The Grice Club

Welcome

The Grice Club

The club for all those whose members have no (other) club.

Is Grice the greatest philosopher that ever lived?

Search This Blog

Wednesday, March 30, 2022

GRICE E FIORE: MUSICA

 Indice generale     1. Introduzione 1   2. Una breve storia del salterio a died corde 2   3. Il Discorso n.9 di Agostino "Sul salterio a dieci corde" 4   4. Il "Salterio a dieci corde" di Gioacchino da Fiore: il contesto storico   eilPrologo 8   5. Il "Salterio a dieci corde" di Gioacchino da Fiore: il Libro Primo....l2   5. Conclusione 20   Tavola Illustrativa 22   Bibliografia 23     IL SALTERIO A DIECI CORDE   UN'IMMAGINE MUSICALE NELLA RIFLESSIONE  TEOLOGICA MEDIEVALE   Martino Mocchi     1. Introduzione   La presente ricerca si colloca all'interno del seminario tenutosi  presso l'Universita di Pavia nel secondo semestre del 2010 "Teologia e  altri saperi nel Medioevo" e vuole essere un contributo alia  comprensione del difficile rapporto tra teologia e musica in quest 1 epoca.  In particolare verra presa in esame la figura del salterio a dieci corde  come esempio di un punto di contatto tra le discipline. Quello die  tradizionalmente e considerato lo strumento biblico per eccellenza,  viene infatti "preso a prestito" da alcuni ambiti della riflessione  teologica medievale, che attraverso una interpretazione simbolica e  allegorica ne arricchisce l'originaria disposizione. Dopo una  introduzione relativa alia storia dello strumento in epoca biblica e  medievale si considereranno nello specifico il Discorso n. 9 di Agostino, in  cui l'autore recupera l'immagme in un contesto prevalentemente  teologico-morale, e si proporra quindi una disamina del Primo libro  del Salterio a dieci corde di Gioacchino da Fiore, per mettere in luce la  valenza mistico-escatologica che qui viene attribuita alio strumento. Il  filo conduttore della ricerca consiste dunque nel rintracciare,  nell'ambito di una riflessione che nasce e si sviluppa aH'interno di un  contesto dichiaratamente teologico, ma che trae motivi e sostegno  argomentativo dal riferimento all'immagine di uno strumento musicale,  delle possibili influenze, o in qualche modo degli spostamenti di  traiettoria, dovuti all'interazione tra le due discipline.     2. Una breve storia del salterio a dieci corde.   L'interesse particolare per il salterio a dieci corde ha origine nel  testo biblico. Il Libro dei Salmi indica questo strumento come il piu  adatto per accompagnare il canto dei versi, e sembra essere attribuita  alio stesso Davide una certa abilita nella pratica di tale arte. Se i risultati  della moderna esegesi sembrano concordare nell'attribuire alia figura  di Davide un ruolo fondamentale nel processo di rinnovamento e di  consolidamento di una pratica musicale aH'interno della comunita  ebraica 1 , risulta ben piu problematica la collocazione definitiva dello  strumento in questione. La piu recente traduzione del Testo Sacro, in  diversi punti, preferisce rendere attraverso la locuzione piuttosto  generica di "strumento a corda" dei termini di poco chiara  comprensione musicologica.   Il libro della Genesi, particolarmente ricco di riferimenti a pratiche  e strumenti musicali, identifica nel kinnor lo strumento nel quale Davide  eccelleva. Dalla narrazione si evincono delle caratteristiche che  potrebbero awicinare come tipologia di strumento il kinnor e la lira  greca chiamata kithara 2 . D'altro canto, pero, la pratica musicale di tale  strumento prevede l'utilizzo di un plettro per pizzicare le corde, il che  sembra essere in contrasto con la traduzione proposta nella versione  dei Settanta: il termine psalterion rimanda infatti etimologicamente al  verbo psallein, che significa letteralmente "pizzicare con le dita".   Nel periodo dei Re la scena musicale di Israele muta radicalmente:  proprio sotto l'impulso di Davide e di Salomone si sviluppa  un'organizzazione e un'istituzionalizzazione delle pratiche musicali  all'interno della comunita. Nasce la figura del musicista di professione,  comincia a distinguersi in modo netto la musica di corte dalla musica  del Tempio, si costituisce una vera e propria accademia come luogo  dell'educazione musicale, e vengono inseriti, accanto a quelli  tradizionalmente usati, nuovi strumenti musicali. Alcuni di questi,  come per esempio il nevel, possono fornire delle utili indicazioni a  proposito del nostro strumento. Il nevel e certamente uno strumento a  corda: nella versione dei Settanta il termine e reso attraverso l'utilizzo  di tre parole distinte, una delle quali e proprio psalterion. La     Una tale interpretazione prende le mosse direttamente dal testo biblico, che in piu  punti sembra concordare nell'attribuire a Davide il ruolo di "poeta" e di "musico":  cfr. 1 Sam 16, 16; 18, 10; 2 Sam 1, 17; 3, 33.   Per l'argomento del presente capitolo si fara riferimento al testo di C. Sachs, Storia  degli strumenti musicali, tr. it. M. Papini, Mondadori, Milano, 1996. Si vedano in  particolare i capitoli V, VI, X.     trasposizione latina di questo termine tende a far prevalere psalterium in  tutti e tre i casi, tanto che nell'intera Vulgata questo termine occorre  diciassette volte. La traduzione puo far pensare ad uno strumento  simile all'arpa: lo stesso Gerolamo ci informa del fatto che «psalterium  lignum illud concavum unde sonus redditur superius habet» 3 . Sembra  quindi possibile associare la struttura del nevel a quella dell'arpa  verticale angolare, diffusa sia nell'area greca che in quella fenicia. La  questione e pero ulteriormente complicata da un altro termine che nel  libro dei Salmi compare frequentemente associato a nevel, ed e legato  strettamente alia problematica del salterio a dieci corde: il termine asor.  Questa parola letteralmente significa "dieci". L'esegesi ha piuttosto  uniformemente interpretato tale accostamento come il riferimento ad  uno strumento musicale con dieci corde. Piu recenti studi musicologici  hanno invece mostrato che il termine potrebbe essere piu  correttamente inteso non come attributo riferito a nevel, ma come  sostantivo. Come tale rimanderebbe quindi ad uno strumento  autonomo, a riguardo del quale e difficile formulare ipotesi. Potrebbe  essere infatti proprio questo lo strumento a dieci corde da cui ha preso  spunto la traduzione greca, come del resto non sembra possibile  escludere la possibility che il salterio a dieci corde sia stata una  "invenzione" dei traduttori greci e latini che non trova una  corrispondenza immediata nelle pratiche musicali ebraiche.   La problematica relativa alia classificazione degli strumenti a corda  in epoca medievale e ancora oggi piuttosto incerta 4 . Sicuramente e  attestabile una ampia diffusione di arpe e cetre, che differivano pero  tra loro anche notevolmente per quanto riguarda la forma, le  dimensioni, il numero delle corde e le accordature. Il salterio e senza  dubbio riconducibile alia famiglia delle cetre, e in particolare ad uno  strumento a corde pizzicate provenienti dall'area meridionale del  Vicino Oriente, il qanum. Tale strumento si distingue dal santir, che  costituisce un'altra tipologia di cetra proveniente dall'area asiatica, la  cui pratica musicale prevedeva la percussione delle corde attraverso  l'utilizzo di bastoncini. Sembra interessante sottolineare che la prima  rappresentazione grafica medievale di uno strumento simile al salterio  risale ad un rilievo del 1184 che si trova a Santiago de Compostela, e che     Dalla lettera di San Gerolamo a Dardano. La citazione si trova in C. Sachs, Storia  degli strumenti musicali, cit., p. 127.   Per una disamina della questione in epoca medievale, oltre al gia citato testo di  Sachs, si veda: Giulio Cattin, La monodia nel medioevo, EDT Edizioni, Torino, 1979; e  Alberto Gallo, La polifonia nel medioevo, EDT Edizioni, Torino, 1991.     in generale tali rappresentazioni sono piuttosto rare prima del '300.   Da queste considerazioni si puo dunque concludere che all'epoca in  cui maturano le riflessioni di Agostino e di Gioacchino da Fiore esisteva  uno strumento chiamato salterio. D'altro canto la sua diffusione  comincia ad avere una certa ampiezza solo in una fase piuttosto tarda  del medioevo. Bisogna infine tenere presente sullo sfondo il difficile  rapporto in epoca medievale tra musica liturgica e pratiche strumentali,  che rimane un tenia di ampio dibattito per la storiografia moderna.  Questo sembra awalorare l'ipotesi secondo cui la ripresa deH'immagine  dello strumento trae origine da un contesto esegetico-teologico molto  prima che dall'osservazione di una pratica musicale vera e propria.     3. Il Discorso n.9 di Agostino "Sul salterio a died corde".   Il Discorso di Agostino "Sul salterio a dieci corde" rappresenta un  punto essenziale per la comprensione e la formazione dell'immagine  "teologica" dello strumento in questione. Le attuali conoscenze  del corpus agostiniano non permettono di individuare con certezza ne la  data ne il luogo in cui tale discorso fu tenuto. Il recupero deirimmagine  del salterio si inquadra in questo caso all'interno di un contesto  propriamente teologico-morale: l'obiettivo e quello di delineare un  percorso di crescita morale per il credente basato sull'osservanza dei  dieci comandamenti. L'argomentazione trova quindi la sua forza nel  parallelismo che si instaura tra i dieci precetti divini e le dieci corde del  salterio.   Il punto di partenza consiste nell'indicare la necessita di trovare un  accordo con «l'avversario», che viene identificato con la parola di Dio,  dal momento che «comanda cose contrarie a quelle che fai tu» 5 . In un  certo senso, quindi, l'avversario sarebbe meglio identificabile con la  nostra disposizione interiore, che ci allontana da un comportamento  moralmente corretto in senso cristiano. Seguire le disposizioni interiori  risulta infatti molto pericoloso nell'ottica agostiniana, in quanto da un  lato si e spinti ad assecondarle poiche procurano un piacere immediato,  dall'altro proprio tale piacere e ricondotto alia sfera del sensibile e  rappresenta quindi una minaccia per la vita ultraterrena. Allora     Agostino, Tractatus de decern chordis; tr. it. P. Bellini, F. Cruciani, V. Tarulli, Trattato  sul salterio a dieci corde; in Agostino, Discorsi; sul vecchio testamento, Citta Nuova,  Roma, 1979; p. 153.     «perche dovremmo camminare allietati da inutili canti che non ci  porteranno alcun vantaggio, dolci nel presente, amari in futuro?» 6 .  L'emergere di questo tenia del canto ci permette di riferire lo stesso  schema sopra rilevato alia musica. Sembra delinearsi infatti una  concezione ambivalente di tale disciplina: da un lato, nel suo corretto  uso, rappresenta uno strumento di grande forza ed espressivita  interiore, che puo permettere all'uomo di innalzarsi verso la sfera  divina. Dall'altro, se considerata nella sua dimensione sensibile, puo  essere la fonte di un «appagamento dell'orecchio» che rappresenta un  motivo di corruzione. Va notato che una tale impostazione e  riscontrabile in numerosi passi di Agostino, in primis nel De musica, ed e  un'eredita che l'ipponense riceve da una lunga tradizione filosofica  riconducibile come minimo a Platone 7 . La problematica ha avuto una  grande fortuna nella discussione della prima patristica 8 in relazione alle  modalita della pratica religiosa, e rimane uno sfondo obbligato per la  comprensione della musica cristiana in tutto il Medioevo 9 .   Su questo sfondo Agostino introduce il tema piu propriamente  morale, recuperando la figura del salterio:   «ecco, porto il salterio, ha dieci corde [...]. Perche e aspro il suono del  salterio di Dio? Cantiamo tutti con il salterio a dieci corde. Vi cantero  quello che dovrete fare. Il decalogo della legge infatti ha dieci  comandamenti». 10   L'asprezza attribuita al suono dello strumento non e evidentemente da  ricondurre ad un ambito musicale, quanto da intendere in senso  figurato come metafora della difficolta del cammino da compiere per  ottenere la benevolenza divina. La giustificazione del recupero  deirimmagine dello strumento e indicata nel legame ideale che si  instaura tra i dieci comandamenti e le dieci corde. In relazione a questo  tema e da rilevare come Agostino, riprendendo una esegesi molto  diffusa, distingua i primi tre comandamenti, e quindi le prime tre     6 Ivi, p. 159.   7 Si veda il VII libro delle Leggi, e il III libro della Repubblica, per esempio.   8 Un'analisi piu puntuale di tale discussione, interpretata in relazione alia  concezione agostiniana, si trova in: P. Sequeri, Musica e mistica, Libreria Editrice  Vaticana, Citta del Vaticano, 2005, cap. 2, pp. 45-106.   9 Si veda in particolare l'ampia discussione sul rapporto tra musica cantata e musica  strumentale, e il problema della musica vulgaris in relazione alia musica liturgica.  Una disamina di tali questioni si trova nei testi gia citati di Giulio Cattin e Alberto  Gallo.   10 Agostino, Sul salterio a dieci corde, cit., p. 159.     corde, che rimandano ai doveri verso Dio, dai successivi sette, che  danno disposizioni relative al comportamento verso i propri simili.  Sebbene l'intento primario del discorso non sia un intento musicale, la  metafora istituita tra il percorso cristiano e la figura del salterio e  portata fino in fondo: dal corretto utilizzo dello strumento, che  corrisponde al rispetto disciplinato dei comandamenti, emerge il  «canto nuovo», che si contrappone al vecchio proprio come l'uomo  nuovo, che nasce a seguito della venuta di Cristo, si contrappone  all'uomo dell'Antico Testamento. Il canto d'amore che nasce con Cristo  prende il posto del timore, che lega l'osservanza della legge alia paura  della punizione divina. E 1 questo il nocciolo argomentativo del discorso,  e il tema viene ribadito in piu punti. Al capitolo 8 Agostino afferma:   «Cambiate il comportamento. Prima amavate il mondo, ora amate  Dio. [...] Se lo fate con amore, cantate il canto nuovo. Se lo fate con  timore, ma lo fate, portate si il salterio, ma ancora non cantate» n .   Nel capitolo 13, che rappresenta il culmine del discorso,  l'argomentazione viene ribadita attraverso l'utilizzo di una metafora  che le conferisce una grande forza persuasiva. L'osservanza dei  comandamenti deve implicare contemporaneamente un atto di  ringraziamento a Dio per la grazia concessa, e un atto di repulsione e di  lotta interiore contro la passione sensibile. Il credente, quindi, deve  comportarsi da un lato come il suonatore di cetra che innalza le sue lodi  a Dio, dall'altro come il gladiatore che uccide senza compassione le  belve nell'arena. Il passo merita di essere citato testualmente:   «Negli spettacoli dell'anfiteatro il gladiatore e diverso da chi suona  la cetra. Nello spettacolo di Dio unica e la persona. Tocca le dieci  corde e ucciderai le dieci belve: fai insieme tutte e due le cose. Tocchi  la prima corda, con la quale si comanda di adorare un solo Dio, cade  la bestia della superstizione. Tocchi la seconda corda con la quale  non pronunci erroneamente il nome del Signore tuo Dio, cade la  bestia dell'errore delle nefande eresie che hanno creduto falsamente.  Tocchi la terza corda, per cui qualunque cosa fai la fai per nella  speranza del riposo futuro, viene uccisa la bestia, piu crudele delle  altre, dell'attaccamento a questo mondo» 12 .   Lo stesso discorso vale per i successivi sette comandamenti, che  enunciano i nostri doveri verso gli uomini, fino a che     11 M, p. 165.   12 Ivi, p. 173.     «cadute tutte le bestie ti trovi sicuro e innocente nell'amore di Dio e  in mezzo alia societa umana. Quante bestie uccidi toccando le dieci  corde! Molti capi infatti si nascondono sotto questi vizi capitali.  Nelle singole corde non uccidi singole bestie, ma greggi di bestie.  Facendo in questo modo canterai il canto nuovo con amore, non con  timore» 13 .   Il «canto nuovo», dunque, si puo innalzare attraverso l'osservanza  dei comandamenti divini. Si istituisce cosi una contrapposizione tra  l'uomo vecchio dell'Antico Testamento che basa sul timore l'osservanza  della Legge divina, e l'uomo nuovo che nasce con la rivelazione di  Cristo che basa sull'amore verso Dio e verso il prossimo la propria  condotta. In questa contrapposizione e centrale l'elemento del canto: il  canto esteriore, che si fonda sull'appagamento sensibile, rappresenta la  pratica musicale dell'uomo vecchio, mentre il canto interiore, che  innalza il nostro animo a Dio, e proprio dell'uomo nuovo. E' quindi  significativo come, attraverso il ricorso alia musica, Agostino voglia  argomentare la pericolosita delle passioni terrene. Nella sua intrinseca  ambivalenza e nella sua sfuggente duplicita, proprio la musica diventa  il modello della fragilita e della corruttibilita dell'uomo: anche un  elemento apparentemente cosi puro e spirituale puo trasformarsi in  una causa di corruzione per colui che non si comporta in conformita  alia parola di Dio. L'ammonimento, che trova il suo motivo e il suo  compimento all'interno di un contesto teologico-morale, risulta  certamente arricchito e reso persuasivo attraverso il ricorso a questa  metafora musicale.   Negli ultimi capitoli del discorso Agostino, seguendo uno schema  piuttosto consolidato, traduce l'argomentazione fino a questo punto  esposta in un lessico neotestamentario: il decalogo di Mose puo essere  sintetizzato nelle formule evangeliche «ama il prossimo tuo come te  stesso» 14 e «non fare agli altri cio che non vuoi sia fatto a te» 15 .  Conseguentemente, l'immagine del canto interiore ed esteriore viene  riformulata attraverso l'espressione «siate cristiani, perche e troppo  poco chiamarsi cristiani». 16   E' importante notare come le riflessioni qui proposte siano presenti,  seppur in maniera meno sistematica, nei commenti di Agostino ai  Salmi: nel commento al Salmo 32 compare il paragone tra i dieci     13 Ivi, p. 175.   14 Mt 19, 19; Mc 12, 31; Lc 10, 27.   15 Mt 7, 12; Lc 6, 31.   16 Agostino, Sul salterio a dieci corde, cit., p. 187.     comandamenti e le dieci corde del salterio, nel commento al Salmo 143  il tema centrale del canto nuovo che nasce attraverso la carita 17 . Questo  particolare e di una certa rilevanza per la nostra ricerca, dal momento  che permette di dare per scontata la conoscenza delle posizioni  agostiniane da parte di Gioacchino da Fiore. E 1 del tutto implausibile  infatti pensare che l'abate cistercense non conoscesse il testo  delle Enarrationes, mentre non sarebbe altrettanto da dare per scontata  la conoscenza del Discorso fin qui considerato. Senza voler in questa  sede risolvere un problema che meriterebbe una piu approfondita  indagine storiografica, si vuole rilevare che la ripresa delle posizioni  agostiniane da parte di Gioacchino, in questo contesto argomentativo,  si riferisce sicuramente ai passi citati dell 1 Esposizione sui Salmi, mentre  sembra trascurare alcuni elementi che pur assumono una importanza  non secondaria nel Discorso.     4. Il "Salterio a dieci corde" di Gioacchino da Fiore: il  contesto storico e il Prologo   Lo Psalterium decern chordarum rappresenta il principale contributo  di Gioacchino da Fiore sul tema della trinita, ed e dunque da inquadrare  aH'interno di uno dei dibattiti piu accesi della discussione teologica del  XII secolo. In seguito al confronto, di vastissima risonanza, che vide  contrapposte le figure di Abelardo e di Bernardo di Clairvaux, la disputa  fu ravvivata dalla pubblicazione delle Sententiae di Pietro Lombardo, tra  gli anni 1155-1157. Le tesi contenute in quest'opera suscitarono aspre     17 Si veda anche il commento al Salmo 91 dove compare il tema sintetizzabile nella  massima «siate cristiani, non ditevi cristiani». Un altro tema particolarmente  ricorrente nelle Enarrationes consiste nella differenza tra la cetra e il salterio.  Nell'interpretazione agostiniana infatti in relazione alia differente disposizione  della cassa di risonanza i due strumenti rappresentano lo spirito (il salterio, che ha  la cassa disposta verso l'alto) e la carne (la cetra, la cui cassa e invece orientata  verso il basso). Il tema compare in diversi passi: si veda 70 d 2, 11; 80, 5; 97, 5; 150,  6-7. Particolarmente interessante e la formulazione nel commento al Salmo 70:  «c'e una differenza tra la cetra e il salterio. Gli esperti dicono che il salterio ha  nella parte superiore quel legno concavo su cui sono tese le corde e fa da cassa di  risonanza, mentre la cetra lo ha nella parte inferiore». Il riconoscimento di un  particolare cosi macroscopico non sembra certo necessitare il riferimento a giudizi  "esperti". Si potrebbe pensare, addirittura, che Agostino non avesse mai visto  personalmente gli strumenti in questione.   8     critiche da parte di diversi opposition 18 , tra i quali proprio Gioacchino  da Fiore. Quest'ultimo, infatti, prende una posizione decisa contro gli  argomenti sostenuti dall'allievo di Abelardo, fino al punto di vedere  condannata la sua stessa opera nel IV Concilio Lateranense, nel 1215. Il  nocciolo della disputa e la distinzione tra sostanza e persone divine, che  risulta comunemente accettata nelle principali scuole teologiche del XII  secolo.   Gioacchino arriva a sostenere la «follia» di una tale impostazione,  teorizzando, al contrario, la perfetta compenetrazione e corrispondenza  tra la sostanza e le persone della trinita. Nella sua ottica, l'unita  inscindibile che caratterizza la trinita non puo prevedere distinzioni di  alcuna sorta: e piuttosto il carattere relazionale che permette di  garantire la fusione perfetta tra le tre persone, e alio stesso tempo il  loro riconoscimento singolare, come dimostra chiaramente la figura del  salterio. Distinguendo la sostanza dalle persone della trinita, invece,  Lombardo «e come se mettesse tre dieci al posto delle tre persone, e un  quarto dieci al posto della sostanza, come se Dio non fosse trinita, ma  una quaternita» 19 . La figura argomentativa che viene posta al centro  della critica e quella tradizionale dei tre rami provenienti dalla stessa  radice: la sostanza, secondo questa metafora, sarebbe distinguibile dalle  tre persone divine, proprio come i rami lo sono dalla radice, dalla quale  pure tutti sono generati. Per Gioacchino, al contrario, l'immagine a cui  si dovrebbe fare ricorso e quella dell'acqua, che come linfa vitale scorre  aH'interno dei rami stessi. Da questi passi si puo dunque intuire come  l'obiettivo polemico principale sia proprio l'autore delle Sententiae,  anche se e da rilevare che il suo nome non viene mai citato  esplicitamente. I nomi che ricorrono in piu punti, invece, sono quelli  degli eretici Sabellio e Ario, le cui eresie consistono nel ridurre, il  primo, la trinita ad una sola persona 20 , mentre il secondo nel separare  in modo inconciliabile le tre persone, che vengono distinte per grado  dimensionale: «come se al Padre offrisse dieci, al Figlio cinque, alio     18 Si ricorda ad esempio Gerhoh di Reichersberg, le cui posizioni ebbero grande  influenza sul Papa Alessandro III, e Giovanni di Cornwall. Per un'analisi piu  puntuale del dibattito si veda G. L. Potesta, J/ tempo dell'Apocalisse. Vita di Gioacchino  da Fiore, Laterza, Roma Bari 2004, cap. 3, pp. 36-41.   19 Gioacchino da Fiore, ll salterio a dieci corde, tr. it. di F. Troncarelli, K. V. Selge, Viella,  Roma 2004, p. 173.   20 Sabellio teorizza infatti la rigorosa unita e indivisibility di Dio, formato da una sola  persona, l'ipostasi, e tre nomi, che descrivono le diverse forme o attributi propri  della sua manifestazione. Il figlio e lo Spirito Santo sono quindi soltanto "modi"  dell'apparire del Padre scelti in base al proprio volere.     Spirito Santo un numero piu piccolo». 21   La stesura dell'opera si colloca all'interno di una vicenda biografica  particolare, di cui e lo stesso Gioacchino ad informarci. Il Prologo  dell'opera, infatti, consiste in un ripensamento a posteriori sulla genesi  di questo «opuscolo dedicato alio Spirito Santo» 22 , che rappresenta la  terza delle sue opere principali 23 . Il tenia principale su cui si insiste in  queste pagine e la spontaneita e l'immediatezza che hanno  caratterizzato l'elaborazione e la stesura di tale opera. Gli anni in cui  questo awiene sono quelli del soggiorno presso l'abazia di Casamari:  anni di grande entusiasmo intellettuale, in cui Gioacchino, «lontano  dagli affari del mondo, o quasi», arriva a sentirsi addirittura «un  abitante della citta superiore, celeste di Dio» 24 . Si tratta degli anni tra il  1182 e il 1185, in cui gli sforzi intellettuali dell'abate sono rivolti  alia Concordia Novi ac Veteris Testament^ che sara portata a termine solo  qualche tempo piu tardi. E 1 proprio durante la stesura di quest'opera,  infatti, che l'animo di Gioacchino viene scosso da una inaspettata  «esitazione nella fede della trinita» 25 , che impone una riflessione su  questo difficile argomento. Il lavoro sulla Concordia viene quindi  interrotto, nell'interesse di una problematica costitutiva ed  imprescindibile per qualsiasi riflessione teologica. La stessa  immediatezza che caratterizza il sorgere del problema si ritrova nel  percorso che porta alia scoperta di una soluzione:   «pregai [lo Spirito Santo] che si degnasse di mostrarmi il sacro  mistero della Trinita. E dicendo questo incominciai a cantare i salmi.  [...] Ed ecco subito mi si presento all'animo l'immagine del salterio     21 Gioacchino da Fiore, II salterio a dieci corde, cit., p. 173. La tesi fondamentale di Ario  consiste nella negazione della consustanzialita tra il Padre e il Figlio, a partire  dall'idea che l'unita di Dio e incompatibile con la pluralita delle persone divine. Il  Figlio, quindi, non ha la stessa natura del Padre, ma e la sua prima creatura, con la  conseguenza che l'incarnazione e la resurrezione di Cristo non possono essere  considerati eventi divini. il dibattito sull'arianesimo infiammo la disputa teologica  del IV secolo, e si concluse con la condanna delle tesi di Ario durante il Concilio di  Nicea del 325.   22 Gioacchino da Fiore, Il salterio a died corde, cit., p. 4.   23 Le altre due opere che costituiscono il corpus principale gioachimita sono  la Concordia Novi ac Veteris Testamenti e I'Expositio in Apocalypsim. Va qui notato che  l'indicazione del "Salterio a dieci corde" come "terza" opera e sostenuta  conformemente alle istruzioni date dallo stesso Gioacchino. Tale affermazione non  e riconducibile a ragioni cronologiche, quanto probabilmente ad un ripensamento  tematico sui propri scritti da parte dell'autore.   24 Gioacchino da Fiore, Il salterio a dieci corde, cit., p. 4.   25 Ibidem.   10     a dieci corde e racchiuso nella sua forma stessa in modo chiaro e  comprensibile il mistero della trinita» 26 .   Una vera e propria illuminazione, che scaturisce dalla grazia divina: un  percorso che sembra orientarsi ben piu sul versante mistico che su  quelle- speculativo-razionale. In questo contesto il tenia del canto  riveste un ruolo essenziale, come chiave di accesso ad un'intima  comunicazione con la parola di Dio. Il concetto viene ribadito in un  altro passo del Prologo:   «quando, con fervore di novizio cominciai ad amare il canto dei  salmi a causa di Dio, molti aspetti della scrittura divina che prima  leggendo non avevo potuto investigare, cominciarono a dischiudersi  a me che cantavo i salmi in silenzio» 27 .   Il carattere mistico del canto, che puo innalzare lo spirito verso  quei misteri che risultano oscuri alia lettura razionale, emerge in  queste righe con estrema efficacia. Alio stesso tempo, pero, non si puo  trascurare l'elemento del «canto silenzioso», che sembra rimandare  invece all'altro versante della concezione platonico-agostiniana: la  valenza corruttrice dell'elemento sensibile. Un canto che viene quindi  ricercato in un grado tale di purezza da poter arrivare addirittura ad  annullare se stesso. L'indicazione di Gioacchino, in questo punto, non  sembra volersi spingere fino a questa paradossale conclusione, che pur  e stata teorizzata da diversi autori in epoca medievale. Il recupero  dell'elemento musicale, come si vedra, procede piuttosto in conformita  all'impianto complessivo dell'opera, finalizzato ad «esaltare le  potenzialita figurali e le implicazioni visive della Sacra pagina. L'idea e  di attingere a un repertorio di enti visibili per accedere ah"invisibile» 28 .   Si potrebbe dire che l'elemento figurato incarna ed esplica, in un  certo senso, il contenuto di verita degli argomenti teorici qui proposti.  Se da un lato questa incarnazione segna anche il punto di partenza per  un percorso spirituale che, pur procedendo al di fuori del confine della  razionalita logica, puo innalzare alle sfere del divino, dall'altro lato la  coerenza argomentativa non puo essere garantita se non all'interno del  riferimento ad un elemento materiale, esperibile, concretamente  attingibile. Il "canto silenzioso" non sembra quindi poter arrivare ad  eliminare la musicalita del canto sensibile, quanto piuttosto si  caratterizza come la prova tangibile di un dissidio non ancora risolto,     26 Ibidem.   27 Ivi.p. 3.   28 G. L. Potesta, II tempo dell'Apocalisse, cit., p. 37.     11     di un'ambivalenza strutturale nell'interpretazione della musica, che  dovra passare anche il confine del XII secolo prima di trovare una  soluzione.   La struttura dell'opera permette una divisione interna in due parti:  la prima comprendente il libro primo, la seconda il libro secondo e  terzo. Tale distinzione interessa sia il contenuto semantico, sia il  periodo di stesura: e lo stesso Gioacchino ad informarci del fatto che il  secondo e il terzo libro «non li scrissi ne in quel luogo ne in quell'epoca,  ma dopo circa due anni» 29 . E 1 un'informazione non sorprendente alia  luce del contenuto, che sembra separato da una linea ben definita. La  differenza consiste nel fatto che, mentre nella prima parte il "salterio"  rappresenta lo strumento musicale fin qui considerato, e la sua ripresa  e relativa alia disputa sulla trinita, lo stesso termine viene usato nella  seconda parte per indicare il libro biblico dei Salmi, a partire dal quale  viene costruita una prospettiva escatologica ed esegetica che si basa sul  numero 150, che corrisponde appunto al totale dei Salmi. Se la prima  parte si contraddistingue, come visto, per il carattere di immediatezza e  spontaneita della riflessione, la seconda appare, invece, certamente piu  pensata, piu costruita, in riferimento ad un ingente e puntuale recupero  del testo sacro. Caratteristiche che la avvicinano certamente piu alia  produzione escatologica di Gioacchino, che non al resto dell'opera. Si  potrebbe pensare, come afferma Potesta, che il materiale che forma  questi libri sia il risultato di una serie di appunti raccolti in circa un  decennio di riflessioni sulla Concordia e sull'Expositio, e che trova una  sistemazione definitiva piuttosto tarda. In ogni caso e evidente che e la  prima parte dell'opera ad interessare piu direttamente il tema della  nostra ricerca. Sara questa, dunque, l'oggetto del prossimo paragrafo.     5. Il "Salterio a dieci corde" di Gioacchino da Fiore: il  Libro Primo   Il Primo libro del Salterio a dieci corde parte dall'immagine dello  strumento musicale per indagare la «ricchezza dei misteri» in essa  contenuti. Misteri che derivano dall'origine divina, per cui «niente puo  esservi di sterile o vano» 30 . Il riferimento e, ovviamente, in primo luogo  al testo biblico, e in particolare alia figura di Davide, autore dei Salmi,     29 Gioacchino da Fiore, Il salterio a dieci corde, cit., p. 4.   30 Ivi, p. 6.     12     di cui vengono citati alcuni passi che rimandano all'utilizzo del salterio  nelle pratiche liturgiche ebraiche 31 . La struttura del libro risulta divisa  in sette capitoli, o "distinzioni", in cui progressivamente vengono  introdotti nuovi elementi per una comprensione che passa dal piano  della semplice descrizione alio svelamento della prospettiva  escatologica contenuta nella forma dello strumento.   La prima distinzione introduce la figura del salterio, che viene  descritto come uno strumento «bello di forma, aggraziato per il suono,  soave per la modulazione» 32 . Le caratteristiche che compaiono in questo  passo sono notevolmente diverse da quelle che si sono viste prevalere  nella descrizione agostiniana, in cui «aspro e il suono dello strumento  di Dio» 33 . Il riferimento e il confronto con gli elementi contenuti  nelle Enarrationes appare del resto evidente fin dalle prime righe del  capitolo: Gioacchino riprende, seppur in maniera estremamente  sintetica, la distinzione tra il salterio e la cetra nella loro differente  funzione spirituale, il paragone tra le dieci corde e i dieci  comandamenti, la differenza tra le prime tre corde e le successive  sette. E in seguito compare il tema dell 1 «uomo nuovo che e stato creato  a immagine di Dio» 34 , che nasce dal "canto nuovo" del salterio. Se e  facile dunque riconoscere sullo sfondo la presenza e la conoscenza delle  tesi agostiniane, risulta altrettanto semplice vedere come Gioacchino  proceda, ben presto, verso l'elaborazione di un percorso autonomo, che  per alcune implicazioni e addirittura contrastante con le posizioni  dell'ipponense 35 .     31 Sal. 80, 3: "Intonate il cantico e suonate il timpano, il giocondo salterio e la cetra";  Sal. 150, 3: "Lodatelo col suono della tromba, lodatelo col salterio e la cetra".   32 Gioacchino da Fiore, II salterio a dieci corde, cit., p. 7.   33 Agostino, Sul salterio a dieci corde, cit., p. 159.   34 Ef. 4, 24.   35 La problematica relativa al complesso rapporto tra Agostino e Gioacchino esula  dagli obiettivi di questa ricerca. Si vuole d'altra parte richiamare, almeno in  termini generali, lo sfondo entro il quale collocare la discussione. Potesta indica  proprio nel «confronto a distanza con l'inquietante ombra di Agostino un motivo  per capire il laborioso ed esitante procedere della ricerca teologica di Gioacchino»  (G. L. Potesta, Il tempo dell'Apocalisse, cit., p. 8). Il termine centrale del dibattito  consiste nel divieto espresso da Agostino di interpretare l'Apocalisse in chiave  millenaristica. Questo rappresenta un grande scoglio per lo sviluppo complessivo  della ricerca dell'abate calabrese, interessato, in primo luogo, proprio ad  un'interpretazione della storia a partire dall'analisi del testo dell'Apocalisse. In  particolare, la chiave di volta del pensiero gioachimita si basa sull'interpretazione  dei versetti del capitolo 20 come preannuncio di un'epoca terrena di cui e  imminente l'instaurazione. Su questo sfondo diversi sono gli elementi di  incompatibilita tra i due pensatori, che riguardano del resto le opere in cui la   13     Il punto di partenza di questo percorso consiste nell 1 inter pretare  in primo luogo il salterio secondo la sua forma esterna, senza fare  riferimento alia natura delle corde, che invece rappresenta il principale  motivo di interesse della ripresa agostiniana. La forma triangolare  rimanda alia perfezione e alia natura inscindibile dell'unita trinitaria:  ad ogni vertice puo infatti essere associato il nome di una delle tre  persone, come si puo vedere dalla figura 1 riportata in Appendice. Si  puo quindi immediatamente notare come ogni persona sia  costitutivamente messa in relazione alle altre: proprio come il vertice  non puo essere individuato se non come punto di incontro delle rette  che provengono dagli altri due. L'intero spazio delimitato dalla figura si  caratterizza quindi come uno spazio indissolubilmente unitario, in cui  ogni elemento non puo che definirsi nel rapporto con il tutto, ma alio  stesso tempo e individuabile in uno dei tre vertici. In questo complicato  rapporto e l'elemento relazionale a fondare le possibility di  comprensione da parte della mente umana: ogni persona non e  pensabile se non come relazione che si instaura con le altre due.   «ll concetto di trinita si riferisce, dunque, alia categoria di relazione  a qualcosa; e ugualmente quello di unita: la trinita a evitare il  singolare della parola di persona; l'unita a evitare la divisione nel  concetto di sostanza». 36   Sullo sfondo del riferimento polemico alle tesi di Pietro Lombardo,  risulta evidente come sia dunque la categoria di relazione ad indirizzare  e guidare la mente neiravvicinamento ad un mistero che per sua  essenza rimane inarrivabile per le nostre facolta razionali. Di fronte a  questa presa di coscienza non e piu concesso cercare di spingersi oltre,  quanto piuttosto e da accettare la massima di Bernardo secondo cui  «voler investigare cio e orgoglio, crederlo e pieta» 37 . Non resta dunque  che un atto di fede di fronte ad un tale mistero, che per sua natura  rimane «ineffabile» 38 . L'ineffabilita di tale mistero sembra riaprire nella     prospettiva escatologica emerge in modo prevalente, come nel caso dell' Expositio.  L'interesse per l'Agostino musicus e quindi del tutto marginale, nel complesso del  pensiero di Gioacchino, e viene qui richiamato solo per favorire la comprensione  della particolarita dell'approccio gioachimita nei confronti dello strumento del  salterio. Un tale confronto, del resto, potrebbe fornire qualche interessante  indicazione per una comprensione piu generale del problema.   36 Gioacchino da Fiore, II salterio a died corde, cit., p. 17.   37 Ivi, p. 20.   38 Ibidem. L'utilizzo di questo termine per descrivere Palterita del mistero trinitario  rispetto alia nostra comprensione razionale avvicina curiosamente la riflessione di  Gioacchino ad un'area di indagine che ha avuto grande fortuna nell'eta moderna,   14     riflessione uno spazio per l'elemento propriamente musicale: tra le arti  e tradizionalmente la musica, infatti, proprio a causa della sua non  corrispondenza con un corpo sensibile, della sua costitutiva  impalpability, ad avere il carattere piu sfuggente, apparentemente  altro. Ineffabile, appunto. Di fronte al fallimento delle nostre facolta  razionali, che devono dichiarare la resa, resta quindi all'uomo ancora  una possibility per mantenere aperto uno spiraglio, un punto di  contatto con il mistero divino: l'elemento musicale, attraverso cui  esprimere la propria invocazione di lode a Dio. Il salterio, in queste  pagine, cessa di essere interpretato esclusivamente come una forma  geometrica per cominciare ad essere considerato secondo la sua  disposizione originaria di strumento musicale. Ai vertici si puo quindi  collocare il termine "Santo", che ripetuto tre volte rappresenta la  perfezione del canto di lode, mentre nel foro della cassa di risonanza si  puo inscrivere il nome del "Signore Dio degli eserciti", simbolo  dell'onnipotenza divina. E proprio questo foro da un lato rappresenta  l'elemento da cui scaturisce la vibrazione sensibile che rende udibile il  canto, dall' altro il fine stesso verso cui tale canto e rivolto.   L'ultimo passo compiuto da Gioacchino in questa prima distinzione  consiste nel mettere in relazione proprio questi due elementi  geometrici che contraddistinguono la forma del salterio: il triangolo e il  cerchio. Questa caratteristica permette di rimarcare la sfuggente  natura del mistero trinitario: nei vertici del triangolo sono infatti  distinguibili le persone divine, e d' altro canto il cerchio simboleggia la  loro intima connessione che forma un'unita inscindibile. La metafora  puo essere estesa al fatto che proprio in questa unita, cioe nell'elemento  circolare che rappresenta la cassa armonica da cui fuoriesce il suono, lo  strumento compie la sua funzione. La correttezza dell'argomentazione  e ulteriormente giustificata attraverso il riferimento al versetto di  Apocalisse 1, 8: "lo sono l'alfa e l'omega". L'essere atemporale di Dio, il  suo essere al principio come nella fine, e espresso in questo passo  biblico proprio in relazione alia prima e all'ultima lettera dell'alfabeto  greco, le cui raffigurazioni grafiche consistono in un triangolo e in un  cerchio. Il riferimento al passo biblico conclude gli sforzi di Gioacchino  in questa prima distinzione: la perfezione del salterio, attraverso cui si  incarna in una forma compiuta il mistero trinitario, eleva ad una     proprio nell'ambito della riflessione filosofico-musicale: si veda in particolare  Vladimir Jankelevitch, La musica e Vineffabile, 1961. Sebbene non si possa attribuire  a Gioacchino, evidentemente, alcuna intenzionalita nell'utilizzo di questo termine,  il confronto tra le prospettive potrebbe portare ad interessanti conclusioni.   15     prospettiva che permette di abbracciare la perfezione dell'immagine di  Dio nella pienezza dei tempi. Di fronte a questo la ragione e costretta a  fermarsi, e proprio in quel punto deve cominciare il canto.   Nella seconda distinzione Gioacchino insiste sull'elemento  relazionale come chiave interpretativa e risolutiva del mistero della  trinita. Ricorrendo ancora una volta aH'immagine del salterio, la  prospettiva e delineata attraverso l'osservazione per cui i tre vertici  non possono essere considerati elementi autonomi, ma relazionali,  prodotti dall'unione di due rette secanti. Rette che rappresentano  proprio l'unione di ogni vertice con gli altri due, in modo che nessun  punto potrebbe esistere se non in riferimento agli altri. Lo spazio che  pertiene ad ogni persona, non e pero da intendersi come il singolo  punto isolato, ma come l'angolo avente il suo vertice in quel punto, che  come tale e rappresentato dall'area che sta in mezzo ai lati dell'angolo  stesso. Si puo notare, quindi, che lo spazio di ogni persona coincide con  l'intera area del triangolo. Anzi, ogni area si costituisce in quanto tale,  cioe come porzione delimitata di spazio, proprio attraverso la relazione  con le altre due, che le impediscono di estendersi all'mfinito.   La terza distinzione contiene una discussione prettamente teologica  sugli attributi delle tre persone divine, e riguarda in modo meno diretto  il tema della nostra ricerca. Si vuole solo osservare come anche questa  prospettiva permetta a Gioacchino di insistere sul concetto di relazione  come elemento centrale per una corretta interpretazione del problema:  la potenza, la sapienza e la carita, caratteristiche che vengono  tradizionalmente attribuite al Padre, al Figlio e alio Spirito Santo, non  sono da concepire come elementi distinti e separabili tra loro, dal  momento che «tutta la trinita e perfetta potenza, tutta la trinita e  perfetta sapienza, tutta la trinita e perfetto amore» 39 .  Conseguentemente «non sono maggiori o hanno di piu le tre persone,  di quello che ha ciascuna, e non ha meno una, di quello che hanno le tre     insieme» 40 .     Nella quarta distinzione si introduce un nuovo elemento  nell'interpretazione del salterio, che consiste nell'osservare che il  vertice superiore non e rappresentato attraverso un singolo punto, ma  da un segmento. Questo esprime la priorita del Padre da cui viene  generato il Figlio e successivamente lo Spirito Santo, che procede da  entrambi. L'argomentazione assume in queste pagine dei tratti piuttosto  originali, strutturandosi sulla base di un parallelismo ricercato tra     39 Gioacchino da Fiore, II salterio a died corde, cit., p. 31.   40 Ibidem.     16     l'argomento teologico e la nostra modalita di scrittura. Il procedere  della scrittura cristiana da sinistra verso destra starebbe infatti a  conferma del fatto che la creazione ha inizio col Padre, che genera in  primo luogo il Figlio (lato e vertice sinistro), la cui unione produce lo  Spirito Santo (inteso come vertice destro). Al contrario, stando alle  Scritture, in epoca ebraica Cristo e stato concepito attraverso il corpo di  Maria «per opera dello Spirito Santo» 41 . Questo fatto e testimoniato dal  procedere della scrittura ebraica da destra verso sinistra. Gioacchino,  del resto, si rende conto che gli elementi introdotti in queste pagine  potrebbero indurre a pensare a una differenza di grado tra le persone  divine, il che sarebbe assolutamente errato. E 1 necessario, quindi,  spingere la lettura interpretativa ancora piu in la, osservando che il  segmento superiore e tale dal momento che in origine non e soltanto il  Padre, ma l'intera trinita, poiche «presso Dio non c'e mutamento, ne  l'ombra della vicissitudine» 42 . La forma trapezoidale del salterio indica  quindi che, fin dal principio, erano presenti le tre figure della trinita: e  questo l'argomento della quinta distinzione.   Il confronto tra la particolare considerazione del salterio che viene  fatta nella quarta e nella sesta distinzione, permette di mettere in luce  ancora una volta la peculiarity della riflessione di Gioacchino che,  basandosi sul recupero di un'immagine "musicale", oscilla tra le due  sponde della rigida argomentazione teologica e dell'emozione mistica  rappresentata dal canto. Il termine "Onnipotente" che compariva nel  vertice del Padre viene qui sostituito da "chiediamo": il salterio torna a  essere uno strumento musicale attraverso cui innalzare la nostra  invocazione a Dio. Ancora una volta, di fronte all'incertezza della  ragione, che si trova a dover contemplare l'incommensurabile  perfezione dell'eterna esistenza di Dio, sopravvive l'elemento musicale,  inteso da un lato come strumento di comprensione mistica del mistero  divino, dall'altro come ringraziamento per la grazia concessa. Su questo  sfondo Gioacchino riprende il filo della riflessione teorica:  l'affermazione dell'eterna esistenza della trinita lascia aperto il  problema relativo al suo manifestarsi all'interno del tempo umano:  perche Dio, essendo trino fin dal principio, non si e da subito rivelato  all'uomo nella sua essenza piu autentica?   La domanda introduce all'interno di una prospettiva escatologica,  che Gioacchino argomenta attraverso una riflessione sul percorso di  maturazione dell'uomo. Dio ha dovuto in un certo senso aspettare che     41 Mt 1,18; Lc 1,26-38; Gv 1,6.   42 Gcl,17.     17     l'uomo fosse in grado di comprendere la sua rivelazione: per questo a  quel «popolo ancora rozzo» 43 che fu quelle- dell'Antico Testamento si  mostro solo come Padre, perche la sua natura trina sarebbe stata  fraintesa in senso politeista. In seguito solo a qualche spirito  particolarmente elevato, come quello dei profeti, e stato dato di  comprendere il mistero, come dimostra Isaia che in piu punti si rivolge  "apertamente" al Figlio: «Signore, chi crede al nostro udito, e il braccio  di Dio a chi e stato rivelato? E salira come un virgulto davanti a lui e  come una radice dalla terra assetata» 44 . Solo con l'avanzare della  maturazione dell'uomo, cioe con il popolo cristiano, «piu vecchio  nell'eta» 45 , Dio si e potuto mostrare nella sua reale essenza. A questo  schema apparentemente binario, che si struttura in riferimento alia  contrapposizione Antico-Nuovo Testamento, Gioacchino fa seguire  un'interpretazione ternaria del tempo della storia dell'uomo, che viene  suddiviso in riferimento alle figure della trinita 46 .   L'argomento viene meglio sviluppato nel libro secondo, in cui  all'epoca del timore e a quella dell'amore, che tradizionalmente  corrispondono al tempo della Legge e quello inaugurato con la venuta  di Cristo, Gioacchino fa seguire una terza epoca, che sta per cominciare,  sotto il segno dello Spirito Santo. Proprio questa epoca rappresenta il  culmine del disegno divino: come la prima fu quella del Padre, e la  seconda non solo del Figlio, ma del Padre e del Figlio insieme, cosi la  terza sara l'epoca della trinita nella sua unita perfetta, in cui saranno  presenti nello stesso tempo il Padre, il Figlio e lo Spirito. Di fronte  aH'imminenza di questo tempo, che rappresenta il trionfo dei giusti,  l'intento e quello di ammonire «coloro che abitano in mezzo a Babilonia,  a fuggire da essa» 47 . Il richiamo al secondo libro permette di notare     43 Gioacchino da Fiore, II salterio a died corde, cit., p. 46.   44 Is 53,1.   45 Gioacchino da Fiore, Il salterio a died corde, cit., p. 47.   46 La compresenza di questi due modelli escatologici nel pensiero gioachimita e stato  fin da subito una questione centrale tra gli studiosi. Attorno a questo nodo si e  infatti orientato il dibattito ecclesiastico sulla duplice reputazione dell'abate, che  da un lato poteva essere letto come ortodosso (in relazione al modello binario),  dall'altro eterodosso (ponendo l'accento su quello ternario). La storiografia  successiva ha a lungo sottovalutato il problema. Alcuni studiosi hanno provato ad  interpretare il modello binario in relazione alia prospettiva storica e quello  ternario a quella mistica. Si noti che la questione costituisce un altro elemento di  forte distanza tra il pensiero di Gioacchino e quello di Agostino. Per una piu curata  riflessione sul tema si veda ancora: G. L. Potesta, Il tempo dell'Apocalisse, cit.   47 Gioacchino da Fiore, Il salterio a died corde, cit., p. 172. La citazione rimanda al  versetto di Ap. 18, 4.   18     come anche in questo contesto il limite della comprensione razionale,  che si deve arrestare di fronte alia grandezza del disegno divino,  rappresenta l'inizio di un nuovo percorso dove assolutamente centrale  e l'elemento musicale: «a noi ormai deve bastare di avere in questo  modo e fin qui contato le corde. [...] E 1 il tempo di dover cantare e  salmodiare» 48 .   Tornando alia sesta distinzione, Gioacchino procede facendo  corrispondere alia tripartizione della storia tre tipologie di figure  umane, distinte tra loro in riferimento alia propria mansione principale.  Al livello piu basso si collocano i laici, di cui e proprio il lavoro manuale,  poi i chierici, che hanno come compito lo studio e l'insegnamento, e  infine i monaci che si caratterizzano per il canto di lode e la salmodia.  E 1 da notare come il percorso che si delinea attraverso queste tre figure  non rappresenta solo il riconoscimento di una differenziazione sociale  tra gli uomini, ma e anche l'indicazione per una crescita individuale  che innalza l'animo verso Dio. Questi tre stadi sono resi da Gioacchino  attraverso una similitudine: «nello stato di timore baciamo i piedi, in  quello di apprendimento baciamo le mani, nella salmodia baciamo la  bocca». E dunque «e buono l'inizio nel bacio dei piedi, meglio la  perseveranza nel bacio della mano, l'ottimo e il compimento nel bacio  della sua bocca» 49 . L'elemento della bocca viene in questo contesto  recuperato, sulla scia di un'esegesi molto diffusa, per intendere il  mezzo attraverso cui si dispiega nel mondo la creazione e prende forma  il Verbo. Questo rimando ideale al bacio della bocca sembra quindi  voler ribadire come sia proprio l'elemento sonoro a mettere in  comunicazione l'uomo e Dio: da un lato come canto della salmodia,  mansione propria dell'uomo spiritualmente piu elevato, dall'altro come  espressione della potenza creatrice di Dio.   Solo nella settima distinzione Gioacchino prende in considerazione  direttamente il tema delle dieci corde dello strumento. Anche in questo     48 Gioacchino da Fiore, II salterio a dieci corde, cit., p. 171. Si vuole osservare che la  lettura qui proposta, che insiste sull'elemento musicale, permette di attribuire al  terzo libro una valenza forse maggiore rispetto a quella che sembra generalmente  assumere. Se l'elemento musicale della salmodia, che contraddistingue la terza  epoca, e l'elemento che permette di oltrepassare le facolta della ragione, dal  momento che l'avvento della pienezza divina sembra escludere la possibility di  una comprensione razionale, le pagine finali, dal momento che istruiscono sulle  modalita del canto, possono essere interpretate non solo come un «semplicissimo  libro che si limita a fornire indicazioni per la recita dei salmi» (K.-V.  Selge, Prefazione, 2006), ma come un ammonimento di Gioacchino sul modo di  comportarsi per tutti coloro che vivranno il tempo dello Spirito.   49 Gioacchino da Fiore, II salterio a dieci corde, cit., p. 53.   19     caso possiamo distinguere un impiego musicale dell'immagine da uno  piu propriamente teologico. Il primo approccio si basa  sull'interpretazione delle corde come elemento produttore di suono. Da  qui si osserva che le corde sono fissate indissolubilmente, alle loro  estremita, ai lati che simboleggiano il Figlio e lo Spirito, mentre la loro  vibrazione si propaga verso il vertice del Padre. Questo a intendere che  il nostro canto deve essere innalzato verso quest'ultimo a partire dal  messaggio della rivelazione contenuto nel Vangelo. D'altra parte, il  suono e reso udibile e prende corpo attraverso la cassa armonica  rappresentata dal cerchio, a sottolineare ancora una volta  1' indissolubility dell'essere trinitario. L'interpretazione piu  propriamente teologica delle corde e da collocare nel contesto  escatologico in cui si chiudeva la sesta distinzione. Il loro numero e la  loro disposizione rappresentano i gradi e la gerarchia degli eletti nella  citta divina, cosi che piu il grado si awicina a Dio, piu la corda e breve,  dal momento che sono meno coloro che riescono ad arrivarci. Alio  stesso modo ogni grado risuona secondo una propria nota, in modo che  «la diversita degli onori adorna meravigliosamente quella santa e  celeste patria, e la moderazione della diversita attraverso l'unita non  lascia nascere il livore» 50 . Forse in questa richiamo del suono acuto delle  corde piu vicine a Dio come espressione della difficolta insita nel  percorso per arrivarci si puo vedere un ultimo elemento di ripresa delle  argomentazioni agostiniane, che sembra del resto utile soltanto a  rimarcare la differenza tra le due impostazioni. Piu rilevante sembra  invece considerare come ultimo spunto di questo primo libro il tema  dell'armonia musicale che fornendo delle regole per il bel canto  awicina il nostro animo alia sfera divina. «Dio fece questo perche le  corde, tra loro distinte, con i diversi suoni che producono, allietino con  la soavita della loro melodia quella santa citta di Dio, nella quale tutti,  gioiosi, hanno la loro dimora». 51     5. Conclusione   Per tracciare un bilancio della ricerca condotta, bisogna affermare,  in primo luogo, che non emerge dai testi considerati una tesi "forte"  che possa sintetizzare una presa di posizione chiara. Certamente, nel     50 Ivi, p. 59.   51 Ivi, p. 60.   20     complesso, le indicazioni piu interessanti emergono dal testo di  Gioacchino, in cui si nota che una lettura dell'opera orientata in senso  un po 1 piu "musicale", potrebbe rappresentare una prospettiva  attraverso cui reinterpretare alcuni passi e metterne in luce alcune  sfumature. La ricerca, in definitiva, si pone quindi come un primo passo  che schiude degli orizzonti per una ricerca che potrebbe essere ampliata  in molte direzioni. Sullo sfondo, in primo luogo, e da rilevare che  l'analisi dei testi considerati si inserisce nella complessa problematica  del rapporto tra Gioacchino e Agostino, che deve trovare nell'ambito  teologico e filosofico, ben prima che in quello musicale, i propri motivi  argomentativi. In quest'ottica, il confronto tra le due prospettive  musicali legate aH'immagine del salterio, proprio perche maturato  inevitabilmente sullo sfondo di un riferimento teologico e morale,  permette di mettere in evidenza qualche elemento utile per una  riflessione piu generale. Certamente la considerazione sarebbe da  allargare ad una analisi piu generale della problematica musicale nel  pensiero dei due autori, in particolare, almeno, al De Musica di Agostino.  Infine, le indicazioni che qui abbiamo presentato per via teorica  potrebbero trovare sostegno da una ricerca piu dettagliata delle  pratiche musicali diffuse in ambito monastico nel XII secolo.   Si spera, in ogni caso, che la presente ricerca possa aver fornito  qualche elemento per la comprensione di uno strumento estremamente  affascinante e ricco di mistero, come il salterio a dieci corde.     21     Tavola Illustrativa     Prima distinzione:       %. i     n s .2     Seconda distinzione:     Quarta distinzione:      /attraverso GesuCristo nell'unita dello Spirito \  fig. 4     Sesta distinzione:     /attraverso GesuCristo nell'unita dello Spirito \  fig. 5     22     Bibliografia   AGOSTINO, Tractatus de decern chordis [tr. it. P. Bellini, F. Cruciani, V.   Tarulli, Trattato sul salterio a died corde; in Agostino, Discorsi sul   vecchio testamento, Citta Nuova, Roma 1979].  AGOSTINO, Enarrationes in Psalmos, [tr. it. di T. Mariucci, V. Tarulli,   Esposizione sui salmi; in Agostino, Opera Omnia, voll. 25, 26, 27, Citta   Nuova, Roma 1979].  CATTIN, G., La monodia nel medioevo, EDT Edizioni, Torino 1979.  GALLO, A., La polifonia nel medioevo, EDT Edizioni, Torino 1991.  GIOACCHINO DA FIORE, Psalterium dececm chordarum [tr. it. di F.   Troncarelli, K. V. Selge, II salterio a died corde, Viella, Roma 2004].  POTESTA, G. L., Il tempo dell'Apocalisse. Vita di Gioacchino da Fiore, Laterza,   Roma Bari 2004.  SACHS, C, The history of musical instruments, W. W. Norton & Company,   1940 [tr. it. di M. Papini, Storia degli strumenti musicali, Mondadori,   Milano 1996].  SEQUERI, P., Musica e mistica, Libreria Editrice Vaticana, Citta del   Vaticano 2005.

No comments:

Post a Comment