Nasceva
in Solopaca, una volta Distretto di Caserta, oggi Circondario di Cerreto
Sannite (Benevento) il 23 dicembre 1816, Stefano Cusani da Filippo e Caterina
Cardillo. Suo padre, insigne avvocato, fu sollecito della educazione di questo
come di altri quattro suoi figliuoli, che, affidati alle cure di un suo
fratello germano a nome Matteo, sacerdote, mandolli in tenera età a imcominciare
e compiere i loro studî in Napoli. Ivi Stefano, ch'era il secondogenito di
cinque fratelli, frequentava i più rinomati Istituti privati di quel tempo (che
allora l'insegnamento pubblico esisteva sol di nome), si distingueva fra
gli altri condiscepoli in ognuno di questi, così che in breve, compiuti gli
studi letterarî fu giocoforza mettersi a studiare le scienze della facoltà che
doveva seguire. Fu questo il solo brutto periodo di sua vita. Suo padre voleva
fare di lui un Avvocato civile, come suol dirsi, e quindi fu obbligato a
studiare leggi e pandette, per le quali discipline non si sentiva la benchè
minima inclinazione, anzi, a dir vero, sentiva per esse la più marcata
avversiono; ma buon figlio e docile essendo, per non dispiacere al padre, che
tanti sacrifizî avea fatti e faceva per lui, come per gli altri fratelli, a
malincuore sempre, ma sempre tacendo, giunse fino ad esser Avvocato, ed a fare
la pratica presso uno de'luminari del Foro Napoletano. Da questo momento
incomincia il suo grande sviluppo intellettuale. Non potendone più, la rompe
col padre, dicendosi avverso ai processi, ed allo studio di essi, e ad ogni
altro artifizio da causidico. La rompe con quella pratica noiosa, che tralascia
ed abbandona; ed ottiene dal padre stesso, che ragionevole e savio uomo era, di
poter attendere a quegli studi che più alla sua indole si affacevano. Fioriva
in quel tempo, a Napoli, la scuola del Marchese Basilio Puoti, ed egli,
incontratosi con Stanislao Gatti che fu poi indivisibile amico e compagno, vi
si getto a capofitto, e fu in poco tempo il più caro e pregiato discepolo del
Marchese, come l'amico e compagno del De Sanctis, del Mirabelli, e di tutta
quella pleiade che in quel tempo arricchirono Napoli di filosofi insigni.
Ma a quell'ingegno che s'andava ogni giorno più sviluppando e fortificando di
sani e severi studî, parve angusto oramai quest'orizzonte, o volse l'ala, e la
di instese con intensità ed ardore allo studio della filosofia. Ben cinque
anni decorsero di volontaria prigionia nel suo studiolo, ovo ridottosi, o
giorno e notte indefessa mente attendeva a' prediletti studî, e si beava di leggere
Platone nel testo, chè familiare la lingua gli era ; come pure si fece a
studiare la lingua alemanna per mettersi al corrente dei progressi della
filosofia, e per meditare e studiare le dottrine e teorie dell'Hegel, ultimo
filosofo tedesco di quella epoca. Uscito dopo questa epoca a nuova vita
incominciò a scrivere sul Progresso, una Rivista di scienze e letteratura,
diretta dal Baldacchini, articoli su questioni filosofiche; e, dopo un anno,
era già conosciuto in tutta la Napoli pensante. In questo torno di tempo si
apri un concorso per la Cattedra di filosofia e matematica, nel Collegio
Tulliano di Arpino, e lui fu prescelto per titoli ad occuparla. Vi andò e vi
trovò il suo amico Emmanuele Rocco, che v'insegnava letteratura. Vi stette un
anno e vedendosi in una cerchia troppo angusta alla sua attività, si dimise, e
fece ritorno in Napoli, conducendo con sè anche l'amico Rocco. Quivi apri
studio privato unitamente al Gatti di filosofia, e dal bel principio quello
studio fioriva per numerosa gioventù, che accorreva a udire le sue lezioni. In
breve fu lo studio più affollato di Napoli. Le ore che aveva libere dallo
insegnamento le occupava a scrivere articoli di filosofia che si pubblicavano
sulle Riviste Napoletane di quel tempo, il Progresso che usciva in fascicoli
voluminosi, la Rivista Napoletana di Scienze, Lettere ed Arti, il Museo di
Scienza e Letteratura, ove collaboravano per la lor parte Antonio Tari, Francesco
Trinchera, ed altri; e sul Progresso il Colecchi ed altri. Non andò
guari e s'incontrò col Mamiani in quistioni di alta Metafisica, o ne usci
onorato dell'amicizia e della riverenza dell'insigno filosofo. Il suo
intelletto altamente speculativo destava ammirazione perchè si elevava ad
altezze tali filosofiche che non gli si potevano contrastare. In quel
tempo si agitò una polemica tra V. Cousin, filosofo francese, ed un insigne
filosofo inglese, il cui nome ora non mi sovviene; dopo varî articoli scambiatisi
parea che l'inglese avesse preso il di sopra, ed il Cousin, che lui credeva più
dell'altro stare nel vero, avesse dovuto soccomberé. Allora senza frapporre
tempo in mezzo egli entrò terzo nella quistione e scrisse epubblico una serie
di articoli che costrinse l'inglese a desistere dalla polemica, ed il Cousin a
scrivergli una lettera di ringraziamenti e di felicitazioni, e con la quale lo
chiamava, e si firmava suo cugino. Si radunava il Congresso dei Filosofi
in Napoli nell'ottobre del 1845, o lui ne dovea far parte; ma non sapendosi se
il Borbone lo avesse permesso, o meno, erasi ridotto in patria a villeggiare
con la moglie e due piccini, l'uno lattante e l'altro di due anni. Il Congresso
fu permesso, i filosofi si riunirono in Napoli, e lui fu invitato espressamente
a farvi ritorno; che anzi il Presidente della Sezione “Filosofia speculativa” a
cui egli apparteneva, non volle aprire la sessione s'egli non fosse arrivato.
Cosi corse in Napoli solo, lasciando in patria la famiglia, che poi sarebbe
andato a rilevare, dopo finito e sciolto il Congresso. Fu questa la causa della
sua morte! Arrivato in Napoli vede gli amici - con essi si intrattiene
passeggiando -- suda; è l'ora già che s'apre la Sessione -- essi ve lo
accompagnano a piedi per goderselo di più -- vi si arriva. Egli era sudatissimo
-- entra e n'esce dopo quattro lunghe ore di discussione; quel sudore lo avea
già colpito a morte. Si riduce a casa, si ricambia le mutande - la
camicia era troppo tardi! Incomincia dopo poco tempo una tosse secca,
stizzosa, ch'egli non cura, perchè forte e robusto era; e questo fu il peggiore
dei divisamenti. Ritorna in patria per ripigliare la famiglia e ridursi in
Napoli, poiché si era alla vigilia del novembre. Si riapre lo studio, si riprendono
le lezioni; il maggior numero degli alunni affluito gli rinfocola l'ardore,
ch'ei metteva in esse, e parla dalla cattedra per lunghe ore, e poi agli alunni
più provetti che gli propongono dubbi o problemi a risolvere, parla pure ad
alta voce, e quella tosse insidiosa non lo lascia, anzi invida della sua
noncuranza lo avverte spesso del suo malefico potere, interrompendogli il
discorso, e forzandolo per poco a tacere. Le cose durarono ancora così per
altri 10, o 12 giorni, e finalmente la emottisi tenne dietro a quella tosse funesta,
e fu giuocoforza sottomettersi a quanto l'arte salutare poteva e sapeva
consigliare, ma invano tutto! Chè una tisi florida si svolse, ed in meno di due
mesi si spense la robusta complessione di S. Cusani! Tale fu quest'uomo, che a
30 anni la morte rapiva a'suoi, alla scienza, alla patria. Nato a 23 dicembre
1816, moriva a 2 gennaio 1816. Dissi rapito alla patria, e giustamente, poichè
egli da giovanissimo appartenne alla Giovine Italia, e in Napoli fu sempre il
più ardente fra i patrioti. Egli con altri preparò e cooperò con ardore al
movimento del '18 che poi non potė vedere! La sua casa era il convegno di Carlo
Poerio, L. Settembrini, S. Spaventa, P. Mancini, e di tutti gli altri illustri
compromessi politici di quel tempo, con i quali si congiurava, si faceva propaganda, e si
organizzava la rivoluzione. Fu cosi caro a questi tutti che se un giorno solo
nol vedeano, si tenea por certo la visita loro in sua casa; ed il Poerio,
addoloratissimo della sua malattia, volle ed ottenne che fosse stato medicato,
curato ed assistito infino all'ultimo istante di sua vita dal fido o dotto
medico Alessandro Lo Piccolo. L'esequie furono imponenti pel concorso di amici,
che formavano tutte le notabilità scientifiche,
patriottiche e letterarie. Il lutto per la sua perdita fu sentito generalmente
per Napoli, che in lui salutava la giovine scienza, e che per lui si metteva a
paro di altre città d'Italia, che fiorivano per altissimi ingegni ed insigni
filosofi, come il Mamiani, il Rosmini, il Gioberti, ed altri, se quella vita
non si fosse spenta nel mezzo del cammino!
Thursday, April 22, 2021
Grice e Cusani
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