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Tuesday, October 5, 2021

Grice ed Alighieri

 ON ritrovando io, che alcuno avanti me abbia de la Volgare Eloquenzia niuna cosa trattato;e vedendo questa cotal eloquenzia es sere veramente necessaria a tutti; conciò sia che ad essa non solamente gliuomini,ma an cora le femine, & i piccoli fanciulli, in quanto lanatura permette,sisforzinopervenire:e vo lendo alquanto lucidare la discrezione di coloro, i quali come ciechi passeggiano per le piazze, e pensano spesse volte, le cose posteriori essere anteriori;con loaiuto,che Dio cimanda dal cielo, ci sforzeremo di dar giovamento al p a r lare de le genti volgari : nè solamente l'acqua del nostro ingegno a si fatta bevanda piglie  LIBRO PRIMO. 2   ma  remo ;ma ancora pigliando,ovvero compilando le cose migliori da gli altri , quelle con le n o stre mescoleremo , acciò che d'indi possiamo dar bere uno dolcissimo idromele. Ora perciò che ciascuna dottrina deve non provare , aprire il suo suggetto,acciò si sappia che co sa sia quella,ne la quale essa dimora,dico, che 'lParlar Volgare chiamo quello,nel quale i fanciulli sono assuefatti da gli assistenti, quan do primieramente cominciano a distinguere le voci,o vero,come piùbrevemente sipuò dire, ilVolgar Parlare affermo essere quello,ilquale senza altra regola, imitando la balia, s'appren de.Ecci ancora un altro secondo parlare il quale i Romani chiamano Grammatica.E questo se condario hanno parimente i Greci & altri, m a non tutti; perciò che pochi a l'abito di esso pervengono ; conciò sia che, se non per spazio di tempo & assiduità di studio, si ponno pren dere le regole, e la dottrina di lui. Di questi dui parlari adunque ilVolgare è più nobile,si perchè fu il primo che fosse da l'umana gene razione usato, si eziandio perchè in esso tut to'lmondo ragiona",avegna che in diversi vocaboli e diverse prolazioni sia diviso ; si a n cora per essere naturale a noi, essendo quel l'altro artificiale: e di questo più nobile è la nostra intenzione di trattare. 4 LIBRO PRIMO , 1 Il testo latino ha : ipsa (locutione) perfruitur ; ossia : di esso si serve.   DA LA VOLGARE ELOQUENZIA. 5 CAPITOLO II. non dico nostro,perchè altro parlar ci sia che quello dell'uomo ; perciò che fra tutte le cose che sono, solamente a l'uomo fu dato il parlare,sendo a lui necessario solo.Certo non a gli angeli, non a gli animali inferiori fu ne cessario parlare ; adunque sarebbe stato dato invano a costoro, non avendo bisogno di esso. E la natura certamente abborrisce di fare cosa alcuna invano. Se volemo poi sottilmente con siderare la intenzione del parlar nostro,niun'al tra ce ne troveremo, che il manifestare ad altri i concetti de la mente nostra.Avendo adunque gli angeli prontissima, & ineffabile sufficienzia d'intelletto da chiarire i loro gloriosi concet ti, per la qual sufficienzia d'intelletto l'uno è totalmente noto all'altro , o per sè , o almeno per quel fulgentissimo specchio,nel quale tutti sono rappresentati bellissimi, & in cui avidis simi sispecchiano;pertantopare,chediniuno segno di parlare abbiano avuto mestieri.Ma chi opponesse a questo , allegando quei spi riti, che cascarono dal cielo; a tale opposi zione doppiamente si può rispondere. Prima , che quando noi trattiamo di quelle cose , che Sono  Che l'uomo solo ha il comercio del parlare. Uesto è il nostro vero e primo parlare: Q a bene essere , devemo essi lasciar da 3   parte, conciò sia che questi perversi non vol lero aspettare la divina cura. Seconda rispo sta,e meglio è,che questi demoni a manife stare fra sè la loro perfidia, non hanno bisogno di conoscere , se non qualche cosa di ciascuno, p e r c h è è , e q u a n t o è 1 : il c h e c e r t a m e n t e s a n no ; perciò che si conobbero l'un l'altro avanti la ruina loro. A gli animali inferiori poi non fu bisogno provvedere di parlare ; conciò sia che per solo istinto di natura siano guidati.E poi tutti quelli animali, che sono di una medesima specie , hanno le medesime azioni , e le m e d e sime passioni ; per le quali loro proprietà p o s sono le altrui conoscere ; m a a quelli che sono di diverse specie, non solamente non fu neces sario loro il parlare, ma in tutto dannoso gli sarebbe stato , non essendo alcuno amicabile comercio tra essi. E se mi fosse opposto che il serpente che parlò a la prima femina, e l'a sina di Balaam abbiano parlato , a questo ri spondo , che l'angelo ne l'asina , & il diavolo nel serpente hanno talmente operato , che essi animali mossero gli organi loro ; e così d'indi la voce risultò distinta, come vero parlare; non che quello de l'asina fosse altro che rag ghiare e quello del serpente altro che fischiare.  6 LIBRO PRIMO , ·Iltestoha:nonindigent,nisiutsciantquilibetde quolibet, quia est, et quantus est. Parrebbe più proprio iltradurre cosi:non hanno bisogno di conoscere,se non ciascheduno di ciaschedun altro,che è,e quanto è: ossia l'esistenza e il grado .   Se alcuno poi argumentasse da quello,che Ovi dio disse nel quinto de la Metamorfosi, che le piche parlarono ; dico che egli dice questo figu ratamente,intendendo altro:ma se si dicesse che le piche al presente & altri uccelli parlano, dico ch'egli è falso; perciò che tale atto non è parlare , m a è certa imitazione del suono de la nostra voce ; o vero che si sforzano di imitare noi in quanto soniamo,ma non in quanto par liamo. Tal che se quello che alcuno espressa mente dicesse, ancora la pica ridicesse, questo non sarebbe se non rappresentazione , o vero imitazione del suono di quello,che prima avesse detto.E così appare,a l'uomo solo essere stato dato il parlare ; m a per qual cagione esso gli fosse necessario, ci sforzeremo brievemente trattare. CAPITOLO III. Che fu necessario a l'uomo il comercio Ovendosi adunque l'uomo non per istinto di natura,ma per ragione;& essa ra gione o circa la separazione !, o circa il giudi dizio , o circa la elezione diversificandosi in ciascuno;tal che quasi ogni uno de la sua pro · La voce del testo discretio sarebbe resa meglio dalla parola discernimento.  del parlare. M DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 7   8 LIBRO PRIMO , pria specie s'allegra; giudichiamo che niuno intenda l'altro per le sue proprie azioni , o p a s sioni, come fanno le bestie; nè anche per spe culazione l'uno può intrar ne l'altro,come l'an gelo , sendo per la grossezza , & opacità del corpo mortale la umana specie da ciò ritenuta. Fu adunque bisogno , che volendo la genera zione umana fra sè comunicare i suoi concetti, avesse qualche segno sensuale e razionale ; per ciò che dovendo prendere una cosa da la ra gione, e ne la ragione portarla, bisognava es sere razionale; ma non potendosi alcuna cosa di una ragione in un'altra portare,se non per il mezzo del sensuale, fu bisogno essere sen suale , perciò che se 'l fosse solamente razio nale,non potrebbe trapassare;se solo sensuale, non potrebbe prendere da la ragione, nè ne la r a g i o n e d e p o r r e . E q u e s t o è s e g n o c h e il s u bietto , di che parliamo , è nobile ; perciò che in quanto è suono,egli è per natura una cosa sensuale;& inquanto che,secondolavolontà di ciascuno , significa qualche cosa, egli è ra zionale 1. Iltestoha:Hoc equidem signum est,ipsum sub jectum nobile,dequoloquimur:naturasensualequi dem , in quantum sonus est , esse ; rationale vero , in quantum aliquid significare videtur ad placitum . A noi pare più giusto l'interpretare questo passo cosi : Q u e sto segno (l'aliquod rationale signum et sensuale , di cui ha parlato poche righe più sopra ) è per l'appunto il nobile soggetto di cui parliamo : sensuale , per n a tura,in quanto èsuono;razionale,inquantoche,se    DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. CAPITOLO IV. A cheuomofuprimadatoilparlare, echedisseprima,& inchelingua. l'uomo solo fu dato il parlare. Ora istimo che appresso debbiamo investigare, a che uomo fu prima dato ilparlare,e che cosa prima disse, & a chi parlò , e dove e quando , & eziandio in che linguaggio il primo suo parlare si sciol se. Secondo che si legge ne la prima parte del Genesis , ove la sacratissima Scrittura tratta del principio del mondo , si truova la femina, primacheniunaltro,aver parlato,cioèlapre sontuosissima Eva, la quale al diavolo, che la ricercava , disse , « Dio ci ha commesso , che non mangiamo del frutto del legno che è nel mezzo del paradiso, e che non lo tocchiamo , acciò che per avventura non moriamo.» Ma a vegna che in scritto si trovi la donna aver pri mieramente parlato,non di meno è ragionevol cosa che crediamo , che l'uomo fosse quello , che prima parlasse. Nè cosa inconveniente mi pare condo la volontà di ciascuno, significa qualche cosa. Contro la quale interpretazione stala punteggiatura, e la voce esse del testo,che sarebbe di troppo ; ma ,per com penso, il brano riesce più chiaro, e si collega meglio col senso di tutto il Capitolo. 9  Anifesto è per le cose già dette , che a pensare,che così eccellente azione de la il   generazione umana prima da l'uomo,che da la femina procedesse. Ragionevolmente adunque crediamo ad esso essere stato dato primiera mente il parlare da Dio,subito che l’ebbe for mato.Che voce poi fosse quella che parlò prima, a ciascuno di sana mente può esser in pronto ; & io non dubito che la fosse quella, che è Dio, cioè Eli, o vero per modo d'interrogazione, o per modo di risposta.Assurda cosa veramente pare,e da la ragione aliena,che da l'uomo fosse nominata cosa alcuna prima che Dio ; con ciò sia che da esso,& in esso fosse fatto l'uo mo.E siccome,dopolaprevaricazionedel'u m a n a generazione , ciascuno esordio di parlare comincia da heu ; così è ragionevol cosa , che quello che fu davanti , cominciasse da alle grezza ,e conciò sia che niun gaudio sia fuori diDio,ma tuttoinDio,& essoDio tuttosiaal legrezza, conseguente cosa è che 'l primo p a r lante dicesse primieramente Dio . Quindi nasce questo dubbio,che avendo di sopra detto,l'uo mo aver prima per via di risposta parlato, se risposta fu,devette esser a Dio; e se a Dio, parrebbe,che Dio prima avesse parlato,ilche parrehbe contra quello che avemo detto di sopra. Al qual dubbio risponderemo,che ben può l'uo mo averrispostoaDio,chelointerrogava,nè per questo Dio aver parlato di quella loquela, che dicemo.Qual è colui,che dubiti,che tutte le cose che sono non si pieghino secondo il voler diDio,da cuièfatta,governata,econservata  10 LIBRO PRIMO ,   ciascuna cosa ? É conciò sia che l'aere a tante alterazioni per comandamento della natura in feriore si muova, la quale è ministra e fattura di Dio,di maniera che fa risuonare i tuoni, ful gurare il fuoco, gemere l'acqua, e sparge le nevi, e slancia la grandine ; non si moverà egli per comandamento di Dio a far risonare al cune parole le quali siano distinte da colui, che maggior cosa distinse?e perchè no? Laon de & a questa, & ad alcune altre cose credia mo tale risposta bastare. CAPITOLO V. Dove,& a cuiprima l'uomo abbiaparlato. ta così da le cose superiori,come da le in feriori), che il primo uomo drizzasse il suo primo parlare primieramente a Dio , dico, che ragionevolmente esso primo parlante parlò s u bito,che fu da la virtù animante ispirato: per ciò che ne l'uomo crediamo,che molto più cosa umana sia l'essere sentito che il sentire, pur che egli sia sentito,e senta come uomo. Se adunque quel primo fabbro, di ogni perfezione principio & amatore ,inspirando il primo uomo con ogni perfezione compi , ragionevole cosa mi pare, che questo perfettissimo animale non prima cominciasse a sentire, che 'l fosse sen tito. Se alcuno poi dicesse contra le obiezioni,  DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 11 Iudicando adunque (non senza ragione trat   12 LIBRO PRIMO , che non era bisogno che l'uomo parlasse, es sendo egli solo ; e che Dio ogni nostro segreto senza parlare, ed anco prima di noi discerne ; ora (con quella riverenzia , la quale devemo usare ogni volta,che qualche cosa de l'eterna volontà giudichiamo),dico,che avegna che Dio sapesse, anzi antivedesse (che è una medesima cosa quanto a Dio)ilconcetto del primo par lante senza parlare,non di meno volse che esso parlasse ; acciò che ne la esplicazione di tanto dono, colui, che graziosamente glielo avea do nato,se ne gloriasse.E perciò devemo credere, che da Dio proceda , che ordinato l'atto de i nostri affetti, ce ne allegriamo. Quinci possiamo ritrovare il loco, nel quale fu mandata fuori laprimafavella;perciòchesefuanimato l'uo m o fuori del paradiso , diremo che fuori : se dentro , diremo che dentro fu il loco del suo primo parlare. CAPITOLO VI. Ra perchè i negozj umani si hanno ad esercitare per molte e diverse lingue , tal che molti per le parole non  intesi da molti,che se fussero senza esse; però fia buono investigare di quel parlare, del quale si crede aver usato l'uomo, che nacque senza sono altrimente 1 Di che idioma prima l'uomo parld, e donde fu l'autore di quest'opera.   madre, e senza latte si nutri, e che nè pupil lare età vide,nè adulta.In questa cosa,sì come in altre molte, Pietramala è amplissima città, e patria de la maggior parte dei figliuoli di Adamo .Però qualunque si ritrova essere di cosi disonesta ragione, che creda, che il loco della sua nazione sia il più delizioso, che si trovi sotto il Sole , a costui parimente sarà licito preporre il suo proprio volgare , cioè la sua materna locuzione,a tutti gli altri; e conse guentemente credere essa essere stata quella diAdamo.Ma noi,acuiilmondo èpatria, sì come a'pesci il mare , quantunque abbiamo bevuto l'acqua d'Arno avanti che avessimo denti,e che amiamo tanto Fiorenza,che pe averla amata patiamo ingiusto esiglio, non dimeno le spalle del nostro giudizio più a la ragione che al senso appoggiamo. E benchè se condo il piacer nostro , o vero secondo la quiete de la nostra sensualità, non sia in terra loco più ameno di Fiorenza;pure rivolgendo i vo lumi de'poeti e de gli altri scrittori, ne i quali il mondo universalmente e particularmente si descrive , e discorrendo fra noi i varj siti dei luoghi del mondo , e le abitudini loro tra l'uno e l'altropolo,e'lcircolo equatore,fermamente comprendo , e credo, molte regioni e città es sere più nobili e deliziose che Toscana e Fio renza, ove son nato, e di cui son cittadino; e molte nazioni e molte genti usare più dilette vole, e più utile sermone , che gli Italiani. R i  DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 13 r   tornando adunque al proposto , dico che una certa forma di parlare fu creata da Dio insie me con l'anima prima ,e dico forma, quanto a i vocaboli de le cose,e quanto a la construzione de'vocaboli , e quanto al proferir de le con struzioni; la quale forma veramente ogni par lante lingua userebbe, se per colpa de la pro sunzione umana non fosse stata dissipata, come di sotto si mostrerà. Di questa forma di par lare parlò Adamo , e tutti i suoi posteri fino a la edificazione de la torre di Babel , la quale si interpreta la torre de la confusione. Questa forma di locuzione hanno ereditato i figliuoli di Heber, i quali da lui furono detti Ebrei ; a cui soli dopo la confusione rimase, acciò che il nostro Redentore , il quale doveva nascere di loro,usasse,secondo laumanità,dela lin gua de la grazia, e non di quella de la confu sione 1. Fu adunque lo ebraico idioma quello, che fu fabbricato da le labbra del primo par lante . ' Il testo ha : qui ex illis oriturus erat secundum humanitatem ,non lingua confusionis, sed gratiæ frue retur.E deve tradursi:ilqualedovevanascere di loro secondo l'umanità , usasse della lingua della grazia , e non di quella della confusione.  ! 14 LIBRO PRIMO ,   CAPITOLO VII. Hi come gravemente mi vergogno di rin  15 e per DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. De la divisione del parlare in più lingue. A en ta nerazione umana : ma perciò che non possia mo lasciar di passare per essa, se ben la fac cia diventa rossa , e l'animo la fugge , non starò di narrarla. Oh nostra natura sempre prona ai peccati , oh da principio , e che mai non finisce, piena di nequizia; non era stato assai per la tua corruttela, che per lo primo fallo fosti cacciata, e stesti in bando de la p a tria de le delizie? non era assai, che per la universale lussuria, e crudeltà della tua fami glia, tutto quello che era di te, fuor che una casa sola, fusse dal diluvio sommerso , il male , che tu avevi commesso , gli animali del cielo e de la terra fusseno già stati puniti ? Certo assai sarebbe stato; ma come prover bialmente si suol dire,Non andrai a cavallo anzi terza ; e tu misera volesti miseramente andare a cavallo.Ecco,lettore, che l'uomo , o vero scordato,o vero non curando de le prime battiture, e rivolgendo gli occhi da le sferze, che erano rimase , venne la terza volta a le botte, per la sciocca sua e superba prosunzio ne. Presunse adunque nel suo cuore lo incu rabile uomo, sotto persuasione di gigante, di   16 LIBRO PRIMO ,  superare con l'arte sua non solamente la na tura,ma ancoraessonaturante,ilqualeèDio; e cominciò ad edificare una torre in Sennar, la quale poi fu detta Babel, cioè confusione, per la quale sperava di ascendere al cielo,avendo intenzione, lo sciocco,non solamente di aggua gliare,ma diavanzare ilsuo Fattore.Oh cle menzia senza misura del celeste imperio;qual padre sosterrebbe tanti insulti dal figliuolo? Ora innalzandosi non con inimica sferza, ma con paterna , & a battiture assueta , il ribel lante figliuolo con pietosa e memorabile corre zione castigò. Era quasi tutta la generazione umana a questa opera iniqua concorsa ; parte comandava, parte erano architetti,parte face vano muri,parte impiombavano,parte tiravano le corde ", parte cavavano sassi, parte per ter ra,partepermareliconducevano.E cosìdi verse parti in diverse altre opere s’affatica vano , quando furono dal cielo di tanta con fusione percossi, che dove tutti con una istessa loquela servivano a l'opera , diversificandosi in molte loquele , da essa cessavano , nè mai a quel medesimo comercio convenivano ; & a quelli soli, che in una cosa convenivano una · Il Witte osservò che in luogo di pars amysibus tegulabant, pars tuillis linebant, come leggeva erro neamente la volgata nel testo latino , si deve leggere : pars amussibus tegulabant, pars trullis (o truellis) linebant, e si deve tradurre : parte arrotavano sulle pietre i mattoni,parte con le mestole intonacavano.   DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 17 istessa loquela attualmente rimase , come a tutti gli architetti una , a tutti i conduttori di sassi una,a tuttiipreparatori di quegli una, e così avvenne di tutti gli operanti; tal che di quanti varj esercizj erano in quell'opera , di tanti varj linguaggi fu la generazione umana disgiunta. E quanto era più eccellente l'arti ficio di ciascuno , tanto era più grosso e b a r b a r o il l o r o p a r l a r e . Q u e l l i p o s c i a , a li q u a l i il sacrato idioma rimase , nè erano presenti nè lodavano lo esercizio loro ; anzi gravemente biasimandolo, si ridevano de la sciocchezza de gli operanti.M a questi furono una minima parte di quelli quanto al numero ; e furono , sì come io comprendo , del seme di Sem , il quale fu il terzo figliuolo di Noè , da cui nacque il popolo di Israel, il quale usò de la antiquissima locu zione fino a la sua dispersione. CAPITOLO VIII. e specialmente in Europa. Er la detta precedente confusione di lin gue non leggieramente giudichiamo , che allora primieramente gli uomini furono sparsi per tutti iclimi del mondo e per tutte le re gioni & angoli di esso. E conciò sia che la  P Sottodivisione del parlare per il mondo ,   18 LIBRO PRIMO, principal radice dela propagazione umana sia ne le parti orientali piantata , e d'indi da l'u no e l'altro lato per palmiti variamente diffu si, fu la propagazione nostra distesa; final mente in fino a l'occidente prodotta , là onde primieramente le gole razionali gustarono o tutti,o almen parte de ifiumi di tutta Europa. Ma ofusseroforestieriquesti,cheallorapri mieramente vennero, o pur nati prima in E u ropa, ritornassero ad essa; questi cotali por tarono tre idiomi seco ; e parte di loro ebbero in sorte la regione meridionale di Europa, parte la settentrionale , & i terzi, i quali al presente chiamiamo Greci , parte de l’Asia e parte de la Europa occuparono.Poscia da uno istesso idio ma,dalaimmonda confusione ricevuto,nac quero diversi volgari , come di sotto dimostre remo ; perciò che tutto quel tratto, ch'è da la foce del Danubio, o vero da la palude Meotide, fino a i termini occidentali (li quali da i confini d'Inghilterra, Italia e Franza , e da l'Oceano sono terminati), tenne uno solo idioma: ave gna che poi per Schiavoni, Ungari , Tedeschi, Sassoni , Inglesi & altre molte nazioni fosse in diversi volgari derivato ; rimanendo questo solo per segno, che avessero un medesimo prin cipio , che quasi tutti i predetti volendo affir mare, dicono jo. Cominciando poi dal termine di questo idioma,cioè da iconfini de gli Ungari verso oriente,un altro idioma tutto quel tratto occupò. Quel tratto poi, che da questi in qua    DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. si chiama Europa, e più oltra si stende,o ve ro tutto quello de la Europa che resta , tenne un terzo idioma 1, avegna che al presente tri partito si veggia ; perciò che volendo affermare, altri dicono oc, altri oil, e altri sì, cioè Spa gnuoli , Francesi & Italiani.Il segno adunque che i tre volgari di costoro procedessero da uno istesso idioma,è in pronto;perciò che molte cose chiamano per i medesimi vocaboli, come è Dio,cielo,amore,mare,terra,e vive,muore, ama ,& altri molti.Di questi adunque de la meridionale Europa , quelli che proferiscono oc tengono la parte occidentale, che comincia da i confini de'Genovesi ; quelli poi che dicono sì, tengono da i predetti confini la parte orientale, cioè fino a quel promontorio d'Italia, dal quale comincia il seno del mare Adriatico e la Sici lia.Ma quelli che affermano con oil,quasi sono settentrionali a rispetto di questi ; perciò che da l'oriente e dal settentrione hanno gli Ale manni , dal ponente sono serrati dal mare in 1 Il testo ha : A b isto incipiens idiomate , videlicet a finibus Ungarorum versus orientem aliud occupa vittotum quodabindevocaturEuropa,necnonul terius est protractum . Totum autem , quod in Europa restat ab istis , tertium tenuit idioma. E deve essere tradotto cosi : A cominciare da questo idioma, cioè dai confini degli Ungari verso oriente , un altro idioma occupò l'intero tratto che da quei confini in là si chiama Europa , e che si protrae anche più oltre. Tutto il tratto poi della rimanente Europa tenne un terzo idioma. 19    glese, e dai monti di Aragona terminati , dal mezzo di poi sono chiusi da'Provenzali,e da la flessione de l'Appennino. CAPITOLO IX. Noi ora è bisogno porre a pericolo 1 la ' Il verbo periclitari del testo latino qui vale mettere alla prova , cimentare.  20 LIBRO PRIMO , ragione, che avemo, volendo ricercare di quelle cose ne le quali da niuna autorità siamo aiutati, cioè volendo dire de la variazione, che intervenne al parlare , che da principio era il medesimo.Ma conciòsiachepercammininoti più tosto e più sicuramente si vada , però so lamente per questo nostro idioma anderemo,e gli altri lascieremo da parte , conciò sia che quello che ne l'uno è ragionevole , pare che eziandio abbia ad esser causa ne gli altri. È adunque loidioma,deloqualetrattiamo(come ho detto di sopra) in tre parti diviso , perciò che alcuni dicono oc , altri si, e altri oil. E che questo dal principio de la confusione fosse uno medesimo (il che primieramente provar si deve) appare, perciò che si convengono in molti vocaboli,come gli eccellenti dottori dimostrano; De le tre varietà del parlare, e come col tempo il medesimo parlare si muta , e de la invenzione de la grammatica. A   la quale convenienzia repugna a la confusione, che fu per il delitto ne la edificazione di Babel. I Dottori adunque di tutte tre queste lingue in molte cose convengono, e massimamente in questo vocabolo,Amor. Gerardo di Berneil , « Surisentis fez les aimes Puer encuser Amor.» Il re di Navara, «De'finamor sivientsenebenté.» M. Guido Guinizelli, « Nè fè amor , prima che gentil core , Nè cor gentil,prima che amor,natura.» Investighiamo adunque , perchè egli in tre parti sia principalmente variato,e perchè cia scuna di queste variazioni in sè stessa si varii, come la destra parte d'Italia ha diverso par lare da quello de la sinistra, cioè altramente parlano i Padovani , e altramente i Pisani : e investighiamo perchè quelli,che abitano più vi cini,siano differenti nel parlare,come è iMila nesi e Veronesi,Romani e Fiorentini;e ancora perchè siano differenti quelli,che si convengono sotto un istesso nome di gente,come Napole tani e Gaetani , Ravegnani e Faentini ; e quel che è più maraviglioso, cerchiamo perchè non si convengono in parlare quelli che in una medesima città dimorano , come sono i Bolo gnesi del borgo di san Felice , e i Bolognesi  DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 21 4   della strada maggiore.Tutte queste differenze adunque,e varietàdi sermone,che avvengono, con una istessa ragione saranno manifeste. Dico adunque , che niuno effetto avanza la sua ca gione, in quanto effetto,perchè niuna cosa può fare ciò che ella non è.Essendo adunque ogni nostra loquela (eccetto quella che fu da Dio insieme con l'uomo creata) a nostro benepla cito racconcia,dopo quella confusione,la quale niente altro fu che una oblivione de la loquela prima, & essendo l'uomo instabilissimo e va riabilissimo animale , la nostra locuzione ne durabile nè continua può essere ; m a come le altre cose che sono nostre (come sono costumi & abiti),simutano;cosìquesta,secondo ledi stanzie de iluoghi e dei tempi,è bisogno di va riarsi.Però non è da dubitare che nel modo che avemo detto,cioè,che con ladistanziadeltempo il parlare non si varii, anzi è fermamente da tenere ; perciò che se noi vogliamo sottilmente investigare le altre opere nostre,le troveremo molto più differenti da gli antiquissimi nostri cittadini, che da gli altri de la nostra età, q u a n tunquecisianomoltolontani1.Ilperchèaudace mente affermo, che se gli antiquissimi Pavesi ora risuscitassero,parlerebbero di diverso parlare di quello, che ora parlano in Pavia ; nè altrimente questo , ch'io dico , ci paja maraviglioso , che  22 LIBRO PRIMO , 1Iqualicisianomolto lontani(magis....quam a coetaneis perlonginquis).   ciparrebbe a vedere un giovane cresciuto,il quale non avessimo veduto crescere.Perciò che le cose , che a poco a poco si movono , il moto loro è da noi poco conosciuto;e quanto la va riazione de la cosa ricerca più tempo ad essere conosciuta, tanto essa cosa è da noi più stabile esistimata.Adunque non ci ammiriamo,se i discorsi di quegli uomini,che sono poco da le bestie differenti, pensano che una istessa città abbia sempre il medesimo parlare usato, conciò sia che la variazione del parlare di essa città non senza lunghissima successione di tempo a poco a poco sia divenuta , e sia la vita de gli uomini di sua natura brevissima. Se adunque il sermone ne la istessa gente (come è detto) successivamente col tempo si varia, nè può per alcun modo firmarse, è necessario che il par lare di coloro, che lontani e separati dimorano, sia variamente variato ; sì come sono ancora variamente variati i costumi & abiti loro , i quali nè da natura,nè da consorzio umano sono firmati, ma a beneplacito, e secondo la conve nienzia de i luoghi nasciuti.Quinci si mossero gl'inventori de l'arte grammatica ; la quale grammatica non è altro che una inalterabile conformità di parlare in diversi tempi e luo ghi.Questa essendo di comun consenso di molte genti regulata , non par suggetta al singulare arbitrio di niuno, e consequentemente non può essere variabile.Questa adunque trovarono,ac ciò che per la variazion del parlare , il quale  DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 23   De la varietà del parlare in Italia da la destra e sinistra parte de l'Appennino. Ra uscendo in tre parti diviso (come di  24 LIBRO PRIMO , per singulare arbitrio si move,non ci fossero o in tutto tolte, o imperfettamente date le a u torità, & i fatti de gli antichi , e di coloro da i quali la diversità dei luoghi ci fa esser divisi. CAPITOLO X. s o p r a è d e t t o ) il n o s t r o p a r l a r e n e l a c o m parazione di se stesso, secondo che egli è tri partito, con tanta timidità lo andiamo ponde rando , che nè questa parte , nè quella , nè quell'altra abbiamo ardimento di preporre, se non in quello sic, che i grammatici si trovano aver preso per avverbio di affirmare: la qual cosa pare, che dia qualche più di autorità a gli Italiani, i quali dicono si.Veramente ciascuna di queste tre parti con largo testimonio si d i fende. La lingua di oil allega per sè, che, per lo suopiùfacileepiùdilettevoleVolgare,tutto quello che è stato tradotto , o vero ritrovato in prosa volgare,è suo;cioè la Bibbia,ifatti de i Trojani e dei Romani,le bellissime favole del re Artù , e molte altre istorie e dottrine 1. ma: 0 · Il Fraticelli avverte , a ragione , che qui bisognava tradurre non: la Bibbia,ifatti de' Trojani... i libri che contengono i fatti de' Trojani .   DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 25 L'altra poi argomenta per sè , cioè la lingua di oc ; e dice che i volgari eloquenti scrissero i primi poemi in essa , sì come in lingua più perfetta e più dolce; come fu Piero di Alver nia & altri molti antiqui dottori.La terza poi, che è de gli Italiani, afferma per dui privilegj esser superiore ; il primo è, che quelli, che più dolcemente e più sottilmente hanno scritti poe mi , sono stati i suoi domestici e famigliari, cioè Cino da Pistoja, e lo amico suo ; il secondo è, che pare, che più s'accostino a la g r a m m a tica,la quale è comune.E questo, a coloro, che vogliono con ragione considerare, par g r a vissimo argomento . M a noi lasciando da parte il giudicio di questo , e rivolgendo il trattato nostro al Volgare Italiano,ci sforzeremo di dire le variazioni ricevute in esso , e quelle fra sè compareremo.Dicemo adunque laItalia essere primamente in due parti divisa,cioè ne la de stra e ne la sinistra ; e se alcuno dimandasse qual è la linea che questa diparte,brievemente rispondoessereilgiogodel'Appennino;ilquale, come un colmo di fistula, di qua e di là a diver se gronde piove,e l'acque di qua e di là per l u n g h i e m b r i c i a d i v e r s i liti d i s t i l l a n o , c o m e L u cano nel secondo descrive ; & il destro lato ha il mar Tirreno per grondatoio, il sinistro v'ha lo Adriatico. Del destro lato poi sono regioni la Puglia,ma non tutta,Roma,ilDucato 1,  + Ducato di Spoleto.   26 LIBRO PRIMO , Toscana,la Marca di Genova.Del sinistro so no parte de la Puglia , la Marca d’Ancona , la Romagna , la Lombardia , la Marca Tri vigiana, con Venezia.Il Friuli veramente,e l'Istria non possono essere se non de la parte sinistra d'Italia ; e le isole del mar Tirreno , cioè Sicilia e Sardigna,non sono se non de la destra , o veramente sono da essere a la destra parte d'Italia accompagnate.In ciascuno adun que di questi dui lati d'Italia, & in quelle parti che si accompagnano ad essi, le lingue de gli uomini sono varie ; cioè la lingua de i S i ciliani co iPugliesi, e quella de i Pugliesi co i Romani,edeiRomani coiSpoletani,edi que sticoiToscani,edeiToscani coiGenovesi,e de i Genovesi co i Sardi. E similmente quella de i Calavresi con gli Anconitani, e di costoro coiRomagnuoli,e deiRomagnuoli co iLom bardi,edeiLombardi coiTrivigianieVene ziani , e di questi co i Friulani , e di essi con gl'Istriani ; ne la qual cosa dico, che nessuno de gl’Italiani dissentirà da noi. Onde la Italia sola appare in X I V Volgari esser variata : cia scuno dei quali ancora in sè stesso si varia: come in Toscana i Senesi e gli Aretini, in L o m bardia i Ferraresi e i Piacentini ; e parimente in una istessa città troviamo essere qualche variazione di parlare,come nel Capitolo di so pra abbiamo detto. Il perchè se vorremo cal culare le prime , le seconde , e le sottoseconde variazioni del Volgare d'Italia,avverrà che in    CAPITOLO XI. Si dimostra , che alcuni in Italia hanno brutto & inornato parlare. Ssendo ilVolgareItalianopermoltevarietà dissonante , investighiamo la più bella & illustre loquela d'Italia ; & acciò che a la n o stra investigazione possiamo avere un picciolo calle, gettiamo prima fuori de la selva gli a r boriattraversati,elespine.Sicome adunque i Romani si stimano di dover essere a tutti preposti , così in questa eradicazione , o vero estirpazione , non immeritamente a gli altri li preporremo ; protestando essi in niuna ragione de la Volgare Eloquenza esser da toccare. Di cemo adunque il Volgare de'Romani ,o per dir meglio il suo tristo parlare, essere il più brutto di tutti i Volgari Italiani; e non è maraviglia, sendo ne i costumi e ne le deformità de gli abiti loro sopra tutti puzzolenti. Essi dicono : M e sure, quinte dici 1. Dopo questi caviamo quelli de la Marca d’Ancona, i quali dicono Chigna mente sciate siate 2; con i quali mandiamo via E  DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 27 questo minimo cantone del mondo si verrà,non solamente a mille variazioni di loquela , m a ancora a molte più. I Sorella mia , che cosa dici ? 2 Qualmente siate state.   28 LIBRO PRIMO, i Spoletani. E non è da preterire, che in vitu perio di queste tre genti sono state molte can zoni composte , tra le quali ne vidi una drit tamente e perfettamente legata, la quale un certo fiorentino, nominato ilCastra,avea com posto ; e cominciava , « Una ferina va scopai da Cascoli Cita cita sen gia grande aina '. » Dopo questi i Milanesi, & i Bergamaschi,& i loro vicini gettiam via ; in vituperio de i quali mi ricordo alcuno aver cantato, Ciò fu del mes d'ochiover. » Dopo questi crivelliamo gli Aquilejensi, e gli I striani, i quali con crudeli accenti dicono Ces fastù ; e con questi mandiam via tutte lem o n tanine e villanesche loquele, le quali di brut tezza di accenti sono sempre dissonanti da i cittadini, che stanno in mezzo le città, come i Casentinesi , & i Pratesi. I Sardi ancora , i quali non sono d'Italia,ma a la Italiaaccom pagnati , gettiam via : perchè questi soli ci p a jono essere senza proprio Volgare , & imitano la grammatica,come fanno le simie gli uomini ; perchè dicono, Domus nova,e Dominus meus. Una ferina vosco poi da Cascoli  « In te l'ora del vespero, · Il Fontanini propone di leggere : Zita zita sen gia a grande aina. Zita vale gita ; e aina val fretta.   D CAPITOLO XII. « Ancor che l'aigua per lo foco lassi. » «Amor,chelongamentem'haimenato.» Ma questa fama de la terra di Sicilia, se dirit tamente risguardiamo , appare , che solamente per opprobrio de'principi Italiani sia rimasa ; iquali non con modo eroico,ma con plebeo seguono la superbia. M a quelli illustri eroi Federico Cesare & il ben nato suo figliuolo Manfredi , dimostrando la nobiltà e drittezza de la sua forma,mentre che la fortuna gli fu fa vorevole,seguirono le cose umane,e le bestiali sdegnarono.Ilperchè coloro,cheeranodialto  DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 29 De lo Idioma Siciliano e Pugliese. Ei crivellati (per modo di dire) Volgari d'Italia, facendo comparazione tra quelli che nel crivello sono rimasi, brievemente sce gliamo il più onorevole di essi. E primiera mente esaminiamo lo ingegno circa il Siciliano, perciò che pare che il Volgare Siciliano abbia assunto la fama sopra gli altri; conciò sia che tutti i poemi , che fanno gl'Italiani , si chia mino Siciliani,e conciò sia che troviamo molti dottori di costà aver gravemente cantato,come in quelle canzoni , Et,   Se questo poi non vogliamo pigliare, ma quello che esce de la bocca de i principali Si ciliani, come ne le preallegate canzoni si può vedere, non è in nulla differente da quello,che è laudabilissimo , come di sotto dimostreremo. |Traduzione letteraledialtripices,chesignifica in gannatori.  30 LIBRO PRIMO , cuore e di grazie dotati,si sforzavano di ade rirsi alla maestà di sì gran principi; talchè in quel tempo tutto quello , che gli eccellenti Italiani componevano , ne la Corte di sì gran re primamente usciva. E perchè il loro seggio regale era in Sicilia, è avvenuto,che tutto quello che i nostri precessori composero in Volgare , si chiama Siciliano ; il che ritenemo ancora noi ; & i posteri nostri non lo potranno mutare.Racha,Racha.Che suona ora la tromba de l'ultimo Federico ?che ilsonaglio del secondo Carlo? che i corni di Giovanni e di Azzo m a r chesi potenti?cheletibiedeglialtrimagnati? se non , Venite , carnefici ; Venite , altripici 1; Venite, settatori di avarizia.M a meglio è tor nare al proposito , che parlare indarno. Or dicemo,che se vogliamo pigliare ilVolgar Si ciliano,cioè quello che vien da imediocri pae sani, da la bocca de i quali è da cavare il giu dizio , appare , che il non sia degno di essere preposto a gli altri;perciò che 'l non si profe risce senza qualche tempo, come è in « Traggemi d'este focora se t'este a bolontate. »   DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 31 I Pugliesi poi , o vero per la acerbità loro , o vero per la propinquità dei suoi vicini, che sono Romaneschi e Marchigiani , fanno brutti barbarismi.E'dicono, « Per fino amore vo'si lietamente. » Il perchè a quelli, che noteranno ciò che si è detto di sopra, dee essere manifesto, che nè il Siciliano, nè il Pugliese è quel Volgare che in Italia è bellissimo; conciò sia che abbiamo m o strato , che gli eloquenti nativi di quel paese sieno da esso partiti. CAPITOLO XIII. De lo Idioma de i Toscani e dei Genovesi. per la loro pazzia insensati, pare che a r rogantemente s'attribuiscano il titolo del V o l gare Illustre; & in questo non solamente la  « Volzera che chiangesse lo quatraro. » Ma quantunque comunemente ipaesani pugliesi parlino bruttamente, alcuni però eccellenti tra loro hanno politamente parlato , e posto ne le loro canzoni vocaboli molto cortigiani, come manifestamente appare a chi iloro scritti con sidera,come è, « Madonna , dir vi voglio. » E, ,   opinione dei plebei impazzisce , m a ritruovo molti uomini famosi averla avuta: come fu Guittone d’Arezzo, il quale non si diede mai al Volgare Cortigiano;Bonagiunta da Lucca,Gallo pisano,Mino Mocato senese,eBrunetto fioren tino, i detti dei quali, se si avrà tempo di esaminarli,noncortigiani,ma proprjdeleloro cittadi essere si ritroveranno. Ma conciò sia che i Toscani siano più de gli altri in questa ebrietà furibondi, ci pare cosa utile e degna torre in qualche cosa la pompa a ciascuno de i Volgari delle città di Toscana.I Fiorentini par. lano, e dicono, « Non facciamo altro. » I Pisani , « Bene andonno li fanti de Fioranza per Pisa.» I Lucchesi , « Fo voto a Dio,che ingassara eie lo comuno de Luca.» I Senesi , « Vo'tu venire ovelle?» Di Perugia , Orbieto , Viterbo e Città Castel lana, per la vicinità che hanno con Romani e Spoletani,non intendo dir nulla.Ma come che quasi tutti i Toscani siano nel loro brutto p a r  32 LIBRO PRIMO, « Onche rinegata avessi io Siena.» Gli Aretini , « Manuchiamo introcque.»   DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 33 lare ottusi,non di meno ho veduto alcuni aver conosciutolaeccellenziadelVolgare,cioèGuido, Lapo & un altro, fiorentini, e Cino Pistojese, il quale al presente indegnamente posponemo , non indegnamente costretti.Adunque se esami neremo le loquele toscane , e considereremo , come gli uomini molto onorati si siano da esse loro proprie partiti , non resta in dubbio che il Volgare , che noi cerchiamo , sia altro che quello che hanno ipopoli di Toscana. Se alcu no poi pensasse che quello, che noi affermiamo de iToscani,non sia da affirmare de iGenovesi, questo solo costui consideri, che se i Genovesi per dimenticanza perdessero il z lettera, biso gnerebbe loro , o ver essere totalmente muti , o ver trovare una nuova locuzione ; perciò che il z è la maggior parte del loro parlare ; la qual lettera non si può se non con molta aspe rità proferire. CAPITOLO XIV. nino , & investighiamo tutta la sinistra parte d'Italia, cominciando, come far solemo, a levante. Intrando adunque ne la Romagna , dicemo che in Italia abbiamo ritrovati dui Vol gari, l'uno a l'altro con certi convenevoli con  De loIdioma di Romagna, edialcuni Transpadani,especialmentedelVeneto. P Assiamo ora le frondute spalle de l'Appen   34 LIBRO PRIMO, trarj opposto !, de li quali uno tanto femenile ci pare per la mollizia dei vocaboli e de la p r o nuncia, che un uomo (ancora che virilmente parli) è tenuto femina. Questo Volgare hanno tutti iRomagnuoli, e specialmente i Forlivesi, la città de i quali , avegna che novissima sia, non di meno pare esser posta nel mezzo di tutta la provincia. Questi affermando dicono Deusci, e facendo carezze sogliono dire oclo meo,e co rada mea.Bene abbiamo inteso,che alcuni di costoro ne i poemi loro si sono partiti dal suo proprio parlare,cioèTomaso & Ugolino Buc ciola faentini.L'altro de idue parlari,che ave mo detto, è talmente di vocaboli & accenti ir suto & ispido, che per la sua rozza asperità non solamente disconza una donna che parli, ma ancora fa dubitare, s'ella è uomo. Questo tale hanno tutti quelli che dicono magara , cioè Bressani, Veronesi , Vicentini , & anco i P a doani, i quali in tutti i participj in tus,e de nominativi in tas, fanno brutta sincope, come è merco , e bonté. Con questi ponemo eziandio i Trivigiani , i quali al modo de i Bressani, e de i suoi vicini proferiscono lo v consonante per f, removendo l'ultima sillaba, come è nof p e r n o v e , v i f p e r v i v o ; il c h e v e r a m e n t e è b a r barissimo , e riproviamlo . I Veneziani ancora non saranno degni de l'onore de l'investigato Il testo latino ha : duo .... vulgaria , quibusdam convenientiis contrariis alternata.    tra i quali abbiamo veduto uno , che si è sfor zato partire dal suo materno parlare, e ridursi al Volgare Cortigiano , e questo fu Brandino padoano.Laonde tutti quelli del presente Ca pitolo comparendo alla sentenzia,determiniamo, che nè ilRomagnuolo nè ilsuo contrario,come si è detto , nè il Veneziano sia quello Illustre Volgare che cerchiamo. CAPITOLO XV. Fa gran discussione del Parlare Bolognese. quello che della italica selva ci resta.D i cemo adunque,che forse non hanno avuta mala opinione coloro, che affermano che i Bolognesi con molto bella loquela ragionano ; conciò sia che da gli Imolesi,Ferraresi eModenesi qualche cosa al loro proprio parlare aggiungano ; chè tutti, sì come avemo mostrato, pigliano dai loro vicini, come Sordello dimostra de la sua Mantova , che con Cremona , Bressa e Verona confina. Il qual uomo fu tanto in eloquenzia , che non solamente ne i poemi , m a in ciascun modo che parlasse, il Volgare de la sua patria abbandond.Pigliano ancora iprefati cittadini  O DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 35 Volgare ; e se alcun di loro, spinto da errore, in questo vaneggiasse , ricordisi se mai disse , « Per le plage de Dio tu non verás » ; Ra ci sforzeremo, per espedirci,a cercare   la leggerezza e la mollizia da gl'Imolesi, e da i Ferraresi e Modenesi una certa loquacità, la qual è propria de i Lombardi . Questa , per la mescolanza de i Longobardi forestieri, crediamo essere rimasa ne gli uomini di quei paesi ; e questa è la ragione, per la quale non ritro viamo che niuno , nè Ferrarese, nè Modenese , nè Reggiano,sia stato poeta;perciò che assue fatti a la propria loquacità , non possono per alcun modo,senza qualche acerbità,alVolgare Cortigiano venire. Il che molto maggiormente de i Parmigiani è da pensare ; i quali dicono inonto per molto. Se adunque i Bolognesi da l'una e da l'altra parte pigliano, come è detto, ragionevole cosa ci pare che il loro parlare , per la mescolanza de gli oppositi , rimanya di laudabile suavità temperato : il che per giudi zio nostro senza dubbio esser crediamo.Vero è che se quelli, che prepongono il Volgare S e r mone de iBolognesi,nel compararli essi hanno considerazione solamente a i Volgari de le città d'Italia, volentieri ci concordiamo con loro. M a se stimano simplicemente il Volgare Bolognese essere da preferire, siamo da essi differenti e discordi ; perciò che egli non è quello che noi chiamiamoCortigiano& Illustre;ches'elfosse quello,ilmassimo Guido Guinizelli,Guido Ghis liero,Fabrizio,& Onesto,& altripoetinon sariano mai partiti da esso ; perciò che furono dottori illustri , e di piena intelligenzia ne le cose volgari.  36 LIBRO PRIMO ,   « Più non attendo il tuo soccorso, Amore. » Le quali parole sono in tutto diverse da le pro prie bolognesi. Ora perchè noi non crediamo che alcuno dubiti di quelle città che sono poste ne le estremità d'Italia;e se alcuno pur dubita, non lo stimiamo degno de la nostra soluzione; però poco ci resta ne la discussione da dire. Laonde disiando di deporre il crivello , accid che tosto veggiamo quello che in esso è rimaso, dico che Trento, e Turino,& Alessandria sono città tanto propinque a i termini d'Italia, che non ponno avere pura loquela ; tal che se così come hanno bruttissimo Volgare,così l'avessono bellissimo, ancora negherei esso essere vera mente Italiano , per la mescolanza che ha de gli altri.E però se cerchiamo ilParlare Italiano Illustre, quello che cerchiamo non si può in esse città ritrovare.  Il massimo Guido , Fabrizio , DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 37 «Madonna,ilfermocore.» « Lo mio lontano gire. » Onesto , 5   CAPITOLO XVI. e pascoli d'Italia, e non avemo quella pantera , che cerchiamo , trovato ; per potere essa meglio trovare , con più ragione investi ghiamola ; acciò che quella , che in ogni loco si sente, & in ogni parte appare ?, con sollecito studio ne le nostre reti totalmente inviluppia mo.Ripigliando adunque inostri istrumenti da cacciaredicemo,cheinognigenerazionedicoseè di bisogno che una ve ne sia,con la quale tutte le cose di quel medesimo genere si abbiano a comparare e ponderare, e quindi la misura di tutte le altre pigliare.Come nel numero tutte le cose si hanno a misurare con la unità;e di consi più e meno , secondo che da essa unità sono più lontane , o più ad essa propinque : e cosi ne i colori tutti si hanno a misurare col bianco ; e diconsi più e meno visibili, secondo che a lui più vicini, e da lui più distanti si sono.E sicome diquestichemostrano quan tità e qualità diciamo, parimente di ciascuno I L'edizione del Corbinelli ha : redolentem ubique , etnec apparentem.Ilprof.Witte proponedileggere: nec usquam apparentem .  38 LIBRO PRIMO , De lo eccellente Parlar Volgare, il quale è comune a tutti gli Italiani. A poi che avemo cercato per tutti i salti D   de i predicamenti e de la sustancia pensiamo potersi dire; cioè che ogni cosa si può misu rare in quel genere con quella cosa , che è in esso genere simplicissima. Laonde ne le nostre azioni, in quantunque specie sidividano,sibi sogna ritrovare questo segno,col quale esse si abbiano a misurare ; perciò che in quello che facciamo come simplicemente uomini , avemo la virtù,la quale generalmente intendemo ?; perciò che secondo essa giudichiamo l'uomo buono e cattivo;in quello poi che facciamo, come uomini cittadini,avemo la legge,secondo la quale si dice buono e cattivo cittadino;così in quello , che come uomini italiani facciamo , avemo le cose simplicissime. Adunque se le azioni italiane si hanno a misurare e ponde rare con i costumi , e con gli abiti, e col p a r lare,quelle de leazioni italiane sono simplicissi me,che non sono proprie di niuna città d'Italia, ma sono comuni in tutte 2; tra le quali ora si 2Iltestolatinoha:inquantum uthominesLatini agimus,quædam habemus simplicissima signa,idest morum,et habituum,etlocutionis,quibus Latino actiones ponderantur et mensurantur. Quce quidem nobilissimasuntearum,quæ Latinorum sunt,actio num,hæc nulliuscivitatisItaliæ propria sunt,sed in omnibus communia sunt: inter que nunc potest di scerni Vulgare.... Il Fraticelli raddrizzò la traduzione del Trissino a questo modo : in quello che, come uomini  DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 39 1 Il testo latino ha : virtutem habemus , ut genera literillas(actiones)intelligamus.Edevetradursi:ab biamo per intenderle (leazioni)generalmente,lavirtù.   può discernere il Volgare,che di sopra cerca vamo, essere quello,che in ciascuna città ap pare, e che in niuna riposa 1. Può ben più in una,che in un'altra apparere,come fa la sim plicissima de le sustanzie, che è Dio , il quale più appare ne l'uomo che ne le bestie , e che ne le piante, e più in queste che ne le miniere, & in esse più che ne gli elementi,e più nel foco, che ne laterra.E lasimplicissima quantità,che è uno,più appare nel numero dispari che nel italiani facciamo , abbiamo certi segni semplicissimi , cioè de'costumi, degli abiti e del parlare, coi quali le azioniitalianesihannoamisurareeponderare.Adun que quelle delle azioni italiane sono nobilissime , che non sono proprie di niuna città d'Italia, ma sono co muni in tutte: tra le quali ora si può discernere il Volgare .... Il Trissino , in luogo di nobilissime, ha semplicissime;eforselasua lezioneèlavera.Levoci nobilissima,hæc,propria,communiaedinterquo non possono riferirsi ad actiones, ma a signa: cosicchè si dovrebbe tradurre segni nobilissimi. M a il dir segni n o bilissimi è, certo, poco conforme al concetto generale del Capitolo , nel quale l'autore non parla che di semplicis simi segni : e quindi la traduzione più propria parrebbe dovesse essere la seguente : ora , quelli , che sono segni semplicissimi delle azioni degli Italiani , quelli non sonpropri di nessuna città,ma comuni a tutte:trai quali....;epiùbrevemente:iqualisegnidelleazioni degli Italiani non son propri di nessuna città....  40 LIBRO PRIMO , 4 Vulgare .... quod in qualibet civitate apparet, nec cubat in ulla.IlManzoni,citando questo passo nella lettera al Bonghi,da noi ristampata, traduce più esatta mente : il Volgare, che in ogni città dà sentore di sè, e non si annida in nessuna.   pari; & il simplicissimo colore,che è ilbianco, più appare nel citrino che nel verde. Adunque ritrovato quello che cercavamo , dicemo , che il Volgare Illustre, Cardinale, Aulico e Corti giano in Italia è quello, il quale è di tutte le città italiane, e non pare che sia di niuna, col quale il Volgare di tutte le città d'Italia si hanno a misurare, ponderare e comparare. CAPITOLO XVII. Perchè questo Parlare si chiami Illustre. Erchè adunque a questo ritrovato Parlare aggiungendo Illustre,Cardinale, Aulico e Cortigiano, cosi lo chiamiamo, al presente di remo ; per il che più chiaramente faremo parere quello, che esso è. Primamente adunque d i m o striamo quello che intendiamo di fare, quando vi aggiungiamo Illustre , e perchè Illustre il dimandiamo.Per questonoiildicemo Illustre, che illuminante & illuminato risplende. Et a questo modo nominiamo gli uomini illustri, o vero perchè illuminati di potenzia sogliono con giustizia e carità gli altri illuminare, o vero perchè eccellentemente ammaestrati , eccellen temente ammaestrano, come fe'Seneca e Numa Pompilio ; & il Volgare di cui parliamo , il quale innalzato di magisterio e di potenzia, innalza i suoi di onore e di gloria. E ch'el sia da magisterio innalzato, si vede , essendo egli  DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 41 P   42 LIBRO PRIMO , CAPITOLO XVIII. O n senza ragione esso Volgare Illustre o r niamodisecondagiunta,cioècheCardinale il chiamiamo, perciò che si come tutto l'uscio seguita il cardine , talchè dove il cardine si volta, ancor esso (o entro, o fuori che 'l si pie  Perchè questo Parlare si chiami Cardinale , di tanti rozzi vocaboli italiani, di tante per plesseconstruzioni,ditante difettivepronunzie, di tanti contadineschi accenti , cosi egregio , così districato, così perfetto e così civile ri dotto, come Cino da Pistoja e l'amico suo ne le loro canzoni dimostrano. Che 'l sia poi esaltato di potenzia, appare : e qual cosa è di maggior potenzia che quella, che può i cuori de gli u o mini voltare, in modo che faccia colui che non vole,volere;e colui che vole,non volere, come ha fatto questo, e fa? Che egli poscia innalzi di onore chi lo possiede , è in pronto : non sogliono i domestici suoi vincere di fama ire,imarchesi,iconti,etuttiglialtrigrandi? certo questo non ha bisogno di pruova.Quanto egli faccia poi i suoi famigliari gloriosi , noi stessi l'abbiamo conosciuto, i quali per la dol cezza di questa gloria ponemo dopo le spalle il nostro esilio. Adunque meritamente dovemo esso chiamare Illustre. NA Aulico, e Cortigiano.   DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 43 Il testo latino ha : Est etiam merito curiale dicen dum , quia curialitas nil aliud est, etc. Il Fraticelli os serva in questo proposito quanto segue : « La Curia è il foro,illuogoovesitrattanogliaffaripubblici;ma es  ghi)si volge; cosi tutta la moltitudine de i V o l gari de le città si volge e rivolge, si move e cessa,secondo che fa questo.Il quale veramente appare esser padre di famiglia; non cava egli ogni giorno gli spinosi arboscelli della italica selva? non pianta egli ogni giorno semente o inserisce piante ? che fanno altro gli agricoli di lei se non che lievano, e pongono, come si è detto ? Il perchè merita certamente essere di tanto vocabolo ornato.Perchè poi ilnominiamo Aulico, questa è la cagione : perciò che se noi Italiani avessimo Aula,questi sarebbe palatino. Se la Aula poi è comune casa di tutto il regno, e sacra gubernatrice di tutte le parti di esso; convenevole cosa è che ciò che si truova esser tale,che sia comune a tutti,e proprio di niuno; in essa conversi & abiti; nè alcuna altra abi tazione è degna di tanto abitatore.Questo ve ramente ci pare esser quel Volgare, del quale noi parliamo ; e quinci avviene, che quelli che conversano in tutte le Corti regali , parlano sempre con Volgare Illustre. E quinci ancora è intervenuto che il nostro Volgare , come fore stiero va peregrinando , & albergando ne gli umili asili, non avendo noi Aula.Meritamente ancora sidee chiamare Cortigiano,perciò che la cortigiania ^ niente altro è,che una pesatura de   le cose che si hanno a fare; e conciò sia che la statera di questa pesatura solamente ne le ec cellentissime Corti esser soglia, quinci avviene, che tutto quello, che ne le azioni nostre è ben pesato , si chiama cortigiano. Laonde essendo questo ne la eccellentissima Corte d'Italia p e sato,merita esser detto Cortigiano.Ma a dire che 'l sia ne la eccellentissima Corte d'Italia pesato , pare fabuloso , essendo noi privi di Corte ; a la qual cosa facilmente si risponde. Perciò che avegna che la Corte (secondo che ụnica si piglia, come quella del re di Alema gna) in Italia non sia,le membra sue però non cimancano;ecome lemembra diquelladaun principe si uniscono,cosi le membra di questa dal grazioso lume de la ragione sono unite; e però sarebbe falso a dire, noi Italiani mancar di Corte quantunque manchiamo di principe ; perciò che avemo Corte, avegna che la sia cor poralmente dispersa, sendo dal Trissino tradotto la Corte , viene a prodursi confusione,perchè Corte è sinonimo di Aula o Reggia, Per l'esattezza del significato converrà rendere la voce curialitas per curialità : e cosi in appresso per cui curiale le voci curia e curialis.  44 LIBRO PRIMO , e   Che i Volgari Italici in uno si riducono , Uesto Volgare adunque,che essere Illustre, Q Cardinale,Aulico e Cortigiano avemo dimo strato,dicemo esser quello,che si chiama Vol gare Italiano; perciò che sì come si può tro vare un Volgare che è proprio di Cremona , così se ne può trovar uno che è proprio di Lombardia, & un altro che è proprio di tutta la sinistra parte d'Italia; e come tutti questi si ponno trovare, così parimente si può trovare quello, che è di tutta Italia. E sì come quello si chiama cremonese e quell'altro lombardo,e quell'altro di mezza Italia, così questo che è di tutta Italia si chiama Volgare Italiano.Que sto veramente hanno usato gl’illustri dottori che in Italia hanno fatto poemi in Lingua Vol gare ; cioè i Siciliani , i Pugliesi , i Toscani , i Romagnuoli,iLombardi,e quelli delaMarca Trevigiana e de la Marca d’Ancona. E conciò sia che la nostra intenzione (come avemo nel principio dell'opera promesso) sia d'insegnare la dottrina de la Eloquenzia Volgare ; però da esso Volgare Italiano,come da eccellentissimo, cominciando, tratteremo nei seguenti libri, chi  DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 45 CAPITOLO XIX . e quello si chiama Italiano.   46 LIBRO PRIMO,DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. siano quelli, che pensiamo degni di usare esso, e perchè, e a che modo, e dove, e quando, & a chi sia esso da dirizzare. Le quali cose chia rite che siano, avremo cura di chiarire i Vol gari inferiori, di parte in parte scendendo sino a quello che è d'una famiglia sola.    LIBRO SECONDO. CAPITOLO I. e quali no. del nostro ingegno,e ritornando al calamo de la utile opera,sopra ogni cosa confessiamo, che 'l sta bene ad usarsi il Volgare Italiano Illustre così ne la prosa , come nel verso. M a perciò che quelli che scrivono in prosa,pigliano esso Volgare Illustre specialmente da i trovatori ; e però quello che è stato trovato 2, rimane un fermo esempio a le prose,ma non al contrario; per ciò che alcune cose pajono dare principalità 1 Il Corbinelli e, dietro lui, tutti gli altri hanno poli citantes,che non ha senso ol'hamoltooscuro;ma forse si deve leggere sollicitantes.  Quali sono quelli che denno usare il Volgare Illustre, P. Romettendo 1 un'altra volta la diligenzia 2 La voce inventum qui significa poetato.   al verso ; adunque secondo che esso è metrico, versifichiamolo 1, trattandolo con quell'ordine , che nel fine del primo Libro avemo promesso. Cerchiamo adunque primamente,se tutti quelli che fanno versi volgari, lo denno usare, o no. Vero è, che cosi superficialmente appare di sì; perciò che ciascuno che fa versi,dee ornare i suoi versi in quanto 'l può. Laonde non sendo niuno di sì grande ornamento, com'è il Volgare Illustre, pare che ciascun versificatore lo debbia usare. Oltre di questo , se quello , che in suo genere è ottimo, si mescola con lo inferiore, pare che non solamente non gli tolga nulla, ma che lo faccia migliore.E però se alcun versificatore, ancora che faccia rozza mente versi,lo mescolerà con la sua rozzezza, non solamente a lei farà bene, ma appare che così le sia bisogno di fare; perciò che molto è più bisogno di ajuto a quelli che ponno poco, che a quelli che ponno assai;e così appare che a tutti i versificatori sia licito di usarlo. M a questo è falsissimo; perciò che ancora gli eccellentissimi poeti non se ne denno sempre vestire,come per le cose di sotto trattate si po trà comprendere.Adunque questo Illustre Vol gare ricerca uomini simili a sé,sì come ancora fanno gli altri nostri costumi & abiti : la m a gnificenzia grande ricerca uomini potenti , la · Il testo latino ha ipsum carminemus, che non vale versifichiamolo, ma pettiniamolo, rimondiamolo.  48 LIBRO SECONDO , es   DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 49 porpora uomini nobili; così ancor questo vuole uomini di ingegno e di scienze eccellenti ; e gli altri dispregia, come per le cose, che poi si diranno, sarà manifesto.Tutto quello adunque, che a noi si conviene , o per il genere , o per la sua specie, o per lo individuo ci si convie ne ; come è sentire , ridere , armeggiare ; m a questo a noi non si conviene per il genere ; perchè sarebbe convenevole anco a le bestie ; ne per la specie; perchè a tutti gli uomini saria convenevole : di che non c'è alcun dubbio ; chè niun dice,che'lsiconvenga aimontanari.Ma gli ottimi concetti non possono essere, se non dove è scienzia,& ingegno; adunque la ottima loquela non si conviene a chi tratti di cose grossolane ; conviene sì per l'individuo ; m a nulla a l'individuo conviene se non per le pro prie dignità; come è mercantare , armeggiare, reggere.E però,selecoseconvenienti risguar dano le dignità, cioè i degni ; & alcuni possono essere degni, altri più degni, & altri degnissi mi ;è manifesto,che le cose buone a i degni,le migliori a i più degni, le ottime a i degnissimi si convengono. E conciò sia che la loquela non altrimenti sia necessario istromento a i nostri concetti, di quello che si sia il cavallo al sol dato ; e convenendosi gli ottimi cavalli a gli ottimi soldati, a gli ottimi concetti (come è detto) la ottima loquela si converrà. M a gli ottimi concetti non ponno essere,se non dove è scien zia,& ingegno;adunque laottimaloquelanon    si convien se non a quelli, che hanno scienzia, & ingegno ; e così non à tutti i versificatori si convien ottima loquela , e consequentemente nè l'ottimo Volgare ; conciò sia che molti senza scienzia,e senza ingegno facciano versi.E però, se a tutti non conviene , tutti non denno usa re esso ; perciò che niuno dee far quello , che non si gli conviene.E dove dice,che ogni uno dee ornare i suoi versi quanto può,affermiamo esser vero ; m a nè il bove efippito !, nè il porco balteato chiameremo ornato,anzi fatto brutto, e di loro ci rideremo ; perciò che l'ornamento non è altro, che uno aggiungere qualche con venevole cosa a la cosa che si orna. A quello ove si dice, che la cosa superiore con la infe riore mescolata adduce perfezione, dico esser vero,quando laseparazionenonrimane;come è , se l'oro fonderemo insieme con l'argento ; ma se la separazione rimane,la cosa inferiore si fa più vile; come è mescolare belle donne con brutte. Laonde conciò sia che la senten zia de i versificatori sempre rimanga separata mente mescolata con le parole, se la non sarà ottima, ad ottimo Volgare accompagnata, non migliore,ma peggiore apparerà,a guisa di una brutta donna, che sia di seta o d'oro vestita. Ephipiatum vale insellato , e balteatum vale cin turato .  50 LIBRO SECONDO ,   CAPITOLO II. In qual materia stia bene usare Apoichè avemo dimostrato, che non tutti  DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 51 il Volgare Illustre. D tissimi denno usare il Volgare Illustre, conse i versificatori, m a solamente gli eccellen quente cosa è dimostrare poi, se tutte le m a terie sono da essere trattate in esso , o no ; e se non sono tutte , veder separatamente quali sono degne di esso. Circa la qual cosa prima è da trovare quello che noi intendiamo,quando dicemo degna essere quella cosa, che ha di gnità, si come è nobile quello che ha nobiltà; e così conosciuto lo abituante , si conosce lo abituato , in quanto abituato di questo ; però conosciuta la dignità, conosceremo ancora il degno. È adunque la dignità un effetto, o vero termino de i meriti;perciò che quando uno ha meritato bene , dicemo essere pervenuto a la dignità del bene ; e quando ha meritato male , a quella del male ; cioè quello che ha ben c o m battuto, è pervenuto a la dignità de la vittoria, e quello che ha ben governato , a quella del regno ; e così il bugiardo a la dignità de la vergogna , & il ladrone a quella de la morte. M a conciò sia che in quelli, che meritano bene, si facciano comparazioni , e cosi ne gli altri, perchè alcuni meritano bene,altri meglio,altri   ottimamente , & alcuni meritano male , altri peggio,altripessimamente;e conciò ancora sia, che tali comparazioni non si facciano , se non avendo rispetto al termine de imeriti, il qual termine (come è detto) si dimanda dignità, manifesta cosa è,che parimente le dignità hanno comparazionetrasè,secondoilpiù& ilmeno; cioè che alcune sono grandi , altre maggiori , altre grandissime ; e consequentemente alcuna cosa è degna , altra più degna , altra degnis sima ; e conciò sia che la comparazione de le dignità non si faccia circa il medesimo objetto, ma circa diversi, perchè dicemo più degno quello che è degno di una cosa più grande, e degnissimo quello che è degno d'una altra cosa grandissima ; perciò che niuno può essere di una stessa cosa più degno ; manifesto è che le cose ottime (secondo che porta il dovere) sono de le ottime degne.Laonde essendo questo Vol gare (che dicemo Illustre) ottimo sopra tutti gli altri volgari,consequente cosa è,che solamente le ottime materie siano degne di essere trat tateinesso;ma qualisisianopoiquellema terie,che chiamiamo degnissime,è buono al presente investigarle.Per chiarezza de le quali cose è da sapere, che si come ne l'uomo sono tre anime , cioè la vegetabile , la animale e la razionale, cosi esso per tre sentieri cammina ; perciò che secondo che ha l'anima vegetabile, cerca,quello che è utile, in che partecipa con le piante ; secondo che ha l'animale , cerca  52 LIBRO SECONDO ,   quello, che è dilettevole, in che partecipa con le bestie; e secondo che ha la razionale , cer ca l'onesto, in che è solo, o vero a la natura angelica s'accompagna ; tal che tutto quel che facciamo, par che si faccia per queste tre cose. E perchè in ciascuna di esse tre sono alcune cose , che sono più grandi , & altre grandissi me ;per la qual ragione quelle cose, che sono grandissime, sono da essere grandissimamente trattate , e consequentemente col grandissimo Volgare;ma è da disputare quali si siano que ste cose grandissime. E primamente in quello, che è utile; nel quale, se accortamente consi deriamo la intenzione di tutti quelli, che cer cano la utilità, niuna altra troveremo , che la salute. Secondariamente in quello, che è dilet tevole; nel quale dicemo quello essere massi mamente dilettevole, che per il preciosissimo objetto de l'appetito diletta; e questi sono i piaceridiVenere.Nel terzo,cheèl'onesto, niun dubita essere la virtù. Il perchè appare queste tre cose,cioè la salute,ipiaceridi Ve nere, e la virtù essere quelle tre grandissime materie , che si denno grandissimamente trat tare, cioè quelle cose, che a queste grandissime sono ; come è la gagliardezza de l'armi , l'ar denzia de l'amore, e la regola de la volontà. Circa le quali tre cose sole (se ben risguar diamo) troveremo gli uomini illustri aver vol garmente cantato ; cioè Beltramo di Bornio le armi ; Arnaldo Danielo lo amore ; Gerardo de  DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 53 6   Bornello la rettitudine ; Cino da Pistoia lo a m o re; lo amico suo la rettitudine. Beltramo adunque dice, « Non puesc mudar q'un chantar non esparja. » Arnaldo , « Laura amara fa 'ls broils blancutz clarzir. » Gerardo , N o n trovo poi , che niun Italiano abbia fin qui cantato de l'armi. Vedute adunque queste cose (che avemo detto), sarà manifesto quello , che sia nel Volgare Altissimo da cantare. CAPITOLO III. In qual modo di rime si debba usare R a ci sforzeremo sollicitamente d'investi 0 gareilmodo,colqualedebbiamo stringere quelle materie , che sono degne di tanto V o l gare.Volendo adunque dare ilmodo, col quale  54 LIBRO SECONDO , « Per solatz revelhar Que s'es trop endormitz.» « Degno son io,che mora.» « Doglia mi reca nelo cuore ardire. » il Volgare Altissimo. Cino , Lo amico suo,   DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 55 queste degne materie si debbiano legare ; primo dicemo doversi a la memoria ridurre,che quelli, che hanno scritto Poemi volgari,hanno essi per molti modi mandati fuori ; cioè alcuni per C a n zoni, altri per Ballate , altri per Sonetti, altri per alcuni altri illegittimi & irregolari modi , Come di sotto simostrerà.Di questi modi adun que il modo de le Canzoni essere eccellentissi m o giudichiamo ; là onde se lo eccellentissimo è delo eccellentissimo degno, come di sopra è provato,le materie che sono degne de lo eccel lentissimo Volgare, sono parimente degne de lo eccellentissimo modo,e consequentemente sono da trattare ne le Canzoni;e che 'l modo de le Canzoni poi sia tale, come si è detto , si può per molte ragioni investigare.E prima,essendo Canzone tutto quello che si scrive in versi, & essendo a le Canzoni sole tal vocabolo attri buito, certo non senza antiqua prerogativa è processo. Appresso , quello che per sè stesso adempie tutto quello per che egli è fatto, pare esser più nobile, che quello che ha bisogno di cose che sieno fuori di sè ; m a le Canzoni fanno per sè stesse tutto quello che denno ; il che le Ballate non fanno,perciò che hanno bisogno di sonatori,aliqualisonofatte;adunque séguita, che le Canzoni siano da essere stimate più n o bili de le Ballate, e consequentemente il modo loro essere sopra gli altri nobilissimo , conciò sia che niun dubiti, che il modo de le Ballate non sia più nobile di quello de i Sonetti. A p    56 LIBRO SECONDO, presso pare , che quelle cose siano più nobili, che arrecano più onore a quelli che le hanno fatte; e le Canzoni arrecano più onore a quelli che le hanno fatte, che non fanno le Ballate ; adunque sono di esse più nobili, e consequen temente il modo loro è nobilissimo. Oltre di questo, le cose che sono nobilissime, molto ca ramente si conservano ; m a tra le cose cantate, le Canzoni sono molto caramente conservate , come appare a coloro che vedeno ilibri; adun que le Canzoni sono nobilissime,e consequen temente ilmodo loro è nobilissimo.Appresso, ne le cose artificiali quello è nobilissimo che comprende tutta l'arte ; essendo adunque le cose,che si cantano, artificiali, e ne le Canzoni sole comprendendosi tutta l'arte , le Canzoni sononobilissime,ecosìilmodo loroènobi lissimo sopra gli altri.Che tutta l'arte poi sia ne le Canzoni compresa,in questo simanifesta, che tutto quello che si truova de l'arte, è in esse,ma non si converte 1. Questo segno adun que di ciò che dicemo , è nel cospetto di ogni uno pronto ; perciò che tutto quello che da la cima de le teste de gli illustri poeti è disceso a le loro labbra,solamente ne le Canzoni si ri truova . E però al proposito è manifesto , che quelle cose che sono degne di Altissimo V o l gare, si denno trattare ne le Canzoni. Sed non convertitur.Più chiaro di non si converte sarebbe però non e converso,ovvero non al contrario.    DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 57 CAPITOLO IV. De la varietà de lo stile secondo la qualità de la poesia. L'adpotiavimusdellatinononvaleavemoapprovato, ma abbiamo dato a bere.Il Fraticelli propone che si tra duca per traslato : abbiamo dato un saggio.  A poi che avemo districando approvato 1 co , e che materie siano degne di esso , e pari menteilmodo,ilqualefacemodegno ditanto onore, che solo a lo Altissimo Volgare si con venga; prima che noi andiamo ad altro, di c h i a r i a m o il m o d o d e l e C a n z o n i , l e q u a l i p a j o n o da molti più tosto per caso che per arte usur parsi. E manifestiamo il magisterio di quel l'arte , il quale fin qui è stato casualmente preso,lasciandodaparteilmodo deleBallate e de i Sonetti ; per ciò che esso intendemo dilu cidare nel quarto Libro di quest'opera nostra, quando del Volgare Mediocre tratteremo. R i veggendo adunque le cose che avemo detto , ci ricordiamo avere spesse volte quelli , che fanno versi volgari , per poeti nominati ; il che senza dubbio ragionevolmente avemo avuto ardimento di dire ; per ciò che sono certamente poeti , se drittamente la poesia consideriamo ; la quale non è altro che una finzione rettorica , e po sta in musica.Non di meno sono differenti da i   58 LIBRO SECONDO , grandi poeti, cioè da i regulati ; per ciò che quelli 1 hanno usato sermone & arte regulata, e questi (come si è detto) hanno ogni cosa a caso ; il perchè avviene , che quanto più stret tamente imitiamo quelli 2,tanto più drittamente componiamo ; e però noi , che volemo porre ne le opere nostre qualche dottrina, ci bisogna le loro poetiche dottrine imitare. Adunque s o pra ogni cosa dicemo, che ciascuno debbia pi gliare il peso de la materia eguale a le proprie spalle, a ciò che la virtù di esse dal troppo peso gravata , non lo sforzi a cadere nel fango. Questo è quello , che il maestro nostro Orazio comanda,quando nel principio dela sua Poe tica dice , « Voi , che scrivete versi , abbiate cura Di tor subjetto al valor vostro eguale.» Dapoinelecose,che cioccorrono + Il testo latino ha isti:quindi non quelli,ma questi; e per conseguenza nella riga seguente non questi, ma quelli. 2 Sarebbe più chiaro dire i primi in luogo di quelli.  devemo usare divisione , considerando da cantarsi con modo tragico,o comico, o ele giaco. Per la Tragedia prendemo lo stile s u periore,per la Commedia lo inferiore, per l'E dei miseri. Se le cose che ci oc legia quello cantate col correno , pare che siano da essere modo tragico, allora è da pigliare il Volgare Illustre, e conseguentemente da legare la Can a dire , se sono   DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 59 1 Il testo latino ha : tensis fidibus adsumat secure plectrum ; che deve essere tradotto : tese le corde , a s suma francamente ilplettro.  zone ; m a se sono da cantarsi con cómico , si piglia alcuna volta ilVolgare Mediocre, ed al cuna volta l'Umile ; la divisione de i quali nel quarto di quest'opera ci riserviamo a mostra re. Se poi con elegiaco , bisogna che solamente pigliamo l'Umile.M a lasciamo gli altri da parte, & ora (come è il dovere) trattiamo de lo stile tragico. Appare certamente , che noi usiamo lo stile tragico , quando e la gravità de le sen tenzie , e la superbia de i versi , e la elevazione de le construzioni,e la eccellenzia de ivocaboli si concordano insieme. M a perchè (se ben ci ricordiamo) già è provato, che le cose somme sono degne de le somme , e questo stile che c h i a m i a m o t r a g i c o , p a r e e s s e r e il s o m m o d e i stili; però quelle cose che avemo già distinte doversi sommamente cantare , sono da essere in questo solo stile cantate ; cioè la salute , lo amore e la virtù , e quelle altre cose , che per cagion di esse sono ne la mente nostra conce pute , pur che per niun accidente non siano fatte vili. Guardişi adunque ciascuno , e di scerna quello che dicemo ; e quando vuole que ste tre cose puramente cantare , o vero quelle che ad esse tre dirittamente e puramente se gueno , prima bevendo nel fonte di Elicona , ponga sicuramente a l'accordata lira il sommo plettro 1,e costumatamente cominci.Ma a fare   questa Canzone e questa divisione come si dee , qui è la difficultà, qui è la fatica; per ciò che mai senza acume d'ingegno, nè senza assiduità d'arte , nè senza abito di scienze non si potrà fare. E questi sono quelli che 'l Poeta nel VI de la Eneide chiama diletti da Dio, e da la ar dente virtù alzati al cielo, e figliuoli de gli Dei , avegna che figuratamente parli. E pero si c o n fessa la sciocchezza di coloro , i quali senza arte,e senza scienzia,confidandosi solamente del loro ingegno, si pongono a cantar som mamente le cose somme.Adunque cessino que sti tali da tanta loro presunzione ; e se per la loro naturale desidia sono oche , non vogliano l'aquila,che altamente vola, imitare. CAPITOLO V. sentenzie a bastanza, o almeno tutto quello che a l'opera nostra si richiede ; il perchè ci affretteremo di andare a la superbia dei versi. Circa i quali è da sapere , che i nostri pre cessori hanno ne le loro Canzoni usato varie sorti di versi, il che fanno parimente imoder ni ; m a in fin qui niuno verso ritroviamo , che abbia oltre la undecima sillaba trapassato, nè sotto la terza disceso. Et avegna che i Poeti  60% LIBRO SECONDO , De lacomposizionedeiversi e de la loro varietà sillabica. Noi pare di aver detto de la gravità de le A   Italiani abbiano usate tutte le sorti di versi, che sono da tre sillabe fino a undici , non di meno il verso di cinque sillabe, e quello di sette , e quello di undeci sono in uso più fre quente ; e dopo loro si usa il trisillabo più de gli altri ; de gli quali tutti quello di undeci sillabe pare essere il superiore sì di occupa zione di tempo , come di capacità di sentenzie , di construzioni e di vocaboli ; la bellezza de le quali cose tutte si moltiplica in esso , come manifestamente appare , per ciò che ovunque sono moltiplicate le cose che pesano , si molti plica parimente il peso.E questo pare che tutti i dottori abbiano conosciuto , avendo le loro illustri Canzoni principiate da esso ; come G e rardo di Bornello , « Ara auzirez encabalitz cantars.» Il qual verso avegna che paja di dieci silla be,è però,secondo la verità de la cosa, di undeci ; per ciò che le due ultime consonanti non sono de la sillaba precedente.Et avegna che non abbiano propria vocale, non perdono peròlavirtùdelasillaba;& ilsegnoè,che ivi la rima si fornisce con una vocale ; il che essere non può se non per virtù de l'altra che ivi si sottintende. Il re di Navara , «De finamor sivient sen e bonté.» Ove se si considera l'accento e la sua cagione, apparirà essere endecasillabo.  DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 61   62 LIBRO SECONDO , «Amor,che longiamente m'hai menato.» «Per finamore vo silietamente.» « Amor , che muovi tua virtù dal cielo.»  «Al cor gentil ripara sempre amore.» 11 Giudice di Colonna da Messina , Guido Guinicelli , Rinaldo d'Aquino , «Non spero che giammai per mia salute.» Et avegna che questo verso endecasillalo (co me sièdetto)siasopratuttiperildoverece leberrimo, non di meno se'l piglierà una cer ta compagnia de lo eptasillabo , pur che esso però tenga il principato, più chiaramente e più altamente parerà insuperbirsi, ma questo si rimanga più oltra a dilucidarsi. Così diciamo che l’eptasillabo segue a presso quello che è massimo ne la celebrità. Dopo questo quello che chiamiamo pentasillabo,e poi il trisillabo ordiniamo.Ma quel di nove sillabe, per essere il trisillabo triplicato, o vero mai non fu in onore, o vero per il fastidio è uscito di uso. Quelli poi di sillabe pari , per la sua rozzezza non usiamo se non rare volte ; per ciò che ri tengono la natura de i loro numeri ,i quali s e m Cino da Pistoja , Lo amico suo :   CAPITOLO VI. Erchè circa il Volgare Illustre la nostra nobilissimo ; però avendo scelte le cose che sono degne di cantarsi in esso , le quali sono quelle tre nobilissime che di sopra avemo pro vate; & avendo ad esse eletto il modo de le Canzoni , si come superiore a tutti gli altri modi , & a ciò che esso modo di Canzoni pos siamo più perfettamente insegnare, avendo già alcunecosepreparate,cioèlostile,& iversi; ora de la construzione diremo. È adunque da sapere, che noi chiamiamo construzione una regulata composizione di parole, come è, Ari stotile diè opera a la filosofia nel tempo di Alessandro. Qui sono diece parole poste regu latamente insieme, e fanno una construzione.  pre soggiaceno a i numeri caffi, sì come fa la materia a la forma. E cosi raccogliendo le cose dette, appare lo endecasillabo essere su perbissimo verso ; e questo è quello che noi cercavamo. Ora ci resta di investigare de le construzioni elevate e de i vocaboli alti, e fi nalmente , preparate le legne e le funi , inse gneremo a che modo il predetto fascio , cioè la Canzone , si debba legare. DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 63 De le construzioni, che si denno usare ne le Canzoni. P si   M a circa questa prima è da considerare , che de le construzioni altra è congrua , & altra è incongrua.E perchè(seilprincipiodelano stra divisione bene ciricordiamo)noi cerchiamo solamente le cose supreme , la incongrua in questa nostra investigazione non ha loco ; per ciò che ella tiene il grado inferiore de la bontà. Avergogninsi adunque , avergogninsi gli idioti di avere da qui innanzi tanta audacia, che v a dano aleCanzoni;de iquali non altrimenti so lemo riderci, di quello che si farebbe d'un cieco,ilqualedistinguesseicolori1.È adun que la construzione congrua quella che cerchia mo.Ma ci accade un'altra divisione 2 di non minore difficultà , avanti che parliamo di quella construzione,che cerchiamo,cioè di quella che è pienissima di urbanità ; e questa divisione e , che molti sono i gradi de le construzioni , cioè lo insipido , il quale è de le persone grosse , come è, Piero ama molto madonna Berta. Ecci il semplicemente saporito, il quale è de i scolari rigidi, o vero de i maestri, come è, Di tuttiimiserim'incresce;ma homaggiorpietà di coloro , i quali in esiglio affliggendosi, r i vedeno solamente in sogno le patrie loro. Ecci ancora il saporito e venusto , il quale è di alcuni , che così di sopra via pigliano la R e t torica,come è,La lodevole discrezione del Meglio, forse, ragionasse o giudicasse di colori. 2 Meglio distinzione (discretio).  64 LIBRO SECONDO,   DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 65 «Nuls hom non pot complir adreitamen.» Amerigo di Peculiano , «Si com’l'arbres,que per sobrecarcar.» ' Præparata qui ha il senso di preveniente.  « Si per mon Sobretot no fos.» Il re di Navara , « T a m m'abelis l'amoros pensamens. » Arnaldo Daniello , marchese da Este,e la sua preparata 1 magni ficenzia fa esso a tutti essere diletto. Ecci a p presso il saporito e venusto , ed ancora eccelso, ilqualeèdeidettatiillustri,come è,Avendo Totila mandato fuori del tuo seno grandissima parte de i fiori, o Fiorenza , tardo in Sicilia , e indarno se n'andd. Questo grado di constru zione chiamiamo eccellentissimo , e questo è quello che noi cerchiamo, investigando (come si è detto ) le cose supreme . E di questo sola mente le illustri Canzoni si trovano conteste, come : Gerardo , « Dreit amor qu'en mon cor repaire.» Folchetto di Marsiglia , « Sols sui qui sai lo sobrafan, que m sorts.» Amerigo de Belimi,   « Tegno di folle impresa a lo ver dire.» « Avegna ch'io non aggia più per tempo.» « Amor , che ne la mente mi ragiona.» N o n ti maravigliare , lettore , che io abbia tanti autori a la memoria ridotti ; per ciò che non possemo giudicare quella construzione, che noi chiamiamo suprema , se non per simili esempj. E forse utilissima cosa sarebbe per abituar quella , aver veduto i regulati poeti , cioè Virgilio , la Metamorfosi di Ovidio , Stazio e Lucano , e quelli ancora che hanno usato al tissime prose ; come è Tullio , Livio , Plinio , Frontino , Paolo Orosio , e molti altri , i quali la nostra amica solitudine ci invita a vedere. Cessino adunque i seguaci de la ignoranzia , che estolleno Guittone d'Arezzo , & alcuni al tri, i quali sogliono alcune volte 1 ne i vocaboli e ne le construzioni essere simili a la plebe. Nunquam invocabulisatqueconstructionedesuetos plebescere.Non dunque alcune volte,ma sempre.  66 LIBRO SECONDO , Guido Cavalcanti , « Poi che di doglia cor convien , ch'io porti.» > Guido Guinizelli , Cino da Pistoja , Lo amico suo, 1   dere ricerca , che siano dichiarati quelli vocaboli grandi , che sono degni di stare sotto l'altissimo stile. Cominciando adunque , affir miamo non essere piccola difficultà de lo intel letto a fare la divisione dei vocaboli ; per cið che vedemo , che se ne possono di molte m a niere trovare.De i vocaboli adunque alcuni sono puerili, altri feminili, & altri virili, e di questi alcuni silvestri,& alcuni cittadineschi chiamia m o 1,& alcuni pettinati, e lubrici; alcuni irsuti e rabuffati conosciamo ; tra i quali i pettinati e gl’irsuti sono quelli che chiamiamo grandi ; i lubrici poi e i rabuffati sono quelli la cui riso  nel metro volgare. A successiva provincia del nostro proce- . DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 67 CAPITOLO VII. Quali vocaboli si debbano porre e quali no 1IlCorbinelliha:ethorum quædam silvestria,quæ dam urbania:eteorum,quo urbana vocamus,quo dam pesaethirsuta,quædam lubricaetreburrasenti mus.LatraduzionedelTrissinovaraddrizzatacosi:edi questi alcuni silvestri,e alcuni cittadineschi;e di quelli che chiamiamo cittadineschi , alcuni pettinati e irsuti, alcuni lubricierabbuffati.Altrihanno invece:quædam pexaetlubrica,quædam hirsutaetreburra:cioèal cunipettinati e lubrici (ossia scorrenti),alcuni irsuti e rabbuffati.   68 LIBRO SECONDO , nanzia è superflua; per ciò che si come ne le grandi opere alcune sono opere di magnanimità, altre di fumo , ne le quali avvenga che così di sopra via paja un certo ascendere,a chi però con buona ragione esse considera, non ascendere, m a più tosto ruina per alti precipizj essere g i u dicherà ; con ciò sia che la limitata linea de la virtù si trapassi. Guarda adunque , lettore , quanto per scegliere le egregie parole ti sia bisogno di crivellare; per ciò che se tu consi deri il Volgare Illustre, il quale i Poeti Vol gari , che noi vogliamo ammaestrare , denno (come di sopra si è detto) tragicamente usare , averai cura , che solamente i nobilissimi v o c a boli nel tuo crivello rimangano. Nel numero dei quali ne i puerili per la loro simplicità , com'è mamma e babbo,mate epate,per niun modo potrai collocare; nè anco i feminili, per la loro mollezza, come è dolciada e placevole; nè i contadineschi per la loro austerità, come è gregia e gli altri ; nè i cittadineschi , che siano lubrici e rabuffati, come è femine e corpo, vi si denno porre. Solamente adunque i citta dineschi pettinati & irsuti vedrai che ti resti no , i quali sono nobilissimi , e sono membra del Volgare Illustre. E noi chiamiamo pettinati quelli vocaboli, che sono trisillabi , o vero v i cinissimi al trisillabo , e che sono senza aspi razione , senza accento acuto , o vero circum flesso, senza z nè a duplici, senza gemina zione di due liquide , e senza posizione , in cui    ·Qucecampsarenonpossumus,cioèchenonsipos sono scansare.  7 0 DE LA VOLGARE ELOQUENZIA . 69 la muta sia immediatamente posposta , e che fanno colui che parla quasi con certa soavità rimanere, come è amore , donna , disio, virtute, donare, letizia, salute, securitate, difesa. Ir sute poi dicemno tutte quelle parole , che oltra queste sono o necessarie al parlare illustre, ornative di esso. E necessarie chiamiamo quel le che non possiamo cambiare 1; come sono al cune monosillabe,cioèsi,vo,me,te,se,a,e,i, 0,u;eleinterjezioni,& altremolte.Ornative poi dicemo tutte quelle di molte sillabe, le quali mescolate con le pettinate fanno una bella armonia ne la struttura , quantunque abbiano asperità di aspirazioni , di accento , e di d u plici , e di liquide , e di lunghezza , come è terra , onore , speranza , gravitate, alleviato , impossibilitate, benavventuratissimo, avventu ratissimamente, disavventuratissimamente, so vramagnificentissimamente, ilquale vocabolo è endecasillabo.Potrebbesi ancora trovare un vocabolo , o vero parola , di più sillabe , m a perchè egli passerebbe la capacità di tutti i nostri versi , però a la presente ragione non pare opportuno ; come è onorificabilitudinitate, il quale in volgare per dodeci sillabe si compie ; & in grammatica per tredeci , in dui obliqui però.In che modo poi le pettinate siano da es sere ne i versi con queste irsute armonizate,   lascieremo ad insegnarsi di sotto.E questo che si è detto de l'altezza dei vocaboli, ad ogni gentil discrezione 1 sarà bastante. CAPITOLO VIII. Ra preparate le legne e le funi, è tempo da legare il fascio; ma perchè la cogni zione di ciascuna opera dee precedere a la ope razione,laquale ècome segno avanti iltrarre de la sagitta,ovvero del dardo;però prima,e principalmente veggiamo qual sia questo fascio, che volemo legare. Questo fascio adunque bene ci ricordiamo tutte le cose trattate) è la Canzone;eperòveggiamochecosasiaCanzone, e che cosa intendemo quando dicemo Canzone. La Canzone dunque,secondo la vera significa zione del suo nome, è essa azione o vero pas sione del cantare; sì come la lezione è la pas sione o vero azione del leggere ; m a dichiariamo quello che si è detto, cioè, se questa si chiama Canzone, in quanto ella sia azione o in quanto passione del cantare. Circa la qual cosa è da considerare, che la Canzone si può prendere in dui modi , l'uno de li quali modi è , secondo "Ingenuce discretioni,cioè ad ogni non viziato di scernimento .  70 LIBRO SECONDO, Che cosa è Canzone, e che in più maniere può variarsi.   o tuono , o nota , o melodia. E niuno trombetta , o organista, o citaredo chia m a il canto suo Canzone , se non in quanto siaaccompagnatoaqualcheCanzone;ma quelli che compongono parole armonizate , chiamano le opere sue Canzoni.Et ancora che tali pa role siano scritte in carte e senza niuno che le proferisca, si chiamano Canzoni ; e però non pare che la Canzone sia altro , che una c o m DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 71 che ella è fabbricata dal suo autore ; e così è azione ; e secondo questo modo Virgilio nel primo de l'Eneida dice , « lo canto l'arme e l'uomo.» L'altro modo è, secondo il quale ella da poi che è fabbricata si proferisce, o da lo autore, o da chi che sia,o con suono,osenza,ecosì è passione. E perchè allora da altri è fatta, & ora in altri fa, e così allora azione, & ora passione essere si vede.Ma conciò sia che essa è prima fatta,e poi faccia;pero più tosto,anzi al tutto par che si debbia nominare da quello che ella è fatta, e da quello che ella è azione di alcuno,che da quello che ella faccia in altri. Et il segno di questo è, che noi non dicemo mai , questa Canzone è di Pietro perchè esso la proferisca, m a perchè esso l'abbia fatta. O l tre di questo è da vedere, se si dice Canzone la fabbricazione de le parole armonizate , o vero essa modulazione , o canto ; a che dice m o , c h e m a i il c a n t o n o n si c h i a m a C a n z o n e , ma 0 suono,    piuta azione di colui, che detta parole a r m o nizate,& atte al canto. Laonde così le Canzo ni,che ora trattiamo,come le Ballate e Sonetti, e tutte le parole a qualunque modo armoni zate, o volgarmente , o regulatamente, dicemo essere Canzoni ; m a perciò che solamente trat tiamo le cose volgari,però lasciando le regulate da parte,dicemo,che dei poemi volgari uno ce n'èsupremo,ilqualepersopraeccellenziachia miamo Canzone; « Donne,che avete intelletto di amore.» E così è manifesto che cosa sia Canzone,e se condo che generalmente si prende , e secondo che per sopraeccellenzia la chiamiamo . Et a s sai ancora pare manifesto che cosa noi inten demo,quandodicemoCanzone;e consequente Meglio forse,quiealtrove,un collegamento (conju gatio).  72 LIBRO SECONDO , che la Canzone sia una cosa suprema, nel terzo Capitolo di questo Libro è provato;ma conciò sia che questo,che è dif finito , paja generale a molti , però risumendo detto vocabolo generale,che già è diffinito,di stinguiamo per certe differenzie quello che so lamente cerchiamo.Dicemo adunque che la C a n zone,la quale noi cerchiamo,in quanto che per sopraeccellenzia è detta Canzone , è una con giugazione 1 tragica di Stanzie equali senza risponsorio , che tendono ad una sentenzia , come noi dimostriamo quando dicemmo 2 2Iltestolatinoha:utnosostendimus,cum diximus.   mente qual sia quel fascio,che vogliamo legare. Noi poi dicemo, che ella è una tragica congiu gazione ; perciò che quando tal congiugazione si fa comicamente , allora la chiamiamo per diminuzione cantilena , de la quale nel quarto Libro di questo avemo in animo di trattare.  DE LA VOLGARE ELOQUENZIA . 173 Stanzie,e non sapendosi che cosa sia Stan zia, segue di necessità, che non si sappia a n cora che cosa sia Canzone ; perciò che de la cognizione de le cose, che diffiniscono , resul ta ancora la cognizione de la cosa diffinita, e però consequentemente è da trattare de la Stanzia, accio che investighiamo, che cosa essa si sia, e quello che per essa volemo intendere. Ora circa questo è da sapere, che tale voca bolo è stato per rispetto de l'arte sola ritro vato ; cioè perchè quello si dica Stanzia , nel quale tutta l'arte de la Canzone è contenuta, e q u e s t a è l a S t a n z i a c a p a c e , o v e r o il r e c e t t a c o l o di tutta l'arte; perciò che sì come la Canzone è il grembo di tutta la sentenzia,così la Stan zia riceve in grembo tutta l'arte; nè è lecito di arrogere alcuna cosa di arte a le Stanzie s e quenti ; m a solamente si vestono de l'arte de la CAPITOLO IX. Quali siano le principali parti de la Canzone, e che la Stanzia n'è la parte principalissima. Ssendo la Canzone una congiugazione di   prima : il perchè è manifesto, che essa Stanzia (de la qual parliamo ) sarà un termine , o vero una compagine di tutte quelle cose , che la Canzone riceve da l'arte;le quali dichiarite, il descrivere che cerchiamo,sarà manifesto.Tutta l'arte adunque de la Canzone pare, che circa tre cose consista , de le quali la prima è circa la divisione del canto , l'altra circa la abitu dine1deleparti,laterzacircailnumero dei versi e de le sillabe; de le rime poi non face mo menzione alcuna;perciò che non sono de la propria arte de la Canzone.È lecito certamente in cadauna Stanzia innovare le rime, e quelle medesime a suo piacere replicare ; il che , se la rima fosse di propria arte de la Canzone , le cito non sarebbe.E se pur accade qualche cosa de le rime servare, l'arte di questo ivi si con tiene,quando diremo de la abitudine de le parti. Il perchè così possiamo raccogliere da le cose predette, e diffinire, dicendo , la Stanzia è una compagine 2 di versi e di sillabe, sotto un certo canto, e sotto una certa abitudine limitata. 2 Il testo latino ha : limitatam compaginem .  74 LIBRO SECONDO , La voce abitudine, qui e altrove, significa propor zione, disposizione.   DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. CAPITOLO X.  75 S ne la Canzone. Che sia il canto de la Stanzia , e che la Stanzia si varia in parecchi modi Apendo poi che l'animale razionale è uomo , e c h e s e n s i b i l e è l ' a n i m a , & il c o r p o è a n i male ; e non sapendo che cosa si sia quest'a nima, nè questo corpo,non possemo avere per fettacognizionedel'uomo;perciòchelaperfetta cognizione di ciascuna cosa termina ne gli ul timi elementi , sì come il maestro di coloro che sanno, nel principio de la sua Fisica affer ma.Adunque peraverelacognizionedelaCan zone,che desideriamo,consideriamo al presente sotto brevità quelle cose,che diffiniscano il dif finiente di lei; e prima del canto,da poi de la abitudine,e poscia de i versi e de le sillabe in vestighiamo.Dicemo adunque,che ogni Stanzia è armonizata a ricever una certa oda , o vero canto; ma pajono esser fatte in modo diverso, che alcune sotto una oda continua fino a l’ul timo procedeno, cioè senza replicazione di al cuna modulazione, e senza divisione;e dicemo divisione quella cosa, che fa voltare di un'oda in un'altra;la quale quando parliamo col vul go,chiamiamo Volta.E questeStanziediun'oda   sola Arnaldo Daniello usò quasi in tutte le sue Canzoni; e noi avemo esso seguitato quando dicemo , · Il testo ha syrma, che è quanto dire strascico.  « Al poco giorno,& al gran cerchio d'ombra.» Alcune Stanzie sono poi, che patiscono divi sione. E questa divisione non può essere nel modo che la chiamiamo, se non si fa replica zione di una oda o davanti la divisione, o da poi, o da tutte due le parti, cioè davanti e da poi. E se la repetizion de l'oda si fa avanti la divisione, dicemo, che la Stanzia ha piedi ; la quale ne dee aver dui ; avegna che qualche volta se ne facciano tre, ma molto di rado.Se poi essa repetizion di oda si fa dopo la divi sione, dicemo la Stanzia aver versi. M a se la repetizione non si fa avanti la divisione,di cemo la Stanzia aver fronte; e se essa non si fa da poi,la dicemo aver sirima ?,o vero coda. Guarda adunque , lettore , quanta licenzia sia data a li poeti che fanno Canzoni ; e considera per che cagione la usanza si abbia assunto si largo arbitrio ; e se la ragione ti guiderà per dritto calle , vederai , per la sola dignità de l'autorità essergli stato questo,che dicemo con cesso.Di qui adunque può essere assai mani festo a che modo l'arte de le Canzoni consista circa la divisione del canto ; è però andiamo a la abitudine de le parti. 1 76 LIBRO SECONDO ,   A DE LA VOLGARE ELOQUENZIA . CAPITOLO XI. e de la distinzione de'versi che sono da porsi nel componimento. tudine,sia grandissima parte di quello,che è de l'arte ; perciò che essa circa la divisione del canto, e circa il contesto dei versi, e circa la relazione de le rime consiste ; il perchè a p pare, che sia da essere diligentissimamente trat tata.Dicemo adunque,che la fronte coi Versi 1, & i piedi con la sirima, o vero coda , e pari mente i piedi co i Versi possono diversamente ne la Stanzia ritrovarsi ; perciò che alcuna fia ta la fronte eccede i Versi, o vero può ecce dere di sillabe e di numero di versi; e dico può, perciò che mai tale abitudine non avemo veduta. Alcune fiate la fronte può avanzare i Versi nel numero de i versi, & essere da essi Versi nel numero de le sillabe avanzata;come 1 Il Trissino tradusse con la stessa voce verso tanto il carmen che da Dante fu usato nel significato proprio e comune di verso, quanto il versus che fu invece usato da lui per indicare una data parte della stanza,che consta d'un certo numero di versi. Per togliere ogni equivoco noi stamperemo in corsivo e con l'iniziale maiuscola la parola Verso quando corrisponde al latino versus.  77 De la abitudine de la Stanzia, del numero de ipiedi e de le sillabe, noi pare, che questa che chiamiamo abi   78 LIBRO SECONDO , se la fronte fosse di cinque versi , e ciascuno dei Versi fosse di due versi , & i versi de la fronte fosseno di sette sillabe,e quelli de i Versi fosseno di undeci sillabe. Alcuna altra volta i Versi avanzano la fronte di numero di versi e di sillabe come in quella che noi dicemmo , Ove la fronte di quattro versi fu di tre ende casillabi e di uno eptasillabo contesta:la quale non si può dividere in piedi; conciò sia che i piedi vogliano essere fra sè equali di numero di versi, e di numero di sillabe,come vogliono essere frà sè ancora i Versi. M a siccome dice mo , che i Versi avanzano di numero di versi e di sillabe la fronte , così si può dire , che la fronte in tutte due queste cose può avanzare i Versi ; come quando ciascuno de i Versi fosse di due versi eptasillabi, e la fronte fosse di cinque versi ; cioè di due endecasillabi e di tre eptasillabi contesta. Alcune volte poi i piedi avanzano la sirima di versi e di sillabe, come in quella che dicemmo , Et alcuna volta i piedi sono in tutto da la si rima avanzati ; come in quella che dicemmo , « Donna pietosa, e di novella etate.» E si come dicemmo, che la fronte può vincere di versi, & essere vinta di sillabe, & al con  « Traggemi de la mente amor la stiva. » « Amor,che movi tua virtù dal cielo.»   trario ; così dicemo la sirima. I piedi ancora ponno di numero avanzare i Versi, & essere da essi avanzati ;perciò che ne la Stanzia pos sono essere tre piedi e dui Versi, e dui piedi e tre Versi; nè questo numero è limitato, che non si possano più piedi e più Versi tessere insieme. E siccome avemo detto ne le altre cose de lo avanzare de i versi e de le sillabe , così dei piedi e dei Versi dicemo , i quali nel medesimo modo possono vincere,& essere vinti. Nè è da lasciare da parte, che noi pigliamo i piedi al contrario di quello che fanno i Poeti regulati; perciò che essi fanno il verso de i piedi, e noi dicemo farsi i piedi di versi, come assai chiaramente appare. Nè è da lasciare da parte , che di nuovo non affermiamo , che i piedi di necessità pigliano l'uno da l'altro la abitudine & equalità di versi e di sillabe , p e r ciò che altramente non si potrebbe fare repeti zione di canto. E questo medesimo affermiamo doversi servare nei Versi. CAPITOLO XII. De la qualità de i versi, che ne la Stanzia si pongono, e del numero de le sillabe ne i versi. Cci ancora (come di sopra si è detto) una certa abitudine , la quale quando tessemo iversi devemo considerare;ma acciò che di  E DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 79   80 LIBRO SECONDO , quella con ragione trattiamo,repetiamo quello che di sopra avemo detto de i versi; cioè che ne l'uso nostro par che abbia prerogativa di essere frequentato lo endecasillabo, lo eptasil labo, & il pentasillabo ; e questi sopra gli altri doversi seguitare affermiamo. Di questi adun que,quando volemo far poemi tragici,lo ende casillabo, per una certa eccellenzia che ha nel contessere, merita privilegio di vincere; e però alcune Stanzie sono che di soli endecasillabi sono conteste, come quella di Guido da Fio renza , « Donna mi prega , perch'io voglio dire. » «Donne,cheaveteintellettodiamore.» Questo ancora li Spagnuoli hanno usato , e dico li Spagnuoli che hanno fatto poemi nel volgare Oc. Amerigo de Belmi , « Nuls h o m non pot complir adreitamen . » Altre Stanzie sono, ne le quali uno solo epta sillabo sitesse;e questo non può essere,se non ove è fronte, o ver sirima, perciò che (co me sièdetto)neipiedieneiVersisiri cerca equalità di versi e di sillabe. Il perchè a n c o r a a p p a r e , c h e il n u m e r o d i s p a r o d e i v e r s i non può essere se non fronte o coda ; ben chè in esse a suo piacere si può usare paro , o disparo numero deiversi.E così come al  Et ancora noi dicemo :   cuna Stanzia è di uno solo eptasillabo formata , così appare,che con dui,tre,o quattro si possa formare; pur che nel tragico vinca lo endecasillabo,e da esso endecasillabo si co minci.Benchè avemo ritrovatialcuni,chenel tragico hanno da lo eptasillabo cominciato , cioè Guido de iGhislieri,e Fabrizio Bolognesi, Et alcuni altri.Ma se al senso di queste Can zoni vorremo sottilmente intrare, apparerà tale tragedia non procedere senza qualche ombra di elegia. Del pentasillabo poi non concedemo a questo modo ; perciò che in un dettato grande basta in tutta la Stanzia inserirvi un pentasil labo, ovver dui al più ne i piedi; e dico ne i piedi, per la necessità !, con la quale i piedi & i V e r s i si c a n t a n o ; m a b e n n o n p a r e c h e n e l t r a gico si deggia prendere il trisillabo, che per sè stia;e dico,che per sè stia;perciò che per una certa repercussione di rime pare, che frequen ' Propter necessitatem,qua pedibusque versibusque cantatur ; per la necessità che nei piedi e nei Versi si deve cantare. (Fraticelli.)  E, E, DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 81 « Di fermo sofferire, » «Donna,lofermocuore,» « Lo mio lontano gire. »   temente si usi ; come si può vedere in quella Canzone di Guido fiorentino, « Donna mi prega , perch'io voglio dire, » « Poscia che amor del tutto m 'ha lasciato. » Nè ivi è per sè in tutto ilverso,ma è parte de lo endecasillabo, che solamente a la rima del precedente verso a guisa di Eco risponde. E quinci tu puoi assai sufficientemente conoscere, o lettore,come tu dei disponere, o vero abituare la Stanzia ; perciò che la abitudine pare che sia da considerare circa i versi. E questo ancora principalmente è da curare circa la disposizione de i versi : che se uno eptasillabo si inserisce nel primo piede,che quel medesimo loco,che ivi piglia per suo , dee ancora pigliare ne l'altro; verbigrazia , se 'l piè di tre versi ha il primo & ultimo verso endecasillabo,e quel di mezzo, cioè il secondo, eptasillabo, così il secondo piè dee avere gli estremi endecasillabi, & il mezzo eptasillabo ; perciò che altrimenti stando , non si potrebbe fare la geminazione del canto,per usodelqualesifannoipiedi,come sièdetto;e consequentemente non potrebbono essere piedi. E quello che io dico de i piedi, dico parimente de i Versi; perciò che in niuna cosa vedemo i piedi essere differenti da i Versi,se non nel sito; perciò che ipiedi avanti ladivisione della Stan zia,ma i Versi dopo essa divisione si pongono.  82 LIBRO SECONDO , Et in quella che noi dicemmo : 1   DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 83 CAPITOLO XIII. De la relazione de le rime , e con qual ordine ne la Stanzia si denno porre. T dealcuna cosa al presente non trattando però de la essenzia loro ; perciò che il proprio trat tato di esse riserbiamo , quando de i mediocri poemi diremo.Ma nel principio di questo Ca pitolo ci pare di chiarire alcune cose di esse; de le quali una è, che sono alcune Stanzie, ne le quali non si guarda a niuna abitudine di rime , e tali Stanzie ha usato frequentissima mente Arnaldo Daniello,come ivi, « Si m fos amors de joi donar tan larga? » E noi dicemo, L'altra cosa è che alcune Stanzie hanno tutti i versi di una medesima rima , ne le quali è superfluo cercare abitudine alcuna ; e così resta che circa le rime mescolate solamente debbia mo insistere;in che e da sapere,che quasi  Et ancora sì come si dee fare ne i piedi di tre versi , così dico doversi fare in tutti gli altri piedi. E quello che si è detto di uno endeca sillabo , dicemo parimente di dui e di più , e del pentasillabo, e di ciascun altro verso. «Alpocogiorno,& algrancerchiod'ombra.»   84 LIBRO SECONDO , 'Iltestolatinoha:quisuasmultasetbonas Can tiones nobis ore tenus intimavit. Il Fraticelli traduce : ci canto a voce , ossia ci canto improvvisando.  tutti iPoeti si hanno in cið grandissima licen zia tolta;conciò sia che quinci la dolcezza de l'armonia massimamente risulta.Sono adun que alcuni, i quali in una istessa Stanzia non accordano tutte le desinenzie de i versi ; m a alcune di esse ne le altre Stanzie repetiscono , overamenteaccordano;come fuGottoman tuano, il quale fin qui ci ha molte sue buone Canzoni intimato 1. Costui sempre tesseva ne la Stanzia un verso scompagnato , il quale essò nominavaChiave.E come diuno,cosìèlecito di dui e forse di più. Alcuni altri poi sono, e quasi tutti i trovatori di Canzoni , che ne la Stanzia mai non lasciano alcun verso scompa gnato, al quale la consonanzia di una o di più rime non risponda. Alcuni poscia fanno le rime de i versi, che sono avanti la divisione, diverse d a q u e l l e d e i' v e r s i , c h e s o n o d o p o e s s a ; & altri non lo fanno; ma le desinenzie de la pri ma parte de la Stanzia ancor ne la seconda in seriscono.Non di meno questo spessissime volte si fa, che con l'ultimo verso de la prima parte, il primo de la seconda parte ne le desinenzie s'accorda ; il che non pare essere altro , che una certa bella concatenazione di essa Stanzia. La abitudine poi de le rime,che sono ne la fronte e ne la sirima,è sì ampla, che 'l pare che ogni   DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 85 atta licenzia sia da concedere a ciascuno , m a non di meno le desinenzie de gli ultimi versi sono bellissime, se in rime accordate si chiudeno; il che però è da schifare ne i piedi, ne i quali ritroviamo essersi una certa abitudine servata ; la quale dividendo dicemo, che il primo piè di versi pari, o dispari , si fa ; e l'uno e l'altro può essere di desinenzie accompagnate,o scom pagnate ; il che nel pie diversi pari non è dubbio ; m a se alcuno dubitasse in quello di dispari, ricordisi di ciò che avemo detto nel Capitolo di sopra del trisillabo,quando essendo parte de lo endecasillabo , come Eco risponde. E se la desinenzia de la rima in un de i piedi è sola, bisogna al tutto accompagnarla ne l'al tro;ma seinun piedeciascuna delerimeè accompagnata, si può ne l'altro o quelle ripe tere, o farne di nuove,o tutte,o parte,se condo che a l'uom piace,pur che in tutto si servi l'ordine del precedente : verbigrazia , se nel primo piè di tre versi le ultime desinenzie s'accordano con le prime, così bisogna accor darvisi quelle del secondo ; e se quella di mezzo nelprimo pièèaccompagnata,oscompagnata; così parimente sia quella di mezzo nel secondo piè; e questo è da fare parimente in tutte le altre sorti di piedi. Ne i Versi ancora quasi sempre è a serbare questa legge; e quasi s e m pre dico, perciò che per la prenominata con catenazione,e per la predetta geminazione de le ultime desinenzie,ale volte accade il detto or 8    + Il testo latino ha : cum in isto libro nil ulterius de r i t h i m o r u m d o c t r i n a t a n g e r e i n t e n d a m u s . E si d o v r e b b e tradurre : che in questo libro non vogliamo parlar pivo della dottrina delle rime. 2 Nel Corbinelli questo ultimo capitolo è diviso in due . Il decimoterzo finisce con le parole : tanta sufficiant. (a bastanzasarà.);eildecimoquartocominciaconleparole:  86 LIBRO SECONDO, dine mutarsi. Oltre di questo ci pare conve nevol cosa aggiungere a questo Capitolo quelle cose, che ne le rime si denno schifare ; conciò sia che in questo libro non vogliamo altro, che quello che si dirà de la dottrina de le rime toccare 1. Adunque sono tre cose, che circa la posizione di rime non si denno frequentare da chi compone illustri poemi ; l'una è la troppa repetizione di una rima,salvo che qualche cosa nuova ed intentata de l'arte ciò non si as suma ; come il giorno de la nascente milizia, il quale si sdegna lasciare passare la sua gior nata senza alcuna prerogativa. Questo pare che noi abbiamo fatto ivi, « Amor,tu vedi ben,che questa donna;» la seconda è la inutile equivocazione, la qual sempre pare che toglia qualche cosa a la sen tenzia ; e la terza è l'asperità de le rime, salvo che le non siano con le molli mescolate; per ciò che per la mescolanza de le rime aspere e delemollilatragediaricevesplendore.E que sto de l'arte, quanto a l'abitudine si ricerca, a bastanza sarà 2.Avendo quello che è de l'arte   DE LA VOLGARE ELOQUENZIA. 87 ' Il testo latino ha : discretionem facere, che qui vale trattare partitamente.  de la Canzone assai sufficientemente trattato , ora tratteremo del terzo , cioè del numero de i versi e de le sillabe. E prima alcune cose ci bisognano vedere secondo tutta la Stanzia, & altre sono da dividere, le quali poi secondo le parti loro vederemo.A noi adunque prima s'ap partiene fare separazione 1 di quelle cose, che ci occorrono da cantare ; perciò che alcune Stanzie amano la lunghezza, & altre no ; con ciò sia che tutte le cose che cantiamo, o circa il destro o circa il sinistro si canta ; cioè che alcuna volta accade suadendo , alcuna volta dissuadendo cantare, & alcuna volta allegran dosi , alcuna volta con ironia, alcuna volta in laude, & altra in vituperio dire. E però le p a role , che sono circa le cose sinistre , vadano sempre con fretta verso la fine, le altre poi con longhezza condecente vadano passo passo verso l'estremo Ex quo quo sunt artis.... (Avendo quello che è de l'arte .... ); ed ha il titolo seguente : De numero car minum et syllabarum in Stantia.(Del numero dei versi e delle sillabe nella Stanzia.)

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