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Tuesday, October 12, 2021

Grice ed Alberti: "Della Thoscana senza auttore"

 Que’ che affermano la lingua latina non essere stata comune a tutti e’ populi latini, ma solo propria di certi dotti scolastici, come oggi la vediamo in pochi, credo deporranno quello errore vedendo questo nostro opuscolo, in quale io raccolsi l’uso della lingua nostra in brevissime annotazioni. Qual cosa simile fecero gl’ingegni grandi e studiosi presso a’ Greci prima e po’ presso de e’ Latini, e chiamorno queste simili ammonizioni, atte a scrivere e favellare senza corruttela, suo nome, grammatica. Questa arte, quale ella sia in la lingua nostra, leggetemi e intenderetela.    Ordine delle lettere    i r t d b v n u m p q g c e o a x z l s f ç ch gh   Vocali    a ę ẻ i o ô u ę è é ę Coniunctio ể Verbum ẻ Articulus el ghiro girò al çio el zembo. e volse pôrci a’ porci quèllo chẻ ể pẻlla pelle. [p. facsimile1]  Tavv. 1-2. Roma, Bibl. Vaticana, Cod. Vat. Reginense Lat. 1370, «Della thoscana senza auttore», cc 1r-v (cfr. p. 361)  [p. 178] Ogni parola e dizione toscana finisce in vocale. Solo alcuni articoli de’ nomi in l e alcune preposizioni finiscono in d, n, r.  Le cose in molta parte hanno in lingua toscana que’ medesimi nomi che in latino.  Non hanno e’ Toscani fra e’ nomi altro che masculino e femminino. E’ neutri latini si fanno masculini.  Pigliasi in ogni nome latino lo ablativo singulare, e questo s’usa in ogni caso singulare, così al masculino come al femminino.  A e’ nomi masculini l’ultima vocale si converte in i, e questo s’usa in tutti e’ casi plurali.  A e’ nomi femminini l’ultima vocale si converte in e, e questo s’usa in ogni caso plurale per e’ femminini.  Alcuni nomi femminini in plurale non fanno in e: come, la mano fa le mani.  E ogni nome femminino, quale in singulare finisca in e, fa in plurale in i: come la orazione, le orazioni; stagione, stagioni; confusioni, e simili.  E’ casi de’ nomi si notano co’ suoi articoli, dei quali sono vari e’ masculini da e’ femminini.  Item e’ masculini, che cominciano da consonante, hanno certi articoli non fatti come quando e’ cominciano da vocale.  Item e’ nomi propri sono vari dagli appellativi.  Masculini che cominciano da consonante hanno articoli simili a questo:    singulare    EL cielo DEL cielo AL cielo EL cielo O cieloDAL cielo   Plurale    E’ cieli DE’ cieli A’ cieli E’ cieli O cieli DA’ cieli. Masculini, che cominciano da vocale, fanno in singulare simile a questo: [p. 179]    Singulare   LO orizzonte DELLO orizonte ALLO orizonteLO orizonte O orizonte DALLO orizonte    Plurale   GLI orizonti DEGLI orizonti AGLI orizontiGLI orizonti ⟨O orizonti⟩ DAGLI orizonti.  E’ nomi masculini che cominciano da s preposta a una consonante hanno articoli simili a quei che cominciano da vocale, e dicesi: LO spedo, LO stocco, GLI spedi, e simile.  Questi vedesti che sono vari da quei di sopra nel singulare, el primo articolo e anche el quarto; ma nel plurale variorono tutti gli articoli.  Nomi propri masculini non hanno el primo articolo, né anche el quarto, e fanno simili a questi:  Propri masculini, che cominciano da consonante, in singulare fanno così:  Cesare DI Cesare A Cesare Cesare O CesareDA Cesare. Nomi propri, che cominciano da vocale, nulla variano da’ consonanti, eccetto che al terzo vi si aggiugne d, e dicesi:  Agrippa DI Agrippa AD Agrippa, ecc. In plurale non s’adoperano e’ nomi propri, e se pur s’adoperassero, tutti fanno come appellativi.  E’ nomi femminini, o propri o appellativi, o in vocale o in consonante che e’ cominciano, tutti fanno simile a questo:    Singulare    LA stella DELLA stella ALLA stella LA stellaO stella DALLA stella. LA aura DELLA aura ALLA aura LA aura O auraDALLA aura. [p. 180]  Plurale  LE stelle DELLE stelle ALLE stelle LE stelle O stelleDALLE stelle. LE aure DELLE aure ALLE aure LE aure O aureDALLE aure. E’ nomi delle terre s’usano come propri, e dicesi: Roma superò Cartagine.  E simili a’ nomi propri s’usano e’ nomi de’ numeri: uno, due, tre, e cento e mille, e simili; e dicesi: tre persone, uno Dio, nove cieli, e simili.  E quei nomi che si referiscono a’ numeri non determinati come ogni, ciascuno, qualunque, niuno, e simili, e come tutti, parecchi, pochi, molti, e simili, tutti si pronunziano simili a e’ nomi propri senza primo e quarto articolo.  E’ nomi che importano seco interrogazione come chi e che e quale e quanto e simili, quei nomi che si riferiscono a questi interrogatori, come tale e tanto e cotale e cotanto, si pronunciano simili a e’ propri nomi, pur senza primo e quarto articolo, e dicesi:  Io sono tale quale voresti essere tu; e amai tale che odiava me.  Chi s’usa circa alle persone, e dicesi: Chi scrisse?  Che significa quanto presso a e’ Latini Qui e Quid. Significando Quid, s’usa circa alle cose, e dicesi: Che leggi? Significando Qui, s’usa circa alle persone, e dicesi: Io sono colui che scrissi.  Chi di sua natura serve al masculino, ma aggiunto a questo verbo sono, sei, è, serve al masculino e al femminino, e dicesi: Chi sarà tua sposa? Chi fu el maestro?  Chi sempre si prepone al verbo. Che si prepone e pospone.  Che, preposto al verbo, significa quanto presso a e’ Latini Quid e Quantum e Quale, come: Che dice? Che leggi? Che uomo ti paio? Che ti costa?  Che, posposto al verbo, significa quanto apresso e’ Latini Ut e Quod, come dicendo: I’ voglio che tu mi legga. Scio che tu me amerai.  E’ nomi, quando e’ dimostrano cosa non certa e diterminata, [p. 181]si pronunziano senza primo e quarto articolo, come dicendo: Io sono studioso. Invidia lo move. Tu mi porti amore. Ma quando egli importano dimostrazione certa e diterminata, allora si pronunziano coll’articolo come qui: Io sono lo studioso e tu el dotto.  E’ nomi simili a questo: primo, secondo, vigesimo, posti dietro a questo verbo sono, sei, è, non raro si pronunziano senza el primo articolo, e dicesi: Tu fusti terzo e io secondo; e ancora si dice: Costui fu el quarto, el primo, el secondo, ecc.  Uno, due, tre, e simili, quando e’ significano ordine, vi si pone l’articolo, e dicesi: Tu fusti el tre, e io l’uno. Il dua è numero paro, ecc.  Fra tutti gli altri nomi appellativi, questo nome Dio s’usa come proprio, e dicesi: Lodato Dio. Io adoro Dio.  Gli articoli hanno molta convenienza co’ pronomi, e ancora e’ pronomi hanno grande similitudine con questi nomi relativi zs qui recitati. Adonque suggiungeremogli.  De’ pronomi, e’ primitivi sono questi: io tu esso questo quello costui lui colui. Mutasi l’ultima vocale in a e fassi il femminino, e dicesi: questa, quella, essa. Solo io e tu, in una voce, serve al masculino e al femminino.  E’ plurali di questi primitivi pronomi sono vari, e anche e’ singulari. Declinansi così:  Io e i’: di me: a me e mi: me e mi: dame. Noi: di noi: a noi e ci: noi e ci: da noi. Tu: di te: ⟨a te⟩ e ti: te e ti: o tu: da te. Voi: di voi: a voi e vi: ⟨voi e vi⟩: o voi: da voi. Esso ed e’: di se e si: se e si: da se; ed Egli.  Non troverrai in tutta la lingua toscana casi mutati in voce altrove che in questi tre pronomi: io, tu, esso.  Gli altri primitivi se declinano così:   Questo: di questo: a questo: questo: da questo. Quello: di quello: a quello: quello: da quello.  Muta o in i e arai el plurale, e dirai:   Questi: di questi: a questi: questi: da questi. [p. 182]  E il somigliante fa quelli  E così sarà costui e lui e colui, simili a quegli in singulare; ma in plurale costui fa costoro, lui fa loro, colui fa coloro, di coloro, a coloro, coloro, da coloro.  Questo e quello mutano o in a e fassi el femminino singulare, e dicesi: questa e quella; e fassi il suo plurale: queste, di quelle, a quelle.  Lui, costui, colui, mutano u in e e fassi el singulare femminino, e dicesi: costei, lei, colei, di colei, ecc. In plurale hanno quella voce che e’ masculini, cioè: loro, coloro, costoro, di costoro, a costoro, ecc.  Vedesti come, simile a’ nomi propri, questi pronomi primitivi non hanno el primo articolo né anche el quarto. A questa similitudine fanno e’ pronomi derivativi, quando e’ sono subiunti a e’ propri nomi. Ma quando si giungono agli appellativi, si pronunziano co’ suoi articoli.  Derivativi pronomi sono questi, e declinansi così:  El mio, del mio, ecc., e plurale: e’ miei, de’ miei,ecc. El nostro, del nostro, ecc. E plurale: e’ nostri, de’ nostri, ecc. El tuo. Plurale: e’ tuoi. El vostro. Plurale: e’ vostri. El suo. E pluraliter: e’ suoi, ecc.  Mutasi, come a e’ nomi, l’ultima in a, e fassi el singulare femminino: qual a, converso in e, fassi el plurale, e dicesi: mia e mie; vostra, vostre; sua e sue.  In uso s’adropano questi pronomi non tutti a un modo.  E’ derivativi, giunti a questi nomi, padre, madre, fratello, zio, e simili, si pronunziano senza articolo, e dicesi: mio padre, nostra madre, e tuo zio, ecc.  Mi e me, ti e te, ci e noi, vi e voi, si e sé sono dativi insieme e accusativi, come di sopra gli vedesti notati. Ma hanno questo uso che, preposti al verbo, si dice mi, ti, ci, ecc.; come qui: e’ mi chiama; e’ ti vuole; que’ vi chieggono; io mi sto; e’ si crede.  Posposti al verbo, se a quel verbo sarà inanzi altro pronome o nome, si dirà come qui: io amo te, e voglio voi. [p. 183]  Si al verbo non sarà aggiunto inanzi altro nome o pronome, si dirà: -i, come qui: aspettaci, restaci, scrivetemi.  Lui e colui dimostrano persone, come dicendo: lui andò, colei venne.  Questo e quello serve a ogni dimostrazione, e dicesi: Questo essercito predò quella provincia, e: Questo Scipione superò quello Annibale.  E’ ed el, lo e la, le e gli, quali, giunti a’ nomi, sono articoli, quando si giungono a e’ verbi, diventano ·pronomi e significano quello, quella, quelle, ecc. E dicesi: Io la amai; Tu le biasimi; Chi gli vuole?  Ma di questi, egli ed e’ hanno significato singulare e plurale; e, preposti alla consonante, diremo e’, come qui: e’ fa bene; e’ corsono. E, preposti alla vocale, si giugne e’ e gli, e dicesi: egli andò; egli udivano.  E quando ⟨segue⟩ loro s preposta a una consonante, ancora diremo: egli spiega; egli stavano.  Potrei in questi pronomi essere prolisso, investigando più cose quali s’osservano, simili a queste:  Vi preposto a’ presenti singulari indicativi, d’una sillaba, si scrive in la prima e terza persona per due v, e simile in la seconda persona presente imperativa, come stavvi e vavvi; e ne’ verbi, d’una e di più sillabe, la prima singulare indicativa del futuro, come amerovvi, leggerovvi, darotti, adoperrocci, e simile. Ma forse di queste cose più particulari diremo altrove.    Sequitano e’ Verbi    Non ha la lingua toscana verbi passivi, in voce; ma, per esprimere el passivo, compone con questo verbo sono, sei, è, el participio preterito passivo tolto da e’ Latini, in questo modo: Io sono amato; Tu sei pregiato; Colei è odiata. E simile, si giugne a tutti e’ numeri e tempi e modi di questo verbo. Adonque lo porremo qui distinto. [p. 184]    Indicativo    Sono, sei, è. Plurale: siamo, sete, sono.  Ero, eri, era. Plurale: eravamo e savamo, eravate e savate, erano.  Fui, fusti, fu. Plurale: fumo, fusti, furono.  Ero, eri, era stato. Plurale: eravamo e savamo, eravate e savate, erano stati.  Sarò, sarai, sarà. Plurale: saremo, sarete, saranno.  Hanno e’ Toscani, in voce, uno preterito quasi testé, quale, in questo verbo, si dice cosi:  Sono, sei, è stato. Plurale: siamo, sete, sono stati.  E dicesi: Ieri fui ad Ostia; oggi sono stato a Tibuli.    Imperativo    Sie tu, sia lui. Plurale: siamo, siate, siano.  Sarai tu, sarà lui. Plurale: saremo, ecc.    Ottativo    Dio ch’io fussi, tu fussi, lui fusse. Plurale: fussimo, fussi, fussero.  Dio ch’io sia, sii, sia stato. Plurale: siamo, siate, siano stati.  Dio ch’io fussi, fusse stato. Plurale: fussimo, fussi, fussero stati.   Dio ch’io sia, sii, sia. Plurale: siamo, siate, siano.    Subientivo    Bench’io, tu, lui sia. Plurale: siamo, siate, siano.  Bench’io fussi, tu fussi, lui fusse. Plurale: fussimo, fussi, fussero.  Bench’io sia, sii, sia stato. Plurale: siamo, siate, siano stati. [p. 185]  Bench’io fussi, fussi, fusse stato. Plurale: fussimo, fussi, fussero stati.  Bench’io sarò, sarai, sarà stato. Plurale: saremo, sarete, saranno stati.  E usasi tutto l’indicativo di questo e d’ogni altro verbo, quasi s come subientivo, prepostovi qualche una di queste dizioni: se, quando, benché, e simili. E dicesi: bench’io fui; se e’ sono; quando e’ saranno.    Infinito   Essere, essere stato    Gerundio   Essendo    Participio   Essente  Dirassi adonque, per dimostrare el passivo: Io sono stato amato; fui pregiato; e sarò lodato; tu sei reverito.  Hanno e’ Toscani certo modo subientivo, in voce, non notato da e’ Latini; e parmi da nominarlo asseverativo, come questo: Sarei, saresti, sarebbe. Plurale: saremo, saresti, sarebbero.  E dirassi così: Stu fussi dotto, saresti pregiato. Se fussero amatori della patria, e’ sarebbero più felici.    Sequitano e’ verbi attivi    Le coniugazioni de’ verbi attivi in lingua toscana si formano dal gerundio latino, levatone le ultime tre ·lettere ndo, e quel che resta si fa terza persona singulare indicativa e presente. Ecco l’essemplo: amando, levane ndo, resta ama; scrivendo, resta scrive. [p. 186]  Sono adonque due coniugazioni: una che finisce in a, l’altra finisce in e.  Alla coniugazione in a, quello a si muta in o, e fassi la prima persona singulare indicativa e presente; e mutasi in i, e fassi la seconda; e così si forma tutto il verbo, come vedrai la similitudine qui, in questo esposto:    Indicativo  Amo, ami, ama. Plurale: amiamo, amate, amano.  Amavo, amavi, amava. Plurale: amavamo, amavate, amavano.  ⟨Amai, amasti, amò. Plurale: amamo, amasti, amarono⟩.  Ho, hai, ha amato. Plurale: abbiamo, avete, hanno amato.  Amerò, amerai, amerà. Plurale: ameremo, amerete, ameranno.  In questa lingua ogni verbo finisce in o la prima indicativa presente, e in questa coniugazione prima, finisce ancora in o la terza singulare indicativa del preterito.  Ma ècci differenza, ché quella del preterito fa el suo o longo, e quella del presente lo fa o breve.    Imperativo  Ama tu, ami lui. Plurale: amiamo, amate, amino.  Amerai tu, amerà colui. Plurale: ameremo, ecc.    Ottativo  Dio ch’io amassi, tu amassi, lui amasse. Plurale: Dio che noi amassimo, voi amassi, loro amassero.  Dio ch’io abbia, tu abbi, lui abbia amato. Plurale: Dio che noiu abbiamo, abbiate, abbino amato.  Dio ch’io avessi, tu avessi, lui avesse amato. Plurale: Dio che noi avessimo, avessi, avessero amato.  Dio ch’io, tu, lui ami. Plurale: amiamo, amiate, amino. [p. 187]    Subientivo  Bench’io, tu, lui ami. Plurale: amiamo, amiate, amino.  Bench’io, tu amassi, lui amasse. Plurale: amassimo, amassi, ⟨amasse⟩ro.  Bench’io abbia, abbi, abbia amato. Plurale: abbiamo, abbiate, abbino amato.  Bench’io avessi, tu avessi, lui avesse amato. Plurale: avessimo, avessi, avessero amato.  Bench’io arò, arai, arà amato. Plurale: aremo, arete, aranno amato.    Assertivo  Amerei, ameresti, amerebbe. Plurale: ameremo, ameresti, amerebbero.  Infinito  amare, avere amato.  Gerundio  Amando.  Indicativo  Amante.   Vedi come a e’ tempi testé perfetti e al futuro del subientivo mancano sue proprie voci, e per questo si composero simile a’ verbi passivi: el suo participio co’ tempi e voci di questo verbo ho, hai, ha.  Qual verbo, benché e’ sia della coniugazione in a, pur non sequita la regola e similitudine degli altri, però che egli è verbo d’una sillaba, e così tutti e’ monosillabi sono anormali. [p. 188]  Né troverrai in tutta la lingua toscana verbi monosillabi altri che questi sei: Do; Fo; Ho; Vo; Sto; Tro. Porremogli adonque qui sotto distinti.  Ma, per esser breve, notiamo che e’ sono insieme dissimili ne e’ preteriti perfetti indicativi, e ne’ singulari degli imperativi, e nel singulare del futuro ottativo, ne’ quali e’ fanno così:  Do: diedi, desti, dette. Plurale: demo, desti, dettero.  Fo: feci, facesti, fece. Plurale: facemo, facesti, fecero.  Ho: ebbi, avesti, ebbe. Plurale: avemo, avesti, ebbero.  Vo: andai, andasti, andò. Plurale: andamo, andasti, andarono.  Sto: stetti, stesti, stette. Plurale: stemo, stesti, stettero.  Tro: tretti, traesti, trette. Plurale: traemo, traesti, trettero.  In tutti e’ verbi, come fa la seconda persona singulare del preterito, così fa la seconda sua plurale; come amasti, desti, leggesti.  Do: da tu, dia lui.  Fo: fa tu, faccia lui.  Ho: abbi tu, abbia lui.  Vo: va tu, vada lui.  Sto: sta tu, stia lui.    Tro: tra tu, tria lui.  Do: Dio ch’io dia, tu dia, lui dia.  Fo: faccia, facci, faccia.  Ho: abbia, abbi, abbia.  Vo: vada, vadi, vada.  Sto: stia, stii, stia.  Tro: tragga, tragghi, tragga.    Sequita la coniugazione in e.  Questa si forma simile alla coniugazione in a. Mutasi quello e in o, e fassi la prima presente indicativa. Mutasi in i, e fassi la [p. 189]seconda, come qui: leggente e scrivente, levatone nte, resta legge, scrive; onde si fa leggo, leggi, leggeva, leggerò, ecc. Solo varia dalla coniugazione in a in que’ luoghi dove variano e’ monosillabi. Ma questa coniugazione in evaria in più modi, benché comune faccia e’ preteriti perfetti indicativi in -ssi, per due s, come: leggo, lessi; scrivo, scrissi. Ma que’ verbi che finiscono in -scofanno e’ preteriti in -ii per due i, come esco, uscii; ardisco, ardii; anighittisco, anighittii. Ma, per più suavità, nella lingua toscana non si pronunziano due iunte vocali. Da questi verbi si eccettuano cresco ed e’ suoi compositi, rincresco, accresco, e simili, quali finiscono, a’ preteriti perfetti, in -bbi, come crebbi, rincrebbi.  Item, nasco fa nacqui, e conosco fa conobbi. E que’ verbi che finiscono in mo fanno e’ preteriti in -etti, come premo, premetti; e quei che finiscono in dofanno e’ preteriti in -si, per uno s, come ardo, arsi; spargo, sparsi; eccetto vedo fa vidi; odo, udi’; cado, caddi; godo, godei e godetti. E quegli che finiscono in ndo fanno preteriti -si, per uno s: prendo, presi; rispondo, risposi; eccetto vendo fa vendei e vendetti.  Sonci di queste regole forse altre eccezioni, ma per ora basti questo principio di tanta cosa. Chi che sia, a cui diletterà ornare la patria nostra, aggiugnerà qui quello che ci manchi.  Dicemo de’ preteriti, resta a dire degli altri.  Imperativo  Leggi tu, legga colui.    Ottativo  Futuro singulare: Dio ch’io scriva, tu scriva, lui scriva. E così fanno tutti. Verbi impersonali si formano della terza persona del verbo attivo in tutti e’ modi e tempi, giuntavi si, come: amasi, leggevasi, scrivasi. Ma questo si suole trasporlo innanzi al verbo, giuntovi e’, e dicesi: e’ si legge; e’ si corre; e massime nell’ottativo e [p. 190]subientivo sempre si prepone, e dicesi: Dio che e’ s’ami; quando e’ si leggerà, e simile.  sequitano le preposizioni    Di queste alcune non caggiono in composizione, e sono queste: oltre, sino, dietro, doppo, presso, verso, ’nanzi, fuori, circa.  Preposizioni che caggiono in composizione e ancora s’adoperano seiunte, sono di una sillaba o di più.  D’una sillaba sono queste:  De: de’ nostri; detrattori. Ad: ad altri; admiratori. Con: con certi; conservatori. Per: per tutti; pertinace. Di: di tanti; diminuti. In: in casa; importati. Di, preposto allo infinito, ha significato quasi come a’ Latini ut. E dicono: Io mi sforzo d’essere amato.  Quelle de più sillabe sono queste:  Sotto sottoposto Sopra sopraposto e dicesi Entro entromesso Contro contraposto Preposizioni quali s’adoperano solo in composizione: Re, sub, ob, se, am, tras, ab, dis, ex, pre, circum; onde si dice: trasposi e circumspetto.    Sequitano gli avverbi    Per e’ tempi, si dice: oggi, testé, ora, ieri, crai, tardi, omai, già, allora, prima, poi, mai, sempre, presto, subito. [p. 191]  Per e’ luoghi, si dice: costì, colà, altrove, indi, entro, fuori, circa, quinci, costinci, e qui e ci, e ivi e vi. Onde si dice: Io voglio starci, io ci starò, pro qui; e verrovvi e io vi starò, pro ivi.  Pelle cose, si dice: assai, molto, poco, più, meno.  Negando, si dice: nulla, no, niente, né.  Affirmando, si dice: sì, anzi, certo, alla fe’.  Domandando, si dice: perché, onde, quando, come, quanto.  Dubitando: forse.  Narrando, si dice: insieme, pari, come, quasi, così, bene, male, peggio, meglio, ottime, pessime, tale, tanto.  Usa la lingua toscana questi avverbi, in luogo di nomi, giuntavi l’articolo, e dice: el bene, del bene, ecc.; qual cosa ella ancora fa degli infiniti, e dicono: el leggere, del leggere.  Ma a più nomi, pronomi e infiniti giunti insieme, solo in principio della loro coniunzione usa preporre non più che uno articolo, e dicesi: el tuo buono amare mi piace.  Item, a similitudine della lingua gallica, piglia el Toscano e’ nomi singulari femminini adiettivi e aggiungevi -mente, e usagli per avverbi, come saviamente, bellamente, magramente.    Interiezioni    Sono queste: hen, hei, ha, o, hau, ma, do.    Coniunzioni    Sono queste: mentre, perché, senza, se, però, benché, certo, adonque, ancora, ma, come, e, né, o, segi (sic).  E congiunge; né disiunge; o divide; senza si lega solo a’ nomi e agli infiniti. E dicesi: senza più scrivere; tu e io studieremo; che né lui né lei siano indotti; o piaccia o dispiaccia questa mia invenzione.  E questo ne ha vario significato e vario uso. Se si prepone simplice a’ nomi, a’ verbi, a’ pronomi, significa negazione, come [p. 192]qui: né tu né io meritiamo invidia. E significa in; ma, aggiuntovi t, serve a’ singulari masculini e femminini; e senza l, serve a’ plurali quali comincino da consonante. A tutti gli altri plurali, masculini e femminini si dice nel-; e quando s sarà preposta alla consonante, pur si dice: nello spazzo, nelle camere, ne’ letti, nello essercito di Dario, negli orti.  E questo ne, se sarà subiunto a nome o al pronome, significa di qui, di questo, di quello, secondo che l’altre dizioni vi si adatteranno, come chi dice: Cesare ne va, Pompeio ne viene.  E questo ne, posposto al verbo, sarà o doppo a monosillabi o doppo a quei di più sillabe; e più, o significa interrogazione o affirmazione o precetto. Adonque, doppo l’indicativo monosillabo, la interrogazione si scrive, in la prima e terza persona, per due n, la seconda per uno n, come, interrogando, si dice: vonne io? va’ ne tu? vanne colui? Nello imperativo si scrive la seconda per due n, e dicesi: vanne, danne. La terza si scrive per uno, e dicesi: diane lui, traggane. E questi monosillabi, la prima indicativa presente, affirmando, si scrive per due n, e dicono: fonne, vonne, honne.  Se sarà el verbo di più sillabe, la interrogazione e affirmazione si scrive per uno n in tutti e’ tempi, eccetto la affirmazione in lo futuro, quale si scrive per due n, come dicendo: portera’ ne tu? porteronne. E questo sino qui detto s’intenda per e’ singulari, però che a’ plurali si scrive quello ne sempre per uno n, come andiamone.  Non mi stendo negli altri simili usi a questi. Basti quinci intendere e’ principi d’investigare lo avanzo.  E’ vizi del favellare in ogni lingua sono o quando s’introducono alle cose nuovi nomi,o quando gli usitati si adoperano male. Adoperanosi male, discordando persone e tempi, come chi dicesse:  tu ieri andaremo alla mercati. E adoperanosi male usandogli in altro significato alieno, come chi dice: processione pro possessione.  Introduconsi nuovi nomi o in tutto alieni e incogniti o in qualunque parte mutati.  Alieni sono in Toscana più nomi barberi, lasciativi da gente Germana, quale più tempo militò in Italia, come elm, vulasc, [p. 193]sacoman, bandier, e simili. In qualche parte mutati saranno quando alle dizioni s’aggiungerà o minuirà qualche lettera, come chi dicesse: paire pro patre, e maire pro matre. E mutati saranno come chi dicesse: replubica pro republica, e occusfato pro offuscato; e quando si ponesse una lettera per un’altra, come chi dicesse: aldisco pro ardisco, inimisi, pro inimici.  Molto studia la lingua toscana d’essere breve ed espedita, e per questo scorre non raro in qualche nuova figura, qual sente di vizio. Ma questi vizi in alcune dizioni e prolazioni rendono la lingua più atta, come chi, diminuendo, dice spirto pro spirito; e massime l’ultima vocale, e dice papi, e Zanobi pro Zanobio; credon far quel bene. Onde s’usa che a tutti gl’infiniti, quando loro segue alcuno pronome in i, allora si getta l’ultima vocale e dicesi: farti, amarvi, starei, ecc.  E, mutando lettere, dicono mie pro mio e mia, chieggo pro chiedo, paio pro paro, inchiuso pro incluso, chiave pro clave. E, aggiugnendo, dice vuolepro vole, scuola pro scola, cielo pro celo.  E, in tutto troncando le dizioni, dice vi pro quivi, e similiter, stievi pro stia ivi.  Si questo questo nostro opuscolo sarà tanto grato a chi mi leggerà, quanto fu laborioso a me el congettarlo, certo mi diletterà averlo promulgato, tanto quanto mi dilettava investigare e raccorre queste cose, a mio iudizio, degne e da pregiarle.  Laudo Dio che in la nostra lingua abbiamo omai e’ primi principi: di quello ch’io al tutto mi disfidava potere assequire.  Cittadini miei, pregavi, se presso di voi hanno luogo le mie fatighe, abbiate a grado questo animo mio, cupido di onorare la patria nostra. E insieme, piacciavi emendarmi più che biasimarmi, se in parte alcuna ci vedete errore.

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