Thursday, April 7, 2022

GRICE E DALMASSO

 Hegel e l’Aufhebung del segno Gianfranco Dalmasso 21/11/2000 1. L’in­trec­cio fra sa­pe­re e ra­gio­ne Il tema di que­sto col­lo­quio ri­guar­da la do­man­da ori­gi­na­ria. Do­man­da e ori­gi­ne sono pro­ble­mi del pen­sie­ro che, fin dal­l’i­ni­zio della fi­lo­so­fia, non co­sti­tui­sco­no un ap­proc­cio di con­trol­lo e di do­mi­nio del­l’e­si­sten­za, quan­to piut­to­sto un ri­pie­ga­men­to su sé stes­si che si in­ter­ro­ga sulla pro­pria ge­ne­si. In ter­mi­ni meno esi­sten­zia­li e più an­ti­chi tale que­stio­ne oc­cu­pa il posto del­l’a­ni­ma. Dalla con­sa­pe­vo­lez­za del­l’in­com­be­re della morte nel primo sta­si­mo del­l’An­ti­go­ne al co­sti­tuir­si, per così dire, di un’«interiorità» nella So­fi­sti­ca e in Pla­to­ne, l’a­ni­ma ha fun­zio­na­to come prin­ci­pio ori­gi­na­rio in una forma di­ver­sa che il do­mi­nio. Prin­ci­pio che an­no­da e che ma­ni­fe­sta, se­con­do vie non solo im­me­dia­te e spe­cu­la­ri, il logos, il noein come co­no­scen­za e mi­su­ra di un or­di­ne. Quan­do il nous, at­tra­ver­so Ari­sto­te­le, ac­qui­sta tutto il suo svi­lup­po con­cet­tua­le e stra­te­gi­co, nel pen­sie­ro tardo-​an­ti­co, a par­ti­re da Plo­ti­no, l’ anima ri­ma­ne ed è ri­ba­di­ta come il luogo e il ve­ni­re a co­scien­za del rap­por­to con lo stes­so nous, cioè con il for­mu­lar­si del­l’o­ri­gi­na­rio (Uno, Bene o Atto che sia).  Scel­go di leg­ge­re Hegel. Scel­ta mo­ti­va­ta da miei in­te­res­si at­tua­li di ri­cer­ca, ma anche, più am­pia­men­te, dall’attualità di un lin­guag­gio che è in grado di ri­for­mu­la­re que­stio­ni sul­l’as­set­to mo­der­no del sa­pe­re e sul sog­get­to di tale sa­pe­re. Su un io, che, nella espli­ci­ta stra­te­gia he­ge­lia­na, ar­ti­co­la e rad­dop­pia il ruolo del­l’a­ni­ma. Sa­pe­re su di un io è co­mun­que per Hegel un sa­pe­re sulle strut­tu­re di un chi, che è in grado di for­mu­la­re una do­man­da ori­gi­na­ria.  Il testo, di cui in­ten­do pro­por­re al­cu­ne note es­sen­zia­li di com­men­to, ri­guar­da i pa­ra­gra­fi dal 440 al 458 della Psi­co­lo­gia, se­zio­ne della Fi­lo­so­fia dello Spi­ri­to con­te­nu­ta nella edi­zio­ne dell’En­ci­clo­pe­dia del 1830.1  A dif­fe­ren­za della An­tro­po­lo­gia, in cui l’a­ni­ma è con­si­de­ra­ta come l’a­spet­to im­me­dia­to della vita dello spi­ri­to (anima con­si­de­ra­ta come il sonno dello spi­ri­to, pro­ble­mi del rap­por­to del­l’a­ni­ma con il corpo, que­stio­ni del sonno, della ve­glia, delle sen­sa­zio­ni ecc.) la Psi­co­lo­gia non è scien­za del­l’a­ni­ma, ma scien­za del sa­pe­re in­tor­no al­l’a­ni­ma, cioè scien­za ve­ra­men­te tale, nella sua por­ta­ta con­cet­tua­le. Per Hegel scien­za, Wis­sen­schaft, ogni scien­za, e so­prat­tut­to quel­la scien­za mas­si­ma­men­te ri­go­ro­sa che è la fi­lo­so­fia, è scien­za sem­pre di se­con­do grado: scien­za che con­trol­la e che ha come og­get­to la sua stes­sa ge­ne­si. Scien­za che mi­su­ra il ne­ga­ti­vo ri­spet­to al suo as­sun­to e al suo stes­so me­to­do, scien­za che è in grado di smar­car­si dal piano del suo stes­so sa­pe­re e di com­pren­de­re il rap­por­to di­na­mi­co, ge­ne­ra­ti­vo e mai astrat­ta­men­te spe­cu­la­re, in cui la co­no­scen­za si co­sti­tui­sce. Così, nel caso del testo che stia­mo per com­men­ta­re, i con­te­nu­ti della psi­co­lo­gia he­ge­lia­na sono cu­rio­sa­men­te tutti di­ver­si da quel­li che nel­l’as­set­to della fine del­l’Ot­to­cen­to e del primo No­ve­cen­to ci si aspet­te­reb­be da una psi­co­lo­gia in senso mo­der­no e scien­ti­fi­co. La psi­co­lo­gia non è scien­za delle leggi della psi­che, ma del mo­vi­men­to ge­ne­ra­ti­vo delle leggi della psi­che.  I testi che sono og­get­to del mio com­men­to sono, come è noto, estre­ma­men­te dif­fi­ci­li. Prima di co­min­cia­re vor­rei fare qual­che ri­lie­vo sul pro­ble­ma della difficoltà in ge­ne­ra­le nella let­tu­ra del testo di Hegel. La que­stio­ne si pone se­con­do tre punti di vista. In­nan­zi tutto come que­stio­ne della na­tu­ra e della de­sti­na­zio­ne del testo. Ad esem­pio l’En­ci­clo­pe­dia delle scien­ze fi­lo­so­fi­che, nel no­stro caso, è pen­sa­ta come un rias­sun­to delle le­zio­ni per gli stu­den­ti. In se­con­do luogo il pro­ble­ma del si­gni­fi­ca­to espres­so, del voler dire del di­scor­so he­ge­lia­no. In terzo luogo, che è quel­lo de­ci­si­vo, la que­stio­ne del me­to­do di com­po­si­zio­ne del testo di Hegel, me­to­do che ri­guar­da, d’un colpo solo, au­to­re e let­to­re. Que­stio­ni, dette al­tri­men­ti, di sin­to­niz­zar­si con il testo che, per quan­to ri­guar­da il me­to­do di la­vo­ro di Hegel, non può es­se­re altro che ri­per­cor­re­re l’e­le­men­to ge­ne­ra­ti­vo del si­gni­fi­ca­to di ciò che Hegel dice. Senza di que­sto in­ces­san­te ri­per­cor­ri­men­to a li­vel­lo della ge­ne­si del testo, il suo si­gni­fi­ca­to ri­sul­ta ine­vi­ta­bil­men­te in­com­pren­si­bi­le o ap­piat­ti­to. Ap­piat­ti­to come su di una su­per­fi­cie, in modo che il gioco delle in­ter­pre­ta­zio­ni del let­to­re, anche nel caso si trat­ti di stu­dio­so molto qua­li­fi­ca­to, tende spes­so a sbiz­zar­rir­si in gro­vi­gli di ipo­te­si fi­lo­lo­gi­che o di ca­rat­te­re ideo­lo­gi­co-​me­ta­fi­si­co. Il mi­ni­mo comun de­no­mi­na­to­re è la per­di­ta del nesso fra il si­gni­fi­ca­to di ciò che è detto nel testo con li mo­vi­men­to ge­ne­ra­ti­vo di tale si­gni­fi­ca­to.. Così si può se­pa­ra­re per­fi­no il con­cet­to di ne­ga­ti­vo dal con­cet­to di ge­ne­ra­zio­ne so­vrap­po­nen­do l’uno sul­l’al­tro e ren­den­do in­com­pren­si­bi­li en­tram­bi. Que­stio­ne che si pone in modo non in­fre­quen­te, anzi ma­les­se­re spes­so dif­fu­so anche nei com­men­ti «pro­fes­sio­na­li».  Ini­zia­mo la let­tu­ra par­ten­do dalle prime righe del par. 440.  Lo spi­ri­to si è de­ter­mi­na­to di­ve­nen­do la verità del­l’a­ni­ma e della co­scien­za, cioè la verità di quel­la totalità sem­pli­ce e im­me­dia­ta e di que­sto sa­pe­re.  Ades­so il sa­pe­re, in quan­to forma in­fi­ni­ta, non è più li­mi­ta­to da quel con­te­nu­to, non sta in rap­por­to con esso come con un og­get­to, ma è sa­pe­re della totalità so­stan­zia­le, né sog­get­ti­va né og­get­ti­va.2  ll pro­ble­ma del rap­por­to fra il sa­pe­re e la ra­gio­ne inau­gu­ra qui il di­bat­ti­to sulla scien­za della psi­che. L’in­trec­cio fra sa­pe­re e ra­gio­ne ini­zia a di­pa­nar­si nel pa­ra­gra­fo se­guen­te:  L’a­ni­ma è fi­ni­ta nella mi­su­ra in cui è de­ter­mi­na­ta im­me­dia­ta­men­te, cioè de­ter­mi­na­ta per na­tu­ra.  La co­scien­za è fi­ni­ta nella mi­su­ra in cui ha un og­get­to.  Lo spi­ri­to è in­ve­ce fi­ni­to (in­so­fern ist end­lich) nella mi­su­ra in cui esso, nel suo sa­pe­re (in sei­nem Wis­sen) non ha più un og­get­to, ma una de­ter­mi­na­tez­za, nel senso che è fi­ni­to per via della sua im­me­dia­tez­za e — che è la stes­sa cosa — perché è sog­get­ti­vo, è cioè come il Con­cet­to.3  Lo spi­ri­to è fi­ni­to nella mi­su­ra in cui esso, nel suo sa­pe­re, non ha più un og­get­to, ma una de­ter­mi­na­tez­za. Lo spi­ri­to sem­bra es­se­re quell’attività in grado di con­te­ne­re e con­trol­la­re l’in­trec­cio fra la ra­gio­ne e il sa­pe­re, anche se ora solo nella forma del­l’im­me­dia­tez­za. L’in­trec­cio si or­ga­niz­za su due poli: la ra­gio­ne e il sa­pe­re. Essi si im­pli­ca­no re­ci­pro­ca­men­te . A se­con­da che si con­si­de­ri come con­cet­to la ra­gio­ne o il sa­pe­re.  Qui è in­dif­fe­ren­te ciò che viene de­ter­mi­na­to come con­cet­to dello spi­ri­to e ciò che viene in­ve­ce de­ter­mi­na­to come realità (Realität) di que­sto con­cet­to. Se in­fat­ti la ra­gio­ne as­so­lu­ta­men­te in­fi­ni­ta, og­get­ti­va, viene posta come con­cet­to dello spi­ri­to, al­lo­ra la realità è il sa­pe­re, cioè l’in­tel­li­gen­za; se in­ve­ce è il sa­pe­re a es­se­re con­si­de­ra­to come il con­cet­to, al­lo­ra la realità del con­cet­to è que­sta ra­gio­ne e la rea­liz­za­zio­ne (Rea­li­sie­rung) del sa­pe­re con­si­ste nel­l’ap­pro­priar­si della ra­gio­ne.  La fi­ni­tez­za dello spi­ri­to per­tan­to con­si­ste in ciò: il sa­pe­re non com­pren­de l’Es­se­re in-​sé-​e-​per-​sé della sua ra­gio­ne. In altri ter­mi­ni: la ra­gio­ne non si è ma­ni­fe­sta­ta pie­na­men­te nel sa­pe­re.4  C’è un di­sli­vel­lo dun­que strut­tu­ra­le con la ra­gio­ne che fun­zio­na nel sa­pe­re. Di­sli­vel­lo strut­tu­ra­le che per i greci era in­ve­ce co­sti­tui­to dal rap­por­to fra il sa­pe­re e la verità. Co­mun­que la realtà, con­si­de­ra­ta come realtà del sa­pe­re o come realtà della ra­gio­ne, si co­sti­tui­sce e fun­zio­na per Hegel come un farsi che è un in­trec­cio ine­stri­ca­bi­le. Una purità e verginità del­l’o­ri­gi­ne è in­tro­va­bi­le.  La que­stio­ne di un sa­pe­re dello/sullo spi­ri­to si ar­ti­co­la ul­te­rior­men­te nel pa­ra­gra­fo 442:  Il pro­ce­de­re dello spi­ri­to è svi­lup­po (Ent­wic­klung) nella mi­su­ra in cui la sua esi­sten­za, il sa­pe­re, ha entro se stes­sa l’es­se­re — de­ter­mi­na­to in sé e per sé, cioè ha per con­te­nu­to (Ge­hal­te) e per fine (Zweck) il ra­zio­na­le (Ver­nunf­ti­ge); l’attività di tra­spo­si­zio­ne è dun­que pu­ra­men­te e sol­tan­to il pas­sag­gio for­ma­le nella ma­ni­fe­sta­zio­ne e, in que­sta, è ri­tor­no entro sé (Rückkehr in sich).  Nella mi­su­ra in cui il sa­pe­re, af­fet­to dalla sua prima de­ter­mi­na­tez­za, è sol­tan­to astrat­to, cioè for­ma­le, la meta dello spi­ri­to è quel­la di pro­dur­re il riem­pi­men­to og­get­ti­vo (die ob­jec­ti­ve Erfüllung her­vor­zu­brin­gen) e quin­di, a un tempo, la libertà del suo sa­pe­re.5  2. La via della psi­co­lo­gia come scien­za della libertà In que­sto testo il mo­vi­men­to del sa­pe­re e il suo sa­per­ne si ar­ti­co­la come que­stio­ne della co­no­scen­za del­l’o­ri­gi­na­rio. Tale que­stio­ne, che ha la forma del ri­tor­no, è pen­sa­bi­le come libertà. L’av­ven­tu­ra dello spi­ri­to che, he­ge­lia­na­men­te, è sem­pre un ap­pro­priar­si, un far pro­prio, qui, e se­con­do la radicalità della sua strut­tu­ra, fun­zio­na come ap­pro­priar­si del sa­pe­re e coin­ci­de con l’av­ven­tu­ra della libertà.  Il cam­mi­no dello spi­ri­to con­si­ste per­tan­to:  nel­l’es­se­re spi­ri­to teo­re­ti­co, cioè nel­l’a­ve­re a che fare con il Ra­zio­na­le nella sua de­ter­mi­na­tez­za im­me­dia­ta, e di porlo ades­so come il Suo; in altre pa­ro­le: il cam­mi­no con­si­ste in­nan­zi tutto nel li­be­ra­re il sa­pe­re dal pre­sup­po­sto e, con ciò, dalla sua astra­zio­ne, e ren­de­re sog­get­ti­va la de­ter­mi­na­tez­za. Poiché in tal modo il sa­pe­re è in sé e per sé de­ter­mi­na­to come sa­pe­re entro sé, e poiché la de­ter­mi­na­tez­za è posta come la sua, quin­di come in­tel­li­gen­za li­be­ra, il sa­pe­re è  volontà, spi­ri­to pra­ti­co, il quale in­nan­zi tutto è an­ch’es­so for­ma­le: ha un con­te­nu­to che è sol­tan­to il suo: esso vuole im­me­dia­ta­men­te, e ades­so li­be­ra la sua de­ter­mi­na­zio­ne di volontà dalla soggettività che la con­di­zio­na­va come forma uni­la­te­ra­le del pro­prio con­te­nu­to. In tal modo lo spi­ri­to  di­vie­ne come spi­ri­to li­be­ro, nel quale è ri­mos­sa quel­la dop­pia unilateralità.6  Lo scor­cio teo­ri­co for­ni­to in que­sto pa­ra­gra­fo me­ri­ta una pun­tua­liz­za­zio­ne. Ab­bia­mo in pre­ce­den­za ac­cen­na­to alla cor­ni­ce della Psi­co­lo­gia he­ge­lia­na come pro­get­to scien­ti­fi­co: scien­za della psi­che che si pone come scien­za dei fat­to­ri ge­ne­ra­ti­vi della psi­che.  Il per­cor­so dello spi­ri­to che si sfor­za di co­no­sce­re se stes­so, che tenta di com­pren­de­re l’e­spe­rien­za della sua libertà, che nella Fe­no­me­no­lo­gia dello spi­ri­to pren­de la via della mo­ra­le come sto­ria, in que­ste pa­gi­ne pren­de la via della psi­co­lo­gia come scien­za della libertà Che il sa­pe­re possa af­fer­ra­re se stes­so, possa ap­pro­priar­si di sé: la stra­te­gia he­ge­lia­na im­pli­ca che l’o­ri­gi­na­rio, per il sog­get­to e per il sa­pe­re, fun­zio­ni e sia co­no­sci­bi­le come ef­fet­to di que­sto ap­pro­priar­si che è etico, pra­ti­co.  Se non si pensa il si­gni­fi­ca­to del sa­pe­re e del suo sog­get­to come etico, pra­ti­co, il sog­get­to del sa­pe­re si di­bat­te «in una dop­pia unilateralità»: la rap­pre­sen­ta­zio­ne che il sog­get­to fa di sé come suo e l’im­me­dia­tez­za di tale rap­pre­sen­ta­zio­ne.  An­ti­ci­pia­mo. La libertà è pen­sa­bi­le come lo spiaz­za­men­to in cui il sog­get­to del sa­pe­re co­no­sce il suo es­se­re fatto, no­no­stan­te e at­tra­ver­so il suo fare, im­pos­si­bi­li­ta­to a co­glie­re l’identità fra sé e la sua im­ma­gi­ne. Que­sta di­vi­sio­ne e di­sli­vel­lo in­ter­no che è l’impossibilità di co­glie­re l’o­ri­gi­ne del pro­prio co­sti­tuir­si è per Hegel l’In­tel­li­gen­za.  Nel mon­tag­gio lin­gui­sti­co di que­sto testo tale di­vi­sio­ne e tale di­sli­vel­lo vanno ad oc­cu­pa­re il posto della clas­si­ca op­po­si­zio­ne fra il den­tro e il fuori.  L’in­tel­li­gen­za, in quan­to è que­sta unità con­cre­ta dei due mo­men­ti — vale a dire, im­me­dia­ta­men­te, (1) di es­se­re ri­cor­da­ta entro sé in que­sto ma­te­ria­le este­rior­men­te es­sen­te, e (2) di es­se­re im­mer­sa nel­l’es­se­re fuori-​di-​sé men­tre entro sé si in­te­rio­riz­za col pro­prio ri­cor­do —, è in­tui­zio­ne.7  3. La centralità della pa­ro­la nella vita del­l’in­tel­li­gen­za Il cam­mi­no del­l’In­tel­li­gen­za sta pro­prio nel bat­te­re in brec­cia l’op­po­si­zio­ne fra il den­tro e il fuori.  L’in­tel­li­gen­za, quan­do ri­cor­da ini­zial­men­te l’in­tui­zio­ne, pone il con­te­nu­to del sen­ti­men­to nella pro­pria interiorità, nel suo pro­prio spa­zio e nel suo pro­prio tempo In tal modo il con­te­nu­to è im­ma­gi­ne, li­be­ra­ta dalla sua prima im­me­dia­tez­za e dalla singolarità astrat­ta ri­spet­to ad altro, in quan­to essa è ac­col­ta nella singolarità del­l’Io in ge­ne­ra­le.8  Que­sto bat­te­re in brec­cia, visto dal punto di vista del­l’in­tel­li­gen­za, è ll’im­ma­gi­ne. L’in­tel­li­gen­za pos­sie­de dun­que le im­ma­gi­ni. L’in­tel­li­gen­za — dice Hegel — è il Quan­do e il Dove del­l’im­ma­gi­ne.  L’im­ma­gi­ne è per sé tran­seun­te, e l’in­tel­li­gen­za stes­sa, in quan­to at­ten­zio­ne, è il tempo e anche lo spa­zio — il Quan­do e il Dove — del­l’im­ma­gi­ne.  L’in­tel­li­gen­za però non è sol­tan­to la co­scien­za e l’Es­ser­ci delle pro­prie de­ter­mi­na­zio­ni, bensì, in quan­to tale, ne è anche il sog­get­to e l’In-​sé. Ri­cor­da­ta nel­l’in­tel­li­gen­za, perciò, l’im­ma­gi­ne non è più esi­sten­te, ma è con­ser­va­ta in­con­scia­men­te.9  Nell’An­mer­kung dello stes­so pa­ra­gra­fo Hegel inau­gu­ra la me­ta­fo­ra del pozzo not­tur­no per de­fi­ni­re il fun­zio­na­men­to del­l’in­tel­li­gen­za come un luogo in cui sono con­ser­va­te im­ma­gi­ni e rap­pre­sen­ta­zio­ni che l’in­tel­li­gen­za stes­sa non co­no­sce. Hegel pro­se­gue la sua in­da­gi­ne at­tra­ver­so una sorta di tiro in­cro­cia­to fra in­tui­zio­ne ed im­ma­gi­ne, met­ten­do in azio­ne uno stile ago­sti­nia­no alla De ma­gi­stro. Anche la no­zio­ne, clas­si­ca, di rap­pre­sen­ta­zio­ne entra, ri­com­pre­sa e ri­pen­sa­ta, come dal­l’in­ter­no, nel mo­vi­men­to pro­dut­ti­vo del­l’in­tel­li­gen­za.  La no­zio­ne di me­mo­ria è an­ch’es­sa ri­per­cor­sa, nella sua strut­tu­ra clas­si­ca, come mo­vi­men­to at­ti­vo e im­pren­di­bi­le, fun­zio­nan­te nel­l’in­tel­li­gen­za e pro­dut­ti­va di essa, in una svol­ta de­ci­si­va del pa­ra­gra­fo 456.  L’in­tel­li­gen­za è la po­ten­za che do­mi­na sulla ri­ser­va di im­ma­gi­ni e rap­pre­sen­ta­zio­ni che le ap­par­ten­go­no; essa è quin­di con­giun­zio­ne e sus­sun­zio­ne li­be­ra di que­sta ri­ser­va sotto il con­te­nu­to pe­cu­lia­re. L’in­tel­li­gen­za si ri­cor­da ed in­te­rio­riz­za in modo de­ter­mi­na­to entro quel­la ri­ser­va, e la pla­sma im­ma­gi­na­ti­va­men­te se­con­do que­sto suo con­te­nu­to: essa è quin­di fan­ta­sia, im­ma­gi­na­zio­ne sim­bo­liz­zan­te, al­le­go­riz­zan­te o poe­tan­te.  Que­sta for­ma­zio­ni im­ma­gi­na­ti­ve più o meno con­cre­te, più o meno in­di­vi­dua­liz­za­te, sono an­co­ra delle sin­te­si nella mi­su­ra in cui il ma­te­ria­le, in cui il con­te­nu­to sog­get­ti­vo con­fe­ri­sce un Es­ser­ci alla rap­pre­sen­ta­zio­ne, pro­vie­ne dal Tro­va­to (dem Ge­fun­de­nen) del­l’in­tui­zio­ne.10  Passività, evi­den­za, sor­pre­sa di fonte al darsi ori­gi­na­rio (?) delle cose ri­guar­da perciò per Hegel un mo­vi­men­to che ha come suo ele­men­to lo sce­na­rio dell’interiorità. Il tro­va­to del­l’in­tui­zio­ne, in­con­tro, evi­den­za, ac­co­glien­za della realtà è pen­sa­bi­le in un re­gi­stro che è già una tra­du­zio­ne. È nel re­gi­stro di una tra­du­zio­ne che nel per­cor­so di que­sto testo di Hegel, di una tra­du­zio­ne del fuorinel den­tro e vi­ce­ver­sa, che si può av­vi­sta­re ciò in fi­lo­so­fia si chia­ma realtà.  Quan­do l’in­tel­li­gen­za, in quan­to ra­gio­ne, parte dal­l’ap­pro­pria­zio­ne del­l’im­me­dia­tez­za tro­va­ta entro sé (par. 445; cfr. par. 455 Anm.), cioè la de­ter­mi­na come Uni­ver­sa­le, ecco al­lo­ra che la sua attività ra­zio­na­le (par. 438) pro­ce­de dal punto at­tua­le (dem nun­meh­ri­gen Punk­te) a de­ter­mi­na­re come es­sen­te ciò che in essa si è svi­lup­pa­to in au­toin­tui­zio­ne con­cre­ta, pro­ce­de cioè a ren­de­re se stes­sa Es­se­re, Cosa.11  L’in­tel­li­gen­za stes­sa così si fa es­sen­te, si fa Cosa.  Quan­do è at­ti­va in que­sta de­ter­mi­na­zio­ne, l’in­tel­li­gen­za si estrin­se­ca (aus­sernd), pro­du­ce (pro­du­zie­rend) in­tui­zio­ne: è fan­ta­sia che si espri­me in segni (Zei­chen ma­chen­de Phan­ta­sie).12  L’in­tel­li­gen­za esi­ste in quan­to fan­ta­sia… Tesi non im­me­dia­ta­men­te pre­ve­di­bi­le nel di­spo­si­ti­vo, in­tri­ca­to, di que­sto per­cor­so he­ge­lia­no. Tesi cui pure spin­ge, con ri­go­ro­sa necessità, que­sta ana­li­si «scien­ti­fi­ca» della psi­che. Que­sto testo di Hegel in­ne­sca con­sa­pe­vol­men­te una po­le­mi­ca ed anche una ri­for­mu­la­zio­ne me­to­do­lo­gi­ca ra­di­ca­le nei con­fron­ti della tra­di­zio­ne em­pi­ri­sta, dei sen­si­sti, di Con­dil­lac e degli ideo­lo­gues.  At­tra­ver­so le scor­ri­ban­de del­l’in­tel­li­gen­za fra sa­pe­re e segno, scien­za e realtà, at­tra­ver­so e al di là della dia­let­ti­ca fra il po­si­ti­vo e il ne­ga­ti­vo, fra il sog­get­to e la verità ecc, Hegel af­fer­ma che l’in­tel­li­gen­za è il suo atto. Esi­ste­re non è l’im­me­dia­tez­za di un che ri­spet­to a se stes­si, ma è l’at­to in cui, in un con­te­nu­to de­ter­mi­na­to, l’in­tel­li­gen­za si rap­por­ta a se stes­sa.  La fan­ta­sia è il punto cen­tra­le in cui l’U­ni­ver­sa­le e l’Es­se­re, il Pro­prio e il Tro­va­to, l’In­ter­no e l’E­ster­no, sono per­fet­ta­men­te uni­fi­ca­ti. Le sin­te­si pre­ce­den­ti del­l’in­tui­zio­ne, del ri­cor­do ecc., sono uni­fi­ca­zio­ni del me­de­si­mo mo­men­to, tut­ta­via si trat­ta pur sem­pre di sin­te­si. Solo nella fan­ta­sia l’in­tel­li­gen­za non è più come il pozzo in­de­ter­mi­na­to e come l’U­ni­ver­sa­le, bensì è come Sin­go­la­re, cioè come soggettività con­cre­ta nella quale l’au­to­re­la­zio­ne è de­ter­mi­na­ta sia come Es­se­re sia come Universalità.13  L’in­tel­li­gen­za è in­tel­li­gen­za di un in­di­vi­duo, di un sin­go­lo, è soggettività con­cre­ta solo nella fan­ta­sia. Tale que­stio­ne è chia­ri­ta dal se­gui­to della stes­sa An­mer­kung:  Tutti ri­co­no­sco­no che le im­ma­gi­ni della fan­ta­sia co­sti­tui­sco­no tali uni­fi­ca­zio­ni del Pro­prio e del­l’In­ter­no dello spi­ri­to con l’e­le­men­to in­tui­ti­vo. Il loro con­te­nu­to ul­te­rior­men­te de­ter­mi­na­to ap­par­tie­ne ad altri am­bi­ti, men­tre qui que­sta fu­ci­na in­ter­na va in­te­sa sol­tan­to se­con­do quel mo­men­to astrat­to.  In quan­to attività di que­sta unio­ne, la fan­ta­sia è ra­gio­ne, ma è ra­gio­ne for­ma­le, solo nella mi­su­ra in cui il con­te­nu­to in quan­to tale della fan­ta­sia è in­dif­fe­ren­te. La ra­gio­ne in quan­to tale, in­ve­ce, de­ter­mia a verità anche il con­te­nu­to.14  Nell’An­mer­kung suc­ces­si­va nello stes­so pa­ra­gra­fo Hegel opera la svol­ta de­ci­si­va nel breve per­cor­so che qui ci in­te­res­sa:  In par­ti­co­la­re bi­so­gna an­co­ra ri­le­va­re que­sto fatto. Poiché la fan­ta­sia porta il con­te­nu­to in­ter­no a im­ma­gi­ne e a in­tui­zio­ne — e ciò viene espres­so di­cen­do che essa lo de­ter­mi­na come es­sen­te-​, non deve sem­bra­re sor­pren­den­te l’e­spres­sio­ne se­con­do cui l’in­tel­li­gen­za si fa­reb­be es­sen­te, si fa­reb­be Cosa. Il con­te­nu­to del­l’in­tel­li­gen­za, in­fat­ti, è l’in­tel­li­gen­za stes­sa, e lo è al­tret­tan­to la de­ter­mi­na­zio­ne che essa gli con­fe­ri­sce.  L’im­ma­gi­ne pro­dot­ta dalla fan­ta­sia è solo sog­get­ti­va­men­te in­tui­ti­va, men­tre è nel segno che la fan­ta­sia ag­giun­ge a ciò l’au­ten­ti­ca intuibilità (ei­gen­tli­che An­schau­li­ch­keit); nella me­mo­ria mec­ca­ni­ca, poi essa com­ple­ta in sé que­sta forma del­l’Es­se­re.  L’im­ma­gi­ne solo nel segno è au­ten­ti­ca intuibilità di ciò che è. L’es­sen­te è co­gli­bi­le come segno, non come dato, come dono. Dato e dono non sono pen­sa­bi­li, ma nep­pu­re spe­ri­men­ta­bi­li nella forma della pre­sen­za, cioè in un darsi (che, in ter­mi­ni he­ge­lia­ni, è la ma­te­ria del­l’in­tui­zio­ne). Essi sono già tra­scrit­ti nel con­te­nu­to in­ter­no del­l’in­tel­li­gen­za, cioè come segni.  L’e­le­men­to im­pren­di­bi­le, enig­ma­ti­co della co­no­scen­za è il segno e non il dato, .il dono. Nella strut­tu­ra di que­sto testo Hegel af­fer­ma che il non pro­prio, il non mio so­vra­sta e spiaz­za nella forma del segno, non nella forma del dono.  In que­sta unità, pro­ce­den­te dal­l’in­tel­li­gen­za, di una rap­pre­sen­ta­zio­ne au­to­no­ma (selbständiger Vor­stel­lung)) e di una in­tui­zio­ne, la ma­te­ria del­l’in­tui­zio­ne è certo in­nan­zi­tut­to un qual­co­sa di ac­col­to, di im­me­dia­to e di dato (ein auf­ge­nom­me­nes, etwas un­mit­tel­ba­res oder ge­ge­be­nes) (per esem­pio il co­lo­re della coc­car­da e af­fi­ni).  In que­sta identità però l’in­tui­zio­ne non ha il va­lo­re di rap­pre­sen­ta­re po­si­ti­va­men­te e di rap­pre­sen­ta­re se stes­sa, bensì di rap­pre­sen­ta­re qual­co­s’al­tro. Essa è un’im­ma­gi­ne che ha ri­ce­vu­to entro sé una rap­pre­sen­ta­zio­ne au­to­no­ma del­l’in­tel­li­gen­za come anima, che ha ri­ce­vu­to, cioè, il suo si­gni­fi­ca­to. Que­sta in­tui­zio­ne è il segno.15  L’in­tui­zio­ne, rap­por­ta­ta «scien­ti­fi­ca­men­te» alla sua ori­gi­ne, ha la forma del segno. Tale forma ha una strut­tu­ra che coin­vol­ge i ter­mi­ne stes­si del­l’in­tel­li­gen­za. L’in­tel­li­gen­za sem­bra fun­zio­na­re in una de­ri­va di cui il segno co­sti­tui­sce una sorta di cer­nie­ra, snodo in cui l’in­tel­li­gen­za stes­sa è tolta-​con­ser­va­ta.  L’in­tui­zio­ne che im­me­dia­ta­men­te e ini­zial­men­te è qual­co­sa di dato e di spa­zia­le (ge­ge­be­nes und raum­li­ches) una volta im­pie­ga­ta come segno ri­ce­ve la de­ter­mi­na­zio­ne es­sen­zia­le di es­se­re sol­tan­to come in­tui­zio­ne ri­mos­sa. Que­sta sua negatività è l’in­tel­li­gen­za.  Perciò la fi­gu­ra più au­ten­ti­ca del­l’in­tui­zio­ne, che è un segno, è di es­se­re un Es­ser­ci nel tempo: un di­le­gua­re (Ver­sch­win­den) del­l’Es­ser­ci men­tre l’es­ser­ci è.  Inol­tre, se­con­do la sua ul­te­rio­re de­ter­mi­na­tez­za este­rio­re, psi­chi­ca, la fi­gu­ra più vera del­l’in­tui­zio­ne è un es­se­re-​posta dal­l’in­tel­li­gen­za, esser-​posta che viene fuori dalla naturalità pro­pria (an­tro­po­lo­gi­ca) del­l’in­tel­li­gen­za stes­sa: è il tono (Ton), cioè l’e­strin­se­ca­zio­ne riem­pi­ta dell’interiorità an­nun­cian­te­si.  Il tono che si ar­ti­co­la ul­te­rior­men­te in vista delle rap­pre­sen­ta­zio­ni de­ter­mi­na­te è il di­scor­so, e il si­ste­ma del di­scor­so è la lin­gua. In que­sto am­bi­to il tono con­fe­ri­sce a sen­sa­zio­ni, in­tui­zio­ni e rap­pre­sen­ta­zio­ni un se­con­do Es­ser­ci, più ele­va­to del­l’Es­ser­ci im­me­dia­to: in ge­ne­ra­le con­fe­ri­sce loro un’e­si­sten­za che ha va­lo­re nel regno dell’attività rap­pre­sen­ta­ti­va.16  Que­sto pro­get­to he­ge­lia­no di una scien­za della psi­che tenta qui un ul­te­rio­re ra­di­ca­le ap­proc­cio alla ge­ne­si del­l’in­tel­li­gen­za. L’in­tui­zio­ne, in quan­to fun­zio­nan­te come segno, «ri­ce­ve la de­ter­mi­na­zio­ne es­sen­zia­le di es­se­re sol­tan­to come in­tui­zio­ne ri­mos­sa» (zu einem Zei­chen ge­brau­cht wird, die we­sen­tli­che Be­stim­mung nur als auf­ge­ho­be­ne zu sein). In que­sto esser ri­mos­so, tolto-​con­ser­va­to del­l’in­tui­zio­ne sta l’o­ri­gi­ne del­l’in­tel­li­gen­za. La negatività di cui essa è fatta si in­trec­cia strut­tu­ral­men­te alla no­zio­ne di tempo. L’in­tui­zio­ne non è do­mi­na­bi­le da un sog­get­to se non nella forma del dopo: «un di­le­gua­re del­l’Es­ser­ci men­tre Es­ser­ci è».  Quel­l’al­tro in­trec­cio che co­sti­tui­sce l’in­tui­zio­ne, l’in­trec­cio fra il den­tro e il fuori si espri­me nel tono, suono ar­ti­co­la­to (Ton). Il tono, visto in rap­por­to ad una rap­pre­sen­ta­zio­ne de­ter­mi­na­ta, è il di­scor­so (Rede) e il si­ste­ma del di­scor­so è la lin­gua (Spra­che).  A que­sto punto del suo per­cor­so la stra­te­gia di Hegel si in­con­tra con il pri­vi­le­gio greco e pla­to­ni­co ac­cor­da­to alla pa­ro­la, al logosin quan­to vi­ven­te pro­nun­cia­to, detto. Come in Pla­to­ne anche in Hegel la pa­ro­la è cen­tra­le nella vita del­l’in­tel­li­gen­za, ma di una centralità che oc­cu­pa il luogo di un mo­vi­men­to ori­gi­na­rio ed im­pren­di­bi­le.  Per un com­men­to cri­ti­co ed espli­ca­ti­vo dei pa­ra­gra­fi della «Psi­co­lo­gia» nella se­zio­ne sullo «Spi­ri­to sog­get­ti­vo», anche per ciò che con­cer­ne le fonti di Hegel e la sag­gi­sti­ca re­la­ti­va, cfr. Ros­sel­la Bo­ni­to Oliva, La «magia dello spi­ri­to» e il «gioco del con­cet­to». Con­si­de­ra­zio­ni sulla fi­lo­so­fia dello spi­ri­to sog­get­ti­vo nel­l’En­ci­clo­pe­dia di Hegel, Mi­la­no, Gue­ri­ni e As­so­cia­ti, 1995. ↩︎  Uso la re­cen­te tra­du­zio­ne di Vin­cen­zo Ci­ce­ro (En­ci­clo­pe­dia delle scien­ze fi­lo­so­fi­che in com­pen­dio, ed. 1830, Mi­la­no, Ru­sco­ni, 1996) che ri­ten­go pun­tua­le ed av­ver­ti­ta delle que­stio­ni poste dal testo, no­no­stan­te la discutibilità di al­cu­ne so­lu­zio­ni su cui per altro pesa in certa mi­su­ra la re­si­sten­za ad ab­ban­do­na­re tra­du­zio­ni fa­mi­lia­ri e con­so­li­da­te. ↩︎  Par. 441. ↩︎  Ibi­dem. ↩︎  Par. 442. ↩︎  Par. 443. ↩︎  Par. 449. ↩︎  Par. 452. ↩︎  Par. 453. ↩︎  Par. 456. ↩︎  Par. 457. ↩︎  Ibi­dem. ↩︎  Par. 457, An­mer­kung. ↩︎  Par. 457, An­mer­kung I. ↩︎  Par. 458. ↩︎  Par. 459. ↩︎

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