il l/F) (fa figlili; WT'I Tr»acjedLia lirica, in quattro atti STEFANO INTERDONATO MUSICA DEL MAESTRO Iflfiii lillff! DA lUPPHftSEINTAHSl A.L, TEATRO NUOVO DB PADOVA STAGIONE DI PIERA 1874 e MILANO STABILIMENTO MUSICALE DI F. LUCCA ^S .-j3t w 5-74 II. Diritti di traduzione, ristampa e riproduzione riservati. ARGOM ENTO A Teodorico, fondatore della Signoria dei Goti in Italia, morto nell'anno 526, successe la figlia Ama- lasunta. - Donna di animo virile, di bellezza non comune, ed amante della romana civiltà, era odiata dai principali Signori goti che ligi alle antiche co- stumanze vedevano di mal occhio la nuova regina mostrare clemenza verso i vinti e prediligere usi e costumi che secondo essi avrebbero finito col corrom- pere i vincitori degli Eruli e dei Romani. Amala- sunta , a cui fu tolta la tutela del proprio figlio Ala- rico che poi dopo alcuni mesi perde miseramente la vita, credette di rassodare la propria autorità spo- sando uno dei più potenti signori della sua Corte a nome Teodato, ma questi appena salito sul trono si unì ai nemici di lei, l'accusò di illecite tresche, le tolse ogni autorità e quindi la relegò in un castello sul lago di Perugia dove poi la fece secretamele uccidere. Così la storia. PERSONAGGI A TTOR1 AMALASUNTA, regina de' Goti SigS Antonietta tfricei Baratiti TEODATO, signore goto , suo cugino , . Sig. Francesco Pandolpii SVENO, giovane patrizio romano Sig. Filippo Patierno ftfcw • LAUSCO, capo de' guerrieri . Sig. p ao lo Medini SVARANO , altro capo de' guer- rieri Sig. Luigi Calcaterra GUALTIERO , guerriero goto , amico di Sveno .... Sig. Luigi Vistarmi Guerrieri, Araldi, Sacerdoti, Signori goti, Congiurati, Damigelle della Regina, Uomini e Donne del popolo. Trombettieri, Paggi. La scena è nei primi tre atti in Pavia. Nel quarto atto sul lago Trasimeno. Epoca anno 534 dell' era cristiana. Il virgolato si omette. ATTO PRIMO SCENA PRIMA. Atrio colonnato nel Castello di Pavia. Ai lati alti e lunghi por- tici che si perdono nelV oscurità. Un raggio di luna batte sulle mura del Castello che si vede nel fondo. — Il davanti della scena è interamente immerso nell' ombra. Molli guerrieri goti dormono sdraiati sul terreno. l«ausco è in piedi appoggiato ad una colonna, immobile e pensieroso. Dal fondo s'avanzano cautamente Tediato e Svarano. Teo. (a bassa voce) Lausco?... Lau. ics.) _ Sì. Teo. Gessò la festa? Lau. (additando i guerrieri) Guarda... dormono costor. Sva. Tutto tace. Teo. L'ora è questa Che anelava il mio furor! Aborrito, disprezzato, Alla terra e al ciel nemico. Quando l'astro del mio fato Parve a un tratto impallidir, Sovra il capo d'Alarico Imprecando la sventura Solitario in queste mura M'affidai nell'avveniri (o Lausco) Tremi tu?... Lau. Non tremo mai! Teo. Ei mi offese e m'oltraggiò, lo d'ucciderlo giurai. Sei fedel? Lau. L'ucciderò. Sva. Quando l'opra tia compita Ci vedrem? 8 ATTO Teo. Del trono al pie. Lau. Tu proteggi la mia vita; Io lo scettro appresto a te. (entra rapidamente nell'interno del Castello) Teo. (dopo un istante di silenzio, guardando attorno con ter- rore e prestando ascolto) Perchè tremo?... nulla sento... Sva. (a bassa voce) S'ei fallisse il colpo? Teo. Ah no! (si sente un grido) Sva. Parmi un grido... Teo. (con ansia terribile) Oh qual tormento! (grida confuse nelV interno del Castello) Sva. Ah! L'uccise! Teo. (con gioia feroce) Io regnerò! (partono rapidamente, mentre i guerrieri destati dalle grida balzano in piedi e afferrano le loro armi.) SCENA II. Guerrieri, poi Sveno. Alcuni guerrieri Qual suono!... l'udiste? Altri guerrieri Confuso lamento Sull'ali del nembo - per l'etra echeggiò. (Sveno si precipita sulla scena pallido, coi capelli in di- sordine, colla spada sguainata) Tutti Tu, Sveno? Ove corri? Sve. Tremate! Egli è spento. Dei regi l'erede trafitto spirò! Tutti Trafitto Alarico! Alcuni guerrieri All'armi! Altri guerrieri terrore! Ma parla... rispondi! chi fu l'uccisore? Sve. Della notte nel silenzio Era immersa la natura... PRIMO Non s' udia fra queste mura Che del gufo l'ulular... Quando un grido orrendo, atroce M'empie il core di spavento... Ah, quel grido ancor lo sento Al mio orecchio risuonar. Tutti Era il grido della morte Che venia fra queste porte. Sve. Corro al prence... di sangue cosparso, Un pugnale avea fitto nel petto!... Non profferse il suo labbro alcun detto... Sol la mano mi strinse... e spirò! Guerrieri (brandendo ferocemente le spade) Morte, morte all'indegno uccisore! Si ricerchi... fuggir non ci può! (entra Teodato e si confonde fra i guerrieri) Sve. Maledetto il parricida, D'Alarico l' uccisori Di celarsi invan s'affida, Di sfuggire al mio furor! Tutti All'armi, guerrieri! s'esplori ogni loco... Già l'alba nel cielo propizia spuntò. Di ferri recinto -qui tratto fra poco Fra strazii perisca - chi sangue versò! (partono in varie direzioni, Sveno va per seguirli) SCENA HI. Teoclato e Sveno. Teo. Sveno, t'arresta. Sve. Da me che vuoi? Teo. Giovane, ascolta; parlar ti vo'. D'ira sfavillano gli sguardi tuoi Ma in core leggerti ben io lo so. (con sarcasmo) Tu Romano, tu figlio d'Italia Ch'ora è serva e che un di fu regina, / Goti 2 10 ATT0 Puoi dei Goti temer la rovina, D'Alarico alla morte tremar? Folle! Invano celare presumi L'empia gioia che tutto t'invade, Tu che privo di patria e di numi Qui un asilo venisti a cercar! Svfi. {con alterigia) E che vuoi dire? Tr0 D'Alarico estinto "' Or chi sul trono ascenderà, noi sai? D'imbelle donna sulla chioma cinto Il diadema fatale or tu vedrai. SvE.D'Amalasunta?(co« impeto) Mai più degna mano Trattò lo scettro!... ^ . Tfo. (sogghignando) Ne più bella! • v Insano! SvE. Solo ed orfano reietto Sull'avel del padre estinto, Senza pane, senza tetto, Io vivea di ceppi avvinto- Quando un angiolo di Dio Quasi in sogno m'appari... E pietoso al dolor mio I miei ceppi infranse un di. Or che cinto di perigli Sovra il trono assiso egli e. Sfido l'uom che mi consigli Di tradire onore e fé! Teo Una minaccia suonano Questi tuoi detti, o Sveno? So che per me terribile Odio tu nutri in seno! Sve. Odio?... t'inganni. - Sprezzo Mi desta un traditor. - Teo. Ne avrai condegno prezzo (raffrenandosi) Della regina il cor! Sve. Trema... ah trema! Potrebbe a un mio detto Il tuo capo cadere al mio pie. - PRIMO J 1 Finché l'ira raffreno nel petto, Va, t'invola lontano da me! Teo. (Egli l'ama ! Ogni sguardo, ogni detto (da sé) Il suo amore disvela per lei. Vendicarmi fin d'ora potrei, Ma la sorte matura non è!) Sve. Altro a dirmi t'avanza? Teo. E l'odio mio Dunque, $veno, non temi? Sve, Io?... Lo desio! - (partono da opposti lati) FINE DELL'ATTO PRIMO. ATTO SECONDO SCENA PRIMA. /Steca sala nel Castello di Pavia; in fondo un gran verone dal quale si vede la pianura e in lontananza l'Appennino; due porte laterali. Amalasunta sola. Ama. (guardando dal verone) Ecco la luce... Coi suoi raggi il sole Le tenebre disperde; e tu svanisci Fatai notte che a me toglievi il figlio, Unica speme del mio core!... Oh, come Sulla fronte mi pesa questa triste Aurea corona!... [Alcune giovinette che passano sulla via, cantano in lontananza) Cono esterno (Un giorno in quest'ora Per via m'incontrò. Spuntava l'aurora Quand' ei mi baciò. È bello il suo viso, Mi piace il suo cor, Mi piace quel riso Che parla d'amor!) Ama. (prestando ascolto) ...Air opra usata allegre Quelle fanciulle avviansi cantando. - Come sfavilla in quelle voci tutto Il contento dell'anima!... Io qui soffro! Un abisso ritrovo in ogni loco, In ogni sguardo un tradimento... Ahi lassa! Coro esterno (come sopra) »(Di gemme e castelli » Se il ciel mi privò, «Degli anni più belli » La fé mi lasciò. - ATTO SECONDO 15 »E tu, o giovinezza, «Che allieti il mio cor, «Mi doni l'ebbrezza, • Mi doni l'amor!) (il canto si perde in lontananza) Ama. Eppure un dì di rosee Sembianze rivestita Dono del cielo agli uomini Mi si pingea la vita: - Quando tra feste e gaudii Col nero crin gemmato I giorni miei trascorrere Potea del padre allato. Or fra le tristi tenebre Presso all'aitar di Dio Con disperati aneliti La morte invoco anch'io. «Or che svanir le liete «Larve di pace e amor, «Or che si pasce l'anima «Di lutto e di dolor! (parte) SCENA II. Lausco e Svarano entrano cautamente. Sva. La vedesti? Lau. Piangeva; e quel pianto Un inferno nel petto mi desta. Sva. E che pensi? Lau. Che a compier ci resta Di Teodato il volere. - Sva. Frattanto Simulare ne giova. - Il mistero, Della mente nasconda il pensiero. - Lau. Per lei scampo più in terra non v'ha;- S' essa cede, perduta sarà.- 14 ATTO La gente romana - prostrata ed inulta Che un tempo sui mondo - superba regnò, Caduta nel fango -ci sprezza, c'insulta, Al giogo ribelle - piegarsi non può. Ma il ferro del barbaro, Forier di sventura Al suolo atterrando Di Roma le mura, L' Italica terra Di sangue inondò! Costei che di sensi -romani è nutrita Il brando dei padri - vorrebbe spezzar; Clemente redimer - la schiatta aborrita, Sul trono con essa - chiamarla a regnar. Ma il ferro del barbaro Ancor non è infranto; Foriero per gli empii Di lutto e di pianto, Più splendido al sole S'appresta a brillar! SCENA 111. A ina lasunta, Lansco e Svarano~ Lai. (inchinandosi in umile atteggiamento) Alla regina messaggier m'invia li consesso dei prenci e dei guerrier. Ama. Parla, signor. Lau. Nella parola mia De' tuoi fedeli udrai franco il pensier! Una nemica parricida mano A noi il re, a te toglieva il figlio. A che celarlo? Il tradimento insano Cinge il trono di lutto e di periglio. (marcato) Di questo scettro che ora stringi... puoi L'immane pondo sostener tu sola? SECONDO il Ama. Mal t'intendo, guerrier... Da me che vuoi? Oscura giunge a me la tua parola. Lau. Su quel trono a te d'accanto Cinga un prence la corona. Se fìnor la madre ha pianto, La regina or dee regnar. Ama. (quasi parlando a sé stessa) Dunque, o schiava, tergi il pianto! Su, di fiori t'incorona! Pronta è 1' ara; non di pianto, Questa è l'ora d'esultar!... Di mio figlio dal letto di morte Voi volete condurmi all'aitar? Sceglier dunque m?è forza un consorte, Queste bende funèree squarciar? Sva. E possente adorata re ina Sovra i Goti regnar tu potrai; Poiché salva da certa rovina In tal guisa l'Italia sarà. Lau. Del sangue dei regi Prescelto dal fato, Vi ha un prence che al trono Sol puote aspirar. Ama. Chi è desso? rispondi! Lau. S'appella Teodato. Ama. Teodato dicesti?... (da sé) (Mi sento mancar!) Lau. Neil' ombra e nel silenzio, Solo col suo pensiero, Visse del mondo immemore, Fido alla patria e al re. Non è guerrier, ma a reggere Il contrastato impero, l fidi tuoi ten pregano, Devi innalzarlo a te ! Ama. Non fia mai ! Sva. Che parli, o regina? Ama. Io noi deggio. J ATTO Lau. Da certa rovina Puoi tu sola la patria salvar! Sva. Bada, o donna ! Secreta, possente Dei Romani l'astuzia congiura. Se sul trono regnar vuoi secura, No, mei credi, non devi esitar. Lau. Che risolvi ? Ama. Noi deggio. Lau. (deposto l'umile atteggiamento e minaccioso) Al comun voto Amalasunta ceda! -A te pon mente! Ama. E tanto ardisci ? - Parti ! Lau. Ancor m'udrai ! - Avvi un romano in questa corte: -ha nome Sveno ■ e tu 1' ami! Ama. (da sé) (Cielo!) Lau. (afferrandola per la mano) Incauta, trema! Se esiti o nieghi, in questo istesso istante Sarà Sveno dannato a orrendo scempio. Della morte del figlio a tutti innanzi 10 qui l'accuserò ! Ama. (con impeto) Menzogna infame! Egli è innocente... e tu lo sai ' Lau. Che importa ? Sva. Egli è romano. - Qui ciascun 1' aborre. 11 popolo è a noi ligio - e speri invano! Ama. Ahimè!... Sva. Risolvi. Ama. (dopo un istante d'esitazione) Ebbene... ei fìa salvato. A me consorte, sarà re Teodato. a 5 Sva. Dell'impero dei Goti la stella S' oscurava nell' italo cielo. Ma fra breve più fulgida e bella La vedranno i nemici brillar, E nel fango dovranno gli ignavi, Sempre schiavi, servire e tremar! SECONDO 17 Lau. (Io trionfo! Più fulgida e bella (da sé) La mia stella risplende nel cielo. La perduta possanza che anelo Sol Teodato a me puote ridar. E nei fango dovranno gli ignavi, Sempre schiavi, servire e tremar !) Ama. Ahi, s'oscura, tramonta mia stella (da sé) Che finora brillò senza velo. Signor, tu che regni nel cielo 1 miei passi tu devi guidar, E redenti dovranno gli ignavi , Non più schiavi , al mio nome acclamar ! (alle ultime parole Sveno compare in fondo alla scena. — Lausco e Svarano escono gettando su Sveno uno sguardo di trionfo) SCENA IV. Aniala«uiita e Sveno. Sve. Grida di gioia risuonar qui sento. Ama. (Ah, tutto ignora.) [da sé) Sve. Eppure d' Alarico L' inulta salma nell' ave! non scese. Ama. Chi del figlio a me parla?... In queste soglie Sanguigna luce spanderan fra breve A sacrileghe nozze le votive Faci d'Imene. - A che mi guardi ? Il fato A me 1' impone ; sarà re Teodato. Sve. (arretrando con grido di dolore) Ah! Ama. Tu piangi? ■ Io asciutto ho il ciglio. Mai non piange una regina. Della patria nel periglio Ogni affetto tacer de. Quel poter che mi trascina D'altro amore è in me più forte, Affrontar saprei la morte... Se la patria il chiede a me. 18 ATTO Sve. »Tu spezzasti mie catene, «Vita, onori a te degg' io. »Ogni avere ed ogni bene »Che beasse il pensier mio. Tutto è sciolto. - Un dì saprai Se t'amò quest'infelice, Ma quel giorno, o traditrice, Io vederlo non potrò. Alla tomba or mi trascina Questo amor di me più forte, Sotto i colpi della sorte L'alma affranta si spezzò!... (si ode il suono di una marcia funebre) Coro esterno (Neil' avello dei padri discendi Dormi in pace, figliuolo dei re. Prega il ciel che i presagi tremendi Sian dai Goti sviati per te. La tua vita ha troncato il destino, Sulla reggia or si libra il dolor. Piombi almeno lo sdegno divino Sovra il capo all'infame uccisori) Ama. (con voce straziante) Ah... quelle voci!... Son le preci estreme... Sovra la tomba di mio figlio... Io manco... (lasciandosi cadere quasi svenuta sopra una sedia) Sve. (con disperata ironia) In te ritorna... Le funeree faci Alle tue nozze pronube, domani Risplenderanno !... In te ritorna! Esulta! CORO esterno (allontanandosi gradatamente) (Nell'avello dei padri discendi, Dormi in pace, figliuolo dei re. Prega il ciel che i presagi tremendi Sian dai Goti sviati per te. La tua vita ha troncato il destino, Sulla reggia or si libra il dolor. Piombi almeno lo sdegno divino Sovra il capo all' infame uccisori) SECONDO 19 Ama. (quasi in delirio) Dove sono ?... Ah, già fissato, Scritto in cielo è il fato mio! Non dagli uomini , da Dio, La pietà sperar si de! Sve. Tu dagli uomini, da Dio, Maledetta sei da me! FINE DELL'ATTO SECONDO. ATTO TERZO SCENA PRIMA Una sala nel Castello di Pavia. — Una porta in fondo. Teodato solo. Teo. E ancor non riede... Inebbriante meta Cui da tanti anni ascosamente anelo,... Splendida larva di mie notti, alfine Io ti raggiungo!... Pur mi costi!... A mezzo Volgea la notte, ed io sognava... ahi, truce Terribil sogno! - Mi cingea la chioma La corona regale, e sovra il trono D'Amalasunta al fianco io m'era assiso Al sinistro chiaror delle pallenti Faci di morte... e innanzi a me sorgea Dell'ucciso Alarico insanguinato L'orrido spettro, e mi guardava come Quando nei petto il suo pugnai gli infisse Lausco!... e con la man parea dal soglio Strapparmi a forza!... ed io tremava. - Oh vile Debolezza dei core!... D'un delitto A me che monta, se ciascun l'ignora? No, più non tremo. - Già la notte sparve E con essa svanir fantasmi e larve! Nei cupo orrore di notte bruna Quando la luce nel ciel fuggì, Fosca sibilla fin dalla cuna A me lo scettro predisse un dì. E da quel giorno speme funesta Per anni ed anni rinchiusi in cor; E nel silenzio d'aspra foresta Solo, spregiato, vissi fìnor. Sangue mi costa quel serto, è vero: Ma la mia sorte compir si de. ATTO TERZO 21 Colpe e delitti sprezza il pensiero Se ad essi è premio poter di re. Se al soglio stendere la man poss'io Che a me il destino - vaticinò, Sui vinti popoli - lo scettro mio Dall'Alpi al Brennero - distenderò! SCENA li. Laureo, £ varano e Teodato. Lau. Possente è quest'oro che tutto conquide! Teo. Che rechi? Sva. Trionfi ; - la sorte ci arride. L\u. La credula plebe venduta esultò. Il trono or t'aspetta. Teo. Calcarlo saprò. Lau. «Ma pria che tu cinga la chioma del serto, »0 prence, rammenta chi un trono t'ha offerto. «Dell'opra tremenda qual premio sperai, «Teodato, scordarlo potresti? Teo. » Giammai. Sva. «Non scordar quella notte e il pugnale «Che nell'ombra celato ferì. Lau. «Non scordar che un destino fatale «Nello stesso delitto ci unì. Teo. Io la mente, le braccia voi siete In quest'opra di sangue e d'orror; Se compirla, o guerrieri, saprete A voi dono possanza e tesor! » Cadde Alarico. - Ma quel sangue è poco, «Altri deve saziar l'ira del seno. Lau. «Altri?... t'intendo. Teo. «Amalasunta e Sveno... Nella pianura di Pavia, commosse S'adunano le turbe. - Amalasunta Oggi il serto mi cinge! Sva. «I miei guerrieri «Io stesso condurrò. 22 ATTO l jA u. «Popolo e prenci »A1 tuo trionfo acclameranno. Sva. Quando L'ora fìa giunta, la fatale accusa Profferisca il tuo labbro! ^ AU - A noi la cura Lascia del resto. Teo. La superba donna Ed il suo drudo, d'uno stesso colpo Atterrati cadranno. - mia vendetta! Ad essi morte... ^AU. Il soglio a te s'aspetta. Teo., Lau. e Sva. (a tre) Sol d'Italia, di luce funesta Splendi in questo bel giorno sereno. L'atra gioia che m'arde nel seno, La mia sorte rischiara così. Potrò alfine, a me intorno prostrata, Calpestarti, empia turba di schiavi. Vili e ignavi! Già l'ora è sonata, Di vendetta già corrono i dì. (partono per opposti lati) SCENA HI. La gran pianura di Pavia: si scorge a grande lontananza la città presso a cui scorre il Ticino, e più lontano ancora la ca- tena degli Appenini. Da un lato s'innalzerà un trono for- mato di trofei d'armi. Sveno, indi Gualtiero. GuA.Chi veggio?... Sveno... in questo loco? stolto! Fuggi! t'invola ai colpi della sorte! Altro scampo non hai... Taci? Sve. Io t'ascolto. Non ti comprendo. Oua. E che mai speri? Sve. Morte! Agli infelici altro non resta in terra. Così tradirmi!... Iniqua donna! TERZO W Gua. E sei Uomo... e guerriero! Sve. Un dì lo fui! - M'atterra Or la sventura. - Ahimè!... perchè vivrei?... (con 'profonda tristezza) Della sua fede immemore E dell'amor giurato, Essa i legami infrangere Volle del mio passato. Ma nel troncar quei vincoli Ch'eterni io pur credea, Senza pietà la rea Anche il mio cor spezzò. Fonte d'amare lagrime È l'avvenir, lo sento. Verranno per la misera I dì del pentimento. Ma di quel giorno infausto, Forse lontano ancora , La sanguinosa aurora, Gualtiero, io non vedrò! [squilli di trombe; sì comincia a sentire in lontananza il suono di una marcia trionfale che si va sempre più avvicinando) Gua. Odi? Sve. {con rabbia) Ei trionfa!... Folgori Non ha per gli empi il cielo! Or gli omicida ammantansi Della virtù col velo. Gua. Che parli? Sve. Un fero dubbio Mi tormentava il petto. Ora in certezza cangiasi L' orribile sospetto. Gua. Che far vorresti? Sve. Nulla. Io spettator - qui resto. Gua. Ti uccidi! Sve. Il voto è questo Più ardente del mio cor! U ATTO SCENA IV. Al suono di marcia trionfale si avanzano i guerrieri, i principi, i sacerdoti, i congiurati, il popolo. — Indi preceduti da una schiera di guardie Amalasunta e Teodato rivestiti delle insegne reali; poi Lausco, Starano ed altri guer- rieri. Sveno e Gualtiero si confondono tra la folla; il popolo manda grida festive. Coro generale Giunta è l'ora - dei Goti la stella S'oscurava nell'italo cielo; Ma fra breve più fulgida e bella La vedranno i nemici brillar. E nel fango dovranno gli ignavi Sempre schiavi - servire e tremar! Lau., Sva. e Congiurati (a bassa voce tra di loro) (Nel silenzio, nell'ombra celati Già a piombare la folgore è presta... Dee quel serto di luce funesta Di Teodalo sul capo brillar. Pronti all'opra; già l'ora è suonata; Gli empi schiavi dovranno tremar!) Ama. (dal trono) Popolo e prenci, udite il mio pensiero Or tutti voi che a me giuraste fé, Del mio talamo a parte e dell'impero Ognun saluti in Teodato il Re! Tutti Viva, viva Teodato! Rintroni Tutta Italia di canti e di suoni; E dei Rardi l'accento ispirato Dica al mondo i dettami del fato! Teo. (in piedi sul trono) Su, mescete in colmi nappi! La mia gioia ognun divida. Ogni volto qui sorrida Del contento del suo re! TERZO 25 Lau. Sva. e Coro Su, libiamo e repente rintroni Tutta Italia di canti e di suoni ; E dei Bardi l'accento ispirato Narri al mondo i dettami del fato! Sve. (slanciandosi di mezzo alle turbe Or tutti ascoltatemi: Vo' bevere anch'io! Le tazze spumeggiano, Esulta il cor mio. Qui dove è sepolta La salma tradita, Unirò, i sacrileghi, La morte alla vita!... Ama. Sciagurato! Teo. Quai detti! Che sento! Tutti Vanne, fuggi: raffrena il tuo accento! Sve. Di cantici e suoni (con impeto) Rintroni la reggia, Il vin che rosseggia È sangue d'un re! Su, datemi un calice, Lo vuole il destino; Al prence assassino (additando Teodato) Bevete con me!... Teo. (alzandosi furibondo) Ah... è troppo! - Guerrieri! Addotto in ceppi Ei venga, e tosto sia dannato a morte! Ama. (gettandosi ai piedi di Teodato) Deh, pietade, pietà della sua sorte! Ei delira, infelice. Guerrieri e Popolo A morte! A morte! Teo. (con voce terribile respingendo Amalasunta) Per lui preghi? Invan lo speri. Temi or tu lo sdegno mio. Tutti io leggo i tuoi pensieri, E tuo sposo e re son io! (* guerrieri si slanciano contro Sveno) 26 ATTO TERZO Ama. Deh, fermate, o ciel!... Teo. Popolo! Sve. indegno! Teo. L'ultima ora per gli empi suonò! donna, io t'accuso! (ad Amalasunta) (al popolo) Per sete di regno Del sangue del figlio costei si macchiò ! Ama. cielo, e tu il soffri!? Lau., Sva. e Congiurati (tumultuando) Discenda dal trono! Di cingere il serto più degna non è! Sve. Ah, l'empio trionfa! Tutti Non speri perdono! Discenda dal trono! Congiurati Teodato fia re! Ama. (strappandosi la corona e calpestandola) M'uccidete! il patibolo è presto. Ecco il serto... ai miei pie lo calpesto! Ma tu, vile che esulti, paventa! Già la folgore piomba su te! Sve. Sì, m'uccidi ! Ma larva cruenta (a Teodato) Me nei sogni, alle veglie vedrai! Sì, m'uccidi, ma ovunqne ne andrai Ombra irata verronne con te! Teo., Lau., Sva., Congiurati e Coro Traditori, tremate! Egual sorte Vi riserba al supplizio, alla morte! Empii entrambi! Tremendo, funesto, Vi colpisce lo sdegno del re! (Amalasunta e Sveno sono trascinati dai guerrieri, mentre il popolo ed i Congiurati acclamano Teodato.) FINE DELL'ATTO TERZO. ATTO QUARTO SCENA PRIMA. Sala semidiroccata di un castello sul lago Trasimeno. In fondo a destra una scalinata conduce alla terrazza di una vecchia torre da cui traspare un lembo di cielo, solcato da neri nu- voloni. - A sinistra pure sul fondo due porte le quali apren- dosi lasciano vedere il lago. - È notte tempestosa. Una lam- pada rischiara debolmente la scena. Amalasunta seduta, immersa in un cupo silenzio: alcune Damigelle le stanno intorno. Dam. (parlando fra loro) Oh, come rugge la tempesta!... Udite?... Con sinistro fragor, del lago i flutti Solleva il vento sibilando, e l'etra La folgore rischiara... Ama. Ahi... triste idea!... Dam. Favella seco stessa... Ah, la ragione L'infelice smarriva, il dì fatale Che qui all' esiglio la dannar. Ama. Lo sento... Me chiama il figlio... e, nel lenzuol funebre Avvolto, un uomo gli è d'accanto..: oh il veggio! Sveno... Sveno tu sei!... Che parli?... E puoi Maledirmi così?... Ah no, non fìa!... Troppo il vivere è grave all'alma mia!... Dam. Geme e soffre... l'atroce sventura [fra loro) Di sua mente il sereno offuscò. Così buona, sì candida e pura Già tremendi dolori provò, (le Dam. partono) Ama. (inginocchiandosi) Signor, che col sangue hai redento Dei mortali feroci il destino, D'una misera ascolta il lamento, Su lei volgi lo sguardo divino. 28 ATTO Figlio, amici, corona perdei!... Deh, mi togli, o Signor, questa vita. Tu che padre pei miseri sei, Deh, perdona alla donna tradita! (si sente un fragore d'armi che va sempre -più avvicinandosi) SGENA II. Sveno seguito da alcuni guerrieri romani ed Amalasuitta. SvE. (accorrendo ad Amalasunta) Ti riveggo... oh gioia! Ama. (indietreggiando con terrore) Ognora La sua larva appar così!... Sve. Di salvarti è tempo ancora... Per salvarti io venni qui! Oh quante montagne stanotte ho varcato, Per aspri sentieri, dei lampi al chiarori »Tra gli ermi dirupi la mano del fato »I passi guidava del mio corridori Coll'oro corruppi gli sgherri inumani; Dell'empio i disegni svelarono a me... Fra poco a svenarti verranno gli insani... Qui corsi a salvarti o morire con te. Ama. Deh, taci!... vaneggi... che parli di morte? Quest' oggi serena ci arride la sorte. Sve. (con affetto e rapidamente) Vieni... fuggiam! Propizia É la tempesta a noi. Vieni... i miei fidi attendono, Salvare ancor ti puoi! In altre terre profughi Scampo securo avremo. Là, ignoti al cielo e agli uomini, Vivere ancor potremo! (dal fondo entra Gualtiero) Ama. (sempre delirando e sorridente) Taci... che l'onda aspetta... Azzurro è il ciel sereno... Sull'agile barchetta, Vieni, ci culli il mar' QUARTO 2< Vedi, soave e placido Tramonta il sole, o Sveno... Della mia vita il tramite Voglio così troncar! Sve. (disperatamente) Infelice!... non m'ode... o sventura! Ah, ritorna in te stessa!... Gua. (che in quel frattempo avrà spiato dalla porta in capo allo scalone, accorrendo rapidamente) V affretta! Già d'armati risuona il fragor! Sve. (tentando trascinare Àmalasunta) Vieni... ah vieni! Ama. (abbandonandosi sulla sedia) La lieve barchetta... Sovra il mare ci culli... Gua. Oh terror! Sve. A forza si tragga!... Alcuni Romani (accorrendo da una porta laterale) È tardi! t'arresta! Già cinto è il castello. Sve. La morte ci resta! Coro di Goti (interno) S'atterrin le porte! Gua. Più speme non v'è! Sve. (sguainando la spada) Guerrieri, a pugnare venite con me! {Sveno getta un ultimo sguardo sopra Àmalasunta quasi assopita, e parte con Gualtiero ed i guerrieri) SCENA III. Si ode il lontano cozzo delle armi ed il fragore della pugna. Damigelle accorrendo atterrite. Dam. Regina, regina. Deh, sorgi... ti desta; Non odi dell'armi la furia funesta? Ama. Voi piangete?... sul mio ciglio Ora il pianto inaridì... 30 ATTO (t7 rumore si va sempre più avvicinando) Non sapete?... Aveva un figlio... Era bello... eppur morì!.., (molti romani attraversano la scena fuggendo nella mas- sima confusione e gridando) Guerrieri romani Fuggite! I nemici già infranser le porte!... Fuggite! v' attende terribile morte. (partono; le donne fuggono anch'esse; la scena resta deserta) Ama. (sempre immobile e sorridente) Dalla madre l'han diviso; Poca terra il ricoprì. E la madre dell' ucciso Più non piange da quel dì!... (il fragore della mischia è al colmo. Sveno mortalmente ferito si precipita sulla scena, e va a cadere ai piedi di Amalasunta. — Sul limitare della porta in fondo compare Teodato colla spada sguainata, seguito da Lausco e Svarano.) SCENA ULTIMA. Amalasunta, Sveno» Teodato, Lausco, Svarano. La scena è rischiarata dai lampi. Ama. (nel vedere Sveno moribondo, quasi destandosi da un sogno) Tu Sveno!... che miro?... Sve. (con voce morente) Salvarti... voli' io... L'estremo sospiro... tu accogli... del cor... Ama. (alzando le mani al cielo disperatamente) morte, a che tardi? Teo. (con feroce ironia, avanzandosi) Fia pago il desio!... La morte che chiedi, io t'arreco! Sve. (tentando sollevarsi) Oh furor ! Teo. Col tuo drudo ai danni miei Qui tessevi inganni ancora. QUARTO 31 In mia possa alfine or sei... Di tua morte è giunta l'ora!... (sguainando il pugnale) Questo ferro, ah tu noi sai, Il tuo figlio uccise un dì! [Sveno con supremo sforzo a/ferrando la spada si solleva per slanciarsi su Teodalo, ma fatti alcuni passi ricade al suolo e muore, - La tempesta rumoreggia colla mas- sima violenza) TEp. {gettando il suo pugnale ai piedi di Amalasunta) Or lo prendi. - A te il serbai, Or che il fato si compi ! Ama. (afferrando il pugnale e sollevandosi in tuono profetico e solenne) Godi!... ma ascoltami: Vicina a morte, Io la tua sorte Predico a le! Ancora un anno... Poscia al cospetto Del cielo - giudice T aspetto - o Re! (si uccide e va a cadere presso il cadavere di Sveno.) Lau., Sva. Un anno! Teo. (tremante) I delitti han forse un confine Che il piede dell'uomo varcare non può?... Guerrieri Goti (prorompendo sulla scena con faci ed armi insanguinate) Del sangue degli empi-rosseggian le sale; Già cadder svenali -dal nostro pugnale, E il popol di schiavi - che Italia rinserra Fra i re della terra - Teodato acclamò! FINE. 'ikw.<> mm %-tìftWWJ^
Wednesday, June 1, 2022
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