The Grice Club

Welcome

The Grice Club

The club for all those whose members have no (other) club.

Is Grice the greatest philosopher that ever lived?

Search This Blog

Monday, January 3, 2022

GRICE ITALICVS XVIII/XXII

 

Grice e Doria – filosofia italiana – Luigi Speranza (Genova). Filosofo. Grice: “I love Doria: a nobleman who should be sailing off Portofino, is writing a ‘progetto di metafisica’ after discussing the ‘filosofia degl’antichi’ – you HAVE to love him! Plus, he philosophised WHILE sailing!” Figlio di Giacomo e Maria Cecilia Spinola, appartenente alla nobile casata dei Doria Lamba dalla quale provennero ben quattro dogi della repubblica di Genova, ha un'infanzia travagliata segnata a cinque anni dalla morte del padre. L'uscita dalla famiglia delle tre sorelle lo fa rimanere solo con la madre che influenza negativamente il suo carattere melanconico ma vivace, il suo desiderio di virtù e Gloria. La madre, che egli accusa esser stata de' miei errori la prima e principal cagione, si era disinteressata del figlio limitandosi ad affidarne l'educazione a filosofi bigotti che lo fano crescere con la paura delle malattie e della morte, che gli viene indicata dai suoi educatori gesuiti come un positivo castigo all’uomino re. Divenne quindi vivace e grazioso nelle conversazioni affabile con tutti, facile e condiscendente con gli amici e allo stesso tempo pieno di sé e fatuo divenendo un Petit Maitre disinvolo e alla moda, e prende per idea di virtù vera ed esistenta ogni vanità e molte volte prende con l’idea di virtù il vizio ancora! Pieno di sé e fatuo. Compì con la madre il “grand tour” – Firenze, Capri, Girgentu -- dei ‘viri’ ben nato dal quale ne usce libero dall’inibizione religiosa, ma con un nuovo abito di un anima viziosa, la quale lo fa mirare come idea di virtù la rilassatezza nel senso, la prepotenza con i deboli e la vendetta. Tornato a Genova, la trovò bombardata dal mare dalle navi di Luigi XIV. In quell'occasione conosce il conte di Melgar che l’avvia nell’arte militare e lo introduce nel giro del patriziato mondano. Innamoratosi fortemente di una meritevole donna che muore poco tempo dopo, cadde in depressione e per distrarsi dal dolore riprese i suoi dispendiosi viaggi. Ridotto in ristrettezze economiche si reca a Napoli per recuperare certi suoi crediti ma dove lottare per districarsi dalla palude di leggi e cavillose procedure al punto che si mise a studiare filosofia con un certo profitto per ottenere dal tribunale quanto gli spetta.  La sua fama di spadaccino gli fa guadagnare la simpatia del patriziato napoletano che ritiene massime di cavagliero che fusse atto di disonore e di vergogna il non punire un uomo a sé inferiore quando si ha da quello qualche offesa ricevuto, e che il perdonare generosamente fusse vergogna. Ma poscia era massima d'estrema vergogna il non chiamare a duello un nobile a sé uguale quando da quello si era qualche offesa ricevuta. Si diede quindi a duellare per qualsiasi puntiglio cavalleresco tanto da essere messo in prigione aumentando così la sua fama di duellista e vendicativo presso la nobiltà locale. Comincia a disgustarsi di questa sua vita fatua e falsa trasformandosi in filosofo metafisico ed entrando nella cerchia degli intellettuali cartesiani e gassendisti che caddero sotto l'attacco della Chiesa preoccupata che il loro sensismo approdasse a un conclamato materialismo. La posizione della Chiesa fu esplicitata dal grande processo contro gl’ateisti, quegli intellettuali che si erano illusi di poter modernizzare la dottrina cattolica.  Si schierò con questi frequentando il salotto filosofico Caravita che si era già battuto contro l'Inquisizione e che era divenuto il centro di diffusione della filosofia cartesiana. Qui il Doria ebbe modo di conoscere il protetto di Caravita, quel Giambattista Vico che scriverà del genovese che «fu il primo con cui poté cominciare a ragionar di metafisica» nella quale si intravedevano «lumi sfolgoranti di platonica divinità. Per organizzarsi contro le polemiche dei tradizionalisti, sostenuti dalla Chiesa cattolica, il Caravita pensò di fondare un'associazione di intellettuali modernisti che, dopo diverse difficoltà, finalmente vide la luce col nome di Accademia Palatina e che annoverava fra i 18 soci fondatori anche Doria che pronunzia in quella sede lezioni concernenti la teoria politica (Sopra la vita di Claudio imperadore) dove sostene la superiorità della nobiltà per virtù e non per nascita, e dove contestava la base valoriale dell'aristocrazia fondata sull'uso delle armi (Dell'arte militare, Del conduttor degl'eserciti, Del governatore di piazza, Della scherma). La guerra, scriveva Doria, non e un privilegio della nobiltà di spada ma un'attività che richiede l'applicazione di una tecnica e il comando affidato a ufficiali competenti nel dirigere l'animo umano (Il capitano filosofo, Napoli)  Pubblica la Vita civile e l'educazione del principe, criticata da alcuni per alcuni fraintendimenti sul pensiero di Cartesio. Non ha inteso il Cartesio, o  ad arte ne tronca o perverte il senso. Critica la politica di Tacito e Machiavelli sostenendo che questa va basata non sopra l'idea degli uomini quali sono ma sulla virtù, il giusto e l'onesto». Lo Stato anda guidato, come dettava l'insegnamento platonico, dal filosofo facendosi così sostenitore, secondo le nuove idee riformatrici che cominciavano a circolare in Europa, di un assolutismo moderato nel Regno di Napoli. Doria cominciò ad interessarsi a temi scientifici mandando alle stampe le sue Considerazioni sopra il moto e la meccanica de' corpi sensibili e de' corpi insensibili (Augusta) e una Giunta d iM. Doria al suo libro del Moto e della Meccanica. Opere queste, dove si critica il metodo di Galilei e si mette in discussione la distinzione cartesiana fra res extensa e res cogitans in nome del principio neo-platonico dell'Uno immateriale, che non ebbero il successo sperato e vennero anzi aspramente criticate da più parti. Divenne un personaggio ambito da nobili e femmes savantes che lo invitavano nei loro circoli culturali dove riceve numerosi attestati di stima. Per ricambiare le nobili dame, sue discepole, pubblica i Ragionamenti ne' quali si dimostra la donna, in quasi tutte le virtù più grandi, non essere all'uomo inferior. La donna ha gli stessi diritti naturali dell’uomo e puo governare e fondare grandi imperi ma non e adatte fisiologicamente a formulare leggi per le quali occorre una sapienza storica e filosofica. Cartesio infatti aveva errato nel credere che Dio avesse dato a tutti eguale abilità per intender le scienze, mentre iddio non ha ugualmente a tutti gli uomini distribuito e perciò vediamo che molti non son capaci nelle scienze. Quindi la donna che egli ammirava moltissimo e che lo ricambiavano con tante lodi, deve tuttavia accontentarsi di poter dirigere lo stato ma non puo essere legislatrice. Un rapporto questo con l'altro sesso che rimase problematico per Doria che non volle mai sposarsi ritenendo il matrimonio una legge dura che non trova precisa corrispondenza nella teologia. Si considera ormai un filosofo metafisico e mattematico che adottando il platonismo ha pressoché distrutto li saggi di filosofia del signor Giovanni Locke ed in parte ancora la filosofia di Renato Des-Cartes. Compiva un capovolgimento delle sue convinzioni moderniste passando nel campo degli antichi quando il suo Nuovo metodo geometrico (Augusta) e i Dialoghi ne' quali s'insegna l'arte di esaminare una dimostrazione geometrica, e di dedurre dalla geometria sintetica la conoscenza del vero e del falso (Amsterdam), furono aspramente criticati da parte della rivista Acta eruditorum. Ancora più aspre le contestazioni ricevute a Napoli che gli costarono un sonetto denigratorio che così recitava. Di rispondere a te nessun si sogna /de' nostri, e strano è assai che Lipsia mandi/ risposta a un uom che 'l matto ognun lo noma.  Illustrazione alla recensione pubblicata sugli Acta Eruditorum al Capitano filosofo. Gl’Oziosi, dove profuse tutte le sue energie nel criticare i moderni, seguaci del pensiero filosofico di Locke, dell'Accademia delle scienze di Celestino Galiani che aveva detto di lui «il Doria ha ristampato tutte in un corpo le sue coglionerie. Con l'avvento del re riformista Carlo III di Borbone nel Regno di Napoli, si trova completamente isolato col suo platonismo pratticabil che continua a difendere scrivendo “Il Politico alla moda”. Si rendeva ormai conto di come fosse irrealizzabile il suo ideale di un governo ad opera del concetto di “sovrano virtuoso” e di “filosofe legislatore.” Il magistrato, il capitano, il sacerdote e tutti gli ordini che governano hanno diviso la filosofia dalla politica per unire alla politica la sola prattica; ormai i principi scriveva vogliono governare lo stato colla politica del mercadante, e non con la politica del filosofo. Constatava come vi fosse ormai una generale crisi dei valori perché in questo nostro tempo si corre dietro solamente alla perniciosa filosofia di Locke e di Newton e si pratica solamente la politica mercantile. Completamente ignorato dall'ambiente intellettuale, Doria malato e in difficoltà economiche muore indicando nel suo testamento la volontà che fosse pubblicata a spese di un suo cugino, a saldo di un debito da questi contratto, l'opera “Idea di una perfetta repubblica”. Quando il saggio e infine edito fu condannato dai revisori ad essere bruciato per il suo contenuto contro Dio, la religione e la monarchia. In realtà contesta il celibato ecclesiastico, l'indissolubilità del matrimonio, la castita, l'eternità delle pene inflitte ai dannati e l'ideologia etico-politica dei gesuiti.  Il governo perfetto doveva essere a imitazione di quello della Roma repubblicana, perché posto il governo in mano agli uomini, è forza che sia moderato da un magistrato ordinato alla difesa del popolo contro la tirannia. Gli unici a esecrare il rogo del saggio furono proprio i giuristi napoletani difendendo i libri di quel savio e cordato vecchio di Doria, di cui s'infama la venerata memoria. E al centro del saggio “La distruzione della fiducia e le sue conseguenze economiche a Napoli”. Si argumenta che il governo nell'azione di depredazione del Regno di Napoli ha spogliato i loro sudditi della virtù e della ricchezza, introducendo al posto loro ignoranza, infamia, divisione e infelicità. Altra azione, che si rivelerà in seguito disastrosa per la società napoletana e in genere per il Mezzogiorno, fu lo smantellamento dei rapporti inter-personali di fiducia tra le diverse classi, necessari per lo sviluppo dei commerci e dell'iniziativa privata e l'introduzione di una cultura dell'onore attraverso l'infoltimento dei ranghi nobiliari, il rafforzamento dell'Inquisizione, l'inasprimento della segretezza dell'attività di governo, l'incremento delle cerimonie religiose e di devozione ritualizzata, l'aumento della diseguaglianza davanti alla legge e infine l'indebolimento apertamente perseguito del rapporto armonioso che si era creato in passato tra i diversi ordini del Regno: tutto ciò al fine di scoraggiare, minando la fede pubblica, l'ascesa di una classe imprenditoriale-commerciale che avanzasse i propri diritti e rompesse l'equilibrio dei poteri tra la corte e il patriziato locale che gli spagnoli intendevano mantenere. Tutti questi fattori, lesivi di quel rapporto di fiducia tra le classi necessario per l'avvio e il consolidamento dell'attività di co-operazione e di intrapresa economica, non tarderanno a produrre effetti duraturi sulla società meridionale, non solo a livello mentale-culturale, e di converso a livello economico, costituendo uno dei fattori prodromici dell'arretratezza socio-economico-culturale del Mezzogiorno d'Italia.  Altre opere: “Considerazioni sopra il moto e la meccanica de' corpi sensibili, e de' corpi insensibili, In Augusta [i.e. Napoli?, Daniello Hopper); “Considerazioni sopra il moto e la meccanica de' corpi sensibili, e de' corpi insensibili. Giunta, In Augusta [i.e. Napoli?, Daniello Hopper; Dialoghi, Amsterdam, Esercitazioni geometriche, In Pariggi, Duplicationis cubi demonstration” (Venezia); “Discorso apologetico” (Venezia); “Soluzione del problema della trisezione dell'angolo” (Venezia); “Vita civile” (Napoli, Angelo Vocola. Pierluigi Rovito, Dizionario Biografico degli Italiani.  “L’arte di conoscer se stesso, in De Fabrizio , Manoscritti napoletani. Autobiografia, in Cristofolini , Opere filosofiche, R. Ajello, Diritto ed economia, Vita civile, ed. Augusta, S. Rotta in Politici ed economisti del primo Settecento. Dal Muratori al Cesarotti, V, Milano-Napoli, L'arte di conoscere se stesso. Eugenio Di Rienzo, GALIANI, Celestino in Dizionario Biografico degli Italiani, V. Ferrone, Scienza natura religione. Mondo newtoniano e cultura italiana nel primo Settecento, Napoli, Manoscritti, La Politica mercantile, Manoscritti, Idea di una perfetta repubblica  "accorato"  Ajello. Segnatamente: Del commercio del Regno di Napoli, in E. Vidal, Il pensiero civile di Paolo Mattia Doria negli scritti inediti, Istituto di Filosofia del diritto dell'Roma; Della vita civile, Torino; Massime del governo spagnolo di Napoli, V. Conti, Guida, Napoli Contenuto nel volume miscellaneo Diego Gambetta, Le strategie della fiducia, Einaudi, Torino, D. Gambetta, Pierluigi Rovito, «DORIA, Paolo Mattia», in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roberto Scazzieri, Il Contributo italiano alla storia del Pensiero Economia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Giulia Belgioioso, Il Contributo italiano alla storia del PensieroFilosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . E. Vidal, Il pensiero civile di Paolo Mattia Doria negli scritti inediti, Istituto di Filosofia del diritto dell'Roma. Paolo Mattia Doria. Doria. Keywords: co-operazione, duelo – duel, the duelists, cooperation – il sensismo, roma repubblicana, la aristocrazia romana, Romo, aristocrazia.  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Doria” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51691226301/in/photolist-2mRXUKj-2mRgKq7-2mPsU62-2mPtnaL-2mNaHiH-2mLLZRD-2mLQc9e-2mLGvyP-2mKM3FF-2mKN88B-2mJd7nN-CjPzzS-BUZFh1-nZbmsv-o9VHCk-oae7Tt-o87Jj5-o8SgHN-nRMzbN-nRKeFQ-o5N5fn

 

Grice e Dottarelli – l’implicatura di Musonio – filosofia italiana – Luigi Speranza (Bolsena). Filosofo. Grice: “I like Donatelli; he is an Etruscan, from Balsena, and it’s only natural that he is obsessed with the one and only Etruscan philosopher, Musonio!” Si è formato alla Facoltà di Filosofia dell'Perugia, dove ha studiato con Cornelio Fabro e si è laureato con una tesi sul dibattito epistemologico del Novecento (K. PopperFeyerabend, I. Lakatos, T. Kuhn) sotto la guida di Massimo Baldini. Si è poi specializzato in Filosofia all'Urbino, dove ha avuto come maestri Italo Mancini e Pasquale Salvucci, con cui ha discusso una tesi sulle implicazioni epistemologiche della filosofia di Immanuel Kant. Ha insegnato nei Licei ed è stato docente a contratto di Filosofia della scienza, Filosofia morale, Bioetica nelle Università della Tuscia, di Macerata e Firenze.  Ha sempre coniugato il lavoro didattico e di ricerca con l'impegno civile. Per 13 anni consecutivi è stato Sindaco della città di Bolsena (VT). Eletto la prima volta nel 1986, con una lista civica di sinistra, è stato successivamente confermato nel 1990 e nel 1995. Dal 2005 al  ha ricoperto il ruolo di Direttore generale della Provincia di Viterbo e in tale veste, oltre al coordinamento e alla sovrintendenza della gestione complessiva dell’Ente, ha avuto la responsabilità diretta della formazione e organizzazione delle risorse umane, del percorso di certificazione EMAS, del processo Agenda 21 locale e del progetto Arco Latino, strumento per la definizione di una strategia integrata di sviluppo dell’area del Mediterraneo. Con Pasquale Picone, filosofo e psicoanalista junghiano, nel 2004 è stato cofondatore della Società Filosofica Italianasezione di Viterbo, di cui è attualmente vicepresidente. Nel  ha costituito il Club per l’UNESCO Viterbo Tuscia, di cui è presidente.  I suoi interessi teorici si sono rivolti all'epistemologia, all'etica, alla filosofia politica e alla pratica filosofica. In Popper e il gioco della scienza ha svolto un'analisi critica dell'epistemologia falsificazionista, mostrando come l'ultimo Popper, pur rendendosi conto della coerenza dello sviluppo evoluzionistico della propria epistemologia, arretrasse e resistesse dal trarne le estreme conseguenze, restando fedele al paradigma del razionalismo critico, difendendolo sino in fondo, ma con ragioni sempre più deboli. Nei suoi lavori su Immanuel Kant (Kant e la metafisica come scienza, Abitare un mondo comune. Follia e metafisica nel pensiero di Kant) ha evidenziato sia il proposito kantiano di fondare come una scienza rigorosa la metaphysica generalis, prima parte della metafisica come era intesa nella tradizione razionalistica tedesca, sia il carattere che viene ad assumere la metaphysica specialis, dopo la critica: un pensare congetturale e analogico che è anche prassi, vita. In questa prospettiva la filosofia kantiana viene valorizzata per la sua peculiare dimensione "cosmica", come «scienza della relazione di ogni conoscenza e di ogni uso della ragione umana con lo scopo essenziale di essa», e viene ricollegata alla filosofia come era praticata soprattutto nell'antichità: arte di vivere, esercizio spirituale. Il filosofo pratico, il maestro di saggezza tramite l’insegnamento e l’esempio, è così «l’autentico filosofo», che, nel quadro della complessiva ed originale riorganizzazione kantiana dell’orizzonte utopico di derivazione platonica e rousseauiana, diventa esso stesso un ideale regolativo, al quale colui che più si è avvicinato è stato Socrate, per via della sua esemplare coerenza di vita. In Freud. Un filosofo dietro al divano, il lavoro del fondatore della psicoanalisi viene letto come un episodio della lunga tradizione che ha interpretato la filosofia come "medicina per l'anima". Il rapporto di Freud con la filosofia si nutre di una profonda ambivalenza: da un lato un'irresistibile attrazione; dall'altro quasi la necessità di rassicurare se stesso e gli altri su una propria «incapacità costituzionale» (Autobiografia, 1924) alla pura speculazione e sulla sua ferma volontà di sottrarsiproprio lui, formidabile affabulatoreal fascino delle narrazioni filosofiche. La riflessione di Freud non trascura nessuna delle dimensioni fondamentali della ricerca filosofica. Neanche quella teoretica, volta a costruire visioni complessive dell’uomo e del mondo; quella che gli appare la più rischiosa, perché la più astratta, la più esposta alla frequentazione della metafisica e della religione, sempre in procinto di cadere nella trappola della verità assoluta. Più a suo agio Freud si sente invece nel lavorare lungo un'altra linea d’impegno tradizionale della filosofia: la riflessione critica sui saperi e sulle pratiche umane. Nell'opera di smascheramento dei meccanismi con cui le ideologie e le prassi individuali e sociali ammantano la loro miseria “umana, troppo umana”, le potenzialità della psicoanalisi si esprimono al meglio. Masecondo l'interpretazione di Luciano Dottarellila fatica intellettuale di Freud trova la propria collocazione più appropriata nella dimensione della ricerca filosofica che interpreta se stessa come un’attività in cui l’uomo si dedica alla cura e alla fioritura di sé, alla coltivazione della propria umanità. Questa dimensione della filosofia come arte di vivere è stata approfondita da Luciano Dottarelli attraverso la ricostruzione della vita e del pensiero del filosofo stoico Musonio Rufo nella monografia su Musonio l'Etrusco. La filosofia come scienza di vita. Testimonianza della vitalità della tradizione culturale etrusca in epoca romana, la filosofia di Musonio è espressione significativa di quel crogiolo di idee ed esperienze di ricerca della felicità che è l'ellenismo della tarda antichità, in cui si rispecchierà poi la civiltà medievale e soprattutto quella umanistico-rinascimentale. Musonio ha dato il tono di fondo all'impegno prevalente nella tradizione filosofica della Tuscia: ricerca di una scienza di vita, studio di perfezione, imitazione di Dio, àskesis, esercizio per sviluppare la conoscenza e la coltivazione di sé, finalizzata alla fioritura dell’autentica esistenza umana. L’adesione del filosofo di Volsinii allo stoicismo è decisamente sotto il segno di Socrate: la filosofia può proporsi come arte regia in quanto, in primo luogo, è arte di governare se stessi. L’ideale dell’autosufficienza del saggio si traduce nella predilezione per l’agricoltura, come attività più appropriata per il filosofo. «La terra in effettiaffermava Musonioricambia con i frutti più belli e più giusti coloro che si prendono cura di essa, dando molte volte tanto quel che riceve ed offrendo grande abbondanza di tutto quanto è necessario per vivere a chi ha la volontà di faticare: e tutto questo con decenza, nulla di ciò con vergogna». Ad un analogo sentimento di appartenenza al cosmo e ad un profondo rispetto per gli altri esseri umani e per tutti i viventi, sono ispirate anche le sue riflessioni sui rapporti sociali, sulla schiavitù, sulle donne, sulla nonviolenza, sull'alimentazione, sul vestire e sull'abitare. Riflessioni che Musoniosecondo la concorde testimonianza dei contemporaneiseppe tradurre con coerenza esemplare in una efficace pratica di elevazione spirituale, diretta a coinvolgere, insieme, il corpo e l’anima. Sobrietà, rispetto, universalità e condivisione sono le parole di riferimento di una visione etica che anticipa in modo sorprendente istanze fondamentali della moderna sensibilità ecologista. La visione della filosofia come arte di maneggiare gli assoluti è approfondita nel libro Maneggiare assoluti. Immanuel Kant, Primo Levi e altri maestri. «La filosofiasostiene Luciano Dottarellianche quella più incline a farsi coinvolgere nell'impresa di estinguere la sete dell’assoluto, contiene in sé, nella propria vocazione alla ricerca di una comune verità mediante il dialogo, un antidoto indispensabile al rischio distruttivo che può annidarsi in ogni tentativo umano, tanto umano di cogliere la totalità, l’infinito, Dio. Anche le grandi tradizioni religiose, quelle che da secoli sono impegnate a tracciare sentieri, trovare parole, celebrare liturgie per saziare la fame di assoluto che agita il cuore e la mente degli uomini non possono fare a meno di intessere un intenso dialogo con questa tradizione di ricerca, soprattutto nei momenti cruciali, quando diventa urgente addomesticare i dèmoni che una frequentazione inadeguata del sacro può evocare. Dèmoni che portano il nome di fanatismo, intolleranza, totalitarismo e di cui la storia degli uomini alla ricerca della verità assoluta, della totalità autentica ed incondizionata, dell’esperienza integrale è purtroppo costellata. La consapevolezza che anche la filosofia non possa dichiararsi storicamente innocente, non cancella ma spinge a ritrovare sempre di nuovo la vocazione più profonda di quest’originale forma di esercizio spirituale: una ricerca appassionata del bene e della verità, capace di resistere alla suggestione del possesso compiuto e di mantenersi in quella apertura alla possibilità dell’errore che è presidio di autentica libertà per sé e per gli altri».  Altre opere: “Il gioco della scienza” (Massari); “Metafisica non scienza” (Massari); “Abitare un mondo comune: follia e metafisica nel pensiero di Kant (Introduzione al Saggio sulle malattie dell’anima di I.Kant” (Massari); “Utopia e ragione come luoghi del incontro dell’ego ed il tu”, in  Le ragioni della speranza” (La Piccola Editrice); “L’assoluto e il relative” (Il Prato); “Musonio” (Annulli Editori); Freud. Un filosofo dietro al divano, Annulli Editori,  Riverberi Di Tuscia e d’altro, Annulli Editori); “La farfalla dell’anima e la libertà , Armando Editore. Luciano Dottarelli. Dottarelli. Keywords: l’implicatura di Musonio, Musonio, Etruscan influence on Roman philosophy, Why Roman philosophy is not Greco-Roman – The Etrurian connection. Etrurian as ‘antique’ – Etrurian as exotic for Indo-European Aryan Latins (Romans). Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Dottarelli” – The Swimming-Pool Library.  https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51715431956/in/photolist-2mMV7by-2mLLuG7

 

Grice e Duni – della costume, o sia, sistema di dritto [sic] universal – filosofia italiana – Luigi Speranza (Matera). Filosofo. Grice: “I like Duni; but of course he errs, as Kant does – for how can a ‘sitte’ a mere costume, become ‘universal’ – yet that’s the oxymoronic title of his tract, ‘scienza dei costume, ovvero, diritto universale’. Figlio di Francesco, maestro di cappella della cattedrale di Matera, e fratello dei compositori Egidio Romualdo ed Antonio, nell'ambiente familiare impara la musica scrivendo anche alcune composizioni da gravicembalo, pur se non seguì le orme dei fratelli maggiori in campo musicale, e fu avviato agli studi religiosi nel Seminario della città di Matera. Si laurea in Napoli. Torna a Matera dove aveva già intrapreso la pratica di avvocato presso la Regia Udienza e dove, chiamato da Lanfranchi, fu insegnante presso il Seminario; lo stesso Palazzo del Seminario divenne in seguito sede del Liceo Classico di Matera, che fu a lui intitolato. Dopo la morte del padre, lascia Matera trasferendosi dapprima a Napoli e successivamente a Roma.  Presso l'Università degli Studi La Sapienza fu docente di diritto canonico e di diritto civile, e pubblica un Commentarius in cui esponeva la dottrina giuridica del codicillo, con una dedica a Benedetto XIV che in seguito lo sostenne nella sua nomina alla cattedra universitaria; a Roma entrò in contatto con le opere di Vico, del quale divenne un convinto sostenitore. Eleggendo Vico a suo maestro, si propose di realizzare un programma di diritto universale come fonte di tutte le leggi e costumi umani. Partendo dalla sua formazione cattolica, crede in Dio creatore del mondo e suo legislatore, e non distinse l'etica e la giurisprudenza considerandole integrative in quanto tendenti allo stesso fine, cioè a dare il senso della vita, e quindi facenti parte entrambe della filosofia. Nacque così il “Saggio sulla giurisprudenza universale”; sua opera fondamentale, dedicato al promotore della politica riformatrice del Regno meridionale, il ministro Tanucci. Il “Saggio” indica esclusivamente nel vero il principio unitario delle conoscenze umane, a cui ricondurre anche la fondazione delle scienze morali. Il bene o vero morale (Cicerone e buono), che differisce dal vero metafisico perché comporta anche l'elezione volontaria del vero conosciuto, si esprime come onestà e come giustizia. La morale propone l'honestum, cioè il bene secondo coscienza, e opera dall'interno, invece il diritto indica la via per andare al giusto, regolando i rapporti tra gli individui o soggetti e quindi la vita sociale. Successivamente al Saggio, scrisse un'opera sul rapporto tra filosofia e filologia nell'ambito della storia di Roma, ed in seguito una Risposta ai dubbi proposti da Finetti in cui polemizzava contro Finetti difendendo la memoria del Vico. Pubblica a Napoli la “Scienza del costume o Sia sistema del diritto universale”, dedicata a Antonelli, in cui prosegue l'opera iniziata con il Saggio. Opere: “De veteri ac novo iure codicillorum commentaries; “Saggio sulla giurisprudenza universale”; “Origine e progressi del cittadino e del governo civile di Roma”;  “Scienza del costume o sia sistema del diritto universale”.   LA A falſa comune opinione adotta ta co me un'affioma dai Politici , che le So cieti Civili naſcono colla forma di Governo Monarchico , diede occaſione non meno agli antichi , che moderni Scrittori della Storias Romana di formare di queſta Nazione tutt ' altra idea di quella , che fu realmente . I vo caboli di Re e di Regno appreſi nel ſenſo di quei tempi , in cui viſſero gli Storici , quando già fioriva in Roma la Monarchia , gli traſportarono a credere , che il Governo cominciaſſe fin dal tempo di Romolo colla , forma Monarchica . Taluni peraltro convinti da’ fatti contrari della Storia furono obbligati a confeflare che ne' primi tempi di Roma quantunque regnaffe la Monarchia , pure.que Ita non poteſſe dirá alſoluta ma che folle accom DI ROMA . 17 accompagnata , e mifta di Ariſtocrazia , ' é, Democrazia ; ' e che in conſeguenza i Patrizi inſieme co ' Plebej rappreſentaſsero qualche dritto nel Governo , di cui peraltro la ſomma foſse preſso de' Re . L'Idea adunque che tam luni Scrittori fecero del Governo di Roma fin dal fuo nafcere , fu di conſiderare Romolo co'ſuoi Succeſsori o per veri Monarchi ; o per Monarchi, che aveſsero comunicato parte dell'amminiſtrazione ai due Ceti di Patrizi, e Plebej , riputando i Patrizi e Senatori , come Ceto di Cittadini illuſtri ricchi e favj , im piegati dai Re nelle cariche più gelofe del lo Stato , ed i Plebej per Ceto anche di Cit tadini ma ignoranti e vili , che ſerviſsero per le faccende ruſtiche , e per la guerra ; e che aveſsero qualche parte anche ne' pubblici affari . Venne , come diſi , tal falfa opinione fo ſtenuta da quel comune errore , che tutte le Società Civili non poſsano altrimenti comin ciare , fe non con la forma Monarchica , non fapendo eſli immaginare con qual altra for ma di Governo poſsa mai unirli , e comporli Tom. II. B un > 7 18 DEL GOVERNO CIVILE un Ceto di famiglie a convivere tra loro , ed a formare un corpo . Imperciocchè , dico no efli , non è poſſibile di concepire il prin cipio di tal unione , ſenzachè qualcuno di eſſi, o per violenza , o per fraudolente ambizione induca gli altri alla di lui foggezione e Si gnoria ; tantoppiù che non ſi faprebbe in al tra maniera immaginare , come i Padri di fa miglia, i quali prima di entrare in Società Ci vile , facendo ſenza dubbio la figura di Mo narchi nella propria famiglia , pofsano ſenza il mezzo della violenza , o dell'inganno , ab bandonare la propria Signoria col foggettarfi al Governo Civile . Su queſta mal fondata , opinione incontrandoſi nel fatto della Nazio ne Romana , in cui intefero parlare di Re , e di Regno nel ſenſo appreſo di Monarca , e Monarchia non dubitarono punto di defi nire il Governo fotto Romolo , e Tuoi fuccef fori per Monarchico . Ma poichè i fatti ſteſſi della Storia realmente non s'uniformano all ' Idea di una perfetta Monarchia , furono co ftretti ad ainiettere una Mon : irchia mitta di Ariſtocrazia inſieme , e Democrazia . Tutte DI- ROMA . 19 Tutte le ragioni politiche , che ſogliono ads durſi dagli Scrittori nel pretendere , che le So cietà Civili non poſſano altrimenti nafcere che colla forma Monarchica , fono a mio giu dizio tanto lontane dal dimoſtrarla , che anzi provano tutto il contrario , cioè , che la unione de' Padri di famiglia , nel comporre la Società Civile , debba neceſsariamente pro durre forma di Governo Ariſtocratico , e non Monarchico ; poichè fe effi non fanno im maginare , come tali particolari Monarchi di famiglia poſsano ſoggettarſi alla pubblica , Podeſtà ſenza frode o violenza di qualcuno di loro , io al contrario non ſo concepire , .come tal violenza o frode d' un ſolo por fa eſser valevole ad obbligare un Ceto in tiero di Padri di famiglia avvezzi a ſignoreg . giare in caſa propria per ſoggettarſi al Mo narca , Qualunque voglia figurarfi la frode o la violenza d'un folo , egli è chiaro che tali mezzi non faprebbero indurgli a foffrire di buon animo un totale cambiamento di con dizione , quanto, lo è il paſsare da quella , in cui trovavanli di Signori aſsoluti , a queſta di B 2 fud 20 DEL GOVERNO CIVIL E fudditi, trattandoſi di cambiare condizione in tieramente oppofta ; ed ognun fa , quanto rin . : creſce al Signore il paſſare di fatto dallo ſta to di comandare a quello di ubbidire . Che ſe mi diceffero , che ciò nafce dalla violenza, cui non ſi può reſiſtere , io gli riſpondo , che nei naſcimenti delle Repubbliche la for za d'un ſolo non è , ne può eſſere parago nabile alle forze unite di tanti Padri di fa miglia , quanti converranno ä formare la So cietà . Sicchè tanto è fupporre , che la forza d'un folo baſti per opprimere gli altri , quan to è dire , che molti non fiano in grado di vincere la violenza d' un folo ; ciò che o non è affatto poſſibile , o almeno lo potrà eſſere in qualche caſo troppo raro , e ſtravagante ; ma la ſtravaganza e la rarità non può in durre un ſiſtema generale . Quindi il preten dere , che le Società Civili debbano necella riamente cominciare colla forma di Governo Monarchico , è lo ſteſso , che fupporre la violenza , o la frode d' un folo maiſempre ſuperiore alla forza , ed alla deſtrezza di mol ti ; e ciò non baſta , perchè biſognerebbe an che > DI ROMA . 21 1 che ſupporre , che al numero di molti non fc gli preſenti mai occaſione favorevole per re fiftere , e liberarſi dall' uſurpato potere di un ſolo ; cioche realmente s’oppone ad ogni no ftra immaginazione. Se poi vorranno fingere, che dopo la violenza , o frode uſata dal Mo narca per ſoggettare gli altri , poffa ſeguire il compiacimento degli ſteſſi ſoggetti , forſe perché il Monarca ſia dotato di virtù tali , che baſtino ad innamorargli , oltreché une tal ſupporto non ſi può ammettere general, mente , incontra il maſſimo oſtacolo di non poterſi concepire , come gli Uomini avvezzi a dominare poſſano cosi preſto invogliarſi della condizione oppofta di ubbidire per qualunque ammirazione di virtù nella perſona del Moia. narca . Ma poi non è poſſibile il concepire nel Monarca virtù degna di ammirazione preſo co loro , che naturalmente, non fanno ſpogliarli di fatto del proprio carattere di dominare , ſenzaché entrino almeno a parte della pub blica amminiſtrazione ; fe pure non vogliamo fingerli per Uomini affatto ftolidi ed alieni dalla maſſima delle Umane paſſioni . B 3 Qui 22 DEL GOVERNO CIVILE Qui potrei co ' monumenti pervenutici de gli antichiſsimi Popoli dimoſtrare col fatto l? inſuffiſtenza di un tal ſentimento dei Politici col riconoſcere nelle origini delle Nazioni tutt altra forma di Governo , che la Monar chica ; e che laddove eſli ſuppongono , che la Monarchia ſia ſtata la prima a forgere nel le Società Civili , fi troverà maiſempre l'ulti tima a venire dopo l' Ariſtocrazia , e Demo- ' crazia ; perché la naturalezza delle Umane vicende è tale , che i Padri di Famiglia nel formare la Società Civile dovendo decadere da quella podeſtà afloluta , che eſercitavano in Caſa , cercheranno di cedere il meno che ſia poſſibile dell'antica Signoria ; poichè l'Uo mo per natura non fa mutarſi di fatto da , uno ſtato ad un altro direttamente oppoſto al primo , e perciò quando trovali nella contin genza di dover paſſare da una condizione ſuperiore all' inferiore , procura ſempre di paſſarci per gradi , e non di ſalto . Quin di è , che fe vogliamo ragionare a ſeconda , dell'idee Umane , dobbiam dire , che tali Pa dri di famiglia qualora li vedranno obbligati dalla DI R O M A. 23 dalla neceſſitii di laſciare la Monarchia del ta loro famiglia , ſebbene converranno vo lentieri in Società Civile per trovare mag gior ſicurezza coll'erezione della poteſtà pub blica compoſta di forze unite , e per confi gliare ai vantaggi, e comodi della vita ; pu Te non ſi diſporranno mai a cedere dell'anti ca poteſta , fe non quanto biſogna per reg gerſi il Corpo Civile , e quanto meno liane poflibile di quella dominazione , che lafciano . Or la forma di governo , che dovranno fce gliere , farà certamente l'Ariſtocratica , come quella , in cui fi cede il meno dell'anticas Signoria , formandoſi una Podeſtà pubblica che riſiede nondimeno preſſo gli iteſi mem bri , che la compongono , e nel tempo ſtello col Governo Ariſtocratico ſieguono a ſignorega giare ſul Volgo , e ſulla Plebe , che ſi ricovera ſotto la loro protezione . Che ſe poi vorremo fare un' efatto giudizio , come coll' andar del tempo dall'una forma di Governo ſi fuol para ſare all'altra , poſſiamo qul accennare breve. mente , che ſtabilitaſi la Societ : Civile nella ſua origine colla forma Ariſtocratica , che dee ellere 1 B 4 priva d'ogni dritto Civile i Indi l'oppreſſo 24 - DEL GOVERNO CIVILE eſsere la prima a naſcere , gli Ottimati na turalmente faranno traſportati dall’amor pro prio ad opprimere , e tirannizzare il Volgo , o ſia la Plebe , che ricoverandoſi ſotto la lo ro protezione, per ſoſtentare la vita , rimane Volgo creſciuto in numero , maſſime col mez zo della procreazione , pel deſiderio iſpiratoci dalla Natura di fottrarci dall' altrui tirannia , cogli ammutinamenti e ſedizioni cerca di li berarſene ; e quindi avviene , che dall' Ari ftocrazia ſi paſſa alla Democrazia . Finalmente il Popolo tutto reſo partecipe del Governo , naturalmente ſi divide in fazioni , le quali agi tandoſi continuamente tra loro , non trovano altro ſcampo per ſalvarſi dalle guerre Civili , che di ricoverarſi ſotto la Monarchia . E que Ito ſembra il corſo ordinario e naturale delle Origini e de' progreſſi delle Nazioni tutte uniforme altresì alle memorie pervenuteci del le antichiſſime Nazioni. Ma per non partirci dal noſtro argomento , ci conviene di fermarci ſull' eſame del Go verno Civile di Roma . E ſulla prima fa duo po DI ROMA: 25 po di ſviluppare dalle tante incoerenze , che troviamo nella Storia , quella prima forma di Governo , che venne iſtituita ſotto Romolo nel naſcimento della Città Romána . Dicia ino adunque , che la prima forma diGover no iſtituita fin dal tempo di Romolo tanto è lungi , che fofle ftata Monarchica , o miſta di Monarchia , che anzi ſi riconoſce chiaramen te Ariſtocratica delle più feverè , che mai li poſſa immaginare , come realmente lo furono le Nazioni tutte nei loro forgimenti . E pri mieramente l'efferſi attribuita a Romolo , e ſuoi Re fucceffori la Monarchia , nacque fo vratutto , come diſli , dalla falſa intelligen-. za della voce Rex , col di cui nome vennero chianati tutti quei , che da Romolo fino al la creazione de' due Conſoli Annali ebbero la cura di preſedere , e far da Capi del Se nato regnante . La voce Rex nei tempi , in cui gli Storici, come Livio e Dioniſio 'com pilarono la Storia Romana , fu certamente appreſa in ſenſo di Monarca , come temps , in cui fioriva. la Monarchia e con un tal Suppoſto non ſapendo neppur eſi immagina. re 26 DEL GOVERNO CIVILE re altra forma di Governo nel naſcimento della Città Roinana , andarono a credere , che o in tutto , o in parte regnaſſe la Monarchia . Ma ſe vogliamo inveſtigare la vera originaria fignificazione della voce Rex , troveremo , ch'ella viene da reggere , e ſoſtenere , e che propriamente dinotava un Capo e Dace del la Repubblica , e non un Monarca di pode Atà aſſoluta . La ſtella eſpreſſione di Rex tro viamo uſurpata in tutte le altre Nazioni , di cui ci è pervenuta la Storia ; ma il Governo del le niedeſime non ſi può attribuire a Monar chia ſenza ſmentire i fatti medefimi, dai quali ſcorgeſi , che tali Re altro realmente non era no , che Capi, e Duci delle Repubbliche : per che inſieme colla perſona del Re troviamo i Senati , da cui definivanfi gli affari pubblici dello Stato . Soleaſi per altro diſtinguere l' incombenza dei Re in pace ed in Città da quella , che rappreſentavaſi in guerra ; poi che qualora erano in piegati a far da Capita ni Generali a comandare l'eſercito , ſpiega vano certamente una podeſtà affoluta , come quella , ch'è troppo necelaria nel Capitan Gen DI ROMA 27 Generale per lo buon regolamento delle fac cende militari . Trattaſi in guerra di porre in eſecuzione all'iſtante le opere militari , le qua li non ſoffrono dilazione , e richieggono la più rigoroſa ſegretezza per forprendere l'ini mico , ed in conſeguenza i Re in guerra per natura dell'impiego medeſimo ſpiegavano po teſtà aſſoluta , perchè non giova di eſercitarſi colla dipendenza dal volere degli altri , è maf fimamente de' Cittadini, come lontani e che non poſſono eſſer preſenti alle diſpoſizioni mi Jitari , e perciò non ci dee far maraviglia , fe per conſigliare al pubblico bene fafi co ſtumato di concedere al Re , quando coman da in guerra , una poteſtà indipendente e Monarchica . Ma di qualunque carattere ftata foſſe lae poteftà dei Re in guerra , non dobbiamo con fonderla colla podeſtà da effi loro praticata in pace e nel Governo Civile dello Stato . In fatti Tacito narrando i coſtumi degli antichi Germani ci fa ſapere che prello tali antis chi Popoli ſi diſtinguevano i Re propriamen te 1 28 DEL GOVERNO CIVILE te detti nel ſenſo di reggere la Repubblica dai Capitani Generali ; poichè i primi fi eleg gevano dal Ceto degli Ottimati e . Signori , ed i ſecondi fi ſceglievano tra quei , che li erano reſi celebri pel valore , ' I Re , dices egli , ſi eleggono dal Ceto de' Mobili , e per Capitani Generali ſi ſcelgono i più celebri nel valore ; Ma i Re non rappreſentano pode fà libera ed illimitata (a ) ; quanto a dire che la qualità di Re preflo gli antichiſſimi Germani non produceva poteſtà fuprema , e Monarchica , tuttoche Tacito gli aveſſe at tribuito il nome di Rex . Dioniſio parlando degli antichi Re della Grecia fcrive , che i Re delle antiche Greche Nazioni , preffo di cui il Principato era ereditario , o pure elettivo , governavano col conſiglio degli Ottimati , come lo atteſtano Omero , e gli antichiſſimi Poeti. Nè quei tali antichi Re eſercitavano il Prin cipato con poteſtà aſſoluta , come veggiamo a tempi (a ) Tacit. de moribus Germanorum 9. VII. Reges ex nobilitate , duces ex virtute fumunt . Nec Regi bus infinita , aut libera poteftas . DI ROMA . 29 tempi noftri (a ) . La voce Rex adunque nell' originaria ſignificazione Latina dinotava une Capo di qualunque Ceto , o di Repubblica , e non un Monarca z e queſto Capo qualora veniva deſtinato a comandare in guerra ; al lora fpiegava la poteſtà aſſoluta ; Ma nei tem pi poſteriori , quando le Nazioni pervennero allo ſtato di Monarchia fi ritenne la ſteffa voce Rex , che paſsò a ſignificare il Monarca , quan to a dire , che il nome di Rex attribuito a Romolo , ed agli altri Re ſucceſſori, non può eſſere un argomento per definire il Governo Monarchico nel naſcimento della Città Ros mana . Parliamo ora ad eſaminare i fatti narratici dagli Storici , dai quali unicamente dipende lo ſchiarimento di queſto articolo . Dioniſio , il quale a differenza degli altri s'impegna a de ( a ) Dioniſio Antiq. Rom . lib . 2. Graecanici Reges çerte , qui haereditarium Principatum fumerent , quolve Populus fibi ipfe praeficeret , confilium habebant ex Optimatibus , ut Homerus , & antiquitlimi quique Poetarum teftantur .. neque ( ut fit in noſtro feculo ) veteres illi Reges ex ſui tantum animi fententia poo feſtatem exercebant . 30 DEL GOVERNO CIVILE deſcriverci minutamente l'origine del Govere no Civile ſotto Romolo , febbene non ſeppe , formare un' eſatto e coſtante giudizio della forma del Governo , pure ci ſomminiſtra ba . ftanti lumi , onde poſſiamno ſcovrire il vero . E ſulla prima introduce un allocuzione fatta da. Romolo ai ſuoi Compagni ſul propoſito di doverſi ſtabilire una forma di Governo che foſſe più utile , e più atta per tener lon tana la Città dalle fedizioni Civili , e per di fenderla dagl' inſulti dei Popoli eſteri . E qui ci rappreſenta Romolo per Uomo ben iltrutto ed erudito delle Nazioni Greche , e delle Barbare , delle forme del loro Governo della difficoltà nello ſcegliere la migliore ; indi gli conſiglia a riflettere maturamente l' affare , affinchè poteſſero riſolvere , se piutto fto voleano ubbidire a un ſolo , o pure a pochi, moſtrandoſi pronto e pieno di moderazione a ſeguire il loro volere (a) . Dopo una ſpe cio ( a) Dioniſio antiq. Rom. lib. 2. Quum autem diffi çilis fit earum ( vitae uempe rationum ) electio , juf lit DI ROMA . 31 ciofa allocuzione i compagni di Romolo te. nendo conſiglio tra loro , non dubitarono di preſcegliere la forma del Goveno Regio in perſona dello ſteſſo Romolo , non ſolamente perchè l' aveano ſperimentata la migliore per quanto l'aveano inteſo approvare dai loro Maggiori , ma perchè giudicavano , che con una tal forma di Governo ſi otteneffero i due maſimi vantaggi , cioè la libertà propria , e · l' impero preſſo degli altri (a) . Da un tal racconto ognun vede , che Dio. nilio fit eos re per otium conſiderata dicere , NUM UNI RECTORI , AN PAUCIS PARERE MALINT . Etenim , inquit , quamcumque Reipublicae formain in ftitueritis , ad eam recipiendam paratus fum , nec principatu me indignum cxiſtimans , nec detrcaans imperata facere . (a) Dioniſio loc.cit.Illi, communicato inter fe con filio, reſponderunt in hunc moduin : nobis nova Reid publicae forma non eft opus ; nec a majoribus proba tam , & per manus traditam mutabimus , fed & pri fcorum conlilium fequimur, quos non ſine inſigni prů. dentia illam Reipublicae formam inſtituiſſe credimus, & praefenti fortuna contenti ſumus ; cur enim illam in. cuſemus , quum fub Regibus contingerint nobis bona , quae apud homines habentur praecipua , LIBERTAS ET IMPERIUM IN ALIOS Haec eft noftra de Republica fententia &c. 32 DEL GOVERNO CIVILE niſio compoſe tali narrazioni piuttoſto allas maniera , com'egli avrebbe penſato di fare , che con quella , che Romolo realmente ufaf ſe preſſo i lnoi compagni'. E tralaſciando di riflettere le tante improprietà di ſimile allo cuzione , in cui ci propone Romolo per Uo mo iſtrutto delle Barbare , e delle Greche Na zioni, anzi delle varie forme del loro Gover no ; quando al contrario , come dimoſtraremo a fuo luogo , i Romani per molti ſecoli fu rono affatto ſconoſciuti ed ignoti , mallime alle Greche Nazioni , ci giova quì di notare quell'eſpreſſione , che il Governo Regio po tea loro conſervare il pregio della libertà , il quale certamente non ſi può ottenere colla Mo narchia preſa nel ſuo vero fenfo di podeſa d' un ſolo aſſoluta , ed arbitraria; poiché an che ſul ſuppoſto d'un Monarca dotato della più retta politica ę ſaviezza , e di coſtumi i più ſublimi ed innocenți , il Popolo non può godere altro pregio di libertà , ſe non quello, che deriva dalla rettitudine dell'animno dalla ſaviezza del Monarca medeſimo ; mais non ſi può pretendere ſotto la Monarchia di 1 DI ROMA . 33 godere il dritto e la libertà di reſiſtere , ed oppora al di lui ſentimento e comando ; poiché la forma Monarchica , come tale , racchiude la fuprema poteſtà preſſo di una folo ; e tutto il reſto del popolo potrà fo lamente eſercitare quell'autorità , che pia ce rà al Monarca di comunicargli ; ficchè ſi conſidera allora ' tale autorità come dipen dente e ſoggetta maiſempre al voler del Monarca e non libera del popolo , che l' eſercita per comando del Principe . Ed ecco cheDioniſio leffo finora ci propone il Gover no Regio non già in ſenſo di Monarchia , ma di Capo e Duce d ' un ceto d' Uomi ni , che intendono d'eſser membri del Go verno medeſimo , per eſſere anch'eſſi a par te della libertà di comandare . Siegue indi Dioniſio a narrare la diviſione del Popolo in Tribù , e Curie , inſieme colla egual partizione de' campi , e de' terreni tralle Curie ; e poi paſſando alla diviſione de' Ceti fatta in Padri e Plebe , nel riferire il carat tere che i Patrizi doveano rappreſentare nella Repubblica , chiaramente ci atteſta , Tomo II. С che 34 DEL GOVERNO CIVILE che ai Patrizi apparteneva la cura dei Sacri , l'eſercizio de' Magiftrati, l'amministrazione della Giuſtizia , ed il Governo della Repubblica unitamente con Romolo (a ). Ę poco dopo narran do l'erezione del Senato dal Ceto de? Patrizj replica lo ſteſſo , cioè , che Romolo avendo ri dotto le coſe in buon ordine , immediatamen- : te creò dal Ceto de' Patrizj i Senatori , i quar. li doveſſero ſeco lui amminiſtrare la Repubbli 64 (b) . E queſta ' erezione di Senato l'affomi glia alle Repubbliche delle antiche Nazioni Greche ſulla teſtimonianza di Omero , e di altri Poeti Greci , che fanno menzione di fimi li Senati regnanti, cui preſedeva il Re , il qua le per altro facea da Capo e Duce, in ma niera $ (a) Dionifo loc. cit. Romulus porro poftquam difcre vit potiores ab inferioribus, mox legibus latis praefcri plit , quid utriſque faciendum effet : ut Patricii facra curarent, Magiſtratus gererent , jus redderent ,SECUM REMPUBLICAM ADMINISTRARENT. ( b ) Dioniſio loc. cit. Ceterum Romulus poftquam haec in decentem ordinem redegit , confeftim decrevit Se fatores creare , ut ellent , QUIBUS CUM ADMINI STRARET REMPUBLICAM . DI ' ROMA . 35 niera però , che il Governo della Repubblica riſedelle prello il Senato compoſto degli Ot timati , come per l'appunto furono i Patrizi di Roma (a) . Indi riferiſce le particolari in combenze attribuite a Romolo , come Capo del Senato , cioè , che prello di lui eſſer do veſſe la principal cura dei Sacrifizj e del le coſe Sacre : che doveſſe aver cura delle Leggi e de' Coſtumi Patri ; che ſi riſerbaf ſe il giudizio per gli delitti più gravi, e de' minori ne giudicaſſero i Senatori ; che foſſe di ſua incombenza di convocare il Senato ed il Popolo tutto , colla prerogativa di dover eſſere il primo a profferire il ſuo ſentimento , ma che le determinazioni del Senato dovef ſero dipendere dalla pluralità dei fuffragi ; e finalmente , che poteſſe ſpiegare Poteſtà aſſo luta in guerra ( b) , Paſſando poi a ſpiegare , C 2 qua (a) Dioniſio 796x it. Graecanici Reges certe > qui hereditarium Principatum fumerent, quoſve populus fibi ipfe praeficeret , conlilium habebant ex Optimatibus , ut Homerus & antiquiſſimi quique Poetarum teſtantur &c. ( b) Dioniſio loc.cit. His conſtitutis, honorcs, & potefta tes in fingulos Ordines diſtribuit . Regi quidem eximia mune 36 DEL GOVERNO CIVILE quale eller doveſſe l'autorità del Senato , fcri ve , che gli affari del Governo ſi doveſſero dal Re proporre al Senato, preſo di cui non di meno doveſſe riſedere la potefta fuprema di decidere col mezzo della pluralità dei ſuf fragj , ſoggiungnendo inoltre, che un tal fix ſtema di Governo folle ftato appreſo dalla Repubblica dei Lacedemoni , ( fempre col falfo fuppofto , che Romolo in tali tempi aveſſe avuto cognizione de' Papoli della Gre cia ) in cui i Re non erano Monarchi , nè Die {potici del Governo , ma ſemplici Capi del Senato il quale fpiegava la fuprema pote ftate munera fuerunt haec: Primum , ut Sacrificiorum , & re liquorum Sacrorum penes eum eflet principatus, per quem çumque gereretur quidquid ad placandos Deos attinet ; deinde uit legum ac conſuetudinum Patriarum haberet cuſtodiam , omniſque Juris , quod vel natura di&ar , vel pacta & tabula fanciunt curam ageret ; utque de graviſſimis delictis ipſe decerneret , leviora permitteret Senatoribus , providendo interim , ne quid in judiciis pece caretur ; utque Senatum cogeret , Populum in concio nem vocaret , primus fententiam diceret , quod pluçi bus placuiſſet , ratum haberet . Haec Regi attribuit mu nia , & practerea fummum in bello Imperium , DROMA. 37 ( be neppur ftà nell'amminiſtrazione della Repubblica (a ). Da tutto queſto racconto di Dioniſio non v'è chi pofſa negare , che Romolo non eb l'ombra, della poteſtà Monarchica; poichè colla coſtituzione del Senato la poteità ſuprema riſedeva preſſo il Senato medeſimo , e preſſo gli Ottimati ; e che tutto quello , che fu attribuito alla perſona del Re , conſiſte va nel fare da Capo del Senato Regnante col la ſemplice prerogativa di poter proporre gli affari, e di eſſere il primo tra i Senatori 2 profferire il ſuo fentimento ; ma che la poteſtà di determinargli riſedeſſe preſſo il Ceto dei Senatori , in maniera che le determinazioni ſi coſtituivano colla pluralità de' Suffragj, a cui il Re medeſimo dovea foggiacere ; ciocchè non ſolamente eſclude ogni idea di Monarchia , ma C3 ci (a ) Dioniſio loc. cit. Senatui vero dignitatem ac po teſtatem hanc addidit , ut is s de quibus à Rege ad ipſum referretur , de his decerneret , & ferret calculum, ita ut ſemper obtineret plurium ſententia . Id quoque a Laconica Republica defumtuin eſt; Lacedaemonio, rum cnim Reges non erant fui arbitrii , ut, quidquid vellent , facerent ; fed penes Senatum erat tocà publi cæ adminiftrationis poteftas . 38 DEL GOVERNOICI V ILE ro ci manifeſta chiaramente una perfetta Ariſto crazia compoſta di Senatori , i quali furono eletti dal Ceto nobile de' Patrizj. Egli è ve che il Re di Roma ſpiegava la poteſtà aſſoluta ſoltanto in guerra ; ma queſta , come dicemmo , non toglie, nè s’ oppone alla for ma del Governo mero Ariſtocratico , perchè in tutte le Ariſtocrazie troviamo tal poteſtà ſuprema nella perſona del Capitan Generale , per la ragione di non poterſi altrimenti eſer citare con felice effetto il comando del Du ce dell' Eſercito : E qui giova d' oſſervare , che ſebbene nelle Ariſtocrazie il Capitan Ge nerale faccia ufo di poteſtat aſſoluta in guer ra ; pure la dichiarazione della guerra , e tut to ciò , che appartiene al ſiſtema generale di eſercitarla , dipende dal volere dello ſteſſo Se nato regnante , quatito a dire , che tutta live poteſtà ſuprema del Capitan Generale ſi ridu ce ad eſeguire gli ſteſſi ordini del Senato éd a riſolvere all'iſtante da ſe medeſimo ciò che non ſoffre dilazione , e l'attendere l'ora colo del Senato ſarebbe inutile e dannoſo Del rimanente la forma del Governo ſi diſtin gue ITDI ROMÀ. 9. 39 gue non già dall'uſo della poteſtă , che ſi eſercita in guerra , ma dalla ragione delle pubbliche determinazioni , le quali , qualora dipendono dall' arbitrio di quei pochi , che compongono il Senato , ci manifeſtano chiara mente l'Ariſtocrazia , e non la Monarchia , anzi neppure un miſto dell'una è dell'altra ; perchè la coſtituzione d'un Capo del Senato , ſempreche tutte le pubbliche determinazioni ſono riſerbate alla pluralità de' Suffragj dei Senatori s non ſi può aſcrivere , che ad un più ordinato regolamento del Senato mede ſimo , come avviene in tutti i Ceti di per fone , in cui vi ſia un Capo , il quale ſembra effer neceſſario , affinchè ſia meglio regolato il Corpo intiero di quei , che lo compongo ño ; ma non già che la coſtituzione del Capo vaglia à mutare o alterare in minima parte il fiftemå del Ceto medeſimo. So bene , che anche nelle Monarchie fogliono eſſervi i Se nati , maſlime de Grandi dello Stato ma cali Senati ſono di gran lunga diverſi da quello, che fu ſtabilito in Roma forto Romolo ; poi chè il Monarca talvolta ſuole commettere a C4 quals 40. DEL GOVERNO CIVILE 0 qualche Geto di Perſoné la deliberazione de gli affari , o pubblici , o privati ; ma tali de liberazioni non oltrepaſſano i confini d'un mero configlio , ſicchè rimane maiſempre al Monarca la facoltà di approvare , di repu diare la deliberazione ; quanto a dire , che la determinazione dipende maiſempre dall' arbitrario fuo volere e non dai ſentimenti dei ſuoi Conſiglieri; ragion, per cui nelle Mo narchie ſi trovano talvolta ſtabiliti tali Ceti di perſone , che ſogliono aver nome di Con ſiglieri del Monarca . All'incontro il Senato di Roma era compoſto di perſone , di cui ognu na ſpiegava uguale autorità a quella di Ro molo per le pubbliche determinazioni , e queſta tal ſorta di Senato Regnante è quel la propriamente , che coſtituiſce la vera forma di Governo Ariſtocratico . Quindi pof ſiamo francamente affermare , che dove re gna la Poteſtà fuprema nel Senato , ivi non vi può eſſere neppur l'ombra della Monar chia , ed al contrario dove regna la Monar chia , ivi non può eſſervi Senato di poteftà ſuprema; perchè l'una e l'altra forma di Go verno DI ROMA . 4.1 3 come verno non ſi diſtinguono in altro , ſe non che nella Monarchia la poteſtà fuprema riſiede in un folo , e nell' Ariſtocrazia in molti . Ma per eſſer meglio convinti d'una tal ve rità , ci conviene di eſaminare con maggior diſtinzione quel Capo di Poteítà , che riguar da lo ſtabilimento delle Leggi , il quale più d'ogni altro fa diſtinguere la Monarchia dal? Ariſtocrazia , ſecondo che venga eſercitata da un ſolo , o da molti , è che ſecondo il ſenti mento di tutti i Politici ſi conſidera la maſſima nell' amminiſtrazione dello Stato . In fatti tra tutte le pubbliche deliberazioni la più ſpecioſa ed importante è certamen te quella , che diceſi poteſtà Legislativa ; poi chè lo ſtabilimento delle Leggi , come quel lo , che più d'ogni altro riguarda l'intereſſe e la pubblica tranquillità , è il punto più ge lofo , che poſſa eſſervi nel regolamento del le Società Civili , e come tale ci manifeſta , e ci fa diſtinguere ad un tratto la Monarchia dall'Ariſtocrazia . La ragione ſi è , perchè pre ſcriver la Legge allo Stato altro non è , che obbligare e ſoggettare tutti i particolari mes 42 DEL GOVERNO CIVILË membri del Corpo Civile alla cieca obbedien za di ciò , che la Legge comanda ; e perciò ñon li può riconoſcere poteſtà più ſublime di quella di poter comandare la Legge . Or fen za biſogno di ſoggettarci ſu tale articolo ai ſentimenti degli Storici ; qualora ci riuſciſſe di dimoſtrare , che la Poteſtà Legislativa di fat. to riſedeva non nella perſona di Romolo , ma preſſo l'Ordine del Senato regnante , non ci rimarrà luogo da dubitare , che l'iſtituzio ne del Governo folle di forma mera Ariſto craticào É qul fa d’uopò di ricorrere alla narrazio ñê del Giureconfulto Pomponio nella Legge feconda de Origine juris į ove impreſe con particolari cura à trattare dell'origine delle Leggi Romane · Ci fa egli ſapere , che ſul principio il Popolo Romano ſi regolava ſenzos leggi certe e determinate ; ma che tutto ſi go Bernava col mezzo della dutorità del Re (a) . A tal (a ) L. 2. 9.1. de Orig. Juris : Et quidem initio Ci vitatis noftrae Populus fine lege cerca , fine jure certo pri DI R O M A. 43 A tal narrazione di Pomponio gl' Interpreti del Dritto Civile , valutando aſſai più la di lui Autorità , che quella di Dioniſio li dettero a credere che realmente il Governo iſtituito fotto Romolo folle itato Monarchico , poichè (dicono eſli ) ſe ne primi principi della fonda zione di Roma al dir di Pomponio non v'era no leggi ſtabilite , e determinate , ma tutto li regolava collº autorità del Re , ne liegues neceſſariamente , che la forma del Governo cominciare dalla Monarchia . Ma io non sò , come tali Interpreti poſſano formare da quelle parole di Pomponio un tal giudizio , quando dall' altre , che ſeguono , li dimoſtra il con trario . Indi ( fiegue Pomponio ) eſſendoſi ing qualche maniera ingrandita la città , dicéſi , che lo ſtesſo Romolo aveſſe diviſo il Popolo in trenta parti , chiumate CURIE a motivo , che allo primum agere inſtituit , omniaque manu Regis guber nabantur . NellePandette Fiorentine leggefi MAŇU A REGIBUS GUBERNABANTUR ma de ciocchè fregue , e dall' eller direito il diſcorſo di Pomponio alla perfona di Romolo , dee fi piuttosto abbracciare la lezio ne volgata , omniaque manu Regis gubernabantur. 44 DEL GOVERNO CIVILE allora Spediva gli affari della Repubblica coi ſentimenti , e colle determinazioni delle medeſime Curie ; ed in tal maniera promulgò egli alcune leggi dette CVRIATE , come fecero altresì i Re ſuoi ſucceſſori (a ) . Or fe folle vero , che Romolo cominciaſſe a governare la Città colla fornia Monarchica , dovrebbe eſſer falſo , che lo ſteſso Romolo indi ſtabiliſſe la Repubbli ca degli Ottimati , con attribuire al Senato l' Autorità ſuprema di diſporre degli affari pub blici per mezzo della pluralità de' Suffragi . Nè vale il ſupporre , che Romolo regolaſſe , la Città coi ſentimenti delle CURIE di puro conſiglio , quafi che ſi riſerbaffe l'arbitra rio volere di ſeguire , o di ripudiare tali fen timenti . Imperciocchè lo ſtello Pomponio chia ramente s'eſprime , che gli affari ſi determi navano per Sententias partium earum , che in buon ( a ) Poftea au&a ad aliquem modum Civitate ipfum Romulum traditur , Populum in triginta partes divififfe , quas partes Curias appellavit , propterea quod tunc Reipublicae curam per Sententias partium caruni expediebat ; & ita leges quaſdam & ipfe Curiatas ad Populum tulit. Tulerunt & fequentes Reges . DI ROMA . 45 buon latino non poſſono ſignificar Configlio ; ed oltracciò le Leggi ſi chiamarono Curiato non per altra ragione , fe non perchè le de terminazioni venivano preſcritte co' ſentimens ti delle ſteſse Curie , e non dall' arbitrario vo lere di Romolo . Egli è vero , che tali Leggi coll'andar del tempo furono anche dette Regie a cagion che ſi proponevano dai Re ne' Co mizj Curiaci; ma poichè tutti gli Storici con vengono nell'affermare , che gli affari li de terminavano dalSenato a relazione degli ftelli Re , come Capi di quella adunanza , non ci dee far maraviglia , ſe le Leggi ſi foſſero dette anche Regie ; perchè venivano propoſte dal Capo del Senato , cui ſi dette il nome di Re . Dunque fe vogliamo credere più a Pompó nio , che a Dioniſio , pure ſiamo obbligati coll'autorità dello ſteſſo Pomponio di ammet tere ne' tempi di Romolo l ' Ariſtocrazia , u non la Monarchia ; perché altrimenti non ſi potrebbero comporre le prime colle ſeguen ti parole del Giureconſulto . All'incontro egli farebbe coſa ridicola il ſupporre , che pri ma di ſtabilirſi le leggi certę , Romolo go f ver 46 DEL GOVERNO CIVILE vernaſse da Monarca , e che poi iſtituiſſe l' Ariſtocrazia ; e quando anche potefle'aver luogo una tal fuppoſizione , non dobbiamo at tenerci a quel che foſſe ſeguito , prima che ſi dalle una certa forma al Goveșno , la quale non fi dee ripetere , fe non dal tempo , in cui la Città preſe i ſuoi certi regolamenti. Ма ,per meglio chiarirci di tal verità, con „ viene di riflettere , che quella eſpreſione di Pomponio , cioè , che fu i principi della cit tà non v'erano leggi certe , ma che tutto ve niva regolato coll'autorità di Romola , non può ſignificare forma di Governo Monarchi co , come è itata appreſa dagl' Interpreti. E qut fa d 'uopó d'inveſtigare la vera ſignifi çazione di quelle parole , Omniaque manu Regis gubernabantur . La voce Manus , è vero , che per traslato • ſtata anche appreſa da' Latini in ſenſo di poteftà (a) ; pure non hanno 1 ( a ) I Latini quandą apprefero la voce Manus in senſo di POTESTA' , s' avvalſero di quelle locuzioni IN MANU ESSE , HABERE, IN MANUM CON VE DI ROMA , 47 hanno mai detto gubernare manu in ſenſo di governarc , colla poteſtà ; nè mai trovaremg gubernare , o regere , o altre fimili parole in ſieme colla voce manu , per ſignificare poteſta nel governo , Molto meno può adattarſi alla voce manus la ſignificazione di arbitrio , o la diſpotiſmo , come piacque ad altri Inter preti ; perché un tal difpotiſmo altro non è , che poteft fuprema , ed indipendente ; ma comunque ſi apprenda tal poteſtà , ſiamo pur troppo ſicuri , che nel linguaggio latino quel gubernare many non ſi può apprendere in ſen ſo di poteft . In queſta eſpreſſione adunque di Pomponio la voce manus deeſi riferire a tutt'altra intelligenza , che a quella di po teſtà ; e poichè tal voce è ſtata anche appre fa dai Latini in ſenſo di forza , e di valore di corpo , o d'animo , come la troviamo in tan te locuzioni (a) , non poſſiamo fpiegare il detto VENIRE > DARE , MANU MITTERE fimili . ( a) Nel fenſo di FORZA , VALORE , E CO RAGGIO i Latini han detto MANUS MILITARIS , MA 48 DEL GOVERNO CIVILE detto di Pomponio , ſe non nel ſenſo d ' ef ferli in quelle prime origini della Città re golati gli affari colla forza , col valore , e col la guida di Romolo , come quegli , che tra quelle poche perſone , che ſi unirono ſeco lui nella fondazione della Città , facea la fi gura di Capo e Duce . E queſta intelligen za ci fa intendere altresì tutto il compleſſo del racconto di Pomponio ; poichè , dic'egli, che ne' principi il Popolo vilfe ſenza legge certa , fine lege serta , fine jure certo ; perché prima di ſtabilirſi moltitudine cale di abitanti, che formafle un corpo abile a comporre una Società Civile , non v'era biſogno di formare leggi e regolamenti pubblici , ma tutto re golavaſi con quei medeſimi coſtumi , fecon do i quali erano ſtati educati quegli ſteſli , che unironſi con Romolo ; e perciò dice Pomponio , che ſi vivea ſenza Leggi certe , perché MANUS ARMATA , MANUM CONSERERE, IN JICERE , INFERRE MANUM ALICUI REI IMPONERE , MANU DOCERE , e fimili . E noz Italiani abbiamo ritenuta l'eſpreſione di MANO RE GIA per hgnificare la forza legittima dello Stato di pronta , e spedita eſecuzione . D'L ROMA . 49 perchè allora la Legge era la voce mede ſima del Capo dell'unione , il quale poteva occorrere ad ogni diſordine . Ma quando poi crebbe la moltitudine degli Abitanti , allora biſognava di ſtabilire le Leggi , non poten doli regolare un Corpo Civile colla fola voce parlante del Duce . In fatti le Leggi certe e ſtabilite altro non ſono , che voci mute di chi governa ; e ſiccome per regolare i pic coli Corpi può baltare la voce parlante di chi gli regge , cosi moltiplicataſi l'unione degli abitanti , e pervenuta al grado di formarli un Corpo conſiderabile richiede neceſariamente lo ſtabilimento di Leggi certe , le quali pre ſtino l'uffizio della voce medelima di quel Ceto , preſso di cui riſiede la pubblica pote ftà . Ciò ſuppoſto , fino a tanto che Roina ven ne abitata da piccol numero di perſone , la vo çe parlante di Romolo baſtava per regolare gli affari ; ma moltiplicatoſi il numero , fi do vette venire alle determinazioni delle Leggi certe , non potendoſi altrimenti ſoſtenere un Corpo Civile . Ma prima di ſtabilirfi tali Leg gi non poſſiamo ſupporre , che Romolo co Tom . 11. D man 50 DEL GOVERNO CIVILE mandaffe coll'arbitrario fuo volere ; perchè lo Steffo Po mponio ci aficura , che quando ci fu biſogno di stabilire le Leggi certe , furono queſte determinate colla pluralità de' fuffragi delle Curie , o ſia del Senato ; e poichè non è poſſibile l'immaginare , che il Governo per coså breve tempo dipendeſse dal voler del Mo barca , e che immediatamente poi paffalle nella poteſtà Ariſtocratica , perciò dobbiams conchiudere coll' autorità dello ſteſſo Pompo nio , che fin dal principio la Città fu eretta colla forma del Governo Arittocratico . Ne G può conoſcere altra divertità tra quel tempo , in cui fi vivea ſenza Leggi certe , e quell' altro , che venne immediatamente, in cui furo no ftabilite le Leggi , fe non che in quello la poteſtà degli Ottimati ſpiegavafi colla voce parlante di Romolo , manu Regis , laddove in quefto il Senato fpiegava la ſua poteſtà colla voce muta delle ſtabilite Leggi; ma l' uno e l' altro tempo riconobbe la medeſima forma , Ariſtocratica ; Quindi è ancora , che quelle locuzioni di Pomponio ſine Lege certa , fine's jure certo , non si poſſono apprendere , come fecea DIROMA . 51 fecero alcuni Interpreti , quaſiché il regola mento in quel tenipo folle vario ed inco ftante , perché non ſi può fingere ſocietà di Uomini , che vivano ſotto un yario fiftema di Regolamento , ma ſi debbono riferire a quella intelligenza , che meritano , cioè che tutto veniva preſcritto a voce ſecondo le opportu nità delle contingenze , che ſpiegavali col mezzo di Romolo loro Capo ; perché non v ' era biſogno ancora di ſtabilirſi leggi certe , come figui poi colla moltiplicazione degli abitanti , Siegue Pomponio a narrare , che eſéndoli diviſo il Popolo in trenta Curie , coi di cui ſentimenti li determinavano gli affari , allo ra cominciaffero a ſtabilirli le. Leggi cere te , che furono perciò dette Curiate , come fecero altresi i Re fuoi fucceffori : Et ita le ges quafdam cuo ipſe Curiatas ad Populam tri lit , tulerunt eam fequcntes Reges : 1 qut gł Interpreţi del Dritto Romano per ſoſtenere la fognata Monarchia di Romolo caddero in tun'al tro equivoco nell'apprendere l'eſpreſſione di Pomponio di ferre legem ad populum in fente D2 d'ef 52 DEL GOVERNO CIVILE d'eſſerſi comandate le leggi da Romolo , e dai Re fuoi fucceffori . E febbene una tale interpretazione ſi oppone direttamente a cioc. chè lo ſteſſo Pomponio riferiſce nelle parole antecedenti , cioè che il governo della Re pubblica ſi amminiſtrava per mezzo de' fen timenti delle Curie : propterea quod tuma Reipublicæ curam per ſententias earum partium expediebat ; pure abbagliati da quel guberna bantur manu Regis , ſi videro obbligati a rico noſcere nella perſona di Romolo e degli al tri Re la poteſtà fuprema di comandare le leggi . Siminaginarono dunque , che lo ſta bilimento delle Curie non toglieva al Re la poteſtà Monarchica , poichè febbene il Sena to interveniva nelle deliberazioni dello Stato, pure i ſentimenti delle Curie ſi debbono ri ferire piuttoſto a ragion di conſiglio , e che in conſeguenza la poteſtà di comandare le Leggi riſedeſſe preſſo di Romolo , e ſuoi Re ſucceſſori. Or (dicono eſli) ſe la poteſtà di co mandare le Leggi , al dir di Pomponio , fpie gavaſi dal Re , ne ſiegue , che la forma del Governo debbafi attribuire anzi a Monarchia , che , DI ROMA che ad Ariſtocrazia . Ma io non só intendere con qual fondamento poſſano afcrivere l'e ſpreſſione latina di ferre legem ad populum al fenſo di comandare , e preſcrivere la legge , quando al contrario egli è coſa notiſlima pref fo i Latini , che il ferre legem nella ſua vera intelligenza ſignifica ſemplicemente il propor re la legge per determinarji , o ripudiarſi , e non il preſcriverla , e comandarla ; anzichè qualora dagli Scrittori Latini al ferre legem fi aggiligne ad populum , ad plebem , e ſimili , non v'è eſempio , che foſſe ſtata mai tal lo cuzione appreſa in ſenſo di comandare la leg ge al Popolo , alla Plebe, ma ſempre nel ſen ſo di proporla , per determinarſi dal Ceto del Popolo , o della Plebe ( a ) . E quando la lega ge propoſta veniva coi fuffragi ſtabilita v preſcritta , allora diceaſi lex juſſa , condita ; ſic chè altro era il ferre , altro il jubere legem ; il ferre fignificava proporre , ed il jubere pro D 3 pria ( a ) Vedi Briſſonio de Formulis lib. 2. cap. 17. 2 109. il quale traſcrive i laoghi degli Scrittori Latini ſu sale articolo DEL GOVERNO CIVILE priamente dinotava la determinazione , o sia le juffione della legge . Tra gli altri Scrittori Latini ſono innumerabili i luoghi di Livio , in cui cgli îi avvale dell' eſpreſsione di ferre legem , o pure rogationem , nel ſuo vero ſenſo di propar re , e non già di comandare , e ſoprattutto quando riferiſce le pretenſioni de' Tribuni del la Plebe , in cui fa uſo della voce ferre ine fenſo ſempre di proporre o promuovere , e lis mili , e non mai di preſcrivere , o comandare, perchè i Tribuoi della Plebe non aveano altra facoltà , fe non quella di promuovere , e di eſporre le petizioni del Ceto plebeo , e non già di comandarle . Ma per eller convinti di queſto vero ſenſo ſecondo l'originaria fua fi gnificazione baſta un luogo folo di Livio , in eui eſpreſamente ſi addita la differenza tra "! ferre , e jubere legem . Racconta egli , che pell'anna 372. il Senato -ordinà , che ſi fosſe pro poſto al Ceto plebeo la deliberazione d' intimark la guerra a' Popoli di Veletri . I Patrizi co nofcendo d' eſſerſi laſciata più volte impunitra la ribellione de' cittadini di Veletri , decreta rono, che al più preſto che fosſe poſſibile, ſi pro poneffc DI ROMA SS ponefe,al Ceto plebeo l'affare d' intimarye loro la guerra , e che propoftafi una tal delibera zione tutte le Tribù conſentirono a coman dare' , e determinare una tal guerra . E qui Livio eſpreſſamente fi avvale della voce fer re , quando parla di proporſi l'affare al Ceto plebeo , e della voce jubere , quando riferiſce la juffione della guerra ſeguita coi fuifragj di tutte le Tribù (a ). Egli è vero , che l' eſpreſ Gone di ferre legem é ſtata poi dai Latini tra ſportata anche a fignificare la promulgazione della legge in quelle locuzioni Lata lex eft , e limili ; ma neppure "la trovaremo uſurpata in queſto ſenſo , quando ci ſi aggiugne ad Populum , ad plebem c. perchè allora ritie ne l' originaria ſignificazione di proporre , e non di promulgare (.b). Comunque però fi D4 ap ( a ) Liviv lib. 6. Cap. 21. Id Patres rati contemptu accidere , quod Veliternis Civibus ſuis tamdiu impuni ' ta dete &tio effet , decreverunt , ut primo quoque rem pore ad populum FERRETUR de bello cis indicen do ...... Tum , ut bellum JUBERENT , latum ad Populum eft ; & nequidquam diffuadentibus Tribu nis Plebis , omnes Tribus bellum JUSSERUNT . ( b) Tum ut bellum juberent , LATUM AD PO PULUM EST . Livio loc. cit. 56 DEL GOVERNO CIVILE apprenda , o in ſenſo di proporre , o di pro mulgare , egli è fuor di dubbio , che non mai può ſignificare juffione è determinazione della legge . Ciò ſuppoſto , per ritornare ora a Pomponio, ognun vede , che le di lui parole : Et ito leges quaſdam & ipfe Curiatas ad populum tue lit ; tulerunt ex Sequentes Reges non pofſono apprenderli nel ſenſo , che Romolo , e gli altri Re aveſſero preſcritte le leggi Curiate ſe non vogliamo tacciare il Giureconſulto per ignorante del linguaggio latino , ma quel tu lit ad populum deeſi riferire a quella facoltis che riſedeva ſoltanto preſso la perſona del Re , di proporre gli affari pubblici in Senato , ed in conſeguenza le leggi , la di cui juffio ne nondimeno dipendeva dal fuffragio delle Curie medesime per fententias earum partium , e non dall'arbitrario volere del Re ; e le leg gi fi diſſero Curiate non per altra ragione , ſe non perché vennero preſcritte , e comandate dalle Curie , e non dal volere del Re , quan tunque egli come. Capo del Senato , e come riconoſciuto per lo più abile e favio trai Senapa " DI ROM A 57 Senatori godeſſe la facoltà di proporre cioc chè gli ſembrava più eſpediente per l'ottimo regolamento dello Stato ; ma' una tal prero gativa fu fpiegata' altresì dopo il diſcaccia- , mento de'Re dai Conſoli , dai Tribuni mili tari di poteſtà Confolare , dai Ditcatori , e da altre Magiſtrature di ſublime autorità, le quali tutte proponevano al Senato , alla Plebe , al Po polo tutto , le determinazioni degli affari pub blici , e maſſime delle leggi ; niuno però fin è ſognato finora di aſcrivere la forma del Go verno ſotto i Conſoli a Monarchia , perchè la ragione di Capo d'un Popolo ſenza carat tere di poteſtà aſſoluta non può produrre Monarchia , fe non vogliamo confondere ! idea del Governo Monarchico coll' Ariſtocra tico e Democratico . winno Conchiudiamo adunque. Gli Scrittori chepiù degli altri ci narrano con qualche diſtinzione la forma del Governo tenuta ſotto Romolo , fo no Dioniſio , e Pomponio . Il primo ci de fcrive chiaramente la coſtituzione del Senato , dal di cui arbitrio dipendevano le determina zioni degli affari e l'intiero regolamento dello 58 DEL GOVERNO CIVILE dello Stato , ciocchè eſclude di fatto ogniom bra diMonarchia in perfona di Romolo . Il fecondo non ſolamente non fi oppone a quan to riferiſce Dioniſio , anziché ce lo conferma più chiaramente , prima col riferirci , che nel naſcimento della Città non v'erano leggi cer te e preſcritte , ma che tutto regolavaſi col conſiglio e guida di Romolo , ed indi cot narrarci, che creſciuta in qualche maniera la moltitudine degli abitanti , fu neceffario di venirli allo ſtabilimento delle leggi certe . Quali leggi inſieme col reſto de' pubblici af fari , eſſendoſi diviſo il Popolo in trenta Cu rie , furono preſcritte col fuffragio delle me defime ; ragion , per cui fi diſsero leggi Cum riate; e che finalmente la prerogativa di Rom molo , come Capo del Senato , fi riduceaus alfa - facoltà di proporre predo il Ceto de Se natori ciocchè gli ſembrava opportuno per determinarli gli affari dal Senato medeſimo per ſententias carum partium . In fomma, che Je leggi col reſto delle pubbliche determinazia -ai fi ſtabilivano colla juſsione delle Curie , o fia del Senato , non si può negare per l'alt torita DI ROM A . 1 59 torità di Pomponio , di Dioniſio , di Livio , e di tutti gli Storici , i quali concordemente combinano ſu tale articolo . Il determinarli gli affari per ſententias delle ſteſſe . Curie e de Senatori , in buon latino non può fignifica re pareri confultivi , ma juſsione per mezzo della pluralità de* fuffragi. Quel tulit leges ad populum attribuito a Romolo , ed ai Re fuc celori , altro non contiene , che la facoltà del Re nel proporle , e non già nel comandarle , e prefcriverle . Dunque dai detti degli ſteffi Storici siamo convinţi , che la forma del Gom verno iſtituita fatto Romolo non ebbe nep pur l'ombra dellaMonarchia , perché doves vi è Senato , preffo di cui rilieda la poteftà. ſuprema di decidere gli affari dello Stato , ivi non vi può regnare il Monarca . E per ultimo troviamo nella Storia Civile di Romaun fatto incontraſtabile , che di ſya natura ci dimoſtra , quanto foffe lontano dalla Monarchia il Governo Civile iſtituito foto Romolo . Egli è troppo noto il dritto di Pa tria poteſtà , che eſercitavaſi in Caſa dal Citta dino Romano ſulla ſua famiglia ſenza limiti, @fen . 60 DEL GOVERNO CIVILE 3 e fenza la minima dipendenza dal Re, o dal Senato . Non intendā io qui di quella potefta patria praticataſi nei tempi poſteriori , e maf fime fotto gl’Imperatori , ma di quell'affolu to Impero Paterno eſercitato fin dalla fonda zione di Roma , e che dai Decemviri fu tra- . ſcritto nelle xir. Tavole , come riferiſce Dio-, niſio (a ) . Era certamente la Patria poteſtà di quel tempo fornita d'un aſſoluta dominazio ne ſulla ſua famiglia , finanche verſo i pro prj. Figli , fovra di cui il ' Padre eſercitava dritti di vera Monarchia, com'era l'effer di ſpotico della vita , e della morte loro (b) , eltre dell'arbitraria facoltà di poterli vende re , in manierachè dopo la terza vendita i Fi gli di liberavano dal diſpotiſmo Paterno ( c) . Or queſto dritto Patrio , che con vera efpref fione ( a) Antiq. Rom. lib. 2. ( b ) Sull' autorità di Dioniſio gl' Interpreti del dritco Romano compoſero quel capo di legge delle mit . Tavole con quelle parole : ENDO LIBERIS JUSTIS VITAE NECIS VENUM , DANDIQUE POTE STAS EI ESTO . (c ) SI PATER FILIUM TER VENUM DUIT , FILIUS A PATRE LIBER ESTO : altro capa delle ? DI ROMA. 61 fione da Valerio Maſſimo ( a) e da Quintilia no (b) venne detto Patria Majeſtas , fu eſerci tato dai Romani non ſolamente dal teropo della promulgazione delle XII. Tavole , ma fin da’ pri ra , delle xir . Tavole riferito da Ulpiano tit. 10.5. 1. E Dionifio loc. cit: Romanorum autem legislator ( inc tende di Romolo ) omuem ur breviter dicam , pour teſtatem patri dedit in filium , idque toto vitae tem pore , five in carcerem eum detrudere ; five fla gris caedere , five vinctum ablegare ad ruſtica ope five necare libeat , etiamli filius tractet Rempue. blicam , etiamfi Magiftratus gefferit maximos , etiamſi fudii erga Rempublicam laudem fit promeritus. Jux ta hanc certe legem illuſtres viri pro roftris favente plebe concionantes in Senatus invidiam , fruenteſque aura populari, detracti e ſuggeſto , abducti ſunt apa tribus , poenas daturi ex ipforum fententia ; quos , duin per forum ducerentur , nemo adftantium eripere poterat , non Conſul , non Tribunus , non ipſa turba , cui tuin adulabantur , licet omnem poteſtatem ſua minorem exi ftimans . Taceo , quot viri fortes necati Gnt . a patri bus &c . ... Nec contentus hanc poteſtatem parentibus dediffe Legislator Romanus , permifit etiam vendere fi lium .. Majorem largitus poteſtatem patri in filium , quam hero in mancipiuin ; lervus eniin ſemel venditus , deinde libertatem adeptus , in poſterum fui juris eſt ; fi lius vero a patre venditus , fi liber fieret , rurſum fub ра tris poteftatem redigebatur ; iterum quoque venunda tus , & liberaçus , fervus patris crat tertiam demum yendiționem eximebatur e patris po teſtare & c . (a) Lib. 7. Cap. 7 . ( b ) Declamat. 378 . , ut ante ? poſt 62 DEL GOVERNO CIVILE primi tempi di Roma , poichè Ulpiano ( a ) afferma d'ellerli introdotto moribus , cioè , non per legge ſcritta , ma per antichillimo coftu me Patrio ; Dioniſio (6) lo riferiſce ad una legge di Romolo ; e Papiniano (c) l' attri buiſce ad una legge Regia . Ma Ulpiino a mio giudizio l'indovina meglio di tutti , coll' affermare d'eſerli tal dritto di Patrią poteſtå ricevuto per coſtume ; e la ragione ſi è , perchè una tal poteſtà diſpotica del Padre di famiglia dobbiamo fupporla nata inſieme col la coſtituzione delle Famiglic medefime , e prima che quefte conveniſſero a formare So cietà Civile , ſicchè troyandofi tal coſtuine già introdotto nello Stato di famiglie , natu ralmente fu conſervato e ritenuto dalle Fa miglie , che convennero con Romolo nella fon dazione di Roma . In fatti tal coſtume trovali quaſi uniforme in tutte le Nazioni ne'loro for gimenti per le chiare teſtimonianze degli an tichi (a) L. 8. de his , qui ſunt fui , vel alieni juris. ( b ) Loc. cit. ( c ) Collar. leg. Mofaic. tit. 4. ). 8 . DI KO MA . 63 3 tichi Scrittori (a ) . E ſebbene Triboniano (b ) credette , che folle queſto dritto proprio de' Romani , pure s'inganno , forſe dall' avere of fervato , che ne’tempi , in cui i Romani eſer citarono queſto dritto con aſſoluta poteſtà , e. nel maſſimo ſuo rigore , l'altre Nazioni l'avea. no già raddolcito con ridurlo a limiti più be. nigni ed umani , come avvenne altresì pref fo gli itefli Romani , mallime fotto gl'Im peradori , nella di cui età la poteità Patria decadde in buona parte dall'antico fuo ri gore . Comunque sia , quanto al preſente ar gomento çi baſta di potere afficu are colla tea ftimonianza di tanti Scrittori , che il Diſpo tilmo Patrio fu eſercitato da'Romani fin dai primi tempi di Romolo . Qui cade in acconcio di riflettere ciocche gli Storici ci narrano dell'accuſa d'Orazio per aver ucciſa la Sorella in atto , che ritornava trion ( a) Ariftotele Nicomache lib . 8. cap. 10. Cefare lib. 6. de bell. Gill. cap. 9. Plutarco in Lucullo · Giustiniane Novel la 1 34 • ( b ) Inf . lib . 1. tit. 9. 1. 2 . 64 : DEL GOVERNO CIVILE trionfante per la vittoria contro i Curiazi . Dioniſio fembrami', che racconti il fatto al ſai meglio di Livio , allorchè cinarra l'accuſa , e'l giudizio d'Orazio , in cui non fa men zioné né del Giudizio de' Duum viri , nè dell' appellazione propoſta da Orazio al Popolo , che ſono le due circoſtanze che fi leggo no in Livio (a ) ; ma ſemplicemente ci rac conta , che füll'accuſa propoſta da taluni con tro Orazio al Re Tullo , il Padre di Orazio , oltre di aver dichiarato di non meritare fuo Figlio la minima pena , pretendeva, che un tal giudizio apparteneſſe privativamente alla di lui cognizione , tractandoſi d'un fatto acca duto tra i ſuoi figli , e che in confeguen za per dritto di poteſtà Patria dovea egli ef fere il giudice di queſta Cauſa (b) . Ma il Re per una parte credeva anch'egli di doverli af fólann (a) Lib. 1. cap 26. (b) Dioniſ. Antiquit. Romanarum lib. 3. Pater contra patrocinabatur filio , acculans filiam , & negans eam dicendam cædem , fed poenam verius , poftulabatque fibi de fuis malis permitçi Judicium ut qui ambo rum effet Pater . 2 • Í Ř OM Å 68 folvere Orazio io benemerenza della vittoria ed in conſiderazione dell'inſulto di parole fat to dalla Sorella al Fratello in tempo , che aſpettava dà lei piùcche da ogni altro lode , ed applauſo per un'opera egregia preſtata alla Pa tria ; è molto più à cagione , che il Padre preſſo di cui rifedevå fecondo i coſtumi di que' tempi l'indipendente poteſtà di giudica re ſulle perſone de propri Figli fi era dichia rato d'averlo già adoluto (a ) .Dall'altra parte il Re temeva il tumulto Popolare eccitato dagli emuli , ed inimici d'Orazio . Tra tali dubbiezze pensò di prendere l'eſpediente di rimettere la cognizione della Caufa al Popo lo , il quale confermò il giudizio Paterno con affolvere l' accufato Orazio . Un tale rac conto è molto più verifimile di quel ; che ci narra Livio fúl giudizio de ' Duumviri, e dell' appellazione propoſta da Orazio al Popolo ; poichè in que' tempi l'Impero Paterno eras Tomo 11. E nel ( a ) Dioniſ. loc. cit. Praeſertim patrc quoque ipſum abfolvente , quem potiſſimum Filiae ultorem jus * natura fecerar : 66 DEL GOVERNO CIVILE nel ſuo miglior vigore ; nè il Re fenza of fendere le leggi del Patrio Impero potea to gliere il giudizio di queſta Cauſa dallauto gnizione del proprio Padre , e tasferirlo ai Duumviri , e molto meno in ſimili Cauſe era permello al Popolo di prenderne cognizio ne in pegiudizio del dritto Paterno ; Ma la contingenza ſtraordinaria d ' eſſerſi mella, la Città in rivolta per queſto fatto , produſela neceflità di ſedarſi il tumulto coll’eſpedien te politico di rimettere l'affare al giudizio del Popolo , e l' Impero privato del Padre dovette cedere alla ragione della pubblica tranquillità ... E quindi intendiamo ancora la ragione , per cui Dioniſio riferiſce , che que Ita fu la prima volta , in cui il Popolo preſe cognizione d ' un giudizio Capitale (a) , non gia perchè prima di queſto tempo non aveſſe mai il Senato giudicato di delitti capitali , come (a) Pion. lor. cit. Populus autem Romanus tum pri mum Capitalis Judicii poteftatem nactus , compro bavit Patris fententiam Juvenemque abſolvit a cac dis crimine , DI ROMA .. 67 come ſe prima non foſſero mai accadute con tingenze fimili o fe al Senato , che gode vala ſuprema poteſtà del Governo folle mancata fino allora quella di poter giudica re di delitti Capitali ; Ma l'eſſere ſtata que. fta la prima volta , in cui eſercitoſli dal Po polo il dritto di giudicare d ' un delitto Ca pitale , deeſi riferire al fatto particolare , di cui ſi trattava , cioè alla poteſtà di giudicare d'un Figlio di Famiglia contro il ricevuto ca ſtume dell'Impero Paterno , a cui privativa mente ne apparteneva la cognizione . Or per tornare al noſtro propoſito diciamo, che fe que? Scrittori, i quali s'immaginarono , che Romolo infieme coi Re ſucceſſori fpiegaro no carattere di Poteſtà Monarchica, aveſsero fat to oſſervazione ſull'Impero Patrio , e familia re praticato da ’ Romani fin dalla fondazione della Città , ſi ſarebbero accorti dell' impof ſibilità di poterſi unire inſieme Monarchia , Civile prello del Re , e Monarchia familiare preſſo i privati Cittadini ; poichè chi dice Monarchia familiare prello de' privati Citta dini cfclude ogni ombra di Monarchia preſſo E 2 il 68 DEL GOVERNO CIVILE ma dello il Re ; e la ragione ſi è , perchè fe i Padri di famiglia ſenza la minima dipendenza non folamente del Capo del Senato fteſſo Senato regnante erano gli aſſoluti Mo narchi dell'intiera loro famiglia , ſia de ' figli, fia dei fervi , e famoli , come mai poſſiamo figurarci , che tali Monarchi familiari foſſero nel tempo ſteſſo ſoggetti alla Monarchia Ci vile ? Chiamaſi Monarchia Civile quello fta TO , in cui tutto l'intero Corpo Civile in tutte le ſue faccende pubbliche e private trovali ſoggetto all'autorità fuprema d'un folo che comanda . Or chi non vede la manifeſta diſſonanza e contradizione nel ſupporre il Ceto 'de' Cittadini fornito di po* teftà ſuprema, ed indipendente nella fua fa miglia , é foggetto nel tenipo Ateſo al Mo narca ? E come mai poſſono fingerfi unite in ſieme poteſtà fuprema , e foggezzione ? In tutte le Società Civili , ove regna la Monar chia , non trovaremo mai poteftà familiare in dipendente dal Monarca , perchè l'una eſclu de direttamente l'altra . In fatti tali poteft:s private in perſona de' Cittadini non pollonio altri 3 1 1 1 DI ROMA . 69 altrimenti eſercitarſi , fe non in quelle Socie tà Civili , che ſiano governate colla formas Ariſtocratica perchè tal forma di Gover no ſolamente può comportare diviſioni di po teſtà pubblica , e privata ; pubblica preſso il Ceto degli Ottimati e privata preſo le perſone particolari degli ſteſſi rappreſentan ti della Repubblica , i quali ſpiegano la po teſtà pubblica , quando uniti inſieme com pongono l'autorità regnante , e la privata , quando ſeparatamente regolano gli affari para ticolari delle loro famiglie : Or quanto tal diviſione di poteftà pubblica , e privata è comportabile call' Ariſtocrazia , altrettanto fi oppone direttamente alla Monarchia veggiamo colla ſperienza , la quale coſtan temente ci atteſta , che la Monarchia non mai ammette un tale impero paterno nelle famiglie , come in fatti avvenne preſſo i Ro mani in tempo , che la Repubblica cadde nella poteſtà aſſoluta del Monarca . Ne poſliamo figurarci , che la poteſtà fa niliare de' Romani foſſe ſtata in qualche ma niera ſubordinata alla poteſtà pubblica ; pero E 3 chè 9 come / 70 DEL GOVERNO CIVIL E ché ſono troppo chiare le teſtimonianze de gli Storici, come abbiam veduto , dalle quali Siamo a ſacurati , che l'Impero Paterno de' Romani in que' tempi avea carattere di po teſtà aſſoluta ; ed indipendente ; e quando al tro mancaffe il dritto vite e necis , e di vendere i propri figli ci dimoſtra chiaramen te , che non potea eſſere un dritto ſubordina to ; poichè i dritti ſubordinati , e dipendenti riconoſcono neceffariamente certi confini, ol tre de' quali non lice di eſercitarli; ma qualo ra ſi tratta di dritto ſulla vita , ch' ċ l'ulti mo termine di ogni poteſtà aſſoluta ſi poſſa uſare ſulle perſone , ceſsa ogni ſoſpetto di ſubordinazione ; ed oltracciò colle chiare teſtimonianze degli Storici ſiamo convinti , che l'impero paterno di fatto fu eſercitato da’ Romani ſenza la minima dipendenza del la poteſtà pubblica . Dunque non abbiam cam po da fuggire da quel dilemma , cioè , che o fi dee ammettere per punto di Storia certa , che quei Padri di famiglia eſercitavano poteſtà fuprema in caſa , e non poſſiamo fingere poteſtà Monarchica Civile ; o fe vogliamo nega DI ROMA . 71 negare tal poteſtà familiare ai Padri di fami glia , allora ci ſi chiude affatto la ſtrada di fapere la Storia Civile di Roma ; perchè fe voglianio mettere in dubbio i punti di Sto ria confermatici concordemente da tutti gli Scrittori, non ſiamo più in grado di dar fe de a tutto il reſto. Grice: “Unfortunately, Duni, being the elitist he is, spends more time on the monarchy than the republic, and focuses on the concept of ‘citizen.’ Emanuele Duni. Duni. Keywords: costume, o sia sistema di dritto [sic] universale,  diritto universale – diritto filosofico -- Vico, filologia, Roma, universalita – Cicerone e buono. Cicerone e onesto – Cicerone dice la verita. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Duni” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51691454043/in/photolist-2mLMxLY-2mKC3nj-2mKNdog

 

Grice e Duso – Romolo e compagnia – filosofia italiana – Luigi Speranza (Treviso). Filosofo. Grice: “While Duso is right that Hegel makes constitution and freedom analytically connected, the Romans didn’t! -- Grice: “My favourite Duso is his study of Hegel on freedom and the constitution – but Duso, who could have drawn from ‘diritto romano’ doesn’t!” Studioso dei concetti della politica moderna e riconosciuto per i suoi interventi su Althusius e sul giusnaturalismo. Studia a Padova. Si laurea con “Hegel interprete di Platone” (cf. “L’influenza di Hegel su Platone”). Assistente di Storia della filosofia e Professore di Storia della logica. Insegna a Padova. Dirige un Gruppo di ricerca sui concetti politici. È stato membro della redazione delle riviste "Il Centauro" e Laboratorio politico. Membro della Direzione della rivista "Filosofia politica", membro fondatore dell'associazione "Centro di ricerca sul lessico politico europeo", insieme a Roberto Esposito, Alessandro Biral, Adone Brandalise, Nicola Matteucci e altri. Fonda con alcuni colleghi il Centro Inter-Universitario di Ricerca sul Lessico Politico e Giuridico Europeo (CIRLPGE), con sede presso l'Istituto suor Orsola Benincasa a Napoli, di cui è Direttore. Ha tenuto corsi di Storia della Filosofia politica, di Filosofia politica e di Analisi dei Linguaggi e dei Concetti Politici a Padova. In occasione della sua ultima lezione "ufficiale", gli allievi del gruppo di ricerca padovano sui concetti politici hanno edito in suo onore il volume "Concordia discors”.  Il 27 maggio  l'Universidad Nacional de San Martín gli conferisce la laurea honoris causa per il suo lavoro accademico in quanto "costituisce un fondamento teorico indispensabile per comprendere l'attualità" -- è tra i principali fautori italiani di una riflessione sui concetti del politico, che si inserisce nel solco della Begriffsgeschichte tedesca di Brunner, Conze, Koselleck. Nei confronti di quest'ultima il gruppo padovano coordinato da Duso ha elaborato una originale linea di ricerca caratterizzata in modo duplice dalla filosofia: in primo luogo in quanto i concetti che si affermano e si diffondono con la Rivoluzione francese sono esamila loro genesi, che avviene nell'ambito delle dottrine del ‘contratto’sociale e dei sistemi di ‘diritto’ naturale; ma soprattutto perché filosofico è il movimento di pensiero di chi pratica una storia concettuale consistente nell'interrogare e mettere in questione (nel senso dell'elenchos socratico) il concetto (‘diritto’, ‘ius’, ‘uguaglianza’, ‘libertà’ ‘potere’ ‘democrazia’) che sono in genere ritenuti ovvii sia nel dibattito intellettuale, sia nella lotta politica. La storia concettuale consiste in questo modo nel comprendere la genesi, la logica e le aporie dei fondamentali concetti politici. "Storia dei concetti" (Begriffsgeschichte) compare per la prima volta nelle “Vorlesungen über die Philosophie der Geschichte” diHegel. Stanti le caratteristiche di quel testo, non si sa se ‘Begriffsgeschichte’ sia di conio hegeliano, o non piuttosto frutto di interpolazione. Esso allude ad una delle tre modalità storiografiche discusse da Hegel, ed in particolare alla "storia interpretativa" (“reflektierte Geschichte”), che indirizza la storia generale o storia del mondo o storia universale (“Weltgeschichte”) alla filosofia, da un punto di vista universale. Quest'uso della “Begriffsgeschichte” resta senza seguito. La tradizione storico-concettuale evolve invece, tra il XVIII secolo ed il XIX, nell'alveo della lessicografia filosofica.   Nella riflessione di Duso, la filosofia politica da una parte coincide con il lavoro critico della storia concettuale, e dall'altra tende, sulla base delle aporie emerse, a trovare linee di orientamento per un nuovo pensiero della politica. In tal modo viene messa in questione la modalità generalmente accettata di pensare la politica, che ha la sua radice nello sviluppo teorico che va dalla nascita della sovranità sulla base del concetto di ‘libertà’ ai concetti fondamentali delle nostre costituzioni democratiche, in particolare ‘sovranità del popolo’ e ‘rappresentanza politica’. Il lavoro critico sul concetto ha perciò una sua ricaduta nella messa in questione del dispositivo formale sia della ‘democrazia rappresentativa’ che della ‘democrazia diretta’, e nel tentativo di pensare la politica mediante nuove categorie.  Altre opere: “Hegel e Platone, Padova; Contraddizione e dialettica nella formazione in Fichte, Argalìa, Urbino; Weber: razionalità e politica Arsenale, Venezia; La politica oltre lo Stato: Carl Schmitt Arsenale, Venezia; Il contratto nella politica (Il Mulino, Bologna); Filosofia politica e pratica del pensiero: Eric Voegelin, Leo Strauss e Hannah Arendt” (FrancoAngeli, Milano); “Il potere. Per la storia della filosofia politica modernaCarocci, Roma (disponibile su cirlpge); “La logica del potere. Storia concettuale come filosofia politica” (Laterza, Roma-Bari (Polimetrica, Monza  (disponibile su cirlpge); “La libertà nella filosofia classica tedesca. Politica e filosofia tra Kant, Fichte, Schelling e Hegel (ed. con G. Rametta), Milano, FrancoAngeli); “La rappresentanza politica: genesi e crisi del concetto, Franco Angeli Milano, cirlpge)(Duncker & Humblot, Berlin, 2006 (disponibile su cirlpge); “Oltre la democrazia. Un itinerario attraverso i classici” (Carocci, Roma); Sui concetti giuridici e politici della costituzione dell'Europa (ed. con S. Chignola), FrancoAngeli, Milano, Polimetrica, Monza;  Ripensare la costituzione. La questione della pluralità, (ed. con M. Bertolissi e Antonino Scalone), Polimetrica, Monza, (disponibile su cirlpge) Storia dei concetti e filosofia politica, (con Sandro Chignola), FrancoAngeli, Milano; Come pensare il federalismo? Nuove categorie e trasformazioni costituzionali (ed. con A. Scalone), Polimetrica, Monza  (disponibile su cirlpge). Santander, Il concetto di ‘libertà’ e costituzione repubblicana nella filosofia politica di Kant, Polimetrica, Monza,  (disponibile su cirlpge) Ripensare la rappresentanza alla luce della teologia politica, in «Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno», (centropgm.unifi) Libertà e costituzione in Hegel” (FrancoAngeli, Milano,  Parti o partiti? Sul partito politico nella democrazia rappresentativa, in «Filosofia politica» cirlpge); “Buon governo e agire politico dei governati: un nuovo modo di pensare la democrazia? (A proposito di Rosanvallon, Le bon gouvernement), in «Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno», centropgm.unifi.  libri scaricabili gratuitamente in formato dal sito del Centro Interuniversitario di Ricerca sul Lessico Politico e Giuridico Europeo. Nello stesso sito sono disponibili inoltre altri saggi dello stesso autore.  Carl Schmitt Georg Wilhelm Friedrich Hegel Johann Gottlieb Fichte Roberto Esposito Alessandro Biral Adone Brandalise Gianfranco Miglio. CIRLPGE: Sito Ufficiale. Grice: “I consider myself, like Rawls, a contractualist – my steps towards a quasi-contractualism, are formulated elsewhere.” Grice: “I should not be confused with Grice – a FULL-BLOWN contractualist!” Grice: “’May’ only has one sense – it may rain, you may run. Credibility and desirability modalities are not Fregeian senses! ‘may’ is aequi-vocal. In Latin it is more obvious, since there is only ‘possum’ for ‘I may’. ‘Can’ is of course a solecism!” Giuseppe Duso. Bepi Duso. Keywords: Plato-Hegel, Aristotle-Kant – Plathegel, Ariskant – zoon politikon – contratto sociale – democrazia – repubblica – il primo contrattualista cita Aristotele – Contratto nel diritto romano – aporia della rappresentazione – concetto di politica, concetto di soveranita – concetto di potere – io posso – concetto di liberta – la filosofia politica italiana – l’influenza di Fichte nell’idealismo rivoluzionario del risorgimento --. Regime di governo – storia del concetto – aporia del concetto --  Welsh philosopher Geoffrey Russell Grice, modalita, verbo modale, verbo servile, verbo aussiliare, puo, posso, possiamo. Modalita aletica o doxastica (posso passarti la sale) e deontica (puoi ma non puoi – you can but you may not --. Contract, pact, compact. Foundations of morality – contract in ethics, meta-ethics, politics, meta-politics.  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Duso: zoon politikon” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51763550735/in/dateposted-public/

 

Grice ed Eco – il nome del nome – filosofia italiana – Luigi Speranza (Alessandria). Filosofo. Grice: “Eco thought that his “Guglielmo da Bascavilla” was a clever composite of Holmes, who deciphered the enigma of the Baskervilles, and William Occam – and has his tutee claim that he died of the black plague – but Gal has now discovered he did not!” -- Eco philosophised at the oldest varsity, BolognaGrice: “Of course, ‘varsity’ is over-rated, as I’m sure Cicero would agree!” -- Grice: “I would not call Eco a philosopher, since his dissertation is on aesthetics in Aquinas! Plus, he wrote a novel!” -- scuola bolognese-- possibly, after Speranza, one of the most Griceian of Italian philosophers (Only Speranza calls himself an Oxonian, rather!“Surely alma mater trumps all!”). Figlio di Giulio, un impiegato nelle Ferrovie, e Rita Bisio, conseguì la maturità al liceo classico Giovanni Plana di Alessandria, sua città natale. Tra i suoi compagni di classe, vi era il fisarmonicista Gianni Coscia, con il quale scrisse spettacoli di rivista. In gioventù fu impegnato nella GIAC (l'allora ramo giovanile dell'Azione Cattolica) e nei primi anni cinquanta fu chiamato tra i responsabili nazionali del movimento studentesco dell'AC (progenitore dell'attuale MSAC). Abbandonò l'incarico (così come avevano fatto Carlo Carretto e Mario Rossi) in polemica con Luigi Gedda. Durante i suoi studi universitari su Tommaso d'Aquino, smise di credere in Dio e lasciò definitivamente la Chiesa cattolica; in una nota ironica, in seguito commentò: «si può dire che lui Tommaso d'Aquino mi abbia miracolosamente curato dalla fede».  Laureatosi in filosofia a Torino (agli esami riportò sempre 30/30, anche con lode, tranne quattro casi: filosofia teoretica e letteratura latina, in cui ottenne 29/30, e storia della letteratura italiana e pedagogia, entrambi superati con 27/30)  con relatore Pareyson e tesi sull'estetica di San Tommaso d'Aquino (controrelatore Augusto Guzzo), cominciò a interessarsi di filosofia e cultura medievale, campo d'indagine mai più abbandonato (vedi il volume Dall'albero al labirinto), anche se successivamente si dedicò allo studio semiotico della cultura popolare contemporanea e all'indagine critica sullo sperimentalismo letterario e artistico. Pubblicò il suo primo libro, un'estensione della sua tesi di laurea dal titolo Il problema estetico in San Tommaso. Partecipò e vinse un concorso della Rai per l'assunzione di telecronisti e nuovi funzionari; con Eco vi entrarono anche Furio Colombo e Gianni Vattimo. Tutti e tre abbandonarono l'ente televisivo entro la fine degli anni cinquanta. Nel concorso successivo entrarono Emmanuele Milano, Fabiano Fabiani, Angelo Guglielmi, e molti altri. I vincitori dei primi concorsi furono in seguito etichettati come i "corsari" perché seguirono un corso di formazione diretto da Pier Emilio Gennarini e avrebbero dovuto, secondo le intenzioni del dirigente Filiberto Guala, "svecchiare" i programmi. Con altri ingressi successivi, come quelli di Gianni Serra, Emilio Garroni e Luigi Silori, questi giovani intellettuali innovarono davvero l'ambiente culturale della televisione, ancora molto legato a personalità provenienti dall'EIAR, venendo in seguito considerati come i veri promotori della centralità della RAI nel sistema culturale italiano.  Dall'esperienza lavorativa in RAI, incluse amicizie con membri del Gruppo 63, Eco trasse spunto per molti scritti, tra cui il celebre articolo Fenomenologia di Mike Bongiorno. Codirettore editoriale della casa editrice Bompiani. Pubblicò il saggio Opera aperta che, con sorpresa dello stesso autore, ebbe notevole risonanza a livello internazionale e diede le basi teoriche al Gruppo 63, movimento d'avanguardia letterario e artistico italiano che suscitò interesse negli ambienti critico-letterari anche per le polemiche che destò criticando fortemente autori all'epoca già "consacrati" dalla fama come Carlo Cassola, Giorgio Bassani e Vasco Pratolini, ironicamente definiti "Liale", con riferimento a Liala, autrice di romanzi rosa. Ebbe inizio anche la sua carriera universitaria che lo portò a tenere corsi, in qualità di professore incaricato, in diverse università italiane: Torino, Milano, Firenze e, infine, Bologna dove ha ottenuto la cattedra di Semiotica, diventando Professore. All'Bologna è stato fra i fondatori del primo corso di laurea in DAMS, poi è stato direttore dell'Istituto di Comunicazione e spettacolo del DAMS, e in seguito ha dato inizio al corso di laurea in Scienze della comunicazione. Infine è divenuto Presidente della Scuola Superiore di Studi Umanistici, fondata nel 2000, che coordina l'attività dei dottorati bolognesi del settore umanistico, e dove ha ideato il Master in Editoria Cartacea e Digitale.  Nel corso degli anni ha insegnato come professore invitato alla New York University, Northwestern University, Columbia University, Yale, Harvard (Norton lectures sponsored by the Department of Romance Languages), University of California-San Diego, Cambridge, Oxford – Weidenfeld lectures at the female-only St. Anne’s, São Paulo e Rio de Janeiro, La Plata e Buenos Aires, Collège de France, École normale supérieure (Parigi). Nell'ottobre 2007 si è ritirato dall'insegnamento per limiti di età. Dalla fine degli anni cinquanta, Eco cominciò a interessarsi all'influenza dei mass media nella cultura di massa, su cui pubblicò articoli in diversi giornali e riviste, poi in gran parte confluiti in Diario minimo e Apocalittici e integrati. Apocalittici e integrati (che ebbe una nuova edizione) analizzò con taglio sociologico le comunicazioni di massa. Il tema era già stato affrontato in Diario minimo, che includeva tra gli altri il breve articolo Fenomenologia di Mike Bongiorno.  Sullo stesso tema, ssvolse a New York il seminario Per una guerriglia semiologica, in seguito pubblicato ne Il costume di casa e frequentemente citato nelle discussioni sulla controcultura e la resistenza al potere dei mass media.  Significativa fu anche la sua attenzione per le correlazioni tra dittatura e cultura di massa ne Il fascismo eterno, capitolo del saggio Cinque scritti morali, dove individuava le caratteristiche, ricorrenti nel tempo, del cosiddetto "fascismo eterno", o "Ur-fascismo": il culto della tradizione, il rifiuto del modernismo, il culto dell'azione per l'azione, il disaccordo come tradimento, la paura delle differenze, l'appello alle classi medie frustrate, l'ossessione del complotto, il machismo, il "populismo qualitativo Tv e Internet" e altre ancora; da esse e dalle loro combinazioni, secondo Eco, è possibile anche "smascherare" le forme di fascismo che si riproducono da sempre "in ogni parte del mondo".  In un'intervista del 24 aprile  mise in evidenza la sua visione rispetto a , della quale Eco si definiva un "utente compulsivo", e al mondo dell'open source. Pubblicò il suo primo libro di teoria semiotica, La struttura assente, cui seguirono il fondamentale Trattato di semiotica generale e gli articoli per l'Enciclopedia Einaudi poi riuniti in Semiotica e filosofia del linguaggio.  Fondò VersusQuaderni di studi semiotici, una delle maggiori riviste internazionali di semiotica, rimanendone direttore responsabile e membro del comitato scientifico fino alla morte. È anche stato segretario, vicepresidente e dal 1994 presidente onorario della IASS/AIS ("International Association for Semiotic Studies"). È stato invitato a tenere le prestigiose conferenze Tanner (Cambridge), Norton (Harvard), Goggio (Toronto), Weidenfeld lectures on comparative literature and translation, sponsored by the female-only college St. Anne’s (Oxford,) e Richard Ellmann (Università Emory). Collaborò sin dalla sua fondazione, nel 1955, al settimanale L'Espresso, sul quale tenne in ultima pagina la rubrica La bustina di minerva (nella quale, tra l'altro, dichiarò di aver contribuito personalmente alla propria voce su ), ai giornali Il Giorno, La Stampa, Corriere della Sera, la Repubblica, il manifesto e a innumerevoli riviste internazionali specializzate, tra cui Semiotica (fondata da Thomas Albert Sebeok), Poetics Today, Degrès, Structuralist Review, Text, Communications (rivista parigina del EHESS), Problemi dell'informazione, Word & Images, o riviste letterarie e di dibattito culturale quali Quindici, Il Verri (fondata da Luciano Anceschi), Alfabeta, Il cavallo di Troia, ecc.  Collaborò alla collana "Fare l'Europa" diretta da Jacques Le Goff con lo studio La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea,  in cui si espresse a favore dell'utilizzo dell'esperanto. Tradusse gli Esercizi di stile di Raymond Queneau (nel 1983) e Sylvie di Gérard de Nerval (entrambi presso Einaudi) e introdusse opere di numerosi scrittori e di artisti. Ha anche collaborato con i musicisti Luciano Berio e Sylvano Bussotti.  I suoi dibattiti, spesso dal tono divertito, con Luciano Nanni, Omar Calabrese, Paolo Fabbri, Ugo Volli, Francesco Leonetti, Nanni Balestrini, Guido Almansi, Achille Bonito Oliva o Maria Corti, tanto per nominarne alcuni, hanno aggiunto contributi non scritti alla storia degli intellettuali italiani, soprattutto quando sfioravano argomenti non consueti (o almeno non ritenuti tali prima dell'intervento di Eco), come la figura di James Bond, l'enigmistica, la fisiognomica, la serialità televisiva, il romanzo d'appendice, il fumetto, il labirinto, la menzogna, le società segrete o più seriamente gli annosi concetti di abduzione, di canone e di classico.[senza fonte]  Grande appassionato del fumetto Dylan Dog, a Eco è stato fatto tributo sul numero 136 attraverso il personaggio Humbert Coe, che ha affiancato l'indagatore dell'incubo in un'indagine sull'origine delle lingue del mondo. È stato inoltre amico del pittore e autore di fumetti Andrea Pazienza che fu suo allievo al DAMS di Bologna, e ha scritto la prefazione a libri di Hugo Pratt, Charles Monroe Schulz, Jules Feiffer e Raymond Peynet. Scrisse la presentazione di "Cuore" a fumetti, di F. Bonzi e Alain Denis, pubblicata su "Linus".Esordì nella narrativa. Il suo primo romanzo, Il nome della rosa, riscontrò un grande successo sia presso la critica sia presso il pubblico, tanto da divenire un best seller internazionale tradotto in 47 lingue e venduto in trenta milioni di copie. Il nome della rosa è stato anche tra i finalisti del prestigioso Edgar Award nel 1984 e ha vinto il Premio Strega.[26] Dal lavoro fu tratto anche un celebre film con Sean Connery.  Pubblicò il suo secondo romanzo, Il pendolo di Foucault, satira dell'interpretazione paranoica dei fatti veri o leggendari della storia e delle sindromi del complotto. Questa critica dell'interpretazione incontrollata viene ripresa in opere teoriche sulla ricezione (cfr. I limiti dell'interpretazione). Romanzi successivi sono L'isola del giorno prima (1994), Baudolino (2000), La misteriosa fiamma della regina Loana, Il cimitero di Praga () e Numero zero (), tutti editi in italiano da Bompiani.  Nel  è stata pubblicata una versione "riveduta e corretta" del suo primo romanzo Il nome della rosa, con una nota finale dello stesso Eco che, mantenendo stile e struttura narrativa, è intervenuto a eliminare ripetizioni ed errori, a modificare l'impianto delle citazioni latine e la descrizione della faccia del bibliotecario per togliere un riferimento neogotico. Molte opere furono dedicate alle teorie della narrazione e della letteratura: Il superuomo di massa, Lector in fabula, Sei passeggiate nei boschi narrativi, Sulla letteratura, Dire quasi la stessa cosa (sulla traduzione). È stato inoltre precursore e divulgatore dell'applicazione della tecnologia alla scrittura.  In contemporanea alla nomina di "guest curator" (curatore ospite) del Louvre, dove organizzò una serie di eventi e manifestazioni culturali, uscì per Bompiani Vertigine della lista, pubblicato in quattordici paesi del mondo.  Nel  Bompiani pubblicò una raccolta dal titolo Costruire il nemico e altri scritti occasionali, che raccoglie saggi occasionali che spaziano nei vari interessi dell'autore, come quello per la narratologia e il feuilleton ottocentesco. Il primo saggio riprende temi già presenti ne Il cimitero di Praga. Muore nella sua casa di Milano a causa di un tumore del pancreas che lo aveva colpito due anni prima. I funerali laici si sono svolti  nel Castello Sforzesco di Milano, dove migliaia di persone si sono recate per l'ultimo saluto. Sono state eseguite due composizioni alla viola da gamba e al clavicembalo: Couplets de folies (Les folies d'Espagne) dalla Suite n. 1 in re maggiore dai Pièces de viole, Livre II di Marin Marais e La Folia dalla Sonata per violino e basso continuo in re minore, di Arcangelo Corelli. Nel proprio testamento Eco ha chiesto ai suoi familiari di non autorizzare né promuovere, per i dieci anni successivi alla sua morte alcun seminario o conferenza su di lui. Il corpo di Eco è stato infine cremato. La moglie, Renate Eco-Ramge, rifiutando la proposta di tumularne le ceneri nel Civico Mausoleo Garbin, ex edicola privata del Cimitero Monumentale di Milano ora provvista di piccole cellette destinate a ceneri o resti ossei di personalità artistiche illustri, ne ha preferito la conservazione privata, con il progetto di costruire un'edicola di famiglia nel medesimo cimitero. Nei suoi romanzi, Eco racconta storie realmente accadute o leggende che hanno come protagonisti personaggi storici o inventati. Inserisce nelle sue opere accesi dibattiti filosofici sull'esistenza del vuoto, di Dio o sulla natura dell'universo.  Attratto da temi piuttosto misteriosi e oscuri (i cavalieri Templari, il sacro Graal, la sacra Sindone ecc.), nei suoi romanzi gli scienziati e gli uomini che hanno fatto la storia sono spesso trattati con indifferenza dai contemporanei.  L'umorismo è l'arma letteraria preferita dallo scrittore di Alessandria, che inserisce innumerevoli citazioni e collegamenti a opere di vario genere, conosciute quasi esclusivamente da filologi e bibliofili. Ciò rende romanzi come Il nome della rosa o L'isola del giorno prima un turbinio variopinto di nozioni di carattere storico, filosofico, artistico e matematico.  Centrale ne Il nome della rosa è la questione del riso, post-modernisticamente declinata.  Ne Il pendolo di Foucault Eco affronta temi come la ricerca del sacro Graal e la storia dei cavalieri Templari, facendo numerosi cenni ai misteri dell'età antica e moderna, rivisitati in chiave parodistica.  Ne L'isola del giorno prima l'umanità intera è simboleggiata dal naufrago Roberto de la Grive, che cerca un'isola al di fuori del tempo e dello spazio.  In Baudolino dà vita ad un picaresco personaggio medioevale tutto dedito alla ricerca di un paradiso terrestre (il regno leggendario di Prete Giovanni).  Ne La misteriosa fiamma della regina Loana riflette sulla forza e sull'essenza stessa del ricordo, rivolto, in questo caso, ad episodi del XX secolo.  Il cimitero di Praga è incentrato sulla natura del complotto e, in particolar modo, sulla storia 'europea' del popolo ebraico.  Il suo ultimo romanzo, Numero zero, riprendendo temi da sempre cari all'autore (il falso, la costruzione del complotto e delle notizie) si sofferma sulla storia italiana recente, narrando fatti realmente accaduti, ma riletti attraverso una chiave complottistica. Fu tra i 757 firmatari della lettera aperta a L'Espresso sul caso Pinelli e successivamente della autodenuncia di solidarietà a Lotta Continua, in cui una cinquantina di firmatari esprimevano solidarietà verso alcuni militanti e direttori responsabili del giornale, inquisiti per istigazione a delinquere. I firmatari si autodenunciavano alla magistratura dicendo di condividere il contenuto dell'articolo. Peraltro le severe critiche di Eco al terrorismo e ai vari progetti di lotta armata sono contenute in una serie di articoli scritti sul settimanale L'Espresso e su Repubblica, specie ai tempi del caso Moro (articoli poi ripubblicati nel volume Sette anni di desiderio). In effetti l'arma che ha caratterizzato l'impegno politico di Eco è diventata l'analisi critica dei discorsi politici e delle comunicazioni di massa.  Questo impegno è sintetizzato nella metafora della guerriglia semiologica dove si sostiene che non è tanto importante cambiare il contenuto dei messaggi alla fonte ma cercare di animare la loro analisi là dove essi arrivano (la formula era: non serve occupare la televisione, bisogna occupare una sedia davanti a ogni televisore). In questo senso la guerriglia semiologica è una forma di critica sociale attraverso l'educazione alla ricezione. Partecipa alle attività dell'associazione Libertà e Giustizia, di cui è uno dei fondatori e garanti più noti, partecipando attivamente tramite le sue iniziative al dibattito politico-culturale italiano.  Il suo libro A passo di gambero contiene le critiche a quello che lui definisce populismo berlusconiano, alla politica di Bush, al cosiddetto scontro tra etnie e religioni. Nel , nelle settimane delle rivolte arabe, durante una conferenza stampa registrata alla Fiera del libro di Gerusalemme, scatena una polemica politica la sua risposta a un giornalista italiano che gli domanda se condivida il paragone fra Berlusconi e Mubarak, avanzato da alcuni: "Il paragone potrebbe essere fatto con Hitler: anche lui giunse al potere con libere elezioni";[36] lo stesso Eco, dalle colonne de l'Espresso, smentirà tale dichiarazione chiarendo le circostanze della sua risposta. Eco faceva parte dell'associazione Aspen Institute Italia. Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana — Roma, 9Medaglia d'oro ai benemeriti della cultura e dell'artenastrino per uniforme ordinariaMedaglia d'oro ai benemeriti della cultura e dell'arte — Roma. Onorificenze straniere Commendatore dell'Ordine delle Arti e delle Lettere (Francia)nastrino per uniforme ordinariaCommendatore dell'Ordine delle Arti e delle Lettere (Francia), Cavaliere dell'Ordine pour le Mérite für Wissenschaften und Künste (Repubblica Federale di Germania)nastrino per uniforme ordinariaCavaliere dell'Ordine pour le Mérite für Wissenschaften und Künste (Repubblica Federale di Germania), Premio Principe delle Asturie per la comunicazione e l'umanistica (Spagna)nastrino per uniforme ordinariaPremio Principe delle Asturie per la comunicazione e l'umanistica (Spagna), Ufficiale dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia) nastrino per uniforme ordinariaUfficiale dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia), Gran croce al merito con placca dell'Ordine al merito della Repubblica Federale di Germanianastrino per uniforme ordinariaGran croce al merito con placca dell'Ordine al merito della Repubblica Federale di Germania, Commendatore dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia) nastrino per uniforme ordinaria Commendatore dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia), Parigi. Cittadinanze onorarie Monte Cerignone, Nizza Monferrato, San Leo, 11 giugno . Torre Pellice, . Lauree Eco ha ricevuto 40 lauree honoris causa da prestigiose università europee e americane, come quella del , che gli è stata conferita dall'Università federale del Rio Grande do Sul, di Porto Alegre, in Brasile. In occasione della laurea in comunicazione conferita da Torino, Umberto Eco ha rilasciato severi giudizi sui social del Web che, a suo dire, possono essere utilizzati da «legioni di imbecilli» per porsi sullo stesso piano di un vincitore di un Premio Nobel. Le affermazioni di Eco hanno suscitato approvazioni ma anche vivaci discussioni. Affiliazioni e sodalizi accademici Umberto Eco è stato membro onorario (Honorary Trustee) della James Joyce Association, dell'Accademia delle Scienze di Bologna, dell'Academia Europea de Yuste, dell'American Academy of Arts and Letters, dell'Académie royale des sciences, des lettres et des beaux-arts de Belgique, della Polska Akademia Umiejętności ("Accademia polacca della Arti"), "Fellow" del St Anne's, Oxford e socio dell'Accademia Nazionale dei Lincei. Eco è stato inoltre membro onorario del CICAP.  Altro Gli è stato dedicato l'asteroide 13069 Umbertoeco, scoperto nel dall'astronomo belga Eric Walter Elst.  Il 12 aprile 2008 è stato nominato Duca dell'Isola del Giorno Prima del regno di Redonda dal re Xavier. Nel  il comune di Milano ha deciso che il suo nome venga iscritto nel Pantheon di Milano, all'interno del cimitero monumentale. Eco ha scritto numerosi saggi di filosofia, semiotica, linguistica, estetica:  Il problema estetico in San Tommaso, Torino, Edizioni di Filosofia,  poi Il problema estetico in Tommaso d'Aquino, 2ª ed., Milano, Bompiani, Filosofi in libertà, come Dedalus, Torino, Taylor, poi in Il secondo diario minimo. Sviluppo dell'estetica medievale, in Momenti e problemi di storia dell'estetica, I, Dall'antichità classica al Barocco, Milano, Marzorati, Arte e bellezza nell'estetica medievale, Milano, Bompiani, Storia figurata delle invenzioni. Dalla selce scheggiata al volo spaziale, e con G. B. Zorzoli, Milano, Bompiani, Opera aperta. Forma e indeterminazione nelle poetiche contemporanee, Milano, Bompiani, Diario minimo, Milano, A. Mondadori (include i saggi Fenomenologia di Mike Bongiorno e Elogio di Franti) Apocalittici e integrati, Milano, Bompiani, Il caso Bond. [Le origini, la natura, gli effetti del fenomeno 007], e con Oreste del Buono, Milano, Bompiani, Le poetiche di Joyce. Dalla "Summa" al "Finnegans Wake", Milano, Bompiani (ed. modificata sulla base della seconda parte di Opera aperta) Appunti per una semiologia delle comunicazioni visive, Milano, Bompiani (poi in La struttura assente) L'Italie par elle-meme. A portrait of Italy. Autoritratto dell'Italia, e con Giulio Carlo Argan, Guido Piovene, Luigi Chiarini, Vittorio Gregotti e altri, Milano, Bompiani, La struttura assente, Milano, Bompiani, La definizione dell'arte, Milano, Mursia, L'arte come mestiere, a cura di, Milano, Bompiani, I sistemi di segni e lo strutturalismo sovietico, e con Remo Faccani, Milano, Bompiani, L'industria della cultura, a cura di, Milano, Bompiani,  Le forme del contenuto, Milano, Bompiani, I fumetti di Mao, e con Jean Chesneaux e Gino Nebiolo, Bari, Laterza, Cent'anni dopo. Il ritorno dell'intreccio, e con Cesare Sughi, Milano, Bompiani, Documenti su il nuovo Medioevo, con Francesco Alberoni, Furio Colombo e Giuseppe Sacco, Milano, Bompiani, Estetica e teoria dell'informazione, a cura di, Milano, Bompiani, I pampini bugiardi. Indagine sui libri al di sopra di ogni sospetto: i testi delle scuole elementari, e con Marisa Bonazzi, Rimini, Guaraldi, Il segno, Milano, Isedi; Milano, A. Mondadori, Il costume di casa. Evidenze e misteri dell'ideologia italiana, Milano, Bompiani, Beato di Liébana. Miniature del Beato de Fernando I y Sancha. Codice B.N. Madrid Vit. 14-2, testo e commenti alle tavole di, Milano, Franco Maria Ricci, Eugenio Carmi. Una pittura di paesaggio?, Milano, Prearo, Trattato di semiotica generale, Milano, Bompiani, Il superuomo di massa. Studi sul romanzo popolare, Roma, Cooperativa Scrittori, Milano, Bompiani, Stelle & stellette. La via lattea mormorò, illustrazioni di Philippe Druillet, Conegliano Treviso, Quadragono Libri, Storia di una rivoluzione mai esistita. L'esperimento Vaduz. Appunti del Servizio opinioni, Roma, Rai, Servizio Opinioni, Dalla periferia dell'impero, Milano, Bompiani, Come si fa una tesi di laurea, Milano, Bompiani, Carolina Invernizio, Matilde Serao, Liala, con altri, Firenze, La nuova Italia, Lector in fabula, Milano, Bompiani, De bibliotheca, Milano, Comune di Milano, Postille al nome della rosa, Milano, Bompiani,  Il segno dei tre, Milano, Bompiani, Sette anni di desiderio. [Cronache], Milano, Bompiani, 1983. Semiotica e filosofia del linguaggio, Torino, Einaudi,  Sugli specchi e altri saggi, Milano, Bompiani, Lo strano caso della Hanau 1609, Milano, Bompiani, Saggio in Leggere i Promessi sposi. Analisi semiotiche, Giovanni Manetti, Milano, Gruppo editoriale Fabbri-Bompiani-Sonzogno, I limiti dell'interpretazione, Milano, Bompiani, Vocali, con Soluzioni felici di Paolo Domenico Malvinni, Napoli, Collana "Clessidra" di Alfredo Guida Ed., Il secondo diario minimo, Milano, Bompiani, Interpretation and Overinterpretation, Cambridge, Cambridge University Press, La memoria vegetale, Milano, Rovello, La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea, Roma-Bari, Laterza, Sei passeggiate nei boschi narrativi, Milano, Povero Pinocchio. Giochi linguistici di studenti del Corso di Comunicazione, a cura di, Modena, Comix, In cosa crede chi non crede?, con Carlo Maria Martini, Roma, Liberal, Kant e l'ornitorinco, Milano, Bompiani, Cinque scritti morali, Milano, Bompiani, Talking of Joyce, con Liberato Santoro-Brienza, Dublin, University College Dublin Press, Serendipities. Language and Lunacy, New York, Columbia University Press, Tra menzogna e ironia, Milano, Bompiani, La bustina di minerva, Milano, Bompiani,  Riflessioni sulla bibliofilia, Milano, Rovello, Diario minimo, Secondo diario minimo, Bustina di minerva e altre  parodie da raccolte in tedesco) Sulla letteratura, Milano, Bompiani, Guerre sante, passione e ragione. Pensieri sparsi sulla superiorità culturale; Scenari di una guerra globale, in Islam e Occidente. Riflessioni per la convivenza, Roma-Bari, Laterza, Bellezza. Storia di un'idea dell'Occidente, CD-ROM a cura di, Milano, Motta On Line, Dire quasi la stessa cosa. Esperienze di traduzione, Milano, Bompiani, Mouse or Rat?, Translation as Negociation, London, Weidenfeld & Nicolson (Experiences in translation e saggi selezionati da Dire quasi la stessa cosa) Storia della bellezza, a cura di, testi di Umberto Eco e Girolamo de Michele, Milano, Bompiani, Il linguaggio della Terra Australe, Milano, Bompiani, Il codice Temesvar, Milano, Rovello, Nel segno della parola, con Daniele Del Giudice e Gianfranco Ravasi, a cura e con un saggio di Ivano Dionigi, Milano, BUR, 2A passo di gambero. Guerre calde e populismo mediatico, Collana Overlook, Milano, Bompiani, La memoria vegetale e altri scritti di bibliofilia, Milano, Rovello, Sator Arepo eccetera, Roma, Nottetempo, Storia della bruttezza, a cura di, Milano, Bompiani, La cospirazione impossibile, con Piergiorgio Odifreddi, Michael Shermer, James Randi, Paolo Attivissimo, Lorenzo Montali, Francesco Grassi, Andrea Ferrero e Stefano Bagnasco, Massimo Polidoro, Casale Monferrato, Piemme, Dall'albero al labirinto. Studi storici sul segno e l'interpretazione, Milano, Bompiani, Historia. La grande storia della civiltà europea, e con altri, 9 voll., Milano, Motta, Storia della civiltà europea, e con altri, 18 voll., Milano, Corriere della Sera, Nebbia, e con Remo Ceserani, con la collaborazione di Francesco Ghelli e un saggio di Antonio Costa, Torino, Einaudi (antologia letteraria di racconti a tema) Non sperate di liberarvi dei libri, con Jean-Claude Carrière, Milano, Bompiani, Vertigine della lista, Milano, Bompiani, Il Medioevo, a cura di, 4 voll., Milano, Encyclomedia, La grande Storia, a cura di, 28 voll., Milano, Corriere della Sera, . Costruire il nemico e altri scritti occasionali, Milano, Bompiani, Scritti sul pensiero medievale, Collana Il pensiero occidentale, Milano, Bompiani, L'età moderna e contemporanea, a cura di, 22 voll., Roma, Gruppo editoriale L'Espresso, -. Storia delle terre e dei luoghi leggendari, Milano, Bompiani, Da dove si comincia?, con Stefano Bartezzaghi, Roma, La Repubblica, . Riflessioni sul dolore, Bologna, ASMEPA, La filosofia e le sue storie, e con Riccardo Fedriga, 3 voll., Roma-Bari, Laterza, Pape Satàn Aleppe. Cronache di una società liquida, Milano, La nave di Teseo, Come viaggiare con un salmone, Milano, La nave di Teseo, Sulle spalle dei giganti, Collana I fari, Milano, La nave di Teseo, Il fascismo eterno, Collana Le onde, Milano, La nave di Teseo, Cinque scritti morali, Bompiani, Sulla televisione. Scritti, Gianfranco Marrone, Collana I fari, Milano, La Nave di Teseo, Narrativa Il nome della rosa, Milano, Bompiani, Il pendolo di Foucault, Milano, Bompiani,L'isola del giorno prima, Milano, Bompiani, Baudolino, Milano, Bompiani, La misteriosa fiamma della regina Loana. Romanzo illustrato, Milano, Bompiani, Il cimitero di Praga, Milano, Bompiani, Numero zero, Milano, Bompiani, Narrativa per l'infanzia La bomba e il generale, illustrazioni di Eugenio Carmi, Milano, Bompiani, I tre cosmonauti, illustrazioni di Eugenio Carmi, Milano, Bompiani, 1966. Ammazza l'uccellino, come Dedalus, illustrazioni di Monica Sangberg, Milano, Bompiani, Gli gnomi di Gnu, illustrazioni di Eugenio Carmi, Milano, Bompiani, Tre racconti, Milano, Fabbri  (raccolta dei tre precedenti) La storia de "I promessi sposi", raccontata da, Torino-Roma, Scuola Holden-La biblioteca di Repubblica-L'Espresso, Traduzioni Raymond Queneau, Esercizi di stile, Torino, Einaudi. Claudio Gerino, Morto lo scrittore Umberto Eco. Ci mancherà il suo sguardo nel mondo, in la Repubblica, Massimo Delfino e Emma Camagna, Alessandria piange Umberto Eco, in La Stampa, Cosimo Di Bari, "A passo di critica: il modello di media education nell'opera di Umberto Eco", Firenze, Èco, Umberto, in TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  LINCEI, ENRICO MENESTO' E UMBERTO ECO NUOVI SOCI DELL'ACCADEMIA, su tuttoggi.info. 30 ottobre .  'Il nome della rosa' debutta su Rai1 e conquista gli ascolti della prima serata, su la Repubblica, 5 marzo . 30 gennaio .  quotidiano la Stampa; Gianni Coscia: «quando suono col mio amico Umberto Eco», su genova.mentelocale. «È il lato dolente e angoscioso di un uomo che è cresciuto nell'Azione Cattolica, che l'ha lasciata in polemica con il grande Gedda; un uomo, Eco, che ha studiatodiconoTommaso d'Aquino, e che un giorno se n'è uscito dalla Chiesa proclamandosi orgogliosamente ateo, o se si preferisce, agnostico.» (In Rassegna stampa cattolica: Mario Palmaro, Eco è solo un refuso, 2 «His new book touches on politics, but also on faith. Raised Catholic, Eco has long since left the church. "Even though I'm still in love with that world, I stopped believing in God in my 20s after my doctoral studies on St. Thomas Aquinas. You could say he miraculously cured me of my faith..."» «Il suo nuovo libro tratta di politica, ma anche di fede. Cresciuto nel cattolicesimo, Eco ha lasciato da tempo la Chiesa. "Anche se io sono ancora innamorato di quel mondo, ho smesso di credere in Dio durante i miei anni 20, dopo i miei studi universitari su Tommaso d'Aquino. Potete dire che egli mi ha miracolosamente curato dalla mia fede..."»  (Articolo in Time)  Liukkonen, Petri, Umberto Eco. Pseudonym: Dedalus in .  Eco, quando l'Torino gli consegnò il libretto con 27 in letteratura italiana, su la Repubblica, 2Antonio Galdo, Saranno potenti? Storia, declino e nuovi protagonisti della classe dirigente italiana, Sperling & Kupfer, Milano  Giuseppe Antonio Camerino, ECO, Umberto, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  "Riparte il Master in Editoria, ideato da Umberto Eco"  Capozzi Bondanella, Cinque scritti morali, Bompiani Intervista a Umberto EcoWikinotizie, su it.wikinews.org.  Umberto Eco, Ho sposato ?, «l'Espresso», 4Con lo pseudonimo di Dedalus: Dedalus e il manifesto, su ilmanifesto, Ostini, Sclavi citazione: "Sto leggendo un libro [In cosa crede chi non crede, N.d.R.] di Umberto Eco che mi è arrivato dall'Italia. Curioso no? Ha il mio stesso nome e il cognome è l'anagramma del mio..."  Umberto Eco, su premiostrega.Italian Writer Umberto Eco is the Louvre's New Guest Curator  Emma Camagna, La morte di Eco, il ricordo di Gianni Coscia, in La Stampa. L'ultimo saluto a Umberto Eco: "Grazie maestro", in La Stampa, Marco Del Corona, «Follie di Spagna»: ecco che cos'è la musica suonata per Umberto Eco, su Corriere della Sera. Umberto Eco, la richiesta nel testamento: "Non autorizzate convegni su di me per i prossimi 10 anni", su Il Fatto Quotidiano. La lettera della vedova Eco al Comune, in Corriere della Sera. Pinelli, Calabresi e l'eskimo in redazione Archiviato il 19 gennaio  in ., opinione, Bruno Pischedda, Come leggere Il nome della rosa di Umberto Eco, Mursia, La struttura assente,  "Eco a Gerusalemme attacca il Cavaliere. È polemica", di Francesco Battistini (dal Corriere della Sera) Corriere della Sera  Berlusconi, Hitler e io, su l'Espresso. Comitato Esecutivo | Aspen Institute Italia, su aspeninstitute. 20 fSito web del Quirinale: dettaglio decorato.  Sito web del Quirinale: dettaglio decorato. Umberto Eco all'Eliseo onorato da Sarkozy con Legion D'Honneur, su liberoquotidiano).  Curriculum Vitae, su umbertoeco. Unibo e Brasile: Laurea ad honorem a Eco, su magazine.unibo. Umberto Eco contro i social: "Hanno dato diritto di parola a legioni di imbecilli", su Il Fatto Quotidiano. Il problema di Umberto Eco con internet, su Il Post.  Imbecilli e non, tutto il mondo è social, su LaStampa. 2Serena Vitale e Umberto Eco entrano nell'Accademia dei Lincei,  , Il Giornale.  Decise all'unanimità le 15 personalità illustri da iscrivere nel Pantheon di Milano, su comune.milano, Opere:  Bondanella, Peter,  Umberto Eco and the Open Text: Semiotics, Fiction, Popular Culture Capozzi, Rocco, Eco's Prophetic Vision of Mass Culture in McLuhan Studies: Premier Issue, Antonio Galdo, Saranno potenti? Storia, declino e nuovi protagonisti della classe dirigente italiana, Sperling & Kupfer, Milano  Alberto Ostini , Umberto Eco e Tiziano Sclavi. Un dialogo, in Dylan Dog, indocili sentimenti, arcane paure, Milano, Euresis, 1998. Tiziano Sclavi, Bruno Brindisi, Lassù qualcuno ci chiama, Dylan Dog n. 136, Milano, Sergio Bonelli Editore, Film  Walt Dey e l'ItaliaUna storia d'amore (): viene mostrata un'intervista durante lo "speciale Walt Dey" con Ettore Della Giovanna e Gianni Rodari  Luigi Bauco, Francesco Millocca, Dizionario del «Pendolo di Foucault», Milano, Corbo, Manlio Talamo, I segreti del Pendolo, Napoli, Simone, Francesco Pansa, Anna Vinci, Effetto Eco, Roma, Nuova Edizione del Gallo; Marco Testi, "Il romanzo al passato": medioevo e invenzione in tre autori contemporanei in Analisi letteraria, 27, Roma, Bulzoni, Walter Pedullà, «L'utilitaria di Eco» in Le caramelle di Musil, Milano, Rizzoli, Salman Rushdie, «Umberto Eco» in Imaginary Homelands: Essays and Criticism 1981-1991, Londra, Penguin, 1992. Bruno Pischedda, Come leggere «Il nome della rosa» di Umberto Eco, Milano, Mursia, 1994. Jean Petitot, Paolo Fabbri , Nel nome del senso. Intorno all'opera di Umberto Eco, Milano, Sansoni, Antonio Sorella , Umberto Eco. Sponde remote e nuovi orizzonti, Pescara, Tracce,  Roberto Rampi, L'ornitorinco. Umberto Eco, Peirce e la conoscenza congetturale, M & B Publishing, Milano; Marco Sonzogni, Echi di Eco, Balerna, Edizione Ulivo, Cinzia Bianchi, Clare Vassallo, “Umberto Eco's interpretative semiotics: Interpretation, encyclopedia, translation”, in Semiotica. Journal of the International Association for Semiotic Studies (Berlin/New York: Mouton de Gruyter), Peter Bondanella, Umberto Eco and the open text. Semiotics, fiction, popular culture, Cambridge, Cambridge University Press, Peter Bondanella , New Essays on Umberto Eco, Cambridge, Cambridge University Press, Jean-Jacques Brochier , Umberto Eco. Du semiologue au romancier, in Le Nouveau Magazine Littéraire, Michael Caesar, Umberto Eco. Philosophy, Semiotics and the Work of Fiction, Cambridge, Polity Press, Rocco Capozzi , Reading Eco. An Anthology, Bloomington, Indiana University Press, Michele Castelnovi, La mappa della biblioteca: geografia reale ed immaginaria secondo Umberto Eco, in Miscellanea di Storia delle esplorazioni n. LX, Genova, Remo Ceserani, Eco e il postmoderno consapevole in Raccontare il postmoderno, Torino, Bollati Boringhieri, Michele Cogo, Fenomenologia di Umberto Eco. Indagine sulle origini di un mito intellettuale contemporaneo. Introduzione di Paolo Fabbri. Bologna, Baskerville, Furio Colombo, «L'isola del giorno prima», in La rivista dei libri;  Roberto Cotroneo, La diffidenza come sistema. Saggio sulla narrativa di Umberto Eco, Milano, Anabasi, Roberto Cotroneo, Eco: due o tre cose che so di lui, Milano, Bompiani,  Teresa de Lauretis, Umberto Eco, Firenze, La Nuova Italia, Nunzio Dell'Erba, Alla ricerca delle fonti del romanzo "Il Cimitero di Praga" , in Id., L'eco della storia. Saggi di critica storica: massoneria, anarchia, fascismo e comunismo, Universitas Studiorum, Mantova, Cosimo Di Bari, A passo di critica. Il modello di Media Education nell'opera di Umberto Eco, Firenze, Firenze University Press, Richard Ellmann, Murder in the Monastery?, in The New York Review of Books Lorenzo Flabbi, La disposizione del sapere di Umberto Eco, in Atlante dei movimenti culturali. C. Cretella ePieri, Clueb, Bologna, Cristina Farronato, Eco's Chaosmos, Toronto, University of Toronto Press, Franco Forchetti, Il segno e la rosa. I segreti della narrativa di Umberto Eco, Roma, Castelvecchi, Grit Fröhlich, Umberto Eco. PhilosophieÄsthetikSemiotik, Paderborn, Wilhelm Fink Verlag, Margherita Ganeri, Il «caso» Eco, Palermo, Palumbo. Alfredo Giuliani, «Scherzare col fuoco» in Autunno del novecento, Milano, Feltrinelli, Renato Giovannoli , Saggi su «Il Nome della Rosa», Milano, Bompiani, Fabio Izzo, Eco a perdere, Associazione Culturale Il Foglio, Paolo Jachia, Umberto Eco. Arte semiotica letteratura, San Cesario, Manni, Anna Maria Lorusso, Umberto Eco. Temi, problemi e percorsi semiotici, Roma, Carocci, Patrizia Magli et. al. , Semiotica: Storia Teoria Interpretazione. Saggi intorno a Umberto Eco, Milano, Bompiani; Sandro Montalto , Umberto Eco: l'uomo che sapeva troppo, Pisa, ETS; Franco Musarra et al., Eco in fabula. Umberto Eco in the Humanities. Umberto Eco dans les sciences humaines. Umberto Eco nelle scienze umane, Proceedings of the International Conference, Leuven, Leuven U.P. e Firenze, Franco Cesati Editore, Claudio Paolucci, Umberto Eco. Tra ordine e avventura, Milano, Feltrinelli, Semiotica Monte Cerignone, luogo di residenza Struttura (semiotica) umbertoeco.  Umberto Eco, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Umberto Eco, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Umberto Eco, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Umberto Eco, su The Encyclopedia of Science Fiction.  Umberto Eco, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.  Opere di Umberto Eco, su Liber Liber.  Opere su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere Pubblicazioni su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la Recherche et de l'Innovation.  di Umberto Eco, su Internet Speculative Fiction Database, Al von Ruff. Umberto Eco (autore), su Goodreads. Umberto Eco (personaggio), su Goodreads. italiana di Umberto Eco, su Catalogo Vegetti della letteratura fantastica, Fantascienza.com.  Registrazioni di Umberto Eco, su RadioRadicale, Radio Radicale. Umberto Eco, su Internet Movie Database, IMDb.com. Umberto Eco, su AllMovie, All Media Network; Umberto Eco, su filmportal.de.  Eco, Umberto, in Lessico del XXI secolo, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, -. "La bustina di minerva": la rubrica periodica di Eco su L'Espresso, L'Espresso. 10 gennaio . signosemio.comSignoBiografia di Umberto Eco e la presentazione della sua teoria semiotica, su signosemio.com). Approfondimento, su italialibri.net. Curiosità (anche la "cacopedia"in PDF) , su bibliotecheoggi. Opere in TecaLibri/1, su tecalibri.info. Opere in TecaLibri/2, su tecalibri.info. Considerazioni su: "Non sperate di liberarvi dei libri", su antonietta.philo.unibo ). Golem L'indispensabile (il sito della rivista)rivista online diretta da Umberto Eco, Renato Mannheimer, Carlo Bertelli, Danco Singer Un articolo di Eco su , su espresso.repubblica. encyclomedia, su encyclomedia. Il «questionario Proust» a Umberto Eco, su elapsus. Umberto Eco, in Perlentaucher, Perlentaucher Medien GmbH. Opere di Umberto Eco V D M Vincitori del Premio Strega V D M Vincitori internazionali del Prix Médicis V D M Vincitori del Premio Bancarella V D M Vincitori del Premio Cesare Pavese V D M Vincitori del Premio di Stato austriaco per la letteratura europea V D M Vincitori del Premio Mediterraneo per stranieri, Europeana agent/base/ Filosofia Giallo  Giallo Letteratura  Eco provides a bridge between Graeco-Roman philosophy and Grice! Eco is one of the few philosophers who considers the very origins of philosophy in Bolognaand straight from RomeOn top, Eco is one of the first to generalise most of Grice’s topics under ‘communication,’ rather than using the Anglo-Saxon ‘mean’ that does not really belong in the Graeco-Roman tradition. Eco cites H. P. Grice in “Cognitive constraints of communication.” Umberto b.2,  philosopher, intellectual historian, and novelist. A leading figure in the field of semiotics, the general theory of signs. Eco has devoted most of his vast production to the notion of interpretation and its role in communication. In the 0s, building on the idea that an active process of interpretation is required to take any sign as a sign, he pioneered reader-oriented criticism The Open Work, 2, 6; The Role of the Reader, 9 and championed a holistic view of meaning, holding that all of the interpreter’s beliefs, i.e., his encyclopedia, are potentially relevant to word meaning. In the 0s, equally influenced by Peirce and the  structuralists, he offered a unified theory of signs A Theory of Semiotics, 6, aiming at grounding the study of communication in general. He opposed the idea of communication as a natural process, steering a middle way between realism and idealism, particularly of the Sapir-Whorf variety. The issue of realism looms large also in his recent work. In The Limits of Interpretation 0 and Interpretation and Overinterpretation 2, he attacks deconstructionism. Kant and the Platypus 7 defends a “contractarian” form of realism, holding that the reader’s interpretation, driven by the Peircean regulative idea of objectivity and collaborating with the speaker’s underdetermined intentions, is needed to fix reference. In his historical essays, ranging from medieval aesthetics The Aesthetics of Thomas Aquinas, 6 to the attempts at constructing artificial and “perfect” languages The Search for the Perfect Language, 3 to medieval semiotics, he traces the origins of some central notions in contemporary philosophy of language e.g., meaning, symbol, denotation and such recent concerns as the language of mind and translation, to larger issues in the history of philosophy. All his novels are pervaded by philosophical queries, such as Is the world an ordered whole? The Name of the Rose, 0, and How much interpretation can one tolerate without falling prey to some conspiracy syndrome? Foucault’s Pendulum, 8. Everywhere, he engages the reader in the game of controlled interpretations. “Il nome della rosa” is about the dark ages in Northern Italy, where the monks were the only to find a slight interest in philosophy, unlike the barbaric Lombards!” --  Umberto Eco. Keywords: il nome del nome, lingua perfetta; semiotica. Refs.: Umberto Eco on H. P. Grice in “Cognitive constraints on communication,” Luigi Speranza, "Grice ed Eco: semantica filosofica," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.  https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51679859739/in/photolist-2mJLMNt-2mJLNuJ-2mJMUr7-2mJLNvR-2mJHmtd-2mJHmr4-2mJMUmN-2mJMUmY-2mJDfiM-2mJMUn9-2mJDfsK-2mJDfrH-2mJMUs9-2mJJEFF-2mJMUqL-2mJMUpZ-2mJMUd6-2mJHmkh-2mJLNBC-2mJJERW-2mJMUqR-2mJLNvW-2mJLND6-2mJDfrn-2mJHmt8-2mJLNxu-2mJMUq5-2mJMUoM-2mJMUdb-2mJHmqY-2mJMUfq-2mJLNxz-2mJLNBN-2mJHmwK-2mJDfji-2mJHmuq-2mJMUqa-2mJHmhM-2mJDfva-2mJDfrN-2mJLNw2-2mJLNF5-2mJHmuF-2mJHmkc-2mJMUfv-2mJDfrs-2mJDfiX-2mJMUe3-2mJHmvs-2mJJEFW

                                                                                                                                                                                                                                                             

Grice ed Emiliani – semiotica – filosofia italiana – Luigi Speranza (Lugo). Filosofo. Grice: “I like Emiliani; of course in proper English we don’t pluralise ‘meanings’! But he speaks of ‘significati,’ which is literate! The vernacular Italian is ‘segno,’ and the ‘ficare’ is also learned latinate! Gotta love him!”  Dio è la mia speranza Anch'io vivo nella speranza di avere amici in cielo che pregano per me e che attendono di unirsi a me nella nostra comune patria. Dobbiamo sempre ricordare che questa vita terrena è soltanto un passaggio verso la nostra vera patria che è quella celeste. La Madonna è apparsa e ha parlato a moltissimi veggenti di molti popoli e nelle più svariate circostanze, come una persona viva, che promette, annunzia, loda, esorta, profetizza, prega, guida e protegge dai pericoli, risana i malati, opera i miracoli, piange, invita alla conversione ed alla penitenza, aiuta ad avvicinarsi a Cristo, suo Figlio. La mia sicura bussola è camminare sulla strada della carità in ogni circostanza della vita. La presenza in noi dello Spirito Santo è la caparra della nostra vita eterna futura. Solo Dio resta. Egli è l'unica roccia a cui mi posso aggrappare per non essere travolto dai flutti tempestosi in mezzo ai quali galleggio.  Alessandro Emiliani, Dio è la mia speranza, Edizioni Studio Domenicano. Nel suo saggio sul segnato, valore, communicazione e ragionamento, Emiliani presenta un'analisi del ‘segnato,’ topico della semiotica. Il segnato è un modo di una correlazione astratta posta dall'attività razionale intersoggettiva e cooperativa con cui un contenuto e intenzionato e strutturato in ordine al valore della profferenza e alla correttezza del ragionamiento conversazionale. La forme logica non è innata, né e un atto o evento psichico soggettivo, ma una struttura intersoggetiva astratta e relazionale, invariante intersoggettivamente. Il segnato (non il ‘segno’) fonda la correttezza del ragionamiento conversazionale (colloquenza – dialettica), segnato dal segno di una operazione (negans, negatum, negatore; connettivi, -- conjunctum, congiutivo, disjunctum, disgiuntivo, ‘if’ filoniano, il quantificatore universale o totale (ogni), il quantificatore parziale o essitenziale (G. jemand), il descrittore, descriptum) non è privo di ‘segnato’. Il segno di negazione, p. es., ‘non’, segna la negazione. ‘Non piove’ segna che non è il caso che piove. Il segno (‘non’) ha come UNICO segnato quello che s’esprime nella forma logica (explicatura, no implicatura). L’intensionale e il contenuto nozionale di ciò che è mentato o segnato, distinto dal segnato estensionale o funzionale – e spiegabile in una teoria di mondi possibili. Pensatile sempre dentro e mediante una determinata struttura logicha. L’atto de denotare (referire) e l’atto di predicare sono le due elementi di un complesso proposizionale (“Fido is shaggy”). Un oggetto dell'universo di riferimento, considerato reale nel modo più ampio (valore di una variabile). Il valore di una profferenza è spiegato da una teoria della correpondenza. Il valore di soddisfacibilità e parte del meta-languaggio che presuppone la sintassi, la semantica, e la prammatica. Lo scopo del griceanismo: il segnato. Fondamento della introduzione del segnato, simbolo mono-semantico, simbolo bi-semantico, simbolo tri-semantico, segnato del termine, segnato della formula del linguaggio. Relazione estensione/intensione, referenza e predicazione. Il valore della profferenza di soddisfacibilità e meta-linguistico. Rapporto tra sintassi, semantica e pragmmatica – linguaggi- oggeto e meta-linguaggio. Il linguaggio di una teoria del ragionamiento formalizzata elementare – Sistema G-hp. Calcolo di predicati di primo ordine con identità.  Sintassi di una generica teoria del ragionamento normalizzata elementare. Simbolo primitivo. Definizione ricorsiva del termine, definizione ricorsiva della formula del sistema G-hp. Termine aperto e termine chiuso. Formula aperta e formula chiusa. Profferenza semplice, proferrenza complessa. Componente deduttivo, induttivo ed adduttivo di una generica teoria del ragionamiento elementare (G. R. I. C. E. – gruppo per la ricerca dell’inferenza e la comprensione elementare). Il segnato di una profferenza in romano ed italiano (Piove). Il segnato intenzionale di una profferenza semiotica comunicativa, distinzione tra atto intenzionale dell'io e forma intenzionale con cui ciò che è segnato e compressibile dal ‘tu’, intenzionalità e consapevolezza, forma intenzionale, contenuto intenzionato. Profferenza e modalità intenzionale. Tre dimensioni del segnato nella profferenza comunicativa; Il segnato della profferennza assertiva (il simbolo di Frege),L’assertivo di una profferenza semplice. Segnato intensionale (il senso fregeiano) di una profferenza semplice. Il topico o denotatum di una profferenza semplice (“The dog is shaggy”). Il segnato logico del termine, il segnato intensionale del termine, il segnato referenziale del termine, ragioni che giustificano l'introduzione di una descrizione chiusa nel Sistema G-hp di una teoria del ragionamento Normalizzata elementare. Il segnato logico, intensionale e referenziale del segno predicativo (‘shaggy’), il segnato logico del segno predicativo, il segnato intensionale del segno predicativo, Relazione tra segnato logico e segnato intensionale del segno predicativo. Il segnato referenziale del segno predicativo, rapporti tra il segno intensionale e il referente o denotatum or relatum di un segno predicativo. Il segnato del segno mono-sematico. Il  segnato logico del segno del negare (cf. Grice, “Negation and Privation”). Il segnato logico di una operazione di connessione fra sintagme: le particelle coordinante ‘e’, ‘o,’ e subbordinante, ‘se’, il segnato del segno di quantificazione totale o universale, ‘ogni’ – il segnato del segno di quantificazione sustituzionale parziale o esistenziale (Ex), Il segnato del segno dell’articolo definito (‘il’), descrizione, el segnato logico dei segni ausiliari, il segnato intensionale e referenziale di una profferenza complessa, il segnato intensionale di una profferenza complessa; il denotatum di un profferenza complessa. Refutazione delle impostazione convenzionalista (in termini di implicatura convenzionale) di Strawson circa l'interpretazione del formalismo. Ragioni della inadeguatezza dell’approccio di Strawson, interpretazione logica, interpretazione intensionale e interpretation referenziale della semantica di una teoria dell’inferenza elementare, interpretazione intensionale del linguaggio di una teoria, interpretazione referenziale del linguaggio di una teoria, il valore di satisfactorieta di una profferenza nel sistema G-hp nel quadro del meta-linguaggio. I requisiti della definizione del valore di soddisfacibilità; condizioni che rendono la definizione di ‘soddisfacibile’ adeguata al contenuto della nozione intuitiva, condizioni che devono essere soddisfatte perché la definizione del valore sia formalmente sana. Il valore di soddisfacibile associato a una profferenza del sisstema G-hp. Considerazioni sulla definizione del valore di soddisfacibile, distinzione tra concetto di soddisfacibilità e criterio di soddisfacibilità. Il valore di soddisfacibilità associato ad una profferenza non è ‘segnato’ dalla profferenza o profferente a cui è associata, il soddisfacibile rispetto alla profferenza a cui a associate non e ‘segnato’, ma un valore. Il soddisfacibile è meta-linguistico, profferenza soddisfacibile, relazione tra profferenza soddisfacibile e ragionamento sano. Il principio di bivalenza (Tertium non datur – il terzo incluso). Stato del problema: la polemica Grice/Strawson. Il valore di soddisfacibilità è associabile soltanto alla profferenza per la quale il communicatore o profferente (implicans, implicaturus) segna che p o q, il valore di soddisfacibilità e associabile a ogni profferenza. Critica di un sistema bivalente che accetta la categoria confuse di “lacuna” di valore di soddisfacibilità. Bivalenza e il sistema considerato poli-valente. Bivalenza e l’intuizionismo di Lemmon e Dummett. Communicazione e segnato, rapporto tra materia e forma dell’espressione per la quale il communicatore o profferente o implicaturus segna (empiega) che p o q e il rispettivo segnato.  Il segnato come criterio per determinare la primitività di un simbolo, Le regole o teoremii di formazione sintattica d’introduzione e eliminazione, il teorema del ragionamiento sano definito dalla sintassi e il segnato logico. Communicazione naturale, segnare artificiale, arbitrario, non naturale, e segnato. Natura, genesi, funzione e invarianza della forma e struttura logica. Natura, genesi e funzione della forma predicativa (“Fido is shaggy”), natura, genesi e funzione della forma soggettiva o topica, natura, genesi e funzione della forma logica semplice, Natura, genesi e funzione della forma logica espressa da un simbolo mono-semantico di operazione logica, Rapporto tra l'attività dell'io intenzionante (implicaturus, e la struttura logica intesa come modalità con cui il contenuto e intenzionato (“He went to bed and took off his boots”). L'invarianza della forme o struttura logica. Grice: “Alessandro Emiliani should be distinguished from Alessandro Emiliani. Alessandro Emiliani is a philosopher; Alessandro Emiliani is a semiotician!” Alessandro Emiliani. Emiliani. Keywords: semiotica, Dr. Wilde. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Emiliani” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51763275664/in/dateposted-public/

 

Grice ed Enriques – implicatura arimmetica – filosofia italiana – Luigi Speranza (Livorno). Filosofo. Grice: “I like Enriques; of course his “Problemi della scienza’ implicates that philosophy does not have any!” Il Dipartimento "Federigo Enriques" di Matematica dell'Università degli Studi di Milano, via Saldini, Milano. Nato in una famiglia ebrea, si trasferì a Pisa. Suo fratello Paolo Enriques, uno zoologo, fu padre di Enzo Enriques Agnoletti e Anna Maria Enriques Agnoletti. Dopo gli studi liceali, compì gli studi universitari a Pisa e la Scuola Normale Superiore. Si laurea. Frequenta in seguito un anno di perfezionamento a Pisa e uno a Roma, dove ebbe modo di incontrare e collaborare con Castelnuovo. Inizia inoltre a collaborare con Cremona, Segre e Amaldi. Lincei. Insegna a Bologna. Fu invitato presso l'Roma, per occupare la cattedra di matematiche superiori e di geometria superiore. Venne invitato da Neurath a divenire un collaboratore dell'Encyclopaedia of Unified Science, la cui pubblicazione era stata individuata come lo strumento per lo sviluppo del movimento per l'unità della scienza (cf. Grice, “Einheit des Wissenschaft”). Quando però furono promulgate le leggi razziali anti-ebraiche, e espulso dall'insegnamento e da qualsiasi altra occupazione legata all'attività culturale. Durante l'occupazione tedesca fu dapprima nascosto in casa di  Frajese e poi a San Giovanni in Laterano. Insegna a Roma nella scuola ebraica clandestina fondata da Castelnuovo per i giovani ebrei estromessi dalle università italiane, e riusce a pubblicare alcuni articoli in forma anonima sul Periodico delle Matematiche, di cui era stato direttore. Torna a insegnare. Tra i fondatori della scuola italiana di geometria algebrica, allarga gli orizzonti del dibattito scientifico occupandosi di filosofia, storia e didattica della matematica. Fonda la Società filosofica italiana (di cui fu presidente), assieme a Bruni, Dionisi, Rignano e Giardina fonda la rivista internazionale Rivista di Scienza ed e nominato direttore del Periodico di matematiche, organo della Mathesis. Diresse, tra l'altro, la sezione di matematica dell'Enciclopedia Italiana. Fu un filosofo di notevole livello e la sua fama fu internazionalmente riconosciuta. I suoi contributi allo sviluppo della geometria algebrica furono rilevanti, per importanza e originalità. Il periodo in cui si trova a vivere era un periodo di cambiamenti epocali, cambiamenti che interessarono anche i concetti base della matematica e della fisica. Enriques recepì immediatamente la portata delle novità introdotte dalle opere di Einstein, che fu da lui invitato a tenere una conferenza a Bologna. Nel campo dei fondamenti della matematica si ricordano i testi scolastici di grande diffusione, rivolto all'insegnamento nei licei e scuole superiori, nei quali la geometria euclidea, l'algebra elementare e la trigonometria vengono presentate con il metodo razionale deduttivo. Fra le sue opere più diffuse di matematica elementare si ricordano:  Questioni riguardanti le matematiche elementare, Questioni riguardanti la geometria elementare, Bologna Zanichelli); Elementi di Geometria ad uso delle scuole superiori (con U. Amaldi), Zanichelli Bologna e successive edizioni e ristampe);  Nozioni di matematica ad uso dei licei moderni (con U. Amaldi), Zanichelli Bologna); Gli elementi di Euclide e la critica antica e moderna (Roma e Bologna, Le matematiche nella storia e nella cultura, Bologna. Come opere principali di matematica superiore si ricordano in particolare:  Lezioni di geometria proiettiva, (it, de). Lezioni di geometria descrittiva, Bologna, Lezioni sulla teoria geometrica delle equazioni e delle funzioni algebriche. Bologna. Lezioni di geometria descrittiva, Le superficie algebriche, Oltre alla sua attività come matematico, sviluppa significative ricerche di epistemologia, storia della scienza e filosofia della scienza. Questo suo impegno per il rinnovamento della cultura, avvenne in un periodo non facile, sia per gli eventi bellici, sia per la cultura dominante nella prima metà del Novecento, caratterizzata dalla filosofia idealistica e dal ridotto interesse verso la cultura scientifica. Fra le sue numerose saggi in queste materie si ricordano:  Problemi della scienza” (Zanichelli, Bologna); “Razionalismo e storicismo in "Rivista di Scienza", Zanichelli, Bologna, Il pragmatismo in "Scientia", Zanichelli, Bologna); “Scienza e razionalismo, Zanichelli, Bologna. Matematiche e teoria della conoscenza in "Scientia", Zanichelli, Bologna); “Per la storia della logica, Zanichelli, Bologna. Storia del pensiero scientifico, Bologna, scritta con G. Santillana. Il significato della storia del pensiero scientifico, Bologna, ripubblicato da Barbieri, La teoria della conoscenza scientifica da Kant ai nostri giorni, Bologna. Le dottrine di Democrito d'Abdera. Testi e commenti, con M. Mazziotti, ripubblicato per Edizioni immanenza. Sviluppò una corrente di pensiero vicina al razionalismo. Assieme a Peano si può considerare uno dei principali filosofi italiani che si sono dedicati allo studio della logica e della filosofia della scienza nella prima metà del Novecento. Ha messo in luce due aspetti fondamentali del pensiero scientifico  nella prima metà del sec XX: la sempre maggiore specializzazione delle discipline fisiche, tecniche, ecc. e la tendenza al rinnovamento che si è avuta sia nei fondamenti della matematica, sia nella fisica moderna. Assieme a Bruni, Dionisi, Giardina e Rignano, fonda la rivista di ricerca e divulgazione scientifica Rivista di scienza (rinominata successivamente Scientia), con l'obiettivo dichiarato di superare le divisioni disciplinari in nome dell'unità del sapere e contro l'eccessiva specializzazione accademica. Contro codesti criterii ristretti intende reagire soprattutto il movimento nuovo di pensiero verso la sintesi; una Filosofia libera da legami diretti coi sistemi tradizionali, sorge appunto a promuovere la coordinazione del lavoro, la critica dei metodi e delle teorie, e ad affermare un apprezzamento più largo dei problemi della Scienza. Pel quale il particolarismo stesso viene compreso in un aspetto più adeguato nella interezza del processo scientifico. (Programma, Rivista di Scienza). Condusse la rivista, quando un articolo di Rignano sulle cause della guerra lo costrinse a rassegnare le dimissioni. Torna alla direzione alla morte di quest'ultimo e sotto sua esplicita richiesta fino al’anno delle leggi razziali. Abbandonato ogni incarico, ritorna infine alla guida di Scientia a due anni dalla morte. Il primo saggio significativo dedicato da Enriques a questioni di metodo e filosofia della conoscenza è l'opera Problemi della scienza nella quale compie un'analisi articolata delle varie discipline della matematica, della geometria, della meccanica, della fisica edella chimica alla fine del XIX secolo. Mette in evidenza l'importanza che lo scienziato deve analizzare con la massima attenzione, sia i fondamenti logici e sperimentali delle diverse discipline, sia il contesto storico e le situazioni in cui i principi scientifici sono stati scoperti.  In quest'opera Enriques indica che una visione dinamica della scienza, porta naturalmente nel terreno della storia. I fondamenti della scienza quindi non possono essere capiti completamente se non si analizza anche il contesto storico e culturale nel quale sono stati formulati. L'opera ebbe maggiore fortuna e diffusione all'estero, che non in Italia, dominata agli inizi del Novecento dalla cultura letteraria e della filosofia idealistica. Il suo pensiero trova riscontro nelle teorie elaborate dai massimi epistemologi filosofi fra cui Popper, Lakatos e Kuhn. In particolare nel pensiero di Lakatos e di Kuhn viene sviluppata la concezione della formazione storica dei concetti scientifici, come opera di più autori e ricercatori, che in un determinato periodo storico elaborano una serie di principi-base sui quali viene sviluppata una teoria ipotetico-deduttiva e le successive verifiche sperimentali.  Importante è anche la presa di posizione sia rispetto alla filosofie idealistiche del ‘900, che hanno tralasciato gli aspetti della filosofia della scienza, sia la sua posizione critica rispetto alla filosofia di Kant. In particolare, critica il concetto di giudizio sintetico a priori di Kant (Critica della ragion pura). Secondo Enriques, i principi fondamentali delle scienze sono elaborazioni razionali derivate per induzione dall'esperienza e dalla percezione sensoriale e non sono giudizi sintetici a priori. In questo saggio porta alcuni esempio fondamentali. I postulati della geometria sono generalizzazioni, per astrazione, di semplici esperienze geometriche, che ogni allievo compie fin dalle prime osservazioni razionali del mondo esterno, svolte anche in ambito scolastico. I principi della geometria sono generalizzazioni di esperienze sensoriali concrete.  Allo stesso modo anche i principi della Fisica e della Chimica derivano direttamente da generalizzazioni di esperimenti reali. Ad esempio la Legge di conservazione della massa dovuta a Lavoisier non è un giudizio sintetico a priori, come crede Kant. È noto infatti che deriva da semplici esperimenti fisici, svolti pesando i composti chimici prima e dopo una reazione chimica. La nuova impostazione razionalistica e storica fu avviata in Italia da Enriques, in Francia da Duhem e in Austria da Mach e da altri autori riunitisi intorno al Circolo di Vienna. Fu poi sviluppata ulteriormente in Italia da Geymonat e dalla sua scuola milanese che ha ripreso gli studi di Enriques, sviluppando i temi di storia della scienza e di filosofia della scienza.  Un'altro saggio fondamentale è Per la storia della logica che mette in evidenza l'importanza della deduzione, della induzione e gli altri aspetti interpretativi ed epistemologici della logica.  Il saggio ha un approccio storico e descrittivo della logica è ricco di citazioni originali, e affronta questo difficile argomento anche con una certa ironia ed eleganza letteraria. Nell'opera, sono illustrati in modo semplice e sintetico i contributi portati a questa disciplina dai vari filosofi nelle varie epoche. Si può considerare uno dei pochi testi in cui la materia è esposta in modo chiaro, essenziale e interessante.  Di notevole interesse per le fonti storiche citate e per la narrazione della genesi dei concetti scientifici sono la serie di opere dedicate alla storia della scienza. Il primo saggio fu la “Storia del pensiero scientifico” scritto in collaborazione con G. Santilana. Quest'opera ripercorre la storia delle scienze matematiche, geometriche, astronomiche, meccaniche e fisiche dall'antica Grecia fino ai giorni nostri, con numerose citazioni e fonti storiche degli autori originari. A esso seguirono altri testi di approfondimento, fra cui, “Il significato della storia del pensiero scientifico e La teoria della conoscenza scientifica da Kant ai nostri giorni; Lineamenti di filosofia della scienza. Dei numerosi saggi dedicati agli aspetti filosofici della scienza si desumono i principali lineamenti del suo pensiero razionalista, che, a titolo orientativo si possono cercare di sintetizzare nei seguenti punti:  Equilibrio fra intuizione e ragionamento logico. Nelle opere scientifiche gli argomenti sono esposti in modo intuitivo, evidenziando i motivi sperimentali e oggettivi alla base di alcuni concetti astratti. Dopo la descrizione dei suoi principi, si sviluppa poi la materia con criteri logici, deducendo razionalmente le principali leggi, teoremi e applicazioni. Questo carattere, comune anche ai grandi scienziati del passato (Galilei, Cartesio, Newton, Eulero, Coulomb, ecc.) contraddistingue il metodo di Enriques, rispetto agli indirizzi formalisti che  si sono avuti nella logica e nella matematica del XX secolo. Problema della specializzazione delle scienze: ha colto questo aspetto critico delle numerose edeterogenee discipline scientifiche nel XIX e XX secolo. Per superare il problema della eccessiva frammentazione del sapere ha proposto di ripensare i concetti fondamentali della fisica, della geometria, della matematica e delle altre scienze naturali con criteri unitari, approfondendone il significato intuitivo, sperimentale e la sua genesi storica. Approccio storico alla conoscenza scientifica. Questo aspetto caratterizza il metodo di Enriques, che ha sviluppato con passione e impegno moltissimi aspetti di storia della scienza. La storia della scienza fa parte della scienza stessa. Per capire veramente un teorema non è sufficiente capire solo la sua dimostrazione, ma anche il contesto storico nel quale è stato formulato, quali sono stati i problemi tecnici che hanno portato alla sua formulazione e come sono stati risolti tali problemi con l'applicazione delle teorie scientifiche. Sviluppato in Italia il nuovo approccio di storia della scienza avviato da Mach e da Duhem, precursori del gruppo di filosofi e scienziati Professore del Circolo di Vienna. Valenza fisica dei concetti geometrici. La geometria può essere considerata come il primo capitolo della fisica, diversamente dai matematici e filosofici formalisti che la considerano una scienza astratta. L'orientamento formalista nella geometria è stato delineato da Kant (Critica della ragion pura) per il quale i postulati geometrici non derivano solo dall'esperienza visiva, ma sono giudizi sintetici a priori di carattere soggettivo e indipendenti dalle percezioni sensoriali. La tesi di Kant è stata discussa dai massimi esperti di filosofia teoretica con orientamenti contrastanti. Nel XIX secolo in opposizione a Kant si è delineato un approccio fisico-sperimentale ai principi geometrici, al quale hanno aderito molti storici e filosofi della scienza. Ha contribuito alla riscoperta del significato più autentico, di carattere storico, intuitivo e sperimentale alla base della geometria, della matematica e delle scienze fisiche. Contributi su Scientia Articoli “Eredità ed evoluzione” su amshistorica.cib.unibo. “I numeri e l'infinito” su amshistorica.cib.unibo. “Il pragmatismo” su amshistorica.cib.unibo. “Il principio di ragion sufficiente” su amshistorica.cib.unibo. “Il problema della realtà” su amshistorica.cib.unibo. “Il significato della critica dei principii nello sviluppo delle matematiche” su amshistorica.cib.unibo. “Importanza della storia del pensiero scientifico nella cultura nazionale” su amshistorica.cib.unibo.   su amshistorica.cib.unibo. “L'infinito nella storia del pensiero” su amshistorica.cib.unibo. La filosofia positiva e la classificazione delle scienze, I motivi della filosofia di Eugenio Rignano, su amshistorica.cib.unibo. Recensioni (in francese)  Ailly (D'),Imago mundi, Aliotta, A. L'esperienza nella scienza, nella religione e nella morale, su amshistorica.cib.unibo.  Archibald, R. C. Outline of the History of Mathematics, su amshistorica.cib.unibo.  Bignone, E.  L'Aristotele perduto e la formazione filosofica di Epicuro, su amshistorica.cib.unibo.  Blanche, R. Le rationalisme de Wewell, su amshistorica.cib.unibo.  Bouasse H.Bachot et bachotage, su amshistorica.cib.unibo.  Brunetet Mieli, A. Histoire des Sciences. Antiquite, su amshistorica.cib.unibo.  Brunschwig, L. De la connaissance de soi, su amshistorica.cib.unibo.  Carbonara, C. Scienza e filosofia ai principi dell'età moderna, su amshistorica.cib.unibo.  Carnap, R. L'ancienne et la nouvelle logique, su amshistorica.cib.unibo.  Carnap, R. La Science et la Metaphysique devant l'analyse logique du langage, su amshistorica.cib.unibo.  Caullery, M. La science francaise depuis le XVII siecle, su amshistorica.cib.unibo.  Collected papers of Charles Sanders Peirce, su amshistorica.cib.unibo.  Correspondance duMarin Mersenne, su amshistorica.cib.unibo.  CournotConsiderations sur la marche des idees et des evenements dans les temps modernes, su amshistorica.cib.unibo.  Crowter, J. G.British Scientists of the Nineteenth Century, su amshistorica.cib.unibo.  D'Amato, F. Studi di storia della filosofia, su amshistorica.cib.unibo.  De Waard, G.L'experience barometrique, ses antecedents et ses explications, su amshistorica.cib.unibo.  Del Vecchio Veneziani, AGaetano Negri, su amshistorica.cib.unibo.  Della Volpe, G. La filosofia dell'esperienza di Davide Hume, su amshistorica.cib.unibo.  Della Volpe, G. La filosofia dell'esperienza di Davide Hume, su amshistorica.cib.unibo.  Dingler, H.Philosophie der Logik und Arithmetik, su amshistorica.cib.unibo.  Dugas, R.Essai sur l'imcomprehension mathematique, su amshistorica.cib.unibo.  Fano, G. Geometria non euclidea, su amshistorica.cib.unibo.  Frank, Ph. Theorie de la connaissance et physique moderne, su amshistorica.cib.unibo.  Galilei, G. Opere, su amshistorica.cib.unibo.  Ginzburg, B. The Adventure of Science, su amshistorica.cib.unibo.  Gli atomisti. Frammenti e testimonianze, su amshistorica.cib.unibo.  Gregory, J. C.Combustion from Heracleitos to Lavoisier, su amshistorica.cib.unibo.  Hahn, H. Logique, mathematique et connaissance de la realite, su amshistorica.cib.unibo.  Heidel, W. A.The heroic Age of Science, su amshistorica.cib.unibo.  Hessenberger, G. Grundlagen der Geometrie, su amshistorica.cib.unibo.  I frammenti degli stoici antichi, su amshistorica.cib.unibo.  Jaffe, H. Natural Law as controlled but not determined by Experiment, su amshistorica.cib.unibo.  James W. Philosophie de l'experience, su amshistorica.cib.unibo.  Janek, A. Die realitat vom Standpunkte des Efallelismus, su amshistorica.cib.unibo.  Keyser, C. J.Mathematics and the Question of Cosmic Mind, with other Essays, su amshistorica.cib.unibo.  La philosophie de Giovanni Vailati, su amshistorica.cib.unibo.  La philosophie de la nature, su amshistorica.cib.unibo.  Le Bon G. La Revolution Francaise et la psychologie des revolutions, su amshistorica.cib.unibo.  Lecat, M.Erreurs de mathematiciens des origines a nos jours, su amshistorica.cib.unibo.  Lennhardt, H.La nature de la connaissance et l'erreur initiale des theories, su amshistorica.cib.unibo.  Liebert, A. Philosophie des Unterrichtes, su amshistorica.cib.unibo.  Maiocco F. L.Le leggi di Mendel e l'eredita, su amshistorica.cib.unibo.  Marshall, C. E.Microbiology, su amshistorica.cib.unibo.  Matematiche e teoria della conoscenza, su amshistorica.cib.unibo.  Metz, A. Meyerson, une nouvelle philosophie de la connaissance, su amshistorica.cib.unibo.  Metzger, H. La philosophie de la matiere chez Lavoisier, su amshistorica.cib.unibo.  Meyerson, E. Du cheminement de la pensee, su amshistorica.cib.unibo.  Ness, A.Erkenntnis und Wissenschaftliches Verhalten, su amshistorica.cib.unibo.  Nordstrom, J.Moyen age et Renaissance, su amshistorica.cib.unibo.  Platone e la teoria della scienza, su amshistorica.cib.unibo.  Reflexions sur l'art d'ecrire un traite: a propos d'un traite de mathematiques, su amshistorica.cib.unibo.  Rensi, G. Le ragioni dell'Irrazionalismo, su amshistorica.cib.unibo.  Rey, A.Rey, A.Les mathematiques en Grece au milieu du V siecle, su amshistorica.cib.unibo.  Servien, P.Principes d'esthetique. Problemes d'art et langage des sciences, su amshistorica.cib.unibo.  Smith, D. E.The Poetry of Mathematics and other Essays, su amshistorica.cib.unibo.  Spirito, U. Scienza e filosofia, su amshistorica.cib.unibo.  Stefanini, L. Platone, su amshistorica.cib.unibo.  Stefanini, L. Platone, su amshistorica.cib.unibo.  Tannery, P.Puor l'histoire de la science hellène, su amshistorica.cib.unibo.  Wind, E. Das Experiment und die Metaphysik, su amshistorica.cib.unibo.  Wolf, A. A History of Science, Technology and Philosophy in the 16 and 17 Centuries, su amshistorica.cib.unibo.L'autore ha curato una decina di manuali didattici di geometria e algebra elementare e oltre 20 trattati di matematica superiore. Ha inoltre pubblicato un'ampia serie di testi di storia e di filosofia della scienza e numerosi articoli specializzati. L'elenco completo delle sue opere comprende oltre 300 titoli, fra saggi, articoli e trattati scientifici.   Questo testo proviene da Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze Spoglio di articoli e recensioni disponibile sul Catalogo Italiano dei Periodici (ACNP). Informazioni sulla storia editoriale di Scientia. Silvia Haia Antonucci e Giuliana Piperno Beer, Sapere ed essere nella Roma razzista. Gli ebrei nelle scuole e nell’università, Roma, Gangemi editore, Collana Roma ebraica-7,  Tina Nastasi,Federico Enriquez e la civetta di Atena, ed plus,Pisa, Comunità ebraica di Livorno. TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Federigo Enriques / Federigo Enriques (altra versione), in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Federigo Enriques, su MacTutor, University of St Andrews, Scotland. Federigo Enriques, su Mathematics Genealogy Project, North Dakota State University.  Opere di Federigo Enriques, su Liber Liber.  Opere di Federigo Enriques, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Federigo Enriques, Gaspare Polizzi, ENRIQUES, Federigo, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Edizione nazionale delle opere. Digitalizzazione completa di Scientia e Rivista di Scienza su AMS Historica. Sito ufficiale del Centro Studi Enriques di Livorno. "Le Armonie Nascoste", un recente documentario su Enriques su lalimonaia.pisa. Coloro che s'immergono nella dialettica, dice Aristone di Chio, fanno come i mangiatori di gamberi: per un boccone di polpa perdono il loro tempo sopra un mucchio di scaglie. Ma Hamilton, riportando il motto, vi aggiunge un’osservazione che non sembra aver perduto valore ai nostri giorni. Da noi, dice, il filosofo perde il tempo senza nemmeno gustare un boccone di polpa. Infatti il filosofo che ha percorso gli studi romani antichi classici, domanderebbe invano alla dialettica che gli fu insegnata, un concetto adeguato di quello che è l’ordinamento di un calcolo deduttiva come la geometria, nonché una spiegazione del significato e del valore dei principi che s’incontrano in la geometria. Che cosa e una definizione, un’assioma, un postulato? Che posto occupano nell’organismo della teoria dialettica? Quali sono i criteri che presiedono alla loro scelta o che permettono di giudicare della loro accettabilità? Tutte queste domande rimangono senza risposta, pel filosofo, se pure ad esse si alluse vagamente da qualche oscura dottrina del concetto. Certo esse non ricevono lume dalle minute classificazioni sillogistiche, per mezzo delle quali egli vien abilitato, quando mai, a verificare ciò che non ha alcun bisogno di verifica, cioè la coerenza formale di una dimostrazione geometrica. Ora è essenziale rilevare che il filosofo, ponendosi il problema dell’ordinamento della propria disciplina, si ritrova in faccia alla dialettica nella posizione stessa dei filosofi che hanno lavorato a costruirne l’edifizio, giacche lo sviluppo della dottrina del ragionamento procede appunto dalla critica dei filosofi che hanno riflettuto intorno alla natura e all’ordine della consequenza logica. Come padre della dialettica viene designato Aristotele. Ma Aristotele non può essere ritenuto se non raccoglitore e sistematore di ciò che nella dialettica e elaborato prima di lui, qualunque sia il contributo originale che può aver recato al sistema. L'affermazione precedente apparirà tosto giustificata quando si ricordi che le matematiche avevano raggiunto, già all’epoca di Platone, uno sviluppo assai elevato, [Il vanto che Aristotele dà a sè stesso (al termine degli Elenchi Sophistici) di aver creato una nuova scienza, appare, a chi legga tutto il paragrafo, riferirsi in modo stretto alla scienza della discussione o dialettica o collequenza e ad ogni modo non prova nulla contro il nostro asserto. La logica degli anlichi fiacche — a partire da Ippocrate di Chio — si cominciò a scrivere trattazioni dei suoi Elementi. Anche, che anzi, proprio all'epoca di Platone, ed in più o meno stretta connessione coll’accademia da cui pure usce Aristotele, alcune teorie aritmetiche furono oggetto di una profonda elaborazione critica (Eudosso, Teeteto...), che costituisce il precedente storico degli Elementi d'Euclide. Anche, che, d’altra parte, la dialettica aveva ricevuto uno straordinario sviluppo nelle discussioni dei Sofisti, sia presso i primi insegnanti salariati che presero tal nome, filosofi — come Protagora dì Abdera — sostenitori dell’ empirismo avverso il razionalismo metafisico del circolo di Velia, sia, più specialmente, presso i Megarici ed altri pensatori affini, che, in connessione coi circoli socratici, ripresero e svolsero in un modo formalistico la veduta veliatica. La finezza di alcuni sofismi attribuiti a filosofi di Velia, basterebbe da sola a testimoniare della profondità dell’analisi da essi ragggiunta, di fronte a cui fanno talora meschina figura le spiegazioni o confutazioni d’Aristotele negli Elenchi Sophistici. Aggiungasi che le stesse polemiche aristoteliche contro avversari non nominati (per esempio, intorno alla necessità e al carattere dei principi negli Analytica posteriora) valgono ad indicare che il problema logico dell’ordinamento di un calcolo analitico-deduttivo si dibatte secondo vedute diverse, alcune delle quali si riveleranno — ad un esame approfondito — più vicine alle vedute moderne, in confronto a quelle adottate dal filosofo di Stagira. I trattati d’Aristotele, che furono raccolti sotto il nome comprensivo di Organo, manifestano la doppia origine, dalla critica dell’aritmetica e dalla pratica della colloquenza. Infatti, i primi due saggi (Categoriae e De Interpretatione) si riferiscono alla classificazione o tassonomia delle espressione isolate e della proposizione, formando quasi una introduzione a tutta l’opera. I due saggi successivi (Analytica priora e Analytica posteriora) svolgono appunto la colloquenza come calcolo, quale risulta dall’analisi del ragionamento. Invece i due saggi (Topica ed Elenchi Sophistici) concernono l’arte della colloquenza o argomentare, mirante — non all’analitico ma soltanto al ‘desirabile’ ed al ‘credibile’ o ‘probabile’ in rapporto alla pratica della colloquenza. Aristotele ritiene per quest’arte il nome eleatico-platonico di ‘colloquenza’, mentre distingue col nome di propedeutica analitica – lo studio dell’analitico -- l’esame del procedimento della scienza dimostrativa, in cui dalla possibilità della scienza si desumono le condizioni del suo ordinamento questo senso è stato ripreso da Kant in quella parte della Critica della ragion pura che costituisce l’Analitica trascendentale. L’espressione ‘logicus’ è usato dal nostro per designare procedimenti del discorso che, non partendo da principi, non hanno valore dimostrativo. Ma quest’espressione s'incontra, già prima, [Quest’osservazione è fatta da Pranll, Geschichte der Logik. La logica degli antichi nel titolo di un saggio di Democrito d’Abdera:  rtepi Xoytxwv i) xavwv. E nella misura in cui si può ammettere che Aristotele ne abbia conservato il ‘significato’, rivelerebbe una diversa cocezione (più relativa e formale) del ragionamento: la quale s’incontra di fatto dopo Aristotele, e spalmente presso gli Stoici. Ora questi filosofi, appunto a partire da Zenone Cizio, designano come “to logikón” quella parte della filosofia che ha relazione al “logo” o discorso, e che comprende questioni attinenti al ragionamento e questioni rettoriche o di grammatical della profundita; mentre la scuola contemporanea di Epicuro ha tratto sicuramente da Democrito il nome di canonica, con cui designa le regole del metodo. Siffatte osservazioni, tendono a mostrare che l’influenza della vasta opera aristotelica sui successori, non fu così esclusiva come di solito si ammette, e c’inviterà a ricercare in questi stessi successori il riflesso delle opinioni più antiche, ed in particolare di quelle del maestro d’Abdera. Per formarsi un concetto dell’origine della logica, sarebbe interessante di ricercare se e quali ([Diels, Die Fragmente der Vorsokraliker: Dem.A 33, B. 10^. Diog. Laert. VII, 33 (In Arnim, Diogenes, 16). CO Aggiungeremo che Prantl opina che il nome proprio vj , come appellativo della scienza del ragionamento, o come nome comprensivo di esso e della rettorica, introduca piuttosto dai tardi peripatetici che dagli stoici] rapporti sieno interceduti fra la critica dei matematici e le sottili disquisizioni e implicature dei sofisti. Clairaut, per spiegare il rigore del ragionamento di Euclide, notta: ce geomètre avait à convaincre des Sophistes obstinés qui se faisaient une gioire de se lefuser aux vérités le plus évidentes. Houel ripette che la forma dogmatica d’Euclide è dovuta a “sa préoccupation de fermer avant tout la bouche à des sophistes que la Grece avait le tori de prendre au sérieux.” “De là,” egli aggiunge, “son habitude de demontrer toujours qu' une chose ne peul pas ótre au lieu de demontrer qu’ elle est.” Queste affermazioni sono state frequentemente contestate, giacche è difficile riconoscere che i sofisti abbiano esercitato un'influenza diretta, non dico sopra Euclide, ma nemmeno sopra i geometri, suoi predecessori, che hanno elaborato criticamente la scienza matematica. Tuttavia si può citare, a questo proposito, qualche accenno ad una polemica antimatematica di Protagora e di Antifonte tendente a restituire (avverso la filosofia razionalistica) il carattere empirico (alla Mills, i. e., sintetico, non analitico) ai concetti della geometria: argomenti dello [Elementi de geometrie, Parigi] [Essai critique sur les Principes fondamenlaux de la Géométrie” Parigi] Nondimeno i rapporti amichevoli di Protagora col matematico Teodoro di Cirene sono attestati da Platone: Teeteto 161 b 162 a. (Aristotele, Met. II, 2. (20). Cfr. Simplicio in Aristotele Phys.: Diels B. 13. La logica degli antichi] stesso genere vedonsi comunemente ripetuti dagli empiristi» e — per quanto concerne l'antichità — si trovano raccolti da Sesto Empirico (‘). Ma, qualunque veduta si abbia intorno alle idee espresse da Clairaut e da Hoiiel (che sono errate almeno per quel che concerne la svalutazione del movimento sofistico I), un altro nesso, più importante, appare fra la critica logica dei matematici e la dialettica dei sofisti, poiché l’una e l’altra sono generate insieme dalla filosofia di Velia. Infatti Zenone di Velia, è additato, dallo stesso Aristotele, come inventore di quell’arte litigiosa che è la dialettica e, d’altra parte, l’analisi penetrante di Tannery e di Zeuthen sui celebri argomenti intorno al moto (la dicotomia, l’Achille, la freccia, ecc.), ha messo in evidenza il loro significato e valore matematico, sicché il sottile dialettico in cui la tradizione non ha veduto che un ragionatore ‘paradossale’, si scopre ai nostri occhi come iniziatore di quell’ ordine di considerazioni che costituisce l'analisi infinitesimale. Ed é sommamente istruttivo riconoscere che proprio dalle considerazioni infinitesimali — in cui il pensiero i trova esposto a non sospettate fallacie — trae origine la critica del ragionamento, onde ne esce fuori la sco¬ perta del principio di contraddizione e il procedimento [Adversus Aialhcmaticos, I. III. ( 2 ) Cfr. Diog., L., Vili, 57; Sesto Adv., Math., VII, 6 (in Diels, Zenone, A, IO); Aristotele ed. Didot] di riduzione all'assurdo, o eliminazione della negazione. Democrito che spingerà innanzi l’analisi infinitesimale, scoprendo il volume della piramide, viene parimente ricordato da Diogene Laerzio come prosecutore della dialettica zenoniana. Ma importa spiegare, sia pure con brevità, come le origini dell’analisi infinitesimale si riattacchino ad un critica dei principi della geometria, a cui pertanto viene a connettersi lo sviluppo della logica. La dimostrazione delle cose che qui asseriamo si troverà nei lavori degli storici sopra citati, ed anche in altri nostri scritti, in cui abbiamo trattato più particoiar-mente questo soggetto. Secondo le notizie che ci vengono fornite da Proclo, nel commento al primo libro dell' Euclide, le principali teorie geometriche che costituiscono gli Elementi furono elaborate dai pitagorici e ricevettero già a Crotone uno sviluppo dimostrativo. Zeuthen suppone che il punto di partenza di questo sviluppo sia stato il tentativo di stabilire in generale la relazione fra i quadrati dell’ipotenusa e dei cateti del triangolo rettangolo, nota sotto il nome di teorema di Pitagora. D’altronde vi sono numerosi indizi che la geometria pitagorica avesse come fondamento una teoria delle proporzioni (symmetria, o della misura o analogia), basata sopra un concetto EMPIRICO del punto-esteso, preso come [Cfr. Enriques, Il procedimento di riduzione all'assurdo, Bollettino della Mathesis ».Cfr. in ispecie Tannery, Pour la Science hellcne , cap. X. La logica degli antichi] elemento unitario di tutte le cose (monade). Così l’affermazione pitagorica che le cose sono numeri è da interpretare nel senso che un corpo, o una figura geometrica, che in questo stadio della filosofia si pensa in maniera concreta, e un aggregato di punti, cioè unità aventi posizione. Ma l’ipotesi monadica traeva con se la commensurabilità (simmetria) di due segmenti qualsiansi, che appunto rendeva senz' altro possibile la misura, e questa conseguenza doveva urtarsi — nel stesso circolo pitagorico— colla scoperta che la diagonale e il lato del quadrato sono incommensurabili. Ora, mentre i pitagorici si affaticavano intorno a questa difficoltà, altri filosofi che del resto sono usciti dai medesimi circoli, iniziano la critica dei concetti geometrici, riconoscendo che un ragionamento, il quale voglia mantenersi immune da contraddizioni, deve riguardare il punto come privo di estensione, la linea come lunghezza senza larghezza, la superficie senza spessore, e di qui vengoo naturalmente condotti alle prime considerazioni infinitesimali. Questi critici razionalisti sono i filosofi di Velia: Parmenide e il suo discepolo, l’italiano Zenone. La loro speculazione segna un punto decisivo nella storia della filosofìa, perocché essa proclama nettamente, per la prima volta, i diritti della ragione: il ragionamento coerente viene assunto [Parmenide è annoverato fra i pitagorici nel catalogo di Giarablico (Diels, Pyth, 45, A.) e delle sue relazioni con altri pitagorici ci viene attestato da Diogene Laerzio. Senz’ altro a misura della verità, cioè dell' esistenza metafisica, distinta e contrapposta all’ opinione probabile che si riferisce alla realtà sensibile. Da questo razionalismo, per cui il pensiero non esita a staccarsi dalle apparenze fenomeniche per serbare rigida fede ai suoi principi, nasce — come si è detto — il metodo dialettico, che è il germe della logica. La quale ebbe a svilupparsi di poi, mentre fervevano le controversie fra empiristi e razionalisti, e — per opera di questi — si proseguiva lo sviluppo dell analisi infinitesimale (Democrito), e se ne indagava criticamente i principi (Eudosso). Ma, poiché questa critica — toccando alla teoria fondamentale degli incommensurabili e delle proporzioni — veniva ad involgere l’intiero problema dell’assetto rigoroso della geometria, la ricerca logica non poteva limitarsi all’ analisi dei sottili procedimenti implicaturali della deduzione, anzi doveva naturalmente estendersi all’ordinamento della scienza e alla valutazione dei suoi principi. In rapporto a ciò che precede riescono sommamente espressivi ed interessanti i giudizii di Plato ne, sebbene forse, si sia esagerata dallo Zeuthen l’influenza che il filosofo ateniese può. “Sur la riforme qu' a subie la malhématique de Platon à Euclide et gràce à laquelle elle est devenue Science raisonnée, “Memorie dell’ Accademia di Copenhagen”)] avere esercitato su pensatori matematici quali Eudosso Teeteto, allorché designa il movimento critico el tempo col nome di riforma platonica dèlle matematiche. Riferiamo alcuni passi della Republica 510. Quelli che si occupano di geometria e di aritmetica ecc. assumono il “pari” ed il “dispari”, e le figure e tre specie di angoli, e altri simili supposti nelle dimostrazioni; e come avendone certa scienza questi supposti li prendono per base, e quasi fossero evidenti non pensano affato a darne alcuna ragione, nè a se stessi, nè agli altri; anzi, di qui partendo, ordinatamente dimostrano lutto il resto giungendo infine a ciò che si proponevano di dimostrare. Essi si valgono, per ciò, di figure visibili, e ragionano su di esse, non ad esse pensando, ma a quelle di cui queste sono l’immagine, ragionando sul quadrato in se stesso e sulla sua diagonale, anziché su quello o quella che disegnano; e cosìutte le figure che formano o disegnano (quasi ombre o immagini specchiate dall' acqua), tutte le adoperano come rappresentazioni, cercando di vedere attraverso di esse i loro originali, che non sono visibili se nndall’intelligenza (5:cV3ix).... ». (511). Questa specie invero io la dicevo intelligibile, e intendevo dire che l’anima nell’ investigazione di essa, è costretta a valersi di remesse. Ci valiamo dell’ed. Didot e della trad. it. edita da Laterza, che riportiamo con lievi modificazioni. non procede al principio, perchè non è in grado di andare oltre alle premesse, ma si vale, come d’ immagini, degli originali appartenenti al mondo di quaggiù, da esse imitali, valutandoli e stimandoli come eidenti di fronte a quelle,” mentre “il ragionamento che usa la forza della dialettica, considerando le remesse non come principi ma soltanto come pre¬ esse — quasi punti d’ appoggio e di partenza — giunge a ciò che più non ha premesse, cioè al principio universale, e raggiuntolo e tenendosi fermo alle conseguenze che ne derivano, perviene al fine senza far uso di nessun sensibile, cioè procede dalle idee stesse alle idee attraverso le idee, per finire alle idee. Di qui la distinzione posta fra la ragione del dialettico (vo’jc, vóy}oic) e l’intelligenza del geometra (3:xvo:s() che sta di mezzo fra l’opinione e la ragione”. La stessa distinzione ritorna in : Rep. (533c,...): la geometria e le scienze affini sognano rispetto all’ essere, ma è imposibile che lo vedano ad occhi aperti, intanto che si valgono di postulati e li tengon fermi, mentre non sanno renderne conto. Veramente la disciplina, che ignora il suo principio, e che ha la fine e il mezzo legato a ciò che non sa, come si potrebbe chiamarla scienza ?... » .Vi è qualche difficoltà a comprendere queste vedute. Anzitutto giova respingere l’ interpretazione più comune, che stabilisce una differenza radicale fra la ragione del dialettico e l’intelligenza del geometra, giacché non si riesce a dare alcun significato alle idee platoniche, se non ammettendo che esse esistano nello stesso modo in cui si afferma l’esistenza di rapporti o di forme matematiche nella natura. L' apparente contraddizione fra questo modo d'intendere la dottrina e le parole del testo sopra accennato, si toglie ammettendo che il posto inferiore attribuito alle matematiche di fronte alla dialettica, si riferisca non tanto alle matematiche pure, costruibili come scienze (pafW’yiJ.aT*) secondo l’ideale del nostro, quanto alle matematiche considerate come arti (zl'/yy.:). Ed in appoggio a tale veduta si possono citare altri passi dello stesso dialogo, p. es.: Rep. (527)  anche coloro che sono poco profondi in geometria, non metteranno in dubbio che questa scienza è tutto il contrario di quanto parrebbe dalla terminologia che usano quelli che la professano. È una terminologia troppo ridicola e misera, perchè — quasi si trattasse di scopo pratico — parlano sempre di quadrare, di prolungare o di aggiungere. Invece tutta la scienza si coltiva collo scopo di conoscere”. Ma qual’ è l’ordinamento della geometria vagheggiato da Platone? su che base vorrebbe egli edificarne i principi? I passi citati indicano assai chiaramente che per conferire alla scienza un valore razionale, il filosofo [Cfr. G. Milhaud: Les philosophes géometres de la Grece. Parigi, Alcan; Enriques: Scienza e razionalismo, Bologna, Zanichelli] vorrebbe eliminare quelle domande che si pongono a fondamento delle dimostrazioni, sotto il nome di postulati (axioma), mercè cui si assume la possibilità di certe costruzioni, facendo appello ad operazioni pratiche sopra modelli sensibili. La base della geometria, edificata secondo i criteri della dialettica, consisterebbe duue in pure definizioni (il procedimento dialettico ha appunto come scopo di definire i concetti !) o in principi evidenti — quali gli assiomi — che Platone riguarderebbe come conoscenze innate, giusta la teoria della reminiscenza (annamnesis) esposta nel Menone. In tal guisa le proprietà elementari che una figure visibile ha porto occasione di riconoscere, merce 1 intelligenza ideahzzatrice (dianoia), apparirebbero fondate sulla pura ragione (nous). Rivolgendoci agli Analytica di Aristotele, vi troveremo notizie più precise sui criteri adottati dai geometri nell ordinamento logico della scienza, criteri che sara interessante di raffrontare a quelli che appaiono, in atto, negli Elementi euclidei. Già al principio degli Analytica priora, l’autore definisce il concetto della scienza di cui imprende lo studio. Anzitutto e da dire il soggetto e lo scopo di questo studio: il soggetto è la dimostrazione e lo scopo è la scienza dimostrativa (à~:a~y.tirj à7to8sM~:xf/). Quindi, negli stessi Analytica priora, viene a stabilire la teoria del sillogismo (teorico o aletico, e pratico o volitivo), e passa poi ad esaminare — nei posteriora — l’ordinamento delle scienze deduttive, riferendosi perciò continuamente alle matematiche. Quest’ ultimo trattato, che qui occorre specialmente esaminare, si apre coll’ enunciato che ogni conoscenza razionale, sia insegnata, sia acquistata, deriva sempre da conoscenze anteriori. L'osservazione mostra che ciò è vero di tutte le scienze. Infatti questo è il procedimento delle matematiche e, senza eccezione, di tutte le altre arti. Ora dal concetto stesso del sapere segue necessariamente che la scienza dimostrativa procede da principi veri, da principi immediati, più noti che la conclusione, di cui sono la causa ed a cui precedono. Aristotele (ibidem, 1, 3) esamina e respinge le obiezioni di due specie di avversari di questa dottrina, i quali pretendono o che non vi sieno principi e però che la dimostrazione riesca impossibile, dando luogo ad un regresso all’ infinito; o, all' opposto, che il procedimento della dimostrazione sia affatto relativo, sicché i principi possano provarsi partendo dalle conclusioni, così come le conclusioni dai principi: ciò che egli dice dar luogo ad un circolo vizioso. Sarebbe assai interessante conoscere gli avversari [Cfr. Enriques: Il concetto della Logica dimostrativa secondo Aristotele in « Rivista di filosofia ») An. post. I, 2 (6). a cui il nostro si riferisce. Forse la prima obiezione apparteneva alla polemica antimatematica di filosofi empiristi, mentre la seconda potrebbe essersi presentata nei circoli megarici (imbevuti del relativismo veliatico) ovvero a Democrito o ad altri matematici, critici dei principi della scienza. Ad ogni modo, della veduta qui espressa — che è solo apparentemente illogica — ci colpisce l'analogia che essa presenta con talune vedute moderne. Aristotele combatte questo relativismo, poiché tutta la sua metafisica, ispirata alla dottrina platonica delle idee, e soggiacente alla sua logica, reagisce appunto alle tendenze relativistiche delle speculazioni, che dalla scienza presocratica erano passate nel dominio del costume e delle credenze religiose, in guisa da minacciare le condizioni della vita sociale nel mondo ellenico. Il parallelismo che i veleiatici avevano scorto fra il logo o ragione e l’essere, e che i sofisti (avversari e prosecutori) avevano interpretato nel modo di proiettare nella realtà l’arbitrario che è proprio della libera critica, riceve, nella dottrina socratico-platonica, una interpretazione inversa. Infattim  la teoria ontologica delle idee, suppone un ordine assoluto di consistenza che stanno di fronte alla ragione come dati, sopra cui esso ha da modellare l’ordine della propria scienza. Così dunque Platone vede nella classificazione delle forme geometriche un modello della gerarchia delle specie naturali, la quale si rispecchia nquel procedimento più generale di “divisione” (diaresis) e di definizione (horismos) che costituisce la dialettica. Ed analogamente per Aristotele, il rapporto necessario ed irrversibile fra causa ed effetto, offerto dalla natura, si riflette nel rapporto fa premesse (p) e conseguenze (q) della scienza dimostrativa (p implicat q); la quale perciò possiede un ordine naturale che non può essere invertito, onde i suoi principi appariscno assolutamente indimostrabili, An. post. I, 2 (9): Bisogna che i principi da cui si parte sieno indimostrabili. Altrimenti, non possedendone la dimostrazione, on potrebbero ritenersi noti, poiché sapere in modo non accidentale le cose di cui la dimostrazione è posibile, è possederne la dimostrazione, Ora, proseguendo l’esame degli Analityca posteriora, veniamo istruiti più precisamente che i principi della scienza, si lasciano distinguere in più specie. Primo, i Termini o definizioni (3 poi), cioè supposizioni del ‘significato’ (semiosis,segno) dell’espressione (in linguaggio moderno: assunzioni di concetti primitivi non definiti) e definizione propriamente detta. Secondo, Supposizioni d’esistenza del genere e delle sue modificazioni, cioè delle cose designate dai termini. Terzo, Proposizioni immediate che occorre necessariamente [La teoria logica della definizione è trattata da Aristotele in An. post. II, e specie nei Capi 9 e 12: dove si pscrive la regola di restringere successivamente l’estensione del genere aggiungendo — nell’ordine naturale — la differenza specifica che lo delimitano, fino a che esse circoscrivano, nel loro insieme, l’estensione del soggetto da definire] riamete conoscere per apprendere qualsiasi cosa, le quali vengono chiamate assiomi (ófiwpaTsc) giacché vi sono proposizioni di tal natura e ad esse si riserva abitualmente questo nome. Infine anche ipotesi o postulati (odr^i-istra), che s'introducono effettivamente nell’ insegnameto delle matematiche (o anche nella discussione) domandando al discente di ammettere l'esistenza di qualche cosa di cui egli non abbia alcuna idea, ovvero abbia un’idea contraria. Qui d concetto d Aristotele riesce alquantscuro, iacché da una parte egli sembra ammettere (come Platone) che un postulato potrebbe essere eliminato * postulato... e ciò che si pone senza dimostrazione, quantunque potrebbe dimostrarsi, e di cui ci si serve senz’ averlo dimostrato » (I, 10 (8) ) ; e d’ altra parte (riferendo evidentemente le vedute dei geometri) egli avverte che una definizione non e un’ ipotesi perchè non dice se la cosa definita esista oppur no. Ma probabilmente il suo pensiero è che il sapere dovrebbe edificarsi su quelle sole supposizioni d'esistenza che hanno carattere di necessità, essendo vere di per sé stesse (xaO’ alili), le quali non si possono considerare come ipotesi o postulati.. (1, 10(7)), imperocché la dimostrazione si rivolge non alla parola esteriore, ma alla parola interiore dell’animo. Con ciò il Nostro fa appello a quel sentimento d’evidenza del pensiero che Platone. Usalo dai pitagorici secondo Giamblico (in Diels, D, 6). ha rappresentato come intima sincerità nel Teeteto, servendosi quasi delle stesse parole. Tuttavia Aristotele critica la teoria platonica della reminiscenza, negando che vi siano conoscenze innate. La conoscenza universale dei principi viene per lui acquisita indubbiamente dalla sensazione. Essa si produce mercè l’unità dell’ esperienza che sussiste nell' anima, nonostante la molteplicità degli oggetti, in forza della facoltà di fissare ciò che vi è di simile o d’identico nei particolari e di riconoscerlo come dato del pensiero. (An. post. 11, 15 (5,6, 7)). Ciò non toglie all’ assoluta verità che l'intelligenza idealizzatrice (òtavaa), fondamento della scienza, conferisce ai suoi principi (II, 1-5 (8)). Alle dottrine d’Aristotele giova paragonare quelle che appariscono nell’ ordinamento degli Elementi di Euclide: Il ragionare è un discorso che l'anima rivolge a sè stessa, per sè, intorno alle cose che consideri nemmeno in sogno hai ardito dire a te stesso che il dispari è pari, o altra simile cosa. An. priora II, 21 (7) e An. post. I, I (7). Heiberg, Euclidis opera omnia, Teubner, Lipsia, Secondo le indicazioni del commentatore Proclo di Bisanziom Euclide sarebbe vissuto in Alessandria al tempo del re Tolomeo. Le opere di Aristotele che conosciamo sembrano appartenere all’ultimo decennio della sua vita. Nei quali si trovano tre specie di principi : 1) termini o definizioni (Spot): 2) postulati 3) nozioni comuni (y.otvof Ivvoiat). Non è qui il luogo per sottoporre ad un’analisi appiofondita queste premesse, che — a dir vero — sono lungi dall’apparire soddisfacenti, tanto che da Tannery si è perfino messo in dubbio la loro autenticità ; solo, riferendoci alla critica che ne ha fatto lo Zeuthen, Limiteremo ad alcune osservazioni logiche. Ma anzitutto vogliamo arrestarci un momento sopra una questione di parole. Non pochi si meravigliano che Euclide usa l’espressione ‘nozione comune’ per designare quelli che Aristotele chiama (coi matematici pitagorici) * assiomi», tanto più che — si dice — l’espressione « evvow » compare solo più tardi nel linguaggio degli Stoici. Ora non è fuor di luogo rilevare che la stessa espressione si trova pure in Democrito. Il rilievo assume interesse per la circostanza che Democrito compose, circa cent’anni prima d’ Euclide, degli Elementi, che non sono annoverati nel sunto storico di Proclo, ma di cui Trasillo ci ha conservato i titoli ( :J ) ; tanto più che questi lasciano (*) Clr. Hisloire dea malhimallquea traci, dal danese di Mascari (Parigi, Gauthier-Villars): n. 14, 69 94. Cfr. Sesto in Diels, A, III. ( 3 ) rsti>|isi?t>t(óv (A, li ?), Api0|io£, IIspl à/.dyfev Ypxfijitòv stai vxowùv A, li (cfr. Diels B, II", II 0 , I |P)] scorgere un ordinamento della materia simile a quello adottato dallo stesso Euclide. Non sembra fuor di luogo congetturare che nella terminologia democritea gli assiomi venissero appunto designati come nozione o nozione comune, e che il geometra alessandrino, imprendendo a sistemare la stessa materia, in rapporto ai progressi critici del secolo, abbia conservato la denominazione del suo illustre predecessore: al quale di preferenza doveva guardare. Diciamo ora che la distinzione fra le nozioni comuni o gli assiomi, e i postulati, viene spiegata da Gemino in Proclo come analoga a quella fra teoremi e problemi, o fra identità e equazioni, in quanto i primi porgono delle relazioni, per cui certe proprietà resultano conciute come conseguenza di altre date, laddove i secondi assegnano costruzioni elementari, ciò che, nel concetto dei antichi, significa affermare l’ esistenza di enti particolari cui s’impongono certe condizioni. Questo carattere costruttivo sembra mancare soltanto al post. 4 (tutti gli ngoli retti sono uguali fra loro) ; ma Zeulhen spiega come in tale affermazione debba vedersi un complemento del post. 2, nel modo di affermare che il prolungamento di una retta è unico. In appoggio della nostra veduta può valere, forse, un passo del noto commento. Prodi Diadoclii in primum Euclidis Elemenorum librato commentarii (ed. Friedlein), in cui sembra che Proclo alluda all'uso dei geometri di chiamare nozione comune ciò che Aristotele chiama assioma. Cfr. Vailati, Scritti, Proclo osserva pure che gli assiomi e i postulati differiscono anche per essere: questi, principi particolari della geometria, e quelli, principi comuni alle varie scienze; infatti si tratta qui delle proprietà generali dell uguaglianza e diseguaglianza fra grandezze. Infine la distinzione fra le due specie di principi si accorda anche col criterio d'Aristotele, che riconosce negli assiomi delle verità cessarie ed indimostrabili, perchè evidenti di per se (xocS' èx jvx), e nei postulati delle verità — partecipanti ad un’ altra specie di evidenza (sensibile) — che non risultano ugualmente dviyxw dal significato dei termini che vi figurano : la natura del principio, enunciato da Euclide come nozione comune, sembra infatti rispondere a questo criterio. Ma se taluni geometri (al dire dello stesso Proclo) recusavano di distinguere assioma e postulato, mancano tuttavia indizi per affermare che essi respingessero il significato che Aristotele e probabilmente altri ancora (secondo la metafisica del senso comune) attaccavano a codesta distinzione, così come lo respinge la critica moderna, che per tale motivo appunto — considera ugualmente le proposizioni primitive della scienza quali postulati, da ricevere, in una qualsiasi teoria deduttiva, come dati anteriori allo sviluppo della teoria stessa. Un piccolo lume ci è recato in tali questioni dal riferimento dello stesso Proclo circa un tentativo di dimostrare l'assioma I (cose uguali ad una terza sono uguali fra loro), che sarebbe stato fatto da Apollonio. Infatti della tentata dimostrazione viene porto il seguente cenno. Sia a uguale a b, e b uguale a c; dico che a è uguale a c. Invero a occupa Io stesso luogo (córto;) di b, e così b occupa lo stesso luogo di c; quindi anche a occupa lo stesso luogo di c. Questo ragionamento indicherebbe forse che Apollonio voleva ricondurre il concetto euclideo di ‘eguaglianza’ geometrica al caso della sovrapponibilità delle figure, facendo appello ad esperienze ideali di movimento, mercè cui poteva iludersi di ridurre ad una pura proposizione identica la proprietà transitiva di quella relazione. Mentre il ricorso a siffatte esperienze ci avverte appunto (con Helmholtz e Stolz) che il detto assioma 1 ha un significato o carattere sintetico e non può ritenersi come una semplice proposizione analitica (vera per definizione). Comunque il rifermento accennato lascia presumere che la critica dei principi sia stata spinta innanzi da Apollonio, dopo Euclide, con quella penetrazione di cui volentieri siamo disposti ad accreditare il grande geometra iPerga. Ritorniamo all' Euclide per esaminare, in breve, i principi eh' egli ha designato col nome horós: termine o definizione. Se essi vengono considerati come definizione, non si può a meno di rilevarne la manchevolezza, poiché non offrono, spesso, che descrizioni atte a indicare la genesi psicologica dei concetti. Così, p. es., in 3 e 3, dove si dice che gli estremi di una linea sono punti, e che gli estremi di una superficie sono linee. Ma, verosimilmente, queste ed altre spiegazioni sono da considerare in rapporto alla tradizione storica precedente, come un richiamo dei caratteri per cui gli enti delia geometria razionale appaiono idealizzazioni dell'esperienza: p. es. le I, 2, 5 stanno a ricordare che — secondo il risultato della critica veliatica il punto è inesteso, la linea è lunghezza senza larghezza, e la superficie non ha spessore. Anche quelle che si presentano come definizioni propriamente dette, non ottemperano sempre al criterio fondamentale enunciato da Aristotele, che l’insieme degli attributi restringa l’estensione del genere in guisa da non appartenere ad alcun concetto più esteso. Per questo motivo sembra insufficiente la def. 4, inea retta è quella che e posta ugualmente rispetto ai suoi punti. Imperocché, se s interpreta come si usa comunemente, retta è quella linea che è divisa in due parti uguali da qualsiasi uo punto’, si enuncia una proprietà non caratteristica della retta, che appartiene anche all’elica (cfr. Apollonio in Proclo: 105, 5). Ora conviene aggiungere che Euclide, non soltanto suppone l’esistenza di ciò che viene immediatamente designato da alcuni termini, ma sembra anche introdurre surrettiziamente alcune ipotesi esistenziali, per mezzo di definizioni, laddove — per analogia coi criteri seguiti in altri casi — si sarebbe aspettata l'esplicita introduzione di un postulato. Ciò accade, in ispecie, per quel che riguarda le intersezioni di rette e circoli, le assunoni adoperate nelle prop. I, 12, 22 sembrando giustificarsi (secondo che osserva ) Cfr. Proclo 1. linea II] Zeuthen) mediante la definizione (15) del circolo come figura piana compresa da una sola linea. Ma non giova insistere su tali difetti, che apparten¬ gono all’esecuzione e non modificano i criteri logici del disegno. Restando nell’ordine d’idee euclideo, avremmo soltanto da completare i postulati coll’ enunciare esplicitamente i casi d'esistenza delle interse¬ zioni di rette e cerchi o di due cerchi, che si offrono nelle costruzioni elementari. Interessa piuttosto di rile¬ vare come queste ipotesi esistenziali, che la geometria antica introduceva nei singoli casi, mercè appropriate costruzioni, oggi si lasciano dedurre da un unico principio generale di continuità, onde l'affermazione d’esistenza si libera dalla ricerca dei mezzi costruttivi, complicantisi colla natura del problema. E questo un progresso conforme all'indirizzo preconizzato da Platone, che— come si è visto — repugnava appunto da ciò che sa di pratico o di meccanico nella formu¬ lazione dei postulati. Nota. A complemento di quel che si è detto intorno alla geometria euclidea, aggiungeremo che Archimede (5) sembra classificare e distinguere i principi in modo diverso, poiché (in una lettera a (Cfr. p. e*. I* art. 5° di G. Vii a li nelle Questioni riguardanti le matematiche elementari raccolte e coordinate daF. Enriques Voi. J, Bologna, Zahelli. De sphaera et cilindro in « Archiinedis opera omnia cum commentari^ Eutocii », ed. Heiberg. Lipsia, 1910. Cfr. The Work* of Archimedes, e. Heath, Cambridge, Capitolo I Dositeo) chima «assiomi» (à^:ih\i.xTx) le definizioni accompagnate da supposizioni d’esistenza : p. es. esi¬ stono linee piane che giacciono tutte da una parte ecc., e queste si dicono concave ; mentre poi dà il nome di * assunzioni » (Aa|l3*V0;xsva) a taluni principi (teoremi precednemente stabiliti o postulati, assai eleganti) da cui muove la sua trattazione: p. es. la retta è la linea più breve tra due punti. Il commento d’Eutocio restituisce agli àfjuojtara archimedei il nome di opy. ConsiderazioSe ora, riguardando soprattutto ai secondi Analitici d’Aristotele e agli Elementi d’Euclide, cerchiamo di esprimere le nostre impressioni in un giudizio sintetico sulla logica degli antichi, domandandoci fino a che punto i loro criteri ci sembrino accettabili o esaurienti, siamo condotti alle seguenti riflessioni. La logica dei antichi suppone un ingenuo realismo per cui il pensiero appare come la copia o la visione di una natura esterna. Così il numero dai pitagorici e lo spazio continuo dagli eleati, sono pensati in concreto, ad imitazione di quella sostanza cosmica che viene figurata costituire il sostrato naturale (la epa:;) di tutte le cose. La supposizione realistica è tipicamente espresa nella teoria delle idee di Platone, che (orma infine la metafisica soggiacente alla logica d'Aristotele. Da essa deriva il carat¬ tere di necessità dei principi, e quindi la pretesa di un ordine naturale della scienza, facente capo a pre- messe assolutamente indimostrabili; la qual pretesa viene corretta, almeno in parte, nelle vedute dei geometri.  Ma dallo stesso realismo, ha origine la radicale manchevolezza della teoria della definizione. Poiché le oscunta del trattato di Aristotele e le imperfezioni dell’Euclide, in enere gli errori della critica che si riscontrano in tali opere, si possono riattaccare a codesto presupposto, quasi a comune radice. Si ammette infatti che le parole rispondano ad enti di un mondo intelligibile trascendente il soggetto, che si tratta di fissare univocament Di qui il criterio che la deduzione logica debba tener presenti, non soltanto le premesse esplicitamente enunciate come assiomi o postulati, bensì anche il significato dei termini su cui si ragiona, vedendo, attraverso di essi, quella realtà (geometrica ecc.) che è oggetto del pensiero. Ma ciò significa autorizzare nel ragionamento inconfessati appelli all' intuizione, che, dichiarati, si tradurrebbero in nuovi assiomi. Ora, se l'intuizione (o visione del significato) rimane sempre presupposta nel ragionamento, quando mai potremo assicurarci che gli assiomi formino un sistema completo? A stretto rigore di tale domanda non si riesce neanche a definire il senso ! E quindi non si comprende perchè si senta il bisogno di enunciare — a preferenza di altri — alcuni fra gli assiomi, che pure sono dichiarati evidenti, necessari ecc. ecc. Aggiungiamo che anche l’analisi aristotelica del ragionamento, facente capo alla teoria del sillogismo (An. priora) sta pure in relazione col presup¬ posto metafisico della logica. E specialmente colla circostanza che i Greci, in generale, immaginarono la realtà intelligibile rappresentata dalla scienza, sul tipo statico della classificazione delle forme geome¬ triche : tale è infatti il carattere dell’ ontologia eleatica, che imprime il suo suggello sulla dottrina platonica non superata veramente da Aristotele. Soltanto Democrito, come diremo più avanti, si solleva al concetto di una scienza razionale del moto, ma le sue vedute filosofiche non trovano adeguato sviluppo se non due mila anni più tardi, all epoca della Rinascita. Qui conviene rilevare che le critiche mosse alla teoria sillogistica dagli empiristi inglesi (da Bacone a Mill), opponenti alla deduzione 1 induzione generahzzatrice dell’esperienza, hanno fatto perder di vista ciò che manca all’ analisi aristotelica del ragionamento, pur riguardato nelle forme rigorose, che sole appartengono — secondo il concetto del filosofo greco alla logica dimostrativa propriamente detta. Infatti i brevi cenni che Aristotele dedica all’induzione (completa), negli Analylica priora, non suppliscono certo all’analisi delle operazioni logiche costruttive (significate da particelle come « e », o » ecc.) che accanto al sillogismo ricorrono nello sviluppo delle dimostrazioni matematiche. La quale lacuna torna a (i) Cfr. Cli. Werner, Aristotele et V ideallsme plalonicien, Alcan, Parigi] riflettersi sulla teoria delle definizioni, che appunto esprimono codesto lavoro costruttivo del pensiero. Infine giova rilevare che l’anzidetto realismo si riflette in una concezione ingenua del linguaggio: la filosofia greca — sia che abbia ammesso l'origine naturale della lingua (come Platone nel Cratilo), sia che abbia rilevato ciò che vi è di convenzionale nelle parole (come Democrito e Aristotele) — non riesce a scorgere la varietà essenziale delle lingue, che tiene ai diversi modi di rappresentazione delle cose ed esprimendo la libera attività del soggetto, dà origine all'intraducibilità. Dice infatti Aristotele: De Inlerpretatione, 1. Una espressione e una l'immagine delle modificazioni dell'anima. L’espressioni differiscono fra loro. Ma una modificazione dell’anima, di cui l’espressione e i SEGNO immediato, e identica per tutti gli uomini, come sono identiche per tutti le cose che quelle modificazioni esattamente rappresentano. E chiaro come una siffatta dottrina spieghi quella confusione fra analisi logica e analisi del linguaggio,  Proclo, nel commento al “Cratilo”, riferisce appunto questa opinione di Democrito, basata auiromonimia e la sinonimia di una espressione E1 e una espressione E2, sul cambiamento dei nomi e sul difetto di analogia nella formazione di certe espressioni verbali. (Cfr. le note al Cratilo di Cousin). De Interpretatione, 2 (1), che culmina nel concetto aristotelico di trarre dalla forma o materia dell’espressione grammaticale  una classificazione o tassonomia di questa o quella categoria. In ciò che precede ci siamo fermati a studiare il pensiero degli antichi traverso le sistemazioni scientifiche che sono a noi pervenute. Ma, per l’intelligenza dello sviluppo ulteriore che la logica riceve nelle scuole filosofiche dopo Aristotele, conviene tener conto dell'influsso che i predecessori del Stagirita sembrano aver esercitato sul movimento delle idee. Infatti codesto sviluppo si lascia definire, nlle sue linee generali, come tendente a liberare il pensiero dall ontologismo, che pure sopravvive in qualche modo alla ideologia platonico-aristotelica, nella misura in cui tale filosofia esprime la metafisica del senso comune. E l’anzidetta tendenza liberatrice si esplica in un progresso verso il formalismo logico, che procede dallo studio degli schemi discorsivi, formante oggetto degli Analytica priora. Questo progresso si avverte già nei primi paripatetici, come Eudemo, lo scrittore di una storia delle matematiche, e Teofrasto il raccoglitore delle opinioni dei fisici, ma più largamente ancora negli Stoici, in cui è pure passata 1 eredita dei dialettici megarici. Questo progresso si avverte anchein una revisione dei principi della teoria della conoscenza, che ha per oggetto l’origine e il valore dei concetto generale da cui muove la scienza dimostrativa: qui soprattutto vengono in luce delle vedute che debbono essere riattaccate ai grandi predecessori di Platone e di Aristotele; sulle quali l’interesse della questione c invita a fermarci. Ora, se ci volgiamo a riostruire induttivamente le idee di codesti predecessori, la figura di Democrito d'Abdera, deve attirare, sovra ogni altra, la nostra attenzione. Democrito, vissuto 40 anni dopo Anassagora e 25 anni dopo il suo concittadino Protagora che è il maggiore rappresentante della sofistica), deve esser considerato come un contemporaneo di Platone. Così, soltanto i pregiudizii dominanti la ricostruzione della storia della filosofia greco-romana nel secolo decimonono, hanno impedito di stdare più da vicino i rapporti fra Democrito e Platone, relegando Democrito tra i pre-socratici e perfino tra i pre-sofisti, in onta alla cronologia. Democrito è il ande fondatore dell’atomismo, in cui ha tuttavia come precursore Leucippo, e che fu svolta da lui come una teoria cinetica cosmologica. Attraverso questa dottrina Democrito agiunse ad una rigorosa concezione del determinismo meccanico, e verosimilmente he alla scoperta di principi (massa, inerzia) chalileo. Fanno eccezione Windelband e Burnel, che restituiscono airAbderita il suo posto cronologico, ma che tuttavia non sembrano arne un apprezzamento proporzionato all' importanza del suo lavoro scientifico] ha riostruito due mil’ anni più tardi, riprendendo le intuizioni fondamentali del lontano predecessore. Per il suo rigido meccanicismo, con esclusione di ogni teleologia, Democrito viene considerato come il padre del materialismo, e da ciò appunto ha origine il pregiudizio da cui in ispecie la storia svoltasi sotto l’nfluenza hegeliana, nel secolo decimonono, non ha saputo mai emanciparsi completamente. Quantunque un esame accurato avrebbe permesso di riconoscere ello stesso Democrito anche il padre dello spiritualismo (così come Leibniz sembra avere intuito!) e forse anche di far risalire a lui l’argomento per l’immortalita dell’anima basato sulla sua semplicità o in-divis-ibilità, che s'incontra nel Fedone 78, b, c. Le opere di Democrito, di cui ci sono trasmessi i titoli da Trasillo, formano una mole imponente e si riferiscono ai più svariati argomenti, dalle matematiche alla fisica, alle scienze naturali, all’agricoltura, alla teoria dei segno e dell’espressione, la dialettica, la grammatica, alla poetica, alla teoria della conoscenza ecc. ecc.; fra i frammenti più belli sono da annoverare quelli morali, conservatici da Stobeo. La posizione filosofica di Democrito, per ciò che concerne la teoria della conoscenza, resulta dalla testimonianza di Sesto Empirico, laddove egli parla di Democrito e Platone sostenitori della verità degli intelligibili (ià vorjra) in contraddizione con Protagora [Di ciò mi propongo fornire altrove la prova col confront dei testi aristotelici] aora. Si tratta dunque di un razionalismo, che si contrappone all’ empirismo protagoreo. Ma, poichè a sua volta questo empirismo dei sofisti era sorto come una reazione di caratere “positivistico” al razionalismo metafisico della scuola di Velia, è naturale che Democrito avesse a tener conto dell’ esigenza fondamentale che i sofisti avevano formulato. Democrito non posse semplicemente riprendere come materia della scienza una Verità (£M)0s:a) indifferente rispetto all’opinione (doxa) che si riferisce alle cose sensibili, ma doveva invece cercare una razionalizzazione dell’empirico, cioè una verità atta a salvare i fenomeni (ofttTe'.v ~ì 6|JtSV«); e siffatta veduta si poteva esprimere nel linguaggio tecnico del tempo, dando per compito alla scienza l’opinione vera, o inverata mediante il ragionamento. Appunto questa teoria della scienza come lii^x (isià Xóyo'j, viene riferita e discussa da Platone nel “Teeteto”, ed una comparazione analitica del testo con altri dello stesso Platone e di Aristotele, prova che il riferimento deve essere attribuito a Democrito. Ma, poiché la spiegazione razionale dei fenomeni suppone dei concetti, per mezzo dei quali si unifichi la rappresentazione delle cose del mondo empirico, si può domandare su che Democrito ne basasse il ossesso da parte dal soggeto percipiente. Qui soccorono alcune indicazioni. / . ' ( l ) Diel. A. 59 i eh. A. 114. ( ! ) Cfr. Enriques: La teoria democritea delta scienza nel dialoghi di 'Platone, Rivista di Filosofia, n. I. 1) Anzitutto Democrito viene additato da Aristotele come il primo a trattare delle definizioni di cose fisiche, mentre ei ci dice che con Socrate crebbe l'uso del definire e si estese soprattutto alle nozioni morali. Conviene intendere che Democrito inizia quel modo di definire proprio della scuola socratica, in cui si ricercano i caratteri comuni delle cose che rispondono al definito; è più difficile dire se lo stesso Democrito, come Socrate, facesse anche appello alla nozione comune che tutti gli uomini si formano in rapporto a dati oggetti; e tuttavia questo criterio ei ben poteva derivare da Eraclito, cui lo stesso Socrate sembra avere attinto. In un frammento della già citata opera logica di Democrito rtsp: àoyrxtòv noi xzvwv che ci è statmandato da Sesto, vengono distinte due speecie, di conoscenza, l’una relativa all’intelligenza (à7j; Siavaas), l’altra alla sensazione (Ò:à rwv aìofi^oetov). Dice precisamente Democrito: “Vi sono due forme della conoscenza : una conoscenza pura o legittima (yvyjafyj) ed una adombrata spuria (av.v.ri). Appartengono a quest’ ultima forma adombrata spuria le cinque sensi: la vista (visum), l’udito (uditum), il gusto (gustatum), l’odorato (odoratum), il tattoo (tactum). Ma la conoscenza pura è completamente distinta. Ed aggiunge ce questa conoscenza pura è relativa ad un (') Mtt. I, 4, (3), De Partibus Animalium I, 1 (ed. Didot, t. IH, pag. 223, 2). ( ! ) In Diel» B. II) orbano di pensiero più raffinato che prende il posto di un vedere o di un udire o gustare o odorre o tastare nel più piccolo (mettendoci così in rapporto colla vera natura delle cose, cioè cogli atomi. Anche in altri modi Democrito esprime la relazione fra le due forme del conoscere; per esempio ove dice che « apparenza (vòptoi) il colore, apparenza il dolce, apparenza l'amaro. In realtà soltanto gli atomi e il vuoto. Ma poi, facendo parlare i sensi contro l’intelligenza, soggiunge povera me, prendendo da noi la tua fede, tu vuoi confonderci ; la tua vittoria è la tua caduta. Troviamo qui una notizia estremamente interessante. Democrito, al pari di Platone e di Aristotele, e prima di loro, dibatteva il problema dell'origine dell’idea. Democrito non si fermava, come il filosofo ateniese alla supposizione della conoscenze innata (teoria della reminiscenza -- anamnesis), anzi piuttosto sembra derivare la idea dalla sensazione, sicché è lecito pensare che a lui possa aver attinto Aristotele la veduta che gli abbiam visto esprimere in An. Post. Il, 15. Ma, mentre in Aristotele non si vede come possa conciliarsi questa dottrina colla dignità attribuita alla nozione induttivamente acquistata, che debbe costituire le premesse necessarie della scienza dimostrativa, ciò che sappiamo intorno alla teoria delle sensazione di Democrito (in rapporto alla fondamentale (*) Galeno in Die!» B. 125; cfr. Sesto in Diels B. 9.] supposizione atomica) e ben atto a sciogliere la difficoltà. Ammetteva infatti il Nostro,  che la sensazione in generale derivassero da piccole immagini (sKoiXa) emesse dai corpi e proprie ad impressionare gli organi dei cinque sensi ed anche lo stesso pensiero in quella guisa in cui la luce impressiona una lastra fotografica. L’immagini rispondente alla conoscenza inteligibile partenti direttamente dagli atomi — sono di natura più fine. Si comprende quindi che esse possano liberarsi dalla mescolanza colle immagini più grossolane che colpiscono i cinque sensi, quando il confronto di sensazioni ripetute, in rapporto ad una molteplicità di cose, permette di fissare i caratteri comuni che definiscono il concetto. Che effettivamente Democrito riconoscesse il valore logico del concetto, quasi come anticipazioni dell'esperienza, resulta anche dalla testimonianza di Diotimo in Sesto (VII, 1401), che egli assumeva come criterio della comprensione delle cose oscure il fenomeno, e come criterio della ricerca'il concetto, èvvoia xpurr/pwv Z,r\vtpzwq. Qui è notevole lo del termine. Ivvotoe che già notammo a proposto della designazione di y.oiw.l Ivvs:% adoperata da Euclide per gli assiomi, giacche abbiam pur detto che codesto termine non si trova nella [Cfr. p. et. Aetiui in Diel», A. 30. ( 2 ) Diels, A. III. 37]letteratura filosofica di Platone ed Aristotele, ma invece, più tardi, presso gli Stoici. Appunto ad un’opera di Crisippo 7tepì £?jT^7S(0£ sembra fare allusione Plutarco presso Olimpiodoro, dove dice che gli Stoici allegano a causa di ciò (cioè della possibilità di arrivare a cose che non si conoscono) le nozioni fisiche: tàj qjuaixà; èvvofa?. D’altronde Diogoene Laerzio (VII, 54) (c’informa che Crisippo dice esservi DUE criteri della verità, la sensazione e il concetto. Qui in cambio di svvoia viene adoperata l’espressione TtpóXvjtjt:?, che ricorre anche presso gli Epicurei, designando l’anticipazione dell’esperienza. Ora il significato preciso che gli Stoici davano alle ÈVV 3 tati, si può rilevare, per esempio, da un passo del De Civitate Dei di S. Agostino dove si parla di coloro che riposero la verità nei sensi, cioè degli Epicurei e degli stessi Stoici. Qui cum vehementer aaerint sollertiam disputando quam dialecticam nominant, a corporis sensibus eam ducendam putarunt, hinc asseverantes animum concipere notiones, quas appellant èvvo'st;, earum rerum scilicet quas definiendo explicant. Da questi riferimenti sembra potersi dedurre che gli Stoici abbiano adottato, al pari di Aristotele, la dottrina democritea dell’ origine sensibile dei concetti – nihil est in intellectu quod prior non fuerit in sensi ( l ) Cfr. Arnim, Stoicorum veterani fragmenta. Voi. II, n. 104. Crisippo, discepolo di Zenone Cizio (280-209 a. C.).In Arnim, op. c. 105. In Arnim, 106. (cui soltanto gli Epicurei conservarono come fondamento l’ipotesi delle piccole immagini), ma spogliando i concetti di quella dignità superiore che il razionalista cerca conferire agli intelligibili ; così, per loro, la dimostrazione scientifica (àiróSs:^;) viene ridotta, per dirla con Cicerone, ad una “ratio, quae ex rebus perceptis ad id, quod non percipiebatur, adducit.”  In corrispondenza di queste vedute, di carattere più empirico, è interessante rilevare come si modifichi la dottrina democritea della scienza, che Zenone Cizio dice essere una comprensione sicura e ferma e immutabile dalla ragione » (à,u£-*sov ùttò Àóyo j /./.- ovvero anche un possesso immutabile dalla ragione, nell’accoglienza delle rappresentazioni » (èv a>xvT5tTO)v r.ozz- a&o. Pertanto gli Stoici non giunsero a quello schietto empirismo, che si vede accolto da Epicuro, per cui è accettata sempre come vera ogni sensazione o apparenza: richiesero anzi che all apparenza si aggiunga 1 assenso volontario dell animo, che per il saggia ha motivo nell identità fra la ragione individuale e la Ragione o logos universale. Così il concetto eracliteo del logos, che la scuola Arnim, 111. ( ) Riferimenti di Sesto e Diogene Laerzio in Arnim : Zeno- Citius, n. 68. (' ) Cfr. Sesto e Cicerone in Arnim : Zeno Citius, nn. 63 e 61 .  3] stoica ha fatto proprio, doveva pur sempre conservare al pensiero una certa dignità, e quindi facilitare il trapasso alla veduta posteriore degli eclettici (Cicerone), per cui le commune notio vengono ritenute non più come uniformità della natura bensì come idea innata, attestanti la reminiscenza della vera origine divina dell' uomo, onde la teoria stoica (ritornando in effetto a Platone) viene a fondersi colla neoplatonica. Più direttamente degli Stoici (che pure ne derivarono il principio del determinismo universale) si riattaccano a Democrito gli Epicurei, che ne adottarono la teoria atomica, spogliata bensì del suo più profondo significato meccanico. Ma, come abbiamo già accennato, Epicuro e lungi dal razionalismo del maestro d’Abdera. La sua “Canonica” comprende poche regole di cui abbiamo chiaro riferimento da Sesto Empirico, e che Gassendi ha ricostruito con precisione nella sua Logica. Riferiamo la parte essenziale dei canoni epicurei così formulate. Sensus nunquam fallitur. Opinio est consequens sensum, sensiomque superadiecta, in quam veritas aut falsitas cadit.  Opinio illa vera est, cui vel suffragata, vel non refragatur sensus evidentia. Petri Gassendi Opera Omnia, Firenze. 1277, Voi. 1. Pari 1, De Logicae origine el varietale]. Omnis quae in mente est anticipatio, seu prae-notio, dependet a sensibus, idque vel incursione, vel proportione, vel similitudine, vel compositione. (Questo stesso modo di formazione dei concetti appare negli Stoici). Anticipatio est ipsa rei nodo, sive definitio. Est anticipatio in omni ratiocinadoe principium. Quod inevidens est, ex rei evidenti anticipaticele demonstrari debet. Qui è notevole 1 appello all’evidenza sensibile (ev%ex) che viene così assunta come criterio di verità. Nonostante la modificazione subita, è facile riconoscervi lo stesso criterio di Democrito che contrapponendo la conoscenza pura o legittima alla conoscenza oscura, viene appunto a ritenere la chiarezza delle idee come segno del loro valore: senonchè quella che per Democrito era chiarezza di concepimento, diviene per Epicuro chiarezza sensibile. Toccherà poi a Descartes di ritornare al criterio dell’evidenza (cf. Grice, “Descartes on clear and distinct perception) rispetto al pensiero, riguardando come vera la idea chiara e distinta (l’aggiunta deriva dal Teeteto 209c-2l0). Dopo aver parlato degli Stoici e degli Epicurei, ci convien dire degli [Notisi che già in Teofrasto si applica il criterio dell’evidenza tanto all’intelligenza che al senso. (Cfr. Sesto Adv. Malh.)] scettici i qual per verità non formano ugualmente una setta o scuola chiusa, ma — a partire da Pirrone d’Elide e dal suo amico Timone — ofno tuttavia una certa continuità di tradizione critica, mantenendo di fronte alle filosofie dogmatiche un atteggiamento di dubbio metodico. No Diogene, ma Arcesilao di Pitane e Carneade (che venne ambasciatore a Roma nel 155 a. C.), portarono la filosofia scettica nella media Accademia – e che fascina a Scipione! Più tardi incontriamo Enesidemo di Cnosso, Agrippa, e finalmente Sesto Empirico che riassume tutto questo movimento nella sua opera pregevole, fonte cospicua di notizie per la storia della filosofia romana. I rapporti esteriori che la tradizione segnala fra Pirrone e qualche democriteo come Nausifane, nonché le tendenze scettiche che si attribuiscono ad altri democritei (Metrodoro, Anassarco) indicano già una certa dipendenza della scepsi da Democrito. D’altronde il legame appare prima di tutto nel motivo morale che ispira la riserva degli scettici di fronte alla vera natura delle cose, giacche la sospensione del giudizio mirava a conquistare quella atarassia o imperturbabilità dell' animo, che si riduce infine alla vittoria sulle passioni, inculcata dall'Abderita. Ma il apporto teorico della scepsi con Democrito resulta da ciò che questi aveva ridotto la realtà alla materia indifferente degli atomi, negando le qualità sensibili; un passo ulteriore della critica (riportantealla posizione di Protagora) doveva naturalmente estendere il dubbio anche a quelle proprietà primarie in cui il grande atomista aveva scorto l'oggetto intel¬ ligibile della conoscenza. E certo questo sviluppo era suggerito dal contrasto fra le vedute dei due razio¬ nalisti, sorti a combattere l’empirismo protagoreo: Democrito e Platone. Giacche questi riteneva proprio come intelligibili quelle stesse qualità (ipostatizzate sotto il nome di idea) che 1 altro aveva con¬ siderato vane apparenze. Inoltre, anche nello stesso sistema democriteo, si può riconoscere 1 origine della critica che investirà gli intelligibili, se — come siamo stati tratti induttivamente ad ammettere — l’Abderita faceva pur nascere 1 intelligenza dai sensi. In tal guisa il pensiero antico avrebbe percorso una via non lon¬ tana da quella per cui il pensiero moderno giunse dalla posizione di Galileo, di Descartes e di Locke (i quali ripresero la distinzione fra la qualità primaria e le qualità seconda) alla critica di Berkeley, che — attraverso la teoria della visione - riusciva a negare anche il significato trascendente di codesto sostrato geometrico della materia. La teoria degli scettici, si noti, non nega affatto il mondo fenomenico, bensì oppugna la pretesa dei dogmatici di affermare qualcosa della verità o della natura delle cose in se stesse. La critica che essi svolgono a tale scopo, rilevando ciò che vi è di relativo nei criterii della verità, costituisce in gran parte un acquisto durevole per la dottrina della conoscenza : lo La logica degli antichispirito che l’anima è affine a quello del positivismo moderno, salvo il sentimento che la veduta di una scienza più progredita ispira oggi ai critici della metafìsica. Ma per la storia della logica interessa soprattutto esaminare gli argomenti di Carneade contro il concetto aristotelico della dimostrazione : intorno ai quali siamo informati da Sesto Empirico. Ricompare qui l’idea, già affacciata dai predecessori di Aristotele e da questi oppugnata, che ogni prova dia luogo ad un regressus in infmitum, poiché ogni premessa deve essere dedotta da un’altra premessa. E questo argo¬ mento prende forza dalla negazione di ogni certezza immediata, alla quale gli scettici pervengono (come si è accennato) mercè la veduta che i concetti su cui si ragiona traggono pure origine dal senso, onde 1 incer¬ tezza della sensazione si riflette anche sull intelligenza. Quindi viene presa in esame l'opinione che sia lecito fondare la scienza sopra ipotesi, e che queste sieno fatte ferme e valide dalla verità delle conseguenze che se ne deducono. Il passo di Sesto che critica questa opinione non dice chi ne sia l’autore ; ma resulta assai chiaro che essa deve riferirsi particolar¬ mente ai fìsici matematici, e vi è forse qualche motivo di attribuirla già a Democrito, che per primo propose alla scienza il compito di spiegare razionalmente i feno¬ meni. Infatti abbiamo già accennato che questi appunto (i) Adv. Math. VII, 159-189 e Vili in ispecie 367-463. ( s ) Vili, 375] potesse essere preso di mira da Aristotele, ove eicontesta che voler provare le premesse mediante le conclusioni costituisce un circolo vizioso (*). Di nuovo Cameade riprende la tesi aristotelica, notando che dal vero si può dedurre il falso ; e certo l'argomento — in stretta logica — non potrebbe essere confutato. Ma, per quanto o scettico sia portato a dare il maggior peso a questa constatazione negativa, Cameade non vi si arresta. Dopo aver negato l'esistenza di criteri assolutamente certi del vero e del falso, egli accorda pure alla conoscenza un valore probabile; e questo valore lo riconosce, in primo luogo, ad ogni rappresentazione dotata di sufficiente evidenza, ma in grado più alto alle catene di rappresentazioni legate 1’una all'altra in un sistema logico (ibidem, VII, 176 e seg.). Non diverso è, in ultima analisi, il cri¬ terio positivo con cui anche oggi possiamo giudicare il valore delle teorie scientifiche : soltanto appare, ai nostri tempi, un atteggiamento più fiducioso, che è in rapporto collo sviluppo della trattazione matematica della fisica; mentre il sentimento degli scettici risponde ad una scienza meno evoluta, ed anche — piuttosto che alla mentalità di matematici — a quella dei circoli medici, in cui Io scetticismo antico ebbe acco¬ glienza. Effettivamente l’uso di ipotesi, il cui valore probabile viene desunto dalla verifica sperimentale delle conseguenze che ne dipendono, caratterizza il metodo deduttivo-sperimentale della scienza moderna. L. c. An. posi., I, 2] quale si disegna in Kepler, Galileo e Descartes. L' esame intorno allo sviluppo della logica post-aristotelica, in cui abbiamo cercato l'influsso delle idee di qualche predecessore, ci ha mostrato che in verità il realismo logico di Aristotele è stato superato dallo stesso pensiero greco; il quale ha toccato posizioni affatto conformi alle più alte vedute moderne. Ma della critica speciaente istituita dai geometri dopo Euclide, abbiamo notizie troppo scarse per misurarne il significato; e secondo le apparenze dobbiamo ammettere che le fini ricerche di Apollonio su questo soggetto non abbiano trovato prosecutori. D’altra parte l’opera dei filosofi che hanno riflettuto sulla scienza, nella filosofia romana, non aderendo propriamente ad uno sviluppo scientifico, e tanto meno matematico, prese spesso quella forma negativa che nel modo più raffinato ci presenta la dottrina scettica. Infatti per osservatori cui non sia dato di riprendere e di proseguire il pensiero profondo dei più antichi filosofi matematici, la confutazione di un ordine di verità necessario, quale è affermato da Aristotele, deve apparire una confutazione dell stessa possibilità della scienza. Resta nondimeno un esempio pieno d’interesse nella storia, quello che ci viene offerto dalla scuola stoica, per cui la trattazione formale della logica si associa ad una dottrina empirica della conoscenza. E, se codesto sviluppo formale approda ad un arido schematismo (di fronte a cui comprendiamo il disprezzo della dialettica manifestato dallo stoico Aristone di Chio), tuttavia non si può disconoscere il valore dell’analisi logico-grammaticale dell’espressione, mercè cui si riesce a scorgere in qualche modo nel linguaggio, l’espressione di una attività costrittiva. Fino a che punto gli stici sieno proceduti su questa via, non vogliamo qui esaminare. Ma certo si scopre in essi quella distinzione fra subiettivo ed inter-soggettivo, che riapparire agli inizii dell’epoca moderna, come fondamento della filosofia. Dalla storia della filosofia romana si passa, senza indugiarci al movimento delle idee che accompagna la rinascita della scienza, agli inizi dell’ Evo moderno. Basta rilevare il carattere generale degli sviluppi che la dialettica riceve nel periodo intermedio (medius aevus), arido se non del tutto infecondo. Diremo per ciò come la logica aristotelico-stoica fu introdotta dal filosofo romano Boezio presso i Romani. La traduzione di Boezio del greco al romano dei primi due trattati dell’Organum (Categoriae e De Interpretatione – the only two that Grice lectured on with J. L. Austin and P. F. Strawson), nonché dell’Isagoge di Porfirio [arbor griceana], e i commenti con cui egli stesso ed altri scrittori neo-platonici accompagnarono codesti scritti (nel senso della tecnica formale, secondo la tradizione stoica), costituiscono il fondamento della cultura del più antico (alto) Medio Evo. Del resto, la cultura generale sembra ^ppjesentata da un certo numero di enciclopedie clella bassa antichità, come quella di Marciano Capella, nelle quali si tratta delle sette artes liberales che, nel tirocinio scolastico, formarono il trivio (I. grammatica, II. Rettorica, III. Dialettica) ed il quadrivio (IV. Aritmetica. V. Geometria. VI. Astronomia. VII. Musica).  Specialmente degno di nota che questa prima parte del Medio Evo non ha conosciuto, nè le altre opere (logiche, fisiche ecc.) di Aristotile, nè le opere originali di Platone, fuori del “Timeo”, tradotto in romano da Calcidio. Più tardi, il Rinascimento umanistico doveva venir fecondato mercè una conoscenza diretta dei testi, in seguito alla caduta dell’impero romano d'Oriente, che addusse numerosi profughi segnatamente in Italia. Ora nella logica scolastica due aspetti sono degni di nota. Primo,la progressiva elaborazione della tecnica formale, acuitasi mercè sottili distinzioni. Secondo, la grande questione della realtà degli universali, di cui a stento riusciamo a comprendere il carattere drammatico, traverso la forma aridamente schematica delle discussioni. Sorvoleremo affatto sul primo punto, sebbene sarebbe interessante per la storia della dialettica, di mostrare, per esempio, in Buridano il riconoscimento della proprietà distributiva della particella (adverbium) ‘non’ (~) rispetto a “et” (/\) e “vel” (\/). non (p et q), ~ (p /\ q) ≡ non p vel non p (~p \/ q).  (notizia segnalatmi da Vacca) o di cercare simili analisi in Paolo Veneto. Ma, quanto alla questione della realta degl’universale, diremo che si tratta dell'antica questionollevata dalla ideologia platonico-aristotelica, se all’idea generali corrisponde una realtà. La quale questione fu riaccesada un passo dell’Isagoge di Porfirio (I, 3). “E anzitutto, per ciò che riguarda il genero o la specie, io evito di ricercare se esiste di per sè, ovvero se esiste soltanto come pure nozione; e — ammettendo che esista di per sè — se apartengano alla cosa corporea o incorporee; e infine se abbiano esistenza separata ovvero solo nella cosa corporea sensibile. E una questione troppo profonda che esigerebbe uno studio differente da questo e troppo este. Nel vasto intreccio della polemica medioevale appare che il nominalista (negante la realtà dell’universale) rappresentano, in generale, le tendenze scientifiche, avverso il misticismo platonizzante del realista. Ciò è vero soprattutto per riguardo ai rinnovatori del nominalismo nel secolo come Guglielmo Occam e Giovanni Buridano, rettore dell'Università di Parigi, ai quali è dovuta la teoria che ha preso il nome di terminismo. Il terminista (che si accosta al concettualismo di Abelardo) ritiene i concetto (o termino) come un segno intersoggettivo (signa) della singola cose, o di una classe di cose, realmente esistenti. La dialettica si riferisce soltanto alle reazione di questo segno della cose (Occam, Quodlibeta V. 5). Occam avverte pue che l’espressione assume il suo proprio significato nella proposizione, e spesso in unione a qualche altro termine. Terminus conceptus est intentio seu passio animae aliquid NATURALITER SIGNIFICANSaut consignificans, nata esse pars propositionis. Sifftta dottrina supera lo stretto nominalismo e tuttavia nega il realismo: cioè nega che il ‘significato’ (o ‘signato’) dell’espressione  sia da cercare nella sua comprensione o connotazione, ossia nell’ insieme delle note o attributi, di cui esso esprimerebbe  l'unità sostanziale; e si afferra invece all’estensione o denotazione (denotatum, relatum), cioè all’ insieme delle cose rappresentati dall’espressione (‘homo’), che — sotto la specie di certe reali somiglianze — vengono vramente unificati. Al lume di questa veduta, la definizione scolastica, discendente dal astratto generale universale al concreto particulare individuo, e la logica stessa perdono importanza: onde è fatto invito a volgersi dalla spiegazione dell’espressione al concreto della esperienza. Ciò spiega abbastanza l’interesse appassionato  della polemica intorno agli universali che nel mondo sociale e morale deve rivendicare la libertà dell'individuo soffocata dalla tirannia delle istituzioni e dall'autorità delle credenze e dell’insegnamento tradizionale. Nulla sembra più proprio a favorire un tale affrancamento degli spiriti, che abbattere alla radice l’albero della deduzione infeconda, triviale, analitica, ricostruendo induttivamente tutto il sapere. Onde la stessa tendenza si continua ed esplica nella reazione anti-aristotelica (platonista) degli umanisti italiani purificatori della logica dalla sottigliezza o implicatura scolastica (Valla, Agricola, Vives) e si manifesta poi in nuove forme nella rinascita del movimento scientifico. Federigo Enriques. Enriques. Keywords: implicature arimmetica, unity of science, history of logic, foundations of mathematics, the synthetic a priori. Grice e Enriques su Peirce. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Enriques” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51761739337/in/photolist-2mS1rKF-2mPEDc8

 

Grice ed Enzo – l’uomo – filosofia italiana – Luigi Speranza (Burano). Filosofo. Grice: “I like Enzo; for one, his “Ubi es?” is a classic – only in Italy they take the Bible so seriously – “Ubi es” can be interpreted literally – sans implicature. And that’s what Enzo does.”. Figlio di Alessandro, vetraio a Murano, un mestiere estremamente usurante, morirà appena cinquantenne. Uomo concreto e critico nella sua essenziale bontà.  La madre, Flaminia Vio, è una bravissima maestra merlettaia. Da lei apprende il rigore e lo spirito di rispetto verso l'istituzione. È lei, una cattolica laica, che vive al servizio della Chiesa, ad accompagnarlo  dalle suore perché serva come chierichetto alla prima Messa. È lei che accoglie la proposta del parroco di mandarelo in seminario a Venezia per permettergli di continuare gli studi, ma preferisce ritardarne l'entrata e chiede alla nipote di ospitare a Venezia il cugino che posse così frequentare i primi anni come esterno. Negli anni di studio ginnasiale,  si imbatte per la seconda volta nella lettura della Bibbia. Il primo contatto era stato quando, aveva deciso di leggere ai fratelli, nella traduzione di Martini, una vecchia Bibbia trovata in casa, per accompagnarli al sonno. Il contatto è più corposo e sistematico, ma come la lettura lo entusiasma e nello stesso tempo lo delude, intuisce infatti la mancanza di adeguate conoscenze e strumenti concettuali per poter penetrare pienamente il messaggio biblico. Ha la stessa reazione anche quando, finito il liceo, sceglie gli studi, dove la lettura della Bibbia è seria e critica, ma rimane, per importanza, sempre la seconda o la terza materia dopo la dogmatica e la morale. Viene mandato a fare cura pastorale come vicario cooperatore a Caorle, dove accoglie 350 alluvionati del Polesine. Qui, meta preferita di turisti tedeschi, studia da auto-didatta la lingua tedesca per meglio servire la Chiesa. Viene trasferito con lo stesso incarico nella vicina frazioncina di Ca' Cotoni per divergenze con il parroco di Caorle e nella popolare parrocchia di S. Giuseppe di Castello a Venezia. Aveva conosciuto questa comunità quando vi era stato per una stazione quaresimale con il patriarca Piazza e l'accoglienza ostile degli operai verso una personalità vista come filo0fascista aveva reso necessaria la scorta della polizia. A S. Giuseppe di Castello compera un appartamento, indebitandosi, per fare patronato con doposcuola tutti i pomeriggi sino alle 20, e a sera gli incontri con i ragazzi più grandi. Insegna al Lido e poi nella vicina "P.F.Calvi", organizzando anche uno spettacolo per un concorso al teatro "Goldoni". Il vicario generale Gottardi, dopo essersi consultato con monsignore Capovilla, segretario del cardinale Roncalli, gli comunica che andrà a studiare a Roma. Gottardi era stato suo insegnante di teologia e scienze bibliche in seminario e aveva conosciuto il suo profondo interesse per gli studi biblici, ne aveva poi apprezzato il saggio, “La 'Giustificazione' nella Lettera ai Romani” in cui analizza le varie interpretazioni bibliche in maniera dia-cronica risalendo sino alle tradizioni patristiche. Le due omelie di Carlo a S. Giuseppe di Castello ascoltate dallo stesso vicario generale avevano poi confermato quella scelta.  A Roma è ospite presso il Pontificio Collegio Nepomuceno in via Concordia ed è lì che lo viene a prelevare Capovilla per una visita guidata alla città, alla vigilia del Conclave da cui uscirà papa Roncalli. A fargli da cicerone è proprio il futuro papa Giovanni XXIII e le bellezze della città illustrate da una guida tanto preziosa assieme al paterno congedo di Capovilla costituiranno il ricordo più bello della sua vita. Consegue la Licenza con una tesi su "I Carismi" e contemporaneamente i corsi in scienze bibliche presso il Pontificio Istituto Biblico, dove perfeziona lo studio dell'ebraico già iniziato in seminario, ma soprattutto ha l'incontro, decisivo per i suoi studi, con il grande biblista Schoekel. Segue i corsi del quinto anno che gli avrebbero permesso di redigere il saggio su "Grazia e benevolenza" per la laurea, tesi che non può però portare a termine perché torna a Venezia, chiamato da Urbani a svolgere la funzione di vicerettore del Seminario Patriarcale, nel burrascoso periodo tra il rettorato di Vecchi e Villa. Da vicerettore del seminario insegna anche scienze bibliche, diviene in seguito pro-rettore, sino a quando chiede di essere sollevato dall'incarico per poter assistere la madre paralizzata ed è quindi ascritto alla parrocchia di S. Zaccaria, dove abiterà con la madre. Qui si fa promotore dell'allestimento e della conduzione di un teatro, dell'organizzazione del cinema per ragazzi, del cineforum, dell'istituzione della biblioteca, mentre cura anche l'esecuzione di opere di risanamento e ristrutturazione di tutti gli ambienti frequentati dai ragazzi. Continua ad insegnare in seminario, e dal rettore viene mandato nel Benedektiner Kloster di Metten a Degendorf (Germania) per preparare alla maturità i seminaristi che studiano la lingua italiana. Compensa l'esiguo stipendio con l'insegnamento nella scuola pubblica, come il liceo classico "M. Polo", dove matura la sua sottoscrizione delle tesi del "Manifesto". Viene nominato patriarca di Venezia Luciani e pochi giorni dopo il suo insediamento emerge il suo diverso sentire con Enzo, che, nella mensile lezione culturale al clero, trattando il tema della "Consumatio saeculi" o secolarizzazione nella Bibbia, provoca una dura reazione del presule. Dà le dimissioni dall'insegnamento in seminario, dapprima ritirate,  perché lui, che da tempo nella santa messa pratica l'omelia dialogata, non si sente in consonanza con le direttive indicategli. Sino a questo momento i patriarchi veneziani che avevano conosciuto Carlo, Piazza, Agostini, Roncalli ed Urbani, gli avevano dimostrato la loro stima. Proprio Urbani aveva chiesto ad Enzo un commentario al Vangelo di Marco. Sin dagli inizi, accompagna la vita sacerdotale di Carlo una costante e intensa cura pastorale, rivolta sia ai ragazzi che agli adulti, e non solo nelle sue sedi parrocchiali. Più che trentennale è a questo proposito la collaborazione che gli chiede Marangoni nella parrocchia di Marghera, nel quartiere Cita, nei difficili anni Settanta e, dagli anni Ottanta, a San Giacomo dell'Orio a Venezia, a testimoniare la stima e l'affetto maturati dagli anni del seminario. Si laurea a Venezia con “Alle origini dell'utopia messianica. Insegna a Venezia, Oriago, Mestre e Giudecca. Va in pensione dall'insegnamento.  Tiene a Venezia dei cicli di seminari di esegesi biblica nell'ambito dei corsi tenuti dal prof. Arnaldo Petterlini, da Madera, e allo IUAV di Venezia seminari di antropologia biblica ed esegesi invitato da Rizzi. Sudia filosofia scolastica, propedeutica alla teologia. Nel manuale di Calcagno, "Elementa philosophiae scolasticae" trova il capitolo dedicato alla filosofia immanentistica, che considera Dio la natura o non considera affatto Dio e considera solo la natura. Lo colpisce Spinoza per la sua vita nascosta, dimessa, umile, scriveva infatti solo per gli amici. Ne legge l"Ethica more geometrico", commentata da G. Gentile, più facile a reperire perché considerata meno sospetta del "Tractatus theologicus politicus" che studia in seguito, dedicando particolare attenzione al capitolo "De interpretatione". Spinoza afferma che la Bibbia va letta e interpretata con la Bibbia, era quanto Enzo aveva intuito sin da ragazzo, ma aveva abbandonato quella strada in seminario dove si praticava il metodo storico-critico. A Roma, il Nuovo Testamento viene studiato ed interpretato secondo il metodo della storia delle forme che applica al testo biblico le regole dello scrivere greco-latino, mentre per il Vecchio Testamento si segue la teoria dei generi letterari. Incontra Schoekel, insegnante di teologia, esegesi ed ermeneutica biblica, che ha un'attenzione speciale alle particolarità stilistiche e semantiche del lessico biblico che schiudono un nuovo orizzonte metodologico e tematico. Considera fondamentale per la comprensione dell'intera Bibbia lo studio dei primi tre capitoli di Genesi e incoraggia Enzo, verso cui dimostra profonda stima e un'amicizia che durerà sino alla propria scomparsa, ad affinarne l'esegesi e a continuare il suo lavoro. Torna a Venezia con l'intenzione di mettere a frutto quanto appreso applicando le indicazioni metodologiche spinoziane. Gli studi su Genesi 1-3 vengono pubblicati in "Biblica". La interpretazione di Genesi è alla base di diversi testi, dalla tesi di laurea, all'articolo su Servitium, al testo "Adamo dove sei?" In parallelo decide di approfondire la connessione tra i testi di Genesi e il vangelo di Matteo e scrive diversi appunti che continuamente rivede nel corso degli anni. Da questi nasce il progetto "La generazione di Gesù Cristo nel vangelo di Matteo". Altre opere: “Testo e interpretazione in Weber e Bultmann, Unicopli, Milano); Alle origini dell'utopia messianica, Antenore, Padova); Sulla nascita della filosofia medievale, Venezia 1984 Sitz im Leben e interpretazione, Venezi); “Individuo e comunità, nella riflessione biblica delle scritture antiche Servitium: Quaderni di ricerca spirituale, Adamo dove sei?, il Saggiatore, Milano); La terza delle dieci parole di “Esodo” 20 nell’interpretazione di Gesù in Le parole dell'essere: per Emanuele Severino Petterlini A., Brianese G. e Goggi G., Pearson Italia S.p.a Il Progetto di Mondo e di Uomo delle Generazioni di Israele (Genesi 1-4), Mimesis, Milano, La Generazione di Gesù Cristo nel Vangelo secondo Matteo. I. Gli Inizi, Mimesis, Milano, La Generazione di Gesù Cristo nel Vangelo secondo Matteo. II. La Legge, Mimesis, Milano, Le prime dieci parole di YHWH a Israele in Panta , Decalogo, Donà M. e Toffolo R., Bompiani,  La Generazione di Gesù Cristo nel Vangelo secondo Matteo. III. La Regola dell'Apostolo, Mimesis, Milano, La Generazione di Gesù Cristo nel Vangelo secondo Matteo. IV. Il Regno dei Cieli, Mimesis, Milano, La Generazione di Gesù Cristo nel Vangelo secondo Matteo. V. La Ecclesia di Gesù Cristo, Mimesis, Milano, La Generazione di Gesù Cristo nel Vangelo secondo Matteo. VII. La consegna del figlio dell'Adamo, Mimesis, Milano, Genere adamico. Riflessioni sui testi fondativi della tradizione spirituale occidentale che si trovano nei primi quattro capitoli di Genesi, Servitium: Quaderni di ricerca spirituale,  Interventi alla radio Giuda: consegnare e tradire: Marco 14,43-52 con Ludwig Monti, 3 marzo  Sulla barca le parole del regno Matteo 13, con Romano Madera, Le parole del regno Matteo 13; Due lezioni bibliche: Il “mondo” del nostro Dio, Rovato e L’ “uomo” del nostro Dio, Rovato,  Lo Spirito di Cristo nel progetto messianico, comunità della parrocchia di S. Giacomo, Venezia La rivelazione secondo la Bibbia, Università degli studi di Venezia, Dipartimento di filosofia e Teoria della scienza, Seminario sul “Der Mann Moses und die monotheistische religion”, Incontro tra Carlo Enzo e Romano Madera, 13 marzo , IUAV (Venezia) ‘ôLaM, il progetto consegnato, Le decadi, dieci incontri con pensatori eccellenti sul tema “Le potenze invisibili”, IUAV (Venezia) Scritti su Carlo Enzo e testimonianze Tagliapietra A. La Bibbia, libro sempre “aperto”, Gazzettino Tattara G. e altri Per una rilettura del vangelo di Matteo, Mosaico di pace (on line),  Madera R. Date al cielo quello che è del cielo, L’Unità, Gnoli A. Rileggere la Bibbia, La Repubblica Della Pergola F. Parola di biblista,  Della Pergola F. La Bibbia svelata,  e in Left, Lamonaca L. Su una nuova lettura della Genesi, Patrignani C. Laicità: il biblista Carlo Enzo batte i marxisti ratzingheriani,  MorettoUn mondo possibile, Della Pergola F. Il problema dell’unicità e della trascendenza di Dio nella Bibbia ebraica, Della Pergola F. Il Dio del nulla Tattara G. e altri Gesù e le donne nel vangelo di Matteo,  Della Pergola F. La lunga battaglia contro la Bibbia e in Left, 1 aprile  Video Da Burano a Roma, parte I, dal progetto Memoro. La Banca della Memoria La prima visita di Roma, parte II, dal progetto Memoro. La Banca della Memoria Dal Biblico a Baruch Spinoza, parte III, dal progetto Memoro. La Banca della Memoria Gesù Maestro ed Elohîm dell'Ecclesìa, parte IV, dal progetto Memoro. La Banca della Memoria Vai, vai per te, parte V, dal progetto Memoro. La Banca della Memoria Dalla Bibbia Ebraica alla generazione di Gesù Cristo. Un'intervista di Romano Màdera La Bibbia non dice quello che ci hanno fatto credere. Un’intervista a Carlo Enzo  Date al cielo quello che è del cielo di Romano Madera, in L'Unità, Rileggere la Bibbia di Antonio Gnoli, in La Repubblica. Grice: “Enzo should concentrate a bit on how the ancient Romans dealt with their civil religion. Roma and romanitas. Carlo Enzo. Enzo. Keywords: l’uomo, essegesi, ermeneutica, i quattro sensi – from Genesis to Revelations: a new discourse on metaphysics, eschatology – perhaps Moses got more than the 10 comm from Sinai --. Ebraismo e romanita – romanita pagana – la teologia naturale dei romani antichi – la religione civile dei romani – I simboli della religione romana pagana --. La religione ufficiale della Roma antica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Enzo” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51763158449/in/photolist-2mS8HB8-2mS81kq-2mRSqwK-2mRWmWX-2mRYsHJ-2mRV8wa-2mRWmUx-2mRV8zS-2mRYsKN-2mRWmSP-2mRQT1q-2mRYsKh-2mRV8zr-2mRV8zX-2mRWmR1-2mRV8yQ-2mRV8xY-2mRV8wL-2mRZy1m-2mRZxZV-2mRWmVu-2mRV8uG-2mRWmPx-2mRV8wW-2mS2fwZ-2mRWmTF-2mRWmUc-2mRWmQE-2mRZy54-2mRV8xc-2mRZxZz-2mRWmTq-2mRWmWG-2mRQSYg-2mRV8AJ-2mRYsJR-2mRQT1L-2mRWmP7-2mRV8yK-2mRYsM1-2mRZy2Z-2mRV8vJ-2mRYsLE-2mRWmU2-2mRVFhB-2mRPtKR-2mRV5s7-2mRSmRq-2mRLp9C-2mREWCm

 

Grice ed Epicoco – filosofia italiana – Luigi Speranza (Mesagne). Filosofo. Grice: “I like Epicoco; he has a way with words – e.g. ‘only the sick heal.” Is that synthetic a priori?” Grice: “My favourite is Epicoco’s emphasis on some symbols, like blood, and Canova’s Eros – and ‘l’amore che decide.’ Insegna a San Carlo Borromeo all'Aquila. Altre opere:  Vergine Madre figlia del tuo figlio; Itaca editrice; Jesu dulcis memoria; Itaca editrice; Il grido di Benedetto XVI; con Michele G. Masciarelli; Tau editrice; Futuro presente. Contributi sull'enciclica Spe salvi di Benedetto XVI; con Angelo Amato e Paola Bignardi; Tau editrice; L'Immacolata perfezione. Sentieri in preparazione alla festa dell'Immacolata; Tau editrice  Io vedo il tuo volto. Arte e liturgia; Tau editrice  Ex coelesti virtute. Miscellanea di studi in onore di S. E. Mons. Giuseppe Molinari nel Suo 50º di Sacerdozio; Tau editrice  Etty Hillesum. Introduzione ad una donna; Tau editrice  Piccola introduzione alla Bibbia; Tau editrice  Qualcuno accenda la luce. Conversazioni sull'Enciclica Lumen Fidei di papa Francesco; Tau editrice  Giovanni Paolo II. Ricordi di un papa santo; con Mons. Piero Marini; Tau editrice  La misericordia ha un volto. Il Giubileo straordinario della Misericordia secondo papa Francesco; Tau editrice  Preghiere di ogni giorno; Tau editrice  Nati per amare. I giovani raccontano la famiglia; LUP  Solo i malati guariscono. L'umano del (non) credente; San Paolo, Milano  Educare è meglio che curare; Tau editrice,  La malattia è un dono di vita. Storia di Teresa Ruocco; Tau editrice  La stella, il cammino, il bambino. Il natale del viandante; San Paolo, Milano  Quello che sei per me. Parole sull'intimità; San Paolo, Milano  Amen. La Parola che salva; San Paolo, Milano  Sale non miele. Per una fede che brucia; San Paolo, Milano . Telemaco non si sbagliava. O del perché la giovinezza non è una malattia; San Paolo, Milano  L’amore che decide; Tau editrice,  Camminando tra pastori e Re Magi. Trenta piccole meditazioni e un "quaderno" per la riflessione personale: un percorso di preparazione al Natale, San Paolo, Cinisello Balsamo,  Qualcuno a cui guardare. Per una spiritualità della testimonianza, Città Nuova, Roma, . Note  A L'Aquila Epicoco diventa il nuovo preside dell’Istituto Superiore Scienze Religiose, Giovani: don Epicoco (filosofo), “proporre un incontro che può cambiare la loro vita”, in Servizio Informazione Religiosa, 11 settembre .  Intervista a Il Faro di Roma Scheda in Itaca libri  Scheda sito San Paolo  Scheda del docente nel sito dell'Università Pontificia  Articolo incarichi diocesani  Intervista a Credere  Sito della Parrocchia Universitaria L'Aquila  Incarichi nel Sito Ufficiale della Diocesi, su diocesilaquila. Scheda sul profilo di don Luigi Maria Epicoco  Radio Radicale Comunicato stampa  Sito Rai Caterpillar  Rai Due intervento a NemoNessuno escluso in prima serata  Membri Cavalieri della Luce Archiviato il 18 gennaio  in .  Testimonianza nella rivista Credere  Roma Sette sul nuovo Messalino edito da San Paolo  Intervista e nuovo libro sul sito Aleteia  La prefazione di Massimo Recalcati al libro di don Luigi Maria Epicoco  Don Epicoco nuovo preside dell’Issr L’Aquila  Conferenza di don Luigi Maria Epicoco a Nizza il 13 novembre . Grice: “The Italians take ‘natural theology’ for granted; at Oxford, as Webb pointed out in his very first Wilde lecture on natural theology, things ain’t that easy, and they are not meant to be easy by the lecture founder, Dr. Wilde. Webb analyses Wilde’s letter in some detail. There’s naturalism and natural theology, there’s revealed theology, but there’s also civil theology, and it’s nice Webb’s main source is Varro!” Grice: “Most of the best Italian philosophers have been very much ANTI-ROMA; in part influenced by classical culture, but more so by the German protestant movement, which also had affinities with the Italian passion for ‘l’antico’” “Ironically, Roma is considered hardly a representative of romanita!” Cf. the neo-paganism of Evola, which is meant to represent romanita. -- Luigi Maria Epicoco. Epicoco. Keywords: Wilde readership in natural religion. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Epicoco” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51762667478/in/dateposted-public/

 

Grice ed Ercole – difesa della metafisica – filosofia italiana – Luigi Speranza (Spinazzola). Filosofo. Grice: “I like it when Ercole emphasizes that bit in De Interpretatione which I love – every ‘logos’ is ‘significant’ (significativo, semantikos, -- adds Ercole quoting from the Greek) of this or that – even a prayer!” -- Grice: “I must say I love Ercole; for one, he expands on my idea of the longitudinal unity of philosophy, being an Oxfordian Hegelian, almost, he thinks history can be regarded LOGICALLY: scepticism has to follow dogmatism – this is pretty interesting; for another, he tutored for years on the very same topics I did, notably “De interpretation” and “Categoriae” – The former being a theory of semiotics, of course!” – Studia a Napoli. Si interessa per Hegel. A Berlino si perfeziona sotto Michelet, Trendelenburg, e Mommsen. Adere anche alla "Società filosofica hegeliana". Insegna a Pavia e Torino. Dall'hegelismo iniziale, con l'affermarsi del positivismo, passa a posizioni di adesione all'evoluzionismo di Darwin e di Spencer. Polemizza con il teismo, giudicato contraddittorio e illusorio, manifesta interesse per la riforma del liceo classico secondo Pestalozzi (Ercole attaca Pestalozzi e defende Fröbel. Altre opere: Alcune proposte di riforma nella istruzione secondaria, Pavia, Stabilimento tipografico Successori Bizzoni); “La pena di morte e la sua abolizione dichiarate teoricamente e storicamente secondo la filosofia hegeliana, Milano, U. Hoepli); “Il teismo filosofico cristiano. Teoricamente e storicamente considerato, con speciale riguardo a Tommaso e al teismo italiano” (Torino, Loescher); “L'educazione del bambino secondo Pestalozzi, Fröbel e Spencer” (Roma, Tipografia della Reale Accademia dei Lincei); “L'origine del pitagorismo” (Roma, Tipografia Terme Diocleziane di G. Balbi); “La filosofia della natura di Ceretti” (Torino, Unione tipografico-editrice); “La panlogica di Ceretti” (Torino, Fratelli Bocca); “L'esologia di Ceretti”; “L’essologia di Ceretti”, “La sinautologia di Ceretti”, “Cerettiana”; La logica aristotelica, la logica kantiana ed hegeliana e la logica matematica (Torino, Vincenzo Bona), “La logica algebraica”. Dizionario Biografico degli Italiani. How can people speak of ‘mathematical logic’ when Russell says that mathematics rests on logic?!” – logica aritmetica, aritmetica logica – His exposition of ‘logica aristotelica’ is impressive, and overlaps with Grice/Strawson’s seminars on Categoriae and De Interpretatione. His editorial work on Ceretti is excellent. He has written on some other Italian philosophers, too. Pasquale D’Ercole. Ercole. Keywords: difesa della metafisica, panlogica, esologia, essologia, sinautologia.  Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Ercole” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51690276800/in/photolist-2mKGbqY-2mKBEmt-2mKBBHH-2mJ4GHU-28JguMC-GuJA5G-GUC8Z8-Guv9WS-FZ7Kws-GUCp7T-Guvagu-FZd4Ka-GRC81o-GNEbxc-GuviMY-FZd4Zi-GNEika-Guv9zu-GUCpfZ-GuviZb-GUCps2-GRC7Zw-FZd4Hg-FZd4wp-FZ7KKJ-GNEior-GRBWqA-FZ7ykj-GNE2Lp-GNEiw2-FZ7L1J-FZddTR-FZ7KbC-FZddSD-FZ7KmC-FZd4An-GLjTPy-GLk2q5-GUCoZt-GNE2hD-FZ7Kbh-Dw1w1R-DndBhH-Cntjci-FZddBP-GLjUhY-GNEbSF-Guv1bq-GRC1UW-GUCpnc

 

Grice ed Esposito – il Sistema dell’in/differenza – filosofia italiana – Luigi Speranza (Piano di Sorrento). Filosofo. Grice: “I like Esposito; of course, his ‘origine della filosofia italiana’ owes a bit to the historians of Roman literature and that infamous embassy of the very best of Grecianism: Carneade, Critolao, and Diogene!” 599 ab urbe condita!”. Parte dalla constatazione dell'esaurirsi del tradizionale lessico della politica e dalla consapevolezza della necessità di una sua diversa formulazione. Su questo presupposto, si incentra sulla ripresa e sulla rielaborazione di questa tradizione all'interno di nuove esigenze, a partire da una re-interpretazione delle categorie classiche della filosofia. A tal fine nelle sue opere lascia interagire saperi e linguaggi differenti, dalla filosofia alla letteratura, all'arte, alla poesia, all'antropologia, alla teologia.  Dopo i primi studi su Vico e Machiavelli, il suo lavoro si è concentrato intorno a quattro nuclei tematici. L'impolitico viene inteso come rovescio impensato dalla politica. Le riflessioni su questo tema sono confluite in “Categorie dell'impolitico” (il Mulino, Bologna), Nove pensieri sulla politica (Bologna, il Mulino), “L'origine della politica” (Roma, Donzelli).  La filosofia della comunità e biopolitica sono confluite in una trilogia. “Communitas: origine e destino della comunita” (Einaudi, Torino)” è un tentativo concettuale di ridefinire il concetto di comunità, al di fuori di ogni riferimento ai comunitarismi passati e presenti, privilegiando piuttosto gli filosofi da Rousseau a Kant, da Heidegger a Bataillein cui prevale una concezione della comunità in quanto legge comune dell' “essere insieme”, ma anche la coscienza tragica di ciò che contiene di irrealizzabile da un punto di vista politico. “Immunitas: protezione e negazione della vita” (Einaudi, Torino) è una lettura biopolitica dei conflitti in seno al corpo sociale. “Immunitas” persegue il lavoro di scavo teorico cominciato in Communitas e pone la categoria dell'immunità al centro di questa riflessione sulle contraddittorie strategie di difesa della società rispetto ai rischi, reali e immaginari, che la insidiano. In questo senso l’immunizzazione è allo stesso tempo una protezione e una negazione della vita che rischia sempre di diventare una sorta di malattia immune del corpo sociale. “Bios: biopolitica e filosofia” (Einaudi, Torino) è una rilettura, a partire di Foucault, della storia del pensiero biopolitico alla luce del concetto d'immunità. Essendo l'immunitas una protezione negativa della vita, la biopolitica che ne incorpora le procedure è sempre a rischio di trasformarsi in tanato-politica. Ciò non toglie che possa profilarsi una, sia pur problematica, nozione affermativa di bio-politica.  Al concetto di persona e di impersonale ha dedicato “Terza persona: politica della vita e filosofia dell’impersonale” (Einaudi, Torino) e “Due. La macchina della teologia politica e il posto del pensiero” (Einaudi, Torino) e “Le persone e le cose” (Einaudi, Torino). A partire da una critica del concetto, giuridico romano di persona, inteso come un dispositivo che separa la vita umana da se stessa, l’impersonale è inteso come la forma di una possibile ri-unificazione tra corpi. e persona.  Nel dittico costituito da “Pensiero vivente. Origine a attualità della filosofia italiana” (Einaudi, Torino) e “Da fuori. Una filosofia per l'Europa” (Einaudi, Torino) ha ricostruito i caratteri prevalenti della tradizione filosofica italiana, a partire da Machiavelli, Bruno e Vico, fino a quella che viene definita Italian Theory. Essi riguardano la connessione tra le categorie di storia, politica e vita. Altre opere: La politica e la storia. Machiavelli e Vico (Liguori, Napoli); Termini della politica. Comunità, immunità, biopolitica (Mimesis, Milano); “Politica e negazione: per una filosofia affermativa” (Einaudi, Torino); “La filosofia italiana come problema: da  Spaventa all’Italian Theory, "Giornale Critico di Storia delle Idee"; “Protezione e negazione della vita (Einaudi, Turin), più largamente, documenti di tutti gli interventi ripresi, con le risposte dell'autore).Politiche della vita sul margine pericoloso dell'impersonale, di Ciccarelli per il «Centro per la Riforma dello Stato». Treccani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. The category of applicational generality relates to Esposito’s concept of the im-PERSONAL. La terza persona is not a person like “I” and “thou”.  Grice uses ‘person’ generally, “Someone (i. e. I) is hearing a noise). “Someone” is (Ex) with the addition of ‘person’. A sock is not a someone; a rose bush is not a someone – a dog is not for Grice a someone. But then ‘someone’ is a solecism.  Esposito considers the communication and community alla Tonnies. Grice knows the connection community and communication, when he criticizes Stevenson for trying to define the Anglo-Saxon ‘meaning,’ circularly, in terms of ‘communication. – The problem of the third person is fascinating. Obviously a grammarian’s mistake – a grammarian usually not knowing anything about philosophy, used philosophical concepts – such as person – first person for “I” is ok, second person for “Thou” is okay – when it comes to verbs, and pronouns, “The chair is comfy” (La sedia e comoda.) – there is nothing personal about a chair being personal. It is not true that someone is comfortable (jemand). – there’s nothing personal about this. Since Homer, prosôpon [πϱόσωπоν], etymologically “what is opposite the gaze,” has designated the human “face” in particular, and then, metaphorically, the “façade” of a building, and synechdochically, the whole “person” bearing the face. Another remarkable semantic extension is that of the theatrical “mask” (Aristotle, Poetics 1449a36), leading in turn to the meaning “character in a drama” (Alexandrian stage directions for dramatic works regularly included the list of the prosôpa tou dramatos [πϱόσωπα τоῦ δϱάματоς]), and then to a narrative. Its Latin equivalent, persona, refers in its turn to the mask that makes the voice resonate (personare), before it designates a character, a personality, and a grammatical person (Varro). The meaning of the compound prosôpopoiein [πϱоσωπо-πоιεῖν]—“to compose in direct discourse,” that is, to make the characters speak themselves—clearly shows that the dramatic meaning of prosôpon had a particularly great influence on the history of the word. In any event, it seems quite likely that when grammarians adopted prosôpon to designate the grammatical “person,” they were thinking of the dialogue situation characteristic of the theatrical text, which makes use of the alternation “I-you”: the face-to-face encounter between person(age)s is rooted in the category of the “person” (see SUBJECT, Box 6). Whereas terms like “tense” (chronos [χϱόνоς]) and “case” (ptôsis [πτῶσις]) are attested before they appear in strictly grammatical texts, this is not the case for prosôpon used to refer to the “person” as a linguistic category. On the other hand, in the earliest grammatical texts, and in a way that remains perfectly stable later on, prosôpon is adopted to describe both the protagonists of the dialogue and the marks, both pronomial and verbal, of their inscription in the linguistic material. In fact, the main difficulty encountered by grammarians regarding the notion of prosôpon seems to have been how properly to articulate reference to real persons occupying differentiated positions in linguistic exchange (speaker, addressee, other) with reference to the person as a grammatical mark. This difficulty occurs notably in a quarrel about definition. In the Technê attributed to Dionysius Thrax (Grammatici Graeci 1.1 [chap. 13, p. 51.3 Uhlig = 57.18 Lallot]), the verbal accident of prosôpon is defined as follows: Prosôpa tria, prôton, deuteron, triton; prôton men aph’ hou ho logos, deuteron de pros hon ho logos, triton de peri hou ho logos [Пϱόσωπα τϱία, πϱῶτоν, δεύτεϱоν, τϱίτоν· πϱῶτоν μὲν ἀφ’ оὗ ὁ λόγоς, δεύτεϱоν δὲ πϱὸς ὃν ὁ λόγоς, τϱίτоν δὲ πεϱὶ оὗ ὁ λόγоς]. There are three persons: first, second, third. The first is the one from whom the utterance comes, the second, the one to whom it is addressed, the third, the one about whom he is speaking. This minimal definition clearly sets forth the two protagonists of the dialogue, distinguishing them by their position in the exchange, and introduces without special precaution a third position, characterized as constituting the subject matter of the utterance. The parallelism of the three definitions—a simple pronoun for each “person”—masks the lack of symmetry between the (real) first and second persons and the third person; the latter, as Benveniste pointed out (Problèmes de linguistique générale, 228), may very well not be a “person” in the strictest sense. This definition, which remained canonical for several centuries, was attacked by Apollonius Dyscolus, who completed it as follows (I adopt the formulation in Choeroboscos [Grammatici Graeci 4.2 (p. 10.27 Uhlig)], a Byzantine witness to the Alexandrian master): Prôton men aph’ hou ho logos peri emou tou prosphônountos, deuteron de pros hon ho logos peri autou tou prosphônoumenou, triton de peri hou ho logos mête prosphônountos mête prosphônoumenou [πϱῶτоν μὲν ἀφ’ оὗ ὁ λόγоς πεϱὶ ἐμоῦ τоῦ πϱоσφωνоῦντоς, δεύτεϱоν δὲ πϱὸς ὃν ὁ λόγоς πεϱὶ αὐτоῦ τоῦ πϱоσφωνоυμένоυ, τϱίτоν δὲ πεϱὶ оὗ ὁ λόγоς μήτε πϱοσφωνοῦντος μήτε πϱоσφωνоυμένоυ].) The first person is the one from whom the utterance comes meaning me, the speaker, the second, the one who to whom the utterance is addressed meaning the addressee himself, the third the one about whom the utterance speaks and who is neither the speaker nor the addressee. Apollonius’s arrangement contributes useful explanations: (a) each “person,” including the first two, can be the subject of the utterance; (b) the third is defined negatively as being neither the first nor the second (which implicitly opens up the possibility that it is a “person” only in an extended sense, insofar as it does not need to be competent as an interlocutor); (c) the overlap of enunciation and enunciated is explicit: there is a first person when the utterance refers to the enunciator-source, a second person when it refers to the addressee, and a third when it refers to someone or something else. Despite the incontestable advance represented by Apollonius’s revision, it nonetheless leaves an ambiguity regarding the designatum of prosôpon: are we talking about extralinguistic entities, “persons” engaging in dialogue or not, or are we talking about linguistic entities, “accidents” of the conjugated verb and the pronomial paradigm (personal pronouns)? Apparently the former, which is surprising coming from a grammarian who prides himself on correcting another grammarian. In fact, there is hardly any doubt that in Apollonius, the ambiguity I mentioned is still attached to the term prosôpon. Consider the following text, taken from Apollonius’s Syntax 3.59 (Grammatici Graeci 2.2 [p. 325.5–7 Uhlig]): Ta gar meteilêphota prosôpa tou pragmatos eis prosôpa anemeristhê, peripatô, peripateis, peripatei [τά γὰϱ μετειληφότα πϱόσωπα τоῦ πϱάγματоς εἰς πϱόσωπα ἀνεμεϱίσθη, πεϱιπατῶ, πεϱιπατεῖς, πεϱιπατεῖ]. The persons who take part in the act [of walking] are distributed into persons: I walk, you walk, he/she walks. We can interpret this to mean that in a group of persons—extralinguistic entities— who are walking, every utterance concerning the walk will elicit the appearance of verb endings distributing the walkers among the three grammatical persons: such is the alchemy of Apollonius’s prosôpon. Jean Lallot BIBLIOGRAPHY Benveniste, Émile. “Structure des relations de personne dans le verbe.” Chap. 18 in Problèmes de linguistique générale, 225–36. Paris: Gallimard, 1966. Translation by M. A. Meek: Problems in General Linguistics. Coral Gables, FL: University of Miami Press, 1971. Grammatici Graeci. Edited by A. Hilgard, R. Schneider, G. Uhlig, and A. Lentz. Leipzig: Teubner, 1878–1902. Reprint, Hildesheim, Ger.: Olms, 1965. Lallot, Jean. La grammaire de Denys le Thrace. Paris: Le Centre National de la Recherche Scientifique. Roberto Esposito. Esposito. Keywords: fascismo, il Sistema dell’in/differenza, Vico, Spaventa, Machiavelli, Bruno. Tanato-ethics, tanato-politica, three features of the conversational imperative: generality: formal generality, applicational generality, conceptual generality. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Esposito” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51702454844/in/photolist-2mQwYd8-2mQiU3r-2mPYYve-2mPQGvz-2mN35cA-2mMQbzj-2mLLAxf-2mLExs3-2mKHtgX-2mPpVqK

 

Grice ed Evola --romanità – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo. Grice: “Evola was a bit of a linguistic philosopher; I enjoyed his rambling on the proper use of “Latin” versus “Roman;” Evola notes that the implicatures differ. ‘Roman’ he links with Spartan, and he opposes to the formation, ‘greco-romano’ o ‘classico’ – “Latin” he applies to “lingua romana,” as Orazio and Tacitus had done!” – Grice: “If I had to think of the equivalent linguistic analysis by an English philosopher, I can only think of DeFoe, and his satire on what constitutes an Englishman! Later parodied by Gilbert and Sullivan and put to good effect in “Chariots of Fire,” where Abrams is seen referred to as “HE IS.. an Englishman! For he himself has said it!” -- - Italian philosopher – Figlio di Vincenzo e Concetta Mangiapane, barone di Castropignano. Studia a Roma. Manifesta un'opposizione a Roma, soprattutto in riferimento alla teoria del peccato e della redenzione, del sacrificio divino e della grazia. Studia filosofia. Entra in contatto con alcuni esponenti del Futurismo quali Balla e Marinetti. Partecipa alla esposizione futurista a Palazzo Cova, Milano. Rientra a Roma dopo il conflitto ed attraversa una profonda crisi esistenziale che lo porta al bordo del suicidio. Aderisce al Dadaismo ed entra in contatto epistolare con Tzara. Fonda “Bleu” Esce un saggio sull'idealismo magico. Si deve superare i limiti dell'umano per andare verso “l'oltre-uomo”.Studia la teoria e fenomenologia dell'individuo assoluto. Nel “L'uomo come Potenza” compare una concezione dell'io ispirata ai dettami del tantrismo e del taoismo.  Queste ultime opere segnano un'ulteriore svolta: passaggio da una posizione filosofica di tipo teoretico ad una di tipo pragmatico. Cerca infatti di individuare strumenti concreti per mezzo dei quali calare nella vita quotidiana la teoria dell'Individuo assoluto. Inizia un'intensa esperienza giornalistica: partecipa alla redazione di Lo Stato democratico e collabora a riviste come Ultra, Bilychnis, Ignis, Atanor e Il mondo. Frequenta i circoli esoterici romani e partecipa alla vita notturna della capitale. Disumano qual è, gelido architetto di teorie funambolesche, vanitoso, perverso, s'è trovato dinanzi a me come a cosa tutta viva, tutta schietta, mentre aveva fantasticato chissà quale avventura necrofila. E questa cosa tutta schietta l'ha turbato, l'ha commosso, segretamente. Coordina “Ur”, che si occupa di esoterismo. Conosce Reghini. Pubblica “Paganesimo.” Attacca violentemente Roma ed esorta a ritrovare la grandezza della civiltà romana. Oserà dunque Italia assumere qui, qui donde già le aquile imperiali partirono per il dominio del mondo sotto la potenza augustea, solare, regale, oserà qui riprendere la fiaccola della tradizione mediterrane? Influenzato da Guénon abbandona in seguito le tesi estremiste a favore del concetto di “tradizione" e fonda “La Torre” destinata a difendere principi sovrapolitici, in realtà una tribuna di filosofi che si battevano per una Italia più radicale e più intrepida. Critiche mosse ad alcuni personaggi del Regime dalle pagine de La Torre, provocano l'intervento di Starace che prima diffida Evola dal continuare la pubblicazione, poi proibisce a tutte le tipografie romane di stampare la rivista la cui pubblicazione, alla fine, viene sospesa. Viene sorvegliato dal regime in quanto accusato di affiliazione all'Ordo Templi Orientis ed è costretto ad assumere alcune guardie del corpo (come testimoniato da Massimo Scaligero) . In Meditazioni delle vette, intende l'alpinismo come pratica ascetica e meditazione spirituale: superamento dei limiti della condizione umana attraverso l'azione e la contemplazione, che divengono due elementi inseparabili, un'ascesa che si trasforma in ascesi. Successivamente pubblica due saggi La tradizione ermetica e Maschera e volto dello spiritualismo. “La tradizione ermetica” è una disamina dell'aspetto magico, esoterico e simbolico dell'alchimia. “Il volto e la maschera” è un saggio critico su quella filosofia che invece di elevare l'uomo dal razionalismo e dal materialismo, lo portano ancora più in basso: spiritismo, teo-sofia, antropo-sofia e psicoanalisi. In “Rivolta contro il mondo” traccia un affresco della storia letta secondo lo schema ciclico tradizionale delle quattro età: oro, argento, bronzo e ferro nella tradizione occidentale. Analizza le categorie qualificanti l'uomo della tradizione e le anticha "razza divina” Esamina a fondo Il mistero del Graal e le sue implicazioni dottrinarie nelle visioni dei diversi periodi storici, impostando tutta la sua disamina sul concetto di "tradizione ghibellina dell'impero", cercando di svincolare il Graal e la sua portata simbolica da Roma. Collabora attivamente con la Scuola di mistica da Giani, tenendo alcune conferenze e figurando nel comitato di redazione della rivista Dottrina. La maggior parte degli interventi di Evola in conferenze e scritti, riguardano principalmente il concetto di “razza divina”, argomento che trova appoggio da parte di Giani. Il concetto di “mistica” rappresenta un'incongruenza potendo parlare, al più, di “etica.” Questo perché in realtà la dottrina non affronta il problema dei valori superiori, i valori del sacro, solo in relazione ai quali si può parlare di mistica. Evola ravveda nella mistica un elemento rilevatore di una spiritualità lunare e del polo femminile. E infatti il sottotitolo di Diorama filosoficola pagina prima mensile e poi quindicinale curata da Evola nel quotidiano Il Regime è: Problemi dell’etica. Una serie di scritti di Evola relativi alla scuola di mistica, sono stati pubblicati dall'editore Controcorrente e aiutano in parte a chiarire le posizioni assunte dal filosofo all'interno della suddetta corrente.  Sia in fatto o nell’ideale, esiste una opposizione fra l'uomo ariano e tradizionale europeo e l’altri. L’ariano e capace di concepire e di realizzare un'armonia fra corpo ed anima (“La civiltà occidentale”, Augustea). In “Mito del Sangue ricostruisce le concezioni sulla razza dalle civiltà fino alle teorie di Gobineau, Woltmann, de Lapouge, e Chamberlain. L'ariano (da "Arya") appartiene al corpo e lo spirito. Si esprime negativamente sul colonialismo giudicando l'Etiopia conquistata dall'Italia nient'altro che una contraffazione degenerescente di un organismo tradizionale. Critic ail materialismo zoologico. Ha una concezione dell'uomo come essere costituito da corpo, anima e spirito, dove lo spirito deve avere il primato sull’anima e il corpo. L’opportunità di questa formulazione risiede nel fatto che una razza può degenerare, anche restando biologicamente pura, se lo spirito è diminuito o obnubilat, se ha perso la propria forza, come presso certi tipi nordici. Un corpo di una data razza si liga in un individio lo spirito di un'altra razza. Respinge ogni teorizzazione del razzismo in chiave “zoologica”! ponendo il pensatore tradizionale tra coloro che «imboccata una certa strada, la seppero percorrere, in confronto con tanti che scelsero quella della menzogna, dell'insulto, del completo obnubilamento di ogni valore culturale e morale, con dignità e persino con serieta. Non è il solo a prendere le distanze dal razzismo zoologico. Altre note figure della cultura del tempo, come Acerbo, e meno note, come Mazzei, se ne dissociano. L'impostazione critica data da De Felice su questo passaggio del pensiero di Evola è particolarmente apprezzata dagli autori filo-evoliani. Anche Orano sviluppa, secondo taluni, una forma di razza divina etico-sociale che rinvia a Il mito del sangue di Evola. Primo, in ordine di tempo fu Orano. Dietro di lui, con una vena più scadente, comparvero Romanini ed Evola. C’e tre ordini di razza: corpo, anima, spirito. Dunque, Evola riprende, seppur in maniera meno esplicita, alcune delle teorie del de Gobineu che cercano di identificare una gerarchia ideale nei gruppi delle razze umane. Cio non impedisce ad Evola di avere una "doppia affiliazione" ed essere pure membro della Massoneria. Evola non aderisce al Partito e tale mancata adesione gli impedisce di arruolarsi come volontario contro l'Unione Sovietica nel corso della Seconda guerra mondiale. Critica del germanismo tuttavia l'incompletezza nell'attuazione di questo programma, non abbastanza radicale e aderente ai principi della "Tradizione".Per esempio una difesa della razza e improntata giuridicamente e il potere e derivato dal popolo e non un potere regale di origine divina come nell'ideale società ario-germanica delle origini. Teorizza dunque il tradizionalismo puro, ideale e radicale, capace di attuare i propri principi e di far trionfare la cultura romana pagana delle origini -- un impero europeo e pagano sotto la guida egemonica della Roma di Cesare. Fa ritorno nell'Italia liberata solo al termine della guerra. Essendo rigorosamente contrario all'abrogazione della Monarchia e alla trasformazione dell'Italia in una Repubblica, intraprende tentativi di influenza.Si occupa di studiare e combattere le trame occulte e antitradizionali della massoneria.  Pubblica “Impero”.Scrive Evola: “Io potevo aver difeso e potevo continuare a difendere certe concezioni in fatto di dottrina dello Stato. Si era liberi di fare il processo a tali concezioni. Ma in tal caso si dovevano far sedere sullo stesso banco degli accusati: Platone, un Metternich, un Bismarck, il Dante del De Monarchia e via dicendo.” Si tenta di effettuare una "doppia lettura" dei suoi testi: una lettura palese per il volgo ed una "esoterica" per gli "iniziati". Pubblica “Gli uomini e le rovine” che esercita grande influenza negli ambienti della destra italiana nel quale spiega la decadenza del mondo moderno in seguito alla distruzione del principio di autorità e di ogni possibilità di trascendenza per l'affermarsi del razionalismo, in contrasto con le antiche civiltà e i valori della tradizione. In “Metafisica del sesso” tratta la forza magica e potentissima dell'atto sessuale, attraverso lo studio dei simboli esteso a numerose tradizioni. L'«Operaio» in Jünger. “Cavalcare la tigre”. Scrive sul concetto metafisico ed immanente di tradizione, come Il Ghibellino. “Gli uomini e le rovine” e “Cavalcare la tigre” sono considerati due testi fondamentali grazie ai quali c'è una fattiva adesione al ribellismo anti-sistema”Pubblica Il cammino del cinabro, la sua autobiografia, e L'arco e la clava.  Assiste alla costituzione dei “dioscuri”, sodalizio dedito al ripristino della cultualità romana ed italica, di cui è uno degli ispiratori, attraverso i suoi scritti sulla romanità, il paganesimo e le idee imperiali, oltre che attraverso un particolare rapporto di intimità con i dioscuri.  Solstitivm. Evola è propugnatore del Tradizionalismo, un modello ideale e sovratemporale di società caratterizzato in senso spirituale, aristocratico e gerarchico. Tale modello si riscontra, da un punto di vista storico, in la civiltà romana. La civiltà romana non si basa su criteri economici, materiali e biologici, ma e suddivisa e gestita in base a criteri di gerarchia sociale di carattere ereditario e spirituale.  Ogni azione che avviene durante la vita biologica (il divenire) rispecchia direttamente una medesima azione di carattere metafisico (l'essere) e dunque imperitura e sovratemporale.  Il cammino dell'uomo avviene attraverso un percorso di tipo circolare. Traccia di questa teoria la si trova, ad esempio, nella teoria delle *cinque età* (dell'oro, dell'argento, del bronzo, degli eroi, del ferro). La civiltà romana, ritenuta superiora da Evola si basa dunque su una più elevata dimensione metafisica e spirituale dell'esistenza, anziché su criteri di ordine materiale. L'uomo ha la possibilità di elevarsi alla sfera divina e metafisica attraverso precise strade (il rito e l'iniziazione), utilizzando determinati strumenti (l'azione e la contemplazione) all'interno di contesti sociali predeterminati (la casta, l'impero). Non esiste differenza quantitativa tra l'uomo e il dio. Ogni uomo è un dio mortale. Ogni dio un uomo immortale. La razza e "spirituale". Rifiuta una visione zoological, in favore di un patrimonio di tendenze e attitudini che, a seconda delle influenze ambientali, giunge rebbero o meno a manifestarsi compiutamente. L'appartenenza a questa razza spiritual si individuerebbe dunque sulla base dello spirito, e in seguito del corpo, diventandone col tempo questo ultime il segno visibile. E un concetto metafisico di razza. La romanita spirituale del quale parla Evola parte appunto dal dato biologico, che gli pare ancora troppo zoologico, rozzo e deterministico, per sublimarlo e portarlo a pieno compimento sul piano dello spirito – non romano, ma romanita -- , ossia sul piano metafisico. Intendeva potenziare e nobilitare la romanita, avvolgendolo in una nebulosa filosofeggiante e scrostandolo di quel tanto di ruvido zoologismo. Vengono ritrovate sette lettere da Evola a Croce (più una indirizzata all'editore Laterza. Evola invia inizialmente a Croce la richiesta di intercedere presso Laterza per la pubblicazione dei “Idealismo magico” e “Teoria dell'individuo assoluto”. La seconda e una cartolina postale di Croce ringraziandolo per il giudizio di apprezzamento sul lato formale dei due manoscritti dell’Idealismo magico e Teoria dell’individuo assoluto.  Laterza, nonostante l'appoggio favorevole di Croce, Laterza scrive una lettera  in cui precisa di volersi riservare la massima libertà di decidere anche nei riguardi di autorevoli amici. Evola scrive a Croce chiedendo aiuto per “La tradizione ermetica”, un saggio sull'alchimia. In una quarta lettera, Evola ringrazia Croce per l'interessamento. “La tradizione ermetica” esce per i tipi dell'editore barese.  Evola invia quattro lettere a Gentile. Nonostante le marcate divergenze sul piano filosofico Evola si discosta dall'attualismo gentiliano in favore di una rigida codificazione teoretica (l'idealismo magico) il pensatore tradizionale cerca un confronto con uno dei massimi esponenti del mondo accademico. Tale confronto non produce risvolti interessanti sotto il profilo speculativo in quanto i due filosofi sono su posizioni eccessivamente distanti, ed anche i presupposti dottrinali sono inconciliabili.  Il tentativo di Evola di aprire un colloquio costruttivo rimane un fiore che non sboccia. Evola cerca di costruire, pur senza risultati apprezzabili, un punto di riferimento culturale alternativo al gentilismo. Nel Cammino dei cinabro tenta di spiegare così le ragioni di questo mancato incontro.“Ogni riferimento extra-filosofico di cui il mio sistema filosofico e ricco sirve come un comodo pretesto per l'ostracismo. Si poteva liquidare con un'alzata di spalle un sistema che accordava un posto perfino al mondo dell'iniziazione, della "magia" e di altri relitti superstiziosi. Che tutto ciò da me fosse fatto valere nei termini di un rigoroso pensiero speculativo, a poco sirve. Però anche da parte mia vi e un equivoco, nei riguardi di coloro ai quali, sul piano pratico, la mia fatica speculativa posse servire a qualcosa. Si tratta di una introduzione filosofica ad un mondo non filosofico, la quale posse avere un significato nei soli rarissimi casi in cui la filosofia ultima avesse dato luogo ad una profonda crisi esistenziale. Ma vi e anche da considerare (e di questo in seguito mi resi sempre più conto) che i precedenti filosofici, cioè l'abito del pensiero astratto discorsivo, rappresentano la qualificazione più sfavorevole affinché tale crisi potesse essere superata nel senso positivo da me indicato, con un passaggio a discipline realizzatrici.” Gentile tuttavia riconosce ad Evola una certa competenza in campo esoterico-alchemico ed infatti chiede al filosofo della tradizione di curare la voce “atanor” per l'Enciclopedia Italiana. Anche alcuni allievi di Gentile riconoscono ad Evola una certa stima, in particolare Calogero. Giuli successivamente riporta altre informazioni, relative al carteggio Evola-Gentile, reperite all'interno della "Fondazione Giovanni Gentile per gli studi filosofici", occupandosi dei saggi che Evola invia con dedica a Gentile.  Invia sette lettere a Schmitt che mette in luce da una parte alcune amicizie e conoscenze in comune tra i due pensatori (Jünger, Mohler e il principe di Rohan), dall'altra il tentativo di proporre la pubblicazione in italiano del saggio di Schmitt sul tradizionalista Cortes.Tale tentativo non va in porto, così come fallisce anche il secondo progetto di pubblicare un'antologia schmittiana.  Di rilievo, all'interno dello scambio epistolare, le due divergenti visioni rispetto al ruolo dell'uomo politico e la sua autonomia. Evola interpreta il concetto di dittatura incoronata come «necessità di un potere che decida assolutamente, ma ad un livello di una dignità superiore, indicata dall'aggettivo incoronata. Per Schmidt, invece, esiste prima di tutto un passaggio significativo che porta dal concetto della legittimità del regnare a quello della dittatura. La dittatura incoronata significa solo un pis-aller pratico mai ha concepito questo espediente pragmatico come una forma di salvezza. E in questo caso così come già ampiamente esposto in Rivolta contro il mondo moderno, il costante rimando di Evola ad un fondamento trascendente dell'ordine politico rimane quell'ineliminabile discrimine che non può essere in alcun modo occultato o minimizzato. L'epistolario assume rilievo in relazione al tentativo di fornire di solidi contrafforti ideologici e culturali il mondo conservatore che, nel dopoguerra italiano, si trovava a combattere la sua battaglia politica. Entra in contatto epistolare con Benn, appartenente alla cosiddetta Rivoluzione conservatrice. Il primo incontro risale durante la tappa berlinese di un viaggio che Evola effettua in Germania. Da quell'incontro scaturisce una recensione-saggio di Benn alla versione di “Rivolta contro il mondo moderno” che appare in “Die Literatur di Stoccarda”. Nel presentare “Rivolta contro il mondo moderno”, Benn espone le sue teorie convergendo con la visione del mondo di Evola. Si ha rintracciato tre lettere da Evola a Benn. Le lettere sono importanti in quanto chiariscono la comunanza di vedute dei due autori rispetto al tema della tradizione e di una visione del mondo conservatrice, oltre al fatto che entrambi non si riconoscono nel establishment. “Sono sempre più convinto che a chi voglia difendere e realizzare senza compromessi di sorta una tradizione spirituale e aristocratica non rimanga purtroppo, oggi e nel mondo moderno, alcun margine di spazio; a meno che non si pensi unicamente a un lavoro elitario». E un tentative di riprendere, nel dopoguerra, i rapporti con i filosofi conservatori. Invia lettere a Tzara. Si tratta di una trentina di documenti tra lettere e cartoline. Molte tappe del cammino artistico del filosofo romano sono già note prima del rinvenimento della corrispondenza con Tzara: in parte perché lo stesso Evola ne parla nella sua autobiografia, in parte perché dedotte dai critici e dagli studiosi nelle partecipazioni, in qualità di articolista, che ha in alcune riviste d'arte dell'epoca: Noi, Cronache d'Attualità, Dada e Bleu. Ciò che invece non è noto prima del rinvenimento della corrispondenza, sono le modalità dell'avventura evoliana nella sfera artistica, ovvero come essa si attuò, come fu vissuta, a che mirava. L'archivio della corrispondenza tra i due artisti ha, inoltre, il pregio di colmare il vuoto di un periodo poco conosciuto di Evola. Questo vuoto si colma sia attraverso la ricostruzione di tappe cronologiche (il recupero di alcune date, partecipazioni a mostre, riviste, incontri) sia attraverso il recupero di tappe più specificamente psicologiche. In particolare quelle che portano Evola ad annunciare il proprio suicidio e che raccontano di un uomo colto nel pieno male di vivere, di una sperimentazione del travaglio interiore che l'artista vive, dove la sofferenza acuta si alterna alla disperazione. Altre opere: “Arte astratta, posizione teorica” (Roma, Maglione e Strini); La parole obscure du paysage intérieur, Roma-Zurigo, Collection Dada); Saggi sull'idealismo magico, Todi-Roma, Atanòr);  L'individuo e il divenire del mondo, Roma, Libreria di Scienze e Lettere); “L'uomo come potenza, Todi-Roma, Atanòr, “Teoria dell'individuo assoluto, Torino, Bocca); “Imperialismo pagano, Todi-Roma, Atanòr); “Fenomenologia dell'individuo assoluto” (Torino, Bocca); “La tradizione ermetica, Bari, Laterza); “Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo, Torino, Bocca); “Rivolta contro il mondo moderno, Milano, Hoepli); “Tre aspetti del problema” (Roma, Mediterranee); “Il mistero del Graal, Bari, Laterza); “Il mito del sangue, Milano, Hoepli); “Indirizzi per una educazione” Napoli, Conte); “Sintesi di dottrina” (Milano, Hoepli); La dottrina del risveglio, Bari, Laterza); “Lo Yoga della potenza, Torino, Bocca); “Orientamenti, Roma, Imperium”; “Gli uomini e le rovine, Roma, Edizioni dell'Ascia); “Metafisica del sesso, Todi-Roma, Atanòr); L'«Operaio» in Jünger, Roma, Armando); “Cavalcare la tigre, Milano, Vanni Scheiwiller); Il cammino del cinabro, Milano, Vanni Scheiwiller);  “Saggio di una analisi critica” (Roma, Volpe); “L'arco e la clava, Milano, Vanni Scheiwiller); “Raâga Blanda, Milano, Vanni Scheiwiller); “Il taoismo, Roma, Mediterranee); Ricognizioni. Uomini e problemi, Roma, Mediterranee); Lao Tze, Il libro della via e della virtù, Lanciano, Carabba, Cesare Della Riviera, Il mondo magico de gli heroi, Bari, Laterza, René Guénon, La crisi del mondo moderno, Milano, Hoepli,  Emanuel Malinski , Léon De Poncins, La guerra occulta, Milano, Hoepli, Gustav Meyrink, Il Domenicano bianco, Milano, Fratelli Bocca Editori, Gustav Meyrink, La notte di Valpurga, Milano, Fratelli Bocca Editori); Johann Jakob Bachofen, La virilità (Torino, Bocca); Gustav Meyrink, L'Angelo della finestra d'Occidente, Milano, Fratelli Bocca Editori, Mircea Eliade, Lo sciamanesimo e le tecniche dell'estasi, Milano, Fratelli Bocca Editori, Ur, Introduzione alla magia come scienza dell'Io, Torino, Bocca, Otto Weininger, Sesso e carattere, Milano, Bocca, Oswald Spengler, Il tramonto dell'occidente, Milano, Longanesi,   Eduard Erkes, Credenze religiose della Cina antica, Roma, IsMEO, “Pitagora I Versi d'Oro” (Todi-Roma, Atanòr); Lao Tze, Il Libro del Principio e della sua azione, Milano, Ceschina, Gabriel Marcel, L'uomo contro l'umano, Roma, Volpe, E. Jünger, Al muro del tempo, Roma, Volpe, Hans-Joachim Schoeps, Questa fu la Prussia, Roma, Volpe, Erik Von Kuehnelt-Leddihn, L'errore democratico, Roma, Volpe); Theodor Litt, Le scienze e l'uomo, Julius Evola, Roma, Armando, Pascal Bewerly Randolph, “Magia Sexualis”, Evola, Roma, Mediterranee, K. Loewenstein, La Monarchia nello Stato moderno, Julius Evola, Roma, Volpe) Robert Reininger, Nietzsche e il senso della vita” (Roma, Volpe); Arthur Avalon, Il mondo come potenza, Roma, Mediterranee, Daisetsu Teitarō Suzuki, Saggi sul Buddhismo Zen 1, Roma, Mediterranee, Lu Tzu, Il mistero del fiore d'oro, Roma, Mediterranee, Lu K'uan Yû, Lo Yoga del Tao, Roma, Mediterranee, Come “Carlo d'Altavilla”: Theodor Litt, Istruzione tecnica e formazione umana, Roma, Armando, Gustav Meyrink, Alla frontiera dell'Aldilà, Napoli, Casa Editrice Rocco, Theodor Litt , Eduard Spranger, Enrico Pestalozzi, Roma, Armando,  Franz Hilker, Pedagogia comparata: storia, teoria e prassi, Roma, Armando, Jacques Ulmann, Ginnastica, educazione fisica e sport dall'antichità ad oggi, Roma, Armando, Karlfried Graf Dürckheim, Hara: il centro vitale dell'uomo secondo lo Zen, Roma, Mediterranee, Bernard George, L'ondata rossa sulla Germania dell'Est, Roma, Volpe, Erik von Kuehnelt-Leddihn, L'errore democratico, Roma, Volpe, Hans Reiner, Etica, teoria e storia, Roma, Armando,Stephan Leibfried, L'università integrata: l'istruzione superiore nella Repubblica federale tedesca e negli Usa,  Roma, Armando, Ernst Cassirer, Saggio sull'uomo: introduzione ad una filosofia della cultura, Roma, Armando,  Walter Wefers, Basi e idee dello Stato spagnolo d'oggi, Roma, Volpe, François Gaucher, Idee per un movimento, Roma, Volpe, Donald Edward Keyhoe, La verità sui dischi volanti, Milano, Atlante, Altre: I saggi di "Bilychnis", Padova, Edizioni di Ar, I saggi della "Nuova Antologia", Padova, Edizioni di Ar, L'idea di Stato, Padova, Edizioni di Ar, Gerarchia e democrazia, Padova, Edizioni di Ar, Meditazioni delle vette, La Spezia, Edizioni del Tridente, Diario, Genova, Centro Studi Evoliani, Etica aria, Genova, Centro Studi Evoliani, L'individuo e il divenire del mondo, Carmagnola, Edizioni Arktos, Simboli della Tradizione Occidentale, Carmagnola, Edizioni Arktos, La via della realizzazione di sé secondo i misteri di Mitra, Roma, Fondazione, Considerazioni sulla guerra occulta, Genova, Centro Studi Evoliani, Le razze e il mito delle origini di Roma, Monfalcone, Sentinella, Il problema della donna, Roma, Fondazione Julius Evola, Ultimi scritti, Napoli, Controcorrente, La Tradizione di Roma, Padova, Edizioni di Ar, Due imperatori, Padova, Edizioni di Ar, Cultura e politica, Roma, Fondazione Julius Evola, Citazioni sulla Monarchia, Palermo, Edizioni Thule, L'infezione psicanalitica, Roma, Fondazione Julius Evola, Il nichilismo attivo di Federico Nietzsche, Roma, Fondazione Julius Evola, Lo Stato, Roma, Fondazione Julius Evola, Europa una: forma e presupposti, Roma, Fondazione Julius Evola, La questione sociale, Roma, Fondazione Julius Evola, Saggi di dottrina politica, Sanremo, Mizar, La satira politica di Trilussa, Roma, Fondazione Julius Evola, Scienza ultima, Roma, Fondazione Julius Evola, Spengler e il "Tramonto dell'Occidente", Roma, Fondazione Julius Evola, Lo zen, Roma, Fondazione Julius Evola, I tempi e la storia, Roma, Fondazione Julius Evola, Civiltà americana, Roma, Fondazione Julius Evola, La forza rivoluzionaria di Roma, Roma, Fondazione Julius Evola, Scritti sulla massoneria, Roma, Edizioni Settimo Sigillo, Oriente e occidente, Milano, La Queste, Un maestro dei tempi moderni: René Guénon, Roma, Fondazione Julius Evola, Julius Evola, Filosofia, etica e mistica del razzismo, Monfalcone, Sentinella d'Italia, Monarchia, aristocrazia, tradizione, Sanremo, Casabianca, I placebo, Roma, Fondazione Julius Evola, Gli articoli de "La Vita Italiana" durante il periodo bellico, Treviso, Centro Studi Tradizionali, Dal crepuscolo all'oscuramento della tradizione nipponica, Treviso, Centro Studi Tradizionali, Il ciclo si chiude, americanismo e bolscevismo, Roma, Fondazione Julius Evola,  Il Cinabro, Julius Evola, Il problema di oriente e occidente, Roma, Fondazione Julius Evola, Fenomenologia della sovversione in scritti politici, Borzano, SeaR, Julius Evola, Scritti sull'arte d'avanguardia, Roma, Fondazione Julius Evola, Esplorazioni e disamine, gli scritti di " fascista,” Parma, Edizioni all'insegna del veltro, Julius Evola, Esplorazioni e disamine, gli scritti di " fascista", Parma, Edizioni all'insegna del veltro, Lo Stato, Roma, FondazioneEvola, La tragedia della Guardia di Ferro, Roma, Fondazione Julius Evola, Julius Evola, Scritti per "Vie della Tradizione" Palermo, Edizioni Vie della Tradizione, Carattere, Catania, Il Cinabro, L'idealismo realistico, Roma, Fondazione Julius Evola, Idee per una destra, Roma, Fondazione Julius Evola, Fascismo e Terzo Reich, Roma, Mediterranee, Evola, Il "mistero iperboreo". Scritti sugli Indoeuropei, Roma, Fondazione Julius Evola, Critica del costume, Catania, Il Cinabro, Julius Evola, Augustea, La Stampa, Roma, Fondazione Julius Evola, Anticomunismo positivo. Scritti su bolscevismo e marxismo, Napoli, Controcorrente, ulius Evola, Il Mondo alla Rovescia (Saggi critici e recensioni), Edizioni Arya, Genova, La scuola di mistica fascista. Scritti di mistica, ascesi e libertàm Napoli, Controcorrente, Julius Evola, Le sacre radici del potere, Edizioni Arya, Genova. Evola, Civiltà americana. Scritti sugli Stati Uniti, Napoli, Controcorrente, Evola, Scritti sulla Massoneria volgare speculativa, Edizioni Arya, Genova .Julius Evola, Par delà Nietzsche, Torino, Nino Aragno Editore, Evola, Fascismo Giappone Zen. Scritti sull'Oriente, Roma, Pagine, Julius Evola, Ernst Jünger. Il combattente, l'operaio, l'anarca, Passaggio al Bosco,, Rigener Azione Evola, Evola, Il Fascismo e l'idea politica tradizionale, Documenti per il Fronte della Tradizione Fascicolo n. 7, Raido,   Julius Evola, Mussolini e il razzismo, Documenti per il Fronte della Tradizione Fascicolo, Raido, Evola, Le SS. Guardia e Ordine della rivoluzione nazionalsocialista, Documenti per il Fronte della TradizioneFascicolo, Raido,   Julius Evola, I "Castelli dell'Ordine" e i nuovi Junker, Documenti per il Fronte della Tradizione Fascicolo Raido,  Il significato di Roma per lo spirito "olimpico" germanico, Documenti per il Fronte della Tradizione Fascicolo, Raido,   Julius Evola, La Dottrina aria di Lotta e Vittoria, Documenti per il Fronte della Tradizione Fascicolo, Raido, Etica AriaOrizzonte Tradizionale, Edizioni Arya, Genova . Raccolte di lettere e carteggi Julius Evola, Lettere di Julius Evola a Girolamo Comi, Gianfranco De Turris, Roma, Fondazione Evola, Lettere di Julius Evola a Tristan Tzara, Elisabetta Valento, Roma, Fondazione Julius Evola, Lettere a Croce, Roma, Fondazione JEvola); La biblioteca esoterica. Evola Croce Laterza. Carteggi editoriali, Antonio Barbera, Roma, Fondazione Evola, Lettere a Carl Schmitt, Roma, Fondazione Julius Evola, Lettere a Gentile, Roma, Fondazione Julius Evola. Julius Evola, La Torre. Foglio di Tradizioni varie e di espressione una, Marco Tarchi, Milano, Il Falco, Claudio Mutti, Julius Evola sul fronte dell'Est, in Quaderni del Veltro, Gianfranco De Turris, La corrispondenza tra Julius Evola e Gottfried Benn, su centrostudilaruna, Gianfranco De Turris, Profilo di Julius Evola, in Julius Evola, Rivolta contro il mondo moderno, Roma, Mediterranee, Registro degli atti di nascita di Roma, Archivio di Stato di Roma  Registro degli atti di nascita di Cinisi, Archivio di Stato di Palermo  Registro degli atti di nascita di Cinisi, Archivio di Stato di Palermo  Registro degli atti di matrimonio di Cinisi, Tribunale di Palermo  Registro degli atti di nascita di Roma Archivio di Stato di Roma  Il Barone Immaginario Il Barone Immaginario,  Gianfranco De Turris, Ugo Mursia Editore, Milano,   Catalogus Baronum, pagina Vanni Scheiwiller, Nota dell'editore, in Julius Evola, Il cammino del cinabro, Milano, Scheiwiller); Julius Evola, Il cammino del cinabro, Catalogo della mostra con tutte le opere in:  Grande Esposizione Nazionale Futurista, Milano, Le Presse, Claudio Bruni, Evola Dada, in Gianfranco De Turris , Testimonianze su Evola, Roma, Mediterranee.  Julius Evola, Il cammino del cinabro. Egli prende la terra come terra, pensa alla terra, pensa sulla terra, pensa 'Mia è la terra' e si rallegra di ciò: e perché? Perché egli non la conosce, dico io. L'estinzione vale a lui come estinzione, allora egli deve non pensare all'estinzione, non pensare sull'estinzione, non pensare 'Mia è l'estinzione', non rallegrarsi dell'estinzione: e perché? Perché impari a conoscerla, dico io.” Lettere a Tzara, Roma, Edizioni Fondazione Julius Evola, Carlo Fabrizio Carli, Evola pittore tra futurismo e dadaismo, su juliusevola. Claudio Bruni, Evola Dada. Per un approfondimento: Vitaldo Conte, Maschere di Evola come percorso controcorrente, Atti del convegno di studi "Julius Evola e la politica", Alatri Emiliano Di Terlizzi. Luciano De Maria, Introduzione a: FT. Marinetti, Teoria e invenzione futurista, Milano, Mondadori,Per un approfondimento sulla produzione pittorica di Evola si rimanda a due cataloghi: Evola e l'arte delle avanguardie. Tra Futurismo, Dada e Alchimia, Roma, Fondazione Julius Evola, e Vitaldo Conte, Julius Evola. Arte come alchimia, mistica, biografia, Reggio Calabria, Iriti, Julius Evola, Il cammino del cinabro. Poi ristampati sotto forma di antologia: Gruppo di Ur, Introduzione alla magia come scienza dell'Io, Torino, Bocca, 1955.  Per una trattazione esaustiva dell'argomento si rimanda a Renato Del Ponte, Evola e il magico gruppo di Ur, Borzano, Sea R, Evola, Il cammino del cinabro. Francesco Lamendola, Alcuni aspetti del pensiero filosofico di Julius Evola. Fenomenologia dell'Individuo assoluto, Roma, Mediterranee, Alessandra Tarquini, Il Gentile dei fascisti, Bologna, Il Mulino, Giuseppe Gangi, Misteri esoterici. La tradizione ermetico-esoterica in occidente, Roma, Mediterranee, Evola, Renato Dal Ponte , Meditazioni delle vette, La Spezia, Edizioni del Tridente, Francesco Demattè, Julius Evola, Meditazioni delle vette, in Secolo d'Italia, Gianfranco De Turris, Biografia, in Gianfranco De Turris , Testimonianze su Evola, Julius Evola, Fascismo e Terzo Reich, Alain de Benoist, Julius Evola, reazionario radicale e metafisico impegnato, in Julius Evola, Gianfranco De Turris , Gli uomini e le Rovine e Orientamenti, Roma, Mediterranee, La scuola di mistica fascista. Scritti di mistica, ascesi e libertà, Napoli, Controcorrente, Il fascismo quale volontà di impero e il cristianesimo, in Critica Fascista,  Silvio Bertoldi, Salò. Vita e morte della Repubblica Sociale Italiana, Milano, Rizzoli, Roberto Vivarelli, Fascismo e fascismi, in Nuova storia contemporanea, Evola stipendiato dal Duce, in Avvenire, Marco Tarchi, Evola e il fascismo: note per un percorso non ordinario, in  Cultura e fascismo. Letteratura, arti e spettacolo di un ventennio, Firenze, Ponte alle Grazie, Giuseppe Parlato, Fascismo, Nazionalsocialismo, Tradizione, in Julius Evola, Fascismo e Terzo Reich, Roma, Mediterranee, Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Il Fascismo, saggio di un'analisi critica dal punto di vista della Destra, Volpe, Roma, Claudio Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, Torino, Bollati Boringhieri, Pino Rauti e Rutilio Sermonti, Storia del fascismo, Roma, Centro Editoriale Nazionale, Giuseppe Parlato, Fascismo, Nazionalsocialismo, Tradizione. Cfr. anche, sulla critica allo stato educatore, Julius Evola, Fascismo e Terzo Reich, Evola, Fascismo e Terzo Reich, Fascismo e Terzo Reich.  Gianfranco De Turris, Nota del curatore, in Julius Evola, Fascismo e Terzo Reich, Per un elenco completo delle collaborazioni giornalistiche: Gianfranco De Turris, Biografia, in Gianfranco De Turris , Testimonianze su Evola, Julius Evola, Il mito del sangue, Milano, Hoepli, Evola, L'esposizione antiebraica di Monaco, "Il Regime fascista", Julius Evola, I testi del Corriere Padano, Padova, Edizioni di AR, Franco Cuomo, I Dieci. Chi erano gli scienziati italiani che firmarono il manifesto della razza, Milano, Baldini Castoldi Dalai, Julius Evola, Il mito del sangue. Julius Evola, Il mito del sangue. Il cammino del cinabro. Evola, Il cammino del cinabro, Franco Rosati, Un pessimismo giustificato? Intervista a Evola, in La Nation Européenne, Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino, Einaudi, Renzo de Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino, Einaudi, Gianfranco De Turris , Testimonianze su Evola, Roma, Edizioni Mediterranee e Vanni Scheiwiller, Note dell'editore in Julius Evola, Il cammino del cinabro. Tale è l'opinione di un'importante testata giornalistica italiana del tempo: Il Giornale d'Italia  (l'articolo è firmato da Adone Nosari). Il rif. si trova in: Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, opAttilio Milano, Storia degli ebrei in Italia, Torino, Einaudi, Francesco Germinario, Razza del Sangue, razza dello Spirito: Evola, l'antisemitismo e il nazionalsocialismo, Torino, Bollati Boringhieri, Alberto Lombardo, Razza del sangue, razza dello spirito, Centro Studi La Runa. Francesco Cassata, A destra del fascism: profilo politico di JEvola, Torino, Bollati Boringhieri. Gianni Scipione Rossi, Il razzista totalitario. Evola e la leggenda dell'antisemitismo spirituale, Catanzaro, Rubbettino, Furio Jesi, Cultura di destra, Milano, Garzanti,Guido Caldiron, Un filosofo buono per tutte le destre, in Avvenire, Furio Jesi. Luca Leonello Rimbotti, Linea, Massoneria e fascism: dall'intesa cordiale alla distruzione delle Logge: come nasce una «guerra di religione», Castelvecchi, Julius Evola, Per un allineamento politico-culturale dell'Italia e della Germania, in Lo Stato. Il cammino del cinabro. Fra queste la Piccola Treccani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Giorgio Bocca, La Repubblica di Mussolini, Roma-Bari, Editori Laterza, Bruno Zoratto , Julius Evola nei documenti segreti dell'Ahnenerbe, Roma, Fondazione Julius Evola,  G. De Turris, Julius Evola. Un Filosofo in Guerra, Milano, Mursia, Il cammino del cinabro, Fondazione Julius Evola, Una biografia di Julius Evola, su Fondazione Julius evola. Gianfranco De Turris , Lettere di Julius Evola a Girolamo Comi, Roma, Fondazione Julius Evola, Francesco Carnelutti, In difesa di Giulio Evola, in L'Eloquenza,  Julius Evola, Autodifesa, Roma, Edizioni Fondazione Julius Evola, Pino Rauti, Evola: una guida per domani, in Civiltà,  Gianfranco De Turris , Elogio e difesa di Evola, Roma, Mediterranee, Gianfranco De Turris, Elogio e difesa di Julius Evola, op. Julius Evola, Razzismo e altri orrori (compreso il ghibellinismo), in L'Italiano, Gianfranco De Turris , Elogio e difesa di Julius Evola, Felice Pallavicini, Evola, traditore dello spirito, in Corriere della Sera, Gianfranco De Turris , Elogio e difesa di Julius Evola. Pino Tosca, Il cammino della Tradizione, Rimini, Il Cerchio, La via romana, Centro Studi sulle Nuove Religioni. Julius Evola, Statuto della Fondazione Julius Evola, su juliusevola, Riccardo Paradisi, Gli Arya seggono ancora al picco dell'avvoltoio, in Giovanni Conti, Evola tascabile, Roma, Settimo Sigillo, Amalia Baccelli, Ricordo dell'uomo, in Civiltà,  //lastampa// edizioni/ aosta/la-nostra- fuga- dagli-sul- monte-rosa- per- seppellire- le-ceneri-di-evola- Julius Evola, Franco Freda  Orientamentiundici punti, Padova, Edizioni di Ar, Evola, Rivolta contro il mondo moderno, Enzo Collotti, Il fascismo e gli ebrei, Bari-Roma, Laterza, Alessandro Barbera , La biblioteca esoterica. Carteggi editoriali Evola-Croce-Laterza, Roma, Fondazione Julius Evola, Cesare Medail, Julius Evola: mi manda Don Benedetto, in Corriere della Sera,  Cfr. la prefazione del testo Lettere di Julius Evola a Benedetto Croce, pubblicato dalla Fondazione Evola.  Guglielmo Savelli, Cronache di un incontro mancato. Gli ardui rapporti tra l'attualismo e l'idealismo magico, su italiasociale.org, Stefano Arcella, Gentile amico e nemico, "L'Italia Settimanale", Margarete Durst, Il contributo di Julius Evola all'"Enciclopedia Italiana", in Il Veltro,  Guido Calogero, Come ci si orienta nel pensiero contemporaneo? Sansoni, Firenze, Alessandro Giuli, Evola-Gentile-Spirito: tracce di un incontro impossibile, in Annali della Fondazione Ugo Spirito. I volumi sono: Saggi sull'idealismo magico, Teoria dell'individuo assoluto, Imperialismo pagano e Fenomenologia dell'individuo assoluto.  Alberto Lombardo, Caro conservatore ti scrivo, su centrostudilaruna, Si tratta del saggio Donoso Cortes in gesamteuropäischer Interpretation, poi pubblicato in Carl Schmitt, Donoso CortésInterpretato in una prospettiva paneuropea, Milano, Adelphi, Julius Evola, Ricognizioni. Uomini e problemi, Roma, Mediterranee, C. Schmitt, Donoso Cortes Interpretato in una prospettiva paneuropea, Evola, Rivolta contro il mondo moderno, Giovanni Damiano, Evola e l'utonomia del politico, Atti del convegno di studi "Evola e la politica", Alatri, Emiliano Di Terlizzi, Antonio Caracciolo, Due atteggiamenti di fronte alla modernità, in Antonio Caracciolo , Lettere di Julius Evola a Carl Schmitt, Roma, Fondazione Evola. Essere e divenire, in Julius Evola, Rivolta contro il mondo modern. Evola, infatti, oltre a Benn, scrive a Guénon, Eliade e Schmitt e Jünger. Julius Evola, Il cammino del cinabro, Lettere a Tzara, Roma, Fondazione Evola, Elisabetta Valent.  In italiano Adriano Tilgher, Giulio Evola, in Antologia dei Filosofi Italiani del dopoguerra, Modena, Guanda,  Gianfranco De Turris, Omaggio a Julius Evola, Roma, Volpe, Gianfranco De Turris, Testimonianze su Evola, Roma, Mediterranee,Maura Del Serra, L'avanguardia distonica del primo Evola, in Studi Novecenteschi, Pier Luigi Aurea, Evola e il nichilismo, Palermo, Edizioni Thule, Piero Vassallo, Modernità e tradizione nell'opera evoliana, Palermo, Edizioni Thule, Philippe Baillet, Julius Evola e l'affermazione assoluta, Padova, Edizioni di Ar, Marcello Veneziani, La ricerca dell'assoluto in Julius Evola, Palermo, Edizioni Thule, Gian Franco Lami, Introduzione a Julius Evola, Roma, Volpe,  Marcello Veneziani, Julius Evola tra filosofia e tradizione, Roma, Ciarrapico editore, Roberto Melchionda, Il volto di Dioniso, Roma, Basaia, Giovanni Ferracuti, Julius Evola, Rimini, Il Cerchio, Anna Maria Jellamo, Julius Evola. Il filosofo della tradizione, in La destra radicale, Milano, Feltrinelli, Piero Di Vona, Evola e Guénon. Tradizione e Civiltà, Napoli, Società Editrice Napoletana, Marguerite Yourcenar, Incontri col Tantrismo, in Il tempo grande scultore, Torino, Einaudi, Gennaro Malgieri, Modernità e Tradizione, Roma, Settimo Sigillo, Tradizione e/o Nichilismo, letture e ri-letture di "Cavalcare la tigre", Milano, Società Editrice Barbarossa.   Antimo Negri, Julius Evola e la filosofia, Milano, Spirali, Luca Lo Bianco, Evola, in Dizionario biografico degli italiani,  43, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, Marco Fraquelli, Il filosofo proibito, tradizione e reazione nell'opera di Julius Evola, Milano, Terziaria, Pablo Echaurren, Evola in Dada, Roma, Settimo Sigillo, Gianfranco De Turris, Adolfo Morganti;, Julius Evola, mito, azione, civiltà, Rimini, Il Cerchio, Elisabetta Valento, Homo Faber, Julius Evola fra arte e alchimia, Roma, Fondazione Julius Evola, Renato Del Ponte, Evola e il magico "Gruppo di UR", Borzano, SeaR, Sandro Consolato, Julius Evola e il buddismo, Borzano, SeaR, Delle rovine ed oltre, saggi su Julius Evola, Roma, A. Pellicani. Gianfranco De Turris, Elogio e difesa di Julius Evola, il Barone e i terroristi, Roma, Mediterranee,Adriano Romualdi, Su Evola, Roma, Fondazione Julius Evola, Giovanni Damiano, La filosofia della libertà di Evola, Padova, Edizioni di Ar, Gigi Montonato, Comi-Evola. Un rapporto ai margini del fascismo, Lecce, Congedo, Beniamino Di Dario, La via romana al Divino: Evola e la religione romana” (Padova, Edizioni di Ar); Francesco Germinario, Razza del sangue, razza dello spirito, Torino, Bollati Boringhieri, Patricia Chiantera Stutte, Julius Evola. Dal dadaismo alla rivoluzione conservatrice, Roma, Aracne, Francesco Cassata, A destra del fascismo. Profilo politico di Julius Evola, Torino, Bollati Boringhieri, Giovanni Damiano , L'ora che viene. Intorno a Evola e a Spengler, Padova, Edizioni di Ar, Sandro Consolato, Julius Evola trentanni dopo, Roma, I libri del Graal, 2004.   Vitaldo Conte, Julius Evola. Arte come alchimia, mistica, biografia, Reggio Calabria, Iriti, Thomas Dana, Julius Evola e la tentazione razzista, Mesagne, Sulla rotta del sole, Alberto Lombardo, Evola, gli evoliani e gli antievoliani, Roma, Nuove Idee, Gianfranco De Turris, Esoterismo e fascismo, Roma, Mediterranee, Hans Thomas Hakl, La questione dei rapporti fra Julius Evola e Aleister Crowley, in Arthos, n. 13, 2006,  269-289. Gianni Scipione Rossi, Il razzista totalitario, Catanzaro, Rubbettino, 2Marco Iacona, Il maestro della tradizione. Dialoghi su Julius Evola, Napoli, Controcorrente,Alessandra Tarquini, Il Gentile dei fascisti, Bologna, Il Mulino, Marco Iacona, Julius Evola e le vicende processuali legate ai Far (1951-54), in Nuova Storia Contemporanea, Fabio Venzi, Julius Evola e la libera muratoria, Roma, Settimo Sigillo, Gianfranco De Turris, Evola. Un filosofo in guerra, Milano, Ugo Mursia Editore, Rene Guenon, Lettere a Julius Evola, edizioni Arktos, Heliodromos, Speciale Evola, Catania. Documentari Dalla Trincea a Dada di Maurizio Murelli. DVD  dalla Società Editrice Barbarossa di Milano, della durata di 101 min., che ripercorre il periodo artistico di Evola. Con musiche di: Ain Soph, Kaiserbund, Roma, Wien, Zetazeroalfa.  Pio Filippani Ronconi, Reghini, Parise, Pitagorismo Tradizionalismo, Paganesimo, Via romana agli dei, Fondazione Julius evola.  Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Dizionario biografico degli italiani, Rigenerazion Evola, Centro Studi La Runa. Vatimmo, “Evola, un filosofo scomodo per tutti”; Approfondimenti sul pensiero Francesco Rosati, Intervista a Evola, su juliusevola, Giovanni Monastra, Evola tra la seduzione e l’aristocrazia. Michele Ognissanti, Luci ed ombre su Evola, su salpan.org, Alberto Lombardo, Da Rivolta contro il mondo moderno a Gli uomini e le rovine. Mario Polia, Linee per una critica al concetto di tradizione in Evola, Giano Accame, Evola e la Konservative Revolution, Luca Lionello Rimbotti, Evola così com'era, Vitaldo Conte, Maschere di Evola come percorso controcorrente, Aleksandr Dugin, Astrazione e differenziazione in Julius Evola, Opere dadaiste, futur-ism. 2artericerca. 29 dicembre . Interviste Intervista a Julius Evola, su youtube 29 dicembre . Intervista a Salvatore Tringali, su youtube Intervista a Gian Franco Lami, su youtube Quando Evola intervistò il conte Kalergi, su rigenrazione evola. The Germans do not have the concept of virility. Evola’s concept of ‘maschio’ is very complex – vir sums up best. Julius Evola. “Giulio Cesare Andrea Evola”. Keywords: romanità, virilità. pitagora, roma, origini di roma, romolo, romanità, virilità, pitagora canti d’oro, ercole, male bonding, virilita, vir, Dioscuri, castore e policce, Weininger, Buehler, homoerotic, intergenerational male bonding, tutor/tutee, hero, Aryan, European – Roma, Refs.: Luigi Speranza, "Grice ed Evola," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51763019614/in/dateposted-public/

 

Grice e Fabri – i peripatetici – filosofia italiana – Speranza (Spinata di Brisighella). Filosofo. Grice: “I like Fabri; especially the ardour by which he fought Duns Scotus – a furriner! – and his malignant influence on the Continent – he was a thoroughbred Aristotelian, like me!” Insegnò a Padova. Critica Pico e Galilei, in difesa di Aristotele, dell'unità della metafisica e della separazione di matematica e fisica. Altre opere: Disputationes theologicae de restitutione et extrema unction (Venezia). “Adversus impios atheos” – PHILIPPI FABRI FAVENTINI ORD. MINOR. CONVENT. Jn Universitate Patauina Olim Sacrae Theologiae Professoris EXPOSITIONES, ET DISPVTATIONES In XII. Lib. Arist. MATAPHYSICORVM; QVIBVS DOCTIRNA IO. DVNS. SCOTI Magna cum facilitate illustratur, [et] contra Aduersarior omnes tam Veteres, quam Recentiores defenditur His Praeijt Auctoris Vita a MATHEO VEGLENSI, Nunc Sacrum Theologiam in eadem Vniuersitate Publice docente, Conscripta. Cum Duplici Disputationum, [et] Rerum Memorabilium Indice . Ad EMINENTIS. ET REVERENDIS. PRINCIPEM D. Dominum FRANSCISCVM CARDINALEM BARBERINVM S.R.E. Vicecancellarium. Il valore della "Metafisica" di Aristotele e la distinzione delle scienze speculative. In: Innovazione filosofica e università tra Cinquecento e primo Novecento. Filippo Fabri. Filippo Fabbri. His comment on Aristotle’s metaphysics is a gem. It’s divided in dissertatio – and chapters for each little unit. The following should serve as kewyords. DISPVTATIO PRIMA. contrarium solution cap, il Yorum appetitus addat aliquid supra facultatem, cuius De Structura Metaphysicorum est appetitus, & idem de concupicibile, & irascibile . cap. III P. 22 BIECTIO ' Adversariorum Aristotelis contra scientiam Metaphy DISPVTATIO VIL sicorum . Cap. I Excellentia Metaplıyl. explicatur. V trum inter omnes senſus magis senſum visus Cap. 11 diligamus, o hoc quia vilusfaciat nos Excellentia Merappyf. inductine din magis scire . scurrendo per diversas (ciencias, & questa varia pub. Cap. III pag. Is Rationes, quibusallata propositio Aristoteli videtur Adraciunes Adversariorum Arist. cap.1111 falla Declaratur alata propositio, & soluuntur rationes DISPVTATIO II . adduciæ . cap . II DC Inscriptione, Сар. Рnicит, DISPUTATIO VIII . DISPVTATIO II. Utrum in Brutis sit prudential. Utrum. Metaphys. sit scientia subalternans, Cap. Quid sit dicendum reiectis opinionibus contrariis, Рівіскі . cap. Vnicum . P. 34 DISPVTATIO IIII DISPVTATIO, VINNI . De Subiecte Metaphysicorum. Utrum ex experimentis generetur ars, siue scientia. Aliorum opiniones adducuntur, & reijciuntur, cap.1. Opinio Arist. & Scoti cum suis fundamentis brevi. ter explicatiil'. cap . I P: 36 Vera Opinio cap.nl p.21 Obiectiones contra opinionem Aristot.ex! Antiquis Heraclito, Platone, & Avicenna , & earum con DISPVTATIO. V. futatio, & Solutio . cap . II Obiectiones aliorum contra quædam dicta in 1. cap. Vtrum ens habeat peras causas, principia. & eorum solutio Vtruy verum sit quod expertus non habens artein , Quid sit dicendum . cap. 1 p. 22 nec scientiam certius operetur habente , & scienti. Obiectiones aliorum præfertim contra distinctionem ang, sed inexpertè , formalçın soluuntur . cap. I I p. 22 DISPVTATIO X. DISPVTATIO VI. Vtrum AEtiones sint circa singularia . vide lib.7. Vtrum illa propositio Aristot. Omnes homines Diput. natura scire dederant, sit vera, de quo auctitu DISPVTATIO XI. Opinio Thomist. & quorumdam aliorum adducitur, Vtrum aliquis SENSVS INTERNVS dividat, come & refellitur ponat , a discurrat , Opinio Scoti, & eius Comprobatio, & rationum in P.38 Di OPERA 15 Opinietur . Opinio D. Tho . ac Sectatorum refellitur, & Opinio Quid sit dicendum.c. vnic. 02 Scoti explicatur.c. Vdic DISPVTATIO DISPVTATIO V. XII. Vtrum detur Regressus, yorum obiectum per se sensus sit aliquid fub ra. tione singulariiatis. DISPVTATIO VI. DISPVTATIO XIII . Vtrum sit ponere Stutum in omni genere catfitri ... ptrum ad Metaphyf. pertineat cognoscere omnes Quæ fine causæ essentialiter ordinatæ, & quæ acci. quidditates rerum in particulari. dentaliter, & quæ per se, & quæ per accidés.c. 1,93 Resolutio quæstionis secund. Scotum . c.2 Aliotum Opiniones adducuntur , & refelluntur. Obiectiones contrarationes Scoti , & Propoſitioné 49 Arift .& carundem folutio.c.3 Opinio Scoti explicatur , & rationes in oppofitum Coluuntu. DISPVTATIO. VII. DISPVTATIO XIV . Vtrum cauſæ ſecunde pendeant in sua causalitate ab aliis causis secundis superioribus, vt Vtrum magis universalia sint difficiliora cogni agentia hæc inferiora d cælo . DISPVTATIO Opinionibus Contrariis conſideratis, quid sit dicen X V. dum Itatuitur. Quomodo Celum sit causa lucis, luminis, & caloris trum metaphyſicæ sit scientia practica, vel Spe. permotum, vbi de generatione caloris quoque culatiúl, ego idem de logica. agitur. c.2 Quid sit dicendum de Metaphyſ. breviter explica- Quomodo Cçlu producat calore per lumé.c.z. SS Quid sit dicendum de Logica DISPVTATIO VIII. SVPER LIBRVM SECVNDVM. Vtrum infinitum possit à nobis cognolci. DISPVTATIO PRIMA . An poßit à nobis cognosci infinitum esse in rebus Vtrum prima principia Complexa vel illud de quo- An intellectus creatus poflit infinitum secundú quod libet perum est AFFIRMARE, VEL NEGARE, de nullo infinitum cognoscere. Opinio Suarez cun fais amboſimul, sint nobis naturaliternota. fundamentis Opinio allata reijcitur. Opinio Scoti explicatur, & ra Quid sit dicendum. ciones in oppositum foluuntur.c.3 An A Genfus principiorum sit actus distinctus ab apprehensione , & quædam alia dubia mota a Scoto SVPER LIBRVM TERTIVM . in hac quæst.&non soluta, Coluuntur. DISPVTATIO PRIMA. DISPVTATIO II. Utrum immobilitas sit causa efficiens, o finalis Vtrum difficultas cognoscendi resfit ex parte intellectus, vel ex parte rerum cognoscibilium. Quid sit dicendum breviter explicatur. cOpinio Averr. Thomist. & aliorum cum suis fundamentis DISPVTATIO II. Opinio Scoti comprobatur, & allaræ refelluntir. Vtrum genus prædicetur de differentia per se, Opinio Scoti explicatur , &rationes Aduerfariorum Quid sit dicendum. Cap. Vnicum ſoluuntur DISPVTATIO III SUPER LIBRVM QVARTVM rio. DISPVTATIO PRIMA. Utrum substantiæ abstracta immateriales possint cognosci secundum suas quidditates ab Vtrum ens uni-voce prædicetun de Deare creaturis intelle &tu nostro pro Aatu iſto. Opinio Thomist. adducitur substantia, e accidente: vbiquæ ad hancmate, & refellitur riam spe &tent quæq; tractata sint explicantur, Thomist. responsiones refelluntur. quædam observanda adduntur. Opiniones Auerr.Themistij, simplicii, & Platonicorum, ac Avicennæ adducuntur, & refelluntur Utrum ců Univocatione entis stet ANALOGIA An Analogum mediet inçer UNIVOCVM, & æquivocu. Explicatur Opinio Scoti, & rationes in oppositum DISPVTATIO IIII DISPVTATIO II. . Vtrum Privatio , Negatio sit ens rationis, In quo sit felicitas, & summum bonum hominis se iundum Aristotelem, alios Philosophos. Opinio Aucrc.D. Thoin, & sectatorium.c Cap. 2 soluuntur Opinio untur .C.2 IX . E Opinio Scoti, & solutio rationum pro Adversariis DISPVTATIO IX DISPVTATIO 111 Vtrum vniversale pro prima intentione sit in solo intellectu, an in rebus, a quo fiat, ứ quid sit. Vtrum cognitionem negatio habeat ab affirmatione diftinétamcuiformalitatem opponitur ., ca Status quæftionis aperitur, & opinio Nominal. addu citur, & confutatur Quid sit formalitas Opinio Thomiſt . & multorum aliorum adducitur, & Quomodo formalitas ſeù conceptibilitas negationis refellicur.c.2 189 Te habeat ad formalitatein affirinationis Opinio Scoti Quomodo privatio per affirmatione , & privatio An intellectus agens, vel possibilis faciat universale, per positiuuin cognoscatur solutio trium quæftionum à Porphirio excitata rum in Proemio Prædicabil. DISPVTATIO IV. Rationes pro aliis opinionibus adductæ soluuntur. De ente rationis, e fecundis intentionibus. DISPVTATIO X. An fir ens rationis, & quotuplex sit Quotuplex sit ens rationis, Aliorum opiniones reijci Utrum verum ſit paſſio entis , & quid fit Opinio Scoti explicatur , & rationibus primo capite DISPVTATIO XI . addictis reſpondetur Quid fit ens rationis,& fecundaintentio. Opinio A. Vtrum bonum sit passio entis, & quid sit liorum, & eorumdem confutatione Quid sit ens rationis, & secunda intentio secundum DISPVTATIO XII. Scorú, & quomodo formatur,& an formetur a voluntate, & fenfitiua potential Vtrum preter vnum, verum, bonum den An: prædicametu undecimú debcat constitui, in quo tur aliæ passiones entis entia rationis reponantur Quid sit dicendum breviter declaratur . c . vnic DISPVTATIO V. DISPVTATIO XIII . virum ens habeat veras paſſiones , cproprietates. Vtrum iftud principium ,impoſſibile eſt id eniſimul Variæ opiniones cum eorum fundamentis eſje; non efje fit firmiſſimim . Allara opinio refellitur Opinio Scoti explicatur, & rationes Aduerſarlorum Veritas breviter explicatur, & quædam obicctiones ſoluuntur soluuntur .c.vnic DISPVTATIO ATTO DISPVTATIO VI . XIV Vtrum propria paſio distinguatur realiter vtrum hoc principium inpossibile est idem fimulef à Juo subiecto. fes nonesse sit simpliciter primum principi um , e prima omnium dignitatum . Opinio & Auerroiſt Nominal. quorumdam . breuiter reijcitur cum fuis , & opinio fundamentis Thom. . Au principiun iſtud ſit diuerſum ab alijs principijs, & explicatur.c. præſertim ab illo , de quolibet verum eft affirmare 201 velnegare.c.1 Allata opinio reijcitur, & opinio Scoti, quæ eft etiam Auert. Comprobatur Opinio Allerentium primum principium ſimpliciter Rationes Aduerſariorum foluuntur elle illud de quolibet verum ett affirinare ,vel nega Rationes Aduerſariorum contra diftinctionem for re , retellitur. malem inter ſubiectuin , & paflionem adducuntur, ConGdecancur opinio Antonij Andreæ, obiectiones & foluuntur.C.4 176 Aduerfarioruin , & quæfituin reſolutur.c.3 204 DISPVTATIO V11. DISPVTATIO XV . V trum vnü quod eft paffio entis, dicat quid poſitivi Vtrum inter contradictoria detur medium. Opinio Auicennæ reijcitur, & opinio D.Thom .& re . Quomodo vera fit hæc propofitio , & aſſertio , inter ctatorum explicatur cum ſuus fundamentis.c.1.177 contradictoria datur mediam explicatur , & ebie Opinio D.Thom . & ſectatorum refellitar.c.2 179 ctiones quædamin contrario foluuntur. C.1.206 208 Opinio Scoti explicatur , & rationes pro Aduerſarijs Argumenta quædam contraria toimuntur.c.2. foluuntur SUPER LIBRVM QVINTVM. DISPVTATIO VIII . DISPVTATIO I. De Vnitate indiuiduali, seu de principio individuationis . Vtrum cauſæ ſint tantum quatuor . Quierlain adduntur ad ea , quæ in Philoſopbia naturali Quæ fit diffinitio propria principij, & caufæ , & quod dicta ſunt de principio indiuiduationis contra Sua corum difcrimen. Suarez, & opinio Scoti magis confir. Vtrum fint plura quá quatuor genera cauſarú ,vbide caula XCII Di 202 D D INDE X. 1 c. 308 299 - . caufi fine quanon ,decauſa diſpoſitiua , obiectiva cxemplaridiecimur.c. 2 Vera explicatio difficultatis propofitæ ,& rationen in oppofitum folutio. Verum cauſa exemplaris fit genas diſtinctuin caufæ à quatuorgeneribuscaularum pofitis ab Aristotelis. DISPVTATIO VIII. C. 3 DISPVTATIO II. Vtrum caufe ſint ſibi inuicem cauſa . in quo conſiſtat cauſalitascauſamaterialis, forma. Quæſtio breuiter reſoluitur, &quædam obiectiones lis , efficientis . in contrarium foliuntur.c.vnico DISPVTATIO IX. Opinio aliorum.com 237 Allatæ Opinio opiniones vera cuin luis refelluntur fundamentis, & folutio racionú verum neceſſaria habeant caufam fui esse Aducrſariorum. DISPVTATIO X. DISPVTATIO III. Vtrum ens diuidatur in decem prædicamenta per De cauſa finali. modos prædicandi, vel per modos eßendi. Caula finalem ele caulam realem , & caulam caliſa- Quid fitmodus rei, & quid modi intrinſeci, aliorum fum opinionibus reiectis,explicatur.c. I 305 An finis caufct , & moueat fecundum fuum elle rea . Opinio Scoti.c. 2 le, an secundum elle cognitum in inente, DISPVTATIO XI . Antinis caulec Meraphorice ,vel efficienter Viruin ratio formalis conftitutiua finis in proxiina di ſpoſitione ad caufandam larbonitas tin:s,& Ancau Vtrumſecunda diuiſio vnius , quæ eft in vnum nu lalitas tinis babeat lociun in diuinis actionibus, in mero, unum specie, unum genere, & vnum propor mediis relationibus prusacion.bus, & in naturali tione sit conveniens .bus DISPVTATIO XII DISPVTATIO IV. Vtrum plura accidentia solo numero diucrſapoſfint De causa instrumentali ere simul in eodem fubie& to Opinio D. Thomz, & Thomist., cum suis fundamen- Opinio Thoiniſt. cum fuis fundamentis Alaca opinio celicitur, & opino Scoti explicatur,  & conriimtur Allaca opinio refellitur , & opinio Scoti explicatur Obectiones quęd.ım ex Suarez adducuntur, & folur Vtrum inſtrumenta Artium habcant vim activa n . tur, & ndiciva deeius speratione fertir Plures relaciones diltiactis numcroelli dc facto in co Opinio Scoti adducitur,& rationes Aduerſariorun , dei lubiecto contraaduerfarios prob cap.adductæ Coluuntur Rationes Aduerfariorum primo capite adducte lol muntur DISPVTATIO V. DISPVTATIO XIII . Vtrum onus effe &tus poſſit prouenire à pluribus caufis. V trum propria ratio quantitatisſit diuiſibilitas. Quaeslio quoad criamembra, & tres fenfus,breuitcr Diffinitio quantitatis explicatur cxplicatur Virum quantitas molis fit entitas distincta à ſubstan . Vtrum idem effectus poflit effe fimul a pluribus cull cia materiali, & qualitatibusillius ſis totalibus eiuſdeni generis, & ordinis sive speci Viruin ratio menſuræ fit ratio torinalis quantitaris.De principali quæfito , An divisibilitas sit ratio esé . DISPVTATIO VI cutis quantitates  Qienum fic excentio in quanticate , & quomodo ina Anidem indiuiduum poſſit produci à diue'ſis agen Ten yenda dit.c.s tibus , idem numero reproduci naturaliter. DISPVTATIO XIV. An idem effectus poflit eſſe à pluribus saufis rotali bus divisim, seu Anidem indiuiduum numeio por Vtrum punctum linea, superficies sint entia rear fit produci à diuerſis agentib ila vel railonis , An idem numero tam in fubftantia, quam in acciden te poflit reproduci naturaliter Opinio nominalium negantiuneſſe entiz realia cum iuus fundamcntis. DISPVTATIO VII . Opin o alaia reiicitur, & finul appo.iti , quod iint evtia rcalia, que elt com 10HS comprobitiir Vtrum cauſa particularisin a&u, &ſuus effe &tius in aftuſimulfint, & non fint :vel fub alio titulo . Opinio Sco: i , & folutio rationum in oppoſituin. Vtrum caufa fitprior ſuo effectu Quorundam opiniones adducuntur, &reijciuntur DISPV pas T Opinio Scoti cum fuis fundamentis. DISPVTATIO XV . Rationes crietani contra hanc opinionem , & rationem Scoti so trum quantitas discreta ſit proprieſpecies Opinio allata caietani cum suis fundamentis, & re . quantiiati, sponſionibus refellitur Soluuntur rationes aliorum.c4 Opinio negatiua cum fuis fundamentis Allata opinio refellitur & oppofita comprobatur , DISPVTATIO XX11 Opinio Scoti , & communis explicatur , & rationes Vtrum ad relationem realem tria fuffi in oppofitum foluunturçiant , Virum in ſpiritualibus tie quantitas diſcreta , & in dili nis fit numerus  Relationem habere cauſam efficientem, & finalem, quæ sunt extrema & relationem multiplicari ad DISPVTATIO XVI multiplicationcm fubicctorum , & potentialem el fercaliter diftinctam ab actuali. Vtrum qualitas rectè diftinguatur in qua., De Distinctione fubiecti , & fundamenti in relation tuor ſpecies ne .c.2 393 Vtrum fundamentum , & terminus in relatione reali Proponuntur difficultatesquædam generales circa do neccfiario diftingui debeant realiter. Vbi opinio ctrinam Ariftotelis de qualitatis ipecicbus.c.de Gregorij, Auscoli, & Okan apperiuntur, & rejciuntur Quid dicendum circa allatas difficultates DISPVTATIO DISPVTATIO XXIII, XVII. Vtrum dentur Relationes extrinfecus ad V trum locus fit quantitas . menientes , Explicatur quęnio 2. Q.101.b. Scoti, vbi de distin- Opin o Scoti explicatur cum ſuis fundamentis ctione loci, de existenia duorum corporum in eo dein oco difertur , & obicctiones Aducrtariorum Rationes aliorurn adduantur , & rcfelluntur retelluntur Locum non cfle vacuum , quamuis vacuum poflit da Rationes allaræ foluuntur leteffe ipeciem quantitates Solutio argumentorum conrra fecundam , & tertiam opinionem DISPVTATIO XVIII, DISPVTATIO XXIV. Vtrum motus, tempus fint species quantitatis.VNICUMI. Vtrum una relatio possit fundari in alia keliiione . DISPVTATIO XIX Opinio D. Thomæ cum ſuis fundamentis refellitur, Utrum relatio distinguatur à fundamento , vbi de distinctione reail , mondo, contra hea Opinio Scoti, & folutio rationum pro præcedenti opi cenciures un puitur . nioneadductorum Opinio eorum , qui aſſerunt relationein non distingui DISPVTATIO XX a fundamento. Opinio præcedenci capite allata, & doctrina de ditın Virum tres modi relativorum sint reétè clione reali Suarez iciclisur. allignati ab Aristotele. Opinio alionum allerenijum relaciones non diſting.is realiter à fundamento. Anomncs relationes fufficienter contineantur in his Opinio alioulin aflerenuun relationes eſſe idenirea a b smodis Tejatiliorum.c. I liter cuin fundamento , led dittingu rationc addu Vuum primus modus relatiuorum Git ſufficienter ani citur , & refellilur. gnaliis Opiniones aliorum foluuntur Yorum lccundus , & tertilis modus relatiuorum fic rectè aſiignatus.C.) DISPVTATIO XX. SUPER LIBRVM SEXTVM. Vtrum omnis relatio contineatur in predica mento relationis , an rerò aliqui fint DISPVTATIO PRIMA Transcandentales. Per quid scientia speculatina distingua. Opinio aliorum qui allerunt relationes rationis repo tur à Practica . nu in prædicamento relationis adducitur, & reijci tul Adversariorum ſententiæ; An açtus intellectus sie Que tint relationes prædicamentales, & quæ tran praxis adducuntur , & refellunur scendentales. Opinio Thomittarun a quo habitus, & scientia di. catur practica cum lius fundamentis DISPVTATIO XXI. Allaca opinio retellicur , & rationes pro ça Coluuntur, Virum relatiuum terminetur ad ſuum correlatiuum . DISPV Scou one CRUCI DI De conexione virtutum moralium acqui ſitarum inter fe . Opiniones aliorum refelluntirr.c.i SOI Opinio D. Tho. & aliorum refelluntur. Opinio Scoti, & dolutio rationuin sos DISPVTATIO X. DISPVTATIO III. Utrum scientiam sit una qualitas simplex. Opiniones aliorum refelluntur, & opinio Scoti ex plicatur Verum ſcientia: n totalis vt Philoſophia naturalis, vel Mertaph fit vna nuinero fimplex qualitas Opinio D. Thomæ Opinio Suarez Quomodo opinio nominalium Gt vera, Relponſio caierani retellitur Pugna inter Suarez & Vaſquez  DISPVTATIO IV De connexione virtutum moralium cum prudentia, Opinio Henrici, & aliorum reijcitur , & opinio Scou ti explicatur CI sog Opiniones Aliorum refutantur, & opinio Scoti con firmatur.  i foluuntur . 6.4 vtrum trimembris diuifio.ſcientia ſpeculatiuæ in DISPVTATIO XI . Phisicam Mathematica, de methaphysicam , fut bona. Vtrum necesse sit ponere charitatem creatam for maliter inherentem naturæ Beatifica Rationes quibus prædicta diuifio Arist, non vide Diſput. merè Thologica , cur conueniens Resolucio Difficultatis, & folutio rationum. cap.z. Homines iuſtificari per iuftitiam inherentem animæ pag. 460 formaliter, non autem per imputatiuain , contra hæ feticos breuiter probatur DISPVTATIO V. Opinio Magiſtri adducitur , & refellitur. Opinio catholica explicatur, & comprobatur ex Do Vtrumfit necefle ponerein habiturationem (trina Scoti. principi a &tiui reſpectu actus Quid fit dicenduin deſententia Magiſtri quo ad fubftantiam . Rationes pro opinione Magiftri adductæ coluntur cos 531 Duiz opinioncs adducuntur, & refelluntur.c. Opinio D. Thomæ Aureoli , & Durandi' refellitur . DISPVTATIO XI R. Opin o Scoti explicatur, & probatur. Utrum gratia fit virtus, quæ eſt charitas . Obiectiones contra opinionem Scoti adducuntur, & 469 Exponitur opinio D. Thomæ Vaum habitusgeneretur per a & tus, & quomodo opi Allara opinio reijcitur. nio alioruni.cos 474 Exponitur opinio Scoti, &rationibus aliorum tisaltir. DISPVTATIO VI . DISPVTATIO XIII. Vtrum habitus moralis in quantum virtusſit aliquo modo principium aétiuum refpectu bo Vtrum gratia fit in eſentia animæ tamquam in ſur nitatis in actu , biecto vel in potentys . Opinio Scoti cum ſuis fundamentis. Exponitur opinio illorum qui dicunt gratiain effe in Obiectiones caictani,& ipfius Scoti contra fe : c. 2 effentiam animæ.c , I 540 480 Rationes in oppofitum foluuntur DISPVTATIO : XIV . Rationes caietani, & aliorum adducuntur, & refeilun 484 Virum in patria remaneat habitus fidei . DISPVTATIO VII . Opinio aliorum refellitur, & Scoti explicatur. cap. SAS De ſubię to babituum , DISPVTATIO XV. Opinio Scoti defenditur , & comprobatur , C. vnic. pag. 486 De connexione vtrum intelleétualium inter fe , & Moralium cum Theologicis , Theolo DISPVTATIO VIII . gicarum inter fe . De subiecto virtutum. Quod fit dicendum. In quo conueniant Scoti D Tho. & alij. DISPVTATIO XVI. Opinio ai lara refellitur, & fimulopinió Scotiproba 492 Vtrum an anıma dertur alij habitus preter virtue Opinio Scoti explicatur, & rationes aliorum ſolaun tes morales intelectuales , C Theologicas. vbi de damnis Spiritus Sanéti beatitudi nibus ex fruitibus, pofiiis a Theo IX . Logis differitur , b 2 Opinio 1 pag. cur.c.4 vnic.  DISPVTATIO  ill tio DIE llill. Opiniones aliorum refelluntur Vtrum accidens in concreto primo ſignificet fubięz Opinio Scoti explicatur.c .. čtum vt eft lub tali forina ; & an accidens in abftrą cto Gt ens incompletum . DISPVTATIO XVII DISPVTATIO IV. Utrum angumentum cum intentionefiat fema per per ačtum intenfiorem . Vtrum ſubstantia fit prior accidente tempore Opinio D.Thomæ . c.1 . $ 57 Opiniones aliorum refelluntur Opinio Scou explicatur. Opinio Scotiexplicatur , & aliorum ſoluitur DISPVTATIO XVIII . DISPVTATIO V. De modo augumenti, & remissionis, & Utrum substantia prior sit accidente diffinitione coruprionis -habitus Opinio Thomiſtarum fefellitur .com ili Opinio aſſerentium in intentione habitus nihilpræ Opinio Scou explicatum ibid . exiftentis habicusremanere , & eiuldem confutae DISPVTATIO VI . Opino D. Thomæ , & aliorum refellitur Opinio Suarez ieiicitur. y trum ſubſtantia fit prior accidente cognitione . Quomodo habitus dimmuttur , & corumpitur.cap . Cina ini' 4 : S75 Subſtanțiam ,effe priorem cognitione accidentibus DISPVTATIO XIX Vtrum de e ne per accidens detur fcientia , DUI SPYT A FIO VIL Quid fit dicendum de ente per accidens quod prijat Dediuigone ſubſtantiæ in primam , & ſecundam , & perlelden neut a.c. cil 577 diferentiam inter prim.im fullt untiam , & ſuppoſi Deente per accidens quod contingenter non neceta 653 fio caulatur. De comparatione primæ subftantiæ ad suppositum, & ad lubfiftçocian leu perionalitatem DISPYTAȚIO XX , Quomodo inteligaty wla propofitio , actiones funç uppulitoruim.c.3 651 Vtruinens verum debe at ſeparari a, confideratione Quomodo mielligatur Axioma illud, actiones fins Merhapbojica . c.vnico lingubahuin.com SVPER LIBRVM SEPTIMYM , Rick SPVTATIO vill, DISPVTATIO PRIMA. Vtrum formafit prior compoſito : V trạm inherentia ſit de eſſentia accidentis. Aduerfariorum opinio fefélitur , & vera comproba. 664 Quid fit dicendum de inherentia accepta pro per ſe Rationes in oppofitum ſoluuntur.c.2 666 Tignificato , ieu pro accidentalitate quæ circuit no nein piedicaincnta. DISPVTATIO IX . Quud lii dicendum de accidente pro denominaco quod eit relatio . C.2 623 Vtrummateria ſitens, Vtrum inherentia actualis fit de ejentia ac , DISPY TATIO cidentis abjoluti . V trữ quod quid est sit idein chillo cüius ejt.c.1.667 Opinio Scoti, & aliorum reiicitur.C.3 Inherenţiam actualem non ele de jellentia acciden- Explicatur fenllis verus illius proportionis ,c.2. 669 usabloluti DISPVTATIO XI , DISPVTATIO II . Vtrum genita ex putri , “ſemine ſint eiufdem ratio y trum ens finitum Prima ſui diuiſione diuida . 672 tur in dccem preurcamenta , o qualisfit bac diuifio , Ü eius analogia DISPVTATIO XII Opiniones aliorum adducuntar Vtrum Cælum in generatione animalium ex putri Allara opinioncs refeliuiiur , & opinio Scoti expli materia ſit principale a cris . ibido Callir.c.2 633 Au rationes adversariorum DISPVTATIO XIII DISPVTATIO III Vtrum compositum per se generetur Veritas questionis explicain & opinio Scoti defendi Vtrum accidens in ſe confideratum fit ens . tur .C.2 673 Rationes pro aliis opinionibus foluuntur, & opinio Veritas aperitur confutata opinione aliorum Suare , & Zimaræ diluuntur.c.3 675 DISPV : IS 1 ** 31 tur hos 624 nis DISPVTATIO XIII : Opinio quorundam refellitur. Allaca opinio refelitur , opinio Scoti explicatur, & ra De Ideis platonis an ſint Admittende. tiones in oppofitum foluuntur.c.2 720 Germina opinio Platonis. DISPVTATIO III . Rationes Arift . contra Platonem , & solutio rationú in oppositum.C.2 691 De ſubie &to accidentium . DISPVTATIO XV An hoc fit potentia qnæ lam paſſiua in . herens (abſtantiæ . Vtrum forme niturales de potentia matteriæ educantur Opinio Thomiſt. refellitur Opiniones illorum qui formas naturales produci ab Opinio quorumdam aliorum.c.2 725 agence leparatu, velab intelligentia vel a Celo ale runt.C.2 688 Vtrum poum accidens poffit effe fubie &tum Opinio Sco.& Solutio rationum alterius accidentis. DISPVTATIO XV I. Opinio Scoto , & folutio rationum . C.3 Vtrum materia fit pars quidditatis re DISPVTATIO IV . rum naturaliuin . Vtrum ad formationem prolis mater concurrat Quid sit dicendum . ci vnic. 694 active DISPVTATIO XVII . DISPVTATIO V. 1 728 Vtrum fingulare ſitper ſe a nobis cognoſcibile. Vtrum cælum fit compoſitum ex mate . rid , forni. DISPVTATIO XVIII . Næc Celum, nec animam rationalem , nec Angelam eiſe compoſica exmateria , & forma contra quoſ daw recentiores Scouſtas . C. Vnic. 731 Vtrum conceptus generis fit alius à concept u diffe rentie , speciei.Thomiltarú , & aliorú opinio , & confutatio Opinio Scoto, & folutio aliorun. DISPVTATIO VI DISPVTATIO XIX. Vtrum omnis creatura fit compoſita ex materia , como foruba , ex potentib , autu Virum differentia diuifiuig? neris inferioris inclu . Opinio afferentium omnes creaturas eſſe compoſi. dat differentiam gencris juperioris formaliter . tas ex materia , & forın potentia & actu refellitur & opinio Scoti explicatur Opiniones alioruin. Obiectiones A tucrinorum contra doctrinam alli Alata opinio retellitur , & vin statutis.c. 733 cam Scoti lefel iniur, DISPVTATIO XX DISPVTATIO VII . Virum universale sit aliquid in rebus.  DISPVTATIO Utrum ex materia, e forma fiat unum per se. Aliorum opinionibus confutatis exponitur opinio Scou.c. Voici XXI Utrum in compoſito ſubstantiali fint plures forme ſubſtantiales. 704 SVPER LIBRVM NON VM . DISPVTATIO XXII . DISPVTATIO I. 1 Verum totum eſſentiale diſtinguatur a luis partibus ; De diuiſione entis in potentiam , actum , in ef fimulfunptis. Seniamy w exiſtentiam , SVPER LIBRVM OCTAVVM . Vitum potentia , & actus opponantur, &quaoppo tucione ; vbi op.no Henrici de cflentia , & ex DISPVTATIO PRIMA Itentia conturauir Opinio Thomiſt. de diſtinctione en is in potentia, Vtrum in motu alterationis oporteat manere idem & actum retelitur , & opinio Scoti explicatur . fubie &tum fiinpliciter ſub zeroq; terminorum , 757 Rationes Aduerſariorum primo , &ſecundo capite Quid fit dicendum , & reſoluțio objęđionum in con adductæ foluuntur Obiectio ex Saclano,&corundem reiectio DISPVTATIO II. DISPVTATIO 11 . Vtrum essentia, existentia in ente creato actuanter onijiente distinguuntur. Utrum accidens sit compoſitum intrixſece Eficntiam trariuin Blora afikas JIPEL " SI Essentiam, & existentiam non realite , nec ratione c'tantum, sed formaliter distingui, & opinionem Scoti elleveram defenditur . c. I Quid ſit exifteptia creaturæ , & an habeat aliquas cau DISPVTATIO I. Tās , & causalitates, & quædam aliæ quæstiones de existentia enodantur Utrum verum ſit illud Axioma,primum invnogue que genere eft metrum , o menfura omnium , que DISPVTATIO III. ſuntin illo genere : y trum potentia ſuficienter diuidat!ır in actiuam , Quid Ge menſura,& quæ conditiones eius vbi de du o paſiuam , earum diffinitiones ſint ratione,de æternitate, & to , & aliis inenfuris agi reita aſſignatæ . tul Verus intellectus propofitiAxiomatis Obicctiones cótra vtráq ; partem adducútur Diuifionem potentiæ in actiuam, & pafſiuain eſte DISPVTATIO II . difficientem , & diffiniționės vtriuſq; potenciæ ef de l'ecrè allignatas Vtrum vnum , multa opponantur contrarie, vbi DISPVTATIO IV . de paſſionibus entis agitur : 1 Firew.idem moreripoſſit à ſeipſo,velvt alij loquit Quomodo vnum lic paflio ſimplex , & difuncta en tir' , Vtrum potentia actiua , & paffiua jem tis, qualis fit diuitio entis in vnum , & multa, & qua per ré , ú ſubiecto differant. lis ipforum oppofitio.c.vbic , 819 Opinio Thomiſt. & aliorum tenenrium parcein nega DISP V TATIO II.1 ) tiua ,nimirú ide à feipfo moueri non pofle Allata opinio refellitur V ti un,ptáralitas ſei diuifibilitas fit prior Rationes pro Aduerfariis primo capite a iductæ ſol vno , jer indiuiſibílı, oc. uunub. DISPVTATIO V. Quid fit dicendum breuiter aperitur . c.vnic. Vtrum omnis potenti 1.fite tantum attina, veltātum DISPVTATIO paliud ,vel aliqua fit fimul actiua, o pajuna . V trum à priuatione ad habitum ſit poſibilis Quedamquæſtiunculæ de potentia tractaræ à Scoto regreſſus jeù tranſmutatio : an hoclibro Nono breuiter explicantur ic. i 784 Eamdem potentiam poffe efle actiuam , & paffiuan Ruid fit dicendup . c.ynic, i $ 23 nedyn selpecriducrforum ,led relpectu tuijpfi us , & quomodo DIS P Y TATIO YA D'ISP V TATIO VI . Vtrum identitas abſoluta , a relatiua fint eadem V tim potentia paſina diuidatur in potentiã notu . entitas an distinci e realiter . i ralerno upernaturalé,jei obediétialé,a violétă . Opinio Aduerſariorum refellitur cum ſuis fundansé Diftinctionem allatam eſſe de potentia paffiua, non tis, & opinio Scoti explicatur, & prob.c.ynic, 8.24 actina. L'orenciain obedientialem acuvam non da. ri , & membra omnia fecundum doctrinam Scori DISPVTATIO VI elle intelligenda . C. vnic. Vtrum idem, & diuerſuin habeant inediú. c.vnic.DISPVTATIO VII . DISP V TATIO VII . V trum aétus ſit prior potentia .. V triem media cõt: ariorū ſint cöpoſita ex terninis : 10 cuo ſenſu ſit vera , & quid dicendum explicatur. Duæ contrariæ opiniones adducuntur in propoſita DISPVTATIO VIII . questione , & an duo contraria poflint elle in co. dem fubiecto.c.I 828 Vtrum actio fit in agente, vel in paflor 791 Quid fit dicendum de vtraque, opinio allata , & opiu nio Scoti explicatur. DISPVTATIO IX . Quodam alia adducuntur ad majorem declaratione; Kanduio contaria in fumino de potentia Dei ab y trum differentia ,quam alignat Philofophus inter ſoluta pollint elle fimul. c.; potentias rationales , e irrationales fit conuenienter poſita . DISPVTATIO VIII. Rationes contra allaraw differentiam aßignatam ab Vtrum formæ ſubſtantiales formaliter repugnantes, Anttotele opponantur oppoſitione contrarietatis . Resolutio quæstionis. Arguincita primo capite adducta ſoluiuntur.C.3.794 Opinio aferens formas ſubstantiales eſſe contrarias cțiin tus fundamencis. DISPVTATIO X. Fundamenta quædam pro veritate inueftiganda , vbi de natura oppofitorum agitur. Utrum detur aliquis aétus malus in voluntate ſine Solutio principalis dubitationis, & rationes pro pri vlla ignorantia in inielletin maopinione DISPUTATIO IX. Obiectio quid tun'ex Scoto ipfo ,& ex recentioribus aduerſus ſecundam partem quartz conclufionis fit l'trum corruptibile , e incorruptibile differant perius probatæ , probans rarionc naturali pode de pluſquam genere monftrari Deum eſtepropriè omnipotentem ,reij. Citur SVPER LIB. VNDECIMVM . Alixrationes exrecentiotibiis ad idem adducuntur, & foluuntur. DISPVTATIO PRIMA. An verum sit Deum posse saccreomze illud , quot non implicat contradictionem. Vtrum primæ quatuor qualitates fint for , An Deus ponit facere fimul omnia quæ poteft , & an me ſubſtancialeselementorum . poſit facere in infiniçum Opinio affirmatiua cu niluls fundamentis DISPVTATIO VIII . i Fundamenta pro opinione Græcorum.c Primaratio contra opinionem Græcoram adduci- vtrum potentiæ in Deo diſtinguatur abtur.C.3 tia ,& voluntatealiquomodo,fie cius fcien Aliæ rationes ad idem . C.4 8.46 Intellectum , &voluntatem detur potentia efe Quædam ali rationes ad idem.c.s 848 cutiua in Dco , quid in Angelis . 0 Solutio rationum in oppoſitum Deopinione Auerroes.c.7 , s'agi ! 855 Opiniones aliorum cum fuis fundamentis.c.r924 Explicatio opinionis Scoti ; & confutatio aliarum DISPVTATI II Vtrum generatio , corruptio fiant in inftanti DISPVTATIO Opinio áfferentium ſubſtantiam ?ſucceſſiuélgenera. Quid comprahendati fub'obie & o omnipotentiæ : ricum ſuis tuntamientis Opinio allata refellitur , & omnem generationem An omnipotentia se extendar'adactis notionales ſe ſubſtantialem fieri in inſtanci cum Arift.defendi cundum Theologos . cLimas. Anomnipotentia fe extendat ad creationem Angelo Rationes aduerfariorun foluuntur . C32.862 : rum , & quid fit dicendum fecunduin Theologos, 00061: Jorcu & quid fecundum Philosophos.c.2 SVPER LIB. DVODECIM VM . Lupe pie DISPVTATIO X. Disputatio Vtrum Deusfit ſimplex, & omnis creatura ſit com DISPVTATIO IV . politan. Utrum omnis productio , velindu &tio cuiufcumque DISPVTATIO XI. forma sit univoca , ſoue à fuo ſimili perrun solum Deus sit inmutabilis. Quid sit dicendun aperitur. Rationes in oppositum foluantur, & quomodo meti13 Deum in ſe ele irmutabilem probatut rationibus fit caula caloris Philofophorum, & Theologorum.co.Analiquid aliud á Deo habeat immutabilitatem , DISPVTATIO V IWA quid lenſerincPhilofophi Obiectionescontradeterminata tisperivis, & opinio Vtrum animarationalis it'immortalis . eorum, qui dicunt Deum agere libere ad extraie cundum Philosophos, & endem confutatio DISPVTATIO VI Rationes pro' opinione Philoſophorum , quod Deus Venum detur vnum primum ens infinitum , quod eſt agat necefario ad extra ,& quod dcntiraiiqua ca Deus,in qua rationibusnaturalibus demonftratiuis tia ex fe neceffe eiſe ,adducantur , & eadein opinio proceditur , contra Atheiſtas. retelliill's Cof Quædam præambulæ conclufiones ad probanda'n Deum effe immutabilem quoad intellectun, & volú primamens ex triplici primitate prædicta elle in tatem , & quomodo. finitum præmittunur. Rationes pro Philofophis foluuntur. Primum ens triplici primitate præmiffa effe infinitú Quæ virtutes cx ijs que conſequentar voluntatein $ erat fecundum principale intencū prob.c.7 . 399 Tint in Deo. Rationes D. Thom . & aliorum , quibus probant Deā elle infinitum ,adducuntur, & reijciuntur. DISPVTATIO XII DISPVTATIO VII . V trum dctur infinitum actu in permanenti bis , c filceclivis . Vtrum Deum eſſe omnipotentem poſſit natnrali ratione , neceſjaria demonſtrari . Status queſtionis , & rationes quaſdam recentiorü , quod mundus non pocucrit elle ab æterno , non có Explicatur çitalis quæftionis , & quid fit dicendan. cludcre oftendicar , c . 960 quoad demonſtrationem propter quid. Opmio eorunqai affcrun dari infinitum aétu tam Quid dicendum quoad demonftrationem quia , tam in permanentibus,gratia fuccelifuis adducitur , & fecundum Philoſophos , quam fecundum Theolo reijcitur & quoinodo diſcrepent Philosophi à Theolo . Pofitio Scoti, & folutio rationum in contrariain . gis DDISPVTATIO XXVI.  DISPVTATIO XIII. Vtrum attributa diſtinguantur inter ſe , ab eſſentia Dei DISPVTATIO XIV, De voluntate Dei. Aſignantur loca in quibus præcipuię difpufationes pertinentes ad voluntatem Dei ab Auctore tracta . tur, & oftenditur Deum amare le , & alia extra ſe , & quomodo . Caput Vnicum . i DISPVTATIO XXVII Utrum Deus fit Immenſus. DISPVTATIO X V. An voluntas Dei semper implicatur  DISPVTATIO XXVIII. INDI Diſputatio primacontra Atheos. DISPVTATIO XVI. Diſputatio ſecunda contra Atheos . DISPVTATIO XVII . An Deus contingenter velit , & eius voluntas abalie quo determinetur. DISPVTATIO XXIX. Diſputatio tertia contra Atheos. De alijs fubjt antiis.è prima distinctis. DISPVTATIO XVIII. Naturalitatione porce probari dari ſubftantiasabſtra & tas , & rationes in oppofiuum efle nullas Diſputatio quarta contra Atheos. DISPVTATIO XIX . Si Aristoteles demonstravit Mundum elle æternum Devi DISPVTATIO XXX . DISPVTATIO XX . Utrum Angelus, Anima rationalis dif ibi serant specie, OS Opiniones aliorum . Opinio Scoti, & AnimcellectualitasAngeli , & Ani mæ rationalis ſpecie diſtinguantur , &An potentiç ſpecie diftinctæ poflint veulari circa idem object. Utrum primum cælum moueatur immediate a primo motore  DISPVTATIO XXI DISPVTATIO XXXI. Utrum Philosophus posuerit omnes intelligentias ejse vigoris infiniti. DISPVTATIO XXII. Utrum Anima intellectiva in corpore habeat pro priumeße existentiæ diſtincim ab elle compos Jiii , len vtaly ducuntsAn in corpore fubfiftatvel vt quo , vel vt quod . Opinio D. Thomæ ratiqpibus Scoti confutatur , & eiuſdein ſententia explicatur , cap.I Defenſio Thomiliarlim . cap . 2 Allata opinio refellitar , cap.3 Virum Cælum ſit animatum. DISPVTATIO XXIII. Utrum Deus sit invisibilis, incompræbensibilis, & ineffabilis. DISPVTATIO XXXII Nils An Deus fit viſbilis oculo corporeo, & quid de his tribus attributis sit dicentum. DISPVTATIO XXIV. Urum separatio Anime rationalis a corpor , cu Status animæ rationalis exiia corpus violenter, an naturaliter.compeiani animæ rationali ;. Opinio Thomiftarum , & Sequaciun cum liris fun damnentis Opinio Scoti explicatur , & præcedens refellitur . cap.2 V trum Dcus ſit ſubstantia viuens intellectua lis , felicissima Attributa prædicta competere Deo probatur DISPVTATIO XXV. DISPVTATIO XXXIII De scientia dei. Utrum omnes potentiæ animæ rationalis inſint anim & icparita Quid Git dicendum de Vegetativa, & Sensitiva , reiecta opinione affirmativa. cap . Vnic.  Quomodo scientia ponatur in Deo, quomodo Intellectus, Intellectio, & intellectuin in eo sint idem An scientia sit de cilentia Dei in primo modo dicendi per se Vtrum secundum Aristotelem Deus habeat cognitio nein aliarum rerum extra se. DISPVTATIO XXXIV. De cognitione animæ separate. An anima separata cognoscat quidditates, & res, quas coniuncta cognoscebat, & quid dicendum reiectis opinionibus opposiris. Filippo Fabri. Filippo Fabbri. Fabbri. Keywords: i peripatetici, The 34 disputationes. Galilei, Pico, aristotelismo, anti-aristotelismo, platonismo, l’unita della metafisica, distinzione tra matematica e fisica.  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fabri” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51762247093/in/photolist-2mS43G6-2mRxLkZ-2mRgKq7-2mQoQhs-2mQmZZv-2mPMBQM-2mN8Hgb-2mLNXjb-2mLP3hz-2mPrdWj-2mLznXk-2mPu6xB-2mPtp3t-2mPV6V9-2mPsUUV-2mPxhsE-2mKNjCv-2mKM3mC-2mKLGeD-2mKN88B-2mKC3nj-2mKDLrD-2mKCfz1-2mKjsJY-2mJq2uE-DvhhWW-DhRHD2-DndBhH-Cfbrxc-CcSX6Q-Ck5UQW-CcC1aL-xFwdxt-nSSg3U-nurrdd-nupnpX-nu4v1p-ncRvsK-jkLyDB-jkNtpy-jkDa7R

 

Grice e Fabro – per la porta di Velia – filosofia italiana – Luigi Speranza (Flumignano). Filosofo. Grice: “I like Fabro; my favourite of his essays is on Giorgio Hegel, “La dialettica,” which is really about Socrates and Alcibiades! My Athenian Dialectic which I turned into Oxonian!”. Studia al seminario degli stimmatini. Si laurea a Roma sotto Reverberi con “Il concetto di ‘causa’” e la critica di D. Hume. Insegna a Roma. Si dedica quindi allo studio della biologia filosofica. Pubblica “La partecipazione”. Insegna a Napoli e Perugia. Si inscrive nell'alveo della neoscolastica, o, più precisamente, del neotomismo. Il suo apporto più profondo alla metafisica classica, sulle orme di san Tommaso d'Aquino, è la distinzione reale tra "essenza" e "atto d'essere”. È questa tesi che lo porterà a riconoscere con sicurezza le debolezze e le aporie dall'immanentismo del cogito cartesiano, che sfocia ineluttabilmente nell'ateismo. Trova l'origine dell’ateismo in Cartesio e Spinoza, nasce nel concetto di "immanenza" contro "trascendenza”.Critica Severino e Rahner. Valorizza l’esistenzialisto anti-idealista di Kierkegaard. Altre opere: “Partecipazione in Platone, Aristotele e Aquino, S.E.I., Torino); “Neotomismo” Piacenza) “La fenomenologia della percezione, Vita e Pensiero, Milano); “Percezione e pensiero, Vita e Pensiero, Milano), “L’esistenzialismo, Vita e Pensiero, Milano); “Esistire” (Vallecchi, Firenze); “Dio” (Studium, Roma); “L'Assoluto nell'esistenzialismo” (Miano-Catania); “L'anima” (Studium, Roma); “Dall'essere (essuto, suto) all'esistente” (Morcelliana, Brescia); “Il Tomismo” (Desclée, Roma); “Hegel: La dialettica, La Scuola Editrice, Brescia); “Partecipazione e causalità, S.E.I., Torino); “Feuerbach-Marx-Engels. Materialismo dialettico e materialismo storico (La Scuola Editrice, Brescia); “L’ateismo” Studium, Roma); “L'uomo e il rischio di Dio, Studium, Roma); “Esegesi tomistica, Pontificia Università Lateranense, Roma); “Tomismo” Pontificia Università Lateranense, Roma); “La svolta antropologica di Rahner” (Rusconi, Milano); “L'avventura del progressismo” Rusconi, Milano); “La fede di Kierkegaard” La Scuola Editrice, Brescia); “La trappola del compromesso storico: da Togliatti a Berlinguer, Logos, Roma); La preghiera” Edizioni di Storia e Letteratura, Roma); “L'alienazione dell'Occidente. Osservazioni sul pensiero di Severino, Quadrivium, Genova); Momenti dello spirito I, Sala Francescana di cultura «P. Antonio Giorgi», AssisiS. Damiano; Momenti dello spirito II, Sala Francescana di cultura «P. Antonio Giorgi», Assisi S. Damiano); Aquino, Ares, Milano); La libertà, Maggioli, Rimini); Gemma Galgani), Il sopra-naturale, Cipi, Roma); L'enigma Rosmini, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli); Le prove dell'esistenza di Dio, La Scuola, Brescia); Commento al Pater Noster” Pontificia Accademia di San Tommaso d'Aquino, Città del Vaticano); Cristianesimo, L'Aquila, Japadre). Essere e libertà. Studi in onore di Cornelio Fabro, Maggioli, Rimini); Giuseppe Mario Pizzuti , Veritatem in caritate. Studi in onore di C. Fabro, Ermes, Potenza); Rosa Goglia, La novità metafisica in Cornelio Fabro, Marsilio, Venezia); Federico Costantini, Fabro e il problema della libertà, Forum, Udine); Elvio Celestino Fontana, Fabro all'Angelicum, EDIVI, “Segni (EDIVI)  Fabro e l'Esistenzialismo, EDIVI, Segni. Rosa Goglia, Fabro. Profilo biografico, cronologico, tematico da inediti, note di archivio, testimonianze, EDIVI, Segni, . Ariberto Acerbi , Crisi e destino della filosofia. Studi su Fabro, EDUSC, Roma, . Note  Goglia, Rosa, Fabro : profilo biografico cronologico tematico da inediti, note di archivio, testimonianze, EDIVI,  Kierkegaard Neotomismo Ateismo. Fondo Fabro presso la Biblioteca della Pontificia Università della Santa Croce., su pusc.  Cornelio Fabro. Fabro. Keywords: per la porta di Velia, essere, e, essente, esuto, suto. L’uomo allo specchio. Dialettica di hegel, tomismo, essere atto d’essere – immanenza – trascendenza -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fabro” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51762152843/in/dateposted-public/

 

Grice e Faggin – metrica filosofica – inno orfico – filosofia italiana -- Luigi Speranza (Isola Vicentina). Filosofo. Grice: “I like Faggin: he is obsessed with love; he translated Fedro, he selected some passages from the Roman philosopher Plotino and titled it, implicaturally “Dal bello al divino,” but surely for Plotino, via hypernegation, the divine IS beautiful – and finally, being an Italian, he became interested in “Dutch Protestantism” – “il Pellegrino cherubico”!” Si laurea a Padova sotto Troilo. Insegna a Padova, Bassano del Grappa, Campobasso, Vicenza.  Studioso del platonismo, della tradizione mistica e dell'occultismo, commenta le Enneadi di Plotino. Altri suoi lavori riguardano Meister Eckhart e la mistica medioevale, Schopenhauer, la stregoneria e l'occultismo rinascimentale.  Altre opere: “Van Gogh, Padova, CEDAM); Plotino, Milano, Garzanti); “Eckhart e la mistica” Bocca, Milano); “Schopenhauer: il mistico senza Dio, Firenze, La nuova Italia); “Le streghe: trentatré incisioni dell'epoca, Milano, Longanesi & C.); “Gli occultisti dell'età rinascimentale, Milano, Marzorati); “Storia della filosofia: ad uso dei licei classici, Milano, Principato); “Dal Rinascimento a Immanuel Kant, Milano, Principato); “La filosofia antica” (Milano, Principato); “Diabolicità del rospo” (Vicenza, Neri Pozza); “Dal Romanticismo alla scuola di Francoforte, Milano, Principato); “Enneadi” Milano, Istituto Editoriale), “Sulla libertà del volere”; “Sul fondamento della morale” (Torino, Boringhieri); Eckhart, Trattati e prediche, Milano, Rusconi); Inni orfici, Giuseppe Faggin, Roma, Āśram Vidyā). Giuseppe Faggin. Faggin. Keywords: metrica filosofica, inno orfico, inni orfici, philosophy of the toad – rospo – l’orfismo nella Roma antica; filosofia antica – l’antico nel rinascimento italiano – occultismo – misticismo – protestantismo italiano – Italia contro Roma. Fedro – Dal bello al divino – Il peregrine cherubico – l’arbero come simbolo – il fuoco come simbolo – la luce come simbolo – canti orfici – sul bello -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Faggin” – The Swimming-Pool Library.  https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51762103188/in/dateposted-public/

 

Grice e Falciglia – filosofia italiana – Luigi Speranza (Salemi). Filosofo. rice: “I like Falciglia; for one, he took dialectic seriously, as any Aristotelian does! So he wrote on sensus compositum, on ‘definitio,’ on ‘demonstratio,’ and he even ventured on moral philosophy – in a nutshell, the perfect Aristotelite!” --  Studia a Salemi per essere poi trasferito a Padova per proseguine negli studi sotto Paolo da Venezia e Giovanni di Cipro. Insegna a Siena, Bologna, Rimini. Altre opere: “Statuta pro conventu Parisiensi”; “De sensu composito”; “De medio demostrationis” , “De sophistarum regulis, Terminorum moralium, tractatus singularis, Definitiones et additions super constitutions, necnon formularium et privilegia ordinis -- Dizionario biografico degli italiani. Grice: Falciglia’s “De sensu composito” should  not be mistaken with “De sensu composito et diviso” by another Philosopher – Paolo di Pergamo -- Giuliano Falciglia. Falciglia. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Falciglia” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51689559666/in/photolist-2mKCvfA-2mKyrnu

 

Grice e Falzea – QVOD PRINCIPII PLACVIT LEGIS HABET RIGOREM – filosofia italiana – Luigi Speranza (Messina). Filosofo. Grice: “I like Falzea; for one he applies Apollonian principles to H. L. A. Hart’s analysis of ‘discorso giuridico’ – alla ‘discorso musicale’ – after all, there is ‘armonia’ in justice!” – Si laurea sotto Pugliatti a Messina. Insegna a Messina. Lincei. Sua costante preoccupazione è stata quella di integrare, sempre ed opportunamente, la prospettiva astratta logico-formale e filosofica con quella pragmatica del diritto mirante a fornire quel necessario ordine giuridico indispensabile alla co-esistenza pacifica di vita materiale, vita spirituale e vita sociale. Fra i suoi maggiori risultati, la centralità della nozione dell’’intersoggettivo”, “l’interazione” – “l’interpersonale” -- pensato sia astrattamente che in relazione alle correlative persone la fondazione di una etica giuridica e l'elaborazione di una assiologia del diritto, frutto rispettivamente della sua incisiva indagine critica ed ampia comprensione concettuale delle nozioni di ”valore“ da porre, al centro della sua filosofia giuridica, assieme a quello di “interesse” (cf. Prichard), e di “categoria giuridica” formale, quali nuclei fondanti del corpus dottrinario della giurisprudenza. Da qui, la constatazione di principio secondo cui “il giuridico”, nella sua accezione più ampia come fatto storico-sociale dinamico e non statico, si analizza nelle sue due componenti principali, quella ”formale“ e quella “materiale”, da considerarsi sempre in un reciproco, razionale equilibrio co-relativo garante di quella realtà umana fattuale del interesse e del valore. Il perno epistemologico dell'impianto teorico, quale presupposto ineludibile per l'esistenza di un qualsiasi “stato di diritto”, è quello che fa leva sull'imprescindibile ruolo formalizzante che ogni determinazione giuridica cogente deve avere nel catturare, indi razionalizzare (forma), quel nucleo affettivo-emotivo (materia) insito in ogni fatto umano consuetudinario della vita. Il diritto, come realtà assiologica, è quella naturale concezione cui si perviene allorché si abbandona quella riduttiva visione formalistica ed astratta della giurisprudenza la quale, invece, deve guardare alla realtà fattuale ed alle sue dinamiche complesse e multi-fattoriali, ai suoi contenuti pragmatici, di valore ed d’interesse. Da qui, la necessaria interdisciplinarità cui deve sottostarepur mantenendo la propria autonomia la costante giurisprudenza per non cadere in un anacronistico e sterile formalismo privo di materia. La forte, quasi esasperata dimensione teoretica (ma mai grettamente dogmatica) espressa non solo da un punto di vista meramente logico-formale ma sempre contestualizzata alla variegata problematicità e storicità della realtà umana, si evince, in tutta la sua evidenza, dagli scritti dedicati ai problemi di teoria generale del diritto, affrontati, oltre che in alcuni suoi lavori monografici, in certe voci la lui redatte per l'Enciclopedia del Diritto, sì da costituire dei classici della letteratura giuridica contemporanea: fra queste, accertare, apparire, efficacia giuridica, fatto giuridico. Fra i molti contributi dati da Falzea all'elaborazione teorica dell'ordinamento giuridico, in raccordo a quanto detto sopra, degno di nota è l'aver egli richiamata l'attenzione nella voce ”I fatti del sentimento“, sulla scia di parte del pensiero di Pugliatti sulla rilevanza giuridica del sentimento, inteso non come un principio generale dell'ordinamento, bensì come un vero e proprio sentimento soggetivo ed intersoggetivo – shared feelings -- fattualmente rilevante per l’interazione interpersonale, che la norma giuridica, specie quelle del diritto civile, classificano come un valore positivo, da rispettare dunque, o negativo (“disvalore”), da reprimere invece. Da questa presupposizione quindi, con metodo contraddistinto da ampiezza dell'indagine storica e improntato al rigore concettuale, consegue uno dei suoi maggiori risultati, riguardante l'analisi del concetto generale di diritto, quale diritto positivo, cioè effettivamente vigente, incardinato entro un sistema assiologico fondato su un ordine razionale intersoggetivo che rispetta il valore di una determinate intersoggetivo in un assegnato luogo ed in un certo tempo (storicità del diritto), secondo una scala della loro importanza. Quest'ordinamento razionale è un tratto distintivo sia del sistema intersoggetivo che dei suoi sottosistemi, fra i quali preminenti son oil sistema di comunicazione, e quello giuridico, che è il sistema normativo attualizzato dell'interazione. Da questa prospettiva, anche sulla base di un parallelo analogico-concettuale con la struttura della logica, perviene, tra l'altro, ad una elementare quanto fondamentale distinzione meta-giuridica fra teoria generale del diritto e dogmatica giuridica, argomentando solidamente a favore della tesi per cui la teoria generale del diritto opera ad un livello superiore di generalità rispetto a quello in cui si colloca la dogmatica giacché quest'ultima è sempre inerente a diritti positivi storicamente attualizzati, oggetti di studio della teoria generale che, in quanto tale, non discende dunque da alcun diritto positivo particolare, e quindi neppure dalla dogmatica. La teoria generale del diritto è piuttosto riflessione meta-teorica su quei particolari sistemi vigenti di diritto positivo, sistemi che verranno quindi interpretati speculativamente e spiegati razionalmente (interpretazione giuridica) tramite metodi centrati sulla individuazione e ordinazione concettuale. Solo in questi termini, si può allora più propriamente parlare di ”filosofia del diritto”. Altre opere: “L’intersoggetivo giuridico” Dott. A. Giuffrè Editore, Milano); “L’intersoggetivo giuridico, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano); La separazione personale, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano); L'offerta reale e la liberazione co-attiva del debitore, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano); Il fatto naturale, CEDAM-Casa Editrice Dott. Antonio Milani, Padova); Voci di teoria generale del diritto, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano); Il gene giuridico” Dott. A. Giuffrè Editore, Milano, Introduzione alle giurisprudenza filosofica”. “Il concetto di diritto” Dott. A. Giuffrè Editore, Milano); Teoria generale del diritto, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano,Ricerche di teoria generale del diritto e di dogmatica giuridica,  Dogmatica Giuridica, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano,  Scritti d'occasione, Dott. A. Giuffrè Editore, Milano.  giuscivilista. Il civilista. Il nesso fra la fattispecie, ossia la premessa normativa (ovvero, il caso particolare fattuale), e la conseguenza, ossia il suo possibile effetto giuridico.  norma giuridica Diritto e interpretazione. Lineamenti di teoria ermeneutica del diritto. Il diritto può essere consuetudinario. consuetudine. Antropologia giuridica. diritto civile, Oltre il ”positivismo giuridico“, regola giuridica. Motivi volontaristici e imperativistici sono presenti nel pratico e volitivo spirito dei romani. Nemmeno tra i romani tuttavia troviamo formulate dottrine filosofiche che si propongano di ricondurre compiutamente il diritto alla volontà o al comando. Il lato imperativistico del diritto emerge piuttosto in singole tesi o massime di giuristi. Si ricordi il noto passo di Modestino riportato nel Digesto: « Legis virtus haec est: imperare, vetare, permittere, punire" (D. 1, 3, 7); o l'altro detto, di Ulpiano, ancora piu indicativo sotto il profilo volontaristico che sottolinea l'importanza della volonta del sovrano per la validita della legge: "quod principi placuit legis habet vigorem" (D. 1, 4, 1). Ma le espressione forse piu significative si trovano in un luogo di Gaio, nel quale egli, dopo aver distinto varie fonti del diritto romano, le caratterizza cosi: "Lex est quod populus iubet atque constituit. Plebiscitum est quod plebs iubet atque constituit ... Senatusconsultum est quod Senatus iubet atque constituit" (Gai 1, 3, 5). Il rapporto regola giuridica-commando risulta ormai fissato in maniera esplicita, mentre e IMPLICITAmente enunciato il rapporto tra il comando (iubere) e l'imperativo (constituere). Rientra in questa configurazione  volontaristica e imperativistica del diritto la concezione della consuetudine come iussum populi, un comando del popolo alla stessa stregua della legge: lex lata sine suffragio. Ma e con la compilazione giustinianea che, associato al processo politico dell'epoca imperiale, il volontarismo giuridico ottiene la sua prima grande e compiuta affermazione. A cio concorsero due fattori strettamente collegati. La volonta d'onde promana la regola giuridica e adesso individuata e circoscritta nella persona dell'imperatore. La netta separazione, su piano empirico, tra interpretazione e applicazione della legge e la regolar rigorosa che riservava allo stesso imperatore il POTERE INTERPRETATIVO (nel senso di risoluzione dei casi dubbi) esaltano il peso della volonta imperiale, impedendo che altri, giurista o giudice che sia, possa sustituirsi, alterandola o integrandola, a quella volonta. E ben noto il monito che Giustiniano, sulla presunzione della completezza e perfezione della propria opera di legislatore, rivolgeva ai giuristi: « ... nullis iuris peritis in posterum audentibus commentarios  illi adplicare et verbositate sua supra dicti codicis compendium confundere: quemadmodum et in antiquioribus temporibus factum est, cum per contrarias interpretantium sententias totum ius paene conturbatum est sed sufficiat per indices tantummodo et titulorum subtilitatem quae paratitla nuncupantur quaedam admonitoria eius facere nullo ex interpretatione eorum vitio oriundo" (C. 1, 17, 1, 12); e quello ancor piu energico e perentorio che gia in precedenza era stato fato ai giudici da Valentiniano e da Marciano: "Si quid vero in idsem legibus latum fortassis obscurius fuerit, oportet id imperatoria interpretatione patefieri duritiamque legum nostrae humanitati incongruant emendari" (C. 1, 14, 9). La prassi non poteva non smentire questo ambizioso proposito, la cui formulazione, tuttavia, giova a chiarire come una concezione volontaristica possa trovare un effetivo riscontro nella realta solo a patto che la VOLONTA legistlativa venga aggiunta a fonte unica del diritto al di fuori di ogni condizionamento esterno e risultati garantita nella sua fedele applicazione ed esecuzione. Grice: “Falzea interprets, correctly, Roman law as imperativistic or better, volitive – volontarismo giuridico – My reflections on “Aspects of Reasons” point to the same direction. Indeed my focus is on the conversational IMPERATIVE!” Angelo Falzea. Falzea. Keywords: QVOD PRINCIPII PLACVIT LEGIS HABET RIGOREM, interesse, valore, disvalore, assiologia, accertare, apparire, efficacia, interesse, does moral philosophy rest on a mistake, duty cashes on interest, on desire. ‘sentimento condiviso’ -- H. L. A. Hart. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Falzea” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51761754946/in/dateposted-public/

 

Grice e Fano (Trieste). Filosofo. Grice: “I like Fano; for one, he took very seriously Plato’s Cratilo – “origine e natura del linguaggio,’ he has also explored a rather extravagant trend for Italian philosophers, when philosophy is reduced to ‘analisi del linguaggio’!” Neo-idealista, appartene a quel gruppo di artisti, letterati, e scrittori che hanno reso famosa Trieste. Legge in modo originale l'opera di Croce e Gentile. Sottolinea l'importanza delle scienze naturali e della matematica, che nel suo sistema non sono governate dagli pseudo-concetti. Da molta importanza agli aspetti più semplici e ferini dello spirito seguendo le riflessioni di Vico. Suo padre Guglielmo era un medico affermato, sua madre Amalia Sanguinetti. Il padre fu uno dei pochi ebrei di allora che passano al cattolicesimo per sincera fede. Ma tale conversione e accompagnata da manie religiose e disordini mentali precoci. Fin dall'adolescenza Fano ha un impulso di rivolta contro gli adulti, il loro conformismo, il loro spirito oppressivo. Nel romanzo Quasi una fantasia di Ettore Cantoni si parla di due ragazzi, in cui è facile riconoscere l'autore Ettore e Fano, che viaggiano e arrivano addirittura in Africa, appunto per sfuggire all'atmosfera pesante instaurata dagli adulti. Fu un ragazzo ribelle, non volle accettare la disciplina della scuola. Un episodio contraddistingue il suo carattere, quando getta nella stufa il registro di classe. Frequenta la scuole austriaca con scarso profitto. Afferma che una parte delle sue difficoltà era dovuta al fatto di avere poca memoria (non quella concettuale, in cui eccelleva, ma quella specifica, dettagliata, necessaria ad es. nello studio della storia e della geografia). Così abbandona gli studi assai prima di aver conseguito la maturità. Ritiratosi da scuola, i suoi congiunti gli procurarono un posto di impiegato. Ma abbandonò l’impiego e affitta, assieme ad alcuni coetanei, una cameretta sul colle di Scorcola, dove si dedica non solo a discussioni senza fine con gli amici, ma passò ore e ore a studiare filosofia. Più tardi a Vienna poté sentire le lezioni universitarie di alcuni luminari del tempo. Fu la lettura dei classici tedeschi, da Leibnitz a Schopenhauer, da Kant a Fichte e Hegel, a dare al suo pensiero un indirizzo al quale sarebbe rimasto fedele per tutta la vita, a fargli trovare le armi per la sua personale battaglia contro il dogmatismo, il fideismo, il clericalismo del proprio ambiente familiare. Certo alla formazione di Fano ha contribuito anche l'ambiente eccezionale della Trieste di allora. Fu suo amico Poli, il cui pseudonimo, Saba, fu inventato proprio da lui.  Si ispira certamente alla figura di Fano anche il sesto de I prigioni di Saba: «L’Appassionato/Natura, perché ardo, m’ha di rosso/pelo le guance rivestite e il mento./ Non è una brezza lo spirito: è un vento /impetuoso, onde anche il Fato è scosso. /…../ Ero Mosè che ti trasse d’Egitto, / ed ho sofferto per te sulla croce. / Mi chiamano in Arabia Maometto». Saba e Fano comprano in società la libreria antiquaria Mayländer, la futura "Libreria antica e moderna", ma non andano d’accordo, perché Fano non era persona da accollarsi diligentemente troppi compiti "noiosi". Così i due decisero di separarsi e, poiché entrambi volevano rimanere proprietari, Fano propose di giocare questo diritto a testa o croce e vinse. Ma Saba, che era amante e cultore di libri antichi, non accettò il verdetto della sorte e convinse l’amico a cedergli ugualmente la libreria. Un'altra persona dell'ambiente triestino con cui Fano ebbe grande amicizia è stato Giotti. E un incontro come di un artista toscano con un profeta ebreo. Io ne ebbi un grande giovamento. Egli leggeva a quel tempo Zola, Maupassant e Flaubert che io non conosco. Per il suo carattere indolente, in molte cose esteriori della vita fece ciò che gli consigliavo io. Se ne venne via da Trieste, poi fece venire la famiglia a Firenze e cose simili. Ma l'amicizia fra i due subì un tremendo contraccolpo a causa delle drammatiche vicende in cui fu coinvolta Maria, sorella di Virgilio, che Fano sposa. Ebbero un figlio minorato mentale, Piero, che fu ucciso dalla madre, la quale si tolse a sua volta la vita. Fu una tragedia che scosse profondamente tutto Trieste. Sposa Anna Curiel, da cui ebbe un figlio di nome Guido. Durante il periodo della grande guerrafu irredentista, come molti dei suoi amici, Benco, Saba, Giotti, Schiffrer e altri. In seguito il suo atteggiamento fu molto simile a quello di Croce, e per analoghi motivi ideologici. Gli ideali egalitari non facevano presa su di lui e gli sembrava utopistico, e comunque non desiderabile, l’instaurare una società comunista. Anzi si oppose con decisione al socialismo massimalista e turbolento di allora, tanto da dimostrare, per un breve periodo, una certa comprensione per la reazione fascista. Ma, già prima di Croce, divenne un antifascista, che non perdeva alcuna occasione per manifestare apertamente le sue opinioni.  Si laurea in filosofia a Padova con “Dell’universo ovvero di me stesso: saggio di una filosofia solipsistica” pubblicata sulla Rivista d’Italia. Probabilmente non frequenta le lezioni universitarie a Padova, anche perché era già sposato e doveva pensare a mantenere la sua famiglia. Semmai la sua formazione si compì, oltre che a Vienna, a Firenze, dove aveva trascorso qualche anno prima della guerra e dove aveva frequentato l’ambiente de La Voce. Professore di filosofia presso vari licei di Trieste, Fano aspira tuttavia all’insegnamento universitario, a cui giunse dopo molte traversie causate da intralci posti dalle autorità. Il motivo di queste difficoltà si deve alla fama di antifascista che egli si procurò quando, commemorando il cugino Enrico Elia, volontario nella grande guerra e morto sul Podgora, tenne un discorso in cui traspariva, in maniera non molto velata, la convinzione che il sacrificio di tante vite per la libertà veniva rinnegato dal regime politico allora dominante. Questa sua presa di posizione gli costò alcuni giorni di carcere nella fortezza di Capodistria e la fama di antifascista si ripercosse sulla sua carriera universitaria. Attorno a quegli anni a Trieste si andavano diffondendo le idee della psicoanalisi di Weiss, discepolo di Freud. A Fano non piaceva questa teoria, affermando che si basava su supposte attività del pensiero immaginarie e non verificabili. Il concetto di inconscio non posse venir accettato da chi come lui basava tutto sull' ‘auto-coscienza’. Studioso di Croce, che conosce, pubblicò vari articoli sulla filosofia crociana. Il saggio “La negazione della filosofia nell’idealismo” gli procurò l’attenzione di Radice, che gli offrì un posto di assistente a Roma. Da notare che nel suo primo saggio viene esposto organicamente il suo pensiero, Il sistema dialettico dello spirito. Dopo l'invasione tedesca trova rifugio a Rocca di Mezzo, in Abruzzo. La tranquilla sicurezza, la noncuranza dei pericoli non gli vennero mai meno, né per il rischio di venir scoperti dai tedeschi (lui e la moglie avevano falsificato le carte d’identità), né per i bombardamenti alleati. I tedeschi lo usarono spesso come interprete e poiché la sua casa stava proprio sulla strada maestra, spesso la cucina era piena di soldati che avevano bisogno di qualcosa. Lì, in quella cucina mal riscaldata, incurante dei rischi immediati, lavora forse più di quanto non avesse mai fatto in precedenza e portò a termine l'opera: La filosofia del Croce. Saggi di critica e primi lineamenti di un sistema dialettico dello spirito. Finita la guerra ritrovò il suo posto a Roma. Nel saggio sul Croce aveva rivendicato l'importanza delle scienze empiriche, che nella filosofia crociana non avevano dignità conoscitiva. In Teosofia orientale e filosofia greca  troviamo una descrizione dello sviluppo storico del pensiero umano, in cui tra l'altro viene rivendicata l'importanza della matematica, mentre Croce sostene che la matematica è uno pseudo-concetto. Inoltre cura la traduzione integrale dei Prolegomena ad ogni futura metafisica di Kant. Infine le sue ricerche lo portarono ad esaminare il problema dell'origine della lingua, su cui espresse il suo pensiero nel Saggio sulle origini del linguaggio, poi riedito accresciuto a cura di Guido Fano.  Altre opere: “Il sistema dialettico dello spirito” *Roma, Servizi editoriali del GUF/); “La filosofia del Croce. Saggi di critica e primi lineamenti di un sistema dialettico dello spirito” (Milano, Istituto editoriale italiano); “Teosofia orientale e filosofia greca. Preliminari ad ogni storiografia filosofica” (Firenze, La nuova Italia); “Saggio sulle origini del linguaggio. Con una storia critica delle dottrine glottogoniche” (Torino, Einaudi); “Origini e natura del linguaggio” (Torino, Einaudi); “Neo-positivismo, analisi del linguaggio e cibernetica” (Torino, Einaudi);  “Prolegomeni ad ogni futura metafisica” (Firenze, G. C. Sansoni). Ettore Cantoni, Quasi una fantasia: romanzo, Milano, Treves, Cantóni, Ettore, su treccani.  Giorgio Voghera su Il Piccolo. Viene venduta a Giorgio Fano e Umberto Poli, il poeta Umberto Saba, che ne diventa proprietario unico. Dice che una teoria può essere accettata solo se si prospettano anche delle ipotesi — che poi appariranno assurde e non si verificheranno concretamente — nelle quali essa dovrebbe venir respinta. La psicanalisi, invece, si mette accuratamente al coperto da ogni prova contraria. L'estetica nel sistema di B. Croce, L'Anima, da filosofia di B. Croce, Giornale critico della filosofia italiana, Un episodio illustra bene sia l’importanza che egli annetteva al suo lavoro, sia il suo coraggio. Una mattina, scendendo in cucina, che e diventata il suo studio, la trova invasa da soldati tedeschi che cercano acqua ed altro. Con l’abituale tono tranquillo, dimenticando con chi aveva a che fare, lui l’ebreo, col suo viso di profeta, addita ai soldati della Wehrmacht la porta. Prego, dice in tedesco se lor signori avessero la compiacenza di andare da un’altra parte. Io ho da lavorare. Senza fiatare, i soldati infilano la porta ed egli si rimise tranquillamente al suo tavolo di lavoro per battagliare con Croce, dimentico che la più superficiale inchiesta e sufficiente a convogliarlo assieme alla sua famiglia verso i campi di sterminio. L'ottimismo di Fano e il pessimismo di Voghera. Brani da lettere e testi, Milano, Mimesis, Silvano Lantier, La filosofia del linguaggio (Trieste, Riva); Silvano Lantier, “Vico e Fano: motivi di un'affinità ideale, Udine, Del Bianco); Dizionario biografico degli italiani, Roma. Giorgio Fano. Fano. Keywords: Fano insists that the semiogonia, i. e. the origin of meaningful gestures will provide a clue as to the essence of the semiotic communication. He relies on Morris, Ferruccio Landi, Peirce, and Croce. He is interested in Croce’s views on ‘expression’ and Landi’s views on ‘lavoro.’ Fano is critical of Peirce. This is going on at the same time as Grice is giving seminars on Peirce at Oxford. Grice: “I agree with Fano that ontogenesis repeats phylogenesis, and that we should concentrate on utterances which are meaningful generally – ‘signare’ is a good verb in Italian for that.’ Grice: “In my view, it is the agent who signs that… ‘signa che’ – signat quod. The ‘-ficare’ only complicates things. A dark cloud ‘signa’ rain. And, by my hand gesture, I sign that going out is not a good day in view of the coming rain. Keywords: glossogonia, glottogonia, teoria glottogonica, dottrina glottogonica, teoria glossogonica, dottrina glossogonica, semiotics of the tongue, Croce. La glossoRefs.: Luigi Speranza, “Grice e Fano” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51689659858/in/photolist-2mR7Xaf-2mPF8UJ-2mKAuZM-2mKbkhx-2mKD233

 

Grice e Fardella – filosofia italiana – Luigi Speranza (Trapani). Filosofo. Grice: “I like Fardella; for one, he is a systematic philosopher; for another, he compares Aristotle (‘demonstratio peripatetica’) with Cartesio, as the Italians call him (‘demonstratio cartesiana’) – And while Italians consider him a reactionary Cartesian, I deem  him a closet Aristotelian!”. Studia a Messina sotto Borelli, dal quale accetta l’atomismo di Lucrezio, ma abbracciò il pensiero di Cartesio, dopo averne appreso gli insegnamenti durante il suo soggiorno a Parigi, grazie alle conversazioni con Arnauld, Malebranche e Lamy.  Insegna matematica a Roma, Modena, e Padova. Tenne corrispondenza con Leibniz e polemizza con Giorgi attacca il cartesianesimo. Il suo razionalismo, per quanto riconosca che solo Cartesio trova, fra gli antichi e i moderni, il retto e naturale metodo di filosofare, è tuttavia relativo, adeguato com'è al platonismo. Il mondo è organizzato secondo principi d’aritmetica e geometria. Ogni cosa ha peso, numero e misura, ossia secondo le leggi statiche, aritmetiche e geometriche. Mediante l’aritmetica e la geomtria si comprende il mondo e si comprende così la logica.  Nel punto, che non ha peso, non ha grandezza, non è divisibile, è tuttavia l'origine di ogni estensione. Nel punto, come il numero nell'unità, si risolve l'estensione. L'anima, che non ha estensione (non e ‘res extensa’), è un punto. Non è possibile dimostrare l'esistenza indipendente della realtà materiale. La stessa esperienza ci insegna che spesso nel sogno percepiamo oggetti che veramente non possiamo ammettere realmente esistenti. Quante volte, la notte, mentre dormo, vedo splendere il sole sopra l'orizzonte e vedo muoversi in vari modi moltissime cose prodigiose, che non sono niente extra ideam? Dunque, quel che sento e *vedo* non può in nessun modo essere dedotto come realmente esistente. E se si obbietta che una cosa è sognare, altra cosa è la veglia, per lui le cose che percepiamo nella veglia potrebbe anche essere soltanto cose percepite con maggiore chiarezza, distinzione e ordine, benché non siano niente in sé. I sensi non danno certezza del mondo, la quale può ritrovarsi soltanto in la legge dell’aritmetica e della geometria.  Altre opere: “Universae philosophiae systema, in qua nova quadam et extricata Methodo, Naturalis scientiae et Moralis fundamenta explanantur (Venezia); “Universae usualis mathematicae theoria” (Venezia); “Utraque dialectica rationalis et mathemathica”; “Animae humanae natura ab Augustino detecta in libris de Animae Quantitate, decimo de Trinitate, et de Animae Immortalitate” (Venezia); Pensieri (Napoli); “Lettera antiscolastica” (Napoli). Recensito immediatamente dopo la pubblicazione del primo e unico volume sulla rivista scientifica Acta Eruditorum Universae Philosophae Systema, Descartes e l'eredità cartesiana in Italia” Dizionario biografico degli italiani. Fardella elaborated a Cartesian philosophy of language, pretty much avant Chomsky, but using the same sources: Arnauld. While Chomsky focuses on Harris and others, he could at least have dropped the “Fardella” name! Grice: “He possibly did have some Italian friends in the Bronx!” -- Michelangelo Fardella. Fardella. Keywords: metafisica, ontologia, razionalismo, aritmetica, geometria, solipsismo, percezione, vedere – sentire – atomismo di lucrezio, sensismo di Giorgi – Cartesio is actually borrowing it all from Platone’s Timeo – for whom the world is also only interpretable ‘more geometrico’. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fardella” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51690424692/in/photolist-2mKEbWv-2mKGWoQ

 

Grice e Fasso – RES PVBLICA RES POPVLI – filosofia italiana – Luigi Speranza (Bologna). Filosofo. Grice: “I like Fassò; for one, he was, like my friend H. L. A. Hart, a philosophical lawyer! But unlike Hart, Fassò, being a Roman, knew what he was talking about!” “My favourite is his explication of Bruto’s reaction when being brought the corpses of his two sons!” Fassò, mi viene a conforto col suo ottimo lavoro, che dà una diligentissima ed acuta interpretazione ed esposizione del corso non già logico ma storico, o per meglio dire, psicologico della formazione della Scienza nuova; esposizione che è utile possedere e che si segue con curiosità. Con pari bravura è condotta la ricerca di quel che Vico attinse o credette di attingere ai quattro suoi autori. Croce, Illusione degli autori sui “loro” autori,). Figlio di Ernesto, generale dell'esercito, e Caterina Barbieri, discendente dalle famiglie Barbieri (il di lei nonno era Lodovico Barbieri) e Dallolio (Maria Sofia, moglie di Lodovico, era sorella di Alberto e Alfredo Dallolio), trascorre i suoi primi anni, fino all'adolescenza, fra il Piemonte (Mondovì), l'Emilia-Romagna (Parma) e la Lombardia (Mantova). Temperamento religioso, ereditato dall'educazione famigliare e dalla frequentazione con un anziano sacerdote, si caratterizza sempre per il rigore negli studi (perciò Mazzetti, suo compagno di gioventù, poté definirlo schivo degli incontri e quasi della società, teso in un impegno di chiarezza mentale, di serietà e finezza di sentire. Conseguita la maturità classica al Virgilio di Mantova, si laurea a Bologna, sotto Borsi con “L'elemento demografico nelle provvidenze assistenziali a favore dei lavoratori: la legislazione del lavoro”. Dopo aver rinunciato ad impiegarsi come funzionario nell'Unione industriale, ottiene anche la laurea in Filosofia, sotto Saitta, con “Vico e Michelet”. Confiderà poi al suo allievo, Enrico Pattaro, che la scelta della filosofia, lungi dall'essere redditizia, è un matrimonio con «madonna povertà», cui egli, tuttavia, non volle sottrarsi, non essendo versato, come rivelò a Fausto Nicolini, nella «professione forense». Svolse, quindi, l'attività di docente di storia e filosofia, inizialmente come supplente al "Galvani" di Bologna, poi a Forlì e, infine, al Liceo scientifico "Augusto Righi" di Bologna. Il suo saggio, dedicato a Il Vico nel pensiero del suo primo traduttore francese, che, però, a causa dell'indisponibilità degli editori, sarebbe stato pubblicato, grazie all'intervento di Giuseppe Saittacome memoria dell'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna. Vicino al Partito Liberale Italiano, a guerra conclusa accetta di candidarsi, per il medesimo partito, alle elezioni comunali bolognesi.  Divenuto assistente volontario di Filosofia del diritto nell'Ateneo felsineo, fu convinto da Felice Battaglia a concorrere per la libera docenza, che ottenne nel 1949. Nel medesimo anno, all'Parma, gli viene quindi assegnato l'incarico in Filosofia del diritto. Aggiudicatosi l'ordinariato, si trasferì successivamente a Bologna , dove insegnò filosofia giuridica, presso la Facoltà di Giurisprudenza, e Storia delle dottrine politiche, nella Facoltà di Lettere e Filosofia.  Si occupò di studi vichiani (della cui validità scientifica è testimonianza una epistola di Gioele Solari del 17 maggio 1949, in cui si apprende che «l'interpretazione giuridica della Scienza nuova proposta da Fassò supera la visione Croce-Nicolini», ponendosi al livello qualitativo di quelle del Fubini e del Donati) e groziani, della cura e traduzione dei Prolegomeni al diritto della guerra e della pace di Grozio e scrisse Vico e Grozio, nonché, la Storia della filosofia del diritto in tre volumi, giudicata da Bobbio come la «storia della filosofia del diritto più completa» esistente «sulla faccia della terra».  Oltre Croce, Fassò criticò anche Gentile, autore di una «concezione speculativa indubbiamente grandiosa», che si risolveva, però, in «vana retorica», negante, entro la dialettica dello spirito, la realtà del fenomeno giuridico. Fra le altre opere, La democrazia in Grecia; Il diritto naturale; dello stesso anno è La legge della ragione, considerata una «tra le opere migliori di filosofia del diritto uscite in Italia» al tempo, e consistente in una «appassionata rivalutazione» del diritto naturale; Società, legge e ragione, apparso nell'anno della morte (i due ultimi volumi citati, tuttavia, ripropongono scritti precedenti). Le pubblicazioni in cui si esprime con più chiarezza l'ispirazione teoretica di Fassò sono, invece, La storia come esperienza giuridica  (in cui, ha commentato Bobbio, si dimostra che tutti i rapporti che l'uomo ha con gli altri uomini, contengono un germe di organizzazione, e quindi sono istituzioni giuridiche») e Cristianesimo e società, che susciterà un vivace dibattito nell'ambiente cattolico, incontrando financo il favore di Prezzolini. Il suo testament disponeva funerali semplici, «senza fiori e senza seguito di estranei». In un codicillo, inoltre, soggiungeva che, «se si trovassero miei scritti incompiuti, manoscritti o dattilografati, non si stampino, perché non possono essere stati riveduti come avrei ritenuto necessario», congiuntamente all'invito a non raccogliere «in volume opuscoli sparsi o "scritti minori", operazione che non dovrebbe mai esser fatta se non dall'autore». Alla memoria di Fassò, oltre che a quella di Augusto Gaudenzi, è intitolato il Centro Interdipartimentale di Ricerca in Storia del Diritto, Filosofia e Sociologia del Diritto e Informatica Giuridica a Bologna,. Benché Fassò abbia apprezzato il Romano sostenitore della concezione non normativistica del diritto, egli non poté tacerne il limite, consistente nell'assenza di una «definizione esauriente» dell'istituzione, dovuto alla volontà di Romano di tenersi «fuori dal campo della filosofia». Il più limpido storico del giusnaturalismo». Formatosi filosoficamente nella temperie culturale neoidealistica, Fassò se ne distaccò, rifiutandone soprattutto l'immanentismo, con La storia come esperienza giuridica, opera ispirata dalle suggestioni istituzionalistiche di Santi Romano (ma di questi deplorerà, nella successiva Storia della filosofia del diritto, il circolo vizioso, per cui una «istituzione è giuridica [solo] quando è giuridica» A Croce, che faceva coincidere storia e filosofia, Fassò replicava con l'identificazione di storia e giuridicità, estendendo il concetto di istituzione — contrariamente a quanto aveva fatto Romano, e risolvendone così il «circolo vizioso» — a «tutti gli aspetti della vita sociale, cioè della vita dell'uomo nella storia, che è sempre vita dell'uomo in società». L'elisione dell'identità fra realtà storica e razionalità filosofica non implica la rimozione dell'Assoluto, ma egli ne negava ogni possibilità conoscitiva, ricadendo la «concreta unità del reale» (sotto l'aspetto gnoseologico) nell'ambito del privo di senso, sebbene restasse attingibile in uno slancio mistico, descritto, in una pagina de La legge della ragione, come partecipazione dell'«uomo al Valore divino, ma solo quando si faccia anch'egli Dio per unirsi a lui, trascendendo la propria umanità, la propria soggettività empirica, storica». È importante tener fermo come Fassò, quantunque abbia legato l'Assoluto a uno slancio mistico, non si sia fatto teorico di un irrazionalismo misticheggiante, ma — giusta l'osservazione di Lombardi Vallauri — abbia formulato un «dittico» in cui si afferma, da un lato, la «sopragiuridicità dell'etica intesa come esperienza religiosa» e, dall'altro, «la funzione essenziale della ragione giuridica nel mondo». Proprio il riconoscimento della centralità della ragione giuridica nel governo della «concreta molteplicità del reale» costituì, per Fassò, un ulteriore motivo critico nei confronti dell'anti-gius-naturalismo crociano, da cui, dopo l'approfondimento della storia del giusnaturalismo, prese più convintamente le distanze. La concezione giusnaturalistica fassoiana, infatti, cerca di non cadere nell'errore proprio della tradizione precedente (errore che nella Storia della filosofia del diritto, non esitò a indicare quale «difetto capitale» della scuola del diritto naturale, consistente nell'«astrattismo e nel conseguente antistoricismo»), intendendo il diritto naturale quale «ordine che nasce dalla storia, e nel quale l'uomo non può non essere inserito proprio per la sua dimensione storica, che è la sua dimensione essenziale». Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola della cultura e dell'artenastrino per uniforme ordinariaMedaglia d'oro ai benemeriti della scuola della cultura e dell'arte. B. Croce, Illusione degli autori sui “loro” autori , su Quaderni della Critica, Laterza, Ora anche in Id., Indagini su Hegel e schiarimenti filosofici, A. Savorelli, Napoli, Bibliopolis, Cfr. E. Garin, Cronache di filosofia italiana, Bari, Laterza. La sua ricerca di Saitta, anche storica, sembra inscindibile da una polemica e da una protesta. Polemica e protesta che attraversano ugualmente l'attività così del Calogero come dello Spirito, annoverati talora col Saitta fra gli esponenti della "sinistra" gentiliana, e come lui accusati a volte, e non certo benevolmente, di crocianesimo».  E. Pattaro, Sull'Assoluto. Contributo allo studio del pensiero di Guido Fassò. Fassò segue con particolare attenzione i corsi di Saitta, che gli suggerì di approfondire Michelet, che lo avrebbe condotto a Vico.  Scheda senatore Dallolio Alberto, su Scheda senator Dallolio Alfredo, su senato. Le parole di Mazzetti sono riportate in Faralli, Il maestro e lo studioso, in Rivista di filosofia del diritto, Bologna, Il Mulino, Elenco dei laureati e diplomati nell'Anno Scolastico, in Annuario dell'Anno Accademico, Bologna, Società Tipografica già Compositori,Elenco dei laureati e diplomati nell'Anno Scolastico, in Annuario dell'Anno Accademico. Bologna, Tipografia Compositori, E. Pattaro, Alcuni ricordi personali e cenni sulla gnoseologia, ontologia e concezione della filosofia di Fassò, in Rivista di filosofia del diritto, Bologna, Il Mulino. “Mi disse che ci sarebbe stato un concorso per assistente ordinario alla cattedra e mi chiese se fossi interessato a partecipare. Ma mi prevenne con due avvertimenti sui quali avrei dovuto meditare prima di dargli una risposta. Essi sono: "chi fa filosofia del diritto in una facoltà di Giurisprudenza sposa madonna povertà e nell'università occorre sapere ingoiare amaro e sputare dolce perché l'intelligenza degli accademici è di regola superiore a quella dei comuni mortali, e ciò implica che essi siano capaci di cattiverie più raffinate e perfide di quelle di cui sono capaci i comuni mortali. La citazione è tratta dal carteggio Fassò-Nicolini, richiamato da E. Pattaro, nel suo Sull'Assoluto. Contributo allo studio del pensiero di Guido Fassò, premesso. In altre lettere allo stesso Nicolini, scrive di non sentire nessuna vocazione per la professione forense. Curriculum vitae di Andrea Fassò, Consiglio Nazionale del Notariato.. Gli studi vichiani di Guido Fassò , in Bollettino del Centro Studi Vichiani,  5, Napoli, Guida, Ha ultimato Il Vico nel pensiero del suo primo traduttore francese nel ma causa la difficoltà di trovare un editore — non gli fu possibile pubblicarlo allora: soltanto poté presentarlo all'Accademia delle scienze di Bologna per il tramite di Giuseppe Saitta. E. Pattaro, Sull'Assoluto. Contributo allo studio del pensiero dFassò, in G. Fassò, Scritti di filosofia del diritto,  E. Pattaro, C. Faralli, G. Zucchini,  1, Milano, Giuffrè.  Dopo i disagi della guerra, aveva ripreso le proprie ricerche incoraggiato da Felice Battaglia, che lo convinse ad affrontare l'esame di libera docenza in filosofia del diritto. Conseguita la libera docenza in filosofia del diritto, nello stesso anno Fassò ebbe il suo primo incarico in questa materia, all'Parma. Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, F. Battaglia, Guido Fassò: in memoria, in Rivista internazionale di filosofia del diritto [giunse] alla libera docenza, e nello stesso anno lo abilitarono a tenere l'incarico della filosofia del diritto nella Parma, ove divenne professore della materia. Passa all'Bologna, dove rimase titolare della disciplina, tenuta con alto prestigio e qualificata dignità fino alla morte che ne chiuse la laboriosa giornata».  Enrico Pattaro, Gli studi vichiani di Guido Fassò, in Bollettino del Centro Studi Vichiani, Napoli, Guida. Tra le carte personali di Guido Fassò ho trovato una cartolina postale, vergata fitta fitta da Gioele Solari. In essa, tra le altre cose, è scritto: ‘Da tempo ero convinto della verità della interpretazione giuridica della Scienza Nuova: ma Lei ne ha dato ampia, profonda, persuasiva dimostrazione. La cautela con cui è sostenuta è frutto della Sua modestia, e della Sua serietà di studioso. Il suo saggio sui quattro autori può stare a paro cogli scritti vichiani del Donati e del Fubini e supera la visione Croce-Nicolini che sul punto della genesi giuridica della scienza nuova stanno ancora sulle generali. Finalmente esiste in Italia (dico in Italia, ma potrei dire sulla faccia della terra) una storia della filosofia del diritto, non angustamente scolastica, non puramente nozionistica e per di più complete. Così Bobbio saluta la Storia della filosofia del diritto. In tutta la filosofia del Gentile si ha una concezione speculativa indubbiamente grandiosa, ma che si risolve in vana retorica, negante l'esperienza della realtà effettuale. Non è tuttavia dalla negazione della molteplicità dei soggetti che discende la negazione della realtà del diritto nella filosofia gentiliana. Come in quella del Croce, essa è compiuta in relazione alla dialettica dello spirito, cioè del soggetto assoluto. È importante, infine, sottolineare il valore di impegno civile che il filosofo bolognese riconosceva al testo e che ad esso venne riconosciuto dalla traduzione greca. Thessalonike, Poseidonas], all'epoca della dittatura militare in Grecia».  Bobbio, Giusnaturalismo e positivismo giuridico, prefazione di Luigi Ferrajoli, Roma-Bari, Laterza,  Norberto Bobbio, La filosofia del diritto in Italia , in Jus, Milano,  Faralli, I momenti della riflessione critica su Guido Fassò, Prezzolini chiosa Cristianesimo e società sia in un articolo su Il resto del carlino sia nel libro Cristo e/o Machiavelli. Conservo la prima edizione di Cristianesimo e società, egli scrive. La volli come compagna perché dovevo moltissimo a quel libro, cioè non dirò l'apertura, ma la conferma dotta, serena, eppure appassionata di un punto di vista importante. Prezzolini ritiene di aver trovato in Fassò, argomentate con un'alta filologia, sempre al corrente della produzione critica e accompagnata dalla conoscenza dei testi filosofici, quelle stesse idee che anch'egli aveva manifestato ‘lanciate piuttosto da un intuito che da un sapere storico Annuario, Bologna, Tipografia Compositori, E. Pattaro, Ricordo, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, Centro Interdipartimentale di Ricerca in Storia del Diritto, Filosofia e Sociologia del Diritto e Informatica Giuridica, sStoria della filosofia del diritto, edizione aggiornata C. Faralli,  Roma-Bari, Laterza. Romano si tiene deliberatamente fuori dal campo della filosofia, non sfruttando neppure quegli indirizzi di essa, primo fra tutti quello del Croce, che potevano valere a suffragar la sua tesi. Questa è sostenuta unicamente sul terreno della considerazione empirica del diritto, e non vuole avere né premesse né conclusioni che stiano al di fuori o al di sopra di essa.Neppure il Romano dà del concetto di istituzione una definizione esauriente».  G. Marini, Il giusnaturalismo nella cultura filosofica italiana del Novecento, in Storicità del diritto e dignità dell'uomo, Napoli, Morano, Cfr. N. Matteucci, recensione a G. Fassò, Cristianesimo e società, Giuffrè, Milano, in Il Mulino,  «L'esigenza filosofica fondamentale che si palesa nei lavori del Fassò è quella di uscire dallo storicismo immanentistico dei Croce e dei Gentile che vedeva nella storia la manifestazione di un principio assoluto (lo Spirito, l'Atto. Cfr. E. Pattaro, In che senso la storia è esperienza giuridica: l'istituzionalismo trascendentale, in appendice a G. Fassò, La storia come esperienza giuridica, C. Faralli, Soveria Mannelli, Rubbettino. L'esperienza che Fassò aveva avuto della filosofia idealistica egemone in Italia nella prima metà del secolo, la quale all'interno dei suoi precedenti studi vichiani, condotti in chiave di storia della filosofia, non necessariamente costituiva un'ipoteca con cui dover fare conti precisi, in sede teoretica, sia pure di filosofia del diritto, venne chiamata ad un inevitabile redde rationem. G. Fassò, Storia della filosofia del diritto, edizione aggiornata C. Faralli, Roma-Bari, Laterza, Il giudizio, tuttavia, è già presente in G. Fassò, La storia come esperienza giuridica. È proprio questo, del resto, il punto debole della dottrina del Romano, che fu subito rilevato dai suoi critici: il circolo vizioso in cui egli si aggira, presupponendo la giuridicità di quella istituzione che poi identifica con il diritto. In altre parole, il Romano afferma che sono istituzione, ossia ordinamento giuridico, ossia diritto, quegli enti o corpi sociali che hanno carattere giuridico. B. Croce, Logica come scienza del concetto puro, C. Farnetti, con una nota al testo di G. Sasso, Napoli, Bibliopolis, B. Croce, La storia come pensiero e come azione, M. Conforti, con una nota al testo di G. Sasso, Napoli, Bibliopolis, «Si può dire che, con la critica storica della filosofia trascendente, la filosofia stessa, nella sua autonomia, sia morta, perché la sua pretesa di autonomia era fondata appunto nel carattere suo di metafisica. Quella che ne ha preso il luogo, non è più filosofia, ma storia, o, che viene a dire il medesimo, filosofia in quanto storia e storia in quanto filosofia: la filosofia-storia, che ha per suo principio l'identità di universale ed individuale, d'intelletto e intuizione, e dichiara arbitrario o illegittimo ogni distacco dei due elementi, i quali realmente sono un solo. La storia come esperienza giuridica. L'esperienza giuridica non è altro che l'esperienza umana nella sua totalità, la storia stessa insomma dell'uomo. In che senso la storia è esperienza giuridica: l'istituzionalismo trascendentale di Guido Fassò, «La concreta unità del reale, l'universale concreto, è un residuato della grandiosa retorica metafisica idealistica. Fassò, con l'onore delle armi, lo colloca nella dimensione che gli compete, ossia dell'inconoscibile, indicibile, incomunicabile per definizione: dell'indiscutibile che è tale non perché sia vero o certo di là da ogni ragionevole dubbio, bensì perché non è possibile oggetto di discorso, non è suscettibile di ragionamento, sfugge ad ogni comprensione e spiegazione razionale. Lo colloca nella dimensione del privo di senso. Enrico Pattaro, In che senso la storia è esperienza giuridica: l'istituzionalismo trascendentale. Resti chiaro, peraltro, che Fassò rinvia sì al piano mistico l'unità del reale, l'assoluto, l'universale concreto, ecc., ma che, non per questo, egli professa una filosofia mistica intuizionistica. Il giudizio di Lombardi Vallauri è espresso nel suo Amicizia, carità, diritto, Giuffrè, Milano. Considerata nel suo arco complessivo, forma un dittico, che da un lato ribadisce rigorosamente la sopragiuridicità della esperienza cristiana giunta al suo culmine (identificato nella carità), e dall'altro lato riconosce la funzione preziosa della ragione giuridica ‘nel mondo, dove ogni individuo limita e contraddice l'altro e dove una norma di coesistenza è indispensabile’») e accolto in Guido Fassò, Società, legge e ragione, Milano, Edizioni di Comunità, Enrico Pattaro, In che senso la storia è esperienza giuridica: l'istituzionalismo trascendentale di Guido Fassò, La concreta molteplicità del reale, il flusso eracliteo dei particolari concrerti, l'eterogeneo continuum di cui parla richiamando Ross, è la realtà empirica, fenomenica: molteplicità infinita di eventi originali e irripetibili, non essendovi nello spazio, e più ancora nel tempo, due fenomeni perfettamente identici. Sulla posizione crociana rispetto al giusnaturalismo cfr., per esempio, Croce, Filosofia della pratica. Economica ed etica, M. Tarantino, con una nota al testo di G. Sasso, Napoli, Bibliopolis. Contraddittorio è altresì il concetto di un codice eterno, di una legislazione-limite o modello, di un diritto universale, razionale o naturale, o come altro lo si è venuto variamente intitolando. Il diritto naturale, la legislazione universale, il codice eterno, che pretende fissare il transeunte, urta contro il principio della mutevolezza delle leggi, che è conseguenza necessaria del carattere contingente e storico del loro contenuto. Se al diritto naturale si lasciasse fare quel che esso annunzia, se Dio permettesse che gli affari della Realtà fossero amministrati secondo le astratte idee degli scrittori e dei professori, si vedrebbe, con la formazione e applicazione del Codice eterno, arrestarsi di colpo lo svolgimento, concludersi la Storia, morire la vita, disfarsi la realtà. Sulla presa esplicita di distanza di Fassò da Croce, cfr. Società, legge e ragione. Ho continuato a ripetere la stessa cosa. Il diritto nasce dalla natura umana, la quale è natura storica e natura sociale. Ho rifiutato dapprima, sotto la suggestione dell'anti-gius-naturalismo del tempo in cui ero cresciuto, di chiamare naturale un siffatto diritto. Più tardi, dopo avere approfondito la conoscenza storica del gius-naturalismo ed essermi meglio chiarito la parte che esso ha avuto nella difesa della libertà contro l'assolutismo politico, mi sono deciso a designare con quell'aggettivo in realtà equivoco il diritto che la ragione trova nella natura della società. Laddove, invece, si è riscontrata coincidenza cronologica, si è preferito seguire l'ordine alfabetico. Altre opere: “I quattro auttori del Vico: saggio sulla genesi della Scienza nuova” (Milano, Giuffre); “La storia come esperienza giuridica, Carla Faralli, Soveria Mannelli, Rubbettino); “Cristianesimo e società” (Milano, Giuffrè); “La democrazia in Grecia, Carla Faralli, Enrico Pattaro e Giampaolo Zucchini (Milano, Giuffrè); “Il diritto naturale” (Torino, ERI, “La legge della ragione, Carla Faralli, Enrico Pattaro e Giampaolo Zucchini (Milano, Giuffrè); “Storia della filosofia del diritto, Roma-Bari, Laterza); “Vico e Grozio” (Napoli, Guida);  “Società, legge e ragione” (Milano, Edizioni di Comunità); “Scritti di filosofia del diritto” (Milano, Giuffrè); Diritto della guerra” (Napoli, Morano). Dizionario biografico degli italiani,.Gli studi vichiani di Guido Fassò, Centro Studi Vichiani,  5, Napoli, Guida),“Sull'Assoluto. Contributo allo studio del pensiero di Guido Fassò” , “In che senso la storia è esperienza giuridica: l'istituzionalismo trascendentale di Guido Fassò”, “Lo storicismo di Guido Fassò”, “Sulla annosa e ricorrente disputa tra positivisti e giusnaturalisti”, “Un itinerario filosofico tra diritto e natura umana”. Guido Fassò. Fasso. Keywords: RES PVBLICA RES POPVLI, ius, Grice on Hart, Hart’s failure as a jurisprudentialist – “La filosofia romana” “La giurisprudenza romana” la genesi logica della scienza nuova di Vico, la genesi storica della scienza nova di vico, Michelet, filosofo uganotto discipolo di Vico, Croce su Fasso, Fasso su Gentile, Fasso su Romano – iurisprudenza, ius-naturalismo – legge e raggione, legge raggione, societa – positivismo – storia come esperienza giuridica, l’assoluto giuridico – natura umana – grozio e vico -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fassò” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51761863938/in/dateposted-public/

 

Grice e Fazzini – filosofia italiana – Luigi Speranza (Vieste). Filosofo. Grice: “I like Fazzini; he can be too theological, but that’s okay!”  Divulgatore di materie  filosofiche e il fondatore dell'omonima scuola private a Napoli, una delle più celebri nel Regno delle Due Sicilie. Figlio di Tommaso e Porzia Medina, che appartenevano a due delle famiglie più agiate della città. Il suo talento per la matematica fu notato fin dai primi anni; i genitori decisero quindi di far proseguire i suoi studi in ambienti che potessero garantire una formazione adeguata. Fazzini si trasferì a Foggia, poi a Benevento e in ultimo nel seminario di Nusco. Qui trascorse l'adolescenza approfondendo anche lo studio dei classici. Terminato il seminario, torna a Vieste. Lì, poco dopo il suo rientro, recita in Duomo un'orazione in lode dell'Arcangelo Michele che fu molto apprezzata dal clero e dai fedeli.  Il rientro nella città natale fu comunque di breve durata. Desiderando continuare i suoi studi, Fazzini si trasferì a Napoli. Venne ordinato sacerdote e nello stesso anno ebbe come insegnante Fergola. La scuola di quest'ultimo era un rinomato centro per la formazione e un punto di incontro per studiosi e ricercatori del Mezzogiorno. Ne fu uno degli allievi più illustri. Proseguì anche gli studi in filosofia. Si era avvicinato al sensismo (empirismo). Ottenne dalla Chiesa il permesso di acquisire testi proibiti sul sensismo, a patto che non ne divulgasse i contenuti. Questo aspetto della formazione filosofica influirà sulla sua docenza e sulla sua personalità, determinando una contraddizione che, secondo le testimonianze di allievi e amici, lo accompagnò per tutta la vita. Apre una scuola privata in cui venivano insegnate filosofia, matematica e fisica. La scuola aveva sede nella Strada nuova dei Pellegrini, nel quartiere di Montecalvario, e divenne uno dei centri di studio più rinomati di Napoli.  Nel periodo di maggior successo La Fazzini arrivò a contare tra i 300 e i 400 allievi. In una data non precisabile, dovette quindi spostare la scuola in una sede più grande, in via Magnacavallo, nello stesso quartiere. Anche dopo aver aperto la propria scuola, comunque, insegnò presso altre scuole private. Dedica all'insegnamento sei o sette ore al giorno. La maggior parte del tempo di insegnamento di Fazzini e dedicata alla matematica. Al servizio di questa attività Fazzini pubblica aritmetica, geometria piana e geometria solida. Oltre all'insegnamento della filosofia, si dedica alla ricerca e alla divulgazione. Al servizio di queste tre attività allestì anche un laboratorio scientifico, considerato all'epoca uno dei migliori di Napoli. Per Fazzini venne composta da Gaetano Donizetti una Messa da Requiem oggi perduta, mentre Basilio Puoti recitò un elogio di Fazzini, di cui era amico. Si occupa a lungo di ricerche scientifiche in vari campi della fisica. In particolare, studiò l'induzione elettromagnetica, il magnetismo in generale e la relazione tra luce e magnetismo. Non pubblica però quasi nulla a proposito di queste ricerche, che sono note soprattutto attraverso le testimonianze di Tellini e di Gaetano Fazzini.  Era convinto che diverse delle forze naturali allora note, e in particolare il calorico, la luce, l’elettricismo, il galvanismo e il magnetismo, fossero in realtà diverse manifestazioni di un'unica forza. Partendo da questa idea di base, studia soprattutto il magnetismo, e in particolare due fenomeni di induzione, oggi spiegati in base alla Legge di Faraday, che erano stati scoperti negli anni immediatamente precedenti:  il magnetismo di rotazione, scoperto da Arago -- il fenomeno per cui un ago magnetico posto sopra un disco di rame in rotazione inizia a sua volta a ruotare -- l'induzione tellurica, scoperta da Faraday: la generazione di una corrente elettrica indotta in un circuito che si muove attraverso il campo geo-magnetico Per quanto riguarda il magnetismo di rotazione, ripeté e approfondì le esperienze di Arago notando che la rotazione dell'ago magnetico si verificava anche quando al di sopra del disco di rame si sovrapponeva materiale isolante, mentre non si verifica se il disco di rame veniva sostituito da un disco di materiale isolante.  Per quanto riguarda l'induzione tellurica, ne identifica con maggiore chiarezza le modalità. Cerca poi di combinare lo studio di questo fenomeno con quello del magnetismo di rotazione, costruendo per questo tre diversi apparecchi. Una ricostruzione dettagliata del modo in cui gli apparecchi operano è fornita sulla base delle testimonianze lasciate da Cirelli e Gaetano Fazzini. Descrisse una delle sue esperienze sull'induzione tellurica in una lettera a Faraday.Questa lettera è l'unica descrizione lasciata da Fazzini in persona riguardo ai propri esperimenti. Eseguì inoltre esperimenti sul rapporto tra luce e magnetismo, proiettando raggi di luce su un ago magnetico. Le testimonianze rimaste, tutte indirette, non permettono però di ricostruire in modo sicuro le intenzioni di Fazzini e i risultati dei suoi esperimenti. Opere: “Elementi di geometria piana” (Napoli), “Geometria solida: la sfera e il cilindro (Napoli); Elementi di aritmetica (Napoli). Dizionario biografico degli italiani. Lorenzo Fazzini. Laurentis Maria Antonius. Fazzini. Keywords: la matematica di Pitagora, Platone, aritmetica, geometria, definizione di assioma, problema, lemma, numero, demonstrazione, ragione, postulato, ecc. Grice. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fazzini” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51689413478/in/photolist-2mLKeCe-2mKBKN7-BK4WFZ-BK3k3B

 

Feliceto search.

 

Grice e Ferdinando – filosofia italiana – Luigi Speranza (Mesagne). Filosofo. Grice: “I like Ferdinando; for one he describes himself as a ‘philosophus,’ which is good – second, he deals with ‘philosophia’ in terms of this or that ‘theorema,’ which is good, and third he follows Aristotle!” Definito dai suoi concittadini “Socrate Salentino”, studia grammatica, poetica, greco e latino sotto Riccio, intimo amico di Paolo e Aldo Manuzio. Si trasferì successivamente a Napoli dove studia filosofia. Si laurea in filosofia. Ebbe dieci figli. Tra le saggi principali del Ferdinando grande rilievo assumono i “Teoremi Filosofici”, dedicati alla sua amata città natale; Morso della tarantola, che testimonia l'importanza del tarantismo e della tradizione salentina nel suo pensiero; Centum Historie o Casi Medici, raccolta di cento casi clinici più peculiari analizzati dal medico nella sua vita professionale; infine Antiqua Messapographia, attenta e appassionata analisi della storia di Mesagne.  Dal punto di vista culturale, l'opera di riferimento per eccellenza del Ferdinando è fuor di dubbio Centum Historiae, dedicata a Giulia Farnese, Marchesa di Mesagne, di cui l'autore fu medico di fiducia, intimo amico e compagno di viaggio, come quello che li condusse a Roma dove Epifanio conobbe Cinzio Clemente, medico di Paolo V e fu contattato, per la sua fama, da noti scienziati e medici romani dell'epoca tra cui Marco Aurelio Severino, con cui ebbe una disputa riguardo al metodo migliore di operare l'incisione della salvatella, la vena presente sul dorso della mano che parte dalla base del mignolo e si connette con la vena ulnare.  Profondo conoscitore dei classici e seguace non solo delle teorie di Ippocrate di Kos e Galeno, ma anche di quelle formulate da Mercuriale, Eustachio, Falloppia e Fracastoro, attento alle tradizioni della sua terra, propose un nuovo metodo di insegnamento con lezioni al letto del malato, in una perfetta sinergia tra lo studio teorico e la sua applicazione clinica. Per la sua grande cultura e competenza fu richiesto non solo in tutta la provincia, ma anche a Bari, Napoli e Lecce. Noto fra i concittadini per la sua bontà d'animo, curava anche senza compenso somministrando farmaci costosi pure ai poveri. Nelle sue diagnosi si concentrava sull'importanza delle analisi del sangue valutandone consistenza, opacità, densità e colore e riteneva centrale per la terapia attenersi ad una adeguata dieta. Per curare i suoi pazienti si serviva non solo di salassi, purghe e clisteri, secondo la prassi ordinaria, ma preparava anche dei farmaci di origine vegetale ottenuti miscelando quantità variabili di erbe mediche a seconda della terapia. Nella sua vita si occupò anche di due casi di interesse neurologico e pediatrico, descritti nei particolari nelle Centum Historiae, e nutre anche uno spiccato interesse nei confronti del tarantismo e della musica come terapia “certissima”. Grazie alle sue opere, in cui l'impostazione medico-scientifica si compenetra con quella storica, grazie ad uno stile tendente al genere narrativo, ed ai contatti che mantenne con i medici napoletani, fu uno dei più importanti intermediari fra la cultura medica napoletana e quella di Terra d'Otranto. Studiosi, soprattuto Ferdinando, si sono interrogati sulla natura del tarantismo, o tarantolismo, dopo essere venuti a conoscenza delle cure previste dalla tradizione popolare per questo morbo, tra cui la più importante di tutte è senza dubbio la “musico-terapia”somministrata al malato da vere e proprie orchestre composte da violinisti, chitarristi e soprattutto tamburellisti a pagamento. Proprio il tamburello assume una funzione fondamentale in questo tipo di terapia poiché scandisce il tempo modificando via via il ritmo del brano che, divenuto frenetico, viene assecondato dai movimenti della danza del tarantato. La credenza vuole che il malato dopo essere stato morso dovesse espellere il veleno scatenandosi a ritmo di musica, ma non di una qualunque. Il tema musicale doveva essere scelto in base al colore della tarantola responsabile del morso. Il primo documento che testimonia il legame tra musica e taranta è il Sertum Papale de Venenis redatto, presumibilmente da Guglielmo di Marra da Padova, nel primo anno del pontificato di Urbano V. Il secondo a documentare per esperienza diretta questa connessione fu Ferdinando. Nelle sue Centum Historiae analizza, tra gli altri, il caso di un suo giovane concittadino, tale Pietro Simeone, pizzicato mentre dormiva di notte in un campo. Il medico credette fermamente nella musica come terapia “certissima” criticando chi sosteneva che il tarantismo non fosse necessariamente scatenato da un morso tanto reale quanto velenoso. Inoltre, fu il primo a proporre come metodo di cura per i tarantati morsi da tarantole le malinconiche (nenie funebri).  Kircher riferisce nel suo Magnes un episodio accaduto ad Andria, nel barese, talmente singolare da destare ragionevoli sospetti su quanto starebbe alla base di questa terapia. Come il veleno stimolato dalla musica spinge l'uomo alla danza mediante continua eccitazione dei muscoli, lo stesso fa con la tarantola; il che non avrei mai creduto se non l'avessi appreso per testimonianza dei Padri ricordati, che son degnissimi di fede. Essi infatti mi scrivono che in proposito fu tenuto un esperimento nel palazzo ducale di Andria, in presenza di uno dei nostri Padri, e d tutti i cortigiani. La duchessa infatti, per mostrare nel modo più adatto questo ammirabile prodigio della natura, ordina che si trovasse a bella posta una taranta, la si collocasse, librata su una piccola festuca, in un vasetto colmo d'acqua, e che fossero quindi chiamati i suonatori. In un primo momento la taranta non dette alcun segno di muoversi al suono della chitarra. Ma poi, allorché il suonatore dette inizio ad una musica proporzionata al suo umore, la bestiola non soltanto faceva le viste di eseguire una danza saltellando sulle zampe e agitando il corpo, ma addirittura danzava sul serio, rispettando il tempo. E se il suonatore cessa di suonare anche la bestiola sospendeva il ballo. I Padri vennero a sapere che ciò che in Andria ammirarono in quella circostanza come episodio straordinario, era a Taranto fato consueto. Infatti i suonatori di Taranto, i quali erano soliti curare con la musica questo morbo anche in qualità di pubblici funzionari retribuiti con regolari stipendi (e ciò per venire incontro ai più poveri, e sollevarli dalle spese), per accelerare la cura dei pazienti in modo più certo e più facile, sogliono chiedere ai colpiti il luogo dove la taranta li ha morsicati, e il suo colore. Dopo ciò i medici citaredi sogliono portarsi subito sul luogo indicato, dove in gran numero le diverse specie di tarante si adoperano a tessere le loro tele: e quivi tentano vari generi di armonie, a cui, cosa mirabile a dirsi, or queste or quelle saltano. E quando abbiano scorto saltare una taranta di quel colore indicata dal paziente, tengono per segno certissimo di aver trovato con ciò il modulo esattamente proporzionato all'umore velenoso del tarantato e adattissimo alla cura, eseguendo la quale essi dicono che ne deriva un sicuro effetto terapeutico. Altre opere: Theoremata philosophica (Venezia); “De vita proroganda seu iuventute conservanda et senectute retardanda” (Neapoli); “Centum Historiae seu Observationes et Casus medici” (Venezia); Aureus De Peste Libellus (Napoli); “Libellus de apibus”; “Tractatus de natura leporis”; “De coelo Messapiensi”; “De bonitate aquae cisternae”; “Libellus de morsu tarantolae.” Ernesto De Martino La terra del rimorso,Milano,Est, Magnes sive de arte magnetica opus tripartitum, Le notizie biografiche sono tratte da:  Mario Marti e Domenico Urgesi , Epifanio Ferdinando, medico e storico del Seicento. Atti del convegno di studi, Besa Editrice, Nardò, Altre fonti:  Atanasio Kircher, Magnes sive de arte magnetica opus tripartitum, Ernesto De Martino, La terra del rimorso, Est, Milano, M. Luisa Portulano Scoditti, A. Elio Distante, Roberto Alfonsetti, Enzo Poci. Edizione Assessorato alla Cultura Città di Mesagne, Mesagne, Nicola Caputo, De tarantulae anatome et morsu, Lecce, M. Luisa Portulano Scoditti e Amedeo Elio Distante, La peste, traduzione italiana del De peste aureus libellus, M. Luisa Portulano Scoditti e Amedeo Elio Distante, Epifanio Ferdinando Le centum historiae e la medicina del suo tempo, Città di MesagnM. Luisa Portulano Scoditti e Amedeo Elio Distante, Epifanio FerdinandoDe Vita Proroganda, Città di Mesagne, traduzione italiana del De Vita Proroganda seu juventute conservanda..., Napoli, M. Luisa Portulano Scoditti e Amedeo Elio Distante, , Atti del XLI Congresso Nazionale della Società Italiana Storia della Medicina, Mesagne, Epifanio Ferdinando. Ferdinando. Keywords: mito, taranta, tarantella, Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ferdinando” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51690423022/in/photolist-2mS22wB-2mRKf98-2mRFDHV-2mRjrN1-2mPMaQM-2mPsU62-2mPpmMv-2mNzeEc-2mN35cA-2mN8Hgb-2mMYDGZ-2mMLXtT-2mLQc9e-2mLGjg5-2mKR9ZM-2mKCdPg-2mKQqs3-2mKLP2r-2mKLYsa-2mKGVU3-2mKMqqn-2mKCQBD-2mKBsEN-2mPBcdN-2mKw3hq-2mKBwcu-2mKxnN1-2mKEJsY-2mKAuZM-2mKbkhx-2mKiNkD-2mJd7nN-2mJ4GHU-2mJ3q6x-2mHGgw3-F7umuM-Gz3rcP-Cntjci-o64NpB-nriWaK-nt38ne-no9vGL

 

Grice e Fergnani – il gesto e la passione – filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo. Grice: “I love Fergnani; especially his “Il gesto e la passione,” which I apply to them extravagant Victorian male-only interactions!” Si laurea a Milano sotto Banfi. Insegna a Crema e Bergamo, Milano. Saggi in “Il pensiero critico”, “Rivista di filosofia”, “aut aut”, “Rivista critica di storia della filosofia” e “Nuova corrente”.  Fu figura di spicco nell’esistenzialismo. Si dedica a Sartre, Marx, Merleau-Ponty, Bloch, Lukács, Althusser, Heidegger, Lévinas, Bergson. Altre opere: “Marx” (Padus, Cremona); “Un critico di se stesso”; “More geometrico” (TET, Torino, “Prassi di Gramsci” (Unicopli, Milano); “Materialismo” (il Saggiatore, Milano); “La dialettica dell’esistere” Feltrinelli, Milano);  L'essere e il nulla” (Il Saggiatore, Milano); “Da Heidegger a Sartre, Farina Editore, Milano, “Sartre sadico” (Farina Editore, Milano); “Esistire” (Farina Editore, Milano); Kierkegaard (Farina Editore, Milano); “Il gesto e la passione” Farina Editore, Milano, “Merleau-Ponty”, Farina Editore, Milano .  “L’Esistenzialismo” Farina Editore, Milano, “Sartre” (Farina Editore, Milano); “Jaspers, Farina Editore, Milano);  F. Manzoni, “Il filosofo che ci “spiega” Sartre”, Corriere della Sera.  La lezione di Franco Fergnani", in Materiali di Estetica,Massimo Recalcati, L'ora di lezione, Einaudi, Torino,  F. Papi. Franco Fergnani. Fergnani. Keywords: il gesto e la passione, exist, Grice on ‘a is’ Grice on ‘a exists’ – E-committal – Peano on ‘existent’ – esistono – es gibt, there is/there are, some, or at least one, il y a, c’e, Warnock on ‘exist’ -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fergnani” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51762395305/in/dateposted-public/

 

Grice e Ferrabino – la terza Roma – filosofia italiana – Luigi Speranza (Cuneo). Filosofo.  Grice: “I like Ferrabino; if I were not into the unity of philosophy, I would say he is a philosophical historian – and a Roman historian, too! Strictly, a philosopher of Roman history, alla Gibbon!”  “Si compie il mio ottantesimo anno. Declinano le stelle della sera sulla diuturna milizia di storia e di magistero che fu la mia vocazione, non tradita ma superata. Misticamente m'accoglie la dimora del Verbo dove l'Io s'incontra col suo Dio nascosto.” Figlio di Angelica Toesca, donna sensibile e generosa e di Vincenzo Agostino, funzionario dello Stato, uomo dalla natura affettuosa e sobria e di idee agnostiche, che per questo motivo non volle far battezzare i figli. Compì il primo ciclo di studi dimostrandosi subito allievo modello e con rare doti di intelligenza. Prosegue gli studi classici a Cremona, e quando la famiglia dovette nuovamente trasferirsi in Alessandria, terminato il Liceo, si iscrisse a Torino. Inizia a frequentare assiduamente l'ambiente universitario dedicandosi con il massimo impegno allo studio e dando lezioni private per non dover pesare troppo sulle finanze paterne. Il suo tutore fu Graf. Verso il terzo anno iniziò a seguire con crescente interesse la filosofia antica frequentando le lezioni di Sanctis, sotto il quale si laurea con “Kalypso”. Insegnò a a Torino, Palermo, Napoli, e Padova. Fu rettore dell'Ateneo fino al anno in cui ottenne la cattedra di filosofia romana presso a Roma. Morta la prima moglie Mercedes, Ferrabino concluse il suo periodo di avvicinamento alla religione cattolica facendosi battezzare. Sposa Paola Zancan, proveniente da agiata e cattolica famiglia, con la quale si stabilì a Roma. Inizia in quel periodo a frequentare "La Cittadella di Assisi" diventando grande amico di Rossi, fondatore di “Pro Civitate Christiana” e “La Rocca”. Ad Assisi, Ferrabino prese l'abitudine di trascorrere con la moglie e le nipoti lunghi periodi durante le vacanze estive alternate a quelle trascorse a Fregene. Venne eletto senatore per la Democrazia Cristiana e rimase al Senato. Divenne presidente della Enciclopedia Italiana, incarico che detenne, insieme a quello di direttore scientifico.  Era stato intanto incaricato di presiedere al Consiglio Superiore delle Accademie e promosse il Centro nazionale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche diventandone il presidente.  Divenne corrispondente dell'Accademia del Lincei e corrispondente nazionale della stessa e presidente dell'Istituto italiano per la storia antica.  Presidente della Società Nazionale "Dante Alighieri" e insieme a Vincenzo Cappelletti, fonda "Il Veltro".  Pubblica sull'Italia romana, l'età dei Cesari, la filosofia fatalistica della storia. Alter opere: “Calisso: la storia di un mito” (Bocca, Torino) – with a  section on the myth among the Latins, and a later section on the treatment by Roman authors, “Arato di Sicione e l'idea federale” (Le Monnier, Firenze); “L'impero ateniese” – note that it’s Roman empire and impero ateniense, but BRITISH empire not London empire, and American empire, rather than Washington empire – “La dissoluzione della libertà nella Grecia antica” (Cedam, Padova); “L'Italia romana” (Mondadori, Milano); “Giulio Cesare” (Unione Tipografica, Edizione Torinese); “La vocazione umana”  (Nuova Edizione Ivrea, Ivrea); “L'esperienza Cristiana” (Libreria Draghi, Padova); “Le speranze immortali” (Casa Editrice Società per Azioni, Padova); “Trilogia del Cristo” (Casa editrice Le tre venezie); “Adamo” (Morcelliana, Brescia); “Le vie della storia romana” (Sansoni, Firenze, “Rivelazione e cultura” (La Scuola, Brescia); “Storia dell'uomo avanti e dopo Cristo” (Edizioni Pro Civitate Christiana, Assisi); “L'essenza del Romanesimo” (Tumminelli, Roma); “L'inno del Simposio di S. Metodio Martire” (G. Giappichelli, Torino); “Storia di Roma” (Tumminelli, Roma); “La filosofia della storia” (G. C. Sansoni); “Trasfigurazioni” (Aldo Martello, Milano); “Pagine italiane,  Il Veltro, Roma); “Misticamente” (Stamperia Valdonega, Verona); “La bonifica benedettina” (Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Enciclopedia dell'Arte Antica: Classica e Orientale, (presidente), Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, Dizionario Enciclopedico Illustrato,  Jannaccone, Sturzo, Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma, Nel Centenario Della Battaglia Del Volturno, Ente Autonomo Volturno, Napoli. Prefazione in  Misticamente, Verona, L'Erma di Bretschneider, Il figlio dell'uomo (nella testimonianza di S. Matteo) II : Il figlio di Dio (nella testimonianza di S. Giovanni) III : Il risorto (nella testimonianza di S. Paolo), Lincei, Roma. Treccani, Dizionario biografico degli italiani. Aldo Ferrabino. Ferrabino. Keywords: la terza Roma. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ferrabino” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51715356447/in/photolist-2mPKHfm-2mMUHJF-2mMYNu3/

 

Grice e Ferrando – COROLIANO, ovvero, la filosofia – filosofia romana – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo. Grice: “I like Ferarndo; for one, he is what I would call an Anglo-Italian – cf. Anglo-Argentine; so he philosophised on Otello, Coroliano, la creazione di Carpenter and the forces of Prentice Mulford; on Byron’s Manfredi, and more beyond!” Si laurea a Pisa. Insegna a Firenze. Direttore della Biblioteca Filosofica. In qualità di filosofo s’interessa a Bergson, il misticismo, il transcendentalism (saggi per L’Annuario Filosofico), come filosofo anglista s'interessa a Shakespeare (“Otello”, “Corolliano”), e S. T. Coleridge, Carpenter (“La creazione”), Coleridge, Byron (“Manfredi”), “Le forze che dormono in noi” (Prichard). dando di alcuni di questi anche delle versioni. Fu inoltre studioso di psicologia e redattore della rivista Psiche. Collabora con Salvemini alla propaganda antifascista e firmò il Manifesto di Benedetto Croce. Espatriò a New York, dove continuò la sua attività antifascista, divenne professore d'italiano e filosofia presso il e sposa Wilhelmina Anieka Leggett, con cui adottò la figlia Vasanti. Contribuì più tardi a fondare la Besant Hill School di Ojai, California, praticandovi l'insegnamento more socratico. L’istruzione è un processo d'indagine dove gli studenti imparano *come* pensare, non *cosa* pensare".  RootsWeb's World Connect Project: LEGGETT of ELY, CAMBRIDGESHIRE, ENGLAND and WEST FARMS (BRONX), NEW YORK  Guido Ferrando appointed Chairman of italian dept. in «Vassar Miscellany News», Besanthill. Opere: Saggi, “La Voce” -- Guido Ferrando. Ferrando. Keywords: COROLIANO, ovvero, la filosofia. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ferrando” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51716947844/in/photolist-2mN4WQf-2mN4Wkh-2mN3SNy-2mPV6V9-2mKDSn5-2mKDQAF

 

Grice e Ferrari – FILOSOFIA della RIVOLVZIONE – filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo. Grice: “Ferrari is important in at least two fronts: as a philosopher, he promotes what has been called a ‘critical illuminism’ – and who but an Italian philosopher can have as a claim to fame a treatise on ‘the philosophy of revolution’? The second front is my proof of the latitudinal unity of philosophy; for Ferrari counts as the best interpreters, with his ‘La strana sorte di Vico,’ of Vico!” essential Italian philosopher. Federalista, repubblicano, di posizioni democratiche e socialiste, fu deputato della Sinistra nel Parlamento italiano per sei legislature e senatore del Regno. Nato da una famiglia borghese il padre era medico -- dopo la morte dei suoi genitori poté godere di una rendita grazie alla quale visse senza particolari problemi economici. Fece i suoi studî nel ginnasio S. Alessandro, fu poi alunno dell'Almo Collegio Borromeo. Si laurea a Pavia. Fu però più interessato dalla filosofia, che coltivò nel cerchio di Romagnosi.  Giunto a posizioni irreligiose e scettiche, nutre per la cultura filosofica, storica e politica francese un'ammirazione che lo porta a Parigi. Si laurea in filosofia alla Sorbona, con “Sull’errore, ossia, De religiosis Campanellae opinionibus. Nella prima parte presenta positivamente la filosofia di Campanella. Nella seconda parte giunge ad una conclusione scettica a proposito dei giudizî. Un giudizio infatti non consente di giungere alla verità oggettiva. Grice: “The problem with Ferrari’s analysis is etymological. For the Romans, indeed the Indo-Europeans – cf. German irren --, to err was to wander FROM THE TRUTH. It’s a metaphor, a figure of speech. Un giudizio è indissolubilmente intrecciato a questo che Ferrari chiama un “errore”. Ferrari define un ‘errore’ come ‘un vero’ – un vero relativo, non assoluto. Similarmente, il vero e un errore relativo – giudizio vero relativo al soggetto – errore intersoggetivo. --  una vero relativo. Speaking of relative/absolute allows you to avoid ‘objective’ and ‘subjective’, but we do want to use ‘subjective’ and inter-subjective. An error can still be inter-subjective, for Ferrari, un ‘vero relativo’ a S1-S2. Introdotto nei circoli intellettuali di Parigi da lettere di presentazione di Peyron e Valerio (due allievi piemontesi di Cattaneo) e di Ballanche, Ferrari frequenta Cousin, Thierry, Fauriel, Michelet e Quinet, come pure gli che si riunivano nel Palazzo Belgiojoso. Insegna a Rochefort-sur-mer e Strasburgo dove, attaccato da Roma per le affermazioni irreligiose e scettiche espresse nel suo corso sulla filosofia del Rinascimento e per la sua presentazione favorevole della Riforma luterana, fu anche accusato di insegnare dottrine atee e socialiste e sospeso dall'insegnamento, e, benché avesse ottenuto la cittazidanza francese e il titolo di "professore di filosofia” che lo abilita ad insegnare  non fu più reintegrato nell'insegnamento, poiché la raccomandazione di Quinet per una sua nomina a professor al Collège de France, benché accettata dalla Facoltà, fu rifiutata dal ministero dell'Educazione.  L'allontanamento di Strasburgo fu all'origine del suo rapporto con Proudhon che, avendo appreso il "caso Ferrari" dalla stampa, s'interessò a lui e ai suoi scritti e dette inizio ad un'amicizia. Ferrari fu tra gli avversari repubblicani della monarchia orleanista, con Schoelcher. Durante il sollevamento delle cinque giornate di Milano contro il governo austriaco fu accanto a Cattaneo ma, deluso dai risultati della rivoluzione, fece rientro in Francia, dove fece un altro tentativo infruttuoso (per l'opposizione di Cousin) di ottenere una cattedra a Strasburgo. Insegna filosofia a Bourges. Divenne il colpo di Stato che mise fine alla repubblica e porta al trono Napoleone III.Ricercato come repubblicano, si rifugia à Bruxelles. Ritorna definitivamente a Milano per partecipare alle vicende che porteranno all'unificazione e alla nascita dello stato italiano. Fu eletto deputato al Parlamento del Regno di Sardegna nel collegio di Luino (elezioni suppletive), confermato nelle elezioni (eletto in secondo scrutinio nello stesso collegio di Luino, nel frattempo allargato a Gavirate). Sedette ala Camera dei deputati sui banchi della sinistra per sei legislature. Fu pure eletto nel primo collegio di Como, ma si mantenne fedele ai suoi primi elettori. Il suo programma politico può essere riassunto nella formula: "irreligione e legge agraria", cioè lotta contro Roma e il clericalismo e riforma della proprietà terriera dei latifondi, con la distribuzione di terre coltivabili ai contadini. Roma e i proprietari terrieri, sostenendosi a vicenda sono i nemici naturali dell’uguaglianza.  Per quel che concerne la forma dello stato italiano, Fdomandava una costituzione federale, con un esercito, delle finanze e delle leggi federali comuni, ma anche con la più ampia de-centralizzazione amministrativa possibile.  Dopo essersi recato sul posto, scrisse una relazione parlamentare sul Massacro di Pontelandolfo e Casalduni. Fu nominato dal re Cavaliere Ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, e rimanda immediatamente il decreto di nomina al ministro della Pubblica Istruzione, che glielo aveva inviato. Ma la nomina era irrevocabile, essendo stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale.  Nominato professore di filosofia a Milano, benché non ci fosse a quel tempo nessuna indennità parlamentare e i parlamentari non godessero di nessun beneficio, rinuncia allo stipendio per poter rimanere in Parlamento pur continuando a insegnare. Prese posizione in sede di discussione sull'intitolazione degli atti del governo, contro la denominazione di secondo, e non primo re d'Italia, assunta da Vittorio Emanuele, a più riprese contro uno stato unitario, in favore di una costituzione federale e dell'autonomia delle regioni, in particolare del Mezzogiorno.  Nonostante riconoscesse nell'articolo che l'unità italiana non esiste che nelle regioni della filosofia. In una regione astratta come e la filosofia, non si trova un popolo, non si posse reclutare un esercito, non si può organizzare nessun governo. Esprime l'auspicio che l'Unità Italiana si potesse prima o poi realizzare. L’Italia tutta deve domandare alla libertà. La liberta non ha leggi, né costumi politici, essa non appartiene a se medesima; essa non è né una né confederata; essa non progredirà se non col cominciare a chiedere costituzioni, poi la confederazione, indi la guerra, da ultimo l’Unità, se la fatalità lo permette. Nel Parlamento di Torino sconfessa queste sue parole dicendo. “Io non muto d'avviso.” “Sono stato avversario dell'unità italiana.” “Credo l’unita tragica nell'azione sua, destinata a creare immemorabili martirii e crudelissimi disinganni, benché necessaria come gli scandali alla storia, come i sacrifizi e gli olocausti alle religioni.” Si è pure pronunciato contro la cessione di Nizza e della Savoia alla Francia, contro il trattato di commercio con la Francia e contro gli accordi con il governo francese per la ripartizione del debito già pontificio (lui, "francese al peggiorativo", come ama definirlo il suo irriducibile avversario, Mazzini), in difesa di Garibaldi per i fatti d'Aspromonte in favore della Polonia e dello spostamento della capitale da Torino a Firenze, prese parte attiva ai dibattiti parlamentari sulla proclamazione di Roma capitale, sul brigantaggio, sulla situazione finanziaria del nuovo regno. E fatto senatore.  Assolutamente solitario e totalmente estraneo ad ogni gruppo politico e ad ogni consorteria, non ebbe seguito. è una delle illustrazioni del parlamento, ma non esprime se non che le sue idee individuali. La sua azione parlamentare è stata così caratterizzata e riassunta. Sedeva suo banco della Sinistra difendendo le opinioni liberali, combattendo gli arbitri e gli errori dell'amministrazione, denunciando nel piemontesismo l'indebita preminenza di una consorteria, vagheggiando la demolizione di ogni privilegio romano, e per tutto questo poteva sembrare d'accordo con i suoi colleghi dell'Estrema, anche se talvolta si divertiva a pungerli e sgomentarli con l'indisciplinata libertà dei suoi atteggiamenti; ma intimamente non era con loro. Discorsi: Contro la cessione di Nizza e della Savoia alla Francia. Contro le annessioni incondizionate. Sulla interpellanza del deputato Audinot intorno alla questione romana. Interpellanza relativa alle condizioni delle province meridionali. Il battesimo del Regno. Contro il prestito di 500 milioni, La questione romana e le condizioni delle province meridionali. La ferrovia da Gallarate al Lago Maggiore. Sull'esercizio provvisorio (bilancio, Interpellanza sul proclama del Re (Aspromonte) Interpellanza sugli affari di Roma. Sulla questione della Polonia. Contro il trattato di commercio con la Francia. Intorno al bilancio dell'Interno. Sulla situazione del Tesoro e sulle condizioni finanziarie del Regno. Il trasporto della capitale. sul giuramento politico. sulle giornate di Torino, Interpellanza al Ministero sulla crisi del Ministero Ricasoli. Contro la convenzione col governo francese per l'assunzione del debito pubblico degli ex Stati pontifici. Contro le trattative con Roma e la nomina dei vescovi da parte del Papa. Sulla violazione del diritto del non intervento, Interpellanza su Mentana. Inchiesta sul corso forzoso. Per la guardia nazionale. Legge sul macinato. Sulla sospensione dei professori all'Bologna. Sulla Regia cointeressata dei tabacchi. Sull'assassinio di Monti e Tognetti. Sui disordini per la legge sul macinato. Inchiesta sulla Regia. Sul bilancio dell'Interno. Sul consiglio Superiore d'Istruzione. I fatti di Francia. Contro la convalidazione del decreto di accettazione del plebiscito di Roma. Interpellanza per la pubblicazione del Libro verde. Contro la politica estera. Sulla nomina dei vescovi. Interpellanza intorno al divieto del comizio popolare al Colosseo, Sulla politica estera. Sul ripristinamento dell'appannaggio al principe Amedeo. La soppressione degli ordini religiosi in Roma. Gli arresti di Villa Ruffi.Carriera universitaria, Professore supplente di storia all'Strasburgo. Professore onorario dell'Napoli. Professore di Filosofia della storia all'Accademia scientifico-letteraria di Milano, Professore di Filosofia all'Torino. Professore di Filosofia della storia all'Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento di Firenze. Direttore e fondatore della rivista L'Ateneo. Membro corrispondente dell'Istituto lombardo di scienze e lettere di Milano.Membro ordinario della Società reale di Napoli. Membro effettivo dell'Istituto lombardo di scienze e lettere di Milano. Membro straordinario del Consiglio superiore della pubblica istruzione. Membro ordinario del Consiglio superiore della pubblica istruzione. Socio corrispondente della Deputazione di storia patria per le antiche province modenesi. Socio nazionale dell'Accademia dei Lincei di Roma. Onorificenze Cavaliere dell'Ordine al Merito Civile di Savoianastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine al Merito Civile di Savoia, Ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaronastrino per uniforme ordinariaUfficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia nastrino per uniforme ordinaria Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia. Come tutti i socialisti italiani, Ferrari è fortemente influenzato dall'Illuminismo e da Proudhon. Il suo socialismo si costituisce come una radicalizzazione del principio di uguaglianza affermato dalla rivoluzione francese. Riconosce come unico fondamento della proprietà il lavoro. Propone quindi un socialismo che, non strettamente in opposizione al liberalismo, fosse fondato sul merito individuale e sul diritto di godere dei frutti del proprio lavoro. Più che con la nascente borghesia, si pone dunque in contrasto con i residui feudali ancora presenti in Italia, e auspica uno sviluppo industriale e una rivoluzione borghese.  Partecipa anche attivamente al dibattito risorgimentale. Contrario all'unificazione della penisola, propone come obiettivo la formazione di una “federazione” di repubbliche, in modo da tutelare le particolarità e l'unicità delle singole regioni. Questo progetto dove essere attuato attraverso un'insurrezione armata, aiutata dall'intervento francese. Al contrario della maggioranza dei teorici risorgimentali (in particolare Mazzini), i quali credevano che l'Italia avesse una missione storica, credeva abbastanza pragmaticamente che fosse necessario l'intervento di uno stato estero per sconfiggere gli eserciti organizzati dei diversi stati italiani.  L'opinione pubblica dove essere preparata alla rivoluzione (che dove avvenire spontaneamente e non guidata da un gruppo di cospiratori) da un partito di stampo democratico, repubblicano, federalista e socialista. La questione sociale era infatti inscindibile da quella istituzionale. Il stato federale dei republiche regionali sarebbe stato gestito da un'assemblea nazionale e da tante assemblee regionali.  Insieme a Pepe elaborò il “neo-guelfismo” -- per sottolineare il carattere re-azionario di restaurare la presenza attiva di Roma nella vita politica d’Italia. Critico verso la formula liberale Libera Chiesa in libero stato, e afferma la superiorità dello stato d’Italia rispetto alla Roma, corrispondente alla superiorità della ragione rispetto alla credenza religiosa, un rapporto Stato-Roma che si riallaccia alla politica ecclesiastica di Giuseppe II in Lombardia e a quella di Leopoldo I di Toscana.  Consta dai registri della Parrocchia di S. Satiro , che Giuseppe Michele Giovanni Francesco dei coniugi Giovanni e Rosalinda Ferrari nacque. Cenno su Giuseppe Ferrari e le sue dottrine", di Luigi Ferri. Altre opere: “Romagnosi” (O. Campa, Milano); “Sulle opinioni religiose di Campanella” (Milano, Franco Angeli); "La fede in Dio è l'ERRORE più primitivo, più NATURALE del genere umano.” “La religione è la pratica della servitù.” “Roma presenta tutti i vizi della ri-velazione sopra-naturale.” “Roma conduce alla dominazione dell'uomo sull'uomo.” “Il romano cè morto, l'uomo deve nascere, è nato, ha già respinto dallo Stato gli apostoli e la Chiesa”. Filosofia della rivoluzione, in: Scritti politici di Giuseppe Ferrari, Silvia Rota Ghibaudi, Torino, UTET, Camera dei Deputati, Atti del Parlamento Italiano sessione, discussioni della Camera dei Deputati, Torino, Eredi Botta, Atti del parlamento italiano, Le più belle pagine di Scrittori italiani scelte da scrittori viventi. Giuseppe Ferrari, Milano, Garzanti, Altre opere: “Romagnosi”; “Vico”; “La Federazione repubblicana”; “Filosofia della rivoluzione”; “L'Italia dopo il colpo di Stato”; “Opuscoli politici e letterari”; “La mente di Giambattista Vico, Corso sugli scrittori politici italiani, Corso sugli scrittori politici italiani; Il governo a Firenze, “Giannone”; Lettere chinesi sull'Italia, Storia delle Rivoluzioni d'Italia; Teoria dei periodi politici, L'aritmetica nella storia; Proudhon (Andrea Girardi, Napoli, Edizioni Immanenza);La Rivoluzione e i rivoluzionari in Italia, Il genio di Vico, I partiti politici italiani, Le più belle pagine, Opere (Ernesto Sestan); Scritti politici, Silvia Rota Ghibaudi, I filosofi salariati, L. La Puma,  “Scritti di filosofia” e di politica, M. Martirano, Il genio di Vico, Sulle opinioni religiose di Campanella, Epistolario Franco Della Peruta, "Contributo all'epistolario di Giuseppe Ferrari", in: Franco Della Peruta, I democratici e la rivoluzione italiana, Milano, Franco Della Peruta (ed.),"Contributo all'epistolario di Ferrari", Rivista storica del socialismo, Lettere a Proudhon, Annali dell'Istituto Giangiacomo Feltrinelli, C. Lovett, "La Questione Meridionale con lettere inedite", Rassegna storica del Risorgimento”; “Milano e la Convenzione di Settembre dalla corrispondenza inedita di Ferrari", Nuova rivista storica, Lombardia dalla corrispondenza inedita di Ferrari", Nuova rivista storica, Lovett, "Il Secondo Impero, il Papato e la Questione Romana. Lettere inedite di Wallon a Ferrari", Rassegna storica del Risorgimento e la politica interna della Destra. Con un carteggio inedito, Milano. Altro A. Agnelli, "Giuseppe Ferrari e la filosofia della rivoluzione", in: Per conoscere Romagnosi, Robertino Ghiringhelli e F. Invernici. La vita sociale e politica nel collegio di Gavirate-Luino", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Il nuovo stato italiano, Milano, Luigi Ambrosoli, "Cattaneo e Ferrari: l'edizione di Capolago delle opere di Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Il nuovo stato italiano, Milano, Paolo Bagnoli, "Ferrari e  Montanelli", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Bruno Barillari, "Ferrari critico di Mazzini", Pensiero mazziniano, Francesco Brancato, Ferrari e i Siciliani, Trapani, Bruno Brunello, Ferrari, Roma, Bruno Brunello, "Ferrari e Proudhon", Rivista internazionale di filosofia del diritto, Michele Cavaleri, Ferrari, Milano, Cosimo Ceccuti, "Ferrari e la Nuova antologia: il destino della Francia repubblicana", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Arturo Colombo, "Il Ferrari del Corso", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Luigi Compagna, "Ferrari collaboratore della "Revue des deux mondes", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Maria Corrias Corona, "Il filosofo "rivoluzionario" visto da Giorgio Asproni", in : Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Carmelo D'Amato, Ideologia e politica in Giuseppe Ferrari", Studi storici, Carmelo D'Amato, "La formazione di Giuseppe Ferrari e la cultura italiana della prima metà dell'Ottocento", Studi storici, Franco Della Peruta, "Il socialismo risorgimentale di Ferrari, Pisacane e Montanelli", Movimento operaio, Franco Della Peruta, Un capitolo di storia del socialismo risorgimentale: Proudhon e Ferrari", Studi storici, Franco della Peruta, "Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Aldo Ferrari, Giuseppe Ferrari, Saggio critico, Genova, Luigi Ferri, "Cenno su Giuseppe Ferrari e le sue dottrine", in: Ferrari, La mente di G. D. Romagnosi, Milano. Gian Biagio Furiozzi, " Angelo Oliviero Olivetti e Giuseppe Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Paolo Virginio Gastaldi, "Nella galassia dell'Estrema", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, [a cura di], Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Robertino Ghiringhelli, Robertino Ghiringhelli, "Romagnosi e Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Carlo G. Lacaita, "Il problema della storia in Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Eugenio Guccione, "Il laicismo politico di Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Anna Maria Lazzarino Del Grosso, "Il Medioevo in Ferrari", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Lovett, "Europa e Cina nell'opera di Giuseppe Ferrari", Rassegna storica del Risorgimento, Maurizio Martirano, “Ferrari, interprete di Vico”. Maurizio Martirano, Filosofia, storia, rivoluzione. Saggio su Ferrari, Napoli, Liguori, Gilda Manganaro Favaretto, Angelo Mazzoleni, Ferrari. Il pensatore, lo storico, lo scrittore politico, Roma, Angelo Mazzoleni, Ferrari. I suoi tempi e le sue opere, Milano, Antonio Monti, "La posizione di Ferrari nel primo Parlamento italiano", Critica politica, Giulio Panizza, L'illuminismo critico di Ferrari, Giulio Panizza, "La teoria della fatalità nell'Histoire de la Raison d'Etat", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Giacomo Perticone, "La concezione etico-politica di Ferrari", Rivista internazionale di filosofia del diritto, Luigi Polo Friz, "Ferrari e Frapolli: un rapporto di amore e odio tra due interpreti del Risorgimento Italiano", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Il nuovo stato italiano, Milano, Nello Rosselli, "Italia e Francia in Ferrari", Il Ponte, Silvia Rota Ghibaudi, Ferrari, lFirenze, Silvia Rota Ghibaudi, "Ferrari e la Teoria fatalista dei periodi politici", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Luciano Russi, "Pisacane e Ferrari: esiti socialisti dopo una rivoluzione fallita", in: Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, M. Schiattone, Alle origini del federalismo italiano, Ferrari, Nicola Tranfaglia, "Ferrari e la storia d'Italia", Belfagor, Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Giuseppe Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Luigi Zanzi, "un filosofo"militante", in:Silvia Rota Ghibaudi, e Robertino Ghiringhelli, Ferrari e il nuovo stato italiano, Milano, Stefano Carraro, "Alcuni aspetti del pensiero politico", BAUM, Venezia. Gian Domenico Romagnosi Carlo Cattaneo Cinque giornate di Milano Lodovico Frapolli Pierre-Joseph Proudhon Giuseppe Mazzini Carlo Pisacane Federalismo. TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giuseppe Ferrari, su siusa.archivi.beniculturali, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.  Opere di Giuseppe Ferrari, su Liber Liber. Il primo radicalsocialista italiano, dal sito del Movimento RadicalSocialista. Giuseppe Ferrari. Giuseppe Michele Giovanni Francesco Ferrari. Ferrari. Keywords: FILOSOFIA della RIVOLVZIONE. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Ferrari," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51762131860/in/dateposted-public/

 

Grice e Ferrari – filosofia italiana – Luigi Speranza (Arcola). Filosofo. Grice: “I like Ferrari; he was a philosopher AND a poet – a combo we don’t find too often at Oxford!” --  Ferrari (alias Novatore) Renzo Novatore  «Oggi cerco un'ora sola di furibonda anarchia e per quell'ora darei tutti i miei sogni, tutti i miei amori, tutta la mia vita.»  Refrattario a ogni disciplina fin da giovanissimo, frequenta la scuola soltanto per alcuni mesi prima di abbandonarla definitivamente ed essere costretto dal padre a lavorare nei campi. Il suo profondo desiderio di conoscenza, unito ad una notevole forza di volontà, lo spinse però ad un personalissimo studio da autodidatta che lo portò a leggere Stirner, Nietzsche, Palante, Wilde, Ibsen, Schopenhauer, Baudelaire.  Non rinunciò comunque ad elaborare una visione autonoma, che costruì giorno dopo giorno, come ricorda il suo amico Auro D'Arcola, attraverso una costante attività meditativa.  Si sposa con Emma Rolla e con lei ebbe tre figli, uno dei quali morto in tenera età. Gli altri due, Renzo e Stelio, proseguirono sulle orme paterne una personalissima riflessione esistenzialista che svilupparono nell'ambito della produzione artistica e letteraria. Questo nonostante fosse contrario alla famiglia tradizionale e alla visione idealizzata della donna: «O ciniche prostitute, o espropriatrici audaci, ergetevi sopra la putredine ove il mondo sta immerso e fatelo impallidire sotto la luce perversa dei vostri grandi occhi profondi. Voi siete il sole più bello che oggi il sole bacia. Voi siete di un'altra razza. E l'anima vostra è un canto, un sogno la vostra vita. Scardinate il mondo o libere prostitute, o espropriatrici audaci. Io canterò per voi. Il resto è fango!”  (Le mie sentenze) L'anarchico disertore La prima volta in cui le cronache s'interessarono di lui fu nel 1910, quando un incendio distrusse la chiesa della Madonna degli Angeli nella notte tra il 15 e il 16 maggio: le indagini dei regi carabinieri portarono infatti a identificare i responsabili del gesto in un gruppo di giovani anarchici del posto, tra i quali anche Abele Ferrari.  Contrario alla guerra, nel 1915 venne richiamato sotto le armi ma si rese irreperibile. Venne dunque imputato di diserzione e condannato in contumacia alla pena di morte. Sarà poi arrestato e scarcerato in seguito ad amnistia.  “E le rane partirono... Partirono verso il regno della suprema viltà umana. Partirono verso il fango di tutte le trincee. Partirono.... E la morte venne! Venne ebbra di sangue e danzò macabramente sul mondo. Danzò con piedi di folgore... Danzò e rise... Rise e danzò... Per cinque lunghi anni. Ah, Come è volgare la morte che danza senza avere sul dorso le ali di un'idea... Che cosa idiota morire senza sapere il perché.” (Dal poema Verso il nulla creatore) Anarchico individualista, assunto lo pseudonimo di Renzo Novatore, fu protagonista con i suoi compagni Dante Carnesecchi e Tintino Persio Rasi di alcuni dei più importanti episodi della lotta operaia del biennio rosso nella Provincia della Spezia: episodi la cui importanza non si comprende se non tenendo conto che allora La Spezia era una delle più importanti roccaforti militari italiane, circondata da una serie di forti e polveriere che ne dominavano il golfo, e caratterizzata dalla presenza di un arsenale militare e di alcune delle più importanti industrie belliche. In quel periodo molti lavoratori anelavano a "fare come in Russia", tanto che era in molti anarchici, come Errico Malatesta, la convinzione che la rivoluzione fosse dietro l'angolo e bastasse dare solo una spallata decisa.  L'antifascismo e la morte Coerente fino alla fine nella prima lotta al nascente fascismo, entrò nel mirino delle camicie nere, coadiuvate dalla polizia di Stato, e dovette fuggire per garantirsi l'incolumità; per sopravvivere si unì al bandito piemontese Sante Pollastri che era noto anche per proteggere e finanziare gli anarchici con la sua banda di rapinatori, data la simpatia politica che aveva per loro e il suo odio per il fascismo. Qualche tempo dopo la banda di Pollastri rapinò un importante cassiere di una banca, che portava una borsa piena d'oro: durante la colluttazione il ragionier Achille Casalegno venne colpito da un proiettile e morì; sebbene probabilmente fu Pollastri, che aveva già diversi omicidi di poliziotti e fascisti alle spalle, ad esplodere il colpo, al processo del 1931 costui avrebbe accusato il defunto Novatore.  Le forze dell'ordine, su incarico del governo Mussolini, intensificarono la caccia alla banda Pollastri. Un mezzogiorno, il maresciallo Lupano e i carabinieri Corbella e Marchetti entrarono in abiti civili nell'Osteria della Salute di Teglia, nel genovese, perché avevano individuato Pollastro ed intendevano arrestarlo. Novatore era seduto accanto al celebre bandito e ad un altro componente del gruppo, e probabilmente fu proprio lui il primo a sparare sui carabinieri, scatenando la risposta di quest'ultimi. Nello scontro a fuoco rimasero uccisi il maresciallo Lupano e un amico del bandito, il cui corpo crivellato di colpi si rivelò essere quello dell'anarchico Abele Ricieri Ferrari, noto come Renzo Novatore, ricercato per attività sovversiva e antifascismo, mentre Pollastri e l'altro compagno riuscirono a scappare. Novatore, al momento della morte, aveva con sé una pistola Browning, due caricatori di riserva, una bomba a mano ed un anello con spazio nascosto contenente una dose letale di cianuro, per suicidarsi se fosse caduto vivo nelle mani dei fascisti, oltre ad un documento falso recante il nome di Giovanni Governato.  Si define anarchico individualista. Lotta per la libertà e per i diritti delle masse, ma era anche sicuro, dopo il fallimento delle insurrezioni del 1919, che non si potesse fare affidamento sul popolo:  «Le masse che sembrano adoratrici di Errico Malatesta sono vili e impotenti. Il governo e la borghesia lo sanno e sogghignano.»  «Io so, noi sappiamo, che cento uominidegni di questo nomepotrebbero fare quello che cinquecentomila "organizzati" incoscienti non sono e non saranno mai capaci di fare.»  Il suo pensiero nichilista, anticlericale, anarchico e iconoclasta si caratterizzava soprattutto per il fortissimo individualismo, un individualismo fine a sé stesso che lo pose spesso in conflitto con altri membri del movimento anarchico di quegli anni, come Camillo Berneri (di ispirazione anarco-comunista).  «L'individualismo com'io lo sento, lo comprendo e lo intendo, non ha per fine né il Socialismo, né il Comunismo, né l'Umanità. L'individualismo ha per fine sé stesso.»  (Dallo scritto Il mio individualismo iconoclasta in Iconoclasta!) «L'anarchia è per me un mezzo per giungere alla realizzazione dell'individuo; e non l'individuo un mezzo per la realizzazione di quella. Se così fosse anche l'anarchia sarebbe un fantasma. Se i deboli sognano l'anarchia per un fine sociale; i forti praticano l'anarchia come un mezzo d'individuazione.»  «Nella vita io cerco la gioia dello spirito e la lussuriosa voluttà dell'istinto. E non m'importa sapere se queste abbiano le loro radici perverse entro la caverna del bene o entro i vorticosi abissi del male. Nessun avvenire e nessuna umanità, nessun comunismo e nessuna anarchia valgono il sacrificio della mia vita. Dal giorno che mi sono scoperto ho considerato me stesso come meta suprema.»  Rimaneva salda nel suo pensiero la convinzione che agire e schierarsi fosse una necessità irrinunciabile tanto che di lui si disse che scriveva come un angelo, combatteva come un demonio.  Su di lui restò sempre fortissima l'ispirazione di Max Stirner e di Nietzsche.  Opere scritte Le opere e il ricordo del Novatore sono state in gran parte distrutte dal regime fascista e sostanzialmente a lungo dimenticate anche da alcune parti del movimento anarchico.  Le sue firme compaiono con molti pseudonimi diversi (oltre al già citato "Renzo Novatore", anche "Mario Ferrento", "Andrea Del Ferro", "Sibilla Vane", "Brunetta l'Incendiaria") su svariate pubblicazioni anarchiche dell'epoca, tra cui Il Libertario (pubblicato a La Spezia), Gli Scamiciati (Pegli), Cronaca Libertaria (Milano), Il Proletario (Pontremoli), Pagine Libertarie, Iconoclasta! (Pistoia), L'Avvenire Anarchico, Vertice (La Spezia), Nichilismo, L'Adunata dei Refrattari (New York) e Veglia (Parigi).  Da ricordare inoltre due libri di pubblicazione postuma: "Verso il nulla creatore" e "Al di sopra dell'arco".  Libri ed opuscoli  Renzo Novatore, prefazione de Il figlio dell'Etna, Verso il nulla creatore, Siracusa, "Figli dell'Etna", Renzo Novatore, prefazione biografica di Auro d'Arcola, appendice di Totò Di Mauro, illustrazioni di G. Scaccia, Al di sopra dell'arco, Siracusa, "Figli dell'Etna", Renzo Novatore, prefazioni di Virginio De Martin e Il figlio dell'Etna, Verso il nulla creatore, New York, Renzo Novatore, prefazione di Auro d'Arcola, Il mio individualismo iconoclasta, Firenze, Pistoia, Albatros, Renzo Novatore, Camillo da Lodi [Camillo Berneri], Mario Senigallesi, Polemica, Firenze, Pistoia, Albatros, Renzo Novatore, prefazioni di Totò Di Mauro, Tito Eschini e Lato Latini, illustrazioni di G. Scaccia, Al di sopra dell'arco, Firenze, Pistoia, Albatros, Renzo Novatore, prefazione biografica di Auro d'Arcola, appendice di Totò Di Mauro, illustrazioni di G. Scaccia, Al di sopra dell'arco, Torino, Reprint Assandri, “Verso il nulla creatore, Catania, Centrolibri, RAlberto Ciampi, Un fiore selvaggio. Scritti scelti e note biografiche, Pisa, BFS Edizioni, Renzo Novatore, Toward the Creative Nothing, Portland, Venomous Butterfly Publications, Renzo Novatore, introduzione di Alfredo M. Bonanno, Verso il nulla creatore, Trieste, Edizioni Anarchismo. Renzo Novatore, Novatore, Ardent Press, . Renzo Novatore, Le rose, dove sono le rose?, Gratis Edizioni, . Renzo Novatore, Flores silvestres, Lisbona, Textos Subterraneos. Novatore: una biografia Archiviato iRenzo NovatoreAnarchopedia, su ita.anarchopedia.org. dal personaggio di Sybil Vane, presente nel romanzo Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde  Maurizio Antonioli (diretto da), Dizionario biografico degli anarchici italiani, Biblioteca Franco Serantini, Massimo Novelli, La furibonda anarchia. Renzo Novatore poeta, Bra (CN), Araba Fenice, Scritti, citazioni e aforismi di Renzo Novatore Archivio di testi di Renzo Novatore . ‘Renzo Novatore’ -- Abele Ricieri Ferrari (Arcola) filosofo. Ferrari. Keywords: implicatura. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ferrari” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51761244808/in/dateposted-public/

 

Grice e Ferraris – filosofia italiana – Luigi Speranza (Galatone). Filosofo. Grice: “I like Ferraris – he analyses all the implicata of The Lord’s Prayer – pretty complicated – my favourite is his excursus on the implicatum of ‘thy will be done’” Figlio Pietro De Ferraris e Giovanna d'Alessandro. Studia a Nardò. Passa quindi a Napoli. Molte sono le conoscenze che fa all'Accademia. Entra in contatto con Gareth detto il Chariteo, Attaldi, Pontano, Gaza, Caracciolo, Pardo, Lecce, Sannazaro. Si laurea a Ferrara, dove soggiorna. Si trasferì poi a Venezia per poi ritornare a Napoli ed entrare nel giro della reggia partenopea, nella corte di Ferdinando I.  Si adatta a Gallipoli, dove si sposa Maria Lubelli dei baroni di Sanarica. La serenità della sua vita fu turbata dall'invasione di Otranto da parte dei Turchi. Cerca rifugio a Lecce annotando gli eventi drammatici che in seguito sarebbero stati il canovaccio per un'opera composta in latino. Si sposta ripetutamente fra Napoli, apprezzato dottore al servizio della corte aragonese, e la Puglia, sua zona d'origine e di residenza. Inizia anche a scrivere, inizialmente in forma epistolare. Manda i ringraziamenti a Ermolao Barbaro per la dedica ricevuta; è seguente la redazione di Altilio Galateus εὐ πράττειν e Ad M. Antonium Lupiensem episcopum de distinctione humani generis et nobilitate; e una seconda epistola a Barbaro e il saggio Ad Marinum Pancratium de dignitate disciplinarum.  Dopo la morte di Ferdinando e Alfonso II, abbandona Napoli non prima di avere composto l’Antonius Galateus medicus in Alphonsum regem epitaphium. Torna a Lecce dove forma assieme L’Accademia dei lupiensi. Scrisse Ad Chrysostomum De villae incendio, per celebrare la propria villa di Trepuzzi che era andata distrutta dal fuoco. Fu a Napoli, convocato dal re Federico d’Aragona che lo volle con sé, ma l'inasprimento del conflitto con Francia lo spinse a ritornare nella provincia salentina. Godette dell'ospitalità di Isabella d’Aragona, presso cui ebbe modo di comporre in latino lavori di filosofia, filosofici. Una delle pochissime trasferte dal Salento fu quella che effettuò a Roma presso Giulio II, a cui offrì una copia dell'atto di Donazione di Costantino, che era conservata nella biblioteca di Casole. Fu uno studioso che, come gli intellettuali suoi contemporanei, riuscì a coniugare una vasta erudizione umanistica con nozioni scientifiche. Le sue conoscenze erano di ampio respire. Il suo bagaglio filosofico include la cultura classica di Aristotele, Platone ed Euclide. Considera che la filosofia classica era stata traviata dai filosofi come Alberto Magno e Duns Scoto, e dei filosofi dei secoli bui salvò solo Boezio e la sua Consolatio philosophiae. Prediligeva la civiltà classica e autori come Omero, Senofonte e Plutarco; Terenzio, Catullo, Ovidio, Seneca, Svetonio, Virgilio e Orazio; e insieme il mondo del volgare, con letture di Dante, Petrarca, il Morgante e Sannazaro fra i tanti. Si interessa anche delle opere di Strabone, Tolomeo e Plinio. A questo patrimonio di conoscenze associò Ippocrate e Galeno.Non trascurò gli usi e i costumi della sua terra d'origine, e descrisse in termini molto particolareggiati le zone del salentino, illustrando con realismo Gallipoli ed esaltando uno stile di vita meditativo in alcune sue opere. Ma non sfuggì a Ferraris il quadro generale della società dei suoi tempi e della corruzione morale e politica che la attanagliava; e che fu anch'essa soggetto degli scritti di De Ferraris nei quali criticò la diffusione delle cattive consuetudini.  Il suo De Situ Japygiae e un autorevole trattato storico-geografico sul Salento.  Mentre era a Bari ha notizia della "Disfida di Barletta" e ne narrò per primo la storia nel suo De pugna tredecim equitum.  Altre opere: Oltre a saggi e trattatelli, compose le seguenti epistole: Ad Accium Sincerum de inconstantia humani animi, Ad Accium Sincerum de villa Laurentii Vallae, Ad Franciscum Caracciolum de beneficio indignis collato, Marco Antonio Ptolomaeo Lupiensi episcopus, Antonio Ptolomaeo Lupiensi episcopo, De Heremita, De podagral, Ad Chrysostomum, suo salutem de nobilitate, Ad Chrysostomum de morte fratris, Ad illustrem comitem Potentiae, Ad comitem potentiarum, Ad Maramontium de pugna singulari veterani et tyronis militis Ad Belisarium Aquevivum marchionem Neritonorum Federico Aragonio regi Apuliae, Ad Chrysostomum de morte Lucii Pontani Ad Ferdinandum ducem Calabriae,  ad Chrysostomum de pugna tredecim equitum, Ad Hieronymum Carbonem de morte Pontani, Ad Prosperum Columnam, ad Chrysostomum de Prospero Columna, phiilosophi praestantissimi de situ elementorum ad Accium Syncerum Sannazarium, Esposizione del Pater noster De educatione Ad illustrem dominam Bonam Sforciam, ad Antonium de Caris Neritinum episcopum, regem Ferdinandum, Beatissimo  Iulio II pontifici maximo; philosophi epraestantissimi De situ Japigiae ad clarissimum virum Ioannem Baptistam Spinellum, comitem Choriati, Ad Nicolaum Leonicenum medicum, Petro Summontio De suo scribendi genere, Summontio suo bonam valetudinem Callipolis description, Pyrrum Castriotam, Illustri viro Belisario Aquevivo, (Vituperatio litterarum), Ad Ioannem et Alfonsum Castriotas, Ugoni Martello episcopo Lupiensi B. V. La Iapigia. Itinerari e luoghi dell'antico Salento (Lecce, Messapica Editrice), “Gallipoli” (Lecce, Messapica Editrice). Galatone, che ha una strada "Antonio Galateo", onorato il poeta nel marzo  con l’apposizione in Piazza Crocefisso di una lapide dedicata alla sua memoria. Dizionario biografico degli italiani, TreccaniEnciclopedie, Galatone, in Treccani Enciclopedie. Antonio De Ferraris, Antonio De Ferrariis. Galateo. Ferraris. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Ferraris e Grice” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51689504373/in/photolist-2mLQ1Vx-2mLGwVU-2mKKMt4-2mPtp3t-2mPV6V9-2mKHtgX-2mPsh7f-2mKT4G5-2mKCdPg-2mKEftR-2mKRu2r-2mKC3nj-2mPvmTf-2mKbpiZ-2mKk6t5-2mKbkhx-2mKiTu1-2mKJXuD-GWQbEe-GWQbE4-25edKkz-23QXPsh-GWQbP2-23QXPTN-23QXPqU-23QXPAJ-25vgDZG-25vgDYu-GWQbEV-23QXPP9-GWQbEp-26Aotmx-26AotYK-DndBhH-23QrfQy-GWQbNR-23QXPKm-BNWJaB-BK5mza-BmcDUi-BFQviK-BDuNmW-AEEHqM-rrjLo5-o8fd2A-oa4qxd-nBU5Co-nSmehQ-nUgagC-nUiDq1

 

Grice e Ferraris – supercazzola -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Torino). Filosofo. Grice: “Ferraris is what the in the Renaissance used to be called a ‘Renaissance man.’ My favourite of his essays is “La svolta testuale” – he is into Derrida and Yale, but I’m into Grice and Harvard, and I still connect!” Si laurea a Torino sotto Vattimo. Insegna a Macerata, Trieste, Torino al Laboratorio di Ontologia dal  Centro interdipartimentale di ontologia. Studiato a Torino.In ambito teorico, ha legato il suo nome al rilancio dell'estetica come teoria della “sensibilità” a un'ontologia sociale intesa come ontologia dei documenti (documentalità) e a un superamento del postmodernismo attraverso la proposta di un nuovo realismo. Centro interuniversitario di Ontologia Teorica e Applicata.I primi interessi di Ferraris si rivolgono alla filosofia post-strutturalista (“Differenze”; “Tracce” e “La svolta testuale”). Specificamente a Derrida, Ferraris ha dedicato: Postille a Derrida, Honoris causa a Derrida Introduzione a Derrida, Il gusto del segreto e, infine, Jackie Derrida. Ritratto a memoria.Lavorando invece a contatto con Gadamer, a partire dai primi anni Ottanta si rivolge all'ermeneutica, scrivendo: Aspetti dell'ermeneutica, Ermeneutica di Proust, Nietzsche e la filosofia del Novecento, e soprattutto Storia dell'ermeneutica.Ferraris sviluppa un'articolata critica alla tradizione heideggeriana e gadameriana (si veda in particolare Cronistoria di una svolta, dpostfazione alla conferenza di Heidegger La svolta), che fa valere, in particolare, l'apporto del post-strutturalismo come contestazione del retaggio romantico e idealistico che condiziona tale tradizione. La conclusione di questo percorso critico sfocia nella riconsiderazione del rapporto tra lo spirito e la lettera e in un ribaltamento della loro contrapposizione tradizionale. Spesso i filosofi e gli uomini comuni disprezzano la letterale norme e i vincoli che sono istituiti attraverso documenti e iscrizioni di vario genere anteponendole lo spirito il pensiero e la volontà e riconoscendo la libera creatività del secondo rispetto alla prima. Per Ferraris è la lettera a precedere e fondare lo spirito.Abbandona il relativismo ermeneutico e la decostruzione di Derrida per abbracciare una forma di oggettivismo realistico secondo cui l'oggettività e realtà, considerate dall'ermeneutica radicale come principi di violenza e di sopraffazione, sono di fatto e proprio in conseguenza della contrapposizione tra spirito e lettera di cui si è dettola sola tutela nei confronti dell'arbitrio.Questo principio, valido in ambito morale, ha nel riconoscimento di una sfera di realtà indipendente dalle interpretazioni il suo fondamento teorico.Il mondo esterno, riconosciuto come inemendabile, e il rapporto tra schemi concettuali ed esperienza sensibile (l'estetica, riportata al suo significato etimologico di “scienza della percezione sensibile”, acquisisce una rilevanza primaria si vedano, in particolare, Analogon rationis, Estetica (con altri autori), L'immaginazione , ed Estetica razionale sono temi dominant.Rilegge Kant attraverso la fisica ingenua del percettologo triestino Paolo Bozzi (Il mondo esterno e Goodbye Kant!La “ontologia critica” ferrarisiana riconosce il mondo della vita quotidiana come largamente impenetrabile rispetto agli schemi concettuali. Il mancato riconoscimento di questo principio risale alla confusione tra ontologia (la sfera dell'essere) ed epistemologia (la sfera del sapere), di cui Ferraris articola una tematizzazione critica fondata sulcarattere di inemendabilità che è proprio dell'essere rispetto al sapere (si vedano in particolare: Ontologia e Storia dell'ontologia.La sua riflessione sul realismo sfocia nell'elaborazione del Manifesto del New Realism.  L'esito naturale dell'ontologia critica è il riconoscimento accanto al mondo inemendabile di un dominio di oggetti in cui la filosofia trascendentale kantiana trova la sua adeguata applicazione: gli oggetti sociali, l’intersoggetivo (Dove sei? Ontologia del telefonino,  Babbo Natale, Gesù adulto, Sans Papier, La fidanzata automatic, Il tunnel delle multe.La tesi di fondo è che la distinzione tra ontologia ed epistemologia, unita al riconoscimento dell'autonomia ontologica dell’intersoggetivo, della sfera degli oggetti sociali (regolata dalla legge costitutiva “oggetto = atto iscritto”), consente di correggere la tesi derridiana secondo cui "nulla esiste al di fuori del testo" (letteralmente, e a-semanticamente, “non c'è fuori testo”) per teorizzare che “niente di sociale esiste fuori del testo”.  Documentalità. Perché è necessario lasciar tracce.In seguito la sua  si arricchisce di piccole ma significative metafisiche dei costumi artistici e scritturalifin anche ultratecnologici con Piangere e ridere davvero e Filosofia per dame, vere e proprie grammatologies, insomma, ma ri-viste, e robustamente visionarie, oltre che re-visionate, come del resto tutti gli articoli di intervento culturale (si cfr. esemplarmente quelli per Alfabeta e Alfabeta).  La svolta realista compiuta da partire dalla formulazione dell'estetica non come filosofia dell'arte, ma come ontologia della percezione e dell'esperienza sensibile trova un'ulteriore declinazione nel Manifesto del nuovo realism. Il Nuovo realismo, i cui principi sono anticipati da Ferraris in un articolo uscito su Repubblica l'8 agosto  e che avvia un imponente dibattito, è in primo luogo un consuntivo di alcuni fenomeni storici, culturali, politici (l'analisi del postmoderno sino al suo deteriorarsi in populismo mediatico). Da queste considerazioni consegue la messa in chiaro degli esiti prodotti dalle derive del postmoderno nel pensiero contemporaneo (l'interpretazione dei realismi filosofici e delle “teorie della verità” che si sviluppano a partire dalla fine del secolo scorso come reazione a una devianza del rapporto tra individuo e realtà).Da questo scaturisce la proposta di un antidoto alla degenerazione dell'ideologia postmodernista, alla prassi degradata e mendace della relazione con il mondo che questa ha indotto.Il Nuovo Realismo si identifica infatti nell'azione sinergica di tre parole-chiave, Ontologia, Critica, Illuminismo. Il Nuovo Realismo è stato oggetto di discussioni e convegni nazionali e internazionali e ha sollecitato una serie di pubblicazioni che implicano il concetto di realtà come paradigma anche in ambiti extrafilosofici.  In effetti, il dibattito sul nuovo realismo, per quantità di contributi e media implicati, non ha equivalenti nella storia culturale recente, tanto da essere stato assunto 'case study' per analisi di sociologia della comunicazione e linguistica. Il nuovo realismo ha sollecitato una serie di pubblicazioni che ne discutono le tesi, a cominciare da Della realtà: fini della filosofia, Milano, Garzanti  di Vattimo e Inattualità del pensiero debole, Udine, Forum,  di Rovatti sino a Il senso dell'esistenza. Per un nuovo realismo ontologico, Roma, Carocci, , di Markus Gabriel, Bentornata Realtà. Il nuovo realismo in discussione (M. De Caro e M. Ferraris), Torino, Einaudi,  e a Sociologia e nuovo realismo, Milano-Udine, Mimesis,  di Luca Martignani (che fa parte della collana “Nuovo Realismo” diretta da Ferraris e De Caro, che conta numerose pubblicazioni).  Al Nuovo Realismo di Ferraris hanno aderito sia filosofi di formazione analitica, come Mario De Caro (cfr. Bentornata Realtà, a c. di De Caro e Ferraris), sia filosofi di formazione continentale, come Mauricio Beuchot (Manifesto del realismo analogico, ), Luca Taddio (Verso un nuovo realismo) e Markus Gabriel (Campi di senso. Un'ontologia neo-realista), che ha raccolto il sostegno di pensatori come Umberto Eco, Hilary Putnam e John Searle, e che si incrocia con altri movimenti realisti sorti in modo indipendente ma rispondendo a esigenze affini, come il “realismo speculativo” di Meillassoux e di Harman. Per il nuovo realismo, il fatto che sia sempre più evidente che la scienza non è sistematicamente la misura ultima della verità e della realtà non comporta che si debba dire addio alla realtà, alla verità o alla oggettività, come aveva concluso molta filosofia del secolo scorso.  Significa piuttosto che anche la filosofia, così come la giurisprudenza, la linguistica o la storia, ha qualcosa di importante e di vero da dirci a proposito del mondo. In questo quadro, il nuovo realismo si presenta anzitutto come un realismo negativo: la resistenza che il mondo esterno oppone ai nostri schemi concettuali non va considerata come uno scacco, ma come una risorsa, come una prova dell'esistenza di un mondo solido e indipendente. Se le cose stanno in questi termini, però, il realismo negativo si trasforma in un realismo positivo (Cfr. M. Ferraris, Realismo Positivo, Rosenber e Sellier ): nella sua resistenza la realtà non costituisce soltanto un limite, ma offre anche delle possibilità e delle risorse, il che spiega come, nel mondo naturale, forme di vita differenti possano interagire nello stesso ambiente senza condividere alcuno schema concettuale; e come, nel mondo sociale, le intenzioni e i comportamenti umani siano resi possibili da una realtà che è anzitutto data, e che solo in un secondo momento potrà essere interpretata e, se necessario, trasformata. Esauritasi la stagione del postmoderno, il nuovo realismo ha intercettato un diffuso bisogno di rinnovamento in ambiti extradisciplinari come l'architettura, la letteratura, la pedagogia, la medicina.  L'ultima corrente filosofica inaugurata ha provocato resistenze e critiche da parte dei sostenitori del postmodernismo e del pensiero debole.  Altre opere: “Differenze. La filosofia dopo lo strutturalismo” Milano: Multhipla); “Tracce. Nichilismo moderno postmoderno, Milano: Multhipla); Mimesis, La svolta testuale. Il decostruzionismo in Derrida, Lyotard, gli “Yale Critics”, Pavia: Cluep); L’ermeneutica (Genova: Marietti); Proust, Milano: Guerini e associati,  Storia dell'ermeneutica, Milano: Bompiani);Nietzsche (Milano: Bompiani; Cronistoria di una svolta, in Martin Heidegger, La svolta, Genova: il Melangolo (traduzione e conclusione,  Postille a Derrida, Torino: Rosenberg & Sellier); La filosofia e lo spirito vivente, Roma-Bari: Laterza); Mimica. Lutto e autobiografia da Agostino a Heidegger, Milano: Bompiani); “Storia della volontà di potenza, Milano: Bompiani) Analogon rationis, Milano: Pratica filosofica,  1nterpretazione ed emancipazione. Milano: Raffaello Cortina); L'immaginazione, Bologna: il Mulino); Estetica, (con altri autori), Torino: Utet); Il gusto del segreto, con Jacques Derrida, Roma-Bari: Laterza); Estetica razionale, Milano: Raffaello Cortina); Honoris causa a Derrida, Torino: Rosenberg & Sellier); Una Ikea di università, Milano: Raffaello Cortina); Il mondo esterno, Milano: Bompiani); L'altra estetica, (con altri autori), Torino: Einaudi); Derrida, Roma-Bari: Laterza); Ontologia, Napoli: Guida); Goodbye Kant!, Milano: Bompiani); “Dove sei? Ontologia del telefonino, Milano: Bompiani); “Babbo Natale, Gesù adulto. In cosa crede chi crede?, Milano: Bompiani); Sans papier. Ontologia dell'attualità, Castelvecchi: Roma); La fidanzata automatica, Milano: Bompiani); Il tunnel delle multe. Ontologia degli oggetti quotidiani, Torino: Einaudi); Storia dell'ontologia, Milano: Bompiani,  Una Ikea di università. Alla prova dei fatti, nuova edizione, Milano: Raffaello Cortina; “Piangere e ridere davvero. Feuilleton, Genova: Il melangolo); Documentalità. Perché è necessario lasciar tracce, Roma-Bari: Laterza); Ricostruire la decostruzione. Cinque saggi a partire da Jacques Derrida, Milano: Bompiani); Filosofia per dame, Parma: Guanda); Anima e iPad, Parma: Guanda); Manifesto del nuovo realismo, Roma-Bari: Laterza,  Bentornata Realtà. Il nuovo realismo in discussione , con Mario De Caro, Torino: Einaudi); Lasciar tracce: documentalità e architettura, F. Visconti e R. Capozzi, Milano: Mimesis); Filosofia Globalizzata, con Leonardo Caffo, Milano: Mimesis); Realismo Positivo, Torino: Rosenberg & Sellier); Spettri di Nietzsche, Guanda: Parma); Mobilitazione Totale, Roma-Bari: Laterza); I modi dell'amicizia, con Achille Varzi, Napoli-Salerno: Orthothes); Emergenza, Torino: Einaudi); L'imbecillità è una cosa seria, Bologna: il Mulino); Filosofia teoretica, con Enrico Terrone, Bologna: il Mulino,  Postverità e altri enigmi, Bologna: il Mulino); Il denaro e i suoi inganni, con John R. Searle, Torino: Einaudi); Intorno agli unicorni. Supercazzole, ornitorinchi, ircocervi, Bologna: il Mulino); Il capitale documediale. Prolegomeni, in Scienza Nuova. Ontologia della trasformazione digitale, Torino: Rosenberg&Sellier. Responsabile scientifico di "Pensiero in movimento", Pearson Libri in collana di quotidiani: Oltre che diverse curatele e interventi per il "Caffè Filosofico" del settimanale l'Espresso e la collana "Capire la Filosofia" de la Repubblica si segnalano:   "Felicità. Cos'è la ricerca della felicità?", Roma, la Repubblica,  "Libertà. Quando si è davvero liberi?", Roma, la Repubblica,  "Arte. Perché certe cose sono opere d'arte?", Roma, la Repubblica,  "Male. È possibile vivere senza il male?", Roma, la Repubblica,   "Uguaglianza. C'è qualcuno più uguale degli altri?", Roma, la Repubblica,   "Bellezza. C'è una regola del bello?", Roma, la Repubblica, s  "Mente. La mente è soltanto il cervello?", Roma, la Repubblica,  "Morale. C'è un solo modo giusto di vivere?", Roma, la Repubblica,   "Potere. Perché si lotta per il potere?", Roma, la Repubblica,  "Pensiero. Che cosa significa pensare?", Roma, la Repubblica,  "Violenza: La violenza è inevitabile?", Roma, la Repubblica,   "Passione: Chi decide, la ragione o la passione?", Roma, la Repubblica,  "Senso: Che cosa ci manca quando diciamo che la vita non ha senso?", Roma, la Repubblica,   "Linguaggio: Si può pensare senza parole", Roma, la Repubblica, s"Scienza: Che cosa sanno gli scienziati?", Roma, la Repubblica, v "Filosofia: A cosa servono i filosofi?", Roma, la Repubblica, sha curato, oltre a partecipare con singoli interventi, la seconda serie del "Caffè Filosofico" di Repubblica curandone gli epiloghi.  Nel biennio - ha diretto e condotto tre serie del programma televisivo Zettel Filosofia in movimento in onda su Rai Scuola. Nel  e nel  ha continuato tale lavoro nel programma televisivo "Lo stato dell'arte", in onda su RAI5. Ha condotto la rubrica di Rai cultura "Opera aperta", in onda sullo stesso canale.  "Maurizio Ferraris", in D. Antiseri e S. Tagliagambe , Filosofi italiani contemporanei, Milano: Bompiani,   "Maurizio Ferraris", la Repubblica,  Per una rassegna completa del dibattito sorto intorno al "Manifesto del New Realism" si veda Copia archiviata, su labont. Nuovo Realismo | Il sito ufficiale della rassegna nuovo realismo  R. Scarpa, Ilcaso Nuovo Realismo. La lingua del dibattito filosofico contemporaneo, Milano-Udine, Mimesis,Reperibileonline, fascicolo di Giugno. Questi ealtri riferimenti, con resoconti e presentazioni degli incontri, sono quireperibili: nuovorealismo Si vedano ancora, tra gli altri, Emiliano Bazzanella, La filosofia e il suo consumo. Il nuovo New Realism, Trieste, Asterios, ; Perché essere realisti? Una sfida filosofica, Andrea Lavazza e Vittorio Possenti, Milano-Udine, Mimesis, ; L. Somigli (a curadi), Negli archivi e per le strade. Il ritorno alla realtà nella narrativa di terzo millennio, Roma, Aracne, ; Architettura e realismo, Milano Maggioli,  Il Caffè Filosofico. La filosofia raccontata dai filosofi  Lo stato dell`arteIl  di RAI Cultura dedicato alla filosofia, in Il  di RAI Cultura dedicato alla filosofia.  "Maurizio Ferraris", in D. Antiseri e S. Tagliagambe , Filosofi italiani contemporanei, Milano: Bompiani,  "Ontologia analitica e ontologie continentali: Maurizio Ferraris e i filosofi italiani di impostazione analitica", in C. Esposito ePorro , Filosofia contemporanea, Roma-Bari: Laterza,  dal  Rassegna Stampa Nuovo Realismo, sul sito del Labont: raccolta estesa di tutti gli interventi a proposito della proposta teorica sul realism. Documentalità Ontologia Ermeneutica Realismo. Treccani. CTAOCentro Interuniversitario di Ontologia Teoretica ed Applicata, LABONT Laboratorio di Ontologia, su labont. Il «questionario Proust» a Maurizio Ferraris, su elapsus. Maurizio Ferraris, il Nuovo Realismo, sul  RAI Filosofia, su filosofia.rai. Maurizio Ferraris. Ferraris. Keywords: the ontology of the intersubjective – intersoggetivo – a functionalist approach to the inter-subjective – Grice as an ‘intersubjectivist’ – Grice as a meta-theorist of the inter-subjective. The intersubjective conditions for the understanding of pretty subjective utterances like, “That pillar-box seems red to me.” Collective intentionality, shared intentionality, and the inter-subjective – inter-subjective and inter-personal. ‘conversational’ as short for ‘inter-subjective’ and ‘inter-personal’. Grice’s definition of ‘implicature’ as relying on utterer AND addressee. Grice’s definition of communication as relying, obviously, on utterer and addressee. Ferraris reccognises the rhapsodies of Austin needed some systematization, and whie Ferraris refers to Grice, he does so superficially -- and more. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ferraris” – The Swimming-Pool Library.  https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51761852955/in/dateposted-public/

 

Grice e Ferrero – implicatura arimmetica – filosofia italiana – Luigi Speranza (Torino). Filosofo. Grice: “Just for having written on the influence of Pythagoras on the Roman world, Ferrero is highly commendable! Pythagoras is crucial for Plato; and Pythagoras taught of course at what would be a Roman cives, ‘Croto.’ So it all relates!” -- Italian philosopher, author of “Pigatorismo nel mondo romano.” La Storia del Pitagorismo nel mondo romano vide la luce grazie al contributo della Fondazione Parini-Chirio e della Facoltà di Lettere dell’Torino e rappresenta ancora oggi uno dei contributi più alti alla Storia della Filosofia Romana. Animato da uno spirito che potrebbe senza dubbio definirsi per mezzo del sentimento dell’importanza maggiore, nella storia delle idee dell’Antichità, di coloro che Aristotele chiamava “i filosofi italiani”, di coloro che hanno fatto fiorire sulla terra d’Italia uno dei rami più vigorosi del pensiero filosofico occidentale. Ricco di elementi ed agile nella prosa, il libro è uno dei più importanti, se non l’unico, contributo che rende ragione della relazione tra filosofia romana e  pitagorica, rinvenendo l’importanza del pensiero speculativo alla base della cultura romana classica.  Su questa base l’a. arriva a sostenere l’idea nuova ed originale dell’ideale che l’organizzazione pitagorica ha, in ogni tempo, proposto alla classe dirigente romana che l’accolto e realizzato, non dimenticando che il fine della filosofia pitagorica è la formazione del politico.  Il piano dell’opera è semplice e chiaro. Due parti e cinque capitoli solamente permettonodi abbracciare una storia che si estende sui secoli storici della Roma antica, arricchite da un’ampia consultazione delle fonti e da un indice analitico che ne facilita la consultazione.  Si laurea con Rostagni, a Torino. Insegna a Trieste.  Ferrero is not the first to claim Italianita and Romanita for Pythagoras. After all Pythagoras’s father was an Etruscan! Numa learned from him! Cicero corrects here – it’s the tradition that counts – Livio also notes that a book by Numa was destroyed: by that time, the republic had an official religion and Pythagorianism was not part of it! The Cusano thought that the Holy Trinity is Pythagorean. Ficino claims Plato is Pythagorean via his tutor who was Pythagoras’s tutee – Pico asks Ficino for advice on these maters. Caparelli thinks it’s all Pythagoreian. The important bit is politic, and ethnic. Pythagoreanism became popular in the rest of Europe via Italy, that always showed more of an interest for ancient history than the Germanic peoples – perhaps because runes do not give so easily to history! Leonardo Ferrero. Ferrero. Keywords: implicature arimmetica, pitagorismo romano. Cf. uomo, scuola pitagorica, filosofia italiana, filosofia italica, il pitagorismo comparato con altri scuole. Cf. Luigi Ferri, L’interpretazione dei filosofi italiani sull’origine del pitagorismo.  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ferrero” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51760965851/in/dateposted-public/

 

Grice e Ferretti – l’intersoggetivo – filosofia italiana – Luigi Speranza (Brusasco). Filosofo. Grice: “I like Ferretti, for one, he wrote on intersubjectivity which is a problem for Husserl: cogitamus; nobody speaks of ‘cogitamus --; one has to distinguish between my favoured –‘inter-subjectivity’ and ‘alterity’!” – Grice: “Ferretti has also philosophised on the infinite, which poses a problem to my principle of conversational helpfulness.” Si laurea a Milano. Insegna a Milano, Torino, Macerata. Altre opere: Persona (Milano). Storia della filosofia romana (SEI, Torino), “L’ntersoggettivo (Macerata); “L’ontologia di Kant” (Rosenberg & Sellier, Torino). Giovanni Ferretti. Ferretti. While subjectivity and objectivity are pompous, intersubjectivity seems fine, only that it can always be replaced by the Italian ‘l’intersoggetivo’. “The inter-subjective” sounds Butlerian in English! Keywords: ‘l’intersoggetivo’ -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ferretti” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51761159508/in/dateposted-public/

 

Grice e Ferri – filosofia italiana – Luigi Speranza (Bologna). Filosofo. Grice: “I love Ferri; for one, he wrote on Ficino’s ‘dottrina dell’amore,’ which is of course Plato’s – and which I may call the most complicated philosophical doctrine of love ever conceived!” Insegna a Firenze e Roma. Linceo.  Discusse in tre lettere le “Confessioni di un metafisico” di Mamiani ed elabora in tre memorie le sue concezioni.  Pubblica la “Rivista italiana di filosofia.”    La filosofia platonica poggia su due basi: cioè sulla dottrina dell’idea e sulla dottrina dell'amore. Da esse provengono le teoria del vero e del bene, l'ordine dialettico e l'ordine morale in ogni sistema che accolga i principii e il metodo di Platone o della sua scuola. Ne segue che per conoscere in modo sufficientemente esatto la dottrina dell’amore di Ficino, non basta di esaminare la sua dottrina delle idee e dell'intelletto; conviene eziandio studiare i suoi pensieri sull'amore. Consideriamone adunque con lui la natura, l'oggetto, il fine, le specie, gli effetti, le attinenze coll'uomo, col mondo e con Dio; osserviamolo o immaginiamolo, com' egli fa, in se stesso e nei varii ordini degli enti; seguiamo rapidamente sulle sue traccie la splendore del bello e l'efficacia dell'amore nell'Antropologia, nella Cosmologia, nella Teologia, cioè nell'intera enciclopedia filosofica da lui percorsa nel suo Commento al Simposio platonico. (v. il fascicolo preceden to  Conf. La Dottrina dell'amore secondo Platone, lezione e note,  questa Rivista. Questa esposizione Firenze. Dopo d'allora fu pubblicata da Giovanni. L'amore generalmente considerato è desiderio del corpo bello, e il bello è una grazia che risulta da corrispondenza delle parti del corpo o da unità.  Questa corrispondenza delle parti o unità del corpo bello è di tre specie; o è affatto spirituale e consiste nell'armonia delle virtù interiori dell'animo, o è percettibile mediante li sensi ed è composto di una forma corporea o di voci. Dal che segue che il bello, non essendo riferibile se non ai sensi, altra facoltà e esclusa dal privilegio di conseguir e di goder il bello, e quindi che l'amore non ha altri strumenti da applicare.  Grato è a noi, dice Ficino, il vero e ottimo costume dell'animo; grata è la speziosa figura del corpo bello. E perchè queste tre cose, l'animo  Università di Palermo un'analisi accurata del Commento di Ficino sul Simposio platonico. Il lettore la troverà nelle sue Lezione di Filosofia (Palermo). Di questo Commento che è unito alla traduzione romana e italiana delle opere di Platone si hanno tre edizioni in toscano. Due sono del medesimo anno, delle quali una fatta in Venezia senza nome di stampatore: “Il Commento di Marsilio Ficino sopra il Convito di Platone e il esso Convito tradotlo in lingua toscana per Hercole BARBARASA da Terni con dedica al maguifico messer Gio. Battista Grimaldi”. Il Convito platonico vi è effettivamente tradotto in toscano ed unito al Commento. Un'altra è di Firenze, per Neri DORTELATA con dedica di un Bartoli al Duca Cosimo de' Medici. La terza è pure di Firenze e dovuta a GIUNTI. Entrambe queste ultime hanno per titolo “Sopra lo Amore ouver Convito di Platone”. Vi è premessa una dedica di Marsilio Ficino a Bernardo del Vero, cad Antonio Manetti, da cui risulta che la versione in lingua Toscana del Commento edito a Firenze dal Dortelata e riprodotto dal Giunti è opera propria di Ficino.  Le citazioni fatte in questa esposizione come gli estratti dati nell'appendice sono tolti da essa.  « come a lui accomodate e quasi incorporali di più prezzo « assai stima che l'altre tre, però è conveniente che egli più avidamente queste ricerchi, con più ardore abbracci, con più veemenza si maravigli. E questa grazia di virtù, figura o voce che chiama l'animo a sè e rapisce per mezzo della ragione, viso e udito, rettamente si chiama il bello (pulchrum, to kalon). Se si vuole conoscere la vera natura d'amore occorre, secondo Ficino, formarsi un giusto concetto del suo oggetto. I ragionamenti di Ficino su questo punto meritano di essere riferiti.  Trovandosi il bello nella forma del corpo bello, è mestieri che il bello sia una essenza comune. Non sarà dunque corporea, altrimenti non converrebbe agli animi; anzi tanto manca che il bello possa dirsi corporeo, che il bello da noi ammirato in una ‘forma’ non procede dalla ‘materia’, ma da un principio diverso ed è esso pure incorporale.  Difatto, il corpo puo perdere il suo bello. Quantunque, la ‘materia’ del corpo sostanzialmente non cambi, e può conservaro la stessa grandezza o la stessa piccolezza diventando brutto. La condizione del bello non corrisponde alla condizione della quantità e dell'estensione. Il bello e le sue vicende non dipendono punto dalla natura corporea e dai suoi più essenziali attributi. Nè si dica come fanno alcuni, che il bello è una certa posizione di tutti i membri del corpo o veramente commisurazione – simmetria -- e proporzione “pro portione” – portio cognate with Greek parao, to divide in parts --– analogia -- con qualche soavità di colori.  [ocr errors] ("). Objectum placitum res piacere Oggetti e piaceri del gusto, dell'odorato e del tatto relativi alla nutrizione, conservazione e generazione. Questa opinione non è ammissibile, imperocchè essendo  questa disposizione delle parti solo nell’organismo o cosa o corpo composto, nessuna cosa semplice sarebbe speciosa. Ma noi veggiamo « i puri colori, i lumi, una voce, un fulgor d'oro, il candor « dell'argento, la scienza, l'anima, la mente e Dio, le quali « cose sono semplici, esser belle. (bello naso romano) --. Il bello pue dunque esser in un composto, ma non s'anifica col composto, può essere nella pro-porzione, ma non s'identifica con essa. Avviene che stando ferma la medesima proporzione e misura della membra, un corpo non piace quanto prima. Certamente oggi nel corpo bello è la figura medesima che l'anno passato e non la medesima  “grazia” – non genera il medisimo gratitudo -- Nessuna cosa più tardi invecchia che la figura, nesssuna più tosto invecchia che la grazia. E per questo è manifesto non essere tutt'uno figura e il pulcro. E ancora spesso veggiamo essere in alcuno più retta disposizione di una parte e misura che in un altro; l'altro nondimeno non sappiamo per che cagione si giudica più “formoso” e più ardentemente si ama. E questo ci ammonisce che dobbiamo  stimare la forma bella essere qualche altra cosa, oltre alla disposizione de' membri. La medesima ragione ci ammae stra che noi non sospettiamo il pulcro essere soavità di colori : perchè spesse volte il colore in Socrate è « più chiaro , e in un giovane Alcibidiade è maggior grazia. E negli  uguali di età alcuna volta accade che quello che supera l'altro di colore è superato di grazia e di bellezza. Il bello non è dunque nè mistione di figure e colori, nè proporzione di parti, nè materia, nè quantità, e quantunque apparisca in un corpo bello, non ne risulta come da sua causa ; il bello si conferma ancora considerando le condizioni del suo conoscimento nell’amante; imperocchè cid che piace, ciò che desta il senso della grazia è la specie o immagine dell’amato accolta nell'animo; e questa specie è incorporale poichè è dentro allo spirito ; essa è una similitudine di un corpo bello – una statua --, non il corpo bello stesso, dal suo concorso o forma proviene il sentimento estetico di piacere e non dalla materia incapace di conferircelo fintantochè la sua forma non e posta in relazione con noi mediante li sensi. Infinita è la differenza fra la piccolezza della pupilla e l'ampiezza del cielo, ma in un punto solo lo spirito ne accoglie l'immagine e l'ammira. Finalmente mentre l’istinto corporali si acquietano e soddisfano mediante un determinato conseguimento del loro fine (l’orgasmo mistico), l'amore è insaziabile, e il suo andamento ci prova che havvi qualche cosa di superiore al corpo bello e al finito in lui stesso e nel suo oggetto. Difatto in che guisa si genera l'amore? In che modo commossi dal bello ne ammiriamo lo splendore? Eccolo. L'animo porta come impresse nel segreto di sua sostanza le ragioni delle cose ; quivi sono le primitive idea del vero, del bello, dell'onesto, dell' utile: quivi le cause più profonde di nostro desiderio, le norme universali e spontanee che guidano il giudizio degli incolti, e formano di verità il senno naturale e istintivo dell' uomo. Se l'immagine di una persona passando nell' animo concorda con quella figura dell'uomo che l'animo porta in sè stampata come un sigillo, subito piace, e come bello si ama. Per  a qual cosa accade che alcuni scontrandosi in noi, subito ci piacciono, benchè « noi non sappiamo la cagione di tale effetto. Perchè l'animo « impedito dal ministerio del corpo, non riguarda le forme « che sono per natura dentro a lui, ma per la naturale e « occulta sconvenienza o convenienza, seguita che la forma della cosa esteriore, con la immagine sua pulsando la forma della cosa medesima, che è dipinta nell'animo consuona, e da questa occulta offensione, ovpero allettamento, 'l'animo commosso, la detta cosa ama. Il bello è dunque corrispondenza di un corpo alle loro idea, e quella eziandio che risplende nel corpo bello è un certo atlo di vivacità e di grazia che dipende dal loro influsso. Poichè ordine. modo e specie, cioè distanza commisurata di parti, debita grandezza di membri, conveniente qualità di linee e di colori concorrono ad abbellire la figura umana, quando convengono fra loro e nella unità del suo tipo, quando concordano con le ragioni di ciascuna parto e con quella del tutto. L'amore osservato in noi è dunque rivolto a un oggetto intelligibile; il bello che egli ricerca è cosa spirituale ; l'idea, la verità, a cui si riferisce la sua più profonda inclinazione tende a separarlo dal corpo bello, a innalzarlo sopra gli enti sensibili, a trasportarlo sulle ali della mente fra gli oggetti divini e immutabili. Ma che cosa è adunque allora l'ainore in sè, l'amore come principio di tutti gli amori; è egli dunque un Dio, è egli perfetto e beato, felice, ricco, virtuoso, bastante a se stesso? Ovyero continuando a rappresentarlo sotto la forma del mito, dobbiamo figurarcelo , secondo il Convito di Platone, come un “demone”, cioè sotto la specie di un ente imperfetto, di un genio tramezzante il divino e l'umano, bello e brutto, ricco e povero, sapiente e ignorante, felice e infelice, nato dalla povertà e dall’abbondanza il giorno che i celesti celebravano i natali di Venere? Ficino ammette l'uno e l'altro concetto, ma dà più importanza al primo che al secondo e quest'ordine è conforme allo spirito generale del suo sistema. Mentre Platone nel Convito lasciando l'amore nel punto della sfera del finito che tocca l'infinito, ne fa soltanto un “demone” che aspira alla perfezione, ma che non giunge a conseguirla, Ficino, unendo il demiurgo del Timeo all'amore del convito, ravvisa in lui un demone e un dio, e più spesso il secondo che il primo, anzi egli attribuisce positivamente l'amore all'essere infinito. Il Dio del Timeo, che non ha invidia , mentre vuole il mondo perchè ne ama l'idea; il Dio di Filone e per Ficino il vero Dio, il suo Dio è come quello di Aligheri un amore infinito che spande la bellezza nell' uni  verso.  Ma prima di salire con lui alla regione più alta in cui possa recarsi la filosofia dell'amore, rimaniamo per qualche tempo ancora in terra e rendiamoci conto della sua vera natura nell'uomo.  A malgrado della tendenza mistica che distingue tutta la dottrina di Ficino ed era profondamente radicata nelle sue abitudini e nel suo carattere, a malgrado dell'indirizzo spirituale e religioso che in tutto il suo commento al Convito platonico egli si sforza di dare all' amore, è per altro ben costretto di confessare che oltre al desiderio della verità e di quell bello che si attiene alla mente, un'altra inclinazione l'accompagna, un altro istinto e un altro fine ne determina nell' uomo le fasi e lo svolgimento. Cosicchè dopo averlo definito semplicemente “desiderio del bello”, corregge con Platone l’analissi quando si tratta di applicarla all’amante e ammette che è “appetito – cupido -- di generare nel subbietto bello, per conservare vita perpetua nelle cose mortali. Questo è il fine del nostro amore, questo è l'amore degli uomini viventi in terra.  Ne segue che egli pure debba con Socrate distinguere i due influssi di Venere celeste o urania e di Venere volgare (sub-lunary) , dividere fra esse l'attività umana; le nostre aspirazioni e i nostri bisogni; che debba attribuire all’amore volgare o sub-lunare la tendenza alla generazione e al godimento materiale, all'amore celestial il desiderio della contemplazione e dei piacere virtuoso, e che congiungendo questa doppia direzione dell' amore con la triplice forma della vita sensibile, attiva e contemplativa di cui l'uomo è capace, egli ravvisi nell'uva delle due Veneri la causa che ci innalza dalla voluttà al godimento della virtù e della scienza, nell'altra la cagione che ci abbassa dalla scienza e dalla virtù al piacere materiale; in quella la forza che ci fa salire per gli ordini della perfezione, in questa l'impulso che ci fa discendere i gradi della decadenza morale. Ficino svolge con compiacenza il concetto di questa opposizione e insiste lungamente sulla superiorità dell'amore celestiale ; il sentimento cho lo guida, la qualità del suo carattere, l'indole stessa della sua filosofia, i fini che egli si propone scrivendo dell'amore, gliene ne fanno per così dire una legge. E per fermo nella sua filosofia lo spirito signoreggia talmente che il corpo (soma) bello diventa una sua creazione, che l'anima dimora nella materia come ospite e prigioniera, finchè ne abbia infranto per così dire i cancelli e sia tornata nella regione sopra-celeste (non sub-lunare) fra le anime beate. Immensa è la catena degli spiriti che Ficino, guidato dalla mistica, stende fra la terra e il cielo, e come ce ne convinceremo fra poco, l'Angelologia non è meno connessa presso di lui con la dialettica dell' amore che con quella dell'intelletto.  Inoltre il sentimento religioso e l'onestà della coscienza lo spinsero a combattere la scostumatezza dei contemporanei, a portare l'amore verso la meta più alta, a sollevarlo dal fango delle passioni epicuree. Difatto, sogliono i mortali,   quelle cose che generalmente o spesso fanno, dopo lungo uso, farle bene, e quanto più le frequentano farle meglio. Questo per la  nostra stoltiza falla in amore. Tutti continuamente amiamo in qualche modo, tutti quasi amiamo *male*, e quanto più amiamo, tanto peggio amiamo e cid avviene perchè entriamo in questo faticoso viaggio d'amore, senza conoscer ne il termine e i passi. È dunque nella cognizione di questo termine che si travaglia la sua filosofia. Trasmessa da Socrate a Platone essa viene significata da Ficino ai suoi concittadini per innalzare la loro mente al vero fine della vita. Ed egli è talmente persuaso della importanza della sua missione che l'insegnamento platonico su questo soggetto è per lui l'effetto d'un decreto della provvidenza, una vera rivelazione dello Spirito divino, un mezzo onde l'amore infinito riduce a sè gli amori erranti dei mortali, e li guida al godimento della bellezza assoluta. E così in questa coine nelle altro  parti della sua filosofia si ritrova quel miscuglio entusiastico di Platonismo e di Cristianesimo indefinito e largo che senza dubbio era frutto dei tempi, ma forse più ancora si atteneva al suo intelletto e a un'indole ondeggiante fra i dogmi alquanto incerti di una erudizione non sempre ben coordinata e precisa. Ma prima di giudicare la dottrina di Ficino sull'amore e di additare la causa dei suoi pregi e dei suoi difetti, facciamo di esporla il più completamente possibile.  Arriviamo con lui al termine della dialettica e prima vediamo che via convien tenere per conseguirlo. È quella medesimá che Platone insegnò nel Convito sotto il nome di Diotima, mostrando come l'animo nostro dai vestigii esteriori della bellezza sparsa nei corpi di una medesima specie, raccolga l'idea di uno bello solo e limitato, poi come delle bellezze distinte e coordinate delle specie corporee formi la bellezza più estesa di un solo genere ; poscia in che guisa passando dall'ordine fisico allo spirituale, dalle bellezze visibili alle invisibili, componga le specie, poi il genere del bello intellettuale e morale sparso nelle virtù, nelle scienze, nelle facoltà e doti tutte dell'essere spirituale, fintantochè accorgendosi che i due ordini partecipano a una medesima idea di perfezione e beltà infinita , sciolta da ogni limitazione, superiore ad ogni genere e specie, la mente si riposi nell'assoluta unità, e quella ami senza modo e misura. Tale è finalmente il termine della salita d'amore, tale è la fonte in cui si appaga la sua sete inestinguibile. « Bi« sogna, dice Ficino, cercarla altrove che nel fiume della ma« teria, e nei rivoli della quantità, figura e colori. O miseri « amanti in che luogo vi volgerete voi ? Chi fu quello che  [ocr errors][ocr errors] « accese l'ardentissima fiamma nei vostri cuori ? Qui è la « grande opera, qui è la fatica. Io ve lo dirò, ma attendete. La divina potenza superiormente allo universo, agli « angeli, e agli animi da lei creati, clementemente infonde, « siccome a suoi figliuoli, quel suo raggio, nel quale è virtù « feconda a qualunque cosa creare. Questo raggio divino in « questi, como più propinqui a Dio, dipinge l'ordine di « tutto il mondo, molto più espressamente che nella materia « mondana. Per la qnal cosa questa pittura del mondo, la « quale noi veggiamo tutta, negli angeli e negli animi è più « espressa che innanzi agli occhi. In quella è la figura di « qualunque specie, del sole, luna, stelle, degli elementi , « pietre, alberi e animali. Queste pitture si chiamano negli « angeli esemplari e idee, negli animi ragioni e notizie, nella « materia del mondo immagini e forme. Queste pitture son « chiare nel mondo, più chiare nell'animo e chiarissime sono « nell'angelo. Adunque un medesimo volto di Dio riluce in « tre specchi posti per ordine nell'angelo, nell'animo e nel « corpo mondano. Così Ficino congiunge la sua dottrina degli enti con quella dell'amore, la sua Angelologia con la sua Estetica ; così egli unisce il suo dogmatismo mistico con le belle osservazioni e i profondi concetti che ha ricavati da Platone e dalla scuola d’Alessandria ; così egli varia gli aspetti della filosofia dell'amore, non senza dilettare o abbagliare l'immaginazione e fornire all'animo poetico e religioso un pascolo dilettevole quantunque non sempre con uguale profitto per la so da scienza.  Di tre simboli si serve principalmente Ficino per espri  mere la relazione della bellezza divina colle bellezze create e la sua diffusione nel mondo; il lume, lo specchio e il cerchio. Ora seguendo le traccie di Platone egli ci rappresenta Dio come un sole intelligibile che non diversamente dal sole sensibile produce un lume universale, crea colle forze fecondate dal suo calore l'occhio e la facoltà di vedere, suscita e rende visibili nella materia le forme che l'adornano; ora volgendosi a considerare l'idealità delle cose mondane e a significarne l'origine, ce la rappresenta come un raggio che uscito dalla mente divina accende l'intelletto puro degli angeli, vi produce come in ispecchio gli esemplari degli enti, e di là si ripercuote come in altro specchio nei corpi, per giungere così riflesso all'animo nostro ed unirsi con quello che ci viene direttamente da Dio. Ora finalmente ci figura Dio come un centro posto in mezzo ai quattro cerchi concentrici della mente, dell'anima , della natura e della materia, ce lo dipinge come una forza infinita che da un punto solo raggia a tutti i punti delle circonferenze l'essere e la verità, il bene e la bellezza. Unità assoluta Dio penetra per tutto senza dividersi, proroca e regola il moto senza muoversi, produce il multiplo e il vario senza uscire di sua perfetta semplicità. Con un medesimo lume con una medesima efficacia egli raggia nel cerchio delle menti angeliche le idee o verità , in quello delle anime le ragioni o pensieri; nel cerchio della natura i semi; in quello della materia le forme.  In questi cerchi sono tre mondi che mediante la divina virtù passano dal nulla all'essere, dal caos all'ordine, dall'ordine alla perfezione; i mondi cioè della mente, delle anime e dei corpi. Ciascuno di essi è creato, attratto e perfezionato da Dio, il quale come fattore è principio, come perfezionatore è fine, come potenza attrattiva è mezzo universale degli enti. E il ternario della vita universale, mentre si manifesta nel ritmo cosmico della creazione, attrazione, e perfeziono delle cose, si palesa eziandio nella sostanza dei tre mondi della mente, dell'anima e della materia, e più alto ancora nel triplice attributo di Dio: Bontà, il bello e Giustizia. La Bontà crea, la Bellezza attrae, la Giustizia consuma l'opera dell'una e dell'altra. Cosicchè per ultimo tutto procede fontalmente da Dio, tutto è a Dio rapito e in lui tutto ritorna e consiste per atto terminativo o perfetto; tutto viene dall'unità e all'unità si riduce; e la causa principale di questo movimento è la bellezza, l'atto per così dire centrale di questa circolazione della vita è l'amore, amore perfetto e pieno possessore del bello in Dio, amore imperfetto e ricettore meno ampio del suo splendore nel mondo e nell'uomo, nell'angelo, nell'anima e nel corpo.  « Con essa (bellezza) dice Ficino, Dio rapisce a se il mondo « e il mondo è rapito da lui; un certo continuo attraimento è « tra Dio e il mondo; che da Dio comincia e nel mondo « trapassa, e finalmente in Dio termina, e come per un « certo cerchio, d'onde si ripartì, ritorna. Sicchè un cerchio « solo è quel medesimo da Dio nel mondo, e dal mondo in « Dio, e in tre modi si chiama. In quanto ei comincia in « Dio o alletta, Bellezza; in quanto ei passa nel mondo o « quel rapisce, Amore; in quanto, mentre che ei ritorna nello « autore, a lui congiunge l'opera sua, dilettazione. Lo amore « adunque cominciando dalla bellezza, termina in dilettazione».  Egli è a questa dilettazione o beatitudine che Ficino ci chiama, facendosi interprete della religione che suol chiamarsi  naturale, del Cristianesimo e del Platonismo; egli ce la promette nella vita sopramondana; in quell' Iperuranio che Platone da sublime poeta dipinge nel Fedro, in quel Cielo che il genio di Dante sparge di luce e letizia crescente di sfera in sfera fino alla bellezza sfolgorante dell'Empireo e alla maestà del trono divino. Nella sua immaginazione, riscaldata dal misticismo, i due concetti si fondono, i due cieli si unificano, le due religioni si mescolano in una essenza comune, e la intuizione poetica guida e signoreggia la mente del filosofo. Il linguaggio di Dante e di Platone viene successivamente e promiscuamente sulle sue labbra; poichè ora egli vede l'amor divino menar gli animi alla mensa dei celesti abbondante di ambrosia e di nettare, ora contempla l'ordine in cui il medesimo amore dispone per così dire i loro scanni, e la distribuzione con cui li rende quieti e beati. Ficino ammira la perenne effusione e letizia di un affetto che sempre si rinnova e si bea nella sua fonte eterna; congiungendo la terra al cielo, la vita mondana alla celeste, egli ravvisa nell'amore il vincolo dell'una e dell'altra, una medesima forza che si svolge e si perfeziona e quasi un medesimo dramma che s'inizia nella prigione del corpo e si compie in una esistenza pienamente libera e spirituale. Imperocchè i gradi di quelli che seggono nel convito celeste, dice Ficino, seguitano i gradi degli amanti; quelli che più eccellentemente Dio amarono, di più eccellenti vivande quivi si pascono. Ciascuno lo göde sotto un aspetto, e cioè sotto quel medesimo che più amd e imitd sulla terra; in lui la giustizia, la fortezza, la temperanza contempla il beato e fruisce secondo la virtù che lo distinse, secondo il mezzo onde il suo amore si sublimo, e l'idea onde la sua mente fu più inva  ghita. Ma qualunque sia il principio che informa la beatitudine di ciascun'anima, esso è sempre un aspetto di Dio, e per così dire uno splendore del suo volto; cosicchè la gerarchia delle idee divine costituisce i gradi della beatitudine e la medesimezza della divina natura ne forma l'unità.  Ecco ora spiegato l'enigma dell'amore secondo Marsilio Ficino; nell'ultima parte di questa dottrina voi ravvisate un predominio del sentimento religioso e dell'intuizione poetica sulla ragione filosofica, un'abitudine di dogmatizzare che si sostituisce all'atto schietto dell'osservare e del ragionare, o nondimeno una sintesi di concetti e di rappresentazioni che formano un tutt'insieme elevato e degno della nostra ponderata considerazione; sopratutto per le sue attinenze coi fini che Marsilio si proponeva, colla causa della religione allora cosi decaduta nei costumi e nelle credenze, e alla quale ogli si consacrava; colla poesia pazionale che mercè do'suoi commenti si ricongiungera all'Estetica di Platone; finalmente coll'arte che nella patria di Giotto e del Beato Angelico conseguira, mediante i suoi lavori, una coscienza più piena della propria idealità, e una spiegazione più compiuta delle sue inspirazioni.  Grau differenza certo è fra Platone c colui che volle essere suo schietto discepolo, ma non vi riuscì, nè poteva impedito dal suo proposito di conciliare la dottrina del filosofo Atoniese col Neoplatonismo degli Alessandrini e l'uno e l'altro col Cristianesimo. Platone avera bensì additato all'anima umana la bellezza incrcata e perfetta como termino supremo della sua contemplazione; aveva egli detto veramente che il corpo è una prigione per essa, e che la sua vita comincia colla morte corporeil ; aveva insegnato como un sublime do  [ocr errors] vere la fuga dalle cose sensibili alle intelligibili, dai fenomeni alle idee, e qualche altro pronunciato si troverebbe ancora nelle sue opere che divenne pei posteri germe prolifico di dottrine mistiche ed esclusive. Ma egli aveva pure fatto dell'amore un demone, e come un mediatore fra l'uomo e Dio, una sintesi dei contrarii, un misto di perfezione e d'imperfezione; per cui innalzandolo al cielo non lo separava dalla terra, rendendogli le ali non lo dividera dalle passioni e dagli istinti che nei suoi miti stupendi sono rappresentati dai cavalli del cocchio dell'anima e si connettono con le necessità, i fini e le vicende della vita terrena. Egli definisce 'propriamente l'amore il desiderio di generare nella bellezza, e dividendo questa generazione in materiale e spirituale, egli vede soggiacere all'impero e al connubio fecondo dell'amore e del bello la vita filosofica, religiosa, morale artistica e fisica dell'umanità ; per lui le opere belle e buone provengono tutte dall'idea e dall'amore, e la unione e fecondità di entrambi si scorgono nella vita dei grandi poeti, dei fondatori della religione, dei legislatori più sapienti, dei filosofi più sublimi, come nelle leggi secrete che astringono la vita del mondo al mantenimento dell'ordine universale e nei moti istintivi che portano gli animali all'accoppiamento e alla perpetuazione della specie.  Così è, Platone, a malgrado della tendenza profondamente idealistica della sua filosofia, non separa l'amore dalla realtà, e anzi talvolta lo lascia cosiffattamente errare fra gli scogli dei costumi e della società greca, che vi rompe spesso e perde le penne leggiere che debbono volgerlo all' alto e portarlo dalla terra al cielo.  Nella dottrina platonica il carattere religioso dell'amore  si fondava sul razionale, rimaneva dialettico e non si tramutava in un processo mistico. Sotto la guida dell'intelletto saliva dall'umano al divino per ricongiunger questo a quello, benchè i due termini non vi fossero uniti in quella intimità profonda che la trascendenza delle idee platoniche non poteva ammettere. La separazione originaria dell'intelligibile dal sensibile vi apriva bensì un adito al misticismo, come un mezzo di supplire alla insufficienza speculativa della metessi o partecipazione, ma non l'introduceva se non accessoriamente col mito e la immaginazione, chiamati a simboleggiare i misteri dell'oltretomba e a rappresentare artisticamente concetti scientifici sulle attinenze dell'anima col corpo e sulla produzione del mondo. Ma la dialettica ontologica di Ficino foggiata su quella di Proclo non poteva mantenersi in questi confini.  Presso di lui l'amore sembra non avere altr'ufficio sulla terra che di indirizzarci al cielo, i suoi ministerii antropologici, sociali, artistici, scientifici non valere che a rispetto della sua meta suprema. Era questi mezzi Ficino ne distingue principalmente quattro, la poesia, la religione, la divinazione o dono profetico e l'amor divino, e, nel suo modo di vedere, l'opera del sentimento predomina in essi talmente sulla ragione che dilatando il concetto attribuito dal Socrate platonico nel Fedro a Stesicoro e applicato nello Jone specialmente alla facoltà poetica, egli chiama furori gli affetti dai quali dipendono e misura i loro pregi dall'impulso entusiastico col quale concorrono ad unificar l'animo, toglierlo all'agitazione e al moto, accostarlo all'immobilità dell'angelo, e finalmente rapirlo in estasi sopra la moltitudine delle cose mondane fino all'essenza e unità divina (').  M) A conferma del carattere mistico del Commento di f'icino si aggiunga che nell'orazione quarta detta dal Landino il grazioso mito. In Platone l'amore collegandosi colle simpatie naturali e colle tendenze ideali nobilitava gli istinti, stendeva un velo di bontà morale sulla passione, rendeva gli amanti intenti al reciproco, perfezionamento, desiderosi della vicendevole felicità, ammiratori di una comune bellezza; di guisa che in forza della efficacia ideale, dell' amore, un raggio di poesia e di virtù si stendeva sulle sue condizioni reali, ne purificava le funzioni e i fini, ne connetteva i' risultamenti col bene dell'individuo e della società.  Questo aspetto stupendo dell'affetto umano in cui risplende il bene pratico e civile, che si connette con l'eroismo e la gloria, con le virtù operative e feconde, o è stato trascurato o almeno non ha ricevuto il necessario srolgimento nella dottrina di Marsilio. Egli ci ammonisce per vero che dobbiamo, amar Dio in tutte le cose, e tutte le cose in Dio, e che per gịungere a questa purificazione dell'amore ci è mestieri di contemplare la pura essenza delle cose nella luce dei loro tipi ideali, che sono il raggio immediato della Verità e Bontà divina. Là noi troveremo il vero uomo , là vedremo la natura e il fine degli enti, il vero oggetto di tutti i nostri ufficii. Ma in che modo questi bei precetti possono essi applicarsi alla vita ? Ficino non ce lo dice; Ficino non discende da quest'altezza. Mentre Platone segue l'amore nelle sue fatiche e nelle sue ansie, mentre abbracciando con ardore il doppio ordine della  degli Androgini esposto da Aristofane nel Convito platonico è nel Commentu di Ficino trasportato dalla integrità e divisione dell'uomo alla integrità o divisione delle relazioni della conoscenza o attività psichica col lume sopranaturale e naturale. Separata. da Dio e aflidata al solo lame ingenito l'anima è come ridotta alla metà di se stessa, frutto della sua superbia. Essa non ritrova l'altra sua metà e non si reintegra che ritrovando il lume sopranaturale.  vita attiva e contemplativa lo conduce di grado in grado ad ammirare le bellezze del mondo ideale per farne penetrare la luce nelle operazioni e nelle forme del mondo reale, Ficino si contenta d'allontanarlo il più possibile dal corpo e dai suoi piaceri, di persuaderlo che la vista, l'udito e l'intelletto sono i soli mezzi di cui possa giovarsi al suo vero scopo. Ottimi intendimenti, eccellenti consigli, e certamente efficaci sugli animi ben naturati, quando vadano congiunti a due importanti condizioni, e cioè 1° di non dimezzare la natura umana dimenticandone gli imperiosi bisogni, gl' istinti e i fini provvidenziali, e 2o d'aprire all'umana attività una carriera in cui le sue passioni abbiano sfogo regolandosi colle norme della scienza della virtù. No, le idee non son fatte soltanto per essere vagheggiate da solitarii ed egoisti contemplativi, ma eziandio per essere recate all'atto, e sposate per così dire al mondo con fecondo connubio. L'idealismo non può essere la guida della umanità senza l'appoggio del realismo; l'uno e l'altro presi isolatamente sono esclusivi; la loro unione soltanto è vera e feconda. Invano Ficino rapito dalla idea della bellezza assoluta e vedendola scaturire dall'unità divina, mi traccia la via d'amare e mi consiglia di cercarne l'oggetto nell'unità degli enti spirituali, salendo dal corpo (forma) all'anima, dall'anima all'angelo, dall'angelo a Dio; in questa salita in cui la scienza gli rimprovera di realizzare l'astratto, separando la mente dall'anima per crear l'angelo, e di trasportare le tradizioni religiose nelle dottrine filosofiche, il cuore umano separato dalla realtà gli domanda imperiosamente di far ritorno alle sue vere condizioni; egli vuol essere innalzato, ma al patto di riportar tosto dalle sue peregrinazioni celesti, e, per cosi dire dal convito dei beati,  [ocr errors][ocr errors][merged small] quel nettare e quell' ambrosia che spargono di giustizia e bellezza le relazioni della vita, che pascono lo spirito di verità ideale per renderlo efficace operatore di beni e di virtù reali. Invano Ficino conforta i suoi contemporanei a contentarsi, nell'amore, degli atti della vita contemplativa; inutilmente egli deplora i corrotti costumi di una società scettica e dimentica del dovere. La baldanza trionfante dei sensi e della materia resiste alla sua voce come a quella del Savonarola. Lorenzo il magnifico non si distoglie dal suo epicureismo, e la gioventù fiorentina concorre avida e frequente a crescere il numero dei suoi imitatori. L'ascetismo del frate riformatore e il misticismo del sacerdote filosofo sono rimedii troppo superiori alle abitudini della società contemporanea. Essi sarebbero insufficienti a ricondurre qualunque altra società a quelle virtù che rampollando dalle nostre relazioni colla famiglia, colla patria e coll'umanità, innalzano l'amore pei gradi di una gerarchia disposta dalla natura fra l'individuo e l'autore del mondo morale. In questo ordine non bene apprezzato dall'idealismo stesso di Platone, consiste la vera salita d'amore; in queste sfere egli pud essere ad un tempo divino e umano, religioso e civile; egli pud diventar sublime senza cessare di essere pratico, prender per guida l'idea senza perdere di vista la realtà; in esse può spiegarsi la sua forza dal modesto affetto che nudrisce e veglia la vita infante delle mortali generazioni fino all'eroismo che rapito dalla bellezza della giustizia sacra e immola se stesso al trionfo della libertà e del diritto.  A questo segno aveva mestieri di essere condotta Firenze, a questa meta avrebbe dovuto rivolgersi l'Italia sulla fine del 400, per rifare le proprie convinzioni, per correggere  i  suoi costumi, per dare alla forza materiale un fondamento incrollabile nella forza morale.  In questo modo essa avrebbe dovuto provvedere per tempo a se medesima, e opporre l'usbergo della virtù e del coraggio allo straniero che stava per immergerle il ferro nel seno. Egli venne attratto dalla sua bellezza; la trovò mal difesa, la vinse e se ne insignor). Videro i sapienti di quel tempo lo strazio ch'egli ne fece schernendo la sua debole resistenza, e Ficino era fra essi.  Lagrimò il pio sacerdote su tanto male, ricordd agli uomini i loro trascorsi e i segni del cielo forieri di punizione; gl'invitd a rassegnarsi e a pentirsi. Un altro conforto egli porse a Firenze afflitta, interponendosi fra essa e Carlo VIII, e con orazione più informata a carità che a fermezza, si sforzo di volgere l'animo di lui a miti e clementi consigli. Cristiane intenzioni, pietosi ufficii! Ma altri aiuti, altri difensori richiedevano i tempi, e l'energia di Capponi mostrd di che tempra sono gli animi da cui dipende la salvezza dei popoli. Il libro di Ficino sopra l'Amore consta di Orazioni che espongono e commentano con indirizzo neoplatonico, quelle che sono contenute nel Convito di Platone. Ficino stesso narra nel capitolo primo l'origine e lo scopo del suo lavoro.  Platone spird (secondo la tradizione) in un convito nell'ottantunesimo anno di sua età il 7 di ottobre, giorno anniversario della sua nascita, cosicchè gli antichi platonici, ogni . anno, celebravano cotesto giorno in un convito. Abbandonato per mille e dugento anni da Porfirio in poi il rito solenne, fu restaurato con regale apparato per ordine di Lorenzo il Magnifico nella villa di Caregri, sotto la direzione di Francesco Bandini che ne fu costituito Architriclino.  I convitati furono 9, pari cioè al numero delle muse. Sette figuransi le orazioni dette e corrispondono a quelle che sono contenute nel Convito platonico. Si trassero a sorte le parti da sostenersi e la sorto presaga dell'intenzione del vero commentatore le distribui precisamente nel modo più conveniente alle qualità dei personaggi del nuovo Simposio. Cosicchè la orazione di Fedro, bello e giovane retore, tocca a Giovanni Cavalcanti, che per virtù e nobiltà di animo come per bellezza esteriore fu chiamato l'eroe del Convito; la seconda detta da Pausania ad Antonio degli Agli vescovo di Fiesole, la terza di Erissimaco medico a Ficino; la quarta di Aristofane a Cristoforo Landino; la quinta di Agatone a Carlo Marsuppini, la sesta di Socrate a Tommaso Benci, la settima di Alcibiade a *Cristoforo* Marsuppini. Ma il vescovo e il medico debbono partire per la cura delle anime e dei corpi e commettono le loro disputazioni a Giovanni Cavalcanti. Ficino non poteva essere più cortese coi suoi discepoli e amici platonici. In questo banchetto reale la cui fatica ideale e commemorativa è tutta sua egli si è ecclissato. Anche il Nuti e il Bandini che insieme cogli oratori compiono il numero sacro delle nove muse non sono da lui dimenticati. Al Bandini ordinatore del banchetto non aveva bisogno di attribuire altra parte che quella assegnatagli da Lorenzo. Dal Nuti suppose fatta la lettura del Simposio platonico premessa ai commentarii. Secondo Bandini sarebbe Cavalcanti che avrebbe persuaso Ficino a scrivere il dialogo dell’amore per invogliare la gioventù del celeste bello.  La versione toscana del Commento di Ficino al Convito essendo divenuta ziuttosto rara, e desiderando far conoscere con qualche particolarità le speculazioni del filosofo fiorentino sull'Amore, stimo opportuno di aggiungere alcuni estratti alle citazioni contenute nel testo. Definizione della Bellezza e dell' Amore.  Il bello è una certa grazia, la quale massimamente e il più delle volte nasce dalla corrispondenza di più cose; la quale corrispondenza è di tre ragioni. Il perchè la grazia che è negli animi è per la corrispondenza di più virtù. Quella che è nei corpi, nasce per la concordia di più colori e linee. È ancora grazia grandissima ne' suoni, per la consonanza di più voçi. Adunque di tre ragioni è la bellezza; cioè degli animi, de' corpi e delle voci. Quella dell'animo con la mente sola si conosce : quella de' corpi con gli occhi ; quella delle voci non con altro che con gli oreochi si comprende. Considerato adunque che la mente e il vedere e lo udire son quelle cose, con le quali sole noi possiamo fruiro essa bellezza ; e lo amore di fruire la bellezza desiderio sia ; bo. Amore sempre della mente, occhi è orecchi é contento. Lo appetito che gli altri sensi seguita, non amore, ma piuttosto libidine o rabbia si chiama.  Finalmente che cosa è un corpo bello? Certamente è un certo atto, vivacità e grazia , che risplende nel corpo. Questo splendore con discende nella materia, s' ella non è prima attissimamente preparata. E la preparazione del corpo vivente in tre cose s'adempie, ordine, modo e specie. L'ordine significa la distanza delle parti, il modo significa la quantità, la specie significa lincamenti e colori. Perchè in prima bisogna che ciascuni membri del corpo abbino il sito naturale, e questo è che li orecchi, li occhi, il naso e. gli altri membri siano ne' luoghi loro, e che gli orecchi" 'amendoi egualmente sieno discosti dagli occhi. E questa parità di distanza che s'appartiene all'ordine, ancora non basta, se non vi s'aggiunge il modo delle parti: il quale attribuisce a qualunque membro la grandezza debita, attendendo alla proporzione di tutto il corpo. E questo è che tre nasi posti per lungo adempino la lunghezza d'un volto ; e ancora li due mezzi cerchi delli orecchi insieme congiunti, faccino il cerchio della bocca aperta: e questo medesimo faccino le ciglia se 1222, me si congiungono. La lunghezza del naso ragguagli la lunghezza del labbro e similmente dello orecchio : e i due tondi degli occhi , ragguaglino l' apertura della bocca, otto capi faccino la lunghezza di tutto il corpo: c similmente le braccia distese per lato e le gambe distese faccino l' altozza del corpo. Oltre a questo stimiamo essere necessaria la spezie; acciocchè li “artificiosi” tratti delle linee e le crespe, e lo splendore degli occhi adornino l'ordine e modo delle parti. Queste tre cose benchè nella materia siano, nientedimeno parte alcuna del corpo essere non possono. L'ordine de'membri, non è membro alcuno : perchè lo ordine è in tatti. i membri, o nessun membro in tutti i membri si ritrova. Aggiugnesi che lo ordine non è altro che conveniente distanza delle parti; e la distanza ė o nulla , o vacuo ,  o un tratto di lince. Ma chi dirà le linee essere corpo? Conciossinchè manchino di latitudine, e di profondità , necessarie al corpo. Oltre a questo il modo non è quantità, ma è termine di quantità. I termini sono superficie, linee, punti, le quali cose non avendo profondità non si debbono corpi chiamare. Collochiamo ancora la spezio non nella materia, ma nella gioconda concordia di lumi, ombre e linee. Per questa ragione si mostra essere il bello dalla materia corporale tanto discosto, che non si comunica a essa materia, se non è disposta con quelle tre preparazioni incorporali, le quali abbiamo narrate. Tre mondi pongono (i Platonici): tre ancora saranno i caos. Prima che tutte le cose è Iddio autore di tutto, il quale noi esso Bene chiamiamo. Iddio prima crea la mente angelica : dipoi l'anima del mondo come vuole Platone: ultimamente il corpo dell' Universo. Esso sonimo Iddio non si chiama mondo, perchè il mondo significa ornamento di molte cose composto : ed cgli al tutto semplice intendere si debbe. M:: esso Iddio affermiamo essere di tutti i mondi principio e fine. La mente angelica è il primo mondo fatto da Dio; il secondo è l'anima dell'universo, il terzo è tutto questo edifizio che noi veggiamo. Certamente in questi tre mondi, ancora tre caos si considerano. In principio Iddio creò la sostanza della mente angelica, la quale ancora noi essenza nominiamo. Questa nel primo momento della sua creazione è senza forme e tenebrosa: ma perchè ella è nata da Dio, per un certo appetito innato , a Dio suo principio si rivolge: voltandosi a Dio, dal suo raggio è illustrata, e, per lo splendor di quel raggio, s'accende l'appetito suo. Acceso tatto a Dio si accosta ; 'accostandosi piglia le forme; imperocchè Iddio che tutto può, nella mente che a lui si accosta, scolpisce la natura di tutte le cose, che si creano. In quella adunque spiritalmente si dipingono tutte le cose che in questo mondo sono. Quivi le spere de' cieli, e degli elementi, quivi le stelle, quivi la natura de' vapori, le forme delle pietre , de' metalli, delle piante, e degli animali si generano. Queste spezie di tutte le cose, da divino aiuto, in quella superna mente concepute, essere le idee non dubitiamo ; e quella forma e idea de' cieli, spesse volte Iddio cielo chiamiamo; e la forma del primo pianeta Saturno, e del secondo Giove, e similmente si procede ne' pianeti che seguitano. Ancora quella idea di questo elemento del fuoco si chiama Iddio Vulcano, quella dell'aria Junone, e dell'acqua Nettuno, e della terra Plutone ; per la qual cosa, tutti gli dei assegnati a certe parti del mondo inferiore, sono le idee di queste parti in quella superna mente adunate. Ma innanzi che la mente angelica da Dio perfettamente ricevesse le idee, a lui si accostò; e prima che a lui si accostasse, era già di accostarsi acceso lo appetito suo ; e prima che il suo appetito si accendesse, aveva il divino raggio ricevuto : e prima che di tale splendore fosse capace , lo appetito suo naturale a Dio suo principio già si era rivolto  E il suo primo voltamento a Dio è il nascimento d'amore; la infusione del raggio, il nutrimento d'amore, e lo incendio che ne seguita, crescimento d'amore si chiama. Lo accostarsi a Dio è lo impeto d'amore ;  [ocr errors] la sua formazione è formazione d'amore, e lo adunamento di tutte le forme e idee i latini chiamano Mondo, e i greci Cosmo, che ornamento significa. La grazia di questo mondo e di questo ornamento è la bellezza alla quale subitamente che quello amore fu nato, tirò e condusse la mente angelica , la quale essendo brutta (caos) per suo mezzo bella divenne. Però tale è la condizione di amore che egli rapisce le cose alla bellezza, e le brutte alle belle aggiugne. Amore legame universale.  Secondo che mostrammo, questo desiderio di amplificare la propria perfezione, che in tutti è infuso, spiega la nascosta e implicata fecondità di ciascuno, mentre che costringe germinare fuori i semi : e le forze di ciascheduno trae fuori : concepe i parti , e quasi con chiave apre i concetti e produce in luce. Per la qual cosii, tutte le parti del mondo, perchè sono opera di uno artefice, e membri di una medesima macchina, tri se in essere e vivere simili, per una scambievole caritii insieme si legano. In modo che meritamente si può dire lo Amore nodo perpetuo, e legaine del mondo, e delle parti sue immobile sostegno, e della universa macchina primo fondameuto. Bonghi ha intrapreso sino dalla sua giovinezza il convito. Le implicature di Bonghi non valgono solo per lo sforzo quasi sempre felice di rendere i pregi mirabili del convito, segnatamente di quelli che si distinguono maggiormente per la forma arguta, agile e briosa del conversare, ma ben anco per gli studi profondi che da ellenista consumato e da pensatore acuto e vigoroso, egli ha compiuti sul testo e sulla dottrina del grande filosofo, e che in varia maniera e intento diverso di scritti, allargano la sua pubblicazione alle proporzioni di un commento filologico e filosofico, nonché di una illustrazione storica della dottrina dell’amore. L'erudizione di cui Bonghi dispone e a cui non isfugge nulla delle letterature straniere che risguardi l’Ellenismo in generale e particolarmente la filosofia romana, gli permette di trattar il soggetto in guisa da abbracciare i risultati delle ullime ricerche e della critica più recente. La distribuzione di questo volume, che è il sesto pubblicato, benchè porti la cifra IX e tale debba esser il suo posto nell'intera versione dei Dialoghi, può dare un'idea del modo di procedere in questi lavori. Bonghi apre il convito con un messagio ad un ignoto in cui si discorre con quello spirito arguto e vivace e veramente romano che tutti riconoscono nel Bonghi, dell'amore che, nonstante un titolo diverso, forma veramente la sostanza del convito, non senza toccare lo scabroso argomento degli amori greci e far intendere con delicatezza perchè la dedica di un tal dialogo non potesse rivolgersi ad un ignore, ma dovesse, per così dire, farsi in petto e rimanere misteriosa. Non possiamo trattenerci sulla rapida scorsa data da Bonghi in questa prefazione alla storia della dottrina dell’amore, ovveramente sugli accenni ch'egli fornisce a chi vorrà intraprenderla. Ci basti rilevarne queto tratto che, a suo avviso, la dottrina dell'amore assai probabilmente non sarebbe nata senza la depravazione del bisogno e del sentimento che ha spinto l'animo di Socrate a sublimare tanto l'amore, quanto nei costumi romani, era divenuto basso e turpe; congettura suggerita certamente da un fatto storico e dalla sua connessione con una grande filosofia, ma che può parere soverchia considerando che la dialettica romana eleva lo spirito dal finito all'infinito per le due vie unite del pensiero e dell'amore, il cui oggetto comune è l'idea. Non v'ha dubbio che il vizio dell’amore ‘volgare’ combattuto da Socrate porse un'occasione e una forma particolare allo svolgimeno e sopratutto alla esposizione di questa dialettica. Ma essa è talmente connaturata all'intero corpo della dottrina dell’amore e e penetra del suo influsso talmente la psicologia filosofica, da permettere di vedere nella salita dell'amore in dio una parte della su’essenza. Anche senza gli amori cosi detti romani, il sentimento umano avrebbe sempre offerto nelle sue inevitabili deviazioni qualche altra occasione a questa dottrina. Dopo la prefazione anzidetta viene nel volume un proemio nei quali si tratta successivamente del convito di Senofonte, del convito di Platone, del paragone dei due conviti, della dottrina esposta nel convito di Platone, poi della storia della dottrina dell’amore affini in Aristotele (amore del amico, amicizia, l’aporia dell’amicizia), negli Stoici e negli Epicurei, e nel Paganesimo rinascimentale. Seguono copiose ed erudite note alla prefazione ed al proemio, poi il Convito platonico e il convito di Senofonte, ugualmente accompagnate da note e commenti. Con molta acuratezza ed analisi finissima, si espone il soggetto e l'ordito del convito senofonteo mostrando come bensi l'arte non vi sia estranea, ma come anche vi si ritragga un fatto realmente avvenuto coi personaggi che vi presero parte. Senofonte può avere abbellito o modificato in qualche parte i discorsi che vi furono tenuti, ma egli ne ha, senza dubbio, riferita la sostanza e conservato il carattere. Callia, Autolico, Antistene, Socrate e gli altri vi assistettero e vi presero la parola e doveltero farlo in modo conforme all'indole nota di ciascuno. Inducono tanto più a crederlo il modo, il soggetto e l'ordine vario dei discorsi di questo Convito. Ciascuno dei convitati parla di ciò di cui più si tiene, di guisa che se la relazione di Callia col giovane Autolico porge occasione a discorrere dell'amore, e l'amore ne diventa tanta parte, ognuno peraltro loda ciò che è più conforme al suo gusto e gli pare più degno. Il vero scopo del convito senofonteo è di mostrare uno degli aspetti molteplici della personalità di Socrate e precisamente di dipingerla quale era in una allegra brigata fra amici che si ricambiano piacevolmente lo scherzo. E difatto Socrate vi è chiamato ruffiano, ed egli stesso accetta e si piace di essere chiamato cosi e si tiene del suo ruffianesimo più che di ogni altra cosa, ma la sua arte di mezzano è altamente morale e civile. Essa intende a mettere ciascuno in relazione col proprio spirito, e gl'individui che meritano le sue premure in relazione gli uni cogli altri in modo da porre concordia di virtù e d'amore fra i cittadini, amicandoli con sè stessi e rendendoli utili alla patria. Essa è ben più ri-formatrice dei costumi romane relativi all'amore, e tale appare negli atti e nei discorsi di Socrate riferiti in questo convito, poichè egli, olre allo insegnare il modo di volgere al  bene intellettuale e civile l'amore pei fanciulli spiritualizzandolo, per cosi dire, mostra chiaramente di condannarlo nella sua parte materiale coll'additare la legittima via segnata dalla natura alla passione amorosa. Il convito di Platone deve essere succeduto al convito del suo con-discepolo Senofonte. I personaggi non sono i medesimi che quelli del convito senofonteo. L'ordine dei discorsi non è libero come in quello, nè il soggetto loro vario e a scelta, ma l'uno e l'altro sono prestabiliti secondo il disegno di svolgere nei suoi vari aspetti l'argomento filosofico sull’amore; il quale successivamente da Fedro, da Pausania, da Erissimaco, da Aristofane, da Agatone e da Socrate -- che riferisce un altro dialogo -- è considerato, descritto e lodato come un dio e come un sentimento, un simbolo mitico e un fatto fra l’amante e l’amato, ora come forza cosmica e funzione essenziale della vita universale, principio della generazione e della perpetuità delle specie, ora nel mito festevolmente inventato da Aristofane come mezzo di completare la nostra imperfetta natura mediante l'unione delle facoltà e delle attitudini che ci mancano e il cui complesso si trova in origine fuso nella unità della essenza umana primitiva, finalmente come mezzo d'innalzarsi, dietro la scorta delle idee, dal bello individuale o particolare alla unità di sua specie e di suo genero. Noi non possiamo riprodurre dalla dotta e particolareggiata esposizione del Bonghi questi discorsi. Ci limiteremo a riferire i gradi della scala dialettica segnati, nel discorso Socrate per salire all'ultimo oggetto dell'amore. La corpo bello è il primo scalino. Ma in questo primo passo è un singolo corpo bello quello a che muove l'amante. Un secondo gradino consiď ste nel distaccarsi dal corpo bello singolare, considerando il bello che splende nel singolo corpo. C’e un genero del corpo bello. Questo fatto ha occasione di montare un terzo gradino. Questo e la comparazione generale e superior di una multitudine di corpi belli singolari. Il quarto gradino e l’orgasmo mistico dell’amante altre il singolare corpo bello iniziale dell’amato. L'azione ch'egli esercita su questa, intrattenendola con ragionamenti adatti a renderla migliore e ricercandone di tali, gli è motivo a riconoscere che v'ha un genero del bello, il quale irraggia del pari (ogni condotta di vita e ogni prescrizione di legge. Questo e il quinto gradino. Dal quale l'ascensione prossima è alla contemplazione del bellissimo, ch'è sesto gradino. A questo punto egli ha già contemplate molte corpi belli; s'è già distaccato da ogni corpo bello singolo; si ha già liberato da ogni attaccamento particolare; sicchè è già in grado di contemplare un bello, che su tutte « tal bello s' elevi e tutto le raduni, e acquistarne scienza. Questo è il gradino settimo. Ma v'ha ancora più in su di quea sto, un bello, in cui ogni molteciplità o differenza si consuma e spira. Dal bello di cui vi ha scienza, vi s'ascende, (e colla contemplazione di esso si giunge al sommo della « scala. Che natura ha questo bello supremo ? Perenne, immutabile, perfetto, senza principio nè fine, sovrasensia bile inaccessibile a ragionamento o a scienza, comuni cabile a ogni cosa integro sempre e  non accresciuto (nè scemato mai. Qui è il fine e la beatitudine della vita, qui è la fonte d'ogni virtù vera. Nella contemplazione di questo bello si a raggiunge la maggiore intrinsichezza col divino, e si diventa davvero immortali. Prima di giungere a tanta altezza di pensiero e di esporre il processo dialettico di Socrate e servendosi del suo metodo, tratteggia un'analisi di psicologia filosofica sull’amore che s’inizia con la percezione dell’amante del corpo bello dell’amato -- in due modi e cioè in termini concettuale e sotto i colori del mito giungendo col primo alla definizione o concetto che ‘amore’ e ‘desiderio’ – ma un desiderio specifico: di generare nel corpo bello. Questo concetto e simbolizzato nel mito che representa l’amore come partorito dalla povertà unita al Dio Poro (Acquisto) nel giorno in cui gli dei celebravano il natalizio di Venere. Quindi la natura dell’amore: demone e non dio. Ma di tramezzante fra l’amante e l’amato sempre povero e ricco insieme, pel bisogno che soddisfatto rinasce e si perpetua nella vita perenne della specie dell’uomo. Il mito suddetto fece credere a parecchi interpreti e critici che Platone quivi, come in altri luoghi, ricorresse a invenzioni poetiche, quasi per nascondere la sua impotenza di arrivare coll’analissi concettuale la perfezione espositiva delle parti più astruse delle sue dottrina dell’amore. Ma al Bonghi sembra, e secondo noi con ragione, che la spiegazione si trovi nel doppio aspetto dell'ingegno tutt'insieme concettuale e figurative di lui. Questo e per esporre sotto forma di iniziazione una dottrina esistente ancora allo stato di intuizione e non sviluppata. Lo spazio ci manca per seguire l'autore nelle vicende dottrinali subite dal concetto dell'amore nelle scuole sopraenumerate che il Bonghi conduce colla sua solita perizia ed erudizione fino agli ultimi tempi del Paganesimo rinascimentale di Ficino. Altre opere:  Il genio di Aristotele. Discorso, Tip. delle Muse, Firenze, Stato e relazioni della volontà, della coscienza e della personalità nel sonno, «Il Cimento», Della filosofia e del metodo di Rosmini, «Il Cimento», Della filosofia del diritto presso Aristotele, «Il Cimento», Estr.: Tip. Franco, Torino, Intorno alla filosofia esposta nelle Confessioni del Mamiani e alle dottrine platoniche, «Riv. cont.», Sulle dottrine platoniche e sulla loro conciliazione colle aristoteliche. Lettera a T. Mamiani, «Riv. cont.», Estr.: Torino, Sulle attinenze della filosofia e sua storia colla libertà e coll'incivilimento. Prolusione a un corso di storia della filosofia, Tip. Niccolai, Firenze, Ciò che possa la Filosofia per l'istituzione civile dei popoli. Discorso inaugurale per la riapertura del R. Istituto di Studi Superiore di Firenze, Firenze, Rec. di P. L. da Savigliano, La filosofia di Bossuet; di S. Turbiglio, Storia della filosofia; di C. Cantoni, G. B. Vico, NA, La libertà del pensiero e la filosofia nelle università italiane, NA, L’epicureismo e l’atomismo. Considerazioni storico-critiche a proposito di un libro recente, FSI, IEstr.: Cellini, Firenze, Le Meditazioni cartesiane rinnovate nel sec XIX da T. Mamiani, NA, L'arte della rinascenza e i suoi recenti critici, NA, Il materialismo e la scienza moderna, NA, Rec. di Sesto Empirico, Delle istituzioni pirroniane. Libri tre, tradotti da S. Bissolati, Imola, Anassagora e la filosofia greca prima di Socrate, Polemica contro il materialismo, FSI,  Rec. di R. Bobba, La protologia di Ermengildo Pini, Torino, FSI, Vico e la filosofia della storia [Rec. di C. Cantoni, Studi critici e comparativi; P. Siciliani, Sul rinnovamento della filosofia positiva in Italia; T. Mamiani, Principii di cosmologia (Teorica del progresso), FS, Vinci e la filosofia dell'Arte. Discorso, Unione tipogr. editr., Torino, Rec. di F. Fiorentino, Pietro Pomponazzi. Studi storici su la scuola bolognese e padovana del sec. XVI con molti documenti inediti, Firenze, ASI, sEstr.: Cellini, Firenze, Niccolò di Cusa e la filosofia della religione, NA, Le forme del pensiero filosofico o il metodo, FSI, IIl senso comune nella filosofia e sua storia, FSI, IEstr.: Bernabei, Roma, Dei giudizi sintetici a priori nelle dottrine italiane, FSI, Rec. di G. E. Kirchmann, La teorica del sapere, FSI, Filosofia della Religione. Sulle attinenze della religione e della filosofia e sulla incomprensibilità divina. Lettera al Conte Mamiani, FSI, Rec. di F. Fiorentino, La filosofia della natura e le dottrine di Bernardino Telesio, Firenze, FSI, Estr.: Paravia, Torino Del principio e concetto di ‘causa’ nella scuola di Herbart, FSI, Vinci filosofo. Vita e scritti secondo nuovi documenti, NA, Vinci e l'idea del mondo nella Rinascenza, NA, L'ultimo libro di Strauss e i suoi critici, La forma del pensiero filosofico e l'ideale platonico della filosofia, FSI, Janet, La dottrina dell'amore secondo Platone, FSI, Estr.: Tip. Paravia, Roma, L'evoluzione storica dell'idea dell'anima e i sistemi filosofici, NA, Importanza della psicologia nella filosofia moderna, FSI, La coscienza. Studio psicologico e storico, FSI, L’Avvenire, Herbart, NA, Sulle vicende della filosofia in Roma. Discorso, Tip. Civelli, Roma, Il metodo psicologico e lo studio della coscienza, FSI, Cenni biografici su Giuseppe Ferrari, «Acc. Lincei. Memorie», Estr.: Tip. Salviucci, Roma, La psicologia di Pietro Pomponazzi, secondo un manoscritto della Biblioteca Angelica di Roma, T, 3, 8, intitolato: Pomponatius in libros de anima. Memoria del prof. Luigi Ferri,  «Acc. Lincei. Memorie», Estr.: Salviucci, Roma, Sulle vicende della fìlosofia in Roma. Discorso per la inaugurazione degli studi nella Università di Roma «Annuario Univ. di Roma». Estr.: Civelli, Roma, La questione dell'anima nel Pomponazzi, FSI,  Estr.: Tip. dell'Opinione, Roma, “L'io e la coscienza di sé”, (Grice’s “The I”), FSI,  L’epicureismo, Firenze, NA,I Limiti dell'idealismo, FSI, L'Idea, FSI, Sulla dottrina psicologica dell'associazione considerata nelle sue attinenze colla genesi delle cognizioni. Saggio storico critico, «Acc. Lincei. Memorie», Estr.: Tip. Salviucci, Roma, La psicologia dell'associazione dall'Hobbes ai nostri giorni, Bocca, Roma, Rec. di G. Allievo, Il problema metafisico studiato nella storia della filosofia dalla scuola ionica a Giordano Bruno(«Acc. Scienze Torino. Memorie»,  FSI, “L'assoluto”, FSI, Cicerone sui Doveri. Conferenza, FSI,Rec. di A. Conti e G. Rossi, Esame della filosofia epicurea nelle sue fonti e nella storia, Firenze, FSI, L’Accademia Platonica fondata in Firenze dai Medici. «Acc. Lincei. Transunti», FSI, Helmholtz sulla percezione, FSI, Delle Idee e propriamente della loro natura, classificazione e relazione,  FSI, Il Positivismo e la Metafisica (L'essenza delle cose), Estr.: Salviucci, Roma, Mamiani sulla religione, NA, L'Accademia romana di S. Tommaso d'Aquino e l'istruzione filosofica del clero, NA, s. II, vol. XXIV, 1880, pp. 613-Sulla recente restaurazione della filosofia scolastica e tomistica considerata in ordine ai metodi degli studi ed alle attinenze dei sistemi colla scienza e colla storia, «Acc. Lincei. Transunti», Vera, «Acc. Lincei. Transunti», Sulla percezione esteriore e sul fenomeno sensibile, «Acc. Lincei. Transunti», Rec. di Documenti intorno a Giordano Bruno, a cura di D. Berti, Roma, FSI, La filosofia d’Aquino, FSI, Petrarca e il suo influsso sulla filosofia del Rinascimento FSI,  316-340. Estr.: Salviucci, Roma, FSI,  Zanotti, La filosofia morale di Aristotele. Compendio. Con note e passi scelti dell'Etica Nicomachea per cura di L. Ferri e F. Zambaldi, G. B. Paravia e Comp., Torino, Dottrina aristotelica del bene e sue attinenze colla civiltà greca e italiana, FSI, Spaventa, «Acc. Lincei. Transunti», Relazione sul concorso al premio reale per le Scienze filosofiche, «Acc. Lincei. Transunti», Il fenomeno nelle sue relazioni con la sensazione, la percezione e l'oggetto, FSI, Ficino e la ‘causa’ della rinascenza del platonismo nel quattrocento [unita longitudinale della filosofia – la struttura delle revoluzione filosofiche] FSI, Vinci, NA, Il concetto di sostanza e sue relazioni coi concetti di essenza, di causa e di forza. Come contributo al dinamismo filosofico, «Acc. Lincei. Memorie», s«Acc. Lincei. Rendiconti», Estr.: Salviucci, Roma, Il platonismo del Ficino, FSI, La dottrina dell’amore del Ficino, Una lezione elementare di psicologia. Fatti psichici e fatti fisici, FSI, La giustizia nella repubblica utopica di Platone. A proposito di recenti pubblicazioni, Storia della filosofia. Il platonismo di Marsilio Ficino. Le idee e la dialettica. La dottrina dell'amore, FSI, Estr.: Salviucci, Roma, Le malattie della memoria e la sostanzialità dell'anima, FSI, Psicologia. I fatti psichici e i fatti fisici, Ercole, «Acc. Lincei. Rendiconti», Conti, «Acc. Lincei. Rendiconti», sVera, «Acc. Lincei. Rendiconti», “Il concetto di sostanza e sue relazioni coi concetti di essenza, di ‘causa’ e di forza. Contributi al dinamismo filosofico. Memoria, Salviucci, Roma - Di alcuni uffici della filosofia nelle condizioni morali del nostro tempo, FSI, La psicofisiologia dell’ipnotismo), FSI, Il concetto di persona [cf. person and personality – Grice’s transubstantiation], FSI, Rec. di A. Chiappelli, Del suicidio nei dialoghi di Platone, FSI,  Mamiani, Lincei,  «Acc. Lincei. Rendiconti», Estr.: Tip. della R. Accademia dei Lincei, Roma, Delle condizioni del sistema filosofico nel nostro tempo, «Acc. Lincei. Rendiconti», Mamiani, RIF, I, Il fenomeno sensibile e la percezione esteriore, ossia i fondamenti del realismo, «Acc. Lincei. Memorie», Estr.: Tip. Acc. Lincei, Roma, Il monismo filosofico, RIF, Rec. di A. Chiappelli, La cultura storica e il rinnovamento della filosofia, RIF, ILettera a Pennisi-Mauro, RIF, Rec. di D. Levi, Giordano Bruno o la Religione del pensiero. L'uomo, l'Apostolo e il martire, RIF,  «Acc. Lincei. Rendiconti», Rec. di E. Dal Pozzo di Mombello, L'evoluzione geologica inorganica animale ed umana, RIF, Le lauree in filosofia, RIF, Della idea del vero e sua relazione colla idea dell'essere, «Acc. Lincei. Rendiconti», «Acc. Lincei. Memorie», Estr.: Tip. Salviucci, Roma, La filosofia politica in Aristotele, RIF, Rec. di M. Panizza, La fisiologia del sistema nervoso e i fatti psichici, Roma, RIF, La definizione del concetto, RIF, Rosmini e il decreto del Sant'Uffizio, Il Convito di Platone tradotto da R. Bonghi, Roma, RIF, Della idea dell'essere, «Acc. Lincei. Memorie», Estr.: Tip. Acc. Lincei, Roma, Berti, «Acc. Lincei. Rendiconti», Benzoni, «Acc. Lincei. Rendiconti», La psicologia fisiologica e l'origine dei fatti psichici, NA, sFranchi, NA, La dottrina della cognizione nell’hegelianismo secondo Spaventa, RIF, La dottrina della conoscenza nell'Hegelianismo, RIF, Rec. di E. Colini, Mamiani, Jesi, RIF, Rec. di D. Berti, Giordano Bruno da Nola, sua vita e sue dottrine. Nuova edizione riveduta e notabilmente accresciuta, Torino, RIF, Rec. di L. Credaro, Lo scetticismo degli Accademici, Le fonti - la storia esterna - la dottrina fondamentale, Roma, RIF, Iordani Bruno Nolani Opera inedita, manu propria scripta, RIF, Sui sistemi unitario e trinitario dell'essere, RIF, Cenni bibliografici di pubblicazioni filosofiche di Tocco, «Acc. Lincei. Rendiconti»,  - F. Cicchitti-Suriani, Della dottrina degli affetti e delle passioni secondo la filosofia stoica: saggio storico di psicologia morale con prefazione di L. Ferri, Tip. Aternina, Aquila,Intorno al Pitagorismo in Italia, Nota, «Acc. Lincei. Rendiconti», Estr.: Roma, Il problema della coscienza divina in ‘Esperienza e metafisica’ di Spaventa, RIF, Rec. di C. Lessona, Elementi di Morale Sociale ad uso dei Licei (3° corso) e degli Istituti Tecnici, compilati secondo gli ultimi programmi, RIF, L'Accademia Platonica di Firenze e le sue vicende, NA, Estr.: Roma, Carle, «Acc. Lincei. Rendiconti», Della conoscenza sensitiva, RIF, Alcune considerazioni sull’eclettismo, RIF, VAlcune considerazioni sulle categorie, «Acc. Lincei. Rendiconti»,  Il Teeteto, tradotto da Bonghi, Roma NA, La percezione intellettiva e il concetto, «Acc. Lincei. Rendiconti», Rec. di G. Zuccante, Saggi filosofici, Renan, «Acc. Lincei. Rendiconti», Taine, «Acc. Lincei. Rendiconti», La percezione intellettiva e il concetto,     Taine, RIF, Moleschott, RIF, Il carattere dello spirito italiano nella storia della filosofia, NA, La psicologia dell'associazione da Hobbes ai nostri giorni, Bocca, Roma); Estr.: Tip. Balbi, Roma); “Il carattere nazionale e il classicismo nell’etica degli italiani, NA, Estr.: Tip. Forzani e C., Roma, Rec. di F. Maltese, Socialismo, RIF, “L'evoluzione filosofica dell'idea dell'anima e i sistemi filosofici” RIF; Cenno su Giuseppe Ferrari e le sue dottrine, in G. Ferrari, La mente di G. D. Romagnosi, Libreria Editoriale Milanese, Milano, a cura di O. Campa, La Voce, Firenze  19243.  Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Treccani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Luigi Ferri. Ferri. Keywords: fisiologia dell’amore come desiderio – psicologia filosofica dell’amore – l’amore e una specie di desiderio – con relazione alla percezione dell’amante del corpo bello dell’amato --. il convito di Platone nella traduzione di Bonghi ‘’ “Il convito di platone tradotto da R. Bonghi” RIF,  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ferri” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51689395171/in/photolist-2mRCLwu-2mPY4jk-2mN1R8H-2mLLBQT-2mLGwFD-2mLP3hz-2mKBEmt-2mKT6cK-2mPvmTf-2mJd7nN-o1cZ1Z-nYkP5S-mujhJF-muktXS-mukt4N-mujkJt-mujmJz-muiPJa-muiFjz-mukwpq-mujjcR-mujo6x

 

Grice e Ficino – amore – filosofia italiana – Luigi Speranza (Figline Valdarno). Filosofo. Grice: “If Ficino had JUST commented on Plato’s symposium that would be already a magnificient achievement! So Renaissance – it taught the Romans and the Italians, and us, that the dialogue IS the philosophical form per tradition, whatever Cicero tried!” Figlio di Diotifeci d'Agnolo e da Alessandra di Nanoccio, studia a Firenze sotto Bernardi, Comandi, Castiglione e Tignosi – filosofo aristotelico autore di “De anima” e di “De ideis”. Conseguenza di questo è la “Summa philosophiae”, dedicata a Mercati in cui tratta di fisica, di logica, di Dio e di aliae multae quaestiones. Nella dedica a Mercati, scrive di volerlo introdurre “a quegli studi che devono impegnare la nostra età, secondo la regola del nostro Platone.” Studia Epicuro e Lucrezio, scrivendo i Commentariola in Lucretium, il De voluptate ad Antonium Calisianum, il De virtutibus moralibus e il De quattuor sectis philosophorum, dove tratta di questioni morali e dell'anima riportando opinioni platoniche, aristoteliche, epicuree e stoiche, e l'exercendae memoriae gratia, come esercitazione mnemonica e senza pretese sistematiche. Scrive vari libri di Institutionum ad platonicam disciplinam, tratti da fonti latine e per questo motivo trascurati per la sentita esigenza di abbeverarsi alla diretta fonte greca. Sembra che il suo interesse al platonismo abbia indotto Pierozzi, preoccupato di possibili deviazioni del Ficino verso eresie platoniche, a consigliargli di studiare l'opera d’Aquino a Bologna. Ma la permanenza a Bologna non è documentata e resta certo l'ininterrotto interesse per la filosofia platonica. Traduce Alcinoo, Speusippo, i versi attribuiti a Pitagora e l'Assioco attribuito a Senocrate. Tradotti gli inni di Orfeo, di Omero, di Proclo e la Teogonìa di Esiodo, riceve in dono da Cosimo de' Medici un codice platonico e una villa a Careggi, che divienne sede del circolo dei “Platonisti”, fondato dallo stesso Ficino per volere di Cosimo, con il compito di studiare la filosofia di Platone e dei platonici, al fine di promuoverne la diffusione. Qui inizia la traduzione dei Libri ermetici, portati in Italia da da Leonardo da Pistoia. La sua opera di traduzione avrà un notevole influsso nella filosofia rinascimentale. Vede in quella sapienza antica la presenza di una rivelazione, di una pia philosophia che si è attuata nel Cristianesimo ma della quale l'umanità di tutti i tempi era sempre stata partecipe. Nella dedica a Cosimo, scrive che Ermete Trismegisto per primo disputò con grandissima sapienza della maestà divina, della gerarchia degli spiriti (daemonum ordine) della trasmigrazione delle anime. Per primo fu chiamato teologo. Lo seguì, secondo teologo, Orfeo, poi Aglaofemo, Pitagora e Filolao, maestro del nostro divino Platone. Esiste dunque, una concorde e antica tradizione teologica, una priscae theologiae undique sibi consona secta, che nasce con Ermete e culmina con Platone. La «pia filosofia», antitetica alle correnti di pensiero atee e materialiste, si propone di sottrarre l'anima dagli inganni dei sensi e della fantasia per elevarla alla mente; questa percepisce la verità, l'ordine di tutte le cose, sia esistenti in Dio che emanate da Lui, grazie all'illuminazione divina, affinché l'uomo, tornato fra i suoi simili, possa renderli partecipi delle verità rivelategli dalla fonte divina (divino numine revelata).  La sua traduzione latina del Corpus hermeticum, già tradotto in volgare da Benci, viene stampata. Inizia la traduzione latina dei dialoghi platonici, e vi aggiunge i suoi commenti, al Filebo, al Fedro e al Convivio (tradotto anche in italiano), al Timeo, e al Parmenide. Stende l'opera più importante, i diciotto libri della Theologia platonica de immortalitate animarum, dedicata a Lorenzo de' Medici. Compone la Religione cristiana, in italiano, di cui darà poi la versione latina nella De christiana religione. Scrive la Disputatio contra iudicium astrologorum e viene dato alle stampe il suo Consiglio contro la pestilenza, dopo il flagello dell'epidemia. Inizia la traduzione delle Enneadi di Plotino e traduce le opere di Giamblico, Proclo, Prisciano, Porfirio, Sinesio, Teofrasto, Psello, la Mistica teologia e i Nomi divini dello Pseudo-Dionigi, e i frammenti di Atenagora. Con questo ampio corpus platonico persegue la sua teorizzazione della continuità della tradizione teologica da Ermete ai platonici prolungatasi attraverso Dionigi Areopagita, Agostino, Apuleio, Boezio, Macrobio, e Bessarione. I tre libri del De vita gli procurano accuse di magia dalle quali si difende con un'Apologia. Pubblica dodici libri di Epistulae che comprendono anche opuscoli come il De furore divino, la Laus philosophiae, il De raptu Pauli, le Quinque claves Platonicae sapientiae, il De vita Platonis, i De laudibus philosophiae, l'Orphica comparatio Solis ad Deum, la Concordia Mosis et Platonis, gli Apologi de voluptate quattuor. Scrisse un Commento a San Paolo. È noto come Aristotele concepisca l'essere umano come sinolo, unità ordinata e indissolubile di materia e forma, di corpo e anima, cosicché il suo principale commentatore dell'antichità Alessandro di Afrodisia poteva ben dedurne esplicitamente la mortalità dell'anima contemporanea a quella del corpo. Al contrario, Platone ha già distinto le due sostanze, concedendo all'anima una vita separata e indipendente dal destino del corpo.  A questa concezione aderisce Ficino, che in polemica contro Aristotele esalta la dottrina platonica, al punto da interpretarla come una forma di religiosità propedeutica alla fede cristiana. La sua Theologia platonica o De immortalitate animarum si apre dunque con un  «Soluamus obsecro caelestes animi caelestis patriae cupidi, soluamus quamprimum uincula compedum terrenarum ut alis sublati Platonicis, ac Deo duce, in sedem aetheream liberius peruolemus, ubi statim nostri generis excellentiam feliciter contemplabimur. Liberiamoci in fretta, spiriti celesti desiderosi della patria celeste, dai lacci delle cose terrene, per volare con ali platoniche e con la guida di Dio, alla sede celeste dove contempleremo beati l'eccellenza del genere nostro” (Ficino, Theologia Platonica). Per comprendere la sostanza dell'anima è necessario comprendere la struttura dell'universo, composto da cinque livelli gerarchici:  Dio; gli angeli; le anime; le qualità; la materia. Al grado inferiore sta la materia, concepita come pura quantità. La materia non ha di per sé nessuna forza che possa produrre le forme», diversamente da chi la concepisce come «sostanza produttrice di forme, fonte piuttosto che soggetto delle forme. È la qualità il principio formale che dà sostanza alle realtà corporee, grazie a «una sostanza incorporea che penetra attraverso i corpi, della quale sono strumento le qualità corporee»: questa sostanza incorporea nell'uomo si eleva al rango di anima «che genera la vita e il senso della vita anche dal fango non vivente. Al di sopra delle anime sono gli angeli. Sopra quelli intelletti che alli corpi s'accostano, cioè l'anime ragionevoli, non è dubbio che sono assai menti, dal commercio dei corpi al tutto divise. E se l'intelletto dell'anima è mobile e parte interrotto e dubbio, l'intelletto angelico è stabile tutto, continuo e certissimo. Al di sopra del tutto è Dio, che è unità, bontà e verità assoluta, fonte di ogni verità e di ogni vita, è atto e vita assoluta. Dove un continuo atto e una continua vita dura, quivi è un immenso lume d'una assolutissima intelligenza» che è luce per gli uomini perché si riflette in tutte le cose. Attraverso Dio «tutte le cose son fatte, e però Iddio si trova in tutte le cose e tutte le cose si veggono in lui... Iddio è principio, perché da lui ogni cosa procede; Iddio è fine, perché a lui ogni cosa ritorna, Iddio è vita e intelligenza, perché per lui vivono le anime e le menti intendono. Dio e materia rappresentano i due estremi della natura, e la funzione dell'anima, che è considerata, diversamente da Aristotele e da Tommaso, realtà in sé e non solamente forma del corpo, è quella di incarnarsi per riunire lo spirito e la corporeità:   Amore sacro e amor profano (Tiziano): eros come mediatore dei contrary. L'anima è tale da cogliere le cose superiori senza trascurare le inferiori per istinto naturale, sale in alto e scende in basso. E quando sale, non lascia ciò che sta in basso e quando scende, non abbandona le cose sublimi; infatti, se abbandonasse un estremo, scivolerebbe verso l'altro e non sarebbe più la copula del mondo Theologia Platonica. La "copula mundi" è l'anima razionale che ha sede nella terza essenza, possiede la regione mediana della natura» (obtinet naturae mediam regionem) «e tutto connette in unità». La sua opera unificatrice è resa possibile dall'amore, inteso come movimento circolare attraverso il quale Dio si disperde nel mondo a causa della sua bontà infinita, per poi produrre nuovamente negli uomini il desiderio di ricongiungersi a Lui. L'amore di cui parla Ficino è l'eros di Platone, che per l'antico filosofo greco svolgeva appunto la funzione di tramite fra il mondo sensibile e quello intelligibile, ma Ficino lo intende anche in un senso cristiano perché, a differenza di quello platonico, l'amore per lui non è solo attributo dell'uomo ma anche di Dio. Lo stesso Platone viene interpretato in una chiave di lettura che oggi definiamo piuttosto neoplatonica, sebbene Ficino non faccia distinzione tra platonismo e neoplatonismo. Per lui esiste una sola filosofia, che consiste nella riflessione su quelle verità eterne, le Idee, che in quanto tali restano inalterate nel tempo e trascendono la storia. Congiungendo tutti i campi del reale secondo una concezione propria peraltro dell'astrologia e della magia, a cui Ficino rivolge notevoli interessi in virtù dell'unione vitale del mondo da essi presupposta, filosofia e religione si fondono così in una visione d'insieme di reciproca complementarità, sottolineata anche nell'accostamento di termini come «pia philosophia», o «teologia platonica». Strumento dell'amore nel suo farsi portavoce dell'uno è il bello. Nel pensiero di Marsilio Ficino, Gesù Cristo è considerato un maestro spirituale spirito-guida, inviato da Dio per il bene dell'umanità. Cos'altro era Cristo se non una specie di manuale di etica, cioè di filosofia divina, il quale visse come un inviato dal cielo, essendo lui stesso una divina Idea di virtù, manifestata agli occhi degli uomini. De Christiana religione. Elevando il cristianesimo a religione suprema, Ficino asserì che l'Incarnazione del Cristo era avvenuta anche perché Dio si potesse riunire «a tutti gli aspetti della creazione». Pur esercitando un fortissimo impulso al rinnovamento del panorama filosofico dell'Europa, in cui da diversi paesi si faceva costante richiesta delle sue opere, dopo la fine del Rinascimento venne commentato sempre meno, fino ad essere accusato, immeritatamente, di un ritorno al paganesimo. In Italia, dove è riconosciuta la sua influenza sull'ermetismo cinquecentesco, e in particolare su Bruno, e Vico a raccogliere nel Settecento l'eredità platonica di Ficino, di cui lesse l'opera di traduzione, rammaricandosi del fatto che la filosofia moderna si fosse allontanata da lui, rinchiudendosi nelle angustie mentali di Cartesio. Sottoposto ad attacchi nel corso del Novecento che giudicarono retorici e privi di valore» i suoi scritti, è stato rivalutato como uno «psicologo del profondo» e «precursore della psicologia junghiana», per il suo incitamento a leggere e interpretare ogni affermazione proveniente dai campi più disparati, sia della scienza che della teologia, nell'ottica dell'esperienza psicologica dell'anima, la quale viene vista cioè come mediazione e compendio» dell'universo. La conoscenza dell'anima è infatti la quintessenza del neoplatonismo italiano, in cui giacciono sepolte le fantasie mistiche di questo strano uomo che suonava inni orfici sul liuto, che studiava la magia e componeva canti astrologici, quest'uomo gobbo, bleso, politicamente timido, senza amore, malinconico traduttore di Platone, Plotino, Proclo, Esiodo, dei Libri Ermetici, autore lui stesso di alcuni tra gli scritti più diffusi e influenti (Commento al Simposio) e scandalosamente pericolosi (Liber de vita) del suo tempo. La centralità attribuita da Ficino all'anima, per la quale, ancora ragazzo, Cosimo de' Medici lo considerava prescelto alla cura delle anime come suo padre medico lo era dei corpi, convinse che egli ebbe un impatto paragonabile per estensione ed intensità solo a quello prodotto oggi dalla psicoanalisi. Notevole è ad esempio l'intuizione di Ficino del potere psicosomatico nella cura delle malattie, e in quello che la medicina moderna considera un effetto placebo. Io sono del parere che l'intenzione dell'immaginazione abbia il suo peso su immagini e medicine, non tanto al momento della preparazione, quanto in quello dell'applicazione: ad esempio, se un tale, a quel che si dice, porta indosso un'immagine fatta nei modi debiti, o certamente, se facendo uso analogo di una medicina, desidera intensamente soccorso da quella e crede senza ombra di dubbio e spera con incrollabile fermezza, da questo atteggiamento deriva certo il massimo di incremento all'aiuto che essa può dare. De vita. Altre opere: “De Voluptate; De Amore o Commentarium in Convivium Platonis; De religione Christiana et fidei pietate; Theologia Platonica de immortalitate animarum; Compendium in Timaeum; De triplici vita; De lumine; In Epistolas Pauli commentaria (Venezia) El libro dell'amore De vita Teologia platonica; Sopra lo amore ovvero Convito di Platone La religione cristiana Epistolarum familiarum, liber I. R. Zerilli, Marsilio Ficino: alla lente dell'astrologia, Edizioni Capone, Ove non diversamente riportato, le notizie sulla vita e la dottrina ono tratte da Garin, Storia della filosofia italiana,  I, Einaudi, Giuseppe Saitta, Marsilio Ficino e la filosofia dell'umanesimo, Fiammenghi & Nanni, Giornale storico della letteratura italiana, Francesco Novati, Egidio Gorra, Vittorio Cian, Giulio Bertoni, Carlo Calcaterra, Loescher, Giorgio Bàrberi Squarotti, Storia della civiltà letteraria italiana: Umanesimo e Rinascimento,  UTET, Giovanni Semprini, I platonici italiani, Edizioni Athena, La Letteratura italiana: Storia e testi,  E. Garin, Riccardo Ricciardi Editore, A. Della Torre, Storia dell'Accademia Platonica di Firenze, Istituto di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento in Firenze, Eugenio Garin, Ermetismo del Rinascimento, Ed. Riuniti,  «Primus de maiestate Dei, daemonum ordine, animarum mutationibus sapientissime disputavit. Primus igitur theologiae appellatus est autor. Eum secutus Orpheus, secundas antiquae theologiae partes obtinuit. Orphei sacris initiatus est Aglaophemo successit in theologia Pythagoras, quem Philolaus sectatus est, divi Platonis nostri praeceptor. Andrea Cusimano, Storia del pensiero occidentale, Lulu.com, .  L'immenso lavoro di traduzione compiuto da Marsilio Ficino è stato documentato in particolare da Paul Oskar Kristeller, in Supplementum ficinianum: Marsilii Ficini florentini philosophi platonici Opuscula inedita et dispersa, Firenze, Leo S. Olschki, Cfr. anche: Arnaldo Della Torre, Storia dell'Accademia Platonica di Firenze, Istituto di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento in Firenze, Alessandro di Afrodisia, L'animaAccattino eDonini, Roma-Bari, Laterza, Parodos.  I sentieri della ragione, Le divine lettere del gran Marsilio Ficino, S. Gentile, Edizioni di storia e letteratura, Sopra lo amore o ver' Convito di Platone, G. Ottaviano, S. Gentile, Trad. in Storia sociale e culturale d'Italia: La cultura filosofica e scientifica, Guido Ceriotti,  Bramante, IoanCouliano, Eros and the Magic in the Reinassance, University of Chicago Press,Il termine "neoplatonismo" è stato coniato solo nel XIX secolo per indicare le interpretazioni platoniche che si erano andate via via sovrapponendo a partire dall'età ellenistica, ma che erano sempre state identificate col pensiero stesso di Platone, ritenuto quasi un loro capostipite (cfr. Cenni sulla tradizione platonica). Sebastiano Gentile, Il ritorno di Platone, dei platonici e del "corpus" ermetico. Filosofia, teologia e astrologia nell'opera di Marsilio Ficino, in C. Vasoli, Le filosofie del Rinascimento, P.C. Pissavino, Milano, Bruno Mondadori, La prospettiva storiografica, di E. Lo Presti, Università degli Studi di Bologna.  Battista Mondin, Storia della teologia: epoca moderna, Edizioni Studio Domenicano, Citazione da A. C. Grayling, Una storia del bene. Alla riscoperta di un'etica laica, Storia e civiltà, Bari, Edizioni Dedalo,  Cesare Vasoli, Quasi sit deus: studi su Marsilio Ficino,  Cfr. anche A. Jugegno, Bruno e l'influenza, in «Rivista critica di storia della filosofia. Hillman, Plotino, Ficino e Vico, precursori della psicologia junghiana, J. Hillman13, ivi.  Aneddoto rintracciabile in Coenobium,  Casa Editrice del Coenobium. De vita, trad it, Edizioni Biblioteca dell'Immagine, Pordenone. Marsilio Ficino, Commentarius in Convivium Platonis, in Venetia, Giovanni Farri e fratelli, De christiana religione, Firenze, Nicolò di Lorenzo, Marsilio Ficino, De triplici vita, Lugduni, apud Gulielmum Rouillium sub scuto Veneto, Theologia Platonica De immortalitate animorum, Gilles Gourbin, apud Aegidium Gorbinum, Opera omnia, Torino, Bottega d’Erasmo, Marsilio Ficino, Opere. Lettere e carteggi, in Vinegia, appresso Gabriel Giolito de' Ferrari, Marsilio Ficino, Opere. Lettere e carteggi, in Vinegia, appresso Gabriel Giolito de' Ferrari, De vita libri tres, Albano Biondi e Giuliano Pisani, Biblioteca dell'Immagine, Pordenone, Scritti sull'astrologia, Ornella Pompeo Faracovi, Milano, Il neoplatonismo nel Rinascimento, Roma. Il ritorno a Platone, Firenze, con  ficiniana). Tamara Albertini, Marsilio Ficino. Das Problem der Vermittlung von Denken und Welt in einer Metaphysik der Einfachheit, Monaco, Cesare Catà, Il Rinascimento sulla via di Damasco. Il ruolo della teologia di San Paolo in Marsilio Ficino e Nicola Cusano, in “Bruniana & Campanelliana”, Cesare Catà, L'idea di “anima stellata” nel Quattrocento fiorentino. Andrea da Barberino e la teoria psico-astrologica in Marsilio Ficino, in “Bruniana & Campanelliana” Gian Carlo Garfagnini, Marsilio Ficino e il ritorno di Platone. Studi e documenti, Olschki, Garin, Storia della filosofia italiana, I, Einaudi, James Hankins, Plato in the Italian Renaissance, Leida,  Paul Oskar Kristeller, Il pensiero filosofico, Firenze,Paul Oskar Kristeller, Il pensiero filosofico, Le Lettere, T. Moore, Pianeti interiori. L'astrologia psicologica, Moretti & Vitali, Erwin Panofsky, Il movimento neoplatonico a Firenze e nell'Italia settentrionale, in Studi di iconologia, Einaudi, Torino), A. Polcri, L'etica del perfetto cittadino: la magnificenza a Firenze tra Cosimo de' Medici, Timoteo Maffei e Marsilio Ficino, in "Interpres: rivista di studi quattrocenteschi" Roma–Salerno, Michele Schiavone, Problemi filosofici, Milano, Zerilli, Alla lente dell'astrologia, Edizioni Federico Capone, Torino. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.openMLOL, Horizons Unlimited srl. Progetto Gutenberg.  di Marsilio Ficino, su Internet Speculative Fiction Database, Al von Ruff. Marsilio Ficino, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.  Sito della società ficiniana, su ficino. Marsilio Ficino: dalla cristianizzazione della magia alla "magicizzazione" del cristianesimo, su aispes.net. Eugenio Garin , Una sintetica presentazione del pensiero di Ficino, RAI. James Hillman, Plotino, Ficino e Vico precursori della psicologia Junghiana , su rivista psicologi analitica. Il mito greco alla corte dei Medici. IL CONVITE (traduzione al toscano di Hectore Barrabasa).  Apollodoro: Credo proprio di essere ben preparato per soddisfare la vostra curiosità. L'altro giorno, infatti, venivo in città da casa mia, al Falero, quando uno che conosco, dietro di me, mi chiama da lontano in tono scherzoso. Ehi tu, del Falero, Apollodoro, mi aspetti un momento? Mi fermo e l'aspetto. E quello: Apollodoro, t'ho cercato ovunque. Volevo domandarti dell'incontro di Agatone, di Socrate, di Alcibiade e degli altri che erano con loro al simposio, e così sapere quali discorsi lì si sono fatti sull'amore. Mi ha già raccontato qualcosa un altro, che ne aveva sentito parlare da Fenice, il figlio di Filippo; mi ha detto che tu eri al corrente di tutto, ma lui, purtroppo, non poteva dir niente di preciso. E quindi ti prego, racconta: nessuno meglio di te può riportare i discorsi del tuo amico. Ma dimmi, per cominciare. Eri presente a quella riunione o no? Si vede bene, rispondo io, che quel tizio non ti ha raccontato niente di preciso, se credi che la riunione che ti interessa sia avvenuta da poco, e io abbia potuto parteciparvi. Io credevo così. Ma com'è possibile, Glaucone? Sono molti anni. Non lo sai? -che Agatone manca da Atene. E poi sono passati meno di tre anni da quando io frequento Socrate e sto attento tutti i giorni a quello che dice e che fa. Prima me ne andavo di qua e di là, credendo di fare chissà che cosa, ed ero invece l'essere più vuoto che ci sia, come te adesso, che credi che qualsiasi occupazione sia meglio della filosofia. Non mi prendere in giro, disse, e dimmi piuttosto quando c'è stata quella riunione. Noi eravamo ancora dei ragazzini, gli rispondo. Fu quando Agatone vinse il premio con la sua prima tragedia, il giorno successivo a quello in cui offrì, con i coreuti, il sacrificio in onore della sua vittoria. Ma allora son passati molti anni. E a te chi ne ha parlato? Socrate stesso? No, per Zeus, dico io, ma la stessa persona che l'ha raccontato a Fenice, un certo Aristodemo, del demo Cidateneo, uno mingherlino, sempre scalzo. C'era anche lui alla riunione: era uno degli ammiratori più appassionati di Socrate, allora, a quel che sembra. Io poi non ho certo mancato di chiedere a Socrate su ciò che avevo sentito da Aristodemo. E lui stesso mi ha confermato che il suo racconto era esatto. E allora racconta, presto. La strada per la città sembra fatta apposta per chiacchierare, mentre andiamo. Ed eccoci dunque in cammino, parlando di queste cose. è per questo che sono così preparato, come v'ho detto all'inizio, per parlarne adesso. Se dunque questo racconto deve essere fatto anche a voi, son ben felice di farlo. Del resto, quando parlo io di filosofia, o altri ne parlano in mia presenza, provo la gioia più grande. Al contrario, quando sento parlare certe persone, e soprattutto i ricchi, gli uomini d'affari, la gente come voi, allora mi annoio e ho anche un po' pena per voi, che credete di fare chissà cosa e invece fate cose che non valgono niente. Da parte vostra, del resto, mi giudicate un poveretto, e forse lo sono davvero. Ma che siate voi dei poveretti, questo non lo sapete affatto, e io invece lo so.Amico di Apollodoro: Sei sempre lo stesso, Apollodoro. Dici sempre male di te e degli altri. Tu hai l'aria di pensare che, Socrate a parte, tutti gli altri siano dei poveretti, a cominciare da te stesso. Da dove ti viene il soprannome di Tranquillo, proprio non si sa. Tu non cambi proprio mai. Ce l'hai sempre con te stesso e con tutti gli altri, a parte Socrate. Ma carissimo, non è evidente? Questa opinione che ho di me e degli altri non prova forse quanto sia folle, quanto deliri? Dai, Apollodoro, non val la pena adesso di star qui a litigare. Fa' piuttosto quel che ti abbiamo chiesto e raccontaci: che discorsi si fecero quella notte? E va bene, ti racconterò più o meno cosa si disse. Ma forse è meglio che parta dall'inizio e cerchi di rifare per voi, a mia volta, il racconto di Aristodemo. Incontrai Socrate, mi disse, che usciva dal bagno e si era messo dei sandali, contro le sue abitudini. Gli domandai, dove andasse, visto che si era fatto così bello. E lui mi rispose, Vado a cena da Agatone. Ieri alla festa in onore della sua vittoria me ne son venuto via, perché mi dava fastidio tutta quella gente. Ma ho accettato di andar da lui oggi e così mi son fatto bello. Voglio esser bello per andare da un bel giovane. E tu? Che ne pensi di venire anche se non sei stato invitato? Io risposi, Ai tuoi ordini. Allora seguimi, mi disse. Per questa volta faremo una piccola modifica al proverbio e diremo che le persone per bene vanno a cena senza invito dalle persone per bene. Del resto anche Omero non solo l'ha modificato questo proverbio, ma ha quasi rischiato di capovolgerlo. Rappresenta Agamennone come un guerriero di prim'ordine e Menelao come un guerriero senza coraggio. Ma poi al pranzo offerto da Agamennone dopo un sacrificio ci fa vedere che arriva anche Menelao, che viene alla festa senza esser stato invitato. L’uomo che val poco che va al festino di un uomo valoroso. E a questo Aristodemo mi disse di aver risposto così. Allora corro proprio un bel rischio, ma non per quel che dici tu, Socrate; credo piuttosto di essere, come in Omero, il pover'uomo che si presenta senza invito dal grand'uomo. Vedrai tu che mi ci porti quali scuse trovare, perché io non dirò certo di non essere stato invitato, dirò che mi hai invitato tu. Due che vanno insieme, mi rispose, l'uno provvede all'altro. E allora andiamo, che per via penseremo a cosa dire. E con questo proposito, mi disse, ci mettemmo in cammino. Ma Socrate, concentrato nei suoi pensieri, rimaneva indietro. Quando l'aspettavo, mi diceva di andar pure avanti. Arrivo da Agatone, la porta è aperta e mi trovo subito in una situazione un po' comica. Uno schiavo mi viene incontro dalla casa e mi porta nella sala dove gli altri avevano già preso posto, già pronti per la cena. Mi vede Agatone e mi dice. Aristodemo, arrivi al momento gusto per cenare con noi. Se sei venuto per qualcos'altro, rimanda tutto a più tardi, perché ieri ho cercato di invitarti ma non t'ho trovato. E Socrate? non è con te?Allora mi volto, mi disse Aristodemo, e non lo vedo più. Non mi era dietro. Spiego dunque di essere venuto con Socrate, e che era stato lui ad invitarmi alla cena. Ben fatto, disse Agatone. Ma lui dov'è? Era dietro a me sino ad un istante fa. Dove può essere finite? Ragazzo, disse allora Agatone ad un servo, va ben a vedere dov'è Socrate e portalo da noi. Tu Aristodemo intanto prendi posto su questo divano a fianco d'Erissimaco. E raccontava che mentre un domestico gli lava i piedi per potersi stendere sul divano, un altro arriva dicendone una nuova. Questo Socrate di cui parlate s'è rintanato nel vestibolo dei vicini, ed è fermo là. Ho avuto un bel chiamarlo, non è voluto venire. Certo che è ben strano, disse Agatone. Ritorna subito a chiamarlo e non lasciarlo lì. Non fate niente, dissi io, lasciatelo là piuttosto. E' un'abitudine che ha quella di mettersi in un angolo, non importa dove, e di restare là dov'è. Verrà presto, penso; non disturbatelo, lasciatelo tranquillo. E va bene, facciamo così, disse Agatone, se lo dici tu. Quanto a noi, ragazzi portateci da mangiare. Voi portate sempre da mangiare quel che vi pare, quando non c'è nessuno a controllare - cosa che io peraltro non ho mai fatto nella mia vita. Ma oggi, fate finta che io e i miei amici siamo vostri invitati e portateci il meglio, tanto da meritare i nostri complimenti. E così, disse Aristodemo, eccoci a tavola, ma Socrate non veniva. Agatone insisteva tutti i momenti per mandarlo a chiamare, ma io lo fermavo. Alla fine arrivò, diciamo verso la metà del pranzo, senza essersi poi fatto troppo aspettare, come spesso faceva. Allora Agatone, che si trovava da solo sull'ultimo divano, gli disse subito. Vieni qui, Socrate, mettiti accanto a me, che io possa apprendere subito per contatto diretto i tuoi pensieri là nel vestibolo. A qualcosa devono pure aver condotto le tue riflessioni, se no saresti ancora là. Socrate si siede e fa. Sarebbe una buona cosa, Agatone, se i pensieri potessero scivolare da chi ne ha più a chi ne ha meno per contatto diretto, quando siamo accanto, tu ed io. Come l'acqua che, attraverso un filo di lana, passa dalla coppa più piena alla più vuota. Se è così, voglio subito mettermi al tuo fianco, perché la tua grande e bella saggezza possa riempire la mia coppa. Che per la verità è un po' così, incerta come un sogno, mentre la tua sapienza è limpida e può sfavillare ancora di più, lei che ha brillato con lo splendore della tua giovinezza e ier l'altro ha fatto faville davanti a più di trentamila greci, che prendo tutti a miei testimony. Che fai, mi prendi in giro, Socrate?, disse Agatone. Sulla saggezza faremo i conti più tardi, te ed io, e prenderemo Dioniso a nostro giudice. Ma intanto pensiamo a cenare. E così, disse Aristodemo, Socrate prese posto sul divano. Dopo aver cenato, e gli altri con lui, e dopo aver fatto le libagioni, i canti in onore del dio e le cerimonie d'uso, ci si preparò a bere. Fu Pausania, allora, a prendere la parola per dire più o meno così. Carissimi, come si fa adesso a bere senza star male? Io, ve lo dico subito, non mi sento troppo bene dopo la festa di ieri, perché ho bevuto un po' troppo e vorrei andarci piano stasera. Del resto voi dovreste essere più o meno tutti nelle mie condizioni, perché c'eravate anche voi ieri. Allora, come possiamo fare per bere senza star male? Intervenne Aristofane. Ben detto, Pausania. Ti do proprio ragione, anch'io vorrei andarci piano a bere perché sono di quelli che ieri sera hanno forse un po' esagerato. A queste parole, disse Aristodemo, intervenne Erissimaco, il figlio di Acumeno. Avete ragione, disse, ma sentiamo gli altri: tu che ne dici, Agatone, hai ancora la forza di bere? Per nulla, rispose, non ce la faccio proprio. A quanto sembra, disse Erissimaco, è proprio una fortuna per tutti - per me, per Aristodemo, per Fedro, per tutti quanti - che voi, i migliori bevitori, dobbiate adesso rinunciare, perché noi non ce la faremmo a starvi dietro. Farei un'eccezione per Socrate. è tanto bravo a bere che a non bere, per lui andrà sempre bene, qualunque cosa decidiamo. E, visto che nessuno qui mi sembra disposto a bere del gran vino, forse riuscirò a non essere sgradito a nessuno dicendovi la verità sull'ubriachezza. Come medico devo subito dirvi che è evidente che ubriacarsi fa male. Del resto io non mi sento portato a bere fuori misura, né a consigliare ad un altro di farlo, soprattutto se ha la testa ancora pesante per il giorno prima. Poi intervenne Fedro, quello di Mirrinunte. Quanto a me, io ti credo sempre se parli di medicina, ma oggi ti crederanno tutti, se non sono matti. Queste parole furono ascoltate e all'unanimità si decise che non si sarebbe passata la serata ad ubriacarsi e che ciascuno avrebbe bevuto quanto si sentiva. E dunque, riprese Erissimaco, visto che siamo d'accordo che ciascuno beva quanto vuole, senza nessun obbligo, io proporrei adesso di congedare la nostra giovane flautista che è appena entrata: per stasera suoni da sola o, se lo desidera, per le donne di casa. Noi, invece, passeremo la serata chiacchierando. Di cosa possiamo parlare? Io quasi quasi un'idea ce l'avrei, se volete ve la dico. Tutti furono d'accordo, disse Aristodemo, e chiesero a Erissimaco di fare la sua proposta. Questi riprese dicendo. Parlerò, per cominciare, alla maniera della Melanippe di Euripide, perché non son mie queste parole, che adesso vi dirò, ma di Fedro, che è lì. Lui mi dice sempre, tutto indignato. Non è strano, Erissimaco, che per tutti gli altri dèi vi siano inni e peana composti dai poeti e che in onore dell’amore, un dio così potente, così grande, non vi sia stato ancora un solo poeta, tra tutti, che abbia composto il più piccolo elogio? Prendi, se vuoi, i sofisti di fama. Scrivono in prosa l'elogio di Eracle, e d'altri ancora, come ha fatto l'ottimo Prodico. Ma c'è di peggio. Non mi è capitato l'altro giorno di vedere il libro di un sapiente che faceva l'elogio del sale, per la sua utilità? Ed altre cose dello stesso genere, lo sappiamo, sono state fatte oggetto di elogio. Ci si è data molta pena di trattare di parecchi argomenti, ma l'amore, lui non ha trovato ancora nessuno sino ad ora che abbia avuto il coraggio di onorarlo come merita. Ecco come ci si dimentica di un grande dio. Ebbene, io credo che su questo Fedro abbia ragione. Desidero dunque, da parte mia, portare il mio contributo onorandolo, facendo qualcosa che gli sia gradito. Adesso quindi potremmo fare tutti un elogio di questo dio. Se siete d'accordo, avremmo così un argomento senza alcun dubbio davvero assai interessante con cui passare il nostro tempo. Potremmo, cominciando da sinistra verso destra, fare un elogio dell'amore, il più bell'elogio di cui siamo capaci. Fedro parla per primo, perché è al primo posto ed è allo stesso tempo il padre di quest'idea. Nessuno, mio caro Erissimaco, disse Socrate, voterà contro la tua proposta. Non sarò io ad oppormi, che dichiaro subito di non saper nulla di nulla, ma dell'amore son proprio esperto. Non Agatone o Pausania, e certo neppure Aristofane, che trascorre tutto il suo tempo fra Dioniso e Afrodite, né gli altri che vedo qui stasera. Certo il compito è più difficile per noi che occupiamo gli ultimi posti. Ma se quelli che parlano prima di noi lo faranno davvero bene, ne saremo soddisfatti. Che Fedro cominci, con i nostri auguri. che faccia l'elogio dell'amore. Furono subito tutti d'accordo e tutti si unirono all'invito di Socrate. Aristodemo non si ricordava più esattamente ciò che ciascuno disse e io stesso non ricordo più bene ciò che lui mi raccontò. Le cose più importanti, o quel che a me è sembrato più degno di essere ricordato, adesso ve lo riporterò nella forma in cui ciascuno l'ha detto. E così, secondo Aristodemo, il primo a parlare fu Fedro, cominciando il suo discorso più o meno in questi termini. E' un gran dio l'amore, un dio che merita tutta l'ammirazione degli uomini e degli dèi per diverse ragioni, non ultima la sua origine. E' annoverato tra i più antichi dèi, e questo, aggiunse, è un onore. Di questa antichità abbiamo una prova. L’amore non ha né padre né madre, e nessuno, né in poesia né in prosa, glielo ha mai attribuito. Esiodo ci dice che innanzitutto vi fu il Caos, e la Terra dall'ampio seno, sicura sede per tutti i viventi e l'amore. E, in accordo con Esiodo, anche Acusilao dice che dopo il Caos sono nati questi due esseri, la Terra e l'amore. Quanto a Parmenide, parlando della generazione dice che di tutti gli dèi, l’amore fu il primo che la dea partorì. Così c'è ampio accordo nel dire che l'amore è uno degli dèi più antichi. Essendo così antico, è per noi la sorgente dei più grandi beni. Per me, io lo affermo, non c'è più grande bene nella giovinezza che avere un amante virtuoso e, se si ama, trovare eguale amore in chi si ama. Infatti i sentimenti che devono guidare per tutta la vita gli uomini destinati a vivere nel bene non possono ispirarsi né alla nobiltà della nascita né agli onori né alla ricchezza, né a null'altro: devono ispirarsi all’amore. Ora, mi chiedo, quali sono questi sentimenti? La vergogna per l’azione cattiva, l'attrazione per l’azione bella. Senza questo, nessuna città, nessun individuo potranno far mai nulla di grande e di buono. Così, io lo dichiaro, un amante, un uomo che ama, se sorpreso in flagrante a commettere un'azione malvagia o a subire per vigliaccheria, senza difendersi, una grave offesa, soffre certamente se a scoprirlo saranno suo padre o i suoi amici o chiunque altro. Ma soffrirà molto di più se a scoprirlo sarà il suo amante, il suo amato. Ed è lo stesso per l'amato. è davanti al suo amante, noi lo sappiamo bene, che l’amato sente la più grande vergogna, quando sarà sorpreso a fare qualcosa di cui vergognarsi. Se esistesse un mezzo per mettere insieme una città o un esercito fatti solo da amanti e dai loro amati, essi si darebbero certamente il miglior governo che ci sia. Allontanerebbero infatti da loro tutto ciò che è cattivo e rivaleggerebbero sulla via dell'onore. E se questi amanti combattessero l'uno di fianco all'altro potrebbero vincere, per così dire, il mondo intero, anche se fossero soltanto un piccolo gruppo, perché sarebbero molto uniti tra loro. Infatti per un amante innamorato sarebbe più intollerabile abbandonare i ranghi o gettare le armi sotto gli occhi del suo amato che sotto gli occhi del resto dell'esercito. Preferirebbe piuttosto morire cento volte. Quanto ad abbandonare l’amato chi si ama, a non aiutarlo in caso di pericolo, nessuno è così vigliacco che l'amore non riesca a ispirargli una forza divina rendendolo eguale a quelli che per natura hanno grande coraggio. Esattamente come in Omero l’amore viene a ispirare l'ardore per la battaglia a certi eroi, così l'amorefa questo dono agli amanti innamorati, ed essi lo accettano da lui. Meglio ancora: morire per l'altro. Soltanto l’amante accetta questo. La figlia di Pelia, Alcesti, ha dato un esempio chiarissimo di ciò che dico. Soltanto essa acconsentì a morire per il suo sposo, che pure aveva un padre e una madre. La sua figura si eleva così in alto su di loro per la forza nata dal suo amore da farli apparire estranei al loro stesso figlio, senza altro legame con lui che il nome. Avendo agito in questo modo, il suo gesto è sembrato bellissimo, non solo agli uomini ma anche agli dèi. Essi concedono davvero a pochi il privilegio di richiamare in vita la loro anima dal fondo dell'Ade, una volta morti. Ebbene fra tanti eroi, autori delle più belle azioni, concessero questo privilegio proprio ad Alcesti ricordandosi del suo gesto che avevano tanto ammirato. A tal punto gli dèi onorano la dedizione e il coraggio al servizio dell'amore. Al contrario essi mandarono via dall'Ade Orfeo, figlio di Eagro, senza ottenere nulla. Gli mostrarono soltanto un'immagine della donna per la quale era venuto, senza concedergliela. La sua anima, infatti, sembrava loro debole, perché altri non era che un suonatore di cetra; non aveva avuto il coraggio di morire, come Alcesti, per il suo amore, ma aveva cercato con tutti i mezzi di penetrare da vivo nel regno dei morti. E' certamente per questa ragione che essi gli hanno inflitto questa punizione e hanno fatto in modo che morisse per mano delle donne. Non hanno agito nello stesso modo con Achille, il figlio di Teti. L’hanno trattato con onore, aprendogli la via per le isole dei beati. Achille infatti, avvertito dalla madre che sarebbe morto se avesse ucciso Ettore, e sarebbe invece tornato a casa finendo i suoi giorni da vecchio se non lo avesse fatto, scelse con coraggio di restare al fianco di Patroclo, il suo amante, vendicandolo: scelse non di morire per salvarlo, perché era già stato ucciso, ma di seguirlo sulla via della morte. Così gli dèi, pieni di ammirazione, gli hanno tributato onori eccezionali, per aver posto così in alto il suo amante. Eschilo scherza quando pretende che Achille sia l'amante di Patroclo. Achille era più bello non soltanto di Patroclo, ma anche di tutti gli altri eroi messi insieme. Era un ragazzo, non aveva ancora la barba, ed era quindi assai più giovane di Patroclo, come dice Omero. Così se gli dèi onorano soprattutto questo particolare tipo di coraggio che si mette al servizio dell'amore, essi ammirano, stimano, ricompensano ancor di più la tenerezza dell'amato per l'amante che quella dell'amante per i suoi amati. L'amante, infatti, è più vicino al dio dell'amato, perché un dio lo possiede. Ecco perché gli dèi hanno onorato Achille, aprendogli la via per le isole dei beati. Ecco dunque, io lo dichiaro, l'amore è tra gli dèi il più antico e il più degno, ha i maggiori titoli per guidare l'uomo sulla via della virtù e della felicità, sia in vita che nel regno dell'aldilà. Fu questo pressappoco, secondo Aristodemo, il discorso di Fedro. Dopo Fedro parlarono altri, ma lui non si ricordava bene. Non me ne ha parlato e invece mi ha riportato il discorso di Pausania, che si espresse in questi termini. Io credo, Fedro, che l'argomento sia mal posto quando ci si domanda semplicemente di fare l'elogio dell'amore. Se dell’amore ve ne fosse uno solo, potrebbe anche andar bene. Ma non è così. Non ce n'è uno soltanto, e allora è bene prima spiegare di quale amore dobbiamo tessere l'elogio. Cercherò dunque, da parte mia, di chiarire le cose su questo punto, di precisare innanzitutto quale amore si debba lodare e quindi pronuncerò un elogio che sia degno di questo amore. Tutti sappiamo che non c'è Venere senza amore. Se dunque non vi fosse che una Venere, non vi sarebbe che un solo amore. Ma Venere è duplice, e quindi, necessariamente, abbiamo due amori. Come negare che esistano due Venere? Una Venere, senza dubbio la più antica, non ha madre: è figlia di Urano, e la chiamiamo quindi la dea del cielo, Venere Urania. L'altra Venere, la più giovane, è figlia di Zeus e di Dione, e la chiamiamo quindi la dea popolare, Venere Pandemia. E allora necessariamente l'amore che serve Venere Pandemia dovrà chiamarsi Amore Popolare (o volgare) Pandemio. Quell’amore che serve Venere Urania Amore Uranio. Certo, bisogna lodare tutti gli dèi. Ma, detto questo, qual è il dominio dei due amori? E' questo che dobbiamo provare a dire. Ogni azione si caratterizza per questo, che in sé non è né bella né brutta. In quello che adesso facciamo, bere, cantare, chiacchierare, non c'è nulla di bello in sé. è piuttosto il modo in cui si compie un'azione a dar questo o quel risultato, e così seguendo la regola del bello e della rettitudine un'azione con rettitudine diventa bella, al contrario senza rettitudine l’azione diventa brutta. E lo stesso avviene per l'atto o l’azione dell’amore (l’amore). Non tutto l'amore è bello e degno di elogio: lo è soltanto quello che porta all’azione di “amare bene”, la azione dell’amore e bella. Ora l'amore volgare, compagno di Venere popolare, certo è volgare e opera a casaccio: è proprio degli uomini da poco. Questi uomo si innamora di un ragazzo. Poi, l’amante ama il corpo bello. Voglie arrivare dritto al loro scopo. Capita quindi che si imbattano nel bene, e capita anche il contrario. Come è ovvio, quest’amore volgare, dell’uomo volgare, si unisce alla più giovane delle due dee, che sin dal suo concepimento partecipa sia del maschile che del femminile. L'altro Eros, invece, partecipa dell'Afrodite Urania che da sempre è estranea all'elemento femminile e partecipa soltanto del maschile; e poi è la più antica e non conosce alcun impulso brutale. Per questa ragione, l’uomo che e ispirato dall’amore volgare Eros e attrato dall'elemento maschile. Ama teneramente il sesso per natura più forte. E proprio da questa inclinazione ad innamorarsi di un ragazzo si posse riconoscere quanto e posseduto con purezza da quest’amore volgare, perché l’uomo volgare non ama i giovani prima che abbiano dato prova d'intelligenza. Ora, questo è impossibile che accada prima che il giovane sia abbastanza grande da avere la prima barba. E' questa l'età dell’efebo in cui è bene cominciare a rivolgere ad essi attenzioni d'amore, per restare poi con loro per tutta la vita, per legare le proprie esistenze, piuttosto che abusare della credulità di un giovane sciocco, farsi gioco di lui e piantarlo poi per correre dietro ad un altro. Ci vorrebbe una legge che proibisse di amare un ragazzo troppo giovane. Così non si sprecherebbero tante cure per un risultato imprevedibile. Non è infatti possibile prevedere che cosa ne sarà di un ragazzino, se avrà vizi o virtù nel corpo efebo. L'uomo che vale si pone senza dubbio da sé, e di buon grado, questa legge. Ma bisognerebbe anche che chi coltiva l’amore volgare abbia un limite. E proprio quest’ amante volgare, infatti, che hanno screditato l'amore e dato a certuni il coraggio di dire che è una vergogna cedere ad un amante. Chi dice questo, lo fa perché ha davanti agli occhi la mancanza di tatto e di onestà di quest’amante volgari, mentre nessun gesto al mondo merita d'essere criticato quando la convenienza e la legge sono rispettate. Ancora di più. La regola di condotta, per quel che concerne l'amore, è facile da comprendere nelle altre città, perché la sua definizione è semplice. Nell'Elide, presso i Beoti, e nelle altre città in cui gl’uomini non sono abili nel far grandi discorsi, la regola ammessa è semplice. è un bene cedere all’amante e nessuno dirà mai che c'è da vergognarsi. Il fine è di evitare l'imbarazzo di dover convincere il giovane con la parola, perché non e gran parlatore. Nella Ionia, al contrario, e in diverse altre zone, la regola dice che questo non va bene.Sono paesi dominati dai barbari. Presso i barbari, infatti, a causa dei loro regimi tirannici, il giudizio comune è che ci sia da vergognarsi a cedere a un amante. Lo stesso giudizio si dà per l'amore per l'esercizio fisico. Senza dubbio, ai loro capi non conviene che nascano grandi intelligenze tra i sudditi, e neppure una grande amicizia saldamente unita, come in effetti l'amore, più di ogni altra cosa al mondo, sa produrre. Di questo hanno fatto esperienza anche i tiranni qui da noi. L’amore di Aristogitone e l'amicizia di Armodio, sentimenti solidi, hanno distrutto il loro potere. Così là dove si ritiene che ci sia da vergognarsi a cedere a un amante, questa convinzione è nata dalla debolezza morale dell’uomo: desiderio di dominio presso i capi, vigliaccheria presso i sudditi. Là invece dove la regola ammette in tutta semplicità che è cosa buona, essa è nata per la pigrizia dell'animo di quell’uomo. Presso di noi la regola è molto più bella e, come ho detto, non è facile da comprendere. C'è da rifletterci, in effetti. è più bello, si dice, amare apertamente piuttosto che in segreto, e soprattutto amare il giovane di nascita migliore e di meriti più alti, anche se meno belli di altri; di più, chi è innamorato è straordinariamente incoraggiato da tutti, e nessuno pensa che faccia qualcosa di cui vergognarsi: il successo è il suo onore, lo scacco è la sua vergogna. E nei tentativi di conquista la regola elogia l’amante per delle stravaganze che esporrebbero alle critiche più severe chiunque osasse comportarsi così per altri scopi. Supponiamo infatti che uno voglia ottenere del denaro da qualcuno, che voglia esercitare una magistratura, o una qualsiasi funzione importante. Se accetta di fare ciò che fanno l’amante per il suo amato - assillarli con preghiere e suppliche, pronunciare grandi giuramenti, dormire dietro le loro porte, abbassarsi volontariamente ad ogni sorta di schiavitù che nessuno schiavo accetterebbe di buon grado - ebbene tutto questo gli e impedito sia dai suoi amici che dai suoi nemici. L’amico gli rimprovera la sua adulazione e la sua bassezza; il nemico lo fa ragionare e arrossiranno per lui. Queste cose, invece, sono ben viste per l'innamorato e la nostra regola non le critica affatto. E qualcosa che si sta ad ammirare. E la cosa più strana è, secondo il detto popolare, che lui solo può giurare e ottenere grazia davanti agli dèi se tradisce i suoi giuramenti. Dinanzi a Venere, a quanto si dice, nessun giuramento vale. Così l’uomini danno all’innamorato una libertà totale: lo dice la nostra regola. E questo porta a pensare che la regola nella nostra città giudichi cose perfette il bello e l'amore, e l'amicizia che ricompensa l’amante.  Ma quando d'altra parte un padri fa sorvegliare da un pedagogho il suo figliolo innamorato, in modo che non possa parlar d'amore con il suo amante. Quando i giovani della loro età, i loro amici, li rimproverano per il loro amore. Quando gli adulti non si oppongono a queste critiche e non le biasimano come fuori luogo. Allora se si considera tutto questo si potrebbe credere, al contrario, che questo tipo di amore goda presso di noi di cattiva fama. Ecco, io credo, come stanno le cose. La faccenda non è per nulla semplice, come ho già detto all'inizio. In se stessa non è né bella né brutta. E' bella se l’azione d’amar bene rettamente e bella, è brutta se l’azione d’amare male sono brutte. E' cosa brutta cedere ad un uomo cattivo e per un cattivo motivo. è cosa bella cedere ad un uomo di valore e per un bel motivo. Ora chi si comporta male è, come prima dicevo, l'amante volgare, che ama il corpo bello. Non ha costanza, perché l'oggetto del suo amore – il corpo bello -- è incostante. All'affievolirsi del  bello del corpo che ama, "s'invola e va via", e tradisce senza vergogna alcuna tante belle parole, tante promesse. Ma l’uomo chi ama il carattere di una persona per le sue alte qualità, resta fedele tutta la vita perché il suo amore riposa su qualcosa di costante. La nostra regola si propone di mettere l’uomo alla prova della serietà e dell'onestà, perché si ceda al’uomo che valgono e si fuggano gli altri. Incoraggiano quindi a sceglier bene tra il cedere e il fuggire, creando delle prove che permettano di riconoscere di che natura sia l'amante. Su questo si fonda evidentemente la massima: «a cedere subito c'è da vergognarsi». Più tempo passa, infatti, più si ha la prova, sembra, della serietà dell'amore. Una seconda massima, poi, dice che c'è da vergognarsi a cedere per denaro o per averne vantaggi politici, sia che ci si intimorisca di fronte ad un'azione decisa, che rende incapaci di reagire, sia che non si respingano con sdegno le lusinghe della ricchezza e del successo politico: niente di tutto ciò ha l'aria d'essere solido e stabile, e dunque non può venirne alcuna generosa amicizia. Non resta dunque, secondo la nostra regola, che una sola via onesta perché l'amato possa cedere all'amante. Presso di noi la regola è la seguente. Come tra gli amanti non c'è nulla di umiliante nel far di se stessi degli schiavi consenzienti, secondo quella forma di schiavitù che prima dicevo, e non c'è il rischio di essere criticati, nello stesso modo rimane una sola altra forma di schiavitù volontaria che sfugga a ogni critica: quella che ha la virtù come proprio oggetto. La nostra regola infatti dice questo, che se si accetta di essere al servizio di un altro pensando di diventare migliori grazie a lui, in la virtù, questa servitù liberamente accolta non ha niente di cattivo e non è umiliante. Bisogna dunque riunire in una sola regola, che riguarda l'amore dell’uomo verso i ragazzo. Vogliamo che si abbia un bene dal fatto che l'amato ceda all'amante. Infatti quando le vie dell'amante e dell'amato si incontrano, ed essi insieme seguono la stessa regola, il primo di rendere al suo amato tutti i servizi compatibili con la giustizia, il secondo di dare all'uomo che cerca di farlo diventare buono tutte le forme di assistenza compatibili con la giustizia. L’uno potendo contribuire a dare la virtù, l'altro avendo bisogno di progredire nell'educazione, allora in verità quando queste regole convergono, e in questo caso solamente, questa coincidenza fa sì che sia cosa bella che l'amato ceda all'amante. Altrimenti, è da escludere. Nel bene, anche se chi cede è completamente vittima della situazione, non c'è alcun disonore, ma in tutti gli altri casi, che si sia vittime o meno, c'è di che vergognarsi. Infatti se c'è qualcuno che per arricchirsi ha ceduto a un'amante che crede ricco, e viene poi ingannato e non ottiene nulla, perché il suo amante si rivela povero, la cosa rimane riprovevole anche se si è una vittima. Un simile uomo sembra mostrare il fondo della sua anima: per denaro si presta a tutto verso il primo venuto, e questo non è affatto bello. Secondo lo stesso ragionamento, se si cede a qualcuno credendolo pieno di qualità e pensando di diventare migliori legandosi a questo amante, e se in seguito ci si trova ingannati scoprendo la sua malvagità, quanto sia povero nella virtù, ebbene chi è stato ingannato non ha nulla di cui vergognarsi. Anche in questo caso, infatti, sembra rivelarsi la qualità dell'anima. La virtù e il progresso morale, in tutto e per tutto, sono l'oggetto della propria passione - e questa è la cosa più bella che ci sia. Quindi è bellissimo cedere, quando si cede per la virtù. Quest’amore viene da Venere Urania, ed è davvero divino e prezioso per la città come per l’uomo, perché esige dall'amante e dall'amato che entrambi veglino su se stessi, per essere ricchi di virtù. Quanto agli altri, essi rivelano il legame con l'altra dea, la Venere volgare. Ecco, mio caro Fedro: io non ho fatto che improvvisare; è questo il mio tributo per l’amore. Dopo la pausa di Pausania - uso questo gioco di parole sullo stile dei maestri della parola - era venuto il turno di Aristofane. Ma caso volle che, o per la cena troppo abbondante o per qualche altra ragione, avesse il singhiozzo e non riuscisse a parlare. Chiese allora a Erissimaco di parlare lui al posto suo. Bisogna, Erissimaco, o che tu fermi il mio singhiozzo, o che tu parli al mio posto in attesa che mi passi. E va bene, rispose Erissimaco, farò l'uno e l'altro. Parlerò al tuo posto e tu parlerai al mio quanto ti sarà passato il singhiozzo. Mentre parlo, se trattieni a lungo il respiro il tuo singhiozzo si deciderà ad andarsene. Se non se ne va, fai dei gargarismi con dell'acqua. E se non se ne va ancora, cerca qualcosa per solleticarti il naso e starnutire. Se lo farai una o due volte, per quanto tenace sia il tuo singhiozzo, se ne andrà. A te parlare, dunque, disse Aristofane, io seguirò i tuoi consigli. Allora Erissimaco prese la parola. "Io credo che dopo un buon inizio tu non abbia risposto del tutto alle esigenze del soggetto trattato, ed è quindi necessario che io cerchi, da parte mia, di completare il suo discorso. La tua distinzione tra i due tipi di amore mi sembra eccellente. Ma essa non riguarda soltanto l’uomini nei loro rapporti con le persone belle. Riguarda anche i rapporti tra altri oggetti d'amore, tra altri esseri, che si tratti dei corpi degli animali o delle piante che la terra nutre: in una parola, riguarda tutti gli esseri viventi. La medicina, la nostra arte, credo mi consenta questa osservazione. Essa permette di vedere che l’amore è un grande dio, un dio meraviglioso, e che la sua azione si estende su tutto, sia nell'ordine dell'umano che del divino. Comincerò dalla medicina, per fare onore alla mia arte. La natura dei corpi comporta un duplice amore. Ciò che è sano nel corpo è ben diverso e dissimile da ciò che è malato, questo lo ammettono tutti. Ora, il dissimile ama e desidera il dissimile. L'amore che è proprio della parte sana è dunque diverso dall'amore che è proprio della parte malata. Dunque, proprio come Pausania diceva che è cosa bella accordare i propri favori agli uomini che se lo meritano ed è cosa brutta cedere ai dissoluti, così quando si tratta dei corpi stessi favorire ciò che vi è di buono e di sano in ciascuno è cosa bella e necessaria, ed è questo che chiamiamo medicina, mentre bisogna rifiutarsi di favorire ciò che è malvagio e malsano, se si vogliono seguire le regole dell'arte. La medicina infatti, se vogliamo definirla in una parola, è la scienza dei fenomeni d'amore propri dei corpi, nei loro rapporti con il riempirsi e il vuotarsi, e chi da questi fenomeni sa diagnosticare il buono e il cattivo amore, ebbene questi è il miglior medico. Chi sa operare dei cambiamenti grazie ai quali si acquista un amore al posto dell'altro; chi sa far nascere l'amore nei corpi in cui manca e sa eliminarlo quando è di troppo; ebbene costui è davvero padrone di quest'arte. Senza alcun dubbio. Il medico deve essere capace di ristabilire l'amicizia e il mutuo amore tra gli elementi del corpo che più si odiano. Ora, gli elementi che più si odiano sono quelli contrari: il freddo e il caldo, l'amaro e il dolce, il secco e l'umido, e così via. E' per avere saputo mettere l'amore e la concordia tra questi elementi che il nostro antico padre Asclepio - a quel che dicono i nostri poeti, e io lo credo - è il fondatore della nostra arte. La medicina è dunque, come dicevo, tutta quanta governata da questo dio. E questo vale anche per la ginnastica e per l'agricoltura. Quanto alla musica, non occorre una grande riflessione per vedere che è la stessa cosa. Senza dubbio è questo che vuol dire Eraclito, benché la sua espressione non sia felice. Egli dichiara infatti che l’uno «in sé discorde con se stesso si accorda, come l'armonia dell'arco e della lira56».Ora, è molto illogico affermare che l'armonia consiste in una opposizione o che essa è composta da elementi che si oppongono ancora. Ma egli voleva forse dire che a partire da una opposizione originaria, tra l'acuto e il grave, i due elementi in seguito si accordano e l'armonia si realizza grazie alla musica. Infatti, se veramente l'acuto e il grave si opponessero ancora, non si vede come potrebbe nascere l'armonia. L'armonia infatti è una consonanza, e una consonanza è una sorta di accordo. Ora, l'accordo di elementi opposti, se permangono opposti, è impossibile, e d'altro canto non può esserci armonia tra ciò che si oppone e non si accorda: nello stesso modo il ritmo nasce dal rapido e dal lento, cioè da elementi all'inizio opposti che in seguito si accordano. E come prima la medicina, adesso è la musica che introduce l'accordo tra tutti questi elementi, creando amore reciproco e accordo. E dunque la musica è essa stessa, nell'ordine dell'armonia e del ritmo, una scienza dei fenomeni dell'amore. Ora, se nella costituzione dell'armonia e del ritmo i fenomeni dell'amore possono essere osservati facilmente, questo accade perché non vi sono due specie d'amore. Ma quando per il pubblico si eseguono ritmi e armonie, sia componendole (in quella che si chiama composizione musicale) sia servendosi a seconda dei casi di composizioni melodiche o metriche composte da altri (in quella che si chiama educazione musicale), allora la cosa diventa difficile e si ha bisogno di un uomo del mestiere, che sia abile. Ecco allora tornare il discorso di prima: se bisogna cedere, è bene farlo con uomini dai costumi ben regolati, proprio per migliorarsi quando ancora non si hanno le stesse qualità; l'amore di questi uomini deve essere ben difeso e bisogna quindi rivolgersi all'Eros bello, all'Eros Uranio, quello della Musa Urania. L'altro è quello di Polimnia, l'Eros Pandemio57, che bisogna offrire con prudenza a chi viene ad offrirlo a noi, in modo da trarne piacere senza strafare; è come nella nostra arte, la medicina, che deve saper ben dosare il gusto per la buona cucina, per imparare a goderne senza ammalarsi. Così dunque in musica, in medicina, in tutto l'ordine delle cose divine e umane, è necessario proteggere nella misura del possibile l'uno e l'altro amore, poiché vi si trovano entrambi. Anche l'ordine delle stagioni dell'anno è riempito da questi due amori, e quando gli elementi di cui parlavo prima - il caldo e il freddo, il secco e l'umido - incontrano nei loro reciproci rapporti l'amore ben regolato, essi si armonizzano combinandosi nella giusta misura, allora portano l'abbondanza e la sanità agli uomini, agli animali, alle piante, senza causare alcun danno58. Ma quando nelle stagioni dell'anno prevale l'amore senza misura, rovina ogni cosa ed è causa di grandi disastri. La pestilenza, infatti, ha origine da questi fenomeni e così le più varie malattie che aggrediscono animali e piante: gelo, grandine, i mali delle piante, provengono dal desiderio senza limiti e misura nelle relazioni reciproche fra questi fenomeni, governate dall'amore. C'è una scienza che tratta nello stesso tempo del movimento degli astri e delle stagioni dell'anno: si chiama astronomia. Tutti i sacrifici, poi, e tutto ciò che ha a che fare con la divinazione (cioè tutto ciò che mette in comunicazione gli dèi e gli uomini) non hanno altro scopo che quello di proteggere l'amore e di guarirlo. L'empietà nasce abitualmente dal non cedere all'amore ben regolato, dal non onorarlo, dal non riverirlo con ogni propria azione, ma dall'onorare l'altro amore, nei rapporti sia con i propri genitori, viventi o morti, sia con gli dèi. Questo è il compito assegnato alla divinazione: sorvegliare coloro che amano e guarirli. Ed è ancora lei, la divinazione, che permette l'amicizia tra gli dèi e gli uomini, perché essa conosce, nell'ordine degli umani, quei fenomeni d'amore che tendono al rispetto degli dèi e alla pietà.Questa è la molteplice, l'immensa o piuttosto l'universale potenza che è propria dell'Eros. E' lui ad agire, con moderazione e giustizia, per produrre delle opere buone, sia tra noi che tra gli dèi, con la più grande potenza: ci procura ogni felicità e ci rende capaci di vivere in società, di legare con vincoli di amicizia gli uni con gli altri ed anche con quegli esseri a noi superiori, gli dèi. Anch'io, senza dubbio, ho tralasciato alcune cose nel mio elogio dell'Eros, ma non l'ho fatto apposta. Se ho dimenticato qualche punto, spetta a te, Aristofane, di colmare la lacuna. Però, se ti proponi di lodare il dio in un altro modo, fai pure, visto che il tuo singhiozzo se n'è andato."Allora, disse Aristodemo, Aristofane prese la parola. Il fatto è che se n'è sì andato, ma ho dovuto proprio applicare il tuo rimedio e starnutire. Non è strano che il buon ordine del mio corpo abbia bisogno di rumori e di solletico per starnutire? Sta di fatto, però, che il singhiozzo è passato appena ho starnutito. Aristofane, amico mio, che dici?, riprese Erissimaco. Ci fai ridere prendendomi in giro un attimo prima di fare il tuo discorso? Così mi costringi a sorvegliare bene le tue parole, che tu non abbia ad esser comico proprio quando puoi parlare in tutta tranquillità. Aristofane si mise a ridere e disse. Hai ragione Erissimaco, ritiro tutto. Ma non mi sorvegliare. Nel discorso che farò, infatti, dovrò dire non poche cose che faranno un po' ridere - e questo è un vantaggio, perché così la mia Musa si troverà su un terreno familiare -, ma ho proprio paura di essere un po' preso in giro! Eh, Aristofane, tu prima lanci una frecciatina, poi te ne vuoi scappare, non è vero? Ma t'avverto, parla piuttosto come un uomo che deve rendere conto di quel che dice! Sta' tranquillo, però, da parte mia ti farò grazia, ma solo se vorrò!"Discorso di Aristofane "A dir la verità, Erissimaco - disse Aristofane -, ho intenzione di parlare diversamente da te e da Pausania. Infatti mi sembra che gli uomini non si rendano assolutamente conto della potenza dell'amore. Se se ne rendessero conto, certamente avrebbero elevato templi e altari a questo dio, e dei più magnifici, e gli offrirebbero i più splendidi sacrifici. Non sarebbe affatto come è oggi,quando nessuno di questi omaggi gli viene reso. E invece niente sarebbe più importante, perché è il dio più amico degli uomini: viene in loro soccorso, porta rimedio ai mali la cui guarigione è forse per gli uomini la più grande felicità. Dunque cercherò di mostrarvi la sua potenza, così potrete essere maestri a vostra volta. Ma innanzitutto bisogna che conosciate la natura della specie umana e quali prove essa ha dovuto attraversare. Nei tempi andati62, infatti, la nostra natura non era quella che è oggi, ma molto differente. Allora c'erano tra gli uomini tre generi, e non due come adesso, il maschio e la femmine. Ne esisteva un terzo, che aveva entrambi i caratteri degli altri. Il nome si è conservato sino a noi, ma il genere, quello è scomparso. Era l'ermafrodito, un essere che per la forma e il nome aveva caratteristiche sia del maschio che della femmina. Oggi non ci sono più persone di questo genere.Quanto al nome, ha tra noi un significato poco onorevole.Questi ermafroditi erano molto compatti a vedersi, e il dorso e i fianchi formavano un insieme molto arrotondato. Avevano quattro mani, quattro gambe, due volti su un collo perfettamente rotondo, ai due lati dell'unica testa. [190] Avevano quattro orecchie, due organi per la generazione, e il resto come potete immaginare. Si muovevano camminando in posizione eretta, come noi63, nel senso che volevano. E quando si mettevano a correre, facevano un po' come gli acrobati che gettano in aria le gambe e fan le capriole: avendo otto arti su cui far leva, avanzavano rapidamente facendo la ruota. La ragione per cui c'erano tre generi è questa, che il maschio aveva la sua origine dal Sole, la femmina dalla Terra e il genere che aveva i caratteri d'entrambi dalla Luna, visto che la Luna ha i caratteri sia del Sole che della Terra64. La loro forma e il loro modo di muoversi era circolare, proprio perché somigliavano ai loro genitori. Per questo finivano con l'essere terribilmente forti e vigorosi e il loro orgoglio era immenso. Così attaccarono gli dèi e quel che narra Omero di Efialte e di Oto, riguarda anche gli uomini di quei tempi: tentarono di dar la scalata al cielo, per combattere gli dèi.Allora Zeus e gli altri dèi si domandarono quale partito prendere. Erano infatti in grave imbarazzo: non potevano certo ucciderli tutti e distruggerne la specie con i fulmini come avevano fatto con i Giganti, perché questo avrebbe significato perdere completamente gli onori e le offerte che venivano loro dagli uomini; ma neppure potevano tollerare oltre la loro arroganza. Dopo aver laboriosamente riflettuto, Zeus ebbe un'idea. «lo credo - disse - che abbiamo un mezzo per far sì che la specie umana sopravviva e allo stesso tempo che rinunci alla propria arroganza: dobbiamo renderli più deboli. Adesso - disse - io taglierò ciascuno di essi in due, così ciascuna delle due parti sarà più debole. Ne avremo anche un altro vantaggio, che il loro numero sarà più grande. Essi si muoveranno dritti su due gambe, ma se si mostreranno ancora arroganti e non vorranno stare tranquilli, ebbene io li taglierò ancora in due, in modo che andranno su una gamba sola, come nel gioco degli otri65». Detto questo, si mise a tagliare gli uomini in due, come si tagliano le sorbe per conservarle, o come si taglia un uovo con un filo. Quando ne aveva tagliato uno, chiedeva ad Apollo di voltargli il viso e la metà del collo dalla parte del taglio, in modo che gli uomini, avendo sempre sotto gli occhi la ferita che avevano dovuto subire, fossero più tranquilli, e gli chiedeva anche di guarire il resto66. Apollo voltava allora il viso e, raccogliendo d'ogni parte la pelle verso quello che oggi chiamiamo ventre, come si fa con i cordoni delle borse, faceva un nodo al centro del ventre non lasciando che un'apertura - quella che adesso chiamiamo ombelico.  Quanto alle pieghe che si formavano, il dio modellava con esattezza il petto con uno strumento simile a quello che usano i sellai per spianare le grinze del cuoio. Lasciava però qualche piega, soprattutto nella regione del ventre e dell'ombelico, come ricordo della punizione subita.Quando dunque gli uomini primitivi furono così tagliati in due, ciascuna delle due parti desiderava ricongiungersi all'altra. Si abbracciavano, si stringevano l'un l'altra, desiderando null'altro che di formare un solo essere. E così morivano di fame e d'inazione, perché ciascuna parte non voleva far nulla senza l'altra. E quando una delle due metà moriva, e l'altra sopravviveva, quest'ultima ne cercava un'altra e le si stringeva addosso - sia che incontrasse l'altra metà di genere femminile, cioè quella che noi oggi chiamiamo una donna, sia che ne incontrasse una di genere maschile. E così la specie si stava estinguendo. Ma Zeus, mosso da pietà, ricorse a un nuovo espediente. Spostò sul davanti gli organi della generazione. Fino ad allora infatti gli uomini li avevano sulla parte esterna, e generavano e si riproducevano non unendosi tra loro, ma con la terra, come le cicale. Zeus trasportò dunque questi organi nel posto in cui noi li vediamo, sul davanti, e fece in modo che gli uomini potessero generare accoppiandosi tra loro, l'uomo con la donna. Il suo scopo era il seguente: nel formare la coppia, se un uomo avesse incontrato una donna, essi avrebbero avuto un bambino e la specie si sarebbe così riprodotta; ma se un maschio avesse incontrato un maschio, essi avrebbero raggiunto presto la sazietà nel loro rapporto, si sarebbero calmati e sarebbero tornati alle loro occupazioni, provvedendo così ai bisogni della loro esistenza. E così evidentemente sin da quei tempi lontani in noi uomini è innato il desiderio d'amore gli uni per gli altri, per riformare l'unità della nostra antica natura, facendo di due esseri uno solo: così potrà guarire la natura dell'uomo. Dunque ciascuno di noi è una frazione68 dell'essere umano completo originario. Per ciascuna persona ne esiste dunque un'altra che le è complementare, perché quell'unico essere è stato tagliato in due, come le sogliole69. E' per questo che ciascuno è alla ricerca continua della sua parte complementare. Stando così le cose, tutti quei maschi che derivano da quel composto dei sessi che abbiamo chiamato ermafrodito si innamorano delle donne, e tra loro ci sono la maggior parte degli adulteri; nello stesso modo, le donne che si innamorano dei maschi e le adultere provengono da questa specie; ma le donne che derivano dall'essere completo di sesso femminile, ebbene queste non si interessano affatto dei maschi: la loro inclinazione le porta piuttosto verso le altre donne ed è da questa specie che derivano le lesbiche. I maschi, infine, che provengono da un uomo di sesso soltanto maschile cercano i maschi. Sin da giovani, poiché sono una frazione del maschio primitivo, si innamorano degli uomini e prendono piacere a stare con loro, tra le loro braccia. Si tratta dei migliori tra i bambini e i ragazzi, perché per natura sono più virili. Alcuni dicono, certo, che sono degli spudorati, ma è falso. Non si tratta infatti per niente di mancanza di pudore: no, è i loro ardore, la loro virilità, il loro valore che li spinge a cercare i loro simili. Ed eccone una prova: una volta cresciuti, i ragazzi di questo tipo sono i soli a mostrarsi davvero molto bravi nell’occuparsi di politica. Da adulto, ama il ragazzo. Il matrimonio e la paternità non li interessano affatto - è la loro natura; solo che le consuetudini li costringono a sposarsi ma, quanto a loro, sarebbero ben lieti di passare la loro vita fianco a fianco, da celibi. In una parola, l'uomo cosi ffatto desidera un ragazzo e li ama teneramente, perché è attratto sempre dalla specie di cui è parte. Quest’uomo - ma lo stesso, per la verità, possiamo dire di chiunque - quando incontrano l'altra metà di se stesse da cui sono state separate, allora sono prese da una straordinaria emozione, colpite dal sentimento di amicizia che provano, dall'affinità con l'altra persona, se ne innamorano e non sanno più vivere senza di lei - per così dire - nemmeno un istante. E queste persone che passano la loro vita gli uni accanto agli altri non saprebbero nemmeno dire cosa desiderano l'uno dall'altro. Non è possibile pensare che si tratti solo delle gioie del far l'amore: non possiamo immaginare che l'attrazione sessuale sia la sola ragione della loro felicità e la sola forza che li spinge a vivere fianco a fianco. C'è qualcos'altro: evidentemente la loro anima cerca nell'altro qualcosa che non sa esprimere, ma che intuisce con immediatezza. Se, mentre sono insieme, Efesto si presentasse davanti a loro con i suoi strumenti di lavoro e chiedesse: "Che cosa volete l'uno dall'altro?", e se, vedendoli in imbarazzo, domandasse ancora: «Il vostro desiderio non è forse di essere una sola persona, tanto quanto è possibile, in modo da non essere costretti a separarvi né di giorno né di notte? Se questo è il vostro desiderio, io posso ben unirvi e fondervi in un solo essere, in modo che da due non siate che uno solo e viviate entrambi come una persona sola. Anche dopo la vostra morte, laggiù nell'Ade, voi non sarete più due, ma uno, e la morte sarà comune. Ecco: è questo che desiderate? è questo che può rendervi felici?» A queste parole nessuno di loro - noi lo sappiamo - dirà di no e nessuno mostrerà di volere qualcos'altro. Ciascuno pensa semplicemente che il dio ha espresso ciò che da lungo tempo senza dubbio desiderava: riunirsi e fondersi con l'amato. Non più due, ma un essere solo. La ragione è questa, che la nostra natura originaria è come l’ho descritta. Noi formiamo un tutto: il desiderio di questo tutto e la sua ricerca ha il nome di amore. Allora, come ho detto, eravamo una persona sola; ma adesso, per la nostra colpa, il dio ci ha separati in due persone, come gli Arcadi lo sono stati dagli Spartani77. Dobbiamo dunque temere, se non rispettiamo i nostri doveri verso gli dèi, di essere ancora una volta dimezzati, e costretti poi a camminare come i personaggi che si vedono raffigurati nei bassorilievi delle steli, tagliati in due lungo la linea del naso, ridotti come dadi a metà. Ecco perché dobbiamo sempre esortare gli uomini al rispetto degli dèi: non solo per fuggire quest'ultimo male, ma anche per ottenere le gioie dell'amore che ci promette Eros, nostra guida e nostro capo. A lui nessuno resista - perché chi resiste all'amore è inviso agli dèi. Se diverremo amici di questo dio, se saremo in pace con lui, allora riusciremo a incontrare e a scoprire l'anima nostra metà, cosa che adesso capita a ben pochi. E che Erissimaco non insinui, giocando sulle mie parole, che intendo riferirmi a Pausania e Agatone: loro due ci sono riusciti, probabilmente, ed entrambi sono di natura virile. Io però parlo in generale degli uomini dichiaro che la nostra specie può essere felice se segue Eros sino al suo fine, così che ciascuno incontri l'anima sua metà, recuperando l'integrale natura di un tempo. Se questo stato è il più perfetto, allora per forza nella situazione in cui ci troviamo oggi la cosa migliore è tentare di avvicinarci il più possibile alla perfezione: incontrare l'anima a noi più affine, e innamorarcene. Se dunque vogliamo elogiare con un inno il dio che ci può far felici, è ad Eros che dobbiamo elevare il nostro canto: ad Eros, che nella nostra infelicità attuale ci viene in aiuto facendoci innamorare della persona che ci è più affine; ad Eros, che per l'avvenire può aprirci alle più grandi speranze. Sarà lui che, se seguiremo gli dèi, ci riporterà alla nostra natura d'un tempo: egli promette di guarire la nostra ferita, di darci gioia e felicità. Ecco, Erissimaco, questo è il mio discorso in onore di Eros. T'ho già pregato, non prendermi in giro per quel che ho detto. Dobbiamo ancora ascoltare, non dimenticarlo, i discorsi degli altri, di quelli che restano, Agatone e Socrate."Erissimaco, riferì Aristodemo, rispose così:"Sì sì, farò proprio come dici tu, perché il tuo discorso mi è piaciuto molto e anzi, se non sapessi che Socrate e Agatone sono gran maestri nelle cose d'amore, penserei quasi quasi che siano a corto di argomenti, tante sono le cose che sono state dette. Ma ho piena fiducia in loro".E Socrate allora disse. Dici così perché hai già fatto la tua parte, Erissimaco. Ma se fossi al mio posto, ora o peggio ancora dopo il discorso di Agatone - che ti figuri se non sarà bellissimo -, avresti una gran paura e saresti proprio in imbarazzo, come me in questo momento"."Non mi fido mica di te Socrate, disse Agatone, tu vuoi farmi tremare all'idea che il nostro pubblico sarà attentissimo e si aspetta da me un discorso stupendo. Ma Agatone, rispose Socrate, vuoi che mi dimentichi di tutte le volte che ti ho visto sul palco coi tuoi attori, sicuro di te, mentre ti rivolgevi ad un gran pubblico per presentare una tua opera? Non eri per niente emozionato, affatto,e adesso dovrei credere che lo sei davanti a noi, che siamo così pochi?""Come, Socrate? disse Agatone. Non mi crederai, spero, così innamorato del teatro da non capire che agli occhi di un uomo di buon senso poche persone intelligenti sono più da temere di una folla ignorante?""Farei molto male se lo credessi, mio buon Agatone, rispose Socrate, una simile mancanza di stile non ti si addice. Io so bene, invece, che se trovi gente che ritieni saggia, dai loro molta più importanza che alla folla. Però non credo affatto che noi siamo saggi. Perché c'eravamo anche noi tra il pubblico, là tra la folla. Ma se trovassi altra gente, dei saggi veri, ti vergogneresti,senza dubbio, davanti a loro al pensiero di far qualcosa di cui ci sia da vergognarsi. Che ne dici?""E' vero", rispose."Ma davanti alla folla non ti vergogneresti se pensassi di fare qualcosa di cui ci sia da vergognarsi?"Fedro a questo punto prese la parola e disse:"Mio caro Agatone, se rispondi, a Socrate non importerà proprio nulla se la conversazione prenderà una piega o l'altra, perché a lui basta avere qualcuno con cui chiacchierare, soprattutto se è un bel ragazzo. Ora, a me piace moltissimo ascoltare Socrate quando discute, ma adesso dobbiamo proprio occuparci dell'Eros, dobbiamo raccogliere il tributo da ciascuno di noi: i nostri discorsi in suo onore. Pagate il vostro debito verso il dio, poi tornerete a chiacchierare tra voi". Discorso di Agatone"Hai proprio ragione, Fedro, disse Agatone, e in effetti niente mi impedisce di rimandare la risposta perché avrò ancora ben l'occasione di chiacchierare con Socrate! C'è tempo.Voglio dirvi subito come intendo condurre il mio discorso, prima di cominciare. Tutti coloro che hanno già parlato non hanno per nulla, mi sembra, fatto l'elogio del dio. Hanno chiamato felici gli uomini per i beni che gli devono, ma chi egli sia esattamente, per aver fatto loro questi doni, ecco questo nessuno l'ha detto. Ora, il solo modo corretto per fare un elogio, qualunque sia l'argomento, è quello di spiegare la natura dell'oggetto del discorso e la natura di ciò di cui è responsabile. E così dobbiamo procedere anche noi nell'elogio dell'Eros: mostrando innanzitutto la sua natura e quindi i doni che ci ha fatto.Dichiaro dunque che tra tutti gli dèi, esseri felici, Eros - mi sia permesso dirlo senza risvegliare la loro gelosia - è il più felice, perché è il più bello e il migliore. E' il più bello perché questa è la sua natura. Infatti, mio caro Fedro, è il più giovane tra gli dèi. Una grande prova dimostra che quel che dico è vero, e ce la offre lui stesso: Eros fugge la vecchiaia, che è rapida, si sa, e ci sorprende prima di quanto dovrebbe. L'Eros, è chiaro, la odia e non le si avvicina nemmeno da lontano. Ma è sempre in compagnia della giovinezza, le resta vicino. Ha ragione il vecchio detto: "Il simile cerca il simile". Io sono spesso d'accordo con Fedro, ma non trovo giusto dire che Eros sia più antico di Cronos e di Giapeto. Io dichiaro, al contrario, che è il più giovane tra gli dèi, che è sempre giovane e che le vecchie lotte tra gli dèi di cui parlano Esiodo e Parmenide sono figlie della Necessità, ma non di Eros, se questi poeti hanno detto il vero. Infatti gli dèi non si sarebbero mutilati l'un l'altro, non si sarebbero messi in ceppi né fatto tanta violenza se l'Eros fosse stato tra loro. Avrebbero conosciuto invece l'amicizia e la pace, come adesso, nel tempo in cui sugli dèi l'Eros stende il suo dominio. Dunque, l'Eros è giovane, e non soltanto è giovane ma anche delicato. A lui è mancato un poeta, un Omero, che ne sapesse far vedere la delicatezza. Omero dice di Ate che essa è una dea e allo stesso tempo che è delicata, o almeno che lo sono i suoi piedi. Dice: "Son delicati i suoi piedi e non sfiorano il suolo, ella avanza sfiorando le teste degli uomini". Un chiaro indice della sua delicatezza, ai miei occhi: la dea non posa i piedi sul duro, ma sul morbido. Utilizzeremo anche noi a proposito dell'Eros lo stesso indizio per affermare che è delicato: non cammina infatti sulla terra, né sulle teste, che poi tanto morbide non sono, ma si muove e abita in ciò che è più tenero al mondo. Eros infatti ha stabilito la sua dimora nel cuore e nell'anima degli uomini e degli dèi. Ma non senza distinzione in tutte le anime. Se ne incontra una che abbia un carattere duro, fugge via e va ad abitare in quelle in cui trova dolcezza. E' sempre a contatto, coi piedi e con tutto il suo essere, con ciò che tra tutte le cose tenere è più tenero, ed è quindi assai delicato, necessariamente. Ecco dunque, l'Eros è il più giovane e il più delicato degli esseri. E inoltre dobbiamo ricordare la flessibilità della sua forma, perché non potrebbe andare dappertutto né passare inosservato quando penetra nelle anime e quando ne esce, se fosse rigido. Dell'armonia, della duttilità della sua natura, ebbene di questo la sua grazia ne dà una prova eclatante, quella grazia che l'Eros possiede in massimo grado perché tra l'aspetto sgraziato e l'Eros la reciproca ostilità c'è da sempre. E che dire della bellezza della sua carnagione? Eros indugia tra i fiori. Su ciò che non fiorisce, sul fiore appassito, nel corpo o nell'anima o in ogni altra cosa, Eros non si posa: ma là dove i fiori e i profumi abbondano, là si posa, là sceglie la sua casa. Sulla bellezza del dio basta così, anche se davvero resta ancora molto da dire. Vorrei adesso parlare delle sue virtù. Ecco la più importante: Eros non fa né subisce ingiustizia, non fa torto a nessuno, uomo o dio, e non ne subisce da nessuno, né uomo né dio. La violenza non ha alcuna parte in ciò che subisce, ammesso che subisca qualcosa, perché la violenza non ha presa sull'Eros; non ne ha bisogno in tutto quel che fa perché tutti in tutto si mettono di buon grado al suo servizio. E gli accordi che si fanno di buon grado sono chiamati giusti dalle «leggi, le regine della città86».E con la giustizia ecco la più grande temperanza. La temperanza, si sa, è dominare piaceri e desideri. Ora, non c'è piacere più grande dell'Eros: gli altri piaceri sono più deboli e possono essere dominati dall'Eros; dominando piaceri e desideri, allora l'Eros deve essere temperante in massimo grado.Quanto al coraggio, «Ares stesso non può lottare contro Eros87». Infatti non è Ares che domina su Eros, ma Eros possiede Ares, se è vero che è innamorato di Afrodite, come dicono. Ora colui che si impadronisce di qualcuno, è più forte di lui e chi riesce a possedere un altro che è pieno di coraggio deve avere ancora più coraggio di lui89.Fin qui ho parlato della giustizia, della temperanza e del coraggio del dio. Rimane la sua scienza e, nella misura della mie forze, devo proprio completare il mio elogio. Innanzitutto, poiché desidero onorare la mia arte come Erissimaco ha fatto con la sua, dirò che il dio è poeta così sapiente che rende poeti gli altri, a sua volta. Ogni uomo infatti diventa poeta quando l’Eros lo possiede, «anche se prima non conosceva le Muse». Questo fatto, è chiaro, deve essere per noi una prova che Eros è abilissimo in tutte le arti governate dalle Muse. Infatti ciò che non si ha, o non si sa, non lo si può certo dare o insegnare agli altri. Meglio ancora, nella creazione degli esseri viventi, di tutti, chi oserà negare che l'Eros possiede una scienza grazie a cui nascono e crescono tutti i viventi? Osserviamo d'altra parte la pratica delle arti: non sappiamo forse che l'uomo che ha avuto questo dio come maestro diviene celebre e illustre mentre quello che Eros non ha nemmeno sfiorato non ha alcun successo? E certo: il tiro con l'arco, la medicina, la divinazione sono delle abilità che Apollo deve al desiderio e all'amore che lo guida; così questo dio può dirsi discepolo dell'Eros, come le Muse lo sono per le arti che portano il loro nome, Efesto per l'arte di forgiare i metalli, Atena per la tessitura e Zeus infine «per il governo degli dèi e degli uomini». Così tutti i conflitti tra gli dèi si sono appianati all'apparire di Eros tra loro, dell'amore per il bello, certo, perché Eros non si lega mai a ciò che è brutto. Ma prima di questo, come ho detto all'inizio, ogni specie di orribili eventi erano accaduti tra gli dèi, secondo quanto narrano le antiche storie, perché regnava la Necessità. Quando poi nacque questo dio, dall'amore per le cose belle nacque ogni bene, per gli dèi come per gli uomini. Ecco perché, mio caro Fedro, posso dire che l'Eros è pieno del bello, e bontà al più alto grado ed è quindi, per tutti gli esseri, la fonte dei più alti beni. Vorrei dirlo in versi, questo: Eros è il dio che dà «la pace agli uomini, la calma al mare, la tregua ai venti, il riposo al dolore». E' lui a liberarci dall'odio, lui a donarci l'amicizia; di tutti i conviti, come il nostro adesso, è il fondatore; nelle feste, nei cori, nei sacrifici, è lui a farci da guida; vi porta la dolcezza, allontana ogni rancore, generosissimo di ogni bene, non sa cosa sia la malvagità, propizio ai buoni, esempio ai saggi, ammirato dagli dèi, è cercato da chi non ha amore, prezioso per chi lo possiede. Il Lusso, la Delicatezza, la Voluttà, le Grazie, la Passione, il Desiderio sono i suoi figli. E' pieno di attenzione verso i buoni ma si allontana dai malvagi, e nel dolore, nella paura, nel desiderio, nel discorso, egli è sempre lì, pronto a combattere. E' il nostro sostegno, la nostra salvezza per eccellenza. E' l'onore di tutti gli dèi, di tutti gli uomini; è la guida più bella, la migliore, e ogni uomo deve seguirlo, celebrare la sua gloria con splendidi inni e cantare con lui quel canto con cui conquista i cuori di tutti gli dèi e di tutti gli uomini.Ecco il mio discorso, carissimo Fedro: che sia la mia offerta al dio! La lieta fantasia e la grave serietà vi hanno avuto ciascuna la sua parte94, bilanciate come meglio è stato in mio potere fare. Quando Agatone ebbe finito di parlare tutti applaudirono perché si era espresso da par suo, in modo davvero degno del dio Eros. Allora Socrate si voltò verso Erissimaco e gli disse. Erissimaco, figlio d'Acumeno, non avevo forse ragione? Non ho parlato in modo profetico prima, quando ho detto che Agatone avrebbe parlato divinamente e io, dopo, sarei stato in imbarazzo?""Sul primo punto - rispose Erissimaco - sei stato buon profeta, io credo, dicendo che Agatone avrebbe parlato bene. Ma che tu sia in imbarazzo adesso, questo non lo credo proprio.""E come si potrebbe non esserlo, carissimo Erissimaco, - riprese Socrate - dovendo parlare dopo un discorso così bello, così seducente! Non è stato tutto perfetto, questo è vero; ma nella conclusione chi può non esser stato preso dall'incanto delle parole e delle frasi? Io mi riconosco subito incapace di avvicinarmi a tanta bellezza con le mie parole, e per un po' ho anche pensato di sgattaiolare via senza dir nulla. Ma non è possibile farlo. Il discorso di Agatone mi ha ricordato Gorgia, al punto da farmi temere quel che dice Omero: ho quasi creduto che Agatone alla fine del suo discorso gettasse sulla mia la testa di Gorgia, il terribile oratore, e mi trasformasse in pietra, facendomi diventare muto95. Ho capito allora di esser stato proprio un ingenuo quando vi ho promesso di fare anch'io, al mio turno, l’elogio di Eros, e quando ho detto di essere ben esperto delle cose d'amore: in effetti, devo confessare di non sapere affatto fare un elogio. Credevo, nella mia piena ignoranza, che si dovesse dire la verità sull'oggetto del proprio elogio, che questo fosse fondamentale: che bisognasse scegliere le verità più belle e disporle nell'ordine più elegante. Ero, naturalmente, tutto fiero al pensiero che avrei parlato bene: non conoscevo forse la vera maniera di fare un elogio? Ma, stando a quanto ho sentito, il metodo corretto di fare un elogio non è questo: bisogna piuttosto attribuire all'oggetto del proprio discorso le più grandi e le più belle qualità - che le abbia davvero o non le abbia non importa affatto. A quanto sembra il nostro accordo era di giocare a far le lodi di Eros, non di lodarlo veramente per quel che è. Ecco perché, io penso, voi muovete cielo e terra per attribuire ad Eros ogni cosa bella e proclamare l'eccellenza della sua natura come la grandezza delle sue opere: voi volete così farlo apparire il più bello e il più buono possibile - ma non si ingannano coloro che sanno. E certo è una bella cosa un elogio simile. Ma io ignoravo evidentemente questo modo di far le lodi, e siccome lo ignoravo, promisi anch'io di pronunciare un elogio al mio turno: «ma la lingua promise, non certo il mio cuore97». Dunque, addio alla mia promessa! Io un elogio così non ve lo faccio, non ne sono capace. Però, a condizione di dir solo la verità, se lo desiderate io accetto di prendere la parola, alla mia maniera e senza rivaleggiare con l'eleganza dei vostri discorsi, perché non ho nessuna intenzione di diventare ridicolo. Vedi tu, Fedro, se c'è ancora bisogno di un discorso di questo genere, che lasci intendere la verità su Eros - ma con le parole e lo stile che mi verranno al momento.Allora - disse Aristodemo - Fedro e gli altri lo pregarono di parlare come riteneva di dover fare."Ancora un momento, Fedro, - disse Socrate -: lasciami porre alcune piccole domande ad Agatone, in modo che possa mettermi d'accordo con lui prima di cominciare il mio discorso.""Ti lascio fare - disse Fedro -; domanda pure."E così - disse Aristodemo - Socrate cominciò pressappoco con queste parole:"Per la verità, mio buon Agatone, io dico che tu hai aperto bene la via dichiarando che bisognava innanzitutto mostrare qual è la natura dell'amore e come agisce: io trovo questo inizio davvero eccellente. Andiamo avanti, però, ti prego; dopo tutto quello che hai detto di bello e di buono sulla natura di Eros, rispondi a questa domanda: è nella natura dell'Eros essere amore di qualche cosa, oppure di niente? Io non ti domando se la sua natura è di essere amore per una madre o un padre, perché sarebbe comico domandare se l'Eros è una forma d'amore che si rivolge a una madre o a un padre. Ma se, a proposito del padre in quanto padre io domandassi: il padre è padre di qualcuno o no?,tu mi risponderesti senza dubbio - se volessi darmi una buona risposta - che il padre è padre di un figlio, o di una figlia. Non è vero?""Certo", disse Agatone."E non dirai la stessa cosa della madre?" - Agatone ne convenne."Rispondi ancora - disse Socrate - ad alcune domande, per meglio comprendere dove voglio arrivare. Se io domandassi: «Il fratello, in quanto fratello, è fratello di qualcuno o no?»Rispose che lo era."Dunque è fratello di un fratello o di una sorella?" - Agatone fu d'accordo."Prova allora - riprese Socrate - a far la stessa domanda per l'Eros: Eros è amore di niente o di qualcosa?""Di qualcosa, evidentemente".[200] "Tieni bene a mente questo carattere dell'Eros, allora, e dimmi ancora se egli desidera ciò che ama". "Lo desidera certamente", disse."Quando possiede ciò che desidera, è allora che l'ama, o quando non lo possiede?""Quando non lo possiede: è probabile che sia così" - disse. "Ma pensa bene - disse Socrate - se invece che probabile non è una certezza: non dobbiamo forse dire che desidera ciò che non possiede, e che non desidera affatto ciò che possiede già? Per me, mio caro Agatone, questo è chiarissimo. Tu che ne pensi?""Sono dello stesso avviso", disse."E fai bene ad esserlo. Dunque un uomo che è grande potrà forse desiderare di esser grande? O di esser forte se è forte?""E impossibile, visto quel che abbiamo detto.""Non potrebbe infatti mancare di queste qualità, poiché ce le ha.""E così.""Però supponiamo - disse Socrate - che un uomo forte voglia esser forte, che un uomo agile voglia esser agile, che un uomo in buona salute voglia essere in buona salute. Si potrebbe forse pensare, per quel che riguarda queste qualità e tutte quelle dello stesso genere, che gli uomini che le hanno desiderano averle ancora. Lo dico per difenderci contro questo possibile errore. Se ci pensi, Agatone, è necessario che essi abbiano, al momento, ciascuna delle qualità che hanno, che le vogliano o meno: com'è possibile desiderare ciò che si ha già? Ma se qualcuno ci dicesse «Io sono adesso in buona salute, e desidero esserlo; io sono ricco, e desidero esserlo, desidero possedere quel che già possiedo», allora noi gli risponderemmo: «Tu hai la ricchezza, la salute, la forza; quel che desideri, è di averle ancora in futuro, perché per il presente, che tu lo voglia o no, le hai già. Dunque quando dici: io desidero ciò che adesso ho già, queste parole significano semplicemente: ciò che io ho adesso, desidero averlo anche per l'avvenire». Sei d'accordo, non è vero?Agatone - disse Aristodemo - lo riconobbe, e Socrate proseguì: "Se tutto questo è vero, desiderare le cose che non si hanno ancora, che non si possiedono, non è forse volere per l'avvenire che queste cose ci siano conservate?""Certo", disse. "Quindi l'uomo che si trova in questa situazione, e cioè chiunque provi un desiderio, desidera ciò che non ha ancora e che non è nel presente. E ciò che egli non ha, ciò che egli stesso non è, quel che gli manca, insomma, ecco l'oggetto del suo desiderio e del suo amore." "Sicuramente è così" - disse."Andiamo avanti, allora - disse Socrate. Ricapitoliamo i punti su cui siamo d’accordo. Non è forse vero, innanzitutto, che l'Eros si indirizza verso certe cose e, in secondo luogo, che queste cose sono quelle di cui sente la mancanza?""Sì", disse. "E adesso, Agatone, ricordati cosa hai detto nel tuo discorso sulle cose verso cui si indirizza l'Eros. Se vuoi, te lo ricordo io stesso: più o meno, tu ci hai detto, credo, che gli dèi hanno risolto i loro conflitti grazie all'amore per la bellezza, perché non ci può essere amore verso quel che è brutto. Son più o meno le tue parole, non è vero?""Certo", disse Agatone."Tu rispondi come si deve, mio caro - disse Socrate -, e se le cose stanno come tu ci hai detto, l'Eros dovrebbe amare il bello, non certo la bruttezza, non è vero?"Agatone fu d'accordo."Ma non ci siamo trovati d'accordo anche su questo, che si ama ciò di cui si sente la mancanza e che non si possiede?""Sì", ammise."L'Eros manca quindi della bellezza e non la possiede?""Per forza", disse."Ma come? Chi manca della bellezza e non la possiede affatto, tu lo chiami bello?""No di certo.""E allora, se le cose stanno così, sei ancora dell'avviso che Eros sia bello? Temo proprio - disse Agatone - di aver parlato senza sapere quel che dicevo"."Però il tuo discorso era molto elegante, Agatone. Ma ancora una piccola domanda: le cose buone sono allo stesso tempo belle, secondo te?""Lo sono, a mio avviso"."Allora se all'Eros manca la bellezza e se le cose buone sono anche belle, all'Eros deve per forza mancare anche la bontà"."Di sicuro, Socrate - disse Agatone -, io non sono in grado di contraddirti: ammetto quel che tu dici"."No, carissimo Agatone - disse Socrate -, non me, ma la verità tu non puoi contraddire: Socrate, lui sì che è facile contraddirlo. Adesso ti lascerò un po' in pace. Ecco il discorso su Eros che ho ascoltato un giorno da una donna di Mantinea, Diotima, molto competente su questo come su tanti altri argomenti. Fu lei che una volta, prima della peste, fece fare agli Ateniesi quei sacrifici che ritardarono di dieci anni l'epidemia. Proprio lei mi ha fatto capire molte cose su Eros. Adesso cercherò di fare del mio meglio per riportarvi le sue parole, partendo da tutto quello su cui Agatone ed io ci siamo trovati d'accordo. Come tu stesso hai detto, Agatone, bisogna innanzitutto chiarire la natura dell'Eros, i suoi attributi e le sue azioni. Forse la cosa più semplice è seguire nella mia esposizione lo stesso ordine che seguì la straniera nell'esame che mi fece. Io, infatti, le rispondevo un po' come adesso ha fatto Agatone con me: io dichiaravo che Eros è un grande dio e che ama le cose belle. Lei mi dimostrava che ero in errore con le stesse argomentazioni di cui mi sono servito discutendo con Agatone: Diotima diceva che Eros non è né bello, per usare le mie parole, né buono. E io le dicevo: «Ma come Diotima? Allora Eros è cattivo e brutto?»«Che dici? Questa è una bestemmia! - mi rispose -. Credi forse che tutto ciò che non è bello debba essere per forza brutto?»«Ma certo!»[202] "E perché mai? Chi non è sapiente deve per forza essere ignorante? Non ti sei mai accorto che c'è una via di mezzo tra la sapienza e l'ignoranza102?» «E qual è?»«Avere un'opinione giusta, senza però saperla giustificare. Questo non è vero sapere: come posso parlare di scienza, se non so dimostrare che è vero quello che penso? Ma non è neppure piena ignoranza, perché per caso la mia opinione potrebbe corrispondere ai fatti. L'opinione giusta è quindi, suppongo, simile a quel che dicevo: sta a metà strada tra la piena conoscenza e l'ignoranza103».«E' vero», risposi.«Dunque chi non è bello non per questo è per forza brutto, né chi non è buono deve essere cattivo. E così è per l'Eros: poiché tu sei d'accordo con me che non può essere né buono né bello, non devi per questo credere che sia necessariamente cattivo e brutto. Eros - così mi disse Diotima - è a metà tra questi estremi».«Però - ripresi io - tutti concordano nel pensare che Eros sia un dio potente».«Dicendo tutti, parli degli ignoranti o di coloro che parlano sapendo cosa dicono?»«Io parlo proprio di tutti».Diotima si mise a ridere. «Come possono dire di lui che è un dio potente se dicono che non è affatto un dio?» «Ma chi dice questo?» dissi io.«Tu per esempio - disse - ed anch'io!»Ed io: "Ma cosa dici?»«E' tutto semplice - rispose -. Dimmi: non sei forse convinto che tutti gli dèi sono felici e belli? o oseresti sostenere che qualcuno degli dèi non è né bello né felice?»«lo non oserei proprio», risposi.«Ma chi è felice? non è chi possiede cose buone e belle?»«Certo».«Ma tu hai riconosciuto che Eros, mancando delle cose buone e belle, le desidera proprio perché gli mancano».«È vero, ero d'accordo con te su questo».«E allora come può essere un dio se le cose buone e belle gli mancano?»«Sembra impossibile, in effetti».«Come vedi - disse -, anche tu ritieni che Eros non sia un dio».«Chi sarà dunque Eros? un mortale?»«No di certo».«E allora?»«E come negli esempi precedenti, la sua natura è a mezza via tra il mortale e l'immortale».«Che vuoi dire, Diotima?»«E' un dèmone potente, Socrate. I demoni, infatti, hanno una natura intermedia tra quella dei mortali e quella degli dèi. Ma qual è il suo potere», chiesi.«Eros interpreta e trasmette agli dèi tutto ciò che viene dagli uomini, e agli uomini ciò che viene dagli dèi: da un lato le preghiere e i sacrifici degli uomini, dall'altro gli ordini degli dèi e i loro premi per i sacrifici compiuti; e in quanto è a mezza via tra gli uni e gli altri, contribuisce a superare la distanza tra loro, in modo che il Tutto sia in se stesso ordinato e unito. Da lui viene l'arte divinatoria107, ed anche il sapere dei sacerdoti sui sacrifici, le iniziazioni, gli incantesimi, tutto quel che è divinazione e magia. Il divino non si mescola con ciò che è umano, ma, grazie ai dèmoni, in qualche modo gli dèi entrano in rapporto con gli uomini, parlano loro, sia nella veglia che nel sonno. L'uomo che sa queste cose è vicino al potere dei dèmoni, mentre chi sa altre cose - chi possiede un'arte, o un mestiere manuale - resta un artigiano qualsiasi o un operaio. Questi dèmoni sono numerosi e d'ogni tipo: uno di essi è Eros».«Chi è suo padre - domandai - e chi sua madre? E' una lunga storia - mi disse -. Adesso te la racconto. Il giorno in cui nacque Afrodite, gli dèi si radunarono per una festa in suo onore. Tra loro c'era Poros110, il figlio di Metis. Dopo il banchetto, Penìa era venuta a mendicare, com'è naturale in un giorno di allegra abbondanza, e stava vicino alla porta. Poros aveva bevuto molto nettare (il vino, infatti, non esisteva ancora) e, un po' ubriaco, se ne andò nel giardino di Zeus e si addormentò. Penìa, nella sua povertà, ebbe l'idea di avere un figlio da Poros: così si sdraiò al suo fianco e restò incinta di Eros. Ecco perché Eros è compagno di Afrodite e suo servitore: concepito durante la festa per la nascita della dea, Eros è per natura amante della bellezza - e Afrodite è bella.Proprio perché figlio di Poros e di Penìa, Eros si trova nella condizione che dicevo: innanzitutto è sempre povero e non è affatto delicato e bello come si dice di solito, ma al contrario è rude, va a piedi nudi, è un senza-casa, dorme sempre sulla nuda terra, sotto le stelle, per strada davanti alle porte, perché ha la natura della madre e il bisogno l'accompagna sempre. D'altra parte, come suo padre, cerca sempre ciò che è bello e buono, è virile, risoluto, ardente, è un cacciatore di prim'ordine, sempre pronto a tramare inganni; desidera il sapere e sa trovare le strade per arrivare dove vuole, e così impiega nella filosofia tutto il tempo della sua vita, è un meraviglioso indovino, e ne sa di magie e di sofismi. E poi, per natura, non è né immortale né mortale. Nella stessa giornata sboccia rigoglioso alla vita e muore, poi ritorna alla vita grazie alle mille risorse che deve a suo padre, ma presto tutte le risorse fuggono via: e così non è mai povero e non è mai ricco. Vive inoltre tra la saggezza e l'ignoranza, ed ecco come accade: nessun dio si occupa di filosofia e nessuno desidera diventare sapiente, perché tutti lo sono già. Chiunque possieda davvero il sapere, infatti, non fa filosofia; ma anche chi è del tutto ignorante non si occupa di filosofia e non desidera affatto il sapere. E questo è proprio quel che non va nell'essere ignoranti: non si è né belli, né buoni, né intelligenti, ma si crede di essere tutte queste cose. Non si desidera qualcosa se non si sente la sua mancanza».«Ma allora chi sono i filosofi, se non sono né i sapienti né gli ignoranti?»«E' chiaro chi sono: anche un bambino può capirlo. Sono quelli che vivono a metà tra sapienza ed ignoranza, ed Eros è uno di questi esseri. La scienza, in effetti, è tra le cose più belle, e quindi Eros ama la bellezza: è quindi necessario che sia filosofo e, come tutti i filosofi, è in posizione intermedia tra i sapienti e gli ignoranti. La causa di questo è nella sua origine, perché è nato da un padre sapiente e pieno di risorse e da una madre povera tanto di conoscenze quanto di risorse. Così, mio caro Socrate, è fatta la natura di questo dèmone. L'idea, però, che tu ti eri fatta dell'Eros non mi sorprende per nulla: da quel che capisco dalle tue parole, tu credevi che Eros fosse l'amato, non l'amante. Per questa ragione, senza dubbio, ti sembrava che fosse pieno di ogni bellezza. Infatti l'oggetto dell'amore è sempre bello, delicato, perfetto, sa dare ogni felicità. Ma l'essenza di chi ama è differente: è quella che ti ho prima descritto117». Io allora ripresi:«E sia, straniera: tu hai proprio ragione. Ma se questa è la natura dell'Eros, a cosa può esser utile a noi uomini? Adesso cercherò di spiegartelo, Socrate. Eros ha dunque questo carattere e questa origine: ama il bello, come tu ben sai. Ora, prova a domandarti: che cos'è l'amore per le cose belle? o più chiaramente: chi ama le cose belle, le desidera; ma in che cosa consiste esattamente il desiderio che si prova quando si ama? Noi desideriamo che l'oggetto del nostro amore ci  appartenga, risposi io. Questa tua risposta - disse - apre un nuovo problema: che cosa accade all'uomo che possiede le cose belle? Io dichiarai che non ero affatto capace di rispondere a una domanda simile. E allora - disse lei - parliamo del bene invece che del bello. Cosa mi dici se ti domando: chi ama le cose buone, le desidera: ma cosa desidera? Che siano sue», risposi.«E cosa accade all'uomo che le possiede? In questo caso posso rispondere più facilmente - dissi -: sarà felice. In effetti proprio possedere ciò che è buono fa la felicità delle persone. Così non abbiamo più bisogno di domandarci che cosa vuole chi vuole essere felice, perché parlando della felicità abbiamo già toccato il fine ultimo del desiderio».«E' vero», dissi."Ma questa volontà, questo desiderio, tu pensi sia comune a tutti gli uomini? Tutti vogliono sempre possedere ciò che è buono? Dimmi cosa ne pensi»,«E' così, questa volontà è comune a tutti».«Ma allora, Socrate - riprese -, perché non diciamo che tutti gli uomini amano, se tutti desiderano sempre le stesse cose? Come mai, al contrario, diciamo che alcuni uomini amano ed altri non amano affatto?"«Sono stupito anch'io di questo», risposi.«Non devi stupirti, però - disse -. Il fatto è che l'amore ha molte forme, ma noi prendiamo una sola di queste forme e le diamo il nome generico di amore come se fosse l'unica. Questo nome andrebbe dato a tutte, ma per le altre forme usiamo nomi diversi».«Mi fai un esempio?», chiesi.«Certo. Tu sai che la capacità creativa delle persone può manifestarsi in molti campi. La creatività entra in gioco tutte le volte che qualche cosa viene prodotta, perché prima non c'era e poi c'è; così le opere degli artigiani, in tutti i campi, sono frutto della creatività e gli uomini che le fanno sono tutti dei creativi, degli artisti."«E' vero».«Però - continuò - tu sai che non li chiamiamo tutti artisti, ma diamo loro altri nomi. Tra tutti quelli che svolgono attività che hanno a che fare con la creatività, soltanto ad alcuni diamo il nome di artisti, di poeti: solo a quelli che compongono musica e versi. In realtà tutti lo sono. Solo i versi in musica chiamiamo arte, e soltanto questo è il dominio che riconosciamo agli artisti».«E' vero», dissi.«Ed è lo stesso per l'amore. In generale, ogni desiderio di ciò che è buono, che è bello, è per tutti "amore possente, Eros ingannevole. Il desiderio umano ha mille forme diverse: alcune persone hanno la passione del denaro, o dello sport, o dello studio, ma noi non diciamo che amano, che sono innamorati. Altri, che seguono una particolare forma d'amore, ebbene solo per loro usiamo le parole che dovremmo usare per tutti: amore, amare, innamorati. Sei proprio convincente», risposi.«Molti dicono, però, che “amare” significa cercare la propria metà. Io non sono d'accordo, perché non c'è affatto amore né per la metà né per l'intero, mio buon amico, se l'oggetto del nostro desiderio non è buono: le persone accettano di farsi tagliare anche i piedi o le mani, se sono convinte che queste parti possono portare dei mali. Io non credo affatto che ciascuno si affezioni a ciò che gli appartiene, a meno che non sia convinto che ciò che è suo sia buono e ciò che gli è estraneo sia cattivo. Gli uomini, infatti, non desiderano altro che il bene. Non la pensi così anche tu?» «Certo, per Zeus», risposi.«Allora possiamo dire semplicemente che gli uomini desiderano ciò che è buono?»«Sì».«E non dobbiamo forse aggiungere che essi desiderano possedere ciò che è buono?»«Certo che dobbiamo».«E non soltanto possederlo, ma possederlo sempre». «Dobbiamo aggiungere anche questo».«Quindi - disse - l'amore è il desiderio di possedere sempre ciò che è buono? E' così», dissi.Se è dunque chiaro - disse - che l'amore è questo, dimmi in quale forma, in quale genere di attività, l'ardore, la tensione estrema che accompagna lo sforzo di raggiungere questo fine, deve ricevere il nome di amore. Di quale tipo d'azione si tratta? Me lo sai dire? » «Certamente no - risposi -. Se lo sapessi, non sarei così pieno d'ammirazione davanti al tuo sapere e non verrei da te come allievo per imparare quel che sai».«Allora - riprese -, te lo dirò io: amare, per il corpo, significa creare nella bellezza». «Bisognerebbe essere degli indovini per capire cosa vuoi dire con queste parole, e io non lo sono affatto». «Mi esprimerò più chiaramente. Tutti gli uomini, mio caro Socrate, hanno capacità creative sia nel corpo che nell'anima. Tutti noi, quando abbiamo raggiunto una certa età, per natura proviamo il desiderio di generare, ma non si può generare nulla nella bruttezza: si può solo nella bellezza. Nell'unione dell'uomo e della donna c'è qualcosa di creativo, qualcosa di divino. Tutte le creature viventi sono mortali, ma in loro c'è una scintilla d'immortalità: è la fecondità dei sessi, la capacità di generare nuovi esseri viventi. Ma questo non può avvenire se non c'è armonia123: e non c'è armonia tra la bruttezza e tutto ciò che è divino, perché solo la bellezza è in armonia con gli dèi. Dunque nel concepire una nuova vita, la dea della Bellezza fa da Moira e da Ilitia124, la dea della nascita. Per questo, chi ha dentro di sé qualcosa di creativo, quando si avvicina a ciò che è bello prova gioia nel suo cuore, si apre al fascino della bellezza. E' il momento della generazione: egli crea. Ma quando si avvicina a ciò che è brutto, allora si chiude in se stesso scuro in volto e triste, cerca di allontanarsi, e così non crea affatto, anche se porta ancora dentro il suo seme fecondo,e ne soffre. Per questo chi sente la propria creatività pronta alla vita, è fortemente attratto dalla bellezza: soltanto chi possiede la bellezza è libero dalle sofferenze che ogni atto creativo comporta. E dunque Eros - concluse - non desidera affatto la bellezza, mio caro Socrate, come tu credi. E cosa allora?»«Desidera creare e far nascere nuova vita nella bellezza. Ammettiamolo», dissi.«E proprio così - ripeté -. Ma perché creare nuova vita? Perché per qualsiasi essere mortale l'eternità e l'immortalità possono consistere solo in questo: nel creare nuova vita. [Ora, il desiderio d'immortalità accompagna necessariamente quello del bene - lo sappiamo, ormai - se è vero che l'amore è desiderio di possedere per sempre il bene. E così da tutto quello che abbiamo detto segue questo, che l'amore ha come proprio oggetto l'immortalità126».Ecco quello che Diotima mi insegnava, parlando delle cose d'amore. Un giorno mi chiese:«Quale pensi che sia, Socrate, la causa dell'amore e del desiderio? Non vedi in che strano stato sono gli animali, quando il loro istinto li spinge a procreare? Tutti gli animali - che si muovano sulla terra o volino nell'aria - sembrano impazziti, l'amore li tormenta, e li spinge ad accoppiarsi. Poi quando viene il momento di nutrire i loro piccoli, sono sempre pronti a combattere per difenderli: anche i più deboli affrontano animali più forti di loro e sono pronti a sacrificarsi per amore dei loro piccoli. Soffrono loro le torture della fame, pur di sfamare i figli e far tutte le altre cose necessarie. Presso gli uomini si può pensare che tutto questo sia il frutto di una riflessione razionale. Ma presso gli animali, da dove proviene questo amore che li mette in tale stato? Puoi dirmelo?»Ancora una volta risposi che non ne sapevo nulla. E allora riprese:«E tu pensi di diventare un giorno davvero esperto nelle cose d'amore senza sapere questo? Ma è ben per quello, Diotima, come ti dico sempre, che ti sto vicino, perché so di avere bisogno di una guida. Allora dimmi perché accade tutto questo e quant'altro riguarda l'amore». «Se sei convinto - disse - che l'oggetto naturale dell'amore è quello sul quale abbiamo più volte discusso, non devi certo meravigliarti. Infatti su questo punto la natura mortale segue sempre lo stesso principio quando cerca, nella misura dei suoi mezzi, di perpetuare la vita e divenire immortale. E non può farlo che in questo modo, attraverso l'amore, che fa sì che un nuovo essere prenda il posto del vecchio. Riflettiamo:quando si dice che ciascun essere vivente rimane se stesso (per esempio che dalla nascita alla vecchiaia permane la sua identità), ebbene questo essere non ha mai in sé le stesse cose. Diciamo sì che è sempre lo stesso, ma in realtà non cessa mai di rinnovarsi ogni momento in certe parti, come i capelli, le ossa, il sangue, insomma in tutto il suo corpo. E questo non è vero soltanto per il suo corpo, ma anche per la sua anima: i sentimenti, il carattere, le opinioni, i desideri, i piaceri, i dolori, i timori, niente di tutto questo rimane costante per ciascuno di noi, ma tutto in noi nasce e muore. E accadono cose più strane ancora. Non solo in generale certe conoscenze nascono in noi mentre altre spariscono - e quindi nel campo della conoscenza noi non rimaniamo mai gli stessi -, ma ciascuna conoscenza in particolare subisce la stessa sorte.Infatti noi dobbiamo esercitarci nello studio proprio perché alcune conoscenze ci sfuggono continuamente: le dimentichiamo, tendono ad andare via, e con lo studio, inversamente, fissando nella memoria ciò che vogliamo ricordare, le conserviamo. E' per questo che sembrano le stesse: in realtà le conserviamo rinnovandole. E' così che tutti gli esseri mortali si conservano: non sono sempre esattamente se stessi, come l'essere divino. Sembrano conservare la loro identità perché ciò che invecchia e va via è subito sostituito da qualcosa di nuovo, molto simile. Ecco in che modo - Socrate - ciò che è mortale partecipa dell'immortalità, nel suo corpo e in tutto il resto; l’immortale vi partecipa in modo del tutto diverso128. Non meravigliarti dunque se ciascun essere è dominato dall'amore e si preoccupa tanto dei propri figli, perché questo è nella natura dei viventi: è al servizio dell'immortalità129». Queste parole mi riempirono di stupore e glielo dissi: «Ma come, saggia Diotima, le cose stanno veramente così?»Ella mi rispose col tono serio di chi insegna:«Devi esserne certo, Socrate. Pensa alle ambizioni che hanno molte persone e ti meraviglierai senza dubbio della loro assurdità; se rifletti, meditando sulle mie parole, ti accorgerai di quanto è strano lo stato di coloro che desiderano diventare celebri e acquistare gloria immortale per l'eternità: sono disposti per questo a correre ogni rischio, più ancora che per difendere i loro figli. Sono pronti a mettere in gioco il loro denaro, ad affrontare tutti i disagi, a rischiare la loro stessa vita. Pensi forse che Alcesti sarebbe morta per Admeto, che Achille avrebbe seguito Patroclo sulla via della morte, che il vostro re Codro avrebbe affrontato la morte per conservare il regno ai suoi figli, se essi non avessero creduto di lasciare l'immortale ricordo del loro valore, che è giunto sino a noi? E' così, disse. A mio avviso, è per rendere immortale il loro valore, per acquisire un nome glorioso, che gli uomini fanno quel che fanno, e questo tanto più se le loro qualità personali sono alte - perché è l'immortalità che essi desiderano. Allora, disse, gli uomini fecondi nel corpo pensano soprattutto alle donne: il loro modo d'amare è tutto nel cercare di generare dei figli e così assicurare alla loro persona l'immortalità - questo essi credono - e la memoria di sé e la felicità per tutto il tempo a venire. Altre persone, però, sono feconde nell'anima: c'è infatti una fecondità propria del nostro spirito che a volte è superiore a quella del corpo. Ecco qual è: è la forza creativa della saggezza e delle altre virtù in cui il nostro spirito eccelle. Questa fecondità eccelle nei poeti e in tutte le altre persone che per il loro mestiere devono usare la creatività. Ma dove la saggezza tocca le vette più alte e più belle è nell'ordinamento e nell'amministrazione della città attraverso la prudenza e la giustizia. Quando un uomo fecondo nel suo animo, simile agli dèi, coltiva sin da giovane il proprio spirito, e divenuto adulto sente il desiderio di mettere a frutto le sue capacità, allora cerca in ogni modo la bellezza - perché mai potrà essere creativo nella bruttezza. I suoi sentimenti si dirigono allora verso le cose belle piuttosto che verso le brutte, proprio perché la sua anima è feconda. Se incontra un'anima bella e generosa e sensibile, allora le dà tutto il suo cuore: davanti a lei saprà trovare le parole giuste per esprimere la sua forza interiore, per esaltare i doveri e le azioni di un uomo che vale: così potrà guidarla educandola. E secondo me, attraverso il contatto con la bellezza dell'anima dell'altro, con la sua costante presenza, potrà venire alla luce quanto di meglio portava in sé da tempo: in questo senso la sua anima crea, genera nuova vita. Che sia presente o assente, il suo pensiero va sempre all'altro che ama e così nutre ciò che nel rapporto con lui in sé ha generato. Tra gli esseri di questa natura si crea così una comunione più intima di quella che si ha con una donna quando si hanno dei bambini, un affetto più solido. Sono più belle, in effetti, ed assicurano meglio l'immortalità, le creature che nascono dalla loro unione. Chiunque vorrà senza dubbio mettere al mondo simili creature piuttosto che bambini, se si pensa ad Omero, ad Esiodo e agli altri grandi poeti. Si osserverà con invidia quale discendenza essi hanno lasciato, capace di assicurare loro l'immortalità della gloria e della memoria, perché anche i figli spirituali di quei grandi sono immortali. O ancora, se vuoi - disse -, puoi pensare quale eredità Licurgo abbia lasciato agli Spartani per la salvezza della loro città e, si può dire, della Grecia intera. Per le stesse ragioni voi onorate Solone il padre delle vostre leggi, e in tutti i paesi - greci e barbari - sono onorati gli uomini che hanno prodotto grandi opere, mettendo a frutto le più alte capacità del loro spirito. In onore di quello che queste persone hanno saputo creare si sono già innalzati molti templi135, mentre questo non è mai accaduto fino ad oggi, per i figli nati dall'amore di un uomo e di una donna. Ecco, Socrate, le verità sull'amore alle quali tu puoi certamente essere iniziato. Ma le rivelazioni più profonde e la loro contemplazione - il fine ultimo della ricerca su Eros - non so se sono alla tua portata. Voglio però parlartene egualmente, senza diminuire il mio sforzo. Cerca di seguirmi, almeno finché puoi. Chi inizia il cammino che può portarlo al fine ultimo, sin da giovane deve essere attento al bel corpo. In primo luogo, se chi lo dirige sa indirizzarlo sulla giusta strada, si innamorerà di una sola persona e troverà con lei le parole per i dialoghi più belli. Poi si accorgerà che la bellezza sensibile della persona che ama è sorella della bellezza di tutte le altre persone: se si deve ricercare la bellezza che è propria delle forme sensibili, non si può non capire che essa è una sola, identica per tutti. Capito questo, imparerà a innamorarsi del bello di tutte le persone belle e a frenare il suo amore per una sola: dovrà imparare a non valutare molto questa prima forma dell'amore, a giudicarla di minor valore. Poi, imparerà a innamorarsi della bellezza delle anime piuttosto che della bellezza sensibile: a desiderare una persona per la sua anima bella, anche se non è fisicamente attraente. Con lei nasceranno discorsi così belli che potranno elevare i giovani che li ascoltano. E giunto a questo punto, potrà imparare a riconoscere la bellezza in quel che fanno gli uomini e nelle leggi: scoprirà che essa è sempre simile a se stessa, e così la bellezza dei corpi gli apparirà ben piccola al confronto. Dalle azioni degli uomini, poi, sarà portato allo studio delle scienze, per coglierne la bellezza, gli occhi fissi sull'immenso spazio su cui essa domina. Cesserà allora di innamorarsi della bellezza di un solo genere, d'una sola persona o di una sola azione - una forma d'amore che lo lascia ancora schiavo - e rinuncerà così alle limitazioni che lo avviliscono e lo impoveriscono. Orientato ormai verso l'oceano infinito della bellezza142, che ha imparato a contemplare, le sue parole e i suoi pensieri saranno pieni del fascino che dà l'amore per il sapere143. Finché, reso forte e grande per il cammino compiuto, giungerà al punto da fissare i suoi occhi sulla scienza stessa della bellezza perfetta, di cui adesso ti parlerò. Sforzati - mi disse Diotima - di dedicarti alle mie parole con tutta l'attenzione di cui sei capace. Guidato fino a questo punto sul cammino dell'amore, il nostro uomo contemplerà le cose belle nella loro successione e nel loro esatto ordine; raggiungerà il vertice supremo dell'amore e allora improvvisamente gli apparirà il bello nella sua meravigliosa natura, quella stessa, Socrate, che era il fine di tutti i suoi sforzi: eterna, senza nascita né morte145. Essa non si accresce né diminuisce, né è più o meno bella se vista da un lato o dall'altro. Essa è senza tempo, sempre egualmente bella, da qualsiasi punto di vista la si osservi. E tutti comprendono che è bella. Il bello non ha forme definite: non ha volto, non ha mani, non ha nulla delle immagini sensibili o delle parole. Non è una teoria astratta. Non è uno dei caratteri di qualcosa di esteriore, per esempio di un essere vivente, o della Terra o del cielo, o non importa di cos'altro. No, essa apparirà all'uomo che è giunto sino a lei nella sua perfetta natura, eternamente identica a se stessa per l'unicità della sua forma. Tutte le cose belle sono belle perché partecipano della sua bellezza, ma esse nascono e muoiono - divenendo quindi più o meno belle - senza che questo abbia alcuna influenza su di lei. Iniziando il proprio cammino dal primo gradino della bellezza sensibile, l'uomo si eleva coltivando il suo fecondo amore per i giovani e così impara a percepire in loro i segni della pura e perfetta bellezza: allora potrà dire di non essere lontano dalla meta. Così, da soli o sotto la guida di un altro, la perfetta via dell'amore ha inizio con la bellezza sensibile ed ha per fine la contemplazione della Bellezza pura: l'uomo deve salire come su una scala, da una sola persona bella a due, poi a tutte, poi dalla bellezza sensibile alle azioni ben fatte e alla scienza, fino alla pura conoscenza del bello, e ancora avanti sino alla contemplazione del bello in sé. Questo, mio caro Socrate - mi disse la straniera di Mantinea -, è il momento più alto nella vita di una persona: l'attimo in cui si contempla la Bellezza pura. Se la vedrai un giorno, al suo confronto sfioriranno le ricchezze, i bei vestiti, i bei ragazzi che ti fanno girare la testa: eppure tu e tanti altri accettereste di non mangiare né bere, per così dire, pur di poterli ammirare e poter stare con loro148. Cosa proverà l'anima allora nel fissare la Bellezza pura, semplice, senza alcuna impurità, del tutto estranea all'imperfezione umana, ai colori, alle vanità sensibili? Cosa proverà il nostro spirito nel contemplare la Bellezza divina nell'unicità della sua forma? Credi forse che possa ancora essere vuota la vita di un uomo che abbia fissato sulla Bellezza il suo sguardo, contemplandola pur nei limiti dei mezzi che possiede, ed abbia vissuto in unione con essa? Non pensi, disse, che solamente allora, quando vedrà la bellezza con gli occhi dello spirito ai quali essa è visibile, quest'uomo potrà esprimere il meglio di se stesso? Non una falsa immagine149 egli contempla, infatti, ma la virtù più autentica, in piena verità150. Egli coltiva in sé la vera virtù e la nutre: non sarà forse per questo amato dagli dèi? non diverrà tra gli uomini immortale?» Ecco, Fedro, e voi tutti che mi ascoltate, quel che mi disse Diotima. Ed è riuscita a convincermi, così come io - a mia volta - cerco di convincere gli altri: per dare alla natura umana il possesso di ciò che è bene, non si troverà miglior aiuto dell'Eros. Così - io lo dichiaro - ogni uomo deve onorare Eros; io onoro l'amore che è in me, io mi consacro all'Eros ed esorto gli altri a fare altrettanto. Per quanto è in mio potere fare, ora e sempre voglio esaltare la forza dell'Eros, e il suo valore. Ecco il mio discorso, Fedro. Consideralo, se vuoi, un elogio dell'Eros, altrimenti dagli il nome che vorrai". Questo disse Socrate. Mentre tutti si complimentavano con lui e Aristofane cercava di dirgli qualcosa perché Socrate di sfuggita aveva fatto una allusione al suo discorso151, ecco che si sentì bussare alla porta dell'atrio, e un gran vociare di gente allegra, e la voce di una suonatrice di flauto. "Ragazzi - disse Agatone - andate a vedere, presto. Se è uno dei miei amici, invitatelo ad entrare. Altrimenti dite che abbiamo già finito di bere e che stiamo andando a dormire." Un istante più tardi si sentì nell'atrio la voce di Alcibiade, non più molto in sé per il vino, che urlava a squarciagola. Domandava dove fosse Agatone, voleva essere accompagnato da lui. E così lo accompagnarono nella sala e stava in piedi solo perché una flautista e qualcun altro dei suoi compagni lo sostenevano. Fermo sulla soglia, portava in capo una corona di edera e di viole, la testa avvolta nei nastri. "Signori - disse - buona sera! Accettereste un uomo completamente ubriaco per bere con voi? oppure dobbiamo limitarci a mettere questa corona in testa ad Agatone e andar via subito? Siamo venuti per questo, infatti. Ieri, in effetti non sono potuto venire. Vengo adesso con i nastri sulla testa per passarli dalla mia alla testa dell'uomo che - nessuno si offenda - è il più sapiente e il più bello: voglio proprio incoronarlo. Ah, ridete di me perché sono ubriaco! Ridete, ridete, tanto lo so che è vero. Allora, mi volete rispondere? posso entrare o no? volete o no bere con me?" Allora tutti si misero ad applaudirlo, e gli dissero di entrare e prendere posto in mezzo a loro. Agatone lo chiamò, Alcibiade si diresse verso di lui, aiutato dai suoi compagni, e cominciò a togliersi i nastri dalla fronte per incoronare Agatone. Anche se ce l'aveva sotto gli occhi non si accorse di Socrate e andò a sedersi accanto ad Agatone, quasi addosso a Socrate che dovette fargli posto. Si sedette dunque in mezzo a loro, abbracciò Agatone e gli mise la corona sulla testa. "Ragazzi - disse Agatone - slacciate i sandali ad Alcibiade, che sia terzo in mezzo a noi.""Benissimo - disse Alcibiade -, ma chi è terzo con noi?" Dicendo così si voltò e c'era Socrate. Appena lo vide fece un balzo indietro e disse: "Per Eracle, chi c'è qui? Socrate? Che tiro mi hai teso! sdraiato accanto a me! Ti par questa la maniera di comparire quando uno meno se l'aspetta? E che ci vieni a fare qui? Potevi metterti accanto ad Aristofane o a un altro che voglia far lo spiritoso! E' che tu hai trovato il modo di sdraiarti accanto al più bello della compagnia!" "Agatone, per favore difendimi tu - dice Socrate -. Essere in amore per quest'uomo non mi costa certo poco. Dal giorno in cui mi sono invaghito di lui non ho più il diritto di guardare un solo bel ragazzo, nemmeno di rivolgergli la parola. E' geloso, invidioso, mi fa delle scene, me ne dice di tutti i colori e poco manca che me le dia. Dunque, attenzione, che non faccia adesso una scenata! Tenta di riconciliarci tu o, se tenta di picchiarmi, difendimi perché la sua ira e la sua follia d'amore mi fanno una paura terribile." "No - disse Alcibiade -, è impossibile: tra te e me nessuna riconciliazione. E per quel che hai detto faremo i conti un'altra volta. Per il momento, Agatone, passami qualcuno di quei nastri, che cinga la sua testa, questa testa meravigliosa. Voglio evitare che poi si lamenti che ho incoronato te mentre ho lasciato senza corona lui, che per i suoi discorsi vince tutti sempre, e non solamente una volta come te ieri." Dicendo questo prese dei nastri, incoronò Socrate e poi si sdraiò. Si mise comodo e disse:"Amici miei, avete proprio l'aria di voler far gli astemi. Ma questo non vi è permesso: bisogna bere, l’abbiamo convenuto tra noi! Sarò io il re del simposio, finché voi non avrete bevuto a sufficienza. Allora, Agatone, fammi portare una coppa, una grande, se c'è. No, no, non c'è bisogno. Ragazzo dice - portami quel vaso per tenere il vino in fresco." Ne aveva appena visto uno, che teneva otto cotili153 abbondanti. Lo fece riempire e bevve per primo. Poi ordinò di servire Socrate, dicendo: "Con Socrate, amici miei, non c'è niente da fare: quanto vorrà bere berrà, e non ci sarà verso di farlo ubriacare."Il servo allora portò il vino a Socrate che si mise a bere, mentre Erissimaco chiedeva:"E poi cosa facciamo, Alcibiade? Restiamo così, senza parlare di niente, la coppa in mano, senza cantare niente? beviamo soltanto, come degli assetati?" "Erissimaco - gli fa Alcibiade -, grande figlio di un padre grande e saggio, io ti saluto.""Ti saluto anch'io - dice Erissimaco -. E adesso cosa dobbiamo fare?""Siamo tutti ai tuoi ordini perché un medico, da solo, vale molti uomini. Obbediremo dunque ai tuoi desideri.""E allora ascoltami - dice Erissimaco -. Prima che tu arrivassi, avevamo deciso che ciascuno al suo turno, andando da sinistra verso destra, avrebbe fatto un discorso sull'Eros, il più bel discorso d'elogio. Noi l'abbiamo già fatto, adesso tocca a te, perché hai bevuto ed è giusto che anche tu faccia il tuo discorso. Poi ordina a Socrate quel che vuoi, e lui farà lo stesso con chi sta alla sua destra e così via.""Ben detto, Erissimaco - risponde Alcibiade -. Solo che se uno ha bevuto troppo, non può dire cose che stanno alla pari con chi è sobrio. E poi c'è Socrate: credi forse una sola parola di quel che ha appena detto? non lo sai che è tutto il contrario? Perché lui, se in sua presenza faccio l'elogio di qualcuno, d'un dio o di un'altra persona che non sia lui, non ci pensa due volte a menarmi.""Ma che dici!", gli fa Socrate."Per Poseidone - dice Alcibiade -, è inutile che protesti, perché in tua presenza io non posso fare l'elogio di nessuno, se non di te.""E allora fa così - dice Erissimaco -, se vuoi: fa un elogio di Socrate."Che dici? - riprese Alcibiade - tu credi che dovrei... Vuoi che me la prenda con un tipo così e mi vendichi davanti a voi?""Ma ragazzo, che ti passa per la testa? - dice Socrate. Perché mai vuoi fare il mio elogio? per prendermi in giro?""Voglio solo dire la verità: a te accettare o meno.""La verità? Benissimo, allora accetto. Anzi ti chiedo io di dirla." "Presto fatto - dice Alcibiade -. Quando a te, ti assegno un compito: se dico qualche cosa che non è vera, tronca a metà le mie parole, se vuoi, e dimmi che su quella cosa lì io mento, perché io volontariamente non racconterò certo delle balle. Però mescolerò un po' tutto nel mio discorso, e tu non meravigliarti, perché tu sei proprio un bel tipo e non è certo facile, nello stato in cui sono, ricordare con ordine proprio tutto. Discorso di Alcibiade: Per fare l'elogio di Socrate, amici, ricorrerò a delle immagini. Sono sicuro che lui penserà che voglia scherzare, e invece sono serissimo, perché voglio dire la verità. Io dichiaro dunque che Socrate è in tutto simile a quelle statuette dei Sileni che si vedono nelle botteghe degli scultori, con in mano zampogne e flauti. Se si aprono, dentro si vede che c'è l’immagine di un dio. E aggiungo che ha tutta l'aria di Marsia155, il satiro: eh sì, Socrate, gli somigli proprio, non vorrai negarlo! E non solo nell'aspetto! Ascoltami bene: non sei forse sempre tracotante? Se lo neghi, io produrrò dei testimoni. Ma, si dirà, Socrate è forse un suonatore di flauto? Sì, e ben più bravo di Marsia. Lui incantava tutti con quel che riusciva a fare col flauto, tanto che ancora oggi chi vuol suonare le sue arie deve imitarlo. Anche le musiche di Olimpo, io dico che erano di Marsia, il suo maestro. Le sue arie, suonate da un grande artista o da una ragazzina alle prime armi, sono sempre le sole capaci di incantarci, di farci sentire quanto bisogno abbiamo degli dèi: ci vien voglia di essere iniziati ai misteri, perché quelle musiche sono divine. Tu, Socrate, sei diverso da Marsia solo in questo, che non hai affatto bisogno di strumenti musicali per ottenere gli stessi risultati: ti bastano le parole. Una cosa è certa e dobbiamo dirla: quando ascoltiamo un altro oratore, il suo discorso non interessa quasi nessuno. Ma ascoltando te, o un altro - per mediocre che sia - che riporta le tue parole, tutti, ma proprio tutti, uomini, donne, ragazzi, siamo colpiti al cuore: qualcosa che non ci fa star tranquilli si impadronisce di noi. Quanto a me, amici, non vorrei sembrarvi del tutto ubriaco, ma bisogna che vi dica - come se fossi sotto giuramento - quale impressione ho avuto nel passato, ed ho ancora, ad ascoltare i suoi discorsi. Quando lo sento parlare, il mio cuore si mette a battere più forte di quello dei Coribanti158 in delirio e mi emoziono sino alle lacrime: e ne ho vista di gente provare le stesse emozioni. Ora, ascoltando Pericle ed altri grandi oratori, mi accorgevo certo che parlavano bene, ma non provavo niente di simile: la mia anima non era travolta, non sentiva il peso della schiavitù in cui era ridotta. Ma lui, questo Marsia, mi ha spesso messo in un tale stato da farmi sembrare impossibile vivere la mia vita normale - e questo, Socrate, non dirai che non è vero. E ancora adesso - lo so benissimo - se accettassi di prestar ascolto alle sue parole, non potrei farne a meno: proverei le stesse emozioni. Socrate con i suoi discorsi mi obbliga a riconoscere i miei limiti: io non cerco di migliorare me stesso, e continuo lo stesso ad occuparmi degli affari degli Ateniesi160. Devo quindi fare violenza a me stesso, tapparmi le orecchie come se dovessi fuggire dalle Sirene, devo andar via per evitare di passare con lui il resto dei miei giorni. Soltanto davanti a lui ho provato un sentimento che nessuno si aspetterebbe di trovare in me: io ho avuto vergogna di me stesso. Socrate è il solo uomo davanti al quale io mi sia vergognato. E questo perché mi è impossibile - ne sono perfettamente cosciente - andargli contro, dire che non devo fare quello che mi ordina; ma appena mi allontano, cedo al richiamo degli onori della folla intorno a me161. Allora mi nascondo, come uno schiavo scappo via, ma quando lo rivedo mi vergogno per quel che prima ero stato costretto ad ammettere. Ci sono volte che non vorrei più vederlo al mondo, ma se questo accadesse so che sarei infelicissimo. Così, io non so proprio che cosa fare con quest'uomo. Ecco l'effetto delle sue arie da flauto, su di me e su tanti altri: ecco cosa questo satiro ci fa subire. Ma ascoltate ancora: voglio proprio mostrarvi come somigli alle statuette a cui l'ho già paragonato, e come il suo potere sia straordinario. Sappiatelo per certo: nessuno di voi lo conosce davvero e io, siccome ho già cominciato, voglio mostrarvelo sino in fondo. Guardatelo: Socrate ha un debole per i bei ragazzi, non smette mai di girar loro attorno, perde la testa per loro. D'altra parte lui ignora tutto, non sa mai niente - questa almeno è l'immagine che vuol dare. Non è questa la maniera di fare di un Sileno? Sì certo, perché questa è l'immagine esterna, come quella della statuetta di Sileno. Ma all'interno? Una volta aperta la statuetta, avete idea della saggezza che nasconde? Amici miei, sappiatelo: che uno sia bello, a lui non interessa affatto, non se ne accorge neppure - da non credersi - e lo stesso accade se uno è ricco o ha tutto quello che la gente ritiene invidiabile avere. Per lui, tutto questo non ha alcun valore, e noi non siamo niente ai suoi occhi163, ve lo assicuro. Passa tutta la sua giornata a fare il sornione, trattando con ironia un po' tutti. Ma quando diventa serio e la statuetta si apre, io non so se avete mai visto che immagini affascinanti contiene. Io le ho viste, simili agli dèi, preziose, perfette e belle, straordinarie: e così mi son sentito schiavo della sua volontà. Ero giovane, e credevo seriamente che lui fosse preso dalla mia bellezza; ho creduto fosse una fortuna per me, e un'occasione da non lasciar scappare. Ero veramente fiero della mia bellezza e così speravo che, ricambiando il suo interesse, avrei potuto aver parte della sua saggezza. Convinto di questo, una volta allontanai il mio servitore - di solito ce n'era sempre qualcuno quando vedevo Socrate, e non eravamo mai soli - e così restai da solo con lui. Devo proprio dirvi tutta la verità: ascoltatemi bene, e tu Socrate, se non dico bene correggimi. Eccomi dunque con lui, amici, da soli. Io credevo che avrebbe ben presto cominciato a parlare come si parla fra innamorati, e ne ero felice. Invece non fa assolutamente niente. Parla con me come sempre, restiamo tutto il giorno insieme, poi se ne va. Allora lo invitai a far esercizi di ginnastica con me, e così ci esercitavamo insieme: io speravo proprio di concludere qualcosa. Facemmo ginnastica insieme per un certo tempo, e spesso facevamo la lotta, ed eravamo soli. Che dirvi? Nessun passo avanti. Non riuscendo a niente con questi sistemi, pensai allora di puntar dritto al mio scopo. Non volevo affatto lasciar perdere, dopo essermi lanciato in questa impresa: dovevo subito vederci chiaro. Lo invito dunque a cena, come un innamorato che tende una trappola al suo amato167. Ma non accettò subito, anzi ci mise un po' di tempo a convincersi. La prima volta che venne, volle andar via subito dopo cena. Io, che mi vergognavo un po', lo lasciai andare. Ma feci un secondo tentativo: e in quell'occasione dopo cena io prolungai la conversazione, senza tregua, fino a notte fonda. Così quando lui volle andarsene, con la scusa che era tardi lo convinsi a restare. Era dunque coricato sul letto accanto al mio, là dove avevamo cenato, e nessun altro dormiva con noi. Fin qui, quel che ho raccontato potrei dirlo davanti a tutti. Ma quel che segue voi non me lo sentireste affatto dire se, come dice il proverbio, nel vino (bisogna o no parlare con la bocca dell'infanzia?) non ci fosse la verità. Del resto non mi par giusto lasciare in ombra quel che di meraviglioso fece Socrate, proprio adesso che ne sto facendo l'elogio. E poi io sono come uno morso da una vipera: queste persone, si dice, non raccontano affatto quel che han passato, se non ad altri che sono stati anch'essi morsi, perché solo loro possono comprendere, e scusare tutto ciò che si è osato fare o dire per l'angoscia del dolore.  E io son stato morso da un dente più crudele, e in una parte della persona che aumenta la crudeltà: nel cuore, nell'anima (poco importa il nome). La filosofia con i suoi discorsi mi ha trafitto col suo morso, che penetra più a fondo del dente della vipera168 quando si impadronisce dell'anima di un giovane non privo di talento e gli fa fare e dire ogni sorta di stravaganze - ed eccomi qua con Fedro, con Agatone, con Erissimaco, con Pausania, con Aristodemo, ed anche con Aristofane, senza parlare di Socrate, e con tanti altri, tutti attenti come me al delirio filosofico e alla sua forza dionisiaca. Vi chiedo dunque d'ascoltarmi perché certo mi perdonerete per quel che ho fatto allora e per quel che dico oggi. E voi servitori, voi tutti che siete profani, se state ascoltando, tappatevi le orecchie con le porte più spesse. E allora, miei amici, quando la lampada fu spenta e i servi se ne furono andati, io pensai che non dovevo più giocare d'astuzia con lui, ma dire francamente il mio pensiero. Gli dissi allora, scuotendolo: "Dormi, Socrate?" "Per nulla", rispose. "Sai cosa penso?" "Che cosa?" "Penso che tu saresti un amante degno di me, il solo che lo sia, e vedo che esiti a parlarne. Quanto ai miei sentimenti, mi son convinto di questo: che è stupido, io credo, non cedere ai tuoi desideri in questo, come in ogni cosa in cui tu avessi bisogno, la mia fortuna o i miei amici. Niente, infatti, è più importante ai miei occhi che migliorare il più possibile me stesso, e io penso che su questa strada nessuno mi può aiutare più di te. Quindi mi vergognerei dinanzi alle persone sagge di non cedere ad un uomo come te più di quanto mi vergognerei dinanzi alla massa degli ignoranti di cedere." Mi ascolta, prende la sua solita aria ironica e mi dice: "Mio caro Alcibiade, se quel che dici sul mio conto è vero, se ho davvero il potere di renderti migliore, devo dire che ci sai proprio fare. Tu vedi senza dubbio in me una bellezza fuori del comune e ben differente dalla tua. Se l'aver visto questo ti spinge a legarti a me e a scambiare il bello con il bello, il guadagno che tu pensi di fare alle mie spalle non è affatto piccolo. Tu non vuoi più possedere l'apparenza della bellezza, ma la bellezza reale, e quindi sogni di scambiare - non c'è dubbio - il bronzo con l'oro. Eh no, mio bell'amico, guarda meglio! T'illudi sul mio conto: io non sono niente171. Lo sguardo della mente comincia davvero a esser penetrante quando gli occhi cominciano a veder meno: e tu sei ancora molto lontano da quel momento." Al che io rispondo: "Per quel che mi riguarda, sia ben chiaro, io non ho detto niente che non penso. A te, adesso, decidere ciò che è meglio per te e per me." "Hai ragione - mi fa -. Nei prossimi giorni noi ci chiariremo, e agiremo nella maniera che sembrerà migliore ad entrambi, su questo punto come su tutto il resto." Dopo questo dialogo, io credevo di aver lanciato un dardo che l'avesse trafitto. Mi alzai e, senza permettergli di reagire, stesi su di lui il mio mantello - era inverno - e mi allungai sotto il suo, ormai vecchio, e presi tra le mie braccia quest'essere veramente meraviglioso, demonico173, e restai con lui tutta la notte. Adesso non dirai che mento, Socrate. Ma tutto questo dimostra quanto lui fosse più forte: non degnò di uno sguardo la mia bellezza, non se ne curò affatto, fu quasi offensivo in questo. E dire che credevo di non essere affatto male, miei giudici (sì, giudici della superiorità di Socrate). Ebbene sappiatelo - ve lo giuro sugli dèi e sulle dee - io mi alzai dopo aver dormito a fianco di Socrate senza che nulla fosse accaduto, come se avessi dormito con mio padre o con mio fratello maggiore. Immaginate il mio stato d'animo! Certo, mi ero quasi offeso, ma apprezzavo il suo carattere, la sua saggezza, la sua forza d'animo. Avevo trovato un essere dotato di un'intelligenza e di una fermezza che avrei credute introvabili: e così non potevo prendermela con lui e privarmi della sua compagnia, né d'altra parte vedevo come attirarlo dove volevo io. Sapevo bene che era totalmente invulnerabile al denaro, più di Aiace davanti alle armi. Sul solo punto in cui credevo si sarebbe lasciato catturare, ecco, era appena fuggito175. Insomma, completamente schiavo di quest'uomo, come mai nessuno lo è stato d'altri, gli giravo vanamente attorno. Tutto questo accadde prima della spedizione di Potidea. Entrambi vi partecipammo, e prendemmo anche i pasti insieme. Quel che è certo, è che resisteva alle fatiche non solo meglio di me, ma di tutti gli altri. Quando capitava che le comunicazioni fossero interrotte in qualche punto, e in guerra succede, e noi restavamo senza mangiare, nessun altro aveva tanta resistenza alla fame. Al contrario, se eravamo ben riforniti, sapeva approfittarne meglio degli altri, in particolare per bere; non che ci fosse portato, ma se lo si forzava un po', lui poi superava tutti e - cosa assai strana - nessuno ha mai visto Socrate ubriaco. E credo che questa notte stessa avrete la prova di quanto dico. Quanto al freddo - e nella zona di Potidea gli inverni sono terribili - Socrate è del tutto straordinario. Vi racconto un episodio. Era un giorno di terribile gelo, quanto di peggio potete immaginare, uno di quei giorni in cui tutti evitano di uscire e se lo fanno si infagottano tutti, i piedi avvolti in panni di feltro o in pelli di agnello. Socrate se ne uscì coperto solo dal mantello che porta sempre andando a piedi nudi sul ghiaccio con più tranquillità di quelli che avevano le scarpe: e così i soldati lo guardavano di traverso, perché pensavano li volesse umiliare. E c'è dell'altro da dire. "E' straordinario ciò che fece e sopportò il forte eroe", laggiù in guerra: vale veramente la pena di sentire la storia che ho da raccontare. Un giorno si mise a meditare sin dal primo mattino, e restava fermo a seguire le sue idee. Non riusciva a venire a capo dei suoi problemi, e così stava lì, in piedi, a riflettere. Era già mezzogiorno e gli altri soldati l'osservavano, stupiti, e la voce che Socrate era in piedi a riflettere sin dal mattino presto cominciò a circolare; finché, venuta la sera, alcuni soldati della Ionia dopo cena portarono fuori i loro letti da campo - era estate - e si sdraiarono al fresco, a guardar Socrate, per vedere se avrebbe passato la notte in piedi. E così fece, sino alle prime luci del mattino. Solo allora se ne andò, dopo aver elevato una preghiera al Sole. Adesso, se volete, dobbiamo dir qualcosa della sua condotta in combattimento - perché anche su questo punto bisogna rendergli giustizia. Quando ci fu lo scontro per il quale i generali mi assegnarono un premio per il mio coraggio, riuscii a salvarmi proprio per merito suo. Ero ferito, lui si rifiutò di abbandonarmi e riuscì a salvare sia me che le mie armi. Allora io chiesi ai generali di assegnare il premio a te: non potrai certo, Socrate, dire adesso che io mento, e neppure rimproverarmi per quel che dico. Ma i generali, considerando la posizione in cui ero, volevano dare a me il premio, e tu hai personalmente insistito più di loro perché il premio invece andasse a me. Ricordo un'altra occasione, amici, in cui valeva la pena di vedere Socrate: fu quando il nostro esercito a Delio179 fu messo in rotta. In quell'occasione fu il caso a farmelo incontrare.  Io ero a cavallo, e lui era oplita. Stava ripiegando insieme a Lachete180, tra le truppe sbandate, quando io capito lì per caso, li vedo e per incoraggiarli dico loro che non li avrei abbandonati. In quell'occasione ho potuto osservare Socrate ancora meglio che a Potidea, perché avevo meno da temere, essendo a cavallo. Aveva più sangue freddo di Lachete - e quanto! - e dava l'impressione (uso le tue parole, Aristofane) di avanzare come se si trovasse in una strada d'Atene "sicuro di sé, gettando occhiate di fianco", osservando con occhio tranquillo amici e nemici e facendo vedere chiaramente, e da lontano, che si sarebbe difeso sino in fondo se qualcuno avesse voluto attaccarlo. E così andava senza mostrare alcuna inquietudine, insieme con il suo compagno: gli opliti che, in simili situazioni, si comportano in questa maniera di solito non vengono affatto attaccati dai nemici, che invece inseguono chi scappa in disordine. Molti altri aspetti del carattere di Socrate potrebbero essere oggetti di un elogio, perché sono veramente ammirevoli. Riguardo a queste cose, però, anche altri uomini probabilmente meritano gli stessi elogi. C'è qualcosa in Socrate, invece, che lo rende meravigliosamente unico, assolutamente diverso da tutti gli altri uomini del passato e del presente. Infatti, volendo, si può trovare l'immagine di Achille in Brasida e in altri, Pericle può ricordare Nestore o Antenore, e questi casi non sono isolati: si possono fare paragoni simili a proposito di tanti altri. Ma l'incredibile di quest'uomo è che lui e i suoi discorsi non hanno paragoni né nel passato né oggi, per quanto si cerchi con attenzione, a meno che non lo si voglia paragonare come facevo io prima: non ad altri uomini, ma ai Sileni e ai Satiri - che si tratti di lui o delle sue parole. Sì, perché c'è una cosa che ho dimenticato di precisare: anche i suoi discorsi sono simili alle statuette dei Sileni che si aprono. Infatti, se si ascolta quel che dice Socrate, a prima vista le sue parole possono sembrare quasi comiche, tutte intrecciate con strani discorsi: esteriormente ricordano proprio gli intrecci della pelle di un satiro insolente. Parla di asini da soma, di fabbri, di sellai, di conciatori di pelli, ed ha sempre l'aria di dire le stesse cose con le stesse parole. Chi non sa o è poco attento, c'è caso che rida dei suoi discorsi. Ma se li apri e li osservi bene, penetrandone il senso, scopri che solo le sue parole hanno un loro senso profondo: parla come un dio, e la folla delle immagini che usa, affascinanti, rimandano sempre alla virtù. Chi lo ascolta è portato verso le cose più alte; anzi, meglio, è guidato a tenere sempre davanti gli occhi tutto quel che è necessario per diventare un uomo che vale. Ecco, amici, il mio elogio di Socrate. Quanto ai rimproveri che ho da fargli, li ho mescolati al racconto di quel che mi ha combinato. Del resto non sono il solo che ha trattato in questo modo: ha fatto lo stesso con Carmide, il figlio di Glaucone, con Eutidemo, il figlio di Dioele, tutta gente che ha ingannato con la sua aria da innamorato, con la conseguenza che furono loro ad innamorarsi di lui. Io ti avverto, Agatone: non farti ingannare da quell'uomo! Che la nostra esperienza ti sia di monito! Che non accada come dice il proverbio: "l'ingenuo fanciullo non impara che soffrendo." Quando Alcibiade ebbe parlato così, l'ilarità fu generale, anche perché s'era capito ch'era ancora innamorato di Socrate. E così Socrate gli disse: "Tu non hai affatto l'aria d'aver bevuto, Alcibiade. Altrimenti non avresti fatto un discorso così sottile, tutto fatto per nascondere il tuo vero obiettivo, che è venuto fuori solo alla fine: ne hai parlato come se fosse una cosa secondaria, e invece tu hai fatto tutto un lungo discorso solo per cercare di guastare l'amicizia tra Agatone e me. E tutto perché sei convinto che io debba amare solo te, nessun altro che te, e che Agatone debba essere amato soltanto da te, da nessun altro che da te. Ma non t'è andata bene: il tuo dramma satiresco, la tua storia di Sileni, abbiamo capito tutti cosa significhi. E allora, mio caro Agatone, bisogna che lui non vinca a questo gioco: sta ben attento che nessuno possa mettersi tra me e te." E Agatone di rimando:"Hai detto proprio la verità, Socrate. E ne ho le prove: si è venuto a sdraiare proprio tra te e me, per separarci. Ma non ci guadagnerà niente a far così, perché io torno proprio a mettermi accanto a te." "Oh, bene, - disse Socrate - ti voglio proprio vicino! Per Zeus, - disse Alcibiade - quante me ne fa passare quest'uomo! Pensa sempre come fare per aver l'ultima parola con me. Socrate, sei proprio straordinario! Ma lascia almeno che Agatone stia tra noi due. E' impossibile - disse Socrate -. Perché tu hai appena fatto il mio elogio, e io devo a mia volta far quello della persona che sta alla mia destra. Quindi, se Agatone si mette al tuo fianco, alla tua destra, dovrà mettersi a fare il mio elogio prima che io abbia fatto il suo. Lascialo piuttosto stare dov'è, mio divino amico, e non essere geloso se faccio il suo elogio, perché desidero proprio cantare le sue lodi. Bravo! - disse Agatone -. Lo vedi tu stesso, Alcibiade: non è proprio possibile che resti qui. Voglio a tutti i costi cambiar posto, e ascoltare il mio elogio da Socrate". "Ecco - disse Alcibiade -, finisce sempre così. Quando c'è Socrate, non c'è posto che per lui accanto ai bei ragazzi. Guarda che razza di ragione ha saputo trovare adesso per farselo stare vicino!" Agatone si era alzato per andarsi a mettere accanto a Socrate, quando all'improvviso tutta una banda di gente allegra spuntò dalla porta. Qualcuno era uscito e l'avevano trovata aperta, e così erano entrati e s'erano uniti alla compagnia. Gran baccano in tutta la sala: senza più alcuna regola, si bevve allegramente un sacco di vino. Allora, mi disse Aristodemo, Erissimaco, Fedro e qualcun altro andò via. Lui, Aristodemo, fu preso dal sonno e dormì tanto, perché le notti erano lunghe. Si svegliò ch'era giorno e i galli già cantavano. Alzatosi, vide che gli altri dormivano o erano andati via. Solo Agatone, Aristofane e Socrate erano ancora svegli e bevevano da una gran coppa che si passavano da sinistra a destra. Socrate chiacchierava con loro. Aristodemo non ricordava, mi disse, il resto della conversazione, perché non aveva potuto seguire l'inizio e dormicchiava ancora un po'. Ma in sostanza, disse, Socrate stava cercando di convincere gli altri a riconoscere che un uomo può riuscire egualmente bene a comporre commedie e tragedie, e che l'arte del poeta tragico non è diversa da quella del poeta comico. Loro furono costretti a dargli ragione, ma non è proprio che lo seguissero del tutto: stavano cominciando a dormicchiare. Il primo ad addormentarsi fu Aristofane, poi, ormai in pieno giorno, s'addormentò anche Agatone. Allora Socrate, visto che si erano addormentati, si alzò e andò via. Aristodemo lo seguì, come sempre faceva. Socrate andò al Liceo, si lavò e passò il resto della giornata come sempre faceva. Dopo, verso sera, se ne andò a casa a riposare. Marsilio Ficino. Ficino. Keywords: desire, love, beauty, il bello, amore, cupido, desiderio, platonismo, walter pater – Plathegel e Ariskant, sensibile, percezione, “I platonisti” -- --. Refs.: Ficino’s “Commentaries on Plato,” Tatti -- Luigi Speranza, "Grice e Ficino," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51692400360/in/photolist-2mRRHVK-2mRkgtK-2mQifgs-2mPF8UJ-2mN8Hgb-2mLLZRD-2mKCQBD-2mKT4G5-2mKFnvf-2mKBsEN-2mKHqkS-2mKth3c-2mKjsJY-2mKiPND-2mGnP2f-BvUfSB-nuoDVU-nsj5ZA-ncSabS-nnvnLQ-nr43e9

 

Grice e Fidanza – filosofia italiana – Luigi Speranza (Bagnoregio). Filosofo. Grice: “Italians call Fidanza an ‘anti-dialectician’ but then they have Aquinas, who is an hypoer-dialectiician!” essential Italian philosopher. Figlio di Giovanni di Fidanza, medico, e di Rita.  Inizia i suoi studi al convento di San Francesco "vecchio". Si recò a Parigi a studiare nella facoltà delle Arti. Ddvenne maestro e ottiene la licenza d'insegnare. Francesco predica agli uccelli.   Intervenne nelle lotte contro l'aristotelismo. Attacca quelli che erano a suo parere gli errori dell'aristotelismo. Morì a causa di un avvelenamento. è considerato uno dei filosofi maggiori, che anche grazie a lui si avviò a diventare una vera e propria scuola di filosofia. Combatté apertamente l'aristotelismo, anche se ne acquisì alcuni concetti, fondamentali. Inoltre valorizza alcune tesi del platonismo. La distinzione della filosofia in ‘filosofia naturale’ (res) (fisica, matematica, meccanica), filosofia razionale (signa, segni) (logica, retorica, grammatica) e filosofia morale (azione) (politica, monastica, economica) riflette la distinzione di res, signa ed actiones -- la cui verticalità non è altro che cammino iniziatico per gradi di perfezione verso l'unione mistica. La parzialità delle arti è non altro che il rifrangersi della luce con la quale Dio illumina il mondo. Nel paradiso, Adamo sapeva leggere indirettamente Dio nel Liber Naturae (nel creato), ma la caduta è stata anche perdita di questa capacità.  Per aiutare l'uomo nel recupero della contemplazione della somma verità, Dio ha inviato all'uomo il Liber Scripturae, conoscenza supplementare che unifica ed orienta la conoscenza umana, che altrimenti smarrirebbe se stessa nell'auto-referenzialità. L’intelletto agente è capace di comprendere la verità inviata dall'intelletto passivo. Nel “Itinerario della mente" spiega che la filosofia serve a dare aiuto alla ricerca umana, e può farlo riportando l'uomo all'anima. La "scala" dei 3 gradi e un “primo grado” esteriore, è necessario prima considerare il corpo. L’anima ha anche tre diverse direzioni. La prima direzione si riferisce al corpo, e la sensibilità o animalita. La seconda direzione dell’anima ha per oggetto lo spirito, rivolto in sé e a sé. La terza direzione ha per oggetto la “mente” -- che si eleva spiritualmente sopra di sé. Tre indirizzi che devono disporre l'uomo a elevarsi a Dio, perché ami Dio con tutto il corpo, l’anima, e la mente. La sinderesi è la disposizione pratica al bene. Cf. Moore – ‘external world’ – mondo del corpore. Tre modi. Il primo modo e il vestigium (vestigio) o improntum. Il secondo modo e l’immagine, che si trova solo nell’uomo, l’unica creatura dotata d'intelletto, in cui risplendono la memoria, l’intelligenza e la volontà. Il terzo modo e la “similitudine”, che è qualità propria di una buona persona, una creature giusta, animata di benevolenza e carità. La natura e un segno sensibile. «Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre.»»  (Lc, 19,38-40). The stones will shout. The shout of the stone MEANS that thou shalt be benevolent. Una creatura, dunque,  e una impronta o vestigio, una immagine, una similitudine (Per Lombardo, ‘imago e similitude’ is redundant). La pietra "grida" – la pietra e una impronta – la pietra significa – la pietra segna che p.  Altre opere: “Breviloquio; Raccolte su dieci precetti; Raccolte sui sette doni dello Spirito Santo; Raccolte nei Sei Giorni della Creazione, Commentari in quattro libri delle sentenze del maestro Pietro Lombardo, Il mistero della Trinità; questione disputata, La perfezione della vita alle sorelle, La riduzione della arti alla teologia), Il Regno di Dio descritto nelle parabole evangeliche, La conoscenza di Cristo ed il mistero della Trinità, Le sei ali dei Serafini, La triplice via, Itinerario della mente verso Dio, La leggenda maggiore di San Francesco, La leggenda minore di San Francesco, L'Albero della vita, L'Ufficio della passione del Signore, Questioni sopra la perfezione evangelica, Soliloquio, Complesso di teologia, La vite mistica. Eletto Ramacci, S. Bonaventura e il Santo Braccio, Bagnoregio, Associazione Organum, Oggi del convento restano solo i ruderi.  Grado Giovanni Merlo, Storia di frate Francesco e dell'Ordine dei Minori, in Francesco d'Assisi e il primo secolo di storia francescana, Torino, Einaudi, G. Bosco, Storia ecclesiastica ad uso della gioventù utile ad ogni grado di persone” (Torino, Libreria Salesiana Editore, con l'approvazione di Lorenzo Gastaldi, arcivescovo di Torino, Cesare Pinzi,Storia della Città di Viterbo,Tip.Camera dei Deputati, Roma, Pinzi parla dettagliatamente degli interventi di Bonaventura a Viterbo in occasione del Conclave e dell'amicizia con Gregorio X.  Testi: Bonaventura da Bagnorea presunto, Meditationes vitae Christi, Venezia, Nicolaus Jenson, Legenda maior, Milano, Ulrich Scinzenzeler, Opera omnia, Lyon, Borde, Philippe; Borde, Pierre; Arnaud, Laurent, Bonaventura da Bagnorea, Expositiones in Testamentum novum, Lyon, Borde, Philippe; Borde, Pierre; Arnaud, Laurent, Bonaventura da Bagnorea, Sermones de tempore ac de sanctis, Lyon, Borde, Philippe; Borde, Pierre; Arnaud, Laurent, Bonaventura da Bagnorea, Opuscula, Lyon, Borde, Philippe ; Borde, Pierre ; Arnaud, Laurent, Opuscula, Lyon, Borde, Philippe; Borde, Pierre; Arnaud, Laurent, Bonaventura da Bagnorea, Commentaria in libros sententiarum, Lyon, Borde, Philippe; Borde, Pierre ; Arnaud, Laurent, Commentaria in libros sententiarum,  Lyon, Borde, Philippe ; Borde, Pierre ; Arnaud, Laurent, 1668. Studi Bettoni E., S. Vita e Pensiero, Milano, Bougerol J.G., Introduzione a S. Bonaventura, trad. it. di A. Calufetti, L.I.E.F., Vicenza, Corvino F., Bonaventura da Bagnoregio francescano e filosofia, Città Nuova, Roma, Cuttini E., Ritorno a Dio. Filosofia, teologia, etica della “mens” in Fidanza. Rubbettino, Soveria Mannelli, Di Maio A., Piccolo glossario bonaventuriano. Prima introduzione al pensiero e al lessico di Bonaventura da Bagnoregio, Aracne, Roma, Barbara Faes, da Bagnoregio, Biblioteca Francescana, Milano, Mathieu V., La Trinità creatrice secondo san Bonaventura, Biblioteca francescana, Milano 1994. Moretti Costanzi T., San Bonaventura, Armando, Roma, Ramacci Eletto, S. Bonaventura e il Santo Braccio, Associazione Organum, Bagnoregio, Todisco O., Le creature e le parole in sant'Agostino e san Bonaventura, Anicia, Roma, Vanni Rovighi S., Vita e Pensiero, Milano); Raoul Manselli,  Dizionario biografico degli italiani,  11, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Emiliano Ramacci, Un Inno, Associazione Organum, Bagnoregio, Emiliano Ramacci. TreccaniEnciclopedie, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Bonaventura da Bagnoregio, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Bonaventura da Bagnoregio, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.  (DE) Bonaventura da Bagnoregio, su ALCUIN, Ratisbona. Opere. Audiolibri di Bonaventura da Bagnoregio, su LibriVox. Bonaventura da Bagnoregio, su Santi, beati e testimoni, santiebeati. Biografia di San Francesco d'Assisi , su assisiofm. scritta da San Bonaventura da Bagnoregio Itinerario della mente in Dio , su lamelagrana.net.  Itinerarium mentis in Deum, Peltiero Edente, su documentacatholicaomnia.eu.  San Bonaventura online, su dionysiana.wordpress.com. L'Opera omnia nell'edizione dei padri francescani di QuaracchiSalvador Miranda. Findanza. Fidanza. Keywords: Lc. 19:38-40 ‘grideranno le pietre’ ‘la pietra grida’ – i segni trinitari -  primo grado: vestigio o impronta; secondo grado: immagine; terzo grado: similitudine --. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Fidanza," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51691361846/in/photolist-2mRGVwA-2mPGkBm-2mMQbzj-2mLznXk-2mKNM4g-2mKMJYE-2mKC3nj-2mKCnei-2mKjR8g

 

Grice e Figliucci – Giove e Ganimede – filosofia italiana – Luigi Speranza (Siena). Filosofo. Grice: “Of course I love Figliucci, who doeesn’t? Of course, there is Figliucci and [Vincenzo] Figliucci, both moralists at Siena; what I love about Figliucci is that he championed the big ones: Plato’s Fedro – with the charismatic metaphor of the winged warrior; and then Fedro is an interesting character for maieutica; and Aristotle’s ethical ‘books,’ which we hope he instilled on Alexander!” – Studia a Padova. Dopo aver vissuto le piacevolezze mondane della corte, entrò nel convento domenicano di Firenze. Altre opere: “Del bello” (Roma); “Ficino” (Venezia); “Le undici Filippiche di Demostene con una Lettera di Filippo agli Ateniesi. Dichiarate in lingua Toscana” (Roma, Appresso Vincenzo Valgrisi); “Della Filosofia morale d'Aristotile” (Roma); “Della Politica, ovvero Scienza civile secondo la dottrina d'Aristotile, libri VIII scritti in modo di dialogo” (Venezia, Gio. Battista Somascho); “Catechismo, cioè istruzione secondo il decreto del Concilio di Trento”; TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. FIGLIUCCI, “IL FEDRO O VERO IL DIALOGO DEL Bello di Platone, Tradotto in lìngua Toscanà per Felice Figliucci Sense.  IN ROMA Con priuilegio del Sommo Ponstefice per anni X.IL FEDRO. Ó VERO il D/4iWa id Bello di Telatone. TRADOTTO in lingua Tofcana» Perfone del Dialogo, SOCRATE, ET FEDRO. O Fedro mio caro,doue uai tu,ac Soc. donde uieni ^ F E D. Socratc,io uego da cafa di Lifia figliuolo di Cefalo,flC hora me ne uh un poco à fpafTo fuor della città : per ciò che buona peza feco à ragionar fedendo, da quefta mattina per tempo, per fino à hora fon dimorato. Et hora,c(rendo à ciò ftato perfuafo,da Acumeno tuo amico, fiC mio,fò caminando efTercitio : il qual modo di efTercitarfi, egli affai più facile, CC molto più gjoueuole giu:sdica, che laftaticarfi nel correre, come molti fanirsno. SOCR. Certamente Fedro mio, eh* egli ti configlia bene^ma fecondo il tuo dirc,Lifu dee elTere nella città, è uero ^ F E D, Ve^sro,fi£ alloggia infieme con Epicrate nella cafa di Morico,uicino al Tempio di GioueOlimpiót SOCR. rimali di gratia,clie faceuate uoi quiui f Inuitouui forfè Lifia al parto delle fuc orationii' FE D. Tu lo fapra!,par clic tu babbi tempo di uenire i(ifieme coumeco^fin che io te l habbia narrato . SOCR. Che dici tu.^ Hor Don penfi tu, che io proponga à ogni mia facen <ìa ( come di^Te Pindaro) il ragionamento di Li:s fia,fl£iltuo? FED, Seguitami adunque S 0,C R. Di pure^ F E D. Et fappi Socra;^ tc.che quella difputa, che nacque fra Lifia^a ine.è {lata à punto degna delle tue orecchie. Per ciò che il parlare,che Ci\ ùilto,(ìx in un cers; to modo tutto intorno alle cofe d'amore ;.pcr ciò che Lifia haueua fcritto una oratioue doftiG:: fima,fi£eIegantiflima,manoDÌn fauore d'uno 'amante,anzi pier quello era artificiofa.fi: Icggias: dra,che egli in quella prouaua,che più toftofi dee far ccfa grata à chi non ama, che à chi ama» S O C . O huomo certamente digniffuno ; uo:s lefTe lddio,che egli haueffe fcritto,che fi hauefe fe à fave bene più tofto à unpoueio.che à un ricco, ftàunuecchio, che à un giouane,aà moltialtrijiquali in molte altre cofe fono mal condotti, come me : per ciò che fe tale fufTe fta^ ta la fua oratione .all' bora fi poteua degnametc ^nc ce piaccuole.a utile . Non di meno anchora che ella non fia (lata cefi, egli m'è foptags giunta una fi gran uogliad' udirla, che (e tu cdis minando te ne andaflj perfino à Mcgara,flC fc ( comeècoftume di Hcrodico ) tofto che alle mura della città fiifli giunto .indietro te ne tornaflì,io per queflo fon difpofto di non ti aK? bandonarmai. FED, Che dici tu Socrate^' Penfi turche io giouane inefperto poffa hora narrarti, flC ramentarti quelle cofe,chc Lifia moi te più dotto di quanti Sìcrittori hoggi fi troua:^ no, in molto tempo à fua commodità compofe/ Sappi,che io fono affai lontano da quello ti uoglio dire,chc iouorrei più prefto fimil cofa faper fare, che effer d' infinite riccheze poffeffo? re. SOCR. Fedro cparrebbe.cheip non fi conofcefL , non fai tu, che tanto à me farebbe il non fapere chi tu fei, quanto lo fcordarmi di me medefimo.^ Delle quali^ofe neffuna è uera: per ciò che io fo beniflimo,che tu non udirti una uolta fola quefta Oratione di Lina,ma te U facefli replicare affai uolte. Et Lifia fo io, che uo lentieri ti ubidiua: ne quefto anchora ti fu affair ma fattoti al fine dare m mano il libro. doue eri fcritta,confiderafti ineffo tutte quelle cofe,U quali maggiormente defideraui fapere : il che come hauedi fatto, fianco di hauere in quel Iugo fi fungamciife fedufo,(i partifti per andare tene a fpafTo . Et io giiiraréi,che bora tela mefe teui alla memoria, fé gii non fufTeftata troppo lunga, te neandaui fuor della città^perconi fiderare date ftefloà quello, che haueui letto» Ma poi che tu ti fei abbatuto ì un'huomo pazo di udire fimili ragjonamèti,come fono io,toflo che iMiaiucduto, ti fei oltra modo rallegrato, quafi che tu fufli certo di hauerc uno, che dei niederimo,che tu,tecori hauefli à rallfgrare,flc fare feft^,flC cofi mi bai commefTo.che io uenea teco. Quindi pregato da me defiderofiflimo di ud/rti, che à dir cominciaflj, bai finto ciò efTerti difficile, come fe tu non hauefli bauto uoglia di raccontarmi quefta cofa : flC io fon certo, che. al fine, quando alcuno qui non fuffe ftato,che ti haueffe per fe fteflo uoluto udire, tu haueui tan ta uoglia di dire quello, che haueui udito, che tu cri per sforzare qualunque fi fuffe.à udirti à fuo mal grado. Et però Fedro mio caro, non tt fare pregare à mia fòdisfatione di fare queU lo, che eri ogni modo per fare fenza che alcuno te ne ricercaffe^ FED. Sarà adunque me;s gbo dirti quefla cofa, come jo faprò,purcbc io la dica ; per ciò che e mi pare, che tu non fia per abbandonarmi mai, fin che non Thabbia fentita. <^ Sccr. I o S O C R. Certamcnfe che tu hai^buon credtere* F E Cofi adunque faro : ma per dirti il uero Socrate, io non ho imparate le parole tutte à mente, ma io mi ricordo bene quafi di tutte le ragioni, flC argomenti : per li quali egli dimcftra un'amante efferdifTimile da chi no ama, fiC cofirdì fon deliberato nan-artele tutte ordinatamen:? te. SOC Moftrami di gratia prima quel, che tu hai nella man fiftiftra fotto il mantello, che à dirti il uero, io dubito che tu non habbia quel libro proprio : il che fe è uero, pen(à che io ti ftimo afTai ; non di meno fe io poffo udire jLifia,non uoglio ftarc à udir te. Ma che fai tu, che ncn me' 1 moftrif F E D • Deh fta fermo: tu m'hai leuato d'una grande fperanza o Socrais te, che io haueua di efercitait hoggi il mio ingc^ gno con teco: ma poi che io non poffo farlo, po niamcd à federe , per leggere doue più fi piace • S O C Aridiamocene, prima che à leggere. cominciamo,dj U dal fìume Iliffo, ftquiui ci porremo à federe, doue più ci parrà FED. A tempo mi truouo difcalzo,ma fu non uai mai altrimenti : & però ci farà ageuole paiTare quefta piccola acqua, ne anchora ci douerà difpiaccre, tnaflimamente in quefta ftagionc,&à quefta hcra. SOCR. Va uia adunque, ft in tanto confiderà , doue po(&amo federe » F £ Vedi tu quel Platano cofi alto S O G R . Si ueggo. F E D. Qoiui è una piaceuolc ombra, •fiC un uentolino fcaue.flC l'herba tenera in ogni parte: fi che pofTjamo porci à federe,© à giacere, doue più ci piacerà. SOCR . Va Ij^adaquc. F E D, Dimmi un pooc Socrate, non fi dice egli, che già in quefto luogo Borea rapì Oriss fhia,uicinoaI fiume Iliffoi' SOCR, Col; fi dice» F E D. Non ti pare egh, che qui fi uegga una acquetta grata, pura, fiC chiara, nella quale commodatamcte pofTano le fanciulle fcher zarci' SOCR» Non é quefto il luogo, ma po co più di fotto, lontano due ò uero tre ftadi,do:s ue habbiamo trouato il Tempio di Diana, flc in quel medefimo luogo è un certo altare fatto ad honore di Borea. F E D . Io non fq bene quc ftacofa. Ma dimmi per tua fe Socrate, penfi tu che quefta fauola fia ftata uera t S O C R . Se -io non penfafli^che fuffc uera, come fanno an^s chora tutte le perfone fauie.non per quefto farei da elTere ftimato fcioccho: ma non uolendola in tutto negare, potrei fingermi quefta cofa,fiC dire, che il uento Borea ulcito da quefte pietre ui:s cine à (chcrzare.flC foUazarfi con Farmacia, fi ina; contro in Onthia,cCla fecegrauemente à terra cadere, della qual cola ella ne. mori: OC di qui hanno finto, che ella fò rapita da Borea , non già da qiiefto luogo, ma dallo Ariopago.doue bora fi giudicano le caufe : per ciò che è /ama affai da quefta diuerfa^che ella non fu rapita da quello^ . ma da quel luogo. Hora io Fedro mio, giudico certamente quelle cofe molto diletteuoli, ma da huomini troppo curiofi, & folkcjti di quello» che poco importa, fiC da perfone anzi poco fortunate, che non: le quali fe per altro non hauefs fimo à chiamare infelici, quefta però farebbe cas:gione giuftf/Tima^che eglino tégono cofa neceffarla, che bifogni interpretale la forma de i Centauri, delle Chimere, flC di molte altre fintioni inutili. Et non folo fi truouano quefte fi fatte figure, ma à chi fi intrica in fimili cofe.gli pio^ uonoà doffo.k turbe de i Serpenti, delle Gorgoni,fiC la bugia del cauallo Pegafo,& di moU te altre forme contrafatte ; onde fe alcuno di quefti cofi diligenti non crederà, che quefte co^ fe fienò flate nel modo, che fi narrano, ma uorrà Qgni cofa ridurre alla fua allegoria, & al fenfo più, fecondo lui,conuenienfe,coftui certo bara otio d'auanzo,flf fi fiderà di elTér ricordato per uia d'una fcientia roza,flc di poco memento» Maio,à dirti il uero,non ho tempo à cercare (i^ mili ccfe ; perche non anchora pc/To ccnofcerc me fl:e(ro,ri come ci infegna clie dobbiamo fare 1 oracolo Delfico . Et per qnefto à me pare cofa da ridere, il uoler cercare di fapere le cofe d altri,' Don conofcendblhcTìora quelle, che à me fi ap35 partengono,flf che fono in me ftefTo. Per il che laiciate andar quefte cofe.ft crededo paramene» te à quello, che credono gli altri intorno à qucfto,non perdo il tempo nella cqnfidcrafione Io ro,malo metto à confiderare me {lefTo. ft^cofi ^ taì'hora fra me dico. Sono io una beftia più (u^ riofa,flC più rabbiofa,che non fu il gigante det^ to Tifone,© pure ( come è uero ) fono nato ani^ m^ile più placabile, fiC humano,fiC più femplice; participc per natura della mente diu{na,fiC nato per godere al fine uno ftafo.ft una forte felicif^s fimar Ma non è egli quefl:o,al quale ragionado, fiamoarriuati, quello albero, doue tu mimenas ui^ FED, Quefto é d elfo . SOCR. Cerato che quefto è flato un viaggio degno: per ciò che quefto Platano hai rami larghifTimi.fiC è molto alto,£( la alteza di qpcllo Agnol cafto; infieme con l'ombra che fa, è bella oltra modo,' ficpiaceuole : fichoraè il tempo, nel quale più che mai,fiorifce : per il che il luogo tutto intorbi noe ripieno di foauiflìmo odore. Oltra ciò, è quefto fonte,che fotlo il Platano la terra riganjs s ^ do. (io bagna, cliiariflìmo, CC di acqua frefca puc afrai,comeripaoconofcerenel metterci dren^ to un piede. Et le fanciullesche quiui fcolpitc j] ueggono.&lealfre belle imagini.dimoftra:? no chiaramente, che il fonte c ftatofagratoak le Ninfe.&ad Acheloo. Non ti accorgi olfra di quefto, quanto gioconda, écfoanefia Taura^ (che quiui fpjrar fi lente r Oltra ciò/i ode una moifitu'crine di cicale : ìe quali, fecondo il temrs po cantando, ne fanno fentiie un concento non fo come fcaue.fiC piaceiiole. ma più dbgni altra 'Cofa,mj pare degna deffcr lodata quefta tenera herbetta,Iaquale.4 mirarla, pare che ella beni:s griamenteafpetfi, che altri ripofiil capo fopra 4/ lei perriceuerlo.tìcfoftenerlo commodiffima mente . Per il che Fedro mio caro, fu mi hai me nato hcggi qui, doue io fono come foreftiero, per farmia ftare più uolenfierijl che hai fatto prudentemente. FED. Chi ti.fentifre.crede:^ rebbe che tu fufli huomo da pochiTIimo: flC cer:s tamente a quel. che tu dici, tu pari più prefto un foreftiero.che uno del paefe : talmente di^ moftn non hauer mai pafTato i noftri confini, ne effer mai ufcito delle noftre porte, S OCR, Perdonamf Fedro mio da bene,|) ciò che io, coxnc (u fai^foiamente defidero imparare:& fu bea falche gli alberi, fiele unie,& li campì, non ttìì pofTono ifegnare cofa alcuna, ma fi bene gli huo >mini , che habitano la città . Ma tu , fecondo me> hai truouato un modo da allettarmi all'ufcircì qualche uolta : per ciò che fi come coloro , che à *gli animali moftrano frondi,ac porgono frutti, li menano doue uogliono : cofi tii,moftrando5 mi queftolibro,mi menareftiper tuttq il contar no d' Atene, doue tu uoleffj . Hora poi che fias mo giunti qui, mi pare di pormi à federe : fiC tu acconciatoti in quel n(iodo,che più commodo ti parrà , comincerai à leggere , F E D * Odi adunque» • I N Q^V E S T O (lato certamente fi trubuano le cofe mie : flC quefto.comc fai,p0:s co fì intefo da me,penfo che m' babbi à gioua:^ re affai . Hora io uoglio che fappi , che io ftimp, ce giudico, fecoia alcuna io ti domanderò, dos: uerla da te per quefta cagione impetrare, per ciò che io non fon prefo del tuo amore • Et che ciò Ca il aero, tu fai che gl'amanti, come prima han no la lor libidine fatiata,fi pentono de i benefiis cii,che ti hanno mai fatti : ma quelli, che dall'ai mor legati non fono, non fi pentono per tempo alcuno, la ragione è quefta, Che eglino fanno li bcneficii per fe fteflì penfatamente, fiC fecondo che pofTono.fif che le facalfà loro compocifanot & non fono à ciò sforzati, còme gli amanti . Ob tra cib,gli amanti alle uolte tra fe ftcflj penfand quanto negligentemente dall'amore impediti J habbino le lor faccende condotte à fine,ft quaa li beneficii habbino con troppo danno loro à gli amati fatto.flC quanti affanni,» quante fati^ che habbino fofferto : fif per quefta cagione mai hanno da gli amati bene alcuno,tengonù per certo non glie n'effere obligati.mahauera gliene per J'addietro dato degno guiderdone^ Ma coloro, che dall'amore non fi truouanoinii ' - gannafi,nonfi lamentano di effere ftati pccd accorti nelle faccende lóro: non gli duol delle paffate' fatiche, non fi rammaricano, per cagion deiramato,hauer con li parenti fatte grauiHime nimicitie,come fpeffe uolte fuol auuenire . Onai k de tolti uia tanti mali, che à gli amati fòlamenie interuengono, refta folo,che quelli, che non amano, come fo io. fieno fempre pronti,» para^ tiffimi à fare tutte quelle cofe ,che penfano potergli arrecare giouamento. Sono molti che dicono,che per quefta cagione fi douerebbond affai gli amanti appiezare : per ciò che grandif^ fima è la carità , che uerfo gli amati loro hanno « tutte le bore, flC che fempre apparecchiati fi truo «ano à ubbidire air amato, ec a fargli cofagri!* fa ce con le parole, & con le opere, anchora che perqucfto ceruffimi fuffcro, doucre offendere pgni altra perfona. il qual parere di qui faciU xncnfe fi può confidcrare non edcr uero.chè Ic^s uafa alle uoltc la beneuolentia da uno,* in ua^ litro portala, affai più confo de i nuoui amanti 0inno,chc di quelli, che prima haucuano : fiC che pm,fequefti amanti più frcfchi gli el com mette/fero, diuentarieno c^udeh/Tjmi inimici de Ipaffati. Etin qual modo pofTjamo noi dirc^ che ne gli amanti fia cofi ardente amore, efTenj: do à quella infelicità, & calamità fottopofii, dals: la quale perfona alcuna quantunque fauia,& acs: corta, mai potrebbe rimuouerhV Et quefto è, che codoro ccnfeffano per loro fleffi effere anzi fuor di loro, che non^ft dicono conofcere la loro fcioccheza,a: pazia,ft non di meno non poa» tjfrfene rifenere,o i;ifliuouerc. Et pero gli huoismini faui, come potranno approuare,& giudicar hiioai i configli ,fiC i pareri di perfone da tal mancamento macchiate.'' Olfra CIO, fe tu uorrai fciogliere un'huomo in ogni parte perfetto tra gli amanti, bifognerà che tu faccia quella fcelfà tra pochi, che pochi fono quelli, che amantifi poffano dircma fe tu uorrai procacciarti ungami tò.ì)totnpagfio,recòr)(5ofl Mi^ctio tuo,^acl t^nicofa atto;&accommodato^tra quelli, chè non amano Jo potrai più fàcilmente fare :pct tiòchc tra molte petfone ti ùd toncefTo fctrglict lo:^ più debbi fpcrare di bauere un buono ami co tra molti, cHc tra pochi, à trotianc- Et fe al fi* ne tu temi,» fuggi, come debbi fjre,l'in6mf* publica.i8C il biafimo unuierfale, quale per òrdi ration delle leggi fi può ffTet dato.ti & bifos^ gno ramf n(arti,che gli amanti\li quali per quel la cagione uoriebbono tfTer^ amati ^ per \m quale amanoilogliono poi che al defiderato fint fi ueggono giunti, gloriarfi, OC uantarfi alla fco3f perta,che eglino non hanno m uano ncHorol «more confumato il tempo. Ma quelli,che noft tìmano, con ciò fvache facilmente pofTano taccsi re,a: tenerfi di due quel , che hanno fatto, han^a no coftume di cercar più toilo quel, che penfa^j no eflérottim.o per loro.fiì per lamico^che Tefa fer dalla moUitudine,fiC dal nolgo ricordati,^! portati per bocca. Aggiugnc anchora à que^s fto.che acccrgendofi la plebe, che un'aman:^ te fegua un' amatorie afliduaménte in ogni cofa Mclcntierrgli ubbidifca,^< fimilmente gif compiace a, fubito entra in fofpùlto^ che tr* loro non fu flato, o nori fia càttiuo defidcdQ^ ma non ha già ardire di bafitnarc le amicitie dr coloro, che non amano : per ciò che ben fa, che à gli huomini fa di bifogno ben fpelfo infieme ritroiiarfi.ò uero per cagione di amicitia,ò uera per qualche lorocommodità. Etfe forfè tu teis fnefTì di quelli, che non amano, fic penfaffi, che fuffecofa diffìcile, che con quei tali Tamicitia durafTe, anzi nata qualche guerra, ò nimicitia, du^jitafTe che ne ne fu(Te per uenire danno deU r uno, ài deir altro : CC (e poi tu , concedendo i un, che non t'ama, quello che più d'ogni altra Éofa apprezi,ne uenifli per quello non poco ofss fefo,fiC faccfTì non piccola perdita, facendo cofa grata à chi poco, ò niente ti appreza, ti dico^^che per quefta cagione barai maggiormente da te^s mere gli amanti.per ciò che molte cofe fon quel le, che gli offendono, CC fenipre penfano che ciò the fi fa, per danno loro fia fatto» Et per quefto uietano à gli amanti loro il conuerfare tra gli aU fri, temendo fempre che quel l'i, che di loro più ricchi fono, non li fuperino de benefici!, ò uero che gli huomini dotti non li uincano di fape:^^ re . Et in fomma fe perfona conofcono. che in fc babbi cofa alcuna di buono, quàto più poffono, fi sforzano da coftui rimuouere gli amici, flC cofi perfuadendoli, che da fimil pratiche fi guardi^ no. no,à poco à poco li prfuanó di tutti gli amfciv^ ^ Hora le tu penlerai bene à te, « a quelJo,chc>i fi conuiene,flC Te farai miglior deliberafione di loro, non fi appiglierai al parer loro, ma te ne difcofterai quanto potrai . AlT incontro coloro^ che del tuo amore non fon preri,ma fanno quei le cofe,che ueggonoefTer conuenienti,& fi fcr^ uono ne i bifogni,folo per operare uirtuofameij te,(5f efortati à ciò da una mrtù,a: bontà d'ani:? mo, non ti haranno inuidia,fe ti ucdranno prassticar con altrui, ma piu tofto quelli harani>ojp odio, che à te non fi uor ranno accoftare,penfando ( come è uero ) che coftoro li fprczino,£Ì gli amici ti giuouino,à; aiutino : flC per qucftp^ molto maggiore fperanzafi dee hauerc,che da quefta praticane uengano amicitic,che inimù citie.Aqueftecofe fi può aggiugnere,che la maggior parte de gli aitanti, prima defiderano pofrcdere,flC godere il corpo dell amato.che hab biano conofciuti li coftumi fuoi,ò l'altre cofe^ che debbono in un'amato ritrouarfi. Et di quì uiene.che fi dubita,fe latiatala uoglia loro,dei bano nella amicitia perleuerare. Ma traquelli^^ che non amano , li quali efTcndo per T addietro flati amici, non laceuano quelle fimihcofe in bf neficio dell' amico, per che eglino fuffero trop:? po afFcttionatl urrfo Ai hì^t cofa ragicneuolc, che l amieitia fia minore : ima bifogna ben cons; fefEire,chc i beneficii, che Tannargli facciano, accio che per quel mezo habbiano à efier iicor:s ciati daqnelli,che dopo loro iierranno,doue gli amanti ad altro, che al prefente,no attendono. ©Ifra di quefto(credi à nfie)diuenterai affai nusj gliore,fc afcolterai un che non ti ama, che fe à un amante prederai le orecchie : per ciò che gli amanti con lodi infinite inalzano oltra modo tutte le cofe,che fu fai, odici : parte per che te:J tnono,fecendo altrimenti di non ti offendere : parte per che dallo ardente defiderio loroacce:^ catione! giudicare fi ingannano : per ciò che la^ more fa, che coloro, che ne i cafi d'amore poco fortunati Ci ritruouano, fono sforzati à giudicare quelle cofe trjfte.ft infelici, chea gli altri non darebbono moleflia alcuna ^ Et per il contrario quelli^che hanno buona fortuna^flf che dtll'as worlofo fi godono, a mal ior grado fonconrx dotti a lodar quelle co(è, come fauoieuoli.fiC gioconde, che non meritano, ne poffono fare ftar contento huomo alcuno : ££ però più toflo farebbe di b/fogno di quelli tali hauer compaf? fione. che fegui tarli ♦ Hora fe tu uorrai credere . alle ter alle mie parole, io primieramente uoglio effe* tuo amico,ac darti apprcfro,non per il piac^re^t che di te al prefente potrei haiiere, ma per la utf lifà,che la mia amicitja per Io auuenire ti potrà dare. Et non farò quefto, legato, òuinto.ò fog^ gietto all' amore, ma uorrò effer patrone di mcs ftefTo : a non douerai temere, che io per cagiost ne alcuna, ben che leggiera, habbia fra noi à (xt nafcerc grauiffime nimicifie,anzi fc pure alle- uolfe mi altererò alquanto, non lo farò fenza grandiflìma cagione. Et non di menoqnclli er:s rori che inauuertentemente mi uetran fatti, al fine liconofcerò : ft quelh,nelii quali uolontariamente incorrerò, mi sforzerò emendare, AC»- fchifare.flCquefli fono ucri fegni d'unaami^ dtia,che habbia lungamente à durare . Etfe for fé tu pcnfi,che non pofla truouarfi una ueia^CC ' durabile amfcitia,fe dall'amore non è cagtona^. fa, debbi confiderare,che per quefta medefinia cagione noi non appiezeremo gli figliuoli, ne ameremo li padri, ne terremo cari, flC fedeli co:s, loro.che per buoni ufficii,a: beneficii fattici, d fuffero diuentati amici, fe da quefto ardore amo rofo non haueflcro hauto principio ♦ Potrecs ftr dirmi. Si dee fempre fare bene à queU li huomini^ che ne hanno più di bifogno; ft però è cofa conucnientc.non cercar di giouars rcàglihuonnini,chepcr fe fteflì hanno, mai quelli, che fono più bifognofi : per ciò che co:^ ftoro^fe da me ne i maggior bifogni loro farani; no aiutati, mi renderanno Tempre infinite gra:^ tie. Aqueftofirifpondo,chefe ciò fuffe uero, nelle fpefe^che priuatamcte facciamo,fiC ne i do ©eftici conuiti, non haremo à inai tare gli amis; Ci.ma più torto gli affamati, fiC li mendichi : per che coftoro molto più apprezeranno un tal bcis ,neficio,ti feguiteranno,ti corteggieranno, ti fanno fefl:a,ti ringratieranno infinitamente, fiC pregherano iddio per te. Onde tu puoi uedere, che fi conuiene non compiacere à i bifognofi principalmente, ma fi bene à quelli, che ti pof:^ fono riftorare . Et per quefto non à gli amanti^ comeà bifognofi, ma à quelli, che mentano, debbi far piacere : & non debbi fodisfare à quei lische della tua belleza fi delettano,maà queU lische anchora quando farai uccchio,ti fono per dare utile : ft non debbi giouare à quelli, i quali hauendo il defideno loro adempiuto, fcoperta^: mente fe ne uanteranno^ ma a quelli, che uer:^ gognofi taceranno. Et non debbi far cofa gra^s ta à coloro, che per ifpafio di breue tempo ti ho BorerAoao.ma a quelli^che tutto il tempo dell* uifa tua ugualmente ti ameranno : 6C non debb accarezare coloro,! quali, fpeto l'ardore del loro sfrenato defiderio,cercherano Tempre cagioni di far nafcere nimicitie^ma quelli,! quali ( anchora che la belleza manchi ) Tempre moftrano la fcrj: meza^flCla conftantialoro. Ricorderatì aduns: que di quelle cofe, che io ti ho dette, flC penfej: rai che gli amanti fono da i loro amici riprefi,fiC accufati,per chc.ramoreècofa brutta, OC inde^ gna,ma nenuno uitupera,ò biafima quelle, che non ama, dicendogli, che egli fi gouerni male, come fi può dire à gl'amanti. Foife mi domane: derai.fe io fi uoglioconfegliare.che tu debbia ubidire à tutti quelli, che non tramano. Al che io ti rifpondo,di nò : perciò che io focerto^chc iimilmentc un tuo amante con ti comandereb be.chc tu à un medefimo modo amafli tutti quelli che ti amanorper ciò che quelli, che han no da hauere gli benefici! da te, non meritano tutti ugualmete.nc à te farebbe cofa facile coms: piacere à tutti, fe uolefll che uno non s'accorgef fi dell'altro ;&bifogna che di quefto feruirc nonne uenga danno alcuno, ma fi bene/che r uno a l'altro ne cauì qualche utilità. Hora io penfo hauer detto à baftanza : fe à te pare, che io ci debbi aggiugnere qualche coU ,Aor.uujgi da,ch^ io ti fodisfarò. Cloe ti pare di quefla Ora fione Socrate r' Non é ella fiC nelle altre cofe,& nelle parole comporta mirabilmen ter S O C R* Ella è tanto marauigliofa, che mi ha fatto ft(i:s pire,fif tutto, per tua cagione Fedro mio, mi (os no fentito commouere, mentre che io guardauj gli attrae i gefti,chc nel leggere quefta Oratio^: ne faceui . Et però penfando che tu meglio, che io, conofca^flC intenda fimili cofe,ho hautoad ufcir di me per troppa allegreza infieme con tes: co^ F E D. Inqueftomodo mi uuoi burss lare ? S O C R. Adunque parti, che io ti burhf' Non penfi tu,ch'io dica da aero/ F E D. , Non certo: Ma dimmi un poco per tua fe^penss fi tn,che altro Greco intorno à fimil materia po fede dire più cofe,« pia d9ttes* S O C R, Pen fiamonoi.chcfia da effer lodato uno Scrittore folamente per che gh babbi detto quelle cofe, che fono ftate necefTarier'òpure diremo, che me^: riti lode, per che egli babbia tutte le fue paroledifpcfl:e,£( ordniate chiaramente, numeroiamen te, a elcgantementes' Se à te pare, che bifogni lodare Lifia per la inuentione, IO per farti pia^: cere, tei concederò ma io per la mia fciocche^: za,(S( ignorantia,non Tho in luì conofciuta.pcr ciò che folamente ho attefo alla eloquentia dei • pariate : al che poter perfettamente fare, io non penfo che Ljfia fteffo hc'^bbia penfato d' efier fla fo bafteuole. Et cerfainenfe à irìeè parfo( fé già '^tu non uolefh dire il contrario) che egli habbia leph'cato dne,flC tre uolte le medefime cofe.co^ me fe gli fufTe fnacata copta di faper dire diuerfe cofe fopra una mcdefima materia.ò uero uoglia^ 'imo dire, che egli no babbi hauto Ibcchio à quc fto. A me certo, fe tu uuoi,cheio ti dica la mia cpintone,è parfo che egli habbia uolufo parere •^di faper moftrare elegantemente in ogni modo, *cKe à lui pareua quella cofa,che fi metteua à dl^ chiarare, dicendola bora in uno,& hora in un' al tro modo. F E D . Socrate tu no dici niente: per ciò che quella Oratione h*a in fe quefto,chc neffuna cofa ha lafciato in dietro di quelle, che intorno à tal fuggietto accomodar fi poteuano: "onde io giudico, che neffuno poffa di quefto me defimo più cofe dire.tt phi uerifimili di quelle, che egli ha dette. S O CR. Quefta cofa non 'fi poffo io hormai più concedere, per ciò che gì' huomini raui,chc ne tempi paffafi furono, flC le donne, che di queflo hanno parfato.ficfcritto mi riprenderebbono,* mi arguirebbono con:? 1ra,fe io per la tua fodisfàttionc tei concedeffi ^ J £ D . Chi fono eglino quefti huomini, flC qiicftc donne Et douchai tu udite migliori cofc diqueftes' SOCR. Al prcfente io non me ne ricordo cofi bene, ma fappia cerfo,che io non fo in che luogo ho letto,flC udito quel, che io ti dico, & potrebbe efTere.che fufTe ò nelle opere della^èlla Saffo. buero ne libri del fa:5 aio Anacreonte,ò uero d'altri Scrittori: fiC faps; pi, che non per altra cagione fo ioquefta coniet 4ura,cheper fentirmi pieno d'altri argomenti non forfè peggiori de fuoi,che intorno à ciò fi potrebbonp addurre , Et per che io conofco be^ ni/Timo la mia ignoranza, fiC confcfTo che io non fo cofa alcuna, fenon per hauerla ueduta in aU tri^fiCnonperhauerla imparata da me, hi fogna che io confeffi di hauere attinte quefte cofe daU le fonti d'altrui à guifa di un uafo : ma per U piia rQizeza,mi fono fcordato da chi io le habbù .iaiparate,flCinche modo. F E D. O Socrate da bene, tu fai bene à dir cofi.ne uoglio che tu ,dica anchor che io te'l.comanda(ri.dachi,fi( eoa? .me babbi quefte cofe apprefe : ma uaglio benc^ che tu mi moftri ( come confeffi di poter fare.) .quelle ragioni, che dici, che fai più efficaci, OC più dì quelle che Lifia intorno a ciò fcriffe.ll che fe farai, non dicendo le cofe, che diffe Lifu^ ti prometto confegrare in Delfo una ftatuadcl mcdefimo pefo,chc fci tu j1 che fcgliono fare i none noftri Magiflrati,come fai» SOCR* Tu mi uuoi Fedro caro un gran bene,& fei uc^^ ramente d'oro,fe tupenfi che io poffa dirti, che Lifia habbia errato, ftche fi pofTano fcriuerc cofe migliori di quelle, che egli ha fcritto. Io uo glio che tu fappia,che io non direi, che ciò po:5 tefTe accadere à un uiliflTimo Scrittore, non che i lui. Ma per dirti anchora quelle cofe,che io fo, non già per riprendere lui, primieramente parlando folo di quello. che fi appartiene à quc ftonoftro ragionamento, penfi tu che colui, che uorra prouarc.che fi habbia più tofto à fare pia:^ cere à chi non ama, che à chi ama.fe prima^nbh prouerà,chechi non ama,fia fauio,flf pruden:? te,ft l'amante infano, flC fe quello non loderà, flC queflo non biafimerà ( le Squali cofe fenza dù bio alcuno, ne uengono di neceffità ) poffi nel proceder fuo dir cofa alcuna, che alle prime fia corrifpondente (Non di meno io giudico, che quefte fimili cofe, che di neceflìtà ne fegucno, fi habbiano à rimettere nella uolòta de gli Scrit tori,ficfe non le dicono, gli fi pofTa perdonare: per ciò che di queftj tali non fi dee lodare la in:^ uentione,man bene la difpofitfone.Ma di quel le cofe,che neceffanamente non fi concedono, flCcIie difficilmente firitruouano,non foìo pèfì55 fo io, che fi babbi à lodare la difpofitione^niala muentione anchora. F E D. Ti concedo che fu uero quello, che tu dici: per che mi pare, che tu habbia detto apprcfTo che bene, OC ioanchora intendo non indugiare k fare quefto.che hai detto : « però ti concedo^che tu prefupponga, che un' amante fia peggio trattato, che uno che Jima. Hora fe tu nelle altre cofe,che dirai, mi fass rai fentire p/u dotte ragioni, flC più degne parole che egli nò fece, ti prometto, che ti farò una ftass tua d'oro nella Olimpia apprcfTo alle ftatue de gli fucceffori diCipfelo. SOCR. Tu liai Fedro forfè hauto per male, eh' io habbia ripres: fo un'huomo tantoàtecaro,ma io mi burlaua teco. E penfi forfè tu, che io fia per pigliare(la:i fciamo andar le baic)un imprefa di hauere à di^ recofa alcuna più elegantemente di Iui,che.c fauifrimo,C£dottiffimorF ÈD. Tu fei ritor* nato Socrate mio in un medeftmo, dicendo que fte parole. Tu hai da dire in ogni modo quel, che tu fai;ft eoe potrai: flcfopra tutto auuertifct^ che in quefto noftro ragionamento non ci con:» uenga fare quel, che fanno coloro, che recitano le Comedie.ciÒTè rifponderci troppo fpeiTo T un 1 altro;il che é.fccondo me.mokftjflimo. E non far fi, che io fja sforzato à dire, come tiJ,pòco fi dicefti. Se ici no fapefli chi fufle Socrate, potrei dire dj non conofcere anchora me ftefTotperchc certamente fo,che tu hai defidcrio di fodisfarmi: ma tu uuoi fingere, che quefta cofa ti fia difficii k,'Et per dirtela, finalmente tu hai da penfare, che tu non Tei per partirti di qui ^ prima che tu non mi habbi dette tutte quelle cofe ,che tu dirs ceui fapere migliori di quelle, che hai udite: pei! ciò che tu uedi,che nei fiamo foli,(3C in luogo re moto.fiC regreto,fiC io fon più giouane,(!f più ga gliardo di te. Si che per quefte cofe tu puoi ìn^ tendere per difcrctione quel, che io uoglia infes? rire : ne uoler più tofto hauere i ragionare sfor^> zatOjChe di tua uolontà.. S O C Io lo fo mal uolentieri .-perche io conorco,chc io farò degno delTer beffato, fe io, che fon rozo flC fciòc co al poflibIle,uorrò coptcdere con uno cofi per fetto Scrittore, flC fe io uorròalla fprouifta difpu tare di quel mcdefimo,di che eglipenfafamentc ha ragionato . F E D , Sai tu f^gmc la co(a ua^ Lafcia andar quefte cofe meco: per che io credo quafi hauer trouato una uia,|) la quale io ti con durrò.flC sforzerò à dir quel, ch'io defidero , Soc. Non mei dire di gratia. Fed.Come no mei diref anzi Io uoglio dire , io mi uolterò alli giurameff^ poi che alfro non mi naie . Io ti giuro per qatW iddio clie tu uuoi, flC anchora,fe ti pare, per quc fto Platano, che fe tu non dici quel, che tu fai al la fua prefentia,fiC fotto quefta fua ombra, io da qui innanzi non ti moftrerò.ne ti manifefterò mai più oratìone di perfona alcuna. S O C R. OfceIerato,chehaitudettor'Ocomc bene hai ritrouato il modo di sforzare un'huomo defide» rofo di udire orationi,come fono io,à fare queU lo,che ti fuffe in piacere, FE D. Hora fe tu ne fei, come dici,cori defiderofo,che indugi tu più? S O C R. Io nonindugierò più lunga^ mente, poi che tu4iai fatto un fimil giuramen:? to : per che come potrei io uiuere.fe io fuffe pri uo di cofi dolce cibo ? FED. Hor dì aduns: que. SOCR, Saituqucl,cheiouogliofa5: re ? F E Che cofa t' S O C R. Io dirò quel,che io intendo dire, col uolto.fiCcol capo coperto, per dire più pretto : per che fe io mirafs fi a te, farei impedito dalla uergogna. F E Di Pur che tu dica, fa quello, che fi piace. S O C R; Hor fu dunque ò Mufe dolci, il qual cognome ui fi dà perii modo del uóftro cantare, ò uero perladolceza della Mufica uoftra,la quale fi dolcemente fuona,fauoritc ui prego,& aiutate quello mio ragionamento, il quale mi sforzai éitt quefto huòino da bene : accio che poi che mi harà udito^giudichi anchora molto più pru^ dente il fuo caro amico Lina, che prima cefi uìó gli pareua* T V haicla fapere,chefik già un fanciullo^anzi pure un giouane di gen:i tiliflìmoafpetto:coftui haueua molti amanti^ tra li quali un'huomo certamente allato gli diede ad intendere, che non Tamaua^nc per ciò punto meno de gli altri il fencua caro, fif gli uo leuabenc.Hora auucnne.che un giorno egli lo pregò , che al fuo defideno compiacer doucli fe,flC per impetrare quello, che egli domanda» ' ua,gliprouò che maggiormente fi doueuafare cofa grata à colui, che non amaua,che à colui^ che amaua • Et per farglielo intendere, gliCi moflrò con quefte ragioni » In tutte le còfe fall v^>^^> ciuUo mio à coloro, che confultar bene,ò difpuf-^'^-^\ tar uorranno,fa di bifogno hauere un folo.qjìj roedefimo principio, quale è il conofcere,flC insK ^ ^/ tendere che cofa fu quella, intorno alla quale fl'^;:^ ^o' confulta, ce difputa: altrimenti è neceffario in tutto errare» E fonomolti,chenonfi accorga:» no di non conofcere, ne fapcre la fuftantia della cofa, della quale ragionano; fif cofi come fc egli» nolafapeffero^nel principio della difputaloro ' altrimenti non la dichiarano: tal chenel lor pioi^ cedere ne feguc,come è hccefTario che inferuerii: ga.che eglino dicano cofe fuor del loro propos: fito^adagli altri male intefe. Adunque acciò che ne à me, ne à tc interiienga quei, che in al:: ^rui biaCimiamo,pofcia che egli è hora differctiìi tra noi, Te fi dee più tofto pigliare Tamicitiadi colui, che non ama, che di colui, che ama, farà buono che uediamo, che cofa fia amore, & che forza egli habbia, dandogli qualche difFinifio^ ne, alla quale l'uno, fif l altro di noi acconfenta» tt cofi dipoi, hauendo fcmpre 1 occhio, flC ogni . fìoftio argomento drizandoà quella dijffinitio:: ne, confideraremo fé egli dannoso utile near^ reca. E adunque ccfa manifefta a ciafcuno,che l'amore altro non è, che un certo defiderio. Sap piamo anchora,che fimilmente queni,che non ainano, hanno queflo defiderio di cofe belle, fiC buone . Per intendere aduBque in che fia diffe^ rente l'amante da quel, che non ama, tu dei fa:5 pere, che in ogni perfona fono due idee, le quali ci fignoreggiano,ó: doue più li piacerci uolta^ no Je quali noi fumo à feguitare sforzati ouunis que elle ci conducono . Vna delle quali infiemc con noi è nata.fiCqucftaè j1 defiderio de i piacer ri, L altra T-habbiamodopo il nafcimento noftro acquiftata ; fiC quella è quella opinionc,che ne gli ììiiomfni (5el fonimo Wne fi ut je,per fa qn* ic tanto afìetfuofamc'jntc lò defider/arho. Qaeftft: alle uoltefono in noi fra loro amiche, alle uoltèi' in difcordia fi truouano,& bora quefla uince^ feor fupera quella Quando adunque quella opf fìione del fortìmo bene, cÌ>e difopra hò detto^ dalla ragione guidafa,à qrfel'lo ciie è nero b^nc^; •ci conduce, uincendo il defideriode i .piacen\ quefto'nTodo di uiirere fi domanda femperanfiaS ma quando quello sfrenato defiderio, lontano al tutto dalla ragione, ci fpingc.flf sforza à feguià tare ipiaceri,& amai grado noftro fi fa di nof ^padrone, quello fuo imperio fi domanda libidi^si w : ài efTcndo h libidine di moìu fòrti, £( ha^j uendo molte parti, anchorà è nominata in molss li modi. Et di quelle molte forti di libidine, chfi io dico, quella cbe più ch'altra T alc'unb fi ritrud ua,dj à colui quel nome,col quale ella é chiais mata me può à coloro, li quali ella fignoregà già, nome alcun dare bonefto,ò buono- per chè quel defiderio, che intorno alli cibi uince &Ia ragione, fiC ogni altra uoglia,fi domanda golo^s fità : 8C colui ;che ha in fe quefto alt pigi ian:^ do il.nome medcfimo, fi chiama golo(o, Anà chora quel deficlcno, che intorno al bere,d'ù'à no fi impadronifcc^è co(a chiara, flC maiiifefta^donic fi douerà chiamare, fiC anchora che nome liauerà colui, che da tal noglia fi lafcerà uincere: àfimilmentc pofTono cfTer chiarina manifefti . ì nomtde gli altri defiderii congiunti à quefti. Hora io penfo,che quafi fia fcoperto.perqual ca gionc 10 ti habbia dette quefte cofc, ma uoglio io tacerlo. òuoglio dirlo.'' Io lo dirò pure, per elle più fi intende una cofa à dirla, che à non dirla. Et pero dicp,che quel defiderio priuo di ragione, il qual fupera,&: uince quella opinion: ne, che è Tempre al giufto,fiC all' honefto indirirs zata,a ci rapifce à cercare il piacer della belles: za, quindi col moftrarci quei diletti, che dalìa bellezadiun corpo fi cauano, pigliando non piccole forze. fiC rinfrancandofi, ci uincealtutrs to>flC ^^^p^t^aquel defiderio, dico é detto ^§cù9» ciòèamore,daf 6J/^K?,che uuol dire gagliardia. Parti egli, tedio mio caro,comc ì me, eh' io habbia détto diuinamente T F E D » Certamente ò Socrate che fuor del tuo folito,ti fei non fo co:5 me più ampiamente allargato. S O C R . Taci adunque,^ odimi ; per ciò che qucfto luogo è certamente diuino,flC pero non ti marauigliare, fe nel parlare farò dalle Ninfe di quefto luogo iafpirato à dire cofe diuinc : fif tu puoi hauer co fiofciuto,chequci]o,che iopocofa,diceua,non fono Tono (late molto difllmili da i uerfi Ditirambi ' che fogliono dire le facerdoti di Bacco all'horaj^, che dal loro iddio fono ripiene di diuinità^ FED. Tudiciiluero. SOCR. Di que? (le cofe ne fei cagion tu fenza dubio alcunormk odi quelle cofe, che reftano, accio che io non nji fcordi di quello, che hora me fouuenuto,al che fo certo io che iddio mi aiuterà, ft no mi ufciran no di mente. Et pero ritorniamo, feguitando il ragionamcto noftro,al fanciullo,col quale. diao zi parlaua.Hora fanciullo mio, noi habbiamo detto flC dichiarato che cofa fia quella, della quacs le noi ragioniamo. Adunque hauendo feraprc- I occhio à quefto.confideriamo .lora quel, che nercftaà dire,flCquefto è,Chegiouamento,Ó: che danno fia per uenirc per cagion di un aman te,ò di un che non ami,à colui, che gli ubidirà. E adunque neceffario.chc un' huomo uinto dal la libidine, Sedato alli piaceri, cerchi femprc con ogni fuo sforzo, che ramato più che altra cofa,gli babbi da piacere. Sai àhchora che ad uno che é infermo,gli piacciono, flC gli fon gra^ te tutte quelle cofe, che alla uolontà fua non re:^ pugnano, f5C quelle gli fonomo(efte,fi£ difpia^ ceuoli^che fono di lui migliori, ò feno migliori, ugualmente buone /£t pero efTendo T amante \t)fcmo,fìon potrà mai pafifc,clìe uno amato jpaà lui uguale, ò da pia, anzi cercherà femprc- ^^uanto potrà, fìflo da manco di lui.a più bifors ' ^^nofo. Et per che tu fai, che un ignorante è d:a^ manco che un dct(o,8C d'un forte un'timìdo,* 'id'un oratore,© olequente uno inelegante. fi( po^ co atto adire,» d'uno acuto, «uiuo ingegna kinofcmplice,er fcioccho.fe qaefti,»: molti ali. |ri mancamenti dell' animose per natura conofcè; Ìitfóuar(ì,ò per ufo in un'amato efTcr nati, ali Thora godeva fi rallegra lamantetS: non gli bi ìftando quello, fi sforza anchor de gli altii pro^:^ cacciargliene ;altrimenti non gli pare poter ca^ Ilare dell' amor fuo piacer alcuno . E adunque- HeccfTario, che un amante habbia Tempre inui* ^laall'amato & rimoucndolo da ogni amicitia,^ ite da ogni efercitio^per il quale "pò te (Te diuenà tare eccellente, bifogna che grandemente glii inuoca; a k non gli nocelle per altro, per quei, ■fio al meno gli è dannofc,che lo prfua di queli |a co6,che ne fa prudentflimr. Per cièche la di iiina fìlofofia è quella.per la quale ueniamo pru^ "déntiffimi'dalla ì]*tiafc lamanfe e sforzato rfmua ll^rc quanto può ì' amato, temendo Tempre di' •pon effcre'fprezato da lui, fé pm prudente chft; V ?li nQO è.diuentaiTe ,.CC in fomnia fi sforza f?r« ogni cofa,'pèr la qaale egli al fu((o ignorate dh uenga.&fimaraiiigli folo di quelle parti, che ramante pofTiede. Qriando adunque farà tale la niato,airhora farà ali amante carilIìmo,ma dans: nofiffimo a fe ftefTo : fiC cofi puoi uedere,che in torno à quelle cofc,che al fapere fi appartengo:?. no,è lamicitia con un'amante nocina. Debbia^ mo bora confiderare in che modo colui, che c sforzato à anteporre il dilefteuole al buono, hab bia da hauer cura di quel corpo, che egli ama,ca fo che a lui fuffe una tal cura commefTa . Certas: mente che egli defiderà che quel corpo non fia fchietto,fiC duro, ma delicato. & molle, non nus: , trito.aauuezo al Sole nelle fatiche, ma fottò - l'ombra nelle dchcateze. Vorrà che fiaalleuato lontano da futri Ij pericoli,» fatiche, che non habbia mai prouato fudore,» lo farà uiuere con cibi feminili.ac delicati . Lo auezerà à crnarfi di colorila fàccia,» di ftranieri,fiC nuoui ucftimeti la perfona,» à fimili altre cofe,le quali tutte eù fendo dishonefte,» brutte à raccontare pia lun gamente,perpafrare ad altro le lafciercmo an:? dare.Vn corpo adunque fi fattamente allcuato^ nelle guerre,» in ogni altra pericolofa necefll^ ta,incmicì ficuramente uincono; onde li faci amici,» gli amanti hanno femprc più paura, che à coftui qualche male n5 interuenga^che ad *ltri : ma qiicftacofa.efTcndo per fc fteffa cliias ra.lapoflTiamolafciarc andare. Hora habbiama da dire che dannoso che giouamcnto nelle co^ fesche di fuor uengonojaamicitia.flC laguar^: dia d* un amante ci arrechi, Qnefto adunque è chiaro à tutti, flC nnafiime à un amante, che egli ' defidera.che il fuo amato fia priuato di tutte quelle cofe.che egli pofTjcdeJe quali amiciflì^ lfte»gratiffime,tì:peift:ttiffimegli fono: perciò che egli defidera, che gh fieno tolti li parenti,, Ce gli amici, penfan do che quelli gli dieno gran df impedimento à goder la dolceza della ami^ citia dell'amato, Ol tra ciò penfa,che un fanciul lo ricco dbro.o di qual fi uogli altra cofa,non poffi cofi facilmente effere prefo d'amore : flC fe pure è prefo.uede che troppo lungamente in quello amore non può durare . Et pero bifogna che un'amante^comejnuidiofo,fi dolga della felicità dell' amato, flC fi rallegri della miferia del medefimo, Defidera anchora,che lungo tempo uiua fenw moglie, fenza figliuoh\OC fenza cala^ bramando goderfi quel pucere,che quando co:^ (Ifi ritruouano,foIamente e/fj fentono. Sono ^^n(;hora molti altri mali in quefto amore, ma nel ia maggior parte di quefti mali, come prima (i comincia i amar qualche fpirita diuino,mefco5i. la fubifo un certo piacere, come ha fatto à uno adulatore, il quale è certamente una dannofifljs: ma fiera, fiC una grandifljma calamità : non di meno la natura ha mefcolato con quefta adulai tione un non foche di piacere non al tutto da fprezare . Oltra di quefto farà alcuno, che biafi:s mera le meretrici, come cofa noceuole^fiC altri fimili animali, ò uero fi fatti ftudi, quali foglio:? no al prefente deiettarci, douc 1 amante non fo^ lamente è noceuole^ma anchora nel praticarlo c moleftifTimo • Per ciò che tu fai , che il prouerbio antico è. Che li pari facilmente con li pari s*a^ nifconorper ciò che la ugualità dei tempo, della età di due(con ciòfiache per lalomiglian za de gli anni conduca gh huomini à delet^ tarfi de i medefimi piacerijpartorifce facilmente 1 amicitia.Ma ne gli amanti la età non pure non genera amicitia.ma arreca un faftidio troppo grande : per che la neceflìtà in ogni cofa à cia^ . fcuno è mole{la,la quale più che ogni altra cofa è in uno amante uerfo T amato, accompagnata dalla difTomiglianza de gli anni , Et che fia il uc ro,tu fai, che amando una perfona attempata qualche giouane,mai ne il dì, ne la notte per fc ftcffo da Uh partir fi uorrebbe,ma è coftretto dal la necefljtà.à; dalla pafFionc amorofa^tt è fcm^prc dalle carcze de i piaceri allctfato.lc quali nel ucdcre, l'amato gufta , ft pruoua nell' udirlo, ne! toccarlo. fiC in fomma nel goderlo con qual fi uogli fciitimento : tale che con grandifTimo fuo piacere fempre fi ftudia compiacergli. Ma r amato da qual forte di piacere, ò da qual follai zo potrà effer trattenuto, che in ogni modo egli non fu da grandilTima molcftia oppreiTo.^ Eflcn do fempre sforzato mirare una feccia d' un huos ino di tempo,flCbrutto.<5C molte altre cofe.che Don folo à colui fono molcfte.à chi elle intera ncngono,maanchoraà chi l'ode.tiouatc folo per una certa neceflità.che ha l'amante di farfi r amato bèneuolo : flC qucfto è l'effer fempre disf lìgentemcnte guardato quanti pafll faccia, l'udì re ogn' hora quelle faftidiofe lodi.tt quelle ima portune riprcnfioni, delle quali fempre gl'aman* ti abbondano, flC con le quali ogni giorno li ma ' Iettano : le quali cofe accafcandoà uno, che fia padron di fe.fono però intollerabili : ma à uno, the è fuor di fe,come uno amante, non folo fos no intollerabili .ma anchora per la troppa licerla tia,chefj pigliano di dire apertamente quel, che- gli' pare, fono brutttffime. Oltra di quefto men» tre che uno ama, è fempre dannofo.flC importa* no : ina quando poi ha l'aujor fine.diuenta perI auuenirc contra dj quello poco fedele, quale . ,.con molti giuramenti, flc preghi, & promcflc ^ pena potè condurre. che egli dalla fpeme di pre mioàciòperfuafo.fidifponcflj à Apportare la moIeftafuaamicitia.Ai fine quandòpur glie concelTo ritornare in fe.fi rifolucà pigliare un nuouo padrone,ac ubidire ad altro fignore : £C cofi in uece dell'amore.a: della pazia.feguita lo intcllctto.a la ragione.* la temperanza ; onde ùtto un altro,cerca fempre dall' amato fuggire, <f afcondcrfi. All'hora l'amato ricordandofi del* le cofc die tra loro fi fono dette flC fatte, de i dati beneficii la mercede domanda, penfando che la mate habbia feco à ufar le mcdefime parole,chc prima ufaua . Ma l'uno per la ucrgogna non ar* difce confe/Tare d'elTer mutato,ne fa tronarc in ' che modo egli fodis6cci alli giuramenti, A pro:^ mefle,che mentre fotto la crudel fignoria d'amo refi ffouaua.inconfideratamenfc fece : « teme, «flendo già diuentato temperato. & nhidictc alli ragione, facendo le medefime cofe che prima.di non diuétare il medefimo.che dianzi era. £t di qui nafce.che colui. che poco fa. amaua, bora ua da fuggcndo.ac fchifando l'amato.ft mutatofi di fantafu.fi allontani da lui.come fe un di coloro |u|fc,a cui il gittato uafo fw cafcato à contrailo. tome ben fai.clic nel giuoco infcrutène, elici noftri fanciulli foglion fare. L altro all'incontro è sforzato à feguifare T amante. flC parendogli pur mal ageuclc cfler lafciato/j uolta al fine alle ma* le parole. Ne ciò gli accade contra ragione.per ciò che nel principio quefto tale no fapeuaquan tomai fi conuenifle, ce quanto poco lecito.» honefto fufTe à un'amante far cofa grata. quale è di neceffità fuor di mente.» quanto ben fatto fu (Te compiacere à un'huomo dall'amor libero, che fuor di fe non fi ritrouaffe . Ne tonofccns dofimilmente.che fidandofi di un'amante .G fida d'un huomo fttano.inuidiofo, moleflo, dannofo.a inutile, prima alla roba. «poi ai corpo.ma molto più noceuole alla fcientia del* ■ l'aoimo.della quale nefTuna cofa è certamente . pia oenerabile a appreffo Dio,» apprelTo gii huomini. Qucfte cofe adunque douiamo fans ciullo mio confiderare.CC oltra di quefto fi ha da luuertirc.chc l'aroicitia d' uno amante da bene» uolcntia alcuna non nafce, ma da una certa aui» diùdi faturfi.comc gli a ffamati : & però ben diffe colui in quelli uet6, fe^omeillupo l'agnello. Cefi un giouin l' amante ardendo brama. Qiiefte fono ò Fedro quelle cofc.che io h Uf ua promcffo narrarti : flC però non uoglio pa bora dire altro, ma farò fine al mio ragionamens: to,anchòra che io penfaua d efTer folamcff giun toalmezodcl mio parlare, flC ci reflaffe à dire altrettanto di quelle, che non ama,&piouarc che più torto fi haiièffi ad ubbidire i un tale: oltra di quefto penfaua hauere i raccontare di quanti beni, flC di quante utilità uno, che non ama,fia ripieno, F E D, Perche adunque fi reftii' SOCR. Non hai tu confiderato,chc io non fo più quei uerfi Ditirambi, che dianzi m'ufciuano di bocca,quantuque il mio ragiona:? meto fin qui fia flato nel uituperarei* Hoia le io feguitado uolefli lodare quel, che n6ama,quan tohobiafimato l'amante, che penfi turche io dice/Iìf' Non ti accorgi tu, che io fono aiutato,, flC ripieno di fpirito dalle Ninfe di quefto iuos^ go,fiCper tuagratia,fiC per aiuto diurno l'Per la qualcofaio concluderò breuemente,che tanti beni fono in quello, che non ama, quanti mali ti ho moftrato truouarfi in un'amante ; ft però iion ci bifogna far più lungo ragionamento, ha:? uendo già dell' uno, fiC deiTaltrò a bailaiiza ra^ gionato. Et pare à me, che la noftra fauola hab^ bla hauto quel fine, che era conuenientc & pcs^ " ròpaffando d fiunic^mi uoglio partire, prima D i i i the fu mi %(orz\ atìirc quatcKc altra cofa piuvfm portante , F E D • Non ti partire anchora So^ crate, prima che il caldo non fe ne uada:n6 uedi tu,chehoraè à punto il mezo giorno, nel qual tempo è il caldo grandiflimoi^ Et peròafpettani: <Joqui^ 6C ragionando infieme delle cofe, che habbiamo dette, come prima il caldo farà mcinrs cato, ci partiremo. SOCR. Certamente Fe^ dro, che nelle tue parole tu (ci diuino,fiC uerais mente mirabile : flC però io penfo certo^che dcU JeOrationi.qualialtuoìtempo fonoftafe fatte, nefTuno ne habbia dato più cagione, che tu,flC neiTuno altro à più Thabbi potuto pcrfuadere.ò aero conletue efoifationii quello conducenrs |Cloli,ò uero in qualche altro modo sforzandoli • Et certamente m quefto(cauatonc SimiaTebac no)tu auanzi tutti gli altrirJC bora 'fecondo me) tu folo fei (lato cagione, che io habbia à dire di nuouo,non fo checofe,che nella mente mi fo^ no fopraggiunte. Il che facendo tu, pollo dire, che tu mi facci una guerra. FED, Etinche modo ti fo io guerra flC che cofe fon quefte.chc tu mi uuoi.dire^ SOCR. In quel, che io uo leua paffare il fiume, quel mio fpìnto fohto,chc tu faì,paiuc che mi faccffe lufato cenno : il che ogni uol tacche mi accade^ nò è uietato fare quel lo.cJic fogia farpeniaua,Quindi mi paruc udi:^ re una uocejaquafe mi liietana il partire. prima che io non lùuefTe placato gli dei,cofl:ie fe con^: fradiIoroIiaueflìconiiiìe(To qualche errore. Io adunque fono fcnzadubiohoggi indouino,fiC flC fe io non fono cofi de buoni, fono al meno di forte^che forfè à me farà affai, come battano, anchora le poche lettere a coloro, che male le hanno apprefe , Lt però Fedro mio, hormai ip chiammente concfco il mio fallo : per ciò che c ,mi pare hauer neiranimo un no fo che, che mi indouini r erfor,che,^ ho fatto . Et quefta cofa dianzi,mentre che ioragionaua,mi turbò tnt^ to : per il che io cominciai in un certo modo à temere di non acquiftarmi gloria apprefFo gli huomini del mcndo^all'hora che io contra gli iddìi grauemente erraua ( fecondo che già dilTe Ibico nella fua opera )flc bora al fine conofco, come t'ho detto T error mjp. f £ D , Qnale er^ rorc è quefto/ S O C R, Ò Fedro.un trillo ra:^ gionamento.un tritio ragionamento edro hai hoggi mcfTo in carapo.fic sforzatomi i ragiona|C ne. FED. In che modqj' S O C R. E (lata cofa ftoIta.dC empia, della quale che fi può egli più tpfto.a: noccuolc ritrouarcs' FED. N is cnte.fc tu dici iJ uero. SOCR. Ohimè, non fai tu quel, che fia amore i Non è egli fi^ gliuolodi Venerei Non penfi tu,che^gli fu uno iddio 1^ F ED. Cofi fi tiene per certo. S O C R . Et non di meno Lifia non ha detto .quefto^nc manco il tuo ragionamento, il quale non io, ma tu hai fatto : per ciò che tu me T hai à forza canato di bocca, come per incanto, Hora fc [amore è Dio, come e certamente, ò uero qual che cofa diuina.non può efler cattiuo,& non di meno noi habbiamo parlato di lui, come fe fuÉ: fe cattiuo. In quefta cofa adunque habbiamo peccato contra amore. Et certamente quefte no ftre qùeflioni fono moho fuor di propofito,an^ chora che forfè paiano piaceuoli : le quali non ritenendo in fe cofa alcuna di fincero,ò di uero, nondi meno fc per cafo faranno approuate da qualche huomiciuolo di poco fapere, quelli, che le fanno, fe ne gloriano, come fe fulTero di granrs de importanza. Hcraàme fa di bifcgno per quefto errore, placare gli iddii : & hai da fapere^ che a quelli, che nel ragionare, ò nello fcriuerc errano,è ordinato un certo modo di placare gli iddii antico, il quale Homeronon feppe cono^ fcert.mafi bene Steficoro : per ciò che efTendo (lato priuato de gli occhi, per che haueua uituis perata Helena, conobbe come huomo amico del le Mufe.pfrqual cagione cieco fu/Te diuentafo, il che non fece Homero ; per il che fubito fece quei uerfi,>^Non fu uer quel parlarne in l'alfe naui Fuggendo, andafle alle troiane mura. Et cofi fatto un'altro poema di nuouo al conai trario di quello, che prima comporto haueua,fu bitoglifurendutoil uedere.Ma io in quefto farò più fauio d'ambe due loro, per ciò che in^ ^ nanzi che male alcuno mi interuenga per il hh fimo, che all'amore ho dato, mi sforzerò dire il contrario di quello, che tu hai udito r il che fa^ ' cendo mi uogli fcoprire il capo, flC non uoglio tenerlo per uergogna afcofo,come ho fatto nel mio primo ragionamento. F E D. Tu non mi puoi fare ò Socrate il maggior piacer di ques fto. SOCR. Telcredo,perchetu tidebbi ricordare con quanta poca uergogna habbiamo letto quelle cofe.che il libretto di Lifu contess "^Tieua,fiC quanto anchora fciocchamente io hab^ bia ragionato di amore. Per che fe qualche huo mo di generofo animo, modello, che al pre:s fente ama(Te qualche fuo uguale, ò uero per lo addietro l'hauede amato, ci haueffe fentito dire, che gli amanti fanno per Iteui cagioni nafcerc grandiiTime nimicitie^flc che fono huomini in^ niàìofi^a noccuolia gli amati, certo clic egli harebbc pcnfato udire tanti huomini auuezi fo Io,flCalIeuati dentro alle naui,liquali nonco:s nobbero mai un uero,fiC gentile ancore : CC unaperfonafauia non ci concederà in modo alcuno, che quelle cofe fieno Licre, che in biafmio d'sts: more habbiamo ritrouate . F E D . Certo che ,io crcdo^chc tu dicail ueio per mia fe. S O C R. Et però temendo, che qualche huomo cofi fat^i lo, non rhabbia à fapcre, fichauendo anchorz paura d' amore, defidero lauare^fli nettarela mea tc.ÓL le orecchie noftrc di quello amaro, flC no^, ceuole ragionamento, cbe habbiamo fatto, con qualche altro più foaue parlare, & al gufto no:2 ^ftro più giocondo. Lo fo anchora pergiouare à lifia,perfuadèdogli che cglifubito debbia fcri:^ ucre.che più toftofi habbia da fodisfarc à unoamante,che à uno che non ama, quando l'amor re è tra li fimili. F E D . Sappi certo, che egli lo farà , per ciò che dipoi che ti barò fenti to lo;: .dare l'amante, farà necefrario,che io lo sforzi à criuereanch egliii medefimo. S O C So certo, che ti uerrà 6tto fin che durerai dVfferc co mefei alprefente, F E D. Hor dì adunque arditamente. S O C R. Hor fu ; douc è egli quel fanciullo, col quale dianzi ragionaua,ac:s ito clic egh oofi ancìiora cfue^o mio nuouo pire lare, che fe forfè non infendelTe altro cIa me^ cercarcbbe anch' egli lemerariamente fare pia:: éere a.chi non Tama, F E D. QLieftofaticiulis lohauendotelo finto,tì è femprcappreflo : gni uolti^che louuoif SOGR. Fa aduns: quc conto fanciullo mio gentilesche il mio pr^ mo ragionamento Cu flato detto dà Fedro Mirjs rinefe,figh(ioIo di Pitoclc,ÒC queflo che hora di ro^da Steficoro.figkuolo di Eufemio,fauomo degno d' eiTere daciaiciino amato .il qual ragio namcnto in quefto modo cominceifemo. Q^V E L ragionamento non è uero,ìneI ^uale fi è detto, che per edere l'anì^inte pieno di fiiWc^À quello, che non ama da tal furore lifae^s ro,fi debba mjggriormente fare cofa grata m pri feotia d^i un'amante, à chi non ama, che per iì contrario : per ciò che fe fuflè in tutto uero^che il furoretuifecattiuo,haremo per certo ragioncj» uolmente parlato. Ma io ti uoglio dife,,ch^mol tì.ac grandiffimi beni ci intcraengonoper mcjs zo del furore, concefTo certamente folo iptxbt^ neficiodiuino.Etchcfia il uero^ucdiche pri-? ma quella Sacerdote, che in Delfo predice il futuro, fiC qudla altra apprefTo Gioae Dodosc nco . fono cefliflimamente ripiène di furóre^non di meno hanno Tempre date molte, C( gran diflimc commodità i gli huomini di Grecia flC priuataniente,flf publicamcnte: ma mentre che da tal furore fon libererei fanno o poco, ouero nefTuno giouamento. Et fc io uoleflì horara^s gionare delle Sibille, &dituttiquegli altri^chc hanno per uirtù diuina indouinato il futuro, flC feiotiuolefli dire cjuanfo eglino predicendo molte cofe da uenirc,habbino giouafo, troppo farei nel mio parlare lungo, ol tra che io direi co fa chiara à ciafcuno. Non di meno par cofagiu^ (la dimofl:rare,che li noftri antichi, li quali pos: fcròi nomi alle cofc.uiddero.fif conobbero, che il furore non era cofa brutta, o uituperofa.che fc gli haue(Tero altrimenti penfato,non harebbo:^ ^ noqucfta arte perfettiflima^con la quale il fu:s turo fi conofce, chiamata ^àyiKHv » che tanto uuol dire, quanto furore diurno : per eie che il furore uiene à gli huomini peruolontà diuina, & pero parendo k coftoro,chc fufle come è quers. fto furore, un gran bene,à quefta fi honcfta arte uolfero mettere un fi honorato norhe . Ma hogs gi quefti pia moderni interponendo i quella uoce un poco confideratamentc hanno qn erto furore chiamato fuy-v7JH«f , che uuot ^ire arte di ifadouinare.d: non furore. Et hai da fapcrc,chc il modo dello indoufnarc il /ufuro^' che hanno gli huomini priui di quel furore dis aino,pcr uiadegh* uccelh^flf delle conietturc, parendo à efli,chc procedere da difcorfo huma^ nojl domandarono oÌovohsìkh : ma quelli, che fon uenuti dipoi, mutando Io piccolo nel Io6)grande,]' hanno con più honefta uocc chiamato oiqvisihm • Et pero quanto è più perfetto,a: più nobile lo indouinare per uirtù dinina,chc per coieffure,flC per uccelli, tt qiun fo il nome diuino,chc è /xocvmK? , c più de^ gnocheThumano^cheè fMy^Kug, ftpiuun opera, che l'altra perfetta, tanto i noftri antichi hanno detto, che il furore, che uiene dal ciclopc più degno, che la prudentia^flC l'arte humana. Tu debhi purfapere,che già per riparare alle grandi infirmiti. che ueniuano,flC per liberarci da qualche auuerfità troppo grande, che alle uolte per gli antichi errori li popoli minacciai uano,ueniua à una certaforted'huominique^ (lo furore diuino non fo donde. Et da quellconfigliati,queirimedii ritrouauano,che erano alla falute loro neceffarii^facendoli quel furore ricorrere alli uoti.& alli preghi, al raccoman^ darfi à Dio : per quefla uia impetrando mife^ f icordia/i rendeuano da ogni infirmità.dCpe^ rìccio fahii CT per quel te nripo,* pcrquc1To,chc haueua da uenifc : K cofi acquiftauano.fiC rice:^ iieuancpfrmczodi qucfto furore dal' cielo la sflblutione del II errori loro, pur che di furore de gno,&: buono fuffeflo ripieni. Il terzo furore è quello,che uien? dalie Mufe, il quale rapifcc .J'i^nima altrui, anchor dafimile forza non più of fefa,a cefi la fjfiieglia.flC k infpira. Per il che è per uu di cantico facccdo qualche t^pbile poe fia, ornando con Ufuoi numeri, fiffcriucndouirs finiti ùtti òc gli antichi, per tal uiainfegnaà colorii, che dopo Ihì uerranno. #Jf quello, che fenzail furc^l■ delle Muk ha ardire di accoftarfi pure alla porta delb poefia,fidajndofi per quaU che fuaingfgnofà arte haiieicà diuentar buoi^ poeta^ti d'jco,che qiicfto tale 4 fine farà tenu:^ to fciocco: a lapoefia di un'hUdmoda que:s furore hbero , «i^fce finalmente uana , fit, fenza fugo alcuno, i couipararione d/ quella^ che da un' huorao funofo è ritruouata . Tut:^ quefli , a molti altri' nobilj/Timi effetti del. furor djuifìo tipofloio raccontare: per la qual cofà noi non hsbbiamo hoimai più da temersi rè ua furiofo.Ne aTgomento-^ò neramente ra:?- gioac alQU<w.CJllM da fpau.Gntarc^moftrandoci clìepiu foflo fi Iiabbfa ad eleggere un'amico prudente, & fano,che uno incitato, flC furiofo*. Ma lafciamo andare quefto.jMoftiimi coIlui,fc può, flC in quefto uincami, che i' ancore non fia da Dio (lato truouato per utilità dell' aman^s le.flC dell'amato. Doae io hora per il contrae rìogli uog!iomoflTare,chequcflo tal furore e flato dato da Dio à gli huomini per una gran^ difllma (cìicità.LsL qual mia dimoflratione à quelli, chehtigiofi fono, & che ogni cofa tropss po minutamente uogliono' fapere,tt che ogni cofa uituperano,fiCà ogni cofa appongofièf.fàà rà forfè incredibile : ma afii faui farà il con^ frario. Ma prima che à quefto ucnga,ci fa di bifogno,confiderando bene le operationi,fiC gli affetti dell'anima humana, fiC diuina, troitare la uerità di quello, che intorno à lei fi può ra^ gionare,flC difputarc. Sari adunque il princi:? pio di queda mia dimoftratione cofi fatto. OGNI anima c immortale, per ciò che quella cofa, che fcmpre da fe fi muoue^queU. la douiamo direefTere immortale : ma quella co^ fa,che altri muouc,tì: da altro è mofra,con ciò fia che ilfuomoto fia terminato, ha anchora il termine, 6: il fine della fua uita. Et pe:sr rò folamente quella cofa^ che fe (leda muoue/ per ciò che mai non fi abbanclona.nonfi rcfta mai di muouere^anzi quella e fonte, ££ principi pio del moto di tutte le altre cofe.che fi muos: iiono.Ettufai,cheil principio è fenzanakis: mento alcuno ; per ciò che egli è neceffario, che tutte le cofe^che fi generano, nafchino da un principio, flC quel pnncipio non ha altro prin^s cipio : per ciò che sci principio nafceffe da qual che altra cofa, non potrebbe gii nafceredaun principio, cfTendo il principio egli • Ma cfTendo il principio fenza nafcimento.è necffTario che ;inchorafia fenza mancamento, o fine alcuno; per ciò che fe il principio mancaffe,© morilTc^ non potrebbe più ne egli nafcere da un'altro,, tie un'altro rifufcitare da lui, con ciò fia che fu neceffario, che tutte le cofe nafchino da un pria cipio. Se adunque il principio è un moto,chc inuoue fe ftefro,queflo principio non può ne mancarcene nafcere da un'altro* & fe altrimenti fuffe, farebbe neceffario, che tutto il cielo man:s caffè, a fi diftruggeffe,flC ogni altra cofa creata» ^oltra di quello non fi potrebbe mai fapere on^ de quefte cofe nafchino, & da chi fieno moffe^ Adunque effendo chiaro, che quella cpfa^che fc flefla muoue^è immortale, non harà da temere di due il falfo.chi affermerà che la fuftantia del l'anima è cofi fatta;Ia ragione è quefi:a,chc ogiiìi corpo, che ha il nìoto da altri ,è corpo inanima:^ to. Ma quel corpo, che ha il moto in fe ileffo^ . & per (e fi miioue, quello è animato : fimilc» adunque puoi penfare,che fia la natura dell'ara nima . Et però (e gli è uero.che altra cofa non fi truoui,che in fe fle/Tafi muoua, fuor che Tanis: ma,di neceflìta ne fegue, che I anima Tia fenzi principio, fiC immortale. Dell' immortahtà dela l'anima habbiamo detto affai . Voglio bora u:: gionare della fua ideà;ò aero della fua forma,» ìmagine in quefta guifa . Se io uolefli narrarti tutte le Tue qnalità,CJ particularità,bifognareb:à becheio (i\([ì un'huomo diuino, fiC poi farei troppo lungo. Ma può bene un'huomo motà tale,comcfonio,defcriuere una certa fimilitua dine,flC figura di quefta anima, flC quella porre dauanti à gli occhi ; & à far quefto,fari cofa pia breue,che à entrare nelle altre diffic ulta, che nel ragionar di lei fi ritruouano. Et però diremo per bora cofi, Facciamola per quefta uolta fimi^i le à un carro alato, che habbia il fuo rettore : la qua! figura ci è affai nota, flf (a intendiamo be:s nifijmo. Hai adunque dafapere.che tutti li cast :Ualh\flC li rettori de i carri de^li iddii fon buo^ ni,tt nati df buoni •De gli altri^che non fona fddii, parte fono buoni, & parte non . Primierajf. mente colui, che dell'anima. della mente norx j ftra tiene il gouerno, raffrena, guida, flf corrfg:^ geli duecaualli,cbe il carro noftro tirano con . le briglie in mano.Oltra diquefl:o,un di quefti duecaualliè buono.fiC bello,flC nato di ftmilfó Taltro è il contrario, & nato di contrarii. Per ii che accade, che quefta noftra moderatione,flf reggimento di caualli fia di ncceflifà difficile • Horamiuoglio sforzare moftrarti breuementc. perqual cagione fia detto un'animale mortale, 6: uno immortale , Ogni anima ha cura di tuts?: i to il corpo inanimato, flc difcorre per tutto il cielo bora pigliando una forma, bora un' aU fra ; fiC mentre che ella è anchora perfetta, « riaij tiene le fue ale intere inalza in alto,fiC gouer:P na air bora tutto il mondo. Ma quella anima, alla quale fieno per qualche cafo, come ti dirò^ cafcatc le 3lc,rouiDa al bado, ne mai fi ferma, fin che non fi intoppi in qualche corpo fohdo,clic la ritenga. Quando poi quella anima ha trouas^ to doue habitare,* ha per fua ftanza prefo qual che corpo (errenp ( il qual corpo fabitp che ha, in fe quefta anima, par che comincia à muo^^ ucrfi,macpera lapotentia della anima, che lomuoue} muoue) ali 'bora tatto qucfto fi chiama ani? male : & qucfta anima unita infieme con un cor po terreno ( come ho detto ) U un'animale.il quale fi domanda mortale. Ma il corpo immorj: tale fi conofce non per ragione alcuna per ora' didifcorfo ritruouafa.ma quel, che fi dices'd fingono gli huomini da fe ftefli ; perciò che quefto corpo non lo habbiamo mai ueduto. ne à baftanza ci è maj flato dato ad intendere, Ids dio adunque è un certo animale immortale il quale fenzadubioha ranima.flcfimilmentc il corpo,flCquefte due cole fono liate per natura in fempiterno infieme congiunte. Ma queflc cofé bifogna dire che fieno, come piace i Id* dio, a ragionandone, à lui bifogna' riferirfcne. Hora ci rcfta à dire per qual cagione le ale caa (chino all'anima. Tu ha» da fapere,che la nas tura.ef il proprio delle ale di quefta anima.é il- leuare il graue in alto uerfo quella parte del'cics lo, la doue habilano gli iddiU Sappi anchos ra, che di tutte le cofe.chc in un corpo fi nst truouano, ranima,piu d'ogni altra cofa.della diurna cognitione è participe. Qiiefta diuinità tengo io che fi pofli dire, che fia cofa bella.iaa uia, bHona,flC ciò che i tali cofe c fimilc.Da quc* (lo adunque prindpaimclìfc fc ale dell'anima fono nutrite,* per quefto più che per altro crc:s fcono,flC mchora per le cofe brutte, flC trifte>ac per le altre à quelle'contrarie, che di fopra ti ho dette, mancano, fl£ uengono à niente. Oltra di quefto hai da intendere, che in cielo è un gran Principe^il quale fi chiama Gioue . Coftui pd^ mo à tutti gli altri, guida con uelocità un fuo carro alato, ornando, fiC affettando ciafcuna cofa,. ce con fomma diHgentia al tutto procurandoé Dopo coftui feguita lefercito de gli altri iddiì^ femidei,fiC fpiriti diuini, diuifo, flC ordinato in undici parti, 6C folamènte nella cafa de gli iddii f cfta la Dea Vefta . Ma gli altri iddii ( dico fola^ mente quelli, li quali fono poftì nel numero de j dodici ) fe ne uanno ordinatamente, fecondò che fono difpofti,& ordinati . Et hai da fapere^ che dentro al cielo fono molti fpettacoli,fiC mol ti uiaggi,difcorrendo Intorno fi fanno diuinifTì^ mi,& beatifTjmi : alli quali i beati iddii femprc ftanno intenti, & ciafcuno fa quello ufficiosa! quale è fl:ato pofto,CC che gli fi conuiene.fiC cofi ua feguitando ciafcuno iddio fempre potendo ugualmente,* uolendo : per ciò che dal diuin choro è femprc ogni inuidia,* ogni maleuolen tia lontana, Quando poi fe ne uanno al celeftc cofluifo, ce à guflarc le diuinc uiuande, all'ho:: ra inalzate, & già in alfo afcendendo^caminano per la circunfèrentiade i cieli. Li carri delli do5 dici iddìi bene accónci, flC aflettati, con le briglie de i caualli uguali, flf parimente da ogni banda pefando, fàcilmente caminano. Ma gli altri carri che cofì no fi truouano.à fatica fi poflono muo uere : per cicche quel caualio trifto è dalli uitii aggrauato,6C cofi uerfo la terra fi p^^ga, & feco il carro, & il rettore à forza tira.fiC quefto à quelsj li rettori interuiene,che j1 caualio non buono, hanno troppo ingraflato,fiC alThora patifcono le anime una fatica eftrema^fic fono in un graridifs fimo combattimento . Per ciò che quelle anime; che fon chiamate immortali, ciò è quelle, che no fono dal trifto caualio sforzate, quando allafom miti giunte fono,allontanatefi dalle altre, fi fer mano nel dorfo del cielo, fiC quiui pofatc,fono dalla circunferentia attorno rotate : ft quefte fos: no quelle anime, che ueggono quelle cofe,chc fuor del cielo fono pofte, Et quel diuino luogo (opra tutti li cieli non è anchorada alcuno dei noftri Poeti flato fin qui lodato: ne alcuno fi tro uerà,che mai quanta egli menta, lodar lo pofla. Quefto luogo è fatto in un tal modc(& mi met^: to i dire quefto ; per che parlando della uerità, pofTo tiene hiuctt ardire di dire il acro ) è adun que fcnza colore, fenza figtira alcuna. non fi può toccare.è una cfTcntia ; la quale fola fi può dire.chc ucramcntc fiaft qucfta effentia fola» mente li Icrue dello intelletto, guida, flf gouer^ Inadore dell'anima, il quale intelletto femprc fta in continoua contemplatione del (omwo bello^Etla uera fcientia, flCil perfetto fapere altro luogo non ha, che quello, che c pofto ins: torno i quefta effentia ucra,£c nella fuacognfc ttònc. Come adunque il penficro^a: la contems plationc diuina è poftafolo intornò i un'ina tellettopuro,fiCà una fcicntia immaculata, cefi il penfiero, flc la contemplatione d'ogni ani^: ' ìna,che habbia i pigliare che corpo, ò forma fi uoglia ( pur che à lei fia conuenientc ) rifguarp dando per qualche tempo in quella efienfia, che io dico, che fola fi può dire che fia contea!? ta della contemplatione della uerità,di quella fi nutrifcc,a: di quella fi con tenta, fin che un'aia: tra uolta la circa nfercntia aggirandola, non la ritorni in quclmedefimo luogo.Et in quefto fuo aggiramento uede la giuftitia, con tempia la temperanza, fcorgc la fciehtia, K non uedc (jueftc uirlù come generate/flCpoftein uno,ò^in un'alfrc (Ti comé potiamo dire ) che fiend quelle. che noi qua giù confiderandaci paio^ nouirtù,ft cofi le chiamiamo, ma uede quella iiera fcientia, che è in colui, che folamcntcfi può dire che fia.-flCinquefto medefimo mo:s do ucde, flC contempla tutte le altre uirtù,chc fono uirtù ueranente. Quindi di quefti cibi nutrita, a fatia. ritornando di nuouo dentro al cielo, fc ne ritorna à cafa, dalla quale dianzi fi parti : flC dipoi che è ritornata, il Rettore mets: fendo li cauallr nella ftalla à ripofarc.gli da :per cibo T Ambrofia. (JC gli fa bere il Nettati :rc,fif quefta è la uità de gli iddii/te altre ani^ .-jne poi, alcuna che dirittamente ha gli iddìi feguitato,6tta che è à lorofimile, fa tanto, che :4inchora ella inalza il capo del fuo Rettore à ^uedere quel bellifllmo luogo, che iotihodet^: oefTer fopra li cieli rftcofi ancho ellainfies» me con gli iddii è dalla circunferentia de i cicjs li aggirata, a portata, ma à T ultimo dalli cauals: li e trafportata fuor della uia : talmente che à grandiflìma fatica può mirare quelle cofe, che in quelli Iuoghj,di uentà piene fi ritruouais no* Alcuna altra anima hora il capo del Ret^ Jore in alto leua^tt hora la abbafTa : onde daU £ ini Ifcaiialli sforzata, parfe ucde quel bcne,flf parte non . Et le altre anime tutte ugualmente defiderando ftar di fopra.feguitano quefte tutte ins , fj fiemc confufamente: a non potendo in alto le:: I uarfi,premendofi tra loro, fono à torno portate: ! fCcalcandofi^ficrunaialtra fpingendo,ft ciafcu i :na quanto più può di pafTare innanzi sfor7an5; dofi, fanno tra loro grandiffima contefa :.onde j ne nafce un romore,un. combattimento, una fafica grandiffjma: nella qual con(éfa,per uitio, ce difetto de i rettori, molte fi azoppano, molte delle altre rompono le penne delle ale,a al fin tutte dopo un;i lunga, flC gran fatica, fen za p 0:5 ter pur uedcre quella effentia diuina.che io di:^ , co, che è ueramente,fi partono, flC dopo quefta lor partita fi pafcono folo d'opinione, non potendo quel fommo bene per altra uia conofcerc: a ciafcuna fi sforza, quanto può, di poter haue:5 re quefto cibo,defiderando conofcere doue fia il bel campo della uerità. Per ciò che di quefto prato la natura dell'anima per fe fteffa ottima, xaua conucniente cibo,Cf di quefto fi nutrifcc la natura delle ale,con le quali in alto fi leua^ La potentia diuina poi ( la qual non può in al:^ <un modo fallire ) tiene quefta regola, che cia:^ felina animaja quale mentre che gli iddii ac:$compagnaua.C6mpagnaua,puotc ucdèrc qualche fcintiTIa del la uerità ,quefta tale dico, uuolc che per fin che un'altra uolta non fia dalla circunferentia aggi^ rata ( come ho detto difopra ) fia fuor del perb xólo di perder le ale, òdi riceuere danno alcu» no:fiC fe Tempre potefle girando quella uerità uc •dere,non farebbe mai in parte alcuna offefa,Ma fe non potendogli iddii Seguitare, non fi fuffc potuta condurre i uedere quel fommo bene,flC per qualche cafo contrario ripiena d' ebliuione, ce di malignità fuffe dalli uitii al baffo aggraua:^ ta,flC in queftoabbaffarfi.a deprimcrfi rompete fi le ale, fiC cefi rouinando in terra cafcafre,al2s rhora la diuina legge uieta,che quefta tale anb ma la prima uolta, che qua giù à forma alcuna -s accoda, fi uada ad accompagnare con la natus ra di beftia alcuna fenza ragione, ma uuolc, che •quella anima, che molte cole fa in cielo habbia uedute^uadaà trouare lageneratione d'un huo tno,che habbia da effer Filofofo,ò uero defiders rofo di belleza,ò uero Mufico,ò uero d' un huo modato alle ccfe d'amore. C^ell'altra, che non ^quanto la prima habbia ueduto, ma nel fecon:5 do luogo fu pofta, comanda quefta legge, che difcendainuncorpo,chehabbia da effereRc per legge, fiC ragioneuolmete.ò uero in un bua iao dato alle guerre, flC atto ad efferc Impera^s <lore,ò Capitano ♦Quelle poi, che nel terzo Iuoj: go fi fruouano.ordjna che fi mettino jn un huomo.chc habbia da efTere gouernatore d'una Rcpubhca^òuero in uno, che debba difpenfa^ re,ft diftribuire la robba.ft hauer cura della fajs miglia, ò in uno,chefia dato al guadagno. Quel k.chcpiugiu tengono il quarto luogo, fe ne uarino in un huov(}o,Ql}€ hsihbìà da durar ùth .ca,òaeroin uno, che fi habbia daefercitare in^: torno alla Medicina, fif alla cura de i corpi .Quel Ic,che più di foltonel quinto luogo fon pofte, é s'accoftanoà coloro, che debbono fare l'arte di indouinarc,òuero di augurare per uia di facrb jficii,ò d'altri mifteri, Quelle, che la fefta fede tengono,defcendono in un'huomo,che hab:s bia da diuentare pQeta,ò ucro in uno di coloro, che fono nati ad imitare altrui. Quelle, che fono le feftime dalle prime, uanno;fn uno.che habs biada efTere òartefii^e^ò agricoltore. Le ottauc in un fofifta,òucro in una perfona plebea.flC iiile. Quelle finalmente, che nel nono, flfultis: mo luogo fi ritruouano.fc ne uanno a diuentare uno, che debbia efTer tiranno. Et in tutti quefli •fiati di Ulta qualunque giuftamente haràmes». -fiato i giorni fuoi.dopo la morte harà miglior forte, clic quelli, che friftamcnte fono uirtuH: flf quelli, che ingiufti fono flafi,uannOÌ pcg:^ |fóré fl'a(o,che colore), che fono ftafi buòni : pei d'oche non ritoma Tiinimatn quel medefimo luogo,dcnde prima fi partì. più preflo che ih fpatio di dieci hhirlia anni .Per ciò che auanti i queftofpatiodifefnponon può racquiflare le àie, fuor che l'anima di coluj,che uitiendo hà fenzauitio alcuno atfefo alla Filofofia,òuer«5: mcnfeha amato la helleza^fiC infieme grande^ ifnente defiderafo la fapienfia : per ciò che quei ftefali arfime/enza dubio alcuno, dipoi che ^treuolte fono paiTate mille anni ( purché efs Icno^ uoglino dopo la prima morte, tre uolte tornare in quefta uita ) all' bora hauendo rac» quiftate le ale dopo tre milia anni,al cicl uo^ landò fi partono. MoHé altre aniine, morte che fono, la prima uolta fono da Iddio gJu^ dicate, a dannate r ttcofi giudicate, altre an^- dando fh^un'iù'ògo,il qaaTé ne! cèntro dcU la terra è porta per punit»one delle anime cgitti tiue.quiui patono del fallir loro meritcnoli pe:» he. Altre pòi dal giudicio dìuino innalzai te, in certo luogo del cielo forio in quel modo trattate, che fi hannoqnagiu in terra uiucns do meritato : flf poi tra mille anni qucfte due- forti d'anime, ritornando al mondo fi eleggono una feconda uita,ec ciafcuna può pigli^rfi queU la forma, che uuole. Quindi uienc, che l'anima humaha pafTa alla uita d'una beftia^flC dipoi dunabeftiadiuenta di nuouo huomo,pur che quella anima fia (lata un'altra iiolta in un'huo mo. Per ciò che quella anima, che non harà mai ucdutaìauerità,òpoco,b a(rai,non potrà mai pigliare la humana figura : per che bifogna che quello, che l'huomo mtende, l'intenda per me:s zo delle fpetie delle cofe,che dauanti gli ii ap:5 prefentano.a quefte fpetie per uia di molte, ÒC uarie cognitioni nella mente noftra raccolte, fo^ ijoalfine con difcorfo infieme pofte,eCc9m5s prefe. Et quefta cofa altro non è, che la rimems: branza di quelle cofe,che già Y anima noftra in C4elouidde,air bora che infieme con iddio era perfetta.-a quando ella fprezaua quelle cofe,che noi fcioccamente diciamo che fono,riuolta fola:? mente allcontemplatione di colui, che è uera^ mente . Per la qual cofa l'anima folo del Filofoss fo meritamente racquifta le ale.per ciòchequan to p-r un'huomo è poflibile,fempre con la mera móna fi riflringe,flC fi accofta à quelle cofe^allc quali accoftandofi,(5f riftrfngendofi iddio, è di^ uino» Colui adunque, che farà quefta confide^, ratione din'ttamenfe,& ragioneuoImente,flC cefe cherà fempre di nempirfi la mente di qucfti cofi pcrfet(i,fi£ fanti mifteri, quefto folo diucnterà perfetto. Et cefi diiiifo dalli ftu di, che fanno gli altri huomini,flf accoftandofi alla diuinità,è th prcfo,flC morfo dal uolgo,comc fe egli fufle ufci to di fe. Ma egli ripieno, flC ebbro della contem plationc di Dio, non fi lafcia cònofcere alla mol titudine. Per quefto adunque ho fatto io qùc^ fto mio ragionamento, il quale è porto intorno alla quarta forte di furore-peri! qual furore quan do alle uolte uno di quefti tali nel uederequa giù qualche belleza, fi ricorda di quella uera, che gii uìde in cielo,rimettc fubito ralc,fiC cofi rimelTe che V ha, fi sforza,quanto puo,uolando al cielo inalzarfi. Ma non potendo ciò fare^coje me gli uccelli po(rono,guarda,flC confiderà pur uerfo il cielo, fprezando qucfte cofe bade «onde ne è biafimato fiC ne riporta uergogna,dicendo:j gli ciafcuno,che egli è poco fauio,flC ripieno di furore . Per la qual cofa quefta diuina feparatio:^ • ne dell'anima dal corpo è fopra tutte le altre, che interuehire ne poffano migliori, Et da ca:^ gioni ottime nata,d: non folo è gioueuole à chi in tuttolapo(riede,ma à chi qualche poco ne participa. Et coiui,che di quefto iurore fanto.tt |>uotio è ripiano, con ciò fia clic egli afmrla bel:? ilcxa.quefìo ueramente fi può dire arhantc. Per ciò che, fi come ho difbpra detto.ogni anis ma huroana già ha iieduto quelle cofe , che ue^ ramente fono : per ciò che fe non le haueffe uc jàiite, non farebbe difcefa in quefto animale hu mano: & non, è f^c^le i tutte le anime ricor:i darfidclfecòfedilàfù.per uedere quelle/cbc qui fono. Et prima lo poflono mal fare quelle; che per breue fpatto di tempo fù in ciclo gli fu conceffo uederic : dipoi non è conccfTo anchora ^ quelle, che nel mondo uenendofono fiate ina felici, ce Ila nno hauto mala fortuna: di modo che corrotte da alcuni coftumi cattiui.che qui pjgliano/ifccrdano in tutto di molte cofe (st^ gre,©: buone, nelle quali in cielo erano gii ammacftrate. Perii che poche anime fi ritruor? uano,che àbaflan2a delle cofe celefti fi ricors dino. Ma quelle poche quando tal'hora qua giù- fcorgono qualche iomiglianza di quelle cofe^^ che in cielo gii urdderò, fi ftupifcono, ftquafi cfcono di fe. Et non di meno non fanno don^ de quefto lor mouimcnto proceda ; per ciò che non conofcono in tutto la uerità.ne a baftanza fe ne ricordano. Ne pct/amonoi fcorgere,menp tKchcqyagiàftiaDoioin quelle fi^ure,« imaa gini,fplrndòrucro alcuno di giuflitia, di tfmp< ranza , fiC delle altre uirtù ,che gl'animi npftji J)<^ norano.flC amano. Ma per certi inftruirenti,fiC fxìczi imperfetti ofcuri à pena pochiflimi huomini accoftandofi pure alle imagi ni> di iq^cl le uirtùcelefti,che nel mondo fi ritruQuano, tifguardanoin qaelle imagini quella forte, di uirtù,che fimile imagine gli. rapprefej?ta. ali' hora ci era lecitc,<X conceffo uedere una chi^ riflima^flC pmiflìma belleza, quando con quel beato choro fegiutando noi quella felice uìGq:» ne, 6: quella fanti/Tjma contemplatione. della quale dianzi fi ragionai, noi infiemc conGio:^ ut ,& ìt aìttc 2nitrìc inficmecon qualche altro iddio , fecodo che era ordinato, pQtcmo con teni:^ piare la diuiniti : flC quando à quelli miftcri,fl£ cofc fagre dauamo opera, li quali potiamo ragio iicuolmentc dire efTer più di tutti gli altri miftc ri fagri,flC beati, alli quali all'hora noi poteuamq attendere, quando anchora immaculati. flC nò of fefi da mille mali efauamo,che poi habbianio in quefto modo prouati.Onde confiderando all'ho ra quelli celeftì fpcttacoli cafti ,femplici,durabi li^tt beafi^poteuamo beniflìmoà tal fanto efcr^l tic fcruirc ftado noiin una luce pura pun^ttfen M machia alcuaa,Iib^ri,&fciolti da c^uedo^chcWtor chiamiamo <;orpo,il qiul crbifogna ì torno portarci noftro mal grado, efTendo à quello le:5 gati,6f in quello rinchmfi à guifa d'oftnchej ce quefte cofc non fi fanno, feno per uia di mc^: nicria,per che noi ci ueniamo à ricordare delle cofe padatecdallaqual ricordaza hora io fon fpin to : ce efortato perii defiderio) che ho di quelle xofe.che già ho altre uolteuedute, ti ho fàtto queflo ragionamento, Hora la belleza( come ti ho detto ) quando già erano le anime in cielo,^ Infieme con loro caminando rifplcndeua,fiC di poi, chequi fumouenuti.rhahbiamo riconos fciuta, per ciò che ella chiariffimamente rifplen:? de,& fi moftraà quel fenfo dellj noftri,che più •di tutii gli altri ha in noi forza, flC quefto é il feri fo del uedere : per ciò che quello é il più acuto di tutti gl'altri noftri fenfi^che permezo del tòVpo fon cagionati, col qual corpo, flC con li quali fenfi non fi può cognofcere.nc uedcria fapientia: per ciò che ella farebbe nafcere in noi ìun'ardentiffimp amore di po(rcderla,fe un qual chcfimulachro,òimagine di ki dauanti à gli occhi manjfefìamcnte ci fi pofgefTe: fiC il medefi mò potiamo dire di tutte l'altre cofe,che fono degne de/Tere amate. Non dimenolabellezsi fok ha jpiu dellaltre haute quella preminentfa^^ che ella più ;d- ogni altra ci fi fa uederc,& piu che ogni altra cofa ad amarla ci muoue. Et però colui, che dianzi non atteie à quelli fagri miftc;? ri, ch'io ti difli,anzi più tofto e, dando qua gm^ corrotto da quefte cofe bafle^non cofi preftofi inuoue,fiC leua ranimo all' amor di quella bels: Ieza,anchor che qui uegga una certa fc^iglian za di quella, che da quella eterna il^ nome pi:^ ghando.pur belleza fi chiama. £t per quello nel uederla non l'ha in ueneratione,flC non l'ha nora,maà guifa d' una beftia.dato folamente al piacere, uorrebbe pure à quella belleza acco:5 ftarfi, flC generare, & produrre figliuoli : fiC cofi importunamente afTaltandola, non teme punto fargli difpiacere.ne.fi ucrgogna dandofi in prc:? dai quel fuo difordinato appetito, pafTar gli or^s dini della natura , Ma colui , che alli detti mifte;^ ri poco fa diede opera, fiC che già in ciclo con^ tempio, molte cofe degne, flC (ante, quando egli uede un uolto ben fatto,ft di belleza diuina ot^ nato, il quale perfettamente quella diuina, & uc ra belleza rapprefenta,ò uero quando contems? pia nò pure il uolto, ma qualche altra parte ben fatta del corpo, primieramente fi empie dihorrs rore,fiC tofto teme di lui, come fe fufleunacofa (ckfte già dalui pa altri tempi u^duta: quindi più minutamente rifguarclandolò come Iddio lifaonora.flC fé egli non temefTc di edere accuiaj«; to per matto, ti dico che egli non altrimenti aUj l amato fuo facrifìcarebbe^chc farebbe à una fta^r tua di iddio. Et mentre che egli pure il contem pla/ifentequcU'hprrore. del quale era pieno, in fudore,fl( in ardore conuertire, dal quale in brcuc tempo tutto fi truoua occupato. Per ciqr che air hora,che egli per gli occhi beue quclU bcllcia Cubito tutto dentro fi riicalda : dal qual caldo la natura delle penne della lua anima é co me matfiata,a dipoi che egli è bene infuocai^ to,fi intcncnkono quelle parti delle ale,clic pullular doueuano.ac che dalla dureza riftrctte, metano alle penne il poter gernpogliare. Qjiianp do poi per gli occhi e ben penetrato il nutrìs; nicnto di queftc alenali' hora il germoghar delle penne, che prima comincia dalla radice i ingrof (àfC,ìmpetuo{amente per tutta 1 anima moftrarfi (i sterza per ciò che Tcinima era già tutta dalle pcnne copcita.fif da quelle io alto foftenuta} tak^^ in quello tempo ci anima tutta in grao dèiiìmo leiuore^tt uonebbe pure inaizarii : flC non aitranrti che làccino ifanciuUt. quali allW u che pruni mcttoiìo i depti^t^no da on certo iociOiC iMfitfi, aiiiciué dà un dolore delie gicQ gfc moleftatì.cofi l anima iicl meffere le penne tutta fi commuoucflffi riempie in un tempo dj piacere,» di moleftia. Per il che mentre che eia la uede un giouane bello, beucndo per gli ocs chi quel piacere, «quel defiderio.chc da lu|'t uiene,airhora inaflìata.come ho detto, fi rifcalr da,flC all'hora nó fi duole. ma fi rallegra cifra mo do. Ma quando poi egli s allontana.flC che quefcl li meati fi rifeccano.per li quali l'ala uoleua ufcir fuon.allliora andi.fif riftretti.uiefano il gcrmoa gliare delleale : di modo che quefta ala infieme2i con quello amorofo defiderio, parendogli elTcr dentro rinchiufa, uolendo pur' "faltar fuori dai (e flcfTa, richiude quei meati.donde ufcìr po* trcbbe.fif fa che di nuouo ne nafce ali anirra nó poco dolore. Et pe^quéfto è tutta l'anima da ogni banda oii'efa,fiC grandemente dimoiata,» mal trattata Ma ricordandofi poi di nuouo del? la ueduta belleza,in quello fi diletta.» di quel Io folo fi rallegra. Et cofi da ambe due queftc paffioni infiemc mefcolate.ciò è da quello sfor* zamento.ec impeto di rimettere le ale. & dalU maraiiiglia della piacciuta belleza è in un fems po moleftata.Onde piena di anfietà,<urio(à d/» licnfa flCè daqucftofuror in tal modo condotta, che ne la notfc può dormire, ne il giorno in lue go alcuno fermarfi, ma quinci, 6f quindi fi ags gira,fiC fi fbatte,mofra pure dal defidcrio di riue dcre quella bcUeza, la quale di nuououedcn^ tìo,& beuendoquel defiderioamorofo per gli occhi, CQmc ti ho detto, all' hora di nuouo apre, & ageuola quelle parti delle fue penne, che prtp ma erano infieme riftrette.fic chiù fé : fiC cefi àh poiché ella ha cominciato à rifpirare,fiCriha2: uerfi,à poco à poco fi hbera da quelli ftimoli'i ft da quelli dolori, dalli quali prùr^a era offef^é Tale che da quefto foaui/Tjmo piacere 6nto è in quei tempo uinta,che mai per fe da quelli allet^: tamenti non fi partirebbe, ne altra perfona più appreza,chc l'amato, ma fi fcorda del padre, CC della madre, de i fratelli, fif di tutti gli amici ' fuoirttfe tal' bora (come interuiene ) manda in quefto amoremale.ft confuma il fuo,non fe ne cura punto. Oltra di quefto fpreza tutte le '.amicitie,flC dignità, che haueua fuo padre, delle quali gli fi farebbe tra gli altri gloriato,^ fole fi contenta di feruire^fiC diefler foggietto àogni ''«olontà dell' amato, pur cbe egli pofTa efferaps: prefTo al fuo fuoco • Per ciò che non folo honoi^ ra,ficha in ueneratione quefto b^llo,chc tgli ama^ma anchora Io truoua ottimo medico d' gni fiu grauifTima paflionc. Quefto afFetto adun qac,2(quefl:o mouimento,b giouane gentile, gìihuomini l'hanno chiamafc ef^SiDC cioè amore. Et fe io ti dicelTe in che modo quefto amore è chiamato fu in cielo dalli dei, certamen te,che per cfTer tu giouane, harefli ragione di ridere. Et che fi^il uero, certi imitatori d' Hos: fnero compofero già due iierfi fopra quefto amo re.cauati ( come penfo ) dalli fecreti.flC mifteri diuini,delliquali unoèin uenti affai goffo,flC poco elega n te, flC dicono cofi, Chiamano amor uolatore i mortali. Li dei alato, per che à forza uola. , ^ A quefti uerfi in ^arte fi può credere, in parte non : ma fia come (ì uoglia,un tratto quefta^ che io di fopra ho detta, è la aera cagione damo rc,fiC lo affetto, flC la paffione de gli amanti ; Ci però tutti quelli, che ameranno, h quali già fe^ guitarono Gioue,po(fono più fauiaméte,fiC più conftanfemente portare il pefodi quello alato, che io ti ho detto. Ma coloro, che già honoraro^ no Marte, Ce fu in cielo infieme con lui andoro^ no intorno, poi che dall' amore allacciati fi truo^ uano,fe mai penfano di riceuere dall' amato in^ giuria alcuna, facilmente corrono à far dei ma^ lc,fi£ à uccidere ; cefi furiofamente ò fe ftefli, è gTi amati loro priuano uifa/SimìImfnfc eia fcuno honoraquel roedefimo iddio, col quale già andò in fchicra: flC quello cerca fcmprc quan to più può, in Ulta fua di imitare, fin che egli non fi lafda da i uifii corrompere. & in quefto modo mena i giorni della prima fua uita,t3C cofi fafto a gli amati fuoi^flC à gli altri Tempre fi mos: ftra , Et però cfaicu nò, fecondo i coltumi fuci.fi elegge à amare uno, che à lui paia bello . Qujns: di,comc fé quello fufTe il fuo iddio, fe ne labri^ ca una imagine.fiC quellaorna & fa bella in quel modp,che fe à quclla,flC non ad altro idolo ha:? uedeà dare honcri,flCà facrificare» Onde co:5 loro.che di GiòUe furono feguaci ,flf che quello honorarono, cercano d'amare uno . che Simiù mente habbia T animo giouiale : fiC per quefto / confiderano , prima che l'amino , molto bc5: nc,fe quefto tale è atto per naturatila FìIoì: fofia, òueramente al regnare , alle quali cofe Gioue inclina. Et poi che conofcmto(o,fiC ri:^ truouatolo tale, lo amano, fi sforzano con ogni ftudiodi farlo diuentare fimile al fuo iddio. Et fe forfè eglino non fapeffero per loro quel, che à gli altri uogliono inregnare,airhora ol:? tra modo fi sforzano, flC cercano di imparar fem:5 pre qualche co(à per qualunque uia gli è con:s cef?o : flf coli infiemtf con gli amati à queftrf coli honcfta.flclodeuole opera fi mettono, (alt che diligentemente ricercando, fif in fc fteffi inue^ ftjgando la natura di quello iddiojl quale ad honorarc fono inclinati tanto fanno. che al fu: re pur uengono a capo di quefto loro honc;^ ftodcfiderio. Etnon'c ciòmarauiglia,per ciò che eglino fono dall' angore sforzati à dirizarc la mente, ftconfiderare con intentione gran^ dilTjnia à quel fuo iddio : di modo che pur al fine ricordandofene, fono fubito di undiuino fpiiito ripieni : il quale fpirito fa, che eglino pt^ .glino coftumi, fif ftudi tali, che in brcuc tem^s pofi fanno participi della cognitione di Dio, tanto però, quanto à un'huomo è lecito. Et per che di tutte quefte cofe fanno che ne è cas: gione l'amato, ogni giorno più ardentemente nel fuo amore fi accendono. Et fe cclloro th ceuono quefta diuinità da Giouc ( come anchoss ra le Sacerdoti di Baccho,cheda lui di furor fono ripiene ) infondendola tutta ncir animo dell'amante, in breuefpatio di tempo, quanto poffono.à Gioue lor proprio iddio, fimilifTimo Io rendono. Tutti quelli poi, che già in cielo feguitarono Giunone, cercano per amato loro un giouane d'animo regio: ilqual poi che han^ ìfìo frbuato.dfucntano Cmili à *q!iclli\che di fos prati ho detto.fiC uerfo di quello operano in quel mcdefimo modo» Oltra di quefto, quelli, che honorano Apollo, ò qualunque altro iddio, ciafcuno il fuo proprio iddio, imitando, cercano ' tutti un giouanc.che per natura habbi il medcsi fimoanimq^chc loro : il quale poi che hanno trouato, prima il lor proprio iddio imitando, poi alli giouani pcrfuadendo,che li medehmo faccino,flC moderandogli in ogni loro cperatio:? ne, fecondo il lor fine, quanto le forze loro com portano, di condurlo fi sforzano alla imitatione del proprio loro iddio, fiC alle loro fimili operai troni «Non portano coftoro alli fuoi giouani ìnis uidia,òmaleuolentia alcuna, ma con ogniftu^ dio fi sforzano di conformarli alla loro perfetta Ulta, ùmilmente a quella di quello iddio^ che ambe due naturalmente honorano . La cura ' adunque, & il fine di quelli, che ueramente fo5 no amanti ( pur che eglino fi conducano à poÉs federe quel,che io ti ho detto, che defidcrano ) fenza dubio alcuno altra non è, che qucftachc io ti ho defcritta . Et è quefto fine per cagion del Tamtete per amor furiofo in ultimo all'amato lodeuole, 2C feliciflìmo.fe quefto amato farifi^ inamente prefo d'amore, £t per che tu fappu irCome un amafo fi conofce dallamor uinto.te Io ;:dirò. In quefto inodo adunque qualunque ama ^(ofarà d'amor prelo,fi conolceri. Nel prii ci pio di quefta noftr^. fintione diuidemmo ogni anima in tre parti, flfdimoftrammo li caualli di ;due lorti.ò: cofi ppncmo^fpiDjC due parti dell'ai fili ma, li Rettore fu poi la terza parte . Quefte me ;defime cofe ci fa di bifogno cònfiderare al pre:? rfente,Già tu fai, che di quelli caualli uno ne è buono, flc uno trjrto; ma qual.uirtù habbia quel ivjibuon cauallo,fi( qual fia la malignità del trifto non Thabbiamo ar)chor detto^flf però bora deb biamo dirlo. Il caual buono è di perfonapiu ^ j.grande,(Sf più ben formato, ben compofto,flCà »^artei parte tutto ben fatto, con la tefta alta, le narici affai bene aperte, come quelle dell' Aqui^ 'la, di color bianchifTimo.coJi gli occhi negri, . defiderofo folamente di honore, fiC ripieno di temperantia,fiC di uergcgna, & amiciffimo del { aero; non ha bifogno di ftimulc^òdifprone al:» ccuno^ma folamente fi regge, fl£ guida con l' efor .Catione, & con la ragione. L'altro poi è torto, uario,CC malifTimo fatto, di una oftinata "oglia, }{b col collo bado, ha il modaccio fpàanato,^^ fchiaciato di color fuko,cò gl'occhi brutti,flC di color fanguigno macchiatile garofo^bcftiale, con le orecchie pelofe OC forde^flf à pena ubedi> fcc alle battiture, fiCalli ftimoli .Oliando adun^ quc il Rettore uede un uolfo degno defTer ama to.fiC infiamma tutta I anima del piacere, che ne fente,è fubito da una certa allegreza commofc fo, flC da certi ftimoli di defiderio. all'hora quel cauallo, che delìi due è al rettore ubedienfe,co me è fuo coftume, dalla uergogna raffrenato da fe fte/To indietro fi ritin per non andar' ali amac (oàd doflo. Ma l'altro non fi può far reftare ne con gli ftimoli.ne con le battiture, anzi auanti fi fcaglia,ft per forza il cauailo,che è feco con^s giunto, ac il rettore infiemc rcompigIia,flCà/cit mal grado li tira à uoler fentire il piacere, che da Venere fi caua . Ma quelli due nel principio no l'ubidifcono,fdegnati che dal rio cauallo à cofc indegne & ingiufte fieno à forza tratti.finalmefc lìoncefTando quello importuno diùxcil peg^: g/o, che j può, sforzati purfilafciano portare, flC cofi gli cedono, & Io contentano di fare quello^ che à lui piace; (ale che in qucfto modo fi ucn^i gono ad accodare al piaciuto bello, flC uaghegs .giano tutti infiemc il charo afpetto di quella, Ilqualpoiche ha bene il Rettorconfiderato, a poco à poco della uera natura di quella bclleza Ti uien ricordando^& cofi un' altra uolta^come già in del fece, col pènderò riiiede.mà u^clc quella nera dalla temper^ntia accompagnata, fiC ftabilita nel fermo fondamenfo della caftjia : però parendogli pur iiedcre quella uera,& diui na t'elfeza, comincia di lei riucrentcmente à tc^r mere ; flc dairhonoiT.che gli porta uintojn tcx^ ra hufnilmente fi lalcia andare.-fiC facèdo qucfto, c sforzato di tal forfè tirare le briglie delli due ca ual!(,che bifogna che k forra dieno dellegropsc pe in ferrala uno di quelli per fe flelfc,ptf ciò che non fa ali' incontro sforzo alcuno, ft l' altro, che è tiif(o,fiC beftiale,C! na al tatto contrafua fcogliartì ariojifanandod poi da quella belleza^ iìV dì quelli per la uergogna,d marauiglia grafi che hahauta,tuttaranifnadi fudor lafcial^a gnatafiC laltro libero da quel' dolore, di che il tia rar del freno,5C il cafcar in terra Thaiiea ripieno,i fatica può tr^it* il fiato.-ma poi eli e tn fe r itornaK)', tutto da fdtgno comoffo il Rettore, & il cauallo feco congiunto riprede, che per paura, fiC da po^ cagine di là fi fieno pattiti, doue egli tirati gl'ha ue*i.Quindi non uolcdo però eglino ritornargli, di nuouo sforzadcglf ,pur al fine à fatica gli con cede, che con preghi da lui impetrino, che per fino all'altro giorno fi indugi à ntornare!il quale ordinato tempo'uentndo, fingono di non (e nt ricordare ;.ma egli con tutto cicgh el rammcna ta,ftdi nuouo sforzandoli, 2f gridandoli, flf df nuouo à forza feco tiradoli , pur li conduce à uo Icr dire all'amato le medefime parole, che hieri gli differo. Ma dipoi che più appre/Tati fi fono, egli torcendofi.flCabbafTandofi (tendendo la co da,ftringeil freno, flCcofi furiofamcntc feco li tira. Ma il Rettore. che l'altra uolta affai mags giormentehaueua lemedefimc forze fofFerto. pur in altra parìe uoltandofi, molto più forte, . che dianzi, le briglie ritirala: cofi sforza la dura bocca del triftocaiiallo, flC bagnandoli in que^s fto modo la brutta linguacce le mafcelle di fan^i gue,lo butta al fuo difpetto di nuouo à ferra, fiC còfi del fuo errore gli fa patir le pene, il che poi the più uolte hail trifto cauallo fofFerto,lafcia pur al fine la fua pazia,fif cofi horamai diuenu:^ to piaceuoIe,ubidifce alla prouidentia del Ret^ tore.flCinfiemecon lui, quando l'amato bello rifguarda, tutto per la paura trema : di modo che affai fpeffoauuienc, che egli feguiti le pe:^ date dell'amante con reuerentia, flC honorc.flC quelle dell'amato con timore . L amato aduns que connfcendo efTer dall'amante fuo, come fe à iddio fufTc uguale, ubbedito, flCofreruatò,fl£ ucdendo che egli no finge, ma è à ciò fare dalla inore sfor2ato(ac maffime che ogni perfona ho^ fiorata, per natura pare che fia amica di colui,' che r honora ) al fine fi diTpone hauer la mcdc^ fima uoiontà,che l'amante. Et ben che pnipai tt dalli amici fuoi,CC da quelli, che infieme feco ftudiauano,flC da gli altri, forfè per dargli biafis ino,fufli flato ingannato, elTendcgli da quei tali detto efTercofa brutta, che un giouane appreffo al fuo amante fia ueduto, fl£ per quefto forfè habbia già l'amante da fe fcacciato,non di me^ no air ultimo per fpatio di tempo &' la età, fiC r ordine debito delia natura del fuo amante lo rendono amico : per ciò che non fi trouò mai, che un trifto non fufTe amico d' un trifto,flC un buono d' un buono. Et però poi che un gioua-* ne comincia à praticare col fuo amante, & afcoU ta i fuoi ragionamenti, airhora facendo lamanar te ogni giorno più il fuo amore conofcere,sfor:j za ramato à marauigliarfenc nel confiderare: che fe la beneuolentia de i parenti, flC di tutti gli altri amici à paragon fi metterà di quella di un' amante ripieno di furore, a di fpirito diui:? no, farà per certo di pochifTimo,© di nefTuno momento. Et fe quello huomo di più età, che (ara amante, feguiterà in queftaguifa per quaU che tempora: fempre « nelle fchuole,ft in fijs miìi altri luoghi apprefTo all' amato cercherà ri^ frcnaifi,alI*hora il fonte di quel liquore f quale già G ione, quando dall'amor di Ganimede fu prefo, dicono che chiamò inf]ufroarDororo)qua le nell amante dall'amato belìo. più abbondanti temente, che nell'amafo è infufo, parte nelTarJ mante fi uùz^Ct parte di fuor traboccndo fi fpar ge.flC cofi in quel modo,che fapiamo fare laerc. ^ flC quella ucce,ché chiamiamo Eccho,qua!e da qualche corpo c)heue,òfòIfdo percoda/tn quel luogo, donde prjma fi partì, ritorna: cofi quello influffo amcrcfo ritornando per uia de gli rechi i in quel bello. donde già fi lcuò,p€r li quah egli hacoftume di penetrare alTanima noftra,di tali) forte inaffia,& bagna i meati delle penne della anima delTamafo/che facilmente po/Tono.fiC co minciano à germcgliare : flc cofi T amante lanist model fuo amato ikmpie d'un corntpondentc ^ amore. Et di qui uiene, che egli ama, ma non fa certo quel,che egli ami, ne conofce quefta fua paflicne.ne la può, ò (a dire. Ma ;ion altrimenti che fe perlagiiaLdafLU-i d'uno, che hauc/Tegli cechi mal fàni, fi fei] ti ffe hmiimcnte gli occhi fuoiguafti, cofi non fa .dire ia cagione di quella Uia infirmiti, ne fi accorge, che egli uede.a ua4 gbeggia fe ftcfTo nell'amante. come in uno fpec «hia*Oi:ide cientre.che gli ci amante prcfente^ fcnfc anch' egli mancare il dolore : fic quan dog, poi r ha lontano, in quel modo, che egli é defi^ dèrato, altrui defidera: flC cofi in fe haiiendo unt ìmaginfe ucra d' un cortifpon dente amore , non- più amore, ma amicitia la chiama, flc cofi penfa^ chefia* Defidera adunque quafi quanto Ta^ mante ( hen che alquanto più moderatamente) uederlo, goder (empre deirefTer con lui,fiC femprechegli è concelTo» cerca, flcfj sforza di farlo. Per jl che durando quella pratica tra co:$ ftoro,iI cauallo trifto dell'amante al Rettore ri* uolto, domanda per tante fue fatiche un breue, flCinhonefto piacere . Il cauallo all'incontro del giouane non fa quello,che fi habbia à dire, ma tutto anfio^fiC nell'amor commoflo,ama raman te tanto,quanto egli é amato.à: fi gode di luti uer uno ritruouato^che tanto lo ami,£C di qucU io con lui fa fefta,&fi rallegra. Et ftando iti quefta conuerfatione.è paratiiTimo quanto à lui è poiTibile à ogni defideno dell' amante fcdif^ fare : ma l'altro cauallo col Rettore inficroe.dalis la uergogna,à: dalla ragione ammaefiirati/ems pre in fimili cofe gli tono contrani. Per la qual cofa fe coftoro, fecondo un giuftomodo di uiuerc, fi: fecondo li ftudi della Filofofia^ fi empieranno di buom^belii^ft Unti pcijiien^^ .meneranno la uita loro feliciffima, flcbeata^con concordia grandiffima.di loro fteflì padronf;^K in ogni loro affare modefti. Hauendo quella parte foggiogata, OC uinta, nella quale fta tutto il ultio dell anima noftra,a: per il contrario quel là altra libera, alla quale la prudentia,& la bon^ tà fi appartiene . Et cofi al fine di quefla uita ha^s '^uejidogià le ale racquifl.ate,ueloci al cielo uo^ landò fe n'anderanno, con ciò fia che habbino uinto un combattimento delli tre, nelli quali fi fono ri{rouatì,come hai innanzi udito, quale bc ne fi può dire efTere della maniera, che fon quel li, che olimpici fi domandano ; del quale bene nefTuno più degno può à gli huomini arrecare l'humana temperantia,ò uero quel diuino furo^ re,chehabbiamo detto. MafeqMeftì tali fegui^; fcranno nell'amor loro una uita brutta. fiC in tut lo di Filofofia priua,& non di meno piena d am bitione,gli potrà auuenire,che li intemperati cauallj asfalteranno le poco auucrtite anime lo^: ro,nnientre che ò à qualche difordinato defideno fodisfaranno,ò mentre che in qualche altra ma:: -niera licentiolamente perderanno tempo:& con ^ducendoli pure à delettarfi di quelli piaceri^ nel liquali gli hanno troaati (ommerfi^lj sforzerano ri fejguitare qudk forte di follazo^chc è dal uoU go perfettifTimo giudicato. Tale che poi femprc fi daranno inuol(i,flf occupati nella fantafia fodjsfare à quel trifto defidcrio. Ma haranno queftafodisfattione,che cercano di rado: per ciò che il penfiero deir animo non confente tutto à far qucfto, & però quefti fimili amici anchora f ben che manco amicitia fia la loro che quella, che di fopra ho detto) fiC mentre che 1 amor loro bolle, fiC poi che egli è eftinto infieme amrche^ uolmente uiuono; per ciò che tengono per cer^j to di hauerfi lun 1 altro data una ftabiliffima ks de : flC però giudicano eder cpfa ingiufta quel^ la fede rompere, flc doue già erano amici, inimiss ci diuenìre. Finalmente quando poi alla natura cedono, fiC dal mondo fi partono, non hauendo anchor mefTe le ale, ma folo hauendo cominciai to à mettere le penne, non riportano poco pre^t .mio del loro amorofo furore. P^r, ciò. che la diui^ na legge non uuole,che coloro, che già haueua no cominciato à caminare per quel uiaggio,chc al ciel può condurre,difcendino nelle tenebre fottola terra.Ma quelli, che qualche lodeuolc uita fanno, mentre che infiemc uiuono amore^ uolmente, ac infieme rimettono le ale.comanda (}ue(U legge.che fieno beati : di queflo ne c folo cagione amoVe. Tante adunquc^fl: fi fatte utilità giouancmio gentile, dall' amicitia d'u^» fio amante, come da cofa diuina ti faranno dars t2,Ma la compagnia di coluiche non ama,con:s / giunta folamente con la temperantia del mons: do,fiC non con la diuina, come è lamicitia d uno amante , & data in tutto ad atti,ft operationi mortali, fiC uili, genererà nell'animo del fuo ami co quella licentia di parlare, che pare al uolgo uirtù:fiC farà fi che dopo la fua morte preftamens: teanderànoue miliaanni intorno allaterra,fiC fotto aggirandon,& errando . Quefta nuoua can zona,ò amatiflimo amore, flc contraria in tutto à quella, che prima detta haueua. quanto più dottamente, fif in quel migliore modo, che ho U puto,con paroIe,flC figure poetiche, pereforta:/ (ione di Fedro in tuo honore ho cantato ; per il che perdona à quelle parole,che prima diffu , Etqqefte cofc afcoltan do, dette da me con gra^s to ànimo^ benigno, flcfauoreuole mi ti moftra^ fiC non mi priuare per qualche fdegno dell' arte damare, la quale già m'hai conceffa, ne manco punto fcemar la uogli.anzi più tofto fammi gra tia,che per Tauuenire io fia per que(la cofa più apprezato^chc per 1 adictro ftato non fono.oUra eli qucflo fe io.ò Fedro co/à alcuna foco degna del tue bel nome habbiamo det(o,accofa di ciò lifia.il quale fu primo autore del noftro ragios namento.acfa.che egli per lo auueiiire più di fimili cofc non patii : JC riuoltalo alla Filorofia, ' ^ome il fuo fratello Polemarco.acciò che Fes dro.chcfommamentc io ama, non habbia da tenere bora una opinione, fic bora un' altra, co* me fino à hoggi ha fatfo,ma più torto nello ftu dio dell'amore. & della Filofofia meni / giorni della Ulta fua. F E£>. Ioanchora.fe gh è il •meglio, prego Iddio, che ciò mi conceda. Ma io ti dico benejl uero. che io flupifco del ragios Bar, che hai fatto, ucdendo di quanto babbiauanzato quel di piima : tale che io comincio à dubitare.che il parlare di Xifia non mi babbi à parer ba(ro,«humile.fe forfè un nuouo ragios mmento facendo, à qucfto tuo lo uorrà aiToes oiigliare , Et uoglio che tu fappi,che pochiffB mi giorni fono, che un certo noftro cittadino lo uituperò grandemente, folamente per qucs fto fuo fcriuere.* in tutu la fua accufationc lo chiamaua, per largii ingiuria. Scrittore d'oratio* ili. Tale che per qucfto potrebbe forfe,fe egli c punto defidcrqib di. hpnore.per lo aiuenire •fteocriidircriucrc, $ 0 C R. Fedro que» Ha tua opinione c degna certamente di rifo, ficfarcftimolto lontano dalla fàn(afia, & dals la mente di Lifia.fe tu pcnfafli. chc eglifufs fc cofi timido . Ma forfè che tu credi, che quel fuo accufatore dicefli il nero in tutte quelleco* fe;checon(raLifiadiflc. FED. Certamente Socrate che à me parue cofi.ne anchora à te è oc culto, che gl'huomini grandi, flC nobili delia no (Ira Republica temono, fiC fi guardano di coms porre orationi.flC no uogliono.chc fieno uedutc fcritte,per non moftrarc à quelli, che uerranno, dcÀTcr flati fofifti.effcndocofa facile lo fcriuerc ttnaOratione. SOCR. A quefto modo ò Fedro tu non intendi il prouerbio del gombito dolce, ilqual prouerbioc tratto dal lungo, fiC trifto gombito del Nilo.flC debbi pen fare, che ^ , dicendofi dolce, fia facile, come pare che tu cress da, anchora che il fare Orationi fia di poca fiti* ca.eiTtndo però di grandi (Ti ma. Et ne folamens te iiò fai quefta cofa.ma anchora penfo che non ti fia noto.che quelli cittadini. li quali per pruss dcntia fono eccellenti, attendono grandemente à fcriuerc Orationi.CC à fare che quelli, che uers ranno,le po/Tino uedere. Etqueftì tali di mo* do amano quelle perfone, che lodano le compo iitioni loro,che la prima cofa di quelli fanno mentione.meutione.che hano ufanza dir bene delli fcrifs ti daltrui.douc 11 truouano. F E D. Come dici tu queftoJ'Io non ti intendo a mio modo •r. SOCR, Non fai tu,chc nel principio d'un libro, che da qualche huomociuile fia corapo^ fto.fi fa fempre mentione di colui, che l'ha lo^ dato? FED, Inchcmodof* SOCR* La primacofa,che,dicono,cquefta. La opinione noftra,òuerolanofl:rafcrittura fu appruouafa dal Senato, ò dal popolo, ò da ambe duerquindi con una certa ambitiofa ricordatone di loro ftef fi, mettono per ordine tutte quelle parole, che quei tali in fauor loro hanno dette, fempre dando colui, à cui è il lor parere piaciuto .Dopo quefto dicono quello, che intendono di fcriucj^ re; fempre faccendo moftra del lor faperc à cos^ loro, che li lodano, flC quefto lo fanno affai uol^s te : ce non folo nel principio, ma anchora dipoi che una lunghiffima Orationc haranno detta. Parti egli quefto altro, che uno fcriuerc Oratici ni? FED. Ccrtamentcnon. SOGR. Ho rafe queftò dir loro è approuato,fubitOj d' allc:s greza ripieni, fi partono dal Senato,comc fareb bc un Poeta dal Teatro, fe la fua Comedia fuffe ^ piaciuta. Ma fe per forte fuffe riprouato,ò rifiu^s Wo^ac il lor configlio non fuffe ammeffo, ne ri:s pìlfafo dfgfiò di cffere fcritfò con gTi àlfrf /non foJofi cnvpfono di triftitìaqufi tali, ma li loro amici anchora. F E D. Sitrattnftano certa:* in rn te non pòco. SOCR. In queflo mo^ do adunque dimcftrànò,chc eglino non fanno poco conto di qnefto efercitio di fcriuerc,anzi diapprczirloafTai. FED. Grandemente cer toloftimano. S OC Dimmi un poco, Se qualche grande Oratore, ò ucro uu Re/i haueCs feacquiftata t^nta facultà,a: tanta fcientia nel dire, che come Ligurgo, Solonc.o Dario, pote& fe degnamente nella fna città efTer tenuto Scritii tore perfettifllmo^flC immortale, non gli parria f/Tcre, mentre che anchor qua giù uinefTe quafl fimile^ò uguale à Iddio / Et quelli, che dopo luiuengono,conriderandoIeccfe,che egli ha lafciato Tcritto, non hanno di lui quel medefi^ mocrcderer' FED. CertifTimo. SOCR. Pcnfi tu adunque, che alcuno ( fia pur quanto fi lioglia trillo, ft inuidicfo) Uituperi quefto flu dio dì fcriuerc? E E D. Per quelle core,chc tu hai dette, non par conucniente: per che eia:» {cuno,pare à me,uituperarcbbc quelle cofe,del le quah egli fi diletta. SO CR. Etperòque^ fto può efferc à ciafcuno chiaro, che alcuno non c daelTerc uituperato folamentc per che egli i • fciiua. fcriua. F E D. Per che adunque f SOCR. Ma quello c bene, come io penfo, brutto, par:^ lare, a fcriuere cofe brutte, ftcattìuc. T E D. Quefto è ccrtiflimo . S O C R , Qual farà adun qtie la ragione dj fciiuerc benc,tt male f Non penfi tu Fedro, che ci facci di bifogno di firoili cofe domandarne Lifia^ò qualunque altri, che ò nero habbia à qualche tempo fcritto qualche cofa.ò uerohabbiada fcriueie ò qualche fatto publico d una citta, ò qualche faccéda priuata, quefto lo facci in uerfi, come Pceia,ò uero in profa come perfona priuata f E E D. Mi doman di fe io penfo,chc facci di bifogno domandare, & cercar di fapere quefla Cofaf' Dimmi un pocd, nó fono alcuni, che uiucndo ad altri piaceri non , attcdono,che à quelli di domandare K di uoler da ciafcuno fapere la ragioe delle cofef Et quefti tali come faui, nò attendono nella loruitaà quel li piaceri,]^ quali di ncceflltà hanno prima quaU chedifpiacere,altrimeti il piacere no fi potrebbe godere.il quale effetto interuiene quafi à tutti li piaceri del corpciflfp quello ragioneuolmetc fo no chiamati piaceri uili H di poco momcio. Soc. Noi habbiamo tepo ÓC cfio aliai, & ancora mi par ueder,che quefte cicaie,<:he fopr'il Capo noftro , .cantano^com'è ufan«Joio:ncl caJdo,att^ndar^o à quefta noftra difputa . Se adunque elleno ci uedefTcro addormentati, come fpeffo molti altri fanno, li quali nel mezo giorno non difputan:: do, ma più prefto dormendo, fono al fonno per poca anuertenza loro da quelle allettati, merita^ mente fi potrebbono ridere di noi,confideran2: do,fl£uedendo che dal fonno uinti fuffimo. Ma fe elleno ci uedranno difputare,fiC conofce^: tanno, che noi non fiamo flati uinti dà loro(co:5 me fono alcuni dalle Serene, per il che non pof fono pigliar porto ) forfè che uolentieri ci donc fanno quel premio, del quale per gratia de gli iddii poffono à gli huomini fare dono. F E Chedonoèquefto? A me non pare hauerlo mai intefo. SOCR. Non fi conuiene,che uno huomoftudiofo,flC amico delle Mufe, come fci tu, non fappi una fimil cqfa. Si narra che quc^: (le cicale inanzi che fuffero le mufe, crono huo mini : ma nate che furono le Mufe,fiC poi che il canto hebbero moftrafo,fi dice che ad alcuni di quelli tanto quel canto piacque, che per cantare non fi curauano di mangiare, ne di bere : £C cofi imprudentemente fi lafciarono mancare la uita: delti quali nacque la fpetie delle cicale, le quali hanno dalle Mufe quefta gratia,che non han bi fogno di nutrimento alcuno.ma mentre che ui iooà uono, foci lO'lOOf IfìOt Sì nono, ftmprc cantando fi mantengono fcnza mangiare,flC fenza bere, Dipoi finiti i lor gior^ ni, (e ne uanno à trouar le U iife per dargli no^ titia,fl: informare quali fieno quegli huoniini^ che qua giù amano più una Mufa,che un'altra» Per il che dimoftrando. à^.Tcrficore quelli, che ^iu che in altro, ne i canti, flC nelle fefte femprc fi ritruouano, gliela rendono propitia, OC fauo^ reuole, A Erato poi moftrano tutti coloro, che ne i càfi amorofi Vitrouandofi, hanno il fuo ftu:: dio&ìmitato,6Chonorato.Et cofi fimilraentc fanno con le altre Mufe,flC gli mettono in gratia coloro, che più che h altri lamano.Rapportano anchoraà Calliope, OC à Vrania,che fippreflogli ua,la uita.flC i fitti di coh)ro,che nella Filofofia fi efercitano;fiC honorano la loro fcientia.Lc qua li oltra tutte le altre Mufe*hanno cura della cojs - gnitione del cielo, ficfi efercitano in ragionai menti cofi diuini, come humani con uocifoa^ uiflime* Et però per molte cagioni dobbiamo dir qualche cofa,ne in modo alcuno habbiamo nel mezo dì a dormire . F E D , Habbiamo à dire per certo. S.O C R . E adunque hormai tempo di dichiarare quello, di che poco fa ordisi nammo di difputare,ciò è in che modo un'huo inofcriua,ò parli bene, fiC non bene, £ £ Qocfto c propfo quello, fopra il qnalf ha da eù: fere il noflro ragionamento. S O C R. Non pcnfi turche fia neceffario^chc colui, che habx^ fcia da dire qualche cofa/e ne uorrà ragionare a pieno, fiC bene, habbiapiena^flCuera cognitio:: ne^flCintelIigcntia di quella coia, della quale pirlaf' F ED. Io c Socrate, ho udito dire, che a uno, che debbi diuentare Oratore, non e nes: ceflario il fapcre quali fieno quelle cofe.che ue^s ramentc fieno giufte, ma debba folamente quel le conofcerc,che al giudicio del uolgo parran:: no cofi : ne manco debba fapere quelle cofe^ che ueramente fono buone, « hcnefte,nia quel Ie,chc compaiono. Perciò che dicono quefti tali, che per uia di quefte cofe non uere^fi può più facilmente perfuadere.che ccn la uerità, ^. OCR. Mai òf fdromio,non fi hanno da iprezare li detti de gli huomini faui,anzi fi deedil/gentemente considerare quel, che fignifichi:? :iio. Et però à me non pare di iafciar pacare quel le parole,che hai poco fa dette, F E D. Tu parli bene, S o C R. Confideriamo adunque quefta cola in quefte modo • T ED. Cowtf S O C R. Cefi, Se io per cafo fi uolefFi perfuasi dcre,che tu fuffiper uinceregli tuoi inimici. ;quando tu haueffi un buon cauallo,nc alcuno Ai noi f^ipein che coA Me quefto cauallo,m4'tb fohtfìtnìt tkpm:chc kù ndtì fai gii come uh tJiaalfo fia fatto, ma che tu penfi ,ch'C egli fià ti*» ànimale domefì/co con gì Wcxhi gridi. F E Dv Sequeftofu/fe/ceftameinte farebbe cofa da rr* <ìere . S O C R , N òn ^t^u cfto non bafta . Ma quando io con ogni sforzo nìi ?ngegfìaffi di pet fuaderti ( non f^pendo nt tu^nfc io àltfC ) chè quello anÌTTidefurti^ un cauàlJo/a per quefto iò liaue^S compóflÀ nna Òrationeìn lode dell'Afiis no, chiamando quello anrm^lè càuàilo, afferà mando efTere animale pérfètdfTinìo, utile per ca fa, perle facccnde/tSc prontiiTimo/fiiore aib battaglia, atto à p citar fome.'fiC à molte altre cofe tommodiffiiT>o> f ED. CJi^^efto fi /che farebì be fuòrd^* pfopofitóalpònTjble. S |0 C K. Kon è egli meglio, che un'amico fia ficetó,fit piaceuò!e,5Cche faccia ridere, che ftrano,ttdi malanimof F '£ O.Cofi par à me. S OG.Qnan do adunque un oratore ignorate del male,tt deì bene perfuade i una città fimilmenre ignoranti non con una oratione compofta in lodxr d'uno Afino, penfando che fia un Caudillo, ma ragion Dando. flC difputado del male,cr€dedo che quel lo fia bcnetflC cofi tirando à Tua diiiotionc le opf n oni del uolgo, metta in quella citta tìn'ufanzà dì far male in cambio dì b'efie,che ricolta pcnfi tu che un fimile oratore facci della fua (cmtiìUi FED. Non troppo buona. SOCR. Non confeffihoratu,chc noi habbiamo uitupcrato l'arte dell'orare un. poco più fcioccamcnte.chc non fi conueniuai' Et fc per cafo ella ci haucfle fentifo, flf bora fiuoltafTc à noi, «ci dicertr* Seteuoiimpazati Socrate, fiC Fedro mici cari^ 10 n5 sforzo alcuno à orare, che prima non hab bia cognitione del uero : ma fé gli huomini fa;? ranno à mio modo,airhora mi imparerano quan do la ueriti haranno cpnofciufa.fiC io ui pofTo af fermare quefto con uerifà ( il che è certamente gran co(à)che anchor fenza l'aiuto mio, pur che uno fappi render ragione delle cofe.flC le cono:? fca,harà in fe ogni modo l'arte del perfuadcre 5, Se coftei dicerte cofi,non harebbe ella ragione-^ F ED. Io te'lconfertb^purche molte ragion ni, che io ho intefo, faccino teftimonio,che il fa per folamente fia arte ; per che è mi pare hauer^ udito certe ragioni, che prouano^che l'arte del dfre fenza il fapere dicendo d'eflèr l'arte, nò dice 11 uero : per cièche altro non è, che un' ufo fen za arte . Et Lacone difre,che la uera arte del dire fenza la uerità trouar non fi può, ne mai fi tro^s uerà . Qtjefte ragioni ò Socrate fanno hor di bi? fogno, flC però adducendole moftrami un po^ coqucl,checoftoro dicano, flCin qual modot^ S O C R , Soccorrlnmi adunque, ft ucngano -in mio faiiore tutti gli animali generofi.fiC pcrsx iiiadinoà Fedro, che fc egli non attenderà alla Filofofia^non faperà mai di cofa alcuna à baftan ■ za ragionare, flC Fedro mi rifponda ogniuolta, che io lo domanderò . F E D. Domandami adunque • S O C Dimmi un poco,la Ret^ torica non diremo noi, che (la una arte, che per mezo delle parole alletti gli animi de gli huos mini^ Et queflo lo fa non folamcnte dauanti al li giudici, flC nelk altre publiche raunate di huo mini.maanchoraquefta medefima arte difpu^ .terà nelli priuati ragionamenti Mi ciafcunacofa cofi d'importantia,comc non . Per ciò che nien^ te è più honoreuoie,ò più degno il parlare con arte nelle materie grandi,che fia nelle piccole* Hai tu mai udito dire quefto.^ F E D . Non io certamente,anzi ho intefo,che quefta arte fola^ mente (ì efercita nelli giudicii,flC nelle Orationi al populo,ne ho mai udito, che ella fi di^lenda più in la. S O C R • Hai tu mai intefo ragion tiare della grande arte del dire, che Neftore,fiC VlifTe efercitauano, mentre che erano à Troia? Hai intefo quella di Palamede 1* F E D. Non io,fe gii tu nò uoleffe dire che Gorgia fuffe Nes ilore,£C Kimilmente che Trafimaco^ Teodoro fttfléio \Wc . $ O C R . forfè che io !o pos» ♦rei dire. Ma Ufciamo andate ccfloro.fiC rifpon» aiini à quefto, ISe i gindicii gliauuerfani^cb* liàtaftcìoi «gUno r Non cercheranno feinprc dt cònfradire à tutto quello ^che dice la parfc con;* frariac Puoi tu dire,che .faccino altro;' F E I>. Quefto ianno.ft non altro. SOCR. Non contendono, & djfputano fempre cjual fia il giù ftoi,« qua! fu k) iingiiifto f f E D . Cofi è, j^P C R . Colui.che faprà fare quefta cofa con jirtc,i.ion potrà fare anchora che a quelli mede» fin^i pai» uni cola ficflahora giufta.fthora in;s giufta,.^ f E I>. lo potrà fare per certa» / S O C R.. Ijtfuwlmeute egli orerà in pu*» l>ljco,potrà fàre,cheaHi fuoi cittadini le medes fitBCCQf? parranno Upra buone, <SC hora triftc;* F E , Cerfaaiente. SOCR. Et quefta nonèsnarauigliofo.perchc noi habbiamo rn* tefo.ehe.i^aUiBede Eleaf€,eol fuo artificio del dire era fclito far fi che à chi,!f)..udÀua.pareflero ie noe defw«.<pfe bora fimili.Sf bofa'diuerfe,ho ta una c.o{a,iibU,ft hor» wp] te-, bora che ogni cq. fafufreiaiwobile.&hora che i'ufliuerfa fcms: pre fteffe i,n moto, f E D . l' ho intefo ans ^' io pei certQ. S Q C R , Adunque quefta jppteftUa, di confradiKiik fiofe d^tte innanzi^ . non folo è porta nélli giud/di, ft nelle pubfi^' che radunate, ma anchora^come ti ho moflratoj fi truoua in ogni ragionamenfo,che fi fa: per ciò che dò che fi dice tutto è un'arte, con la qui le ciafcuno potrà fingere, flc dare ad intendere à ogni perfona, che tutte le cofe fieno fimih'^ac faperi trouare i nìodi di moftrare quefta cofa,fl( intenderà come habbia a fare, chiare quefte. fo:*. miglianze. F E D. In che modouuoi tu,' che fi facci quefto.^ S O C R. In quefto* Dimmi un poco,rngannanfi gii huomini in quelle cofe, che fono tra loró molto differenti, ò in quelle. che fono poco? F E D. Inquelle^ che poco fono diffimili , S Ò C R , Bene ha( rifpofto. Hora fe tua poco i poco pafferaida un fimile all' altro, più facilmente potrai inganni naregli auditori,che fe in un tratto dfalterai^* F E D . Chi dubita di queftof' S O C.Adunquc bifogna.che ogniuno,che uorrà ingannare un* altro, facci prima in modo, che no fia ingannata egli . Et però farà necefrario,'che conofca beijiJ(fi ino le fomigliaze flf le diffomigllanze delle cofe* F E D , Quefto è neceffario, S O C R. Potrà adunque uno che fia ignorate della uerftà di eia fcuna cofa dar giuditio della fimilif udine ò gran de^ò piccola di quella cofa eh egli non cooofcc/ FED. Qnéftocimpofribile. SOCR. Et però c cofa chiara, che coloro, che hanno qual^s che opinione fuor del naturale, ò credono il fal^ fó di qualunche 'cofa, non per altra cagione fo^ no in quella fantafia, flCin quel falfo parere, che per qualche finiilitudine,che gif ha ingan^ mti. FED. Cofi interuiene. SOCR. Potrai tu dire adunque che alcuno, fé farà di quellocheuorriadifputare ignorante, pofTa con con arte,flC aftutamente à poco à poco rimuoue^ re uno dal uero,fiC fargli credere il falfo per uia di qualche firnilitudinej'ò crederai, che quefto tale poffa fardi non cafcarc nell'errore, nel qua^? Ic'cerca gli altri condurre FED. Certo che io noi crederò mai. SOCR. Et per quefta cagione qùàlutìque perfona farà ignorante della uerità dolina cofa, & folo dairopinione fi lafirie* rà guidare, coftui dimoftrerà di hauere un'arte di dire fciocca.flC più da fare altrui ridere, che buona ad altro, FED. Cefi mi pare certe. S D C R . V noi tu hora uedere, ft confiderare flC neiroratione di Ljfia,che hai in mano,& nel feritire il mio ragionamento, douc fi parli artifi^t. ciofamentc,a: doue fénza arte^" FED . Que^i fto uorrei io più che altra cofa ♦ Per ciò che al prefcnU noi ragioniamo troppo feccamcnte.no potendo pofendo dimoftrarc ercnopi chiari di quelle co* fc. che diciamo. SOCR. Si.ma ionogho, che tu fappia.chc la maggior parte delle Ora* tioni fon dette à cafo.come è manifefto: le quaxs li ci moftrano chiaramente, che un' huomo.chc appia bene.flc conofca la uerità delle cofe.men tre che egli con parole fcherza, ec fenza punto penfarci.ragiona.conduce l'audifore à quello, che uuole. Et io certamente Fedro, penfo che gliiddìi di quello luogo habbiano hoggi cagio nato in me quefto effetto di perfuaderti.ft forfè potrei anchor dire.che le cicale interpreti delle Mufe.le quali fopra di noi cantano,mi habbias no fatto quefta gratia. per che in foma in me nó è arte alcuna di dire. F E D . Sia come tu uuoi. pur che tu mi moftri qucl.che mi hai promelfo. SOCR. Leggi adunque il proemio dell' Os catione di Lifia. FED. «■ IN Q^V E S T O (lato certamente fi truouano le cofe mierflC quefto.come hai poco fa intefo da me, penfo che mi babbi à gjouarc affai . Hcra io uoglio che fappia.chc io ftimo,a: giudico, fe cofa alcuna io ti domanderò.doucrs la da te per quefta cagione impetrare : per ciò che 10 nó fon prefo del tuo amore. Et che ciò fu iluero,tu fai che gli amanti, come prima han*; 1)0 la !or libidine faflata/i pentono de i benefis ci.che t'hanno mai fatti . S O C R . Non legge/ pili . Bifogna bora dire in che cofa coftm erri.flC quel, che dica fenza artt. Nò ti par cofi:' F E D. Certamente. SOCR. Dimmi un poco, non è quefto chiaro à ciafcuno.che in molte cofe ne i ragionamenti noftri tutti crediamo à un modo, fi( in molte altre non habbiamo il medefimo ere derei? F E D. Ben che mi paia intendere quel, che tu dici, però io uorrei che lo diceffi più chia ro. SOCR. Quando unofa mentione del fer ro,ò dell' argento, tutti fubito intendiamo una incdefima cofa. F E D. Certo. SOCR. Inter uiene egli cofi.quado fentiamo il nome del giù fto.ò del buono, nò crede all' bora ciafcuno dis uerfamente ? Et non pure non ci accordiamo con l'opinione de gli altri .ma anchora fiamo in dubio della noflra. F E D. Cofi ua. S O C R. tt però in molte cofe acconfentiamo tutti à un inedefimo.flC in molte fiamo di uarie opinioni . 5 E D. Cofi è., S 0 C R. Doue potiamo noi più facilméte effere ingannati. « in qual d,i que ftc cofe ha la Rettorica più forza:* F E D . E cofa chiara, che in. quelle. delle quali più dubis(iamo.piu ha forza l'arte del dire. S O C R , Et per quefto fa di bifognoi colui, che uuolc ini* . parare. jwirare, R atrquiflare la Retorica, prima di uederc quefte cofe tutte ordinatamente, & feparare Tuss na dair altra, & gli è neccflàrio ccnofcere di quaf forte fieno le cofe tatte,intorno alle quali fi può . ragionare, ò uero della forte delle dubitò pero delle certe:fiC fapere doue maggiormete il uolgo poffi elTere ingannato,fiC doue nà, J^Jf. U. Ccf tamente Socrate che colui, che col penfiero ^ja^ piffe quefta cofa,che tu dici,harel)l>c una bella cognitione. SOCR» Dipoi io penfo, che quc fto tale debbia fapere la natura diciafcunacofa, acciò che dj quella quado gh' farà bifognOjpofFa render ragione : fiC uoglioche ingegnofamente intenda di qual forte, fiC di che genere fia quella cofa, intorno alla quale fi debba ragionare ò delle dùbie,Q delle certe. F E D. Perche noni S O C R. Diremo noi, che 1 amore fia poftq tra le cofe certe, ò tra le dubiei' F E D.Trale dùbiecertamente . S O C, Penfi tu ch'egli fi conceda .maliche tu dica di lui quelle cofe, che poco, fa .hai dettecelo è eh egli fia noceuole all' amato, flC ali amante Et dipoi ch'egli fia il maggior bene chefitruoui:'' F ED, Tu parli bene. SOC, (Ma dimmi un poco anchora quefta cofa, per cheÀdirti il uerojo non mene ricordo troppo bene Ì>er effer ^ato io nel ragionamcto mioi occupato a uinto da quella diuinifà,clic fu (af. Ho io nel principio della mia difpufa difBnifo^chc cofa fia amore? F E D. Si hai,flC beniflimo. S O C O quanto tu dimoftri ( dicendo che io fi bene rho diffinito ) che le Ninfe d' Acheloo.flC Pan figliuolo di Mercurio, fono più ingegnofi al comporre Orationi, che no fu Lifu,per ciò che quefti mi hanno fatto dire. Non ti pare egli, che iodica il ueroi' Ma Lifiaanchora nel principio della fua Oratione ci sforzò ad intendere, che la more ( come egli uoleua ) era un non fo che po fto fra le cofe dubbie, flC incerte ; flC cefi accom:^ modando a quefta cofa tutto il feguente fuo ra^ gionamento,fini la fua Oratione • Vuoi tu, che un'altra uolta leggiamo il fuo principio.'' F ED . Come tu uuoi,ben che quel,che tu cerchi, ih efTo non ci fia • S O C R . Leggi , acciò che io loda. F ED^ I N Q^V E S T O flato certamente fi truouano le cofe mie : ft quefto,come hai po:s co fa intefoda me^penfo che mi babbi à gioua^ re affai . Hora io uoglio, che fappi,che io iiimo, ce giudico, fe cofa alcuna io ti domanderò, do:s uerla da te per quefta cagione impetrarerper ciò che io non fon prefo del tuo amore ♦ Et che ciò fu il uero^tu fai che gì' amanti^come prima haa DO la lor libidine fatiata,fì pentono de i bcnes: fìci , che ti hanno mai fatti . S O C R • Egli c molto lontano, fecondo me, da quello, che noi cerchiamo r perciò che egli pare, che fi sforza di ordinare il fuo ragionamento, non cominciando dal principio, ma dal fine, con un certo modo à contrari0,ac fotto fopra» Et che fu il ucro,uedi che comincia da quelle cofe,che l'amante rin^j fàccia al l' amato , dipoi che T ancore è eftinto , "N 5 tifare egli.che 10 habbia detto il uero^ F E D. Senza dubio che quello, di che egli nel princirs pio ragiona,è.il fine. SOCR. Che diremo noi delle altre cofer Non ti pare egli, che tutte le parti di qiiefla Oratione fieno fparfe confufa:? mente Pcnfi tu che quello, ch^ egli nel fecon;? do luogo ha detto della fua Oratione, egli V hab bia congiunto con la prima parte, conofcendo cheneceffariamentegli bifognaffefàrlor Et fi:: milmentc le altre cofe,che^egIi ha dette, credi tu, che le habbia con ordinc,flC con modo difpo fte^ Per ciò chea me, che fono dbgp.i cofa igne rante.pare che tutte le cofe,che da uno fcrittore fono dette, non debbano cfler dette, flC ordinate fenza cagione . £ t però uedi , fe tu fapefli truo;? uare qualche cagione nectffaria^per la quale noi potiamo.dirc,che egli fi fia mcflo à ordinare,flC H ili djTporrc il fuo ragionamento nel moclo,chc hib biamo ucdiifo. FED, Troppofareblfc ò So crafe,fe io cefi fcttilmente fapeffi dare giudicio dellifcritti d'altrui* SOCR. Io penfopu:^ rechebjTogneri,che al meno tu dica,a:con5: fe/Tj quefio^cbe tutta un'Orationc debbia ciictc come Ufi animale, fiC debbia bauete il fuo corpo, i\ quale non fia fenza capone non gli manchi:^ no li piedi, ma che gli babb/a ciafcuna fua parJe conuemente,a: coirifpondente al tutto . F ED. Che uuoitu dire per qucfto?' SOCR. Cons: fiderà ti prego, fc TOratione del tuo amico Ga fatta cofi,c) altrimcnte,truouerai che ella none punto difterenfe da quello Epigramma Jl^ua^s le alcuni dicono,che fu fatto (opra il fepolcro diMida Frigio. F E Che Epigramma è ques fto,ftdicheforte/ SOCR, Odilo,egli di^ ccuacofi, Son fu' 1 fepolcro una Vergìn di Mida/ Fin ch'andran T acque, & fien le piante ucrdi. Qui dando, ammonirò cialcun che pafTj, Che nel mefto fepolcro Mida giace . tìora 10 penfo, che per te fteffo beniffimo co nofca, che non importa qua! parte di quello •ponghi prima^flC qual dopo^ ^F E D . A ques: fto modo ò Socrate^ tu bufimi,fi£ mordi la no^ ftra Oràtiòìiè S O C R . Lafciamo adunque àhdare.acciòche tu non (i corrucci meco, ben che in efTa fi potrebberotroirarcmolti efempi, li qaali confidcrati^ci uerrebbe quefta utilità, che non imitafiTimofinrili modìdi dire. Ma pafe fiamo alle Orationi di certi altri, le quali certa:^ irierife hanno in fe qualche ccfa degna d' cfTerc offeruata da coloro, che di quefta arte fono fturs dioG. F E D. Che cofa è quella, che in que:s fte Orafionifj pnoofTeruarer S D C R. Queftc' Oratfoni erano tra loro contrarie, per c òchc una irfFernnaua,cbe un giouane aniato fi douefle ac:? coftare alTamante : <3C un'altra à uno, che non amafTe. F E D. Beniflimo certamefc. S O C R: Io penraua,chc tu rifpondeflj con più uerità,flC che tu diceffi non bcniflimo^ma pazamente,flC furiofamenfe certifTimo/non di meno quel, che 10 uoglio dire flC che io cercaua,che tu diccffi nò può efTerc alfritnenti^come fi ixìoftrerò. Nò hab biamo noi detto che lanDore abro non è, che un certo furerei' ÌF E D.Cofl hàbbiam detto. Soc; Horaio pogo due forti di furore J'una delle qua 11 èda mancamèto humano cagionata, lai tra prò cede da una diuina alienatone dr menfe^per la quale è l'huomo rapifoflC leuato d^lla fu a ordina Ila uita. F BD. Cofi è per certo. Soc. le parti adunque di qucfto furor diuino fon quattro, aU le quali anchora quattro iddii fono propoftjrpcr dò che noi diciamo, che Apollo fia di quella inrs fpiratione cagione, che à quelli Sacerdoti uiene, che poi indouinano quel, che debbe efTere nel tempo auuenire, Dionifio della cognitione di quelli mifteri,che fono più occulti, flC delle co^ fe, che s appartengono al culto diuino. Le Mu fc della Poefia, Venere, & Amore dell'amorofo furore affai migliore di tutti gli altri, £C io non fo in che modo,metre che dianzi uolfi con imagi^ fìijflC fimilitudini moftrar l'effetto d' amore /orfc può cffcre che io habbia detto qualche uerità,flC forfè anchora ho trapaffati li termini del uero. Et perqueflomefcolandocofi quelle cofe,chc hora ho dette, quel mioragionamento, il quale non fu al tutto da efler biafimato,tu fai, ch'io or dinai,flC compofi quella mia fabulofa diceria, flC quafi fcherzando,fiC per giuoco, modeflamentc lodai il tuo, ce mio Signore Amore, protettore de giouani gentil* & belli, come fei tu , F E D. Qiiefle cofc l'odo molto uolentieri. S O C Et però bora da quella mia Oratione potremmo cauare,fiCfapereinchemodo la noftra difputa uenifTe dal biafimo,onde la cominciamo, alle iodi* F E Etcomeuuoitu fare queflof SÒCR, A mccertamchff pare, che fin qui habbiamo parlato per burla . Ma fe farà alcuno, che artificiofamente conofca la forza delle due forti, flc delli due modi di difpufare, nelle quali bora fiamo à cafo incorfi,coftui certo harà fatto un'opera degna. & bella* F E D . Che forti, fiC che modi di dire fono qriefl:i,che tu dkii S O C La prima è qucfta. Che colui, che uuol dirputare,facendofi nella mVnte un'idea di tutte le cofe,che uuol dire:& hauendo à quel [a folamente l'occhio, metta infieme tutte le co^ fe,che fono fparfe fif diuife, acciò che uedendole tutte raccolte, dando poi la uera dìffinitione di ciafcuna.quello facci chiaro,& manifeftp,intor:3 no al quale fi difputerà : come al prefente hab:* biamo fatto noi, che habbiamo diffinito che cofa fia amore, flC ò bene, ò male, che Thabbiamo fat^ to,hai pure hauuto la noftra difputa,per quefta cagione una chiareza, flC una concordanza in tutte le cofe,che dipoi fi fono dette. F E Le altre forti di direnò modi, quali iiuoi tu che Heno ò Socrate.'' S O C R . L altro modo é quc fto. Che come egli ha tutte le cofe raunatein uno, di nuouo parte per parte, fecondo la natu^ ra loro, le diuida,flC parta, flf non fpezi,ògua{|ti membro alcuno del fuo ragionamento, come farhora li cuocKi mài pratichi fogliono farc,rna faccia quel medefimo.che habbiamo fatto noi ne i ragionamenti pafTati ; nelli quali habbiamo tntefo quella mutati6e,ò alienatione della mtrte generalmente, ac con parola commane, anchora che fia buona,& cattiua, Ma fi come in un cot^ po quelle membra, che fono doppie, fi chiama:? nocol medefimo nome. ma uno é detto dcftro; raltrofiniftro",ccfi qiicfta forma della aliena:: tione deliamente noftra,la quale è dall'amor cagionata, è per natura fua in noi una foIa;flC cefi babbiamo detto nel ragionamento noftro. Et pero quel pripio parlare,che facemmo, diuij dendola parte finiftra di quella alienatione, ò mouimento della mente, fiC di nuouo poi pars: fèndola,non fi reftò,fin che egli ritruouò unais mor finiflro.il quale conofciuto come cofa non conueneuolfe, uìtuperò. L'altro ragionamene: fo/he dipoi habbiamo fatto, ci con du (Te à co:s nofcere la deftra parte di qucfto furore, doue un amor ritruouando inquanto al nome fimile al fJrimo, inquanto à gh effetti diuinojo lodò, & ingrandì con parole, come cagione di gran^s diffimi noftri beni . F ED. Tu dici il uero. SiÒGR. Io certamente o Fedro fon molfo. imito di quefle dmifioni, fiC diquefti raccogli:?* tendere quel, che io ucgl/o più facilmente ;Ò[ meglio ne polfa ragionare . Et fé mai io ueggo alcuno, che fo penfi^ che egh* fia atto a confide^ ' fare bene prima quella idea unfueifale,chc io fi ho detto, pei particolarmente la moltrfudinc delle cofe fecondo la Datura tero di coftai io feguito le. pedate, ftgli uo dietm mn altrias menti, che fi fuffe diuino : & colcrO;che tal eoa: fa fono atti à fare, io gli cKiiimo Dialettici, fc io li chiamoo bene,o male. Iddio lo fa lui . . Ho:* ra dimmi tu di grafia in che modo /fecondo il parer tuo , ò di Lifia ,tu chiamavcfti coftoro . pare à te quefta q^iella'^arte del dire, che ufb Trafi^ maco,'flC molti altri faui, li quali per il dir lo? ìfo furono fenzadubio fiut,coiiìeho detto, flC anchora fecero gli altris" Talmente che q^ielli^ che da loro impaiono, uorrehbero o'fterirgli do:? *)i,come fi fuol fare à grvndifTimi Re • F E t), Certamente che cometudici.qucUi tali huo* mini fonodiqncllo honore meriteucli,chealli Re darfi uediamo,ma non per qaeflo fon dotti in quelle cofe, delle quali hoxa tu domandi. Ma à me pare, che qnefto fìuouo modo di ragiò nare,tt di difputare^che hai truccato, il quale tu chiami Dialettica Jo chiami cofi r^ioneuob mcntc.manon per qucdo fappiamo anchora;' ihccofafialaRettorica.ma fi bene la Dialets fica. S O C R . Come dici tu quefto !" Penfi tu che cofa alcuna bella,ò ben detta pofli efTerc giudicata, che quefti miei ordini non feguitf, quantunque con arte fi impari i Hora per ciò che queftofolononbafta.non uoglio che noi lafciamo à dietro quello.che oltra ciò nella Ret torica faccia di bifogno. F E D . Molte cofe ò Socrate fonoftate lafciafe fcritte ne i libri, che dell'arte del dire fono flati compofti . S O C R . Hai detto beniflimo , Pcnfo aduque.che il proc mio fi debbi dire la prima parte della Oratione^ Non domandi tu quefte fimili cofe gli orna* menti iieri di quefta arte;' F E D . Senza diibs tio . S O C R . Seguita nel fecondo luogo la fiarrationé.flC infieme il produrre de i teftimos ni , nel terzo ucngono le conietture.flC nel quar to gli argomenti, cauati da cofe uerifimili . Et pa re à mecche un gran compofitor d'Orationi.chc fu da Bizantio,ci mettelTe anchora le pruoue,CC le ragioni, che faceuanoper colui, chcoraua. F E D ; Tu uuoi dire Teodoro, che fu fi eccels lente, è ucro;" S O G R . Si certamente . Coftui anchora trojiò nella accufatione,fiC nella difens fione^i argomèti raddoppiati, £t per che non faciamo fìoi ricordanza di Euano Parìo? il qùàfc prima à tuffigli altri frouò le dichiarafioni : flC cifra di quefto fu inucntorc delle Oratiohi.chc in lode d'altrui fi fanno, fiC non mancano molti che dicano, che egli per meglio à memoria ntc^ nerlc,tramezaua le fuc Orationi con certe uifua pcrationi fatte in uerfi. Et di ciò non è da mara^ uigliarfi^per che egli è un huomo fauio.Lafcia^ mo pur andare Tifia,flC Gorgia, li quali propone gonoil uerifiHiile al aero, flc con la forza delle Orationi fanno le cofe grandi parer piccole, flC le piccole grandi,* fimilmcnte che le cofe uec:s chic moftrino effcr nuoue,& le nuouc uecchie, hanno trouato una breuità di parlare moza, ft poi per il contrario una infinita lunghcza di parole ♦ Le quali cofe gii fentendomi raccontare Prodico,fe ne rife,a moftromi.chc egli folo ha:^ ucua trouafo, quali parole à quella arte (àceffe;* ro di bifogno ; & mi difTe^chc ella 'non haucua di bifogno di molte, ne di pochc^ma fi gouer^ naua in quel mezo. F E D . Sauiamentc difTcProdico. SO CR. Non fa di bifogno ricor^s dare Hippia,per che io penfo,chc con lui s'ac* cordi anchora il noftro hoftc Helienfe. F E Non bifogna per certo ♦ SOCR, Che dirc^ mo noi della confonante concordanza.che ha rif rollato Toh? il q irate In qu arte introcìufjs le repllcationi delle parole Je fent?tie,le com paratìoni Je fi m i li fri di ni, & Tufo de i nomi con. elegantia in quel n5odo,che egli da Lidmnionc l'apprefTe.F D D. Dimmi un poco Socrate^ li (critti di Protcìgora non erano quafi fimilià Èjuefti.^ S O C R . f^edro mio, il parlar di Pros rtagora è buono, fif propio,££ nel luo ftilc fi truo uaJiomoltecofcnurauigliofe.tTia nel niuouerc à pietà, fiC a milericordia^ccl ricorJfe41i iiecchie za^ò la pouerfà lorafore di Calccdonia fù cccel:r Jente , & aiicliora ikH' incitare ,fl£ mitigare l' ira ^cra potentifiìnio^fii non altrimenti placaua una .ifato^che fe egli liane/Te adoperato li incanti : fa anchcra fopia tutti gl'altri nel difendeifri,fif pur garfi dalle calumnie dateli, & nel darle ad aU tri ogni uolta,che gli bilognaua. Ip forno al fi:? ne delloratione pare a mecche tutti s accordino infieme^ma-ino^ti chiamano quello fìne,Repe;{ titione,5( molti Ju altro modo. F F D . Voi tU che li fine fu il ridurre nella memoria alli audi:^ toribrtuemente tutte k cofe^che difopra fono fiate detter S O C R . Q^ieflo uoglio che fia^, Ci fe tu inforno à ciò fapeifi qualche altra ccfa; dillà,cheiouolentieri ti. afcolfo» F ED. Io certamente non fo fenoa cofe di poco moipens! to,ac non degne d'efTer rfcordafe. SO CR.^ le cofe di poca importanza lafciamole andare;' flC pm predo attendiamo à dichiarare che forza habbia qiiefta arte quando quefta arte fi pot ficonofccre. F E Grande certamente, fes; condo me,è.la forza della oratoria apprefTo alla moltitudine, flf al uolgo, S O C R. Grande per certo. Ma confiderà un poco di gratia,co^ me fo io, come queftì Oratori, uanno con tutu quefta loroarte.non di meno male in ordine, flC mefchinamente, FED. Dimmi un poco^ quefta cofacome uaf' S O C R. Stammià udì:: te, Se fuffe unoxhe trouando il tuo amico Lifi:^ inaco,gli djccfli in quefto modo ( o uero a fuo padre Acumeno ) Io ui dico, che io fo beniffi;: 8ìo,flC conofco quelle cofe, che accoftate à nn corposo uero da un corpo adoperate ufate,fa rò chea mio fenno quel corpo fi rifcalderà^flC raffredderà .oltra di quefto io fo prouocare il uo mito,fo fare reuacuatione,fo ordinare lepurga^. tioni,& intedo molte altre cofe funili : per il che io fo profeffione di Medico, flC dico di poter fare diuetare Medico ciafcuno che uprrà. Se uno gli parlalTi cofi,che penfi tu che gli rifpondeffero^ •Ped.Che uuoi tu ch'io dica altro, fenó ch'eglino i'^auefferoàdomadareje anco egli fa à quali per fonc.in che fempi.ft fin quanto queftc tali co* fe.chc egli dice fapere.fic conofcere/i hauefles ro à operare, fif ordinare. SOC'R. Seaduns quc colui gli rifpondeflé.che egli di qucfto nó (àpe/Tj render ragione. ma che faccfTc di bifos gno.che colui che hauelTe imparato da lui quel le cofe che egli fa/apeffe per fe fteflo.fiC potcfle fare il rcfto.fiC conofcefle i tempi, £t le perfonc, uerfo di chi.fic quando fi haucfTerà à mandare à effetto . Se quefto tale gli dicelTe cofi.che penfi tu.che eglino gli rifpondelTero.'' FED. Cers tamente che altro non potrebbono dire.fenon che quefto (al'huomo fiifTe fuor di fe, con ciò fia.che hauendo folamente da qualche libro di Medicina udito una pocp cofa.ft elfendogli nel leggere uenutoalle mani qualche modo di mes dicare, & non di meno non intendendo di quel la arte cofa alcuna, penfi per quefto effere diuen tato Medico . S O C R . Ma che diretti tu.fe fulfe uno,che.andaffe à dite a Sofocle, flf à Èus ripide.che egli fa i -una piccola cofa fare un lungo parlamento, ec per il contrario fopra una grande parlar breuemeute.'' Oltra di quefto che ogni yolta.ehe uuole.fa commouerc gli audis tori à mifericordia ; flC fimilmentc all'ira.che è fua centuria, fa far nafcere horrore.ec fpauento/ fa minacciarci fa fare fimili altre còfc, fiCchc fieli' infegnarle egli penia faper moftrare Tartc, ce la Poefia Tragica • F E D . Io penfo , che co ftoro fimilmcnte fi riderebbero di lui,uedendo che egli teneffe per fernìO,che la Tragedia folas niente fi conteneffe nel far quelle cofc^chc egli dice fapere.CC non peniaffe^chc la uera Trage:? dia uuole tutte quefte cofe bene infieme compo fte,a ordinate, fic uuole hauere tutte le parti tra loro corrifpondenti.flC conuenicnti alla materia, CCalfubiettodellacofa* SOCR. Etnopea fo io, che per quefto eglino lo riprendeffero uiU lanefcamentc, ma farebbero come un Mufico, che fi abbatteffe in un'huomo,che fi pcnfafTe d'efTer Mufico folo per fapere in che modo le corde fi faccino fonare, hor bafre,hor alte.Que^ fto Mufico, che fi deffe in coftui,non gli direb^: be con un mal uolto, O pouero \ te, tu impazi ( iome ogn' altro forfè farebbe ) ma come Mu^i fico.h quali fono tutti piaceuoli.cofi più amo$ reuolmente lo ammonirebbe. O huomo da be^ ne,colui che debba effer Mufico, bifogna che fappia quelle cofe, che fo io: £C colui, che fa deU la Mufica quello^che fai tu/i può dire, che non ne fappia cofa alcuna : per ciò che tu folamente conofci quelle cofe, che dauanti all'armonìa fof^ no nfceffaric^ma della armonia ne fefignoranfc; F E D , Beniflimo, S O C R . Similmcnfe potrebbe Sofocle dire à colui, che gli fi facciTe incontro, come io ti ho detto, ciò è, che egli più predo fapcfTe quelle cofe,che uanno innanzi alla Tragedia, che eghconofceffe, che cofa fuflc Tragedia. Et fimilmente Acunieno Medico po trebbe dire à quello altro, che egli fapcffe queU le cofe,che uanno innanzi alia Medicina, ma che la Medicina non la intendere • F E Cofièper certo. SOCR, Ma fe lo clegans: tifljmo Adraflo,flC Pericle udifTero quelle parole fcelte, ftartificiofe, quelli parlari mozi, quelle fimilitudini,fi£ quelle altre cofe,chepocol'arac contauamo,fiC narrandole giudicauamo effer da confiderare^ penfiamo noi, che eglino ( come forfè faremo noi ) fi adiraffero con coloro, che tal cofc infegnando,penfafrero infegnare l'arte ora^ toria,òpure uogliamo dire, che eglino, come più faui di noi,in quefto modo dicendo ci ris: prendefferoi'O Socrate, Fedro Je fonoalcu:? tti.che elTendo ignoranti dell' arte della Diale t^ tica non pofrono,ne fanno diffinireche cofafia Rcttorica,con coftoronon dobbiamo adirarci, ma più tofto hauergh compaflione, ££ perdos: nargli • Et fono aUuni^chc ftandofi in quella lo ro fgnorantia, mentre ch'eglino folamenfepof^s^^ggono,fiCfanno gli amniacftramcnfi, che quel lecofe inlegnano, che uanno innanzi all'arte della Rettorica,fi uantano,fiC gloriano di hauer troua(a,ec di faper perfettanìente la Rettorica! ce infegnando folamente quelle cofe che fanno, ^penfano,tt dicono di infegnare l'arte dell'orai fc perfettamente. Ma poi il modo di teffeie in^j Cerne, 6f commettere tutte quelle cofe in un cor po,in tal modo, che à chi rafcoIta,po(rano per:? fuadere, dicono che fa di bifogno,che lo fcho;s lare fe lo guadagni, fiC per fe ftelTo Timpari^cois me le à ciò non fi facelle di bifogno il maeftro, F £ D. Tale certamente, fecondo me,èquellaarte, che coftoro in cambio di Rettorica infegna no,a: fcriuono ; & mi pare, che tu habbia detto il uero . Ma dirami un poco in che modo,flC per che uia potremmo noi acquiftare l'arte d'uno Oratore.flCd'unperfuaforeuero S O C Egh è cofa conueniente Fedro, & forfè neceffa^ ria, che fi come in ogni altra cofa,cori in quefta un'huomochclauuole acquifl:are,fia in ogni parte perfetto . Per ciò che fe la natura ti incih nera à effere oratore, fc poi ci aggiugnerai la dot trina,a la efercitatione,diuenterai un'oratore ec celiente, Ma fe una di quelle due cofe,prarte,ò la natura tì nianclicri.noii farai perfetto. Hora quanto quefta arte fia grande, non fi puojecod do me, per quella uia fapere,chc Gorgia.A Tra:s fimaco feguifarono.ma per altra. F E D . Per qualef' SOCR, Non fenza cagione Pericle è flato giudicato il più perfetto Oratore,che mai fufTe/FED. Perches' SOCR. Tutte le arti granxij hanno di bifogno della efercitatione nella Dialettica, & della contemplatione delle cofe celefti,fiC della cognitione della natura del le cofe : per ciò che quella alfeza^che nella men te noftra fi uede,flC quella efficace forza di po^: tereciafcunaimprefa cominciata condurre à ne, pare che nafchi in noi per Io ftimolo^chc quefte cofe baffe^fiC terrene ci danno, il che Pe^^ ride congiunfe con la fottiglieza del fuo inge^ gno : per ciò che fidatofi nella domefticheza,CC amicitia di AnafCigora ritrouafore di fimili cofe, n de in tutto alla contemplatione,tt cofi com^ prefe^^ imparò la natura della mente noflra^flC anchora del mancamento di quella, il quale •Anaffagora copiofamente dichiarò,flC di quiui ca uò tutto quello, che à lui parue,che fuffe al prp porito,flC utile per l'arte della Rettorica. F E D. Come andò queftacofa^ SOCR. 'Tu fai, <he il modo di medicafe^flC di orare è quafi il medefimo» Hiedefimo. FED. ìnchcmodo^ SÒCR. In ambe due ijfticftc arti fcifogha diuidcrc la na tura, ma in una fi parte la naturi del corpo, nek l'altra quella della anima. Pur che non fole per uia di efercitio^flC di far buona, & moderata ui^ fa.maanchora con Tarte habbia un Medico à dare à un corpo & medicine, ÓCcibi, di forte che Io faccia fano, ac rcbufto diuentare.Et fimik niente,pur che fi habbia à metteré in una anà ma la urrtii.flf la perfùafione per ragioni, flC per giufte,fiC legittime ordinatiorri. F E Cofi ò Socrate fi dee credere che fia . S O C R • Uo^ ra penfi tn,chefi pòfll conofcere la natura di djuefta stnitn^t bafteuolmente,fenza là cognitiòij ne di tutto quefto noftro compofto.il quald chiamiamo huomor F E t). Se fi debba crcs^ dcre a Hippocratc fucceffore di AfcIepo,non fo lamenfe diremo che non fi pofla conofcere la n* turi! della a'tìima fenza quella cognittónc,che ta dici,maalnchorache non fi poffa fapcre queib del corpo. S O G R . Dottamente parlò Hip:^ pocrate. Hòra è bifògria^ eòrifiderare,fe quefta cofa,ché io t'ho detto, fa al propofito della no^ ftradifputa. FED. Faccificome tu uuoi. S O C R. Attendi adunque qitello,che non iblo Hipjpocrate^i^ia anchora la uera ragione di^cario di qucftainucftfgationc della na(uta,cli€ IO t'ho detto. Cofi adunque la natura di ciafcurs nacofa fi ha da confiderare* Principalmentehabbiamo da uederc.fe quella cora,,della quale noi uorremmo fapere 1 attera: ad altri ifegnarla, èYcn)plice,flC d'una loia natura, ò pure di molte forti. Dipoi cafo che fia fempUce,fi ha da confi derare, che natura fia la Tua neiradoperarri,ac nel fare, conìe anchora nell'effere adcperata,fiC nel patire.Mafequefta cola harà più capi,diui dendoh* prima tutti ;& raccontandoh ordinata^ mente, in ciafcuno habbiamo à cercare particors larmcnte quella fua natura, & intorno al farc,flC intorno al patire. F E D. Cofi pare, che s'hab bia da fare . S O C Et fenza far quefto fasi fi il procedere di colui , come il caminó d' un cieco . Ma colui, che qualche cofa tratta con ar^ , non fi harà adafTomigliare à un decorò à un Tordo, anzi bifognerà dire, che qualunque farà, che con arte parli à un altro, prima cercherà chia ramente moftrarc la natura di colui, al quale parlerà, flC quefto altro no è che lanima. F E D,; Senza dubbio* S O C R, Dimmi un poco, • Vno che parli ccaarte ad un' altro, non fi sforss za egli fopra ogni altra cofa perfuadergli tutto ^ fluello,che auolei* F E D. Certamente, S O C.'Et péro c cola chiara.che Trafimaco.Cf qualuns que altro attende à infegnare la Reftorica, prima donerà con (omnia dilic;entia defcriuere.ìBC di^ chiarare fe l'anima è per natura Tua una cofi fo^ la^ficfimile tutta afe fl:e(Ta,òuero fe à fimilitu^ dine del corpo , fia di pia forti . Per ciò che qtian do 10 dico, che fi debba moftrare la natura della anima, non uogiio intendere altro, che quefto# F E U . Cofi douerà fare certamente. S O C Patto che farà quello, bifognerà che egli dimo^: ftri che potentia fia la fua,fiCuerfo che cofc la polTi ufare,C(à che paffioni ella fia fottopofta^ r E D. Certamente. S O C R. Dipoi ha:^ ucndo già diftinte,CC diuife tutte le forti degli affetti dell'animala de li difcorfi, & ragionai menti fuoi,gli farà di bifogno raccontare tutte le cagioni, per le quali tali affretti in lei nafcono, accommodando fempre le cagioni a gli affetti fuoi,& infegnando le qualità dell'anima, Cf che difcorfi fiano I fuoi,fiCper che cagione qucfta ftia fcmprcin confideratione,flC in nioto,flC quel la mal à contemplatione alcuna ne fi leui,flC fem pre fi ftia ferma . F E D • Quefta farebbe una cofa ingegnofiHima.Soc.Et perciò ti dico, che no fi potrìmai dire, che uno fratti, ò ragioni bene di cofa alcuna, non pur di quefta, di che t'ho ragio mtòjc alfrimcti procccJèrà.Ma li fcritfbri Ai qut fta arte de i noftri tepidi quali tu anchora puoi haucre uditi, fono aftuti.flC conofccndo beniffi^: mo quefta natura deiranima,chc io dico, non di meno ce la afcondono,flC non ce la uoglionomoftrare. Et io ti dico, che fé eglino non parler ranno^flCnon fcriueranno.feguitando il modo mio, non dirò maliche con arte, ò bene fcriua^ no. FED Qual modo dici tu SOCR. Io non ti potrei cofi facilmente dire le parole, che ci uanno,ma in che modo ci bifognaffe feri ucre,fe l'hauefTemo à fare,te'l dichiareiò in quel miglior modo, che mi farà poffibile. FED* Dillódì grafia, SOCR. Poi che noi hab:s biamo ueduto^che la fcientia del dire altro non è, che un tirare à fegP animi, flC un dikttarfi,bi^ fogna che colui, che debba effere Oratore, cono^j (ca quante parti habbia quefto animo . Hora quc fte fono affai, flC di molte, flC uarie qualità, fiC for^ ti,per le quali gli huomini uengono anch' efli diucrfi.ft di molte qualità. Confiderate quefte cofCiCjpuiamo dire, che fieno tante forti di Oras: ' tioni,fl( di parlari, di quante forti fono le qua:: • liti delle anime noftre.Etperò quelli animi, che peir le qualità loro fono à qualche lor parti:? «olar dcfiderio difpofti/fàcilmente con quellimodi di dire fi perfuadono, che alla natura loro fieno fimili : doue che fe tu in un modo parler rai,a; 1 anime di chi ti ode, fia altrimenti difpo:? fto,non lo perfuaderai mai. Et però à colui, che harà bene quefte cofc confiderato,poi che hariueduto,flf conofciuto la natura d'uno, flC le ope:: re,fif le attioni comprefe.farà di bifogno potere in un fubito nel Tuo ragionamento a{regnare,flC dimoftrare ijuefte Tue attieni, flc dimeftrare di conofcerle: ft fe altrimenti farà, potrà dire di no Tapere altro che quelle core,che già dalli maeftri gli furono infegnafe. Ma colui, che può con uc rità dire,flCconofcecon qual forte di parole fi può ciafcuno huomo perruadere,flC ingegnofa^ mente auuertifce,checolui,che gli è dauanti,c di quello ingegno, flc di quella natura, della qua le egli ha dimoftrato,flC fapendo fimilmentc, che un tale huomo ha bifogno di parole tali^ quale egli è ^per uolerlo condurre à far quelle co fe,alle quali egli è dalla fua natura inchnato^co^ ftui dico, che cefi farà ammae (Irato, all' hora po trà u erame n te affermare di poffedere qneftaarte del dire. Quando aggiugneràà quefte cofe,che iotihodettedifopra,ilfapere quando fi habs bia à tacere, ce quando à parlare, quando fi habsj bia à effer breue nel direna quando non^Oltca di qucfto quando conofccrà, quando fi haràda -uCire una Commiferatione, & qciando una uehe mcntia di parlare più afpra, quando s'habbia da fare una Amplificaticnc,flC qtiando in fomma fa , prà in quefto fimil modo uiarc tutte le altre par ti della Oratione,che fono dalli maeftn (late in:5 degnate : flf prima che tal cofa non fappia^non potrà in modo alcuno e(Ter detto Oratore . flC co^ lui^al quale una di quelle cofe.qual fi fia^mans; cheràònel dire,ò nello rcriucrè.òhello infe:? gnare,flC non di meno affermerà parlare con ar:? tc.airiioraquel tale, che tenia eller perfuafo fi partirà da lui, fi potrà dire uincitore. Ma forfè qualcuno di queftì Sciittoridi Rcttorica ci po^ trebbe direnò Socrate, & Fedro. peniate uoi che l'arte del dire fi habbiaa imparare in quefto mo do.flC non in altroi' FED. Socrate à me pare impoffibiìe/he fi pcffi intendere altiimcnti, quantunque quefta dimodri eflere una opera, & una fatica gianiffima, SOCR. Tu dici il acro, per ciò che ella è, come tu dici.dilfi:: Cile. bifogna parlando, & ri£arlando di quefta. cala più uolte,ceicare,tt confiderare fe forfè po teffjmo ntrouare una uia,che più facilmente, fl£ in più breue tempo iui ci pofc/Ie menare, acciò che noi noli ^iidiaaioinconfideratamente er;i rando ' ranJo per ufa lunga, d: difficile, pofendo noi ca minare per una piana, & breue : per il che fé a qucfta cofa tu mi pcteffi dare qualche aiuto coiji quelle cofe^che hai ò da Iifia,ò da altri imparai te,uedi di ricordartene, & dichiaramele» F ED. Potrei forre, per prnnare k mi riufcifle/arquci; che tu dici , ma non in queflo tempo. S O C Vuoi adunque,che io ti racconti un ragionai irento^che io gii non fo quando, udì intorno a queftacofaf FÉD, Digratia, SOCR. E fi dice.che egh ègiufto iddio quello, che uno ha neir animo, come coloro, che pagano quelli danari alla fiatuii di Lupo, come (ai, F E D. Cefi uoglio che ^cci , S O C R . Dicono ^diin qne coftoro,clie non fa di bilbgno tanfo con pa role inalzare (e cofe,che un dice, ne con lunga Oratione ingrandirle, come fare fi fuole : perciò che uogliono quefti tali ( come habbiamo det^s to nel pnijcipio del ncftfo ragionam.ento)chc à uno,che habbia da eHere Oratori, non faccia di bifogno ccncfcere la uerifà delle ccfe giufte, & buone A dicendo quefto, intendono cofi/dcl le cofe,come de gli hucmini òper naturalo pcf ufo giudi. Et allegganoquefla ragione à prora uare che non bifognjfapere,che cofa Ca il gitH &o: per che ueJii gmcUcu h Oiatori nò fogliono hauer cura dimoftrarc la uerità,ma pia prefto at fendono à pcrfuaderc l'opinioni Io . C£ pero dico. Ilo, che è cofa uerifimile à credere che ia perfuac iìone fola fia quella, alla quale debba indrizar la mete colui, che con arte uorrà faper dire . Et che» fii il ucro, dicono cofloro che nefTuna cofa fi ere àttì mai che fia (lata fatta, fé prima non farà mo ftrato effer cofa probabile fiC aerifimile,che pcfTì <ffercaccaduta. Ma pure uogliono coftoro,chc -jpiu tofto fi habbino à addurre le cofe uerifimili neiraccufare.che nel difendere: flC cofi afferma- no, che un' Oratore fa poco conto della uerità, & che folo feguita il uerifimile^flC uogliono che fe quello loro Oratore feruerà in tutte le fue Ora tioni quefto ordine di moftrare il uerifimile,fi pofli dire, che egli moftri di faperc l' arte orato^ ria beniflimo • F £ D . Socrate tu hai raccon^ fato quelle cofe, che fogliono dire coloro, che fanno profeffione di infegnare la Rettorica.Et io mi ricordo.che nel ragionamento noftro po^ co fa toccammo un poco di quella cofa*& quel, che haidetto,foche debba parere cofa troppo grande à coloro, che in quella arte fi efercitano . Ma io ti fo dire, che tu hai dato una buona ba^ donata à Tifia. S O C R • Poi che tu mi hai ticordatoTifia^uorrei che egli mi dice/Te, fe e pcnfa.chcii probabile, flC il ucrifimilc fia alfro;^ che quello, che pare al uolgo. F ED, Che uuoi fu che riaaltrof* S O C R. Trono olxra di quefto, fecondo me, Tifia qucfta altra cofabeU la,& degna di lui, & la fcrifle anchora. Et que:* fto è, che fé per cafo un'huomo debole, ma au^ dace.che hauc/Te battuto, flC fpogiiatouD'huoi^ mo forte, flC timido^fafTe menato in giudicio, , uiiole TiTia che nefTuno dicoftoro habbia à con fefTare il uero,ma uuole che il timido dica.chc egli non è (lato battuto folamente dall'audace, & 1 audace l'ha à negare,* moftrare d effer ft^ (0 folo,flC pigliare quefto argomento. Come uo^ leteuoi,chcio,chefon debole, habbia aflalita coftni,che è gagliardo^Ma quel timido no coraj fefTerà per quefto la fua timidità, ma penfando, ritruouando qualche falfità,cercherà di accu^ fare Tanuerfario, Et cofi fimilmcntc in molte altre cofe accafcono fimili cafi, nclli quali( dicc^ ua Tifia ) bifogna haucrc quella arte. Non ti p;i re egli cofi FedroJ' F E D , Cofi certo. S O O quanto aftutamente dimoftra TifiadihauejCieritruouata un'arte afcofa,* diffìcile, ò ueroqua^ lunche altro (ìa (lato, che habbia tenuta quefta Tua opinione, ft habbia nonfe^comc £i uoglU»! Ma uuoi tu, ch'io dica quefta coiàio od^ JF £ p« ' Chccofaèqucfla.clicfu uuofdìre^ SOCR. 'Io uoglio parlare un pcco con Tifia.O Tifia ih» «anzi che tu ueniffi con quefta tua atte, noi tes ncuamo per certo, che quefto probabile ,fiC ucris fimile.nonfipotefii al uolgo per altro iTiodo moftrarc.checonlafomiglianza della ucrità.fiC pcnfauamo.che quelle fomiglianie del uero fos lo da colui potefTero cfTer trouate,chc peifettas niente la uerif a ccnofceffi . Per il che fé tu cidi'raiintorno àqiicfta arte qualche altra cofa.uo* lentieri ti afcol faremo: ma Te non dirai altro, noi ci ftarenso à quello, che poco fa habbiamo defcs to.ft^ 9^*^^*^ crederemo. Et quefto è.chc fe • uno non conofcerà bene gli ingegni delli audfe tori.ft fe quelli l'un da l'ahro non. diftinguerà, a fe non diuiderà le cofe.di che egli ha da pars lare nelle fue parti fe quindi di tutte un'idea fola facendo, in quel modo non le comprendes rà auefto tale nó potri mai acqui{lar*e quella ars te del dire. che può hauere un'huonrto. Etques > fta cofa non la può imparare fenza,un lungo uu, dio. Nella qua! cofa un' huomo prudente nófo lamentc fi affaticherà per poter dùe.a orare in modo, che piaccia a gi'huomini , ma anchora ut cherà di poter djre.a tare quelle cofc.chc habs jj^j^jano da e(ftr gxate a Dio . Per cièche io uoglioche tu fappia Tifia/he quelli Iiuomini,chc fors no flati più faui di noi, bino detto che un'huo mo fauio non debba follmente penfare di (om^ piacere à tutte le bore à quelli, che feco fono fa un niedefimo fcruitio, ma fi ha da cercar di ubi dire à buoni Signori . Per il che non ti maraui^: gliarc.fe io ufoquefta lunghcza di parole, per ciò che gh è neceffario che io fia lungo^efTcndo le cofc,che io tratto, di importanza, il che forfè tu non credi.Etfappi,che ( come fi fuol dire ) che dalle cofe buone ne nafcono le buone, cofi anchor dalle uere pofTono uenirne le uerifimili. F E D . Qyefta cofa pare à me che fia beniffimo detta. SOCR. Egli è certo difficile, ma egl'è anchora cofa hoaorata,flf degna lo sforzaifi (em predi aitiuare air acquifto di cofe eccellenti, fl( degnerà patire tutti quelli difagi ,che in tale sforzo ne interuengcno. F E Tu hai ragio ne. SOCR, Habbiamo horaà baftanza ra^ gionato della arte j ce del trifto modo del comrs porre Orationi . F E D • A baftanza per certo* SOCR. Ci refla bora à ragionare intorno alla bclleza dello fcnuere^flC à dire onde nafca labru teza dell'orare, F E D . Quefto ci refla. S O C. Sai tu in che modo ò ragionandolo orando lì f offa nelle parole piacere a Iddio f' F £ D , Non ccrfo^ft tu? Spc. Io ho udito dire no fo che cog. fc, le quali già furono infegnate dalli noflri anti chiamala uerità di qucfta cofa la fanno cffi^fif ilo io . Hora fe noi ritrouaffemo modo di piacer nel parlate a iddio, pefi tu che ci bifognafTe più haucre cura di quello,che gl'hucmini intorno a ciò fciocamente pcnfanor F E D. Qnefla tua do ìiiada è da ridere. Ma raccontami un poco quellecofe^chc tu dici hauere udite • S O C lo - ho udito, che là prefTo al Naucrato di Egitto; fu già un certo iddio de gli antichi. al quale e dedicato quello uccello, che chiamano Ibin^flC quefto iddio é detto Theute. Quefto dicono, che fu il primo^che trouòii numerosa la com:? putatione,flf raccpglimento de i numeri, non folo uogliono che fuffi ritrouatore di quefta co::^ fa, ma anchora della Geometria, & della Aftrono miarritrouò anchora- fecondo loro, Tufo de i das di.fiCil mododi fare le forti, flC finalmente fu inuenfore delle lettere. Era in quel tempo Re di tutto r Egitto Tamo,2C ftaua in quella granr: di/Tima, CL nobilifTima Città, che chiamano li Greci Thebe di'Egitto ; flC queftì popoli hannp po(]:o nome à Iddio Ammone. A quello Reue nendo Theute, gli moflrb le fue arti, flf gli diC^ (e.che farebbe flato buono, che egli à poco à pp co le diftribuifcc à tuffi li popoli dì Egitto. Ma egli domandò a Thcute,che utilità ciafcuna di quelle arti à gli huomini apportai » Il che di^ chiarandoli Thcute,Tamo approuaua quello,) che gli pareua ben detto : quello poi, che non gli piaceua.lo biafimaua.fiC all' hora fi dice.che Tamo dichiarò^a moftrò à Theute intorno à eia fcuna arte molte cofe,flC per una parte^ & per la altra; le quali fe io tutte uolcffi nan-arti/arei trop po lungo. Ma poi che uennero al ragionar dcU le lettere^ di/Te Theute, Sappi Re.chequeftadifciphnafaràdiuentaregli Egitfii più faui^flC di maggior memoria: per ciò che ella è ftata tro:j uata per rimedio della fapientia^ft della memo:^ riamai che egli rifpofe, Aftutiflimo Theute uo:s glio che (àppia,che fono alcuni^che fono atti k ^ fabricare gli inftrumentijchc per una arte fono neceflarii,ac buoni ; alcuni altri faranno poi più pronti à giudicare che dannoso che utile quelli arte debba an:ecare. Matu,chefci padre delle lettere, forfè perla troppa bcneuoIcntia,che gli porti,haidimofl:ratodi conofcer poco la forza loro,hauendo affermato che elle cagionano in noi quello efFetto,del quale niente é uero,anzi fanno il contrario. Per ciò che T ufo delle lettere facendo che noi poco ci curiamo di tenere à me moria co(aa!cuna,pàrtoriTcfnciram eli chi fe impara^obliaionc di ciafcuna cofa • Et qiìefto ne auuicne,pcr db che confidati nelli fcritti dal tri,non uogliamo cercare di rauuoUarci troppo ncir animo le cofe : per il che tu non puoi dire d'haucr troiiato il rimedio della memoria, tna più tofto d' un rammentarfi delle cofe già fapuis (e.Oltra di quefto à me pare, che tu più preda infegni alli tuoi fcholari una opinioe della Icien ha , che la uerità : per ciò che hauendo quelli fen za la dottrina del maeftro lette, flC imparate mol:^ te cofe^parràal uolgo.anchor che fieno ignors ranfi,che non di meno molte cofe fappiano,oU fra di queflo diueterànno nel praticarli più mos: lefti,flcfafl;idiofi,ne ciòauuerrà fenza cagione: per ciò che efFi non pofTederanno la ucra fapien tiajfhapiutofto feranno ripieni d' un" opiniors ne di hauerla. ¥ ED. O Socrate, tu con po^ ca fatica fingi, che li Egittii parlano, ft qualunis que altro più ti piace, pur che ti uenga bene^ S O C Qaefta non è gran cofa, per che an:^ chora quelli, che ftanno nel Tempio di Giouc Dodoneo, affermano che le prime parole del fufuro indouine, che effi udirtera,ufcirono d'una Querele : li che à quelli popoli del tempo anti^ co ( per CIÒ che eghno non erano cofi faui.co^ TOC fetc uot del dì d'^hoggi ) baftaua pci fr disfare alla loro fcioccheza udire ie^.pktrf ^i) k Qucrcie.pur che elle gli diceflero il uero* Ma (i5 peni! che importi qualche cofa chi fia.ò d'onde lia qucllo,ckc parlj . Et ciò ti auuiene,pcr >ch^ tu non confideri folo fe qucUo.che parla, dice il uero,ò non, ma uuoi udire parlare i p^erfone à tuo modo, F E P. Ragion^uolmcntc finii h«ii riprefo • fif à me certamente pare, che nelle letiP tere interaenga quello, che fecondo il tuo dire, diceua Tama;chc à coloro accadeua.chc U (ape tiano* S O C R.- Et pero qualunque perfona penfa fcriuendo intorno à quefta arte, 6 quelle cofc imparando. che da gli altri di lei fono itatc fcritte , per queftoche dalli fuoi fcritti fi habs» bla certeza alcuna i cauare.ò uero per il fuo im^ parare,douer faper cofa ucra.coftui certamente c fciocco,a: di poco ceruello.flc fi può dire, che egli fia in tutto ignorante dello Oracu lo di Gìq ue Ammonio, con ciò fia che egli penfi^che le Orationi fcritte pifi poffuio,che non potrà uno chcdafe fteffo fappia quelle cole, delle quali Quelle Orationi ragionano. F £ BeùiSì^, tno. S O C Queftoo Fedro ha la fcnttura piena di grauità,& dignità, che ella è fimihdl^ ina alla pittura : per ciò cIk ie^opere della pittUiP ra pare clic fìcno ufue^ma fc tu gli domanderai qualche cofa, uergognofam ente fi taceranno. Hon altrinienti delle Orationi potrai dire,fif ti parrà, che elleno intendendo qualche cola, U polfano anchora dire,ft moftrarc. Ma fe poi for^ (e di laperdefiderofo, gli domanderai di quaU che fuo detto la cagione^ femprc ti diranno una cofa, & ^<^»^pre ti lignificheranno il medefimo: <3CogniOratione,comeellaè feritta una uolta, Tempre. flf in ogni luogo la medéfima lì ritruo^ ua,fiC moftra le cofe fue à quelli, che fanno,* à gh' altri ,'alli quali forfè niente importa, flC non faella,o puo dire à chi bifogni manifeftarfi, 6 àchi nonb]fogni,2(fe mai gh è ingiulla:^ mente fatto ingiuria,© detto mal di lei,femprc ha bifogno dell'aiuto di fuo padre, ciò è di chi rha fcritta,per ciò che ella al .nemico non rcpu? gna,ne à fe fteffa può dare aiuto. • F E D.Quc Ite còfc anchora pare à me, che fieno ueriffimc,. S O C R . Ma che dirai tu à quello? Credi tu, che fi polU uedere un'altra forte di parlare fras: tello di i^ueftof Et che fi polfa concfcere come quello, che io ti dico,fia legittimo, fiC quello del quale habbumo ragionato badando, & quanto migliore, flC più potente nafcai' F E D. Che parlare è queltof CC come uuoi tu che fi facciaf^ tu' ' Soc* S O G R . Qucfto parlare è queIIo,chc fi kwt ncir animo di chi impara per mezo della fcipnjs tia,flC è migliore, per che quefto può aiutare à fc flefro,fif conofce co qua] forte di p<rfonc fi bia a parlare., flC con quale à tacere . F E D . Xji uuoi dire il parlare d' un dotto, che fia uiuo,flC che habbia fpirito,deI quale una Oratione fcri(» ta ragioneuolmente potremo chiamare un fimu^s lacro. S O C R. Quefto dico fenza dubbio. Ma dimmi anchora quefta altra cofa, Vno agr(^ culflcre che fia fauio^ credi tu che uorrà fpargerc^ ft gettare nel tempo della ftate quelli femi.chc egli bara più cari.ft delti quali egli afpetta con defiderioil frutto, ne gli horti d'Adone, cor» ogni ftudio,fiC diligentia,acciòche perfpatio di otto giorni ne pQ)[fi uedcre i fiorii ( comelai^chc miracolofamenfe in quel terreno ìnteruiene) ò nero dirai, che fe egli pure il farà, Io farà per pat fac tempo in qualche giorno di fefta.fif per darfi piacere, fiC no per cauarne utile alcuno^Ma quan do egli farà da uero, ce che uorrà "attendere alla agricuItura,non li feminerà in quelli horti,ma in terreni conueneuoli,flC gli parrà hauere affair fc con interuallo di otto meli, flC non d otto gior ni la fuafementafi maturerà. F E D. Certas mente Socrate, che come tu dici, quel tale femi;? fi^^è gfi WrH (!• AcJdftc pft btirla.ft per foU lazt),^ nel terreno buono da uero^ S O C R . t>^jf nfaremo noi, che un^huomo. ch^ (appia xke toù'fu il giudo, Ce il buono, ft« rhonefl-o, fi^ iiello fj^argere la fua fementa pia fciocco d u fio-agricultorer F B In neffuno modo, O C R Ef pero egli no femmerà i (noi detti ftudiòfamente con la penna nell'acqua negra, ^órtmietten doli alle fcritturc,fapendo egli che ft'mai poi portaflero pericolo alcuno non gli po tra dare aiuto : flC conofcendo anchora^che con lèfcriuere non fi può moftrare à pieno la ueri:? ti. F E D. Certo ch^ il feminare^come hai dctfe,è fuor di propofifo. S O C R^ Certo, ma prahìerà beh coilui gli horti delle lettere per darfi in quella follazo,fiC per pafTarc il tempo/ ce in quelli feminerà^ftcofi fcriuerà qualche co Éi^t'Af pofcia che fi uederà hauerc fcritto,terrà qùéli fuoi (catti per mcmoria,&' gli harà cari, come fe fu (fero tefori atti à fargli fcordaie gli afi^ tìnni/che gli ha da arrecare la futura uecchieza. Etnonfelopenferà,chcgli habbino à cagioni rtàrecjUefto in lui^ma in tutti coloro'^che feguis teranno le fue pedate, ecinfieme fi rallegrerà di tiedere già nati i fuoi teneri frutti: fif mentre che Ili altri huomini uanno pur altri piaceri fegui» tando. tando,cclebràndo conuit?,& fimili altri cU; :»*ti% egli lafciate quefte cofe folamcntc attenderà a ui nere nclli piaceri^ che danno li piaceuolj,& "dotti ragionamenti* FED, Socrate tu mi nioftli un trattenimento molto più degno di molti altri,cheà me paiono nili, narrandomi quei di co^ lui, che può Tempre hauer piacere ne i ragionamenti, a disputare della giuftitia,«di quelle altre cofe, che tu dici • SO CR* Cofièccrtamente Fedro mie caro, ma molto più degno ftio c quello di quefti tali ( fecondo me ) quan^ do alcuno, poi che ha ritrouata un animala quel locheegh intende infegnarli afta, ufaudo Tarlc della Dialettica, piantala: femina in quella ani^; male fue parole con la fcienfia : le quali parol^c fonobafteuoliàgiouarà fe ftefre,& à colui, che le pianta : per ciò che non folamentc portano fc co grandilTinìO frutto, ma anchoia il if me doa^s de nuoui frutti pedano nalcetc.Onclt^ pafTando poi quefte paroÌe,6: quefte fcientie <A]ixn hixf:^ mo in un' altro, mantengono qucftft.gtiecic^ dono immortale : colui, che Ila in fe tal do:? no, pongono in qdello ftato di beatitudine, che è ^oflibile à un'huomo. F E D, Qaxtlh è an^ chora molto più degno, & honoreuole* S o Hormaio Fedro hauendg noi le cofe^ che Labe L un biamo dette diTopra conceflc, potiamo beniflirs- ino confiderarc quelle cofe,che^tu fai . F E D . Quali S O C Qijelle, che per conofccrlc fin giù habbiamo ragionato, ilqual ragionamen tb non habbianìo per altro fatto, che per poter ^ confxderare il modo di uitupcrare Lifia tuo in^ quanto all'arte dello fcriuere : non folamcte Liria,ma anchora tutte quelle Orationi.che con arte.ò fenza arte fi fcriuono .Età me pare, che già à baftanza habbiamo dichiarato , chi fia colui,cheartificiofofipofli dire, ficchi quello, che fia priuo d' arte • F E D . Cofi pare à me • SOC R. Et però bifogna di nuouo ricor^ darfi,che alcuno non può perfettamente faperc l'arte del dire,ò uoglila faperc per perfuaderc Viltrni,òper infegnarla ( fi come le ragioni di fo |)ra ci hanno dichiarato )fc prima non conors fcerà la uerità di quelle cofe.ch' egli dice,òfcri^: uc t ce fe non faprà diffinire tutta la materia deU la cofa,che tratta : fl£ fatta qùeftà diffinitione,di nuouó diuidere tutte le parti, tenendo alle co:s fc particolari, ftindiuidue,fl£cofi contemplanti do,flC confiderando in quefto modo un'anima, alla quale habbia da perfuadere qual fi uogli co • fa,ac haucdo quelle cofc ritrouate,che con ogni forte di ingegni fi accompagnano, flC fono con:: ' uenienti. 'ucjjJenti.cofi fopra fu«o ordini^ fi: acconci il fuo parlare, che co un' anima uaria.fi: di diuerle fantafie.accommodi parole, & modi di dire uas rii.flC di molte forti.flt con una anima femplice, fi£ di un fol uolere ufi parole femplici.fl£ pure. FED. Cofifièdetto. SOCR. Chedires mo hora noi di quella queftionc, che di fopra habbiamotocco.ciòè feegli è cofa honefta.ò bratta il comporre Orationi.fi: in che modo qucfto ftudio fi poffi ragioneuolmente uituperarc, a in che modo non . Non ti pare egli,che le ras gioni dette di fopra ci habbiano dichiarato ques fto paHb i baftanza ^ P E D. QjaaU ragioni ? SOCR. Quefte.che fe Lifia.ò altri.Ccfiachi uuole ignorante della uerità fcyfTe mai.ò ucro ■fcnue al prefente.ò fcriuerà cofa alcuna priuatas rmcnte.ò ucro che fi appartenga al publico.cos me farebbeno certe ordinationi ciuili.ó fimili cofe ,flC che coftui penfi.che di quefti fuoi fcritti fe ne poffa cauare unacerteza.flC una fermiflima ftabilità.quefta tal cofa T uno fcrittore fe fi ha da giudicare che fia^brutta.Dichinlo le perfonc.ò noi dichino.chequefto imparta poco:|> ciò che il non fapere,che cofa fia il uero.ne il falfo intot no alle cofe giufte.fiC ingiufte, buone, CCtriftc, (anchora che il uolgo tutto lodoiTe quefta igno .twifia}non può pero effefc.che confidcrarK^o il uero non fu bruttiflima. F E D. Bruftiflima pcrccrfo. SOCR. Perii contrario poi. colui che penfa che fu neceflàrio qualche uolta per trattenimento, fif per fcherzo fcriuere^at nó giù <ljca che Oratione alcuna oin profa.o iq ucrfi mcrti^che fi perdi un gran tempo nel comporta '{come fanno quelh. che fenza confidcratione al tuna.CC fcnza dottrina, folamentc per daxad ins tendere una cola.fogliono alle uolte recitare ucr fi)ma terrà per certo.chc li fcritti,che buoni fi poflono dirc.fieno flaticompofti folo à quelli, chefanno.ma faprà che nelli ragionamenti, che fi &nno per cagione di imparare.fif di infegnarc adaltri.fifchc jicrauientc fi fcriuono.fiCimpria: ^tnono nell'animo d' uno.li quali trattano delle cofe gi"uftc,hcnefte.abuone,in quelli folas mente è ia uera chiareza flC la pcrfettione. A quc ragionamenti foli tienc^che mcntino ftudio, ttquefti/olifuoi figliuoli legittimi chiama.dt di queftl ragionamenti primieramente appr/za quello.chc m fe ftefTo efler conofcc(pur che in fe h ntroui}dipoi tutti quelji,che di quel fuo parto.comc %lmoli,Cf fratelli,© nel fuo ania wo.ó nell'altrui menti fono nati : fic. tutti gl'als tri difpreza, a difcaccia, quefto tale, dico, pare 4 me mt telile fia tale,qualc <3a noi fi potrcì>fyé^8drK!*« rare. F E D. lo acmi ò S cerate, efièr conife t:olui,cIic ttì ilici di queflo ne priego Aìhàtas mente Iddio. SOCR. Ma fia detto aflai^cl r^rte del dire per qaefta uolta^iiauendo noiparr lato più per{ratteiiimtnto,-clTe per altra cagioine . E t però tu potrarf dire à Lifia , ciré ncrtlTenfi do andati doue è il fonte delle Ninfe, ideile Mufe,habi>iaino uditi certi ragion ameti, li cpali hanno comandato, che noi dtcfatno A à itif » ^(à tutti gli altri Scrittori d' Orat foni : ol tra dì quefto à Honicro,ò;fe altri è (lato che c qualche ftuda,CC bada Poefia babbi compofl:o,ó pùre or nata, fiC niimerofa,ul{irnaoien(e à Solone/fiCi tutti gii altri^che delle ordinationi tiiiili hanno fcritto,che fe eglino tali<cofe <:onìpofero con faji peucli della ue<ità,flC col difputarc, pofTono dì: difendere le cofe^cbe eglino hanno trattato ,iÓC con ragioni fa^r fi ,chc li fcritti dinioftrano c{{ctc dainanco,ft pia uili delle parole loio,fif dclU noce uiua,fe quefto che io dico, faranno • Farei ine,<he habbiano à pigliare il nome ne da quel le cofe,che con la penna fcrifTero^twa pio prcftat da quello, che doftamete ccnfiderarono.F E U. Etchc cognome lata quefto, <££ in the modelli lo darai tui' S O C il gran ccgncMM ài piente folo à iddio/ccondo me, fi conufener flC pero à qucfti tali huomi ni, ch'io tlio difopradc^ fcritti,gli porrci più conucnicntemete il cogno:: medi Filofofo,ò di qualche altra uoce fimile. F E D, Certo che quefto no fi difconuerrebbc. S OCR. Et pero dimmi un poco, chiamerai tu ragioneuolmcnte Poeta, ò vero fcritfore d'Os: rationi.òdi leggi colui, che in fé cofa alcuna no habbia migliore di quelle, che ha fcrittof' Et che lungo tempo rauuollendofi, fiC aggirandofi il ceruelIo,con una affidua emendafione finalmen te habbia fatto una compofitionef F E D. Che uuoitudircperquefto? SOCR. Voglio di re,chetudica tutte quefte cofe al tuoLifia. F ED^ Et tu non farai il medefimo col tua amico. ^ per che in uero non mi pare da lafciarlo andare. SOCR. Q^ale amico dici tu^ F E Dico Tfocratcgiouanc perfetto. Che dirai tu à coftui Socrate Chi diremo noi, che egli fia (SOCR. Ifocrate ò Fedro, è anchora giouanetto^ma io non uoglio lafciarc di dire quek lo,cheioindouinodilui, FED. Che cofa f S O C R. A me pare, che egli fia di migliore ingegno,chenon dimoftra d'eflcrLifia per li fuoi Sritti, & oltra di quello di più gencrcfi cofiumi ornato» Per il che io non mi marauigliarci punto. punto,fccrcfcendoinIuigIi anni, egli diuens tafTc più eccellente nelTarte del dire, nella qua le hora fi efercita di quànti mai à quella fi fono dati : flC credo, che egli non contento di queftc cofe per un certoinftintodiuino,cheè in lui, fi inalzerà ad imprefe maggiori ; per ciò che io uo glio che fappi,che nel fuo ingegno è (lata daU la natura poftain un' certo modo la Filofofia, Quefte cofe adunque, che da quefti iddìi hofa^ pute,manife(leròal mio amicilTimo irocrate,& tu dirai al tuo cariffimo Lifia quelle altre cofe. F E D. Cofì farò. Ma partiamoci di qui,con ciò fia che il caldo fu hormai calatto à fatto* S O C« InnanziportajrCjò trarre feco,fen6colui,che fia t» perato, Penfi tu che fi debba domandare altro ò Fedro ^ A me par hauerc con preghi domandato uclfo,cbefaceuadi fxifognó, F E Pieg afichoia,che quel trcdcfmio conccdinoa me : pei* ciò che tra gli amici cani cola è conh SOCR* Partiamoci Adunque. Felice Figliucci. Figliucci. Keywords: Giove e Ganimede. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Figliucci” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51760037737/in/photolist-2mRRHVK

 

Grice e Filangieri – lo stato secondo ragione – filosofia italiana – Luigi Speranza (San Sebastiano). Filosofo. Grice: “The importance of Filangieri is in the concept of ‘ragione retorica;’ indeed, on the footsteps of Vico, Filangeri ‘posseduto della ragione,’ shows that illuminism is incompatible with the ancien regime!” Dei principi di Arianello, figlio di Cesare, principe di Arianiello, e di Marianna Montalto, figlia del duca di Fragnito, nacque in Villa Filangieri, nel Casale di San Sebastiano di Napoli. Nella medesima villa Filangeri morì Giovan Gaetano Filangieri: il nonno dell'illuminista. Da una delle famiglie più antiche della nobiltà partenopea: lo zio arcivescovo era Serafino Filangieri.  Riceve un'educazione severa che si svolse privatamente nel Palazzo Filangieri di Largo Arianello. Se ne occuparono lo zio Serafino, e soprattutto Luca. Si dedica alla filosofia. Si laurea. A seguito della carica di gentiluomo di camera presso Ferdinando IV, si dedica al progetto della riforma di giustizia e divenne ufficiale di marina.  Il suo illuminismo è considerato napoletano in quanto non assimilato dall'esterno. Si tratta di un illuminismo prodotto nella Napoli. La città partenopea si era dimostrata sì come uno dei maggiori laboratori di idee d'Italia, ma in essa allo stesso tempo esistevano sempre i privilegi feudali e il lusso sfrenato di nobiltà, mentre la massa plebea continua a vivere nell'ignoranza.  Si parla a questo proposito di "questione meridionale" in quanto vi si impediva non solo il progresso, ma si metteva in discussione anche l'esistenza di una civiltà, dato che il tessuto sociale era ridotto a brandelli. In tale contesto rappresenta la voce riformatrice, la cui efficacia e tuttavia limitata dalla precoce morte, prima delle vicende rivoluzionarie. Scrisse un saggio, “Morale de' legislatori”, nel quale dichiara di essere favorevole alla pena di morte, mettendo in discussione le tesi di Beccaria. Afferma infatti che nello “stato di natura” – non lo stato civile -- ciascuno ha il diritto di togliere la vita a tutti per proteggere la propria ingiustamente minacciata". Tali temi vengono poi ripresi e trattati ne “La scienza della legislazione”. Stampa a Napoli le riflessioni politiche su l'ultima legge del sovrano. Le riflessioni riguardano la riforma dell'amministrazione della giustizia. In particolare afferma la necessità, per il magistrato, di motivare la propria sentenza in base alla legislazione scritta nel regno, permettendo in questo modo di eliminare gli abusi e i privilegi per il  giudice.  L'Illuminismo napoletano di Filangieri emerge in particolar modo in “La Scienza della Legislazione”.  Analizza le linee sistematiche di una scienza pratica destinata a essere guida delle riforme legislative e basata sulla *felicità individuale* del cittadino come premessa *utilitaristica* allo stato buono. Filosofi come d'Alembert e Montesquieu, con il loro spirito di classici dell'Illuminismo, contribuirono a influenzare Filangieri.  Ottenuta la dispensa dal servizio di corte, si trasferì a La Cava, poco lontano da Napoli. Qui si dedica interamente alla filosofia. Arrivano le prime condanne da parte dell'Inquisizione, anche se la Chiesa romana non contesta la legittimità dei provvedimenti assunti dal governo borbonico sulla scorta delle proposte contenute in “La scienza della legislazione”. Divene capitano di fanteria. Consigliere del Supremo Consiglio delle Finanze e, preso dagli impegni politici, non riusce “La Scienza”.  Si ritira a Vico Equense. Essendo stato iniziato in massoneria in una loggia napoletana, ebbe solenni funerali massonici, ai quali parteciparono delegazioni di tutte le logge napoletane. A Filangieri e intitolato il carcere minorile di Napoli. A Milano è intitolata la piazza antistante il carcere di San Vittore. Composta da otto libri, “La Scienza della legislazione” è un'opera di alto e innovativo valore in materia di filosofia. E così apprezzata per la sobrietà della critica e per la concreta esposizione sul piano giuridico. Espose una filosofia frutto della grande cultura napoletana antecedente all'Unità d'Italia, rappresentata in particolare da Vico e  Giannone, che interpola con Montesquieu e Rousseau.  Porta alla luce le ingiustizie sociali che affliggevano Napoli, pervasa dal lusso sfrenato dei privilegi feudali di aristocrazia, sfruttatori del popolo. Al tempo stesso essa chiede alla Corona di farsi portatrice di una rivoluzione pacifica, una sorta di modello di monarchia illuminata, secondo i canoni illuministici, da conseguire attraverso una seria azione riformatrice da attuarsi sugli strumenti giuridici.  Importanti l'affermazione dell'esigenza di attuare una codificazione delle leggi e di una riforma progressiva dalla procedura penale, la necessità di operare un'equa ripartizione delle proprietà terriere e anche un miglioramento qualitativo dell'educazione pubblica oltre ad un suo rafforzamento su quella privata.    Per ciò che attiene al diritto criminale dà un'innovativa definizione di delitto. Una azione A puo essere contraria alla legge L ma non un ‘delitto’. Un agente che commette A (non delitto) non e un ‘delinquente’. Un’azione A disgiunta dalla volontà V non è imputabile dallo stato civile. La volontà V disgiunta dall'azione A non è punibile dallo stato civile. Un delitto consiste dunque in una azione che viola la legge L, accompagnata dalla *volontà* dell’agente ‘delinquente’ di violar la legge L. Tratta le principali proposte di riforma, nel campo politico-economico (abolizione del privilegio feudale, ecc.), penale, dei rapporti tra religione e legislazione, e, in modo particolare, nel campo educativo. Essa comprende il Libro I, dedicato a  “Le regole generali” della scienza legislativa, il Libro II a “Leggi politiche ed economiche”; Libro III, “Leggi criminali (procedura; delitto e  pena), Libro IV, “Leggi che riguardano l'educazione, i costumi – Kant ‘zitte’ Varrone, mos, ethos --  e l'opinione pubblica), Libro V, “Leggi che riguardano la religione”; Libro VI, “Leggi relative alla proprietà, rimase abbozzato (ne fu steso soltanto il sommario), e Libro VII, (Leggi sulla famiglia). Tra le varie tesi esposte in questo libro emerge la considerazione che ha dell'agricoltura. Sotto l'influenza di Genovesi, di Verri e dei fisiocratici, la considera un settore importante del sistema economico e propose la rimozione di ogni ostacolo giuridico, fiscale ed economico al suo sviluppo e alla libertà del commercio dei suoi prodotti, sostenendo altresì l'imposta unica sul prodotto della terra.  Il trattato fu messa all'Indice dalla Chiesa romana per le sue idee giacobine. Infatti critica l'atteggiamento di Roma, ritenendo appunto che questa pesasse sulla società e si avvalesse di privilegi. Ha messo in campo proposte (giustizia sociale e giuridica, uguaglianza, pubblica istruzione, espropriazione dei beni ecclesiastici donati dai fedeli, ecc.) miranti al progresso in senso rivoluzionario attraverso un'azione legislativa fondata sulla ragione (non la fede) e rivolta ad un altrettanto presunto sviluppo della realtà di Napoli, ma con i metodi tipicamente giacobini basato su coercizione e sentimento massonico e anti-romano.  Stampa altri due saggi, i quali ebbero grande successo, con elogi entusiastici rivolti all'autore, come quello di Franklin, il quale avviò una corrispondenza con Filangieri e lo tenne presente per la stesura della Costituzione.  Suscita interesse e discussioni anche grazie all'attenzione dedicatagli da Constant. Altre opere: “Riflessioni politiche su l'ultima legge del sovrano, che riguarda la riforma dell'amministrazione della giustizia” (Napoli); “La scienza della legislazione” (Napoli); “Il mondo nuovo e le virtù civili: l'epistolario” (Napoli. Ricca); “Discorso genealogico dei Filangieri estratto dall'istoria del feudo di Lapio” (Napoli, Bernardo Cozzolino); “San Sebastiano: un itinerario storico artistico e un ricordo” (Poseidon Editore, Napoli); “Signore di Lapio, Rogliano e Arianello, Patrizio Napoletano aggregato al Seggio di Capuana, fu decorato con diploma imperiale di Carlo VI d'Asburgo, col titolo di principe di Arianello. Vittorio Gnocchini, “L'Italia dei liberi muratori. Brevi biografie di massoni famosi” (Roma-Milano, Erasmo Editore-Mimesis); Giampiero Buonomo, Quei lumi accesi nel Mezzogiorno, in Avanti!, BECCHI, PAOLO. De Luca, S. Il Pensiero Politico di Gaetano Filangieri. Un'Analisi Critica. Il Pensiero Politico; Firenze, Seelmann, Kurt. La proporzionalità fra reato e pena. Imputazione e prevenzione nella filosofia penale dell'Illuminismo” (Società editrice il Mulino); Trampus, Antonio, Diritti e costituzione” (n.p.: Soc. Ed. Il Mulino,  Domenico Valente,"Poliorama Pittoresco", Conferenza tenuta dal comm. Giovanni Masucci al Circolo giuridico di Napoli, n.p.: Napoli, Tip. gazz. Diritto e giurisprudenza,  Gerardo Ruggiero, Un uomo, una famiglia, un amore nella Napoli del Settecento, Alfredo Guida Editore Pecora Gaetano, Il pensiero politico. Una analisi critica, Rubbettino Editore, Ferrone Vincenzo, La società giusta ed equa. Repubblicanesimo e diritti dell'uomo, Roma-Bari, Laterza, Cozzolino Bernardo, San Sebastiano: Un itinerario storico artistico e un ricordo” (Edizioni Poseidon, Napoli Giancarlo Piccolo, “Cappella Filangieri. Indagini sulla Parrocchia Immacolata e Sant'Antonio, Cercola (NA), IeS Edizioni, Cercola  F.S. Salfi, Franco Crispini, Elogio, Cosenza, Pellegrini, "Frontiera d'Europa" (Rivista storica semestrale, Esi editore Istituto Italiano per gli Studi Filosofici), intitolato “Studi filangieriani” Berti, F., Il repubblicanesimo, Pensiero politico Mongardini, C., Politica e sociologia, Giuffrè, Trampus, A. e Scola, M., Diritti e costituzione. Pensiero politico. Ascione Gina Carla e Cozzolino Bernardo, Cappella di San Vito Martire a San Domenico: Il restauro del dipinto della Madonna del Carmelo di Giovanni Antonio d’Amato, Pref. S.E. Card. Crescenzio Sepe, San Sebastiano. Filangieri Illuminismo in Italia. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Open MLOL, Horizons Unlimited srl. Il pensiero politico di .Una analisi critica, su politica magazine. Gaetano Filangieri. Filangieri. Keywords: lo stato secondo ragione,  ‘stato naturale’ ‘stato civile’ – costume – il romano – le costume dei romani – devere e volonta – implicatura deontica – passione e ragione – illuminismo – anti-clericalism – anti-Roman – Grice: “Catholicism gives a bad name to ‘Roman’!” -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Filangieri” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51716123341/in/photolist-2mRjtgo-2mQjVch-2mN35cA-2mMYDGZ-2mN113U-2mLQc9e-2mKEPgR

 

Grice e Filippis – implicatura metafisica – filosofia italiana – Luigi Speranza (Tiriolo). Filosofo. Grice: “Fillippis is an interesting one, for one there is a Palazzo De Fillippis; for another he was into the philosophy of mathematics; he was executed, but not for this.”  Martire della Repubblica Napoletana. Nato in una famiglia di piccoli proprietari terrieri, studia al Real Collegio di Catanzaro. Si recò a Napoli dove fu allievo del grande economista Genovesi. Ebbe modo di frequentare gli ambienti illuministici entrando in contatto fra gli altri Pagano. Proseguì in seguito gli studi in filosofia a Bologna sotto Canterzani. Insegna a Catanzaro. Fu fra i principali artefici della Repubblica Napoletana. Entra nel governo come ministro degli Interni. Con la caduta della Repubblica, venne messo a morte per impiccagione in Piazza Mercato. Scrisse importanti opere di filosofia, quali “Etica”; “Metafisica”, Vite degl'Italiani benemeriti della libertà e della patria, Torino, Bocca); Albo illustrativo della Rivoluzione Napoletana; B. Croce, G. Ceci, M. D'Ayala, S. Di Giacomo, Napoli, Morano); La Repubblica napoletana” Roma, Newton), Dizionario biografico degli italiani,  Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Vincenzo De Filippis. Filippis. Keywords: implicatura metafisica. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Filippis” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51761688145/in/dateposted-public/

 

Grice e Filolao – l’arciere di Taranto – filosofia italiana – Luigi Speranza -- Italian philosopher from Crotone in southern Italy, the first Pythagorean to write a book. The surviving fragments of it are the earliest primary texts for Pythagoreanism, but numerous spurious fragments have also been preserved. Philolaus’s book begins with a cosmogony and includes astronomical, medical, and psychological doctrines. His major innovation was to argue that the cosmos and everything in it is a combination not just of unlimiteds what is structured and ordered, e.g. material elements but also of limiters structural and ordering elements, e.g. shapes. These elements are held together in a harmonia fitting together, which comes to be in accord with perspicuous mathematical relationships, such as the whole number ratios that correspond to the harmonic intervals e.g. octave % phenotext Philolaus 1 : 2. He argued that secure knowledge is possible insofar as we grasp the number in accordance with which things are put together. His astronomical system is famous as the first to make the earth a planet. Along with the sun, moon, fixed stars, five planets, and counter-earth thus making the perfect number ten, the earth circles the central fire a combination of the limiter “center” and the unlimited “fire”. Philolaus’s influence is seen in Plato’s Philebus; he is the primary source for Aristotle’s account of Pythagoreanism.  Filolao. H. P. Grice, “Pythagoras: the written and the unwritten doctrines,” Luigi Speranza, “Grice e Filolao” -- “Grice a Crotone, ovvero, Filolao,” per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51760343533/in/dateposted-public/

 

Grice e Fineschi – eroticologico, filologico – l’amore – filosofia italiana – Luigi Speranza (Siena). Filosofo. Grice: “Fineschi shows how COMPLEX Marx’s theory of cooperation is!” --  Grice: “I like Fineschi; when at Harvard I played with ‘cooperation’ I didn’t really know what I was talking about! Fineschi does! He calls me a Marxist – and that’s why I dubbed my ontological occam’s razor as ‘ontological marxism’!” Studia a Siena sotto Mazzone con “Marx rivisitato”. Per il suo dottorato, svoltosi sotto Domanico a Palermo, si occupa del rapporto Marx-Hegel. Ha vinto la prima edizione del premio David-Rjazanov-Preises. Altre opere: “Ripartire da Marx. Processo storico ed economia politica nella teoria del “capitale”, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici La Città del Sole, Napoli); “Marx: rivisitazioni e prospettive, Mimesis, Milano (Itinerari filosofici) “Marx e Hegel. Contributi a una relectura” (Carocci editore, Roma); “Un nuovo Marx. Filologia e interpretazione dopo la nuova edizione storico critica” Carocci editore, Roma). Roberto Fineschi. Fineschi. Keywords: eroticologico, filologico, amore, Grice’s ontological Marxism, implicatura filologica – Kantotle, Plathegel. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fineschi” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51760720949/in/dateposted-public/

 

Grice e Fioramonti – implicature economica – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo. Grice: “Fioramonti, like Hart, and myself, has philosophised on human right, legal right, moral right.” Frequenta il liceo a Roma, situato nel quartiere di Tor Bella Monaca. Si laurea a Roma con una tesi in Storia della economia filosofica, incentrata sul ruolo dei diritti di proprietà ed individuali. Studia Politica comparata a Siena.  Insegna a Pretoria, ed è direttore del Centro per lo studio dell'innovazione Governance (GovInn) dello stesso ateneo. È inoltre membro del Center for Social Investment dell'Heidelberg, della Hertie School of Governance e dell'Università delle Nazioni Unite.  Si occupa di economia e integrazione economica europea. Per il Financial Times, sostiene che il PIL è "non solo uno specchio distorto in cui vedere le nostre economie sempre più complesse, ma anche un impedimento a costruire società migliori".  I suoi articoli sono inoltre apparsi su The New York Times, The Guardian, Harvard Business Review, Die Presse, Das Parlament, Der Freitag, Mail & Guardian, Foreign Policy e open democracy.net. Ha una rubrica mensile nel Business Day. È stato co-direttore della rivista scientifica The Journal of Common Market Studies. è inoltre coautore e co-editore di diversi libri. Oltre ai best seller Gross Domestic Problem: “La politica dietro il numero più potente del mondo e Il modo in cui i numeri governano il mondo: l'uso e l'abuso delle statistiche nella politica globale, pubblica “Economia del benessere: successo in un mondo senza crescita, Presi per il PIL. Tutta la verità sul numero più potente del mondo e Il mondo dopo il PIL: economia, politica e relazioni internazionali nell'era post-crescita.  Ha avuto un'esperienza come assistente parlamentare, collaborando a titolo gratuito con Antonio Di Pietro (IdV) a sviluppare politiche per i giovani nelle periferie.  Viene resa nota la sua candidatura col Movimento 5 Stelle alle imminenti elezioni politiche di marzo, risultando eletto alla Camera dei deputati nel collegio uninominale di Roma-Torre Angela con il 36,65% dei voti.  è stato nominato sottosegretario presso il Ministero dell’istruzione, dell'università e della ricerca nel Governo Conte I. Nominato Dino Giarrusso suo segretario particolare, affidandogli l'incarico di coordinare la comunicazione del suo ufficio e curare le relazioni istituzionali. L'onorevole ha inoltre aggiunto di aver chiesto a Giarrusso di aiutarlo anche ad evadere le segnalazioni inviate al Ministero sulle presunte irregolarità che si verificano all'interno dei concorsi universitari.  Il 13 settembre  il Consiglio dei ministri, su proposta di Bussetti, lo ha nominato vice ministro all'istruzione, università e ricerca.  Proposto il 4 settembre  come ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca nel Governo Conte II, viene nominato ufficialmente. All'inizio del suo mandato ha istituito un comitato scientifico di consulenza, composto tra gli altri da Shiva.  Nel mese di ottobre  intervenendo ai microfoni della trasmissione radiofonica Un giorno da pecora ha affermato di "credere in una scuola laica" e di essere favorevole alla rimozione del crocifisso nelle scuole, per sostituirlo piuttosto con una mappa del mondo. In seguito, e criticato dalla Conferenza Episcopale Italiana. Annuncia l'introduzione in Italia, primo Paese al mondo, dello studio del cambiamento climatico e dello sviluppo sostenibile come materia scolastica.  Dichiara di essere pronto a rassegnare le proprie dimissioni qualora nella Legge di bilancio  non fossero stati trovati fondi per 3 miliardi di euro da destinare all'istruzione. Invia al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte una lettera in cui annuncia le proprie dimissioni e dichiara che, a proprio avviso, sarebbe opportuno rivedere l'IVA al fine di incassare i fondi che chiedeva per il proprio ministero.  Comunica la propria uscita dal Movimento 5 Stelle e la propria adesione al Gruppo Misto alla Camera.  Annunciato la fondazione del nuovo partito politico Eco. Eco rappresenta un'ipotesi, un'idea guidata dalla volontà di costituire una entità in collaborazione tra società civile e parlamentari, ma la cui concretizzazione in una nuova realtà non è ancora certa.  Entra a far parte di Green Italia, insieme all'onorevole Rossella Muroni e Elly Schlein, vicepresidente dell'Emilia Romagna.  Dopo che il quotidiano il Giornale ha pubblicato alcune dichiarazioni fatte nel passato su Twitter da Fioramonti, ritenute inappropriate per la carica da ministro, diversi partiti (tra cui Lega, FI e FdI) chiedono le sue dimissioni dal dicastero, annunciando il deposito in Parlamento di una mozione di sfiducia È stata effettivamente depositata? Che ne è stato? Il ministro ha quindi dichiarato sui social che tali opinioni erano state scritte di getto e si è quindi scusato.  Nello stesso periodo suscita polemica il fatto che, secondo quanto riportato dalle chat di alcuni genitori, il ministro avrebbe scelto di iscrivere il figlio alla scuola inglese e di non fargli fare l'esame di italiano. A seguito di tale notizia, scrive un post sui social in cui si definisce turbato come padre e cittadino ed annuncia di voler presentare un esposto al garante della privacy.  Altre opere: Diritti umani 50 anni dopo. Aracne); “Fuori. Fermento, . Poteri emergenti nell'economia politica e internazionale. Il caso di India, Brasile e Sudafrica . ETS, . Presi per il PIL. Tutta la verità sul numero più potente del mondo. L’Asino d’oro edizioni, . Il mondo dopo il Pil. Economia e politica nell'era della post-crescita. Edizioni Ambiente, . Un'economia per stare bene. Dalla pandemia del Coronavirus alla salute delle persone e dell'ambiente. Chiarelettere. Vincenzo Bisbiglia, chi è il candidato M5S: dalla laurea in Filosofia alla critica al pil. Con tappa alla Rockefeller foundationIl Fatto Quotidiano, in Il Fatto Quotidiano, Professor Lorenzo Fioramonti, su up.ac.za. Has GDP become an impediment to a better society?, su Financial Times. 1World needs a new Bretton Woods with Africa in the lead, su bdlive.co.za, Business Day. Eligendo: Camera [Scrutini] Collegio uninominale 05 ROMA ZONA TORRE ANGELA (Italia) Camera dei Deputati Ministero dell'Interno, su Eligendo. F.Q., Governo, nominati 45 tra viceministri e sottosegretari: Castelli e Garavaglia al Mef. Crimi all'Editoria. Dentro anche SiriIl Fatto Quotidiano, in Il Fatto Quotidiano, Università, dietrofront su Giarrusso. Fioramonti: "è solo il mio segretario, non un controllore", in Repubblica, Governo: Galli, Rixi e Fioramonti nominati viceministriTgcom24, in Tgcom24, Crocifisso a scuola, la Chiesa contro il ministro Fioramonti che vorrebbe toglierlo dalle classi, su Repubblica, Fioramonti: da settembre il clima sarà materia di studio a scuola  Fioramonti: 3 miliardi per l'istruzione o confermo le mie dimissioni -, su Orizzonte Scuola, Il ministro dell’Istruzione Fioramonti ha dato le dimissioni, Corriere della sera, Fioramonti lascia il gruppo M5S: «C'è diffuso sentimento di delusione», Il Messaggero, 30 L’ex ministro Fioramonti: «Un altro governo non è un tabù. Ora un’area civica progressista», su Il Manifesto. Bufera su Fioramonti per alcuni tweet. Meloni chiede le dimissioni, per Lega e Pd deve chiarire, su L'HuffPost, Bufera su Fioramonti per offese web, ministro si scusa Politica, su Agenzia ANSA, Chi è Lorenzo Fioramonti, nuovo ministro del MIUR, su theitaliantimes, Governo Conte II Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca della Repubblica Italiana. Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Openpolis, Associazione Openpolis.  Radio Radicale.  PredecessoreMinistro dell'istruzione, dell'università e della ricerca della Repubblica Italiana Successore MinisteroIstruzione. png Marco Bussett, Giuseppe Conte (ad interim) PredecessoreViceministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca della Repubblica Italiana Successore MinisteroIstruzione. Anna Ascani. Lorenzo Fioramonti. Fioramonti. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fioramonte: l’implicatura” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Fiore – filosofia italiana – Luigi Speranza (Celico). Filosofo. Grice: “If you are thinking that Fiore is the source for the Cistercians, you are wrong – actually Fiore WAS a Cisctercian until he wasn’t one! Pretty much like St. John’s!” -- da Floris, Italian philosopher, the founder the order of Ciscercian order of San Giovanni in Fiore (vide, Grice, “St. John’s and the Cistercians”). He devoted the rest of his life to meditation and the recording of his prophetic visions. In his major works Liber concordiae Novi ac Veteri Testamenti,: Expositio in Apocalypsim and Psalterium decem chordarum. Da Floris  illustrates the deep meaning of history as he perceived it in his visions. History develops in coexisting patterns of twos and threes. The two testaments represent history as divided in two phases ending in the First and Second Advent, respectively. History progresses also through stages corresponding to the Holy Trinity. The age of the Father is that of the law; the age of the Son is that of grace, ending approximately in 1260; the age of the Spirit will produce a spiritualized church. Some monastic orders like the Franciscans and Dominicans saw themselves as already belonging to this final era of spirituality and interpreted Joachim’s prophecies as suggesting the overthrow of the contemporary ecclesiastical institutions. Some of his views were condemned by the Lateran Council. Gioacchino da Fiore Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search «… E lucemi dallato, il calavrese abate Giovacchino di spirito profetico dotato»  (Dante Alighieri, Paradiso, Canto XII, vv. 140-141) Gioacchino da Fiore Joachim of Flora.jpg. Filosofo. NascitaCelico, 1130 MortePietrafitta, 30 marzo 1202 BeatificazioneNuncupato Santuario principaleAbbazia Florense Manuale Gioacchino da Fiore (Celico, 1130 circa – Pietrafitta) è stato un abate, teologo e scrittore italiano. È venerato come beato da parte dei florensi e dei gesuiti bollandisti, anche se non c'è mai stata una beatificazione ufficiale da parte della Chiesa cattolica.   Le condizioni economiche della famiglia di Gioacchino erano agiate; il padre Mauro, infatti, era tabulario o notaio. In passato si era ritenuto che la famiglia avesse origini ebraiche, forse per spiegare l'atteggiamento benevolo di Gioacchino nei confronti dell'Ebraismo.  Gioacchino nacque a Celico; la sua casa natale viene collocata storicamente dove sorge attualmente la chiesa dell'Assunta, edificata sicuramente prima del 1421 sul perimetro della casa natale dell'abate Gioacchino. Ricevette le prime nozioni di educazione scolastica nella vicina Cosenza. Ben presto fu mandato dal padre a lavorare, sempre a Cosenza, presso l'ufficio del Giustiziere della Calabria. A causa di contrasti insorti sul posto di lavoro, andò a lavorare presso i Tribunali di Cosenza. In seguito il padre riuscì a fargli ottenere un posto presso la corte normanna a Palermo, dove lavorò prima a diretto contatto con il capo della zecca, poi con i notai Santoro e Pellegrino e infine presso il Cancelliere di Palermo, arcivescovo Stefano di Perche. Entrato in disaccordo anche con Stefano, si allontanò definitivamente dalla corte reale di Palermo per compiere un viaggio in Terrasanta.  Gli inizi Forse nel corso di questo viaggio maturò un profondo distacco dal mondo materiale per dedicarsi allo studio delle Sacre Scritture. Al ritorno in patria Gioacchino si ritirò dapprima in una grotta nei pressi di un monastero posto sulle falde del monte Etna, poi tornò con un suo compagno a Guarassano, nei pressi di Cosenza. Qui fu riconosciuto e costretto ad incontrare il padre, che lo aveva dato per disperso. Al padre confessò di aver smesso di lavorare per il re normanno per servire il Re dei Re (cioè "il Signore Dio nostro")  Visse per circa un anno presso l'abbazia di Santa Maria della Sambucina, da cui si allontanò per andare a predicare dall'altra parte della valle, vivendo nei pressi del guado Gaudianelli del torrente Surdo, vicino a Rende.  Poiché al tempo la predicazione di un laico non era ben accetta, Gioacchino compì un viaggio fino a Catanzaro, dove il vescovo locale lo ordinò sacerdote. Durante il tragitto da Rende a Catanzaro si fermò nel monastero di Santa Maria di Corazzo, dove incontrò il monaco Greco che lo pose davanti alla parabola dei talenti, rimproverandolo di non mettere a frutto le sue doti. Tornò a predicare nuovamente a Rende, con l'abito di sacerdote. Poco tempo dopo vestì l'abito monastico, entrando nel monastero di Santa Maria di Corazzo. Questa abbazia benedettina, guidata dal beato Colombano, aspirava a seguire la regola cistercense.  Elezione ad abate Secondo le fonti più accreditate, nel 1177 Giovanni Bonasso venne eletto abate di Santa Maria di Corazzo, ma rinunciò, scappando dapprima nel monastero della Sambucina, poi nel monastero del legno della croce di Acri. Gioacchino non ambiva a diventare abate, ma a studiare le Sacre Scritture. Gli uomini più potenti di quel tempo, riunitisi con lui a Sambucina, lo convinsero ad accettare la carica di abate di quel monastero, all'epoca poverissimo. A Corazzo l'abate Gioacchino cominciò a scrivere la prima delle sue opere, La Genealogia, impiegando come suoi scribi frate Giovanni e frate Nicola.  Teologo e scrittore In qualità di abate compì un viaggio all'abbazia di Casamari. Durante questo periodo incontrò il papa Lucio III, che gli concesse la licentia scribendi. Con l'aiuto degli scribi Giovanni, Nicola e Luca, iniziò già a Casamari la stesura delle sue opere principali: la Concordia tra il vecchio e il nuovo testamento e l'Esposizione dell'Apocalisse. In quello stesso periodo Gioacchino interpretò innanzi al papa una profezia ignota, trovata tra le carte del defunto cardinale Matteo d'Angers. Da qui scaturì l'incoraggiamento del pontefice Lucio III a scrivere le sue opere.  Nel 1186-1187 si recò a Verona, dove incontrò il papa Urbano III. Al ritorno si ritirò a Pietralata, una località sconosciuta, abbandonando definitivamente la guida dell'abbazia di Corazzo. I suoi monaci non tolleravano il suo girovagare e lo stare sempre distante dall'abbazia e pertanto fecero una petizione per risolvere la questione presso la Curia romana. A seguito di ciò, nel 1188 ottenne l'affiliazione dell'abbazia di Corazzo all'abbazia di Fossanova e il papa Clemente III lo prosciolse dai doveri abbaziali, autorizzandolo a continuare a scrivere.  Pietralata e protomonastero di Fiore Vetere Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Abbazia Florense. A Pietralata, presumibilmente una contrada nei pressi di Marzi-Rogliano, da lui ribattezzata Petra Olei, cominciarono a pervenire molti seguaci. Il primo fu Raniero da Ponza, che in seguito fu legato apostolico in Francia e Spagna sotto papa Innocenzo III. Pietralata divenne presto un luogo incapace di ospitare la moltitudine di gente che accorreva a sentire Gioacchino; pertanto nell'autunno del 1188 Gioacchino salì in Sila alla ricerca di un territorio che si potesse abitare. Dopo varie perlustrazioni, si fermò nel luogo oggi denominato Jure Vetere Sottano, attualmente nel comune di San Giovanni in Fiore. A sei mesi di distanza dalla perlustrazione, abbandonò Pietralata e si trasferì con i suoi discepoli in Sila sul luogo prescelto. Pietralata è un luogo avvolto nel mistero e ancora oggi non identificato con sufficienti certezze.  Dopo sei mesi dal trasferimento, il re Guglielmo il Buono morì e gli subentrò sul trono normanno Tancredi, già conte di Lecce. Furono proprio i funzionari di Tancredi a contestare a Gioacchino l'insediamento in Sila, per cui l'abate dovette recarsi a Palermo (primavera 1191) per discutere con il nuovo re. Dopo un complesso confronto tra i due, durante il quale Tancredi propose all'abate di trasferirsi presso l'abbazia della Matina «allora in stato di grave declino» (proposta rifiutata in maniera decisa da Gioacchino), gli fu concesso di restare in Sila[3], nel luogo prescelto, facendogli dono di un vasto tenimento posto nelle adiacenze, aggiungendo 300 pecore e 30 some di grano per il sostentamento della comunità religiosa. Da qui in avanti cominciò a costruire il protomonastero di Fiore Vetere.  Nel 1194, dopo la morte di Tancredi, subentrò nel regno Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa, il quale concesse a Gioacchino un vasto tenimento in Sila e privilegi sovrani su tutta la Calabria.  La Congregazione florense Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Ordine florense e Florensi. In questo periodo, dopo il diploma concesso da Enrico VI, Gioacchino fondò i monasteri di Bonoligno e Tassitano e acquisì altri monasteri già italo-greci. Forte del patrimonio terriero ed ecclesiale acquisito, Gioacchino si recò a Roma ricevendo da papa Celestino III l'approvazione della Congregazione florense e dei suoi istituti il 25 agosto del 1196.  I florensi continuarono a colonizzare il territorio assegnato e, affinché Fiore venisse articolato secondo lo schema della Tav. XII, misero a coltura i territori di Bonolegno e di Faradomus, facendosi aiutare molto probabilmente da gruppi di laici che condividevano il progetto del novus ordo. Pertanto, con le acque del fiume Garga, attraverso il canale cosiddetto badiale, fecondarono dapprima Bonolegno e poi Faradomus. Da qui insorsero delle liti con i monaci greci del monastero dei tre fanciulli, ubicato in prossimità di Caccuri, che contestarono ai florensi l'occupazione di territori che secondo loro detenevano da tempi immemorabili. I poveri florensi furono bastonati, malmenati e gli edifici in costruzione distrutti. Tuttavia l'azione di costruzione dell'insediamento non si fermò, fintanto che l'abate rimase in vita.  Gioacchino morì il 30 marzo 1202 presso Canale di Pietrafitta[4] e fu seppellito nel monastero florense di San Martino di Canale. Il suoi resti furono traslati nell'abbazia di San Giovanni in Fiore verso il 1226, quando la grande chiesa era ancora in costruzione. L'abate Matteo Vitari, successore di Gioacchino, continuò l'opera ampliando le fondazioni florensi; nel periodo del suo abbaziato, l'ordine florense vantava oltre cento filiazioni, tra abbazie, monasteri e chiese, ognuna dotata di ampi tenimenti-tenute e possedimenti vari, sparsi in Calabria, Puglia, Campania, Lazio, Toscana e rendite che provenivano anche dalle lontane terre di Inghilterra, Galles e Irlanda.  I grandi benefattori dell'abate Gioacchino e dell'Ordine florense La Congregazione florense prima e l'Ordine florense poi ebbero molti benefattori; fra i tanti vale la pena ricordare:  Signore di Oliveti: diede a Gioacchino la possibilità di vivere nel ritiro di Pietralata. Tancredi il Normanno: concesse a Gioacchino il Locum Floris, il Tenimentum Silae, 300 pecore e 112,5 quintali di grano annui. Enrico VI di Svevia: concesse a Gioacchino il Tenimentum Floris e tanti privilegi imperiali. Gilberto, vescovo di Cerenzia: concesse il tenimento Montemarco con la relativa abbazia e filiazioni dipendenti. Celestino III: riconobbe la Congregazione florense e i suoi istituti religiosi. Costanza d'Altavilla: ratificò a Gioacchino tutti i beni posseduti dal Monasterio Sancti Johanni de Flore. Umfredo Colino e Simone de Mamistra, Giustiziere Regio della Calabria: concessero a Gioacchino la tenuta di Caput Album (capo Arvo). Ugolino, cardinale prete di S. Lorenzo in Lucina, Legato Apostolico in Sicilia: concesse a Gioacchino la tenuta Albetum in Caput Gratium (Albeto di Capo Crati). Federico II di Svevia: concesse a Gioacchino le tenute Caput Album e Caput Gratis. Andrea, arcivescovo di Cosenza: concesse a Gioacchino la chiesa di San Martino di Jove in Canale (Pietrafitta). Stefano, vescovo di Tropea, Gattegrima e Simone de Mamistra (Giustiziere Regio della Calabria), signori di Fiumefreddo: concessero a Giacchino la chiesa di Santa Domenica, con tutte le sue dipendenze, compreso i tenimenti Flumen Frigidum e Barbaro. Culto  Gioacchino da Fiore con l'aureola, affresco della fine del sec. XVI, cattedrale di Santa Severina I seguaci di Gioacchino, subito dopo la sua morte, raccolsero la biografia, le opere e le testimonianze dei miracoli ottenuti per sua intercessione per proporne la canonizzazione. Questo primo tentativo probabilmente abortì a seguito delle disposizioni del Concilio Lateranense IV, che nel 1215 dichiarò eretiche alcune frasi contro Pietro Lombardo contenute in un libello accreditato ingiustamente a Gioacchino da Fiore. Tuttavia la seconda Costituzione Conciliare sull'errore dell'abate Gioacchino dichiarò anche: "Con ciò, però, non vogliamo gettare un'ombra sul monastero di Fiore, in cui lo stesso Gioacchino è stato maestro, poiché ivi l'insegnamento è regolare e la disciplina salutare. Tanto più che lo stesso Gioacchino ci ha inviato tutti i suoi scritti perché fossero approvati o corretti secondo il giudizio della Sede apostolica. Ciò egli fece con una lettera, da lui dettata e sottoscritta di proprio pugno, nella quale egli confessa senza tentennamenti di tenere quella fede che ritiene la chiesa di Roma, madre e maestra, per volontà di Dio, di tutti i fedeli" (Cost. 2).  Dante Alighieri, nella Divina Commedia, inserisce Gioacchino da Fiore nel paradiso (canto XII, versi 139-141), tra la schiera dei beati sapienti, corrispondenti agli odierni dottori della Chiesa, accanto ai santi Bonaventura da Bagnoregio, Rabano Mauro e Tommaso d'Aquino. Da ciò si desume il chiaro giudizio di Dante, emesso 110 anni circa dopo la morte dell'abate calabrese.  Un secondo tentativo d'avvio della canonizzazione fu compiuto dall'abate Pietro del monastero florense, che si recò ad Avignone per portare al Sommo Pontefice tutta la documentazione relativa alle grazie e ai miracoli ottenuti tramite l'abate Gioacchino, sia durante la sua vita sia dopo la sua morte.  È risaputo che i cistercensi venerarono come beato l'abate Gioacchino, elaborandone perfino l'antifona per il 29 maggio. Si ritiene che ciò sia avvenuto quando i florensi furono fatti confluire nella Congregazione cistercense calabro lucana. I gesuiti bollandisti nel loro calendario liturgico e nel loro messale avevano incluso l'abate Gioacchino come beato, fissando per lui nell'anno due festività celebrative. Il vescovo di Cosenza, Gennaro Sanfelice, denunciò all'Inquisizione i monaci cistercensi di San Giovanni in Fiore poiché tenevano continuamente accesa una lampada sull'altare vicino al sepolcro dell'abate Gioacchino. Tale denuncia causò una serie di problemi relativi al culto e alle reliquie.  All'approssimarsi dell'VIII centenario della morte dell'abate Gioacchino, il 25 giugno 2001 l'Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano iniziò nuovamente l'iter per la canonizzazione. Ad oggi risulta conclusa la fase diocesana. Postulatore della Causa è stato nominato il don Enzo Gabrieli.  Opere  Dialogi de prescientia Dei Gioacchino, esortato da papa Lucio III, mise per iscritto la sua originale interpretazione delle Sacre Scritture. Le sue opere principali sono:  Concordia Novi ac Veteris Testamenti Expositio in Apocalypsim Psalterium decem chordarum A queste vanno aggiunte:  Adversus Iudaeos- edizione Adversus Iudeos, Fonti per la storia d'Italia 95, Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo Roma, Apocalypsis Nova De Articulis Fidei - edizione De articulis fidei, Fonti per la storia d'Italia 78, Roma, Tipografia del Senato, 1936. URL consultato il 30 aprile 2015. De prophetia ignota De Septem Sigillis Dialogi de Praescientia Dei et de praedestinatione electorum - edizione Dialogi de prescientia Dei et predestinatione electorum, Fonti per la storia dell'Italia medievale. Antiquitates 4, Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo Roma, Enchiridion super Apocalypsim Epistulae Inteligentia super calathis ad abbatem Gaufridum Testamentum Universis Christi fidelibus Exhortatorium Iudeorum Genealogia Liber Figurarum (scoperto da Leone Tondelli) Poemata duo (Visio admirandae historiae, Hymnus de patria coelesti) Prefatio in Apocalypsim Professio fidei Quaestio de Maria Magdalena Sermones Soliloquium Tractatus super quattuor Evangelia - edizione Tractatus super quatuor evangelia, Fonti per la storia d'Italia 67, Torino, Bottega d'Erasmo. Tractatus in expositionem et regulae beati Benedicti Ultimis Tribulationibus Sono inoltre conosciuti:  Testi apocrifi: Liber contra Lombardum Super Hieremiam Praemissiones e Super Esaiam De oneribus prophetarum Expositio super Sibillas e Merlino Vaticinia de Summis Pontificibus (di dubbia provenienza) Altri manoscritti vari, chiamati Opuscoli. Le intuizioni di Gioacchino da Fiore Secondo Gian Luca Potestà nella sua recensione a Refrigerio dei Santi, Gioacchino da Fiore, "segna comunque una svolta nella coscienza escatologica medievale, in quanto è il primo a rompere il "tabù agostiniano" riguardo ad Apocalisse 20 e ad avanzare, in modo cauto ma netto l'idea che la ligatio Sathane per annos mille vada riferita al tempo imminente di pace terrena, situato fra la prossima venuta dell'Anticristo e le persecuzioni finali di Gog e Magog." Sulla stessa linea si pone Robert E. Lerner che evidenza come il teorema di Sant'Agostino, della suddivisione della storia in tre periodi: Ante legem, sub lege, sub gratia, viene rivisto da Gioacchino che introduce nel dramma il quarto atto: Itaque tempus ante legem, secundum sub lege, tertium sub evangelio, quartum sub spiritali intellectu", dimostrando così la sua straordinaria originalità interpretativa delle Sacre Scritture.  Gioacchino da Fiore tra le tante ebbe tre interessanti e originali intuizioni.  Ha cercato e provato che esistono diverse forme di concordia tra l'Antico e il Nuovo Testamento, il primo indissolubilmente legato al periodo del Padre, il secondo indissolubilmente legato al periodo del Figlio. Da questo concetto, noto come modello "binario della teologia della storia", data la piena proporzionalità da lui riscontrata, intuisce la possibilità di "proiettare con fiducia il corso della storia cristiana oltre l'età apostolica sino al presente, e da qui verso il futuro." (Lerner) Sulla base di questo sistema di concordanza tra i due Testamenti, attraverso lo studio accurato delle Scritture, ritiene di poter scrutare nel futuro, assicurando che i due Testamenti assicuravano le medesime certezze. Dopo di che passa ad interpretare l'Apocalisse, l'ultimo libro del Nuovo Testamento, e anche qui ritrova a suo modo di dire la continuità dell'intera storia della chiesa, passata, presente e futura. Gioacchino ha sempre sostenuto a chiare lettere di essere un interprete ispirato della Scrittura, piuttosto che un profeta, egli, infatti, rifuggì dal rappresentare il tempo finale con parole diverse da quelle direttamente tratte dalla Scrittura. Da questo concetto binario, Gioacchino elabora un "modello ternario", connesso strettamente alla santissima Trinità, dimostrandolo con alcuni concetti fondamentali attraverso l'analisi teologico-iconografica delle lettere "ALFA" e "OMEGA". Dallo sviluppo di queste due concezioni basilari Gioacchino approdò allo sviluppo dei concetti riferiti alle "tre Età della Storia terrena", sostenendo che se c'era stato il tempo in cui ha operato prevalentemente il Padre e il tempo in cui ha operato prevalentemente il Figlio, allora doveva esserci anche un tempo in cui opererà prevalentemente lo Spirito Santo, che procede da Padre e dal Figlio. La scansione del tempo che l'abate di Fiore elabora si basa sulle tre epoche fondamentali: Età del Padre: corrispondente alle narrazioni dell'Antico Testamento, estesa nel tempo che va da Adamo ad Ozia, re di Giuda (784-746); Età del Figlio: rappresentata dal Vangelo e compresa dall'avvento di Gesù, estesa nel tempo che va da Ozia fino al 1260; Età dello Spirito Santo: estesa nel tempo che va dal 1260 fino alla fine del "millennio sabbatico", ovvero quel periodo in cui l'umanità attraverso una vita vissuta in un clima di purezza e libertà avrebbe goduto di una maggiore grazia. In questa età, una nuova Chiesa tutta spirituale, tollerante, libera, ecumenica, prende il posto della vecchia Chiesa dogmatica, gerarchica, troppo materiale.[6] L'età dello Spirito ricomprende le età precedenti in un regno dove i conflitti sono pacificati, le guerre eliminate e l'uomo rigenerato dallo svelamento dei misteri e s-secondo alcune interpretazioni- il ricongiungimento di cristiani ed ebrei, fino ad ora divisi dalla parziale illuminazione di Antico e Nuovo Testamento.  Con tale teorema Gioacchino estende il tempo della storia, proponendo la dilazione del tempo della salvezza. Gioacchino elabora pertanto, prima il modello dell'albero dei due avventi, poi i tre alberi, quello sviluppato nell'età del Padre, quello sviluppato nell'età del Figlio e quello che si svilupperà nell'età dello Spirito Santo. Gioacchino crede di vivere nella fase finale di una sesta età, cui ne seguirà una settima e ultima, tutta intrastorica, fatta dell'incremento dei doni dello Spirito fino al compimento del sabato eterno, stagione della pienezza della grazia donata. Nell'età dello Spirito l'etica non ha più il carattere punitivo e rigido dell'età del Padre: il disvelamento è una progressiva apertura verso un Dio benevolente, essenzialmente Amore, in cui si muove da una Padre dell'Antico Testamento, che è giudice/Dio guerriero/padrone dell'uomo e della natura severo-vendicativo e misterioso/trascendente, al Figlio che dona la vita per la salvezza dell'uomo mostrandosi come Amore e Verità, allo Spirito che completa questa dimensione rivelata.  L'inesorabilità della storia, secondo Gioacchino, è data da un ossessionante computo delle generazioni, che a volte valgono un'estensione di tempo a volte no. Con questo meccanismo complesso elabora una sorta di "linea del tempo", che va dalla "Genesi" al "Giudizio Universale". I due capi segnano i confini estremi della storia della salvezza che si sviluppa all'interno di questa linea del tempo. Gioacchino si chiede quanto è lunga questa linea del tempo e a quale punto di questa linea egli si trova, quindi da qui sviluppa una serie di calcoli e combinazioni teologiche del tutto originali. Robert E. Lerner sostiene che "Nella sua visione, ciò poteva essere conseguito soltanto con lo studio il più approfondito della Scrittura ed egli si sentiva fiducioso che, mediante nuove strategie di lettura, sarebbe stato in grado di portare alla luce messaggi predittivi della Scrittura, che sino ad allora erano rimasti segreti." Tutta la sua attività ha finito per qualificarlo come un ambizioso pensatore cristiano, ricercatore irrefrenabile di parallelismi, allusioni e predizioni. Il filosofo Giovanni Giraldi sottolinea invece l'aspetto in cui Gioacchino da Fiore parla di Età dello Spirito riferendosi esplicitamente ad un ordo spiritualis monachorum, una sorta di chiesa privilegiata di monaci - spiriti superiori - in seno alla Chiesa di Cristo, e quindi non una chiesa alternativa[7].  Nel suo Monasterium delinea una struttura sociale, ovviamente a carattere teologico, ma dove gli umani trovano la loro collocazione non in base al potere o al denaro o alla discendenza, ma in base alle loro tendenze, al loro carattere e al loro stato (persone contemplative, persone attive, persone dedite alla famiglia, anziani e deboli di salute, studiosi etc) e sotto la pacifica guida di un abate. Il Monasterium ipotizza una riforma radicale e una ristrutturazione che mette in crisi l'organizzazione della chiesa che condanna pubblicamente le sue idee e le sue opere nel concilio Lateranense del 1215: per l'affermazione di un disvelamento progressivo di Dio in tre epoche che mette in crisi l'idea dell'Unità delle Tre Persone divine, per la teoria di fondo secondo cui la verità non si esaurisce col cristianesimo, ma occorre un altro evento che ripari la storia, permettendo agli uomini di godere di un'età di perfezione.  Monasterium All'interno dei suoi ossessionanti calcoli cronosofici e millenaristi Gioacchino da Fiore elabora anche uno schema di vita religiosa per il tempo futuro, quello dello Spirito, riassunto nella tavola XII del Liber Figurarum. Esso descrive una congregazione religiosa, raggruppata in un insediamento denominato Monasterium, formata da persone con diversa spiritualità, raggruppate sapientemente in sette oratori[1]:  Oratorio della Santa Madre di Dio e della Santa Gerusalemme: in tale oratorio si trova l'abate Oratorio di San Giovanni Evangelista: dedicato alla vita contemplativa Oratorio di San Pietro: dedicato agli anziani o ai deboli di salute, lavori manuali leggeri Oratorio di San Paolo: dedicato allo studio Oratorio di San Stefano: dedicato a chi ha inclinazione per la vita attiva Oratorio di San Giovanni Battista: per sacerdoti e clerici Oratorio del santo patriarca Abramo: per laici coniugati e le loro famiglie Al Monasterium potevano quindi partecipare laici coniugati e non, clero secolare e conventuale, monaci spirituali. Tutti vivono sotto la guida di un unico abate che presiede l'istituto religioso, disponendo e regolando, per i gruppi e per ognuno, una sorta di scala d'accesso al Paradiso, da conquistare vivendo nella comunità. L'insediamento religioso è strutturato a modello di nuova Gerusalemme terrena con schema somigliante alla Gerusalemme dei cieli. Il Monasterium gioachimita delinea diversi aspetti comportamentali e sociali che rispettati saranno utili a varcare la porta d'accesso alla vita eterna. Il passaggio da un oratorio ad un altro si conquista glorificando il Padre eterno, ognuno per le proprie possibilità e a seconda del grado spirituale concesso ad ogni singolo individuo da Dio. Il progresso spirituale non è precluso a nessuno, per cui tutti possono aspirare ad accedere al Paradiso.  Il modello proposto dal Monasterium rappresentò una rivoluzione per due aspetti:  esso affranca ampi strati della società sia dalla feudalità ecclesiastica sia da quella "baronale"; esso coinvolgeva tutti i modelli religiosi integrando nel Monasterium perfino i laici, che al tempo erano ai margini della vita religiosa e della società civile. Questo modello monastico fu quindi osteggiato anche all'interno della chiesa del XIII secolo.  Diffusione del pensiero gioachimita Concilio Lateranense e prime reazioni La complessa e innovativa teologia della storia generò tensioni, specialmente nella scuola teologica di Parigi, storicamente a lui avversa. Nel 1215, il Concilio Lateranense IV dichiarò eretiche alcune frasi contro Pietro Lombardo di un'opera sulla Trinità falsamente attribuita a Gioacchino. Da questo equivoco se ne generarono altri, fintantoché lo stesso Papa Innocenzo III con bolla del 2 dicembre 1216 informa il vescovo di Lucca di non infamare l'abate Gioacchino, giacché l'Abate è considerato dalla Curia Romana un vero Cattolico (eum virum catholicum reputamus). Con parole dello stesso tenore si espresse Papa Onorio III con la Bolla del 5 dicembre 1220 con cui dà mandato all'arcivescovo di Cosenza (Luca Campano) di difendere i Monaci Florensi dalle false accuse rivolte al loro fondatore.  Neo Gioachimiti e il Gioachimismo Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Gioachimismo. Nei secoli, il pensiero di Gioacchino da Fiore è stato studiato, divulgato e diffuso. Si possono distinguere due gruppi di studiosi:  i gioachiniani e gioachimiti, che hanno rispettato fedelmente le opere originarie; gli pseudo gioachimiti o gioachimisti, che hanno recepito solo in parte le tesi proposte, spesso aggiungendo teoremi teologici estranei al pensiero originario. Tra i più grandi sostenitori dell'abate calabrese furono certamente i monaci florensi che ne seguirono la dottrina e l'esempio, ma egli suscitò interesse anche presso alcuni monaci cistercensi tra i quali:  Luca Campano: il primo dei seguaci eloquenti, egli fu scriba dell'abate nell'abbazia di Casamari, poi abate della Sambucina e infine Arcivescovo di Cosenza; a lui si ascrive una “vita” di Gioacchino Raniero Da Ponza: monaco vissuto a stretto contatto con Gioacchino, come “socio”, a Pietralata e a Fiore, tra il 1188 e il 1195; egli fu poi nominato da Papa Innocenzo III legato Apostolico in Francia meridionale e Spagna e in quelle terre diffuse la teologia di Gioacchino da Fiore, spargendo in quelle terre diversi semi che germineranno nel corso del secolo XIII. l'abate Matteo da Fiore de la Tuscia, che fu il suo primo successore e guidò la Congregazione Florense, finché non fu eletto arcivescovo di Cerenzia. Egli ebbe il merito di far copiare, ricopiare, ovvero duplicare tante volte tutte le opere di Gioacchino per diffonderle nei principali centri religiosi della penisola italiana e in tutta Europa. Se le opere di Gioacchino da Fiore sono giunte fino ai nostri giorni gran merito va all'abate Matteo da Fiore e agli scriba e amanuensi florensi che si adoperarono in questo immane lavoro di copiatura e duplicazione. La teologia di Gioacchino grazie a questi tre uomini si diffuse rapidamente, specialmente presso i Francescani spirituali francesi e italiani in vario modo. Tra questi:  Il provenzale Ugo de Digne, Giovanni da Parma, discepolo di Ugo e Gerardo di Borgo San Donnino, discepolo a sua volta di Giovanni da Parma, che si fece promotore del concetto relativo al Vangelo Eterno; scomunicato per eresia, fu condannato al carcere a vita Tra gli altri, si avvicinarono al pensiero di Gioacchino:  Salimbene de Adam da Parma, l'inglese Ruggero Bacone, la suora dell'ordine delle Umiliate Guglielma la Boema, la consorella Maifreda da Pirovano e il teologo laico di questo gruppo milanese Andrea Saramita, il francescano francese Pietro di Giovanni Olivi (1248-1298), che influenzò Giovanni di Rupescissa (Jean de Rochetaillade) (1300/1310-1366) e Giovanni di Bassigny. il provenzale Raymond Geoffroi, Ministro generale francescano. Ubertino da Casale, immortalato nelle pagine di Dante, era insieme a Pietro di Giovanni Olivi in Santa Croce a Firenze, il pesarese Angelo Clareno, riconosciuto fondatore dei Fraticelli della vita povera, e i seguaci di quest'ultimo, amico di Ubertino da casale. Michele da Cesena e Jacopone da Todi, l'eclettico spagnolo Arnaldo de Villanova, Francesco d'Appignano (Francesco della Marchia) (1285-90- dopo il 1344), l'inglese Guglielmo di Ockham, il francese Jean de Jandun (Giovanni di Janduno) (ca.1280-1328), Marsilio da Padova, Bernard Délicieux, Gentile da Foligno, priore generale degli agostiniani nel 1332. Michele Berti da Calci. Papa Celestino V, Cola di Rienzo, il sassone Federico di Brunswick, lo spagnolo Francesc Eiximenis, Nicola di Buldesdorf (?- 1446), Girolamo Savonarola (1452-1498) Certo quest'elenco è solo una piccola parte di un numero molto più folto di uomini colti che sono stati influenzati dalla sua teologia.  Nonostante molti francescani spirituali abbiano subito condanne e reclusioni come filo gioachimiti o ritenuti tali, l'influenza di Gioacchino nell'ordine dei fraticelli d'Assisi rimase viva, sia nella prima fase sia nei periodi successivi. La prova più eclatante è la presenza di Gioacchino nell'arte medievale:  Nell'apparato scultoreo e figurativo del Duomo di Assisi, Nella Divina Commedia Gioacchino e le sue idee vengono citate direttamente o indirettamente diverse volte Paradiso, Canto XII, la struttura urbanistica che i francescani dettero alle prime fondazioni americane, quali Puebla de Los Angeles, Veracruz, Los Angeles, ecc. la struttura compositiva elaborata da Michelangelo Buonarroti nella Cappella Sistina, secondo lo studio di H. W. Pfeiffer S.J. Anche nella Chiesa cattolica contemporanea, specialmente dopo il Concilio Vaticano II, diversi osservatori individuano il fiorire della ecclesia spiritualis di concezione gioachimita. Secondo l'analisi accurata di Henri-Marie de Lubac, teologo gesuita e poi cardinale, fra questi protagonisti della storia recente influenzati dal gioachimismo abbiamo[8]: papa Giovanni XXIII con la sua invocazione a <<una nuova Pentecoste», contrapponendo lo «spirito» del Concilio alla sua «lettera» e nuova Chiesa «spirituale» al posto di quella vecchia «carnale»; la <<Chiesa dei poveri>> del cardinale Giacomo Lercaro e del suo teologo don Giuseppe Dossetti, la corrente intellettuale dominante nel cattolicesimo italiano della seconda metà del secolo XX; Ignazio Silone su papa Celestino V, «figlio degli Abruzzi e di un cattolicesimo popolare impregnato di gioachimismo»; la "teologia della speranza" del gesuita Michel de Certeau e del protestante Jürgen Moltmann, ispirate dalle concezioni escatologiche di Ernst Bloch. Barack Obama fece del pensiero di Gioacchino da Fiore, un punto di riferimento: il presidente degli Stati Uniti d'America Barack Obama, nella stesura della sua tesi di laurea, lo citò a più riprese durante la sua campagna elettorale per le presidenziali[9], che definisce come "maestro della civilta' contemporanea" e "ispiratore di un mondo più giusto", usato non come citazione generica ma con specifico riferimento al moto "change we can", <<per indicare la necessità di un cambiamento radicale della storia.[...], citando il portabandiera di una società più giusta, e pensando all'apertura di un'epoca straordinaria, in cui lo spirito riuscirà a cambiare il cuore degli uomini>> Centro Internazionale Studi Gioachimiti Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Centro Internazionale di Studi Gioachimiti. Il Centro Internazionale Studi Gioachimiti cura l'edizione critica delle opere scritte da Gioacchino da Fiore, conservate in diversi codici manoscritti sparsi in diversi luoghi del mondo. Esso opera attraverso un Comitato Scientifico Internazionale e un Comitato Editoriale Internazionale e promuove ogni cinque anni un Congresso Internazionale di Studi a tema, relativo a Gioacchino dal Fiore e al Gioachimismo. A cadenza annuale stampa la rivista Florensia che contiene studi connessi a Gioacchino e al Gioachimismo.  Causa di Beatificazione e celebrazioni dell'VIII centenario della morte Nel 2001 l'arcivescovo di Cosenza-Bisignano Giuseppe Agostino ha riaperto il processo di canonizzazione. Nello stesso anno il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha istituito il Comitato per le celebrazioni dell'VIII centenario della morte dell'Abate Gioacchino da Fiore per promuovere la conoscenza di Gioacchino e del suo pensiero. Il programma fu redatto da Cosimo Damiano Fonseca, Professore di Storia Medioevale all'Università degli Studi di Bari, Accademico dei Lincei e direttore del Comitato scientifico del Centro Internazionale Studi Gioachimiti. Il comitato che ha agito, ha promosso tre congressi:  il primo itinerante da Roma a San Giovanni in Fiore, passando per Casamari, Fossanova, Anagni, Cosenza, Luzzi e Pietrafitta, il secondo a Bari, il terzo a Palermo. Il Comitato per le Celebrazioni ha anche promosso l'edizione della raccolta dei Codici Gioachimiti, l'Atlante delle Fondazioni Florensi, un libro sulle vicende dell'Ordine Florense, un altro relativo ai Vaticini, conservati presso la biblioteca del duomo di Monreale.  Gioacchino da Fiore e il Carattere Meridiano del Movimento Francescano in Calabria Editor il testo Luca Parisoli  Note ^ Gustavo Valente "Chiese conventi confraternite e congreghe di Celico e Minnito" Frama Sud ^ Pasquale Lopetrone, La Domus che dicitur mater omnia, soveria Mannelli, Rubbettino, 2006. ^ Il tempo dell'apocalisse, Lopetrone, San Martino di Giove a Canale di Pietrafitta-restauri, San Giovanni in Fiore, Pubblisfera, Gioacchino da Fiore - Manuale di storia della filosofia medievale ^ S. Magister, Riletture. Su Gioacchino da Fiore non tramonta mai il sole, chiesa.espressonline.it, Filmato audio Giovanni Giraldi, Giovanni Giraldi: dialogo con De Lubac su Gioacchino Da Fiore, su YouTube, H. De Lubac, Posterità spirituale di Gioacchino da Fiore, II. Da Saint-Simon ai nostri giorni", Jaca Book, Milano, L'eretico obamita-Il profeta democratico si ispira a Gioacchino da Fiore, mistico medioevale Con la sua idea (fraintesa) del paradiso in terra aveva irretito la modernità, su il Foglio, di Mattia Ferraresi USA: DON BAGET BOZZO, INTERESSANTE CHE OBAMA CITI GIOACCHINO DA FIORE-una finezza culturale che vorrei capire meglio, di don Gianni Baget Bozzo, a Adnkronos, Roma. Bibliografia: Gioacchino da Fiore, Sull'Apocalisse, (a cura di Andrea Tagliapietra), Feltrinelli, Milano, Gioacchino da Fiore, Introduzione all'Apocalisse, (prefazione di Kurt-Victor Selge, traduzione di Gian Luca Potestà), Viella, Roma, 1996. Gioacchino da Fiore, Commento ad una profezia ignota, (a cura di Matthias Kaup, traduzione di Gian Luca Potestà), Viella, Roma, 1999. Gioacchino da Fiore, Trattato sui quattro vangeli, (a cura Gian Luca Potestà, traduzione di Letizia Pellegrini), Viella, Roma, 1999. Gioacchino da Fiore, Dialoghi sulla prescienza divina e predestinazione degli eletti, (a cura di Gian Luca Potestà), Viella, Roma, 2001. Gioacchino da Fiore, Il Salterio a dieci corde, (a cura di Fabio Troncarelli), Viella, Roma, Gioacchino da Fiore, Sermoni, (a cura di Valeria de Fraja), Viella, Roma, 2007. Gioacchino da Fiore, I sette sigilli/De septem sigillis, (a cura di J.E. Wannenmacher, traduzione di Alfredo Gatto), con un saggio di Andrea Tagliapietra, Mimesis, Milano, Studi Antonio Maria Adorisio, La “leggenda” del santo di Fiore / Beati Ioachimi abbatis miracula, Vechiarelli, Manziana, 1989. Ernesto Buonaiuti, Gioacchino da Fiore: i tempi, la vita, il messaggio, Collezione meridionale, Roma, Carmelo Ciccia, Dante e Gioachino da Fiore, in “La sonda”, Roma, dicembre 1970; poi incluso nel libro dello stesso autore Impressioni e commenti, Virgilio, Milano, Carmelo Ciccia, Dante e Gioacchino da Fiore, con postfazione di Giorgio Ronconi, Pellegrini, Cosenza, 1997. Carmelo Ciccia, La santità di Gioacchino da Fiore (Par. XII), in Allegorie e simboli nel Purgatorio e altri studi su Dante, Pellegrini, Cosenza, Carmelo Ciccia, Saggi su Dante e altri scrittori: Gioacchino da Fiore..., Pellegrini, Cosenza, Luigi Costanzo, Il profeta calabrese, Direzione della Nuova Antologia, Roma, Antonio Crocco, Gioacchino da Fiore e il gioachimismo, Liguori, Napoli, Francesco D'Elia, Gioacchino da Fiore un maestro della civiltà europea- antologia dei testi gioachimiti tradotti e commentati-, Rubbettino, Soveria Mannelli, Valeria de Fraja (a cura di), Atlante delle fondazioni Florensi, vol. II, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, 2006. Valeria de Fraja, Oltre Cîteaux. Gioacchino da Fiore e l'ordine florense, Viella, Pietro De Leo, Gioacchino da Fiore: aspetti inediti della vita e delle opere, Rubbettino, Soveria Mannelli, Henri de Lubac, La posterità spirituale di Gioacchino da Fiore, Jaca Book, Milano, Francesco Foberti, Gioacchino da Fiore, Sansoni, Firenze, 1934. Enzo Gabrieli, Una Fiamma che brilla ancora, La Fama sanctitatis dell'Abate Gioacchino, Comet Editor Press, Cosenza, 2010. Herbert Grundmann, Studien uber Joachim von Floris, Leipzig-Berlin, Herbert Grundmann, Gioacchino da Fiore. Vita e opere, a cura di G. L. Potestà, traduzione di S. Sorrentino, Viella, 1997. Pasquale Lopetrone, Monastero di San Giovanni in Fiore-Repertorio del cartulario, S. Giovanni in Fiore, Edizioni Pubblisfera, 1999. Pasquale Lopetrone, La cripta dell’archicenobio florense: strutture originarie e superfetazioni storiche, in «Florensia», Bollettino del Centro Internazionale Studi Gioachimiti, Comunicazioni al 5º Congresso Internazionale di Studi Gioachimiti – San Giovanni in Fiore- Settembre 1999, Gioacchino da Fiore tra Bernardo di Clarvaux e Innocenzo III», Edizioni Dedalo, Bari, Pasquale Lopetrone, La chiesa abbaziale florense di San Giovanni in Fiore, Librare, Pasquale Lopetrone, La localizzazione del protomonastero di Fiore. Cronaca dell’attività ricognitiva in «Florensia», Bollettino del Centro Internazionale Studi Gioachimiti, Pasquale Lopetrone, Il proto monastero florense di Fiore, origine, fondazione, vita, distruzione, ritrovamento, in «Abate Gioacchino» Organo trimestrale per la causa di canonizzazione del Servo di Dio Gioacchino da Fiore, Tipografia grafica cosentina, Cosenza, Pasquale Lopetrone, La «Domus que dicitur mater omnium» - Genesi architettonica del proto Tempio del Monasterium florense, in (a cura di) C. D. Fonseca, D. Rubis, F. Sogliano, Jure Vetere. Ricerche archeologiche nella prima fondazione monastica di Gioacchino da Fiore, Rubettino, Soveria Mannelli, Pasquale Lopetrone (a cura di), Atlante delle fondazioni Florensi, vol. I, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, P. Lopetrone, L’architettura florense delle origini, in AA. VV., Gioacchino da Fiore, Librare, S. Giov. in F. Pasquale Lopetrone, La chiesa dell’archicenobio florense di San Giovanni in Fiore- Cronologia, in «Abate Gioacchino» Organo trimestrale per la causa di canonizzazione del Servo di Dio Gioacchino da Fiore, Tipografia grafica cosentina, Cosenza, Pasquale Lopetrone, Il modello della Chiesa Florense sangiovannese, in (a cura di) C. D. Fonseca, I Luoghi di Gioacchino da Fiore- Atti del primo Convegno internazionale di studio- Casamari, Fossanova, Carlopoli-Corazzo, Luzzi-Sambucina, Celico, Pietrafitta- Canale, San Giovanni in Fiore, Cosenza, Viella, Roma, Pasquale Lopetrone, Il Cristo fotoforo florense Pubblisfera, San Giovanni in Fiore, Pasquale Lopetrone L'effigie dell'abate Gioacchino da Fiore, in VIVARIUM - Rivista di Scienze Teologiche- Anno XX- n.3, Pubblisfera, San Giovanni in Fiore (Cs) Pasquale Lopetrone, San Martino di Giove a Canale di Pietrafitta-restauri, Pubblisfera, San Giovanni in Fiore (CS) Pasquale Lopetrone, Le prime fondazioni florensi in D. Dattilo (a cura di), Agger bruttius. Civiltà dell’interno, Ferrari editore, Rossano,  Stella Marega, Un simbolo nella storia. Il contributo alla riscoperta di Gioacchino da Fiore in Sacrum Imperium, in Heliopolis. Culture, civiltà, politica, anno XI, n. 1, pp. 40-51. Stella Marega, Gioacchino da Fiore, in Heliopolis. Culture, civiltà, politica, H. W. Pfeiffer, La Sistina Svelata, Libreria Editrice Vaticana, Roma, 2007. Salvatore Piccoli, «L'Abbazia di Corazzo e Gioacchino da Fiore», Calabria Edizioni, Lamezia Terme, 2010 seconda edizione ampliata. Antonio Piromalli, Gioacchino da Fiore e Dante, Rubbettino, Soveria Mannelli, Gian Luca Potestà, Il Tempo dell'apocalisse - Vita di Gioacchino da Fiore, Laterza, Bari, 2004. Alfredo Prisco, Nuove scoperte sulle figure, sulle parole e sulle pietre di Gioacchino da Fiore, Pubblisfera 2013 Franco Prosperi, Gioacchino da Fiore e le sculture del Duomo di Assisi, Dimensione Grafica Editrice, 2003. Marjorie Reeves e Warwick Gould, Gioacchino da Fiore e il mito dell'evangelo eterno nella cultura europea, Viella, 2000. Matthias Riedl (ed.), A Companion to Joachim of Fiore, Leiden, Brill, Francesco Russo, Bibliografia gioachimita, L. S. Olschki, Firenze, 1954. Antonio Staglianò, L'abate calabrese: fede cattolica nella Trinità e pensiero teologico della storia in Gioacchino da Fiore; presentazione di Gianfranco Ravasi, postfazione di Piero Coda, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano, Andrea Tagliapietra, Gioacchino da Fiore e la filosofia, il Prato, Saonara, Leone Tondelli, Il libro delle figure dell'abate Gioachino da Fiore, 2 voll. (in collaborazione con Marjorie E. Reeves e Beatrice Hirsch-Reich), S.E.I., Torino, 1953 (1ª edizione 1940). Fabio Troncarelli, Il ricordo del futuro-Gioacchino da Fiore e il gioachimismo attraverso la storia, Adda Editore, 2006. Voci correlate Ordine Florense Abbazia Florense Ernesto Buonaiuti Herbert Grundmann Leone Tondelli Antonio Piromalli Gioachimismo Giovanni apostolo ed evangelista Riforma spirituale medioevale. Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Gioacchino da Fiore, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Gioacchino da Fiore, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Gioacchino da Fiore, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica su Wikidata Raniero Orioli, Gioacchino da Fiore, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Gioacchino da Fiore, su ALCUIN, Università di Ratisbona. Modifica su Wikidata Opere di Gioacchino da Fiore / Gioacchino da Fiore (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Gioacchino da Fiore, su Open Library, Internet Archive. Bibliografia su Gioacchino da Fiore, su Les Archives de littérature du Moyen Âge. Modifica su Wikidata (EN) Gioacchino da Fiore, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Modifica su Wikidata Gioacchino da Fiore, su Santi, beati e testimoni, santiebeati.it.Centro Studi Gioachimiti, su centrostudigioachimiti.it. Lettera dal Vaticano Neo-Gioacchimismo, su stereo-denken.de. Gioacchino e i “duo viri”. Una profezia per immagini, su esplorazionicosentine.wordpress.com. Gioacchino da Fiore. Fiore. Keywords: implicatura. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fiore: implicature” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51760692114/in/dateposted-public/

 

Fiormonte Domenico – filosofo.

 

Grce e Fiorentino – filosofia italiana – Luigi Speranza (Sambiase). Filosofo. Grice: “I like Fiorentino; for one, he influenced Gentile – Fiorentino managed to write two important tracts: a systematic ‘manuale’, of ‘elementi di filosofia’ with a section on semantics, communication, and language – his view of the latitudinal history of philosophy – and a ‘storia della filosofia,’ again seen as a manual, literally handbook! Both very clear and to the right audience!” Figlio di Gennaro, chimico e farmacista, e da Saveria Sinopoli. Fu educato da Giorgio e Bruno Sinopoli, rispettivamente zio e fratello di sua madre, entrambi sacerdoti, e venne influenzato dal pensiero e dagli scritti di Capocasale e Galluppi. Studia filosofia a Nicastro, sotto Marco e Crecca, insigni filosofi e latinisti. Trascorre il suo tempo libero nel caffè letterario "Cherry Plum", luogo d'élite che attira gli filosofi. Iniziò a farsi conoscere tra i coetanei di Sambiase, costruendosi una discreta reputazione. Si trasferì a Catanzaro dove intraprese gli studi di giurisprudenza. Sarebbe probabilmente divenuto un avvocato se la filosofia non fosse stata la sua innata passione. All'indomani dell'ignominosa resa del generale Ghio e dei suoi dodicimila soldati borbonici a Soveria Mannelli, nell'incontrare Garibaldi a Maida, Fiorentino gli si avvicinò per congratularsi del successo ottenuto gridando: «Viva l'annessione, vogliamo l'annessione!»  Dopo l'Unità d'Italia, venne nominato, con decreto regio, professore di filosofia a Spoleto. La sua fama di intellettuale e filosofo aveva varcato i confini della sua natia regione.  Si iniziato in Massoneria, nella Loggia Felsinea di Bologna.  Da Spoleto presto passa a Maddaloni, dove approfondì sempre più i suoi studi. Pubblica Il “panteismo” di Bruno.  Rivedeva molto di sé nel carattere e nel martirio di Bruno. La stessa affinità che, sia pure in chiave politica, ritrova Gioberti, grande statista. Il saggio su Bruno gli valse la cattedra a Bologna che era stata di Spaventa. Si occupa della storia della filosofia romana, contemporaneamente si interessò dell'epoca risorgimentale mettendo in risalto filosofi pocco conosciuti, quale A B C D ed E. Scrosse “La filosofia romana”; Pomponazzi; e “Scritti varii”. Seguì l'opera su Telesio data alle stampe in Firenze. Si trasferì a Napoli e Pisa. A Pisa pubblica “Elementi di filosofia” e il Manuale di Storia della Filosofia. Di lui risaltava lo stile incisivo e spigliato. Fonda il Giornale Napoletano. con le sue prefazione e note, pubblicò "Poesie Liriche edite ed inedite di Tansillo" (Domenico Morano, Napoli). Altre opere: “Volgarizzazione dell'Itinerario della mente a Dio di S. Bonaventura, dei Libri del Maestro, Dell'immortalità dell'anima e Del libero arbitrio di S. Aurelio Agostino, del Proslogio di Anselmo d’Aosta, Messina, Sul panteismo di Giordano Bruno” (Napoli); Saggio storico sulla filosofia greca” (Firenze); “Pomponazzi, studi storici sulla scuola bolognese e padovana del secolo XVI” (Firenze); “Telesio, ossia studi storici sull'Idea della Natura nel Risorgimento [Rinascimento] italiano” (Firenze); “La filosofia contemporanea in Italia, Napoli, Scritti vari di letteratura, poesia e critica, Napoli); “Elementi di filosofia, Napoli); “Della vita e opere di Grazia, Napoli); “Manuale di storia della filosofia, Napoli); “Il Risorgimento filosofico nel Quattrocento, Napoli, L. Lo Bianco, Vittorio Gnocchini, L'Italia dei Liberi Muratori, Erasmo ed., Roma, G. Galati, Interpretazione dell'opera, in «Archivio storico della filosofia italiana», G. Oldrini, “La cultura filosofica napoletana dell'Ottocento” (Bari); Di Giovanni, A cento anni dalla nascita dell'idealismo italiano, in «Bollettino della Società Filosofica Italiana», Treccani Enciclopedie, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. openMLOL, Horizons Unlimited srl. Il contributo italiano alla sFilosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Formazione del linguaggio. Il linguaggio e la prerogativa umana. Tra tutti gli animali l’uomo solo parla : e poiché l’uomo solo è forsia (li'u^wujqko aito (Vi ntoli ia'ciiz a, è naturale che tra cotesti due fatti |uU£li^tJtp si) cercato di trovare un nesso necessario. Ammessa questa mutua connessione, la domanda che naturalmente ne deriva, è questa. L’uomo parla perchè ragiona? o, al rovescio, ragiona perchè parla? Teoria K tradizionalistica sull’origine del linguaggio e sua critica. Le due opposte sentenze hanno trovato sostenitori. Una scuola detta de’ tradizionalisti non solo ha ammesso la necessità della parola per pensare, ma, com’era inevitabile, ha riconosciuto necessaria la rivelazione divina per la origine del linguaggio umano. Il corollario e perfettamente logico. Se l’uomo non può inventar nulla senza pensare; e se, per pensare, c’è (i) [Principale rappresentante moderno del tradizionalismo è il francese visconte Luigi de Bonald). Jrr*“ ilwlWuii) 6 JL^XÒru) di mestieri la parola, il linguaggio non poteva più derivare dall’uomo; e quindi a lui doveva essere stato rivelato da Dio. Una difficoltà molto ovvia non è stata però tenuta in conto. Come si fa a capire il linguaggio, se non è opera nostra, e se al suono esteriore non risponde nell’animo nostro il pensiero associatovi? Perchè il cavallo, il cane, benché odano il suono delle parole, non ne comprendono il significato! Gioberti, che rinfresca il tradizionalismo, cerca di evitare questo scoglio, distinguendo il pensiero p rimitivo, intuitivo, che precede il linguaggio, dal pensiero riflesso, che gli tien dietro e lo presuppone. Il linguaggio, per Gioberti, non è il fattore delle idee, ma l’istrumento indispensabile, perchè esse siano ripensate. Poiché però le idee nell’intuito mancano di distinzione, anche lui dovette sostenere la rivelazione per l’origine del linguaggio umano. Senza entrare in risposte astruse, noi opponiamo a questa dottrina un fatto molto comune. Poiché l’intuito delle idee è sempre presente, e poiché il suono del linguaggio colpisce il bambino fin dal suo primo nascere, perchè questi noi comprende subito, nò subito parla? Dati i due co-efficienti, l’intuito dell’idea e il suono esterno della parola, l’intelligenza dovrebbe immantinenti balzar fuora; ed intanto non è così, e ci vuole un lavoro lento ed assiduo, prima d’ intendere il valore del linguaggio. A (oM^Y^O l*< Tt.cC)) Teoria r azionale y. Lasciando dunque la mistica spiegazione di una rivelazione divina, la quale s’impiglierebbe in altre difficoltà, a spiegare, p. es., come Iddio, puro spirito, possa sensibilmente parlare, veniamo alla spiegazione umana . Linguaggio e universali. L’uomo parla soltanto q uando è capace di idee generali. Perciò noi abbiamo a<mr>v fatto seguire alla formazione di queste la formazione del linguaggio , che n 7 è la conseguenza. Come l’individuo è chiuso in sè ed irrelativo, così JL^ la sensazione, che vi corrisponde, è muta. Il linguaggio è comuni chevolezza tra spirito e spirito, e ciò che v ? ha T di comune tra loro è, e non può essere altro, che l’universale. 1***^*» (s) I nomi. L’universale ha però diversi gradi, e sul primo formarsi non esprime altro che limi rappresentazione comune a più individui percepit i. In questo si fonda l’imposizione dei nomi, che si desume sempre da quella proprietà che più ha colpito l’immaginazione di un mainili <U*^fvTcj. popolo. Così, p. es., guardando il mare, imo può { rimanere più scosso dalla sua mobilità, un altro dalla nr ] sua ampiezza , un altro dal suo colore ; e da ciascuna di queste proprietà può imporgli un nome diverso. Le altre note rimangono in seconda linea. Fermarsi sopra di una nota, a preferenza di un’altra , dipende poi dal diverso genio del popolo che si crea il linguaggio. Perciò non senza ragione la filologia moderna s’ingegna d’indovinare le concezioni nascenti devòlversi popoli dalle radici delle parole primitive. Il con questo metodo, riscontrando talune parole sanscrite, greche e latine, che si trovano le stesse, appresso tre rami di una sola razza, dimostra a che grado di civiltà essi fossero pervenuti prima di sparpagliarsi per varie ragioni. Comune, p. es., è la parola che significa il umo. Dunque, prima di dividersi, questi popoli avevano appreso ad estrarre il succo dalle uve. (A^tVvJ — Vc^fi IktcrrtsblC? <&Jt*/fl'n'tT tZjÉXjjrtmu Z Ain . f"r2rH^-££ RaA^ L ^ia^AA*-**** t^x<^ 7 r •<!T- J e /e altre parti del discorso. L’imposizione de’ nomi costituisce però la materia greggia di una lingua; e corrisponde appunto alla virtù rappresentativa dello spirito. L’attività dello spirito stesso è *signi-ficata* dal verbo, che è perciò l’elemento organico, e dalla cui più perfetta determinazione dipende la perfezione maggiore di una lingua. Le altre particelle, — preposizioni, congiunzioni, avverbi, — esprimono l’elemento formale e categorico del pensiero. Esprimono astrattamente le relazioni di cui sono capaci tanto gli oggetti, quanto l’attività medesima del nostro pensiero. [ >*<0 non x 3) Radici e flessioni. Nel nome e nel verbo si distingue la rappresentazione originaria da quelle determinazioni che dip oi, nel processo del linguaggio, le si sogliono aggiungere; c’è quindi in entrambi la radice e la flessione. Quando la lingua è sul nascere, il nome ed il verbo sono e spressi da un mono-sillabo, che rinchiude, come in un germe, la rappresentazione primitiva di una cosa o di un’azione . Quando poi si comincia a distinguere meglio le determinazioni che scampagnano .* o la cosa o Fazione, allora le varie modificazioni della 1 radice primitiva esprimono i numeri , i generi, i casi, le persone, il tempo; e tali flessioni si dicono declinazioni - 1 — : ^ — . — V i i ... ., coniugazioni , secondo che modificano il nome o il 7 verbo. Di questi due elementi fondamentali del nostro linguaggio, il verbo va congiunto con la categoria di tempo, il nome no. La ragione di tal divario è questa, che. , il verbo esprime l’azione , la quale senza il tempo non si potrebbe classificare con precisione; laddove il porne , esprimendo il soggetto o l’oggetto de l’azione, stessa, *signi-fica* qualcosa di iienjnuignte, e si circoscrive piuttosto con le relazioni spaziali. Nelle lingue più ricche, difatti, tra i casi, che esprimono le diverse modificazioni de’nomi, si suole trovare quello che i grammatici chiamano locative, e indica il luogo dove la cosa si trova. Quanto più numerose e sottili sono le flessioni che fissano le varie sfumature dell’azione , tanto più ricca e più precisa è una lingua; quanto più fine sono le gradazioni dell’azione, che lo spirito può cogliere, e rivelare nel linguaggio; tanto è maggiore l’attitudine artistica e scientifica. Dove, invece, si arriva appena a significare 1’azione in una forma rozza, e quasi direi all’ingrosso, quivi manca il genio artistico e la speculazione. La perfezione dell’organismo sintattico rivela la potenza creatrice ed inventiva di un popolo. La lingua greca mostra l’eccellenza di quella coltissima nazione: e criterio di quella eccellenza è la compiuta forma del verbo, che in quella lingua basta ad esprimere ogni più delicata e fuggevol forma del pensiero. Le particelle. Condizione primissima del filosofare è una lingua la quale jgossa astrarre, e fissare le relazioni in sfe, ed indipendentemente dai proprii termini. Quindi le particelle, che diciamo preposizioni, congiunzioni ed avverbii, e che sono come le giunture del linguaggio, diventano un aiuto potentissimo, anzi un istrumento indispensabile della speculazione. Per esse noi pensiamo le relazioni di tempo e di spazio, di causa e di effetto, di mezzo e di fine, e simili, non solo in quanto si trovano, dirò così, incorporate coi termini fra cui tramezzano; ma le pensiamo sci o lte da ogni rappresentazione e come concetti puri. Il dove, il quando, il di, il da, il per, esprimono il luogo, il tempo, la proprietà, la provenienza, il mezzo, come categorie a se , che noi applichiamo ai nomi ed ai verbi, producendo così l’organismo del *period*. L’abbondanza di tali particelle è parimenti indizio della perfezione di una lingua. pajth'cfiiU'- i) C’ è dunque nella lingua tre gradi. C’è la ra ppresentazione della cosa o dell’azione, espressa dalla nuda radice. C’è la rappresentazione determinata per mezzo de’ concetti puri, espressa dalla flessione; e ci sono infine i concetti puri, in s&J astratti da ogni rappresentazione, e sono le particelle invariabili. 4. Sviluppo delle lingue .I linguaggi barbari e rozzi ( si arrestano alle prime, alle radici mono-sillabiche, alle semplici rappresentazioni; o, tutto al più, riescono a con-glutinarle insieme. Le lingue sviluppate hanno flessioni; hanno cioè nomi e verbi perfettamente determinati; e Analmente hanno un ricco corredo di part i cell e^signiflcabrici delle relazioni universali. Delle particelle, di cui parliamo, due lingue hanno forse maggior copia, la greca fra le antiche, la tedesca fra le moderne; onde Xmo viene la loro maggiore attitudine a *sig-nificare* i concetti speculativi. Gli elementi delle lingue secondo M, Miiller. In conformità alle osservazioni da noi riferite finora, giova allegare l’autorità di Max ]\IiUl er J ), il quale, dopo sottili indagini, conclude, che tutte le lingue, senza eccezione di sorta, passate pel crogiuolo della grammatical comparata, sono risultate composte di due elementi (Max Miiller, Letture sulla scienza del linguaggio , e Nuove letture, trad. in ital. da Nerucci]. costitutivi; di radici *attributive*, " cioè , e radici *dimostrative*. Le radici attributive servono a *sig-nificare* una meidesima qualità primitiva, che si attribuisce ad un qualche essere. Le radici dimostrative, invece, servono ad esprimere una determinazione meramente formale. Lq j flessioni, consistenti nelle declinazioni de’ nomi, e nelle coniugazioni de’ verbi, nascono dalla unione organica delle due differenti specie di radici in una sola parola. Di modo che, anche filologicamente, apparirebbe manifesta la distinzione originaria di un *elemento attributivo* e di un *elemento dimostrativo* nella lingua ; che corrisponderebbero al contenuto (o materia) il primo, ed alla *forma* del pensiero il secondo. La compenetrazione di questi due elementi primitivi non è uguale in tutte le famiglie delle lingue che si parlano. è perfetta, e perciò a mala pena discernibile nelle lingue ariane; è imperfetta, e perciò più facilmente riconoscibile, nelle lingue semitiche. Apprendimento delle lingue . — Altra è la funzione, che si richiede a formare la lingua; altra è quella dello impararla, formata che sia; benché le due funzioni abbiano, e debbano avere, alcunché di comune. Prevale rimmaginazione produttiva nella formazione primitiva dei linguaggi; prevale la ri-produttiva nella loro apprensione. Il bambino che nasce in una società progredita non deve far altro, che assimilarsi il linguaggio materno così coin 7 è stato tramandato. Egli impiega in questo lavoro assimilativo i primi cinque anni della sua fanciullezza, durante il qual tempo impara più, come diceva Gian Paolo), che non in altrettanti anni eli accademia. La sua mente vergine e robusta si arricchisce ben presto di quel tesoro tradizionale, eh’ ei si appropria e fa suo, riponendolo nella fresca e tenace memoria. L’apprendimento delle lingue, già si facile in questa prima età, si va poi di mano in mano rendendo malagevole, perchè la memoria con gli anni si affievolisce, e diviene men facile a ricevere, e men fedele nel ritenere. ly [Gian Paolo Riehter, grande scrittore umorista, tedesco] .Francesco Fiorentino. Fiorentino. Keywords: idealismo, l’idea di natura in Talesio, panteismo di Bruno, filosofo maiore, filosofo minore, Aosta, Agostino, filosofia roma antica, Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fiorentino” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51689818509/in/photolist-2mKDQcp-2mPBcdN-2mKCnei-2mKDA5r-2mPLygi-2mKj9Vm-2mJqjKS-2mJd7nN-2mJ4GHU-2mGnP2f-2mKw3hq-DvhhWW-DhRHD2-CcQom5-BpZQLP-BpUj3L-CizXhT-Bm2xGQ-Cix5XZ-CdAEaL-CfWKjF-CdDizG-Bq3qnZ-obW75K-oa5425-oa52o5-2mQuZ9p-o9gw6u-nhHPhH-nhRBAG-nfDpKm-nhfmz6-njgyUp-nhFqkp-nj9RAK-nfppU1-nfCuEo-nhqgt7-nfCCMe-nje4Xa-njaa4a-nhsppz-nfCL9Q-nhFDy8-nhc3FN-njanDk-nfCYM5-nhFvTt-nhs4nv-nfCRmU

 

Grice e Fioretti – pro-ginnasmi – filosofia italiana – Luigi Speranza (Mercatale). Filosofo.  – Grice:: “I like Fioretti; thought-provoking; he says Plato should never have chosen ‘dialogue’ as a philosophical genre, and he is right; in my long tutorial life at Oxford I NEVER asked a tutee to write a dialogue for me! If Plato were the standard, that’s what we’d do!” Autore di “Pro-Ginnasmo” (pro-ginnasio, ginnasio – cf. Deutsche progrymnasium), un'ampia raccolta di note critiche su autori di varie epoche, dai greci e latini agli scrittori italiani del XVI secolo, da cui emergono la straordinaria versatilità e ricchezza interessi dell'autore. Come moralista, scrisse “Osservazioni di creanze e Esercizi morali. Critico acerrimo di Aristotele ed Ariosto, ed altri autori classici. È stato anche co-fondatore degl’Apatisti. Ha una vita indisciplinata. Il conte Giovanni Bardi, il feudatario di Vernio, lo ammonì ad una vita più contenuta. Ma ha risposto alle minacce con una satira che raggiunse le mani del conte, che immediatamente ordinò l'arresto di Fioretti. Ma Fioretti accorto fuggì, e i partigiani del conte trovarono solo un'iscrizione nella casa del prete che recita: Resurrexit, non est hic.  Infatti, si era rifugiato a Firenze, dove, nel tempo, cambiò completamente stile di vita. Si dedicò alla filosofia. Rimase nel Palazzo di Oriuolo e cambia anche il nome diventando Udeno Nisieli, che significa "di nessuno, ad eccezione di Dio".  Pubblica numerosi saggi. Si dimostra diligente filologo e critico critico. Il suo capolavoro è la raccolta di poesie “Proginnasmi” (cf. ginnasio, pro-ginnasio, Deutsche pro-gymnasium), contenente critiche ai poeti romani. E stato dimenticato dalla letteratura nel tempo, forse perché era eccessivamente franco.  Al suo pseudonimo era solito aggiungere la qualifica di "accademico apatita", come ad indicare la mancanza di passione nelle sue considerazioni poetiche. La totale imparzialità dei suoi giudizi era una condizione essenziale per sentirsi membro di questa accademia immaginaria, che più tardi, con la generosità di Coltellini, si concretizzò con l'obiettivo di riunire filosofi con abitudini salutari e politici impegnati.  Lasciò come ela sua biblioteca e i suoi scritti alla Chiesa di San Basilio. Altre opere: “Polifemo Briaco” Proginnasmi poetici” (Firenze, appresso Zanobi Pignoni, Firenze, nella Stamperia di Zanobi Pignoni), definita come "un'opera di grande erudizione, che pesa i meriti dei grandi scrittori dell'universo, e rivela i più singolari artifici della Poetica". Esercizi morali, Rimario e Sillabario, Firenze, per Zanobi Pignoni. Raffaello Ramat, La critica ariostesca, Firenze, e anche in Walter Binni, Storia della critica ariostesca, Lucca, Tiraboschi.  Luca, Scheda Biografica su Centro Ricerche Pratesi, Carmine Jannaco e Martino Capucci, Storia letteraria d'Italia: Il Seicento.  Gian Vittorio Rossi, Pinacotheca, Colonia, Giulio Negri, Istoria degli scrittori fiorentini” (Ferrara, per Bernardino Pomatelli); Giovanni Mario Crescimbeni, Comentarij..., Venezia Giovanni Mario Crescimbeni, L'Istoria della volgar poesia, Venezia; Giovanni Cinelli Calvoli, Biblioteca volante, II, Venezia, Giusto Fontanini, “Della eloquenza italiana” (Roma Domenico Moreni,  storico-ragionata della Toscana ..., I, Firenze Giovan Battista Corniani, I secoli della Letteratura italiana dopo il suo Risorgimento Commentario di G. B. Corniani, S. Ticozzi, II, Milano, Francesco Inghirami, Storia della Toscana, Biografia, Fiesole, Ciro Trabalza, La critica letteraria, Milano, Umberto Cosmo, Le polemiche letterarie, la Crusca e Dante, in Con Dante attraverso il Seicento, Bari, Benedetto Croce, Storia dell'età barocca, Bari, Walter Binni, Storia della critica ariostesca, Lucca Raffaello Ramat, La critica ariostesca, Firenze, Franco Croce, La discussione sull'Adone, in La Rassegna della letteratura italiana, Letteratura italiana (Marzorati), I minori, Milano Carmine Jannaco, Martino Capucci, Il Seicento, MilanoPio Rajna, Le fonti dell'Orlando furioso, Firenze, Gianfranco Formichetti, Dizionario biografico degli italiani,  Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Anton Angelo de Cavanis e Marcantonio de Cavanis, “Il giovane istruito nella cognizione dei libri” Venezia, per Giuseppe Picotti, Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana,  8, Roma, per Luigi Perego Salvioni Stampator Vaticano,  Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Antonio Belloni, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Benedetto Fioretti, noto anche come Udeno Nisiely e Fracastoro. Fioretti.  Keywords. Refs.: tipi di ginnasio: pais ragazzo (12-17 adolescens), 18-20 efebo; +20 neos. Oriuolo, progrinnasio, ginnasio, tre tipi di ginnasio: paides, 12-14, nuoi, o neoi, 15-18, 18+ efebi --. Terme – ginnasio e terme – giocchi nudi – nudita atletica – nudita eroica. Keywords: pro-ginnasmi. Luigi Speranza, “Grice e Fioretti” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51690421812/in/photolist-2mPMBQM-2mKGVxb

 

Grice e Fisischella – il duello – filosofia italiana – Luigi Speranza (Catania). Filosofo. Grice: “I love Fisichella; for one, he was a nobleman; for another, he died during Messina’s earthquake – leaving unfinished quite a few essays – he philosophised on both ‘nature’ and ‘convention,’ and the rationalist basis of his theory of contract is Griceian in nature, even if he fills it with charming Roman detail!” Appartenente alla nobile famiglia siciliana dei Fisichella, fu autore di famose saggi. Fu responsabile della Biblioteca Civica di Catania. Insegna a Messina. Morì vittima del terremoto di Messina. Altre opere: “Roma e il Mondo” (Eugenio Coco); “Pena temporaria, pena perpetua”; “Il concetto d’ “obbligazione naturale””; “Il concetto del divorzio secondo la filosofia di Enrico VIII” (Carmelo de Stefano); “Matrimonio, questione di stato – la legge di matrimonio”. Fu nominato "bibliotecario onorario" Federico De Roberto, che scrisse in uno scrittoio a schiena d'asino ancora conservato molte pagine del suo romanzo I Viceré.  Francesco Fisichella. Fisischella. Keywords: il duello, “del contratto” – giocco come contratto – wrestling as a contract, fencing as a contract, contract bridge as a contract -- pena temporaria, pena perpetua, divorzio, matrimonio, stato, legge, devere naturale, obbligazione naturale. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fisichella” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51760247338/in/dateposted-public/

 

Grice e Floridi – informare – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo. Grice: “’To inform’ was first used by some Roman! It surely ain’t Grecian!” -- Eessential Italian philosopher. He has explored aspects of Grice’s use of the expression ‘inform,’ ‘mis-inform,’ in terms of ‘factivity.’  Insegna a 'Ferrara. Conosciuto per il suo lavoro in due aree di ricerca filosofica: la filosofia dell'informazione e l'etica informatica.   Si laurea a a Roma. Insegna a Bari e Ferrara. Conosciuto per i suoi studi sulla tradizione scettica (scetticismo), ma principalmente per il suo lavoro di fondazione della filosofia dell'informazione e dell'etica informatica, due campi che ha contribuito a costituire. Fondatore un gruppo di ricerca interdipartimentale sulla filosofia dell'informazione. Durante la laurea a Roma, studiato da classicista e da storico della filosofia. Si è interessato di filosofia della logica ed epistemologia. Si è quindi occupato di diversi argomenti filosofici tradizionali, alla ricerca di una nuova metodologia, con l'obiettivo di riuscire ad avvicinarsi ai problemi contemporanei in una prospettiva che fosse efficace dal punto di vista euristico e potesse allo stesso tempo anche costituire un arricchimento intellettuale nell'affrontare le questioni filosofiche dei nostri giorni. Molto presto, inizia a distanziarsi da quello che Grice chiama la filosofia analitica “classica”. Secondo Floridi, il movimento analitico ha perso la sua spinta iniziale ed era ormai un paradigma sempre più debole, scolasticizzato – “specialmente ad Oxford!” --. Per questo motivo, ha concentrato i suoi interessi su una nuova fondazione dell'epistemologia. Anda alla ricerca di un concetto di "conoscenza” “indipendente-dal-soggetto", vicino a ciò che oggi definisce informazione semantica. è necessario sviluppare una filosofia costruzionista, all'interno della quale il design, la creazione di modelli e le implementazioni sostituiscano analisi frivole e esami cavillosi (e.g. sull’uso di ‘informare,’ ‘disinformare,’ ecc.) In questo modo, la filosofia ha la speranza di non chiudersi in un angolo sempre più angusto, fatto di ricerche griceiane auto-sufficienti e che interessano solo a sé stesse, e di riacquistare un punto di vista più ampio sui problemi che sono realmente determinanti nella vita umana fuori di Oxford! Così, lentamente, è giunto a prendere in considerazione la filosofia dell'informazione, una nuova area di ricerca emersa dalla svolta computazionale, avvicinandola da due prospettive, quella puramente teorica della semantica, pragmatica, sintassi, semiotica, logica e dell'epistemologia, e quella più tecnica dell'informatica, in particolare dell'etica, della teoria dell'informazione di Shannon -- e della humanities computing.  Il filosofo ha bisogno di acquisire conoscenze di IT necessarie per fare uso del computer in maniera efficace. Anche il filosofo posse essere interessato ad acquisire le conoscenze di sfondo indispensabili per la comprensione critica dell’era digitale e dunque iniziare a lavorare sulla branca della filosofia che si va formando, proprio la Filosofia dell'informazione, che si augura un giorno possa diventare parte integrante della cosiddetta “philosophia prima,” o prote philosophia della sua fase romana!. Da allora, Philosophy of Computing and Information è diventata il suo maggiore interesse di ricerca.  In PI, sostiene che ci sia bisogno di un concetto più ampio di elaborazione e di “flusso” causale dell'informazione – alla Dretske -- che includa la computazione, ma non solo. Questa prospettiva fornisce una cornice teorica molto efficace all'interno della quale inserire e dare significato alle differenti linee di ricerca. Il secondo vantaggio è la prospettiva diacronica, che permette di inquadrare lo sviluppo della filosofia nel tempo. PI fornisce infatti un punto di vista molto più ampio e profondo su ciò che la filosofia avrebbe cercato di fatto di realizzare nel corso dei secoli. Altre opere: “InfosferaFilosofia e Etica dell'informazione” (Torino: Giappichelli Editore); “La quarta rivoluzione, Milano: Raffaello Cortina Editore); “Pensare l'infosfera” (Milano: Raffaello Cortina Editore); “Il verde e il blu” (Milano: Raffaello Cortina Editore, OII: digital ethicslab. oii.ox.ac.uk,//digital ethicslab.oIEG philosophy of information.net/ pdf/auto.pdf  the newatlantis.com/publications/why-information-matters  Onlife openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Luciano Floridi, .Oxford Institute, su oii.ox.ac.uk. Home page e articoli online, su philosophyofinformation.net. Intervista e lezione durante l'IoE talks (Internet of EverythingRoma ) La lecture su "Intelligenza artificiale, dobbiamo preoccuparci?" presso il Centro Nexa del Politecnico di Torino Biografia e intervista su Rai Media Mente, su media mente rai. Biografia e intervista per l'American Philosophical Association ,  Cervelli in Fuga, Roma, Accenti. Floridi. Keywords: informare, Dretske, knowing, causing, cervello in fuga; modal disimplicature, “I’m telling you”, “for your information” submodes of the indicative mode, ‘exhibitive’ and ‘protreptic’ -- influence, inform. Conversation as rational cooperation – ‘false’ “information” no information!” -- Refs.: Luigi Speranza, "Informazione ed implicatura: Grice e Floridi," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51760176198/in/dateposted-public/

 

Grice e Fonnesu – inter-soggetivo – filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo. Grice: “I like Fonnesu; especially, on inter-subjectivity: “I cooperate with you; you cooperate with me” – or rather, “I co-operate with thee; thou cooperates with me! We cooperate!” -- Luca Fonnesu (Milano), filosofo.  Professore di filosofia a Pavia. Fonnesu si è laureato in Filosofia a Firenze con Cesa, dove ha poi conseguito il titolo di dottore di ricerca in Filosofia.  Prima di conseguire la laurea, borsista della Fondazione Robert E. Schmidt di Heidelberg. Borsista del Deutscher Akademischer Austauschdienst svolgendo la sua attività di ricerca presso il Leibniz Archiv di Hannover. Borsista ‘post-doc' a Firenze. Ricercatore a Pisa. Insegna a Pavia. È inoltre socio dell'Associazione di cultura e politica "il Mulino", membro della Leibniz-Gesellschaft, della Fichte-Gesellschaft, della Società italiana di studi kantiani, della Hegel-Vereinigung, della Società italiana di filosofia analitica e del Comitato editoriale di "Studi settecenteschi". Il professor Fonnesu è inoltre il coordinatore del Corso di dottorato di ricerca in Filosofia a Pavia, fa parte del Consiglio scientifico di Verifiche e del Comitato direttivo della "Rivista di filosofia".  Temi di ricerca I principali temi di ricerca dell'attività accademica del professor Fonnesu possono essere sostanzialmente ricondotti alla filosofia morale e alla filosofia classica tedesca. Per quanto concerne la filosofia classica tedesca tra Kant e Hegel si è concentrato sulle strutture concettuali, le fonti e la ricezione nella tradizione filosofica approfondendo inoltre la presenza dell'etica kantiana nel dibattito contemporaneo. Ha poi studiato il dibattito sulla teodicea nella tradizione filosofica, l'illuminismo europeo, la tradizione analitica e le altre tradizioni nell'etica contemporanea. In quest'ultimo ambito ha sviluppato in modo particolare la tematica del libero arbitrio e della responsabilità nella filosofia moderna e contemporanea. è un esperto di storia dell'etica.  Altre opere: “Antropologia e idealismo. La destinazione dell'uomo nell'etica di Fichte” (Roma-Bari, Laterza); “Dovere, Scandicci, La Nuova Italia); “Storia dell'etica: da Kant alla filosofia analitica” (Roma, Carocci); “Per una moralità concreta: studi sulla filosofia classica tedesca” (Bologna, Il Mulino); “Fichte, Fondamento del diritto naturale secondo i principi della dottrina della scienza” (Roma-Bari, Laterza); “Diritto naturale e filosofia classica tedesca” (Pisa, Pacini); “La verità. Scienza, filosofia, società” (Bologna, Il Mulino);  “Etica e mondo in Kant” (Bologna, il Mulino); “Le ragioni della filosofia” (Firenze, Le Monnier); “Diritto, lavoro e "Stände": il modello di società di Fichte, in "Materiali per una storia della cultura giuridica", Rousseau e la filosofia come "médecine du monde". A proposito di un saggio recente, in "Intersezioni", Ragione pratica e “ragione empirica” in Kant, in "Annali filosofia, Firenze", “Weber e l'etica” ("Iride"); Le edizioni kantiane e la riflessione "Sul senso interno", "Studi kantiani”; “Sullo stato degli studi fichtiani” (“Cultura e scuola"); “La società concreta: considerazioni su Fichte e Hegel” ("Daimon. Revista de filosofia", Murcia); “Sul pensiero di Luporini, in "Giornale critico della filosofia italiana"); “Kant, Leibniz e la "Aufklärung": ottimismo e teo-dicea, in Kant e la filosofia della religione (N. Pirillo, Brescia, Morcelliana); “L'ideale dell'estinzione dello Stato in Fichte” ("Rivista di storia della filosofia"); “Sul concetto di felicità in Hegel” in Fede e sapere. Hegel, R. Bonito Oliva e G. Cantillo (Milano, Guerini); “Metamorfosi della libertà nel ‘Sistema di Etica' di Fichte” (“Giornale critico della filosofia italiana”); “Sui doveri verso se stessi”; “A partire da Kant”; “La libertà e la sua realizzazione nella filosofia di Fichte, in G. Duso G. Rametta, La libertà nella filosofia classica tedesca. Politica e filosofia tra Kant, Fichte, Schelling e Hegel” (Milano, Angeli); “Sulla 'seconda natura' in Fichte”, in R. Bonito Oliva G. Cantillo Natura e cultura, Napoli, Guida); “Preti e le tradizioni etiche, in Parrini L. M. Scarantino, “Preti” (Milano, Guerini); “Errori dell'ontologia. Percorsi della meta-etica tra Russell e Mackie”; in L. Ceri S. F. Magni, Le ragioni dell'etica, Pisa, ETS, Rousseau tra filosofia e botanica. Una nota, in M. Ferrari , I bambini di una volta. Problemi di metodo. Studi per Egle Becchi, Milano, Franco Angeli, Presentazione, in R. M. Hare, Scegliere un'etica, Bologna, il Mulino, Presentazione, in Foot, La natura del bene, Bologna, il Mulino, Sulla morale kantiana, in C. La Rocca, Leggere Kant. Dimensioni della filosofia critica” (Pisa, ETS); Presentazione, in Foot, Virtù e vizi, Bologna, il Mulino, Etica e concezione etica del mondo in Albert Schweitzer, Humanitas, Punto di vista morale e moralità, in “Il ponte”, Cesare Luporini, Maria Moneti). Comandi e consigli nella filosofia pratica moderna, in S. Bacin , Etiche antiche, etiche moderne. Temi in discussione, Bologna, Il Mulino); “Harry Frankfurt, in “Rivista di filosofia”, Etica, in L'universo kantiano, S. Besoli, C. La Rocca e R. Martinelli (Macerata, Quodlibet); “Kant e l'etica analitica” in Continenti filosofici. La filosofia analitica e le altre tradizioni, M. De Caro e S. Poggi (Roma, Carocci); Fichte critico di Kant: moralità e religione nel ‘Saggio di una critica di ogni rivelazione', in Critica della ragione e forme dell'esperienza, L. Amoroso, A. Ferrarin e C. La Rocca (Pisa, ETS Edizioni); “La felicità e il suo tramonto: dall'illuminismo all'idealismo, in “Filosofia politica”, Libertà e responsabilità: dall'utilitarismo classico al dibattito contemporaneo, in M. De Caro, M. Mori, E. Spinelli, Il libero arbitrio (Roma, Carocci); “Genealogie della responsabilità, in Quando siamo responsabili? Neuroscienze, etica e diritto, M. De Caro, A. Lavazza e G. Sartori, Torino, Codice. Luca Fonnesu. Fonnesu. Keywords: inter-soggetivo, free will, Kant, freedom, free, practical reason, the good, meta-ethics, Mackie, Hare, Fichte, Hegel, happiness in Aristotle, Kant, and Hegel, Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fonnesu” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51759735816/in/dateposted-public/

 

Grice e Fornero – confilosofare – filosofia italiana – Luigi Speranza (Vigone). Filosofo.  Grice: “I like Fornero; he surely understands the longitudinal unity of philosophy; ‘filosofare is con-filosofare,’ I love that: philosophy as philosophy of conversation – witness Socrates and Alcebiades.” Si è occupato di ambiti disciplinari diversi, che vanno dalla storia della filosofia alla bioetica, dalla laicità al diritto. Ha compiuto studi filosofici a Torino. Si laurea con una tesi sull'esistenzialismo italiano. Dopo aver insegnato per alcuni anni, in seguito ha svolto un'attività di libero scrittore, curando, su incarico di Abbagnano, una serie di aggiornamenti della sua celebre storia della di filosofia. In un secondo momento a conferma del fatto che egli non è soltanto uno storico della filosofia, bensì un filosofo dai molteplici interessi si è dedicato allo studio della bio-etica, della laicità e del diritto, con saggi che hanno suscitato ampi dibattiti e che costituiscono dei contributi importanti su queste tematiche. Abbagnano aveva pubblicato un Compendio di storia della filosofia per i licei che, dopo un periodo di notevole diffusione, alla fine degli anni settanta era quasi sparito dalla scuola. Da ciò la necessità di una profonda revisione dell'opera, che decise di affidare a Fornero. Nasceva così l'Abbagnano-Fornero, che, anche grazie ai continui aggiornamenti e ampliamenti, è tuttora il manuale di filosofia più diffuso. Fra le sue numerose edizioni e versioni ricordiamo: “Filosofi e filosofie nella storia”; “Protagonisti e testi della filosofia”; “Itinerari della filosofia”; “La filosofia”; “La ricerca del pensiero”; “Percorsi di filosofia”; “L'ideale e il reale”; “Con-Filosofare” e “I nodi del pensiero.” In questi lavori segue e sviluppa in modo creativo l'impostazione metodologica di Abbagnano, mirando a un modo di fare storia della filosofia che si qualifica per un'informazione accurata, una profonda empatia con le tematiche trattate e l'astensione da valutazioni ideologiche e di parte. Ha inoltre condiretto alcune collane di destinazione liceale e universitaria: “i Sentieri della filosofia” e i Sentieri della pedagogia di Paravia e, “I fili del pensiero” di Bruno Mondadori. Fra le grandi storie della filosofia quella pubblicata da Abbagnano presso la Utetil cosiddetto Abbagnano grande, uscito in prima edizione costituisce un'opera di riferimento fondamentale, che è stata universalmente apprezzata. Dopo la morte di Abbagnano, è uscito, sempre presso Utet, un quarto volume di questa storia, dedicato al pensiero contemporaneo. Anche in questo caso, era stato lo stesso Abbagnano a incaricare Fornero di proseguire il suo lavoro, che si interrompeva con l'esistenzialismo e presentava solo un ultimo, sintetico capitolo su alcuni degli sviluppi più recenti.  In questo nuovo volume, Fornero punta a una ricostruzione chiara e scientifica al tempo stesso. Una ricostruzione che, basandosi su una conoscenza diretta (o "di prima mano") degli autori trattati, si caratterizza per obiettività e rispetto delle posizioni di cui dà conto, evitando valutazioni teoretiche che non spettano allo storico. Al pari del suo maestro, Fornero insiste sull'autonomia della filosofia, che non si può dissolvere nelle scienze umane, nella politica o in altre discipline. Ma gli impetuosi sviluppi della filosofia novecente non erano esauriti in quel volume. Di conseguenza, pubblica un secondo tomo del volume quarto della Storia della filosofia. Con questo contributo l'opera si configura finalmente come una trattazione esauriente dell'intera storia della filosofia dell’Europa occidentale. Abbagnano pubblica presso la Utet la prima edizione del Dizionario di filosofia, un vastissimo elenco di lemmi tematici affrontati con grande attenzione allo sviluppo concettuale e con straordinaria capacità di sintesi. Ne curava una riedizione ampliata. Il Dizionario restaun punto fermo della storiografia filosofica, ma iniziava ormai a mostrare dei limiti cronologici.  Così, ha provveduto, co-adiuvato da un gruppo di specialisti da lui coordinato e diretto, a redigerne una nuova edizione.  L'impostazione di fondo voluta da Abbagnano è conservata, cosicché vengono escluse le voci biografiche a favore dei lemmi concettuali. Sono centinaia le voci aggiornate, mantenendo la separazione fra il contributo originale di Abbagnano e l'aggiornamento, e le nuove voci inserite. L'opera continua così a proporsi come uno dei più ampi strumenti di consultazione. Pubblica presso Bruno Mondadori Le filosofie del Novecento, una delle più ampie e sistematiche ricostruzioni storiche del pensiero contemporaneo.  L'opera muove dal pensiero nietzschiano inteso come crocevia della modernità e presenta una serie di capitoli che danno conto, seguendo un'organizzazione tematica, di tutti i principali autori e filoni della riflessione filosofica contemporanea: dalle grandi correnti del primo Novecento (neo-positivismo, positivism logico, neo-empirismo, filosofia analitica, filosofia analitica del linguaggio ordinario, neocriticismo, spiritualismo, neoidealismo, pragmatismo), al marxismo e all'esistenzialismo in tutte le loro declinazioni, per giungere alle più recenti formulazioni dello strutturalismo, del postmodernismo, dell'epistemologia, della teologia, dell'ermeneutica e delle teorie politiche ed etiche. Forte degli studi storiografici ormai accumulati e sempre in linea con i sopraccitati presupposti metodologici, pubblica, presso Bruno Mondadori, “Bioetica cattolica e bioetica laica”. Si concentra sulle posizioni della bioetica cattolica ufficiale e su quelle della bioetica laica. Attraverso uno studio analitico e puntiglioso dei testi e a un metodo improntato a una sostanziale imparzialità, giunge a definire alcuni punti nodali che a suo avviso oppongono strutturalmente la bio-etica cattolica e quella laica (sebbene non manchino posizioni intermedie e alternative). Punti che si sintetizzano nella tesi cattolica della indisponibilità della vita e nella tesi laica della disponibilità della vita.  Da un punto di vista contenutistico Fevita di prendere posizione a favore dell'uno o dell'altro modello. Tuttavia, il suo contributo produce una notevole chiarificazione delle posizioni in campo e ha il merito di porre empateticamente sotto gli occhi del lettore le strutture teoriche e concettuali che stanno alla base dei due "paradigmi"merito che gli è stato riconosciuto da Vattimo, che ha parlato di «rispettosa capacità di ascolto», e da Possenti, che parla di «giustizia intellettuale nel descrivere le varie posizioni in gioco».  Questo saggio ha originato un ampio dibattito, sia negli studi specialistici, sia nel mondo dell'informazione (come testimoniano le recensioni e i numerosi interventi apparsi sui quotidiani).  Dibattito continuato sia in “Laicità debole e laicità forte” sia in “Laici e cattolici in bioetica: storia e teoria di un confront”. Quest'ultimo saggio completa il trittico. In esso si dà conto della nuova fase del dibattito sui concetti di bio-etica cattolica e laica e si offre una serie di chiarificazioni e ampliamenti storico-concettuali, fra cui spicca l'approfondimento della nozione di "paradigma" che, partendo da Kuhn ma andando al di là di Kuhn, applica in modo originale alla bioetica.  Fra le novità del volume vi è l’ammissione, da parte di alcuni autorevoli studiosi cattolici, dell'esistenza di una diversità paradigmatica fra la bioetica di matrice cattolica e la bio-etica di matrice laica. Diversità di cui si auspica da molte parti il superamento con una serie di ipotesi ampiamente documentate nel saggio -, ma che di fatto esiste e condiziona, sia sul piano teorico sia sul piano pratico, la vita odierna. Gli studi sulla bioetica hanno trovato una continuazione e uno sviluppo nel lavoro di Luca Lo Sapio Bioetica cattolica e bioetica laica nell'era di papa Francesco. Che cosa è cambiato? (Utet, Milano ) in cui l'autore affronta il tema delle ripercussioni bio-etiche del pontificato di Bergoglio, mettendone in luce i tratti di novità e continuità rispetto al passato. Il saggio è preceduto da un saggio di Fornero, in cui offre una sintesi aggiornata delle sue idee circa i paradigmi della bio-morale cattolica e laica. Alcune delle questioni poste in Bioetica cattolica e bioetica laica toccano il generale argomento della laicità. Tant'è che Laicità debole e laicità forte prosegue l'analisi in questa direzione, oltrepassando l'ambito limitato della bio-etica, pur continuando a usarlo come campo esemplare di indagine. Ragionando in termini teorici e non solo storici, elabora una prospettiva filosofica sulla laicità che muove dalla distinzione analitica fra due diverse accezioni del concetto di "laicità": una larga e una ristretta. Distinzione che ritiene indispensabile per fare ordine e chiarezza intorno al concetto in questione e per giustificare, senza i consueti riduzionismi, i diversi modi con cui ci si può definire "laico” (English: lay). In senso largo la laicità allude a una serie di atteggiamenti metodici (autonomia discorsiva, libero confronto delle idee, pluralismo, ecc.) che, in virtù del loro carattere procedurale, possono essere fatti propri da chiunque, a prescindere dal fatto di essere credenti o meno (tant'è che oggi, nell'ambito di questa accezione di “laico”, si parla comunemente di "laico credente" e di "laico non credenti"). In senso stretto, il ‘laico’ allude invece a quella determinata visione del mondo che è propria di coloro che non si limitano a seguire i sopraccitati criteri metodici, ma che pensano e vivono a prescindere da Dio e dall'adesione a un determinato credo religioso (tant'è, che oggi, nell'ambito di questa accezione del laico, si parla comunemente di “credenti e laici” o, in Italia, di “cattolici e laici”).  Per denominare l'accezione larga, usa l'espressione "laico debole", mentre per denominare l'accezione ristretta adopera l'espressione "laico forte", avvertendo che in questo contesto “debole” e “forte” non hanno il significato ordinario e valutativo di "meno consistente" o "più consistente", ma un significato tecnico e descrittivo, allusivo di un minore o maggiore grado di radicalità. In altri termini, il laico in senso largo è denominata "debole" poiché possiede una valenza essenzialmente formale o *metodologica*, mentre il laico in senso stretto è denominato "forte" poiché possiede una valenza di tipo materiale o *sostanziale* (in quanto allusiva della visione del mondo propria di un non credente).  L'originalità consiste quindi nel ritenere legittimi entrambi i significati (teorici e storici) del concetto di "laico" e nell'aver insistito più di ogni altro studioso in Italia sul fatto che non si deve "censurare" l'accezione ristretta o “forte” del concetto (cf. Grice on ‘weak’ and ‘strong’ – the ‘strong’ theorist, the weak theorist). Insistenza che non gli impedisce di evidenziare come il laico proprio dello Stato italiano pluralista e democratico coincida con il laico debole o largo, ossia con quella capace di ospitare in sé tutte le visioni del mondo, sia quelle di matrice religiosa sia quelle di matrice agnostica o atea. -- è vivamente persuaso del valore e della necessità della filosofia. Da ciò il suo costante impegno ad argomentare con chiarezza questa tesi, mediante una proposta la cui peculiarità consiste nel ritenere che, prima di chiedersi (come si fa solitamente) se la filosofia sia utile o meno, bisogna chiedersi se da essa si possa prescindere o meno, ossia se sia davvero possibile, per l'uomo, vivere senza filosofare. Su questo punto non ha dubbi: la filosofia è un'esigenza che sgorga dalla vita stessa e dalle sue ineludibili domande, al punto che l'uomo, come non può fare a meno di respirare e pensare, così non può fare a meno di fare filosofia. Queste considerazioni vengono più organicamente sviluppate in “Utilità della filosofia”. Tra filosofia e diritto: indisponibilità e disponibilità della vita. è uscito per i tipi di Utet un nuovo volume, forse il più importante della sua produzione saggistica dal titolo Indisponibilità e disponibilità della vita: una difesa filosofico giuridica del suicidio assistito e dell'eutanasia volontaria. Si tratta di una vasta indagine filosofico giuridica che  approfondisce con chiarezza una delle dicotomie fondamentali della cultura contemporanea, quella tra indisponibilità e disponibilità della propria vita. E ciò non solo sul piano storico-descrittivo (nel cui ambito offre comunque una documentazione amplissima che va dalla filosofia alla bioetica, dal diritto alla giurisprudenza italiana) ma anche e soprattutto su quello teorico-propositivo. Esaminando a vario titolo questo binomio e mostrandone le rilevanti concretizzazioni giuridiche e penalistiche, l'opera approfondisce il tema del "diritto di morire", che viene definito come il diritto di congedarsi volontariamente dalla propria vita e studiato nelle sue tipologie più note (suicidio, rifiuto delle cure e morte assistita). Nella parte centrale del saggio si mette organicamente a fuoco il nesso fra il diritto di vivere e il diritto di morire, inteso, quest'ultimo, come il versante negativo del diritto di vivere.  Su questa base,perviene a prendere apertamente posizione a favore della morte medicalmente assistita, che viene originalmente configurata come un nuovo e peculiare "diritto di libertà" giuridicamente articolato.  Insiste sulla "inaggirabilità" della filosofia anche in ambito giuridico, soprattutto in rapporto alle complesse e cruciali questioni del fine vita.  La filosofia contemporanea, IV*, Utet, Torino, Storia della filosofia, La filosofia contemporanea, IV**, Utet, Torino, Dizionario di filosofia, Utet, Torino, Le filosofie del Novecento, B. Mondadori, Milano, Opere su bioetica, laicità e diritto Bioetica cattolica e bioetica laica, B. Mondadori, Milano, Laicità debole e laicità forte, B. Mondadori, Milano, Laici e cattolici in bioetica: storia e teoria di un confronto (in collaborazione con M. Mori), Le Lettere, Firenze  Indisponibilità e disponibilità della vita: una difesa filosofico giuridica del suicidio assistito e dell'eutanasia volontaria, Utet, Torino . Articoli e interventi su bioetica e laicità Un passo in avanti. Risposte a Mordacci e Corbellini, in Vale ancora la contrapposizione tra bioetica cattolica e bioetica laica?, «Politeia», Due significati irrinunciabili di laicità, in  La laicità vista dai laici, E. D'Orazio, EgeaUniversità Bocconi Editori, Milano, Etsi non daretur, laicità e bioetica da Scarpelli a Lecaldano, in Eugenio Lecaldano. L'etica, la storia della filosofia e l'impegno civileDonatelli e M. Mori, Le Lettere, Firenze, Bioetica, laicità e "bioetica laica", in Diritto, Bioetica e Laicità. Commenti a Bioetica tra "morali" e diritto diBorsellino, «Politeia», Non esiste solo la "bioetica cattolica". Nota sui rapporti fra i valdesi e la bioetica, «Bioetica. Rivista interdisciplinare», Il "maggior bio-eticista cattolico". Considerazioni sul paradigma bioetico di Sgreccia e sulle sue peculiarità e differenze rispetto ad altri modelli bioetici di matrice cattolica, in Vita, ragione, dialogo. Scritti in onore di Elio Sgreccia, Cantagalli, Siena,Risposte ai critici, in Il dibattito su bioetica laica e bioetica cattolica. Commenti a Laici e cattolici in bioetica di G. Fornero e M. Mori, «Politeia»,Scarpelli e il tema della laicità, in L’eredità di Uberto ScarpelliBorsellinoS. SalardiM. Saporiti, Giappichelli, Torino , Voce Laicità, in Enciclopedia di bioetica e scienza giuridica, diretta da E. SgrecciaA. Tarantino, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, Bioetica cattolica e bioetica laica: tra passato e presente, in L. Lo Sapio, Bioetica cattolica e bioetica laica nell'era di papa Francesco. Che cosa è cambiato?, con un saggio di G. Fornero, UTET, Milano, Magistero bioetico cattolico e bioetica laico-secolare: tra passato e futuro, in  Bioetica tra passato e futuro. Da van Potter alla società 5.0, E. LargheroM. Lombardi Ricci, Edizioni Effatà, Cantalupa (TO), Manuali Filosofi e filosofie nella storia, Paravia, Torino, Protagonisti e testi della filosofia, Paravia, Torino, Itinerari di filosofia, Paravia, Torino 2002 La filosofia, Paravia, Torino, La ricerca del pensiero, Paravia, Torino  Percorsi della filosofia, Paravia, Torino  L'ideale e il reale, Paravia, Torino  Con-Filosofare, Paravia, Torino  I nodi del pensiero, Paravia, Torino. «La Stampa», 2 «Avvenire», Filosofia, bioetica, laicità e diritto. Sito ufficiale, su giovannifornero.net. Giovanni Fornero. SWIF Sito web italiano per la filosofia, su swif.uniba. Giovanni Fornero. Fornero. Keywords. confilosofare, “Che cosa e la filosofia analitica? Ryle, Wisdom, Strawson, Austin, Grice.” Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fornero” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51759957623/in/dateposted-public/

 

Grice e Formaggio – l’arte come comunicazione – filosofia della tecnica artistica – filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo. Grice: “I like Formaggio; for one, he philosophised on aesthetics – estetica filosofica, he calls it – along phenomenological lines – on the other, he took very seriously the idea of Latin ‘ars’ – and concludes that an ‘artificium’ is meant as ‘communicative’.” Inizia a lavorare in fabbrica quando trova impiego alla Brown Boveri di Milano. Ben presto però la sua indole portata allo studio, supportata da una vivace intelligenza, lo spronò a iscriversi alle scuole serali. Quest'esperienza, che accomunava lo studio al lavoro, dura ma anche formativa (nel frattempo aveva cambiato lavoro, passando alle Orologerie Binda per avere più tempo libero da dedicare allo studio), acuì sempre più la sua sensibilità verso i problemi sociali, che costituiranno in seguito, anche quando diventerà professore a Milano e Pavia, il soggetto prevalente del suo percorso culturale, sia filosofico che umano.  Venne trasferito a Motta Visconti. Pur insegnando, proseguì gli studi a Milano, dove si laurea, relatore Banfi, con “L’arte come comunicazione. Fenomenologia dell'arte” o “rapporto tra arte e tecnica nelle estetiche europee contemporanee, avveniristica per quei tempi, incentrata com'era sul tema della “tecnica” artistica.  Nei primi anni del dopoguerra, dopo aver partecipato attivamente alla lotta partigiana, entra a far parte dell'Università Statale di Milano come assistente alla cattedra di Estetica. Collabora anche alla rivista Studi filosofici e pubblica alcuni saggi, come “Fenomenologia della tecnica artistica”, riprendendo e ampliando la sua tesi di laurea. In virtù di questo saggio, si aggiudica l'incarico alla cattedra di Estetica di Pavia. Si trasferì in Veneto, dopo aver vinto il concorso a cattedra a Padova, in un periodo molto difficile per tutto il mondo accademico italiano e in modo particolare per quello di Padova a causa delle forti tensioni causate dalla rivolta studentesca prima, e dal nascente terrorismo armato poi, assumendo dapprima l'incarico di preside della Facoltà di Magistero e poi quella di pro-rettore. Ricoprì la cattedra a Milano, della quale fu poi professore emerito. Gli allievi pubblicarono un libro in suo onore Il canto di Seikilos. Scritti per Dino Formaggio. Gli fu conferito il premio Lion d'Or International 1996 nell'arena romana di Nîmes per le pubblicazioni di filosofia e il suo impegno civile. A Teolo, comune della provincia di Padova, gli è stato dedicato il Museo di arte contemporanea, la cui nascita è stata resa possibile da alcune donazioni all'ente effettuate grazie al suo interessamento, e la cui collezione comprende opere di autori del XIX e Professore quali Dino Lanaro, Aligi Sassu, Medardo Rosso e Renato Birolli.  Il Fondo librario Dino Formaggio è stato donato dagli eredi alla Biblioteca di Filosofia di Milano nel  ed è costituito dalla consistente biblioteca filosofica di studio (oltre 2200 volumi). Il fondo è stato recentemente catalogato ed è ora disponibile alla consultazione e in parte, al prestito. Tutti i volumi sono stati associati al possessore, riportano lo stato della copia e segnalano la presenza di note, commenti, dediche, firme autografe. Sono in fase di catalogazione i periodici. Potete trovare le notizie bibliografiche di tutti i testi della ricca biblioteca nel Catalogo di Ateneo. Altre opere: “Fenomenologia della tecnica artistica” (tecnica tecnica arte artistico); Piero della Francesca; Il Barocco in Italia; L'idea di artisticità – arte artistico artisticita – tecnica tecnicista, tecnicisticita; Arte; La morte dell'arte e dell'estetica; Van Gogh in cammino; I giorni dell'arte; Problemi di estetica; “Separatezza e dominio; Filosofi dell'arte del Novecento; Il canto di Seikilos. Scritti per Dino Formaggio, Guerini, Milano.  Pierluigi Panza, Padre dell'Estetica Fenomenologica italiana, in Corriere della Sera, Museo di Arte Contemporanea "Dino Formaggio" di Teolo, Introduzione al Museo, su//comune.teolo.pd. Scuola di Milano Museo di arte contemporanea Dino Formaggio.  "Arte ed Emozioni"Intervista a Dino Formaggio, su emsf.rai. 3 Museo d'arte contemporanea Dino Formaggio, su turismopadova. "Filosofo dell'arte e maestro di vita" di Vladimiro Elvieri, Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani Elio Franzini, Ricordo, Davide Eugenio Daturi, "Il perché e il come dell'arte: l'estetica di Dino Formaggio", sito della mostra bibliografico-documentaria Milano. Dino Formaggio. Formaggio. Keywords: arte naturale, l’arte come comunicazione, fenomenologia della tecnica artistica, natura, arte, artistico, tecnica, l’arte come comunicazione, segno della natura, segno dell’arte, segno naturale, segno artificiale – artificiale – segno di natura, segno di arte, ‘phuseos’ ‘theseos’ – per natura, per positione --  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Formaggio” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51759649101/in/photolist-2mRPJp8-2mRNu9t-2mQ8kJS-2mQ2SsQ-2mPTxJB-2mPXDFp-2mLHHHe-2mLznXk-gCFVD4

 

Grice e Fracastoro – sull’anima – filosofia italiana – Luigi Speranza (Verona). Filosofo. Grice: “I love Fracastoro; for one, I love a physician, since I came to know quite a few – at Richmond!” “Grice: “I love Fracastoro; he philosophised on mainly three topics: the ‘soul’ – in a philosophical dialogue entitled after him, Fracastoro; on poetics, in a dialogue which he named after his poet friend Navagero; and third, on ‘intellezione,’ in a dialogue which he named after another friend, one Torre, “Torrius,” – Grice: “The fact that Gerolamo, or Girolamo, is still at Verona, is fascinatingly charming!” Considerato uno dei più grandi filosofi di tutti i tempi. Insegna logica a Padova. Fu archiatra di Paolo III, al quale dedica “Homocentrica”. A lui è dedicato il cratere Fracastoro presente sulla Luna. Fondatori della patologia (teoria del patire). Fu il primo ad ipotizzare e verificare che una infezione e dovuta a un germe portatore di una malattia, con la capacità di moltiplicarsi nel corpo dell’organismo e di contagiare altri attraverso la respirazione o altre forme di contatto. “Sifilide, ossia sul “mal francese,” sotto forma di poemetto in esametri e il trattato "Sul contagio e sulle malattie contagiose.” Il trattato è all'origine della patologia, o teoria del patire. Fu il primo a scoprire che le code cometarie si presentano sempre lungo la direzione del Sole, ma in verso opposto ad esso. Descrisse uno strumento in funzione astronomica, poi realizzato da Galilei: il cannocchiale. Scrisse tre dialoghi filosofici: Naugerius sive de Poetica (dialogo di estetica), Turrius sive de Intellectione e l'incompiuto Fracastorius sive de Anima.  Fracastoro, con il nome di Giroldano, viene incontrato da Dago, personaggio di un fumetto argentino creato da Robin Wood e Alberto Salinas, in una delle sue avventure, per la precisione nel n. 10 anno XIV del mensile, proprio mentre Girolamo interroga una prostituta in cerca di informazioni per il suo poema sulla sifilide.  Una leggenda sul Fracastoro fa parte della storia popolare veronese. Una sua statua è posta su un arco alla fine di via Fogge, che da nord si innesta in Piazza dei Signori (comunemente detta anche Piazza Dante). La statua rappresenta la sua figura intera con in mano il mondo, che il popolo del tempo ha ribattezzato la bala de Fracastoro, dove bala è il termine dialettale che indica palla. In quella strada vi era il passaggio per il vecchio tribunale da parte di giudici e avvocati ed era vicina a tutti i palazzi del potere di quel tempo. La bala è legata ad una profezia: cadrà sulla testa del primo galantuomo che passerà sotto. Finora non è mai successo. Il popolo di Verona usa questa storia per sbeffeggiare gli uomini del potere. Enrico Peruzzi, Dizionario Biografico degli Italiani, Ettore Bonora, Il "Naugerius" del Fracastoro, Milano,Garzanti, Storia della Letteratura italiana, Dal Piaz Giorgio, Padova e la Scuola Veneta nello sviluppo e nel progresso delle Scienze geologiche. Mem. R. Ist. Geologia Univ. Padova, Dal Piaz Giorgio, Cenni sulla vita e le opere di carattere geologico di Antonio Valleri senior. In: “Il metodo sperimentale in Biologia da Valleri ad oggi”, Simposio nel III Centenario della nascita di Antonio Valleri, Univ. Studi Padova e Acc. Patavina Sci. Lett. Arti, Questo testo proviene in parte dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze, Girolamo Fracastoro, Patavii, excudebat Josephus Cominus, Opere, Venetiis, apud Iuntas, Homocentrica, Venetiis, Sifilide Tiziano, Ritratto di Girolamo Fracastoro. Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Enrico Peruzzi, «FRACASTORO, Girolamo», in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Girolamo Fracastoro. Fracastoro. Keywords: dialogo sull’anima, ovvero, il Fracastoro, di Fracastoro. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fracastoro” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51688440237/in/photolist-2mPtp3t-2mKwLu6

 

Grice e Francesco – corpi – filosofia italiana – Luigi Speranza (Diano Marina). Filosofo. Grice: “I like Francesco; for one, he philosoophised, like I do, on “I” and “We” – ‘first person’, ‘personal identity,’ and so on!” Insegna a Milano e Pavia. Collabora alla pagina culturale del Sole 24 Ore, è stato presidente della Società Italiana di Filosofia Analitica e presidente della European Society for Analytic Philosophy. Altre opere: “La mente” (Mondadori, Milano . Che fine ha fatto l'io?” (Editrice San Raffaele, Milano); “La mente” (Carocci, Roma); “La coscienza” (Laterza, Roma Bar); “L'io e i suoi sé: identità della persona e smente” (Cortina, Milano); “La mente” (Nuova Italia Scientifica, Roma); “Il Realismo Analitico” (Guerini e associati, Milano); “Russell” (Laterza, RomaBari); “Il soggeto communica al altro soggeto di un oggetto: senso e riferimento” (Edizioni Unicopli, Milano); “Sgnificato e riferimento” (Edizioni Unicopli, Milano). Rettore dello Iuss di Pavia. Michele Di Francesco. Francesco. Keywords: corpi, unicorno, unicornis, adj. later noun, nome sustantivo, nome aggetivo, nome proprio, nome commune – unicorn – Meinong, Grice, “Vacuous Names”, vacuous descriptions, Priest, Read, persona, an Etruscan concept, the grammar of ‘referring’ – the grammar of ‘senso’, the grammar of ‘significato’ -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Francesco” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51758709547/in/dateposted-public/

 

Grice e Franchini – la gloria d’Enea– filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli). Filosofo. Grice: “I like Franchini; for one, he wrote on the ‘metaphysics of love;’ for another, he wrote on ‘historical reason’: I collect reasons, pure reason, practical reason, communicative reason, historical reason…” -- Figlio di Vincenzo e Anna Scalera, si laurea sotto le armi: visse una drammatica esperienza bellica che lasciò un segno per la vita. Studia all’Istituto Italiano di Studi Storici, fondato da Croce a Napoli, dove ha tenuto in seguito conferenze e lezioni. Insegna a Messina e Napoli. Fonda la Hegel-Internationale Vereinigung, è stato socio delle Accademie napoletane nella Società nazionale di Scienze, Lettere e Arti e dell’Istituto Lombardo di Milano. Intensa è la sua attività di pubblicista e di scrittore. Collaborò nell’immediato dopoguerra a giornali come “La Voce”, “L’Azione”, “Il Giornale”, e in seguito al “Mattino” di Napoli, al “Tempo” di Roma e alla “Gazzetta di Parma”. Scrisse sul “Mondo” di Mario Pannunzio, contribuì assiduamente alla “Rivista di Studi Crociani”. Diresse la nuova serie filosofica della rivista “Criterio”, fondata a Firenze da Ragghianti. Sin da adolescente frequenta la casa di Croce, scoprendone via via la lezione di alta umanità e di profondo significato etico-politico. Une alla vocazione filosofica la militanza politica in nome dei valori della liberal-democrazia. Partecipa attivamente a “Nord e Sud” di Compagna e alla “Realtà del Mezzogiorno” di Macera. Cultore delle arti visive, di cinema e di teatro, di musica e di poesia, si cimenta tra l’altro nella scrittura di 99 Aforismi, antologizzati nel volume degli “Scrittori italiani di aforismi”. Redasse nel preziose “Note biografiche di Croce”, raccolte dalla viva voce del filosofo, che furono oggetto di alcune trasmissioni radio-foniche. La sua vasta biblioteca è a Napoli. Il nocciolo della sua filosofia sta nel tema del “giudizio”, storico, politico, prospettico. Alla lezione di Croce, che considera un classico della storia delle idee, si e costantemente ispirato, riconoscendogli il merito, per lo più sottaciuto, di aver calato il pensiero nel vivo dell’esperienza storica. In “Esperienza dello storicismo” distingue, in continuità ideale con gli studi di Antoni, lo storicismo di matrice vichiano-crociana dal “Historismus” tedesco, prevalentemente filologico, nella convinzione peraltro che la filosofia dello “spirito” non fosse una pura e semplice ripresa dell’idealismo hegeliano. Indaga il nucleo logico della filosofia di Croce individuando, nel nesso delle categorie conoscitive (teoretica, aletica) e pratiche (buletica, volitiva), l’*uni*-cità or ‘aequi-vocalita’ della dialettica, di opposti e distinti. Fu tra i primi a confrontarsi con le nuove correnti della fenomenologia, dell’esistenzialismo, del neo-positivismo e la filosofia analica del linguaggio ordinario, segnalando nel tema del ‘nulla’ lo scacco definitivo del sistema, insieme con il bisogno di qualificare l’ ‘irrazionale’ (il pre-razionale), che è il vasto mondo della non filosofia. Elabora una esaustiva storia del concetto di “dia-lettica” dai Greco-Romani ai contemporanei (Le Origini della dialettica), approdando infine alla forma moderna della filosofia nel passaggio dalla “metafisica teologica” alla metodologia della storia. Ha appreso da Hegel che la dialettica *è* la logica della filosofia, distinta dalla scienza. Alla tradizione del criticismo kantiano collega il concetto di “giudizio”, in special modo nella forma della riflessione estetico-teleologica della terza Critica. Gli si aprirono nel frattempo squarci significativi sul fattore esistenziale e storico del “non essere ancora” (il potenziale, l’attuale, il divenire) che lo indusse ad analizare il concetto di “progresso” tra la crisi del ideale dell’ illuminismo e la dimensione etico-politica del giudizio “prospettico” – il pre-spettico, lo spettico, il prospettico -- tra passato, divenire, e avvenire. Il futuro è in qualche modo pre-vedibile nella prospettiva individuale di chi è chiamato ad agire in una situazione in sviluppo. Altra cosa sono l’astratta profezia, l’oracolo, le prassi scientifica, la scommessa (the bet), il “caso” -- che sono forme di pre-visioni utili, finanche necessarie, ma non trascendentale (Pre-visione). Proclama il diritto alla filosofia, la lotta per il diritto all’esercizio della ragione contro il sofisma che limita la libertà, per ridare dignità alla ri-vendicazione dei diritti umani (Il diritto alla filosofia). Tratta sul rapporto di filosofia e scienza, riconoscendo a ogni sapere una funzione paritaria nella differenza della materia e della forma. Non ha punti di partenza né approdi finali, ma poggia sulla spontaneità creatrice del vitale nel quale Croce, in perenne confronto critico con Hegel, indica l’origine della dialettica e una scoperta di alta Eticità. Nell’Utile, da Croce elevato al livello dello spirito, indaga gli aspetti ineludibili di buona parte della vita umana (la volontà, la passione, la classificazione), per una comprensione ad ampio raggio del senso del terrestre. Altre opere: “Critica della ragione storica” (Giannini, Napoli); “Storicismo” (Giannini, Napoli); “Metafisica e storia” (Giannini, Napoli); “La linea ed il circolo -- Il progresso: storia di un’idea – storia lineale, storia ciclica -- La Nuova Accademia, Milano; L’idea di progresso. Teoria e storia, Giannini, Napoli, “La dia-lettica e la co-loquenza”, Giannini, Napoli, La materia della filosofia, Giannini, Napoli, Teoria della previsione, ESI, Napoli; seconda Giannini, Napoli, “Croce interprete di Hegel” Giannini, Napoli); “Il concetto di storia in Croce, Morano, Napoli; E.S.I., Napoli, Renata Viti Cavaliere La logica della filosofia, Giannini, Napoli); “Il sofisma e la libertà” Giannini, Napoli, “Autobiografia minima, Bulzoni, Roma, Interpretazioni. Da Bruno a Jaspers, Giannini, Napoli “Consenso e dissenso” (Sansoni, Firenze); Intervista su Croce, A. Fratta, SEN, Napoli, Il diritto alla filosofia, SEN, Napoli, Critica delle crisi: filosofia, scienze, rivoluzioni” (Cadmo, Roma); “Il progresso della filosofia, Storia della filosofia con testi e ricerche, Ferraro Napoli, Eutanasia dei principii logici, Loffredo, Napoli); “Il potere e l’ipotesi. Tappe di una filosofia delle funzioni, Morano, Napoli, Pensieri sul “Mondo”, R. Viti Cavaliere, C. Gily, R. Melillo, presentazione di G. Cotroneo, Luciano, Napoli); “Teoria della previsione, G. Cotroneo e G. Gembillo, Armando Siciliano, Messina, Le origini della dialettica, F. Rizzo, Rubbettino, Soveria Mannelli, Scritti su “Criterio”, Introduzione, testi e indici R. Viti Cavaliere e R. Peluso, Scripta Web, Napoli. "Dizionario Biografico", su treccani.  quartotempoblog, Biografia di Carmen Moscariello Quarto Tempo, altervista.org. critica M. Biscione, Interpreti di Croce, Giannini, Napoli G. Gembillo, Un itinerario filosofico, La Nuova Cultura, Napoli Coppolino, La “scuola” crociana, La Nuova Cultura, Napoli, V. Mathieu, Storia della filosofia: La filosofia del Novecento, Le Monnier, Firenze, G. M. Pagano, “Storicismo e azione” (Cadmo, Roma); G. Cantillo, Società Nazionale di Scienze, Lettere e Arti, Napoli, E. Paolozzi, il valore dei dettagli, in L'identità liberale di una società in trasformazione, Napoli, La tradizione critica della filosofia. G. Cantillo e R. Viti Cavaliere, Loffredo, Napoli, R. Viti Cavaliere, Postfazione, La teoria della storia di Croce, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, Viti Cavaliere, Profilo in Ead., “Il giudizio e la regola” (Loffredo, Napoli); “Il diritto alla filosofia, G. Cotroneo e R. Viti Cavaliere, Rubbettino, Soveria Mannelli  R. Viti Cavaliere, Una scelta di lettere di Carlo Antoni in "Logos", Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. //store.rubbettinoeditore/raffaello-franchini/ Fondo Franchini, Università “L’Orientale” di Napoli. Raffaello Franchini. Franchini – not to be confused with Franchini, author of ‘I gladiatori’ -- Keywords: I gladiatori. vitale, avvenire, divenire, storia, historismus, ragione storica, spirito, dialettica, opposti, l’opposto, il distinto, aequi-vocalita della dialettica – dialettica come metodo della filosofia, non della scienza; prospettico, prespetico, spetico, giudizio, l’utile, storia ciclica, storia lineale, filosofia analitica, historimus philologicus, critica della ragione storica; Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Franchini” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51760313400/in/datetaken/

 

Grice e Franci – i ostrogoti – filosofia italiana – Luigi Speranza (Ferrara). Filosofo.  Grice: “I like Franci; for one, he philosophises and calls his thing ‘studi linguistici,’ for another, he teaches in a varsity older than mine!” Insegna a Bologna. i suoi interessi si sono concentrati principalmente sullo studio delle molteplici manifestazioni della spiritualità. Dopo essersi laureato a Bologna con Heilmann, ha poi compiuto studi di perfezionamento a Roma sotto la supervisione di Tucci. Direttore del Dipartimento di Studi Linguistici, presidente dell'Accademia delle Scienze e direttore della Biblioteca di Discipline Umanistiche presso l'Bologna. È stato inoltre Accademico effettivo dell'Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna; Socio ordinario dell'Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente, Roma; Membro dell'European Society for Asian Philosophy, Nottingham, Socio Onorario e membro del Comitato Scientifico dell'Associazione Italia-India; Consigliere dell'Associazione Italiana di Studi Sanscriti; Vicepresidente del Centro di Documentazione e Iniziativa per la Pace «Giovanni Favilli»; Membro del Comitato Direttivo del Centro Studi, Iniziative e Informazioni «Amilcar Cabral»; Membro del Coordinamento nazionale per l'insegnamento delle culture afro-asiatiche nella scuola secondaria; Direttore della collana «Studi e testi orientali». Ha inoltre insegnato presso le Calcutta per tre anni nei primi anni sessanta e di Firenze.  Insegna: Sanscrito Lingue Arie Moderne dell'India Storia dell'India Moderna e Contemporanea Filosofie, Religioni e Storia dell'India e dell'Asia Centrale. Gli interessi di Franci si rivolgano principalmente all'India classica e, in particolare, allo studio del pensiero mistico (bhakti) e dell'Advaita Vedānta shankariano. Egli non ha mancato comunque di approfondirne anche gli aspetti moderni e contemporanei:  il ruolo dell'induismo nell'India d'oggi; problematiche relative alla questione linguistica, con particolare attenzione alle letterature in bengali e in inglese; studi sul pensiero classico nell'India d'oggi e i pensatori moderni in generale come Aurobindo. Altre opere: L'Upadesasahasri (Gadyabhaga) di Sankara: contributo allo studio del Kevaladvaita” (Bologna); “Recenti sviluppi delle questioni linguistiche indiane, Bologna); “Alcuni problemi e tendenze della filosofia comparata” (Bologna); “Yoga ed esicasmo, Trapani, “Saggi indologici, Bologna, La Bhakti: l'amore di Dio nell'induismo, Fossano); “Studi sul pensiero indiano, Bologna, Piero Martinetti e "Il sistema Sankhya", Contributi alla storia dell'orientalismo, Giorgio Renato Franci, Bologna, Luigi Heilmann linguista, indologo, umanista, Bologna, La benedizione di Babele: contributi alla storia degli studi orientali e linguistici, e delle presenze orientali, a Bologna, Bologna, L'induismo, Bologna, Il Mulino, Induismo, prefazione di Gianfranco Ravasifotografie di Andrea Pistolesi, Milano, Touring Club Italiano, Il Buddhismo, Bologna, Il Mulino, Yoga, Bologna, Il Mulino, Filosofia indiana Induismo, Treccani L'Enciclopedia italiana". Giorgio Renato Franci. Keywords: i ostrogoti, Staal, Grice on Indian Philosophy – ‘the Indian philosophical culture” “The Western European philosophical culture” -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Franci” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51759288276/in/dateposted-public/

 

Grice e Francia – i centauri – filosofia italiana – Luigi Speranza (Firenze). Filosofo. Grice: “Francia is a good one; for one, he philosophised on ‘not’: “il rifiuto.”” Grice: “Italians use rifiute and confute – as we do!” – Grice: “Ryle used to say, to provoke Popper, that ‘to refute’ is pretentious, when “to deny” does!” Figlio del generale e geografo Orazio e di Gina Mazzoni, dopo gli studi liceali si laurea Firenze con Carrara, di cui diviene. Insegna a Firenze. Al contempo, svolse attività di ricerca all'Istituto Nazionale di Ottica di Arcetri, diretto da Vasco Ronchi. Lavora presso il centro di ricerca ottica della Ducati di Bologna fino al 1951 quando divennne professore straordinario di onde elettromagnetiche all'Firenze, quindi ordinario della stessa disciplina nel 1954 all'Istituto Nazionale di Ottica (Arcetri), dopo due anni di ricerca e di insegnamento all'Rochester. Passa all'Firenze, come ordinario di ottica su una cattedra appositamente creata per lui. Contemporaneamente, collaborò con l'Istituto di ricerca sulle microonde del CNR di Firenze, fondato da Nello Carrara. Fonda e diresse sia l'Istituto di ricerca sulle onde elettromagnetiche, oggi Istituto di Fisica Applicata del CNR, che l'Istituto di Elettronica Quantistica (sempre del CNR). Ordinario di fisica superiore presso l'Firenze rimanendovi fino al 1991, anno del pensionamento, quindi ebbe la nomina a professore emerito.  Altresì presidente della Società italiana di fisica dal 1968 al 1973, della International Commission for Optics della Società italiana di logica e filosofia della scienza, del Forum per i problemi della pace e della guerra e della Scuola di musica di Fiesole, oltre l'ambito scientifico Torando di Francia ebbe vasti interessi culturali, occupandosi approfonditamente tra l'altro di filosofia della scienza. Socio nazionale dell'Accademia Nazionale dei Lincei, era anche un appassionato dantista.  Era padre dell'architetto Cristiano Toraldo di Francia.  Si occupa variamente di fisica matematica, di ottica, di microonde, di laser, di meccanica quantistica, di elettrodinamica, di fondamenti della fisica, di epistemologia, di informatica. Tra i suoi contributi principali sono da ricordare, nel campo dell'ottica, la formulazione del concetto di super-risoluzione (Toraldo filters) e del principio dell'interferenza inversa (prodromico alla nozione di olografia), nonché la dimostrazione sperimentale dell'esistenza delle onde evanescenti (evanescent waves).  I suoi contributi più recenti hanno riguardato la didattica della fisica, la divulgazione della filosofia della scienza e i rapporti tra scienza e società nonché tra cultura scientifica e cultura umanistica. Tra l'altro, in collaborazione ha curato e tradotto in italiano il noto trattato La fisica di Feynman, opera didattica di Richard Feynman. Altre opere: Fisica per architetti, Edizioni Universitarie, Firenze); “Onde elettromagnetiche, Zanichelli, Bologna); “Radiazione, Istituto di Fisica, Università degli Studi di Firenze, Firenze, “Diffrazione” (Einaudi, Torino); “Il fotone e l’elettrone”; Istituto di Fisica, Università degli Studi di Firenze, Firenze, “L’accelerazione della particella” Istituto di Fisica, Università degli Studi di Firenze, Firenze); “Elettrodinamica e radiazione” Istituto di Fisica, Università degli Studi di Firenze, Firenze. “Il metodo geometrico ed il metodo aritmetico della fisica” Istituto di Fisica, Università degli Studi di Firenze, Firenze, “Radiazione”, Istituto di Fisica, Università degli Studi di Firenze, Firenze, “Il fisico (Einaudi, Torino); “Il fisico” (Guaraldi, Firenze-Rimini, Il rifiuto. Considerazioni semiserie di un fisico sul mondo di oggi e di domani, Einaudi, Torino, Problemi dei fondamenti della fisica, Scuola Internazionale di Fisica, Varenna sul Lago di Como, Società Italiana di Fisica, Editrice Compositori, Bologna, Le teorie fisiche. Un'analisi formale (Bollati Boringhieri, Torino); “L'amico di Platone. L'uomo nell'era scientifica” (Vallecchi, Firenze); “Le cose e i loro nomi” (Laterza, Roma-Bari);  Fisica per il licei” (La Nuova Italia, Firenze); “La grande avventura della scienza, Istituto di Fisica, Università degli Studi di Firenze, Firenze, “La scimmia allo specchio. Osservarsi per conoscere” (Laterza, Roma-Bari); “Un universo troppo semplice. La visione storica e la visione scientifica del mondo, Feltrinelli, Milano); “Tempo, cambiamento, invarianza” (Einaudi, Torino, Dialoghi di fine secolo. Ragionamenti sulla scienza e dintorni” (Giunti, Firenze); “Ex absurdo. Riflessioni di un fisico ottuagenario, Feltrinelli, Milano); “In fin dei conti, Di Renzo Editore, Roma); “Il pianeta assediato. Conversazione di fine millennio” Le lettere, Firenze, Nascita di un uomo moderno, Edizioni CNSL, Recanati, Introduzione alla filosofia della scienza” (Laterza, Roma-Bari, Metodi matematici della fisica, Edizioni IFAC, Firenze, . Elettrodinamica e teoria della radiazione (Renzo Vallauri e Daniela Mugnai), Edizioni IFAC, Firenze. Per le notizie biografiche qui riportate, ci si riferisce a R. Pratesi, L. Ronchi Abbozzo, "Breve nota sul contributo scientifico di Giuliano Toraldo di Francia", Quaderni della Società Italiana di Elettromagnetismo, cfr. anche aif/fisico/biografia-giuliano-toraldo-di-francia/  Elenco dei Professori  di Firenze Archiviato, Florence, Italian Physical Society, Editrice Compositori, Bologna, R. Pratesi, L. Ronchi Abbozzo, "Breve nota sul contributo “ ", Quaderni della Società Italiana di Elettromagnetismo,  E. Castellani, "Nodi d'invarianti: l'eredità", scienziato umanista, Le Scienze,  E. Agazzi, "Ricordo", Epistemologia, Breve nota sul contributo, su elettromagnetismo. Piero Angela, Dialoghi di fine secolo: ragionamenti sulla scienza e dintorni, Giunti Editore,  In ricordo, Riccardo Pratesi, Società italiana di fisica. Giuliano Toraldo di Francia. Francia. Keywords: i centauri, ex absurdo; scientific realism, philosophy of physics, foundations of the phystics; geometry and arithmetics as the methods in physics; observation and perception, ‘what the eye no longer sees’ – ‘we see with our eyes”; Eddington’s two tables – teoria relativistica, theory of relativity – theory of the absolute. Particella, relativita, assoluto/relativo – relative-assoluto – Galilei – H. P. Grice’s discussion of the ‘relative-absolute’ distinction vis-à-vis R. M. Hare (‘there are no absolute values’) as cited by colonial philosopher J. L. Mackie in ‘Inventing right and wrong’ ‘absolute value’ ‘relative value’ --  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Francia” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51759455588/in/dateposted-public/

 

Grice e Franzini – espressione – filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo. Grice: “I like Franzini; for one, he philosophised on aesthetics and passions (‘passioni’). Sir Geoffrey [Warnock] and I philosophised on the former, if not the latter!” Si laurea con Giovanni Piana e Dino Formaggio. Insegna a Milano e l'Udine. Studia Husserl e la fenomenologia, nonché della filosofia francese, ha indagato sul fronte storico e teoretico alcuni temi cruciali dell'estetica, quali la “creazione”; “simbolo” (‘to throw two things together, so that the recipient compares them!); “immagine”;  “experienza estetica inter-soggetiva”. Sulla scorta di una ricognizione della genesi settecentesca dell' “estetica”, vista quest'ultima come punto di incontro tra doxa ed episteme, fra sentimento e ragione, fra il noetico e l’estetico, -- “La noetica di Grice” -- indaga lo statuto dell’estetica e della noetica, approfondendo il valore volitivo/giudicativo (noetico, contenuto, p) della dimensione pre-categoriale dell'esperienza (l’estetico). Questo percorso trovato una sintesi che mira alla definizione di una "fenomenologia del noetico”, no dell’estetico; ossia di una ‘noesi’ che sappia de-cifrare la ricchezza simbolica dell’estetico – rappresentazione, immagine. Altre opere: “Dall’estetico al noetico” (Milano, Unicopli); “Sul bello naturale” (Milano, Guanda); “Il bello naturale creato di Dio (phusei); il bello ART-ificiale creato dall’ART-ista Vinci (thesei – ex positione)” (Milano, Unicopli); La figura del diavolo, il discorso del diavolo” (Milano, Mimesis); “In principio erat verbum” Favola: dal mito al logos (Milano, Guerini); “In-scriptum, De-scriptum, ex-criptum – (Milano, Cuem); “Le leggi del cielo, l’estetico e il patico (Milano, Guerini); “Metafora, mimesi, morfo-genesi, progetto. Architettitura filosofica (Milano, Guerini). La Fenomenologia” (Milano); “Differenze nello spirito romano” (Milano, Edizioni dell'Arco); “Mondo possibile: l’interpretazione dell’espressione comunicativa (Milano, Guerini); “Il senso, il sensibile, il sentimentale, l’ingenuo” (Milano, Mondadori); “Il senso, sentire, sentimento” (Milano, Bruno Mondadori); “Percezione e immagine” (Milano, Il Castoro), “Piacere, dispiacere, Gusto e disgusto” (Milano, Nike); “Fenomenologia pura, fenomenologia impura, fenomenologia mista – il misto, il puro, l’impuro (Einaudi, Torino); “Cezanne a Liguria”; “Fenomenologia del noetico: Al di là dell'immagine” (Milano, Cortina); “Il teatro, la festa e la rivoluzione. Su Rousseau e gli enciclopedisti, Palermo, Aesthetica; "Estetica del bello, noetica del brutto, Palermo, Aesthetica, Immagine e verita: e vero che il sole si ferma) (Milano, Il Castoro); “L’estetico dell’espressione comunicativa” (Firenze, Le Monnier); “L’unicita della ragione; La cosedetta “altra ragione” – il buletico e il creditum: sensibilità, immaginazione, forma naturale, forma artificiale, forma create dall’art-ista, Milano, Il Castoro); Il simbolico e il noetico (to throw to things to be compared, say an Italian flag, and the  love of country); Simbolo: figura, materia, e forma – simbolo materiale – forma noetica – hyle-morphismo” (Milano, Il Saggiatore); “La lume dell’altre ragione” (Milano, Bruno Mondadori); La rappresentazione dello spazio – spatium (Milano, Mimesis); ntroduzione all'estetica, Bologna, Il Mulino); “Arte, bello e interpretazione della natura” (Milano, Mimesis); Non sparate sull'umanista. La sfida della valutazione (Milano, Guerini e Associati); “Filosofia della crisi” (Milano, Guerini e Associati,  pre-moderno, Moderno e postmoderno. Un bilancio, Milano, Raffaello Cortina Editore, ti dà il benvenuto, su eliofranzini. L'estetica aujourd'hui. Conversazione» Il rasoio di Occam MicroMega  Estetica, filosofia, vita quotidiana. Conversazione in MicroMega, su unimi Entra in carica oggi, il rettore  su unimi, contiene l'articolo Il nuovo rettore della Università Statale di Milano prevede di mantenere a Città Studi un polo di dipartimenti scientifici  Edmund Husserl Fenomenologia Scuola di Milano  Elio Franzini. Franzini. Keywords: espressione, Sibley, Strawson, ‘Bounds of Sense” -- simbolo, rappresentazione, immagine, noetico, estetico, natura, bello, forma, materia, arte. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Franzini” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51759406043/in/dateposted-public/

 

Grice e Frixione – l’implicatura metrica di Lucrezio – filosofia italiana – Luigi Speranza (Genova). Filosofo. Grice: “The Grecians were pretty clear – and Cicero followed suit – surely if I say ‘He made it,’ there is no implicature that he is a poet, even if ‘poeien’ is strictly, ‘make’!” -- Grice: “Poetry is a good place to apply the idea of implicature, as in Donne – Nowell-Smith’s favourite obscure poet, and Blake – mine!” –Insegna a Salerno, Milano, Genova. I suoi interessi di ricerca includono il linguaggio. Le sue ricerche riguardano il ruolo delle forme di ragionamento non monotòno nell'ambito e il rapporto tra l’illusione del perceptum ed il ragionar invalido. Si è anche occupato di modelli di rappresentazione. È noto anche per la sua attività di poeta d'avanguardia (segnalata, tra gli altri, da Sanguineti) e per aver fondato e fatto parte del “Gruppo ‘93”. Altre opere: “Il Significato” FrancoAngeli); “La Funzione e la computabilità” (Carocci); “Come Ragioniamo, Laterza Editore, Lista delle pubblicazioni da DBLP Computer Science Bibliography, Universität Trier; Diottrie, Piero Manni, Ologrammi, Editrice Zona, Insegnamenti Scuola di Scienze Umanistiche, Uiversità di Genova..  Guida dello Studente, Corso di Laurea in Filosofia, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, Governing Boards of the Italian Association of Cognitive Sciences. A Cognitive Architecture for Artificial Vision., in Artificial Intelligence, Elsevier. Francesco Prisco, Sanguineti: «La letteratura è un gioco che può ancora scandalizzare», in Il Sole 24 Ore, Angelo Petrella, GRUPPO 93. L'antologia poetica Angelo Petrella, in Editrice Zona, .  Marcello Frixione scheda nel sito Genova, Dipartimento di Antichità, Filosofia e Storia, Come ragioniamo recensione di Dario Scognamiglio, ReF Recensioni Filosofiche. Marcello Frixione. Frixione. Keywords: l’implicatura metrica di Lucrezio, poetry, Ezra Pound, Alighieri, “speranza, tela” – Tesauro – Folco -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Frixione” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51759787619/in/dateposted-public/

 

Frontino (catalogued by it.wiki under “filosofi romani”and ‘scrittori romani’ – vide Marc’Aurelio Antonino.

 

Frontone – vide Antonino

 

Grice e Frosini – filosofia italiana – Luigi Speranza (Catania). Filosofo. Grice: “I like Frosini; only in Italy a professor of jurisprudence – the Italian H. L. A. Hart – would care to provide a theatrical ‘reduction’ of a Sicilian ‘romanzo’! Genial – He has also written on Risorgimento families!” --  «Il progresso tecnologico è la nuova democrazia di massa»  (Vittorio Frosini in'intervistaalla trasmissione RAI Mediamente ). Considerato il padre dell'Informatica in Italia, si devono a lui le prime riflessioni generali sulle implicazioni esistenti tra diritto, tecnologie e attività giudiziarie.  Laureatosi alla a Pisa in filosofia e studia a Catania. Studia la regolamentazione dell'informatica; ha presieduto l'Associazione Italiana di Diritto dell'Informatica e di Giuritecnica e l'Istituto di Teoria dell'interpretazione e di informatica giuridica presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Roma "La Sapienza". Teorico di un "umanesimo tecnologico" attento ai diritti civili, ha avviato una ricostruzione sistematica dei problemi dell'informatica consapevole delle diverse implicazioni economiche e sociali della regolamentazione giuridica. Nel confronto costante tra diritto e tecnologie, il progresso produce una evoluzione sociale continua che si riflette nel campo giuridico ed economico come nei miglioramenti qualitativi dei diversi rapporti con le istituzioni, favorendo un continuo e immediato confronto fra amministratori e amministrati entro un rapporto diretto a carattere orizzontale, mentre prima era a carattere “verticale” e così il cittadino diventa veramente attore della vita civile e non più suddito. Di qui il profilarsi di una nuova democrazia di massa in cui si realizza con apparente paradosso una nuova forma di libertà individuale, un accrescimento della socialità umana che si è allargata sull'ampio orizzonte del nuovo circuito delle informazioni, un potenziamento, dunque, dell'energia intellettuale ed operativa del singolo vivente nella comunità». L'opera centrale di Vittorio Frosini, Professore ed emerito di filosofia del diritto e di informatica giuridica è indubbiamente “La struttura del diritto”. Il saggio ebbe immediati riconoscimenti e una notevole fortuna in Italia dove ebbe sei riedizioni pressoché inalterate. Quale suo autore ricevette un premio dall'Accademia Nazionale dei Lincei dalle mani del Presidente della Repubblica Italiana, Antonio Segni.  Frosini è peraltro autore di saggi fondamentali sul rapporto tra tecnologia e diritto quali:  “Cibernetica: diritto e società”; “Informatica, diritto e società” (Milano); “Giuffrè Il giurista e le tecnologie dell'informazione” (Roma, Bulzoni); “La democrazia nel XXI secolo)” (Roma, Ideazione ed.; , Macerata, Liberilibri); “La lettera e lo spirito della legge” (Milano): Giuffrè Teoria e tecnica dei diritti umani” (Napoli, Edizioni scientifiche Italiane; “Fondamentali sono anche i suoi scritti sulla rivista Informatica e Diritto: “L'automazione elettronica nella giurisprudenza e nell'Amministrazione Pubblica”; “La giuritecnica: problemi e proposte”; “Giustizia e informatica”; “La protezione della riservatezza nella società informatica”; “L'esperienza OCSE nel potenziamento degli scambi tecnologici connessi alla gestione delle informazioni”; “L'informatica nella società contemporanea; “Riflessioni sui contratti d'informatica”; “Il giurista nella società dell'informazione Riconoscimenti A Vittorio Frosini sono dedicati:  il premio nazionale di informatica giuridica "Vittorio Frosini" della rivista Il diritto dell'informazione e dell'informatica; la collezione di strumenti di calcolo e di elaborazione automatica dei dati, utilizzati presso l'Istituto di Teoria dell'Interpretazione e di Informatica Giuridica dell'Università "La Sapienza" di Roma. MediaMente: "Il progresso tecnologico e ‘la nuova democrazia di massa’", su mediamente.rai.  "Net freedoms: i diritti di libertà in rete" Dibattito sul diritto dell'informazione e dell'informatica | RadioRadicale  Cfr. Frosini in una lucida testimonianza su Università, Normale e Collegio Mussolini, Raimondo Cubeddu e Giuseppe Cavera.  Sabino Cassese, Vittorio Frosini e lo spirito della legge, Il Sole; Frosini, La democrazia nel XXI secolo, Macerata, Liberi libri, .  Fondazione Piero Calamandrei, Roberto Russano, degli scritti, Milano, A. Giuffrè, Vittorio Frosini, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  La ‘morfogenesi dell’ordinamento giuridico’ in Vittorio Frosini, in "L'Ircocervo. Rivista elettronica italiana di metodologia giuridica, teoria generale del diritto e dottrina dello stato" Genesi filosofica e struttura giuridica della Società dell'informazione, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, su edizioniesi. Vittorio Frosini. Frosini. Keywords: gattopardo. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Frosini” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51759338733/in/dateposted-public/

 

Grice e Fusaro – idealismo e prassi – filosofia italiana – Luigi Speranza (Torino). Filosofo. Grice: “I like Fusaro – he philosophised on a critique of conversational reason!” Diplomato al liceo Alfieri di Torino, si laurea con “Marx” a Torino. Studia a Milano. Insegna Gramsci a Harvard. Insegna a Milano.  Cura “La ragion populista” su Casa Pound. Membro del Risorgimento Meridionale per l'Italia. Fonda Vox Italia.  Si considera allievo di Hegel e Marx. Tra gli italiani predilige Gramsci e Gentile. Tra i moderni cita Spinoza, Fichte e Heidegger, con un'attenzione costante per le origini romani della filosofia. Si occupa inoltre di storia della filosofia. Tra gli filosofi studiati ci sono Koselleck, Blumenberg, oltre ai già citati Marx, Hegel, Gramsci, Gentile, Spinoza e Fichte.  Tratta Marx nell'ottica dell'idealismo, accostando alla critica del sistema capitalistico elementi dalla tradizione del comunitarismo e del sovranismo. Segue le orme di Preve. Altre opere: “Speranza: un saggio filosofico” (Il Prato); “La farmacia di Epicuro: la filosofia come terapia” (Il Prato). “L’atomismo di Lucrezio: alle radici del materialismo” (Il Prato); “La schiavitù salariata” (Il Prato); “Bentornato Marx! Rinascita di un pensiero rivoluzionario” – cfr. “Bentornato Grice! Rinascita della prammatica” (Bompiani); “Essere senza tempo: il concetto filosofico d’accelerazione” (Bompiani); “Minima mercatalia: il capitalismo” (Bompiani); “L'orizzonte in movimento. Modernità e futuro in Koselleck, Il Mulino); Coraggio, Cortina); “Idealismo e prassi in Gentile” (Il Melangolo); “Rivolta, dissidenza, scissione” (Barney); “Il futuro è nostro: filosofia dell'azione” (Bompiani); “Stato commerciale chiuso” (Il Melangolo); “Essere-nel-mondo e passione” (Feltrinelli); “Europa e capitalismo. Per riaprire il futuro” (Mimesis); “Peccato nei Grundzüge” (Il Melangolo); “Altrimenti: il dissenso conversazionale” Einaudi, “Coscienza del precariato” Bompiani “L’ordine dell’amore” (Rizzoli); Processo alla Rivoluzione (Il Ponte Vecchio); “Marx idealista: una lettura eretica del materialismo storico” Mimesis); “La notte del mondo: arte e technica in Heidegger” tecnocapitalismo, UTET, Glebalizzazione. La lotta di classe al tempo del populismo” (Rizzoli); “Il naturalismo di Lucrezio” (Bompiani, Marx); “Il Lavoro salariato e capitale, Bompiani, Marx, Forme di produzione pre-capitalistiche, Bompiani,  Marx Friedrich Engels, Manifesto e princìpi del comunismo, Bompiani, Marx Friedrich Engels, Ideologia” Bompiani, Johann Gottlieb Fichte, “Missione del dotto, Bompiani); “L’epicureismo romano – piacere” AlboVersorio, ESE, su uniese. Arriva al Teatro GiordanoFoggia ZON, in Foggia ZON Curriculum Harvard, Department of Romance Languages, Rai Filosofia, Diego Fusaro presenta Filosofico.net, su Il  di RAI Cultura dedicato alla filosofia. Diego Fusaro, Il Fatto Quotidiano, su Il Fatto Quotidiano. 17 febbraio .  Diego FusaroL'Interesse Nazionale, su diegofusaro.com.  Passa dal marxismo 2.0 alla rivista più vicina ai cattolici conservatori di CL, in Giornalettismo, Chiude Tempi, licenziamento immediato per redazione e dipendenti, in L’Huffington Post, La conversione del filosofo comunista: scriverà per la rivista di estrema destra, su libero quotidiano, Author at Radio Radio, su Radio Radio. 14 marzo .  Perché le turbo-stupidaggini di Fusaro non fanno ridere ma sono pericolose, su The Vision, Gioia Tauro risultati elezioni comunali , su corriere. Foligno, ecco l’eventuale giunta M5s: Assessore in pectore alla cultura, su umbria Comunali Area ITALIA Regione UMBRIA Provincia PERUGIA Comune FOLIGNO, elezionistorico,  "Valori di destra, idee di sinistra". Fusaro a bomba: nuovo movimento ultra-sovranista, è l'anti-Salvini?, su libero quotidiano. Il filosofo che difende il governo del cambiamento. E sogna la guerra tra popolo ed élite, in Tiscali Notizie, Fusaro, Il capitale: un trionfo dell'idealismo tedesco, Consorzio Festival filosofia, Il filosofo populista Panorama, in Panorama,  In memoria di Preve. Anti-europeismo Euro-scetticismo, Meridionalismo, protezionismo, questione meridionale Revisionismo del marxismo, revisionismo del Risorgimento, socialismo nazionale, teoria del ferro di cavallo, sovranismo diegofusaro.com.  YouTube. openMLOL, HorizonsRadio Radicale.  Filosofico.net La filosofia e i suoi eroi. Diego Fusaro. Fusaro. Keywords: idealism e prassi, Lucrezio, italianita, romanita, Gramsci, Gentile, arte, technica, filosofia della storia, peccato. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fusaro: l’implicatura” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51701379488/in/photolist-2mQPiYS-2mN8ym7-2mLP9qE-2mLF5SC-2mKw3hq-2mKbok1-2mKfNvB-2mJe9QJ

 

Grice e Fuschi – filosofia italiana – Luigi Speranza (Cesena). Filosofo.  – Grice: “I like Fuschi, and so does Eco, Rota, and Carlini! Fuschi opposes Aquina’s truths and turns them into mistakes – since they involve things about the past – where the apostles kept property – it’s all pretty unverifiable, -- still Fuschi was thoroughly heretic!” – Grice: “Fuschi is the Italians’ Ockham!” --  Michele da Cesena   Affresco di Andrea di Buonaiuto nel Cappellone degli Spagnoli di Firenze. Al centro c'è papa Innocenzo VI; in primo piano, tre ecclesiastici che discutono: Guglielmo da Ockham, Michele da Cesena e l'arcivescovo di Pisa Simone Saltarelli. Rispettivamente alla destra e alla sinistra del papa vi sono Egidio Albornoz e Carlo IV di Lussemburgo. Di grande rilievo nelle vicende politiche ed ecclesiastiche, noto soprattutto per essere stato ministro generale dell'Ordine francescano.  Dopo avere studiato a Parigi, venne eletto alla più alta carica dell'Ordine francescano durante il capitolo generale tenuto a Napoli. Durante quel capitolo vennero anche approvate le rinnovate Costituzioni dell'Ordine, note (per essere state preparate da un gruppo di frati ad Assisi) come Constitutiones Assisienses. Si distinse subito per una decisa persecuzione nei confronti degli “spirituali, sostenitori dell'assoluta povertà di Gesù Cristo e della necessità di una altrettanto rigorosa povertà dell'ordine francescano. In questa opera di repressione, e appoggiato da Giovanni XXII. Con le lettere bollate Sancta Romana e Gloriosam Ecclesiam Giovanni XXII riprova e scomunicava tutti gli spirituali. Si voleva così chiudere il "caso" della frattura tra gli spirituali e il resto dell'Ordine francescano (la cosiddetta "comunità"), sospingendo i primi nell’eresia e nella marginalità. Incalzati dalla persecuzione, Ubertino da Casale e Angelo Clareno, i maggiori esponenti della corrente spirituale, dovettero lasciare l'Ordine. A Marsiglia, per la prima volta erano stati bruciati sul rogo quattro spirituali. Tuttavia, anche i rapporti tra Michele e Giovanni XXII si deteriorarono. Il papa, infatti, aveva riaperto il dibattito a proposito della povertà di Cristo, e finì per abolire (con la lettera bollata Inter nonnullos) la "finzione" giuridica, in vigore fin dal tempo di Niccolò III (regolamentata con lettera bollata Exiit qui seminat), secondo la quale i francescani non possedevano nulla né come singoli, né come conventi, né come Ordine, ma era la Santa Sede a detenere la proprietà di tutti i loro beni che poi venivano gestiti per mezzo di procuratori. Durante il capitolo di Perugia i Francescani difesero le loro tesi sulla povertà di Cristo e degli Apostoli, come singoli e in comune. Il manifesto francescano di Perugia (più precisamente, due lettere encicliche scritte dal Capitolo e indirizzate a tutti i frati) venne però condannato dal papa. Ormai lo scontro tra Fuschi e Giovanni XXII era irreversibile.  Il ministro generale venne convocato dal papa ad Avignone e sospeso dalla sua carica. Venne confermato dai Francescani alla carica di ministro generale nel capitolo di Bologna. Giovanni XXII gli impose una residenza forzata ad Avignone, ma fuggì con un piccolo gruppo di frati, tra i quali Occam e Bonagrazia da Bergamo. I fuggitivi si imbarcarono nel porto di Aigues-Mortes e raggiunsero a Pisa il campo di Ludovico il aro, candidato al trono del Sacro Romano Impero.  Il papa depose Fuschi dal suo ruolo di ministro generale con la lettera bollata Cum Michaël de Caesena. Con la lettera bollata Dudum ad nostri, Fuschi, Occam, e venivano scomunicati. Tale condanna venne rinnovata con la lettera bollata Quia vir reprobus Michaël de Caesena.  Durante il capitolo generale convocato a Parigi venne eletto ministro generale Oddone. Una parte comunque minoritaria dell'ordine francescano rimase fedele a Fuschi, rifiutando di riconoscere l'autorità d’Oddone e del papa stesso, ritenuto eretico e quindi ipso facto decaduto (nel suo scontro con il papa per la successione al trono imperiale, Ludovico il aro face eleggere papa Rainalducci da Corbara con il nome di Niccolò V. Esponente, con Occam e Marsilio da Padova, del gruppo di intellettuali schierati sul fronte ghibellino e protetti da Ludovico il aro, Fuschi visse alla corte. Nomina Occam suo successore e vicario, affidandogli il sigillo dell'Ordine che era ancora in suo possesso.  M. Niccoli nella Enciclopedia Italiana, », C. Dolcini nel Dizionario Biografico degli Italiani riporta. L’ultimo appello di M. fu pubblicato a Monaco e non si hanno notizie su di lui. Altre opere: “Appellatio monacensis, Armando Carlini, Fra Michelino e la sua eresia, prefazione di Renato Serra, Bologna, Nicola Zanichelli, Cattività avignonese Disputa sulla povertà apostolica, “Il nome della rosa”; Ordine francescano Riforma spirituale medioevale. TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Dizionario biografico degli italiani,  Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Michele da Cesena e michelisti, -- michelismo e tomismo -- la voce nel Dizionario del pensiero cristiano alternativo, sito Eresie Medioevo ereticale: la disputa sulla povertà, su mondi medievali.net. Predecessore Ministro generale dell'Ordine dei Frati MinoriSuccessoreFrancescocoa.png Alessandro Bonini Gerardo Odonis Francescanesimo Disputa sulla povertà apostolica Filosofia. Michele Fuschi. Fuschi. Keywords: “Occam  excommunicated” -- Modified Occam’s Razor”, “Cristo e povero” -- italiani eretici, tomismo, michelismo – Occam scommunicato. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Fuschi” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51692239470/in/photolist-2mKSeS7

 

Grice e Gaetani – APVD NEAPOLIM – filosofia italiana – Luigi Speranza (Martano). Filosofo. Grice: “I like Gaetani, for one, he is a duke – and kept beautiful gardens at Martano – he philosophised on the ‘ottocento’, as any philosopher from the Novecento would!” Figlio di Carlo, conte di Castelmola, e Giuseppina Chiriatti. La famiglia Gaetani annovera oltre al ramo dei Castelmola, anche quello dei Laurenzana, di cui si ricorda il Barone Di Laurenzana, esponente del movimento radicale. L'insegna araldica dei Castelmola è costituita da uno scudo forgiato di due strisce blu ondeggianti che lo attraversano in senso trasversale. I Gaetani, prima Caetani, vantarono alcuni papi, tra cui Bonifacio VIII.  Il padre, Carlo, avvocato, fu ripetutamente eletto tra le file dei radicali nel Consiglio comunale di Napoli. Da Napoli attiene, fino a tutta la Grande Guerra, alla cura del patrimonio fondiario in Martano, acquisito dal matrimonio con Chiriatti. Questa infatti si era trasferita a Napoli dopo l'uccisione del facoltosissimo padre Paolo, nell'ambito di una torbida vicenda che vide infine coinvolta la madre di lei, Maria Fortunato, quale mandante, assieme al prete Mariano, dato che i due erano in tresca. Diviso il patrimonio tra le due figlie Giuseppina e Paolina Chiriatti, e la madre stessa, vennero iniziati i lavori di costruzione del palazzo Chiriatti-Gaetani. A Palazzo Chiriatti-Gaetani la famiglia venne a dimorare mentre man mano la gestione delle fortune familiari passava in capo a Gaetani, che si impegna in un'ardua opera di bonifica e di razionalizzazione colturale, culminata con l'acquisto di diversi macchinari ad alta tecnologia. E però proprio il malfunzionamento dell'attrezzatura finalizzata all'estrazione dell'acqua dai pozzi, bene capitale nelle aride campagne della zona, a determinare l'infiacchimento del capitale di famiglia e il progressivo indebitamento verso il Banco di Napoli, che culmina con la fine del fascismo.  Frattanto  Gaetani, che si fregiava del titolo di duca, a seguito del matrimonio con la duchessa d'Ascoli, Leopoldina, si dedica alla filosofia, mentre, del resto, ebbe a ricoprire la carica di Provveditore a Potenza. La sua filosofia e ispirata dalla Francia, della che fu un grande amatore, nonostante il fascismo e nonostante la sua adesione al regime, che ad un certo punto ne impedì la circolazione in Italia. Crociano, segue lo schema tracciato dal maestro, mentre l'ultimo ricordo della natia Martano fu un canto dedicato alle tradizioni grike, di cui raccomandava appassionatamente la conservazione e il culto.  Nei giorni furenti che precedettero il Referendum istituzionale appoggiò in pubblici comizi la Monarchia, e per questo pagò dazio dovendosi allontanare all'indomani del voto e rifugiarsi in Napoli, tutto teso negli studi letterari.  Altre opere: Villon (Napoli); “Un carteggio inedito di F. Bozzelli (S. Gaetani, F.Bozzelli), L'Aquila, Masseria, Martano (Lecce); “Un bilancio letterario” (Roma); “Per onorare un maestro: il Torraca, Napoli); “Catullo” (Roma); L'Ottocento” (Napoli); La bancarotta del rosso: commedia in tre atti, Lecce); Per la venuta del Duce” (Lecce); “Bernardo Bellincioni, Galatina (Lecce); “Il benedettino-cistercense d. Mauro cassoni nel Tempio, nella scuola, negli studi: ), Leccel “Ricordi di Benedetto Croce, Napoli); Vicende tipi e figure del Casino dell'Unione, Napoli); Napoli ieri e oggi: passeggiate e ricordi, Milano-Napoli); Apud Neapolim..., Napoli); Fonti storiche e letterarie intorno ai martiri di Otranto, Napoli.  Martano Caetani. Salvatore Gaetani. Gaetani. Keywords: APVD NEAPOLIM, l’implicatura di croce -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gaetani” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51759940980/in/dateposted-public/

 

Grice e Gagliardi – filosofia italiana – Luigi Speranza (Marino). Filosofo. Grice: “I like Gagliardi; I spent some time with medics at Richmond, talking Greek! Anyhow, Gagliardi shows why the Angles prefer physician – since ‘medicare’ is such a trick!” – Grice: “Philosophically interesting bit is that Gagliardi applies ‘medico’ and qualifies it with ‘morale’!” –Nacque a Marino, feudo dei Colonna, nell'area dei Colli Albani, come riferisce lMoroni nel suo Dizionario di erudizione, e come riferito dallo stesso Gagliardi nel in "L'idea del vero medico fisico e morale formato secondo li documenti ed operazioni di Ippocrate" (Roma). In effetti, il cognome Gagliardi esiste all'epoca a Marino ed è tuttora tramandato. Fu impegnato in ricerche morfologiche, microscopiche ed anatomo-patologiche a proposito delle ossa, compiendo importanti scoperte in questo campo: in “Anatomia delle ossa illustrata con le nuove scoperte", Roma) descrisse per primo la struttura lamellare delle ossa. Inoltre effettua alcuni esami e ricerche comparative tra le ossa umane e quelle del vitello. Descrisse probabilmente per primo un caso di tubercolosi ossea. La sua opera fu piuttosto lodata, e l' “Anatomia” fu ristampato. Fece importanti studi sul "mal di petto". Filosofa sull'educazione morale. Diede anche ammonimenti contro i guaritori ciarlatani e fornì alcuni suggerimenti deontologici.  Abitava nel rione Sant'Angelo, presso via delle Botteghe Oscure. In questa strada un suo servo fu ucciso misteriosamente nottetempo. Durante le villeggiature dei papi presso la Villa Pontificia di Castel Gandolfo Gagliardi ha il privilegio di offrire la frutta al papa. Alessandro VIII gli conferì un titolo nobiliare, ma non sappiamo quale.  I suoi lavori, conservati nelle maggiori biblioteche di Roma, rivestono un particolare interesse se anche duecento anni dopo la loro scrittura, il vice-direttore dell'Ospedale San Martino di Genova, Arata, diede alle stampe una lettera inedita del Gagliardi sull'itterizia. Si ha svolto un proficuo lavoro di ricerca su Gagliardi, scoprendo anche una firma del medico in margine ad un saggio discusso all'Università La Sapienza.  Altre opere: “L'infermo istruito nelle scuole” (Roma); “Consigli preventivi e curativi in tempo di contagio dati in forma di dialogo” (Roma); “Relazione de' Mali di Petto che corrono presentemente nell'Archiospedale di Santo Spirito in Sassia” (Roma); “L'educazione morale” (Roma). “Come sopra l'influenza catarrale che presentemente regna in Roma e Stato ecclesiastico” (Roma). Note: Si veda l'annotazione di “Due baiocchi” in "Castelli Romani", Bossi, Dell'Istoria d'Italia antica, Enciclopedia TreccaniGagliardi, Domenico, Luciano Sterpellone, I protagonisti della medicina, Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana,  Lucarelli, Domenico Gagliardi,  Giornale de' letterati d'Italia, Guillermo Olagüe de Ros, La "Relazione de' Male di Petto" en el ambiente anatomo-clínico romano, in Dynamis: Acta hispanica ad medicinae scientiarumque historiam illustrandam, Gaetano Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, Venezia, Tipografia Emiliani, Antonia Lucarelli, Memorie marinesi, 1ª ed., Marino, Biblioteca di interesse locale "Girolamo Torquati", Ordinamento universitario dello Stato Pontificio Tubercolosi ossea  Domenico Gagliardi, su TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Domenico Gagliardi. Gagliardi. Keywords: “a dull (if at a certain level adequate) answer to the fundamental question about the conversational categoric imperative”; moralia, etica, mos, ethos – Grice on morality – morals – educazione – “We learn not to tell lies from our parents” Hardie, Ethica Nichomachaea, la formazione del carattere.  “Empirical fact we’ve learned since childhood and it would be difficult to diverge from the practice” – “This is a dull empirical.” --  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gagliardi” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza.  https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51691219431/in/photolist-2mPYy6p-2mPqEYR-2mKRfHn-2mKCfz1-2mKM1De-mw5RV7-mw5QTh-mw5PVA-mw4r44-mw2gNX-mw2JS4-mw5LT3-mw3Tvr-mw2Mpi-mw2eZ6-mw264R-mw45RG-mw2QUp-mw2Ton-mw27EB

 

Galetti. Filosofo. Emporium.

 

Grice e Galilei – Eppur si muove -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Pisa). Filosofo. Galileo Galilei. Grice: “His father was, like mine, a musician.” – “La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto”. Personaggio chiave della rivoluzione scientifica, per aver esplicitamente introdotto il metodo scientifico (detto anche "metodo galileiano" o "metodo sperimentale"), il suo nome è associato a importanti contributi in fisica e in astronomia. Di primaria importanza fu anche il ruolo svolto nella rivoluzione astronomica, con il sostegno al sistema eliocentrico e alla teoria copernicana. I suoi principali contributi al pensiero filosofico derivano dall'introduzione del metodo sperimentale nell'indagine scientifica grazie a cui la scienza abbandonava, per la prima volta, quella posizione metafisica che fino ad allora predominava, per acquisire una nuova, autonoma prospettiva, sia realistica che empiristica, volta a privilegiare, attraverso il metodo sperimentale, più la categoria della quantità (attraverso la determinazione matematica delle leggi della natura) che quella della qualità (frutto della passata tradizione indirizzata solo alla ricerca dell'essenza degli enti) per elaborare ora una descrizione razionale oggettiva[N 6] della realtà fenomenica. Sospettato di eresia e accusato di voler sovvertire la filosofia naturale aristotelica e le Sacre Scritture, Galilei fu processato e condannato dal Sant'Uffizio, nonché costretto, il 22 giugno 1633, all'abiura delle sue concezioni astronomiche e al confino nella propria villa di Arcetri. Nel corso dei secoli il valore delle opere di Galilei venne gradualmente accettato dalla Chiesa, e 359 anni dopo, il 31 ottobre 1992, papa Giovanni Paolo II, alla sessione plenaria della Pontificia accademia delle scienze, riconobbe "gli errori commessi" sulla base delle conclusioni dei lavori cui pervenne un'apposita commissione di studio da lui istituita nel 1981, riabilitando Galilei. La casa natale di Galilei  Abitazione all'800  Abitazione in via Giusti Dal libretto di battesimo di Galileo riportante come luogo "in Chapella di S.to Andrea", si credeva fino alla fine dell'800 che Galileo potesse essere nato vicino alla cappella di Sant'Andrea in Kinseca nella fortezza San Gallo, il che presumeva che il padre Vincenzo fosse un militare. In seguito fu identificata casa Ammannati, vicino alla Chiesa di Sant'Andrea Forisportam, come la vera casa natale. Nacque a Pisa, figlio di Vincenzo Galilei e di Giulia Ammannati. Gli Ammannati, originari del territorio di Pistoia e di Pescia, vantavano importanti origini; Vincenzo Galilei invece apparteneva ad una casata più umile, per quanto i suoi antenati facessero parte della buona borghesia fiorentina. Vincenzo era nato a Santa Maria a Monte, quando ormai la sua famiglia era decaduta ed egli, musicista di valore, dovette trasferirsi a Pisa unendo all'esercizio dell'arte della musica, per necessità di maggiori guadagni, la professione del commercio.  La famiglia di Vincenzo e di Giulia, contava oltre Galileo: Michelangelo Galilei, che fu musicista presso il granduca di Baviera, Benedetto Galilei, morto in fasce. Dopo un tentativo fallito di inserire Galileo tra i quaranta studenti toscani che venivano accolti gratuitamente in un convitto di Pisa, fu ospitato "senza spese" da Tebaldi, doganiere della città di Pisa, padrino di battesimo di Michelangelo Galilei, e tanto amico di Vincenzo da provvedere alle necessità della famiglia durante le sue lunghe assenze per lavoro. A Pisa, Galilei conobbe Bartolomea Ammannati che curava la casa del rimasto vedovo Tebaldi il quale, nonostante la forte differenza d'età, la sposò, probabilmente per metter fine alle malignità, imbarazzanti per la famiglia Galilei, che si facevano sul conto della giovane nipote. Successivamente fece i suoi primi studi a Firenze, prima col padre, poi con un maestro di dialettica e infine nella scuola del convento di Santa Maria di Vallombrosa, dove vestì l'abito di novizio. Vincenzo iscrisse il figlio a Pisa con l'intenzione di fargli studiare medicina, per fargli ripercorrere la tradizione del suo glorioso antenato Galileo Bonaiuti e soprattutto per fargli intraprendere una carriera che poteva procurare lucrosi guadagni.  Nonostante il suo interesse per i progressi sperimentali di quegli anni, la sua attenzione fu presto attratta dalla semiotica, la logica, e la matematica – lo studio del segno -- che comincia a studiare dall'estate del 1583, sfruttando l'occasione della conoscenza fatta a Firenze di Ostilio Ricci da Fermo, un seguace della scuola matematica di Tartaglia. Caratteristica del Ricci era l'impostazione che egli dava all'insegnamento della matematica: non di una scienza astratta o formale, ma di una disciplina materiale che servisse a risolvere i problemi pratici legati alla meccanica e alle tecniche ingegneristiche. Fu, infatti, la linea di studio "Tartaglia-Ricci" (prosecutrice, a sua volta, della tradizione facente capo ad Archimede) a insegnare a Galileo l'importanza della precisione nell'osservazione dei dati e il lato ‘prammatico’ della ricerca scientifica. È probabile che a Pisa abbia seguito anche i corsi di filosofia naturale (fisica) tenuti dall'aristotelico Bonamici. Durante la sua permanenza a Pisa arriva alla sua prima, personale scoperta, che chiama l' “iso-cronismo” nelle oscillazioni di un pendolo. Rinuncia a proseguire gli studi di medicina e anda a Firenze, dove approfondì i suoi nuovi interessi, occupandosi di meccanica e di idraulica. Trova una soluzione al "problema della corona" di Gerone inventando uno strumento per la determinazione idrostatica del peso specifico dei “corpi”.  L'influsso di Archimede e dell'insegnamento del Ricci si rileva anche nei suoi studi sul centro di gravità dei solidi. Cerca intanto una regolare sistemazione economica: oltre a impartire lezioni private a Firenze e a Siena, andò a Roma a richiedere una raccomandazione per entrare nello Studio di Bologna a Clavius, ma inutilmente, perché a Bologna gli preferirono alla cattedra Magini. Su invito dell'Accademia Fiorentina tenne due Lezioni circa la figura, sito e grandezza dell'Inferno, difendendo le ipotesi già formulate da  Manetti sulla topografia dell'Inferno. Galilei si rivolse allora a Monte, matematico conosciuto tramite uno scambio epistolare su questioni matematiche. Monte e fondamentale nell'aiutare Galilei a progredire nella carriera universitaria, quando, superando l'inimicizia di Giovanni de' Medici, un figlio naturale di Cosimo de' Medici, lo raccoma al fratello cardinale Francesco Maria Del Monte, che a sua volta parlò con il potente Duca di Toscana, Ferdinando I de' Medici. Sotto la sua protezione, ebbe un contratto triennale per una cattedra a Pisa, dove espose chiaramente il suo programma, procurandosi subito una certa ostilità nell'ambiente accademico di formazione aristotelica. Il metodo che sigue e quello di far dipendere quel che si dice da quel che si è detto, senza mai supporre come vero quello che si deve spiegare. Questo metodo me l'hanno insegnato i miei matematici, mentre non è abbastanza osservato da certi filosofi quando insegnano elementi fisici. Per conseguenza quelli che imparano, non sanno mai le cose dalle loro cause, ma le credono solamente per fede, cioè perché le ha dette Aristotele. Se poi sarà vero quello che ha detto Aristotele, sono pochi quelli che indagano; basta loro essere ritenuti più dotti perché hanno per le mani maggior numero di testi aristotelici [...] che una tesi sia contraria all'opinione di molti, non m'importa affatto, purché corrisponda alla esperienza e alla ragione”. Frutto dell'insegnamento pisano è “De motu antiquiora”, che raccoglie una serie di lezioni nelle quali egli cerca di dar conto del problema del movimento. Base delle sue ricerche è il trattato, pubblicato a Torino, “Diversarum speculationum mathematicarum liber d Benedetti, uno dei fisici sostenitori della teoria dell'impeto come causa del moto violento. Benché non si sapesse definire la natura dell’impeto impresso a un corpo, questa teoria, elaborata da  Filopono e poi sostenuta dai fisici parigini, pur non essendo in grado di risolvere il problema, si opponeva alla tradizionale spiegazione aristotelica del movimento come prodotto del mezzo nel quale il corpo animato stesso si muove. A Pisa Galilei non si limitò alle sole occupazioni scientifiche: risalgono infatti a questo periodo le sue “Considerazioni sul Tasso” che avrebbero avuto un seguito con le Postille all'Ariosto. Si tratta di note sparse su fogli e annotazioni a margine nelle pagine dei suoi volumi della Gerusalemme e dell'Orlando furioso dove, mentre rimprovera al Tasso la scarsezza della fantasia e la monotonia lenta dell'immagine e del verso, ciò che ama nell'Ariosto non è solo lo svariare dei bei sogni, il mutar rapido delle situazioni, la viva elasticità del ritmo, ma l'equilibrio armonico di questo, la coerenza dell'immagine l'unità organica – pur nella varietà – del fantasma poetico. La morte del padre lo lasciando l'onere di mantenere tutta la famiglia: per il matrimonio della sorella Virginia, dovette provvedere alla dote, contraendo dei debiti, così come avrebbe poi dovuto fare per le nozze della sorella Livia con Galletti, e altri denari avrebbe dovuto spendere per soccorrere le necessità della numerosa famiglia del fratello Michelangelo. Del Monte intervenne ad aiutare nuovamente, raccomandandolo al prestigioso Studio di Padova, dove era ancora vacante una catedra dopo la morte di Moleti. Le autorità della Repubblica di Venezia emanarono il decreto di nomina, con un contratto, prorogabile, di quattro anni e con uno stipendio di 180 fiorini l'anno. Tenne a Padova il discorso introduttivo e dopo pochi giorni cominciò un corso destinato ad avere un grande seguito presso gli studenti. Vi sarebbe restato per diciotto anni, che avrebbe definito «li diciotto anni migliori di tutta la mia età. Arriva a Venezia solo pochi mesi dopo l'arresto di Bruno a Venezia. Nel dinamico ambiente di Padova (risultato anche del clima di relativa tolleranza religiosa garantito dalla Repubblica veneziana),  intrattenne rapporti cordiali anche con personalità di orientamento filosofico lontano dal suo, come Cremonini, filosofo rigorosamente aristotelico. Frequenta anche i circoli colti e gli ambienti senatoriali di Venezia, dove strinse amicizia con Sagredo, che Galilei rese protagonista del suo Dialogo sopra i massimi sistemi, e Sarpi, esperto di semiotica. È contenuta proprio nella lettera  al frate servita la formulazione della legge sulla caduta dei gravi. Gli spazii passati dal moto naturale esser in proportione doppia dei tempi, e per conseguenza gli spazii passati in tempi eguali esser come ab unitate, et le altre cose. Et il principio è questo: che il mobile naturale vadia crescendo di velocità con quella proportione che si discosta dal principio del suo moto. Galileo tiene a Padova lezioni di meccanica: il suo “Trattato di meccaniche” dovrebbe essere il risultato dei suoi corsi, che avevano avuto origine dalle “Questioni meccaniche” di Aristotele.  A Padova Galileo attrezza con l'aiuto di un artigiano che abitava nella sua stessa casa, una officina nella quale eseguiva esperimenti e fabbricava strumenti che vendeva per arrotondare lo stipendio. Perla macchina per portare l'acqua a livelli più alti ottenne dal Senato veneto un brevetto ventennale per la sua utilizzazione pubblica. Da anche lezioni private e ottenne aumenti di stipendio: dai 320 fiorini percepiti annualmente passa ai 1.000.  Una nuova stella fu osservata d’Altobelli, il quale ne informò Galilei. Luminosissima, fu osservata successivamente anche da Keplero, che ne fece oggetto di uno studio, il De Stella nova in pede Serpentarii. Su quel fenomeno astronomico Galileo tenne tre lezioni, il cui testo non ci è noto, ma contro le sue argomentazioni scrisse un opuscolo Lorenzini, sedicente aristotelico originario di Montepulciano,su suggerimento di Cremonini, e intervenne a sua volta con un opuscolo anche Capra. Interpreta il fenomeno della ‘nuova stella’ come prova della mutabilità dei cieli, sulla base del fatto che, non presentando la "nuova stella" alcun cambiamento di parallasse, essa dovesse trovarsi oltre l'orbita della Luna. A favore della tesi si pubblica “Dialogo de Cecco di Ronchitti da Bruzene in perpuosito de la Stella Nuova. Ronchitti difende la validità del metodo della parallasse per determinare la distanza minima di cose accessibili all'osservatore solo visivamente, quali sono gli astri. Rimane incerta l'attribuzione del dialogo, se cioè sia opera dello stesso Galilei o di Spinelli. Compose due trattati sulla fortificazione, la Breve introduzione all'architettura militare e il Trattato di fortificazione. Fabbricò un compasso, che descrisse in “Le operazioni del compasso geometrico et militare” (Padova). Il compasso era strumento già noto e, in forme e per usi diversi, già utilizzato, né Galileo pretese di attribuirsi particolari meriti per la sua invenzione; ma Capra lo accusa di aver plagiato una sua precedente invenzione. Ribalta le accuse di Capra, ottenendone la condanna da parte dei Riformatori dello Studio padovano e pubblicò una Difesa contro alle calunnie et imposture di Baldessar Capra milanese, dove ritorna anche sulla precedente questione della nuova stella. L'apparizione della nuova stella crea grande sconcerto nella società e Galileo non disdegna di approfittare del momento per elaborare, su commissione, oroscopi personali, al prezzo di 60 lire venete. Peraltro, e messo sotto accusa dall'Inquisizione di Padova a seguito di una denuncia di un suo ex-collaboratore, che lo aveva accusato precisamente di aver effettuato oroscopi e di aver sostenuto che gli astri determinano le scelte dell'uomo. Il procedimento, però, fu energicamente bloccato dal Senato della Repubblica veneta e il dossier dell'istruttoria venne insabbiato, così che di esso non giunse mai alcuna notizia all'Inquisizione romana, ossia al Sant'Uffizio. Il caso venne probabilmente abbandonato anche perché Galileo si era occupato di astrologia natale e non di astrologia pro-gnostica o previsionale.  La sua fama come autore di oroscopi gli portò richieste, e senza dubbio pagamenti più sostanziosi, da parte di cardinali, principi e patrizi, compresi Sagredo, Morosini e qualcuno che si interessava a Sarpi. Scambia lettere con Gualterotti, e, nei casi più difficili, con Brenzoni. Tra i temi natali calcolati e interpretati figurano quelli delle sue due figlie, Virginia e Livia, e il suo proprio, calcolato tre volte. Il fatto che si dedicasse a questa attività anche quando non era pagato per farlo suggerisce che egli vi attribuisse un qualche valore. Non basta guardare, occorre guardare con occhi che vogliono vedere, che credono in quello che vedono. (if you see that p, because you want that p). Non sembra che, nella polemica sulla "nuova stella", Galilei si fosse già pubblicamente pronunciato a favore della teoria elio-centrica di Copernico. Si ritiene che egli, pur intimamente convinto copernicano, pensasse di non disporre ancora di prove sufficientemente forti da ottenere invincibilmente l'assenso della universalità dei filosofi. Tuttavia, espressa privatamente la propria adesione al copernicanesimo a Keplero – che aveva pubblicato il suo Prodromus dissertationum cosmographicarum scriveva. Ho già scritto molte argomentazioni e molte confutazioni degli argomenti avversi, ma finora non ho osato pubblicarle, spaventato dal destino dello stesso Copernico, nostro maestro. Questi timori, però, svaniranno proprio grazie al cannocchiale, che Galileo punterà per la prima volta verso il cielo. Di ottica si erano occupati già Porta nella sua Magia naturalis e nel De refractione e Keplero negli Ad Vitellionem paralipomena, opere dalle quali era possibile pervenire alla costruzione del cannocchiale. Lo strumento fu costruito indipendentemente da Lippershey, un ottico tedesco naturalizzato olandese. Galileo decise allora di preparare un tubo di piombo, applicandovi all'estremità due lenti, ambedue con una faccia piena e con l’altra sfericamente concava nella prima lente e convessa nella seconda. Quindi, accostando l’occhio alla lente concava, percepii l’astro abbastanza grande e vicino, in quanto essi apparivano tre volte più prossimi e nove volte maggiori di quel che risultavano guardati con la sola vista naturale. Presenta l'apparecchio come sua costruzione al governo di Venezia che, apprezzando l'invenzione, gli raddoppiò lo stipendio e gli offrì un contratto vitalizio d'insegnamento. L'invenzione, la riscoperta e la ricostruzione del cannocchiale non è un episodio che possa destare grande ammirazione. La novità sta nel fatto che Galileo è il primo a portare questo strumento, usandolo in maniera prettamente logica e concependolo come un potenziamento del sentire – il vedere. La grandezza di Galileo nei riguardi del cannocchiale è stata proprio questa. Supera tutta una serie di ostacoli concettuali (cf. Galileo sees that the star is nice +> without a telescope – I could see the cow from the window) -- utilizzando suddetto strumento per rafforzare le proprie tesi.  Grazie al cannocchiale, Galileo propone una nuova visione del mondo celeste. Giunge alla conclusione che, alle stelle visibili ad occhio nudo, si aggiungono altre innumerevoli stelle mai scorte prima d’ora. L'Universo, dunque, diventa più grande; Non c’è differenza di natura fra la Terra e la Luna. Galileo arreca così un duro colpo alla visione aristotelico-tolemaica geo-centrica del mondo, sostenendo che la superficie della Luna non è affatto liscia e levigata bensì ruvida, rocciosa e costellata di ingenti prominenze. Quindi, tra gli astri, almeno la Luna non possiede i caratteri di assoluta perfezione che ad essa erano attribuiti dalla tradizione. Inoltre, la Luna si muove, e allora perché non dovrebbe muoversi anche la Terra che è simile dal punto di vista della costituzione? Vengono scoperti i un satellite di Giove, che Galileo denomina “la stelle medicea”. Questa consapevolezza l’offre l'insperata visione in cielo di un modello più piccolo dell'universo copernicano. Le scoperte furono pubblicate nel Sidereus Nuncius, una copia del quale Galileo invia a Cosimo II, insieme con un esemplare del suo cannocchiale e la dedica dei quattro satelliti, battezzati da Galileo in un primo tempo Cosmica Sidera e successivamente Medicea Sidera («pianeti medicei»). È evidente l'intenzione di Galileo di guadagnarsi la gratitudine della Casa medicea, molto probabilmente non soltanto ai fini del suo intento di ritornare a Firenze, ma anche per ottenere un'influente protezione in vista della presentazione, di fronte al pubblico degli studiosi, di quelle novità, che certo non avrebbero mancato di sollevare polemiche. Chiede a Vinta, Primo Segretario di Cosimo II, di essere assunto allo Studio di Pisa, precisando. Quanto al titolo et pretesto del mio servizio, io desidererei, oltre al nome di Matematico, che S. A. ci aggiugnesse quello di “filosofo”, professando io di havere studiato più anni in filosofia, che mesi in matematica pura. Il governo fiorentino comunica a Galileo l'avvenuta assunzione come «Matematico primario dello Studio di Pisa et di” “Filosofo” del Ser.mo Gran Duca, senz'obbligo di leggere e di risiedere né nello Studio né nella città di Pisa, et con lo stipendio di mille scudi l'anno, moneta fiorentin. Galileo firma il contratto e raggiunse Firenze.  Qui giunto si premura di regalare a Ferdinando, figlio del granduca Cosimo, la migliore lente ottica che aveva realizzato nel suo laboratorio organizzato quando era a Padova dove, con l'aiuto dei mastri vetrai di Murano confezionava occhialetti sempre più perfetti e in tale quantità da esportarli, come fece con il cannocchiale mandato all'elettore di Colonia il quale a sua volta lo prestò a Keplero che ne fece buon uso e che, grato, concluse la sua opera Narratio de observatis a se quattuor Jovis satellitibus erronibus, così scrivendo. “Vicisti Galilaee” -- riconoscendo la verità delle scoperte di Galilei. Ferdinando ruppe la lente. Galilei gli regala qualcosa di meno fragile: una calamita armata, cioè fasciata da una lamina di ferro, opportunamente posizionata, che ne aumenta la forza d'attrazione in modo tale che, pur pesando solo sei once, il magnete sollevava quindici libbre di ferro lavorato in forma di sepolcro. In occasione del trasferimento a Firenze lascia la sua convivente, la veneziana Marina Gamba, conosciuta a Padova, dalla quale aveva avuto tre figli: Virginia e Livia, mai legittimate, e Vincenzio, che riconobbe. Affida a Firenze la figlia Livia alla nonna, con la quale già convive l'altra figlia Virginia, e lascia Vincenzio a Padova alle cure della madre e poi, dopo la morte di questa, a Bartoluzzi.  In seguito, resasi difficile la convivenza delle due bambine con Ammannati, Galileo fece entrare le figlie nel convento di San Matteo, ad Arcetri (Firenze), costringendole a prendere i voti non appena compiuti i rituali sedici anni. Virginia assunse il nome di suor Maria Celeste, e Livia quello di suor Arcangela, e mentre Virginia Galilei si rassegna alla sua condizione e rimase in contatto epistolare con il padre, Livia non accetta mai l'imposizione. La pubblicazione del Sidereus Nuncius suscita apprezzamenti ma anche diverse polemiche. Oltre all'accusa di essersi impossessato, con il cannocchiale, di una scoperta che non gli apparteneva, fu messa in dubbio anche la realtà di quanto egli asseriva di aver scoperto. Sia Cremonini, sia Magini, che sarebbe l'ispiratore del libello “Brevissima peregrinatio contra Nuncium Sidereum” da Horký, pur accogliendo l'invito di Galilei a guardare attraverso il telescopio che egli aveva costruito, ritennero di *non* vedere alcun supposto satellite di Giove.  Solo più tardi Magini si ricredette e con lui anche Clavius, che aveva ritenuto che i satelliti di Giove individuati da Galilei fossero soltanto un'”illusione” prodotta non direttamente dal corpo di Galileo mai dalla lente del telescopio. Quest’obiezione e difficilmente confutabile. Conseguente sia alla bassa qualità del sistema ottico del primo telescopio, sia all'ipotesi che la lente potessero deformer la vision natural all’occhio nudo. Un appoggio molto importante fu dato a Galileo da Keplero, che, dopo un iniziale scetticismo e una volta costruito un telescopio sufficientemente efficiente, verifica l'esistenza effettiva dei satelliti di Giove, pubblicando a Francoforte la “Narratio de observatis a se quattuor Jovis satellitibus erronibus quos Galilaeus Galilaeus mathematicus florentinus jure inventionis Medicaea sidera nuncupavit”. Poiché i gesuiti del Collegio Romano sono considerati tra le maggiori autorità scientifiche del tempo, si recò a Roma per presentare le sue scoperte. Fu accolto con tutti gli onori da Paolo V e da Cesi, che lo iscrisse nei Lincei. Galileo scrive a Vinta che i gesuiti avendo finalmente conosciuta la verità dei nuovi Pianeti Medicei, ne hanno fatte da due mesi in qua continue osservazioni, le quali vanno proseguendo; e le aviamo “riscontrate con le mie” e si rispondano giustissime. Però, a quel tempo non sapeva ancora che l'entusiasmo con il quale anda diffondendo e difendendo le proprie scoperte e teorie suscita resistenze e sospetti precisamente in ambito ecclesiastico.  Bellarmino incarica i matematici vaticani di approntargli una relazione sulle nuove scoperte fatte da un valente matematico per mezo d'un istrumento chiamato cannone overo ochiale e la Congregazione del Santo Uffizio precauzionalmente chiese all'Inquisizione di Padova se fosse mai stato aperto, in sede locale, qualche procedimento a carico di Galilei. Evidentemente, la Curia Romana comincia già a intravedere quali conseguenze avrebbero potuto avere questi singolari sviluppi della filosofia sulla concezione generale del mondo e quindi, indirettamente, sui sacri principi del cristanensimo. Scrisse il Discorso intorno alle cose che stanno in su l'acqua, o che in quella si muovono, nel quale appoggiandosi alla teoria di Archimede dimostra, contro Aristotele, che i corpi galleggiano o affondano nell'acqua a seconda del loro peso specifico non della loro forma, provocando la polemica risposta del Discorso apologetico d'intorno al Discorso di Galileo Galilei di Colombe. Al Pitti, presenti il granduca, la granduchessa Cristina e Barberini, allora suo grande ammiratore, diede una pubblica dimostrazione sperimentale dell'assunto, confutando definitivamente Colombe.  Galilei accenna anche alle macchie solari, che sosteniene di aver già osservate a Padova, senza però darne notizia: scrisse ancora, l'Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari e loro accidenti, pubblicata a Roma dall'Accademia dei Lincei, in risposta a tre lettere di Scheiner che, indirizzate a Welser, duumviro di Augusta, mecenate delle scienze e amico dei Gesuiti dei quali era banchiere. A parte la questione della priorità della scoperta, Scheiner sosteneva erroneamente che le macchie consistevano in sciami di astri rotanti intorno al Sole, mentre Galileo le considerava materia fluida appartenente alla superficie del Sole e ruotante intorno ad esso proprio a causa della rotazione stessa della stella.  L'osservazione delle macchie consentì, quindi, a Galileo la determinazione del periodo di rotazione del Sole e la dimostrazione che il cielo e la terra non erano due mondi radicalmente diversi, il primo solo perfezione e immutabilità e il secondo tutto variabile e imperfetto. Infatti, ribadì a Federico Cesi la sua visione copernicana scrivendo come il Sole si rivolgesse «in sé stesso in un mese lunare con rivoluzione simile all'altre de i pianeti, cioè da ponente verso levante intorno a i poli dell'eclittica: la quale novità dubito che voglia essere il funerale o più tosto l'estremo e ultimo giudizio della pseudofilosofia, essendosi già veduti segni nelle stelle, nella luna e nel sole; e sto aspettando di veder scaturire gran cose dal Peripato per mantenimento della immutabilità de i cieli, la quale non so dove potrà esser salvata e celata». Anche l'osservazione del moto di rotazione del Sole e dei pianeti era molto importante: rendeva meno inverosimile la rotazione terrestre, a causa della quale la velocità di un punto all'equatore sarebbe di circa 1700 km/h anche se la Terra fosse immobile nello spazio. La scoperta delle fasi di Venere e di Mercurio, osservate da Galileo, non era compatibile col modello geocentrico di Tolomeo, ma solo con quello geo-eliocentrico di Tycho Brahe, che Galileo non prese mai in considerazione, e con quello eliocentrico di Copernico. Galileo, scrivendo a Giuliano de' Medici il 1º gennaio 1611, affermava che «Venere necessarissimamente si volge intorno al sole, come anche Mercurio e tutti li altri pianeti, cosa ben creduta da tutti i Pittagorici, Copernico, Keplero e me, ma non sensatamente[N 36] provata, come ora in Venere e in Mercurio». Difese il modello eliocentrico e chiarì la sua concezione della scienza in quattro lettere private, note come "lettere copernicane" e indirizzate a padre Benedetto Castelli, due a monsignor Pietro Dini, una alla granduchessa madre Cristina di Lorena.  L'horror vacui Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Vuoto (filosofia). Secondo la dottrina aristotelica in natura il vuoto non esiste poiché ogni corpo terreno o celeste occupa uno spazio che fa parte del corpo stesso. Senza corpo non c'è spazio e senza spazio non esiste corpo. Sostiene Aristotele che "la natura rifugge il vuoto" (natura abhorret a vacuo), e perciò lo riempie costantemente; ogni gas o liquido tenta sempre di riempire ogni spazio, evitando di lasciarne porzioni vuote. Un'eccezione però a questa teoria era l'esperienza per la quale si osservava che l'acqua aspirata in un tubo non lo riempiva del tutto ma ne rimaneva inspiegabilmente una parte che si riteneva fosse del tutto vuota e perciò dovesse essere colmata dalla Natura; ma questo non si verificava. Galilei rispondendo a una lettera inviatagli nel 1630 da un cittadino ligure Giovan Battista Baliani confermò questo fenomeno sostenendo che «la ripugnanza del vuoto da parte della Natura» può essere vinta, ma parzialmente, e che, anzi, «lui stesso ha provato che è impossibile far salire l’acqua per aspirazione per un dislivello superiore a 18 braccia, circa 10 metri e mezzo. Galilei quindi crede che l'horror vacui sia limitato e non si chiede se in effetti il fenomeno fosse collegato al peso dell'aria, come dimostrerà Evangelista Torricelli.  La disputa con la Chiesa Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Disputa tra Galileo Galilei e la Chiesa. La denuncia del domenicano Tommaso Caccini. Il cardinale Roberto Bellarmino Il 21 dicembre 1614, dal pulpito di Santa Maria Novella a Firenze il frate domenicano Tommaso Caccini lanciava contro certi matematici moderni, e in particolare contro Galileo, l'accusa di contraddire le Sacre Scritture con le loro concezioni astronomiche ispirate alle teorie copernicane. Giunto a Roma, il 20 marzo 1615, Caccini denunciò Galileo in quanto sostenitore del moto della Terra intorno al Sole. Intanto a Napoli era stato pubblicato il libro del teologo carmelitano Paolo Antonio Foscarini, la Lettera sopra l'opinione de' Pittagorici e del Copernico, dedicata a Galileo, a Keplero e a tutti gli accademici dei Lincei, che intendeva accordare i passi biblici con la teoria copernicana interpretandoli «in modo tale che non gli contradicano affatto». Bellarmino, già giudice nel processo di Giordano Bruno, tuttavia affermava che sarebbe stato possibile reinterpretare i passi della Scrittura che contraddicevano l'eliocentrismo solo in presenza di una vera dimostrazione di esso e, non accettando le argomentazioni di Galileo, aggiungeva che finora non gliene era stata mostrata nessuna, e sosteneva che comunque, in caso di dubbio, si dovessero preferire le sacre scritture.  L'anno dopo il Foscarini verrà, per breve tempo, incarcerato e la sua Lettera proibita. Intanto il Sant'Uffizio stabilì, il 25 novembre 1615, di procedere all'esame delle Lettere sulle macchie solari e Galileo decise di venire a Roma per difendersi personalmente, appoggiato dal granduca Cosimo: «Viene a Roma il Galileo matematico» – scriveva Cosimo II al cardinale Scipione Borghese – «et viene spontaneamente per dar conto di sé di alcune imputazioni, o più tosto calunnie, che gli sono state apposte da' suoi emuli».  Il papa ordinò a Bellarmino di convocare Galileo e di ammonirlo di abbandonare la suddetta opinione; e se si fosse rifiutato di obbedire, il Padre Commissario, davanti a un notaio e a testimoni, di fargli precetto di abbandonare del tutto quella dottrina e di non insegnarla, non difenderla e non trattarla». Il cardinale Bellarmino diede comunque a Galileo una dichiarazione in cui venivano negate abiure ma in cui si ribadiva la proibizione di sostenere le tesi copernicane: forse gli onori e le cortesie ricevute malgrado tutto, fecero cadere Galileo nell'illusione che a lui fosse permesso quello che ad altri era vietato. Comparvero nel cielo tre comete, fatto che attirò l'attenzione e stimolò gli studi degli astronomi di tutta Europa. Fra essi il gesuita Orazio Grassi, matematico del Collegio Romano, tenne con successo una lezione che ebbe vasta eco, la Disputatio astronomica de tribus cometis anni MDCXVIII: con essa, sulla base di alcune osservazioni dirette e di un procedimento logico-scolastico, egli sosteneva l'ipotesi che le comete fossero corpi situati oltre al «cielo della Luna» e la utilizzava per avvalorare il modello di Tycho Brahe, secondo il quale la Terra è posta al centro dell'universo, con gli altri pianeti in orbita invece intorno al Sole, contro l'ipotesi eliocentrica.  Galilei decise di replicare per difendere la validità del modello copernicano. Rispose in modo indiretto, attraverso lo scritto Discorso delle comete di un suo amico e discepolo, Mario Guiducci, ma in cui la mano del maestro era probabilmente presente. Nella sua replica Guiducci sosteneva erroneamente che le comete non erano oggetti celesti, ma puri effetti ottici prodotti dalla luce solare su vapori elevatisi dalla Terra, ma indicava anche le contraddizioni del ragionamento di Grassi e le sue erronee deduzioni dalle osservazioni delle comete con il cannocchiale. Il gesuita rispose con uno scritto intitolato Libra astronomica ac philosophica, firmato con lo pseudonimo anagrammatico di Lotario Sarsi, attaccava direttamente Galilei e il copernicanesimo.  Galilei a questo punto rispose direttamente: fu pronto il trattato Il Saggiatore. Scritto in forma di lettera, fu approvato dagli accademici dei Lincei e stampato a Roma. Dopo la morte di papa Gregorio XV, con il nome di Urbano VIII saliva al soglio pontificioBarberini, da anni amico ed estimatore di Galileo. Questo convinse erroneamente Galileo che risorge la speranza, quella speranza che era ormai quasi del tutto sepolta. Siamo sul punto di assistere al ritorno del prezioso sapere dal lungo esilio a cui era stato costrett, come scritto al nipote del papa Francesco Barberini. Galileo resenta una teoria rivelatasi successivamente erronea delle comete come apparenze dovute ai raggi solari. In effetti, la formazione della chioma e della coda delle comete, dipendono dall'esposizione e dalla direzione delle radiazioni solari, dunque Galilei non aveva tutti i torti e Grassi ragione, il quale essendo avverso alla teoria copernicana, non poteva che avere un'idea sui generis dei corpi celesti. La differenza tra le argomentazioni di Grassi e quella di Galileo era tuttavia soprattutto di metodo, in quanto il secondo basava i propri ragionamenti sulle esperienze. Galileo scrisse infatti la celebre metafora secondo la quale la filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi “(io dico l'universo)” mettendosi in contrasto con Grassi che si richiamava all'autorità dei maestri del passato e di Aristotele per l'accertamento della verità sulle questioni naturali.  Giunse a Roma per rendere omaggio al papa e strappargli la concessione della tolleranza della Chiesa nei confronti del sistema copernicano, ma nelle sei udienze concessegli da Urbano VIII non ottenne da questi alcun impegno preciso in tal senso. Senza nessuna assicurazione ma con il vago incoraggiamento che gli veniva dall'esser stato onorato da papa Urbano – che concesse una pensione al figlio Vincenzio – Galileo ritenne di poter rispondere finalmente, nel settembre del 1624, alla Disputatio di Francesco Ingoli. Reso formale omaggio all'ortodossia cattolica, nella sua risposta Galileo dovrà confutare le argomentazioni anticopernicane dell'Ingoli senza proporre quel modello astronomico, né rispondere alle argomentazioni teologiche. Nella Lettera Galileo enuncia per la prima volta quello che sarà chiamato il principio della relatività galileiana: alla comune obiezione portata dai sostenitori della immobilità della Terra, consistente nell'osservazione che i gravi cadono perpendicolarmente sulla superficie terrestre, anziché obliquamente, come apparentemente dovrebbe avvenire se la Terra si muovesse, Galileo risponde portando l'esperienza della nave nella quale, sia essa in movimento uniforme o sia ferma, i fenomeni di caduta o, in generale, dei moti dei corpi in essa contenuti, si verificano esattamente nello stesso modo, perché «il moto universale della nave, essendo comunicato all'aria ed a tutte quelle cose che in essa vengono contenute, e non essendo contrario alla naturale inclinazione di quelle, in loro indelebilmente si conserva».[65]  Dialogo Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo. Galilei comincia il suo nuovo lavoro, un Dialogo che, confrontando le diverse opinioni degli interlocutori, gli avrebbe consentito di esporre le varie teorie correnti sulla cosmologia, e dunque anche quella copernicana, senza mostrare di impegnarsi personalmente a favore di nessuna di esse. Ragioni di salute e familiari prolungarono la stesura dell'opera. Dovette prendersi cura della numerosa famiglia del fratello Michelangelo, mentre il figlio Vincenzio, laureatosi in legge a Pisa si sposa con Sestilia Bocchineri, sorella di Geri Bocchineri, uno dei segretari del duca Ferdinando, e di Alessandra. Per esaudire il desiderio della figlia Maria Celeste, monaca ad Arcetri, di averlo più vicino, affitta vicino al convento il villino «Il Gioiello». Dopo non poche vicissitudini per ottenere l'imprimatur ecclesiastico, l'opera venne pubblicata.  Nel Dialogo i due massimi sistemi messi a confronto sono quello geo-centrico e quello elio-centrico. Tre sono i protagonisti: due sono personaggi reali, amici di Galileo, Salviati e Sagredo, nello cui palazzo si fingono tenute la conversazione. Il terzo protagonista è ‘Simplicio,’ un commentatore di Aristotele, oltre a sottintendere il suo semplicismo scientifico. Simplicio è il sostenitore del sistema geo-centrico, mentre l'opposizione elio-centrica è sostenuta da Salviati e Sagredo. Il Dialogo ricevette molti elogi, ma si diffusero le voci di una proibizione. Riccardi scrive ad Egidi che per ordine del Papa il “Dialogo” non doveva più essere diffuso. Gli chiedeva di rintracciare le copie già vendute e di sequestrarle. Il Papa adirato accusa Galileo di aver raggirato i ministri che avevano autorizzato la pubblicazione. L’Inquisizione romana sollecita quella fiorentina perché notificasse a Galileo l'ordine di comparire a Roma entro il mese di ottobre davanti al Commissario generale del Sant'Uffizio. Galileo, in parte perché malato, in parte perché spera che la questione potesse aggiustarsi in qualche modo senza l'apertura del processo, ritarda per tre mesi la partenza; di fronte alla minacciosa insistenza del Sant'Uffizio, parte per Roma in lettiga.  Il processo comincia con il primo interrogatorio di Galileo, al quale Maculano contesta di aver ricevuto un precetto con il quale Bellarmino gli avrebbe intimato di abbandonare la teoria elio-centrica, di non sostenerla in nessun modo e di non insegnarla. Nell'interrogatorio Galileo nega di aver avuto conoscenza del precetto e sostenne di non ricordare che nella dichiarazione di Bellarmino vi fossero le parole “quovis modo” (in qualsiasi modo) e “nec docere” (non insegnare). Incalzato dall'inquisitore, Galileo non solo ammise di non avere detto cosa alcuna del sodetto precetto, ma anzi arriva a sostenere che nel detto Dialogo mostra il contrario di detta opinione del Copernico, e che le ragioni di Copernico sono invalide e non concludenti. Concluso il primo interrogatorio, Galileo fu trattenuto, pur sotto strettissima sorveglianza, in tre stanze del palazzo dell'Inquisizione, con ampia e libera facoltà di passeggiare. Il giorno successivo all'ultimo interrogatorio, nella sala capitolare del convento domenicano di Santa Maria sopra Minerva, presente e inginocchiato Galileo, fu emessa la sentenza dai inquisitori generali contro l'eretica pravità, nella quale si riassume la lunga vicenda del contrasto fra Galileo e il cristanesimo, cominciata con lo scritto Delle macchie solari e l'opposizione dei cristiani al modello Copernicano. Nella sentenza si sostiene poi che il documento fosse un'effettiva ammonizione a non difendere o insegnare la teoria copernicana.  Imposta l'abiura con cuor sincero e fede non finta e proibito il Dialogo, e condannato al carcere formale ad arbitrio nostro e alla pena salutare della recita settimanale dei sette salmi penitenziali per tre anni, riservandosi l'Inquisizione di moderare, mutare o levar in tutto o parte le pene e le penitenze. Se la leggenda della frase di Galileo, «E pur si muove», pronunciata appena dopo l'abiura, serve a suggerire la sua intatta convinzione della validità del modello copernicano, la conclusione del processo segna la sconfitta del suo programma di diffusione della filosofia, fondata sull'osservazione rigorosa dei fatti e sulla loro verifica sperimentale – contro il cristenesimo che produce esperienze come fatte e rispondenti al suo bisogno senza averle mai né fatte né osservate – e contro i pregiudizi del senso comune, che spesso induce a ritenere reale qualunque apparenza: una filosofia che insegna a non aver più fiducia nell'autorità, nella tradizione e nel senso commune e che vuole insegnare a pensare. La sentenza di condanna prevedeva un periodo di carcere a discrezione del Sant'Uffizio e l'obbligo di recitare per tre anni, una volta alla settimana, i salmi penitenziali. Il rigore letterale fu mitigato nei fatti. La prigionia consistette nel soggiorno coatto per cinque mesi presso Palazzo Niccolini, a Trinità dei Monti e di qui, in Palazzo Piccolomini a Siena. Quanto ai salmi penitenziali, Galileo incarica di recitarli, con il consenso della Chiesa, la figlia Livia, suora di clausura. Piccolomini favore Galileo, permettendogli di incontrare personalità della città e di dibattere questioni scientifiche. A seguito di una lettera che denunci l'operato, il Sant'Uffizio provvide, accogliendo una stessa richiesta avanzata in precedenza da Galilei, a confinarlo nell'isolata villa del Gioiello, che possede nella campagna di Arcetri. Si l’intima di stare da solo, di non chiamare ne di ricevere alcuno, per il tempo ad arbitrio di Sua Santita. Solo i familiari poaaono fargli visita, dietro preventiva autorizzazione: anche per questo motivo gli fu particolarmente dolorosa la morte di Livia. Poté tuttavia mantenere corrispondenza con amici ed estimatori: a Diodati consolandosi delle sue sventure che l'invidia e la malignità “mi hanno machinato contro” con la considerazione che l'infamia ricade sopra i traditori e i costituiti nel più sublime grado dell'ignoranza. Da Diodati seppe della versione in latino che Bernegger anda facendo a Strasburgo del suo Dialogo e gli riferì di Rocco, purissimo peripatetico, e remotissimo dall'intender nulla di filosofia che scrive a Venezia mordacità e contumelie contro di lui. Questa, e altre lettere, dimostrano quanto poco Galileo avesse rinnegato le proprie convinzioni copernicane.  Dopo il processo scrive e pubblica “Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attinenti la mecanica e i moti locali”, organizzato come un dialogo che si svolge in quattro giornate fra i tre medesimi protagonisti del precedente Dialogo dei massimi sistemi: Sagredo, Salviati e Simplicio. Nella prima giornata si tratta della resistenza dei materiali. La diversa resistenza deve essere legata alla struttura della particolare materia e Galileo, pur senza pretendere di pervenire a una spiegazione del problema, affronta l'interpretazione atomistica di Democrito, considerandola un'ipotesi capace di rendere conto di fenomeni fisici. In particolare, la possibilità dell'esistenza del vuoto – prevista da Democrito – viene ritenuta una seria ipotesi scientifica e nel vuoto – ossia nell'inesistenza di un qualunque mezzo in grado di opporre resistenza – Galileo sostiene giustamente che tutte le cose discendeno con eguale velocità, in opposizione con Aristotele che ritiene l'impossibilità concettuale di un moto in un vuoto.  Dopo aver trattato della statica e della leva nella seconda giornata, nella terza e nella quarta si occupa della dinamica, stabilendo le leggi del moto uniforme, del moto naturalmente accelerato e del moto uniformemente accelerato e delle oscillazioni del pendolo. Intraprende corrispondenza con Bocchineri. La famiglia Bocchineri di Prato aveva dato una giovane, di nome Sestilia, sorella di Alessandra, per moglie al figlio di Galilei, Vincenzio.  Quando Galilei incontra Bocchineri, questa è una donna che si è affinata e ha coltivato la sua intelligenza, sposa di Buonamici, un importante diplomatico che diventerà buon amico di Galilei.  Bocchineri e Galilei si scambiano numerosi inviti per incontrarsi e Galilei non manca di elogiare l'intelligenza di Bocchineri dato che sì rare si trovano donne che tanto sensatamente discorrino come ella fa. Con la cecità e l'aggravarsi delle condizioni di salute è costretto talvolta a rifiutare gli invite NON *SOLO* per le molte indisposizioni che mi tengono oppresso in questa mia gravissima età, ma perché son ritenuto ancora in carcere, per quelle cause che benissimo son note. L'ultima lettera mandata  di "non volontaria brevità". «Vide / sotto l'etereo padiglion rotarsi / più mondi, e il Sole irradïarli immoto, onde all'Anglo che tanta ala vi stese / sgombrò primo le vie del firmamento. E tumulato nella Basilica di Santa Croce a Firenze. Il Cristenesimo mantenne la sorveglianza anche nei confronti degli allievi. Quando i seguaci diedero vita al Cimento, esso intervenne presso il Granduca, e il Cimento e sciolto. Convinto della correttezza della cosmologia copernicana, Galileo era ben consapevole che essa fosse ritenuta in contraddizione con il testo cristiano che sostenevano invece una concezione geocentrica dell'universo. Il cristanesimo considera le Sacre Scritture ispirate dallo Spirito Santo, la teoria eliocentrica poteva essere accettata, fino a prova contraria, soltanto come semplice ipotesi (“ex supposition”) o modello matematico, senza alcuna attinenza con la reale posizione dei corpi celesti. Proprio a questa condizione il “De revolutionibus orbium coelestium” di Copernico non e condannato dalle autorità ecclesiastiche e menzionato nell'Indice dei libri proibiti. Galileo si inserì nel dibattito sul rapporto fra scienza e fede con la lettera a Castelli. Difese il modello copernicano sostenendo che esistono *due* verità necessariamente non in contraddizione o in conflitto fra loro. La Bibbia è certamente un testo sacro di ispirazione divina e dello Spirito Santo, ma comunque scritto in un preciso momento storico con lo scopo di orientare il lettore verso la comprensione della vera religione. Per questa ragione, come già avevano sostenuto molti esegeti tra i quali *Lutero* e Keplero, i fatti della Bibbia sono stati necessariamente scritti in modo tale da poter essere compresi anche dagli antichi e dalla gente comune. Occorre quindi discernere, come già sostenuto da Agostino, il messaggio propriamente basato nella fede dalla descrizione, storicamente connotata ed inevitabilmente narrativa e didascalica, di fatti, episodi e personaggi. Dal che seguita, che qualunque volta alcuno, nell'esporla, volesse fermarsi sempre nel nudo suono litterale, splicito, potrebbe, errando esso, far apparire nelle Scritture non solo contraddizioni e proposizioni remote dal vero, ma gravi eresie e bestemmie ancora. Poi che sarebbe necessario dare a Dio e piedi e mani e occhi, e non meno affetti di un corpora quasi-umanio, come d'ira, di pentimento, d'odio ed anco tal volta la dimenticanza delle cose passate e l'ignoranza delle future.” Lettera alla granduchessa di Toscana. Il noto episodio biblico della richiesta di Giosuè a Dio di fermare il Sole per prolungare il giorno era usato in ambito ecclesiastico a sostegno del sistema geo-centrico. Galileo sostenne invece che in quel modo il giorno non si sarebbe allungato, in quanto nel sistema  geo-centrio la rotazione diurna (giorno/notte) non dipende dal Sole, ma dalla rotazione del Primum Mobile. La Bibbia deve essere re-interpretata e bisogna “alterar” il “senso” delle parole, e dire che quando la Scrittura dice che Dio ferma il Sole, voleva dire che ferma 'l primo mobile, ma che, per accomodarsi alla capacità di quei che sono a fatica idonei a intender il nascere e 'l tramontar del Sole, lo Spirito Santo dice al contrario di quel che avrebbe detto parlando a uomini sensati. Nel sistema elio-centrico la rotazione del Sole sul proprio asse provoca sia la rivoluzione della Terra attorno al Sole, sia la rotazione diurna (giorno/notte) della Terra attorno all'asse terrestre. Quindi l'episodio biblico ci mostra manifestamente la falsità e impossibilità del mondano sistema aristotelico e Tolemaico, e all'incontro benissimo s'accomoda co 'l Copernicano.. Infatti se Dio avesse fermato il Sole assecondando la richiesta di Giosuè, ne avrebbe necessariamente bloccato la rotazione assiale (unico suo movimento previsto nel sistema copernicano), provocando di conseguenza - secondo Galileo - l'arresto sia della (ininfluente) rivoluzione annuale, sia della rotazione terrestre diurna prolungando quindi la durata del giorno. A questo proposito, è interessante la critica proposta da Koestler, in cui sostiene che Galileo sape meglio di chiunque altro che se la terra si fermasse bruscamente, montagne, case, città, crollerebbero come un castello di carte. Il più ignorante dei frati, senza sapere nulla del momento di inerzia, sape benissimo quel che succedeva quando i cavalli e la carrozza frenavano di colpo o quando una nave finiva contro gli scogli. Se si interpreta la Bibbia secondo Tolomeo, il brusco arresto del Sole non aveva effetti fisici degni di nota e il miracolo rimaneva credibile al pari di qualsiasi altro miracolo. In base all'interpretazione di Galileo, Giosuè avrebbe distrutto non soltanto gli Amorrei, ma la terra intera! Sperando di far passare queste sciocchezze penose, Galileo rivela il suo disprezzo per gli avversari. Fece analoghe considerazioni in lettere a Dini, le quali destarono preoccupazione negli ambienti conservatori per le idee innovative, il carattere polemico e l'ardimento coi quali Galilei sostene che alcuni passi della Bibbia dovessero venir re-interpretati alla luce del sistema copernicano. Le Sacre Scritture si occupano di Dio. La filosofia naturale, che fa indagini sulla Natura si fondarsi su «sensate esperienze» e «necessarie dimostrazioni». La Bibbia e la Natura non possono contraddirsi perché derivano entrambe da Dio. Di conseguenza, in caso di discordia apparente, non sarà la scienza a dover fare un passo indietro, bensì gli interpreti del testo sacro che dovranno cercare al di là del “significato” splicito superficiale (explicatura). Le Sacre Scritture sono conforme soltanto "al comun modo del volgo", ossia si adatta non già alle competenze degli "intendenti", ma ai limiti conoscitivi dell'uomo comune, velando così con una sorta di “allegoria” il “senso più profondo” di un enunciato.. Se il “messaggio” “letterale” diverge da un enunciato del filosofo naturale, non lo può mai il suo “contenuto” "recondito" e più autentico, ricavabile dall'interpretazione delle Sacre Scriture oltre i suoi “significato” più epidermico. Circa il rapporto tra filosofia e la rivelazione, celebre è la sua frase: «intesi da persona ecclesiastica costituita in eminentissimo grado, l'*intenzione* dello Spirito Santo essere d'*in-segn-arci* come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo», usualmente attribuita Baronio. Si noti che, applicando tale criterio, Galileo non avrebbe potuto usare il passo biblico di Giosuè per cercare di dimostrare un presunto accordo tra testo sacro e sistema copernicano o la supposta contraddizione tra la Bibbia e il modello tolemaico. Deriva invece proprio da tale criterio la teoria di Galileo secondo la quale esistono *due* sorgenti di *conoscenza* che sono in grado di rivelare la stessa verità che proviene da Dio. Il primo è le  Sancte Scritture, scritte dal spirito santo in termini comprensibili al "volgo", che ha essenzialmente valore salvifico e di redenzione dell'anima, e richiede quindi un'attenta inter-pretazione delle affermazioni relative ai fenomeni naturali che in essa sono descritti. Il secondo è questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), scritto in simboli», che va letto (decifrato) secondo la ragione (non la fede) e non va pos-posto alle Sancte Scriture ma, per essere *ben* o corretamente interpretato, deve essere studiato con gli strumenti di cui Dio – nostro genitore -- ci ha dotati: sentire, il giudicare, il discorrire. Nella disputa filosofica di problemi naturali non si dovrebbe cominciare dalla autorità di luoghi delle Sancte Scritture, ma dall’esperienza sensata (a posteriori) e dalla di-mostrazioni necessaria (dall’assiomi, a priori): perché, procedendo di pari dal Verbo divino la Scrittura Sacra e la Natura – la fisi dei grecchi --, quella come ‘dettatura’ (dictature – dettato ed impiegato) dello Spirito Santo, e questa ‘dettatura’ come osservantissima esecutrice de gli ordini di Dio, nostro genitore.” La filosofia – regina scientiarum – La ‘materia’ della filosofia la rende d'importanza primaria (metafisica come filosofia prima, filosofia naturale come filosofia seconda. La flosofia non pretendere di pronunciare giudizi su una verità specifica (la porta e chiusa). Al contrario, se una certa esperienza non si accorda con un assioma, allora e quest’assioma che deve essere ri-letti alla luce della experienza. Non vi può essere, in definitiva, dis-accordo tra ragione ed experienza, essendo, per definizione, entrambe vere. Ma, in caso di *apparente* contraddizione su un fenomeno naturale, occorre modificare l'interpretazione dell’assioma per adeguarla all’esperienza.  Aristotele – con il suo geo-centrimo -- non differe sostanzialmente da Galileo. Aristotele ammetteva la necessità di rivedere l'interpretazione dell’esperienza. Ma nel caso del sistema elio-centrico, Bellarmino sostenne, ragionevolmente, che non vi fossero una prova conclusive a suo favore. Dico che quando ci fusse vera demostratione che il sole stia nel centro del mondo (o nostro sistema pianetario) e la terra nel terzo cielo, e che il sole (elio) non circonda la terra (gea), ma la terra circonda il sole, allhora bisogneria andar con molta consideratione in esplicare le Scritture che paiono contrarie, e più tosto dire che “non l'intendiamo” – cf. Grice on metaphor and ‘My neighbour’s three-year old is an adult”), che dire che sia “falso” (‘You’re the cream in my coffee”, “My neighbour’s three-year old understands Russell’s Theory of Types”) quello che si dimostra. Ma io non crederò che ci sia tal dimostratione, fin che non mi sia mostrata. L’ esperienzia di visione – osservazione -- con gli strumenti allora disponibili, della parallasse stellare (che si sarebbe dovuta riscontrare come l’effetto dello spostamento della Terra rispetto al cielo delle stelle fisse) costituiva invece evidenza contraria alla teoria elio-centrica. In tale contesto, Aristotele ammetteva quindi che si parlasse di una teoria o ipotesi o modello elio-centrico solo “ex suppositione” (come ipotesi matematica geometrica o aritmetica). La difesa di Galileo ex professo (con cognizione di causa e competenza, di proposito e intenzionalmente) della teoria geo-centrica quale “reale” descrizione fisica del sistema solare e delle orbite dei pianete si scontrò quindi, inevitabilmente, con la posizione ufficiale d’Aristotele. Tale contrapposizione sfociò nel processo a Galilei, che si concluse con la condanna per veemente sospetto di eresia" e l'abiura forzata delle sue concezioni astronomiche.  RiAl di là dal giudizio storico, giuridico e morale sulla condanna a Galilei, le questioni di carattere epistemologico filosofico e di “ermeneutica” che furono al centro del processo sono state oggetto di riflessione da parte di Grice. che spesso ha citato la vicenda di Galileo per esemplificare, talora in termini volutamente paradossali, il suo pensiero in merito a tali questioni. Contro Feyerabend, sostenitore di un'anarchia epistemologica, Grice sostenne che Aristotele si attenne alla ragione più che Galilei, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della teoria elio-centrica. La sentenza aristotelica contro Galilei e razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revision. Questa provocazione sarà poi ripresa da Ratzinger, dando luogo a contestazioni da parte dell'opinione pubblica. Ma il vero scopo per cui Grice espresso tale provocatoria affermazione e "solo mostrare la contraddizione di coloro che approvano l’eliocentrismo di Galileo e condannano il geo-centrismo aristotelico, ma poi verso il lavoro dei loro contemporanei sono rigorosi come lo erano gl’aristotelichi ai tempi di Galileo. Nel corso dei secoli che seguirono, l’aristotelismo modifica la propria posizione nei confronti di Galilei. Il Sant'Uffizio concesse l'erezione di un mausoleo in suo onore nella chiesa di Santa Croce in Firenze. Benedetto XIV olse dall'Indice i libri che insegnavano il moto della Terra (“e pur si muove”) con ciò ufficializzando quanto già di fatto aveva fatto Alessandro VII con il ritiro di un dicreto.  La definitiva autorizzazione all'”in-segna-mento” del moto della terra e dell'immobilità del sole arriva con un decreto della Sacra Congregazione dell'inquisizione approvato da Pio VII.  Particolarmente significativo risulta il contributo di Newman, a pochi anni dalla abilitazione dell'insegnamento dell'eliocentrismo e quando le teorie di Newton sulla gravitazione risultavano ormai affermate e provate sperimentalmente. Newman riassume il rapporto dell'elio-centrismo con Aristotele. «Quando il sistema copernicano comincia a diffondersi, quale aristotelico non sarebbe stato tentato dall'inquietudine, o almeno dal timore dello scandalo, per l'apparente contraddizione che esso implicava con una certa autorevole tradizione? Generalmente si accetta che la terra e immobile e che il sole, fissato in un solido firmamento, ruota intorno alla terra. Dopo un po' di tempo, tuttavia, e un'analisi completa, si scoprì che Aristotele non aveva deciso quasi niente su questioni come questa e che la scienza fisica poteva muoversi in questa sfera di pensiero quasi a piacere, senza timore di scontrarsi con l’adagio, “Master dixit””. Newman compie della vicenda Galileo come conferma, e non negazione, di Aristotele. E certamente un fatto molto significativo, considerando con quanta ampiezza e quanto a lungo fosse stata sostenuta dai aristotelichi una certa interpretazione di questa affermazione fisica geo-centrica, che Aristotele non l'abbia formalmente riconosciuta (la teoria del geocentrismo, ndr). Guardando alla questione da un punto di vista umano, e inevitabile che essa dovesse far propria quell'opinione. Ma ora, accertando la nostra posizione rispetto all’esperienza, troviamo che malgrado gli abbondanti commenti che fin dall'inizio essa ha sempre fatto su Aristotele, com'è suo compito e suo diritto fare, tuttavia, è sempre stata indotta a spiegare formalmente Aristotele o a dar loro un senso di autorità che l’esperienza può mettere in discussione. Paolo VI fece avviare la revisione del processo e con l'intento di porre una parola definitiva riguardo a queste polemicheGiovanni Paolo II auspicò che fosse intrapresa una ricerca interdisciplinare sui difficili rapporti di Galileo con la Chiesa e istituì una Commissione per lo studio della controversia tolemaico-copernicana nella quale il caso Galilei si inserisce. Il papa ammise, nel discorso in cui annuncia l'istituzione della commissione, che"Galileo ebbe molto a soffrire, non possiamo nasconderlo, da parte di uomini aristotelichi. Si cancella la condanna e chiarì la sua interpretazione sulla questione teologica scientifica galileiana riconoscendo che la condanna di Galilei fu dovuta all'ostinazione di entrambe le parti nel non voler considerare le rispettive teorie come semplici ipotesi non comprovate sperimentalmente e, d'altra parte, alla mancanza di perspicacia, ovvero di intelligenza e lungimiranza, dei filosofi aristotelichi che lo condannarono, incapaci di riflettere sui propri criteri di interpretazione di Aristotele e responsabili di aver inflitto molte sofferenze a Galilei. Come dichiara Giovanni Paolo II, come la maggior parte dei suoi avversari aristotelichi, Galileo non fa distinzione tra quello che è l'approccio scientifico ai fenomeni naturali e la riflessione sulla natura, di ordine “filosofico”, che esso generalmente richiama. È per questo che Galilei rifiutò il suggerimento che gli era stato dato di presentare come un'ipotesi il sistema di Copernico, fin tanto che esso non fosse confermato da prove irrefutabili. Era quella, peraltro, un'esigenza del metodo sperimentale di cui egli fu l’iniziatore. Il problema che si posero dunque i aristotelichi era quello della compatibilità dell'eliocentrismo e Aristotele. Così l’esperienza, con i suoi metodi e la libertà di ricerca che essi suppongono, obbligava gl’aristotelichi ad interrogarsi sui loro criteri di interpretazione di Aristotele. La maggior parte non seppe farlo. Il giudizio pastorale che richiedeva la teoria copernicana e difficile da esprimere nella misura in cui il geocentrismo sembrava far parte dell’insegnamento stesso d’Aristotele. Sarebbe stato necessario contemporaneamente vincere delle abitudini di pensiero e inventare una pedagogia capace di illuminare il popolo. La storia del pensiero scientifico del Medioevo e del Rinascimento, che si comincia ora a comprendere un po' meglio, si può dividere in due periodi, o meglio, perché l'ordine cronologico corrisponde solo molto approssimativamente a questa divisione, si può dividere, grosso modo, in tre fasi o epoche, corrispondenti successivamente a tre differenti correnti di pensiero: prima la fisica aristotelica; poi la fisica dell'impetus, iniziata, come ogni altra cosa, dai Greci ed elaborata dalla corrente dei Nominalisti; e infine la fisica galileiana. Fra le maggiori scoperte che Galilei fece guidato dagli esperimenti, si annoverano un primo approccio fisico alla relatività, poi noto come “relatività galileiana”, la scoperta delle quattro lune principali di Giove, dette appunto “satelliti galileiani” (Io, Europa, “Ganimede” e Callisto), il principio di inerzia, seppur parzialmente.  Compì anche studi sul moto di caduta dei gravi e riflettendo sui moti lungo i piani inclinati scoprì il problema del "tempo minimo" nella caduta dei corpi materiali, e studia varie traiettorie, tra cui la spirale paraboloide e la cicloide.  Nell'ambito delle sue ricerche di matematica – geometria ed aritmetica -- si avvicinò alle proprietà dell'infinito introducendo un celebre paradosso di Galileo. Galilei incoraggiò Cavalieri a sviluppare le idee del maestro e di altri sulla geometria con il metodo degli indivisibili, per determinare aree e volumi: questo metodo rappresentò una tappa fondamentale per l'elaborazione del calcolo infinitesimale. Quando Galilei fece rotolare le sue sfere su di un piano inclinato con un peso scelto da lui stesso, e Torricelli fece sopportare all’aria un peso che egli stesso sapeva già uguale a quello di una colonna d’acqua conosciuta fu una rivelazione luminosa per tutti gli investigatori della natura. Essi compresero che la ragione vede solo ciò che lei stessa produce secondo il proprio disegno, e che essa deve costringere la natura a rispondere alle sue domande; e non lasciarsi guidare da lei, per dir così, colle redini; perché altrimenti le nostre osservazioni, fatte a caso e senza un disegno prestabilito, non metterebbero capo a una legge necessaria. Galilei fu uno dei protagonisti della fondazione del metodo scientifico espresso con linguaggio matematico e pose l'esperimento come strumento a base dell'indagine sulle leggi della natura, in contrasto con Aristotele e la sua analisi qualitativa del cosmo. Hanno sin qui la maggior parte dei filosofi creduto che la superficie della luna fosse pulita tersa e assolutissimamente sferica, e se qualcuno disse di credere, che ella fusse aspra e muntuosa fu reputato parlare più presto favolusamente, che filosoficamente. Ora io questa istessa lunare asserisco il primo, non più per immaginazione, ma per sensata esperienza e necessaria dimostrazione, che egli è di superficie piena di innumerevoli cavità ed eminenze, tanto rilevate che di gran lunga superano le terrene montuosità. Già nella lettera a Welser a proposito della polemica sulle macchie solari, Galilei si domandava che cosa l'uomo nella sua ricerca vuole arrivare a conoscere.  «O noi vogliamo specolando tentar di penetrar l'essenza vera ed intrinseca delle sustanze naturali; o noi vogliamo contentarci di venir in notizia d'alcune loro affezioni»  Ed ancora: per conoscenza intendiamo l'arrivare a cogliere i principi primi dei fenomeni o come questi si sviluppano?  «Il tentar l'essenza, l'ho per impresa non meno impossibile e per fatica non men vana nelle prossime sustanze elementari che nelle remotissime e celesti: e a me pare essere egualmente ignaro della sustanza della Terra che della Luna, delle nubi elementari che delle macchie del Sole; né veggo che nell'intender queste sostanze vicine aviamo altro vantaggio che la copia de' particolari, ma tutti egualmente ignoti, per i quali andiamo vagando, trapassando con pochissimo o niuno acquisto dall'uno all'altro. La ricerca dei principi primi essenziali comporta dunque una serie infinita di domande poiché ogni risposta fa nascere una nuova domanda: se noi ci chiedessimo quale sia la sostanza delle nuvole, una prima risposta sarebbe che è il vapore acqueo ma poi dovremo chiederci che cos'è questo fenomeno e dovremo rispondere che è acqua, per chiederci subito dopo che cos'è l'acqua, rispondendo che è quel fluido che scorre nei fiumi ma questa «notizia dell'acqua» è soltanto «più vicina e dependente da più sensi», più ricca di informazioni particolari diverse, ma non ci porta certo la conoscenza della sostanza delle nuvole, della quale sappiamo esattamente quanto prima. Ma se invece vogliamo capire le «affezioni», le caratteristiche particolari dei corpi, potremo conoscerle sia in quei corpi che sono da noi distanti, come le nuvole, sia in quelli più vicini, come l'acqua. Occorre dunque intendere in modo diverso lo studio della natura. «Alcuni severi difensori di ogni minuzia peripatetica», educati nel culto di Aristotele, credono che «il filosofare non sia né possa esser altro che un far gran pratica sopra i testi di Aristotele» che portano come unica prova delle loro teorie. E non volendo «mai sollevar gli occhi da quelle carte» rifiutano di leggere «questo gran libro del mondo» (cioè dall'osservare direttamente i fenomeni), come se «fosse scritto dalla natura per non esser letto da altri che da Aristotele, e che gli occhi suoi avessero a vedere per tutta la sua posterità. Invece i discorsi nostri hanno a essere intorno al mondo sensibile, e non sopra un mondo di carta.A fondamento del metodo scientifico quindi ci sono il rifiuto dell'essenzialismo e la decisione di cogliere solo l'aspetto quantitativo dei fenomeni nella convinzione di poterli tradurre tramite la misurazione in numeri così che si abbia una conoscenza di tipo matematico, l'unica perfetta per l'uomo che la raggiunge gradatamente tramite il ragionamento così da eguagliare lo stesso perfetto conoscere divino che la possiede interamente e intuitivamente. Però...quanto alla verità di che ci danno cognizione le dimostrazioni matematiche, ella è l'istessa che conosce la sapienza divina. Il metodo galileiano si dovrà comporre quindi di due aspetti principali: sensata esperienza, ovvero l'esperimento distinto dalla comune osservazione della natura, che deve infatti seguire a un'attenta formulazione teorica, ovvero a ipotesi (metodo ipotetico-sperimentale) che siano in grado di guidare l'esperienza in modo che essa non fornisca risultati arbitrari. Galileo non ottenne la legge di caduta dei gravi dalla mera osservazione, altrimenti ne avrebbe dedotto che un corpo cade più rapidamente tanto più è pesante (un sasso nell'aria arriva prima a terra di una piuma per via dell'attrito). Studiò invece il moto dei corpi in caduta controllandolo con un piano inclinato, costruendo cioè un esperimento che gli permettesse di ottenere risultati più precisi. Anche l'esperimento mentale può essere un utile strumento di dimostrazione e permise a Galileo di confutare le dottrine aristoteliche sul moto. necessaria dimostrazione, ovvero un'analisi matematica e rigorosa dei risultati dell'esperienza, che sia in grado di trarre da questa risultati universali e ogni conseguenza in modo necessario e non opinabile espressi dalla legge scientifica. In questo modo Galileo concluse che tutti i corpi nel vuoto precipitano con una velocità proporzionale al tempo di caduta, anche se chiaramente non aveva effettuato esperimenti considerando tutti i possibili corpi con differenti forme e materiali. La dimostrazione va ulteriormente verificata, con ulteriori esperienze, ovvero il cosiddetto cimento che è l'esperimento concreto con cui va sempre verificato l'esito di ogni formulazione teorica. Sintetizzando la natura del metodo galileiano, Rodolfo Mondolfo infine aggiunge che:  «Il vincolo stabilito da Galileo tra osservazione e dimostrazione le esperienze fatte mediante i sensi e le dimostrazioni logico-matematiche della loro necessità – era un vincolo reciproco, non unilaterale: né le esperienze sensibili dell’ osservazione potevano valere scientificamente senza la relativa dimostrazione della loro necessità, né la dimostrazione logica e matematica poteva raggiungere la sua "assoluta certezza oggettiva" come quella della natura senza appoggiarsi all’ esperienza nel suo punto di partenza e senza trovare la sua conferma in essa nel suo punto d’ arrivo. È questa l'originalità del metodo galileiano: avere collegato esperienza e ragione, induzione e deduzione, osservazione esatta dei fenomeni e elaborazione di ipotesi e questo, non astrattamente ma, con lo studio di fenomeni reali e con l'uso di appositi strumenti tecnici.  La terminologia scientifica in Galilei Fondamentale è stato il contributo di Galileo al linguaggio scientifico, sia in campo matematico, sia, in particolare, nel campo della fisica. Ancora oggi in questa disciplina molto del linguaggio settoriale in uso deriva da specifiche scelte dello scienziato pisano. In particolare, negli scritti di Galileo molte parole sono tratte dal linguaggio comune e vengono sottoposte ad una "tecnificazione", cioè l'attribuzione ad esse di un significato specifico e nuovo (una forma, quindi, di neologismo semantico). È il caso di "forza" (seppur non in senso newtoniano), "velocità", "momento", "impeto", "fulcro", "molla" (intendendo lo strumento meccanico ma anche la "forza elastica"), "strofinamento", "terminatore", "nastro". Un esempio del modo in cui Galileo nomina gli oggetti geometrici è in un brano dei Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze:  «Voglio che ci immaginiamo esser levato via l'emisferio, lasciando però il cono e quello che rimarrà del cilindro, il quale, dalla figura che riterrà simile a una scodella, chiameremo pure scodella. Come si vede, nel testo ad una terminologia specialistica ("emisferio", "cono", "cilindro") si accompagna l'uso di un termine che denota un oggetto della vita quotidiana, cioè "scodella". Galilei è ricordato nella storia anche per le sue riflessioni sui fondamenti e sugli strumenti dell'analisi scientifica della natura. Celebre la sua metafora riportata nel Saggiatore, dove la matematica viene definita come il linguaggio (o la semiotica, o i ‘signi’ – il segno -- in cui è scritto libro della natura:  La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto. In questo brano Galilei mette in collegamento le parole "matematica", "filosofia" e "universo", dando così inizio a una lunga disputa fra i filosofi della scienza in merito a come egli concepisse e mettesse in relazione fra loro questi termini. Ad esempio, quello che qui Galileo chiama "universo" si dovrebbe intendere, modernamente, come "realtà fisica" o "mondo fisico" in quanto Galileo si riferisce al mondo materiale conoscibile matematicamente. Quindi non solo alla globalità dell'universo inteso come insieme delle galassie, ma anche di qualsiasi sua parte o sottoinsieme inanimato. Il termine "natura" includerebbe invece anche il mondo biologico, escluso dall'indagine galileiana della realtà fisica.  Per quanto riguarda l'universo propriamente detto, Galilei, seppur nell'indecisione, sembra propendere per la tesi che sia infinito:  «Grandissima mi par l’inezia di coloro che vorrebbero che Iddio avesse fatto l’universo più proporzionato alla piccola capacità del loro discorso che all’immensa, anzi infinita, sua potenza»  Egli non prende una posizione netta sulla questione della finitezza o infinità dell'universo; tuttavia, come sostiene Rossi, «c'è una sola ragione che lo inclina verso la tesi dell'infinità: è più facile riferire l'incomprensibilità all'incomprensibile infinito che al finito che non è comprensibile». Ma Galilei non prende mai esplicitamente in considerazione, forse per prudenza, la dottrina di Giordano Bruno di un universo illimitato e infinito, senza un centro e costituito di infiniti mondi tra i quali Terra e Sole che non hanno alcuna preminenza cosmogonica. Lo scienziato pisano non partecipa al dibattito sulla finitezza o infinità dell'universo e afferma che a suo parere la questione è insolubile. Se appare propendere per l'ipotesi della infinitezza lo fa con motivazioni filosofiche in quanto, sostiene, l'infinito è oggetto di incomprensibilità mentre ciò che è finito rientra nei limiti del comprensibile. Il rapporto fra la matematica di Galileo e la sua filosofia della natura, il ruolo della deduzione rispetto all'induzione nelle sue ricerche, sono stati riportati da molti filosofi al confronto fra aristotelici e platonici, al recupero dell'antica tradizione greca con la concezione archimedea o anche all'inizio dello sviluppo nel XVII secolo del metodo sperimentale.  La questione è stata così ben espressa dal filosofo medievalista Moody. Quali sono i fondamenti filosofici della fisica di Galileo e quindi della scienza moderna in genere? Galileo è sostanzialmente un platonico, un aristotelico o nessuno dei due? Si limitò, come sostiene Duhem, a rilevare e perfezionare una scienza meccanica che aveva avuto origine nel Medioevo cristiano e i cui principi fondamentali erano stati scoperti e formulati da Buridano, da Nicola Oresme e dagli altri esponenti della cosiddetta "fisica dell’ impetus" del XIV secolo? Oppure, come sostengono Cassirer e Koyré, voltò le spalle a questa tradizione dopo averla brevemente processata nella sua dinamica pisana e ripartì ispirandosi ad Archimede e Platone? Le controversie più recenti su Galileo sono consistite in larga misura in un dibattito circa il valore fondamentale e l’ influsso storico che su di lui avevano esercitato le tradizioni filosofiche, platoniche e aristoteliche, scolastiche e antiscolastiche. Galileo viveva in un'epoca in cui le idee del platonismo si erano diffuse nuovamente in tutta Europa e in Italia e probabilmente anche per questa ragione i simboli della matematica vengono da lui identificati con entità geometriche e non con numeri. L'uso dell'algebra derivato dal mondo arabo nel dimostrare relazioni geometriche era invece ancora insufficientemente sviluppato ed è solo con Leibniz e Isaac Newton che il calcolo differenziale divenne la base dello studio della meccanica classica. Galileo infatti nel mostrare la legge di caduta dei gravi si servì di relazioni e similitudini geometriche.  Da una parte, per alcuni filosofi come Alexandre Koyré, Ernst Cassirer, Edwin Arthur Burtt (1892–1989), la sperimentazione fu certamente importante negli studi di Galileo e giocò anche un ruolo positivo nello sviluppo della scienza moderna. La sperimentazione stessa, come studio sistematico della natura, richiede un linguaggio con cui formulare domande e interpretare le risposte ottenute. La ricerca di questo linguaggio era un problema che aveva interessato i filosofi sin dai tempi di Platone e Aristotele, in particolare rispetto al ruolo non banale della matematica nello studio delle scienze della natura. Galilei si affida a esatte e perfette figure geometriche che però non possono mai essere riscontrate nel mondo reale, se non al massimo come rozza approssimazione.  Oggi la matematica nella fisica moderna è utilizzata per costruire modelli del mondo reale, ma ai tempi di Galileo questo tipo di approccio non era affatto scontato. Secondo Koyré, per Galileo il linguaggio della matematica gli permette di formulare domande a priori prima ancora di confrontarsi con l'esperienza, e così facendo orienta la stessa ricerca delle caratteristiche della natura attraverso gli esperimenti. Da questo punto di vista, Galileo seguirebbe quindi la tradizione platonica e pitagorica, dove la teoria matematica precede l'esperienza e non si applica al mondo sensibile ma ne esprime la sua intima natura. La visione aristotelica Altri studiosi di Galilei, come Stillman Drake, Pierre Duhem, John Herman Randall Jr., hanno invece sottolineato la novità del pensiero di Galileo rispetto alla filosofia platonica classica. Nella metafora del Saggiatore la matematica è un linguaggio e non è direttamente definita né come l'universo né come la filosofia, ma è piuttosto uno strumento per analizzare il mondo sensibile che era invece visto dai platonici come illusorio. Il linguaggio sarebbe il fulcro della metafora di Galileo, ma l'universo stesso è il vero obbiettivo delle sue ricerche. In questo modo secondo Drake, Galileo si allontanerebbe definitivamente dalla concezione e dalla filosofia platonica per accostarsi invece alla filosofia aristotelica per cui ogni realtà deve avere in sé stessa le leggi del proprio costituirsi. La sintesi tra platonismo e aristotelismo Secondo Eugenio Garin Galileo invece, con il suo metodo sperimentale, vuole identificare nel fatto osservato "aristotelicamente" una necessità intrinseca, espressa matematicamente, dovuta al suo legame con la causa divina "platonica" che lo produce facendolo "vivere". Alla radice di gran parte della nuova scienza, da Leonardo a Galileo, accanto al desiderio tutto rinascimentale di non lasciare intentata via alcuna, è viva la certezza che il sapere ha aperta innanzi a sé la possibilità di una salda cognizione. Se noi ripercorriamo la Teologia platonica, vi troviamo al centro questa tesi, largamente e minutamente discussa nel libro secondo: alla mente di Dio sono presenti tutte le essenze; la divina volontà, che poteva non creare, ha manifestato la sua generosità col dare concreta e mondana realizzazione alle eterne idee facendole vivere. La fecondità del concetto di creazione si rivela nel dono della vita che Dio ha dato, e poteva non dare. Ma la volontà non tocca quel mondo razionale che costituisce l'eterna ragione divina, il verbo divino, cui dunque si conforma e si adegua questo mondo il quale, platonicamente, rispecchia l'ideale razionalità per il tramite dell'intermediario matematico: "numero, pondere et mensura". La mente umana, raggio del Verbo divino, è nelle sue radici impiantata essa pure in Dio; è in Dio partecipe in qualche modo dell'assoluta certezza. La scienza nasce così per il corrispondersi di questa struttura razionale del mondo, impiantata nell'eterna sapienza divina, e della mente umana partecipe di questa luce divina di ragione. Studi sul moto La descrizione quantitativa del movimento  Rappresentazione dell'evoluzione moderna dei diagrammi utilizzati da Galileo nello studio del moto. Ad ogni punto di una linea corrisponde un tempo e una velocità (segmento giallo che termina con un punto blu). L'area gialla della figura così ottenuta corrisponde quindi allo spazio totale percorso nell'intervallo di tempo (t2-t1). Dilthey vede Keplero e Galilei come le massime espressioni nel loro tempo di "pensieri calcolatori" che si disponevano a risolvere, tramite lo studio delle leggi del movimento, le esigenze della moderna società borghese:  «Il lavoro degli opifici urbani, i problemi sorti dall’invenzione della polvere da sparo e dalla tecnica delle fortificazioni, i bisogni della navigazione relativamente ad apertura di canali, a costruzione e armamento di navi, avevano fatto della meccanica la scienza preferita del tempo. Specialmente in Italia, nei Paesi Bassi e in Inghilterra, questi bisogni erano assai vivaci, e provocarono la ripresa e continuazione degli studi di statica degli antichi e le prime ricerche nel nuovo campo della dinamica, specialmente per opera di Leonardo, del Benedetti e dell'Ubaldi. Galilei fu infatti uno dei protagonisti del superamento della descrizione aristotelica della natura del moto. Già nel medioevo alcuni autori, come Giovanni Filopono nel VI secolo, avevano osservato contraddizioni nelle leggi aristoteliche, ma fu Galileo a proporre una valida alternativa basata su osservazioni sperimentali. Diversamente da Aristotele, per il quale esistono due moti "naturali", cioè spontanei, dipendenti dalla sostanza dei corpi, uno diretto verso il basso, tipico dei corpi di terra e d'acqua, e uno verso l'alto, tipico dei corpi d'aria e di fuoco, per Galileo qualunque corpo tende a cadere verso il basso nella direzione del centro della Terra. Se vi sono corpi che salgono verso l'alto è perché il mezzo nel quale si trovano, avendo una densità maggiore, li spinge in alto, secondo il noto principio già espresso da Archimede: la legge sulla caduta dei gravi di Galileo, prescindendo dal mezzo, è pertanto valida per tutti i corpi, qualunque sia la loro natura.  Per raggiungere questo risultato, uno dei primi problemi che Galileo e i suoi contemporanei dovettero risolvere fu quello di trovare gli strumenti adatti a descrivere quantitativamente il moto. Ricorrendo alla matematica, il problema era quello di capire come trattare eventi dinamici, come la caduta dei corpi, con figure geometriche o numeri che in quanto tali sono assolutamente statici e sono privi di alcun moto. Per superare la fisica aristotelica, che considerava il moto in termini qualitativi e non matematici, come allontanamento e successivo ritorno al luogo naturale, bisognava dunque prima sviluppare gli strumenti della geometria e in particolare del calcolo differenziale, come fecero successivamente fra gli altri Newton, Leibniz e Cartesio. Galileo riuscì a risolvere il problema nello studio del moto dei corpi accelerati disegnando una linea ed associando ad ogni punto un tempo e un segmento ortogonale proporzionale alla velocità. In questo modo costruì il prototipo del diagramma velocità-tempo e lo spazio percorso da un corpo è semplicemente uguale all'area della figura geometrica costruita. I suoi studi e le sue ricerche sul moto dei corpi aprirono inoltre la via alla moderna balistica. Sulla base degli studi sul moto, di esperimenti mentali e delle osservazioni astronomiche, Galileo intuì che è possibile descrivere sia gli eventi che accadono sulla Terra che quelli celesti con un unico insieme di leggi. Superò quindi in questo modo anche la divisione fra mondo sublunare e sovralunare della tradizione aristotelica (per la quale il secondo è governato da leggi diverse da quelle terrestri e da moti circolari perfettamente sferici, ritenuti impossibili nel mondo sublunare). Il principio d'inerzia e il moto circolare  Sfera sul piano inclinato Studiando il piano inclinato, Galilei si occupò dell'origine del moto dei corpi e del ruolo degli attriti; scoprì un fenomeno che è conseguenza diretta della conservazione dell'energia meccanica e porta a considerare l'esistenza del moto inerziale (che avviene senza l'applicazione di una forza esterna). Ebbe così l'intuizione del principio di inerzia, poi inserito da Isaac Newton nei principi della dinamica: un corpo, in assenza d'attrito, permane in moto rettilineo uniforme (in quiete se v=0) fino a quando forze esterne agiscono su di esso. Il concetto di energia non era invece presente nella fisica del Seicento e solo con lo sviluppo, oltre un secolo più tardi, della meccanica classica si arriverà ad una precisa formulazione di tale concetto.  Galileo pose due piani inclinati dello stesso angolo di base θ, uno di fronte all'altro, ad una distanza arbitraria x. Facendo scendere una sfera da un'altezza h1 per un tratto l1 di quello a SN notò che la sfera, arrivata sul piano orizzontale tra i due piani inclinati, continua il suo moto rettilineo fino alla base del piano inclinato di DX. A quel punto, in assenza d'attrito, la sfera risale il piano inclinato di DX per un tratto l2 = l1 e si ferma alla stessa altezza (h2 = h1) di partenza. In termini attuali, la conservazione dell'energia meccanica impone che l'iniziale energia potenziale Ep = mgh1 della sfera si trasformi - man mano che la sfera discende il primo piano inclinato (SN) - in energia cinetica Ec = (1/2) mv2 sino alla sua base, dove vale mgh1 = (1/2) mvmax2. La sfera si muove quindi sul piano orizzontale coprendo la distanza x tra i piani inclinati con velocità costante vmax, fino alla base del secondo piano inclinato (DX). Risale poi il piano inclinato di DX, perdendo progressivamente energia cinetica che si trasforma nuovamente in energia potenziale, fino a un valore massimo uguale a quello iniziale (Ep = mgh2 = mgh1), al quale corrisponde velocità finale nulla (v2 = 0).   Rappresentazione dell'esperimento di Galileo sul principio d'inerzia. Si immagini ora di diminuire l'angolo θ2 del piano inclinato di DX (θ2 < θ1),e di ripetere l'esperimento. Per riuscire a risalire - come impone il principio di conservazione dell'energia - alla medesima quota h2 di prima, la sfera dovrà ora percorrere un tratto l2 più lungo sul piano inclinato di DX. Se si riduce progressivamente l'angolo θ2, si vedrà che ogni volta aumenta la lunghezza l2 del tratto percorso dalla sfera, per risalire all'altezza h2. Se si porta infine l'angolo θ2 ad essere nullo (θ2 = 0°), si è di fatto eliminato il piano inclinato di DX. Facendo ora scendere la sfera dall'altezza h1 del piano inclinato di SN, essa continuerà a muoversi indefinitamente sul piano orizzontale con velocità vmax (principio d'inerzia) in quanto, per l'assenza del piano inclinato di DX, non potrà mai risalire all'altezza h2 (come prevederebbe il principio di conservazione dell'energia meccanica).  Si immagini infine di spianare montagne, riempire valli e costruire ponti, in modo da realizzare un percorso rettilineo assolutamente piano, uniforme e senza attriti. Una volta iniziato il moto inerziale della sfera che scende da un piano inclinato con velocità costante vmax, questa continuerà a muoversi lungo tale percorso rettilineo fino a fare il giro completo della Terra, e ricominciare quindi indisturbata il proprio cammino. Ecco realizzato un (ideale) moto inerziale perpetuo, che avviene lungo un'orbita circolare, coincidente con la circonferenza terrestre. Partendo da questo "esperimento ideale", Galileo sembrerebbe erroneamente ritenere che tutti i moti inerziali debbano essere moti circolari. Probabilmente per questo motivo considerò, per i moti planetari da lui (arbitrariamente) ritenuti inerziali, sempre e solo orbite circolari, rifiutando invece le orbite ellittiche dimostrate da Keplero. Dunque, ad essere rigorosi, non pare essere corretto quanto afferma Newton nei "Principia" - fuorviando così innumerevoli studiosi - e cioè che Galilei avrebbe anticipato i suoi primi due principi della dinamica. Misura dell'accelerazione di gravità File:Isocronismo.webm Spiegazione del funzionamento dell'isocronismo nella caduta dei gravi lungo una spirale su un paraboloide. Galileo riuscì a determinare il valore che egli credeva costante dell'accelerazione di gravità g alla superficie terrestre, cioè della grandezza che regola il moto dei corpi che cadono verso il centro della Terra, studiando la caduta di sfere ben levigate lungo un piano inclinato, anch'esso ben levigato. Poiché il moto della sfera dipende dall'angolo di inclinazione del piano, con semplici misure ad angoli differenti riuscì a ottenere un valore di g solamente di poco inferiore a quello esatto per Padova (g = 9,8065855 m/s²), nonostante gli errori sistematici, dovuti all'attrito che non poteva essere completamente eliminato.  Detta a l'accelerazione della sfera lungo il piano inclinato, la sua relazione con g risulta essere a = g sin θ per cui, dalla misura sperimentale di a, si risale al valore dell'accelerazione di gravità g. Il piano inclinato permette di ridurre a piacimento il valore dell'accelerazione (a < g), facilitandone la misura. Ad esempio, se θ = 6°, allora sin θ = 0,104528 e quindi a = 1,025 m/s². Tale valore è meglio determinabile, con una strumentazione rudimentale, rispetto a quello dell'accelerazione di gravità (g = 9,81 m/s²) misurato direttamente con la caduta verticale di un oggetto pesante. Misura della velocità della luce Guidato dalla similitudine con il suono, Galileo fu il primo a tentare di misurare la velocità della luce. La sua idea fu quella di portarsi su una collina con una lanterna coperta da un drappo e quindi toglierlo lanciando così un segnale luminoso ad un assistente posto su un'altra collina ad un chilometro e mezzo di distanza: questi non appena avesse visto il segnale, avrebbe quindi alzato a sua volta il drappo della sua lanterna e Galileo vedendo la luce avrebbe potuto registrare l'intervallo di tempo impiegato dal segnale luminoso per giungere all'altra collina e tornare indietro.Una misura precisa di questo tempo avrebbe consentito di misurare la velocità della luce ma il tentativo fu infruttuoso data l'impossibilità per Galilei di avere uno strumento così avanzato che potesse misurare i centomillesimi di secondo che la luce impiega per percorrere una distanza di pochi chilometri.  La prima stima della velocità della luce fu opera, nel 1676, dell'astronomo danese Rømer basata su misure astronomiche. Apparati sperimentali e di misura  Termometro di Galileo, in un'elaborazione successiva. Gli apparati sperimentali furono fondamentali nello sviluppo delle teorie scientifiche di Galileo, che costruì diversi strumenti di misura originalmente o rielaborandoli sulla base di idee preesistenti. In ambito astronomico costruì da sé alcuni esemplari di cannocchiale, provvisti di micrometro per misurare quanto distasse una luna dal suo pianeta. Per studiare le macchie solari, proiettò con l'elioscopio l'immagine del Sole su un foglio di carta per poterla osservare in sicurezza senza danni alla vista. Ideò anche il giovilabio, simile all'astrolabio, per determinare la longitudine usando le eclissi dei satelliti di Giove. Per studiare il moto dei corpi si servì invece del piano inclinato con il pendolo per misurare intervalli temporali. Riprese anche un rudimentale modello di termometro, basato sulla dilatazione dell'aria al variare della temperatura. Il pendolo  Schema di un pendolo Galileo scoprì nel 1583 l'isocronismo delle piccole oscillazioni di un pendolo; secondo la leggenda l'idea gli sarebbe venuta mentre osservava le oscillazioni di una lampada allora sospesa nella navata centrale del Duomo di Pisa, oggi custodita nel vicino Camposanto Monumentale, nella Cappella Aulla. Questo strumento è semplicemente composto da un grave, come una sfera metallica, legato ad un filo sottile e inestensibile. Galileo osservò che il tempo di oscillazione di un pendolo è indipendente dalla massa del grave e anche dall'ampiezza dell'oscillazione, se questa è piccola. Scoprì anche che il periodo di oscillazione {\displaystyle T}T dipende solo dalla lunghezza del filo {\displaystyle l}l:[135]  {\displaystyle T=2\pi {\sqrt {\frac {l}{g}}}}T=2\pi {\sqrt  {\frac  {l}{g}}} dove {\displaystyle g}g è l'accelerazione di gravità. Se ad esempio il pendolo ha {\displaystyle l=1m}{\displaystyle l=1m}, l'oscillazione che porta il grave da un estremo all'altro e poi di nuovo indietro ha un periodo {\displaystyle T=2,0064s}{\displaystyle T=2,0064s} (avendo assunto per {\displaystyle g}g il valore medio {\displaystyle 9,80665}{\displaystyle 9,80665}). Galileo sfruttò questa proprietà del pendolo per usarlo come strumento di misura di intervalli temporali. La bilancia idrostatica Galileo nel 1586, all'età di 22 anni quando era ancora in attesa dell'incarico universitario a Pisa, perfezionò la bilancia idrostatica di Archimede e descrisse il suo dispositivo nella sua prima opera in volgare, La Bilancetta, che circolò manoscritta, ma fu stampata postuma  «Per fabricar dunque la bilancia, piglisi un regolo lungo almeno due braccia, e quanto più sarà lungo più sarà esatto l'istrumento; e dividasi nel mezo, dove si ponga il perpendicolo [il fulcro]; poi si aggiustino le braccia che stiano nell'equilibrio, con l'assottigliare quello che pesasse di più; e sopra l'uno delle braccia si notino i termini dove ritornano i contrapesi de i metalli semplici quando saranno pesati nell'acqua, avvertendo di pesare i metalli più puri che si trovino. Viene anche descritto come si ottiene il peso specifico PS di un corpo rispetto all'acqua: {\displaystyle P_{S}={\frac {\operatorname {peso\;in\;aria} }{\operatorname {peso\;in\;aria} -\operatorname {peso\;in\;acqua} }}}{\displaystyle P_{S}={\frac {\operatorname {peso\;in\;aria} }{\operatorname {peso\;in\;aria} -\operatorname {peso\;in\;acqua} }}}. Ne La Bilancetta si trovano poi due tavole che riportano trentanove pesi specifici di metalli preziosi e genuini, determinati sperimentalmente da Galileo con precisione confrontabile con i valori moderni. Il compasso proporzionale  Una descrizione dell'uso del compasso proporzionale fornita da Galileo Galilei. Il compasso proporzionale era uno strumento utilizzato fin dal medioevo per eseguire operazioni anche algebriche per via geometrica, perfezionato da Galileo ed in grado di estrarre la radice quadrata, costruire poligoni e calcolare aree e volumi. Fu utilizzato con successo in campo militare dagli artiglieri per calcolare le traiettorie dei proiettili. Galilei e l'arte Letteratura Gli interessi letterari di Galilei Durante il periodo pisano Galileo non si limitò alle sole occupazioni scientifiche: risalgono infatti a questi anni le sue Considerazioni sul Tasso che avranno un seguito con le Postille all'Ariosto. Si tratta di note sparse su fogli e annotazioni a margine nelle pagine dei suoi volumi della Gerusalemme liberata e dell'Orlando furioso dove, mentre rimprovera al Tasso «la scarsezza della fantasia e la monotonia lenta dell'immagine e del verso, ciò che ama nell'Ariosto non è solo lo svariare dei bei sogni, il mutar rapido delle situazioni, la viva elasticità del ritmo, ma l'equilibrio armonico di questo, la coerenza dell'immagine l'unità organica – pur nella varietà – del fantasma poetico. Galilei scrittore. D'altro più non si cura fuorché d'essere inteso»  (Giuseppe Parini) «Uno stile tutto cose e tutto pensiero, scevro di ogni pretensione e di ogni maniera, in quella forma diretta e propria in che è l'ultima perfezione della prosa.»  (Francesco De Sanctis, Storia della Letteratura Italiana) Dal punto di vista letterario, Il Saggiatore è considerata l'opera in cui si fondono maggiormente il suo amore per la scienza, per la verità e la sua arguzia di polemista. Tuttavia, anche nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo si apprezzano pagine di notevole livello per qualità della scrittura, vivacità della lingua, ricchezza narrativa e descrittiva. Infine Italo Calvino affermò che, a suo parere, Galilei è stato il maggior scrittore di prosa in lingua italiana, fonte di ispirazione persino per Leopardi. L'uso della lingua volgare L'uso del volgare servì a Galileo per un duplice scopo. Da una parte era finalizzato all'intento divulgativo dell'opera: Galileo intendeva rivolgersi non solo ai dotti e agli intellettuali ma anche a classi meno colte, come i tecnici che non conoscevano il latino ma che potevano comunque comprendere le sue teorie. Dall'altro si contrappone al latino della Chiesa e delle diverse Accademie che si basavano sul principio di auctoritas, rispettivamente biblico ed aristotelico. Si viene a delineare una rottura con la tradizione precedente anche per quanto riguarda la terminologia: Galileo, a differenza dei suoi predecessori, non trae spunti dal latino o dal greco per coniare nuovi termini ma li riprende, modificandone l'accezione, dalla lingua volgare. Galileo, inoltre, dimostrò atteggiamenti diversi nei confronti delle terminologie esistenti:  terminologia meccanica: cauto accoglimento; terminologia astronomica: non respinge i vocaboli che l'uso abbia già accolto o tenda ad accogliere. Li utilizza, però, come strumenti, insistendo sul loro valore convenzionale ("le parole o imposizioni di nomi servono alla verità, ma non si devono sostituire a essa). Lo scienziato poi segnala gli errori che nascono quando il nome travisa la realtà fisica o che nascono dalla suggestione esercitata dagli usi comuni di un vocabolo sul significato figurato assunto come termine scientifico; per evitare questi errori, egli fissa esattamente il significato dei singoli vocaboli: sono preceduti o seguiti da una descrizione; terminologia peripapetica: rifiuto totale che si manifesta con la sua messa in ridicolo, servendosene come puri suoni in un gioco di alternanze e rime. Arti figurative «L'Accademia e Compagnia dell'Arte del Disegno fu fondata da Cosimo I de' Medici nel 1563, su suggerimento di Giorgio Vasari, con l'intento di rinnovare e favorire lo sviluppo della prima corporazione di artisti costituitasi dall'antica compagnia di San Luca. Annoverò tra i primi accademici personalità come Buonarroti, Bartolomeo Ammannati, Agnolo Bronzino, Francesco da Sangallo. Per secoli l'Accademia rappresentò il più naturale e prestigioso centro di aggregazione per gli artisti operanti a Firenze e, al tempo stesso, favorì il rapporto fra scienza e arte. Essa prevedeva l'insegnamento della geometria euclidea e della matematica e pubbliche dissezioni dovevano preparare al disegno. Anche uno scienziato come Galileo Galilei fu nominato membro dell'Accademia fiorentina delle Arti del Disegno. Galileo, infatti, prese pure parte alle complesse vicende riguardanti le arti figurative del suo periodo, soprattutto la ritrattistica, approfondendo la prospettiva manieristica ed entrando in contatto con illustri artisti dell'epoca (come il Cigoli), nonché influenzando in modo consistente, con le sue scoperte astronomiche, la corrente naturalistica. Superiorità della pittura sulla scultura Per Galileo nell'arte figurativa, come nella poesia e nella musica, vale l'emozione che si riesce a trasmettere, a prescindere da una descrizione analitica della realtà. Ritiene inoltre che tanto più dissimili sono i mezzi usati per rendere un soggetto dal soggetto stesso, tanto maggiore l'abilità dell'artista. Perciocché quanto più i mezzi, co' quali si imita, son lontani dalle cose da imitarsi, tanto più l'imitazione è maravigliosa.” Ludovico Cardi, detto il Cigoli, fiorentino, fu pittore al tempo di Galileo; ad un certo punto della sua vita, per difendere il suo operato, chiese aiuto al suo amico Galileo: doveva, infatti, difendersi dagli attacchi di quanti ritenevano la scultura superiore alla pittura, in quanto ha il dono della tridimensionalità, a discapito della pittura semplicemente bidimensionale. Galileo rispose con una lettera. Egli fornisce una distinzione tra valori ottici e tattili, che diventa anche giudizio di valore sulle tecniche scultoree e pittoriche: la statua, con le sue tre dimensioni, inganna il senso del tatto, mentre la pittura, in due dimensioni, inganna il senso della vista. Galilei attribuisce quindi al pittore una maggiore capacità espressiva che non allo scultore poiché il primo, tramite la vista, è in grado di produrre emozioni meglio di quanto faccia il secondo mediante il tatto. “A quello poi che dicono gli scultori, che la natura fa gli uomini di scultura e non di pittura, rispondo che ella gli fa non meno dipinti che scolpiti, perché ella gli scolpe e gli colora.” Il padre di Galileo era un musicista (liutista e compositore) e teorico musicale molto noto ai suoi tempi. Galileo fornì un contributo fondamentale alla comprensione dei fenomeni acustici, studiando in modo scientifico l'importanza dei fenomeni oscillatori nella produzione della musica. Scoprì anche la relazione che intercorre fra la lunghezza di una corda in vibrazione e la frequenza del suono emessa. Nella lettera a Lodovico Cardi, Galileo scrive:  «Non ammireremmo noi un musico, il quale cantando e rappresentandoci le querele e le passioni d'un amante ci muovesse a compassionarlo, molto più che se piangendo ciò facesse? ... E molto più lo ammireremmo, se tacendo, col solo strumento, con crudezze et accenti patetici musicali, ciò facesse...»  (Opere XI) mettendo sullo stesso piano la musica vocale e quella strumentale, dato che nell'arte sono importanti solo le emozioni che si riescono a trasmettere. Dediche  Banconota da 2.000 lire con la raffigurazione di Galileo  2 euro commemorativi italiani per il 450º anniversario della nascita di Galileo Galilei A Galileo sono stati dedicati innumerevoli tipi di oggetti ed enti, naturali o creati dall'uomo:  la Galileo Regio, una regione della superficie del satellite Ganimede; l'asteroide 697 Galilea; una sonda spaziale, la Galileo; un sistema di posizionamento spaziale, il sistema Galileo; il gal (unità di accelerazione); il Telescopio Nazionale Galileo (TNG), situato sull'isola di La Palma (Spagna); l'aeroporto internazionale "Galileo Galilei" di Pisa; un gruppo musicale giapponese, Galileo Galilei; un album degli Haggard dal titolo "Eppur si muove"; una canzone scritta e interpretata dal cantautore pugliese Caparezza intitolata "Il dito medio di Galileo"; il sottomarino Galileo Galilei; una nave da guerra italiana, la Galileo Galilei; la banconota da 2.000 lire; una canzone Messer Galileo cantata da Edoardo Pachera durante la 52ª edizione dello Zecchino d'Oro; una società, produttrice di strumenti scientifici, ottici ed astronomici e denominata Officine Galileo; una moneta commemorativa da 2 euro nel 2014 per il 450º anniversario della sua nascita; un supercomputer di potenza di calcolo pari a circa 1 PetaFlop, installato presso il consorzio interuniversitario CINECA e classificato per diverso tempo fra le prime 500 strutture di calcolo al mondo; una cattedra di storia della scienza dell'Università di Padova, detta appunto cattedra galileiana, istituita per Enrico Bellone a cui poi successe William R. Shea che la resse fino al 2011, più la Scuola Galileiana di Studi Superiori della stessa università, nonché l'Accademia galileiana di scienze, lettere ed arti di Padova. Galileo Day Galileo Galilei viene ricordato con celebrazioni presso istituzioni locali il 15 febbraio, il Galileo Day, giorno della sua nascita. Altre opere: La bilancetta (postuma), Tractatio de praecognitionibus et precognitis and Tractatio de demonstration. Le mecaniche, Le operazioni del compasso geometrico et militare, Sidereus Nuncius,  Discorso intorno alle cose che stanno in su l'acqua, Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari e loro accidenti (pubblicato dall'Accademia dei Lincei), 1613 (su archive.org, BEIC) Discorso sopra il flusso e il reflusso del mare, Roma, Il Discorso delle Comete, Il Saggiatore, Roma, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, Firenze, Due nuove scienze, Leida, Trattato della sfera, Roma 1656 (su BEIC) Lettere Lettera al Padre Benedetto Castelli, Lettera a Madama Cristina di Lorena, Lettera a Pietro Dini, Edizione nazionale Opere di Galileo Galilei, Edizione Nazionale, a cura di Antonio Favaro, Firenze, G. Barbera, Le opere di Galileo Galilei. Edizione nazionale sotto gli auspicii di Sua Maestà il Re d'Italia.  Firenze, Tipografia di G. Barbera, Le opere di Galileo Galilei, Edizione Nazionale, Appendice, Firenze, Giunti, 2013 ss. in quattro volumi: Vol. 1: Iconografia galileiana, a cura di F. Tognoni, Carteggio, a cura di M. Camerota e P. Ruffo, con la collaborazione di M. Bucciantini, Testi, a cura di A. Battistini, M. Camerota, G. Ernst, R. Gatto, M. Helbing e P. Ruffo, Documenti, a cura di M. Camerota e P. Ruffo (Edizione digitale delle Opere Letteratura e teatro Vita di Galileo è il titolo di un'opera teatrale di Brecht in più versioni, a partire dalla prima risalente agli anni 1938-39. Gli ultimi anni di Galileo Galilei è il titolo di un'opera teatrale giovanile di Ippolito Nievo. Galileo è uno spettacolo teatrale del 2010 di Francesco Niccolini e Marco Paolini. Film Galileo Galilei è un cortometraggio sullo scienziato pisano. Galileo è un film di Cavani. Galileo si chiama anche il film di Joseph Losey tratto dal dramma Vita di Galileo di Bertolt Brecht. Per testuali parole di Puccianti, Galileo fu veramente cultore e propugnatore della Natural Filosofia: in effetti egli fu matematico, astronomo, fondatore della Fisica nel senso attuale di questa parola; e queste varie discipline considerò sempre e trattò come intimamente connesse tra loro, e insieme ad altri studi vari, come diversi aspetti e atteggiamenti di una stessa attività dello spirito: filosofo dunque, anche perché portò su questa attività la riflessione e la critica; ma non incurante delle conseguenze o, come ora si direbbe, delle applicazioni pratiche. I problemi più importanti e centrali lo impegnarono per tutta la durata della sua vita scientifica, non con continua opera su ciascuno di essi, ma con ritorni successivi sempre più approfonditi e più generali, e in fine risolutivi» (da: Luigi Puccianti, Storia della fisica, Firenze, Felice Le Monnier, Fondamentali furono inoltre le sue idee e riflessioni critiche sui concetti fondamentali della meccanica, in particolare quelle sul movimento. Tralasciando l'ambito prettamente filosofico, dopo la morte di Archimede, il tema del movimento cessò di essere oggetto di analisi quantitativa e discussione formale allorché Gerardo di Bruxelles, vissuto nella seconda metà del XII secolo, nel suo Liber de motu riprese la definizione di velocità, già peraltro considerata dal matematico del III secolo a.C. Autolico di Pitane, avvicinandosi alla moderna definizione di velocità media come rapporto fra due quantità non omogenee quali la distanza e il tempo (cfr. Gerard of Brussels, "The Reduction of Curvilinear Velocities to Uniform Rectilinear Velocities", edito da Clagett, in Grant, A Source Book in Medieval Science, Cambridge (MA), Harvard University Press,  e Mazur, Zeno's Paradox. Unraveling the Ancient Mystery Behind the Science of Space and Time, New York/London, Plume/Penguin Books, Ltd., Achille e la tartaruga. Il paradosso del moto da Zenone a Einstein, a cura di Claudio Piga, Milano, Il Saggiatore, Grazie al perfezionamento del telescopio, che gli permise di effettuare notevoli studi e osservazioni astronomiche, fra cui quella delle macchie solari, la prima descrizione della superficie lunare, la scoperta dei satelliti di Giove, delle fasi di Venere e della composizione stellare della Via Lattea. Per maggiori notizie, si veda: Luigi Ferioli, Appunti di ottica astronomica, Milano, Editore Ulrico Hoepli, Cfr. pure Vasco Ronchi, Storia della luce, IBologna, Nicola Zanichelli Editore, Dal punto di vista storico, un'ipotesi autenticamente "eliocentrica" fu quella di Aristarco di Samo, poi sostenuta e dimostrata da Seleuco di Seleucia. Il modello copernicano invece, contrariamente a quanto generalmente ritenuto, è "eliostatico" ma non "eliocentrico" (vedi nota seguente). Il sistema di Keplero, poi, non è né "eliocentrico" (il Sole occupa infatti uno dei fuochi dell'orbita ellittica di ciascun pianeta che gli ruota attorno) né "eliostatico" (a causa del moto di rotazione del Sole attorno al proprio asse). La descrizione newtoniana del sistema solare, infine, eredita le caratteristiche cinematiche (i.e., orbite ellittiche e moto rotatorio del Sole) di quella kepleriana ma spiega causalmente, tramite la forza di gravitazione universale, la dinamica planetaria. ^ A proposito del modello copernicano: «È da notare che, sebbene il Sole sia immobile, tutto il sistema [solare] non ruota intorno ad esso, ma intorno al centro dell'orbita della Terra, la quale conserva ancora un ruolo particolare nell'Universo. Si tratta cioè, più che di un sistema eliocentrico, di un sistema eliostatico.» (da G. Bonera, Dal sistema tolemaico alla rivoluzione copernicana, E non più soggettiva, come era stata fino ad allora condotta. ^ Secondo Giorgio Del Guerra, nella casa sita al n. 24 dell'attuale via Giusti in Pisa (G. Del Guerra, La casa dove, in Pisa, nacque Galileo Galilei, Pisa, Tipografia Comunale. Verosimilmente, Galileo non dovette avere buoni rapporti con la madre se non ricorda mai gli anni della sua infanzia come un periodo felice. Il fratello Michelangelo ebbe occasione di scrivere a questo proposito a Galileo, quasi augurandosene l'ormai imminente dipartita: «[...] di nostra madre intendo, con non poca meraviglia, che sia ancora così terribile, ma poiché è così discaduta, ce ne sarà per poco, sì che finiranno le lite.» Un Tommaso Ammannati fu fatto cardinale da Clemente VII nel 1385, mentre il fratello Bonfazio Ammannati ottenne la porpora da uno dei successori di Clemente, l'antipapa Benedetto XIII; quanto a Giacomo Ammannati Piccolomini, cardinal, fu umanista, continuatore dei Commentarii di Pio II e autore di una Vita dei papi che è andata perduta. ^ Si ricorda un Tommaso Bonaiuti, che fece parte del governo di Firenze dopo la cacciata del Duca di Atene e un Galileo Bonaiuti, medico noto al suo tempo e gonfaloniere di giustizia, il cui sepolcro nella Basilica di Santa Croce divenne la tomba dei suoi discendenti; a partire da Galileo Bonaiuti, il cognome della famiglia cambiò in Galilei. ^ Così scriveva Muzio Tedaldi a Vincenzo Galilei: «per la vostra ho inteso quanto havete concluso con il vostro figliuolo [Galileo]; et come, volendo cercar di introdurlo qua in Sapienza, vi ritarda il non esser la Bartolomea maritata, anzi vi guasta ogni buon pensiero; et che desiderate che la si mariti, e quanto prima. Le considerationi vostre son buone, et io non ho mancato né manco di far quell'opera che si ricerca; ma sino a qui son venuti tutti partiti, per non dir obbrobriosi, poco aproposito per lei… Per concludere, ardisco di dire che credo che la Bartolomea sia così casta come qual si vogli pudica fanciulla; ma le lingue non si possono tenere; pure io crederrò, con l'aiuto che do loro, di levar via tutti questi romori et farli supire; per il che a quel tempo potrete facilmente mandare il vostro Galileo a studio; et se non harete la Sapienza, harete la casa mia al vostro piacere, senza spesa nessuna, et così vi offero et prometto, ricordandovi che le novelle son come le ciriegie; però è bene credere quel che si vede, e non quel che si sente, parlando di queste cose basse.» Obbligatoriamente l'iscrizione doveva avvenire per gli studenti toscani in quell'Università. Chi voleva andare in un'altra Università avrebbe dovuto pagare una multa di 500 scudi stabilita da un editto granducale per scoraggiare la frequenza in un ateneo diverso da quello pisano (In: A. Righini, Op. cit.). ^ Lo testimonierebbe la coincidenza di argomentazioni esistente tra gli Juvenilia, gli appunti di fisica abbozzati da Galileo in questo periodo, e i dieci libri del De motu del Bonamico. (In: Storia sociale e culturale d'Italia, La cultura filosofica e scientifica, La filosofia e le scienze dell'Uomo, La storia delle scienze, Milano, Bramante Editrice, Ne descrive i dettagli nel breve trattato La bilancetta, circolato prima fra i suoi conoscenti e pubblicato postumo nel 1644 (Annibale Bottana, Galileo e la bilancetta: un momento fondamentale nella storia dell'idrostatica e del peso specifico, Firenze, Leo S. Olschki Editore). Studi riportati nel Theoremata circa centrum gravitatis solidorum, pubblicato in appendice ai Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attinenti alla meccanica e ai moti locali. ^ Galileo sottopose a Clavius una sua insoddisfacente dimostrazione della determinazione del baricentro dei solidi. (Lettera a Clavius). Giovanni de Medici aveva progettato una draga per il porto di Livorno. Su questo progetto il granduca Ferdinando aveva chiesto una consulenza a Galilei che dopo aver visto il modellino affermò che non avrebbe funzionato. Giovanni de Medici volle comunque costruire la draga che in effetti non funzionò. (Giovan Battista de Nelli, Vita e commercio letterario di Galileo Galilei, Losanna, con tale Benedetto Landucci che Galilei raccomandò a Cristina di Lorena riuscendo a fargli ottenere nel 1609 il posto di pesatore al saggio; il lavoro, consistente nel pesare gli argenti che venivano venduti, procurava un guadagno di circa 60 fiorini. Lettera a Cristina di Lorena (Ed. Naz., Vol. X, Lettera N., Alla dote per la sorella Livia avrebbe dovuto contribuire anche il fratello Michelangelo. (Lettera a Michelangelo Galilei, Michelangelo ... fu versatissimo nella musica e la esercitò per professione; essendo stato buon liutista non v'è dubbio che fosse allievo egli pure di suo padre Vincenzo. visse in Polonia al servizio di un conte palatino; nel 1610 era a Monaco di Baviera ove insegnava musica, e in una lettera datata del 16 agosto di quell'anno, egli pregava il fratello Galileo, di acquistargli grosse corde di Firenze per suo bisogno et dei suoi scolari...» (Dizionario universale dei musicisti, Milano, Casa Editrice Sonzogno). Le spese per i viaggi in Polonia e Germania furono sostenute da Galileo. Michelangelo appena sistematosi in Germania volle sposarsi con Anna Chiara Bandinelli e, anziché saldare il debito per la dote che aveva con il cognato Galletti, spese tutto il denaro che aveva in un lussuoso ricevimento nuziale. ^ «Mi dispiace ancora di veder che V.S. non sia trattata second'i meriti suoi, e molto più mi dispiace che ella non habbi buona speranza. Et s'ella vorrà andar a Venetia questa state, io l'invito a passar di qua, che non mancarò dal canto mio di far ogni opera per aiutarla e servirla; chè certo io non la posso veder in questo modo. Le mie forze sono deboli, ma, come saranno, io le spenderò tutte in suo servitio.  (Lettera di Guidobaldo Del Monte a Galilei. In: Ed. Naz., Vol. X, Lettera N. 35, Ancora vivente, Galileo fu ritratto da alcuni dei più famosi pittori del suo tempo, come Santi di Tito, Caravaggio, Domenico Tintoretto, Giovan Battista Caccini, Francesco Villamena, Ottavio Leoni, Domenico Passignano, Joachim von Sandrart e Claude Mellan. I due ritratti più famosi, visibili alla Galleria Palatina di Firenze e agli Uffizi sono invece di Justus Suttermans che rappresenta Galileo ormai anziano come simbolo del filosofo conoscitore della natura. ( In "Portale Galileo") ^ Per moto «naturale» s'intende quello di un grave, ossia di un corpo in caduta libera, diversamente dal moto «violento», che è quello di un corpo che sia soggetto ad un «impeto». ^ L'esatta formulazione della legge è stata data da Galileo nel successivo De motu accelerato: «Motum aequabiliter, seu uniformiter, acceleratum dico illum, qui, a quiete recedens, temporibus aequalibus aequalia celeritatis momenta sibi superaddit», ove l'accelerazione di gravità è indicata essere direttamente proporzionale al tempo e non allo spazio. (Ed. Naz.) ^ Con lettera da Verona, l'Altobelli riferiva a Galileo, senza dar credito, che la stella, «quasi un arancio mezzo maturo», sarebbe stata osservata. In verità, dietro Antonio Lorenzini (da non confondere col vescovo Antonio Lorenzini) si celava il Cremonini; cfr. Uberto Motta, Antonio Querenghi. Un letterato padovano nella Roma del tardo Rinascimento, Pubblicazioni dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, Vita e Pensiero, «Nacque in Padova intorno al 1580. Poco più che ventenne professò i voti nell’Ordine Benedettino, e nei primi anni del secolo XVII si trovava nel monastero di S. Giustina di Padova, legato in molta intimità col Castelli, insieme col quale fu discepolo di Galileo, prendendo le parti del Maestro nelle questioni relative alla stella nuova dell’ottobre 1604.» (Da Museo Galileo). Usus et fabrica circini cuiusdam proportionis, per quem omnia fere tum Euclidis, tum mathematicorum omnium problemata facili negotio resolvuntur, opera & studio Balthesaris Capræ nobilis Mediolanensis explicata. (In: Patauij, apud Petrum Paulum Tozzium, 1607) ^ Alcuni calcoli astrologici, anche risalenti al periodo fiorentino, furono conservati da Galileo e compaiono nel volume 19 dell'Opera omnia (sezione "Astrologica nonnulla", pp. 205-220). Da notare che per lo più si tratta di calcoli del tema natale, solo in qualche caso accompagnati da interpretazioni o pronostici. ^ È stata ritrovata una lista della spesa dove Galilei, insieme a ceci, farro, zucchero, ecc., ordinava di acquistare anche pezzi di specchio, ferro da spianare e quanto di utile per il suo laboratorio ottico. (Da una nota di una lettera di Ottavio Brenzoni  conservata nella Biblioteca Centrale di Firenze) ^ Espressione tradizionalmente attribuita da scrittori cristiani all'imperatore pagano Flavio Claudio Giuliano che in punto di morte avrebbe riconosciuto la vittoria del Cristianesimo: «Hai vinto o Galileo» riferendosi a Gesù nativo della Galilea. ^ Il comportamento di Galileo è stato variamente giudicato: vi è chi sostiene che egli le chiuse in convento perché «doveva pensare a una loro sistemazione definitiva, cosa non facile perché, data la nascita illegittima, non era probabile un futuro matrimonio» (come se egli non potesse legittimarle, come fece con il figlio Vincenzio e come se una monacazione coatta fosse preferibile a un matrimonio non prestigioso; cfr. Sofia Vanni Rovighi, Storia della filosofia moderna e contemporanea. Dalla rivoluzione scientifica a Hegel, Brescia, Editrice La Scuola), mentre altri ritengono che «alla base di tutto stava il desiderio di Galileo di trovare per esse una sistemazione che non rischiasse di procurargli in futuro alcun nuovo carico [...] tutto ciò nascondeva un profondo, sostanziale egoismo» (cfr. Ludovico Geymonat,). ^ «quel mirare per quegli occhiali m'imbalordiscon la testa», avrebbe detto Cremonini secondo la testimonianza di Paolo Gualdo. (Da una lettera del Gualdo a Galilei. Scheiner pubblicò ancora sull'argomento il De maculis solaribus et stellis circa Iovem errantibus. La priorità della scoperta andrebbe all'olandese Johannes Fabricius, che pubblicò a Wittenberg, il De Maculis in Sole observatis, et apparente earum cum Sole conversione. Cioè con i sensi, con l'osservazione diretta. ^ «Egli pensava infatti che una colonna d’acqua troppo alta tendeva a spezzarsi sotto l’azione del suo stesso peso, così come si spezza una fune di materiale poco resistente quando, fissata in alto, viene tirata dal basso. Fu quindi proprio questa analogia fondata sull’esperienza osservativa a portare il Galilei fuori strada.» (in IL VUOTO – Elisa Garagnani – Isis Archimede). Salmi che la figlia di Galileo, suor Maria Celeste, s'incaricò di recitare, con il consenso della Chiesa. Baretti, in una sua ricostruzione, avrebbe fatto nascere la leggenda di un Galilei che una volta alzatosi in piedi, colpì la terra e mormorò: "E pur si muove!" (In Giuseppe Baretti, The Italian Library). Tale frase non è contenuta in alcun documento contemporaneo, ma nel tempo fu ritenuta veritiera, probabilmente per il suo valore suggestivo, a tal punto che Berthold Brecht la riporta in "Vita di Galileo", opera teatrale dedicata allo scienziato pisano alla quale egli si dedicò a lungo. ^ In Paschini è riportato che: «secondo le norme del Sant'Offizio» questa condizione «era equiparata ad una prigionia per quanto egli facesse per ottenere la liberazione. Si ebbe il timore probabilmente ch'egli riprendesse a fare propaganda delle sue idee e che un perdono potesse significare che il Sant'Offizio si fosse ricreduto a proposito di esse» (cfr. pure Alceste Santini, "Galileo Galilei", L'Unità). Conceditur habitatio in eius rure, modo tamen ibi in solitudine stet, nec evocet eo aut venientes illuc recipiat ad collocutiones, et hoc per tempus arbitrio Suae Sanctitatis.» (Ed. Naz.) ^ A Galileo era infatti proibito stampare qualunque opera in un paese cattolico. ^ Fonti di questa corrispondenza si trovano in: Paolo Scandaletti, Galilei privato, Udine, Gaspari editore, Antonio Favaro, Amici e corrispondenti di Galileo Galilei, Alessandra Bocchineri, Venezia, Pubblicazioni del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Valerio Del Nero, Galileo Galilei e il suo tempo, Milano, Simonelli Editore, A. Righini, Galileo: tra scienza, fede e politica, Bologna, Editrice Compositori, 2008, p. 150 e sgg.; Geymonat, Giorgio Abetti, Amici e nemici di Galileo, Milano, Bompiani, Banfi,  «Galileo fu invitato alla villa di S.Gaudenzio, sulle colline di Sofignano, alla fine di luglio del 1630, ospite di Giovanni Francesco Buonamici, che con lo scienziato vantava una parentela da parte della moglie Alessandra Bocchineri: la sorella di lei, Sestilia, aveva sposato a Prato l'anno prima il figlio di Galileo, Vincenzo.» (In Comune di Vaiano) Fu permessa a Galilei l'assistenza del giovane allievo Vincenzo Viviani e, dall'ottobre 1641, anche di Evangelista Torricelli. ^ «La prego a condonare questa mia non volontaria brevità alla gravezza del male; e le bacio con affetto cordialissimo le mani, come fo anche al Signor Cavaliere suo Consorte.» (In Le Opere di Galileo Galilei, a cura di Eugenio Albèri, Firenze, Società Editrice Fiorentina, 1848, p. 368) Anfossi pubblicava–anonimamente–in Roma un libro in cui le leggi di Keplero e di Newton erano presentate come «cose che non meritano la menoma attenzione» e si chiedeva come mai «tanti uomini santi» ispirati dallo Spirito Santo, «ci han detto ottanta e più volte che il Sole si muove senza dirci una volta sola che è immobile e fermo?» (Sebastiano Timpanaro, Scritti di storia e critica della scienza, Firenze, G.C. Sansoni, L'edizione curata da Favaro si basava sulle copie allora disponibili, perché l'originale non era stato ritrovato (Avvertimento. Il manoscritto originale è stato scoperto nell'agosto 2018 e pubblicato come appendice a Michele Camerota, Franco Giudice, Salvatore Ricciardi, "The reapparance of Galileo's original letter to Benedetto Castelli". L'effetto di parallasse stellare, che dimostra la rivoluzione della Terra attorno al Sole, sarà misurato da Friedrich Wilhelm Bessel solo nel 1838. Per il testo della condanna, vedi: Sentenza di condanna di Galileo Galilei, su it.wikisource.org. Per il testo dell'abiura, vedi: Abiura di Galileo Galileisu it.wikisource.org. ^ Questa frase è stata citata in un intervento molto criticato di Joseph Ratzinger (cfr. "La crisi della fede nella scienza" in Svolta per l'Europa? Chiesa e modernità nell'Europa dei rivolgimenti, Roma, Edizioni Paoline. Ratzinger aggiunge da parte sua che: «Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità, ma dalla sua fondamentale affermazione e dalla sua inscrizione in una ragionevolezza più grande. Qui ho voluto ricordare un caso sintomatico che evidenzia fino a che punto il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica.» ^ Già chiaramente indicati nella Lettera a Madama Cristina di Lorena granduchessa di Toscana. L'Accademia del Cimento, fra le più antiche associazioni scientifiche al mondo, fu la prima a riconoscere ufficialmente, in Europa, il metodo sperimentale galileano. Fu fondata a Firenze da alcuni allievi di Galileo, Evangelista Torricelli e Vincenzo Viviani. Si lasci alla storiografia stabilire, caso fosse mai possibile, se Galileo concepisse il moto inerziale unicamente come circolare [...] o se ammettesse anche la possibilità in natura della prosecuzione indefinita del moto rettilineo, anche perché in Galileo non si può sensatamente parlare di formulazione del principio d'inerzia come se fossimo nell'ambito della moderna fisica newtoniana, ma solo di alcune considerazioni preliminari al principio della relatività del moto.» Portale Galileo, su portalegalileo.museogalileo.it.Testi non compresi nella prima edizione dell'Edizione Nazionale curata da Antonio Favaro, ma in quella curata da William F. Edwards e Mario G. Helbing, con Introduzione, Note e Commenti di William A. Wallace, per Le opere di Galileo Galilei. Edizione Nazionale, Appendice al Volume III: Testi, Firenze, G.C. Giunti. Bibliografiche  Abbagnano, Albert Einstein, Leopold Infeld, L'evoluzione della fisica. Sviluppo delle idee dai concetti iniziali alla relatività e ai quanti, Torino, Editore Boringhieri, Mario Gliozzi, "Storia del pensiero fisico", in: Luigi Berzolari (a cura di), Enciclopedia delle matematiche elementari e complementi, Vol. III, Parte II, Milano, Editore Ulrico Hoepli, Paolo Straneo, Le teorie della fisica nel loro sviluppo storico, Brescia, Morcelliana, Giuliano Toraldo di Francia, L'indagine del mondo fisico, Torino, Giulio Einaudi editore, George Gamow, Biografia della fisica, Biblioteca della EST, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, Max Born, La sintesi einsteiniana, Torino, Editore Boringhieri, Natalino Sapegno, Compendio di storia della letteratura italiana, Firenze, La Nuova Italia Editrice, Centro di Studi Filosofici di Gallarate (a cura di), Dizionario dei Filosofi, Firenze, G.C. Sansone Editore, Ludovico Geymonat (a cura di), Storia del pensiero filosofico e scientifico, Milano, Aldo Garzanti Editore, Ludovico Geymonat, Lineamenti di filosofia della scienza, Biblioteca della EST, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, Federigo Enriques, Giorgio De Santillana, Compendio di storia del pensiero scientifico, dall'antichità fino ai tempi moderni, Bologna, Nicola Zanichelli Editore, Renato Pettoello, Leggere Kant, Brescia, Editrice La Scuola, 2014, Cap. III, § 6. ^ David Lerner (a cura di), Qualità e quantità e altre categorie della scienza, Torino, Editore Boringhieri, Pietro Redondi, Galileo eretico, Roma-Bari, Editori Laterza, 2009. ^ Sentenza di condanna di Galileo.  Giovanni Paolo II. Vaticano, discorsi, Discorso ai partecipanti alla sessione plenaria della Pontificia Accademia delle scienze, su w2.vatican.va, 31 ottobre Tullio Regge, Cronache dell'universo. Fisica moderna e cosmologia, Torino, Editore Boringhieri, La dimora natale di Galileo: l’enigma delle tre case, William Shea, La Rivoluzione scientifica–I protagonisti: Galileo Galilei, in: Storia della Scienza Treccani, Aliotta e Carbonara, p. 36. ^ Alberto Righini, Galileo. Tra scienza, fede e politica, Bologna, Editrice Compositori, Lettera da Pisa di Muzio Tedaldi a Vincenzo Galilei, «mi è grato di saper che haviate rihavuto Galileo, et che siate di animo di mandarlo qua a studio». (Ed. Naz.) Kline,   Enrico Bellone, Caos e armonia. Storia della fisica moderna e contemporanea, Torino, UTET Libreria,  Ilya Prigogine, Isabelle Stengers, La nuova alleanza. Metamorfosi della scienza, Torino, Giulio Einaudi editore, Andrea Pinotti, "Introduzione al Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano"  in: G. Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, 2 voll., Milano, Fabbri Editori, Ludovico Geymonat (a cura di), Storia del pensiero filosofico e scientifico, 9 voll., Milano, Aldo Garzanti Editore,  Paschini, Lettera di Giovanni Uguccioni al Granduca di Toscana (Ed. Naz., Vol. X, Lettera N. Lettera a Fortunio Liceti, 23 giugno 1640. (Ed. Naz., Vol. XVIII, Lettera Galileo Galilei, National Maritime Museum, su collections.rmg.co.uk. URL consultato l'8 gennaio 2018. ^ Discorso intorno alla Nuova Stella, In Padova, appresso Pietro Paolo Tozzi,Consideratione astronomica circa la Nova & portentosa Stella che nell'anno MDCIIII adì X ottobre apparse. Con un breve giudicio delli suoi significati, In Padova, nella stamparia di Lorenzo Pasquati, 1605. ^ Antonio Favaro, "Galileo Galilei ed il «Dialogo de Cecco di Ronchitti da Bruzene in perpuosito de la Stella Nuova». Studi e ricerche", Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, Enciclopedia Treccani alla voce "Ronchitti, Cecco di" ^ Difesa di Galileo Galilei nobile fiorentino, lettore delle matematiche nello studio di Padova, contro alle calunnie & imposture di Baldessar Capra milanese, usategli sì nella «Considerazione astronomica sopra la Nuova Stella del MDCIIII» come (& assai più) nel pubblicare nuovamente come sua invenzione la fabrica & gli usi del compasso geometrico & militare sotto il titolo di «Usus & fabrica circini cuiusdam proportionis & c.» (In: Venetia, presso Tomaso Baglioni). ^ Antonio Favaro, "Galileo astrologo secondo documenti editi e inediti. Studi e ricerche", Mente e cuore, VIII (Trieste) pp. 1-10. ^ Giuseppe Antonino Poppi, La Repubblica, Galileo as Practising Astrologer, su journals.sagepub.com. Heilbron,Heilbron, Cesare Lucarini, La porta magica di Roma: Le epigrafi svelate, Roma, Edizioni Nuova Cultura, Geymonat, Giovanni Reale, Dario Antiseri, Manuale di filosofia. Vol. 2, Editrice La Scuola, 2014. ^ Ed. Naz., Lettera di Belisario Vinta a Galileo del 6 giugno 1610. (Ed. Naz.,  Lettera di Cosimo II a Galileo Il cannocchiale e i manoscritti A Milano il tesoro di Galileo, Benedetto Castelli, Discorso sopra la calamita. ^ Geymonat, Pasquale Guaragnella, Galileo e Le lettere solari ^ Francesco Iovine, Galilei e la Nuova Scienza, Firenze, La Nuova Italia, Museo Galileo ^ Paolo Antonio Foscarini, Lettera sopra l'opinione de' Pittagorici, e del Copernico, della mobilità della Terra e stabilità del Sole, e del nuovo Pittagorico sistema del mondo, Napoli, Lazaro Scoriggio, Guido Morpurgo-Tagliabue, "I processi di Galileo e l'epistemologia", Rivista di Storia della Filosofia, G. Galilei, Il Saggiatore, Per una rigorosa disamina storico-critica della dinamica relativa, si veda: Protogene Veronesi, Enzo Fuschini, Fondamenti di Meccanica Classica, II edizione ampliata, Bologna, CLEUB, Ed. Naz., Ed. Naz., Lettera di Galilei a Geri Bocchineri, Ed. Naz., Vol. XIX, G. Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi, Alexandre Koyré, Etudes galiléennes, Paris, Éditions Hermann, Franco Tornaghi, Gabriele Mangiarotti, Galileo Galilei. Mito e realtà. Itinerario antologico, Milano, CESED, Ed. Naz., Eugenio Albèri, Commercio epistolare di Galileo Galilei, Firenze, Società Editrice Fiorentina, Lettera, in Le opere di Galileo Galilei, a cura di Eugenio Albèri, Firenze, Società Editrice Fiorentina, Lettera, in Le opere di Galileo Galilei, a cura di Eugenio Albèri, Firenze, Società Editrice Fiorentina, Arcetri, in Le opere di Galileo Galilei, a cura di Eugenio Albèri, Firenze, Società Editrice Fiorentina, Gianbattista Venturi, Memorie e lettere di Galileo Galilei, Modena, Geymonat, Klaus Lankheit, Florentinische Barockplastik. Die Kunst am Hofe der letzen Medici, München, vedasi pure Mario Scotti, "Foscolo, Ugo", Dizionario biografico degli italiani,Giovanni Maria Caglieris, Copernico, la sorte del De Revolutionibus dopo la condanna della Chiesa e il ruolo di Galileo, Galileo, Come interpretare le Scritture, G. Galilei, Op. cit. Battistini, G. Galilei, Lettere, Torino, Giulio Einaudi editore, Edoardo Aldo Cerrato, «Come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo» su oratoriosanfilippo.org. ^ Galileo Galilei, Il Saggiatore,Galileo Galilei, su plato.stanford.edu. ^ Koestler, Koestler, Quella citazione di Feyerabend - l'epistemologo che smitizzò Galileo, in Corriere della Sera. Paul Feyerabend, Corriere della Sera, tr. it a cura di M. Marchetto, Bompiani, Milano, Orazio La Rocca, Il Vaticano cancella la condanna di Galileo, in La Repubblica, Il Vaticano cancella la condanna di Galileo, su ricerca.repubblica.it. Alexandre Koyré, Introduzione alla lettura di Platone, Firenze, Vallecchi Editore, Paolo Marazzini Elisa M. Guzzi, Francesca Bonicalzi, Che cos'è la fisica, Milano, Editoriale Jaca Book, Matthew W. Parker, Philosophical Method and Galileo's Paradox of Infinity, preprint, Albert Van Helden, Galileo, su britannica.com.Galileo Galilei, Lettere al Welser, terza lettera, G. Galilei, G. Galilei,  G. Galilei, G. Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, Pordenone, Studio tesi, II giornata, G. Galilei, I due massimi sistemi del mondo, in: G. Galilei, La prosa, Firenze, G.C. Sansoni, A. Koyré, cit., Firenze, Vallecchi, Ernst Mach, On Thought Experiments, E. Brendel, Intuition Pumps and the Proper Use of Thought Experiments in Dialectica, Barry Gower, Scientific Method. ^ Rodolfo Mondolfo, "Il pensiero di Galileo e i suoi rapporti con l'antichità e con il Rinascimento", in: R. Mondolfo, Figure e idee della filosofia del Rinascimento, Firenze, La Nuova Italia,Luca Serianni, Giuseppe Antonelli, Manuale di linguistica italiana. Storia, attualità, grammatica, Milano, B. Mondadori, Serianni e Antonelli, G. Galilei, Dialogo dei massimi sistemi, in: Opere di Galileo Galilei, Firenze, G. Barbèra, Francesco Bertola, "Galileo e il suo tempo nella scienza astronomica", in: Enciclopedia Treccani; vedasi pure Francesco Bertola, Francesco Danesin, Da Galileo alle stelle, Biblos, Cittadella, Ernest A. Moody, "Galileo e Avempace: la dinamica dell'esperimento della torre pendente", in: Philip P. Wiener, Aaron Noland (a cura di), Le radici del pensiero scientifico, Milano, G. Feltrinelli editore, A. Koyré, "Galileo e Platone", in: A. Koyré, cit., Firenze, Vallecchi, G. Galilei, Le lettere copernicane, a cura di Massimo Baldini, Roma, A. Armando Editore, Eugenio Garin, Storia della filosofia italiana, Torino, Giulio Einaudi editore, Wilhelm Dilthey, L'analisi dell'uomo e l'intuizione della natura. Dal Rinascimento al secolo XVIII, prefazione e traduzione italiana di Giovanni Sanna, 2 voll., Firenze, La Nuova Italia, Mechanics, su fromdeathtolife.org).  Alexandre Koyré, Galileo and Plato, in Journal of the History of Ideas, IV Kyle Forinash, William Rumsey, Chris Lang, Galileo's Mathematical Language of Nature ^ Jay Orear, Fisica Generale, Bologna, Nicola Zanichelli Editore,Stillman Drake, Galileo and the Law of Inertia, in American Journal of Physics, v Paolo Rossi, Storia della Scienza Moderna e Contemporanea, 5 voll., Torino, UTET, Rinaldo Pitoni, Storia della Fisica, Torino, Società Tipografico-Editrice Nazionale, The Speed of Light, su galileoandeinstein.physics.virginia.edu. La misura della velocità della luce (PDF), su online.scuola.zanichelli.it. Stillman Drake, Noel M. Swerdlow, Trevor H. Levere, Essays on Galileo and the History and Philosophy of Science, Toronto (CA), University of Toronto Press, Inc.,Trevor H. Levere, William R. Shea, Nature, Experiment and the Sciences. Essays on Galileo and the History of Science in Honour of Stillman Drake, Berlin & Heidelberg, Springer-Verlag, Giovilabio, su catalogo.museogalileo.it. Termometro, su catalogo.museogalileo.it. Pendulum Clock, su galileo.rice.edu. Rinaldo Pitoni, cGalileo and the pendulum clock,La prima edizione è stata pubblicata da Giovanni Battista Hodierna nella sua opera Archimede redivivo con la stadera del momento, Palermo, Galileo's Balance, su math.nyu.edu.Testo italiano e traduzione inglese in: Hydrostatic Balance, su galileo.rice.edu. Roberto Renzetti, Il giovane Galileo, su fisicamente.net. Le operazioni del compasso, su portalegalileo.museogalileo.it. Galileo, secondo Calvino, G. Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, Firenze, G.C. Sansoni, Accademia delle Arti del Disegno, su brunelleschi.imss.fi.it,  ^ Chrysa Damianaki, Galileo e le arti figurative, Roma, Vecchiarelli Editore, Galileo: 'Sopra alcuni problemi attenenti alla musica', Early Studies in Sound, su library.thinkquest.org. Andrea Frova, Mariapiera Marenzana, Thus spoke Galileo. The great scientist's ideas and their relevance to the present day, Oxford (UK), Oxford University Press,Marcello Cesa-Bianchi, Carlo A. Cristini, Giovanni Cesa-Bianchi, Alessandro Porro, L'ultima creatività. Luci nella vecchiaia, Milano, Springer-Verlag Italia, Galileo Regio. ^ Angelo Bassani, "Cesare Pecile e la storia della scienza a Padova", in: Rendiconti dell'Accademia Nazionale delle Scienze, detta dei XL. Memorie di Scienze Fisiche e Naturali, Cesare Pecile e la storia della scienza a Padova). Galileo Day, Ippolito Nievo, Drammi giovanili. Emanuele e Gli ultimi anni di Galileo Galilei, a cura di Maurizio Bertolotti, Venezia, Marsilio Editori, ITIS Galileo su JoleFilm Bibliografia Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Bibliografia su Galileo Galilei. Nicola Abbagnano, Storia della filosofia, Torino/Milano, UTET/TEA, Antonio Aliotta e Cleto Carbonara, Galileo Galilei, Milano, F.lli Bocca Editori, Antonio Banfi, Galileo Galilei, Milano, Casa Editrice Ambrosiana (ristampato da Il Saggiatore, Milano), Andrea Battistini, Galileo, Bologna, Società editrice il Mulino,  Ludovico Geymonat, Galileo Galilei, Torino, Einaudi, John Lewis Heilbron, Galileo, a cura di Stefano Gattei, Torino, Einaudi, Morris Kline, Storia del pensiero matematico, traduzione di Alberto Conte, Torino, Giulio Einaudi editore, Arthur Koestler, I sonnambuli. Storia delle concezioni dell'universo, Milano, Editoriale Jaca Book, Pio Paschini, Vita e Opere di Galileo Galilei, Città del Vaticano, Casa Editrice Herder,Giovanni Reale, Dario Antiseri, Manuale di filosofia, Editrice La Scuola, Paolo Rossi Monti, La nascita della scienza moderna in Europa, Roma-Bari, Editori Laterza, Accademia galileiana di scienze, lettere ed arti Arcetri Astronomia Bibliografia su Galileo Galilei Cannocchiali di Galileo Casa di Galileo Galilei Domus Galilaeana Fisica Galilei (famiglia) Isocronismo La favola dei suoni Meccanica Metodo scientifico Micrometro di Galileo Museo Galileo Niccolò Copernico Ostilio Ricci Processo a Galileo Galilei Relatività galileiana Rivoluzione astronomica Rivoluzione scientifica Termometro galileiano Trasformazione galileiana Villa Il Gioiello Vincenzo Galilei Virginia Galilei Vita privata di Galileo Galilei. Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Galileo Galilei, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Galileo Galilei, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Galileo Galilei, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Galileo Galilei, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. su accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. Galileo Galilei, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.Galileo Galilei, su Find a Grave. MacTutor, University of St Andrews, Scotland.Galileo Galilei, su Mathematics Genealogy Project, North Dakota State University.Opere di Galileo Galilei, su Liber Liber.openMLOL, Horizons Unlimited srl.  Opere di Galileo Galilei, su Open Library, Internet Archive. Opere di Galileo Progetto Gutenberg. LibriVox. Pubblicazioni di Galileo Galilei, su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la Recherche et de l'Innovation.Bibliografia di Galileo Galilei, su Internet Speculative Fiction Database, Al von Ruff. Galileo Galilei (autore), su Goodreads.  Galileo Galilei (personaggio), su Goodreads.  Galileo Galilei, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.Peter Machamer, Galileo Galilei, in Edward N. Zalta, Stanford Encyclopedia of Philosophy, Center for the Study of Language and Information, Università di Stanford. The Galileo Project, su galileo.rice.edu. Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede, su disf.org. Archivio integrato di risorse galileiane, su galileoteca.museogalileo.it. Museo Galileo – Firenze, Italia, su museogalileo.it. Conserva gli strumenti scientifici originali di Galileo European Cultural Heritage Onlinesu echo.mpiwg-berlin.mpg.de. Scheda su Galileo Galilei accademico della Crusca sul sito dell'Accademia, su adcrusca.it.Fondo "Antonio Favaro", su domusgalilaeana.it. Archivio "Scienza & Fede", su disf.org. Laboratorio storico "G. Galilei", su illaboratoriodigalileogalilei.it.  Lo scherzo d'un uomo di genio dice cose più serie che non le cose serie dell'uomo volgare ; anzi primo indicio della superiorità è il sorriso. Il volgo andava ripetendo che la caduta di un pomo preannunziò la scoperta della gravitazione universale : e Byron scherzando di ceva essere stata la prima volta, da Adamo in qua, che un pomo e una caduta dessero qualche vantaggio al genere umano. Altro che pomo ! voleva dire il poeta : esatte premesse occorrono alle grandi scoperte e non il caso . Il pensiero è una catena e ciò che ai più par caso entra nella serie. Togliete Galilei e Keplero e avrete soppresso le premesse immediate a Newton. Togliete Copernico, e li avrete soppressi tutti. Togliete le tradizioni pitagorichealle univer sità italiane e sparisce Copernico . Dov'è il caso ? Il pomo no : una serie di grandi pensieri che furono grandi scoperte sgombrò le vie del firmamento all' anglo. Un fatto può essere occasionale, ma per quegli uomini che portano nel cervello quella preparazione, che rias sumendo la serie, afferra il fatto e lo trasforma. Così nell'astronomia e così proprio in tutte le altre scienze. To gliete Bruno e Campanella, e non troverete Vico. Togliete Telesio , e li perdete tutti. Togliete le tradizioni naturalistiche dell'antica scuola italica— già greca di origine —e sparisce Telesio. È la me desima serie ed è una riprova della cognatela tra tutte le scienze. E questa serie non si smentisce neppur dove la reazione crede spennare le reni agl'ingegni alati. Non fu una reazione il libro della Ragion di Stato —che creò tanti discepoli-contro il Principe, che aveva già tutta una scuola , cioè Bottero non ebbe il disegno aperto di reagire trionfalmente contro Machiavelli ? Ebbene, mentre il prete Bottero mandava ad uno de'più grandi e sventurati ingegni 215 italiani quante maledizioni gli erano ispirate dalla triplice reazione di Parigi, di Madrid e di Roma, era nel tempo istesso tirato dalla logica a prendere da Machiavelli la teorica de’ mezzi, come il secre tario di Firenze aveva preso la teorica de'fini pubblici da Dante e da Petrarca, ispirati — alla loro volta —dall'antica tradizione ro mana. Ed ecco la reazione entrare nella serie, come appunto la santa alleanza insinuava ne 'codici tanti principii della rivoluzione. E ciò non accade soltanto rispetto ai sistemide'quali l'uno suppone l'altro anche dove il secondo reagisce al primo, ma alle singole teo riche di ciascuno, le quali non segnano un progresso che non sia una conclusione di ciò che si era pensato prima. A che mira, infatti, la critica di Galilei ? A reintegrare l'unità della natura. Ma se Bacone lo chiama filosofo telesiano, voi dovete ricordare che Telesio non solo aveva propugnato il metodo sperimen tale, ma tentato comporre il dissidio lasciato aperto da Aristotile tra materia e forma, come Pomponazzi e Campanella avevano troncato il dualismo tra intelletto e senso, e Bruno tra natura e Dio . Non è un gruppo, è una catena nella quale il nome di ciascuno s’inanella nel precedente, e tutti insieme presentano il disegno della rinnovata natura . Per questi il risorgimento fu naturalismo, fu ita liano, mentre la scolastica era stata europea. Se dalla serie e dal proprio posto nella serie voi spiccate il nome di Galilei, vi accorgerete che resterà il nome di un astronomo più o meno insigne, di un improvvisatore di qualche teorica, dello scopri tore fortunato di qualche astro e di qualche istrumento, ma che cosa egli abbia aggiunto al pensiero, per quale via e con quali effetti voi non saprete dire. Ammirerete un mito e sarà volgare ammirazione. Voi, in somma, assisterete ai miracoli di un prestigiatore non alle scoperte del genio. Or sospettate voi che io vi voglia esporre ad una ad una le pre messe di Galilei e di Klepero per arrivare sino a Newton ? che io voglia indicarvi da quali parti specialmente della meccanica terre stre emerse la meccanica celeste e come la dimostrazione de'quadrati de' tempi delle rivoluzioni che stanno fra loro come i cubi degli assi maggiori delle orbite abbia aperto a Newton la conclusione che la forza era proporzionale alla massa ? Sarebbe riuscire, pel cammino peggiore, a nessuna meta. I dotti · non imparerebbero una sillaba di nuovo e vedrebbero in espressioni difettive snaturate quelle forme che chiedono un'analisi esatta , e i meno dotti si allontanerebbero storditi e infastiditi. Io, dunque, . 216 senza guastare la serie, debbo dirvi quel che penso io intorno ad al cuni pensieri di quell'uomo sommo e scelgo — non a caso —i punti seguenti: 1.º Come intese Galilei il metodo sperimentale ? 2. ° Quale valore oggettivo dette egli alla conoscenza ? 3. ° Quale fu il risulta mento scientifico e morale delle sue dottrine ? Non è poco, e più che nella cortesia --cosa mediocre— confido nella serietà con la quale voi ed io vogliamo che sia discusso il pa trimonio glorioso della mente. II. « Non vogliamo costruzioni scientifiche, non metodi aprioristici, vogliamo il metodo sperimentale: » Così gridano, e vogliamolo pure, io scrivevo, ma vogliamolo davvero. Non fu forse proclamato ed eser citato con diverso intento e diversa fortuna ? Non fu fecondo o arido, secondo l'intelletto e la mano che presero a trattarlo ? Non si distin gue dall'empirismo ? Bisogna dunque sapere che è veramente me todo sperimentale. Galilei si trova a pari distanza tra Telesio e Bacone, due che pro pugnarono il metodo sperimentale senza scoprire nulla nel mondo naturale, e si trova ad un secolo di distanza da Leonardo da Vinci, che, professando il metodo sperimentale, strappò più di un segreto alle cose reali . Perchè dunque l'istesso metodo, arido nelle mani di Telesio e di Bacone, diventa fecondo nelle mani di Leonardo e di Ga lilei ? Ecco il punto. E la risposta è chiara : — Perchè il metodo non è veramente lo stesso . Per Telesio e Bacone comincia e resta nel fenomeno e dove al fenomeno aggiunge qualche ipotesi, è soggettiva, cioè puro ri torno all'antico. Per Leonardo e Galilei comincia dal fatto e sale alle alte sfere della ragione, mediante il linguaggio stesso delle cose che è la matematica . La matematica è formale come la logica —dice Bacone. La matematica è reale come le cose afferma Galilei. Con la matematica sei arrivato a far girare la terra -è un frizzo di Bacone contro Galilei. E la terra gira -- grida il pisano. Pur tu ti sei disdetto —rincalza Bacone. Stolto ! dice Galilei -- potevo disdirmi cento volte, e la prova re sta e la terra continua il suo giro. 217 Ma chi ti malleva la realtà della matematica ? Il fatto stesso che misuratamente si move, misuratamente per corre il tempo e lo spazio, nella misura costituisce l'ordine. -La misura è aggiunta. - La misura è : io la colgo: chi non la coglie non vede il fatto. Telesio non lo dice. Leonardo lo disse, e scoprì. Telesio e tu non avete scoperto. Il fatto a voi è stato muto ; a noi ha parlato . Fermiamoci. Il divario è grande. Potete voi dire che sia l'istesso metodo ? Fu Bacone l'anglo che intese Galilei o un altro ? Quando si parla di metodo sperimentale, di senso, di fatto, biso gna cogliere tutto il fatto, il quale non è qualità soltanto, è quan tità ; e questi due termini s'integrano a vicenda, in modo che la quantità si qualifica, e la qualità si quantifica. Questo pro cesso graduale ed intimo delle cose è l'evoluzione, e la legge che la traveste, affaticandola di moto in moto, è la causalità, che in Newton si determina come gravitazione universale. Il fatto dunque non è fenomeno soltanto, è fenomeno e legge. Così Galilei lo intuisce e così lo intuisce intero ; Bacone coglie un termine solo e mutila il fatto. L'esperienza che in Galilei è piena, in Bacone è unilaterale; quel metodo che in Galilei è sperimentale, in Bacone diventa empirico; e quel processo che nell'uno è fecondo di scoperte, nell'altro è gonfio di precetti pom posi . Ha un bel rimuovere Bacone tutti quelli ch'ei chiama idoli, se innanzi agli occhi gli rimane fisso l'idolo peggiore, il fatto eslege. Così aveva fatto Leonardo da Vinci notando nel fenomeno la legge, e così fa Galilei, entrambi con pochi precetti e con effetti amplissimi, tirandone l'uno applicazioni mirabili alla meccanica , e specialmente all'idraulica, l'altro al sistema planetario. E si ripeta pure che in Galilei l'esperienza naturale è senso pieno, ma quì un fatto contemporaneo ci deve fermare e impensie rire. Bruno senza i computi di Copernico, senza il metodo speri mentale e il teloscopio di Galilei, e senza il calcolo superiore di Newton, non era pervenuto per sola forza di pensiero, alle medesi me anzi a più larghe conclusioni che non si trovino nell'astronomo tedesco, nell'italiano e nell'inglese, affermando cose che facevano sgomento a Klepero e furono trovate poi vere dal progresso poste riore ? Il pensiero, da solo, non valse altrettanto che l'esperienza, e 218 ciò che lo scienziato induceva computando, il genio non poteva co struire ? L'esempio di Bruno, non bene inteso, potrebbe inficiare la cri tica di Galilei, nè per il genio vale ricorrere ad eccezioni, che com plicano la quistione e non spiegano nulla . Il vero è che Bruno intese il fatto e l'esperienza come Galilei, e movendo dal medesimo punto, l'uno giunse con la logica dove l'altro con la matematica. La conseguenza è che la matematica è la logica delle cose , e che se rispetto alla mente , come dice Leibintz, pensare è calcolare, rispetto alle cose moversi misurata mente vuol dire evolversi razionalmente. Bruno è la riprova , non l'eccezione. Appena, infatti, il nolano intese il sistema copernicano, n'esultò, cercò alla matematica la riprova della logica, e come Campanella scrisse l'apologia di Ga lilei, così Bruno di Copernico. Era dal medesimo punto di partenza la medesimezza del pensiero logico e del pensiero matematico, con medesimezza di disegno e di effetti. E-ora si dirà-Cartesio non intese fare la medesima cosa, cioè costruire la fisica col pensiero, come il nolano, introducendovi la matematica , come Galilei, e perchè egli riuscì a costruire una fi sica falsa, disconoscendo Bruno in tutto e in gran parte il disegno di Galilei ? Perchè egli non muove come que due dal fatto, bensì dall'idea astratta , dal puro cogito , che non è la cosa , ma l'ombra della cosa, e l'ombra ei tratta come cosa salda . Perciò non solo non giunse per forza di logica, agl’infiniti mondi del nolano , ma nep pure per forza di matematica a riconoscere l'importanza del siste ma eliocentrico dimostrato da Copernico e da Galilei . Bacone errò, mutilando il fatto e attenendosi al solo fenomeno, Cartesio errò, correndo dietro l'ombra del fatto e improvvisando la legge. L'uno cadde nell'empirismo l'altro nell'apriorismo. In Bacone riconosciamo il merito di avere insistito sulla indu zione, e in Cartesio, come dice Comte , il merito di aver convertito la qualità in quantità, e la quantità continua nella discreta. Ma l'uno e l'altro, non avendo colto il punto di partenza, non aggiun sero nulla alla scienza della natura . Justus Liebig , parlando dell'intima gioia degli scopritori - ne gata a Bacone - nomina Galilei, Klepero, Newton . E perchè non ricorda Bruno ? Quanta non è la sua gioia dove saluta le comete come testimoni della sua filosofia , e parlando di Copernico, ag giunge qualche felicità essere toccata al secolo suo, quando dai 219 lidi dell'oceano germanico un grande astronomo sorse a con forto della sua filosofia . In quella gioia c'è — come ho detto— l’unità del pensiero logico col matematico, e nella medesimezza de' risultati c'è la cognatela tra la natura e il pensiero, la quale vuol essere riaffermata , supe rando da una parte il vecchio idealismo metafisico e dall'altra il positivismo empirico. Ed ora , dopo il metodo sperimentale, dobbiamo esaminare in Ga lilei il valore che egli dà alla conoscenza . III . Non è di piccolo momento questo esame ; involge il massimo pro blema della filosofia ed è un punto importante della mente, e dirò, del carattere di Galilei. Si può formularlo così: Il metodo speri mentale condusse Galilei a quel relativismo filosofico che dà alla conoscenza un valore precario, cioè o relativo al soggetto pensante ( sofistica) o relativo ad un certo tempo e luogo (empirismo) ? In altre parole : per Galilei nulla di permanente, di assoluto, di uni versale entra nella conoscenza , o c'è invece delle conoscenze che per loro necessità intrinseca s' impongono a tutti gli uomini, e alla natura come agli uomini , e a Dio come alla natura ? Ci sono— risponde il Pisano - e il fatto ci dice che sono, e ci dice che sono le conoscenze matematiche sian pure o applicate, perchè non mutano per variare di luogo e di tempo, e perchè tali si riscontrano nelle cose quali si trovano nella mente. La natura le impone, la mente le sugella, neppur Dio potrebbe negarle, ma o il sofista o il pazzo. L'affermazione è solenne, e bisogna lasciargli la parola. Quanto alla verità, egli dice di che ci danno cognizione le dimostrazioni matematiche, ella è l'istessa che conosce la sapienza divina. Nessun divario, dunque, in questo tra la sapienza divina e umana ? Di vario di modo, egli dice, lo ammettiamo, perchè in Dio è sapienza intuitiva quella che nell'uomo è discorsiva; di numero pure, perchè Dio le sa tutte quelle verità, e l'uomo una parte; ma di necessità no : sono del pari necessarie per lui e per noi , e mille Demosteni e Aristotili e-voleva dire—mille Dei non potrebbero scemare la certezza di una sola di quelle. Partecipa di questa certezza la scienza della natura, le cui leggi sono matematiche. E il processo fu questo : Telesio affermò che il 220 libro della filosofia è la natura ; Bruno aggiunse che quel libro è scritto in carattere assoluti : Galilei conchiuse che i caratteri sono matematici. Anche Cartesio disse come Galilei : Apud me omnia sunt ma thematice in natura ; ma lo disse dopo e timidamente, essendoci questa differenza tra’due pensatori, che per Galilei le verità mate matiche leggibili nella natura hanno l'istesso valore per la mente sia divina o umaņa, e per Cartesio niente è limite alla onnipotenza di Dio, neppure il principio di contraddizione. Se lo disse davvero o per vivere tranquillo, specialmente dopo le persecuzioni fatte a Galilei, non - so; ma, certo , l'italiano lo a vanza di tempo e di fermezza . Delle altre scienze che non sono le naturali Galilei dubitò, perchè si sottraggono alle matematiche e l'uomo vi mette del suo. Le abbandonò al relativismo. Ma se tutto è evoluzione e tutto procede da natura , noi ben pos siamo affermare che i suoi Dialoghi delle Scienze Nuove saranno quasi prefazione di una Scienza Nuova intorno alla comune natura delle nazioni. Le teoriche sulla psico-fisi e sulla fisica sociale hanno assai allargato il campo di applicazione alle matematiche. Noi, è vero, non possiamo mutare le leggi naturali, ma possiamo forse mutare le leggi sociali e costruire a nostro talento le società umane ? La storia non rientra ogni giorno più nelle leggi della natura e però della misura ? La morale par certo la cosa più im ponderabile, ed è pure altrettanto graduale e necessaria nel suo processo che il suo moto si potrebbe dire uniformemente accelerato. Dal pensiero si traduce nella volontà , dall'azione alle istituzioni, e se rea , dal fastigio all ' imo ( 1 ) . Signori, ho esaminato quelli che nella scienza di Galilei mi parevano i punti principali ed ho tentato liberare dagli equivoci volgari il metodo sperimentale. Non a pompa letteraria mi sono giovato di rapidi raffronti ma per delineare quello che fu il cervello più equilibrato di quanti al mondo furono scienziati . Le conse guenze scientifiche e morali di quella profonda rivoluzione intel lettuale io ve le ho segnate senza orgoglio nazionale e con pura coscienza di uomo. Era cosí alto il tema, così pieno di pensiero, di ( 1 ) Qui manca qualche pagina intorno all'applicazione delle matematiche ai fenomeni sociali e morali, non potuta trovare. 221 poesia, di storia, di gloria e di dolori che a me non che il tempo, mancò il volere di divagare. Abbasserei l'occhio da Telesio, da Co pernico, da Galilei per posarlo sulla politica ? Farei allusioni, rim proveri, programmi? Mail monumento che divisate è mondiale; una sillaba aggiunta al tema macchierebbe la prima pietra: e, per rien trare nella mediocrità de ' Parlamenti, invidieremmo a noi questa breve fortuna che ci solleva a colloquio coi legislatori degli astri . Che sono i nostri codici, i nostri statuti, i disegni nostri, che durata hanno e che sapienza di fronte alle leggi onde Galilei sta biliva il ritmo dei cieli, Machiavelli la vicenda degli Stati, e Vico il corso dell'umanità ? C'è qualcosa al di sopra dei codici ed è la pa rola dei fondatori delle religioni, che lasciano libri sacri e parlano ai millenarii. Pur viene il secolo che mette nella pagina più au tentica di quei libri il tarlo del pensiero . Ma qualcuno c'è stato che senza chiamarsi messia nè profeta misurò una parola a lettere di stelle, la pose nel firmamento, e nessuno la cancellerà . Come chia mate un uomo che vi trasmette un libro più duraturo di una bib bia ? Alzate il monumento e non mi chiedete altro.Galileo Galilei. Galilei. Keywords: “the sun rises in the east” “the sun sets in the west” “you’re the cream in my coffee” ‘disimplicature’ -- esperienza, observazione, visione, nature, aristotele, filosofia naturale, fisis, natura, interpretazione, semiotica, segno naturale, Refs: Luigi Speranza, “Galileo, Grice e il saggiatore,” The Swimming-Pool Library, Villa Grice. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51713841789/in/photolist-2mMLXtT-2mMN3uy-2mLLZRD-2mLQ1Vx-2mKHfUW-2mLMaMX-2mKR9ZM-2mPsUUV-2mKGUth-2mKN13V-2mKBDtr-2mKQW9n-2mKGTYe-2mPBcdN-2mPEECV-2mKCfz1-2mKyJgk-2mKiNkD-2mJwx6n-2mJwx4P-2mJzYWx-2mJxNBT-2mJxNLf-2mJzYYg-2mJB4gi-2mJB4hW-2mJB48H-2mJwx4U-2mJsq3i-2mJzYWs-2mJxNJ1-2mJB48s-2mJzYWY-2mJsq3Z-2mJxNAf-2mJzYmE-2mJzZ4g-2mJB4ag-2mJspX3-2mJB5vc-2mJsw72-2mJwyqm-2mJsq69-2mJzZ7H-2mJxV5n-2mJA6g1-2mJB5uR-2mJxQ19-2mJA6fe-2mJBawe

 

Grice e Galimberti – l’imaginario sessuale – filosofia italiana – Luigi Speranza (Monza). Filosofo. Grice: “I like Galimberti: he has philosophised on amore, amicus, amicizia – all topics of my interest – while I am into vyse, he is into the seven capital vyses! He also has spoken about speech: the ‘parole nomade,’ and the ‘equivoci’ of the ‘anima.’ – In general his philosophy is about nihilism and the idea of man in the age of ‘techne’ (ars).” Il suo maggior contributo riguarda lo studio del inconscio e il simbolo (contractio), inteso come la base primeva e più autentica dell’uomo – ‘logica simbolica’. Nasce a Monza, la mamma maestra di elementari e il padre deceduto. Le necessità della famiglia l’obbligano a lavorare. Frequenta le scuole superiori in seminario. Terminati gli studi liceali classici, si iscrive  al corso di laurea in Filosofia a Milano. Si laurea quindi con Emanuele Severino con lode, con “La logica di Jaspers”. Fra i suoi maestri, anche Bontadini. Studia fenomenologia del corpo con Borgna a Novara. Insegna a Monza e Venezia. Studia con Trevi.“E se "filo-sofo" non volesse dire "amante del sagio" ma "saagio dell'amore", così come "teo-logo" vuol dire dotto *su* Dio e non ‘parola di Dio’, o come "metro-logo" vuol dire scienzato delle misure e non misura della scienza?” “Perché per la forma greca ‘filo-sofo’ questa *inversione* della morfologia nella implicatura? Perché il filosofo greco si struttura come un logico che formalizza il reale, sottraendosi al mondo della vita, per rinchiudersi nell’academia, dove, tra iniziati, si trasmette da maestro a discepolo quesso che lo face un ‘sagio,” e che non ha nessun impatto sull'esistenza e sul modo di condurla. E per questo cheda Socrate, che indica come la sua condotta "l'esercizio di morte", ad Heidegger, che tanto insiste sull' “essere-per-la-morte”, il filosofo si e innamorato più del saper morire che del saper vivere. Al centro della sua riflessione sta il corpori degli uomini, che, in un mondo sempre più dominato dalla tecnica, si sentono un "mezzo" nell'"universo dei mezzi", riuscendogli sempre più difficile trovare e dare un senso alla sua vita, alla sua esistenza. Si deve trovare un senso al radicale disagio, alla tragicità del suo esistere, anche attraverso il recupero dell'ideale antico greco-romano, evitando mitologie.  Il suo maggior contributo consiste nel porre la dimensione del simbolo (coniactum – the idea is that you throw two things together so that the recipient may compare them, one becomes the ‘symbol’ – coniactum – of the other – cf. Grice on Peirce on symbol) alla base primordiale della ragione conversazionale, che ha inteso ordinare il simbolo (mito, no logos) – dunque l’ambilavenza delle cose ma non l’equivalenza generale di significati. Il simbolo (coniactum) è il sustratto pre-razionale. Rappresenta un caos originario che ragione tenta di arginare. Siamo razionali (apolineo) per difenderci dal simbolo dionisiaco. Il concetto fondamentale del simbolo non è l’equi-valenza generale, ma l’ambi-valenza. Riprende Freud e Jung, fondendone con Nietzsche, Severino e Heidegger. Importante è stato il costante riferimento a Husserl e Jaspers. Il filosofo cerca la “comprensione” (verstaendnis – cf.. Grice on ‘understand’ – ‘understanding,’ literally, slang for a leg) e non la spiegazione (verklaerung) del comportamento umano. La psicologia filosofica o rationale (l’anima di Aristotele) non può operare una trasposizione tout-court dei metodi e dei modelli concettuali delle scienze naturali perché, così facendo, l'uomo verrebbe ridotto a mero evento naturale, fisico, come ha luogo, per esempio, in psichiatria.  Contrario, poi, al dualismo di Cartesio, Galimberti ha anche fatto riferimento al metodo fenomenologico e al funzionalismo per consentire altresì, alla psicologia filosofica o rationale, la comprensione e la descrizione fenomenologica di quelle strette relazioni che intercedono fra nostri corpori assieme al significato che queste relazioni comportano. E e tutto ciò lo porterà ad abolire, di conseguenza, ogni distinzione concettuale fra ”salute“ e ”malattia.” Insiste sull'inconsistenza della contrapposizione tutta occidentale fra scienza e fede – fiducia -- individuando come questa seconda – la fiducia, cf. English ‘trust,’ truth’ -- sia in realtà l'elemento fondativo dell'intera coscienza occidentale, all'interno anche della scienza e della tecnica. Scienza e fede non dovrebbero mai confliggere, è importante che nessuna delle due invada il campo dell'altra. Tematizza innanzitutto il passo della Genesi in cui Adamo è definito "dominatore della Terra, sui pesci dei mari e sugli uccelli del cielo", collocando l'uomo in una posizione privilegiata rispetto agli animali e la Natura in sé e legittimandolo a operare su di essi per alimentare la propria esistenza. In quanto il progresso è l'affermazione di questo primato umano, la tecnica (Greco techne, Latino, ars) è indubbiamente l'ipostasi che sigilla costantemente quest'affermazione sull'indifferenza naturale. La coscienza della techne (Latin ‘ars’) tecnica è formulata come una risposta alle fatiche naturali, si appellerebbe, dunque, a una condizione strutturale di eminenza consegnata da Dio e propugnata dalla persistenza di un animale sui generis.  Riconosce la cristianità come il carattere di una scansione temporale che identifica il passato come spazio del peccato, il presente dell'espiazione, il futuro della redenzione e salvezza. Questo semplice modello triadico ha una ricorrenza quasi ossessiva nelle forme occidentali, fra le quali la medicina (malattia, diagnosi, cura), psicoanalisi (disturbo, terapia, guarigione), scienza (ignoranza, sperimentazione, scoperta). La triade è il "coefficiente a-storico" necessario a profilare la possibilità di un progresso, che si esercita eminentemente nello scenario tecnico. Qui, l'uomo che soccombe alle fatiche naturali della sopravvivenza, del parto e del lavoro (così come minacciato nella Bibbia) ha modo di riscattare la propria difficoltà attraverso mezzi che ne purificano endemicamente l'opera, al costo di un esaurimento delle risorse naturali. Ma, in fondo, la loro esistenza è preposta a questo.  Non si definisce né "credente" (in senso cattolico) né "non-credente", ma "greco-romano", nel senso di colui che vuole recuperare la visione del mondo della civiltà greco-romana, in modo nietzschiano e heideggeriano (si veda anche Il detto di Anassimandro, un noto saggio di Heidegger sul pensiero greco arcaico), fondendola però con la pur antitetica visione cristiana: la morte e la vita vanno pertanto prese sul serio, e non minimizzate pensando a un'altra vita ultraterrena. La ragione è importante perché, come nel detto "Conosci te stesso", fornisce all'uomo il senso del proprio limite.  Approfondisce molto la tematica del concetto di tempo e del suo rapporto con l'uomo. La sua indagine evidenzia come nell'età degli antichi – eta greco-romana, eta classica -- non si pensasse al tempo come lineare ed escatologico, tanto meno vi era associata l'idea di progresso. Essi concepivano l'essere come kyklos (tempo ciclico, l’eterno ritorno di Nietzsche), come un ciclo in cui ogni evento è destinato a ripetersi. Nella filosofia greco-romana antica era impensabile che l'uomo potesse esercitare un controllo sul cosmo, o di imporre su di esso i propri fini. La dimensione dell'uomo era inserita armonicamente all'interno dei cicli naturali che si susseguivano necessariamente e senza alcuno scopo. Nel ciclo infatti il fine (in greco telos) viene a coincidere con la fine e la forza propulsiva (in greco energheia, actus) porta all'attuazione dell’ergon, l'opera, ciò che è compiuto.   Il ciclo si manifesta dunque con l'esplicitarsi dell'implicito.Il seme diventerà frutto solo alla fine del ciclo di crescita e maturazione stagionale, e il frutto coinciderà con il fine del seme, con il dispiegarsi completo dell'energia e delle potenzialità implicitamente contenute in esso. Nel ciclo, in cui tutto si ripete, non si dà progresso: di conseguenza divengono fondamentali la memoria dei cicli passati e quindi la parola dei vecchi, deposito di esperienza, e l'educazione, come trasmissione della memoria e dell'esperienza passata. Tuttavia, l'uomo è da sempre tentato di conciliare il tempo ciclico della natura con il tempo umano, che è un tempo “scopico” (dal greco skopein, che indica un guardare mirato). Con questa operazione l'uomo vuole reintrodurre scopi umani nel tempo naturale, naturalmente privo di scopi. Emerge qui dunque la necessità propriamente umana di progettarsi, cioè di gettarsi-fuori di sé verso un obiettivo, cercando di dotare di senso la propria esistenza. Questa tendenza tuttavia, può armonizzarsi con il “kyklos” solo se l'uomo vive con la consapevolezza tragica di non poter oltrepassare i limiti posti dalla natura, primo tra tutti la sua mortalità. In caso contrario, egli si macchierà di hybris (superbia), la tracotanza, l'unico vero peccato riconosciuto dalla saggezza greco-romana.In termini esemplificativi, il cacciatore esercita il suo guardare mirato nel bosco (skopos) e solo in questo tempo progettuale e nella compresenza di mezzi e fini, il suo arco diventa strumento e la lepre l'obiettivo. Si tratta di un tempo lineare che si muove tra due estremi: i mezzi e i fini (la ragione come phronesis or prudentia).V'è tuttavia un elemento che si inserisce tra questi termini, impossibile da controllare, ovvero il kairos, il tempo opportuno, che è anche imprevedibilità, e che può determinare o meno l'incontro tra mezzi e fini. Non è dunque nelle possibilità dell'uomo il tessere il proprio destino. Egli deve saper cogliere il kairos, la circostanza favorevole, e in essa espandere sé stesso.  Questo equilibrio tra tempo naturale, umano e del kairos è stato sconvolto dall'uomo nell'età della tecnica: obiettivo di quest'ultima è infatti quello di ridurre fino ad annullare la distanza tra mezzi e scopi (in cui si inseriva il kairos, l'imprevedibile) per realizzare così un controllo e un dominio assoluti sul mondo, che da cosmo a cui accordarsi è divenuto natura da dominare, e per portare a compimento una tirannia completa del tempo umano. Con l'età della tecnica abbiamo scatenato il Prometeo che gli dèi avevano incatenato, determinando il trionfo del potere della techne sulla necessità (in greco ananke) della natura, fino alla paradossale situazione in cui la tecnica non è più strumento nelle mani dell'uomo ma è l'uomo a trovarsi nella condizione di mero ingranaggio, funzionario inconsapevole dell'apparato tecnico.  Riflettendo sulle modalità in cui l'uomo abita il mondo, approfondisce il concetto di ‘corpori.’ Studiando genealogicamente il concetto di corpo dal periodo romano antico – quale e la etimologia di corpo? Quella di Platone e terribile: soma sema --  mette in contrasto le diverse modalità in cui esso è stato osservato. I corpori – corpus romano, pl. corpora – corpore -- sono visto come organismi da sanare per la scienza, come forza lavoro da impiegare per l'economia (body-abled man), come carne da redimere per la religione, come inconscio (id) da liberare per la psicoanalisi, come supporto di segni (semiotica corporale – la semiotica dei corpi) -- da trasmettere per la sociologia – un segno e un medio fisico – l’immagine e percipita per un corpo – un corpo mittente – un corpo che recive il messagio – semiotica fisica. L'uomo e capace di cappire significatum ambi-valente (uno senso Fregeiano e una implicatura – “He is a fine friend +> He is a scoundrel). Questo significatum ambivalente e fluttuante e quello che il corpo ha da sempre assunto. Questa ambivalenza del segno fra corpo 1 e corpo 2 nasce dal suo sottrarsi all'uni-vocità (or aequi-vocita – or aequi-segno) di una teoria psicologica categorizzante, concedendosi invece una “con-fusione” de un codex di senso fregiano e un codex di implicatura, con i quali i corpori sono costituito. Per salvarsi di un panico creato da questa ambivalenza (significatum fregeano, significatum griceianum), si sigue il principio d'identità, collocando i corpori di volta in volta sotto un equi-valente generico che gli garantisse uni-vocità o aequi-vocita (quando l’implicatura e cancellata). Cogliendo lo sfondo in cui i corpori si mostrano, si evidenzia la legge fondamentale che lo governa, ovvero lo “scambio” (o ‘con-versazione’) simbolica – il simbolo e il significatum griceiano -- in cui tutto è re-versibile e non vi è demarcazione tra significati – questo che Grice chiama la ‘indeterminazione disgiontiva infinita: il corpo significa che p1 o p2 o p3 o … L'ambivalenza del segno è una legge inclusiva per cui ciò che è, è sì sé stesso (principio d’identita), ma anche altro da sé (principio della negazione – diaphoron).  In questo modo i corpori conservano la sua oscillazione simbolica tra vita e morte: oscillazione che non posse eliminarsi tracciando una violenta disgiunzione tra vita e morte, tra ciò che è (l’ente, il ‘being’ di Grice) e ciò che non è (vide Grice, “Negazione e privazione).Proposito conclusive è quello non tanto di emancipare o liberare i corpori dalla restrizione impostagli dal senso apolineo fregeiano (che non avrebbe altro effetto che confermare i limiti in cui i due corpori sono reclusi), bensì quello di restituire i corpori alla sua originaria innocenza.  Si è sempre schierato su posizioni fortemente anticapitaliste, esprimendosi e professandosi inequivocabilmente comunista. è stato ufficialmente richiamato da Venezia a volersi attenere alle corrette regole di citazione degli scritti di altri autori. Questo per aver riportato alcuni brani di altri autori senza citarli in. Tutto ha avuto inizio quando in seguito a un articolo de Il Giornale è emerso che aveva copiato "una decina di brani" di Sissa per un saggio. Ha ammesso di aver violato il diritto d'autore riservandosi di riparare al danno. Ciò non ha comunque soddisfatto Sissa perché “quello non chiedere scusa, piuttosto un cercare delle scuse, un patetico arrampicarsi sugli specchi. Con il passare del tempo sono emersi altri precedenti analoghi. Infatti anche per il saggio su Heidegger, copia Zingari. I due arrivarono a un accordo che prevedeva l'ammissione da parte di Galimberti dell'indebita appropriazione intellettuale nelle successive edizioni del libro e da parte di Zingari l'impegno "a non tornare più sulla questione". Oltre a Sissa e Zingari sono stati copiati testi di Cresti, Natoli e Bradatan. Per difendersi, dice che "in ogni ri-elaborazione però, c'è uno scatto di novità".  L'inchiesta giornalistica de Il Giornale ha accertato che due dei saggi, presentati al concorso a Venezia erano stati copiati da altri autori. La commissione giudicante composta all'epoca non si accorse del fatto. Il rettore ha detto che "non ho, ora come ora, estremi per sollecitare il ministero, deve essere un professore del raggruppamento a farlo. Di mio posso dire che in ambito umanistico si producono troppi testi e che questo è uno dei fattori che causano l'impossibilità di fare controlli accurati. Nello specifico, secondo me dovrebbe essere Galimberti, nel suo interesse, a chiedere la convocazione di un giurì o comunque a rispondere e a specificare le sue posizioni.”Nel giugno  la rivista L'indice dei libri del mese ha pubblicato nel proprio sito un lungo articolo su altri copia-incolla. In particolare il saggio sul mito è stato indicato come costituito al 75% da un "riciclaggio" di suoi scritti precedenti, per il restante 25%, una ristesura di intere frasi e paragrafi, presi da altri autori, quasi identici agli originali. Le accuse mosse a Galimberti sono poi diventate un saggio, “La mistificazione intellettuale (Coniglio Editore, ), in Bucci, elenca i nomi dei pensatori da cui avrebbe tratto parti di testi senza citare la fonte. Vattimo ha dichiarato al Corriere della Sera: «si scrive anche a distanza d'anni dalla lettura; la spiegazione è plausibile. Lui cita l'autore la prima volta; poi ci mette quelle frasi che ricorda anche senza virgolettarle. Il sapere umanistico è retorico. Noi si lavora su altri testi, si commenta. Platone e Aristotele sono stati saccheggiati da tutti. Nella filosofia è tutto un glossare. C'è chi copia dagli altri e chi da sé stesso».Altre opere: ROMA SERMO ROMANVM -- Milano, Mursia). Agire (Milano, Apogeo);  Amore. Assisi, Cittadella Editrice, .Tra il dire e il fare. – dire e una forma di fare --  Il viandante della filosofia, con Marco Alloni, Roma, Aliberti, .Parole d'ordine, Milano, Apogeo, .  Amore. Milano, AlboVersorio. Amante, amato, amico --” Napoli-Nocera Inferiore (SA), Orthotes, .  “Il bello” Napoli-Nocera Inferiore (SA), Orthotes, . Eros e follia, Mariapia Greco, Lecce, Milella Editore. Fenomenologia del corpo, Milano, Feltrinelli – cf. Grice on ‘body’ – in “Personal Identity” “I fell from the stairs” -- Dall'inconscio al simbolo, Milano, Feltrinelli, 2“Equivoci” (Milano, Feltrinelli); Parole nomadi, Milano, Feltrinelli; I vizi capitali e i nuovi vizi, Milano, Feltrinelli. Amore, Milano, Feltrinelli. Treccani. Umberto Galimberti. Galimberti. Keywords: il sessuale, l’immaginario sessuale, sesso, Why did the Romans need to distinguish between ‘amatus’ and ‘amicus’? -- amore, follia,  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Galimberti” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51690260374/in/photolist-2mRdKdB-2mQ81kz-2mPZ2Vc-2mPkobg-2mPnrMV-2mN8ym7-2mKyyDD-2mKG8fP-2mKG6xL-2mKDZmL-2mF2HcQ

 

Grice e Galli – filosofia italiana – Luigi Speranza (Carru). Filosofo. Celestino Galli. Interesting philosopher. Not to be confused with Galli.

 

Grice e Galli – sull’amore -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Montecarotto). Filosofo. Compiute gli studi classici con assoluta regolarità, si iscrive alla Facoltà di Filosofia a Roma, dove ha come maestri, tra gli altri,  Varisco e Barzellotti. Da Varisco apprende il rigore del metodo negli studi filosofici. Da Barzelotti aprende la passione per le ricerche storiche e le vaste esplorazioni letterarie. Si laurea sotto Barzellotti con il massimo dei voti dopo aver discusso “Kant e Rosmini” (Lapi, Citta di Castello); Insegna a Senigallia, Bologna, e Firenze. In “I principii della scuola, con particolare riguardo alla scuola elementare” (Il Risveglio Scolastico, Milano). Insegna a Cagliari e Torino. Figura centrale della filosofia italiana, Galli esordisce con una ricerca sullo sviluppo della filosofia kantiana e quella di Rosmini; temi che non solo non si stanca mai di ampliare ma affina in ulteriori indagini. Esegue vaste indagini sulla storia della filosofia. Socrate, Platone, Aristotele, Cartesio, Bruno, Leibniz, e Renouvier.  «L'uno e i molti” (Chiantore, Torino) certifica la teoria. Gli procura l'interesse di larga parte del mondo filosofico italiano per le conclusioni sui rapporti tra il sentimento e la reflessivita. Ampie le discussioni, e talora vivacissime, su autori contemporanei, dai quali esige rigore, chiarezza e intransigenza speculativa. Organo di polemiche e di interventi nella vita della cultura italiana contemporanea è «Il Saggiatore», da lui fondata, Privo di ambizioni mondane, sempre affabile, ama la compagnia delle persone colte e la conversazione delle anime semplici, destinate al bene e alla verità. Confida soprattutto nella scuola, veicolo ideale per dare alle generazioni nuove volontà, serietà, cultura adeguata ai tempi. Una scuola che studia, senza divagare e che sappia attingere costantemente alle fonti del sapere, ama ripetere. Grazie al suo ininterrotto lavoro di studioso, il mondo accademico italiano ha beneficiato di un numero impressionante di sue pubblicazioni, fatto di saggi, manuali per le scuole, opuscoli e articoli per riviste specializzate. Si dedica all'arte e alla religione, completando, in questa maniera, il panorama delle sue indagini. La Scuola media statale di Montecarotto ha aggiunto all'intestazione il nome di "Gallo Galli".  Altre opere: La filosofia teoretica dei manuali, Oderisi, Gubbio, Dialettica dello spirito” (I., Oderisi, Gubbio); “Lineamenti di filosofia, Azzoguidi, Bologna; La dimostrazione dell'esistenza del mondo esterno e il valore pratico delle qualità sensibili secondo Cartesio, Oderisi, Gubbio); Renouvier. II. La legge del numero, D. Alighieri, Milano, Le prove dell'esistenza di Dio in Cartesio (Valdes, Cagliari); :La dottrina cartesiana del metodo, D. Alighieri, Milano); “La filosofia di Leibniz: Facoltà di Magistero, Torino, Statuto, Torino); “Studi cartesiani, Chiantore, Torino); “Cartesio, Chiantore, Torino, “Dall'essere alla coscienza, Chiantore, Torino); “L’idealismo” (Gheroni, Torino); “PComenio, Gheroni, Torino); “La Filosofia greca: I sofisti, Socrate, Platone. Torino. Facoltà di Magistero. heroni, Torino, Leibniz, Cedam, Padova); “Carlini ed altri studi; da Talete al "Menone" di Platone; il problema di Cartesio, per la fondazione di un vero e concreto immanentismo, Gheroni, Torino, Corso di storia della Filosofia: Aristotele, Gheroni, Torino, Da Talete al menone di Platone, Gheroni, Torino, Tre studi di filosofia: pensiero ed esperienza, sulla persona, su Dio e sull'immortalità, Gheroni, Torino Socrate ed alcuni dialoghi platonici: Apologia, Convito, Lachete, Eutifrone, Liside, Jone, Giappichelli, Torino, Linee fondamentali d'una filosofia dello spirito, Bottega d'Erasmo, Torino, L'idea di materia e di scienza fisica da Talete a Galileo, Giappichelli, Torino, L'uomo nell'assoluto, Giappichelli, Torino, La vita e il pensiero di Giordano Bruno, Marzorati, Milano Sguardo sulla filosofia di Aristotele, Pergamena, Milano, Platone, Pergamena, Milano 1974. Di carattere pedagogico Filosofia (Oderisi, Gubbio). Idealismo, spiritualismo ed esistenzialità nella metafisica in Galli; Cartesio, in Italia. Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 51, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,  Persée. Portail de revues en sciences humaines et sociales, su persee.fr. There is another Galli, who also did philosophical studies – but his brother was more famous, the author of Tabula philological. Gallo Galli. Galli. Keywords: il fedro, sull’amore, sul bello, l’uno e i molti, unum et multa – the one and the many – Plato – Aristotle – Parmenides’s aporia – D. F. Pears, “Universals” in Flew. Rosmini, Bruno, Carlini, idealismo, idealismo critico, dialettica dello spirito, Renouvier. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Galli” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51759002761/in/dateposted-public/

 

 

Grice e Galluppi – filosofia italiana – Luigi Speranza (Tropea). Filosofo. “Gallupi is a great one; and much can be philosophised about his philosophy of the ‘parola come segno del pensiero’” – Grice: “On top, he was a Baron!” -- Eessential Italian philosopher. Figlio del barone Vincenzo e della nobildonna Lucrezia Galluppi, entrambi della stessa famiglia Galluppi, una delle antiche famiglie patrizie di Tropea.  Dopo lo studio della lingua latina, apprese filosofia sotto Ruffa. Trasferitosi a Santa Lucia del Mela, compì il corso elementare di filosofia e presso il Seminario vescovile della cittadina peloritana. Intraprese dunque lo studio a Napoli sotto Conforti.  Sposa Barbara d'Aquino, da cui ebbe quattordici figli, otto maschi e sei femmine.  Trascorreva le giornate di libertà nella residenza privata di famiglia, cioè Palazzo Galluppi, sulla Strada Provinziale a Caria, frazione di Drapia, alla biblioteca o al giardino. Pubblicò a Napoli “Sull'analisi e la sintesi”. Durante i moti aderì alla causa liberale sostenendo la riforma costituzionale dello Stato e protestando quindi contro l'intervento repressivo degli Austriaci. Si riavvicina alla monarchia. Insegna Filosofia a Napoli. Membro dell'Accademia Sebezia e dell'Accademia Pontaniana di Napoli, dell'Accademia degli Affatigati di Tropea, di quella del Crotalo di Catanzaro e della Florimentana di Monteleone.  Il suo merito maggiore consiste nell'avere introdotto in Italia Kant. Le Lettere filosofiche furono definite il primo saggio in Italia di una storia della filosofia.  A Pasquale Galluppi sono dedicati il Convitto nazionale, il Liceo Classico di Catanzaro e il Liceo Classico di Tropea. A Tropea, la sua città natale, è attivo il Centro studi Galluppiani, associazione culturale dedita alla ripubblicazione dell'opera omnia del filosofo e che di recente ha decretato l'ampliamento dei fini statutari, fino ad accogliere e curare altre interessanti iniziative di un certo spessore culturale.  Periodicamente, il Centro organizza il Congresso degli Studi Galluppiani, importante appuntamento di respiro nazionale, animato da studiosi e saggisti provenienti da tutta Italia.  L'attuale presidente è Luciano Meligrana. Altre personalità di notevole importanza nella storia del Centro studi Galluppiani sono stati Pugliese e Cane, filosofo, appassionatissimo studioso dell'opera di Galluppi.  Una vera dedizione, la sua che non è mai venuta meno fino alla fine della sua vita. Organizzatore infaticabile di seminari, simposi e conferenze, ha cercato di far conoscere il pensiero del Galluppi, favorendo la pubblicazione dell'opera inedita "La Filosofia della Matematica" la cui edizione lo ha visto anche quale curatore. Su Galluppi ha pubblicato numerosi saggi ed articoli in quotidiani e riviste specializzate.  Altre opere: “Memoria apologetica” (Napoli, Vincenzo Mozzola-Vocola); “Grice, ovvero, Sull'analisi e la sintesi” (Napoli, Verriento); “La conoscenza, o sia analisi distinta del pensiere umano, con un esame delle più importanti questioni dell'Ideologia, del Kantismo e della Filosofia trascendentale” (Napoli, Sangiacomo); “Filosofia” (Messina, Pappalardo); “Lettere filosofiche sulle vicende della filosofia, relativamente a' principii della conoscenza umana da Cartesio insino a Kant inclusivamente” (Messina, Pappalardo); “Logica”; “Metafisica” (Firenze, Tipografia della Speranza); “La volontà” (Napoli, Giachetti); “Storia della filosofia” (Napoli); “Opera compresa in nove capitoli a cui si aggiunge l ‘Elogio funebre scritto da Errico Pessina, autore del Quadro storico dei sistemi filosofici” (Milano, Gio. Silvestri); “Autobiografia”, “Scritti”  (Milano, Dumolard); La filosofia del Galluppi e le sue relazioni col Kantismo, (Napoli, Morano); “Lettere filosofiche” (Bonafede, Palermo); “Epistolario Lettere private. Inedite e rare, Franco Ottonello, Milano, Franco Angeli ("Filosofia e scienza nell'età moderna" Collana a cura della Sezione di Milano dell'Istituto per la storia della filosofia. Dizionario biografico degli italiani. Pasquale Galluppi. “Galluppi errs in calling natural semiotics, ‘il linguaggio dell natura,’ since no tongue is involved!” But we can forgive him for that since he genially realizes, unlike King Alfred, that one can use ‘dire’, ‘con questo moto del ditto, egli dice al compagno che vada da B in C” Segno figurato, motto dei bracci quando imito il moto de pesare para figurar paragonare. – Grice: “Gallupi’s scheme is a complex, and much better than Locke. He notes that ‘natural’ can apply to ‘sign’, and it is a natural fact that men will start using ‘natural’ signs in an artificial way – this he calls ‘natural sign’ – in that it is already an utterer making the gesture, as when he sneezes, intentionally. Galluppi has always in mind the dyad, what he calls il ‘compagno’ – so he plays with fifty variants on a theme. A makes a gesture – with the finger, with the arm --. Galluppi speaks of the ‘proposizione’ being communicated even in these cases – a ‘grido’ is equivalent to the proposizione that the compagno is to ‘turn his attention towards the utterer’ – In the ‘natural’ sign, as used in communication, we are already in the realm of the artificial – only a black cloud naturally means rain – Galluppi hardly dwells on a ‘grido’ signifying pain in a natural way. He notes that we progress. And he keeps looking for the reasons in the utterer and the addressee for all this. So like me, he looks for a motivational rationale – a ‘semantic’ freedom – or ‘prammatica’ as he would say. Since he is an illuminista, he is only concerned about this in terms of a minimal taxonomy of signs. So between the signs used in communication he distinguishes three types: the imitative, the indicative (different criteria) and the figured sign – not figurative – ‘segno figurato’ – when a lot of pantomime takes place. It is only THEN that he explores the arbitrariness: one loses one’s compagno, and utters, “Where are you?” – so since this worked, they agree that ‘Where are you’ will mean, “I lost you – where are you?” --. And then we have a full lingo – or semiosis. He rightly thinks that his is an improvement over Lucrezio!”  Gallupi. Keywords: gesto, grido, gemito, moto del ditto, dolore, causa del dolore, circustanza, segno naturale, segno istituito, segno commune (istituito per la comprensione mutua), segno arbitrario, segno artificiale, segno imitative, segno indicatore, segno figurato, segno analogico, segno figurativo -- gesto della mano, lo sguardo, communicare, sentire, volere. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Galluppi," per Il Club Anglo-Italiano,The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria, Italia. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51758115582/in/dateposted-public/

 

Grice e Galvano – arte naturale – filosofia italiana – Luigi Speranza (Torino). Filosofo. Grice: “I like Galvano; he has philosophised on aesthetics, on ‘spirit and blood,’ and on polytheism, citing Sallust!” Frequenta la scuola a via Galliari, animata da Casorati.  Fonda L'Unione Culturale di Torino.  Promuove il “Movimento Arte Concreta” – cf. Arte Astratta – Insegna all’Accademia Albertina. Dizionario Biografico degli Italiani. Albino Galvano. Galvano. Keywords: arte naturale, Gallupi, Peirce, Grice. By uttering x (gestus), U means that p” gesto, gestus, Grice’s use of gesture. il concreto, l’astratto.  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Galvano: implicatura concreta”– The Swimming-Pool Library. Luigi Speranza, “Grice e Galvano”. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51701743649/in/photolist-2mQtVUe-2mPdwPf-2mPdwwX-2mMQbzj-2mLzoXX-2mLzpRF-2mLzqdc-2mLGX8g-2mPsfT9

 

Grice e Gangale – il dia-letto e la dia-lettica – filosofia italiana – Luigi Speranza (Cirò Marina). Filosofo. Grice: “I like Gangale; the fact that I taught for years in front of the martyrs memorial helps!” Porta a termine gli a San Demetrio Corone. Si iscrive alla facoltà di Filosofia di Firenze. Si laurea con “La logica della probabilita”. Iniziato in Massoneria, nella Gran Loggia d'Italia .  Porta avanti la difesa dell’idioletto e del dialetto.  Opere "Rivoluzione Protestante" (Torino, Gobetti); “Calvino (Roma, Doxa); “Apocalissi della cultura arabresca” (Roma, Doxa); “Il Protestantesimo in Italia” (Roma, Doxa); “Il dio straniero” (Milano, Doxa); “Giacomo della Marca” (Napoli); “Salve regina”; “Fragmenta ethnologica arberesca medio-calabra, Soveria Mannelli, Rubbettino. “L’arbërisht: l’utopia. Giuseppe Gangale. Giuseppe Tommaso Saverio Domenico Gangale. Gangale. Keywords: il dia-letto e la dia-lettica, idiolect, dialect, ethno-lect, idio-letto, dia-letto, ethno-letto. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gangale: dall’idioletto al dia-letto” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51758920461/in/dateposted-public/

 

Grice e Garbo – filosofia italiana – Luigi Speranza (Firenze). Filosofo. Grice: “I like Garbo; for one I like Firenze, for another I like a Renaissance man – I’m one!” Grice: “Garbo is extremely interesting at a time when physis did mean ‘nature’ – the physicist and the physician were the natural philosophers! At Oxford Transnatural philosophy was created against Natural Philosophy,” – Grice: “Garbo made the greatest comment on “Love unrequited” by G&S – by focusing on a ditty by Cavalcanti – Boccaccio loved the pretentious prose by Garbo on ‘eros,’ ‘amore,’ and ‘cupidus.’ –“ Studia sotto Alderotti a Bologna. Figlio di Bono, medico e chirurgo. Sotto il consiglio del padre, fu allievo a Bologna di Alderotti, suo cognato, poi uno dei più importanti rappresentanti di un riorientamento della filosofia, all che Garbo diede un contributo importante. Studia sotto Alderotti per un breve period. Torna presso la casa paterna a Firenze a seguito della guerra tra Bologna e Ferrara e fu iscritto, a fianco del padre, nella gilda di Firenze di medici e farmacisti. Le condizioni politiche migliorate gli consentirono di riprendere i suoi studi e si laurea, successivamente si sposta a Bologna, dove insegna. Quando Orsini scomunicò Bologna e, quindi, escluse i cittadini bolognesi dal frequentare lo studio generale, fu, ancora una volta, costretto a lasciare Bologna. Si transferice a Siena, con l'insolitamente alto stipendio di 90 fiorini d'oro come "dotore del chomune di Siena". Saltuariamente si recasse a Bologna nonostante la scomunica. E fu a Bologna che completa il suo commento su una parte del libro IV del Canon di Avicenna, tanto da guadagnare il soprannome di "espositore.” Torna a Bologna, inizia la sua “Dilucidatorium totius pratice scientie” un commento sul Libro I del Canon. Insegna a Padova, a causa del "propter malum statum civitatis Paduae" (come afferma nel suo commento ad Avicenna), riprese a peregrinare tra un'università e l'altra (anche se è un percorso poco chiaro, a causa delle scarse informazioni fornite dai biografi e dell'assenza dei documenti). Torna a Firenze e completa Dilucidarium. Sulla scia dell'esodo della Facoltà di Filosofia da Bologna a Siena, venne nuovamente nominato dal Comune di Siena, questa volta con uno stipendio annuo esorbitante di 350 fiorini d'oro, più 100 fiorini, perché teneva letture a casa sua, la sera. Lavora al suo commento al trattamento con piante medicinali nel libro II di Avicenna, Canon, cioè "l'Expositio super canones generales de virtutibus medicamentorum simplicium secundi canonis Avicennae", che complete dopo il ritorno a Firenze. Commenta sul “Donna mi prega” di Cavalcanti. Questo commento è conservato in un manoscritto di Boccaccio ed è stata tradotta in una versione in lingua “volgare”.  A causa dell'invidia dei suoi colleghi di Bologna, fu accusato di essersi appropriato del commento a Galeno di Torrigiani.  Le lezioni riscuotevano molto successo, allora i suoi colleghi, invidiosi, dettero il compito a un allievo che viveva con il medico di spiarlo; quest'ultimo scoprì che prepara le sue lezioni basandosi sul comment a Galeno di Torrigiani, che conserva segretamente. Il plagio e reso pubblico, addiruttura Cecco D'Ascoli ne fece scherno con i suoi allievi, e Garbo e costretto a allontanarsi da Bologna. Sia Tiraboschi che Colle notarono delle incongruenze cronologiche della vicenda. Torrigiani e co-etaneo e collega del medico alla scuola di Aldreotti, e successivamente si fece certosino in tarda età e solo da quel momento, o dopo la sua morte, avrebbe potuto prendere i suoi scritti.  L'episodio, probabilmente, indica l'atmosfera ostile – tossica -- in cui era immerso Garbo a Bologna, per questo è plausibile che decidesse di accettare l'offerta di Padova, che dopo la crisi causata dalla guerra contro Enrico VII, cerca insegnanti di fama. Tornato a Firenze, incontra Mussato in preda a un malanno, che probabilmente aveva conosciuto in precedenza a Padova e che era a Firenze in veste di ambasciatore di Padova. A Firenze, la sua stima di filosofo si riprese dai colpi bassi inflitti dai bolognesi; mostra un ritratto cordiale, sapiente ma non scontroso, con un atteggiamento affidabile e umano, che cercava di capire i segreti della natura e molto disponibile, questa era la maniera in cui appariva ai fiorentini. Descritto come una persona arguta in episodi riportati da Petrarca, che non conosceva direttamente, ma che aveva avuto contatti con Garbo. Pesso un cimitero, rispose a dei vecchi che lo volevano schernire con queste parole. La disputa è ingiusta, qui: infatti voi siete più coraggiosi perché siete a casa vostra. (Rerum memorandum libri, risposta simile a quella di Cavalcanti nel Decameròn. Un altro episodio, invece, fu la volta in cui un uomo prende in giro il suo piccolo cavallo dicendogli: "e gli insegni a camminare, ma dove hai imparato quest'arte?", e Garbo rispose: "A casa tua".  Quanto torna scrisse le "Recollectiones in Hippocratem de natura foetus" (Venezia), con la "Expositio super capitula de generatione embryonis" di Tommaso Del Garbo, suo figlio, e la "Expositio in Avicennae capitulum de generatione embrionis" di Torre. Il trattato di Garbo mostra quanto fosse dipendente dall'astrologia araba. Distingue l'anatomia dalla fisiologia. Indaga la causa delle malattie ereditarie, dicendo che dipendono da un vizio organico del cuore, dal quale ha origine lo spirito che il seme del padre trasmette al nascituro. Tratta anche di argomenti molto discussi dai filosofi del secolo, come la trasmissione dell'intelligenza tra generazioni, dell'origine del calore animale e della nascita di piante e animali per “fermentazione.” Dice nell'Expositio che torna a Firenze non per la crisi di Siena, ma per altri motivi di cui non si hanno documentazioni. Per Tiraboschi e Colle, Garbo non sarebbe mai uscito dall'Italia, mentre De Sade dice che ad Avignone  avrebbe incontrato Ascoli. Quest'ultimo è il motivo della grave colpa di cui Garbo, insieme al figlio, fu macchiato dopo il plagio già nominato. Ascoli venne allontanato da Bologna e sospeso dall'insegnamento poiché accusato di eresia, successivamente giunse a Firenze con la fama di mago e negromante, al servizio del duca Carlo di Calabria. Ascoli scrisse "Commentarii in Sphaeram Mundi Ioannis de Sacrobosco", che si ritiene fosse trattato che egli porta sul rogo, trattato che fu aspramente criticato da Garbo che gravemente accesi di rabbia e d'odio contro di lui, perché invidiosi che d'Ascoli fosse preferito come medico dal duca Carlo. I. Garbo accusa Ascoli di fronte al vescovo d'Aversa e successivamente lo denuncia all'inquisizione. Questo spinse il duca di Calabria ad allontanare Ascoli dalla sua corte e dopo fu arrestato dall'inquisitore Bonfantini. L’accusa era di essere "alieno dal vero dogma della fede". Ascoli fu bruciato sul rogo. E evidente la responsabilità di Garbo in questa condanna, per invidia e non per motivi religiosi. Garbo muore poco dopo l'esecuzione d’Ascoli. Questo, dice Grice, e causato da un incantesimo di vendetta lanciato da Ascoli.  Altre opere: La figura di Del Garbo campeggia se non come il più grande filosofo di Firenze, sicuramente come quello più nominato, sia nel bene che nel male, a prescindere dal valore che possono avere le sue opere a livello della storia della filosofia, infatti rappresenta, nell'opinione comune, il tipo ideale di filosofo, sia con i suoi pregi, che con i suoi difetti.  Tra le opere che sicuramente possiamo attribuirgli ci sono ricettari, commenti e trattati.  Tra i vari, ci sono i "Super IV Fen primi Avicennae praeclarissima commentaria, quae Dilucidatorium totius practicae generalis medicinalis scientiae noncupatur" (Venezia), dedicati agli studenti bolognesi che l'avevano seguito a Siena; "Chirurgia cum tractatu eiusdem de ponderibus et mensuris nec non de emplastris et unguentis" (Ferrara) insieme ad un trattato sulla lebbra di Gentile da Foligno e uno sulle giunture ossee di Gentile da Firenze, ampio commento ad Avicenna, Abū l-Qāsim az-Zahrāwī e ar-Rāzī. In questo e in altri testi, rileva molte inesattezze di Avicenna e parla con tono di ammirazione dei antichi greco-romani.  Altre opere invece non sono state stampate: "De militia complexionis diversae"; una "quaestio" sulla flebotomia secondo Ugo da Siena (Bergamo, Biblioteca civica)  "Recolectiones super cirurgia Avicennae" (Modena, Bibl. Estense); Tractatus podagre (San Candido, Bibl. della Collegiata). E non va dimenticato il commento alla canzone "Donna mi prega" di Cavalcanti: "Scriptum super cantilena Guidonis de Cavalcantibus" ("De natura et motu amoris venereis cantio cum enarratione Dini de Garbo", Venezia, introvabile). Il commento riguardo a “Donna mi prega” considera l'amore (eros) da un punto di vista strittamente patologico, come passione, e anche se a volte tende a sovrapporsi a “Donna mi prega”, esponendo le idee sull'amore di se stesso (“amore proprio”) che quelle di Cavalcanti, resta un importante document. Suddivide il testo in tre parti. Nella prima parte, Garbo dimostra quante e che sono le cose, che dello amore si dicono. Nella seconda parte, Garbo filosofa di quelle, che esser ne determina. Nella terza parte, la chiusa, Garbo dimostra la sufficienza di quelle cose, ch'egli ha dette. Nella seconda parte, la più importante, si segue la dimostrazione sulle *otto* caratteristiche dell'amore: I) dove si produce (nell’appetito sensitivo); II) chi lo genera? la disposizione naturale del corpo dell’amante – per non fare menzione digli influssi di Marte su Venere. III) quale virtù ha l’amore, dato che è passione d'appetito? Nulla. IV) Quale e l’effetto dell’amore? La  morte che impedisce le operazioni della virtù vegetativa; V) quale e l’essenza dell’amore? E una passione naturale. VI). Che alterazione provoca? Infermità, malinconia, morte. VII) Che spinge a filosofare sull’amore, dato che non si può celare la passione? Lo spirito platonico. VIII) Se l'amore (o strittamente, l’amare) si dimostri via il sentire? Si. È evidente che parli come filosofo aristotelico. Per Garbo, l'amore è una malattia, una passione dell'appetito sensitivo, che può causare a sua volta molte altre malattie, e per questo va curata, con la dimenticanza e l'allontanamento, l'"accidente fero" di Cavalcanti è il maligno influsso di Marte, in congiunzione col Toro e la Bilancia, quando si trova nella casa di Venere.  Altre opere: “Dynus super quarta Fen primi cum tabula” (Venezia: Lucas Antonius Giunta Florentinus); “Expositio super tertia, quarta, et parte quintae fen IV. libri Avicennae” (Venezia: Johann Hamann für Andreas Torresanus); “Dilucidatorium totius pratice medicinalis scientie Expositio super canones generales de virtutibus medicamentorum simplicium secundi canonis Avicennae (Venezia); “Recollectiones in Hippocratem de natura foetus; “Dilucidatorium Avicennae (Ferrara) Expositio super parte quintae Fen quarti Canonis Avicennae (Ferrara, André Beaufort); “Super IV Fen primi Avicennae praeclarissima commentaria, quae Dilucidatorium totius practicae generalis medicinalis scientiae noncupatur (Venezia); Chirurgia cum tractatu eiusdem de ponderibus et mensuris nec non de emplastris et unguentis (Ferrariae); “De militia complexionis diversae; di cui un saggio è pubblicato da Puccinotti; Recolectiones super cirurgia Avicennae (Modena, Bibl. Estense); De generatione embrionis; Dizionario biografico degli italiani. Aldrobrandino Del Garbo. Garbo. Keywords: appetitus, appetitus sensitives – spiegatura dell’amore in termine aristotelichi – amare, sentire, il patico – fornicazione – latino/volgare – Boccaccio – Petrarca – Alighieri – Cavalcanti --. de militia complexionis diverae, eros, amore, malattia, Aristotele, passione, ragione, appetite sensitive, amore, sentire – re-cognosenza da parte dell’amato dell’amore dell’amante – via senso? Marte – self-love, other-love, amore proprio, amore a se stesso, amore all’altro. Refs.: Luigi Speranza, “Garbo e Grice: amore, passione, implicatura” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51690528577/in/photolist-2mJq2uE-2mLzoFz-2mKHtgX

 

Grice e Gargani – Eurialo e Niso; ovvero, dell’empatia – filosofia italiana – Luigi Speranza (Genova). Filosofo. Grice: “I like Gargani; many of his essays are pretty interesting: he’s written on the ‘sense’ of ‘true,’ and on the ‘endless phrase,’ – la frasse infinita – which according to Griceian principles, must rely on implicature, since it involves a communicational impossibility!” -- «È un fatto che gli uomini hanno prodotto assai più cose di quanto siano propensi ad ammettere; ma ciò che essi hanno eretto nella forma di costruzioni concettuali elevate e sublimi, come se fossero separate dal caso e dal disordine, corrisponde ad un uso che essi hanno fatto della propria vita.” Aldo Giorgio Gargani (Genova), filosofo. Si laurea a Pisa sotto Barone. Collaborando con Lepschy, allora professore all'University College di Londra, e conducendo le sue ricerche al Queen's sotto la guida di Geordie McGuinness.  È stato il massimo studioso italiano di Vitters, e ha contribuito alla diffusione della filosofia di D. F. Pears. I suoi ambiti di studio sono stati prevalentemente la filosofia del linguaggio, l'estetica, l'epistemologia, e la psicoanalisi. Di particolare interesse è anche il suo tentativo di una scrittura filosofica narrativa, come in Sguardo e destino” (Laterza, Roma-Bari); “L'altra storia” (il Saggiatore, Milano); Il testo del tempo” (Laterza, Roma-Bari).  Altre opere: “Esperienza in Vitters” (Le Monnier, Firenze); “Hobbes” (Einaudi, Torino); “Vitters” (Laterza, Roma-Bari); “Il sapere senza fondamenti. La condotta intellettuale come strutturazione dell'esperienza commune” (Einaudi, Torino ); “Vitters a Cambridge” (Stampatori Editore, Torino); “Kafka” (Guida, Napoli); “Lo stupore e il caso” (Laterza, Roma-Bari);  “La frase infinita” (Laterza, Roma-Bari); “Il coraggio di essere” (Laterza, Roma-Bari); “Stili di analisi” (Feltrinelli, Milano); “L'organizzazione condivisa. Comunicazione, invenzione, etica” (Guerini, Milano); “Il pensiero raccontato” (Laterza, Roma-Bari); “Una donna a Milano” (Marsilio, Venezia); “Il filtro creative” (Laterza, Roma-Bari); “Dalla verità al senso della verità” (Plus, Pisa); “Mondi intermedi e complessità” (Ets, Pisa); “Il gesto” (Cortina, Milano); “La filosofia della cura” (ASMEPA Edizioni, Bentivoglio); “L'arte di esistere contro i fatti” (Lamantica Edizioni, Brescia); “Crisi della ragione. Nuovi modelli nel rapporto tra sapere e attività umane” (Einaudi, Torino). Altri contributi Relazione d'aiuto, sintonia comunicativa e organizzazione sociale, in Il vaso di Pandora, Dialoghi in psichiatria e scienze umane, Fondazionalismo e antifondazionalismo, Relativismo e nuovi paradigmi filosofici, Inquietudine, empatia, identità e narrazione (Pordenone). Aldo Giorgio Gargani. Gargani.  Keywords: Eurialo e Niso; ovvero, dell’empatia, scambio, organisazzione condivisa – communicazione – implicatura come condivisa – empatia – d. f. pears --. Mcguinness -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gargani” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51758901736/in/dateposted-public/

 

Grice e Garin – filosofia italiana – Luigi Speranza (Rieti). Filosofo. Grice: “Garin is a serious student of what we may call the longitudinal, rather than latitudinal, unity of Italian philosophy! If ever there is one!” --  Italian philosopher, author of a very rich, “La cultura filosofica del rinascimento italiano.” And “L’umanesimo italiano”Grice was Lit. Hum. Oxon, so he knew. Linceo. Studia sotto Limentani. Frequenta il Liceo classico Galileo. Si laurea sotto Limentani. Vari studi sull'Illuminismo che confluiranno nel volume sui moralisti inglesi. Subito dopo la laurea sostenne e vinse il concorso per insegnare nei licei, cosa che continuò a fare fino a quando vinse la cattedra da ordinario all'università. Tra i commissari del concorso liceale c'era Guzzo, una figura che costituirà un punto di riferimento per Garin quanto meno fino ai primi anni del dopoguerra. I suoi riferimenti culturali non erano costituiti da intellettuali e politici come Gramsci, ma da filosofi di matrice spiritualista e cattolica come Lavelle,  Senne, Castelli Gattinara di Zubiena, Michele Federico Sciacca e lo stesso Guzzo. Iscritto al Partito Nazionaledal 1931, pronuncia al Lyceum di Firenze una commemorazione a Gentile. Una svolta nelle prospettiva politica, filosofica e storiografica (le tre cose non vanno separate) si ha con l'uscita dei Quaderni del carcere di Gramsci, che hanno fortemente influenzato la sua filosofia nel costante riferimento alla concretezza del pensiero, e con la pubblicazione delle Cronache di filosofia italiana”, fortemente sollecitato da Laterza. Storico della filosofia molto legato al rigore filologico e al lavoro sui testi, rifiuta la definizione di filosofo; è tuttavia considerabile tale proprio in virtù delle sue polemiche anti-speculative e come influente teorico della storiografia filosofica. Insegna a Firenze. Si ttrasferì a Pisa a causa dei perduranti disordini della rivolta studentesca iniziata nel '68, di cui non condivideva le modalità di lotta e che considerava espressione di astratto rivoluzionarismo.  La sua infaticabile avidità di letture filosofiche lo rese consigliere prezioso. L’Accademia dei Lincei gli ha conferito il Premio Feltrinelli per la Filosofia. Altre opere: “Giovanni Pico della Mirandola. Vita e dottrina”; “Gli illuministi inglesi. I Moralisti; “Il Rinascimento italiano”; “L'Umanesimo italiano”; “Medioevo e Rinascimento”; “Cronache di filosofia italiana”; “L'educazione in Europa”; “La filosofia come sapere storico”; “La filosofia nel Rinascimento italiano”; “La cultura italiana tra Ottocento e Novecento”; “Scienza e vita civile nel Rinascimento italiano”; “Storia della filosofia italiana”; “Dal Rinascimento all'Illuminismo”  “Filosofi italiani”; “ Rinascite e rivoluzioni”; “Lo zodiaco della vita”; “Tra due secoli”; “Cartesio”; “L’Ermetismo del Rinascimento”; “Gli editori italiani tra Ottocento e Novecento”; “La cultura del Rinascimento”. Ciò non toglie che l'importanza della interpretazione del Rinascimento che Garin ci dà nei suoi scritti e ci documenta nelle sue edizioni, pubblicazioni, finissime traduzioni di testi umanistici di ogni tipo (filosofico, politico, critico, letterario) possa essere, senza iperbole, confrontata con l'importanza della evocazione del Burckhardt» in Cantimori, Studi di storia, Torino, Einaudi, la Repubblica, Mecacci L., La Ghirlanda fiorentina e la morte di Giovanni Gentile, Adelphi, Milano, su lincei. Fondo Eugenio Garin, Il percorso storiografico di un maestro, Firenze, Le Lettere, Marino Biondi, Dopo il diluvio. Eugenio Garin, l'ombra di Gentile e i bilanci della filosofia, in Un secolo fiorentino, Arezzo, Helicon, ,Olivia Catanorchi e Valentina Lepri , Dal Rinascimento all'Illuminismo (Atti del convegno Firenze), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, . Michele Ciliberto, Eugenio Garin. Un intellettuale nel Novecento, RomaBari, Laterza, . Raffaele Liucci, Quelle ombre sul delitto Gentile in "Treccani Magazine", La Ghirlanda fiorentina e la morte di Giovanni Gentile, Adelphi, Milano, "Il Gramsci di Eugenio Garin", in Archetipi del Novecento. Filosofia della prassi e filosofia della realtà, Napoli, Bibliopolis, Umanesimo e umanesimi. Saggio introduttivo alla storiografia di Garin, Milano, FrancoAngeli, TreccaniEnciclopedie Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Eugenio Garin, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Opere di Eugenio Garin, .  Eugenio Garin. Garin. Keywords: cicerone come umanista – umanesimo e unamenismi – garin, umanista del Novecento – umanisti e il ritorno dei filosofi antichi – umanesimo, ovvero, il primo secolo del rinascimento – il ritorno dei filosofi antichi – retorica umanista – castelli e garin -- le griceianisme est un humanism!” humus, human, homo sapiens, homo sapiens sapiens, human vs. person, sapientia, persona -- human, umano, umanesimo – filosofia romana -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Garin – umano, troppo umano – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51685979254/in/photolist-2mRgKq7-2mRi7qi-2mQPiYS-2mQDMyN-2mQerAd-2mPPzb6-2mPXDFp-2mPF8UJ-2mPAuFE-2mPszkp-2mN8Hgb-2mLQ1Vx-2mLLyEe-2mLEyw7-2mKMuu9-2mPsfT9-2mKMqqn-2mKGTYe-2mKw3hq-2mKxnN1-2mKCnei-2mKAsyK-2mKgN49-2mHGgw3-2mKj9Vm-DndBhH

 

Grice e Garroni – l’implicatura di Pinocchio – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo. Grice: “I like Garroni; he writes very Griceianly: on lying, on Pinocchio, on semiotics, on Kant – ‘quasi-Kant’ --, and on sense perception (‘senso e paradosso’, ‘immagine, figura, communicazione’). Inizia la sua attività in Rai, dove era entrato per un invito di Gualainsieme come intervistatore e autore di trasmissioni sulla filosofia. Affianca a questo lavoro l'opera intellettuale di critica e di riflessione sull'estetica, grazie anche alla sua frequentazione del mondo artistico dell'epoca anni cinquanta, redigendo anche presentazioni e cataloghi d'arte.  Insegna a Roma. Pur essendosi tenuto fino a quel momento ai margini della vita accademica, con “La crisi semantica dell’arte” (Roma, Officina), insegna estetica. Porta un rinnovamento dell'estetica italiana dopo Croce, culminante in una innovativa traduzione della Critica della facoltà di giudizio di Kant tesa a sottolinearne la co-appartenenza di tematiche estetiche (l’estetico) ed epistemologiche (il noetico). Cura Arnheim, Macherey, Mannoni, Lukács, Brandi, Dufrenne, akobson e del Circolo linguistico di Praga e collaborato alla rivista Rassegna di filosofia, alle riviste cinematografiche Cinema Nuovo e Filmcritica e alla Enciclopedia Einaudi.Cura Benedetto, Bottari,  Melis, Fieschi, Vacchi, Greco ecc. L’estetica è una "filosofia non speciale" il cui compito non deve limitarsi allo studio delle espressioni artistiche ("il bello", “l’arte” e “la natura”), ma è finalizzato ad una visione e ad una "costruzione" del mondo fondata sull'esperienza del “senso” (il sensibile, sentire, sensate). Ciò che va rivendicata è la portata iudicativa (e non solo volitiva) delle riflessioni kantiane, che trascendono lo stato empirico delle scienze  e vivono operanti nel meglio degli indirizzi novecenteschi, magari di ciò inconsapevoli. (L’orizzonte di senso). Altre opere: “Il mito negative” (Roma, Officina); “Semiotica ed estetica. L'eterogeneità del linguaggio e il linguaggio cinematografico” (Bari, Laterza); “Progetto di semiotica: il concetto di messagio” (Roma-Bari, Laterza); “Pinocchio uno e bino” (Roma-Bari, Laterza); “Estetica ed epistemologia. Riflessioni sulla "Critica del Giudizio"” (Roma, Bulzoni); “Ricognizione della semiotica” (Roma, Officina); “Estetica e linguistica” (Bologna, Il Mulino); “Senso e paradosso. L'estetica, filosofia non speciale” (Roma-Bari, Laterza); “Estetica. Uno sguardo-attraverso” (Milano, Garzanti); “Sul mentare e il mentire” (Castrovillari, Teda); “Altro dall'arte. Saggi di estetica” (Roma-Bari, Laterza); “Senso e storia dell'estetica: studi offerti a Emilio Garroni” (Pietro Montani, Parma, Pratiche Editrice); "Interpretare", in Il testo letterario. Istruzioni per l'uso, Roma-Bari, Laterza); “Critica della facoltà di giudizio” (Torino, Einaudi); “Immagine e figura” (Roma-Bari, Laterza); “Scritti sul cinema: pubblicati dalla rivista "Filmcritica"; Edoardo Bruno e Alessia Cervini, Torino, Aragno, Creatività, introduzione di Paolo Virno, Macerata, Quodlibet); “La macchia gialla’ (Milano, Lerici, Dissonanzen quartett. Una storia” (Parma, Pratiche); “Racconti morali, o Della vicinanza e della lontananza, Roma, Editori riuniti); “Sulla morte e sull'arte: racconti morali, Parma, Pratiche); Lettere alla TV”, Monteleone, Storia della Radio e della Televisione italiana, Marsilio; Una puntata del 1961, tratta da Rai Teche, del programma TV "Arti e Scienze", in cui Garroni parla del Bauhaus e intervista Zevi e Gropius  Presentazione della mostra dell'Autoritratto; Articolo de La Repubblica; Intervista che riassume la nozione di estetica come "filosofia non speciale". L'intervista fa parte dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche.  Treccani L'Enciclopedia italiana". Legalità / Creatività.: Garroni legge Kant di Romeo Bufalo, in Studi di estetica, Bologna. Emilio Garroni. Garroni. Keywords: l’implicatura di Pinocchio, Freges Sinn – Germanic ‘sinn’ *not* via Latin cognate ‘sentire’ -- senso, senso fregeiano – senso freegan – “Fregean sense” – Do not multiply senses --  mentire/mentare/meinen/mean -- messagio, message, semiotic – sender, recipient, message, emittente, mittente, recipiente, message, emission, utterance, emitire, to utter – to ‘out’ --  ‘to ex-press’ ---- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Garroni” – The Swimming-Pool Library.  https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51639513764/in/photolist-2mRGVwA-2mQ8kJS-2mLQyAA-2mLTVsg-2mFd1md-E4u3XA

 

Grice e Gatti – poetica – filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli). Filosofo. Grice: “I like Gatti. Gatti is a good’un; for one, he philosophised on Aristotle’s Poetics, something we hardly do at Oxford! And many other things, too!!” -- Nato di Stanislao e Marianna De Nigro. Studia a Napoli sotto Puoti ed ebbe, come colleghi, Cusani e Sanctis. Collabora  a “Il concetto di progresso.” E a “Filosofia,” il baluardo del hegelianismo a Napoli. Le fondamenta del suo pensiero sono da ritrovarsi nell'eclettismo di Cousin, sul quale scrisse “Di una risposta di Cousin ad alcuni dubbi intorno alla sua filosofia.” Sostiene che vi sia un fondo di verità comune a tutte le scuole filosofiche e reputa indispensabile fonderle in un'unica sintesi. Abbandona la filosofia cousiniana avvicinandosi in maniera decisa all'Idealismo tedesco. Dall’idealismo nasce la convinzione secondo la quale lo sviluppo interiore della coscienza e l'evolversi della storia provengono entrambe da un principio comune: la legge universale della ragione. Influenzato da Hegel e da Schelling, considera la filosofia attuabile solo all'interno della realtà storica in quanto è la scienza generale di tutto l'esistente. Si indirizza verso l'estetismo in “L’arte.” Critica la dottrina aristotelica secondo la quale l'arte è una riproduzione (mimesi) della natura, contrapponendole la filosofia hegeliana che ritiene l'arte riproduzione (mimesi) del sovra-sensibile, delle idee, del noetico. (“L’estetico e mimesi del noetico). In “Della filosofia in Italia” si sofferma sul pensiero e la cultura italiani contestualizzandoli nella filosofia europea. Esauritosi il periodo florido della diffusione della scuola hegeliana, la rivista del Gatti andò incontro ad un lento declino e fallì anche nella creazione di una nuova testata editoriale chiamata Rivista napoletana di politica, letteratura, scienze, arti e commercio.  Altre opere: “Della fenomenologia”; “Fichte e il concetto di scienza; “La filosofia della storia in Grecia”;“Filosofia”. Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. treccani.  Stanislao Gatti. Gatti. Keywords: poetica, Vico, Filosofia Italiana, Scritti filosofici – implicature italiane – il vico di Gatti -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gatti” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51689398126/in/photolist-2mRyRFD-2mLN3xV-2mLJBAD-2mLEwLN-2mLEvWg-2mLJzAr-2mLN4xk-2mKBFeq-2mKBG8V-2mFYSKW-2mFTkXC-CnaT3p-BK5eka-iKAuj9

 

Grice e Gelli – sulla difficultà di mettere in regole la nostra lingua – filosofia italiana – Luigi Speranza (Firenze). Filosofo. Grice: “I like Gelli; he is a difficult philosopher, in a typical Italian fashion, mixing semiotics, philosophy, philology, and literature! His reflections on Adam’s tongue (lingua adamitica) is genial – and he proposes a distinction, which I often ignored, as Austin did, between ‘sweet language’ (lingua dolce, qua expression, or materia) and ‘content’ (forma) – The issue was central for Italians: Tuscan Italian was THE lingua because it was the sweetest – at least to Florence-born Gelli’s ears!” “Ricordati un poco di Matteo Palmieri, che era tuo vicino, che fece sempre lo speziale, e non di manco s'acquistò tante lettere ch'e' fu mandato da' Fiorentini per imbasciadore al Re di Napoli; la quale degnità gli fu data solamente per vedere una cosa sì rara, che in un uomo di sì bassa condizione, cadessono così nobili concetti di dare opera agli studi, senza lasciare il suo esercizio; e mi ricorda avere inteso che quel re ebbe a dire: pensa quel che sono a Firenze i medici, se gli speziali vi son così fatti.”. Figlio di Carlo, un agiato mercante di vini originario di Peretola e trasferitosi a Firenze col fratello, nacque in San Paolo.  Esercita per tutta la vita il mestiere di calzolaio e studia filosofia da amateur – cf. Grice, “Gioccatore di cricket amateur e filosofo profesionale” -- Discepolo di Francini, Verini, 3 Ficino e poeta di ispirazione savonaroliana, e vicino alla filosofia piagnona, participa, anche se in disparte, alle riunioni dell'Accademia, agli Orti Oricellari. Fedele a Cosimo I, ricopre cariche pubbliche di scarso rilievo, dapprima in qualità di magistrato delle arti, poi come membro del collegio dei dodici Buonomini, organo consuntivo del governo mediceo. Membro degli Umidi. Ne approva la trasformazione in Accademia Fiorentina l'anno successivo e ne fu console. Ivi tenne la sua prima lezione, commentando un passo sulla lingua di Adamo, tratto dal canto XXVI del Paradiso di Dante. Tenne saltuariamente lezioni su Dante e Petrarca. Le sue opere più famose sono I capricci del bottaio, ragionamenti fra un bottaio e la propria anima (inserito nel primo indice dei libri proibiti) e La Circe, un dialogo fra Ulisse e i propri compagni trasformati in animali. Tra le tesi sostenute nelle sue opere vi sono quelle della discendenza diretta da Noè dei fondatori di Firenze, dovuta probabilmente all'influenza sul Gelli degli “Antiquitatum variarum volumina XVII”; un falso confezionato da Annio da Viterbo, e quella della superiorità della lingua fiorentina sulle altre.  --- nominato da Cosimo I lettore ordinario della Commedia presso l'Accademia e recita nove letture dantesche, pubblicate con cadenza annuale, che ebbero grande influenza sugli interpreti di Dante durante tutto il Cinquecento fiorentino. Altre opere: “L'apparato et feste nelle nozze dello Illustrissimo Signor Duca di Firenze et della Duchessa sua Consorte”; “Egloga per il felicissimo giorno 9 di gennaio nel quale lo Eccellentissimo Signor Cosimo fu fatto Duca di Firenze”; “La sporta” “Dell'origine di Firenze”; “I capricci del bottaio”; “La Circe”; “Ragionamento sopra la difficultà di mettere in regole la nostra lingua”; “Lo errore”; “Polifila”; “Lezioni pubblicate”; “Il Gello sopra un luogo di Dante, nel XVI canto del Purgatorio della creazione dell'anima rationale”; “La prima lettione di Gelli fatta da lui l'anno, sopra un luogo di Dante nel XXVI capitol del Paradiso”; “Il Gello sopra un sonetto di M. Franc. Petrarca”; “Il Gello sopra que'due Sonetti del Petrarcha che Lodano il ritratto Della Sua M. Laura” “Il Gello sopra ‘Donna mi viene spesso nella mente’ di M. F. Petrarca, Tutte le lettioni di Gelli, fatte da lui nell'Accademia Fiorentina, Letture sopra la Commedia di Dante, Delmo Maestri, Opere di Giovan Battista Gelli, UTET, Claudio Mutini, I dialoghi morali di Giambattista Gelli in "Storia generale della letteratura italiana V", Federico Motta Editore, Delmo Maestri, op. cit.  Claudio Mutini, op. cit.  Giovan Battista Gelli, Dialoghi, Scrittori d'Italia 240, Bari, Laterza, F. Reina , Delle opere di G. B. Gelli, Società tipografica de' classici italiani, B. Gamba, , G. B. Gelli, La Circe, Venezia, Tip. d'Alvisopoli, G. B. Gelli, La Circe e i Capricci del Bottaio (Milano, Silvestri); A. Gelli , Opere di G. B. Gelli, Firenze, Le Monnier, C. Negroni , “Lezioni petrarchesche” (Bologna, Romagnoli); C. Negroni , Letture edite e inedite di sopra la Commedia di Dante, Firenze, Bocca, A. Fabre , La Circe di G. B. Gelli, Torino, Tip. Salesiana, M. Barbi, “Trattatello dell'origine di Firenze” di Giambattista Gelli (nozze Gigliotti-Michelagnoli), Firenze, Tip. Carnesecchi, A. Ugolini, Le opere di Giambattista Gelli, Pisa, Tip. Mariotti, C. Bonardi, Giovan Battista Gelli e le sue opere, Città di Castello, Tip. Lapi, A. Ugolini , G. B. Gelli, Scritti scelti, Milano, Vallardi, U. Fresco, G. Battista Gelli. I Capricci del Bottaio, Udine, Tip. Del Bianco. M. Bontempelli , G. B. Gelli. La Circe e i Capricci del Bottaio, Istituto editoriale italiano, I. Sanesi ,Opere di G. B. Gelli (Torino, UTET, R. Tissoni , G. B. Gelli, Dialoghi, Bari, Laterza,  A. Corona Alesina , G. B. Gelli, Opere, Napoli, Fulvio Rossi, Bonora, “Retorica e invenzione” (Milano, Rizzoli); A. Montù, “Gelliana”. Dizionario biografico degli italiani. Giovan Battista Gelli. Gelli. Keywords: sulla difficultà di mettere in regole la nostra lingua lingua, linguaggio, Grice on English, idiolect, dialect, Language, ---. Noe – origine della lingua, la lingua di Adamo – la lingua fiorentina -- Accademia agli Orti Oricellari; Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gelli” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51690118940/in/photolist-2mPC6Zb-2mLKeCe-2mKC3nj-2mKFnvf-2mKA5tC

 

Grice e Gemmis – il console – filosofia italiana – Luigi Speranza (Terlizzi). Filosofo. Grice: “I love Gemmis.” Grice: “Gemmis is a good example of how an Italian philosopher differs from a philosophy don at Oxford – ‘don’ is derogatory; whereas de’ Gemmis is a barone! – And he writes about ‘reason,’ ‘ragione’ – with Abate Genovesi --; unlike a ‘don’ at Oxford who would over-do reason to keep a post at his college!” – Grice: “In them days, Italian illuminists took reason very seriously, and possibly ‘light,’ too!” Ferrante de Gemmis (Terlizzi), filosofo. Figlio del Barone di Castel Foce Tommaso de Gemmis e di Francesca Bruni dei baroni di Cannavalle, fu fratello di Gioacchino, rettore dell'Altamura, di Giuseppe de Gemmis, Presidente della Regia Camera della Sommaria, e di Giovanni Andrea, Consigliere della Suprema Corte di Giustizia.  Si trasferì in Napoli affidato al prozio, il potente Ministro Ferrante Maddalena, dove studia dai più prestigiosi precettori. Fu allievo di Genovesi, di cui divenne amico e con cui mantenne una cospicua corrispondenza epistolare raccolta nelle Lettere familiari del celebre illuminista. Si laurea a Napoli, il ministro Maddalena lo introdusse negli ambienti più esclusivi della corte partenopea istituendolo erede universale con la clausola di aggiungere il suo cognome, obbligo mai rispettato dai discendenti. Morto il pro-zio, e nominato dal sovrano giudice a Cava de' Tirreni e fu malvisto a corte poiché rinunzia alla carica per ritirarsi a Terlizzi, per stare vicino al padre malato. Qui si dedica ai suoi studi di filosofia e da vita ad una fervida attività culturale rivelandosi l'esponente primario dell'illuminismo. Istituì una Accademia, vero e proprio cenacolo culturale con scopo di ricerca scientifica e di attuazione pratica di conoscenze in campo agricolo. Purtroppo, non ottenendo l'approvazione Reale perché sospetto centro di idee liberali, l'Accademia dovette chiudere, ma gli incontri culturali proseguirono ufficiosamente per anni grazie anche all'incoraggiamento epistolare di Genovesi. Sposa Caterina Lioyi, di nobile famiglia di orientamento massonico. Fu governatore de promosse il riscatto della città dal diritto di molitura che aveva la duchessa di Giovinazzo donna Eleonora Giudice. Fonda il Conservatorio delle Orfanelle a la scuola pubblica con reale approvazione. Fu inoltre incaricato da Ferdinando I di Borbone al riordinamento dell'amministrazione della Città, che fu divisa in tre ceti in base ai ranghi. Ebbe sette figli, tra cui Tommaso de Gemmis Maddalena, capitano dei R. R. eserciti e governatore militare di Terlizzi; Elisabetta, moglie di Giuseppe de Samuele Cagnazzi, fratello del celebre Luca de Samuele Cagnazzi; Cecilia, sposatasi con Pietro Lupis e Giuseppe, sposato a Donna Maria de Introna, dalla cui discendenza avrà origine il ramo di Gennaro de Gemmis. De Gemmis scrisse numerose opere letterarie e filosofiche, che volle pubblicate anonime per modestia e che oggi sono andate perdute, salvo “Tavole cronologiche della Storia Universale” (Napoli, Samperia della Soc. Letteraria e tipografica). Gaetano Valente Feudalesimo e feudatari Terlizzi nel Settecento, Molfetta, Mezzina, 2Cabreo de Gemmis, Biblioteca Provinciale "de Gemmis", Bari Ruggiero Di Castiglione, La Massoneria nelle Due Sicilie e i «fratelli» meridionali del '700 , Gangemi Editore, Roma. Ferrante de Gemmis. Gemmis. Keyowords: il console, tavola cronologica della storia universal. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gemmis” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51758773591/in/dateposted-public/

 

Grice e Genovese -- tribù – filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli). Filosofo. Grice: “I like Genovese; for one, he has explored the philosophy of ‘vincoli,’ which is all that my theory of communication is about!” Grice: “Genovese has explored the etymology of ‘tribe,’ as originating with Romolo!” Gricce: “Genovese has punned on Kant’s silly ‘pure reason,’ surely what Kant meant was a pure critique of reason – since ‘pure’ is hardly synonymous with ‘theoretical,’ which the treatise is all about! When Kant goes on to write Part II, he qualifies ‘reason,’ as ‘practical,’ HARDLY impure!” – Studia a Pisa e Parigi sotto Foucault al Collège de France. Interessato alla teoria dei sistemi, entra in contatto con Luhmann. La teoria sociologica costituirà da allora una parte importante della sua riflessione. Membro della Fondazione per la critica sociale, fa parte della redazione della rivista La società degli individui e lascia la redazione di Il Ponte per contrasti sulla direzione della rivista.  Formatosi in una prospettiva hegelo-marxista vicina alla Scuola di Francoforte, se ne allontana progressivamente (come si può osservare già in “Dell’ideologia inconsapevole. attraverso Schopenhauer, Nietzsche, Adorno” (Napoli, Liguori), assumendo sempre più nettamente una postura scettico-relativista con un’attenzione alle scienze sociali e, in esse, alla funzione, appunto relativistica, svolta dall’antropologia culturale. Indicativo di questo passaggio è l’articolo su “Hume e la filosofia antropologica” in “Tra scetticismo e nichilismo” (Pisa, Ets), in cui nel contempo si nota l’interesse per la teoria dei sistemi.  La forma compiuta dell’evoluzione della sua filosofia si trova in “La tribù occidentale”, “Per una nuova teoria critica” (Torino, Bollati Boringhieri), e :Un illuminismo autocritico. La tribù occidentale e il caos planetario” (Torino, Rosenberg e Sellier), in cui, nella presa di distanze dalla soluzione di Habermas (v. Speranza, “Grice e Habermas”), si profila una logica dell’ibridazione e del paradosso come fuoriuscita dalla dialettica di marca hegeliana.  Questa linea è approfondita, in senso più strettamente politico con il rilancio di un’idea di socialismo, nel successivo “Convivenza difficile” (Milano, Feltrinelli), “L’Occidente tra declino e utopia” (Milano, Feltrinelli), e soprattutto, facendo i conti finali con la teoria dei sistemi, nel “Trattato dei vincoli. Conoscenza, comunicazione, potere” (Napoli, Cronopio),  a tutt’oggi la sua opera teoricamente più significativa. Si è dedicato in modo particolare ai temi politici e civili con “Che cos’è il berlusconismo” (Roma, Manifesto); “Il destino dell’intellettuale” (Roma, Manifesto), “Totalitarismi e populismi” (Roma, Manifesto) -- tutti pubblicati dalla casa editrice Manifesto di Roma, e intervenendo regolarmente in rete nel sito “Le parole e le cose” e in quello della rivista Il Ponte. I suoi interessi estetico-letterari si esprimono dapprima con “Teoria di Lulu. L’immagine femminile e la scena intersoggettiva” – keywords: scena intersoggetiva – (Napoli, Liguori), in cui, nel rivisitare il mitico personaggio teatrale, e poi anche filmico, creato da Wedekind, affronta il tema della cosiddetta lotta dei sessi, ripreso con un romanzo breve in forma epistolare (“L’anti-eros”, Firenze, Ponte alle Grazie) in cui sono presenti sia una chiara vena satirica sia il tentativo di fare filosofia in altro modo, in una vaga ispirazione kierkegaardiana. Seguono i libri di viaggio, o apparentemente tali nella miscela di finzione narrativa e saggismo, Falso diario e Tango italiano (Torino, Bollati Boringhieri); “L’Occidente (“Roma, Manifestolibri), e ancora quello che probabilmente è il suo libro più sofferto, insieme documento di una crisi e stravolta autobiografia visionaria, “Ci sono le fate a Stoccolma. Dal diario dell'esilio mentale” (Reggio Emilia, Diabasis). Altre opere:  “Modi di attribuzione” ( Napoli, Liguori); “Figure del paradosso” (Napoli, Liguori); “Critica della ragione impure” (Milano, Bruno Mondadori); “Gli attrezzi del filosofo” (Roma, Manifesto). “L'idea, o forse dovrei dire il gesto, mi sembra felice: invece di scrivere un saggio su x (ideologico, politico, storico) scrivere di sé come turista a disagio che vorrebbe scrivere un libro su x», G. Bollati a R. Genovese, leGiulio Bollati. Lo studioso, l'editore, Torino, Bollati Boringhieri, A. Tricomi, La Repubblica delle Lettere, Macerata, Quodlibet. “Genovese è quasi costretto non semplicemente ad alternare, ma addirittura a sovrapporre, ad arricchire l'uno con le peculiarità degli altri, e infine a rendere, più che reversibili, indistinguibili, registri argomentativi e stilistici tra loro assai diversi. Ci sono le fate a Stoccolma diventa perciò il libro di un  filosofo, senza che mai si possano individuare luoghi del testo in cui una delle anime che lo ispirano prenda nettamente il sopravvento». Rino Genovese. Genovese. Keywords: tribù, attribution, self-ascription, ascription, labelling, power, language, illuminism, critical illuminism, critical theory, critica della ragione impura; tribu occidentale; Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Genovese” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51758754166/in/dateposted-public/

 

Grice e Genovesi – logica p gli giovanetti – filosofia italiana – Luigi Speranza (Castiglione del Genovese). Filosofo. Grice: “I like Genovesi.” Grice: “Genovesi is a good’un – he reminds me of Oxford – his treatise on logic he called ‘per gli giovenetti,’ which is, as Piaget would say, as it would.” Grice: “Genovesi reminds me of Strawson, or rather of myself teaching logic to Strawson back in that infamous term of 1938!” – Grice: “I like Genovesi; I don’t think Socrates taught logic to Alcebiades; he couldn’t teach since the ‘dialogue’ is hardly the way to do it; and then Socrates did not teach logic to Plato; Plato did not teach logic to Aristotle, since the dialogue is not the way to go – so it is possibly Aristotle who first ‘taught’ logic to Alexander – this would indicate that he felt the need to change the form from silly dialogical exchanges to actual propositions that Alexander could swallow – “Sign” is what stands for something – a word is the sign of an idea – the idea is the sign for a thing.” – and so on. “Some things imply others; others IMPLICATE others.” – Grice: “Genovesi has an interesting bunch of things to say about logic, but then any writer of a ‘tractatulus’ in logic would: so he explores the natural/conventional distinction as applied to signs, and then the affirmation and negation, and pragmatic concerns with obscurity and ambiguity – and sophismata – and complex ‘causal’ propositions, -- quite a genius – and if a palaeo-Griceian, if I may myself say so!” Figlio di Salvatore, calzolaio e piccolo imprenditore, e di Adriana Alfinito di San Mango. Il padre lo indirizza in tenera età verso gli studi. E affidato agli insegnamenti di Niccolò Genovese, un congiunto, medico tornato da Napoli, il quale lo istruì in filosofia peripatetica per due anni e in quella cartesiana per un anno. Nel corso degli studi filosofici, si innamora di Angela Dragone. Questo amore non trovò l'approvazione del severissimo genitore il quale condusse immediatamente il figlio a Buccino, dove abitavano alcuni parenti, presso il convento dei Padri Agostiniani dove seguì gli insegnamenti filosofici di Abbamonte, appassionandosi al latino di Catone e Varrone. Insegna retorica a Salerno dove incontra Doti, dal quale riceve lezioni di perfezionamento nel latino.Si trasferì a Napoli, dove intraprese dapprima la carriera forense, che lasciò presto. Fonda una scuola privata di metafisica e teologia. A Napoli fu in contatto con Vico e ottenne la cattedra di metafisica. Alcune sue posizione contenute in “Elementa Metaphysicae” furono dai suoi nemici considerate eretiche, e dovette servirsi dell'intervento dell'arcivescovo di Taranto Celestino Galiani, e di Benedetto XIV per conservare l'abito talare. In seguito a queste denunce lascia l'insegnamento della metafisica a Napoli, per passare all'etica, cattedra che era stata tenuta in passato da Vico.  L'evoluzione dalla metafisica- all'etica prosegue con il passaggio all' “economia” quando si compì la trasformazione 'da metafisico a mercante', come egli stesso ebbe a scrivere nella sua autobiografia. Insegna'commercio e meccanica, con fondi privati da Intieri, la prima cattedra di economia di cui si abbia traccia in Europa, se non consideriamo cattedre di economia quelle istituite negli anni venti Professorei n Prussia nell'ambito della tradizione camerale. Il suo lavoro come economista è stato quello più fecondo, tanto che Genovesi divenne un autore fondamentale. Si diffondevano in quel tempo i primi accenni di rivolta allo spirito e al costume della Contro-Riforma: gli spunti di polemica antigesuitica e anticlericale, la ripresa della lotta in difesa dell'autonomia di un sato laico contro ogni interferenza del cattolicesimo, ai primi elementi di una teoria delle monarchie illuminate e del regime paternalistico, nonché, sul piano letterario, l'avvento di una poetica e di una critica più aperte e coraggiose.  In pratica, fu l'inizio della vera rivoluzione culturale che si attuò nella seconda metà del Settecento sotto il segno dell'Illuminismo caratterizzata dalla necessità di trasformare integralmente i cardini dciviltà in tutte le sue manifestazioni. In questo ambito, la filosofia politica di Genovesi e decisamente di tipo riformatore, un anglofilo sotto spoglie francesi. Nella sua filosofia, persegue un compromesso tra idealismo ed empirismo, cercando ad ogni costo di salvare gli essenziali valori religiosi della filosofia cristiana. Riceve l'influenza del nuovo panorama culturale italiano, con la voglia di cercare con studi ed esperimenti il concetto della pubblica felicità, consistente nel far uscire l'uomo dallo stato di "oscurità" (Illuminismo, che in Francia era già in atto: Les Lumières). Prese coscienza della decadenza culturale, materiale e spirituale dopo il periodo d'oro del Napoletano e, quindi, si rese conto della necessità di intervenire per riportare le arti, il commercio e l'agricoltura a nuovi splendori. “Io, che era cominciato a tediarmi di questi intrighi teologici e che cominciava ad avere in orrore studi si turbolenti, e spesso sanguinosi, feci di più: mi ripresi i miei manoscritti, e deliberai permanentemente di non pensare più a queste materie.»  Per tale motivo, abbandona la metafisica e si dedica all’economia affermando tra le altre cose, che l’economia deve servire ai governi per alimentare la ricchezza e la potenza del stato. Ritiene che per favorire il benessere “sociale” sia necessario promuovere la cultura e la civiltà, per questo motivo è il primo cattedratico ad impartire le sue lezioni in italiano. Docente di economia politica, occupa una cattedra istituita appositamente per lui di “commercio e meccanica” a Napoli da Intieri. Soggiorna più volte nel palazzo proprio di Intieri a Massaquano per lunghi periodi dove si rifugiava per trovare "la musa ispiratrice" e lì infatti scrisse alcune sue opere. Sostiene che anche le donne e i contadini abbiano diritti alla cultura poiché questa è uno strumento fondamentale per realizzare l'ordine e l'economia nelle famiglie, e di conseguenza nella società, è inoltre importante anche l'educazione degli uomini e in particolar modo lo sviluppo delle arti e delle scienze, contrapponendosi all'idea di Rousseau per il quale il progresso costituisce la fonte di tutti i mali. Denuncia anche la presenza di un numero eccessivo di persone che vivono esclusivamente di rendita e affronta tematiche importanti come problemi di debito pubblico, inflazione e circolazione monetaria.  Il suo pensiero economico è espresso in Lezioni di commercio o sia di economia civile  e considerate una delle prime opere di filosofia economica. Cerca, così, di indicare la via per alcune riforme fondamentali: dell'istruzione, dell'agricoltura, della proprietà fondiaria, del protezionismo governativo su commerci e industrie.  Tenne sempre le sue lezioni in italiano grazie alla sua passione per il civile: viene ricordato per essere stato il primo docente a esprimersi in italiano durante i suoi corsi e per essere stato tra i primi a scrivere trattati di metafisica e di logica in italiano. Così operò, anche e soprattutto, per diffondere lo studio dell'Economia e delle scienze nel popolo: in questo atteggiamento Genovesi è ancora una volta in piena continuità con gli umanisti, giudicando anche questo un mezzo di incivilimento. Altre opera: Lezioni di commercio (Milano, Fondazione Mansutti). Altre opera: Elementa metaphysicae mathematicum in morem adornata, Napoli; Elementorum artis logicae-criticae libri quinque Gli elementi dell'arto logico-critica, Venezia) Meditazioni filosofiche; Lettere filosofiche;  Lettere Accademiche; Memorie Autobiografiche; Lezioni di commercio o sia d'economia civile; Della diceosina o sia della Filosofia del Giusto e dell'Onesto; Delle Scienze Metafisiche per li giovanetti 1767; Altre opere da ricordare sono La logica per i giovanetti, Istituzioni di Metafisica per Principianti e Lettere familiari, che testimoniano l'intensa corrispondenza epistolare tra l'abate e il letterato dell'epoca Ferrante de Gemmis, uno dei pochi testimoni dell'illuminismo pugliese. Corpaci, F., Antonio Genovesi; note sul pensiero politico, Giuffrè, Peter Jones , Reception of David Hume in Europe, Continuum, Palatano, Rosario; Genovesi, Antonio. Antonio Genovesi: teoria del commercio, LUISS University Press, .Antonio Genovesi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. 10 maggio .  Lucio Villari, Il pensiero economico di Antonio Genovesi, Le Monnier, Chines, Loredana. Su alcuni aspetti linguistici degli scritti di Genovesi, Pensiero politico, Davide Alessandra, Antonio Genovesi: uno dei padri dell'illuminismo meridionale, su historiaiuris.com, . M. Bonomelli (a cura di, Quaderni di sicurtà. Documenti di storia dell'assicurazione, Fondazione Mansutti, schede bibliografiche di C. Di Battista, note critiche di F. Mansutti. Milano: Electa, Luigino Bruni, Voce "Antonio Genovesi" in Il Pensiero Economico Italiano, Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani.  Luigino Bruni e Stefano Zamagni, Economia civile, Il Mulino, Bologna, . A. M. Fusco, Antonio Genovesi e il suo mercantilismo "rinnovato", in A. M. Fusco, Visite in soffitta. Saggi di storia del pensiero economico, Napoli, Editoriale Scientifica, Giuseppe Galasso, Il pensiero religioso di Antonio Genovesi, Rivista storica italiana, G. Genovese, Contro le "Penelopi della filosofia". Note sulle Lettere accademiche di Antonio Genovesi, L'acropoli, G. Genovese, Tra Vico e Rousseau: le autobiografie di Antonio Genovesi, L'acropoli, D. Ippolito, Antonio Genovesi lettore di Beccaria, Materiali per una storia della cultura giuridica, C. Passetti, Una fragile armonia: felicità e sapere nel pensiero di Antonio Genovesi, Rivista storica italiana, M.L.Perna, Eluggero Pii e l'edizione delle opere di Antonio Genovesi Dialoghi e altri scritti. Intorno alle Lezioni di Commercio, Il pensiero politico: rivista di storia delle idee politiche e sociali, A. M. Rao, Etica e commercio: i Dialoghi di Antonio Genovesi nell'edizione di Eluggero Pii, Il pensiero politico: rivista di storia delle idee politiche e sociali,  Wolfgang Rother, Antonio Genovesi, in Johannes Rohbeck, Wolfgang Rother : Grundriss der Geschichte der Philosophie, Die Philosophie des 18. Jahrhunderts, Italien. Schwabe, Basel, Rosario Villari, Antonio Genovesi e la ricerca delle forze motrici dello sviluppo sociale, «Studi Storici», E. Zagari, Il metodo, il progetto e il contributo analitico di Antonio Genovesi, Studi economici, 2V. Gleijeses, Napoli nostra e le sue storie, Società Editrice Napoletana, Napoli, Pietro Napoli Signorelli, Treccani, Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Antonio Genovesi, sConferenza Episcopale Italiana.  Opere di Antonio Genovesi / Antonio Genovesi (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Antonio Genovesi, .  Luigino Bruni, Genovesi, Antonio, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Economia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,  Saverio Ricci, Genovesi, Antonio, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . 13 novembre . Corrado Barbagallo, Antonio Genovesi, Estratto da: Rassegna Storica Salernitana. Antonio Genovesi. Genovesi. Keywords: logica per gli giovanetti, critica della ragione economica, scambio conversazionale --. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Genovesi: critica della ragione economica” --  per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria, Italia. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51759585870/in/dateposted-public/

 

Grice e Gentile – Enea all’inferno – filosofia italiana – Luigi Speranza (Taggia). Filosofo. Grice: “It seems every philosopher has a catabasis – as Eneas did!” “Falamonica spends a ‘stagione’ in hell, too!” -- “I do like Falamonica – the way he makes ‘Aristoteil’ rhyme! “E vidi alfin colui, che fra’ mortali / più degno par di tutto quell Collegio, / levarsi contra tutti, e batter l’ali; / dico Aristotil.” – Grice: Falamonica is interesting: there is Socrates teaching Alcibiades, and Socrates teaching Plato, and Plato teaching Aristotle, and Aristotle teaching Alexander!” Figlio di Pancrazio Falamonica Gentile e Violantina Piccamiglio. Venne in contatto coll’astrologia. Compose i Canti, poema dottrinale in terzine di 42 canti, chiaramente derivato dalla Commedia di Dante. Grice: “It is a fun philosophical comedy: “E vidi alfin colui, che fra’ mortali / più degno par di tutto quell Collegio, / levarsi contra tutti, e batter l’ali; / dico Aristotil.” Opere: “Canti. Dizionario Biografico degli Italiani. Falamonica. Bartolomeo Fallamonica Gentile. Gentile. Keywords: Enea all’inferno, parodies of the Divine Comedy, Raimondo Lullo, Bruno e Lullo, il libro dell’amante e dell’amato, ars amative. Commedia filosofica.  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gentile” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51758709006/in/dateposted-public/

 

Grice e Gentile – implicatura dell’atto – filosofia italiana – Luigi Speranza (Castelvetrano). Filosofo. Grice: “Do not multiply the senses of ‘state’ (normative, prerogative) beyond necessity.” Grice: “It’s difficult to assess the philosophy of Gentile; he is a Peirceian, like me –. He ie into ‘conventional sign’ and ‘natural sign’ – and considers intersubjectivity as a way to suprass the type of Berkeleyan idealism – his tradition is Plathegel, mine is Ariskant!” Grice: “The roots of Gentile’s philosophy are in Hegel’s logic, as are Bradley’s, Bosanquet, and Collingwood’s! – and Croce’s!” -- idealist philosopher. He taught philosophy at Pisa. Gentile rejects Hegel’s dialectics as the process of an objectified thought. Gentile’s actualism or actual idealism claims that only the pure act of thinking or the transcendental subject can undergo a dialectical process. All reality, such as nature, God, good, and evil, is immanent in the dialectics of the transcendental subject, which is distinct from the empirical subject. Among his major works are “La teoria generale dello spirito come atto puro” and “Sistema di logica come teoria del conoscere.” Gentile sees conversation is a concerted act that overcomes the apparent difficulties of inter-subjectivity and realizes a unity within two transcendental subjects. Actualism was pretty influential. With Croce’s historicism, it influenced two Oxonian idealists discussed by H. P. Grice: Bernard Bosanquet and R. G. Collingwood (vide: H. P. Grice, “Metaphysics,” in D. F. Pears, The Nature of Metaphysics, London, Macmillan). Insieme a Croce uno dei maggiori esponenti del idealismo, nonché un importante protagonista della cultura, fonda L’Istituto dell'Enciclopedia Italiana e artifice della riforma della pubblica istruzione (Riforma Gentile). La sua filosofia è detta attualismo.  Inoltre fu figura di spicco del fascismo italiano. In seguito alla sua adesione alla Repubblica Sociale Italiana, fu assassinato durante la seconda guerra mondiale da alcuni partigiani comunisti dei GAP. «Era un omone che ispirava grande simpatia; con la pancia incontenibile, i bei capelli brizzolati sopra un faccione rosso acceso, di carnale cordialità. Tutto fuorché un filosofo: così mi apparve, benché fossi pieno di entusiasmo per i suoi Discorsi di religione, freschi di lettura. Bonario, familiare (paternalista), mi fece l'impressione di un vigoroso massaro siciliano, che fonda la sua autorità sull'indiscusso ruolo di patriarca” (Geno Pampaloni, Fedele alle amicizie. Figlio di Giovanni e Teresa Curti. Frequenta il ginnasio/liceo "Ximenes" a Trapani. Vince quindi il concorso per posti di interno di Pisa, dove si iscrive alla facoltà di lettere e filosofia. A Pisa ha come maestri, tra gli altri, Ancona, professore di letteratura, legato al metodo storico e al positivismo e di idee liberali, Crivellucci, professore di storia, e Jaja, hegeliano seguace di Spaventa, che influirono molto su Gentile. Dopo la laurea, con massimo dei voti e ottenimento del diritto di pubblicazione della tesi, ed un corso di perfezionamento a Firenze, ottiene una cattedra in filosofia presso il convitto nazionale Pagano di Campobasso. Si sposta a Napoli.  Sposa Erminia Nudi, conosciuta a Campobasso: dal loro matrimonio nasceranno Federico Gentile, i gemelli Gaetano Gentile e Giovanni Gentile junior, Giuseppe Gentile, e Tonino Gentile Ottiene la libera docenza in filosofia teoretica. Ottiene poi la cattedra a Palermo, dove frequenta il circolo di Pojero e fonda “Nuovi Doveri.” A Pisa e Roma. Insegna a Palermo, Pisa, Roma e Milano. Durante gli studi a Pisa incontra Croce con cui intratterrà un carteggio continuo. Uniti dall'idealismo (su cui avevano comunque idee diverse), contrastarono assieme il positivismo e le degenerazioni dell'università italiana. Insieme fondano “La Critica”  al rinnovamento della cultura italiana. L'attualismo ha configurazione sistematica. Divenne membro del Consiglio superiore della pubblica istruzione. All'inizio della prima guerra mondiale, tra i dubbi della non belligeranza, si schiera a favore della guerra come conclusione del Risorgimento. Rivela a sé stesso la passione politica che gli stava dentro e assunse una dimensione che non era più soltanto quella del filosofo che parla “ex cathedra”,  ma quella dell'"intellettuale" militante, che si rivela al pubblico. Partecipa attivamente al dibattito politico e culturale. E tra i firmatari del manifesto del “Gruppo Nazionale Liberale”, che, insieme ad altri gruppi nazionalisti e di ex combattenti forma l' “Alleanza” per le elezioni politiche, il cui programma politico prevede la rivendicazione di uno stato forte, anche se provvisto di larghe autonomie regionali e comunali, capace di combattere la metastasi burocratica, il protezionismo, le aperture democratiche alla Nitti, rivelatosi «inetto a tutelare i supremi interessi della Nazione, incapace di cogliere e tanto meno interpretare i sentimenti più schietti e nobili».  Fonda il “Giornale critico della filosofia italiana”.  Diviene consigliere comunale al Municipio di Roma, mentre l'anno successivo viene nominato anche assessore supplente alla X Ripartizione, A. B. A., ovvero alle “Antichità” e alle “Belle Arti”, sempre del Municipio di Roma. Diviene socio dell'Accademia dei Lincei.  Gentile non mostra particolare interesse nel confronto del fascismo. Fu solo allora che prese posizione in merito, dichiarando di vedere in Mussolini un difensore di un “liberalismo” risorgimentale nel quale si riconosce.“Mi son dovuto persuadere che il ‘liberalismo’, com'io l'intendo e come lo intendeno gli uomini della gloriosa destra che guida l'Italia del Risorgimento, il liberalismo della libertà nella legge, e perciò nello stato forte, e nello stato concepito come una realtà etica, non è oggi rappresentato in Italia dai ‘liberali’, che sono più o meno apertamente contro di Lei, ma per l'appunto, da Lei.” (Lettera a Mussolini). All'insediamento del regime viene nominato ministro della Pubblica Istruzione, attuando La Riforma Gentile, fortemente innovativa rispetto alla precedente riforma basata sulla legge Casati di più di sessant'anni prima! Diviene senatore del Regno. Si iscrive al Partito Nazionale con l'intento di fornire un programma ideologico e culturale. Dopo la crisi Matteotti, date le dimissioni da ministro, Gentile viene chiamato a presiedere la Commissione dei Quindici per il progetto di riforma dello Statuto Albertino (poi divenuta dei Diciotto per la riforma dell'ordinamento giuridico dello stato). Resta fascista e pubblica il “Manifesto degli intellettuali” in cui vede la filosofia come un possibile motore della rigenerazione degli italiani e tenta di collegarlo direttamente al Risorgimento. Questo manifesto sancisce l'allontanamento di Gentile da Croce, che gli risponde con un tipico “contro-manifesto”. Promuove la nascita dell'Istituto di Cultura. Per le numerose cariche, esercita un forte influsso sulla cultura italiana, specialmente nel settore filosofico. È imembro dell'Istituto Treccani. A Gentile si devono in gran parte il livello culturale e l'ampiezza della visione dell'Enciclopedia Italiana. Invita infatti a collaborare alla nuova impresa 3.266 filosofi di diverso orientamento, poiché nell'opera si deve coinvolgere tutta la cultura italiana, compresi molti studiosi notoriamente anti-fascisti, che ebbero spesso da tale lavoro il loro unico sostentamento. Riesce in tal modo a mantenere una sostanziale autonomia, nella redazione dell'Enciclopedia Italiana, dalle interferenze del regime. È coinvolto nell'istituzione del Giuramento di fedeltà al regime che causerà l'allontanamento di alcuni dall'Università.  Inaugura a Genova l'Istituto mazziniano. Fonda il Centro nazionale di studi manzoniani. Fonda la Domus Galilaeana a Pisa.  Non mancano comunque i dissensi col regime. In particolare, la sua filosofia subisce un duro colpo alla firma dei Patti Lateranensi tra il cattolicesimo e lo stato. Sebbene riconosca il cattolicesimo come una forma della spiritualità , ritiene di non poter accettare uno stato NON laico. Questo evento segna una svolta nel suo impegno politico militante, è inoltre contrario all'insegnamento del cattolicesimo nel ginnasio e nel liceo. Il Sant'Uffizio mette all'”Indice” le sue opere a causa del loro riconoscimento, nel solco dell'idealismo, del cattolicesimo come una mera "forma dello spirito” -- totalmente inferiore alla filosofia: ‘theologia ancilla philosophiae.” “La mia religione, in cui vi sono anche alcune velate critiche al cattolicesimo e ispirata da Alighieri, Gioberti e Manzoni.” Degna di nota anche la sua difesa di Bruno, il filosofo eretico condannato al rogo dall'Inquisizione, al quale dedica una apologia, impegnandosi anche presso Mussolini perché la statua di Bruno in Campo de' Fiori e opera dello scultore anticlericale Ettore Ferrarinon fosse rimossa, come richiesto da alcuni cattolici. Comincia una lunga polemica contro Vecchi, che Gentile accusa di “inquinare la cultura”.“Roma non ebbe mai un'idea che fosse esclusiva e negatrice.”“Roma accolse sempre e fuse nel suo seno, idee e forze, costumi e popoli.” “Così poté attuare il suo programma di fare dell'urbe, l'orbe.” “La Roma antica volgendosi con accogliente simpatia e pronta e conciliatrice intelligenza a ogni persona a ogni forma di vivere civile, niente ritenendo alieno da sé che fosse umano.”“Sono i popoli – come i longobardi! -- piccoli e di scarse riserve quelli che si chiudono gelosamente in se stessi in un nazionalismo schivo e sterile.”In La mia religione dichiara di essere credente nello stato laico – ‘stato no laico e una contradictio in terminis’ --  Nel Discorso del Campidoglio esorta all'unità. Si ritira a Troghi, dove filosofa su la “Genesi e struttura della società” nel nel quale teorizza su la politica dell’umanesimo. Considera “Genesi e struttura della societa” il coronamento dei suoi studi speculativi tanto che mostrando il manoscritto, scherzando disse. "I vostri amici possono uccidermi ora se vogliono.”“Il mia missione nella vita è compietata.”La caduta di Mussolini non preoccupa particolarmente Gentile che intese il tutto come un avvicendamento al governo. Inoltre la nomina nel primo governo Badoglio di alcuni ministri che precedentemente erano stati suoi collaboratori lo conforta. In particolare la amicizia con Severi spinse Gentile ad inviargli una lettera di auguri per la nomina e a sottoporgli alcune questioni rimaste in sospeso con il governo precedente.  Severi rispose a Gentile lanciandogli un duro e inatteso attacco. Travisandone volontariamente i contenuti evitando però di renderli noti avvalorò l'idea che Gentile gli si fosse proposto come consigliere ponendolo quindi in obbligo a respingerne la proposta. Gentile replica a Severi e rassegna le dimissioni da Pisa. Gentile respinse in un primo tempo la proposta di Biggini di entrare al Governo, dopo un incontro con Mussolini sul lago di Garda si convinse ad aderire alla Repubblica Sociale Italiana. Divenne presidente della Reale Accademia d'Italia, con l'obiettivo di riformare L’Accademia dei Lincei che fu assorbita dall'Accademia. “Venne qui tempo fa un amico a cercarmi, ed io dissi francamente i motivi politici per cui desideravo restare in disparte.”“Ma egli mi assicurò che io potevo benissimo restare in disparate.”“Ma dovevo fare una visita al mio amico che desidera vedermi ed era addolorato di certe manifestazioni recenti, ostili alla mia persona.”“Negare questa visita non era possibile.”“Feci comodamente il viaggio con Fortunato.”“Ebbi un colloquio di quasi due ore, che fu commoventissimo.”“Dissi tutto il mio pensiero, feci molte osservazioni, di cui comincio a vedere qualche benefico aspetto”“Credo di aver fatto molto bene all’Italia.”“Non mi chiese nulla, non mi fece offerta.”“Il colloquio fu a quattr'occhi.”“La nomina fu poi combinata col ministro amico e portata qui da me da un Direttore generale.”“Non accettarla sarebbe stata suprema vigliaccheria e demolizione di tutta la mia vita.”Sostenne la chiamata alle armi e la coscrizione militare dei giovani nell'esercito della RSI, auspicando il ri-pristino dell'unità nazionale sotto la guida ancora una volta di Mussolini.  Intanto il figlio, Federico Gentile, capitano d'artiglieria del Regio Esercito, era stato internato dai tedeschi in un campo di prigionia a Leopoli in condizioni particolarmente severe.Federico Gentile e l'unico ufficiale italiano del campo a non ricevere la posta di ritorno. Federico Gentile aveva aderito alla RSI, ma non aveva accettato l'arruolamento nell'Esercito Nazionale Repubblicano, preferendo tornare in Italia da civile.Gentile elogia pubblicamente al "Condottiero della grande Germania", e lodando l'alleanza italiana con le Potenze dell'Asse.Pochi giorni dopo, Federico Gentile, venne trasferito in un campo meno duro.Infine, gli fu permesso il ritorno. Per il suo appoggio dichiarato alla leva per la difesa della RSI, riceve  diverse missive contenenti minacce di morte. In una in particolare era riportato: "Tu sei responsabile dell'assassinio dei cinque". L'accusa era riferita alla fucilazione di cinque renitenti alla leva rastrellati dai militi della R. S. I. -- fucilazione orchestrata da Carità, che detesta Gentile, ricambiato. Ha infatti minacciato di denunciare le eccessive violenze del suo reparto allo stesso Mussolini.Gentile non e assolutamente collegato con tale evento. Il governo repubblicano gli offre quindi una scorta armata che però Gentile declina.“Non sono così importante, ma poi se hanno delle accuse da muovermi sono sempre disponibile.”Considerato in ambito resistenziale come il filosofo del regime, apologo della repressione e di un regime ostaggio di un esercito occupante, e ucciso isulla soglia di Villa di Montalto al Salviatino, da gappisti di ispirazione comunista. Il commando si apposta circa nei pressi della villa.Appena giunse in auto, il gappista Fanciullacci si avvicina, tenendo sotto braccio un libro di filosofia – “Apperance and Reality,” di Bradley -- per nascondere la rivoltella e farsi così credere un filosofo.Abbassa il vetro per prestare ascolto.E subito raggiunto dai colpi della rivoltella. Fuggito il gappista in bicicletta, l'autista si diresse all'ospedale Careggi per trasferirvi il filosofo moribondo.Gentile, colpito direttamente al cuore e in pieno petto, in breve spira.Fu un episodio che divise lo stesso fronte di resistenza e che è al centro di polemiche non sopite, venendo infatti già all'epoca disapprovato dal CLN toscano con la sola esclusione del Partito Comunista, che ri-vendicò l'esecuzione. Fu sepolto nella basilica di Santa Croce, il foscoliano tempio dell'itale glorie. Dopo l'attentato, le autorità della R. S. I.,  dopo aver sospettato all'inizio lo stesso Mario Carità promisero mezzo milione di lire in cambio di informazioni su Fanciulacci.Venne disposto l'arresto di cinque, indicati da come i mandanti morali.Grazie al diretto intervento della famiglia, gli arrestati sono rimessi in libertà. All'interno di Santa Croce si inaugura un convegno di studi gentiliani. La filosofia di Gentile fu da lui denominata “attualismo” o idealismo attuale.L'unica vera realtà è un “atto” puro del «pensiero che pensa», cioè l'auto-coscienza, in cui si manifesta lo spirito che comprende tutto l'esistente.Solo quello che si realizza tramite lo spirito rappresenta la realtà in cui il filosofo si riconosce. Il Pensiero è attività perenne in cui all'origine non c'è distinzione tra “soggetto” e “oggetto” – dunque l’intersoggetivita e un pseudo-problema. Avversa pertanto ogni dualismo rivendicando il monismo e l'unità di natura (corpo, materia) e spirito (anima, forma) (monismo).Al'interno, assieme al primato, la auto-coscienza è vista come “sintesi” della tesi del soggeto e l’antitesi dell’oggetto.Questo e un atto in cui il primo, la tesi, il soggetto, pone se stesso e pone il secondo (auto-concetto).In ciò consiste l'”autoctisi” –Non hanno quindi senso un orientamento solo spiritualista o solo materialista (naturalista).Non ha senso la divisione netta tra spirito (l’astratto) e materia (astrazzione) del platonismo, in quanto la realtà è Una.Qui è evidente l'influsso dell’aristotelismo (hyle-morphe) e il panteismo rinascimentale e anche dell’ “immanentismo” (contro il transcendentalismo) più che dell'hegelismo.Di Hegel, a differenza di Croce, che era fautore di uno storicismo assoluto (o idealismo storicista), per cui tutta la realtà è “storia” e non “atto” in senso aristotelico (energeia/dunamis – actus – cf. Grice, “What is actual”), non apprezza tanto l'orizzonte storicista, quanto l'impianto idealistico relativo alla auto-coscienza.La auto-coscienza è considerata il fondamento del reale. Anche vi è un errore in Hegel nella formulazione della “dialettica”. Ma questo non consiste unicamente, come afferma Croce. Croce infatti sostiene che "tutto è Spirito". La critica di Croce non è sufficiente.Gentile sostiene che Hegel confunde la dialettica del “implicare” (‘impiegare”) (che ha individuato correttamente) con la dialettica dell’ “implicatum” ‘empiegato’. Lascia forti residui della dialettica dell’impiegato,cioè quella del determinato e delle scienze. Gentile inoltre non accetta la “dialettica dei distinti” (A distinto da B) che Croce, in base al adagio che "non ogni negazione è opposizione") introduce posto accanto alla “dialettica degli opposti" (A opposto B). Infatti Gentile  ritiene la ‘dialettica dei distinti’ un'aggiunta arbitraria, che snatura la dialettica propria.Questa invece si esplica in un “atto” in cui utilizza la dialettica (A opposto B, sintesi C) in un atto puro.Questa dialettica si esplica quindi nel rapporto dell’impiegare e l’impiegato.Recuperando La Dottrina della scienza di Fichte, Gentile afferma che lo spirito (anima, forma) è fondante in quanto unità di autocoscienza, atto; l'atto puro –, è il principio e la forma della realtà diveniente, non esistente (Gott im Werden – dall’divenire all’essere). La dialettica dell'atto puro e l’opposizione tra la soggettività (il soggeto) rappresentata dall'espressione --  intention-based semantics -- (tesi) e l'oggettività (oggeto) – cf. inter-soggetivo -- rappresentata dal positivism scientism. (antitesi), cui fa da soluzione nell’atto puro (sintesi). L'atto puro si fonda sull'opposizione della «logica del pensiero pensante» e la «logica del pensiero pensato” – cfr. implicans – implicatum. impiegatore – impiegante – impiegato --. La prima è una dialettica materiale– implicans/impiegante --, la seconda una logica formale – l’impiegato --.Gentile dedica la sua attenzione al tema della soggettività dell'espressione nel vivere del spirito. Se da un lato l'espressione è il prodotto di un sentimento soggettivo o una intenzione, dall'altro l’espressione è un atto puro “sintetico” – “composito” -- non analitico – or divisso -- che coglie tutti i momenti della vita dello spirito, acquistando dunque alcuni caratteri del questo che Grice chiama il discorso razionale o la conversazione come cooperazione razionale. Sviluppando fino in fondo la filosofia di Spaventa, la filosofia dell’atto puro, per il quale la realtà esiste solo nell'atto puro che pensa la realta.è stato interpretato come un idealismo soggettivo (una forma di soggettivismo – o intersoggetivismo), sebbene Gentile tende a respingere tale definizione, non essendo quell'atto preceduto né dal “soggetto” né tantomeno dall'”oggetto” -- bensì coincidente con l'Idea stessa, e a differenza di Fichte, in cui l'Infinito (come aveva già affermato Hegel) è un "cattivo infinito" è in realtà immanente (non trascendente) all'esperienza, proprio perché l’atto puro e creatore d una esperienza (datum). Gentile e un ideologo del regime.La filosofia politica di Gentile è  fortemente attivista e attualista (cioè trasponte l'attualismo del atto puro nel campo veramente inter-soggetivo dello scambio sociale.La politica coniughi «prassi e pensiero» (lo pratico e lo speculative) che sia insieme «una azione a cui è immanente una ‘dottrina’ condivisa.’”Essendo insoddisfatto di fronte alla realtà, in Gentile troviamo il primato del futuro, l’utopia, l’ideale regolativo. Ma, allo stesso tempo, un recupero della concezione romantica illuminsita di una Ragione intesa come Spirito universale che tutto pervade, avversa al materialismo e alla ragione meramente strumentale mezzo-fine. In questo, l’analogia con Grice e obvia. Per Gentile, ad esempio, il «modo generale di concepire la vita» proprio della sua dottrina è di tipo «spiritualistico». La dottrina non è la sola qualificazione politica che dà dello speculative.Gentile infatti e un ‘liberale’ -- nonostante sembri respingere quasi in toto il ‘liberalismo ottocentesco’ ne La dottrina del regime.Difatti la sua concezione politica riprende la concezione di Hege di un stato etico o morale -- per cui ‘libero’ (free) non è primariamente l'individuo o persona atomisticamente e materialisticamente inteso, ma soltanto lo stato stesso nel suo processo storico. Un individuo e  ‘libero’ se esplica la sua moralità nella forma istituzionale di suo stato libero -- come chiarisce nella 'Enciclopedia italiana. L'individuo esprime la sua libertà individuale personale solo all'interno di un stato libero ("libertà nella legge" – lo giuridico -- ), con ciò a dire in un contesto istituzionale organizzato (positivismo kelseniano). Un esempio di questa concezione lo si può trovare nella destra storica, la quale governa l'Unità d'Italia.Impone un governo autoritario (concezione ereditata poi dalla sinistra storica di Crispi) che riusce a moderare l'individualità dei singoli, quella che Gentile definisce come la spinta alla disgregazione.Questo modello di governo forte è giusto (lo giuridico) in quanto, per definizione, un stato libero e un stato etico, definito alla Mazzini come "stato educatore". Se Gentile voglia uno stato totalitario vero e proprio è questione invece incerta.Di certo nella sua fase prettamente del regime, Gentile fa riferimento a un ‘stato totale", l'organismo che accoglie tutto in sé.Con il regime si può avere vero "liberalismo" in quanto riporta al valore primigenio del Risorgimento. Gentile dimostra un forte approccio storicistico, secondo il quale il regime trade la sua legittimazione dalla storia, sarebbe appunto una vera fase storica, non una mera mistica o dottrina o ideologia. Il Risorgimento non e olo un'operazione politica, ma un "atto di fede".Il campione di suddetto atto di fede e Mazzini: anti-illuminista e romantico, anti-francese, spiritualista e nemico dei principi materialistici. Lo stato giolittiano rappresenta invece un tradimento dei valori risorgimentali.Per rompere questo “status quo” degenerativo del processo italiano e necessario una rivoluzione. Porta un nuovo assetto, ma anche statale, perché va a colmare una lacuna che vige nel sistema del stato. Insiste molto sulla novità di questa rivoluzione. è un modo nuovo di concepire una nazione, ha una consapevolezza mistica di ciò che sta compiendo. Un duce viene perciò dipinto come un vero eroe idealistico. La missione della rivoluzione è quella di creare l'Uomo nuovo: un uomo di fede, spirituale, anti-materialista, volto a grandi imprese. Questo nuovo tipo di uomo e anti-tetico al carattere che Giolitti tentò di imprimere a una nazione e che connota l'Italia come una nazione scettica, mediocre e furbastra. In quanto ideologo, Gentile sostiene che la dottrina revoluzionaria si deve istituzionalizzare: ciò avverrà nei fatti attraverso l'istituzione del Gran Consiglio. La dottrina si deve inoltre far assorbire dall'italianità (e non il contrario). Il fine è che nella società italiana non vi siano più contra-dizioni, nessuna differenza tra cultura italiana e cultura della dottrina. Bisogna arrivare ad una comunità omogenea e compatta anche in ambito lavorativo.  Attraverso l'istituzione della  cooperative e la corporazione, la quale deve sanare la frattura sindacati-datori di lavoro tramite la collaborazione o cooperazione di classe. Anche qua Gentile riprende le teorie di Mazzini, oltre che il distributismo. Il corporativismo (di cui le estreme realizzazioni saranno la democrazia organica e la “socializzazione” dell'economia, progettate nella R. S. I.) permette di giungere ad uno stato di fatto in cui i problemi economici si risolveranno all'interno della corporazione stessa, senza provocare fratture all'interno della società, ed evitando una lotta di classe (classe bassa, casse media, classe alta) grazie alla “terza via” della dottrina. Gentile sostenne, opponendosi all'ala estrema e intransigente l'idea una riconciliazione, la più ampia possibile, di tutti gli italiani.Pur riconoscendosi nella R. S. I., invita pubblicamente il “popolo sano” ad ascoltare “la voce della Patria”, esortandolo alla pacificazione e ad evitare una “lotta fratricida", di cui comunque non vedrà la fine.  Il gentilismo fu una delle cinque correnti culturali del regime, assieme alla sinistra "rivoluzionario" di Malaparte, Maccari, Bottai, e Marinetti; la dottrina clericale; la mistica di Giani, Arnaldo, e Mussolini; e il neo-ghibellinismo pagano di Evola. Per l'idealista Gentile, a differenza di Croce, che ritene il Marxismo solo "passione politica", causata da uno sdegno morale a causa delle ingiustizie sociali, il marxismo è una filosofia della storia derivata da Hegel. Gentile afferma infatti che la concezione materialistica della storia è costruita da Marx sostituendo la Materia -- la struttura economica -- allo Spirito. Per Hegel lo Spirito è l'essenza di tutta la realtà, che comprende la materia (all'interno della Filosofia della natura), come momento del suo sviluppo.Secondo Marx invece, avendo scambiato il relativo con l'assoluto, si finisce con l'attribuire a un mero momento (la materia, cioè, il fatto economico) la funzione dell'Assoluto che per Hegel si sviluppa dialetticamente ed è determinato a priori rendendo così determinato a priori l'empirico: la struttura economica. Nonostante che la filosofia della storia marxiana sia pertanto una errata filosofia della storia hegeliana "rovesciata", però la filosofia di Marx possiede ugualmente un pregio: è una "filosofia della prassi". Nelle Tesi su Feuerbach, che Gentile cura, il "Moro" infatti critica il materialismo volgare.Questo concepisce metafisicamente l'oggetto come dato e il soggetto come mero ricettore dell'essenza-oggetto. Nonostante ciò, secondo Gentile, Marx, attribuisce alla “prassi”, considerata come attività sensibile umana, la funzione di far derivare a torto il pensiero medesimo.I filosofo di Treviri infatti considera il pensiero una forma derivata dell'attività sensitiva e non un atto che ponga l'oggetto. Gentile sostiene invece (contro Marx e il Marxismo) come sia l'atto del pensiero ,come atto puro a porre l'oggetto, e quindi, in ultima istanza, a crearlo.Gentile riflette a lungo sulla funzione pedagogica e unisce la pedagogia con la filosofia, avviando una rifondazione in senso idealistico della prima, negandone i nessi con la psicologia e con l'etica. L'educazione deve essere intesa come un attuarsi, uno svolgersi dello spirito stesso che realizza così la propria autonomia. L'insegnamento è spirito in atto, di cui non si possono fissare le fasi o prescrivere il metodo.Il metodo è il maestro o tutore, il quale non deve attenersi ad alcuna didattica programmata ma affrontare questo compito sulla scorta delle proprie risorse interiori. Programmare la didattica sarebbe come cristallizzare il fuoco creatore e diveniente dello spirito che è alla base dell'educazione. Al maestro o tutore è richiesta una vasta cultura e null'altro.Il metodo verrà da sé, perché il metodo risiede nella Cultura stessa che si forma continuamente da sé nel suo processo infinito di creazione e ri-creazione.Il dualismo scolaro-maestro (tutore/tutee) deve risolversi in unità – il dialogo socratico -- attraverso la comune partecipazione alla vita dello spirito che tramite la cultura muove l'educatore (tutore) verso l'educando (tutee – Gentile qui usa una forma romana, ‘educando’ – cfr. ‘implicandum’ -- e lo riassorbe nell'universalità dell'atto spirituale. «Il maestro è il sacerdote, l'interprete, il ministro dell'essere divino, dello spirito». Il maestro incarna lo spirito stesso, l'allievo (l’educando, il tutee, lo scolareo) deve allora entrare in sintonia nell'ascolto col maestro, proprio per partecipare anche lui dell'attuarsi dello spirito, per farsi libero ed autonomo, e in questa relazione arriva ad auto-educarsi (auto-diddatica), facendo del tutto propri i grandi contenuti presentati.Questi concetti ispirano la riforma scolastica attuata da Gentile in veste di ministro della Pubblica istruzione, anche se solo una parte furono applicati secondo i suoi desideri. Altri principi della filosofia di Gentile presenti nella riforma scolastica sono in particolare la concezione della scuola come membro fondamentale dello stato (viene infatti istituito un esame di stato che sancisce la fine di ogni ciclo scolastico, anche se gli studi sono effettuati in un istituto privato) e il predominio delle discipline del gruppo umanistico-filologico.Gentile fu ministro della pubblica istruzione e mise in atto la sua riforma scolastica, e definita da Mussolini "la più riformante delle riforme", in sostituzione della vecchia legge Casati. Essa era fortemente meritocratica e censitaria; dal punto di vista strutturale Gentile individua l'organizzazione della scuola secondo un ordinamento gerarchico e centralistico. Una scuola di tipo piramidale, cioè pensata e dedicata ai migliori e rigidamente suddivisa a livello secondario in un ramo classico-umanistico per i dirigenti e in un ramo ‘professionale’ per il popolo. I gradi più elevati erano riservati agli alunni più meritevoli, o comunque a quelli appartenenti ai ceti più abbienti. Furono istituite borse di studio perché gli studenti dotati di famiglia povera potessero proseguire gli studi (cf. Grice, a “Midlands scholarship boy bound to Corpus!”). La logica e messa in secondo piano, poiché e una materia priva  di valore universale, che ha la sua importanza solo a livello ‘professionale’.Difatti Giovanni Gentile, a differenza di Croce che sosteneva l'assoluta preponderanza sociale delle materie classiche sulla scienza, pur criticando gli eccessi del positivismo e considerando anch'egli le materie letterarie come superiori, intrattenne anche rapporti, improntati al dialogo, con matematici e fisici italiani (come Majorana, collaboratore di Enrico Fermi nel gruppo dei "ragazzi di via Panisperna", che divenne anche amico del figlio Giovanni Gentile jr., coetaneo del Majorana) e cercò di instaurare un confronto costruttivo con il scientism.L'”obbligo” scolastico fu innalzato a 14 anni e fu istituita la scuola elementare da sei ai dieci anni. L'allievo che termina la scuola elementare ha la possibilità di scegliere tra il ginnasio/liceo classico e la scuola scientifica oppure un istituto tecnico.Solo il ginnasio-liceo permette l'accesso alla faculta di filosofia nella universita di Bologna.In questo modo però viene mantenuta una profonda divisione tra classi – l’elite, la classe alta, la classe media, e la classe basssa (questo vincolo fu rimosso completamente). Ciò anda incontro alla visione patriarcale del Duce.Anche Gentile nel complesso mostrò posizioni poco ricettive verso il femminismo ("il femminismo è morto" dirà), sebbene più sfumate, sostenendo che i licei dovessero formare i "futuri capi" guerrieri.Nel triennio dell'istruzione classica viene poi introdotta, in sostituzione, la filosofia, adatta alla elite o classe dominanti e alla futura classe dirigente, ma non al popolo minuto. Gentile è un filosofo della secolarizzazione e della risoluzione della trascendenza in prassi in ciò accomunato a Marx -, determinante addirittura per lo stesso comunismo italiano attraverso la ripresa che ne fece Gramsci. Da sottolineare che già sulla rivista L'Ordine Nuovo, Gobetti nota sche Gentile «format la cultura filosofica italiana.”. Di tutt'altro avviso Sasso, secondo il quale a dover essere rivalutata non è affatto la disastrosa prassi politica di Gentile, la cui «passionale» adesione alla dottrina «fu filosofica, forse, a parole ma nelle cose no». Ciò che merita ancora di essere studiato, sostiene Sasso, è invece «la filosofia dell'atto in atto», e tra essa «e la dottrina non c'è, né ci può essere, alcun nesso». La filosofia di Gentile e la «fascistizzazione dell'attualismo» e pertanto una «deformazione dell'idealismo”. Al di là della sua appartenenza politica, si attribuisce comunque a Gentile un notevole spessore filosofico. Gentile fu fascista e pagò con la vita la sua fedeltà alla dottrina. Ma fu anche profondo pensatore. Lo riconobbero, nel primo dopoguerra, persino Gramsci e Togliatti. Per approfondire gli studi sull'opera di Gentile e create l' “Istituto di studi gentiliani” e la "Fondazione Giovanni Gentile" a Roma. La filosofia gentiliana è stimata anche dal Severino, che ravvisandovi una condivisione del sostrato filosofico tecno-scientifico del nostro tempo la considera uno dei tratti più decisivi della cultura mondiale. Gentile e certamente un romantico, forse l'ultima più vigorosa figura del Romanticismo europeo.Gli venne dedicato un francobollo delle Poste italiane, unico tra le personalità di primo piano del regime ad avere questa celebrazione da parte della Repubblica Italiana.  L'assassinio di Gentile fu una carognata ingiusta e vigliacca. Gentile non era fascista. Che gli antifascisti furono dei acasotto perché uccisero un grande e inerme filosofo mentre non ebbero il coraggio di sminare i ponti di Firenze che i tedeschi avevano minato.Cavaliere di gran croce insignito del gran cordone dell'ordine dei Santi Maurizio e Lazzaronastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di gran croce insignito del gran cordone dell'ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, Cavaliere di gran croce insignito del gran cordone dell'ordine della Corona d'Italianastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di gran croce insignito del gran cordone dell'ordine della Corona d'Italia, Cavaliere di II classe dell'Ordine dell'Aquila Tedesca (Germania nazista)nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di II classe dell'Ordine dell'Aquila Tedesca (Germania). “L'atto del pensare come atto puro; La riforma della dialettica hegeliana” (Firenze, Sansoni); La filosofia della guerra; Teoria generale dello spirito come atto puro, Firenze, Sansoni); I fondamenti della filosofia del diritto; “Sistema di logica come teoria del conoscere; Guerra e fede (raccolta di articoli scritti durante la guerra) Dopo la vittoria (raccolta di articoli scritti durante la guerra) Discorsi di religione; Il modernismo e i rapporti tra religione e filosofia; Frammenti di storia della filosofia”; “La filosofia dell'arte”; “Introduzione alla filosofia”; “Genesi e struttura della società” “L'attualismo V. Cicero e con introduzione di E. Severino, Bompiani, Milano  Di carattere storiografico Delle commedie di Antonfrancesco Grazzini detto il Lasca”; “Rosmini e Gioberti”; “Marx”; “Dal Genovesi al Galluppi”; “Telesio; “Studi vichiani” “Le origini della filosofia contemporanea in Italia”; “Il tramonto della cultura siciliana; Giordano Bruno e il pensiero del Rinascimento; Frammenti di estetica e letteratura; La cultura piemontese; Gino Capponi e la cultura toscana del secolo XIX; Studi sul Rinascimento; I profeti del Risorgimento italiano: Mazzini e Gioberti; Bertrando Spaventa; Manzoni e Leopardi; Economia ed etica; Giovanni Gentile un filosofo scomodo; L'insegnamento della filosofia nei licei; Scuola e filosofia; Sommario di pedagogia come scienza filosofica” “I problemi della scolastica e il pensiero italiano; Il problema scolastico del dopoguerra; La riforma dell'educazione, Bari, Laterza); Educazione e scuola laica; La nuova scuola media; La riforma della scuola in Italia; “Manifesto degli intellettuali”; Che cos'è la cultura? Origini e dottrina”; “La mia religione”; “Discorso agli Italiani”; “Essenza” la prima parte si trova nella Civiltà Fascista, Torino U.T.E.T.: la prima e la seconda si trovano in l’Essenza del Fascismo, Libreria del Littorio, Roma; un'altra opera in cui si trova questo testo è in Origini e dottrina del fascismo, istituto nazionale fascista di cultura, Roma; altro testo in cui si trova si intitola Lo stato etico corporativo). La filosofia del fascismo (Origini e dottrina del fascismo; si trova in Politica e Cultura, oppure lo si può trovare le libro intitolato L’Identità” un altro libro in cui si trova si chiama, Italia d’oggi, edizioni de Il libro italiano del mondo, Roma); Che cosa è il fascismo-discorsi e polemiche (Firenze, Vallecchi). Fascismo al governo della scuola; Giovanni Gentile Scritti per il Corriere. Note  Vi è chi attribuisce al neoidealismo di Gentile e Croce il motivo che avrebbe posto l'istruzione scientifica in un ruolo subordinato rispetto a quella filosofico letteraria ( L'Italia della scienza negata, in Il Sole; altri invece respingono questa interpretazione, ricordando che durante l'egemonia gentiliana nacquero numerosi enti scientifici ( Croce e Gentile amici della scienza, in Corriere della Sera. 10 giugno .).  Cit. di Geno Pampaloni tratta da Nicola Abbagnano, Ricordi di un filosofo, Marcello Staglieno, Milano, Rizzoli. Manifesto cit. in Eugenio Di Rienzo, Storia d'Italia e identità nazionale. Dalla Grande Guerra alla Repubblica, Firenze, Le Lettere, Cfr. Vito de Luca, Un consigliere comunale di nome Giovanni Gentile. Attività amministrativa a Roma e linguaggio politico, "Nuova Storia contemporanea", Dello stesso autore,cfr. "Giovanni Gentile. Al di là di destra e sinistra. Il linguaggio politico del filosofo, dell'assessore e del ministro", Chieti, Solfanelli, ,Scheda senatore GENTILE Giovanni  Paolo Simoncelli41.  Amedeo Benedetti, "L'Enciclopedia Italiana Treccani e la sua biblioteca", Biblioteche Oggi, Milano, Testo qui  Ripubblicato nel 1991 come Giordano Bruno e il pensiero del Rinascimento, ed. Le Lettere, collana La nuova meridiana. S. saggi cult. cont.  Giordano Bruno. LE VICENDE DELLA STATUA  «De Vecchi, Cesare Maria», Treccani  Paolo Simoncelli207.  La scelta di campo, Marco Bertoncini, Giovanni Gentile, la razza e le bufale, l'Opinione, 30 marzo   Paolo Mieli, Gentile criticò in pubblico l'antisemitismo del regime. Uno sforzo vano  Paolo Simoncelli43.  Paolo Simoncelli40.  Paolo Simoncelli34.  Francesco Perfetti, Assassinio di un filosofo; "Giovanni Gentile" di Gabriele Turi; Giovanni Gentile in “Il Contributo italiano alla storia del PensieroFilosofia”Treccani  Francesco Perfetti, Assassinio di un filosofo23.  Francesco Perfetti, Assassinio di un filosofo24.  Francesco Perfetti, Assassinio di un filosofo, Luciano Canfora, La sentenza. Concetto Marchesi e Giovanni Gentile, Palermo, Sellerio, Francesco Perfetti, Assassinio di un filosofo26.  Vittorio Vettori, Giovanni Gentile, Editrice Italiana, Roma, Simonetta Fiori, dirigere la casa editrice Sansoni esecondo la testimonianza dell'ex interermania.html Io, italiano prigioniero in Germania, in La Repubblica, Antonio Carioti, Quando Gentile s'inchinò a Hitler per salvare il figlio, in Corriere della Sera, Renzo Baschera, "Chiese la grazia per molti partigiani ma non riuscì a salvarsi", "Historia", Raffaello Uboldi, Vigliacchi perché li uccidete?, Storia Illustrata; Arnoldo Mondadori Editore, Milano56: "Gentile, sdegnato, ha minacciato di denunciarlo a Mussolini"  Elio Chianesi, La Benvenuti non volle mai raccontare i precisi particolari, dal suo punto di vista: «Questa è una cosa che non dirò mai. Perché potrei fare rovesciare tutte le cose. Perché non è come è stato detto. Come è andata l’azione dei Gap io non lo voglio dire. Me l’hanno chiesto in tanti ma non l’ho rivelato mai a nessuno». Vedi un intervento della Benvenuti anche in M. C. Carratù ().  Paolo Paoletti, "Il Delitto Gentile" esecutori e mandanti, Ed. Le Lettere, L'omicidio raccontato da Giuseppe Martini "Paolo" uno dei due esecutori materiali"...Sicuramente (Fanciullacci l'altro esecutore) gli chiese se era il professore e subito dopo gli sparammo insieme dalla stessa parte, non attraverso i due finestrini posteriori..."  Resistenza: "Angela", la ragazza col fiore rosso  Antonio Carioti, Sanguinetti venne a dirmi che Gentile doveva morire, in Corriere della Sera,  «Per fare in modo che i gappisti incaricati dell'agguato potessero riconoscerlo, alcuni giorni prima li accompagnai presso l'Accademia d'Italia della Rsi, che lui dirigeva. Mentre usciva lo indicai ai partigiani, poi lui mi scorse e mi salutò. Provai un terribile imbarazzo.»  (Teresa Mattei)  Luciano Canfora, "Giovanni Gentile nella RSI" in La Repubblica Sociale Italiana Poggio, Annali della Fondazione Luigi Micheletti, Brescia, Antonio Carioti, Sanguinetti venne a dirmi che Gentile doveva morire, sul Corriere della Sera,: "L'omicidio di Gentile, anziano e inerme, suscitò una forte impressione e fu disapprovato dal CLN toscano, con l'astensione dei comunisti. Tristano Codignola, esponente del Partito d'Azione, scrisse un articolo per dissociarsi."  Maria Cristina Carratù, E dopo 70 anni nuovi scenari dietro l'esecuzione di Giovanni Gentile, La Repubblica, 24 aprile   Renzo Baschera, "Chiese la grazia per molti partigiani ma non riuscì a salvarsi", articolo su "Historia", Ecco le carte che assolvono l'archeologo  Romano302.  Gabriele Turi, "Giovanni Gentile" Così Gaetano Gentile ricordò il suo intervento presso la prefettura: «Quella sera stessa, per desiderio di mia Madre, io mi recai dal capo della Provincia e gli parlai della voce [di rappresaglie] diffusasi in città, esprimendogli la ferma e calda preghiera di mia Madre che quel proposito, se effettivamente esisteva, venisse abbandonato e anzi gli arrestati rilasciati. Dissi anche, naturalmente, come a me sembrasse in fondo superfluo dover esprimere tale preghiera proprio in quella stanza in cui ancora quella mattina la voce di mio Padre si era levata a deplorare la tragica inutilità di un metodo, dal quale non poteva seguire che il ripetersi indefinito di una crudele successione di attentati e rappresaglie. Era ovvio poi che, indipendentemente dalla eventuale giustificazione politica o militare di atti simili, nulla del genere poteva aver luogo in occasione della morte di mio Padre, alla quale si doveva da parte del Governo e delle autorità fiorentine questo gesto di rispetto delle sue convinzioni e del suo costante atteggiamento».  Firenze: due consiglieri, via tomba Giovanni Gentile da Santa Croce, su liberoquotidiano. 15 novembre  16 novembre ).  «Attualismo», Enciclopedia Treccani  Diego Fusaro , Giovanni Gentile  Sull'importanza della riforma della dialettica idealista di matrice hegeliana in Gentile, si veda quest'intervista a Gennaro Sasso. L'intervista è compresa nell'Enciclopedia Multimediale delle Scienza Filosofiche.  Bruno Minozzi, Saggio di una teoria dell'essere come presenza pura, Il Mulino, Gentile quindi contestava a Fichte la trascendenza dell'Io assoluto rispetto al non-io, e di restare così in un dualismo,che non viene mai superato dall'attualità del pensiero, ma solo da un agire pratico dilatato all'infinito ("cattivo infinito"), fermo alla contrapposizione fra teoria e prassi, per la quale Fichte «s'irretisce in un idealismo soggettivo in cui invano l'Io si sforza di uscire da sé» (Discorsi di religione, Firenze, Sansoni).  Giovanni Gentile, Benito Mussolini, La dottrina del fascismo.  Nicola Abbagnano, Ricordi di un filosofo, Marcello Staglieno, Nella Napoli nobilissima, Milano, Rizzoli, Vito de Luca, Giovanni Gentile e il liberalismo, Mussolini, Gioacchino Volpe, Giovanni Gentile, Fascismo, Enciclopedia Italiana.  Augusto Del Noce, L'idea del Risorgimento come categoria filosofica in Giovanni Gentile, in "Giornale Critico della Filosofia Italiana", G. Belardelli, Il fascismo e Giuseppe Mazzini  Giovanni Gentile, Manifesto degli intellettuali fascisti  Giovanni Gentile, "Ricostruire" in Corriere della Sera, Cfr. Libertà e liberalismo ("Conferenza tenuta all'Università  di Bologna"), in Scritti Politici, tratti da Politica e Cultura H.A. Cavallera, Firenze, Le Lettere, Il pensiero pedagogico di Giovanni Gentile  La riforma Gentile, su pbmstoria. Si veda anche ne Il fascismo al governo della scuola, in Annali, Milano, Istituto Giangiacomo Feltrinelli,  «[Boffi:] Qual è il criterio su cui si è fondata Vostra Eccellenza nella limitazione delle iscrizioni? — Gentile: Questa limitazione non c'è nella scuola complementare come non ci sarà nella scuola d'arte e nelle scuole professionali; essa è propria delle scuole di cultura e risponde alla necessità di mantenere alto il livello di dette scuole chiudendole ai deboli e agli incapaci; dipende anche dalla riduzione del numero degli scolari nelle singole classi fatta per evidenti ragioni didattiche, quelle stesse che hanno consigliato l'abolizione delle classi aggiunte; ma soprattutto dalla necessità di consigliare agli italiani un diverso indirizzo nella loro attività.  Noi abbiamo troppi ed inutili, quando non son valenti, professionisti, ed abbiamo invece molto bisogno di industriali, di commercianti, di artieri, di minuti professionisti, che portino nella esplicazione delle loro arti e dei loro mestieri quello spirito fine della Nazione che finora li ha spinti a disertare le scuole industriali, commerciali e professionali per seguire la scuola umanistica.»  ( R.Sandron, Il fascismo al governo della scuola, iscorsi e interviste, Ferruccio E. Boffi, Giuseppe Spadafora, Giovanni Gentile: la pedagogia, la scuola: atti del Convegno di pedagogia e altri studi, Armando Editore, 1997261.  Enrico Galavotti, La filosofia italiana e il neoidealismo di Croce e Gentile, Homolaicus.  Il mistero di Ettore Majorana  Eleonora Guglielman, Dalla scuola per signorine alla scuola delle padrone: il Liceo femminile della riforma Gentile e i suoi precedenti storici, in Da un secolo all'altro. Contributi per una "storia dell'insegnamento della storia" (M. Guspini), Roma, Anicia, Una parte del lavoro è stata in precedenza pubblicata, con alcune varianti, sulla rivista "Scuola e Città" con il titolo Il liceo femminile Manacorda D'Amico, Katia Romagnoli , Donne, la Resistenza "taciuta". L'esclusione delle donne nella società fascista  G. Gentile, La donna nella coscienza moderna, in La donna e il fanciullo. Due conferenze, Firenze, Sansoni, De Grazia, Le donne nel regime fascista,  G. Ricuperati, La scuola italiana e il fascismo, Bologna, Consorzio Provinciale Pubblica Lettura, De Grazia, Le donne nel regime Giovanni Gentile, La riforma della scuola in Italia, Milano citata in: Manacorda Le omissioni, qui tra parentesi tonde, sono nel testo di Manacorda. Noce, Gentile. Per una interpretazione filosofica della storia contemporanea, Bologna, il Mulino,  Giovanni Bedeschi, Il ritorno del maestro, sta in Il Sole 24 ore Domenica, 1Gennaro Sasso, Le due Italie di Giovanni Gentile, Bologna, il Mulino,  Martin Beckstein, Giovanni Gentile und die 'Faschistisierung' des Aktualismus. Zur Deformation einer idealistischen Philosophie, in «Acta Universitatis Reginaehradecensis, Humanistica I» Filosofia: A Firenze Convegno Studi Gentiliani  Fondazione Gentile | Dipartimento di Filosofia | SapienzaRoma Liberiamo la filosofia di Giovanni Gentile dalla faziosità del '900  Emanuele Severino: Ecco perché la giovane Italia sta andando in malora, da Il Fatto Quotidiano  È Gentile il profeta del

la civiltà tecnica.  «I nemici di Giovanni Gentile», puntata de Il tempo e la storia, documentario Rai  Emanuele Severino, dalla quarta di copertina de L'attualismo, Milano, Giunti,   Nicola Abbagnano, Ricordi di un filosofo, Nella Napoli nobilissima, Milano, Rizzoli, "La partigiana Fallaci fa a pezzi l'antifascismo", pubblicato da Il Giornale.  Monografie principali Armando Carlini, Studi gentiliani,  VIII di Giovanni Gentile, la vita e il pensiero a cura della Fondazione Giovanni Gentile per gli Studi filosofici, Firenze, Sansoni, Aldo Lo Schiavo, Introduzione a Gentile, Bari, Laterza, Sergio Romano, Giovanni Gentile. La filosofia al potere, Milano, Bompiani, Luciano Canfora, La sentenza. Concetto Marchesi e Giovanni Gentile, Palermo, Sellerio,Augusto del Noce, Giovanni Gentile. Per una interpretazione transpolitica della storia contemporanea, Bologna, Il Mulino, Hervé A. Cavallera, Immagine e costruzione del reale nel pensiero di Giovanni Gentile, Roma, Fondazione Ugo Spirito, Gennaro Sasso, Filosofia e idealismo. IIGiovanni Gentile, Napoli, Bibliopolis, Hervé A. Cavallera, Riflessione e azione formativa: l'attualismo di Giovanni Gentile, Roma, Fondazione Ugo Spirito, Giorgio Brianese, Invito al pensiero di Gentile, Milano, Mursia, Gennaro Sasso, Le due Italie di Giovanni Gentile, Bologna, il Mulino, 1998 Gennaro Sasso, La potenza e l'atto. Due saggi su Giovanni Gentile, Firenze, La Nuova Italia, 1998 Hervé a. Cavallera, Giovanni Gentile. L’essere e il divenire, SEAM, Roma, Paolo Mieli, Una rilettura liberale di Giovanni Gentile, da "Le storie, la storia", Milano, Rizzoli,  Daniela Coli, Giovanni Gentile, il Mulino, Sergio Romano, Giovanni Gentile, un filosofo al potere negli anni del regime, Milano, Rizzoli, Francesco Perfetti, Assassinio di un filosofo. Anatomia di un omicidio politico, Firenze, Le Lettere, Gabriele Turi, Giovanni Gentile. Una biografia, Torino, UTET, Hervé A. Cavallera, Ethos, Eros e Tanathos in Giovanni Gentile, Pensa Multimedia, Lecce, Hervé A. Cavallera, L’immagine del fascismo in Giovanni Gentile, Pensa MultiMedia, Lecce, Marcello Mustè, La filosofia dell'idealismo italiano, Roma, Carocci, Alessandra Tarquini, Il Gentile dei fascisti. Gentiliani e antigentiliani nel regime fascista, Bologna, il Mulino, 2009 Davide Spanio, Gentile, Roma, Carocci, . Paolo Bettineschi, Critica della prassi assoluta. Analisi dell'idealismo gentiliano, Napoli, Orthotes, . Paolo Simoncelli, "Non credo neanch'io alla razza". Gentile e i colleghi ebrei, Firenze, Le Lettere, . Luciano Mecacci, La Ghirlanda fiorentina e la morte di Giovanni Gentile, Milano, Adelphi,  A. James Gregor, Giovanni Gentile: Il filosofo del fascismo, Pensa, Lecce,  Guido Pescosolido, Ancora sulla morte di Giovanni Gentile. A proposito di un recente volume, in Nuova Rivista Storica, Carmelo Vigna, Studi gentiliani,  Orthotes, Napoli-Salerno . Valentina Gaspardo, Giovanni Gentile e la sfida liberale, AM Edizioni, Vigonza (PD) . Altri studi  Charles Alunni, Giovanni Gentile ou l'interminable traduction d'une politique de la pensée, Paris, Lignes, Michel Surya, Les Extrême-droites en France et en Europe Charles Alunni, Ansichten auf Italien oder der umstrittene Historismus, in Streuung und Bindung über Orte und Sprachen der Philosophie, Wolfenbüttel, Herzog August Bibliothek, 1987  Charles Alunni, Heidegger, la piste italienne, Paris, in Libération, (en collaboration avec Catherine Paoletti pour l'interview de Ernesto Grassi), Charles Alunni, Giovanni GentileMartin Heidegger. Note sur un point de (non) ‘traduction’, Paris, Cahier nº 6 du Collège International de Philosophie, Éd. Osiris Charles Alunni, Archéobibliographie. Eugenio Garin, Paris, Préfaces, Charles Alunni, Giovanni Gentile, Ernesto Grassi & Bertrando Spaventa, Paris, Dictionnaire des Auteurs Laffont-Bompiani, Robert Laffont Charles Alunni, Attualità, attuosità (le vocabulaire italien de l'actualité-réalité) Paris, Vocabulaire européen des philosophies. Dictionnaire des intraduisibles, [dir. Barbara Cassin], Le Seuil-Robert,  Antonio Cammarana, Proposizioni sulla filosofia di Giovanni Gentile, prefazione del Sen. Armando Plebe, Roma, Gruppo parlamentare MSI-DN, Senato della Repubblica, Pagine, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze Antonio Cammarana, Teorica della reazione dialettica: filosofia del postcomunismo, Roma, Gruppo parlamentare MSI-DN, Senato della Repubblica, Pagine, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Nicola D'Amico, Un libro per Eva. Il difficile cammino dell'istruzione della donna in Italia: la storia, le protagoniste, Milano, Franco Angeli, Vito de Luca, Un consigliere comunale di nome Giovanni Gentile. Attività amministrativa a Roma e linguaggio politico in "Nuova Storia Contemporanea", Vito de Luca, "Giovanni Gentile. Al di là di destra e sinistra. Il linguaggio politico del filosofo, dell'assessore e del ministro", Chieti, Solfanelli, . Antonio Fede, tra attualità e attualismo, Pagine Alessandro Ialenti, La Logica come Teoria del conoscere in Gentile. Un'opera anticipatrice di istanze postmoderne?, Dialegesthai. Rivista telematica di filosofia, Mario Alighiero Manacorda, Storia dell'educazione, Roma, Newton & Compton, Vittore Marchi, La filosofia morale e giuridica di Giovanni Gentile, Stabilimento Tipografico F.lli Marchi, Camerino, Myra E. Moss, Il filosofo fascista di Mussolini. Giovanni Gentile rivisitato, Armando Editore, Antonio Giovanni Pesce, La fenomenologia della coscienza in Giovanni Gentile, in Quaderni Leif, Antonio Giovanni Pesce, L'interiorità intersoggettiva dell'attualismo. Il personalismo di Giovanni Gentile, Roma, Aracne, . Antonio Giovanni Pesce, La filosofia della nuova Italia. Il progetto etico-politico del giovane Gentile, Viagrande, Algra, . Vincenzo Pirro, Regnum hominisl'umanesimo di Giovanni Gentile, Roma, Nuova Cultura,  Vincenzo Pirro, Dopo Gentile dove va la scuola italiana, Firenze, Le Lettere  Vincenzo Pirro, Filosofia e Politica in Giovanni Gentile, Roma, Aracne, . Rossana Adele Rossi, La presenza e l'ombra. La pedagogia del giovane Gentile, Roma, Anicia, Giovanni Rota, Intellettuali, dittatura, razzismo di Stato, Milano, Franco Angeli, 2008 Primo Siena, Gentile. la critica alla democrazia, Volpe editore, 1966 Primo Siena, Giovanni Gentile. Un italiano nelle intemperie, Solfanelli,  Michele Tringali, L'attualismo è sempre attuale. Saggio su Giovanni Gentile nel 130° della nascita, Vittorio Vettori, Giovanni Gentile, Roma, Editrice Italiana, Marcello Veneziani , Giovanni GentilePensare l'Italia, Le Lettere, Firenze,   Attualismo (filosofia) Fascismo Idealismo italiano Manifesto degli intellettuali fascisti Riforma Gentile Uccisione di Giovanni Gentile Ugo Spirito, TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giovanni Gentile, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giovanni Gentile, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Giovanni Gentile, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Giovanni Gentile, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giovanni Gentile, su accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. HGiovanni Gentile. Keywords: Reale Accademia d’Italia -- Refs.: Luigi Speranza, The Swimming-Pool Library, Villa Grice – Luigi Speranza, “Grice e Gentile: implicatura conversazionale” -- Conversation and inter-subjectivity. – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51748250462/in/photolist-2mQPiYS-2mQUPa3-2mQUPbR-2mQUPcs-2mQY4Qg-2mQWSKX-2mQTy2s-2mQWSML-2mQWSMR-2mQPj6k-2mQY4Qb-2mQTy4X-2mQUPeX-2mQUPew-2mQTy5D-2mQTy53-2mQWSMa-2mQY4R3-2mQUPem-2mQDMyN-2mQtVUe-2mQerAd-2mQfWLw-2mQmZZv-2mQ81kz-2mPY4jk-2mPRG8i-2mPQGvz-2mPPzb6-2mPTwCM-2mPJLpp-2mPJYbw-2mPF8UJ-2mPyn68-2mPyUzx-2mPukhq-2mPnrMV-2mPmmR4-2mN34bs-2mN8u25-2mN8ym7-2mN8nen-2mNbFJE-2mN36eA-2mMYDFF-2mMV4pg-2mMP5LF-2mLP4Rj-2mLLZRD-2mLFBT9

 

Grice e Gentile – filosofia italiana – Luigi Speranza (Trieste). Filosofo. Grice: “I love Gentile; like me, he is interested in Aristotle’s immotum motor, and the idea of number in Plato – but he extends his views to all the rest of philosophy of language; if Vitters wrote a ‘trattato,’ so did Gentile!” – Si laurea a Pisa sotto Carlini. Insegna a Mantova, Vigevano, Padova e Trieste. Fonda il Bollettino filosofico. Considerato il fondatore della "scuola padovana" di metafisica neo-aristotelica.  Altre opera: “La dottrina platonica delle idee numeri e Aristotele” (Pisa : Tip. Pacini-Mariotti); “I fondamenti metafisici della morale di Seneca” (Milano : Vita e pensiero); “La metafisica presofistica; con un'appendice su Il valore classico della metafisica antica, Padova : CEDAM); “La politica di Platone, Padova : CEDAM); Institutio : sommario storico di filosofia dell'educazione, Verona : La Scaligera); “Umanesimo e tecnica, Verona : Arti grafiche Chiamenti); “Bacone, Brescia : La Scuola); “Didattica : testo ad uso degli istituti magistrali e dei giovani maestri, Milano : Marzorati); “Filosofia e umanesimo, Brescia : La scuola); “Il problema della filosofia moderna, Brescia : La scuola); “Come si pone il problema metafisico, Padova : Liviana); I grandi moralisti, Torino : Edizioni Radio Italiana); “La riforma silenziosa della scuola : il completamento dell'istruzione primaria ma inferiore, Bologna : G. Malipiero); “Se e come è possibile la storia della filosofia, Padova : Liviana); “Storia della filosofia ( I : Periodo antico e medioevale;  II : Dal Rinascimento fino a Kant;  III : La filosofia contemporanea), Padova : RADAR); Saggi di una nuova storia della filosofia, Padova : CEDAM); Breve trattato di filosofia, Padova : CEDAM). Dizionario biografico degli italiani. Marino Gentile. Gentile. Keywords: storia della filosofia period antico – filosofia romana -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gentile” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51689595451/in/photolist-2mJvNUU-2mJx5ao-2mJvNWn-2mJvNU3-2mJrG6h-2mJAknd-2mJx5a8-2mJx5aP-2mJAkke-2mJzfSc-2mJzfUG-2mJq2uE-2mJ4GHU-hSTpSd-2mKCFTz-2mLEPqL-2mLF5SC-2mKQ3hR-2mKCVmS-2mKSbL6-2mKzRPk-2mKbRVb-2mKjoDU-2mKj6Hp-2mKkwb6-2mKjpwa-2mKhhHU-2mKgWR9-2mKjphT-2mKhhve-DvhhWW-DhRHD2-CcSX6Q-Ck5UQW-CcC1aL-BUZEEQ-rpCCQN-nMb3Qx-nurrdd-nupnpX-ncRws1-nu4v1p-nw7T5i-ncRvsK-nw7Qo6-nu57jS-nnvnLQ-nr43e9-nmysSN-nokWCo

 

Grice e Gentili – filosofia italiana – Luigi Speranza (Valnontone). Filosofo. Grice: “I love Gentile, and Austin and Ryle do too – he is a classicist – from central Italy therefore he FEELS Roman – he has explored the beginnings of philosophical thinking in Lazio, as opposed to the old schools of Velia, Crotone, and Agrigento --.” Si laurea  a Roma sotto Mercati e Perrotta. Isegna a Urbino. Fonda Il Centro di studi sulla metrica latina. Figlio di Attilio e Giuseppina Cicciarelli. Frequent il Liceo Classico "Ovidio" di Sulmona. Studia a Roma sotto Romagnoli, laureandosi sotto Mercati con “Un Studio critico intorno alla storia di Agatia e alla sua tradizione manoscritta”. Insegna a Roma, al Liceo Classico "Virgilio" di Roma.  Quando Perrotta si avvicendò a Romagnoli a Roma, Gentili ne fu subito conquistato e Perrotta lo  volle come assistente.  Dal suo maestro Gentili apprese l'arte della filologia e la passione per la metrica latina (“Metrica e ritmica”). Influenza significativamente gli allora giovani della filologica latina capitolina, tra cui Rossi e Privitera che ricorda come quelle "lezioni non avevano il tono pacato delle lezioni ex cathedra. Come docente, Gentili era bifronte. Si può, anzi, dire che bifronte fosse sempre; secondo i casi poteva essere flessibile o intransigente, giocoso o severo" . Le sue erano esercitazioni, erano seminari. Bbasava l'insegnamento sulle sue ricerche.  Gli anni '50 non sono facili, sono anni di studio intensi e febbrili per lo studioso che culmineranno, insieme ai volumi sulla metrica, con una serie di lavori sui lirici: oltre alla già ricordata antologia Polinnia, il saggio Bacchilide. Studi e l'edizione di Ancreonte, Insegna a Lecce dove ebbe modo di frequentare Prato insieme al quale divenne coautore della teubneriana edizione dei Poetae elegiaci.La svolta decisiva, tuttavia, fu rappresentata dalla chiamata a Urbino dove nello stesso anno venne inaugurata la Facoltà di Lettere grazie all'impegno di Bo. Cura la Medea di Seneca (Istituto Nazionale del Dramma Antico, Mazara del Vallo). Altre opere: “Lo spettacolo nel mondo antico, Roma, Bulzoni); “Storia e biografia nel pensiero antico” Bari-Roma, Laterza. Cfr. Bruno Gentili, Eric R. Dodds mentitore? “La idea della comunicazione nella tradizione classica" Treccani. Bruno Gentili. Gentili. Keywords: implicature. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gentili” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51758048183/in/dateposted-public/

 

Grice e Gerratana – il contratto sociale – filosofia italiana – Luigi Speranza (Scicli). Filosofo. Grice: “I like Gerratana; for one, he translated Rousseau, and I have been called a contractualist, if not like Grice [G. R. Grice].” Grice: “Gerratana carefully edited Pintor’s oeuvre.” – Grice: “I like Gerratana; they – Italian philosophers, generally -- philosophise on the working people – operaio --; at Oxford we usually do not!” Partecipa alla resistenza a Roma, nelle file dei GAP, legandosi a Salinari e Pintor, conosciuto al corso allievi ufficiali di Salerno, e ricordato in “Sangue d'Europa.” Prende parte alla ricostruzione del PCI romano e si laurea a Roma. Insegna a Salerno e Siena. Studioso sobrio e rigoroso del marxismo, cura Labriola e Gramsci. La sua edizione, con un'accurata ricostruzione cronologica, archiviò definitivamente l'edizione tematica. Gerratana mette in luce lo stile "frammentario" e "antidogmatico" di Gramsci. Altre opera: “L'eresia di Rousseau, Roma, Editori Riuniti), Il marxismo, Roma, Editori Riuniti); “Labriola di fronte al socialismo giuridico, Milano, Giuffrè editore); “Gramsci. Problemi di metodo, Roma, Editori Riuniti); “Quaderni dal carcere. Treccani L'Enciclopedia italiana". Biografia di Gerratana nel sito dell'ANPI Associazione Nazionale Partigiani d'Italia. Valentino Gerratana. Gerratana. Keywords. Rousseu, Grice on social justice, Gramsci, Labriola, Grice’s ontological Marxism, eresia di roussea, labriola a fronte del socialismo, il metodo di gramsci – gappismo – G. A. P. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gerratana” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Geymonat – il temperamento romano – filosofia italiana – Luigi Speranza (Torino). Filosofo. Grice: “I like Geymonat – he calls himself a neo-rationalist, like Canova – whereas I go for the real thing! Plato!” – Grice: “Geymonat has explored the origin of infinity in the triangle of Tartaglia.” – Grice: “Geymonat has explored what he calls ‘the images of man’ – Grice: “Geymonat has a curious essay on darkness (‘tenebre’) – and a longer essay on ‘reason.’ – Grice: “Like me, Geymonat has explored the philosophy of probability – from Latin ‘probare’ – and he was an anti-fascista1” –Figlio di Giovanni Battista, un geometra liberale di origini valdesi, e da Teresa Scarfiotti. Frequenta la scuola privata del Divin Cuore e poi l'Istituto Sociale, un liceo classico torinese gestito dai gesuiti, dal quale fu espulso l'ultimo anno di corso a causa di un tema su Giovanna d'Arco non in linea con l'ortodossia e così conseguì la maturità nel Liceo classico Cavour.  Si laurea a Torino con “Il problema della conoscenza nel positivism” sotto Pastore e sotto Fubini lcon “Sul teorema di Picard per le funzioni trascendenti intere”. La sua scelta di unire, nella sua ricerca, filosofia e logica, tenute separate in Italia dall'imperante cultura idealistica del tempo, quella gentiliana che, con la sua riforma della scuola, privilegia la cultura umanistica, e quella crociana, con la sua concezione svalutativa della scienza, creatrice, ad avviso del filosofo abruzzese, di un “pseudo-concetto”, mostra l'apertura europea delle prospettive di ricerca intravista allora da Geymonat e la sua estraneità al provincialismo culturale italiano. Un rifiuto che egli estese anche alla politica del regime allora dominante. Assistente di Analisi algebrica nell'Torino ma avversario del fascismo, rifiutò l'iscrizione al partito fascistacio è di prendere la cosiddetta tessera del pane vedendosi così preclusa la possibilità di una carrier statale. Si avvicinò altresì a  Martinetti, non tanto per comunanza di prospettive filosofiche quanto per averlo riconosciuto un esempio di impegno civile e morale, essendo stato tra i pochissimi filosofi a rifiutare il giuramento di fedeltà al Fascismo. Come Ayer. Anda in Vienna per approfondire la dottrina del Circolo di Schlick, e  pubblica “La filosofia della natura”  e “Nuovi indirizzi della filosofia.”  e iscritto clandestinamente al Partito comunista, si guadagna da vivere insegnando matematica nella scuola privata «Giacomo Leopardi» di Torino, dove Pavese insegna italiano. Con il nome di battaglia Luca fu partigiano in Piemonte nella 105ª Brigata Carlo Pisacane e, dopo la Liberazione, assessore comunista al Comune di Torino, quando, vinto il concorso a cattedra, e nominato professore a Cagliari. Insegna a Pavia e Milano. Fonda il Centro di studi metodologici a Torino. Ebbe uno stile di pensiero razionalista ateo. La sua filosofia può essere inquadrata nel filone del neopositivismo (ebbe diversi contatti con il Circolo di Vienna), da lui ri-elaborato nell'ottica del marxismo! Nell'evoluzione della sua filosofia, si possono tracciare due fasi. Nella prima fase, approfondisce temi tipici del positivismo. Nella seconda fase, si sforza di analizzare la realtà oggettiva ed a questo scopo utilizza concetti caratteristici del materialismo dialettico.  Interpreta la concezione della matematica di Galilei come un strumento d'interpretazione della realtà. Approfondisce alcuni temi teorici come quello della causalità, il fondamento della probabilità, il continuo, l’intuizione, centrali nell'epistemologia. Politicamente fu vicino inizialmente al Partito Comunista Italiano, da cui si allontanò poi per aderire a Democrazia Proletaria e successivamente ai movimenti che diedero vita al Partito della Rifondazione Comunista. Nel corso di questo viaggio politico ha partecipato alla Fondazione, a Roma, dell'Associazione Culturale Marxista e collabora nella rivista Marxismo Oggi (editore Teti). Ha compiuto alcune ricerche sul teorema di Picard e sul teorema di Carathéodory per le funzioni armoniche. In “Neo-razionalismo”, spiega che un'indagine efficace della realtà, e svolta solamente tramite lo strumento della ragione.  Per fare questo, propose di scarnificare la razionalità di ogni verità e da ogni sistema di riferimento assoluti. Il neoilluminismo, capeggiato da Abbagnano e coinvolgente numerosi altri filosofi italiani, rappresentò per Geymonat il suo corso del neo-razionalismo, che avrebbe dovuto accogliere i metodi e i risultati della scienza, perseguendo un duplice obiettivo: ummanizare la scienza e concretizzare la filosofia – e l'utilizare un'impostazione storicistica al posto di quella metafisica. Per storicismo, intese l'analisi storica della struttura di un modello scientifico. Pur condividendo inizialmente l'anti-idealismo di Popper, sostenne che vi era la più manifesta e totale incompatibilità tra il marxismo e l'epistemologia popperiana. Alle sue accuse di essere il filosofo ufficiale dell'anti-comunismo, reo di difendere i regimi liberali, Popper gli rispose: “I nostri intellettuali dicono che vivono in un inferno, mentre di fatto questo mondo non è stato, fin da Babilonia, mai così vicino al paradiso come lo è ora il mondo occidentale. Per contrasto, in Unione Sovietica, si dice alla gente che vivono in paradiso, e tanti lo credono e sono moderatamente contenti; è questo, credo, l'unico aspetto per il quale la società sovietica è migliore della non-sovietica. Si deve a Geymonat l'introduzione in Italia di Kuhn.  Altre opera: “Il problema della conoscenza nel positivismo” (Torino, Bocca); La nuova filosofia della natura in Germania, Torino, Bocca, “Per un nuovo razionalismo, Torino, Chiantore, Neo-razionalismo. Torino, Einaudi, Galileo Galilei, Collana Piccola Biblioteca Scientifica, Torino, Einaudi, La filosofia della scienza, Feltrinelli, Milano); Filosofia nella storia della civiltà, con Renato Tisato, Garzanti, Milano, Storia della filosofia, Garzanti, Milano, Il materialismo dialettico, Editori Riuniti, Roma, Scienza e realismo, Feltrinelli, Milano); “Paradossi e rivoluzioni. scienza e politica, Giulio Giorello e Marco Mondadori, Il Saggiatore, Milano, La probabilita, con Feltrinelli, Milano, Kuhn e Popper, Dedalo, Bari. Lineamenti di filosofia della scienza, Mondadori, Milan); “Le ragioni della scienza” (Laterza, Roma-Bari, La libertà, Rusconi, Milano, La società come milizia, Minazzi, I sentimenti, Rusconi, Milano, Filosofia, scienza e verità, Rusconi, Milano, La Vienna dei paradossi. Controversie filosofiche e scientifiche nel Wiener Kreis, Mario Quaranta, Il poligrafo, Padova, Dialoghi sulla pace e la libertà, cCuen, Napoli, La ragione, con Minazzi e Sini, Piemme, Casale Monferrato, Attualità del Marxismo. Quaderni di Città Futura, Ancona); “Storia e filosofia dell'analisi infinitesimale, Bollati Boringhieri, Torino. Emanuele Vinassa de Regny, «Corrado Mangione: breve storia di una lunga amicizia», «AppendiceL'Associazone Culturale Marxista», in Attualità del Marxismo. Filosofia e dintorni, Intellettuali non fate ideologia. L'Occidente non è quest'inferno, Dario Antiseri, articolo su «Il Mattino di Padova», lincei. Geymonat Mario Quaranta, Geymonat filosofo della contraddizione, Sapere, Padova, Mangione , Scienza e filosofia. Saggi in onore di Geymonat, Garzanti, Milano, Pasini, Rolando , Il neo-illuminismo italiano. Cronache di filosofia, Il Saggiatore, Milano, Minazzi, Scienza e filosofia in Italia negli anni Trenta: il contributo di Persico, Abbagnano e Geymonat. Norberto Bobbio, Ricordo, "Rivista di Filosofia" Silvio Paolini Merlo, Consuntivo storico e filosofico sul "Centro di Studi Metodologici" di Torino, Pantograf (Cnr), Genova,  Minazzi, “La passione della ragione” Thélema Edizioni Milano-Mendrisio, Mario Quaranta, Una ragione inquieta, Seam, Formello, Minazzi , Filosofia, scienza e vita civile inGeymonat, La Città del Sole, Napoli, Fabio Minazzi, Contestare e creare. La lezione epistemologico-civile di Geymonat, La Città del Sole, Napoli, Silvio Paolini Merlo, Nuove prospettive sul "Centro di Studi Metodologici" di Torino, in «Bollettino della Società Filosofica Italiana», Bruno Maiorca ,Scritti sardi. Saggi, Cagliari, Minazzi , Ludovico Geymonat, un Maestro del Novecento. Il filosofo, Edizioni Unicopli, Milano, Pietro Rossi, Avventure e disavventure della filosofia. Saggi sul pensiero italiano del Novecento, il Mulino, Bologna, Minazzi, Geymonat epistemologo, Mimesis Edizioni, Milano   Positivismo logico Circolo di Vienna Scuola di Milano. Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Geymonat, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Massimo Mugnai, Scienza e filosofia: Geymonat e Preti, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Articoli della stampa italiana su L. Geymonat, dal Sito Web Italiano per la Filosofia L'eredità intellettuale di Ludovico Geymonat (C.Preve). Ludovico Geymonat. Geymonat. Keywords: ragione -- temperamento romano – concretto – pratico – Catone – il trionfo di Catone con la lingua latina – la gioventu romana entusiasta con Carneade – I Scipioni ellenisane – la gioventu delle megliore familie – grand tour a Grecia! -- il teorema di Picard, il teorema di Caratheodory per le funzione armoniche. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Geymonat” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51690486990/in/photolist-2mRwP4i-2mRgKq7-2mQEv8h-2mPPzb6-2mPEDc8-2mPyn68-2mPukhq-2mPiqeP-2mPmmR4-2mPpwbZ-2mPphVq-2mKHfUW-2mKGTYe-2mKFeJo

 

Ghersi: philosopher -- curator of The Swimming-Pool Library at Villa Grice, Liguria, Italia. Ghersi has an interest in Grice’s philosophybut finds Strawson pretty enjoyable, too!Theere’s something about the Oxonian nonsensical philosophical humour that Ghersi appreciates like none other. Ghersi often makes candid fun of some of Grice’s inventions, such as that of the conversational “common-ground status”!Ghersi enjoys the full-time paradoxes of the bald king of France. Ghersi’s favourite humorist is J. K. Jerome, but also enjoys Wodehouse.And finds Dodgson just fascinatingThe Swimming-Pool Library is mainly organised along Ghersis’s personal tastes, as a personal library should!Ghersi is not particularly appreciative of poetry, but will enjoy the ballad set to piano! Ghersi’s favourite genre is drama, since “it is so clear in implicature.” Grice is a frequent contributor to cultural circles and societies and a host like none otherVilla SperanzaSperanza appreciates Ghersi’s talent to infuse enthusiasm in all type of endeavours --. Keywords: love, soul, life, inghilterra. Refs.: Ghersi e GriceGrice e Watson --. Refs. BANC MSS 90/135c. Vide Speranza.Vide SperanzaVide SperanzaVide Speranza. – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Ghezzi – i tordi ubriachi – filosofia italiana – Luigi Speranza -- Milano). Filosofo. Grice: “I love Ghezzi: he has explored ‘turdus,’ as in ‘sturdy,’ ‘drunk as a thrush’ – but also a count who was condemned by the church; he has explored the history of masonry – in Italy it started in Calabria – from a semiotic point of view, ‘il segno del compassso,’ – and he has explored on Ayax’s ‘nichilismo razioale’ – among many other topics – also an ‘epistemology of willing’ – epissttemologia della volonta --.” Grice: “Typically of Italian philosophers, he has explored Italian  history, ‘ceneri del diritto,’ and a confrontation between people and ‘stato’. Si laurea a Milano sotto Bobbio con “La Filosofia del Diritto.” Gran Maestro Onorario del Grande Oriente d'Italia.  Marginalità e Società,  ell'Università degli Studi dell'Insubria (sede di Como). Sociologia della Devianza. Studia il positivism giuridico dal punto di vista del concetto di diritto. Affrontato il tema del pluralismo dei valori e degli ordinamenti giuridici, del federalismo, criminalità, devianza, marginalità e pluralismo nell'ambito della Sociologia del Diritto Penale, sulla giustizia e sulla legittimità degli ordinamenti giuridici, con particolare riferimento alla figura del "deviante giuridico", introducendo i concetti che porteranno alle teorie della "divergenza” sociale, marginalità, Si rileva essersi principalmente dedicato al tema del nichilismo giuridico, proponendo una visione nichilista, definite come “l’assenza del valore” -- del tutto neutra circa la potenzialità “regolatrice” e la potenzialita ordinatrice di una norma. L’approfondimento del nihilismo assiologico o valuativo risulta essersi svolto attraverso il confronto con filosofi contemporanei di questo ambito, tra cui Ferrari, Severino, e Giorello. Scetticismo. La Rivoluzione del Diritto come Estetica, in estensione del suo libro Il Diritto come Estetica. Nel volume è stata inclusa, come Appendice, una Raccolta di diversi saggi di filosofi contenenti riflessioni ed approfondimenti interamente riferiti a Ghezzi. Altre opera: “Socialismo e sociologia giuridica: "Centro lombardo studi socialisti, Milano, “Devianza tra fatto e valore nella sociologia del diritto” (Giuffrè, Milano); “Federalismo,  I e II, Patera Palermo Editore,  Diversità e pluralismo. La sociologia del diritto penale nello studio di devianza e criminalità, Raffaello Cortina, Milano, “Il segno del compasso. La massoneria e i suoi persecutori attraverso simboli, idee, fatti e processi, Mimesis, Milano. “Le Ceneri del Diritto. La dissoluzione dello Stato democratico in Italia, Mimesis, Milano . Le lacrime di Hiram. Autobiografia incompleta di un Libero Muratore, Edizioni della Confraternita Sufi Jerrahi Halveti in Italia, Milano “La Scienza del dubbio. Volti e temi di sociologia del diritto, Mimesis, Milano  Federalismo laico e democratico, Mimesis, Milano; “I tordi ubriachi” Un viaggio iniziatico, Mimesis, Milano ,  Sociologia giuridica del lavoro, Mimesis, Milano , Il Diritto come Estetica. Epistemologia della conoscenza e della volontà: il nichilismo/nihilismo del dubbio, Mimesis, Milano Della vita e della morte. Vulnerant omnes ultima necat, Mimesis, Milano; “Nichilismo razionale e mistico. Indicazioni per il nuovo mondo, Mimesis, Milano); “Stranieri, ospiti, alieni, alienati e pluralismo culturale” (Mimesis, Milano); “Nichilismo come valore senza valori, Mimesis, Milano); “Abusi di stato: Risarcimento del danno al cittadino, Mimesis, Milano); In ricordo di Riccardo Bauer, di Ghezzi e Arduino, C.R.E.A., Milano; “Educare alla democrazia e alla pace. Bauer. Scritti scelti, L.I.D.U., edizioni Raccolto,  Alle origini dell'Umanitaria, Ghezzi e Canavero Raccolta Edizioni-Umanitaria, L'immagine pubblica della Magistratura italiana, di Ghezzi Giuffrè, Milano Curatele . “Etica contro politica”; Morris L. Ghezzi, edizione Iesi, Ferrari, Ghezzi,‘’Diritto, cultura e libertà. Atti del convegno in memoria di Renato Treves’’ (Milan), Giuffrè, Milano, Studi preliminari di sociologia del dirittoTheodor Geiger, Morris L. Ghezzi, Nicoletta Bersier Ladavac e Michele Marzulli, traduzioni di Leonie Schröder, Mimesis, Milano); “Criminologia” (Mimesis, Milan). Pubblica amministrazione. Diritto penale. Criminalità organizzata, Osservatorio permanente sulla criminalità organizzata, Carola Parano, Giuffrè Editore, Stefano Carluccio, In ricordo di Morris Ghezzi, anima della Società Umanitaria, su CriticaSociale.net. 1 Dei delitti e delle pene. Rivista dell'Agenzia del territorio, L'Agenzia, rif. Archivio Università degli Studi dell’Insubria. Cura “Studi preliminari di sociologia del diritto” (Mimesis, Milano); “Socialismo e sociologia giuridica: introduzione Arduino, Centro lombardo studi socialisti); La scienza del dubbio. Volti e temi di sociologia del diritto, Legge di Hume e tesi giusnaturalistica: un’antitesi teorica nel pensiero di Norberto Bobbio , su dialettica e filosofia.  Etica contro politica, di Elias Diaz, Ghezzi, edizione Iesi,  L' immigrato extracomunitario non marginale. Una ricerca empirica sul territorio Milanese, in ‘’Marginalità e Società’ Berzano, Renzo Gallini, Giovani E “Violenza: Comportamenti Collettivi in Area Metropolitana, Ananke, con richiamo ad art. Di Ghezzi in “Marginalità e Società, II”.  Le ceneri del diritto. La dissoluzione dello Stato democratico in Italia, Mimesis, Milano, al Ghezzi fa riferimento Rosario Minna in Crimini associati, norme penali e politica del diritto: aspetti storici, Giuffrè Editore, Morris L. Ghezzi, Federalismo Laico e Democratico, Mimesis, Milano Arturo Colombo, Franco Della Peruta “et al.”, in Carlo Cattaneo: i temi e le sfide, Ed. Casagrande, Milano, Con riferimento al Federalismo del Ghezzi: “mentre ci sarà chicome Ghezzi pur con tagli molto diversi, collegherà la prospettiva degli Stati Uniti d'Europa con l’altra formula cattaneana degli Stati Uniti d’Italia.»  Edmondo Bruti Liberati in "PostfazionePotere e Giustizia", richiama Morris L. Ghezzi 3 in: Governo dei giudici. La Magistratura tra diritto e politica, E. Bruti Liberati et al., Ed. Feltrinelli, Berzano, Gallini, cita di Ghezzi “Alle origini della labelling theory e del concetto di devianza”, da Marginalità e società, Ghezzi e Simonetta Balboni, Mimesis, Milano , Cirus Rinaldi fa suo il concetto di Devianza di Ghezzi. “come sostiene Ghezzi essa svolge un ruolo euristico [empirico] non solo nella spiegazione di fenomeni di stigmatizzazione di intere categorie, ma anche penetrando nella marginalizzazione, che agisce all’interno delle categorie” in Devianze e crimine. Antologia ragionata di teorie classiche e contemporanee, Cirus Rinaldi e Pietro Saitta, PM edizioni, Scrive M. Marzulli, BRÜCKE als sein Ordinamento sociale come ponte tra tradizione e futuro nella descrizione del diritto come estetica, in Ermeneutica del "Ponte". Materiali per una ricerca, Silvio Bolognini, Mimesis, Ferrari, in Ciò che resta. Le ultime parole diGhezzi, in Sociologia del Diritto, Fascicolo gennaio , ed. F. Angeli,   Emanuele Severino, nel capitolo 4 di Dispute sulla verità e la morte (Rizzoli) prende a riferimento un libro di Ghezzi (Il Diritto come Estetica) e s’intrattiene lungamente sul pensiero dell’autore.  Giulio Giorello si intrattiene sul testo del Ghezzi (“Il Diritto come Estetica”), lo commenta, ne riporta il pensiero, secondo cui « "la morale non è altro che una forma dell’estetica"» e ricorda la figura "nihilista" dell'autore. Da "Introduzione" di Giorello, Piacere, Diritto e Burocrazia. In ricordo di Morris Ghezzi, inGhezzi. Ciò che resta. La rivoluzione del diritto come estetica, Furio S. Ghezzi e Simonetta Balboni, Mimesis, Milano, Il Diritto come Estetica. Epistemologia della conoscenza e della volontà: il nichilismo/nihilismo del dubbio, Ghezzi. Ciò che resta. La rivoluzione del diritto come estetica (Domenico Mazzullo, ‘’Prefazione’’, “Appendice“: saggi di: Isabella Merzagora, Riflessioni di una criminologa prestata alla filosofia del diritto, Claudia Roxana Dorado, El devenir del derecho: reflexiones acerca de las concepciones jurídicas de Ghezzi,  Il futuro del diritto: riflessioni sulle concezioni giuridiche di Ghezzi,  Metodo di ricerca sul rischio sociale,  Marco A. Quiroz Vitale,  Esistenzialismo e Nihilismo come confini aperti del Giurispositivismo; Enrico Damiani di Vergata Franzetti, Il Diritto come Estetica,  Emanuele Severino, Dispute sulla verità e la morte, Rizzoli, Ghezzi. Ciò che resta. La rivoluzione del diritto come estetica, Simonetta Balboni e Furio S. Ghezzi, Mimesis, Milano , “Prefazione” di Domenico Mazzullo, “Introduzione” di Giulio Giorello, In “Appendice” saggi di: Isabella Merzagora, Claudia Roxana Dorado, Marco A. Quiroz Vitale, Damiani di Vergata Franzetti. Michele Marzulli, "BRÜCKE als sein” Ordinamento sociale come ponte tra tradizione e futuro nella descrizione del diritto come estetica." in Ermeneutica del "Ponte". Materiali per una ricerca, Silvio Bolognini, Mimesis ,  Vincenzo Ferrari, Ciò che resta. Le ultime parole diGhezzi, in Sociologia del Diritto, Fascicolo, ed. F. Angeli, Cirus Rinaldi e Pietro Saitta (a cura) in Devianze e crimine, Antologia ragionata di teorie classiche e contemporanee, a cura di, PM edizioni, ,Rosario Minna, Crimini associati, norme penali e politica del diritto: aspetti storici, Giuffrè Editore,  Sociologia del diritto Filosofia del diritto Criminologia. Morris Lorenzo Ghezzi. Morris L. Ghezzi. Gezzi. Keywords: i tordi ubriachi, i tordi, tordo, “drunk as a thrush/newt” turdus ubriacus – sturdy – I tordi -- nihilism about values, Mackie, Inventing right and wrong, Hare, emotivism, Grice, The conception of value, valitum – valore – axiology -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ghezzi: l’implicatura del tordo” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51757983938/in/dateposted-public/

 

Grice e Ghisleri – atlante filosofico – filosofia italiana – Luigi Speranza (Cascina Sant’Alberto). Filosofo. Grice: “Whereas to many, Ghisleri’s best work is that on Ancient Rome and counter-revolution, I treasure the details: ‘the pen is like a sword’ – ‘the pen and the sword.’ “The pen is my sword.’ Note that the first is a mere simile – as used by Ghisleri, but his executor turns it into a metaphor just by eliding the ‘like’ (“come”). Grice: “I like Ghisleri – a typical Italian philosopher; wrote on geography, on ‘la penna d’oca,” and a fabulous history of Roman philosophy!” --  “He was into politics, too!” L'Italia non è studiata, non è conosciuta dagli italiani. Dobbiamo rifare la nostra educazione politica e civile sulla base di una nuova e più razionale conoscenza del nostro paese. Dobbiamo studiare l'Italia regione per regione nella natura del suolo, nella sua topografia, ne' suoi prodotti nelle sue industrie, ne' suoi dialetti, nelle sue tradizioni, nelle sue varie necessità politiche e sociali.” Fonda La Società dei Liberi Pensatori (L’'Associazione Nazionale del Libero Pensiero "Giordano Bruno") di chiare simpatie democratiche e repubblicane. Iniziato in Massoneria, l'anno seguente entrò nella Loggia "Pontida" di Bergamo e nel 1906 fu affiliato alla Loggia "Carlo Cattaneo" di Milano.  Ghisleri diede alle stampe una nuova rivista mensile, Cuore e critica, rivolta all'educazione civile e agli studi sociali ed espressione di un'avanguardia intellettuale impegnata nella costruzione di una coscienza repubblicana e progressista. Sorta a Savona, la redazione della rivista si trasferì a Bergamo, in coincidenza con il trasferimento del Ghislèri al Sarpi di quella città. Si dedica con assiduità agli studi di geografia e di cartografia, che aveva cominciato a coltivare quando insegnava a Matera. Allora si era sentito mortificato nel constatare che nelle scuole italiane venivano adottati atlanti stranieri, assai carenti nel trattare la geografia storica dell'Italia. Dopo aver pubblicato il “Piccolo manuale di geografia storica” (Bergamo) volle perciò cimentarsi in un'impresa che non era mai stata tentata: la realizzazione di un testo-atlante che desse il dovuto rilievo all'evoluzione storico-geografica dell'Italia. Al progetto fu interessato lo stabilimento "Fratelli Cattaneo di Bergamo" che, grazie al successo delle iniziative editoriali promosse da Ghisleri, si trasformò in Istituto italiano d'arti grafiche e s'impose nel settore della cartografia. Ghisleri concepì il suo atlante in modo da offrire per una stessa regione molteplici carte e cartine con le denominazioni e le divisioni topografiche proprie di ogni epoca. L'apparizione dell'atlante fu salutata dalle lodi di esperti e studiosi, ma suscitò anche riserve di parte del mondo accademico, che rimproverava al Ghisleri superficialità e la commistione tra la geografia fisica e la storia dei popoli, delle civiltà, delle esplorazioni, dei commerci. Commistione del resto ricercata dal Ghisleri che, in polemica con il tradizionale approccio alla geografia e senza sentirsi condizionato dai limiti angusti dei programmi scolastici di allora, perseguiva metodi nuovi nello studio e nell'insegnamento della materia. Tenne la cattedra di filosofia nel Liceo di Lugano. Giornalista, fu direttore di «La geografia per tutti» e «Le comunicazioni di un collega».Di idee mazziniane, recepite soprattutto nella versione che ne proponeva Saffi, in campo politico fu vicino ai movimenti rivoluzionari e collabora con Gaudenzi alla fondazione del Partito Repubblicano Italiano. Tuttavia Ghisleri non fu un ideologo sistematico: una sistematizzazione del suo pensiero è soprattutto opera di Conti.  Diresse la rivista Preludio di stampo filosofico positivista e progressista. Diresse L'Italia del popolo.  Al Congresso del Partito Repubblicano, tenuto a Forlì, intervenne con una relazione su La questione meridionale e la sua logica soluzione. Demofonti, La riforma nell'Italia del primo Novecento: gruppi e riviste di ispirazione evangelica, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, Vittorio Gnocchini, L’Italia dei Liberi Muratori, Milano-Roma, Mimesis-Erasmo. Altre opera: “La Scapigliatura democratica: carteggi” ( Pier Carlo Masini,Milano), L'archivio di Ghisleri fu ritrovato da Pier Carlo Masini ed è depositato presso la Domus Mazziniana di Pisa. Democrazia come civiltà. Il carteggio Ghisleri-Conti , Antonluigi Aiazzi, Libreria Politica Moderna, Firenze, Tripolitania e Cirenaica dai più remoti tempi sino al presente, Emporium, novembre, Tripolitania e Cirenaica, dal Mediterraneo al Sahara, monografia storico-geografica, Società Editoriale Italiana, Istituto Italiano d'Arti Grafiche, Bergamo, Le meraviglie del globo esplorato e le zone non ancora conosciute Letture geografiche Società Editoriale Italiana, Milano, Bagdad e la Mesopotamia nel passato e nell'avvenire, Emporium, giugno, Lombroso nella vita intima, Emporium, luglio 1917 L'ultima colonia africana della Germania, Emporium, Atlante scolastico di Geografia moderna astronomica-fisica-antropologica,Istituto Italiano d'Arti Grafiche, Bergamo (a cura dei professori Magg. G.Roggero, G.Ricchieri, A.Ghisleri) Saffi. La vita, gli studi, l'apostolato, Libreria politica moderna, Roma, La questione meridionale nella soluzione del problema italiano, Libreria politica moderna, Roma, “Testo-atlante di geografia storica generale e d'Italia in particolare, espressamente compilato per le scuole italiane conforme ai loro programmi- I Mondo Antico; II Storia Romana; Fratelli Cattaneo e poi Istituto di Arti Grafiche, Bergamo. Medio Evo, Evo Moderno e contemporaneo Atlante d'Africa, Istituto Italiano d'Arti Grafiche, Bergamo, Antipode, a Radical Journal of Geography, Berardi, Verso un nuovo Risorgimento. Il Carteggio tra Ghisleri e Belloni, Acireale-Roma, Bonanno, Dizionario biografico degli italiani,  L'Italia risorgimentale di Ghisleri, Milano, Angeli, Aroldo Benini, Vita e tempi di Ghisleri, con appendice bibliografica, Manduria, Lacaita, Tomasi, Scuola e liberta in Arcangelo Ghisleri: con una scelta di lettere inedite dell'archivio Ghisleri, Pisa, Nistri-Lischi, Ghisleri: mente e carattere: L'Italia e la rivoluzione italiana, Milano, Sandron Editore, Treccani. Arcangelo Ghisleri, su siusa.archivi.beniculturali, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.  Opere di Arcangelo Ghisleri, su Liber Liber.  Opere di Arcangelo Ghisleri, su openMLOL, Horizons. Arcangelo Ghisleri. Ghiseri. Keywords: atlante filosofico, tavola I, tavola II, tavola III, -storia romana, eta romana – classe V ginnasiale -- storia romana e filosofia. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ghisleri: storia romana e filosofia”– The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Giacchè – l’altra visione dell’altro – filosofia italiana – Luigi Speranza (Perugia). Filosofo. Grice: “I like Giacché; for one, he philosophises on theatre, which any Sheldonian should appreciate!” Grice: “Giacché is what I would call a philosophical anthropologist.” Grice:”Giacché has an ability with language: “l’altre vision dell’altro,” for example – difficult to translate, but genial nonetheless, or perhaps genial because uneasily translatable!” – “He has philosophised on spectator and participant, which is conversational in tone – there’s no monologue, but dialogue --.” “He has criticised authoritarian types of performances like traditional teaching which he has compared to religion!” Insegna a Perugia. Si occupa di varie problematiche socio-culturali quali condizione giovanile, devianza, comunicazione di massa, solitudine abitativa, politica culturale. Opere: Una nuova solitudine. Vivere soli fra integrazione e liberazione, Roma, Lo spettatore partecipante. Contributi per un'antropologia del teatro, Guerini e Associati, Milano, Carmelo Bene. Antropologia di una macchina attoriale, Bompiani, L'altra visione dell'altro. Una equazione fra antropologia e teatro, Ancora del Mediterraneo, Napoli, Ci fu una volta la sinistra. Ovvero il silenzio dei post-comunisti, Edizioni dell'asino, Roma. Piergiorgio Giacchè. Giacchè. Keywords: l’altra visione dell’altro, Clifton, religion and education, ego et tu. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Giacchè: A Cliftonian implicature” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51757949198/in/dateposted-public/

 

Grice e Giacomo – l’inspiegabile – filosofia italiana – Luigi Speranza Avola). Filosofo. Studia estetica. Il rapporto tra estetica e figura, immagine, rappresentazione. Si laurea sotto Garroni. Insegna a Parma e Roma. Fonda la Società Italiana d'Estetica. Nell'affrontare il concetto di ‘immagine’ è necessario rifiutare sia l'interpretazione che vede una'immagine come lo specchio di una cosa (“Fido”-Fido). E necessario rifiutare anche quella interpretazione del concetto di ‘imagine’ che la considera esclusivamente come un segno significante di se stesso. Il concetto di ‘rap-presentazione’ implica qualcosa che si mostra e nel manifestarsi resta ‘altro' dalla ‘percivibilita’ della rappresentazione stessa. Così, nel ‘presentare’ se stessa, una immagine manifesta l'altro del perceptible, del rappresentabil. Quell'altro che si rivela nel perceptibile, nascondendosi a esso. Ed è proprio così che una immagine si fa un ‘icono’ di quello che e altro il perceptibile. Afferma la tendenziale perdita di ‘figurativita’ di una immagine e del continuare a sussistere dell'immagine stessa. Una immagine, infatti, è una segno e insieme una non-segno. E il paradosso di una “irrealta reale”. Si riferisce al tentativo di scindere la natura ancipite dell'immagine negli elementi che la compongono. Da una parte in un “readymade” (come l’urinale di Duchamp), nel quale la dimensione rap-presentativa si dissolve in una dimensione puramente PRE-sentativa, e dall'altra in una pura immagine soggetiva, dotata di un debole supporto materiale. Una immagine e una meta-immgine: l’immagine di una immagine (homuncular regressus ad infinitum of Griceian theories of representation, according to Cummings, but not Grice!). Di questo modo, una immagine non e neppure propriamente immagini quanto piuttosto una ‘simul-azioni’, simile allo imperceptibile, un “simul-acro”.  Non a caso una immagine, in quanto ri-produzione (doppia) ha uno scarso valore di immagine, giacché quello a cui tende è l’assumere dell’ ‘aspetto’ di una cosa.  L’immagine perde così quella connessione di ‘trasparenza’ o ‘opacità’ che caratterizza una immagine autentica. Di qui, appunto, la questione di realizzare una immagine vera e propria. Troviamo il superamento della dimensione epifanica che è propria dell'icona, dove appunto il perceptibile è il luogo di mani-festazione di la cosa impercetibile – l’Assoluto di Bradley. Emerge una concezione dell'immagine che, nella consapevolezza dell'impossibilità di ogni pretesa di esaurire ‘il reale’ e insieme di ‘manifestare’ l'Assoluto, può essere interrogata come testimonianza di quanto non si lascia ‘tradurre’ (translation) in immagine: testimoniare, infatti, è raccontare ciò che è impossibile raccontare del tutto. In questo modo, la testimonianza fa tutt'uno *non* con la memoria in quanto conformità con l'accaduto, ma con l’immemoriale -- qualcosa che non possiamo né ricordare né dimenticare, che non è “dicibile” né “indicibile”. Insomma, il testimone “parla” (spiega, dispiega) soltanto a partire da l’impossibilità concettuale di spiegare o dispiegare. Che l'immagine valga allora come testimonianza significa che il tentativo di dire l'indicibile (spiegare l’inspiegabile) è un compito infinito. La questione dell'immagine è una questione di fidanza, di etica. In una immagine, non essendoci alcuna compiutezza, non si dà alcuna redenzione né alcuna pacificazione nel confronto col reale. Analissare l’immagine come testimonianza equivale a vedere l’immagine come il luogo di una tensione sempre irrisolta tra memoria e oblio, e quindi come l'espressione del dover essere (il possibile) del senso in un orizzonte, come l’attuale. quale sempre di più sia il mondo che l'arte sembrano essere abbando il NON-senso.  Altre opera: “Dalla logica all'estetica” (Parma, Pratiche); “Icona” “L’immagine tra presentazione e rappresentazione” (Palermo, Centro internazionale studi di estetica); Estetica e letteratura. Il grande romanzo tra Ottocento e Novecento, Roma-Bari, Laterza. Introduzione a Paul Klee, Roma-Bari, Laterza, "Ripensare le immagini", Mimesis, Milano,  "Volti della memoria", Mimesis, Milano,  Narrazione e testimonianza. Quattro scrittori italiani del Novecento, Milano, Mimesis,  "Malevic. Pittura e filosofia dall'Astrattismo al Minimalismo", Carocci, Roma,  Fuori dagli schemi. Estetica e figura dal Novecento a oggi, Laterza, Roma-Bari,  "Arte e modernità. Una guida filosofica", Carocci, Roma,  "Una pittura filosofica: l'informale", Mimesis, Milano,  "F. Nietzsche. L'eterno ritorno", Alboversorio, Milano,  Media e divulgazione  Art and Perspicuous Perception in Wittgenstein’s Philosophical Reflection, L’immagine-tempo da Warburg a Benjamin e Adorno. Il saggio più importante per il rapporto tra estetica e letteratura è Estetica e letteratura. Il grande romanzo tra Ottocento e Novecento, Laterza, Cf. "Dalla logica all'estetica”, "Alle origini dell'opera d'arte contemporanea" “Astrazione e astrazioni”,  "La questione dell'aura tra Benjamin e Adorno", Rivista di Estetica, “Volti della memoria”. Giuseppe Di Giacomo. Giacomo. Keywords: l’inspiegabile, aura; ‘impiegatura como spiegatura dell’inspiegabile” -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Giacomo: impiegatura come spiegatura dell’inspiegabile” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51758320754/in/dateposted-public/

 

Grice e Giametta – il volo d’Icaro – filosofia italiana – Luigi Speranza (Frattamaggiore). Filosofo.  Grice: “Giammetta is a good’un, but you gotta be an Italian to appreciate him fully, or at least have gone to Clifton, as I did!” --  Grice: Giametta’s philosophy is full of Italianateness: ‘il volo d’Icaro,’ and then there’s his ‘Croceian heterodoxies,’ and most Italianate of all, the Dantean reference to Nisso, Chiron, and Folo in the “Inferno”! Sublime!” Cura Nietzsche a Firenze. Ha scritto saggi di critica "eterodossa" su Croce. Cura Cesare. È anche romanziere, estraneo a scuole o correnti, con storie dalla forte valenza filosofica e morale;  attitudine stilistica: la prosa di Giametta pare quella di un centauro: sorprendente incontro di letteratura e filosofia.  Nella "Trilogia dell'essenzialismo" (composta da “Il Bue squartato” --  L'oro prezioso dell'essere e Cortocircuiti), elabora un proprio sistema di filosofia erede del naturalismo rinascimentale. L’Essenzialismo è una nuova filosofia, fondata esclusivamente sulla natura, intesa nei suoi due aspetti, sia come “naturans” (cf. Grice, implicans, implicaturus)  sia come “naturata” (cf. Grice implicatum, implicatura, implicaturus, implicata). Grice: “The problem: ‘is ‘naturare’ a good verb?’ --. L’essenzialismo descrive la condizione umana come determinata dalla combinazione di due elementi eterogenei: dall’essenza di tutto ciò che esiste, che è divina, e dalle condizioni di esistenza, che sono spesso fin troppo diaboliche, a cui sono sottoposte tutte le creature. Il con-temperamento di questi due elementi (essenza ed esistenza), diverso in ogni individuo, spiega le ragioni per cui si afferma o si nega la vita, si è ottimisti o pessimisti...".  Alter opera: “Oltre il nichilismo” (Tempi moderni, Napoli); “Poeta e filosofo” (Garzanti, Milano); Palomar, Han, Candaule e altri. Scritti di critica letteraria, Palomar, Bari Nietzsche e i suoi interpreti. – cfr. ‘Grice interprete di se stesso” – “Erminio; o, della fede. Dialogo con Nietzsche di un suo interprete. Spirali, Milano); “Saggi nietzschiani” (La Città del Sole, Napoli); “Croce” (Bibliopolis, Napoli); “Il mondo” (Palomar, Bari); “Madonna con bambina e altri racconti morali, BUR, Milano); “Commento allo Zarathustra” Mondadori Bruno, Milano); “Filosofia come dinamita” BUR, Milano), “Croce, il pazzo” (La Città del Sole, Napoli); “Eterodossie crociane” (Bibliopolis, Napoli); “La caduta di Icaro” (Il Prato, Padova); Introduzione a Nietzsche. Opera per opera, BUR, Milano, Il bue squartato e altri macelli. La dolce filosofia, Mursia, Milano . L'oro dell'essere. Saggi filosofici, Mursia, Milano . Cortocircuito e implicatura -- Mursia, Milano . Adelphoe, Unicopli, Milano . Il dio lontano, Castelvecchi, Roma); “Tre centauri, Saletta dell'Uva, Napoli . Filosofi, Saletta dell'Uva, Napoli . Una vacanza attiva, Olio Officina, Milano . Grandi problemi risolti in piccoli spazi. Codicillo dell'essenzialismo; Bompiani, Milano . Colli, Montinari e Nietzsche, BookTime, Milano . Capricci napoletani. Pagine di diario (Marco Lanterna), OlioOfficina, Milano; “Il colpo di timpano, Saletta dell'Uva, Napoli); “Dio impassibile” (Babbomorto, Imola . Contromano, BookTime, Milano. Il bue squartato e altri macelli, Mursia, Milano .  La passione della conoscenza. Pensa Multimedia, Lecce, . Marco Lanterna, Le grandi oscurità della filosofia risolte in lampeggianti parole. Marco Lanterna, Contributo alla critica di Sossio (in Giametta, Capricci napoletani, OlioOfficina, Milano ).  Friedrich Nietzsche Arthur Schopenhauer Giorgio Colli Mazzino Montinari. Sossio Giametta. Giametta. Keywords: il volo d’Icaro, l’implicatura di Croce – eterodossie crociane – Cosi parlo Zoroaster; cosi implico!”—cortocircuito e implicature, la pazzia di Croce, il pazzo di Croce – la caduta di Icaro? No, il vuolo di Icaro! – Colli e Montanari! --   Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Giametta: cortocircuito ed implicatura” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51716489340/in/photolist-2mRAqeJ-2mQxzwE-2mQDDPt-2mQMcti-2mQMcsB-2mQHU1f-2mQK7Hp-2mQMcs1-2mQMcr4-2mQK7Gn-2mQDDQq-2mQMcsG-2mQHTYB-2mQHU15-2mQK7GY-2mQNoEv-2mQK7HQ-2mQNoHr-2mQK7J1-2mQDDPd-2mQHU1a-2mQHTZo-2mQMct8-2mQDDPP-2mQHTYG-2mQNoEF-2mQMcqT-2mQNoFx-2mQK7Hz-2mQHTYr-2mQMcqN-2mPkhvE-2mN1wvj/

 

Grice e Giandomenico – l’apertura semantica – filosofia italiana – Luigi Speranza (Carunchio). Filosofo. Grice: “I like Giandomenico; he makes excellent commentary on Bernard’s controversial, deterministic idea of life – from amoeba to man, in Russell’s words --.” Grice: “Surely this has connections with my method in philosophical psychology, from the banal to the bizarre, which actually starts with philosophical BIO-logy!” Grice: “Giandomenico shows that while Bernard never thought he had to provide a ‘conceptual analysis’ of ‘vivente,’ he does propose this or that criterio: for one he tries to prove that self-nourishment cannot be the criterion – but I’m not sure what the positive he poes, if any!” Si laurea con Corsano all’istituto di filosofia di Bari.Insegna a Brindis, Lecce, Foggia, e Bari. Studia l'insegnamento di Filosofia  nei Licei. Studia filosofia della comunicazione. Fonda il Laboratorio di Epistemologia Informatica e il Centro per la Metodologia della Sperimentazione. Studia pragmatica computazionale e Informatica umanistica. Membro della Società Filosofica Italiana. Si occupato della storia della fisiologia, la storia sdell’informatica, l’informatica pragmatica, teoria della comunicazione, teoria dell’implicatura conversazionale, e teoria del segno. Pubblicato uno studio su Tommasi, che aderì alla sperimentazione. Ha trattato il contributo scientifico di Pende.  Analizza i fondamenti dell'informatica nei suoi rapporti con le teorie filosofiche, mettendo in evidenza le strutture epistemiche reciprocamente significative. “Filosofia ed informatica”, Inoltre, ha sperimentato applicazioni delle tecnologie informatiche nella ricerca umanistica.  Le ricerche condotte nell'ambito dell'informatica linguistica si sono proposte l'analisi linguistico-computazionale. L'obiettivo è stato quello di andare al di là del livello “lessicografico” – il filosofese – o terminologia filosofica, como ‘implicatura’ -- e di implementare una rete sintattica automatica con l'ausilio di software dedicati.  Il primo progetto ha riguardato l'analisi della conversazione nel “Dialogo sopra i due massimi sistemi” di Galileo. Usando un software, creato dal Laboratorio di Epistemologia Informatica di Bari, ricava un “vocabolario” (filosofese, terminologia filosofica, vocabolario filosofico) galileiano, procedere ad una prima valutazione dello stile ed avviare l'analisi “semantica” di un “concetto” utilizzato da Galileo. Ha raccolto, infine, questi spunti in una riflessione sui linguaggi dell'artificiale, intersecati con quelli della vita, sulle nuove tecnologie della comunicazione e sull'etica.  Altre opera: “Tommasi, filosofo, Bari, Adriatica; “Filosofia e sperimento” Bari, Adriatica; “Scienza, filosofia, letteratura, Verona, Bertani; “ Introduzione a Charcot, Fasano, Schena); “Epistemologia informatica, Bologna, Transeuropa); “ Filosofia e informatica. Bari: G. Laterza); “L'uomo e la macchina trent'anni dopo: Filosofia e informatica, Società Filosofica Italiana, Bari, G. Laterza); “Dall'offerta formativa alla creazione di un nuovo lavoro: la laurea umanistica” in Convegno per il corso "Informatica umanistica” BARI: G. Laterza); “Laboratori di psicologia tra passato e futuro, Lecce, Pensa Multimedia); “La prosa di Galileo: la lingua la retorica la storia, Lecce, Argo); “La filosofia come strumento di dialogo tra le culture, Bari, Mario Adda Editore); La Società Filosofica Italiana, Roma, Armando, . Note  M. Triggiani, Cultura, un fronte unico. Università e Comune per una rete dei contenitori, in Gazzetta del Mezzogiorno, 3 A.L., Dopo la laurea faccio il master in orecchiette, in Specchio. Supplemento di La Stampa, F. Di Trocchio, Dall'archivio al futuro, in L'Espresso,de Ceglia, l. Dibattista, Semi di storia della scienza.  Milano, Franco Angeli, Mauro Di Giandomenico. Giandomenico. Keywords: l’apertura semantica, “How Pirots Karulise Elatically” – pirots karulise elatically – pirots karulise – ‘implicazione’ – aperture semantica -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Giandomenico: l’implicatura conversazionale: ‘Pirots karulise elatically; therefore, pirots karulise!” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51757604051/in/dateposted-public/

 

Grice e Giani – implicatura mistica – filosofia italiana – Luigi Speranza (Muggia). Filosofo. Grice: “It’s hard for me to judge Giani’s philosophy because I fought against the Italians during the so-called ‘second world war,’ so-called!” Grice: “But I would be willing to expand: if Giani developed what he aptly called a ‘mystique’ – so did we at Oxford – Churchill surely held his ‘mystique.’ Of course the Italian, being more scholastic, had to call it ‘scuola di mistica,’ – and the idea was that of an all-male chivalry order – aptly set at Milan!” Fonda la corrente filosofica nota come "Mistica". Partì come volontario di guerra e morì sul fronte.  Dopo aver frequentato il Liceo ginnasio Dante Alighieri di Trieste si trasferì a Milano, dove si iscrisse a Milano e quindi ai Gruppi Universitari, laureandosi. Anticipa l'imminente apertura della scuola sul foglio dei Gruppi Universitari, "Libro e moschetto" della Scuola di Mistica. Ne divenne direttore, carica che lasciò alla fine dell'anno seguente dopo aver scritto il suo ampio discorso da tenersi a Roma in occasione dellaI iunione della Società Italiana per il Progresso delle Scienze che coincideva anche con il decennale della Marcia su Roma in cui enuncia i principi della nuova scuola.  Su impulso di Giani si comincia inoltre a pubblicare i Quaderni della scuola di mistica. Poche settimane dopo la riunionesi dimise da direttore con una lettera inviata a Mussolini, per contrasti interni con il segretario politico dei Gruppi Universitari. Imputa le dimissioni al mancato trasferimento della Scuola nella vecchia sede de Il Popolo d'Italia chiamato anche "Il covo" La richiesta di entrare in possesso de "Il Covo" puntava ad ottenere il possesso di uno degli ambienti più importanti dell'immaginario fascista. Continua quindi a collaborare con diversi quotidiani come "Il Popolo d'Italia" e "Gerarchia". "Lineamenti sull'ordinamento sociale dello Stato" gli fece ottenere la libera docenza e e quindi la cattedra di Storia a Pavia ma parte volontario per la guerra d'Etiopia arruolandosi col grado di capomanipolo della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale nel CXXVIII Battaglione"Vercelli".  Rientrato in Italia, riassunse la guida della scuola, qui in occasione della chiusura dell'anno scolastico nell'aula della casa del Fascio di Milano. Rientrato in Italia riassunse la carica di direttore della "Scuola di Mistica" lanciando due importanti iniziative, rilancia la pubblicazione della serie di "Quaderni" che affrontavano differenti problematiche e sempre per sua iniziativa fu creata nell'ambito della scuola la rivista mensile, Dottrina che divenne l'organo ufficiale della Scuola, in cui pubblica  il "Decalogo dell'italiano nuovo”. Si dedica inoltre al giornalismo diventando direttore a Varese di "Cronaca prealpina" e collaborando a diverse testate, tra cui Tempo (Direttore: Alfredo Acito). Dalle pagine di "Cronaca prealpina" prese parte alla campagna fondata sui propri convincimenti del ‘spirito’ contrapposto al "biologico"  La Cronaca prealpina dopo la nomina di Giani a direttore arriva a quadruplicare la tiratura.   L'incontro a Roma con Mussolini in cui si decise la cessione del "Covo" ai "mistici" della Scuola. Su impulso di Giani, con una cerimonia presieduta di Starace, la sede ufficiale della Scuola di Mistica si spostò nel medesimo edificio che ospitò ai suoi primordi il giornale Il Popolo d'Italia, chiamato "il Covo". Il "Covo" negli anni era stato trasformato in una galleria. La palazzina e proclamata monumento nazionale con tanto di guardia d'onore  svolta da squadristi e combattenti. Per esplicita decisione di Mussolini, fu ufficialmente consegnata ai mistici della scuola. L'evento fu vissuto come una autentica consacrazione dei insegnanti riuniti intorno a Giani. In realtà la consegna era già stata disposta come risulta da un foglio d'ordini del PNF e in quell'occasione il consiglio direttivo era stato ricevuto a Roma da Mussolini. Mussolini li aveva spro continuare nella loro attività.  A Milano, in occasione del decennale dalla fondazione della scuola, organizzò il "Convegno nazionale di mistica" che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto essere il primo della serie. Obiettivo che sfumò a causa dell'entrata in guerra. L'incontro vide oltre 500 partecipanti ed ebbe l'adesione della maggior parte degli filosofi dell'epoca. Come gran parte dei "mistici", partecipa nuovamente come volontario alla seconda guerra mondiale, conflitto nel quale vedeva il presagio di una rivoluzione in vista di una nuova era.  Inquadrato nell'11º reggimento alpini prese parte alla battaglia delle Alpi Occidentali contro la Francia e venendo decorato con la medaglia d’argento al valor militare.Terminata la campagna di Francia in seguito all'armistizio tornò alla vita civile ma incominciata nel frattempo la guerra in nord Africa richiese più volte di partire volontario senza ottenere soddisfazione. Alla fine ottenne di partire  come corrispondente di guerra de Il Popolo d'Italia, della Cronaca prealpina e de L'Illustrazione Italiana presso i reparti della Regia aeronautica. Per quest'ultima realizza anche diversi servizi fotografici. All'attività di giornalista affiance anche quella di militare prendendo parte ad alcune azioni e ottenendo una medaglia di bronzo al valor militare. E richiamato in Italia dove riassunse la guida de "La cronaca prealpina".Nuovamente incorporato nell'11º reggimento alpini riparte infine come volontario per la campagna di Grecia, dove cadde sul fronte greco-albanese nella battaglia per la conquista della Punta Nord del Mali Scindeli. Si offre volontario per una pericolosa missione che prevede la conquista di una munita postazione greca. L'attacco ebbe inizialmente successo con la conquista della posizione ma riorganizzatisi i greci condussero un contrattacco. Nello scontro cadde. Il periodico L'Illustrazione Italiana scrisse, senza riportare dove o come avrebbe potuto registrare tali parole, che l'ufficiale greco che lo aveva colpito a morte avrebbe raccontato che nello scontro Giani gli si era parato davanti "come un dio o un demone".  Il corpo di Giani andò disperso e gli altri assaltatori che avevano preso parte all'attacco dovettero ritirarsi rapidamente incalzati dai soldati greci. Fu pochi giorni dopo incaricato delle ricerche Carati che era anche vice-direttore della Scuola di mistica. Le ricerche a causa della perdurante situazione di guerra furono nulle, e riuscì solo ad individuare il luogo in cui era caduto.  In quell'occasione, richiesta un'udienza al Duce, chiese che potessero partire per l'Albania il cognato Guido Giani e il fratello Aldo Sampietro. Questi ultimi rinvennero la salma sepolta in maniera anonima in territorio greco. Di qui la salma fu translata nel piccolo cimitero militare di Klisura.  Mussolini fu preso come principale punto di riferimento dalla Scuola di Mistica. Elabora un discorso programmatico in cui enuncia i principi fondanti della Scuola e della Mistica fascista. Compito nostro deve essere soltanto quello di coordinare, interpretare ed elaborare il pensiero del Duce. Ecco perché è sorta una Scuola di mistica ed ecco il suo compito: elaborare e precisare i nuovi valori  che sono nell'opera del Duce.  (Giani in La marcia sul mondo). Inizialmente i principi esposti da Giani facevano parte di un discorso più ampio da tenersi a Roma in occasione di una riunione della Società Italiana per il Progresso delle Scienze. L'ampio discorso fu poi pubblicato nella serie dei "Quaderni" voluti da Giani con il titolo "La marcia sul mondo della Civiltà". Si impone un ritorno alle origini, ovvero al movimentismo rivoluzionario, riallacciandosi idealmente all'esperienza delle prime squadre d'azione e degli arditi della Grande Guerra quindi, secondo Veneziani "una più radicale rivoluzione coniugata al recupero di una più integralistica tradizione". Ma più che legati agli enunciati politici del manifesto di sansepolcro i mistici di quella esperienza esaltavano soprattutto la lotta contro la borghesia affaristica del primo dopoguerra. La mistica si considera rappresentante proprio di questo mondo ispirato dall'amore di patria e posta a guardia della rivoluzione permanente e in contrasto con gli opportunisti e i trasformisti. Individuava nell'epoca contemporanea *quattro* principali mistiche, destinate ad apportare in un primo tempo dei benefici ma poi a fallire: liberale, democratica, socialista e comunista. Liberalismo, democrazia, socialismo e comunismo sono le quattro mistiche dominanti nella societa. Il bilanciolo abbiamo già visto è per tutte negativo. Il liberalismo porta all'anarchia. La democrazia porta all'instabilità politica e sociale. Il socialism porta alla otta civile. Il comunismo porta alla vita primitiva. Queste quattro mistiche sono pertanto anti-storiche. A fronte di esse l'unica mistica in grado di superare tali crisi era quella come sviluppato nel capitolo intitolato "La marcia ideale" la cui conoscenza e diffusione presso le masse era compito della élite. Medaglia d'argento al valor militarenastrino per uniforme ordinariaMedaglia d'argento al valor militare «Volontario nella guerra d'Africa ove prese parte volontario a diverse pattuglie esploratori, chiese ed ottenne di essere anche in quest guerra assegnato ad un reparto combattente. Destinato all'11º alpini volontario a due azioni del battaglione Bolzano chiese di partecipare alla ardita discesa di due compagnie del battaglione Trento effettuata in una valle occupata dal nemico e avanzò con la prima pattuglia sotto intenso bombardamento, sprezzante del grave pericolo di sorprese e di accerchiamento nemico, esempio trascinante a ufficiali e soldati, e prova di dedizione alla patria, di alta fede e di valore.» Medaglia di bronzo al valor militarenastrino per uniforme ordinariaMedaglia di bronzo al valor militare «Corrispondente di guerra presso una squadra aerea disimpegnava il suo particolare e delicato servizio con alto senso di responsabilità. Spesso presente sugli aeroporti più avanzati e maggiormente battuti dall'offesa nemica allo scopo di rendersi conto di ogni particolare, partecipava volontariamente a difficili e rischiose missioni di guerra, dando sicura prova anche nelle più critiche circostanze di sereno sprezzo del pericolo e completa dedizione al dovere.» Medaglia d'oro al valor militarenastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'oro al valor militare «Volontariamente, come aveva fatto altre volte, assumeva il comando di una forte pattuglia ardita, alla quale era stato affidato il compimento di una rischiosa impresa. Affrontato da forze superiori, con grande ardimento le assaltava a bombe a mano, facendo prigioniero un ufficiale. Accerchiato, disponeva con calma e superba decisione gli uomini alla resistenza. Rimasto privo di munizioni, si lanciava alla testa dei pochi superstiti, alla baionetta, per svincolarsi. Mentre in piedi lanciava l'ultima bomba a mano ed incitava gli arditi col suo eroico esempio, al grido di: «Avanti Bolzano! Viva l'Italia», veniva mortalmente ferito. Magnifico esempio di dedizione al dovere, di altissimo valore e di amor di Patria.» — Punta NordMali Scindeli (Fronte greco), 14 marzo 1941. Opere: “La via della gloria, anni 20 La marcia sul mondo della Civiltà Fascista, Lineamenti su l'ordinamento sociale dello Stato, Giuffré ed. La mistica come dottrina. Perché siamo, A. Nicola. Perché siamo mistici. Mistica della rivoluzione. Antologia di scritti, Il Cinabro,  Longo, “I vincitori della guerra perduta” (sezione su  Giani), Edizioni Settimo sigillo, Roma.Carini, Giani e la scuola di mistica fascista,  Mursia, Antonellis, Come doveva essere il perfetto, su storia illustrate,Antonellis, Come doveva essere il perfetto, su storia illustrate, Tomas Carini nella prefazione su  Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo,Carini,  Giani e la scuola di mistica, Mursia,Tomas Carini, Giani e la scuola di mistica, Mursia, Carini, Giani e la scuola di mistica fascista, Mursia, Tomas Carini nella prefazione su Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo,Grandi, Gli eroi, Giani e la Scuola di mistica, Cfr. a tale proposito le ricerche di Enzo Laforgia, una cui sommaria sintesi è nel sito varesenews Archiviato. Tomas Carini nella prefazione su Niccolò Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo, Il saggio, edito da Dottrina Fascista, riporta in forma integra la conferenza inaugurale tenuta da Giani per l'inaugurazione del corso per maestri della Scuola di Mistica. Cfr. a tale proposito le ricerche di Enzo Laforgia in Aldo Grandi, Gli eroi di Mussolini, BUR, Milano, Antonellis, Come doveva essere il perfetto, su storia illustrate, Veneziani, La rivoluzione conservatrice in Italia, Sugarcoedizioni, Varese, Longo, Gli eroi della guerra perduta, edizioni settimo sigillo, Roma,  L'Illustrazione italiana, Grandi, Gli eroi di Mussolini. Niccolò Giani e la Scuola di mistica fascista, cAldo Grandi, Gli eroi di Mussolini. Niccolò Giani e la Scuola di mistica fascista, cNiccolò Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo, , Tomas Carini nella prefazione su Niccolò Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo,Marcello Veneziani, La rivoluzione conservatrice in Italia, Sugarcoedizioni, Varese, Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo, , Tomas Carini nella prefazione su Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo, Tomas Carini nella prefazione su Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo,  Tomas Carini, Giani e la Scuola di mistica, prefazione di Marcello Veneziani, Mursia, Milano, Grandi, Gli eroi di Mussolini. Giani e la Scuola di mistica, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, RaidoSpeciale Scuola di Mistica, Raido, Roma, Arnaldo M., Coscienza e dovere. Niccolò Giani. Giani. Keywords: implicature mistica, mistico, il mistico – la mistica del liberalismo – la mistica del comunismo – la mistica della democrazia – la mistica del socialismo – filosofia politica – dottrina liberale – dottrina comunista – dottrina democratica – dottrina socialista --. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Giani” – The Swimming-Pool Library. https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51756746927/in/dateposted-public/

No comments:

Post a Comment