Tuesday, March 23, 2021

Grice e Fiorentino: segno e comunicazione

 FORMAZIONE DEL LINGUAGGIO.

FORMAZIONE DEL LINGUAGGIO. 


1. Il linguaggio , prerogativa umana. — Tra tutti gli 
animali l’uomo solo parla : e poiché l’uomo solo è for- li'u^wujqko 
aito (Vi ntoli ia'ciiz a, è naturale che tra cotesti due fatti |uU£li^tJtp 
si sia cercato di trovare un nesso necessario. 

Ammessa questa mutua connessione, la domanda che 
naturalmente ne deriva, è questa: l’uomo parla perchè 
ragiona? o, al rovescio, ragiona perchè parla? 








2. Teoria K tradizionalistica sulV origine del linguaggio: 
e sua critica.' — Le due opposte sentenze hanno tro- 
vato sostenitori. Una scuola detta de’ tradizionalisti 
non solo ha ammesso la necessità della parola per pen- 
sare, ma, com’era inevitabile, ha riconosciuto necessa- 
ria la rivelaz ione . div ina per la origine del linguaggio 
umano *). 

Il corollario era perfettamente logico. Se l’uomo non 
può inventar nulla senza pensare; e se, per pensare, c’è 


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i) [Principale rappresentante moderno del tradizionalismo è il 
francese visconte Luigi de Bonald, 1754-1840]. 


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di mestieri la parola , il linguaggio non poteva più 
derivare dall’uomo; e quindi a lui doveva essere stato 
rivelato da Dio. 

Una difficoltà molto ovvia non è stata però tenuta 
in conto : come si fa a capire il linguaggio, se non è 
opera nostra, e se al suono esteriore non risponde nel- 
l’animo nostro il pensiero associatovi! Perchè il cavallo, 
il cane, benché odano il suono delle parole, non ne 
comprendono il significato ! 

Il G-ioberti, che negli ultimi tempi rinfrescò il tradi- 
zionalismo, cercò di evitare questo scoglio, distinguendo 
il pe nsiero p rimitivo, intuitivo, che precede il linguag- 
gio, dal p ensiero rifless o, che gli tien dietro e lo pre- 
suppone. Il linguaggio, per lui, non è il fattore delle 
idee, ma l’istrurnepto indispensabile, perchè esse siano 
| ripensate. Poiché però le idee nelPintuito mancano di 
distinzione, anche lui dovette sostenere la rivelazione 
per Porigine del linguaggio umano. 

Senza entrare in risposte astruse, noi opponiamo 
a questa dottrina un fatto molto comune. Poiché Fintuito 
delle idee è sempre presente, e poiché il suono del 
linguaggio colpisce il bambino fin dal suo primo nascere, 
perchè questi noi comprende subito, nò subito parla? 
Dati i due coefficienti , V intuito dell* idea e il suono 
esterno della parola, l’intelligenza dovrebbe immanti - 
nenti balzar fuora; ed intanto non è così, e ci vuole 
un lavoro lento ed assiduo, prima d’ intendere il valore 
del linguaggio. 


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3. Teoria r azionale y — Lasciando dunque la mistica 
spiegazione di una rivelazione divina, la quale s’impi- 
glierebbe in altre difficoltà , a spiegare , p. es., come 


81 — 


Iddio , puro spirito , possa sensibilmente parlare, ve- 
niamo alla spiegazione umana . 

n) Linguaggio e universali . — L 7 nomo parla soltanto 
q uando è capace di idee generali ; perciò noi abbiamo a<mr>v 
fatto seguire alla formazione di queste la formazione 
del linguaggio , che n 7 è la conseguenza. 

Come l 7 individuo è chiuso in sè ed irrelativo, così JL^ 
la sensazione, che vi corrisponde, è muta. Il linguaggio 
è comuni chevolezza tra spirito e spirito, e ciò che v ? ha T 

di comune tra loro è, e non può essere altro, che l 7 uni- 
versale. 1***^*» 

(s) I nomi. — L’universale ha però diversi gradi, e sul 
primo formarsi non esprime altro che limi rappresen - 
tazione comune a più individui percepit i. In questo si 
fonda l 7 imposizione dei nomi , che si desume sempre 
da quella proprietà che p iù h a colpito l’immaginazione 
di un 




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popolo. Così, p. es., guardando il mare, imo può { 
rimanere più scosso dalla sua mobilità, un altro dalla nr ] 
sua ampiezza , un altro dal suo colore ; e da ciascuna 
di queste proprietà può imporgli un nome diverso: le 
altre note rimangono in seconda linea. Fermarsi sopra 
di una nota, a preferenza di un’altra , dipende poi dal 
diverso genio del popolo che si crea il linguaggio; per- 
ciò non senza ragione la filologia modern a s 7 ingegna 
d’indovinare le concezioni* nascenti devòlversi popoli dalle 
radici delle parole primitive. Il con questo 

metodo, riscontrando talune parole sanscrite, greche e ^ 

latine, che si trovano le stesse, appresso tre rami di una ^ 

sola razza, dimostra a che grado di civiltà essi fossero 


pervenuti prima di sparpagliarsi per varie ragioni. Co- 
mune, p. es., è la parola che significa il umo : dunque, 
p rima di dividersi, questi popoli avevano appreso ad 
estrarre il succo dalle uve. 


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J e /e altre parti del discorso. — L 7 imposizione 

de 7 nomi costituisce però la materia greggi a di una lin- 
gua ; e corrisponde appunto alla virtù rappresentativa 
dello spirito. L 7 a ttività d el lo spirito stesso è significata 
dal verbo, che è perciò Pelemento organico, e dalla cui 
più perfetta determinazione dipende la perfezione mag- 
giore di una lingua. Le altre particelle, — preposizioni, 
congiunzioni, avverbi, — esprimono l 7 elemento formale e 
categorico del pensiero : esprimono astrattamente le 
relazioni di cui sono capaci tanto gli oggetti , quanto 
Fattività medesima del nostro pensiero. 


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3) Radici e flessioni. — Nel nome e nel verbo si di- 
stingue la rappresentazione originaria da quelle deter- 
minazioni che dip oi, nel processo del ling uagg io, le si 
sogliono aggiungere; c 7 è quindi in entrambi la radice e 
la flessione. Quando la lingua è sul nascere , il^nome 
ed il verbo s onoe spressi da un monosillabo , che rin- 
chiude, come in un germe, la rappresentazione primitiva 
di una cosa o di un 7 azione . Quando poi si comincia a 
distinguere meglio l e determina zioni che scampagnano 
.* o la cosa o Fazione, allora le varie modificazioni della 
1 radice primitiva esprimono i numer i , i g eneri, i ca si, 

le persone, il tempo; e tali flessioni si dicono declinazioni 

- 1 — : ^ — . — V i i ... ., 

coniugazioni , secondo che modificano il nome o il 
7 verbo. 

Di questi due elementi fondamentali del nostro lin- 
guaggio, il verbo va congiunto con la categoria di tempo, 
il nome no. La ragione di tal divario è questa, che. , il 
ver bo esprime l 7 azione , la quale senza il tempo non 
si potrebbe classificare con precisione; laddove il porne , 
esprimendo il s oggetto o l 7 oggetto de ll 7 azione, stess a, 
significa qualcosa di iienjnuignte, e si circoscrive piut- 


Sfl*XA0 


No* 
Ve* I 


— 83 — 


tosto con le relazioni spaziali . Nelle lingue più ricche, 
difatti , tra i casi, che esprimono le diverse modifica- 
zioni de’ nomi, si suole trovare quello che i grammatici 
«chiamano locativo ; e indica il luogo dove la cosa si 
trova. 

Quanto più numerose e sottili sono le flessioni che 
fissano le varie sfumature dell’azione , tanto i>iù ricca 
e più precisa è una lingua; quanto più fine sono le 
gradazioni dell’ azione, che lo spirito può cogliere, e 

rivelare nel linguaggio; tanto è maggiore l’attitudine 
artistica e scientifica. D ove, invece, si arriva appena a 
significare 1’ azione in una forma rozza, e quasi direi 
all’ingrosso, quivi manca il genio artistico e la specu- 
lazione. La perfezi o ne dell’organismo sintattico rivela 
l a potenza creatrice ed inventi va di un popolo. La lin- 
gua greca mostra l’eccellenza di quella coltissima na- 
zione: e criterio di quella eccellenza è la compiuta for- 
ma del verbo, che in quella lingua basta ad esprimere 
ogni più delicata e fuggevol forma del pensiero. 

e) Le particelle . — Condizione primissima del filosofare 
è una lingua la quale jgossa astrarre, e fissare le rela- 
zioni in sfe , ed indipendentemente dai proprii termini. 

Quindi le particelle, che diciamo preposizioni, congiun- ftdaWàv t 
zioni ed avverbii, e che sono come le giunture del 
linguaggio, diventano un aiuto potentissimo , anzi un 
istrumento indispensabile della speculazione. Per esse 
noi pensiamo le relazioni di tempo e di spazio, di causa 

e di effetto, di mezzo e di fine, e simili, non solo in 
quanto si trovano, dirò così, incorporate coi termini fra 
cui tramezzano; ma le pensiamo sci o lte da ogni rappre - 
sentazione _e come concet ti puri . Il dove, il quando , il di, 
il da, il per, esprimono il luogo, il temilo, la proprietà, 


— 84 — 

la provenienza, il mezz3, come c ategorie a se , cbe noi 
applichiamo ai nomi ed ai verbi, producendo così l’or- 
ganismo del periodo. L’ abbondanza di tali particelle 
è parimenti indizio della perfezione di una lingua. 


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i) Riepilogo. — C’ è dunque nella lingua tre gradi: c’è 
la ra ppresentaz ione della cosa o dell’ azione , espressa 
dalla nuda radice; c’è la rappresentaz ione deter minata 
per mezzo de ? concetti puri, espressa dalla flessione ; e 
ci sono infine i co ncetti p uri, in s&J astratti da ogni 
rappresentazione, e sono le particelle invariabili. 


4. Sviluppo delle lingue . — I linguaggi barbari e rozzi 
( si arrestano alle prime, alle radici monosillabiche, alle 
semplici rapi)resentazioni ; o, tutto al più, riescono a 
conglutinarle insieme. Le lingue sviluppate hanno fles- 
sioni; hanno cioè nomi e verbi perfettamente determinati; 
e Analmente hanno un ricco corredo di part i cell e^signi- 
- flcabrici delle relazioni universali . Delle particelle , di 
cui parliamo, due lingue hanno forse maggior copia, 
la greca fra le antiche, la tedesca fra le moderne; onde 
Xmoviene la loro maggiore attitudine a significare i con- 
cetti speculativi. 


5. Gli elementi delle lingue secondo M, Miiller. — 
In conformità alle osservazioni da noi riferite finora, 
giova allegare l’autorità di Max ]\IiUl er J ), il quale, dopo 
sottili indagini, conclude, che tutte le lingue, senza 
eccezione di sorta, p assate pel crogiuolo della gramma- 
ca_comparata, sono risultate composte di due elementi 


*) [Max Miiller, Letture sulla scienza del linguaggio , e Nuove let- 
ture, trad. in ital. dal Nerucci]. 


> — 85 — 

costitutivi; di radici attributive , " cioè , e radici dimo- 
strative. 

Le radici attributive servono a significare una me- fi 
desima qualità primitiva, che si attribuisce ad un qual- 
che essere; le radici dimostrative, invece, servono ad 
esprimere una determinazione meramente formale. Lq j 
flession i, consistenti nelle declinazioni de 7 nomi, e nelle 
coniugazioni de 7 verbi, nascono dalla unione organica 
delle due differenti specie di radici in una sola parola. 

Di modo che, anche filologicamente, apparirebbe manifesta 
la distinzione originaria di un elemento attributivo e 
di un elemento dimostrativo nella lingua ; che corri- 
sponderebbero al contenuto il primo, ed alla forma del 
pensiero il secondo. 

La compenetrazione di questi due elementi primitivi 
non è uguale in tutte le famiglie delle lingue che si 
parlano : è perfetta, e perciò a mala pena discernibile 
nelle lingue ariane ; è imperfetta , e perciò più facil- 
mente riconoscibile, nelle l ingue semitich e. 

6. Apprendimento delle lingue . — Altra è la funzione, 
che si richiede a for mar e la lingua; altra è quella dello 
impararla, formata che sia; benché le due funzioni ab- 
biano, e debbano avere, alcunché di comune. 

Prevale rim magin azione produttiva nella formazione 
primitiva de 7 linguaggi; prevale la riproduttiva nella 
loro apprensione. 

Il bambino che nasce in una società progredita non 
deve far altro, che assimilarsi il linguaggio materno 
così coin 7 è stato tramandato. Egli impiega in questo 
lavoro assimilativo i primi cinque anni della sua fan- 
ciullezza, durante il qual tempo impara più, come 

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— 86 — 

diceva Gian Paolo 1 ), che non in altrettanti anni eli ac- 
cademia. La sua mente vergine e robusta si arricchisce 
ben presto di quel tesoro tradizionale, eh’ ei si appro- 
pria e fa suo, riponendolo nella fresca e tenace me- 
moria. L’apprendimento delle lingue, già si facile in 
questa prima età , si va poi di mano in mano ren- 
dendo malagevole, perchè la memoria con gli anni si 
affievolisce, e diviene men facile a ricevere, e men fe- 
dele nel ritenere. 


ly [Gian Paolo Riehter (1763-1825), grande scrittore umorista, 
tedesco] .

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