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Thursday, April 21, 2022

GRICE E CHIOCHETTI: IL PRATICALISMO

 LE GRANDI CORRENTI DEL PENSIERO    (COLLEZIONE DIRETTA DA VALENTINO PICCOLI    °° (L20560  E. CHIOCCHETTI (0. F. M.) È    della Università Cattolica di Milano       IL 5a  PRAGMATISMO    agi    E 7              EDIZIONE ATHENA  1926  MILANO - Via Vigentina' 7-9             s santo,    MRETTRI              ProPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA    (ORC)       s» ,  è ita, canina eno  er insit) miri iztarta e    ea  Nihil obstat quominus imprimatur 19  Mediolani, 26 Apr. 1926. :    Mons. G. Bernareggi.    ——_—_——_—_—_—    Nihil obstat quominus imprimatur  Mediolani, 26 Apr. 1926.    Mons. Can. Cavezzali.       ALL'AMICO  P. ARCANGELO MAZZOTTI  CHE NELLA VITA VISSUTA ANCHE PIÙ TENUE  SA CERCARE E COGLIERE    LA FILOSOFIA    sg    AL LETTORE    ca    Ripubblico, a richiesta d'amicì, in volume questi  «saggi» sul Pragmatismo, già pubblicati, parecchi  anniì sono nella Rivista di filosofia Neoscolastica, per-   chè il Pragmatismo contiene aspetti di verità che non  A vanno dimenticati. Quali siano quest» aspetti verrà  rilevulo nella esposizione che ne faccio seguendo i  Uue principali rappresentanti di esso il James e lo   Schiller.   f In questa esposizione ho introdotto solo mulazioni  accidentali, più che altro verbali, che mettano quella    corrente nei tempi suoi, già mollo lontani spiritual-  mente dai nostri.    a E. C.               | L  LINEE FONDAMENTALI DEL PRAGMATISMO       N Sommarto : $ 1. II Pragmatismo anglo-americano. — ks  T ) 2. Pragmatismo e Umanismo. — $ 3. Pragma- i  tismo e conoscenza.        SI. — Nell' Inghilterra e nell'America, come è  Noto, la filosofia ha avulo sempre un carattere pre-.  valentemente pratico, cioè, ha studiato con partico-  lare predilezione quei problemi filosofici che si rife-  riscono alla teologia, alla morale, al diritto e alle  scienze pratiche, in generale; e, anche quando si è  sollevata alle più alte speculazioni, non ha mai per-  duto il contatto intimo con la vita pratica «ed è stata  più sollecita della ricerca del vero in vista dell'orga-  nizzazione della vita reale, che non dell'astrazione  collivata per sè stessa e per la sodisfazione dello   | Spirito » (1). Per ciò che riguarda l'Inghilterra basta  pensare alla filosofia di Hobbes e di Bacone, all  filosofi cmpirica e crilica di Locke, alla filosofi  naturale di Newton, alle dottrine teologiche dei De                             (3) Cfr. «Revue Néo-Scolastique» Novembre 1909, dove son  tiLortate dall'opera: La Philosophie en Amérique del VAN B  CELAERE' (New-York 1904) le parole citate. La «Revue Néo-Sc  Stiquen ne di un amplo riassunto col titolo: Le mouveme  hilosophiqgue en Amérique, p. 607 seg. Vedi anche i riassunti  cli relazioni sullo stato della filosofia contemporanea in Inghil-  Mica in America: « Rivista di Filosofia Neo-Scolastica wu N. IL   SEE.              (6) Linee fondamentali    sti, alla fase clica del movimento empirico del se-  colo XVIII, all'Associazionismo e all'Utilitarismo. —   Nell'America i primi a interessarsi di speculazioni  filosofiche furono i colonizzatori della nuova Inghil-  terra, degli inglesi emigrati, i quali naturalmente  portarono al di lù dell'Oceano la caratteristica della  filosofia della madrepatria: l'atteggiamento pratico,  che assunse allora, per speciali circostanze storiche,  un carattere religioso. È vero che, nell’Inghilterra,  «una corrente più profonda non ha mai cessalo di  rimontare in senso opposto (alla corrente empirica).  Essa si manifesta con Herbert di Cherbury, con i  Platonici di Cambridge, nella scuola scozzese. del  ‘senso comune, e apparisce nella sua forma più sor-  prendente in Berkeley, fondatore dell'’idealismo in-  glese; è rinforzata più tardi da Kant, Lichte, Hegel  e Lolze; ma anche questa controcorrente non ha  mai perdulo il'carattere pratico, sperimentale, e  tende ad appoggiarsi più volentieri sulla volontà e  sul sentimento e a trascurare le categorie puramen-  le logiche dell’Idealismo tedesco » (1). Lo stesso sì  deve dire della filosufia in America.   Quando la rivoluzione americana pose fine al pe-  Tiodo coloniale e nel libero paese cominciarono a  manilestarsi varie e nuove correnli filosofiche —  ppiella del senso comune, il Trascendentalismo di  Kunt e de’ suvi discepoli, specie di Hegel; l'Ideali-  smo di Berkeley ecc., la filosofia conservò sempre  la tendenza ad avvicinare la speculazione alla vita,  a non perdere il contatto con la realtà, a far risal-  lare il carvaltere pratico dei problemi filosofici. « Ne-  gli scritti, p. es., dei seguaci dell'Idealismo Kan-  liano non è la critica che tiene il primo posto, ma la  psicologia cosidella scientifica in opposizione alla  psicologia metufisica» (2).    (1) Cfr. in «Rivista di Filosofia Neo-Scolastica » (1 i S-  sunto della relazione del MACHENZIE: La EIA  nea in Inghilterra, donde sono prese le parole citate.   (2) «Revue Néo-Scolastique », I. c.    rat ET tit, 0 ELLI a_n GI                   Il Pragmatismo ('S   Allualmente i due indirizzi filosofici predominanti  nel mondo inglese-americano sono o erano qualche  anno fa il Neo-hegelianismo e il Neo-volontarismo.  Quale dei due trionferà? Se la storia ci può ammae-  strare, se il carattere cinico dei due paesi può servire  di fondamento a una previsione, se, sopratutto, i sc-    si guì dei lempi sono veridici — intendo la reazione "i  Vivissima contro l'indirizzo Neo-hegeliano e la ten- DI    denza della filosofia contemporanea a dare il valore Li  principale della valutazione delle vedule speculative i  al sentimento e alla volontà — possiamo applicare  anche all'Inghilterra quello che il Turner scrive del-  l'America: « È verosimile che il corso fuluro del pen-  | siero filosofico non subisca tanto l'influsso dei Neo.  hi  legeliani quanto quello dei Neo-volontaristi ».  Ebbene, poichè il Neo-volontarismo americano non  è che il Pragmalismo, non sarà senza interesse lo  studiarlo, lauto più che esso non è più limitato a  quelle regioni, ma ha suscitato anni addietro vivo  a interesse in lutto il campo filosofico, dove, accanto e  ; ul critici severi, trovò dei caldi ‘ammiratori. 1 suoi  nu espositori cd apostoli più autorevoli ne annunziava-.  n° no, con lono da epinicio, il trionfo sicuro su tutte le  filosolie avversarie. Già lo Schiller aveva annunziato  il maturarsi di grandi eventi nel mondo intellettuale  à danno delle antiche forme di pensiero e a tulto  vantaggio di una forma nuova. È, come a sintomi |  di un tempo propizio a nuove intraprese filosofiche  secondo la nuova forma, egli guardava con compia-  cenza al successo che ha avuto l'opera del Balfour:  «Le basi della fede»; alla serie di opere popolari.  del James: «Lu volontà di credere, Immortalità  _ mana, Le varie forme della cuscienza religiosa»  | alle letture di James \vard « Naturalismo e agno È  | Slicismo», e, sopratutto, all'esser uscito da Oxforà,  «una volla centro di Idealismo, un manifesto così  dace com'è «L’'idealismo personale» dello stesso  | Schiller e di altri membri dell’Università, e ai lavori                                            Linee fondamentali    della scuola di Chicago (alla testa della quale slava è  il Prof. Dewey), pubblicali nelle « Decennial Publica ‘  tions» della Università (1). i;  Quivi afferma pure che il Pragmatismo «non  passa più inosservato: esso ha raggiunto la fase  del «batti ma ascolta!» e quando i falsi concetti, È  dovuti a prella mancanza di famigliarità con la dot- |A  — trina, saranno dissipati, entrerà in una fase di ulile D  applicazione ».  D'allora fino a pochi anni fa, il Pragmatismo s'è *  affermato con sempre crescente energia, suscitando  vive polemiche, incontrando simpatie e disprezzo,  seguaci c avversari, così che polè scrivere il James:  «Oggi la parola Pragmatismo empie le pagine delle  .. © riviste filosofiche » (2). E ancora: «Parecchi indirizzi  di pensiero che mancavano di un denominatore comu-  ne lo trovano nella parola Pragmatismo » (3).   Esso ha avuto in tutte le nazioni rappresentanti di  grande valore, fra quali, i principali sono: in America  il James e il Dewey; in Inghilterra Jo Schiller; in Ger-  mania il Simmel e il Jerusalem (4), in Ilalia gli seril-  tori del Leonardo, specialmente il Papini; in Francia ,                     (1) ScHiLcen, IJumanisim, VIII-IX, London, Macmillan 1903. Ri;    (9) Der Pragmatismus. Ein neuer Name fr alte Denkmetho-  «en, trad, in tedesco dal Prof. \VILHELM JERUSALEM, p. 29, Leip-   zig 1908. Verlag. von Dr, Werner Klinkhardt. Di questa tradu-  zione tedesca mi servo nella esposizione del Pragmatismo.    (3) Zbid.    (4) Sì è voluto vedere un Pragmatista anche nell'Eucken. In  s tà il suo «ttiwismo non ha niente a che vedere col Pragma-  tsmo, L'Attivismo poggia sopra determinate presupposizioni  metafisiche, mentre il Pragmatismo è puramente empirico; a  eno il Pragmatismo inglese e americano, «Il ripudiare com  fa l'Eucken, Ja concezione intellettualistica della vita, non è  una caratteristica del  Mo- |  | talismo e di Misticism    ca  À       «    n           Pragmatismo ma di ogni specie di  (OA 2       vrib CE:              Il Pragmatismo .    il Blondel, il Le Roy, il Bergson e molti fra i moderni-  sli più avanzati (1).   Come si vede, aveva un po' ragione lo Stein quando  scriveva: «Abbiamo di nuovo una « parola d'ordine»  filosofica, che è diventola grido di guerra di un nuo-  vo indirizzo di pensiero, di un movimento filosofico  che passa potentemente dall’ America sul vecchio  mondo e comincia a incerospare la superficie - delle  nostre acque stagnanti (2) ».   Facciamoci a considerare davvicino una tale filo-  sofia, allenondoci specialmente ai suoi due rappre-  sentanti più illustri: il James e lo Schiller.   gs 2 — Il nome «Pragmatismo » viene dal greco  «pragma» che significa «azione, operazione », vie-  ne dalla stessa radice che ha dato origine alle parole    «prassi, pratico»; perciò, più italianamente sì chia- -    mercebhe praticalismo. Jl primo a introdurlo nella fi-  losofia fu Charles Sander Peiîrce (3) «nel senso di  un metodo che consiste nel giudicare del valore di  una affermazione dalle sue conseguenze nella pra-  lica », ossia di un metodo che era già stato applicato  dall’Empirismo inglese alla valutazione delle cono-  scerize umane. Ecco in breve Ja sua dottrina.   È un falto psicologico che il dubbio, l'incertezza  producono in noi uno stato di malessere, di irrita-  zione; uno stalo spiacevole insomma,   Per uscirne — e noì vogliamo uscirne — è neces-  saria una convinzione, una credenza in cuì l’attività    del pensicro possa riposare: la credenza attutisce    le sofferenze del dubbio. Produrre la credenza è la    sola funzione del pensiero: il pensiero in altività —    non persegue allro fine che il riposo del pensiero e    lo distinguono profondamente dall'inglese-americano.  (2) «Archiv. fur system Philos.» XIV, 1, 1908.        (3) Egli espose il suo sistema fino dal 1878, ma non fu che —  | dopo essersi servito lungo tempo della parola CART EVA    nella conversazione, che la stampò nel 1902 in un articolo .    | dizionario del Baldwin. Così MARCEL HénerT, Le Pragmatism Bi.    Alcan, Paris 1908, p. 6. Lan    "a    (1) IL pragmatismo francese ha peculiarità tutte proprie che. 2A        f                                        10 Linee fondamentali    quindi tutto ciò che non contribuisce alla formazione  della credenza non fa parte del pensiero propria-  mente detto. La credenza, poi, ha per fine di pro-  durre un'abiludine alliva, che diventa regola per  fazione. Se le credenze mettono fine allo slesso dub-  bio, creando la stessa abiludine e la stessa regola  d'azione, non diversificano fra loro.   Per sviluppare, quindi, il senso d'un pensiero non  c'è da far altro che determinare quali abitudini essa  produce, poichè il senso d’una cosa consisle sempli-  cemente nelle abiludini che essa implica. Il caral-  tere di un'abiludine dipende dal modo con cui essa  ci fa agire in ogui possibile circostanza... e il fine  dell'azione è di condurre a un risultato sensibile.  Noi prendiamo, così, il sensibile e il pralico come  base di qualunque differenza di pensiero, per quanto  sottile possa essere. Non v'è nuance di sigmificalo  così sottile da non polev produrre una differenza  nella pratica (1). In allre parole: Il pensiero crea la   “convinzione, la convinzione è regola dell'operare e  in tanto vale in quanto ci fa operare; fine dell’ope-  l'are è il risullato sensibile, pratico: questo, dunque,  deve servirmi di crilerio per giudicare del valore del  pensiero, per conoscere con chiarezza il significato  dei concetti. Come render chiare le nostre idec? In-  lerpreliumole dal punto di vista pratico, domandia-  nio ad esse quale efficienza pralica contengono, quali  Sensazioni possiamo aspellarci dall'oggetto che ci  bappresentano, e quali reazioni dobbiamo preparare.  La rappresentazione di questa efficienza pratica, me-  diaia 0 immediata, costituisce per noi l'intera rap.  presenlazione dell'oggello e in ciò sla tutto il signi-  ficalo positivo della rappresentazione. « L'idea di una  cosa è l’idea dei suoi effelli sensibili », dice il Peir-  ce (2). «E contradittorio il dire che si conosce con    (1) Così nell'articolo «ITow to make our ideas clear pub  pippoz pt Egnular Science SOA Y >, 1878-XII, e tradotto   «Rev HosophiQuew 1879-VII: «( x È  ados sansa DI phig TO-VII Comment vendre nos    (2) « Revue philosophique» 1. c. p. 47.       | IRIS          Il Prugmatismo    precisione l'effetto di una forza, ma che non si com-  prende ciò che è la forza in sè slessa; conoscendo  gli effetti della forza si conoscono tutti i fatti impli-  cili nella affermazione della esistenza della forza e  uon v'è più nulla da conoscere » (1).  Come render chiare le nostre idee? «Pensando »,  risponde il Des Carles, conducendole alla evidenza  della proposizione: « Cogilo ergo sum ». Agendo, ri  sponde il Pcirce; rendendo esplicita la potenzialità  ‘* d'azione che è in esse, nell'oggetto rappresentato:   è ciò che agisce, è distinto ciò che produce effetti di-  stinti nella vila pralica: dunque al: «Cogito ergo.  sum » sì cosliluisca V« Ago ergo sun ». Tulta la  funzione della filosofia è di scoprire quale differenza  definitiva forà a ine 0 a te in definiti istanti della  vila se questa è quella formuia del mondo fosse la  vera. 4   Tale è il principio del Pragmatismo. Rimasto inos-  servato per venVansi fu mpreso dal James ed appli  calo alla religione (2), prima, alla conoscenza 10:C Ca  nerale poi. D'ullova in por tanto il nome quanto i  principio hanno falto forluna, così che i due leader:  pragmalisti ce no possono dure una esposizione co  vaggiosa e abbastanza sistemalica in due opere ap  parse nel niondo anglo-sassone e diffuse rapidamen-  te fra i cultori di filosofia. “a   Per comprendere l'importanza del principio enun: 3  ciato, ci avverte il James (8), bisogna abiluarsi ad  applicarlo vi casi particolari, come fece con perfetta   | chiarezza, senza nominare il Pragmatismo, l' Osl-  - wald nelle sue lezioni sulla filosofia della. nalu    -. TTI) Ivi, p. 92. Ne  (2) Tm una conferenza tenuta nel 1898 davanti alla società. fil  “sofica di Howison nella università di California, Al JAMES il n  | me non Dpince, ma ormai «è troppo tardi per cambiarlo »;  egli dice nella prefazione al « Prugmatismus», D. X.  (3) Zweite Vorlesung, P. 29.                                  12 Linee fondamentali    conforme a ciò che egli stesso scrisse al James:  « Tutte le realtà influiscono sul nostro operare c  ? questo influsso è quello che per noi esse significano.  - Nelle mie lezioni iv sono solito domandarmi: in  qual differente rapporto starebbe ‘il mondo se fosse  vera questa v quella alternaliva? Se non trovo niente  per cui sarebbe differente, l’alternaliva non ha sen-  si so » (1). Che è quanto dire: le opinioni rivaleggianti,  «nel caso. hanno identico significato pratico e non  esiste che un solo significato: il pratico (2). Ossia:  qual'è il valore di un’idea? Risolvetela in fatti; il  valore di questi ‘rappresenta il valore dell'idea. E  poichè i falli in tanto sono in quanto sono da noi  csperimentali, il valore di un'idea mi è dato se la  risolvo in terraini di esperienza. Applichiamo, p. es.,  sil principio del Pragmatismo all'idea di sostanza.  Una sostanza noi la conosciamo per i suoi attributi  (accidenti) ai quali si riduce tulto ciò che di essa si  può esperimentare: che sotto gli accidenti ci sia o    di essi, è pralicamente indifferente, lanto che, se  Dio, lasciando l'ordine degli accidenti, distruggesse  la sostanza, noi non lu potremmo neanche sapere.  Se del legno mi resta la combastibililà e la struttura  Vascolare che può imporlarmi del quid in sè inacces-  sibile ad ogni forma di esperienza?  d Dunque Ja sostanza come un quid in sè distinto  dagli accidenti non ha valore alcuno: per me la so-  | Slanza non è che il complesso de' suoi accidenti.  L'unica applicazione pragmatistica dell'idea di so-  Stanza si ha nell'Eucarislia, dove, per il caltolico  non sono gli accidenti che valgono, ma la soslanza  del corpo e del sanguc di G. C. Così la crilica del  Berkeley della sostanza materiale è affatto pragma-  lîslica, e pragmalistica è la critica del Locke e del-     l'Hume della sostanza Spirituale, e, per parte del  Bea,    o    n () P. 29:50. Anche l'OstwaLo è contato f   | dlallo SCHILLEK e dal JAMES; a ragione, secondo SIT RESTRA   3 oro, secondo il Croce. Cfr. « Critica» A. VI, {. IÎT ;  (2) Ibfa. A    non ci sia un quid come soggetto, sostegno, substrato.       ià It Se           ll Pragmatismo 13    Locke, è l'autocoscienza, cioè, il fatto che noi, in un  dato istante della vita, ci ricordiamo di quello che  eravamo in altri istanti e sentiamo questi istanti co-  me parli della stessa serie personale di avvenimenti  vissuti. Se, nella ipolesi dei sostanzialisti, Dio ci to-  gliesse l’'autocoscienza, a che ci gioverebbe la so-  slanza dell'anima? Ed ecco perchè l'Hume e, dopo  di lui, la maggior parte dei psicologi empirici, negò  l’anima addimttura (1).   Altro esempio. Il teista afferma che il mondo l'ha  cercato Dio; il materialista lo dà come il risultato di  forze fisiche, cieche.    Ebbene, le due teorie sono identiche, se il mondo si.  considera come un tutto terminato, completo. Poi-  chè «che valore ha Dio per il mondo, per noi, se  Egli non lo può mutare e far procedere di un passo?  Sé il mondo fa lutto quello che Dio fa?» Ma se il  mondo non è al termine della sua evoluzione, allora  la questione: «Materialismo e Teismo» acquista  una importanza vitale. La ‘scienza della natura pre-  “dica che la fine di ogni cosa e di ogni sistema di  cose cosmiche è lragica morte! Tutto sarà come non  fosse slato mai: luomo e il mondo, la virlù e gli  ideali, i dolori e gli amori: ceco l’ultima parola del  materialismo! Ma se Dio esisle, se è Dio che dice  al mondo l’ullima parola, allora potrà perire il mon-  do materiale, ma gli ideali saranno conservati e  lrionferanno altrove. Il Materialismo nega l'ordine  morale e recide le speranze che su quello si fonda-  no; lo Spiritualismo afferma un eterno ordine mo-  rale del mondo e lascia libero spazio alle speranze    (1) Dritte Vorlesung, p. 52 seg. Non per nulla il JAMES ha    dedicato il suo libro alla memoria dello Stuart Mill, confes-    sando la sua dipendenza da lul; «Alla memoria di Giovanni    Stuart MIN, dal quale ho imparato la prima volta la pra-  gmatica apertura dello spirito e che, nella mia fantasia, figuro.  così. volentieri come il nostro duce, se vivesse al presente    Non per nulla il sottotitolo aggiunto al Pragmatismo suon  . uun nome nuovo per alcune vecchie maniere di pensare»,  sua: sono, nient'altro, che Je maniere del vecchio Empirismo  inglese,       14 Linee fondamentali    dell'uomo (1). Lo slesso principio si deve applicare  alla questione della finalità nella nalura e della li-  bera volontà. Dio, finalità, volontà libera, pragmati-  slicamente hanno un senso; intelleltualisticamente  nessuno (2). ) x   Empirismo, dunque, e Pragmatismo applicano lo  stesso principio, giungendo, naturalmente, alle stes-  se conseguenze. Con una differenza però, tiene a  dirci il James. I vecchi empiristi non fecero che un  uso frammentario del principio pragmatislico: ne era-  no un semplice preludio. Il Pragmatismo rappre-  senta l'empirismo in una forma più radicale e meno  aperla alle obbiezioni. Esso volta le spalle risoluto,  una volla per sempre, a una mollitudine di abitu-  dini antiqualo, care ai filosofi di professione: alle  astrazioni e alle sottigliezze, alle soluzioni puramen-  le verbali dei problemi, alle argomentazioni «a prio-  bi» ai principî fissi, ai sistemi chiusi, all’assoluto e  all'originario, alla vecchia melafisica intellettuali-  sfica, Insomma, la quale, quando ha dato al princi.  pio dell'universo un nome misterioso: Dio, materia,  ragione, assoluto, energia, crede di possedere il si-  smficalo ullimo dell'essere e di aver raggiunto il  fermine delle sue ricerche metafisiche 13). — L'atteo-  giamento di opposizione del Pragmatismo all’intel-  Ieltualismo, alla filosofia dell’assoluto, all'a priori è  dci più decisi (4).   Il Pragmatismo si volge alla realtà, ai fatti, al-  l'agire, alla forza, è signore della disposizione em-  pirica, ama l’aria libera e le molteplici formazioni  della natura, sì oppone al dogma, alle artificiosità,  alla pretesa di aver raggiunto la verità definitiva (9).    (1) Dritle Vorlesung, p. 59 sgg.  (2) Ibid. p. 76. «Eine andere als dicse praktische. Bedeu-    tung haben die Worte: Gott, Will Z, -  MO ATADen ensfrelheit, Zweck, ùber    (3) Zweite Vorlesung, D. 31-33.  (4) E Spesso violento contro i Neo-hegellani. Più che nel  James tale violenza apparisce nello Schiller, il quale si trova    di fronte ad un hegeliano Vi  gni ig non meno aggressivo, quale è {l    (5) IUid. p. 32.    ne 1° MN i 14    PACI ZZZ                Il Pragmatismo 15  Il Pragmatismo è radicalmente empirico e anti  intellettualista perchè vuol essere una dottrina per   la vita prima che della vita, un metodo ordinato alla  sodisfazione dei bisogni umani quotidiani. « Esso non  ha dogmi, non ha dottrine, non ha che il suo me-  lodo. Ci fa stornare da ciò che è primo, dai principî,  dulle calegorie, da presupposle necessità, e ci fa  volgere lo sguardo alle cose ullime, ai frutti, alle  conseguenze, ai fatti (1). Perciò non accella nulla,  non ripudia nulla a priori. a  “sso chiede a tulte le teorie, a tutti i sistemi, a sa  lulli i concelli: qual'è il vostro valore pratico? siete.  utili e come e quanto siete ulili alla vila pratica, —  all'adattamento dell’uomo alla natura e della natura  all'uomo? L'uomo ha due grandi bisogni: di fatti e   di principî, di scienza e di religione. Ebbene, quale  filosofia si offre all'uomo per soddisfare a questi suoi  bisogni? O l'Empirismo che degrada l'uomo col suo  Materialismo e nega la religione, o il Razionalismo  religioso bensi, ma lontano da ogni contatto col mon- :  do, colle nostre gioie e coi noslri dolori e per il quale  le cose reali sono un niente: è questo il dilemma at-  luale nella filosofia (2). ma  Il Pragmatismo invece può soddisfare ambedue  quei bisogni: può conservarsi religioso come i si-  9 slemi razionalistici e può mettersi in intima unione  coi falli (3;. Il Pragmatismo, come dice il Papini, si.  trova nel mezzo delle teorie come un corridoio in un  albergo. In una slanza v'è, forse, un uomo che la-.  vora intento ad uno scritlo ateislico; nella stanza  ulligua un allro chiede a Dio con la preghiera fede  «e forza; in una {erza un chimico ricerca le proprietà  dei corpi; nella quarla sì sta abbozzando un sistema    »                      Vily]             (1) Ib2d. n». 34. «Er hat keine Dogmen und keine Leh  ausser . seiner Methode. Die pragmatische Methode bedeutet.  Keineswegs bestimmte Ergebnisse, sondern nur eine orlentie- — *  rende Stellungnahme ». >»    (2) Il JAMES consacra alla illustrazione di questo dilemma  tutta la prima lettura: «Das gegenwàrtige Dilemma in der  — Philosophie ».    (3) Erste Vorlesung, DD. 10-12.              o  x    è                                      16 2 Linee fondamentali    di metafisica idealistica, nella quinta un Tizio dimo-  stra la impossibilità di ogni metafisica. E il corridoio  appartiene a tutti. Tutti vi debbono passare se ab-  SE bisognano di una via praticabile per entrare e per  hi uscire (1). ,  Così il Pragmalismo è anzilulto un metodo: il suo  fine è di por terminc alle beghe filosofiche presen-  ì lando un criterio Pratico per giudicare del valore di  NY”. lutte Je dotlrine. Il mondo è una uni B  va plicità? — Vi domina il fato 0 vi è una volontà li-  bera? — È materiale o spirituale? — I giudizi dati in  Proposito valgono tanto che niente e le discussioni  sono interminabili. Ebbene, in questi casi il metodo  ; Ppragmatistico consiste nel lenlalivo di interpretare  a ognuno di questi giudizi dalle sue conseguenze pra-  i tiche. Quale differenza pratica risulterebbe per qual-  cheduno se fosse vero l'uno o l'altro di quei giudizi?  Se nessuna, i due giudizì opposti si equivalgono r.ra-  icamente e ogni discussione è oziosa (2): dove 1.n  c'è differenza di Significato pratico non vi può es-  sere differenza di significato teoretico. Con questo  metodo, sempre secondo il James, si  sare gli allriti, attenuare le contese ie  intelligenze, riuscire alla concordia e alla pace, Esso  © dunque un mataviglioso eirenicon perchè «non  «Vale la pena di opporre l'una all'altra nel campo  «della speculazione due teorie che abbiano le medesi-    f    me fo eguenze pratiche per tutti e in. tutti i fem- LE  Pi» (3). . :   Contrariamente alla vecchia metafisica il Inelodo   Pragmalistico non permette    ecc. come lermine ultimo della  ‘l'icerca, ma le fa lavorare nella corrente dell'espe-  — rienza: le teorie non    sono soluzioni, ma programma  per nuovo lavoro; non risposte definitive, ma stru-    menti d'azione, ma indice che cj addita i mezzi per.    Ì ) di considerare le parole : È  __ Dio, materia, energia,    ty Gazelle Vorlesung, p. 34,   2) p. 28. Questi concetti sono SvIluppati specialme t Il  Lettura seconda: « ]J'gs will der Praggn, tall,   J ll Pragmatismo?), er Pragpmatismus? (Cosa vuole   “Ri ORANDO, La Mlosoha   | «Rivista Rosminiana » A Apologetica Moderna]                         dell'azione e vr  » N. I, 1906,          not? PO UTNE e ne I                         Il Pragmatismo 1? k    i)   | 1 quali le realtà esistenti possono esser mulate e  adattate all'uomo (1). Il Pragmatismo toglie così alle   i leorie la loru rigidezza, le rende malleabili, le fa la-   j vovare (2). Esso si accorda col Nominalismo nello È   i attenersi al parlicolore, con i’Utilitarismo nell’ac- es   | cenluare gli oggetti pratici, col Positivismo nel di- ,   i sprezzo delle questioni inutili, delle soluzioni ver- “@   i bali, delle astrazioni metafisiche, di tutto ciò in-  somma che non serve all'uomo nella vita reale. Per-  chè luomo è il centro dell'universo, afferma l'Uma-    nismo (3) conlro il Noaluralismo che considera l’uomo | è.  come parte della natura e contro l'Idealismo che lo son  subordina ad un Assoluto. Alla concezione cosmo-   centrica (Uanlica) e alla teocentrica (la medioevale) ani  deve sosliluirsi l'aniropocentrica. «L'uomo è la mi-  sura di tulle Je cose!» proclama lo Schiller, il neo- È    prolagorista, con Prolagora l’umanista (4). L'Uma-  nismo consiste semplicemente nel rendersi conto che  sono degli esseri umani coloro ai quali è proposto.  il problema filosofico, degli esseri umani che si sfor-  zio di comprendere un mondo di esperienza umana |  coi mezzi che fornisce lo spirilo umano.   Secondo l'Umanisimo sono «il sentimento e la vo  lonlà che custiluiscono l'interesse centrale dell’es-  sere che usa i sensi e la ragione come suoi strumenti  nel mondo esterno ».    (1) « Theorien werden... zu Werkzeugen », p: 33.  (2) Ibid, Macht sie geschmeidig und lisst sie arbeiten n.  (2) Fra V'Umanismo e il Pragmatismo, quale è esposto dal  James, c'è differenza poco più che di nome. Secondo lo Schil-  «_ ler l'Umanisino è più largo, il suo metodo sì applica a tutto:  i d@ll'etica, all'estetica, alla metafisica, alla teologia, mentre il  Pragmatismo non si applica che alla teoria della conoscenza.  In realtà Je applicazioni che fa lo Schiller del suo metodo, —  È le sa o le accetta anche il James, Lo confessa il James stesso,  ] P. Al. n°  AE  | _.,(4) Protagora l'umanista, è il titolo del «Saggio XIV» d  Gli: Studies in Mumanism, p. 302. A p. 36 egli stesso chiam  il suo sistema « Nèo-Protagoreanismo », > o              ip”            td  54                                                   18 - Lince fondamentali    Perciò l'Umanismo implica il Volontarismo, ossia  la filosofia più autropocentrica che si possa dare.  L’«ago ergo sum», del Pierce può essere sostituito  «dal «volo ergo sum». L'Umanismo è anch'esso un  melodo: ciò che lo caratterizza è il suo alleggia-  mento benevolo di fronte a tutte le concezioni, pur-  che non si voglia erigerle a un che di « assoluto ”,  ma sì prendano come pure interpretazioni umane  5, dell'esperienza umana. Non si dimentichi — avverte  lo Schiller — «che l’uomo è la misura di tutte le  cose, cioè di iullo il mondo dell'esperienza... non si  dimentichi che l'’uomu è il fattore delle scienze che  servono aì fini umani» (1). Tutto dall'uomo, tutto  all'uomo, tutto per l’uomo: ecco l'’Umanismo. Il  Pragmatismo accetta questa dottrina umanistica, e  «io — dice il James — la tratto sotto il nome di  Pragmmalismo » (2). L’Uinanismo è, per così dire, il  soflio, l'anima che pervade le affermazioni pragma-   | lisliche: non ha valore che ciò che ha un significato  per l'uomo.    $ 3. — La logica finora ha tentalo di essere una  pscudo-scienzu di un, processo non esistente e im-  | possibile chiamaio pensiero puro. In nome di essa  ci fu comandalo di espungere dal nostro pensiero  Ogni traccia di sentimento, d'interesse, di desiderio  © di emozione, come le Diù perniciose surgenti di er-  tore. Così la logica fu ridolta ad una pura rappre-  | Sentazione sislemalica falsata dal nostro pensare al-   luale, perchè non si è voluto osservare che quegli  __ inMussi (sentimento, emozione) sono egualmente fon-  le di verità e pervadono tutto il nostro processo co-  | gilulivo (3). Poichè «il Primo passo nella acquisi-            (1) Humanisme, (Prefazione) p. xx.  (2) Lettura seconda, p. 4I,    (8) ScHirLen, Humanism, p. X. E allo Sc    € dobbiamo principalmente 10 SEITE ELE    0 logico e gnoseo-       zione di nuove conoscenze è l'intervento di un postu-  lato emozionale » (1).   Non si può passare dal noto all'ignoto, o, certo,  la natura data di un conosciutu non può formare il a  fondamento logico per la inferenza di caratteristiche 0  opposte nel non conosciuto, se non c'entra il deside- |. Ù  rio. Come posso, p. es., inferire dal male che c’è nel ò  mondo la necessità dell’esistenza di un mondo mi:  gliore, sc il ragionare — come afferma la logica tra-  dizionale — è il prodotto di un pensiero puro non  affetto da volizione?    «Sollanto se una trasfigurazione sconosciuta del-  l'altuale è desiderata, può esser pensata e, in parec-  chi casì, ‘rovata. Tutte le concatenazioni di un pen-  siero puro non influenzato dall'affetto non potrebbero  mai raggiungere e ancor mero giustificare quella  conclusione: per raggiungerla il nostro pensiero de-  ve ricevere l'impulso ced esser guidato dai suggeri  menti della volizione e del desiderio » (2). La ragione -  «pura» e una pretla finzione c una impossibilità si   psicologica; lu strultuva reale della ragione attuale E  è essenzialmente pragmatistica ed è penetrata fino n]  nelle midolla (permeated (lhrough and through) da  ulti di fede, da desiderì di conoscere e da volontà di  credere, di non credere, di far credere. E altrove: Dini”  La intellezione pura non è un fatto che abbia luogo |  in natura; essa è una finzione logica. Im realtà il * a  nostro conoscere è condotto e guidato, ad ogni passo,  dai nostri interessi e dalle nostre preferenze, dai       | Il Praghiatismo 19  /  i  |    nostri desiderî, dai nostri bisogni e dai nostri fini. x  Questi formano il potere movente della nostra vita  intellettuale.   « Vi souo ragioni del cuore delle quali la testa non 3:  sa nulla (3), postulati di una fede che sorpassano la È    2    (1) Ibid. p. XI.    >» (2) p. XII «To attain it, cur thougth needs to be impelled vi  ‘na guided by the promptings of volition and desiro ». -  POS) (3) L'aforismo, citato dallo Schiller, è di BIAGIO PASCAL, —    _(Pensées), LA       4    20 Linee fondamentali    intelligenza pura e possiedono una razionalità più  alta che un gretto inlellettualismo non è riuscito a  comprendere. L'irrazionale si trova ad ogni passo,  in ogni processo della vita conoscitiva ». La fede    «sla a base di ogni «ragione» e la pervade, anzi la    razionalità stessa è il supremo postulato della fede.  Senza fede non c'è ragione; la fede è un ingrediente  nel progresso della conoscenza; realizza sè stessa  nella conoscenza che ne abbisogna e ia aiula alle  conquiste fulure. Così sparisce l’antitesi tra fede e  ragione perchè la razionalità pura non esiste (1). Il  carattere leleologico della vita mentale influenza e  pervade le nostre ullivilà cognoscilive più remole.  Questo, secondo lu Schiller, è il pensiero centrale del  Pragmatismo: ne dà la vera definizione (2). Il pen-  siero Non è un prosesso aslrallo, ma si svolge in una    - psicologia concrela, è una funzione vitale è perciò    finalistica. L'uomo non pensa per pensare e il Prag-  malismo è: «una prolesta sistematica contro l'igno-  vanza della finalità nella‘conoscenza » (3). La volontà,  lintenzionalilà è da per tutto: il Volontarismo si  constata nella psicologia, nella logica e nella meta-  fisica, È questo uno dei lralli caratteristici del Punto  di visia leleologico. Il Pragmatismo si formula da per  lutto in funzione della finalili..   «La ragione è un'arma nella lolla per l'esistenza  cun mezzo per l'adattamento » (4). Ne segue che  l’uso pratico che ha presiedulo al suo (della ragione)    (1) Questi concetti lo Schiller li ha svolti speci: te i  JI S ° seialmenie in  un articolo: NFailh, reason and religion pubblicato SI The  Ilibbert Journal» 1V, 2. Vi si dice, tra l'altro, che è base es-  senziale in scienza e in religione partire da supposizioni che  TS OLolale provate o che non possono provarsi. Così, se  ; Viviaino per fede può anche esser veri r -  Ralemo pen pata L e esser vero che cono  (2) Mumanism, D. 8. Cfr. anche Stud. in Ium, p. 4, 5.    (3) Stud. in Hum Essay, I &  * Èssay, I $ II — È ques a ses  sette definizioni che lo Schiller ci dà del PRE Se    nite e collegate l’una con l'altra nei  S S b ;3  (4) «I cannot but conceive the Or AR]  In the struggle for existence and  tation è. pag. 7, Humanism,    reason as being... a weapon  a means of achieving adap-       à, cea                                    Il Pragmatismo i    svolgimento, deve essersi impresso profondamente   nella sua strullura, se pure non l’ha formata da  istinti prerazionali. Una ragione che non ha valore n   pratico ai fini della vita è una mostruosità, una aber-   razione morbosa, una mancanza di adattamento che   la selezione naturale presto o tardi deve far spari-   re {1). Quindi, da questo punto di vista il Pragma-   lismo polrebbe definirsi: « Una applicazione coscien-   le alla epistemologia (0 logica) di una psicologia te-   < leologica, che, in ultima analisi, implica una metafi-  sica voloniaristica » (2). pis  TANA Nice di questa psicologia felcologica applicata  alla conoscenza i problemi della logica devono appa-  rire sotto un aspelto nuovo e si deve dare una im-  porlanza decisiva ai concetti di proposito e di fine.  Ta conoscenza presuppone essenzialmente uno sfor-  zo diretto a conoscere, che, come ogni sforzo, è te-:  leologico, ispirato da un bene che si vuol consegnire. SI  Non cè conoscenza senza valutazione; la conoscenza  è una forma di malore, 0, in allre parole, un fattore   di bene (3).   Lo aveva cià dello il Lotze, nola lo Schiller. Il  | Lofze, come è noto, insegnava che «la scienza, come  TU la logica, che ne è lo strumento, e come la metafi-  sica che ne è il coronamento, ha il suo fine e la sua  giuslificazione nell'elica, e irova il suo fondamento  | slabile e sicuro in quel primo dato originario e di |  Ù conoscenza immediata che è la nostra vita interiore,  i col suo ricco contenuto di sensazioni, rappresenta  zioni, sentimenti e tendenze e col suo largo corredo  di forme, calegorie e leggi, da cui non possiamo pr  scindere in qualsivoglia nostra concezione e valut  zione» (4).            (1) Mumanism, p. 8.  (2) È la settima definizione del Pragmatismo. Le altre Je  AFONSTRIDO parlando della verità e della realtà nel Pragma- |   smo. - ae  p (3) Humanism, p. 10. — Cfr. anche sl quarto «Essay» di  questo volume: Lotze's Monism, D. 62 SE&. i »  = (4) L, AMBROSI, Per una monografia italiana sopra Herm  otze — «La Cultura Filosofica», A. IMI, N. HI, p. 294-295,             ai  dui       #  iii ar E° vee                                  Linee fondamentali    Non è qui il luogo di dimostrare che, se il Lotze  ha dei punti di cuntalto con l'Umanismo, egli perè  non è un umanista alla Schiller.    La ragione nelle sue esplicazioni molteplici, è una  strumento ordinato ai fini della vita. È questa la  concezione strumentalistica della conoscenza esposta  dal Dewey e dallo Schiller (1) e accettata dal James.  Essa è un portato del metodo evolutivo e della con-  cezione biologica della conoscenza. Darwin con la  teoria della «lotta per l’esistenza » e della « selezio-  “ne naturale» aveva insegnato «che nulla può sus-  Sistere o svolgersi che non abbia un determinato  Significato per l’intera concatenazione della vita ».  Scrittori posteriori (Spencer, Romanes, ecc.) sosten-  nero che lu vita è un continuo accomodamento alla  natura circostante, fisica, sociale, morale. E ora la  teoria della evoluzione è chiamata da molti a spie-  gare anche il sorgere e il progressivo. svilupparsi  ella vita cognoscitiva (2) e così i principt evolutivi  di cambiamento, di relalività e di movimento sono  ipplicali a spiegare l'origine e ‘lo sviluppo del pen-  siero in generale, il suo carallere, il suo valore, allo 2  Stesso modo che erano già slali assunti a lumeggia- i  __Te c spiegare l'origine, Îo sviluppo, il significato, il   — Valore della stutlura, degli organi, di fulte le dif-  __ Ierenziazioni biologiche. Come in bio   non ha valore nè senso che per la sua ulili  dine all’adatlamento dell'individuo  condizioni fisiche circostanti, ha, cioè un valore e  un senso puramente Pratico, così in psicologia qua-  ai 5          ao    (1) L'opera principale del Dewey è: Studies 1  Theory bey John Dewey, with the Cooperation of embe  Fellows of the Departement of Philosophy. Decennial Pubbli-  1 one of the University of Chigago — Second Series vol. XI  e» Peli ha esposto le sue teorie anche in: The esperimentai  Pe: # in: eguig otel Mina (N. S. 59) 1906, Vol. XV Pp. 293-307;  din; nd the Criterion uti Of Tdeas (N Sì  6) "Vol NV she SII for tne Trutt of Ideas (N. S.    Lol), Cir. Baowr, 7hioughi and rh; i *  AP TS, ggpletaco, p. VILe VII. 11 Salto; Vol. 1: Functional    GI dottrina comuni col Pragmatism DIA ha parecchi puntf    Il Pragmatismo 23    lunque differenziazione : sensazione, coscienza, pen-  siero ecc., trova tutta la sua raison d’étre e la sua  giuslificazione nell’uso, nelle conseguenze, nella ef-  ficacia pratica. La questione di valore non si può  scindere dalla queslione di origine e di sviluppo; la  considerazione statica deve dar luogo alla conside-  vazione dinamica e quindi, per ciò che riguarda il  pensiero, la logica formale alla logica funzionale (1).   La concezione biologica della conoscenza (2) ha  fatto un passo innanzi: non ha detto semplicemente :  applichiamo alla psicologia il metodo evolutivo, (il  che, per sè, non inchiude la riduzione della psico-  logia alla biologia) ma ha detto che « tutti i prodotti  del pensiero teorelico hanno un carattere utilitario »  (biologico) «cioè servono come strumenti al conse-  guimento di fini essenzialmente biologici, perchè mi-  rano a dare soddisluzione alle esigenze dell’organi-  smo cioè ai bisogni della vita» (3).   Questa subordinazione della vita teoretica alla vita  pratica è capilale per il Pragmatismo: nessuna ma-  raviglia quindi se i suoi leaders l'hanno accettata e  fatta oggetto di studi speciali (4).   Il Dewey, oltre alla funzione generale della cono-  scenza, ha soltoposto ad analisi il suo aspetto tipico:  il giudizio; mentre lo Schiller s'è occupato partico.  larmente degli assiomi primi della conoscenza.   S'è veduto in che cosa consiste la concezione stru-  mentalistica 0 umanistica della conoscenza ; in base                (1) Baldwin, Op. c. 1. c. passim.  (2) È sostenuta specialmente dall’Avenarius, dal Mach, dal  Jerusalem, dall'Ostwald, dal Petzoldt e dal Simmel. Cfr. le  monografie di A. ALIOTTA sull’Avenarius, sul Mach, e sull Ost-  wald in «Cultura Filosofica» a. II, n. 3, 5,7% a. DI, n. 3, 4.  . Lo Psicologismo logico dì A. LEVI: Cuit. Fil. a. III, n. 1, 9, 4,  specialmente pp. 242-255.  Vedi anche dell’Aliotta: /l pragmatismo anglo-americano, —  « Cultura Filosofica » a. III, n. 2.  (3) A. LEVI, Lo Psicologismo logico, La « Cult. Fil.» a. IMI,  n. 3, p. 254. pà &  {4} Intendiamoci: hanno accettato la dottrina della subor-  ‘dinazione della vita teoretica ai fini pratici, in generale, no  ai fini biologici esclusivamente, È                          24 Lince fondamentali    ad essa il giudizio (dal Dewey) è interpretato in ter-  mini di funzione; esso è una armonizzazione di varie  parti della esperienza; è uno sforzo « per determi.  nare gli elementi che realmente procedono di con-  serva e per respingere quelli che solo si collegano  apparentemente »: così esso si forma, per differen-  ziazione, sotto l'impulso del bisogno di armonia e  di unità nelle esperienze (1).   To Schiller (2) afferma e dimostra, a modo suo, che  gli assiomi fondamenlali della conoscenza o primi  princip! (di identità, di contradizione, del terzo esclu-  so, di causa) sono dei semplici postulati. Un postu-  lato è «una supposizione, che senza dubbio l’espe-  rienza ha suggerilo ad una mente che ricercava, ma  che non è, nè può essere lenuta come provata, poi-  chè spesso di poi la si assume solo perchè la desi-  deriaumo, contro tulta l'apparenza dci fatti» (3). I  postulali sono domande che noi facciamo alla espe-  rienza; processo di esperimento ordinato a porre il  mondo in armonia coi nostri desiderì; sono perciò  un processo di sviluppo non dissimile dalle altre at-  tività e funzioni umane, derivando dalle esigenze  dell’uomo, dai suoi bisogni, dai suoi desiderì, dal  suo volere: sono quindi un prodolto della attività  umana voliliva e affelliva. Noi desideriamo che una  cosa sia quello che è, che 4 sia sempre a, d sempre  Db, ecc. perchè diversamente, come polremo conoscere  la sua condotta futura rispetto a noi? e, per conse-  g&uenza noi desideriamo che nulla venga a distrug-  gere quella idenlità: così nascono il principio di  identità e di contradizione, che sono due aspelli (po-  Silivo e negalivo) dello stesso principio, Noi esigia-  Mo delie distinzioni precise, delle disgiunzioni com-  plete, perchè con esse possiamo dominare (assimi-    (1) Op. cit. II, passim, Vedi anche  N. c. 257 dove si trovano le parole da’  (2) Personal Idealism — « Arioms  902.    La Cultura Filosofica »  me citate,  Macmiizs o! as Postulales n — London,    (5) ScHILLER in 3    «The Hibbert Journal» }, e,                             Il Pragmatismo    lando ed eliminando) il lusso ininterrotto della espe-  rienza: vogliamo che una cosa sia o non sia: ecco  il principio del terzo escluso. Noi desideriamo di pro- si  durre degli avvenimenti utili alla vila e di impedire  i nocivi; per agire abbiamo bisogno di un mondo  connesso, ordinato, postuliamo, cioè, una causa €  una ragione sufficiente. In realtà nulla è, tulto di-  venta; l'identità perfella non esiste. La enntradizio-  ne è pensata frequentemente contro la grescrizione -  della legge; l'esperienza non sodisfa le nostre esi- ae”  genze, perchè in essa non v'è una ragione suMceiente,  e ve la poniamo noi.    A chi opponesse a questa concezione volontari-  slica delle leggi del pensiero, i loro caratteri di uni-  versalità e di necessità, lo Schiller risponde che:  «Ia universalità di un postulato deriva dalla sua  stessa natura, inquantochè, quando ci serviamo di  una proposizione di cui abbiamo bisogno, intendiamo  di farne uso ogni volta che ci piacerà; la neces-  sità di un postulato designa semplicemente il biso-  gno che noi ne abbiamo, ossia... deriva dalle esì-  senze di una volizione intelligente e finalislica; la  incapacità di pensare il contrario di una proposizione  si riduce... ad un nostro rifiuto di compiere un certo  atto del pensiero ».   Il James accetta e fa sue le dottrine dello Schiller  e del Dewey (1) ce proclama: «Dalla logica scienti-  fica è stala cacciata la necessità divina, e al suo.  posto fu messo l’arbitrio umano ». E altrove: pla  mostri melodi fondamentali di pensare sono inven- —  . zioni dci nostri antichissimi antenati e si sono. potuti —  conservare attraverso {tutte le esperienze successive. —                    pe    (1) Il James considera gli « Studies in Logical Theory » com  | fondamentali per il Pragmatismo. Cfr. Der Pragmatism  Vorwort, XI, AI            ve,    26 Linee fondamentali    Essi formano ciò che si chiama «il senso comune »,  che, in filosofia significa l’uso di certe forme dell’in-  lelletto e di determinate categorie del pensiero. Noi  pensiamo per calegoric: esse ci sono necessarie  per mettere unità e ordine nella piena confusa, nella  Varietà sensibile delle esperienze, per combinare con  meno dispendio di forze possibili le nuove con le  vecchie esperienze, per fare i nostri piani, per con-  neltere il iontano dell'esperienza col vicino, per adat-  lare, in una.parola, la esperienza ai nostri bisogni    dopo averla dominata. E la dominiamo razionaliz- \  zandola.    i «Se fra le impressioni dei sensi e i concetti pos-  è».    cai  È, t ATI    tas    siamo trovare rapporti univoci abbiamo già razio-  nalizzato le impressioni sensibili. I senso comune   > mette questa razionalità nelle esperienze (vollzieht   diese Ralionalisirung) con vna serie di concetti, dei î   sà quali i più importanti sono i seguenti ; 4   = Cosa (in sè) —- Identità e Diversità — Specie — Spi- x   , rili -— Corpi — Un lempo — Uno spazio — Soggello b   e ullributo — Influsso causale — Immagini fanta- >   stiche — Realtà (1). 9    Queste categorie lrovale forse in momenti felici  ai nostri antenati si sono conservale e sono dive-  nule la base del nostro pensiero per la loro sufficien-  za a servire ai fini della vita pratica. Ma sarebbe  possibile che calegorie diverse dalle enumerate po-  __lessero servirci, come quelle che usiamo ora, alla  elaborazione della nostra esperienza. Del resto il  Senso comune non è che una fase della evoluzione  dello spirito umano, c, nonostante che la filosofia  _bemipatelica abbia tentato di fissare per sempre le  Sue categorie, concatenandole ordinandole in si-   _ stema, Mon si può dire, tuttavia, che la concezione  MICCCALVII È a più i  DI lipi o fasi di pensiero: il naturalistico 6 il car    a scienza della natura e la filos riti  hanno. rotto i limiti del pensiero ATao CECI            (1) Finfte Vorlesung, p. 108.          la    ll Pragmatismo i 27    Con la scienza della natura cessa il Realismo in-  genuo. Le qualità secondarie perdono la loro realtà:  non restano che le primarie. La filosofia critica di-  strugge lutto: le categorie del senso comune non si-  gnificano più nienle di reale.   Esse non suno che astuti provvedimenti del pen-  siero umano; sono l'unico nostro mezzo per isfug-  gire alla inquietudine in cui ci getta l'incessante cor-  rente delle sensazioni (1).   Noi abbiamo così tre tipi caratteristici e diversi di  pensare il mondo: Ugnuno ha i suoi meriti (il natu-  ralistico, almeno, può vantarsi di aver servito ai fini  pratici quanto il senso comune; si pensi al Galilei,  ad Ampere, al Faraday! ìl critico invece, pur trop-  po, nun ha dato che soddisfazioni teoretiche, 0 qua-  si); nessuno di essi è assolutamente più giusto e più  vero degli altri (2). e;   La loro verità dipende dalla loro utilità nei casi  particolari.   Questo il Pragmatismo nel suo metodo e nelle sue  presupposizioni gnoseologiche fondamentali: melodo  & presupposizioni che ne costituiscono la vera es-  senza. Il James dice che un aspetto essenziale del  Pragmalismo è anche la sua leoria genetica della ve-  rità (3). Lo Schiller, dal canto suo, scrive che: «pa-  rallela alla teoria della verità è quella della realtà »,  e perciò la trallazione della prima non può andar  disgiunta dalla esposizione critica della seconda (4).  A me pare che tanto l'una che l'altra, più che dottri-  ne essenziali del Pragmalismo, siano corollari, 0  applicazioni del metodo alle due forme oggettivo-  soggettiva c oggettiva dell’essere. E   Di queste due applicazioni dobbiamo ora occuparci  lrattando della teoria della verità e della realtà nel  pragmatismo. \    (1) Ibid., p. 117.  (2) Ibid:; p. 118 Par  (3) Der Pragmatismus, p. ki: Das wdre das Wesen des    Pragmalismus: erstens eine Methode und zweilens cine. gene    tische Wahrhettstheorie »,  (4) Stud, tn Hum., p. 284,    "E    lla ate    RA A da LTL       II.  LA TEORIA DELLA VERITÀ E DELLA REALTA       Sommario : $ 1. La condotta. — $ 2.  La dottrina della  verità, — j 8. La dottrina della realtà.    SI. — «Che cosa ci sa dire la filosofia intorno alla  condotta? La pone in allo o in basso, la esalta ponen-  dlola sopra un piedestallo all'adorazione del mondo 0 |  la deprime perchè venga calpestata dalle persone i  Superiori? In allre parole: qual'è, secondo la filoso- |  fia. lo relazione della lcoria colla pratica della vita,  della cognizione coll’azione, della ragione teoretica  colla pralica? » (1). Così comincia lo Schiller il suo    primo saggio del volume: « Umanismo, — La base  È elica dellu metafisica ». E continua: «La dottrina di  È, questo rapporlo coslituisee uno dei capitoli più in-  bi tricali della storia del pensiero. Da questo capitolo    della storia risulla chiaramente un fatto: che le pre-  lese delle teorie antagonistiche (leoreticiste e prali-  gra * cisle) sono così larghe e così insistenti da rendere   impossibile ogni compromesso fra loro; bisogna sce-  pai gliere-fra i due estremi: o la condolta è lutta la vita.  i O è nulla; 0 è la sostanza del tutto, o è la visione dì  un sogno: aul Caesar aut nullus » (2). Noi sappiamo    a giù quale dei due estremi abbia scelto il Pragmati-  sil smo. Invece di supporre che il pensiero sia altra cosa  o dall'azione, esso tralta il pensiero come una forma di  , È condotta, come una parle integrale della vita attiva.       (1) umanism, Essay I, D. 1-2,  ‘(2) Id., p. 3.       Sai                                                                      Il Pragmatismo    Invece di considerare i resultati pratici come poco  o affatto importanti, fa dei valore pratico un deter-  minvute della verilà teoretica. Im una parola: la  condotta, in luugo di svanire nella nullità di una il-  lusione, è ristabilita nel potere di controllo di ogni  dominio della vila.   Dal punto di vista pragmatislico della psicologia le-  leologica, inlcsa come s'è vedulo, tanto i problemi  logici quanio i metafisici si presentano in una luce  | nuova, poichè vien dala una importanza decisiva i  | concetti di proposito e di line.   SH Il Pragmalismo è una protesta sistematica contro  l'abitudine di iguorare, neile nosire lcorie sul pensie-  ro e sulla realtà, la finalità del pensare attuale © i  rapporti delle nustre realtà attuali ai fini della vila;  è r'aflermazione delta basc chica della iogica e della  id metafisica. « La valutazione (cologica è una sfera  speciale della ricerca clica, € quindi il Pragmatismo,  To con la sua accentuazione della teleologia in ogni  (campo del pensiero, assegna al metodo lipico «della  elica una validità metalisica » (1), alfermando la su-   preva autorità della concezione etica di bene sopra |  da concezione logica di vero € la metafisica di reale.  II bene, il valore pratico © un determinante essen-  ziale così della verità come della realtà. La condotta  è la sostanza del tulto. La nostra apprensione del  reale, la nostra comprensione delia verità si effet  luano sempre in esseri che tendono al consegui-   mento di qualche bene: sono penetrate, informate  “dalla tendenza a un fine pratico, dalle esigenze della    condotta. pt    g 2. — Chi studia seriamente i processi conoscitivi  della intelligenza umana viene subilo a trovarsi d  fronte al problema dell'errore. Tulte le proposizioni          30 La teoria della realtà e della verità                                logiche hanno l'audace pretesa, senza riserva e senza d  riguardi alle pretese delle altre, di esser vere. Eppure  gran parle di esse non sono che delle menzogne :  non sono realmente vere e la scienza deve respin-  gere la loro pretensione. Per far questo è necessaria  una scella di ciò che è realmente vero dalle verità  apparenti: una condanna del falso ed una ricogni-  zione del vero; il logico, in altre parole, deve valu-  tare le ioro prelensioni di verità (1). Con qual crì-  levio? Come dislinguere fra proposizioni che preten-  dono di esser veré c non sono, e le pretese buone  che pussono essere convalidale? Qual'è la nota, il  carattere distintivo della verità? Così si pone il pro-  blema crileriologico; e una teoria della conoscenza  che è impolenle a scioglicrio è già condannata (@). ©  Quid est veritas? Per verità noi intendiamo una  proposizione alla quale è stato in qualche modo al-  luccalo (attached) ialtributo «vero» e che, conse-  __Suentemento, è riguardala sub specie veri. « La ve-  Tila è la lolalità delle cose alla quale e stato appli-  «cato o è applicabile questo modo di lraltamento sia  | ©hesi eslenda o meno alla totalità della nostra espe-  _ Rienza» (3). È una qualità di certe rappresentazioni  «© precisamente: l'accordo di certe rappresentazioni  con l’oggello {4). È questa la definizione comune che  | accellano, come qualcosa di evidente, intellettualisti  * pragmalisti. Il dissidio fra le due parti comincia  Quando si tratta di sapere che cosa propriamente si-  —_ Bnifichi «waccordu» e « Oggetto »; ovvero la «realtà »  con la Tuale devono convenire le nostre idee (5)  |, Secondo la concezione Opolare | n BRA  { ot ROIO Popolare l'accordo consiste  > In una copia dell'oggetto. Alcuni idealisti affer  ne ue le nostre idee sono vere quando corrispondono. a or  \<iò che Dio vuole che no pensiamo intorno al loro  alla /eoria della       *&gello, Altri, streltamente fedeli    (1) ScHmzLER: Stu  (2) Id., Jvta.  (3) Id., p. 14. Essay Y.     @ JAMES, Der Pra  i o gmatismus, p,  i 0 JAMES, Id., Ibid, D 124, VI, Vor],    dies in MHumantsm, D. 3. Essay I    Il Pragmutismo_ 31                                    i ì tre idee in  copia («copytheory»), dicono che le nostre in  nilo sono vere in quanto corrispondono ai pensieri  elerni dell'assoluto. Vediamo quanto valgano queste    concezioni. ;   Intanto la verità assoluta, scrive lo Schiller, non  esiste. La storia del pensiero umano è caratlteriz-  zata dalla inslabilità delle opinioni, dalla mutabilità  delle credenze, dalle vicissitudini della scienza, In-  somma. dalla lransitorietà di ciò che è o passa per  verità, Ogni verità umana, com! è attualmente e  com'è stata storicamente, sembra fallibile e transi-  toria... le verità del passato sono riconosciute come  errori al presente; quelle del presente sono in via di  essere riconosciule erronee in un domani più o meno  lontano. Quindi la verità umana non può affacciare  pretese di assolutezza. Per isfuggire allo scetticismo  che sorge nelle anime di fronte alla ininterrotta. ri-  valutazione e transvalutazione delle verità, che for-  ma la storia della conoscenza, si è ricorso ad una  verità assoluta trascendente indipendente dalle vicis-  situdini della verità umana; la quale verità assoluta  si concepisce come un modello da imitarsi, come una  misura per la valutazione delle verità nostre, come  una rocca inespugnabile in cui non può penetrare  cangiamento alcuno (1). i   Si slabilisce, cioè, una distinzione fra verità al  luale o umuna e verità assoluta, ideale, che è posta  al di fuori e al di sopra del flusso della realtà. Le  nostre verità sarebbero un riflesso dell’Assolulo, ri  . flesso imperfetto, ma valido, misleriosumente tran-  sustanziato per la immanenza in esso dell'Assolulo    e per la partecipazione della sua stessa sostanza. i  Mau l'espediente è fulile e dannoso. |   l'utile perchè l'assoluta, eterna verità, rigida e im- a  mutabile, non può discendere dagli eccelsi cieli della        logica a trasformare le nostri ‘i Ì  La, e verità e a togliere la  transitorietà alle nostre concezioni; la verità umana,    (1) ScuiLLER. Stud. in Hum,, Essay VIII, p. 204.    32 La teoria della realtà e della verità    dal canto suo, non può SORIrare alle prerogative so-  Rraumane dell’Assoluto (i). Se la verità assoluta  non può identificarsi, in qualche modo con la umana,  e se la cognizione umana non può diventare assolu-  la, non può congiungersi con l'Assoluto, l'Assoluto  per nvi non esiste e non può quindi redimere dal  ilusso perpeluo le nostre verita. I che lale unione  luon esista, anzi che sia impossibile, si deduce dal  contrasto di caralleri fra la copia (verità umana) Cc  tjuello che dovrebbe essere il suo originale (verità  lrascendente).   La verità umana è fluida, non rigida; temporale e  lemporanea, mon elerna e perenne; arbitraria, non  necessaria; scella, non inevilabile ; nata, come Afro  dite, di passione e di slancio da un Inare schiumoso  di desideri, non puramente intellettuale e spassio-  nata; incomplela, non perfetla ; fallibile, non iner-  tante ; assorbita nella tendenza di ottenere ciò che  ion c uncora compiulo; non beala nella. sua com-  iiulezza. Questi caratteri della verità umana risul-  tano dalle condizioni stesse onde ha origine ogni ve-  tilà. Essa è discorsiva perchè non puo abbracciare  lutta la realtà; © fallibile perchè è ‘essenzialmente  parziale € puo quindi Sempre venir corretla e com-  pletala da una cosuizione più vasta. Invece la ve-  rità assolula si estende al lutto e dipende dalla cogni-  zione del lutto. Li sua ussolulezza si fonda sulla sua  onMucomprensività (2). Se non V'è conoscenza conm-  pielamente adeguata all'intero sistema della reallà    _ on vi può essere verita assoluta (3). Orbene, la no-    stra mente è capace di {ale conoscenza? No. Ap-  punio perchè parziale, la verità umana poggia su  dati parziali, è generala dalle parzialità dell'alten-  stone selelliva ed'e diretla a fini parziali. Un abisso  Separa le due specie di verità: fra loro non vi può  essere ne Corrispondenza nè interazione (4). È quindi   verità attuale sia in « accordo con la    b RP assurdo che Ju   he (I) SCHILLER, 07, cl, 7.  E (I Ide TER OD. ci, p, 207,  via {9) Id., 4bid.  E (4) SCHILLER, 1a., p. 2,   i   Le   Lia       - di                                        Il Pragmatismo 38    asta ideale, eterna, Irascendente » come pretendono gli as-  solutisti. be  La concezione della verità assolula è anche perni  ciosa. Poichè: o l'uomo percepisce la differenza fra  ia verità assoluta e la relativa o non la percepisce.  Nel primo caso egli disprezzerà le verità umane, 1m-  . perfette, mutabili, le tratterà come apparenze, € lo  | Scelticismo sarà inevitabile. CIÒ è tanto vero che,  ‘anche attualmente, la linea di divisione. tra questa  specie di assolutisti e gli scettici è molto indecisa:  insegni Bradley. Nel secondo caso l'uomo prenderà  come assolute anche le nostre verità. E poichè l’as-  soluto non soffre aumento nè alterazione, egli non  _ si sforzerà di migliorarla coi suoi sforzi, rigetterà  come falso tutto il nuovo, non vi-sarà progresso al-  cuno nella conoscenza... ; ecco l’assurdo e con l'as-  surdo Ja rovina della teoria della conoscenza. Nel  nostro conoscere c'è aumento, c'è alterazione: e una  teoria della conoscenza che non li può spiegare, anzi  li esclude, non ha certo diritto alla nostra véenera-  zione, e non ci salverà dallo scellicismo, reso anci  ui tabil ; SE ’ «anche  du Anevitabile dalla impossibilità e dal rifiuto di  ‘0 FUNe I nostro reale progresso cognosellivo:   ud est verilas? È forse un «accor  realtà ; La Accordo »  Questa ipotesi reatitiae csfetto, del fallo. sterno?   A LI ‘a — dice ancora lo Schiller   ci conduce ad affer pe encore lo ssChil era 5  CIOS alermare degli incredibili paradossi,    con la    cha: 1 SE  Rc e die   n 3 n fis aipendente) è conosciuto. da e RI  » che «eg hipothesi » 16/x trascende SD   i E oanseo ALU soggeltivalin ACR BS È   e]  | Pragmatismo - 3 x = SONA È    [e    È    |<    PRE e  %% È Da teoria della verità e della realtà                           c) Che noi conosciamo anche questo e cioè che la  «corrispondenza » tra il fallo, quale è in sè stesso  fuorì della noslra-conoscenza, e il fatto, quale appare  nella nostra conostenza, è in qualche modo perfelta  e completa {1), il ehe è assurdo, perchè noi non pos-  siamo conoscere indipendentemente da un lato il pen-  _ siero, dall'aîtro Voggello esterno.  Nè si può dire che la verilà consista nella « cocren-  za sistematica ». Nell’universo non v'è delermina-  “zione assolula e perciò la verità c la realtà possono  «essere costruite im diverse maniere, cioè in diversi  Sistemi, con diverse «cocrenze » sistematiche: biso-  cana lener conto delle possibilità pluralistiche (2). RR  . il problema si ripresenta: «quale dei sistemi è vero  e quale è falso? »  Im che consisle la verità del «sistema coerente? »  Dal punlo di visla del razionalismo, cioè «a priori »,  on è possibile dare una risposta reale alla questio-  ne; non si può indicare nessun metodo praticabile di  ululazione delle verità (e dei sistemi di verità) se  non concedendo alle applicazioni pratiche, alle con-  | seguenze, di saggiare la validità delle rappresenta-  zioni (c dei sislemi di rappresentazioni); se non rica-  | Noscendo uno stadio intermedio, nel facimento della  s0 pad, fra Ja semplice pretesa (claim) di esser vero e  tn ideale completo di verità assoluta (3). Il Pragma-    smo è appunto il tentativo dì tracciare il modo del    > (I) Id, p. 181, Essay, VII.    (2) Di qui 11 nome di pluralismo dato a   dottrina _pragmatistica della verità e della A  ita «ex professo « nella quarta lezione (del vol. cit.): Etn-  lett uni Vielheit « Unita e Pluralità. — © pluralismo è la  gucazione Metafisica della realtà come di una molteplicità di  ct Separati, indipendenti. Si divide in matcrialistico (Ato-  TRIaIDO), in spiritualistico (Monadologia) è in duatistico (Dua»  smo). La concezione pluralistica è stata poi dal JAMES ulte-  ente svolta nel volume: .1 pluralistic universe, London,    Longman Green 1909, tradotto in f  [cato co. Nolo PRI oS Francese da Le BRUN e pub-  mar ion I titolo: Philosophie de l'erpérience, Paris, Flam-    (3) SCHILLER, Stud. in Hum. Essay I, p. 4.            ce       Il Pragmatismo 35    facimento aztuale della verità, le maniere attuali di  distinzione tra vero e falso per giungere alle sue ge-  neralizzazioni circa il metodo di determinare la na-  tura della verità (1): mette in luce, in altre parole,  lo sladio intermedio del divenire della verità, il modo  della convalidazione delle pretensioni di verità. Or-  bene, come s'è veduto, non si può spiegare il movi-  mento del pensiero verso qualche cosa senza fare  appello a motivi psicologici: desiderio, sentimento,  interesse, attenzione ecc. ; non è possibile descrivere  cosa alcuna in puri termini logici e senza costante  ricorso alla psicologia (2), ec quindi «i termini ullimi  della definizione della verità sono anzitutto psicolo-  gici»; ogni verità attuale è, in primo luogo «un pro-  cesso psichico, c, come tale, condizionato dalla va-  rietà degli influssi psicologici sentimentali e voliti-  vi» (3). i   E così anche i sistemi di verità. L'esistenza di un  numero di giudizì cocrenti connessi in sistema non  basta per avere da noi la ricognizione della verità.  li «sistema» per esser vero, deve anche aver valore  ai nostri occhi; la tendenza al «sistema» è parte  della tendenza più vasta all'«armonia attuale », 0  per lo meno ideale, della nostra esperienza. Il si-  stema non è semplicemente un tutto di consistenza  logico-formale, ma anche il prodotto di influssi ema-  <ionali. in vista di soddisfazioni emozionali. Perciò    nessun sistema è giudicato intellettualmente « vero »  se non è migliore — in rapporto alle nostre esigenze  -— di un altro, se non abbraccia e non soddisfa qual-  cosa di più che gli aspetti intellettuali astratti delle.    esperienza (4).    (1) 1d., ibid., p. 4-5. « Pragmatism essays to trace out the  actual «making of truth», the aciual ways In which discri-  _minations between the true and the false are effected, and  derives from these its generalisations about the metliod of  determining the nature of truth ». ?   (2) Id., Humanism, Essay III, p. di.   NI (3) Id., ibid. Cir.: Riv di Filos. Neo-Scol. A. II, N. 2, Spe-  cialmente p. 152 Sgg.  (4) ScuiLLer, J/umanism. Essay II, D. 42-50.       ‘36 La teoria della realtà e della verità    Vi sono dei sistemi che, nonostante la loro coeren-    za, non hanno valore di verità, perchè non TiMUON Π no e non risolvono un senso di disaccordo finale nel-    l’esistenza; tali sono i sistemi pessimistici (1); e n  sono delle verità, valutate come tali, per la loro effi-    cienza di armonia sebbene non siano connesse in si-|    slema (2). Non si dimentichi mai — ci avverte conti-    nuamente lo Schiller — che la nostra conoscenza èi  maleriata di inleresse, di desideri e di sentimento;    che la verità e il sistema della verità è il prodotto dei  mostri sforzi lelcologici (3). Da ciò risulla che il pro-  hlema della verità è essenzialmente psicologico, €  deve essere formulato così: « Qual’è la natura psi-  chica della ricognizione della verità? A qual parte  della nostra esperienza è applicata questa ricognizio-  ne?» (4) N Pragmatismo risponde : «La verità è una  ferma di valore; la natura psichica della sua rico-  gnizione è la valutazione » (3). « La valutazione della  nostra esperienza è un processo naturale ininterrotto  in una coscienza normale. Sponlaneamente, neces-  sariamente noi giudichiamo le cose « buone» e «cat.  live », «belle » e « prulte », «vere» e «false». È l’osi-  stenza di quesl’abito che fa sorgere le scienze nor-  mutive rivolle a dirigere e sistemalizzare le diverse  valutazioni (per esempio «l'estelica » per le valuta-  zioni del «bello» e del « brutto»; Peolica » per le  valutazioni del «buono» e del « cattivo »). Anche la    (1) 1d., tDid. «AI pessimismo in filosofia » lo Schiller consa-  cra il IX Essay del sno /umanism. Anche il « pessimismo, come  ogni sistenin, è un determinato atteggiamento di fronte alla  grande classe di tiudizi che sono conosciuti come giudizi di  valore a, « La Vila è adeguata all'ottenimento del fine supremo  dell'azione* Se St. essa ha valore, è degna d'esser vissuta; se  no, il suo valore è nullo e non merita d’esser vissuta. Nel pri-  Rpanraso abbiamo l'ottimismo, nel secondo il pesstalsmo  LA .    (2) Mumanism, D. 50,    (5) Specialmente là dove tratta del ri a e  Re ti el rapporto fra logica    (4) Humanism, Essay III, p. 54.    (5) «Truth is a form of a Value »..  Would be no «tru    ren    o na    er at    - * Without valuation there Ri  the at all» tv p. 55.    (4 4umunism, Essay II, p. 55. >    7 Il Pragmatismo . 37    logica è una scienza normativa che ha per fine di re-  golare e di ridurre a sistema le nostre valutazioni di  «vero » e di «falso » (1).   Come in ogni altra classe di valulazioni anche nella  valutazione della verità (2) l'inleresse umano è vi-  tale, il che vuol dire: che una verità ha conseguenze  (ciò che non ha conseguenze è senza significato), ha  una portata sopra qualche interesse umano, e che le  conseguenze debbono valere, debbono essere conse-  guenze per qualcheduno, in vista di un fine determi-  nato, cioè, devono essere «buone» e «pratiche ».  berciò, a tulle Ie asserzioni che prelendono di esser  vere noi dobbiamo intimare: « Mostrateci che siet>  buone di una bontà pralica, e vi riconosceremo pet  tali. Voi non avete una ragione intrinseca di verità;  noi dobbiamo altenerci alle vostre conseguenze: dal  frutto conosceremo l’ albero n. Una asserzione che  soddisfa un interesse umano pratico, che corrispon-  de al fini pratici dell'uomo è «vera»: è vero ciò che  è praticamente buono; è falso ciò che è praticamente  cattivo (3). 1 predicati «vero» c «falso» non sono  in fondo che indicazioni di valore logico, comparabili  come valori, coì valori «elici» ed «estetici» (4).   Similmente anche W. James: «ll Pragmatismo,  invece di considerare la verità intellettualisticamen-  le, cioè, come un rapporto puramente statico fra rap-  presentazione e oggetto, si pone, di fronte ad ogni  pretesa di verita, Ie solile domande. Dato che una  rappresentazione 0 un giudizio affaccino la preten-  sione di verita, noi chiediamo: Quale diffevenza con-  creta produce nella vita concreta di un uomo quel  tal giudizio, quella tale asserzione? Come potrà es-  sere vissuta? In che sì moditicherebbe il complesso  dell'esperienza se quel tal giudizio fosse falso (0.    3    (1) Id., bid. La parentesi è mia    |’ (®) Sarebbe meglio dire: «valutazione-verità », perchè que-  | Sta fla verita) non è che il processo della valutazione. Ingl,  | «truth-valuation ». ‘    | (8) Stud. in Hum, p. 5-8:             38 La teoria della realtà e della verità    vero)? Qual'è il valore della verità se noi la cambia:  mo în moncla di esperienza? » (1) ue   Per il Pragmatismo porre la questione è scioglier-   la: «Sono vere quelle rappresentazioni che possiamo  far nostre, cioè che possiamo far valere, lrasforma- —   re in forza e «verificare», sono false quelle che non   sono suscettibili di lule trasformazione in valore pra-   tico » (2). La verità di una rappresentazione non è   una proprietà immobile che le è inerente: la sua ve-   rità è un accadimento: una rappresentazione non   è vera, ma divien vera; è un divenire, è il progresso   della sua auloverificazione (der Vorgang ihrer Selb-   È stbewahreilung); 1 valore della verità non è altro  che il processo del suo farsi valere (3). E si fa va-  È: lere, e si verifica con le sue conseguenze pratiche,  con la sua utilità: anzi il farsi valere e il verificarsi  non sono in fondo che queste conseguenze (4).  Dalla definizione della verità come vulore logico (5) —  segue che lutte le verità debbono essere verificate.  Una rappresentazione che non vuole o non può sol:  tomettersi alla verificazione è già condannala. Essa |  può avere lull'al più una verità potenziale, senza si-  «| _°‘’‘00‘gnificalo, inintelligibile o congetturale, e dipendente  “fl da condizioni non uvverate. Per diventare realmente          da  3 (1) Der Pragmatismus, VI Vor, p. 125. <   è» (2) « Walre Vorsteltungen sind sotche, die wir uns aneigqneny   die wir gellend machen, in Kraft setzen und verifizierem hòn-  pe; nen, [alsche Vurslellungen sind solche bei denen dies alles  ("g nicht moglich ist», 1A., IUld., p. 125-126. È il Jaines stesso che  n sottolinea. :  % (3) Id., 126. E lo SCHILIER: «Che cosa erano le verità prima   p di venir scoperte?» La questione è oziosa, Se «vero» significa    «valutato da noi» è naturale che ogni verita diventa vera  quando è scoperta... Noi possiamo concepire tre stadi, mel  LA processo della verità: verità da venir fatta, verità diveniente,  i verità fatta. Il processo è unico e identico per tutte le verità a.  _ Stud. in Huni. p. 195-199. i    (4) JAMES. fui. SCHILLER, Stud, in Hum. p. 5. Non sono que:  Sei in fondo, che formazioni e syolgimenti del principio del   EIKCE. \   (5) È la prima definizione del Pragmatismo, secondo lo.  Schiller: «'The doctrine that lrw{hs are logical values» (Stud  in Hum.) p. 5. Me:            ati t 44                                            Il Pragmatismo 39    vera deve venir dichiarata e provata, e non si dichia-  ra nè si prova che nell'applicazione, nell'uso che 30.  ne fa: la verità di un'asserzione dipende dalle sue  applicazioni (1). Le verità astralte, come tali, non  sono verità. Perfino le verità aritmetiche derivano il  loro esser vere dall'applicazione all'esperienza.   Osservale per esempio ll’ enunciazione astratta:  22=4. Esso è incompleta. Noi dobbiamo, prima di  aderirvi, conoscere a che cosa si applicano 2 e 4,  poichè l’enunciazione non sarebbe ugualmente vera  applicata a due leoni e due agnelli; a due piaceri e  due dispiaceri, a due + due goccie d'acqua, ecc.  Così si dica delle verità tutte in generale (2).   Vi sono delle verità fuori d'uso, e vi sono delle  verilà che chiedono d'essere incarnate nella vita con-  creta. Finchè non operano nel mondo della esperien-  za immediala sono ambigue (3); solo la potenza e le  conseguenze del loro operare le tolgono all’ambi-  guilà mostrandole, con la verificazione esperimenta- M  le, vere o false. Le verità sono regole per l'azione;  ma una regola che rimane nei campi dell’astratto  non significa nulla, non regola nulla: il significato  d'una legge sla nelle sue applicazioni (4) ec ogni st  gnificato dipende dal proposito (5), perchè qualunque  applicazione della verità all'esperienza è in istretta  connessione con qualche fine il quale determina ta  natura dell'intero esperimento. Per ragione della di-  pendenza della logica dalla psicologia, ogni signifi-    (1) E la seconda definizione del Pragmatismo (ivi p. 6).    (2) Stud. in Hum. p. 9. ; Ria  ioè: sono in potenza alla verità € alla falsità. 0)  mind di questo AT delle idee astratte lo SCHILLER nana  consacrato un saggio intero: il V (Stud. in Hum): «The  ambiguity of Trutn» p. 141-162. >  (4) Secondo ALFRED SinGWicK_ — seguito in questo dallo |  ScuiLcer — le parole sot.olincate contengono l'essenza del med  todo |pragmatistico, e ne sono la terza definizione (Stud. in  Hum, p. 9). . ,  (5) Questa defin. del Pragmatismo risulta dalle due PD  denti. (Id., ibid.).    ib pi A    40 La teoria della verità e della realtà    cato è selettivo e teleologico: il giudizio logico è «va-  lutazione » (1). °   Resta da rispondere alla seconda questione: « A  qual parte della nostra esperienza è. attaccata la ri-  cognizione della verità? » i Re:  _Ciot: a che cosu riconosciamo o neghiamo noi 1l  valore di verità? Qualìi sono i principi direttivi nella  valulazione della nostra esperienza? È «vero» ciò  che è praticamente buono, sta bene; ma che cosa  chiamiamo noi «praticamente buono?» (2).    «La risposta a quesla questione — dice lo Schiller  — ci mette nel cuore siesso del Pragmatismo, ci  spiega in che senso il Pragmatismo professi di avere  un criterio di verità » (3). E la risposta non è diflì-  cile. Il nostro pensiero tende all’armonia e alla quic-  te del pensiero, a ridurre a sistema, con un lavoro  di selezione guidala dall’interesse, il complesso della  esperienza, a coordinare, in visla d’un fine, tutti gli  elementi della vilu: quindi è vero, (cioè buono, il  che è, per lo Schiller lo stesso) «ciò che armonizza  con le leggi proprie del pensiero e con tulta la nostra  esperienza anteriore » (4) e ci serve di base e di cen-  tro vitale per ulteriori esperienze. È vero ciò che ci  fa progredire. Il possesso della verità non è fine a sè  stesso, ma mezzo per la soddisfazione di qualche ne-  cessità della vita (5). La verità non è altro che la  via, per la quale noi siamo condotti da un fram-  mento dell'esperienza ad allri frammenti che mette  conto di far nostri (6). La verità è una guida all’a-  zione. Mettiamo ch'io mi trovi sperduto in una selva  în pericolo di morir di fame. Scopro qualche cosa  che assomiglia ad una strada, immagino in fondo ad  Cssa una casa; mì melto in viaggio e mi salvo. La    (1) Stud, in Hum, Essay I e V, 9 e 154, passim,  (2) Id., ibid.   (3) Id., ibid.   (4) IZumunism. Essay JII, p. 57.   (5) JAMES, Op. €. VI, Vorl. 127.   (6) JAMES, Op. c. p. 128.    2°                                        Il Pragmatismo    |  I rappresentazione della casa è vera perchè è verifi-  \i cala dalla sua ulilità; mi salva facendomi prendere  | la strada che vi conduce (1). Questo semplice e per-  | severante carattere di « guida» che possiede e mo-  | stra una rappresentazione è il vero prototipo del pro-  cesso della verità. È vera quando, finche-e in quante  |                                       «conduce n: e si intende vera di verità reale; poten-  zialmente è vera la rappresentazione alla a condur- _  ve, falsa la inutlu.   ’lulto ciò sta bene. Ma un complesso di valutazioni  soggettive, individuali, che sono il prodotto di inte- da  ressi psicologici e mirano ad una soddisfazione s0g- —  gettiva, non può formare che un complesso di verità  soggellive, individuali: la mia esperienza è soltanto  n la miu esperienza; le mie valutazioni sono soltanto  valulazioni mie: come si esce dal soggettivo? non x  | siamo in pieno «solipsismo? » (2) No — risponde lo eo  Schiller. Nessun protagorcamisla (umanista), facendo na  dell'individuale il suo punto di partenza, intende fili  fermarvisi.   Egli sa che 1 giudizi individuali non sono che una  piccola percentuale di quelli riconusciuti come vulidi.  Sa che l'uomo è un animale sociale e che la verità è  in gran parle un prodotto sociale. La verità non ‘si  salva finche rimane pura valutazione individuale: Ra.  bisogno di una ricognizione sociale, deve trasformar-  si in proprietà comune, E diventa sociale appunto  per lu sua utilità ed efficienza. Come nell’individuo        3 (1) 10, p. 19). — Anche lo ScuiLLer parla spesso della «con:  duciveness a «proprietà di condurre», come di un criterio di  Verità, Le «conseguenze pratiche» non sarebbero in fondo, che  questo « Hinfùhren» che permette poi uni specie di «previ-.  sione » di cio che è utile, Cf, a questo proposito: «La previ-  stone nella teorin dellu conoscenza » (rinnovamento A. I, Fa-  ‘scicolo II, 1907) di MARIO CALDERUNI. Vi.Si dice tra l'altro: « Per  conseguenze pratiche» vanno intese le esperienze particolari   ‘che la dottrina o l'affermazione in questione permette di pre-  «vedere» p. 191. «Esperienze che costituiscono il criterio non   | solo della verità e della falsità ecc...» Id., ivid. -&  (2) Del «solipsismo» lo SCMILLER si occupa nel X Essay   (Stud. in Hum.) « Absolutism and Solipsism» 258-265. Per   | questione se «l'empirismo radicale» sia «solipsistico» ctr   ournal of Philosophy, vol. II, N. V e IX.    li    42 La leoria della verità e della realtà    Îl criterio dell'uso, della ulilità regola Ie valutazioni  soggellive, consolida e subordina i vari interessi ai  fini principali delia vila, così lo stesso criterio (del-  lVuso) fa una selezione lra le valutazioni individuali  e cosfruisce, con maleriale delle valutazioni scelle,  la verità oggelliva che ottiene la ricognizione sociale.  Ciò che non è socialmente ulile, elliciente, operativo,  presto o lairdi viene eliminato. L'utilità sociale è così  l'ultimo delerminante della verità (1). Protagora ha  detlo: «L'uomo è la misura delle cose ». 1 commen-  latori sì domandano: uomo si deve intendere in sen-  so individualislico 0 generico? Tutte e due le inter-  pretazioni sono esatte — dice lo Schiller. L'umani  smo di Proiagora era abbastanza vasto per esten-  dersi all'uomo individuale e agli uomini (2), Egli ri-  conosce dolie distinzioni di valore fra le diverse per-  cezioni individuali (3): fra i giudizi di valore indivi-  duali si stabilisce una selezione dei migliori, che so-  pravvivono agli altri e si consolidano in grandi siste-  mi di verilà oggellive accettabili da tutti (4). Ed ora  SI capisce anche come la verità è fatta (how truth is  made), «come viene prodotla dalle nostre operazioni  sui dali dell'esperienza umana. La conoscenza. cr'e-  sce in estensione e in fidalezza (trustwartiness) per la  fecondità e la buona riuscita del suo funzionamento,  per l'assimilazione e incorporazione di nuovo mate-  riale da parte dei complessi organici preesistenti di  cognizioni. I sistemi (come organismi viventi) sono  Im un conlinuo processo di « auloverificazione » di    (1) Humanism. Essay l1I, p. 58-50.    (2) «His Humanism Was Wide enough to em  and men», Stud, in Hum., Ess. JI DI 34. RIS a    (2) Nel Teeteto (16G-S) di Platone sì fa dire a Protagora che,  se le percezioni di uno non possono essere più vere di cuelle  MATA AliTo possono, però est NOLOrI, Sopra il giudizio di  mo ignorante o rdinario sta È  saggio. Cfr.: Stud. in Hum. p° 35, sgg. melo ASI LUoO    (4) Humanism, p. 59: «Fra due teorie rivili noi accettiamo  come vera la migliore, quella che possiede «greater conduci-  Veness». Con questo criterio (sclusivamente sì C  astronomia copernicana, così semplice   troppo complessi. (Id., ibid.)       Il Pragmatismo 49    prova della propria validità dalle conseguenze e dal  potere di assimilare, predire, controllare fatti nuo-  vi (1). Ma, a simiglianza di quanto avviene nel pro-  cesso biologico, così anche qui assimilare significa  transformare. Le verità preesistenti, alla luce delle  nuove, per la compenelrazione delle nuove, assu-  mono un aspetto dillerente e cambiano in realtà, in-  Irinsecamente poichè diventano più operalive ed effi-  cienli in causa della loro maggior coerenza ed orga-  nizzazione; ci conducono meglio ai nostri fini, acqui-  slano maggior capaciià di armonizzare le esperienze  future in reiazione a noi, al nostro interesse e ai  nostri desideri (2). In realtà siamo noi che facciamo  la verità. Dipende da noi l’accettare o il respingere  falli nuovi, muove esperienze: il fattore della sele-    ‘zione, è il nostro interesse, è la loro utilità rispetto    a noi. È questo processo di fare la verità è continuo,  progressivo e cumulativo. La soddisfazione di un  intento conoscitivo conduce alla formulazione di un  altro; una verità nuova diventa presupposizione di    ulteriori imdagini (3). I così all’indefinito: la conqui-    sla della verita assoluta, cioè della verità adeguata  ad ognì fine umano non è che un ideale, com'è pura:  mente ideale la verità stabile, immutabile, eterna (4).  Ogni verilà può esser mulala da una nuova espe-  rienza. La Verità non esiste: esistono le verità. « La  Verità con leltera maiuscola è un mito. In realtà esi-    stono nel mondo umano soltanto le verità, altrettante  quanti sono gli: uomini, cioè le rappresentazioni e le  affermazioni praliche di cose che non sono, ma di-    vengono, e divengono per il polere che l'io esercita su  di esse, lanto più eflicace, quanto più, con l’azione    esso passa dall'incosciente al consapevole ed al ri-    liesso (5). 4  (1) Stud. in Iuni., «The Making of Truth», VII Ess. 194-195.  (2) Id,, ibid. 23,   (3) «A new truth, when established, naturally becomes ti e   presupposition of SUECASE, SSDIora Ono (Id. ibid.) E,  4)Id,, Ess. VIII, par. 8, Pp. | ILEN  a GIULIO VITALI, Note pragmatistiche. (Rassegna Nazio ita   le, 18 Dicembre ‘1906, p. 646, S6g.). de          4h La leorìa della verità e della realtà    Qual'è dunque il senso accettabile della nola defi-  nizione della verilà: «accordo con l'oggelto, con lu  realtà? » «La parola accordo — dice James (1) —  comprende ogni processo mediante il quale da una  tappresenlazione alluale siamo condotti ad un avve-  himento fuluro corrispondente ai nostri interessi v  bisogni, cioè utile alla nostra progressiva evoluzio-  ue» (#). IL nostro dovere, poi, di cercare e di ricono-  scere la verilà non è che una parte del dovere ge-  herale di cercare e di riconoscere ciò che torna conto.  Il tornaconto, contenuto nelle idec, è l’unica ragione  che ci obbliga di allenerci ad esse» 3). k lo Schiller:  «La risposla alla questione » Che cos'è la verità?  è la seguente: se si ha di mira il fallo psichico della  verilà-valutazione, là verilà può definirsi: «la fun-  zione finale (ullimate) della nostra allività infellel-  liva; se si ha riguardo agli oggetti valutati come  Veri essa è: quella manipolazione di essi che lì rende  Utili primariamente ad ogni fine umano, ultimamen-  le allu perfetta armonia della nostra vita intera che  cosliluisce Ja nostra uspirazione finale » (4).    $ 3. — La dottrina della realtà è affine a quella della  verità anzi S’identifica, ìn un certo senso, con essa.  ll principio umanistico di Prolagora è universale:  umano genera e informa lutto ciò che è; anzi...j ma  uscolliamo i due leaders del Pragmatismo.    Il Pragmalismo segua un passo in avanli nell'a-    niutusi della nostra esperienza è, quindi, un prog) sso  ln quella cognizione di noi stessi dalla quale dipende.  li-cognizione del mondo. ‘ale passo in avanti non è  Ineno imporlanie di Quello che, nella storia della fi-  losofia, ha fatto compiere alla questione cpistemolo-  logica la priorità sulla questione ontologica (5).    (1)-1d., {bid., Vorles, VI, p. 135-136.  (2) Id., ibid. e passim in tutta la medesima lezione.  ° (5) «Das Lolnende, das unsere wahren Ideen enthalten, ist  ner DES Grund, der uns verpflichtet uns an sie zu halten»    (4) SCHILLER, Humanism    » III, p. 60-61.  (5) Id., Ibid., p. 85. :    <>    at loin    | +    cat       ”    Il Pragmatismo : 45    Che cos'è la realtà? Così, cioè in lermini ontolo-  gici, era posta ia questione fino a Kant, Ebbene, fino  a tanto che non si melle in chiaro come la realtà  possa venire in noi, è impossibile qualsiasi risposta  alla questione; non esisfe, per noi, nessun reale se  non in quanto è conosebile; una realtà inaccessibiie  alla nostra cognizione è inutile e quindi si distrugge.  Perciò la vera formazione del problema metafisico è  questa: Che cosu posso io conoscere comc reale? (1).  La dollrina della reallà è condizionala dalla dottrina  della conoscenza; la ontologia suppone come fonda-  mento la epistemologia: ecco quella che Kant chia-  mava: «la rivoluzione copernicana in filosofia ».   Orbene, una rivoluzione copernicana compie ora  il Pragmalismo rispello alla formula epistemologica.  lisso dice: ta nostra conoscenza non è una operazio-  ne meccanica di intelletto puro. spassionato: i nostri  interessi ci impongono le condizioni del rivelarsi a  noi delle reallà. Questa, infalli, ci rivela soltanto  quegli aspelli che sono termine di un nostro deside-  rio attuale, di una tendenza a conoscere: tutti gli  altri sono per noi inconoscibili e quindi irreali (2).    (1) Id., Ibhid., p. 9    (2) Il BERGSON +- il rappresentante, in Francia, della Philo-  sophie nouvelle — scrive: «La vita esige che noi apprendiamo  le cose nel rapporto che hanno coi nostri bisogni. Vivere con-  siste nell'agire. Vivere significa accettare degli oggetti sol-  tanto l'impressione wfile », Ze Itire, Paris, Altan 1908, « Noi  cerchiamo fino a qual punto l'oggetto da conoscere è questo o  queto, in qual genere noto rientra, e quale specie di azione 0  di attitudine dovrebbe suggerirei (Introduction a ta Méta-  pliysigue). Cfr. anche La cultura dell'anima, Vol. 8. ENRICO  RerGSON: Lu filosofia dell'intuizione, trad. del PAPINI, p. 43.   Il Bergson è pragmatista? Risponda lui stesso: « Bisogna  distinguere due maniere profondamente differenti di conoscere  una cosa... la prima si ferma al relativo, l'altra ragglunge  l'assoluto...; quella è l’analisi, la cognizione per simboli, per  concetti, condannata ad aggirarsi unicamente intorno all'og:  getto...; questa è la intuizione, ossia quella specie di simpatia  intellettuale per cui ci si trasporta nell'interno d'un oggetto |  per coincidere con ciò che ha di unico e per conseguenzi  d'inesprimibile; con l'assoluto »... «La prima nasce dalle esi-  genze della vila pratica e non è filosofica, ma empirica: lil  seconda nasce dall’affrancamento dagli schemi pratici, dal  concetti-ctichette ed è quella per cui è possibile la vera meta-    46 La teoria della verità e della realtà    Non cè reale per noi, cioè non è conoscibile, se non  ciò che è oggetto di una nostra tendenza, di un no-  stro desiderio e volere; e non si desidera, non sl  vuole che il bene. Dal che si inferisce: nè la questio.  «me di fatto (ontologica), nè la questione di conoscen-  3a (cpislemologica) sono possibili a considerarsi in-  — (ipendentemente e senza coinvolgere come loro base  la questione di valore (psicologico-etica) (1). Le nostre  | valutazioni pervadono la nostra esperienza tulla  «quanta e si applicano ad ogni falto, ad ogni cogni-  zione. Perciò la verità della formulazione epistema-  logica del problema della realtà è incompleta finchè  «non realizza, tutto quello che è implicito nella cogni-  zione nostra: cioè il desiderio, la tendenza, l’inte-  SEEGS 3  La completa il Pragmatismo così: Che cos'è la  realtà per uno che aspira a conoscerla? «Reale» si-  gnifica: reale per qual proposito? per qual fine? per  qual uso? (2). È la «volontà di conoscere » che pons  la questione e quindi non potrà venir risolta che in  termini della volontà di conoscere (3). Ecco la spie-  | gazione. della diversità di dottrine che intorno al  «reale» ci hanno dato le scienze e le filosofie. La di-  x rezione della sforzo determinata dalla «volontà di  * conoscere» entra come fattore necessario e isradica-    IN                Di  ar  v    fisica, cioè la cognizione dell'assoluto » (Ibid.} passim). E an-  cora: «Il faut s'habituer à penser l’'Étre directement, sans  faire un détour.. Il faut tAcher ici de voir pour voir er non  plus de vor pour agire. (L'Evolutlon creatrice, p. 323).   JI Bergson riedifica sulla intuizione il tempio dell'Assoluto  che prima aveva fatto crollare dimostrando l'inanità dell'ana-  list, della cognizione per idee astratte. Poco importa che non  ci sia riuscito. (Cfr.; La filosofia di Enrico Bergson di Gius.  PREZZOLINI, Rocca S. Casciano, Cappelli 1908; ATTOTTA, L'intui-  zionismo contro la filosofia, La Cult. Filos., A. TIT, N. TIT ecc...)  La distinzione delle due differenti maniere di conoscere; in-  tuitiva (metempirica) e analitica (empirica) spiega l'apparente  inconciliabilità dei passi citati e d'altri ancora,    (1) Z/umanism, I, p. 9-10.  (2) Id., Ibil.    (3)... the answer... comes in terms of the will to know which  puts the question» Ibid., p. il.       Il Pragmatismo urti    . bile (ineradicable) in ogni rivelazione della realtà a  nol.   i La risposta alle nostre questioni dipende dal loro  carattere, ma questo dipende in tutto da noi. Siamo  noi che le poniamo così e così; l'iniziativa è del tutto  nostra. Dipende da noi il consultare l'oracolo della  nalura o l'astenercene; dipende da noi il formulare  le nostre domande alla natura. Se la domanda è  falla bene la nalura risponderà; se è fatta male non   risponderà, e noi dobbiamo ritentare la prova (1).   ci Che cos'è dunque la realtà? Procediamo -con or-   dine. Vediamo prima di lutto quali caratteristiche at-   « lribuiscano alla realtà le scienze.   . Scienlificamente, cioè, in quanto entra ed è trattata   nelle scienze, la realtà presenta i seguenti caratteri:    a) non è rigida, ma plastica e capace di sviluppo.    h) non è reale assolutamente e incondizionatamen-  le, ma relaliva alla nostra esperienza e dipendente  dallo stato della nostra cognizione.    7.6) La concezione che noi abbiamo della realtà cam-  bia e perciò:    d) riduce spesso all'irreale ciò che è slato accettalo  lungo fempo come reale.       e) Una «realtà iniziale» (come una «verità ini-  ziale») è reclamala da ogni cosa sperimentabile: è  necessario, CENCI un principio selellivo che ci serva  come di criterio a distinguere fra «realtà iniziale »  e «realtà reale » (2).    (1) «M vecchio oracolo ammonisce: ogni cosa ha due ma-  Michi: bada di prendere quello giusto ». Emerson, American  È Scholar. Rinn. A. (T. Fase. IT, Magia PEZZÈ PASCOLATO. « La natu-   ta, quindi non risponde sempre, a nostro piacere :... « Natura  Mon nisi parendo vincitur», ha seritto Bacone ». Si noti bene   Questa confessione dei pragmatisti: vedremo poi se è in corri.   spondenza con altre loro asserzioni.   (2) SCHILLER. Stud. in Hum. Essay VIII, p. 214. Vedremo  tto Ja differenza fra realtà «iniziale» (primaria) e realtà  reale». :  VELA         i                    48 La teoria della verità e della realtà    Contro la dottrina scientifica il Razionalismo af-  ferma: «La reallà è immutabile, è finita e completa    . da tutta VPeternità (1). Essa è una perehè ha un fine    uno, forma un sistema, narra un'unica storia (2).  La nostra esperienza della realtà è mulevole come  la nostra cognizione della verità, non perchè verità  e realtà divengano, mutino, ma perchè la esperienza  dell'una e la cognizione dell'altra sono processi psi-  chici: siamo noi che mutiamo 0). Verilà e Realtà  sono indipendenti da noi: noi le scopriamo, cono-  scendo, non le fucciamo. La realtà è-stalica, rigida,  uon migliorabile; è e sarà quello che è stata; non  diviene 4).   Il Pragmatismo si pone dal punlo di vista delle  scienze. Per csso la reallà assoluta è futile e dan-  nosu come la verilà assoluta per le medesime ra-  gioni. Lu concezione della realtà assoluta non entra  nelia nostra cognizione attuale della realtà (5); non  e conoscibile, il che è quanto dire: non esiste. Non  esiste la realtà: csistono le realtà; cioè le nostre  esperienze, che crescono e decrescono. Fingiamo che    le realtà ora conosciute e accetlate siano un milione :    tsse non esauriscono tulle ie possibilità dell'univer-  SO: VI possono esistere accanto ad esse allri dieci  milioni, capaci di essere scoperti e riconosciuti-come  lalî se noi applichiamo certi esperimenti che sono in  mostro potere: molle realtà in potenza, cioè irreali,  al presente, possono venir realizzale dai nostri sfor-  zi E viceversa: molle delle realtà conosciute pos-  sono benissimo, prima 0 poi, essere dichiarate ir-  leali e rigellale (6).   Non v'è nulla di assolutamente posto. La realtà  come la verità, diviene senza posa (7). La natura    (1) James, #0id., VI, Vorl. p. 143   (2) Id., ibid., IV Vorl, p. ot.   (3) Id., ibid., D.. 143.   (4) Id., tbid., passim.   (5) SCHILLER. Stud. in Juri, VITI D. 219,  (6) Stud. in Mum., p. 218.   (7) 1d., ibid.    È lui che sottolinea.    iii    - — —_ _—_ Sali    I       Il Pragmatismo 49    delle cose non è delerminata ma determinabile come  quella dei nostri simili. Prima del nostro esperimento  su di essa è indeterminata non solo per la nostra  ignoranza (soggettivamente), ma da ogni punto di  vista, cioè anche realmente (oggellivamente); si de-  termina sotto i nostri esperimenti come il carattere  umano. La nozione del «fatto in sè », come quella  della «cosa in sè, è un anacronismo filosofico (1).   Noi chiediamo allo Schiller: su che cosa facciamo  i nostri esperimenti se la reallà non c'è e se è di  pendente da noi?   Schiller risponde: Noi ammelliamo bene, a guisa  di postulato, una base iniziale di fallo, come condi-  zione dei nostri esperimenti (2), ma quesla prima  base è affatto indelerminala e plaslica: può diven-  lare tullo quello che nvi vogliamo che essa diven-  li {8). Fra le infinile possibilità noi possiamo sce-  gliere e realizzare la migliore (4).   Noi chiediamo ancora: «qual'è la natura delia  realtà iniziale prima, della base di fatto dei nostri  esperimenti? »   E come può ammetterla il Pragmatismo se essa  sfugge alla nostra esperienza, se non è conoscibile?»   Schiller risponde: «La difficoltà di concepire nel  Pragmalismo l’accellazione del falto come base non  dev essere traltala come obbiezione ai metodo prag=*  matico, ma come un mezzo per mettere in rilievo  lulto il suo significato.   Dalla pertrallazione di essa potrebbe ricever luce  la distinzione importante tra realtà che è «fatta»  soltanto per noi, soggettivamente, cioè «scoperta »,  e ciò che noi supponiamo che venga «fatto » real    (1) Humanism, p. 12 in nota  (2) Stud. in Mum. vp. 428-XIX. x    -    (8) EMERSON scrive: «Com'era plastico e fluido nella mano    di Dio, così Il mondo è in mano nostra». Queste parole sem:  brano un commento alle parole dello Schiller: « Noi possiamo  quanto può Dio nello schema intellettualistico di Leibniz».    «E il nostro dovere e il nostro privilegio di cooperare nella    formazione del inondo », ibid.  (4) Stud. in Hum. p. 219, VIII.    Pragmatismo - 4          50 La teoria della verità e della realtà                           mente, oggettivamente, in sè (I). Che noi facciamo  tale dislinzione è chiaro, ma perchè la facciamo? Se  tanto ìl soggettivo come l’oggellivo « facimento della  rcalla» {making of reality) sono il prodotto dello  slesso processo cognoscitivo, sotto l'impulso degli  sforzi soggellivi, come può sorgere o mantenersi, da  ullimo, quella distinzione? Ebbene: anzi tutto è chia-   «ro che l'accellazione del metodo pragmatico nè ci   ; costringe ad ignorare quella distinzione, nè ad affer-   i mare «the making of reality » in senso oggettivo. Sia   È può benissimo concepire quel facimento come pura-  | mente soggettivo, solo in rapporto alla nostra co-  quizione della realtà e punto in relazione alla sua  esistenza abituale. Il Pragmatismo non fa della me-  lafisica, ma della epistemologia: si può essere prag-  mualisli in epistemologia e realisti in metafisica (2).  Sia che si ammetta, sia che si neghi che la realtà è  fatta da noi anche oggettivamente resta sempre vero  che sono necessari i nostri sforzi per iscoprire la   _‘—‘vcealtà, che i nostri desideri, i nostri interessi deb-   è bono anticipare le nostre «scoperte» e farci la via  id esse e che, perciò, la nostra concezione del mondo  .clipende sempre dalla nostra selezione soggettiva di  Giò che cì inleressa di scoprire nella tolaliltà dell’esi-   stenza (3). }   .__,Noicì proponiamo i nostri fini, noi scegliamo i no-  Sti mezzi; noi foggiamo «cause» ed «effetti» nel  Jlusso omogenco degli eventi (4).   Per noi la realtà iniziale è pura potenzialità, come  la. verità iniziale è «Je» {materia prima) di tullo  | ciò che è deslinalo a diventar reale (5). È un concetto   # Ride: un: punlo, di appoggio, e di partenza delia   ; U.C0E e; è la possibilità indeterminata di   __ lutto cio che sarà, di lutto ciò che noi facciamo, co-   nuscendo: ogni realtà attualmente riconosciuta si                              () Id., ivu., p. 428, XIX Gi    (2) Id., ibd., p. 42) «in nota»,  (3) Id., 40id., p. 499-XIX «in nota»,  i) Jd, ibid, IN p. 299.  (9) Jd., ibid., XIX p. 222.    (6) Ia., ibia., p, 12 in nota, È    Il Pragmatismo 51    deve concepire come evoluta dal processo e nel pro:  cesso conoscitivo nel quale ora la osserviamo e come  destinata ad avere una storia (1). Per la teoria prag-  inalica della conoscenza i principî iniziali sono lel-  teralmente dei semplici termini @ quo, scelti varia-  mente, arbilrariamente, casualmente, nella speran-  sa e nel tentativo di avanzare verso qualche cosa di  meglio (2).   lullo ciò che è, è reale. Bisogna distinguere fra  vealtà «primaria» (primary reality) e reallà reale  (real realtty). La realtà primaria è semplice domanda  di divenir reale: è la realtà non veryicata © com-  pele anche alle «apparenze ». Non c'è distinzione nè  criterio di distinzione a priori fra apparenza e realtà.  La distinzione sorge soltanto quando la mente, mos-  sa dall'interesse, dal desiderio di operare su di essa  passa a controllarla (3). La reallà «primaria » che ri-  sponde alle noslre domande interessate diventa real-  la «reale»; quella che non risponde ad esse si ma-  nifesta come apparenza. La realtà «reale» non è  che la realtà primaria passata a traverso il fuoco del  criticismo esperimentale e promossa a un grado su-  periore (i). I poiche gli interessi crescono. e variano  continuamente e i propositi sono continuamente dif-  terenziati, anche la realtà « reale » cresce in comples-  stla, viene dillerenziala in serie, le serie si ordinano  in sistemi, i sistemi vengono coordinati e- subordi-  nati fva loro (5).   E così all'inciciimto. Il processo della nostra co-,  suizione della realtà (= della nostra creazione delle  reullà) si estende dal caos assoluto fino alla saddi-  sfuzione assoluta (6).    (1} 14. td.  (2) ju., tbid., p. 439.    (3) Id., IX, p. 233-234, «Watever is, is «real» ls what we  begin with,..    (4) Id., p. 244... «real» reality which has survived the fire    of criticism and been promoted to superior rank. - Le conse- %  | guenze provano la realtà come provano e fanno la verità,    (6) Id., ebid., VIII 221.       SCART ROTA    À ge    52 La teoria della verità e della realtà    La realtà è plastica. Forse (1) la lasticilà del reale  dipende (anche) da una vena di indeterminazione, di  libertà che corre per l'universo: questo giustifica il  nostro trattamento delle idee come di forze reali e  Passerzione cho il nostro fare la verilà è necessarla-  menle il /ure ia realtà (2). Conoscendo facciamo la  verità e la realtà. Neila elaborazione connoscitiva.  della nostra esperienza «reallà» e «verità» cresco-  no pari pussu (3). Realtà significa « realtà per noi»  precisamente come verità è «verità per nol». Noi  assumiamo come «reale» e accettiamo come « fatto »  ciò che giudichiamo come « Vero » (4). E il vero è  il bene, l'ulile; l'elica, dunque, è la base della me-  lafisica e della logica.   È il James: « Keallà è ciò di cui le nostre verità  debbono dar ragione, debbono controllare. Da que-  slo punto di visla la corrente delle nostre sensazio-  ni costituisce la prima parte della realtà. Esse ci  sono imposte, ci vengono non si sa donde. Non ab-  biamo nessun controllo sulla loro natura, sul loro  ordine e sulla loro quantità (5). Esse non sono nè  vere nè false, ma semplicemente sono. Sollanto ciù  che noi diciamo di esse, i nomi che diamo loro, le  teorie intorno alla loro natura, al loro essere, ai loro  rapporti possono essere veri o falsi.   Il secondo elemento della realtà è costituito dai  rapporli tra le sensazioni e le immagini loro nella    4 (1) Siamo in piena metafisica e come! Non solo la livertà  è nel reale ina anche la cognizione. « L'usare e l'essere usato  implicano «conoscere a cd cssere conosciuto («to use and to  be used includes to know and to be know»). La nozione della  « materia » morta... non trova più favore nella scienza mo:  derna » — «Bul is not this sheer hylozolsm?2 Non importa:  l'umanismo è largo: non indietreggia davanti alle parole « ilo-  zoisino » 0 « panpsichismo » posto cne siano utili alla interpre-  tazione del basso (inferiore) in termini del superiore, « Sebbene  non sia che un metodo, tuttavia esso inclina a questa 0 &  quella metafisica secondo che meglio corrisponde a’ suoi ca-  noni fondamentali ». -— Stud, in Hun, p. 422-4na.   (2) Id., p. 427.   (3) Id., p. 426.   (4) Id., 20i4,    (5) JAMES, iUid., Vorl. VII, p. 155. vr arde    è RS  | eee VI                       Il Pragmatismo    nostra coscienza. Di essi alcuni sono variabili e ac-  cidentali; p. es. quelli di spazio e di tempo, altri sono  sempre uguali a sè slessi ed essenziali perchè si fon-  dano sulla intima natura degli oggetti corrispon-  denti.   Gli uni c gli altri di questi rapporli vengono perce-  pili immedialamente: sono «falli ». Tultavia la spe-    cie di falli più importanti per la teoria della cono- Fi  scenza è l'ullima, perchè comprende le relazioni e- sas  terne, le quali vengono apprese ogniqualvolta gli Da  i oggelli sensibili sono messi in rapporto fra loro e  | debbono essere sempre riconosciute dal pensiero lo- e >    gico-matematico.  : Il ferzo elemento della realtà consta delle verità È  antecedenti che debbono esser prese in considerazio- es  ne in ogni nuova ricerca: questo elemento ci oppone    | molto minore resistenza degli altri due: finisce quasi  ty sempre col cederci il passo (1).  i Ora, sebbene questi elementi della realtà siano un    po’ fissi, tuttavia, operando in essi godiamo di una  cerla libertà. Le sensazioni, p. es., sono, è vero; il  loro essere non dipende da noi; però dipende da noi,  dal nostro interesse di rivolgere l’attenzione a que-  ste più tosto che a quelle; dipende da noi di tener + a  conto di alcune e di tralasciare le altre; dipende da  noi di dare, nei nostri giudizi, una importanza de- +  cisiva alle prime 0 alle seconde (2). LS  Noi leggiamo le stesse cose diversamente secondo   il punto di vista da cui le guardiamo. La battaglia  di Waterloo è considerata come riltoria da un ingle-  ‘se, come sconfitta da un francese. Così l’ottimista.  legge nell'universo la parola « vittoria», il pessimi.                (1) Id., îbid, Come? tra le verità antecedenti vi sono ancl  le relazioni elerne fondate sull'intima struttura dell'oggett  mi cedono il passe anche queste? Ma il loro valore non è i  discutibile? non formano esse la struttura del nostro pensiero?  ‘Non deve riconoscerle sempre il pensiero logico-matematico?  À parte questa incoerenza, è certo che il James non sl pre  «senta con le audacie quasi spavalde dello Schiller: a vol   sembra di trovarsi, leggendolo, davauti a un realista e intel  | lettualista autentico. Cfr. « Revue Néo-Scholastiguev, Vol. 15,  «Bulletin d’Epistemologie » p. 278-298. =  (2) James, î'2d., p. 156,                     pers    i: La teoria della verità e della realtà       È, sta la parola «sconfitta». «La esistenza della real- ©  tà appartiene (ad essa) ma il contenuto suo di-  pende dalla nostra scelta, e la scelta dipende da   | noi» (1). La realtà è muta. Le sensazioni dei rap-   (SAh porli loro non ci dicono niente intorno alla propria  natura: siamo noì che parliamo per loro. Noi rice-   2 viamo il blocco di marmo, ma siamo noi che vi scol-   piamo la statua. Giò vale anche per le parli « eterne »   della reallà. Noi scompigliamo le nostre percezioni   Mei rapporli inlrinseci e le ordiniamo a nostro pia-   . cere; le classifichiamo in serie, le raggruppiamo in  classi, consideriamo ora l'una ora l’altra come fon-  damentale, finehè le nostre credenze formino quei  sistemi di verilà che conosciamo solto il nome di lo-  gica, di geometria, di aritmetica. Im ognuno di quesli   ‘sistemi la forma e l'ordine è evidentemente opera   (umana (2). È difficile parlare di una realtà indipen-   «| ‘dente dal nostro pensiero. Essa si riduce al concetto   di ciò che è già nel campo dell’esperienza, ma non è   | @ncora denominato, oppure all'assolutamente mulo,   o a, un limite puramente immaginario della nostra   coscienza (3). Ad ogni modo è inaccessibile, inaffer-   | rabile: quando crediamo d’'averla còlla noi ci tro-  viamo lra Je mani un semplice surrogato, una crea-   . lura del pensiero umano anteriore che ce l'ha rega-   lala per il noslro uso e consumo (4). La corrente   delle sensazioni c'è, chi lo nega? Ma ciò che noi di-   ciamo di quel flusso è creazione nostra dal principio   sino alla fine. Noi condensiamo la corrente plastica   | în cose, a nostro capriccio: noi creiamo i soggetti e   1 predicali*dei nostri giudizi veri e falsi: tutto cià   «che è, è frutto della nostra elaborazione. «Il mondo   «| non è — come vogliono i razionalisti — l'edizione in                       (1 1a. dbig. « Die Existenz der Wirklichkeit gehòrt ihr, aber    hr Inhalt hingt von der Auswal ‘  RO vahl, und die Auswahl hangt    (8) 1d., p. 159.  | (a) Ia., ivia.       Il Pragmutismo 56    folio infinita, l'edizione di lusso elernamente com-  plota che le coscienze individuali non riescono a de-  cifrare nella sua interezza e rifanno in lante piccole  edizioni finite, piene di errori di stampa, più o meno  deformate e mutilate; ma è un’edizione non ancora  perfetta, che viene completandosi a poco a poco spe-  cialmenle per l’attività degli esserì pensanti » (1). E  questi la stampano nelle loro edizioni; la plasmano  nei loro schemi connoscitivi, in mille modi diversi,  secondo i loro diversi fini. E quei modi son lutti veri,  hanno tutti lo slesso valore di verità se rispondono  al fine per il quale furono elaborati. L'anatomico con-    sidera l'individuo come un organismo: la sua realtà  sono i suoi organi ; l'istologo vede in esso un comples- È  so di cellule, il chimico un insieme di molecole (2). Il n    numero 27 si può considerare come la terza potenza  di 3, come il prodotto di 3 e 9; come la somma di  26 + 1, come 100 — 73, ecc. ecc. Noi siamo creatori nel 0,  conoscere come nell’operare. Il mondo aspetta la sua  forma _finale dalle nostre mani, Così il Pragmatismo  apre nuovi orizzonti alla forza divino-creatrice del-  Puomo (3); così il pensatore è rivestito di dignità    LI    nuova piena di responsabilità. 6 i  Noi «solleviamo ad altezze nuove la realtà pree- »  sistente » se sappiamo credere, agire, lottare: la fede    ci fa salvi, ci porla alla conquista dell'universo, ul  niglioramento progressive della realtà (4) La no:  stra sorle è nelle nostre mani! Lungi da noi il fata-  lismo, il quielismo, l’indifferentismo: la vita è un ar:  cobaleno: vi troviamo tutti i colori, a nostro grado:  la noslra azione ve li crea (9). a    VP    | (1) 10. ibid., pi 165... Cfr.: La cultura filosofica, N. 2, Pi 124, >  dove ho tolta la traduzione delle parole qui citate.    i (2) Id., p. 161-161; passim.    Ù (8) La frase è del PAPINI, «der Fiihrer der italienischen  V80 Pragmatisten » come lo chiama il JAMES, ibid., p. 104. NP».  int (4) Le parole sono prese dall'EuckeN ima non si ha alcuna  e) citazione di opera; EUCKEN parla di una « Erhohung des vorge-    i fundenen Dascins » -- p, 163. ine.  (5), James, p. 170 sgg. SCHILLER: «like a rainbow Life glitters  ti în all the colours». /fum, 16, \?,                    uindi, o uomini, imparale a conoscere voi stes-  vi consapevoli delle vostre vocazioni; in-  allargate le vostre finalità: sollevatevi  i | dominazione in dominazione; sappiate volere e  sappiate creder?, cioè uermare con tutto il vostro  essere che le cuse stanno realmente come voi le po-  ele, © le cose vi ubbidiranno, e la fede \} farà salvi,  ioè vi permetterà di conseguire i. fini della vostra  esistenza. Sappiate che dopo lutto la verità non esi-  ste in sè; ma parlate, pensale, agile come se real  ente fosse tal quale voi la vedete, voi non servi,  na padroni suoi © suoi fallori» (1).   ‘Questa è lu dottrina della realtà sostenuta dal  agmalismo.                                    INI.  LA RELIGIONE ‘NEL PRAGMATISMO       “Sommario: x l. Le preoccupazioni etiche e religiose. —  $ 2. L'esistenza di Dio. — $ 3. Il concetto di Dio.  — \ 4. Religione e religioni.    g. 1. — Esporre con una certa ampiezza le dottrine  pragmaliste, senza fare un posto speciale al modo  con cui in esse sono presenlali e risolti i problemi  religiosi, sarebbe una mancanza grave.   — Chi ha studiato o lello con amore, le opere — al  meno le principali — dello Schiller e del James, sa  “che, allraverso ad esse, si sentono passare, come  n fremito, più o meno distintamente, due preoccu-  | pazioni; luna, più generale, che tulto pervade, tulto   “colora, tulto fondamenla: la preoccupazione etica:  l’altra, più speciale, che nasce dalla prima come  condizione necessaria o postulato del coronamento  dei valori e delle esigenze eliche: la preoccupazione  — religiosa (I).   È vero che questa (la religiosa) nello Schiller non  è così intensa e così manifesta come nel James; lo    (1) Per questo io credo che, se si può e si deve parlare di  nn pragmatismo religioso (e così pure di uno epistemologico,  metafisico ed estetico) come di un complesso di applicazioni  del principio del Peirce alla religione (alla metafisica cecc.),  non si può invece parlare di un pragmatismo etico, come di  lina specie 0 soltospeci® del pragmatismo: Tutto il pragma-  ismo è etico: l'etica è alla base della epistemologia, della me-  a Lab della SESLIgione °, della IOICUCE Di quest'ultima non  È ames e Jo Schiller non se ne son Ù A   articolare, Il non ne sono occupati    5          0 58 La Religione nel Pragmatismo    Schiller — il véro filosofo del pragmatismo, sebbene  meno popolare del James — ha lavorato sopratlulta  a stabilire e consolidare la base stessa dell’edificio:  il carattere, cioè feleologico-morale di ogni nostra at-  tività e di ogni prodotto dell’altività umana: tutta-  via sono numerosi i saggi nei quali egli si occupa  ex-professo, più o meno largamente della religione,  V, e da per tulto si sente che per lui la religione vale.  - Del resto: non ci dice lui stesso, espressamente, che  il pragmatismo «non è soltanto un movimento che  riguarda un insieme di dottrine tecniche intorno al  7 problema della conoscenza, ma anche un tentativo  di determinare i rapporti tra «fede, ragione e reli   . gione?» (1).   Quanto ai James è nolo — per la sua stessa con-  fessione — che la prima applicazione da lui falla del  principio del Peirce fu un'applicazione ai problemi   KS. religiosi (2). Ed è noto del pari che, dal giorno del  ; suo primo discorso pragmatista all'Università di Ca-   È lifornia (1898) fino all'opera: « A _Pluratistic Univer-  | Sen, attraverso la «Volontà di credere», « Le varie  forme dell'esperienza religiosa» e «Pragmatism »,                             lulte le volte che gli si presentò l'occasione, ha posto \  e risollo, a modo suo, i più fondamentali tra i pro- i  blemi della religione. Il James fu un? anima carat- -  leristicamente religiosa. Dice di lui il Boutroux: :    «Egli ebbe da suo padre una tenerezza intima per  il inisticismo del grande pensalore svedese Swe-  dlenborg, il principio del quale era la relazione tra’  gli esseri terrestri e le potenze spirituali. Questa  «dottrina Swedenborshiana. circola traverso tutta la  opera del James» (3). Egli lrovava «la forza e lu  pace del cuore e dello spirito nella fedeltà alla crc-  denza che fuori del mondo del nostro «pensiero co:  Sciente ve ne sono altri, ai quali noi allingiamo le  energie capaci di arricchire e di trasformare la no- 4             (1) Studies in Humanism, Essay XVI, p.  (2) Pragmatismus, p. 29.    |. 13) E. BOUTROUX, IV. James (Rev. d 5  Novemira, 1919, Db, isa ( © Metaph. et de Morale,    349, SEE.    culi *       Il Pragmatismo 59    stra vila» (1). «Chi sa — scriveva egli, conchiuden-  do un’opera classica sulla religione — se la fedeltà  di ogni uomo alle sue umili credenze personali non  possa aiutare Dio stesso a lavorare più efficacemen-  {e ai deslini dell'universo? » (2).   Aggruppo l'esposizione intorno a questi tre punti:   1.) Esistenza di Dio; 2.) Concelto di Dio; 3.) Reli-  gione e Religioni.    «2. — Cominciamo col James,   La storia della filosofia è in gran parte la storia  del conflitto dei temperamenti umani, Ogni filosofia  è l’espressione, il riflesso del carattere intimo del-  l'uomo, la traduzione in idee del lemperamento; ogni  intuizione dell'universo (We/lanschauung) è nè più  nè meno che un complesso di reazioni del carattere  umano assunte, o a propria insapula, o deliberata-  mente, in faccia alla realtà (3). Questo spiega il sor-  gere dci sistemi e il batlagliare continuo dei filosofi.   Noi possiamo distinguere due principali tipi spi-  rituali d'uomini aventi caralterisliche affalto diver-  se: l'uomo dalla (empra tenera (lender-minded) e  l'uomo dalla tempra dura (tough-minded), cioè il tipo  simpatico c il cinico (4).   Mettele questi due tipi profondamente diversi in  faccia all'universo e chiedele loro una dottrina: a-  vrele da una parle il malerialismo sensualista, con  lutto il suo contenuto di scetticismo e di pessimismo,  come traduzione del temperamento rude e cinico;  dall’altra lo spiritualismo con contenuto ottimistico,  quale espressione deì tipo dalla tempra tenera.   L'antagonismo di queste due dottrine, il contrasto  dei due lemperamenti malcrialistico e spiritualisti    co assumono tulto il loro speciale rilievo di opposi- |    zione davanti al problema dell’esistenza di Dio. Il    (1) L'Expérience religleuse, p. 436.  (2) /ui, p. 437. :    Li Mi  (3) JAMES, Der Pragmatismus, I Vorl. p. 3-6; 4 Pluralistio. ;    Universe, p. 20  (4) Der Pragmatismus, ivi, p 7: A Plural. Univ. p. 29. »    -    ?    60 La Religione nel Pragmatismo    complessa delle cose che vediamo, che esperimentia.  mo e che abbiamo convenuto di chiamare « mondo »  sono il prodotto della materia o di Dio esistente fuo-  ri e sopra la maleria? «La materia produce tulte le  cose 0 e'è anche un Dio?» (1). Ecco il problema. Il  quale non sarà risolto mai — e la storia è là a di-  mostrarlo — in base alle vuote, astratte e. sottilis-  sime discussioni sull'essenza intima della materia €  sui suoi caratteri osservabili o su pretese visioni h-  telleltualistiche de! Dio che è in questione (2). Ogni  speculazione è impotente — di fronte al materiali-  smo ateo — a dare una solida base razionale alla re-  ligione: i due grandi (entativi sistematici di dimo-  strazione dell’esistenza di Dio — il teismo scolasti-    ‘co e l'idealismo trascendentale — hamno fallito al  loro scnpo.    ‘Tulli conoscono gli argomenti classici della filo-  solia Scolastica. Ebbene, Hume, col cacciare per  sempre la causalilà dal mondo fisico, ha reso impos-  sibile ogni inferenza dal creato a una causa prima;  del resto l'idea di causa è troppo oscura per servire  di fondamento a tutta una teologia. Dopo Hume,  Kant ha dimostralo che, Dio, l'immortalità e la li-  berlà, non avendo alcun contenulo sensibile, sono  parole vuole di-senso dal punto di vista della cono-  scenza (corica, e ha fatla giustizia una volta per  sempre della vecchia leologia, che ora non regna che  nel volto e non è difesa che da qualche ritardatario.  Il darwinismo ha dato il colpo di grazia alla prova  per mezzo delle sue cause finali. L'ordine e il disor-  dine che noi troviamo nel mondo non sono che in-  venzioni umane: chiamianio ordine ciò che corri-  sponde a un nostro ideale, disordine ciò che se ne    (1) I metodo praginalista in: Saggi pragmatisti, p. 15 (tra-  duzione PAPINI).    (2) Occorre far notare che questa visione degli ontologi non  è da confondersi con la ?n!uizione del sentimento, intuizione  sorda e vivente, della «philosophie nouvelle»? Vedi: PIAT,  Insuffisance des Philosuphies de l'Intuition, p. 129, Sg.    Il Pragmatismo 61    allontana (1). Finalmente il pragmalismo, cacciando -  dal mondo la necessità logica, ha tollo ogni speran-  a di una soluzione per coucetti del problema in que-  stione, di modo che le prove dell’esistenza di Dio non  sono valide che per coloro che già credono in Dio    i  e debbono trovare degli argomenti per difendere tale 3  3  i  A       “pre credenza (2).  ; L'idealismo trascendentale non è più felice nel suo  SG tentativo di dare una base solida alla fede: vedremo  quali assurdilà sono implicite nel concetto di una  coscienza concrela infinita che sarebbe l'anima de! x  - inondo: vedremo a che si riduce l'Assoluto. e  «E allora? Quale altra via rimane aperta per risol  vere il problema? Già nell'opera : La volontà di cre-  dere, il James assegnava ai molivi emozionali un  valore definitivo, nel casu che l'intelletto non poles-  E se offrire delle ragioni sulficienti per l'adesione a  i doltrine di caraltere religioso. La via è aperta: met-  liamoci in essa. La questione: « Dio esiste? »per il  pragmatismo si risolve in questa, più determinata e  più chiara: «Quali conseguenze pratiche importa  (| per la reallà, per noi, l'esistenza di Dio?» Se prali-  = camente, cioè dal punto di vista del criterio della uti-  .lita pratica, la negazione dei malerialisti vale quan-  lo l’allermazione dei leisti, le due teorie sono equi-  valenti in lutto poichè delle teorie non esiste che il  di lato e il valore pratico (9). 7  | Ebbene, la questione se il mondo sia creazione di  Dio o prodotto delle forze materiali può essere con-  pe sideralo da un doppio punto di visla: relrospettivo  + e prospettivu. lFingiamo che il mondo sia completo.  ti ed evoluto in tutte le sue partì (punto di vista retro-  | spettivo). Esso non sarebbe che una somma di ri  sultali buoni e caltivi, dalla quale è escluso. qualun-                              >*              (1) Jaars, L'Expérience religicuse, D. 418 (in nota), p    ce 369-331. ia   a JAMES, L'Erpérience reliyicuse, p. 368-309: « Pour celui  qui déjà croit en Dieu ces arguments sont solides... La On  {ltoure... des arguments pour défendre ces croyances le    doit les trouver ». : di  Ò NI Vol., p. 59; L'Experience        (3) JAMES, Der Prugmatismus,  religlouse, pas. 132.    INA  La Religione nel Pragmatismo                                    que aumento e qualunque alterazione. Da un mondo  lale noi non avremmo nulla da sperare e nulla da  temere, perchè il potere creativo, qualunque fosse  slato, si sarebbe esaurito tutto in quello che è, che  è irrevocabilmente, in tulle le sue particolarità: uno  dono che ci è stato dato e che non può essere ripre- ì  so. Orbene, in lale ipotesi, «quale sarebbe il valore  «di Dio, sc ci fosse con la sua opera compiuta e ìl suo  mondo già trascorso? » (1). Egli non varrebbe niente  più del suo mondo; da lui, come dal suo mondo, non  avremmo nulla da sperare e nulla da lemere, poichè  egli, secondo tale ipolesi, nulla potrebbe togliere 6  aggiungere a ciò che è. A un Dio simile noi saremmo  riconoscenti per quello che ha fallo, non per altro.  lì ora prendiamo l'ipotesi contraria, che, cioè, le  parlicelle di materia, seguendo le loro «leggi» po-  lessero fare lullo quello che, nell’ipotesi precedente  Da fatto Dio: saremmo noi loro meno riconoscenti  che a Dio? «In che soffriremmo noi mancanza se  lasciassimo cader: l’ipotesi di Dio e facessimo respon-  subile la sola maleria? Come, essendo l'esperienza  definitivamente cd irrevocabilmente ciò che è sfata,  “polvebbe la presenza di Dio in essa renderla più vi-  vente e più ricca al nostro sguardo?» (2) « Chiamia-  mo materia la causa del mondo e non leviamo nep-  pure una parle di quelle che lo compongono; nè, sc  chiamiamo Dio la causa, esse aumentano ». Dunque  «materia e Dio significano precisamente la stessa  | cosa, cioè il potere, nè più né meno, capace di fare  | questo mondo celerogeneo, imperfello e tuttavia ter-  | Minato », e perciò «la dispula tra il materialismo e il  leismo diventa, in questo caso, oziosa e insignifi-  ante». Se la presenza di Dio «non porta un giro v  lin risultato differente all'insieme del mondo, non  Ù può certumente accrescerne la dignità; nè gli (al:    RE TIE           (I) JAMES, 12 metodo pragmatista, in Saggi È   : MES, li SI, gi pragmatisti,  x D. 15-17. Noto una volta per sempre che le Datore Calo da  3 Saggi pragmatisti, e messe tra virgolette sono della traduzione  | del PaPINI e del LruNarbo, Jl PAPINI ha tradotto IL Metodo  | pragmatista dall'inglese,    | (2) James, 0 Metodo Prag matista, pp. 16-17; Dì  mus) ip, 06 g Dp. 16-17; Der Pragmatis: —    JI Pragmatismo 63    -                             mondo) verrebbe nessuna indegnità se Dio non hi  fosse e se gli atomi rimanessero 1 soli attori ch È  scena» (1). È saggio colui che volta le spalle a siffat-  ‘la inulile discussione (2). 3  ‘Meltiamoci ora a considerare il mondo da un punto  di visla prospellivo; poniamoci « questa volla nel  inondo reale in cui viviamo, mondo che ha un fulu-  ro, che è tullavia incompleto... ». ; 3  «In questo mondo non finilo l’allernativa di «ma-   lerialismo o teismo è intensamente pratica». Essa  si può formulare così: «In qual modo il programma  della nostra vila è allo a variare, secondo che si con-  siderano i fatti dell'esperienza come configurazioni  di atomi senza finalità (materialismo), oppure come  dovuli alla provvidenza di Dio?» (teismo). È vero  che in questo mondo non finito la materia fa prati  camente lutto ciò che può far Dio, che essa equivale  u Dio, che Dio è superfluo e cessa ogni legiltima ri-  chiesta della sua esisienza? E vero che «la materia,  di cui paria Spencer, per la quale si compie il pro-  i cesso dell'evoluzione cosmica, è veramente un prin-  | cipio di perfezione infinita quanto Dio? ». (8)  Vediamo. Secondo il materialismo e la sua « teoria  dell'evoluzione meccanica, le leggi della distribuzione  della materia e del moto» sono rivolte incessante-  _Inente al disfacimento del mondo, «a dissolvere tutte  le cose che hanno falto evolvere ». Così il Balfour  cl rappresenta l’ullimo previdibile stato dell'universo  quale ce l'ha dalo la scienza evoluzionista: «Le e-  Nergie del nostro sistema si consumeranno ; la gloria  del: TR cselrata, e la terra, inerle e desolata,  a disturbato 1a oltre la razza che per un momento  E SS GLILI a sua soliludine. L'uomo cadrà nel  EF va suoi pensieri periranno. La inquieta  a... le «azioni immortali » moriranno, e l'a-  i More, più forte che la morte, sarà come se non foss  _ mai slalo. Nè vi ‘'à Il i i sli se  1 sarà nulla che sia meglio o peggio    i fu) Ivi, PP. 17-18; pp. 59-63.  a (2) Ivi, p. 81; p. 61.  (8) d04, DD. 18-21, pp. 63-64/             64 La Religione nel Pragmatismo          per lulto ciò che il lavoro, il genio, la devozione e la  sofferenza dell'uomo avranno fentalo di effettuare  durante età innumerabili » (1). Dunque la sorte ulti-    ma di ogni cosa e di ogni sistema di cose cosmica-  mente evolute è tragedia. Nulla rimarrà di ciò che  è slalo: non un'eco, non una memoria: la rovina  sarà universale. È si noti: « questa rovina e trage-  dia finale sono nell'essenza del materialismo scien-  lifico. Le forze più basse, e non le più alte, sono le  forze eterne o quelle che sopravvivono ultime nel  solo ciclo di evoluzione che noi possiamo definiliva-  mente vedere » (2).   Ma se Dio esiste, i risultati pratici dell'evoluzione  dlel mondo saranno ben altri. « Un mondo che con-  lenga un Dio che dica l’ullima parola, può bensi ar-  derè o ghiacciare, ma però noi pensiumo che Egli  pensa sempre ar vecchi ideali e ne assicura che al-  riveremo a goderne; perciò il naufragio e la disso-  luzione non sono mai assolulimente finali. Ml bisogno  di un ordine morale eterno è uno dei più profondi  bisogni del noslro cuore... ».   «Qui giacciono i significati reali del materialismo  e leismo...; matlcrialismo signitica Ja negazione del.  l'ordine morale eterno e l'esclusione delle speranze  ultime; il teismo significa l’afiermazione di un eler-  no ordine morale e dà libero corso alla speranza » (3).   Un'altra conseguenza pralica di grande importan:  za deriva dalla affermazione feislica: il sentimento  d'intimità col mondo.   I mulerialismo con la sua visione impersonale  dell'universo ci pone di fronte a una realtà muta, in:  differente, brutale che distrugge via via ltutlo ciò che  crea, senza curarsi del bene e del male, e dei biso   - gni umani. I bisogni umani! Ma che cosa è ma  l'uomo per il quale si dovrebbe avere dei riguardi:  L'individualità di ciascuno di noi è come una    (1) BalFOUR, The Fondalions of Belie{ (Le basi della fede)  p. 30, citato dal JAMES in; Meludo praymatista, pp. 21-22, in.  Der Pragmalsmus, pp. 64-65.   (2) JAMES, IL Met. Pragm., p. 22; Der Pragmat,, D. 66.   (3) Zuî, pp. 23-24; p. 66 sg.                                 65  Il Pragmatismo    = rrasca,  7 are in burra  sopra: unt ma senza tre-  qui epolto;che Loano È AESLLUSRANO FOT  sj venti e le onde c iizoirenomoni Uasc  due i i non siamo che degli €} gli eventi (1). Come  otza (dol flusso irresistibile deG Letta così falla?  È Si simpatia e amore per o a senoi mettiamo  6, invece, nelle cose 0 MIO a esse ci appariscono  n Dio una som idenzar allora. lime al nostro cuo-  | ù calde, viù vicine a e voni saremo più estra-  "o pensiero : >  e al Nostro La non lo saranno a noi. Ri  Mg ici co ce eciesse: ‘agmalistico sì polrebbe dire  Da un punto di vista DER fra il maferialismo e il  le la differenza che passa fra de senlire i no:  CE "nali el concepire e sentire  ; O spiritualismo) nel concepire : I ROGIE  BLOGO SÌ differenza sociale. £  i rapporti col mondo è una eee  iamo malerialisti, noi dobbiamo DR È SIGrgnn  {ra socio, il mondo, difidenti e USE E  guardia che non ci GU slringorit  Spiritualisli noi possiamo fidare li, S SECOLI  Nexbitualisti SIAE n ere fidenti sulla nostra  " tai Ise peosstere ident so utile, che  on ai Rostri bisogni emozionali, che ci fa  ‘Procedere coraggiosi nelle nostre esperienze sulla  Tealtà nella speranza che ln realtà risponda alle do-  —  mande che le rivolgiamo, è una Sani UerisUca della  | Verità, noi dobbiamo concludere che il (eismo è vero  © il materialismo è falso.  Vi sonoaltre ragioni che autorizzano a tirare  conclusione in favore dell’esistenza di Dio. Se  Dio, Egli produce differenze prati  porti call'universo; se c'è un Dio,  renze « nella sorte finale del mondo :  lo. Ma possiamo dire d    questa  c'è un  che nei nostri lap-    questo s'è vedu-    i produca differ  . Ina durante tutto il  ere che l’esistenza di    Mella sorte finale  do» (3) Ammetl    ì, L'Expérience    religieuse, D. 409, 411.  >, Il Metodo pr    agmut., p. 15; 4 Pluratistie Univer  Il Met. Ppragm., p. 25.    Egli produce diffe    È più: se c'è un Dio noi possia-.  no aspellarci che egl enze non solo,  | corso del mon-  Dio non possa a               66 La Religione nel Pragmalismo    — cangiar nulla nella nostra esperienza non è affermare  ‘l’inverosimile? «il vero significato di « Dio » sla ap-  punto in quelle differenze che debbono essere ammes-  se nella nostra esperienza, ove il concello sia ve-  “ro. Ebbene queste esperienze esistono cd hanno un  ‘intlusso polente sul sentimento e sulla condolta. La  Z esperienza fisica, o percezione degli oggetti esterni, e  la esperienza psicologica pura c semplice limitata alla  tà percezione deil'io, non colgono la realtà tolale e pie-  ‘q namente reale, e non sono le uniche forme di espe-  ricoza: ve n'è una terza: l’esperienza religiosa che  (ci dà una massa di esperienze concrele affalto ori-  «_—‘ginali. «Se voi chiedete cosa sono queste esperienze  vi dirò che sono conversazioni coll’invisibile, voci e  visioni, risposte fl preghiere, mutamenti di cuore,  Ta liberazioni da paura, influssi di speranza, assicura  zioni di appoggio, ogni qual volta certe persone si  mettono in una cerla attitudine interna, con certi  modi appropriati. Il potere viene, va e si perde, e  può esser trovalo soltanto in una certa direzione de-  terminata, proprio come se fosse una cosa concreta  e maleriale» xl}, Vedremo più sotlo perchè pratica-  mente parlando è cosa di poco momento che il Dio  della teologia sistemalica esista o non esista; «ma  se il Dio di queste particolari esperienze è falso, è  una cosa lerribile per quelli la cui vita è poggiata  su tali esperienze » (2).  _, Concludendo: «la controversia teislica assume un  lreniendo significato se noi la saggiamo coi suoi re-  ; sultati nella vita attuale » (3). Il naluralismo, il posi-  ARI livismo e l’agnosticismu possono cominciare con cu-  lusiasmo il lavoro rude della vita, ma liniscono fa-  talmente nella tristezza e nello scoraggiamento inerte.  Se invece, come afferma il teismo, la nostra vita  ‘cosciente di lutti i giorni fa parte d'un universo mo-  rale, armonivso, elerno; se ognuna delle nostre sofl-                                        a    O TAES: ALI relty., ). 432.   ‘ AMES, Mel. pragm., pp. 28-29. — Sono appunto queste  | ‘esperienze che formano Ìl tema e l RA) ci  CRA la e la materia di: L'Experience  — (3)/£ Metod. Pragni., pp. 29-30.    a    N       ll Pragmatismo 67°    ferenze ha la sua ragion d'essere e il suo valore;  se il cielo sorride alla terra e se gli dei vengono a  visitare gli uomini; se la fede e la speranza sono  come l'atmosfera della nostra anima, allora la no-  stra vila scorre abbondante © colorita in mezzo a  grandiose prospellive (1) i   Possiamo tirar subito una conseguenza importan-  le dal punto di vista pragmatlistico ; la speculazione è-  impotente a condurci a Dio; noi affermiamo la gran-  de probabilità della sua esistenza in base alle con-  seguenze pratiche, all'utilità reale, in contanti, che  derivano dall'accettarlo come esistente. Naturalmen-  te, e lo vedremo sotto, il pragmatismo non può darci  più che una probabilità.   Lo Schiller con lo stesso metodo giunge alle stesse  conseguenze. Col James egli rigetta le prove tradi-  zionali dell'esistenza di Div e fa una guerra spietata  alla identificazione con Dio dell’Assoluto degli idea-  lisli trascendentali.   Per lui la comune insufficienza delle prove tradi-  zionali sta nella loro astrattezza. Esse, infatti, sono  applicabili alla concezione di un universo qualsiasi,  non ul nostro mondo particolare. Per esempio: l'ar-  gomento cosmologico inferisce Dio dal fatto che vi è  eausazione in astratto; l'argomento fisico-teleologico  è costruito arguendo, in maniera affatto generale,  dall'ordine un ordinatore (2). Ebbene questi argomen-    ‘li non provano nulla perchè vogliono provar troppo.    Dal momento che si possono applicare ad'ogni sol-  ta di mondo, buono o cattivo che esso sia, ne segue  che la divinila inferita con questa specie di argomen-  tazioni è affatto indifferente al contenuto del mondo,  al bene e al male che esso racchiude: è un Dio  amorale, che si può inferire così bene da un universo  ollimo come da uno pessimo. La inferenza di Dio dal  mordo sarebbe ugualmente buona nel Cielo e nel  l'inferno, Ecco perchè tutti i lonlativi di ascrivere a  Dio attribuli morali sono condannati a ;certo insuc-    (1) Ivi, p. 30.  (2) JAMES, L'Experionce religieuse p. 117.       4  Se    |  il  |             68 'La Religione nel Pragmatismo    cesso. Trascurando gli aspetli morali del nostro mon-  do come si può giungere a un principio morale gli  esso? Ebbene, non è di codeste prove che noi abbia-  mo bisogno; non chiediamo una prova dell'esistenza  di Dio che sia valida per ognì universo pensabile, mù  per il nostro mondo aituale, che tenga conto del con-  tenuto concreto, reale delle cose che noi: esperimen-  liamo; ci occorre un Dio il quale ci dia sicurezza, che  nel nostro mondo vi è un polere capace e disposto a  dirigerne il corso (1). È È   Il dialogo: Gods and Priestes (Dei e Sacerdoti) (2)  è lullo una critica birichina degli argomenti raziona-  li (teorici) dell’esistenza di Dio. Dice Filono: «Mi pa-  re che Vesislenza degli Dei si possa inferire dall’esi-  stenza dei sacerdoli, poichè, se gli dei non ci fossero,  e che ci starebbero a fare i sacerdoli? » Un argomen-  lo puerile, a dir poco, come si vede. Eppure Anlino-  ro risponde: «Questo argomento è... migliore della  più parte di quelli dei teologi » (3). Più oltre Antinoro  dice: .« Finchè il Dio ignoto non è desideralo è inco-  moscibile » (4). Noi sappiamo che « inconoscibile », per  l’umanismo, vuole dire «non-esistente ». Ma dunque  il nostro desiderare, volere Iddio è creare, fare Iddio?  Senza dubbio: «il desiderio fa reale l’irreale n. « Gli  dei sono reali in quanto responsi ideuli ai reali biso-  gni umani, che ci funno realmente agire» (5). Dio 6  un postulato della fede ed è delia stessa nalura dei  postulati della scienza (6), cioè una supposizione uli-    (1) SCHILLER, Humanism., Ess, 1V, « Lotze's Monism »; p. 82.  = lo non posso indugiarmi a esporre largamente le teorie re-  liglo5e dello SCHILLE", come ho fatto col JAMES: un articola  non basta a ciò, Del resto non è neanche necessario, perchè lo  SCHU.LER, quando pula di religione. si appoggia spesso al  JAMES, €, sostanzialmente, lo riproditeo   (2) ScHiLLER, Studies in Humanism, Essay XV, pp. 326-348.   (3) Ivi, p. 227.    (4) Ivi, p. 347.    (5) IVI, pp. 340-341: «They (gods) nre real as the ideal re-  sponses to real human needs, which really move us,   (6) Studies in Humanism, p. 136. Lo ScHILLER cita qui: La  tolontà di credere del James,    = "i si » etiam  Lu e e ir__nnnn_nn_    RPEI EN                             oli Pragmulismo    le, una domanda di qualche cosa che corrisponda alle  esigenze dell'uotno e mella armonia in una speciale  sfera di esperienze.  L'uomo fa la verilà e la realtà, come s'è veduto: È  è vero e reale ciò che opera e in quanto opera; la  soslanza è allivilaà, e l'attività non esiste se non come  attività per noî. La domanda di Dio non è la doman-  da di un essere lrascendente, ma di uno perfezio-  È nante la esperienza nostra (1). Perciò la questione:  LI, Dio esiste? significa: Qual'è il valore per noi del con-  X cetto di Dio? | siecome le concezioni di Dio sono mol-  | le, qual'è il valore di esse, 0 dei varì tipi ai quali  lulte sì possono ridurre? E qual'è il migliore fra i  concetti di Dio?    $ 9. — Nella filosofia spiritualisla noi troviamo due  specie di (eismo in senso largo: il leismo dualistico,  o teismo propriamente detlo, e il leismo monistico  o panteislico. Il primo è la elaborazione teologica  della filosofia scolastica, il secondo è proprio dell’idea-  lismo posl-kanliano, 0 idealismo assoluto, o ideali-  smo simpliciter, che si voglia chiamare (2). Esponia-  noli brevemente ed esaminiamone il valore alla luce  del pragmatismo. >»  Il'ieisino scolastico insegna che Dia è la Causa Pri-  ma, la quale differisce tolo genere dalle sue creatu-  re. La sua essenza è di essere a sé. L'ascità è la fon-  le di ltulli gli altri allributi metafisici: necessità e  assolutezza, immaterialità e semplicità, infinità e per-  sonalità metafisica, ecc.; e degli attribuli morali:  sanlità e onvipolenza, onniscienza e giustizia, im   mutabilità e amore, ecc. (3). Ebbene, applichiamo a    -    (1) ScuuLer, ivi. Considerazioni simili a quelle del James  contro ia visione materialistica della vita nol troviamo li  — Humanism, Ess. XIV, pp. 250 seg.: «The ethical significance.  of immortality ». Vi dintostra che la vita non è degna d'esser  "vissuta se non sono conservati i valori ideali. /    (29) JAMES, A Pluralistic Universe pp. 23-24; Der Pragma-  lismus, VIII Vorl. p. 192. a  (3) JAMES, L'Expérience Reltgieuse, pp. 371-376; Saggi prag-  mat., IL metod. pragm., pp. 25-20. ) ar    -                                                        n . 70 La Religione nel Pragmatismo    RO T   questi attributi di Dio il principio del Pierce ec vedre-  L mo che fra essi ve n'ha di più e di meno importanti.  i Infatti, dal punto di visla pragmalistico che diven-  N gono gli altribuli metafisici di Dio, distinti dai suol  attributi morali? Quali effetti possono produrre sulla  nostra condotta? Che cosa importa per la vita del.  l'uomo che Dio sia a sè, che Dio basti a sè stesso,  che Dio non appartenga & nessun genere ecc. ecc.?  «Come può mai l'« aseità » di Dio loccarmi inlima-  mente? Quale speciale cosa posso io mai fare per    adattarmi alla sua « semplicità? n «O come devo de-    terminare lu mia condotta da qui innanzi se la sua  «felicità» è assolutamente completa?» Anche quan-  ‘do di quesli attributi ci si desse una dimostrazione  logica rigorosa noi dovremmo confessare che essi  non hanno senso, 4                                     poichè sono lontani dalla morale,    lontani dai bisogni umani (1).  ‘Non è così degli attribuli morali. Essi risvegliano  il limore e la speranza e sono il sostegno dell’ani-  ma. Se Dio è santo non può volere che il bene; se  è onnipotente ne può assicurare il trionfo; con la  sua onniscienza ci vede nelle tenebre; per la sua  iustizia, Egli punisce le nostre colpe anche segrete.  ègli è tulto amore, dunque perdona; è immutabile  e quindi possiamo contare sul suo amore. i  Iddio, nella creazione, si è proposto come fine la  manifestazione della sua gloria; « questo dogma ha  certamente una qualche elficace connessione pratica  ©. colla vila, 0, meglio, Phu avula per l'enorme influen-  | za che ha esercitato sulla storia ecclesiastica e per  ? ripercussione sulla storia degli Stati curopei» (2).  Cerlo, quest'ullimo dogma, connesso con la concezio-  ne monarchica del mondo, di una divinità con la sua  corle e le sue pompe non corrisponde più alla nostra  mentalità, ma gli aliri attributi hanno un valore re-  ligioso anche attualmente. Sc la teologia scolastica    (1) JAMES, L'Excpérience religieuse, DD. 375 S86.: Il Metod.  Pragm. (op. c.), p. 25-27.   .(2) JAMES, L'Expérience religicuse, p. 376; Il Metod. Pragm.  (op. c.), pagina 27-28. i    LA    4  s  =    lì Pragmalismo 1  polesse stabilire in modo irrefutabile che Dio li pos- e)  siede (gli attribuli morali}, darebbe una base solida si    alla religione. Ma, come per l’esistenza di Dio, cusì 19  per gli allribali morali essa ba fallito nel tentalivo sl  {lo Schiller ce ne ba detto il percl®). Si può provare d  storicamente che essi non hanno mai convertito nes- È  suno. Provatevi a dimostrare, scolasticamente, a uno |    che dubita della bontà di Dio, che Dio è buono per- ì  chè non vi è non-essere nella sua essenza! (1) Quegli ni    altribuli hanno valore non perchè e in quanto sono  dedolti, dalla scolastica, a filo di logica da certi du-    (erminali concetti o calegorie, ma perchè e in quanto ur;  eccilano in nvi la risposta di qualche sentimento at- A  livo e fanno appello a qualche particolare condotta =  da seguire» (2), non quindi in base a speculazioni, | Pi    - ma per la loro efficacia pratica. |,   V'ha di più. La concezione leistica (scolastica) di-  pingeudo Dio e la sua creazione come distinti l'una  dall'altra, anzi come affatto diversi, mette il soggel-  lo umano fuori di ogni contatto con la più profonda  realtà dell'universo. Dio è separato dal mondo e dal- .  l'uomo. Fra l’uomo e Dio vi è connessione o rappot= in  - lo unilaterale, non reciproco. La sua azione può toc- :   carci, si afferina, (conte possa toccarci è un misleto)  ma Lui non può essere affetto dalla nostra reazione.  Il rapporto fra noi e Dio non è sociale: i due terni. |  ni sono separali da un abisso (8). Dio non è cuore  del nostro cuore, ragione della nostra ragione, ma  nostro maestro e giudice, ll nostro dovere inorale  è di obbedire ineccanicamente a’ suoi comandi, di  aderire pussivamente alle verità che non noi faccia  > mo, ma che esistono per sè, « by (iod°s grace QI CE  ‘ decrec» (4). Ebbene, lutto questo meccanismo LEO= N  logico, che ha parlato così vivamente all’animo dei  nostri antenati, con la sua limitata elà del mondo, |  con la sua creazione dal nulla, con la sua moralità    ta W) JAMES, L'Erper. relig., DD. 370-977. “26  o). - (2) JAMES, IL Met. pragm., PD. 26 . Ca  ye 2 (3) JAMFS, A Plural. Univ., pp. 25-27. “i |    (4) James, «Ad Plural. Univ., pp. 27-23. * |             72 La Religione nel Pragmalismo    giuridica ed escatologica, col suo gusto per le ricom-  pense e le punizioni, col suo considerare Dio cone  un Jlegisialore esteriore, suona così vecchio al piu  di noi come se si trattasse di una religione selvag-  gia di stranieri. Le ampie vedute aperte dall’evolu-  Zionismo scientifico e lo marea monlanie degli ideali  delia democrazia sociale hanno cambiato il tipo del  la nostra menlalità, e il vecchio leismo monarchico  è vielo e fuori di moda. IL posto del divino nel mon-  do dev'essere più organico G più intimo. Un creatore  esteriore e lc sue islituzioni pussono essere professa-  le ancora, verbalmente, nella Chiesa in formule che  sopravvivono grazia aila loro inerzia, ma la vila è  lontana da esse, non lano più adito nei nostri cuo-  sti (1). Quel magnifico uomo nou naturale (2) che è il  ‘Dio del teismo non cì soddisfa più; è solto il livello  delle idee morali correnti e perciò condannato dal-  l’'alinosfera morale regnante, divenula per noì indi.  spensabile.   «I frulli che un tal Dio ha dato ai nostri avi hanno  perduto ogni valore per noi, le idee morali e sociati  nostre ci costringono, sc abbiamo bisogno di Dio, a  foggiarcelo in corrispondenza alle aspirazioni e agli  ideali del lempo nostro (3).   Ed ecco che l'anima contemporanea ha veduto la  possibilità di una più intima Weltunschauung; la vi-  sione panteislica di un Dio immanenfe come sostar-  za inlima del mondo, e il mondo come parle di quesia  profonda realtà. Questi concezione hu assunto due  forme diverse: la monistica e la pluralislica (4).    (1) Ivi, pp. 29-30. — Lo stesso pensiero è espresso più lar-  gamente in: L'Eaperience reliyteuse, Qhap. IN: Critique de la  Saintele, pp. 250-284   (2) La frase è dell'Arzold. Cir: A Plural. Univ., p. 24.   (3) JAMES, L'Ewper. relig., p. 282. — Si è detto che”il Dio  tiel tolsmo è rigettato dal JAMES semplicemente perchè così  porta la moda, Intendiamoci; se per ni0da si vuol significare  «il complesso delle idee morali e delle forme sociali» di una  data epoca, l'osservazione è giusta; se per moda s'intende quel-  la brutta cosa che tutti conoscono, non credo che sia esatto  il dire chè il James giudica di Dio in base ad essa. Cfr..  L'Erpér, relig., 1. c.   (4) JAMES, LI Plural. Uniw., pp. 30-31.                                  Il Pragmatismo 78  Secondo il monismu la sostanza umana (e mondia- ©.   le) si identifica bensì con Ja divina, ma non diventa  veramente tale che nella forma della totalità. Lo spi- -   3 rifo finito non ha realtà che neila comunione con lo   pi spirito Assoluto; cioè ìl divino esiste autenticamente   È solo quando è esperimentato nella sua assoluta l0-   rà lalità. Pev il monista essere significa due cose: se si   È predica delle cose finite significa: essere un oggetto   Ì dell’Assoluto; se si predica dell’Assoluto stesso vuol   i dive: essere il pensamento dell'insieme degli oggetti.   " LvAssolulo ci Îa pensandoci, precisamente come noi,  nei sogno, facciamo gli oggetti sognandoli, o, in una  storia, i personaggi immaginandoli. Mondo e asso-  julo sono la stessa cosa espressa con nomi diversi:   " pensiero e pensato (Gedanke und Gedachles). «Quale  grandiosa concezione nella sua terribile unità!» esela:  ma il James (1). Quale intimità fra il mondo e 1 AS-  solulo! >   Ma, pur troppo, a un esame diligente questa 31 LI    St  x.    milà ci apparisce illusoria e materiale; in realtà il  divino è affatto estraneo al mondo come nel teismo  monarchico (2). E in vero: per lassolulisla noi, POSI   ad uno ad uno nella nostra finilezza empirica non  abbiamo nessun rapporto con l'Assoluto; per far  (parle di esso dobbiamo perdere l'essere nostro indi-  vidnale con la sua limitatezza e coi suoi difetti. L'As-  Ea solulo è noì e lutte le allre apparenze, ma non è  I nessuno di noi in quanto fali, poichè nel tutto TION  x siamo « trasformati» diventiamo altra cosa. Dio qua-  Fat: tenus infinilus est è altro da Dio, qualenus humanam  wr mentem conslituit — ha scritto lo Spinoza, il primo  ; grande assolulisla (3). La vera conoscenza di Div =  serive l'Hegel — comincia quando conosciamo che le  cose, quali ci si mostrano immediatamente, non han:  ‘no verilà (4). L'Assoluto — secondo il Taggarl —  non è processo, ma stato immobile: il movimento            (1) JAMES, ivi pp. 34-37,  (2) Zbta.  (3) James, A Plural. Univ., pp. 40-47,  (4) Ivi, p. Di.                                                    » DI art ri È  aaa” * -- ul = Pa.        ASTRA La Religione nel Pragmatismo    il cangiamento sono assorbiti nella sua immutabili  È i come forme di mera apparenza (1). Che cosa più  DA estranea a noi di un essere che non è nè intelligenza  nè volontà, nè una persona, ne una collezione di per-  sone, nè vero, nè bello, nè buono nel senso che noi  diamo a queste parole? — come. ha scritto il Brad-  ley (2). Che cosa facciamo di questo mostro metafi-  sico incapace: di odiare e di amare, di soffrire e di  desiderare? (3) L’Assoluto non può essere personale  nel senso ordinario della parola; dunque non può  interessarsi delle persone: la sua relazione con ess?  è tutt'al più una relazione di inclusione, puramente  logica, quindi, non morale (4). Io non posso avere  nè cuore nè pensiero per un essere che nulla ha co-  mune con me; se Lui nella sua inerte auto-beatlitu-  dine non s’inleressa di me come posso io interes-  sarmi di Lui? (5) =  Non solo l'Assoluto non è un principio morale,   ma non ha neppur valore scientifico. Per aver valore  scientifico dovrebbe essere un aiuto alla compren-  sione intellettuale dell'Universo. Ebbene Esso non  è la ragione suprema ed ullima di ogni cosa in par ;  ticolare (e l'universo si compone di cose particolari) >  appunto perchè è la ragione esplicativa di ogni cosa î  in generale; e qual'è il valore di una spiegazione ge-  merale che non spiega nulla in particolare? (6). È,   come si vede l'applicazione all’Assoluto dell’astrat-   lezza dei concetti con i quali sì prova, in teologia,  2 che Dio esiste e se ne deiermina l’essenza, secondo  lo Schiller.          s (1) JAMES, Ivi; SClilLLER, Stud, i D p  o i ud. in Hum. Essay XII, passim;  (2) JAMES, 0p. cit. pp. 47-48; SCHILLER, iul, p. 286 g. e:  (Essr IV, pagine 111-140. — IDRA RRE  (3) JAMIS, ©p. cut., avi,; SCHILLER, Ess. JV.  (4) ScHILLER® Stud. in Hum,, D. 287.  | (5) James, A _Plural Univ., p. id; SCHILLER, Stud. in Hum. —  bp, 391; « If th» One is neither of these {hings (beautiful and  | good), I will not worship it. nor call it Good. If it is indif-  ferent to 9ur Gocd, I am indifferent to its existence n.    (6) SCHI,LER, Stud, in IHum., p. 25).       db    Ît Pragmatismo Ti)    Ma c'è di più. Uno dei problemi che ha maggior-  mente alfalicalo il pensiero umano è il problema del î  male, il più fondamentale e il più pressante dei pro-  blemi religiosi. Esso ha un lalo teorico e uno pratico.   Il teorico si formula: « Com'è possibile il male?» —   Il prutico: « Come liberarci dal male? » Il primo sor-   ge dall’impossibilità di conciliare la bontà di Dio.  con la sua onnipolenza e con la sua infinità. Se Dio   è il tutto, la perfezione assoluta, senza limitazione   nè possibilità di limiiazione, donde il nale? Se Dio   è onnipotente perchè non trionfa del male, di tulru   il male? (1). li panteismo assolulista ci dice che la  periezione di Dio è la sorgente delle cose; ebbene,  guardate: il primo altu di questa perfezione è la spa  ventevole imperfezione di tutto il finito sperimenta   bile. Come mai la perfezione dell’assoluto, richiede 7  queste schifose forme di vita che troviamo nella real-  tà? (2). Ecco il problema che nessun assolutista € .  nessun infiniusta potrà maì risolvere. Negarlo nou  è risolverlo. Lire, come fa l’assolutismo, che la im-  pertezione del tuito non è che apparenza, una illu-  sione degli esseri finiti, che il maligno non esiste 0  è assorbito con Dio nella sintesi superiore dell’As-  soluto, ecc., ecc., non è risolvere, ma ingarbugliare  il problema. Il male c è è noì vogliamo liberarcene.   L ìl problema pratico si presenta: « Come scemulti | x  la quantita del male che è nel mondo? ». Il lato pra-  tico del problema, chie è il solo veramente impor-  tante, non ha sensu per l'assolulista: tutto ciò che  è, è necessariamente come apparenza dell’Assoluto :  ogni cosa l determinata nel suo essere e nel suo di-  venire; ia connessione fra le cose è assoluta, ogni ——  evento è determinato da lulti gli eventi (3). Non esi-    lai” sad    (1) SCHILLER, Ivi, po 287-258. nati    (2) James, 1 Pturat. Univ. p. 117, — Una simile domanda è  rivolta dal James al teismo creazionista del Leibniz (e si può |  rivolgere ad ogui specie di creazionismo). Vedi: A «Plural.  Univ., vp. 119 120. « Perchè Dio crea liberamente questo mondo  imperfetto, e non si contenta di contemplarlo nello schema  ideale perfetto? » >    95 James, 4 Plural. Univ., pp. 55 © 77. 2a                La Religione nel Pragmatismo    ioni; i é che  stono possibilità di nuove connessioni; non vi è c ;  DE ‘possibilit: quela che s’identitica Son IP DESeRa  silà. L’indelerminatezza del reale e la bo. FR  na sono chimere. Ecco a che conduce. la  Assoluto.  Eibovo queste terribili accuse ACCIAIO  deil’Assolulo noi ci aspettiamo di NEdSri dan  nato alla irrealtà dal metodo PrOgmal sa MEO  amet no RO . Dal punto di vista intel:  ì es (1), E ris : ) 5 :  CRA gua SelSsolnio Do i SA ISRUIL SDOlai  elipotesi RO se l'Assoluto rende dei ser-  Di all'uomo. Orbene, quantunque l'Assoluto  sia e non possa essere il Dio della religione popo-  laure ordinaria e non si debba confondere col Dio  del Cristianesimo c della Lcologia ortodossa — ne  vedremo più sotto il perchè — tuttavia è stalo e può  essere il Dio di una certa classe. d'uomini, che in  Lui solo trovano la pace {?). Ciò che sembra logica-  nente assurdo c impossihi  può essere dimostraio in q    non    le — dice lo Schiller  ualche modo con una fede  eroica e palelica, Non v'è materiale così poco pro-  Inettente che non possa divenire il fondamento di una  veligione. Non' vi sono conclusioni così bizzarre che  non possano essere accellale con fervore religioso.  Non vi sono desideri così assurdi Ia cui soddisfa-  zione non possa essere riguar    data come un atto di  cullo (3).  Perciò l’assolulo può esistere ed esiste come Dio  se ha una reale iniluenza s    ulla vita umana, se è qual-  “ehe cosa di vitale e di valutabile pragmalicamente.  Ebbene, la storia delle religioni ne ha dimostrato  l'utilità. Vi sono unime che hanno bisogno di una  sicurezza assoluta che l'esito del mondo sarà buono,  che l'universo non audrà in isfacelo sotto il COZZO    (1) Zut, p. 110,   (2) Jul, pp. 110, Iii, 1923; Der Pragmatismus, VIII Vorl.,  ASSI,  (3) SCHILLER, S/ud. in Ilum., p. %6.                i    Iîì Pragmatismo Ti    degli clementi instabili e fortuiti; lale sicurezza non  può aversi che ammettendo un'assoluta necessità e  una interna coerenza del mondo, una determinazione  a priori del futuro.   Vi sono anime che provano un sentimento d’orgo-  glio al pensiero di essere una parle, una «manife-  stazione », un «veicolo» o una ripreduzione della  Mente Assoluta (1). Vi sono quaggiù anime stanche,  accasciate sotlo il peso del male, incapaci di trovare  in sè stesse la forza di vincerlo; la loro vita si sfa-  scia ed hanno bisogno di risolversi nell’Assolulo, co-  me una goccia d'acqua nel mare. Noi tutti abbiamo  dei momenti in cui aspiriamo al Nirvana, alla libe-  razione di noi stessi dalla esperienza finita. Questo  stato è proprio degli Indiani, dei Buddisti e dì certi  temperamenti mistici ai quali è conforto ed ebbrezza  il sapere « che tutto è necessario ed essenziale, anche  l’uomo col cuore e con l’anima ammalati: che tutto  è uno in Dio e che in Dio lullo è buono. che in que-.  slo mondo di apparenze, qualunque sia il nostro suc-  cesso, siamo sempre dei miserabili » (2).   Vi è dunque un istinto dell’Assoluto. L’Assoluto  può servire all'uomo, e perciò, nonostante le sue as-  surdilà, il pragmatismo lo rispetta — ci dicono a una  voce il James. e lo Schiller — poichè gli istinti uma-  ni sono preziosi © sacri (3) e tutto ‘ciò che opera è  vero finchè opera. IL’Assoluto è salvo sotto le grandi  ali della misericordia... del pragmatismo. ,   Il quale pragmatismo inclina tuttavia ad un'altra  concezione del mondo e quindi di Dio. L’'Assoluto  mena necessariamente all’indifferenlismo e al quie-  lismo; non è uno sprone al lavoro audace dei forti  che non rifuggono dal male della vita ma lo affron-  tano pur nel dubbio di trionfarne, esso è per le ani-  me un oppio spirituale; è il Dio dei deboli, degli stan-    (1) JAMES, Mer Praymatismus, VITI Vorl., pp. 174-194, passim;  SCHILLER, Stwal. in Mum., PP. 289-290.    (2) JAMES, ivi, pp. 187-188. Numerosi esempi di questo singo-  lare stato d'anicao ha offerto il James in: L'Expér. relig.,  Chap. X, pp. 353-358,    (3) JAMES, Der l'ragmat., p. 176; SCHILLEK, op. c., p. YI.                fo) La Religione nel Pragmatismo    chi (1); il pragmatismo non può accertarlo. Si è aC-  cusato il pra matismo di irrceligione; @ torto però.  Non è a credere che la dottrina pragmalista, rigel-  tando VAssoluto e il Dio del teismo monarchico, ne-  ghi che il mondo contenga in forma di coscienza qual-  cosa di più grande e di meglio che la nostra co-  scienza. Forse che la nostra fede istintiva in esseri  superiori, il nostro persistente rivolgersi verso una  società divina non è che una illusione patetica di  anime incorreggibilmente sociali e immaginative? (2).  No, l'ipotesi di Dio è vera, perchè ha una eMceacia  reale; per quanto possano essere gravi le difficoltà  che le si oppongono, l'esperienza dimostra che essa  opera. Il problema di Dio consiste in questo: come  elaborare l'idea di Dio in muniera di farla entrare  in accordo con le allre verità operative? (3), Ebbene,  è logicamente possibile di credere in esseri sovruma-  ni senza punto identificarli con l'Assoluto. Il con-  _celto dell’Assoluto sta in funzione del monismo idea-  listico ; il concetto pragmalista di Dio sla in funzio-  ne del pluralismo: è la forma pluralistica del pan-  teismo religioso.  Il pluralismo — in quanto ha rapporto con la re-  ligione — ammette col monismo la immanenza di  Dio nel mondo, come vita e sostanza profonda delle  “cose, sostanzialmente identica con la vita e con l'es-  sere più vero dell'uomo (4), ma differisce inconcilia-  bilmente dal monismo negli svolgimenti ulteriori  della lesi unica.  — Per il pluralismo la vera realtà delle cose è la loro  individualità. Il mondo è collezione, non unità. Ogni    (1) JAMES, iui, pp. 176 @ 188.    (2) Jimes, Her Praugmal., pp. 178-192, Anche lo Sc   È Ste 4 DI È 162, A o SCHILLER pro-  is contto LASERSA CIFITTRLIEIONO fatta alle nuove dottrine  f adley, Cfr: Stud. in Mum., D. 195. — Per Îl res della  citazione, vedi; A Plural, Unlv., n° 133. Per E    (3) Jamrs, ber Pragmat., p. 192.    (4) James, A Plarai. Univ, p. 31 -- Lo Schiller parla del  Pluralisino in generale in: Stud. in Human D 907 è 459; vl  ROSSO alla sfuggita in altri luoghi per la relazione del. plu-  ralismo con l'Umanismo, vedi. Humanism, pagina XX    PI    LA  SE    -                          did    HI Pragmatismo 79    cosa pensabile, per quanto vasta e inclusiva, ha un  ambiente esteriore: non è mai (ullo-inclusiva (AU  inclusive). Nessuna inchiude lulte le cose assorben-  done la realtà tutta, nessuna domina su tutte. Men-  {re la realtà del monismo è caratterizzata dalla All  form (formia del tutto o dell'uni-tulto), quella del plu-  valismo è caratterizzata dalla Zach-form (forma del  le individualità o distributiva, come altrove la chia-  ma il James): è la forma dataci dalla esperienza im-  inediata. Il mondo pluralistico è piuttosto una repub-  blica federale che un impero, un regno. L'unione  delle cose singole — atomi e unità spirituali — non è  compenetrazione di tulte in ognuna, non è il tipo del  la unione monislica della tosalità-unità (Alleinheit),  non è complicazione universale, ma contiguità, con-  tinuità, concatenazione di individui; è il lipo di unio-  ne synechislica (1), quindi vi è dislinzione e indipen-  denza. Perciò nessun centro di coscienza, nessuna  azione puo lutto abbracciare: qualche cosa sfugge  sempre e non può mai essere ridotta all'unità to)  Non c'è un'assoluta unità causale del mondo; non  cè un'assolula unila generica; non e'è un'assoluta  unità teologica e morale; non c'è un’assolula unità  estetica, non c'è un’assolula unità noelica attuale    (1) JAMES, A Plural Univ., pp. 34, 321, 325. — Il «synechi-  smo» è quella tendenza del pensiero filosofico che fa dell’idea  di continuità una delle più Importanti in filosofia. Il continuo  è inteso come qualens cosa le di cui possibilità di determina-  zione sono inesavribiti.    (2) Oltre questo synechismo — che è metafisico — ve n'è    uno epistemologico, cioè la concezione della verità sistematica  come gradualmente approssimabile, ma non mai interamente  taggiunsipilo dal pensiero. I.'uomo tende a una interpreta-  zione scinpre più razionale e coupleta dell'universo, ma ogni  fase del processo conoscitivo non è che una razionalizzazione  parziale della realtà. CIr. l’arucolo del PrRcE Pragmatism nel  ictionary of Philosophy del Bal&win. Secondo il Peirce il |  Pragmatismo è parte deila dottrima più larga del synechismea.  (Credo che il nemne sia del Peirce). Cfr. la bellissima opera  Thegries of Knowledge, del P. WALKER S. T., TLongmans, Lo;    dra 1910: da essi ho prese queste cliazioni n proposito del    symechismo,  dal 7                                         9    80 La Religione nel Pragmalismo    dell'universo (1). Vi sono «reali possibilità, reali  indelerminazioni, reali incominciamenti, reali finì,  roali mali, reali crisi, reali catastrofi e reali scom-  pi (2). Nel mondo accanto all'ordine vi è il Cso  ne, accanto al sapere, vl è l'ignoranza, accanto a  bello il brutto, accanto al bene il male: non vi è  dunque perfetta, unità, ma molteplicità reale neil u-  nità imperfetta. Forse l’unità perfetta non vi sarà  mai; forse non potranno essere liberate dalla di-  sgregazione e dal disordine che certe parli del mon-  do, quelle alle quali si estende la nostra allivilà uni  ficatrice. Ad ogni modo la piena unità, se sarà pos-  sibile, nella ipotesi pluralista non è al priucipio ma  alla fine, non un primo ma un ultimo (3); la salute  — ogni salule, anche ia parziale — non è necessa-  ria, certa a priori, ma solo possibile. Nella concezio-  ne assolulista il fondamento della realtà è l’unità sta-  tica; nella pluralista sono delle possibilità, pure pos-  sibilità. Il pragmatismo riconosce un valore reale al-  la prima, ma preferisce la seconda, come più in ar-  menia col suo temperamento, poichè essa è alta a  suscitare nel nustro spirito un numero maggiore di  esperienze future e sprigiona in noi determinate al-  livilà. Il suo effetto sull'uomo non è il quielismo, 1a  il lavoro strenuo, poichè com’essa insegna, da lui  {dall’uomo) dipende la vittoria sul male: vittoria pos-  sibile a prezzo di lotta contro i pericoli e la resi  stenza della realtà ad essere redenta è unificata. Così  il jvagmatismo tiene Ja via di mezze fra l'ollimismo  — per il quale la salvezza del mondo e dell’uomo è  “sicura — e il pessimismo per il quale ogni salute an-  che parziale è impossibile. Il pragmatismo è melio-  tristi: per esso il fuluro sarà di più in più migliore  del vresente come il presente è migliore del passato.  E la possibilità anzi la probabilità della salvezza per    (1) JAMES, Mer Pragmatismus, p. 79-102; A Puwal. Univ.  specialmente Zesi. VIII pp. 303-331.    (2) JAMES, Will to Believe, p. IX { Schiller: In  Huinanism, pagina SI p , Gitato dallo Schiller    (1) JAMES, Der Pragmatismus, pp. 79-102 e 180.    _    i                 mo.    il Pragmatismo 8    ja liberazione dal male e per la diminuzione della  moltiplicità non unificata aumenta in proporzione  del numero e della bontà delle forze iiberatrici.   Vi sono delle forze sovrumane che lavorano e lot-  tano con noi?   Allora la incertezza della salute è ridoita di mol-  lo; possiamo sperare che l'esito del mondo sarà buo-  no. Qui si mostra in tutto il suo valore reale l'ipo-  lesi di Dio; per questo gli uomini religiosi del tipo  pluralistice hanno sempre credulo in Lui (1). Ma chi  accelta il pluralismo ed ha bisogno di forze sovru-  mane (2), deve elaborare il concello di queste in mo-  do da accordarlo con le esigenze e con le verità ope-  rative di tale dollrina. Quindi: la realtà divina (o le  lealtà: vedremo più sotto se al singolare o al plura-  le) deve coesistere con lulte le altre realtà indivi-  duali inferiori, non assorbirle;j deve lasciar sussiste-  re le possibilità, le indeterminazioni, la libertà e quin-  di la incerlezza del futuro; dev'essere personale al  iagdo nostro, poichè diversomente ci è impossibile   1 mità con essa: in una parola: può e deve es-  SIRO più grande di noi, ma ron infinita, più potente  RT Ta Tio onnipotente. Noi non sappiamo che  Alon Si Di s7ranico alla nostra natura; noi vo:  FTT ESAC sla intimo a ciò che è umano in  Tondo dr 5 amen e umano, al mondo in quanto è  ONT sperienza. Noi e il mondo di cui siamo  Perche Dig SO nel tempo e abbiamo una storia;  RSA la f apporti reali, non puramente astrat-  CES col mondo deve esistere nel tempo e   una storia, deve quindi escludere la staticità    È RE Der Pragmat., pp. 182, 183, 191.  IESUe i celli accetta il pluralismo con tutti i suoi pericoli e  Îlifmonda Fuso 4 se la sente di lottare du solo per rendere  Riones E TERE RMS: tali uomini non hanno bisogno ui reli-  Tenero » che pool temperamento diameualmente opposto «al  tieni Ja SR dsc lAssuluto. Come si vede, il pragmatismo  sulla AT i mezzo — che è la via aurea — perchè conta    a dleì temperamenti umani. I più degli  sono dai i . I pi egli uomini  : si EONANO I SIANZA dei due temperamenti opposti: a questi    mamente ul tipo meltorislico del telsmo,. Ivi, p. 193-    Pragmatismo - 6    v    PEPE], Pg ASS RE. I RARE          1 pragmatismo    È s2 La Religione ne    ,”  ed avere Un ambienté    esiratemporale dell'Assolulo  esterno come noi. essere, IN una arola, uno degli  euch, UD mombro del mondo pluralistico, una conti  nuazione di esso (1). i ;  Uno o più? Monoteismo 9 polteismo? Si può con:  cepire Dio monoteisticamente e politeisticamente _.  ‘dice il James — purchè sj ammetta la sua finità; è  Vunica via per sfuggire a tutti gli assurdi e gli 1n-  convenienti che por sè l Assoluto (2). Tuttavia  il pragmatismo inclina evidentemente al politeismo,  alla concezione di diversi del, ognuno dei quali Ss!  occupa di una frazione dell'universo; © di una ge-  rarchia di coscienze inferiori che vanno dalla c0-  d una suprema, senza soluzione    scienza della razza ® | i  a non è infinita perchè                        di continuità; © la suprem infir  ‘sintesi di coscienze finite (3); © è — dice il Boutroux  — ‘un sostituto pragmatistico dell'Uno astratto degli    idealisti; in essa € per essa le coscienze inferiori pos-  sono entrare in relazione fra loro, amarsi e compren-  dersi (4): sla qui il suo valore pratico.   ‘Tanto il James come lo Schiller tengono molto a  rovarci che la loro concezione del divino sì accorda  perfettamente con la religione pratica, con la espe-  rienza religiusa dell'uomo ordinario, e con la teolo-   ia orlodossa non inquinata dal veleno monistico. —  «Ne Jehova dell'Antico Testamento nè il Padre Ce-  Jeste del Nuovo hanno nulla di comune con l'Asso-  julo se non questo, che lutti e tre sono più grandi  dell'uomo. Difficilmente io posso concepire qualche    fn 9”  cosa di più diverso dall'Assoluto del Dio di David 0    (1) JAMES, A putrat, Univ., DI. 318.    (2) JAMES; Ivi, p. 310-311.  13) È la teoma di Fechner che il JAMES €S sone nella IV Let  ‘tara del suo: 4 Plural. Unw.: "Concerning. Fechner »: 133-177    0 oo  : ì questa coscienza feclneriana « esistente dietro le quinte ;  da È del mendo» e non ienulicabilc con l'Assoluto dei ° rascenden- ‘  ° talisti, il James sveva già pirlato in una conferenza « sull'im- i  Saggi “Pragmatisti: « L'ime |    i    | mortalità dell'anima » nel 1898, Cfr:  (mortalità dell'anima » p. 199,    (4) Op. c. Di JI.    =    Il Pragmatismo 83    di Isaia. Il loro Dio è un essere essenzialmente fini-  to... nel cosmo; vi ha un'abitazione e attaccamenti  locali e personali » (1).   La coscienza religiosa ordinaria postula un Dio par-  ziale, un Dio che ci soccorra e simpatizzi con noi po-  veri framinentli finiti del tutto (2). In nessuna religione  il Divino, il principio dell'aiuto e della giustizia, è ri-  guardalo come onnipolente in pratica (3).   Il politeismo originario dell'umanità si è svolto solo  imperfellamente e oscuramente nel monoteismo. E il  monoteismo stesso, in quanto è veramente una reli-  gione e non il tema di conferenze universitarie, ha  sempre vedulo in Dio nient’allro che un aiuto, un  primus int:r pares in mezzo alle altre potenze che pre-  sicdono alla storia del mondo e la formano {4). Il tei-  simo pratico e popolare è sempre stato piu o meno  francamente un pluralismo, per non dire un politei-  smo. Cioè, il leismo volgare si adatta a un universo  risullante di più principì indipendenti gli uni dagli al-  tri, purchè gli sì permetta di credere che il principio  divino (dal quale viene l’aiuto) sia il principio supre-  mo, al quale gli altri sono subordinati (5). E vero che  questo Dio e rivestito anche dal volgo, come dai filo-  sofi, di qualcuno di quegli attributi melafisici che ab-  bianìo così severamente giudicali. È «unico », è «in-  finito »; l'idea che possano esistere -più dei finiti nn  è neanche discussa. Ciò si spiega dal falto che il po-  polo s'inchina davanti alla autorità dei filosofi amanti  di unità e dei mistici inclinati al monoteisra9». In  reullà la credenza religiosa è semplicemen'e la fede  in qualche cosa di più grande in cui si può trovare la  liberazione dal male. I bisogni pratici e le esperienze    (i; James, A Plural. Univ., pp. 110-111 Cc 194,   (2) SQUILLER, Stud. in Zum., p. 280, Lo Schiller aveva difesa.  e svolta la idea di un Dio finito gia In: Riddles of the SpIinz  Cfr.: Le Dieu fini (par Dessoulavy), Rev. de Fhilos., VIIL, Dp.  447-457, anno 1906.    (3) Scun LER, Stud, in IHum., p. 19ì.  (4) TAMES, Der Pragmat., p. 192.  (5) JAMES, L'Expér. relig., Chap. V, p.       pormi —_—T—_u__oei”niuocoenau<{iite0tt@    en TEZZE       RR a ge    84 La Religione nel Pragmatismo    dell'anima religiosa NOn esigono altra credenza che  esta: esisle per ogni individuo una porsnza supe:  riore & lui, e a lui favorevole, alla quale può \.nirsl  perchè parlecipa della sua stessa nabvura. Per susci-  tare la confidenza dell’uomo pasta che quel potere sia  assai grande, sia più grande dell'io cosciente, non è  necessario che sia infinito © unico. Si potrebbe conce-  irlo come Un “ jo» più grande € più divino, del quale  io attuale non sarebbe che l'espressione in piccolo:  Puniverso spirituale sarebbe allora Vinsienic di questi  «io» più 0 meno comprensivi, ma non la uniti usso-  luta. Questa specie di politeismo è sempre stata la  religione del popolo e 10 è ancora (1). La credenza  opolare “ ammette ì miracoli e le direzioni provVI-  denziali; non prova nessuna difficolià @ mescolare il  mondo ideale è il mundo reale, i supporre che le po-  lenze spirituali intervengano nel gioco delle forse tisi-  Vide che a determinarne gli avvenimenti particolari ». Qui  sta il vero valore di Dio o del Divino e ì praginaUusti  sì schierano tra i difensori di questo sopraunatutali.  smo. Il soprannaturaUsino grossolano? Si, dice il Ja  mes; e io sono persuaso che questa è L'ipotesi che sod-  ita disfa un più gran numero di legittime aspirazioni del  cuore e dello spirilo: per questo il pragmatismo la fa  sua, ed anche perchè è mirabilmente confermera da  ai cerle esperienze religiuse. Quelli che le hanno provate  st Riti sanno che nol abillamo in un ambiente spirituale in-  visibile, donde ci viene l’aiuto; che la nostra anima  è misteriosamente una con un'animu più vasta di cul  noi siamo gli strumenti. Niente ci forza a credere che  uesta anima sla intinita, perfetta : l'ipotesi più nalu-  rale e più probabile è ammettere che VI ha un Dio, ina  finito, sia in potere 0 in sapere 0 nell'uno e neli'al-          } tro (2).  1:4% (i) gas, L'Erpér. relig., DD, 194495 -  7 i, (2) JAMES, LED. 131-193, dove si trovano le parole sottoli  î neate da ine; A piurat. Univ., PD. 308, gli. — A_PAE: 125 è più    Da categorico. DOpu aver dgto ragione 2 Giovanni Mul il quale  DI aveva detto che bio non può essere oggetto di religione ine  L che non gli si toglie la onnipotenza, aggiunge: “ To credo che  : unicamente un Dio finito è degno di questo nome », appunto  perche, per lui, Dio è e dev'essere il Dio della religione.    * bd  mici dissi a    = o    Ie Les                                   Il Pragmatismo    E così è sciollo il problema del male. Im questa con-  cezione Dio non è responsabile dell’esistenza del male,  non lo sarebbe nemmeno se il male non dovesse mai  esser vinto, Nel mondo panteistico, come s’è veduto, -  il male, come ogni altra reallà, deve avere il suo prin-  cipio in Dio: e la bontà di Dio, che è essenziale asso-  lutaumente alla religione — dice lo Schiller — come sì  salva? Ebbene ammettiamo che fin dall'origine il mon-  do è un insieme di principî distinti, che il male non è  parte essenziale, ma un elemento indipendente e la  bontà di Dio è salva: il problema teorico del male è-  sciolto.   E col leorico anche il pratico. Se tullo ciò che è, è  essenziale, come parte dell'Assolulo, il male è indi-  struttibile; se invece è elemento non appartenente al-  essenza della realtà, noi possiamo sperare di poter-  Ì lo espellere (il male) presto 0 tardi (1). Perciò lutte a  le forme di teologia, eccettuata quella più filosofica che ee  ha subito l'influsso degli assolutisli, concepiscono di  fulto il male come dovuto a un potere che non è Dio  e ne è in qualche modo indipendente: è denominato  variamente: «materia », « volontà libera », 0 « il dia-  volo ». La onnipotenza di Dio dei teologi non è quella  dell’Assoluto: essa è dipendente da necessità metafi-  siche (2). HE   Concludendo: In questa concezione di Dio elaborala  col criterio del valore pratico sulle rovine della critica.   È dell'Assoluto e del leismo scolastico e in armonia col  si pluralismo, abbiamo tutto ciò che corrisponde alle.  4 esigenze umane del divino; è salva la libertà del-  l'uomo: è dato un fondamento alle sue speranze è al  suoi desideri di salule ed è resa possibile la massima.  intimità fra il mondo c Dio: intimità di sentimento e  intimità morale, cioè la vera religione, che tanto ha  operato e opera sulla condotta. :  Noi chiediamo ; « Di che natura sono le reallà spl       TOA =             (1) L'Expér. relig., Chap. V, D. 107. . “A  () ScHILLer, Stud, in Mum., p. 288; JAMES, 4 Plural. Uniw,,         - -.86 La Religione nel Pragmatismo    ; P,   rituali più alte? » « Io l’ignoro » risponde il James (1).  Chiediamo ancora: ‘ esistenza di Dio è un puro  "contenuto soggettivo, ovvero è oggettiva? » Poichè am   mettiamo bene che l’azione di Dio, nell'esperienza re-  | ligiosa, è reale, che ha un'efficacia reale e che tutto  | accade come Se una forza sopramondana agisse diret-  tamente sul mondo dell'esperienza umana (2); am  mettiamo bene che l’esistenza di Dio ha un reale va-  lore pratico quando è affermata con fede, specialmente  coloso com'è quello del pluralismo ;    ‘in un mondo peri  ina noi sappiamo dal James stesso « che certi oggetti  ovocano in nol delle reazio-    uramente intellettuali pr C i C î  ‘così 0 più forli che gli oggetti sensibili o reali (3).  Ora è precisamente questo che domandiamo: le realtà    sovraumane hanno un'esistenza oggeltiva, indipen-   dente per sé dalla nostra esperienza soggettiva, 9 in-   dipendente solo perchè noi, con Patto di [ede, V'alfer-   -  miamo lale?   e TS il pragmatismo questa domanda non ha sen  -S0; richiamiamoci alla mente la sua dottrina della  verità, della realtà e della conoscenza.   Una dottrina che nega il valore rappresentativo dei  concetti e professa il nominalismo; che dichiara di  te abbandonare la logica francamente, recisamente ©  irrevocabilmente (4) » non può condurre che all'agno-  slicismo e allo scetticismo. È                          G 4. — Ben poco ci rimane da dire dell’applicazione   pragmalistica del criterio delle conseguenze alla reli-   gione dopo quanto siamo venuti esponendo fin qui.  Che cos'è la religione? È assai probabile che nen    e che quindi è impossibile definirla. « Religione » non  designa un principio unico, ma piuttosto una collezio-  ne: non v'è un'emozione religiosa elementare, come    (1) L'Expér. relig., D. 136.   (2) James, L'Erper. relig.. D. 433,  (3) Zut, p. 45. ù   (4) A_Plur, Univ., p. 24.    arriveremo mai a scoprire “ l'essenza della religione »-       Il Pragmatismo 87_    non esistono nè un oggelto religioso nè un atto reli-  gioso specificamente determinati. Se è impossibile da-  re una definizione astratta della essenza della religio-  ne non è però impossibile delimitarne il campo e in-  chiudere in una formula i lraiti caratteristici empimci  délla religione. Una divisione salta subito agli occhi:  tra istituzioni religiose (0 religioni stabilite) e religioni  individuali (0 personali). La religione stabilita è un in-  sieme di istituzioni, di cerimonie, di riti, di sacrifici  propiziatori, di dogmi, di organizzazione del clero; si  può definirla: un'arte pratica di assicurarsi il favore  della divinità, La religione personale è la vita interio-    re dell'uomo religioso; gli atti che essa produce sono |    personali, non rituali ; l'individuo sbriga da sè i pro-  pri affari con la divinità ; e la chiesa coi suoi preli, coi  suoi sacrumenti e con tutti i suoi intermediari passa  in ultima linea. Si può definire: «le impressioni, i  sentimenti, gli atli dell'individuo preso isolatamente  in quanto si considera in rapporto con ciò che gli ap-  parisce conie divino » (1), comunque poi s'intenda que-  sto divino: come legge dell'universo, come anima del  mondo o come un Dio personale.   Parliamo anzitutto del valore della religione in senso  personale e poi del valore delle religioni o istituzioni  religiose. — Per quanto grande sia la differenza con  cui l'elemento religioso si combina nell'uomo con gli  altri elementi del pensiero, anzi, per quanto diverso  sia il principio stesso religioso nella molteplicità delle  sette, dei credo, e dei tipi religiosi (2), noi possiamo  affermare che le credenze più caratteristiche della  vita religiosa sono: 1.° Il mondo visibile non è che  una parte d'un universo invisibile e spirituale, dal  quale viene lutto il suo valore. 2.° Il fine dell'uomo  è l'unione intima, armoniosa con questo universo.    (1) James, L'Expér. relig., D. 2427. — « Nous entendrons  exclusivement par le divin une réalité première de telle na-  ture que l'individu se sent obbligé de prendre vis-A-vis_ delle    ‘une attitude solennelle et grave, en Jaissant de coté tout  blasphème et toute plaisanterie » (p. 34). — Son io che sot» |    tolineo.    (2) JAMES, L'Expér, relig., P. 406,    tas dee tie. nea          880. La Religione nel Pragmatismo   9.0. La preghiera, cioè la comunione con lo spirit   dell'universo — sio esso un Dio 0 solamente una  ; legge — è UV atto che non resta senza effetto: ne  i risulla un influsso di energia spirituale che può mo-  “A ‘ dificare in una maniera sensibile (anto i fenomeni    materiali quanto quelli dell'anima (1). (ei   Nella valutazione di queste credenze il criterio non  sarà, naluralmente, un sistema speculativo o {eolo-  gico, ma i frutti, le conseguenze pratiche : dal frutto .  sì conosce. l'albero. E poichî nella religione il senti-  mento vi ha la parte fondnmentale, vediamo qual'è  il valore affettiva della religione. Tolstoi ha detto che  Ja religione fa vivere gli uomini. Il sentimento veli-  gioso è uneccitazione giocunda, un'espansione dine-  mogenica che tonifica e rianima la potenza vitale:  aggiunge n valore nuovo alla vita, c agli oggetti  più ore inart un fascino e uno splendore insolili. Se  la religione non avesse che questo valore soggettivo,       IR non fosse che una serie di fenomeni psichici, senza  } $ nessull contenuto intellettuale, vera 0 falsa che cessa  RAI — fosse, nol sarebbe meno una delle funzioni biologi-   UU: che più importanti della specie umana; ciò che ha  SRO, fatto dire al Leuba che il fine della religione non è  373 Dio, ma la vita, una vila più larga, più ricca: Dio    2: non si conosce, non si comprende, Ma si sfrutta (2).  Ma la religione ha anche un'immensa fecondità  pratica sociale.   JI frutto della vila religiosa è la santità, che inchiu-  de in sè tutto ciò che di meglio ci abbia dato la sto-  ria. La santità ha avulo bensì delle manifestazioni  ché la coscienza moderna non può acceltare, ma VE  n'ha di quelle — e SONO più numerose — che ci rive-  lavo nei santi dei precursori © dei creatori. La san-  lità accresce nel mondo în somma di energia mora:  le, di bontà, d'armonia, di felicità. La santità con la    (1) JAMES, Ivi, p. 405. — Nol sappiamo già a quale fra le  varie convezioni «el divino il pragmatismo dà la preferenza  e per quali ragioni. 2   (2) Citato dal JAN:S, ivi, D. 199-193: «Il ne faut Pas dire    que l’on connalt Dieu, cu qu'on Je comprend; ll faut dire que  l'on s'en serta,       nn                                                                 HI Pragmatismo 89    sua forza d'animo, col suo amore eroico pei mise-  rabili più ributltanti, col suo spirito di. sacrificio, è  un fallore essenziale del benessere sociale. La reli-  gione è la condizione necessaria di certi effetti, la  «fonte dei quali nè l'individuo nè la società hanno sa-  | puto trovare altrove: il disinteresse, l'energia, la per-  severanza (1). : 2 BAR   Olire questo valere affettivo, o biologico, indivi  duale e svciale, la religione ha anche un valore in-  lelleltuale? Questa questione si divide in due — dice  il James: — «Solto la moltitudine delle credenze vi  sono delle affermazioni comuni? » E: «sono vere tali  affermazioni?» La risposta alla prima questione è  affermativa: in tutte le religioni vi sono due stali —»- —.  d'anima identici: il sentimento d’inquietudine che <S  in noi c'è qualche cosa che va male, e il sentimento  che noi siamo salvati dal male entrando in rapporto  con esseri superiori — con qualche cosa più yrande  di noi: lotta e liberazione: ecco la sintesi della reli-  gione personale e il perchè del suo immenso valore  sulla vita. Ma che cos'è questo qualche cosa di più  grande? È reale o immaginario? Come possiamo en-  {rare in rapporto con lui? Qual'è, insomma la verità  della religione?   Xispondeve a quesle questioni impiicile nelia  se-.  conda è costruire delle sopracredenze (surcroyances)  individuali e collettive, tutte buone se aiimentano il  nucleo vitale della religione. Vi possono essere e vi  sono di fatto tante aggiunte individuali alla credenza  unica quanle sono le anime o i lipi religiosi (2), Il  «rapporto col divino potendo essere, o essere inter-  { pretato come rapporto o morale o fisico, o rituale,   «Si capisce come possano nascere delle costruzioni 7A  _ losofiche e leologiche — delle quali abbiamo visto  | Valore — e anche come sorgano le Chiese (3).  . James, e con lui, naturalmente, più o meno tuil       SA (1) JAMES, L'Expérien. relig., Chap. VIII e IX.    E)  (2) JasrEs, ivi, pp, 406 e 423-125, — Ci è nota la sua  croyance. 0%                      ‘La Religione net Pragmatismo    pragmalisti — non ama — a dir poco — le Chiese,  con la loro organizzazione, coi loro. dogmi, con le  loro tradizioni, perchè in esse è uccisa la vita inte-    AQ ogni modo e dogmi e culto e mi debbono es:  sere giudicati daì frutti individuali e social, e i frutti  della vita religiosa sono sommessi alla giurisdizione  del buon sense (2) e dei pregiudizi filosofici e istinti  morali — dice allrove (3). Ed essendo questi pregiu-  ‘dizt, questi istinti e questo buon senso frutti, essi  stessi, dî una. evoluzione empirica incessante, anché  le idee religiose si andranno incessantemente modi-  ficando. Dal giorno che ìi frutti di una data forma re-  ligiosa perdono ognì valore, dal giorno che la vec  chia credenza è in contraddizione con un nuovo idea-  le; dal giorno che la ragione la dichiara lroppo pue-  rile, troppo assurda o troppo immorale... essa cade  trascinando, nella sua caduta, il Dio creato dall'uo-  | mo per «servirsene » (4). E noi confessiamo che in i  una dottrina interamente antropocentrica, nella qua- d  le l'uomo è la misura di iulte le cose, cioè, le esi» È  enzo, i desideri e gli interessi umani nel modo che  s'è veduto, lutto ciò è logico ©... anche utile, fino &  un certo punto: Ed è naturale che il pragmatismo  creda di fare un mondo di bene alla religione € alle  religioni. Ci dice lo Schiller: Il pragmatismo jo uma  nist,0) ha dimostrato che la volontà di credere sta.  ulla base, non solo della religione, ma di qualunque  - gpecie di inferenza 0 di atto razionale, e che, quindi,  la sfera dei iudizi di valore non è coestensiva solo |  |» alle verità religiose, ma a qualunque verità: la fede i  lia così cessato dì essere un ‘avversario e un sosli- i  | futo della ragione ed è diventata un suo costitutivo |  essenziale. ‘  Come potrà la ragione contestare la validità della    dor: L'Erpér. relig., speclalinente Chap. IK, pp. 281-293:  IA Ivi, p. 293.   (9) /vi, p. 281. 7  (4) Ivi, p. 272. — Pel «s î  actetta: p. 27 Pel «servirsene» cita ancora il Lepba L       x»                             lì Pragmatismo dI    fede, se la fede è essenziale alla sua stessa validi-  tà? (1). — E altrove: « Tutte le religioni (concrete)  possono profillare dell’atteggiamento di simpatia che  l'umanismo assume davanti agli istinti religiosi del-  la nalura umana e verso le evidenze e i metodi delle  religioni. 1l pragmatismo, affermando il fatto reli-  gioso e il suo valore sulla base dell'esperienza inte-  riore e dei risultati individuali e sociali, rende vani  gli altacchi razionalistici e mette la religione al sicu-  ro dalle confutazioni dialettiche. Il pragmatismo inol-  (re, come si è mostrato un eccellente « eirenicon » tra  le dottrine filosofiche, apparirà un «eirenicon» non  meno efficace tra le religioni. Non è vero che lutte  operano (in senso pragmatista) in una cerchia più o  meno vasta? Ma allora esse sono identiche nella loro  parle veramente vilale, attiva: e che importa sc dif-  feriscono teoricamente? Terzo beneficio: il: pràgma-  lismo libera, così, le religioni da ciò che vi è in esse  di non-funzionale, dalle incrostazioni parassilarie ed  csiziali, e, per tal modo, le rinvigorisce. — Che cos'è  la parte non-funzionale della religione? È il suo lato  teologico (2). 18 qui una tirata contro i sistemi teolo-  gici, contro le infiltrazioni della metafisica greca nel  « Credo atanasiano » e contro l’identificazione di Dio  con «l'Uno». Già! — La conclusione possiamo ac-  cettarla anche noi, ma basandola su fondamenti af-  futio diversi da quelli del pragmatismo: «La reli- 5  gione più vera è quella che proclama una vita mi- $  , gliore e la promuove» (8). ;                  (1) Stud. in Hum., pp. 352-353.  | (2) ScurLrer: Stud. in Hum., p. 363.  | ,..(8ì E la conclusione dell'Essay, XVI: Fatt, Reason and Ri    ligion in: Stud. in Humarism, p. 369: «the truest reli tons  that Which issues in and fosters the best life», Rd       A  \-       IV.    SCHILLER L LA LOGICA FORMALE    — —    eri della Logica formale nella con=    Sommario: S 1. Caratt  — { 2. La validità formale.    cezione dello Schiller.    gi. Lo Schiller (1) sotto il nome di « logica forma-  le» inchiude e condanna non solo quella che da al  tri è designata col nome di « logica formalistica » mn    anche la logica formale propriamente detta, e, cri    | licando e condannando quella, presume di aver cri    ficato e condannato anche questa, cioè, in blocco, .  tulla la logica tradizionale e classica, alla quale do-  vrà sostituirsi la logica psicologica, 0 psicologistica,  cioè quel complesso di leggi o regole o norme del  pensiero che risultano dall'analisi psicologica del pen    siero, ossia dalla considerazione dei processi del pen- |    siero, non in una pretesa forma di esso di  materia idel concetto, del giudizio, del raziocinio con:  siderati astraltamente nella loro forma verbale di  temine, proposizione € sillogismo considerai9 esso  pure, a sua volla, astrattamente), ma nel loro sor-  gere e syolgersi allraverso la fitta rete psichica di  Fferessi, di desideri, ecc. : la logica dello psicologi  smo e della forma speciale di esso offertaci dal prag-  matismo, insomma. Una logica & posteriori risut    1) F. C. S. SCHILLER. — Formul Logic. A sclentifle and s0-  cial Problem. ——> Un yol, in:8 pp. XII-123, Macmillan and 0.9,    ‘London 1912.    stinta dalla |    Îl Pragmatismo 93                               er selezione, non a priori, una logica, pare,  SOA sì, ma indotta in base a postulati, non  dedotta. Il pensiero puro, così come la forma pura  del pensiero non esistono; quindi ogni logica è neces-  sariamente empirica nella sua origine e nel suo va-  lore. E così con la logica sillogislica è condannata  anche la logica del concello col solo semplicismo che  abbiamo imparato a conoscere altre volte nello Schil-  ler. Ma, evidentemente, prima di condannare in bloc-  co, bisogna vedere se tra la logica formale e forma-  lislica c'è idenlità, o se non c’è invece una diiferen-  za radicale che impone una pertraltazione a parle e  radicalmente diversa di quelle due discipline. La lo-  gica formale vera è la dottrina della forma unica del  pensiero: il concelto, come sintesi di individuale c    come concelto universale contro, come scienza del  concetto puro. Per essa la forma verbale in cui si  suole incarnare generalmente il concetto non ha nes-  sun valore logico e si guavda bene dal cousiderane  le distinzioni verbali come distinzioni conceltuali 0  l’identità di forma verbale come identità concettuale.  La logica forinalislica invece, trasporta nei concetti  le qualità e le distinzioni dei termini, trasporta nei  giudizi le modalita e le specie delle proporzioni, lra-  sporta nei raziocinì le figure e ì modì dei sillogismi:  anzi la distinzione stessa delle forme logiche in con-  celti, giudizì e raziocini è nient’allro che una proie-  zione di forme verbali nell’altivita del pensiero. Per-  ciò la logica formalistica qua talis, non ha valore  speculativo (logico in senso vero), ima solo empirico  © UCSCLILLvo; ci dà, Massunti, con piu o meno pretese  (il copielezza, i modi piu consueti dei quali l'uomo  51 serve nel suo discorrere, nell'esposizione e ncila  "a discussione delle idee; è un'arte in senso di tecnica,  9 meglio, è una collezione (non connessione) delle  forme del discorso empirico umano, una specie di  leltorica 0 grammatica messa a servizio non del par-  lur bello ma del parlur giusto. Può essere ed è fino  a un certo punto praticamente utile come tutte le.   discipline descriltive assunte a discipline nurmative  d    universale, come storia o guidizio sintetico, a priori, .                                      PR TA          DA | Sèhiller e la Logica Kormale    e precettistiche, ma non ha valore speculativo, ron   ci dè, anzi ci nastonde la forma intima. del pensiero   necessario € unico, © SÌ contenta di offrire! le forme  esteriori, arbitrarie è quindi componibili € combina:   bili all'infinito. - .   I Jo Schiller na un buon gioco @ mostrare il caral-  tere arbitrario di questa logica, la astrallezza di essa,  la îmulilità e perfino il danno non leggero che essa può  anrecare allo sviluppo Serio delle scienze © della  mente individuale. Ha ragione lo Schiller: « IL îs nol .?   ossible t0 abstract {rom the aclual use of the logical |  material and lo consider — forms ol lought — @ 4  Ihemselves, voilout incurring thereby @ total loss,   1’    hi    nol only of Wrui, but also of meaning ” (IX). i  s 2. — Ma con ciò non si è déito che ba ragione @ |  ‘non riconoscere altre logica ché que:lu psicolugica, |  tutt'altro. Oltre la logica formalistica (0 tormale cu- |  mè la chiama erroneamente lo Schaller), c'è la logica i  formale vera secondo la quale la maleria è fusa nel  la forma, poichè per èssa la forma logica, concel-  ‘tuale, sintesi di materia e forma, di pensiero e lup-   ‘esentazione: è forma Non astratta me concrela ;          e tulto il pensiero reale storico perchè appunto sun: f  (esi univarsale individuale: è il razionale-reale, il fl  concetto.   È Dio ci salvi dalla logica psicologica 0 psicologi- |  stica! Poichè in essa, oltre che non trovare nulla di #  meno arbitrario che nella logica forinalistica non sì ì  trova neanche quella apparenzà di necessità e di as-  Solutezza che la logica tradizionale ci oifre, sia pure  solto una forma astratta e verbalistica. Finchè non  si accetta e non SÌ capisce la logitù del concetto puro  e semplice, ogni tentativo di riforme logiche sarà  nulla più che un saltare dall'arbiltàrio all’avbitrario,  dall'astratto ali’astratto e un aggiungere al mele 131  nuovo male o una forma nuova del male. L per yite-  nere questo scopo non mette certo conto di scrivere  un grosso libro come questo.   Sé lo Schiller avesse rinesso bene su quelli che lui    ritiene e sono i due caratteri fondamentali della 1o-       |    Ml Praqmalismo' (h)    gica formalistica e cioè: I° la credenza che sia pos-  sibile considerare la «validità formale» come una  cosa a parle e indipendente e astrarre dalla verità  «materiale »; 2° la credenza che sia possibile tratta-  re la iogica senza riguardo alla psicologia e di aslrar-  re dal contesto atluale in cui le asserzioni sorgono,  tempo, luogo, circostanze, Scopo, personalilà, ecc.  (P. 375) e se avesse poi esaminato con più spassio-  natezza la logica del concetto-sloria, non avrebbe for-  se futto giustizia sommaria di lutta la logica tradi-  zionale cd avrebbe trovato che parecchie delle sue  critiche sono state già fatte da altri, i quali non sen-  lirono però il bisogno di sostituire, come fa lui, le  elichelte psicologiche alle elichette della logica for-  malistica. In questo libro c'è molto del buono anche  perchè dai principio alla fine corre nelle pagine una  domanda sempre crescente di concretezza ce, anzi,  pare a volte che lo Schiller abbia colto il centro della  critica e della ricostruzione. Purtroppo i: pregiudizi  pragmalislici gli impediscono di assurgere ad un  punto di vista superiore; anche lui, pur nella lotta  contro gli schemi e !e elichetle, maneggia schemi ed  etichette; meno mole, anzi molto bene che, da buon  pragmatisla, ne è consapevole.             V.  VALUTAZIONE CRITICA.       SommMario:= & | La reazione contro l'intellettualismo. — |  $ 2. Verità e ‘utilità. |    gi, — Del pragmatismo non si parla più che com   di un indirizzo di ricerche e di asserzioni, che ha avi |  {fo il suo proverbiale quarto d'ora di celebrità pei  scomparire per sempre e senza visibili influssi sullu  svolgimento complessivo ulteriore del pensiero. Nata  da une reazione all'intellettualismo razionalislico ed  empiristico, che non sapevano valutare l'attività de:  soggetto nella creazione del mondo del pensiero €  della vita; allermalosi come volontarismo ceudemo:;  nistico o come filosofia dell'azione utilitaria, non ha  sapulo nè volulo evilare, con una doverosa distin:  zione dì logica e psicologia, lo scoglio terribile dellà  formula protagorica: l’uomo è la misura di tutte lt  cose ed'è finito nello agnoslicisnio e nello scellici  sino, È inulile she ci ripetiamo. Iidotla la filoso;  fia a un prodolto dell'individuo, © ad espressioni del  la nostra soggellività volitiva e i giudizi scientifici  speculativi a semplici giudizi morali; negala la pos  sibilità di raggiungere l'assoluto, la ragione intima  immanente e ascendente dell'essere o del divenire  con l'affermazione della universale soggettività e Ie  ‘natività; posto l’utilitarismo a base di ogni costruzio:  ne concelluale e considerati, quindi, i concetti com‘  funzioni dell'interesse individuale, 0 tutt'al più s0  ciale, il pragmatismo si risolve logicamente in uni  rinunzia a fi osofare. Può essere metodo per sè, I                                        i UT  Il Pragmatismo    : i lla vita colta  non filosofia sc IRRMIgSORE E So  nella sua razionalità e nei s o ve omalismo profes-   E, infatti, come s'è veduto, 1 flo: «esso non ha  sa di essere semplicemente ua Coe etodo WNGNan:  dog int aa istcao mon è forse una dottrina?  Magli vamestto he riassume il me-  Non è una dottrina la formula c arsi tutte  todo pragmatistico: « Sono er 6 da acco utili  le neri SAS SIE n è forse implicito  alla svitaza in: ilitari ico e, insieme, il  n più Sconto no leorecot È esp ducslo ab:  Dima definito, credo, Felino due aspetti più es-   ziali la teoria pragmati nd AR   Sa CLES Della quale non è qui il luogo di TISIRLS  estesamente il valore storico. Possiamo dire il nos D  pensiero in due parole: il pragmatismo è andato al-  l'eccesso opposto nella sua reazione all intellettua-  lismo, perchè ha negato addirittura il concetto come  tale, ogni concello, rendendo, con ciò stesso, vano,  perchè senza fondamento, la Rane buona . dell'in-  dirizzo, quella che, purificata di tutto l’utilitarismo +  materialistico che troppo spesso la intorbida, si può  esprimere nelle parole evangeliche: «Dai frutti co-  noscerete l'albero ». L'utilità — nel senso spirituale  altissimo della parola — è un aspetto della verità:  la verità eleva, la verità libera, la verità sacrifica. Ma,  non dimentichiamolo mai, una dottrina non è vera, a  propriamente parlare, perchè e in quanto è utile, ma  è utile perchè‘vera.   .La verità metafisica e logica di una idea e di un  Sistema d’idee è il fondamento di tutti gli altri at-  tributi dell'idea e del sistema e di tutte le loro cor-  rispondenze alle esigenze etiche dell'uomo.       Yogi Pragmatis                         NOTA BIBLIGGRAFICA    —_——_—-    “ Rimandiamo alle seguenti pibliografie: « The Pych  Zev. » vol XVIII, 1911, pp. 157-165; G. Parini, Sag-  gì pragmatisti, R. Carabba, Lanciano; Ugo SPIRITO,  JI pragmatismo nella Jilosofia contemporanea, Firen-  ze, Vallecchi 1921; Sinvio TISSI, Nota bibl. al vol. su  James, Milano,. Ed. Athena 1924.  | Segnaliamo poi, nella ricchissima bibliografia del-  argomento — oltre ui molti scritti segnalati occasio-  almente nelle note — le seguenti opere: G. VAILATI,  Scritti, Firenze, Secher 1911; G. Papini, Sul Pragma-  | lismo, Milano, Libr. Ed. Milanese 1913 (ripubblicato  ‘dal Vallecchi nel 1920); M. CALDERONI è G. VAILATI, IL  $ pragmatismo, Lanciano, R. Carabba, 1920; U. SPr-  “RITO, op. cit. ; M. CaLpeRONI, Scritti, a cura di O. CAM-  7 Cna, con pref. di G. PAPINI, Firenze, «La Voce», 1924.       IT.    I.    III. —    INDIVI    - LUO    INDICE    LINEE FONDAMENTALI DEL PRAGMA-    TISMO. — $ 1. Il Pragmatismo anglo-  americano. — $ 2. Pragmatismo e Umani-  smo. — $ 3, Pragmatismo e conoscenza.    LA TEORIA DELLA VERITÀ E DELLA  REALTÀ. — $ 1. La condotta. — $ 2, La  dottrina dolla verità. — fg 3. La dottrina  della realtà. x : 5 0   LA RELIGIONE NEL PRAGMATISMO.  — $ 1. Lo preoccupazioni etiche e reli-  gioso. — $ 2. L’esistonza di Dio. — $ 3.  Il concetto di Dio. — $ 4. Religione e  Religioni , ò . . . 3    SCHILLER E LA LOGICA FORMALE.  — $ 1. Caratteri della logica formale nella  concozione dello Schiller. — $ 2. La vali-  dità formale Ù 5 5 9 -    VALUTAZIONE CRITICA. — $ 1. La rea-  zione contro l’intellottualismo. — $ 2. Ve-  rità e utilità . È - ‘ -    NOTA BIBLIOGRAFICA .    Da    è    pag:    5    28    57    92    96                I MAESTRI DEL PENSIERO.    VOLUMI CHE INIZIANO LA COLLEZIONE                          i)  ei n VALENTINO PICCOLI À {  Bi: INTRODUZIONE DELLA FILOSOFIA |  i PAOLO ROTTA PAOLO ROTTA |  ì | ARISTOTELE BERKELEY |  IALENTINO SETCOO LI ! GIUSEPPE TAROZZI |  PLATONE LOCKE |  S: PICURO. E. PAOLO LAMANNA  AAA ° "KANT 6000  V. ARANGIO-RUIZ na *  LOTINO GIUSEPPE MAGGIORE |»   FICHTE    HQ    P. E. CHIOCCHETTI                S. AGOSTINO PIETRO MIGNOSI  E. CHIOCCHETTI SCHELLING |  "S TOMA ASO GIUSEPPE MAGGIORE |  CHIOCCHETTI HEGEL i  S. PONAVENTURA Big ni x  TISSI  c ARTESI O SCHOPENHAUER i  Fa PAOLO. ROTTA E. MOTOMIL MI  o SPINOZA STUART MILL  “50 »ALENTINO PICCOLI E. MORSELLI  Î Y MIENIINO PICCOL CUORSEI        È Pubblicati: P. ROTT _ SEINOZS  x ì. MiGGIONE HEGE  ZINI =. 2 SoioFENnAUER  P. LAMANNA — KA  MAGGIORE — FIGI TITE  . E. CHIOCCHETTI — S. TOMASO  VICO    "TISSI _ GATESIO  MORSELLI — COMTE   BOT} — ARISTOTELE  —_ SCHELUINO    IRINA  Kc}  fe3: 

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