FIGLIUCCI,
“IL FEDRO O VERO IL DIALOGO DEL Bello di Platone, Tradotto in lìngua Toscanà
per Felice Figliucci Sense. IN ROMA Con
priuilegio del Sommo Ponstefice per anni X.IL FEDRO. Ó VERO il D/4iWa id Bello
di Telatone. TRADOTTO in lingua Tofcana» Perfone del Dialogo, SOCRATE, ET
FEDRO. O Fedro mio caro,doue uai tu,ac Soc. donde uieni ^ F E D. Socratc,io
uego da cafa di Lifia figliuolo di Cefalo,flC hora me ne uh un poco à fpafTo
fuor della città : per ciò che buona peza feco à ragionar fedendo, da quefta
mattina per tempo, per fino à hora fon dimorato. Et hora,c(rendo à ciò ftato
perfuafo,da Acumeno tuo amico, fiC mio,fò caminando efTercitio : il qual modo
di efTercitarfi, egli affai più facile, CC molto più gjoueuole giu:sdica, che
laftaticarfi nel correre, come molti fanirsno. SOCR. Certamente Fedro mio, eh*
egli ti configlia bene^ma fecondo il tuo dirc,Lifu dee elTere nella città, è
uero ^ F E D, Ve^sro,fi£ alloggia infieme con Epicrate nella cafa di
Morico,uicino al Tempio di GioueOlimpiót SOCR. rimali di gratia,clie faceuate
uoi quiui f Inuitouui forfè Lifia al parto delle fuc orationii' F E D. Tu lo
fapra!,par clic tu babbi tempo di uenire i(ifieme coumeco^fin che io te l
habbia narrato . SOCR. Che dici tu.^ Hor Don penfi tu, che io proponga à ogni
mia facen <ìa ( come di^Te Pindaro) il ragionamento di Li:s fia,fl£iltuo?
FED, Seguitami adunque S 0,C R. Di pure^ F E D. Et fappi Socra;^ tc.che quella
difputa, che nacque fra Lifia^a ine.è {lata à punto degna delle tue orecchie.
Per ciò che il parlare,che Ci\ ùilto,(ìx in un cers; to modo tutto intorno alle
cofe d'amore ;.pcr ciò che Lifia haueua fcritto una oratioue doftiG::
fima,fi£eIegantiflima,manoDÌn fauore d'uno 'amante,anzi pier quello era
artificiofa.fi: Icggias: dra,che egli in quella prouaua,che più toftofi dee far
ccfa grata à chi non ama, che à chi ama» S O C . O huomo certamente digniffuno
; uo:s lefTe lddio,che egli haueffe fcritto,che fi hauefe fe à fave bene più
tofto à unpoueio.che à un ricco, ftàunuecchio, che à un giouane,aà moltialtrijiquali
in molte altre cofe fono mal condotti, come me : per ciò che fe tale fufTe fta^
ta la fua oratione .all' bora fi poteua degnametc ^nc ce piaccuole.a utile .
Non di meno anchora che ella non fia (lata cefi, egli m'è foptags giunta una fi
gran uogliad' udirla, che (e tu cdis minando te ne andaflj perfino à Mcgara,flC
fc ( comeècoftume di Hcrodico ) tofto che alle mura della città fiifli giunto
.indietro te ne tornaflì,io per queflo fon difpofto di non ti aK? bandonarmai.
FED, Che dici tu Socrate^' Penfi turche io giouane inefperto poffa hora
narrarti, flC ramentarti quelle cofe,chc Lifia moi te più dotto di quanti
Sìcrittori hoggi fi troua:^ no, in molto tempo à fua commodità compofe/
Sappi,che io fono affai lontano da quello ti uoglio dire,chc iouorrei più
prefto fimil cofa faper fare, che effer d' infinite riccheze poffeffo? re.
SOCR. Fedro cparrebbe.cheip non fi conofcefL , non fai tu, che tanto à me
farebbe il non fapere chi tu fei, quanto lo fcordarmi di me medefimo.^ Delle
quali^ofe neffuna è uera: per ciò che io fo beniflimo,che tu non udirti una
uolta fola quefta Oratione di Lina,ma te U facefli replicare affai uolte. Et
Lifia fo io, che uo lentieri ti ubidiua: ne quefto anchora ti fu affair ma
fattoti al fine dare m mano il libro. doue eri fcritta,confiderafti ineffo
tutte quelle cofe,U quali maggiormente defideraui fapere : il che come hauedi
fatto, fianco di hauere in quel Iugo fi fungamciife fedufo,(i partifti per
andare tene a fpafTo . Et io giiiraréi,che bora tela mefe teui alla memoria, fé
gii non fufTeftata troppo lunga, te neandaui fuor della città^perconi fiderare
date ftefloà quello, che haueui letto» Ma poi che tu ti fei abbatuto ì un'huomo
pazo di udire fimili ragjonamèti,come fono io,toflo che iMiaiucduto, ti fei
oltra modo rallegrato, quafi che tu fufli certo di hauerc uno, che dei
niederimo,che tu,tecori hauefli à rallfgrare,flc fare feft^,flC cofi mi bai
commefTo.che io uenea teco. Quindi pregato da me defiderofiflimo di ud/rti, che
à dir cominciaflj, bai finto ciò efTerti difficile, come fe tu non hauefli
bauto uoglia di raccontarmi quefta cofa : flC io fon certo, che. al fine,
quando alcuno qui non fuffe ftato,che ti haueffe per fe fteflo uoluto udire, tu
haueui tan ta uoglia di dire quello, che haueui udito, che tu cri per sforzare
qualunque fi fuffe.à udirti à fuo mal grado. Et però Fedro mio caro, non tt
fare pregare à mia fòdisfatione di fare queU lo, che eri ogni modo per fare
fenza che alcuno te ne ricercaffe^ F ED. Sarà adunque me;s gbo dirti quefla
cofa, come jo faprò,purcbc io la dica ; per ciò che e mi pare, che tu non fia
per abbandonarmi mai, fin che non Thabbia fentita. <^ Sccr. I o S O C R.
Certamcnfe che tu hai^buon credtere* F E Cofi adunque faro : ma per dirti il
uero Socrate, io non ho imparate le parole tutte à mente, ma io mi ricordo bene
quafi di tutte le ragioni, flC argomenti : per li quali egli dimcftra un'amante
efferdifTimile da chi no ama, fiC cofirdì fon deliberato nan-artele tutte
ordinatamen:? te. S O C Moftrami di gratia prima quel, che tu hai nella man
fiftiftra fotto il mantello, che à dirti il uero, io dubito che tu non habbia
quel libro proprio : il che fe è uero, pen(à che io ti ftimo afTai ; non di
meno fe io poffo udire jLifia,non uoglio ftarc à udir te. Ma che fai tu, che
ncn me' 1 moftrif F E D • Deh fta fermo: tu m'hai leuato d'una grande fperanza
o Socrais te, che io haueua di efercitait hoggi il mio ingc^ gno con teco: ma
poi che io non poffo farlo, po niamcd à federe , per leggere doue più fi piace
• S O C Aridiamocene, prima che à leggere. cominciamo,dj U dal fìume Iliffo,
ftquiui ci porremo à federe, doue più ci parrà FED. A tempo mi truouo
difcalzo,ma fu non uai mai altrimenti : & però ci farà ageuole paiTare
quefta piccola acqua, ne anchora ci douerà difpiaccre, tnaflimamente in quefta
ftagionc,&à quefta hcra. SOCR. Va uia adunque, ft in tanto confiderà , doue
po(&amo federe » F £ Vedi tu quel Platano cofi alto S O G R . Si ueggo. F E
D. Qoiui è una piaceuolc ombra, •fiC un uentolino fcaue.flC l'herba tenera in
ogni parte: fi che pofTjamo porci à federe,© à giacere, doue più ci piacerà. S
O C R . Va Ij^adaquc. F E D, Dimmi un pooc Socrate, non fi dice egli, che già
in quefto luogo Borea rapì Oriss fhia,uicinoaI fiume Iliffoi' S O C R, Col; fi
dice» F E D. Non ti pare egh, che qui fi uegga una acquetta grata, pura, fiC
chiara, nella quale commodatamcte pofTano le fanciulle fcher zarci' SOCR» Non é
quefto il luogo, ma po co più di fotto, lontano due ò uero tre ftadi,do:s ue
habbiamo trouato il Tempio di Diana, flc in quel medefimo luogo è un certo
altare fatto ad honore di Borea. F E D . Io non fq bene quc ftacofa. Ma dimmi
per tua fe Socrate, penfi tu che quefta fauola fia ftata uera t S O C R . Se
-io non penfafli^che fuffc uera, come fanno an^s chora tutte le perfone
fauie.non per quefto farei da elTere ftimato fcioccho: ma non uolendola in
tutto negare, potrei fingermi quefta cofa,fiC dire, che il uento Borea ulcito
da quefte pietre ui:s cine à (chcrzare.flC foUazarfi con Farmacia, fi ina;
contro in Onthia,cCla fecegrauemente à terra cadere, della qual cola ella ne.
mori: OC di qui hanno finto, che ella fò rapita da Borea , non già da qiiefto
luogo, ma dallo Ariopago.doue bora fi giudicano le caufe : per ciò che è /ama
affai da quefta diuerfa^che ella non fu rapita da quello^ . ma da quel luogo.
Hora io Fedro mio, giudico certamente quelle cofe molto diletteuoli, ma da
huomini troppo curiofi, & folkcjti di quello» che poco importa, fiC da
perfone anzi poco fortunate, che non: le quali fe per altro non hauefs fimo à
chiamare infelici, quefta però farebbe cas:gione giuftf/Tima^che eglino tégono
cofa neceffarla, che bifogni interpretale la forma de i Centauri, delle
Chimere, flC di molte altre fintioni inutili. Et non folo fi truouano quefte fi
fatte figure, ma à chi fi intrica in fimili cofe.gli pio^ uonoà doffo.k turbe
de i Serpenti, delle Gorgoni,fiC la bugia del cauallo Pegafo,& di moU te
altre forme contrafatte ; onde fe alcuno di quefti cofi diligenti non crederà,
che quefte co^ fe fienò flate nel modo, che fi narrano, ma uorrà Qgni cofa ridurre
alla fua allegoria, & al fenfo più, fecondo lui,conuenienfe,coftui certo
bara otio d'auanzo,flf fi fiderà di elTér ricordato per uia d'una fcientia
roza,flc di poco memento» Maio,à dirti il uero,non ho tempo à cercare (i^ mili
ccfe ; perche non anchora pc/To ccnofcerc me fl:e(ro,ri come ci infegna clie
dobbiamo fare 1 oracolo Delfico . Et per qnefto à me pare cofa da ridere, il
uoler cercare di fapere le cofe d altri,' Don conofcendblhcTìora quelle, che à
me fi ap35 partengono,flf che fono in me ftefTo. Per il che laiciate andar
quefte cofe.ft crededo paramene» te à quello, che credono gli altri intorno à
qucfto,non perdo il tempo nella cqnfidcrafione Io ro,malo metto à confiderare
me {lefTo. ft^cofi ^ taì'hora fra me dico. Sono io una beftia più (u^ riofa,flC
più rabbiofa,che non fu il gigante det^ to Tifone,© pure ( come è uero ) fono
nato ani^ m^ile più placabile, fiC humano,fiC più femplice; participc per
natura della mente diu{na,fiC nato per godere al fine uno ftafo.ft una forte
felicif^s fimar Ma non è egli quefl:o,al quale ragionado, fiamoarriuati, quello
albero, doue tu mimenas ui^ FED, Quefto é d elfo . SOCR. Cerato che quefto è
flato un viaggio degno: per ciò che quefto Platano hai rami larghifTimi.fiC è
molto alto,£( la alteza di qpcllo Agnol cafto; infieme con l'ombra che fa, è
bella oltra modo,' ficpiaceuole : fichoraè il tempo, nel quale più che
mai,fiorifce : per il che il luogo tutto intorbi noe ripieno di foauiflìmo
odore. Oltra ciò, è quefto fonte,che fotlo il Platano la terra riganjs s ^ do.
(io bagna, cliiariflìmo, CC di acqua frefca puc afrai,comeripaoconofcerenel
metterci dren^ to un piede. Et le fanciullesche quiui fcolpitc j]
ueggono.&lealfre belle imagini.dimoftra:? no chiaramente, che il fonte c
ftatofagratoak le Ninfe.&ad Acheloo. Non ti accorgi olfra di quefto, quanto
gioconda, écfoanefia Taura^ (che quiui fpjrar fi lente r Oltra ciò/i ode una
moifitu'crine di cicale : ìe quali, fecondo il temrs po cantando, ne fanno
fentiie un concento non fo come fcaue.fiC piaceiiole. ma più dbgni altra
'Cofa,mj pare degna deffcr lodata quefta tenera herbetta,Iaquale.4 mirarla,
pare che ella beni:s griamenteafpetfi, che altri ripofiil capo fopra 4/ lei
perriceuerlo.tìcfoftenerlo commodiffima mente . Per il che Fedro mio caro, fu
mi hai me nato hcggi qui, doue io fono come foreftiero, per farmia ftare più
uolenfierijl che hai fatto prudentemente. F E D. Chi ti.fentifre.crede:^ rebbe
che tu fufli huomo da pochiTIimo: flC cer:s tamente a quel. che tu dici, tu
pari più prefto un foreftiero.che uno del paefe : talmente di^ moftn non hauer
mai pafTato i noftri confini, ne effer mai ufcito delle noftre porte, S OCR,
Perdonamf Fedro mio da bene,|) ciò che io, coxnc (u fai^foiamente defidero
imparare:& fu bea falche gli alberi, fiele unie,& li campì, non ttìì
pofTono ifegnare cofa alcuna, ma fi bene gli huo >mini , che habitano la
città . Ma tu , fecondo me> hai truouato un modo da allettarmi all'ufcircì
qualche uolta : per ciò che fi come coloro , che à *gli animali moftrano
frondi,ac porgono frutti, li menano doue uogliono : cofi tii,moftrando5 mi
queftolibro,mi menareftiper tuttq il contar no d' Atene, doue tu uoleffj . Hora
poi che fias mo giunti qui, mi pare di pormi à federe : fiC tu acconciatoti in
quel n(iodo,che più commodo ti parrà , comincerai à leggere , F E D * Odi
adunque» • I N Q^V E S T O (lato certamente fi trubuano le cofe mie : flC
quefto.comc fai,p0:s co fì intefo da me,penfo che m' babbi à gioua:^ re affai .
Hora io uoglio che fappi , che io ftimp, ce giudico, fecoia alcuna io ti
domanderò, dos: uerla da te per quefta cagione impetrare, per ciò che io non
fon prefo del tuo amore • Et che ciò Ca il aero, tu fai che gl'amanti, come
prima han no la lor libidine fatiata,fi pentono de i benefiis cii,che ti hanno
mai fatti : ma quelli, che dall'ai mor legati non fono, non fi pentono per
tempo alcuno, la ragione è quefta, Che eglino fanno li bcneficii per fe fteflì
penfatamente, fiC fecondo che pofTono.fif che le facalfà loro compocifanot
& non fono à ciò sforzati, còme gli amanti . Ob tra cib,gli amanti alle
uolte tra fe ftcflj penfand quanto negligentemente dall'amore impediti J
habbino le lor faccende condotte à fine,ft quaa li beneficii habbino con troppo
danno loro à gli amati fatto.flC quanti affanni,» quante fati^ che habbino
fofferto : fif per quefta cagione mai hanno da gli amati bene alcuno,tengonù
per certo non glie n'effere obligati.mahauera gliene per J'addietro dato degno
guiderdone^ Ma coloro, che dall'amore non fi truouanoinii ' - gannafi,nonfi
lamentano di effere ftati pccd accorti nelle faccende lóro: non gli duol delle
paffate' fatiche, non fi rammaricano, per cagion deiramato,hauer con li parenti
fatte grauiHime nimicitie,come fpeffe uolte fuol auuenire . Onai k de tolti uia
tanti mali, che à gli amati fòlamenie interuengono, refta folo,che quelli, che
non amano, come fo io. fieno fempre pronti,» para^ tiffimi à fare tutte quelle
cofe ,che penfano potergli arrecare giouamento. Sono molti che dicono,che per
quefta cagione fi douerebbond affai gli amanti appiezare : per ciò che grandif^
fima è la carità , che uerfo gli amati loro hanno « tutte le bore, flC che
fempre apparecchiati fi truo «ano à ubbidire air amato, ec a fargli cofagri!*
fa ce con le parole, & con le opere, anchora che perqucfto ceruffimi
fuffcro, doucre offendere pgni altra perfona. il qual parere di qui faciU
xncnfe fi può confidcrare non edcr uero.chè Ic^s uafa alle uoltc la
beneuolentia da uno,* in ua^ litro portala, affai più confo de i nuoui amanti
0inno,chc di quelli, che prima haucuano : fiC che pm,fequefti amanti più
frcfchi gli el com mette/fero, diuentarieno c^udeh/Tjmi inimici de Ipaffati.
Etin qual modo pofTjamo noi dirc^ che ne gli amanti fia cofi ardente amore,
efTenj: do à quella infelicità, & calamità fottopofii, dals: la quale
perfona alcuna quantunque fauia,& acs: corta, mai potrebbe rimuouerhV Et
quefto è, che codoro ccnfeffano per loro fleffi effere anzi fuor di loro, che
non^ft dicono conofcere la loro fcioccheza,a: pazia,ft non di meno non poa»
tjfrfene rifenere,o i;ifliuouerc. Et pero gli huoismini faui, come potranno
approuare,& giudicar hiioai i configli ,fiC i pareri di perfone da tal
mancamento macchiate.'' Olfra CIO, fe tu uorrai fciogliere un'huomo in ogni
parte perfetto tra gli amanti, bifognerà che tu faccia quella fcelfà tra pochi,
che pochi fono quelli, che amantifi poffano dircma fe tu uorrai procacciarti
ungami tò.ì)totnpagfio,recòr)(5ofl Mi^ctio tuo,^acl t^nicofa
atto;&accommodato^tra quelli, chè non amano Jo potrai più fàcilmente fare
:pct tiòchc tra molte petfone ti ùd toncefTo fctrglict lo:^ più debbi fpcrare
di bauere un buono ami co tra molti, cHc tra pochi, à trotianc- Et fe al fi* ne
tu temi,» fuggi, come debbi fjre,l'in6mf* publica.i8C il biafimo unuierfale,
quale per òrdi ration delle leggi fi può ffTet dato.ti & bifos^ gno ramf n(arti,che
gli amanti\li quali per quel la cagione uoriebbono tfTer^ amati ^ per \m quale
amanoilogliono poi che al defiderato fint fi ueggono giunti, gloriarfi, OC
uantarfi alla fco3f perta,che eglino non hanno m uano ncHorol «more confumato
il tempo. Ma quelli,che noft tìmano, con ciò fvache facilmente pofTano taccsi
re,a: tenerfi di due quel , che hanno fatto, han^a no coftume di cercar più
toilo quel, che penfa^j no eflérottim.o per loro.fiì per lamico^che Tefa fer
dalla moUitudine,fiC dal nolgo ricordati,^! portati per bocca. Aggiugnc anchora
à que^s fto.che acccrgendofi la plebe, che un'aman:^ te fegua un' amatorie
afliduaménte in ogni cofa Mclcntierrgli ubbidifca,^< fimilmente gif compiace
a, fubito entra in fofpùlto^ che tr* loro non fu flato, o nori fia càttiuo
defidcdQ^ ma non ha già ardire di bafitnarc le amicitie dr coloro, che non
amano : per ciò che ben fa, che à gli huomini fa di bifogno ben fpelfo infieme
ritroiiarfi.ò uero per cagione di amicitia,ò uera per qualche lorocommodità.
Etfe forfè tu teis fnefTì di quelli, che non amano, fic penfaffi, che fuffecofa
diffìcile, che con quei tali Tamicitia durafTe, anzi nata qualche guerra, ò
nimicitia, du^jitafTe che ne ne fu(Te per uenire danno deU r uno, ài deir altro
: CC (e poi tu , concedendo i un, che non t'ama, quello che più d'ogni altra
Éofa apprezi,ne uenifli per quello non poco ofss fefo,fiC faccfTì non piccola
perdita, facendo cofa grata à chi poco, ò niente ti appreza, ti dico^^che per
quefta cagione barai maggiormente da te^s mere gli amanti.per ciò che molte
cofe fon quel le, che gli offendono, CC fenipre penfano che ciò the fi fa, per
danno loro fia fatto» Et per quefto uietano à gli amanti loro il conuerfare tra
gli aU fri, temendo fempre che quel l'i, che di loro più ricchi fono, non li fuperino
de benefici!, ò uero che gli huomini dotti non li uincano di fape:^^ re . Et in
fomma fe perfona conofcono. che in fc babbi cofa alcuna di buono, quàto più
poffono, fi sforzano da coftui rimuouere gli amici, flC cofi perfuadendoli, che
da fimil pratiche fi guardi^ no. no,à poco à poco li prfuanó di tutti gli
amfciv^ ^ Hora le tu penlerai bene à te, « a quelJo,chc>i fi conuiene,flC Te
farai miglior deliberafione di loro, non fi appiglierai al parer loro, ma te ne
difcofterai quanto potrai . AlT incontro coloro^ che del tuo amore non fon
preri,ma fanno quei le cofe,che ueggonoefTer conuenienti,& fi fcr^ uono ne
i bifogni,folo per operare uirtuofameij te,(5f efortati à ciò da una mrtù,a:
bontà d'ani:? mo, non ti haranno inuidia,fe ti ucdranno prassticar con altrui,
ma piu tofto quelli harani>ojp odio, che à te non fi uor ranno
accoftare,penfando ( come è uero ) che coftoro li fprczino,£Ì gli amici ti
giuouino,à; aiutino : flC per qucftp^ molto maggiore fperanzafi dee hauerc,che
da quefta praticane uengano amicitic,che inimù citie.Aqueftecofe fi può
aggiugnere,che la maggior parte de gli aitanti, prima defiderano pofrcdere,flC
godere il corpo dell amato.che hab biano conofciuti li coftumi fuoi,ò l'altre
cofe^ che debbono in un'amato ritrouarfi. Et di quì uiene.che fi dubita,fe
latiatala uoglia loro,dei bano nella amicitia perleuerare. Ma traquelli^^ che
non amano , li quali efTcndo per T addietro flati amici, non laceuano quelle
fimihcofe in bf neficio dell' amico, per che eglino fuffero trop:? po afFcttionatl
urrfo Ai hì^t cofa ragicneuolc, che l amieitia fia minore : ima bifogna ben
cons; fefEire,chc i beneficii, che Tannargli facciano, accio che per quel mezo
habbiano à efier iicor:s ciati daqnelli,che dopo loro iierranno,doue gli amanti
ad altro, che al prefente,no attendono. ©Ifra di quefto(credi à nfie)diuenterai
affai nusj gliore,fc afcolterai un che non ti ama, che fe à un amante prederai
le orecchie : per ciò che gli amanti con lodi infinite inalzano oltra modo
tutte le cofe,che fu fai, odici : parte per che te:J tnono,fecendo altrimenti
di non ti offendere : parte per che dallo ardente defiderio loroacce:^ catione!
giudicare fi ingannano : per ciò che la^ more fa, che coloro, che ne i cafi
d'amore poco fortunati Ci ritruouano, fono sforzati à giudicare quelle cofe
trjfte.ft infelici, chea gli altri non darebbono moleflia alcuna ^ Et per il
contrario quelli^che hanno buona fortuna^flf che dtll'as worlofo fi godono, a
mal ior grado fonconrx dotti a lodar quelle co(è, come fauoieuoli.fiC gioconde,
che non meritano, ne poffono fare ftar contento huomo alcuno : ££ però più
toflo farebbe di b/fogno di quelli tali hauer compaf? fione. che fegui tarli ♦
Hora fe tu uorrai credere . alle ter alle mie parole, io primieramente uoglio
effe* tuo amico,ac darti apprcfro,non per il piac^re^t che di te al prefente
potrei haiiere, ma per la utf lifà,che la mia amicitja per Io auuenire ti potrà
dare. Et non farò quefto, legato, òuinto.ò fog^ gietto all' amore, ma uorrò
effer patrone di mcs ftefTo : a non douerai temere, che io per cagiost ne
alcuna, ben che leggiera, habbia fra noi à (xt nafcerc grauiffime
nimicifie,anzi fc pure alle- uolfe mi altererò alquanto, non lo farò fenza
grandiflìma cagione. Et non di menoqnclli er:s rori che inauuertentemente mi
uetran fatti, al fine liconofcerò : ft quelh,nelii quali uolontariamente
incorrerò, mi sforzerò emendare, AC»- fchifare.flCquefli fono ucri fegni
d'unaami^ dtia,che habbia lungamente à durare . Etfe for fé tu pcnfi,che non
pofla truouarfi una ueia^CC ' durabile amfcitia,fe dall'amore non è cagtona^.
fa, debbi confiderare,che per quefta medefinia cagione noi non appiezeremo gli
figliuoli, ne ameremo li padri, ne terremo cari, flC fedeli co:s, loro.che per
buoni ufficii,a: beneficii fattici, d fuffero diuentati amici, fe da quefto
ardore amo rofo non haueflcro hauto principio ♦ Potrecs ftr dirmi. Si dee
fempre fare bene à queU li huomini^ che ne hanno più di bifogno; ft però è cofa
conucnientc.non cercar di giouars rcàglihuonnini,chepcr fe fteflì hanno, mai quelli,
che fono più bifognofi : per ciò che co:^ ftoro^fe da me ne i maggior bifogni
loro farani; no aiutati, mi renderanno Tempre infinite gra:^ tie. Aqueftofirifpondo,chefe
ciò fuffe uero, nelle fpefe^che priuatamcte facciamo,fiC ne i do ©eftici
conuiti, non haremo à inai tare gli amis; Ci.ma più torto gli affamati, fiC li
mendichi : per che coftoro molto più apprezeranno un tal bcis ,neficio,ti
feguiteranno,ti corteggieranno, ti fanno fefl:a,ti ringratieranno
infinitamente, fiC pregherano iddio per te. Onde tu puoi uedere, che fi
conuiene non compiacere à i bifognofi principalmente, ma fi bene à quelli, che
ti pof:^ fono riftorare . Et per quefto non à gli amanti^ comeà bifognofi, ma à
quelli, che mentano, debbi far piacere : & non debbi fodisfare à quei lische
della tua belleza fi delettano,maà queU lische anchora quando farai uccchio,ti
fono per dare utile : ft non debbi giouare à quelli, i quali hauendo il
defideno loro adempiuto, fcoperta^: mente fe ne uanteranno^ ma a quelli, che
uer:^ gognofi taceranno. Et non debbi far cofa gra^s ta à coloro, che per
ifpafio di breue tempo ti ho BorerAoao.ma a quelli^che tutto il tempo dell* uifa
tua ugualmente ti ameranno : 6C non debb accarezare coloro,! quali, fpeto
l'ardore del loro sfrenato defiderio,cercherano Tempre cagioni di far nafcere
nimicitie^ma quelli,! quali ( anchora che la belleza manchi ) Tempre moftrano
la fcrj: meza^flCla conftantialoro. Ricorderatì aduns: que di quelle cofe, che
io ti ho dette, flC penfej: rai che gli amanti fono da i loro amici riprefi,fiC
accufati,per chc.ramoreècofa brutta, OC inde^ gna,ma nenuno uitupera,ò biafima
quelle, che non ama, dicendogli, che egli fi gouerni male, come fi può dire à
gl'amanti. Foife mi domane: derai.fe io fi uoglioconfegliare.che tu debbia ubidire
à tutti quelli, che non tramano. Al che io ti rifpondo,di nò : perciò che io
focerto^chc iimilmentc un tuo amante con ti comandereb be.chc tu à un medefimo
modo amafli tutti quelli che ti amanorper ciò che quelli, che han no da hauere
gli benefici! da te, non meritano tutti ugualmete.nc à te farebbe cofa facile
coms: piacere à tutti, fe uolefll che uno non s'accorgef fi dell'altro
;&bifogna che di quefto feruirc nonne uenga danno alcuno, ma fi bene/che r
uno a l'altro ne cauì qualche utilità. Hora io penfo hauer detto à baftanza :
fe à te pare, che io ci debbi aggiugnere qualche coU ,Aor.uujgi da,ch^ io ti
fodisfarò. Cloe ti pare di quefla Ora fione Socrate r' Non é ella fiC nelle
altre cofe,& nelle parole comporta mirabilmen ter S O C R* Ella è tanto
marauigliofa, che mi ha fatto ft(i:s pire,fif tutto, per tua cagione Fedro mio,
mi (os no fentito commouere, mentre che io guardauj gli attrae i gefti,chc nel
leggere quefta Oratio^: ne faceui . Et però penfando che tu meglio, che io,
conofca^flC intenda fimili cofe,ho hautoad ufcir di me per troppa allegreza
infieme con tes: co^ F E D. Inqueftomodo mi uuoi burss lare ? S O C R. Adunque
parti, che io ti burhf' Non penfi tu,ch'io dica da aero/ F E D. , Non certo: Ma
dimmi un poco per tua fe^penss fi tn,che altro Greco intorno à fimil materia po
fede dire più cofe,« pia d9ttes* S O C R, Pen fiamonoi.chcfia da effer lodato
uno Scrittore folamente per che gh babbi detto quelle cofe, che fono ftate necefTarier'òpure
diremo, che me^: riti lode, per che egli babbia tutte le fue paroledifpcfl:e,£(
ordniate chiaramente, numeroiamen te, a elcgantementes' Se à te pare, che
bifogni lodare Lifia per la inuentione, IO per farti pia^: cere, tei concederò
ma io per la mia fciocche^: za,(S( ignorantia,non Tho in luì conofciuta.pcr ciò
che folamente ho attefo alla eloquentia dei • pariate : al che poter
perfettamente fare, io non penfo che Ljfia fteffo hc'^bbia penfato d' efier fla
fo bafteuole. Et cerfainenfe à irìeè parfo( fé già '^tu non uolefh dire il
contrario) che egli habbia leph'cato dne,flC tre uolte le medefime cofe.co^ me
fe gli fufTe fnacata copta di faper dire diuerfe cofe fopra una mcdefima
materia.ò uero uoglia^ 'imo dire, che egli no babbi hauto Ibcchio à quc fto. A
me certo, fe tu uuoi,cheio ti dica la mia cpintone,è parfo che egli habbia
uolufo parere •^di faper moftrare elegantemente in ogni modo, *cKe à lui pareua
quella cofa,che fi metteua à dl^ chiarare, dicendola bora in uno,& hora in
un' al tro modo. F E D . Socrate tu no dici niente: per ciò che quella Oratione
h*a in fe quefto,chc neffuna cofa ha lafciato in dietro di quelle, che intorno
à tal fuggietto accomodar fi poteuano: "onde io giudico, che neffuno poffa
di quefto me defimo più cofe dire.tt phi uerifimili di quelle, che egli ha dette.
S O CR. Quefta cofa non 'fi poffo io hormai più concedere, per ciò che gì'
huomini raui,chc ne tempi paffafi furono, flC le donne, che di queflo hanno
parfato.ficfcritto mi riprenderebbono,* mi arguirebbono con:? 1ra,fe io per la
tua fodisfàttionc tei concedeffi ^ J £ D . Chi fono eglino quefti huomini, flC qiicftc
donne Et douchai tu udite migliori cofc diqueftes' SOCR. Al prcfente io non me
ne ricordo cofi bene, ma fappia cerfo,che io non fo in che luogo ho letto,flC
udito quel, che io ti dico, & potrebbe efTere.che fufTe ò nelle opere
della^èlla Saffo. buero ne libri del fa:5 aio Anacreonte,ò uero d'altri
Scrittori: fiC faps; pi, che non per altra cagione fo ioquefta coniet 4ura,cheper
fentirmi pieno d'altri argomenti non forfè peggiori de fuoi,che intorno à ciò
fi potrebbonp addurre , Et per che io conofco be^ ni/Timo la mia ignoranza, fiC
confcfTo che io non fo cofa alcuna, fenon per hauerla ueduta in aU tri^fiCnonperhauerla
imparata da me, hi fogna che io confeffi di hauere attinte quefte cofe daU le
fonti d'altrui à guifa di un uafo : ma per U piia rQizeza,mi fono fcordato da
chi io le habbù .iaiparate,flCinche modo. F E D. O Socrate da bene, tu fai bene
à dir cofi.ne uoglio che tu ,dica anchor che io te'l.comanda(ri.dachi,fi( eoa? .me
babbi quefte cofe apprefe : ma uaglio benc^ che tu mi moftri ( come confeffi di
poter fare.) .quelle ragioni, che dici, che fai più efficaci, OC più dì quelle
che Lifia intorno a ciò fcriffe.ll che fe farai, non dicendo le cofe, che diffe
Lifu^ ti prometto confegrare in Delfo una ftatuadcl mcdefimo pefo,chc fci tu j1
che fcgliono fare i none noftri Magiflrati,come fai» SOCR* Tu mi uuoi Fedro
caro un gran bene,& fei uc^^ ramente d'oro,fe tupenfi che io poffa dirti, che
Lifia habbia errato, ftche fi pofTano fcriuerc cofe migliori di quelle, che
egli ha fcritto. Io uo glio che tu fappia,che io non direi, che ciò po:5 tefTe
accadere à un uiliflTimo Scrittore, non che i lui. Ma per dirti anchora quelle
cofe,che io fo, non già per riprendere lui, primieramente parlando folo di quello.
che fi appartiene à quc ftonoftro ragionamento, penfi tu che colui, che uorra
prouarc.che fi habbia più tofto à fare pia:^ cere à chi non ama, che à chi
ama.fe prima^nbh prouerà,chechi non ama,fia fauio,flf pruden:? te,ft l'amante
infano, flC fe quello non loderà, flC queflo non biafimerà ( le Squali cofe
fenza dù bio alcuno, ne uengono di neceffità ) poffi nel proceder fuo dir cofa
alcuna, che alle prime fia corrifpondente (Non di meno io giudico, che quefte
fimili cofe, che di neceflìtà ne fegucno, fi habbiano à rimettere nella uolòta
de gli Scrit tori,ficfe non le dicono, gli fi pofTa perdonare: per ciò che di
queftj tali non fi dee lodare la in:^ uentione,man bene la difpofitfone.Ma di
quel le cofe,che neceffanamente non fi concedono, flCcIie difficilmente
firitruouano,non foìo pèfì55 fo io, che fi babbi à lodare la difpofitione^niala
muentione anchora. F E D. Ti concedo che fu uero quello, che tu dici: per che
mi pare, che tu habbia detto apprcfTo che bene, OC ioanchora intendo non indugiare
k fare quefto.che hai detto : « però ti concedo^che tu prefupponga, che un'
amante fia peggio trattato, che uno che Jima. Hora fe tu nelle altre cofe,che
dirai, mi fass rai fentire p/u dotte ragioni, flC più degne parole che egli nò
fece, ti prometto, che ti farò una ftass tua d'oro nella Olimpia apprcfTo alle
ftatue de gli fucceffori diCipfelo. SOCR. Tu liai Fedro forfè hauto per male,
eh' io habbia ripres: fo un'huomo tantoàtecaro,ma io mi burlaua teco. E penfi
forfè tu, che io fia per pigliare(la:i fciamo andar le baic)un imprefa di
hauere à di^ recofa alcuna più elegantemente di Iui,che.c fauifrimo,C£dottiffimorF
ÈD. Tu fei ritor* nato Socrate mio in un medeftmo, dicendo que fte parole. Tu
hai da dire in ogni modo quel, che tu fai;ft eoe potrai: flcfopra tutto
auuertifct^ che in quefto noftro ragionamento non ci con:» uenga fare quel, che
fanno coloro, che recitano le Comedie.ciÒTè rifponderci troppo fpeiTo T un 1
altro;il che é.fccondo me.mokftjflimo. E non far fi, che io fja sforzato à
dire, come tiJ,pòco fi dicefti. Se ici no fapefli chi fufle Socrate, potrei dire
dj non conofcere anchora me ftefTotperchc certamente fo,che tu hai defidcrio di
fodisfarmi: ma tu uuoi fingere, che quefta cofa ti fia difficii k,'Et per
dirtela, finalmente tu hai da penfare, che tu non Tei per partirti di qui ^
prima che tu non mi habbi dette tutte quelle cofe ,che tu dirs ceui fapere
migliori di quelle, che hai udite: pei! ciò che tu uedi,che nei fiamo foli,(3C
in luogo re moto.fiC regreto,fiC io fon più giouane,(!f più ga gliardo di te.
Si che per quefte cofe tu puoi ìn^ tendere per difcrctione quel, che io uoglia
infes? rire : ne uoler più tofto hauere i ragionare sfor^> zatOjChe di tua
uolontà.. S O C Io lo fo mal uolentieri .-perche io conorco,chc io farò degno
delTer beffato, fe io, che fon rozo flC fciòc co al poflibIle,uorrò coptcdere
con uno cofi per fetto Scrittore, flC fe io uorròalla fprouifta difpu tare di
quel mcdefimo,di che eglipenfafamentc ha ragionato . F E D , Sai tu f^gmc la
co(a ua^ Lafcia andar quefte cofe meco: per che io credo quafi hauer trouato
una uia,|) la quale io ti con durrò.flC sforzerò à dir quel, ch'io defidero ,
Soc. Non mei dire di gratia. Fed.Come no mei diref anzi Io uoglio dire , io mi
uolterò alli giurameff^ poi che alfro non mi naie . Io ti giuro per qatW iddio
clie tu uuoi, flC anchora,fe ti pare, per quc fto Platano, che fe tu non dici
quel, che tu fai al la fua prefentia,fiC fotto quefta fua ombra, io da qui
innanzi non ti moftrerò.ne ti manifefterò mai più oratìone di perfona alcuna. S
O C R. OfceIerato,chehaitudettor'Ocomc bene hai ritrouato il modo di sforzare
un'huomo defide» rofo di udire orationi,come fono io,à fare queU lo,che ti
fuffe in piacere, FE D. Hora fe tu ne fei, come dici,cori defiderofo,che indugi
tu più? S O C R. Io nonindugierò più lunga^ mente, poi che tu4iai fatto un
fimil giuramen:? to : per che come potrei io uiuere.fe io fuffe pri uo di cofi
dolce cibo ? FED. Hor dì aduns: que. SOCR, Saituqucl,cheiouogliofa5: re ? F E
Che cofa t' S O C R. Io dirò quel,che io intendo dire, col uolto.fiCcol capo coperto,
per dire più pretto : per che fe io mirafs fi a te, farei impedito dalla
uergogna. F E Di Pur che tu dica, fa quello, che fi piace. S O C R; Hor fu
dunque ò Mufe dolci, il qual cognome ui fi dà perii modo del uóftro cantare, ò
uero perladolceza della Mufica uoftra,la quale fi dolcemente fuona,fauoritc ui
prego,& aiutate quello mio ragionamento, il quale mi sforzai éitt quefto
huòino da bene : accio che poi che mi harà udito^giudichi anchora molto più
pru^ dente il fuo caro amico Lina, che prima cefi uìó gli pareua* T V haicla
fapere,chefik già un fanciullo^anzi pure un giouane di gen:i tiliflìmoafpetto:coftui
haueua molti amanti^ tra li quali un'huomo certamente allato gli diede ad
intendere, che non Tamaua^nc per ciò punto meno de gli altri il fencua caro,
fif gli uo leuabenc.Hora auucnne.che un giorno egli lo pregò , che al fuo
defideno compiacer doucli fe,flC per impetrare quello, che egli domanda» ' ua,gliprouò
che maggiormente fi doueuafare cofa grata à colui, che non amaua,che à colui^ che
amaua • Et per farglielo intendere, gliCi moflrò con quefte ragioni » In tutte
le còfe fall v^>^^> ciuUo mio à coloro, che confultar bene,ò
difpuf-^'^-^\ tar uorranno,fa di bifogno hauere un folo.qjìj roedefimo
principio, quale è il conofcere,flC insK ^ ^/ tendere che cofa fu quella, intorno
alla quale fl'^;:^ ^o' confulta, ce difputa: altrimenti è neceffario in tutto
errare» E fonomolti,chenonfi accorga:» no di non conofcere, ne fapcre la
fuftantia della cofa, della quale ragionano; fif cofi come fc egli» nolafapeffero^nel
principio della difputaloro ' altrimenti non la dichiarano: tal chenel lor
pioi^ cedere ne feguc,come è hccefTario che inferuerii: ga.che eglino dicano
cofe fuor del loro propos: fito^adagli altri male intefe. Adunque acciò che ne
à me, ne à tc interiienga quei, che in al:: ^rui biaCimiamo,pofcia che egli è
hora differctiìi tra noi, Te fi dee più tofto pigliare Tamicitiadi colui, che
non ama, che di colui, che ama, farà buono che uediamo, che cofa fia amore,
& che forza egli habbia, dandogli qualche difFinifio^ ne, alla quale l'uno,
fif l altro di noi acconfenta» tt cofi dipoi, hauendo fcmpre 1 occhio, flC ogni
. fìoftio argomento drizandoà quella dijffinitio:: ne, confideraremo fé egli
dannoso utile near^ reca. E adunque ccfa manifefta a ciafcuno,che l'amore altro
non è, che un certo defiderio. Sap piamo anchora,che fimilmente queni,che non ainano,
hanno queflo defiderio di cofe belle, fiC buone . Per intendere aduBque in che
fia diffe^ rente l'amante da quel, che non ama, tu dei fa:5 pere, che in ogni perfona
fono due idee, le quali ci fignoreggiano,ó: doue più li piacerci uolta^ no Je
quali noi fumo à feguitare sforzati ouunis que elle ci conducono . Vna delle
quali infiemc con noi è nata.fiCqucftaè j1 defiderio de i piacer ri, L altra
T-habbiamodopo il nafcimento noftro acquiftata ; fiC quella è quella
opinionc,che ne gli ììiiomfni (5el fonimo Wne fi ut je,per fa qn* ic tanto
afìetfuofamc'jntc lò defider/arho. Qaeftft: alle uoltefono in noi fra loro
amiche, alle uoltèi' in difcordia fi truouano,& bora quefla uince^ feor
fupera quella Quando adunque quella opf fìione del fortìmo bene, cÌ>e
difopra hò detto^ dalla ragione guidafa,à qrfel'lo ciie è nero b^nc^; •ci
conduce, uincendo il defideriode i .piacen\ quefto'nTodo di uiirere fi domanda
femperanfiaS ma quando quello sfrenato defiderio, lontano al tutto dalla
ragione, ci fpingc.flf sforza à feguià tare ipiaceri,& amai grado noftro fi
fa di nof ^padrone, quello fuo imperio fi domanda libidi^si w : ài efTcndo h libidine
di moìu fòrti, £( ha^j uendo molte parti, anchorà è nominata in molss li modi.
Et di quelle molte forti di libidine, chfi io dico, quella cbe più ch'altra T
alc'unb fi ritrud ua,dj à colui quel nome,col quale ella é chiais mata me può à
coloro, li quali ella fignoregà già, nome alcun dare bonefto,ò buono- per chè quel
defiderio, che intorno alli cibi uince &Ia ragione, fiC ogni altra
uoglia,fi domanda golo^s fità : 8C colui ;che ha in fe quefto alt pigi ian:^ do
il.nome medcfimo, fi chiama golo(o, Anà chora quel deficlcno, che intorno al
bere,d'ù'à no fi impadronifcc^è co(a chiara, flC maiiifefta^donic fi douerà chiamare,
fiC anchora che nome liauerà colui, che da tal noglia fi lafcerà uincere: àfimilmentc
pofTono cfTer chiarina manifefti . ì nomtde gli altri defiderii congiunti à
quefti. Hora io penfo,che quafi fia fcoperto.perqual ca gionc 10 ti habbia
dette quefte cofc, ma uoglio io tacerlo. òuoglio dirlo.'' Io lo dirò pure, per elle
più fi intende una cofa à dirla, che à non dirla. Et pero dicp,che quel
defiderio priuo di ragione, il qual fupera,&: uince quella opinion: ne, che
è Tempre al giufto,fiC all' honefto indirirs zata,a ci rapifce à cercare il
piacer della belles: za, quindi col moftrarci quei diletti, che dalìa bellezadiun
corpo fi cauano, pigliando non piccole forze. fiC rinfrancandofi, ci uincealtutrs
to>flC ^^^p^t^aquel defiderio, dico é detto ^§cù9» ciòèamore,daf 6J/^K?,che
uuol dire gagliardia. Parti egli, tedio mio caro,comc ì me, eh' io habbia détto
diuinamente T F E D » Certamente ò Socrate che fuor del tuo folito,ti fei non
fo co:5 me più ampiamente allargato. S O C R . Taci adunque,^ odimi ; per ciò
che qucfto luogo è certamente diuino,flC pero non ti marauigliare, fe nel
parlare farò dalle Ninfe di quefto luogo iafpirato à dire cofe diuinc : fif tu
puoi hauer co fiofciuto,chequci]o,che iopocofa,diceua,non fono Tono (late molto
difllmili da i uerfi Ditirambi ' che fogliono dire le facerdoti di Bacco
all'horaj^, che dal loro iddio fono ripiene di diuinità^ FED. Tudiciiluero.
SOCR. Di que? (le cofe ne fei cagion tu fenza dubio alcunormk odi quelle cofe,
che reftano, accio che io non nji fcordi di quello, che hora me fouuenuto,al
che fo certo io che iddio mi aiuterà, ft no mi ufciran no di mente. Et pero
ritorniamo, feguitando il ragionamcto noftro,al fanciullo,col quale. diao zi
parlaua.Hora fanciullo mio, noi habbiamo detto flC dichiarato che cofa fia
quella, della quacs le noi ragioniamo. Adunque hauendo feraprc- I occhio à
quefto.confideriamo .lora quel, che nercftaà dire,flCquefto è,Chegiouamento,Ó: che
danno fia per uenirc per cagion di un aman te,ò di un che non ami,à colui, che
gli ubidirà. E adunque neceffario.chc un' huomo uinto dal la libidine, Sedato
alli piaceri, cerchi femprc con ogni fuo sforzo, che ramato più che altra cofa,gli
babbi da piacere. Sai àhchora che ad uno che é infermo,gli piacciono, flC gli
fon gra^ te tutte quelle cofe, che alla uolontà fua non re:^ pugnano, f5C quelle
gli fonomo(efte,fi£ difpia^ ceuoli^che fono di lui migliori, ò feno migliori, ugualmente
buone /£t pero efTendo T amante \t)fcmo,fìon potrà mai pafifc,clìe uno amato jpaà
lui uguale, ò da pia, anzi cercherà femprc- ^^uanto potrà, fìflo da manco di
lui.a più bifors ' ^^nofo. Et per che tu fai, che un ignorante è d:a^ manco che
un dct(o,8C d'un forte un'timìdo,* 'id'un oratore,© olequente uno inelegante.
fi( po^ co atto adire,» d'uno acuto, «uiuo ingegna kinofcmplice,er fcioccho.fe
qaefti,»: molti ali. |ri mancamenti dell' animose per natura conofcè; Ìitfóuar(ì,ò
per ufo in un'amato efTcr nati, ali Thora godeva fi rallegra lamantetS: non gli
bi ìftando quello, fi sforza anchor de gli altii pro^:^ cacciargliene ;altrimenti
non gli pare poter ca^ Ilare dell' amor fuo piacer alcuno . E adunque- HeccfTario,
che un amante habbia Tempre inui* ^laall'amato & rimoucndolo da ogni amicitia,^
ite da ogni efercitio^per il quale "pò te (Te diuenà tare eccellente,
bifogna che grandemente glii inuoca; a k non gli nocelle per altro, per quei, ■fio
al meno gli è dannofc,che lo prfua di queli |a co6,che ne fa prudentflimr. Per
cièche la di iiina fìlofofia è quella.per la quale ueniamo pru^ "déntiffimi'dalla
ì]*tiafc lamanfe e sforzato rfmua ll^rc quanto può ì' amato, temendo Tempre di'
•pon effcre'fprezato da lui, fé pm prudente chft; V ?li nQO è.diuentaiTe ,.CC
in fomnia fi sforza f?r« ogni cofa,'pèr la qaale egli al fu((o ignorate dh uenga.&fimaraiiigli
folo di quelle parti, che ramante pofTiede. Qriando adunque farà tale la niato,airhora
farà ali amante carilIìmo,ma dans: nofiffimo a fe ftefTo : fiC cofi puoi
uedere,che in torno à quelle cofc,che al fapere fi appartengo:?. no,è lamicitia
con un'amante nocina. Debbia^ mo bora confiderare in che modo colui, che c sforzato
à anteporre il dilefteuole al buono, hab bia da hauer cura di quel corpo, che
egli ama,ca fo che a lui fuffe una tal cura commefTa . Certas: mente che egli defiderà
che quel corpo non fia fchietto,fiC duro, ma delicato. & molle, non nus: , trito.aauuezo
al Sole nelle fatiche, ma fottò - l'ombra nelle dchcateze. Vorrà che
fiaalleuato lontano da futri Ij pericoli,» fatiche, che non habbia mai prouato
fudore,» lo farà uiuere con cibi feminili.ac delicati . Lo auezerà à crnarfi di
colorila fàccia,» di ftranieri,fiC nuoui ucftimeti la perfona,» à fimili altre
cofe,le quali tutte eù fendo dishonefte,» brutte à raccontare pia lun gamente,perpafrare
ad altro le lafciercmo an:? dare.Vn corpo adunque fi fattamente allcuato^ nelle
guerre,» in ogni altra pericolofa necefll^ ta,incmicì ficuramente uincono; onde
li faci amici,» gli amanti hanno femprc più paura, che à coftui qualche male n5
interuenga^che ad *ltri : ma qiicftacofa.efTcndo per fc fteffa cliias ra.lapoflTiamolafciarc
andare. Hora habbiama da dire che dannoso che giouamcnto nelle co^ fesche di
fuor uengonojaamicitia.flC laguar^: dia d* un amante ci arrechi, Qnefto adunque
è chiaro à tutti, flC nnafiime à un amante, che egli ' defidera.che il fuo
amato fia priuato di tutte quelle cofe.che egli pofTjcdeJe quali amiciflì^ lfte»gratiffime,tì:peift:ttiffimegli
fono: perciò che egli defidera, che gh fieno tolti li parenti,, Ce gli amici,
penfan do che quelli gli dieno gran df impedimento à goder la dolceza della
ami^ citia dell'amato, Ol tra ciò penfa,che un fanciul lo ricco dbro.o di qual fi
uogli altra cofa,non poffi cofi facilmente effere prefo d'amore : flC fe pure è
prefo.uede che troppo lungamente in quello amore non può durare . Et pero
bifogna che un'amante^comejnuidiofo,fi dolga della felicità dell' amato, flC fi
rallegri della miferia del medefimo, Defidera anchora,che lungo tempo uiua fenw
moglie, fenza figliuoh\OC fenza cala^ bramando goderfi quel pucere,che quando
co:^ (Ifi ritruouano,foIamente e/fj fentono. Sono ^^n(;hora molti altri mali in
quefto amore, ma nel ia maggior parte di quefti mali, come prima (i comincia i
amar qualche fpirita diuino,mefco5i. la fubifo un certo piacere, come ha fatto
à uno adulatore, il quale è certamente una dannofifljs: ma fiera, fiC una
grandifljma calamità : non di meno la natura ha mefcolato con quefta adulai tione
un non foche di piacere non al tutto da fprezare . Oltra di quefto farà alcuno,
che biafi:s mera le meretrici, come cofa noceuole^fiC altri fimili animali, ò
uero fi fatti ftudi, quali foglio:? no al prefente deiettarci, douc 1 amante
non fo^ lamente è noceuole^ma anchora nel praticarlo c moleftifTimo • Per ciò
che tu fai , che il prouerbio antico è. Che li pari facilmente con li pari s*a^
nifconorper ciò che la ugualità dei tempo, della età di due(con ciòfiache per
lalomiglian za de gli anni conduca gh huomini à delet^ tarfi de i medefimi
piacerijpartorifce facilmente 1 amicitia.Ma ne gli amanti la età non pure non genera
amicitia.ma arreca un faftidio troppo grande : per che la neceflìtà in ogni
cofa à cia^ . fcuno è mole{la,la quale più che ogni altra cofa è in uno amante
uerfo T amato, accompagnata dalla difTomiglianza de gli anni , Et che fia il uc
ro,tu fai, che amando una perfona attempata qualche giouane,mai ne il dì, ne la
notte per fc ftcffo da Uh partir fi uorrebbe,ma è coftretto dal la necefljtà.à;
dalla pafFionc amorofa^tt è fcm^prc dalle carcze de i piaceri allctfato.lc
quali nel ucdcre, l'amato gufta , ft pruoua nell' udirlo, ne! toccarlo. fiC in
fomma nel goderlo con qual fi uogli fciitimento : tale che con grandifTimo fuo
piacere fempre fi ftudia compiacergli. Ma r amato da qual forte di piacere, ò
da qual follai zo potrà effer trattenuto, che in ogni modo egli non fu da
grandilTima molcftia oppreiTo.^ Eflcn do fempre sforzato mirare una feccia d'
un huos ino di tempo,flCbrutto.<5C molte altre cofe.che Don folo à colui fono
molcfte.à chi elle intera ncngono,maanchoraà chi l'ode.tiouatc folo per una
certa neceflità.che ha l'amante di farfi r amato bèneuolo : flC qucfto è
l'effer fempre disf lìgentemcnte guardato quanti pafll faccia, l'udì re ogn'
hora quelle faftidiofe lodi.tt quelle ima portune riprcnfioni, delle quali
fempre gl'aman* ti abbondano, flC con le quali ogni giorno li ma ' Iettano : le
quali cofe accafcandoà uno, che fia padron di fe.fono però intollerabili : ma à
uno, the è fuor di fe,come uno amante, non folo fos no intollerabili .ma
anchora per la troppa licerla tia,chefj pigliano di dire apertamente quel, che-
gli' pare, fono brutttffime. Oltra di quefto men» tre che uno ama, è fempre dannofo.flC
importa* no : ina quando poi ha l'aujor fine.diuenta perI auuenirc contra dj
quello poco fedele, quale . ,.con molti giuramenti, flc preghi, & promcflc
^ pena potè condurre. che egli dalla fpeme di pre mioàciòperfuafo.fidifponcflj
à Apportare la moIeftafuaamicitia.Ai fine quandòpur glie concelTo ritornare in
fe.fi rifolucà pigliare un nuouo padrone,ac ubidire ad altro fignore : £C cofi
in uece dell'amore.a: della pazia.feguita lo intcllctto.a la ragione.* la
temperanza ; onde ùtto un altro,cerca fempre dall' amato fuggire, <f
afcondcrfi. All'hora l'amato ricordandofi del* le cofc die tra loro fi fono
dette flC fatte, de i dati beneficii la mercede domanda, penfando che la mate
habbia feco à ufar le mcdefime parole,chc prima ufaua . Ma l'uno per la
ucrgogna non ar* difce confe/Tare d'elTer mutato,ne fa tronarc in ' che modo
egli fodis6cci alli giuramenti, A pro:^ mefle,che mentre fotto la crudel
fignoria d'amo refi ffouaua.inconfideratamenfc fece : « teme, «flendo già
diuentato temperato. & nhidictc alli ragione, facendo le medefime cofe che
prima.di non diuétare il medefimo.che dianzi era. £t di qui nafce.che colui.
che poco fa. amaua, bora ua da fuggcndo.ac fchifando l'amato.ft mutatofi di fantafu.fi
allontani da lui.come fe un di coloro |u|fc,a cui il gittato uafo fw cafcato à
contrailo. tome ben fai.clic nel giuoco infcrutène, elici noftri fanciulli
foglion fare. L altro all'incontro è sforzato à feguifare T amante. flC
parendogli pur mal ageuclc cfler lafciato/j uolta al fine alle ma* le parole.
Ne ciò gli accade contra ragione.per ciò che nel principio quefto tale no
fapeuaquan tomai fi conuenifle, ce quanto poco lecito.» honefto fufTe à un'amante
far cofa grata. quale è di neceffità fuor di mente.» quanto ben fatto fu (Te
compiacere à un'huomo dall'amor libero, che fuor di fe non fi ritrouaffe . Ne
tonofccns dofimilmente.che fidandofi di un'amante .G fida d'un huomo
fttano.inuidiofo, moleflo, dannofo.a inutile, prima alla roba. «poi ai corpo.ma
molto più noceuole alla fcientia del* ■ l'aoimo.della quale nefTuna cofa è
certamente . pia oenerabile a appreffo Dio,» apprelTo gii huomini. Qucfte cofe
adunque douiamo fans ciullo mio confiderare.CC oltra di quefto fi ha da luuertirc.chc
l'aroicitia d' uno amante da bene» uolcntia alcuna non nafce, ma da una certa
aui» diùdi faturfi.comc gli a ffamati : & però ben diffe colui in quelli
uet6, fe^omeillupo l'agnello. Cefi un giouin l' amante ardendo brama. Qiiefte
fono ò Fedro quelle cofc.che io h Uf ua promcffo narrarti : flC però non uoglio
pa bora dire altro, ma farò fine al mio ragionamens: to,anchòra che io penfaua
d efTer folamcff giun toalmezodcl mio parlare, flC ci reflaffe à dire altrettanto
di quelle, che non ama,&piouarc che più torto fi haiièffi ad ubbidire i un
tale: oltra di quefto penfaua hauere i raccontare di quanti beni, flC di quante
utilità uno, che non ama,fia ripieno, F E D, Perche adunque fi reftii' SOCR.
Non hai tu confiderato,chc io non fo più quei uerfi Ditirambi, che dianzi m'ufciuano
di bocca,quantuque il mio ragiona:? meto fin qui fia flato nel uituperarei*
Hoia le io feguitado uolefli lodare quel, che n6ama,quan tohobiafimato
l'amante, che penfi turche io dice/Iìf' Non ti accorgi tu, che io fono
aiutato,, flC ripieno di fpirito dalle Ninfe di quefto iuos^ go,fiCper tuagratia,fiC
per aiuto diurno l'Per la qualcofaio concluderò breuemente,che tanti beni fono
in quello, che non ama, quanti mali ti ho moftrato truouarfi in un'amante ; ft
però iion ci bifogna far più lungo ragionamento, ha:? uendo già dell' uno, fiC
deiTaltrò a bailaiiza ra^ gionato. Et pare à me, che la noftra fauola hab^ bla
hauto quel fine, che era conuenientc & pcs^ " ròpaffando d fiunic^mi
uoglio partire, prima D i i i the fu mi %(orz\ atìirc quatcKc altra cofa piuvfm
portante , F E D • Non ti partire anchora So^ crate, prima che il caldo non fe
ne uada:n6 uedi tu,chehoraè à punto il mezo giorno, nel qual tempo è il caldo grandiflimoi^
Et peròafpettani: <Joqui^ 6C ragionando infieme delle cofe, che habbiamo
dette, come prima il caldo farà mcinrs cato, ci partiremo. SOCR. Certamente Fe^
dro, che nelle tue parole tu (ci diuino,fiC uerais mente mirabile : flC però io
penfo certo^che dcU JeOrationi.qualialtuoìtempo fonoftafe fatte, nefTuno ne
habbia dato più cagione, che tu,flC neiTuno altro à più Thabbi potuto
pcrfuadere.ò aero conletue efoifationii quello conducenrs |Cloli,ò uero in qualche
altro modo sforzandoli • Et certamente m quefto(cauatonc SimiaTebac no)tu
auanzi tutti gli altrirJC bora 'fecondo me) tu folo fei (lato cagione, che io
habbia à dire di nuouo,non fo checofe,che nella mente mi fo^ no fopraggiunte. Il
che facendo tu, pollo dire, che tu mi facci una guerra. FED, Etinche modo ti fo
io guerra flC che cofe fon quefte.chc tu mi uuoi.dire^ SOCR. In quel, che io uo
leua paffare il fiume, quel mio fpìnto fohto,chc tu faì,paiuc che mi faccffe
lufato cenno : il che ogni uol tacche mi accade^ nò è uietato fare quel lo.cJic
fogia farpeniaua,Quindi mi paruc udi:^ re una uocejaquafe mi liietana il
partire. prima che io non lùuefTe placato gli dei,cofl:ie fe con^: fradiIoroIiaueflìconiiiìe(To
qualche errore. Io adunque fono fcnzadubiohoggi indouino,fiC flC fe io non fono
cofi de buoni, fono al meno di forte^che forfè à me farà affai, come battano, anchora
le poche lettere a coloro, che male le hanno apprefe , Lt però Fedro mio,
hormai ip chiammente concfco il mio fallo : per ciò che c ,mi pare hauer neiranimo
un no fo che, che mi indouini r erfor,che,^ ho fatto . Et quefta cofa dianzi,mentre
che ioragionaua,mi turbò tnt^ to : per il che io cominciai in un certo modo à temere
di non acquiftarmi gloria apprefFo gli huomini del mcndo^all'hora che io contra
gli iddìi grauemente erraua ( fecondo che già dilTe Ibico nella fua opera )flc
bora al fine conofco, come t'ho detto T error mjp. f £ D , Qnale er^ rorc è
quefto/ S O C R, Ò Fedro.un trillo ra:^ gionamento.un tritio ragionamento edro
hai hoggi mcfTo in carapo.fic sforzatomi i ragiona|C ne. FED. In che modqj' S O
C R. E (lata cofa ftoIta.dC empia, della quale che fi può egli più tpfto.a: noccuolc
ritrouarcs' FED. N is cnte.fc tu dici iJ uero. SOCR. Ohimè, non fai tu quel, che
fia amore i Non è egli fi^ gliuolodi Venerei Non penfi tu,che^gli fu uno iddio
1^ F ED. Cofi fi tiene per certo. S O C R . Et non di meno Lifia non ha detto .quefto^nc
manco il tuo ragionamento, il quale non io, ma tu hai fatto : per ciò che tu me
T hai à forza canato di bocca, come per incanto, Hora fc [amore è Dio, come e
certamente, ò uero qual che cofa diuina.non può efler cattiuo,& non di meno
noi habbiamo parlato di lui, come fe fuÉ: fe cattiuo. In quefta cofa adunque
habbiamo peccato contra amore. Et certamente quefte no ftre qùeflioni fono moho
fuor di propofito,an^ chora che forfè paiano piaceuoli : le quali non ritenendo
in fe cofa alcuna di fincero,ò di uero, nondi meno fc per cafo faranno
approuate da qualche huomiciuolo di poco fapere, quelli, che le fanno, fe ne
gloriano, come fe fulTero di granrs de importanza. Hcraàme fa di bifcgno per quefto
errore, placare gli iddii : & hai da fapere^ che a quelli, che nel
ragionare, ò nello fcriuerc errano,è ordinato un certo modo di placare gli iddii
antico, il quale Homeronon feppe cono^ fcert.mafi bene Steficoro : per ciò che
efTendo (lato priuato de gli occhi, per che haueua uituis perata Helena,
conobbe come huomo amico del le Mufe.pfrqual cagione cieco fu/Te diuentafo, il
che non fece Homero ; per il che fubito fece quei uerfi,>^Non fu uer quel
parlarne in l'alfe naui Fuggendo, andafle alle troiane mura. Et cofi fatto un'altro
poema di nuouo al conai trario di quello, che prima comporto haueua,fu bitoglifurendutoil
uedere.Ma io in quefto farò più fauio d'ambe due loro, per ciò che in^ ^ nanzi
che male alcuno mi interuenga per il hh fimo, che all'amore ho dato, mi
sforzerò dire il contrario di quello, che tu hai udito r il che fa^ ' cendo mi
uogli fcoprire il capo, flC non uoglio tenerlo per uergogna afcofo,come ho
fatto nel mio primo ragionamento. F E D. Tu non mi puoi fare ò Socrate il
maggior piacer di ques fto. SOCR. Telcredo,perchetu tidebbi ricordare con
quanta poca uergogna habbiamo letto quelle cofe.che il libretto di Lifu contess
"^Tieua,fiC quanto anchora fciocchamente io hab^ bia ragionato di amore.
Per che fe qualche huo mo di generofo animo, modello, che al pre:s fente ama(Te
qualche fuo uguale, ò uero per lo addietro l'hauede amato, ci haueffe fentito
dire, che gli amanti fanno per Iteui cagioni nafcerc grandiiTime nimicitie^flc
che fono huomini in^ niàìofi^a noccuolia gli amati, certo clic egli harebbc
pcnfato udire tanti huomini auuezi fo Io,flCalIeuati dentro alle naui,liquali
nonco:s nobbero mai un uero,fiC gentile ancore : CC unaperfonafauia non ci
concederà in modo alcuno, che quelle cofe fieno Licre, che in biafmio d'sts: more
habbiamo ritrouate . F E D . Certo che ,io crcdo^chc tu dicail ueio per mia fe.
S O C R. Et però temendo, che qualche huomo cofi fat^i lo, non rhabbia à
fapcre, fichauendo anchorz paura d' amore, defidero lauare^fli nettarela mea tc.ÓL
le orecchie noftrc di quello amaro, flC no^, ceuole ragionamento, cbe habbiamo
fatto, con qualche altro più foaue parlare, & al gufto no:2 ^ftro più
giocondo. Lo fo anchora pergiouare à lifia,perfuadèdogli che cglifubito debbia
fcri:^ ucre.che più toftofi habbia da fodisfarc à unoamante,che à uno che non
ama, quando l'amor re è tra li fimili. F E D . Sappi certo, che egli lo farà ,
per ciò che dipoi che ti barò fenti to lo;: .dare l'amante, farà necefrario,che
io lo sforzi à criuereanch egliii medefimo. S O C So certo, che ti uerrà 6tto
fin che durerai dVfferc co mefei alprefente, F E D. Hor dì adunque arditamente.
S O C R. Hor fu ; douc è egli quel fanciullo, col quale dianzi ragionaua,ac:s ito
clic egh oofi ancìiora cfue^o mio nuouo pire lare, che fe forfè non infendelTe
altro cIa me^ cercarcbbe anch' egli lemerariamente fare pia:: éere a.chi non Tama,
F E D. QLieftofaticiulis lohauendotelo finto,tì è femprcappreflo : gni uolti^che
louuoif SOGR. Fa aduns: quc conto fanciullo mio gentilesche il mio pr^ mo
ragionamento Cu flato detto dà Fedro Mirjs rinefe,figh(ioIo di Pitoclc,ÒC
queflo che hora di ro^da Steficoro.figkuolo di Eufemio,fauomo degno d' eiTere
daciaiciino amato .il qual ragio namcnto in quefto modo cominceifemo. Q^V E L
ragionamento non è uero,ìneI ^uale fi è detto, che per edere l'anì^inte pieno
di fiiWc^À quello, che non ama da tal furore lifae^s ro,fi debba mjggriormente
fare cofa grata m pri feotia d^i un'amante, à chi non ama, che per iì contrario
: per ciò che fe fuflè in tutto uero^che il furoretuifecattiuo,haremo per certo
ragioncj» uolmente parlato. Ma io ti uoglio dife,,ch^mol tì.ac grandiffimi beni
ci intcraengonoper mcjs zo del furore, concefTo certamente folo iptxbt^ neficiodiuino.Etchcfia
il uero^ucdiche pri-? ma quella Sacerdote, che in Delfo predice il futuro, fiC
qudla altra apprefTo Gioae Dodosc nco . fono cefliflimamente ripiène di
furóre^non di meno hanno Tempre date molte, C( gran diflimc commodità i gli
huomini di Grecia flC priuataniente,flf publicamcnte: ma mentre che da tal
furore fon libererei fanno o poco, ouero nefTuno giouamento. Et fc io uoleflì
horara^s gionare delle Sibille, &dituttiquegli altri^chc hanno per uirtù diuina
indouinato il futuro, flC feiotiuolefli dire cjuanfo eglino predicendo molte
cofe da uenirc,habbino giouafo, troppo farei nel mio parlare lungo, ol tra che
io direi co fa chiara à ciafcuno. Non di meno par cofagiu^ (la dimofl:rare,che
li noftri antichi, li quali pos: fcròi nomi alle cofc.uiddero.fif conobbero,
che il furore non era cofa brutta, o uituperofa.che fc gli haue(Tero altrimenti
penfato,non harebbo:^ ^ noqucfta arte perfettiflima^con la quale il fu:s turo
fi conofce, chiamata ^àyiKHv » che tanto uuol dire, quanto furore diurno : per
eie che il furore uiene à gli huomini peruolontà diuina, & pero parendo k coftoro,chc
fufle come è quers. fto furore, un gran bene,à quefta fi honcfta arte uolfero
mettere un fi honorato norhe . Ma hogs gi quefti pia moderni interponendo i
quella uoce un poco confideratamentc hanno qn erto furore chiamato fuy-v7JH«f ,
che uuot ^ire arte di ifadouinare.d: non furore. Et hai da fapcrc,chc il modo
dello indoufnarc il /ufuro^' che hanno gli huomini priui di quel furore dis aino,pcr
uiadegh* uccelh^flf delle conietturc, parendo à efli,chc procedere da difcorfo
huma^ nojl domandarono oÌovohsìkh : ma quelli, che fon uenuti dipoi, mutando Io
piccolo nel Io6)grande,]' hanno con più honefta uocc chiamato oiqvisihm • Et
pero quanto è più perfetto,a: più nobile lo indouinare per uirtù dinina,chc per
coieffure,flC per uccelli, tt qiun fo il nome diuino,chc è /xocvmK? , c più de^
gnocheThumano^cheè fMy^Kug, ftpiuun opera, che l'altra perfetta, tanto i noftri
antichi hanno detto, che il furore, che uiene dal ciclopc più degno, che la
prudentia^flC l'arte humana. Tu debhi purfapere,che già per riparare alle grandi
infirmiti. che ueniuano,flC per liberarci da qualche auuerfità troppo grande,
che alle uolte per gli antichi errori li popoli minacciai uano,ueniua à una
certaforted'huominique^ (lo furore diuino non fo donde. Et da quellconfigliati,queirimedii
ritrouauano,che erano alla falute loro neceffarii^facendoli quel furore ricorrere
alli uoti.& alli preghi, al raccoman^ darfi à Dio : per quefla uia
impetrando mife^ f icordia/i rendeuano da ogni infirmità.dCpe^ rìccio fahii CT
per quel te nripo,* pcrquc1To,chc haueua da uenifc : K cofi acquiftauano.fiC
rice:^ iieuancpfrmczodi qucfto furore dal' cielo la sflblutione del II errori
loro, pur che di furore de gno,&: buono fuffeflo ripieni. Il terzo furore è
quello,che uien? dalie Mufe, il quale rapifcc .J'i^nima altrui, anchor dafimile
forza non più of fefa,a cefi la fjfiieglia.flC k infpira. Per il che è per uu
di cantico facccdo qualche t^pbile poe fia, ornando con Ufuoi numeri,
fiffcriucndouirs finiti ùtti òc gli antichi, per tal uiainfegnaà colorii, che
dopo Ihì uerranno. #Jf quello, che fenzail furc^l■ delle Muk ha ardire di
accoftarfi pure alla porta delb poefia,fidajndofi per quaU che fuaingfgnofà
arte haiieicà diuentar buoi^ poeta^ti d'jco,che qiicfto tale 4 fine farà tenu:^
to fciocco: a lapoefia di un'hUdmoda que:s furore hbero , «i^fce finalmente
uana , fit, fenza fugo alcuno, i couipararione d/ quella^ che da un' huorao
funofo è ritruouata . Tut:^ quefli , a molti altri' nobilj/Timi effetti del. furor
djuifìo tipofloio raccontare: per la qual cofà noi non hsbbiamo hoimai più da
temersi rè ua furiofo.Ne aTgomento-^ò neramente ra:?- gioac alQU<w.CJllM da
fpau.Gntarc^moftrandoci clìepiu foflo fi Iiabbfa ad eleggere un'amico prudente,
& fano,che uno incitato, flC furiofo*. Ma lafciamo andare quefto.jMoftiimi
coIlui,fc può, flC in quefto uincami, che i' ancore non fia da Dio (lato truouato
per utilità dell' aman^s le.flC dell'amato. Doae io hora per il contrae rìogli
uog!iomoflTare,chequcflo tal furore e flato dato da Dio à gli huomini per una
gran^ difllma (cìicità.LsL qual mia dimoflratione à quelli, chehtigiofi fono,
& che ogni cofa tropss po minutamente uogliono' fapere,tt che ogni cofa
uituperano,fiCà ogni cofa appongofièf.fàà rà forfè incredibile : ma afii faui
farà il con^ frario. Ma prima che à quefto ucnga,ci fa di bifogno,confiderando
bene le operationi,fiC gli affetti dell'anima humana, fiC diuina, troitare la
uerità di quello, che intorno à lei fi può ra^ gionare,flC difputarc. Sari
adunque il princi:? pio di queda mia dimoftratione cofi fatto. OGNI anima c
immortale, per ciò che quella cofa, che fcmpre da fe fi muoue^queU. la douiamo
direefTere immortale : ma quella co^ fa,che altri muouc,tì: da altro è
mofra,con ciò fia che ilfuomoto fia terminato, ha anchora il termine, 6: il
fine della fua uita. Et pe:sr rò folamente quella cofa^ che fe (leda muoue/ per
ciò che mai non fi abbanclona.nonfi rcfta mai di muouere^anzi quella e fonte,
££ principi pio del moto di tutte le altre cofe.che fi muos: iiono.Ettufai,cheil
principio è fenzanakis: mento alcuno ; per ciò che egli è neceffario, che tutte
le cofe^che fi generano, nafchino da un principio, flC quel pnncipio non ha
altro prin^s cipio : per ciò che sci principio nafceffe da qual che altra cofa,
non potrebbe gii nafceredaun principio, cfTendo il principio egli • Ma cfTendo il
principio fenza nafcimento.è necffTario che ;inchorafia fenza mancamento, o
fine alcuno; per ciò che fe il principio mancaffe,© morilTc^ non potrebbe più
ne egli nafcere da un'altro,, tie un'altro rifufcitare da lui, con ciò fia che
fu neceffario, che tutte le cofe nafchino da un pria cipio. Se adunque il
principio è un moto,chc inuoue fe ftefro,queflo principio non può ne mancarcene
nafcere da un'altro* & fe altrimenti fuffe, farebbe neceffario, che tutto
il cielo man:s caffè, a fi diftruggeffe,flC ogni altra cofa creata» ^oltra di
quello non fi potrebbe mai fapere on^ de quefte cofe nafchino, & da chi
fieno moffe^ Adunque effendo chiaro, che quella cpfa^che fc flefla muoue^è
immortale, non harà da temere di due il falfo.chi affermerà che la fuftantia
del l'anima è cofi fatta;Ia ragione è quefi:a,chc ogiiìi corpo, che ha il nìoto
da altri ,è corpo inanima:^ to. Ma quel corpo, che ha il moto in fe ileffo^ .
& per (e fi miioue, quello è animato : fimilc» adunque puoi penfare,che fia
la natura dell'ara nima . Et però (e gli è uero.che altra cofa non fi truoui,che
in fe fle/Tafi muoua, fuor che Tanis: ma,di neceflìta ne fegue, che I anima Tia
fenzi principio, fiC immortale. Dell' immortahtà dela l'anima habbiamo detto
affai . Voglio bora u:: gionare della fua ideà;ò aero della fua forma,» ìmagine
in quefta guifa . Se io uolefli narrarti tutte le Tue qnalità,CJ
particularità,bifognareb:à becheio (i\([ì un'huomo diuino, fiC poi farei troppo
lungo. Ma può bene un'huomo motà tale,comcfonio,defcriuere una certa fimilitua dine,flC
figura di quefta anima, flC quella porre dauanti à gli occhi ; & à far
quefto,fari cofa pia breue,che à entrare nelle altre diffic ulta, che nel ragionar
di lei fi ritruouano. Et però diremo per bora cofi, Facciamola per quefta uolta
fimi^i le à un carro alato, che habbia il fuo rettore : la qua! figura ci è
affai nota, flf (a intendiamo be:s nifijmo. Hai adunque dafapere.che tutti li
cast :Ualh\flC li rettori de i carri de^li iddii fon buo^ ni,tt nati df buoni
•De gli altri^che non fona fddii, parte fono buoni, & parte non .
Primierajf. mente colui, che dell'anima. della mente norx j ftra tiene il
gouerno, raffrena, guida, flf corrfg:^ geli duecaualli,cbe il carro noftro
tirano con . le briglie in mano.Oltra diquefl:o,un di quefti duecaualliè buono.fiC
bello,flC nato di ftmilfó Taltro è il contrario, & nato di contrarii. Per
ii che accade, che quefta noftra moderatione,flf reggimento di caualli fia di
ncceflifà difficile • Horamiuoglio sforzare moftrarti breuementc. perqual
cagione fia detto un'animale mortale, 6: uno immortale , Ogni anima ha cura di
tuts?: i to il corpo inanimato, flc difcorre per tutto il cielo bora pigliando
una forma, bora un' aU fra ; fiC mentre che ella è anchora perfetta, « riaij tiene
le fue ale intere inalza in alto,fiC gouer:P na air bora tutto il mondo. Ma
quella anima, alla quale fieno per qualche cafo, come ti dirò^ cafcatc le
3lc,rouiDa al bado, ne mai fi ferma, fin che non fi intoppi in qualche corpo
fohdo,clic la ritenga. Quando poi quella anima ha trouas^ to doue habitare,* ha
per fua ftanza prefo qual che corpo (errenp ( il qual corpo fabitp che ha, in
fe quefta anima, par che comincia à muo^^ ucrfi,macpera lapotentia della anima,
che lomuoue} muoue) ali 'bora tatto qucfto fi chiama ani? male : & qucfta anima
unita infieme con un cor po terreno ( come ho detto ) U un'animale.il quale fi
domanda mortale. Ma il corpo immorj: tale fi conofce non per ragione alcuna per
ora' didifcorfo ritruouafa.ma quel, che fi dices'd fingono gli huomini da fe
ftefli ; perciò che quefto corpo non lo habbiamo mai ueduto. ne à baftanza ci è
maj flato dato ad intendere, Ids dio adunque è un certo animale immortale il quale
fenzadubioha ranima.flcfimilmentc il corpo,flCquefte due cole fono liate per
natura in fempiterno infieme congiunte. Ma queflc cofé bifogna dire che fieno,
come piace i Id* dio, a ragionandone, à lui bifogna' riferirfcne. Hora ci rcfta
à dire per qual cagione le ale caa (chino all'anima. Tu ha» da fapere,che la
nas tura.ef il proprio delle ale di quefta anima.é il- leuare il graue in alto
uerfo quella parte del'cics lo, la doue habilano gli iddiU Sappi anchos ra, che
di tutte le cofe.chc in un corpo fi nst truouano, ranima,piu d'ogni altra
cofa.della diurna cognitione è participe. Qiiefta diuinità tengo io che fi pofli
dire, che fia cofa bella.iaa uia, bHona,flC ciò che i tali cofe c fimilc.Da
quc* (lo adunque prindpaimclìfc fc ale dell'anima fono nutrite,* per quefto più
che per altro crc:s fcono,flC mchora per le cofe brutte, flC trifte>ac per
le altre à quelle'contrarie, che di fopra ti ho dette, mancano, fl£ uengono à
niente. Oltra di quefto hai da intendere, che in cielo è un gran Principe^il
quale fi chiama Gioue . Coftui pd^ mo à tutti gli altri, guida con uelocità un
fuo carro alato, ornando, fiC affettando ciafcuna cofa,. ce con fomma diHgentia
al tutto procurandoé Dopo coftui feguita lefercito de gli altri iddiì^ femidei,fiC
fpiriti diuini, diuifo, flC ordinato in undici parti, 6C folamènte nella cafa
de gli iddii f cfta la Dea Vefta . Ma gli altri iddii ( dico fola^ mente
quelli, li quali fono poftì nel numero de j dodici ) fe ne uanno ordinatamente,
fecondò che fono difpofti,& ordinati . Et hai da fapere^ che dentro al
cielo fono molti fpettacoli,fiC mol ti uiaggi,difcorrendo Intorno fi fanno diuinifTì^
mi,& beatifTjmi : alli quali i beati iddii femprc ftanno intenti, &
ciafcuno fa quello ufficiosa! quale è fl:ato pofto,CC che gli fi conuiene.fiC
cofi ua feguitando ciafcuno iddio fempre potendo ugualmente,* uolendo : per ciò
che dal diuin choro è femprc ogni inuidia,* ogni maleuolen tia lontana, Quando
poi fe ne uanno al celeftc cofluifo, ce à guflarc le diuinc uiuande, all'ho:: ra
inalzate, & già in alfo afcendendo^caminano per la circunfèrentiade i
cieli. Li carri delli do5 dici iddìi bene accónci, flC aflettati, con le
briglie de i caualli uguali, flf parimente da ogni banda pefando, fàcilmente
caminano. Ma gli altri carri che cofì no fi truouano.à fatica fi poflono muo uere
: per cicche quel caualio trifto è dalli uitii aggrauato,6C cofi uerfo la terra
fi p^^ga, & feco il carro, & il rettore à forza tira.fiC quefto à
quelsj li rettori interuiene,che j1 caualio non buono, hanno troppo ingraflato,fiC
alThora patifcono le anime una fatica eftrema^fic fono in un graridifs fimo
combattimento . Per ciò che quelle anime; che fon chiamate immortali, ciò è
quelle, che no fono dal trifto caualio sforzate, quando allafom miti giunte
fono,allontanatefi dalle altre, fi fer mano nel dorfo del cielo, fiC quiui
pofatc,fono dalla circunferentia attorno rotate : ft quefte fos: no quelle anime,
che ueggono quelle cofe,chc fuor del cielo fono pofte, Et quel diuino luogo (opra
tutti li cieli non è anchorada alcuno dei noftri Poeti flato fin qui lodato: ne
alcuno fi tro uerà,che mai quanta egli menta, lodar lo pofla. Quefto luogo è fatto
in un tal modc(& mi met^: to i dire quefto ; per che parlando della uerità,
pofTo tiene hiuctt ardire di dire il acro ) è adun que fcnza colore, fenza
figtira alcuna. non fi può toccare.è una cfTcntia ; la quale fola fi può dire.chc
ucramcntc fiaft qucfta effentia fola» mente li Icrue dello intelletto, guida,
flf gouer^ Inadore dell'anima, il quale intelletto femprc fta in continoua
contemplatione del (omwo bello^Etla uera fcientia, flCil perfetto fapere altro
luogo non ha, che quello, che c pofto ins: torno i quefta effentia ucra,£c
nella fuacognfc ttònc. Come adunque il penficro^a: la contems plationc diuina è
poftafolo intornò i un'ina tellettopuro,fiCà una fcicntia immaculata, cefi il
penfiero, flc la contemplatione d'ogni ani^: ' ìna,che habbia i pigliare che
corpo, ò forma fi uoglia ( pur che à lei fia conuenientc ) rifguarp dando per
qualche tempo in quella efienfia, che io dico, che fola fi può dire che fia
contea!? ta della contemplatione della uerità,di quella fi nutrifcc,a: di
quella fi con tenta, fin che un'aia: tra uolta la circa nfercntia aggirandola,
non la ritorni in quclmedefimo luogo.Et in quefto fuo aggiramento uede la
giuftitia, con tempia la temperanza, fcorgc la fciehtia, K non uedc (jueftc
uirlù come generate/flCpoftein uno,ò^in un'alfrc (Ti comé potiamo dire ) che
fiend quelle. che noi qua giù confiderandaci paio^ nouirtù,ft cofi le
chiamiamo, ma uede quella iiera fcientia, che è in colui, che folamcntcfi può
dire che fia.-flCinquefto medefimo mo:s do ucde, flC contempla tutte le altre
uirtù,chc fono uirtù ueranente. Quindi di quefti cibi nutrita, a fatia.
ritornando di nuouo dentro al cielo, fc ne ritorna à cafa, dalla quale dianzi fi
parti : flC dipoi che è ritornata, il Rettore mets: fendo li cauallr nella ftalla
à ripofarc.gli da :per cibo T Ambrofia. (JC gli fa bere il Nettati :rc,fif
quefta è la uità de gli iddii/te altre ani^ .-jne poi, alcuna che dirittamente
ha gli iddìi feguitato,6tta che è à lorofimile, fa tanto, che :4inchora ella inalza
il capo del fuo Rettore à ^uedere quel bellifllmo luogo, che iotihodet^: oefTer
fopra li cieli rftcofi ancho ellainfies» me con gli iddii è dalla
circunferentia de i cicjs li aggirata, a portata, ma à T ultimo dalli cauals: li
e trafportata fuor della uia : talmente che à grandiflìma fatica può mirare
quelle cofe, che in quelli Iuoghj,di uentà piene fi ritruouais no* Alcuna altra
anima hora il capo del Ret^ Jore in alto leua^tt hora la abbafTa : onde daU £
ini Ifcaiialli sforzata, parfe ucde quel bcne,flf parte non . Et le altre anime
tutte ugualmente defiderando ftar di fopra.feguitano quefte tutte ins , fj
fiemc confufamente: a non potendo in alto le:: I uarfi,premendofi tra loro,
fono à torno portate: ! fCcalcandofi^ficrunaialtra fpingendo,ft ciafcu i :na
quanto più può di pafTare innanzi sfor7an5; dofi, fanno tra loro grandiffima
contefa :.onde j ne nafce un romore,un. combattimento, una fafica grandiffjma:
nella qual con(éfa,per uitio, ce difetto de i rettori, molte fi azoppano, molte
delle altre rompono le penne delle ale,a al fin tutte dopo un;i lunga, flC gran
fatica, fen za p 0:5 ter pur uedcre quella effentia diuina.che io di:^ , co,
che è ueramente,fi partono, flC dopo quefta lor partita fi pafcono folo
d'opinione, non potendo quel fommo bene per altra uia conofcerc: a ciafcuna fi
sforza, quanto può, di poter haue:5 re quefto cibo,defiderando conofcere doue
fia il bel campo della uerità. Per ciò che di quefto prato la natura dell'anima
per fe fteffa ottima, xaua conucniente cibo,Cf di quefto fi nutrifcc la natura
delle ale,con le quali in alto fi leua^ La potentia diuina poi ( la qual non
può in al:^ <un modo fallire ) tiene quefta regola, che cia:^ felina animaja
quale mentre che gli iddii ac:$compagnaua.C6mpagnaua,puotc ucdèrc qualche
fcintiTIa del la uerità ,quefta tale dico, uuolc che per fin che un'altra uolta
non fia dalla circunferentia aggi^ rata ( come ho detto difopra ) fia fuor del
perb xólo di perder le ale, òdi riceuere danno alcu» no:fiC fe Tempre potefle
girando quella uerità uc •dere,non farebbe mai in parte alcuna offefa,Ma fe non
potendogli iddii Seguitare, non fi fuffc potuta condurre i uedere quel fommo
bene,flC per qualche cafo contrario ripiena d' ebliuione, ce di malignità fuffe
dalli uitii al baffo aggraua:^ ta,flC in queftoabbaffarfi.a deprimcrfi rompete fi
le ale, fiC cefi rouinando in terra cafcafre,al2s rhora la diuina legge
uieta,che quefta tale anb ma la prima uolta, che qua giù à forma alcuna -s
accoda, fi uada ad accompagnare con la natus ra di beftia alcuna fenza ragione,
ma uuolc, che •quella anima, che molte cole fa in cielo habbia uedute^uadaà trouare
lageneratione d'un huo tno,che habbia da effer Filofofo,ò uero defiders rofo di
belleza,ò uero Mufico,ò uero d' un huo modato alle ccfe d'amore. C^ell'altra,
che non ^quanto la prima habbia ueduto, ma nel fecon:5 do luogo fu pofta,
comanda quefta legge, che difcendainuncorpo,chehabbia da effereRc per legge,
fiC ragioneuolmete.ò uero in un bua iao dato alle guerre, flC atto ad efferc
Impera^s <lore,ò Capitano ♦Quelle poi, che nel terzo Iuoj: go fi fruouano.ordjna
che fi mettino jn un huomo.chc habbia da efTere gouernatore d'una Rcpubhca^òuero
in uno, che debba difpenfa^ re,ft diftribuire la robba.ft hauer cura della fajs
miglia, ò in uno,chefia dato al guadagno. Quel k.chcpiugiu tengono il quarto
luogo, fe ne uarino in un huov(}o,Ql}€ hsihbìà da durar ùth .ca,òaeroin uno, che
fi habbia daefercitare in^: torno alla Medicina, fif alla cura de i corpi .Quel
Ic,che più di foltonel quinto luogo fon pofte, é s'accoftanoà coloro, che
debbono fare l'arte di indouinarc,òuero di augurare per uia di facrb jficii,ò
d'altri mifteri, Quelle, che la fefta fede tengono,defcendono in un'huomo,che
hab:s bia da diuentare pQeta,ò ucro in uno di coloro, che fono nati ad imitare
altrui. Quelle, che fono le feftime dalle prime, uanno;fn uno.che habs biada
efTere òartefii^e^ò agricoltore. Le ottauc in un fofifta,òucro in una perfona
plebea.flC iiile. Quelle finalmente, che nel nono, flfultis: mo luogo fi ritruouano.fc
ne uanno a diuentare uno, che debbia efTer tiranno. Et in tutti quefli •fiati
di Ulta qualunque giuftamente haràmes». -fiato i giorni fuoi.dopo la morte harà
miglior forte, clic quelli, che friftamcnte fono uirtuH: flf quelli, che ingiufti
fono flafi,uannOÌ pcg:^ |fóré fl'a(o,che colore), che fono ftafi buòni : pei d'oche
non ritoma Tiinimatn quel medefimo luogo,dcnde prima fi partì. più preflo che
ih fpatio di dieci hhirlia anni .Per ciò che auanti i queftofpatiodifefnponon
può racquiflare le àie, fuor che l'anima di coluj,che uitiendo hà fenzauitio alcuno
atfefo alla Filofofia,òuer«5: mcnfeha amato la helleza^fiC infieme grande^ ifnente
defiderafo la fapienfia : per ciò che quei ftefali arfime/enza dubio alcuno,
dipoi che ^treuolte fono paiTate mille anni ( purché efs Icno^ uoglino dopo la
prima morte, tre uolte tornare in quefta uita ) all' bora hauendo rac» quiftate
le ale dopo tre milia anni,al cicl uo^ landò fi partono. MoHé altre aniine,
morte che fono, la prima uolta fono da Iddio gJu^ dicate, a dannate r ttcofi
giudicate, altre an^- dando fh^un'iù'ògo,il qaaTé ne! cèntro dcU la terra è
porta per punit»one delle anime cgitti tiue.quiui patono del fallir loro
meritcnoli pe:» he. Altre pòi dal giudicio dìuino innalzai te, in certo luogo
del cielo forio in quel modo trattate, che fi hannoqnagiu in terra uiucns do
meritato : flf poi tra mille anni qucfte due- forti d'anime, ritornando al
mondo fi eleggono una feconda uita,ec ciafcuna può pigli^rfi queU la forma, che
uuole. Quindi uienc, che l'anima humaha pafTa alla uita d'una beftia^flC dipoi dunabeftiadiuenta
di nuouo huomo,pur che quella anima fia (lata un'altra iiolta in un'huo mo. Per
ciò che quella anima, che non harà mai ucdutaìauerità,òpoco,b a(rai,non potrà
mai pigliare la humana figura : per che bifogna che quello, che l'huomo mtende,
l'intenda per me:s zo delle fpetie delle cofe,che dauanti gli ii ap:5 prefentano.a
quefte fpetie per uia di molte, ÒC uarie cognitioni nella mente noftra
raccolte, fo^ ijoalfine con difcorfo infieme pofte,eCc9m5s prefe. Et quefta cofa
altro non è, che la rimems: branza di quelle cofe,che già Y anima noftra in C4elouidde,air
bora che infieme con iddio era perfetta.-a quando ella fprezaua quelle cofe,che
noi fcioccamente diciamo che fono,riuolta fola:? mente allcontemplatione di
colui, che è uera^ mente . Per la qual cofa l'anima folo del Filofoss fo
meritamente racquifta le ale.per ciòchequan to p-r un'huomo è poflibile,fempre
con la mera móna fi riflringe,flC fi accofta à quelle cofe^allc quali
accoftandofi,(5f riftrfngendofi iddio, è di^ uino» Colui adunque, che farà
quefta confide^, ratione din'ttamenfe,& ragioneuoImente,flC cefe cherà
fempre di nempirfi la mente di qucfti cofi pcrfet(i,fi£ fanti mifteri, quefto
folo diucnterà perfetto. Et cefi diiiifo dalli ftu di, che fanno gli altri
huomini,flf accoftandofi alla diuinità,è th prcfo,flC morfo dal uolgo,comc fe
egli fufle ufci to di fe. Ma egli ripieno, flC ebbro della contem plationc di
Dio, non fi lafcia cònofcere alla mol titudine. Per quefto adunque ho fatto io
qùc^ fto mio ragionamento, il quale è porto intorno alla quarta forte di
furore-peri! qual furore quan do alle uolte uno di quefti tali nel uederequa giù
qualche belleza, fi ricorda di quella uera, che gii uìde in cielo,rimettc
fubito ralc,fiC cofi rimelTe che V ha, fi sforza,quanto puo,uolando al cielo
inalzarfi. Ma non potendo ciò fare^coje me gli uccelli po(rono,guarda,flC
confiderà pur uerfo il cielo, fprezando qucfte cofe bade «onde ne è biafimato
fiC ne riporta uergogna,dicendo:j gli ciafcuno,che egli è poco fauio,flC
ripieno di furore . Per la qual cofa quefta diuina feparatio:^ • ne dell'anima
dal corpo è fopra tutte le altre, che interuehire ne poffano migliori, Et da
ca:^ gioni ottime nata,d: non folo è gioueuole à chi in tuttolapo(riede,ma à
chi qualche poco ne participa. Et coiui,che di quefto iurore fanto.tt
|>uotio è ripiano, con ciò fia clic egli afmrla bel:? ilcxa.quefìo ueramente
fi può dire arhantc. Per ciò che, fi come ho difbpra detto.ogni anis ma huroana
già ha iieduto quelle cofe , che ue^ ramente fono : per ciò che fe non le
haueffe uc jàiite, non farebbe difcefa in quefto animale hu mano: & non, è
f^c^le i tutte le anime ricor:i darfidclfecòfedilàfù.per uedere quelle/cbc qui
fono. Et prima lo poflono mal fare quelle; che per breue fpatto di tempo fù in
ciclo gli fu conceffo uederic : dipoi non è conccfTo anchora ^ quelle, che nel
mondo uenendofono fiate ina felici, ce Ila nno hauto mala fortuna: di modo che
corrotte da alcuni coftumi cattiui.che qui pjgliano/ifccrdano in tutto di molte
cofe (st^ gre,©: buone, nelle quali in cielo erano gii ammacftrate. Perii che
poche anime fi ritruor? uano,che àbaflan2a delle cofe celefti fi ricors dino.
Ma quelle poche quando tal'hora qua giù- fcorgono qualche iomiglianza di quelle
cofe^^ che in cielo gii urdderò, fi ftupifcono, ftquafi cfcono di fe. Et non di
meno non fanno don^ de quefto lor mouimcnto proceda ; per ciò che non conofcono
in tutto la uerità.ne a baftanza fe ne ricordano. Ne pct/amonoi fcorgere,menp tKchcqyagiàftiaDoioin
quelle fi^ure,« imaa gini,fplrndòrucro alcuno di giuflitia, di tfmp< ranza ,
fiC delle altre uirtù ,che gl'animi npftji J)<^ norano.flC amano. Ma per
certi inftruirenti,fiC fxìczi imperfetti ofcuri à pena pochiflimi huomini
accoftandofi pure alle imagi ni> di iq^cl le uirtùcelefti,che nel mondo fi
ritruQuano, tifguardanoin qaelle imagini quella forte, di uirtù,che fimile
imagine gli. rapprefej?ta. ali' hora ci era lecitc,<X conceffo uedere una
chi^ riflima^flC pmiflìma belleza, quando con quel beato choro fegiutando noi
quella felice uìGq:» ne, 6: quella fanti/Tjma contemplatione. della quale
dianzi fi ragionai, noi infiemc conGio:^ ut ,& ìt aìttc 2nitrìc inficmecon
qualche altro iddio , fecodo che era ordinato, pQtcmo con teni:^ piare la
diuiniti : flC quando à quelli miftcri,fl£ cofc fagre dauamo opera, li quali
potiamo ragio iicuolmentc dire efTer più di tutti gli altri miftc ri fagri,flC
beati, alli quali all'hora noi poteuamq attendere, quando anchora immaculati.
flC nò of fefi da mille mali efauamo,che poi habbianio in quefto modo prouati.Onde
confiderando all'ho ra quelli celeftì fpcttacoli cafti ,femplici,durabi li^tt
beafi^poteuamo beniflìmoà tal fanto efcr^l tic fcruirc ftado noiin una luce
pura pun^ttfen M machia alcuaa,Iib^ri,&fciolti da c^uedo^chcWtor chiamiamo
<;orpo,il qiul crbifogna ì torno portarci noftro mal grado, efTendo à quello
le:5 gati,6f in quello rinchmfi à guifa d'oftnchej ce quefte cofc non fi fanno,
feno per uia di mc^: nicria,per che noi ci ueniamo à ricordare delle cofe
padatecdallaqual ricordaza hora io fon fpin to : ce efortato perii defiderio)
che ho di quelle xofe.che già ho altre uolteuedute, ti ho fàtto queflo ragionamento,
Hora la belleza( come ti ho detto ) quando già erano le anime in cielo,^ Infieme
con loro caminando rifplcndeua,fiC di poi, chequi fumouenuti.rhahbiamo riconos fciuta,
per ciò che ella chiariffimamente rifplen:? de,& fi moftraà quel fenfo
dellj noftri,che più •di tutii gli altri ha in noi forza, flC quefto é il feri fo
del uedere : per ciò che quello é il più acuto di tutti gl'altri noftri fenfi^che
permezo del tòVpo fon cagionati, col qual corpo, flC con li quali fenfi non fi
può cognofcere.nc uedcria fapientia: per ciò che ella farebbe nafcere in noi ìun'ardentiffimp
amore di po(rcderla,fe un qual chcfimulachro,òimagine di ki dauanti à gli occhi
manjfefìamcnte ci fi pofgefTe: fiC il medefi mò potiamo dire di tutte l'altre
cofe,che fono degne de/Tere amate. Non dimenolabellezsi fok ha jpiu dellaltre
haute quella preminentfa^^ che ella più ;d- ogni altra ci fi fa uederc,&
piu che ogni altra cofa ad amarla ci muoue. Et però colui, che dianzi non
atteie à quelli fagri miftc;? ri, ch'io ti difli,anzi più tofto e, dando qua
gm^ corrotto da quefte cofe bafle^non cofi preftofi inuoue,fiC leua ranimo all'
amor di quella bels: Ieza,anchor che qui uegga una certa fc^iglian za di
quella, che da quella eterna il^ nome pi:^ ghando.pur belleza fi chiama. £t per
quello nel uederla non l'ha in ueneratione,flC non l'ha nora,maà guifa d' una
beftia.dato folamente al piacere, uorrebbe pure à quella belleza acco:5 ftarfi,
flC generare, & produrre figliuoli : fiC cofi importunamente afTaltandola,
non teme punto fargli difpiacere.ne.fi ucrgogna dandofi in prc:? dai quel fuo
difordinato appetito, pafTar gli or^s dini della natura , Ma colui , che alli
detti mifte;^ ri poco fa diede opera, fiC che già in ciclo con^ tempio, molte
cofe degne, flC (ante, quando egli uede un uolto ben fatto,ft di belleza diuina
ot^ nato, il quale perfettamente quella diuina, & uc ra belleza
rapprefenta,ò uero quando contems? pia nò pure il uolto, ma qualche altra parte
ben fatta del corpo, primieramente fi empie dihorrs rore,fiC tofto teme di lui,
come fe fufleunacofa (ckfte già dalui pa altri tempi u^duta: quindi più
minutamente rifguarclandolò come Iddio lifaonora.flC fé egli non temefTc di edere
accuiaj«; to per matto, ti dico che egli non altrimenti aUj l amato fuo
facrifìcarebbe^chc farebbe à una fta^r tua di iddio. Et mentre che egli pure il
contem pla/ifentequcU'hprrore. del quale era pieno, in fudore,fl( in ardore
conuertire, dal quale in brcuc tempo tutto fi truoua occupato. Per ciqr che air
hora,che egli per gli occhi beue quclU bcllcia Cubito tutto dentro fi riicalda
: dal qual caldo la natura delle penne della lua anima é co me matfiata,a dipoi
che egli è bene infuocai^ to,fi intcncnkono quelle parti delle ale,clic pullular
doueuano.ac che dalla dureza riftrctte, metano alle penne il poter
gernpogliare. Qjiianp do poi per gli occhi e ben penetrato il nutrìs; nicnto di
queftc alenali' hora il germoghar delle penne, che prima comincia dalla radice
i ingrof (àfC,ìmpetuo{amente per tutta 1 anima moftrarfi (i sterza per ciò che
Tcinima era già tutta dalle pcnne copcita.fif da quelle io alto foftenuta} tak^^
in quello tempo ci anima tutta in grao dèiiìmo leiuore^tt uonebbe pure
inaizarii : flC non aitranrti che làccino ifanciuUt. quali allW u che pruni mcttoiìo
i depti^t^no da on certo iociOiC iMfitfi, aiiiciué dà un dolore delie gicQ gfc
moleftatì.cofi l anima iicl meffere le penne tutta fi commuoucflffi riempie in
un tempo dj piacere,» di moleftia. Per il che mentre che eia la uede un giouane
bello, beucndo per gli ocs chi quel piacere, «quel defiderio.chc da lu|'t uiene,airhora
inaflìata.come ho detto, fi rifcalr da,flC all'hora nó fi duole. ma fi rallegra
cifra mo do. Ma quando poi egli s allontana.flC che quefcl li meati fi
rifeccano.per li quali l'ala uoleua ufcir fuon.allliora andi.fif
riftretti.uiefano il gcrmoa gliare delleale : di modo che quefta ala infieme2i con
quello amorofo defiderio, parendogli elTcr dentro rinchiufa, uolendo pur'
"faltar fuori dai (e flcfTa, richiude quei meati.donde ufcìr po* trcbbe.fif
fa che di nuouo ne nafce ali anirra nó poco dolore. Et pe^quéfto è tutta
l'anima da ogni banda oii'efa,fiC grandemente dimoiata,» mal trattata Ma ricordandofi
poi di nuouo del? la ueduta belleza,in quello fi diletta.» di quel Io folo fi
rallegra. Et cofi da ambe due queftc paffioni infiemc mefcolate.ciò è da quello
sfor* zamento.ec impeto di rimettere le ale. & dalU maraiiiglia della piacciuta
belleza è in un fems po moleftata.Onde piena di anfietà,<urio(à d/» licnfa
flCè daqucftofuror in tal modo condotta, che ne la notfc può dormire, ne il
giorno in lue go alcuno fermarfi, ma quinci, 6f quindi fi ags gira,fiC fi
fbatte,mofra pure dal defidcrio di riue dcre quella bcUeza, la quale di
nuououedcn^ tìo,& beuendoquel defiderioamorofo per gli occhi, CQmc ti ho detto,
all' hora di nuouo apre, & ageuola quelle parti delle fue penne, che prtp
ma erano infieme riftrette.fic chiù fé : fiC cefi àh poiché ella ha cominciato
à rifpirare,fiCriha2: uerfi,à poco à poco fi hbera da quelli ftimoli'i ft da
quelli dolori, dalli quali prùr^a era offef^é Tale che da quefto foaui/Tjmo
piacere 6nto è in quei tempo uinta,che mai per fe da quelli allet^: tamenti non
fi partirebbe, ne altra perfona più appreza,chc l'amato, ma fi fcorda del
padre, CC della madre, de i fratelli, fif di tutti gli amici ' fuoirttfe tal'
bora (come interuiene ) manda in quefto amoremale.ft confuma il fuo,non fe ne
cura punto. Oltra di quefto fpreza tutte le '.amicitie,flC dignità, che haueua
fuo padre, delle quali gli fi farebbe tra gli altri gloriato,^ fole fi contenta
di feruire^fiC diefler foggietto àogni ''«olontà dell' amato, pur cbe egli
pofTa efferaps: prefTo al fuo fuoco • Per ciò che non folo honoi^ ra,ficha in
ueneratione quefto b^llo,chc tgli ama^ma anchora Io truoua ottimo medico d' gni
fiu grauifTima paflionc. Quefto afFetto adun qac,2(quefl:o mouimento,b giouane
gentile, gìihuomini l'hanno chiamafc ef^SiDC cioè amore. Et fe io ti dicelTe in
che modo quefto amore è chiamato fu in cielo dalli dei, certamen te,che per
cfTer tu giouane, harefli ragione di ridere. Et che fi^il uero, certi imitatori
d' Hos: fnero compofero già due iierfi fopra quefto amo re.cauati ( come penfo
) dalli fecreti.flC mifteri diuini,delliquali unoèin uenti affai goffo,flC poco
elega n te, flC dicono cofi, Chiamano amor uolatore i mortali. Li dei alato,
per che à forza uola. , ^ A quefti uerfi in ^arte fi può credere, in parte non
: ma fia come (ì uoglia,un tratto quefta^ che io di fopra ho detta, è la aera
cagione damo rc,fiC lo affetto, flC la paffione de gli amanti ; Ci però tutti
quelli, che ameranno, h quali già fe^ guitarono Gioue,po(fono più fauiaméte,fiC
più conftanfemente portare il pefodi quello alato, che io ti ho detto. Ma
coloro, che già honoraro^ no Marte, Ce fu in cielo infieme con lui andoro^ no
intorno, poi che dall' amore allacciati fi truo^ uano,fe mai penfano di
riceuere dall' amato in^ giuria alcuna, facilmente corrono à far dei ma^ lc,fi£
à uccidere ; cefi furiofamente ò fe ftefli, è gTi amati loro priuano
uifa/SimìImfnfc eia fcuno honoraquel roedefimo iddio, col quale già andò in
fchicra: flC quello cerca fcmprc quan to più può, in Ulta fua di imitare, fin
che egli non fi lafda da i uifii corrompere. & in quefto modo mena i giorni
della prima fua uita,t3C cofi fafto a gli amati fuoi^flC à gli altri Tempre fi
mos: ftra , Et però cfaicu nò, fecondo i coltumi fuci.fi elegge à amare uno,
che à lui paia bello . Qujns: di,comc fé quello fufTe il fuo iddio, fe ne
labri^ ca una imagine.fiC quellaorna & fa bella in quel modp,che fe à
quclla,flC non ad altro idolo ha:? uedeà dare honcri,flCà facrificare» Onde
co:5 loro.che di GiòUe furono feguaci ,flf che quello honorarono, cercano
d'amare uno . che Simiù mente habbia T animo giouiale : fiC per quefto /
confiderano , prima che l'amino , molto bc5: nc,fe quefto tale è atto per
naturatila FìIoì: fofia, òueramente al regnare , alle quali cofe Gioue inclina.
Et poi che conofcmto(o,fiC ri:^ truouatolo tale, lo amano, fi sforzano con ogni
ftudiodi farlo diuentare fimile al fuo iddio. Et fe forfè eglino non fapeffero
per loro quel, che à gli altri uogliono inregnare,airhora ol:? tra modo fi
sforzano, flC cercano di imparar fem:5 pre qualche co(à per qualunque uia gli è
con:s cef?o : flf coli infiemtf con gli amati à queftrf coli honcfta.flclodeuole
opera fi mettono, (alt che diligentemente ricercando, fif in fc fteffi inue^ ftjgando
la natura di quello iddiojl quale ad honorarc fono inclinati tanto fanno. che
al fu: re pur uengono a capo di quefto loro honc;^ ftodcfiderio. Etnon'c
ciòmarauiglia,per ciò che eglino fono dall' angore sforzati à dirizarc la
mente, ftconfiderare con intentione gran^ dilTjnia à quel fuo iddio : di modo
che pur al fine ricordandofene, fono fubito di undiuino fpiiito ripieni : il quale
fpirito fa, che eglino pt^ .glino coftumi, fif ftudi tali, che in brcuc tem^s pofi
fanno participi della cognitione di Dio, tanto però, quanto à un'huomo è
lecito. Et per che di tutte quefte cofe fanno che ne è cas: gione l'amato, ogni
giorno più ardentemente nel fuo amore fi accendono. Et fe cclloro th ceuono
quefta diuinità da Giouc ( come anchoss ra le Sacerdoti di Baccho,cheda lui di
furor fono ripiene ) infondendola tutta ncir animo dell'amante, in breuefpatio
di tempo, quanto poffono.à Gioue lor proprio iddio, fimilifTimo Io rendono.
Tutti quelli poi, che già in cielo feguitarono Giunone, cercano per amato loro un
giouane d'animo regio: ilqual poi che han^ ìfìo frbuato.dfucntano Cmili à
*q!iclli\che di fos prati ho detto.fiC uerfo di quello operano in quel mcdefimo
modo» Oltra di quefto, quelli, che honorano Apollo, ò qualunque altro iddio, ciafcuno
il fuo proprio iddio, imitando, cercano ' tutti un giouanc.che per natura habbi
il medcsi fimoanimq^chc loro : il quale poi che hanno trouato, prima il lor
proprio iddio imitando, poi alli giouani pcrfuadendo,che li medehmo faccino,flC
moderandogli in ogni loro cperatio:? ne, fecondo il lor fine, quanto le forze
loro com portano, di condurlo fi sforzano alla imitatione del proprio loro iddio,
fiC alle loro fimili operai troni «Non portano coftoro alli fuoi giouani ìnis uidia,òmaleuolentia
alcuna, ma con ogniftu^ dio fi sforzano di conformarli alla loro perfetta Ulta,
ùmilmente a quella di quello iddio^ che ambe due naturalmente honorano . La
cura ' adunque, & il fine di quelli, che ueramente fo5 no amanti ( pur che
eglino fi conducano à poÉs federe quel,che io ti ho detto, che defidcrano ) fenza
dubio alcuno altra non è, che qucftachc io ti ho defcritta . Et è quefto fine
per cagion del Tamtete per amor furiofo in ultimo all'amato lodeuole, 2C feliciflìmo.fe
quefto amato farifi^ inamente prefo d'amore, £t per che tu fappu irCome un
amafo fi conofce dallamor uinto.te Io ;:dirò. In quefto inodo adunque qualunque
ama ^(ofarà d'amor prelo,fi conolceri. Nel prii ci pio di quefta noftr^.
fintione diuidemmo ogni anima in tre parti, flfdimoftrammo li caualli di ;due
lorti.ò: cofi ppncmo^fpiDjC due parti dell'ai fili ma, li Rettore fu poi la
terza parte . Quefte me ;defime cofe ci fa di bifogno cònfiderare al pre:? rfente,Già
tu fai, che di quelli caualli uno ne è buono, flc uno trjrto; ma qual.uirtù
habbia quel ivjibuon cauallo,fi( qual fia la malignità del trifto non Thabbiamo
ar)chor detto^flf però bora deb biamo dirlo. Il caual buono è di perfonapiu ^
j.grande,(Sf più ben formato, ben compofto,flCà »^artei parte tutto ben fatto,
con la tefta alta, le narici affai bene aperte, come quelle dell' Aqui^ 'la, di
color bianchifTimo.coJi gli occhi negri, . defiderofo folamente di honore, fiC
ripieno di temperantia,fiC di uergcgna, & amiciffimo del { aero; non ha bifogno
di ftimulc^òdifprone al:» ccuno^ma folamente fi regge, fl£ guida con l' efor .Catione,
& con la ragione. L'altro poi è torto, uario,CC malifTimo fatto, di una
oftinata "oglia, }{b col collo bado, ha il modaccio fpàanato,^^ fchiaciato
di color fuko,cò gl'occhi brutti,flC di color fanguigno macchiatile
garofo^bcftiale, con le orecchie pelofe OC forde^flf à pena ubedi> fcc alle
battiture, fiCalli ftimoli .Oliando adun^ quc il Rettore uede un uolfo degno
defTer ama to.fiC infiamma tutta I anima del piacere, che ne fente,è fubito da
una certa allegreza commofc fo, flC da certi ftimoli di defiderio. all'hora
quel cauallo, che delìi due è al rettore ubedienfe,co me è fuo coftume, dalla
uergogna raffrenato da fe fte/To indietro fi ritin per non andar' ali amac (oàd
doflo. Ma l'altro non fi può far reftare ne con gli ftimoli.ne con le
battiture, anzi auanti fi fcaglia,ft per forza il cauailo,che è feco con^s giunto,
ac il rettore infiemc rcompigIia,flCà/cit mal grado li tira à uoler fentire il
piacere, che da Venere fi caua . Ma quelli due nel principio no l'ubidifcono,fdegnati
che dal rio cauallo à cofc indegne & ingiufte fieno à forza tratti.finalmefc
lìoncefTando quello importuno diùxcil peg^: g/o, che j può, sforzati
purfilafciano portare, flC cofi gli cedono, & Io contentano di fare quello^
che à lui piace; (ale che in qucfto modo fi ucn^i gono ad accodare al piaciuto
bello, flC uaghegs .giano tutti infiemc il charo afpetto di quella, Ilqualpoiche
ha bene il Rettorconfiderato, a poco à poco della uera natura di quella bclleza
Ti uien ricordando^& cofi un' altra uolta^come già in del fece, col pènderò
riiiede.mà u^clc quella nera dalla temper^ntia accompagnata, fiC ftabilita nel
fermo fondamenfo della caftjia : però parendogli pur iiedcre quella uera,&
diui na t'elfeza, comincia di lei riucrentcmente à tc^r mere ; flc dairhonoiT.che
gli porta uintojn tcx^ ra hufnilmente fi lalcia andare.-fiC facèdo qucfto, c
sforzato di tal forfè tirare le briglie delli due ca ual!(,che bifogna che k
forra dieno dellegropsc pe in ferrala uno di quelli per fe flelfc,ptf ciò che
non fa ali' incontro sforzo alcuno, ft l' altro, che è tiif(o,fiC beftiale,C!
na al tatto contrafua fcogliartì ariojifanandod poi da quella belleza^ iìV dì
quelli per la uergogna,d marauiglia grafi che hahauta,tuttaranifnadi fudor
lafcial^a gnatafiC laltro libero da quel' dolore, di che il tia rar del
freno,5C il cafcar in terra Thaiiea ripieno,i fatica può tr^it* il fiato.-ma poi
eli e tn fe r itornaK)', tutto da fdtgno comoffo il Rettore, & il cauallo feco
congiunto riprede, che per paura, fiC da po^ cagine di là fi fieno pattiti,
doue egli tirati gl'ha ue*i.Quindi non uolcdo però eglino ritornargli, di nuouo
sforzadcglf ,pur al fine à fatica gli con cede, che con preghi da lui
impetrino, che per fino all'altro giorno fi indugi à ntornare!il quale ordinato
tempo'uentndo, fingono di non (e nt ricordare ;.ma egli con tutto cicgh el
rammcna ta,ftdi nuouo sforzandoli, 2f gridandoli, flf df nuouo à forza feco tiradoli
, pur li conduce à uo Icr dire all'amato le medefime parole, che hieri gli
differo. Ma dipoi che più appre/Tati fi fono, egli torcendofi.flCabbafTandofi
(tendendo la co da,ftringeil freno, flCcofi furiofamcntc feco li tira. Ma il
Rettore. che l'altra uolta affai mags giormentehaueua lemedefimc forze
fofFerto. pur in altra parìe uoltandofi, molto più forte, . che dianzi, le
briglie ritirala: cofi sforza la dura bocca del triftocaiiallo, flC bagnandoli
in que^s fto modo la brutta linguacce le mafcelle di fan^i gue,lo butta al fuo difpetto
di nuouo à ferra, fiC còfi del fuo errore gli fa patir le pene, il che poi the
più uolte hail trifto cauallo fofFerto,lafcia pur al fine la fua pazia,fif cofi
horamai diuenu:^ to piaceuoIe,ubidifce alla prouidentia del Ret^ tore.flCinfiemecon
lui, quando l'amato bello rifguarda, tutto per la paura trema : di modo che
affai fpeffoauuienc, che egli feguiti le pe:^ date dell'amante con reuerentia,
flC honorc.flC quelle dell'amato con timore . L amato aduns que connfcendo efTer
dall'amante fuo, come fe à iddio fufTc uguale, ubbedito, flCofreruatò,fl£ ucdendo
che egli no finge, ma è à ciò fare dalla inore sfor2ato(ac maffime che ogni
perfona ho^ fiorata, per natura pare che fia amica di colui,' che r honora ) al
fine fi diTpone hauer la mcdc^ fima uoiontà,che l'amante. Et ben che pnipai tt
dalli amici fuoi,CC da quelli, che infieme feco ftudiauano,flC da gli altri,
forfè per dargli biafis ino,fufli flato ingannato, elTendcgli da quei tali detto
efTercofa brutta, che un giouane appreffo al fuo amante fia ueduto, fl£ per
quefto forfè habbia già l'amante da fe fcacciato,non di me^ no air ultimo per fpatio
di tempo &' la età, fiC r ordine debito delia natura del fuo amante lo rendono
amico : per ciò che non fi trouò mai, che un trifto non fufTe amico d' un
trifto,flC un buono d' un buono. Et però poi che un gioua-* ne comincia à praticare
col fuo amante, & afcoU ta i fuoi ragionamenti, airhora facendo lamanar te
ogni giorno più il fuo amore conofcere,sfor:j za ramato à marauigliarfenc nel
confiderare: che fe la beneuolentia de i parenti, flC di tutti gli altri amici
à paragon fi metterà di quella di un' amante ripieno di furore, a di fpirito
diui:? no, farà per certo di pochifTimo,© di nefTuno momento. Et fe quello
huomo di più età, che (ara amante, feguiterà in queftaguifa per quaU che
tempora: fempre « nelle fchuole,ft in fijs miìi altri luoghi apprefTo all'
amato cercherà ri^ frcnaifi,alI*hora il fonte di quel liquore f quale già G
ione, quando dall'amor di Ganimede fu prefo, dicono che chiamò
inf]ufroarDororo)qua le nell amante dall'amato belìo. più abbondanti temente,
che nell'amafo è infufo, parte nelTarJ mante fi uùz^Ct parte di fuor traboccndo
fi fpar ge.flC cofi in quel modo,che fapiamo fare laerc. ^ flC quella ucce,ché
chiamiamo Eccho,qua!e da qualche corpo c)heue,òfòIfdo percoda/tn quel luogo,
donde prjma fi partì, ritorna: cofi quello influffo amcrcfo ritornando per uia
de gli rechi i in quel bello. donde già fi lcuò,p€r li quah egli hacoftume di
penetrare alTanima noftra,di tali) forte inaffia,& bagna i meati delle
penne della anima delTamafo/che facilmente po/Tono.fiC co minciano à germcgliare
: flc cofi T amante lanist model fuo amato ikmpie d'un corntpondentc ^ amore.
Et di qui uiene, che egli ama, ma non fa certo quel,che egli ami, ne conofce
quefta fua paflicne.ne la può, ò (a dire. Ma ;ion altrimenti che fe perlagiiaLdafLU-i
d'uno, che hauc/Tegli cechi mal fàni, fi fei] ti ffe hmiimcnte gli occhi fuoiguafti,
cofi non fa .dire ia cagione di quella Uia infirmiti, ne fi accorge, che egli
uede.a ua4 gbeggia fe ftcfTo nell'amante. come in uno fpec «hia*Oi:ide cientre.che
gli ci amante prcfente^ fcnfc anch' egli mancare il dolore : fic quan dog, poi
r ha lontano, in quel modo, che egli é defi^ dèrato, altrui defidera: flC cofi
in fe haiiendo unt ìmaginfe ucra d' un cortifpon dente amore , non- più amore,
ma amicitia la chiama, flc cofi penfa^ chefia* Defidera adunque quafi quanto
Ta^ mante ( hen che alquanto più moderatamente) uederlo, goder (empre deirefTer
con lui,fiC femprechegli è concelTo» cerca, flcfj sforza di farlo. Per jl che durando
quella pratica tra co:$ ftoro,iI cauallo trifto dell'amante al Rettore ri* uolto,
domanda per tante fue fatiche un breue, flCinhonefto piacere . Il cauallo
all'incontro del giouane non fa quello,che fi habbia à dire, ma tutto anfio^fiC
nell'amor commoflo,ama raman te tanto,quanto egli é amato.à: fi gode di luti uer
uno ritruouato^che tanto lo ami,£C di qucU io con lui fa fefta,&fi
rallegra. Et ftando iti quefta conuerfatione.è paratiiTimo quanto à lui è
poiTibile à ogni defideno dell' amante fcdif^ fare : ma l'altro cauallo col
Rettore inficroe.dalis la uergogna,à: dalla ragione ammaefiirati/ems pre in
fimili cofe gli tono contrani. Per la qual cofa fe coftoro, fecondo un
giuftomodo di uiuerc, fi: fecondo li ftudi della Filofofia^ fi empieranno di
buom^belii^ft Unti pcijiien^^ .meneranno la uita loro feliciffima, flcbeata^con
concordia grandiffima.di loro fteflì padronf;^K in ogni loro affare modefti. Hauendo
quella parte foggiogata, OC uinta, nella quale fta tutto il ultio dell anima noftra,a:
per il contrario quel là altra libera, alla quale la prudentia,& la bon^ tà
fi appartiene . Et cofi al fine di quefla uita ha^s '^uejidogià le ale racquifl.ate,ueloci
al cielo uo^ landò fe n'anderanno, con ciò fia che habbino uinto un combattimento
delli tre, nelli quali fi fono ri{rouatì,come hai innanzi udito, quale bc ne fi
può dire efTere della maniera, che fon quel li, che olimpici fi domandano ; del
quale bene nefTuno più degno può à gli huomini arrecare l'humana temperantia,ò
uero quel diuino furo^ re,chehabbiamo detto. MafeqMeftì tali fegui^; fcranno
nell'amor loro una uita brutta. fiC in tut lo di Filofofia priua,& non di
meno piena d am bitione,gli potrà auuenire,che li intemperati cauallj
asfalteranno le poco auucrtite anime lo^: ro,nnientre che ò à qualche
difordinato defideno fodisfaranno,ò mentre che in qualche altra ma:: -niera
licentiolamente perderanno tempo:& con ^ducendoli pure à delettarfi di
quelli piaceri^ nel liquali gli hanno troaati (ommerfi^lj sforzerano ri
fejguitare qudk forte di follazo^chc è dal uoU go perfettifTimo giudicato. Tale
che poi femprc fi daranno inuol(i,flf occupati nella fantafia fodjsfare à quel
trifto defidcrio. Ma haranno queftafodisfattione,che cercano di rado: per ciò che
il penfiero deir animo non confente tutto à far qucfto, & però quefti
fimili amici anchora f ben che manco amicitia fia la loro che quella, che di
fopra ho detto) fiC mentre che 1 amor loro bolle, fiC poi che egli è eftinto
infieme amrche^ uolmente uiuono; per ciò che tengono per cer^j to di hauerfi
lun 1 altro data una ftabiliffima ks de : flC però giudicano eder cpfa ingiufta
quel^ la fede rompere, flc doue già erano amici, inimiss ci diuenìre. Finalmente
quando poi alla natura cedono, fiC dal mondo fi partono, non hauendo anchor
mefTe le ale, ma folo hauendo cominciai to à mettere le penne, non riportano
poco pre^t .mio del loro amorofo furore. P^r, ciò. che la diui^ na legge non
uuole,che coloro, che già haueua no cominciato à caminare per quel uiaggio,chc al
ciel può condurre,difcendino nelle tenebre fottola terra.Ma quelli, che qualche
lodeuolc uita fanno, mentre che infiemc uiuono amore^ uolmente, ac infieme
rimettono le ale.comanda (}ue(U legge.che fieno beati : di queflo ne c folo
cagione amoVe. Tante adunquc^fl: fi fatte utilità giouancmio gentile, dall'
amicitia d'u^» fio amante, come da cofa diuina ti faranno dars t2,Ma la compagnia
di coluiche non ama,con:s / giunta folamente con la temperantia del mons: do,fiC
non con la diuina, come è lamicitia d uno amante , & data in tutto ad
atti,ft operationi mortali, fiC uili, genererà nell'animo del fuo ami co quella
licentia di parlare, che pare al uolgo uirtù:fiC farà fi che dopo la fua morte
preftamens: teanderànoue miliaanni intorno allaterra,fiC fotto aggirandon,&
errando . Quefta nuoua can zona,ò amatiflimo amore, flc contraria in tutto à
quella, che prima detta haueua. quanto più dottamente, fif in quel migliore
modo, che ho U puto,con paroIe,flC figure poetiche, pereforta:/ (ione di Fedro
in tuo honore ho cantato ; per il che perdona à quelle parole,che prima diffu ,
Etqqefte cofc afcoltan do, dette da me con gra^s to ànimo^ benigno,
flcfauoreuole mi ti moftra^ fiC non mi priuare per qualche fdegno dell' arte damare,
la quale già m'hai conceffa, ne manco punto fcemar la uogli.anzi più tofto
fammi gra tia,che per Tauuenire io fia per que(la cofa più apprezato^chc per 1
adictro ftato non fono.oUra eli qucflo fe io.ò Fedro co/à alcuna foco degna del
tue bel nome habbiamo det(o,accofa di ciò lifia.il quale fu primo autore del
noftro ragios namento.acfa.che egli per lo auueiiire più di fimili cofc non
patii : JC riuoltalo alla Filorofia, ' ^ome il fuo fratello Polemarco.acciò che
Fes dro.chcfommamentc io ama, non habbia da tenere bora una opinione, fic bora
un' altra, co* me fino à hoggi ha fatfo,ma più torto nello ftu dio dell'amore.
& della Filofofia meni / giorni della Ulta fua. F E£>. Ioanchora.fe gh è
il •meglio, prego Iddio, che ciò mi conceda. Ma io ti dico benejl uero. che io
flupifco del ragios Bar, che hai fatto, ucdendo di quanto babbiauanzato quel di
piima : tale che io comincio à dubitare.che il parlare di Xifia non mi babbi à
parer ba(ro,«humile.fe forfè un nuouo ragios mmento facendo, à qucfto tuo lo
uorrà aiToes oiigliare , Et uoglio che tu fappi,che pochiffB mi giorni fono,
che un certo noftro cittadino lo uituperò grandemente, folamente per qucs fto
fuo fcriuere.* in tutu la fua accufationc lo chiamaua, per largii ingiuria.
Scrittore d'oratio* ili. Tale che per qucfto potrebbe forfe,fe egli c punto
defidcrqib di. hpnore.per lo aiuenire •fteocriidircriucrc, $ 0 C R. Fedro que» Ha
tua opinione c degna certamente di rifo, ficfarcftimolto lontano dalla
fàn(afia, & dals la mente di Lifia.fe tu pcnfafli. chc eglifufs fc cofi
timido . Ma forfè che tu credi, che quel fuo accufatore dicefli il nero in
tutte quelleco* fe;checon(raLifiadiflc. FED. Certamente Socrate che à me parue
cofi.ne anchora à te è oc culto, che gl'huomini grandi, flC nobili delia no (Ira
Republica temono, fiC fi guardano di coms porre orationi.flC no uogliono.chc
fieno uedutc fcritte,per non moftrarc à quelli, che uerranno, dcÀTcr flati
fofifti.effcndocofa facile lo fcriuerc ttnaOratione. SOCR. A quefto modo ò Fedro
tu non intendi il prouerbio del gombito dolce, ilqual prouerbioc tratto dal
lungo, fiC trifto gombito del Nilo.flC debbi pen fare, che ^ , dicendofi dolce,
fia facile, come pare che tu cress da, anchora che il fare Orationi fia di poca
fiti* ca.eiTtndo però di grandi (Ti ma. Et ne folamens te iiò fai quefta
cofa.ma anchora penfo che non ti fia noto.che quelli cittadini. li quali per
pruss dcntia fono eccellenti, attendono grandemente à fcriuerc Orationi.CC à
fare che quelli, che uers ranno,le po/Tino uedere. Etqueftì tali di mo* do
amano quelle perfone, che lodano le compo iitioni loro,che la prima cofa di
quelli fanno mentione.meutione.che hano ufanza dir bene delli fcrifs ti daltrui.douc
11 truouano. F E D. Come dici tu queftoJ'Io non ti intendo a mio modo •r. SOCR,
Non fai tu,chc nel principio d'un libro, che da qualche huomociuile fia corapo^
fto.fi fa fempre mentione di colui, che l'ha lo^ dato? FED, Inchcmodof* SOCR*
La primacofa,che,dicono,cquefta. La opinione noftra,òuerolanofl:rafcrittura fu
appruouafa dal Senato, ò dal popolo, ò da ambe duerquindi con una certa
ambitiofa ricordatone di loro ftef fi, mettono per ordine tutte quelle parole,
che quei tali in fauor loro hanno dette, fempre dando colui, à cui è il lor
parere piaciuto .Dopo quefto dicono quello, che intendono di fcriucj^ re;
fempre faccendo moftra del lor faperc à cos^ loro, che li lodano, flC quefto lo
fanno affai uol^s te : ce non folo nel principio, ma anchora dipoi che una
lunghiffima Orationc haranno detta. Parti egli quefto altro, che uno fcriuerc
Oratici ni? FED. Ccrtamentcnon. SOGR. Ho rafe queftò dir loro è approuato,fubitOj
d' allc:s greza ripieni, fi partono dal Senato,comc fareb bc un Poeta dal Teatro,
fe la fua Comedia fuffe ^ piaciuta. Ma fe per forte fuffe riprouato,ò rifiu^s Wo^ac
il lor configlio non fuffe ammeffo, ne ri:s pìlfafo dfgfiò di cffere fcritfò
con gTi àlfrf /non foJofi cnvpfono di triftitìaqufi tali, ma li loro amici
anchora. F E D. Sitrattnftano certa:* in rn te non pòco. SOCR. In queflo mo^ do
adunque dimcftrànò,chc eglino non fanno poco conto di qnefto efercitio di
fcriuerc,anzi diapprczirloafTai. FED. Grandemente cer toloftimano. S OC Dimmi
un poco, Se qualche grande Oratore, ò ucro uu Re/i haueCs feacquiftata t^nta
facultà,a: tanta fcientia nel dire, che come Ligurgo, Solonc.o Dario, pote&
fe degnamente nella fna città efTer tenuto Scritii tore perfettifllmo^flC
immortale, non gli parria f/Tcre, mentre che anchor qua giù uinefTe quafl fimile^ò
uguale à Iddio / Et quelli, che dopo luiuengono,conriderandoIeccfe,che egli ha lafciato
Tcritto, non hanno di lui quel medefi^ mocrcderer' FED. CertifTimo. SOCR. Pcnfi
tu adunque, che alcuno ( fia pur quanto fi lioglia trillo, ft inuidicfo)
Uituperi quefto flu dio dì fcriuerc? E E D. Per quelle core,chc tu hai dette,
non par conucniente: per che eia:» {cuno,pare à me,uituperarcbbc quelle
cofe,del le quah egli fi diletta. SO CR. Etperòque^ fto può efferc à ciafcuno
chiaro, che alcuno non c daelTerc uituperato folamentc per che egli i • fciiua.
fcriua. F E D. Per che adunque f SOCR. Ma quello c bene, come io penfo, brutto,
par:^ lare, a fcriuere cofe brutte, ftcattìuc. T E D. Quefto è ccrtiflimo . S O
C R , Qual farà adun qtie la ragione dj fciiuerc benc,tt male f Non penfi tu
Fedro, che ci facci di bifogno di firoili cofe domandarne Lifia^ò qualunque
altri, che ò nero habbia à qualche tempo fcritto qualche cofa.ò uerohabbiada
fcriueie ò qualche fatto publico d una citta, ò qualche faccéda priuata, quefto
lo facci in uerfi, come Pceia,ò uero in profa come perfona priuata f E E D. Mi
doman di fe io penfo,chc facci di bifogno domandare, & cercar di fapere
quefla Cofaf' Dimmi un pocd, nó fono alcuni, che uiucndo ad altri piaceri non ,
attcdono,che à quelli di domandare K di uoler da ciafcuno fapere la ragioe delle
cofef Et quefti tali come faui, nò attendono nella loruitaà quel li piaceri,]^
quali di ncceflltà hanno prima quaU chedifpiacere,altrimeti il piacere no fi
potrebbe godere.il quale effetto interuiene quafi à tutti li piaceri del corpciflfp
quello ragioneuolmetc fo no chiamati piaceri uili H di poco momcio. Soc. Noi
habbiamo tepo ÓC cfio aliai, & ancora mi par ueder,che quefte cicaie,<:he
fopr'il Capo noftro , .cantano^com'è ufan«Joio:ncl caJdo,att^ndar^o à quefta
noftra difputa . Se adunque elleno ci uedefTcro addormentati, come fpeffo molti
altri fanno, li quali nel mezo giorno non difputan:: do, ma più prefto
dormendo, fono al fonno per poca anuertenza loro da quelle allettati, merita^ mente
fi potrebbono ridere di noi,confideran2: do,fl£uedendo che dal fonno uinti
fuffimo. Ma fe elleno ci uedranno difputare,fiC conofce^: tanno, che noi non fiamo
flati uinti dà loro(co:5 me fono alcuni dalle Serene, per il che non pof fono
pigliar porto ) forfè che uolentieri ci donc fanno quel premio, del quale per gratia
de gli iddii poffono à gli huomini fare dono. F E Chedonoèquefto? A me non pare
hauerlo mai intefo. SOCR. Non fi conuiene,che uno huomoftudiofo,flC amico delle
Mufe, come fci tu, non fappi una fimil cqfa. Si narra che quc^: (le cicale
inanzi che fuffero le mufe, crono huo mini : ma nate che furono le Mufe,fiC poi
che il canto hebbero moftrafo,fi dice che ad alcuni di quelli tanto quel canto
piacque, che per cantare non fi curauano di mangiare, ne di bere : £C cofi imprudentemente
fi lafciarono mancare la uita: delti quali nacque la fpetie delle cicale, le
quali hanno dalle Mufe quefta gratia,che non han bi fogno di nutrimento
alcuno.ma mentre che ui iooà uono, foci lO'lOOf IfìOt Sì nono, ftmprc cantando
fi mantengono fcnza mangiare,flC fenza bere, Dipoi finiti i lor gior^ ni, (e ne
uanno à trouar le U iife per dargli no^ titia,fl: informare quali fieno quegli
huoniini^ che qua giù amano più una Mufa,che un'altra» Per il che dimoftrando.
à^.Tcrficore quelli, che ^iu che in altro, ne i canti, flC nelle fefte femprc fi
ritruouano, gliela rendono propitia, OC fauo^ reuole, A Erato poi moftrano
tutti coloro, che ne i càfi amorofi Vitrouandofi, hanno il fuo ftu:: dio&ìmitato,6Chonorato.Et
cofi fimilraentc fanno con le altre Mufe,flC gli mettono in gratia coloro, che
più che h altri lamano.Rapportano anchoraà Calliope, OC à Vrania,che
fippreflogli ua,la uita.flC i fitti di coh)ro,che nella Filofofia fi
efercitano;fiC honorano la loro fcientia.Lc qua li oltra tutte le altre
Mufe*hanno cura della cojs - gnitione del cielo, ficfi efercitano in ragionai menti
cofi diuini, come humani con uocifoa^ uiflime* Et però per molte cagioni
dobbiamo dir qualche cofa,ne in modo alcuno habbiamo nel mezo dì a dormire . F
E D , Habbiamo à dire per certo. S.O C R . E adunque hormai tempo di dichiarare
quello, di che poco fa ordisi nammo di difputare,ciò è in che modo un'huo inofcriua,ò
parli bene, fiC non bene, £ £ Qocfto c propfo quello, fopra il qnalf ha da eù: fere
il noflro ragionamento. S O C R. Non pcnfi turche fia neceffario^chc colui, che
habx^ fcia da dire qualche cofa/e ne uorrà ragionare a pieno, fiC bene, habbiapiena^flCuera
cognitio:: ne^flCintelIigcntia di quella coia, della quale pirlaf' F ED. Io c
Socrate, ho udito dire, che a uno, che debbi diuentare Oratore, non e nes: ceflario
il fapcre quali fieno quelle cofe.che ue^s ramentc fieno giufte, ma debba
folamente quel le conofcerc,che al giudicio del uolgo parran:: no cofi : ne
manco debba fapere quelle cofe^ che ueramente fono buone, « hcnefte,nia quel Ie,chc
compaiono. Perciò che dicono quefti tali, che per uia di quefte cofe non
uere^fi può più facilmente perfuadere.che ccn la uerità, ^. OCR. Mai òf
fdromio,non fi hanno da iprezare li detti de gli huomini faui,anzi fi deedil/gentemente
considerare quel, che fignifichi:? :iio. Et però à me non pare di iafciar
pacare quel le parole,che hai poco fa dette, F E D. Tu parli bene, S o C R.
Confideriamo adunque quefta cola in quefte modo • T ED. Cowtf S O C R. Cefi, Se
io per cafo fi uolefFi perfuasi dcre,che tu fuffiper uinceregli tuoi inimici. ;quando
tu haueffi un buon cauallo,nc alcuno Ai noi f^ipein che coA Me quefto
cauallo,m4'tb fohtfìtnìt tkpm:chc kù ndtì fai gii come uh tJiaalfo fia fatto,
ma che tu penfi ,ch'C egli fià ti*» ànimale domefì/co con gì Wcxhi gridi. F E
Dv Sequeftofu/fe/ceftameinte farebbe cofa da rr* <ìere . S O C R , N òn ^t^u
cfto non bafta . Ma quando io con ogni sforzo nìi ?ngegfìaffi di pet fuaderti (
non f^pendo nt tu^nfc io àltfC ) chè quello anÌTTidefurti^ un cauàlJo/a per
quefto iò liaue^S compóflÀ nna Òrationeìn lode dell'Afiis no, chiamando quello
anrm^lè càuàilo, afferà mando efTere animale pérfètdfTinìo, utile per ca fa,
perle facccnde/tSc prontiiTimo/fiiore aib battaglia, atto à p citar fome.'fiC à
molte altre cofe tommodiffiiT>o> f ED. CJi^^efto fi /che farebì be
fuòrd^* pfopofitóalpònTjble. S |0 C K. Kon è egli meglio, che un'amico fia
ficetó,fit piaceuò!e,5Cche faccia ridere, che ftrano,ttdi malanimof F '£ O.Cofi
par à me. S OG.Qnan do adunque un oratore ignorate del male,tt deì bene
perfuade i una città fimilmenre ignoranti non con una oratione compofta in
lodxr d'uno Afino, penfando che fia un Caudillo, ma ragion Dando. flC difputado
del male,cr€dedo che quel lo fia bcnetflC cofi tirando à Tua diiiotionc le opf n
oni del uolgo, metta in quella citta tìn'ufanzà dì far male in cambio dì
b'efie,che ricolta pcnfi tu che un fimile oratore facci della fua (cmtiìUi FED.
Non troppo buona. SOCR. Non confeffihoratu,chc noi habbiamo uitupcrato l'arte
dell'orare un. poco più fcioccamcnte.chc non fi conueniuai' Et fc per cafo ella
ci haucfle fentifo, flf bora fiuoltafTc à noi, «ci dicertr* Seteuoiimpazati
Socrate, fiC Fedro mici cari^ 10 n5 sforzo alcuno à orare, che prima non hab bia
cognitione del uero : ma fé gli huomini fa;? ranno à mio modo,airhora mi
imparerano quan do la ueriti haranno cpnofciufa.fiC io ui pofTo af fermare
quefto con uerifà ( il che è certamente gran co(à)che anchor fenza l'aiuto mio,
pur che uno fappi render ragione delle cofe.flC le cono:? fca,harà in fe ogni
modo l'arte del perfuadcre 5, Se coftei dicerte cofi,non harebbe ella ragione-^
F ED. Io te'lconfertb^purche molte ragion ni, che io ho intefo, faccino
teftimonio,che il fa per folamente fia arte ; per che è mi pare hauer^ udito
certe ragioni, che prouano^che l'arte del dfre fenza il fapere dicendo d'eflèr
l'arte, nò dice 11 uero : per cièche altro non è, che un' ufo fen za arte . Et
Lacone difre,che la uera arte del dire fenza la uerità trouar non fi può, ne
mai fi tro^s uerà . Qtjefte ragioni ò Socrate fanno hor di bi? fogno, flC però
adducendole moftrami un po^ coqucl,checoftoro dicano, flCin qual modot^ S O C R
, Soccorrlnmi adunque, ft ucngano -in mio faiiore tutti gli animali
generofi.fiC pcrsx iiiadinoà Fedro, che fc egli non attenderà alla Filofofia^non
faperà mai di cofa alcuna à baftan ■ za ragionare, flC Fedro mi rifponda
ogniuolta, che io lo domanderò . F E D. Domandami adunque • S O C Dimmi un
poco,la Ret^ torica non diremo noi, che (la una arte, che per mezo delle parole
alletti gli animi de gli huos mini^ Et queflo lo fa non folamcnte dauanti al li
giudici, flC nelk altre publiche raunate di huo mini.maanchoraquefta medefima
arte difpu^ .terà nelli priuati ragionamenti Mi ciafcunacofa cofi d'importantia,comc
non . Per ciò che nien^ te è più honoreuoie,ò più degno il parlare con arte
nelle materie grandi,che fia nelle piccole* Hai tu mai udito dire quefto.^ F E
D . Non io certamente,anzi ho intefo,che quefta arte fola^ mente (ì efercita
nelli giudicii,flC nelle Orationi al populo,ne ho mai udito, che ella fi
di^lenda più in la. S O C R • Hai tu mai intefo ragion tiare della grande arte
del dire, che Neftore,fiC VlifTe efercitauano, mentre che erano à Troia? Hai
intefo quella di Palamede 1* F E D. Non io,fe gii tu nò uoleffe dire che Gorgia
fuffe Nes ilore,£C Kimilmente che Trafimaco^ Teodoro fttfléio \Wc . $ O C R .
forfè che io !o pos» ♦rei dire. Ma Ufciamo andate ccfloro.fiC rifpon» aiini à
quefto, ISe i gindicii gliauuerfani^cb* liàtaftcìoi «gUno r Non cercheranno
feinprc dt cònfradire à tutto quello ^che dice la parfc con;* frariac Puoi tu
dire,che .faccino altro;' F E I>. Quefto ianno.ft non altro. SOCR. Non contendono,
& djfputano fempre cjual fia il giù ftoi,« qua! fu k) iingiiifto f f E D .
Cofi è, j^P C R . Colui.che faprà fare quefta cofa con jirtc,i.ion potrà fare
anchora che a quelli mede» fin^i pai» uni cola ficflahora giufta.fthora in;s giufta,.^
f E I>. lo potrà fare per certa» / S O C R.. Ijtfuwlmeute egli orerà in pu*»
l>ljco,potrà fàre,cheaHi fuoi cittadini le medes fitBCCQf? parranno Upra
buone, <SC hora triftc;* F E , Cerfaaiente. SOCR. Et quefta nonèsnarauigliofo.perchc
noi habbiamo rn* tefo.ehe.i^aUiBede Eleaf€,eol fuo artificio del dire era
fclito far fi che à chi,!f)..udÀua.pareflero ie noe defw«.<pfe bora
fimili.Sf bofa'diuerfe,ho ta una c.o{a,iibU,ft hor» wp] te-, bora che ogni cq. fafufreiaiwobile.&hora
che i'ufliuerfa fcms: pre fteffe i,n moto, f E D . l' ho intefo ans ^' io pei certQ.
S Q C R , Adunque quefta jppteftUa, di confradiKiik fiofe d^tte innanzi^ . non
folo è porta nélli giud/di, ft nelle pubfi^' che radunate, ma anchora^come ti
ho moflratoj fi truoua in ogni ragionamenfo,che fi fa: per ciò che dò che fi dice
tutto è un'arte, con la qui le ciafcuno potrà fingere, flc dare ad intendere à ogni
perfona, che tutte le cofe fieno fimih'^ac faperi trouare i nìodi di moftrare
quefta cofa,fl( intenderà come habbia a fare, chiare quefte. fo:*. miglianze. F
E D. In che modouuoi tu,' che fi facci quefto.^ S O C R. In quefto* Dimmi un poco,rngannanfi
gii huomini in quelle cofe, che fono tra loró molto differenti, ò in quelle. che
fono poco? F E D. Inquelle^ che poco fono diffimili , S Ò C R , Bene ha( rifpofto.
Hora fe tua poco i poco pafferaida un fimile all' altro, più facilmente potrai
inganni naregli auditori,che fe in un tratto dfalterai^* F E D . Chi dubita di
queftof' S O C.Adunquc bifogna.che ogniuno,che uorrà ingannare un* altro, facci
prima in modo, che no fia ingannata egli . Et però farà necefrario,'che conofca
beijiJ(fi ino le fomigliaze flf le diffomigllanze delle cofe* F E D , Quefto è
neceffario, S O C R. Potrà adunque uno che fia ignorate della uerftà di eia fcuna
cofa dar giuditio della fimilif udine ò gran de^ò piccola di quella cofa eh
egli non cooofcc/ FED. Qnéftocimpofribile. SOCR. Et però c cofa chiara, che
coloro, che hanno qual^s che opinione fuor del naturale, ò credono il fal^ fó
di qualunche 'cofa, non per altra cagione fo^ no in quella fantafia, flCin quel
falfo parere, che per qualche finiilitudine,che gif ha ingan^ mti. FED. Cofi
interuiene. SOCR. Potrai tu dire adunque che alcuno, fé farà di
quellocheuorriadifputare ignorante, pofTa con con arte,flC aftutamente à poco à
poco rimuoue^ re uno dal uero,fiC fargli credere il falfo per uia di qualche
firnilitudinej'ò crederai, che quefto tale poffa fardi non cafcarc nell'errore,
nel qua^? Ic'cerca gli altri condurre FED. Certo che io noi crederò mai. SOCR.
Et per quefta cagione qùàlutìque perfona farà ignorante della uerità dolina
cofa, & folo dairopinione fi lafirie* rà guidare, coftui dimoftrerà di
hauere un'arte di dire fciocca.flC più da fare altrui ridere, che buona ad altro,
FED. Cefi mi pare certe. S D C R . V noi tu hora uedere, ft confiderare flC
neiroratione di Ljfia,che hai in mano,& nel feritire il mio ragionamento,
douc fi parli artifi^t. ciofamentc,a: doue fénza arte^" FED . Que^i fto
uorrei io più che altra cofa ♦ Per ciò che al prefcnU noi ragioniamo troppo
feccamcnte.no potendo pofendo dimoftrarc ercnopi chiari di quelle co* fc. che
diciamo. SOCR. Si.ma ionogho, che tu fappia.chc la maggior parte delle Ora* tioni
fon dette à cafo.come è manifefto: le quaxs li ci moftrano chiaramente, che un'
huomo.chc appia bene.flc conofca la uerità delle cofe.men tre che egli con parole
fcherza, ec fenza punto penfarci.ragiona.conduce l'audifore à quello, che
uuole. Et io certamente Fedro, penfo che gliiddìi di quello luogo habbiano
hoggi cagio nato in me quefto effetto di perfuaderti.ft forfè potrei anchor
dire.che le cicale interpreti delle Mufe.le quali fopra di noi cantano,mi
habbias no fatto quefta gratia. per che in foma in me nó è arte alcuna di dire.
F E D . Sia come tu uuoi. pur che tu mi moftri qucl.che mi hai promelfo. SOCR.
Leggi adunque il proemio dell' Os catione di Lifia. FED. «■ IN Q^V E S T O
(lato certamente fi truouano le cofe mierflC quefto.come hai poco fa intefo da
me, penfo che mi babbi à gjouarc affai . Hcra io uoglio che fappia.chc io
ftimo,a: giudico, fe cofa alcuna io ti domanderò.doucrs la da te per quefta
cagione impetrare : per ciò che 10 nó fon prefo del tuo amore. Et che ciò fu iluero,tu
fai che gli amanti, come prima han*; 1)0 la !or libidine faflata/i pentono de i
benefis ci.che t'hanno mai fatti . S O C R . Non legge/ pili . Bifogna bora dire
in che cofa coftm erri.flC quel, che dica fenza artt. Nò ti par cofi:' F E D. Certamente.
SOCR. Dimmi un poco, non è quefto chiaro à ciafcuno.che in molte cofe ne i ragionamenti
noftri tutti crediamo à un modo, fi( in molte altre non habbiamo il medefimo
ere derei? F E D. Ben che mi paia intendere quel, che tu dici, però io uorrei
che lo diceffi più chia ro. SOCR. Quando unofa mentione del fer ro,ò dell'
argento, tutti fubito intendiamo una incdefima cofa. F E D. Certo. SOCR. Inter uiene
egli cofi.quado fentiamo il nome del giù fto.ò del buono, nò crede all' bora
ciafcuno dis uerfamente ? Et non pure non ci accordiamo con l'opinione de gli
altri .ma anchora fiamo in dubio della noflra. F E D. Cofi ua. S O C R. tt però
in molte cofe acconfentiamo tutti à un inedefimo.flC in molte fiamo di uarie
opinioni . 5 E D. Cofi è., S 0 C R. Doue potiamo noi più facilméte effere
ingannati. « in qual d,i que ftc cofe ha la Rettorica più forza:* F E D . E cofa
chiara, che in. quelle. delle quali più dubis(iamo.piu ha forza l'arte del
dire. S O C R , Et per quefto fa di bifognoi colui, che uuolc ini* . parare.
jwirare, R atrquiflare la Retorica, prima di uederc quefte cofe tutte ordinatamente,
& feparare Tuss na dair altra, & gli è neccflàrio ccnofcere di quaf forte
fieno le cofe tatte,intorno alle quali fi può . ragionare, ò uero della forte
delle dubitò pero delle certe:fiC fapere doue maggiormete il uolgo poffi elTere
ingannato,fiC doue nà, J^Jf. U. Ccf tamente Socrate che colui, che col penfiero
^ja^ piffe quefta cofa,che tu dici,harel)l>c una bella cognitione. SOCR»
Dipoi io penfo, che quc fto tale debbia fapere la natura diciafcunacofa, acciò
che dj quella quado gh' farà bifognOjpofFa render ragione : fiC uoglioche
ingegnofamente intenda di qual forte, fiC di che genere fia quella cofa,
intorno alla quale fi debba ragionare ò delle dùbie,Q delle certe. F E D.
Perche noni S O C R. Diremo noi, che 1 amore fia poftq tra le cofe certe, ò tra
le dubiei' F E D.Trale dùbiecertamente . S O C, Penfi tu ch'egli fi conceda .maliche
tu dica di lui quelle cofe, che poco, fa .hai dettecelo è eh egli fia noceuole
all' amato, flC ali amante Et dipoi ch'egli fia il maggior bene chefitruoui:''
F ED, Tu parli bene. SOC, (Ma dimmi un poco anchora quefta cofa, per cheÀdirti
il uerojo non mene ricordo troppo bene Ì>er effer ^ato io nel ragionamcto
mioi occupato a uinto da quella diuinifà,clic fu (af. Ho io nel principio della
mia difpufa difBnifo^chc cofa fia amore? F E D. Si hai,flC beniflimo. S O C O
quanto tu dimoftri ( dicendo che io fi bene rho diffinito ) che le Ninfe d'
Acheloo.flC Pan figliuolo di Mercurio, fono più ingegnofi al comporre Orationi,
che no fu Lifu,per ciò che quefti mi hanno fatto dire. Non ti pare egli, che iodica
il ueroi' Ma Lifiaanchora nel principio della fua Oratione ci sforzò ad
intendere, che la more ( come egli uoleua ) era un non fo che po fto fra le
cofe dubbie, flC incerte ; flC cefi accom:^ modando a quefta cofa tutto il
feguente fuo ra^ gionamento,fini la fua Oratione • Vuoi tu, che un'altra uolta
leggiamo il fuo principio.'' F ED . Come tu uuoi,ben che quel,che tu cerchi, ih
efTo non ci fia • S O C R . Leggi , acciò che io loda. F ED^ I N Q^V E S T O
flato certamente fi truouano le cofe mie : ft quefto,come hai po:s co fa intefoda
me^penfo che mi babbi à gioua^ re affai . Hora io uoglio, che fappi,che io
iiimo, ce giudico, fe cofa alcuna io ti domanderò, do:s uerla da te per quefta
cagione impetrarerper ciò che io non fon prefo del tuo amore ♦ Et che ciò fu il
uero^tu fai che gì' amanti^come prima haa DO la lor libidine fatiata,fì pentono
de i bcnes: fìci , che ti hanno mai fatti . S O C R • Egli c molto lontano, fecondo
me, da quello, che noi cerchiamo r perciò che egli pare, che fi sforza di ordinare
il fuo ragionamento, non cominciando dal principio, ma dal fine, con un certo
modo à contrari0,ac fotto fopra» Et che fu il ucro,uedi che comincia da quelle
cofe,che l'amante rin^j fàccia al l' amato , dipoi che T ancore è eftinto ,
"N 5 tifare egli.che 10 habbia detto il uero^ F E D. Senza dubio che quello,
di che egli nel princirs pio ragiona,è.il fine. SOCR. Che diremo noi delle
altre cofer Non ti pare egli, che tutte le parti di qiiefla Oratione fieno
fparfe confufa:? mente Pcnfi tu che quello, ch^ egli nel fecon;? do luogo ha
detto della fua Oratione, egli V hab bia congiunto con la prima parte,
conofcendo cheneceffariamentegli bifognaffefàrlor Et fi:: milmentc le altre
cofe,che^egIi ha dette, credi tu, che le habbia con ordinc,flC con modo difpo fte^
Per ciò chea me, che fono dbgp.i cofa igne rante.pare che tutte le cofe,che da
uno fcrittore fono dette, non debbano cfler dette, flC ordinate fenza cagione .
£ t però uedi , fe tu fapefli truo;? uare qualche cagione nectffaria^per la
quale noi potiamo.dirc,che egli fi fia mcflo à ordinare,flC H ili djTporrc il
fuo ragionamento nel moclo,chc hib biamo ucdiifo. FED, Troppofareblfc ò So crafe,fe
io cefi fcttilmente fapeffi dare giudicio dellifcritti d'altrui* SOCR. Io
penfopu:^ rechebjTogneri,che al meno tu dica,a:con5: fe/Tj quefio^cbe tutta
un'Orationc debbia ciictc come Ufi animale, fiC debbia bauete il fuo corpo, i\
quale non fia fenza capone non gli manchi:^ no li piedi, ma che gli babb/a
ciafcuna fua parJe conuemente,a: coirifpondente al tutto . F ED. Che uuoitu
dire per qucfto?' SOCR. Cons: fiderà ti prego, fc TOratione del tuo amico Ga fatta
cofi,c) altrimcnte,truouerai che ella none punto difterenfe da quello Epigramma
Jl^ua^s le alcuni dicono,che fu fatto (opra il fepolcro diMida Frigio. F E Che
Epigramma è ques fto,ftdicheforte/ SOCR, Odilo,egli di^ ccuacofi, Son fu' 1
fepolcro una Vergìn di Mida/ Fin ch'andran T acque, & fien le piante ucrdi.
Qui dando, ammonirò cialcun che pafTj, Che nel mefto fepolcro Mida giace . tìora
10 penfo, che per te fteffo beniffimo co nofca, che non importa qua! parte di
quello •ponghi prima^flC qual dopo^ ^F E D . A ques: fto modo ò Socrate^ tu
bufimi,fi£ mordi la no^ ftra Oràtiòìiè S O C R . Lafciamo adunque àhdare.acciòche
tu non (i corrucci meco, ben che in efTa fi potrebberotroirarcmolti efempi, li
qaali confidcrati^ci uerrebbe quefta utilità, che non imitafiTimofinrili modìdi
dire. Ma pafe fiamo alle Orationi di certi altri, le quali certa:^ irierife
hanno in fe qualche ccfa degna d' cfTerc offeruata da coloro, che di quefta
arte fono fturs dioG. F E D. Che cofa è quella, che in que:s fte Orafionifj
pnoofTeruarer S D C R. Queftc' Oratfoni erano tra loro contrarie, per c òchc
una irfFernnaua,cbe un giouane aniato fi douefle ac:? coftare alTamante :
<3C un'altra à uno, che non amafTe. F E D. Beniflimo certamefc. S O C R: Io
penraua,chc tu rifpondeflj con più uerità,flC che tu diceffi non bcniflimo^ma
pazamente,flC furiofamenfe certifTimo/non di meno quel, che 10 uoglio dire flC
che io cercaua,che tu diccffi nò può efTerc alfritnenti^come fi ixìoftrerò. Nò
hab biamo noi detto che lanDore abro non è, che un certo furerei' ÌF E D.Cofl
hàbbiam detto. Soc; Horaio pogo due forti di furore J'una delle qua 11 èda
mancamèto humano cagionata, lai tra prò cede da una diuina alienatone dr
menfe^per la quale è l'huomo rapifoflC leuato d^lla fu a ordina Ila uita. F BD.
Cofi è per certo. Soc. le parti adunque di qucfto furor diuino fon quattro, aU le
quali anchora quattro iddii fono propoftjrpcr dò che noi diciamo, che Apollo
fia di quella inrs fpiratione cagione, che à quelli Sacerdoti uiene, che poi
indouinano quel, che debbe efTere nel tempo auuenire, Dionifio della cognitione
di quelli mifteri,che fono più occulti, flC delle co^ fe, che s appartengono al
culto diuino. Le Mu fc della Poefia, Venere, & Amore dell'amorofo furore
affai migliore di tutti gli altri, £C io non fo in che modo,metre che dianzi
uolfi con imagi^ fìijflC fimilitudini moftrar l'effetto d' amore /orfc può
cffcre che io habbia detto qualche uerità,flC forfè anchora ho trapaffati li
termini del uero. Et perqueflomefcolandocofi quelle cofe,chc hora ho dette, quel
mioragionamento, il quale non fu al tutto da efler biafimato,tu fai, ch'io or dinai,flC
compofi quella mia fabulofa diceria, flC quafi fcherzando,fiC per giuoco,
modeflamentc lodai il tuo, ce mio Signore Amore, protettore de giouani gentil*
& belli, come fei tu , F E D. Qiiefle cofc l'odo molto uolentieri. S O C Et
però bora da quella mia Oratione potremmo cauare,fiCfapereinchemodo la noftra
difputa uenifTe dal biafimo,onde la cominciamo, alle iodi* F E Etcomeuuoitu fare
queflof SÒCR, A mccertamchff pare, che fin qui habbiamo parlato per burla . Ma
fe farà alcuno, che artificiofamente conofca la forza delle due forti, flc
delli due modi di difpufare, nelle quali bora fiamo à cafo incorfi,coftui certo
harà fatto un'opera degna. & bella* F E D . Che forti, fiC che modi di dire
fono qriefl:i,che tu dkii S O C La prima è qucfta. Che colui, che uuol
dirputare,facendofi nella mVnte un'idea di tutte le cofe,che uuol dire:&
hauendo à quel [a folamente l'occhio, metta infieme tutte le co^ fe,che fono
fparfe fif diuife, acciò che uedendole tutte raccolte, dando poi la uera
dìffinitione di ciafcuna.quello facci chiaro,& manifeftp,intor:3 no al
quale fi difputerà : come al prefente hab:* biamo fatto noi, che habbiamo
diffinito che cofa fia amore, flC ò bene, ò male, che Thabbiamo fat^ to,hai
pure hauuto la noftra difputa,per quefta cagione una chiareza, flC una
concordanza in tutte le cofe,che dipoi fi fono dette. F E Le altre forti di
direnò modi, quali iiuoi tu che Heno ò Socrate.'' S O C R . L altro modo é quc fto.
Che come egli ha tutte le cofe raunatein uno, di nuouo parte per parte, fecondo
la natu^ ra loro, le diuida,flC parta, flf non fpezi,ògua{|ti membro alcuno del
fuo ragionamento, come farhora li cuocKi mài pratichi fogliono farc,rna faccia
quel medefimo.che habbiamo fatto noi ne i ragionamenti pafTati ; nelli quali
habbiamo tntefo quella mutati6e,ò alienatione della mtrte generalmente, ac con
parola commane, anchora che fia buona,& cattiua, Ma fi come in un cot^ po
quelle membra, che fono doppie, fi chiama:? nocol medefimo nome. ma uno é detto
dcftro; raltrofiniftro",ccfi qiicfta forma della aliena:: tione deliamente
noftra,la quale è dall'amor cagionata, è per natura fua in noi una foIa;flC cefi
babbiamo detto nel ragionamento noftro. Et pero quel pripio parlare,che
facemmo, diuij dendola parte finiftra di quella alienatione, ò mouimento della
mente, fiC di nuouo poi pars: fèndola,non fi reftò,fin che egli ritruouò unais mor
finiflro.il quale conofciuto come cofa non conueneuolfe, uìtuperò. L'altro
ragionamene: fo/he dipoi habbiamo fatto, ci con du (Te à co:s nofcere la deftra
parte di qucfto furore, doue un amor ritruouando inquanto al nome fimile al fJrimo,
inquanto à gh effetti diuinojo lodò, & ingrandì con parole, come cagione di
gran^s diffimi noftri beni . F ED. Tu dici il uero. SiÒGR. Io certamente o
Fedro fon molfo. imito di quefle dmifioni, fiC diquefti raccogli:?* tendere
quel, che io ucgl/o più facilmente ;Ò[ meglio ne polfa ragionare . Et fé mai io
ueggo alcuno, che fo penfi^ che egh* fia atto a confide^ ' fare bene prima
quella idea unfueifale,chc io fi ho detto, pei particolarmente la moltrfudinc delle
cofe fecondo la Datura tero di coftai io feguito le. pedate, ftgli uo dietm mn
altrias menti, che fi fuffe diuino : & colcrO;che tal eoa: fa fono atti à
fare, io gli cKiiimo Dialettici, fc io li chiamoo bene,o male. Iddio lo fa lui
. . Ho:* ra dimmi tu di grafia in che modo /fecondo il parer tuo , ò di Lifia ,tu
chiamavcfti coftoro . pare à te quefta q^iella'^arte del dire, che ufb Trafi^ maco,'flC
molti altri faui, li quali per il dir lo? ìfo furono fenzadubio fiut,coiiìeho
detto, flC anchora fecero gli altris" Talmente che q^ielli^ che da loro
impaiono, uorrehbero o'fterirgli do:? *)i,come fi fuol fare à grvndifTimi Re •
F E t), Certamente che cometudici.qucUi tali huo* mini fonodiqncllo honore
meriteucli,chealli Re darfi uediamo,ma non per qaeflo fon dotti in quelle cofe,
delle quali hoxa tu domandi. Ma à me pare, che qnefto fìuouo modo di ragiò nare,tt
di difputare^che hai truccato, il quale tu chiami Dialettica Jo chiami cofi
r^ioneuob mcntc.manon per qucdo fappiamo anchora;' ihccofafialaRettorica.ma fi
bene la Dialets fica. S O C R . Come dici tu quefto !" Penfi tu che cofa
alcuna bella,ò ben detta pofli efTerc giudicata, che quefti miei ordini non
feguitf, quantunque con arte fi impari i Hora per ciò che
queftofolononbafta.non uoglio che noi lafciamo à dietro quello.che oltra ciò
nella Ret torica faccia di bifogno. F E D . Molte cofe ò Socrate fonoftate lafciafe
fcritte ne i libri, che dell'arte del dire fono flati compofti . S O C R . Hai
detto beniflimo , Pcnfo aduque.che il proc mio fi debbi dire la prima parte
della Oratione^ Non domandi tu quefte fimili cofe gli orna* menti iieri di quefta
arte;' F E D . Senza diibs tio . S O C R . Seguita nel fecondo luogo la fiarrationé.flC
infieme il produrre de i teftimos ni , nel terzo ucngono le conietture.flC nel
quar to gli argomenti, cauati da cofe uerifimili . Et pa re à mecche un gran
compofitor d'Orationi.chc fu da Bizantio,ci mettelTe anchora le pruoue,CC le
ragioni, che faceuanoper colui, chcoraua. F E D ; Tu uuoi dire Teodoro, che fu
fi eccels lente, è ucro;" S O G R . Si certamente . Coftui anchora trojiò nella
accufatione,fiC nella difens fione^i argomèti raddoppiati, £t per che non faciamo
fìoi ricordanza di Euano Parìo? il qùàfc prima à tuffigli altri frouò le
dichiarafioni : flC cifra di quefto fu inucntorc delle Oratiohi.chc in lode
d'altrui fi fanno, fiC non mancano molti che dicano, che egli per meglio à
memoria ntc^ nerlc,tramezaua le fuc Orationi con certe uifua pcrationi fatte in
uerfi. Et di ciò non è da mara^ uigliarfi^per che egli è un huomo fauio.Lafcia^
mo pur andare Tifia,flC Gorgia, li quali propone gonoil uerifiHiile al aero,
flc con la forza delle Orationi fanno le cofe grandi parer piccole, flC le
piccole grandi,* fimilmcnte che le cofe uec:s chic moftrino effcr nuoue,&
le nuouc uecchie, hanno trouato una breuità di parlare moza, ft poi per il contrario
una infinita lunghcza di parole ♦ Le quali cofe gii fentendomi raccontare Prodico,fe
ne rife,a moftromi.chc egli folo ha:^ ucua trouafo, quali parole à quella arte
(àceffe;* ro di bifogno ; & mi difTe^chc ella 'non haucua di bifogno di molte,
ne di pochc^ma fi gouer^ naua in quel mezo. F E D . Sauiamentc difTcProdico. SO
CR. Non fa di bifogno ricor^s dare Hippia,per che io penfo,chc con lui s'ac* cordi
anchora il noftro hoftc Helienfe. F E Non bifogna per certo ♦ SOCR, Che dirc^ mo
noi della confonante concordanza.che ha rif rollato Toh? il q irate In qu arte
introcìufjs le repllcationi delle parole Je fent?tie,le com paratìoni Je fi m i
li fri di ni, & Tufo de i nomi con. elegantia in quel n5odo,che egli da
Lidmnionc l'apprefTe.F D D. Dimmi un poco Socrate^ li (critti di Protcìgora non
erano quafi fimilià Èjuefti.^ S O C R . f^edro mio, il parlar di Pros rtagora è
buono, fif propio,££ nel luo ftilc fi truo uaJiomoltecofcnurauigliofe.tTia nel
niuouerc à pietà, fiC a milericordia^ccl ricorJfe41i iiecchie za^ò la pouerfà
lorafore di Calccdonia fù cccel:r Jente , & aiicliora ikH' incitare ,fl£
mitigare l' ira ^cra potentifiìnio^fii non altrimenti placaua una .ifato^che fe
egli liane/Te adoperato li incanti : fa anchcra fopia tutti gl'altri nel difendeifri,fif
pur garfi dalle calumnie dateli, & nel darle ad aU tri ogni uolta,che gli
bilognaua. Ip forno al fi:? ne delloratione pare a mecche tutti s accordino infieme^ma-ino^ti
chiamano quello fìne,Repe;{ titione,5( molti Ju altro modo. F F D . Voi tU che
li fine fu il ridurre nella memoria alli audi:^ toribrtuemente tutte k cofe^che
difopra fono fiate detter S O C R . Q^ieflo uoglio che fia^, Ci fe tu inforno à
ciò fapeifi qualche altra ccfa; dillà,cheiouolentieri ti. afcolfo» F ED. Io certamente
non fo fenoa cofe di poco moipens! to,ac non degne d'efTer rfcordafe. SO CR.^ le
cofe di poca importanza lafciamole andare;' flC pm predo attendiamo à
dichiarare che forza habbia qiiefta arte quando quefta arte fi pot ficonofccre.
F E Grande certamente, fes; condo me,è.la forza della oratoria apprefTo alla moltitudine,
flf al uolgo, S O C R. Grande per certo. Ma confiderà un poco di gratia,co^ me
fo io, come queftì Oratori, uanno con tutu quefta loroarte.non di meno male in
ordine, flC mefchinamente, FED. Dimmi un poco^ quefta cofacome uaf' S O C R.
Stammià udì:: te, Se fuffe unoxhe trouando il tuo amico Lifi:^ inaco,gli
djccfli in quefto modo ( o uero a fuo padre Acumeno ) Io ui dico, che io fo
beniffi;: 8ìo,flC conofco quelle cofe, che accoftate à nn corposo uero da un
corpo adoperate ufate,fa rò chea mio fenno quel corpo fi rifcalderà^flC raffredderà
.oltra di quefto io fo prouocare il uo mito,fo fare reuacuatione,fo ordinare
lepurga^. tioni,& intedo molte altre cofe funili : per il che io fo
profeffione di Medico, flC dico di poter fare diuetare Medico ciafcuno che
uprrà. Se uno gli parlalTi cofi,che penfi tu che gli rifpondeffero^ •Ped.Che
uuoi tu ch'io dica altro, fenó ch'eglino i'^auefferoàdomadareje anco egli fa à
quali per fonc.in che fempi.ft fin quanto queftc tali co* fe.chc egli dice fapere.fic
conofcere/i hauefles ro à operare, fif ordinare. SOC'R. Seaduns quc colui gli
rifpondeflé.che egli di qucfto nó (àpe/Tj render ragione. ma che faccfTc di bifos
gno.che colui che hauelTe imparato da lui quel le cofe che egli fa/apeffe per
fe fteflo.fiC potcfle fare il rcfto.fiC conofcefle i tempi, £t le perfonc, uerfo
di chi.fic quando fi haucfTerà à mandare à effetto . Se quefto tale gli dicelTe
cofi.che penfi tu.che eglino gli rifpondelTero.'' FED. Cers tamente che altro
non potrebbono dire.fenon che quefto (al'huomo fiifTe fuor di fe, con ciò fia.che
hauendo folamente da qualche libro di Medicina udito una pocp cofa.ft
elfendogli nel leggere uenutoalle mani qualche modo di mes dicare, & non di
meno non intendendo di quel la arte cofa alcuna, penfi per quefto effere diuen tato
Medico . S O C R . Ma che diretti tu.fe fulfe uno,che.andaffe à dite a Sofocle,
flf à Èus ripide.che egli fa i -una piccola cofa fare un lungo parlamento, ec
per il contrario fopra una grande parlar breuemeute.'' Oltra di quefto che ogni
yolta.ehe uuole.fa commouerc gli audis tori à mifericordia ; flC fimilmentc
all'ira.che è fua centuria, fa far nafcere horrore.ec fpauento/ fa minacciarci
fa fare fimili altre còfc, fiCchc fieli' infegnarle egli penia faper moftrare
Tartc, ce la Poefia Tragica • F E D . Io penfo , che co ftoro fimilmcnte fi
riderebbero di lui,uedendo che egli teneffe per fernìO,che la Tragedia folas niente
fi conteneffe nel far quelle cofc^chc egli dice fapere.CC non peniaffe^chc la
uera Trage:? dia uuole tutte quefte cofe bene infieme compo fte,a ordinate, fic
uuole hauere tutte le parti tra loro corrifpondenti.flC conuenicnti alla
materia, CCalfubiettodellacofa* SOCR. Etnopea fo io, che per quefto eglino lo
riprendeffero uiU lanefcamentc, ma farebbero come un Mufico, che fi abbatteffe
in un'huomo,che fi pcnfafTe d'efTer Mufico folo per fapere in che modo le corde
fi faccino fonare, hor bafre,hor alte.Que^ fto Mufico, che fi deffe in
coftui,non gli direb^: be con un mal uolto, O pouero \ te, tu impazi ( iome
ogn' altro forfè farebbe ) ma come Mu^i fico.h quali fono tutti piaceuoli.cofi
più amo$ reuolmente lo ammonirebbe. O huomo da be^ ne,colui che debba effer
Mufico, bifogna che fappia quelle cofe, che fo io: £C colui, che fa deU la
Mufica quello^che fai tu/i può dire, che non ne fappia cofa alcuna : per ciò
che tu folamente conofci quelle cofe, che dauanti all'armonìa fof^ no
nfceffaric^ma della armonia ne fefignoranfc; F E D , Beniflimo, S O C R . Similmcnfe
potrebbe Sofocle dire à colui, che gli fi facciTe incontro, come io ti ho
detto, ciò è, che egli più predo fapcfTe quelle cofe,che uanno innanzi alla
Tragedia, che eghconofceffe, che cofa fuflc Tragedia. Et fimilmente Acunieno
Medico po trebbe dire à quello altro, che egli fapcffe queU le cofe,che uanno
innanzi alia Medicina, ma che la Medicina non la intendere • F E Cofièper
certo. SOCR, Ma fe lo clegans: tifljmo Adraflo,flC Pericle udifTero quelle
parole fcelte, ftartificiofe, quelli parlari mozi, quelle fimilitudini,fi£ quelle
altre cofe,chepocol'arac contauamo,fiC narrandole giudicauamo effer da confiderare^
penfiamo noi, che eglino ( come forfè faremo noi ) fi adiraffero con coloro,
che tal cofc infegnando,penfafrero infegnare l'arte ora^ toria,òpure uogliamo
dire, che eglino, come più faui di noi,in quefto modo dicendo ci ris: prendefferoi'O
Socrate, Fedro Je fonoalcu:? tti.che elTendo ignoranti dell' arte della Diale
t^ tica non pofrono,ne fanno diffinireche cofafia Rcttorica,con coftoronon dobbiamo
adirarci, ma più tofto hauergh compaflione, ££ perdos: nargli • Et fono
aUuni^chc ftandofi in quella lo ro fgnorantia, mentre ch'eglino
folamenfepof^s^^ggono,fiCfanno gli amniacftramcnfi, che quel lecofe inlegnano,
che uanno innanzi all'arte della Rettorica,fi uantano,fiC gloriano di hauer troua(a,ec
di faper perfettanìente la Rettorica! ce infegnando folamente quelle cofe che
fanno, ^penfano,tt dicono di infegnare l'arte dell'orai fc perfettamente. Ma
poi il modo di teffeie in^j Cerne, 6f commettere tutte quelle cofe in un cor po,in
tal modo, che à chi rafcoIta,po(rano per:? fuadere, dicono che fa di bifogno,che
lo fcho;s lare fe lo guadagni, fiC per fe ftelTo Timpari^cois me le à ciò non
fi facelle di bifogno il maeftro, F £ D. Tale certamente, fecondo me,èquellaarte,
che coftoro in cambio di Rettorica infegna no,a: fcriuono ; & mi pare, che
tu habbia detto il uero . Ma dirami un poco in che modo,flC per che uia potremmo
noi acquiftare l'arte d'uno Oratore.flCd'unperfuaforeuero S O C Egh è cofa conueniente
Fedro, & forfè neceffa^ ria, che fi come in ogni altra cofa,cori in quefta un'huomochclauuole
acquifl:are,fia in ogni parte perfetto . Per ciò che fe la natura ti incih nera
à effere oratore, fc poi ci aggiugnerai la dot trina,a la efercitatione,diuenterai
un'oratore ec celiente, Ma fe una di quelle due cofe,prarte,ò la natura tì
nianclicri.noii farai perfetto. Hora quanto quefta arte fia grande, non fi
puojecod do me, per quella uia fapere,chc Gorgia.A Tra:s fimaco feguifarono.ma
per altra. F E D . Per qualef' SOCR, Non fenza cagione Pericle è flato
giudicato il più perfetto Oratore,che mai fufTe/FED. Perches' SOCR. Tutte le arti
granxij hanno di bifogno della efercitatione nella Dialettica, & della
contemplatione delle cofe celefti,fiC della cognitione della natura del le cofe
: per ciò che quella alfeza^che nella men te noftra fi uede,flC quella efficace
forza di po^: tereciafcunaimprefa cominciata condurre à ne, pare che nafchi in
noi per Io ftimolo^chc quefte cofe baffe^fiC terrene ci danno, il che Pe^^ ride
congiunfe con la fottiglieza del fuo inge^ gno : per ciò che fidatofi nella
domefticheza,CC amicitia di AnafCigora ritrouafore di fimili cofe, n de in
tutto alla contemplatione,tt cofi com^ prefe^^ imparò la natura della mente
noflra^flC anchora del mancamento di quella, il quale •Anaffagora copiofamente
dichiarò,flC di quiui ca uò tutto quello, che à lui parue,che fuffe al prp porito,flC
utile per l'arte della Rettorica. F E D. Come andò queftacofa^ SOCR. 'Tu fai, <he
il modo di medicafe^flC di orare è quafi il medefimo» Hiedefimo. FED.
ìnchcmodo^ SÒCR. In ambe due ijfticftc arti fcifogha diuidcrc la na tura, ma in
una fi parte la naturi del corpo, nek l'altra quella della anima. Pur che non
fole per uia di efercitio^flC di far buona, & moderata ui^ fa.maanchora con
Tarte habbia un Medico à dare à un corpo & medicine, ÓCcibi, di forte che Io
faccia fano, ac rcbufto diuentare.Et fimik niente,pur che fi habbia à metteré
in una anà ma la urrtii.flf la perfùafione per ragioni, flC per giufte,fiC legittime
ordinatiorri. F E Cofi ò Socrate fi dee credere che fia . S O C R • Uo^ ra
penfi tn,chefi pòfll conofcere la natura di djuefta stnitn^t
bafteuolmente,fenza là cognitiòij ne di tutto quefto noftro compofto.il quald chiamiamo
huomor F E t). Se fi debba crcs^ dcre a Hippocratc fucceffore di AfcIepo,non fo
lamenfe diremo che non fi pofla conofcere la n* turi! della a'tìima fenza
quella cognittónc,che ta dici,maalnchorache non fi poffa fapcre queib del
corpo. S O G R . Dottamente parlò Hip:^ pocrate. Hòra è bifògria^
eòrifiderare,fe quefta cofa,ché io t'ho detto, fa al propofito della no^ ftradifputa.
FED. Faccificome tu uuoi. S O C R. Attendi adunque qitello,che non iblo
Hipjpocrate^i^ia anchora la uera ragione di^cario di qucftainucftfgationc della
na(uta,cli€ IO t'ho detto. Cofi adunque la natura di ciafcurs nacofa fi ha da
confiderare* Principalmentehabbiamo da uederc.fe quella cora,,della quale noi
uorremmo fapere 1 attera: ad altri ifegnarla, èYcn)plice,flC d'una loia natura,
ò pure di molte forti. Dipoi cafo che fia fempUce,fi ha da confi derare, che
natura fia la Tua neiradoperarri,ac nel fare, conìe anchora nell'effere
adcperata,fiC nel patire.Mafequefta cola harà più capi,diui dendoh* prima tutti
;& raccontandoh ordinata^ mente, in ciafcuno habbiamo à cercare particors larmcnte
quella fua natura, & intorno al farc,flC intorno al patire. F E D. Cofi
pare, che s'hab bia da fare . S O C Et fenza far quefto fasi fi il procedere di
colui , come il caminó d' un cieco . Ma colui, che qualche cofa tratta con ar^ ,
non fi harà adafTomigliare à un decorò à un Tordo, anzi bifognerà dire, che
qualunque farà, che con arte parli à un altro, prima cercherà chia ramente
moftrarc la natura di colui, al quale parlerà, flC quefto altro no è che
lanima. F E D,; Senza dubbio* S O C R, Dimmi un poco, • Vno che parli ccaarte
ad un' altro, non fi sforss za egli fopra ogni altra cofa perfuadergli tutto ^
fluello,che auolei* F E D. Certamente, S O C.'Et péro c cola chiara.che
Trafimaco.Cf qualuns que altro attende à infegnare la Reftorica, prima donerà
con (omnia dilic;entia defcriuere.ìBC di^ chiarare fe l'anima è per natura Tua
una cofi fo^ la^ficfimile tutta afe fl:e(Ta,òuero fe à fimilitu^ dine del corpo
, fia di pia forti . Per ciò che qtian do 10 dico, che fi debba moftrare la
natura della anima, non uogiio intendere altro, che quefto# F E U . Cofi douerà
fare certamente. S O C Patto che farà quello, bifognerà che egli dimo^: ftri
che potentia fia la fua,fiCuerfo che cofc la polTi ufare,C(à che paffioni ella
fia fottopofta^ r E D. Certamente. S O C R. Dipoi ha:^ ucndo già diftinte,CC diuife
tutte le forti degli affetti dell'animala de li difcorfi, & ragionai menti
fuoi,gli farà di bifogno raccontare tutte le cagioni, per le quali tali
affretti in lei nafcono, accommodando fempre le cagioni a gli affetti fuoi,&
infegnando le qualità dell'anima, Cf che difcorfi fiano I fuoi,fiCper che
cagione qucfta ftia fcmprcin confideratione,flC in nioto,flC quel la mal à
contemplatione alcuna ne fi leui,flC fem pre fi ftia ferma . F E D • Quefta
farebbe una cofa ingegnofiHima.Soc.Et perciò ti dico, che no fi potrìmai dire,
che uno fratti, ò ragioni bene di cofa alcuna, non pur di quefta, di che t'ho
ragio mtòjc alfrimcti procccJèrà.Ma li fcritfbri Ai qut fta arte de i noftri
tepidi quali tu anchora puoi haucre uditi, fono aftuti.flC conofccndo beniffi^:
mo quefta natura deiranima,chc io dico, non di meno ce la afcondono,flC non ce
la uoglionomoftrare. Et io ti dico, che fé eglino non parler ranno^flCnon fcriueranno.feguitando
il modo mio, non dirò maliche con arte, ò bene fcriua^ no. FED Qual modo dici
tu SOCR. Io non ti potrei cofi facilmente dire le parole, che ci uanno,ma in
che modo ci bifognaffe feri ucre,fe l'hauefTemo à fare,te'l dichiareiò in quel miglior
modo, che mi farà poffibile. FED* Dillódì grafia, SOCR. Poi che noi hab:s biamo
ueduto^che la fcientia del dire altro non è, che un tirare à fegP animi, flC un
dikttarfi,bi^ fogna che colui, che debba effere Oratore, cono^j (ca quante
parti habbia quefto animo . Hora quc fte fono affai, flC di molte, flC uarie
qualità, fiC for^ ti,per le quali gli huomini uengono anch' efli diucrfi.ft di
molte qualità. Confiderate quefte cofCiCjpuiamo dire, che fieno tante forti di
Oras: ' tioni,fl( di parlari, di quante forti fono le qua:: • liti delle anime
noftre.Etperò quelli animi, che peir le qualità loro fono à qualche lor parti:?
«olar dcfiderio difpofti/fàcilmente con quellimodi di dire fi perfuadono, che
alla natura loro fieno fimili : doue che fe tu in un modo parler rai,a; 1 anime
di chi ti ode, fia altrimenti difpo:? fto,non lo perfuaderai mai. Et però à
colui, che harà bene quefte cofc confiderato,poi che hariueduto,flf conofciuto
la natura d'uno, flC le ope:: re,fif le attioni comprefe.farà di bifogno potere
in un fubito nel Tuo ragionamento a{regnare,flC dimoftrare ijuefte Tue attieni,
flc dimeftrare di conofcerle: ft fe altrimenti farà, potrà dire di no Tapere
altro che quelle core,che già dalli maeftri gli furono infegnafe. Ma colui, che
può con uc rità dire,flCconofcecon qual forte di parole fi può ciafcuno huomo
perruadere,flC ingegnofa^ mente auuertifce,checolui,che gli è dauanti,c di
quello ingegno, flc di quella natura, della qua le egli ha dimoftrato,flC
fapendo fimilmentc, che un tale huomo ha bifogno di parole tali^ quale egli è
^per uolerlo condurre à far quelle co fe,alle quali egli è dalla fua natura
inchnato^co^ ftui dico, che cefi farà ammae (Irato, all' hora po trà u erame n
te affermare di poffedere qneftaarte del dire. Quando aggiugneràà quefte
cofe,che iotihodettedifopra,ilfapere quando fi habs bia à tacere, ce quando à
parlare, quando fi habsj bia à effer breue nel direna quando non^Oltca di
qucfto quando conofccrà, quando fi haràda -uCire una Commiferatione, &
qciando una uehe mcntia di parlare più afpra, quando s'habbia da fare una
Amplificaticnc,flC qtiando in fomma fa , prà in quefto fimil modo uiarc tutte
le altre par ti della Oratione,che fono dalli maeftn (late in:5 degnate : flf
prima che tal cofa non fappia^non potrà in modo alcuno e(Ter detto Oratore .
flC co^ lui^al quale una di quelle cofe.qual fi fia^mans; cheràònel dire,ò
nello rcriucrè.òhello infe:? gnare,flC non di meno affermerà parlare con ar:? tc.airiioraquel
tale, che tenia eller perfuafo fi partirà da lui, fi potrà dire uincitore. Ma
forfè qualcuno di queftì Sciittoridi Rcttorica ci po^ trebbe direnò Socrate,
& Fedro. peniate uoi che l'arte del dire fi habbiaa imparare in quefto mo do.flC
non in altroi' FED. Socrate à me pare impoffibiìe/he fi pcffi intendere
altiimcnti, quantunque quefta dimodri eflere una opera, & una fatica
gianiffima, SOCR. Tu dici il acro, per ciò che ella è, come tu dici.dilfi:: Cile.
bifogna parlando, & ri£arlando di quefta. cala più uolte,ceicare,tt confiderare
fe forfè po teffjmo ntrouare una uia,che più facilmente, fl£ in più breue tempo
iui ci pofc/Ie menare, acciò che noi noli ^iidiaaioinconfideratamente er;i rando
' ranJo per ufa lunga, d: difficile, pofendo noi ca minare per una piana, &
breue : per il che fé a qucfta cofa tu mi pcteffi dare qualche aiuto coiji quelle
cofe^che hai ò da Iifia,ò da altri imparai te,uedi di ricordartene, &
dichiaramele» F ED. Potrei forre, per prnnare k mi riufcifle/arquci; che tu
dici , ma non in queflo tempo. S O C Vuoi adunque,che io ti racconti un
ragionai irento^che io gii non fo quando, udì intorno a queftacofaf FÉD,
Digratia, SOCR. E fi dice.che egh ègiufto iddio quello, che uno ha neir animo, come
coloro, che pagano quelli danari alla fiatuii di Lupo, come (ai, F E D. Cefi
uoglio che ^cci , S O C R . Dicono ^diin qne coftoro,clie non fa di bilbgno
tanfo con pa role inalzare (e cofe,che un dice, ne con lunga Oratione
ingrandirle, come fare fi fuole : perciò che uogliono quefti tali ( come habbiamo
det^s to nel pnijcipio del ncftfo ragionam.ento)chc à uno,che habbia da eHere
Oratori, non faccia di bifogno ccncfcere la uerifà delle ccfe giufte, &
buone A dicendo quefto, intendono cofi/dcl le cofe,come de gli hucmini òper
naturalo pcf ufo giudi. Et allegganoquefla ragione à prora uare che non bifognjfapere,che
cofa Ca il gitH &o: per che ueJii gmcUcu h Oiatori nò fogliono hauer cura
dimoftrarc la uerità,ma pia prefto at fendono à pcrfuaderc l'opinioni Io . C£
pero dico. Ilo, che è cofa uerifimile à credere che ia perfuac iìone fola fia
quella, alla quale debba indrizar la mete colui, che con arte uorrà faper dire
. Et che» fii il ucro, dicono cofloro che nefTuna cofa fi ere àttì mai che fia
(lata fatta, fé prima non farà mo ftrato effer cofa probabile fiC
aerifimile,che pcfTì <ffercaccaduta. Ma pure uogliono coftoro,chc -jpiu
tofto fi habbino à addurre le cofe uerifimili neiraccufare.che nel difendere:
flC cofi afferma- no, che un' Oratore fa poco conto della uerità, & che
folo feguita il uerifimile^flC uogliono che fe quello loro Oratore feruerà in
tutte le fue Ora tioni quefto ordine di moftrare il uerifimile,fi pofli dire,
che egli moftri di faperc l' arte orato^ ria beniflimo • F £ D . Socrate tu hai
raccon^ fato quelle cofe, che fogliono dire coloro, che fanno profeffione di
infegnare la Rettorica.Et io mi ricordo.che nel ragionamento noftro po^ co fa
toccammo un poco di quella cofa*& quel, che haidetto,foche debba parere
cofa troppo grande à coloro, che in quella arte fi efercitano . Ma io ti fo
dire, che tu hai dato una buona ba^ donata à Tifia. S O C R • Poi che tu mi hai
ticordatoTifia^uorrei che egli mi dice/Te, fe e pcnfa.chcii probabile, flC il
ucrifimilc fia alfro;^ che quello, che pare al uolgo. F ED, Che uuoi fu che
riaaltrof* S O C R. Trono olxra di quefto, fecondo me, Tifia qucfta altra
cofabeU la,& degna di lui, & la fcrifle anchora. Et que:* fto è, che fé
per cafo un'huomo debole, ma au^ dace.che hauc/Te battuto, flC
fpogiiatouD'huoi^ mo forte, flC timido^fafTe menato in giudicio, , uiiole TiTia
che nefTuno dicoftoro habbia à con fefTare il uero,ma uuole che il timido
dica.chc egli non è (lato battuto folamente dall'audace, & 1 audace l'ha à
negare,* moftrare d effer ft^ (0 folo,flC pigliare quefto argomento. Come uo^ leteuoi,chcio,chefon
debole, habbia aflalita coftni,che è gagliardo^Ma quel timido no coraj fefTerà
per quefto la fua timidità, ma penfando, ritruouando qualche falfità,cercherà
di accu^ fare Tanuerfario, Et cofi fimilmcntc in molte altre cofe accafcono fimili
cafi, nclli quali( dicc^ ua Tifia ) bifogna haucrc quella arte. Non ti p;i re
egli cofi FedroJ' F E D , Cofi certo. S O O quanto aftutamente dimoftra
TifiadihauejCieritruouata un'arte afcofa,* diffìcile, ò ueroqua^ lunche altro
(ìa (lato, che habbia tenuta quefta Tua opinione, ft habbia nonfe^comc £i
uoglU»! Ma uuoi tu, ch'io dica quefta coiàio od^ JF £ p« ' Chccofaèqucfla.clicfu
uuofdìre^ SOCR. 'Io uoglio parlare un pcco con Tifia.O Tifia ih» «anzi che tu
ueniffi con quefta tua atte, noi tes ncuamo per certo, che quefto probabile
,fiC ucris fimile.nonfipotefii al uolgo per altro iTiodo moftrarc.checonlafomiglianza
della ucrità.fiC pcnfauamo.che quelle fomiglianie del uero fos lo da colui
potefTero cfTer trouate,chc peifettas niente la uerif a ccnofceffi . Per il che
fé tu cidi'raiintorno àqiicfta arte qualche altra cofa.uo* lentieri ti afcol
faremo: ma Te non dirai altro, noi ci ftarenso à quello, che poco fa habbiamo
defcs to.ft^ 9^*^^*^ crederemo. Et quefto è.chc fe • uno non conofcerà bene gli
ingegni delli audfe tori.ft fe quelli l'un da l'ahro non. diftinguerà, a fe non
diuiderà le cofe.di che egli ha da pars lare nelle fue parti fe quindi di tutte
un'idea fola facendo, in quel modo non le comprendes rà auefto tale nó potri
mai acqui{lar*e quella ars te del dire. che può hauere un'huonrto. Etques >
fta cofa non la può imparare fenza,un lungo uu, dio. Nella qua! cofa un' huomo
prudente nófo lamentc fi affaticherà per poter dùe.a orare in modo, che piaccia
a gi'huomini , ma anchora ut cherà di poter djre.a tare quelle cofc.chc habs jj^j^jano
da e(ftr gxate a Dio . Per cièche io uoglioche tu fappia Tifia/he quelli
Iiuomini,chc fors no flati più faui di noi, bino detto che un'huo mo fauio non
debba follmente penfare di (om^ piacere à tutte le bore à quelli, che feco fono
fa un niedefimo fcruitio, ma fi ha da cercar di ubi dire à buoni Signori . Per
il che non ti maraui^: gliarc.fe io ufoquefta lunghcza di parole, per ciò che
gh è neceffario che io fia lungo^efTcndo le cofc,che io tratto, di importanza,
il che forfè tu non credi.Etfappi,che ( come fi fuol dire ) che dalle cofe buone
ne nafcono le buone, cofi anchor dalle uere pofTono uenirne le uerifimili. F E
D . Qyefta cofa pare à me che fia beniffimo detta. SOCR. Egli è certo
difficile, ma egl'è anchora cofa hoaorata,flf degna lo sforzaifi (em predi
aitiuare air acquifto di cofe eccellenti, fl( degnerà patire tutti quelli
difagi ,che in tale sforzo ne interuengcno. F E Tu hai ragio ne. SOCR, Habbiamo
horaà baftanza ra^ gionato della arte j ce del trifto modo del comrs porre
Orationi . F E D • A baftanza per certo* SOCR. Ci refla bora à ragionare
intorno alla bclleza dello fcnuere^flC à dire onde nafca labru teza dell'orare,
F E D . Quefto ci refla. S O C. Sai tu in che modo ò ragionandolo orando lì f
offa nelle parole piacere a Iddio f' F £ D , Non ccrfo^ft tu? Spc. Io ho udito
dire no fo che cog. fc, le quali già furono infegnate dalli noflri anti chiamala
uerità di qucfta cofa la fanno cffi^fif ilo io . Hora fe noi ritrouaffemo modo
di piacer nel parlate a iddio, pefi tu che ci bifognafTe più haucre cura di
quello,che gl'hucmini intorno a ciò fciocamente pcnfanor F E D. Qnefla tua do ìiiada
è da ridere. Ma raccontami un poco quellecofe^chc tu dici hauere udite • S O C
lo - ho udito, che là prefTo al Naucrato di Egitto; fu già un certo iddio de
gli antichi. al quale e dedicato quello uccello, che chiamano Ibin^flC quefto
iddio é detto Theute. Quefto dicono, che fu il primo^che trouòii numerosa la
com:? putatione,flf raccpglimento de i numeri, non folo uogliono che fuffi
ritrouatore di quefta co::^ fa, ma anchora della Geometria, & della Aftrono
miarritrouò anchora- fecondo loro, Tufo de i das di.fiCil mododi fare le forti,
flC finalmente fu inuenfore delle lettere. Era in quel tempo Re di tutto r
Egitto Tamo,2C ftaua in quella granr: di/Tima, CL nobilifTima Città, che
chiamano li Greci Thebe di'Egitto ; flC queftì popoli hannp po(]:o nome à Iddio
Ammone. A quello Reue nendo Theute, gli moflrb le fue arti, flf gli diC^ (e.che
farebbe flato buono, che egli à poco à pp co le diftribuifcc à tuffi li popoli
dì Egitto. Ma egli domandò a Thcute,che utilità ciafcuna di quelle arti à gli
huomini apportai » Il che di^ chiarandoli Thcute,Tamo approuaua quello,) che
gli pareua ben detto : quello poi, che non gli piaceua.lo biafimaua.fiC all'
hora fi dice.che Tamo dichiarò^a moftrò à Theute intorno à eia fcuna arte molte
cofe,flC per una parte^ & per la altra; le quali fe io tutte uolcffi
nan-arti/arei trop po lungo. Ma poi che uennero al ragionar dcU le lettere^ di/Te
Theute, Sappi Re.chequeftadifciphnafaràdiuentaregli Egitfii più faui^flC di
maggior memoria: per ciò che ella è ftata tro:j uata per rimedio della
fapientia^ft della memo:^ riamai che egli rifpofe, Aftutiflimo Theute uo:s glio
che (àppia,che fono alcuni^che fono atti k ^ fabricare gli inftrumentijchc per
una arte fono neceflarii,ac buoni ; alcuni altri faranno poi più pronti à
giudicare che dannoso che utile quelli arte debba an:ecare. Matu,chefci padre
delle lettere, forfè perla troppa bcneuoIcntia,che gli porti,haidimofl:ratodi
conofcer poco la forza loro,hauendo affermato che elle cagionano in noi quello
efFetto,del quale niente é uero,anzi fanno il contrario. Per ciò che T ufo
delle lettere facendo che noi poco ci curiamo di tenere à me moria co(aa!cuna,pàrtoriTcfnciram
eli chi fe impara^obliaionc di ciafcuna cofa • Et qiìefto ne auuicne,pcr db che
confidati nelli fcritti dal tri,non uogliamo cercare di rauuoUarci troppo ncir
animo le cofe : per il che tu non puoi dire d'haucr troiiato il rimedio della
memoria, tna più tofto d' un rammentarfi delle cofe già fapuis (e.Oltra di quefto
à me pare, che tu più preda infegni alli tuoi fcholari una opinioe della Icien ha
, che la uerità : per ciò che hauendo quelli fen za la dottrina del maeftro
lette, flC imparate mol:^ te cofe^parràal uolgo.anchor che fieno ignors ranfi,che
non di meno molte cofe fappiano,oU fra di queflo diueterànno nel praticarli più
mos: lefti,flcfafl;idiofi,ne ciòauuerrà fenza cagione: per ciò che efFi non
pofTederanno la ucra fapien tiajfhapiutofto feranno ripieni d' un"
opiniors ne di hauerla. ¥ ED. O Socrate, tu con po^ ca fatica fingi, che li
Egittii parlano, ft qualunis que altro più ti piace, pur che ti uenga bene^ S O
C Qaefta non è gran cofa, per che an:^ chora quelli, che ftanno nel Tempio di
Giouc Dodoneo, affermano che le prime parole del fufuro indouine, che effi
udirtera,ufcirono d'una Querele : li che à quelli popoli del tempo anti^ co (
per CIÒ che eghno non erano cofi faui.co^ TOC fetc uot del dì d'^hoggi )
baftaua pci fr disfare alla loro fcioccheza udire ie^.pktrf ^i) k Qucrcie.pur
che elle gli diceflero il uero* Ma (i5 peni! che importi qualche cofa chi fia.ò
d'onde lia qucllo,ckc parlj . Et ciò ti auuiene,pcr >ch^ tu non confideri folo
fe qucUo.che parla, dice il uero,ò non, ma uuoi udire parlare i p^erfone à tuo
modo, F E P. Ragion^uolmcntc finii h«ii riprefo • fif à me certamente pare, che
nelle letiP tere interaenga quello, che fecondo il tuo dire, diceua Tama;chc à
coloro accadeua.chc U (ape tiano* S O C R.- Et pero qualunque perfona penfa
fcriuendo intorno à quefta arte, 6 quelle cofc imparando. che da gli altri di
lei fono itatc fcritte , per queftoche dalli fuoi fcritti fi habs» bla certeza
alcuna i cauare.ò uero per il fuo im^ parare,douer faper cofa ucra.coftui
certamente c fciocco,a: di poco ceruello.flc fi può dire, che egli fia in tutto
ignorante dello Oracu lo di Gìq ue Ammonio, con ciò fia che egli penfi^che le Orationi
fcritte pifi poffuio,che non potrà uno chcdafe fteffo fappia quelle cole, delle
quali Quelle Orationi ragionano. F £ BeùiSì^, tno. S O C Queftoo Fedro ha la
fcnttura piena di grauità,& dignità, che ella è fimihdl^ ina alla pittura :
per ciò cIk ie^opere della pittUiP ra pare clic fìcno ufue^ma fc tu gli
domanderai qualche cofa, uergognofam ente fi taceranno. Hon altrinienti delle
Orationi potrai dire,fif ti parrà, che elleno intendendo qualche cola, U polfano
anchora dire,ft moftrarc. Ma fe poi for^ (e di laperdefiderofo, gli domanderai
di quaU che fuo detto la cagione^ femprc ti diranno una cofa, & ^<^»^pre
ti lignificheranno il medefimo: <3CogniOratione,comeellaè feritta una uolta,
Tempre. flf in ogni luogo la medéfima lì ritruo^ ua,fiC moftra le cofe fue à
quelli, che fanno,* à gh' altri ,'alli quali forfè niente importa, flC non faella,o
puo dire à chi bifogni manifeftarfi, 6 àchi nonb]fogni,2(fe mai gh è ingiulla:^
mente fatto ingiuria,© detto mal di lei,femprc ha bifogno dell'aiuto di fuo
padre, ciò è di chi rha fcritta,per ciò che ella al .nemico non rcpu? gna,ne à
fe fteffa può dare aiuto. • F E D.Quc Ite còfc anchora pare à me, che fieno
ueriffimc,. S O C R . Ma che dirai tu à quello? Credi tu, che fi polU uedere un'altra
forte di parlare fras: tello di i^ueftof Et che fi polfa concfcere come quello,
che io ti dico,fia legittimo, fiC quello del quale habbumo ragionato badando,
& quanto migliore, flC più potente nafcai' F E D. Che parlare è queltof CC
come uuoi tu che fi facciaf^ tu' ' Soc* S O G R . Qucfto parlare è queIIo,chc
fi kwt ncir animo di chi impara per mezo della fcipnjs tia,flC è migliore, per
che quefto può aiutare à fc flefro,fif conofce co qua] forte di p<rfonc fi bia
a parlare., flC con quale à tacere . F E D . Xji uuoi dire il parlare d' un
dotto, che fia uiuo,flC che habbia fpirito,deI quale una Oratione fcri(» ta
ragioneuolmente potremo chiamare un fimu^s lacro. S O C R. Quefto dico fenza
dubbio. Ma dimmi anchora quefta altra cofa, Vno agr(^ culflcre che fia fauio^
credi tu che uorrà fpargerc^ ft gettare nel tempo della ftate quelli femi.chc egli
bara più cari.ft delti quali egli afpetta con defiderioil frutto, ne gli horti
d'Adone, cor» ogni ftudio,fiC diligentia,acciòche perfpatio di otto giorni ne
pQ)[fi uedcre i fiorii ( comelai^chc miracolofamenfe in quel terreno
ìnteruiene) ò nero dirai, che fe egli pure il farà, Io farà per pat fac tempo
in qualche giorno di fefta.fif per darfi piacere, fiC no per cauarne utile
alcuno^Ma quan do egli farà da uero, ce che uorrà "attendere alla agricuItura,non
li feminerà in quelli horti,ma in terreni conueneuoli,flC gli parrà hauere
affair fc con interuallo di otto meli, flC non d otto gior ni la fuafementafi
maturerà. F E D. Certas mente Socrate, che come tu dici, quel tale femi;? fi^^è
gfi WrH (!• AcJdftc pft btirla.ft per foU lazt),^ nel terreno buono da uero^ S
O C R . t>^jf nfaremo noi, che un^huomo. ch^ (appia xke toù'fu il giudo, Ce
il buono, ft« rhonefl-o, fi^ iiello fj^argere la fua fementa pia fciocco d u fio-agricultorer
F B In neffuno modo, O C R Ef pero egli no femmerà i (noi detti ftudiòfamente
con la penna nell'acqua negra, ^órtmietten doli alle fcritturc,fapendo egli che
ft'mai poi portaflero pericolo alcuno non gli po tra dare aiuto : flC
conofcendo anchora^che con lèfcriuere non fi può moftrare à pieno la ueri:? ti.
F E D. Certo ch^ il feminare^come hai dctfe,è fuor di propofifo. S O C R^
Certo, ma prahìerà beh coilui gli horti delle lettere per darfi in quella follazo,fiC
per pafTarc il tempo/ ce in quelli feminerà^ftcofi fcriuerà qualche co Éi^t'Af
pofcia che fi uederà hauerc fcritto,terrà qùéli fuoi (catti per mcmoria,&'
gli harà cari, come fe fu (fero tefori atti à fargli fcordaie gli afi^ tìnni/che
gli ha da arrecare la futura uecchieza. Etnonfelopenferà,chcgli habbino à
cagioni rtàrecjUefto in lui^ma in tutti coloro'^che feguis teranno le fue pedate,
ecinfieme fi rallegrerà di tiedere già nati i fuoi teneri frutti: fif mentre
che Ili altri huomini uanno pur altri piaceri fegui» tando. tando,cclebràndo
conuit?,& fimili altri cU; :»*ti% egli lafciate quefte cofe folamcntc
attenderà a ui nere nclli piaceri^ che danno li piaceuolj,& "dotti
ragionamenti* FED, Socrate tu mi nioftli un trattenimento molto più degno di
molti altri,cheà me paiono nili, narrandomi quei di co^ lui, che può Tempre
hauer piacere ne i ragionamenti, a disputare della giuftitia,«di quelle altre
cofe, che tu dici • SO CR* Cofièccrtamente Fedro mie caro, ma molto più degno ftio
c quello di quefti tali ( fecondo me ) quan^ do alcuno, poi che ha ritrouata un
animala quel locheegh intende infegnarli afta, ufaudo Tarlc della Dialettica,
piantala: femina in quella ani^; male fue parole con la fcienfia : le quali
parol^c fonobafteuoliàgiouarà fe ftefre,& à colui, che le pianta : per ciò
che non folamentc portano fc co grandilTinìO frutto, ma anchoia il if me doa^s
de nuoui frutti pedano nalcetc.Onclt^ pafTando poi quefte paroÌe,6: quefte
fcientie <A]ixn hixf:^ mo in un' altro, mantengono qucftft.gtiecic^ dono
immortale : colui, che Ila in fe tal do:? no, pongono in qdello ftato di
beatitudine, che è ^oflibile à un'huomo. F E D, Qaxtlh è an^ chora molto più
degno, & honoreuole* S o Hormaio Fedro hauendg noi le cofe^ che Labe L un
biamo dette diTopra conceflc, potiamo beniflirs- ino confiderarc quelle
cofe,che^tu fai . F E D . Quali S O C Qijelle, che per conofccrlc fin giù
habbiamo ragionato, ilqual ragionamen tb non habbianìo per altro fatto, che per
poter ^ confxderare il modo di uitupcrare Lifia tuo in^ quanto all'arte dello
fcriuere : non folamcte Liria,ma anchora tutte quelle Orationi.che con arte.ò
fenza arte fi fcriuono .Età me pare, che già à baftanza habbiamo dichiarato ,
chi fia colui,cheartificiofofipofli dire, ficchi quello, che fia priuo d' arte
• F E D . Cofi pare à me • SOC R. Et però bifogna di nuouo ricor^ darfi,che
alcuno non può perfettamente faperc l'arte del dire,ò uoglila faperc per
perfuaderc Viltrni,òper infegnarla ( fi come le ragioni di fo |)ra ci hanno
dichiarato )fc prima non conors fcerà la uerità di quelle cofe.ch' egli
dice,òfcri^: uc t ce fe non faprà diffinire tutta la materia deU la cofa,che
tratta : fl£ fatta qùeftà diffinitione,di nuouó diuidere tutte le parti,
tenendo alle co:s fc particolari, ftindiuidue,fl£cofi contemplanti do,flC
confiderando in quefto modo un'anima, alla quale habbia da perfuadere qual fi
uogli co • fa,ac haucdo quelle cofc ritrouate,che con ogni forte di ingegni fi
accompagnano, flC fono con:: ' uenienti. 'ucjjJenti.cofi fopra fu«o ordini^ fi:
acconci il fuo parlare, che co un' anima uaria.fi: di diuerle
fantafie.accommodi parole, & modi di dire uas rii.flC di molte forti.flt
con una anima femplice, fi£ di un fol uolere ufi parole femplici.fl£ pure. FED.
Cofifièdetto. SOCR. Chedires mo hora noi di quella queftionc, che di fopra
habbiamotocco.ciòè feegli è cofa honefta.ò bratta il comporre Orationi.fi: in
che modo qucfto ftudio fi poffi ragioneuolmente uituperarc, a in che modo non .
Non ti pare egli,che le ras gioni dette di fopra ci habbiano dichiarato ques
fto paHb i baftanza ^ P E D. QjaaU ragioni ? SOCR. Quefte.che fe Lifia.ò
altri.Ccfiachi uuole ignorante della uerità fcyfTe mai.ò ucro ■fcnue al
prefente.ò fcriuerà cofa alcuna priuatas rmcnte.ò ucro che fi appartenga al
publico.cos me farebbeno certe ordinationi ciuili.ó fimili cofe ,flC che coftui
penfi.che di quefti fuoi fcritti fe ne poffa cauare unacerteza.flC una
fermiflima ftabilità.quefta tal cofa T uno fcrittore fe fi ha da giudicare che
fia^brutta.Dichinlo le perfonc.ò noi dichino.chequefto imparta poco:|> ciò
che il non fapere,che cofa fia il uero.ne il falfo intot no alle cofe
giufte.fiC ingiufte, buone, CCtriftc, (anchora che il uolgo tutto lodoiTe
quefta igno .twifia}non può pero effefc.che confidcrarK^o il uero non fu
bruttiflima. F E D. Bruftiflima pcrccrfo. SOCR. Perii contrario poi. colui che
penfa che fu neceflàrio qualche uolta per trattenimento, fif per fcherzo
fcriuere^at nó giù <ljca che Oratione alcuna oin profa.o iq ucrfi mcrti^che
fi perdi un gran tempo nel comporta '{come fanno quelh. che fenza
confidcratione al tuna.CC fcnza dottrina, folamentc per daxad ins tendere una
cola.fogliono alle uolte recitare ucr fi)ma terrà per certo.chc li fcritti,che
buoni fi poflono dirc.fieno flaticompofti folo à quelli, chefanno.ma faprà che
nelli ragionamenti, che fi &nno per cagione di imparare.fif di infegnarc
adaltri.fifchc jicrauientc fi fcriuono.fiCimpria: ^tnono nell'animo d' uno.li
quali trattano delle cofe gi"uftc,hcnefte.abuone,in quelli folas mente è ia
uera chiareza flC la pcrfettione. A quc ragionamenti foli tienc^che mcntino
ftudio, ttquefti/olifuoi figliuoli legittimi chiama.dt di queftl ragionamenti
primieramente appr/za quello.chc m fe ftefTo efler conofcc(pur che in fe h
ntroui}dipoi tutti quelji,che di quel fuo parto.comc %lmoli,Cf fratelli,© nel
fuo ania wo.ó nell'altrui menti fono nati : fic. tutti gl'als tri difpreza, a
difcaccia, quefto tale, dico, pare 4 me mt telile fia tale,qualc <3a noi fi
potrcì>fyé^8drK!*« rare. F E D. lo acmi ò S cerate, efièr conife t:olui,cIic
ttì ilici di queflo ne priego Aìhàtas mente Iddio. SOCR. Ma fia detto aflai^cl
r^rte del dire per qaefta uolta^iiauendo noiparr lato più
per{ratteiiimtnto,-clTe per altra cagioine . E t però tu potrarf dire à Lifia ,
ciré ncrtlTenfi do andati doue è il fonte delle Ninfe, ideile
Mufe,habi>iaino uditi certi ragion ameti, li cpali hanno comandato, che noi
dtcfatno A à itif » ^(à tutti gli altri Scrittori d' Orat foni : ol tra dì
quefto à Honicro,ò;fe altri è (lato che c qualche ftuda,CC bada Poefia babbi
compofl:o,ó pùre or nata, fiC niimerofa,ul{irnaoien(e à Solone/fiCi tutti gii
altri^che delle ordinationi tiiiili hanno fcritto,che fe eglino tali<cofe
<:onìpofero con faji peucli della ue<ità,flC col difputarc, pofTono dì:
difendere le cofe^cbe eglino hanno trattato ,iÓC con ragioni fa^r fi ,chc li
fcritti dinioftrano c{{ctc dainanco,ft pia uili delle parole loio,fif dclU noce
uiua,fe quefto che io dico, faranno • Farei ine,<he habbiano à pigliare il
nome ne da quel le cofe,che con la penna fcrifTero^twa pio prcftat da quello,
che doftamete ccnfiderarono.F E U. Etchc cognome lata quefto, <££ in the
modelli lo darai tui' S O C il gran ccgncMM ài piente folo à iddio/ccondo me,
fi conufener flC pero à qucfti tali huomi ni, ch'io tlio difopradc^ fcritti,gli
porrci più conucnicntemete il cogno:: medi Filofofo,ò di qualche altra uoce
fimile. F E D, Certo che quefto no fi difconuerrebbc. S OCR. Et pero dimmi un
poco, chiamerai tu ragioneuolmcnte Poeta, ò vero fcritfore d'Os: rationi.òdi
leggi colui, che in fé cofa alcuna no habbia migliore di quelle, che ha
fcrittof' Et che lungo tempo rauuollendofi, fiC aggirandofi il ceruelIo,con una
affidua emendafione finalmen te habbia fatto una compofitionef F E D. Che
uuoitudircperquefto? SOCR. Voglio di re,chetudica tutte quefte cofe al
tuoLifia. F ED^ Et tu non farai il medefimo col tua amico. ^ per che in uero
non mi pare da lafciarlo andare. SOCR. Q^ale amico dici tu^ F E Dico
Tfocratcgiouanc perfetto. Che dirai tu à coftui Socrate Chi diremo noi, che
egli fia (SOCR. Ifocrate ò Fedro, è anchora giouanetto^ma io non uoglio
lafciarc di dire quek lo,cheioindouinodilui, FED. Che cofa f S O C R. A me
pare, che egli fia di migliore ingegno,chenon dimoftra d'eflcrLifia per li fuoi
Sritti, & oltra di quello di più gencrcfi cofiumi ornato» Per il che io non
mi marauigliarci punto. punto,fccrcfcendoinIuigIi anni, egli diuens tafTc più
eccellente nelTarte del dire, nella qua le hora fi efercita di quànti mai à
quella fi fono dati : flC credo, che egli non contento di queftc cofe per un
certoinftintodiuino,cheè in lui, fi inalzerà ad imprefe maggiori ; per ciò che
io uo glio che fappi,che nel fuo ingegno è (lata daU la natura poftain un'
certo modo la Filofofia, Quefte cofe adunque, che da quefti iddìi hofa^
pute,manife(leròal mio amicilTimo irocrate,& tu dirai al tuo cariffimo
Lifia quelle altre cofe. F E D. Cofì farò. Ma partiamoci di qui,con ciò fia che
il caldo fu hormai calatto à fatto* S O C« InnanziportajrCjò trarre
feco,fen6colui,che fia t» perato, Penfi tu che fi debba domandare altro ò Fedro
^ A me par hauerc con preghi domandato uclfo,cbefaceuadi fxifognó, F E Pieg
afichoia,che quel trcdcfmio conccdinoa me : pei* ciò che tra gli amici cani
cola è conh SOCR* Partiamoci Adunque.
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