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Sunday, August 22, 2021

Grice e Buonafede: La filosofia romana antica

 Il genio bellicoso di Romolo ammansato un poco dalla pacifica Egeria , che era il Genio di Numa nella signoria dei seguenti Regoli di Roma tornò alla primiera ferocità. Nè altraroenle potea inter venire in una città e in un popolo composto di uo mini violenti e perturbatori, e per delitti e per ti mor delle pene fuggitivi dalle lor terre, e riparati nella nascente ciltà come nell'asilo delle scellerag gini; i quali assuefatti al sangue e alla rapina, se fosser mancate guerre esteriori, avrebbero infero cito contro le viscere della lor medesima società. Perchè fu mestieri esercitarli senza riposo in im prese e rubamenti perpetui ; e questa che parve prima necessità , divenne appresso costume, e fu l'origine primaria della grandezza romana. Un po polo così funestamente educato non potea esser amico di alcuna filosofia : e veramente, come alcuna volta si offersero le opportunità d'introdurla , con molta ruvidezza la impedirono per timore che non ammollisse l'austerità militare , e non traviasse la gioventù romana dalla usurpazione del mondo. Nel ( 1 ) J. Brucker 1. c. 9 QUARANTESIMOTTAVO 289 campo d'un uom consolare furon trovati sotterra alcuni manoscritti di filosofia attribuiti a Numa , e il pretore comandò risolutamente che fossero ab bruciati ( 1 ) . Un altro pretore per consultazione del senato, e poco dopo anche i censori dichiararono, non piacere che soggiornassero nella città certi fi losofi e retori maestri d'un nuovo genere di disci pline diverse dalla consuetudine e dal costume de' maggiori; per la qual novità i romani giovani in torpidivano (2). Questo avvenne intorno al fine del sesto secolo dalla fondazione di Roma nel conso lato di C. Fannio Strabone e di M. Valerio Mes sala ; ed è ben degno di considerazione che quei grand' uomini avean già messa ad effetto gran parte del lor latrocinio, e la filosofia era ancora un nuovo genere di disciplina contrario alle loro consuctu dini. In quel torno medesimo , e non so bene se poco prima o poco dopo , accadde quella famosa ambasceria ateniese de' tre filosofi Carneade, Dio gene e Critolao ( 3) . Gli Ateniesi avendo saccheg giata Oropo città della Beozia , furono dai Sicioni con l'autorità de' Romani condannati in cinquecento talenti. Ma questa multa sembrando soperchia, spe dirono a Roma i prefati filosofi per ottener condi zioni più sopportabili. Nella dimora e nella espet tazione di essere ascoltati dal senato, tennero dotte assemblee nei cospicui luoghi di Roma, e ostenta rono dottrina incoguita ed eloquenza inaudita alle orecchie romane; e Critolao la us) erudita e roton da , Diogene modesta e sobria , Carueade violenta e rapida: ma comechè ognunoottenesse gran lode, l'Accademico sopra tutti risvegliò le meraviglie inu ( 1 ) Plinio lib . III , cap . 12. ( 2) A Gellio Noc. Att. lib. XV, cap. 2. ( 3) Vedi presso P. Bayle (artic. Carneade, nol . N) i litigj in torno a quest'epoca. BUONAFEDE. Ist. Filos. Vol. II. 19 290 CAPITOLO > sitate e fino i furori pubblici, massimamente della gioventù, che dimentica de' piaceri fu rapita quasi fanatica dalla nuova filosofia ( 1 ) . E convien certo che molto singolar cosa fosse questa eloquenza di Carneade , mentre fu detto che ora a guisa d'un fiume incitato e rapace sforzava e svelleva ogni cosa e seco rapiva luditore con grande strepito , e ora dilettando lo imprigionava , e per una parte manifestamente predando, e per un'altra rubando nascostamente, o con laforza o con la frode vin cea gli animi più preparati a resistere ( 2). Ma ciò che maggiormente rileva, da Cicerone medesimo , maestro tanto eccellente di queste cose , fu detto che avrebbe pure desiderato di possedere la divina celerità d'ingegno e l'incredibil forza di dire e la copia e la varietà di Carneade , il quale in quelle sue disputazioni niuna sentenza difese che non pro vasse, niuna oppugnò che non mettesse a compiuta ruina (3) . Consapevole di queste sue vittoriose vee menze, ardì, stabilita la giustizia in un giorno con molto copiosa orazione, distruggerla in un altro alla presenza di Galba e di Catonemaggiore,in quella età oratori grandi alla maniera romana. Lattanzio ci serbd in poche parole la sostanza di questa con futazione della giustizia. Carneade la divise in ci vile e naturale, e l'una e l'altra mise a niente; per chè la civile è prudenza, non è giustizia; la natu rale è giustizia , non è prudenza . Quella si varia secondo i tempi e i luoghi, e ogni popolo l'attem pera a suo comodo: questa è una inclinazione verso l'utilità che la natura infuse in ogni animale , alla quale chi volesse ubbidire incorrerebbe in mille fro in ( 1 ) Pausania lıb. VII. Plutarco in CatopeMajore.A. Gellio lib . VII, cap. 14. Macrobio Saturnal. lib . I , cap. 5 . (2) Numenio presso Eusebio Praep. Ev. lib. IV, сар. 8. (3 ) Cicerone De Oratore lib. II, 38; III, 18 . A QUARANTESIMOTTAVO 291 di. Moltissimi esempi dimostrano cosiffatta essere la condizione degli uomini, che volendo essere giu sti, sono imprudenti e stolti; e volendo essere pru denti e avveduti, sono ingiusti: laonde non può concedersi una giustizia che è inseparabile dalla stoltezza. Nel quale proposito trascorse in queste parole abborrite dai conquistatori: Se i popoli fio renti persignoria e i Romani oggimai possessori del mondo volessero esser giusti restituendo l'al trui , dovrebbono ritornare alle capanne e giacere nella miseria ( 1 ) . Cicerone , che molto avca medi tate queste e più altre difficoltà di Carneade, le trascorse senza risposta ( 2) ; e altrove avendo sta tuito un diritto naturale indipendente dalle istitu zioni degli uomini , prega l'Accademia e Arcesila e Carneade a volersi tacere, perchè assalendo queste ragioni, indurrebbono grandi ruine ; e desidera ben nolto di placar tali uomini, non ardisce rispinger li ( 3) . Ma M. Porzio Catone censore , uon di ri gida innocenza e di antichi costumi e di senatoria e militare austerità ( per le quali virtù cra già uata e crescea la grandezza di Roma ), udite queste am bigue e scandalose orazioni , e veduti i furori della gioventù romana, e considerate le conseguenze fu neste alla fortuna della repubblica, le quali poteano sorgere da quella molle e licenziosa filosofia , pre stamente e fortemente dimostrò nel senato che non era bene sopportare più a lungo nella città quegli ambasciatori filosofi che persuadevano quanto loro piacea , e confondeano il vero col falso , e aliena vano dalla robusta e antica istituzione la gioventù ; (1) Lallanzio lib. V, cap. 14 , 16. V. P. Bay le l . c. G, H, et art• Porcius, H. ( 2) Cicerone De Repub. presso S. Agostino De Civ. Dei lib. II, cap. 21, e Lallanzio I. c . (3) Cicerone De Legib. lib. I. 292 CAPITOLO e quindi era mestieri conoscere e risolvere di quella legazione , e tosto rimandando gli ambasciatori ad istruire i fanciulli di Grecia , ricondurre i giovani romani ad ascoltar come dianzi i maestrati e le leg gi ( 1). Di questo modo Catone parlo , e gli amba sciatori furono congedati. Non è però che questo Catone fosse nimico del sapere , mentre è noto per la istoria ch' egli in gioventù militando a Taranto ascolto volentieri da certo suo ospite pitagorico dottrine contrarie alla voluttà , e crebbe nell'amore della frugalità e della continenza : indi in età più matura fu interprete delle leggi , e difensore e ac cusatore instancabile del Foro , e scrittore di ora zioni e di cose rustiche e delle origini romane ; nelle quali opere mostrò copia e gravità di dottrina; e , in breve, tutta la sua lunghissima vita distribuì tra la milizia e tra le leggi e le lettere, e tra la più austera pratica della virtù e la persecuzione più vio lenta de vizj ( 2 ) . Onde fu delto che le sue guerre perpetue contro i malvagi costumi non erano alla repubblica meno utili delle vittorie di Scipione con tro i nimici ( 3 ) . Il perchè non credo io già ch'egli per odio di Carneade o per altra malevolenza ab- ' borrisse la filosofia greca ; ma piuttosto perchè la militare e severa indole di Roma ne ' suoi dì così domandava , e perchè l'esempio di Grecia ammol lita e scaduta in mezzo a tanto lusso di filosofia forse lo spaventava . E siccoine egli era per natura inclinato all'eccesso de' rigori, parlava forse più for lemente che non sentiva ; e nella guisa che esage rando dicea che le adultere erano avvelenatrici de ' loro mariti ( 4 ) , e che tutti i medici greci erano da 1 ( 1 ) Plinio lib . VII , cap . 30. Plutarco in Calone . ( 2 ) Cicerone de Ci. Or . 17. Tito Livio lib . XXXIX , 41. C. Ni pole Frag. Vitae Catonis . Plutarco I. c . ( 3 ) Seneca Ep. 87 ( 4 ) Quintiliano lib . V , II . QUA RANTESIMOTTAVO 293 A fuggirsi, dacchè aveano giurato di uccidere tutti i Barbari e quindi anche i Romani (1); così per av ventura ingrandiva gli abborrimenti di tutta la 6 losofia de Greci, e dicea a suo figliuolo : Pensa che io parli da vate : indocile ed iniquissima è la ge nerazione de' Greci. Quando avverrà che quella gente a noi dia le sue lettere, saremo tutti corrotti e perduti ( 2). Di queste sue amplificazioni, oltre il suo amore per la disciplina pitagorica, paò essere argomento lo studio ch' egli mise negli scrittori e nelle lettere greche non solamente nella sua grave età , quando le meditò avidamente , come chi vuole estinguere una lunga sete, ma nella sua pretura di Sardegna, e ancor prima ; poichè, per testimonianza di Plutarco , egli in età di quarantacinque anni parlo agli Ateniesi per un interprete , ma potea parlar greco , se avesse voluto, e i suoi libri erano ornati e ricchi di opinioni, di esempi e di istorie prese da' greci fonti, e di sentenze morali tradotte fedelmente dal greco ( 3). Da questi riscontri io deduco che Catone disprezzando i Greci in pubblico e leggendoli in privato, non era veramente tanto nimico loro quanto ostentava; e che meditando egli e usando ne' suoi componimenti le opinioni greche, è chiaro che vi erano dunque in Roma i libri greci, e che non erano incognite le greche opinioni a quella età, e quindi prima della ambasciata de tre filosofi vi era tra i Romani qualche tintura di greca filosofia. Frattanto Furio, Lelio, Scipione e altri di genti patrizie furon del numero di que' giovani accesi dell'amore delle dottrine greche, i quali venuti a matura età e assunti al comando degli eserciti che soggiogavan la Grecia, ( 1 ) Plinio lib . XXIX , cap. 1 . (2) Plinio I. c. Plutarco I. c. (3) Cicerone De Senectute 1 , 8. Val. Massimo lib. VIII, cap. 1o . Plutarco I. c. Aurelio Vittore De Viris Illustr. ! I 294 CAPITOLO e al governo delle provincie conquistate, ebbero agio di veder da vicino e di ascoltare i valenti uomini e i filosofi greci , coi quali strinsero dimestichezza, e vollero finanche averli compagni nelle lor case, nei viaggi e nelle inedesime spedizioni militari. Così leg giamo che Scipione Africano volle aver seco assidua mente in casa e nella milizia insiem con Polibio, isto rico singolare e grande uomo di Stato e di guerra , anche Panezio filosofo stoico . Era questi un Rodiano ingenuo e grave, il quale salito ai primi luoghi del Portico , oltre alcun altro componimento , scrisse i libri lodatissimi degli Uffizi secondo quella disci plina; ma non gli piacque la stoica divinazione e l'apatia, e le spine della disputa e l'asprezza delle parole e l'orror de costumi ; e più gentilmente e umanamente fiolsofò, non così legandosi a Zenone e quegli altri , che non amasse anche Aristotele e Senocrate e Teofrasto e Dicearco, e non ammirasse Platone come divino e sapientissimo' e santissimo e come l'Omero de' filosofi , sebben quella sua or poetica, or ambigua immortalità degli animi non gli tornasse a grado. Fu dunque Panezio uno Stoico modeslo è libero e degno della famigliarità di Sci pione , il quale erudito in questa temperata stoica dottrina fu mansuetissimo ed umanissimo; e ripar lendo la sua vita tra la milizia e la filosofia , sali per fama di valore e di lettere fra i massimi am plificatori della gloria di Roma ( 1). Ad illustre ed esimia indole aggiungendo la ragione e la dottrina, e assiduamente conversando col medesimo Panezio e con Diogene stoico e con altri eruditissimi uo mini greci, furono in compagnia di Scipione pre ( 1 ) Cicerone Acad. Quaest. lib . II, 33; DeFin. lib . I , 2 , et IV, 9, 28 ; De Off. lib. II, 14 ; 111, 2 ; Tusc. Disp. lib . I, 32; De Div. lib. I , 3 , 7 ; 11 , 42 ; Or. pro Murena 33 ; De Or. lib. III; De Nat. Deor. lib . I , II. A. Gellio Noc. Att . lib. XII, 5. Suida v. Panaetius. ! QUARANTESI MOTTAVO 295 clari e singolari per modestia e per continenza L. Furio e C. Lelio cognominato Sapiente ( 1 ) . Si acco starono a Panezio e a questi medesimi studj L. Fi lippo e C. Gallo e P. Rulilio e M.Scauro e Q. Tube rone e Q. Muzio Scevola , e altri soinmi uomini nella repubblica, e massimamente i giureconsulti ( 2 ); i quali invitati da tanta luce di esempi e dalla ma gnificenza e dal metodo della stoica morale , pen sarono che niun'altra potesse congiungersi più co modamente alla giureprudenza romana. In queste narrazioni è facile a vedersi che la stoica filosofia entrò la prima in Roma con molto nobil fortuna ; e quantunque Carneade esoltasse sopra i compagni suoi, quando non però si ebbe a prender partito , quei medesimi che lo aveano ascoltato con tanto furore, si rivolsero alla stoica disciplina; la quale benché non possa mostrar tra i Romani una suc cessione continua di maestri e grande strepito di scuole e di libri, mostra indizi cospicui della rive renza in cui era tenuta e; tra gli altri il grande Pom peo, che approdato a Rodi volle ascoltar Possido nio da Apamea stoico di primo nome, che tedra in quella Isola , e recatosi alla sua casa, vietò prima che il littore percotesse la porta, e per som ma testificazione d'onore comando che si abbas sassero i fasci; indi entrato , vide Possidonio gia cere gravemente per dolori in tutta la persona, e salutatolo con onorifiche parole gli disse,molto mo lesto essergli per quella sua malattia non potere ascoltarlo. Ma tu veramente puoi , rispose Possi donio, nè io concederò mai che il dolore fuccia che 5 avea cat ( 1 ) Cicerone De Or. II ; De Fiv. II ; Or. pro Archia. (2) Cicerone Or. pro Murena ; De Or. Il ; in Bruto 30, 31. V. Vincenzo Gravina De Or. Juris cap. 57 , 59; Giovanni Schiltero Manud. Phil. Moralis ad Jurispr. cap. 1, 3 ; D. Westphal De Stoa Juriscon. Rom.; Everardo Ollone De Stoica Juriscons.Philosophia . 296 CAPITOLO 1 un tanto uomo sia venuto indarno a vedermi. E così giacendo disputò gravemente e copiosamente , che niente era buono , salvo l'onesto . Eiotanto ardendo pure come per fiaccole il dolore, spesso dicea : Niente fai, o dolore: sebbene tu sia molesto, io non confes serò mai che tu sia male . Pompeo si congedò richie dendo il filosofo se niente volesse ordinargli, ed egli rispose: Rem gere praeclare, atque aliis prestare me mento ( 1 ) . Cicerone poi lo ascolto come scolare ( 2 ) ; e M. Marcello si tenne in grande onore di condurlo a Roma ( 3 ) , ove fu in altissima estimazione per li suoi libri della Natura deglº Iddii, degli Uffizj, della Di vinazione, e per altre nobili scritture che andarono a male ( 4 ); e poichè era cultor non vulgare dell'astro nomia , ebbe gran lode nella composizione di quella sua sfera , la quale in ognuna delle sue conversioni rappresentava nel sole , nella luna e ne' pianeti quello che si fa in cielo nel giorno e nella notte ( 5 ) . Pos sidonio adunque dopo Panezio fu ornamento grande e propagator sommo della fortuna stoica tra i Ro mani . Altri Greci di minor nome sostennero la me desima fatica, e accompagnarono e ammaestrarono altri Romani, che molto si dilettarono di quella di sciplina; e tra questi non è giusto tacere di Q. Lucilio Balbo , divenuto stoico eguale ai Greci medesimi, cosicchè Cicerone nei Dialoghi della Natura degl'Id dii gli diede a sostenere le parti della stoica teologia. Ma niuno tra i Romani , nè forse pure tra i Greci agguaglid la persuasione , la pratica e la costanza stoica di Catone Ulicense , onde ottenne da Cice ( 1 ) Cicerone Tusc.Disp. lib . II , 25. Plinio Juniore Ep . lib . VI , 30. ( 2 ) De Nat . Deor . lib . 1 , 3 . ( 3 ) Suida v . Possidonius. Aleneo ( lib . XIV ) lo dice famigliare di Scipione domator di Cartagine ; ma è anacronismo . ( 4 ) Cicerone DeDiv . lib. I , 3 ; De Nat . Deor . lib . I,44 ; ad Att . XVI , ep . 11 ; De Off. lib . I , 45 . ( 5 ) Cicerone De Nat . Deor . lib . II , 34 . QUARANTESIMOTTAVO 297 rone il nome di Stoico perfetto , che in tanti uo mini di quel genere ricordati e variamente lodati nelle sue opere non avea saputo ancora concedere a veruno (1 ). E di vero parve che la natura mede sima si dilettasse ad organizzare in quest'uomo uno Stoico singolare; perciocchè è fama che fino dalla puerizia con la voce e col volto mostrò ingegno se rio , rigido , intrepido , inflessibile alle lusinghe e alle minacce , e fin d'allora spirante immobilità nell'amor della patria . Ma fatto adulto ebbe famigliari e mae stri Antipatro Tirio e Atenodoro Cordilione, uom solitario e alieno dai rumori e dalle corti ; e dap poi tende sempre dimestichezza con altri filosofi stoici , e con la forza della istituzione confermo ed accrebbe la natura già molto propensa , e non per la disputa , ma per la vita fu Stoico . Éntrato nei maestrati della repubblica e negli strepiti del Foro e della milizia , usò tal forma di parlare e divive re , che le meraviglie furon grandissime di tutti i Romani, massimamente che di quei dì oramai era mutata e corrotta ogni cosa . Con una voce la cui intensione e forza era inesausta , parlava al popolo e al senato non eleganze e novità , ma ragioni giu ste , piane , brevi, severe e degne della stoica di sciplina e di Catone . Le usanze sue non eran dis simili dalle parole , e con forti esercitazioni si ad destrava a sostenere il calore e la neve col capo ignudo , e a viaggiare a piedi in ogni stagione . Nella, guerra civile in mezzo alla militare licenza fu tem perante , e combatté con fortezza congiunta a pru denza , e ottenne lodi e onori , che rifiutò. Eletto tribuno de' soldati per la Macedonia , fu simile ai soldati nelle fatiche; ma nella grandezza dell'animo e nella forza dell' eloquenza fu maggiore di tutti i $ ( 1 ) Cicerone Praef. ad Parad . Strabone lib . VII , XI , XIV . 298 CAPITOLO + capitani. Visild l'Asia per conoscer l'indole di quelle terre e i costumi degli uomini , e per conquistare il solitario stoico Atenodoro Cordilione, che riputò la più ricca di tutte le prede . Ritornato a Roma , di vise il suo tempo tra Atenodoro e la repubblica . Non curd di esser questore prima di aver cono sciute a fondo tutte le leggi questorie ; e in quel maestrato corrotto pessimamente tante cose mutò per la giustizia e per la salute della repubblica, che nell'amore della giustizia e della temperanza fu te nuto maggiore di tutti i Romani. Nel senato fa sem pre il primo a venire e l'ultimo a ritirarsi . Dalla sua solitudine di Lucania , ove si era raccolto per viver tranquillamente tra i libri e i suoi filosofi, de siderò il tribunato della plebe unicamente per re sistere ai magnati prepotenti, e in questa ardua con tenzione dimostrò giustizia , fede , candore , magna nimità ; a segno che Cicerone con molta licenza di giuochi agitando lo stoicisino di Catone nella causa di Murena , incorse il biasimo di rettorica dissolu tezza ; di che però l'uomo apato non si commosse per niente , e solamente ammonì un poco il licen zioso giuocatore con quelle brevi ma significanti parole : Bioni Iddii ! Noi abbiam pure il ridicolo Console ; e poi nella congiurazione Catilinaria vi gilantemente lo soccorse, come amico di lui e della repubblica . Ma si accrebbero fuor d'ogni termine de invidie , le emulazioni e le violenze de' cittadini potenti , e i consigli di perder la patria e la libertà preponderarono ad ogni virtù . Catone resistè for leinente ; e mentre altri erano Pompejani e altri Cesariani , egli perseverò ad esser repubblicano. Si attenne poi a Pompeocome a male minore, e guer reggiò e parlò da grande soldato e da filosofo. Dopo la battaglia farsalica, nella successione continua delle disgrazie e nella ruina di tutte le cose si ripard ad QUARANTESIMOTTAVO 299 Utica , disse ai suoi che provvedessero a sè mede simi con la fuga o con altri consigli , entrò nel ba gno , e poi cenò e bevve lietamente e disputò co ' suoi filosofi , e sostenne , il solo sapiente esser li bero. Coricatosi lesse due volte il Fedone , dormi ancora , e svegliato si uccise (1). Con molta prolis sità si è voluto disputare delle cagioni del suicidio di Catone ; il che secondo il pensier mio si è fatto assai vanamente ( 2) ; perocchè dalle cose fin qui rac contate si conosce, senza bisogno di tante dispu tazioni , che il nimico alle porte, la dignità e la li bertà perduta , la speranza del fine de' mali pre senti e del riposo futuro , e il sistema e il costume stoico e romano furono le cagioni palesi di quel suicidio. A queste cagioni fu aggiunta la trasfusione degli animi nell'anima del mondo, ossia Iddio im merso necessariamente e indivisibilmente nella ma teria; il che fu raccolto non solamente dalla indole del sistema stoico , ma da quelle parole che Luca nio prestò a Catone : Iupiter est quodcumque vi des , quocumque moveris ( 3) , per cui il prode Col lin allogó Catone tra i Panteisti (4 ). Ma perchè quel verso può essere più del poeta che di Catone, e perchè posto ancora che sia di questi , può aver senso che Iddio è presente per tutto, e in fine per chè la teologia stoica non è così empia come al cuni immaginarono, secondochè dianzi abbiam det to , perciò non possiamo acconsentire al Panteismo di Catone. Sebben fosse propizia e luminosa , così come si (1) CiceroneOrat. pro Murena; Paradox. I. Plutarco in M. Ca tone Uticensi. Seneca Ep. 14 , 24 , 95; et De Provid. ( 2) Lätlanzio lib. III , c. 18. Siollio Hist. Ph. mor. Gentil. $ 177. J, Brucker De Phil. Romanor. S XXIII. (3) Phars. lib. IX, 580. De la liberté de penser. G. F. Buddeo De l'Ath . et de la superst. cap. J , $ 22. J. Brucker I. c. 300 CAPITOLO j 1 è divisato , la fortuna della scuola stoica tra i Ro . mani ; tulta volta non è da pensarsi che ad altre sette mancassero affatto gli amici ; che anzi alcuni furono che indifferentemente estimaron tutte le scuo le , e quelle parti preser da esse , che più sembra ron concordi a certe forme di verità , a cui avean l'animo assuefatto . Così L. Licinio Lucullo nella Grecia e nell ' Asia , mentre sostenea il peso del go verno de' popoli e mentre vincea Tigrane e Mitri date , coltivava le buone lettere e conversava coi filosofi greci; e dappoichè ebbe trionfato , mise a guadagno le ricchezze predate , e dai inilitari pec cati raccolse piaceri e felicità . Si congedd dai tur bamenti della guerra e della repubblica , e tutto ri . volto a pensieri di riposo edificò ville e palagi di meraviglioso lavoro e d ' incredibil magnificenza , e intese a pranzi e a cene e ad ogni guisa di ame nità , di eleganza e di delizia ; nelle quali mollezze se tra le acclamazioni degli uomini dilicati incorse ne' biasimi degli animi austeri , certamente ottenne l'applauso di tutti , allorchè di tanto amò la filo sofia, che raccolta a gran costo insigne copia di li bri compose una biblioteca di pubblico uso , e edi ficd stanze e portici e scuole , e le dedicò in do micilio delle Muse e della pace e in ospizio dei greci maestri , che fuggendo i tumulti di guerra si riparavano a Roma . Per questo egregio uso gli fu rono quasi perdonate e quasi rivolte a lode le ru berie della guerra. Egli dissimile da que' signori che prendono per sè il pensiere di comperare le biblio teche , e lasciano altrui il pensiere di leggerle , pose gran parte delle sue delizie ne' libri e nelle consué tudini coi dotti e filosofi uomini , e ascoltà ed esa mind ogni genere di filosofia , e molto ebbe in pre gio e in continua familiarità Antioco Ascalonita uom di robusto parlare e principe in quei giorni QUARANTESIMOTTAVO 301 1 1 della vecchia Accademia , il quale si argomentava a mettere in amicizia con lei gli Stoici e i Peripa tetici ; e a Lucullo piaceano questi pensieri: onde Cicerone , amico e lodatore magnifico di lui, nel Dialogo intitolato al suo nome gl'impose la difesa della vecchia Accademia ( 1 ) . Con questa magnifi cenza e splendore di esempi non solo la casa di Lucullo, ma Roma istessa fu quasi ripiena di filo sofi e d'imitatori, tra i quali altri si attennero al genio riconciliatore di Antioco, altri spaziarono nella libertà di Carneade , altri si accostarono ad altri greci maestri, e niuno in tanta copia d'ingegni elevati , di cui Roma egregiamente fioriva in quella età , seppe aspirare a nuovi principati nella filoso fia, mentre affettavano pure il principato istesso del mondo. Molti han fatto le meraviglie come i Ro mavi, così nimici di servitù e così avidi di signo ria, fossero poi tanto propensi a servire nella filo sotia, in cui agli eccelsi animi dee parer tanto bello il regnare. Ma non è meraviglia niúna che uomini intenti perpetuamente ad infinito dominio non aves ser ozio di componer nuovi sistemi, e volendo pure esser filosofi seguisser gli antichi per brevità . M. Giunio Bruto, nato verisimilmente dagli amori furtivi di Servilia e di Giulio Cesare, che percid molto lo amava e lo dicea figliuoli suo, venne a massimo nome nella istoria di Roma non solamente perchè fu tra i sommi repubblicani e tra quei fer rei uomini che nè per lusinghe di beni nè per ter rore di mali si piegano, e all onesto , al giusto è al vero sacrificano la gratitudine, i benefattori, i consanguinei e sestessi; ma perchè grandemente amò la filosofia , e quasi tutti i filosofi greci nella ( 1) Cicerone nel lib . II o IV Acad. Quaest. Lucullus. Plutarco in Lucullo. Svetopio in Julio 83. 302 CAPITOLO sila età rinomati ascolto , e tutte le sette conobbe , e si attenne poi alla vecchia Accademia , la mez zana e la nuova non molto approviendo, e fu anz miratore di Antioco , e Aristone di lui fratello ebbe compagno e domestico ( 1 ) . Per questi studi con in signe amore coltivati nella gravità immensa , quasi nella oppressione continua de civili e dei militari negozj e delle turbazioni e degli estremni pericoli , egli adornò la filosofia col sermone latino , talchè non rimase a desiderarsi altro dui Greci ( 2 ) ; e ol tre i componimenti di eloquenza e d'istoria , scrisse i libri della Virtù e degli Uffizj; ed è memoria che desse opera a cose letterarie fino in mezzo al mag gior émpito di guerra e in quella gran notte che andò innanzi alla battaglia farsalica.In questa con giunzione de' gravissimi affari e della filosofia e nel lo studio di tutti i filosofi greci Bruto imitò Lucul lo ; ma non volle già imitarlo nell'abbandonamento della repubblica e nel termine della dignità e della gloria tra i molli ozj e i senili piaceri; che anzi ainè meglio imitare Catone fratello di sua madre e a somiglianza di lui filosofò per la vita , ed ebbe animo grande e libero dalle cupidigie e dalle vo luttà , e tanto costante ed immobile nella fede e nell'amor della patria e nella sentenza dell'onesto e del giusto , che per difesa di questi principi non sentì ribrezzo di mettere il pugnale nelle viscere di Cesare suo benefattore e suo padre, e poi nella per dizione della libertà e di tutte le cose romane met terlo nelle sue viscere istesse ( 3 ) . Alcune belle qui stioni furono agitate in questi propositi. E prima ) ( 1 ) Cicerone De Cl . Oratoribus 97 ; Acad . Quaest. lib . I , 3 . Plutarco in Bruto . ( 2 ) Cicerone Acad . Quaest. I. c . ( 3) Cicerone Tusc. Disp . V , 1 ; De Fin . lib . III . Seneca Consol. ad Helviam 9 , e Ep . 95. Plutarco I. c . V. gli Storici Romani, QUARANTESIMOʻTTAVO 303 se Bruto malvagiamente facesse cospirando alla morte di Cesare; la quale investigazione richie dendo un diligente esame dei diritti e delle obbli gazioni di Cesare e di Roma; e una esatta idea del l'usurpatore e del tiranno, e dei doveri e de' limiti del patrizio e del cittadino non può esser nè breve nè affaccevole al nostro istituto . In secondo luo go, se Bruto possa essere escusato allorchè nella ruina della buona causa giunto al mal passo di uc cidersi con le sue mani, vituperò la virtù escla mando con gli ultimi fiati: Infelice virtù ! io ti cre dea una realità e sei un nome. Tu vai schiava della fortuna, che è più forte di te ( 1). Pietro Bayle prestò a Bruto alcune difese che secondo me non posson molto piacere (2); e la difesa migliore è che quelle parole non pajon di Bruto; sì perchè Plutar diligente narratore di tutte le avventure della sua vita, niente racconto di quella esclamazione , sì perchè non è verisimile che un tanto uomo in così corte parole dicesse assurdità e contraddizio ni ; chè tale certamente è negare la realità alla vir tù , e poi affermare che ella è meno forte e che è schiava della fortuna, il che senza stoltezza non può dirsi di cose che non esistono. In terzo luo go , fu quistione se Bruto avesse a numerarsi tra gli Stoici. È stato detto che lo Stoicismo di Bruto è un sogno (3) . E veramente risguardando l' auto rità delle parole citate di Cicerone e di Plutarco, egli abbracciò la prima Accademia ; ma siccome dai medesimi scrittori è detto che si diletto in tutte le dottrine de' greci filosofi e ammirò Antioco famoso conciliatore del Portico coll'Accademia e col Peri CO , ( 1 ) Dione lib. XLVII. Floro lib. IV, cap. 7. ( 2) Art. Brutus, C, D. (3) Paganido Gaudeuzio De Pbil. Rom . c . 25. J. Brucker ..c. S XIII. 304 CAPITOLO :+ pato , e perchè d'altronde è noto che parld e scrisse gli Uffici in istile stoico , e fu imitatore e lodatore , di Catone , e lo imitò finanche nel suicidio , che è la più ardua di tutte le imitazioni ( 1) ; io credo bene che abbracciasse or l'una, or l'altra senten za , come gli venne a grado , e la stoica forse più spesso e più fortemente di tutte . Onoriam breve mente Porcia, figliuola di Catone e moglie di Bru to , la quale avversa alle sfrenatezze delle zie e della madre ,ed erudita nella filosofia del padre e del ma rito , non la insegnò già vanamente da qualche cat tedra per farsi o adulare o deridere , ma la pratico valorosamente nella educazione de' figliuoli , e nel governo della famiglia , e nella robustezza virile , e nella custodia de segreti domestici , e nella fede e nell' amor maritale, a cui da intrepida stoica sacri ficò volontariamente la vita in guisa molto crude le ; e questa ultima parte vorremmo poter toglier dalla sua istoria per non offuscare la chiarezza di Lanta lode ( a ) . M. Terenzio Varrone , a similitudine di Lucullo e di Bruto , gli studi delle lettere e della filosofia coltivd insieme coi pensieri e con le opere militari e cittadine . Ma veduto il naufragio della repub blica , e campato per maraviglia dall'ira di Cesare e dalla proscrizione de' Triumviri, si riparò di buo n'ora , come in un porto , nell'ozio delle lettere e della filosofia , e tutto intero s'immerse in questa beata tranquillità ; cosicchè avvennero gli estremi cangiamenti di Roma e la compiuta ruina della li bertà della dominazione assoluta di Ottaviano , ed egli nascosto nella sua biblioteca , e intento a com ? ( 1 ) Cicerone ad Att . lib . XII , ep . 46. Seneca ep . 95. Plutarco e i citati dinanzi . ( 2 ) Plutarco in Bruto et in Catone Minore. Val . Massimo I. IV , cap. 6. QUARANTESIMO'Travo 305 porre sempre nuovi libri , che si numerarono fino a quattrocentonovanta , appena si avvide di tanti movimenti , e passando la sua lunghissima vita in ogni maniera di lettere fino all'ultima decrepitez za , divenne il più dotto ed universale uomo, che non i Latini solamente , ma i Greci ancora avesser mai conosciuto ; e fu detto di lui che innumerabili cose avendo lette , era meraviglia come gli fosse ri masto ozio di scrivere , e che pure lante cose avea scritte, quante appena può credersi che alcuno ab bia mai lette . Altre lodi si leggon di lui; e noi me desimi in questa gran lontananza di età come vo gliamo esaltare la vastità della sapienza di alcuno , usiam dirlo un Varrone ( 1 ) . Ma niuna commenda zione agguaglid quella di Cicerone, il quale amico ed ammiratore essendo del valentuomo , conobbe e adunò le opere di lui in quel magnifico elogio . I tuoi libri , ö Varrone, noi peregrini e vagabondi nella nostra città , quasi come forestieri , ridussero a casa , perchè alfine potessimo chi e dove siamo conoscere. Tu la età della patria, tu le descrizioni de' tempi, tu i diritti delle cose sagre e de' sacer doti , tui la domestica e la bellica disciplina , tu la sede delle regioni e de ' luoghi, tu delle cose umane e delle divine i nomi, i generi, gli ufficj, le cagioni ci palesasti, e la luce grandissima spargesti ne' no stri poeti e nelle latine lettere e nelle parole ; e tu istesso un vario poema ed elegante per ogni ma niera componesti, e la filosofia in molti luoghi in cominciasti assai veramente per iscuoterci, mampoco per ammaestrarci ( 2 ) . Nel medesimo dialogo , in cui + 1 ( 1 ) Cicerone Acad . Quaest . I ; Tusc . Disp . I , e altrove. Se neca Cons. ad Helviam . Aruobio adv . Gentes lib . V. S. Agostino De Civ . Dei lib . IV et VI , e altri. V. Popeblount Cens . cel. Aut.; G.A. Fabrizio Bibl. Lat. tom. I. (2) Cicerone Acad. Quaest. lib. III. BUONAFEDE . Ist. Fil. Vol . JI , 20 S" 306 CAPITOLO Cicerone loda tanto nobilmente il suo amico, gli assegna ancora la difesa della prima Accademia , e lo colloca nelle parti di Antioco e di Bruto (1). Ove si vede la falsità o almeno la inesattezza di coloro che lo misero tra gli Stoici ( 2) ; perchè sebbene sé condo il sistema di conciliazione egli potesse amare molte dottrine stoiche , ne potea amare ancora di altre scuole, e non dovea dirsi Stoico assolutamen te. Molto meno era poi da numerarsi tra i dubita tori della mezzana Accademia sul tenue fondamento d'una sua satira intitolata le Eumenidi, in cui gli uomini erano accusati d' insensatezza ; e su quel l'altra dottrina sua , che niuna stranezza venne mai nell'animo agl'infermi deliranti , la quale non fosse affermata da qualche filosofo , il che molte volte suol dirsi anche da uomini che certo non sieguon Carneade e Pirrone ( 3). Ma non era giusto per al cun modo condurlo stoltamente ad accrescere l'ar mento degli Atei , perchè insegnò molteºfavole es servi nella religione de' suoi di, che offendeano la dignità e la natura degl' Iddii immortali (4 ). Impe rocchè egli queste cose insegnando , distinse gl'Id dii in favolosi, civili e filosofici; e parve bene che contro tutti avesse a ridire, e non senza ragione ; ma pure affermò che i primi erano del teatro , i secondi della città , e i terzi del mondo ; e mostrò che disputava contro le favole poetiche, cittadine e filosofiche, non contro gl' Iddii , e parve che avesse gran voglia di onorare i filosofici, quando fosser purgati dalle finzioni, mentre ſi disse i Numi del mondo (5) . Di que' tanti libri di M. Varrone non ri 1 ( 1 ) Cicerone l . c. (2) L. Cozzando De Mag. Apt. Phil. I. III. G. A. Fabrizio Bibl. Graec. vol. II. ( 3) Uezio De la Forblesse de l'Esprit humain liv. I , ch. 14. ( 4) S. Agostino De Civ. Dei lib. VI , cap. 5. (5) S. Agostino I. c . QUARANTESIMOTTAVO 307 mangono altro che i nomi o alcuni framınenti delle Antichità divine ed umane , e della Forma della Fi losofia , e della Lingua Latina , della vita del Po polo Romano , delle Ebdomade, de ' Poeti , e delle Origini sceniche, e delle Menippee , per le quali fu cognominato Menippeo e Cinico Romano, e delle Cose rustiche, che sole vennero a noi salve dall'in . giuria del tempo ( 1 ) . Questi furono i più cospicui Sincretisti romani, ai quali si potrebbe aggiungere ancor Cicerone , il quale vagò per varie filosofie, e tento riconciliazioni di sistemi; ma perchè amò con molta parzialità i metodi della seconda Accademia , lo allogheremo tra que ' filosofi romani che si atten nero a certe scuole , e ora amarono i placiti pita gorici, ora gli aristotelici, ora gli epicurei , ora gli stoici, siccome si è detto, ora altre guise di greca filosofia. Molta fu veramente la fama della filosofia pitago rica ; ma fosse colpa sua o d'altrui, sofferse dissipa zioni e disgrazie che la misero ad oscurità . Tutta volta i Romani udirono qualche novella di Pitagora , al lorchè nella guerra sannitica persuasi dall'oracolo di Apollo Pitio a dedicare in celebre luogo della città una statua al più forte e l'altra al più sapiente deGre ci , l'una innalzarono ad Alcibiade e l'altra a Pitagora : il che facendo , mostrarono, secondo l'avviso di Pli nio , di non sapere nè la civile nè la filosofica istoria di Grecia (2 ).Dopo quella dedicazione non è memo ria che i Romani tenessero alcun conto di Pitagora , se non quando il maggior Catone ascoltò il Pitago rico Tarantino , e nella medesima età il Calabrese Ennio apparò alcune dottrine pitagoriche in quella terra ove Pitagora avea insegnato , e le sparse nel ( 1 ) Cicerone Tusc . Disp . I. I. S. Agostino De Civ . Dei lib . XII, cap . 4 ; , cap . . ( 2 ) Plinio lib . XXXIV ,, cap . 6 . . 1 1 ! 308 CAPITOLO suo poema , nel quale ardi sognare che l'anima di Omero era passata in lui. Manon persuase di que ste idee nè Catone a cui insegnò le lettere greche, nè P. Scipione Africano di cui gode la famigliari tà , nè altri Romani che udirono volentieri i snoi versi eroici e lo tennero sommo Epico senza voler essere pitagorici ( 1 ) . Io però vorrei che meglio si esaminasse se un poeta per alquanti versi che sen ton di Pitagorismo possa trasformarsi in filosofo pi tagorico. Potrebbe parere che questa metempsicosi somigliasse quella di Omero. in Ennio. P. Nigidio Figulo tuttochè fosse riputato vicino alla univer sale dottrina di Varrone , e fosse senatore e pretore e amico intimo e consigliere e compagno nei grandi affari di Cicerone, che molto lo riverì, come acre investigatore de' segreti della natura é uomo dot tissimo e santissimo, e come quello che dopo i no bili Pitagorei potea rinnovare la lor disciplina quasi estinla, non si sa che persuadesse niuno, e fu stretto a ridurre la sua grande sapienza fisica e matema tica e astrologica alle indovinazioni de' ladri che talvolta rubavan le borse de' suoi amici, e a com poner gli oroscopi di Augustoe del Triumvirato, e a disegnare la rapidità del cielo con gli avvolgi menti della ruota del vasajo , donde ottenne il so prannome di Figulo ( 2) ; le quali avventure non so no veramente degne d'un senatore e d'un pretore pitagorico , ma posson forse mostrare che si pochi ( 1 ) Cicerone pro Mureva 14 ; Acad. Quaest. I ; De Fin. I , e altrove. Persio Sat. VI. V. Vossio De Hist. Latinis , e A. Baillet Jugem . (2 ) Cicerone Fragni. de Universitale. S. Agostino De Civ. Dei lib. V , cap: 3; £ p. fam . lib. IV, ep. 13. Plutarco in Cicero ne. A.Gellio lib. X , cap. 2 ; lib . XI, cap. 2. Macrobio Saturn . lib. II , cap. 12; VI, cap, 8. Apulejo in Apolog. Dionelib. XLV. Svetonio in Augusto 94. Lucano Phars. I , 639. V. P. Bayle art. Nigidius. QUARANTESIMOTTAVO 30g t d be ole ide . affari di scuola esercitaron questo Nigidio , ed ebbe tanto vuoto nella vita , che gli storici amici della sua gloria pensarono bene a riempierlo di favole . Non è questa la prima nè l' ultima panegirica istoria colpevole di supplementi favolosi. A confermazione della tenue fortuna di questo Pitagorico fu scritto, che avendo egli composti i libri degli Animali, de gli Uomini, delle Viscere, delle Vittime, degli Au gurj , de Venti , della Sfera grecanica , e di altri moltipliciargomenti, per la cuiabbondanza fu quasi eguale a Varrone, ove però le scritture di questo si divulgarono e si lessero assai, le Nigidiane per la sottigliezza e per la oscurità giacquero abbando nate ; e l'autore poi avendo seguite le parti di Pom peo , per timore di Cesare morì in esilio volonta rio. Poco appresso Anassilao Larisseo professò il Pitagorismo, ed esplorando i segreti della natura per la medicina e per uso di certe sue magiche me raviglie , e con le sue scoperte ammirabili venendo in sospetto di magia e forse uccidendo i malati più che gli altri medici con meno segreti, fu da Augu sto condannato all' esilio ( 1 ) . La filosofia pitagorica ebbe adunque assai avversa fortuna tra i Romani in questa età. La peripatetica ottenne qualche mi gliore, ma non molto illustre accoglienza; perchè sebbene Catone e Crasso e Pisone e Cicerone istes so non abborissero i peripatetici uomini , e nelle memorie di questi tempi sieno ricordati con onore Andronico Rodiano e Demetrio e Alessandro An tiocheno e Stasea Napoletano e Cratippo Mitileneo maestro del figliuolo di Cicerone e di altri nobili giovani Romani; tuttavolta per le narrate disgrazie e depravazioni degli aristotelici libri, o per quali ( 1) Eusebio in Chr. Plinio lib. XIX , cap. 1 ; XXVIII, cap : 2 ; XXXV , cap . 15. Irenco lib . I , cap: 7. Epifanio Haer. 34.V. Vos sio De Idof . lib . I , 6 ; Fabrizio Bibl. Graec . vol. I. chi 1,1 LE 310 CAPITOLO che fossero altre cagioni , il nome di Aristotele fuori di molto pochi era, per testimonianza di Cicerone, ignoto ai filosofi de' suoi giorni (1). Ma gli Epicurei quanlunque spesso ripresi e più spesso calunniati e singolarmente flagellati da quella sottile eloquenza di Cicerone, che sapea persuadere finanche il 'falso quando volea, pure in onta di tanto travaglio videro assai Romani di nome e di opere illustri non arrossirsi di essere Epicurei. Lucio della tanto antica e nobile famiglia Torquata, e G.Vel lejo sostenitore delle ragioni di Epicuro nel dialo go della Natura degli Iddii di Cicerone, e principe degli Epicurei che allora erano in Roma, eC. Tre bazio , uomo di somma scienza nel Diritto civile , a cui Cicerone intitold la Topica, e L. Papirio Pe to , egregio oratore e soldato, e L. Saufeio e T. Al buzio e C. Amafanio, e più altri numerati da Pie tro Gassendo, furono nobilissimi Epicurei ( 2). Ma C. Cassio e T. Pomponio Attico per singolarità di fama e d'ingegno emersero splendidamente dalla folla degli altri. Il primo fu quel prode assassino di Cesare, che nell' ardor dell'assalto ad uno de' cou giurati che dietro a lui si astenea dal ferire, disse : Feriscilo anche per mezzo alle mie viscere ( 31. Egli vincitore de' Parti e soldato di primo valore e som mo Epicureo, parld secondochè l'émpito militare e le disperazioni della sua scuola lo animavano, e per gli stessi principj nella perdita della battaglia e della libertà si fece uccidere, e si uccise egli mede simo con quello stesso pugnale con cui avea ferito Cesare , e fu acclamato e pianto come l'ultimo de' Romani (4 ). Alcune avventure filosofiche di que ( 1 ) Cicerone Topic. Praef. V. P. Bayle art. Cratippus; J. Br cker De Phil. Rom. S XXIV, XXV . (2) De Vita et mor. Epicuri lib . II , cap. 6. (3) Aurelio Vittore De Vir. III. ( 4) Plutarco in Caesare, in M. Antonio , in Bruto. - | 1j QUARANTESIMOTTAVO 311 fuu TUR TE lada ope? , se تي ز 3. To TO Is сі io ho st'uomo domandano qualche riflessione. Bruto vide uno spettro d'inusitata grandezza, e interrogato chi fosse , rispose: Io sono il tuo mal Genio, o Bruto : tu mi rivedrai a Filippi ; ove lo rivide e fu vinto. Di questa apparizione ebbe discorso con Cassio, il qual disse , non esser credibile che vi fossero Genj , ed esser nostre immaginazioni; e quando pure vi fossero, nèaver figure di uomini , nè forza che giun ga a noi. Ma sarebbe pur bene che fossero, aggiun acciocchè noi condottieri di bellissimi e santis simi fatti andassimo forti non solamente per fanti e cavalli e navi, ma per la protezion deg ? Iddii ( 1 ) . Bruto si consolo per questo discorso. Ma Cassio medesimo ebbe la sua visione , e parve che conso latore degli altri non sapesse consolare sè stesso. Nella giornata di Filippi vide G. Cesare in sem biante sovrumano e minaccioso che a tutta bri glia veniva a combattere contro lui, ed egli spa ventato disse : Che ci rimane più oltre, se è stato poco averlo ucciso ? ( 2) Di lui è anche raccontato che nel giorno della uccisione di Cesare invocò l'a nima e l'ajuto del grande Pompeo ( 3) , e che rive dendo insieme con Bruto le truppe romane, disse loro : GlIddii, che prendon cura delle guerre giu ste, vi rendan premio di tanta fede. Noi abbiam prese tutte le giuste misure: il rimanente si aspetta dalla vostra virtù e dagl Iddii favorevoli. Se essi vorranno, noi vi ricompenseremo dellagrand'opera di questavittoria (4). Le siffatte visionie preghiere divote non parvero proprie d'un Epicureo, il quale se non affatto rifiutava i fantasimi, certo non co noscea gli animi immortali e la provvidenza de T. ited ned itay rede die ÇU Bere ( 1 ) Plutarco in Brulo. ( 2) Val. Massimo lib. I , cap. ult . (3) Plutarco in Caesare et in Bruto . (4 ) Appiano Aless. Bell . Civ. lib. IV. 312 CAPITOLO gļIddii ; onde quelle apparizioni e invocazioni o vo glion tenersi per favole del popolo e degli storici , o per fanatismi di Cassio, il quale agitato dalla gran dezza de' casi lasciò trasportarsi nelle idee e nelle parole comuni, e si scordò di essere Epicureo (1 ). Io non dissento da questi pensieri; maquanto agl'Id dii e alla provvidenza io desidero che i miei leg gitori si ricordino di quanto abbiam disputato in questo argomento esaminando la teologia epicurea con quella diligenza che abbiam saputo maggiore; e non diffido che le preghiere di Cassio possano porgere alcun nuovo indizio della provvidenza non affatto distrutta nel sistema Epicureo. Tito Pomponio Attico fu il più sincero e il più costante ornamento della scuola epicurea; e se Cas sio ed altri con lui troppo s'immersero nel comore nel fumo di Roma, e deviarono dal piacere e dalla felicità che erano i fini dell' Epicureismo, egli fer mamente rivolto a queste mire, già prima nelle tur bazioni di Silla si riparò ad Atene , e ascoltando Fe dro e Zenone Sidonio visse tranquillamente negli ozj e negli orti d'Epicuro , e con la gravità ed uma nità dell'ingegno ottenne tanta benevolenza, che dai Greci ebbe statue e dai Romani il bel soprannome di Attico ; indi ritornato alla patria , si allontanò dagli onori offerti e da tutti gli affari civili , e niuna parte prendendo nelle contese de' potenti, e ser bandosi amico de' litiganti, e usando fede con tutti e liberalità e cortesia , non si sa ben dire se più fosse amato o riverito; e vivendo a sè medesimo e non per ostentazione d'ingegno , ma per governo della vita filosofando, campo dalla proscrizione di tanti cittadini, e caro ai vincitori menò vita riposata e luminosa ; alla quale però nè il suo genero Agrip ( 1 ) P. Bayle art. Cassius Longinus ( Cajus ) Primo. QUARANTESIMOTTAVO 313 L pa , nè il 1! progenero Tiberio , nè il pronipote Druso dieder tanto splendore quanto la intima amicizia di Cicerone, le cui Lettere e i libri della Vecchiezza e delle Leggi lo consecrarono alla immortalità ( 1 ) . In questa beatitudine di vita giunto agrave età fu preso dalla dissenteria e dalla febbre. Ubbidì prima ai medici inutilmente, e poi sperimentata l'ostina ‘ zione del male , alla presenza di alcuni amici suoi, Voi siete buoni testimonj, disse, della cura e dili genza mia nel difenderein questotempo la mia sa nità. Io ho dunque soddisfatto al debito mio. Ri mane ora che io provveda a me stesso . Voglio che voi il sappiate. Imperocchè ho statuito di non vo lere più oltre alimentare il mio male ; perchè in questi giorni truendo innanzi la vita col cibo , ho accresciuto i dolori miei senza speranza di sanità . Per la qual cosa io prima vi domando che il mio consiglio approviate ; indi che non vogliate sfor zarvi a dissuadermi. Dette queste cose con tale co stanza di voce e di volto che parea non uscisse dalla vita , ma da una casa per passare ad un ' al tra , gli amici piansero e pregarono , ed egli le la grime e le preghiere compresse con un fermo silen zio . Così avendo digiunato due dì , la febbre cess ) ; nè mutò proposito per questo , ed essendo a mezza via , non volle tornare indietro e andò oltre digiu nando , e morì ragionatamente secondo i principi di Epicuro , e non già come Cassio impetuosamen te e a mal tempo . Questo inumano errore di moda e di scuola fu in Attico error di ragione e di gran d'uomo ( 2 ) Tito Lucrezio Caro , inferiore certo ad Attico e a quegli altri nella dignità della vita , ma nella poe 41). Cicerone De Fin . e nelle Epistole ad Attico e altrove. C. Ni pote in Attico . Seneca Ep . 21 . ( 2 ) C. Nipole I. c . 1 314 CAPITOLO ) tica gloria de componimenti epicurei maggiore di quanti fiorirono in quella scuola. Nella età di Cice rone e di Attico vide anch'egli Atene, e ascoltd Fe dro e Zenone e visse negli Orti di Epicuro, e per mostrare a Roma i suoi progressi nella guisa più dilettevole , scrisse in esametri latini sei libri della Natura delle Cose , ne' quali fu detto non essere meraviglia che profondesse tutte le empietà è le pazzie di Epicuro, perciocchè gli avea composti ne' corti intervalli di ragione che gli rimaneano al quanto liberi dalla frenesia contratta per certa be vanda amorosa ( 1 ) . Ma noi invitiamo ancora qui i leggitori nostri a volersi ridurre a memoria le ra gioni altrove disputate contro i malevoli di Epicu ro , le quali secondo la nostra estimazione posson molto valere contro gli oppressori di Lucrezio. Non sarebbe difficile una dissertazione, giacchè le dis sertazioni sembrano facilissimi affari, ove si pro vasse che Lucrezio non fu il più pazzo de' poeti , e non sarebbe difficile un'altra in cui si mostrasse che molti filosofi furon più pazzi di questo poeta. Ma non so se queste dissertazioni con tutta la biz zarria de' loro titoli, che sogliono pur essere di qual che raccomandazione, potrebbono riuscir dileltose a chi le componesse e a chi le ascoltasse. Imperoc chè sarebbe necessità recitar molti di que' versi epicurei che secondo il ruvido carattere della scuola non sono i più molli e i più eleganti, e non sono poi tanto chiari da inettervi fondamento sicuro. Noi adunque, senza pretendere in dissertazioni, direm così per passaggio,comeglifu dato a colpa di vio lata religione ch'egli attribuisse alla natura degl'Id dii il godimento di somma pace e la divisione dai ( 1 ) Eusebio in Chr. V. G. A. Fabrizio Bibl. Lat. vol. I; P. Bayle art. Lucrece. QUARANTESIMOTTAVO 315 dolori e dai pericoli nostri, e che insegnasse non aver essi bisogno di noi, nè esser presi da benevo lenza o da ira ; e che giacendo la vita degli uo mini sotto grave religione, la quale dal cielo mo strava il capo con orribil risguardo soprastante ai mortali, un uom greco fu il primo che ardì levar gli occhi contro di lei e resistere. Lui nè la fama degilddii, nè i fulmini nè i minacciosi romori del cielo raffrenarono ; che anzi l'acre virtù del suo animo s'irritò, e ruppe le strette porte della natu ra , e con la vivida forza della mente vinse e tras corse oltre i confini del mondo, e misurò tutto l'Im menso, e c'insegnò quello che può nascere e quello che non può , e quali sieno le potestà e i termini fermi delle cose . Onde la religione a sua vicenda è calpestata dai nostri piedi, e la vittoria ci aggua glia al cielo ( 1 ). Ma si è già detto abbastanza al trove che le divine tranquillità possono avere nel sistema di Epicuro sensi non affatto distruttori di ogni provvidenza ; e veramente lasciando pure stare il Deslandes, che fa una pietosa predica a Lucrezio per questo disprezzo suo della religione (2), è ben molto che Pietro Bayle (3) non abbia saputo ve dere che la religione , contro cui Lucrezio usa qui tanto disprezzo, non è altro che quella superstizio ne che insieme con altre scellerate opere insegnò ai Greci le vittime umane; onde egli dopo la descri zione d'Ifigenia all' altare conchiude: che tanto di mali potè la religione persuadere. Io certo non ar direi affermare che Lucrezio insegnasse la Provvi denza ove scrisse , una certa forza nascosta strito lare le cose umane , e sembrare che conculchi e 1 ( 1 ) T. Lucrezio De Rer Nat. lib. I. (2) Deslandes Hist. De la Phil . tom. III. ( 3) P. Bayle I. c . E. 316 CAPITOLO 3 prenda in ludibrio i fasci e le scuri ( 1 ) ; o dove in vocò Venere origine e regolatrice di tutta la ira tura , o dove implorò l'ajuto della governante For tuna nei disordini e aelle ruine del mondo ( 2 ) . Ma non ardirei pure accusarlo di Ateismo ( 3 ) , e im porgli più errori di quelli che secondo la sentenza nostra abbiamo veduti nel suo maestro Epicuro , di cui fu seguace tanto rigido , che permettendosi il suicidio in quella filosofia , egli neusò a suo agio , e nel settecentesimoterzo anno di Roma , quaranta quattresimo di sua età , si uccise di propria mano . È stata opinione che C. Giulio Cesare, uomo di estraordinaria forza d'ingegno e di cuore , sebbene potendo ottener somma gloria dalle lettere e dalla filosofia, volesse averla piuttosto dalla politica e dalle arme, tuttavia non isdegnasse alcuna volta di starsi tra i filosofi, e gli piacesse di essere Epicureo. Im perocchè dicono che parlando al senato non dubitd di affermare ardimentosamente , di là dalla morte non esservi tormento nè gaudio (4) ; e non ebbe poi timore per voglia e comodo suo di tagliar boschi sacri e di seguir le sue imprese contro gli avvisi de ' sacerdoti e della religione ( 5 ) . Ma a dir vero , que sti non sono i caratteri propri dell'Epicureismo : e poi si potrebbe dubitare se Cesare così parlasse al senato , come Sallustio lo fece parlare ; e se così ta gliassé gli alberi sacri , come Lucano con la poetica licenza racconto ; e date eziandio per vere queste leggende, è molto ben noto che anche Cicerone , usando della rettorica volubilità , predicò talvolta pubblicamente la mortalità degli animi senza essere 1 } ( 1 ) De Rerum Nat. lib . V , 1225. V. Rondel Vita Epicuri . ( 2 ) De Rer . Nat . lib I ; V , 105 . ( 3) V.G. F. Reimanno Hist . Ath . cap . XXXVII , S 5 . ( 4 ) Sallustio De Bello Catilinario 51 . ( 5 ) Lucano Phars . lib . III . Svetonio in Cesare 59, 81 . QUARANTESIMOTTAVO 317 Epicureo, anzi senza recarsi a scrupolo di predicarne la immortalità in altre pubbliche orazioni, ove il bi sogno della causa lo domandasse ( 1 ) . Cosi gli ora tori romani costumavano , e agli stessi metodi Ce sare ubbidì ; e così pur fece nell'affare de' presagi e della religione, mentre se è scritto che talora tras scurò le romade superstizioni, è scritto ancora che spesse volte le usd , e parve che le avesse per ve re ( 2). Molto meno io poi ardirei imporre a Cesare l'Epicureismo, perchè fu accusato di osceni amori con Nicomede re di Bitinia , e perchè molte nobili donne romane e alcune reine corruppe, e perchè fu detto la moglie di tutti i mariti e il marito di tutte le mogli (3), e perchè sostenne assai altre infaina zioni di lascivo costume ; le quali oltrechè possono essere alterate dalla malevolenza e dalla effrenatezza popolare di Roma , che le lodi e i trionfi de' gran d'uomini solea contaminare con le satiriche licenze, non posson poi essere argomenti di dottrine epicu ree, giacchè nè gli Epicurei professavano questa dis solutezza, nè la corruzion de costumi è buon argo mento per la corruzione delle massime ; e siccome non sarebbe buon discorso dai regolati costumi di Cassio e di Attico didurre che non erano Epicurei, così non sarebbe pure conchiuder che Cesare era perla sregolatezza de'suoi. Piuttosto si potrebberac cogliere alcun indizio di Epicureismo dalla replicata avversione che Cesare mostrò verso i costumi di Ca tone , contro cui scrisse due libri intitolati gli An ticatoni ( 4 ). Gli Epicurei erano i giurati nimici de 1 ( 1 ) Cicerone Orat. pro Cluentio et pro Rabirio. (2) Plutarco e Svetonio in Caesare. Floro lib. IV, cap. 2. Dione lib. XLII. V. P. Bayle art . César. ( 3) Svetonio in Caesare 49 e segs. ( 4) Svetonio I. c. Plutarco in Cicerone V. Adriano Baillet Des Satires personelles , ou des Anti, Eulr. I , S 1 . ' 318 CAPITOLO 1 gli Stoici, e Catone era Stoico grande. Pare adun que che Cesare non potesse prorompere a tanta av versità contro tutti i costumi di Catone senza es sere Epicureo . Vaglia questo come può il meglio . Ma qualunque fosse la setta di Cesare, certamente il solo pensiere di correggere il Calendário Romano disordinato dalla negligenza de' sacerdoti , e l'Anno Giuliano, ch'egli diede a tanta parte di mondo, no strano in lui genio filosofico e gusto di astronoinia . Quella versatile eloquenza di cui gli avvocati e i pubblici parlatori di Roma usavano nella varietà e talora nella contraddizione delle cause, fu la ori gine primaria dell' applauso in cui venne tra i Ro mani la filosofia della nuova Accademia ; la quale insegnando a disputare per tutte le parti , e colo rendo di probabilità il pro e il contro, e sommini strando argomenti per tutti i casi , era molto oppor tuna a quella eloquenza forense che potea dirsi la grande e forse la prima via delle somme fortune . Sembra adunque ben detto che la stoica filosofia per la gravità degli uffizj e de' principj sociali fu tra i Romani la disciplina de' giudici, de ' legislatori e de ' giureprudenti ; la epicurea fu lo studio quasi domestico e privato di uoinini desiderosi di vivere lietamente ; la pitagorica e l'aristotelica fu la cura di pochi ; la platonica confusa alla stoica si riputò degna de ' sacerdoti , e l'accadeinica fu la delizia de' causidici e degli oratori; siccome , a dir vero, pare che fusse pure in altre terre e in altre età , e che sia ancor nella nostra . È però mestieri avvertire che parlando di accademica filosofia , non vuole inten dersi un pirronismo effrenato , che forse non ebbe esistenza salvo ne' capricci di uomini esageratori; ma un temperato genere di filosofare per cui si esa minano i placiti di tutte le scuole , e si sceglie il buono , e si cerca il vero , e si crede di trovar solo / QUARANTESIMOTTAVO 319 il probabile , e secondo questo si governa la vita. Cicerone fu il maggior lume di questa filosofia tra i Romani; il quale con la forza d'una singolare elo quenza e con l'abbondanza della dottrina e con la varietà de' libri così la nobilitò egli solo , che gli altri furon dimenticati. Ma egli sarà ben tale da po ter valere per tutti. Mentre io ora mi accosto a que sto sommo maestro del nobil parlare , e vedo che la eccellenza della sua lode e la grandezza degli ob bligbi nostri domanderebbono eloquenza pari alla sua, sento vergogna della mia lontananza da quel sublime esemplare, e volentieri sfuggirei per ros sore il difficile incontro, se la vergogna non fosse vinta dalla necessità . CAPITOLO XLIX. Della Filosofia di M. Tullio Cicerone. M. Tullio Cicerone Arpinate , o che suo padre fosse purgatore di panni e i suoi avi cultori di ceci , o che la sua gente avesse origine dai re , o che nascesse onorato dagli oracoli e dai prodigj, o all' uso comune nel silenzio degl'Iddii e nell'ordine della natura , siccome variamente si raccontò ( 1 ) ; niente più e niente meno fu il medesimo uomo non molto cospicuo tra i soldati, non affatto pic ciolo tra i filosofi, grande tra i maestrati e tra i consoli, massimo tra gli oratori. Nell' adolescenza e appresso nella età anche matura amò i poeti e scrisse versi, de' quali rimangon frammenti biasi mati più del dovere , e coltivò le lettere greche e (1 ) Plutarco in Cicerone, Dione lib. XLVI. V. G. A. Fabrizio Bibl. Lal, vol. II. 1 - 320 CAPITOLO la eloquenza ( 1 ) . Cresciuto si accostò ai filosofi. Ascolto gli Epicurei per disprezzarli allora e dap poi , senza averli forse intesi. Conversò con gli Stoici e coi Peripatetici , e apprese i luoghi e i fonti del disputare , e altre loro dottrine non ab borri : ma singolarmente coltivò gli Accademici per amore di quella versatile e forense eloquenza di cui abbiam detto ( 2 ) . Su questi fondamenti, con quel buon metodo non inteso dai nostri pedanti , appog. giò e poi confermò viemaggiormente la sua arte oratoria. Presa la toga virile si attenne ai giure consulti ( 3 ) . Militò un poco nella guerra Marsi - cana , e venula "la pace ritornò molto volentieri alle lettere . Visse dimesticamente con Diodoro stoi co eruditissimo, frequentò Molone oratore Rodia no , e Ortensio , che era il primo parlatore di Ro ma : non trascurò fino di apprender le più gen tili eleganze del dire da Cornelia , da Lelia e da altre dame romane , colà imparando eloquenza ove altri ora sogliono disimpararla : non fu giorno che non usasse nuove diligenze erudite , e non decla masse e disputasse ora con parole latine , ora con greche. Trasse nel vulgare di Roma alcune scrit ture di Protagora e di Senofonte e altre di Platone, e singolarmente il Timeo , di cui ci rimane una parte , per la quale conosciamo che Platone po trebbe sopportarsi tradotto da Cicerone , laddove non si può nelle versioni di altri . Ci rimangono ( 1 ) Cicero pro Archia I. Plutarco l . c . Svelonio de Cl . Rel . 2 . Vossio De Poet. Lat . V. Andrea Scotto Cicero a calumniis vin . dicatus . ( 2 ) Cicerone De Off. lib . I , 1 ; II , 1 ; Ep . fam . lib . XIII , ep . I et 16 ; Paradox . I ; De Or . lib . III , 28 ; Tusc. Disp . lib . II , 2 ; in Bruto 90 ; De Nat. Deor. e altrove. Plutarco I. c. (3) Cicerone in alcuni luoghi citati, e De Fio. lib . V , et De Div. II; e vedi i Frammenti. Plutarco I. c. Quintiliano I. 1 , 2; III, 1 ; X, 5. S. Agostino De Civ. Dei lib . V, cap. 8 . > QUARANTESIMONONO 321 pure alcuni frammenti di sue traduzioni di Omero , le quali non ci nojano.come quelle degl' interpreti nostri ( 1 ). Istruito da tante esercitazioni e animato da questi presidi, nel suo venticinquesimo anno , che era il seicento settantaunesimo di Roma (2 ) non dubitò di mostrarsi nella luce del Foro, e agito la sua primacausa , che alcuni dicono esser quella in difesa di Sesto Roscio Amerino, contro la vo lontà di Silla , e ne uscì vincitore con tanta ammi razione , che niuna altra causa parve poi superiore al suo patrocinio ( 3) . Ma poichè Silla raffrenatore di Mitridate e domatore di Mario erain quei giorni dittatore e quasi signore assoluto delle vite e delle cose romane, fu voce che Cicerone temendo la ira di quel fiero autore delle proscrizioni, rifuggisse in Grecia ( 4). Altri pensarono che si desse a viaggiare per ricuperare la sanità afflitta per troppa veemen za nella declamazione (5). Comunque fosse , visitd Atene e molto usò col famoso Sincretista Antioco, e visse congiunto a Pomponio Attico con quella amicizia che durò tra loro fino alla morte. In que sto viaggio verisimilmente fece iniziarsi nei misteri Eleusini , de' quali così parlò come se la loro'so stanza fósse l'unità d'Iddio e la immortalità degli animi (6) . Tale fu l'avviso nostro nella esposizione del sistema arcano d'Egitto , e tale è del dotto Warburton e del Middleton , il che molto consola ( 1 ) Cicerone in alcuni luoghi citati , c De Fin. I. V, eDe Div. II ; e vedi i Frammenti. Plutarco I. c. Quintiliano I. I , 2 ; III, 1 ; X, 5. S. Agostino De Civ. Dei lib . V, cap. 8. (2) V. Middleton Vita Cicer. lib . I. (3) Cicerone in Bruto 91. Middleton l . c . (4) Plutarco I. c . ( 5) Cicerone in Bruto. Cicerone De Nat. Deor. lib. I, 42 ; De Leg. lib. II, 14 ; Tusc. Disp. lib . I , 15. BUONAFEDE. Ist. Filos. Vol. II . 21 322 CAPITOLO le nostre conghietture ( 1 ). Da Atene navigò nell'A sia , e conversd cogli oratori e coi filosofi di quelle terre, esopra tutti con Possidonio; e declamò in greco nel mezzo a nobil frequenza con tale fecondità, che i greci oratori piansero il loro destino, per cui non solamente le fortune, ma le arti e le scienze dalla Grecia trapassavano a Roma ( 2). Silla morì, e ci cerone restaurato nella sanità ritorno alla patria , ove fu prima negletto come un grecolo scolastico ; ma poi eguagliando e spesso vincendo la gloria di Cotta e di Ortensio oratori lodatissimi di quella età , rimosse Roma dalla sua negligenza , e ottenne prestamente la questura ed ebbe in sorte la Sicilia , ove avendo ricevuto lodi e onori inusitati, s'im maginò che tutta Roma fosse piena della sua glo ria. Ma sbareato a Pozzuolo in tempo che grande era il concorso di molti uomini romani, ebbe il dispetto di vedersi ignoto , e conchiuse adirato che i Romani aveano le orecchie sorde e gli occhi acuti. Dopo questa mortificazione, grave di vero in uomo perdulo nella fantasia della gloria , egli deliberò di battere assiduamente il Foro e i pubblici luoghi, e starsi tuttodì presente a quegli occhi acuti che dif finivano le sorti de cittadini ambiziosi (3) . Agito cause nobilissime, e fu edile , pretore e console non meno per favore degli ottimati, che per giudizio del popolo ( 4) . Egli ricevè la repubblica piena di sollecitudini, e non vi erano mali che i buoni non temessero e i ribaldi non aspettassero. I tribuni e Catilina e i suoi compagni teneano consigli di ruina. Ma Cicerone li compresse e salvò la repubblica (5) . ( 1) Warburton Della divina Legazione di Mosè vol. I. Middle ton I. c. ( 2 ) Plutarco I. c. ( 3) Div . in Verr. I , et lib . II , 2 ; pro Planco 26. Plutarcu i . c . ( 4) Cicerone in più luoghi, e Plutarco I. c. ( 5) Sallustio De Bello Catilinariu e gli altri Storici Romaui. QUARANTESIMONOXO 323 ! Per la grandezza dell'opera venne a somma grazia de' patrizj e del popolo , e fu acclamato padre della patria ; e poco appresso vinto dalla invidia e dalla frode di P. Clodio , lu spinto in esilio, e le sue ville incendiate e le sue case con ogni sostanza arse e saccheggiate. Andò errando conanimo assai abbat tuto per l Italia e per la Grecia , nel che mostro di essere più oratore che filosofo ; finanche richia mato per pubblico consenso , e restaurati i suoi danni per sentenza del senato , ritornò a Roma , incontrato da tutte le città , e portato , siccom ' e gli raccontò , sulle spalle di tutta l'Italia ( 1 ) . Ebbe in provincia la Cilicia , e parve che volesse eser citar nella guerra le arti della pace. Ma come si accese la discordia civile , egli seguendo le parti di Pompeo , e pretendendo in valor militare , dopo la sconfitta farsalica si penti d'esser soldato e ricusd di guerreggiare più oltre; cosicchè il giovin Pom peo sdegnato di quella codardia , lo avrebbe uc ciso se Catone non lo campava ( 2 ) . Venne poi a riconciliazione con Cesare, e nella mutazione della repubblica , che assai gli gravava nell'animo , si ri volse alle lettere e alla filosofia , e istruì nobili gio vani romani , e leggendo e scrivendo libri pass / la maggior parte de' suoi giorni nella dolcezza degli studj e nei silenzi della sua villa Tusculana. Ritornd anche ad Atene per alleggerimento di noja e per la memoria delle passate esercitazioni. In questo spazio ripudid Terenzia , e mendin moglie una ricca donzella , e pianse puerilmente la morte di Tullio la , e ripudið la nuova moglie perchè non volle 41 V. i luoghi di Cicerone presso Francesco Fabrizio nella Vita di Cicerone. (1) Plutarco I. c. et in Caesare. Dione lib. XXXVIII. Vellejo lib . II. Cicerone Or . pro Domo sua ct post Red . ad Quir . et post Red. ad Sen. e altrove. (2) Plutarco l . c. 1 324 CAPITOLO pianger con lui ; nelle quali avventure fu accusato di amori sozzi e ridicoli , e di animo debole per temperamento o per anni ( 1 ) . Con tutti questi do mestici fastidj avrebbe potuto esser felice, se avesse perseverato nell' amore del letterato ozio e della filosofia. Ma dopo l'assassinamento di Cesare gli piacque di rientrare nella tempesta civile , e seh bene non fosse tra i congiurati, si attenne al loro partito , e M. Antonio già suo nerico irritò mag giormente con le Filippiche. Dopo varie vicende si compose il Triumvirato, e Cicerone ne fu la vit tima più sacra e più pianta da Roma , già ridotta a pochi, e da tutta la posterità. Egli poichè ebbe udita la fama della proscrizione, fuggì prima al mare e s'imbarcò con venti contrarj, onde presa terra a Circejo, tra molti pensieri niuno piacendogli quanto la morte , disegnò di recarsi a Roma e uccidersi nella casa istessa di Cesare per versare sopra l'in grato la vendetta del suo sangue. Indi persuaso da nuovi pensieri navigò ancora e prese pur terra , e nojato del mare e della vita , lo morrò, disse , in quella patria che spesse volte ho conservata ; e non morendo pur questa volta , si adagiò e dormi nella sua villa Formiana. Mentre i suoi domestici spa ventati dal romor de soldati lo guidavano a forza verso il mare , apparvero i carnefici, contro cui i servi si prepararono a combattere. Cicerone co mandò che stessero : guardò con fermo occhio gli assassini e singolarmente il lor condottiere Popilio Lena , che reo di parricidio era stato difeso e salvato da lui : sporse dalla lettica il capo, e, Fate, ( 1 ) Cicerone Tusc. Disp. lib. I, 1; De Off. lib . II, 1, 2 ; e in più Lettere ad Allico e ai suoi amici. Plutarco l . c. V. l’Orazione at tribuita a Sallustio. Donato ( in VI Eneid .) accomoda a Cice Tone quel verso di Virgilio : Hic thalamos invasit Natae relilos que hymencos. V. P. Bayle art. Tullie , 0. QUARANTESIMONONO 325 disse , l'opera vostra , e quello prendele , di che avete bisogno : l'ingralo Popilio con parricidio maggiore del primo gli recise il capo e le mani, e recò l'iniquo fardello ad Antonio, il quale con gran festa affisse su i rostri quel capo sublime e onorato e quelle mani benefiche , spettacolo miserabile e argomento di pianto ai buoni Romani e di trastullo agli schiavi , ai traditori e ai tiranni ( 1 ) . Nell'anno di Roma settecendecimo e di Cicerone sessanta qualiresimo avvenne questa tragedia , in cui si vide la morte di Cicerone e della repubblica . Daquesto tenore di studj e di vita non solamente si pud conoscere che Cicerone era pieno d'un de siderio smoderato di gloria , che lo rendea forte e magnanimo nella buona sorte e timoroso e pian gente nella disgrazia ( onde Cristina di Svezia, con una regia libertà che sarebbe licenza in uomini pri vati , usava dire , Cicerone essere il solo poltrone che fosse capace di grandi cose ) ; ma si può an cora scorgere facilmente che il sommo fine poli tico di Cicerone fu l'acquisto delle maggiori for tune nella repubblica : che due essendo i mezzi per giungervi, la scienza militare e la oratoria , e co noscendo egli di valer poco nella prima, comechè molto si tormentasse per giungervi, si attenne vi gorosamente alla seconda ; e che egli avendo sen tenza , niuno essere oratore perfetto il quale non abbia scienza di tutte le grandi cose , vago per qua Junque facoltà, e sopra tutto per le opinioni di ogni filosofia , e tutto questo adunamento di dottrine in dirizzo al suo desiderio di essere oratore perfet to ( 2 ) . Questo studio è palese nelle sue opere , le 1 ( 1 ) T. Livio Epil. 121. Plutarco in Cicerone et in Antonio . Sve tonio in Augusto. Vellejo 11 , 8 , 65 , 66. Dione lib . XLVII . Ap piano lib . IV . Seneca Suns. I et Ví . V. Massimo lib . V , 3. Floro lib. IV, 6. (2) Cicerone De Or. lib. I , 6 ; II , 2 .. 326 CAPITOLO per quali a ragionatori severi appariscono più eloquenti che filosofiche, e mostrano maggior cura del bel dire che del corretto pensare. Cicerone adunque, sempre intento alla eloquenza e sempre caldo d'una immaginazione vivace e feconda e d'una voglia ine sausta di meraviglie rettoriche, e sempre frettoloso la moltitudine dei gravissimi affari, trascorse e quasi sfiorò le nozioni filosofiche, e divenne gran dissimo nel dipingere, nell' adornare e nel persua dere; ma nel vigore del discorso e del giudizio e nelle sottili distinzioni del vero e del falso parve che le più volte l' oratore fosse smisuratamente più grande del filosofo. Gli è però vero che nel silen zio delle lettere forensi e senatorie , e nell' ingenuo ozio in cui la usurpazione di pochi lasciava i grandi uomini di Roma , Cicerone ottenne dalla disgrazia questa utilità, che riposatamente e liberamente me ditd e scrisse argomenti filosofici ( 1 ) , e massima mente si esercitò nella parte teologica e morale cui appartengono i libri notissimi della Natura degl'Id dii, dellaDivinazione, del Fato, del Sogno di Sci pione , dei Fini», della Vecchiezza, dell'Amicizia , delle Leggi, degli Uffizj , le Disputazioni Tuscula ne, i Paradossi Stoici e le Quistioni Accademiche; nelle quali si argomento particolarmente a distrug gere i greci sistemi alla maniera di Carneade, e pa lesò il suo. Compose ancora l'Ortensio ossia l'Àm monizione alla Filosofia , e i libri della Repubbli ca , che sono perduti ( 2 ). Ma per quanto ozio egli avesse e per quanto meditasse, non seppe mai di vezzarsi dall'esagerato linguaggio oratorio, e di lui usò pomposamente nella esposizione de sistemi e delle ragioni filosofiche; e poi vi aggiunse i suoi ( 1 ) Cicerone De Off. lib . II, 1, 2. (2) Cicerone ne fa memoria, De Fin. I. 1 ; De Div. I. II; Tusc. Disp. lib. III. S. Agostino De Civ. Dei e Lattanzio in più luoghi. QUARANTESIMONONO 327 amori e i suoi odj per certe scuole , e questi an cora rettoricamente amplifico ; e per giunta di am biguità gli piacquero le platoniche forme de' dialo ghi e leaccademiche dispute e le confutazioni per ogni parte e gl'inclinamenti ora ad un lato, oraad un altro; donde risultarono equivoci e dubbj e opi nioni diverse intorno alla filosofia. Ma noi pensia mo di poter mettere alcun ordine in tanto invi luppo ragionando di questa guisa. - Non fram mezzo alle pompe eloquenti delle orazioni e alle asluzie forensi, e non tra le epistole di complimen li , di raccomandazioni, di condoglienze, di affari, nè tra i parlamenti e i dialoghi di uomini ora epi curei, ora stoici, ora peripatetici passionati, è da cercarsi la filosofia di Cicerone, siccome alcuni fe cero e fanno incautamente , ma è giusto rintrac ciarla in que' luoghi delle sue opere filosofiche ove egli parla in persona e sentenza sua propria. —Cið statuito , ascoltiamo Cicerone medesimo , il quale senza equivocazione e mistero alcuno ci racconta ch'egli professa la filosofia della nuova Accademia ; perciocchè a coloro che si meravigliavano come egli principalmente approvasse quellafilosofia che toglie la luce e quasi sparge una nottesopra le co sc, e protegesse impensatamente una disciplina de serla, egli risponde: « Non imprendiamo già noi « il patrocinio di cose deserte. Questo metodo, per « cui si disputa di tutto e non si giudica aperta « mente di niente, nato da Socrate , ripetuto da « Arcesilao, confermato da Carneade , invigorì fino u alla nostra età ; il qual metodo ascolto essere « ora abbandonato in Grecia , il che io credo av * venuto non per vizio dell'Accademia , ma per pi grizia degli uomini : mentre se gran cosa è ap prendere alcuna disciplina , quanto è maggiore apprenderle tutte ! la qual cosa è necessario che 328 CAPITOLO ma quelli facciano , i quali hanno proposto per la investigazione del vero disputare contro tutti i « filosofi e a favore di tutti ; e questa difficile fa « coltà non penso io di avere acquistata, solamente u penso di averla seguíta. Nè già noi a questa gui « sa filosofando, riputiamo , niente esser vero , « piuttosto al vero essere congiunto il falso con « tanta rassomiglianza, che manchi il certo criterio « di giudicare e di assentire; dalle quali dottrine '“ siegue questo precetto , molto essere il probabi v le , il quale benchè non sia bene compreso, non u pertanto avendo certo uso insigne ed illustre, u dee governare la vita del savio ( 1 ) . » – E altro ve : « Io vorrei ( egli dice ) non a nome di Attico , « di Balbo o di Vellejo , ma a suo , che fosse ben u conosciuta la nostra sentenza ; imperocchè non « siamo noi vagabondi nell'errore, nè manchiamo « di quello che è da seguirsi; poichè quale sarebbe « la mente e quale la vita , tolta la regola del di “ sputare e del vivere? Ma noi , ove gli altri dicono u alcune cose certe , alcune incerte, dissentendo da essi , altre diciamo probabili, altre improbabili. * Perchè adunque non potrò attenermi al proba « bile e riprovare il contrario , e dechinando dalle « arroganti affermazioni, fuggire la temerità, che « è tanto lontana dalla sapienza ? Ma i nostri Ac « cademici disputano contro ogni sentenza, peroc a chè questo lor probabile non può risplendere se « non si fa contesa per l'una parte e per l'al - tra (2). » — Oltreacciò egli c'invita a leggere le sue Quistioni Accademiche, ove questi propositi erano esaminati più diligentemente (3) ; cosicchè può dirsi che quando egli ne'suoi Dialoghi disputa ( 1 ) Cicerone De Nat . Deor. lib. I , 5 . ( 2) De Off. lib . II , 2 ; Tusc. Disp . 1. I, 9; II, 3 ; De Div. I. II, 3. ( 3) Cicerone ll. cc. Acad. Quaest . lib. 11 , 3. QUARANTESI MONONO 329 per le parti accademiche, parla in propria perso na, e quindi par fuori di ogni dubitazione che egli è nel metodo di quegli Accademici che ogni cri terio poneano nella probabilità. Di qui s'intende com' egli ora si attemperava agli Stoici, ora ai Pla tonici, ora ai Peripatetici, senza abbandonar l'Ac cademia ; perché ove cercava i doveri dell'uomo e le leggi sociali, trovava maggiore probabilità nelle dottrine del Portico; e dove investigava i principi delle cose e trattava la psicologia e la teologia , credea forse trovarla maggiore nel Platonismo é nel Peripato ( 1 ) ; e dove di queste e di altre filo sofie disputava e ne bilanciava le vantate eviden ze , sospendea il giudizio ed era Accademico ; e così pure quando persuadeva il popolo e il senato, pas sava a grande suo comodo nelle sentenze contra rie , e non avea ribrezzo alcuno di contraddirsi ac cademicamente. La moda del Foro era di potere essere Accademico Probabilista, ed egli serviva alla scena, e lo era con gli altri . Cicerone adunque così disposto trattò di tutte le parti della filosofia ove più diligentemente, ove meno. E certamente egli coltivò la logica e la in segnò con gran cura ne' suoi Libri Rettorici, ma a sua maniera, vuol dire per servigio della eloquen za e del Foro. Parve che pensasse con Socrate non essere molta la utilità della fisica per la probità e beatitudine della vita ( 2). Conobbe tuttavia i mag giori sistemi antichi , e vide nella rimota vecchiaja della filosofia certe nozioni che si vantano scopri menti di questi ultimi tempi, come il moto della terra , gli antipodi, la gravitazione o attrazione uni versale, che tiene il mondo nell'ordine (3). Ma nella ( 1 ) De Off. lib . 1 , 2 , 3 ; Tusc. Disp. lib. 21 . De Nat. Deor. lib. 1, 21 ; Acad.'Quaest. lib . I , 39. De Nat. Deor. II , 45; Acad. Quaest. II , 38. 330 CAPITOLO naturale teologia e nella morale pose ogni sua cu ra . « È fermissimo argomento della esistenza d'Id a dio ( egli dice che niuna gente sia tanto fiera e a niun uomo tanto crudele , che non serbi nella u nimo la opinion degl'Iddii ; e questo consenso di tutte le genti dee riputarsiuna legge di natu u ra ( 1 ) . La bellezza del mondo e l'ordine delle cose celesti stringe a confessare una prestante ed eter u na natura , e un fabbricatore e moderatore della u grand'opera ( 2 ) , il quale è da immaginarsi come « una mente sciolta e libera e segregata da ogni a componimento mortale, che tutto sente e muo u ve , ed è fornita di moto sempiterno ( 3 ) , e come « un maestro e signore che le celesti e le terrene « ed umanecose etutto l'Universo amministra, sen « za la cui provvidenza quale tra gli uomini sarebbe pietà , quale santità , qual religione ? le quali virtù tolte , sorgerebbe il disordine e la confusion della « vita , e non rimarrebbe società alcuna nel genere « umano ( 4 ) . Io così mi persuado e così sento, che « tanta essendo la celerità degli aniini e tanta la « memoria delle cose passate e la prudenza delle u future, e tante le arti e le scienze e le scoperte , quella natura che le contiene non può esser mor « tale ( 5 ) ; e semplici essendo gli animi e senza mi « stura, e movendosi per sè medesimi, ne possono « dividersi e dissiparsi, nè cessare di moversi; ed « essendo celesti e divini e sempre desiderosi della u immortalità , non possono essere ingannati da chi « li produsse, e debbono essere eterni (6) . E quindi 1 ( 1 ) Cicerone Tusc. Disp. lib. I , 13 ; De Nat . Deor . III , 3 . De Div. II , 72 ; Tusc . I , 29. ( 3) Tusc . Disp. I, 27 . (4 ) De Fin .IV , 5 ; A cad. Quaest . I , 8 ; De Nat . Deor . I , 2 , 44 ; II ,66 ; III , 36 ; Fragm . De Repub . III . ( 5 ) De Senectute . ( 6 ) De Senect . et Tusc . I , 27 , 29 . QUARANTESIMONONO 331 * comeche Cerbero tricipite e il fremito di Cocito u e il tragitto di Acheronte sieno favole senili, deb « bon però rimanere dopo la morte i premje le pe w ne, e quelle due socratiche vie per cui gli empj si dividono e i buoni si congiungono agl' Iddii ( 1). -Su questi grandi principj egli collocò l'edifício del naturale diritto e di tutta la morale; e primie ramente dalla eterna ragione e volontà di Dio, e dalla comune ragione degli uomini, e dalla natura e relazion delle cose dedusse la origine e la realità e l'autorità e la obbligazion d'un naturale e pub blico diritto. « La legge ( egli dice ) è un eterno impero che governa řUniverso con la sapienza « del comandare e del proibire, ed è la mente di « Dio che costringe e dívieta; e non solamente è « più antica della età de' popoli e delle città, ma „ eguale a quell' Iddio che difende e regge i cieli e « le terre . La mente divina non può esser senza ra gione, nè la ragione divina può esser senza la « forza di fermare le cose giuste e le ingiuste. Una legge sempiterna fu sempre e una ragione appog ** giata alla natura delle cose; la quale non allora u che fu scritta, cominciò ad esser legge, ma al « lora che nacque , e nacque insieme con la mente « divina ; il perchè la legge vera e primaria , idonea « a comandare e a proibire, è la diritta ragione del k sommo Giove ( 2); la quale non è legge scritta , u ma nata , e la quale non abbiamo imparata, non ricevuta , non letta , ma l'abbiamo attinta dalla « medesima natura e dalla comune intelligenza, per « cui giudichiamo il diritto e il torto , e l' onesto « e il turpe; imperocchè estimar queste cose dalla opinione, non dalla natura, è stoltezza ( 3 ). ( 1 ) Tusc. 1,5,6 , 21 , 30 ; De Ainic. 4 ; De Nat. Deor. II , 2. ( 2) De Leg. II , 4, 5 . (3) Pro Milone; De Leg. 1 , 10, 15. 332 CAPITOLO Io non posso astenermi dalla ricordanza di quelle parole memorabili di Cicerone nel terzo libro della Repubblica, le quali da Lattanzio ci furono conser vate ( 1 ) . — « La retta ragione è certamente la vera legge consentanea alla natura diffusa in tutti, co « stante , sempiterna, la quale comandando chiama « al dovere , e ci spaventa dalla frode vielando . « Niente è lecito toglier da lei, niente cangiare , e u molto meno abborrirla . Nè dal senato , nè dal popolo possiamo essere sciolti da questa legge , « nè altro dichiaratore o interprete è da cercarsi ; « nè altra legge è ad Atene , altra a Roma, ma ella u sola ed una , sempiterna ed immutabile governa « in ogni tempo tutte le genti , e uno è il comune quasi maestro e comandante di tutti , Iddio . Egli « è di questa legge l'inventore, il disputatore, il pro mulgatore , al quale chi non obbedisce fugge sè « stesso e disprezza la natura dell'uomo, e per que a sto istesso paga massime pene , quantunque sfugga « tutti quegli altri eventi che si riputanosupplizj .: Oltre questi nobili conoscimenti della origine , del fondamento , della realità , della forza , della im mutabilità delle leggi naturali , Cicerone conobbe la utilità della religione nella società ; di che niuno vorrà dubitare ( egli dice ) che intenda come sien molte le cose che si ferman col giuramento, e quan la salute apportino le religioni de' patti , e quanti sieno distolti dalla scelleraggine per timore del di vino supplizio, e quanto sia santa la società di que ' cittadiniche fra loro interpongon gľIddii come giu dici e testimonj ( 2 ) . Egli conobbe ancora la sanzio ne ossia la intimazion della pena contro i violatori, senza cui le leggi non avrebbon forza di obbligare, 39 17 ( 1 ) Lattanzio Div .Inst . lib . VII , cap . 8 . ( 2) De Leg . lib . II , 7 . QUARANTESIMONONO 333 ma diverrebbono avvisi e consigli ; e non ebbe so lamente quella sanzione come una conseguenza na turale della colpa , ma come una vera imposizion di castigo , se non in questa , certo nella vita av venire , siccome già sopra abbiam divisato ( 1 ) . Co nobbeegli non meno quella così semplice e così vera divisione del codice della umanità in doveri verso Dio , verso noi medesimi e verso la società ; insegnò che la filosofia dono e ritrovamento di vino ci erudisce nel culto degl'Iddii, e poi nel diritto degli uoinini posto nella società del genere umano : che l'uovio non è nato a sè solo ; che anche parte di lui ne domanda la patria e parte gli amici: che gli uomini sono prodotti per gli uomini acciocchè si giovino a vicenda ; e che debbono ricevendo e dando permutare gli uffizj, e con le arti, con le opere, con le facoltà stringere la compagnia degli uomini con gli uomini (2) . — Questa succinta immagine della giureprudenza e della morale di Cicerone offre nella sua medesima brevità una idea molto elevata e molto magnifica e superiore a quante opere di antichi uo mini giunsero a noi in questo argomento, e forse a quante mai furono composte prima di lui. Tutta volta non è già vero che la morale Ciceroniana con tenga una disciplina compiuta, e discenda con per fetto ordine e verità in tutti i particolari; percioc chè anzi con buon accorgimento fu avvertito essere diffettuosa in assai parti necessarie, e gli argomenti nella maggior parte esser trattati leggiermente, per decisioni assai rigide palesarsi cheil severo giu reprudente non conoscea i veri principj donde po teano dedursi gli scioglimenti di certi casi (3). Ma con tutto ciò neppure è vero che Cicerone ne' suoi ( 1 ) V. Uhper Essai sur l'Hist . du Droit Nat. Par. I , S 12 . ( 2) Tusc. Dis . I , 26 ; De Olf. I , 7 . (3) G. Barbiyrac Pret: a Pufendorf. # SIVIوان 334 CAPITOLO i. trattati di morale fosse un Pirronista , e nelle sue dispute di naturale teologia un distruttore di tutte le religioni. Laprima imputazione assume per fon damento che Cicerone avendo statuiti i principi della morale, prega l'Accademia di Arcesila e di Carneade perturbatrice di tutte queste cose a ta cersi, perchè volendo assalire i principj che sem bran cosi bene composti, farà troppe ruine, e desi dera placarla, e non ardisce rimoverla ( 1 ). La se conda accusazione è dedotta da quello spirito di dubitazione che domina in tutte lesue opere e sin golarmente nei libri della Natura degļIddii, ove mostra gran voglia di confatare e deridere tutte le antiche dottrine della Divinità, e concede alla fine tutti i trionfi all'Accademico Cotta . Al che si ag giunge unagrande incostanza e può dirsi contrad dizione nell'affare gravissimo della immortalità de gli animi ; perciocchè in molte epistole sue , quali scopertamente parlava co' suoi amici, o du bita di quella immortalità , o rappresenta la morte come l'ultimo de' mali e il fine delle sensazioni e di tutte le cose ( a). Noi , per quello che dinanzi si è avvertito , dobbiam consentire che Cicerone fu Accademico, e non altro conobbe che sole proba bilità; nel che certo errò gravemente, e grande fra gilità infuse in tutto il suo sistema teologico e mo rale: tuttavolta perchè al suo probabile diede la forza e l'autorità che noi diamo al vero e all' evi dente, riparò un poco il danno che fin d'allora il Probabilismo minacciava. Fuori di questo errore , egli molte affermò di quelle medesime verità che sue, nelle 1 ( 1 ) Ciecrone De Legibus l . 13. V. G. Barbeyrac I. c. ( 2) Ep. Fam. lib. V, 16, 21 ; lib. VI, 3 , 4 , 21; Ad Autic. IV, 10; e altrove. V. P. Bayle art. Spinoza, M., e Cont. des Pens. div.105; A. Collin De la liberté de penser; G. F. Buddeo De l'Athéisme ch . I , § 22. QUARANTESIMONONO 335 noi stessi affermiamo, e nel naturale Diritto molte ne vide di quelle ancora che furon vantate come scoprimenti del nostro fortunato secolo , di che po tremmo tenere amplissimi discorsi se qui fosse luo go . Egli veramente sparse assai dubbj e molte risa sulle teologie antiche , e non era nel torto. Tenne ancora ragionamenti ipotetici intorno alla immor talità degli animi ; e alcuna volta scrivendo. a tali che la negavano, si attemperò alle loro opinioni per consolarli e persuaderli più speditamente. Per altro, quando fu sciolto da siffatti riguardi, parlà di que sti argomenti con quella dignità cheabbiam rac contata. Adunque nè Cicerone fu di quegli Atei ne di quei Pirronisti esagerati che non conoscono Di vinità e moralità nè vera nè probabile. Non si vuol qui tralasciare che la scuola pirionica o scettica, sia che fosse oscurata dalla modestia e serietà del l'Accademia, sia che la fama di negligenza, di stra nezza e di stolidità la mettesse a pubblico disprez zo , non ebbe accoglienza niuna tra i Romani; di forma che un certo Enesidemo da Gnosso intorno all'età di Cicerone avendo tentato in Alessandria di sollevare dalla dimenticanza lo Scetticismo , e con questo intendimento avendo scritti più libri pirronici, che intitolò a L. Tuberone uomo prima rio tra i Romani , nè gli sforzi dello scrittore ne l'autorità del Mecenate valsero a far leggere que' libri e a persuadere amore per quella filosofia ( 1 ). Donde si prende un nuovo argomento che Cicero ne, il quale raccolse tutti gli applausi di Roma, non potè essere Pirronista. Per questa descrizione della romana filosofia si conosce che tutto lo splendore di lei si restrinse alla età di Cicerone, e si rinnova (:) E. Menagio in Laertium lib . IX , 62 e 116. J. Brucker De Phil. Rom . cap. i , S XXVIII. 1 336 CAPITOLO quella meraviglia come i grandi uomini appariseo no insieme ad un tratto , e poi sopravviene la bar barie che li prevenne. Prima di quei dotti uomini che vissero in compagnia di Ciceroneo poco prima, i Romani eran tutt'altro che filosofi. Dappoi dechind la filosofia , come la eloquenza e la latività . Noi an cora siccome abbiam ricevuto , così possiamo tras mettere alla posterità gli esemp; vicini e forse pre senti di queste subite mutazioni.

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