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Tuesday, April 19, 2022

GRICE E CIONE: STORIA D'ITALIA: IL NOVECENTO

 Home  Cultura Cultura (di G.Parlato). Perché leggere “Storia della Rsi” di Edmondo Cione By Redazione   4 anni Ago Il sigillo della Repubblica Sociale ItalianaIl sigillo della Repubblica Sociale Italiana Sarà forse una caratteristica tipicamente italiana, ma da noi persino le guerre civili lasciano molto, moltissimo spazio alle mediazioni e ai tentativi di compromesso. Nel 1943-45, in particolare, vi furono diversi tentativi, tutti falliti, di dare alla guerra fratricida un altro esito, meno sanguinoso, più indirizzato verso un passaggio “indolore” dei poteri dalla Rsi al movimento partigiano e, infine, al Regno.  Si trattò di operazioni sotterranee molto complesse, spesso contraddittorie, che si fondavano su un equivoco: la possibilità che una parte del movimento partigiano (i socialisti, e neppure tutti) potessero staccarsi dalla opprimente pressione delle Brigate Garibaldi gestite dal Pci e realizzare una soluzione pacifica di passaggio dei poteri nel Nord Italia in nome di un socialismo  che avrebbe dovuto riunire tutti, da Mussolini a Nenni.  Protagonisti di questo tentativo, un po’ nobile, un po’ ingenuo, un po’ velleitario furono diversi personaggi di ambo le parti: da parte fascista, i ministri della Rsi Carlo Alberto Biggini e Piero Pisenti, i sindacalisti Ugo Manunta e Ottavio Dinale, il capo della polizia di Salò Renzo Montagna, il capo della Decima Junio Valerio Borghese, più altri minori; da parte socialista, Corrado Bonfantini, Gabriele Vigorelli, Carlo Silvestri, Pulvio Zocchi e soprattutto Carlo Andreoni, autore di un confuso ed equivoco tentativo di “collaborazione militare ma non politica” (!!) tra fascisti di Salò e socialisti di sinistra contrari alla egemonia comunista nel Cln.  Punto di raccordo di molti di questi fiumi sotterranei fu Edmondo Cione, filosofo, collaboratore di Benedetto Croce, antifascista liberale fino al 1940, confinato politico, il quale alla vigilia della guerra civile decise di puntare sulla riconciliazione degli Italiani.  Un progetto ambizioso, non sempre sorretto da una vera lucidità politica, che comunque portò a tre risultati importanti, nel crepuscolo della Rsi: in primo luogo, Cione riuscì a catalizzare attorno a sé un gruppo di fascisti e di antifascisti che operò per il passaggio indolore dei poteri; in secondo luogo, riuscì ad avere la fiducia di Mussolini che gli finanziò un quotidiano, “L’Italia del Popolo”, infine riuscì a costituire un movimento politico di opposizione in Repubblica Sociale, il Raggruppamento Nazionale Repubblicano Socialista che doveva essere il primo segnale verso la liberalizzazione dei partiti in Rsi.  Naturalmente ciò avvenne con l’approvazione dei fascisti “moderati”, come  Carlo Borsani, Franco De Agazio e Concetto Pettinato, e con la violenta opposizione degli intransigenti, come Alessandro Pavolini, Fernando Mezzasoma e Giorgio Almirante.  La dettagliata storia di queste più o meno sottili trame, di questi tentativi è il filo conduttore del volume di Edmondo Cione, Storia della Repubblica Sociale Italiana, edito in prima edizione nel 1948 e quindi nel 1951, che, a sessantasei anni di distanza, viene ora ripubblicato da Altergraf. Si tratta di un libro che, tra i primi, ricostruisce le vicende della Rsi e il suo valore è soprattutto questo.  Il mondo variegato e talvolta contraddittorio di quelli che cercarono di costruire dei “ponti” tra fascismo e antifascismo è complesso ma, in genere, comprende, come si è detto, fascisti di sinistra (più moderati e aperti al pluralismo) e socialisti (insofferenti al peso del Pci). Che qui ci si trovi al cospetto di un liberale è senza dubbio un elemento di novità che va tenuto presente per sottolineare l’importanza e l’opportunità di una riedizione.  Perché un liberale e, pur con tutti i distinguo, crociano accettò di sostenere i 18 punti di Verona, la socializzazione, l’ultimo fascismo mussoliniano, rivoluzionario, socialista e anticapitalista? Si tratta effettivamente di un problema non da poco che può essere spiegato solo con il costante richiamo alla concordia nazionale.  Una concordia che non è però soltanto un moto dell’animo, ma che si sostanzia di un elemento a nostro avviso centrale: la necessità del superamento dell’antitesi fascismo – antifascismo, considerando Cione il fascismo un elemento essenziale nella storia italiana, del quale è indispensabile tenere conto, non per esaltarlo ma piuttosto per proseguire nel cammino della comunità nazionale senza parentesi e senza demonizzazioni. L’errore dell’antifascismo, per Cione, fu quello di ritenere di potere cancellare il periodo fascista dalla storia italiana e soprattutto di potere non considerare  con attenzione le soluzioni che il fascismo, pur in un quadro autoritario, aveva individuato allo scopo di contribuire a fare ritrovare unità e concordia nella società italiana. In questo senso l’esperienza corporativa, che Cione intese sempre in senso produttivistico piuttosto che in termini rivoluzionari, poteva essere interessante da recuperare in una chiave pluralistica.  Più complessa la risoluzione dell’altro problema che lo assilla e che, in qualche modo, è correlato con la ricerca della concordia: il persistere, nella dinamica politica italiana, della categoria del “nemico assoluto” da abbattere. Essendo più filosofo che storico, Cione non si rendeva conto che l’Italia dopo la prima guerra mondiale non era più quella precedente e il pretendere che le contrapposizioni, giunte fino alla guerra civile, si componessero con un semplice richiamo alla concordia, dimostrava quello che acutamente aveva colto Giovanni Artieri, e che cioè Cione “pensava e scriveva come se vivesse nell’Italia di Giolitti e di Scarfoglio”.  Il saggio di Cione sulla RsiIl saggio di Cione sulla Rsi In questa sua incapacità di leggere fino in fondo la lezione del Novecento si trova la sua inattualità politica, ma anche il fascino dell’impolitico, di chi cioè preferisce manifestare le proprie convinzioni anche se esse non sono più in grado di produrre effetti politici.  La sua originalità risiede anche in un ultimo aspetto: se è vero  che in Italia gli intellettuali tendono a correre verso il carro del vincitore, la storia di Cione è quella di un filosofo che pur provenendo dalla parte dei futuri vincitori, volle stare dalla parte dei perdenti per cercare, senza riuscirci, di rendere meno dura la vendetta finale.  *Edmondo Cione, Storia della Repubblica Sociale Italiana, edito da Altergraf (pp. XXII + 398,  euro 30,00 – da richiedere a 

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