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Is Grice the greatest philosopher that ever lived?

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Tuesday, May 17, 2022

Carbonara. Se ne ricava il largo é  potente influsso che la filosofia fichtiana, intesa sia come idealismo  soggettivo, sia come idealismo etico, sia come panpsichismo, ha esercitato e sopra le varie nuove dottrine sorte in Germania e sopra menti  speculative di altri paesi (Inghilterra, Nord-America, ecc.). Per la recente e assai ricca letteratura intorno al nostro filosofo vedi lo stesso  voi. dell’Uebervveg-Heinze, pp. 8-9, il Baldwin, Dictionary of philoso-  phy and psychology (New York-London, 1905) voi. IH, parte I,  pp. 204-208, e per quella recentissima, ancor yù abbondante, cfr. i quat-’  tro voli, editi da Arnold Rude, Die P/iilosop/tie der Gegemoarl (Hei¬  delberg, 1910-1914) e contenenti pressoché tutta la bibliografia filosofica. Nel 1914 (centenario della morte  del Fichte e scoppio della guerra europea) la Bibliotheh fUr Philosop/tie,  edita da Ludwig Stein, pubblicava l’opuscolo di P. Stàhler, G.  Fichte, ein deutscher Den/ter (conferenza tenuta il 23 aprile nel circolo tedesco di Charcow in Russia), in cui FA., movendo dal bisogno spirituale oggi sempre più intensamente sentito di una nuova orientazione circa la concezione del mondo, affermava essere appunto il  Fichte il più atto a fornire una chiara risposta alla questione, una  forse da rilevare una certa esclusività d’interesse, corrispondente all’ interesse prevalentemente critico e gnoseologico che ha animato siuo a ieri il pensiero contemporaneo;  di guisa che in questa rifioritura di studi fichtiani, mentre   alla teoria della conoscenza ò assegnato per lo più il posto d’onore, le altre parti del sistema, in ispecie le più pratiche, vengono relativamente lasciate nell’ombra. Il che  nuoce alla dottrina e anche alla figura del nostro filosofo,  le quali così risultano monche e diminuite, e spesso oscurale e falsate; quando invece il Fichte reclamava sempre e  vivamente che i futuri critici non giudicassero la sua concezione se non nella sua totalità, se non ponendosi cioè in  quel punto di vista centrale, da cui si dominano e s'illuminano tutti gli aspetti; tanto più, poi, che nessuu’altra concezione come la sua aspirava a essere una rigorosa unità, organica, inscindibile, completa, a rispecchiare, quasi, queiraltra rigorosa unità, altrettanto massiccia quanto severa  e semplice, che era la personalità stessa del Fichte, il quale  appartiene all’eletta schiera di spiriti eminenti che nella  storia deH’uinauità seppero unire in intima connessione la  speculazione filosofica con la vita vissuta, fondendo armo¬  nicamente pensiero e azione, investendo del medesimo prorisposta che 11 non ha nè corna nè denti „ (die u tceder Horner nodi  Zàhne hai „), ed essere sempre il Fichte “ la stella polare (der Leitsternj verso la quale possiamo di nuovo orientare la nostra vita e il  nostro sapere „ (cfr. la prefazione). Peccato che l’opuscolo dello  Srahler uscisse accompagnato nello stesso anno da altri due volumetti della stessa Biblioteca, riguardanti, sebbene con intento puramente storico, figure filosofiche ben diverse dall’ideale figura del Fichte,  e di significato più sintomatico in quel nefasto anno, e cioè: il Pro-  tagoras-Niclzsche-Stirner di B. Iachsiann e il Nietzsches Metaphysik-  limi ihr Verhdltniss zu Erkenntnialheorie u. Ethih di S. Flemming.   fondo interesse le più fredde concezioni astratte della ricerca  teoretica e le più ardenti questioni concrete dell’attività  pratica, intensificando la luce diffusa dalla loro opera in-  stauratricè nel campo del sapere col calore irradiantesi dalla  loro missione riformatrice nel campo del dovere. E invero non si può negare al sistema del nostro filo¬  sofo la sua principale caratteristica : quella di essere cioè. È veramente ammirevole nel Fichte — che lo Zeller giustamente  definiva anche per il carattere morale un idealista nato — il rapporto  stretto che uni sempre la sua vita alla sua dottrina. “ Jamais la manière  d’agir et di sentir — cosi scrive Cristiano Bauthoi.mf.ss nella sua Ili-  gioire critique des doefriu^s religieuses de la philosophie moderne (Paris) — jamais la conduite et l’àrae ne furent séparées chez lui de la manière de penser et de voir. Ce qu : il  croyait était eu méme temps le nerf de sa volonté, le soufflé et. l’in-  spiration de son existence entière. Prenant au sérieux tous les mou-  vements de son intelligence, il vonlait vivre de ce qu' il coucevait,  et taire vivre ce qu’ il savait, cornine il ne vonlait savoir que ce qu’ il  pouvait aimer, admirer et pratiquer. Ce n’ótait pas lii l’héroique  effet d’uu parti pris, c’était le propre de sa naturo méme, où lo seu-  timent de la valeur morale, de la diguité personnelle, se confondait  avec une telle hauteur de pensée, avec une hardiesso de speculatimi  si intrèpide, qu’ elle pouvait, semidei- la rósolution d’nn caractère l'undomptable. La ilestiuée, il est vrai, avait surtout coutribué à Paccroissemeut de nette énergie, de cette trempe primitive. Fiofite avait  eu longtemps à combattre, non seulement des adversaires et des enne-  mie, mais les soucis et la misère, le froid ot la faim. 

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