Italia, teatro delle vere glorie di Pitagora, e sede del suo Instituto celebratissimo. Non prima giunge a Crotone che tosto vi opera un mutamento grande cosi negli animi come nella cosa pubblica. I giovani crotoniati si adunano intorno mossi dalla fama dell'uomo, e vinti dall'autorità del sembiante, dalla soavità dell'eloquio, dalla forza delle ragioni discorse. Ed Pitagora vi ordina la sua società, che presto cresce a grande eccellenza. Per tutto penetra il fuoco divino che per lui si diffonde: a Sibari, a Taranto, a Reggio, a Catania, a Imera, a Girgentu, e più innanzi. E la discordia cessa, e il costume ha riforma, e la tirannide fa luogo all'ordine liberale e giusto. Non soli i Lucani, i Peucezi, i Messapi, ma i Romani (pria di Carneade!) vengono a lui; e Zaleuco, e Caronda , e il re Numa escono legislatori dalla sua scuola. In un medesimo giorno è a Metaponto e a Taormina. Gli animali l'obbediscono. I fiumi lo salutano. Le procelle e le pesti si calmano alla sua voce. Taccio il servo Zamolcsi , la coscia d'oro, il telo d' Abari, il mistico viaggio all'inferno. I giovani crotoniati lo riveggono stupefatti e lo accolgono come un dio. Ma questo iddio finalmente è vittima dell'invidia e malvagità umane, e chiude una gloriosissima vita con una miserabil morte. Quando e come si formò questo mito? Non tutto in un tempo nè con un intendimento solo ma per varie cause e per lungo processo di secoli fino al nuovo Pitagorismo, o, per dir meglio, fino ai tempi della moderna critica. L'uomo, come naturalmente desidera di sapere, cosi è facilmente pronto a parlare anche delle cose che meno intende. Anzi quanto l'oscurità loro è maggiore, con libertà tanto più sicura si move ad escogitarne l'essenza e le condizioni. Però l'ingegno straordinario e la sapienza di Pitagora nei tempi ai quali egli appartiene, l ' arcano della società da lui instituita, e il simbolico linguaggio adoperato fra' suoi seguaci diedero occasioni e larga materia alle con getture, alle ipotesi, ed ai fantasticamenti del volgo: e le passioni e gl'interessi politici accrebbero la selva di queste varie finzioni. Quando sursero gli storici era già tardi, e il maraviglioso piacque sempre alle anime umane , e specialmente alle italiane; e non senza gran difficoltà potevasi oggimai separare il vero dal falso con pienezza di critica. Poi vennero le imposture dei libri apocrifi, il sincretismo delle idee filosofiche, il furore di quelle superstiziose. Onde se il mito primamente nacque, ultimamente fu fatto, e con intendimento scientifico: e la verità rimase più che mai ricoperta di densi veli alla posterità che fosse curiosa d'investigarla. Non dirò delle arti usate da altri per trarla in luce, nè delle cautele per non cadere in errore. Basti aver mostrato la natura e le origini di questo mito, senza il cui accompagnamento mancherebbe alla storia di Pitagora una sua propria caratteristica. Diciamo ora dell'Instituto. La società pitagorica fu ordinata a perfezionamento e a modello di vita . Vi entravano solamente i maschi. La speculazione scientifica non impediva l'azione , e la moralità conduceva alla scienza; e ragione ed autorità erano cosi bene contemperate negli ordini della disciplina, che avesse a derivarne il più felice effetto agli ammaestrati. Tutto poi conchiudevasi in una idea religiosa, principio organico di vita comune, e cima di perfezione a quella famiglia filosofica. Condizione prima ad entrarvi era l' ottima o buona disposizione dell'animo; e Pitagora, come nota Gellio, era uno scorto fisonomista (ipuoloyuwuóvel) (Noctes Atticae, 1, 9) osservando la conformazione ed espressione del volto, e da ogni esterna dimostrazione argomentando l'indole dell'uomo interiore. Ai quali argomenti aggiungeva le fedeli informazioni che avesse avuto: se'i giovinetti presto imparassero, verso quali cose avessero propensione, se modesti, se veementi, se ambiziosi, se liberali ec. E ricevuti, cominciavano le loro prove; vero noviziato in questo collegio italico. Voluttà, superbia, avarizia bisognava imparare a vincere con magnanimità austera e perseveranza forte. Il piacer sensuale ti fa aborrente dalle fatiche anco non dure, freddo ai sacrifici generosi , chiuso alle morali dolcezze, o ti rende impuro a goderle. Imperocchè il voluttuoso è un egoista codardo, un ignobile schiavo di sè. Esercizi laboriosi con fortassero il corpo e lo spirito: breve il riposo: semplice il vitto; o laute mense imbandite ma non godute, a meglio esercitar l'astinenza: e corporali gastighi reprimessero dalle future trasgressioni le anime ritornanti a mollezza. Un altro egoismo è quello che procede dall'opinione, quando sei arrogante nella stima di te, sicché gli altri ne restino indegnamente soperchiati: e questa è superbia. Domande cavillose, questioni difficili, obiezioni forti sbaldanzivano presto gl'ingegni giovenilmente prosuntuosi, e a modestia prudente e vigorosa li conformavano: il disprezzo giusto era stimolo a meritare l'estimazione altrui; accortamente i ingiusto , a cercare sicuro contentamento nella coscienza propria: e le squallide vesti domavano le puerili compiacenze negli ornamenti vani. Questo accrescimento del mito é opera del Bruckero. Hist. cril. phil. Par, II , lib. II, c. X, sect. 1, Lips. Chi recalcitrasse ostinato, accusavasi inetto a generosa perfezione. Finalmente un terzo egoismo è alimentato dal privato possesso delle cose esteriori immoderatamente desiderate. La qual cupidità, molto spesso contraria alla fratellevole espansione del l'umana socievolezza , vincevasi con la comunione dei beni ordinata a felicità più certa dell'instituto. Quei che apparteneva ad un pitagorico era a disposizione de' suoi consorti. Ecco la verità istorica; il resto , esagerazione favolosa. Ma la favola ha conformità col principio fondamentale dell'Instituto pitagorico, perchè è fabbricata secondo la verità dell'idea; cosa molto notabile. Pythagorici, dice Diodoro Siculo, si quis sodalium facultatibus exciderat, bona sua velut cum fratre dividebant, etc. (Excerpt. Val. Wess.). La massima o il precetto "ideóv te undėv fysiofai", "proprium nihil arbitrandum", riferito da Laerzio (VIII, 21) consuona al principio ideale della scuola: e tutti co noscono il detto attribuito a Pitagora da Timeo: fra gli amici dover esser comuni le cose, "κοινά τα των φίλων". Anche le domande cavillose, le vesti squallide, i corporali gastighi abbiansi pure, se cosi vuolsi, per cose mitiche: ma i tre punti cardinali della vera e primitiva disciplina rimangono sempre alla storia. E però ne abbiamo fatto materia di considerazioni opportune. Cosi i punti centrali, donde si diramano le molteplici correlazioni tra l'ordine morale e l'intellettuale, erano stati con profondo senno determinati e valutati, sicchè l'educazione e formazione di tutto l'uomo procedesse al provve duto fine con leggi e con arti di perfettissimo magistero. Ma suprema legge in questa fondamental disciplina era l'autorità. Nell'età odierna, dissoluta e pettegola, s'ignorano da non pochi le arti vere dell'obbedienza e dell'impero perchè spesso la libertà è una servilità licenziosa o non conosciuta; fanciulli che presumono di essere uomini, ed uomini che si lasciano dominare a fanciulli. Nell'Italia pitagorica voleasi dar forma ad uomini veri: e la presunzione non occupava il luogo della scienza, e la solidità della cognizione radicavasi nella temperata costumatezza. Il giovinetto che muta i passi per le vie del sapere ha nozioni sempre scarse delle verità che impara, finchè non ne abbia compreso l'ordine necessario ed intero: e le nozioni imparate non bastano, chi non v'aggiunga l'uso e la varia esperienza delle cose, perpetue e sapientissime testimonie della verità infinita . Poi non tutte le verità possono essere intese pienamente da tutti e possono dover essere praticate. Onde l'autorità di coloro che le insegnano o che presiedono alla loro debita esecuzione. Gli alunni, non per anche iniziati al gran mistero della sapienza, ricevevano le dottrine dalla voce del maestro senza discuterle. I precetti erano giusti, semplici, brevi; la forma del linguaggio, simbolica; e la ragione assoluta di tutti questi documenti, il nome di Pitagora che così ebbe detto e insegnato ("dutòs ipa", "ipse dixit". Di questo famoso ipse dixit credo di aver determinato il vero valore. Alcuni , secondo chè scrive Diogene Laerzio, lo attribuivano a un Pitagora di Zacinto. Cicerone, Quintiliano , Clemente Alessandrino, Ermia, Origene, Teodoreto, etc., ai discepoli del nostro Pitagora. E Cicerone se ne offende come di grave disorbitanza: "tantum opinio praejudicata poterat , ut eliam sine ralione valeret auctoritas!" (De Nat. Deor., 1,5.). Secondo Suida , l'avrebbe detto Pitagora stesso, riferendolo a Dio, solo sapiente vero e dal quale avesse ricevuto i suoi dommi -- "ουκ εμος, αλλά του Θεού λόγος šotiv" -- come, secondo altri (Clem. Aless., St., IV, 3 etc.) avea rifiutato il titolo di *sapiente*, perché la sapienza vera, che è quella assoluta, a Dio solo appartiene. Il Meiners erra incerto fra varie congetture, accostandosi anche alla verità, ma senza distinguerla. Applicassero quei precetti alla vita e dai buoni effetti ne argo mentassero il pregio. Ma acogliere con più sicurezza il frutto che potesse venire da questo severo tirocinio, moltissimo dovea conferire il silenzio. Però la TEMPERANZA dalla parola (ix &uu.bia ) per du , tre o cinque anni era proporzionevolmente prescritta. Imperocchè nella vanità del trascorrente eloquio si dissipa il troppo facile pensiero, e la baldanza delle voci spesso argomenta impotenza all'operazione. Non diffusa nell'esterno discorso l'anima, nata all'attività, si raccoglie tutta e si ripercote dentro se stessa, e prende altissimo vigore, e genera il verbo suo proprio col quale poi ragiona ed intende il vero, il bello, il buono, il giusto ed il santo. Oltrediché le necessità del viver civile richie dono non di rado questa difficile virtù del tacere, fedelissima compagna della prudenza e del senno pratico. Perseveravano gli alunni nelle loro prove fino al termine stabilito? E allora passavano alla classe superiore e divenivano de' genuini discepoli, o familiari (pvýccol óuenetai). Facevano mala prova, o sentivansi impotenti a continuarla? Ed erano rigettati o potevano andarsene, riprendendosi i loro beni. Durava l'esperimento quanto fosse bisogno alle diverse nature dei candidati: ed agli usciti od espulsi ponevasi il monumento siccome a uomini morti. Che questo monumento fosse posto, non lo nega neppure il Meiners. All'abito del silenzio, necessario al più forte uso della mente, e al buon governo dell'istituto, bisognava formare i discepoli; ma qui ancora il mito dà nel soverchio. L'impero dell'autorità doveva essere religioso e grande. Ma i degni di rimanere, e che passavano alla classe superiore, cominciavano e seguitavano una disciplina al tutto scientifica. Non più simboli nè silenzio austero né fede senza libertà di discussione e d'esame. Alzata la misteriosa cortina, i discepoli, condizionati a non più giurare sulla parola del maestro, potevano francamente ragionare rispondendo, proponendo, impugnando, e con ogni termine convenevole cercando e conchiudendo la verità. Le scienze matematiche apparecchiavano ed elevavano le menti alle più alte idee del mondo intelligibile. Interpretavasi la natura, speculavasi intorno ai necessari attributi dell'ente; trovavasi nelle ragioni del numero l'essenza delle cose cosmiche. E chi giungeva all'ardua cima della contemplazione filosofica otteneva il titolo dovuto a questa iniziazione epoptica, il titolo di perfetto e di venerabile (TÉNELOS xal OsBaotixÒS), ovvero chiamavasi per eccellenza uomo. Compiuti gli studi, ciascuno secondava al suo genio coltivando quel genere di dottrine, o esercitando quell'ufficio , che meglio fosse inclinato: i più alti intelletti alle teorie scientifiche ; gli altri, a governar le città e a dar leggi ai popoli. Delle classi de' pitagorici sarà detto a suo luogo quello che ci sembri più simile al vero: lascisi il venerabile, etc .; intendasi la simbolica cortina cosi come poi mostreremo doversi intendere: e quanto ai gradi dell' in segnamento , notisi una certa confusione d'idee neoplatoniche con gli antichi ordini pitagorici, probabilmente più semplici. Vedi Porfirio, V. P., 46 seg. etc.; Giamblico, XVIII , etc.). Vivevasi a social vita , e la casa eletta al cenobio di cevasi uditorio comune (õp axóïov). Prima che sorgesse il sole ogni pitagorico doveva esser desto, e seco medesimo discorrere nel memore pensiero le cose fatte, parlate, osservate, omesse nel giorno o ne' due giorni prossimamente decorsi, seguitando nel rimembrarle quel medesimo ordine con che prima l'una all'altra si succedettero. Poi scossi dal sorgente astro a metter voce armoniosa come la statua di Memnone, adoravano e salutavano la luce animatrice a della natura, cantando o anche danzando. La qual musica li disponesse a conformarsi al concento della vita cosmica , e fosse eccitamento all'operazione. Passeggiavano soletti a divisar bene nella mente le cose da fare: poi applicavano alle dottrine e teneano i loro congressi nei templi. I maestri insegnavano , gli alunni imparavano, tutti pigliavano argomenti a divenir migliori. E coltivato lo spirito, esercitavano il corpo: al corso , alla lotta , ad altri ludi ginna stici. Dopo i quali esercizi, con pane, miele ed acqua si ristoravano : e preso il parco e salubre cibo, davano opera ai civili negozi. Verso il mancar del giorno, non più solin ghi come sul mattino, ma a due, ovvero a tre, davansi compagnevol passeggio ragionando insieme delle cose im parate e fatte. Indi si recavano al bagno. Cosi veniva l'ora del comun pasto, al quale sedevano non più di dieci per mensa. Con libazioni e sacrificii lo aprivano: lo imbandivano di vegetabili, ma anche di scelte carni di animali: e religiosa mente lo chiudevano con altre libazioni e con lezioni op portune. E prima di coricarsi cantavano al cadente sole, e l'anima già occupata e vagante fra molteplici cure e diversi oggetti, ricomponevano con gli accordi musicali alla beata unità della sua vita interiore. Il più anziano rammentava agli altri i generali precetti e le regole ferme dell'Instituto; e quell'eletto sodalizio, rendutosi all'intimo senso dell'acqui stata perfezione, riandava col pensiero le ore vivute, e nella certezza di altre sempre uguali o migliori amorosamente si addormentava. Questa parte del mito, chi generalmente guardi, è anche storia. Quanto all'Uditorio comune piacemi di addurre queste parole di Clemente Alessandrino: και την Εκκλησίαν , την νύν δυτω καλουμένην, το παρ αυτώ 'Ομα. xos ? ov diVÍTTETA!: et eam , quae nunc vocatur ecclesia, significat id quod apud ipsum (Pythagoram) est 'Ouaxoslov (Str., 1. 15). Questi erano gli ordini , questo il vivere della società pitagorica secondo il tipo ideale che via via formossi alla storia. Tutte le facoltà dell'uomo vi erano educate ed abituate ad operare nobili effetti: la salute del corpo conduceva o serviva a quella dello spirito: e lo spirito forte e contento nella esplicazione piena e nella feconda disposizione delle sue potenze , concordavasi di atti e di letizia col mondo , e trovava in Dio il principio eterno d'ogni armonia e con tentezza. Così il pitagorico era modello a coloro che lo ri guardassero: il quale anche con la sua veste di lino bianco mostravasi diviso dalla volgare schiera e singolare dagli altri. La breve narrazione delle cose che fin qui fu fatta, era necessaria a conservare alla storia di Pitagora la sua indole maravigliosa , e quindi una sua propria nota ed an che sotto un certo aspetto una nativa bellezza. Dobbiamo ora cercare e determinare un criterio , onde la verità possa essere separata dalle favole quanto lo comportino l'antichità e la qualità degli oggetti , che son materia a questo nostro ragionamento. E prima si consideri che il mito , popolarmente nato , o scientificamente composto , quantunque assurdo o strano possa parere in alcune sue parti , pur dee avere una certa attinenza o necessaria conformità col vero. Imperocchè una prima cosa vi è sempre la quale dia origine alle varie opi. nioni che altri ne abbia ; e quando le tradizioni rimango no , hanno un fondamento nel vero primitivo dal quale derivano , o nella costituzione morale e nella civiltà del popolo a cui quel vero storicamente appartenga. Che se nella molta diversità delle loro apparenze mostrino certi punti fissi e costanti a che riducasi quella varia moltiplicità loro , questo è il termine ove il mito probabilmente riscon trasi con la storia . Or chi intimamente pensa e ragiona la biografia di Pitagora , vede conchiudersi tutto il valore delle cose che la costituiscono in due idee principali : 1a in quella di un essere che sovrasta alla comune condizione degli uomini per singolarissima partecipazione alla virtù divina; 2a in quella di una sapienza anco in diversi luoghi raccolta e ordinata a rendersi universale nel nome di que st'uomo straordinario. Chi poi risguarda alla società pitagorica , ne vede il fondatore cosi confuso con gli ordini e con la durata di essa che sembri impossibile il separarnelo. Dalle quali conclusioni ultimamente risulta, Pitagora essere o poter essere stato un personaggio vero, ed essere cer tissimamente un'idea storica e scientifica. L'Italia poi senz'ombra pure di dubbio, è il paese dove quest' idea pitagorica doventa una magnifica instituzione, ha incremento e fortune, si congiunge con la civiltà e vi risplende con una sua vivissima luce. Pertanto le prime due nostre conclusioni risultando dalla general sostanza del mito , e riducendone la diversità molteplice a una certa unità primitiva, sembrano essere il necessario effetto della convertibilità logica di esso nella verità che implicitamente vi sia contenuta. E deducendosi la terza dalle altre due che precedono, già per un ordine continuo di ragioni possiamo presupporre che Pitagora sia insieme un personaggio e un'idea. Nel che volentieri si adagia quel forte e temperato senno , che , non lasciandosi andare 1 agli estremi, ne concilia e ne misura il contrario valore in una verità necessaria. Ma porre fin da principio che Pitagora è solamente un uomo, e alla norma di questo concetto giudicare tutte le cose favoleggiate intorno alla patria , alla nascita, ai viaggi , alla sapienza , alle azioni miracolose di colui che ancora non si conosce appieno, e assolutamente rigettarle perchè non si possono dire di un uomo, è un rinunziare anticipatamente quello che potrebbe esser vero per' rispetto all'idea. Lo che venne fatto a molti . D'altra parte se la esclusione della persona vera fosse assolutamente richiesta alla spiegazione del mito, e alla ricupera della storia , sarebbe timidezza soverchia il non farlo , o ritrosia irrazionale : potendosi conservare Pi tagora alla storia, e separar questa dalle favole , pecche rebbe di scetticismo vano chi non sapesse contenersi den tro questi termini razionali. Vediamo ora se a queste nostre deduzioni logiche aggiungessero forza istorica le au torità positive di autori rispettabili, e primamente parliamo della sapienza universale del nostro filosofo. Erodoto, il quale congiunge le orgie e le instituzioni pitagoriche , con quelle orfiche, dionisiache , egizie e con le getiche di Zamolcsi , attribuisce implicitamente al fi gliuolo di Mnesarco una erudizione che si stende alle cose greche ed alle barbariche (Erodoto, II , 81 .; IV , 95. — Isocrate reca a Pitagora la prima intro duzione nella Grecia della filosofia degli Egiziani : φιλοσοφίας ( εκείνων ) TTPŪTOS ES tous "Ezanvas éxóulge ( in Busir. , 11 ) . E Cicerone lo fa viaggiare non pure nell'Egitto ma e nella Persia. De Finibus, V. 29). Ed Eraclito , allegato da Laer zio , parla di lui come di uomo diligentissimo più che altri mai a cercare storicamente le umane cognizioni e a farne tesoro e scelta per costituire la sua enciclopedica disciplina (Laerzio , VIII , 5. -- la cui allegazione delle parole di Eraclito è con fermata da Clemente Alessandrino (Strom., I, 21). Eraclito reputa a mala arte (xaxoteXvinv) la molteplice erudizione di Pitagora ; perché , a suo parere , tutte le verità sono nella mente , la quale dee saper trovare la scienza dentro di sè , e bastare a se stessa. Parole sommamente notabili, le quali, confermate dalla concorde asserzione di Empedocle, rendono bella e op portuna testimonianza a quella nostra conclusione, onde Pitagora, secondo il mito, è raccoglitore e maestro d'una filosofia che quasi possa dirsi cosmopolitica. Vir erat inter eos quidam praestantia doctus Plurima , mentis opes amplas sub pectore servans, Cunctaque vestigans sapientum docta reperta . Nam quotiens animi vires intenderat omnes Perspexit facile is cunctarum singula rerum Usque decem vel viginti ad mortalia secla . Empedocle presso Giamblico nella Vita di Pitagora, XV e presso Porfirio , id. , 30. A dar fondamento istorico all' altra conclusione non ci dispiaccia di ascoltare Aristippo ; il quale scrisse che Pitagora fu con questo nome appellato perchè nel dire la verilà non fosse inferiore ad Apollo Pitio. Diog. Laerzio, VIII, 21. E noi qui alle ghiamo Aristippo , non per accettare la convenienza prepo stera del valore etimologico del nome con quello scientifico dell'uomo , ma per mostrare che prima degli Alessandrini il nome di Pitagora era anche nell'uso dei filosofi quello di un essere umano e di una più che umana virtù, e che nella sua straordinaria partecipazione alla divinità fonda vasi l'opinione intorno alla di lui stupenda eccellenza. Aristotele , allegato da Eliano (Var. Hist., II ) conferma Aristippo, testimoniando che i Crotoniati lo appellavano Apollo iperboreo. Lascio Diodoro Siculo (Excer. Val., p. 555 ) e tutti gli altri scrittori meno antichi, i quali peraltro ripetevano una tradizione primitiva , o molto antica. Ma ciò non basta. Uno scrittore, innanzi alla cui autorità volentieri s'inchinano i moderni critici , ci fa sapere che principalissimo fra gli arcani della setta pitagorica era que sto : tre essere le forme o specie della vita razionale, Dio, ľ uomo e Pitagora. Giamblico nella Vita di Pitagora, VI, ed. Kust. Amstel, Vers. Ulr. Obr. Tradit etiam Aristoteles in libris De pythagorica disciplina (èv τοίς περί της Πυθαγορικής φιλοσοφίας) quod huiusmodi divisio αυiris illis inter praecipua urcana ( èv toiS TAVT atroppñtois) servata sit: animalium rationalium aliud est Deus , aliud homo, aliud quale Pythagoras . L'originale non dice animalium, ma animantis, Súov ; che è notabile differenza: perchè , laddove le tre vite razionali nella traduzione latina sono obiettiva mente divise , nel greco sono distinte e insieme recate ad un comune prin cipio . Il Ritter , seguitando altra via da quella da me tenuta , non vide l'idea filosofica che pure è contenuta in queste parole , né la ragione del l'arcano (Hist. de la phil. anc., liv. IV, ch. 1.) A ciò che dice Aristotele parrebbe far contro Dicearco , il quale in un luogo conservatoci da Porfirio (Vit. Pit. , 19) ci lasciò scritto , che fra le cose pitagoriche conosciute da tutti ("γνώριμα παρά πάσιν") era anche questa : και ότι παντα τα γινόμενα έμψυχα quorevñ dei vouiſelv, vale a dire , che tutte le nature animate debbonsi repu tare omogenee. Ma la cosa arcana di che parla Aristotele, è principalmente Pitagora; la natura media tra quella puramente umana e quella divina: idea demonica, probabilmente congiunta con dottrine orientali, e fondamento organico dell'instituto. Poi, l'uno parla di esseri semplicemente animati: l'altro dell'ordine delle vite razionali; che è cosa molto più álta. Sicchè la prima sentenza poteva essere divulgatissima , come quella che risguardava oggetti sensati ; e la seconda appartenere alla dottrina segre. ta , per ciò che risguardava agli oggetti intellettuali . Non ch'ella non po tesse esser nota nella forma, in che la leggiamo in Giamblico; ma coloro che non sapevano che si fosse veramente Pitagora, non penetravano ap pieno nel concetto riposto dei Pitagorici. Qui si vede come il simbolo facesse velo alle idee , e con qual proporzione quelle esoteriche fossero tenute occulte, e comunicate quelle essoteriche, quasi a suscitar desiderio delle altre. Dicearco adunque non fa contro ad Aristotele; ed Aristotele ci è storico testimonio che le ombre dell'arcano pitagorico si stendevano anche alla filosofica dottrina. Di ciò si ricordi il lettore alla pagina 402 e seg. Nel che veggiamo la razionalità recata a un solo principio, distinta per tre condizioni di vita , e Pitagora essere il segno di quella che media tra la condizione puramente divina e l'umana. Ond' egli è nesso fra l'una e l'altra, e tipo di quella più alta e perfetta ragione di che la nostra natura possa esser capace. Ora la filosofia anche nelle orgie pitagoriche era una dottrina ed un'arte di purgazione e di perfezionamento, sicchè l'uo mo ritrovasse dentro di sé il dio primitivo e l'avverasse nella forma del vivere. E in Pitagora chiarissimamente sco priamo l'idea di questa divina perfezione, assunta a principio organico della sua società religiosa e filosofica , e coordinata col magistero che nel di lui nome vi fosse esercitato. Onde ottimamente intendiamo perchè la memoria del fondatore fosse immedesimata con quella dell'instituto, e possiamo far distinzione da quello a questo, conservando al primo ciò che si convenga con le condizioni storiche di un uomo , e attribuendo al secondo ciò che scientificamente e storicamente puossi e dėssi attribuire a un principio . Quindi non più ci sembrano strane , anzi rivelano il loro chiuso valore , e mirabilmente confermano il nostro ragionamento quelle sentenze e simboli de' Pitagorici : l'uomo esser bi pede , uccello , ed una terza cosa , cioè Pitagora. Pitagora esser simile ai Numi, e l'uomo per eccellenza, o quell'istes so che dice la verità : ei suoi detti esser voci di Dio che da tutte parti risuonano : e lui aver fatto tradizione alla loro anima della misteriosa tetratti o quadernario, fonte e radice della natura sempiterna. Parlare di questa Tetratti misteriosa sarebbe troppo lungo discorso. Alcuni videro in essa il tetragramma biblico , il nome sacro ed essenziale di Dio ; altri , a grado loro , altre cose . Ecco i due versi ripetutamente e con alcuna varietà allegati da Giamblico ( Vita di Pit.. XXVIII , XXIX) e da Porfirio ( id ., 20) ai quali riguardavamo toccando della Tetratti , e che sono la formola del giuramento pitagorico : Ου μα τον αμετέρα ψυχά παραδόντα Τετρακτύν Παγαν αεννάου φύσεως ριζώμα τ’έχουσαν. Non per eum, qui animae nostrae tradidit Tetractym , Fontem perennis naturae radicemque habentem . (Porph . , V. P. , 20) Il Moshemio sull'autorità di Giamblico ( in Theol. Arith . ) attribuisce questa forma del giuramento pitagorico ad Empedocle , e lo spiega secondo la dottrina empedocléa sulla duplicità dell'anima. Poco felicemente ! ( Ad Cudw. Syst . intell., cap. IV , $ 20, p . 581. ) Noi dovevamo governarci con al. tre norme -- E altre sentenze di questo genere. Le quali cose non vogliono esser applicate a Pitagora - uomo , ma a Pitagora , idea o virtù divina del l'uomo, e negli ordini delle sue instituzioni. E non importa che appartengano a tempi anche molto posteriori a Pitagora. Anzi mostrano la costante durata dell'idea primitiva. Il criterio adunque a potere interpretare il mito , e rifare quanto meglio si possa la storia parmi che sia tro vato e determinato. Pitagora , nel duplice aspetto in che l'abbiamo considerato , è sempre uomo ed idea : un pe lasgo - tirreno , che dotato di un animo e di un ingegno al tissimi , acceso nel divino desiderio di migliorare le sorti degli uomini , capace di straordinarj divisamenti , e co stante nell ' eseguirli viaggia per le greche e per alcune terre barbariche studiando ordini pubblici e costumi , fa cendo raccolta di dottrine , apparecchiandosi insomma a compiere una grand' opera ; e il tipo mitico di una sa pienza istorica universale. Un uomo , che le acquistate cognizioni avendo ordinato a sistema scientifico con un principio suo proprio o con certi suoi intendimenti, ne fa la pratica applicazione, e instituisce una società religiosa e filosofica che opera stupendi effetti ; e il tipo della razio nalità e di una divina filosofia nella vita umana e nella costituzione della sua scuola . Fra le quali due idee storica e scientifica dee correre una inevitabile reciprocità di ragioni, quando la persona sulla cui esistenza vera risplende, a guisa di corona , questo lume ideale , si rimane nell'uno e nell'altro caso la stessa. Però se Aristippo agguagliando Pitagora ad Apollo Pitio rende testimonianza all' opinione mitica della più che umana eccellenza di lui , non solo ci fa argomentare quel ch'egli fosse in sè e nella sapienza or dinatrice del suo instituto : ma insieme quello che fosse per rispetto alle origini storiche di quella sapienza e al ' valore di essa nella vita ellenica , o per meglio dire italica. Imperocchè il pitagorismo ebbe intime congiunzioni con la civiltà dorica; e proprie massimamente di questa civiltà furono le dottrine e le religioni apollinee. Quando poi avremo conosciuto più addentro la filosofia di Pitagora, troveremo forse un altro vincolo necessario fra le due idee storica e scientifica, delle quali abbiamo parlato. Procedendo con altri metodi , non si muove mai da . un concetto pienamente sintetico , il quale abbia in se tutta la verità che si vuol ritrovare ; non si ha un criterio , che ci ponga al di sopra di tutte le cose che son materia de' nostri studi e considerazioni . Si va per ipotesi più o meno arbitrarie , più o meno fondate, ma sempre difettive, e però inefficaci. Il mito , non cosi tosto nasce o è fabbricato e famigerato , che ha carattere e natura sua propria, alla quale in alcuna guisa debbano conformarsi tutte le addizioni posteriori. E quando esse vi si discordino , pur danno opportunità ed argomenti a comparazioni fruttuose. Poi quella sua indole primitiva non potendo non confrontare , come gia notammo, per alcuni rispetti con la natura delle cose vere , o talvolta essendo la forma simbolica di queste, indi incontra che il mito e la storia abbiano sostanzialmente una verità comune, quantunque ella sia nell'uno e nell'altra diversamente concepita e significata. Però ho creduto di dovere accettare il mito pitagorico siccome un fatto storico anch'esso , che dalle sue origini fino alla sua total pienezza importi la varia evoluzione di un'idea fondamentale; fatto, il quale prima si debba comprendere e. valutare in sé, poi giudicare e dichiarare per la storia che vuol rifarsi. Ma raccontarlo secondo il suo processo evolutivo, e con le sue varietà cronologicamente determinate e riferite ai loro diversi autori , non era cosa che potesse eseguirsi in questo lavoro. Basti averlo sinteticamente proposto alla comprensione de'sagaci e diligenti leggitori, e avere indicato le cause della sua progressiva formazione. Peraltro io qui debbo far considerare che le origini di esso non si vogliono cosi assolutamente attribuire alle supposizioni e varii discorsi degli uomini non appar tenenti alla società pitagorica, che a questa tolgasi ogni intendimento suo proprio a generarlo. Anzi, come appa rirà sempre meglio dal nostro racconto , l'idea divina , im personata in Pitagora, era organica in quella società. E di. qui procede quella ragione primordiale, onde il mito e la storia necessariamente in molte parti si riscontrano , e in diversa forma attestano una verità identica : e qui è il criterio giusto ai ragionamenti , che sull'uno e sull' altra sa namente si facciano. Che il fondatore di una setta , e il principio organico della sua istituzione , e tutta la sua dot trina siano ridotti ad una comune idea e in questa imme desimati , è cosa naturalissima a intervenire , e della quale ci offre l'antichità molti esempi. Cosi l'uomo facilmente spariva, l'idea rimaneva: e alla forma di questa idea si proporzionavano tutte le susseguenti opinioni. Pitagora uomo non forzò davvero con giuramento l'orsa daunia , né indusse il bove tarentino , di che parlano Giamblico e Porfirio (Giamblico, De Vila Pythagoræ, cap. XIII; Porfirio, n. 23. Edizione di Amsterdam), a non più offender gli uomini , a non più devastare le campagne : ma questo suo impero mitico sugli animali accenna all ' indole della sua dottrina psicologica (Giamblico, cap. XXIV.). Riferi scansi i suoi miracoli , tutte le cose apparentemente incre dibili , che furono di lui raccontate, all'idea , e ne avremo quasi sempre la necessaria spiegazione, e renderemo il mito alla storia. Qui non ometterò un'altra cosa. Erodoto, che ci ha conservato la tradizione ellespontiaca intorno a Zamolcsi , nume e legislatore dei Geti , ci ha dato anche un gran lume (non so se altri il vedesse) a scoprire le origini antiche di questo mito pitagorico. Zamolcsi, prima è servo di Pitagora : poi acquista libertà e sostanze, e ritorna in pa tria , e vede i costumi rozzi , il mal governo, la vita informe de'Geti in balia de'più stolti ütt' dopoveotépwy ). Onde , valendosi della sua erudi dà opera ad ammaestrarli a civiltà ed umana costumatezza. E che fa egli? Apre una scuola pubblica, una specie d'istituto pitagorico (svopsūva): chiama e vi accoglie tutti i principali cittadini (és tov, stav. doxeúovta Tūv doTÕV TOÙS ITPŪTOU5 ); idea aristocratica notabilissima: e gli forma a viver comune. Inalza le loro anime col pensiero dell'immor talità e di una felicità futura al disprezzo dei piaceri , alla tolleranza delle fatiche , alla costanza della virtù , Sparisce da' loro occhi in una abitazione sotterranea ("κατάβας δε κατω ες το κατάγαιον δικημα") a confermare la sua dottrina col miracolo , ed è creduto morto, e compianto. Dopo tre anni im provvisamente apparisce , è ricevuto qual nume: e con autorità divina e reli giosa lascia le sue istituzioni a quel popolo. Chi non vede nelmito di Zamolcsi quello di Pitagora? Erodoto reputa anteriore il sapiente uomo, o demone tracio (έιτε δε έγένετο τις Ζαμόλξις άνθρωπος, έιτ'έστι δαίμων τις Γέτησιούτος ÉTTIXÚplos) al divino uomo pelasgo - tirreno ; ma la tradizione ellenica facea derivate le istituzioni getiche dalle pitagoriche : e a noi qui basti vedere questa ragione e connessione di miti fino dai primi tempi della storia greca. Aggiungasi la testimonianza di Platone; il quale nel Carmide parla dei medici incantamenti , e generalmente della sapienza medica di Zamolcsi, che, a curar bene le parti , incominciava dal tutto (sicché la dottrina della diatesi pare molto antica) e la salute del corpo facea dipen dere massimamente da quella dell'anima ; conformemente alla terapeutica musicale e morale di Pitagora. A ciò dovea porre attenzione il Meiners ragionando degl'incantamenti mistici , e della medicina pitagorica ; e ri cordarsi di Erodoto nel rifutare l'autorità di Ermippo, favoloso narra tore della casa sotterranea di Pitagora e della sua discesa all'inferno (Laerzio, VIII, 21. ) Da tuttociò si raccoglie non solo che il mito pitagorico ha origini antichissime , ma anche qual si fosse la sua forma primitiva : e con criterio sempre più intero siamo condizionati a scoprire la verità istorica che si vuol recuperare, e ad esaminare le autorità delle quali si possa legittimamente fare uso a ricomporre questa istoria di Pitagora. Il Meiners, che fece questa critica , accetta solamente Aristosseno e Dicearco. Ma dalle cose scritte in questo nostro opuscolo risulta la necessità di un nuovo lavoro critico, che vorremmo fare, Dio concedente, in altro tempo). Posti i principi, che valgano non a distruggere con senno volgare il mito , ma con legittimo criterio, a ' spie. garlo , discorriamo rapidamente la storia , secondo la parti . zione che ne abbiamo fatto . Preliminari storici della scuola pitagorica. Pitagora comparisce sul teatro storico quando fra i popoli greci generalmente incomincia l'esercizio della ra gione filosofica , e un più chiaro lume indi sorge a ri schiarare le cose loro e le nostre. Ch'egli nascesse in Samo , città già occupata dai Tirreni, che avesse Mnesarco a padre, a maestro Ferecide, visitasse la Grecia e in Egitto viaggiasse : questo è ciò che i moderni critici più severi reputano similissimo al vero , e che noi ancora , senza qui muover dubbi, reputeremo. Ma non perciò diremo esser prette menzogne tutti gli altri viaggi mitici di quest'uomo mara viglioso ; i quali per lo meno accennano a somiglianze o correlazioni fra le dottrine ed instituzioni di lui e le feni cie , le ebraiche, le persiche, le indiche, le druidiche. Contro queste corrispondenze o viaggi ideali non fanno le ra gioni cronologiche computate sulla vita di una certa persona: e come Pitagora – idea potè essere contemporaneo di Filolao, di Eurito, di Liside, di Archita, ec. alla cessazione della sua vecchia scuola ; cosi Caronda , Zaleuco, Numa ed altri poterono in alcun modo essere pitagorici prima che Pitagora uomo raccogliesse gli elementi storici della sua sapienza cosmopolitica. Io qui non debbo entrare in computi cronologici . Di Numa sarà parlato più innanzi; e all'opinione di Polibio , di Cicerone , di Varrone , di Dionigi di Alicarnasso ,diTito Livio fu già opposta dal Niebuhr quella di alcuni orientali, che faceano viver Pitagora sotto il regno di Assarhaddon , contemporaneo di Numa (Abideno, nella Cronaca d' Eusebio, ed. ven. , I , pag. 53; Niebuhr , Hist. rom., 1, p. 220 ed. Bruxel) Di Caronda e Zaleuco basti il dire tanta essere la somiglianza fra i loro ordini legisla tivi e le istituzioni pitagoriche che il Bentley indi trasse argomento a rifiu tare i superstiti frammenti delle leggi di Locri. Alle cui non valide istanze ben risposero l'Heyne e il Sainte-Croix, e ultimamente anche il nostro il lustre Gioberti. Qui si scopre la nazionalità italica delle idee pitagoriche anteriormente all'apparizione del filosofo di Samo, e la loro generale con giunzione con la vita e la civiltà del paese. Quindi nelle parole di Laerzio che egli desse leggi agl'Italioti (vóLOUS DĖL5 Tois ItalWTAIS, VIII, 3) io veggo una tradizionale ed eloquente testimonianza di quella nazionalità: e quando leggo in Aristosseno (allegato da Laerzio, ivi, 13) ch'egli prima . mente introdusse fra i Greci e pesi e misure ( μέτρα και σταθμά εισηγή oacjal) , congiungo questa notizia con l'altro fatto scoperto dal Mazzocchi nelle Tavole di Eraclea, cioè che i Greci italioti prendessero dai popoli in digeni il sistema dei pesi e delle misure , e quello della confinazione agra ria , e trovo un'altra volta la civiltà italica confusa col pitagorismo. (Vedi Giamblico , V. P. , VII , XXX ; Porfirio , id . , 21 , dov'è allegato Aristosseno, che fa andare anche i Romani ad ascoltare Pitagora). Or noi riserberemo ad altra occasione il pieno discorso di queste cose, e limiteremo le presenti nostre considerazioni alle contrade greche e italiane. Dove trovia mo noi questi elementi del pitagorismo prima che sor gesse Pitagora? Creta non solamente è dorica , ma antichissimo e ve nerando esempio di civiltà a cui perpetuamente risguardano i sapienti greci : e Creta, come fu osservato dall' Heeren , è il primo anello alla catena delle colonie fenicie che man tengono esercitati i commercii fra l'Asia e l'Europa; fatto di molta eloquenza al curioso cercatore della diffusione storica delle idee appartenenti all ' incivilimento . In quest' isola delle cento città se ciascun popolo ha libertà sua propria , tutti sono amicamente uniti coi vincoli di una società federativa -- Altra fu l'opinione del Sainte-Croix, il quale prima della lega achea non vede confederazioni fra i popoli greci. Des anc. gouv . fédér, et de la lé gislation de Crête. E della eguale distribuzione delle terre che facesse Li curgo dubita assai il Grote , History, ec., tomo II , p . 530 e segg. -- del comune , i possedimenti : le mense, pubbliche: punita l'avarizia , e forse l'ingratitudine; -- Seneca , De benef., III, 6 ; excepta Macedonum gente, non est in ulla data adversus ingratum actio. Ma vedasi Tacito, XIII ; Valerio Massimo, I , 7 ; Plutarco nella Vita di Solone -- e l'ordin morale saldamente connesso con quello politico : e tutte le leggi recate al principio eterno dell'ordine cosmico. Minos , de. gnato alla familiarità di Giove , vede questa eterna ragione dell ' ordine , e pone in essa il fondamento a tutta la civiltà cretese , come i familiari di Pitagora intuivano nella faccia simbolica di lui l'ideale principio della loro società e della loro sacra filosofia. Omero, Odiss., XIX , 179. Aiós meráhou bapuotis. Plat. in Min . ec. 3 -- Passiamo alla severa Sparta : dorica anch' ella , an ch'ella studiata dai sapienti, ed esempio di quella unione vigorosissima che di tutte le volontà private fa magnanimo sacrifizio sull'altare della patria e lo presuppone. La scienza è negli ordini della città : tutta la vita , una disciplina ; la quale prende forma tra la musica e la ginnastica : e secondo le varie età gli uffici ben distribuiti si compiono . Pre domina l'aristocrazia , ma fondata anche sul valor personale e sui meriti civili. La veneranda vecchiezza, in onore : le nature de' giovanetti, studiate: proporzionati i premi e i gastighi , e in certi tempi pubblico il sindacato ; esame che la parte più razionale della società eseguisce sulla più ir riflessiva. E qui ancora il Comune è il gran proprietario vero , e son comuni i banchetti : e la donna (cosa notabilissima) , non casereccia schiava , ma franca cittadina a compiere la formazione delle fiere anime spartane . A chi attribuiva Licurgo i suoi ordini legislativi ? Ad Apollo Pitio . Come appunto Pitagora, l'uomo - idea che diceva la verità a modo di oracolo , era figliuolo di questo medesimo Apollo . Non osserviamo più innanzi le repubbliche greche. Fu già provato dal Gilles e ripetuto anche dal Micali, che le leggi di Sparta ebbero preparazione ed esempi nelle costu manze de'tempi eroici : onde in queste società parziali già vedemmo gli essenziali elementi dell'universale civiltà el lenica per rispetto all'idea pitagorica . Che diremo delle instituzioni jeratiche ? Una storia delle scuole sacerdotali della Grecia sarebbe importantissi mo lavoro , ma non richiesto al nostro bisogno . Contentia moci alle cose che seguono. Le società e dottrine jeratiche volentieri si ascondono nelle solenni tenebre del mistero: ed Orfeo nella comune opinione dei Greci era il general maestro dei misteri , il teologo per eccellenza comeBacco era il nume della Telestica, o delle sacre iniziazioni . Lo che ci mostra fin da principio un legame intimo fra le religioni dionisiache e le scuole orfiche. Non seguiremo con piena adesione il Creuzer nell’in dagine e determinazione storica di queste scuole; il quale pone prima quella apollinea , fondata sul culto della pura luce e sull'uso della lira e della cetra, simbolo della equabile armo nia delle cose; poi quella dionisiaca, piena di passioni e di movimento, e nemica dell'apollinea ; finalmente , dopo molte lotte, la concordia loro : ed altre cose che possono leggersi nella sua Simbolica. Queste sette religiose potreb bero essere le contrarie parti di una comune dottrina jera tica , che in Apollo onorasse il principio dell'ordine e dell'unità cosmica, in Bacco quello delle perpetue trasfor mazioni della materia e delle misteriose migrazioni dell'ani ma: e quella loro concordia potrebbe significare un vincolo primitivo di necessità reciproche fra questi due principi, fondamento alla costituzione e alla vita del mondo. A queste nostre considerazioni non solo rende opportuna testimo nianza Plutarco (Della parola Ei sul tempio di Delfo); ma alla testimonianza di Plutarco forse potrebbero aggiunger forza ragioni di cose più antiche. Ma lasciando questo, certa cosa è nella storia , e Platone ce lo attesta , che gli antichi Orfici quasi viveano una vita pita gorica. Dal cibo degli animali si astenevano : non sacrifi cavano vittime sugli altari degli Iddii, ma faceano libazioni col miele; perocchè contaminarsi di sangue riputavano essere una empietà abominevole; con la lira e col canto disponevano l'animo a temperata costanza, a serena quiete, a lucida contemplazione della verità, e in questa disposizione trovavano la felicità suprema. Platone nel Protagora , nel Carmide, nel Fedro, nel Cratilo, e nel sesto libro delle Leggi. Nel Cratilo trovasi quasi fatto un cenno alla metem psicosi . Il Lobeck scrive così di Platone.... ejusque ( Orphei ) ' etiam sententias aliquot in transitu affert, non ad fidem dictorum , sed orationis illustran . dae causa, et nonnunquam irridens. Aglaoph ., p. 339. Prodigiosi effetti della lira orfica furono le mansuefatte belve, gli ascoltanti alberi , i fiumi fermati, e le città edificate, che ci circondano i mi racoli di Pitagora. Ma quando egli surse , la sapienza sacerdotale cedeva il luogo a quella filosofica , e i legislatori divini ai legisla tori umani. Nell'età di Solone e degli altri sapienti Grecia , eccitata da quella luce intellettuale che si diffon deva per tutte le sue contrade , recavasi a riconoscer me glio se stessa antica, e rinnuovavasi nel pensiero letterario della sua storia . Quindi nei miti e nelle tradizioni nazionali cercavasi un valore che avesse proporzione con le nuove idee, e nelle vecchie dottrine orfiche non potea non pene trare questo spirito di fervida gioventù , e non disporle opportunamente a tornar feconde. Ond' io non crederò col Lobeck che ad Onomacrito debba ascriversi l'invenzione dei misteri dionisiaci, o quelli almeno di Bacco-Zagreo; ma attribuirò ad esso una rigenerazione di dogmi e poemi antichi: e nel vecchio e nel nuovo orficismo troverò un modello e un impulso all'ordinamento della scuola pita gorica . Veniamo ora all' Italia ; alla terra che Dionigi d'Ali carnasso giudicava essere l'ottima (xPOTLOTYY ) di tutte le altre ; alla sede di un'antichissima civiltà, fiorente per ar mi, per dottrine , per arti , per moli gigantesche, ed altre opere egregie, che gli studi recentemente fatti sempre meglio dimostrano anteriore alla greca . Comunione di beni e sodalizi convivali cominciarono nell'Enotria coi primordi della civiltà che vi presc forma per le leggi dell'antico Italo : ed Aristo tele , che testimonia questi fatti , ci fa sapere che alcune di quelle leggi e quelle sissitie italiche , anteriori a tutte le altre , duravano tuttavia nel suo secolo; forse per la con giunzione loro coi posteriori instituti pitagorici. Polit. , V. 10. Si maraviglia il Niebuhr di questa durata ; ma se avesse pensato alle istituzioni pitagoriche , forse avrebbe potuto avvi . sarne la causa probabile. Que sto Italo che dalla pastorizia volge gli erranti Enotri all'agricoltura , e con le stabili dimore e coi civili consorzi comin cia la vera umanità di que' popoli, ci riduce a mente Cerere che dalla Sicilia passa nell'Attica, i misteri d'Eleusi, nei quali conservavasi la sacra tradizione, e per simboliche rappresentazioni si celebrava il passaggio dallo stato fe rino ed eslege al mansueto viver civile , le somiglianze tra questi misteri e le orgie pitagoriche, e la casa di Pita gora in Metaponto appellata tempio di Gerere. Laerzio, VIII, 15; Giamblico, V. P., XXX. Valerio Massimo pone quella casa e tempio in Crotone: civitas ... venerati post mortem domum, Cereris sacrarium fecit : quantumque illa urbs viguit, et dea in hominis me moria , et homo in deae religione cultus fuit . VIII , 16. Chi poi col Mazzocchi vedesse in Cono il nome di Saturno, potrebbe con altre memorie illustrare questa prima forma dell'antichissima civiltà italica -- Mazzocchi , Comment, in R. Hercul. Musei aeneas Tabulas Hera. cleenses. Prodr. Par. 1, Cap. 1, Sect. V. 8 -- Le cui origini saturniche dallo storico alicarnassèo sembrano essere attribuite alla virtù nativa di questa terra privilegiata; ond'essa, prima di moltissime altre, dovesse agevolare a prosperità di com pagnevol vita i suoi abitatori. Dionisio d'Alicar., 1. Le cose accennate nel seguente periodo del testo son cenni fatti a utile ravvicinamento d'idee, e che però non offen deranno alla severa dignità della storia. E volli accennare ( Plut. , in Num .) anche a Pico ed a Fauno, perchè questi nomi mitici si congiungono con quello di Saturno ; mito principalissimo della nostra civiltà primitiva. Rex arva Latinus et urbes Jam senior longa placidas in pace regebat. Hunc Fauno et Nympha genitum Laurente Marica Accipimus. Faino, Picus pater ; isque parentem Te, Saturne , refert; tu sanguinis ultimus auctor (En., VII, 45 seq.) E poi piacevole a trovare in queste favole antiche congiunto nell'Italia l'orficismo col pitagorismo per mezzo d'Ippolito , disciplinato , secondo chè ce lo rappresenta Euripide , alla vita orfica . At Trivia Hippolitum secretis alma recondit Sedibus, et Nimphae Egeriae nemorique relegat ; Solus ubi in silvis Italis ignobilis aevum Exigeret, versoque ubi nomine Virbius esset (Æen., VII , 774 seq.) Ippolito, morto e risuscitato , e col nome derivatogli da questa duplicità di vita posto a solinga stanza nel misterioso bosco di Egeria e del pitago. rico Numa ! Ma Virgilio , giudicando romanamente il mito , lo altera dalla sua purità nativa. Quella vita solitaria e contenta ne'pensieri contempla tivi dovea parere ignobile ai signori del mondo. Lascio Pico e Fauno esperti nella medicina e nelle arti magiche , operatori di prodigi e simili ai Dattili Idei , il culto di Apollo che si ce lebrava in Crotone , la congettura del Niebuhr essere gl ' Iperborei un popolo pelasgico dell'Italia , il mito che fa Pitagora figlio anche di questo Apollo Iperboreo, e le con nessioni storiche che queste cose hanno con l ' orficismo. L'Etruria e Roma ci bastino. La sapienza etrusca era un sistema arcano di teologia politica , di cui gli occhi del popolo non vedessero se non le apparenze , e i sacerdoti soli conoscessero l'interna so stanza. E in questa teologia esoterica ed essoterica, astro nomia ed aritmetica stavansi connesse con la morale e con la politica . Imperocchè gli ordini della città terrena ave vano il loro tipo nell'ordinamento delle forze uraniche, cioè nella costituzione della città celeste: il Dio ottimo massimo era l'unità primitiva , dalla quale dipendeva la di stribuzione di queste forze divine; e il suo vero nome, un arcano: con seimila anni di evoluzione cosmica era giunto sino alla formazione dell'uomo , e la vita umana per altri seimila anni si sarebbe continuata . Dodici erano gl'Id dii consenti , e dodici i popoli dell'Etruria . Pei quali con giungimenti della terra col cielo , la civiltà divenne una religione ; l ' aruspicina fu l'arte politica per dominare e governare il vulgo ignorante , e la matematica una scienza principalissima e un linguaggio simbolico . Se Placido Lutazio vide analogie tra le dottrine tagetiche e le pitagori che , l'etrusco Lucio , introdotto a parlare da Plutarco ne' suoi Simposiaci , diceva i simboli di Pitagora essere volgarmente noti e praticati nella Toscana. Plutarco, 1. C. , VIII , 7,18. 11 Guarnacci reputò essere affatto etrusca la filosofia pitagorica . Antichità Ilal., vol . III , pag. 26. E anco il Lampredi trovò analogia fra la dottrina etrusca e la filosofia pitagorica , e credė es servi state comunicazioni fra la Etruria e la Magna Grecia.E chi potesse far piena comparazione fra i collegi dei nostri auguri antichi e quelli dei pitagorici , scoprirebbe analogie più inti me e più copiose. Faccio questa specie di divinazione pensando al nesso storico fra le cose etrusche e le romane , e comprendendo nel mio concetto tutto ciò che possa avere analogia col pitagorismo. Altri , più di me amico delle congetture , potrebbe , se non recare il nome dell'augurato, e quello di Pitagora a una radice comune, almeno quello di Pitagora a radici semitiche, e suonerebbe : la bocca, o il sermone di colui che raccoglie, che fa raccolta di ragionamenti e di cognizioni. Veggano gli Ebraizanti il capitolo XXX dei Proverbi. La tradizione , che recava a pitagorismo le instituzioni di Numa , sembra essere cosi confermata dalle cose , ch'io debbo temperarmi dal noverarle tutte: la nozione pura della divinità; i sacrifizi incruenti , il tempio rotondo di Vesta , ia sapienza arcana , le leggi , i precetti , i libri sepolti , i pro verbi stessi del popolo . Onde niun'altra idea è tanto cit tadina dell'antica Roma quanto la pitagorica -- Plutarco, in Num. Aggiungete la Dea Tacita , e la dignità fastosa di Numa ; il Flamine Diale , a cui è vietato cibarsi di fave ; il vino proibito alle donne , ec. ec.: pensate agli elementi dorici che altri notò nei primordi della civiltà romana , ec. ec. Secondo Clemente Alessandrino Numafu pitagorico, e più che pitagorico -- e quasi a significare questa degna cittadinanza, ben si doveva a Pitagora il monumento di una romana statua. Chi poi avesse agio a profondamente discorrere tutto il sistema primitivo della romana civiltà , dalle cose divine ed umane comuni cate nel matrimonio cosi all'uomo , come alla donna, dalla vita sobria e frugale di tutta quella cittadinanza, dal patro nato e dalla clientela , dall'esercizio degli uffici secondo la dignità personale , dalla suprema indipendenza del ponti ficato , simbolo della idea divina che a tutte le altre sovra sta , dagli ordini conducenti a comune concordia , dalla re ligione del Dio Conso, dall'Asilo, dal gius feciale , da un concetto di generalità politica che intende fin da principio a consociare ed unire popoli e istituzioni , ec. potrebbe trarre nuovi lumi a illustrazione storica di questo nostro argomento. Trova Vincenzo Cuoco la filosofia pitagorica nella stessa lingua del Lazio , e ne argomenta nazionalità necessaria . E il Maciucca, che vede nella ferula di Prome teo uno specchio catottrico , e congiunge questo con l'arte attribuita alle Vestali di riaccendere il fuoco sacro, ove fosse spento , col mezzo di concavi arnesi esposti ai raggi del sole , ci aprirebbe la via a trovare scientifiche relazioni tra gl ' instituti di Numa , e la scuola orfica apollinea, che anche è detta caucasea. Le quali cose volentieri abbandoniamo agli amici delle facili congetture. L'opera del Maciucca, I Fenici primi abitatori di Napoli', che non trovo citata mai dal Mazzoldi ( il quale avrebbe dovuto citarla parlando della navigazione di Ulisse , ec . Delle Origini italiche, etc., cap., XI ) è scritta male , è piena di congetture e d'ipotesi fabbricate sul fondamento vano di arbitrarie etimologie , e ribocca di boria con semplicità veramente nativa in colui che la scrisse ; ma è anche piena d'ingegno e di erudizione. Il perchè , senza più oltre distenderci in questi cenni istorici , concluderemo , che nelle terre greche e nelle ita liche gli elementi del pitagorismo preesistevano alla fon dazione della scuola pitagorica, e che nelle italiche sem brano essere più esotericamente ordinati in sistemi interi di civiltà che sono anche religioni , e più essotericamente di vulgati e praticati nelle popolari costumanze ; indizio forse di origini native, o di antichità più remote. Che fece adunque Pitagora? Raccolse questi sparsi elementi e gli ordinò nella costituzione della sua società ? O fu inventore di un'idea sistematica tutta sua pro pria , per la cui virtù organica tutti quegli elementi antichi quasi ringiovenissero , e divenissero altra cosa in quella sua instituzione ? Certamente coi preliminari fin qui discorsi abbiam fatto uno storico comentario all'idea della sapienza cosmopolitica di Pitagora . E se ci siam contenuti entro i termini delle terre elleniche e italiche , abbiamo sem pre presupposto anco le possibili derivazioni di quella dalle asiatiche ed egiziane opinioni e religioni , o le sue attinenze con queste. Delle egiziane già toccammo, e molto si potrebbe dire delle asiatiche. Quanto alle idee ed istituzioni druidiche, la loro analogia con le pitagoriche è chiarissima : e questo è il valore istorico del mito che fa viaggiare Pitagora nelle Gallie . Vedi Cesare, De Bell . Gall. , VI , 5 ; Diodoro Siculo , VIII , 29; Valerio Massimo, II , 10 ; Ammiano Marcellino, XV, 10. Pomponio Mela cosi parla de ' Druidi : Hi terrae, mundique magnitudinem et formam , molus coeli et siderum , ac quid Dii velint , scire profilentur. Docent mulla nobilissimos gentis clam et diu, vicenis annis in specu , aut in abditis sal tibus. Unum ex iis, quae praecipiunt , in vulgus effluit , videlicet ut forent ad bella meliores, aeternas esse animas, vitamque ulteram ad Manes, III , 1. Appiano chiamolli θανάτου καταφρονητές δι' ελπίδα αναβιώσεως. Gente, la morte a disprezzare ardita Per isperanza di seconda vita. Dicerem stullos , scrive Valerio Massimo nel luogo sopra citato , nisi idem bracati sensissent quod palliatus Pythagoras credidit . Il Röth fa derivare la Tetratti pitagorica dall'Egitto; e il Wilkinson , la teoria dei numeri e della musica . Vedi Laurens, Histoire du droit des gens. Vol 1 , pag. 296. Ma il grand' uomo , del quale ora dobbiam valutare la instituzione famosa, non contentossi a fare una scelta e un ordinamento d'idee, alla cui applicazione pratica mancasse il nativo fondamento nella vita de' popoli che avessero a trarne vantaggio. Questi elementi pitagorici an teriori a Pitagora gli abbiam trovati nella civiltà , nelle scuole jeratiche , nelle consuetudini volgari della Grecia e dell' Italia: epperò l'opera di colui che se ne fa il sistema tico ordinatore è quella di un sapiente , che di tutte le parti buone che può vedere nel passato vuol far base a un or dine migliore di cose presenti e future. Pitagora dovea più particolarmente aver l'occhio alla Magna Grecia ; ma anche generalmente alle terre greche e italiane , e congiungere la sua idea istorica con ciò che meglio si convenisse con la natura umana ; che era l ' idea scientifica . Procedimento pieno di sapienza , e che già ci an nunzia negli ordini dell'Istituto una proporzionata grandezza. Questa è la con clusione grande che ci risulta dai preliminari di che toce cammo, e nella quale abbiamo la misura giusta a determi nare storicamente il valore della prima parte del mito. Non cercheremo le cause che indussero Pitagora a fer mare la sua stanza nella Magna Grecia, e ad esercitarvi il suo nobile magistero. Vedi Giamblico, De V. Pythagorde, c . V. 33. Ma l'opportunità del luogo non poteva esser maggiore , chi volesse eseguire un disegno preparato a migliorare la umanità italo-greca . E forse anco l'appartenere a schiatta tirrena lo mosse . Trovò genti calcidiche , dori che , achee , e i nativi misti coi greci o fieri della loro indi pendenza , e nelle terre opiche i tirreni . Trovò costumi corrotti per voluttà dissolute , repubbliche in guerra , go verni abusati ; ma e necessità di rimedi , e ingegni pronti , e volontà non ritrose , e ammirazione ed entusiasmo. Quanta agitazione di alti divisamenti , quante fatiche tollerate , pensata preparazione di mezzi , e lunga moderazione di desiderj ardenti ! Ed ora finalmente potrà trarre fuori tutto se stesso dalla profonda anima , e dar forma a'suoi pensieri in una instituzione degna del rispetto dei secoli .... Mal giudicherebbe la sua grand' opera chi guardasse alle parti , e non sapesse comprenderne l'integrità. L'idea orfica primitiva , indirizzata a mansuefare i selvaggi uomini e a ridurli a viver civile , è qui divenuta una sapienza ricca dei por tati di molte genti ed età , e conveniente alle condizioni di un incivilimento da rinnovellarsi ed estendersi. Pitagora chiama l'uomo nella società che ordina: non vuole educate ed esercitate alcune facoltà spiritali e corporee , ma tutte , e secondo i gradi della loro dignità nativa : non esaurisce la sua idea filosofica nell'ordinamento dell'Instituto e nella disciplina che vi si dee conservare, ma comincia una grande scuola ed apre una larghissima via all'umana speculazione : con giunge l'azione con la scienza, e all'una e all'altra chiama sempre i più degni , e dai confini del collegio le fa passare là ov'è il moto di tutti gli interessi nazionali , e il co stante scopo al quale debbano intendere è il miglioramento della cosa pubblica. Enixco Crotoniatae studio ab eo pelierunt, ut Senatum ipsorum , qui mille hominum numero constabat, consiliis suis uti paterelur. Valerio Mas simo , VII, 15 . Non ferma le sue instituzioni a Cro tone , a Metaponto , nella Magna Grecia e nella Sicilia, ma volge gli occhi largamente all'intorno , e fa invito a tutti i magnanimi , e ne estende per mezzo de' suoi seguaci gli effetti nel continente greco , nell ' Asia Minore, a Cartagine, a Cirene, e vuole che essi diventino concittadini del mondo. E questa grande idea cosmopolitica bene era dovuta all'Italia , destinata ad esser la patria della civiltà universale . Non vorrei che queste istoriche verità sembrassero arti fici retorici a coloro che presumono di esser sapienti e alcuna volta sono necessariamente retori. L'idea organica dell'Insti tuto pitagorico potè avere una esplicazione progressiva , i cui tempi sarebbero iinpossibili a determinare; ma questi suoi svolgimento e processo erano già contenuti in lei , quasi in fecondo seme : tanto è profonda , e necessaria, e continua la connessione fra tutti gli elementi che la costituiscono ! Cominciate , osservando , dall'educazione fisica delle indi vidue persone ; dalle prescrizioni dietetiche e dalle ginna stiche . La sana e forte disposizione di tutto il corpo non è fine , ma è mezzo, e dee preparare , secondare e servire all ' ottima educazione e forma delle facoltà mentali . E la musica , onde tutte le parti del corpo son composte a co stante unità di vigore , è anche un metodo d'igiene intel lettuale e morale , e compie i suoi effetti nell'anima per fettamente disciplinata di ciascun pitagorico. Lo che ope ravasi cosi nell'uomo come nella donna individui ; forma primitiva dell'umanità tutta quanta. La disciplina adunque era universale per rispetto alle educabili potenze, e procedeva secondo quella progressione che natura segue nel l'esplicarle , e secondo i gradi della superiorità loro nell'or dinata conformazione dell'umana persona . La quale , inte ramente abituata a virtù ed a scienza , era una unità par ziale , che rendeva immagine dell'Unità assoluta , come quella che la fecondità sua propria e radicale avesse armo niosamente recata in essere, e con pienezza di effetti oc cupato il luogo , che nel cosmico sistema delle vite le fosse sortito per leggi eterne, e che senza sua gran colpa non potesse mai abbandonare. Credo di potere storicamente recare a Pitagora anche questa idea , non per la sola autorità di Cicerone (Vetat Pythagoras, ec . , De Senect. , XX ; Tuscul., 1 , 30) , ma e per le necessarie ragioni delle cose. Quanto alla mi glior formazione dell'uomo , i provvidi ordinamenti cominciavano dalla generazione , siccome a Sparta , e continuavano con sapiente magistero educando e governando la vita fino alla veneranda vecchiezza . Aristosseno ap. Stobeo , Serm . XCIX. – Dicearco , ap. Giamblico, V. P. , XXX seq.). Era ordine pitagorico, dice Aristosseno presso Stobeo ( Serm. XLI ) doversi attendere con appropriata cura a tutte le elà della vila : ui fanciulli, che fos sero disciplinati nelle lettere : ai giovani , che si formassero alle leggi e costu manze patrie; agli uomini maturi, che sapessero dare opera alla cosu pubblica; ai vecchi, che avessero mente e criterio nelle consultazioni. Imperocchè bambo leggiare i fanciulli, funciulleggiare i giovani , gli uomini giovenilmente vivere , e i vecchi non aver senno , repuluvano cosa da doversi impedire con ogni argo mento di scienza. L'ordine, esser pieno di bellezza , e di utilità ; di vanità e di bruttezza , la dismisura e il disordine. — Parla Aristosseno in genere del l'educazione di tutto l'uomo , di ciò che a tutti comunemente fosse con venevole : e però restringendo la letteraria disciplina all'adolescenza non esclude lo studio delle cose più alte e difficili nelle altre età , anzi lo presuppone, ma in quelli soltanto , che, per nativa attitudine , potessero e dovessero consacrarvisi con ogni cura. Tutta la vita adunque era sottoposta alla legge di una educazione sistematica , e conti nua ; e tutte le potenze , secondochè comportasse la natura di ciascuno , venjano sapientemente educate e conformate a bellezza d'ordine e a co stante unità. Onde addurrò senza tema anche queste parole di Clemente Alessandrino: Μυστικώς oύν εφ' ημών και το Πυθαγόρειον ελέγετο: ένα révešalxai tòy ävsow tov deiv, .... oportere hominem quoque fieri unum (Str. , IV , 23.). Imperocchè fin dalla loro prima istituzione doveano i pita gorici aspirare a questa costante armonia , a questa bella unità , cioè perfezione dell'uomo intero , più che ad altri non sia venuto fatto di credere. Laonde si raccoglie che ė : l'idea religiosa è la suprema che ne risulti da questa piena evoluzione del dinamismo umano; e che alla parte principale o divina dell'anima dovea corrispondere la parte più alta della istituzione morale e scientifica. E si comincia a conoscere qual si dovesse essere la religione di Pitagora. Con questa universalità o pienezza di educazione indi viduale collegavasi necessariamente quell'altra, onde alla società pitagorica potessero appartenere uomini d'ogni nazione e paese. Un legislatore può dommaticamente far fon damento in una dottrina di civiltà , al cui esemplare voglia con arti poderose conformare la vita di un popolo ; ma deve anche storicamente accettare questo popolo com' egli : 0 se pone nella sua città alcune schiatte o classi privi legiate ed esclude le altre dall' equabile partecipazione ai diritti ed ai doveri sociali offende a quelle leggi della natura, delle quali dovrebb'essere interprete giusto e l'oppor tuno promulgatore. Cosi Licurgo, per meglio formare l'uo mo Spartano , dimenticò talvolta o non conobbe bene l'uomo vero; e dovendo accettare quelle genti com'elle erano , mise in guerra le sue idee con le cose , e preparò la futura ipocrisia di Sparta , e le degenerazioni e le impo tenti ristorazioni de' suoi ordini. Pitagora diede leggi ad un popolo di tutta sua scelta: e potendolo scegliere da ogni luogo , venia facendo una società potenzialmente cosmo politica ed universale . Questa società sparsa e da stendersi per tutte le parti del mondo civile , o di quello almeno italo-greco , era , non può negarsi , una specie di stato nello Stato ; ma essendo composta di elettissimi uomini , e con larghi metodi indirizzata a generale perfezionamento di cose umane , esercitava in ogni terra , o avrebbe dovuto esercitare , con la presenza e con la virtù dei suoi membri un'azione miglioratrice , e avviava a poco a poco le civiltà parziali verso l'ottima forma di una civiltà comune . Im perocchè Pitagora , infondendovi il fuoco divino dell'amore , onde meritossi il nome di legislatore dell'amicizia , applicava alla vita del corpo sociale il principio stesso che aveva applicato alla vita de' singoli uomini , e quell'unità, con la quale sapea ridurre a costante armonia tutte le facoltà personali , desiderava che fosse recata ad effetto nella società del genere umano. Adunque chi non gli attribuisse questo sublime intendimento mostrerebbe di non avere inteso la ragione di tutta la di lui disciplina: negherebbe implicitamente molti fatti storici o non saprebbe spiegarli bene ; e direbbe fallace la sapienza d'un grand' uomo il quale fra la pienezza dell'educazione individuale e l'uni versalità degli effetti che ne risulterebbero a tutte le pa trie de' suoi seguaci non avesse veduto i vincoli necessari . Ma queste due universalità ne presuppongono sempre un'altra , nella quale sia anche il fondamentale principio di tutto il sistema pitagorico. Parlammo di Pitagora , racco glitore storico della sapienza altrui : ora lo consideriamo per rispetto alla sua propria filosofia . E diciamo , che se nella sua scuola tutte le scienze allora note si professava no , e la speculazione era libera , tutte queste dottrine do . veano dipendere da un supremo principio , che fosse quello proprio veramente della filosofia pitagorica. Narrare quel che egli fece nella geometria , nell'aritmetica , nella musica , nell'astronomia , nella fisica , nella psicologia, nella morale , nella politica , ec . , non si potrebbe se non a frammenti , e per supposizioni e argomentazioni storiche ; nè ciò è richiesto al presente lavoro. Se Pitagora scrisse, niun suo libro o genuino scritto giunse fino a noi; e la sua sapienza mal potrebbe separarsi da quella de'suoi suc cessori . Dal fondatore di una scuola filosofica vuolsi do mandare il principio da cui tutto il suo sistema dipende. E Pitagora levandosi col pensiero alla fonte dell ' or dine universale , alla Monade teocosmica , come a suprema e necessaria radice di ogni esistenza e di tutto lo scibile , non potea non vedere la convertibilità dell ' Uno coll'Ente. Ammonio maestro di Plutarco: αλλ' εν είναι δει το όν, ώσπερ ον TÒ Év . De Ei apud Delphos. Che se l' uno è presupposto sempre dal mol teplice , v'la una prima unità da cui tutte le altre pro cedono : e se questa prima e sempiterna unità è insie me l' ente assoluto , indi conseguita che il numero e il mondo abbiano un comune principio e che le intrinseche ragioni e possibili combinazioni del numero effettualmente si adempiano nello svolgimento e costituzione del mondo, e di questo svolgimento e costituzione siano le forme ideali in quelle ragioni e possibilità di combinazioni. Perché la Monade esplicandosi con queste leggi per tutti gli ordini genesiaci della natura e insieme rimanendo eterna nel sistema mondiale , non solamente fa si che le cose abbiano nascimento ed essenza e luogo e tempo secondo ragioni numeriche , ma che ciascuna sia anco effettual mente un numero e quanto alle sue proprietà individue, e quanto al processo universale della vita cosmica. Cosi una necessità organica avvince e governa e rinnova tutte le cose ; e il libero arbitrio dell'uomo , anziché esser di strutto , ha preparazione , e coordinazione , e convenienti fini in questo fato armonioso dell'universo. Ma la ragione del numero dovendo scorrere nella materia , nelle cui con figurazioni si determina , e si divide , e si somma , e si moltiplica , e si congiunge con quella geometrica , e misura tutte le cose tra loro e con sè , e sè con se stessa , questa eterna ragione ci fa comprendere , che se i principii aso matici precedono e governano tutto il mondo corporeo , sono ancora que’ medesimi , onde gli ordini della scienza intrinsecamente concordano con quelli della natura. Però il numero vale nella musica , nella ginnastica , nella medi cina , nella morale , nella politica , in tutta quanta la scienza: e l'aritmetica pitagorica è il vincolo e la logica universale dello scibile ; un'apparenza simbolica ai profani , e una sublime cosmologia e la dottrina sostanziale per eccellenza agl' iniziati . Questo io credo essere il sostanziale e necessario valore del principio , nel quale Pitagora fece fondamento a tutta la sua filosofia : nè le condizioni sincrone della generale sa pienza ellenica fanno contro essenzialmente a cosiffatta opi nione. Questa filosofia , fino dalla sua origine , fu un ema. natismo teocosmico che si deduce secondo le leggi eterne del numero . E perocchè questo emanatismo è vita , indi conseguita l ' indole della psicologia pitagorica, ontologicamente profonda. Prego i sapienti leggitori a ridursi a mente le cose scritte da Aristotele (Met., 1 , 5) sulla filosofia pitagorica , comparandole anche con quelle scritte da Sesto Empirico ( Pyrrh. Hyp. , III , 18) , se mai potessero essere assolutamente contrarie a questa mia esposizione del fondamentale prin cipio di quella filosofia. In Aristotele veggiamo il numero essere assunto a principio scientifico dai pitagorici antichi per la sua anteriorità a tutte le cose che esistono ( των όντων ... οι αριθμοί φύσει πρώτοι) . Lo che non para si vuole ascrivere allo studio che questi uomini principalmente facessero delle matematiche , ma ad un profondo concetto della ragione del numero. Imperocchè considerando che ogni cosa , se non fosse una , sarebbe nulla , indi concludevano la necessaria antecedenza di quella ragione , ontologi camente avverandola. E cosi posta nella monade la condizione reale ed assoluta , senza la quale niuna cosa può essere , notavano che percorren dole tutte non se ne troverebbe mai una perfettamente identica a un'altra , ma che l'unità non si aliena mai da se stessa. Quindi ciò che eternamente e semplicemente è uno in sè , è mutabilmente e differentemente molti nella natura: e tutta la moltiplicità delle cose essendo avvinta a sistema dai vin coli continui del numero , che si deduce ontologicamente fra tutte con dar loro ed essenza e procedimenti , si risolve da ultimo in una unità sintetica , che è l'ordine ( xóquos) costante del mondo ; nome che dicesi primamente usato da Pitagora . Il quale se avesse detto ( Stobeo , p. 48) , che il mondo non fu ſatto o generato per rispetto al tempo , ma per rispetto al nostro modo di concepire quel suo ordine , ci avrebbe dato lume a penetrare più addentro nelle sue idee : γεννητον κατ' επίνοιαν τον κόσμον, ου κατά χρόνον. La deduzione geometrica delle cose dall'unità primordiale del punto, risguarda alla loro formazione corporea , e appartiene alla fisica generale dei pitagorici . Ma la dottrina che qui abbiam dichiarato è quella metafisica del numero. Aristotele adunque , inteso a combatterli , non valutò bene questa loro dottrina ; e i moderni seguaci di Aristotele ripetono l'ingiustizia antica. Or se tutto il mondo scientifico è un sistema di atti intellettuali , che consuonano coi concenti co smici procedenti dal fecondo seno della Monade sempiterna , anche l'uomo dee esercitare tutte le potenze del numero contenuto in lui , e conformarsi all'ordine dell'universo. E tutte le anime umane essendo sorelle , o raggi di una co mune sostanza eterea , debbono nei sociali consorzi riunirsi coi vincoli di questa divina parentela , e fare delle civiltà un'armonia di opere virtuose . Però come la disciplina di tutto l'uomo pitagorico necessariamente conduce a una so cietà cosmopolitica, cosi ogni vita individuale e tutto il vivere consociato hanno il regolatore principio in una idea filosofica , che ordina tutte le scienze alla ragione dell'Uni tà , la quale è l'ordinatrice di tutte le cose . Da quel che abbiam detto agevolmente si deduce qual si dovesse essere la dottrina religiosa di Pitagora. Molte superstizioni e virtù taumaturgiche gli furono miti camente attribuite, le quali hanno la ragione e spiegazione loro nelle qualità straordinarie dell'Uomo , ne'suoi viaggi, nelle sue iniziazioni e linguaggio arcano, e nelle fantasie ed intendimenti altrui . Ch'egli usasse le maravigliose ap parenze ad accrescere autorità ed onore alla sua istituzio ne , non ci renderemmo difficili a dire : che amasse le grandi imposture, non lo crederemo. Isocrate (in Busir., 11) ci dice ch' egli facesse servire le solennità religiose ad acquistare riputazione ; e si può facilmente credere . Veggasi anche Plutarco , in Numa , ec . – Ma il Meiners, che recò ogni cosa allo scopo politico della società pitagorica , molto volentieri concesse , che a questo fine fossero adoperate le cognizioni mediche, le musicali , gl' in cantamenti mistici , la religione , e tutte le arti sacerdotali, senza pur so. spettare se cid importasse una solenne impostura , o non facendone conto . Parlando poi dell'arcano di questa società , ne restrinse a certo suo arbi . trio la ragione , per non cangiare Pitagora in un impostore l ... II, 3. Noi qui osserveremo che nella valutazione istorica di queste cose da una con parte bisogna concedere assai alle arti necessarie a quelle aristocrazie in stitutrici ; dall'altra detrarre non poco dalle esagerazioni delle moltitudini giudicanti. La scuola jonica, contenta, questa loro dottrina ; e i moderni seguaci di Aristotele ripetono l'ingiustizia antica chi generalmente giudichi, nelle speculazioni , anziché pro muovere la pratica delle idee religiose surse contraria al politeismo volgare , del quale facea sentire la stoltezza ; ma la pitagorica, che era anche una società perfeziona trice , dovea rispettare le religioni popolari , e disporle a opportuni miglioramenti. Qui l'educazione del cuore corroborava e perfezionava quella dello spirito , e l'af fetto concordandosi coll'idea richiedeva che il principio e il termine della scienza fosse insieme un oggetto di culto. La posizione cosmica dell'uomo gli facea precetto di raggiungere un fine , cioè una perfetta forma di vita , alla quale non potesse venire se non per mezzo della filosofia . E questa era la vera e profonda religione del pitagorico; un dovere di miglioramento continuo , un sacra mento di conformarsi al principio eterno delle armonie universali , un'esecuzione dell'idea divina nel mondo tellurico. Quindi arte della vita , filosofia , religione suonavano a lui quasi una medesima cosa . I vivi e i languidi raggi del nascente e dell'occidente sole , il maestoso silenzio delle notti stellate , il giro delle stagioni , la prodigiosa diversità dei fenomeni, e le leggi immutabili dell'ordine, l'acquisto della virtù , e il culto della sapienza, tutto all'anima del pita gorico era un alito di divinità presente , un concento dina mico, un consentimento di simpatie , un desiderio , un do cumento , una commemorazione di vita , una religione d'amo re . Il quale con benevolo affetto risguardava anche agl'ſirra gionevoli animali , e volea rispettato in loro il padre univer sale degli esseri. Pertanto l'idea religiosa era cima e coro na , come già notammo, a tutto il pitagorico sistema; e di qui veniva o potea venire al politeismo italico una in terpretazione razionale ed una purificazione segreta e continua. Pindaro poeta dorico e pitagorico , insegna , doversi parlare degli iddii in modo conforme alla loro dignità ; ovvero astenersene , quando cor rano opinioni contrarie alla loro alta natura : έστι δ ' ανδρί φάμεν εικός αμφί δαιμόνων κα -λά Decel autem hominem dicere de diis honesta . (Olimp., I, str. 2, ver. 4 seg. έμοι δ ' άπορα γαστρίμαργον μακάρων τιν' ειπείν. αφίσταμαι. Mihi vero absurdum est helluonem Deorum aliquem appellare. Abstineo ab hoe (ivi, epodo 2, v.1 seg.). Lascio Geronimo di Rudi ( doctum hominem et suavem, come lo chiama Cicerone, De Fin., V, 5), che faceva anch'esso discender Pitagora miticamente all'inferno , dove vedesse puniti Omero ed Esiodo per le cose sconvenevolmente dette intorno agl'iddii (Diog. Laer., VIII, 19). Ma noi abbiamo già notato , e anche ripeteremo , che fra le idee religiose e le altre parti della sapienza pitagorica dovea essere una necessaria con nessione; e questa sapienza , che recava tutto all ' Unità , alla Monade teocosmica , non poteva non applicare cotal suo principio al politeismo volgare . Imperocchè gl'intendimenti de'pitagorici fossero quelli di educatori e di riformatori magnanimi . Fugandum omni conatu, et igni atque ferro, et qui buscumque denique machinis praecidendum a corpore quidem morbum, ab anima ignorantiam (ápasiav), a ventre luxuriam , a civitate seditionem , a fumilia discordiam dixooposúvnu) , a cunclis denique rebus excessum láustpiav): Queste parole forti, dice Aristosseno , allegato da Porfirio ( V. P. , 22 ) , suo . navano spesso in bocca a Pitagora ; cioè , questo era il grande scopo della sua istituzione. Ed egli , come ci attesta forse lo stesso Aristosseno , tirannie distrusse , riordinò repubbliche sconrolle , rivend.cò in libertà popoli schiavi, alle illegalità pose fine , le soverchianze e i prepotenti spense , e fucile e beni gno duce si diede ugli uomini giusti e mansueti (Giamb., V. P. , XXXII). Or chi dirà che questi intendimenti riformativi non dovessero aver vigore per rispetto alle religioni? Ma il savio leggitore congiunga storicamente questi propositi e ulici pitagorici con le azioni della gente dorica, distrug . gitrice delle tirannidi. Ma questa dottrina sacra , chi l'avesse così rivelata al popolo com'ella era in se stessa , sarebbe sembrata cosa empia, e fatta a sovvertire le antiche basi della morale e dell'ordine pubblico . Il perchè non mi maraviglio che se veramente nella tomba di Numa, o in altro luogo , furono trovati libri pitagorici di questo genere , fossero creduti più presto efficaci a dissolvere le religioni popolari che ad edificarle, e dal romano senno politicamente giudicati de gni del fuoco. Nè trovo difficoltà in ciò che dicea Cicerone de'misteri di Samotracia, di Lenno e di Eleusi, ove le volgari opinioni teologiche interpretate secondo la fisica ra gione trasmutavansi in iscienza della natura -- ... quibus explicatis ad rationemque revocalis , rerum magis natura cognoscitur, quam deorum. De Nat. Deor., 1 , 42. La teologia fisica era altra cosa da quella politica ; di che non occorre qui ragionare . Quanto ai libri pitagorici trovati nel sepolcro di Numa , la cosa con alcuna varietà è concordemente attestata da Cassio Emina , da Pisone , da Valerio Anziate, da Sempronio Tuditano , da Varrone , da Tito Livio , da Valerio Massimo , ( L. 1 , c . 1 , 4 , 12) e da Plinio il vecchio ; al quale rimando i miei leggito ri ; XIII , 13. Sicché difficilmente potrebbesi impugnare l'esistenza del fatto . Se poi il fatto fosse genuino in sé, chi potrebbe dimostrarlo? Contentiamoci a tassare di severità soverchia il senno romano. Un solo principio adunque informava la società, la disciplina, la religione, la filosofia di Pitagora : e la necessa ria e indissolubile connessione che indi viene a tutte que ste cose , che sostanzialmente abbiamo considerato , è una prova certa della verità istorica delle nostre conclusioni. Ma a questa sintesi luminosa non posero mente gli studiosi; e duolmi che anche dall'egregio Ritter sia stata negletta. Egli non vede nel collegio se non una semplice società privata : e pur dee confessare i pubblici effetti che ne deri varono alle città della Magna Grecia. Trova nella religione il punto centrale di tutta quella comunità ; ma non la segue per tutti gli ordini delle cose , mostrando , quanto fosse possibile , la proporzionata dipendenza di queste e il proporzionato impero di quella. La fa vicina o non contraria al politeismo volgare e distinta assai o non sostanzialmente unita con l'idea filosofica , e la copre di misteriose ombre e solamente ad essa reca la necessità o l'opportunità del mistero. Insomma , guarda sparsamente le cose , che cosi disgregate, in distanza di tempo, rimpiccoliscono. Che se ne avesse cercato il sistema , le avrebbe trovate più grandi , e tosto avrebbe saputo interrogare i tempi e storicamente comprovare questa loro grandezza. Come il Meiners pose nell'idea politica il principio e il fine del. l'istituzione pitagorica, così il Ritter massimamente nell'idea religiosa. Ma il criterio giusto di tutta questa istoria è nell'idea' sintetica nella quale abbiamo trovato il principio organico del pitagorico sistema, e alla quale desideriamo che risguardinu sempre gli studiosi di queste cose. Pitagora, venuto dopo i primi legislatori divini e non per ordinare una civiltà parziale , ma dal concetto di una piena educazione dell'uomo essendosi inalzato a quello dell'umanità che per opra sua cominciasse , si vide posto , per la natura de' suoi intendimenti, in tali condizioni, da dover procedere con arti molto segrete e con prudente circospezione. Imperocchè dappertutto egli era il comin ciatore di un nuovo e speciale ordine di vita in mezzo alla comune ed antica. Onde l'arcano e l'uso di un linguaggio sim bolico, che generalmente gli bisognavano a sicurezza esterna dell'Istituto, egli doveva anche combinarli con profonde ragioni organiche nell'ordinamento interiore. Acusmatici e matematici, essoterici ed esoterici , pitagorici e pitagorèi , son diversi nomi che potevano non essere adoperati in principio , ma che accennano sempre a due ordini di per sone , nei quali , per costante necessità di cause , dovesse esser partita la Società , e che ce ne chiariranno la costituzione e la forma essenziale. Erano cause intrinseche , e sono e saranno sempre, la maggiore o minore capacità delle menti ; alcune delle quali possono attingere le più ardue sommità della sapienza, altre si rimangono nei gradi inferiori. Ma queste prime ragioni , fondate nella natura delle cose, Pitagora congiunse con altre di non minore importanza. Perché lo sperimento degl' ingegni gli pro vava anche i cuori e le volontà : e mentre durava la disciplina inferiore , che introducesse i migliori nel santuario delle recondite dottrine , quell'autorità imperiosa alla quale tutti obbedivano , quel silenzio , quelle pratiche religiose , tutte quelle regole di un vivere ordinato ch'essi aveano saputo osservare per farsene continuo profitto, gli formava al degno uso della libertà , che, se non è imparata ed esercitata dentro i termini della legge, è licenza di schiavi e dissoluzione di forze. Cosi coloro, ai quali potesse es sere confidato tutto il tesoro della sapienza pitagorica, aveano meritato di possederla, e ne sentivano tutto il prezzo , e come cosa propria l'accrescevano. E dopo avere acquistato l'abito di quella virtù morale che costi tuiva l'eccellenza dell'uomo pitagorico , potevi essere am messo al segreto dei fini, dei mezzi , e di tutto il sistema organico e procedimenti della società. La forma adunque , che questa dovesse prendere, inevitabilmente risultava da quella partizione di persone , di discipline , di uffici, della quale abbiam trovato il fondamento in ragioni desunte dall'ordine scientifico e in altre procedenti dall'ordine pratico , le une colle altre sapientemente contemperate : e l'ar cano , che mantenevasi con le classi inferiori e con tutti i profani, non aveva la sua necessità o convenienza nell'idea religiosa o in alcuna altra cosa particolare , ma in tutte. Tanto in questa società la religione era filosofia; la filosofia, disciplina a perfezionamento dell' uomo ; e la perfezione dell'uomo individuo , indirizzata a miglioramento ge nerale della vita ; vale a dire , tutte le parti ottimamente unite in bellissimo e costantissimo corpo . Con questa idea sintetica parmi che molte difficoltà si vincano , e che ciascuna cosa nel suo verace lume rendasi manifesta. L'istituto pitagorico era forse ordinato a mero adempimento di uffici politici? No , per fermo ! ma era una società - modello , la quale se intendeva a miglio rare le condizioni della civiltà comune e aspirava ad oc cupare una parte nobilissima e meritata nel governo della cosa pubblica , coltivava ancora le scienze , aveva uno scopo morale e religioso, promoveva ogni buona arte a perfezio namento del vivere secondo una idea tanto larga , quanta è la virtualità della umana natura . Or tutti questi elementi erano in essa , come già mostrammo, ordinati sistema : erano lei medesima formatasi organicamente a corpo mo rale . E quantunque a ciascuno si possa e si debba attri buire un valore distinto e suo proprio , pur tutti insieme vo gliono esser compresi in quella loro sintesi organica. Certo è poi che la massima forza dovea provenirle dalla sapienza e dalla virtù de'suoi membri, e che tutto il vantaggio ch'ella potesse avere sulla società generale consisteva appunto in questa superiorità di cognizioni , di capacità , di bontà morale e politica , che in lei si trovasse. Che se ora la consideriamo in mezzo alle città e popoli, fra i quali ebbe esistenza , non sentiamo noi che le prudenti arti , e la politica che potesse adoperare a suo maggiore incremento e prosperità, doveano avere una conformità opportuna , non con una parte sola de' suoi ordini organici , ma con l'integrità del suo corpo morale, e con tutte le operazioni richieste a raggiun gere i fini della sua vita? Ove i pitagorici avessero senza riserva fatto copia a tutti della scienza che possede vano , a che starsi uniti in quella loro consorteria? qual differenza fra essi , e gli altri uomini esterni? O come avrebbero conservato quella superiorità , senza la quale mancava ogni legittimo fondamento ai loro intendimenti, alla politica , alla loro consociazione ? Sarebbe stato un ri nunziare se stesso. E se la loro religione mostravasi non discordante da quella popolare, diremo noi che fra le loro dottrine, filosofiche, che fra tutta la loro scienza e le loro idee religiose non corresse una proporzione necessaria? Che non mirassero a purificare anche le idee volgari , quando aprivano le porte della loro scuola a tutti che fossero degni di entrarle ? Indi la necessità di estendere convenevolmente l'arcano a tutta la sostanza della loro interna vita , e perd. anche alle più alte e più pure dottrine filosofiche , e religiose. S'inganna il Ritter quando limita il segreto alla religione; ma ingannossi anche il Meiners che a questa lo credette inutile affatto , e necessarissimo alla politica , di cui egli ebbe un concetto difettivo non comprendendovi tutti gl'interessi dell'Istituto . Nè l'esempio di Senofane ch'egli adduce a provare la libertà allora concessa intorno alle opinioni religiose , ha valore . Imperocchè troppo è lon tana la condizione di questo filosofo da quella della società pitagorica . E che poteva temere il popolo per le patrie istituzioni dalla voce solitaria di un uomo ? da pochi motti satirici ? da una poesia filosofica ? L'idea semplicemente proposta all' apprensione degl ' intelletti è approvata , rigettata , internamente usata , e ciascuno l'intende a suo grado , e presto passa dimenticata dal maggior numero . Ma Pitagora aveva ordinato una società ad effettuare le idee , ad avverarle in opere pubbliche, in istituzioni buone eserci tando un'azione continua e miglioratrice sulla società ge nerale . Quindi , ancorchè non potessero tornargli cagione di danno , non si sarebbe licenziato a divulgarle. Questa era una cara proprietà della sua famiglia filosofica ; la quale dovea con circospetta e diligente cura custodirla : aspettare i tempi opportuni , e prepararli: parteciparla ed usarla con discernimento e prudenza. Perchè non voleva restarsi una pura idea ; ma divenire un fatto. L'arcano adunque , gioya ripeterlo , dovea coprire delle sue ombre tutti i più vitali procedimenti , tutto il patrimonio migliore , tutto l'interior sistema della società pitagorica. E per queste ragioni politiche, accomodate alla sintetica pienezza della istituzione, la necessità del silenzio era cosi forte , che se ne volesse far materia di severa disciplina . Non dico l'esilio assoluto della voce , come chiamollo Apuleio , per cinque anni ; esagerazione favolosa : parlo di quel silenzio , che secondo le varie occorrenze individuali , fruttasse abito a saper mantenere il segreto. -- και γάρ ουδ' ή τυχούσα την παρ' αυτούς ή σιωπή, Magnum enim et accuratum inter eos servabatur silentium. Porfirio, V. P. , 19. E dopo averlo conceduto a questa necessità poli tica , non lo negherò prescritto anche per altre ragioni più alte . Che se Pitagora non ebbe gl'intendimenti de' neo - pi tagorici , forseché non volle il perfezionamento dell'uomo interiore ? E se al Meiners parve essere utilissima arte mne monica quel raccoglimento pensieroso , quel ripetere men talmente le passate cose che ogni giorno facevano i pita gorici , e non gli dispiacquero que' loro passeggi solitarii nei sacri boschi e in vicinanza de'templi , che pur somigliano tanto a vita contemplativa , come potè esser nemico di quel silenzio che fosse ordinato a questa più intima vita del pensiero ? Quasiché Pitagora avesse escluso la filosofia dalla sua scuola , e non vedesse gli effetti che dovessero uscire da quel tacito conversare delle profonde anime con seco stesse . Ma tutta la sua regola è un solenne testimonio con tro queste difettive e false opinioni , le quali ho voluto forse un po' lungamente combattere a più fondato stabilimento di quella vera . I ragionamenti più belli e più giusti all ' apparenza talvolta cadono alla prova di un fatto solo , che ne scopre la falsità nascosta . Ma tutte le autorità del mondo non hanno forza , quando non si convengono con le leggi della ragione : e la storia che non abbraccia il pieno ordine dei fatti, e non sa spiegarli con le loro necessità razionali , ne frantende il valore e stringe vane ombre credendo di fondarsi in verità reali . Noi italiani dobbiamo formarci di nuovo alle arti trascurate della storia delle idee e delle dottrine ; ma gli scrittori tedeschi quanto abbondano di cognizioni tanto di fettano alcune volte di senno pratico : infaticabili nello stu dio , non sempre buoni giudici delle cose. La forma dell'istituto pitagorico fu opera di un profondo senno per la moltiplicità degli elementi e de'fini che domandavano ordine e direzioni ; ma a cosiffatte norme si governavano anche le altre Scuole filosofiche dell'antichi tà , e massimamente i collegi jeratici , fra i quali ricorderò quello d'Eleusi. Là i piccoli misteri introducevano ai grandi , e i grandi avevano il vero compimento loro nell'epoptèa o intuizione suprema I primi con severe astinenze , con lu strazioni sacre , con la giurata religione del segreto , ec. , celebravansi di primavera , quando un'aura avvivatrice ri circola per tutti i germi della natura . I secondi , d'autunno; quando la natura , mesta di melanconici colori, t'invita a meditare l'arcano dell'esistenza , e l'arte dell'agricoltore , confidando i semi alla terra , ti fa pensare le origini della provvidenza civile . E il sesto giorno era il più solenne . Non più silenzio come nel precedente ; ma le festose e ri . petute grida ad Jacco , figlio e demone di Cerere. E giunta la notte santa , la notte misteriosa ed augusta , quello era il tempo della grande e seconda iniziazione , il tempo dell'eеро ptea . Ma se tutti vedevano i simboli sacri ed erano appellati felici, non credo però che a tutti fosse rivelato il segreto delle riposte dottrine , e veramente compartita la felicità che proviene dall' intelletto del vero supremo . Abbiam toccato di queste cose , acciocchè per questo esempio storico fosse meglio compreso il valore del famoso ipse dixit pitagorico , e saputo che cosa veramente impor tasse vedere in volto Pitagora . Quello era la parola dell'au torità razionale verso la classe non condizionata alla visione delle verità più alte , nè partecipante al sacramento della Società ; questo valeva la meritata iniziazione all ' arcano della Società e della scienza. Di guisa che dalla profonda considerazione di essi ci viene la necessaria spiegazione di quella parte del mito , secondo la quale Pitagora é immedesimato coll' organamanto dell' Istituto : e determinando l'indole della sua disciplina e della sua religiosa filosofia abbiam trovato la misura dell'idea demonica del . l'umana eccellenza , che fu in lui simboleggiata . Che era l'ultimo scopo di queste nostre ricerche. Il Gioberti vede in Pitagora quasi un avatara miligato e vestito alla greca. Del Buono, IV, p. 151. Noi principalmente abbiamo risguar dato all'idea italica, ma presupponendo sempre le possibili deriva. zioni orientali. Ma se anche all'altra parte del mito , la quale concerne gli studiosi viaggi e l'erudizione enciclopedica di quell'uomo divino , indi non venisse lume logicamente necessario , non potrebbe in una conclusione piena quietare il nostro intelletto. Conciossia chè, queste due parti non potendo essere separabili , ciò che è spiegazione storica dell'una debba esserlo comunemente dell'altra. Or tutti sentono che ad una Società, i cui membri potevano essere d'ogni nazione , e che fu ordinata a civiltà cosmopolitica , ben si conveniva una sapienza storica raccolta da tutti i paesi che potessero essere conosciuti. Ma ciò non basta . Già vedemmo , la dottrina psicologica di Pitagora con cordarsi molto o anche avere medesimezza con l'ontologica ; sicchè torni impossibile intender bene il domma della me tempsicosi , chi non conosca come Pitagora spiegasse le sorti delle anime coi periodi della vita cosmica , e quali proporzioni e leggi trovasse tra questa vita universale e le particolari. Ma s'egli per l'indole di cosiffatte dottrine vedeva in tutti gli uomini quasi le sparse membra di un corpo solo, che la filosofia dovesse artificiosamente unire con vincoli di fra ternità e d'amicizia , dovea anche amare e studiosamente raccogliere le cognizioni , quante per ogni luogo ne ritro vasse, quasi patrimonio comune di tutti i seguitatori della sapienza . E forse in questi monumenti dello spirito umano cercava testimonianze storiche , che comprovassero o des sero lume ai suoi dommi psicologici; forse quello che fu favoleggiato intorno alle sue migrazioni anteriori nel corpo di Etalide , stimato figlio di Mercurio , e nei corpi di Euforbo , di Ermotimo e di Pirro pescatore delio , ha la sua probabile spiegazione in questi nostri concetti. Questo mito , che altri narrano con alcune varietà, da Eraclide pon tico é riferito sull'autorità dello stesso Pitagora (Laerzio, VIII , 4) ; il che , secondo la storia positiva , è menzogna. Ma nella storia ideale è verità miticamente significata ; perchè qui Pitagora non è l'uomo , ma l'idea , cioè la sua stessa filosofia che parla in persona di lui. La psicologia pitagorica essendo anche una scienza cosmica, nella dottrina segreta deila metempsicosi doveano essere determinate le leggi della migrazione delle anime coordinandole a quelle della vita del mondo: TepūTOV TË QATL , scrive Diogene Laerzio, τούτον απoφήναι , την ψυχήν , κύκλον ανάγκης αμείβου . oav , äraore än2015 évseifar C60! 5 , VIJI. 12. primumque hunc (parla di Pitagora) sensisse aiunt, animam, vinculum necessitatis immutantem , aliis alias alligari animantibus. Che queste leggi fossero determinate bene , non si vuol credere ; ma che realmente se ne fosse cercato e in alcun modo spie . gato il sistema , non vuol dubitarsene . E con questa psicologia ontologica dovea essere ed era fin da principio congiunta la morale de'pitagorici. Or io non vorro qui dimostrare che le idee di Filolao , quale vedeva nel corpo umano il sepolcro dell'anima , fossero appunto quelle di Pitagora : ma a storicamente giudicare l'antichità di queste opinioni, debb' essere criterio grande la dottrina della metempsicosi , non considerata da sè , ma nell'ordine di tutte le altre che possono con buone ragioni attribuirsi al primo maestro. L'anima secondo queste dottrine essendo l'eterna sostanza avvivatrice del mondo, e non potendo avere stanza ferma in nessun corpo tellurico , come quella che perpetuamente dee compiere gli uffici della vita cosmica , dovea mostrarsi a coloro , che le professassero come una forza maravigliosa che tutto avesse in sè , che tutto potesse per se medesima , ma che molto perdesse della sua purezza, libertà , e vigore primigenio nelle sue congiunzioni corporee , etc. Queste idee son tanto connesse , che ricusare questa inevitabile connessione loro per fon . dare la storia sopra autorità difettive o criticamente abusate, parmi essere semplicità soverchia. Finalmente , a meglio intendere l'esistenza di queste adunate dottrine, giovi il considerare , che se nell'uomo sono i germinativi della civiltà , essi domandano circo. stanze propizie a fiorire e fruttificare, e passano poi di terra in terra per propaggini industri o trapiantamenti opportuni . Laonde se la tradizione è grandissima cosa nella storia dell'incivilimento , i sacerdoti antichi ne furono principa lissimi organi : e molte comunicazioni segrete dovettero naturalmente correre tra queste corporazioni jeratiche ; o quelli che separavansi dal centro nativo , non ne perde vano al tutto le memorie tradizionali . Questo deposito poi si accresceva con la storia particolare dell'ordine, che ne fosse il proprietario , e pei lavori intellettuali de' più cospi cui suoi membri . La gloria privata di ciascun uomo ecclis savasi nello splendore della Società, a cui tutti comune mente appartenevano; ed ella compensava largamente l'uomo che le facea dono di tutto se stesso , esercitando col di lui ministero molta parte de'suoi poteri, e mostrando in esso la sua dignità . Anco per queste cagioni nella So. cietà pitagorica doveva esser il deposito di molte memorie e dottrine anteriori alla sua istituzione , cumulato con tutte quelle che fossero le sue proprie : e fino all'età di Filolao , quando il domma della scuola non fu più un arcano ai non iniziati , tutto fu recato sempre al fondatore di essa , e nel nome di Pitagora conservato , aumentato , e legittimamente comunicato. Essendomi allontanato dalle opinioni del Meiners intorno all'arcano pitagorico, non mi vi sono aderito neppure facendo questa , che è molto probabile congettura , fondata nella tradizione che Filolao e i pitagorici suoi contemporanei fossero i primi a pubblicare scritti sulla loro filosofia, e accettata anche dal Boeckh , e dal Ritter. Il domma pitagorico, dice Laerzio, VIII , 15 , confermato da Giamblico, V. P. , XXXI , 199, da Porfirio , da Plutarco, e da altri , il domma pitagorico si restò al tutlo ignoto fino ai tempi di Filolao , μέχρι δε Φιλολάου ουχ ήν τι γνώναι Πυθαγόρειον δόγμα. Qui adunque abbiamo un termine storico , che ci sia avvertimento a distin guere le autorità anteriori dalle posteriori intorno alle cose pitagoriche , e a farne sapientemente uso. - Nė da cid si argomenti che la filosofia pi tagorica non avesse processo evolutivo in tutto questo corso di tempi , o che tutti coloro che la professavano si dovessero assolutamente trovar concordi in ogni loro opinione. La sostanza delle dottrine , i principali intendimenti , il principio fondamentale certamente doveano conservarsi : le altre parti erano lasciate al giudizio e all'uso libero degl'ingegni. Ma qui osserveremo , che il deposito delle dottrine e di tutte le cognizioni istoriche essendo raccomandato alla memoria di questi uomini pi tagorici , indi cresceva la necessità di formarli e avvalorarli col silenzioso raccoglimento alle arti mnemoniche, e di usare insieme quelle simboliche . Le quali se da una parte erano richieste dalla politica; dall'altra doveano servire a questi ed altri bisogni intellettuali. E così abbiamo il criterio opportuno a valutare storicamente le autorità concernenti questo simbolismo della scuola e società pitagorica. Questo nostro lavoro non è certamente, nè poteva es sere , una intera storia di Pitagora , ma uno stradamento, una preparazione critica a rifarla, e una fondamentale no zione di essa. Stringemmo nella narrazione nostra le anti chissime tradizioni mitiche e anche le opinioni moderne fino ai tempi d’Jacopo Bruckero , quando la critica avea già molte falsità laboriosamente dileguato, e molte cose illu strato , e dopo il quale con argomenti sempre migliori ella vien servendo alla verità storica fino a ' giorni nostri ; or dine di lavori da potersi considerare da sé. Però quello era il termine, a che dovessimo riguardare siccome a certo segno, che finalmente una nuova ragione fosse sorta a giudicare le cose e le ragioni antiche con piena indipen denza e con autorità sua propria. E allora anche nell'Italia valorosi uomini aveano già dato e davano opera a un nuovo studio dell'antichità, quanto si convenisse con le più intime e varie condizioni della cultura e civiltà nazionali. Contro il Bruckero disputò dottamente il Gerdil e mostrò non im possibile a fare un'accettevole storia di Pitagora, quasi temperando con la gravità del senno cattolico la scioltezza di quello protestante. E il Buonafede non illustrò con indagini originali questo argomento; inteso com'egli era piuttosto a rifare il Bruckero, che a fare davvero una sua storia della filosofia: uomo al quale abbondava l'ingegno , nė mancava consuetudine con le dottrine filosofiche, nè elo quio a discorrerle: ma leggero sotto le apparenze di una superiorità affettata, e troppo facile risolutore anche delle difficili questioni con le arguzie della parola. Separò il romanzo dalla storia di Pitagora con pronto spirito senza pur sospettare nel mito uno storico valore, e narrò la storia senza profondamente conoscerla. Nè il Del Mare seppe farla con più felice successo , quantunque volesse mostrare in gegno a investigar le dottrine . In tutti questi lavori è da considerarsi un processo d'italico pensiero signoreggiato dall'idea cattolica , e con essa dommaticamente e storica mente congiunto. Con più indipendenza entrò il Sacchi in questo arringo; ma uguale agl’intendimenti dell'ingegnoso giovine non fu la maturità degli studi. Col Tiraboschi, scrittore di storia letteraria, e col Micali , scrittore di una storia generale dell'Italia antica , le nostre cognizioni in torno a Pitagora si mantengono non inferiori a quelle de gli altri popoli civili fino al Meiners , ma con servilità o con poca originalità di ricerche . Una nuova via liberamente si volle aprire Vincenzo Cuoco, le cui fatiche non sono da lasciare senza speciale riguardo , e che , se la salute non gli fosse fallita alla mente, avrebbe anche fatto più frut tuose . Discorre con criterio suo proprio le antichità della sapienza italica : combatte il classico pregiudizio di quelle greche : non accetta tutte le conclusioni del Meiners: aspira a una ricomposizione di storia , non dirò se scevro del tutto neppur ' egli di pregiudizi , o con quanta preparazione di studj , ma certo con divisamento generoso , e con dimo strazione di napoletani spiriti . Finirò lodando i bei lavori storici dello Scina sulla coltura italo - greca, e il bel discorso sul vitto pittagorico , che è l'ottavo di quelli toscani di Antonio Cocchi, scritto con elegante erudizione, e con quella sobria e pacata sapienza , che tanto piace nei nobili investigatori del vero. Più altre cose fatte dagl'Italiani avrei potuto menzionare ; ma quelle che dissi bastavano all'occorrenza. Fra le anteriori al termine , dal quale ho incominciato questa menzione , noterò qui di passaggio i lavori inediti di Carlo Dati, e quelli di Giov. Battista Ricciardi , già professore di filosofia morale nella Università pisana nel secolo decimosettimo , le cui lezioni latinamente scritte si conservano in questa biblioteca . Fra tutti quelli da me menzionati il Gerdil occupa certamente il primo luogo per ri spetto alla esposizione delle dottrine, quantunque difetti nella critica delle autorità istoriche (Vedi Introd . allo studio della Relig. lib. II , SS 1 e seg.). Nell'Italia adunque alla illustrazione dell' argomento che abbiamo trattato non mancarono storie generali , nè speciali , nè dotte monografie: ma per la maestà superstite del mondo antico , per la conservatrice virtù della religione , per la mirabile diversità degl' ingegni , per la spezzatura degli stati , per le rivoluzioni e il pestifero regno delle idee forestiere la critica nella storia della filosofia, e conseguentemente in quella di Pitagora , non ha avuto costante procedimento, nè intero carattere nazionale , nè pienezza di liberi lavori. Ma non per questo abbiamo dormito : e fra i viventi coltivatori di queste discipline il solo Gioberti basta a mantenere l'onore dell'Italia nella cognizione delle cose pitagoriche. Del Buono; IV , pag . 147 e seg. Invitato dall'egregio Niccolò Puccini a dettare sull'an tico fondatore dell'italiana filosofia una sufficiente notizia , nè io voleva sterilmente ripetere le cose scritte da altri , nè poteva esporre in pochi tratti tutto l'ordine delle mie investigazioni ed idee. lo faceva un lavoro non pei soli sa pienti , ma per ogni qualità di leggitori , i quali non hanno tutti il vero senso storico di questi oggetti lontanissimi , e troppo spesso , quanto meno lo posseggono , tanto più son pronti ai giudizi parziali e difettivi. Pensai di scriver cosa , che stesse quasi in mezzo alle volgari cognizioni sopra Pi tagora e a quella più intima che se ne vorrebbe avere ; che fosse una presupposizione degli studi fatti, e un comincia mento di quelli da potersi o doversi fare tra noi . E peroc chè tutti , che mi avevano preceduto nella nostra Italia, erano rimasti contenti alla storica negazione del mito io cominciai dalla razionale necessità di spiegarlo , e poste alcune fondamenta salde , di qui mossi a rifare la storia . Per quanto io naturalmente rifugga dalla distruzione di nessuna , e però degnamente ami la creazione delle nuove cose, non voglio dissimulare che dopo aver provato potersi interpretare il mito e conservare Pitagora - uomo alla storia , riman sempre alcun dubbio , via via rampol lante nell'anima dalla profonda considerazione di queste cose antiche. Ma laddove non è dato vedere , senz'ombra nè lacune, la verità , ivi la moderazione è sapienza necessa ria , e la probabilità dee potere stare in luogo della certezza . Di che forse potrò meglio ragionare in altra occasione . È desiderabile che alcun diligente cercatore delle antichità ita liche consacri le sue fatiche a raccogliere tutti gli elementi semitici che possono trovarsi nella primitiva formazione del nostro viver civile non separandoli dai pelasgici , e che faccia un lavoro pieno, quanto possa , intorno a questo argo mento . Forse alcune tradizioni che poi divennero greche erano prima fenicie : forse nei primordi di Roma , anche pelasgica , quegli elementi sono più numerosi e meno in frequenti , che altri non creda : forse alla storia di Pitagora potrebbe venir nuovo lume da questa via di ricerche. Ho sempre reputato anch' io molto simile al vero l'opinione ulti mamente mantenuta dall'egregio Conte Balbo ; quella cioè della consan . guinità semitica dei pelasgbi . Poi con nuove ricerche vuolsi illustrare l'azione e l'influsso che i Fenici esercitarono nella nostra civiltà antica . Il corso trionfale dell ' Ercole greco , che compie la sua decima fatica mo vendo con le sue forze da Creta , e poi dalla Spagna e dalle Gallie pas . sando in Italia ; corso narrato da Diodoro Siculo (B.6l . Hist. , IV, 17 seqq. Wess.) sulle tradizioni conservate da Timeo , e che ha tutte le apparenze di una magnifica epopca , è da restituirsi all'Ercole Tiri , come fu a buon dritto giudicato dall'Heeren ( De la politique, e du commerce, etc. II , sect . I , ch . 2) . E il luogo sortito dai fati alla futura Roma è notabile scena alle azioni dell'eroe che per tutto abbatte i tiranni , volge al meglio le istituzioni e le condizioni del suolo , e insegna le arti della vita ; simbolo della civiltà che seconda alle navigazioni, ai commerci , alle colonie , alle idee, agl'influssi fenicii. Il mito , poi divenuto romano , intorno a Caco , e a Potizio e Pinario, forse allude alle condizioni vulcaniche della terra , e alla coltura che indi vi s' inducesse per opera dei semiti, o di altri . E non poche voci semitiche tuttavia restano nella lingua del Lazio , e a radice semitica potrebbersi recare molti nomi che hanno valore istorico nei primordi ro mani. Quanto a Pitagora , non vorremo qui aggiungere altro a quello che abbiam detto de ' suoi viaggi orientali Qui ricorderemo che l'idea sto rica per esso rappresentata ha gran medesimezza con quella di tutta la no stra civiltà primitiva ; e quanti elementi semitici dovessero essere in que sta nostra civiltà antichissima può argomentarsi anche da queste nostre indicazioni quantunque molto imperfette. Ma è osservazione da non potersi pretermettere , che la filosofia non prima ha stabilimento nelle terre italiane, che non si contenta alle speculazioni sole , ma quasi inspi rata dal clima par conformarsi alla natura di questi nostri uomini, e volge le sue arti alla pratica. Per altro non sia chi dimentichi che i primi ordinatori delle civiltà furono anch'essi sapienti : furono sapienti i fondatori delle ari stocrazie jeratiche, e usarono il sapere a disciplina so ciale e a stromento d'impero. L'idea , di qualunque natura ella siasi , tende sempre per impeto suo proprio a estrin secarsi in un fatto ; la quale non solo è figlia divina della Mente, ma è piena del valore di tutte le esterne cose , che la fanno nascere, e alle quali spontaneamente ritorna. Ma quando la sapienza, posta nella costituzione delle città, o professata nei recessi sacerdotali , non basta più ai bisogni del secolo , e il secolo produce alcuni privilegiati ingegni che debbano darle gagliardo moto ed accresci mento , allora questi nuovi pensatori la fanno unico scopo a tutti i loro studi , e cosi compiono il grande ufficio a che nacquero destinati. Le cose pubbliche sono oggimai ordi nate, e l'amministrazione loro è nelle mani di tali che troppo spesso sarebbero i più indegni di esercitarla; e i popoli, i cui mali richiedono pronti e forti rimedi, in quelli pazzamente si compiacciono ed imperversano , da questi ciecamente aborriscono. E la crescente copia delle cose umane domanda convenevole partizione di lavori. Onde al magnanimo amico della verità e del bene non altro resta se non l'asilo della mente profonda , l' immensità luni nosa , la libertà , la pace del mondo ideale: e là egli cerca la verace patria, là eseguisce i suoi civili uffici ; e a riformare il mondo, dal quale sembra aver preso un volontario esiglio, manda l'onnipotente verità, e ci opera il bene e ci ottiene il regno con la virtù dell'idea. Però a storicamente giudicare gl'intendimenti pratici della filosofia pitagorica, vuolsi considerarla per rispetto allo indirizzo al tutto speculativo della scuola jonica, e alle condizioni generali della vita , onde questa scuola non fu rivolta all'operazione. Lo che facendo, un'altra volta si scopre e sempre meglio s'intende che le instituzioni di Pitagora non hanno una semplice conformità col presente stato del loro secolo, ma profonde basi nel passato, dalle quali tendono a infu turarsi in un'epoca migliore con quel principio di universalità storica, scientifica e sociale, che abbiamo, quanto bastasse, dichiarato. Se poi vogliamo perfezionare i nostri concetti intorno all'opportunità di questo italico Instituto, guardiamo anche ai tempi moderni , nei quali tutto è pubblicità, diffusione e comunicazione di cose; onde il sapere e l'istruzione dalle sommità sociali discorrono scendendo fino alle estremità più umili, e col far dono di sè cercano fruttificazione nuova dalle vive radici e robusto ceppo del grand'albero sociale. Non credo nè che tutti gl'ingegni si ridurranno mai ad una misura comune, nè che l'altezza né la pienezza dello scibile potrà mai essere accessibile e godevole parimente a ciascuno. L'educazione dell'umanità in questa mirabile èra che per lei incomincia, sarà universale per questo, che ciascuno secondo le sue facoltà, potrà e dovrà dar loro la forma convenevole, e sapere quello che gli sia bisogno, e fare quello che gli si compela e che meglio il sodisfaccia. Ma quanto l'umanità sarà grande, tanto gli uomini saranno, non dico individualmente piccoli , i quali anzi parteciper ranno in comune a tanta grandezza, ma a distanze degna mente proporzionate diseguali verso di essa, e fra loro. Nel secolo di Pitagora il genere umano non aveva né i prodi giosi stromenti che ora possiede , nè la coscienza delle sue forze consociate: lo che vuol dire che umanità verace e grande non vi era , o non sapeva di essere , e bisognava formarla . Il perchè una società , che introducesse fratellanza fra greci e barbari, unioni intime fra molti stati tal volta microscopici, commerci fra genti lontane , grandezza fra idee limitate e passioni anguste, lume di discorso fra consuetudini cieche e forti, l'umanità insomma nell'uomo e nel cittadino delle cittadinanze divise, era opportunissima ai tempi. Una disciplina comunicantesi a tutti avevano que piccole cittadinanze greche ed italiche (e però le antiche repubbliche furono anche sistemi di educazione) ma misurata dalle leggi fondamentali, non avviata con norme re golari a sempre nuovo perfezionamento, dominata dagl'in teressi, esposta a mille abusi e corruzioni, e sempre circo scritta ad un luogo A superare tutti questi limiti bisognava , lasciando le moltitudini, intender l'occhio ai migliori di tutti i paesi, e consociarli a consorterie , che avessero la loro esistenza propria, e formassero uomini nuovi a bene delle antiche patrie. Cosi Archita seppe essere nobilissimo Pitagorico, e governare Taranto con senno pratico, e con durre sette volte i suoi concittadini a bella vittoria combat. tendo contro i Messapi. E il pitagorico Epaminonda fu il più grande o uno dei più grandi uomini della Grecia. Prima che le cose umane cospirassero tutte a cattolicità per impeto necessario , doveano passare molti secoli , e molte arti essere variamente sperimentate dall'uomo. Roma pagana facea servir le colonie a più concorde universalità d'impero, e Roma cristiana gli ordini monastici. Ma queste arti ed instituti sono buoni finché hanno convenienza coi tempi. Quando l'umanità si muove a scienza, a educazione , a generale congiunzione di forze e d'interessi, le comunità parziali o debbono conformarsi a questa legge universale, o riconoscersi cadaveri e lasciarsi seppellire ai vivi . L'indole e gli spiriti aristocratici , che per le condi zioni di quella età dove assumere e mantenere il pitagorico Instituto, furono (e parrà contradizione a chi poco pensa) principalissima causa della sua ruina. Che se nelle repubbliche della Magna Grecia il reggimento degli ottimati pre valeva degenerando spesso ad oligarchia, tanto peggio. Perchè un'aristocrazia graduata su meriti personali, e forte in un sistema di consorterie filosofiche e per superiorità di scienza e di virtù, stava fronte di un'altra fondata sui privilegi ereditarii delle famiglie e sulle ricchezze, e forte negli ordini della vita comune : quella, disposta ad usare i dritti della natura signoreggiando col valore e col senno; questa , intesa a conservare i dritti civili con gelosia dispet tosa e riluttante. La patria comune, le ragioni del sangue , il vantaggio pubblico , gli effetti della buona educazione , la prudenza, la bontà, la moltiplicità dei pitagorici potevano impedire il male o temperarlo. Ma i giustamente esclusi dall'ordine, cordialmente l'odiavano: grande era la depravazione de' costumi: frequenti le mutazioni politiche: e popolani ed aristocratici facilmente si trovavano d'accordo a perseguitare nei collegi la virtù contraria a quelle loro depravazioni o interessi . E principalmente il furore de mocratico e quello tirannico stoltamente irruppero a di struggerli. Pitagora, come Ercole, le istituzioni pitagoriche, come le doriche costantemente avversano alle tirannidi monarchiche e popolari, e le distrug gono ; concordanza notabilissima. Indi le tirannidi popolari e monarchiche dovevano essere naturalmente avverse al pitagorismo che dalle prime fu miseramente distrutto. Gl' Italiani possono veder narrata la sua caduta dal Micali , e da altri ; ond'io , non potendo qui entrare in discussioni critiche , mi rimango dal ragionarne. Proporrò invece una osservazione op . portuna sopra un luogo che leggesi in Diogene Laerzio , e che fin qui passo trascurato perchè mancava il criterio a fare uso storicamente del mito : αλλά και αυτός εν τη γραφή φησι , δι' επτά διακοσίων ετέων έξ αϊδέω παρα yeyevñsal és ávspútous ; ipse quoque (Pythagoras) scribens ait, per ducentos et septem annos ex inferis apud homines ailfuisse (VIII. 1.) Che vuol dir cið? È egli una assurdità contennenda ? lo non lo credo. Quando ci parla Pitagora stesso , e miticamente , cið le più volte è argomento , non dell'uomo, ma dell'idea . Or chi cercasse in queste parole un valore fisiologico secondo l'antica sentenza , che poneva nell'inferno (in Aide) nei seni occulti della gran madre i germi della vita , che poi ne uscissero in luce , in luminis auras , qui troverebbe indicato il nascimento e il troppo lungo vivere di Pitagora-uomo; favola inaccettevole . Ma ragionandosi qui dell'idea impersonata nell'uomo , quella espressione tę didew , ex inferis, non vale una provenienza , che , recata ad effetto una volta , indi sia asso . lutamente consumata ; ma una provenienza , che si continua finchè duri la presenza della mitica persona , di che si parla , fra gli uomini. Onde , finchè Pitagora per dugento sett'anni è cosi presente , lo è in forma acco. modata alle sue condizioni aidiche , cioè recondite e misteriose : ex inferis o più conformemente al greco , è tenebris inferorum adest. Le quali condi zioni convenevolmente s'intenderanno, se ci ridurremoa memoria , che la discesa all'inferno, l'occultamento nelle sotterranee dimore è parte es senzialissima così nel mito di Orfeo e di Zamolcsi , come in quello di Pita gora , che hanno medesimezza fra loro. Ed ella significa o la mente che pe netra nelle cose sensibili per sottoporle al suo impero , ovvero , come nel caso nostro , quasi la incarnazione dell'idea puramente scientifica nella sensibilità del simbolo , dal quale si offre poi anche ai profani in forma proporzionata alla loro capacità , o passa invisibile fra loro come Minerva, che abbia in testa l'elmo di Plutone, o di Aide. Ma acciocchè con pieno effetto possa esser presente , è mestieri che altri sappia trarla fuori dell'in voglia simbolica , ég aidéw. Adunque , se queste nostre dichiarazioni non fossero senza alcun fondamento nel vero , noi avremmo ricuperato alla storia un documento cronologico , da valutarsi criticamente con gli altri risguardanti alla durata dell'Instituto pitagorico. Imperocchè , secondo questa testimonianza mitica , dalla fondazione di esso alla età di Filolao , e degli altri che pubblicarono le prime opere intorno alla loro filosofia , correrebbe lo spazio poco più di due secoli . E per tutto questo tempo Pitagora sarebbe stato presente agli uomini dall' inferno , d'infra le ombre di Ai de; cioè la sapienza da lui , e nel suo nome insegnata , avrebbe sempre parlato , come realmente fece, con un arcano linguaggio . – A rimover poi altre difficoltà procedenti da preoccupazioni istoriche, distinguasi la general coltura degli antichissimi uomini dalla scienza contemporaneamente posseduta dai collegi sacerdotali. Quello che sarebbe anacronismo intellet . tuale , chi ne facesse riferimento ai molti , talvolta è fatto istorico che vuolsi attribuire ai pochi , cioè all'aristocrazia dei pensanti. Nè io qui parlo della scienza della natura esterna ; ma dell'uso filosofico dell'umano pensiero.
Altre cause di male procedevano da quel fato antico onde tutte le cose mortali dall'ottima o buona condizione loro rivolgonsi a degenerazione e scadimento. Nè solo per vizio intrinseco ; ma ancora perchè la società corrotta cor rompe poi coloro che voleano migliorarla , e depravati gli disprezza o rifiuta. I nuovi Orfici, degeneri dalla primitiva disciplina , professavano solenni ipocrisie, e con imposture invereconde pigliavano a gabbo il credulo volgo. Coronati di finocchio e di pioppo e con serpentelli in mano corre vano per le vie nelle feste Sabazie , gridando come uomini inspirati , e danzando: chi divoto fosse purificavano : inse gnavano ogni spirituale rimedio , e preparavano a felicità sicura . E intanto seducevano le mogli altrui , e con pie frodi insidiavano alle tasche de' semplici ; testimoni sto rici , Euripide, Demostene e Teofrasto. A queste disorbi tanze non vennero mai , nè potevano , i pitagorici antichi. Ma la severità filosofica o anche il loro fasto schifiltoso trasmutossi in cinismo squallido , la religione in supersti zione , la virtù in apparenze vane ; sicchè furono bersaglio ai motti dei comici. Le quali corruzioni sono massima mente da recare alla malvagità dei tempi , e all' impotenza della regola nelle avversità e varie fortune dell'Instituto, cioè non veramente ad esso ma si ai falsi esecutori di quella regola. Degenerazioni ed abusi sono anche notati nel vecchio pitagorismo: Ritter, 1.c.; Lobeck, De pythagoreorum sententiis mysticis, diss. II , ec. – Poi vennero le contraffazioni affettate ; e Timeo nel libro nono delle sue isto rie , e Sosicrate nel terzo della Successione dei filosofi recavano a Diodoro d'Aspendo il cangiamento primo nell' abito , e nel culto esterno del corpo. Timaeus . . . . scriptum reliquit .... Diodoro ...diversum introducente or natum , Pythagoricisque rebus adhaerere simulante .. Sosicrales .... magnam barbam habuisse Diodorum narrat , palliumque gestasse , et tulisse comam , alque studium ipsorum Pythagoricorum , qui eum antecesserunt , for ma quadam revocasse, qui vestibus splendidis , lavacris , unguentis , lonsura que solita utebantur. Ateneo, Dipnos. IV , 19 , ove si posson leggere anche i motti de' comici — Diog. , Laert. , VIII , 20. Al capo di questa nobile istituzione non viene per fermo diminuzione di gloria per turpezze o follie di seguaci indegni , o per infelicità di tempi . Fu illustre il pitagorismo per eccellenza di virtù rare , per altezza e copia di dottrine , per moltiplicità di beni operati all'umana ge nerazione , per grandezza di sventure , per lunga e varia esistenza . Prima che un pelasgo-tirreno gli desse ordini e forma nella Magna Grecia , già sparsamente stava , come di cemmo, nell'Egitto e nell'Asia , e nei migliori elementi della civiltà ellenica e dell'italica . Intimamente unito con quella dorica penetrò per tutta la vita degl'italioti e si diffuse per tutti i procedimenti della loro sapienza : fu ispiratore e maestro di Socrate e di Platone, e con essi diede la sua filosofia al con tinente greco : e se stava nelle prime istituzioni di Roma , poi ritornovvi coi trionfi del popolo conquistatore , e nella romana consociazione delle genti quasi lo trovate in quegli effetti cosmopolitici a che miravano i concetti primi del suo fondatore. Dal seno della unitrice e legislatrice Roma usciva più tardi , come da fonte inesausta , quell'incivili mento che or fa la forza e il nobile orgoglio della nostra vita . Che s' io a tutte le nazioni, che più risplendono nella moderna Europa , tolgo col pensiero questa prima face di ci viltà che ricevettero dalle imperiose mani di Roma cosi pagana come cristiana , poco più altro veggo restare ad esse antiche che la notte della nativa barbarie . Le basi di tutto il mondo moderno sono e rimarranno sempre latine , perchè in Roma si conchiuse tutto l'antico ; e il pitagorismo , che noi con tutta la classica sapienza ridonammo ai moderni , lo troviamo congiunto con tutte le più belle glorie della nostra scienza comune , e quasi preludere , vaticinando , alle dottrine di Copernico, di Galileo , di Keplero, del Leibnitz e del Newton . Bello adunque di sapienza e di carità civile fu il consi . glio di Niccolò Puccini , il quale , tra le pitture , le statue ed altri ornamenti , che della sua villa di Scornio fanno un santuario aperto alla religione del pensiero , volle che sorgesse un tempio al tirreno fondatore dell'antichissima filosofia italica . Chè dove i nomi di Dante , di Michelan giolo , del Macchiavelli , di Galileo , del Vico , del Ferruccio , di Napoleone concordano con diversa nota nel concento delle nazionali glorie , e insegnano riverenza e grandezza alle menti degne di pensarli, a queste armonie monumentali della nostra vita sarebbe mancato un suono eloquentissimo se il nome di Pitagora non parlasse all'anima di chi vi ri. sguardi . E se Pitagora nel concetto organico della sua stu penda istituzione comprese il passato e l'avvenire , la ci viltà e la scienza , l'umanità ed i suoi destini e se ad esecuzione del suo altissimo disegno chiamò principalmente, come la più degna di tutti i paesi , l ' Italia ; qui l'Italia comparisce creatrice e maestra di arti , di dottrine , di popoli ; e dopo avere dall'incivilimento antico tratto il moderno , con Napoleone Bonaparte grida a tutte le na zioni , grida ai suoi magnanimi figliuoli, che al più grande svolgimento degli umani fati ella massimamente sa inau gurare le vie e vorrà con generose geste celebrarle. Cosi io scrissi in tempo di preparazione al risorgimento italiano. E qui una filantropia educatrice movendo a convenevole espli cazione nello spirito dei fanciulli poveri i nativi germi del sapere e della virtù , mostra la differenza fra i tempi op portuni al magistero pitagorico , e i nostri : mostra le moltitudini chiamate a rinnovare la vita dalle fondamenta , e l ' aristocrazia non più immola in ordini artificiali a privilegiare l'infeconda inerzia , ma sorgente da natura ed estimata secondo i meriti dell'attività perso nale : e accenna alla forma nuova degli ordini pubblici , destinati a rappresentare, tutelare, promuovere questa forte e ricca e armoniosa esplicazione di umanità . — Quando l'ora vespertina vien serena e silenziosa a invogliarti alle gravi e profittevoli meditazioni , e tu movi verso il tem pio a Pitagora inalzato in mezzo del lago . L'architettura è dorica antica , come domandava la ragione delle cose : le esterne parti , superiore e inferiore , sono coperte : quella che guarda a mezzogiorno , distrutta : e per tutto l'edera abbarbicata serpeggiando il ricopre , e varie e frondose piante gli fanno ombra misteriosa all'intorno. Al continuo succedersi delle solcate e lente acque avrai immaginato la fuga dei tempi già nell ' eternità consumati , i quali dee ri tentare il pensiero a raccoglierne la storia ; e in quella ruina , in quell'edera, in quelle folte ombre avrai veduto i segni della forza che agita e distrugge tutte le cose mortali , e che della spenta vita non lascia ai pietosi investigatori se non dissipati avanzi e vastità deserta . Ma sull'oceano delle età vola immortale la parola narratrice dei corsi e de' naufragi umani , e conserva anco in brevi indizi lunghe memorie. E se tu levi gli occhi a quel frontone del tempio , leggerai in due sole voci tutta la sapienza dell'Italia pitago rica : Αληθευειν και ευεργετείν : dir sempre il vero , e operar ciò che è bene . Hai mente che in questo silenzio arcano in tenda l'eloquenza di quelle voci ? Congiungi questo docu mento con gli altri , che altamente suonano dalle statue , dalle pitture , dalle scuole , da tutte le opere della natura e dell'arte in questa Villa , sacra ai fasti e alle speranze della patria , e renditi degno di avverarle e di accrescerli. A tanta dignità volea suscitarti Niccolò Puccini alzando questo tempio a Pitagora. Italia, teatro delle vere glorie di Pitagora, e sede del suo Instituto celebratissimo. Non prima giunge a Crotone che tosto vi opera un mutamento grande cosi negli animi come nella cosa pubblica. I giovani crotoniati si adunano intorno mossi dalla fama dell'uomo, e vinti dall'autorità del sembiante, dalla soavità dell'eloquio, dalla forza delle ragioni discorse. Ed Pitagora vi ordina la sua società, che presto cresce a grande eccellenza. Per tutto penetra il fuoco divino che per lui si diffonde: a Sibari, a Taranto, a Reggio, a Catania, a Imera, a Girgentu, e più innanzi. E la discordia cessa, e il costume ha riforma, e la tirannide fa luogo all'ordine liberale e giusto. Non soli i Lucani, i Peucezi, i Messapi, ma i Romani (pria di Carneade!) vengono a lui; e Zaleuco, e Caronda , e il re Numa escono legislatori dalla sua scuola. In un medesimo giorno è a Metaponto e a Taormina. Gli animali l'obbediscono. I fiumi lo salutano. Le procelle e le pesti si calmano alla sua voce. Taccio il servo Zamolcsi , la coscia d'oro, il telo d' Abari, il mistico viaggio all'inferno. I giovani crotoniati lo riveggono stupefatti e lo accolgono come un dio. Ma questo iddio finalmente è vittima dell'invidia e malvagità umane, e chiude una gloriosissima vita con una miserabil morte. Quando e come si formò questo mito? Non tutto in un tempo nè con un intendimento solo ma per varie cause e per lungo processo di secoli fino al nuovo Pitagorismo, o, per dir meglio, fino ai tempi della moderna critica. L'uomo, come naturalmente desidera di sapere, cosi è facilmente pronto a parlare anche delle cose che meno intende. Anzi quanto l'oscurità loro è maggiore, con libertà tanto più sicura si move ad escogitarne l'essenza e le condizioni. Però l'ingegno straordinario e la sapienza di Pitagora nei tempi ai quali egli appartiene, l ' arcano della società da lui instituita, e il simbolico linguaggio adoperato fra' suoi seguaci diedero occasioni e larga materia alle con getture, alle ipotesi, ed ai fantasticamenti del volgo: e le passioni e gl'interessi politici accrebbero la selva di queste varie finzioni. Quando sursero gli storici era già tardi, e il maraviglioso piacque sempre alle anime umane , e specialmente alle italiane; e non senza gran difficoltà potevasi oggimai separare il vero dal falso con pienezza di critica. Poi vennero le imposture dei libri apocrifi, il sincretismo delle idee filosofiche, il furore di quelle superstiziose. Onde se il mito primamente nacque, ultimamente fu fatto, e con intendimento scientifico: e la verità rimase più che mai ricoperta di densi veli alla posterità che fosse curiosa d'investigarla. Non dirò delle arti usate da altri per trarla in luce, nè delle cautele per non cadere in errore. Basti aver mostrato la natura e le origini di questo mito, senza il cui accompagnamento mancherebbe alla storia di Pitagora una sua propria caratteristica. Diciamo ora dell'Instituto. La società pitagorica fu ordinata a perfezionamento e a modello di vita . Vi entravano solamente i maschi. La speculazione scientifica non impediva l'azione , e la moralità conduceva alla scienza; e ragione ed autorità erano cosi bene contemperate negli ordini della disciplina, che avesse a derivarne il più felice effetto agli ammaestrati. Tutto poi conchiudevasi in una idea religiosa, principio organico di vita comune, e cima di perfezione a quella famiglia filosofica. Condizione prima ad entrarvi era l' ottima o buona disposizione dell'animo; e Pitagora, come nota Gellio, era uno scorto fisonomista (ipuoloyuwuóvel) (Noctes Atticae, 1, 9) osservando la conformazione ed espressione del volto, e da ogni esterna dimostrazione argomentando l'indole dell'uomo interiore. Ai quali argomenti aggiungeva le fedeli informazioni che avesse avuto: se'i giovinetti presto imparassero, verso quali cose avessero propensione, se modesti, se veementi, se ambiziosi, se liberali ec. E ricevuti, cominciavano le loro prove; vero noviziato in questo collegio italico. Voluttà, superbia, avarizia bisognava imparare a vincere con magnanimità austera e perseveranza forte. Il piacer sensuale ti fa aborrente dalle fatiche anco non dure, freddo ai sacrifici generosi , chiuso alle morali dolcezze, o ti rende impuro a goderle. Imperocchè il voluttuoso è un egoista codardo, un ignobile schiavo di sè. Esercizi laboriosi con fortassero il corpo e lo spirito: breve il riposo: semplice il vitto; o laute mense imbandite ma non godute, a meglio esercitar l'astinenza: e corporali gastighi reprimessero dalle future trasgressioni le anime ritornanti a mollezza. Un altro egoismo è quello che procede dall'opinione, quando sei arrogante nella stima di te, sicché gli altri ne restino indegnamente soperchiati: e questa è superbia. Domande cavillose, questioni difficili, obiezioni forti sbaldanzivano presto gl'ingegni giovenilmente prosuntuosi, e a modestia prudente e vigorosa li conformavano: il disprezzo giusto era stimolo a meritare l'estimazione altrui; accortamente i ingiusto , a cercare sicuro contentamento nella coscienza propria: e le squallide vesti domavano le puerili compiacenze negli ornamenti vani. Questo accrescimento del mito é opera del Bruckero. Hist. cril. phil. Par, II , lib. II, c. X, sect. 1, Lips. Chi recalcitrasse ostinato, accusavasi inetto a generosa perfezione. Finalmente un terzo egoismo è alimentato dal privato possesso delle cose esteriori immoderatamente desiderate. La qual cupidità, molto spesso contraria alla fratellevole espansione del l'umana socievolezza , vincevasi con la comunione dei beni ordinata a felicità più certa dell'instituto. Quei che apparteneva ad un pitagorico era a disposizione de' suoi consorti. Ecco la verità istorica; il resto , esagerazione favolosa. Ma la favola ha conformità col principio fondamentale dell'Instituto pitagorico, perchè è fabbricata secondo la verità dell'idea; cosa molto notabile. Pythagorici, dice Diodoro Siculo, si quis sodalium facultatibus exciderat, bona sua velut cum fratre dividebant, etc. (Excerpt. Val. Wess.). La massima o il precetto "ideóv te undėv fysiofai", "proprium nihil arbitrandum", riferito da Laerzio (VIII, 21) consuona al principio ideale della scuola: e tutti co noscono il detto attribuito a Pitagora da Timeo: fra gli amici dover esser comuni le cose, "κοινά τα των φίλων". Anche le domande cavillose, le vesti squallide, i corporali gastighi abbiansi pure, se cosi vuolsi, per cose mitiche: ma i tre punti cardinali della vera e primitiva disciplina rimangono sempre alla storia. E però ne abbiamo fatto materia di considerazioni opportune. Cosi i punti centrali, donde si diramano le molteplici correlazioni tra l'ordine morale e l'intellettuale, erano stati con profondo senno determinati e valutati, sicchè l'educazione e formazione di tutto l'uomo procedesse al provve duto fine con leggi e con arti di perfettissimo magistero. Ma suprema legge in questa fondamental disciplina era l'autorità. Nell'età odierna, dissoluta e pettegola, s'ignorano da non pochi le arti vere dell'obbedienza e dell'impero perchè spesso la libertà è una servilità licenziosa o non conosciuta; fanciulli che presumono di essere uomini, ed uomini che si lasciano dominare a fanciulli. Nell'Italia pitagorica voleasi dar forma ad uomini veri: e la presunzione non occupava il luogo della scienza, e la solidità della cognizione radicavasi nella temperata costumatezza. Il giovinetto che muta i passi per le vie del sapere ha nozioni sempre scarse delle verità che impara, finchè non ne abbia compreso l'ordine necessario ed intero: e le nozioni imparate non bastano, chi non v'aggiunga l'uso e la varia esperienza delle cose, perpetue e sapientissime testimonie della verità infinita . Poi non tutte le verità possono essere intese pienamente da tutti e possono dover essere praticate. Onde l'autorità di coloro che le insegnano o che presiedono alla loro debita esecuzione. Gli alunni, non per anche iniziati al gran mistero della sapienza, ricevevano le dottrine dalla voce del maestro senza discuterle. I precetti erano giusti, semplici, brevi; la forma del linguaggio, simbolica; e la ragione assoluta di tutti questi documenti, il nome di Pitagora che così ebbe detto e insegnato ("dutòs ipa", "ipse dixit". Di questo famoso ipse dixit credo di aver determinato il vero valore. Alcuni , secondo chè scrive Diogene Laerzio, lo attribuivano a un Pitagora di Zacinto. Cicerone, Quintiliano , Clemente Alessandrino, Ermia, Origene, Teodoreto, etc., ai discepoli del nostro Pitagora. E Cicerone se ne offende come di grave disorbitanza: "tantum opinio praejudicata poterat , ut eliam sine ralione valeret auctoritas!" (De Nat. Deor., 1,5.). Secondo Suida , l'avrebbe detto Pitagora stesso, riferendolo a Dio, solo sapiente vero e dal quale avesse ricevuto i suoi dommi -- "ουκ εμος, αλλά του Θεού λόγος šotiv" -- come, secondo altri (Clem. Aless., St., IV, 3 etc.) avea rifiutato il titolo di *sapiente*, perché la sapienza vera, che è quella assoluta, a Dio solo appartiene. Il Meiners erra incerto fra varie congetture, accostandosi anche alla verità, ma senza distinguerla. Applicassero quei precetti alla vita e dai buoni effetti ne argo mentassero il pregio. Ma acogliere con più sicurezza il frutto che potesse venire da questo severo tirocinio, moltissimo dovea conferire il silenzio. Però la TEMPERANZA dalla parola (ix &uu.bia ) per du , tre o cinque anni era proporzionevolmente prescritta. Imperocchè nella vanità del trascorrente eloquio si dissipa il troppo facile pensiero, e la baldanza delle voci spesso argomenta impotenza all'operazione. Non diffusa nell'esterno discorso l'anima, nata all'attività, si raccoglie tutta e si ripercote dentro se stessa, e prende altissimo vigore, e genera il verbo suo proprio col quale poi ragiona ed intende il vero, il bello, il buono, il giusto ed il santo. Oltrediché le necessità del viver civile richie dono non di rado questa difficile virtù del tacere, fedelissima compagna della prudenza e del senno pratico. Perseveravano gli alunni nelle loro prove fino al termine stabilito? E allora passavano alla classe superiore e divenivano de' genuini discepoli, o familiari (pvýccol óuenetai). Facevano mala prova, o sentivansi impotenti a continuarla? Ed erano rigettati o potevano andarsene, riprendendosi i loro beni. Durava l'esperimento quanto fosse bisogno alle diverse nature dei candidati: ed agli usciti od espulsi ponevasi il monumento siccome a uomini morti. Che questo monumento fosse posto, non lo nega neppure il Meiners. All'abito del silenzio, necessario al più forte uso della mente, e al buon governo dell'istituto, bisognava formare i discepoli; ma qui ancora il mito dà nel soverchio. L'impero dell'autorità doveva essere religioso e grande. Ma i degni di rimanere, e che passavano alla classe superiore, cominciavano e seguitavano una disciplina al tutto scientifica. Non più simboli nè silenzio austero né fede senza libertà di discussione e d'esame. Alzata la misteriosa cortina, i discepoli, condizionati a non più giurare sulla parola del maestro, potevano francamente ragionare rispondendo, proponendo, impugnando, e con ogni termine convenevole cercando e conchiudendo la verità. Le scienze matematiche apparecchiavano ed elevavano le menti alle più alte idee del mondo intelligibile. Interpretavasi la natura, speculavasi intorno ai necessari attributi dell'ente; trovavasi nelle ragioni del numero l'essenza delle cose cosmiche. E chi giungeva all'ardua cima della contemplazione filosofica otteneva il titolo dovuto a questa iniziazione epoptica, il titolo di perfetto e di venerabile (TÉNELOS xal OsBaotixÒS), ovvero chiamavasi per eccellenza uomo. Compiuti gli studi, ciascuno secondava al suo genio coltivando quel genere di dottrine, o esercitando quell'ufficio , che meglio fosse inclinato: i più alti intelletti alle teorie scientifiche ; gli altri, a governar le città e a dar leggi ai popoli. Delle classi de' pitagorici sarà detto a suo luogo quello che ci sembri più simile al vero: lascisi il venerabile, etc .; intendasi la simbolica cortina cosi come poi mostreremo doversi intendere: e quanto ai gradi dell' in segnamento , notisi una certa confusione d'idee neoplatoniche con gli antichi ordini pitagorici, probabilmente più semplici. Vedi Porfirio, V. P., 46 seg. etc.; Giamblico, XVIII , etc.). Vivevasi a social vita , e la casa eletta al cenobio di cevasi uditorio comune (õp axóïov). Prima che sorgesse il sole ogni pitagorico doveva esser desto, e seco medesimo discorrere nel memore pensiero le cose fatte, parlate, osservate, omesse nel giorno o ne' due giorni prossimamente decorsi, seguitando nel rimembrarle quel medesimo ordine con che prima l'una all'altra si succedettero. Poi scossi dal sorgente astro a metter voce armoniosa come la statua di Memnone, adoravano e salutavano la luce animatrice a della natura, cantando o anche danzando. La qual musica li disponesse a conformarsi al concento della vita cosmica , e fosse eccitamento all'operazione. Passeggiavano soletti a divisar bene nella mente le cose da fare: poi applicavano alle dottrine e teneano i loro congressi nei templi. I maestri insegnavano , gli alunni imparavano, tutti pigliavano argomenti a divenir migliori. E coltivato lo spirito, esercitavano il corpo: al corso , alla lotta , ad altri ludi ginna stici. Dopo i quali esercizi, con pane, miele ed acqua si ristoravano : e preso il parco e salubre cibo, davano opera ai civili negozi. Verso il mancar del giorno, non più solin ghi come sul mattino, ma a due, ovvero a tre, davansi compagnevol passeggio ragionando insieme delle cose im parate e fatte. Indi si recavano al bagno. Cosi veniva l'ora del comun pasto, al quale sedevano non più di dieci per mensa. Con libazioni e sacrificii lo aprivano: lo imbandivano di vegetabili, ma anche di scelte carni di animali: e religiosa mente lo chiudevano con altre libazioni e con lezioni op portune. E prima di coricarsi cantavano al cadente sole, e l'anima già occupata e vagante fra molteplici cure e diversi oggetti, ricomponevano con gli accordi musicali alla beata unità della sua vita interiore. Il più anziano rammentava agli altri i generali precetti e le regole ferme dell'Instituto; e quell'eletto sodalizio, rendutosi all'intimo senso dell'acqui stata perfezione, riandava col pensiero le ore vivute, e nella certezza di altre sempre uguali o migliori amorosamente si addormentava. Questa parte del mito, chi generalmente guardi, è anche storia. Quanto all'Uditorio comune piacemi di addurre queste parole di Clemente Alessandrino: και την Εκκλησίαν , την νύν δυτω καλουμένην, το παρ αυτώ 'Ομα. xos ? ov diVÍTTETA!: et eam , quae nunc vocatur ecclesia, significat id quod apud ipsum (Pythagoram) est 'Ouaxoslov (Str., 1. 15). Questi erano gli ordini , questo il vivere della società pitagorica secondo il tipo ideale che via via formossi alla storia. Tutte le facoltà dell'uomo vi erano educate ed abituate ad operare nobili effetti: la salute del corpo conduceva o serviva a quella dello spirito: e lo spirito forte e contento nella esplicazione piena e nella feconda disposizione delle sue potenze , concordavasi di atti e di letizia col mondo , e trovava in Dio il principio eterno d'ogni armonia e con tentezza. Così il pitagorico era modello a coloro che lo ri guardassero: il quale anche con la sua veste di lino bianco mostravasi diviso dalla volgare schiera e singolare dagli altri. La breve narrazione delle cose che fin qui fu fatta, era necessaria a conservare alla storia di Pitagora la sua indole maravigliosa , e quindi una sua propria nota ed an che sotto un certo aspetto una nativa bellezza. Dobbiamo ora cercare e determinare un criterio , onde la verità possa essere separata dalle favole quanto lo comportino l'antichità e la qualità degli oggetti , che son materia a questo nostro ragionamento. E prima si consideri che il mito , popolarmente nato , o scientificamente composto , quantunque assurdo o strano possa parere in alcune sue parti , pur dee avere una certa attinenza o necessaria conformità col vero. Imperocchè una prima cosa vi è sempre la quale dia origine alle varie opi. nioni che altri ne abbia ; e quando le tradizioni rimango no , hanno un fondamento nel vero primitivo dal quale derivano , o nella costituzione morale e nella civiltà del popolo a cui quel vero storicamente appartenga. Che se nella molta diversità delle loro apparenze mostrino certi punti fissi e costanti a che riducasi quella varia moltiplicità loro , questo è il termine ove il mito probabilmente riscon trasi con la storia . Or chi intimamente pensa e ragiona la biografia di Pitagora , vede conchiudersi tutto il valore delle cose che la costituiscono in due idee principali : 1a in quella di un essere che sovrasta alla comune condizione degli uomini per singolarissima partecipazione alla virtù divina; 2a in quella di una sapienza anco in diversi luoghi raccolta e ordinata a rendersi universale nel nome di que st'uomo straordinario. Chi poi risguarda alla società pitagorica , ne vede il fondatore cosi confuso con gli ordini e con la durata di essa che sembri impossibile il separarnelo. Dalle quali conclusioni ultimamente risulta, Pitagora essere o poter essere stato un personaggio vero, ed essere cer tissimamente un'idea storica e scientifica. L'Italia poi senz'ombra pure di dubbio, è il paese dove quest' idea pitagorica doventa una magnifica instituzione, ha incremento e fortune, si congiunge con la civiltà e vi risplende con una sua vivissima luce. Pertanto le prime due nostre conclusioni risultando dalla general sostanza del mito , e riducendone la diversità molteplice a una certa unità primitiva, sembrano essere il necessario effetto della convertibilità logica di esso nella verità che implicitamente vi sia contenuta. E deducendosi la terza dalle altre due che precedono, già per un ordine continuo di ragioni possiamo presupporre che Pitagora sia insieme un personaggio e un'idea. Nel che volentieri si adagia quel forte e temperato senno , che , non lasciandosi andare 1 agli estremi, ne concilia e ne misura il contrario valore in una verità necessaria. Ma porre fin da principio che Pitagora è solamente un uomo, e alla norma di questo concetto giudicare tutte le cose favoleggiate intorno alla patria , alla nascita, ai viaggi , alla sapienza , alle azioni miracolose di colui che ancora non si conosce appieno, e assolutamente rigettarle perchè non si possono dire di un uomo, è un rinunziare anticipatamente quello che potrebbe esser vero per' rispetto all'idea. Lo che venne fatto a molti . D'altra parte se la esclusione della persona vera fosse assolutamente richiesta alla spiegazione del mito, e alla ricupera della storia , sarebbe timidezza soverchia il non farlo , o ritrosia irrazionale : potendosi conservare Pi tagora alla storia, e separar questa dalle favole , pecche rebbe di scetticismo vano chi non sapesse contenersi den tro questi termini razionali. Vediamo ora se a queste nostre deduzioni logiche aggiungessero forza istorica le au torità positive di autori rispettabili, e primamente parliamo della sapienza universale del nostro filosofo. Erodoto, il quale congiunge le orgie e le instituzioni pitagoriche , con quelle orfiche, dionisiache , egizie e con le getiche di Zamolcsi , attribuisce implicitamente al fi gliuolo di Mnesarco una erudizione che si stende alle cose greche ed alle barbariche (Erodoto, II , 81 .; IV , 95. — Isocrate reca a Pitagora la prima intro duzione nella Grecia della filosofia degli Egiziani : φιλοσοφίας ( εκείνων ) TTPŪTOS ES tous "Ezanvas éxóulge ( in Busir. , 11 ) . E Cicerone lo fa viaggiare non pure nell'Egitto ma e nella Persia. De Finibus, V. 29). Ed Eraclito , allegato da Laer zio , parla di lui come di uomo diligentissimo più che altri mai a cercare storicamente le umane cognizioni e a farne tesoro e scelta per costituire la sua enciclopedica disciplina (Laerzio , VIII , 5. -- la cui allegazione delle parole di Eraclito è con fermata da Clemente Alessandrino (Strom., I, 21). Eraclito reputa a mala arte (xaxoteXvinv) la molteplice erudizione di Pitagora ; perché , a suo parere , tutte le verità sono nella mente , la quale dee saper trovare la scienza dentro di sè , e bastare a se stessa. Parole sommamente notabili, le quali, confermate dalla concorde asserzione di Empedocle, rendono bella e op portuna testimonianza a quella nostra conclusione, onde Pitagora, secondo il mito, è raccoglitore e maestro d'una filosofia che quasi possa dirsi cosmopolitica. Vir erat inter eos quidam praestantia doctus Plurima , mentis opes amplas sub pectore servans, Cunctaque vestigans sapientum docta reperta . Nam quotiens animi vires intenderat omnes Perspexit facile is cunctarum singula rerum Usque decem vel viginti ad mortalia secla . Empedocle presso Giamblico nella Vita di Pitagora, XV e presso Porfirio , id. , 30. A dar fondamento istorico all' altra conclusione non ci dispiaccia di ascoltare Aristippo ; il quale scrisse che Pitagora fu con questo nome appellato perchè nel dire la verilà non fosse inferiore ad Apollo Pitio. Diog. Laerzio, VIII, 21. E noi qui alle ghiamo Aristippo , non per accettare la convenienza prepo stera del valore etimologico del nome con quello scientifico dell'uomo , ma per mostrare che prima degli Alessandrini il nome di Pitagora era anche nell'uso dei filosofi quello di un essere umano e di una più che umana virtù, e che nella sua straordinaria partecipazione alla divinità fonda vasi l'opinione intorno alla di lui stupenda eccellenza. Aristotele , allegato da Eliano (Var. Hist., II ) conferma Aristippo, testimoniando che i Crotoniati lo appellavano Apollo iperboreo. Lascio Diodoro Siculo (Excer. Val., p. 555 ) e tutti gli altri scrittori meno antichi, i quali peraltro ripetevano una tradizione primitiva , o molto antica. Ma ciò non basta. Uno scrittore, innanzi alla cui autorità volentieri s'inchinano i moderni critici , ci fa sapere che principalissimo fra gli arcani della setta pitagorica era que sto : tre essere le forme o specie della vita razionale, Dio, ľ uomo e Pitagora. Giamblico nella Vita di Pitagora, VI, ed. Kust. Amstel, Vers. Ulr. Obr. Tradit etiam Aristoteles in libris De pythagorica disciplina (èv τοίς περί της Πυθαγορικής φιλοσοφίας) quod huiusmodi divisio αυiris illis inter praecipua urcana ( èv toiS TAVT atroppñtois) servata sit: animalium rationalium aliud est Deus , aliud homo, aliud quale Pythagoras . L'originale non dice animalium, ma animantis, Súov ; che è notabile differenza: perchè , laddove le tre vite razionali nella traduzione latina sono obiettiva mente divise , nel greco sono distinte e insieme recate ad un comune prin cipio . Il Ritter , seguitando altra via da quella da me tenuta , non vide l'idea filosofica che pure è contenuta in queste parole , né la ragione del l'arcano (Hist. de la phil. anc., liv. IV, ch. 1.) A ciò che dice Aristotele parrebbe far contro Dicearco , il quale in un luogo conservatoci da Porfirio (Vit. Pit. , 19) ci lasciò scritto , che fra le cose pitagoriche conosciute da tutti ("γνώριμα παρά πάσιν") era anche questa : και ότι παντα τα γινόμενα έμψυχα quorevñ dei vouiſelv, vale a dire , che tutte le nature animate debbonsi repu tare omogenee. Ma la cosa arcana di che parla Aristotele, è principalmente Pitagora; la natura media tra quella puramente umana e quella divina: idea demonica, probabilmente congiunta con dottrine orientali, e fondamento organico dell'instituto. Poi, l'uno parla di esseri semplicemente animati: l'altro dell'ordine delle vite razionali; che è cosa molto più álta. Sicchè la prima sentenza poteva essere divulgatissima , come quella che risguardava oggetti sensati ; e la seconda appartenere alla dottrina segre. ta , per ciò che risguardava agli oggetti intellettuali . Non ch'ella non po tesse esser nota nella forma, in che la leggiamo in Giamblico; ma coloro che non sapevano che si fosse veramente Pitagora, non penetravano ap pieno nel concetto riposto dei Pitagorici. Qui si vede come il simbolo facesse velo alle idee , e con qual proporzione quelle esoteriche fossero tenute occulte, e comunicate quelle essoteriche, quasi a suscitar desiderio delle altre. Dicearco adunque non fa contro ad Aristotele; ed Aristotele ci è storico testimonio che le ombre dell'arcano pitagorico si stendevano anche alla filosofica dottrina. Di ciò si ricordi il lettore alla pagina 402 e seg. Nel che veggiamo la razionalità recata a un solo principio, distinta per tre condizioni di vita , e Pitagora essere il segno di quella che media tra la condizione puramente divina e l'umana. Ond' egli è nesso fra l'una e l'altra, e tipo di quella più alta e perfetta ragione di che la nostra natura possa esser capace. Ora la filosofia anche nelle orgie pitagoriche era una dottrina ed un'arte di purgazione e di perfezionamento, sicchè l'uo mo ritrovasse dentro di sé il dio primitivo e l'avverasse nella forma del vivere. E in Pitagora chiarissimamente sco priamo l'idea di questa divina perfezione, assunta a principio organico della sua società religiosa e filosofica , e coordinata col magistero che nel di lui nome vi fosse esercitato. Onde ottimamente intendiamo perchè la memoria del fondatore fosse immedesimata con quella dell'instituto, e possiamo far distinzione da quello a questo, conservando al primo ciò che si convenga con le condizioni storiche di un uomo , e attribuendo al secondo ciò che scientificamente e storicamente puossi e dėssi attribuire a un principio . Quindi non più ci sembrano strane , anzi rivelano il loro chiuso valore , e mirabilmente confermano il nostro ragionamento quelle sentenze e simboli de' Pitagorici : l'uomo esser bi pede , uccello , ed una terza cosa , cioè Pitagora. Pitagora esser simile ai Numi, e l'uomo per eccellenza, o quell'istes so che dice la verità : ei suoi detti esser voci di Dio che da tutte parti risuonano : e lui aver fatto tradizione alla loro anima della misteriosa tetratti o quadernario, fonte e radice della natura sempiterna. Parlare di questa Tetratti misteriosa sarebbe troppo lungo discorso. Alcuni videro in essa il tetragramma biblico , il nome sacro ed essenziale di Dio ; altri , a grado loro , altre cose . Ecco i due versi ripetutamente e con alcuna varietà allegati da Giamblico ( Vita di Pit.. XXVIII , XXIX) e da Porfirio ( id ., 20) ai quali riguardavamo toccando della Tetratti , e che sono la formola del giuramento pitagorico : Ου μα τον αμετέρα ψυχά παραδόντα Τετρακτύν Παγαν αεννάου φύσεως ριζώμα τ’έχουσαν. Non per eum, qui animae nostrae tradidit Tetractym , Fontem perennis naturae radicemque habentem . (Porph . , V. P. , 20) Il Moshemio sull'autorità di Giamblico ( in Theol. Arith . ) attribuisce questa forma del giuramento pitagorico ad Empedocle , e lo spiega secondo la dottrina empedocléa sulla duplicità dell'anima. Poco felicemente ! ( Ad Cudw. Syst . intell., cap. IV , $ 20, p . 581. ) Noi dovevamo governarci con al. tre norme -- E altre sentenze di questo genere. Le quali cose non vogliono esser applicate a Pitagora - uomo , ma a Pitagora , idea o virtù divina del l'uomo, e negli ordini delle sue instituzioni. E non importa che appartengano a tempi anche molto posteriori a Pitagora. Anzi mostrano la costante durata dell'idea primitiva. Il criterio adunque a potere interpretare il mito , e rifare quanto meglio si possa la storia parmi che sia tro vato e determinato. Pitagora , nel duplice aspetto in che l'abbiamo considerato , è sempre uomo ed idea : un pe lasgo - tirreno , che dotato di un animo e di un ingegno al tissimi , acceso nel divino desiderio di migliorare le sorti degli uomini , capace di straordinarj divisamenti , e co stante nell ' eseguirli viaggia per le greche e per alcune terre barbariche studiando ordini pubblici e costumi , fa cendo raccolta di dottrine , apparecchiandosi insomma a compiere una grand' opera ; e il tipo mitico di una sa pienza istorica universale. Un uomo , che le acquistate cognizioni avendo ordinato a sistema scientifico con un principio suo proprio o con certi suoi intendimenti, ne fa la pratica applicazione, e instituisce una società religiosa e filosofica che opera stupendi effetti ; e il tipo della razio nalità e di una divina filosofia nella vita umana e nella costituzione della sua scuola . Fra le quali due idee storica e scientifica dee correre una inevitabile reciprocità di ragioni, quando la persona sulla cui esistenza vera risplende, a guisa di corona , questo lume ideale , si rimane nell'uno e nell'altro caso la stessa. Però se Aristippo agguagliando Pitagora ad Apollo Pitio rende testimonianza all' opinione mitica della più che umana eccellenza di lui , non solo ci fa argomentare quel ch'egli fosse in sè e nella sapienza or dinatrice del suo instituto : ma insieme quello che fosse per rispetto alle origini storiche di quella sapienza e al ' valore di essa nella vita ellenica , o per meglio dire italica. Imperocchè il pitagorismo ebbe intime congiunzioni con la civiltà dorica; e proprie massimamente di questa civiltà furono le dottrine e le religioni apollinee. Quando poi avremo conosciuto più addentro la filosofia di Pitagora, troveremo forse un altro vincolo necessario fra le due idee storica e scientifica, delle quali abbiamo parlato. Procedendo con altri metodi , non si muove mai da . un concetto pienamente sintetico , il quale abbia in se tutta la verità che si vuol ritrovare ; non si ha un criterio , che ci ponga al di sopra di tutte le cose che son materia de' nostri studi e considerazioni . Si va per ipotesi più o meno arbitrarie , più o meno fondate, ma sempre difettive, e però inefficaci. Il mito , non cosi tosto nasce o è fabbricato e famigerato , che ha carattere e natura sua propria, alla quale in alcuna guisa debbano conformarsi tutte le addizioni posteriori. E quando esse vi si discordino , pur danno opportunità ed argomenti a comparazioni fruttuose. Poi quella sua indole primitiva non potendo non confrontare , come gia notammo, per alcuni rispetti con la natura delle cose vere , o talvolta essendo la forma simbolica di queste, indi incontra che il mito e la storia abbiano sostanzialmente una verità comune, quantunque ella sia nell'uno e nell'altra diversamente concepita e significata. Però ho creduto di dovere accettare il mito pitagorico siccome un fatto storico anch'esso , che dalle sue origini fino alla sua total pienezza importi la varia evoluzione di un'idea fondamentale; fatto, il quale prima si debba comprendere e. valutare in sé, poi giudicare e dichiarare per la storia che vuol rifarsi. Ma raccontarlo secondo il suo processo evolutivo, e con le sue varietà cronologicamente determinate e riferite ai loro diversi autori , non era cosa che potesse eseguirsi in questo lavoro. Basti averlo sinteticamente proposto alla comprensione de'sagaci e diligenti leggitori, e avere indicato le cause della sua progressiva formazione. Peraltro io qui debbo far considerare che le origini di esso non si vogliono cosi assolutamente attribuire alle supposizioni e varii discorsi degli uomini non appar tenenti alla società pitagorica, che a questa tolgasi ogni intendimento suo proprio a generarlo. Anzi, come appa rirà sempre meglio dal nostro racconto , l'idea divina , im personata in Pitagora, era organica in quella società. E di. qui procede quella ragione primordiale, onde il mito e la storia necessariamente in molte parti si riscontrano , e in diversa forma attestano una verità identica : e qui è il criterio giusto ai ragionamenti , che sull'uno e sull' altra sa namente si facciano. Che il fondatore di una setta , e il principio organico della sua istituzione , e tutta la sua dot trina siano ridotti ad una comune idea e in questa imme desimati , è cosa naturalissima a intervenire , e della quale ci offre l'antichità molti esempi. Cosi l'uomo facilmente spariva, l'idea rimaneva: e alla forma di questa idea si proporzionavano tutte le susseguenti opinioni. Pitagora uomo non forzò davvero con giuramento l'orsa daunia , né indusse il bove tarentino , di che parlano Giamblico e Porfirio (Giamblico, De Vila Pythagoræ, cap. XIII; Porfirio, n. 23. Edizione di Amsterdam), a non più offender gli uomini , a non più devastare le campagne : ma questo suo impero mitico sugli animali accenna all ' indole della sua dottrina psicologica (Giamblico, cap. XXIV.). Riferi scansi i suoi miracoli , tutte le cose apparentemente incre dibili , che furono di lui raccontate, all'idea , e ne avremo quasi sempre la necessaria spiegazione, e renderemo il mito alla storia. Qui non ometterò un'altra cosa. Erodoto, che ci ha conservato la tradizione ellespontiaca intorno a Zamolcsi , nume e legislatore dei Geti , ci ha dato anche un gran lume (non so se altri il vedesse) a scoprire le origini antiche di questo mito pitagorico. Zamolcsi, prima è servo di Pitagora : poi acquista libertà e sostanze, e ritorna in pa tria , e vede i costumi rozzi , il mal governo, la vita informe de'Geti in balia de'più stolti ütt' dopoveotépwy ). Onde , valendosi della sua erudi dà opera ad ammaestrarli a civiltà ed umana costumatezza. E che fa egli? Apre una scuola pubblica, una specie d'istituto pitagorico (svopsūva): chiama e vi accoglie tutti i principali cittadini (és tov, stav. doxeúovta Tūv doTÕV TOÙS ITPŪTOU5 ); idea aristocratica notabilissima: e gli forma a viver comune. Inalza le loro anime col pensiero dell'immor talità e di una felicità futura al disprezzo dei piaceri , alla tolleranza delle fatiche , alla costanza della virtù , Sparisce da' loro occhi in una abitazione sotterranea ("κατάβας δε κατω ες το κατάγαιον δικημα") a confermare la sua dottrina col miracolo , ed è creduto morto, e compianto. Dopo tre anni im provvisamente apparisce , è ricevuto qual nume: e con autorità divina e reli giosa lascia le sue istituzioni a quel popolo. Chi non vede nelmito di Zamolcsi quello di Pitagora? Erodoto reputa anteriore il sapiente uomo, o demone tracio (έιτε δε έγένετο τις Ζαμόλξις άνθρωπος, έιτ'έστι δαίμων τις Γέτησιούτος ÉTTIXÚplos) al divino uomo pelasgo - tirreno ; ma la tradizione ellenica facea derivate le istituzioni getiche dalle pitagoriche : e a noi qui basti vedere questa ragione e connessione di miti fino dai primi tempi della storia greca. Aggiungasi la testimonianza di Platone; il quale nel Carmide parla dei medici incantamenti , e generalmente della sapienza medica di Zamolcsi, che, a curar bene le parti , incominciava dal tutto (sicché la dottrina della diatesi pare molto antica) e la salute del corpo facea dipen dere massimamente da quella dell'anima ; conformemente alla terapeutica musicale e morale di Pitagora. A ciò dovea porre attenzione il Meiners ragionando degl'incantamenti mistici , e della medicina pitagorica ; e ri cordarsi di Erodoto nel rifutare l'autorità di Ermippo, favoloso narra tore della casa sotterranea di Pitagora e della sua discesa all'inferno (Laerzio, VIII, 21. ) Da tuttociò si raccoglie non solo che il mito pitagorico ha origini antichissime , ma anche qual si fosse la sua forma primitiva : e con criterio sempre più intero siamo condizionati a scoprire la verità istorica che si vuol recuperare, e ad esaminare le autorità delle quali si possa legittimamente fare uso a ricomporre questa istoria di Pitagora. Il Meiners, che fece questa critica , accetta solamente Aristosseno e Dicearco. Ma dalle cose scritte in questo nostro opuscolo risulta la necessità di un nuovo lavoro critico, che vorremmo fare, Dio concedente, in altro tempo). Posti i principi, che valgano non a distruggere con senno volgare il mito , ma con legittimo criterio, a ' spie. garlo , discorriamo rapidamente la storia , secondo la parti . zione che ne abbiamo fatto . Preliminari storici della scuola pitagorica. Pitagora comparisce sul teatro storico quando fra i popoli greci generalmente incomincia l'esercizio della ra gione filosofica , e un più chiaro lume indi sorge a ri schiarare le cose loro e le nostre. Ch'egli nascesse in Samo , città già occupata dai Tirreni, che avesse Mnesarco a padre, a maestro Ferecide, visitasse la Grecia e in Egitto viaggiasse : questo è ciò che i moderni critici più severi reputano similissimo al vero , e che noi ancora , senza qui muover dubbi, reputeremo. Ma non perciò diremo esser prette menzogne tutti gli altri viaggi mitici di quest'uomo mara viglioso ; i quali per lo meno accennano a somiglianze o correlazioni fra le dottrine ed instituzioni di lui e le feni cie , le ebraiche, le persiche, le indiche, le druidiche. Contro queste corrispondenze o viaggi ideali non fanno le ra gioni cronologiche computate sulla vita di una certa persona: e come Pitagora – idea potè essere contemporaneo di Filolao, di Eurito, di Liside, di Archita, ec. alla cessazione della sua vecchia scuola ; cosi Caronda , Zaleuco, Numa ed altri poterono in alcun modo essere pitagorici prima che Pitagora uomo raccogliesse gli elementi storici della sua sapienza cosmopolitica. Io qui non debbo entrare in computi cronologici . Di Numa sarà parlato più innanzi; e all'opinione di Polibio , di Cicerone , di Varrone , di Dionigi di Alicarnasso ,diTito Livio fu già opposta dal Niebuhr quella di alcuni orientali, che faceano viver Pitagora sotto il regno di Assarhaddon , contemporaneo di Numa (Abideno, nella Cronaca d' Eusebio, ed. ven. , I , pag. 53; Niebuhr , Hist. rom., 1, p. 220 ed. Bruxel) Di Caronda e Zaleuco basti il dire tanta essere la somiglianza fra i loro ordini legisla tivi e le istituzioni pitagoriche che il Bentley indi trasse argomento a rifiu tare i superstiti frammenti delle leggi di Locri. Alle cui non valide istanze ben risposero l'Heyne e il Sainte-Croix, e ultimamente anche il nostro il lustre Gioberti. Qui si scopre la nazionalità italica delle idee pitagoriche anteriormente all'apparizione del filosofo di Samo, e la loro generale con giunzione con la vita e la civiltà del paese. Quindi nelle parole di Laerzio che egli desse leggi agl'Italioti (vóLOUS DĖL5 Tois ItalWTAIS, VIII, 3) io veggo una tradizionale ed eloquente testimonianza di quella nazionalità: e quando leggo in Aristosseno (allegato da Laerzio, ivi, 13) ch'egli prima . mente introdusse fra i Greci e pesi e misure ( μέτρα και σταθμά εισηγή oacjal) , congiungo questa notizia con l'altro fatto scoperto dal Mazzocchi nelle Tavole di Eraclea, cioè che i Greci italioti prendessero dai popoli in digeni il sistema dei pesi e delle misure , e quello della confinazione agra ria , e trovo un'altra volta la civiltà italica confusa col pitagorismo. (Vedi Giamblico , V. P. , VII , XXX ; Porfirio , id . , 21 , dov'è allegato Aristosseno, che fa andare anche i Romani ad ascoltare Pitagora). Or noi riserberemo ad altra occasione il pieno discorso di queste cose, e limiteremo le presenti nostre considerazioni alle contrade greche e italiane. Dove trovia mo noi questi elementi del pitagorismo prima che sor gesse Pitagora? Creta non solamente è dorica , ma antichissimo e ve nerando esempio di civiltà a cui perpetuamente risguardano i sapienti greci : e Creta, come fu osservato dall' Heeren , è il primo anello alla catena delle colonie fenicie che man tengono esercitati i commercii fra l'Asia e l'Europa; fatto di molta eloquenza al curioso cercatore della diffusione storica delle idee appartenenti all ' incivilimento . In quest' isola delle cento città se ciascun popolo ha libertà sua propria , tutti sono amicamente uniti coi vincoli di una società federativa -- Altra fu l'opinione del Sainte-Croix, il quale prima della lega achea non vede confederazioni fra i popoli greci. Des anc. gouv . fédér, et de la lé gislation de Crête. E della eguale distribuzione delle terre che facesse Li curgo dubita assai il Grote , History, ec., tomo II , p . 530 e segg. -- del comune , i possedimenti : le mense, pubbliche: punita l'avarizia , e forse l'ingratitudine; -- Seneca , De benef., III, 6 ; excepta Macedonum gente, non est in ulla data adversus ingratum actio. Ma vedasi Tacito, XIII ; Valerio Massimo, I , 7 ; Plutarco nella Vita di Solone -- e l'ordin morale saldamente connesso con quello politico : e tutte le leggi recate al principio eterno dell'ordine cosmico. Minos , de. gnato alla familiarità di Giove , vede questa eterna ragione dell ' ordine , e pone in essa il fondamento a tutta la civiltà cretese , come i familiari di Pitagora intuivano nella faccia simbolica di lui l'ideale principio della loro società e della loro sacra filosofia. Omero, Odiss., XIX , 179. Aiós meráhou bapuotis. Plat. in Min . ec. 3 -- Passiamo alla severa Sparta : dorica anch' ella , an ch'ella studiata dai sapienti, ed esempio di quella unione vigorosissima che di tutte le volontà private fa magnanimo sacrifizio sull'altare della patria e lo presuppone. La scienza è negli ordini della città : tutta la vita , una disciplina ; la quale prende forma tra la musica e la ginnastica : e secondo le varie età gli uffici ben distribuiti si compiono . Pre domina l'aristocrazia , ma fondata anche sul valor personale e sui meriti civili. La veneranda vecchiezza, in onore : le nature de' giovanetti, studiate: proporzionati i premi e i gastighi , e in certi tempi pubblico il sindacato ; esame che la parte più razionale della società eseguisce sulla più ir riflessiva. E qui ancora il Comune è il gran proprietario vero , e son comuni i banchetti : e la donna (cosa notabilissima) , non casereccia schiava , ma franca cittadina a compiere la formazione delle fiere anime spartane . A chi attribuiva Licurgo i suoi ordini legislativi ? Ad Apollo Pitio . Come appunto Pitagora, l'uomo - idea che diceva la verità a modo di oracolo , era figliuolo di questo medesimo Apollo . Non osserviamo più innanzi le repubbliche greche. Fu già provato dal Gilles e ripetuto anche dal Micali, che le leggi di Sparta ebbero preparazione ed esempi nelle costu manze de'tempi eroici : onde in queste società parziali già vedemmo gli essenziali elementi dell'universale civiltà el lenica per rispetto all'idea pitagorica . Che diremo delle instituzioni jeratiche ? Una storia delle scuole sacerdotali della Grecia sarebbe importantissi mo lavoro , ma non richiesto al nostro bisogno . Contentia moci alle cose che seguono. Le società e dottrine jeratiche volentieri si ascondono nelle solenni tenebre del mistero: ed Orfeo nella comune opinione dei Greci era il general maestro dei misteri , il teologo per eccellenza comeBacco era il nume della Telestica, o delle sacre iniziazioni . Lo che ci mostra fin da principio un legame intimo fra le religioni dionisiache e le scuole orfiche. Non seguiremo con piena adesione il Creuzer nell’in dagine e determinazione storica di queste scuole; il quale pone prima quella apollinea , fondata sul culto della pura luce e sull'uso della lira e della cetra, simbolo della equabile armo nia delle cose; poi quella dionisiaca, piena di passioni e di movimento, e nemica dell'apollinea ; finalmente , dopo molte lotte, la concordia loro : ed altre cose che possono leggersi nella sua Simbolica. Queste sette religiose potreb bero essere le contrarie parti di una comune dottrina jera tica , che in Apollo onorasse il principio dell'ordine e dell'unità cosmica, in Bacco quello delle perpetue trasfor mazioni della materia e delle misteriose migrazioni dell'ani ma: e quella loro concordia potrebbe significare un vincolo primitivo di necessità reciproche fra questi due principi, fondamento alla costituzione e alla vita del mondo. A queste nostre considerazioni non solo rende opportuna testimo nianza Plutarco (Della parola Ei sul tempio di Delfo); ma alla testimonianza di Plutarco forse potrebbero aggiunger forza ragioni di cose più antiche. Ma lasciando questo, certa cosa è nella storia , e Platone ce lo attesta , che gli antichi Orfici quasi viveano una vita pita gorica. Dal cibo degli animali si astenevano : non sacrifi cavano vittime sugli altari degli Iddii, ma faceano libazioni col miele; perocchè contaminarsi di sangue riputavano essere una empietà abominevole; con la lira e col canto disponevano l'animo a temperata costanza, a serena quiete, a lucida contemplazione della verità, e in questa disposizione trovavano la felicità suprema. Platone nel Protagora , nel Carmide, nel Fedro, nel Cratilo, e nel sesto libro delle Leggi. Nel Cratilo trovasi quasi fatto un cenno alla metem psicosi . Il Lobeck scrive così di Platone.... ejusque ( Orphei ) ' etiam sententias aliquot in transitu affert, non ad fidem dictorum , sed orationis illustran . dae causa, et nonnunquam irridens. Aglaoph ., p. 339. Prodigiosi effetti della lira orfica furono le mansuefatte belve, gli ascoltanti alberi , i fiumi fermati, e le città edificate, che ci circondano i mi racoli di Pitagora. Ma quando egli surse , la sapienza sacerdotale cedeva il luogo a quella filosofica , e i legislatori divini ai legisla tori umani. Nell'età di Solone e degli altri sapienti Grecia , eccitata da quella luce intellettuale che si diffon deva per tutte le sue contrade , recavasi a riconoscer me glio se stessa antica, e rinnuovavasi nel pensiero letterario della sua storia . Quindi nei miti e nelle tradizioni nazionali cercavasi un valore che avesse proporzione con le nuove idee, e nelle vecchie dottrine orfiche non potea non pene trare questo spirito di fervida gioventù , e non disporle opportunamente a tornar feconde. Ond' io non crederò col Lobeck che ad Onomacrito debba ascriversi l'invenzione dei misteri dionisiaci, o quelli almeno di Bacco-Zagreo; ma attribuirò ad esso una rigenerazione di dogmi e poemi antichi: e nel vecchio e nel nuovo orficismo troverò un modello e un impulso all'ordinamento della scuola pita gorica . Veniamo ora all' Italia ; alla terra che Dionigi d'Ali carnasso giudicava essere l'ottima (xPOTLOTYY ) di tutte le altre ; alla sede di un'antichissima civiltà, fiorente per ar mi, per dottrine , per arti , per moli gigantesche, ed altre opere egregie, che gli studi recentemente fatti sempre meglio dimostrano anteriore alla greca . Comunione di beni e sodalizi convivali cominciarono nell'Enotria coi primordi della civiltà che vi presc forma per le leggi dell'antico Italo : ed Aristo tele , che testimonia questi fatti , ci fa sapere che alcune di quelle leggi e quelle sissitie italiche , anteriori a tutte le altre , duravano tuttavia nel suo secolo; forse per la con giunzione loro coi posteriori instituti pitagorici. Polit. , V. 10. Si maraviglia il Niebuhr di questa durata ; ma se avesse pensato alle istituzioni pitagoriche , forse avrebbe potuto avvi . sarne la causa probabile. Que sto Italo che dalla pastorizia volge gli erranti Enotri all'agricoltura , e con le stabili dimore e coi civili consorzi comin cia la vera umanità di que' popoli, ci riduce a mente Cerere che dalla Sicilia passa nell'Attica, i misteri d'Eleusi, nei quali conservavasi la sacra tradizione, e per simboliche rappresentazioni si celebrava il passaggio dallo stato fe rino ed eslege al mansueto viver civile , le somiglianze tra questi misteri e le orgie pitagoriche, e la casa di Pita gora in Metaponto appellata tempio di Gerere. Laerzio, VIII, 15; Giamblico, V. P., XXX. Valerio Massimo pone quella casa e tempio in Crotone: civitas ... venerati post mortem domum, Cereris sacrarium fecit : quantumque illa urbs viguit, et dea in hominis me moria , et homo in deae religione cultus fuit . VIII , 16. Chi poi col Mazzocchi vedesse in Cono il nome di Saturno, potrebbe con altre memorie illustrare questa prima forma dell'antichissima civiltà italica -- Mazzocchi , Comment, in R. Hercul. Musei aeneas Tabulas Hera. cleenses. Prodr. Par. 1, Cap. 1, Sect. V. 8 -- Le cui origini saturniche dallo storico alicarnassèo sembrano essere attribuite alla virtù nativa di questa terra privilegiata; ond'essa, prima di moltissime altre, dovesse agevolare a prosperità di com pagnevol vita i suoi abitatori. Dionisio d'Alicar., 1. Le cose accennate nel seguente periodo del testo son cenni fatti a utile ravvicinamento d'idee, e che però non offen deranno alla severa dignità della storia. E volli accennare ( Plut. , in Num .) anche a Pico ed a Fauno, perchè questi nomi mitici si congiungono con quello di Saturno ; mito principalissimo della nostra civiltà primitiva. Rex arva Latinus et urbes Jam senior longa placidas in pace regebat. Hunc Fauno et Nympha genitum Laurente Marica Accipimus. Faino, Picus pater ; isque parentem Te, Saturne , refert; tu sanguinis ultimus auctor (En., VII, 45 seq.) E poi piacevole a trovare in queste favole antiche congiunto nell'Italia l'orficismo col pitagorismo per mezzo d'Ippolito , disciplinato , secondo chè ce lo rappresenta Euripide , alla vita orfica . At Trivia Hippolitum secretis alma recondit Sedibus, et Nimphae Egeriae nemorique relegat ; Solus ubi in silvis Italis ignobilis aevum Exigeret, versoque ubi nomine Virbius esset (Æen., VII , 774 seq.) Ippolito, morto e risuscitato , e col nome derivatogli da questa duplicità di vita posto a solinga stanza nel misterioso bosco di Egeria e del pitago. rico Numa ! Ma Virgilio , giudicando romanamente il mito , lo altera dalla sua purità nativa. Quella vita solitaria e contenta ne'pensieri contempla tivi dovea parere ignobile ai signori del mondo. Lascio Pico e Fauno esperti nella medicina e nelle arti magiche , operatori di prodigi e simili ai Dattili Idei , il culto di Apollo che si ce lebrava in Crotone , la congettura del Niebuhr essere gl ' Iperborei un popolo pelasgico dell'Italia , il mito che fa Pitagora figlio anche di questo Apollo Iperboreo, e le con nessioni storiche che queste cose hanno con l ' orficismo. L'Etruria e Roma ci bastino. La sapienza etrusca era un sistema arcano di teologia politica , di cui gli occhi del popolo non vedessero se non le apparenze , e i sacerdoti soli conoscessero l'interna so stanza. E in questa teologia esoterica ed essoterica, astro nomia ed aritmetica stavansi connesse con la morale e con la politica . Imperocchè gli ordini della città terrena ave vano il loro tipo nell'ordinamento delle forze uraniche, cioè nella costituzione della città celeste: il Dio ottimo massimo era l'unità primitiva , dalla quale dipendeva la di stribuzione di queste forze divine; e il suo vero nome, un arcano: con seimila anni di evoluzione cosmica era giunto sino alla formazione dell'uomo , e la vita umana per altri seimila anni si sarebbe continuata . Dodici erano gl'Id dii consenti , e dodici i popoli dell'Etruria . Pei quali con giungimenti della terra col cielo , la civiltà divenne una religione ; l ' aruspicina fu l'arte politica per dominare e governare il vulgo ignorante , e la matematica una scienza principalissima e un linguaggio simbolico . Se Placido Lutazio vide analogie tra le dottrine tagetiche e le pitagori che , l'etrusco Lucio , introdotto a parlare da Plutarco ne' suoi Simposiaci , diceva i simboli di Pitagora essere volgarmente noti e praticati nella Toscana. Plutarco, 1. C. , VIII , 7,18. 11 Guarnacci reputò essere affatto etrusca la filosofia pitagorica . Antichità Ilal., vol . III , pag. 26. E anco il Lampredi trovò analogia fra la dottrina etrusca e la filosofia pitagorica , e credė es servi state comunicazioni fra la Etruria e la Magna Grecia.E chi potesse far piena comparazione fra i collegi dei nostri auguri antichi e quelli dei pitagorici , scoprirebbe analogie più inti me e più copiose. Faccio questa specie di divinazione pensando al nesso storico fra le cose etrusche e le romane , e comprendendo nel mio concetto tutto ciò che possa avere analogia col pitagorismo. Altri , più di me amico delle congetture , potrebbe , se non recare il nome dell'augurato, e quello di Pitagora a una radice comune, almeno quello di Pitagora a radici semitiche, e suonerebbe : la bocca, o il sermone di colui che raccoglie, che fa raccolta di ragionamenti e di cognizioni. Veggano gli Ebraizanti il capitolo XXX dei Proverbi. La tradizione , che recava a pitagorismo le instituzioni di Numa , sembra essere cosi confermata dalle cose , ch'io debbo temperarmi dal noverarle tutte: la nozione pura della divinità; i sacrifizi incruenti , il tempio rotondo di Vesta , ia sapienza arcana , le leggi , i precetti , i libri sepolti , i pro verbi stessi del popolo . Onde niun'altra idea è tanto cit tadina dell'antica Roma quanto la pitagorica -- Plutarco, in Num. Aggiungete la Dea Tacita , e la dignità fastosa di Numa ; il Flamine Diale , a cui è vietato cibarsi di fave ; il vino proibito alle donne , ec. ec.: pensate agli elementi dorici che altri notò nei primordi della civiltà romana , ec. ec. Secondo Clemente Alessandrino Numafu pitagorico, e più che pitagorico -- e quasi a significare questa degna cittadinanza, ben si doveva a Pitagora il monumento di una romana statua. Chi poi avesse agio a profondamente discorrere tutto il sistema primitivo della romana civiltà , dalle cose divine ed umane comuni cate nel matrimonio cosi all'uomo , come alla donna, dalla vita sobria e frugale di tutta quella cittadinanza, dal patro nato e dalla clientela , dall'esercizio degli uffici secondo la dignità personale , dalla suprema indipendenza del ponti ficato , simbolo della idea divina che a tutte le altre sovra sta , dagli ordini conducenti a comune concordia , dalla re ligione del Dio Conso, dall'Asilo, dal gius feciale , da un concetto di generalità politica che intende fin da principio a consociare ed unire popoli e istituzioni , ec. potrebbe trarre nuovi lumi a illustrazione storica di questo nostro argomento. Trova Vincenzo Cuoco la filosofia pitagorica nella stessa lingua del Lazio , e ne argomenta nazionalità necessaria . E il Maciucca, che vede nella ferula di Prome teo uno specchio catottrico , e congiunge questo con l'arte attribuita alle Vestali di riaccendere il fuoco sacro, ove fosse spento , col mezzo di concavi arnesi esposti ai raggi del sole , ci aprirebbe la via a trovare scientifiche relazioni tra gl ' instituti di Numa , e la scuola orfica apollinea, che anche è detta caucasea. Le quali cose volentieri abbandoniamo agli amici delle facili congetture. L'opera del Maciucca, I Fenici primi abitatori di Napoli', che non trovo citata mai dal Mazzoldi ( il quale avrebbe dovuto citarla parlando della navigazione di Ulisse , ec . Delle Origini italiche, etc., cap., XI ) è scritta male , è piena di congetture e d'ipotesi fabbricate sul fondamento vano di arbitrarie etimologie , e ribocca di boria con semplicità veramente nativa in colui che la scrisse ; ma è anche piena d'ingegno e di erudizione. Il perchè , senza più oltre distenderci in questi cenni istorici , concluderemo , che nelle terre greche e nelle ita liche gli elementi del pitagorismo preesistevano alla fon dazione della scuola pitagorica, e che nelle italiche sem brano essere più esotericamente ordinati in sistemi interi di civiltà che sono anche religioni , e più essotericamente di vulgati e praticati nelle popolari costumanze ; indizio forse di origini native, o di antichità più remote. Che fece adunque Pitagora? Raccolse questi sparsi elementi e gli ordinò nella costituzione della sua società ? O fu inventore di un'idea sistematica tutta sua pro pria , per la cui virtù organica tutti quegli elementi antichi quasi ringiovenissero , e divenissero altra cosa in quella sua instituzione ? Certamente coi preliminari fin qui discorsi abbiam fatto uno storico comentario all'idea della sapienza cosmopolitica di Pitagora . E se ci siam contenuti entro i termini delle terre elleniche e italiche , abbiamo sem pre presupposto anco le possibili derivazioni di quella dalle asiatiche ed egiziane opinioni e religioni , o le sue attinenze con queste. Delle egiziane già toccammo, e molto si potrebbe dire delle asiatiche. Quanto alle idee ed istituzioni druidiche, la loro analogia con le pitagoriche è chiarissima : e questo è il valore istorico del mito che fa viaggiare Pitagora nelle Gallie . Vedi Cesare, De Bell . Gall. , VI , 5 ; Diodoro Siculo , VIII , 29; Valerio Massimo, II , 10 ; Ammiano Marcellino, XV, 10. Pomponio Mela cosi parla de ' Druidi : Hi terrae, mundique magnitudinem et formam , molus coeli et siderum , ac quid Dii velint , scire profilentur. Docent mulla nobilissimos gentis clam et diu, vicenis annis in specu , aut in abditis sal tibus. Unum ex iis, quae praecipiunt , in vulgus effluit , videlicet ut forent ad bella meliores, aeternas esse animas, vitamque ulteram ad Manes, III , 1. Appiano chiamolli θανάτου καταφρονητές δι' ελπίδα αναβιώσεως. Gente, la morte a disprezzare ardita Per isperanza di seconda vita. Dicerem stullos , scrive Valerio Massimo nel luogo sopra citato , nisi idem bracati sensissent quod palliatus Pythagoras credidit . Il Röth fa derivare la Tetratti pitagorica dall'Egitto; e il Wilkinson , la teoria dei numeri e della musica . Vedi Laurens, Histoire du droit des gens. Vol 1 , pag. 296. Ma il grand' uomo , del quale ora dobbiam valutare la instituzione famosa, non contentossi a fare una scelta e un ordinamento d'idee, alla cui applicazione pratica mancasse il nativo fondamento nella vita de' popoli che avessero a trarne vantaggio. Questi elementi pitagorici an teriori a Pitagora gli abbiam trovati nella civiltà , nelle scuole jeratiche , nelle consuetudini volgari della Grecia e dell' Italia: epperò l'opera di colui che se ne fa il sistema tico ordinatore è quella di un sapiente , che di tutte le parti buone che può vedere nel passato vuol far base a un or dine migliore di cose presenti e future. Pitagora dovea più particolarmente aver l'occhio alla Magna Grecia ; ma anche generalmente alle terre greche e italiane , e congiungere la sua idea istorica con ciò che meglio si convenisse con la natura umana ; che era l ' idea scientifica . Procedimento pieno di sapienza , e che già ci an nunzia negli ordini dell'Istituto una proporzionata grandezza. Questa è la con clusione grande che ci risulta dai preliminari di che toce cammo, e nella quale abbiamo la misura giusta a determi nare storicamente il valore della prima parte del mito. Non cercheremo le cause che indussero Pitagora a fer mare la sua stanza nella Magna Grecia, e ad esercitarvi il suo nobile magistero. Vedi Giamblico, De V. Pythagorde, c . V. 33. Ma l'opportunità del luogo non poteva esser maggiore , chi volesse eseguire un disegno preparato a migliorare la umanità italo-greca . E forse anco l'appartenere a schiatta tirrena lo mosse . Trovò genti calcidiche , dori che , achee , e i nativi misti coi greci o fieri della loro indi pendenza , e nelle terre opiche i tirreni . Trovò costumi corrotti per voluttà dissolute , repubbliche in guerra , go verni abusati ; ma e necessità di rimedi , e ingegni pronti , e volontà non ritrose , e ammirazione ed entusiasmo. Quanta agitazione di alti divisamenti , quante fatiche tollerate , pensata preparazione di mezzi , e lunga moderazione di desiderj ardenti ! Ed ora finalmente potrà trarre fuori tutto se stesso dalla profonda anima , e dar forma a'suoi pensieri in una instituzione degna del rispetto dei secoli .... Mal giudicherebbe la sua grand' opera chi guardasse alle parti , e non sapesse comprenderne l'integrità. L'idea orfica primitiva , indirizzata a mansuefare i selvaggi uomini e a ridurli a viver civile , è qui divenuta una sapienza ricca dei por tati di molte genti ed età , e conveniente alle condizioni di un incivilimento da rinnovellarsi ed estendersi. Pitagora chiama l'uomo nella società che ordina: non vuole educate ed esercitate alcune facoltà spiritali e corporee , ma tutte , e secondo i gradi della loro dignità nativa : non esaurisce la sua idea filosofica nell'ordinamento dell'Instituto e nella disciplina che vi si dee conservare, ma comincia una grande scuola ed apre una larghissima via all'umana speculazione : con giunge l'azione con la scienza, e all'una e all'altra chiama sempre i più degni , e dai confini del collegio le fa passare là ov'è il moto di tutti gli interessi nazionali , e il co stante scopo al quale debbano intendere è il miglioramento della cosa pubblica. Enixco Crotoniatae studio ab eo pelierunt, ut Senatum ipsorum , qui mille hominum numero constabat, consiliis suis uti paterelur. Valerio Mas simo , VII, 15 . Non ferma le sue instituzioni a Cro tone , a Metaponto , nella Magna Grecia e nella Sicilia, ma volge gli occhi largamente all'intorno , e fa invito a tutti i magnanimi , e ne estende per mezzo de' suoi seguaci gli effetti nel continente greco , nell ' Asia Minore, a Cartagine, a Cirene, e vuole che essi diventino concittadini del mondo. E questa grande idea cosmopolitica bene era dovuta all'Italia , destinata ad esser la patria della civiltà universale . Non vorrei che queste istoriche verità sembrassero arti fici retorici a coloro che presumono di esser sapienti e alcuna volta sono necessariamente retori. L'idea organica dell'Insti tuto pitagorico potè avere una esplicazione progressiva , i cui tempi sarebbero iinpossibili a determinare; ma questi suoi svolgimento e processo erano già contenuti in lei , quasi in fecondo seme : tanto è profonda , e necessaria, e continua la connessione fra tutti gli elementi che la costituiscono ! Cominciate , osservando , dall'educazione fisica delle indi vidue persone ; dalle prescrizioni dietetiche e dalle ginna stiche . La sana e forte disposizione di tutto il corpo non è fine , ma è mezzo, e dee preparare , secondare e servire all ' ottima educazione e forma delle facoltà mentali . E la musica , onde tutte le parti del corpo son composte a co stante unità di vigore , è anche un metodo d'igiene intel lettuale e morale , e compie i suoi effetti nell'anima per fettamente disciplinata di ciascun pitagorico. Lo che ope ravasi cosi nell'uomo come nella donna individui ; forma primitiva dell'umanità tutta quanta. La disciplina adunque era universale per rispetto alle educabili potenze, e procedeva secondo quella progressione che natura segue nel l'esplicarle , e secondo i gradi della superiorità loro nell'or dinata conformazione dell'umana persona . La quale , inte ramente abituata a virtù ed a scienza , era una unità par ziale , che rendeva immagine dell'Unità assoluta , come quella che la fecondità sua propria e radicale avesse armo niosamente recata in essere, e con pienezza di effetti oc cupato il luogo , che nel cosmico sistema delle vite le fosse sortito per leggi eterne, e che senza sua gran colpa non potesse mai abbandonare. Credo di potere storicamente recare a Pitagora anche questa idea , non per la sola autorità di Cicerone (Vetat Pythagoras, ec . , De Senect. , XX ; Tuscul., 1 , 30) , ma e per le necessarie ragioni delle cose. Quanto alla mi glior formazione dell'uomo , i provvidi ordinamenti cominciavano dalla generazione , siccome a Sparta , e continuavano con sapiente magistero educando e governando la vita fino alla veneranda vecchiezza . Aristosseno ap. Stobeo , Serm . XCIX. – Dicearco , ap. Giamblico, V. P. , XXX seq.). Era ordine pitagorico, dice Aristosseno presso Stobeo ( Serm. XLI ) doversi attendere con appropriata cura a tutte le elà della vila : ui fanciulli, che fos sero disciplinati nelle lettere : ai giovani , che si formassero alle leggi e costu manze patrie; agli uomini maturi, che sapessero dare opera alla cosu pubblica; ai vecchi, che avessero mente e criterio nelle consultazioni. Imperocchè bambo leggiare i fanciulli, funciulleggiare i giovani , gli uomini giovenilmente vivere , e i vecchi non aver senno , repuluvano cosa da doversi impedire con ogni argo mento di scienza. L'ordine, esser pieno di bellezza , e di utilità ; di vanità e di bruttezza , la dismisura e il disordine. — Parla Aristosseno in genere del l'educazione di tutto l'uomo , di ciò che a tutti comunemente fosse con venevole : e però restringendo la letteraria disciplina all'adolescenza non esclude lo studio delle cose più alte e difficili nelle altre età , anzi lo presuppone, ma in quelli soltanto , che, per nativa attitudine , potessero e dovessero consacrarvisi con ogni cura. Tutta la vita adunque era sottoposta alla legge di una educazione sistematica , e conti nua ; e tutte le potenze , secondochè comportasse la natura di ciascuno , venjano sapientemente educate e conformate a bellezza d'ordine e a co stante unità. Onde addurrò senza tema anche queste parole di Clemente Alessandrino: Μυστικώς oύν εφ' ημών και το Πυθαγόρειον ελέγετο: ένα révešalxai tòy ävsow tov deiv, .... oportere hominem quoque fieri unum (Str. , IV , 23.). Imperocchè fin dalla loro prima istituzione doveano i pita gorici aspirare a questa costante armonia , a questa bella unità , cioè perfezione dell'uomo intero , più che ad altri non sia venuto fatto di credere. Laonde si raccoglie che ė : l'idea religiosa è la suprema che ne risulti da questa piena evoluzione del dinamismo umano; e che alla parte principale o divina dell'anima dovea corrispondere la parte più alta della istituzione morale e scientifica. E si comincia a conoscere qual si dovesse essere la religione di Pitagora. Con questa universalità o pienezza di educazione indi viduale collegavasi necessariamente quell'altra, onde alla società pitagorica potessero appartenere uomini d'ogni nazione e paese. Un legislatore può dommaticamente far fon damento in una dottrina di civiltà , al cui esemplare voglia con arti poderose conformare la vita di un popolo ; ma deve anche storicamente accettare questo popolo com' egli : 0 se pone nella sua città alcune schiatte o classi privi legiate ed esclude le altre dall' equabile partecipazione ai diritti ed ai doveri sociali offende a quelle leggi della natura, delle quali dovrebb'essere interprete giusto e l'oppor tuno promulgatore. Cosi Licurgo, per meglio formare l'uo mo Spartano , dimenticò talvolta o non conobbe bene l'uomo vero; e dovendo accettare quelle genti com'elle erano , mise in guerra le sue idee con le cose , e preparò la futura ipocrisia di Sparta , e le degenerazioni e le impo tenti ristorazioni de' suoi ordini. Pitagora diede leggi ad un popolo di tutta sua scelta: e potendolo scegliere da ogni luogo , venia facendo una società potenzialmente cosmo politica ed universale . Questa società sparsa e da stendersi per tutte le parti del mondo civile , o di quello almeno italo-greco , era , non può negarsi , una specie di stato nello Stato ; ma essendo composta di elettissimi uomini , e con larghi metodi indirizzata a generale perfezionamento di cose umane , esercitava in ogni terra , o avrebbe dovuto esercitare , con la presenza e con la virtù dei suoi membri un'azione miglioratrice , e avviava a poco a poco le civiltà parziali verso l'ottima forma di una civiltà comune . Im perocchè Pitagora , infondendovi il fuoco divino dell'amore , onde meritossi il nome di legislatore dell'amicizia , applicava alla vita del corpo sociale il principio stesso che aveva applicato alla vita de' singoli uomini , e quell'unità, con la quale sapea ridurre a costante armonia tutte le facoltà personali , desiderava che fosse recata ad effetto nella società del genere umano. Adunque chi non gli attribuisse questo sublime intendimento mostrerebbe di non avere inteso la ragione di tutta la di lui disciplina: negherebbe implicitamente molti fatti storici o non saprebbe spiegarli bene ; e direbbe fallace la sapienza d'un grand' uomo il quale fra la pienezza dell'educazione individuale e l'uni versalità degli effetti che ne risulterebbero a tutte le pa trie de' suoi seguaci non avesse veduto i vincoli necessari . Ma queste due universalità ne presuppongono sempre un'altra , nella quale sia anche il fondamentale principio di tutto il sistema pitagorico. Parlammo di Pitagora , racco glitore storico della sapienza altrui : ora lo consideriamo per rispetto alla sua propria filosofia . E diciamo , che se nella sua scuola tutte le scienze allora note si professava no , e la speculazione era libera , tutte queste dottrine do . veano dipendere da un supremo principio , che fosse quello proprio veramente della filosofia pitagorica. Narrare quel che egli fece nella geometria , nell'aritmetica , nella musica , nell'astronomia , nella fisica , nella psicologia, nella morale , nella politica , ec . , non si potrebbe se non a frammenti , e per supposizioni e argomentazioni storiche ; nè ciò è richiesto al presente lavoro. Se Pitagora scrisse, niun suo libro o genuino scritto giunse fino a noi; e la sua sapienza mal potrebbe separarsi da quella de'suoi suc cessori . Dal fondatore di una scuola filosofica vuolsi do mandare il principio da cui tutto il suo sistema dipende. E Pitagora levandosi col pensiero alla fonte dell ' or dine universale , alla Monade teocosmica , come a suprema e necessaria radice di ogni esistenza e di tutto lo scibile , non potea non vedere la convertibilità dell ' Uno coll'Ente. Ammonio maestro di Plutarco: αλλ' εν είναι δει το όν, ώσπερ ον TÒ Év . De Ei apud Delphos. Che se l' uno è presupposto sempre dal mol teplice , v'la una prima unità da cui tutte le altre pro cedono : e se questa prima e sempiterna unità è insie me l' ente assoluto , indi conseguita che il numero e il mondo abbiano un comune principio e che le intrinseche ragioni e possibili combinazioni del numero effettualmente si adempiano nello svolgimento e costituzione del mondo, e di questo svolgimento e costituzione siano le forme ideali in quelle ragioni e possibilità di combinazioni. Perché la Monade esplicandosi con queste leggi per tutti gli ordini genesiaci della natura e insieme rimanendo eterna nel sistema mondiale , non solamente fa si che le cose abbiano nascimento ed essenza e luogo e tempo secondo ragioni numeriche , ma che ciascuna sia anco effettual mente un numero e quanto alle sue proprietà individue, e quanto al processo universale della vita cosmica. Cosi una necessità organica avvince e governa e rinnova tutte le cose ; e il libero arbitrio dell'uomo , anziché esser di strutto , ha preparazione , e coordinazione , e convenienti fini in questo fato armonioso dell'universo. Ma la ragione del numero dovendo scorrere nella materia , nelle cui con figurazioni si determina , e si divide , e si somma , e si moltiplica , e si congiunge con quella geometrica , e misura tutte le cose tra loro e con sè , e sè con se stessa , questa eterna ragione ci fa comprendere , che se i principii aso matici precedono e governano tutto il mondo corporeo , sono ancora que’ medesimi , onde gli ordini della scienza intrinsecamente concordano con quelli della natura. Però il numero vale nella musica , nella ginnastica , nella medi cina , nella morale , nella politica , in tutta quanta la scienza: e l'aritmetica pitagorica è il vincolo e la logica universale dello scibile ; un'apparenza simbolica ai profani , e una sublime cosmologia e la dottrina sostanziale per eccellenza agl' iniziati . Questo io credo essere il sostanziale e necessario valore del principio , nel quale Pitagora fece fondamento a tutta la sua filosofia : nè le condizioni sincrone della generale sa pienza ellenica fanno contro essenzialmente a cosiffatta opi nione. Questa filosofia , fino dalla sua origine , fu un ema. natismo teocosmico che si deduce secondo le leggi eterne del numero . E perocchè questo emanatismo è vita , indi conseguita l ' indole della psicologia pitagorica, ontologicamente profonda. Prego i sapienti leggitori a ridursi a mente le cose scritte da Aristotele (Met., 1 , 5) sulla filosofia pitagorica , comparandole anche con quelle scritte da Sesto Empirico ( Pyrrh. Hyp. , III , 18) , se mai potessero essere assolutamente contrarie a questa mia esposizione del fondamentale prin cipio di quella filosofia. In Aristotele veggiamo il numero essere assunto a principio scientifico dai pitagorici antichi per la sua anteriorità a tutte le cose che esistono ( των όντων ... οι αριθμοί φύσει πρώτοι) . Lo che non para si vuole ascrivere allo studio che questi uomini principalmente facessero delle matematiche , ma ad un profondo concetto della ragione del numero. Imperocchè considerando che ogni cosa , se non fosse una , sarebbe nulla , indi concludevano la necessaria antecedenza di quella ragione , ontologi camente avverandola. E cosi posta nella monade la condizione reale ed assoluta , senza la quale niuna cosa può essere , notavano che percorren dole tutte non se ne troverebbe mai una perfettamente identica a un'altra , ma che l'unità non si aliena mai da se stessa. Quindi ciò che eternamente e semplicemente è uno in sè , è mutabilmente e differentemente molti nella natura: e tutta la moltiplicità delle cose essendo avvinta a sistema dai vin coli continui del numero , che si deduce ontologicamente fra tutte con dar loro ed essenza e procedimenti , si risolve da ultimo in una unità sintetica , che è l'ordine ( xóquos) costante del mondo ; nome che dicesi primamente usato da Pitagora . Il quale se avesse detto ( Stobeo , p. 48) , che il mondo non fu ſatto o generato per rispetto al tempo , ma per rispetto al nostro modo di concepire quel suo ordine , ci avrebbe dato lume a penetrare più addentro nelle sue idee : γεννητον κατ' επίνοιαν τον κόσμον, ου κατά χρόνον. La deduzione geometrica delle cose dall'unità primordiale del punto, risguarda alla loro formazione corporea , e appartiene alla fisica generale dei pitagorici . Ma la dottrina che qui abbiam dichiarato è quella metafisica del numero. Aristotele adunque , inteso a combatterli , non valutò bene questa loro dottrina ; e i moderni seguaci di Aristotele ripetono l'ingiustizia antica. Or se tutto il mondo scientifico è un sistema di atti intellettuali , che consuonano coi concenti co smici procedenti dal fecondo seno della Monade sempiterna , anche l'uomo dee esercitare tutte le potenze del numero contenuto in lui , e conformarsi all'ordine dell'universo. E tutte le anime umane essendo sorelle , o raggi di una co mune sostanza eterea , debbono nei sociali consorzi riunirsi coi vincoli di questa divina parentela , e fare delle civiltà un'armonia di opere virtuose . Però come la disciplina di tutto l'uomo pitagorico necessariamente conduce a una so cietà cosmopolitica, cosi ogni vita individuale e tutto il vivere consociato hanno il regolatore principio in una idea filosofica , che ordina tutte le scienze alla ragione dell'Uni tà , la quale è l'ordinatrice di tutte le cose . Da quel che abbiam detto agevolmente si deduce qual si dovesse essere la dottrina religiosa di Pitagora. Molte superstizioni e virtù taumaturgiche gli furono miti camente attribuite, le quali hanno la ragione e spiegazione loro nelle qualità straordinarie dell'Uomo , ne'suoi viaggi, nelle sue iniziazioni e linguaggio arcano, e nelle fantasie ed intendimenti altrui . Ch'egli usasse le maravigliose ap parenze ad accrescere autorità ed onore alla sua istituzio ne , non ci renderemmo difficili a dire : che amasse le grandi imposture, non lo crederemo. Isocrate (in Busir., 11) ci dice ch' egli facesse servire le solennità religiose ad acquistare riputazione ; e si può facilmente credere . Veggasi anche Plutarco , in Numa , ec . – Ma il Meiners, che recò ogni cosa allo scopo politico della società pitagorica , molto volentieri concesse , che a questo fine fossero adoperate le cognizioni mediche, le musicali , gl' in cantamenti mistici , la religione , e tutte le arti sacerdotali, senza pur so. spettare se cid importasse una solenne impostura , o non facendone conto . Parlando poi dell'arcano di questa società , ne restrinse a certo suo arbi . trio la ragione , per non cangiare Pitagora in un impostore l ... II, 3. Noi qui osserveremo che nella valutazione istorica di queste cose da una con parte bisogna concedere assai alle arti necessarie a quelle aristocrazie in stitutrici ; dall'altra detrarre non poco dalle esagerazioni delle moltitudini giudicanti. La scuola jonica, contenta, questa loro dottrina ; e i moderni seguaci di Aristotele ripetono l'ingiustizia antica chi generalmente giudichi, nelle speculazioni , anziché pro muovere la pratica delle idee religiose surse contraria al politeismo volgare , del quale facea sentire la stoltezza ; ma la pitagorica, che era anche una società perfeziona trice , dovea rispettare le religioni popolari , e disporle a opportuni miglioramenti. Qui l'educazione del cuore corroborava e perfezionava quella dello spirito , e l'af fetto concordandosi coll'idea richiedeva che il principio e il termine della scienza fosse insieme un oggetto di culto. La posizione cosmica dell'uomo gli facea precetto di raggiungere un fine , cioè una perfetta forma di vita , alla quale non potesse venire se non per mezzo della filosofia . E questa era la vera e profonda religione del pitagorico; un dovere di miglioramento continuo , un sacra mento di conformarsi al principio eterno delle armonie universali , un'esecuzione dell'idea divina nel mondo tellurico. Quindi arte della vita , filosofia , religione suonavano a lui quasi una medesima cosa . I vivi e i languidi raggi del nascente e dell'occidente sole , il maestoso silenzio delle notti stellate , il giro delle stagioni , la prodigiosa diversità dei fenomeni, e le leggi immutabili dell'ordine, l'acquisto della virtù , e il culto della sapienza, tutto all'anima del pita gorico era un alito di divinità presente , un concento dina mico, un consentimento di simpatie , un desiderio , un do cumento , una commemorazione di vita , una religione d'amo re . Il quale con benevolo affetto risguardava anche agl'ſirra gionevoli animali , e volea rispettato in loro il padre univer sale degli esseri. Pertanto l'idea religiosa era cima e coro na , come già notammo, a tutto il pitagorico sistema; e di qui veniva o potea venire al politeismo italico una in terpretazione razionale ed una purificazione segreta e continua. Pindaro poeta dorico e pitagorico , insegna , doversi parlare degli iddii in modo conforme alla loro dignità ; ovvero astenersene , quando cor rano opinioni contrarie alla loro alta natura : έστι δ ' ανδρί φάμεν εικός αμφί δαιμόνων κα -λά Decel autem hominem dicere de diis honesta . (Olimp., I, str. 2, ver. 4 seg. έμοι δ ' άπορα γαστρίμαργον μακάρων τιν' ειπείν. αφίσταμαι. Mihi vero absurdum est helluonem Deorum aliquem appellare. Abstineo ab hoe (ivi, epodo 2, v.1 seg.). Lascio Geronimo di Rudi ( doctum hominem et suavem, come lo chiama Cicerone, De Fin., V, 5), che faceva anch'esso discender Pitagora miticamente all'inferno , dove vedesse puniti Omero ed Esiodo per le cose sconvenevolmente dette intorno agl'iddii (Diog. Laer., VIII, 19). Ma noi abbiamo già notato , e anche ripeteremo , che fra le idee religiose e le altre parti della sapienza pitagorica dovea essere una necessaria con nessione; e questa sapienza , che recava tutto all ' Unità , alla Monade teocosmica , non poteva non applicare cotal suo principio al politeismo volgare . Imperocchè gl'intendimenti de'pitagorici fossero quelli di educatori e di riformatori magnanimi . Fugandum omni conatu, et igni atque ferro, et qui buscumque denique machinis praecidendum a corpore quidem morbum, ab anima ignorantiam (ápasiav), a ventre luxuriam , a civitate seditionem , a fumilia discordiam dixooposúvnu) , a cunclis denique rebus excessum láustpiav): Queste parole forti, dice Aristosseno , allegato da Porfirio ( V. P. , 22 ) , suo . navano spesso in bocca a Pitagora ; cioè , questo era il grande scopo della sua istituzione. Ed egli , come ci attesta forse lo stesso Aristosseno , tirannie distrusse , riordinò repubbliche sconrolle , rivend.cò in libertà popoli schiavi, alle illegalità pose fine , le soverchianze e i prepotenti spense , e fucile e beni gno duce si diede ugli uomini giusti e mansueti (Giamb., V. P. , XXXII). Or chi dirà che questi intendimenti riformativi non dovessero aver vigore per rispetto alle religioni? Ma il savio leggitore congiunga storicamente questi propositi e ulici pitagorici con le azioni della gente dorica, distrug . gitrice delle tirannidi. Ma questa dottrina sacra , chi l'avesse così rivelata al popolo com'ella era in se stessa , sarebbe sembrata cosa empia, e fatta a sovvertire le antiche basi della morale e dell'ordine pubblico . Il perchè non mi maraviglio che se veramente nella tomba di Numa, o in altro luogo , furono trovati libri pitagorici di questo genere , fossero creduti più presto efficaci a dissolvere le religioni popolari che ad edificarle, e dal romano senno politicamente giudicati de gni del fuoco. Nè trovo difficoltà in ciò che dicea Cicerone de'misteri di Samotracia, di Lenno e di Eleusi, ove le volgari opinioni teologiche interpretate secondo la fisica ra gione trasmutavansi in iscienza della natura -- ... quibus explicatis ad rationemque revocalis , rerum magis natura cognoscitur, quam deorum. De Nat. Deor., 1 , 42. La teologia fisica era altra cosa da quella politica ; di che non occorre qui ragionare . Quanto ai libri pitagorici trovati nel sepolcro di Numa , la cosa con alcuna varietà è concordemente attestata da Cassio Emina , da Pisone , da Valerio Anziate, da Sempronio Tuditano , da Varrone , da Tito Livio , da Valerio Massimo , ( L. 1 , c . 1 , 4 , 12) e da Plinio il vecchio ; al quale rimando i miei leggito ri ; XIII , 13. Sicché difficilmente potrebbesi impugnare l'esistenza del fatto . Se poi il fatto fosse genuino in sé, chi potrebbe dimostrarlo? Contentiamoci a tassare di severità soverchia il senno romano. Un solo principio adunque informava la società, la disciplina, la religione, la filosofia di Pitagora : e la necessa ria e indissolubile connessione che indi viene a tutte que ste cose , che sostanzialmente abbiamo considerato , è una prova certa della verità istorica delle nostre conclusioni. Ma a questa sintesi luminosa non posero mente gli studiosi; e duolmi che anche dall'egregio Ritter sia stata negletta. Egli non vede nel collegio se non una semplice società privata : e pur dee confessare i pubblici effetti che ne deri varono alle città della Magna Grecia. Trova nella religione il punto centrale di tutta quella comunità ; ma non la segue per tutti gli ordini delle cose , mostrando , quanto fosse possibile , la proporzionata dipendenza di queste e il proporzionato impero di quella. La fa vicina o non contraria al politeismo volgare e distinta assai o non sostanzialmente unita con l'idea filosofica , e la copre di misteriose ombre e solamente ad essa reca la necessità o l'opportunità del mistero. Insomma , guarda sparsamente le cose , che cosi disgregate, in distanza di tempo, rimpiccoliscono. Che se ne avesse cercato il sistema , le avrebbe trovate più grandi , e tosto avrebbe saputo interrogare i tempi e storicamente comprovare questa loro grandezza. Come il Meiners pose nell'idea politica il principio e il fine del. l'istituzione pitagorica, così il Ritter massimamente nell'idea religiosa. Ma il criterio giusto di tutta questa istoria è nell'idea' sintetica nella quale abbiamo trovato il principio organico del pitagorico sistema, e alla quale desideriamo che risguardinu sempre gli studiosi di queste cose. Pitagora, venuto dopo i primi legislatori divini e non per ordinare una civiltà parziale , ma dal concetto di una piena educazione dell'uomo essendosi inalzato a quello dell'umanità che per opra sua cominciasse , si vide posto , per la natura de' suoi intendimenti, in tali condizioni, da dover procedere con arti molto segrete e con prudente circospezione. Imperocchè dappertutto egli era il comin ciatore di un nuovo e speciale ordine di vita in mezzo alla comune ed antica. Onde l'arcano e l'uso di un linguaggio sim bolico, che generalmente gli bisognavano a sicurezza esterna dell'Istituto, egli doveva anche combinarli con profonde ragioni organiche nell'ordinamento interiore. Acusmatici e matematici, essoterici ed esoterici , pitagorici e pitagorèi , son diversi nomi che potevano non essere adoperati in principio , ma che accennano sempre a due ordini di per sone , nei quali , per costante necessità di cause , dovesse esser partita la Società , e che ce ne chiariranno la costituzione e la forma essenziale. Erano cause intrinseche , e sono e saranno sempre, la maggiore o minore capacità delle menti ; alcune delle quali possono attingere le più ardue sommità della sapienza, altre si rimangono nei gradi inferiori. Ma queste prime ragioni , fondate nella natura delle cose, Pitagora congiunse con altre di non minore importanza. Perché lo sperimento degl' ingegni gli pro vava anche i cuori e le volontà : e mentre durava la disciplina inferiore , che introducesse i migliori nel santuario delle recondite dottrine , quell'autorità imperiosa alla quale tutti obbedivano , quel silenzio , quelle pratiche religiose , tutte quelle regole di un vivere ordinato ch'essi aveano saputo osservare per farsene continuo profitto, gli formava al degno uso della libertà , che, se non è imparata ed esercitata dentro i termini della legge, è licenza di schiavi e dissoluzione di forze. Cosi coloro, ai quali potesse es sere confidato tutto il tesoro della sapienza pitagorica, aveano meritato di possederla, e ne sentivano tutto il prezzo , e come cosa propria l'accrescevano. E dopo avere acquistato l'abito di quella virtù morale che costi tuiva l'eccellenza dell'uomo pitagorico , potevi essere am messo al segreto dei fini, dei mezzi , e di tutto il sistema organico e procedimenti della società. La forma adunque , che questa dovesse prendere, inevitabilmente risultava da quella partizione di persone , di discipline , di uffici, della quale abbiam trovato il fondamento in ragioni desunte dall'ordine scientifico e in altre procedenti dall'ordine pratico , le une colle altre sapientemente contemperate : e l'ar cano , che mantenevasi con le classi inferiori e con tutti i profani, non aveva la sua necessità o convenienza nell'idea religiosa o in alcuna altra cosa particolare , ma in tutte. Tanto in questa società la religione era filosofia; la filosofia, disciplina a perfezionamento dell' uomo ; e la perfezione dell'uomo individuo , indirizzata a miglioramento ge nerale della vita ; vale a dire , tutte le parti ottimamente unite in bellissimo e costantissimo corpo . Con questa idea sintetica parmi che molte difficoltà si vincano , e che ciascuna cosa nel suo verace lume rendasi manifesta. L'istituto pitagorico era forse ordinato a mero adempimento di uffici politici? No , per fermo ! ma era una società - modello , la quale se intendeva a miglio rare le condizioni della civiltà comune e aspirava ad oc cupare una parte nobilissima e meritata nel governo della cosa pubblica , coltivava ancora le scienze , aveva uno scopo morale e religioso, promoveva ogni buona arte a perfezio namento del vivere secondo una idea tanto larga , quanta è la virtualità della umana natura . Or tutti questi elementi erano in essa , come già mostrammo, ordinati sistema : erano lei medesima formatasi organicamente a corpo mo rale . E quantunque a ciascuno si possa e si debba attri buire un valore distinto e suo proprio , pur tutti insieme vo gliono esser compresi in quella loro sintesi organica. Certo è poi che la massima forza dovea provenirle dalla sapienza e dalla virtù de'suoi membri, e che tutto il vantaggio ch'ella potesse avere sulla società generale consisteva appunto in questa superiorità di cognizioni , di capacità , di bontà morale e politica , che in lei si trovasse. Che se ora la consideriamo in mezzo alle città e popoli, fra i quali ebbe esistenza , non sentiamo noi che le prudenti arti , e la politica che potesse adoperare a suo maggiore incremento e prosperità, doveano avere una conformità opportuna , non con una parte sola de' suoi ordini organici , ma con l'integrità del suo corpo morale, e con tutte le operazioni richieste a raggiun gere i fini della sua vita? Ove i pitagorici avessero senza riserva fatto copia a tutti della scienza che possede vano , a che starsi uniti in quella loro consorteria? qual differenza fra essi , e gli altri uomini esterni? O come avrebbero conservato quella superiorità , senza la quale mancava ogni legittimo fondamento ai loro intendimenti, alla politica , alla loro consociazione ? Sarebbe stato un ri nunziare se stesso. E se la loro religione mostravasi non discordante da quella popolare, diremo noi che fra le loro dottrine, filosofiche, che fra tutta la loro scienza e le loro idee religiose non corresse una proporzione necessaria? Che non mirassero a purificare anche le idee volgari , quando aprivano le porte della loro scuola a tutti che fossero degni di entrarle ? Indi la necessità di estendere convenevolmente l'arcano a tutta la sostanza della loro interna vita , e perd. anche alle più alte e più pure dottrine filosofiche , e religiose. S'inganna il Ritter quando limita il segreto alla religione; ma ingannossi anche il Meiners che a questa lo credette inutile affatto , e necessarissimo alla politica , di cui egli ebbe un concetto difettivo non comprendendovi tutti gl'interessi dell'Istituto . Nè l'esempio di Senofane ch'egli adduce a provare la libertà allora concessa intorno alle opinioni religiose , ha valore . Imperocchè troppo è lon tana la condizione di questo filosofo da quella della società pitagorica . E che poteva temere il popolo per le patrie istituzioni dalla voce solitaria di un uomo ? da pochi motti satirici ? da una poesia filosofica ? L'idea semplicemente proposta all' apprensione degl ' intelletti è approvata , rigettata , internamente usata , e ciascuno l'intende a suo grado , e presto passa dimenticata dal maggior numero . Ma Pitagora aveva ordinato una società ad effettuare le idee , ad avverarle in opere pubbliche, in istituzioni buone eserci tando un'azione continua e miglioratrice sulla società ge nerale . Quindi , ancorchè non potessero tornargli cagione di danno , non si sarebbe licenziato a divulgarle. Questa era una cara proprietà della sua famiglia filosofica ; la quale dovea con circospetta e diligente cura custodirla : aspettare i tempi opportuni , e prepararli: parteciparla ed usarla con discernimento e prudenza. Perchè non voleva restarsi una pura idea ; ma divenire un fatto. L'arcano adunque , gioya ripeterlo , dovea coprire delle sue ombre tutti i più vitali procedimenti , tutto il patrimonio migliore , tutto l'interior sistema della società pitagorica. E per queste ragioni politiche, accomodate alla sintetica pienezza della istituzione, la necessità del silenzio era cosi forte , che se ne volesse far materia di severa disciplina . Non dico l'esilio assoluto della voce , come chiamollo Apuleio , per cinque anni ; esagerazione favolosa : parlo di quel silenzio , che secondo le varie occorrenze individuali , fruttasse abito a saper mantenere il segreto. -- και γάρ ουδ' ή τυχούσα την παρ' αυτούς ή σιωπή, Magnum enim et accuratum inter eos servabatur silentium. Porfirio, V. P. , 19. E dopo averlo conceduto a questa necessità poli tica , non lo negherò prescritto anche per altre ragioni più alte . Che se Pitagora non ebbe gl'intendimenti de' neo - pi tagorici , forseché non volle il perfezionamento dell'uomo interiore ? E se al Meiners parve essere utilissima arte mne monica quel raccoglimento pensieroso , quel ripetere men talmente le passate cose che ogni giorno facevano i pita gorici , e non gli dispiacquero que' loro passeggi solitarii nei sacri boschi e in vicinanza de'templi , che pur somigliano tanto a vita contemplativa , come potè esser nemico di quel silenzio che fosse ordinato a questa più intima vita del pensiero ? Quasiché Pitagora avesse escluso la filosofia dalla sua scuola , e non vedesse gli effetti che dovessero uscire da quel tacito conversare delle profonde anime con seco stesse . Ma tutta la sua regola è un solenne testimonio con tro queste difettive e false opinioni , le quali ho voluto forse un po' lungamente combattere a più fondato stabilimento di quella vera . I ragionamenti più belli e più giusti all ' apparenza talvolta cadono alla prova di un fatto solo , che ne scopre la falsità nascosta . Ma tutte le autorità del mondo non hanno forza , quando non si convengono con le leggi della ragione : e la storia che non abbraccia il pieno ordine dei fatti, e non sa spiegarli con le loro necessità razionali , ne frantende il valore e stringe vane ombre credendo di fondarsi in verità reali . Noi italiani dobbiamo formarci di nuovo alle arti trascurate della storia delle idee e delle dottrine ; ma gli scrittori tedeschi quanto abbondano di cognizioni tanto di fettano alcune volte di senno pratico : infaticabili nello stu dio , non sempre buoni giudici delle cose. La forma dell'istituto pitagorico fu opera di un profondo senno per la moltiplicità degli elementi e de'fini che domandavano ordine e direzioni ; ma a cosiffatte norme si governavano anche le altre Scuole filosofiche dell'antichi tà , e massimamente i collegi jeratici , fra i quali ricorderò quello d'Eleusi. Là i piccoli misteri introducevano ai grandi , e i grandi avevano il vero compimento loro nell'epoptèa o intuizione suprema I primi con severe astinenze , con lu strazioni sacre , con la giurata religione del segreto , ec. , celebravansi di primavera , quando un'aura avvivatrice ri circola per tutti i germi della natura . I secondi , d'autunno; quando la natura , mesta di melanconici colori, t'invita a meditare l'arcano dell'esistenza , e l'arte dell'agricoltore , confidando i semi alla terra , ti fa pensare le origini della provvidenza civile . E il sesto giorno era il più solenne . Non più silenzio come nel precedente ; ma le festose e ri . petute grida ad Jacco , figlio e demone di Cerere. E giunta la notte santa , la notte misteriosa ed augusta , quello era il tempo della grande e seconda iniziazione , il tempo dell'eеро ptea . Ma se tutti vedevano i simboli sacri ed erano appellati felici, non credo però che a tutti fosse rivelato il segreto delle riposte dottrine , e veramente compartita la felicità che proviene dall' intelletto del vero supremo . Abbiam toccato di queste cose , acciocchè per questo esempio storico fosse meglio compreso il valore del famoso ipse dixit pitagorico , e saputo che cosa veramente impor tasse vedere in volto Pitagora . Quello era la parola dell'au torità razionale verso la classe non condizionata alla visione delle verità più alte , nè partecipante al sacramento della Società ; questo valeva la meritata iniziazione all ' arcano della Società e della scienza. Di guisa che dalla profonda considerazione di essi ci viene la necessaria spiegazione di quella parte del mito , secondo la quale Pitagora é immedesimato coll' organamanto dell' Istituto : e determinando l'indole della sua disciplina e della sua religiosa filosofia abbiam trovato la misura dell'idea demonica del . l'umana eccellenza , che fu in lui simboleggiata . Che era l'ultimo scopo di queste nostre ricerche. Il Gioberti vede in Pitagora quasi un avatara miligato e vestito alla greca. Del Buono, IV, p. 151. Noi principalmente abbiamo risguar dato all'idea italica, ma presupponendo sempre le possibili deriva. zioni orientali. Ma se anche all'altra parte del mito , la quale concerne gli studiosi viaggi e l'erudizione enciclopedica di quell'uomo divino , indi non venisse lume logicamente necessario , non potrebbe in una conclusione piena quietare il nostro intelletto. Conciossia chè, queste due parti non potendo essere separabili , ciò che è spiegazione storica dell'una debba esserlo comunemente dell'altra. Or tutti sentono che ad una Società, i cui membri potevano essere d'ogni nazione , e che fu ordinata a civiltà cosmopolitica , ben si conveniva una sapienza storica raccolta da tutti i paesi che potessero essere conosciuti. Ma ciò non basta . Già vedemmo , la dottrina psicologica di Pitagora con cordarsi molto o anche avere medesimezza con l'ontologica ; sicchè torni impossibile intender bene il domma della me tempsicosi , chi non conosca come Pitagora spiegasse le sorti delle anime coi periodi della vita cosmica , e quali proporzioni e leggi trovasse tra questa vita universale e le particolari. Ma s'egli per l'indole di cosiffatte dottrine vedeva in tutti gli uomini quasi le sparse membra di un corpo solo, che la filosofia dovesse artificiosamente unire con vincoli di fra ternità e d'amicizia , dovea anche amare e studiosamente raccogliere le cognizioni , quante per ogni luogo ne ritro vasse, quasi patrimonio comune di tutti i seguitatori della sapienza . E forse in questi monumenti dello spirito umano cercava testimonianze storiche , che comprovassero o des sero lume ai suoi dommi psicologici; forse quello che fu favoleggiato intorno alle sue migrazioni anteriori nel corpo di Etalide , stimato figlio di Mercurio , e nei corpi di Euforbo , di Ermotimo e di Pirro pescatore delio , ha la sua probabile spiegazione in questi nostri concetti. Questo mito , che altri narrano con alcune varietà, da Eraclide pon tico é riferito sull'autorità dello stesso Pitagora (Laerzio, VIII , 4) ; il che , secondo la storia positiva , è menzogna. Ma nella storia ideale è verità miticamente significata ; perchè qui Pitagora non è l'uomo , ma l'idea , cioè la sua stessa filosofia che parla in persona di lui. La psicologia pitagorica essendo anche una scienza cosmica, nella dottrina segreta deila metempsicosi doveano essere determinate le leggi della migrazione delle anime coordinandole a quelle della vita del mondo: TepūTOV TË QATL , scrive Diogene Laerzio, τούτον απoφήναι , την ψυχήν , κύκλον ανάγκης αμείβου . oav , äraore än2015 évseifar C60! 5 , VIJI. 12. primumque hunc (parla di Pitagora) sensisse aiunt, animam, vinculum necessitatis immutantem , aliis alias alligari animantibus. Che queste leggi fossero determinate bene , non si vuol credere ; ma che realmente se ne fosse cercato e in alcun modo spie . gato il sistema , non vuol dubitarsene . E con questa psicologia ontologica dovea essere ed era fin da principio congiunta la morale de'pitagorici. Or io non vorro qui dimostrare che le idee di Filolao , quale vedeva nel corpo umano il sepolcro dell'anima , fossero appunto quelle di Pitagora : ma a storicamente giudicare l'antichità di queste opinioni, debb' essere criterio grande la dottrina della metempsicosi , non considerata da sè , ma nell'ordine di tutte le altre che possono con buone ragioni attribuirsi al primo maestro. L'anima secondo queste dottrine essendo l'eterna sostanza avvivatrice del mondo, e non potendo avere stanza ferma in nessun corpo tellurico , come quella che perpetuamente dee compiere gli uffici della vita cosmica , dovea mostrarsi a coloro , che le professassero come una forza maravigliosa che tutto avesse in sè , che tutto potesse per se medesima , ma che molto perdesse della sua purezza, libertà , e vigore primigenio nelle sue congiunzioni corporee , etc. Queste idee son tanto connesse , che ricusare questa inevitabile connessione loro per fon . dare la storia sopra autorità difettive o criticamente abusate, parmi essere semplicità soverchia. Finalmente , a meglio intendere l'esistenza di queste adunate dottrine, giovi il considerare , che se nell'uomo sono i germinativi della civiltà , essi domandano circo. stanze propizie a fiorire e fruttificare, e passano poi di terra in terra per propaggini industri o trapiantamenti opportuni . Laonde se la tradizione è grandissima cosa nella storia dell'incivilimento , i sacerdoti antichi ne furono principa lissimi organi : e molte comunicazioni segrete dovettero naturalmente correre tra queste corporazioni jeratiche ; o quelli che separavansi dal centro nativo , non ne perde vano al tutto le memorie tradizionali . Questo deposito poi si accresceva con la storia particolare dell'ordine, che ne fosse il proprietario , e pei lavori intellettuali de' più cospi cui suoi membri . La gloria privata di ciascun uomo ecclis savasi nello splendore della Società, a cui tutti comune mente appartenevano; ed ella compensava largamente l'uomo che le facea dono di tutto se stesso , esercitando col di lui ministero molta parte de'suoi poteri, e mostrando in esso la sua dignità . Anco per queste cagioni nella So. cietà pitagorica doveva esser il deposito di molte memorie e dottrine anteriori alla sua istituzione , cumulato con tutte quelle che fossero le sue proprie : e fino all'età di Filolao , quando il domma della scuola non fu più un arcano ai non iniziati , tutto fu recato sempre al fondatore di essa , e nel nome di Pitagora conservato , aumentato , e legittimamente comunicato. Essendomi allontanato dalle opinioni del Meiners intorno all'arcano pitagorico, non mi vi sono aderito neppure facendo questa , che è molto probabile congettura , fondata nella tradizione che Filolao e i pitagorici suoi contemporanei fossero i primi a pubblicare scritti sulla loro filosofia, e accettata anche dal Boeckh , e dal Ritter. Il domma pitagorico, dice Laerzio, VIII , 15 , confermato da Giamblico, V. P. , XXXI , 199, da Porfirio , da Plutarco, e da altri , il domma pitagorico si restò al tutlo ignoto fino ai tempi di Filolao , μέχρι δε Φιλολάου ουχ ήν τι γνώναι Πυθαγόρειον δόγμα. Qui adunque abbiamo un termine storico , che ci sia avvertimento a distin guere le autorità anteriori dalle posteriori intorno alle cose pitagoriche , e a farne sapientemente uso. - Nė da cid si argomenti che la filosofia pi tagorica non avesse processo evolutivo in tutto questo corso di tempi , o che tutti coloro che la professavano si dovessero assolutamente trovar concordi in ogni loro opinione. La sostanza delle dottrine , i principali intendimenti , il principio fondamentale certamente doveano conservarsi : le altre parti erano lasciate al giudizio e all'uso libero degl'ingegni. Ma qui osserveremo , che il deposito delle dottrine e di tutte le cognizioni istoriche essendo raccomandato alla memoria di questi uomini pi tagorici , indi cresceva la necessità di formarli e avvalorarli col silenzioso raccoglimento alle arti mnemoniche, e di usare insieme quelle simboliche . Le quali se da una parte erano richieste dalla politica; dall'altra doveano servire a questi ed altri bisogni intellettuali. E così abbiamo il criterio opportuno a valutare storicamente le autorità concernenti questo simbolismo della scuola e società pitagorica. Questo nostro lavoro non è certamente, nè poteva es sere , una intera storia di Pitagora , ma uno stradamento, una preparazione critica a rifarla, e una fondamentale no zione di essa. Stringemmo nella narrazione nostra le anti chissime tradizioni mitiche e anche le opinioni moderne fino ai tempi d’Jacopo Bruckero , quando la critica avea già molte falsità laboriosamente dileguato, e molte cose illu strato , e dopo il quale con argomenti sempre migliori ella vien servendo alla verità storica fino a ' giorni nostri ; or dine di lavori da potersi considerare da sé. Però quello era il termine, a che dovessimo riguardare siccome a certo segno, che finalmente una nuova ragione fosse sorta a giudicare le cose e le ragioni antiche con piena indipen denza e con autorità sua propria. E allora anche nell'Italia valorosi uomini aveano già dato e davano opera a un nuovo studio dell'antichità, quanto si convenisse con le più intime e varie condizioni della cultura e civiltà nazionali. Contro il Bruckero disputò dottamente il Gerdil e mostrò non im possibile a fare un'accettevole storia di Pitagora, quasi temperando con la gravità del senno cattolico la scioltezza di quello protestante. E il Buonafede non illustrò con indagini originali questo argomento; inteso com'egli era piuttosto a rifare il Bruckero, che a fare davvero una sua storia della filosofia: uomo al quale abbondava l'ingegno , nė mancava consuetudine con le dottrine filosofiche, nè elo quio a discorrerle: ma leggero sotto le apparenze di una superiorità affettata, e troppo facile risolutore anche delle difficili questioni con le arguzie della parola. Separò il romanzo dalla storia di Pitagora con pronto spirito senza pur sospettare nel mito uno storico valore, e narrò la storia senza profondamente conoscerla. Nè il Del Mare seppe farla con più felice successo , quantunque volesse mostrare in gegno a investigar le dottrine . In tutti questi lavori è da considerarsi un processo d'italico pensiero signoreggiato dall'idea cattolica , e con essa dommaticamente e storica mente congiunto. Con più indipendenza entrò il Sacchi in questo arringo; ma uguale agl’intendimenti dell'ingegnoso giovine non fu la maturità degli studi. Col Tiraboschi, scrittore di storia letteraria, e col Micali , scrittore di una storia generale dell'Italia antica , le nostre cognizioni in torno a Pitagora si mantengono non inferiori a quelle de gli altri popoli civili fino al Meiners , ma con servilità o con poca originalità di ricerche . Una nuova via liberamente si volle aprire Vincenzo Cuoco, le cui fatiche non sono da lasciare senza speciale riguardo , e che , se la salute non gli fosse fallita alla mente, avrebbe anche fatto più frut tuose . Discorre con criterio suo proprio le antichità della sapienza italica : combatte il classico pregiudizio di quelle greche : non accetta tutte le conclusioni del Meiners: aspira a una ricomposizione di storia , non dirò se scevro del tutto neppur ' egli di pregiudizi , o con quanta preparazione di studj , ma certo con divisamento generoso , e con dimo strazione di napoletani spiriti . Finirò lodando i bei lavori storici dello Scina sulla coltura italo - greca, e il bel discorso sul vitto pittagorico , che è l'ottavo di quelli toscani di Antonio Cocchi, scritto con elegante erudizione, e con quella sobria e pacata sapienza , che tanto piace nei nobili investigatori del vero. Più altre cose fatte dagl'Italiani avrei potuto menzionare ; ma quelle che dissi bastavano all'occorrenza. Fra le anteriori al termine , dal quale ho incominciato questa menzione , noterò qui di passaggio i lavori inediti di Carlo Dati, e quelli di Giov. Battista Ricciardi , già professore di filosofia morale nella Università pisana nel secolo decimosettimo , le cui lezioni latinamente scritte si conservano in questa biblioteca . Fra tutti quelli da me menzionati il Gerdil occupa certamente il primo luogo per ri spetto alla esposizione delle dottrine, quantunque difetti nella critica delle autorità istoriche (Vedi Introd . allo studio della Relig. lib. II , SS 1 e seg.). Nell'Italia adunque alla illustrazione dell' argomento che abbiamo trattato non mancarono storie generali , nè speciali , nè dotte monografie: ma per la maestà superstite del mondo antico , per la conservatrice virtù della religione , per la mirabile diversità degl' ingegni , per la spezzatura degli stati , per le rivoluzioni e il pestifero regno delle idee forestiere la critica nella storia della filosofia, e conseguentemente in quella di Pitagora , non ha avuto costante procedimento, nè intero carattere nazionale , nè pienezza di liberi lavori. Ma non per questo abbiamo dormito : e fra i viventi coltivatori di queste discipline il solo Gioberti basta a mantenere l'onore dell'Italia nella cognizione delle cose pitagoriche. Del Buono; IV , pag . 147 e seg. Invitato dall'egregio Niccolò Puccini a dettare sull'an tico fondatore dell'italiana filosofia una sufficiente notizia , nè io voleva sterilmente ripetere le cose scritte da altri , nè poteva esporre in pochi tratti tutto l'ordine delle mie investigazioni ed idee. lo faceva un lavoro non pei soli sa pienti , ma per ogni qualità di leggitori , i quali non hanno tutti il vero senso storico di questi oggetti lontanissimi , e troppo spesso , quanto meno lo posseggono , tanto più son pronti ai giudizi parziali e difettivi. Pensai di scriver cosa , che stesse quasi in mezzo alle volgari cognizioni sopra Pi tagora e a quella più intima che se ne vorrebbe avere ; che fosse una presupposizione degli studi fatti, e un comincia mento di quelli da potersi o doversi fare tra noi . E peroc chè tutti , che mi avevano preceduto nella nostra Italia, erano rimasti contenti alla storica negazione del mito io cominciai dalla razionale necessità di spiegarlo , e poste alcune fondamenta salde , di qui mossi a rifare la storia . Per quanto io naturalmente rifugga dalla distruzione di nessuna , e però degnamente ami la creazione delle nuove cose, non voglio dissimulare che dopo aver provato potersi interpretare il mito e conservare Pitagora - uomo alla storia , riman sempre alcun dubbio , via via rampol lante nell'anima dalla profonda considerazione di queste cose antiche. Ma laddove non è dato vedere , senz'ombra nè lacune, la verità , ivi la moderazione è sapienza necessa ria , e la probabilità dee potere stare in luogo della certezza . Di che forse potrò meglio ragionare in altra occasione . È desiderabile che alcun diligente cercatore delle antichità ita liche consacri le sue fatiche a raccogliere tutti gli elementi semitici che possono trovarsi nella primitiva formazione del nostro viver civile non separandoli dai pelasgici , e che faccia un lavoro pieno, quanto possa , intorno a questo argo mento . Forse alcune tradizioni che poi divennero greche erano prima fenicie : forse nei primordi di Roma , anche pelasgica , quegli elementi sono più numerosi e meno in frequenti , che altri non creda : forse alla storia di Pitagora potrebbe venir nuovo lume da questa via di ricerche. Ho sempre reputato anch' io molto simile al vero l'opinione ulti mamente mantenuta dall'egregio Conte Balbo ; quella cioè della consan . guinità semitica dei pelasgbi . Poi con nuove ricerche vuolsi illustrare l'azione e l'influsso che i Fenici esercitarono nella nostra civiltà antica . Il corso trionfale dell ' Ercole greco , che compie la sua decima fatica mo vendo con le sue forze da Creta , e poi dalla Spagna e dalle Gallie pas . sando in Italia ; corso narrato da Diodoro Siculo (B.6l . Hist. , IV, 17 seqq. Wess.) sulle tradizioni conservate da Timeo , e che ha tutte le apparenze di una magnifica epopca , è da restituirsi all'Ercole Tiri , come fu a buon dritto giudicato dall'Heeren ( De la politique, e du commerce, etc. II , sect . I , ch . 2) . E il luogo sortito dai fati alla futura Roma è notabile scena alle azioni dell'eroe che per tutto abbatte i tiranni , volge al meglio le istituzioni e le condizioni del suolo , e insegna le arti della vita ; simbolo della civiltà che seconda alle navigazioni, ai commerci , alle colonie , alle idee, agl'influssi fenicii. Il mito , poi divenuto romano , intorno a Caco , e a Potizio e Pinario, forse allude alle condizioni vulcaniche della terra , e alla coltura che indi vi s' inducesse per opera dei semiti, o di altri . E non poche voci semitiche tuttavia restano nella lingua del Lazio , e a radice semitica potrebbersi recare molti nomi che hanno valore istorico nei primordi ro mani. Quanto a Pitagora , non vorremo qui aggiungere altro a quello che abbiam detto de ' suoi viaggi orientali Qui ricorderemo che l'idea sto rica per esso rappresentata ha gran medesimezza con quella di tutta la no stra civiltà primitiva ; e quanti elementi semitici dovessero essere in que sta nostra civiltà antichissima può argomentarsi anche da queste nostre indicazioni quantunque molto imperfette. Ma è osservazione da non potersi pretermettere , che la filosofia non prima ha stabilimento nelle terre italiane, che non si contenta alle speculazioni sole , ma quasi inspi rata dal clima par conformarsi alla natura di questi nostri uomini, e volge le sue arti alla pratica. Per altro non sia chi dimentichi che i primi ordinatori delle civiltà furono anch'essi sapienti : furono sapienti i fondatori delle ari stocrazie jeratiche, e usarono il sapere a disciplina so ciale e a stromento d'impero. L'idea , di qualunque natura ella siasi , tende sempre per impeto suo proprio a estrin secarsi in un fatto ; la quale non solo è figlia divina della Mente, ma è piena del valore di tutte le esterne cose , che la fanno nascere, e alle quali spontaneamente ritorna. Ma quando la sapienza, posta nella costituzione delle città, o professata nei recessi sacerdotali , non basta più ai bisogni del secolo , e il secolo produce alcuni privilegiati ingegni che debbano darle gagliardo moto ed accresci mento , allora questi nuovi pensatori la fanno unico scopo a tutti i loro studi , e cosi compiono il grande ufficio a che nacquero destinati. Le cose pubbliche sono oggimai ordi nate, e l'amministrazione loro è nelle mani di tali che troppo spesso sarebbero i più indegni di esercitarla; e i popoli, i cui mali richiedono pronti e forti rimedi, in quelli pazzamente si compiacciono ed imperversano , da questi ciecamente aborriscono. E la crescente copia delle cose umane domanda convenevole partizione di lavori. Onde al magnanimo amico della verità e del bene non altro resta se non l'asilo della mente profonda , l' immensità luni nosa , la libertà , la pace del mondo ideale: e là egli cerca la verace patria, là eseguisce i suoi civili uffici ; e a riformare il mondo, dal quale sembra aver preso un volontario esiglio, manda l'onnipotente verità, e ci opera il bene e ci ottiene il regno con la virtù dell'idea. Però a storicamente giudicare gl'intendimenti pratici della filosofia pitagorica, vuolsi considerarla per rispetto allo indirizzo al tutto speculativo della scuola jonica, e alle condizioni generali della vita , onde questa scuola non fu rivolta all'operazione. Lo che facendo, un'altra volta si scopre e sempre meglio s'intende che le instituzioni di Pitagora non hanno una semplice conformità col presente stato del loro secolo, ma profonde basi nel passato, dalle quali tendono a infu turarsi in un'epoca migliore con quel principio di universalità storica, scientifica e sociale, che abbiamo, quanto bastasse, dichiarato. Se poi vogliamo perfezionare i nostri concetti intorno all'opportunità di questo italico Instituto, guardiamo anche ai tempi moderni , nei quali tutto è pubblicità, diffusione e comunicazione di cose; onde il sapere e l'istruzione dalle sommità sociali discorrono scendendo fino alle estremità più umili, e col far dono di sè cercano fruttificazione nuova dalle vive radici e robusto ceppo del grand'albero sociale. Non credo nè che tutti gl'ingegni si ridurranno mai ad una misura comune, nè che l'altezza né la pienezza dello scibile potrà mai essere accessibile e godevole parimente a ciascuno. L'educazione dell'umanità in questa mirabile èra che per lei incomincia, sarà universale per questo, che ciascuno secondo le sue facoltà, potrà e dovrà dar loro la forma convenevole, e sapere quello che gli sia bisogno, e fare quello che gli si compela e che meglio il sodisfaccia. Ma quanto l'umanità sarà grande, tanto gli uomini saranno, non dico individualmente piccoli , i quali anzi parteciper ranno in comune a tanta grandezza, ma a distanze degna mente proporzionate diseguali verso di essa, e fra loro. Nel secolo di Pitagora il genere umano non aveva né i prodi giosi stromenti che ora possiede , nè la coscienza delle sue forze consociate: lo che vuol dire che umanità verace e grande non vi era , o non sapeva di essere , e bisognava formarla . Il perchè una società , che introducesse fratellanza fra greci e barbari, unioni intime fra molti stati tal volta microscopici, commerci fra genti lontane , grandezza fra idee limitate e passioni anguste, lume di discorso fra consuetudini cieche e forti, l'umanità insomma nell'uomo e nel cittadino delle cittadinanze divise, era opportunissima ai tempi. Una disciplina comunicantesi a tutti avevano que piccole cittadinanze greche ed italiche (e però le antiche repubbliche furono anche sistemi di educazione) ma misurata dalle leggi fondamentali, non avviata con norme re golari a sempre nuovo perfezionamento, dominata dagl'in teressi, esposta a mille abusi e corruzioni, e sempre circo scritta ad un luogo A superare tutti questi limiti bisognava , lasciando le moltitudini, intender l'occhio ai migliori di tutti i paesi, e consociarli a consorterie , che avessero la loro esistenza propria, e formassero uomini nuovi a bene delle antiche patrie. Cosi Archita seppe essere nobilissimo Pitagorico, e governare Taranto con senno pratico, e con durre sette volte i suoi concittadini a bella vittoria combat. tendo contro i Messapi. E il pitagorico Epaminonda fu il più grande o uno dei più grandi uomini della Grecia. Prima che le cose umane cospirassero tutte a cattolicità per impeto necessario , doveano passare molti secoli , e molte arti essere variamente sperimentate dall'uomo. Roma pagana facea servir le colonie a più concorde universalità d'impero, e Roma cristiana gli ordini monastici. Ma queste arti ed instituti sono buoni finché hanno convenienza coi tempi. Quando l'umanità si muove a scienza, a educazione , a generale congiunzione di forze e d'interessi, le comunità parziali o debbono conformarsi a questa legge universale, o riconoscersi cadaveri e lasciarsi seppellire ai vivi . L'indole e gli spiriti aristocratici , che per le condi zioni di quella età dove assumere e mantenere il pitagorico Instituto, furono (e parrà contradizione a chi poco pensa) principalissima causa della sua ruina. Che se nelle repubbliche della Magna Grecia il reggimento degli ottimati pre valeva degenerando spesso ad oligarchia, tanto peggio. Perchè un'aristocrazia graduata su meriti personali, e forte in un sistema di consorterie filosofiche e per superiorità di scienza e di virtù, stava fronte di un'altra fondata sui privilegi ereditarii delle famiglie e sulle ricchezze, e forte negli ordini della vita comune : quella, disposta ad usare i dritti della natura signoreggiando col valore e col senno; questa , intesa a conservare i dritti civili con gelosia dispet tosa e riluttante. La patria comune, le ragioni del sangue , il vantaggio pubblico , gli effetti della buona educazione , la prudenza, la bontà, la moltiplicità dei pitagorici potevano impedire il male o temperarlo. Ma i giustamente esclusi dall'ordine, cordialmente l'odiavano: grande era la depravazione de' costumi: frequenti le mutazioni politiche: e popolani ed aristocratici facilmente si trovavano d'accordo a perseguitare nei collegi la virtù contraria a quelle loro depravazioni o interessi . E principalmente il furore de mocratico e quello tirannico stoltamente irruppero a di struggerli. Pitagora, come Ercole, le istituzioni pitagoriche, come le doriche costantemente avversano alle tirannidi monarchiche e popolari, e le distrug gono ; concordanza notabilissima. Indi le tirannidi popolari e monarchiche dovevano essere naturalmente avverse al pitagorismo che dalle prime fu miseramente distrutto. Gl' Italiani possono veder narrata la sua caduta dal Micali , e da altri ; ond'io , non potendo qui entrare in discussioni critiche , mi rimango dal ragionarne. Proporrò invece una osservazione op . portuna sopra un luogo che leggesi in Diogene Laerzio , e che fin qui passo trascurato perchè mancava il criterio a fare uso storicamente del mito : αλλά και αυτός εν τη γραφή φησι , δι' επτά διακοσίων ετέων έξ αϊδέω παρα yeyevñsal és ávspútous ; ipse quoque (Pythagoras) scribens ait, per ducentos et septem annos ex inferis apud homines ailfuisse (VIII. 1.) Che vuol dir cið? È egli una assurdità contennenda ? lo non lo credo. Quando ci parla Pitagora stesso , e miticamente , cið le più volte è argomento , non dell'uomo, ma dell'idea . Or chi cercasse in queste parole un valore fisiologico secondo l'antica sentenza , che poneva nell'inferno (in Aide) nei seni occulti della gran madre i germi della vita , che poi ne uscissero in luce , in luminis auras , qui troverebbe indicato il nascimento e il troppo lungo vivere di Pitagora-uomo; favola inaccettevole . Ma ragionandosi qui dell'idea impersonata nell'uomo , quella espressione tę didew , ex inferis, non vale una provenienza , che , recata ad effetto una volta , indi sia asso . lutamente consumata ; ma una provenienza , che si continua finchè duri la presenza della mitica persona , di che si parla , fra gli uomini. Onde , finchè Pitagora per dugento sett'anni è cosi presente , lo è in forma acco. modata alle sue condizioni aidiche , cioè recondite e misteriose : ex inferis o più conformemente al greco , è tenebris inferorum adest. Le quali condi zioni convenevolmente s'intenderanno, se ci ridurremoa memoria , che la discesa all'inferno, l'occultamento nelle sotterranee dimore è parte es senzialissima così nel mito di Orfeo e di Zamolcsi , come in quello di Pita gora , che hanno medesimezza fra loro. Ed ella significa o la mente che pe netra nelle cose sensibili per sottoporle al suo impero , ovvero , come nel caso nostro , quasi la incarnazione dell'idea puramente scientifica nella sensibilità del simbolo , dal quale si offre poi anche ai profani in forma proporzionata alla loro capacità , o passa invisibile fra loro come Minerva, che abbia in testa l'elmo di Plutone, o di Aide. Ma acciocchè con pieno effetto possa esser presente , è mestieri che altri sappia trarla fuori dell'in voglia simbolica , ég aidéw. Adunque , se queste nostre dichiarazioni non fossero senza alcun fondamento nel vero , noi avremmo ricuperato alla storia un documento cronologico , da valutarsi criticamente con gli altri risguardanti alla durata dell'Instituto pitagorico. Imperocchè , secondo questa testimonianza mitica , dalla fondazione di esso alla età di Filolao , e degli altri che pubblicarono le prime opere intorno alla loro filosofia , correrebbe lo spazio poco più di due secoli . E per tutto questo tempo Pitagora sarebbe stato presente agli uomini dall' inferno , d'infra le ombre di Ai de; cioè la sapienza da lui , e nel suo nome insegnata , avrebbe sempre parlato , come realmente fece, con un arcano linguaggio . – A rimover poi altre difficoltà procedenti da preoccupazioni istoriche, distinguasi la general coltura degli antichissimi uomini dalla scienza contemporaneamente posseduta dai collegi sacerdotali. Quello che sarebbe anacronismo intellet . tuale , chi ne facesse riferimento ai molti , talvolta è fatto istorico che vuolsi attribuire ai pochi , cioè all'aristocrazia dei pensanti. Nè io qui parlo della scienza della natura esterna ; ma dell'uso filosofico dell'umano pensiero.
Altre cause di male procedevano da quel fato antico onde tutte le cose mortali dall'ottima o buona condizione loro rivolgonsi a degenerazione e scadimento. Nè solo per vizio intrinseco ; ma ancora perchè la società corrotta cor rompe poi coloro che voleano migliorarla , e depravati gli disprezza o rifiuta. I nuovi Orfici, degeneri dalla primitiva disciplina , professavano solenni ipocrisie, e con imposture invereconde pigliavano a gabbo il credulo volgo. Coronati di finocchio e di pioppo e con serpentelli in mano corre vano per le vie nelle feste Sabazie , gridando come uomini inspirati , e danzando: chi divoto fosse purificavano : inse gnavano ogni spirituale rimedio , e preparavano a felicità sicura . E intanto seducevano le mogli altrui , e con pie frodi insidiavano alle tasche de' semplici ; testimoni sto rici , Euripide, Demostene e Teofrasto. A queste disorbi tanze non vennero mai , nè potevano , i pitagorici antichi. Ma la severità filosofica o anche il loro fasto schifiltoso trasmutossi in cinismo squallido , la religione in supersti zione , la virtù in apparenze vane ; sicchè furono bersaglio ai motti dei comici. Le quali corruzioni sono massima mente da recare alla malvagità dei tempi , e all' impotenza della regola nelle avversità e varie fortune dell'Instituto, cioè non veramente ad esso ma si ai falsi esecutori di quella regola. Degenerazioni ed abusi sono anche notati nel vecchio pitagorismo: Ritter, 1.c.; Lobeck, De pythagoreorum sententiis mysticis, diss. II , ec. – Poi vennero le contraffazioni affettate ; e Timeo nel libro nono delle sue isto rie , e Sosicrate nel terzo della Successione dei filosofi recavano a Diodoro d'Aspendo il cangiamento primo nell' abito , e nel culto esterno del corpo. Timaeus . . . . scriptum reliquit .... Diodoro ...diversum introducente or natum , Pythagoricisque rebus adhaerere simulante .. Sosicrales .... magnam barbam habuisse Diodorum narrat , palliumque gestasse , et tulisse comam , alque studium ipsorum Pythagoricorum , qui eum antecesserunt , for ma quadam revocasse, qui vestibus splendidis , lavacris , unguentis , lonsura que solita utebantur. Ateneo, Dipnos. IV , 19 , ove si posson leggere anche i motti de' comici — Diog. , Laert. , VIII , 20. Al capo di questa nobile istituzione non viene per fermo diminuzione di gloria per turpezze o follie di seguaci indegni , o per infelicità di tempi . Fu illustre il pitagorismo per eccellenza di virtù rare , per altezza e copia di dottrine , per moltiplicità di beni operati all'umana ge nerazione , per grandezza di sventure , per lunga e varia esistenza . Prima che un pelasgo-tirreno gli desse ordini e forma nella Magna Grecia , già sparsamente stava , come di cemmo, nell'Egitto e nell'Asia , e nei migliori elementi della civiltà ellenica e dell'italica . Intimamente unito con quella dorica penetrò per tutta la vita degl'italioti e si diffuse per tutti i procedimenti della loro sapienza : fu ispiratore e maestro di Socrate e di Platone, e con essi diede la sua filosofia al con tinente greco : e se stava nelle prime istituzioni di Roma , poi ritornovvi coi trionfi del popolo conquistatore , e nella romana consociazione delle genti quasi lo trovate in quegli effetti cosmopolitici a che miravano i concetti primi del suo fondatore. Dal seno della unitrice e legislatrice Roma usciva più tardi , come da fonte inesausta , quell'incivili mento che or fa la forza e il nobile orgoglio della nostra vita . Che s' io a tutte le nazioni, che più risplendono nella moderna Europa , tolgo col pensiero questa prima face di ci viltà che ricevettero dalle imperiose mani di Roma cosi pagana come cristiana , poco più altro veggo restare ad esse antiche che la notte della nativa barbarie . Le basi di tutto il mondo moderno sono e rimarranno sempre latine , perchè in Roma si conchiuse tutto l'antico ; e il pitagorismo , che noi con tutta la classica sapienza ridonammo ai moderni , lo troviamo congiunto con tutte le più belle glorie della nostra scienza comune , e quasi preludere , vaticinando , alle dottrine di Copernico, di Galileo , di Keplero, del Leibnitz e del Newton . Bello adunque di sapienza e di carità civile fu il consi . glio di Niccolò Puccini , il quale , tra le pitture , le statue ed altri ornamenti , che della sua villa di Scornio fanno un santuario aperto alla religione del pensiero , volle che sorgesse un tempio al tirreno fondatore dell'antichissima filosofia italica . Chè dove i nomi di Dante , di Michelan giolo , del Macchiavelli , di Galileo , del Vico , del Ferruccio , di Napoleone concordano con diversa nota nel concento delle nazionali glorie , e insegnano riverenza e grandezza alle menti degne di pensarli, a queste armonie monumentali della nostra vita sarebbe mancato un suono eloquentissimo se il nome di Pitagora non parlasse all'anima di chi vi ri. sguardi . E se Pitagora nel concetto organico della sua stu penda istituzione comprese il passato e l'avvenire , la ci viltà e la scienza , l'umanità ed i suoi destini e se ad esecuzione del suo altissimo disegno chiamò principalmente, come la più degna di tutti i paesi , l ' Italia ; qui l'Italia comparisce creatrice e maestra di arti , di dottrine , di popoli ; e dopo avere dall'incivilimento antico tratto il moderno , con Napoleone Bonaparte grida a tutte le na zioni , grida ai suoi magnanimi figliuoli, che al più grande svolgimento degli umani fati ella massimamente sa inau gurare le vie e vorrà con generose geste celebrarle. Cosi io scrissi in tempo di preparazione al risorgimento italiano. E qui una filantropia educatrice movendo a convenevole espli cazione nello spirito dei fanciulli poveri i nativi germi del sapere e della virtù , mostra la differenza fra i tempi op portuni al magistero pitagorico , e i nostri : mostra le moltitudini chiamate a rinnovare la vita dalle fondamenta , e l ' aristocrazia non più immola in ordini artificiali a privilegiare l'infeconda inerzia , ma sorgente da natura ed estimata secondo i meriti dell'attività perso nale : e accenna alla forma nuova degli ordini pubblici , destinati a rappresentare, tutelare, promuovere questa forte e ricca e armoniosa esplicazione di umanità . — Quando l'ora vespertina vien serena e silenziosa a invogliarti alle gravi e profittevoli meditazioni , e tu movi verso il tem pio a Pitagora inalzato in mezzo del lago . L'architettura è dorica antica , come domandava la ragione delle cose : le esterne parti , superiore e inferiore , sono coperte : quella che guarda a mezzogiorno , distrutta : e per tutto l'edera abbarbicata serpeggiando il ricopre , e varie e frondose piante gli fanno ombra misteriosa all'intorno. Al continuo succedersi delle solcate e lente acque avrai immaginato la fuga dei tempi già nell ' eternità consumati , i quali dee ri tentare il pensiero a raccoglierne la storia ; e in quella ruina , in quell'edera, in quelle folte ombre avrai veduto i segni della forza che agita e distrugge tutte le cose mortali , e che della spenta vita non lascia ai pietosi investigatori se non dissipati avanzi e vastità deserta . Ma sull'oceano delle età vola immortale la parola narratrice dei corsi e de' naufragi umani , e conserva anco in brevi indizi lunghe memorie. E se tu levi gli occhi a quel frontone del tempio , leggerai in due sole voci tutta la sapienza dell'Italia pitago rica : Αληθευειν και ευεργετείν : dir sempre il vero , e operar ciò che è bene . Hai mente che in questo silenzio arcano in tenda l'eloquenza di quelle voci ? Congiungi questo docu mento con gli altri , che altamente suonano dalle statue , dalle pitture , dalle scuole , da tutte le opere della natura e dell'arte in questa Villa , sacra ai fasti e alle speranze della patria , e renditi degno di avverarle e di accrescerli. A tanta dignità volea suscitarti Niccolò Puccini alzando questo tempio a Pitagora.
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