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Wednesday, April 20, 2022

GRICE E CILIBERTO: IL PRINCIPATO

 Preludio al Machiavelli *   Mre a dh e im h ol Un TT “‘i 0 annunciato da Imola — dalle legioni   chiavelli ‘Tri T n J | d0n ° d ‘- Una Spada COn inciso U motto di Ma ’  1 Cum parole non si mantengono li Stati”. Ciò troncò gli   ndugi e determino senz altro la scelta del tema che oggi sottopongo   ? 0tre !, chi 7 an ?f l0 Commento dell’anno 1924 \l  Pnncipe di Machiavelli, al libro che io vorrei cHamare Vade   ZldlZtfìl U °™° dt g0 u m0 * Debbo inoltre ' P er debito di °nestà  Slfia ’ a . 8glU f? e ? e cbe ? uesto mio Wo ha una scarsa biblio-  ftreTdJI VCdra “3 r 8UÌt0 f H ° rilett ° attentame nte il Principe   loe7olnf »Z P ? e dd 8rande S , e8r f tari °’ ma mi è mancat0 tem -   po e voionta per leggere tutto ciò che si è scritto in Italia e nel  Ma chiavelli.Ho voluto mettere il minor numero possi-  velh ^ mt0rmedlari vecchl e nn °vi, italiani e stranieri, tra il Machia-  dottrin, e’l^ non .8 uastare la di contatto diretta fra la sua   dottrina e la mia vita vissuta, fra le sue e le mie osservazioni di   n0mmi , e f° Se ’ ^ 3 SU f C k mia pratica di governo. Quella che mi  )t0 ,\ le Z 8e ™ no « f q uind i una fredda dissertazione scolastica  irta di citaziom altrui, è piuttosto un dramma, se può considerarsi  come io credo, m un certo senso drammatico il tentativo di gettare   NorL d te^fo: abisso deUe genera2ioni ° ^ cveuti   La domanda si pone: a quattro secoli di distanza che cosa c’è an-  cora di vivo nel Prmcipe? I consigli del MachiaveUi potrebbero ave-   * Da “Gerarchia”, n. 4, aprile 1924, III.    I ,i . •>\fruzione del regime (1922-1932)    229    i. iniit t|ualsiasi utilità anche per i reggitori degli Stati moderni? II  tl.iic del sistema politico del Principe è circoscritto all’epoca in   > 111 1 11 scritto il volume, quindi necessariamente limitato e in parte   > I.luco, o non è invece universale e attuale? Specialmente attuale?   I i inin tesi risponde a queste domande. Io affermo che la dottrina  • li Machiavelli è viva oggi piu di quattro secoli fa, poiché se gli  nnpctti esteriori della nostra vita sono grandemente cangiati, non si  h« i(io vcrificate profonde varia^ioni nello spirito degli individui e dei  itopoli.   >. ln politica è l’arte di governare gli uomini, cioè di orientare, uti-  li znre, educare le loro passioni, i loro egoismi, i loro interessi in  < nin di scopi d’ordine generale che trascendono quasi sempre la  i'iin individuale perché si proiettano nel futuro, se questa è la poli-  lioi, non v’è dubbio che l’elemento fondamentale di essa arte, è  l’iiomo. Di qui bisogna partire. Che cosa sono gli uomini nel siste-  inn politico di Machiavelli? Che cosa pensa Machiavelli degli uomi-  nl? E egli ottimista o pessimista? E dicendo “uomini” dobbiamo  Inlcrpretare la parola nel senso ristretto degli uomini, cioè degli  Ilnliani che Machiavelli conosceva e pesava come suoi contempora-  nci o nel senso degli uomini al di là del tempo e dello spazio o  pcr dirla in gergo acquisito “sotto la specie della eternità”? Mi pare  ilic prima di procedere a un piu analitico esame del sistema di po-  lllica machiavellica, così come ci appare condensato nel Principe,  oecorra esattamente stabilire quale concetto avesse Machiavelli de-  gli uomini in genere e, forse, degli italiani in particolare. Orbene,  t|iicl che risulta manifesto, anche da una superficiale lettura del  Vrincipe, è l’acuto pessimismo del Machiavelli nei confronti della  nntura umana. Come tutti coloro che hanno avuto occasione di  continuo e vasto commercio coi propri simili, Machiavelli è uno  Kpregiatore degli uomini e ama presentarceli, come verrò fra poco  documentando, nei loro aspetti piu negativi e mortificanti.   (,li uomini, secondo Machiavelli, sono tristi, piu affezionati alle cose  chc al loro stesso sangue, pronti a cambiare sentimenti e passioni.  A1 capitolo XVII del Principe, Machiavelli così si esprime:   IVrché delli uomini si può dire questo generalmente: che siano ingrati, volubili  .imulatori, fuggitori de’ pericoli, cupidi di guadagno e mentre fai loro bene,  ->uno tutti tuoi, offerenti il sangue, la roba, la vita, i figlioli, come di sopra dissi,  .piando el bisogno è discosto, ma quando ti si appressa, e’ si rivoltano... E quel  l>rincipe che si è tutto fondato sulle parole loro, trovandosi nudo di altre prepa-  rn/ioni, rovina. Li uomini hanno meno rispetto a offendere uno che si faccia  mnnre, che uno che si faccia temere, perché l’Amore è tenuto da uno vincolo di  obbligo, il quale per essere li uomini tristi, da ogni occasione di propria utilità  (• rotto, ma il timore è tenuto da una paura di pena che non abbandona mai.      Scritti politici di Benito Mussolini   Per quanto concerne gli egoismi umani, trovo fra le Carte varie  quanto segue:   Gli uomini si dolgono piu di un podere che sia loro tolto, che di uno fratello o  padre che fosse loro morto, perché la morte si dimentica qualche volta, la roba  mai. La ragione ò pronta; perche ognuno sa che per la mutazione di uno stato,  uno fratello non può risuscitare, ma e’ può bene riavere il suo podere.    E al capitolo terzo dei Discorsi:   Come dimostrano tutti coloro che ragionano del vivere civile e come ne è prenia  di esempii ogni storia, è necessario a chi dispone una Repubblica ed ordina leggi  in quella, presupporre tutti gli uomini essere cattivi e che li abbiano sempre a  usare la malignità dell’animo loro, qualunque volta ne abbino libera occasione...  Gli uomini non operano mai nulla bene se non per necessità, ma dove la libertà  abbonda e che vi può essere licenzia si riempie subito ogni cosa di confusione  e di disordine.   Le citazioni potrebbero continuare, ma non è necessario. I brani  riportati sono sufficienti per dimostrare cbe il giudizio negativo su-  gli uomini, non è incidentale, ma fondamentale nello spirito di Ma-  chiavelli. È in tutte le sue opere. Rappresenta una meritata e scon-  solata convinzione. Di questo punto iniziale ed essenziale bisogna  tener conto, per seguire tutti i successivi sviluppi dei pensiero di  Machiavelli. È anche evidente che il Machiavelli, giudicando come  giudicava gli uomini, non si riferiva soltanto a quelli del suo tem-  po, ai fiorentini, toscani, italiani che vissero a cavallo fra il XV e  il XVI secolo, ma agli uomini senza limitazione di spazio e di tem-  P 0 * pi tempo ne e passato, ma se mi fosse lecito giudicare i miei  simili e contemporanei, io non potrei in alcun modo attenuare il  giudizio di Machiavelli. Dovrei, forse, aggravarlo. Machiavelli non  si illude e non illude il Principe. L’antitesi fra Principe e popolo,  fra Stato e individuo è nel concetto di Machiavelli fatale. Quello  che fu chiamato utilitarismo, pragmatismo, cinismo machiavellico  scaturisce logicamente da questa posizione iniziale. La parola Prin-  cipe deve intendersi come Stato. Nel concetto di Machiavelli il Prin-  cipe è lo Stato. Mentre gli individui tendono, sospinti dai loro  egoismi, aH’atonismo sociale, lo Stato rappresenta una organizza-  zione e una limitazione. L’individuo tende a evadere continuamente.  Tende a disubbidire alle leggi, a non pagare i tributi, a non fare  la guerra. Pochi sono coloro — eroi o santi — che sacrificano il  proprio io sull altare dello Stato. Tutti gli altri sono in istato di ri-  volta potenziale contro lo Stato. Le rivoluzioni dei secoli XVII e  XVIII hanno tentato di risolvere questo dissidio che è alla base di  ogni organizzazione sociale statale, facendo sorgere il potere come    1 .1 nìstruzione del regirne (1922-1932)    231    hii.i enianazione della libera volontà del popolo. C’è una finzione  .• tma illusione di piu. Prima di tutto il popolo non fu mai definito.   I una entità meramente astratta, come entità politica. Non si sa  iltivc cominci esattamente, né dove finisca. L’aggettivo di sovrano  •ipplicato al popolo è una tragica burla. II popolo tutto al piu, de-  lcga, ma non può certo esercitare sovranità alcuna. I sistemi rappre-  M-ntativi appartengono più alla meccanica che alla morale. Anche  nci paesi dove questi meccanismi sono in più alto uso da secoli e  necoli, giungono ore solenni in cui non si domanda piu nulla al  popolo, perché si sente che la risposta sarebbe fatale; gli si strap-  pnno le corone cartacee della sovranità — buone per i tempi nor-  mali — e gli si ordina senz’altro o di accettare una Rivoluzione o  una pace o di marciare verso l’ignoto di una guerra. A1 popolo non  rcsta che un monosillabo per affermare e obbedire. Voi vedete che  la sovranità elargita graziosamente al popolo gli viene sottratta nei  momenti in cui potrebbe sentirne il bisogno. Gli viene lasciata solo  quando è innocua o è reputata tale, cioè nei momenti di ordinaria  ainministrazione. Vi immaginate voi una guerra proclamata per refe-  rrndum ? II referendum va benissimo quando si tratta di scegliere  il luogo più acconcio per collocare la fontana del villaggio, ma quan-  do gli interessi supremi di un popolo sono in giuoco, anche i Go-  vcrni ultrademocratici si guardano bene dal rimetterli al giudizio del  popolo stesso. V’è dunque immanente, anche nei regimi quali ci sono  stati confezionati dalla Enciclopedia — che peccava, attraverso Rous-  seau, di un eccesso incommensurabile di ottimismo — il dissidio fra  forza organizzata dello Stato e il frammentarismo dei singoli e dei  gruppi. Regimi esclusivamente consensuali non sono mai esistiti,  non esistono, non esisteranno probabilmente mai. Ben prima del mio  oramai famoso articolo Forza e consenso, Machiavelli scriveva nel  Principe , pagina 32:   Di qui nacque che tutti i profeti armati vincono e li disarmati ruinarono.   Perché la natura dei popoli è varia ed è facile persuadere loro una  cosa, ma è difficile fermarli in quella persuasione.   E però conviene essere ordinato in modo, che quando non credono piu si possa  far credere loro per forza. Moise, Ciro, Teseo, Romolo non avrebbero potuto  fare osservare lungamente le loro costituzioni, se fussino stati disarmati. 

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