo italiano.  Assai scarse sono le notizie sulla vita di questo personaggio. Quel poco che sappiamo viene riassunto nell'opera del Mongitore: insegnò a Catania medicina per più di 20 anni a partire dal 1572, quindi nel periodo tra il 1578 e il 1590 intraprese l'insegnamento anche di filosofia alternando i due insegnamenti per tutta la carriera. Non si hanno più notizie certe su di lui dopo il 1593 anche se c'è la presenza del suo nome nei rotuli dell'Catania fino al 1613, anno probabile della sua morte.  Nel XVI secolo fu uno dei più eminenti esponenti dell'ateneo catanese: chiamato dallo storico seicentesco concittadino Giovambattista De Grossi « medicinae, anatomes ac matheseos peritissimus », acquisìo grande fama di professore e di medico. Dal 1603 per un breve periodo lo troviamo presso il Collegio dei gesuiti di Palermo come lettore di fisica e anatomia con il "favoloso stipendio di ottocento onze annue"; nel 1607 torna ad insegnare a Catania.  Fu un seguace della tradizione aristotelica rinascimentale ed un tipico esempio di medico umanista, unendo all'interesse per le indagini mediche e naturali quello per gli studi letterari, filosofici e antiquari.  Nel 1596 stampava a Messina un Opus logicum, compendio di filosofia aristotelica e frutto del suo insegnamento logico, scrisse anche di retorica e fisica ed abbiamo notizie di un'opera naturalistica sull'Etna, il Discorso di Mongibello ma l'opera cui maggiormente è legato è un Chronicon urbis Catinae, andato perduto dopo il 1693, in cui ci lascia preziose notizie e descrizioni su Catania e le sue vestigia storiche prima della catastrofica eruzione dell'Etna del 1669 che profondamente ne cambiò paesaggio, fisionomia ed urbanistica.  Il Chronicon rappresenta un raro esempio cinquecentesco di indagine archeologica diretta su Catania e rimarrà uno dei pochi lavori utili e seri sulle antichità della città etnea per tutto il Seicento. Riguarda, tra l'altro, la fondazione di Catania, l'anfiteatro romano, l'acquedotto romano, gli Archi, il tempio di Cerere, la Naumachia, l'Ippodromo. Per questi ultimi due edifici è la prima ed unica fonte a noi rimasta. Pietro Carrera e Gian Battista De Grossi attinsero direttamente dal manoscritto, traendone spunto per le loro opere e pubblicando i pochi frammenti a noi rimasti.  Eppure Bolano subì una grave umiliazione: nell'anno in cui si perdono le sue tracce, il 1613, presentatosi a chiedere l'incarico di filosofia nell'Università dove con onore insegnava da oltre quattri decenni, i filosofi ecclesiastici lo contrastarono preferendo il secolare Francesco Riccioli. Il venerando medico-archeologo riottenne l'insegnamento solo per « grazia » del viceré Pietro Giron de Osuna, una nomina, sottolinea Matteo Gaudioso, « peggiore di una sconfitta, forse la prima e ultima umiliazione del Bolano, scomparso successivamente dalla scena. Fu il suo ultimo anno di insegnamento e forse di vita ».  Note  Antonino Mongitore, Bibliotheca sicula, sive de scriptoribus siculis, qui tum vetera, tum recentiora saecula illustrarunt, pag. 5, D. Bua, 1708  Storia della filosofia in Sicilia da'tempi antichi al sec. XIX, libri quattro, pag. 137, Vincenzo Di Giovanni, Lauriel, 1873  Archivio storico per la Sicilia orientale, pag. 293, La società, 1934  G.B. De Grossi, Catanense Decachordon..., Catanae, 1642150.  S. Correnti, La Sicilia del Cinquecento: il nazionalismo isolano, Roma, Mursia, 1980, p.172.  Storia della filosofia in Sicilia da' tempi antichi al sec. XIX, libri quattro, pag. 138  Rivista internazionale di filosofia del diritto, Volume 38, pag. 313, Giorgio Del Vecchio, Società anonima poligrafica italiana, 1961  Bibliotheca sicula, sive de scriptoribus siculis, qui tum vetera, tum recentiora saecula illustrarunt  Osservazioni sopra la storia di Catania cavate dalla storia generale di Sicilia, Volume 3, pag. 214, Vincenzo Cordaro Clarenza Riggio, 1833  Sopra uno rudere scoperto in Catania cenni critici dell'arch. Mario Musumeci, pag. XXX, Mario Musumeci, dalla tipografia della regia Università, 1819  Guido Libertini, L’indagine archeologica a Catania nel secolo XVI e l’opera di Lorenzo Bolano, in Archivio Storico per la Sicilia Orientale, XVIII, 1922,   105–138,  .  Edilizia pubblica e privata nelle città romane, pag. 94, Lorenzo Quilici, Stefania Quilici Gigli, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2008 Carrera, Delle Memorie historiche della città di Catania, I, Catania 1639,  22, 37, 80, 112  G. B. De Grossi, Catanense Decachordon..., cit., I,  7 s.  Archivio di Stato di Palermo, Tribunale del R. Patrimonio, Memoriali,  533, f. 283. Cit. in Corrado Dollo, Modelli scientifici e filosofici nella Sicilia spagnola, Napoli, Guida, 198470.  Matteo Gaudioso, L'Catania nel secolo XVII, in  Storia della Catania dalle origini ai nostri giorni, Catania, Zuccarello e Izzi, 1934182.  Pietro Carrera, Delle Memorie historiche della città di Catania, I, Catania, 1639. Gian Battista De Grossi, Catanense Decachordon..., Catinae, 1642. Antonino Mongitore, Bibliotheca sicula, sive de scriptoribus siculis, qui tum vetera, tum recentiora saecula illustrarunt, D. Bua, 1708. Mario Musumeci, Sopra uno rudere scoperto in Catania cenni critici dell'arch. Mario Musumeci, dalla tipografia della regia Università, 1819. Vincenzo Di Giovanni, Storia della filosofia in Sicilia da'tempi antichi al sec. XIX, libri quattro, pag. 137, Lauriel, 1873. Guido Libertini, L'indagine archeologica a Catania nel secolo XVI e l'opera di Lorenzo Bolano in Archivio Storico per la Sicilia Orientale, n. XVIII, 1922. Giorgio Stabile, Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 11, 1969. Lorenzo Quilici, Stefania Quilici Gigli, Edilizia pubblica e privata nelle città romane, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2008.  Storia di Catania Eruzione dell'Etna del 1669  Lorenzo Bolano, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Filosofia Medicina  Medicina Filosofo del XVI secoloMedici italianiArcheologi italiani 1540 Catania CataniaProfessori dell'Università degli Studi di Catania

 

BONATELLI: Grice: “Bonatelli is undoubtedly a Griceian – like me, he merges psychologia – ‘psychologia rationalis or metaphysica’ as he puts it – with logic -. He makes fun of ‘inglese,’ which by lacking inflections, disallows complex thought – He distinguishes, in ways the Oxonian really cannot – unless he is into ‘Italian studies’! – between ‘linguaggio,’ and THEN ‘’lingua.’” Grice: “Within the lingua he distinguishes a primary stage which he genially calls ‘patognomico,’ or pathognomic, as Strawson would prefer, i. e. to ‘know the emotion’ of your co-conversationalist – Italians never take ‘conoscere’ as sacred as we at Oxford take ‘know’ – He considers the copula in something like “Fido is shaggy,” there is the ‘nome’ – and within it the ‘nome aggetivo’ – this he says, and rightly so, is the stuff of ‘il filosofo delle lingue’ – and the copola which is the ‘is.’ He grants that he’ll only be concerned with lingua of ‘cepo indeuropeo,’ literally ‘indo-germanic vintage’!” – Grice: “Bonatelli is a Griceian because he is into ‘significato’ – how an utterance becomes a vehicle by which an utterer can SIGNIFY – il segno patognomico, as it were --.” Grice: “Like me, he allows for ‘utter’ to be used broadly – ‘sordomuti’ have a ‘linguaggio di gesti e moti’ as ‘signo patognomico.’” Francesco Bonatelli (n. Iseo), filosofo italiano.   Francesco Bonatelli nacque il 25 aprile 1830 ad Iseo (BS), da Filippo (n. 1789m. 1844), commissario distrettuale al servizio del governo austriaco, e da Elisabetta Bocchi.  Nel 1842, all'età di 12 anni, si trasferì a Chiari per compiere gli studi ginnasiali presso uno zio materno: il canonico Annibale Bocchi.  In questo periodo studiò con Carlo Varisco, che, in seguito, diverrà suo cognato. Il Varisco, infatti, sposò Giulia, sorella del Bobatelli e, dopo la morte di questa, convolò a seconde nozze con un'altra sorella del Bonatelli: Laura.  Dall'unione fra Carlo e Giulia nacque Bernardino Varisco, insigne filosofo anch'egli, e senatore del Regno d'Italia.  Terminato il ginnasio, proseguì gli studi a Brescia, frequentando il locale liceo, ed iniziando precocemente l'attività didattica presso il Liceo Classico Arnaldo.  Nel frattempo si rese protagonista del grande fermento politico della sua epoca.  Troviamo conferma del suo fervente patriottismo in ciò che ne scrisse Michele Rosi nel “Dizionario del Risorgimento nazionale” del 1937:  «Venuti i tempi nuovi, ebbe incarico di istruire gli ufficiali della guardia nazionale; continuando nello stesso tempo nel proprio insegnamento, cercò di suscitare nell'animo dei giovani i più fervidi sentimenti patriottici. Per questo cadde in sospetto della polizia austriaca, alla quale sfuggì (…) in Svizzera».  Rientrato in patria, nel 1849, ottenne l'abilitazione all'insegnamento della filosofia, della matematica e della fisica, che alternò tra Milano, presso l'istituto ginnasiale “Sorre”, e Chiari.  La sua prima pubblicazione, di interesse psicologico, risale al 1852, ed ha titolo “Sulla sensazione”.  Nel 1853 si unì in matrimonio con Laura Formenti.  Nel medesimo anno, venne privato del posto di lavoro per motivi politici. Per riottenere l'ammissione all'insegnamento, dovette avvalersi dell'intercessione della nobildonna e benefattrice clarense, Ottavia Bettolini, col maresciallo Josef Radetzky-  In cambio di questa concessione, avvenuta soltanto nel 1855, il governo austriaco gli impose di seguire un corso di studi superiori a Vienna, che abbandonò forzatamente soltanto qualche mese dopo, essendosi ammalato di tifo.  Fu durante questa breve esperienza che il Bonatelli venne in contatto coi maggiori esponenti della filosofia tedesca, da cui rimase profondamente influenzato.  Resta incerto se, nella capitale austriaca, conseguì o meno la laurea, come ipotizzato da alcuni autori (Giulio Alliney, “BONATELLI”, Brescia, La Scuola, 1947).  Nel 1858 insegnò presso il liceo di Mantova, dove rimase fino al Giugno '59, dopo lo scoppio della Seconda Guerra d'Indipendenza, quando quella città fu messa in stato d'assedio.  Le imprese guerresche del sovrano sabaudo, supportato da francesi e volontari garibaldini, vennero celebrate dal B. con la composizione di un carme: “Il servaggio e la liberazione”, scritto a Chiari il 13 agosto 1859, con dedica a Vittorio Emanuele II.  Successivamente, l'attività didattica del B. proseguì al liceo di Brescia (1859-60) ed al Carmine di Torino sino al 1861, anno in cui si trasferì a Bologna per insegnare filosofia teoretica, nonostante avesse appena vinto un concorso presso l'Genova che gli avrebbe permesso di ricoprire la stessa cattedra.  Nell'ateneo felsineo, il B. ebbe modo di conoscere Giosuè Carducci, che vi era professore di Letteratura Italiana.  Lo stretto legame fra i due cattedratici è testimoniato da una ventina di lettere, scritte fra il 1862 ed il 1881, conservate nell'archivio della Casa Carducci di Bologna.  Gli anni trascorsi a Bologna furono particolarmente proficui per l'elaborazione del pensiero filosofico del Bonatelli: nacque allora una delle sue opere principali, “Pensiero e conoscenza”, pubblicata nel 1864.  Nel dicembre 1867, il B. passò alla cattedra di filosofia teoretica dell'Padova; impiego che manterrà fino alla morte.  Nell'ateneo lombardo ebbe diversi incarichi, fra cui quello di insegnare filosofia della storia (dal 1878 al 1910) e di tenere per qualche anno i corsi di antropologia, pedagogia e storia della filosofia. Divenne anche preside della facoltà di lettere e filosofia.  A Padova scrisse la sua opera maggiore: “La coscienza e il meccanesimo interiore”, nel 1872.  La fama del B. iniziò negli anni '70, specialmente negli ambienti del “platonismo” legati a Terenzio Mamiani, ottenendo anche ruoli di alto prestigio al di fuori della propria attività didattica.  Fu membro del comitato di redazione del periodico “La filosofia delle scuole italiane”, fondato dal Mamiani nel ‘69; posizione che mantenne fino al 1874, quando rassegnò le proprie dimissioni in seguito alla pubblicazione di alcuni articoli del filosofo Giovanni Maria Bertini che, contenendo aspre critiche al cattolicesimo, urtavano con le sue solide convinzioni religiose. Nonostante ciò, il B. proseguì la propria collaborazione con la rivista, curandone la rubrica “Conversazioni filosofiche” dal 1870 al 1872.  Il 18 aprile 1880 fu nominato socio corrispondente nazionale dell'Accademia dei Lincei per la classe di Scienze morali, storiche e filologiche; mentre, il 5 febbraio 1882 divenne socio corrispondente della Reale Accademia delle Scienze di Torino, nella sezione di Scienze filosofiche.  Nell'ultimo decennio del secolo XIX pubblicò un altro saggio importante: “Percezione e pensiero”.  Bonatelli fu anche un brillante verseggiatore ed autore di alcune pregevoli opere letterarie, fra cui: il carme “In morte di Tommaso Grossi” (Milano, 1853), il poemetto “Alfredo” (Lodi, 1856), il carme precedentemente menzionato “Il servaggio e la liberazione” (Brescia, 1860) e numerose composizioni in lingua dialettale.  Il filosofo Giovanni Gentile ne lodò le doti letterarie, apprezzando la forma netta e quasi sempre precisa della sua espressione ed il linguaggio vivo ed immaginoso; affermando addirittura che gli scritti del Bonatelli potranno essere sempre cercati e letti con profitto. (G. Gentile, “La filosofia in Italia dopo il 1850”, su “La Critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia diretta da B. Croce” n. 533, 1907).  Inoltre, non esitò ad esporre il proprio pensiero su tematiche politiche d'attualità.  Ricordiamo, a proposito, due saggi sulla possibilità di allargamento del diritto di voto: “Intorno al fondamento naturale del diritto di voto” (Padova; Tip. Rendi, 1882) ed “Intorno al diritto elettorale” (Atti del Reale Istituto veneto di scienze, lettere ed arti; 1897).  Le sue pubblicazioni, comprese quelle di carattere filosofico, ammontano ad oltre 170 opere.  Con l'avanzare dell'età, si manifestò inevitabilmente qualche acciacco fisico, che egli accolse stoicamente, confortato da una fede sincera e tenace.  È significativo quanto scrisse al nipote Bernardino Varisco, in una lettera datata 25 Gen. 1906.  «Carissimo Dino,  l'aver io tardato a congratularmi teco della riuscita non deriva certo dall'essermene io poco rallegrato, bensì dal cumulo di noie, di pensieri, di tribolazioni che ora più che mai m'è piombato addosso e che quasi mi schiaccia. Non entro nei particolari, perché a cosa servirebbe?  […] Basta, [sia] quello che Dio vuole!». (Massimo Ferrari, “Lettere a Bernardino Varisco (18671931)”77, La Nuova Italia, Firenze, 1982).  Malgrado ciò, il filoso d'Iseo proseguì l'attività di docente ed accademico anche nei primi anni del '900, senza affatto abbandonare l'indagine speculativa, grazie ad una lucidità mentale che mai lo abbandonò, dedicando i suoi ultimi sforzi alla traduzione del primo volume dell'opera “Microcosmo” di Hermann Lotze, che sarà pubblicato postumo.  Morì il 13 maggio 1911, a Padova, all'età di 81 anni. Aveva insegnato fino a due giorni precedenti alla morte.  Le sue spoglie mortali riposano nel piccolo cimitero di Longiano (FC), dove furono traslate da Padova, negli anni '80 del secolo scorso, per volontà del nipote Gualtiero.  Pensiero Filosofo spiritualista, Pose al centro della sua speculazione l'uomo e ne difese la spiritualità contro il positivismo materialista. Sulla scia di Hermann Lotze valorizzò il sentimento e pose in esso la principale rivelazione dell'essere per mezzo del giudizio di valore.  Opere Fra le sue opere ricordiamo:  Pensiero e conoscenza, Bologna, G. Monti, 1864. La coscienza e il meccanismo interiore. Studi psicologici, Padova, Minerva, 1872. Discussioni gnoseologiche e note critiche, Venezia, Antonelli, 1885. Elementi di psicologia e logica, ad uso dei licei, Padova, Tip. F. Sacchetto, 1892. Percezione e pensiero, 3 voll., Venezia, Tip. Ferrari, 1892-1895. Comprende: 1. Percezione e pensiero, 1892; 2. La percezione interna, 1894; 3. Il pensiero, 1895. Intorno alla conoscibilità dell'io, Venezia, Officine grafiche di C. Ferrari, 1902. Studi d'epistemologia, Venezia, C. Ferrari, 1905. Sentire e conoscere, Prato, Tip. Collini, 1909. Note  G. Calogero, Enciclopedia Italiana, riferimenti in .  Francesco De Sarlo, Francesco Bonatelli, Firenze, Ufficio della «Rassegna Nazionale» 1900. Erminio Troilo, Il pensiero filosofico di Francesco Bonatelli, estratto dagli «Atti del Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti» LXXXIX (1929-30), Venezia, Ferrari 1930. Davide Poggi, La coscienza e il meccanesimo interiore. Francesco Bonatelli, Roberto Ardigò e Giuseppe Zamboni, Padova, Poligrafo 2007.  978-88-7115-568-5. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Francesco Bonatelli  Guido Calogero, «BONATELLI, Francesco», in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1930. , «BONATELLI, Francesco», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 11, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1969. Filosofia Filosofo del XIX secoloFilosofi italiani Professore1830 1911 25 aprile 13 maggio Iseo PadovaMembri dell'Accademia delle Scienze di Torino

 

BONAVINO: Grice: “In fact, Bonavino is the same – vide my ‘Personal identity’ – he changed his name when he ‘lascio l’abito,’ and teaches philosophy – his essays are slightly rationalistic – he endorsed Thomistic orthodoxy at a later point.’” --  Grice: “I love Bonavino, but not every Oxonian would – for one, he used a pseudonym, since he was a priest – we cannot imagine Copleston doing that – or Kenny! As a philosopher he was a ‘rationalist,’ and indeed, the editor of a journal called ‘Reason’ (like my Carus lectures), as a priet, he was ‘irrationalist.’ – My favourite of his tracts is his ‘storia della filosofia,’ – which concentrated on Rome (Ancient Rome, that is) and Croce --!”  Cistoforo Bonavino, noto anche con lo pseudonimo di Ausonio Franchi (n. Pegli), presbitero, scrittore, teologo e filosofo italiano.  Nacque a Pegli, in una casa che sorgeva sulla via Aurelia, successivamente demolita per la costruzione del lungomare. Nel 1838 entrò in seminario. Nel 1840, a Bobbio, entrò nella congregazione degli Oblati di Sant'Alfonso Maria de' Liguori, fondata, in quella stessa città, nel 1838 dal vescovo Antonio Maria Gianelli.  La fase razionalista Il suddiacono venne accolto nella diocesi di Bobbio dal vescovo Antonio Maria Gianelli il quale lo riteneva persona dotata di ottime qualità. Venne ordinato sacerdote nel 1840, in tre feste consecutive, dallo stesso Gianelli il quale lo accolse tra i suoi Oblati, da poco fondati in Bobbio, nella sede del Santuario della Madonna dell'Aiuto. Il vescovo lo costituì poco dopo, sebbene giovanissimo, vicesuperiore.   Cornelius Jansen, padre del giansenismo  Vincenzo Gioberti In tale posizione Bonavino indusse il vescovo ad irrigidire molto la regola che aveva loro data. Egli usava con i colleghi, tutti più maturi di lui, un rigore che essi reputarono intollerabile, tanto che molti ne rimasero disgustati e parecchi se ne andarono. Qualche suo compagno notò in lui uno spirito di superbia inoltre, in una disputa teologica, Bonavino mostrò una dottrina diametralmente opposta a quella di Sant'Alfonso Maria de' Liguori, tanto che il vescovo Gianelli dovette intervenire per richiamarlo, dicendogli: "se continuate in questa guisa, voi non potrete recare che gravi dispiaceri alla Chiesa e voglia Iddio che non diventiate apostata". Egli dapprima rispose positivamente al richiamo, ma poi nuovamente ritornò sulle sue posizioni.  Aveva attinto dallo spirito giansenista, tenacemente combattuto dal Gianelli e non ancora assopito, sia leggendo opere spregiudicate sia discorrendo con qualche prete ancora seguace di quella dottrina. Il vescovo lo chiamò nuovamente a sé e gli chiese paternamente se fosse vero quanto gli veniva riferito, ed egli audacemente gli rispose di sì e disse che avrebbe persistito nel suo sentimento e che non vi era alcuna speranza che si potesse ricredere. Le sue parole furono: " ... no, neppure se mi trovassi innanzi alla bocca di un cannone e mi si minacciasse di darmi fuoco!". Allora il vescovo dovette cacciarlo dalla diocesi di Bobbio, dubitando della buona riuscita del nuovo Istituto. Subì, anche, l'influenza del positivismo francese e del criticismo tedesco. Poco dopo venne espulso dalla congregazione per le sue dottrine che si allontanavano dal probabilismo alfonsiano.  A Genova aprì una scuola. Partecipò nelle lotte contro i gesuiti, collaborando alla redazione de Il gesuita moderno, e con due pubblicazioni: I Gesuiti e Autentiche prove contro i Gesuiti (1846). Visse in prima persona la rivoluzione del 1848, condividendo gli ideali risorgimentali, e stando in contatto, al punto di arrivare alle polemiche, con le figure più rappresentative di esso: Mazzini, Ferrari, Pisacane, Macchi, La Farina, Orsini e Crispi.  Nel 1849 venne sospeso a divinis per la difesa degli "errori" del suo Corso di religione alle Figlie di S. Bernardo, e lasciò il ministero sacerdotale. Da questo anno (e fino al 1889) usò lo pseudonimo di Ausonio Franchi, cioè "italiano libero".  Su consiglio del Gioberti, verso il quale era orientato politicamente, si dedicò agli studi filosofici. In questo periodo scrisse:  La filosofia delle scuole italiane (1852) Appendice alla filosofia delle scuole italiane (1853): ove giustificò la propria apostasia La religione del secolo XIX (1853) Studi religiosi e filosofici: Del sentimento (1854) Il razionalismo del popolo (1856) Trasferitosi a Torino, divenne mazziniano. Nel 1854 fondò Ragione, un bimestrale di critica religiosa, politica e sociale.  Nel 1859 si trasferì a Milano dove diresse La gente latina. Nel 1856 ottenne la cattedra di storia della filosofia dell'Pavia. Nel 1863 venne trasferito all'Accademia di Scienze e Lettere di Milano.  Massone, fu membro della Loggia "Insubria" di Rito simbolico italiano, che con altre, di numero minore rispetto alle prevalenti di Rito scozzese antico e accettato, si strinsero intorno alla Loggia madre torinese "Ausonia" e si organizzarono all'obbedienza di un "Gran Consiglio Simbolico", sorto da un'assemblea tenuta a Milano il 1-5 luglio 1864. Fu inoltre membro onorario della Loggia "Azione e Fede", di Pisa.  Il "Gran Consiglio Simbolico" ebbe sede prima a Torino e poi a Milano e con la presidenza di Ausonio Franchi, finché nel 1868 si unì al "Grande Oriente Italiano" con un atto firmato per il Gran Consiglio tra gli altri dallo stesso Ausonio Franchi, che fu strenuo e auterevole propugnatore della fusione nel nuovo Grande Oriente.  In questo periodo scrisse:  Letture della storia della filosofia moderna (1863) Lettere a N. Mameli su la teoria del giudizio (1871) Saggi di critica e polemica (1871-1872) Il ritorno al cattolicesimo Iniziò poi un periodo in cui rimise in discussione la propria attività filosofica. Ciò lo portò a scrivere L'ultima critica (1889-1893). Nei tre volumi che compongono l'opera, disse di voler essere la «confutazione di tutti i paralogismi, che mi avevano condotto al razionalismo, ed esposizione degli argomenti che mi hanno ricondotto prima alla filosofia tomistica e poi alla fede cristiana». Visse l'esperienza della conversione filosofica nel 1879 e quindi religiosa nel 1889; iniziò facendo visita al Santuario di Virgo Potens in Sestri Ponente, dove è collocata una lapide in ricordo dell'evento:  «TRA QUESTE SACRE MURA LA VERGINE POTENTE CON UN PRODIGIO DI MATERNA PIETÀ IL FIERO NEMICO D'OGNI CRISTIANA RIVELAZIONE AUSONIO FRANCHI TRAMUTAVA NELL'ANTICO PIO SACERDOTE CRISTOFORO BONAVINO RIDONANDO ALLA VERA SCIENZA E ALLA CHIESA UNO TRA I PIÙ PROFONDI PENSATORI DELLA NOSTRA ETÀ DAL VORTICE DELLA RIVOLUZIONE MISERAMENTE TRAVOLTO PERCHÉ IL RICORDO DI SÌ BEL TRIONFO DELLA POTENZA DI MARIA SI PERPETUASSE A CONFORTO E A SPERANZA DELLE FUTURE GENERAZIONI IL COMITATO LIGURE DEI CONGRESSI CATTOLICI a. M.P. MDCCCXCVI»  L'ultima critica venne da lui annunciata nel 1889 all'arcivescovo Salvatore Magnasco. Manifestò, inoltre, l'intenzione di ritirarsi nel santuario di Rho per confessarsi e riconciliarsi con la Chiesa. Il libro fu terminato nel convento carmelitano di Sant'Anna, a Genova, dove si trasferì nel 1892. Aveva un buon rapporto con i frati, anche se conduceva vita molto ritirata. Dopo il ritorno alla fede egli confidò che, anche negli anni in cui sembrava più lontano dalla Chiesa cattolica e più imbevuto di positivismo, non aveva mai abbandonato la pratica quotidiana di recitare tre Ave Maria e non era mai venuto meno al celibato sacerdotale.  Infine, nel 1893, tornò al ministero sacerdotale e riprese a celebrare la Messa.  Targhe commemorative Sulla casa natale di Pegli era apposta questa lapide, trasferita dopo la demolizione nella piazzetta della Giuggiola (attuale Vico Condino), cuore del centro storico di Pegli:  Cristoforo Bonavino nato in Pegli il 27 febbraio 1821 apostata col nome di Ausonio Franchi seppe ritrovare le vie del vero e dalla tenebra dell'errore assurgere all'eterno splendore del pensiero cristiano nel centenario della sua nascita i cittadini q.m.p.  La lapide del Bonavino nel cimitero di Pegli La lapide del cimitero di Pegli:  Cristoforo di Giovan Battista Bonavino sacerdote filosofo tra i primi dell'età nostra aveva col pseudonimo di Ausonio Franchi professato il razionalismo più aperto ma nell'opera dell'ultima critica confutò gli errori suoi riparando splendidamente il dolore inflitto alla Chiesa di Gesù. Ritiratosi in Genova presso i Padri Carmelitani di S. Anna morì santamente a 75 anni il 12 settembre 1895 benedetto dal S.Leone XIII e in questa sua terra natale deposto per cura della famiglia che Dio ringrazia d'averlo richiamato alla luce del vero.  Giansenismo Antonio Maria Gianelli Pegli Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Cristoforo Bonavino Collabora a Wikiquote Citazionio su Cristoforo Bonavino  Cristoforo Bonavino, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Cristoforo Bonavino, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Cristoforo Bonavino, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Cristoforo Bonavino / Cristoforo Bonavino (altra versione) / Cristoforo Bonavino (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Cristoforo Bonavino, . Cristoforo Bonavino, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.  Cristoforo Bonavino "Ausonio Franchi" biografia nel sito "Pegli ieri e oggi" Simbolici famosi: Cristoforo poi Giuseppe Bonavino, detto Ausonio Franchi biografia dal punto di vista massonico nel sito "ritosimbolico.net". Filosofia Letteratura  Letteratura Risorgimento  Risorgimento Categorie: Presbiteri italianiScrittori italiani del XIX secoloTeologi italiani 1821 1895 27 febbraio 12 settembre Pegli GenovaFilosofi italiani del XIX secoloFilosofi cattoliciMassoni

 

BONCINELLI – Grice:: “Like me, he was born on an island!” Edoardo Boncinelli (Rod, Grecia – not Rodi in Puglia!i) è un genetista, filosofo e accademico italiano che, insieme ad alcuni collaboratori, ha scoperto una famiglia di geni che controllano il corretto sviluppo corporeo nell'uomo.  Nato da genitori fiorentini, ha studiato e vissuto a Firenze, laureandosi in Fisica presso l'Università degli Studi di Firenze con una tesi sperimentale di elettronica quantistica, con relatore Giuliano Toraldo di Francia. Dal 1968 al 1992 svolge continuativamente, per più di 20 anni, attività di ricerca nel campo della genetica presso l'Istituto di genetica e biofisica del CNR di Napoli, prima come borsista e poi, dal 1971, come ricercatore. Durante il lungo periodo napoletano alterna l'attività di ricerca con quella didattica, tenendo diversi corsi universitari presso la Facoltà di Scienze e la prima Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Napoli Federico II (oggi Facoltà di Medicina della SUN). Nel 1985, proprio al CNR di Napoli, scopre, insieme con Antonio Simeone, alcuni geni omeotici nell'uomo, architetti che progettano lo sviluppo dell'organismo.  È stato direttore del laboratorio di biologia molecolare dello sviluppo presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele e direttore di ricerca presso il Centro per lo studio della farmacologia cellulare e molecolare del CNR di Milano. È stato direttore della SISSA (Scuola internazionale superiore di studi avanzati di Trieste). Ha insegnato Fondamenti biologici della conoscenza presso la Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Il 29 gennaio  ha ricevuto la laurea magistrale honoris causa in Scienze filosofiche presso l'Università degli Studi di Palermo.  Nel 2006 vince, con il libro L'anima della tecnica, nella sezione saggi, il quarto Premio letterario Merck Serono, premio dedicato a saggi e romanzi, pubblicati in italiano, che sviluppino un confronto ed un intreccio tra scienza e letteratura, con l'obiettivo di stimolare un interesse per la cultura scientifica, rendendola accessibile anche ai meno esperti. Appassionato grecista, Boncinelli ha pubblicato nel 2008 una raccolta di lirici greci classici: da Mimnermo ad Alcmane, da Archiloco a Saffo, per un totale di 365 liriche, una per ogni giorno dell'anno. Nel  il Corriere della Sera, in occasione del 150º anniversario dell'Unità d'Italia, ha incluso le scoperte di Edoardo Boncinelli tra le 10, prodotte dal genio degli scienziati italiani, da ricordare nella storia d'Italia. Nell'opera La farfalla e la crisalide, del , si mostra scettico verso la filosofia, il ruolo che essa può possedere nel mondo moderno e la sua tanto elogiata utilità nel passato.  Opere A caccia di geni, Roma, Di Renzo, 1986.  88-86044-50-X; 2001.  88-86044-50-X I nostri geni. La natura biologica dell'uomo e le frontiere della ricerca, Torino, Einaudi, 1998.  88-06-13735-2 Il cervello, la mente e l'anima. Le straordinarie scoperte sull'intelligenza umana, Milano, Mondadori, 1999.  88-04-45841-0 Le forme della vita, Torino, Einaudi, 2000.  88-06-15195-9 La serva padrona. Fascino e potere della matematica, con Umberto Bottazzini, Milano, Raffaello Cortina, 2000.  88-7078-651-X Pensare l'invisibile. Dal DNA all'inconscio, con Aldo Carotenuto, Milano, Bompiani, 2000.  88-452-4663-9 Prima lezione di biologia, Roma, Laterza, 2001.  88-420-6435-1 Edoardo Boncinelli, La mente che studia se stessa, prefazione in Joseph LeDoux, Il sé sinaptico. Come il nostro cervello ci fa diventare quelli che siamo, Milano, Raffaello Cortina, 2002.  88-7078-795-8 Io sono, tu sei. L'identità e la differenza negli uomini e in natura, Milano, Mondadori, 2002.  88-04-50437-4 Tempo delle cose, tempo della vita, tempo dell'anima, Roma, Laterza, 2003.  88-420-7144-7 Il posto della scienza. Realtà, miti, fantasmi, Milano, Mondadori, 2004.  88-04-52452-9 Verso l'immortalità? La scienza e il sogno di vincere il tempo, con Galeazzo Sciarretta, Milano, Raffaello Cortina, 2005.  88-7078-941-1 Sani per scelta. La scienza che ci cambia la vita, colloquio con Giangiacolo Schiavi, Milano, Corriere della Sera, 2005. L'anima della tecnica, Milano, Rizzoli, 2006.  88-17-00902-4 La magia della scienza, Milano, Archinto, 2006.  88-7768-455-0 Idee per diventare genetista. Geni, genomi ed evoluzione, Bologna, Zanichelli, 2006.  978-88-08-16802-3 Edoardo Boncinelli, Il cervello e la mente in: Rosario Conforti , La psicoanalisi tra scienze umane e neuroscienze. Storia, alleanze, conflitti, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2006.  88-498-1431-3 Le forme della vita. L'evoluzione e l'origine dell'uomo (nuova edizione), Torino, Einaudi, 2006.  88-06-18290-0 Il male. Storia naturale e sociale della sofferenza, Milano, Mondadori, 2007.  978-88-04-51244-8 Edoardo Boncinelli, Chi prende le mie decisioni?, prefazione in Benjamin Libet, Mind Time. Il fattore temporale nella coscienza, Milano, Raffaello Cortina, 2007.  978-88-6030-085-0 Dal moscerino all'uomo: una stretta parentela, con Chiara Tonelli, Milano, Sperling e Kupfer. 2007.  978-88-6061-071-3 L'etica della vita. Siamo uomini o embrioni?, Milano, Rizzoli, 2008.  978-88-17-02005-3 L'universo e il senso della vita. Un ateo e un credente: due uomini di scienza a confronto, con George Coyne, Cinisello balsamo, San Paolo, 2008.  978-88-215-6381-2 Edoardo Boncinelli, Il fiume e le sue propaggini, introduzione in Richard Dawkins, Il fiume della vita. Che cosa è l'evoluzione, Milano, Rizzoli, 2008.  978-88-17-02060-2 Edoardo Boncinelli, Forzare il destino, prefazione in Maurizio Fea, Riparatori di destini. Dipendenze, etica e biologia, Milano, FrancoAngeli, 2008.  978-88-464-9139-8 Come nascono le idee, Roma-Bari, Laterza, 2008.  978-88-420-8661-1 Dialogo su Etica e Scienza, con Emanuele Severino, Milano, Editrice San Raffaele, 2008.  978-88-86270-57-1 I miei lirici greci. 365 giorni di poesie, Milano, Editrice San Raffaele, 2008.  978-88-86270-73-1 Che cos'è il tempo? (con cd audio), Roma, Luca Sossella Editore, 2007.  978-88-89829-31-8 Lo scimmione intelligente. Dio, natura e libertà, con Giulio Giorello, Milano, Rizzoli, 2009.  978-88-17-01721-3 Perché non possiamo non dirci darwinisti, Milano, Rizzoli, 2009.  978-88-17-03425-8 Mi ritorno in mente. Il corpo, le emozioni, la coscienza, Milano, Longanesi, .  978-88-304-2312-1 Lettera a un bambino che vivrà 100 anni. Come la scienza ci renderà (quasi) immortali, Milano, Rizzoli, .  978-88-17-04304-5 Michele Di Francesco ed Edoardo Boncinelli , Che fine ha fatto l'io?, Milano, Editrice San Raffaele, .  978-88-96603-02-4 Prefazione in Marcello Orazio Florita, L'intreccio. Neuroscienze, clinica e teoria dei sistemi dinamici complessi, Milano, FrancoAngeli, .  978-88-568-3582-3 La vita della nostra mente, Roma-Bari, Laterza, .  978-88-420-9712-9 La scienza non ha bisogno di Dio, Milano, Rizzoli, .  978-88-17-03432-6 Quel che resta dell'anima, Rizzoli, .  978-88-17-06086-8 Una sola vita non basta: storia di un incapace di genio, Milano, Rizzoli, .  978-88-17-06749-2 Alla ricerca delle leggi di Dio, Rizzoli, .  978-88-17-07481-0 Homo faber, (con Galeazzo Sciarretta), Baldini & Castoldi, ,  978-88-6852-753-2 I sette ingredienti della scienza, Indiana, ,  978-88-97404-47-7 Contro il sacro. Perché le fedi ci rendono stupidi, Rizzoli,  L'infinito in breve, Rizzoli, ,  978-88-17-09123-7 L'incanto e il disinganno, con Giulio Giorello, Guanda ,  978-88-23-51406-5 La farfalla e la crisalide, editore Raffaello Cortina ,  9788832850468 Video Edoardo Boncinelli racconta Charles Darwin. L'Uomo evoluzione di un progetto?, Gruppo Editoriale L'Espresso, . Note  Edoardo Boncinelli, in TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Suo bonno era il medico e poeta Francesco Boncinelli cfr. Edoardo Boncinelli, Rigore e sensibilità, in Marco Pinzani e Federica Giorgi , Il lascito Boncinelli, Firenze, Comune di Firenze, 200511.  Laurea honoris causa in “Scienze Filosofiche” a Edoardo Boncinelli, unipa.  Sandro Modeo, La playlist: SCIENZA/INVENZIONI. Dieci proposte che hanno alimentato l’immaginario e il prestigio tricolore. Il meglio del genio creativo in opere, spettacoli, scoperte indimenticabili anche all’estero, in Corriere della Sera, 16 marzo . 16 marzo .  Cosa resta alla filosofia della scienza? Breve storia di un fraintendimento, su MicroMega.  Francesco Boncinelli Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Edoardo Boncinelli  Sito ufficiale, su boncinelliedoardo.com.  Opere di Edoardo Boncinelli, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Edoardo Boncinelli, .  asia Intervista sulla sua carriera e sulle neuroscienze Sito ufficiale dell'IGB Istituto Internazionale di Genetica e Biofisica Filosofia Scienza e tecnica  Scienza e tecnica Università  Università Categorie: Genetisti italianiFilosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani Professore1941 18 maggio RodiFilosofi della scienzaProfessori dell'Università degli Studi di Napoli Federico IIScienziati e saggisti ateiStudenti dell'Università degli Studi di Firenze

 

BONIOLO – Grice: “I like Boniolo; especially that he takes ‘antichita’ seriously – he is right on the emphasis on ‘argomentare’ but obviously the balance shoud be between epagoge and diagoge – I would like to see more diagoge! He has philosophised on other topics, too!” -- NazionalitàItalia Italia Pallacanestro Basketball pictogram.svg Carriera Squadre di club 1971-1980Petrarca Petrarca Il simbolo → indica un trasferimento in prestito.   Modifica dati su Wikidata Manuale Giovanni Boniolo (Padova) è un filosofo, accademico e cestista italiano.   Cresciuto nel Petrarca Basket, a 16 anni debutta in prima squadra (1971), diventando in quell'anno il più giovane giocatore di Serie A. Giocò con il Petrarca Basket fino all'età di 24 anni (1980). Dal  al  ne è anche stato presidente.  Carriera accademica Laureato in Fisica (1981) e Filosofia (1985) all'Padova, insegna fino al 1992 "Matematica e Fisica" negli istituti superiori di Padova, pur avendo avuto contratti di insegnamento presso la LUISS di Roma e l'Padova. Professore associato (19922001) e quindi ordinario (20012008) di Logica e Filosofia della scienza all'Padova, si trasferisce poi (2008) all'Milano, dove realizza e dirige fino al  un dottorato internazionale sui fondamenti filosofici della biomedicina e sulle loro implicazioni etiche, in collaborazione con diversi istituti e fondazioni mediche milanesi. Attualmente ha le cattedre di Filosofia della scienza e Medical Humanities in un dipartimento medico dell'Ferrara.  Svolge ricerca in ambito filosofico, in particolare sulla filosofia della ricerca biomedica e della pratica clinica, nonché di etica pubblica e individuale. Si è occupato anche di filosofia della scienza e, all'inizio della carriera, di filosofia della fisica, di storia della filosofia e della fisica contemporanee. Il suo lavoro scientifico è documentato da circa 15 libri scritti e 15 curati, oltre che da circa 230 saggi pubblicati su riviste internazionali.  Ha svolto e svolge numerosi incarichi scientifici ed editoriali a livello nazionale ed europeo. Fra i vari ruoli, è Honorary Ambassador della Technische Universität München (TUM). Dal 1999 è membro dell'Accademia dei Concordi di Rovigo, di cui è attualmente Presidente.  Opere edite  Mach e Einstein. Spazio e massa gravitante, Armando Editore, 1988. Linguaggio, realtà, esperimento, Piovan Editore, 1991. Metodo e rappresentazioni del mondo. Per un'altra filosofia della scienza, Bruno Mondadori, 1999. Filosofia della scienza, con Paolo Vidali, Bruno Mondadori, 1999. Questioni di filosofia e di metodologia delle scienze sociali , Borla, 2000. Introduzione alla filosofia della scienza, con Paolo Vidali, Bruno Mondadori, 2003. Il limite e il ribelle. Etica, naturalismo, darwinismo, Cortina, 2003. Argomentare, con Paolo Vidali, Bruno Mondadori, 2004. Individuo e persona. Tre saggi su chi siamo, con Gabriele De Anna e Umberto Vincenti Bompiani, 2007. On Scientific Representation. From Kant to a New Philosophy of Science, Palgrave Macmillan, 2007. Strumenti per ragionare. Logica e teoria dell'argomentazione, con Paolo Vidali, Bruno Mondadori, . Il pulpito e la piazza. Democrazia, deliberazione e scienze della vita, Cortina, . The Art of Deliberating: Democracy, Deliberation and the Life Sciences Between History and Theory, Springer, . Le regole e il sudore. Divagazioni su sport e filosofia, Raffaello Cortina, . Strumenti per ragionare. Edizione mylab. Con eText. Con aggiornamento online, con Paolo Vidali, Pearson Italia spa, . Conoscere per vivere. Istruzioni per sopravvivere all'ignoranza. Meltemi, . Opere curate  Filosofia della fisica, Bruno Mondadori, 1997. J. von Neumann, I fondamenti matematici della meccanica quantistica, Il Poligrafo, 1998. Storia e filosofia della scienza. Un possibile scenario italiano, con Enrico Bellone, Le Scienze, 1998. La legge di natura. Analisi storico-critica di un concetto, con Mauro Dorato, McGraw Hill, 2001. The Role of Mathematics in Physical Sciences. Interdisciplinary and Philosophical Aspects, con Paolo Budinich e Majda Trobok, Springer, 2005. Laicità. Una geografia delle nostre radici, Einaudi, 2006. Evolutionary Ethics and Contemporary Biology, con Gabriele De Anna, Cambridge University Press, 2006. Filosofia e scienze della vita. Un'analisi dei fondamenti della biologia e della medicina, con Stefano Giaimo, Bruno Mondadori, 2008. Passaggi. Storia ed evoluzione del concetto di morte cerebrale, con Ignazio R. Marino e Howard R. Doyle, Il Pensiero Scientifico Editore, . Etica alle frontiere della biomedicina. Per una cittadinanza consapevole, con Paolo Maugeri, Mondadori, . Philosophy of Molecular Medicine. Foundational Issues in Research and Practice, con Marco J. Nathan, Routledge, . Ethical Counselling and Medical Decision-Making in the Era of Personalised Medicine. A Practice-Oriented Guide, con Virginia Sanchini, Springer, . Consulenza etica e decision-making clinico. Per comprendere e agire in epoca di medicina personalizzata, con Virginia Sanchini, Pearson Italia spa, . H. J. Poincaré, Opere epistemologiche.  1, Mimesis, . H. J. Poincaré, Opere epistemologiche.  2, Mimesis, . Etica alle frontiere della biomedicina. Per una cittadinanza consapevole, Seconda Edizione, Mondadori Università, . Note  Giovanni Boniolo sul Mattino di Padova del 6 gennaio , su mattinopadova.gelocal. 22 giugno .  Giovanni Boniolo, su docente.unife. 22 giugno .  Pubblicazioni di Giovanni Boniolo, su docente.unife. 22 giugno . CV di Giovanni Boniolo, su docente.unife. 22 giugno .  Accademia dei Concordi, su concordi. 23 giugno .  Giovanni Boniolo sul Mattino di Padova del 6 gennaio , su mattinopadova.gelocal. 22 giugno .CV di Giovanni Boniolo, su docente.unife. 22 giugno . Giovanni Boniolo, su docente.unife. 22 giugno . unifueu.academia.edu, unifueu.academia.edu/GiovanniBoniolo. 12 luglio . 32022850 I0000 0001 1440 8697 88016661  cb12087484r   Identitieslccn-n88016661 Biografie  Biografie Pallacanestro  Pallacanestro Categorie: Cestisti del Basket PataviumFilosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani del XXI secoloCestisti italiani 1956Nati l'8 agosto Padova

 

BONOMI Grice: “Bonomi is undoubtedly a Griceian – my favourite is his account of the copula – as in ‘The wrestlers are good’ – in terms of what Bonomi, after Donato, calls ‘aspetto’ – S is P, S was P, S will be P, Be P!, and so on – Most of his philosophising is Griceian, such as his explorations on what he calls ‘the ways of reference,’ ‘image’ and ‘name’ in terms of  ‘significato,’ and ‘rappresentazione,’ – he is a Griceian in that he respects ‘la struttura logica’ and leaves whatever does not fit to the implicaturum!”  Andrea Bonomi (Roma), filosofo.  Bonomi è stato professore di Filosofia del linguaggio fino all'ottobre  e direttore del Dipartimento di Filosofia (1991-1994; 1997-2000) dell'Università degli Studi di Milano.  Ha insegnato Semantica dei linguaggi naturali all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano (-).  Nei primi lavori di filosofia del linguaggio (Le vie del riferimento, 1975; Universi di discorso, 1979) Bonomi ha concentrato il proprio interesse verso il ruolo che l'apparato concettuale svolge nella determinazione dei contenuti semantici grazie ai quali ci riferiamo a oggetti ed eventi del mondo circostante.  Il suo scritto teoreticamente più impegnativo (Eventi mentali, 1983) tratta invece delle modalità logiche che sono alla base delle procedure con cui, nel linguaggio, rappresentiamo i contenuti cognitivi di altri soggetti.  Bonomi si è poi occupato della struttura semantica degli universi narrativi, concentrandosi in particolare sul ruolo che hanno le cosiddette espressioni indicali nel determinare la struttura spazio-temporale di un testo letterario (Lo spirito della narrazione, 1994).  Un ultimo lavoro di semantica formale è dedicato alla struttura degli enunciati temporali (Tempo e linguaggio. Introduzione alla semantica del tempo e dell'aspetto verbale, in collaborazione con Alessandro Zucchi, 2001).  A metà strada fra realtà autobiografica e immaginazione si colloca invece la sua prima opera narrativa (Io e Mr Parky, ), nella quale si descrivono i mutamenti che intervengono nella vita di una persona che scopre di essere affetta da una patologia neurodegenerativa.  Opere Libri Andrea Bonomi, Esistenza e struttura, saggio su Merleau-Ponty, il Saggiatore, Milano, 1967. Andrea Bonomi e Gabriele Usberti, Sintassi e semantica nella grammatica trasformazionale, Milano, Il Saggiatore, 1971. Andrea Bonomi, Le vie del riferimento, Milano, Bompiani, 1975. Andrea Bonomi, Universi di discorso, Milano, Feltrinelli, 1979. Andrea Bonomi, Eventi mentali, Milano, Il Saggiatore, 1983. Andrea Bonomi, Le immagini dei nomi, Milano, Garzanti, 1987. Andrea Bonomi, Lo spirito della narrazione, Bompiani, 1994,  206,  9788845222528. Andrea Bonomi e Alessandro Zucchi, Tempo e linguaggio. Introduzione alla semantica del tempo e dell'aspetto verbale, Bruno Mondadori, 2001,  9788842494836. Andrea Bonomi, Io e Mr Parky, Bompiani, ,  9788845282270.  Franca D'Agostini, Gli analitici lo fanno meglio. Le ragioni di un successo crescente anche tra i filosofi europei e italiani cresciuti nella tradizione continentale, in La Stampa, 12 settembre .  Scuola di Milano  Pagina personale di Andrea Bonomi Filosofia Filosofo del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani Professore1940 RomaProfessori dell'Università degli Studi di Milano

 

BONTADINI  Grice: “I would call Bontadini a Griceian; first, he likes sports, like I do; second he is a neo-classical (as I am) and a anti-anti-metaphysicist, as I am!” --  “Se Dio non ci fosse, il mondo sarebbe contraddittorio»  (G. Bontadini, Saggio di una metafisica dell'esperienza).” Gustavo Bontadini (Milano) filosofo e accademico italiano, esponente di spicco del movimento neotomista, che ebbe presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano uno dei suoi più importanti punti di riferimento e diffusione. Fu maestro, tra gli altri, di Angelo Scola, Emanuele Severino, Giovanni Reale, Evandro Agazzi, Virgilio Melchiorre, Luigi Negri, Luisa Muraro, Carmelo Vigna, Giuseppe Barzaghi, Alessandro Cortese, Paolo Aldo Rossi, Giorgio Buccellati.  Iscrittosi presso l'Università Cattolica di Milano quando essa aveva iniziato le sue attività, ma non era ancora riconosciuta dal governo italiano, egli fu nel 1925 il terzo laureato assoluto dell'ateneo, presso il quale fu poi professore di filosofia teoretica dal 1951 al 1973.  Ha insegnato anche presso l'Urbino (1940-1950), la Statale di Milano (1944-1946), e l'Pavia (1947-1951).  Pensiero Un ritorno a Parmenide Pur rifacendosi alla metafisica classica, quella aristotelica e tomistica, Bontadini si dichiara "neoclassico" intendendo evidenziare il nuovo ruolo che quell'antica metafisica può svolgere nella filosofia contemporanea.  Egli infatti definisce se stesso come «un metafisico radicato nel cuore del pensiero moderno».  Rifacendosi alla filosofia idealistica ne apprezza soprattutto la «verità metodologica» che ha evidenziato il ruolo della coscienza, del cogito cartesiano, nel cogliere il significato dell'essere pur considerandolo come altro, diverso dalla soggettività della coscienza stessa, realizzando cioè una identità tra il soggetto e l'oggetto, tra l'intelletto e la sensibilità che riporta in luce l'antica teoria parmenidea dell'identità di Essere e Pensiero.  Un Parmenide, quello di Bontadini, che non esclude «la constatazione del divenire, da un lato, e la denuncia della sua contraddittorietà, dall'altro. Due protocolli che fanno capo rispettivamente ai due piloni del fondamento: l'esperienza e il principio di non contraddizione (primo principio). I due protocolli sono tra loro in contraddizione, e tuttavia godono entrambi del titolo di verità [...] sono verità, però, che in quanto prese nell'antinomia (antinomia dell'esperienza e del logo) si trovano a dover lottare contro un'imputazione di falsità. Giacché l'esperienza oppugna la verità del logo e il logo quella dell'esperienza».  Il sapere Una nuova concezione del sapere è alla base del pensiero di Bontadini che ne ribadisce l'origine nell'esperienza che però va intesa non più come risultato delle operazioni della ragione (razionalismo) o come ricezione passiva dei dati empirici (empirismo), ma come "presenza": mentre la gnoseologia contemporanea continua a concepirla nell'ambito di un dualismo dell'essere e del conoscere, correlando così il problema metafisico a quello del conoscere e facendo nascere la questione, di difficile soluzione, di quale correlazione possa esserci tra il pensiero e la realtà.  Ma ogni qual volta si considera ciò che si ritiene sia "al di là" del pensiero, questo inevitabilmente è nel pensiero, appartiene al pensiero stesso.  Quindi ogni esperienza come "presenza" è assoluta, perché non costruita, ed è totale, poiché ogni singolo fatto empirico fa parte di essa.  L'unità dell'esperienza Si arriva quindi alla concezione di "unità dell'esperienza" dove tra l'esperienza e il pensiero si sviluppa quel rapporto di circolarità che costituisce il sapere.  Ma secondo l'insegnamento di Parmenide l'essenza dell'esperienza è il divenire che si presenta come contraddittorio nella sua realtà di essere e di esistere inteso come opposto al non essere.  Come può il sapere allora basarsi su una struttura contraddittoria di essere e divenire?  «Il divenire si presenta cioè contraddittorio; anzi come la stessa incarnazione della contraddittorietà (l'identificarsi del positivo e del negativo), come la smentita alla suprema e immediata identità: l'essere è».  La soluzione in Dio creatore «L'ente, che è temporale in quanto empirico, è eterno in quanto divino».  La contraddizione insita nel divenire cioè può essere superata nell'esistenza di Dio creatore: «La contraddizione del divenire è superata con la dottrina della creazione, in quanto quella identificazione dell'essere e del non essere, che riscontriamo nell'esperienza, è ora vista come il risultato dell'azione dell'Essere», di Colui che crea dal non essere l'essere.  Ma l'essere poi non ricade, divenendo, nel nulla?  Non si può, risponde Bontadini, pensare assurdamente che l'essere sia distrutto dal nulla ma il mondo creato da Dio è diverso da Lui ma insieme coincide nella sua creazione non alterando la sua essenziale immutabilità.  La polemica con Emanuele Severino Emanuele Severino, traendo le conclusioni dalla concezione del suo maestro Bontadini nel 1964 in un saggio pubblicato su la Rivista di filosofia neo-scolastica (fasc. II) dal titolo Ritornare a Parmenide, eliminò ogni differenza tra l'immutabilità di Dio e quella del mondo soggetto al divenire per cui ogni cosa è eterna come è eterno Dio.  Rispose con toni duramente ironici Bontadini in un articolo dal titolo in greco antico Sozein ta fainomena (Salvare i fenomeni): «... io mi chiesi [...] con quale barba si trovi, nel mondo dell'essere, il mio alter ego immutabile. Giacché, da quando ero matricola venendo fino ad oggi, di barbe io ne ho cambiate molte centinaia. Ora, se poniamo che tutte sono immutabili, mi pare che non troverei abbastanza superficie sul mio corpoquello fissato per l'eternitàper fare posto a tutte».  Bontadini ribadì quindi la sua concezione del "principio di creazione" che permette di superare la contraddittorietà del divenire tramite l'azione creatrice di Dio: «in quanto quella identificazione dell'essere e del non-essere, che riscontriamo nell'esperienza, è ora vista come il risultato dell'azione dell'Essere (azione indiveniente dell'Essere indiveniente)».  Opere principali Saggio di una metafisica dell'esperienza, Milano, Vita e pensiero, 1938. Studi sull'idealismo. Serie prima (1923-1935), Urbino, A. Argalia, 1942. Dall'attualismo al problematicismo. Studii sulla filosofia italiana contemporanea, Brescia, La scuola, 1945. Studi sulla filosofia dell'età cartesiana, Brescia, La scuola, stampa 1947. Dal problematicismo alla metafisica. Nuovi studi sulla filosofia italiana contemporanea, Milano, Marzorati, 1952. Indagini di struttura sul gnoseologismo moderno. I. Berkeley, Leibniz, Hume, Kant, Brescia, La scuola, 1952. Il compito della metafisica, Bontadini e altri, Milano, Fratelli Bocca, 1952. Studi di filosofia moderna, Brescia, La scuola, 1966. Conversazioni di metafisica, 2 voll., Milano, Vita e pensiero, 1971. Metafisica e deellenizzazione, Milano, Vita e pensiero, 1975. Appunti di filosofia, Milano, Vita e pensiero, 1996.  88-343-3680-1 Note  G. Bontadini, Metafisica e de-ellenizzazione  G. Bontadini, Sull'aspetto dialettico della dimostrazione dell'esistenza di Dio in Conversazioni di metafisica, Milano, 1971, pag. 189.  G. Bontadini, Metafisica e deellenizzazione, pag.26  G. Bontadini, Saggio di una metafisica dell'esperienza  Espulso per le sue posizioni filosofiche dalla Cattolica di Milano, nel 1969.  Sembra qui tornare il Deus sive Natura di Spinoza  G, Bontadini, Sozein ta fainomena pag. 444  Ibidem, pag. 448  Giulio Goggi, Dal diveniente all'immutabile. Studio sul pensiero di Gustavo Bontadini, prefazione di Emanuele Severino, Venezia : Cafoscarina, 2003.  88-7543-007-1 Carmelo Vigna , Bontadini e la metafisica, Vita e Pensiero, Milano 2008. Paolo Pagani, L'Essere è Persona. Riflessioni su ontologia e antropologia filosofica in Gustavo Bontadini, Orthotes, Napoli-Salerno . Francesco Saccardi, Metafisica e parmenidismo. Il contributo della filosofia neoclassica, Orthotes, Napoli-Salerno . BONTADINI, Gustavo, in Enciclopedia Italiana,  3, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1961. BONTADINI, Gustavo, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Gustavo Bontadini  Gustavo Bontadini, in Il pensiero filosofico-religioso italiano del Novecento, Associazione Italiana di Filosofia della Religione. Gustavo Bontadini, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.  Filosofia Filosofo del XX secoloAccademici italiani Professore1903 1990 27 marzoMorti l'11 aprile Milano MilanoProfessori dell'Università degli Studi di MilanoProfessori dell'Università degli Studi di PaviaProfessori dell'Università Cattolica del Sacro Cuore

 

BONTEMPELLI –Grice: “Bontempelli knows that the Romans never liked the Greek ‘symptom,’ but ‘coincidence’ seems weak: x means y if y coincides with x, or if x is a symptom of y.’ (‘those spots mean measles’ – and ‘dog’ means that there is a dog.”” -- “I suppose my favourite Bontempelli is his section on Roman philosophy in his history of philosophy series!” -- Massimo Bontempelli (Pisa), filosofo. – There is the other Massimo Bontempelli, nato a Como. Como-born Massimo Bontempelli had a son, called Massimo Bontempelli (1911-1960). Massimo Bontempello ha un cugino, nipotte di Massimo Bontempelli: Alessandro Bontempelli. Nato a Pisa, dopo il conseguimento della laurea in filosofia, Bontempelli dedica all'insegnamento negli istituti superiori, alla realizzazione di manuali scolastici di storia e filosofia e alla stesura di saggi di argomento filosofico. Storico di impostazione marxiana, e originale pensatore filosofico di orientamento neoidealista, realizza i suoi più importanti contributi imperniando lo studio dei processi storici attorno alla categoria di "modo di produzione". Tematizza con attenzione le strutture sociali entro i modi di produzione neo-litico, nomade-pastorale, prativo-campestre, antico-orientale, asiatico, africano, meso-americano, schiavistico, colonico, feudale e capitalistico, elaborando su queste basi una ri-costruzione della genesi sociale dei fenomeni filosofici. Rilevante è la sua interpretazione della figura storica di Gesù, ricostruita entro una totalità sociale a partire dalla analisi dell'economia pianificata del modo di produzione antico-orientale palestinese, sulla scorta di una prospettiva metodologica storico-scientifica nei confronti dei vangeli. Come storico della filosofia ha studiato in particolare il pensiero platonico, neo-platonico e la dialettica hegeliana. Come pensatore filosofico originale viene collocato da Costanzo Preve all'interno della corrente del neo-idealismo italiano, essendo il suo pensiero fortemente influenzato dalla Scienza della Logica hegeliana. Muove dalle profonde critiche al nichilismo contemporaneo e al relativismo anti-metafisico per approdare ad un tentativo di rifondazione onto-assiologica degli orizzonti di senso dell'esistenza umana sulla scorta di una indagine della natura trascendentale dell'uomo, alla luce di un superamento della polarità dualistica empiria/trascendenza. Si dedica alla critica serrata della sinistra politica e allo sviluppo del tema della decrescita.  Opere: “Il senso della storia antica. Itinerari e ipotesi di studio, Milano, Trevisini, “Antiche strutture sociali mediterranee,” Milano, Trevisini, “Storia e coscienza storica,” Milano, Trevisini, Per il triennio] Civiltà e strutture sociali dall'antichità al medioevo, Milano, Trevisini, Antiche civiltà e loro documenti, Milano, Trevisini, Civiltà storiche e loro documenti, Milano, Trevisini, Per il triennio] Filosofia:  Il senso dell'essere nelle culture occidental, Milano, Trevisini, Filosofia, Napoli, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici PRESS, . [riedito nel  in versione aggiornata dalle edizioni Accademia Vivarium Novum] “Eraclito e noi, Milazzo, Spes,. “Percorsi di verità della dialettica antica, Milazzo, Spes, Nichilismo, verità, storia, Pistoia, CRT, Gesù. Uomo nella storia, Dio nel pensiero, con Costanzo Preve, Pistoia, CRT, La conoscenza del bene e del male, Pistoia, CRT, La disgregazione futura del capitalismo mondializzato, Pistoia, CRT, Tempo e memoria, Pistoia, CRT, Il concetto di realtà e il nichilismo contemporaneo, Pistoia, CRT, L'agonia della scuola italiana, Pistoia, CRT, Un sentiero attraverso la foresta hegeliana, Pistoia, CRT, Eraclito e noi. La modernità attraverso il prisma interpretativo eracliteo, CRT, Diciamoci la verità, "Koiné" n.6, Pistoia, CRT, Le sinistre nel capitalismo globalizzato, Pistoia, CRT, Un nuovo asse culturale per la scuola italiana, CRT, Pistoia, L'arbitrarismo della circolazione autoveicolare, Pistoia, CRT, -- very Griceian: Grice: “D. K. Lewis drew his example of the arbitrariness of a convention from Massimo Bomtempelli.” Il sintomo e la malattia. Una riflessione sull'ambiente di Bin Laden e su quello di Bush, con Carmine Fiorillo, Pistoia, CRT, -- cf. Grice: “I took the example, ‘those spots mean measle’ from Bontempelli, “Il sintomo e la malattia” – “Il sintomo” -- [ristampato nel  dalla casa editrice Petite Plaisance] Diciamoci la verità, CRT, Pistoia. Il respiro del Novecento. Percorso di storia del XX secolo. 1914-1945, Pistoia, CRT, Il mistero della sinistra, con Marino Badiale, Genova, Graphos,  La Resistenza Italiana. Dall'8 settembre al 25 aprile. Storia della guerra di liberazione, Cagliari, CUEC, La sinistra rivelata, con Marino Badiale, Bolsena, Massari, Il Sessantotto. Un anno ancora da scoprire, Cagliari, CUEC  [ristampato nel ] Civiltà occidentale, con Marino Badiale, prefazione di Franco Cardini, Genova, Il Canneto, . Marx e la decrescita, Trieste, Abiblio, . Platone e i preplatonici. Morale in Grecia, introduzione di Antonio Gargano, Napoli, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici PRESS, . Un pensiero presente:  scritti su Indipendenza, Roma, IndipendenzaEditore Francesco Labonia, . Capitalismo globalizzato e scuola, Roma, Indipendenza Editore Francesco Labonia, . La sfida politica della decrescita, Roma, Aracne, . Gesù di Nazareth, Pistoia, Petite Plaisance, Saggi in opere collettanee  Il respiro del Novecento, "Koiné" n.6, Pistoia, CRT,  Metamorfosi della scuola italiana, "Koiné" n.4, Pistoia, CRT, Visioni di scuola. Buoni e cattivi maestri, "Koiné" n.5, Pistoia, CRT, Scienza, cultura, filosofia, "Koiné" n.8, Pistoia, CRT, 2002. I cattivi maestri, in I Forchettoni Rossi, Roberto Massari, Bolsena, Massari. Addio al professor Massimo Bontempelli, Il Tirreno.  Bontempelli individua, in diverse epoche, un feudalesimo ario, cinese, indiano, iranico del regno dei Parti, del Vicino Oriente islamico, del Ghana e infine il feudalesimo occidentale.   Gesù uomo nella storia, Dio nel pensiero (uaar)  Costanzo Preve, Ideologia italiana. Saggio sulla storia delle idee marxiste in Italia, Milano, Vangelista, 1993 (p. 201 sgg.)  Marxismo modo di produzione Costanzo Preve Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Massimo Bontempelli Opere di Massimo Bontempelli, .  Gesù uomo nella storia, Dio nel pensiero (uaar), su uaar. Ricordo filosofico di Massimo Bontempelli, di Luca Grecchi (Petiteplaisance) , su petiteplaisance. Per Massimo Bontempelli (alfabeta2), su alfabeta2. Un ricordo di Massimo Bontempelli, di Roberto Massari (Arianna Editrice), su ariannaeditrice. Un profilo di Massimo Bontempelli, di Costanzo Preve su youtube.com. Massimo Bontempelli, una vita semplice, una mente scintillante, di Fabio Bentivoglio, su ariannaeditrice. Le idee forti di Massimo Bontempelli, di Giulietto Chiesa (alternativa-politica), su alternativa-politica. 20 luglio  21 gennaio ). Il bene come processo possibile concreto: natura umana e ontologia sociale, di Claudio Lucchini (Università degli studi di Milano-Bicocca), su boa.unimib.

 

BONVECCHIO: Grice: “Bonvecchio is a good one; of course, he has philosophised on what Italian philosophers have philosophised most: ‘e amore’ – only he calls it eros --.”  “This is strange: this Italian fascination with the Hellenism: one BAD thing about the Hellenic or Grecian lingo is that they have FOUR words for ‘love’: philos, eros, agape, charitas – Cicero followed William of Ockham’s razor, ‘do nott multiply words’ – and translated them all by ‘amore’ – Now, with Bonvecchio, it’s not just, as with Tonny Bennett, just ‘amore,’ – iit’s amore ‘come simbolo’, that is, as used in communication – as per Socrates with Alcebiades – the daemon, Amore, is the metaxu – so there is a communication of Apollo and Dioniso via love – all VERY philosophical, and actually very Oxonian – vide Walter Pater!” -- Claudio Bonvecchio (Pavia), filosofo. Laureatosi in Filosofia Teoretica presso l'Pavia inizia la sua carriera accademica come borsista, contrattista e ricercatore presso la Facoltà di Lettere e Filosofia della stessa Università.  Dal 1987 insegna "Filosofia della Politica" nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Palermo. Nello stesso ambito dottrinale insegna nel 1990 nell'Università degli Studi di Trieste sino al 2001. Da questo stesso anno è Professore di Filosofia delle Scienze Sociali nel Corso di Laurea di Scienze della Comunicazione della Facoltà di Scienze MM. FF. NN. dell'Università degli Studi dell'Insubria dove dal 2003 diviene vicedirettore del Dipartimento di Informatica e Comunicazione.  Claudio Bonvecchio è stato iniziato alla Massoneria presso la loggia del Grande Oriente d'Italia Cardano di Pavia nel 1992, dove ha ricoperto varie cariche. Dal 6 aprile  è Grande Oratore del Grande Oriente d'Italia in seno alla Giunta guidata dal Gran Maestro Stefano Bisi, nel  è stato eletto Gran Maestro aggiunto .  Dal 5 dicembre  è componente del Cda della Fondazione Luigi Einaudi Onlus.  Opere Particolarmente dedito agli studi sulla simbologia e sulla mitologia politica ha pubblicato numerose opere su questo argomento:  Immagine del politico. Saggi su simbolo e mito politico, Cedam, Padova, 1995; Imago imperii imago mundi, Cedam, Padova, 1997; L'ombra del potere. Il lato oscuro della società: elogio del politicamente scorretto (con C. Risi), Red, Como, 1998; Il nuovo volto di Ares o il simbolico nella guerra post moderna, Cedam, Padova, 1999; La spada e la coronaStudi di Simbolica politica, Barbarossa, Milano, 1999; Gli Arconti di questo mondo. Gnosi: politica e diritto, Edizioni Trieste, Trieste, 2000; Il pensiero forte, Settimo Sigillo, Roma, 2000; Apologia dei doveri dell'uomo, Terziaria, Milano, 2002; La maschera e l'uomo, Franco Angeli, Milano, 2002, Il coraggio di essere (con Boris Luban-Plozza), Dadò, Lugano, 2002; Europa degli Eroi Europa dei mercanti. Itinerari di ribellione, Settimo Sigillo, Roma, 2004; Inquietudine e verità, Giappichelli, Torino, 2004. Dove va l'idea di Tradizione, Settimo Sigillo, Roma, 2005; Il sacro e la cavalleria, Mimesis Edizioni, Milano, 2005; Esoterismo e Massoneria, Mimesis Edizioni, Milano, 2007; I Viaggi dei Filosofi, Mimesis Edizioni, Milano, 2008; La Filosofia del Signore degli Anelli, Mimesis Edizioni, Milano, 2008; Ripensare l'identità. Per una geopolitica dell'anima europea, Settimo Sigillo, Roma, 2009; Il Cavaliere, la Morte e il Diavolo. Un percorso nella post-modernità, ScriptaWeb, Napoli, ; La Magia e il SacroSaggi Inattuali, Mimesis Edizioni, . Eros come simbolo, AlboVersorio, Milano, . L'orologio dell'Apocalisse. La fine del mondo e la filosofia, curatela con Erasmo Silvio Storace, AlboVersorio, Milano, . Scritti in onore Simboli, politica e potere. Scritti in onore di Claudio Bonvecchio, Paolo Bellini, Fabrizio Sciacca ed Erasmo S. Storace, AlboVersorio, Milano ,  548.  9788899029586  Note  Università dell'Insubria[collegamento interrotto]  Grande Oriente d'Italia  Convegno a Matera: Europa, Libera muratoria, cultura  Claudio Bonvecchio scheda nel sito dell'Università degli Studi dell'Insubria. Filosofia Filosofo del XX secoloFilosofi italiani Professore1947 20 gennaio PaviaMassoni

 

Bordon: Grice: “Bordon is a genius; my favourite tract is his ‘ludi romani,’ in a piece he philosophised for Silvio’s figlio, whoever he is – but he also philosophised on ‘communication’ – and surely a game is a kind of communication – cf. my ‘conversation-as-game’!” --  Giulio Cesare Scaligero o della Scala, latinizzato in Julius Caesar Scaliger (Riva del Garda), filosofo. Il suo vero nome era Giulio Bordon.  Di origine italiana, trascorse in Francia parte della sua vita, e la parte più fruttuosa della sua carriera. A dispetto del suo atteggiamento arrogante e incline alla polemica, era alta la sua reputazione tra i contemporanei, che lo giudicavano così distinto nel suo sapere e talento, che, secondo Jacques Auguste de Thou, nessuno degli antichi poteva essere collocato sopra di lui, e che l'età in cui visse non presentò nessun sapiente paragonabile a lui. Nelle proprie note biografiche, Scaligero si spaccia per un discendente del casato dei Della Scala (che furono, per 150 anni, i signori di Verona) e si dice nato nell'anno 1484 a Rocca di Riva, sulle rive del Lago di Garda. Era forse figlio di Niccolò della Scala, a sua volta figlio di Guglielmo.  Quando era dodicenne, il suo protettore, l'imperatore Massimiliano I d'Asburgo, lo nominò tra i suoi paggi. Rimase per diciassette anni al servizio dell'imperatore, distinguendosi prima come soldato e poi come capitano. Ma non dimenticava di coltivare né le lettere, nelle quali aveva avuto come precettori alcuni tra i più eminenti studiosi del tempo, né le arti, che aveva studiato con considerevole successo sotto la direzione di Albrecht Dürer.  Partecipa alla battaglia di Ravenna Nel 1512, nella battaglia di Ravenna, in cui padre e suo fratello maggiore rimasero uccisi, mostrò grandi doti di coraggio, e in seguito ricevette i più alti onori della cavalleria dal suo imperiale cugino[non chiaro], che gli conferì con le proprie mani l'Ordine dello Speron d'oro, aumentato con il collare e l'aquila d'oro. Questa è stata l'unica ed elevatissima decorazione da lui ottenuta.  Lasciò la corte di Massimiliano I e, dopo un breve impiego presso un altro mecenate, il duca di Ferrara, decise di abbandonare la vita militare, e nel 1514 s'iscrisse come studente all'Bologna. Decise di prendere i voti, nell'aspettativa di diventare cardinale, e forse anche papa, se fosse riuscito a strappare dai veneziani il Ducato di Verona, del quale la repubblica aveva usurpato i suoi antenati. Ma, dal momento che restò secolare, abbandonò questi progetti e rimase all'università fino al 1519.  I seguenti sei anni li passò al castello di Vico Nuovo, in Piemonte, come ospite dei Della Rovere, all'inizio dividendo il suo tempo tra spedizioni militari in estate, e lo studio, principalmente della medicina e della storia naturale, in inverno, fino a che un forte attacco di gotta reumatica portò alla fine la sua carriera militare.  Diventa medico personale del vescovo di Agen Di conseguenza, da allora la sua vita divenne totalmente devota allo studio. Nel 1525 accompagnò, nel ruolo di medico personale, Antonio della Rovere, vescovo di Agen.  Pochi anni dopo la morte dello Scaligero, i nemici del figlio cominciarono a insinuare che egli non fosse un discendente della famiglia dei Della Scala, ma il figlio di Benedetto Bordone, un illustratore e maestro di liceo da Verona; che fosse stato educato a Padova, dove avrebbe ottenuto il titolo di medico; e che la storia della sua vita e delle sue avventure prima dell'arrivo ad Agen non fosse nient'altro che una trama di favole. Certamente, molte delle sue affermazioni non sono sostenute da alcun'altra prova se non le sue proprie dichiarazioni, e alcune di queste sono in contraddizione con fatti ben accertati (si veda sotto).  Trascorse quasi tutti i restanti trentadue anni della sua vita nella città di Agen, sotto la luce dei riflettori della storia contemporanea. Furono anni senza particolari vicissitudini, quasi senza incidenti; proprio in quegli anni, d'altra parte, egli raggiunse una fama così grande che dopo la sua morte, nel 1558, godeva d'una reputazione scientifica e letteraria tra le migliori in Europa. Pochi giorni dopo il suo arrivo ad Agen s'innamorò di un'incantevole orfanella di tredici anni, Andiette de Roques Lobejac. Gli amici della ragazza s'opposero al suo matrimonio con un avventuriero sconosciuto, ma nel 1528 egli aveva ottenuto tanto successo come medico che le obiezioni della famiglia furono superate, e a quarantacinqu'anni egli sposò Andiette, che era sedicenne. Il matrimonio si dimostrò un completo successo; fu seguito da ventinove anni di felicità coniugale quasi ininterrotta, e dalla nascita di quindici figli, tra i quali il famoso Giuseppe Giusto Scaligero.  Accusa di eresia Messo sotto accusa, per sospetti di eresia nel 1538, dei quali venne prosciolto dai suoi amici giudici (uno tra questi era Arnoul Le Ferron). Nello stesso periodo pubblica i suoi principali libri, che suscitano querele e critiche. Nel 1531 stampa la sua prima invettiva contro Erasmo da Rotterdam, in difesa di Cicerone e dei Ciceronianus. È un pezzo di invettiva vigorosa, che mostra, come in tutti i suoi scritti successivi, una sorprendente padronanza del latino, e una retorica brillante, anche se carica dell'abuso del volgare, che forse non inquadrava affatto la vera essenza dei ciceroniani di Erasmo.  Fu grande l'indignazione dello scrittore quando l'unica risposta che ricevette dal grande Erasmus era stata l'essere trattato con un silenzioso disprezzo (Erasmo pensava che questa sua opera fosse il lavoro di un suo nemico personale, Meander, che Erasmo credeva si nascondesse sotto lo pseudonimo di G.C.S.), e indusse Scaligero a scrivere una seconda invettiva (pubblicata nel 1536), più violenta e abusiva, con una maggiore auto-glorificazione, ma con meriti reali davvero inferiori rispetto alla prima. Questi discorsi venivano seguiti da un prodigiosa quantità di versi latini, che apparvero in volumi successivi nel 1533, 1534, 1539, 1546 e 1547; di questi, un critico amico, Mark Pattison, si sentì obbligato ad approvare il giudizio di Pierre Daniel Huet, che disse, "par ses poésies brutes et informes Scaliger a deshonoré le Parnasse" (per le sue poesie aspre e informi ha disonorato il Parnaso); nonostante questo, le numerose edizioni stampate di questi, mostrano come questi versi fossero grati non soltanto ai contemporanei, ma anche agli studiosi successivi. Un breve trattato sui versi comici De comicis dimensionibus (Lione, 1540) e un'opera De causis linguae Latinae (Ginevra, 1580), lo resero il primo grammatico latino che seguiva principi scientifici e che seguiva un metodo scientifico, e dunque, sono questi i suoi due unici lavori puramente letterari pubblicati in vita.   Frontespizio dell'edizione lionese dei Poetices libri septem (1561). I suoi Poetices libri septem (Ginevra e Lione 1561; Leyda 1581) apparirono dopo la sua morte. Con molti paradossi, con molte critiche ad altri autori che rasentano il disprezzo, e molte esibizioni di pura animosità personale (specialmente quando si riferiva a Étienne Dolet, arrivando a scrivere glosse sulla sua morte, piene di brutale malignità), eppure contenenti acute critiche basate sulla Poetica di Aristotele, "imperator noster; omnium bonarum artium dictator perpetuus", un trattato che divenne influente nella storia della critica letteraria. Come molti della sua generazione, Scaligero considerava Virgilio superiore ad Omero. La sua lode delle tragedie di Seneca il giovane sopra quelle dei greci influenzò sia Shakespeare che Pierre Corneille.  Opere filosofiche e scientifiche Ma è piuttosto come filosofo e uomo di scienza che Scaligero voleva essere giudicato. Definiva i suoi studi classici come un gradevole rilassamento da compiti più severi. Qualsiasi siano state le sue vere faccende nei suoi primi 40 anni di vita, sicuramente queste lo resero un osservatore accurato e ravvicinato, e lo avevano reso edotto di molti fenomeni curiosi e poco noti, che aveva pienamente registrato in una tra le più tenaci memorie della storia.  Il Dialogue de plantis e le Exercitationes I suoi scritti scientifici sono tutti sotto forma di commenti, e non è stato se non sino al suo settantesimo anno (con l'eccezione di un breve trattato sul De insomniis di Ippocrate) che sentì che uno qualsiasi di questi scritti fosse sufficientemente completo per essere dato alla stampa. Nel 1556 fa stampare il suo Dialogue sulle piante De plantis attribuito ad Aristotele, e nel 1557 le sue Exercitationes basata sul lavoro di Girolamo Cardano, De subtilitate.  Pubblicazioni postume: De causis plantarum e Storia degli animali Alla sua morte rimasero incompiute altre sue opere scientifiche, tra cui i commentari su Teofrasto De causis plantarum e la Storia degli animali di Aristotele, che vennero stampati postumi. Sono tutte opere contrassegnate da un dogmatismo arrogante, violenza nel linguaggio, e una costante tendenza all'auto glorificazione, stranamente combinate con autentiche conoscenze alquanto estese, accompagnate da ragionamenti acuti, corredate da osservazioni dei fatti e dei dettagli senza paragoni tra gli altri studiosi del tempo. In effetti, lui era soltanto il maggiore naturalista del Cinquecento, con tutti i limiti dell'epoca.  Anticipa il ragionamento induttivo del metodo scientifico. Non si può mettere in discussione che non abbia anticipato in qualche maniera il ragionamento induttivo del vero metodo scientifico, anche se i suoi studi di botanica non lo condussero, (come il suo contemporaneo Konrad von Gesner), a qualche forma di idea su un sistema naturale di classificazione; rigettò, inoltre, con estrema arroganza e violenza di linguaggio le scoperte di Niccolò Copernico. Rimase ancorato ai dogmi di Aristotele nella metafisica e nella storia naturale, così come a quelli di Galeno in medicina, anche se non rimase schiavo alla lettera dei loro testi o ai dettagli di entrambi. Scaligero dominava ampiamente e profondamente i loro principi, ed era capace di accorgersi quando i suoi maestri non erano coerenti con loro stessi. In molti aspetti corregge alcune dichiarazioni di Aristotele utilizzando i principi aristotelici.  Scaligero si trova in una fase del processo di evoluzione del sapere nella quale si tenta di armonizzare gli scritti dei classici con la realtà dei fatti che si riscontrano in natura, e il risultato finale è che i suoi lavori scientifici hanno un valore puramente storico. Le sue Exercitationes basate sul libro De subtilitate di Cardano (1551) è il libro che dà a Scaligero la sua notorietà come filosofo. Le numerose edizioni testimoniano la loro popularità all'epoca, e fino alla totale caduta finale delle vedute fisiche di Aristotele continuarono ad essere un libro di testo molto usato. Le Exercitationes sono rinomate per il loro sfoggio di una grande ricchezza di conoscenze enciclopediche, il vigoroso stile dell'autore nel sostenere le proprie tesi, e l'accuratezza delle sue osservazioni; allo stesso modo, come osservò Gabriel Naudé, i suoi lavori contengono più falle rispetto a quelle che lui stesso scoprì in Cardano. Charles Nisard scrive che questo suo lavoro sembra pesantemente fazioso, perché cerca di negare tutto quello che Cardano afferma e di affermare tutto quello che Cardano nega. Nonostante questo, Leibniz e Sir William Hamilton lo riconoscono come il migliore esponente della fisica e metafisica di Aristotele.  Giulio Cesare Scaligero morì nella città di Agen nel 1558.  Edizioni Iulius Caesar Scaliger, Poetices libri septem, Genevae, apud Ioannem Crispinum, 1561. Onorificenze Cavaliere dello Speron d'oronastrino per uniforme ordinariaCavaliere dello Speron d'oro Note  Pompeo Litta, Famiglie celebri d'Italia. Scaligeri di Verona, Torino, 1835.  Oratio pro Cicerone contra Erasmum (Parigi 1531), nel quale liquidava Erasmo come un parassita letterario, un mero correttore di bozze  In queste Scaligero analizza il corretto stile di Cicerone e indica 634 errori commessi da Lorenzo Valla e i suoi predecessori umanisti  "Imperatore nostro, dittatore perpetuo di ogni buona qualità nelle arti".  Questo articolo (in alcune parti) incorpora testi provenienti dalla Encyclopædia Britannica (Undicesima Edizione, del 1911) una pubblicazione che attualmente si trova nel public domain mondiale.Catholic Encyclopedia: Julius Caesar ScaligerCorrespondents of Scaliger Julius Caesar Scaliger was the father of Josephus Justus Scaliger (1540-1609), who maintained a vast correspondence with European humanists and scholars, whose names are listed here. Pompeo Litta, Famiglie celebri d'Italia. Scaligeri di Verona, Torino, 1835.  Luca Gaurico Giuseppe Giusto Scaligero Nostradamus Della Scala Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giulio Cesare Scaligero Collabora a Wikiquote Citazionio su Giulio Cesare Scaligero Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giulio Cesare Scaligero  Giulio Cesare Scaligero, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giulio Cesare Scaligero, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giulio Cesare Scaligero, su sapere, De Agostini. Giulio Cesare Scaligero, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Giulio Cesare Scaligero, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Giulio Cesare Scaligero, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Giulio Cesare Scaligero / Giulio Cesare Scaligero (altra versione), . Giulio Cesare Scaligero, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Filosofia Letteratura  Letteratura Rinascimento  Rinascimento Categorie: Umanisti italianiFilosofi italiani del XVI secoloMedici italiani 1484 1558 23 aprile 21 ottobre Riva del Gardad AgenPersone legate all'BolognaScrittori in lingua latinaItaliani emigrati in FranciaCavalieri dello Speron d'oroUomini universali. Corvaglia, La poetica di Bordon, smereologia.

 

BORELLI-D

 

BORRELI- Grice: “I would call Borreli a Griceian; I never took Sraffa’s rude Neapolitan gesture too seriously, but Borelli, like Vitters, does – as he notes, a bended wrist can mean, the utterer by moving his hands this or that way IMPLICATES that p – or q; I certainly allows my ‘utter’ to cover such cases – ‘express’ – but Borreli is into the mechanics of it!” --  Giovanni Alfonso Borelli (Napoli) matematico, astronomo, fisiologo e filosofo italiano.  Borelli fu studioso poliedrico, promulgatore delle dottrine galileiane ed ebbe il merito di applicare il metodo matematico ai problemi di carattere biologico. Fu socio dell'Accademia del cimento e maestro di Marcello Malpighi e di Lorenzo Bellini.  Monumento funerario di Giovanni Alfonso Borelli. Alcuni studiosi ritengono che sia nato tra il 1598 e il 1599 da donna santagatina (Motta Sant'Agata di Reggio di Calabria).  La ricostruzione della sua biografia si basa sull'epistolario che Borelli ha tenuto con Vincenzo Viviani, Alessandro Marchetti (suo discepolo all'Pisa), Antonio Magliabechi e Marcello Malpighi. Malpighi introdurrà anche delle informazioni riguardanti Borelli nella sua autobiografia. Grazie a questi riferimenti è possibile affermare che Giovanni Alfonso Borelli nacque il 28 gennaio 1608 e fu battezzato con il nome di Giovanni Francesco Antonio. Il padre di Borelli, Miguel Alonzo, secondo il contributo dei personaggi prima menzionati, era un semplice soldato di fanteria del presidio spagnolo distaccato al Castel Nuovo di Napoli, mentre la madre era una umile popolana. Circa i suoi natali è inoltre insistita una maldicenza forse priva di fondatezza che ne attribuiva la paternità a Tommaso Campanella, a quel tempo esiliato al Castel Nuovo di Napoli. Anche l'origine napoletana è stata messa in discussione, in particolare è stata ipotizzata la nascita di Borelli a Messina, che potrebbe però essere la città natale del fratello minore.  Nel il padre di Borelli, Alonzo, fu processato, forse per aver favorito la fuga del Campanella, e fu condannato alla pena capitale, che gli fu poi commutata nell'esilio a Roma. Questo ultimo sarà il luogo dove Borelli effettuerà i suoi studi diventando anche allievo di Benedetto Castelli.  Borelli insegnò matematica prima a Messina nel 1649 e poi a Pisa nel 1656 dove fondò l'Accademia degli Investigandi. Nel 1674 si ritirò a Roma dove visse sotto la protezione di Cristina di Svezia e dove fondò nel 1677 l'Accademia dell'Esperienza conosciuta anche come Accademia di Fisica-Matematica. Sempre a Roma incontra Vitale Giordano di cui diventa amico.  Roma (1614-1635) Circa la data del trasferimento a Roma di Borelli ci sono dei dubbi. Secondo Francesco Puccinotti Borelli si sarebbe trasferito non nel, ma più tardi, ovvero successivamente al conseguimento della laurea in medicina. Anche su questa laurea sono stati espressi dei dubbi, ma la si deve credere quasi certa se si considera la competenza che Borelli dimostra nelle sue opere mediche; è da considerare anche che nell'ultimo periodo della sua vita divenne medico della regina Cristina di Svezia. A Roma frequentò le lezioni di idrodinamica dell'abate Benedetto Castelli. Castelli godeva di una notevole fama e fu certamente in quell'occasione che Borelli cominciò ad appassionarsi alla fisica e, in particolare, alla meccanica classica. Chiaramente questo periodo fu decisivo per il suo indirizzo culturale in quanto gli permise di elaborare quella metodologia di pensiero grazie alla quale lascerà impresso il suo nome nella storia. Borelli infatti utilizza l'applicazione della matematica della meccanica e del metodo sperimentale, proprio della scuola galileiana, per risolvere i problemi biologici.  Messina (1635-1656) Nel 1635 Borelli fu chiamato dal senato accademico dell'Messina, grazie in parte alla raccomandazione del Castelli, al fine di occupare la nuova lettura de matematiche. L'Messina lo tenne in gran conto e gli fornì i mezzi per viaggiare e mettersi in contatto con i professori delle altre università. Grazie al suo lavoro, nel 1646, Borelli pubblicò la risoluzione di alcuni problemi geometrici di Pietro Emanuele Nel 1647-1648, scoppiò una epidemia in Sicilia che diede l'occasione a Borelli di scrivere la sua prima opera da medico. L'opera intitolata cagioni delle febbri maligne in Sicilia negli anni 1647-1648 venne pubblicata/ripubblicata a Cosenza nel 1649 in omaggio all'amico Tommaso Cornelio. La precisione con la quale Borelli trattò questo problema confermano ulteriormente che egli già in precedenza aveva raggiunto notevoli conoscenze mediche.  Pisa (1656-1667) Nella primavera del 1656 Borelli lasciò Messina al fine di occupare la cattedra di matematica all'Pisa, conferitagli dal Granduca Ferdinando II. Il 19 marzo dello stesso anno tenne la sua prima lezione pisana ma con scarso successo. Non passò molto tempo però che quegli stessi allievi dovettero ricredersi sulle qualità del maestro. Tra i suoi più illustri discepoli, merita di essere citato Alessandro Marchetti. Il soggiorno pisano si rivelò di grandissima importanza al fine di plasmare l'orientamento scientifico di Borelli, che già alla scuola del Castelli si era andato rafforzando. Per sottolineare l'importanza del soggiorno pisano è giusto considerare che il territorio di Pisa ha visto passare i più illustri medici del tempo: Andrea Vesalio nel 1543, Realdo Colombo nel 1546, Andrea Cesalpino nel 1581, Galileo Galilei infine che era stato a Pisa per conseguire il titolo di dottorato, ma poi finì per insegnare matematica. Sebbene tra i medici appena nominati Galileo possa sembrare estraneo al loro campo non bisogna escluderlo del tutto. La tradizione galileiana infatti traeva nuove risorse grazie alla fondazione dell'Accademia del Cimento che ha costituito un evento di notevole importanza per l'evoluzione del progresso scientifico. Della suddetta accademia fecero parte: Vincenzo Viviani, Carlo Roberto Dati, Alessandro Segni, Francesco Redi, Evangelista Torricelli, Antonio Oliva (di Reggio Calabria), Giovanni Alfonso Borelli. Il motto di questa accademia era: provando e riprovando, ancora conosciuto ai giorni nostri. Con l'accademia del Cimento viene dato credito al metodo sperimentale galileiano in contrapposizione al principio di autorità del metodo aristotelico. Borelli diede un contributo notevole a ogni importante esperienza dell'accademia. Giovanni Targioni Tozzetti si riferisce a lui come uno dei maggiori luminari dell'accademia.  Nel 1658 Borelli pubblicò l'opera l'Euclides restitutus, di notevole importanza matematica, successivamente si dedicò alla traduzione del Dei conici di Apollonio, voluta da principe Leopoldo. Nel 1661 Pisa si presentò come il teatro di una epidemia di febbri. Borelli studiò questo nuovo morbo e ne fece una descrizione in alcune lettere che inviò a Marcello Malpighi. Nel 1664 pubblicò il De rerum usu, completando le osservazioni anatomiche del Bellini L. con delle osservazioni fisiologiche. Sempre nel 1664 si occupò anche di astronomia, in particolare della cometa che era apparsa a dicembre di quell'anno. Nel 1666 nel Theoricae medieorum planetarum ex causis phisicis deductaem si interessò del movimento dei satelliti di Giove. Borelli, parallelamente alle esperienze di matematica e fisica, si occupò di anatomia e soprattutto di fisiologia. Queste ultime esperienze gli saranno di estremo aiuto per la successiva elaborazione del De motu animalium. Sia l'anatomia che la fisiologia compiono in questi momenti dei progressi significativi, soprattutto grazie all'applicazione del metodo sperimentale alla fisiologia (William Harvey con la dimostrazione della circolazione del sangue). In questo periodo storico l'intento principale è quello di abbandonare il cieco empirismo al fine di porre le basi di quella che sarà la medicina moderna. Sotto questi auspici nasceva, grazie anche a Borelli, un nuovo movimento, la scuola iatromeccanica che agli inizi veniva anche chiamata scuola iatromatematica. Tuttavia, già nel 1665 sorgevano i primi dissidi e le primeinimicizie tra gli accademici del Cimento; Borelli era in dissidio soprattutto con Vincenzo Viviani, per cui cominciava a maturare il convincimentodi ritornare a Messina. Il 18 marzo 1667, Borelli scrive al Principe Leopoldo e manifesta l'intenzione di lasciare Pisa adducendo il pretesto della salute. La partenza di Borelli dispiacque al Principe Leopoldo, il quale tuttavia non lo privò della sua stima. Secondo Francesco Redi, Borelli si pentì di aver lasciato Pisa. Con il ritorno a Messina si chiudeva la fase più feconda di risultati nella vita di Borelli.  Messina (1667-1674) Il ritorno di Borelli a Messina fu molto gradito dai cittadini di questa città, grazie sia al ricordo che avevano conservato e sia per la fama che Borelli aveva conquistato in Toscana. Nella città sicula, Borelli riprese l'attività di docente impegnandosi sullo studio dei fenomeni riguardanti l'astronomia e la fisiologia; nel 1669 pubblicò le Osservazioni intorno alle virtù ineguali degli occhi. Sempre nel 1669, fu incaricato dalla Royal Society di Londra per studiare l'eruzione dell'Etna. Alla descrizione dell'eruzione del vulcano fatta da Borelli si interessò anche il Principe Leopoldo.  Durante il soggiorno messinese, Borelli frequentò la casa del Visconte Ruffo, luogo nel quale, a quanto sembra, si cospirava contro il regime spagnolo. Questa attività cospiratrice culminò nella congiura del 1674 la quale, oltre a non provocare nessuna alterazione nella situazione politica, ebbe conseguenze disastrose per la cultura dell'isola. Borelli, per le sue idee e per il suo operare in nome della libertà e dell'indipendenza, fu accusato di ribellione e dovette espiare la sua colpa a Roma, un territorio non dominato dalla corona spagnola.  Roma (1674-1679) Borelli, esule e povero, raggiunse Roma nel 1674. Il poco avere che era riuscito a portare con sé gli fu derubato da un servo infedele. Malgrado queste tristi condizioni, egli non abbandonò l'attività intellettuale, anzi riprese lo studio al fine di portare a termine la sua più grande opera, il De motu animalium. Fortunatamente il Borelli incontrò a Roma la regina Cristina di Svezia, la quale avrebbe poi patrocinato la pubblicazione della sua opera capitale. A causa delle condizioni economiche in cui versava, Borelli dovette accettare l'ospitalità offertagli da B. Carlo Giovanni di Gesù nella sua casa di San Pantaleo. Il De motu animalium rappresenta il suo ultimo grande contributo per la conoscenza scientifica infatti, mentre lavorava su questa opera, fu colpito dalla malattia, probabilmente polmonite, che lo avrebbe condotto alla morte il 31 dicembre 1679. Prima di morire, Borelli, raccomandò la pubblicazione del De motu animalium a B. Carlo Giovanni di Gesù. L'edizione completa del De motu animalium porta la data: Romae idibus Augusti 1680.  Studi Fisiologia Magnifying glass icon mgx2.svg De motu animalium. L'opera più conosciuta del Borelli è il trattato De Motu Animalium (1680), uscito postumo, con il quale cercò di spiegare il movimento del corpo animale basandosi su principi meccanici, tentando di estendere all'ambito biologico il metodo di analisi geometrico-matematica elaborato da Galileo in ambito meccanico e per il quale si guadagnò il titolo di padre della iatromeccanica.  Astronomia Borelli si occupò anche di astronomia, elaborando una teoria generale sul moto dei pianeti, seppure limitatamente ai satelliti di Giove. Si suppone che la decisione di limitare lo studio a tali corpi fosse stata dettata dall'opportunità di non andare in contrasto con le teorie geocentriche imposte dalla Chiesa. Nel suo studio Theoricae mediceorum planetarum, sostiene che tutti i satelliti abbiano una naturale tendenza ad avvicinarsi a Giove, mentre la loro orbita circolare intorno ad esso li spingerebbe ad allontanarsene. Le forze contrapposte si equilibrerebbero: l'attrazione verso Giove sarebbe costante mentre la spinta contraria sarebbe inversamente proporzionale alla distanza dei satelliti da Giove. Borelli giustifica il moto delle orbite e la loro forma ellittica come una combinazione di forze tra "l'attrazione dei raggi solari" e i "raggi motori" originati da Giove.  Giovanni Alfonso Borelli, continuando i tentativi di Galileo sulla misurazione della velocità della luce, eseguì un esperimento utilizzando un sistema di specchi riflettenti sulla distanza tra Firenze e Pistoia, circa 35 km. Questo metodo fu poi ripreso dal francese Armand Hippolyte Fizeau che, nel 1849, riuscì a valutare una velocità di 283.000 km/s, molto vicino alla misura esatta.  Opere  Frontespizio di Euclides restitutus di Giovanni Alfonso Borelli (Pisa, 1658) Elenco parziale:  Cagioni delle febbri maligne in Sicilia negli anni 1647-1648. Della cagioni delle febbri maligni. (Pisa 1658) Euclides restitutus, sive prisca geometriae elementa, brevius, & facilius contexta. (Pisa 1658) De Renum usu Judicium. (Strasburgo 1664) Lettera del movimento della cometa apparsa il mese di dicembre del 1664 a Pisa. (1665) Theoricae mediceorum planetarum ex causis phisicis deductae. (Pisa 1666) De Vi Percussionis, et Motionibus Naturalibus a Gravitate Pendentibus. (Bologna 1667) (Leida 1686) Osservazioni intorno alle virtù ineguali degli occhi. (Messina 1669) Meteorologia Aetnea, seu historia et methereologia incendi Aetnei anni 1669. (Reggio Calabria 1670) De motionibus naturalibus a gravitate pendentibus. (Bologna 1670) De Motu Animalium. 1ª parte (Roma 1680) ; 2ª parte (Roma, 1681) Note  Fra i quali D. Rotundo  Derenzini T.Alcune lettere di Borelli ad Alessandro Marchetti.1959, 224-243  Gaizo M.Alcune lettere di Giovanni Alfonso Borelli, dirette una a Malpighi, le altre a Magliabechi. Napoli, 1886  Capparoni P.Sulla patria di Giovanni Alfonso Borelli. Rivista storica, scientifica, medica, 1931, 53-63.  Capparoni P.Sulla patria di Giovanni Alfonso Borelli. Rivista storica, scientifica, medica, 1931, 57-63.  Barbensi G.Borelli. Collana di vita di medici e naturalisti celebri, Trieste, 1947.  Gaizo M.L'opera scientifica di Giovanni Alfonso Borelli e la scuola di Roma nel secolo XVII.1909, 152-207.  Gaizo M.L'opera scientifica di Giovanni Alfonso Borelli e la scuola di Roma nel secolo XVII.1909, 275-307.  Barbensi G.Borelli. Collana di vita di medici e naturalisti celebri. Trieste, 1947.  Derenzini T.Alcune lettere di Borelli ad Alessandro Marchetti.  Derenzini T.Giovanni Alfonso Borelli, fisico: Celebrazione dell'Accademia del Cimento nel tricentenario della fondazione (19 giugno 1957), Pisa, 1958, 35-42.  Derenzini T.Giovanni Alfonso Borelli, fisico: Celebrazione dell'Accademia del Cimento nel tricentenario della fondazione (19 giugno 1957), Pisa, 1958, 43-45  Belloni L.Dal Borelli al Malpighi.1967.  Koyré A.La mécanique céleste de Giovanni Alfonso Borelli. Rivista Storica, Scientifica, 1952.  Pazzini A.La medicina nella storia, nell'arte, nel costume. 1970.  Derenzini T.Giovanni Alfonso Borelli, fisico: Celebrazione dell'Accademia del Cimento nel tricentenario della fondazione (19 giugno 1957), Pisa, 1958, 52-56.  Gaizo M.L'opera scientifica di Giovanni Alfonso Borelli e la scuola di Roma nel secolo XVII.1909..  Capparoni P.Sulla patria di Giovanni Alfonso Borelli. Rivista storica, scientifica, medica, 1931.  J. L. E. Dreyer, Storia dell'astronomia da Talete a Keplero, traduzione di Libero Sosio, Milano, Feltrinelli, 1977.  F. Savornian, Da Leonardo a Marconi, Milano, Hoepli119.  Bernoulli J.Opera Omnia. Lausanae, (1742). Barbensi G.Borelli. Collana di vita di medici e naturalisti celebri.(1947), Trieste. Barbensi G.Di una diversa soluzione di un problema di meccanica muscolare da parte di due medici matematici. Rivista Storica, Medica, Scientifica. (1938), Siena. Baldoni N.Introduzione a Giovanni Borelli Vico.(1961), Milano. Capparoni P.Sulla patria di Giovanni Alfonso Borelli. Rivista storica, scientifica, medica (1931). Caprariis E.Considerazioni sulle vedute neurofisiologiche di Hermann Boerhaave. Caprariis E.Spunti di neurofisiologia nel De Motu Animalium di Giovanni Alfonso Borelli (1608-1679). (1969-1970). Derenzini T.Giovanni Alfonso Borelli, fisico: Celebrazione dell'Accademia del Cimento nel tricentenario della fondazione (19 giugno 1957).(1958), Pisa. Derenzini T.Alcune lettere di Borelli ad Alessandro Marchetti. (1959). Franceschini P.L'apparato motore nello studio di Borelli e di Stenone. Rivista storica, medica, scientifica, (1951). Gaizo M. DelL'opera scientifica di Giovanni Alfonso Borelli e la Scuola di Roma nel secolo XVII. Memoria della pontificia Accademia Romana dei Nuovi Lincei, (1909). Gaizo M. DelAlcune lettere di Giovanni Alfonso Borelli, dirette una a Marcello Malpighi, le altre ad Antonio Magliabechi.(1886), Napoli. Alexandre KoyréLa mécanique céleste de Giovanni Alfonso Borelli. Rivista Storica, Scientifica, (1952). Alexandre Koyré, La rivoluzione astronomica. Copernico, Keplero, Borelli.Feltrinelli.(1966), Milano. Pazzini A.La medicina nella storia, nell'arte, nel costume. (1970). Questo testo proviene in parte dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze (home page), pubblicata sotto licenza Creative Commons CC-BY-3.0  Iatromeccanica Micrometro di Galileo Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giovanni Alfonso Borelli Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giovanni Alfonso Borelli  Giovanni Alfonso Borelli, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giuseppe Favaro, Giovanni Alfonso Borelli, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giovanni Alfonso Borelli, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Ugo Baldini, Giovanni Alfonso Borelli, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giovanni Alfonso Borelli, su MacTutor, University of St Andrews, Scotland. Giovanni Alfonso Borelli, su Mathematics Genealogy Project, North Dakota State University.  Opere di Giovanni Alfonso Borelli, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Giovanni Alfonso Borelli, .  Stefania Montacutelli, Giovanni Alfonso Borelli, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Scienze, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, .Astronomia  Astronomia Biografie  Biografie Matematica  Matematica Medicina  Medicina Categorie: Matematici italiani del XVII secoloAstronomi italianiFisiologi italiani 1608 1679 28 gennaio 31 dicembre Napoli RomaProfessori dell'Pisa

 

BORSA Grice: “I would call Borsa a Griceian – I mean he wrote on eloquence, as I did – and he qualified this in two ways: ‘eloquenza sacra’ and ‘in Italia’ – Like Austin, he thought that this or that ‘filosofismo academico’ (think ‘impilcatura’) was an abuse to the ‘eloquenza sacra’ in Italia – another was the use of ‘neologism’ – Friends tried to disencourage: “This or that filosofismo did have some influence on Roman poetry!” “Damn them!” – He also wrote a rather anti-pathetic ‘elogio di me stesso,’ whose chapter on ‘gli amori’ is hardly sincere!” “But I love him!” --  Matteo Borsa  Matteo Borsa (Mantova) saggista, critico letterario e filosofo italiano. Matteo Borsa nacque a Mantova nel 1751, figlio di una cugina dell'abate Saverio Bettinelli, celebre studioso che costituì sempre per Borsa un importante punto di riferimento. Dopo aver studiato a Verona presso il collegio dei Gesuiti e a Reggio Emilia nel collegio dei preti secolari, intraprese studi di medicina all'Bologna. Gli interessi del Borsa, in realtà, erano di stampo prettamente letterario e filosofico, come aveva già avuto modo di dimostrare durante gli studi dell'adolescenza. La scelta del percorso universitario fu imposta dal padre, ma il giovane ottenne comunque la laurea e pubblicò anche due testi di argomento medico, I fisiologi e Gli empirici.  Anche negli anni dell'università, Borsa non trascurò la passione per le umane lettere e per la filosofia, cui si dedicò in maniera pressoché esclusiva dal 1776, quando tornò a Mantova, trascorrendovi un'esistenza ritirata e segnata da una salute cagionevole. Nominato, forse grazie all'interessamento di Bettinelli, segretario dell'Accademia mantovana, pubblicò nel 1784 Del gusto presente in letteratura italiana, saggio scritto in risposta a un quesito posto dalla medesima Accademia. Negli anni successivi il Borsa tornerà sull'opera fino a darne alla luce un'edizione ampliata e modificata con il nuovo titolo I vizi più comuni e osservabili del corrente gusto italiano in belle lettere (1795).  La dissertazione del 1784 sosteneva essersi incarnata la corruzione del gusto in tre diversi aspetti; il « neologismo straniero », il « filosofismo enciclopedico » e la « confusione dei generi ». Nel 1785 Melchiorre Cesarotti difese posizioni opposte a quelle del Borsa nel Saggio sulla filosofia del gusto e nel Saggio sopra la lingua italiana, inserendosi in un dibattito molto acceso soprattutto nell'Italia settentrionale. L'opera dell'accademico mantovano costituì un punto di riferimento importante, come afferma Dionisotti, il quale ricorda anche che « la fortuna in Italia della parola neologismo deriva dalla dissertazione di Matteo Borsa Del gusto presente in letteratura italiana, apparsa a Venezia nel 1784 ».  Ricoprì dal 1783 l'incarico di professore di logica e metafisica nel ginnasio di Mantova e mantenne sempre uno stretto rapporto con Bettinelli, di cui sposò oltretutto una nipote. Visse poi assieme alla moglie e all'abate, dopo che il padre lo aveva cacciato di casa per « scontentezze domestiche ».  Tra le opere del Borsa vanno inoltre ricordati due saggi  problemi estetici in relazione alla musica e alla danza, argomenti cui lo studioso mantovano si era interessato nel periodo universitario. Si cimentò inoltre nella composizione di una tragedia, l'Agamennone e Clitennestra, pubblicata a Venezia nel 1786.  Opere La musica imitativa, 1781 I balli pantomimi, 1783 Del gusto presente in letteratura italiana, Venezia, Palese, 1784 Agamennone e Clitennestra, Venezia, Zatta, 1786 I vizi più comuni e osservabili del corrente gusto italiano in belle lettere, 1795 Note  C. Dionisotti, Venezia e il noviziato di Foscolo, in Appunti sui moderni, Bologna, il Mulino, 198839.  Si veda, per la biografia, E. Bigi, Nota introduttiva a Matteo Borsa, in Critici e storici della poesia e delle arti nel secondo Settecento, Milano-Napoli, 1955695.  Emilio Bigi, « Nota introduttiva » a Matteo Borsa, in Critici e storici della poesia e delle arti nel secondo Settecento (in La letteratura italiana. Storia e testi,  44, tomo IV), Milano-Napoli, Riccardo Ricciardi Editore, 1955,  695–705. Emilio Bigi, Tra classicismo e preromanticismo: Matteo Borsa, in Poesia e critica tra fine Settecento e primo Ottocento, Milano, Cisalpino-Goliardica, 1986,  223–238.  R. Amaturo, Borsa, Matteo, DBI, su treccani. 100177659 I0000 0001 1827 8439 97877333  cb10263290t  CERL cnp01304847  Identitieslccn-n97877333 Biografie  Biografie:  di   biografie Categorie: Saggisti italiani del XVIII secoloCritici letterari italianiFilosofi italiani Professore1751 1798 18 gennaio Mantova Mantova

 

BOTERO: Grice: “You gotta love Botero – my favourite is not so much the one on the reason of state (the critique of the reason of state) – but his memorabilia of ‘vires’ of the ‘imperium romanum’!” -- Giovanni Botero (Bene Vagienna), filosofo. Autore del trattato Della Ragion di Stato, in dieci libri, stampato a Venezia nel 1589, e delle Relazioni universali, un trattato di geografia politica.   Della ragion di stato, 1589 Nato in una famiglia di modeste condizioni economiche, all'età di 15 anni entrò nel collegio dei Gesuiti di Palermo; fu poi in varie case dell'Italia centrale, fra cui nel Collegio Romano dove ebbe come compagno di corso Roberto Bellarmino. Pur essendo stimato quale poeta in versi in latino, forse a causa di un carattere difficile e da una tendenza alla polemica, nel 1561 dovette interrompere gli studi a Roma e fu inviato come insegnante in località periferiche (ad Amelia e a Macerata). A Roma fu al servizio del giovane cardinale Federico Borromeo, del cui cugino, san Carlo, fu stretto collaboratore a Milano nel decennio precedente, impegnato nella riforma della diocesi, una volta uscito dalla Compagnia di Gesù nel 1580.  Morì all'età di 73 anni e fu sepolto a Torino nella chiesa dei Santi Martiri, retta dai gesuiti. La città di Torino, nel 1860, gli ha dedicato una via.  L'opera di Giovanni Botero Occorre tenere presente sin dall'inizio che Giovanni Botero s'impegna nella sua nota opera dal titolo emblematico di Ragion di Statodieci agili libri di circa 300 pagine, ove rimedita le tesi esposte nel suo De Regia Sapientiain quanto ritiene essenziale combattere il machiavellismo per poter riaffermare la stretta dipendenza di ogni potere politico dalla Religione e dalla Chiesa (fu segretario di Federico Borromeo) ed approfondire gli studi sulla "Ragion di Stato", principalmente al fine di individuare un pensiero politico-guida alternativo a quello cui si riferivano le tesi dei Riformatori (quello cioè di Machiavelli e di Bodin). La controriforma, dunque, necessitava di un suo punto di riferimento in materia di scientia civilis (teoria politica), come aveva già fatto presente Monsignor Minuccio Minucci.  Il fine e, per alcuni aspetti, il metodo di Giovanni Botero può solo apparentemente e prima facie, richiamare quelli del Secretario Fiorentino [Niccolò Machiavelli]: egli infatti considera lo stato come un dominio assoluto e stabile sui popoli, e la ragion di stato secondo lui altro non è che l'insieme di tutti i metodi ("i mezi") e gli strumenti necessari e opportuni per conservare e gestire questo dominio. Ma in realtà, sia la sostanza del suo pensiero politico, che lo scopo ultimo cui esso è indirizzato, sono decisamente divergenti, tanto che egli arriva a definire "rea e falsa" la Ragion di Stato machiavelliana e giunge a sostenere che il Principe, rispettoso dei precetti religiosi, non ha bisogno di leggere né Machiavelli né Tacito.  Si comprende, allora, come la differenza principale del pensiero di Botero rispetto a quello di Machiavelli consista nell'importanza assegnata alla morale e alla religione come strumenti di governo; l'uso spregiudicato della ragion di stato (di natura machiavelliana), da parte del governante, dev'essere cioè temperato dall'applicazione di virtù, quali la moderazione e la giustizia, e dalla considerazione non solo strumentale della religione. Ciò, infatti, conferisce allo stesso quella reputazione indispensabile per ottenere obbedienza dai sudditi. Egli, peraltro, afferma che solo «...i sudditi devoti e religiosi siano sudditi ubbidienti». In questo senso Botero propone una ferma lotta alle eresie, che comportano dissidi fra i sudditi; lo stato deve essere confessionale e la ragion di stato comprende, al suo interno, la garanzia dell'ortodossia religiosa, la cui curanella divisione boteriana delle funzioni dello Statospetta alla Chiesa. Ulteriore fondamentale differenza con il pensatore fiorentino è l'importanza che Botero dà all'economia e alla demografia come parametro per la misurazione della potenza di uno Stato. Egli, invero, non fu giurista e, conseguentemente, pose l'accento sull'interesse.  Pienamente conscio dell'importanza della variabile economica, Botero prende ad esempio la Spagna, incapace di promuovere manifatture e attività commerciali, come regno dalle risorse coloniali praticamente infinite, ma destinato ad essere relegato in secondo piano da Stati più dinamici nel campo dello sviluppo e della crescita dell'agricoltura e delle attività produttive interne. Nell'ambito della polemica antieuropea, che portò, tra l'altro, a un'elaborazione del concetto di civiltà in opposizione a ciò che è barbaro o selvaggio, Botero ha tratteggiato il processo di incivilimento come passaggio dall'idolatria alla coscienza religiosa cristiana, dalla pastorizia all'agricoltura, all'attività industriale e commerciale; è un processo che richiede, inoltre, il costituirsi di governi stabili e la promulgazione di leggi certe.  Opere Della ragion di stato, Venezia, Giovanni Giolito de Ferrari, Giovanni Paolo Giolito de Ferrari, 1589. 23 giugno . Delle cause della grandezza e magnificenza delle città, 1588 Relazioni Universali, 1591-1618 (riedita con aggiunte e correzioni fino all'edizione del 1618) I Capitani, Giovan Domenico Tarino, Torino, 1607. Edizioni moderne Ragion di Stato (testo della prima edizione del 1589), Chiara Continisio, Collana Biblioteca n.23, Roma, Donzelli, 1997,  978-88-7989-315-2.Collana Virgolette n.40, Donzelli, 2009,  978-88-60-36323-7. Le Relazioni universali (voll. I-II), Alice Blythe Raviola, Torino, Nino Aragno Editore, ,  978-88-8419-722-1. Delle cause della grandezza delle città, Romain Descendre, trad. A. De Vincentiis, Collana Cliopoli.Nuova serie, Roma, Viella, ,  978-88-6728-348-4. Della Ragion di Stato (edizione definitiva del 1598 con tutte le varianti del testo del 1589), Pierre Benedittini e Romain Descendre, Collana I Millenni, Torino, Einaudi, ,  978-88-06-22594-0. Delle cause della grandezza delle città, Claudia Oreglia, con un saggio di Luigi Firpo, Collana Biblioteca, Torino, Aragno, ,  978-88-8419-779-5. Le Relazioni universali (III: Parte V), Alice Blythe Raviola, Torino, Aragno, ,  978-88-841-9924-9. I Capitani, Alice Blythe Raviola, Collana Biblioteca, Torino, Aragno, ,  978-88-841-9903-4. Note  Massimo Firpo, Le relazioni universali. Enciclopedia del mondo, in Il Sole 24 Ore-Domenica, 27 dicembre 27.  Andreatta-Baldini , Storia del pensiero politicoda Machiavelli a Kant, Torino, Utet  Federico Chabod, Storia dell'idea d'Europa  Pietro Orsi, Saggio biografico e bibliografico su Giovanni Botero, Mondovì 1882; Carlo Gioda, La vita e le opere di Giovanni Botero, Milano 1895 (il  III contiene la 5ª parte delle Relazioni universali, il cui ms. andò distrutto, nel 1904, nell'incendio della biblioteca di Torino); Ernesto Bottero, Prudenza di Stato, o maniere di governo di Giovanni Botero, Milano 1896; Alberto Breglia, A proposito di Giovanni Botero "economista", in Annali di Economia, IV, i, Milano 1928,  87-128; Friedrich Meinecke, Die Idee der Staatsräson, Berlino-Monaco 1924; Roberto Almagià, Il primo scritto italiano di Oceanografia, in Bollettino della Società geografica italiana, 1905; Alberto Magnaghi, Le Relazioni universali di Giovanni Botero, e le origini della Statistica e dell'Antropogeografia, Torino 1906; Bruno Mayer, «Botero, Giovanni», in Vittore Branca , Dizionario critica della letteratura italiana, Torino, UTET,  I,  393–403, 1973. Chiara Continisio , Della ragion di Stato. Giovanni Botero, Roma, Donzelli, 1997.  88-7989-315-7 Chiara Continisio, Giovanni Botero, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Diritto, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Cosimo Perrotta, Giovanni Botero, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Economia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Robertino Ghiringhelli, Giovanni Botero, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Romain Descendre, Giovanni Botero, in Enciclopedia machiavelliana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giovanni Botero Collabora a Wikiquote Citazionio su Giovanni Botero Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giovanni Botero  Giovanni Botero, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giovanni Botero / Giovanni Botero (altra versione), in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giovanni Botero, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, .  Giovanni Botero, su sapere, De Agostini. Giovanni Botero, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Luigi Firpo, Giovanni Botero, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Giovanni Botero, .  Relationi vniuersali di Giouanni Botero Benese diuise in quattro parti, Vicenza, 1595. V D M Compagnia di Gesù Filosofia Letteratura  Letteratura Categorie: Presbiteri italianiScrittori italiani del XVI secoloScrittori italiani del XVII secoloFilosofi italiani del XVI secoloFilosofi italiani Professore154423 giugno Bene Vagienna TorinoSaggisti italiani del XVI secoloSaggisti italiani del XVII secoloScrittori cattoliciScrittori in lingua italianaFilosofi della politica

 

BOTTA: Grice: “The most relevant of his tracts is his ‘storia della filosofia romana,’ – but he also played with Leopardi, and he is especially loved in the Piemonte as a ‘dantista’! --  Grice: ““You’ve gotta love Botta – my favourite is his tract on Alighieri as a philosopher – he applied all he had learned about philosophy at Cuneo to Aligheri – the result is overwhelming!” -- Vincenzo Botta (Cavallermaggiore) politico, accademico e scrittore italiano naturalizzato statunitense.  Vincenzo Botta nacque in Piemonte a Cavallermaggiore l'11 novembre 1818. Studiò presso la Torino e vi divenne professore di filosofia. Nel 1849 fu eletto nel Parlamento sabaudo, e nel 1850, in collaborazione con un altro deputato, Luigi Parola, fu incaricato di studiare il sistema educativo in Germania. La loro relazione sulle università e le scuole tedesche fu pubblicata quello stesso anno a spese del governo .  Nel 1853 Botta incontrò a Torino la scrittrice statunitense Anne Lynch, che si trovava in viaggio in Europa. Per rimanerle accanto, Botta si fece subito trasferire a New York con l'incarico di indagare il sistema scolastico pubblico americano. Trovò New York di suo gradimento, e vi si stabilì. Botta e Lynch si sposarono nel 1855 ed egli fu naturalizzato americano. I due formarono un collaudato sodalizio culturale. La loro casa divenne un rinomato salotto culturale, frequentato da molti dei più famosi autori, pittori e musicisti d'Europa e d'America. Mentre Anne Lynch continuò la sua attività letteraria, Botta dal 1856 al 1894 insegnò filosofia e italiano alla New York University, ricoprendo per molti anni la carica di direttore del dipartimento di lingua e letteratura italiana fino alla sua morte il 5 ottobre 1894.  Opere principali Del pubblico insegnamento in Germania. Studi, coautore Luigi Parola, Torino, Tip. G. Favale, 1851 Public instruction in Sardinia: an account of the system of education, and of the institutions of science and art in the Kingdom of Sardinia, Hartford, F.L. Brownell, 1858 A discourse on the life, character, and policy of count Cavour, New York, G.Putnam, 1862 Dante as philosopher, patriot, and poet, with an analysis of the Divina Commedia, its plot and episodes, New York, Scribner, 1865; nuova ed. 1886 An Historical Account of Modern Philosophy in Italy in Ueberweg's History of Philosophy from Thales to the Present Time, London, Hodder and Stoughton, 1872 Note  Questa è la data riportata in Virtual American Biographies e nella voce della Enciclopedia Italiana (riferimenti in ). Maria T. Zagrebelsky Prat nel Dizionario Biografico degli Italiani (sempre in ) lo fa nascere l'11 febbraio 1818.  Luigi Parola e Vincenzo Botta, Del pubblico insegnamento in Germania: studi, Torino, Tip. G. Favale, 1851  Virtual American Biographies, su famousamericans.net. 4 ottobre  5 ottobre ).  Vincenzo Botta, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Vincenzo Botta, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Vincenzo Botta, .  Vincenzo Botta, su storia.camera, Camera dei deputati. Virtual American Biographies 21164870 I0000 0000 8100 2825 86095818 495/109726  Identitieslccn-n86095818 Biografie  Biografie Letteratura  Letteratura Categorie: Politici italiani del XIX secoloPolitici statunitensi del XIX secoloAccademici italiani del XIX secoloAccademici statunitensiScrittori italiani del XIX secoloScrittori statunitensi Professore1818 1894Nati l'11 novembre 5 ottobre Cavallermaggiore New YorkItaliani emigrati negli Stati Uniti d'AmericaAccademici italiani negli Stati Uniti d'AmericaFilosofi italiani del XIX secoloDeputati della II legislatura del Regno di Sardegna

 

BOTTIROLLI: Gice: “I like Bottiroli – he is an Italianist, rather than a philosopher, but typically in the Italian fashion, he uses philosophical vocabulary – my favourite are his tracts on ‘seduzione,’ ‘desiderio,’ ‘amore,’ ‘sesso,’ which of course is all Plato’s symposium – but he has also explored not just pragmatics, but semantics and syntax – notably with his ‘rigid/flexible’ distinction – Since he is associated with les belles lettres, philosophers in Italy do not take him too seriously, though!” -- Giovanni Bottiroli (Novi Ligure) è un filosofo e professore universitario italiano.   Professore di Teoria della letteratura, da molti anni, a Bergamo. Ha insegnato Retorica e Narrazione, Teoria dell’interpretazione, Estetica, in questa Università. Inoltre, è docente all’IRPA (Istituto di Ricerca di Psicoanalisi applicata), diretto da Massimo Recalcati.  È direttore della rivista “Comparatismi" (rivista della Consulta del SSD “Critica letteraria e Letterature Comparate”). Dal  è Presidente della Consulta di questo settore.  Fa parte del Comitato Scientifico di “Enthymema” e di “Symbolon”, e della Direzione di “L’immagine Riflessa”. Collabora alla rivista “Segnocinema”.  Pensiero Una filosofia della flessibilità Giovanni Bottiroli ha elaborato una nuova prospettiva filosofica che si ispira alla nozione di “flessibilità”, e che egli ha indicato con diverse espressioni: ragione flessibile, pensiero della Metis, pensiero strategico.  Questa prospettiva viene esposta nella forma più ampia e sistematica in La ragione flessibile () e La prova non-ontologica ().  Dalla filosofia alla letteratura (come modo di pensare) In Teoria dello stile la letteratura viene intesa come modo di pensare e ad essere privilegiato è il suo legame con la filosofia. Il legamenon privo di conflittualitàtra letteratura e filosofia richiede di essere analizzato mediante il concetto di stile, inteso sia come invenzione linguistica sia come “stile di pensiero”. Esemplare, da questo punto di vista, è l’analisi della “Lettera rubata” di Poe, proposta da Lacan negli Scritti (1966).  La teoria della letteratura In Che cos'è la teoria della letteratura. Fondamenti e problemi, la teoria della letteratura viene intesa come una disciplina ibrida che deve attingere alle teorie del linguaggio, alle teorie del desiderio e alle teorie dell’interpretazione, ispirandosi principalmente a tre fonti: Saussure, Freud, Heidegger.  L'interpretazione dei testi come conflictual reading L’interpretazione del testo è intesa come un conflictual reading capace di lasciare emergere la pluralità degli stili, il problema dell’identità del soggetto e le dinamiche del desiderio. Il suo orizzonte sono le estetiche conflittuali, a cuiin prospettive assai diversehanno contribuito Nietzsche e Heidegger, Freud e Lacan, ma anche Bachtin. Le riflessioni su questo tema sono confluite in diversi articoli tra cui Il desiderio “effrayant” di Julien Sorel. Un “conflictual reading” per un romanzo di formazione in “Enthymema”, 21, .  Opere Libri 1975 Parodia Milano: Scheiwiller (con prefazione di Cesare Segre) 1980 La contraddizione e la differenza. Il materialismo dialettico e la semiotica di Julia Kristeva, Giappichelli, Torino 1987 Interpretazione e strategia, Guerini e associati, Milano 1987 Retorica della creatività. Per l'interpretazione e la produzione di testi, Paravia, Torino 1990 Figure di pensiero. La svolta retorica in filosofia, Paravia, Torino 1993 Retorica. L'intelligenza figurale nell'arte e nella filosofia, Bollati Boringhieri, Torino 1995 Il reggicalze. Come l'abbigliamento diventò seduzione, Gribaudo, Torino 1997 Teoria dello stile, La nuova Italia, Firenze 2001 Problemi del personaggio (curatela), Bergamo University Press, Bergamo 2002 Jacques Lacan. Arte linguaggio desiderio, Bergamo University Press, Bergamo 2005 Le incertezze del desiderio. Scritti brevi su strategia e seduzione, Ecig, Genova 2006 Che cos'è la teoria della letteratura. Fondamenti e problemi, Einaudi, Torino  La ragione flessibile. Modi d'essere e stili di pensiero, Bollati Boringhieri, Torino  La prova non-ontologica. Per una teoria del Nulla e del “non”, Mimesis, Milano-Udine Voci di Enciclopedia Enciclopedia Einaudi: Eros (1978), Piacere (1980), Pulsione (1980), Soma/Psiche (1981) (quest’articolo in collaborazione con Guido Ferraro). Enciclopedia Treccani: Letteratura e psicoanalisi, in Appendice 2000 Manuale di letteratura italiana. Storia per generi e problemi (diretta da Franco Brioschi e Costanzo Di Girolamo): Il pensiero filosofico e scientifico e La prosa della filosofia e della scienza,  IV, 1996 ( 21-58 e 945-974) Letteratura europea (P. Boitani e M. Fusillo): Letteratura e psicoanalisi,  5,  399-417, UTET, Torino  Articoli di filosofia e di teoria della letteratura (una selezione) 1990 Bachtin, la parodia del possibile, in "Strumenti critici", 63,  147-66 1994 Il comico inesistente. I regimi figurali nell’opera di Calvino in “Calvino e il comico” (L. Clerici e B. Falcetto), Marcos Y Marcos 1996 Sinistra come "bêtise". Il problema degli attriti nel "Dono” di Nabokov in "Strumenti critici” 80, 1996 2001 Il comico delle articolazioni, in BarbieriBottiroliPerissinotto “Il Comico: approcci semiotici”, Documenti di lavoro 303-304-305, Centro Internazionale di Semiotica e Linguistica, Urbino 2001,  27-39 2002 Introduzione a Flaubert, L’educazione sentimentale, Einaudi, Torino,  V-XXI 2003 Un sogno di Raskolnikov, in “Nel paese dei sogni” (V. Pietrantonio e F. Vittorini), Le Monnier, Firenze 2003,  70-84 2004 La logica del diviso in "William Wilson" in Fantastico Poe (R. Cagliero, Ombre Corte, Verona) 2007 Non sorvegliati e impuniti. Sulla funzione sociale dell’indisciplina, in Forme contemporaneee del totalitarismo (Massimo Recalcati), Bollati Boringhieri, Torino 2007 Metaphors and Modal Mixtures in Metaphors (di Stefano Arduini), Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2008 L’identità modale nei romanzi di Kafka. Descrizione di un progetto di ricerca in “Cultura tedesca”, 35 2009 In principio era la bêtise, in Soggettivazione e destino. Saggi intorno al ‘Flaubert’ di Sartre (G. Farina e R. Kirchmayr), Bruno Mondadori, Milano  Ibridare, problema per artisti. Alcune tesi, in “Enthymema”, n.1,  154-163  Dalle somiglianze alle differenze di famiglia, in L’immagine riflessa, n.1-2,  181-2  L’inganno del cortile centrale. Interpretazione della “Phèdre” come testo diviso, in Ermeneutica letteraria, VIII  Introduzione a “La conversazione infinita” di M. Blanchot, Einaudi, Torino  Lost in styles. Perché nel cognitivismo non c’è abbastanza intelligenza per capire l’intelligenza figurale, in “Lo sguardo”, 17 153-193  Il perturbante è l’identità divisa. Un’interpretazione di “Der Sandmann” in Enthymema, 12,  205-229  The possibility of not coinciding with oneself: a reading of Heidegger as a modal thinker, in The Italian Psychoanalytic Annual, /10,  133-149, Cortina Editore  Le parole uccidono le cose oppure altre parole? Il linguaggio come perdita e come articolazione agonistica in Per Enza Biagini (A. Brettoni, E. Pellegrini, S. Piazzesi, D. Salvadori), Firenze University Press, Firenze  Liberatore e incatenato: le aporie di Dioniso (e del dionisiaco) da Euripide a Nietzsche in Enthymema, XIV,  51-81  Return to literature. A manifesto in favour of theory and against methodologically reactionary studies (cultural studies etc.) in “Comparatismi”, 3,  1-37  What is alive and what is dead in Jakobson. From codes to styles in Roman Jakobson, linguistica e poetica (E. Esposito, S. Sini e M. Castagneto), Ledizioni, Milano ,  213-220  Il desiderio “effrayant” di Julien Sorel. Un “conflictual reading” per un romanzo di formazione in Enthymema, 21,  134-151  Shakespeare e il teatro dell’intelligenza. Dagli errori di Bruto a quelli di René Girard in Metodo,  6, n. 1,  73-98  Il desiderio e i suoi destini: dal rapporto ai modi del rapporto, in A. Badiou, Il sesso l’amore (Federico Leoni e Silvia Lippi), Mimesis, Milano-Udine,  41-52  Sade e il desiderio di essere in “aut aut” 382 To be and not to be. Hamlet’s Identity, in Enthymema 23,  250-285  Heart of Darkness e la teoria lacaniana dei registri in Anglistica pisana, XIV, 1-2 ()  The Turn of the Screw. A tale that “turns” in Enthymema 24,  43-58 Articoli di cinema (una selezione) 2007 I registi sono alleati preziosi. Un'interpretazione di Mulholland Drive di David Lynch, in Segnocinema 144  Identità come identificazione (nei film e non negli spettatori), in “Imago”, 2  Joe, o le disavventure di una ninfomane (Nymphomaniac di Lars von Trier), in “Segnocinema” 196  Non infantilizzate, vi prego, Ingmar Bergman. Desideri senza magia in “Fanny e Alexander” in Segnocinema 214  L’arte è un lusso, la fiction una necessità. Žižek e Hitchcock, qualche anno dopo in “Segnocinema” 223-224 Recensioni Niccolò Scaffai, recensione a Che cos'è la teoria della letteratura? Fondamenti e problemi, in Allegoria, n. 55, 2007 Panella Giuseppe, recensione a Che cos'è la teoria della letteratura? Fondamenti e problemi, in Ermeneutica letteraria n. 3, 2007 Franzini Elio, recensione a La ragione flessibile, in “Enthymema”, n. IX,  412-414,  Dalmasso Gianfranco, recensione a La ragione flessibile, in “Rivista di Filosofia Neo-Scolastica”, 1,  240-245,  Carmello Marco, recensione a La prova non-ontologica, in “Enthymema”, n. XXV, 703-707,  Note  Giovanni Bottiroli (database Università degli Studi di Bergamo), su www00.unibg.  Docenti titolari di materiaIrpa Milano, su istitutoirpa.  Comparatismi. Rivista della Consulta di Critica letteraria e Letterature comparate, su ledizioni.  Enthymema, su riviste.unimi.  Curriculum Vitae , su unipa.  Elio Franzini, La ragione flessibile di Giovanni Bottiroli, in Enthymema, n. 9.  Marco Carmello, Giovanni Bottiroli "La prova non-ontologica. Per una teoria del nulla e del 'non' ", Enthymema, n. 25.  Giuseppe Panella, A proposito di Giovanni Bottiroli, "Che cos'è la teoria della letteratura", in Ermeneutica letteraria. Rivista internazionale, n. 3.  Niccolò Scaffai, Giovanni Bottiroli"Che cos'è la teoria della letteratura. Fondamenti e problemi", in Allegoria, n. 55.  Giovanni Bottiroli, Il desiderio "effrayant" di Julien Sorel, in Enthymema, n. 21.  Letteratura e psicoanalisi, su treccani. giovannibottiroli/it///www00.unibg/struttura/strutturasmst.asp?rubrica=1&persona=89&nome=Giovanni&cognome=Bottiroli&titolo=Prof. 59307684 I0000 0000 8138 7227  IT\ICCU\CFIV\053603 81043256  135880033  cb144625951   XX1744209   Identitieslccn-n81043256 Biografie  Biografie Letteratura  Letteratura Psicologia  Psicologia Filosofo del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani Professore1951 24 giugno Novi Ligure

 

BOTTONI Grice: “Most Englishmen know of Bottoni because he is quoted by Burton in his “Anatomy of Melancholy,” re the imagination and reason – and how it affects melancholy.” “I call Bottoni a philosophical biologist – excretion (why?) – nutrition – surely nutrition – as part of birth – and growth – are essential requirements for a definition of ‘bios’ or life – and Bottoni knows that – as a philosopher. He studied philosophy and taught logic, like me. “De conservanda vita,” is more than a philosophy of life – it’s how the ‘essenza’ del ‘corpore dell’uomo’ is nutrition – and how the spiritus, and not just the anima, are involved. His model is functionalist, and Aristotelian, like mine!” – He also provides a philosophy of disease – which should make us wonder about whether we are endowed with a conceptual analysis of ‘health,’ a favourite term for Aristotle (‘healthy food,’ ‘healthy man,’ ‘healthy habit’). Albertino Bottoni, Noto anche come Albertinus Bottonnus o Albertinus Bottoni o Albertini Bottoni (Padova), medico e filosofo italiano.  È stato uno dei grandi medici italiani del Rinascimento. La sua formazione avvenne nella città natale, dove si laureò in medicina e filosofia.  Dal 1555 divenne professore nell'Padova, dove insegnò in successione logica, medicina teorica straordinaria, medicina pratica e medicina teorica ordinaria. Introdusse l'uso del mercurio nella cura della sifilide. Fu rivale del medico padovano Ercole Sassonia, di cui tentò d'impedirne l'insegnamento.  I suoi contributi scientifici più importanti riguardano le funzioni dirette alla conservazione dell'individuo e della specie, quindi nutrizione, crescita e generazione, che definì tria suprema naturae munera.  Opere principali De vita conservanda, Padova, Iacobum Bozzam, 1582. De morbis mulieribus libri tres, Venezia, Paulum Meietum, 1585, 1588. Methodi medicinales duae, Francoforte, 1595. De modo discurrendi circa morbos, eosdemque curandi tractatos, Francoforte, 1607.  Castiglioni A., Storia della Medicina, II, Mondadori, Milano, 1948. De Renzi S., Storia della Medicina in Italia, III, Napoli, 1845. Gliozzi G., «Albertino Bottoni», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 13, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 1971. Pazzini A., Storia della Medicina, I, Società Editrice Libraria, Milano, 1947.  Albertino Bottoni, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  77129132 I0000 0000 1289 4217 o161435  119627167  cb10463789b   Identitieslccn-no161435 Biografie  Biografie Medicina  Medicina Categorie: Medici italianiFilosofi italiani Professore1596 1º dicembre Padova PadovaPersone legate all'Università degli Studi di Padova

 

BOVIO: Grice: “You’ve got to love Bovio; he has a stamp, I don’t. My favourite is his piece on ‘linguaggio,’ on the implicature (plural of implicatura) of the ‘animale parlante’ – ‘un tono, una figura, …’ – But he also philosophissed fascinatingly on ‘La lotta,’ which is a bit like my model of conversation as a competitive game.” -- Giovanni Bovio (1837-1903)Deputato del Regno d'Italia LegislatureXIII, XIV, XV, XVI, XVII, XVIII, XIX, XX, XXI Sito istituzionale Dati generali Partito politicorepubblicano Titolo di studioLaurea ProfessioneDocente universitario, Pubblicista/Giornalista Giovanni Bovio (Trani), filosofo e politico italiano, sistematizzatore dell'ideologia repubblicana e deputato al Parlamento del Regno d'Italia.   La casa natale di Giovanni Bovio a Trani Giovanni Scipione Bovio nasce a Trani da Nicola Bovio di Altamura, impiegato, e Chiara Pasquini.  Autodidatta, pubblica nel 1864 Il Verbo Novello, un poema filosofico scritto con intonazione enfatica. Fra i suoi scritti si ricordano la Filosofia del diritto, il Sommario della storia del diritto in Italia, il Genio, gli Scritti filosofici e politici, la Dottrina dei partiti in Europa, i Discorsi. Sotto il Ministero Minghetti, nel 1872, ottenne il pareggiamento della cattedra di Storia del Diritto all'Napoli e, nel 1875 consegui la libera docenza in Filosofia del diritto.  Bovio fu anche deputato alla Camera: nel 1876, con il subentrare della Sinistra costituzionale alla Destra, fu eletto nel collegio di Minervino Murge. Il suo atteggiamento, diversamente da quello dei suoi compagni che condividevano l'idea repubblicana, non fu incline all'astensionismo.  Nel 1880 Bovio sposò a Napoli Bianca Nicosia dalla quale ebbe due figli, Corso Bovio, così chiamato in onore agli italiani di Corsica sottomessi al dominio francese e Libero Bovio (1883-1942), poeta ed autore dei testi di molte celebri canzoni napoletane. Libero Bovio, a sua volta, fu il nonno dell'avvocato, giornalista e docente Libero Corso Bovio (1948-2007).  Napoli fu la sua città di adozione, dove morì il 15 aprile 1903. La città gli ha dedicato una piazza, che i napoletani continuano però a chiamare con l'antico nome di Piazza Borsa. La città di Firenze gli ha dedicato una strada. La città di Piombino gli ha intitolato la piazza sul mare più grande d'Europa, Piazza Bovio. La città di Teramo gli ha intitolato un importante viale. La città di Terni gli ha intitolato un intero quartiere che comprende tutta la zona est chiamato, appunto, Borgo Bovio.  «(Napoli) In questa casa morì povero e incontaminato Giovanni Bovio che meditando con animo libero l'Infinito e consacrando le ragioni dei popoli in pagine adamantine ravvivò d'alta luce il pensiero italico e precorse veggente la nuova età.»  (Epigrafe di Mario Rapisardi) Il pensiero  Targa in memoria di Bovio nella piazza di Napoli a lui dedicata  Passo Corese: targa, con testo attribuito a Giovanni Bovio, dedicata a Garibaldi Giovanni Bovio era sostanzialmente contrario alla monarchia. Come ideologo repubblicano, Bovio ebbe il motto "definirsi o sparire": palesò insomma ai repubblicani l'esigenza urgente di un'impostazione non confusa e non settaria, di una chiara direzione che spinse poi i repubblicani a definirsi in partito di moderno tenore.  Bovio stabilì per il Partito repubblicano nessi e prospettive nazionali ed europee.  Egli considera la monarchia come l'attuale realtà italiana. Ne segue che la repubblica è utopia, e Bovio si dichiara utopista. Nel suo pensiero la monarchia cadrà, proprio quando dovrà risolvere il problema della libertà. Serve comunque un lungo periodo perché la situazione monarchica si deteriori. Colma evidentemente di determinismo, la sua filosofia si definiva come naturalismo matematico.  Differentemente dalla teoria socialista, Bovio riteneva che il nuovo Stato a venire avrebbe avuto una "forma storica", non potendo dimensionarsi unicamente sulla base di azioni economiche. Bovio introduceva dunque una concezione formale dello Stato, che si sforzò di divulgare anche presso i ceti operai.  Fu molto considerato anche a Matera dove non si dimenticava peraltro che nella locale "scuola detta regia, fondata nel 1769 da Bernardo Tanucci, libero pensatore dei tempi suoi, quando era libertà contrastare alle pretensioni papali, fu insegnante di letteratura e di diritto Francesco Bovio, il quale intese queste dottrine nella libertà e per la libertà. Quell'insegnamento fu seme fecondo, e dalla sua scuola venne fuori la nobile schiera dei martiri del 1799, i cui militi rispondono ai nomi di Giovanni Firrao, Giambattista Torricelli, Fabio Mazzei, Liborio Cufaro, Antonio Lena-Santoro, Gennaro Passarelli, Marco Malvinni-Malvezzi". Nel 1904, a circa un anno dalla sua morte, nella "giornata più adatta" come "il fatidico XX Settembre", gli intellettuali laici materani con la loro associazione "G.B. Torricelli" tennero una solenne commemorazione "per pagare un tributo di affetto e di riverenza al Grande, che ci fu Maestro e ci amò di quell'amore di cui sono capaci soltanto gli educatori come Lui" dice un oratore. E un secondo aggiunge che "la titanica figura di quell'illustre profeticamente ci addita il sole dell'avvenire", per cui il tributo di affetto al suo carattere fiero ed onesto è tanto più doveroso "in questi tempi borgiani". Un terzo oratore, rivolgendosi al sindaco Raffaele Sarra, e nel consegnargli la lapide, lo invita ad additare "quel nome a questi onesti operai per indirizzarli sulla via della dea ragione, scuotendo così il giogo dell'oscurantismo e della superstizione, che li avvince e li abbruttisce". Promessa che il sindaco Raffaele Sarra non esita a fare, ritenendo quel marmo "un severo monito all'indirizzo di tutti coloro i quali nulla fecero e tuttora nulla fanno per strappare la nostra plebe dalla miseria, dalla ignoranza, dalla superstizione, dall'abbruttimento secolare". Per la precisione, la lapide commemorativa, scoperta quel giorno sulla facciata del palazzo di giustizia, sarà tolta negli anni '30 per iniziativa della sezione fascista (e gli incauti scalpellatori si riferiranno nell'operazione).  Bovio ebbe comunque anche l'esigenza di definirsi rispetto agli anarchici. La forma repubblicana, scrisse, è a metà strada fra la monarchia e l'anarchia, vale a dire fra l'ipertrofia dello Stato e la sua totale anarchica abolizione. Non a caso, quando l'anarchico Gaetano Bresci compì l'attentato contro Umberto I, Bovio invitò tutti gli anarchici a desistere dalla violenza. In sostanza, un'esagerazione utopistica tradotta in atti sanguinari (l'opera degli anarchici) avrebbe prodotto un rafforzamento reattivo dell'autorità costituita, allontanando proprio il momento dell'avvento della repubblica. Troviamo in lui un tentativo di superare l'idealismo della metafisica idealistica e insieme con essa l'approccio empirico del positivismo. Fondamentalmente Bovio introdusse in Italia l'eco delle nuove correnti speculative nella filosofia del diritto.  «Giovanni Bovio — cittadino di spartana austerità — fra il mercimonio affannoso dei politicanti — pensatore solitario — fra lo strepito di cozzanti dottrine — artefice possente di stile — fra la pretenziosa nullaggine dei parolai — traversò impavido — le torbide correnti del secolo — e ne uscì puro a fronte alta — con l'animo illuminato — dalla fede confortevole — nell'ascensione perpetua del pensiero umano.»  (Epigrafe di Mario Rapisardi) Bovio e la massoneria Bovio fu un membro eminente della massoneria(raggiunse il 33º ed ultimo grado del Rito scozzese antico ed accettato), così come lo erano i suoi familiari (suo padre Nicola, suo zio Scipione e suo nonno Francesco Bovio). Iniziato nella Loggia Caprera di Trani nel 1863, il 17 giugno del 1865 Giovanni Bovio ne divenne oratore. Il 30 maggio 1878, su invito della massoneria milanese, tenne a Milano la commemorazione del centenario della morte di Voltaire.  Nel maggio 1882 fu nominato membro del Grande Oriente d'Italia, di cui presiedette la Costituente del 1887. Il 17 febbraio 1889 fu eletto grande oratore, e restò in carica fino alla Costituente del 1894. Il 6 giugno 1889, in Campo dei Fiori a Roma, fu l'oratore ufficiale per l'inaugurazione del monumento a Giordano Bruno, voluto dalla massoneria romana ed eseguito da Ettore Ferrari, che sarà gran maestro del Grande Oriente d'Italia. Gran Maestro della Loggia Napoletana, nel 1896 fu candidato all'elezione di Gran Maestro nazionale.  L'8 giugno 1896, in un'interpellanza rivolta al presidente del consiglio e ministro dell'interno marchese di Rudinì a proposito dei provvedimenti che aveva annunciato contro la massoneria, Bovio disse «La massoneria è un'istituzione universale quanto l'Umanità ed antica quanto la memoria. Essa ha le sue primavere periodiche, perché da una parte custodisce le tradizioni ed il rito che la legano ai secoli, dall'altra si mette all'avanguardia di ogni pensiero e cammina con la giovinezza del mondo»  Il centenario della Rivoluzione di Altamura  Celebrazioni per il primo centenario (1899) della Rivoluzione di Altamura (con Giovanni Bovio) Giovanni Bovio partecipò alle celebrazioni del centenario della Rivoluzione di Altamura (nell'anno 1899), durante il quale fu eretto un monumento sulla piazza centrale di Altamura, che ancora oggi è presente e che fu realizzato da Arnaldo Zocchi. Il padre di Giovanni Bovio, Nicola Bovio, era di Altamura, così come lo era suo nonno Francesco Bovio, il quale insegnò diritto presso l'Università degli Studi di Altamura.  Nel suo discorso, Giovanni Bovio esaltò lo spirito degli altamurani e affermò che il concetto di libertà era stato sempre vivo nei loro cuori. Anche grazie al fervore di idee dell'antica Altamura, dotti, nobili e plebei altamurani si erano uniti tutti sotto l'idea di libertà ed erano pronti a sacrificare le loro ricchezze, i loro titoli e persino la loro vita per la libertà.  Antenati e discendenti di Giovanni Bovio Francesco Maria Bovio (anni 17501830)nonno di Giovanni Bovioprofessore di diritto e lettere presso le Regie Scuole di Matera e l'antica Università degli Studi di Altamura. Fu anche "giudice interino di pace" e massone iscritto alla loggia "Oriente di Altamura". Difese inoltre la Repubblica Napoletana, prendendo parte, nel maggio 1799, alla Rivoluzione di Altamura Nicola Boviopadre di Giovanni Boviocarbonaro (iscritto alla vendita "il Pellicano" di Trani) Scipione Boviozio di Giovanni Boviocarbonaro (iscritto alla vendita "il Pellicano" di Trani) Corso Boviofiglio di Giovanni Bovio- avvocato del foro di Napoli e successivamente docente Diritto Penale Milano Libero Bovio (18831942)figlio di Giovanni Boviopoeta e musicista Giovanni Bovio (1920-1978)nipote di Giovanni Bovioavvocato del foro di Milano  Libero Corso Bovio (1948-2007)pronipote di Giovanni Bovioavvocato, giornalista e docente Note  Matera contemporaneaCultura e società, Leonardo Sacco, 1983, Basilicata editrice  Alfonso Scirocco, BOVIO, Giovanni, in Dizionario biografico degli italiani,  13, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1971. 26 ottobre .  Gran Loggia . Massoneria e i suoi trecento anni di modernità, una mostra ricorda i massoni protagonisti del NovecentoGrande Oriente d'ItaliaSito Ufficiale, su Grande Oriente d'Italia, 4 aprile . 6 aprile  22 marzo ).  Ferdinando Cordova, Massoneria e Politica in Italia, 1892-1908, Carte Scoperte, Milano, 42.  Biografia di Giovanni Bovio (con video GOI radio), su montesion (archiviato il 13 gennaio 2005).  Vittorio Gnocchini, L'Italia dei Liberi Muratori, Erasmo ed., Roma, 200547.  Copia archiviata, su comunedipignataro. 25 luglio  30 giugno ).  Morto l'avvocato Bovio, "principe" della difesa, in La Stampa, 14-03-1978.  Giovanni Bovio, Teatro morale dogmatico-istorico, dottrinale e predicabile, Roma, nella stamparia di Giorgio Placho presso a San Marco, 1731. Giovanni Bovio, Teatro morale dogmatico-istorico, dottrinale e predicabile. Tomo secondo, In Roma, per Filippo Zenobj stampatore, e intagliatore di n.s. Clemente XII, incontro il Seminario Romano, 1734.  Repubblicanesimo Partito Repubblicano Italiano Piazza Giovanni Bovio (Napoli) Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giovanni Bovio Collabora a Wikiquote Citazionio su Giovanni Bovio Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giovanni Bovio  Giovanni Bovio, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, .  Opere di Giovanni Bovio, su Liber Liber.  Opere di Giovanni Bovio, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Giovanni Bovio, .  Giovanni Bovio, su storia.camera, Camera dei deputati.  Armando Carlini, BOVIO, Giovanni, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1930, giovanni-bovio. Alfonso Scirocco, BOVIO, Giovanni, in Dizionario biografico degli italiani,  13, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1971.Filosofia Politica  Politica Categorie: Deputati della XIII legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XIV legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XV legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XVI legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XVII legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XVIII legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XIX legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XX legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XXI legislatura del Regno d'ItaliaFilosofi italiani del XIX secoloPolitici italiani Professore1837 1903 6 febbraio 15 aprile Trani NapoliRepubblicanesimoMassoniMazzinianiPolitici dell'Estrema sinistra storicaPolitici del Partito Repubblicano ItalianoStudiosi di diritto penale del XIX secolo

 

BOZZELLI: Grice: cf. tragic dialogue – Oreste a Pilade – and Enea’s Niso e Eurialo’ – Grice: “Not to mention the rape of Lucrezia, and Romolo killing Remo, and the rest of it.” -- Grice: “You’ve got to love Bozzelli; at Oxford, it would be difficult to find an English philosopher interested in English tragedy, but Bozzelli’s expertise is ‘tragedia romana’ – Ercole and the rest! Philosophically, Bozzelli speaks indeed alla Aristotle of the tragic – alla Nietzsche, too – since ‘lo tragico’ is possibly a philosophical category – On top,  if I have been called a mimetist, so is Bozzelli – ‘lo tragico’ becomes an adjective, and qualifying ‘imitation’ – Aristotle’s principle for mimesis and tragedy as meant for catharsis – with Bozzelli, it is ‘imitazione tragica.’ He wisely skips (almost) the Middle Ages and reviews ‘tragedia romana’ and how it becomes ‘tragedia italiana’!” --  Francesco Paolo Bozzelli (Manfredonia, 22 maggio 1786Napoli, 2 febbraio 1864) giurista, filosofo e politico italiano, noto per essere stato l'estensore della Costituzione del Regno delle Due Sicilie del 1848.   Dopo le scuole secondarie dagli Scolopi, Bozzelli studiò all'Napoli, dove si iscrisse nel 1806. Laureatosi in giurisprudenza, entrò nell'amministrazione statale: nel 1813 fu uditore giudiziario presso il Consiglio di Stato; e nel 1816 entrò nella sopraintendenza della Salute, dapprima come ispettore generale e poi come segretario. Nello stesso tempo Bozzelli si dedicò anche all'attività letteraria e nel 1815 pubblicò "Poesie varie" una antologia di versi scritti secondo il gusto del XVIII secolo.  L'esilio (1821-1837) Di sentimenti liberali, Bozzelli prese parte ai moti costituzionali del 1820-1821 che gli costarono dapprima la prigione e successivamente un esilio, durato oltre quindici anni, che trascorse all'estero, soprattutto in Francia. Durante l'esilio espose in numerosi saggi in lingua francese le sue concezioni politiche di liberale moderato, fautore di una monarchia costituzionale e avverso al programma democratico-radicale. Scrisse inoltre saggi filosofici di etica e di estetica.  La Costituzione del 1848 Bozzelli poté rientrare in patria solo nel 1837. La fama di grande cultura giuridica e di integrità morale acquistata durante l'esilio, garantì a Bozzelli un grande prestigio all'interno del partito liberale delle Due Sicilie. La sua popolarità divenne ancora più grande dopo un nuovo periodo di prigionia subito nel 1844 assieme a Carlo Poerio e a Mariano d'Ayala. Pertanto, dopo l'inizio dell'insurrezione siciliana (12 gennaio 1848) Bozzelli fu incaricato dal presidente Serracapriola di preparare il decreto reale, pubblicato poi il 29 gennaio 1848, che fissava i principi costituzionali. Il 30 gennaio 1848 Bozzelli fu nominato ministro degli Interni, in sostituzione di Carlo Cianciulli, con l'incarico di stendere il testo della Costituzione.  Dapprima Bozzelli era fautore, con Carlo Poerio e Mariano d'Ayala, dell'idea di ripristinare la Costituzione napoletana del 1820. Tuttavia, poco dopo si convinse della necessità di stendere carta costituzionale completamente nuova, un compito che portò a termine da solo e in soli dieci giorni (30 gennaio8 febbraio 1848). La costituzione delle Due Sicilie approntata da Bozzelli era composta di 89 articoli: ricalcava di fatto sia la Costituzione francese del 1830 (eccetto nei punti in cui si trattavano le autonomie locali) che la Costituzione belga del 1831. La Costituzione del Bozzelli venne tuttavia criticata immediatamente dai democratici perché non offriva sufficienti garanzie di libertà ai cittadini, limitava i diritti elettorali su base censuale e lasciava al Re ampi poteri discrezionali.  Epilogo Il 6 aprile 1848 Bozzelli venne escluso dal governo costituzionale di Carlo Troya per divergenze sulla politica estera (Bozzelli era contrario alla guerra contro l'Austria). Partecipò invece, come ministro degli Interni e dell'Istruzione Pubblica, al governo Spinelli costituito dopo il colpo di mano di Ferdinando II del 15 maggio 1848. Sebbene l'intento di Bozzelli fosse quello di mitigare la reazione regia e affrettare il ritorno alla legalità, venne accomunato dall'opinione pubblica nel discredito del governo delle Due Sicilie, nonostante fosse sostituito agli Interni con Giovanni Vignali per ordine dello stesso Ferdinando II (7 settembre 1848). Bozzelli si ritirò pertanto a vita privata avendo come unica fonte di reddito la pensione maturata per essere stato consigliere di Stato nel 1820. Con la conquista del Regno delle Due Sicilie (1860) il nuovo Regno d'Italia gli revocò anche questa.  Note  Supremo Magistrato e Soprintendenza Generale di Salute delle Due Sicilie, Giornale di tutti gli atti, discussioni e determinazioni della Sopraintendenza Generale e Supremo Magistrato di Sanità del Regno di Napoli. In occasione del morbo contagioso sviluppato nella città di Nola. Napoli: nella Stamperia Reale, 1816  Francesco Paolo Bozzelli, Poesie varie di Francesco Paolo Bozzelli. Napoli: da' torchi di Giovanni de Bonis, 1815; v, anche Bozzelli, F.(). La strega di Manfredonia. Napoli : Guida, .  Essai sur les rapports primitifs qui lient ensemble la philosophie et la morale, èar le chevalier Bozzelli, Paris: Grimbert, 1825 (on-line)  (Anonimo) Esquisse politique sur l'action des forces sociales dans les differentes espèces de gouvernement. Bruxessel, 1827  De l'influence des lois sur les moeurs et des moeurs sur les lois. Paris: Firmin Didot, 1832  De l'esprit de la comédie et de l'insuffisance du ridicule pour corriger les travers et les caractères, Paris: Firmin Didot, 1832  Della imitazione tragica presso gli antichi e presso i moderni: ricerche del cavalier Bozzelli. Lugano: Ruggia, 1837 (on-line)  Giuseppe Massari, I casi di Napoli dal 29 gennaio 1848 in poi: lettere politiche per Giuseppe Massari. Torino: Tipografia Ferrero e Franco, 1849 (on-line)  Raffaele Santoro, Comento della carta costituzionale del Regno delle Due Sicilie per l'avv. Raffaele Santoro, Napoli, 1848 (on-line)  Guido D'Agostino, Francesco Paolo Bozzelli, in Dizionario biografico degli italiani,  13, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1971.  Opere di Francesco Paolo Bozzelli, .  PredecessoreMinistro dell'Interno del Regno delle Due SicilieSuccessoreCoat of arms of the Kingdom of the Two Sicilies.svg Giuseppe Parisi1848Giovanni Vignali88752804 I0000 0001 0922 8675 o179239  116384344  cb11657644b  495/8679 CERL cnp01078244  Identitieslccn-no179239 Biografie  Biografie Due Sicilie  Due Sicilie Storia  Storia Categorie: Giuristi italiani del XIX secoloFilosofi italiani del XIX secoloPolitici italiani Professore1786 1864 22 maggio 2 febbraio Manfredonia NapoliCostituzionalisti italianiMinistri dell'Interno delle Due SicilieLetterati italiani

 

BOZZETTI: Grice: “If Strawson is a Griceian, Bozzetti is a Rosminian – he philosophised on substance (‘il concetto di sostanza’ from the point of view of ‘gnoseologia,’ and also on ‘dialogue,’ and ‘piety,’ – he also speaks, like I do, of construction, and reconstruction, and indeed, ‘metaphysical reconstruction,’ one of my routines!” – “My fvaourite has to be his philosophy of dialogue.” -- Giuseppe Bozzetti (Borgoratto Alessandrino) presbitero, filosofo e docente italiano.  Fratello minore del pittore Cino Bozzetti era figlio di Romeo (uno dei Mille di Garibaldi, divenne colonnello e poi generale dell’Esercito Italiano) e da Edvige Griziotti De Gianani. I genitori erano originari dalla provincia di Cremona. Tutta la famiglia Bozzetti si spostò a Trapani, poi a Napoli, a Reggio Calabria, ad Ancona, a Genova e infine a Torino, seguendo le destinazioni del capofamiglia. Giuseppe scriveva delicate poesie, indirizzate ai suoi familiari.  Giuseppe Bozzetti, dopo la laurea in Giurisprudenza all'Torino, ottenuta nel 1900, entrò nell’ordine dei Rosminiani. Fu novizio al Convento rosminiano del Sacro Monte Calvario di Domodossola (dove una sala è oggi a lui dedicata) e ordinato sacerdote nel 1906. Si laureò anche in Filosofia nel 1908 e nel 1909 in Lettere classiche all'Roma La Sapienza, materia che insegnò al liceo "Mellerio-Rosmini" di Domodossola. Nel 1929 fu nominato Superiore Provinciale dei Collegi rosminiani e a Roma, il 25 marzo 1935, fu eletto Preposito Generale, cioè VII successore di Antonio Rosmini, carica che ricoprì fino alla morte. Fu libero docente di Filosofia all’Roma La Sapienza, dal 1942 al 1946. Autore di saggi filosofici e teologici, sostenne e spiegò le tesi di Antonio Rosmini, in particolare quelle esposte nella Filosofia del diritto.   Sacro Monte Calvario di Domodossola, Via Crucis Per Giuseppe Bozzetti la persona è soggetto di diritto, cioè cerca liberamente la verità e aderisce liberamente alla legge morale, su cui forma la propria coscienza e la consapevolezza di avere una destinazione eterna.  Gli scritti dei Giuseppe Bozzetti sono stati recentemente raccolti in: Giuseppe Bozzetti, Opere complete: saggi, scritti inediti, opere minori, recensioni, Michele Federico Sciacca, Milano, Marzorati, 2006.  Profili L'Accademia Roveretana degli Agiati ha pubblicato questo sintetico profilo di Giuseppe Bozzetti:  «Attratto dalla filosofia rosminiana che faceva della persona il diritto sussistente ed il fondamento della famiglia e dello Stato, ripropose la metafisica del filosofo roveretano quale unica speculazione che sapesse inquadrare il problema dell'essere personale in un'organicità ontologica più alta. Fu filosofo costruttivo, capace di far convergere, in una prospettiva anche pedagogica, molteplicità ed unità, frammentarismo e organicità. Sacerdote profondamente umano e colto (lasciò belle prose e brevi testi poetici di raffinata sensibilità ed eleganza), aperto al dialogo con tutti, guidò come superiore generale l'Istituto della carità secondo lo spirito del suo fondatore e in conformità alle esigenze dei tempi.»   Michele Federico Sciacca, Rosmini e noi (Linee di un programma): Lettera alGiuseppe Bozzetti; Risposta al prof. Sciacca, Domodossola, C. Antonioli, 1944,  IT\ICCU\VIA\0226448. Rinaldo Orecchia, Giuseppe Bozzetti, Milano, Giuffre, 1957,  IT\ICCU\TO0\0507687. Giovanni Pusineri , Ricordo diGiuseppe Bozzetti: testimonianze, onori funebri, scritti inediti, , Domodossola-Milano, Sodalitas, 1957,  IT\ICCU\LO1\0428859. Leandro Felici, Padre Giuseppe Bozzetti, Milano, Spes, 1981,  IT\ICCU\PAL\0120561. Centro di studi filosofici di Gallarate, Enciclopedia Filosofica, Firenze, G. C. Sansoni, 1968-1969,  IT\ICCU\RAV\0217501. Francesco Traniello, Giorgio Campanini, Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, 1860-1980, Casale Monferrato, Marietti, 1981-1984,  IT\ICCU\CFI\0014528.  Cino Bozzetti Romeo Bozzetti  Giuseppe Bozzetti, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Giuseppe Bozzetti, .Filosofia Religione  Religione Categorie: Presbiteri italianiFilosofi italiani del XIX secoloFilosofi italiani del XX secoloInsegnanti italiani del XIX secoloInsegnanti italiani Professore1878 1956 19 settembre 27 giugno RomaProfessori della SapienzaRoma

 

Branciforte: “You’ve got to love Branciforte: my favourite is his philosophy of what he calls ‘il messaggio,’ – I do use the term when I speak of a transmitter, and an addressee, etc. – the fact that he was born where Ikkos was born help, since one would need to recover Ikkos’s message! Branciforte sees philosophy as a pilgrimage of love – ‘il peregrine dell’amore’ with his ‘canzionere’ and surely the song needs an addressee!” --  Giuseppe Giovanni Luigi Enrico Lanza di Trabia-Branciforte. trabia: Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto (n. San Vito dei Normanni), filosofo. Esponente della nobile famiglia siciliana dei Lanza di Trabia. Il suo vero nome è infatti Giuseppe Giovanni Luigi Enrico Lanza di Trabia-Branciforte. La sua personalità eccezionale riunisce caratteristiche disparate: filosofo con una forte vena mistica, ma anche patriarca fondatore di comunità rurali e attivista nonviolento contro la guerra d'Algeria o gli armamenti nucleari.   Trabia nacque in un piccolo paese salentino, San Vito dei Normanni, nella masseria "Specchia di Mare", da famiglia antica ed illustre: il padre, Luigi Giuseppe, nato a Ginevra il 18 novembre 1857, dottore in giurisprudenza e titolare di un'azienda agricola-vitivinicola era figlio illegittimo del principe siciliano Giuseppe III Lanza di Trabia (1833-1868) e la madre, belga, era la marchesa Anna Maria Enrichetta Nauts, nata ad Anversa il I luglio 1874. Giuseppe Giovanni aveva due fratelli: Lorenzo Ercole, e Angelo Carlo, cittadino americano nel 1939 (nel 1943 partecipò allo sbarco in Sicilia). Lanza studiò al liceo Condorcet a Parigi, poi filosofia a Firenze e Pisa, dove fu allievo di Armando Carlini.  «La guerra di Abissinia già iniziava ed il mio rifiuto a parteciparvi era la cosa più evidente. E poi questa guerra non era che l’inizio: in seguito forse sarei stato ad uccidere inglesi, tedeschi e un giorno avrei avuto dinanzi alla mia baionetta Rainer Maria Rilke. No, la mia risposta era no. “Ma che cosa è che rende la guerra inevitabile?”, mi domandavo. Benché giovane avevo capito la puerilità delle risposte ordinarie, quelle che si rifanno alla nostra cattiveria, al nostro odio e al pregiudizio. Sapevo che la guerra non aveva a che fare con tutto ciò. “Certo, una dottrina esiste per opporsi alla guerra e la vedo nel Vangelo”, dicevo, “ma com’è che i cristiani non la vedono? Manca quindi un metodo, un metodo per difendersi senza offendere. Un modo nuovo, diverso, umano di risolvere i conflitti umani”. Solo in Gandhi vedevo colui che avrebbe potuto darmi una risposta ed il metodo.»  (Pagni R., Ultimi dialoghi con Lanza del Vasto, p.50-51) Così Lanza del Vasto ricorda la sua decisione di partire per l'India, autofinanziandosi con la vendita a un'amica facoltosa del manoscritto della sua prima opera, Giuda. Lanza non partiva alla ricerca di spiritualità, tanto più che la conversione al cristianesimo gli impegnava pienamente l'animo:  «Ma mi ero, non senza pena, convertito alla mia propria religione, e avevo il mio da fare per meditare le Scritture ed applicarne i comandamenti. E se mi si chiedeva “siete cristiano?”, rispondevo: “Sarebbe ben prezioso dire di sì. Tento di esserlo".»  (L’Arca aveva una vigna per vela, p.11). In India, Lanza conobbe il Mahatma Gandhi, con il quale stette qualche mese, per poi recarsi in Himalaya. Durante il viaggio «conobbi le inquietudini sociali dell'India ed il suo metodo di liberazione, la non violenza, che era molto contraria al mio carattere (come del resto credo sia contraria al carattere di tutti). Nessuno è non violento per natura: siamo violenti e non proviamo vergogna a dirlo, anzi lo diciamo con un certo orgoglio. Ma ciò che non diciamo è che la vigliaccheria e la violenza fanno la forza delle nazioni e degli eserciti e la non violenza consiste nel superare questi due grandi motivi della storia umana». In India trova «un'umanità simile alla nostra quanto opposta: qualche cosa come un altro sesso.l ritorno in Europa  Lo scrittore e studioso in una delle sue comunità rurali (l'ultimo a destra) Tornato dall'India dopo ulteriori peregrinazioni in Terra Santa, Lanza comprende che la sua vocazione è di fondare una comunità rurale nonviolenta, sul modello del gandhiano ashram, la comunità autarchica ed egualitaria che per il Mahatma doveva essere la cellula della società. Gli ci volle del tempo prima di riuscire a concretizzarla attraverso la fondazione della comunità dell'Arca, che avvenne il 26 gennaio 1944. Tra le poche persone a cui gli riesce di esporre il suo progetto c'è Simone Weil, che incontra a Marsiglia. Nonostante il suo pacifismo, la Weil non nutriva molta fiducia nella nonviolenza gandhiana. Lanza gliene parlò e lei sembrò comprendere meglio. Poi parlarono della visione dell'Arca, che allora non si chiamava ancora così, ed era la prima volta che Lanza ne parlava con qualcuno: «Lei capì subito! “È un diamante bellissimo”, disse. “Sì,” risposi “è vero. Ha solo un minuscolo difetto: che non esiste”. E lei: “Ma esisterà, esisterà, perché Dio lo vuole"."Simone aveva ragione. L'ultima sede della comunità fu la Borie Noble, con circa centocinquanta persone che vivono nel modo più frugale e gioiosamente comunitario. Il nome venne quando si cominciò a parlare di “lanzismo”: «Si cominciava a parlare di Lanzisti e Lanzismo, cosa che mi fece rizzare il pelo. “Amici miei”, annunciai, “noi ci chiameremo l'Arca, quella di Noè beninteso. E noi gli animali dell'Arca.».  Negli anni successivi numerosissime iniziative nonviolente videro protagonista Lanza e i suoi compagni, che seppero attirare l'attenzione dell'opinione pubblica francese e non solo. La prima azione pubblica nonviolenta è del 1957, contro le torture e i massacri compiuti dai francesi in Algeria, e si svolge a Clichy in una casa dove aveva vissuto San Vincenzo de Paoli. L'azione fu guardata con relativo favore dalla stampa, e giunse la solidarietà di personalità come Mauriac o l'Abbé Pierre. Poi vennero le lotte contro il nucleare, la prima delle quali nel 1958: Lanza con i suoi compagni penetrano nel cancello di una centrale elettronucleare e vengono poi trascinati via dai poliziotti. Poi ancora la campagna contro i “campi di assegnazione per residenza”, sorta di campi di concentramento per gli algerini “sospetti”, e quella in favore degli obiettori di coscienza. Durante la Quaresima del 1963, tra due sessioni del Concilio Vaticano II Lanza fece un digiuno di quaranta giorni compiuto nell'attesa di una parola forte sulla pace da parte della Chiesa. Poco dopo il trentesimo giorno, il Segretario di Stato consegnò a Chanterelle, la moglie di Lanza, il testo dell'enciclica Pacem in Terris: «Dentro ci sono cose che non sono mai state dette, pagine che potrebbero essere firmate da suo marito!».  Opere: Le pèlerinage aux sources, Denoël, Parigi, traduzione italiana: Pellegrinaggio alle sorgenti, Jaca Book, Milano; Approches de la vie intérieure, Denoël, Parigi; traduzione italiana: Introduzione alla vita interiore, Jaca Book, Milano 1989; Technique de la non-violence, Denoël, Parigi 1965; traduzione italiana: Che cos'è la non violenza, Jaca Book, Milano 1979; Il canzoniere del peregrin d'amore, Jaca Book, Milano 1980; Vinôbâ, ou le nouveau pèlerinage, Denoël, Parigi 1954; traduzione italiana: Vinoba, o il nuovo pellegrinaggio, Jaca Book, Milano 1980; L'Arche avait pour voilure une vigne, Denoël, Parigi 1978; traduzione italiana: L'Arca aveva una vigna per vela, Jaca Book, Milano 1980; Pour éviter la fin du monde, Rocher, Parigi; traduzione italiana: Per evitare la fine del mondo, Jaca Book, Milano 1991; Principes et préceptes du retour à l'évidence, Denoël, Parigi 1945; traduzione italiana: Principi e precetti del ritorno all'evidenza, Gribaudi, Torino 1988; Préface au Message Retrouvé de Louis Cattiaux, Denoël, Parigi 1956; traduzione italiana: Il Messaggio Ritrovato, Mediterranee, Roma 2002. Note  Pagni, cit.51  Lanza del Vasto, Pellegrinaggio alle sorgenti82  Gabriella Fiori, Lanza del Vasto e Simone Weil, Prospettiva Persona n° 86/,//prospettivapersona/editoriale/86/lanza_weil.pdf  Pagni, cit., p.58-59  L'Arca aveva una vigna per vela48  ivi99  Jacques Madaule, Chi è Lanza del Vasto Arnaud de Mareuil, Lanza del Vasto (Seghers, 1965) René Doumerc, Dialoghi con Lanza del Vasto (Albin Michel) Claude-Henri Roquet, Les Facettes du cristal (Conversazioni con Lanza del Vasto, Parigi 1981) Arnaud de Mareuil, Lanza del Vasto, sa vie, son oeuvre, son message (Saint-Jean-de-Braye 1998) Anne Fougère, Claude-Henri Rocquet: Lanza del Vasto. Pellegrino della nonviolenza, patriarca, poeta, (Paoline, Milano 2006) Antonino Drago, Paolo Trianni , La filosofia di Lanza del Vasto (Jaka Book, Milano 2008)  Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina in lingua francese dedicata a Lanza del Vasto Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Lanza del Vasto  L'Arche de Lanza del Vasto (sito principale) , su arche-nonviolence.eu. Comunità di St Antoine , su arche-de-st-antoine.com. Comunità dell'Arca in Italia, su xoomer.virgilio. Provincia di Brindisi su Lanza del Vasto. Lanza del Vasto & Ramon Llull (es), su denip.webcindario.com. 2472923 I0000 0001 2275 7061  IT\ICCU\CFIV\001261 50047299  121291928  cb11911016p   XX956618  NLA35291519 NDL (EN, JA) 00446875  Identitieslccn-n50047299 Biografie  Biografie Letteratura  Letteratura Filosofo del XX secoloPoeti italiani del XX secoloScrittori italiani Professore1901 1981 29 settembre 5 gennaio San Vito dei NormanniNonviolenzaLanza. vasto: essential Italian philosopherBranciforte: Giuseppe Giovanni Luigi Enrico Lanza di Trabia-Branciforte -- Vasto: Essential Italian philosopher. Grice: “Note that he is Lanza del Vasto, but if he wants to keep the Vasto, under Vasto he goes! Even though Lanza is the aristocratic bit to it!” Lanza del Vasto   Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto (San Vito dei Normanni, 29 settembre 1901Elche de la Sierra, 5 gennaio 1981) filosofo, poeta e scrittore italiano. Esponente della nobile famiglia siciliana dei Lanza di Trabia. Il suo vero nome è infatti Giuseppe Giovanni Luigi Enrico Lanza di Trabia-Branciforte. La sua personalità eccezionale riunisce caratteristiche disparate: poeta, scrittore, filosofo, pensatore religioso con una forte vena mistica, ma anche patriarca fondatore di comunità rurali sul modello di quelle gandhiane e attivista nonviolento contro la guerra d'Algeria o gli armamenti nucleari.  Nacque in un piccolo paese salentino, San Vito dei Normanni, nella masseria "Specchia di Mare", da famiglia antica ed illustre: il padre, Luigi Giuseppe, nato a Ginevra il 18 novembre 1857, dottore in giurisprudenza e titolare di un'azienda agricola-vitivinicola era figlio illegittimo del principe siciliano Giuseppe III Lanza di Trabia (1833-1868) e la madre, belga, era la marchesa Anna Maria Enrichetta Nauts, nata ad Anversa il I luglio 1874. Giuseppe Giovanni aveva due fratelli: Lorenzo Ercole, nato nel 1903, morto a Rapallo nel 1958 e Angelo Carlo, nato nel 1904, cittadino americano nel 1939 (nel 1943 partecipò allo sbarco in Sicilia). Lanza studiò al liceo Condorcet a Parigi, poi filosofia a Firenze e Pisa, dove fu allievo di Armando Carlini.  «La guerra di Abissinia già iniziava ed il mio rifiuto a parteciparvi era la cosa più evidente. E poi questa guerra non era che l’inizio: in seguito forse sarei stato ad uccidere inglesi, tedeschi e un giorno avrei avuto dinanzi alla mia baionetta Rainer Maria Rilke. No, la mia risposta era no. “Ma che cosa è che rende la guerra inevitabile?”, mi domandavo. Benché giovane avevo capito la puerilità delle risposte ordinarie, quelle che si rifanno alla nostra cattiveria, al nostro odio e al pregiudizio. Sapevo che la guerra non aveva a che fare con tutto ciò. “Certo, una dottrina esiste per opporsi alla guerra e la vedo nel Vangelo”, dicevo, “ma com’è che i cristiani non la vedono? Manca quindi un metodo, un metodo per difendersi senza offendere. Un modo nuovo, diverso, umano di risolvere i conflitti umani”. Solo in Gandhi vedevo colui che avrebbe potuto darmi una risposta ed il metodo.»  (Pagni R., Ultimi dialoghi con Lanza del Vasto, p.50-51) Così Lanza del Vasto ricorda la sua decisione di partire per l'India nell'autunno del 1936, autofinanziandosi con la vendita a un'amica facoltosa del manoscritto della sua prima opera, Giuda. Lanza non partiva alla ricerca di spiritualità, tanto più che la conversione al cristianesimo gli impegnava pienamente l'animo:  «Ma mi ero, non senza pena, convertito alla mia propria religione, e avevo il mio da fare per meditare le Scritture ed applicarne i comandamenti. E se mi si chiedeva “siete cristiano?”, rispondevo: “Sarebbe ben prezioso dire di sì. Tento di esserlo".»  (L’Arca aveva una vigna per vela, p.11) L'incontro con Gandhi In India, Lanza conobbe il Mahatma Gandhi, con il quale stette qualche mese, per poi recarsi in Himalaya. Durante il viaggio «conobbi le inquietudini sociali dell'India ed il suo metodo di liberazione, la non violenza, che era molto contraria al mio carattere (come del resto credo sia contraria al carattere di tutti). Nessuno è non violento per natura: siamo violenti e non proviamo vergogna a dirlo, anzi lo diciamo con un certo orgoglio. Ma ciò che non diciamo è che la vigliaccheria e la violenza fanno la forza delle nazioni e degli eserciti e la non violenza consiste nel superare questi due grandi motivi della storia umana». In India trova «un'umanità simile alla nostra quanto opposta: qualche cosa come un altro sesso».  Il ritorno in Europa  Lo scrittore e studioso in una delle sue comunità rurali (l'ultimo a destra) Tornato dall'India dopo ulteriori peregrinazioni in Terra Santa, Lanza comprende che la sua vocazione è di fondare una comunità rurale nonviolenta, sul modello del gandhiano ashram, la comunità autarchica ed egualitaria che per il Mahatma doveva essere la cellula della società. Gli ci volle del tempo prima di riuscire a concretizzarla attraverso la fondazione della comunità dell'Arca, che avvenne il 26 gennaio 1944. Tra le poche persone a cui gli riesce di esporre il suo progetto c'è Simone Weil, che incontra a Marsiglia, nel 1941. Nonostante il suo pacifismo, la Weil non nutriva molta fiducia nella nonviolenza gandhiana. Lanza gliene parlò e lei sembrò comprendere meglio. Poi parlarono della visione dell'Arca, che allora non si chiamava ancora così, ed era la prima volta che Lanza ne parlava con qualcuno: «Lei capì subito! “È un diamante bellissimo”, disse. “Sì,” risposi “è vero. Ha solo un minuscolo difetto: che non esiste”. E lei: “Ma esisterà, esisterà, perché Dio lo vuole”». Simone aveva ragione. L'ultima sede della comunità fu la Borie Noble, con circa centocinquanta persone che vivono nel modo più frugale e gioiosamente comunitario. Il nome venne quando si cominciò a parlare di “lanzismo”: «Si cominciava a parlare di Lanzisti e Lanzismo, cosa che mi fece rizzare il pelo. “Amici miei”, annunciai, “noi ci chiameremo l'Arca, quella di Noè beninteso. E noi gli animali dell'Arca.».  Negli anni successivi numerosissime iniziative nonviolente videro protagonista Lanza e i suoi compagni, che seppero attirare l'attenzione dell'opinione pubblica francese e non solo. La prima azione pubblica nonviolenta è del 1957, contro le torture e i massacri compiuti dai francesi in Algeria, e si svolge a Clichy in una casa dove aveva vissuto San Vincenzo de Paoli. L'azione fu guardata con relativo favore dalla stampa, e giunse la solidarietà di personalità come Mauriac o l'Abbé Pierre. Poi vennero le lotte contro il nucleare, la prima delle quali nel 1958: Lanza con i suoi compagni penetrano nel cancello di una centrale elettronucleare e vengono poi trascinati via dai poliziotti. Poi ancora la campagna contro i “campi di assegnazione per residenza”, sorta di campi di concentramento per gli algerini “sospetti”, e quella in favore degli obiettori di coscienza. Durante la Quaresima del 1963, tra due sessioni del Concilio Vaticano II Lanza fece un digiuno di quaranta giorni compiuto nell'attesa di una parola forte sulla pace da parte della Chiesa. Poco dopo il trentesimo giorno, il Segretario di Stato consegnò a Chanterelle, la moglie di Lanza, il testo dell'enciclica Pacem in Terris: «Dentro ci sono cose che non sono mai state dette, pagine che potrebbero essere firmate da suo marito!».  Opere Le pèlerinage aux sources, Denoël, Parigi 1943, traduzione italiana: Pellegrinaggio alle sorgenti, Jaca Book, Milano 1991; Approches de la vie intérieure, Denoël, Parigi 1962; traduzione italiana: Introduzione alla vita interiore, Jaca Book, Milano 1989; Technique de la non-violence, Denoël, Parigi 1965; traduzione italiana: Che cos'è la non violenza, Jaca Book, Milano 1979; Il canzoniere del peregrin d'amore, Jaca Book, Milano 1980; Vinôbâ, ou le nouveau pèlerinage, Denoël, Parigi 1954; traduzione italiana: Vinoba, o il nuovo pellegrinaggio, Jaca Book, Milano 1980; L'Arche avait pour voilure une vigne, Denoël, Parigi 1978; traduzione italiana: L'Arca aveva una vigna per vela, Jaca Book, Milano 1980; Pour éviter la fin du monde, Rocher, Parigi 1971; traduzione italiana: Per evitare la fine del mondo, Jaca Book, Milano 1991; Principes et préceptes du retour à l'évidence, Denoël, Parigi 1945; traduzione italiana: Principi e precetti del ritorno all'evidenza, Gribaudi, Torino 1988; Préface au Message Retrouvé de Louis Cattiaux, Denoël, Parigi 1956; traduzione italiana: Il Messaggio Ritrovato, Mediterranee, Roma 2002. Note  Pagni, cit.51  Lanza del Vasto, Pellegrinaggio alle sorgenti82  Gabriella Fiori, Lanza del Vasto e Simone Weil, Prospettiva Persona n° 86/,//prospettivapersona/editoriale/86/lanza_weil.pdf  Pagni, cit., p.58-59  L'Arca aveva una vigna per vela48  ivi99  Jacques Madaule, Chi è Lanza del Vasto Arnaud de Mareuil, Lanza del Vasto (Seghers, 1965) René Doumerc, Dialoghi con Lanza del Vasto (Albin Michel) Claude-Henri Roquet, Les Facettes du cristal (Conversazioni con Lanza del Vasto, Parigi 1981) Arnaud de Mareuil, Lanza del Vasto, sa vie, son oeuvre, son message (Saint-Jean-de-Braye 1998) Anne Fougère, Claude-Henri Rocquet: Lanza del Vasto. Pellegrino della nonviolenza, patriarca, poeta, (Paoline, Milano 2006) Antonino Drago, Paolo Trianni , La filosofia di Lanza del Vasto (Jaka Book, Milano 2008)  Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina in lingua francese dedicata a Lanza del Vasto Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Lanza del Vasto  L'Arche de Lanza del Vasto (sito principale) , su arche-nonviolence.eu. Comunità di St Antoine , su arche-de-st-antoine.com. Comunità dell'Arca in Italia, su xoomer.virgilio. Provincia di Brindisi su Lanza del Vasto. Lanza del Vasto & Ramon Llull (es), su denip.webcindario.com. Biografie  Biografie Letteratura  Letteratura Filosofo del XX secoloPoeti italiani del XX secoloScrittori italiani Professore1901 1981 29 settembre 5 gennaio San Vito dei NormanniNonviolenzaLanza Refs.: Luigi Speranza, "Grice e del Vasto," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

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