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Thursday, March 24, 2022

GRICE E GATTI

 L'Italia era pervenuta al decimosesto secolo e nella letten ratura e nelle arti ad una eccellenza , che niuna delle mo derne nazioni ha forse potuto raggiungere e che emulava se non uguagliava quella de' giorni più felici della Grecia. La poesia, la pittura, la scoltura e l'architettura quasi facea no a garaper adornare di opere eternamente duratureun pae se che già per tanti riguardi parea prediletto dal cielo , e le interne agitazioni e le discordie civili di tanti piccoli e fio renti stati pareano quasi cote che affilavano gl' ingegni, af forzavano gli spiriti e rendeanli più pronti a concepire e a ritrarre squisitamente il bello . Intanto , fra queste potenti pa lestre che aveano esercitato l'infanzia e l'adoloscenza delle no stre menti,venne l' età più matura e quasi la virilità dell' in tendimento , nella quale l'uomo, ovvero lo spirito umano, chè qui suona il medesimo, si rivolgein sè stesso per conoscere da presso quello ch 'egli è , e quello che le altre cose sono, le quali in fino a quel punto è stato contento ad ammirare ed a servirsene per sè e per le sue immaginazioni. Allora inco mincia la filosofia, la quale di necessità dee sorgere dopo la poesia, siccome la Grecia e l'Italia col fatto ne fanno pro va . Nè si potrebbe addurre in contrario la scolastica che è 13 194 antichissima , e certo precedente alla poesia, perchè quella , oltre che confinava da presso con la teologia, più presto che esser l' effetto spontaneo , per così dire , del pensiero nazio nale , lavoravasi nel seno della chiesa e nel silenzio de' chio stri , senza che il pensiero laicale vi avesse alcuna parte . Il quale , quando fu venuto il tempo propizio, si fece da sè una filosofia che veramente dalla scolastica fu diversa. Costantinopoli non cadde in vano per noi; perchè la sua rovina che fu quasi l'ultimo crollo della civiltà antica servi ad arricchirci di gran numero di monumenti dell'antica sa pienza a noi tuttavia ignoti , e a compensar con usura i nostri padri dell ' ospitale accoglienza per essi accordata ai fuggitivi figliuoli d'una nazione illustre e generosa , che dopo quattro secoli d'oppressione, dovea riacquistar l'indi pendenza , e , bella delle memorie passate e del presente trion fo, ricomparire sul fortunoso teatro del mondo, sorgendo , come Lazaro , dal polveroso sepolcro che avea accolto il suo cadavere . So bene che da alcuni si è creduto il risorgimento degli studii classici e la conoscenza più intera dell'antica civiltà essere stati più presto di nocumenlo che di utile alla mo derna , parendo loro esserne stato impedito il libero cam mino degli spiriti, e turbata l'originalità del pensiero mer cè l' innesto violento d' un vecchio ramo sovra un più gio vane tronco . Ma costoro non pensano che la civiltà di un secolo non è e non può esser un fatto isolato e da sè ma che è iotimamente legata a quella de' precedenti mercè l' aurea catena delle tradizioni , e che ogni secolo dee, in quanto può , legarsi col passato e argomentarsi di perfezionarne l'opera, piuttosto che separarsene e disdegnare di riconoscerlo , o pretendere superbamente anzi puerilmente di incominciar tutto da capo , e rifar da sè l'opera a cui le generazioni pre cedenti han lavorato .Però il risorgimento degli studi classici . e la conoscenza dell'antichità , innanzi che nuocere, ha do vuto perfezionar l'edifizio della civiltà moderna , nè in fatto pud negarsi che a risorgimento delle antiche lettere sieno 1 195 dovuti in gran parte i subiti progressi che le scienze fecero tra noi . Quando si furono rotli i cancelli un po' stretti fra cui la scolastica volea talora chiusa l'intelligenza , quando si fu meglio e vie più direttamente conosciuto il pensiero dell'an tichità , ed ecco sorgere di presente una nuova filosofia, alla quale si può dire che avessero posto mano di conserva il pensiero antico e il moderno, la sapienza greca e lo spirito italiano. I più profondi ingegni della penisola si misero a quest' opera, lavorando insieme, quale in uno e qualein un altro modo , al comune e nobilissimo scopo, e tosto si vide venir fuori dal loro numero il celebre triumvirato di Telesio, Campanella e Bruno , i quali tutti e tre videro la luce in questa meridional parte d’Italia . Comune ebbero la forza della volontà , l'ardire dell'inge gno e la potenza della mente; ma il primo restò indietro agli altri due , imperciocchè la sua opera fu puramente ne gativa , laddove questi poterono crear de sistemi che nè il tempo nè i seguenti sforzi dello spirito umano non giunse ro a far dimenticare. A così bei cominciamenti fu possibile di sperare splendidi destini per la filosofia italiana , ma la speranza anche allora, siccome spesso è, fu ingannatrice, e l'avvenire mancò a così lieti principii . Del qual fatto non si può trovare altrove la ragione che nelle condizioni della storia italiana e nella intima natura della nostra filosofia . E, in vero se, come abbiam veduto, la filosofia comparve in Ita lia quando il pensiero era abbastanza maturo per siffatta ma niera di studii , quando questo momento fu arrivato, la na zione incominciò a declinare . Quella maravigliosa abbon danza di vita che avea alimentato il movimento dello spi rito e favorito l'innalzamento di tante piccole nazionalità, nel cui seno eran comparse prima la poesia e le arti , e poi la scienza , incominciava a indebolirsi e venir meno. AL XVII secolo la conquista era compiuta; le antiche forme di reg gimento eran cadute o avean perduto della loro importan za; e le nostre sorti incominciarono ad esser , quando più e quando meno , legate a quelle di altre nazioni. Strana 196 cosa è l'ammirazione di taluni storici , siccome il Denina , per la beata tranquillità , per i giorni di serenità e di pace che spuntarono a rallegrare il bel cielo dell' Italia . Più stra na ancora è la maraviglia del Tiraboschi il quale non sa comprendere come la letteratura , le arti e in gran parte le scienze sien volte in basso stalo allora a ppunto che la pa ce di cui finalmente godea l'irrequieta terra italiana , facea sperar nuovi progressi e quasi un novello secol d'oro al nostro paese . Costoro non intendevano che quando una nazione cade, cade di necessità con essa tutto quello che è intimamente collegato con la sua vita e col suo essere . E in fatti allora la bella prosa italiana fini, allora la poesia spirò sulle labbra del Tasso , e le arti andarono ogni di più declinando. Allora incominciò la corruzione onde il sei cento è rimasto celebre nella memoria degli uomini , sic come età di decadenza. E' sembra che l'antico spirito let terario si rifuggisse un momento in Toscana per morir no bilmente nel paese stesso che l'avea veduto sorgere , sic come la pittura cercò un asilo in Bologna e parve di nuo vo levar il capo fra le mani de' tre Caracci, di Guido Reni , del Guercino e d'altri. Ma questo fu come l'ultimo sforzo del gladiatore ferito , o come l' ultimo canto del cigno che si muore . Egli è facile il concepire come una filosofia, la quale derivava da un movimento al tutto italiano, e che pe rò era legata alla fortuna del pensiero onde ella avea da nascere, dovesse cader di necessità il giorno stesso che quel pensiero veniva a perdere la nazionalità e l'indole origina le . Il medesimo senza fallo sarebbe avvenuto nell'antichità, ove la Grecia fosse caduta il giorno stesso che il gran disce polo di Anassagora bevè la cicuta , perciocchè allora a Pla tone e ad Aristotile sarebbe mancato il tempo di compari re , siccome mancò tra noi dopo la morte de Socrati italiani. Dopo questo tempo non comparve, si può dire, nessuno il cui nome fosse degno delle antiche glorie, e le menti ita taliane sembravano comprese da una mortale stanchezza, quando venne fuori tra noi Gian Battista Vico quasi a pro 197 testare in nome di tutti e mostrare al mondo che il fuoco sacro del pensiero non era già spento nel bel paese ma solo nascosto sotto tiepide ceneri. Tra una gran folla di eccel lenti giureconsulti che fiorivano di quel tempo in Napoli, dalla meditazione del diritto romano egli seppe innalzarsi alla scienza delle leggi universali che reggono il cammino del genere umano sulla terra , e dalla meditazione d'una sola città alle leggi supreme della civiltà e del corso di tut ta quanta l'umana famiglia. Ma poichè egli precorreva di due secoli i suoi contemporanei, fu non curato e poco avuto in pregio da quelli , ed è stato sol da' posteri onorato condegnamente alla sua grandezza ; gloriosa ma pur tar da e , che è più , inutile ricompensa al merito degli uo mini veramente grandi , e a' sudori per esso loro sparsi in pro di chi o non li comprende e per ignoranza o per mali gnità li dispregia , ovvero di chi più non può giovarli . Parecchi anni dopo del Vico , e immensamente a lui infe riore , comparve in Napoli l'abate Antonio Genovesi . Del quale spiacemi di dover parlare in modo che a molti sem brerà per avventura o affatto ingiusto o troppo severo . Im perciocchè io penso che il suo merito, almeno comefilosofo, chè in quanto economista non so , sia stato più del giusto esagerato de' suoi compatriotti, i quali eran pure que' me desimi che avean veduto il Vico morir nella miseria , e poco o niente avean creduto alla sua grandeza. Genovesi poi, sendo prete , credeasi in certa guisa mail'obbligo di rico noscer l'antica metafisica,ma nè seppe intender quello che veramente di più profondo trovavasi in essa , nè il più delle volte seppe spogliarla dell' aridità delle forme, non ostante che non poco pretendesse alla leggerezza dello stile , e fino alle facezie e alle arguzie il più spesso di cattivo gusto e di sdicenti alla gravità delle materie per esso lui trattate. Nato poi nel XVII secolo e fiorendo ne' principii del XVIII , credeasi parimenti obbligato di seguir le dottrine del suo secolo , senza scorgere le conseguenze a cui quelle menavano . Per tal guisa mentre come teologo avea in 198 napzi san Tommaso , intendea come filosofo seguitare il Locke e il Cartesio , allora nuovi e in voga oltremonti , e a cui l'alta mente del Vico avea mosso infin dal principio potentissima guerra. Diviso fra due estremi così opposti in sieme , e' travagliavasi pure a volerli conciliare , e parvegli che l'autore del sistema delle monadi potesse maravigliosa mente servire al suo scopo , e così volea conseguir la gloria , tanto per lui ambita , di libero pensatore e di teologo ; ma il tentativo riescì vano alla prova . Chi in fatti apra i suoi libri di leggieri si potrà accorgere d'un continuo vacilla re e di una enorme confusione, per la quale il lettore si tro va , siccome l'autore dovea essere , in una strana tenzone di discordanti dottrine che ben sono accoppiate insieme , ma non sono e non posson essere ricondotte all'accordo e all'armo nia . E, in vero, quale è la teorica onde egli ha arricchito la scienza ? quale è il sistema che si chiama dal suo nome ? quale la scuola che ha fondata ? Se pure non voglia dirsi , come si potrebbe in certo modo affermare, che egli sia sta to il primo che incominciasse a introdurre fra noi la filoso fia del XVIII secolo , la quale dovea poi più largamente spandersi e acquistar quasidiritto di cirtadinanza . Concios siachè , spezzato il legame sacro che avrebbe dovuto legarci a' nostri più antichi, rotta la tradizione e in certo modo spenta presso il più gran numero la ricordanza delle passa te glorie filosofiche, parve più facil cosa il domandare ol tremonti bella e fatta la filosofia , innanzi che travagliarsi a crearla da sè; tanto più che tra noi l'uso delle profonde me ditazioni era venuto meno , ei sistemi che lavoravansi oltre le alpi , tra per la loro comoda facilità e per la popolarità che la letteratura francese ogni di più andava acquistando, divenivano anch'essi popolari in gran parte dell' Europa. Or questa filosofia era derivata direttamente da' sistemi del Bacone e del Locke , e più indirettamente da quello del Car tesio . . 199 II . Renato Descartes avea continuato nelle astratte regioni della filosofia l'opera incominciata dalla Riforma in quelle della religione, più astratte eziandio e al tempo stesso più positive delle prime, che era senza più l'idea della libertà del pensiero . Cosiffatta idea era nata da prima in Italia , do ve non chiedea altro che la libertà del pensiero filosofico; anzi in sulle prime si fu contenti a quella solo della libera discussione contro l'Aristotile delle scuole, salvo a costruire un nuovo edifizio con le vere dottrine dello stesso Stagirita ovvero di altri filosofi dell'antichità, siccome spesso si vide fare . Ma la Riforma, confondendo i limiti di cose diverse , domandò la libertà della discussione religiosa , il che era distrugggere la religione medesima , la quale per sua es senza è fondata sulla fede , sulla credenza e sul mistero, talchè sì tosto che la discussione e l'esame incomincia, la religione finisce, dove tra il credere e il non credere , tra il si e il no , alcuna transazione non è possibile, e ogni ana lisi l' uccide. Della religione avviene lo stesso che d'una leggiadra fanciulla dalle guance rosee e da' capegli dorati , la quale sembra contaminata dal solo sguardo troppo cupi do e indagatore dell'uomo; ma non si tosto l'abbiam pos seduta e contemplati a nudo i misteri della sua bellezza , ogni prestigio è finito . Così accade delle religioni , e tutte quelle che finora hanno imperato in su la terra, vere e fal se , ne son argomento. I libri sacri degli Ebrei eran conser vati nel luogo più recondito e segreto dell' arca ; l ' Egitto che può dirsi per eccellenza il paese della religione , è la patria de' simboli e de' geroglifici , e in Grecia solo pochi savi dopo faticose prove erano iniziati a' misteri di Samo tracia e diEleusi . In somma è strana cosa il credersi obbligato ad aver pure una religione e non volerla fondata sul principio dell'autorità. E in questo veramente il principio cattolico è superiore alle dottrine de protestanti e a quelle delle altre selte del cristianesimo , come quello che non soffre di discen 200 dere ad alcuna transazione , ma riconosce in sè la fonte di ogni vero , poggiandosi in sulla autorità che è potentissi ma, come quella che ha per sè la costante tradizione e l'im mutabilità delle dottrine. Ben cammina lo spirito umano , ben fa spesso de' progressi nel suo cammino, e le scoperte si succedono e i costumi s' ingentiliscono e le scienze si arricchiscono, e quasi pare che ogni verità sia destinata a cedere il luogo ad un'altra nuova, e che lo spirito dell'uo me sia in continuo movimentoed agitazione per avvicinarsi il più che a lui è conceduto all' unico e immutabile vero , Ma dove è questo vero ? chi mai può dire di averlo ve duto , o chi mai potrà vederlo e indicare agli uomini la meta di tutti i loro sforzi in su la terra , siccome il sepolcro di Gerusalemme a' Crociati e le coste di S. Domingoa Cristo foro Colombo ? Cotesto continuo moto , coteste secolari agi tazioni stancano l'anima , la quale ha sovente bisogno di fermarsi pure a qualche cosa di fermo e indubitabile, e di trovar come un'oasi in cui riposarsi dalle fatiche del suo penoso viaggio fra le certezze e i dubbi , fra le affermazioni e le negazioni dell' intelligenza . Or la Riforma distrugge questa proprietà assoluta ed es senziale d'ogni religione, gettandola in un pelago più con trastato ancora che quello della scienza , e in una bolgia di più inestricate e spaventevoli quistioni. Ma queste ardue pretensioni della riforma furono rendute ancor più estreme dal Cartesio , il quale spinse tant' oltre il desiderio della li bertà che volle quella stranissima di dubitar di tutte quanle sono le cose create e le increate fipo delle sue conoscen ze , delle sue idee e quasi di sè medesimo, per cercar poi, se gli fosse riuscito, di costruir da sè quello stesso che erasi dilettato con una nuova voluttà a distruggere. E veramente uno smodato desiderio di azione sernbrami dover esser in chi si piace di distruggere quello che egli ha intorno , per aver poi l'illusione del creare , e , che è più strano ancora, creare partendo dal dubbio ; nuovo e titanico esempio d' un sublime veramente dinamico, 201 Che cosa è egli quindi avvenuto ? Cartesio dovea egli so . lo ricostruir da sè l ' edifizio della realtà e dell'universo con solo i mezzi che il ragionamento gli porgea . Ora e' ci ha nella realtà delle cose alcuni fatti, siccome la religione , l'isto ria , le arti, i quali non sono opera dell'intendimento ovve ro della logica. E' ci ha nella vita delle cose e degli avve nimenti che non potrebbero derivare e non derivano dalla intelligenza individuale dell'uomo , quale essa alla logica e alla psicologia apparisce, ma sibbene da altri principii e da altri motori , a cui non si può che per diverse strade per venire . Per la qual cosa chi si argomenti di costruir la realtà delle cose con solo le armi che quelle più ristrette scienze gli concedono , e' non ginngerà mai ad avere essa realtà , quale nel fatto è, ma si quale con i suoi mezzi la si può formare, e priva delle sue più nobili parti, come quel le che di gran lunga son superiori ad ogni costruzione in dividuale . La quale difficoltà si può muovere a quasi tutta quanta la filosofia moderna, e nonsolamente a quella del Car tesio a cui essa è indubitamente debitrice di si superbe pre tensioni. Or delle due cose l' una può avvenire; o che la fi losofia riconosca la sua impotenza e rinunzii alla superba impresa, ovvero che presumendo troppo altamente di sè, nieghi di riconoscer come vero quello che essa non ha po tuto creare. Egli è inutile il dire che non potendo la prima ipotesi verificarsi per esser la scienza troppo superba di sua natura e troppo sicura del fatto suo , resta che la seconda si avveri . Pur tuttavia il Cartesio , siccome suole avvenire, per essere il primo, non giunse alle assolute negazioni di cui era pure nel suo sistema il germe , che poi seppe altri logicamente tirarne , allorchè si vide al fatto qua' si erano le estreme , ma pur legittime conseguenze delle dot trine cartesiane. Succedeva intanto in Inghilterra qualche cosa di simile a quello che in Francia , comunque le forme potessero esser diverse. Quivi il Bacone avea dichiarato quasi vana ogni scienza , il cui obbietto non potesse cader sotto l' impero de' 1+ 202 - sensi, quando il Locke cercò modo di applicar questo me todo alla conoscenza dell'intendimento umano , e fu di necessità costrello a vedervi solo quello che ci ha in esso di più apparente, cioè il fatto stesso della sensazio ne . Dalla quale , per sofismi che la scienza adoperi , non giungerà mai a cavare altro che fatti singolari con cui è impossibile di venire ad alcuna spiegazione probabile di fatti più alti e di più riposta natura, siccome sono le religioni , le arti , l' istoria . Pure il Locke si ostinò nel suo cammi no ma non seppe o non volle o temè di venire al termine estremo a cui quello conducea . Non io vorrei entrar mal levadore della verità d'alcun sistema , nè far l' apologista di una più presto che d'un' altra filosofia , ma mi sdegno di certi acciecamenti della scienza e della cieca sicurtà con cui sovente si ostina a perdurare in una via , quando bene si vegga ch'essa non possa condurre se non alla negazione assoluta di certi fatti i quali essa scienza dovrebbe bensì spiegare ma negare giammai, ove non volesse , come Ales sandro fece del nodo gordiano , non sciogliere ma tor di mezzo, negandole , le difficoltà. Pertanto quando il sistema del Locke ebbe passato lo stretto e ſu giunto sulla terra a lui ospitalissima della Francia, non fu chi non gli facesse buon viso , e venne accolto non già siccome quegli che giunge nuovo in terra straniera , ma come un antico amico che dopo lunga lontananza si riduce in patria . E veramen te sua patria era per esso quella del Cartesio . E' si dice che ogni idea cerca per per sua natura di venire ad atlo ed es ser messa in pratica. Or se ci ha filosalia al mondo, de la quale si può affermare che abbia raggiunto il suo scopo, è certamente quella della sensazione . Conciossiachè la rivolu zione di Francia si argomento di rifare la civil comunanza secondo quelle dottrine, e tulto un paese e una nazione no bilissima per amore di quelle fu veduta pronta ed apparec chiata a rinunziare un bel giorno alla sua istoria , alle sue tradizioni, alle sue antiche grandezze e alle passate glorie . Concessioni senza fallo enormi , ma pur logiche , e per le - 203 quali può dirsi che Marat, Danton , Robespierre e gli altri fossero gli estremi e più conseguenti discepoli del Locke, del Condillac, del Voltaire e dell' Elvezio; sebbene al fatto siasi veduto ove quelle teoriche peccassero, e come è pur mestieri di tener saldi certi altri e più antichi principii , chi vuol conservare in vita le umane società . Tale si era lo stato delle cose in Francia quando l'Italia legata oggimai a' destini della politica straniera ,cercò ezian dio fuori disua casa una filosofia bella e fatta , e potè leg germente trovarla , siccome l'abbiamo descritta , in Francia dove come in un nuovo Eden, cercammo l'albero della scien za e della verità, benchè il frulto che ci regalo fosse morta le per noi , come quello che fini di distruggere ogni germe di forza e di natio vigore nella patria di Gregorio VII e di Dante . Vero è bene che la filosofia della sensazione non può dirsi che in Italia fosse stata accettata ciecamente e compiu tamente , ma pur tuttavia ebbe abbastanza di forza per in sinuarsi nell' universale, e produrvi certa maniera di debo lezza morale che è l'effetto della mancanza d' ogni idea più elevata e più generosa . Ma comunque avesse avuto fra noi gran numero di ammiratori e di adepti, pure , come dicevo più sopra, le più alte menti italiane non si piegarono ad ab bracciarla compiutamente ancorchè non avessero saputo di scostarsene del tutto.Solamente più tardi e quando già quel la filosofia incominciava a venir meno nella sua stessa patria, si videro comparir tra poi i libri di Paolo Costa , di Mel chiorre Gioia e del napolitano Pasquale Borrelli che a quel le dottrine più da presso si accostavano; tre menti temprate in modo da non intendersi come abbiano potuto nascere nel la patria di Dante , Michelangelo e Vico . I due ultimi, scri vendo in una lingua a mezzo barbara , intendevano l'uno di spandere e divulgar nell' universale la parte più positiva della logica del Condillac, e l'altro di rianimare le teoriche del Cabanis , mercè qualche dottrina , già forse combattuta e dimenticata, del Locke. D'altra parte il primo, dico il Costa , purista ma pedante in letteratura , crede che la me 20% desima lingua che era servita a Dante per narrare i tre re gni misteriosi della morte, e descriver fondo a tutto l'universo ; la medesima lingua che era servita al Macchiavelli per disve lare i segreti della politica del medio evo , e al Vico per di vidare il passato e l'avvenire , e far la Divina Commedia della vita , siccome l'Alighieri avea fallo quella della morte; polesse impunemente esser condotta a raccontare le lepide trasformazioni della celebre statua , che a forza di odor di rosa dovea tornare uomo , come quella dell'antico Prome teo , mercè la fiamma del sole . Tolta per tal modo al pensiero l'originalità e l'indole na zionale , la letteratura di rimbalzo dovea sentire i cattivi ef fetti dello stato morale del paese . Già essa avea perduto la sua antica grandezza al XVII secolo , la sua fulgida stella era tramontata , e quel soffio divino che ne' secoli prece cedenti avea animato le nostre lettere parea si fosse ritira to dal cielo dell'Italia in mezzo alla corruzione che invadea d' ogni parte. Per la qual cosa il XVIII secolo , trovatici in queste condizioni, ci polè facilmente vincere , chè la strada era fatta, aperta la breccia , e agevolmente si potea una cor ruzione sostituire ad un'altra , un nuovo ad un antico vi zio . Allora si giunse perfino a sostenere che l'italiana era quasi una lingua morta la quale non potea più bastare ne alle nuove esigenze, nè alle nuove idee del secolo , nè agli andamenti più svelti e più liberi del pensiero moderno, sic chè bisognava al postuito rifarla , provvedere che ringiova nisse e sopperire alla sua manifesta povertà . Non è chi ignori come l'abate Cesarotti si fu il massimo campione di questa infelicissima scuola , e come con questo scopo dettò certo suo trattato che intitolo: Saggio sulla filosofia delle lingue. Se non che giunta la cosa a questo estremo punto , bisognava di necessità che , secondo il corso ordinario degli umani eventi, ritornasse indietro. E già nella Francia in un altro ordine 205 di cose una maniera di reazione era incominciata , concios siachè l'opera dell'impero può affermarsi non essere stata altro che una possente reazione contro gli anni prossima mente passati, e una ricostruzion di quello che negli eccessi della rivoluzione stato era distrutto e che pur meritava di esistere. In Italia , strana cosa ! questa reazione incominciò dalla lingua . Già poco innanzi il Parini, l'Alfieri e qualche altro aveano incominciato a levar la voce contro la servitù dell'imitazione straniera , ma poichè il male non era an cor venuto a quel punto estremo a cui le cose um ane deb bono arrivar per ritornar indietro, le loro parole furono im produttrici di effetti immediati in su le menti de' loro con temporanei , perchè le parole eriandio de' più grandi uomini non possono riescir proficue ove non trovano gli animi ap parecchiati a riceverle, e la pienezza de' tempi non è giunta per esse. E in vero quando le cose furon più mature, del le voci men possenti di quelle che ho citate poterono ope rare ciò che a'primi fu negato, chè trovarono un eco più fa cile nell' universale . Vero è che quelli i quali osarono per i primi di opporsi alla corruzion generale furon coverli di ogni maniera di ridicolo da' dotti del tempo e regalati, per più derisione, de’ titoli di pedanti (che forse erano) e di pu risti . Ma tutto fu indarno, perchè i puristi mostrarono un coraggio da onorar qualunque eroe , e niente valse contro di essi. Or e' bisogna confessare che costoro, non si credendo che i paladini delle parole , combatteano veramente , senza pur sospettarlo, l'invasione dello spirito straniero , e, se eran pedanti , significa che anche i pedanti possono talora aver ragione contro le pretensioni della filosofia. III . Duraya giá da alcun tempo questa reazion grammaticale contro la letteratura allora corrente , quando dalla remota Calabria s' intese risuonare una voce , che protestava contro la filosofia del senso e le sue eccessive pretensioni. Colesta 206 da voce era quella del barone Galluppi da Tropea , rapito pur testè alla scienza a cui avea consacrato religiosamente la sua vita. Per ben giudicar questo filosofo è d' uopo distinguere esattamente ciò che egli ha negato da ciò che ha affermato , cioè la sua polemica col sensualismo dal suo sistema . Con ciossiachè il suo vero merito si è quello d' essere stato il pri mo in Italia a sentir la necessità d' una filosofia più ampia opporre alle minute investigazioni del Condillac,delTracy e degli altri di quella scuola . Cotesto è il vero merito del Galluppi , e per questo solo gli è dovuto un posto nell' isto ria della filosofia italiana. Vero è che le sue armi erano il più delle volte domandate alla scuola scozzese , o eziandio à quel medesimo Locke che era il vero padre delle dottrine le quali egli volea combattere ; ma cotesto non diminuisce nè il suo merito , nè l'obbligo che la filosofia italiana gli dee avere. Medesimamente egli si è il primo che abbia in cominciato a divulgare fra noi il nome e il sistema del Kant, e comunque non manchi chi sostiene che egli me desimo non fosse giunto a penetrare compiutamente in tutti i misteri e gli andirivieni e i tragetti della psicologia kan tiana , pure è cosa indubita che egli si fu il primo ad occu parsene seriamente . Certo è , come innanzi vedremo, che altri è riescito meglio di lui nell' investigar la mente del fi losofo prussiano e nel misurar tutto il valore e le possibili applicazioni di quelle teoriche, ma certo è pure che il vanto di essere stato il primo,eziandio in questo , non può negarsi al calabrese. Quanto poi al suo proprio sistema composto in parle dalle teoriche delLocke e in parte da quelle del Reid, non credo che volendo esser giusti si potrebbe parlarne con alcuna ammirazione . Conciossiachè debolissima è la sua psicologia , e quasi nulla l' ontologia , la quale egli spesso non sa distinguere da quella , e sì confonde stranamente le quistioni che all'una e all'altra scienza si appartengono. Più confusa eziandio è la logica , che egli discerne in logica pura e mista ovvero applicata, mercè della qual distinzione che in niun modo non saprebbe sostenersi , è riescito a trattar 207 della prima delle pure forme del raziocinio, e ad ammassar nella seconda un gran numero di quistioni di psicologia e di ontologia, che non sapea come allogare altrove . Non parlo dello strano metodo con cui movendo dalla logica pura e passando per la psicologia e l' ideologia, giunge alla mista, perchè quello in cui mostrasi chiaramente tutta la debolezza delle sue teoriche , è l'applicazione che pure si argomenta di farne alla morale e all'estetica . Nell'estetica , per esempio, di cui si occupa sol di volo a proposito della teorica della volontà , senza punto curarsi de' più alti problemi che in essa si possono discutere , s'in trattiene a sostener l'opinione , un po' veramente troppo vo luttosa , che il bello può esserci rivelato dalla sensazione del tatto non altramenti che da quelle della vista e dell'udito, quasi non fosse chiara la differenza che è tra certi sensi più altaccati alle necessità della vita e però men nobili, da certi altri che servendo meno immediatamente al corpo son più liberi, e, se così può dirsi , più spirituali . Del resto e' si può dire che il Galluppi non ha veramente una certa teori ca sul bello e sulle arti , ovvero se pur l'ha , dubito forte non sia quella del Blair e del buon padre Soave , autore di un'intera enciclopedia d'istituzioni elementari per l' educa zione della povera gioventù italiana , filosofo , matematico , grammatico, relore, novelliere , moralista e Padre Somasco, che per molto tempo continuò e continua ancora in gran parte, ad infestar co' suoi libri , i seminarii, i licei e le scuo le italiane. Quanto poi al suo sistema sulla morale e sul di ritto, il Galluppi non può dirsi che siane uscito più felice mente che nelle altre parti della sua filosofia , e chi volesse prendersi giuoco di lui potrebbe leggermente qui , come al trove, trovarlo ad ogni pagina in contraddizione con sè me desimo. Non son molti anni passati che il nostro filosofo in cominciò a pubblicare per le stampe un'istoria della filosofia , ma sembra che per mancanza di soscrittori l'edizione non potesse andare innanzi , sicchè dovette smetterne il pensie ro , e l' opera morì ia sul nascere . Se in questa , come nelle 208 altre cose , l'induzione è buona, e si può indovinare che la scienza non vi abbia perduto gran fatto ; chè l'autore vi fa cea mostra d' un'erudizione non molto riposta. E' mi ricor da fra l'altro che nell'introduzione tentava ancora egli un'in terpetrazione del mito di Prometeo, e giunse per non so che strane congetture a persuadersi che il celebre prigioniero del Caucaso si era un anticore dell'Attica, che aveaprima insegna to a quelle genti i primi rudimenti di agricoltura e sopratut to la coltivazione del grano . Davvero mi sembra enorme non veder altro che questo in Prometeo inchiodato al Caucaso, per le mani di Mercurio , per comando di Giove e per decre to immutabile del destino, e mi sembra più che enorme di struggere il più profondo mito dell'antichità , e conver tire il figliuolo di Giapelo in un mietitore , con una rovinosa metamorfosi che trasforma di botto il capo d'opera del teatro di Sofocle in poco più di un' egloga. Del 1830 il barone Galluppi fu chiamato a dettar lezioni di filosofia nella regia Università di Napoli , e la scelta del governo fu facilmente accompagnata dagli applausi unanimi di tutti , imperciocchè si aspettavano cose grandissime da un uomo la cui riputazione potea dirsi gigantesca tra noi , e sul cui merito tanto più si giuraya, in quanto niuno avea ardito di dubitarne o di esaminarlo seriamente. Ma ora dopo se dici anni di esperienza deve esser conceduto di affermare che l'aspettazione pubblica è stata delusa , ed anche il suo insegnamento non ha condotto a nulla di durevole. Quale si è in fatti la scuola che egli ha fondata ? quali le verità che ha dato a svolgere a' suoi scolari ? quali applicazioni si son potute fare della sua filosofia al diritto, alle arti, alla politi ca , all'economia ed alle scienze naturali ? Per me io tengo che una filosofia la quale non è feconda di applicazioni di ogni maniera, e che si condanna a restare nel circolo delle quistioni puramente psicologiche, non meriterebbe il super bo nome a cui aspira , e più presto dovrebbe aversi quello di logomachia di scuola. Or tale si è quella del professor na politano. Però non dee arrecar maraviglia se le sue parole 209 uon hanno avuto un eco , se il suo insegnamento è stato per duto , e se, fra tanti discepoli che han frequentato la sua scuo la , non ce ne ha pure uno di cui si possa dire : costui conti nuerà l'opera del maestro ; chè nessun'opera il maestro ha incominciata, nessuno scopo si era prefisso, e niente vi ha di più inutile che le parole da lui pronunziale per sedici anni sulla cattedra. IV . Non ricorderò che di volo i nomi del Mancini , del Tede schi, del De Grazia e del Winspeare. De’quali i due primi , si ciliani, non possono dirsi , e sopratutto il primo, che seguita tori , ma nè interi nè profondi, dell' eclettismo francese, e, poveri non meno di erudizione che di potenza di mente, possono rassomigliarsi più presto a due scolari che non si ardiscono dilungarsi dalle peste del maestro. Il terzo , cala brese di patria, è un antico militare che ha finito per consa crare i suoi giorni alla filosofia , ed ha , già sono qualche anni passati, dato fuori per le stampe un'opera in cui intende a richiamare in onore e il Locke e la filosofia dell'esperienza , ma pur con tali modificazioni che agli occhi dell'autore do vrebbero allontanar le conseguenze a cui que' sistemi finora han condotto , e che agli occhi degl' intendenti di ta' discipli ne servono solo a metter l'autore , a sua insaputa , in con tradizione con sè medesimo , e l' un principio del suo siste ma in opposizione con l'altro . Il barone Winspeare, giureconsulto di rinomanza in Na poli , si è ancora egli rivolto agli studi della filosofia, e come frutto delle sue meditazioni ha incominciato da tre o quat tro anni a pubblicare una sua opera col titolo di Saggi di filosofia intellettuale. Della quale il primo volume, che l' au tore ha chiamato Introduzione allo studio della filosofia, con tiene un compendio dell' istoria di cotesta scienza da Talete in fino al Kant . Il secondo col titolo di Dizionario della Ra gione , dev'essere un dizionario di filosofia che si proponga 14 210 lo scopo di fermare per sempre le parole della scienza e il loro significato , affine di renderne il valore così certo e in dubitato come è quello delle matematiche, e distrugger così alla loro sorgente le quistioni e le difficoltà che lacerano da tanti secoli il seno della filosofia. Imperciocchè e' sembra che l'autore abbia per ferma la celebre opinione di quasi tutto il XVIII secolo , e che ora alcuno non oserebbe di sostenere, esser cioè le più profonde quistioni filosofiche niente altro che controversie di parole, sicchè, fermato bene il valore di queste , abbiano quelle immantinente da cessare . Il terzo vo lume poi dovrà contenere una traduzione de' Nuovi Saggi del Leibnizio , nella quale il traduttore si propone di dare un vero modello della lingua filosofica italiana, ancora così povera tra noi ( non credano i lettori che io esageri) , pro ponendosi di più di venir mostrando ne' suoicomenti quello che ci ha di buono e quello che ci ha di vieto e di rancidu me metafisico nelle pagine del filosofo tedesco . Ancora qui non fo quasi che ripetere le modeste parole dell'autore . Da ultimo il quarto volume dovrà contenere un'esposizione del sistema del Reid . E qui immagini il lettore il sistema del fi losofo scozzese , che non suole esser creduto , ch' io mi sap pia, de' più oscuri ed astrusi, esposto compendiosamente dal nostro barone , in un gran volume in quarto; chè questa è la dimensione dei suoi fratelli già venuti alla luce. Secon do il Winspeare e' non ci ha che due uomini al mondo a cui la scienza abbia veramente da essere obbligata; e di costoro il primo visse , già sono trenta secoli passati, in Atene, e l' altro nacque in Iscozia l'anno di nostra salute 1710. Questi due uomini sono Socrate e il Reid . Solo il Leibnizio potreb be esser terzo tra costoro , ma egli è troppo lordato di me tafisicume per essere accettato interamente dall' illastre giu reconsulto ; e però, come è detto , e' si propone di purgarlo . Salvo adunque il greco , Jo scozzese e il tedesco , così purificalo , tutti gli altri uomini che han consacrato la loro vita alla scienza e che son giunti a rendere immortali i loro nomi, voglionsi tenere comepericolosivisionarii, i quali ov 211 vero s'ingannano per difetto di giustezza di mente , ovvero si lasciano strascinare dalla loro immaginativa. A purgar la scienza da questi malaugurati sogni è sopra tutto ordinata ľ opera del Winspeare. Innanzi di lasciar Napoli non posso trascurar di ricordare il nome di un uomo , forse poco conosciuto altrove, e che eziandio tra noi non risuona molto , ancorchè il meritasse . Ma in tutte le cose la fortuna è signora , ed anche per giun gere alla gloria è necessaria certa maniera d'impostura. Co stui è l'abate Ottavio Colecchi, il quale, sendo già profondo matematico , allorchè si rivolse seriamente alla filosofia non si potè star contento all' empirismo che forse prima avea seguito, e si rivolse in quella vece al sistema del Kant. Con ciossiachè non ci ha niente in quella filosofia che possa ap pagar la mente di un matematico usata alle astrattezze e a ricercar le proprietà più essenziali e immutabili delle cose, laddove le analisi severe ed aride del Kant più ritraggono da' metodi matematici e vie meglio possono contentare le menti che a quelle sono avvezze. Il Colecchi seppe penetrarvi così addentro , che quasi le fece sue proprie , e spesso osò modificarne alcune parti e mutarne alcune altre : tanta è la dimestichezza che egli ha acquistata col suo autore , ancor chè ardisca di rinnegarlo e levi alto la voce a sostener che e' non è kantista, per alcune divergenze che separano in sieme le loro dottrine . Ma, che che egli si dica, non si po trebbe seriamente da altri dubitare seegli sia o pur no. Due sono i punti principali della filosofia del Kant, e l' uno si è la sua teorica della ragione soggettiva, e l'altro dove distin gue la parte mutabile e l'immutabile delle umane conoscen ze, quella cioè che da' sensi deriva e quella che trae altron de la sua origine ; cominciando egli dal porre come fonda mento del suo sistema che tutto il sapere incominci con l'esperienza ma non tutto da quella derivi . Cotesto è forse il più importante e il più vero di tutti i principii kantiani , comunque sia assai più antico della critica della Ragion Pura . Il Leibnizio, fra gli altri, avea già insegnato l'anima escir dal 212 le mani del Creatore con tutte quante le idee necessarie ed assolute, come quelle che compongono la sua propria essen za ; ma che, oscurate e quasi sepolte sotto il peso della ma teria , han bisogno che l'esperienza venga a discovrirle e quasi a far che lo spirito se ne avveda, benchè da quelle non derivino. A questa guisa appunto lo scultore, se una figura fosse impressa da natura nelle parti più interne d' una pie tra, ove questa tagliasse e levigasse, non sarebbe egli autore di essa figura , ma si cagione che quella fosse manifestata. E, assai prima del Leibnizio, la medesima dottrina può tro varsi insegnata da altri più elegantemente e con maggior di sinvoltura. Platone nel suo nobilissimo dialogo del Fedone, nel quale narra , come tutti sanno , della morte di Socrate e delle cose da lui discorse con i discepoli e con gli amici in nanzi di ber la cicuta , dimostra siccome è nelle nostre menti un' idea prima dell' uguaglianza (autò pò trov ) così astratta e generale che non si può in niun modo confondere con l'idea di duecose qualunque che sieno eguali insieme, come due pietre, due leyni o altro. Perchè dove quella è tale che noi sempre allo stesso modo la concepiamo e di necessità non possiamo comprenderla altrimenti col pensiero , questa per contrario è mutabile , sendo che il fatto quotidiano ne mo stra che quelle medesime cose , che pur ieri ne pareano uguali, ne sembrano altra volta disuguali, senza dire della differenza de' giudizii de' diversi uomini, a cui le stesse cose appaiono diversamente. Onde egli conchiude l'uguaglianza assoluta non si dover confondere con quella delle singole cose a cui questo attributo ci sembra di convenirsi. Le medesime cose Platone dimostra del bello , del giusto , del vero e di altre cosiffatte idee, che non si possono confondere con gli obbietti sensati , a cui si trova che solo per contin genza alcuno di que' modi di essere si può attribuire, e che sono come un debil raggio di quegli eterni tipi che sopra di esse cose mutabili vengonsi a riflettere , e che di quelli solo per accidente partecipano ( METÈYouTQ ). Se non che que sti obbietti mutabili e contingenti son come lo strumento 213 per cui mezzo l' anima giunge ad aver coscienza delle idee , sendo che, ogni volta che le cose uguali, belle, vere e giuste le son mostrate da' sensi, si vengono risvegliando in lei itipi eterni a quelle corrispondenti , i quali pur erano in lei ab eterno, ma si vennero oscurando il giorno che ella , lasciata la sua celeste dimora , discese nella prigione del corpo la tal guisa, secondo il divino Platone , il sapere è solo ricor danza, e l'apparare è ricordarsi. L'altro punto principale della filosofia del Kant, e pro prio a lui solo , si è la teorica della ragione che egli tiene per subbiettiva e inetta a farne conoscere altro che le appa renze, e non mai la sostanza delle cose . Teorica d'importanza principalissima, come quella da cui dipende il sapere se l' uo mo ha diritto a credere di poler giungere alla conoscenza di qualche verità , ovvero se, condannato a vivere fra illusioni e apparenze, dee rendere immagine del cane della favola, il quale credea un altro cane da lui distinto la sua propria immagine che vedea riflettuta nelle onde del ruscello . Chi concede questo punto al Kant, gli dee conceder tutta la sua filosofia e dee esser tenuto per kantista, siccome io affermo del Colecchi , quali che fossero in parti secondarie le loro di vergenze . II Colecchiha pubblicato un gran numero di articoli su di versi subbietti di filosofia speculativa e morale che poi ha raccolti in due volumi col titolo di quistioni filosofiche, ove assai spesso prende a combaltere il Galluppi , e se il faccia con buon successo , e se gli avvenga sempre di riportar facile vittoria sul nemico èinutile il dirlo. Conciossiachè il si stema slegato e debole del filosofo calabrese mal potrebbe resistere a colpi serrati della dialettica del suo avversario. A questi due volumi dovea tener dietro un terzo di quistio ni estetiche , di cui mi riesci di aver le bozze di stampa per le mani , poichè il libro non potè veder la luce . Cotesta este tica , come tutto il sistema del nostro filosofo , è quella me desima del Kant; un deserto di astrazioni senza mai incon trare un'oasi ove lo spirito possa alquanto rinfrancar le for 214 - ze . Egli è quasi che inconcepibile come quel divino rag gio che domandiamo bellezza, e che risplende misteriosa mente nelle volte de' cieli e negli occhi delle fanciulle , pos sa esser materia su cui s'innalzino de' formidabili edificii di aride astrattezze , con le quali è al postutto impossibile di dar pure una spiegazione del bello e dell'arte, alla guisa che è impossibile di trovare il mistero della vita nel cada vere , o quello della luce nelle tenebre . V. Mentre questa fortuna si aveano in Napoli le discipline filosofiche , nelle altre parti d'Italia non mancarono di esse re , ove più e ove meno, splendidamente coltivate, e in que sti ultimi tempi videro levarsi chi di gran lunga si lasciò in dielro i Napoletani. In Italia è succeduto al nostro vivente un fatto il quale è in manifesta opposizione con quello erasi veduto finora nell' istoria della nostra filosofia , la quale in fino dalla più remota antichità , ha avuta nel mezzodì della Penisola un' indole diversa che nel settentrione. Colà il ra zionalismo ha dominato , qui la scienza ha più presto incli nato al positivo e alla pratica; quasi queste due diverse ten denze della filosofia si fossero geograficamente diviso il ter reno . E in vero mentre nell'una parte venivan su la scuo la di Pitagora e quella degli Eleatici, nell' altra la sapienza etrusca s'introducea in Roma, che può dirsi il paese per ec cellenza della politica, della guerra e della legislazione. Vero è che in processo di tempo i due estremi si andarono ravvi cinando , e l' idealismo si accostò al suo contrario e quindi risultò l'indole vera della filosofia italiana, che è insieme speculativa e pratica , come quella che domanda i principii ma non dimentica le applicazioni , e , se intende di levarsi. sino al cielo in su le ale della speculazione non perde però di vista la terra . Se non che è innegabile che non ostante il ravvicinamento di queste due maniere di filosofare, pure la differenza non fu mai cancellata del tutto, e i filosofi del 215 - mezzodi restaron sempre più razionalisti , e più pratici quel li del settentrione ; testimonii il Vico e il Bruno da una parte, il Macchiavelli e il Pomponazzi, per non citarne in fioiti, dall'altra . Ora al nostro vivente , come dicevo , il fat to inverso si è veduto avvenire , chè i filosofi Napoletani non si son saputi dipartire dalla psicologia , e quelli della più alta Italia hanno ardito di sollevarsi infino all' ontologia ; quasi il coraggio delle ardue speculazioni , venuto meno a noi , si fosse rifuggito appo gli altri. E questi sono l'abate Rosmini , Terenzio MamianieVincenzo Gioberti . Antonio Rosmini ricorda in certo modo i nostri buoni fi losofanti del medio evo , i quali chiusi fra le mura di un chiostro , alternavano la vita fra la preghiera e la meditazio ne , e vedeano scorrere in silenzio i loro giorni senz'altro pensiero che quello della chiesa e della scienza . Così il no stro abate, pievano di un piccolo villaggio in quel di Nova ra, si è dedicato tutto quanto alla religione e alla filosofia, con una fede e un' anbegazione che ricordano altri tempi ed altri costumi . Egli era già conosciuto per altri scritti di fi losofia speculativa e di diritto pubblico e naturale , quando nel 1830 pubblicò per le stampe una sua opera sull'origine delle idee la quale per la profondità delle dottrine , per la forza della dialettica e per l'erudizione non comune di cui è ricca nel fatto dell'istoria della filosofia, e massime della scolastica, merita bene di essere allogata fra le più importanti che in questi ultimi anni han veduto la luce. Gran danno che sia di faticosa lettura per l'abbondanza non felice e del lo stile e delle parole . Il problema che l'autore principal mente discute in questo suo libro è quello onde è travagliala tutta la filosofia, e che più specialmente occupa la moderna, dico la questione della realtà della conoscenza. Gran cosa è veramente cotesta che molesta siffattamente la scienza . Noi siam circondati anche a nostro malgrado da una tur ba infinita di diversi obbietti ordinati quale alla soddisfazio ne de' nostri bisogni , e quale a render lieti o miserevoli i pochi giorni che dobbiam passare su' lagrimosi campi della - 216 - terra , che pur tanto amiamo ed a cui niente non ci avrebbe da legare. Or chi mai ha dubitato della realtà di tutte queste cose ? Certo se a taluno venisse talento di farlo e di dubitar seriamente se esista la donna che egli ama , l' inimico che odia , le catene che legano i suoi piedi o l'oro che brilla nella sua scarsella , e' non si dubiterebbe pure un momento di di chiararlo mentecatto , e condurlo di presente all' ospedale dei matti . Or la filosofia si è condannata di buona voglia a du bitar di queste cose e ad ignorar quello la cui ignoranza fa rebbe stimar folle un uomo agli occhi de' poveri di spirito. Nè è da credere peròche vengada modestia questo dubbio della scienza , anzi è figliuolo della superbia. Conciossiache la filosofia non vuol già conoscere le cose alla guisa medesi ma che gli altri uomini, ma si bene rendendosi ragione e chie dendo una spiegazione possibile di tutto che l'uomo pud sa pere. Quindi è addivenuto che essendo gli obbietti esterni parte della conoscenza, la si è imposto il dovere di non cre dere diffinitivamente in essi , o almanco seriamente dubitar ne in fino alla dimostrazione. E però si è messa con una calma edificante a discutere la questione di sapere se ci ha niente che esista fuori dello spirito. Soventi volte le armi le son mancate per provar quello che volea sapere, e allo ra più presto che essere incredula a sè medesima o infedele alla sua divisa , ha consentito ad accettare il nulla con una rassegnazione da disgradare un anacoreta , e a conchiudere che il genere umano s'inganna visibilmente allorchè crede alla realtà delle cose . O alliludo ! Or l'opera del Rosmini è precipuamente ordinata all'esame di una cosiffatta quistione, a cui egli giunge incominciando da una rassegna istorica de' varii sistemi antichi e moderni che su lo stesso problema si son travagliati , i quali tutti esamina con gran sottigliezza e con mirabile profondità ed erudizione . Di scute da prima la quistione dell'origine delle idee nella mente; quistione strettamente legata con quella della realtà della conoscenza, e fa vedere in una maniera non tolta da altri , come i filosofi di lutti i tempi sono andati errati in questo , - 217 o per eccesso o per difetto , dappoichè alcuni non vollero riconoscere alcuna idea primiliva nello spirito , ed altri cre dettero di vederne in maggior numero che veramente non sono . Lontano dall'errore degliuni e degli altri , il Rosmi ni ne ammette sol' una , cioè ľ idea dell'essere , forma uni versale de' nostri pensieri, idea primitiva e necessaria dello spirito , la quale non ne suppone alcun'altra prima di sè , ma bene da tutte quante le altre è supposta , come quella che alla loro formazione è necessaria . Or su questa idea riposa la realtà delle conoscenze, sendo che essa rinchiude il con cetto dell'esistenza , anzi è l'esistenza medesima ; per suo mezzo noi possiamo giungere dal mondo de pensieri a quel lo dell'esistenza, da' concetti a ' fatti. Non io qui intendo di difender l' una ovvero l'altra opi nione, ma poichè mi propongo solo di raccontare, non posso tralasciar di riferire una opposizione cheè stata fatta alla teo riea detta di sopra . Quale si è la difficoltà arrecata in mezzo dagli avversarii della realtà ? Noi non sappiamo le cose , e'di cono, ma sì le idee che ne abbiamo; o come si passa all' obbietto da quella rappresentato ? su qual ponte si supera la distanza che è da un'idea ad un fatto ? Or la vostra idea dell'essere, si è opposto al Rosmini, non è punto diversa dalle altre , e indarno vi dibattereste a dimostrare che è di differen te natura; e, se è vero, come è, che la è generale e necessa ria , non è però vero che a differenza delle altre idee di que sta medesima natura , sia di per sè stessa obbiettiva e atta a porci in relazione con le cose reali . Sicchè l' antica quistione non è stata per voi risoluta , anzi rimane tultavia intera , po tendosi opporre all'idea dell' essere le medesime difficoltà che alle altre idee, non ostante i vostri sforzi per sostenere il con trario . Vero è che l'autore , dopo cinque faticosi volumi , con una rara, non so se io dica superbia o modestia , dichiara che non è leggiera cosa l'intendere la sua dottrina , e che egli in vano si è studiato, per l'impossibilità della cosa , di esser chiaro e intelligibile . Non tacerò che a taluno è sembrato di vedere nell' opi passa dall'idea 218 - e nione del Rosmini una pericolosa teorica da cui agevolmen te si può sdrucciolare nel panteismo . Ma a questo proposito fa d'uopo por mente a tre cose; la primache siffatte conse guenze senza fallo non sono state pensate dal suo autore , e che se egli giungesse mai a persuadersi che quelle legitti mamente si possono far discendere dalle sue opinioni , certo pon indugerebbe pure un momento a ritirarle. La seconda cosa si è che non si vogliono tormentar troppo le parole le sentenze degli scrittori per condurli in una maniera o in un'altra a certi estremi punti a cui quelli non vogliono giungere e a cui regolarmente non si potrebbe menarli sen za i sottili sforzi d'una dialettica che può divenire per que sto petulanti ; chè da tutto si può giungere a tutto. Ultima mente non bisogna dimenticare che il panteismo oggidì è lo spauracchio universale, e che troppo facilmente si crede di poterlo trovare in tutte le opinioni; e se è vero che parecchi de'sistemi moderni v’inchinano, è pure strano vederlo sem pre e da per tutto. VI . Terenzio Mamiani della Rovere del 1834 pubblicò in Pa rigi un'opera di filosofia intitolata : Rinnovellamento dell'an lica filosofia italiana. Oltre al nome dell'autore che già ri suonava nella nostra penisola , cotesto titolo contribuì non poco a chiamar l'attenzione dell'universale sul libro del Mamiani . Conciossiachè si credette di vedere certo orgoglio nazionale , e quasi una bella virtù cittadina nell'idea di ri chiamare in onore e in vita la nostra antica filosofia . La ste rilità pedantesca de' nostri filosofi non avea fatto escir le loro scritture dai limiti della scuola , e privatili così d' ogni ma niera di popolarità in un paese in cui gli uomini consa crati specialmente agli studii filosofici, non sono abbastanza numerosi, perchè levi gran grido nell' universale un libro di malerie così speciali ; ma questa difficoltà il Mamiani riesci a superar felicemente . Or vediamo qual sia la sua idea . - 219 I filosofi italiani del XVI e del XVII secolo , non solo sono slati primi nell ' ordine del tempo a incominciar la guerra contro la scolastica , da cui poi dovea venir fuori la filosofia moderna , ma ancora sono entrati innanzi agli altri per la profondità e dottrina con la quale seppero eziandio trovare il vero metodo con cui unicamente le scienze speculative possono giungere a glorioso porto, riconducendole all'osser vazion della natura , da cui le astrattezze della scuola aveanle allontanate; metodo di cui il pensiero moderno mena gran vanto come della più bella delle sue invenzioni , e della sola armecon cui sipossa giungere alla scoperta della verità . An cora fecero di più, e non contenti ad indicare altrui la strada che si ha da tenere, si posero animosamenle in quella , e ri ducendo ad atlo il pensiero del loro metodo , riescirono a crear de ' sistemi a niuno secondi di quanti ne ' tempi posle riori si son veduti venir fuori. In questi sistemi certamente molte cose sono da rigettare, molte da correggere e da mo dificare , ma molte sono eziandio accanto alle prime, le quali meritano ben altra cosa che dispregio e noncuranza . La fi losofia moderna avrebbe da studiare attentamente in quelli per tirarne tutto il buono che vi è , e far tesoro delle altis sime verità che soventi volte han costato a' loro scoprilori la libertà o la vita . Sopratutlo gl ' Italiani non dovrebbero lasciar perire sotto a' loro occhi la grande opera incomin ciata da' loro avi con tanto ardire e potenza di mente, anzi dovrebbero alacremente continuarla , e in vece di tener die tro astraniere filosofie e trapiantarle siccome piante di al tro clima della loro patria, dove mai non potrebbero alli gnare siccome frutto indigeno e nazionale, bisognerebbe che si adoperassero a tult' uomo di richiamarli in vita e risve gliar la nobile tradizione d'una scienza pur nata fra essi . Le altre parti del libro del Mamiani son destinate a svol ger la vera natura di questo metodo , che , secondo lui , è quello dell ' osservazione , il quale a molti può parere non acconcio a condurre la scienza là dov'essa dee pervenire , e che a me sembra egli confonda troppo con i procedimenti i 220 delle scienze naturali. Ancora ne viene mostrando l' appli cazione a parecchie quistioni speciali , che egli si studia di risolvere seguendo per lo più le orme de' nostri antichi filo sofi. Per menon esaminerò sino a che punto i grandi filo sofi italiani del risorgimento abbian seguito il metodo di os servazione, siccome il Mamiani l' intende, nè se questo me todo, sì utile d'altra parte alle scienze fisiche, sia sufficiente alle metafisiche, chè cotesto mi menerebbe lungi dal mio pro ponimento e getterebbe in quistioni che non ho in animo di discutere ; solo dirò qualche cosa del proposto risorgimento della nostra antica filosofia . L'idea del Mamiani si è di ri chiamar in vita tra noi le nostre tradizioni filosofiche, per chè la scienza si abbia nella penisola un tipo veramente ita liano e un'indole nazionale. Egli è indubitato che ogni pae se ha da natura una particolar fisonomia,per la quale si di stingue da tutti gli altri , e che siccome è impossibile di can cellare del tutto così è vil cosa di non rispettare come up dono della Provvideoza, e di non custodir gelosamente come un sacro pegnocontro ogoi invasione straniera. Nè questa differenza d'indole si mostra solamente ne' costumi e nelle abitudini di ogni popolo, negli istituti e nelle maniere este riori della vita ma eziandio in un modo speciale di vedere e d' intendere e di rappresentarsi le cose . Gli obbietti sì del mondo fisico che del morale , si possono giustamente chia mar poligoni, in quanto che ciascuno ha molti diversi lati, e può , rimanendo sempre il medesimo , esser considerato in mille guise diverse , e produrre , secondo queste diversi tà , mille diverse impressioni. Or quanlo più le cose posso no essere variamente riguardate , tanto più vasto campo ha l'indolenazionale di ogni popolo di spaziarsi e mostrarsi aper tamente. Nella letteratura, per esempio , esercita vastissimo impero, perchè quella abbraccia tutta la vita , nè ci ha cosa che possa esser considerata sotto più diversi aspetti che la vita umana e i suoi infiniti accidenti , da cui ogni letteratu ra direttamente sorge , facendo ritratto dalle più intime qua lità di essa vita . Per contrario poi quanto meno di realtà è 221 negli obbietti che cadono sotto la considerazione e Y opera dello spirito , e quanto più essi son semplici o astratti; tanto più si viene a restringere il campo in cui l'indole nazionale si può mostrare. Cosi, appena se ne può scorgere le tracce nelle matematiche e nelle scienze naturali, occupandosi quel le di astrazioni nude e di semplici concetti e queste delle qualità fenomeniche ed esterne de'corpi, quali cadono sotto i sensi. Ma altrimenti avviene della filosofia perchè i prin cipii comunque razionali di cuiessa si occupa, son pieni di vitae di valore, comequelli che debbonoservire alla spiegazio ne di tutti i fatti umani e cosmici dell'universo , dell'uomo e delle civili comunanze. Certamente non ci ha nè ci po trebbe essere una verità italiana e una tedesca, ma ci ha una diversa maniera per gli Italiani e per i Tedeschi d'intendere i medesimi veri , di considerar gli stessi fatti generali , sic come di dare più importanza a una specie di essi innanzi che ad un'altra. Di qui deriva che si può giustamente parlare d'una filosofia inglese, francese o tedesca , dicendosi, per esempio, che la tedesca èpiù idealista e razionale, dove che l'inglese inclina in quella vece a starsene più dappresso a ' faiti ed è quindi più sperimentale o empirica ; differenze che trovandosi nell'indole della scienza, mostrano che ci ab bia da esserne un'altra corrispondente nell'indole delle due nazioni. In questo modo solamente si può intendere la na zionalità della filosofia , sendo però necessario di far due os servazioni su tal proposito. La prima si è che non bisogna credere alla necessità di un intero isolamento scientifico , ov vero credere che ogni idea straniera possa esser contagiosa e opporsi al libero procedimento del pensiero indigeno e na zionale. La verità non è pianta che germoglia in un solo paese, ma in tutta la terra, nè è proprietà di un solo uomo o d'un solo popolo ma di tutto quanto il genere umano; ciascuno può trovarne una parte, e tutti gli uomini sono ob bligati di riconoscerla per tale, ove che la sia , e di abbrac ciarla e farle plauso e festa. E' bisogna cercarla da per tutto, e lo spirito allorchè è forte e sicuro di sè medesimo , le da - 222 - rà a sua insaputa quell' atteggiamento particolare ,e quasi direi quel colore morale cheèfigliuolospontaneo dell'indole di uno o di un altro paese. Laseconda avvertenza da fare è che ogni consiglio su tal proposito dee tornare quasi inu tile , e che quindi debba riescir vano il raccomandare ad un popolo di custodir la sua nazionalità nella filosofia . Basta es sere veramente un popolo sano e robusto e sentirlo e glori arsene per avere untipo da sè e conservarlo senza fatica, e quasi non avvedendosene , in tutte le parti della vita ed eziandio nella filosofia. Ma se un paese è debole e corrotto , se già ha perduto la sua indole nativa , i consigli de'dotti saran vani, perchè avendo quelloperduto la suaoriginalità nelle al tre cose,non gli sarà possibile dicustodirla nella filosofia più presto che nella letteratura , nella politica e nelle arti . Del resto ho voluto dir queste cose più presto a proposito del Mamiani che contro di lui perchè nè l'uno nèl' altro de' due rimproveri gli si può fare. Quanto poi all'idea d' incomin ciar la scienza ove l'hanno lasciata i nostri maggiori , certo gl' Italiani d'oggidi avrebbero ben torto di dimenticare i no bilissimi lavori de'loro padri e le dottrine onde hanno splen didamente arricchito la scienza , ma è da vedere se per far questo si convenga rinunziare a tutto quello che lo spirito umano ha scoperto in processo di tempo, perchè non è ve rosimile che sieno tornati vani tutti i suoi lavori per tre se coli e più. Credo che non sia questa strettamente l'opinione del nostro autore, ma domando se vi si potrebbe giungere partendo dalla sua. VII . Eccomi finalmente arrivato a quello de' filosofi italiani no stri contemporanei che è giunto ad ottenere una fama uni versale fra noi. Ciascuno intende che io parlo dell'abate Vin cenzo Gioberti, il cui nome da qualche anno risuona univer salmente dall' uno all'altro estremo della penisola . Quindi è che ciascuno si è creduto in diritto di dar la sua opinione e 223 11 giudicarlo a sua posta , onde egli si è trovato esposto a ' più contraddittorii giudizii , alla più inetta critica , alle noiose esagerazioni del dispregio ed a quelle ancor più no iose della stupida ammirazione. Quanto a me, nemico come io sono d'ogni opinione eccessiva che si lasci volenlieri ac cecare all'odio e all' amor di parte , a' nuovi ed a' vecchi pre giudizi , dirò franco il mio parere per un uomo di un merito grandissimo, quantunque io credo che sia ancor troppo pre sto per poterlo ben giudicare, e che di lui meglio i posteri che i contemporanei potranno portar sentenza , perciocchè intorno a molte sue dottrine bisognerebbe aspettare i suoi nuovi schiarimenti e la prova del tempo . Intanto per por tare in fin da ora un giudizio più o meno esatto di quello che egli è, sarebbe mestieri di esaminare sottilmente il suo yalore come scrittore, come filosofo e come politico. Io, se condo il mio istiluto, non posso toccare che pe' generali della due prime parti e quasi niente della terza . Come scrittore, il Gioberti appartiene senza fallo alla no bilissima schiera de'Botta, de’Leopardi e degli altri che in questi ultimi tempi han cercato, ritirando la lingua italiana a'suoi principii, di renderle l'antico splendore , la forza, l'e leganza e la vivacità che ammiriamo ne'nostri grandi scrit tori de'secoli passati , e che le aveano negato la fiacchezza degli animi e i pregiudizi comuni del secolo XVIII e de’pri mi anni di quello in cui noi viviamo , e che ancora regnano appo la maggior parte de ' filosofi di cui innanzi è discorso , la cui lingua , e più ancora lo stile , si penerebbe a crederlo italiano , e si direbbe compassionevole , se la pretensione non non lo rendesse più tosto ridicolo. Il Costapuò dirsi il primo che in questi ultimi tempi abbia trattato di filosofia con cor rezione di lingua ed eleganza di stile, ma oltre a questi pre gi , non si può dire che abbia nessuna di quelle doti che co stituiscono il grande scrittore . La medesima cosa può affer marsi del Mamiani la cui lingua è pura , lo stile esalto ed elegante ma invano si cercherebbe altro nella sua prosa . Il Rosmini , senza aver nè l'uno nè l'altro di questi pregi, è di 224 una tale abbondanza, che e'si potrebbe comodamente ridar re alla metà i volumi delle sue opere senza chiedergli il sa grifizio pur d'una idea . Tull'altra cosa è del Gioberti nelle cui pagine si trova ben altro che purezza ed eleganza sola mente; qui è ricchezza smisurata , nobiltà e vera eloquenza , tanto che si potrebbe citar de' passi da valer come modello da imitare . Conservando il tipo originale e l'antica grandez za della nostra lingua , e’la tratta pur tultavia come la lingua d'un popolo che è ancor vivo , che ancora ha uno splendido posto nel mondo, e che forse a nuove e più luminose sorti è destinato da Dio . Chè nella nostra penisola accanto a quelli che nel fatto della lingua si lasciano andare ad ogni maniera di novità, ci ha degli altri che per paura di corromperne la natia purezza , non si vorrebbero allontanare da' limiti del tre cento , e si spaventano d'ogni innovazione , come se fosse morta la lingua parlata da ventiquattro milioni d'uomini . Niuno di questi rimproveri non può farsi al Gioberti, a cui niente manca per esser giustamente allogato tra gli scrittori di prim'ordine . Pure non saprei negare che, sia effetto del l'ardente immaginativa, sia naturale impazienza e difficoltà di contenersi , si abbandona talora un po ' troppo alla sua ine sauribile abbondanza, sì che si sarebbe inclinati a trovare il suo stile in certi luoghi aleun poeo declamatorio . Non su che spirito di sofisma viene talora segretamente a turbarne l' ordinaria chiaroveggenza , per modo che per volere aver troppo compiuta vittoria de' suoi avversarii e spingerne le opinioni alle più lontane e assurde conseguenze, scaglia con tro di essi ogni maniera di opposizioni e di ragioni e di ar gomenti , della cui perfetta convenienza si potrebbe talora dubitare. Ma questo non giunge ad oscurare per niente gli altri pregi grandissimi che sono in lui . Dalle cose che abbiamo così brevemente discorse intorno alla presenle filosofia italiana, si può vedere come i nostri filosofi, attenendosi strettamente solo alle questioni psicologi che , ovvero non osando che modestamente occuparsi di quelle di altra natura , si son tenuti lungi da' più alti pro 225 - 1 blemi ontologici sull'origine , l' essenza e le leggi della realtà , quistioni in cui risiede tutta la grandezza e l'importanza della filosofia e che l'hanno sollevata a un sì alto posto nel l'antichità e nel medio evo. In questi ultimi tempi i Tede schi sono stati i primi ad avvedersi che la scienza si era messa per vie troppo ristrette , e che per renderle il suo antico valore bisognava senza più ricondurla sul terreno che altra volta avea occupato , da cui le modeste pre tensioni della psicologia l'aveano scacciata , e in cui solo potea incontrarsi con quelle quistioni che più potentemente importano al genere umano, e riacquistar così la vita e l'im portanza primiera. Quest' obbligo la scienza deve indubitata mente a ' moderni Tedeschi, quali che siano state le conse guenze a cui sono giunti . Il Gioberti ha tenuto il medesimo cammino , ma con mezzi alquanto diversi , ed è venuto a conchiusioni di ben altra natura . Anch'egli vuol giungere ad una scienza più compiuta che esca dalle aridità psicolo giche, e che, piena del senso della realtà e della vita, cerchi di pervenire alla causa prima e reale d'ogni causa e d'ogni fenomeno , riproducendo nell' ordine ideale della scienza l'ordine reale della generazione. Movendo dalla teologia cri stiana, egli si è sforzato di ricondurre la scienza all' ontolo gia , in modo da conservarla d'accordo con la religione, e in vece di adoperar come i Tedeschi che fanno entrar la reli gione nella filosofia e vogliono col mezzo di questa spiegar la , egli , per opposto cammino, seguendo i più antichisistemi ortodossi, ha voluto sottomettere la filosofia alla religione , in guisa che fosse questa obbligata a riconoscer da quella ogni suo valore . Il suo punto di partenza è una formola sin letica , la quale , benchè d'accordo col Cristianesimo , anzi, appunto perchè è di accordo con esso , spiega l'uomo e l'u niverso e le loro relazioni con Dio , onde poi discendę ogni ordine d'idee e di fatti, il pensiero e la natura , le società e le civili istituzioni , la scienza a l'arte . Io non mi fermerò su ' varii punti del sistema , nè sulle varic applicazioni che egli va facendo del suo principio , nelle quali dimostra una po 15 226 tenza di mente mirabile e delle conoscenze non punto ordi narie , ma non posso tacere che soventi volte, siccome è moda oggidì, si lascia strascinar troppo all'amore del sistema, e a certa smania di costruzioni a priori , le quali son certamente del dominio della scienza , ma che oggi si sogliono condurre fino all'esagerazione. Per questo rispello gli antichi mi pa iono ben superiori a 'moderni, perchè Platone ed Aristotile si occupano anch'essi di costruire l'universo a priori e per mezzo delle idee , ma sanno bene fermarsi alle generalità senza discendere a taluni troppo minuti particolari , i quali sfuggono alla scienza e non si possono senza esagerazioni far discendere comodamente da' principii generali. E chi sa se nell'universo , come nell'uomo, non ci ha un punto in cui l'impero assoluto della legge ha termine , e quello dell' arbitrio , del capriccio e dell'accidente incomincia ? Certo è giusto di volere co' principii razionali spiegar le leggi e le . generalità delle cose, ma è strano il pretendere di spiegare ugualmente i più piccioli fatti, la cagione necessaria e razio nale d'ogni avvenimento , d'ogni legge, d'ogni fenomeno, d'ogni istituzione, d'ogni onda che la forza de'venti scaglia contro le rive , d'ogni foglia che la brezza dell'autunno fa . cadere dal ramo ; allora si potrebbe ripetere il detto di Na poleone, che un brieve limite separa dal sublime il ridicolo . Vediamo ora qual sia la formola suprema e creatrice del sistema del Gioberti. Ogni filosofia , egli dice, la quale muova dalla nozione semplice e astratta dell'essere, dee necessaria mente smarrire la diritta via . Siffatla nozione , come quella che si può applicare al Creatore e alle creature, senza alcuna diversità, e che però nulla può produrre, conduce all'ipotesi d'una sostanza unica , cioè al panteismo. Ora la teorica del panteismo è falsa perchè non risponde a tutte le esigenze della scienza , nelle applicazioni non trovasi d'accordo con la vera natura delle cose, distrugge la morale, ed è contraria al cristianesimo che è la veritàperfetta ela parola stessa di Dio. Però è mestieri trovar modo di escire di questa peri colosa ipotesi, la quale ha potuto soventi volte sedurre le più 227 belle intelligenze e i più profondi spiriti. Ove la causa che conduce al panteismo eziandio quelli che meno vi vorrebbe ro pervenire , chi ben guardi la troverà nel punto stesso onde muovono, giacchè la nozione dell'essere in astratto non può menare alla realtà. Per la qual cosa a fio di cansar l'errore , è d'uopo aggiungere all'idea dell'essere qualche altra nozione che sia nello stesso tempo primitiva e sottopo sta all'altra. Se non fosse primitiva rispetto al nostro spiri to , non potremmo acquistarla altrimenti, essendo la nozione dell' essere di sua natura improduttiva; d'altra parte se non fosse sottoposta ad essa nozione dell'essere e quasi da essa ingenerata, e' si cadrebbe io un dualismo assoluto non meno assurdo dello stesso panteismo. Ma fortunatamente è facil cosa trarre l'essere dal suo stato astratto , considerandolo siccome concreto e creatore , perchè l' essere così conside rato rinchiude in sè l'idea di un effetto, cioè di un'esistenza che non fa parte della natura di quello , ma che essendo un libero prodotto della sua volontà , è legato con esso lui mercè il vincolo della creazione . Per tal modo e ' si avrebbe un sol principio da cui partirebbe lo spirito , cioè l'idea dell' essere puro e necessario che crea l'esistenza contingente, e questa verità -principioprodurrebbe un principio-fatto, cioè la realtà dell'esistenza. Così l'autore invece di partire dalla nozione astratta dell'essere , è partito da quella dell'essere che per mezzo della creazione produce altre esistenze a lui sottopo ste, ed ha espresso il suo principio supremo con la formola: l'essere crea l'esistenza; e con questo mezzo ha evitato ilpan teismo , ponendo il concetto della creazione come il lega me fra l'essere assoluto e l'esistenze contingenti. Pur tutta via questo mezzo non è paruto a tutti soddisfacente; già non è mancato chi ha detto che il suo sistema era la teorica dello Schelling battezzata e fatta cristiana , ed altri altre difficoltà hanno arrecato in mezzo. Cone è egli possibile di costruire a priori una filosofia mercè diun principio il quale contie ne in sè un dato essenzialmente contingente e di fatto, quale è quello della creazione ? 228 Se si considera l'idea della creazione legata di necessità con quella dell'essere, e allora si cade senza più nel pantei smo, o almeno nella sentenza assai vicina a quello della ne cessità della creazione ; se poi si considera essa creazione come un fatto empirico e contingente, è impossibile allora di farla discendere dal concetto dell'essere , e dedurla da esso ; anzi , essendo essa libera e volontaria , il principio si dovrebbe esprimere altrimenti, dicendosi piuttosto: l'essere vuol creare l'esistenza ; nel qual caso potrebbe domandarsi : chi v'insegna questa volontà dell'essere ? domanda a cui è difficile di soddisfare senza cadere in Cariddi per evitare Scilla . Conciossiacchè se si risponde che l'insegna il fatto , la formola a priori è distrutta, e si cade in uo circolo vizio so , col quale si verrebbe a dire che l' essere ha voluto crear l'esistenza , perchè esiste , e che l'esistenza esiste , perchè l'essere ha voluto crearla . Se poi, mutando strada, si rispon de che non già il fatto ma la nozione stessa dell' essere rin chiude il concetto della creazione, e allora si giunge diritto , come inpanzi dicevamo, alla necessità di essa creazione. Non insisterò più a lungo su questa discussione, che, come tutte le altre , ho voluto toccar solo di passaggio, ma osser verò invece alcuna cosa sull'indole generale della dottrina del Gioberti. Nati in un tempo che è succeduto ad un altro di strani rivolgimenti ed inuditi rumori, e che ancora è in certo di sè medesimo e più incerto del suo avvenire , noi possiam dire di assistere al contrasto di due opinioni , le quali si disputano ostinatamente l'impero dell'intelligenza . L'una, che è la meno seguitata, è essenzialmente conserva trice, e non crede nè al presente nè all'avvenire, ma sogna caldamente il passato , i secoli scorsi e quasi il secol d'oro della favola. L'altra, che domina appresso l'universale, non ha fede che nel presente e nell' avvenire, dispregia e deride tullo quello che non è nato pur ieri, e ciecamente crede al progresso infinito delle umane generazioni , al cammino dello spirito sempre trionfanle e vittorioso. Il Gioberti non può essere accusalo nè dell'una nè dell'altra estrema opinione, e 229 il suo modo di vedere e giudicar le cose può dirsi essenzial mente conciliatore dell'antico e del moderno. Non egli du bita che lo spirito umano cammini , ma non crede che lutto quello ci ha di bene sulla terra sia nato ieri ; nè dubita che lo spirito progredisca, ma non crede che ogni suo mo vimento sia un progresso; in somma il passatonon è per lui unicamente l'antecedente cronologico del presente, o un ca davere senza vita e senza importanza, anzi egli vuole che se ne faccia altamente conto come di cosa che contiene in sè i germi del nostro essere presente, e che non venga punto messo in dimenticanza nelle nuove combinazioni si della scienza e sì della vita pratica. Nè punto diverso da questo è il principio delle sue opinioni politiche, nelle quali ammira il passato ma non lo crede bastevole a corrispondere a tutte le esigenze del presente , ammira il medio evo in tutto quello che ha di grande, di nobile e digeneroso ma pon vuole per questo la ricostruzione del castello feudale; vuol bene che la politica italiana sia degna del nostro secolo ma non chiama ugualmente degne del secolo tutte le utopie . VIII. Questi sono i filosofi italiani degni di essere ricordati da chi voglia tessere un quadro dello stato in che trovasi oggi la scienza fra noi . Il quale , come si può vedere, se non è da esserne troppo superbi, non è neppur tale da doyercene ver gognare, perchè accanto a nomi mediocri o poco maggiori della mediocrità, se ne trova pure altri , come quello del Ro smini e del Gioberti, degni di fare onore a qualunque tempo e a qualunque paese. Un'osservazione però sorge natural mente da tutto quello che finora abbiamo discorso, cioè che se ci ha de sistemi e de'filosofi italiani, non ci ha però una filosofia o una scuola italiana da mostrar le dottrine domi nanti universalmente, poichè dottrine comuni veramente non ce ne ha, ma ciascuno ha le sue proprie , e nessuno giunge a diffonderle in modo da formare una scuola forte ed upita da contrapporre ad un'altra . 230 La medesima cosa mi ricorda d'aver fatto osservare a pro posito del teatro , ove dicevo che ci ha bene de' drammi e dei drammaturgi in Italia , ma non un dramma italiano , da po terne indicare l'indole generale. Sarebbe lungo cercar le ra gioni di questo fatto , ma quanto a' sistemi filosofici, non può nascondersi che ciha un punto essenzialissimo in cui tutti o almeno i più importanti si accordano , e questo è l' essere ugualmente ortodossi e cattolici. I nostri antichi non erano generalmente così solleciti di trovarsi d'accordo con la reli gione , e spesso con le prigioni, con l'esilio e co' roghipa garono la pena del loro ardimento . Oggi in mezzo alla co mune eterodossia delle scuole moderne, e soprattutto delle tedesche , i filosofi italiani si studiano di mantener collegate amorevolmente la fede e il pensiero, la religione e la scien za , e compensano con la propria ortodossia gli errori de'loro predecessori , i quali signoreggiano oltremonti e trovano nuovi seguaci e arditi rinnovellatori massimamente nelle scuole di Germania . Certamente sarebbe cosa assurda il negare che la filosofia tedesca in questi ultimi anni abbia renduti straordinarii ser vigi alla scienza, e fattole fare de'passi che mai non saranno perduti per il pensiero umano. Certamente in que' sistemi sono altissime verità, profonde escogitazioni, fortunate e fe conde applicazioni a tutti i diversi ramidel sapere e della vita , ma accettarli interamente come veri è cosa enorme ed insoffribile. Insoffribile soprattulto per poi Italiani la cui mente è dotata da natura di forme troppo originali per sofferire qualunque maniera d'imitazione , senza che tosto ritorni in caricatura, ed al cui pensiero, naturalmente chia rissimo e bisognoso di realtà e di vita , mal si convengono le astrazioni soventi volte troppo vôte de' Tedeschi, e la col trice di tenebre onde al concello alemanno piace spesso di avvilupparsi. Oltre a ciò si potrebbe dire che assai male prova ha fatto la filosofia tedesca , quando dopo tante pro messe e sì grandi rumori , si è mostrata inetta a fermar niente d'intero e di durabile, e ora quasi venuta meno , tace pro - 231 fondamente , e quasi non ha un'idea o una parola comuni per farsi intendere, e le scuole deboli e divise internamente o più non vivono o vivono di una vita che molto si rasso miglia alla morte. Forse che il dottor Fausto ha ragione tut tavia di lagnarsi della loro impotenza e della vanità degli sforzi per esse fatti. Prima di conchiudere sentomi spinto come di viva forza a ricordare un nome, che pochi forse sanno e che niuno ha obbligo di conoscere ma che io non voglio tacere , solamen te perchè colui che il portava ora più non vive , e perchè al tra meno sterile testimonianza di amicizia non gli posso ren dere. Io non so se le poche pagine scritte da Stefano Cusani giungeranno a'posteri, e molto più dubito delle mie , ma de sidero che i contemporanei sotto i cui occhi potrà cadere questo scritto , sappiapo che fra’giovani che ora fra noi si oc cupano di filosofia nessuno forse fu fornito più di lui di mente veramente filosofica, la quale con più sodi studii e con la malurità degli anni avrebbe forse , anzi senza forse , dato frutti degni di vera gloria . Nè vorrei che di lui si giudicasse da quello che finora avea stampalo , perchè chi il conobbe può far giudizio sicuro di quello che un giorno avrebbe potuto fare se gli fosse bastata la vita. Non so altri che faccia bene e splendidamente sperare di sè , ma non dubito che fra tanti dovrà sorgere alcuno degno degli antichi e de' nuovi nomi , perchè giovami di credere, e i fatti mi confermano nella mia opinione, che la sacra fiaccola della scienza non sia , non che spenta, affievolita nella patria del Vico , del Campanella e di Giordano Bruno .

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