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Is Grice the greatest philosopher that ever lived?

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Wednesday, January 5, 2022

GRICE ITALICVS W

 

Grice e Winspeare: elogio d’Antonino – “Della filosofia romana” (Portici). Filosofo. Essential Italian philosopher. “My Italian friends do not consider me Italian, though!” Winspeare’s ancestors are from Yorkshire in a bad time. Henry VIII. “So the king’s option was clear: either your head off or move to Capri. I chose the second.” Opere: “Delle confessioni spontanee de' rei” (Stamp. Simoniana, Napoli); “Storia degli abusi feudali” (Tip. Trani, Napoli); “Voti de' Napolitano (Napoli); “La voce di Napodano, ossia Quarta illustrazione del patto di Capuana e Nido” (Tip. Trani, Napoli); “I libri delle ‘Leggi’ di Cicerone volgarizzati” (Trani, Napoli); “Delle chiese ricettizie del Regno” (Trani, Napoli); “Filosofia” (Trani, Napoli); “Dissertazioni legali” (Agrelli, Napoli); “La colonia perpetua ed i diritti feudali aboliti” (Pesole, Napoli). Della filosofia romana. La filosofia romana può dirsi, che cominci da Cicerone, cui è dovuta la lode di aver dato la cittadinanza latina alle greche discipline, e di avere eccitato in questi studî l' emulazione de' suoi cittadini. Suo è il vanto di avere richiamato la scienza a' principî di Socrate e di Platone di averla applicata alla vita si domestica che publica, e di averle dato un linguaggio che prima non aveva; pe’quali meriti raccolse in se la gloria de’greci mae stri. Sapiente come Socrate, eloquente come Platone, erudito come Aristo tele, e austero come Zenone, Cicerone compendið in se le più chiare menti della Grecia, sì che risplende nel mondo intelligente, non solamente come il luminare della filosofia latina, ma come il più ornato, il più elegante, e il più retto ingegno, che abbia onorato la spezie umana. Che se mancogli il merito dell'invenzione, ne ebbe bene un altro, che quello eguaglia ed avan za, cioè l'essere stato tra gli antichi il più utile alla filosofia pratica, avendo rimosso dalla speculativa la investigazione delle cause naturali, e dimostralo l'unità del principio, a cui si annodano la teologia naturale, la psicologia, e la morale . Infatti avendo, come Socrate, stabilito per iscopo d'ogni filo sofia la conoscenza di se medesimo, da questo fece nascere la conoscenza di Dio, la celeste origine delle anime umane l'ordine morale degli Esseri creati, il fine de' beni e de' mali, la cognizione del sommo bene, il prin cipio delle obligazioni naturali, e la nozione di quella eterna legge che tutto modera e governa (a ). Avendo così dato alla filosofia un fine vero, e utile alla umana vita, poco entrar volle ne'concetti metafisici, e forse disprezzogli al par di Socra te; il che ha fatto a molti dire, che Cicerone nell' esporre le dottrine delle greche scuole non sempre avesse penetrato addentro nel senso loro, e fosse quasi rimaso straniero a quella esoterica sapienza, che taluni tanto più pre dicano e ammirano, quanto più di tenebroso trovano nelle sue concezioni. E qui domanderemmo, se non è arroganza de'moderni il tassare di poca penetrazione la più luminosa mente dell'antichità, la quale abbracciò le parti tutte dell' umano sapere, svolse le più gravi quistioni della filosofia intellet tuale, e spogliandole de’sofismi della dialettica le rendette facili e popolari? E vorremmo ancora sapere, se possa imputarsi a difetto di scienza l' avere ommesso quelle controversie, che non solamente non contribuiscono alla per fezione della cognizione, ma la fanno in falsa parte piegare? Sarà facile il rispondere a chiunque farassi a considerare le parti singole della filosofia da lui trattate, prendendole dal quadro ch'egli stesso ne fece nella introduzione d ' uno de' suoi libri filosofici. Ne' libri accademici volle egli dimostrare la prima e più importante ve rità dell'umana cognizione, la certezza delle sorgenti delle idee. In ciò fare, Origine e realità della umana seguì per rispetto a' sensi la dottrina di Zenone, che a quelli dato aveva cognizione. più che non aveva concesso Aristotele, o sia defini e determinò il compren sibile de'sensi ne'termini stessi di quella scuola (c); dal che dedusse, esser la verità de' sensi una condizione necessaria della natura, comprovata dalla differenza che la natura stessa ha stabilito tra 'l piacere e il dolore. Ma a canto al principio della sensazione, collocò la virtù intuitiva dell' anima come affalto distinta da quello, o sieno le prime nozioni impresse dalla na tura, senza le quali la mente non avrebbe potuto nè intendere nè ragionare. Tuscul., De legib., Academ., Visum, impressum, effictumque ex eo unde esset; quale esse non possel ex eo, unde non esset. Lucullus. Circa la dottrina delle idee, espone storicamente il concetto di idea di Platone, senza impugnarlo o sostenerlo; narra lo strazio che fatto ne ha Aristotele, insieme co'suoi peripatetici; lascia da banda la questione del come le nozioni nascose e adombrate nell'anima si sviluppassero, ma riconobbe come indispensabile la necessità d' un secondo principio tutto intellettuale, senza del quale sarebbe stato impossibile spiegare le operazioni della mente, l'astrarre, il generalizzare, l'inventare, e sopratutto il prodi gioso fenomeno della memoria (a). Conforme a' principi della umana cognizione fu il resto del suo sistema Conoscenza intellettuale, che espone nelle tusculane e ne' saggi intorno a ' fini de' beni e di se medesimo. de mali. Per la contemplazione di se medesimo, introdusce l'anima alla cognizione della immortalità ed immaterialità della sua sostanza, della origine divina da cui emana, dello scopo della vita, e del sommo bene cui debbe aspirare. E in prima, la più importante qualità dell'anima, siccome Cicerone avverti, è l'intuizione di se medesimo, la qual dote è appunto una conseguenza di quel principio d'intellezione che la natura ha in lei impresso, che non si acquista co' sensi, e che nella più matura età quando i sensi declinano, diviene più retto e perspicace. Dalla virtù, che l'animo ha di vedere se medesimo e le qualità sue, e dalla forza che ha in se di volere e di muovere, sente l'uomo essere cotesta virtù un principio proprio, non prodotto da altra esterna forza, e scopre essere quel principio stesso il quale muove la materia, affatto simile all'azione, che dà moto e vita all'universo; d'onde conclude non essere materiale o corporea, nè terrena o mortale, ma celeste ed eterna. Nè solamente dal principio della volontà e del moto ricava l'im mortalità e l'immaterialità della sostanza sua, ma si bene dalle altre doti intellettuali, di cui scorgesi arricchita: dalla facoltà di pensare, di ritenere e di richiamare le idee e le nozioni passate, di antivedere le future, e di abbracciare col pensiero la Divinità, le opere sue, e l'infinito stesso, che n'è il principale attributo. In somma sviluppando il precetto di Socrate, conosci te stesso, o sia investiga quale sia l animo tuo, Cicerone fa da quello derivare i tre primi dogmi della naturale sapienza dell' uomo, l' esi stenza di Dio, l'immaterialità, e l' immortalità dell' anima umana. E allorchè dalla interna investigazione dell'animo passa alla contemplazione de gli obbietti esterni, e delle altre opere della natura, quanto più luminoso non diviene il concetto della Divinità, della dignità dell'uomo, della sua futura sorte, e del vero scopo della vita? Delle quali magnificenze sarebbe l'uomo muto e indifferente spettatore al pari dei bruti, se non avesse sviluppato entro di se le nozioni del proprio essere, e delle relazioni sue colle altre creature, e coll'Autore stesso dell'universo Academ. Animo ipso animum videre. A stabilire poi la vera nozione della Divinità, ne' libri de natura deo rum volle Cicerone esporre le principali opinioni delle greche scuole, l'accademica, la stoica, e l'epicurea; e sbandita questa (la quale dava alla Di vinità per suo unico fondamento la pratica credenza degli uomini e rendevala affatto inutile alla vita), dimostrò come gli accademici discordassero dagli stoici nelle parole più che nella sostanza. Ciascuna di quelle due scuole non pertanto aveva una parte vera: il concetto della Divinità, ricavato dall'opera dell'universo, era degli accademici, i quali ereditato l'avevano da’socratici: l'altro della provvidenza, che tutto regge é dispone per la utilità dell'uomo, era degli stoici. Ma costoro d'altra parte ammetlevano dogmi, e commettevano insieme principî tra loro incompatibili, come la natura animata cogli attributi della Divinità, il fato colla provvidenza e colla libertà delle umane azioni. La stessa loro virtù, o il sommo bene non polevasi accomodare al viver pra tico degli uomini, dapoichè era collocata in un estremo tale, che per esso toglievasi ogni merito o biasimo a'fatti, buoni o tristi che fossero, se pur non toccassero l'apice della perfezione: per esso l'uom sapiente diveniva un Essere ideale, che non potevasi scontrare sulla terra: i doni della natura la sanità, il vigore, la bellezza, le sostanze erano agguagliate a' difetti e alle privazioni contrarie: il piacere scambiayasi col dolore: le relazioni tra gli uomini, gli ufizi della vita, la prudenza, l'ordine, le virtù civili, la cura de'publici negozî, e la domestica economia, divenivan tutte qualità di convenzione, estranee alla sapienza e alla vera virtù A rim. uovere l'ostentazione di questa scabrosa virtù, dopo avere esposto le opinioni delle greche scuole, Cicerone dimostrò quanto di vano fosse nelle parole e ne' nuovi vo caboli introdotti dagli stoici, e come il giusto mezzo si trovasse nelle emen dazioni di Panezio, il quale aveva conciliato Zenone, cogli accademici e co' peripatetici. Tale fu lo scopo de' suoi libri intorno a' fini de' beni e de' mali, insieme co'quali va letto l'altro del fato, che scrisse per accor dare insieme la dottrina dell'ordine della natura colla provvidenza, e colla libertà delle umane azioni; libro, per altro, di cui ci rimane soltanto un mal concio avanzo. Non oseremmo fare la stessa apologia de' libri intorno alla divinazione, nè sapremmo dire, se avesse egli inteso sostenere la verità delle scienze divinatorie per l'autorità degli stoici, o per la necessità di ri spettare una dottrina popolare, a cui non avrebbe potuto impunemente con traddire. Forse la maggior lode di quella opera potrebbe ricavarsi dal filo sofico concetto che in essa sovente traluce, cioè che v' ha una provvidenza conservatrice, della cui assistenza la mente umana senle il bisogno, per modo che gli stessi prestigî e le superstizioni delle arti divinatorie sono la pratica espressione di tal bisogno. Quae est causa istarum angustiarum gloriosa ostentatio in constituendo sum mo bono. De Finibus. Le opere sin qua esposte abbracciano tutta la filosofia speculativa di Cicerone. Non sono meno luminose quelle della filosofia pratica: i libri degli ufizi contengono l'applicazione della dottrina stoica, secondo le emendazioni di Panezio, a' portamenti della vita; siccome i libri della republica e delle leggi derivarono dagli stessi principi le regole per la vita publica, e per lo civile reggimento de' popoli. Per lui in somma, la filosofia nacque in Roma matura, senza passare per l'età dell'infanzia, siccome aveva falto in Grecia. Negli studi della umana sapienza la ragione romana ebbe per guida la spe rienza, o sia la storia delle opinioni e degli errori del più perspicace e il luminato popolo del mondo, il quale aveva figurato come l'antesignano e il luminare di tutti gli altri nella carriera delle lettere e delle scienze. Cicerone e eclettico, perchè altra parte non resta a chi sopraggiugne nella maturità del sapere, fuorchè il giudicare e lo scegliere. Ma l'avere esercitato il giudizio e la scelta in tutte le parti della filosofia; lavere signoreggiato i pensieri de' greci con un criterio sempre libero e retto; e l'aver dato ai pensieri della scienza l’espressione, o sia il linguaggio di cui i romani mancavano, gli meritarono presso i suoi un primato, che altro sapiente mai non ebbe presso la propria nazione. In conferma di che giova osservare, che in tutta la durata del romano impero, e in mezzo a tanti sommi uomini i quali ar ricchirono ogni parte del sapere cogli scritti loro; non apparve più alcuno che fosse stato a lui comparato, si che egli è solo modello della sana filo, sofia tra'latini, come Socrate tra'greci. Della filosofia pratica sopratutto fu benemerito, dapoichè per lui la dot trina degli stoici passò dalla scuola nel foro, e nel grande tealro del mon do. Da questa la giurisprudenza attinse le cardinali nozioni della giustizia, e delle obligazioni, proprie a stringere e consolidare i legami delle civili as sociazioni. E sebbene nelle mani de'giureconsulti la dottrina stoica acquistato avesse una tinta di disputabile, aliena dalla sua naturale rigidezza, e avesse da Seneca ricevulo un certo orpello declamatorio; pur tuttavolta fu da Ar riano nel manuale di Epitteto richiamata a' severi principî di Zenone e di Cleanto . Certamente in Roma ottenne successi maggiori che in Grecia, per chè ivi divenne madre della sapienza civile, ed ebbe il vanto di aver dato al mondo due perfetti modelli di re, nelle persone di Marco Aurelio e di Antonino . Restiamo dall' internarci negli ultimi periodi della filosofia del basso impero, si greco che latino; tra perchè le vecchie nazioni che il compone vano, nella condizione stessa della loro vita civile trovavano invincibili osta coli a' progressi della ragione; e perchè gli ultimi aneliti della filosofia an darono in quel tempo a scontrarsi col grande avvenimento, che rinnovar doveva la religione, la coltura e i costumi di tutti i popoli. Basterà dire, che il ritratto delle opinioni e de'costumi della ultiina età dell'impero ro mano sta in quel che abbiamo già detto deļla scuola alessandrina: lo scetticismo e l'indifferenza per ogni verità formavano la doltrina de' sapienti: la corruzione scioglieva ogni giorno i vincoli sociali: la superstizione e l'igno ranza avevano ottenebrato la superficie della terra .Grice: “Hailing remotely from the Catholic North Riding of Yorkshire and settling in the most beautiful coastline in the world, Winspeare knew all you need to know about Cudworth, and what he calls ‘percezione.’ I would call him an Oxonian.” Grice: “My favourite Winspeare is his ‘dictionary’: obviously he found Italian furrin enough to want to organize things in a sort of thesaurum. Speranza, on the other hand, likes Winspeare’s idea of ‘volgarizzazione’ of Cicero’s ‘De Legibus.’ – one of the most boring tracts in legalese, but then at Naples at the time, you HAD to be a lawyer!” -- Refs.: H. P. Grice, “Winspeare, Speranza, Napoli, and me!”The Grice Papers, BANC MSS 90/135c, The Bancroft. Luigi Speranza, “Grice e Winspeare,” The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria #winspeare https://www.facebook.com/media/set/?vanity=j.l.speranza&set=a.4572857239392902 #griceewinspeare https://www.flickr.com/photos/102162703@N02/51702440656/in/photolist-2mMPWdd-2mLPZbv-2mLR5nr-2mLR5nB-2mLMYBx-2mLR5mK-2mLPZaZ-2mLMYBc-2mLGr84-2mLPZcC-2mLGr8Q-2mLLwjC-2mLMYBn-2mLGr7C-2mLLwk9-2mKSd2s-2mKTgQZ-2mKSdA3-2mKTa4N-2mKNJaP-2mKQ9uA-2mKvUAt

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