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Thursday, April 22, 2021

Grice e Cusani

 Page 1 VICO E LA STORIA IN STEFANO CUSANILui generale der nell'ambitme scrive Oentile. Con se Sanctis, consideLa pubblicazione dell'opera di Stefano Cusani (Scritti, a cura di FrancoOttonello, voll. 2, Genova, 1979, pp. 469) ha il merito di riproporreall'attenzione una figura di rilievo della cultura filosofica napoletana del-l'Ottocento. Benché scomparso in giovanissima età, nel gennaio 1846 (eranato nel dicembre del 1815, o forse del 1816, come i piú sostengono),Cusani ha lasciato di sé traccia profonda, testimoniata dalla considerazionein cui fu tenuto, per tacer d'altri, da Francesco De Sanctis, o dalla valu-tazione che di lui dette Giovanni Gentile. Con Stanislao Gatti ed altripuò essere inserito - come scrive Ottonello nella nitida e puntuale In-Iroduzione -- « nell'ambito dell'hegelişmo napoletano, oltrecché in quellopiú generale dell'eclettismo ». Opportunamente lo stesso curatore e intro-duttore avverte però che « Hegel, frammentariamente conosciuto attra-verso traduzioni, costituisce per Cusani un potente polo d'attrazione, manon l'autore fondamentale » (I, XIV).In realtà si può forse con fondamento aggiungere — pur senza ricor-rere ad una « indagine falsamente sottile » — che resta in ombra, nellepur autorevoli e acute analisi dedicate alle ascendenze cousiniane ed hege-liane di Cusani, un autore « fondamentale » che sicuramente ispira le paginepiú significative dell'opera cusaniana: Giambattista Vico.La « costruzione del sistema eclettico » cui il giovane Cusani dichiaròdi dedicarsi segnava una fase già matura dell'eclettismo napoletano e giun-geva al termine di un decennio (gli anni dal 1830 al 1840) assai ricco disuggestioni in questa direzione negli ambienti culturali napoletani. È sicu-ramente da condividere l'affermazione di Ottonello secondo il quale il« giovanile sincretismo » avvertibile nei primi scritti « non impedisce peròl'emergere di un nucleo speculativo che deborda dalla semplice tramadelle affermazioni altrui ». In questo senso il problema del metodo filoso-fico e il connesso problema della storia segnano sin dall'inizio lo sforzospeculativo di Cusani, la cui originalità trova subito sulla sua strada Vico,Collaboratore della « Temi napoletana », dell'« Omnibus letterario »,scrive prevalentemente, fino a tutto il 1840, sul « Progresso ». Sin dalprimo scritto, Gli Arabi in Italia, pubblicato nel 1838, appena ventiduenne,il tema della storia appare questione « teorica » centrale. Non a caso unaricerca storica da l'occasione a Cusani di porre il problema che gli sta acuore, sin dalla citazione tratta da Guizot che apre la nota: «I fatti sonomeme affermazioni aproblema della storia trova subito sumanibus letterario ma Page 2 SCHEDE E SPUNTI215are i grandiuti al fatto che risguardato ») enper il pensiero, ciò che le regole della morale sono per la volontà. Egli ètenuto di conoscerli, e di portarne il peso: ed è solo allorché ha sodisfattoa questo dovere, e ne ha misurato e percorso tutta l'estensione, che gliè permesso di montare verso i risultamenti razionali ». Il rinnovato interesseper gli studi storici che si registra (« che né l'Antichità, né i tempi di pocoanteriori a questi che viviamo avevano mai risguardato ») non sembranoa Cusani casuali, ma dovuti al fatto che « l'umano intendimento » si ri-volge a indagare i grandi ordini di fenomeni per scoprire e prendere inconsiderazione «i fatti e le ragioni, una storia ed una scienza ». Il bisognodi comprendere e giudicare i fatti, piuttosto che esserne solo spettatore(e dunque di verificare una diversa attitudine della scienza storica), esalta« questa parte immortale della Storia », cioè il « conoscere il legamentodelle cause e degli effetti, le ragioni, i fatti generali, le idee da ultimoch'essi celano sotto il manto della loro esteriorità ».«Ond'è ch'egli è d'uopo sceverar con chiarezza e con precisione ladifferenza di queste due parti della Storia che sono per cosí dire il corpoe l'anima, la parte materiale, e la parte spirituale di tutti gli avvenimentiesterni e visibili, che compongono questo mondo di nazioni, secondo chedice Giovanni Battista Vico » (I, 1-2).Il rifiuto, che Cusani trae dalla lezione vichiana, di affidarsi a « pre-mature generalità, e con formole metafisiche » per soddisfare il mero bi-sogno intellettivo, è una traccia decisiva per comprendere il suo pensiero.L'annotazione di Giovanni Gentile, secondo il quale « l'osservazione storicanon è piú l'integrazione della psicologia, bensí la costruzione stessa dellafilosofia »> può commentare l'intero itinerario culturale di Cusani, che siconsuma nell'arco di pochissimi anni.Il « discorso sul metodo » che Cusani compie in questi anni si basasin dall'inizio su una acquisizione precisa: un sistema o una filosofia con-sistono nel loro stesso metodo. Nel primo saggio veramente organico (Delmetodo filosofico e d'una sua storia infino agli ultimi sistemi di filosofia chesonosi veduri uscir fuori in Germania e in Francia, del 1839) Gusani parlaaddirittura di un metodo generale, il quale presiede all'investigazionedell'unica e universal verità » (I, 24). La filosofia è dunque la « scienzadelle scienze » che consente di ricondurre ad unità il sapere, e a tal pro-posito l'assimilazione dei termini è dichiarata apertamente, a propositodella « analisi psicologica, la quale segna il punto di partenza della ri-flessione, ed è la base unica dell'immenso edificio filosofico, il solo solidofondamento, l'atrio e il vestibolo della scienza » (I, 25), E nel successivoscritto, Del reale obbietto di ogni filosofia, apparso sempre su « Il Progres-SO » e sempre nel 1839, ribadisce e chiarisce che « lo studio de' fatti dellanatura umana, o de' fenomeni psicologici, vuoto del tutto riuscirebbe, seinvece di tenerlo come base d'ogni ulteriore investigazione, si volesse con-siderare come il termine stesso della scienza » (I, 59).Il secolo decimottavo si è trovato dunque di fronte al centrale pro-blema della scienza e del metodo filosofico. Se è vero che « nella storia ètutta quanta la filosofia », occorre riconoscere il merito insuperabile « diquella mente divinatrice e profonda che avea posta nel mondo la Scienzadella Storia » (II, 105), Giambattista Vico, definito – nella nota sul Page 3 216GIUSEPPE ACOCELLANuovo Dizionario de sinonimi della lingua italiana di Niccolò Tommaseo -« quell'altissimo lume d'Italia », con una locuzione che introduce un di-scorso, ingiustamente trascurato, sulla tradizione filosofica meridionale, piúvolte ripreso dal Cusani nella sua opera. Lo studio di Vico qui esaminatoè appunto il De antiquissima Italorum sapientia, « nel quale potentementeconvinto della relazione che stà tra il pensiero e la parola, fecesi ad inve-stigar quello degli antichi nostri maggiori, cavandolo per avventura daquella lingua ch'era nelle bocche volgari degli uomini » (ivi). Il rapportotra spontaneità e riflessione che tanta parte ha nel pensiero cusaniano -è dunque introdotto sotto il segno di Vico. Si ponga mente alle afferma-zioni che seguono il passo già citato, allorché Cusani insiste sul fattoche « veramente il Vico portava opinione che tutto l'antico pensiero ita-liano era in quella lingua ch'egli disaminava, e dalla quale intendeva ri-metterlo in luce >>(ivi), e che se « le lingue non sono opera de filosofi, masibbene il prodotto spontaneo delle facoltà nell'uomo, se innanzi che ve-nissero adoperate nella costruzione e nel concepimento de loro sistemi,di cui pur sono i necessari strumenti, esistevano nella massa de' popoli >>(II, 105-106).Insomma: quella che è stata chiamata la « svolta hegeliana >> del Cu-sani, verificatasi agli inizi degli anni Quaranta, va — senza essere negata —valutata alla luce di una ispirazione legittimamente riferibile a Vico.Si veda il Saggio su la realtà della scienza umana di Vincenzo DeGrazia, pubblicato su « Il Progresso » nel 1840, già sul crinale della« svolta hegeliana ». L'epigrafe di Cousin posta all'inizio ritorna sul pro-blema che sta a cuore a Cusani, e che ne determina l'originale ricerca:« Ci ha due spezie di filosofie. La prima studia i fatti, li disamina, e lidescrive, riordinandoli secondo le loro differenze o somiglianze, e po-trebbesi però denominare filosofia elementare; l'altra comincia ove si fermala prima, investigando la natura de' fatti, e intendendo di penetrare laloro ragione, la loro origine, il lor fine, e potrebbesi denominare filosofiaprima o trascendente » (II, 218).La citazione dai Frammenti filosofici serve in realtà a Cusani pergiungere alla fondamentale affermazione secondo cui, esaurita nel secoloprecedente la filosofia elementare, « era necessario che si cominciasse asentire il bisogno di nuovi problemi, e che l'Ontologia ricomparisse neldominio delle scienze speculative » (II, 218-219). Insomma la disaminadei fatti deve servire a rintracciarne la natura, le origini, le relazioni, cheè il vero fine supremo della filosofia. Ma questo è possibile (e l'eclettismodi Cusani si dimostra non mero sincretismo, ma sapiente innesto di ele-menti concorrenti a rafforzare le personali ipotesi speculative) soprattuttoa chi può vantare una tradizione filosofica ininterrotta che ha in Vicoil suo vate supremo: il bisogno della scienza ontologica ha ulteriori ragioni« in questa meridional parte d'Italia », ove essa trova terreno fecondo emotivo di continuità:« Ed è la tradizione ontologica de' suoi filosofi, e il predominio co-stante della filosofia prima o trascendente in queste regioni sulla elemen-tare, non solo in tempi che era cagione universale nel mondo della scienza,ma eziandio allorché fortemente altrove ponevasi la base d'ogni filosofia Page 4 SCHEDE E SPUNTI217ed all'apo genere a nostri e quell'indoleelementare, e molto studiavasi in essa. Di qui nacque quell'indole specu-lativa che si è sempre accordata in genere a' nostri filosofi, anche quandodiscendevano alla pratica ed all'applicazione de' principi. É di vero se sipon mente alla Storia, e si consideri che dalla scuola italica o da Pittagorasuo fondatore, passando per gli Eleatici, e attraverso tutto il sedicesimoe diciassettesimo secolo, arrivando fino all'apparizione di quella meravi-glia del Vico, si troverà che la verità da noi accennata apparisce luminosae in tutta la sua pienezza ».Dunque continuità della tradizione, rivendicazione della propria ori-ginalità speculativa, e soprattutto applicazione esemplare del «metodostorico >> come proprio della storia della filosofia.Già affrontando il problema Della scienza fenomenologica, Cusaninon aveva mancato di annotare – con una affermazione che resterà so-stanzialmente immutata nella sua produzione, a riprova del vichismo « na-turale » della sua ispirazione — che « l'uomo è cosí fortemente incluso intutte le scienze morali che ne forma il subbietto perenne, e non si puòfarne astrazione senza far crollare tutto l'edificato da quelle » (II, 122).Del resto nel saggio Del reale obbietto d'ogni filosofia, posto sotto ilsegno di Vico – la cui opera De constantia Philosophiae fornisce il testodell'epigrafe iniziale - Cusani aveva chiarito che la umana intelligenza,di cui si ricerca e scopre una «storia naturale », una volta esaurita la« investigazione della natura », ripiega progressivamente verso « il sub-bietto stesso di quelle investigazioni, e rientrando dall'esterno nell'interno,fa se stessa obbietto della sua conoscenza >>. Le scienze morali nasconoda questo percorso, allorché il pensiero ritorna sopra se stesso dopo averindagato il mondo esterno » (I, 56).La « svolta hegeliana » può a questo punto arrivare, ma a sua voltainnestandosi su questa ricerca delle « leggi onde si regge il mondo ». Ildilemma su un oggetto immutabile della conoscenza, e della mutabilitàal tempo stesso dei fatti che il pensiero trascendente va indagando, diventatra il 1841 ed il 1842 la questione centrale. Spesso Cusani torna nellasua opera (che riesce difficile in questa sede indagare in dettaglio) sullepermanenze della storia e sulle variazioni. Nel Saggio analitico sul dirittoe sulla scienza ed istruzione politico-legale di Pietro Luigi Albini, apparsonel 1840, aveva significativamente già impostato il tema, e sempre ricor-rendo a Vico; «In Italia fu primo tra tutti il Vico che intendesse ala ri-cerca d'un principio universale ed immutabile del diritto e che questoponesse nella ragione, unica fonte dell'assoluta giustizia, distinguendo esat-tamente il Diritto Universale, o filosofico, dal diritto Storico » (II, 236).Anzi, la debolezza della cultura filosofica italiana può essere adde-bitata al mancato studio di Vico il cui « esempio non frutto gran bene,ch'io mi sappia all'Italia », non essendo le sue teorie « accettate >> da'suoi contemporanei, perché forse troppo superiori all'intelligenza comune »,fino al punto che « noi perdemmo, com'a dire, la nostra particolare fisio-nomia, rivestendo un'indole forestiera. Se non che questo che al presentediciamo fu molto piú pronunciato nella settentrional parte d'Italia, doveil Beccaria ed il Verri non furono che perfettissimi seguitatori dell'Helve. Page 5 218GIUSEPPE ACOCELLAlvinitius e del Rousseau, quanto all'ipotesi del Contratto sociale, che in questanostra parte meridionale »Il vichismo dunque, se accolto, avrebbe garantito la continuità e ori-ginalità della filosofia italiana. Infatti la cultura napoletana da in questosenso testimonianza della continuità speculativa della filosofia meridionaleproprio attraverso la tradizione vichiana. Filangieri, ma soprattutto Pagano,« ritennero l'elemento tradizionale italiano, che li riannodava a tutta l'eru-dizione del sedicesimo secolo » (II, 236-237).Anche quando, dal 1841 in poi, sulle pagine di altre riviste, il « Museodi letteratura e filosofia » soprattutto, e la « Rivista napoletana », piúevidente si coglie la lettura di Hegel, gli scritti di Cusani testimoniano lapersistenza sicura della lezione vichiana. Senza rotture, ma sviluppando letematiche e gli interessi degli anni precedenti, nel saggio Della lirica con-siderata nel suo svolgimento storico, ove – come ha notato Oldrinisi incontra un « esplicito richiamo alle lezioni hegeliane di filosofia dellastoria », Cusani riprende con vigore la questione fondamentale: «Orapoiché l'uomo è il subbietto storico per eccellenza a volere istabilire lalegge che governa tutte le accidentalità variabili delle vicende umane, lascienza non poteva che cercarla nelle modificazioni della stessa menteumana. Questo punto di partenza, che il Vico, per il primo, prescrissealla filosofia della storia, facendo che le sue ricerche rientrassero nellacoscienza psicologica dell'uomo, e si cercasse di spiegar questo per mezzodella sua propria natura, ma eziandio tutti i fatti di cui egli è causa,ingenerò tanto vantaggio, che da un lato tolse la specie umana dall'esserconsiderata come mezzo da servire ad altri fini, e dall'altro la rialzò soprala natura esteriore, di cui volevasene fare prodotto » (II, 314).In che misura l'hegelismo, rintracciabile nella preoccupazione di ga-rantire l'unità del sistema attraverso l'unità della scienza, deve tener contoda un lato della matrice vichiana del pensiero di Cusani e dall'altro dellosforzo di costruire « l'edificio eclettico della scienza » in modo originale?Andrebbe qui indagato, con cura e minuziosità che questa sede non con-sente, il tema del « senso comune » in piú luoghi richiamato da Cusani. Sipensi al saggio apparso tra il 1841 ed il 1842 sul « Museo », Idea d'unastoria compendiata della filosofia, proprio dove il tema della scienza as-sume intonazioni sicuramente hegeliane: « Purtuttavia, sebbene l'uomo siaconscio nell'intimo della sua coscienza della sua libertà, e riconosca insé stesso il potere di cominciare una serie di atti, di cui egli è causa; ciònondimeno non può non iscorgere eziandio, che la sua volontà è postasotto il dominio e la soggezione d'una legge, che diversamente vien denominata secondo che diverse sono le occasioni, alle quali essa si applica,contrassegnandosi ora come legge morale, ora come ragione, ed ora comesenso comune >> (II, 335).L'indipendenza speculativa che Cusani manifesta nel rimeditare tuttii contributi all'interno della sua riflessione è evidente, e su questo temaoperante - nel medesimo saggio -- nei confronti dello stesso Vico. Esa-minando la questione della libertà (giustamente Ottonello ricorda comesia questa « la questione piú importante che si possa scontrare nella filo-sofia della storia » (I, XXXVI), dai primi agli ultimi scritti presente inche di sua volone causar in Page 6 SCHEDE E SPUNTI219Cusani), nell'Idea d'una storia compendiata della filosofia, Cusani ha qual-cosa da rimproverare a Vico stesso, da altri peraltro erroneamente collocatotra gli storici fatalisti (« Cosí Erodoto, Tucidide e Livio si distinguono dalMachiavello, dal Montesquieu e dal Vico; e sebbene i primi dessero mag-giore influenza alla parte passiva e fatale dell'uomo nella storia; ciò non-dimeno non si è data che ai secondi, a cominciar dal Machiavello, la notadi fatalisti storici », I, 334). Se è vero infatti che il Vico « cercò nell'uomoil principio e la legge dello svolgimento dell'umanità >> egli ebbe però iltorto di essere « esclusivo », « in quanto non ha riconosciuto l'influenzadella natura esteriore », del mondo fisico, sull'uomo (I, 339).Ottonello annota come a Cusani fin dai primi studi si affacci « ildilemma tra pensiero come condizione e pensiero come condizionato: seuna legge governa lo svolgimento dell'intelligenza, la storia è da intendersifatalisticamente costretta entro i termini di una legge fissa del pensiero? »(I, XXXVI). Del resto in una recensione apparsa nel 1841 sul « Progresso >>(e non compresa nei due volumi degli Scritti, forse perché firmata — comedel resto altre note raccolte da Ottonello — con la sola sigla S. C.), Ele-menti di Fisica sperimentale e di meteorologia di M. Pouillet, Cusani ri-torna sul « metodo delle scienze » e sulla accostabilità tra scienze morali escienze fisiche: « Dappoiché le scienze fisiche furono sottoposte nelle lororicerche a metodi certi e sicuri, e l'umana intelligenza punto da quelli nondipartendosi, seguitò attesamente le sue investigazioni, i progressi rapidie continuati succedettero ai lenti e quasi invisibili dell'antichità».Il successo di queste scienze — come di ogni scienza — è nel metodo,cosi che «da meglio che tre secoli lo spirito umano procede, in questaspecial branca delle sue conoscenze con tanta fidanza, e direi quasi, contanta certezza de' suoi risultamenti, che nissun'altra scienza per avventurapuò con questa venire al paragone ». Si badi, le scienze fisiche non costi-tuiscono altro che una « special branca delle conoscenze » dello spiritoumano. Dunque occorre applicare anche alle altre branche « metodi certie sicuri >>, come è possibile dal momento che « la storia universale del-l'Umanità », che pone la Storia al centro dell'investigazione, « racchiude,com'a dire, in un corpo tutto lo svolgimento intellettivo della spezie ».Ecco perché nel saggio Della lirica, a proposito della « legge della evo-luzione ideale dell'umanità nel progresso storico », Cusani scrive che« questo è di proprio particolar dominio di quella scienza, che sorta gigantein Italia per opera di quella maraviglia del Vico, costituisce ora il centrointorno a cui si svolgono tutti gli sforzi del secolo » (I, 313). Simili leespressioni usate nella recensione agli Elementi di Fisica sperimentale,allorché della « storia universale dell'Umanità » scrive che « forma a questinostri tempi il punto di mezzo, intorno di cui si volge e gravita tutto ilprocesso del lavori del secolo ».Il ricco saggio Idea d'una storia compendiata della filosofia è a questopunto da considerare fondamentale. La connessione che la storia ci rivelatra libertà e necessità, ci consente di rintracciare le « leggi necessarie delprogresso storico »; «Noi sappiamo che la filosofia d'un popolo non èaltra cosa se non lo spirito o il pensiero di questo popolo, non già comesi manifesta nella sua religione spontanea, nelle sue arti, nella sua costi- Page 7 220GIUSEPPE ACOCELLAin se stesso aveva, artea, un concertelli avvenimee metafisica.cipale delle sourcetuzione politica, nelle sue leggi e costumi, ma come si rivela nell'esilioinviolabile del pensiero puro, che riferma il piú alto grado al quale possada sé stesso elevarsi » (II, 325).Cusani aveva, a tal proposito, scritto in un breve saggio del 1839,Della poesia drammatica, un concetto che poi si ritrova in seguito: «Egliè il vero che sotto la varietà degli avvenimenti de' fatti e della vitastessa d'una società è nascosa la legge suprema e metafisica che li governa,e che il filosofo tenta di scoprire, e ne fa l'obbietto principale delle suericerche, ma al Poeta, ch'é, come diceva quell'altissimo ingegno di Gio.Battista Vico, il senso delle nazioni, sarà dato tutto al piú di sentirla, manon deve essere suo scopo di manifestarla » (II, 211), dove all'ispirazionevichiana pare già si aggiunga, insinuandosi, una suggestione hegeliana.Nello scritto già ricordato, Della lirica, Cusani ribadisce l'argomento:« se l'arte non deve fat suo scopo, come altrove dicemmo, parlando dellapoesia drammatica, la rivelazione di essa legge secondo la quale l'umanitàsi svolge nello spazio e nel tempo, puftuttavia non potrà certo cansarlanella sua manifestazione storica, cioè nel suo progresso visibile attraversodelle nazio ultima recension Felice Romanson sottoposti alla legge storica in generale, la quale le impronta quasi unaseconda indole, ed è questa poi, che fa che gli Artisti sieno, come dicevail Vico, il senso delle nazioni » (II, 321).Sorprendentemente, nell'ultima recensione pubblicata alla fine del 1845sulla « Rivista napolitana », Liriche del Cav. Felice Romani, quasi ad em-blematica chiusura, Cusani ripete: «Giovambattista Vico innanzi tuttiaveva formolata questa solenne verità, proclamando che i poeti sono ilblematica sblata questa sojeni filosofi ne sinnestare Hegedea d'uneinnanziQui l'eclettismo cusaniano ha voluto innestare Hegel sulla tradizioneitaliana custodita e proclamata, specie allorché, nella Idea d'una storia,riprende il tema di una ragione fondamentale, di una idea filosofica fon-dante le manifestazioni della vita umana, per cui la religione e soprattuttol'arte già ricordata sono riconducibili ad una legge razionale. Un'altralunga citazione, non giustificata in questa sede, si rende necessaria per lasintesi che riesce a conseguire, in specie sul tema del « senso comune >>:« Allorché il movimento filosofico o riflessivo passa dalla fede alla scienza,e dalle credenze popolari alle idee della ragione, e si trova d'essere giuntoa scoprire il pensiero celato dapprima sotto forma simbolica, e che si tra-duceva nelle Istituzioni, nei Costumi, nelle Arti e nelle Industrie, eglifatto quasi banditore della verità scoperta, l'annunzia per farla conoscerealle masse, le quali non avrebbero potuto pervenire sino a quel segno chetardi e lentamente. È in questo senso che i filosofi accelerano il movimentodelle masse, e da qui nasce ancora che essi stessi sono indugiati nel movi-mento che è loro proprio. Dappoiché se le masse accettano la nuova luceche loro arrecano i filosofi, sono d'altra parte lente e ritenute nell'abban-donare le vecchie opinioni, che il tempo ha rese abituali, e bisogna innanzitutto che esse comprendano ciò che loro viene rivelato, e lo comprendanoa loro modo, cioè facendo che discenda in certa guisa dalle forme astrattedella scienza alle forme pratiche del senso comune » (II, 330-331).Dunque i filosofi comprendono e spiegano nient'altro che ciò che la Page 8 SCHEDE E SPUNTI221« intelligenza spontanea dei popoli crede istintivamente », e pertanto « lafilosofia non è che la spiegazione del senso comune » (II, 330).Possiamo a questo punto scoprire l'errore di chi ha collocato Vico,Machiavelli e Montesquieu tra gli storici fatalisti, « dappoiché, se a tuttaprima poteva parere, che l'uomo appo costoro fosse schiavo delle istitu-zioni, in quanto che queste venivano considerate come cose non proce-denti dall'uomo stesso, pure, allorché si vide che le istituzioni non eranoche la manifestazione esterna, e la realizzazione delle idee dei popoli,libertà umana nella creazione degli avvenimenti del mondo » (II, 337).Come si risolve pertanto il problema della libertà? Ottonello pone inquesti termini l'interrogativo: «La ragione è dunque il fondamento dellalibertà; ma ragione e libertà sono da intendersi esclusivamente riferitisare appunto che il problema della libertà investa soltanto l'azione sog-gettiva che ha per teatro la storia. In realtà però, proprio per l'ampiavisuale che egli propone della storia globalmente intesa, la libertà non èsolo quella dell'individuo che si affranca dai condizionamenti dell'istinti-vità, ma anche quella che costituisce la linea intelligibile di tutto lohere nelle pella sciente quella con ilLa soluzione che si può intravedere nelle pagine di Cusani, concordeed omogenea allo sviluppo della questione della scienza e del metodonell'intera, intensa elaborazione culturale di Cusani è forse quella contenutanella Idea d'una storia, cui lo stesso Ottonello rinvia. Resta certo il ram-marico del mancato approfondimento delle tante tematiche che a questa« risposta » devono riferirsi, in particolare sulla « politica » e sulla «este-tica». Ma la sintesi che Cusani propone rimane oltremodo significativa:« L'ordine adunque degli avvenimenti, chiamata Provvidenza presso alcuni,e legge dell'intelligenza umana presso alcuni altri, è quella legge che Iddiostesso ha imposta al mondo morale, e che non differisce dalle leggi delmondo fisico, se non per questo, cioè che la legge imposta al mondomorale non distrugge punto la libertà individuale, essendoché è permezzo della libertà che si compiono i destini della intelligenza, laddovele leggi del mondo fisico sono compite senza il concorso della liberavolontà » (II, 338-339)

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