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Thursday, April 22, 2021

Grice e Cusani: l'implicatura di Vico

 

La cura della filosofia di Cusani d’Ottonello ha il merito di riproporre all’attenzione una figura di rilievo della cultura filosofica napoletana dell'Ottocento. Benché scomparso in giovanissima età, nel gennaio 1846 (eranato nel dicembre del 1815, o forse del 1816, come i piú sostengono), Cusani lascia di sé traccia profonda, testimoniata dalla considerazione in cui e tenuto, per tacer d’altri, da Sanctis, o dalla valutazione che di lui dette Gentile. Con Gatti ed altri può essere inserito - come nota il curatore nella nitida e puntuale introduzione nell'ambito dell'hegelismo napoletano, oltrecché in quello piú generale dell'eclettismo alla Cicerone. Opportunamente si avverte però che Hegel costituisce per Cusani un potente polo d'attrazione, ma non il filosofo fondamentale. In realtà si può forse con fondamento aggiungere, pur senza ricorrere ad una indagine falsamente sottile, che resta in ombra, nellepur autorevoli e acute analisi dedicate alle ascendenze cousiniane ed hegeliane di Cusani, un filosofo fondamentale che sicuramente ispira la filosofia piú significativa di Cusani: Vico. La costruzione del sistema eclettico cui Cusani dichiara di dedicarsi segna una fase già tarda dell'eclettismo napoletano e giungeva al termine di un decennio assai ricco di suggestioni in questa direzione negli ambienti culturali napoletani. È sicuramente da condividere l'affermazione del curatore secondo il quale il sincretismo avvertibile in Cusani non impedisce però l'emergere di un nucleo speculativo che deborda dalla semplice trama delle affermazioni altrui. In questo senso il problema del metodo filosofico e il connesso problema della storia italiana segnano sin dall’inizio lo sforzo speculativo di Cusani, la cui originalità trova subito sulla sua strada Vico. Collaboratore della Temi napoletana, dell'Omnibus letterario, scrive prevalentemente sul “Progresso.” Sin dalprimo scritto, Filosofia in Italia, il tema della storia italiana appare questione teorica centrale. Non a caso una ricerca storica da l'occasione a Cusani di porre il problema che gli sta acuore, sin dalla citazione tratta da Guizot che apre la nota. I fatti sonomeme affermazioni al problema della storia trova subito sumanibus letterario ma are i grandiuti al fatto che risguardato, en per il pensiero, ciò che le regole della morale sono per la volontà. Egli è tenuto di conoscerli, e di portarne il peso, ed è solo allorché ha sodisfatto a questo dovere, e ne ha misurato e percorso tutta l’estensione, che gliè permesso di montare verso i risultamenti razional. Il rinnovato interesseper la storia italiana che si registra-- che né l'Antichità, né i tempi di poco anteriori a questi che viviamo avevano mai risguardato -- non sembrano a Cusani casuali, ma dovuti al fatto che l'intendimento si rivolge a indagare i grandi ordini di fenomeni per scoprire e prendere inconsiderazione i fatti e le ragioni, una storia ed una filosofia. Il bisogno di comprendere e giudicare il fatto, piuttosto che esserne solo spettatore (e dunque di verificare una diversa attitudine della storia italiana), esalta questa parte immortale della Storia, cioè il conoscere il legamento fatalista della causa e dell’effetto, le ragioni, i fatti generali, le idee da ultimo ch'essi celano sotto il manto della loro esteriorità. Onde ch’egli è d'uopo sceverar con chiarezza e con precisione la differenza di queste due parti della storia italiana che sono per cosí dire il corpo e l'anima, la parte materiale, e la parte spirituale di tutti gli avvenimenti esterni e visibili, che compongono la nazione italiana, secondo che dice Vico. Il rifiuto, che Cusani trae dalla lezione vichiana, di affidarsi a pre-mature generalità, e con formole metafisiche per soddisfare il mero bisogno intellettivo, è una traccia decisiva per comprendere il suo pensiero. L'annotazione di Gentile, secondo il quale l'osservazione storica non è piú l'integrazione della psicologia, bensí la costruzione stessa della filosofia, può commentare l'intero itinerario filosofico di Cusani, che si consuma nell'arco di pochissimi anni. Il discorso sul metodo che Cusani compie si basas in dall'inizio su una acquisizione precisa: un sistema o una filosofia consistono nel loro stesso metodo. Nel primo saggio veramente organico (Del metodo filosofico e d'una sua storia infino agli ultimi sistemi di filosofia che sono si veduri uscir fuori in Germania – Hegel -- e in Francia -- Cousin) Cusani parla addirittura di un metodo generale, il quale presiede all'investigazione dell'unica e universal verità. La filosofia è dunque la regina scientiarum che consente di ricondurre ad “unità” il sapere, e a tal pro-posito l'assimilazione dei termini è dichiarata apertamente, a proposito dell’analisi psicologica, la quale segna il punto di partenza della riflessione, ed è la base unica dell'immenso edificio filosofico, il solo solido fondamento, il suo atrio e il suo vestibolo. E nel saggio, “Del reale obbietto di ogni filosofia” (Il Progresso) ribadisce e chiarisce che lo studio de’ fatti della natura umana, o de’ fenomeni psicologici, vuoto del tutto riuscirebbe, se invece di tenerlo come base d'ogni ulteriore investigazione, si volesse considerare come il termine stesso della filosofia. Il secolo decimottavo si è trovato dunque di fronte al centrale problema del metodo filosofico. Se è vero che nella storia italiana è tutta quanta la filosofia italiana, occorre riconoscere il merito insuperabile di quella mente divinatrice e profonda che avea posta nel mondo la nazione italiana. Vico, definito – nella nota sul Nuovo Dizionario de sinonimi della lingua italiana di Niccolò Tommaseo, quell'altissimo lume d'Italia, con una locuzione che introduce un discorso, ingiustamente trascurato, sulla tradizione filosofica meridionale, piú volte ripreso dal Cusani. Lo studio di Vico qui esaminato è appunto il “De antiquissima Italorum sapientia”; nel quale potentemente convinto della relazione che stà tra il pensiero (l’animus, il segnato) e la parola (il segno), fecesi ad investigar quello degli antichi romani e italici nostri maggiori, cavandolo per avventura da quella lingua italiana ch'era nelle bocche volgari degli uomini. Il rapporto tra spontaneità e riflessione, che tanta parte ha in Cusani, è dunque introdotto sotto il segno di Vico. Si ponga mente alle affermazioni che seguono il passo già citato, allorché Cusani insiste sul fattoche veramente il Vico porta opinione che tutto l'antico (antichissimo) pensiero o sapienza italiana era in quella lingua italiana ch'egli disamina, e dalla quale intende rimetterlo in luce, e che se la lingua italiana non e opera di un filosofo, ma sibbene il prodotto spontaneo delle facoltà nell'uomo italiano, se innanzi che venissero adoperate nella costruzione e nel concepimento del sistema di un filosofo, di cui pur e il necessario strumento espressivo e communicativo, esisteva nella massa de’ popolo italiano. Insomma, quella che è stata chiamata la svolta hegeliana del Cusani, va valutata alla luce di una ispirazione legittimamente riferibile a Vico. Si veda il Saggio su la realtà della humanitas di Vincenzo De Grazia (Il Progresso), già sul crinale della svolta hegeliana. L'epigrafe di Cousin posta all'inizio ritorna sul problema che sta a cuore a Cusani, e che ne determina l'originale ricerca. Ci ha due spezie di filosofie. La prima spezie di filosofia studia il fatto, lo disamina, e lo descrive, riordinandoli secondo le loro differenze o somiglianze, e potrebbesi però denominare filosofia “elementare” o immanente. L’altra spezie di filosofia comincia ove si ferma la prima, investigando la *natura* de’ fatti, e intendendo di penetrare la loro ragione, la loro origine, il lor fine, e potrebbesi denominare filosofia trascendente, o filosofia prima. La citazione dai Frammenti filosofici serve in realtà a Cusani pergiungere alla fondamentale affermazione secondo cui, esaurita nel secolo precedente la filosofia elementare, e necessario che si cominciasse asentire il bisogno di nuovi problemi, e che l'ontologia ricomparisse nel dominio della speculazione filosofica. Insomma la disamina del fatto immanente elementare (il segno) deve servire a rintracciarne la natura, le origini, le relazioni, che è il vero fine supremo della filosofia prima. Ma questo è possibile (e l'eclettismo di Cusani si dimostra non mero sincretismo, ma sapiente innesto di elementi concorrenti a rafforzare le personali ipotesi speculative) soprattutto all’italiano, chi può vantare una tradizione filosofica ininterrotta che ha in Vico il suo vate supremo. Il bisogno dell’ontologia ha ulteriori ragioni in Italia, dove la filosofia trova terreno fecondo emotivo di continuità. Ed è la tradizione ontologica de’ filosofi italiani, e il predominio costante della filosofia prima o trascendente in Italia sulla elementare o immanente, non solo in tempi che era cagione universale nel mondo della scienza, ma eziandio allorché fortemente altrove ponevasi la base d'ogni filosofia ed all'apo genere a nostri e quell'indole elementare, e molto studiavasi in essa. Di qui nacque quell'indole speculativa che si è sempre accordata in genere al filosofo italiano, anche quando discendevano alla pratica ed all'applicazione de’ principi. É di vero se si pon mente alla Storia, e si consideri che dalla scuola italica di Crotone o da Pittagora suo fondatore, passando per i filosofi di Velia (Senone), arrivando fino all’apparizione di quella meraviglia del Vico, si troverà che la verità da noi accennata apparisce luminosa e in tutta la sua pienezza. Dunque continuità della tradizione, rivendicazione della propria originalità speculativa, e soprattutto applicazione esemplare del metodo storico come proprio della storia della filosofia. Già affrontando il problema della fenomenologia semiotica, Cusani non manca di annotare, con una affermazione che resta sostanzialmente immutata nella sua produzione, a riprova del vichismo naturale della sua ispirazione, che l’italiano è cosí fortemente incluso intutta la morale che ne forma il subbietto perenne, e non si può farne astrazione senza far crollare tutto l'edificato da quelle. Del resto nel saggio Del reale obbietto d'ogni filosofia, posto sotto il segno di Vico – la cui “De constantia Philosophiae” fornisce l’epigrafe, Cusani ha chiarito che la umana intelligenza, di cui si ricerca e scopre una storia naturale, una volta esaurita l’investigazione della natura, ripiega progressivamente verso il subbietto stesso di quelle investigazioni, e rientrando dall'esterno nell'interno, fa se stessa obbietto della sua conoscenza. La morale nasconode questo percorso, allorché il filosofo ritorna sopra se stesso dopo indagare il mondo esterno. La svolta hegeliana può a questo punto arrivare, ma a sua volta innestandosi su questa ricerca di una legge onde si regge il mondo. Il dilemma su un oggetto immutabile della conoscenza, e della mutabilità al tempo stesso del fatto che il pensiero trascendente va indagando, diventatra la questione centrale. Spesso Cusani torna nella sua opera, che riesce difficile in questa sede indagare in dettaglio, sulle permanenze della storia italiana e sulle variazioni. Nel Saggio analitico sul diritto e sulla scienza ed istruzione politico-legale d’Albini, significativamente impostato il tema, e sempre ricorrendo a Vico. In Italia fu primo tra tutti Vico che intende ala ricerca d'un principio universale ed immutabile del diritto e che questo ponesse nella ragione, unica fonte dell'assoluta giustizia, distinguendo esattamente il diritto universale, o filosofico, dal diritto storico. Anzi, la debolezza della cultura filosofica italiana può essere addebitata al mancato studio di Vico il cui esempio non frutto gran bene, ch'io mi sappia all'Italia,non essendo le sue teorie accettate da'suoi contemporanei, perché forse troppo superiori all'intelligenza comune, fino al punto che l’italiano perde, com'a dire, la sua particolare fisionomia, rivestendo un'indole forestiera – come i fanatici di Hegel con la sua lingua foresteriera! -- Se non che questo che al presente diciamo fu molto piú pronunciato in Beccaria e Verri non furono che perfettissimi seguitatori dell'Helvelvinitius e del Rousseau, quanto all'ipotesi del Contratto sociale, che in il vichismo dunque, se accolto, avrebbe garantito la continuità e originalità della filosofia italiana. Infatti la cultura napoletana da in questo senso testimonianza della continuità speculativa della filosofia proprio attraverso la tradizione vichiana. Filangieri, ma soprattutto Pagano, ritennero l'elemento tradizionale italiano, che li riannodava a tutta l'erudizione. Anche quando nel Museo di letteratura e filosofia soprattutto, e la Rivista napoletana, piú evidente si coglie la lettura di Hegel, Cusani testimonia la persistenza sicura della lezione vichiana. Senza rotture, ma sviluppando le tematiche e gli interessi, nel saggio Della lirica considerata nel suo svolgimento storico, ove – come ha notato Oldrinisi incontra un esplicito richiamo alle lezioni hegeliane di filosofia della storia, Cusani riprende con vigore la questione fondamentale. Ora poiché l'uomo è il subbietto storico per eccellenza a volere istabilire lal egge che governa tutte le accidentalità variabili delle vicende umane, la filosofia non puo che cercarla nelle modificazioni della stessa umanita. Questo punto di partenza, che il Vico, per il primo, prescrisse alla filosofia della storia, facendo che le sue ricerche rientrassero nella coscienza psicologica dell’italiano, e si cercasse di spiegar questo per mezzo della sua propria natura, ma eziandio tutti i fatti di cui egli è causa, ingenera tanto vantaggio, che da un lato tolse la specie umana dall'esser considerata come mezzo da servire ad altri fini, e dall'altro la rialza sopra la natura, di cui vuole sene fare prodotto o artificio. In che misura l'hegelismo, rintracciabile nella preoccupazione di garantire l'unità del sistema attraverso l'unità della filosofia, deve tener con toda un lato della matrice vichiana del pensiero di Cusani e dall'altro dello sforzo di costruire l'edificio eclettico della filosofia in modo originale? Andrebbe qui indagato, con cura e minuziosità che questa sede non consente, il tema del senso comune in piú luoghi richiamato da Cusani. Sipensi al saggio apparso sul « Museo », Idea d'una storia compendiata della filosofia, proprio dove il tema della filosofia assume intonazioni sicuramente hegeliane. Purtuttavia, sebbene l'uomo sia conscio nell'intimo della sua coscienza della sua libertà, e riconosca in sé stesso il potere di cominciare una serie di atti, di cui egli è causa; ciò nondimeno non può non iscorgere eziandio, che la sua volontà è posta sotto il dominio e la soggezione d'una legge, che diversamente vien denominata secondo che diverse sono le occasioni, alle quali essa si applica, contrassegnandosi ora come legge morale, ora come ragione, ed ora comesenso comune. L'indipendenza speculativa che Cusani manifesta nel rimeditare tutti i contributi all'interno della sua riflessione è evidente, e su questo tema operante nei confronti dello stesso Vico. Esaminando la questione del fatalism e della libertà (giustamente si ricorda come sia questa la questione piú importante che si possa scontrare nella filosofia della storia, dai primi agli ultimi scritti presente inche di sua volone causar in Cusani), nell'Idea d'una storia compendiata della filosofia, Cusani ha qualcosa da rimproverare a Vico stesso, da altri peraltro erroneamente collocate tra gli storici fatalisti -- cosí Livio si distingue da Machiavello e da Vico; e sebbene Livio da maggiore influenza alla parte passiva e fatale dell’italiano nella storia; ciò nondimeno non si è data che ai secondi, a cominciar da Machiavello, la nota del storico fatalista. Se è vero infatti che Vico cerca nell'italiano il principio e la legge dello svolgimento dell'umanità, egli ebbe però il torto di essere esclusivo, in quanto non ha riconosciuto l'influenza della natura italiana sull'italiano. Si annota come a Cusani fin dai primi studi si affacci il dilemma tra pensiero come condizione e pensiero come condizionato: se una legge governa lo svolgimento dell'intelligenza, la storia è da intendersi fatalisticamente costretta entro i termini di una legge fissa del pensiero? Del resto in un saggio nel Progresso (e non compresa nei due volumi degli Scritti, forse perché firmata — come del resto altre note raccolte da Ottonello — con la sola sigla S. C.), Elementi di Fisica sperimentale e di meteorologia di M. Pouillet, Cusani ritorna sul metodo delle scienze e sulla accostabilità tra scienze morali e scienze fisiche. Dappoiché la scienza della natura e sottoposta nella sua ricerca a metodi certi e sicuri, e l'umana intelligenza punto da quelli non dipartendosi, seguitò attesamente le sue investigazioni, i progressi rapidi e continuati succedettero ai lenti e quasi invisibili dell'antichità. Il successo di queste scienze — come di ogni scienza — è nel metodo, cosi che da meglio che tre secoli lo spirito umano procede, in questa special branca delle sue conoscenze con tanta fidanza, e direi quasi, contanta certezza de' suoi risultamenti, che nissun'altra scienza per avventurapuò con questa venire al paragone. Si badi, le scienze fisiche non costituiscono altro che una special branca delle conoscenze dello spirito umano. Dunque occorre applicare anche alle altre branche metodi certie sicuri, come è possibile dal momento che la storia universale dell'Umanità, che pone la Storia al centro dell'investigazione, racchiude,com'a dire, in un corpo tutto lo svolgimento intellettivo della spezie. Ecco perché nel saggio Della lirica, a proposito della legge della evoluzione ideale dell'umanità nel progresso storico, Cusani nota che questo è di proprio particolar dominio di quella scienza, che sorta gigante in Italia per opera di quella maraviglia del Vico, costituisce ora il centro intorno a cui si svolgono tutti gli sforzi del secolo. Simili le espressioni usate nella recensione agli Elementi di Fisica sperimentale, allorché della storia universale dell'Umanità nota che forma a questi nostri tempi il punto di mezzo, intorno di cui si volge e gravita tutto il processo del lavori del secolo. Il ricco saggio “Idea d'una storia compendiata della filosofia” è a questo punto da considerare fondamentale. La connessione che la storia ci rivelatra libertà e necessità, ci consente di rintracciare la legge necessaria del progresso storico. Noi sappiamo che la filosofia del popolo italiano non è altra cosa se non lo spirito del popolo italianom non già come  si manifesta nella sua religione spontanea, nelle sue arti, nella sua costi-in se stesso aveva, artea, un concertelli avvenimee metafisica. cipale delle sourcetuzione politica, nelle sue leggi e costumi, ma come si rivela nell'esilio inviolabile del pensiero puro, che riferma il piú alto grado al quale possada sé stesso elevarsi. Cusani ha, a tal proposito, filosofato nel saggio “Della poesia drammatica” un concetto che poi si ritrova in seguito. Egliè il vero che sotto la varietà degli avvenimenti del fatto e della vita stessa della società italiana è nascosa la legge suprema e metafisica che li governa,e che il filosofo tenta di scoprire, e ne fa l'obbietto principale delle sue ricerche, ma all’italiano, ch'é, come dice quell'altissimo ingegno di Vico, il senso della nazione italiana e dato tutto al piú di sentirla, ma non deve essere suo scopo di manifestarla, dove all'ispirazione vichiana pare già si aggiunga, insinuandosi, una suggestione hegeliana. Nello saggio Della lirica, Cusani ribadisce l'argomento. Se la filosofia non deve fat suo scopo, come altrove dicemmo, parlando della poesia drammatica, la rivelazione di essa legge secondo la quale l'umanità si svolge nello spazio e nel tempo, puf tuttavia non potrà certo cansarla nella sua manifestazione storica, cioè nel suo progresso attraverso delle nazio ultima recension Felice Roman son sottoposti alla legge storica in generale, la quale le impronta quasi una seconda indole, ed è questa poi, che fa che i filosofi sieno, come diceVico, il senso della nazione italiana. Sorprendentemente, nell'ultima recensione pubblicata sulla « Rivista napolitana », Liriche del Cav. Felice Romani, quasi ad emblematica chiusura, Cusani ripete. Vico innanzi tuttia veva formolata questa solenne verità, proclamando che il filosofo e  ilblematica sblata questa sojeni filosofi ne sinnestare Hegedea d'uneinnanzi Qui l'eclettismo cusaniano ha voluto innestare Hegel sulla tradizione italiana custodita e proclamata, specie allorché, nella idea d'una storia, riprende il tema di una ragione fondamentale, di una idea filosofica fondante le manifestazioni della vita umana, per cui la religione e soprattutto la filosofia già ricordata sono riconducibili ad una legge razionale. Un'altra citazione, non giustificata in questa sede, si rende necessaria per la sintesi che riesce a conseguire, in specie sul tema del senso comune. Allorché il movimento filosofico o riflessivo passa dalla fede alla scienza,e dalle credenze popolari alle idee della ragione, e si trova d'essere giunto a scoprire il pensiero celato dapprima sotto FORMA SIMBOLICA, e che si traduce nell’istituzione, nella costume, nella filosofia e e nelle industria, egli fatto quasi banditore della verità scoperta, l'annunzia per farla conoscere alle masse, le quali non avrebbero potuto pervenire sino a quel segno che tardi e lentamente. È in questo senso che il filosofo accelera il movimento delle masse, e da qui nasce ancora che egli stesso e indugiato nel movimento che è loro proprio. Dappoiché se le masse accettano la nuova luce che loro arreca il filosofo, sono d'altra parte lente e ritenute nell'abbandonare le vecchie opinioni, che il tempo ha rese abituali, e bisogna innanzitutto che esse comprendano ciò che loro viene rivelato, e lo comprendanoa loro modo, cioè facendo che discenda in certa guisa dalle forme astratte della scienza alle forme pratiche del senso comune. Dunque il filosofo comprende e spiega nient'altro che ciò che l’intelligenza spontanea dei popoli crede istintivamente, e pertanto, lafilosofia non è che la spiegazione del senso comune. Possiamo a questo punto scoprire l'errore di chi ha collocato Vico e Machiavelli tra un storico fatalista como Livio, dappoiché, se a tuttaprima poteva parere, che l’italiano appo costoro fosse schiavo dell’istituzione, in quanto che queste venivano considerate come cose non procedenti dall’italiano stesso, pure, allorché si vide che l’istituzione none che la manifestazione esterna, il segno, e la realizzazione delle idee del popolo italiano, libertà umana nella creazione degli avvenimenti del mondo. Come si risolve pertanto il problema della libertà? Si pone inquesti termini l'interrogativo. La ragione è dunque il fondamento della libertà; ma ragione e libertà sono da intendersi esclusivamente riferitisare appunto che il problema della libertà investa soltanto l'azione soggettiva (non intersoggetiva o collettiva) che ha per teatro la storia. In realtà però, proprio per l'ampia visuale che egli propone della storia globalmente intesa, la libertà non è solo quella dell'individuo o soggetto italiano che si affranca dai condizionamenti dell'istinti -- vità, ma anche quella che costituisce la linea intelligibile di tutto lohere nelle pella sciente quella con il. La soluzione che si può intravedere in Cusani, concorde ed omogenea allo sviluppo della questione della scienza e del metodo  nell'intera, intensa elaborazione culturale di Cusani è forse quella contenuta nella Idea d'una storia. Resta certo il rammarico del mancato approfondimento delle tante tematiche che a questa risposta devono riferirsi, in particolare sulla politica e sulla estetica. Ma la sintesi che Cusani propone rimane oltremodo significativa. L'ordine adunque degli avvenimenti, la provvidenza, o legge dell'intelligenza umana, è quella legge che Iddio  stesso ha imposta al mondo morale, e che non differisce dalle leggi della natura, se non per questo, cioè che la legge imposta al mondo morale non distrugge punto la libertà individuale, essendo ché è permezzo della libertà che si compiono i destini della intelligenza, laddovele legge della natura e compita senza il concorso della libera volontà.

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