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Friday, April 9, 2021

Grice e Duni: l'implicatura di Romolo

  LA A falſa comune opinione adotta ta co me un'affioma dai Politici , che le So cieti Civili naſcono colla forma di Governo Monarchico , diede occaſione non meno agli antichi , che moderni Scrittori della Storias Romana di formare di queſta Nazione tutt ' altra idea di quella , che fu realmente . I vo caboli di Re e di Regno appreſi nel ſenſo di quei tempi , in cui viſſero gli Storici , quando già fioriva in Roma la Monarchia , gli traſportarono a credere , che il Governo cominciaſſe fin dal tempo di Romolo colla , forma Monarchica . Taluni peraltro convinti da’ fatti contrari della Storia furono obbligati a confeflare che ne' primi tempi di Roma quantunque regnaffe la Monarchia , pure.que Ita non poteſſe dirá alſoluta ma che folle accom DI ROMA . 17 accompagnata , e mifta di Ariſtocrazia , ' é, Democrazia ; ' e che in conſeguenza i Patrizi inſieme co ' Plebej rappreſentaſsero qualche dritto nel Governo , di cui peraltro la ſomma foſse preſso de' Re . L'Idea adunque che tam luni Scrittori fecero del Governo di Roma fin dal fuo nafcere , fu di conſiderare Romolo co'ſuoi Succeſsori o per veri Monarchi ; o per Monarchi, che aveſsero comunicato parte dell'amminiſtrazione ai due Ceti di Patrizi, e Plebej , riputando i Patrizi e Senatori , come Ceto di Cittadini illuſtri ricchi e favj , im piegati dai Re nelle cariche più gelofe del lo Stato , ed i Plebej per Ceto anche di Cit tadini ma ignoranti e vili , che ſerviſsero per le faccende ruſtiche , e per la guerra ; e che aveſsero qualche parte anche ne' pubblici affari . Venne , come diſi , tal falfa opinione fo ſtenuta da quel comune errore , che tutte le Società Civili non poſsano altrimenti comin ciare , fe non con la forma Monarchica , non fapendo eſli immaginare con qual altra for ma di Governo poſsa mai unirli , e comporli Tom. II. B un > 7 18 DEL GOVERNO CIVILE un Ceto di famiglie a convivere tra loro , ed a formare un corpo . Imperciocchè , dico no efli , non è poſſibile di concepire il prin cipio di tal unione , ſenzachè qualcuno di eſſi, o per violenza , o per fraudolente ambizione induca gli altri alla di lui foggezione e Si gnoria ; tantoppiù che non ſi faprebbe in al tra maniera immaginare , come i Padri di fa miglia, i quali prima di entrare in Società Ci vile , facendo ſenza dubbio la figura di Mo narchi nella propria famiglia , pofsano ſenza il mezzo della violenza , o dell'inganno , ab bandonare la propria Signoria col foggettarfi al Governo Civile . Su queſta mal fondata , opinione incontrandoſi nel fatto della Nazio ne Romana , in cui intefero parlare di Re , e di Regno nel ſenſo appreſo di Monarca , e Monarchia non dubitarono punto di defi nire il Governo fotto Romolo , e Tuoi fuccef fori per Monarchico . Ma poichè i fatti ſteſſi della Storia realmente non s'uniformano all ' Idea di una perfetta Monarchia , furono co ftretti ad ainiettere una Mon : irchia mitta di Ariſtocrazia inſieme , e Democrazia . Tutte DI- ROMA . 19 Tutte le ragioni politiche , che ſogliono ads durſi dagli Scrittori nel pretendere , che le So cietà Civili non poſſano altrimenti nafcere che colla forma Monarchica , fono a mio giu dizio tanto lontane dal dimoſtrarla , che anzi provano tutto il contrario , cioè , che la unione de' Padri di famiglia , nel comporre la Società Civile , debba neceſsariamente pro durre forma di Governo Ariſtocratico , e non Monarchico ; poichè fe effi non fanno im maginare , come tali particolari Monarchi di famiglia poſsano ſoggettarſi alla pubblica , Podeſtà ſenza frode o violenza di qualcuno di loro , io al contrario non ſo concepire , .come tal violenza o frode d' un ſolo por fa eſser valevole ad obbligare un Ceto in tiero di Padri di famiglia avvezzi a ſignoreg . giare in caſa propria per ſoggettarſi al Mo narca , Qualunque voglia figurarfi la frode o la violenza d'un folo , egli è chiaro che tali mezzi non faprebbero indurgli a foffrire di buon animo un totale cambiamento di con dizione , quanto, lo è il paſsare da quella , in cui trovavanli di Signori aſsoluti , a queſta di B 2 fud 20 DEL GOVERNO CIVIL E fudditi, trattandoſi di cambiare condizione in tieramente oppofta ; ed ognun fa , quanto rin . : creſce al Signore il paſſare di fatto dallo ſta to di comandare a quello di ubbidire . Che ſe mi diceffero , che ciò nafce dalla violenza, cui non ſi può reſiſtere , io gli riſpondo , che nei naſcimenti delle Repubbliche la for za d'un ſolo non è , ne può eſſere parago nabile alle forze unite di tanti Padri di fa miglia , quanti converranno ä formare la So cietà . Sicchè tanto è fupporre , che la forza d'un folo baſti per opprimere gli altri , quan to è dire , che molti non fiano in grado di vincere la violenza d' un folo ; ciò che o non è affatto poſſibile , o almeno lo potrà eſſere in qualche caſo troppo raro , e ſtravagante ; ma la ſtravaganza e la rarità non può in durre un ſiſtema generale . Quindi il preten dere , che le Società Civili debbano necella riamente cominciare colla forma di Governo Monarchico , è lo ſteſso , che fupporre la violenza , o la frode d' un folo maiſempre ſuperiore alla forza , ed alla deſtrezza di mol ti ; e ciò non baſta , perchè biſognerebbe an che > DI ROMA . 21 1 che ſupporre , che al numero di molti non fc gli preſenti mai occaſione favorevole per re fiftere , e liberarſi dall' uſurpato potere di un ſolo ; cioche realmente s’oppone ad ogni no ftra immaginazione. Se poi vorranno fingere, che dopo la violenza , o frode uſata dal Mo narca per ſoggettare gli altri , poffa ſeguire il compiacimento degli ſteſſi ſoggetti , forſe perché il Monarca ſia dotato di virtù tali , che baſtino ad innamorargli , oltreché une tal ſupporto non ſi può ammettere general, mente , incontra il maſſimo oſtacolo di non poterſi concepire , come gli Uomini avvezzi a dominare poſſano cosi preſto invogliarſi della condizione oppofta di ubbidire per qualunque ammirazione di virtù nella perſona del Moia. narca . Ma poi non è poſſibile il concepire nel Monarca virtù degna di ammirazione preſo co loro , che naturalmente, non fanno ſpogliarli di fatto del proprio carattere di dominare , ſenzaché entrino almeno a parte della pub blica amminiſtrazione ; fe pure non vogliamo fingerli per Uomini affatto ftolidi ed alieni dalla maſſima delle Umane paſſioni . B 3 Qui 22 DEL GOVERNO CIVILE Qui potrei co ' monumenti pervenutici de gli antichiſsimi Popoli dimoſtrare col fatto l? inſuffiſtenza di un tal ſentimento dei Politici col riconoſcere nelle origini delle Nazioni tutt altra forma di Governo , che la Monar chica ; e che laddove eſli ſuppongono , che la Monarchia ſia ſtata la prima a forgere nel le Società Civili , fi troverà maiſempre l'ulti tima a venire dopo l' Ariſtocrazia , e Demo- ' crazia ; perché la naturalezza delle Umane vicende è tale , che i Padri di Famiglia nel formare la Società Civile dovendo decadere da quella podeſtà afloluta , che eſercitavano in Caſa , cercheranno di cedere il meno che ſia poſſibile dell'antica Signoria ; poichè l'Uo mo per natura non fa mutarſi di fatto da , uno ſtato ad un altro direttamente oppoſto al primo , e perciò quando trovali nella contin genza di dover paſſare da una condizione ſuperiore all' inferiore , procura ſempre di paſſarci per gradi , e non di ſalto . Quin di è , che fe vogliamo ragionare a ſeconda , dell'idee Umane , dobbiam dire , che tali Pa dri di famiglia qualora li vedranno obbligati dalla DI R O M A. 23 dalla neceſſitii di laſciare la Monarchia del ta loro famiglia , ſebbene converranno vo lentieri in Società Civile per trovare mag gior ſicurezza coll'erezione della poteſtà pub blica compoſta di forze unite , e per confi gliare ai vantaggi, e comodi della vita ; pu Te non ſi diſporranno mai a cedere dell'anti ca poteſta , fe non quanto biſogna per reg gerſi il Corpo Civile , e quanto meno liane poflibile di quella dominazione , che lafciano . Or la forma di governo , che dovranno fce gliere , farà certamente l'Ariſtocratica , come quella , in cui fi cede il meno dell'anticas Signoria , formandoſi una Podeſtà pubblica che riſiede nondimeno preſſo gli iteſi mem bri , che la compongono , e nel tempo ſtello col Governo Ariſtocratico ſieguono a ſignorega giare ſul Volgo , e ſulla Plebe , che ſi ricovera ſotto la loro protezione . Che ſe poi vorremo fare un' efatto giudizio , come coll' andar del tempo dall'una forma di Governo ſi fuol para ſare all'altra , poſſiamo qul accennare breve. mente , che ſtabilitaſi la Societ : Civile nella ſua origine colla forma Ariſtocratica , che dee ellere 1 B 4 priva d'ogni dritto Civile i Indi l'oppreſſo 24 - DEL GOVERNO CIVILE eſsere la prima a naſcere , gli Ottimati na turalmente faranno traſportati dall’amor pro prio ad opprimere , e tirannizzare il Volgo , o ſia la Plebe , che ricoverandoſi ſotto la lo ro protezione, per ſoſtentare la vita , rimane Volgo creſciuto in numero , maſſime col mez zo della procreazione , pel deſiderio iſpiratoci dalla Natura di fottrarci dall' altrui tirannia , cogli ammutinamenti e ſedizioni cerca di li berarſene ; e quindi avviene , che dall' Ari ftocrazia ſi paſſa alla Democrazia . Finalmente il Popolo tutto reſo partecipe del Governo , naturalmente ſi divide in fazioni , le quali agi tandoſi continuamente tra loro , non trovano altro ſcampo per ſalvarſi dalle guerre Civili , che di ricoverarſi ſotto la Monarchia . E que Ito ſembra il corſo ordinario e naturale delle Origini e de' progreſſi delle Nazioni tutte uniforme altresì alle memorie pervenuteci del le antichiſſime Nazioni. Ma per non partirci dal noſtro argomento , ci conviene di fermarci ſull' eſame del Go verno Civile di Roma . E ſulla prima fa duo po DI ROMA: 25 po di ſviluppare dalle tante incoerenze , che troviamo nella Storia , quella prima forma di Governo , che venne iſtituita ſotto Romolo nel naſcimento della Città Romána . Dicia ino adunque , che la prima forma diGover no iſtituita fin dal tempo di Romolo tanto è lungi , che fofle ftata Monarchica , o miſta di Monarchia , che anzi ſi riconoſce chiaramen te Ariſtocratica delle più feverè , che mai li poſſa immaginare , come realmente lo furono le Nazioni tutte nei loro forgimenti . E pri mieramente l'efferſi attribuita a Romolo , e ſuoi Re fucceffori la Monarchia , nacque fo vratutto , come diſli , dalla falſa intelligen-. za della voce Rex , col di cui nome vennero chianati tutti quei , che da Romolo fino al la creazione de' due Conſoli Annali ebbero la cura di preſedere , e far da Capi del Se nato regnante . La voce Rex nei tempi , in cui gli Storici, come Livio e Dioniſio 'com pilarono la Storia Romana , fu certamente appreſa in ſenſo di Monarca , come temps , in cui fioriva. la Monarchia e con un tal Suppoſto non ſapendo neppur eſi immagina. re 26 DEL GOVERNO CIVILE re altra forma di Governo nel naſcimento della Città Roinana , andarono a credere , che o in tutto , o in parte regnaſſe la Monarchia . Ma ſe vogliamo inveſtigare la vera originaria fignificazione della voce Rex , troveremo , ch'ella viene da reggere , e ſoſtenere , e che propriamente dinotava un Capo e Dace del la Repubblica , e non un Monarca di pode Atà aſſoluta . La ſtella eſpreſſione di Rex tro viamo uſurpata in tutte le altre Nazioni , di cui ci è pervenuta la Storia ; ma il Governo del le niedeſime non ſi può attribuire a Monar chia ſenza ſmentire i fatti medefimi, dai quali ſcorgeſi , che tali Re altro realmente non era no , che Capi, e Duci delle Repubbliche : per che inſieme colla perſona del Re troviamo i Senati , da cui definivanfi gli affari pubblici dello Stato . Soleaſi per altro diſtinguere l' incombenza dei Re in pace ed in Città da quella , che rappreſentavaſi in guerra ; poi che qualora erano in piegati a far da Capita ni Generali a comandare l'eſercito , ſpiega vano certamente una podeſtà affoluta , come quella , ch'è troppo necelaria nel Capitan Gen DI ROMA 27 Generale per lo buon regolamento delle fac cende militari . Trattaſi in guerra di porre in eſecuzione all'iſtante le opere militari , le qua li non ſoffrono dilazione , e richieggono la più rigoroſa ſegretezza per forprendere l'ini mico , ed in conſeguenza i Re in guerra per natura dell'impiego medeſimo ſpiegavano po teſtà aſſoluta , perchè non giova di eſercitarſi colla dipendenza dal volere degli altri , è maf fimamente de' Cittadini, come lontani e che non poſſono eſſer preſenti alle diſpoſizioni mi Jitari , e perciò non ci dee far maraviglia , fe per conſigliare al pubblico bene fafi co ſtumato di concedere al Re , quando coman da in guerra , una poteſtà indipendente e Monarchica . Ma di qualunque carattere ftata foſſe lae poteftà dei Re in guerra , non dobbiamo con fonderla colla podeſtà da effi loro praticata in pace e nel Governo Civile dello Stato . In fatti Tacito narrando i coſtumi degli antichi Germani ci fa ſapere che prello tali antis chi Popoli ſi diſtinguevano i Re propriamen te 1 28 DEL GOVERNO CIVILE te detti nel ſenſo di reggere la Repubblica dai Capitani Generali ; poichè i primi fi eleg gevano dal Ceto degli Ottimati e . Signori , ed i ſecondi fi ſceglievano tra quei , che li erano reſi celebri pel valore , ' I Re , dices egli , ſi eleggono dal Ceto de' Mobili , e per Capitani Generali ſi ſcelgono i più celebri nel valore ; Ma i Re non rappreſentano pode fà libera ed illimitata (a ) ; quanto a dire che la qualità di Re preflo gli antichiſſimi Germani non produceva poteſtà fuprema , e Monarchica , tuttoche Tacito gli aveſſe at tribuito il nome di Rex . Dioniſio parlando degli antichi Re della Grecia fcrive , che i Re delle antiche Greche Nazioni , preffo di cui il Principato era ereditario , o pure elettivo , governavano col conſiglio degli Ottimati , come lo atteſtano Omero , e gli antichiſſimi Poeti. Nè quei tali antichi Re eſercitavano il Prin cipato con poteſtà aſſoluta , come veggiamo a tempi (a ) Tacit. de moribus Germanorum 9. VII. Reges ex nobilitate , duces ex virtute fumunt . Nec Regi bus infinita , aut libera poteftas . DI ROMA . 29 tempi noftri (a ) . La voce Rex adunque nell' originaria ſignificazione Latina dinotava une Capo di qualunque Ceto , o di Repubblica , e non un Monarca z e queſto Capo qualora veniva deſtinato a comandare in guerra ; al lora fpiegava la poteſtà aſſoluta ; Ma nei tem pi poſteriori , quando le Nazioni pervennero allo ſtato di Monarchia fi ritenne la ſteffa voce Rex , che paſsò a ſignificare il Monarca , quan to a dire , che il nome di Rex attribuito a Romolo , ed agli altri Re ſucceſſori, non può eſſere un argomento per definire il Governo Monarchico nel naſcimento della Città Ros mana . Parliamo ora ad eſaminare i fatti narratici dagli Storici , dai quali unicamente dipende lo ſchiarimento di queſto articolo . Dioniſio , il quale a differenza degli altri s'impegna a de ( a ) Dioniſio Antiq. Rom . lib . 2. Graecanici Reges çerte , qui haereditarium Principatum fumerent , quolve Populus fibi ipfe praeficeret , confilium habebant ex Optimatibus , ut Homerus , & antiquitlimi quique Poetarum teftantur .. neque ( ut fit in noſtro feculo ) veteres illi Reges ex ſui tantum animi fententia poo feſtatem exercebant . 30 DEL GOVERNO CIVILE deſcriverci minutamente l'origine del Govere no Civile ſotto Romolo , febbene non ſeppe , formare un' eſatto e coſtante giudizio della forma del Governo , pure ci ſomminiſtra ba . ftanti lumi , onde poſſiamno ſcovrire il vero . E ſulla prima introduce un allocuzione fatta da. Romolo ai ſuoi Compagni ſul propoſito di doverſi ſtabilire una forma di Governo che foſſe più utile , e più atta per tener lon tana la Città dalle fedizioni Civili , e per di fenderla dagl' inſulti dei Popoli eſteri . E qui ci rappreſenta Romolo per Uomo ben iltrutto ed erudito delle Nazioni Greche , e delle Barbare , delle forme del loro Governo della difficoltà nello ſcegliere la migliore ; indi gli conſiglia a riflettere maturamente l' affare , affinchè poteſſero riſolvere , se piutto fto voleano ubbidire a un ſolo , o pure a pochi, moſtrandoſi pronto e pieno di moderazione a ſeguire il loro volere (a) . Dopo una ſpe cio ( a) Dioniſio antiq. Rom. lib. 2. Quum autem diffi çilis fit earum ( vitae uempe rationum ) electio , juf lit DI ROMA . 31 ciofa allocuzione i compagni di Romolo te. nendo conſiglio tra loro , non dubitarono di preſcegliere la forma del Goveno Regio in perſona dello ſteſſo Romolo , non ſolamente perchè l' aveano ſperimentata la migliore per quanto l'aveano inteſo approvare dai loro Maggiori , ma perchè giudicavano , che con una tal forma di Governo ſi otteneffero i due maſimi vantaggi , cioè la libertà propria , e · l' impero preſſo degli altri (a) . Da un tal racconto ognun vede , che Dio. nilio fit eos re per otium conſiderata dicere , NUM UNI RECTORI , AN PAUCIS PARERE MALINT . Etenim , inquit , quamcumque Reipublicae formain in ftitueritis , ad eam recipiendam paratus fum , nec principatu me indignum cxiſtimans , nec detrcaans imperata facere . (a) Dioniſio loc.cit.Illi, communicato inter fe con filio, reſponderunt in hunc moduin : nobis nova Reid publicae forma non eft opus ; nec a majoribus proba tam , & per manus traditam mutabimus , fed & pri fcorum conlilium fequimur, quos non ſine inſigni prů. dentia illam Reipublicae formam inſtituiſſe credimus, & praefenti fortuna contenti ſumus ; cur enim illam in. cuſemus , quum fub Regibus contingerint nobis bona , quae apud homines habentur praecipua , LIBERTAS ET IMPERIUM IN ALIOS Haec eft noftra de Republica fententia &c. 32 DEL GOVERNO CIVILE niſio compoſe tali narrazioni piuttoſto allas maniera , com'egli avrebbe penſato di fare , che con quella , che Romolo realmente ufaf ſe preſſo i lnoi compagni'. E tralaſciando di riflettere le tante improprietà di ſimile allo cuzione , in cui ci propone Romolo per Uo mo iſtrutto delle Barbare , e delle Greche Na zioni, anzi delle varie forme del loro Gover no ; quando al contrario , come dimoſtraremo a fuo luogo , i Romani per molti ſecoli fu rono affatto ſconoſciuti ed ignoti , mallime alle Greche Nazioni , ci giova quì di notare quell'eſpreſſione , che il Governo Regio po tea loro conſervare il pregio della libertà , il quale certamente non ſi può ottenere colla Mo narchia preſa nel ſuo vero fenfo di podeſa d' un ſolo aſſoluta , ed arbitraria; poiché an che ſul ſuppoſto d'un Monarca dotato della più retta politica ę ſaviezza , e di coſtumi i più ſublimi ed innocenți , il Popolo non può godere altro pregio di libertà , ſe non quello, che deriva dalla rettitudine dell'animno dalla ſaviezza del Monarca medeſimo ; mais non ſi può pretendere ſotto la Monarchia di 1 DI ROMA . 33 godere il dritto e la libertà di reſiſtere , ed oppora al di lui ſentimento e comando ; poiché la forma Monarchica , come tale , racchiude la fuprema poteſtà preſſo di una folo ; e tutto il reſto del popolo potrà fo lamente eſercitare quell'autorità , che pia ce rà al Monarca di comunicargli ; ficchè ſi conſidera allora ' tale autorità come dipen dente e ſoggetta maiſempre al voler del Monarca e non libera del popolo , che l' eſercita per comando del Principe . Ed ecco cheDioniſio leffo finora ci propone il Gover no Regio non già in ſenſo di Monarchia , ma di Capo e Duce d ' un ceto d' Uomi ni , che intendono d'eſser membri del Go verno medeſimo , per eſſere anch'eſſi a par te della libertà di comandare . Siegue indi Dioniſio a narrare la diviſione del Popolo in Tribù , e Curie , inſieme colla egual partizione de' campi , e de' terreni tralle Curie ; e poi paſſando alla diviſione de' Ceti fatta in Padri e Plebe , nel riferire il carat tere che i Patrizi doveano rappreſentare nella Repubblica , chiaramente ci atteſta , Tomo II. С che 34 DEL GOVERNO CIVILE che ai Patrizi apparteneva la cura dei Sacri , l'eſercizio de' Magiftrati, l'amministrazione della Giuſtizia , ed il Governo della Repubblica unitamente con Romolo (a ). Ę poco dopo narran do l'erezione del Senato dal Ceto de? Patrizj replica lo ſteſſo , cioè , che Romolo avendo ri dotto le coſe in buon ordine , immediatamen- : te creò dal Ceto de' Patrizj i Senatori , i quar. li doveſſero ſeco lui amminiſtrare la Repubbli 64 (b) . E queſta ' erezione di Senato l'affomi glia alle Repubbliche delle antiche Nazioni Greche ſulla teſtimonianza di Omero , e di altri Poeti Greci , che fanno menzione di fimi li Senati regnanti, cui preſedeva il Re , il qua le per altro facea da Capo e Duce, in ma niera $ (a) Dionifo loc. cit. Romulus porro poftquam difcre vit potiores ab inferioribus, mox legibus latis praefcri plit , quid utriſque faciendum effet : ut Patricii facra curarent, Magiſtratus gererent , jus redderent ,SECUM REMPUBLICAM ADMINISTRARENT. ( b ) Dioniſio loc. cit. Ceterum Romulus poftquam haec in decentem ordinem redegit , confeftim decrevit Se fatores creare , ut ellent , QUIBUS CUM ADMINI STRARET REMPUBLICAM . DI ' ROMA . 35 niera però , che il Governo della Repubblica riſedelle prello il Senato compoſto degli Ot timati , come per l'appunto furono i Patrizi di Roma (a) . Indi riferiſce le particolari in combenze attribuite a Romolo , come Capo del Senato , cioè , che prello di lui eſſer do veſſe la principal cura dei Sacrifizj e del le coſe Sacre : che doveſſe aver cura delle Leggi e de' Coſtumi Patri ; che ſi riſerbaf ſe il giudizio per gli delitti più gravi, e de' minori ne giudicaſſero i Senatori ; che foſſe di ſua incombenza di convocare il Senato ed il Popolo tutto , colla prerogativa di dover eſſere il primo a profferire il ſuo ſentimento , ma che le determinazioni del Senato dovef ſero dipendere dalla pluralità dei fuffragi ; e finalmente , che poteſſe ſpiegare Poteſtà aſſo luta in guerra ( b) , Paſſando poi a ſpiegare , C 2 qua (a) Dioniſio 796x it. Graecanici Reges certe > qui hereditarium Principatum fumerent, quoſve populus fibi ipfe praeficeret , conlilium habebant ex Optimatibus , ut Homerus & antiquiſſimi quique Poetarum teſtantur &c. ( b) Dioniſio loc.cit. His conſtitutis, honorcs, & potefta tes in fingulos Ordines diſtribuit . Regi quidem eximia mune 36 DEL GOVERNO CIVILE quale eller doveſſe l'autorità del Senato , fcri ve , che gli affari del Governo ſi doveſſero dal Re proporre al Senato, preſo di cui non di meno doveſſe riſedere la potefta fuprema di decidere col mezzo della pluralità dei ſuf fragj , ſoggiungnendo inoltre, che un tal fix ſtema di Governo folle ftato appreſo dalla Repubblica dei Lacedemoni , ( fempre col falfo fuppofto , che Romolo in tali tempi aveſſe avuto cognizione de' Papoli della Gre cia ) in cui i Re non erano Monarchi , nè Die {potici del Governo , ma ſemplici Capi del Senato il quale fpiegava la fuprema pote ftate munera fuerunt haec: Primum , ut Sacrificiorum , & re liquorum Sacrorum penes eum eflet principatus, per quem çumque gereretur quidquid ad placandos Deos attinet ; deinde uit legum ac conſuetudinum Patriarum haberet cuſtodiam , omniſque Juris , quod vel natura di&ar , vel pacta & tabula fanciunt curam ageret ; utque de graviſſimis delictis ipſe decerneret , leviora permitteret Senatoribus , providendo interim , ne quid in judiciis pece caretur ; utque Senatum cogeret , Populum in concio nem vocaret , primus fententiam diceret , quod pluçi bus placuiſſet , ratum haberet . Haec Regi attribuit mu nia , & practerea fummum in bello Imperium , DROMA. 37 ( be neppur ftà nell'amminiſtrazione della Repubblica (a ). Da tutto queſto racconto di Dioniſio non v'è chi pofſa negare , che Romolo non eb l'ombra, della poteſtà Monarchica; poichè colla coſtituzione del Senato la poteità ſuprema riſedeva preſſo il Senato medeſimo , e preſſo gli Ottimati ; e che tutto quello , che fu attribuito alla perſona del Re , conſiſte va nel fare da Capo del Senato Regnante col la ſemplice prerogativa di poter proporre gli affari, e di eſſere il primo tra i Senatori 2 profferire il ſuo fentimento ; ma che la poteſtà di determinargli riſedeſſe preſſo il Ceto dei Senatori , in maniera che le determinazioni ſi coſtituivano colla pluralità de' Suffragj, a cui il Re medeſimo dovea foggiacere ; ciocchè non ſolamente eſclude ogni idea di Monarchia , ma C3 ci (a ) Dioniſio loc. cit. Senatui vero dignitatem ac po teſtatem hanc addidit , ut is s de quibus à Rege ad ipſum referretur , de his decerneret , & ferret calculum, ita ut ſemper obtineret plurium ſententia . Id quoque a Laconica Republica defumtuin eſt; Lacedaemonio, rum cnim Reges non erant fui arbitrii , ut, quidquid vellent , facerent ; fed penes Senatum erat tocà publi cæ adminiftrationis poteftas . 38 DEL GOVERNOICI V ILE ro ci manifeſta chiaramente una perfetta Ariſto crazia compoſta di Senatori , i quali furono eletti dal Ceto nobile de' Patrizj. Egli è ve che il Re di Roma ſpiegava la poteſtà aſſoluta ſoltanto in guerra ; ma queſta , come dicemmo , non toglie, nè s’ oppone alla for ma del Governo mero Ariſtocratico , perchè in tutte le Ariſtocrazie troviamo tal poteſtà ſuprema nella perſona del Capitan Generale , per la ragione di non poterſi altrimenti eſer citare con felice effetto il comando del Du ce dell' Eſercito : E qui giova d' oſſervare , che ſebbene nelle Ariſtocrazie il Capitan Ge nerale faccia ufo di poteſtat aſſoluta in guer ra ; pure la dichiarazione della guerra , e tut to ciò , che appartiene al ſiſtema generale di eſercitarla , dipende dal volere dello ſteſſo Se nato regnante , quatito a dire , che tutta live poteſtà ſuprema del Capitan Generale ſi ridu ce ad eſeguire gli ſteſſi ordini del Senato éd a riſolvere all'iſtante da ſe medeſimo ciò che non ſoffre dilazione , e l'attendere l'ora colo del Senato ſarebbe inutile e dannoſo Del rimanente la forma del Governo ſi diſtin gue ITDI ROMÀ. 9. 39 gue non già dall'uſo della poteſtă , che ſi eſercita in guerra , ma dalla ragione delle pubbliche determinazioni , le quali , qualora dipendono dall' arbitrio di quei pochi , che compongono il Senato , ci manifeſtano chiara mente l'Ariſtocrazia , e non la Monarchia , anzi neppure un miſto dell'una è dell'altra ; perchè la coſtituzione d'un Capo del Senato , ſempreche tutte le pubbliche determinazioni ſono riſerbate alla pluralità de' Suffragj dei Senatori s non ſi può aſcrivere , che ad un più ordinato regolamento del Senato mede ſimo , come avviene in tutti i Ceti di per fone , in cui vi ſia un Capo , il quale ſembra effer neceſſario , affinchè ſia meglio regolato il Corpo intiero di quei , che lo compongo ño ; ma non già che la coſtituzione del Capo vaglia à mutare o alterare in minima parte il fiftemå del Ceto medeſimo. So bene , che anche nelle Monarchie fogliono eſſervi i Se nati , maſlime de Grandi dello Stato ma cali Senati ſono di gran lunga diverſi da quello, che fu ſtabilito in Roma forto Romolo ; poi chè il Monarca talvolta ſuole commettere a C4 quals 40. DEL GOVERNO CIVILE 0 qualche Geto di Perſoné la deliberazione de gli affari , o pubblici , o privati ; ma tali de liberazioni non oltrepaſſano i confini d'un mero configlio , ſicchè rimane maiſempre al Monarca la facoltà di approvare , di repu diare la deliberazione ; quanto a dire , che la determinazione dipende maiſempre dall' arbitrario fuo volere e non dai ſentimenti dei ſuoi Conſiglieri; ragion, per cui nelle Mo narchie ſi trovano talvolta ſtabiliti tali Ceti di perſone , che ſogliono aver nome di Con ſiglieri del Monarca . All'incontro il Senato di Roma era compoſto di perſone , di cui ognu na ſpiegava uguale autorità a quella di Ro molo per le pubbliche determinazioni , e queſta tal ſorta di Senato Regnante è quel la propriamente , che coſtituiſce la vera forma di Governo Ariſtocratico . Quindi pof ſiamo francamente affermare , che dove re gna la Poteſtà fuprema nel Senato , ivi non vi può eſſere neppur l'ombra della Monar chia , ed al contrario dove regna la Monar chia , ivi non può eſſervi Senato di poteftà ſuprema; perchè l'una e l'altra forma di Go verno DI ROMA . 4.1 3 come verno non ſi diſtinguono in altro , ſe non che nella Monarchia la poteſtà fuprema riſiede in un folo , e nell' Ariſtocrazia in molti . Ma per eſſer meglio convinti d'una tal ve rità , ci conviene di eſaminare con maggior diſtinzione quel Capo di Poteítà , che riguar da lo ſtabilimento delle Leggi , il quale più d'ogni altro fa diſtinguere la Monarchia dal? Ariſtocrazia , ſecondo che venga eſercitata da un ſolo , o da molti , è che ſecondo il ſenti mento di tutti i Politici ſi conſidera la maſſima nell' amminiſtrazione dello Stato . In fatti tra tutte le pubbliche deliberazioni la più ſpecioſa ed importante è certamen te quella , che diceſi poteſtà Legislativa ; poi chè lo ſtabilimento delle Leggi , come quel lo , che più d'ogni altro riguarda l'intereſſe e la pubblica tranquillità , è il punto più ge lofo , che poſſa eſſervi nel regolamento del le Società Civili , e come tale ci manifeſta , e ci fa diſtinguere ad un tratto la Monarchia dall'Ariſtocrazia . La ragione ſi è , perchè pre ſcriver la Legge allo Stato altro non è , che obbligare e ſoggettare tutti i particolari mes 42 DEL GOVERNO CIVILË membri del Corpo Civile alla cieca obbedien za di ciò , che la Legge comanda ; e perciò ñon li può riconoſcere poteſtà più ſublime di quella di poter comandare la Legge . Or fen za biſogno di ſoggettarci ſu tale articolo ai ſentimenti degli Storici ; qualora ci riuſciſſe di dimoſtrare , che la Poteſtà Legislativa di fat. to riſedeva non nella perſona di Romolo , ma preſſo l'Ordine del Senato regnante , non ci rimarrà luogo da dubitare , che l'iſtituzio ne del Governo folle di forma mera Ariſto craticào É qul fa d’uopò di ricorrere alla narrazio ñê del Giureconfulto Pomponio nella Legge feconda de Origine juris į ove impreſe con particolari cura à trattare dell'origine delle Leggi Romane · Ci fa egli ſapere , che ſul principio il Popolo Romano ſi regolava ſenzos leggi certe e determinate ; ma che tutto ſi go Bernava col mezzo della dutorità del Re (a) . A tal (a ) L. 2. 9.1. de Orig. Juris : Et quidem initio Ci vitatis noftrae Populus fine lege cerca , fine jure certo pri DI R O M A. 43 A tal narrazione di Pomponio gl' Interpreti del Dritto Civile , valutando aſſai più la di lui Autorità , che quella di Dioniſio li dettero a credere che realmente il Governo iſtituito fotto Romolo folle itato Monarchico , poichè (dicono eſli ) ſe ne primi principi della fonda zione di Roma al dir di Pomponio non v'era no leggi ſtabilite , e determinate , ma tutto li regolava collº autorità del Re , ne liegues neceſſariamente , che la forma del Governo cominciare dalla Monarchia . Ma io non sò , come tali Interpreti poſſano formare da quelle parole di Pomponio un tal giudizio , quando dall' altre , che ſeguono , li dimoſtra il con trario . Indi ( fiegue Pomponio ) eſſendoſi ing qualche maniera ingrandita la città , dicéſi , che lo ſtesſo Romolo aveſſe diviſo il Popolo in trenta parti , chiumate CURIE a motivo , che allo primum agere inſtituit , omniaque manu Regis guber nabantur . NellePandette Fiorentine leggefi MAŇU A REGIBUS GUBERNABANTUR ma de ciocchè fregue , e dall' eller direito il diſcorſo di Pomponio alla perfona di Romolo , dee fi piuttosto abbracciare la lezio ne volgata , omniaque manu Regis gubernabantur. 44 DEL GOVERNO CIVILE allora Spediva gli affari della Repubblica coi ſentimenti , e colle determinazioni delle medeſime Curie ; ed in tal maniera promulgò egli alcune leggi dette CVRIATE , come fecero altresì i Re ſuoi ſucceſſori (a ) . Or fe folle vero , che Romolo cominciaſſe a governare la Città colla fornia Monarchica , dovrebbe eſſer falſo , che lo ſteſso Romolo indi ſtabiliſſe la Repubbli ca degli Ottimati , con attribuire al Senato l' Autorità ſuprema di diſporre degli affari pub blici per mezzo della pluralità de' Suffragi . Nè vale il ſupporre , che Romolo regolaſſe , la Città coi ſentimenti delle CURIE di puro conſiglio , quafi che ſi riſerbaffe l'arbitra rio volere di ſeguire , o di ripudiare tali fen timenti . Imperciocchè lo ſtello Pomponio chia ramente s'eſprime , che gli affari ſi determi navano per Sententias partium earum , che in buon ( a ) Poftea au&a ad aliquem modum Civitate ipfum Romulum traditur , Populum in triginta partes divififfe , quas partes Curias appellavit , propterea quod tunc Reipublicae curam per Sententias partium caruni expediebat ; & ita leges quaſdam & ipfe Curiatas ad Populum tulit. Tulerunt & fequentes Reges . DI ROMA . 45 buon latino non poſſono ſignificar Configlio ; ed oltracciò le Leggi ſi chiamarono Curiato non per altra ragione , fe non perchè le de terminazioni venivano preſcritte co' ſentimens ti delle ſteſse Curie , e non dall' arbitrario vo lere di Romolo . Egli è vero , che tali Leggi coll'andar del tempo furono anche dette Regie a cagion che ſi proponevano dai Re ne' Co mizj Curiaci; ma poichè tutti gli Storici con vengono nell'affermare , che gli affari li de terminavano dalSenato a relazione degli ftelli Re , come Capi di quella adunanza , non ci dee far maraviglia , ſe le Leggi ſi foſſero dette anche Regie ; perchè venivano propoſte dal Capo del Senato , cui ſi dette il nome di Re . Dunque fe vogliamo credere più a Pompó nio , che a Dioniſio , pure ſiamo obbligati coll'autorità dello ſteſſo Pomponio di ammet tere ne' tempi di Romolo l ' Ariſtocrazia , u non la Monarchia ; perché altrimenti non ſi potrebbero comporre le prime colle ſeguen ti parole del Giureconſulto . All'incontro egli farebbe coſa ridicola il ſupporre , che pri ma di ſtabilirſi le leggi certę , Romolo go f ver 46 DEL GOVERNO CIVILE vernaſse da Monarca , e che poi iſtituiſſe l' Ariſtocrazia ; e quando anche potefle'aver luogo una tal fuppoſizione , non dobbiamo at tenerci a quel che foſſe ſeguito , prima che ſi dalle una certa forma al Goveșno , la quale non fi dee ripetere , fe non dal tempo , in cui la Città preſe i ſuoi certi regolamenti. Ма ,per meglio chiarirci di tal verità, con „ viene di riflettere , che quella eſpreſione di Pomponio , cioè , che fu i principi della cit tà non v'erano leggi certe , ma che tutto ve niva regolato coll'autorità di Romola , non può ſignificare forma di Governo Monarchi co , come è itata appreſa dagl' Interpreti. E qut fa d 'uopó d'inveſtigare la vera ſignifi çazione di quelle parole , Omniaque manu Regis gubernabantur . La voce Manus , è vero , che per traslato • ſtata anche appreſa da' Latini in ſenſo di poteftà (a) ; pure non hanno 1 ( a ) I Latini quandą apprefero la voce Manus in senſo di POTESTA' , s' avvalſero di quelle locuzioni IN MANU ESSE , HABERE, IN MANUM CON VE DI ROMA , 47 hanno mai detto gubernare manu in ſenſo di governarc , colla poteſtà ; nè mai trovaremg gubernare , o regere , o altre fimili parole in ſieme colla voce manu , per ſignificare poteſta nel governo , Molto meno può adattarſi alla voce manus la ſignificazione di arbitrio , o la diſpotiſmo , come piacque ad altri Inter preti ; perché un tal difpotiſmo altro non è , che poteft fuprema , ed indipendente ; ma comunque ſi apprenda tal poteſtà , ſiamo pur troppo ſicuri , che nel linguaggio latino quel gubernare many non ſi può apprendere in ſen ſo di poteft . In queſta eſpreſſione adunque di Pomponio la voce manus deeſi riferire a tutt'altra intelligenza , che a quella di po teſtà ; e poichè tal voce è ſtata anche appre fa dai Latini in ſenſo di forza , e di valore di corpo , o d'animo , come la troviamo in tan te locuzioni (a) , non poſſiamo fpiegare il detto VENIRE > DARE , MANU MITTERE fimili . ( a) Nel fenſo di FORZA , VALORE , E CO RAGGIO i Latini han detto MANUS MILITARIS , MA 48 DEL GOVERNO CIVILE detto di Pomponio , ſe non nel ſenſo d ' ef ferli in quelle prime origini della Città re golati gli affari colla forza , col valore , e col la guida di Romolo , come quegli , che tra quelle poche perſone , che ſi unirono ſeco lui nella fondazione della Città , facea la fi gura di Capo e Duce . E queſta intelligen za ci fa intendere altresì tutto il compleſſo del racconto di Pomponio ; poichè , dic'egli, che ne' principi il Popolo vilfe ſenza legge certa , fine lege serta , fine jure certo ; perché prima di ſtabilirſi moltitudine cale di abitanti, che formafle un corpo abile a comporre una Società Civile , non v'era biſogno di formare leggi e regolamenti pubblici , ma tutto re golavaſi con quei medeſimi coſtumi , fecon do i quali erano ſtati educati quegli ſteſli , che unironſi con Romolo ; e perciò dice Pomponio , che ſi vivea ſenza Leggi certe , perché MANUS ARMATA , MANUM CONSERERE, IN JICERE , INFERRE MANUM ALICUI REI IMPONERE , MANU DOCERE , e fimili . E noz Italiani abbiamo ritenuta l'eſpreſione di MANO RE GIA per hgnificare la forza legittima dello Stato di pronta , e spedita eſecuzione . D'L ROMA . 49 perchè allora la Legge era la voce mede ſima del Capo dell'unione , il quale poteva occorrere ad ogni diſordine . Ma quando poi crebbe la moltitudine degli Abitanti , allora biſognava di ſtabilire le Leggi , non poten doli regolare un Corpo Civile colla fola voce parlante del Duce . In fatti le Leggi certe e ſtabilite altro non ſono , che voci mute di chi governa ; e ſiccome per regolare i pic coli Corpi può baltare la voce parlante di chi gli regge , cosi moltiplicataſi l'unione degli abitanti , e pervenuta al grado di formarli un Corpo conſiderabile richiede neceſariamente lo ſtabilimento di Leggi certe , le quali pre ſtino l'uffizio della voce medelima di quel Ceto , preſso di cui riſiede la pubblica pote ftà . Ciò ſuppoſto , fino a tanto che Roina ven ne abitata da piccol numero di perſone , la vo çe parlante di Romolo baſtava per regolare gli affari ; ma moltiplicatoſi il numero , fi do vette venire alle determinazioni delle Leggi certe , non potendoſi altrimenti ſoſtenere un Corpo Civile . Ma prima di ſtabilirfi tali Leg gi non poſſiamo ſupporre , che Romolo co Tom . 11. D man 50 DEL GOVERNO CIVILE mandaffe coll'arbitrario fuo volere ; perchè lo Steffo Po mponio ci aficura , che quando ci fu biſogno di stabilire le Leggi certe , furono queſte determinate colla pluralità de' fuffragi delle Curie , o ſia del Senato ; e poichè non è poſſibile l'immaginare , che il Governo per coså breve tempo dipendeſse dal voler del Mo barca , e che immediatamente poi paffalle nella poteſtà Ariſtocratica , perciò dobbiams conchiudere coll' autorità dello ſteſſo Pompo nio , che fin dal principio la Città fu eretta colla forma del Governo Arittocratico . Ne G può conoſcere altra divertità tra quel tempo , in cui fi vivea ſenza Leggi certe , e quell' altro , che venne immediatamente, in cui furo no ftabilite le Leggi , fe non che in quello la poteſtà degli Ottimati ſpiegavafi colla voce parlante di Romolo , manu Regis , laddove in quefto il Senato fpiegava la ſua poteſtà colla voce muta delle ſtabilite Leggi; ma l' uno e l' altro tempo riconobbe la medeſima forma , Ariſtocratica ; Quindi è ancora , che quelle locuzioni di Pomponio ſine Lege certa , fine's jure certo , non si poſſono apprendere , come fecea DIROMA . 51 fecero alcuni Interpreti , quaſiché il regola mento in quel tenipo folle vario ed inco ftante , perché non ſi può fingere ſocietà di Uomini , che vivano ſotto un yario fiftema di Regolamento , ma ſi debbono riferire a quella intelligenza , che meritano , cioè che tutto veniva preſcritto a voce ſecondo le opportu nità delle contingenze , che ſpiegavali col mezzo di Romolo loro Capo ; perché non v ' era biſogno ancora di ſtabilirſi leggi certe , come figui poi colla moltiplicazione degli abitanti , Siegue Pomponio a narrare , che eſéndoli diviſo il Popolo in trenta Curie , coi di cui ſentimenti li determinavano gli affari , allo ra cominciaffero a ſtabilirli le. Leggi cere te , che furono perciò dette Curiate , come fecero altresi i Re fuoi fucceffori : Et ita le ges quafdam cuo ipſe Curiatas ad Populam tri lit , tulerunt eam fequcntes Reges : 1 qut gł Interpreţi del Dritto Romano per ſoſtenere la fognata Monarchia di Romolo caddero in tun'al tro equivoco nell'apprendere l'eſpreſſione di Pomponio di ferre legem ad populum in fente D2 d'ef 52 DEL GOVERNO CIVILE d'eſſerſi comandate le leggi da Romolo , e dai Re fuoi fucceffori . E febbene una tale interpretazione ſi oppone direttamente a cioc. chè lo ſteſſo Pomponio riferiſce nelle parole antecedenti , cioè che il governo della Re pubblica ſi amminiſtrava per mezzo de' fen timenti delle Curie : propterea quod tuma Reipublicæ curam per ſententias earum partium expediebat ; pure abbagliati da quel guberna bantur manu Regis , ſi videro obbligati a rico noſcere nella perſona di Romolo e degli al tri Re la poteſtà fuprema di comandare le leggi . Siminaginarono dunque , che lo ſta bilimento delle Curie non toglieva al Re la poteſtà Monarchica , poichè febbene il Sena to interveniva nelle deliberazioni dello Stato, pure i ſentimenti delle Curie ſi debbono ri ferire piuttoſto a ragion di conſiglio , e che in conſeguenza la poteſtà di comandare le Leggi riſedeſſe preſſo di Romolo , e ſuoi Re ſucceſſori. Or (dicono eſli) ſe la poteſtà di co mandare le Leggi , al dir di Pomponio , fpie gavaſi dal Re , ne ſiegue , che la forma del Governo debbafi attribuire anzi a Monarchia , che , DI ROMA . 53 ! che ad Ariſtocrazia . Ma io non só intendere con qual fondamento poſſano afcrivere l'e ſpreſſione latina di ferre legem ad populum al fenſo di comandare , e preſcrivere la legge , quando al contrario egli è coſa notiſlima pref fo i Latini , che il ferre legem nella ſua vera intelligenza ſignifica ſemplicemente il propor re la legge per determinarji , o ripudiarſi , e non il preſcriverla , e comandarla ; anzichè qualora dagli Scrittori Latini al ferre legem fi aggiligne ad populum , ad plebem , e ſimili , non v'è eſempio , che foſſe ſtata mai tal lo cuzione appreſa in ſenſo di comandare la leg ge al Popolo , alla Plebe, ma ſempre nel ſen ſo di proporla , per determinarſi dal Ceto del Popolo , o della Plebe ( a ) . E quando la lega ge propoſta veniva coi fuffragi ſtabilita v preſcritta , allora diceaſi lex juſſa , condita ; ſic chè altro era il ferre , altro il jubere legem ; il ferre fignificava proporre , ed il jubere pro D 3 pria ( a ) Vedi Briſſonio de Formulis lib. 2. cap. 17. 2 109. il quale traſcrive i laoghi degli Scrittori Latini ſu sale articolo . 54 DEL GOVERNO CIVILE priamente dinotava la determinazione , o sia le juffione della legge . Tra gli altri Scrittori Latini ſono innumerabili i luoghi di Livio , in cui cgli îi avvale dell' eſpreſsione di ferre legem , o pure rogationem , nel ſuo vero ſenſo di propar re , e non già di comandare , e ſoprattutto quando riferiſce le pretenſioni de' Tribuni del la Plebe , in cui fa uſo della voce ferre ine fenſo ſempre di proporre o promuovere , e lis mili , e non mai di preſcrivere , o comandare, perchè i Tribuoi della Plebe non aveano altra facoltà , fe non quella di promuovere , e di eſporre le petizioni del Ceto plebeo , e non già di comandarle . Ma per eller convinti di queſto vero ſenſo ſecondo l'originaria fua fi gnificazione baſta un luogo folo di Livio , in eui eſpreſamente ſi addita la differenza tra "! ferre , e jubere legem . Racconta egli , che pell'anna 372. il Senato -ordinà , che ſi fosſe pro poſto al Ceto plebeo la deliberazione d' intimark la guerra a' Popoli di Veletri . I Patrizi co nofcendo d' eſſerſi laſciata più volte impunitra la ribellione de' cittadini di Veletri , decreta rono, che al più preſto che fosſe poſſibile, ſi pro poneffc DI ROMA SS ponefe,al Ceto plebeo l'affare d' intimarye loro la guerra , e che propoftafi una tal delibera zione tutte le Tribù conſentirono a coman dare' , e determinare una tal guerra . E qui Livio eſpreſſamente fi avvale della voce fer re , quando parla di proporſi l'affare al Ceto plebeo , e della voce jubere , quando riferiſce la juffione della guerra ſeguita coi fuifragj di tutte le Tribù (a ). Egli è vero , che l' eſpreſ Gone di ferre legem é ſtata poi dai Latini tra ſportata anche a fignificare la promulgazione della legge in quelle locuzioni Lata lex eft , e limili ; ma neppure "la trovaremo uſurpata in queſto ſenſo , quando ci ſi aggiugne ad Populum , ad plebem c. perchè allora ritie ne l' originaria ſignificazione di proporre , e non di promulgare (.b ) . Comunque però fi D4 ap ( a ) Liviv lib. 6. Cap. 21. Id Patres rati contemptu accidere , quod Veliternis Civibus ſuis tamdiu impuni ' ta dete &tio effet , decreverunt , ut primo quoque rem pore ad populum FERRETUR de bello cis indicen do ...... Tum , ut bellum JUBERENT , latum ad Populum eft ; & nequidquam diffuadentibus Tribu nis Plebis , omnes Tribus bellum JUSSERUNT . ( b) Tum ut bellum juberent , LATUM AD PO PULUM EST . Livio loc. cit. 56 DEL GOVERNO CIVILE apprenda , o in ſenſo di proporre , o di pro mulgare , egli è fuor di dubbio , che non mai può ſignificare juffione è determinazione della legge . Ciò ſuppoſto , per ritornare ora a Pomponio, ognun vede , che le di lui parole : Et ito leges quaſdam & ipfe Curiatas ad populum tue lit ; tulerunt ex Sequentes Reges non pofſono apprenderli nel ſenſo , che Romolo , e gli altri Re aveſſero preſcritte le leggi Curiate ſe non vogliamo tacciare il Giureconſulto per ignorante del linguaggio latino , ma quel tu lit ad populum deeſi riferire a quella facoltis che riſedeva ſoltanto preſso la perſona del Re , di proporre gli affari pubblici in Senato , ed in conſeguenza le leggi , la di cui juffio ne nondimeno dipendeva dal fuffragio delle Curie medesime per fententias earum partium , e non dall'arbitrario volere del Re ; e le leg gi fi diſſero Curiate non per altra ragione , ſe non perché vennero preſcritte , e comandate dalle Curie , e non dal volere del Re , quan tunque egli come. Capo del Senato , e come riconoſciuto per lo più abile e favio trai Senapa " DI ROM A 57 Senatori godeſſe la facoltà di proporre cioc chè gli ſembrava più eſpediente per l'ottimo regolamento dello Stato ; ma' una tal prero gativa fu fpiegata' altresì dopo il diſcaccia- , mento de'Re dai Conſoli , dai Tribuni mili tari di poteſtà Confolare , dai Ditcatori , e da altre Magiſtrature di ſublime autorità, le quali tutte proponevano al Senato , alla Plebe , al Po polo tutto , le determinazioni degli affari pub blici , e maſſime delle leggi ; niuno però fin è ſognato finora di aſcrivere la forma del Go verno ſotto i Conſoli a Monarchia , perchè la ragione di Capo d'un Popolo ſenza carat tere di poteſtà aſſoluta non può produrre Monarchia , fe non vogliamo confondere ! idea del Governo Monarchico coll' Ariſtocra tico e Democratico . winno Conchiudiamo adunque. Gli Scrittori chepiù degli altri ci narrano con qualche diſtinzione la forma del Governo tenuta ſotto Romolo , fo no Dioniſio , e Pomponio . Il primo ci de fcrive chiaramente la coſtituzione del Senato , dal di cui arbitrio dipendevano le determina zioni degli affari e l'intiero regolamento dello 58 DEL GOVERNO CIVILE dello Stato , ciocchè eſclude di fatto ogniom bra diMonarchia in perfona di Romolo . Il fecondo non ſolamente non fi oppone a quan to riferiſce Dioniſio , anziché ce lo conferma più chiaramente , prima col riferirci , che nel naſcimento della Città non v'erano leggi cer te e preſcritte , ma che tutto regolavaſi col conſiglio e guida di Romolo , ed indi cot narrarci, che creſciuta in qualche maniera la moltitudine degli abitanti , fu neceffario di venirli allo ſtabilimento delle leggi certe . Quali leggi inſieme col reſto de' pubblici af fari , eſſendoſi diviſo il Popolo in trenta Cu rie , furono preſcritte col fuffragio delle me defime ; ragion , per cui fi diſsero leggi Cum riate; e che finalmente la prerogativa di Rom molo , come Capo del Senato , fi riduceaus alfa - facoltà di proporre predo il Ceto de Se natori ciocchè gli ſembrava opportuno per determinarli gli affari dal Senato medeſimo per ſententias carum partium . In fomma, che Je leggi col reſto delle pubbliche determinazia -ai fi ſtabilivano colla juſsione delle Curie , o fia del Senato , non si può negare per l'alt torita DI ROM A . 1 59 torità di Pomponio , di Dioniſio , di Livio , e di tutti gli Storici , i quali concordemente combinano ſu tale articolo . Il determinarli gli affari per ſententias delle ſteſſe . Curie e de Senatori , in buon latino non può fignifica re pareri confultivi , ma juſsione per mezzo della pluralità de* fuffragi. Quel tulit leges ad populum attribuito a Romolo , ed ai Re fuc celori , altro non contiene , che la facoltà del Re nel proporle , e non già nel comandarle , e prefcriverle . Dunque dai detti degli ſteffi Storici siamo convinţi , che la forma del Gom verno iſtituita fatto Romolo non ebbe nep pur l'ombra dellaMonarchia , perché doves vi è Senato , preffo di cui rilieda la poteftà. ſuprema di decidere gli affari dello Stato , ivi non vi può regnare il Monarca . E per ultimo troviamo nella Storia Civile di Romaun fatto incontraſtabile , che di ſya natura ci dimoſtra , quanto foffe lontano dalla Monarchia il Governo Civile iſtituito foto Romolo . Egli è troppo noto il dritto di Pa tria poteſtà , che eſercitavaſi in Caſa dal Citta dino Romano ſulla ſua famiglia ſenza limiti, @fen . 60 DEL GOVERNO CIVILE 3 e fenza la minima dipendenza dal Re, o dal Senato . Non intendā io qui di quella potefta patria praticataſi nei tempi poſteriori , e maf fime fotto gl’Imperatori , ma di quell'affolu to Impero Paterno eſercitato fin dalla fonda zione di Roma , e che dai Decemviri fu tra- . ſcritto nelle xir. Tavole , come riferiſce Dio-, niſio (a ) . Era certamente la Patria poteſtà di quel tempo fornita d'un aſſoluta dominazio ne ſulla ſua famiglia , finanche verſo i pro prj. Figli , fovra di cui il ' Padre eſercitava dritti di vera Monarchia, com'era l'effer di ſpotico della vita , e della morte loro (b) , eltre dell'arbitraria facoltà di poterli vende re , in manierachè dopo la terza vendita i Fi gli di liberavano dal diſpotiſmo Paterno ( c) . Or queſto dritto Patrio , che con vera efpref fione ( a) Antiq. Rom. lib. 2. ( b ) Sull' autorità di Dioniſio gl' Interpreti del dritco Romano compoſero quel capo di legge delle mit . Tavole con quelle parole : ENDO LIBERIS JUSTIS VITAE NECIS VENUM , DANDIQUE POTE STAS EI ESTO . (c ) SI PATER FILIUM TER VENUM DUIT , FILIUS A PATRE LIBER ESTO : altro capa delle ? DI ROMA. 61 fione da Valerio Maſſimo ( a) e da Quintilia no (b) venne detto Patria Majeſtas , fu eſerci tato dai Romani non ſolamente dal teropo della promulgazione delle XII. Tavole , ma fin da’ pri ra , delle xir . Tavole riferito da Ulpiano tit. 10.5. 1. E Dionifio loc. cit: Romanorum autem legislator ( inc tende di Romolo ) omuem ur breviter dicam , pour teſtatem patri dedit in filium , idque toto vitae tem pore , five in carcerem eum detrudere ; five fla gris caedere , five vinctum ablegare ad ruſtica ope five necare libeat , etiamli filius tractet Rempue. blicam , etiamfi Magiftratus gefferit maximos , etiamſi fudii erga Rempublicam laudem fit promeritus. Jux ta hanc certe legem illuſtres viri pro roftris favente plebe concionantes in Senatus invidiam , fruenteſque aura populari, detracti e ſuggeſto , abducti ſunt apa tribus , poenas daturi ex ipforum fententia ; quos , duin per forum ducerentur , nemo adftantium eripere poterat , non Conſul , non Tribunus , non ipſa turba , cui tuin adulabantur , licet omnem poteſtatem ſua minorem exi ftimans . Taceo , quot viri fortes necati Gnt . a patri bus &c . ... Nec contentus hanc poteſtatem parentibus dediffe Legislator Romanus , permifit etiam vendere fi lium .. Majorem largitus poteſtatem patri in filium , quam hero in mancipiuin ; lervus eniin ſemel venditus , deinde libertatem adeptus , in poſterum fui juris eſt ; fi lius vero a patre venditus , fi liber fieret , rurſum fub ра tris poteftatem redigebatur ; iterum quoque venunda tus , & liberaçus , fervus patris crat tertiam demum yendiționem eximebatur e patris po teſtare & c . (a) Lib. 7. Cap. 7 . ( b ) Declamat. 378 . , ut ante ? poſt 62 DEL GOVERNO CIVILE primi tempi di Roma , poichè Ulpiano ( a ) afferma d'ellerli introdotto moribus , cioè , non per legge ſcritta , ma per antichillimo coftu me Patrio ; Dioniſio (6) lo riferiſce ad una legge di Romolo ; e Papiniano (c) l' attri buiſce ad una legge Regia . Ma Ulpiino a mio giudizio l'indovina meglio di tutti , coll' affermare d'eſerli tal dritto di Patrią poteſtå ricevuto per coſtume ; e la ragione ſi è , perchè una tal poteſtà diſpotica del Padre di famiglia dobbiamo fupporla nata inſieme col la coſtituzione delle Famiglic medefime , e prima che quefte conveniſſero a formare So cietà Civile , ſicchè troyandofi tal coſtuine già introdotto nello Stato di famiglie , natu ralmente fu conſervato e ritenuto dalle Fa miglie , che convennero con Romolo nella fon dazione di Roma . In fatti tal coſtume trovali quaſi uniforme in tutte le Nazioni ne'loro for gimenti per le chiare teſtimonianze degli an tichi (a) L. 8. de his , qui ſunt fui , vel alieni juris. ( b ) Loc. cit. ( c ) Collar. leg. Mofaic. tit. 4. ). 8 . DI KO MA . 63 3 tichi Scrittori (a ) . E ſebbene Triboniano (b ) credette , che folle queſto dritto proprio de' Romani , pure s'inganno , forſe dall' avere of fervato , che ne’tempi , in cui i Romani eſer citarono queſto dritto con aſſoluta poteſtà , e. nel maſſimo ſuo rigore , l'altre Nazioni l'avea. no già raddolcito con ridurlo a limiti più be. nigni ed umani , come avvenne altresì pref fo gli itefli Romani , mallime fotto gl'Im peradori , nella di cui età la poteità Patria decadde in buona parte dall'antico fuo ri gore . Comunque sia , quanto al preſente ar gomento çi baſta di potere afficu are colla tea ftimonianza di tanti Scrittori , che il Diſpo tilmo Patrio fu eſercitato da'Romani fin dai primi tempi di Romolo . Qui cade in acconcio di riflettere ciocche gli Storici ci narrano dell'accuſa d'Orazio per aver ucciſa la Sorella in atto , che ritornava trion ( a) Ariftotele Nicomache lib . 8. cap. 10. Cefare lib. 6. de bell. Gill. cap. 9. Plutarco in Lucullo · Giustiniane Novel la 1 34 • ( b ) Inf . lib . 1. tit. 9. 1. 2 . 64 : DEL GOVERNO CIVILE trionfante per la vittoria contro i Curiazi . Dioniſio fembrami', che racconti il fatto al ſai meglio di Livio , allorchè cinarra l'accuſa , e'l giudizio d'Orazio , in cui non fa men zioné né del Giudizio de' Duum viri , nè dell' appellazione propoſta da Orazio al Popolo , che ſono le due circoſtanze che fi leggo no in Livio (a ) ; ma ſemplicemente ci rac conta , che füll'accuſa propoſta da taluni con tro Orazio al Re Tullo , il Padre di Orazio , oltre di aver dichiarato di non meritare fuo Figlio la minima pena , pretendeva, che un tal giudizio apparteneſſe privativamente alla di lui cognizione , tractandoſi d'un fatto acca duto tra i ſuoi figli , e che in confeguen za per dritto di poteſtà Patria dovea egli ef fere il giudice di queſta Cauſa (b) . Ma il Re per una parte credeva anch'egli di doverli af fólann (a) Lib. 1. cap 26. (b) Dioniſ. Antiquit. Romanarum lib. 3. Pater contra patrocinabatur filio , acculans filiam , & negans eam dicendam cædem , fed poenam verius , poftulabatque fibi de fuis malis permitçi Judicium ut qui ambo rum effet Pater . 2 • Í Ř OM Å 68 folvere Orazio io benemerenza della vittoria ed in conſiderazione dell'inſulto di parole fat to dalla Sorella al Fratello in tempo , che aſpettava dà lei piùcche da ogni altro lode , ed applauſo per un'opera egregia preſtata alla Pa tria ; è molto più à cagione , che il Padre preſſo di cui rifedevå fecondo i coſtumi di que' tempi l'indipendente poteſtà di giudica re ſulle perſone de propri Figli fi era dichia rato d'averlo già adoluto (a ) .Dall'altra parte il Re temeva il tumulto Popolare eccitato dagli emuli , ed inimici d'Orazio . Tra tali dubbiezze pensò di prendere l'eſpediente di rimettere la cognizione della Caufa al Popo lo , il quale confermò il giudizio Paterno con affolvere l' accufato Orazio . Un tale rac conto è molto più verifimile di quel ; che ci narra Livio fúl giudizio de ' Duumviri, e dell' appellazione propoſta da Orazio al Popolo ; poichè in que' tempi l'Impero Paterno eras Tomo 11. E nel ( a ) Dioniſ. loc. cit. Praeſertim patrc quoque ipſum abfolvente , quem potiſſimum Filiae ultorem jus * natura fecerar : 66 DEL GOVERNO CIVILE nel ſuo miglior vigore ; nè il Re fenza of fendere le leggi del Patrio Impero potea to gliere il giudizio di queſta Cauſa dallauto gnizione del proprio Padre , e tasferirlo ai Duumviri , e molto meno in ſimili Cauſe era permello al Popolo di prenderne cognizio ne in pegiudizio del dritto Paterno ; Ma la contingenza ſtraordinaria d ' eſſerſi mella, la Città in rivolta per queſto fatto , produſela neceflità di ſedarſi il tumulto coll’eſpedien te politico di rimettere l'affare al giudizio del Popolo , e l' Impero privato del Padre dovette cedere alla ragione della pubblica tranquillità ... E quindi intendiamo ancora la ragione , per cui Dioniſio riferiſce , che que Ita fu la prima volta , in cui il Popolo preſe cognizione d ' un giudizio Capitale (a) , non gia perchè prima di queſto tempo non aveſſe mai il Senato giudicato di delitti capitali , come (a) Pion. lor. cit. Populus autem Romanus tum pri mum Capitalis Judicii poteftatem nactus , compro bavit Patris fententiam Juvenemque abſolvit a cac dis crimine , DI ROMA .. 67 come ſe prima non foſſero mai accadute con tingenze fimili o fe al Senato , che gode vala ſuprema poteſtà del Governo folle mancata fino allora quella di poter giudica re di delitti Capitali ; Ma l'eſſere ſtata que. fta la prima volta , in cui eſercitoſli dal Po polo il dritto di giudicare d ' un delitto Ca pitale , deeſi riferire al fatto particolare , di cui ſi trattava , cioè alla poteſtà di giudicare d'un Figlio di Famiglia contro il ricevuto ca ſtume dell'Impero Paterno , a cui privativa mente ne apparteneva la cognizione . Or per tornare al noſtro propoſito diciamo, che fe que? Scrittori, i quali s'immaginarono , che Romolo infieme coi Re ſucceſſori fpiegaro no carattere di Poteſtà Monarchica, aveſsero fat to oſſervazione ſull'Impero Patrio , e familia re praticato da ’ Romani fin dalla fondazione della Città , ſi ſarebbero accorti dell' impof ſibilità di poterſi unire inſieme Monarchia , Civile prello del Re , e Monarchia familiare preſſo i privati Cittadini ; poichè chi dice Monarchia familiare prello de' privati Citta dini cfclude ogni ombra di Monarchia preſſo E 2 il 68 DEL GOVERNO CIVILE ma dello il Re ; e la ragione ſi è , perchè fe i Padri di famiglia ſenza la minima dipendenza non folamente del Capo del Senato fteſſo Senato regnante erano gli aſſoluti Mo narchi dell'intiera loro famiglia , ſia de ' figli, fia dei fervi , e famoli , come mai poſſiamo figurarci , che tali Monarchi familiari foſſero nel tempo ſteſſo ſoggetti alla Monarchia Ci vile ? Chiamaſi Monarchia Civile quello fta TO , in cui tutto l'intero Corpo Civile in tutte le ſue faccende pubbliche e private trovali ſoggetto all'autorità fuprema d'un folo che comanda . Or chi non vede la manifeſta diſſonanza e contradizione nel ſupporre il Ceto 'de' Cittadini fornito di po* teftà ſuprema, ed indipendente nella fua fa miglia , é foggetto nel tenipo Ateſo al Mo narca ? E come mai poſſono fingerfi unite in ſieme poteſtà fuprema , e foggezzione ? In tutte le Società Civili , ove regna la Monar chia , non trovaremo mai poteftà familiare in dipendente dal Monarca , perchè l'una eſclu de direttamente l'altra . In fatti tali poteft:s private in perſona de' Cittadini non pollonio altri 3 1 1 1 DI ROMA . 69 altrimenti eſercitarſi , fe non in quelle Socie tà Civili , che ſiano governate colla formas Ariſtocratica perchè tal forma di Gover no ſolamente può comportare diviſioni di po teſtà pubblica , e privata ; pubblica preſso il Ceto degli Ottimati e privata preſo le perſone particolari degli ſteſſi rappreſentan ti della Repubblica , i quali ſpiegano la po teſtà pubblica , quando uniti inſieme com pongono l'autorità regnante , e la privata , quando ſeparatamente regolano gli affari para ticolari delle loro famiglie : Or quanto tal diviſione di poteftà pubblica , e privata è comportabile call' Ariſtocrazia , altrettanto fi oppone direttamente alla Monarchia veggiamo colla ſperienza , la quale coſtan temente ci atteſta , che la Monarchia non mai ammette un tale impero paterno nelle famiglie , come in fatti avvenne preſſo i Ro mani in tempo , che la Repubblica cadde nella poteſtà aſſoluta del Monarca . Ne poſliamo figurarci , che la poteſtà fa niliare de' Romani foſſe ſtata in qualche ma niera ſubordinata alla poteſtà pubblica ; pero E 3 chè 9 come / 70 DEL GOVERNO CIVIL E ché ſono troppo chiare le teſtimonianze de gli Storici, come abbiam veduto , dalle quali Siamo a ſacurati , che l'Impero Paterno de' Romani in que' tempi avea carattere di po teſtà aſſoluta ; ed indipendente ; e quando al tro mancaffe il dritto vite e necis , e di vendere i propri figli ci dimoſtra chiaramen te , che non potea eſſere un dritto ſubordina to ; poichè i dritti ſubordinati , e dipendenti riconoſcono neceffariamente certi confini, ol tre de' quali non lice di eſercitarli; ma qualo ra ſi tratta di dritto ſulla vita , ch' ċ l'ulti mo termine di ogni poteſtà aſſoluta ſi poſſa uſare ſulle perſone , ceſsa ogni ſoſpetto di ſubordinazione ; ed oltracciò colle chiare teſtimonianze degli Storici ſiamo convinti , che l'impero paterno di fatto fu eſercitato da’ Romani ſenza la minima dipendenza del la poteſtà pubblica . Dunque non abbiam cam po da fuggire da quel dilemma , cioè , che o fi dee ammettere per punto di Storia certa , che quei Padri di famiglia eſercitavano poteſtà fuprema in caſa , e non poſſiamo fingere poteſtà Monarchica Civile ; o fe vogliamo nega DI ROMA . 71 negare tal poteſtà familiare ai Padri di fami glia , allora ci ſi chiude affatto la ſtrada di fapere la Storia Civile di Roma ; perchè fe voglianio mettere in dubbio i punti di Sto ria confermatici concordemente da tutti gli Scrittori, non ſiamo più in grado di dar fe de a tutto il reſto .

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