Marcello Capra (ca. 1510 - fine del XVI secolo), medico siciliano originario di Nicosia, può essere considerato un altro esponente non secondario della quaestio cinquecentesca che interessa la sede dell’anima razionale464 . Nel breve opuscolo De sede animae et mentis 463 NANCEL [1587b ], Ivi, c. 76r: «ut tamen dolori meo, et iustae indignationi venia concedatur: si pro veritate tuenda, et honestate asserenda, ab amicitiae et coniunctionis foedere tantisper recessi. Amicus Platoni, amicus Galeno: sed veritatis et pietatis amantior: sed vera religionis, quam inanis philosophiae, et verum Deum minime agnoscentis humanae sapientiae studiosior». Per la dichiarazione d’incertezza relativa alla questione trattata, si veda anche più oltre, c. 77v. 464 Marcello Capra aveva studiato medicina a Padova con Giovanni Battista da Monte e Gabriele Falloppia, esperienza questa da cui aveva mutuato l’interesse, tutto padovano, per i problemi di fisiologia generale e psicologia. Per un’introduzione alla non vasta biografia di Capra, si Capitolo Ottavo 327 ad Aristotelis principia adversus Galenum (Palermo 1589) dedicato al viceré spagnolo don Diego Enriquez de Guzmán, conte di Alba de Liste (Alvadeliste), infatti, Capra dà ampio saggio delle sue attitudini filosofiche in campo medico, prendendo le difese della psicologia aristotelica. Per Capra la quaestio de sede animae si presenta immediatamente duplice: in un senso, infatti, essa riguarda l’anima come principio di fisiologia generale e soggetto quindi a generazione e corruzione (quaesitum de sede animae), dall’altro, invece, riguarda un principio immateriale, immortale ed eterno (quaesitum de sede mentis) 465 . Quanto all’impostazione, l’opuscolo si presenta come una serrata fila di quaestiones e responsiones secondo l’uso scolastico, mentre l’obiettivo polemico è rappresentato dalla tesi galenica dell’estensione e dislocazione reale dei principi psichici nel corpo. Capra distingue anzitutto tra principato (principatum) ed estensione (extensio) dell’anima. Il principato riguarda l’organo che per primo si attiva, si modifica o cessa di funzionare in determinate condizioni; l’estensione, invece, ha a che fare con la reale presenza dell’anima nelle strutture materiali. In quest’ultimo senso si hanno due alternative: o l’anima si trova ad essere suddivisa in più parti del corpo, oppure si trova tutta insieme in una sola di esse. Entrambe le opzioni vengono però respinte, anche con argomentazioni tratte da esperimenti anatomici. In generale l’estensione dell’anima viene negata poiché, in ossequio al dettato aristotelico che vuole l’anima vedano PITRÉ [1942], pp. 52 e 59; GARIN [1966], p. 571; la voce ‘Marcello Capra’ di GLIOZZI [1976] e DOLLO [1984], pp. 96 e 113. 465 CAPRA [1589], p. 1: «Disputaturus (ut ad peripateticum pertinet) de animae sede. quoniam una aeterna, ut in nostro quaesito demonstravimus: altera mortalis. Quibus non eodem modo sedes convenit. Propterea ut lucidior sit explicatio agam primo de sede animae quae interitui est obnoxia. Mox agam de sede mentis: hoc est illius partis quae venit deforis, et post corporis dissolutionem remanet superstes». MENTE E MATERIA 328 forma del corpo organico, la sede dell’anima deve essere considerata il corpo nella sua interezza466 . Quanto all’estensione del principato in cui essa si manifesta, invece, si tratta di un’estensione per accidens, che spetta realmente forse solamente ai vegetali e ad alcune specie di insetti467. Per questa via il medico di Nicosia distingue quindi l’estensione spaziale dalla divisione concettuale: mentre la prima compete all’anima in quanto soggetta alle forme materiali di cui si serve, la seconda rappresenta la molteplicità delle sue funzioni come espressioni di un'unica attività. Gli esperimenti sulla legatura dei nervi dimostrerebbero in tal senso che qualsiasi organo, separato dalla sua connessione con il cuore, diviene torpido o mal funzionante468 . Ma essi, secondo Capra, evidenziano anche come l’anima abbia la tendenza a ricostituire spontaneamente quella totalità che viene interrotta o sopressa con le operazioni di legamento o incisione, in ciò dimostrando la sua dipendenza da un principio unico: 466 Ivi, pp. 4-5: «[…] principatum consideramus; cum obtinet in aliqua corporis particula. At si consideramus extensionem, ea est ubique. [obiectio] Et quoniam ad huc quispiam instare posset per ea quae retuli in praecedenti quaesito. Nam per ligamenta conspicimus privari membra sensu et motu. Quod non contingeret si anima per totum corpus esset extensa. Hinc Aristotelem aliquando videtur asserere animam esse in spiritu. [responsio] Dicendum est quod solum ex eis colligimus principatum, et insuper colligimus spiritum esse id principium, per quod anima iungitur corpori, et obit munera sua. Non autem accipimus eam non esse extensam, quia reiicienda est sententia Galeni qui cum censeat animam mortalem esse temperamentum; cum inquit, septimo de placitis Hyppocratis, et Platonis vegetalem esse temperamentum epatis. Vitalem vero temperamentum cordis. Nam si id esset, tunc non ubi vitalis esset anima, ibi reperiretur vegetalis. Nec essent extensae per universum corpus. Cum itaque animae non conveniat sedes ut corpori, nec ita si una corporis parte et non alia. Est enim in toto corpore: et dum quaerimus sedem animae tamquam formae, dicere debemus totum corpus esse animae sedem». 467 Ivi, pp. 9-10. 468 Ivi, p. 8: «Et authoritatibus, et rationibus confirmare possumus. Et primo nos conspiciamus quod si a corde ad reliquas particulas claudatur iter, aliae partes vitae privantur: nam et motu et sensu distincte conspiciuntur. Ut in obstructionibus, in epilepsia[,] in ligationibus servare licet. Id minime eveniret si anima esset tota in quavis parte». Capitolo Ottavo 329 L’anima, benché estesa nella sua totalità in tutto il corpo ed ogni <sua> parte in ogni parte <di quello>, differisce in questo dalle altre forme materiali che, quando viene divisa, essa recupera la totalità che tuttavia non è una totalità di estensione. E ciò avviene in quanto essa possiede un principio dal quale dipende. E per questo Aristotele afferma che <l’anima> è una in atto, e molteplice in potenza. Inoltre è estesa in modo tale da interessare allo stesso modo ogni parte del corpo e da adattarsi alle forme inferiori, ma in modo consequenziale e seguendo un certo ordine, poiché <tali forme> si osservano nel cuore, e poi negli altri organi, o in ciò che fa le veci del cuore. Tutte queste cose sono note per il fatto che dimostrano come l’anima sia forma necessariamente estesa e divisibile […] Così, dunque, l’anima è estesa in relazione all’estensione del corpo, ed è divisibile, dipendendo tuttavia dal cuore quanto a sviluppo e conservazione, tramite gli spiriti e le parti più sottili del sangue. Qui si può separare l’anima in motore e mobile a motivo delle diverse parti, e lo stesso si può fare distinguendo gli spiriti e le specie dell’anima in rapporto al corpo misto. In primo luogo, dunque, l’anima dipende dagli spiriti e dalle parti più sottili del sangue che traggono origine dal cuore, il quale si dice essere la sede dell’anima […]. 469 469 Ivi, p. 12: «Anima ut extensa est tota in toto, et pars in parte. In hoc differt ab aliis formis materialibus. Quod quando dividitur post divisionem recipit totalitatem. Non tamen totalitatem extensionis. Et id evenit. Quoniam habet unum principium a quo pendet. Et ideo Aristoteles inquit, quod est una actu, plures potestate. Insuper ita extensa quod aeque Item respicit omnem corporis partem <et> convenit formis infra animam, sed cum dependentia, et ordine aliquo. Quia Item considerantur in corde, mox in aliis, vel in eo quod cordis gerit vicem. Haec omnia ex eo sunt nota, quod ostendunt animam esse formam tunc necessario extensam, et divisibilem. [...] Sic itaque anima extensa ad extensionem corporis, et divisibilis, pendens tamen infieri, et inconservari a corde, mediantibus spiritibus, et subtilioribus partibus sanguinis. Hinc animam secari in motorem, et mobile ob varias partes: et spiritus distinctionem, et animae diversitatem ad formam misti. Primum itaque anima innititur spiritibus, et tenuioribus partibus, et a corde originem ducunt, quod dicitur esse sedes animae [...]». MENTE E MATERIA 330 L’estensione corporea compete dunque all’anima in virtù di un organo principale, il cuore, e quindi di organi secondari dei quali per accidens condivide la corporeità, mentre substantialiter l’anima si comporta come la fiamma che, seppure divisa in molte parti, resta sempre ed essenzialmente una.470 In questo senso la sede dell’anima è l’organo mediante il quale l’anima si unisce primariamente al corpo ed è dunque l’organo che per primo nasce e per ultimo cessa di vivere. Rispetto ad esso il cervello si presenta quasi excrementum et pondus iners471 . Per rintracciare l’origine del principio fisiologico e la sua sede, Capra fa affidamento alla dinamica del calore innato472, laddove infatti ha origine il calore naturale – egli argomenta – ha origine anche l’anima quae educitur [primo] de potentia materiae. Ma, calore e vita hanno origine dal cuore e si diffondono attraverso gli spiriti ed il sangue a tutto il corpo: a quanti dicono che gli spiriti <siano sede dell’anima> si deve rispondere che è necessario considerare il calore <come sede>. Infatti gli spiriti sono necessari in quanto il calore naturale è un certo tipo di spirito, giacché nello spirito si conserva il calore, la cui origine non è né il fegato né il cervello, […] ma il cuore, che è la sua origine precipua. […] E se anche alcuni anatomisti hanno attribuito l’origine <degli spiriti> alla pulsazione, si sono sbagliati ed hanno fatto affidamento su di una falsa esperienza. Infatti, il cuore è l’origine del calore e lì, nelle parti più sottili del sangue, debbono avere origine gli spiriti; non certo dall’aria che viene attratta. Perciò si deve ritenere che la sede dell’anima sia quella che possa 470 Ivi, p. 13. 471 Ivi, p. 21. 472 Ivi, p. 16: «Ea est censenda animae sedes quae origo, et principium est huius caloris. Sine quo anima nec esse, nec operari valet. Sed huiuscemodi est cor: ut experientia docet, et omnes affirmant. Immo Hyppocrates ait animam spirituum seu calorem esse». Capitolo Ottavo 331 adattarsi a ciascun singolo vivente. Ma <ciò che si adatta> ad ogni singolo vivente è il cuore473 . Stabilendo dunque il cuore quale sede dell’anima, prosegue Capra, si riuscirà facilmente a giustificare i fenomeni di accrescimento, moto, ostruzione o legatura dei nervi474. A questo punto, però, l’autore è costretto a fare i conti con la tradizione prettamente medica che si richiamava a Galeno ed agli esperimenti relativi alla separazione dei principi fisiologici nel corpo, ad iniziare dal movimento dimostrato dal cervello relativamente alla sistole ed alla diastole, affermato dai medici ed accettato con grande riluttanza da Capra475. Nel ritenere che il cervello sia importante tanto quanto il cuore medici falluntur, scrive il medico siciliano, ribadendo le classiche motivazioni aristoteliche, esposte da noi nel capitolo secondo, per cui il cervello è di per se stesso insensibile, freddo ed immobile. Ma ciò ancora non basta. Poiché, come già visto, gli esperimenti di legatura ed ostruzione delle arterie hanno secondo Capra il solo scopo di dimostrare che, separati dall’attività di infusione di calore e vita propria del cuore, tutti gli altri organi vengono privati delle proprie funzioni, il medico di Nicosia 473 Ivi, p. 17: «Ad id quod dicunt de spiritibus occurrendum est: quia nos calore considerare debemus. Nam spiritus necessarii sunt: quoniam calor naturalis quidam spiritus est. Cum in spiritu servatur calor. Non epar non cerebrum est origo. [...] origo itaque praecipua cor est. [...] Et si Anatomici nonnulli pulsui. Id tribuerunt. Falluntur, et falsitate experientia nituntur. Nam caloris origo cor est, et ibi spiritus extenuissimis partibus sanguinis gigni debent: non autem ex attracto aere. Propterea ea est censenda animae sedes. Quae singulis viventibus convenire valeat. At singulis convenit cor». 474 Ivi, p. 15. 475 Ivi, p. 20: «Et cum cor primo movetur vere potest esse principium motus aliorum: nam et si moveatur per sistolem et diastolem: cerebrum a nullo movetur motu, et anima per motum maxime diiudicatur. Non enim censendum est ut falso putant nonnulli Anatomici medici, quod cerebrum quoque movetur per sistolem et diastolem: quoniam si id conspicitur in cerebro id convenit ob arterias per cerebrum distributas». MENTE E MATERIA 332 non può far altro che dichiarare false la maggior parte delle dimostrazioni anatomiche ottenute mediante legamento: Gli anatomisti inoltre legano un cane, e danno ordine di tagliare velocissimamente il torace. Quindi legano quattro vasi del cuore e lo asportano, dopo di che sciolgono il cane, che grida e corre. […] Questo genere di scappatoie non hanno alcun valore: ed in primo luogo perché le esperienze che costoro riferiscono sono decisamente incerte, e forse in gran parte false. […] Talvolta, infatti, gli uomini vivono anche dopo che sia stata asportata loro una parte di cervello, e si sono visti spesso animali camminare anche senza testa. Inoltre, una volta formato il cuore, le forme che plasmano l’embrione esistono prima che il cervello sia formato e l’embrione già sente, e se lo si punge si contrae, cosa questa, invece, che ancora non accade al cervello.476 Dunque, in sede fisiologica, l’instrumentum commune communi sedi resta il cuore, da cui hanno origine tutte le concoctiones e quindi tutti i temperamenti; attraverso di esso, inoltre, un’anima immateriale si unisce (copulatur) con le funzioni vitali dell’organismo attivando in successione tutte le altre: secondo Capra, infatti, gli esperimenti di legamento indicano che ciascun organo, interrotta la via che lo collega agli spiriti prodotti dal cuore, cessa pian piano la propria attività peculiare477 . Questa strenua difesa del cardiocentrismo aristotelico in pieno Cinquecento può sembrare arretrata rispetto al clima costituitosi sul 476 Ivi, p. 23: «Insuper Anatomici quidam canem ligant, et secare iubent citissime toracem. Mox ligant quatuor vasa cordis. Et cor eximunt, deinde solvunt canem qui vociferat, et currit. [...] Evasiones hae nullae sunt: et primo quae ab eis referuntur valde sunt dubia, et fortasse magna ex parte falsa. [...] Vivunt enim nonnunquam homines quibus aliquid cerebri detractum fuit. Et avulso capite saepe progredi conspecta sunt animalia. Insuper informationes embrionis genito corde ante quam sit cerebrum productum, sentit embrio et si pungitur contrahitur. Non tamen adhuc cerebrum habet». 477 Ivi, p. 26. Capitolo Ottavo 333 finire del secolo intorno all’intepretazione anatomica del Quod animi mores, e soprattutto del De placitis, ma si ricollega di fatto anche a sviluppi successivi, quali quelli di Rudio e Cremonini, in cui il primato del cuore non necessariamente implica una svalutazione delle funzioni del cervello. Ed, in effetti, l’importanza del cervello come sede del pensiero verrà in parte recuperata nella sezione conclusiva dell’opuscolo, De sede mentis. Se la concezione galenica relativa alla localizzazione delle funzioni psichiche si è rivelata fallace sia in generale (l’essenza dell’anima è infatti indivisibile), sia nello specifico (la sede da cui si sviluppa la totalità delle funzioni organiche è il cuore, non il cervello), Capra non può tuttavia negare che gli esperimenti galenici dimostrano come il cervello debba essere considerato sede almeno di alcune delle operazioni dell’anima razionale. Anche in questo caso, tuttavia, parlare di sede è improprio, poiché la mente è, in quanto tale, immateriale e ad essa non conviene quindi alcuna sede. In ogni caso, prove a favore della localizzazione cerebrale esistono anche secondo Capra e possono essere articolate almeno secondo quattro ordini di ragioni: 1. il pensiero richiede l’ausilio di phantasmata che si producono nel cervello; 2. il ribollire (fervor) degli spiriti nel cuore non sempre è causa di un processo analogo nel cervello; accade invece che, se si è preoccupati o agitati – pur restando inalterata la fisiologia cerebrale – gli spiriti fervano nel cuore a motivo della preoccupazione; Figura 15 MARCELLO CAPRA De sede animae et mentis (Palermo 1589) Capitolo Ottavo 335 3. negli accessi febbrili non si verificano danni alla ragione, a meno che il calore non raggiunga la sede del capo (ovvero l’interno di esso); 4. le funzioni dell’intelletto subiscono mutamenti in relazione alle lesioni del capo o alla corretta conformazione dello stesso. Per le ragioni esposte, dunque, la soluzione fornita da Capra è quella di postulare una duplice unione tra anima e corpo; una secondo natura (coppulatio et sede naturalis), la cui sede interessa il cuore in qualità di organo principale dell’organismo; l’altra secondo la natura dell’operazione (coppulatio et sede operationis), che avviene in un organo di per sé secondario come il cervello, nel quale hanno sede tuttavia le operazioni della phantasia e dunque, metonimicamente, dell’intelletto: Ma avviandomi alla soluzione della questione, si deve considerare che chiunque dei Peripatetici ritenga l’anima soggetta nella sua interezza a nascita e morte, come Alessandro <di Afrodisia>, dovrebbe affermare in modo assoluto che la sede dell’intera anima sia il cuore. E perciò Alessandro, fondandosi sulle proprie premesse, asserì <proprio> questo. Coloro che, al contrario, affermano che la mente è eterna, ritengono che essa si unisca a noi in modo duplice (duplici coppulatione): una per natura, l’altra per operazione e che <quest’ultima> avviene nel cervello, dato che il cervello è sede della mente. Se dunque affermiamo che all’anima si addice una duplice unione <con il corpo>, resta provato anche che, in duplice modo, all’anima spetta una sede, l’una per natura, l’altra per operazione. Per natura <la mente> si unisce all’anima soprattutto in quel luogo in cui vengono portate a compimento le azioni <che sono proprie di essa>, ed in questo senso saranno vere queste conclusioni,vale a dire: 1. conclusione. Alla mente non spetta una sede. Questa <conclusione> risulta vera per la ragione già esposta che la mente non dipende dal corpo o da una sua parte, né richiede un organo MENTE E MATERIA 336 particolare. 2. conclusione. Il cervello è sede della mente. Questa <conclusione> risulta vera non in ragione della dipendenza, ma in ragione dell’operazione: nel cervello infatti vengono portate a termine le operazioni dell’immaginazione, <facoltà> che è ministra dell’intelletto. 3. conclusione. Il cuore è sede della mente. Questa <conclusione> risulta verà in ragione dell’unione dell’intelletto con noi stessi, che si chiama unione per natura. 4. conclusione. Il cuore è la sede principale dell’anima. Sede cioè della facoltà <animale>. 5. conclusione. Il cervello è sede dell’anima in quanto operante e delle sue operazioni. 6. conclusione. Sede dell’anima sono gli spiriti, dal momento che essi sono come il veicolo delle facoltà ed il loro strumento comune. 7. conclusione. L’intera specie umana è sede della mente, in particolare, però, l’uomo in quanto sapiente. 8. conclusione. Sede della mente è la <facoltà> immaginativa. 9. conclusione. Il cuore è essenzialmente ed intrinsecamente membro più importante del cervello. 10. conclusione. Il cervello è membro divinissimo in modo accidentale ed estrinseco. 11. conclusione. Ma poiché ciò che è eterno ha necessità di unirsi a ciò che è eterno, si deve dire che Dio è sede della mente, perché solamente in lui troviamo il riposo ed il fine ultimo sovrannaturale [...].478 478 Ivi, pp. 38-39: «Sed me conferens ad quaesiti dissolutionem considerandum. Quod quicunque ex Peripateticis animam omnem ortui atque interitui obnoxiam esse afferunt, veluti censuit Alexander. Absolute dicere deberent totius animae sedem esse cor. Et ideo Alexander in[n]ixus suis fundamentis id asseruit. Qui vero contra. Aeternam dicunt esse Mentem. Isti censent. Quod ut duplici coppulatione nobis iungitur. Una per naturam. Altera per operationem nobis coppularetur. Quoniam ea efficitur in cerebro tunc dicendum. Quod cererbum est sedes Mentis. Si vero ei duplicem asserimus convenire coppulationem; tunc duplici quoque modo probatum est ei sedem convenire. Unam per naturam. Alteram per operationem. Per naturam iungitur animae. Eo praesertim loco ubi opera perficiuntur, et ad hunc sensum erunt istae conclusiones verae, Videlicet. 1. Conclusio. Menti non convenit sedes. Haec vera est ea ratione qua diximus. quod mens a corpore, vel corporis partibus non dependet, nec organo particulari eget. 2. Conclusio. Cerebrum est sedes mentis. Haec est vera non ratione dependentiae sed ratione operationis. Nam in cerebro perficiuntur opera imaginativae. Haec autem est ministra intellectus. 3. Conclusio. Cor est sedes mentis. Haec est vera ratione coppulationis intellectus nobiscum quae nuncupatur coppulatio per naturam. 4. Conclusio. Cor est praecipua animae sedes. Sedes inquam virtu- Capitolo Ottavo 337 Nella serie di conclusioni che chiudono l’opuscolo, alcuni storiografi ottocenteschi hanno voluto scorgere una dichiarazione di averroismo. Sembra tuttavia difficile distinguere la presunta influenza averroistica di Capra da una sincera e piena dichiarazione di fede479 . Più ancora che in Nancel, con il De sede animae et mentis di Marcello Capra si assiste al tentativo di riportare il problema della localizzazione psichica ad un unico centro funzionale, il cuore, di contro al policentrismo galenico; ma l’operazione – di per sé condotta in osservanza del più rigido aristotelismo – sembra destinata a fallire, poiché la duplice unione con il corpo (duplex coppulatio) cui va soggetta l’anima ripropone in realtà il dualismo galenico tra funzioni che si svolgono al di sotto e al di sopra della rete mirabile, quasi posta, quest’ultima, a suggello visibile della differenza che intercorre tra operazioni puramente mentali ed operazioni lato sensu fisiologiche. Il contributo di Capra è interessante, semmai, dal punto di vista dell’interpretazione che egli fornisce agli esperimenti galenici circa la legatura di nervi e vasi, come pure delle controprove empiriche che adduce a sostegno della propria tesi. In Capra, in effetti, – più ancora forse che non in Nancel – è soprattutto l’idea che il principio psichico, inteso quale principio basilare della vita, debba avere un centro a tenere banco nella discussione, discussione che pure non può fare a tis. 5. Conclusio. Cererbum est sede. Operantis animae, et operationum. 6. Conclusio. Animae sedes sunt spiritus. Cum sint quasi vehiculum facultatum, eiusque commune instrumentum. 7. Conclusio. Tota humana species est sedes mentis. Proprie tamen homo sapiens. 8. Conclusio. Imaginativa est sedes mentis. 9. Conclusio. Cor essentialiter, et intrinsece est praestantius membrum quam cererbum. 10. Conclusio. Cerebrum accidentaliter, et extrinsece est divinissimum membrum. 11. Conclusio. Sed cum aeternum aeterno coppulari debeat dicendum. Deum esse sedem mentis. Quoniam in eo solo conquiescimus et in ultimo fine supernaturali. [Per infinita saecula saeculorum. Amen]». 479 DOLLO [1984], p. 96. MENTE E MATERIA 338 meno di costanti appelli agli Anatomici, e quindi alla tradizione medica del proprio tempo. È comunque sullo stesso piano – l’intepretazione di esperimenti che nel loro orizzonte osservativo si coordinano tutti intorno alla lettura del De placitis Hippocratis et Platonis, e quindi del Quod animi mores – che si muove anche la critica antigalenica mossa da Bernardino Telesio nel Quod animal universum.
Thursday, July 1, 2021
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