FORMAZIONE DEL LINGUAGGIO.
Il linguaggio , prerogativa umana. — Tra tutti gli animali l’uomo solo parla : e poiché l’uomo solo è for- li'u^wujqko aito (Vi ntoli ia'ciiz a, è naturale che tra cotesti due fatti |uU£li^tJtp si sia cercato di trovare un nesso necessario. Ammessa questa mutua connessione, la domanda che naturalmente ne deriva, è questa: l’uomo parla perchè ragiona? o, al rovescio, ragiona perchè parla? 2. Teoria K tradizionalistica sulV origine del linguaggio: e sua critica.' — Le due opposte sentenze hanno tro- vato sostenitori. Una scuola detta de’ tradizionalisti non solo ha ammesso la necessità della parola per pen- sare, ma, com’era inevitabile, ha riconosciuto necessa- ria la rivelaz ione . div ina per la origine del linguaggio umano *). Il corollario era perfettamente logico. Se l’uomo non può inventar nulla senza pensare; e se, per pensare, c’è J i) [Principale rappresentante moderno del tradizionalismo è il francese visconte Luigi de Bonald, 1754-1840]. - 80 — Jrr*“ ilwlWuii) 6 JL^XÒru. di mestieri la parola , il linguaggio non poteva più derivare dall’uomo; e quindi a lui doveva essere stato rivelato da Dio. Una difficoltà molto ovvia non è stata però tenuta in conto : come si fa a capire il linguaggio, se non è opera nostra, e se al suono esteriore non risponde nel- l’animo nostro il pensiero associatovi! Perchè il cavallo, il cane, benché odano il suono delle parole, non ne comprendono il significato ! Il G-ioberti, che negli ultimi tempi rinfrescò il tradi- zionalismo, cercò di evitare questo scoglio, distinguendo il pe nsiero p rimitivo, intuitivo, che precede il linguag- gio, dal p ensiero rifless o, che gli tien dietro e lo pre- suppone. Il linguaggio, per lui, non è il fattore delle idee, ma l’istrurnepto indispensabile, perchè esse siano | ripensate. Poiché però le idee nelPintuito mancano di distinzione, anche lui dovette sostenere la rivelazione per Porigine del linguaggio umano. Senza entrare in risposte astruse, noi opponiamo a questa dottrina un fatto molto comune. Poiché Fintuito delle idee è sempre presente, e poiché il suono del linguaggio colpisce il bambino fin dal suo primo nascere, perchè questi noi comprende subito, nò subito parla? Dati i due coefficienti , V intuito dell* idea e il suono esterno della parola, l’intelligenza dovrebbe immanti - nenti balzar fuora; ed intanto non è così, e ci vuole un lavoro lento ed assiduo, prima d’ intendere il valore del linguaggio. A (oM^Y^O l*< Tt.cC) 3. Teoria r azionale y — Lasciando dunque la mistica spiegazione di una rivelazione divina, la quale s’impi- glierebbe in altre difficoltà , a spiegare , p. es., come 81 — Iddio , puro spirito , possa sensibilmente parlare, ve- niamo alla spiegazione umana . n) Linguaggio e universali . — L 7 nomo parla soltanto q uando è capace di idee generali ; perciò noi abbiamo a<mr>v fatto seguire alla formazione di queste la formazione del linguaggio , che n 7 è la conseguenza. Come l 7 individuo è chiuso in sè ed irrelativo, così JL^ la sensazione, che vi corrisponde, è muta. Il linguaggio è comuni chevolezza tra spirito e spirito, e ciò che v ? ha T di comune tra loro è, e non può essere altro, che l 7 uni- versale. 1***^*» (s) I nomi. — L’universale ha però diversi gradi, e sul primo formarsi non esprime altro che limi rappresen - tazione comune a più individui percepit i. In questo si fonda l 7 imposizione dei nomi , che si desume sempre da quella proprietà che p iù h a colpito l’immaginazione di un mainili <U*^fvTcj. popolo. Così, p. es., guardando il mare, imo può { rimanere più scosso dalla sua mobilità, un altro dalla nr ] sua ampiezza , un altro dal suo colore ; e da ciascuna di queste proprietà può imporgli un nome diverso: le altre note rimangono in seconda linea. Fermarsi sopra di una nota, a preferenza di un’altra , dipende poi dal diverso genio del popolo che si crea il linguaggio; per- ciò non senza ragione la filologia modern a s 7 ingegna d’indovinare le concezioni* nascenti devòlversi popoli dalle radici delle parole primitive. Il con questo metodo, riscontrando talune parole sanscrite, greche e ^ latine, che si trovano le stesse, appresso tre rami di una ^ sola razza, dimostra a che grado di civiltà essi fossero pervenuti prima di sparpagliarsi per varie ragioni. Co- mune, p. es., è la parola che significa il umo : dunque, p rima di dividersi, questi popoli avevano appreso ad estrarre il succo dalle uve. A^tVvJ — Vc^fi IktcrrtsblC? <&Jt*/fl'n'tT tZjÉXjjrtmu Z Ain . f"r2rH^-££ RaA^ L ^ia^AA*-**** t^x<^ 7 r •<!T- J e /e altre parti del discorso. — L 7 imposizione de 7 nomi costituisce però la materia greggi a di una lin- gua ; e corrisponde appunto alla virtù rappresentativa dello spirito. L 7 a ttività d el lo spirito stesso è significata dal verbo, che è perciò Pelemento organico, e dalla cui più perfetta determinazione dipende la perfezione mag- giore di una lingua. Le altre particelle, — preposizioni, congiunzioni, avverbi, — esprimono l 7 elemento formale e categorico del pensiero : esprimono astrattamente le relazioni di cui sono capaci tanto gli oggetti , quanto Fattività medesima del nostro pensiero. [ >*<0 non x 3) Radici e flessioni. — Nel nome e nel verbo si di- stingue la rappresentazione originaria da quelle deter- minazioni che dip oi, nel processo del ling uagg io, le si sogliono aggiungere; c 7 è quindi in entrambi la radice e la flessione. Quando la lingua è sul nascere , il^nome ed il verbo s onoe spressi da un monosillabo , che rin- chiude, come in un germe, la rappresentazione primitiva di una cosa o di un 7 azione . Quando poi si comincia a distinguere meglio l e determina zioni che scampagnano .* o la cosa o Fazione, allora le varie modificazioni della 1 radice primitiva esprimono i numer i , i g eneri, i ca si, le persone, il tempo; e tali flessioni si dicono declinazioni - 1 — : ^ — . — V i i ... ., coniugazioni , secondo che modificano il nome o il 7 verbo. Di questi due elementi fondamentali del nostro lin- guaggio, il verbo va congiunto con la categoria di tempo, il nome no. La ragione di tal divario è questa, che. , il ver bo esprime l 7 azione , la quale senza il tempo non si potrebbe classificare con precisione; laddove il porne , esprimendo il s oggetto o l 7 oggetto de ll 7 azione, stess a, significa qualcosa di iienjnuignte, e si circoscrive piut- Sfl*XA0 No* Ve* I — 83 — tosto con le relazioni spaziali . Nelle lingue più ricche, difatti , tra i casi, che esprimono le diverse modifica- zioni de’ nomi, si suole trovare quello che i grammatici «chiamano locativo ; e indica il luogo dove la cosa si trova. Quanto più numerose e sottili sono le flessioni che fissano le varie sfumature dell’azione , tanto i>iù ricca e più precisa è una lingua; quanto più fine sono le gradazioni dell’ azione, che lo spirito può cogliere, e rivelare nel linguaggio; tanto è maggiore l’attitudine artistica e scientifica. D ove, invece, si arriva appena a significare 1’ azione in una forma rozza, e quasi direi all’ingrosso, quivi manca il genio artistico e la specu- lazione. La perfezi o ne dell’organismo sintattico rivela l a potenza creatrice ed inventi va di un popolo. La lin- gua greca mostra l’eccellenza di quella coltissima na- zione: e criterio di quella eccellenza è la compiuta for- ma del verbo, che in quella lingua basta ad esprimere ogni più delicata e fuggevol forma del pensiero. e) Le particelle . — Condizione primissima del filosofare è una lingua la quale jgossa astrarre, e fissare le rela- zioni in sfe , ed indipendentemente dai proprii termini. Quindi le particelle, che diciamo preposizioni, congiun- ftdaWàv t zioni ed avverbii, e che sono come le giunture del linguaggio, diventano un aiuto potentissimo , anzi un istrumento indispensabile della speculazione. Per esse noi pensiamo le relazioni di tempo e di spazio, di causa e di effetto, di mezzo e di fine, e simili, non solo in quanto si trovano, dirò così, incorporate coi termini fra cui tramezzano; ma le pensiamo sci o lte da ogni rappre - sentazione _e come concet ti puri . Il dove, il quando , il di, il da, il per, esprimono il luogo, il temilo, la proprietà, — 84 — la provenienza, il mezz3, come c ategorie a se , cbe noi applichiamo ai nomi ed ai verbi, producendo così l’or- ganismo del periodo. L’ abbondanza di tali particelle è parimenti indizio della perfezione di una lingua. pajth'cfiiU'- i) Riepilogo. — C’ è dunque nella lingua tre gradi: c’è la ra ppresentaz ione della cosa o dell’ azione , espressa dalla nuda radice; c’è la rappresentaz ione deter minata per mezzo de ? concetti puri, espressa dalla flessione ; e ci sono infine i co ncetti p uri, in s&J astratti da ogni rappresentazione, e sono le particelle invariabili. 4. Sviluppo delle lingue . — I linguaggi barbari e rozzi ( si arrestano alle prime, alle radici monosillabiche, alle semplici rapi)resentazioni ; o, tutto al più, riescono a conglutinarle insieme. Le lingue sviluppate hanno fles- sioni; hanno cioè nomi e verbi perfettamente determinati; e Analmente hanno un ricco corredo di part i cell e^signi- - flcabrici delle relazioni universali . Delle particelle , di cui parliamo, due lingue hanno forse maggior copia, la greca fra le antiche, la tedesca fra le moderne; onde Xmoviene la loro maggiore attitudine a significare i con- cetti speculativi. 5. Gli elementi delle lingue secondo M, Miiller. — In conformità alle osservazioni da noi riferite finora, giova allegare l’autorità di Max ]\IiUl er J ), il quale, dopo sottili indagini, conclude, che tutte le lingue, senza eccezione di sorta, p assate pel crogiuolo della gramma- ca_comparata, sono risultate composte di due elementi *) [Max Miiller, Letture sulla scienza del linguaggio , e Nuove let- ture, trad. in ital. dal Nerucci]. > — 85 — costitutivi; di radici attributive , " cioè , e radici dimo- strative. Le radici attributive servono a significare una me- fi desima qualità primitiva, che si attribuisce ad un qual- che essere; le radici dimostrative, invece, servono ad esprimere una determinazione meramente formale. Lq j flession i, consistenti nelle declinazioni de 7 nomi, e nelle coniugazioni de 7 verbi, nascono dalla unione organica delle due differenti specie di radici in una sola parola. Di modo che, anche filologicamente, apparirebbe manifesta la distinzione originaria di un elemento attributivo e di un elemento dimostrativo nella lingua ; che corri- sponderebbero al contenuto il primo, ed alla forma del pensiero il secondo. La compenetrazione di questi due elementi primitivi non è uguale in tutte le famiglie delle lingue che si parlano : è perfetta, e perciò a mala pena discernibile nelle lingue ariane ; è imperfetta , e perciò più facil- mente riconoscibile, nelle l ingue semitich e. 6. Apprendimento delle lingue . — Altra è la funzione, che si richiede a for mar e la lingua; altra è quella dello impararla, formata che sia; benché le due funzioni ab- biano, e debbano avere, alcunché di comune. Prevale rim magin azione produttiva nella formazione primitiva de 7 linguaggi; prevale la riproduttiva nella loro apprensione. Il bambino che nasce in una società progredita non deve far altro, che assimilarsi il linguaggio materno così coin 7 è stato tramandato. Egli impiega in questo lavoro assimilativo i primi cinque anni della sua fan- ciullezza, durante il qual tempo impara più, come ì . " » a o v*r> — 86 — diceva Gian Paolo 1 ), che non in altrettanti anni eli ac- cademia. La sua mente vergine e robusta si arricchisce ben presto di quel tesoro tradizionale, eh’ ei si appro- pria e fa suo, riponendolo nella fresca e tenace me- moria. L’apprendimento delle lingue, già si facile in questa prima età , si va poi di mano in mano ren- dendo malagevole, perchè la memoria con gli anni si affievolisce, e diviene men facile a ricevere, e men fe- dele nel ritenere. ly [Gian Paolo Riehter (1763-1825), grande scrittore umorista, tedesco] .
1. Il linguaggio , prerogativa umana. — Tra tutti gli animali l’uomo solo parla : e poiché l’uomo solo è for- li'u^wujqko aito (Vi ntoli ia'ciiz a, è naturale che tra cotesti due fatti |uU£li^tJtp si sia cercato di trovare un nesso necessario. Ammessa questa mutua connessione, la domanda che naturalmente ne deriva, è questa: l’uomo parla perchè ragiona? o, al rovescio, ragiona perchè parla? 2. Teoria K tradizionalistica sulV origine del linguaggio: e sua critica.' — Le due opposte sentenze hanno tro- vato sostenitori. Una scuola detta de’ tradizionalisti non solo ha ammesso la necessità della parola per pen- sare, ma, com’era inevitabile, ha riconosciuto necessa- ria la rivelaz ione . div ina per la origine del linguaggio umano *). Il corollario era perfettamente logico. Se l’uomo non può inventar nulla senza pensare; e se, per pensare, c’è J i) [Principale rappresentante moderno del tradizionalismo è il francese visconte Luigi de Bonald, 1754-1840]. - 80 — Jrr*“ ilwlWuii) 6 JL^XÒru. di mestieri la parola , il linguaggio non poteva più derivare dall’uomo; e quindi a lui doveva essere stato rivelato da Dio. Una difficoltà molto ovvia non è stata però tenuta in conto : come si fa a capire il linguaggio, se non è opera nostra, e se al suono esteriore non risponde nel- l’animo nostro il pensiero associatovi! Perchè il cavallo, il cane, benché odano il suono delle parole, non ne comprendono il significato ! Il G-ioberti, che negli ultimi tempi rinfrescò il tradi- zionalismo, cercò di evitare questo scoglio, distinguendo il pe nsiero p rimitivo, intuitivo, che precede il linguag- gio, dal p ensiero rifless o, che gli tien dietro e lo pre- suppone. Il linguaggio, per lui, non è il fattore delle idee, ma l’istrurnepto indispensabile, perchè esse siano | ripensate. Poiché però le idee nelPintuito mancano di distinzione, anche lui dovette sostenere la rivelazione per Porigine del linguaggio umano. Senza entrare in risposte astruse, noi opponiamo a questa dottrina un fatto molto comune. Poiché Fintuito delle idee è sempre presente, e poiché il suono del linguaggio colpisce il bambino fin dal suo primo nascere, perchè questi noi comprende subito, nò subito parla? Dati i due coefficienti , V intuito dell* idea e il suono esterno della parola, l’intelligenza dovrebbe immanti - nenti balzar fuora; ed intanto non è così, e ci vuole un lavoro lento ed assiduo, prima d’ intendere il valore del linguaggio. A (oM^Y^O l*< Tt.cC) 3. Teoria r azionale y — Lasciando dunque la mistica spiegazione di una rivelazione divina, la quale s’impi- glierebbe in altre difficoltà , a spiegare , p. es., come 81 — Iddio , puro spirito , possa sensibilmente parlare, ve- niamo alla spiegazione umana . n) Linguaggio e universali . — L 7 nomo parla soltanto q uando è capace di idee generali ; perciò noi abbiamo a<mr>v fatto seguire alla formazione di queste la formazione del linguaggio , che n 7 è la conseguenza. Come l 7 individuo è chiuso in sè ed irrelativo, così JL^ la sensazione, che vi corrisponde, è muta. Il linguaggio è comuni chevolezza tra spirito e spirito, e ciò che v ? ha T di comune tra loro è, e non può essere altro, che l 7 uni- versale. 1***^*» (s) I nomi. — L’universale ha però diversi gradi, e sul primo formarsi non esprime altro che limi rappresen - tazione comune a più individui percepit i. In questo si fonda l 7 imposizione dei nomi , che si desume sempre da quella proprietà che p iù h a colpito l’immaginazione di un mainili <U*^fvTcj. popolo. Così, p. es., guardando il mare, imo può { rimanere più scosso dalla sua mobilità, un altro dalla nr ] sua ampiezza , un altro dal suo colore ; e da ciascuna di queste proprietà può imporgli un nome diverso: le altre note rimangono in seconda linea. Fermarsi sopra di una nota, a preferenza di un’altra , dipende poi dal diverso genio del popolo che si crea il linguaggio; per- ciò non senza ragione la filologia modern a s 7 ingegna d’indovinare le concezioni* nascenti devòlversi popoli dalle radici delle parole primitive. Il con questo metodo, riscontrando talune parole sanscrite, greche e ^ latine, che si trovano le stesse, appresso tre rami di una ^ sola razza, dimostra a che grado di civiltà essi fossero pervenuti prima di sparpagliarsi per varie ragioni. Co- mune, p. es., è la parola che significa il umo : dunque, p rima di dividersi, questi popoli avevano appreso ad estrarre il succo dalle uve. A^tVvJ — Vc^fi IktcrrtsblC? <&Jt*/fl'n'tT tZjÉXjjrtmu Z Ain . f"r2rH^-££ RaA^ L ^ia^AA*-**** t^x<^ 7 r •<!T- J e /e altre parti del discorso. — L 7 imposizione de 7 nomi costituisce però la materia greggi a di una lin- gua ; e corrisponde appunto alla virtù rappresentativa dello spirito. L 7 a ttività d el lo spirito stesso è significata dal verbo, che è perciò Pelemento organico, e dalla cui più perfetta determinazione dipende la perfezione mag- giore di una lingua. Le altre particelle, — preposizioni, congiunzioni, avverbi, — esprimono l 7 elemento formale e categorico del pensiero : esprimono astrattamente le relazioni di cui sono capaci tanto gli oggetti , quanto Fattività medesima del nostro pensiero. [ >*<0 non x 3) Radici e flessioni. — Nel nome e nel verbo si di- stingue la rappresentazione originaria da quelle deter- minazioni che dip oi, nel processo del ling uagg io, le si sogliono aggiungere; c 7 è quindi in entrambi la radice e la flessione. Quando la lingua è sul nascere , il^nome ed il verbo s onoe spressi da un monosillabo , che rin- chiude, come in un germe, la rappresentazione primitiva di una cosa o di un 7 azione . Quando poi si comincia a distinguere meglio l e determina zioni che scampagnano .* o la cosa o Fazione, allora le varie modificazioni della 1 radice primitiva esprimono i numer i , i g eneri, i ca si, le persone, il tempo; e tali flessioni si dicono declinazioni - 1 — : ^ — . — V i i ... ., coniugazioni , secondo che modificano il nome o il 7 verbo. Di questi due elementi fondamentali del nostro lin- guaggio, il verbo va congiunto con la categoria di tempo, il nome no. La ragione di tal divario è questa, che. , il ver bo esprime l 7 azione , la quale senza il tempo non si potrebbe classificare con precisione; laddove il porne , esprimendo il s oggetto o l 7 oggetto de ll 7 azione, stess a, significa qualcosa di iienjnuignte, e si circoscrive piut- Sfl*XA0 No* Ve* I — 83 — tosto con le relazioni spaziali . Nelle lingue più ricche, difatti , tra i casi, che esprimono le diverse modifica- zioni de’ nomi, si suole trovare quello che i grammatici «chiamano locativo ; e indica il luogo dove la cosa si trova. Quanto più numerose e sottili sono le flessioni che fissano le varie sfumature dell’azione , tanto i>iù ricca e più precisa è una lingua; quanto più fine sono le gradazioni dell’ azione, che lo spirito può cogliere, e rivelare nel linguaggio; tanto è maggiore l’attitudine artistica e scientifica. D ove, invece, si arriva appena a significare 1’ azione in una forma rozza, e quasi direi all’ingrosso, quivi manca il genio artistico e la specu- lazione. La perfezi o ne dell’organismo sintattico rivela l a potenza creatrice ed inventi va di un popolo. La lin- gua greca mostra l’eccellenza di quella coltissima na- zione: e criterio di quella eccellenza è la compiuta for- ma del verbo, che in quella lingua basta ad esprimere ogni più delicata e fuggevol forma del pensiero. e) Le particelle . — Condizione primissima del filosofare è una lingua la quale jgossa astrarre, e fissare le rela- zioni in sfe , ed indipendentemente dai proprii termini. Quindi le particelle, che diciamo preposizioni, congiun- ftdaWàv t zioni ed avverbii, e che sono come le giunture del linguaggio, diventano un aiuto potentissimo , anzi un istrumento indispensabile della speculazione. Per esse noi pensiamo le relazioni di tempo e di spazio, di causa e di effetto, di mezzo e di fine, e simili, non solo in quanto si trovano, dirò così, incorporate coi termini fra cui tramezzano; ma le pensiamo sci o lte da ogni rappre - sentazione _e come concet ti puri . Il dove, il quando , il di, il da, il per, esprimono il luogo, il temilo, la proprietà, — 84 — la provenienza, il mezz3, come c ategorie a se , cbe noi applichiamo ai nomi ed ai verbi, producendo così l’or- ganismo del periodo. L’ abbondanza di tali particelle è parimenti indizio della perfezione di una lingua. pajth'cfiiU'- i) Riepilogo. — C’ è dunque nella lingua tre gradi: c’è la ra ppresentaz ione della cosa o dell’ azione , espressa dalla nuda radice; c’è la rappresentaz ione deter minata per mezzo de ? concetti puri, espressa dalla flessione ; e ci sono infine i co ncetti p uri, in s&J astratti da ogni rappresentazione, e sono le particelle invariabili. 4. Sviluppo delle lingue . — I linguaggi barbari e rozzi ( si arrestano alle prime, alle radici monosillabiche, alle semplici rapi)resentazioni ; o, tutto al più, riescono a conglutinarle insieme. Le lingue sviluppate hanno fles- sioni; hanno cioè nomi e verbi perfettamente determinati; e Analmente hanno un ricco corredo di part i cell e^signi- - flcabrici delle relazioni universali . Delle particelle , di cui parliamo, due lingue hanno forse maggior copia, la greca fra le antiche, la tedesca fra le moderne; onde Xmoviene la loro maggiore attitudine a significare i con- cetti speculativi. 5. Gli elementi delle lingue secondo M, Miiller. — In conformità alle osservazioni da noi riferite finora, giova allegare l’autorità di Max ]\IiUl er J ), il quale, dopo sottili indagini, conclude, che tutte le lingue, senza eccezione di sorta, p assate pel crogiuolo della gramma- ca_comparata, sono risultate composte di due elementi *) [Max Miiller, Letture sulla scienza del linguaggio , e Nuove let- ture, trad. in ital. dal Nerucci]. > — 85 — costitutivi; di radici attributive , " cioè , e radici dimo- strative. Le radici attributive servono a significare una me- fi desima qualità primitiva, che si attribuisce ad un qual- che essere; le radici dimostrative, invece, servono ad esprimere una determinazione meramente formale. Lq j flession i, consistenti nelle declinazioni de 7 nomi, e nelle coniugazioni de 7 verbi, nascono dalla unione organica delle due differenti specie di radici in una sola parola. Di modo che, anche filologicamente, apparirebbe manifesta la distinzione originaria di un elemento attributivo e di un elemento dimostrativo nella lingua ; che corri- sponderebbero al contenuto il primo, ed alla forma del pensiero il secondo. La compenetrazione di questi due elementi primitivi non è uguale in tutte le famiglie delle lingue che si parlano : è perfetta, e perciò a mala pena discernibile nelle lingue ariane ; è imperfetta , e perciò più facil- mente riconoscibile, nelle l ingue semitich e. 6. Apprendimento delle lingue . — Altra è la funzione, che si richiede a for mar e la lingua; altra è quella dello impararla, formata che sia; benché le due funzioni ab- biano, e debbano avere, alcunché di comune. Prevale rim magin azione produttiva nella formazione primitiva de 7 linguaggi; prevale la riproduttiva nella loro apprensione. Il bambino che nasce in una società progredita non deve far altro, che assimilarsi il linguaggio materno così coin 7 è stato tramandato. Egli impiega in questo lavoro assimilativo i primi cinque anni della sua fan- ciullezza, durante il qual tempo impara più, come ì . " » a o v*r> — 86 — diceva Gian Paolo 1 ), che non in altrettanti anni eli ac- cademia. La sua mente vergine e robusta si arricchisce ben presto di quel tesoro tradizionale, eh’ ei si appro- pria e fa suo, riponendolo nella fresca e tenace me- moria. L’apprendimento delle lingue, già si facile in questa prima età , si va poi di mano in mano ren- dendo malagevole, perchè la memoria con gli anni si affievolisce, e diviene men facile a ricevere, e men fe- dele nel ritenere. ly [Gian Paolo Riehter (1763-1825), grande scrittore umorista, tedesco] .
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